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Comitato Editoriale Highlights T&P 2009: Stefano Beretta e Stefano Trifirò, Bonaventura Minutolo,
Francesco Autelitano, Luca D’Arco, Tommaso Targa, Claudio Ponari, Teresa Cofano, Diego Meucci, Andrea
Beretta, Mario Gatti, Alessandra Landi
Anche quest’anno vi facciamo gli auguri con i nostri Highlights 2009 relativi all’anno
appena concluso. Per il terzo anno consecutivo gli Highlights vi giungono con una sintesi
di interventi legislativi e di giurisprudenza più significativa, sia in tema di diritto del
lavoro che in tema di diritto civile, ricomprendendosi in quest’ultimo argomenti di diritto
societario, commerciale, bancario ed assicurativo.
Nell’ambito del diritto del lavoro non vi sono stati numerosi interventi del Legislatore
come lo scorso anno, ma le nuove regole sono comunque significative e concernono
aspetti importanti del rapporto di lavoro, con particolare riferimento alla sicurezza, tema
molto dibattuto e sempre di estrema attualità.
Difficile raccogliere nell’ambito del “diritto civile” tutte le novità e le pronunce importanti,
essendo così vasto il settore.
Abbiamo, quindi, deciso di scegliere alcuni argomenti di maggiore impatto sociale, quali
quelli relativi alla tutela del consumatore per pubblicità ingannevole, gli effetti della
clausola relativa alla caparra confirmatoria sul vincolo contrattuale, la mediazione
civile e commerciale approvata in ossequio a direttiva comunitaria, l’abolizione
del divieto di “relazione” nelle fusioni o scissioni societarie e, da ultimo, ma non
ultimo, la disciplina sui “contratti di rete”. Sempre in ambito civilistico vi è la rassegna
di sentenze sull’argomento assicurativo che completa quelle esposte nei singoli
numeri delle nostre newsletter mensili.
Vi lasciamo alla lettura degli Highlights 2009 dandovi appuntamento a fine gennaio con la
ripresa delle nostre newsletter a cadenza mensile.
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News 2009
A cura di Luca D’Arco
Diritto del Lavoro
In particolare con la legge n. 33 del 9 aprile 2009 (che ha convertito il DL n. 5/9) sono
state introdotte nuove misure a sostegno al reddito, tra le quali ricordiamo:
:: la possibilità per i datori di lavoro con più di 15 dipendenti che nel semestre precedente
hanno occupato mediamente più di 15 dipendenti e che non hanno in atto sospensioni dal
lavoro, che assumano – in carenza di obbligo - lavoratori destinatari per il 2009 e 2010
degli ammortizzatori in deroga, ovvero lavoratori licenziati o sospesi per cessazione totale
o parziale dall’attività o per l’intervento di una procedura concorsuale da imprese escluse
dalla disciplina di cui alla L. n. 223/1991, di beneficiare di un incentivo pari all’indennità
residua spettante al lavoratore, defalcato dalla contribuzione figurativa;
:: l’aumento dal 10% al 20% del compenso dell’anno precedente per l’indennità a
sostegno del reddito per i collaboratori;
:: l’intervento integrativo da parte dell’Ente Bilaterale nella misura minima del 20%
dell’indennità di disoccupazione per i casi di disoccupazioni per crisi aziendali o per i casi
di dipendenti di imprese escluse dalla CIG.
Altro tema di particolare impatto sociale è stato quello sulla sicurezza sui luoghi di
lavoro il cui recente impianto normativo (D.Lvo n. 81/2008) è stato integrato dal
D.Lvo n. 106/2009 del 3 agosto 2009 che ha previsto l’abolizione del divieto delle
visite mediche preassuntive che potranno quindi essere effettuate anche dal medico
competente, nonché alcune semplificazioni sul documento di valutazione dei rischi.
In particolare, ricordiamo che il documento di valutazione dei rischi non è più necessario
per le lavorazioni che comportano una mera prestazione intellettuale ovvero la mera
fornitura di attrezzature o materiali ovvero una prestazione di durata inferiore a 2 giorni.
Inoltre, per quanto attiene all’obbligo di data certa sul documento di valutazione dei rischi
previsto dall’art. 28 comma 2 del D.Lvo n. 81/2008, in aggiunta alle modalità cui
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adempiere a tale incombente già analizzate nella nostra newsletter del giugno scorso, il decreto
correttivo stabilisce la possibilità di certificare la certezza della data attraverso la firma congiunta del
datore di lavoro, del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, del Responsabile del Servizio di
Prevenzione e Protezione e del medico competente.
È stato poi rinviato al 1 agosto 2010, l’obbligo di predisporre/ integrare il Documento di Valutazione
dei Rischi con i rischi da Stress lavoro correlato sulla base delle indicazioni che verranno elaborate
dalla Commissione Consultiva del Lavoro.
È stato poi introdotto l’obbligo di formazione (che potrà avvenire anche all’esterno dell’azienda) anche
per i dirigenti, nonché il potenziamento di organismi paritetici che avranno il compito tra l’altro di
promozione di attività di formazione e di verifica dell’adozione in azienda dei modelli di organizzazione e
gestione della sicurezza.
Il soggetto al quale è conferita la delega in materia di sicurezza potrà delegare a sua volta ad altri, previa
intesa con il datore di lavoro, specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza alle medesime
condizioni di ammissibilità per la delega (iniziale). Tuttavia il nuovo soggetto delegato non avrà il potere
di delegare ulteriormente alcune funzioni.
È stata poi modificata la norma c.d salva manager (di cui avevamo dato notizia nella newsletter di
giugno) nel senso che il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti a vigilare sull’adempimento a carico dei
preposti, dei lavoratori, dei progettisti, dei fabbricanti e fornitori, degli installatori e del medico
competente i quali saranno ritenuti gli unici responsabili (con conseguente esonero del datore di lavoro
e dei dirigenti) solo qualora la violazione non avrebbe potuto essere evitata dal datore di lavoro
nemmeno se quest’ultimo avesse vigilato correttamente.
Per quanto riguarda il settore dell’edilizia è stato istituito il sistema (la c.d. patente a punti) di
qualificazione delle imprese ai fini della partecipazione a gare di appalto e alle agevolazioni nell’ambito
del quale viene verificata l’idoneità delle imprese e dei lavoratori autonomi e l’attribuzione agli stessi di
un punteggio che potrà essere decurtato a seguito di accertate violazioni. Nel caso di azzeramento del
punteggio l’impresa o il lavoratore autonomo non potrà più svolgere attività nel settore edile.
Infine, è stato rivisto l’apparato sanzionatorio meglio proporzionando le varie pene (in particolar
modo quelle detentive) al rischio di impresa ed ai compiti effettivamente svolti dai vari soggetti
coinvolti. Le sanzioni pecuniarie sono state invece aumentate di circa il 30% (rispetto a quelle previste
dal D.Lgs n. 626/1994).
L’unico intervento legislativo per quanto attiene alle tipologie contrattuali di lavoro
ha riguardato il lavoro accessorio (radicalmente modificato dalla L. n. 33/2009).
Ricordiamo che tale tipologia di lavoro è stata estesa a tutte le ipotesi di lavori domestici, di lavori di
giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici e parchi, di insegnamento privato supplementare (le c.d.
ripetizioni private), di manifestazioni sportive culturali o caritatevoli, di lavori di emergenza o di solidarietà
anche in caso di committente pubblico, di attività agricole, anche da parte di casalinghe, di attività
svolte nell’impresa familiare limitatamente al commercio, al turismo ed ai servizi laddove per i parenti
sino al terzo grado ed agli affini sino al secondo grado non siano configurabili altre tipologie di rapporti,
di attività di consegna porta a porta e della vendita ambulante di stampa periodica quotidiana, di
qualsiasi attività svolta in qualsiasi settore produttivo da parte di pensionati.
La novità più importante riguarda la possibilità di svolgere lavoro accessorio da parte di lavoratori
studenti under 25, regolarmente iscritti a cicli di studi presso università o istituti scolastici di ogni ordine
e grado, non solo durante le vacanze natalizie, pasquali, o estive (individuate dal Ministero del Lavoro
con la circolare 4/2005 per l’ipotesi del lavoro intermittente, rispettivamente dal 1/12 al 10/1, nonché
dalla domenica delle Palme al martedì dopo Pasqua e dal 1/6 al 30/9), anche durante le giornate di
sabato e domenica compatibilmente con gli impegni scolastici.
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Sarà possibile svolgere lavoro accessorio ed occasionale anche da parte di chi percepisce prestazioni
integrative del salario o di sostegno del reddito nei limiti di 3000 Euro.
Il nuovo Accordo Interconfederale (della durata di 4 anni) si propone di sostituire il protocollo già
sottoscritto tra governo e parti sociali in data 23 luglio 1993 e stabilisce che tutti i contratti collettivi
nazionali avranno una durata triennale e ciò sia con riferimento alla parte normative che a quella
economica. I nuovi contratti collettivi nazionali regolamenteranno il sistema delle relazioni industriali a
livello nazionale, territoriale e aziendale, disciplinando i diritti di informazione e consultazione. L’accordo
interconfederale stabilisce che i contratti collettivi nazionali dovranno definire i tempi e le procedure per
la presentazione delle proposte di rinnovo.
L’Accordo Interconfederale attribuisce poi molta importanza alla contrattazione di secondo livello e
cerca di favorirne l’incremento. Anche la contrattazione di secondo livello avrà durata triennale e potrà
vertere esclusivamente sulle materie delegate dalla contrattazione nazionale. Particolare rilievo viene
dato agli accordi di secondo livello di contenuto economico ovvero relativi al riconoscimento di premi
variabili connessi con incrementi di produttività, redditività ed efficienza organizzativa, stabilendosi che
la contrattazione collettiva nazionale potrà stabilire la corresponsione di un importo a favore dei
lavoratori dipendenti da aziende prive di contrattazione di secondo livello e che non percepiscono altri
trattamenti economici individuali o collettivi oltre a quanto spettante per il CCNL di Categoria.
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Diritto del Lavoro
A cura di Claudio Ponari e Tommaso Targa
Giurisprudenza
Il 2009 è stato, senza dubbio, un anno significativo per la giurisprudenza del lavoro; infatti
l’anno che si chiude, come in tutti gli anni in cui si verifica una contingenza economica non
favorevole, si è caratterizzato per un’ampia produzione giurisprudenziale che ha spaziato in
tutti i temi del Diritto del Lavoro.
:: Diritto Sindacale
Va inoltre segnalato il recente intervento della Suprema Corte che ha ribadito il principio
secondo cui il datore di lavoro non è condizionato, nella propria affiliazione
sindacale, e, conseguentemente, nella selezione del contratto collettivo
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applicabile al proprio personale dipendente alla natura dell’attività svolta, potendo ben applicare un
c.c.n.l. di una diversa categoria merceologica, senza che il lavoratore possa fondatamente lamentare
l’applicazione di un contratto collettivo diverso ai fini della giusta retribuzione ex art. 36 Cost.
(Corte di Cassazione, 13 ottobre 2009, n. 21711)
In tema di comportamento rilevante ai sensi dell’art. 28 St. Lav. la Corte di Cassazione ha statuito che il
datore di lavoro può sostituire i lavoratori in sciopero con altri lavoratori non aderenti all'astensione o
impiegati in settori nei quali non sia stato proclamato lo sciopero, senza che ciò configuri un comportamento
antisindacale, ma la sostituzione deve essere fatta nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 2103 del c.c. che
consente lo svolgimento di mansioni inferiori solo incidentalmente e marginalmente, per ragioni di efficienza ed
economia del lavoro, o addirittura di sicurezza. (Corte di Cassazione, 3 giugno 2009, n. 12811)
:: Rapporto di Lavoro
In materia di contenzioso sulla qualificazione del rapporto di lavoro va segnalata una sentenza della
Corte di Cassazione secondo cui l’onerosità della prestazione - ossia l’accordo tra le parti per il pagamento di
un compenso - è un elemento indispensabile alla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato; nello
specifico la Suprema Corte ha giudicato che “ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di
lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, ma può essere ricondotta ad un rapporto diverso,
istituito "affectionis vel benevolentiae causa", caratterizzato dalla gratuità della prestazione, ove risulti dimostrata
la sussistenza della finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa”.
(Corte di Cassazione, 26 gennaio 2009, n. 1833)
In tema di rapporti a tempo determinato merita di essere evidenziata la pronunzia della Corte Costituzionale
secondo cui: “L'onere di specificazione previsto dall’art. 1 D.Lgs 368/01 impone che, tutte le volte in cui
l'assunzione a tempo determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, debbano essere
indicate le ragioni della sostituzione di uno o più lavoratori, il che implica necessariamente anche l'indicazione
del lavoratore o dei lavoratori da sostituire; soltanto in questa maniera è assicurata la trasparenza e la veridicità
della causa dell'apposizione del termine e l'immodificabilità della stessa nel corso del rapporto”.
(Corte Costituzionale, ordinanza n. 325 del 4 dicembre 2009)
Relativamente alla questione circa la computabilità o meno del tempo di vestizione/svestizione come
parte dell’orario di lavoro giornaliero - che negli anni passati ha costituito oggetto di un ampio contenzioso
- va evidenziata la recente decisione del Tribunale di Messina, secondo cui “premesso che per orario di lavoro si
intende qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro a disposizione del datore di lavoro, e nell’esercizio della
sua attività o delle sue funzioni” l’elemento fondamentale per stabilire se il tempo di vestizione sia o meno
computabile nell’orario di lavoro dipende dall’esistenza o meno per il lavoratore della facoltà di scegliere tempo,
modalità e luogo per lo svolgimento delle funzioni. In particolare secondo detto Tribunale il lavoratore ha l’onere
di provare di non poter gestire a propria discrezione il tempo-divisa, non potendo scegliere, cioè, se indossarla a
casa o sul luogo di lavoro, se prima o dopo la timbratura.
(Tribunale di Messina, 30 settembre 2009)
In tema di appalto e interposizione di mano d'opera, si è consolidato l’orientamento secondo cui è illecito
l’appalto il cui oggetto consiste nel mettere a disposizione del committente una prestazione lavorativa, lasciando
all’appaltatore i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto, quali il pagamento della retribuzione,
l’assegnazione delle ferie ecc. (Corte di Cassazione, 23 novembre 2009, n. 24625). È stato però anche
chiarito che non può parlarsi di appalto illecito tout court in tutti quei casi in cui l'opera non richieda per il
suo compimento l'uso di notevoli attrezzature o macchinari, ma possa essere realizzata anche con l'ausilio di
mezzi modesti, ovvero senza necessità di particolari strumentazioni, atteso che la stessa legge 1369/1960
include tra gli appalti leciti quelli concernenti opere o servizi che non richiedono alcuna complessa
organizzazione strumentale. (Corte di Cassazione, 13 maggio 2009, n. 11022)
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In materia di patti di non concorrenza, si va consolidando l’orientamento del Tribunale di Milano in base al
quale tali patti sono nulli per aleatorietà del corrispettivo in tutti i casi in cui è previsto il pagamento di un
importo fisso mensile per tutta la durata del rapporto di lavoro; a tal proposito il detto Tribunale ha evidenziato
che “la previsione del pagamento di un corrispettivo durante il rapporto di lavoro…da un lato, introduce una
variabile legata alla durata del rapporto di lavoro che conferisce al patto un inammissibile elemento di aleatorietà
e, dall'altro, finisce di fatto per attribuire a tale corrispettivo la funzione di premiare la fedeltà del lavoratore
anziché di compensarlo per il sacrificio derivante dalla stipulazione del patto; in ogni caso la congruità del
corrispettivo deve essere valutabile in astratto, a prescindere dalla durata del rapporto di lavoro”.
(Tribunale di Milano, 4 marzo 2009)
Tale orientamento va tenuto in adeguata considerazione nella stipulazione di nuovi patti di non concorrenza
e nella valutazione della possibile “tenuta” in giudizio di quelli già conclusi; infatti, in passato tale modalità di
quantificazione del corrispettivo era usuale anche alla luce della giurisprudenza meno recente che riconosceva
alle parti ampia autonomia nel determinare liberamente i criteri di determinazione e di erogazione del
corrispettivo.
Quanto alle problematiche legate alla CIGS la Corte di Cassazione ha recentemente confermato il proprio
orientamento secondo cui in tema di scelta dei lavoratori da porre in integrazione salariale straordinaria
spetta al datore di lavoro specificare i meccanismi, diversi da quello della rotazione, che egli intende seguire,
chiarendo anche le motivazioni di tale scelta e comunicando alle organizzazioni sindacali gli specifici criteri cui
intende adeguarsi; è invece onere del lavoratore, che eccepisca la violazione da parte del datore di lavoro dei
principi di correttezza e di buona fede nell'applicazione dei suddetti criteri, fornire la prova di siffatta violazione.
(Corte di Cassazione, 3 luglio 2009, n. 15694)
Sempre sul tema della CIGS si segnala altresì una decisione del Supremo Collegio che ha rilevato che la
mancata indicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, nella comunicazione di apertura del
procedimento per collocamento in Cassa integrazione guadagni straordinaria, costituisce comportamento
antisindacale e determina l’illegittimità della sospensione. (Corte di Cassazione, 9 giugno 2009, n. 13240)
Segnaliamo, in questo settore, l’importante decisione della Cassazione con la quale è stato confermato
l’indirizzo ormai costante nella giurisprudenza di merito in materia di controllo delle assenze per malattia.
Secondo la Suprema Corte “le richieste di visita di controllo domiciliari, durante il periodo di malattia non
possono essere considerate una forma di vessazione da parte del datore di lavoro nei confronti del lavoratore.
Ciò in quanto, in primo luogo, il datore di lavoro ha il diritto-dovere di controllo e, in second’ordine, l'invio delle
visite fiscali non è deciso unilateralmente dal datore di lavoro, bensì dall'Istituto Previdenziale”.
(Corte di Cassazione, 30 ottobre 2009, n. 23133)
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In materia di infortuni sul lavoro e di responsabilità del committente e dell’appaltatore la Cassazione ha
chiarito che “la responsabilità per violazione dell’obbligo di adozione di misure necessarie a tutelare l’integrità
fisica dei prestatori di lavoro è applicabile anche nei confronti del committente, se pur non incondizionatamente
- atteso che non sussiste alcuna norma che prevede direttamente la responsabilità del committente in materia
di prevenzione degli infortuni sul lavoro - ma laddove egli stesso si sia reso garante della vigilanza relativa alle
misure da adottare in concreto, riservandosi i poteri tecnico organizzativi dell’opera da eseguire”. Secondo la
Suprema Corte laddove il committente non si renda garante della vigilanza delle misure da adottare in concreto,
né ingerisca nella realizzazione dell’opera lo stesso non può essere considerato corresponsabile con
l’appaltatore per eventuali violazioni della disciplina sulla sicurezza del lavoro.
(Corte di Cassazione, 28 ottobre 2009, n. 22818)
In tema di sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore allo svolgimento delle mansioni merita di
essere segnalata la pronunzia della giurisprudenza di legittimità che, in parziale modifica del precedente
orientamento, ha affermato il principio secondo cui: se è vero che il datore di lavoro non è tenuto a modificare
od adeguare la propria organizzazione di lavoro alle condizioni di salute del lavoratore; è, ancor più vero che lo
stesso deve operare, quando possibile, la redistribuzione degli incarichi tra i lavoratori già in servizio, al fine di
salvaguardare il posto dell’invalido, a nulla valendo sostenere la completezza dell’organico aziendale. Secondo
la S.C. solo qualora tale concreta possibilità di ridistribuzione dei posti di lavoro tra i dipendenti in forza in
azienda si riveli di impossibile realizzazione il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento del lavoratore
inabile. (Corte di Cassazione, 10 dicembre 2009, n. 24091)
La Suprema Corte è tornata a pronunziarsi sul tema molto discusso del risarcimento del danno
esistenziale derivante dal demansionamento e dalla dequalificazione del lavoratore; è stato chiarito, a
tale proposito, che “nell’ampia categoria di danno non patrimoniale (da responsabilità contrattuale o
extracontrattuale), il riferimento a determinati tipi di pregiudizi in vario modo denominati, risponde ad esigenze
descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno, delle quali, comunque, il giudice
deve tener conto al fine di poter addivenire, con un procedimento logico e corretto, alla determinazione
quantitativa del danno in concreto riconoscibile, in modo da assicurare un risarcimento integrale”.
(Corte di Cassazione, 1 luglio 2009, n. 15405)
Quanto alla problematica del risarcimento dei c.d. danni morali merita di essere segnalata una recente
decisione con la quale la Suprema Corte ha precisato come “il datore di lavoro sia responsabile del danno
subito dal lavoratore per infortunio derivato da vetustà dell’attrezzatura di lavoro. In tal caso il lavoratore ha
sempre diritto a vedersi risarcito anche il danno morale. Infatti tale tipologia di danno qualora inerisca ad una
lesione di un interesse della persona costituzionalmente garantito, come la salute, è risarcibile a prescindere dal
fatto che la condotta illecita che ha determinato l’infortunio costituisca un reato”.
(Corte di Cassazione, 16 dicembre 2009, n. 26372)
In materia di licenziamenti individuali si segnala la decisione con la quale la Suprema Corte ha ritenuto
che è legittimo, in quanto motivato da giustificato motivo soggettivo, il licenziamento del lavoratore che si sia
rifiutato di eseguire l'incarico richiesto trattandosi di condotta legittimamente valutata come tale da minare, alla
radice, il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.
(Corte di Cassazione, 2 luglio 2009, n. 15503)
Ancora in tema si ricorda una recente decisione della Suprema Corte che, affrontando il problema del
licenziamento del dipendente sottoposto a carcerazione per fatti estranei al rapporto di lavoro, ha
ribadito il principio in base al quale tale circostanza non può concretizzare una giusta causa o un giustificato
motivo soggettivo di licenziamento, ma eventualmente soltanto una sopravvenuta impossibilità temporanea
della prestazione che è possibile far rientrare nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art.
3 della L. 604/1966 in relazione a specifiche esigenze dell’impresa da verificare caso per caso.
(Corte di Cassazione, 1 giugno 2009, n. 12721)
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Con riferimento alla materia dei licenziamenti collettivi si consolida l’orientamento che riconosce il diritto
del datore di lavoro di scegliere la dimensione quantitativa e qualitativa ottimale per il risanamento dell’azienda,
con il limite che la selezione dei lavoratori da licenziare deve avvenire con riferimento all’intero complesso
aziendale, non potendosi limitare solo ad un settore o sede di essa.
(Corte di Cassazione, 28 ottobre 2009, n. 22825)
Sempre in materia si evidenzia la decisione della Suprema Corte che ha affermato che è illegittimo il
licenziamento collettivo per riduzione del personale che interessa soltanto i lavoratori che stanno per
rientrare dalla CIGS in quanto non viene aperta una vera e propria procedura di mobilità, pur se l’operazione è
legata alla cessione di un ramo di azienda. La Corte afferma che tale scelta è un atto discriminatorio finalizzato
ad evitare il reinserimento. (Corte di Cassazione, 13 ottobre 2009, n. 21697)
In tema di indennità sostitutiva del preavviso si segnala la decisione della Cassazione che ha ritenuto che
tale indennità non debba essere considerata nel calcolo del trattamento di fine rapporto essendo mancato
l'effettivo servizio nel periodo di mancato preavviso. L'orientamento giurisprudenziale prevalente è, infatti, nel
senso della natura obbligatoria e non già reale del preavviso, con la conseguenza che nel caso in cui una delle
parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente, con
l'unico obbligo della parte recedente di corrispondere l'indennità sostitutiva e senza che su tale momento
possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente, nell'esercizio di un
suo diritto potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo,
protraendone l'efficacia sino al termine del periodo di preavviso.
(Corte di Cassazione, 5 ottobre 2009, n. 21216)
In tema di prescrizione si segnalano le decisioni che hanno affermato che: a) in caso di cessazione del
rapporto le indennità spettanti sono assoggettate alla prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 5, cod. civ. e
non all'ordinario termine decennale, a prescindere dalla natura, retributiva o previdenziale, dell'indennità
medesima, ovvero dal tipo di rapporto, subordinato o parasubordinato. (Corte di Cassazione, 12 giugno
2008, n. 15798); b) l'indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti ha natura non retributiva
ma risarcitoria e, pertanto, è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale, decorrente anche in pendenza del
rapporto di lavoro. (Corte di Cassazione, 29 aprile 2009, n. 9999); c) l’azione di risarcimento del danno da
omesso versamento dei contributi previdenziali si prescrive in dieci anni che decorrono dal giorno del
pensionamento. (Corte di Cassazione, 25 novembre 2009, n. 24768)
In tema di tassazione, va segnalata una recentissima sentenza della Corte di Cassazione che ha attribuito
all’indennità supplementare erogata dal datore di lavoro in caso di ingiustificatezza del licenziamento del
dirigente la natura di risarcimento “del danno professionale costituito dalla difficoltà per il dirigente licenziato in
tronco di trovare una nuova occupazione”. Da tale principio, la Suprema Corte ha giudicato che l’indennità
supplementare, essendo qualificabile come risarcimento di un danno emergente, non è soggetta ad
imposizione fiscale. (Cassazione civ. sez. trib., 14 aprile 2009, n. 8876)
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Diritto Civile
A cura di Francesco Autelitano, Andrea Beretta, Mario Gatti, Alessandra
Giurisprudenza
Landi
I) L’anno 2009 è iniziato con una sentenza (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 15
gennaio 2009, n. 794) che si è espressa in tema di tutela del consumatore, in
ipotesi di richiesta di risarcimento del danno per “pubblicità ingannevole”,
sancendo che tale è la dicitura apposta sui pacchetti di
sigarette che possano indurre il pubblico a pensare (per
effetto di una traduzione letterale dall’inglese) che le
sigarette stesse siano “leggere” (ossia meno dannose
per la salute). Fra le molte importanti
sentenze pubblicate
quest’anno in materia di
Detta sentenza ha, infatti, statuito che l’apposizione, diritto civile e commerciale
sulla confezione di un prodotto, di un messaggio ci pare interessante
pubblicitario considerato ingannevole (nella specie, segnalarne tre collocate
appunto, il segno descrittivo “light” sul pacchetto di nella più alta sede di
legittimità (le Sezioni Unite
sigarette) può esser considerato come fatto produttivo della Corte di Cassazione)
di “danno ingiusto”, ex art. 2043 cod. civ., obbligando
colui che l’ha commesso al risarcimento del danno,
indipendentemente dall’esistenza di una specifica
disposizione o di un provvedimento che vieti
l’espressione impiegata.
Dal punto di vista dell’onere probatorio, il consumatore che lamenti di aver subito un
danno per effetto di una pubblicità ingannevole ed agisca per il relativo risarcimento, deve
dimostrare non solo l’ingannevolezza del messaggio, ma anche l’esistenza del danno, il
nesso di causalità tra pubblicità e danno, nonché (almeno) la colpa di chi ha diffuso la
pubblicità, concretandosi essa nella prevedibilità che dalla diffusione di un determinato
messaggio sarebbero derivate le menzionate conseguenze dannose.
La pronuncia si inserisce nel novero delle decisioni di legittimità che hanno fissato i
principi informatori della responsabilità civile extracontrattuale o aquiliana (derivante non
dalla violazione di una specifica norma o contratto, bensì dal più generale principio del
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neminem laedere); principi che si possono riassumere nella necessaria ricorrenza (la cui prova è a carico di
colui che avanza la pretesa risarcitoria), ai fini del riconoscimento della responsabilità, dell’ingiustizia del
danno, del nesso causale tra questo e l’azione, dell’elemento colposo o doloso a sostegno dell’azione.
II) Questo è il principio affermato dalla Corte di legittimità (sempre a Sezioni Unite) con la sentenza n.
9147/2009: “In caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto
delle direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/Cee e n. 82/76/Cee, non autoesecutive, in tema di
retribuzione della formazione dei medici specializzandi) sorge, conformemente ai principi più volte affermati dalla
Corte di Giustizia, il diritto degli interessati al risarcimento dei danni che va ricondotto - anche a prescindere
dall'esistenza di uno specifico intervento legislativo accompagnato da una previsione risarcitoria - allo schema
della responsabilità per inadempimento dell'obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria per attività
non antigiuridica, dovendosi ritenere che la condotta dello Stato inadempiente sia suscettibile di essere
qualificata come antigiuridica nell'ordinamento comunitario ma non anche alla stregua dell'ordinamento interno.
Ne consegue che il relativo risarcimento, avente natura di credito di valore, non è subordinato alla sussistenza
del dolo o della colpa e deve essere determinato, con i mezzi offerti dall'ordinamento interno, in modo da
assicurare al danneggiato un'idonea compensazione della perdita subita in ragione del ritardo oggettivamente
apprezzabile, restando assoggettata la pretesa risarcitoria, in quanto diretta all'adempimento di una
obbligazione ex lege riconducibile all'area della responsabilità contrattuale, all'ordinario termine decennale di
prescrizione”.
La sentenza, dunque, ha stabilito che, in caso di mancata trasposizione – nei termini prescritti – di
una direttiva comunitaria (nella specie si trattava delle direttive CEE 362/75 e CEE 82/76, prevedenti
l’obbligo di retribuire la formazione del medico specializzando) sorge, in capo agli interessati, il diritto al
risarcimento dei danni derivanti dal ritardato adempimento.
La novità della decisione va ravvisata nel fatto che gli strumenti di tutela del danneggiato, utilizzabili nel
diritto interno, non vengono reperiti nello “schema della responsabilità civile extracontrattuale”, bensì
in quello della responsabilità per inadempimento di “un’obbligazione ex lege di natura indennitaria,
riconducibile come tale all’area della responsabilità contrattuale”.
Con la seguente duplice conseguenza: la relativa pretesa risarcitoria è esentata dalla prova dei requisiti di dolo o
colpa; la stessa è soggetta al termine decennale di prescrizione (anziché a quello breve quinquennale previsto
per l’illecito).
III) Al fine di rafforzare il vincolo contrattuale le parti possono inserire una caparra confirmatoria, la
quale implica che, in caso di inadempimento del contraente che l’ha versata, l’altra parte può, a sua
scelta, recedere trattenendo la caparra, oppure chiedere il risarcimento del danno.
Questo è il tema sul quale è intervenuta la sentenza Cass., Sezioni Unite, n. 553/2009, chiarendone i profili
giuridici e risolvendo talune questioni interpretative dibattute da molti anni.
In primo luogo è confermata la regola per cui il creditore non può cumulare la caparra con il risarcimento; egli
deve, perciò, scegliere l’uno o l’altro rimedio, a seconda della convenienza dettata dal caso concreto.
Secondariamente la Suprema Corte ha giudicato che la scelta dev’essere compiuta all’inizio del processo: la
domanda avente ad oggetto la ritenzione della caparra non può essere mutata, in corso di giudizio, in quella
di risarcimento, e viceversa. Sul punto la decisione dirime un contrasto in ordine al quale si erano schierate, su
fronti opposti, numerose sentenze della stessa Corte di Cassazione. Il principio ora affermato, dunque, è quello
coerente con il brocardo electa una via non datur recursus ad alteram.
La sentenza stabilisce un’ulteriore regola, la cui importanza va oltre l’ambito della caparra confirmatoria e si
estende al generale tema della risoluzione del contratto. Precisamente essa afferma che la parte che, a
fronte dell’altrui inadempimento, ha provocato la risoluzione del contratto, non può rinunciare a tale effetto
risolutivo, chiedendo comunque l’adempimento.
13
In tal modo viene rivisto un orientamento consolidato in giurisprudenza (che ammetteva la possibilità di
ripensamento del creditore, salvando ex post il contratto, benché avesse già chiesto la risoluzione). I riflessi
pratici sono notevoli, essendo molti i casi in cui la parte si avvale di una clausola risolutiva espressa, oppure di
una diffida ad adempiere, oppure rende operante un termine essenziale; tutto ciò mediante atti stragiudiziali,
dettati spesso dall’intento di indurre il debitore all’adempimento, salvo, appunto retrocedere nel proposito
qualora l’altra parte abbia tardivamente provveduto. Il principio da ultimo espresso non dovrebbe più consentire
la reviviscenza del rapporto nei predetti casi.
In ottemperanza alla Direttiva dell’Unione Europea n. 52/2008, il Consiglio dei Ministri ha approvato
nella riunione del 28 ottobre 2009 con decreto legislativo attuativo della riforma del processo civile,
l’istituto della mediazione civile e commerciale.
La mediazione può essere facoltativa, quando viene liberamente scelta dalle parti; obbligatoria, come
condizione di procedibilità nei casi di controversie aventi ad oggetto: contratti assicurativi, bancari e finanziari,
diritti reali, divisioni, successioni ereditarie, locazioni, patti di famiglia, affitti d’azienda, comodati, azioni di
risarcimento danni da responsabilità medica o da diffamazione a mezzo stampa; giudiziale, nel caso in cui sia il
Giudice ad invitare le parti a tentare la mediazione, in qualunque fase procedurale antecedente all’udienza di
precisazione delle conclusioni o di discussione finale della causa.
Nel caso in cui – intrapresa la procedura – le parti raggiungano un accordo davanti al mediatore, questo deve
essere omologato con decreto del Presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo preposto alla
mediazione e costituisce a tutti gli effetti titolo esecutivo.
Nel caso di mancato accordo, il mediatore forma processo verbale, indicando la proposta e le ragioni per cui il
tentativo è fallito; nel successivo processo civile, se il provvedimento che definisce la controversia corrisponde
interamente al contenuto della proposta iniziale, il giudice può ritenere di escludere la ripetizione delle spese
della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, condannandola addirittura al pagamento delle spese
processuali avversarie.
Allo scopo di ridurre i molteplici e gravosi oneri amministrativi in capo alle imprese, il decreto
legislativo 13.10.2009 n. 147, in attuazione della Direttiva 2007/63/CE, ha modificato gli artt. 2501
sexies e 2505 quater del Codice Civile.
In particolare all’articolo 2501 sexies c.c. è stata introdotta la facoltà di rinuncia alla relazione allegata al progetto
di fusione o scissione da parte di uno o più esperti, nel caso di decisione unanime dei soci di ciascuna delle
società partecipanti alla fusione. Dall’art. 2505 quater c.c. – che disciplina le fusioni cui non partecipano società
con capitale rappresentato da azioni - è stata eliminata la previsione secondo cui “le disposizioni dell’art. 2501
sexies c.c. possono essere derogate con il consenso di tutti soci delle società partecipanti la fusione”.
Infine è stata dettata la disciplina transitoria secondo cui, dette disposizioni, si applicano alle fusioni e
scissioni i cui progetti, alla data di entrata in vigore del decreto, non siano stati approvati dagli organi
competenti di alcuna delle società partecipanti alla fusione o scissione.
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:: I Contratti di rete
L’art. 4-ter della legge 9 aprile 2009, n. 33 (di conversione del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5) e s.m.i. ha
introdotto la disciplina del «contratto di rete».
Esso è definito come un accordo tra due o più imprese, le quali si obbligano ad esercitare in comune una o
più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità
innovativa e la competitività sul mercato.
Il contratto, fra l’altro, deve precisare: gli obiettivi strategici e le attività comuni poste a base della rete;
l’enunciazione dei diritti e degli obblighi delle parti; l’istituzione di un fondo patrimoniale comune con
relative modalità di gestione (oppure la costituzione da parte di ciascun contraente di un patrimonio destinato
all’affare, ai sensi dell’articolo 2447-bis, primo comma, lettera a, del codice civile); la durata del contratto e le
modalità di adesione di altre imprese e le relative ipotesi di recesso; l’organo comune incaricato di
eseguire il contratto di rete, i suoi poteri, anche di rappresentanza, e le modalità di partecipazione di ogni
impresa all’attività dell’organo.
La novità legislativa ha il dichiarato obiettivo di aumentare la competitività delle imprese, nello spirito di
rafforzamento attraverso la cooperazione fra esse, senza limitare l’autonomia di ciascuna di esse.
La rete, pur non essendo un nuovo “soggetto giuridico”, ha una visibilità esterna attraverso la forma scritta del
contratto, l’iscrizione nel registro delle imprese (art. 4-quater legge n. 33/2009) ed agisce tramite il comune
rappresentante. Pertanto può rilevare come centro di riferimento unitario per i rapporti giuridici con i terzi,
utilizzando il proprio fondo patrimoniale.
Il nuovo istituto presenta, inoltre, specifico interesse per le agevolazioni previste dalla legge, che,
attualmente, riguardano: il settore amministrativo (possibilità di instaurare procedimenti collettivi nei rapporti
con la P.A. con una rappresentanza unica e di accedere a contributi previsti in tale ambito), il settore finanziario
(possibilità di accesso al credito), il settore della promozione della ricerca e dello sviluppo (art. 1, co. 368, lett.
b, c, d, legge 23 dicembre 2005, n. 266, richiamate dall’art. 4-quinquies l. n. 33/2009).
Le predette misure richiedono, peraltro, l’intervento di decreti ministeriali attuativi.
La concreta adozione dello strumento negoziale implica la stipulazione di un contratto, ove siano regolati, in
base alle specifiche esigenze di volta in volta salienti, obblighi, funzioni e responsabilità reciproche.
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Assicurazioni
A cura di Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano
Giurisprudenza
Nota: la sentenza in oggetto si sofferma sulla vexata quaestio del dies a quo del
termine prescrizionale, nell’ipotesi in cui il contratto di assicurazione preveda il ricorso
alla perizia contrattuale per l’accertamento delle lesioni.
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comma dell’articolo 2952 del codice civile è sostituito dal seguente: <<Gli altri diritti derivanti dal
contratto di assicurazione e dal contratto di riassicurazione si prescrivono in due anni dal giorno in cui si
è verificato il fatto su cui il diritto si fonda>>”.
In materia di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, tra
l'assicuratore, destinatario dell'azione diretta ex art. 18, l. n. 990/69, e il danneggiante assicurato,
destinatario dell'ordinaria azione risarcitoria prevista dall'art. 2054 c.c., sussiste un vincolo, ancorché
atipico, di solidarietà passiva, entro il limite in cui le prestazioni sono identiche, quello cioè del
massimale assicurato; consegue che, qualora intervenga una transazione sul danno tra il terzo
danneggiato e l'assicuratore del danneggiante, l'effetto favorevole nei confronti del condebitore
(assicurato) che dichiari di volerne profittare non potrà che manifestarsi negli stessi, identici limiti in cui
opera la solidarietà, segnati dall'importo del massimale, ma non potrà mai estendersi alla quota di
danno eccedente il massimale, in relazione alla quale esiste un unico e solo debito (illimitato), quello del
danneggiante assicurato, che pertanto è il solo soggetto facultato a transigere con effetti che investano
l'intero danno. (Cassazione, 30 ottobre 2009, n. 23061)
In tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e natanti, l'art. 22 l. n. 990/69
(applicabile "ratione temporis" al caso specifico), che subordina la proponibilità dell'azione risarcitoria,
inclusa quella formulata soltanto contro il responsabile, alla richiesta del danno all'assicuratore, nonché
al decorso di sessanta giorni da tale richiesta, trova applicazione - tenendo conto del difetto di espresse
limitazioni e della "ratio" della disposizione medesima (favore per il soddisfacimento stragiudiziale delle
istanze di risarcimento) - anche con riguardo alla domanda riconvenzionale, avanzata dal convenuto
che assuma - a sua volta - la responsabilità, esclusiva o concorrente, dell'attore.
(Cassazione, 26 ottobre 2009, n. 22597)
Se la parte convenuta in giudizio contesta la competenza del giudice adito secondo le regole
ordinarie ed afferma quella per materia del giudice del lavoro, perché il giudice possa negare la
competenza di quest'ultimo occorre che l'incompetenza si desuma dalle stesse asserzioni delle parti,
nel corso e nei limiti dell'esame delibativo del reale oggetto della controversia che il magistrato deve
compiere ai fini della propria competenza, senza la necessità di procedere ad ulteriori indagini e senza
che rilevino questioni riguardanti il merito della controversia (nella specie, la Corte ha confermato il
verdetto di merito che aveva escluso il contratto di agenzia e, quindi, la competenza per materia del
giudice del lavoro in un rapporto di collaborazione in una struttura piramidale organizzata per la
produzione di contratti d'assicurazione ramo vita). (Cassazione, 25 maggio 2009, n. 11998)
Il pedone che attraversa in ora notturna una strada a quattro corsie con scorrimento rapido,
scavalcando il guard rail, concorre a porre in essere una situazione di pericolo, ponendo i veicoli
sopravvenienti in condizioni di difficoltà e di emergenza, ove, avvistandolo, non possano poi porre in
essere adeguate manovre per evitare o ridurre l'impatto. Pertanto nella ricostruzione della dinamica del
fatto dannoso tutte le cause imputabili alle condotte imprudenti (del pedone) e inesperte o negligenti
(dei conducenti) debbono essere ponderate, ai fini del riparto delle rispettive responsabilità, ai sensi
degli art. 2054 e 1227 c.c., in relazione agli altri elementi obbiettivi riscontrati sul teatro
dell'investimento. (Cassazione, 24 novembre 2009, n. 24689)
17
Rassegna Stampa
:: HR On Line - AIDP: N°1 Gennaio 2009
“Speciale sulle novità legislative del 2008”
a cura di Trifirò & Partners Avvocati
:: ItaliaOggi: 15/06/09
“Una vita dedicata al lavoro”
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:: HR On Line - AIDP: N°16 Settembre 2009
“La Corte Costituzionale si pronuncia sul contratto a
termine”
di Marina Olgiati
:: ItaliaOggi: 19/10/09
“Il lavoro dell’avvocato del lavoro, la missione dei
giuslavoristi”
:: TG4: 19/10/09
“Lentezza della Giustizia in Italia”
Intervista a Salvatore Trifirò
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Rassegna Blog
:: BLOG JOBtalk - JOB24 - IL SOLE 24 ORE: 12/01/09
twitter 24job http://twitter.com/24job
“Anno nuovo, leggi nuove? Riepilogo dei principali interventi
legislativi del 2008 in tema di lavoro”
di Stefano Beretta
20
:: BLOG JOBtalk - JOB24 - IL SOLE 24 ORE: 20/03/09
twitter 24job http://twitter.com/24job
“Il duro mestiere del capo: ultimissime dalla Cassazione”
di Stefano Beretta
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:: BLOG JOBtalk - JOB24 - IL SOLE 24 ORE: 27/10/09
twitter 24job http://twitter.com/24job
“Contratti a termine e sostituzioni: la "ragionevolezza" dei Giudici di merito”
di Anna Maria Corna
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Codice del Lavoro Pocket 2009 - CELT
A cura di Giacinto Favalli, Andrea Stanchi e Luca D’Arco
Edita dalla Casa Editrice La Tribuna e curata dal partner fondatore Giacinto Favalli e
dal partner Luca D’Arco, la Settima Edizione del Codice del Lavoro Pocket è
Pubblicazioni
un’opera revisionata ed aggiornata a seguito delle importanti novità legislative
intervenute in materia, tra cui:
Edita dalla Casa Editrice La Tribuna, la Quarta Edizione del Codice di Diritto del
Lavoro, è un’opera revisionata ed aggiornata a seguito delle importanti novità legislative
intervenute in materia.
Sommario
www.latribuna.it
23
Pubblicazioni On Line
Newsletter T&P
Highlights T&P
http://twitter.com/TrifiroPartners
24
Eventi
:: Milano, Università Cattolica - Università Bicocca,
22-23 Gennaio 2009
CONVEGNO - LABORATORIO: “Nuove proposte per il
lavoro degli psicologi nelle organizzazioni”
Ordine degli Psicologi della Lombardia
Relatore: Avv. Tommaso Targa
“Mobbing e responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087
cod. civ.”
www.opl.it
25
VI° Incontro italo-francese fra gli
Ordini degli Avvocati di Milano e Nizza
Nizza, 6-7 marzo 2009
26
:: Genova, Camera di Commercio, 12 Giugno 2009
CONVEGNO: “Cassa integrazione in deroga e
contratti di solidarietà”
AGI Liguria - Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Genova
- Camera di Commercio
Relatore: Avv. Giacinto Favalli
www.giuslav.com
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Studio Trifirò & Partners
Partners
:: Avv. Anna Maria Corna :: Avv. Giorgio Molteni :: Avv. Marina Olgiati
Avvocato dal 1985 Avvocato dal 1987 Avvocato dal 1991
In Studio dal 1986 In Studio dal 1987 In Studio dal 1991
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:: Avv. Francesco Autelitano :: Avv. Antonio Cazzella
Avvocato dal 2001 Avvocato dal 1993
In Studio dal 1996 In Studio dal 1996
Associati
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:: Avv. Alessandra Landi :: Avv. Paola Lonigro
Avvocato dal 2006 Avvocato dal 2006
In Studio dal 2008 In Studio dal 2001
Praticanti
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Staff
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