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Capitolo 3
LA FORMA MENTIS ORAZIONALE
COME HABITAT NATURALE DELLA TEOLOGIA SACRAMENTARIA
Siccome esiste una stretta affinit tra la tecnica delle costruzioni e la costruzione del discorso, avviamo la nostra riflessione contrapponendo due serie di affermazioni. La prima: luomo antico
sapeva costruire, e luomo moderno sa costruire. La seconda: luomo antico sapeva pregare, ma
luomo moderno non sa pi pregare.
1. STRUTTURA BELLO!
1.1. Luomo antico sapeva costruire
Luomo antico conosceva perfettamente larte del compaginare gli elementi architettonici.
Ad esempio, non scambiava i muri perimetrali e le volte con le pareti divisorie interne; non scambiava i pilastri e gli archi del ponte con il selciato della strada che vi corre sopra. Conosceva la nozione di struttura. Sapeva che la parola latina structura viene da strure e significa compaginare,
articolare, in vista di una costruzione. Disponendo i mattoni (lateres) a strati secondo una precisa
struttura, il costrutture (structor) finiva per costruire una casa (strure domum), ossia un insieme
armonico, unitario, dinamico. Una casa non equivale affatto alla somma dei mattoni che la compongono, altrimenti sarebbe un mucchio, non una casa. Luomo antico conosceva bene la differenza
che esiste tra un mucchio di mattoni e una costruzione. Mentre in un caso gli elementi sono semplicemente ammucchiati, nellaltro caso gli elementi vengono sottoposti a particolari tensioni di forze
che creano quellequilibrio dinamico che abitualmente chiamiamo statico. Tuttavia si tratta di una
statica che non stasi, bens movimento (cf Documento 1). La nozione di struttura dunque essenziale alla tecnica delle costruzioni.
Tanti anni or sono era apparso sulla terza pagina del giornale romano Il Messaggero
(17.7.78) un articolo a firma di CARLO TAGLIACOZZO, intitolato Struttura bello. Cos recitava il
sottotitolo descrittivo: Architettura / Si parla, com noto, di abolire i corsi di scienza delle costruzioni dalle facolt di architettura. Eppure si tratta di una materia indispensabile alla formazione di
architetti seri e davvero moderni. Vediamo perch. Nel centro dellarticolo a tutta pagina campeggiava la fotografia del Tempio circolare di Stonehenge, con in primo piano la pietra detta di heel,
antica designazione del sole. Sotto in piccolo si notava il profilo del ponte di San Francisco, oltre
lisola di Yerbabuena. Larticolo iniziava cos: Accade talvolta che le storie dellarte classifichino
lo stile di un organismo architettonico secondo la sua decorazione (ad esempio, a mosaico) e non
secondo la sua struttura, mentre da ritenere che esso tenendo presenti le tre categorie vitruviane
della utilitas, della firmitas, della venustas debba essere determinato dallaspetto intrinseco che
gli conferiscono le sue funzioni (utilitas) e la sua struttura (firmitas). Insomma: prima viene la nozione di struttura (firmitas), quindi la nozione di funzionalit (utilitas) e per ultima la nozione di
bellezza (venustas). Senza la prima impossibile parlare delle altre (cf Documento 2).
La constatazione si chiarisce se pensiamo alle costruzioni romane e alle basiliche cristiane
nei vari secoli (eg: Santo Stefano Rotondo, in Roma), dove ogni elemento architettonico esterno o
interno esattamente al suo posto. Gli architetti antichi sembrano pedanti, tanto sono precisi. Anche
se a noi occorrono talvolta lunghi studi per penetrare nei segreti di una costruzione architettonica, ai
destinatari di quegli edifici tutto doveva risultare immediatamente chiaro.
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La nostra constatazione vale anche per costruzioni apparentemente semplici, presso gli Odierni Primitivi. Si pensi alla carpenteria di una tipica costruzione, ad esempio, della Costa-Est del
Madagascar, la quale si compone di legni diversi, di assi, di scorze, di steli, di foglie e di liane. Ogni elemento ha la propria funzione e nessuno simmaginer mai di sostituire, ad esempio, un pilastro portante con un qualsiasi stelo, fosse pure dei pi robusti. I ruoli delle diverse componenti di
una struttura architettonica, per elementare che sia, sono tali che non possono essere invertiti, giacch si fondano su un ordinamento essenzialmente gerarchico. infatti questa la nota specifica di
una compagine strutturata, che perci la distingue dal semplice complesso agglomeratizio, dove tutti i ruoli delle componenti si equivalgono, dal momento che non ve n alcuno (cf Eucaristia per la
Chiesa 51-52).
1.2. Luomo moderno sa costruire
Certo, anche luomo di oggi conosce larte del compaginare i diversi elementi, altrimenti le
sue costruzioni non starebbero in piedi. La sua tecnica cambiata, ma i criteri costruttivi permangono. Per questo lAutore di Struttura bello si richiamava alla nozione di struttura. Constatando
che luomo moderno fatica ad accedere alla nozione di struttura si hanno a volte strutture povere
-, lA. insisteva sulla necessit di ricuperarla al massimo, trasponendola dai libri alla mente.
In fatto di costruzioni possiamo aggiungere che luomo sa e non sa costruire. Si pensi in
particolare allarchitettura interna di tante nostre chiese moderne, dove spesso i criteri relativi alla
disposizione o alla forma del mobilio sacro (cattedra, ambone, altare) sono affidati alla fantasia di
liturgisti improvvisati.
Proseguiamo con la seconda serie di affermazioni, che in questo caso saranno contrapposte.
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Questa rapida analisi della preghiera di Mursilis II ci porta a sottolineare come il rapporto
cultuale sia un rapporto di storia e come le successive suppliche, al pari delle successive formule
confessionali, vengano ad essere incorporate nel paragrafo storico dellattuale preghiera, conferendo a questultima quella profondit storica che la ravvicina alla storiografia. La storiografia testimoniata dalla preghiera di Mursilis vera e propria storiografia, non meno di quella degli annali.
Presentandosi al suo dio, lantico mediorientale
racconta la sua storia che si compone di una catena di
situazioni di cui lultima lattuale la ricapitolazione. Le precedenti suppliche sono divenute patrimonio della sua storia ed egli le racconta, per il motivo
che la sua attuale condizione non comprensibile n
pienamente valutabile dalla divinit se non appare nella
prospettiva duna profondit storica.
Se queste considerazioni sono esatte, esse potranno esserci di valido aiuto per la comprensione della
lunga preghiera di Ne 9 fatta di innumerevoli alternanze
di peccato, castigo e grido a Dio, le quali non sono certo
rivolte a soddisfare la prolissit dellorante, ma stanno a
dirci che la relazione dalleanza non di ieri, bens
una lunga storia di infedelt e di attese.
Non si pu pensare che Mursilis si sia messo a
supplicare nel ventesimo anno della peste. Come il re
dice: Sono ventanni che la gente muore ( 1) e Se
cera restituzione da fare.. abbiamo gi restituito venti volte ( 10), cos possiamo immaginare che
il re dica al suo dio: son ventanni che supplichiamo! e che nella sua attuale preghiera ripercorra
alcune tappe della ventennale supplica. Come il paragrafo storico dei trattati ittiti riassumeva i precedenti trattati, cos il paragrafo storico della supplica ittita riassume le precedenti suppliche.
2.4. Le preghiere della Bibbia (NB: le vedremo dopo)
2.5. LInno a Zeus di Cleante (per lanalisi cf . DES PLACES, Hymnes grecs au seuil de lre
chrtienne, in Bib 38 [1957] 113-129; A.J. FESTUGIRE, La rvlation dHerms Trismgiste, 2,
Paris 1949, 310-325)
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2.7. La preghiera al Creatore e agli Antenati della Costa-Est del Madagascar (per il commento
descrittivo cf Eucaristia per la Chiesa 376-381; oppure, Inculturer la liturgie. Le dfi du Tiers
Monde au seuil du troisime millnaire, in Studia Missionalia 44 [1995], 353-358)
opportuno ricordare che questi formulari appartengono esclusivamente alla tradizione orale. Solo per ragioni di studio qualcuno stato messo per scritto in tempi recenti. In ogni caso si tratta sempre di modelli espressamente richiesti dallo studioso e dettati allo scopo da qualche anziano
consenziente. Infatti tutto ci che concerne la religione e le usanze ancestrali rigorosamente
vincolato alla disciplina dellarcano, la quale a sua volta retta dalla tradizione orale. Perci colui
che fa linvocazione compone sempre la sua preghiera in situazione, sulla base della forma letteraria che porta scritta nella sua mens theologica.
Hu! Hu! Hu!
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Documento 1: Struttura unit dinamica (da C. GIRAUDO, in Rivista Liturgica 72 [1985], 619620)
Etimologicamente sappiamo che il termine struttura proviene dallarte della costruzione degli edifici (structura astratto da struere [costruire] ) e designa larte del compaginare una serie di
elementi architettonici. Ora una serie di elementi strutturati costituisce appunto quella che viene
definita una unit architettonica, la quale , non gi statica, bens dinamica. Anche se locchio
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Documento 2: Struttura architettonica e struttura letteraria (da C. GIRAUDO, La struttura letteraria della preghiera eucaristica, AnBib 92, Roma 1981, 172-173)
La nozione di struttura letteraria non del tutto dissimile dalla nozione di struttura architettonica, poich costruire un formulario un po come costruire un edificio. Diremo perci che le categorie che presiedono alla costruzione degli edifici, dovranno per analogia presiedere alla costruzione delle preghiere. Ma quali sono queste categorie?
Nel ricordarcele Vitruvio ha cura di disporle in ordine di importanza. Dellarchitettura Vitruvio dice: Ea nascitur ex fabrica et ratiocinatione. Fabrica est continuata ac trita usus meditatio,
qua manibus perficitur e materia cuiuscumque generis opus est ad propositum deformationis. Ratiocinatio autem est quae res fabricatas sollertia ratione proportionis demonstrare atque explicare potest (VITRUVII, De Architectura libri decem [ed. V. ROSE, Lipsiae 1899] I, 1). Mirando a un trasferimento dei concetti per analogia, intenderemo per fabrica la volont pratica di dare una risposta alle circostanze dellesistenza; e per ratiocinatio intenderemo lo sforzo costante della mente per dare
ai singoli tentativi, non gi una forma valevole di volta in volta, bens delle strutture organiche ratione proportionis. Poco oltre, dopo aver elencato vari tipi di costruzioni, Vitruvio enumera i criteri che devono presiedere a qualsiasi edificio: Haec autem ita fieri debent ut habeatur ratio firmitatis, utilitatis, venustatis. Firmitatis erit habita ratio, cum fuerit fundamentorum ad solidum depressio
et quaque e materia copiarum sine avaritia diligens electio. Utilitatis autem, cum emendata et sine
inpeditione usus locorum dispositio et ad regiones sui cuiusque generis apta et commoda distributio.
Venustatis vero cum fuerit operis species grata et elegans membrorumque commensus iustas habeat
symmetriarum ratiocinationes (I, 3).
Per questo Vitruvio parla anzitutto della firmitas concepita come fundamentorum ad solidum depressio ossia come solidit di struttura, la quale egli dice dovr essere assicurata ad
ogni costo senza badare neppure alle spese. Elenca quindi lutilitas intesa come aderenza alle esigenze concrete della vita. Aggiunge infine la venustas quale esigenza del bello. In certo senso
possiamo dire che le prime due categorie vanno di pari passo, mentre lultima segue a coronamento
dellopera intrapresa. Ma se spetta allutilitas di calare la firmitas nella vita, ossiadi darle un volto
umano, resta pur sempre vero che la firmitas permane la categoria essenziale e la condizione sine
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qua non per lesistenza tanto della costruzione architettonica quanto di quella letteraria, dal momento che essa la sola capace di conferire fisionomia e garantire efficienza alle rimanenti due categorie.
Ora, la storia della forma letteraria che abbiamo fin qui tracciata ha dimostrato come la td
veterotestamentaria non rassomigli affatto a un edificio leggero dalle fondamenta incerte o
solamente di ieri, bensi radichi la propria firmitas letteraria su un terreno vetusto qual limpiego
letterario e teologico della tipologia dalleanza; e inoltre ha dimostrato come la td veterotestamentaria sia mirabilmente riuscita a conciliare tale sua firmitas letteraria con le esigenze
dellutilitas, dando origine a una produzione che non di rado raggiunge i vertici della venustas.
Documento 3: La messa drammatica, ovvero lincomprensione della dinamica letterario teologica della preghiera eucaristica (da C. GIRAUDO, La Messa: ripresentazione o rappresentazione, anmnesis o mmesis?, in Rassegna di Teologia 30 [1989], 52-55)
Accanto alla nozione di rinnovazione [ie. la messa intesa come rinnovazione del sacrificio
della croce], attestata dallultimo dei catechismi classici, esiste inoltre la nozione di rappresentazione, che i libri di devozione si sono largamente ingegnati a promuovere. La illustro servendomi di
un piccolo campionario di questo genere di libri, che proponevano dei metodi come si diceva allora per ascoltare la messa.
Il primo libro cui mi riferisco riguarda quello che potremmo chiamare il metodo della nostra
infanzia. Qui ovviamente parlo per gli ultraquarantenni, dal momento che ai pi giovani non stato
concesso di conoscere questo mirabile intreccio di devozione e di fantasia. Si tratta di un manualetto dal titolo Tutto per Ges, pubblicato a Vicenza in 112a edizione nel 1949. Ivi ogni momento della celebrazione viene fatto corrispondere con molta cura a un preciso momento della passione del
Signore. Quando, ad esempio, il celebrante stende le mani sulle oblate al Quam oblationem del canone romano, ricorda Ges cui viene ordinato di stendersi sulla croce. Quando il sacerdote segna
con tre croci il calice, Ges che viene inchiodato sulla croce. Quando il sacerdote alza lostia
allelevazione, Ges che viene innalzato in croce alla vista di tutti. Quando eleva il calice, il
buon Ges che offre allEterno Padre il suo prezioso sangue per noi. Quando il sacerdote recita le
orazioni successive alla consacrazione, Ges che agonizza per tre ore. Ancora: al Nobis quoque
peccatoribus Ges che perdona al buon ladrone e gli promette il paradiso. E via di questo passo.
Andando a ritroso, dal metodo della nostra infanzia giungiamo ai metodi di fine Ottocento.
Il libriccino di cui dispongo, intitolato La Santa Messa del Sac. Giulio Cant (Milano 1892), a proposito delloffertorio annota: NellOffertorio si ripete loblazione che di s fece Ges Cristo al Padre quando accett nel silenzio, e volle patire e morire per noi. Quindi cos interpreta loffertorio:
Ges legato alla colonna, flagellato e coronato di spine. Al lavabo: Pilato dalla loggia presenta
Ges al popolo dicendo: Ecco luomo. Al prefazio e al Sanctus: Ges gridato a morte dal popolo di Gerusalemme, e Pilato per vile debolezza ne scrive la condanna. Al canone vale a dire,
nella terminologia nostra, al Te igitur : Ges condannato a morte sale il Calvario, carico della
Croce su cui sar inchiodato nelle mani e nei piedi. Allelevazione dellostia e del calice: Ges
innalzato sulla Croce. Dopo la consacrazione e al Nobis quoque peccatoribus: Ges dalla Croce
prega pei crocefissori e pei Giudei che lo bestemmiano, e promette il Paradiso al buon ladro.
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Singolarmente abile si dimostrato leditore del Modo di udire la Santa Messa, del Comm.
Avv. BARTOLO LONGO (Pompei 1943 XXI, 17a ediz.). Ivi leditore, che si serve anche dellopera
di un valente illustratore, ritrae il sacerdote allaltare negli atteggiamenti che corrispondono ai diversi momenti della celebrazione, avendo tuttavia laccortezza di variare per ogni scena il soggetto
della grande pala daltare cos da raffigurarvi il corrispondente momento della passione. Il prefazio,
ad esempio, illustrato con la scena di Ges condannato a morte da Pilato; il Memento dei vivi con
la scena di Ges che porta la croce sulle spalle e si avvia al Calvario; il Quam oblationem con la
scena di Ges disteso e inchiodato sulla croce; lelevazione dellostia con la raffigurazione di Ges
innalzato sulla croce. In tal modo i fedeli, guardando il sacerdote allaltare, contemplano di fatto
tutta la passione del Signore, che scorre sotto i loro occhi come le sequenze di un film.
La corrispondenza tra il metodo della nostra infanzia e il metodo di fine Ottocento si rivela
dunque perfetta. Non solo, ma il metodo risultante corrisponde a sua volta di tutto punto ai metodi
usati nei secoli precedenti, quali ad esempio il metodo seguito da san Giovanni Berchmans (sec.
XVII), il metodo professato da san Tommaso dAquino (sec. XIII), il metodo praticato e divulgato
dal celebre vescovo liturgista AMALARIO di Metz (sec. IX). In ogni caso tale comprensione scenica
della messa non va oltre lepoca di Amalario. E infatti suo il principio teologico che sta alla base di
tutti codesti metodi giunti peraltro fino alle soglie del Vaticano II e che dice: In sacramento
panis et vini, necnon etiam in memoria mea, passio Christi in promptu est. Il che significa: Nel
sacramento del pane e del vino, come pure nella mia memoria [da intendere qui come memoria psicologica e soggettiva!], la passione di Cristo visibile ai miei occhi.
A conferma del pacifico coniugio nella catechesi post-tridentina delle nozioni di rinnovazione e di rappresentazione, stralciamo alcune espressioni dal trattato Della regolata Divozione de
Cristiani di LUDOVICO ANTONIO MURATORI. Ivi si legge: Ora la Messa altro non , che una rinnovazione dellultima Cena fatta dal divino Salvator nostro Ges Cristo, allorch Egli in persona consecr il Pane e il Vino, dispensando agli Appostoli il suo Corpo e Sangue sotto le Spezie Sacramentali... In secondo luogo non solamente si rinnova nella Messa la memoria della Cena del Signore,
ma quivi ancora si rappresenta la di lui Passione... Perci il Cristiano intervenendo alla santa Messa, dee eziandio figurarsi di trovarsi presente sul Calvario alla gran Tragedia della Crocifissione e
morte del Signore, e di mirar sul sacro Altare quel Sangue prezioso, chEgli sparse sulla Croce....
La comprensione fantasiosa
della Messa / Divina Liturgia
un fenomeno curioso
che ha visto come protagonisti
tanto gli Occidentali
quanto gli Orientali;
anzi: gli Orientali prima
e pi a lungo.