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Alcune nozioni di microeconomia

Economia Politica - Corso Progredito


Claudio Sardoni
Anno accademico 2011-2012

ii

Indice
Premessa

1 Introduzione ad alcuni concetti


1.1 Razionalit`a . . . . . . . . . .
1.2 Il concetto di equilibrio . . . .
1.3 Il problema dellottimizzazione

di base
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . .

2 Teoria della produzione


2.1 Limpresa e i fattori della produzione . . . . . . . . . . . . . .
2.2 La funzione di produzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3 Breve e lungo periodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.4 La produttivit`a dei fattori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.4.1 Produttivit`a marginale decrescente . . . . . . . . . . .
2.4.2 Rendimenti di scala . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.5 Massimizzazione del profitto . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.6 Curve dei costi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.7 La concorrenza perfetta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.7.1 Il ricavo marginale in concorrenza perfetta . . . . . . .
2.8 Equilibrio dellimpresa nel breve periodo in concorrenza perfetta
2.9 Equilibrio dellimpresa in monopolio . . . . . . . . . . . . . . .
2.9.1 Confronto fra prezzo in monopolio e in concorrenza . .
2.10 Una semplificazione sui costi (di breve periodo) . . . . . . . .

iii

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16

iv

Premessa
In queste note sono fornite alcune nozioni di base della microeconomia che
possono essere utili per una migliore comprensione di alcuni temi di macroeconomia.
C. S.

vi

Capitolo 1
Introduzione ad alcuni concetti
di base
1.1

Razionalit`
a

Sia i consumatori sia le imprese sono considerati agenti economici. Si ipotizza


che gli agenti siano razionali. Questo significa che, nel prendere decisioni, essi
considerano tutte le alternative possibili;
considerano tutte le informazioni disponibili o acquisibili;
ordinano le alternative in ordine di preferenza;
scelgono lalternativa maggiormente preferita.

1.2

Il concetto di equilibrio

` un concetto al centro di gran parte dellanalisi economica.


E
In una data situazione, un singolo agente si trova in una posizione dequilibrio quando non ha alcun motivo di mutare le proprie decisioni e comportamenti (il proprio piano), a meno che non intervengano fattori nuovi che
modificano la situazione data. Un insieme di agenti (per es. tutti coloro che
operano in un certo mercato) `e in equilibrio se i piani individuali sono tutti
compatibili fra loro.1
1

Si considerino due agenti a e b che debbono acquistare e vendere rispettivamente il


bene x. Si supponga che ad un prezzo di x pari a p a desideri acquistare 100 unit`a di
x, mentre allo stesso prezzo b desideri vendere 75 unit`a di x. Si tratta evidentemente di
una situazione che non `e di equilibrio: i piani dei due soggetti sono incompatibili fra loro.

Lo studio dellequilibrio pone una serie di importanti problemi analitici. Vi `e innanzi tutto il problema dellesistenza di un equilibrio, ma un altro
importante problema `e quello della stabilit`a dellequilibrio. Un punto di equilibrio `e stabile se si tende a tornarvi dopo aver subito un disturbo di natura
temporanea. Vi `e infine il problema dellunicit`a del punto di equilibrio.

1.3

Il problema dellottimizzazione

Agenti economici razionali si comportano in modo ottimizzante, nel senso


che prendono decisioni ed attuano comportamenti che diano loro il migliore
risultato possibile in termini dellobiettivo che si sono posti.
Pi`
u precisamente, un problema di ottimizzazione `e costituito da tre elementi: le variabili oggetto di scelta; la funzione obiettivo; linsieme delle
possibili alternative.

Le variabili di scelta
Gli agenti prendono decisioni a riguardo di variabili che possono controllare e
che incidono sul risultato che vogliono ottenere. Per esempio, un consumatore
effettua scelte sulla quantit`a di un bene da consumare; il bene di consumo `e
la variabile su cui il consumatore effettua la sua scelta.

La funzione obiettivo
` una funzione che mette in relazione le variabili su cui si esercitano le scelte
E
e un valore da ottimizzare. Per esempio,
U = f (x)
`e una funzione obiettivo che mette in relazione lutilit`a U di un consumatore
(il beneficio che trae dal consumo del bene) e la quantit`a del bene x che
decide di consumare. In questo caso si tratta di trovare il valore di x che
massimizza U .

Linsieme delle alternative possibili (feasible set)


` linsieme delle alternative possibili disponibili allagente. La funzione
E
U = f (x1 , x2 )
Si realizzer`
a un equilibrio quando ad un certo prezzo pe la quantit`a di x che a intende
acquistare `e identica alla quantit`a di x che b intende vendere.

descrive linsieme delle alternative possibili per un consumatore, cio`e tutte


le possibili combinazioni dei beni x1 e x2 che danno diversi livelli di utilit`a.
In generale, le variabili di scelta sono sottoposte a dei vincoli. Innanzi
tutto le quantit`a di beni debbono essere non negative:
xi 0 (i = 1, 2)
Inoltre c`e il problema del fatto che lammontare di risorse disponibili per il
consumatore `e limitato e quindi non pu`o destinare al consumo dei due beni
pi`
u delle risorse possedute. In simboli,
x1 p 1 + x2 p 2 S
dove p1 e p2 sono i prezzi dei due beni ed S `e lammontare di risorse possedute.
Questo significa che linsieme delle alternative possibili per il consumatore in
esame non `e costituito da tutte le possibili combinazioni di x1 e x2 , ma solo
di quelle che soddisfano i vincoli indicati sopra.

La soluzione del problema di ottimizzazione


La soluzione di un problema di ottimizzazione `e un vettore di valori delle variabili di scelta che appartiene allinsieme possibile e massimizza (o
minimizza) la funzione obiettivo.
Se f (x) `e la funzione obiettivo e la soluzione del problema `e x , si ha che
f (x ) f (x) per tutti gli x F
dove F `e linsieme delle alternative possibili.

Capitolo 2
Teoria della produzione
2.1

Limpresa e i fattori della produzione

Limpresa `e il luogo in cui la produzione di beni (o servizi) `e organizzata ed


attuata. Lobiettivo dellimpresa (o dellimprenditore) `e la massimizzazione
del profitto realizzato mediante la produzione e vendita dei beni.
Limpresa acquista i servizi dei fattori della produzione al fine di produrre
beni o servizi. In genere, i fattori della produzione vengono raggruppati in
tre grandi categorie:
Lavoro: include tutte le attivit`a umane finalizzate alla produzione. Il prezzo
del servizio del fattore lavoro `e il salario.
Terra: include tutti i fattori naturali impiegati nella produzione. Il prezzo
del servizio del fattore terra `e la rendita.
Capitale: include tutti i fattori naturali impiegati nella produzione.
prezzo del fattore capitale `e linteresse.

Il

Limpresa paga i servizi dei fattori della produzione al loro rispettivo


prezzo. La spesa totale sostenuta dallimpresa per il pagamento dei servizi
dei fattori costituisce il costo totale dellimpresa.
La differenza fra quanto limpresa ricava dalla vendita di ci`o che produce
(ricavo totale) e il costo totale sostenuto `e il profitto. Se il ricavo totale `e
inferiore al costo totale, si ha un profitto negativo, cio`e una perdita.
Il profitto affluisce allimpresa. Esso `e la remunerazione del rischio che
limpresa prende quando decide di produrre. Infatti, in caso di perdite, esse
sono a carico dellimpresa.
5

2.2

La funzione di produzione

E una funzione che stabilisce la relazione che intercorre fra quantit`a prodotta
di un bene (o servizio) e quantit`a dei fattori della produzione impiegati.1 Sia
q la quantit`a prodotta di un certo bene Q,
q = f (x1 , x2 , , xn )
q > 0
xi > 0 (i = 1, 2, , n)
dove xi `e la quantit`a del generico fattore i simo impiegato nella produzione
di q. La quantit`a prodotta `e non negativa cos` come sono non negative le
quantit`a di fattori impiegati.

2.3

Breve e lungo periodo

Nello studio della produzione `e importante distinguere fra breve periodo e


lungo periodo:
Breve periodo. Si dice breve periodo un intervallo di tempo entro cui non
`e possibile far variare (aumentare o diminuire) le quantit`a di tutti i
fattori. Esistono cos` fattori fissi (quelli la cui quantit`a non pu`o essere
variata) e fattori variabili (quelli la cui quantit`a pu`o essere variata).
Tipicamente si assume che per limpresa, nel breve periodo, il capitale
sia il fattore fisso mentre il lavoro `e il fattore variabile.
Lungo periodo. Si dice lungo periodo un intervallo di tempo sufficientemente lungo da rendere possibile la variazione (aumento o diminuzione)
di tutti i fattori. In altre parole, nel lungo periodo non esistono fattori
fissi.
Assumendo che esistono solo due fattori della produzione (x ed y), la
funzione di produzione riferita al breve periodo pu`o essere scritta come
q = f (x, y)
y = costante

(2.1)

La funzione di produzione di breve periodo `e ad una sola variabile. La


funzione di lungo periodo `e invece una funzione a due variabili:
q = f (x, y)
1

(2.2)

La dizione corretta `e quantit`a di servizi dei fattori impiegati. Per brevit`a si user`a
spesso la dizione quantit`
a di fattori.

2.4

La produttivit`
a dei fattori

Consideriamo inizialmente la relazione fra produzione del bene e quantit`a dei


fattori nel caso in cui un solo fattore `e variabile.
` la quantit`a prodotta del bene ottenuta impiegando
Produttivit`
a totale. E
un fattore in quantit`a variabile e laltro in quantit`a fissa. Essendo (2.1)
la funzione di produzione, la produttivit`a totale `e:
T P = q = f (x, y)

(2.3)

Produttivit`
a media. E data dal rapporto fra produttivit`a totale e quantit`a impiegata del fattore:
AP =

f (x, y)
TP
=
x
x

(2.4)

Produttivit`
a marginale. E lincremento di produttivit`a totale derivante
da una variazione infinitesima della quantit`a del fattore
MP =

2.4.1

f (x, y)
dq
=
dx
x

(2.5)

Produttivit`
a marginale decrescente

Tradizionalmente si assume che valga la legge della produttivit`a marginale


decrescente. Gli incrementi di produzione (produttivit`a totale) derivanti da
incrementi infinitesimi del fattore sono sempre positivi, ma inizialmente essi
sono crescenti, raggiungono un massimo e poi cominciano a decrescere. Ci`o
significa che
q
>0
(2.6)
x
e che, per valori di x > x ,
2q
<0
(2.7)
x2
Quindi la produttivit`a marginale raggiunge il suo massimo in x = x .

2.4.2

Rendimenti di scala

Cos` come si studia la relazione fra variazione del prodotto e variazione di


un fattore tenendo tutti gli altri costanti, si studia anche la relazione fra
variazione del prodotto e variazione proporzionale di tutti i fattori. In questo
caso si parla di rendimenti di scala. I rendimenti di scala possono essere
crescenti, costanti o decrescenti.2
2

Ovviamente ci si trova nel lungo periodo, in quanto tutti i fattori possono variare.

Rendimenti di scala crescenti. Si hanno rendimenti di scala crescenti quando il prodotto varia in misura pi`
u che proporzionale rispetto alla variazione dei fattori.
Rendimenti di scala costanti. Si hanno quando il prodotto varia nella
stessa proporzione dei fattori.
Rendimenti di scala decrescenti. Si hanno quando il prodotto varia in
misura meno che proporzionale rispetto alla variazione dei fattori.
Se si assume che la funzione di produzione `e omogenea, i rendimenti di
scala possono essere facilmente descritti nel modo seguente. Considerata una
funzione omogenea di grado n e un > 1,
f (x, y) = n (x, y)
Si hanno rendimenti di scala crescenti se n > 1; rendimenti di scala costanti
se n = 1; rendimenti di scala decrescenti se n < 1.
q = f (x, y)
q = f (x, y) = n f (x, y) = n q
quindi,
q
= n >
q
q
=
n = 1
q
q
n < 1
= n <
q
n > 1

2.5

Massimizzazione del profitto

Il profitto `e dato dalla differenza fra ricavo totale e costo totale. Il ricavo
totale `e il prodotto tra il prezzo al quale il bene `e venduto. Pertanto,
RT = pq

(2.8)

= pq C = pq (xpx + ypy )

(2.9)

dove p `e il prezzo del bene Q.


Il profitto totale `e quindi,

Il problema da risolvere `e la massimizzazione della (2.9).


8

Per semplicit`a, consideriamo un caso in cui un solo fattore `e variabile. La


(2.9) si riduce a
= pq (xpx + ypy )
(2.10)
Il massimo della (2.10) si determina ponendo la derivata prima di rispetto
ad x uguale a zero e la derivata seconda minore di zero, cio`e
q
d
= p px = 0
dx
x

(2.11)

d2
2q
=
p
<0
dx2
x2

(2.12)

dq
= px
dx

(2.13)

Dalla (2.11) si ottiene che


p

che significa che il profitto `e massimizzato nel punto in cui il valore della
produttivit`a marginale del fattore uguaglia il prezzo del fattore stesso.3
Consideriamo una particolare versione di questo problema di massimizzazione. Si supponga che il fattore variabile sia il lavoro, l (misurato in ore)
e che il prezzo di unora di lavoro sia il salario w. In questo caso la funzione
del profitto da massimizzare `e:
= pq lw ypy
e deve essere

dq
d
=p w =0
dl
dl

cio`e

dq
w
=
dl
p
Limpresa massimizza il profitto quando impiega una quantit`a del fattore
lavoro tale per cui la produttivit`a marginale del fattore ( dq
) `e uguale al salario
dl
reale, cio`e il rapporto tra il salario nominale w e il prezzo del bene p.

2.6

Curve dei costi

Abbiamo finora considerato il costo dellimpresa come una funzione dei prezzi
e delle quantit`a dei fattori della produzione impiegati dallimpresa. Naturalmente, data la funzione di produzione, il costo pu`o sempre essere espresso
3

La (2.12) implica che nel punto di massimo del profitto la produttivit`a marginale del
fattore `e decrescente.

come funzione della quantit`a prodotta. Dora in avanti, i costi saranno espressi come funzione della quantit`a prodotta. Qui ci concentriamo sui costi di
breve periodo.
Le varie definizioni di costo di breve periodo sono le seguenti.
Costo fisso (CF ). E il costo relativo ai fattori fissi impiegati. Esso `e quindi
indipendente dalla quantit`a prodotta e costante.
Costo fisso medio o unitario (CAF ). E dato dal rapporto fra costo fisso
e quantit`a prodotta q. Il costo fisso unitario `e funzione decrescente
della quantit`a prodotta. Tende asintoticamente a zero (Figura 2.1).
CAF =

CF
q

(2.14)

CAF

Figura 2.1: Costo fisso medio

Costo variabile totale (CV ). E il costo relativo ai fattori variabili impiegati. E funzione crescente della quantit`a prodotta.
Costo variabile medio (CAV ) . E dato dal rapporto fra costo variabile
totale e quantit`a prodotta.
CAV =

CV
q

(2.15)

Costo totale (CT ). E ovviamente la somma di costo variabile totale e costo


fisso,
CT = CV + CF
(2.16)
Il costo totale `e certamente funzione crescente di q.
10

Costo totale medio (CAT ). E dato dal rapporto fra costo totale e quantit`a
prodotta,
CT
CAT =
= CAV + CAF
(2.17)
q
Costo marginale (CM ). E lincremento del costo totale imputabile ad un
incremento infinitesimo della quantit`a prodotta. Perci`o,
CM =

dCV
dCT
=
dq
dq

(2.18)

Se si accetta lipotesi di produttivit`a marginale decrescente, al variare di


q il costo totale dovr`a necessariamente comportarsi nel modo seguente. CT
cresce dapprima meno che proporzionalmente di q, ma da un certo punto in
poi esso prende a crescere pi`
u che proporzionalmente. Il costo variabile totale
ha lo stesso comportamento. Il costo totale e quello variabile sono descritti
dalle due curve in Figura 2.2, dove OF `e il costo fisso.
CVT

CT

F
q

Figura 2.2: Costo variabile totale e costo totale


Dallipotesi di produttivit`a marginale decrescente deriva anche che il costo totale medio, il costo variabile medio ed il costo marginale hanno tutti
un andamento cosiddetto ad U: sono funzioni di q dapprima decrescenti,
raggiungono un minimo e poi diventano crescenti.
La curva del costo marginale interseca quella del costo medio totale e del
costo medio variabile nel loro punto di minimo (Figura 2.3).

2.7

La concorrenza perfetta

Un mercato `e in regime di concorrenza perfetta se valgono le seguenti ipotesi.


11

CAV

CAT

CM
q

Figura 2.3: Costo marginale, costo variabile medio e costo totale medio

1. Tutti gli operatori sul mercato (venditori ed acquirenti) sono di dimensioni infinitesime rispetto alla dimensione del mercato nel suo complesso.
2. Il bene prodotto dalle imprese operanti sul mercato `e perfettamente
omogeneo.
3. Tutti gli operatori sul mercato godono di perfetta informazione.
4. Nel lungo periodo, c`e perfetta libert`a di entrata e di uscita dal mercato
Per quanto riguarda specificamente le imprese, lipotesi di concorrenza
perfetta implica che la singola impresa non `e in grado di modificare il prezzo
del bene prodotto mediante variazioni della sua quantit`a prodotta. Daltro
canto, non `e razionale per limpresa cercare di vendere ne ad un prezzo pi`
u
basso ne ad un prezzo pi`
u alto di quello di mercato. Pertanto, per limpresa
in concorrenza perfetta il prezzo `e dato. Ci`o significa che la singola impresa
ha di fronte a se una curva di domanda perfettamente elastica.

2.7.1

Il ricavo marginale in concorrenza perfetta

Il ricavo marginale `e lincremento del ricavo totale dovuto ad un incremento


infinitesimo della quantit`a venduta. Formalmente,
RM =

d(pq)
dRT
=
dq
dq

RM `e il ricavo marginale e RT `e il ricavo totale.


12

(2.19)

Poiche in concorrenza perfetta il prezzo resta costante al variare della


quantit`a prodotta dalla singola impresa, ne deriva che il ricavo marginale
coincide con il prezzo che, daltro canto, non `e altro che il ricavo medio ( RqT ).
Ci`o si verifica immediatamente calcolando la derivata nella (2.19).
RM = p

2.8

(2.20)

Equilibrio dellimpresa nel breve periodo


in concorrenza perfetta

Limpresa `e in equilibrio quando massimizza il suo profitto,


= pq CT (q)

(2.21)

Affinche sia massimo, deve essere


(pq) dCT (q)
d
=

=0
dq
dq
dq

(2.22)

d2
<0
dq 2

(2.23)

Dalla (2.22), tenendo conto della definizione di ricavo marginale in concorrenza perfetta, si ottiene
p = CM
(2.24)
Dalla (2.23) e (2.24), si ottiene
CM > 0

(2.25)

In concorrenza perfetta, limpresa massimizza il suo profitto nel punto in cui


il costo marginale uguaglia il prezzo ed `e crescente.
OC `e il prezzo; OA `e la quantit`a che massimizza il profitto. Larea del
rettangolo OABC `e il ricavo totale; larea del rettangolo OAED `e il costo
totale e larea del rettangolo DEBC `e il profitto (Figura 2.4).

2.9

Equilibrio dellimpresa in monopolio

Anche in monopolio lequilibrio dellimpresa si realizza quando `e massimizzato il profitto. La differenza sostanziale rispetto alla concorrenza perfetta
`e che in monopolio, il prezzo non `e un dato per limpresa ma `e funzione
13

CM
B

C
D

CAT

Figura 2.4: Equilibrio dellimpresa

decrescente della quantit`a prodotta. Di conseguenza, il ricavo marginale `e


anchesso funzione decrescente del prezzo.
RM =

dp
d(pq)
= q+p
dq
dq

(2.26)

Affinche il profitto, , sia massimo deve essere


d
= RM CM = 0
dq
ovvero
RM = CM
e

(2.27)

d
(RM CM ) < 0
dq

ovvero

dRM
dCM
<
(2.28)
dq
dq
In equilibrio, il costo marginale deve uguagliare il ricavo marginale. Lequilibrio dellimpresa in monopolio `e rappresentato in figura 2.5.
La linea BC `e la funzione di domanda, la linea BA `e il ricavo marginale.
Limpresa massimizza il profitto producendo la quantit`a OQ (costo marginale
uguale a ricavo marginale). Tale quantit`a `e venduta al prezzo OP . Il ricavo
totale `e indicato dallarea OQF P , il costo totale dallarea ODEQ e il profitto
totale dallarea DEF P .4
4

Si noti che la seconda condizione di massimo `e certamente soddisfatta, essendo positiva


la derivata prima del costo marginale e negativa quella del ricavo marginale.

14

CM
F

CAT

Figura 2.5: Massimizzazione del profitto in monopolio

2.9.1

Confronto fra prezzo in monopolio e in concorrenza

In equilibrio in monopolio abbiamo5


p = q

dp
+ CM
dq

Invece in equilibrio in concorrenza `e,


p = CM
Pertanto il prezzo di monopolio eccede quello di concorrenza:
dp
dq

(2.29)

p CM
q dp
=
p
p dq

(2.30)

p CM = q
Dividendo tutto per p, si ottiene

Il membro di destra non `e altro che linverso dellelasticit`a della domanda di


q rispetto al prezzo (in valore assoluto). Cio`e
p CM
1
=
p
||
5

(2.31)

Si noti che q dp
a rispetto al prezzo `e negativa.
dq > 0 poich e la derivata della quantit`

15

Si vede immediatamente che


p CM
=0

(2.32)

lim

Quando lelasticit`a della domanda `e infinita, siamo in concorrenza perfetta e


quindi non c`e alcun eccesso del prezzo rispetto al costo marginale.
Daltro canto, tanto pi`
u piccola `e lelasticit`a della domanda, tanto maggiore `e leccesso del prezzo di monopolio rispetto al costo marginale.

2.10

Una semplificazione sui costi (di breve


periodo)

Si pu`o fare lipotesi che il costo marginale sia costante, CM = CM . Ci`o


equivale ad ipotizzare che la produttivit`a marginale dei fattori variabili sia
costante. Se il costo marginale `e costante, lo `e anche il costo variabile medio
che, anzi, risulta coincidente con il costo marginale: CAV = CM .
In questo caso, il costo totale `e
CT = CF + CV
CV = CAV q = CM q
(CF `e il costo fisso e CV il costo variabile totale).
In altre parole il costo totale cresce linearmente in q.
CT

CV

Figura 2.6: Costo totale e costo variabile quando il costo marginale `e costante

16

CTM

Figura 2.7: Il costo medio totale

Il costo medio totale, CAT = CqF + CAV , `e continuamente decrescente in


q e tende asintoticamente a CAV (Figura 2.7).
Spesso si fa lipotesi che il costo marginale sia costante e che limpresa,
in concorrenza non perfetta, applichi un mark-up sul costo medio:


CF
+ CAV
p = (1 + )
q
Per semplicit`a, spesso,

CF
q

viene incluso nel mark-up, ottenendo


p = (1 + )CAV

(2.33)

Consideriamo in maggior dettaglio CAV . Il costo variabile totale `e la


somma del costo sostenuto per pagare i lavoratori (wl) e il costo delle materie
prime. Se queste ultime per semplicit`a non vengono considerate, si avr`a
CV = wl
Il costo variabile medio pertanto `e
CV
l
=w
q
q

(2.34)

l
q

`e linverso della produttivit`a media del lavoro.6 Indicando la produttivit`a


con ,
w
p = (1 + )
(2.35)

Cio`e la quantit`
a prodotta da ununit`a di lavoro. Si noti che la produttivit`a media qui
coincide con quella marginale, ipotizzata costante.

17

Il rapporto w `e il costo del lavoro.


Se si suppone che le imprese adottino la strategia di mantenere il markup costante quando variano i costi, quando w aumenta e rimane costante,
il prezzo aumenta nella stessa proporzione del salario. In altre parole, un
aumento del costo del lavoro genera un proporzionale aumento del prezzo.
Dalla (2.35) si ha
p = (1 + )w
Ricordando che = ql ,

qp
= (1 + )w
(2.36)
l
qp
`e la produzione pro-capite espressa in valore.7 Il membro di destra dell
la (2.36) ci dice come questa produzione `e distribuita fra lavoratori (w) e
impresa (w).
Si supponga che la produttivit`a non vari e che limpresa non muti il
prezzo, in questo caso un aumento del salario deve necessariamente implicare
una riduzione della quota del prodotto che va allimpresa. In altre parole, si
deve ridurre il mark-up. Se limpresa non `e disposta a ridurre il mark-up, si
avr`a necessariamente un aumento del prezzo.8

Si pu`
o dire che `e il valore della produttivit`a.
Mantenendo lipotesi che limpresa intende mantenere costante il mark-up, quando il
salario varia e varia anche la produttivit`a sono possibili tutti i risultati per quanto riguarda
il prezzo: il prezzo resta invariato poiche la produttivit`a cresce tanto quanto il salario; il
prezzo diminuisce poiche la produttivit`a cresce pi`
u del salario; il prezzo aumenta poiche
la produttivit`
a cresce meno del salario.
Si pu`
o esprimere tutto ci`
o in termini di tassi di variazione. Si prenda la (2.35) in forma
logaritmica e si derivi rispetto al tempo (t) per ottenere i tassi di variazione di p, w e .
8

1 dw
1 d
1 dp
=

p dt
w dt
dt

18

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