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Si pu isolare con chiarezza la tesi di fondo dellultimo libro di Donatella Di Cesare,

Heidegger & Sons. Eredit e futuro di un filosofo (Bollati Boringhieri, pp. 148, 13):
La vera novit dei Quaderni neri lantisemitismo. I Quaderni neri sono le riflessioni
annotate per circa quarantanni da Martin Heidegger su quaderni cerati, di colore nero,
che il filosofo raccomand di pubblicare al termine delledizione completa delle sue
opere. Quello che non cera nei libri gi pubblicati, nei Quaderni c. Lantisemitismo vi
esplicito, e la Di Cesare ne ha gi indicato il tratto essenziale, metafisico, nel suo
libro precedente su Heidegger e gli ebrei, apparso nei mesi scorsi sempre da Bollati
Boringhieri (e al centro di un vortice internazionale di polemiche, che questo nuovo
libro racconta). Che si tratti di un antisemitismo metafisico non significa certo che sia
ingentilito, spiritualizzato, o sublimato come ha ritenuto Habermas che non sia
cio compromesso con le vicende storiche del secolo scorso, con i tratti pi odiosi,
violenti, razziali, con i quali si manifest negli anni del nazismo, fino allabisso della
Shoah. Significa al contrario che non pu essere semplicemente derubricato sotto la
voce dei pregiudizi politici o culturali di unepoca storica, che Heidegger condivideva,
ma che ha una provenienza teologica, una intenzione politica, un rango filosofico, e
chiama perci in causa quello che per il filosofo il destino dellEssere, e cio lintera
vicenda storica e filosofica dellOccidente.
La domanda diviene dunque: come fare i conti con un simile pensiero, una volta che
diviene impraticabile tanto la via della minimizzazione, quanto quella della
demonizzazione? Gli orfani risentiti del Maestro di Messkirch cos li chiama la Di
Cesare continuano a ripetere, sempre meno credibili, che altro la filosofia di
Heidegger, altro le poche notazioni marginali, mal lette oppure fraintese e comunque
poco numerose e poco significative disseminate nei Quaderni . Allopposto, i
rottamatori della filosofia, sempre pi ringalluzziti, pensano di poterla fare finita una
volta per tutte con Heidegger e con gli heideggerismi. Per gli uni, nessuno ha pensato
pi profondamente di Heidegger, e da quel pensiero non sanno come uscire. Per gli
altri, Heidegger non val pi la pena neanche di leggerlo, e forse non val quasi pi la
pena di leggere di filosofia. Che appare, sulla scia dei Quaderni, come una roba
oscura, moralmente ambigua, politicamente pericolosa, a cui dunque si pu solo
augurare, per non far danni, di limitarsi a fare da corona alle scienze. O di riciclarsi
nella chiacchiera giornalistica come palliativa saggezza di vita.
Il giudizio di chi si rifiuta al confronto con Heidegger e lantisemitismo finisce infatti
molto spesso per coinvolgere tutti gli stili e le tradizioni di pensiero che appaiono non
allineati con il quadro dei valori che fa da sfondo allorizzonte morale e politico del
nostro tempo. Come se questorizzonte non solo non fosse oltrepassabile, ma non
fosse neppure revocabile in questione. Il vero obiettivo polemico di questo libro sta
dunque qui. E spinge la Di Cesare ad articolare le ragioni di una sinistra
heideggeriana, postmetafisica Derrida, Nancy, Schrmann, ma anche, da noi,
Vattimo o Agamben che, certo, affranca Heidegger da una lettura meramente
reazionaria, ma non si accomoda nemmeno nelle vecchie certezze dogmatiche del
marxismo. Si pu quindi immaginare il furor metafisico dei marxisti ufficiali, ma
anche lo sdegno morale dei neoliberisti, convinti che quello del mercato sia
lorizzonte finale o il sarcasmo caustico di neoilluministi e progressisti incalliti, che
neppure un istante, malgrado la catastrofe ecologica e la intermittente guerra civile
globale, hanno dubitato di avanzare verso la civilt.

Il libro tenta insomma di riattivare una vena filosofico-politica radicale, che attinga al
pensiero heideggeriano, cercando per di disegnare un varco dove invece Heidegger si
precluse ogni accesso. Quella vena si trova, per la Di Cesare, nella radice messianica
non semplicemente rimossa da Heidegger, ma addirittura schermata, sbarrata dal
mito greco delle origini, mito fondativo del pensiero occidentale. Ma questo implica
che il giudizio su Heidegger non si risolve su un piano meramente storiografico ed anzi
ha senso, come ha scritto di recente Jean Luc Nancy, solo se con lui, giudichiamo noi
e la nostra storia. Questo giudizio si muta cos, da ultimo, in una domanda: come si fa
a liberarsi dellorizzonte metafisico, le cui ultime propaggini sono nella tecnica, nei
mezzi di comunicazione moderni, nellorizzonte globalizzato del nostro tempo, a cui
peraltro Heidegger volle rimanere del tutto estraneo, senza precipitare in un orizzonte
non pi aperto e libero, ma pi cupo e ristretto, prigionieri di vecchi miti e terribili
incubi?

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