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Alcesti

Ambientazione: Fere, Tessaglia


Prima assoluta: 438 a.C.
Personaggi:
Apollo
Thanatos
Alcesti
Ancella
Admeto
Eumelo
Eracle
Ferete
Coro di cittadini di Fere
Premessa:
Di solito le tetralogie si concludevano con un dramma satiresco: in questo caso il suo posto fu
occupato da una tragedia a lieto fine: appunto Alcesti. Alcuni critici hanno ritenuto che l'opera non
fosse affatto una tragedia, ma un dramma satiresco. Altri, invece, pi verosimilmente, hanno
considerato il dramma come una sorta di "fiaba". La definizione pi appropriata potrebbe essere
quella di "tragicommedia".
Trama:
Nel prologo il dio Apollo narra di essere stato condannato da Zeus a servire come schiavo nella
casa di Admeto, re di Fere in Tessaglia, per espiare la colpa di aver ucciso i Ciclopi come vendetta
per l'uccisione del figlio Asclepio per mano di Zeus stesso. Grazie alla sua benevola accoglienza,
Apollo nutre per Admeto un grande rispetto, tanto da esser riuscito ad ottenere dalle Moire che
l'amico possa sfuggire alla morte, a condizione che qualcuno si sacrifichi per lui. Nessuno, tuttavia,
disposto a farlo, n gli amici, n gli anziani genitori: solo l'amata sposa Alcesti si detta pronta.
Quando sulla scena arriva Thanatos, la Morte, Apollo tenta inutilmente di evitare la morte della
donna e si allontana, lasciando la casa immersa in un silenzio angoscioso.
Con l'ingresso del coro dei cittadini di Fere si apre la tragedia vera e propria. Mentre i coreuti
piangono per la sorte della regina, una serva esce dal palazzo e annuncia che Alcesti ormai
pronta a morire, anche se vinta dalla commozione per la sorte della sua famiglia. La donna appare
sulla scena per pronunciare le sue ultime parole: saluta la luce del sole, compiange se stessa, accusa
i suoceri, che egoisticamente non hanno voluto sacrificarsi, e consola il marito che la sorregge,
mentre sente che la vita la sta lasciando. Dopodich muore.
Il figlioletto, Admeto ed il Coro commentano rattristati l'accaduto. A questo punto arriva Eracle,
intento in una delle dodici fatiche, per chiedere ospitalit. Admeto lo accoglie con generosit, pur
non nascondendogli la propria afflizione, tanto da essere costretto a spiegargliene il motivo.
Racconta all'eroe che morta una donna che viveva nella casa, ma non era sua consanguinea, cos
da non metterlo a disagio.
Prima del funerale sopraggiunge Ferete, padre di Admeto, che porta in dono una veste funebre: il
re lo respinge stizzito, accusandolo di essere il colpevole della morte della moglie, ma si sente
accusare a sua volta di essere un vigliacco.
A questo punto il Coro esce di scena (espediente prima di allora usato solo da Eschilo nell'Orestea),
e si conclude la sezione propriamente "tragica" dell'opera.
In quella successiva, quasi comica, entra in scena un servo che si lamenta del comportamento di
Eracle, il quale, senza riguardo per la situazione, si perfino ubriacato. Allora, anche se gli stato
proibito, lo schiavo decide di rivelare a Eracle la verit: la donna "non consanguinea" morta, in

realt, la moglie di Admeto. L'eroe, sdegnato e scosso, decide di scendere nell'Ade per riportarla
in vita. Dopo il terzo stasimo, contenente un elogio di Admeto e Alcesti, Eracle ritorna con una
donna velata, fingendo di averla "vinta" ai giochi pubblici, per mettere alla prova la fedelt di
Admeto. Il re, inizialmente, ha quasi orrore a toccarla, convinto che sia un'altra donna, e
acconsente a guardarla solo per compiacere il suo ospite. Tolto il velo, si scopre che la donna
Alcesti, ora restituita all'affetto dei suoi cari. Grande la gioia di Admeto, ma Alcesti rimane
immobile e muta, come se fosse ritornata in vita solo fisicamente. Di fronte allo stupore del re,
Eracle spiega che non potr parlare per tre giorni, il tempo necessario per essere "sconsacrata"
dagli inferi.
Significato:
Il significato dell'opera oggetto di acceso dibattito fra i critici: Alberto Savinio puntualizza che il
tema centrale quello della donna che realizza il sogno archetipico di dare la vita per il proprio
compagno, ma questo non chiarisce il "messaggio" euripideo.
Il punto focale senz'altro la misteriosa "fantasmaticit" di Alcesti nella sua restituzione finale ad
Admeto, connessa al suo enigmatico silenzio: Ian Kott e altri critici hanno ipotizzato che si tratti in
realt non di lei ma di un'altra donna, altri, come il Verrall, che Alcesti non sia mai morta;
Hofmannsthal, ma anche di recente Paduano, sottolineano semplicemente il carattere solenne del
ritorno dalla morte come evento straordinario, che non permette un immediato contatto con i vivi.
L'interpretazione pi originale e nuova quella di Carlo Diano, che si occup del testo euripideo
per lunghissimo tempo. Lo studio e l'interpretazione di questo testo misterioso occup buona parte
della sua vita e solo nel 1975 fu pubblicato, postumo, il saggio completo Introduzione all'Alcesti.
Diano vede nell'Alcesti una meditatio mortis, "la prima che l'Occidente abbia avuto", sottolinea
l'unicit dell'appellativo ghennaos, con cui Alcesti indicata, in relazione ad una donna, poich
quello era l'appellativo degli eroi morti in battaglia, ritiene che la chiave d'interpretazione risieda
nel nmos che lega gli hetiroi ("eteri", letteralmente "compagni") dell'aristocrazia greca,
contrapposto alla physis in quanto pi forte del vincolo di sangue, e mette in luce ci che gi
Platone aveva evidenziato nel Simposio: morire al posto di un altro possibile solo per amore.
Sia come sia, nessuna di queste interpretazioni risolve le contraddizioni del testo euripideo.
Anzitutto evidente come, fin dalle sue prime tragedie, Euripide rinunci alla missione paideutica
cos come era stata intesa in precedenza: non esiste infatti alcun messaggio "educativo", n in senso
politico n in senso etico-religioso, che si possa ricavare da una vicenda cos ambigua.
Infatti, solo per citare alcuni elementi dubbi:
siamo sicuri che il lieto fine sia veramente da considerare tale? Quando Alcesti ritorna dalla
morte, appare avvolta in un cupo silenzio che non lascia presagire nulla di buono per il futuro
della coppia. Ed effettivamente impensabile che, dopo una simile dimostrazione di egoismo,
ella possa ancora amare sinceramente il marito. Quindi non c' modo di pensare che il tutto si
concluda con un "e vissero felici e contenti", come si potrebbe credere;
nessun personaggio additato ad esempio, in quanto nessuno veramente "positivo": Admeto
di un egoismo sfrontato, i suoi genitori sono altrettanto gretti ed egoisti, Alcesti, pur capace
di una straordinaria abnegazione, comprende bene l'assurdit del suo gesto e quando ritorna
dalla morte appare completamente estranea al marito, Eracle un personaggio troppo
buffonesco, ancorch generoso, per poter essere preso sul serio. Si ha l'impressione di assistere
al trionfo dell'ipocrisia: come pu l'uomo che ha lasciato morire sua moglie pronunciare parole
di sincero rimpianto per lei, o sdegnarsi con il padre, come se fosse una colpa non essere voluto
morire al posto suo? E come pu essere veramente felice del ritorno in vita della moglie,
sapendo di essere lui stesso il responsabile della sua morte? E lei potr davvero perdonarlo? O
reciter per il resto dei suoi giorni la parte della moglie devota, fingendo un amore che non
prova pi? Insomma, a ben guardare, il ritorno in vita di Alcesti ha tutto il sapore di un perfido
scherzo: Euripide sembra suggerire che riavere in casa un morto al quale abbiamo fatto del
male decisamente peggio che non riaverlo, perch ci priva del piacere ipocrita di piangerlo,
che ci fa sentire "buoni" e assolti;

non solo nessun personaggio positivo, ma non esiste neppure alcun messaggio da consegnare
allo spettatore, date le stridenti contraddizioni della vicenda. Qualche esempio:
si dice che "per natura" i genitori amino cos tanto i figli da essere disposti a dare la vita per
loro: ci piace credere cos, in un certo senso "dobbiamo" crederci, per sentirci buoni. Bene,
falso, sono solo parole, un luogo comune. sufficiente uscire dall'mbito delle parole, e
mettere i genitori di Admeto di fronte alla prospettiva reale della morte, per comprendere
l'inconsistenza di questa diceria. Questo esclude che la physis porti impresse in s quelle leggi
divine universali che Eschilo aveva rintracciato in essa, ma non implica affatto una
rivalutazione del nmos, come in Sofocle: infatti ad Euripide appare evidente la convenzionalit
di ci che viene considerato "naturale", e la convenzione per lui (come per i Sofisti) frutto di
pura arbitrariet, dipende da scelte umane mutevoli ed opinabili e non ha alcun avallo divino;
si dice che amare sia una cosa positiva e che dare la vita per un altro sia un'azione alta e nobile.
Ma siamo sicuri che sia cos? Certamente Alcesti ama suo marito molto profondamente, tanto
da anteporre la sua vita alla propria: ma ha senso tutto questo, oppure una forma di
ottenebramento mentale, una forma di cieca irrazionalit, una patologia che induce
all'autolesionismo? Alcesti stessa, mentre va a morire, si rende dolorosamente conto che sta
commettendo un tragico errore, comprende che non vale la pena di dare la vita per quell'uomo
mediocre e ipocrita che versa lacrime di coccodrillo mentre la accompagna a morire al posto
suo. Perci accetta di morire, ma quando viene riportata in vita in realt pi morta di prima,
morta dentro, perch in lei si spenta la fiamma dell'amore che la rendeva cieca, ed ora ella
vede tutto con lucidit e chiarezza;
i vecchi genitori di Admeto, che si rifiutano di morire per lui, vengono additati alla nostra
esecrazione: ma siamo sicuri che la meritino? Quale persona, e perch, ha il diritto di chiedere
ad un'altra di morire al posto suo? Per quale motivo un individuo deve considerarsi cos
importante da esigere il sacrificio di altri per poter preservare la propria vita? Questo un tab
delicatissimo, che Euripide prende di petto e che si applica a qualsiasi epoca: basti pensare, per
fare un esempio attuale, alla gioia che prova un malato quando una persona muore per
potergli "donare" i suoi organi: questa gioia implica lo stesso cortocircuito demenziale che
avviene nella psiche di Admeto e che lo induce a credersi pi importante di chiunque.
In definitiva, Euripide fin dal suo esordio sulla scena crea di proposito circostanze estreme per
costringerci a riflettere sui luoghi comuni e a renderci conto di come siano infondati. La sua
un'attitudine marcatamente filosofica, che deve molto alla coeva sofistica (ma non solo).
Egli non "risolve" i problemi, non consegna al pubblico alcuna soluzione, anzi lo mette di fronte
alle contraddizioni insanabili dell'esistenza umana, smaschera le ipocrisie sociali e le illusioni
consolatorie, costringe lo spettatore, come uno psicoanalista, a confrontarsi con i suoi tab pi
inconfessabili, perch li guardi in faccia e provi a risolverseli da s, se ci riesce.
E il pubblico se ne va da teatro inquieto e turbato, pieno di emozioni contrastanti, senza che su di
lui abbia agito la catarsi che dovrebbe servire da sfogo salutare per le emozioni: il che tipico di
Euripide, che, come pi tardi Brecht, rifiuta la catarsi appunto perch, sollecitando la sfera
emozionale, ottenebra la razionalit e non consente di concentrarsi a mente lucida sulle
problematiche implicate nella rappresentazione. Questa tipica attitidine anti-catartica non sfugg a
Nietzsche, che considera Euripide il distruttore della tragedia greca.
Il grande assente, in tutta questa vicenda, sembra essere Dio: le cui leggi, se mai esistono, appaiono
lontane e sfocate, completamente avulse da ogni senso di giustizia, nel dominio del caos e nella
confusione di un mondo ormai "umano, troppo umano".

BRANI
ALCESTI
O sole, o luce del giorno
e voi, turbini celesti
di nuvole in fuga!
ADMETO
Il sole ci vede, scorge la nostra miseria. Siamo innocenti di fronte agli di: eppure, tu muori.
ALCESTI
O mia terra e casa
e letto nuziale
nella paterna Iolco!
ADMETO
Fatti forza, povera infelice, non mi lasciare, implora gli di potenti di avere piet di te.
ALCESTI
Vedo, vedo nella palude la barca
e il traghettatore dei morti, Caronte:
impugna una lunga pertica,
mi chiama: Perch indugi? Sbrgati,
tu mi sottrai tempo. Mi fa fretta,
irosamente.
ADMETO
Ahim, mi parli di un viaggio amaro. Povera creatura, cosa dobbiamo patire.
ALCESTI
Qualcuno mi trascina via - non vedi? Mi trascina verso il regno delle ombre.
Ha le ali... nei suoi occhi cupi, semichiusi,
splende la morte.
Che fai? Lasciami!
Mi inoltro, disperata, per un'orribile strada.
ADMETO
Tristissima per chi ti ama, e soprattutto per me, per i figli, accomunati in questo dolore.
ALCESTI
Lasciatemi, lasciatemi,
posatemi gi: le gambe non mi sorreggono.
L'Ade vicino. Striscia furtiva
sui miei occhi la tenebra della notte.
O figli, figli, non avete pi madre!
Vi auguro, figli, di vivere felici.
ADMETO
Ahim, sento parole dolorose, peggiori per me di ogni morte. Non essere cos crudele da
abbandonarmi, te ne prego, per gli di, per questi figli che lascerai orfani. Non cedere, fatti

coraggio! Se tu muori io non sono pi niente: solo per te esisto e vivo. Mi prostro davanti al tuo
amore.
ALCESTI
Admeto, tu vedi come vanno le cose per me. Prima che arrivi la fine, vorrei comunicarti i miei
desideri. Ti ho onorato, ti ho permesso, dando in cambio la vita, di godere ancora la luce del sole:
muoio per te, e mi era possibile non farlo, prendermi, ad arbitrio mio, uno sposo fra i Tessali,
abitare in una casa sovranamente ricca. Ma non ho voluto vivere priva di te, con i figli orfani, non
ho esitato a sacrificare la giovinezza di cui godevo, io. Ma l'uomo che ti ha generato e la donna che
ti ha partorito, ti hanno tradito entrambi: eppure erano arrivati a un'et in cui bello andarsene,
salvare il figlio e morire gloriosamente. Eri il loro unico figlio, scomparso te non potevano sperare
di metterne al mondo un altro. Avremmo avuto davanti a noi ancora molti anni, tutti e due, e tu
non piangeresti ora per avere perduto la sposa, non ti toccherebbe allevare da solo i figli. Ma un
dio ha deciso che le cose andassero cos. Lasciamo stare. Serbami gratitudine per tutto questo. Io
non ti chieder un favore uguale - niente pi prezioso dell'esistenza -, ma giusto, e lo ammetterai.
Tu, da buon padre, ami i tuoi figli come li amo io. Lasciali padroni della mia casa, non dargli una
matrigna, sposandoti di nuovo. Sar cattiva, in confronto a me, alzer la mano contro i tuoi, i miei
figli, per gelosia. Non mi fare questo, ti prego. La nuova arrivata, la matrigna, detesta i figli del
primo letto, non pi gentile di una vipera. E poi, il maschio ha nel padre una torre robusta. Ma
tu, figlia mia, come verrai cresciuta per diventar donna? Che tipo di matrigna ti capiter? Non
vorrei che infangando il tuo nome ti rovinasse le nozze mentre sei nel fiore degli anni. Tua madre
non ci sar alle tue nozze, non ti far coraggio al momento del parto, assistendoti, ed il momento
in cui non c' niente che valga una madre. Io devo morire: e non domani o dopodomani, ma fra
poco entrer nel novero dei pi. Addio, siate felici: potete vantarvi tu, marito, per la moglie e voi,
bambini, per la madre meravigliosa che avete avuto.
CORO
Sta' tranquilla, non esito a parlare in nome di Admeto: far come dici tu, se non uscito di senno.
ADMETO
Proprio cos, proprio cos: non aver paura. Da viva eri mia moglie e anche da morta sarai nota
come la mia unica moglie: nessuna donna tessala prender il tuo posto, chiamer Admeto marito
mio. Non esiste un'altra donna di stirpe tanto illustre n di bellezza pari alla tua. Quanto ai figli,
mi bastano quelli che ho: chiedo solo agli di che costituiscano il mio conforto, visto che ho
perduto te troppo presto. Il lutto per te non lo porter per un anno, ma per sempre, finch vivo,
insieme all'odio per chi mi ha partorito, al rancore per chi mi ha generato: mi amavano a parole, e
non di fatto. Tu hai offerto, in cambio della mia vita, quanto c' di pi caro e cos mi hai salvato. E
non devo piangere se perdo una compagna come te? Niente pi feste, niente pi simposi e
convitati, niente pi ghirlande: e via anche la musica che riempiva le mie stanze. Non mi sentirei
pi di prendere in mano una cetra, non mi darebbe sollievo cantare al suono del flauto libico: tu
mi hai tolto ogni gioia di vivere. Mi far scolpire da un bravo artista una statua che ti raffiguri, la
collocher sul nostro letto. Mi getter su di essa; la stringer fra le braccia, pronunziando il tuo
nome e mi sembrer di stringermi a te, anche se non vero. Una fredda gioia, d'accordo, ma anche
una consolazione per la mia anima oppressa. Verrai a visitarmi in sogno e io sar felice: dolce
vedere i propri cari anche di notte, per il tempo che ci concesso. Magari avessi la voce e il canto
di Orfeo, per ammaliare la figlia di Demetra o il suo sposo e cos portarti via dall'Ade! Scenderei
tra le ombre, e n il cane di Plutone n Caronte, il nocchiero delle anime potrebbero impedirmi di
restituirti alla luce. Ma cos come stanno le cose, aspettami, finch non giunga il mio ultimo giorno:
prepara la dimora, dove tu e io abiteremo insieme. Ordiner ai miei figli di depormi nella tua
stessa bara di cedro, giaceremo fianco a fianco: neanche da morto voglio restar separato da te,
l'unica persona a me fedele.

CORO
Parteciper, da amico, al grave cordoglio di un amico: lei se lo merita.
ALCESTI
Figli, lo avete sentito con le vostre orecchie vostro padre dire che mai vi imporr una matrigna, che
non mi far questo torto.
ADMETO
Lo ripeto, e terr fede all'impegno.
ALCESTI
A questi patti, accogli i nostri figli dalla mia mano.
ADMETO
Li accolgo, come amato dono di una persona amata.
ALCESTI
Gli farai tu da madre, al mio posto.
ADMETO
davvero necessario, visto che vengono privati di te.
ALCESTI
O figli, scendo nell'aldil proprio quando dovevo vivere.
ADMETO
E io, cosa far io, senza di te?
ALCESTI
Il tempo ti consoler: i morti non sono pi niente.
ADMETO
Portami con te, per gli di, portami laggi!
ALCESTI
Non basta che io muoia al tuo posto?
ADMETO
O destino, di che moglie mi privi!
ALCESTI
La tenebra gi mi scende sugli occhi.
ADMETO
Ma io sono perduto, se tu mi vieni a mancare, moglie.
ALCESTI
Puoi dire di me, ormai, che non sono pi nulla.
ADMETO
Solleva il volto, non lasciare soli i tuoi figli.

ALCESTI
Io non lo voglio, ma vi devo dire addio, figli.
ADMETO
Guardali, guardali, ti prego!
ALCESTI
Io non sono pi nulla.
ADMETO
Che fai? Ci abbandoni?
ALCESTI
Addio.
ADMETO
lo sfacelo, per me.
CORO
Se ne andata la moglie di Admeto: morta.

...........................

CORO
Vedo tuo padre che si avvicina con il passo dei vecchi: lo seguono i suoi servi, hanno in mano il
corredo funebre per la tua sposa, gli ornamenti mortuari.
FERETE
Sono qui per partecipare al tuo dolore, figlio: hai perduto un'ottima e fedele moglie. Nessuno oser
certo negarlo. Ma occorre farsi coraggio, in questi casi, anche se non facile. Accogli questi oggetti
preziosi e scendano sottoterra con Alcesti. Bisogna onorarne le spoglie, perch si immolata per te
e non mi ha privato del figlio: non mi vedr costretto a consumare una penosa vecchiaia senza di
te. Con il suo gesto coraggioso e nobile, Alcesti ha reso onore al proprio sesso. Tu hai salvato
Admeto, hai rimesso in piedi noi che stavamo per cadere: ti dico addio, ti auguro di essere felice
nell'Ade. Secondo me, sono questi i matrimoni utili ai mortali, o altrimenti meglio che uno non si
sposi.
ADMETO
Io qui, a questo funerale non ti ho invitato e la tua presenza non la considero gradita. Lei non
indosser mai il corredo funebre che le hai portato, non ha bisogno dei tuoi doni, per la sepoltura.
Al mio dolore dovevi partecipare quando ero in pericolo di vita. E dopo esserti defilato, dopo
avere permesso che morisse un'altra persona, giovane, tu, cos vecchio, vieni ora a piangere su
questo cadavere? Tu non fosti mai il vero padre di questo mio corpo e non mi mise al mondo
quella che sostiene di averlo fatto e si attribuisce il nome di madre. No, io sono sangue di schiavi e
mi hanno attaccato di nascosto al seno di tua moglie. Nel momento decisivo hai dimostrato chi sei
realmente: non mi ritengo nato da te. Ti distingui per vilt da tutti: decrepito come sei, al termine
dell'esistenza, non hai voluto, non hai avuto il coraggio di sacrificarti per tuo figlio. Avete
permesso che lo facesse lei, una straniera, l'unica persona che devo giustamente ritenere mio
padre, mia madre. Eppure era una bella sfida da affrontarsi: ti immolavi per il figlio, tanto non ti

restava molto da campare. E io potevo trascorrere insieme a lei il resto dei miei giorni, e non sarei
qui solo a piangere sui miei mali.
Tutto ci che fa felice un uomo lo hai avuto. Sei salito al trono da giovane, ti sei garantito un erede,
il sottoscritto, in famiglia, non rischiavi, dunque, morendo senza figli, di lasciare in preda ad altri
la tua reggia, vuota di un legittimo successore. Non sosterrai di avermi abbandonato alla morte
perch non onoravo la tua vecchiaia: io ero un figlio rispettosissimo, e in cambio ricevo da te e da
chi mi ha partorito questo bel grazie. Sbrgati a fabbricare altri figli che ti assistano negli anni tardi
e ti compongano nella bara e provvedano alle esequie. Perch non sar io, con le mie mani, a
seppellirti: per quanto ti riguarda, io sono defunto. Se continuo a vedere la luce, se sono salvo
grazie ad un altro, di lui mi proclamo figlio, a lui manifester la mia devozione. I vecchi mentono
quando si augurano di scomparire, imprecando contro la senilit e l'esistenza troppo lunga.
Appena la fine si avvicina, nessuno vuole morire, e la vecchiaia non appare pi un peso.
CORO
Smettetela: basta gi la disgrazia in corso. Figlio, non esasperare tuo padre.
FERETE
Figlio, ma chi ti credi di insultare cos malamente? Uno schiavo lidio o frigio che ti sei comperato?
Non sai che sono un Tessalo, e figlio legittimo di un Tessalo, un uomo libero? Tu offendi troppo e
non te la caverai a buon mercato, dopo questa raffica di accuse infantili contro di me.
Io ti ho generato e allevato come padrone di questa casa, ma non ho l'obbligo di morire in vece tua.
Non ho ereditato dai nostri avi la legge che i padri debbano immolarsi per i figli, e non neanche
greca questa legge. Della tua vita, felice o infelice che sia, sei responsabile tu: quello che dovevi
avere da noi, lo hai avuto. Comandi su molti sudditi, ti lascer molte terre: sono i beni che ho
ricevuto da mio padre. Che torti ti ho fatto? E di che cosa ti privo? Non ti chiedo di morire per me,
e tu non chiedermi di morire per te. Ti piace vivere: e credi che a tuo padre non piaccia? Se
cmputo il tempo che dovr trascorrere laggi, lungo, mentre la vita breve: ma pur sempre
piacevole. Hai lottato spudoratamente per evitare la morte e vivi oltre il termine a te assegnato
uccidendo lei. E accusi me di vilt, tu un codardo vinto da una donna, che crepata per la tua bella
faccia? Hai trovato un modo brillante per scamparla sempre, se riuscirai ogni volta a persuadere la
moglie che ti trovi a prendere il tuo posto. E insulti i tuoi che si rifiutano di farlo, pusillanime che
non sei altro? Chiudi la bocca! E pensa che se tu ami l'esistenza, anche tutti gli altri la amano: se ci
ricopri di ingiurie, ti sentirai replicare molte spiacevoli verit.
CORO
Vi siete scambiati troppe contumelie, prima e adesso: finiscila, vecchio, di inveire contro tuo figlio.
ADMETO
Parla pure, io quel che avevo da dire l'ho detto: se ti offendi a sentire la verit, non dovevi agire in
modo sbagliato nei miei riguardi.
FERETE
Avrei sbagliato di pi se morivo in vece tua.
ADMETO
Perch, la stessa cosa se muore un giovane o un vecchio?
FERETE
Abbiamo avuto in sorte un'esistenza sola, non due.
ADMETO
Ti auguro di vivere pi a lungo di Zeus.

FERETE
Non essere sacrilego con i tuoi genitori, che non ti hanno fatto niente.
ADMETO
Gi, mi ero accorto che ti piace vivere in eterno.
FERETE
Ma non sei tu che porti a seppellire un cadavere al tuo posto?
ADMETO
Miserabile, questo il segno della tua codardia.
FERETE
Non mi verrai a dire che morta per colpa nostra.
ADMETO
Come vorrei che un giorno tu avessi bisogno di me!
FERETE
Sposane molte di donne, cos saranno in tante a andare all'altro mondo.
ADMETO
La vergogna ricade su di te, che hai rifiutato di morire.
FERETE
La luce del sole un bene caro, molto caro.
ADMETO
Pensiero meschino il tuo, indegno di un uomo.
FERETE
Ma intanto non te la ridi trasportando la bara di un vecchio.
ADMETO
Quando verr la tua ora, morirai disonorato.
FERETE
Da morto, la cattiva fama non mi interessa.
ADMETO
Dio mio, la vecchiaia non ha nessun pudore!
FERETE
Lei s, lo aveva: ti sei trovato una bella pazza!
ADMETO
Vattene e lasciami seppellire questo cadavere.
FERETE
Me ne vado. Seppelliscila tu, la donna che hai assassinato. Ma ai suoi parenti dovrai renderne
conto. Non pi un uomo, Acasto, se non vendica il sangue di sua sorella.

ADMETO
Va' in malora tu e la tua compagna! Invecchiate da soli, senza figli, anche se uno ancora al
mondo. Ve lo meritate! Non metterete pi piede in questa mia casa. Se potessi ripudiare
pubblicamente il focolare paterno, lo ripudierei. Noi - occorre sopportare la sciagura che ci ha
colpito - noi muoviamoci, andiamo a deporre il feretro sulla pira.
..................................
ERACLE
Via, accogli questa donna nelle tue nobili case.
ADMETO
No, ti supplico, in nome di tuo padre Zeus.
ERACLE
Bada, un errore non fare come ti dico.
ADMETO
E se lo facessi, l'angoscia mi divorerebbe.
ERACLE
Dammi retta. Il favore che ti chiedo potrebbe volgersi a tuo vantaggio.
ADMETO
Come vorrei che non te la fossi conquistata in una gara!
ERACLE
Io l'ho vinta, ma anche tu partecipi alla mia vittoria.
ADMETO
Perfetto: ma che se ne vada.
ERACLE
Se ne andr, se necessario: ma prima accrtati che sia necessario.
ADMETO
Lo , a meno che tu non te la prenda a male.
ERACLE
Anch'io ho le mie ragioni, se insisto tanto.
ADMETO
Vuoi averla vinta? D'accordo. Ma fai una cosa che non mi piace.
ERACLE
Verr il momento in cui mi ringrazierai: ora dammi retta.

ADMETO
Servi, conducetela dentro, visto che bisogna accoglierla in casa.
ERACLE

Non affiderei questa donna a dei servi.


ADMETO
E allora, se credi, accompagnala tu.
ERACLE
No, io la consegner unicamente nelle tue mani.
ADMETO
Preferisco non toccarla: ma pu entrare in casa.
ERACLE
Io mi fido solo della tua destra.
ADMETO
Signore, tu mi costringi a fare cose che non voglio.
ERACLE
Non aver paura, tendile la mano, tocca la straniera.
ADMETO
S, tendo la mano come per decapitare la Gorgone.
ERACLE
Fatto?
ADMETO
Fatto, s.
ERACLE
Custodiscila, adesso e riconoscerai, dopo, che il figlio di Zeus un nobile ospite. Guardala, se non
sembra che assomigli in qualche modo a tua moglie: la fortuna dalla tua, cessa di affliggerti.
ADMETO (sbigottito)
O di, cosa devo dire? Che miracolo insperato! davvero mia moglie quella che vedo? O mi
stordisce una gioia celeste illusoria?
ERACLE
No, quella che vedi proprio tua moglie.
ADMETO
Bada che non sia uno spettro degli inferi.
ERACLE
Non hai dato ospitalit a un negromante.
ADMETO
Ma ho davvero davanti agli occhi la donna che avevo seppellito?
ERACLE
Esatto. Ma non sono sorpreso che tu non creda alla tua fortuna.

ADMETO
Posso toccarla, posso parlarle come se fosse mia moglie realmente viva?
ERACLE
Fa' pure. Hai tutto quello che desideravi.
ADMETO
il viso, il corpo di mia moglie. Insperatamente sei mia, mentre credevo di non rivederti mai pi!
ERACLE
tua. E che l'invidia degli di non cada su di voi.
ADMETO
Nobile figlio del grande Zeus, sii felice e ti protegga il padre che ti ha generato: tu solo hai
raddrizzato la mia sorte. Ma come l'hai riportata dagli inferi alla luce?
ERACLE
Ho ingaggiato battaglia col demone che la teneva in suo potere.
ADMETO
E dove dici di aver combattuto contro Thanatos?
ERACLE
Proprio accanto alla tomba. Ero appostato e l'ho artigliato con le mie mani.
ADMETO
E perch questa donna se ne sta l, muta?
ERACLE
Non ti ancora permesso di udire parole da lei, prima che sia stata sciolta dal vincolo che la
consacra agli di inferi e siano passati tre giorni. Ma accompagnala dentro, e anche in futuro,
Admeto, cerca di essere pio e giusto con gli ospiti. Ora io devo andare e compiere l'impresa che mi
stata imposta dal sovrano figlio di Stnelo.
ADMETO
Resta con noi, condividi il nostro focolare.
ERACLE
Un'altra volta, adesso devo affrettarmi.
ADMETO
Buona fortuna e rapido ritorno! Ordino ai cittadini, in tutta la tetrarchia: si levino cori per
festeggiare la lieta sorte, gli altari fumino per sacrifici di buoi in onore degli di. La nostra vita ha
mutato corso, in meglio: non negher di essere felice.
CORO
Molte sono le forme del divino, molte sono le risoluzioni inattese dei celesti; quello che si credeva
non si compiuto, e un dio trov la strada per l'impossibile. Questa vicenda si suggellata cos.

FINE

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