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Capitolo VI
I Fiori del Regno delle due Sicilie per la Fata
Morgana
Capitolo VI
I Fiori del Regno delle due Sicilie per la
Fata Morgana
Io non mi pento
Noi che non abbiamo mai fatto del male e
non abbiamo mai mentito,
abbiamo praticato a oltranza l'onest, fino a che tanta virt,
ci ha quasi cancellato.
Noi che fummo fatti di terra e di legno d'intelligenza e amore
avremo una finestra a sostegno degli occhi ed un
rimorso gentile a corredo del cuore.
Ma io non mi pento, no, delle cose che ho amato e
non ritratter le cose in cui ho creduto. non lo tradir il mio fortissimo
amore lo porter sul viso e nelle mie parole.
Abbiamo traversato insieme tempi bui portando un unico peso
e conoscendo il mondo da un millennio e un minuto arriveremo alla meta
con il bagaglio di un bacio.
E il Padreterno guarda dal suo deltaplano questa battaglia campale dal
mare infinito delle sue domeniche
guarda quaggi, guarda e non muove un dito.
Ma io non mi pento, no, delle cose che ho amato, e non ritratter le cose
in cui ho creduto, non lo tradir il mio fortissimo amore lo porter
sul viso e nelle mie parole (1).
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Le parole finali di questa lettera sono scolpite nel tamburo che sorregge la statua della Madonnina
Benedicente allentrata del porto di Messina e recitano appunto: Vos et ipsam civitatem
benedicimus.
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I capelli, custoditi in una teca dargento, ogni anno vengono portati in processione assieme alla
vara della Madonna della Lettera (3 giugno) e alla vara del Vascelluzzo (Corpus Domini).
Nella ricostruzione del vecchio Campanile, dopo il terremoto del 1908, la scena della delegazione
che incontra a Gerusalemme la Madonna riprodotta in modo spettacolare. Al suono delle
campane a mezzogiorno nella loggia del quarto piano si animano personaggi alti due metri.
Davanti al trono, sul quale siede la Madonna con il Bambino, appare dapprima un Angelo con
una palma nella sinistra e nella destra una lettera che porge alla Madonna; quindi viene S. Paolo
che si china davanti al trono ed introduce lambasceria; il primo Ambasciatore si china come S.
Paolo, viene benedetto e consegna la lettera; quindi sfilano tutti gli altri Ambasciatori che si
chinano davanti al trono e sono a loro volta benedetti.
Al termine della sfilata la Madonna benedice la Citt ed il Popolo di Messina.
interessante scoprire le tante raffigurazioni della Madonna della Lettera, riportate nel volume
del Rev. Padre Placido Samperi, messinese, della Compagnia di Ges, Iconologia della gloriosa
Vergine Madre di Dio Maria Protettrice di Messina divisa in cinque Libri ove si ragiona delle
Immagini di Nostra Signora che si riveriscono nei Templi, e Cappelle pi famose della Citt di
Messina, edito in Messina, appresso Giacomo Mattei, stampatore camerale, 1644, anteriore di
molti secoli al terribile terremoto del 1908.
La prima la troviamo nella Cappella del Palazzo del Senato, opera del pittore messinese Antonino
Barbalonga, nella quale la Madonna, circondata da Angeli, rappresentata mentre con la mano
destra alzata benedice gli Ambasciatori, presentati da S. Paolo, e con la sinistra consegna loro la
lettera. Un altro quadro si trova nella chiesa del Monastero di S. Paolo, dove custodita con
grande devozione. La Madonna vi raffigurata non seduta in trono, ma in piedi mentre viene
incontro agli Ambasciatori per consegnare loro la lettera.
Un quadro simile lo troviamo anche nella chiesa de Fanciulli dispersi cio abbandonati,
anchessi raffigurati nel dipinto.
Pi interessante ed originale limmagine della Madonna della lettera nella chiesa di S. Nicol de
Greci. Tra tanti quadri raffiguranti la Madonna, tutti antichi e bisognosi di restauro, ve n uno al
quale nessuno d importanza. Il pittore Paolo Savola, che gi ha restaurato gli altri quadri, per la
devozione che porta alla Madonna, chiede di poter restaurare anche quella tavola con la pittura
antichissima, tutta tarlata e in parte scorticata nei colori, e la porta a casa sua. unimmagine
dipinta allantica, con un manto come usano le donne egiziane, con un Bambino in braccio che
sta rimirando la madre. Ripulito il dipinto, si scopr nelle mani del Puttino un foglio sul quale si vedono
scritte alcune lettere greche. ... Il Cappellano, vedendo quello scritto non si cura di leggerlo, pensando sia una
sentenza del Santo Vangelo, secondo luso della Chiesa greca. Ma osservandolo bene, il dottor D. Leonardo Par,
professore di lingua greca, legge con attenzione quei caratteri e si accorge che sono il principio della Lettera della
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Beata Vergine scritta ai Messinesi: La vergine Maria, figlia di Gioacchino, umile Ancella di Dio, Madre di Ges
Cristo, della trib di Giuda, della famiglia di Davide, a quanti sono in Messina salute e benedizione di Dio
Onnipotente. Questo avviene nel giorno appunto di S. Caterina Alessandrina 25 di novembre 1643 (3).
Alla legenda della Fata Morgana viene fatta risalire anche la miracolosa apparizione della
Madonna al Gran Conte Ruggero durante lassedio di una fortezza saracena situata sul monti
peloritani. Essendo i Normanni in difficolt per la penuria di acqua, la Vergine Maria avrebbe
indicato a Ruggero una vena dacqua ai piedi di un fico, facendo si che da un ramo dellalbero
reciso dalla spada del Re normanno sgorgasse lacqua indispensabile a rifocillare e condurre alla
vittoria gli assediatori. Di tale episodio leggendario rimane una testimonianza figurativa costituita
dallaffresco La Madonna appare a Ruggero il Normanno esistente nella locale chiesa dei
Minoriti. La Fata Morgana, protagonista di alcune fiabe popolari nelle quali viene descritta come
proprietaria di unacqua miracolosa, ha finito invece col radicarsi profondamente nellarea dello
stretto contrassegnando un fenomeno ottico di rifrazione allucinatoria il cui effetto
fantasmagorico venne spacciato per atto di incantazione degli antichi, ad onta delle dotte
spiegazioni che poi ne rese il poligrafo gesuita Athanasius Kircher.
E probabile che il personaggio storico della sorella di Art abbia finito col sovrapporsi ad una
figura mitica preesistente nellarea peloritana, probabilmente una delle personificazioni della
Grande Madre mediterranea (o, come dice Robert Graves, della Dea Bianca), la cui caratteristica
era quella di detenere un potere magico che chi lavesse posseduta avrebbe potuto conquistare
per s. Allora con il secolo XII qualcosa molto cambiato.
C uno spostamento geografico e mitopoietico. Non escono pi dai condotti etnei le grandi
seduttrici, le sirene; non vi scendono pi le anime che viaggiavano sulla nave nera e silenziosa,
priva di equipaggio.
LEtna entra in un nuovo soprannaturale, diverso da quello classico, greco - latino, e da quello
cristiano, un soprannaturale che nordico - celtico e a noi mediterranei appare meno inquietante,
ma pi bizzarro e fabuloso. Sembra un mondo altro, con altri frequentatori.
Si tratta in ogni caso di una figura complessa e stratificata, partecipando, nel corpus di leggende che
la riguardano, della duplice natura acquea e plutonica, tutti elementi la cui presenza costante
nelliconografia storica del mezzagosto, viene fatta risalire da Giuseppe Buonfiglio Costanzo e da
Placido Samperi proprio ai Normanni, trattandosi in pratica di un elemento residuo di una
popolare celebrazione della vittoria ottenuta dal Conte Ruggeri, il quale, fugati i mori, entr trionfalmente a
Messina coi suoi soldati bagordando, e coi cammelli barbareschi carichi di spoglie. Padre Samperi addirittura
riferisce nella sua Iconologia che il condottiero normanno sarebbe entrato a Messina, nel 1061,
non sulampia schiena di smisurato Elefante, o dorgoglioso Leone, come i Cesari e i Pompei tirati da questi
animali, ma sopra il dorso dun barbaro Camelo guernito allArabesca, e illustra nella stessa opera una
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medaglia che reca sul recto leffigie della Vergine Maria protettrice dei messinesi, e sul verso il
Gran Conte a cavalcioni di un cammello. Non dimentichiamo infine che lEntrata del Conte Ruggero
era uno dei soggetti preferiti nei trasparenti ottocenteschi, apparati festivi effimeri costituiti da
pitture collocate sugli sbocchi delle vie e illuminate da dietro, con risultati di grande effetto
scenografico (4).
Dopo aver condotto Re Art, suo fratello, ai piedi dellEtna, Morgana non se ne and pi dalla
Sicilia, dove era giunta con il suo vascello. Stabil la sua dimora tra lEtna e lo stretto di Messina,
dove i marinai non osavano avvicinarsi a causa di forti tempeste, e s costru un palazzo di
cristallo. tradizione in Messina che Ruggero il normanno, un giorno dellanno 1060,
passeggiava solitario su una spiaggia della Calabria e guardando la costa peloritana meditava sul
modo migliore per poter conquistare la Sicilia, allora occupata dagli Arabi che ne avevano fatto
una terra musulmana ricca e prosperosa. Era successo che qualche tempo prima, alcuni coraggiosi
cavalieri messinesi sfidando la reazione degli Arabi, erano riusciti a raggiungerlo a Mileto di
Calabria e gli avevano esposto il desiderio della gente siciliana di averlo come liberatore e signore.
Ci non tanto perch gli Arabi si comportavano come usurpatori o tiranni della povera gente ch,
anzi, molto avevano fatto per ammodernare la Sicilia e per renderla prospera e indipendente, ma
piuttosto perch ultimamente i loro caid erano entrati in cos grave conflitto tra di loro da
coinvolgere in stragi, razzie e dissensi anche larghi strati della popolazione locale. E, come sempre,
a farne le spese erano un p tutti i Siciliani, ricchi e poveri che fossero. Ruggero, in Sicilia, vi era
stato unaltra volta, dal 1038 al 1040, con Giorgio Maniace, un valoroso generale bizantino che
Michele IV il Plafagone, imperatore di Costantinopoli, aveva mandato nell'isola con il compito di
cacciare gli Arabi e di riportarla sotto la sua sovranit. Allora quel tentativo, pur se inframmezzato
da piccoli successi, non era tuttavia, riuscito anche perch il gruppo dei Normanni, insoddisfatto
di come procedeva la spartizione delle prede di guerra, si era dissociato dallimpresa e se nera
tornato nellItalia meridionale e in Calabria, a scorazzare ed a conquistare buone terre. Ora
Ruggero, pregato dai messinesi e spalleggiato dallo stesso caid di Catania (che era venuto in
contrasto con altri caid arabi della Sicilia) pensava seriamente di ritentare la conquista dellIsola,
cacciando i musulmani che la detenevano da quasi duecento anni e di ricristianizzarla in senso
latino. Ma gli arabi erano scaltri e bene agguerriti e, quindi, limpresa che Ruggero meditava si
presentava difficile e rischiosa anche perch, nonostante laiuto promessogli da suo fratello
Roberto, duca di Calabria e di Puglia, egli poteva contare solo su uno sparuto nucleo di cavalieri e
di pochi fanti.
Era cos intento a meditare su queste cose e a respirare lintenso odore di zagara che proveniva
dagli aranceti in fiore, quando dalla costa siciliana gli parve udire una marziale musica di guerra,
intramezzata da lamenti e sospiri di schiavi, e da imprecazioni pagane. Ruggero si ferm
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incuriosito. Abitava l nei pressi un vecchio eremita, che godeva fama di saggezza. Ruggero vi si
diresse e, dopo averlo cortesemente salutato, gli domand notizie su quel fatto cos misterioso ed
insolito.
Leremita allung il braccio e con un dito gli indic la costa siciliana.
- L gli aranci sono in fiore... - gli disse - L c musica ma anche pianti... L ballano i saraceni e piangono i
cristiani in schiavit! Dicono che sei potente e cristiano... Perch non combatti e muori per la tua fede?
Ruggero rimase in silenzio. Continuando i suoi passi si venne a fermare poco lontano, sempre
pensando alla Sicilia e al suo modesto e povero armamento di guerra. Dun tratto, davanti a lui, il
mare prese a ribollire. Un cerchio di spuma apparve alla superficie e da essa sporse la testa una
bellissima Fata, la fata Morgana che ritenuta sorella carnale del re Art dInghilterra. Essa ha
nel mondo varie regge ma qui, proprio in mezzo allo Stretto, ha il suo pi bello e antico palazzo,
meta di tutte le fate e delle buone maghe del Mediterraneo.
Essa, a poco a poco, emerse anche con il corpo e allora Ruggero la vide salire su un cocchio
bianco - azzurro appena comparso e, al tiro, vi si misero sette cavalli bianchi e azzurro - criniti,
pronti e impazienti di lanciarsi in una folle corsa sopra le acque. Stava la fata per muoversi verso
sud, quando sulla costa vicina vide il pensoso Ruggero passeggiare a passi lenti.
- Che pensi, o Ruggero? Gli grid Morgana dirigendosi alla sua volta
- Se come immagino, salta sul mio cocchio e subito ti porter in Sicilia, assieme ad un possente esercito...
Ruggero sorrise e salut Morgana con deferenza e rispetto. Poi, gentile ma con fermezza rispose:
- Io ti ringrazio, o Morgana, ma non posso accettare il tuo aiuto. Ma se la Madonna che amo e i santi che mi
proteggono mi daranno la loro benedizione, io andr alla guerra sul mio cavallo e trasporter lesercito con le mie
navi e vincer per valore e non per gli incantesimi di una fata.
Morgana agit tre volte in aria la sua verga magica e in acqua lanci tre sassi bianchi.
- Guarda, o Ruggero, la mia potenza!...
E in quel punto apparvero sullacqua case e palazzi, strade e ville, e meravigliosamente tutta la
costa siciliana apparve cos vicina da poter essere raggiunta solo con un piccolo salto.
- Eccoti la Sicilia! Salta su di essa, raggiungi Messina ed io far in modo che in essa troverai il pi forte e il pi
numeroso esercito che tu abbia mai avuto in battaglia...
Ruggero, pur meravigliato da tanto incantesimo, sorridendo, rifiut ancora lofferta.
- O Morgana! Tu sei una grande Fata, degna della stirpe da cui discendi. Ma non sar con lincantesimo che io
liberer la Sicilia dal paganesimo. Essa mi sar data da Cristo nostro signore e da sua madre, la Vergine Maria
che io ho gi scelto e adottato come madre mia divina. Ma grazie, per il pensiero...
Morgana non attese di pi. Era una buona Fata e perci rispettava tutte le convinzioni.
Agit nuovamente in aria la sua bacchetta magica e i castelli, le strade e le ville sparirono di
colpo.
- Via, cavalli! Grid ridendo di gioia nel sole che inondava di luce e di calore le due sponde dello
Stretto. E il suo cocchio si mosse veloce trainato dai bellissimi suoi cavalli azzurro - criniti,
perdendosi in breve verso il sud dellisola, verso le spiagge dellEtna.
Ruggero, come sappiamo, sbarc poi in Messina nella primavera del 1061 e in poco pi di dieci
anni di guerra, spesso condotta con accanimento e ferocia, senza esclusioni di colpi, riusc a
liberare la Sicilia dalla dominazione musulmana. I suoi discendenti la costituirono in regno e ne
fecero una delle terre pi ricche e pi progredite di quel tempo (5).
Anche a Catania qualcosa avvenne: nel 1161 Riccardo Cuor di Leone consegn a Tancredi, re di
Sicilia, la spada Excalibur di re Art, forse un modo di dare prestigio allultimo periodo del
dominio normanno in Sicilia, minacciato dallavvento prossimo degli Svevi.
Excalibur e lEtna si accostavano disperatamente luna allaltro, entrambi partecipi di quel
capolavoro che era la leggenda di re Art, ormai entrata in orbita nei cieli del pianeta.
LEtna assume cos la natura ibrida dellIsola di Avalon coi suoi ospiti che vagano fra laldiqu e
laldil, responsabili anche i normanni. Se si perde la memoria dei popoli, le storie narrate vanno
intorno errando come involucri vuoti.
Come nellIsola di Avalon, cos anche nellEtna valgono leggi diverse riguardo allo spostamento
nello spazio e allo scorrere del tempo. La leggenda della Fata Morgana affascina lo scrittore A.
Kopisch, che nelle Poesie, uscite a Berlino nel 1833 e tradotte a Torino da Gustavo Straforello nel
1859, immagina il conte Ruggero, il Normanno, che da Scilla guarda al di l dello Stretto la Sicilia
ed visto da Morgana, che lo invita sul carro incantato; ma il Normanno rifiuta. Allora Morgana
gli ammannisce il mirage: lIsola si accosta, lEtna si accosta e tutta lIsola gli sta davanti fino a
Trapani, fino al tempio di Citera.
Morgana abita nello stretto di Messina da pi di mille anni e di tanto in tanto richiama alla
memoria Camelot, i castelli, le foreste incontaminate ed altri ricordi felici. La fata certe volte si
diverte a scoprire la gente con immagini ingannevoli. Si dice che Morgana esca dallacqua con un
cocchio tirato da sette cavalli, per quanto abbia anche un vascello dargento.
Il mito della Fata Morgana si trasfigura nella cultura religiosa in quello della Madonna, infatti
emblematico di ci il Vascelluzzo, finemente cesellato dai f.lli Juvara, un piccolo vascello
addobbato con spighe di grano, in argento sbalzato che viene portato in processione il giorno del
Corpus Domini. Ci ricorda il leggendario arrivo a Messina, per stessa intercessione della
Madonna della Lettera, di un vascello carico di grano durante la guerra dei Vespri (1282),
quando la popolazione era ormai allo stremo delle forze per la carestia che laffliggeva.
Padre Ingnazio Angelucci ci dice di aver assistito ai prodigi della fata Morgana nel giorno
dellAssunta del 1643: egli racconta di aver visto dalla sua finestra il mare gonfiarsi, e poi
diventare come un cristallo e su questa piazza di cristallo si riflettevano immagini di citt
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bellissime, pilastri, arcate, castelli e si trasformavano in una fuga di finestre che si trasformava a
loro volta in selve, pini, cipressi e grandi teatri.
Padre Ignazio dice che aveva sentito parlare di questo fenomeno ma non ci aveva creduto, per
dopo averlo osservato con i propri occhi pot affermare che era pi stupefacente di quanto si
potesse immaginare. La leggenda trae spunto da un fenomeno che realmente si verifica nello
stretto di Messina in particolari condizioni atmosferiche. La leggenda della Fata Morgana, riferita
allo stretto di Messina, nasce dal fenomeno ottico che si verifica tra le due sponde nei giorni in
cui il mare calmo con una inversione termica negli strati bassi dellaria a contatto dellacqua.
A causa della diversit di densit dellaria, specialmente nelle prime ore del mattino, si ha
lillusione ottica di vedere, come fosse dentro un grande specchio, sospesa una citt fantastica che
muta continuamente di forma e di colore. Il fenomeno, che avviene anche in molti altri posti nel
mondo, sullo stretto molto suggestivo ed visibile da entrambe le sponde, che sembrano essere
vicinissime come se non vi fosse distanza tra loro ne mare che le separi. La gente non ha tardato
molto ad imputare questa apparizione alla Fata Morgana, che, in occasione del suo arrivo nelle
acque dello stretto, fa emergere dal fondo il meraviglioso castello che ivi ha costruito. Salfiotti
distingue quattro tipi di fata Morgana:
dalle praterie dellIrlanda alle brughiere della Scozia, alle rocce di Gibilterra, alle balze dellEtna;
forse lo stesso arcobaleno a segnare loro la strada.
Hanno le fate una particolare attrazione per i neonati che esse salvano e proteggono, perch
hanno
per
gli
infanti
la
reverenza
di
una
madre
forse
anche
la
voglia.
Esse impregnano di s lo spirito dei luoghi, Irlanda, Scozia, Etna, che paiono soggiacere a
incantesimi o, per lo meno, a quegli effetti magici che le connotano. La vita delle fate retta da
una logica fantastica rassicurante e per noi tutto quello che fanno ha valore proprio perch non
sappiamo che valore dargli.
Secondo il cappellano scozzese Kirk ci sono molti suoi fedeli che hanno la seconda vista, cio
il dono di vederle nellambiente fra gli Highlands e la Bassa Scozia, e non si sa bene come mai ci
avvenga.
Le fate usavano un linguaggio con parole di diverso significato e cambiavano i nomi di cose
ordinarie in suoni che funzionassero in modo analogo a quello che esse desideravano produrre e
cos formavano uno stile magico speciale loro proprio che modificava la natura delle cose.
Il buon cappellano scozzese crea una analogia coi Neoplatonici che pure usavano parole magiche
di diverso significato, parole che essi pensavano fossero state escogitate dagli dei che
conoscevano la natura delle cose. Un tale linguaggio, oltre al significato antropologico di un
mito materno nel mediterraneo, di certo ben lo conoscevano gli intelletti risorgimentali tanto da
usarne la simbologia offerta dal mito per accumunare gli intenti anche diversi quando non
contrapposti dei cattolici e dei carbonari, dei neo classici come i romantici, in un unico pensiero
risorgimentale.
Attraverso luso del mito della Fata Morgana e delle simbologie che offriva, si cerc
collaborazione con intellettuali di tutta Italia nello sforzo, in gran parte riuscito, di allargare gli
orizzonti della societ cui si rivolgeva costituendo cos un importantissimo elemento di
modernit nel panorama del tempo, con il motto simbolico Post fata resurgo si intendeva
essere pronti a mettere in moto tutte le manifestazioni e azioni risorgimentali tra le quali dopo
quelle dei primi decenni dell800 di certo quella del 1 settembre 1847 fu la prima delle
manifestazioni che condussero alla decisiva spedizione garibaldina. Lallegorica simbolica
metafora della Fata Morgana nel mito che sintetizzava la figura di Madre, Dea, Signora e
Madonna che si manifestava in fenomeni che per verificarsi necessitavano di determinate
condizioni, si prest facilmente ad identificare ora le speranze, ora le condizioni propizie per
realizzarle, dei propositi e delle azioni risorgimentali.
Non dovrebbe cos stupire che molti moti si realizzarono dopo il metaforico accordo che si
spostava da costa in costa: Quando appare la Fata Morgana.
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Emblematici di ci si rivelano i tantissimi scritti nei periodici risorgimentali tra cui quelli de Il
Maurolico, che riportiamo nel paragrafo seguente, dove negli scritti di Angelo Aronne intitolati
Letteratura ed Eloquenza Sacra
(7),
simbolico lauspicio di una unione dei diversi animi e intenti risorgimentali, dalla Sicilia al Lazio,
nel nome della Madonna e della virt cristiana. Nelle intenzioni dello scrittore la Santa Maria,
potrebbe simboleggiare, un nuovo stato federale della lega con a capo il Papa guidata da
Ferdinando, ed emergere chiara una possibile chiave di lettura sul consenso offerto al Biscazza
nel seguire e realizzare in Sicilia, attraverso la sua corrente politica pi moderata e costruttiva, e
non attraverso quella del La Farina che effonde quei principi rivoluzionari francesi, il disegno di
una Lega italiana che gi nel Lazio prendeva forma. Dove lallusione alla luce e levidente
metafora di una via da seguire.
Oppure negli scritti del G. G. C., sul fenomeno della Fata Morgana dedicati allonorabile
Signora d. Maria Napoli Duchessa dOssada S.Giorgio
(8),
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La Torre dei Venti era un edificio ottagonale, come gi accennato, ed aveva due vestiboli orientali
uno a nord - est e laltro a nord - ovest, con sporgenza circolare nel lato sud.
Sulla parte superiore delledificio, quasi fregio, vi erano scolpite le figure dei venti sui singoli lati
dellottagono, ubicate in direzione della base conica sormontata da un Tritone, il celebre figlio di
Nettuno, al quale si attribuiva la potenza di agitare e calmare le acque del mare.
Tritone per dimostrate questo suo potere aveva nella mano destra una verga di bronzo, che
puntava sempre dalla parte dalla quale i venti spiravano; e affinch fossero a tutti noti i
movimenti dellatmosfera, nella medesimi direzione vi erano state scolpite le figure dei venti
recanti nella parte superiore inciso il loro nome. Inoltre la torre faceva anche dufficio di orologio
da acqua e da sole.
Gli studi preziosi dellantichit appaiono nella Colonna in tutta la loro grandezza, in quelle
costellazioni la teoria e dottrina dei Pitagorici de dodici Venti e i loro nomi in arcaico o dorici
sono scritti sulla Colonna dei Dodici venti di Gaeta.
Marco Ceto Faentino, ammiratore di Vitruvio, riporta che a Roma vi era un Tritone fatto
sullesemplare di quello di Atene, con la differenza per che invece di girarsi su otto direzioni si
girava su dodici. La preferenza della Capitale, in questo particolare, per la teoria della Scuola
Italica evidente, e in essa si sente pure linfluenza esercitata dal monumento e dalla antichit
italica di Gaeta, eternata a caratteri doro da Ciceroni nella sua interrogazione al Popolo Romano
Forse noi ignorate
Nel Medio Evo furono sostituiti gli antichi nomi, sacri agli sforzi immani delluomo per
conoscere la terra, con quelli degli Apostoli.
Riportata con insistenza da tutti gli scrittori di cose gaetane, la colonna dei Dodici Venti di Gaeta
non era certamente monumento estraneo allestero per la sua vetust e importanza marinara di
prima classe. Essa ritorna sulla grande scena della storia internazionale in momento di risveglio,
seguito alla rivoluzione della Riforma e Controriforma.
Lentusiasmo prodotto dal restauramento delle scienze, certamente port i grandi studiosi del
tempo ad indagare dove i migliori monumenti della scienza antica potevano trovarsi; e perci noi
troviamo in Gaeta, Grutero Giovanni dAnversa, (1560 - 1627) lopera del quale fu stampata e
ristampata proprio in quei paesi dove i movimenti rivoluzionari internazionali accennati ebbero il
loro fulcro.
Grutero ci d una notizia molto importante al riguardo, perch dice che la colonna era collocata
non sulla cima di M. Orlando ma alle falde del sacro muro Gaetano, particolare che indica il
grande uso pratico attaccato a opera del generale; ed bene a notarsi che le falde del M. Orlando
di quel tempo non erano troppo distanti dallantico storico centro cittadino, cos come sono oggi.
La sua indicazione pi che preziosa perch la torre dei venti si trovava al centro di tutte le citt
13
greche dimportanza, come appare dagli avanzi di quella di Efeso, sempre nellagor, e quella
tuttora esistente in Atene, quantunque priva del Tritone indicatore dei cambiamenti
dellatmosfera.
Considerata lubicazione dellopera sia da parte Andronico, e le scoperte scientifiche di carattere
matematico astronomiche sia dellantica Scuola Pitagorica che di Eratostene, possiamo con
oggettivit dedurne che Gaeta, per avere una opera del genere, doveva essere un centro
attivissimo e non un luogo per placidi ozii. Particolare del resto che ho gi provato riportando la
lista dei porti imperiali di Cicerone, nella quale appare Gaeta, nella sua celebre Pro Imperio
Pompei Magni Oratio.
Una tale opera ed il suo carico simbolico che rappresenta ci fa ben comprendere quali siano le
ragioni perch Gaeta divenne centro ed originaria sede prima nella lotta ai saraceni e poi agli
spagnoli, lasciandoci intuire il perch fu luogo di incontro e sede di preti carbonari, ed
offrendoci una ulteriore visione del perch a Gaeta nei domini del Regno delle due Sicilie si
ritrovarono sotto la protezione di Ferdinando Pio IX il Mazzini in una tranquilla prigionia
che come la storia ci riporta sembra pi una diplomatica dimora da cui intrattenere rapporti
con i notabili rappresentanti dogni parte dItalia per il primo e con i suoi amati Inglesi per il
secondo.
Seguendo le supposizioni che potrebbero emergere da un accostamento di questi due miti, la
Fata Morgana e la Colonna dei Dodici Venti, e i fatti storico - risorgimentali, ci potremmo
ritrovare di fronte alla possibile visione di un Ferdinando che segue anchegli il motto della
Fata, anzi ne riveste se non il ruolo di un occulto promotore quanto meno quello di adepto,
ben comprendendo di quanto radicato fosse il potere baronale nel suo Regno, e di come i
moderni principi rivoluzionari francesi fossero di gi divenuti utili strumenti e beffardi alleati
di un sistema che non vuole cedere il suo dominio secolare, dove il riformismo seppure
eccelso non pu evitare il predominio delle commistioni, gli intrighi di potere, ricordiamo che
I mancati accomodamenti fra la Sicilia e Ferdinando II, che portarono il vecchio ceto dei
privilegiati a fomentare le rivoluzioni del 1848 - 49, ed ad offrire la Sicilia a Ruggero Settimo
per mantenere il loro statua quo. Ferdinando conviene, cos per questa via metaforica,
anchegli allidea di una rinascita del suo Regno, intrattenendo da Gaeta rapporti ed accordi
con i carbonari ed i lazzari, facendosi promotore della Lega federale italiana presieduta dal
Papa.
Del resto il nuovo ordine di cose a cui auspica il disegno ferdinandeo prevede proprio
l armonica convivenza delle diversit nellarea del Mediterraneo ed un cos alta ambizione non
pu che prendere forma in una lega di stati autonomi e sovrani, la cui ispirazione prese forma
di progetto forse proprio all ombra della Colonna dei Dodici Venti.
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Di fatti quando una tale convergenza di intenti venne meno, si dissolver come in un nulla di
fatto il nuovo ordine di cose a cui si auspica, cos come lo stesso Regno delle due Sicilie, come
se quellordine era condizione della sua stessa esistenza, sia che lo si veda come un
incantesimo, sia che lo si osservi come un fenomeno.
Certo ipotizzare tali fatti pu sembrare la volont di riscrivere la storia, cosa che qui non si
vuol fare, cercare il significato delle analogie tra i fatti e le allegorie simboliche, i linguaggi
segreti che si nascondono dietro gli scritti scientifici o letterari, se mai ci sono stati, non
nostro compito.
Qui si voluto osservare i fatti, non solo nel loro contestuale verificarsi, ma anche quali
elementi di un orizzonte pi ampio possibile.
Nell intento di perseguire unanalisi trasversale ed introspettiva delle genti e dei fatti latenti ed
evidenti, guardando alle motivazioni e le modalit del verificarsi dei fatti della storia, cogliendo le
loro possibili congiunture nei loro contesti ed in altri, le loro possibili sfaccettature e riflessi.
Ed naturale che i fatti possano assumere significati e modalit diverse se si allarga il
contenitore contestuale che li contiene, o il campo dindagine. La metafora delle scatole
cinesi che usa il Funzionalismo o la teoria dellInfinitamente piccolo e dellinfinitamente
grande nella fisica, quanto nella filosofia, o la teoria delle probabilit nelle scienze
matematiche potrebbero ben rendere lidea di cosa qui si voluto intendere, senza voler
assolutamente riscrivere la storia. Anzi nel rispetto di ogni valida data ed avvenimento, che si
che si evince nella storiografia ufficiale, abbiamo semplicemente osservato i fatti cercando di
ripercorrere le idee che li hanno determinati.
Considerando, la virt ed il valore di chi ha contribuito a creare un nuovo ordine di cose
nella speranza di un mondo almeno migliore se non poteva esser meraviglioso, come dei fiori
che si offrono alla Fata Morgana e tutto ci che questo mito pu significare, rappresentare, ed
essere, con il pi nobile dei sacrifici, quello dellamore.
15
Da Il Maurolico
ELOQUENZA SACRA
16
LETTERATURA
ACCADEMIA PELORITANA
Pria che il Redentore degli uomini sul Golgota patisse quei
tormenti, che noi ogni attimo rimenbrar dovremmo per astenerci
da qualsisia lievissimo peccato, la religione trionfante in questa
terra di dolore era la religione della favola e del capriccio.Qua adoratasi Diana: l tempio a Nettuno ed a Venere elevatasi: o
ora a Castore ed a Polluce voti e
profferte sinnalzava, ed a tane altre Deit alla di cui adorazione,
o la bisogna, oppure alcuno avvenimento sospingeva.
Ed oh! in quei tempi dignavia quanto sangue macchi la terra
per lenire gli Dei, i quali di sangue satire si facevano .
Al buior di tanta notte successe per il pi fiammante sole.
E Dio, quellOnnipotente che al nulla il seno apri, ed il di cui cenno
fece il Cielo e la Terra, Dio pi non volle sopra degli altari il
sangue.
Volgeva intanto lanno XLII di nostra salute, e questa mia
patria allidolatria ancor ella soggiaceva. La predicazione del
lApostolo delle genti per, ed una lettera che la medesima mano
della Santa Donna, la Madre delle Madri in Gerusalemme li
3 Giugno scrisse, ed ai nostri antiqui padri consegn, fu il lampo
precursore della vera Religione di Cristo, fu la vivida face,
che dissip la tenebra del paganesimo,. Ed oh beati tempi!
- Rovesciarono al suolo allora gli altari de falsi dei: furono
infranti glidoli: ed i nomi di GES e di MARIA al Cielo
volarono. La croce in ogni dove si vide: alle vittime successero
glincensi; ed agli oracoli i miracolo, che una viva ardentissima
fede da Dio si attirava. Una quindi la Religione, una la preghiera,
ad un medesimo fine gli altari e le chiese . Ogni di
intanto la fede verso Dio, e verso la Santa Donna raddoppiare
vedesi; e quantunque il pi fiero fra glImperatori ogni cura
spendesse onde il nome di CRISTO non pi per le bocche andare
e venerarsi, pure vano tornava ogni tentato modo.
17
19
come,
sento
ancora
obbljettarmi,
le
vedere
cos
strano
spettacolo,
Ma
in
questo
mare
altro
spettacolo
meraviglioso di sovente
) apparisce, imperocch dopo cessate le procelle,e
rasserenatasi
) laria, sul far del giorno rilucendo laurora, si vedono
nel
) laria diverse immagini duomini, e danimali: alcuni
di questi
) oggetti si rimangono immobili, ma alcuni vanno
scorrendo per
) laria, e come si infra lor combattessero, finch
riscaldandosi
) il Sole, ogni cosa sparisce dalla vista.
Luguale testimonianza, e presso a poco luguale
racconto ci fanno li due storici Politi, e Carnevale; il
primo ci viene narrando come
( Alle volte, e
specialmente di state, la mat) tina, per li vapori, che si rilevano, si vedono cose
meravi) gliose, i quali ingrossano in tal guisa laria, che ogni
piccola
) cosa la fanno parere grandissima, e quella di lontano
molto
) vicina, talmentech si vedono per que lidi nuove
citt, ed
) infinita edifizi, altissime torri, bellissimi, porti, e folte
selve di
23
di un medesimo
vivissimo chiarore,
) con una medesima ombratura erano gli sfondati tra pilastro, e
) pilastro: in un momento poi li pilastri si smezzarono di altezza,
) e si arcuarono in forma di cotesti acquedotti di Roma e rest semplice
) specchio il resto del mare, ma per poco, che tosto sopra
) larco si form un gran cornicione; fra poco sopra del cornicione
) si formarono castelli reali in qualit disposti in quella
) vastissima piazza di vetro, e tutti di una forma e lavoro; fra
) poco le torri si cambiarono in teatro di colonnati, ed il teatro
) si stese e focene una doppia fuga: indi la fuga di colonnati
) divent lunghissima facciata di finestre, in dieci fila: della facciata
) si fe variet di selve di pini, e cipressi uguali, e di altre
) variet di arbori, e qui il tutto disparve, ed il mare con un
25
G. G. C.
33
(11).
posto dei templari i nuovi massoni, come i preti che guidavano le vendite carbonare, che si
riveleranno strumenti e protagonisti ed anche autori di tale volont di voler ripristinare
queglequlibri di un Maraviglioso Regno nel Mediterraneo, dove la terra ritorna in possesso delle
genti attraverso gli usi civici come era scritto negloriginari patti. Ma tali intenti dovranno cedere
il passo agli intendi delle nuove idee di nazionalismo che si presentano con delle eccezioni di
modernit che per essere dovevano sacrificare i nobili principi di una virt antica alle nuove
logiche di modernit e di progresso. In ci diviene emblematico il conflitto tra Classici e
romantici che infiammer le coscienze intellettuali, gli spiriti rivoluzionari, le piazze, le citt e le
campagne in armi, nei decenni che precedono e seguono lUnit. Per una strana ironia del tempo
che passa sulle cose, e del caso che succede ad esse, possiamo osservare come alla statua, che
rappresenta la libert posta sulleffige murale che celebra il 1 settembre a Messina, manchi la
testa, come a voler il tempo ed il caso beffardamente simboleggiare quanto deleteri in effetti si
sono rivelati tali principi di progresso fin anco a tagliare la testa del loro stesso principio primo: la
Libert.
34
Il Banchetto
Sire, Maesta
Riverenti come sempre siam tutti qua
Sire, Siamo Noi
Il poeta, L'assassino E Sua Santit
Tutti, Fedeli Amici Tuoi.
ah... Maesta
Prego, Amici Miei,
Lo Sapete Non So Stare Senza Di Voi
Presto, Sedetevi,
Al Banchetto Attendevamo soltanto voi
Sempre Ogni Giorno Che verra
Finche Amore E pace regnera.
Tutti Sorridono
Solo Il popolo Non ride, ma lo si sa
Sempre Piagnucola
Non Gli va mai bene niente chissa perche,
Chissa perche perche etc. etc. ... (12).
35
(13).
discontinua, agitata. Come quelli di ogni altra storia, i tempi della storia contadina sono trascorsi anchessi, nei
vari continenti e nelle varie epoche, tra fasi alterne e diverse di prosperit e di miseria, di oppressione o di libert, di
tranquillit o di precariet. Di qui limportanza fondamentale della storia istituzionale e il problema cardinale di
capire i momenti di segno diverso che possono esprimersi sia attraverso il mutamento delle istituzioni sia allinterno
della stessa denominazione istituzionale o del suo progressivo modificarsi
(14).
dellOttocento ed attivo, pur con qualche discontinuit, fino alla vigilia della formazione dello
Stato unitario, questo progetto, al di l della sua effettiva realizzazione cronologica, non erano
privo di radici ideologiche, in quanto rappresentava il frutto di buona parte del pensiero
illuministico, la naturale continuazione dellopera delle riforme settecentesche attuate in Europa e
nel Mezzogiorno dItalia, il risultato di vari cambiamenti strutturali avvenuti nel Regno delle Due
Sicilie a partire dalla Restaurazione. Il senso di questa nuova esperienza societaria, pertanto,
andava a realizzare e coniugare le diverse articolazioni socio - economiche inserite allinterno del
contesto regionale e provinciale con gli impulsi economico - culturali provenienti dai centri di
potere e di elaborazione europei. Con limporsi di un nuovo rapporto disciplinare tra teoria e
pratica, sempre meno fondato su ragioni estetiche dei progetti economici e sempre pi posto, al
contrario, sulle ragioni etico - utilitaristiche, le Societ economiche, nella loro essenza pratica,
fungevano da filtro trasmittente che, privilegiando la scienza applicata, stimolava anche il fiorire
di una vasta produzione culturale di stampo prettamente tecnico - economico. Poste al crocevia
tra una forma di indipendenza ed unaltra fatta di continui controlli da parte delle autorit statali;
controllo che, per inciso, nasceva dal timore che tali associazioni potessero assumere una
pericolosa dimensione politica contro la stessa dinastia borbonica (15).
36
Il quadro politico, sociale ed economico della Sicilia entro il quale va collocata la nascita delle
Societ economiche senza dubbio molto complesso ed articolato; esso va dalle denuncie di
totale arretratezza economica come quelle descritte dalleconomista siciliano G. Albergo, fino ad
un graduale miglioramento delle condizioni strutturali del Regno dopo il decennio francese,
attraverso il riformismo borbonico. Tal era lo stato cui di mano in mano era altrove pervenuta la scienza
economica quando in Sicilia cominciavasene a udire appena il nome: e i benefizi per quella arrecati alle straniere
nazioni e a taluni stati italiani erano della pi grande importanza. Qui intanto tutti vedevi ancora i vizi del
reggimento feudale, che conservasi tuttavia nel suo pieno vigore; non libera la estrazione d grani, non vie rotabili n
ponti, dogane interne e poca o niuna sicurezza n pubblici cammini e nelle campagne: cose tutte che opprimeano
lagricoltura e il traffico, e impediano le comunicazioni tra provincia, tra comunit e comunit. Pochissime
manifatture, e queste medesime in declinazione; e di nulla momento la interna e lesterna mercatura
(16).
Nella
Sicilia del XVIII secolo non vi era stata infatti nessuna rivoluzione agronomica in grado di
sovvertire la precariet della situazione interna e di aumentare la produzione agro - manifatturiera
in linea con i mercati internazionali, per, in molti intellettuali ed economisti dellepoca, questi
problemi diventavano la base delle loro riflessioni, con una serie di progetti e riforme che
culmineranno in rinnovamento economico ed istituzionale, che diventava la costante di tutto un
percorso che former il presupposto ideologico della creazione delle Societ economiche.
La corrente empiristica, come forma moderna di pensiero europeo, che per la prima volta
penetrava nellIsola non come una dottrina filosofica astratta, ma come un insieme di princpi
portatori di una nuova mentalit e di una nuova cultura, diventava sicuramente leredit di
pensiero dei siciliani in un nuovo ordine di cose. Il richiamo alle osservazioni dei fatti naturali, lo
sperimentalismo e lattivit di scoprire le leggi fisiche che si celavano dietro ogni forma di
avvenimento, facevano, infatti, dellempirismo unidea in grado di imprimere una carica di
profondo rinnovamento allinterno di un paese come quello siciliano, ancora troppo legato ad
una tipologia di tradizionalismo e riottoso nei confronti di ogni apertura progressista.
Anzi, lemergere di questa teoria, di chiara derivazione civica, che nella realt siciliana del XVIII
secolo faceva affiorare tutte le contraddizioni di un sistema politico - economico opposto ai
connotati di rinnovamento culturale europeo, diventava limpulso, da parte di alcuni intellettuali
siciliani, ad indagare sulle strutture esistenti e soprattutto su nuovi progetti in grado di animare il
dibattito siciliano relativamente alla centralit dello sviluppo del sistema agro - economico. Sullo
sfondo di una letteratura politico - economica, che leggeva larretratezza sociale ed economica del
paese non solo come derivante da cause fisiche - territoriali ma anche e soprattutto da quelle
morali - istituzionali, gran parte degli intellettuali ed economisti siciliani, puntavano
sullinnovazione legislativa, vale a dire sulla creazione di organi ed istituti in grado di stimolare
tutta lattivit economica principalmente legata ai prodotti agricoli e manifatturieri.
37
Tra gli autori siciliani pi significativi che in pieno fermento illuministico settecentesco avevano
prospettato lesigenza di istituire organi governativi come le Societ economiche che si
occupassero soltanto dello sviluppo e del rilancio concorrenziale delleconomia siciliana, vi erano:
Vincenzo Emanuele Sergio, Sullantico e il moderno commercio di Sicilia, 1762; Pietro Lanza,
Memoria sulla decadenza dellagricoltura nella Sicilia e il modo di rimediarvi, 1785; Paolo
Balsamo, Corso di agricoltura economico-politico e teorico-pratico e Gaetano La Loggia, Saggio
economico-politico per la facile introduzione delle principali manifatture e ristabilimento delle
antiche nel Regno di Sicilia Le Societ economiche nascevano per volere del nuovo sovrano
Ferdinando II - salito al trono l8 novembre del 1830 - in un periodo, gli anni Trenta
dellOttocento, caratterizzato da una duplice forza che arrivava a lacerare lintera struttura
economico - sociale in due parti: tra un ancora vivo attaccamento agli ultimi residui dellanciem
rgime, ed una invocata modernit in nome dei princpi liberali che tardava ancora ad arrivare e
che riguardava, del resto, lintera area europea e mediterranea
(17).
nascere di una espansione economica che coinvolgeva direttamente diversi settori della nascente
borghesia che entravano inevitabilmente in conflitto con i princpi teorici della cultura economica
dei privilegi fondiari e feudali. Cominciava a farsi sentire, quindi, il peso di nuovi strati sociali,
proprietari terrieri, commercianti, artigiani e liberi professionisti, che giocavano il proprio ruolo
nella gestione della cosa pubblica. Veniva, cos, a delinearsi, nelleconomia, un vasto
programma di progetti e di riforme, leggittimato dalle dottrine deglUsi Civici e dagli strumenti
giuridico economici, volti alla trasformazione in senso liberale delle istituzioni governative ed al
rinnovamento di tutto lapparato periferico burocratico amministrativo. Le Societ economiche
siciliane, risultavano essere lesito di una duplice svolta. Erano il punto di arrivo di tutto il
riformismo agrario borbonico, nato nel periodo illuministico e nei primi anni dellOttocento con
la Costituzione del 1812 e con il protettorato inglese, che riguardava leversione dellasse
demaniale, municipale ed ecclesiastico, e di un riformismo successivo, riguardante invece la
problematica della trasformazione dei feudi in terre regolate dagli usi civici, che aprivano, fin dai
primi anni del XIX secolo, nuove questioni di progresso economico e sociale. Ma tali proggetti
erano anche un nuovo punto di avvio, legato alloperato di Ferdinando II ed al suo sforzo di
provvedere, con ogni tipo di intervento politico ed economico, per sollevare definitivamente le
condizioni generali. Infatti, la destituzione, da parte del nuovo re, del Luogotenente generale in
Sicilia Marchese Ugo delle Favare, per assumere alla stessa carica il principe Leopoldo di Borbone
Conte di Siracusa, significava per la Sicilia, un radicale cambiamento, soprattutto sul piano
economico. Ufficialmente nate sotto la direzione del Luogotenente generale della Sicilia Leopoldo
conte di Siracusa e del Ministro segretario di Stato degli Affari interni Antonio Mastropaolo, le
Societ economiche di Messina e Catania irrompevano nella realt isolana con tutto il loro peso,
38
formato dalla novit scientifica che si proponevano di diffondere legata con la tradizione culturale
ed economica europea. Al momento della loro istituzione, infatti, i proggetti si ponevano in linea
con le gi esistenti Societades de Amigos del Pais spagnole, le Socits Royales dAgricolture
francesi e le Societes for the Encouragement of Arts, di origine irlandese ed inglese, inaugurando,
quindi, una nuova linea di intervento politico - economico, che si intrecciava, da questo
momento, con il cambiamento intervenuto allinterno della societ civile
(18).
E, infatti, a partire
la periferia, risulta essere lelemento fondamentale che le caratterizza fin dal loro nascere e che le
guida in maniera costante per tutta la loro attivit. Le Societ economiche, infatti, che erano
presenti in tutte le province siciliane, avevano, come loro compito fondamentale, quello di
indagare laspetto locale - circoscritto alla provincia di appartenenza della Societ - della coltura
agraria e delle condizioni delle manifatture, per poi integrarlo con una visione descrittiva generale
dellisola, che era il prodotto della somma di tutte le indagini statistiche apportate dai vari
progetti. Quindi, se il loro operato si poneva solo allinterno di una determinata circoscrizione, la
loro visione e tutta la conseguente attivit, non significavano una chiusura campanilistica,
completamente sganciata da ogni visione universalistica, piuttosto, si trasformava nella concreta e
capillare creazione di reti e di strutture autogestite che rivendicavano, di volta in volta, richieste
e provvedimenti economici particolari e differenti di quanto invece potesse avvenire nelle altre
province. Ed era proprio questo aspetto che faceva instaurare, allinterno delle Societ
economiche, quel rapporto di scambi e di ruoli tra il Governo centrale, che vigilava sulloperato
dei progetti, e i loro membri, che diventavano i delegati ufficiali di ogni forma di istanza legata al
ridimensionamento dei vari ceti sociali e dei rapporti economici siciliani (19). Durante gli anni della
loro attivit le Societ di Catania e Messina avevano subito vari ridimensionamenti e forme di
inoperativismo, che andavano a toccare la gi consistente debolezza delle loro funzioni di tramite
e di collegamento fra lazione governativa borbonica ed il tessuto socio - civile. Uneffettiva
influenza di tali istituzioni sulle misure di politica economica statale - borbonica, infatti, era stata
realizzata soltanto in parte; lasciando, piuttosto, alla libera iniziativa dei proprietari terrieri e dei
manifattori siciliani laccettazione di proposte sulle tecniche colturali, sullistruzione agronomica e
sulla incentivazione capitalistica a livelli competitivi. Nonostante tutto, per, la visione
paternalistica, cosi come saranno considerati dalla storiografia ufficiale i rapporti socio economici, la politica premialistica per promuovere studi e metodi colturali, lallargamento della
produzione agricola ed i dibattiti su un graduale sviluppo manifatturiero, rappresentavano gli
elementi portanti dellunica soluzione possibile per attivare quel processo di diffusione di idee
economiche pi moderne e di abbattimento di barriere economico - culturali riottose volute dai
ceti privilegiati, verso ogni forma di novit importata dallestero, come di ogni radice della
millenaria cultura mediterranea. A conclusione dellintero percorso, si pu affermare che questo
proggetto incise solo parzialmente sullintera realt economica e sociale della Sicilia pre - unitaria,
ma rappresenta, in ogni modo, per la potenzialit isolana dellepoca, lultima occasione per
promuovere dialoghi e saperi volti a cambiare, ridando splendore o per lo meno tentare di farlo, il
volto del paesaggio meridionale con una Sicilia al centro del Mediterraneo.
40
(20).
La Masa, a sbarcare il 3 gennaio a Palermo, dove, era stato loro detto, si era costituito un
comitato rivoluzionario. Questo comitato in realt non esiste, ma vi trovano invece gli altri
massoni Rosolino Pilo e Francesco Bagnasco, che al loro arrivo mobilitano tutti i loro seguaci per
iniziare una rivolta. La Masa, per poter avere lappoggio delle popolazioni, convince il principe
Ruggero Settimo a porsi a capo della rivolta per lindipendenza della Sicilia. Le titubanze del
principe sono presto superate quando lord Minto, con la flotta inglese nella rada del porto di
Palermo, gli assicura il suo appoggio. I rivoltosi, poi, certi che il comandante borbonico, De
Majo, non avrebbe opposto che una simbolica resistenza, insorgono il 12 gennaio a Palermo,
concentrandosi alla Fieravecchia. La gente si chiude nelle case, le botteghe serrano le porte. Le
truppe, poich vi erano stati atroci episodi di violenza e di saccheggi, si rinchiudono invece nel
forte di Castellammare e da l bombardano i rivoltosi. Il 15 gennaio arriva la flotta duosiciliana
comandata dal generale De Sauget con circa 5.000 uomini, che si accampano fuori della citt ai
Quattro Venti. Nel frattempo, la setta fa affluire in Palermo rivoltosi da tutta la Sicilia. Il giorno
24 sono assaltati e saccheggiati i conventi di Santa Elisabetta, il monastero dei Sette Angeli,
lArcivescovado e la caserma di S. Giacomo. Nello stesso giorno il De Majo abbandona la
Fortezza di Castellammare e si imbarca per Napoli, vista anche linazione del de Sauget.
Appena sgombrata la citt dalle truppe, i rivoltosi si scatenano con furia penetrando nella Reggia.
Sono asportate le suppellettili, le masserizie, i mobili e le argenterie. Sono liberati dalle carceri tutti
i delinquenti comuni che sono aggregati alle bande degli insorti. Successivamente vi sono
saccheggi e violenze indiscriminate in tutta la citt. Lincomprensibile comportamento del De
Sauget, che addirittura il 31 gennaio si ritira, senza aver mai tentato di riportare lordine, d via
libera ai sovversivi, che riforniti di armi e munizioni dagli Inglesi, armano gli avventurieri.
Vista la piega degli avvenimenti, Ruggero Settimo dichiara la Sicilia indipendente, convocando la
riunione del Parlamento siciliano. Nel frattempo avvengono numerosi assassini, saccheggi e atroci
41
violenze e vendette di ogni genere. La Sicilia cos resta abbandonata nelle mani degli insorti, ad
eccezione della cittadella di Messina. Avviene che, a seguito di questi avvenimenti, si
affermeranno, quasi come una istituzione, i cosiddetti uomini donore del movimento anti
francese, i quali nella massoneria trovarono il punto dincontro totale, ed ideale.
A Napoli, intanto, le prime notizie sugli avvenimenti di Sicilia incoraggiano i carbonari a nuove
azioni dimostrative. Nel Cilento il 18 gennaio sono assassinati alcuni noti personaggi fedeli allo
Stato e si compiono numerosi saccheggi. I moti, compiuti da poche persone, sono per
rapidamente sedati dalle truppe del colonnello Lahalle. Ferdinando II, continuando la sua opera
riformatrice del Regno delle due Sicilie e di epurazione della legislazione francese e sorprendendo
tutti gli altri Stati della penisola, annuncia il 29 gennaio la concessione della Costituzione.
La Costituzione, la prima in Italia, viene pubblicata l11 febbraio.
Viene formato un nuovo governo con il barone Carlo Poerio e lavvocato Francesco Bozzelli.
Il convento annesso alla chiesa di Monteoliveto viene destinato a sede del futuro Parlamento.
Viene istituita anche la Guardia Nazionale, formata da elementi carbonari, i cui primi 4
battaglioni sono passati in rassegna dallo stesso Re il 19 febbraio.
Il 24 febbraio Ferdinando II nel recarsi a piedi nella Chiesa di S. Francesco di Paola, che di
fronte alla Reggia, per giurare solennemente sulla Costituzione, alla vista di un giovane, Michele
De Chiara, che aveva la coccarda tricolore, gli dice: Levati codesta coccarda, non sono colori napoletani.
La concessione della costituzione scatena la nascita di numerose testate giornalistiche (circa 130
fino al 1849), moltissime di propriet della massoneria, che propagandano idee sullindipendenza
italiana. Gli scritti erano di Silvio Spaventa, Alessandro Poerio, Trevisani, Capuano ed altri.
In realt non affatto una rivoluzione unitaria, come poi si cercher di far credere.
In Sicilia, infatti, lindipendenza dellisola rimaneva lobiettivo prioritario, come si evince
dallarticolo 2 del Titolo I dello Statuto Costituzionale del Regno di Sicilia approvato dal
parlamento siciliano: LA SICILIA SAR SEMPRE STATO INDIPENDENTE ed ancora:
II re dei Siciliani non potr governare su verun altro paese. Ci avvenendo, sar decaduto ipso facto. La sola
accettazione di un altro principato o governo lo far anche incorrere ipso facto nella decadenza.
Gli avvenimenti di Napoli incoraggiano i sovversivi a scatenare altre sommosse nel resto dItalia
ed in tutta lEuropa. In Francia, il Re Luigi Filippo dOrleans, che tentava di ripristinare una
politica di assolutismo per liberarsi del potere massonico di cui era in pratica prigioniero,
accusato di tradimento. Per questo la setta provoca il 24 febbraio una violenta rivolta che
costringe il Re a rifugiarsi in Inghilterra. Viene proclamata la Seconda Repubblica con un
governo provvisorio che approva il suffragio universale, per su base censitaria.
Anche in Germania, il 2 marzo, negli Stati di Renania, Baden e Slesia, si hanno delle sommosse da
parte della borghesia, che chiede di formare Stati repubblicani. Si nominano dei governi liberali e
42
una Assemblea si riunisce ad Heidelberg il 5 marzo per creare un nuovo parlamento unitario.
In Piemonte Carlo Alberto, con riluttanza e dopo molte esitazioni, costretto il 4 marzo 1848 a
concedere anche lui la costituzione, da lui chiamata Statuto, sembrandogli la parola
costituzione troppo spropositata. Viene concessa anche la libert di stampa, ma vietatotutto
ci che pu offendere la religione, la morale, lordine pubblico, il re .... Nello stesso mese di marzo le
costituzioni sono concesse anche in Toscana e nello Stato Pontificio.
E il periodo di massima e decisiva esplosione ed affermazione del progetto di Ferdinando e
deglilluminati di tutta Europa, il punto di non ritorno di una secolare strategia complessa ed
articolata, ma che non potr mai arrestare le mire espansionistiche sul Mediterraneo sia degli
inglesi come francesi.
Mentre i carbonari facevano espellere i Gesuiti, lord Palmerston, capo del governo inglese,
suggerisce al governo duosiciliano di riconoscere lindipendenza della Sicilia e nello stesso tempo
esalta la liberazione dItalia dagli stranieri. Insomma lInghilterra vuole unire lItalia e separare il
Regno, per appropriarsi della Sicilia. Lisola, infatti, dopo loccupazione francese dellAlgeria,
diventata per gli Inglesi molto interessante. In Sicilia, intanto, poich le finanze sono in completa
bancarotta, vengono imposte numerose nuove tasse.
In Austria i massoni il 13 marzo approfittano per promuovere una grave insurrezione a Vienna,
causando numerosi morti. Limperatore Ferdinando I, dopo aver convocato gli Stati Generali,
costretto anchegli a concedere la Costituzione. Il primo ministro Metternich costretto a fuggire
in Inghilterra. La setta, tuttavia, continua nei suoi intrighi fomentando disordini in Boemia, in
Ungheria e nel Lombardo-Veneto.
Anche a Berlino nei giorni 14 - 18 marzo si ha uninsurrezione che provoca 230 morti.
Guglielmo
IV
forma
un
governo
liberale
promette
la
Costituzione.
I fatti di Vienna e Berlino hanno immediate ripercussioni in Italia. Il 17 marzo, a Venezia, sono
inscenate delle sommosse. Daniele Manin e Nicol Tommaseo, in prigione dal gennaio dello
stesso anno, sono liberati. Viene costituito un governo provvisorio presieduto dallo stesso Manin.
A Milano, giunta la notizia dellinsurrezione di Vienna, si verifica lepisodio delle Cinque
Giornate, che dura dal 18 al 22 marzo. Gli Austriaci sono costretti a ritirarsi nella Cittadella e sui
bastioni. Il giorno 20 Carlo Cattaneo a capo di un governo provvisorio respinge una proposta
darmistizio e il 22 gli insorti, guidati da Luciano Manara, conquistano Porta Tosa, oggi Porta
Vittoria, mentre a Venezia, lo stesso 22 marzo Daniele Manin proclama la Repubblica di San
Marco.
In Ungheria il 23 marzo scoppia un movimento a carattere indipendentistico, guidato da Lajos
Kossuth. Contro il centralismo di Vienna insorgono pure la Boemia e gli Slavi della Croazia. Tutti
questi avvenimenti costringono le truppe austriache a ritirarsi verso il quadrilatero, sistema
43
difensivo
costituito
dalle
citt
di
Mantova,
Peschiera,
Verona
Legnago.
Nel frattempo, il Garibaldi, chiamato dal Mazzini, il 15 marzo partiva da Montevideo, con 150
uomini sulla nave Speranza. Carlo Alberto, eccitato dalla setta, tra cui primeggiava Camillo Benso
di Cavour, dichiara il 23 marzo la guerra allAustria. Solo il giorno 26, per, i primi reparti
piemontesi raggiungono Milano, mentre il re entra in Pavia il 29. La lentezza dei primi movimenti
favorisce cos la composta ritirata del Radetzky.
I massoni, appoggiati dai governi liberali, che essi erano riusciti a insediare negli altri Stati italiani,
fanno inviare dei corpi di spedizione contro lAustria. A Roma il 27 marzo giunge da Torino il
conte Rignon per chiedere al Papa un appoggio materiale e morale per la guerra.
Pio IX invia le truppe pontificie sotto il comando del generale Durando e di dAzeglio, ma con
lordine di fermarsi sul Po e solo per scopo difensivo. Anche Leopoldo II di Toscana invia
contingenti agli ordini di De Laugier e di Giuseppe Montanelli.
Il 31 marzo in Germania Guglielmo IV riunisce il Parlamento a Francoforte per eleggere
unAssemblea Costituente.
Il Rignon si reca anche a Napoli, dove i liberali gi erano allopera per arruolare volontari.
Ferdinando II, tuttavia, aveva gi deciso che cosa fare. Egli, infatti, si era reso conto che il
movimento, non avendo lappoggio del popolo, si sarebbe esaurito da solo nelle gravi agitazioni
che esso stesso provocava. Concluse che lunico modo per estinguerlo, era quello di accelerarne
gli effetti. Dichiara cos inaspettatamente il 7 aprile guerra allAustria, inviando 16.000 uomini al
comando del generale Guglielmo Pepe, che il 4 maggio parte, anche lui con lordine di attestarsi
sul Po. Laccordo , tuttavia, di breve durata in quanto sia Pio IX che Leopoldo II, resisi conto
delle mire del Savoia di turno, cui interessava solo ingrandire i propri possedimenti, ritirano le
truppe il 29 aprile. In Austria, intanto, viene proclamata il 25 aprile una nuova Costituzione.
Alla fine di aprile nella parte continentale del regno sono indette le elezioni che vedono scarsa
partecipazione popolare. I liberali, usciti vincitori delle elezioni, pretendono che la costituzione
promulgata il 10 febbraio venga modificata, limitando ulteriormente i poteri della corona e le sue
facolt di controllo sullattivit politica interna. Ferdinando II per si mostra giustamente
inflessibile sulla scelta costituzionale, dichiarando di non poter venire meno al giuramento di
fedelt da lui gi solennemente pronunciato il 24 febbraio. I carbonari inscenano una minacciosa
dimostrazione, chiedendo che lordine pubblico sia affidato alla Guardia Nazionale e che met
dellesercito sia inviato in Lombardia contro gli Austriaci.
Nel frattempo nel Ducato di Parma le sette massoniche, costretto alla fuga il Duca Carlo II,
avevano costituito un governo provvisorio e avevano organizzato una farsa di elezioni che
decretava l'annessione al regno sardo - piemontese. Il popolo duosiciliano, tuttavia, incomincia a
manifestare in varie occasioni contro questi mutamenti di regime. Il malcontento popolare,
44
infatti, scoppia con episodi di particolare gravit in rapida successione in Sicilia, nelle Puglie, nelle
Calabrie e negli Abruzzi. Significativo quello di Pratola Peligna, negli Abruzzi, dove tra il 7 e l8
maggio tutta la popolazione si solleva contro la Guardia Nazionale al grido di Viva il Re! Abbasso
la costituzione!. Sono bruciate la Casa Comunale e le case dei maggiori esponenti liberali, sono
uccisi lIntendente dell'Aquila e il cancelliere Fiore. In Germania, mentre le sommosse
continuano, si riunisce il 10 maggio lAssemblea Costituente formata da membri della piccola
borghesia. Tale assemblea viene contestata violentemente dai comunisti, s che lesercito deve
intervenire per difenderla. Guglielmo IV concede una Costituzione autoritaria basata sul censo.
Il 15 maggio a Vienna si ha una seconda insurrezione con la richiesta di altre riforme sulla libert
dei contadini e sul suffragio universale. Lo stesso 15 maggio, a Napoli, mentre Re e deputati
espressione di un parlamento in mano ai privilegiati, stanno cercando un compromesso, i
dimostranti, che avevano costruito anche barricate, aprono provocatoriamente il fuoco contro
alcuni ufficiali svizzeri. Divampa quasi una battaglia che in mezza giornata fa pi di duecento
vittime. A questi episodi il popolo non partecipa, anzi manifesta con molta evidenza il suo
attaccamento al governo di Ferdinando. Nelle altre regioni vi sono anche alcune manifestazioni,
attivate dai soliti sovversivi, che lo stesso popolo reprime. Per questi motivi Ferdinando II,
avendo compreso che non erano le riforme che in realt volevano i carbonari, ma solo creare
disordini per destabilizzare lo Stato, decide personalmente la formazione del governo e, senza
abrogare la costituzione, scioglie la Guardia Nazionale. Si rompe lintesa tra Ferdinando ed i
Carbonari, un fatto che far propendere gli eventi deglanni a venire pi verso la formazione di
un Italia unita che una Lega Italiana. In Germania i liberali aprono la via dellunificazione
nazionale, con unAssemblea Costituente Tedesca, che si riunisce a Francoforte il 18 maggio.
Le truppe piemontesi, che avevano adottato una nuova bandiera con i colori verde, bianco e
rosso, colori che identificavano la massoneria dellEmilia, il 30 maggio 1848 hanno un primo
successo a Goito contro gli Austriaci, grazie alla resistenza delle truppe duosiciliane e di alcuni
volontari toscani che avevano fermato a Curtatone e a Montanara il nemico. Il 29 maggio, infatti,
ventimila Austriaci, appoggiati dal fuoco di cinquantadue pezzi di artiglieria, si erano scontrati
contro cinquemilaquattrocento tosco - napolitani. I soldati delle Due Sicilie erano costituiti da
1.516 combattenti del 10 Reggimento di fanteria di linea Abruzzi e da un battaglione di
volontari. Malgrado la forte inferiorit numerica, le truppe duosiciliane si battono con
grandissima animosit. A Montanara gli Austriaci avevano occupato il cimitero, dove avevano
posto quattro cannoni in batteria che sparava a mitraglia con alzo zero. I Duosiciliani
contrattaccano alla baionetta numerose volte per la conquista della posizione. Sono guidati dal
maggiore Spedicati, comandante del II/10, e dopo che questi viene ferito, dal capitano Catalano.
Cadono 183 uomini, tra i quali 5 ufficiali e un portastendardo (ma la bandiera del battaglione
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salva). Da ricordare che anche le truppe toscane avevano mutato la bandiera del Granducato con
un tricolore nel cui centro era sovrapposto lo stemma granducale. Il successivo giorno 30 i soldati
Duosiciliani combattono da protagonisti anche a Goito. Il colonnello Rodriguez, comandante del
10 Abruzzi, riceve lordine di tenere la posizione ad ogni costo ed cos che, arginando
valorosamente lavanzata austriaca, consente la vittoria dei Piemontesi. Gli Austriaci sono
costretti a ritirarsi verso il quadrilatero, fatto che consente ai liberali lannessione di Milano ai
Savoia e, a Venezia, la proclamazione della repubblica. Numerose sono le decorazioni e le
onorificenze concesse ai Duosiciliani, ma sullobelisco, eretto nei luoghi della battaglia, vi sono
solo i nomi dei toscani. In questi giorni il Savoia approfitta subito per annettere Milano, Parma e
Modena al Piemonte, cui si aggiunge il 4 giugno, il Veneto. Solo Venezia resiste alle sue mire con
un governo indipendente e continua a combattere contro gli Austriaci. Ferdinando II, resosi
definitivamente conto dei veri propositi savoiardi ed anche delle vere motivazioni che li
favorivano, richiama in Patria il suo corpo di spedizione, anche per ragioni di ordine pubblico. In
Calabria, infatti, la massoneria aveva fomentato alcune sommosse, approfittando del fatto che
lesercito duosiciliano era impegnato in Lombardia. In Francia, nel frattempo, il ministro della
guerra Louis Cavaignac assume i pieni poteri e, per reprimere le rivolte, compie delle vere e
proprie stragi uccidendo circa 10.000 rivoltosi e incarcerando circa 13.000 persone.
Altre insurrezioni con richieste di autonomia si hanno il 17 giugno a Praga, ma vengono sedate a
cannonate dallesercito austriaco. Lesercito austriaco marcia successivamente contro i rivoltosi
ungheresi incontrando per una forte resistenza. In giugno, in esecuzione dellordine del Re
Ferdinando, tutte le truppe duosiciliane rientrano a Napoli. Nel frattempo il Garibaldi, sbarcato il
21 giugno a Nizza con i suoi avventurieri, si reca il 5 luglio a Roverbella, nei pressi di Mantova,
per offrirsi volontario al re Carlo Alberto Respinto, il nizzardo si reca a Milano, dove il governo
provvisorio lombardo, presieduto dal conte massone Casati, lo nomina il 14 luglio generale di
brigata. I Piemontesi, senza laiuto delle truppe duosiciliane, il 25 luglio sono ignominiosamente
sconfitti a Custoza dalle poche truppe austriache e il 9 agosto costretti da Radetzky a un
armistizio, firmato dal capo di stato maggiore Carlo Canera di Salasco. Alle battaglie avevano
tentato di partecipare anche i volontari del Garibaldi, ma il 4 agosto, senza neanche affrontare le
avanguardie austriache incontrate a Merate, i pi incominciano a disertare. Il resto, con Garibaldi,
travestito da contadino, fugge in Svizzera, dove gi si era rifugiato il prudente Mazzini.
Tranne la citt di Venezia, rimasta assediata, tutto il territorio occupato dai savoiardi ritorna
allAustria. A queste vicende non vi stata alcuna partecipazione popolare. Anzi le masse sono
per lo pi favorevoli agli Austriaci, come dimostrano le manifestazioni della maggior parte del
popolo che, al loro ritorno, aveva gridato Viva Radetzky. Il 12 agosto 1848 entrano a Bari
4.000 nostri soldati, comandati dal maresciallo Marcantonio Colonna di Stigliano, per reprimere le
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rivolte
che
erano
state
fomentate
ancora
una
volta
dai
sovversivi
carbonari.
Il 30 agosto un Corpo di spedizione agli ordini del Tenente Generale Carlo Filangieri viene
imbarcato per la Sicilia con lordine di ristabilire in Sicilia il legittimo governo.
La squadra navale composta da circa trenta navi ed comandata dal Brigadiere Pierluigi
Cavalcanti. La flotta si componeva di tre fregate a vela (Regina, Isabella, Amalia), sei a vapore
(Sannita, Roberto il Guiscardo, Ruggero il Normanno, Archimede, Carlo III, Ercole), due corvette a vapore
(Stromboli e Nettuno), sette piroscafi per il trasporto truppe, otto cannoniere e altro naviglio minore
per complessivi 246 cannoni dei vari calibri. Il 1 settembre le navi sono ancorate presso Catona
di Reggio Calabria. Al mattino del 2 la pirofregata Roberto inizia il bombardamento della batteria
delle Moselle, situata poco fuori Messina, mentre quattro compagnie di pionieri lassaltano e la
conquistano. proprio a causa di questo episodio che in seguito i carbonari, per denigrarlo,
diedero a Ferdinando il soprannome di Re bomba. La mattina del giorno 5 sono sbarcati su
una spiaggia a tre miglia da Messina 250 ufficiali e circa 6.500 uomini di truppa. Tra di essi vi il
Reggimento di Real Marina, comandato dal colonnello Giustino Dusmet, il 3 battaglione
cacciatori e tre battaglioni del 3 di linea. Dopo tre giorni di aspri combattimenti Messina viene
liberata dai sovversivi, mentre le navi duosiciliane catturano sedici cannoniere dei ribelli.
Inevitabili qui ci appaiono le parole del procuratore del Regno Angelo Aronne dette al figlio
Lorenzo di idee carbonare: -Se sposi questa causa, verremo in Sicilia e la spaccheremo in quattro parti, le
parole dette assumono tutta la chiarezza che possono esprimere, ed oltre a rappresentare un
esempio di conflitto generazionale tra padre e figlio rappresentano in modo decisivo il conflitto
tra i classici ed i romantici. Un conflitto che ha caratterizzato tutta la storia del risorgimento e le
sue modalit di essere e manifestarsi. Caduta Messina, gli avanzi dei facinorosi infestano le
campagne compiendo numerosi misfatti e violenze sulle popolazioni e sulle loro propriet,
attribuendone la responsabilit alle truppe borboniche. Il giorno 9 liberata anche Milazzo.
Il giorno successivo, 8 navi duosiciliane bloccano il porto di Palermo, mentre la pirofregata
Ruggiero ristabilisce lordine a Lipari. Nel frattempo lesercito avviato verso Palermo.
Lintervento della diplomazia inglese (ammiraglio Parker) e francese (ammiraglio Baudin) ferma,
tuttavia, le forze duosiciliane il giorno 18 con lo scopo di intavolare delle trattative, ma in realt
per far riorganizzare le forze rivoluzionarie. A Firenze Montanelli, non avendo una maggioranza
sicura, scioglie il Consiglio generale e indice le elezioni. Nello stesso tempo fa provocare dai
suoi settari dei tumulti (appoggiato dal Piemonte), che causano la distruzione delle urne e delle
schede, dato che la maggior parte del popolo toscano era favorevole al Granduca.
A Vienna continuano le insurrezioni. Il 6 di ottobre viene occupato il ministero della guerra dove
viene ucciso lo stesso ministro, generale Latour. Il governo austriaco cerca di organizzare un
esercito per reprimere le rivolte in Ungheria, ma i rivoltosi ne impediscono la formazione e
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costringono la Corte austriaca a fuggire a Olmtz. Vienna rimane nelle mani dei rivoluzionari, che
per il 31 ottobre sono sconfitti da un esercito formato da cechi e croati che compiono
fucilazioni sommarie. Il 4 novembre 1848, in Francia, i maggiori esponenti della massoneria si
impossessano del potere e viene promulgata la costituzione repubblicana.
A Roma, falliti i ministeri di T. Mamiani, O. Fabbri e P. Rossi, dopo lassassinio di questo ultimo,
avvenuto il 15 novembre durante una tumultuosa dimostrazione compiuta dai carbonari davanti
al Quirinale, Pio IX si vede costretto a chiamare al potere i democratici G. Galletti e P. Sterbini,
ma dopo luccisione a tradimento, avvenuta nello stesso palazzo del Quirinale, anche del suo
prelato domestico monsignor Palma, al Papa non resta altra scelta che abbandonare il 24
novembre Roma per rifugiarsi a Gaeta, sotto la protezione di Ferdinando II.
Da Gaeta Pio IX destituisce il ministero e proroga il parlamento. Questo, invece, nomina una
giunta governativa, che indice le elezioni per la costituente, riuscite poi favorevoli alla parte
liberale.
Il 2 dicembre in Austria, dopo labdicazione di Ferdinando I, sale al trono il nipote diciottenne
Francesco Giuseppe. In Germania il 5 dicembre Guglielmo IV scioglie dautorit lAssemblea
senza alcuna reazione da parte del popolo. Il 10 dicembre in Francia viene eletto a presidente
della repubblica francese il massone Luigi Napoleone Bonaparte.
La storia ci insegna quali effetti avr su tutta lEuropa questa elezione, primo fra tutti la diffusione
graduale di quei principi di progresso nati dalla rivoluzione francese, legittimati dalle codificazioni
future. Mentre il millenario disegno delle Universitas, dovr cedere il posto alle moderne
codificazioni, dagli Usi Civici alla dogmatica propriet privata, come accadr poco pi tardi
allultimo sovrano del Regno delle due Sicilie che dovr lasciare il Regno; come accadr a
Garibalidi a Teano di dover cedere i plebisciti, avuti dai Siciliani per formare la Lega italiana,
allesercito piemontese e a chi far invece lunit dItalia; e come accadr ai quanti altri e
chiunque dovr cedere ci che gli appartiene.
(22).
dimorante nel territorio della Repubblica, il quale abbia compiuta let di anni venti e siasi fatto descrivere nel
registro civico del suo comune, purch non sia mendicante o vagabondo cittadino della Repubblica cisalpina; di
conseguenza pu dar voto nelle assemblee primarie ed essere chiamato a svolgere le funzioni stabilite
dalla Costituzione. Del pari Eleonora Fonseca Pimentel addita la necessit di arruolare una truppa
civica dove ciascuno sullarmi non perch soldato ma perch cittadino. In questo universo ideologico e
verbale i diritti sono sempre delluomo e i doveri sempre del cittadino, di un buon cittadino che
con le leggi dee formare de costumi e pertanto ha lobbligo di essere buon figlio, buon padre, buon fratello,
buon amico, buon marito
(23).
proprietaria port nel settore fondiario alla scomparsa anche di istituti ancora utili, perch
49
visibili del potere legittimo, ritorna prepotentemente a galla linconsistenza di una categoria
storicamente nata come sinonimo di nazionalit. La patria dei cittadini, appunto.
Due punti vorrei ancora toccare, sia pure di sfuggita. Il primo concerne il ruolo che fra Otto e
Novecento stato svolto da istituti non politici nella difesa dei diritti individuali.
Le Costituzioni e le leggi sono infatti linvolucro di enunciati le cui prescrizioni non sono affatto
automatiche, perch come sosteneva Silvio Spaventa nel celebre discorso del 1880, pronunciato
davanti allAssociazione costituzionale di Bergamo: ... la libert oggi deve cercarsi non tanto nella
costituzione e nelle leggi politiche quanto nellamministrazione e nelle leggi amministrative. Nellamministrazione,
la libert essenzialmente il rispetto del diritto e della giustizia; ci che costituisce quello che i tedeschi chiamano
Rechtstaat, il carattere cio della monarchia moderna, per cui non solo i diritti relativi ai beni privati, ma ogni
diritto e interesse che ciascun cittadino ha nellamministrazione dei beni comuni, siano morali, siano economici, a
ciascuno sicuramente garentito e imparzialmente trattato
(25).
come quella di Georg Jellinek hanno grandemente contribuito, distinguendo i diritti pubblici
soggettivi dagli interessi legittimi, a difendere il cittadino dagli abusi della pubblica
amministrazione e a trasformare in un moderno strumento di giurisdizione il vecchio
contenzioso paleo - liberale. Analogamente, lo sviluppo della stampa e la proliferazione dei
mezzi dinformazione sono riusciti almeno in parte a fugare i timori di quella dittatura
dellopinione pubblica che angosciava John Stuart Mill, come il Toqueville, per i quali la legge
non era sufficiente a garantire la pi preziosa di tutte le libert: la libert del costume e dello stile
di vita. Linclinazione degli uomini, siano essi governanti o semplici a imporre agli altri, come norma di
condotta, le proprie opinioni e tendenze cos energicamente appoggiata da alcuni dei migliori e dei peggiori
sentimenti inerenti allumana natura, che quasi sempre frenata soltanto dalla mancanza di potere; e poich
questultimo non in diminuzione ma in aumento, dobbiamo attenderci che se non si riesce a erigere una solida
barriera di convinzioni morali contro di esso nellattuale situazione del mondo il male si estenda
(26).
Lultima
questione. Con quanto si detto sin qui non si vuole dedurre che lidea di cittadinanza e
propriet, come qualcuno le intende, polverose e claudicanti, siano da relegare nelle soffitte del pensiero
politico e delle tecniche di governo della societ, come vorrebbe quel qualcuno, che della Politica e dei
suoi usi e significati ne fa lo strumento del nulla, dove lunico progetto che il nulla pu darsi il
vuoto. Nientaffatto. Anche se non sono pi lo scrigno di tutte le franchigie, io credo, che esse
vadano piuttosto ricuperate pazientemente in chiave sia utilitaria come solidaristica, e identitaria,
quali nobili strumenti del consorzio umano perch possono porre un freno allindividualismo,
alledonismo, al nuovo feudalesimo economico e finanziario, allinflazione di diritti superflui o
addirittura dannosi perch forieri di nuove disuguaglianze.
51
suo
proclama
(1
dicembre
1860)
Vittorio
Emanuele
assicura
ai
siciliani:
Il governo che io qui vengo ad instaurare sar governo di riparazione e di concordia. Ma nella storia si
scrissero pagine di ulteriori fratture e di sofferenza piuttosto che di riparazione e di concordia. Il
comportamento del Nord nei confronti del sud e dellIsola in particolare fu di conquista e di
dominio. Nacque la sindrome piemontese. La campana della Gancia, del 5 marzo 1861, recita: Ci
doloroso il vederci piemontizzare, il vederci riguardare come pecore conquistate e comprate, quando abbiamo il
convincimento della gloria nostra. Piemontese per i siciliani era tutto ci che non fosse siciliano e
nellaccezione politica, piemontese era tutto ci che era riportabile alla Destra Storica. I
rappresentanti del governo centrale non si dimostrarono certo allaltezza, furono in linea di
massima, dei burocrati, degli esecutori, oggi si chiamerebbero yesman che avevano come fine
ultimo larrivismo. Ma lerrore pi grave fu quello di considerare le popolazioni isolane e
meridionali in genere, inferiori ed immature. I piemontesi si convinsero e pretesero di
governare lIsola con modi illegali, dispotici ed immorali. Il governo di Torino pens anche ad
una dittatura militare, sostenuta dal buon Ricasoli, ma rigettata da Cavour. Questi infatti
temeva di essere screditato di fronte allEuropa per un tale comportamento nei confronti della
popolazione. Anche se non applicata istituzionalmente, la dittatura militare fu in pratica attuata ed
il luogotenente Montezemolo nelle sue circolari ribadiva assai bene questo concetto.
Il 16 dicembre del 1860 scrive infatti al presidente del consiglio dei ministri sullopportunit di
mettere a tacere le persone che potevano disturbare lordine pubblico: Forse un tumulto che desse
occasione di por la mano sopra i capi primari della frazione degli oppositori, avrebbe conseguenze pi favorevoli che
funeste. Si sta in vigilanza ed a qualunque occasione plausibile si presenti non si mancher al debito. Con simili
idee ed esempi i funzionari preposti al governo delle istituzioni non ebbero alcuno scrupolo di
violare e calpestare leggi e diritti. Non solo ma la cosa peggiore e pi illiberale, fu di attribuire alla
classe dirigente locale, impersonata dagli antichi ceti privilegiati di sempre, poteri e privilegi che
mai aveva avuto. Il liberismo di Cavour divenne supporto dellagrarismo conservatore e
reazionario dellisola, la nuova faccia di quel baronaggio. Il risultato di tale politica fu uno
sfruttamento e unoppressione delle classi popolari che mai si era verificato durante lassolutismo
borbonico. Lo stesso Crispi, ed quanto dire, ebbe a dichiarare, alcuni anni dopo, nella
discussione della camera dei deputati del 1875 che la Sicilia sotto i Savoia somigliava ad uno stato
di polizia (27). Unaltra triste pagina fu la reazione del governo di Torino al ritorno di Garibaldi in
52
Sicilia, nel 1862. Garibaldi era sceso con lo scopo di organizzare una spedizione per liberare.
Aveva ragione di sperare nella Sicilia. In suo onore vi furono manifestazioni di massa quasi
deliranti, ma pi che per lui come persona tali manifestazioni erano contro la destra storica.
Torino non si mosse, aspett che Garibaldi e le sue truppe, in massima parte siciliane arrivassero
in Italia. Ad Aspromonte le vittime di quello scontro furono quasi tutte siciliane. Fu proclamato
lo stato dassedio: i paesi, i villaggi furono messi a ferro e a fuoco, migliaia di persone furono
arrestate e fucilate in maniera sommaria (ad Alcamo, Siciliana, Grotte, Racalmuto, Bagheria,
Fantina, Casteltermini). Passarono solo pochi mesi e a questo primo stato di assedio ne segu un
altro, ancora pi duro, questa volta per contrastare il legittimismo borbonico che si esprimeva
attraverso brigantaggio e la mafia e la renitenza alla leva militare obbligatoria. I briganti siciliani e
meridionali, come ultimi paladini del legittimismo borbonico nel Regno delle due Sicilie, furono
soprattutto dei ribelli, portatori individuali di un malessere sociale e politico diffuso, furono
lespressione di una protesta disperata. A loro si unirono i soldati dellesercito borbonico, a questi
si unirono i contadini ed i renitenti alla leva. A peggiorare le cose si aggiunse lincapacit dei
piemontesi di distinguere tra il brigantaggio di poveracci che cera in Sicilia ed il brigantaggio
politico che cera nel sud dItalia. La repressione e le stragi furono dure e feroci in egual misura:
sia che si trattasse di reprimere un combattente contro lo stato, non che se ne possano
condividere tali comportamenti ma si posso capirne i motivi, sia che si trattasse riprendere un
poveraccio sfuggito alla leva. La mafia dallessere un movimento del Regno delle due Sicilie
impegnato nella difesa anti francese che traeva le sue origini neglarchetipi di onorata societ
settecenteschi, o ancora pi antichi che fanno capo ai cosiddetti Beati Paoli, o ancora indietro nel
tempo, che praticavano la violenza e lassassinio a fin di bene per far valere la giustizia, per
difendere il debole dal forte. Trasmut i suoi ideali allontanandosi dai suoi originari scopi, per
acquisire posizioni di privilegio, per farsi strada nella nuova societ. Divent un mezzo di crescita
sociale, economica e politica. Alla mafia si aggregarono i rappresentanti pi spregiudicati
dellagrarismo emergente e i rappresentanti pi rozzi e retrivi della vecchia nobilt. La storia
futura e contemporanea colma di fatti ed eventi che mostrano cosaltro ancora divent. La legge
di polizia fu unesperienza tremenda: chiunque reo o innocente purch sospettato o malvisto dalle
autorit o accusato da qualche delatore veniva ammonito e sottoposto al controllo. Agli
ammoniti veniva negata lacqua ed il sale, come agli scomunicati, venivano licenziati se avevano
un lavoro ma tuttavia avevano lobbligo di presentarsi, ogni settimana al delegato, per dimostrare
di avere un lavoro e di poter sopravvivere. La pressione poliziesca era senza limiti e lo stato
non era capace o non voleva trovare soluzioni. Era logico che il brigantaggio degenerasse in una
disobbedienza ed in una rivolta senza scopo, se non quello personale della sopravvivenza, senza
prospettive politiche e senza speranza, da una parte, oppure scendesse a patti per definire le
53
condizioni di una resa o di un armistizio con lo stato, dallaltra. Da tutto questo nacque la rivolta
di Palermo del 1866 ... il momento pi grave di rottura con lo stato sabaudo, anchessa
conseguenza di una mancanza di prospettiva politica.
Milleottocentosessantuno
Fondando lItalia, non lavorate soltanto per la patria, lavorate per il mondo. LItalia un bisogno della
civilt necessario che lItalia abbia Venezia e Roma, perch, senza Roma e Venezia, non c Italia e, senza
Italia, non c Europa. Sono le parole con le quali lesule Victor Hugo si rivolger da Bruxelles,
quindici giorno dopo la morte di Cavour, alla sezione di Palermo dellAssociazione unitaria
italiana non rappresentano solo il riconoscimento da parte di uno dei pi nobili spiriti europei del
diritto dellItalia alla propria unit politica, ma confermano il significato pi vero e pi profondo
che il raggiungimento di tale unit assumeva agli occhi di quanti avevano assistito al drammatico
svolgersi degli eventi di quegli anni. E non senza una ragione ideale stata la voce di un esule a indicare
limportanza della nuova realt italiana, di un esule che, nella grande diaspora dei profughi dalle proprie patrie,
ha spesso ritrovato molti di quegli Italiani ai quali pi lo facevano vicino comunanza di aspirazioni e ardore di
fede(28). Contatti e contrasti degli esuli tra loro e con gli ambienti che li ospitavano hanno giovato
a chiarire idee e metodi, a indicare strade e prospettive e, soprattutto, a far conoscere agli stranieri
lesistenza di un problema italiano. Che sar, indubbiamente, oggetto di preoccupazioni di
Governi e di polizie e fornir argomento alle discussioni e alle trattative di cancellerie e di
ambasciate, ma acquister un suo amaro, efficace rilievo, soprattutto, per la denunzia che ne
faranno, dopo ogni tormentoso fallimento delle speranze rivoluzionarie, i banditi dalle piccole
patrie, i quali nellesilio si riconosceranno figli, e non importa se spesso discordi, di ununica
patria. Lesilio! Colui, che primo invent questa pena, non avea n madre, n padre, n amico, n amante. Egli
volle vendicarsi sulle altrui teste, e dire agli uomini sui fratelli: siate maledetti dallesilio, comio sono dalla fortuna:
siate orfani: abbiate la morte dellanima; io vi torr la madre, il padre, lamante, la patria, tutto fuorch un soffio
di vita, perch voi possiate ramingare, come Caino, nelluniverso, col chiodo della disperazione del petto. Cos,
inconscio dellimminente destino, Giuseppe Mazzini aveva dipinto, sin dal 30, lesilio. Ma come il
duro tormento di quellesperienza non piegher il pi grande degli esuli italiani je ne respire que
libert, et je nai pas meme celle de ne promener ou de mapprocher dune fenetre pour regarder le lac et les Alpes,
aveva scritto, nel 50, in una tappa svizzera del suo faticoso cammino a Georges Sand, cos altri
attingeranno dalla pena e dalla angoscia lungo patire la certezza di un domani diverso per la Patria e per s.
Esuli passati attraverso il crogiuolo delle rivoluzioni italiane, europee, americane sono molti dei capi delle milizie
regie e volontarie che anno fatto lItalia, e, nelle aule del primo parlamento italiano, ad applaudire ai grandi
discordi di Cavour, che consacrano il nuovo Regno dItalia e Roma come sua capitale, o a tormentarsi per la
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dolorosa asprezza dello scontro dello statista con Garibaldi, sono altri esuli dellItalia di ieri fatti cittadini
dellItalia nuova. Quasi a ribadire la nobilt e la legittimit delle fede per cui avevano dovuto
ripercorrere le vie dellesilio molti dei suoi compagni nellAssemblea Costituente
Romana,
Rodolfo Audinot affermava, nel suo discorso del 25 marzo, che, se non si fosse fatta allora la protesta
contro lo straniero invasoreforse non potremmo sedere oggi qui. Due giorni dopo, Cavour rivendicava a
se stesso il merito di aver sospirato, per dodici anni, sia pure a suo modo, per giungere a procacciare
lindipendenza alla sua patria , lontano corollario di quanto aveva scritto, nel 1833, ad Augusto de la
Rive, di desiderare le plus tot possibile lemancipation de lItalie des barbares qui loppriment. Poteva
vantarsi di quel suo luogo, cospirare chi, il 9 agosto 1860, aveva dichiarato a Costantino Nigra:
sans emplase jaime mieux voir disparaitre ma popularit, perdre ma rputation, mis voir faire lItalie. E in
quel miracolo anno 1861 lItali si fatta. E si fatta per opera di tutti coloro che, sia pure mossi
da ideali diversi, hanno, in diversa misura, collaborato allimpresa. Il decreto del 17 marzo non
riconosce solamente un successo dinastico, ma affida a quello che saera mostrato lunico degno
tra i sovrani italiani la corona che era simbolo della Patria risorta. Poteva il duca de Gramont,
ambasciatore di Napoleone III a Roma, profetare:lunit de lItalie est le plus absurde des reves,
poteva il maledico cronista Viel Castel deporare che la morte di Cavour fosse servita di pretesto al
riconoscimento del Regno dItalia e chiedesi: lunit italiane en sera-t-elle consolide? Je ne le pense pas
Lunit e i contrasti tra i suoi uomini migliori, era destinata a sopravvivere. Al di l e al di sopra di quei
contrasti era la fede nellopera compiuta, intesa come preludio di unaltra fase della vita europea.
Io sono figlio della libert, debbo a lei tutto quello che sono. Se si dovesse velarne la statua, non sarei gi io a
farlo; laffermazione di Cavour alla contessa di Circourt pu essere il proemio di quelle pi
famose del discorso del 27 marzo: noi crediamo che si debba introdurre il sistema della libert in tutte le
parti della societ religiosa e civile Noi siamo pronti a proclamare nellItalia questo gran principio: libera
Chiesa in libero Stato. E, coerente ai principi di tutta una vita, che proprio in quellanno
cominciava a rievocare agli Italiani con la pubblicazione dei suoi scritti, il grande avversario di
Cavou, Mazzini, continuava instancabile nellazione, che gli aveva fatto concepire accanto alla
Giovine Italia la dei re la Santa Alleanza dei popoli e, ancora alla vigilia immediata della morte, gli
far gridare: Vi una santa crociata bandita nel mondo per la giustizia, la libert, la verit contro la
menzogna, la tirannia. Combattete in essa. Simpatizzate con tutti quelli che soffrono e che sanguinano ed essi
simpatizzeranno con voi: aiutate e sarete aiutati. DallItalia allumanit. In questo hanno creduto, per questo
combattuto e sofferto gli uomini che hanno creato lunit italiana.
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Leredit Immateriale
Quando, alla vigilia della sua partenza da Napoli, nei primi giorni del settembre 1860, Francesco
II di Borbone, ultimo sovrano del Regno delle Due Sicilie, disse che, dopo lannessione al
Piemonte, il Nord non avrebbe lasciato ai meridionali neppure gli occhi per piangere fu facile profeta
e 134 anni di storia unitaria stanno l a dargli ragione (29). Qualche cifra pu essere utile a capire
come la previsione del giovane Re sia stata esatta e come la situazione di sottosviluppo e di
emarginazione provocata dalla spoliazione economica seguita allannessione sia ancora ai giorni
nostri un dato caratterizzante per le 34 province italiane corrispondenti al territorio dellantico
Reame del Sud. Se si considera che, a tuttoggi, soltanto meno del 20% dei beni consumati nel
Meridione sono prodotti dai meridionali (ed in Sicilia questa percentuale si dimezza al 10%).
A dare conferma della giustezza delle previsioni fatte da Francesco II, per la verit, sono stati in
molti: politici di ogni tendenza, economisti, pensatori e giornalisti hanno ripetuto per oltre un
secolo quello che lultimo Re delle Due Sicilie aveva anticipato, con sconcertante lucidit, prima
di qualsiasi altro. Il liberale Giustino Fortunato, il 2 settembre 1899, scrisse: Lunit dItalia ha
rappresentato la rovina economica del Mezzogiorno. Ed aggiunse: Il governo italiano stato vigliacco con il
Mezzogiorno. Il Settentrione capitalista e militarista ha fatto i suoi affari, restando al timone dello Stato, grazie
alla degradazione politica del Mezzogiorno. Qualche tempo pi tardi, Francesco Saverio Nitti, anche
lui liberale, nel suo libro Nord e Sud, affermava: Lunit d'Italia non poteva esser fatta, se non con il
sacrificio del Mezzogiorno. Il 3 gennaio 1920 il comunista Antonio Gramsci, in un articolo
pubblicato sul giornale Ordine Nuovo, scriveva: LItalia settentrionale ha soggiogato lItalia
meridionale e le isole, riducendole a colonie di sfruttamento. Un decennio pi tardi, lo stesso Gramsci, nel
libro Alcuni temi della questione meridionale, tornava sullargomento: La miseria del
Mezzogiorno era inspiegabile storicamente per le masse popolari del Nord. Esse non capivano che lunit non era
avvenuta su una base di uguaglianza, ma come egemonia del Nord sul Mezzogiorno nel rapporto territoriale citt campagna. Cio, non capivano che il Nord concretamente era una piovra che si arricchiva alle spese del Sud e che il
suo incremento economico - industriale era in rapporto diretto con limpoverimento delleconomia e dellagricoltura
meridionale. Andrea Finocchiaro Aprile, animatore del movimento separatista siciliano, nel
secondo dopoguerra, confermava: Lindustrialismo del Settentrione ci ha ostacolato e sfruttati in ogni
modo e questa condizione di cose dovr una buova volta cessare. Dello stesso parere il commediografo
Guglielmo Giannini che, in una lettera pubblicata l8 agosto 1945 sul giornale Uomo
Qualunque, scrisse: NellItalia del Nord si prepara la ripresa della stessa musica: una met dellItalia allo
stato coloniale, laltra met moderna, attrezzata e parassitaria. Il 9 giugno dello stesso anno il giornale
romano Il Tempo parl dellesistenza di due Italie: LItalia della banca, della speculazione e
dellindustria protetta e lItalia semicoloniale, della miseria e dellemigrazione. Alberto Consiglio,
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meridionale se avesse potuto conservare il suo ordine, la sua cultura. Quale evoluzione il Reame
del Sud avrebbe potuto avere se la sua storia non fosse stata spezzata dalla conquista militare
piemontese, voluta e sostenuta dalle potenze imperialiste dellepoca, e se il Meridione
continentale ed insulare non fosse stato trasformato in quella che considera senza ombra di
dubbio una colonia, riprendendo ed argomentando in forma stringente il giudizio che, hanno
espresso uomini politici e pensatori delle pi disparate tendenze culturali. Le direttrici di questo
sforzo devono essere necessariamente due: quella economica e quella politica. Anche se
evidente che bisogna considerare i due aspetti in maniera convergente, dal momento che la
proiezione immaginaria nel futuro dellantico stato delle Due Sicilie non pu risultare se non da
una sintesi di economia e politica. Dal punto di vista economico un grande aiuto viene da studi
puntuali, e assai suggestivi come, ad esempio, quelli pubblicati nel 1976 per iniziativa di Angelo
Mangone sotto il titolo: Lindustria del Regno di Napoli 1859 60. Da queste analisi risulta che
lapparato produttivo meridionale, al momento dellannessione, aveva raggiunto un livello di
sviluppo tale che, se non ci fosse stata la traumatica interruzione di quellesperienza, leconomia
del Sud avrebbe potuto avviarsi con buone speranze di successo verso il suo definitivo decollo.
Una verit questa che, per lungo tempo, si cercato di nascondere. Basti pensare che pare per
ordine di Camillo Benso di Cavour, come dopo la partenza di Francesco II dalla capitale del
Regno i registri navali napoletani furono distrutti. Su aspetti come questo, della storia economica
italiana, sono state le storie locali a fornire informazioni pi diffuse ed istruttive di quanto abbia
fatto la saggistica di alto rango. Questa dovrebbe ancora spiegare alla comunit degli storici cosa
facevano circa 20.000 imbarcazioni nel 1861. Nel significativo sviluppo della marineria pre unitaria, il primo posto, con oltre 12.000 imbarcazioni di diverso tonnellaggio, spettava al Regno
delle Due Sicilie che, come si sa, si presentava come la quarta potenza navale dEuropa. Si legge
sui libri che vengono fatti circolare nelle scuole: i commerci languivano. Il De Agostinis, che
poteva osservare le cose con i suoi occhi, di parere contrario. E ci sono ben 12.000
imbarcazioni, per circa 220.000 tonnellate di stazza, a confermare il suo punto di vista. Nelle
storie locali, pubblicate a fiumi in tutto il Meridione, non si legge altro che: attivo centro
commerciale sin dallepoca borbonica. Ma cosa imbarcavano, allora, tutte quelle navi. Il
profumo dei fichi dindia? E evidente, pertanto, che sulla storia del Regno delle Due Sicilie c
stato per lungo tempo il bisogno di creare a posteriori delle giustificazioni per tutto quanto fu
fatto a met del secolo scorso nellintento di privare il Meridione della sua autonomia, per
predarne le risorse e per cancellare, a vantaggio di chi ne volle la conquista militare, il suo
apparato produttivo e le sue significative possibilit di sviluppo. Unopera di contro informazione, pertanto, appare decisamente fondamentale. Non occorre scomodare John Stuart
Mill o il keynes per comprendere come un certo tipo di progresso, soprattutto quello
58
nazionalistico verso cui dopo lunit si affrettava ad andare lItalia, necessiti strutturalmente di un
sud sottosviluppato soprattutto. Teorie economiche che gli illuminati come Ferdinando ed il
congresso degli scienziati, conoscevano bene, e temevano, come bene conoscevano i moniti
toquevilliani dei paradossi, e delle deleterie forme e degnazioni che quel tipo di progresso,
economico, politico e sociale poteva assumere. Teorie che forse non volle comprendere il
Popolo Sovrano.
decisamente. Riferendosi alle istituzioni rappresentative, tiene a precisare nel suo proclama:
Era mio desiderio svilupparle. Quindi, lidea di Francesco II non era solo quella di riprendere il
vecchio discorso costituzionale in modo statico e formale, ma quella di portarlo avanti in maniera
articolata, flessibile e dinamica. Cio, il giovane sovrano pensava, in una fase in cui la possibilit di
un ribaltamento della situazione non poteva ancora essere esclusa in assoluto: si sperava in un
intervento francese presso il Piemonte o nel successo dellinsurrezione popolare nelle province
meridionali e alla necessit di aprire le porte ad unevoluzione politica in sintona con le esigenze
di rappresentativit e di autogoverno del paese. Ai pi arrabbiati reazionari il proclama non piacque,
per la riaffermata fedelt ai principi liberali e costituzionali, ha detto Pier Giusto Jaeger, autore di una
biografia di Francesco II intitolata Lultimo Re di Napoli, scritta 92 anni dopo la sua morte.
Nonostante ci, appare chiaro che il giovane erede della dinastia borbonica sperava di dar vita ad
una sperimentazione politica capace di individuare nuove formule di assetto istituzionale e nuovi
punti di equilibrio fra i differenti interessi presenti allinterno della societ meridionale, per
portare a compimento il progetto dei suoi padri. Ben conscio dellimportanza della tradizione, egli
non la viveva in modo cristallizzato. La considerava come una solida base di partenza per
muoversi in avanti, sulla strada del rinnovamento. Una disposizione non nuova, questa, per i
Borboni delle Due Sicilie: gi 22 anni prima, infatti, suo padre Ferdinando II espresse con
chiarezza la sua intenzione di procedere ad un costante aggiornamento delle istituzioni
costituzionali dintesa con il Parlamento. Se ci non avvenne, come riconobbero anche
personaggi come Luigi Settembrini: la responsabilit fu soltanto da attribuirsi alla miopa culturale,
all'immaturit politica ed anche all'ambiguit della classe dirigente liberale di quel periodo. Una parte di essa
mirava, infatti, alla conquista del potere per salvaguardare privilegi e posizioni sociali contrari agli interessi dei ceti
popolari del Regno che i Borboni intendevano garantire. I gruppi borghesi che diedero vita all'insurrezione del
1848, causa del naufragio del primo esperimento costituzionale, apparvero disposti a tutto pur di conseguire il loro
scopo, anche se il prezzo di ci sarebbe stato, come poi avvenne nel 1860, la svendita del paese al nascente
capitalismo del Nord.
Riforme e progresso
Non ho mancato certo alle mie promesse, tenne a sottolineare Francesco II e, per essere ancora pi
chiaro, al di l di ogni possibile dubbio, aggiunse: Qualunque sia la mia sorte, rester fedele ai miei
popoli e alle istituzioni che ho loro accordate. Riferendosi, poi, alle particolari esigenze del popolo
siciliano, ricord: Mi preparavo a guarentire alla Sicilia istituzioni libere, che consacrassero con un parlamento
separato la sua indipendenza amministrativa ed economica. Una visione moderna ed anticipatrice quella
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che il Re napoletano aveva del futuro: una organizzazione federale delle Due Sicilie, il cui assetto
unitario sarebbe stato garantito in modo flessibile dal ruolo equilibratore della monarchia
borbonica. Il pensiero dellultimo sovrano del Medio Evo non sembrerebbe affatto inadeguato di
fronte le esigenze o le richieste di una contemporanea modernit. Quella delle due Sicilie, se
avesse superato laccerchiamento che port alla conquista piemontese del 1860 - 61, sarebbe stata
certamente una monarchia amministrativa popolare. Francesco Saverio Nitti, che era liberale
unitario e non certo un filo - borbonico, nel suo Nord e Sud scrisse: I Borboni tenevano ad
assicurare la maggiore prosperit possibile al popolo. Nella loro concezione non si preoccupavano di altro se non di
contentare il popolo. Bisogna leggere le istruzioni agli intendenti delle province, ai commissari demaniali, agli agenti
del fisco per sentire che la monarchia cercava di basarsi sullamore della classi popolari. Il Re stesso scriveva agli
intendenti di ascoltare chiunque del popolo. Li ammoniva di non fidarsi delle persone pi potenti: li incitava a
soddisfare con ogni amore i bisogni delle popolazioni. Leggendo quei rapporti, quelle lettere, quelle circolari si
spesso vinti da quel caldo senso di simpatia popolare che traspira da ogni frase. Fra il 1848 ed il 1860 si cerc di
economizzare su tutto, pur di non mettere nuove imposte: si evitavano principalmente le imposte sui consumi
popolari. Il Re dava il buon esempio, riducendo la sua lista civile spontaneamente di oltre il 10%. Fatto questo
non comune nella storia dei principi europei, in regime assoluto o in regime costituzionale.
E sempre il Nitti, nella stessa opera, aggiungeva che: Le masse popolari delle due Sicilie, da Ferdinando
IV in qu, tutte le volte che hanno dovuto scegliere fra la monarchia napoletana e la straniera, tra il Re ed i
liberali, sono sempre state dalla parte del Re: nel 1799, nel 1848 e nel 1860 le classi popolari, anche mal guidate,
sono state per la monarchia e per il Re. Di fronte a questi assertori di un modello di stato in cui vertice
e base popolare si pongono in un equilibrio organico, si potrebbe immaginare uno sviluppo
politico della monarchia borbonica estremamente originale e interessante. Daltro canto, sotto
linfluenza dellilluminismo settecentesco, era stato un Borbone, Ferdinando IV, a concepire ed
attuare, con la colonia della seta di S. Leucio, quella che il giornalista Antonio Ghirelli ha indicato
come
il
primo
modello
di
comunit
socialista
autogestita
della
storia
europea.
Naturalmente, volendo proiettare lesperienza del Regno delle Due Sicilie verso quel futuro che
gli fu negato, sarebbe lecito pensare che la tensione popolare che ha caratterizzato la politica dei
Borboni nel XVIII e nel XIX secolo, anche sotto la spinta degli orientamenti manifestati da
Francesco II, si sarebbe evoluta e trasformata, contribuendo alla creazione di un sistema politico
capace di esprimere a fondo tutta la domanda di autogoverno tipica dei tempi moderni.
Passato, presente e futuro nella visione di Francesco II si intrecciavano profondamente.
Tradizione e progresso appaiono come le due facce di una stessa medaglia per chi analizza
obiettivamente le caratteristiche del Regno delle due Sicilie e le possibili tendenze di una sua
ipotetica evoluzione.
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Tradizione e identit
Rivolgendosi ai meridionali, nel proclama emanato dagli spalti di Gaeta insanguinata dai cannoni
rigati degli invasori piemontesi, lultimo Re disse: Sparisce sotto i colpi dei vostri dominatori lantica
monarchia di Ruggiero e di Carlo III. Egli rivendicava, quindi, alla sua dinastia la rappresentativit di
una storia unitaria multisecolare del Sud continentale ed insulare che risaliva fino allepoca della
prima unificazione normanna. Tradizione, dunque, intesa sopratutto come esaltazione
dellidentit culturale del Meridione: Io sono napolitano, nato tra voi. Non ho respirato altra aria, non
conosco altro suolo che il suolo noto. Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno. I vostri costumi sono i miei, la
vostra lingua la mia lingua, le vostre ambizioni sono le mie ambizioni. Sono erede di una antica dinastia che ha
regnato su queste belle contrade per lunghi anni, ricostituendone l'indipendenza e l'autonomia. Lautonomia del
Sud con il suo bagaglio di interessi sociali e tradizioni popolari, pertanto, avrebbe costituito il
valore supremo che il Regno delle due Sicilie avrebbe teso a salvaguardare nel caso in cui la sua
esperienza politica avesse potuto proseguire: un patrimonio prezioso che legittimo pensare,
sarebbe stato speso con parsimonia anche in relazione ai processi che, negli ultimi decenni, hanno
portato, non senza pesanti contraddizioni e forti ambiguit, alla nascita dellUnione Europea. E
difficile immaginare che uno stato meridionale come quello che emerge dal testamento politico di
Francesco II avrebbe potuto adattarsi ai compromessi di unEuropa a due velocit di sviluppo
economico, cos come hanno fatto i governi unitarii italiani che proprio sulla strategia delle
due velocit hanno costruito le fortune industriali ed economiche del Nord ai danni del Sud
dell'Italia.
La strada dellavvenire
Ed ecco che economia e politica trovano il loro punto di congiunzione: lautonomia meridionale
come presupposto dellautogoverno, della scelta di uno specifico modello di sviluppo che, come
scrisse Francesco II allimperatore francese Napoleone III in una lettera inviatagli da Gaeta alla
fine del dicembre 1860, deve essere conforme tanto agli interessi quanto alle tradizioni dei popoli delle
due Sicilie. Lintuizione del Re era ben fondata. Lo sviluppo deve fare perno sulla realt concreta
del paese, sulle sue risorse, sulle proprie esigenze, sulla cultura e sulle tradizioni locali.
Lo sviluppo deve essere, come si dice oggi, autopropulsivo: aperto alla cooperazione ed alle
relazioni commerciali con lesterno, ma congegnato in modo tale da trovare nella base materiale e
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culturale del paese a cui si riferisce tutti i presupposti necessari al suo libero e naturale dispiegarsi.
In caso contrario, scattano, per usare lespressione cui hanno fatto ricorso i meridionalisti prima
citati, i meccanismi della colonizzazione, fenomeno di cui il Meridione italiano sta pagando lo
scotto ormai da tanto tempo. Detto questo, lecito chiedersi che cosa sarebbe accaduto, allora, se
la spedizione di Garibaldi avesse seguito unaltra sorte e se le truppe piemontesi di invasione
fossero state inchiodate sul confine del Tronto. Come si sarebbe evoluta la situazione economica
del Meridione continentale ed insulare se Francesco II fosse rimasto al suo posto e le regioni del
Sud avessero mantenuto la loro autonoma? Lasciamo che a dare la risposta sia Demetrio De
Stefano, scrittore calabrese, autore de Il risorgimento e la questione meridionale: Se il
Mezzogiorno fosse stato difeso da una barriera doganale, non solo le vecchie industrie non sarebbero perite, ma altre
ne sarebbero sorte, mettendo in moto un meccanismo autonomo di sviluppo che avrebbe assicurato al Mezzogiorno
lassorbimento, parziale in un primo momento, e poi sempre pi esteso, di manodopera espulsa dallagricoltura,
meccanismo tipico delle economie sviluppate.
loro presenza determina quella impossibilit materiale di uso delle risorse meridionali occupando
gli spazi e i territori, impedendo di fatto e di diritto anche la possibile riconversione di queste
risorse destinate a rimanere inutilizzate.
Vi un rimedio per questi mali e per le calamit pi grandi che prevedo, scrisse nel suo ultimo e
appassionato proclama rivolto ai popoli delle Due Sicilie, Francesco II: La concordia, la risoluzione e
la fede nellavvenire. Il passato sia pel futuro lezione salutare.
Una lezione, quella che scaturisce dallesame delle conseguenze derivate dalla soppressione
violenta del Regno delle Due Sicilie, ancora oggi ben vivamente presenti nella vita e
nelleconomia del Sud, su cui tutti i meridionali, senza esclusioni, farebbero assai bene a meditare
profondamente. Non per rievocare il passato in modo fine a se steso, ma per meglio definire le
strategie del futuro.
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A lei ed al suo insegnamento vorrei dedicare degli scritti che ho trovato in una rivista, dellIstituto
per la Storia del Risorgimento Italiano, acquistata da un rigattiere quando iniziavo i miei studi in
Scienze Politiche, seguendo proprio le sue lezioni di Storia Moderna:
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Si conclude qui e cos, con quest ultimo capitolo dedicato alla Fata Morgana il lavoro di questa
tesi sulla Nascente Borghesia Siciliana e di questi Scritti in Memoria della Famiglia Aronne.
Un lavoro di ricerca che non esito a considerarlo un viaggio, un percorso, un cammino lungo i
sentieri della storia e tra i suoi vicoli a volte bui, per riportare alla luce la verit di fatti, di gesta di
chi visse quel tempo. Alla luce di quelle stesse loro istituzioni.
E questa tesi realizzata presso la Facolt di Scienze Politiche dellUniversit di Catania non poteva
che essere il modo pi adeguato per riconoscere e ridare onore alla famiglia Aronne, come pure
alla millenaria cultura delle Genti di Sicilia. Abbiamo visto come la Famiglia Aronne, con il loro
ruolo di mercanti che divengono possidenti e funzionari del Regno delle due Sicilie ed anche
rivoluzionari, rappresentino un esempio di quel nuovo ceto, della nascente borghesia siciliana in
un nuovo ordine di cose, nelle vicende risorgimentali; abbiamo cercato di dare valore storico alla
loro leggenda tramandata, attraverso il ritrovamento deglatti notarili, dei certificati storici e dei
documenti dellAccademia Peloritana e del Gabinetto di lettura di Messina; abbiamo potuto
conoscere il loro ruolo e pensiero nellintricato Regno delle due Sicilie ed abbiamo potuto
comprendere quanto sottile ed evanescente fosse il confine tra i diversi intenti quando erano
accomunati da stessi intendi, come in un gattopardesco e gagliardo romanzo scritto dai fatti e dal
valore, da leggere con le parole del Dumas: Se un tentativo di cospirazione, di rivoluzione, non riesce la
chiamiamo pazzia. Se riesce, ci che chiamavamo pazzia si rivela come saggezza.
I possedimenti di questilluminati oggi sono stravolti dalle forme dal progresso.
Non pi ulivi n vigne, ne porti nelle marine ci parlano di loro, ma lo fanno gli atti notarili che
riportano alla luce la bellezza dei giardini siciliani attraverso una calligrafia composita di altri
tempi, lo fanno gli scritti di Angelo Aronne in onore a Ferdinando, quanto quelli che esortano
alla speranza come alla virt. In quei giardini in cui nel nome della virt uomini giungevano
dogni parte e con fedi diverse, per unirsi nel nome dei nobili principi, quando il progresso su
quelle terre non ha costruito cattedrali del cemento armato, sono oggi giardini secchi e
abbandonati, dove lattraversarli nellimmaginario, nellindefinito o nellimponderabile come
fare rivivere i ruderi al loro antico splendore. Nel casale di Aronne dove si organizz la grande
spedizione, con le eccelse menti del Giuseppe Mazzini allora l a Messina, e del Marotta Garibaldi
amico e compagno darmi di Lorenzo Aronne, offrendo loro la stessa ospitalit con cui si
accoglievano i poveri dogni dove. Negli stessi luoghi dove nel nome di un antica giustizia si
svolgevano i duelli degluomini di fede e di onore, e dove sbarcavano alla marina di Pistunina i
battelli con cui viaggiavano carbonari, liberali e lazzari nellintento di risollevare la millenaria
Sicilia, niente pi di questo traspare, ben coperto dal tempo che passa, come dai grandi edifici che
si costruiscono attorno al piccolo casale divenuto dimora dalle Ancelle Riparatrici, dove la statua
del loro Padre Spirituale e fondatore Mons. re Antonno Celona, che stato consacrato per la
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dote che fece pervenire al convento, fondando il 2 febbraio 1918 la Congregazione delle Ancelle
Riparatrici del SS. Cuore di Ges e di cui si attende la beatificazione, si erge sui luoghi delle
fatiche umane e di quel patrio sangue, sacrificati per i nobili principi. Ma quale Dio permetter
con una santificazione reiterare il danno contro uomini ed eroi?
Della Famiglia Aronne come della millenaria cultura siciliana rimane un enorme eredit morale di
cui oggi come allora la chiave di lettura, tra gli innumerevoli linguaggi del tempo, non pu che
essere la Virt. Ed con il proemio scritto da Angelo Aronne su Il Maurolico, che si vuole
concludere questo lavoro di ricerca, questa tesi, questo cammino, con un preludio di speranza alla
Virt:
MESSINA 10 GIUGNO 1838.
ANNO II. VOLUME 3 - NUM. 1.
IL MAUROLICO
FOGLIO PRIODICO
PROEMIO
Les lettres, et les benux arts clairent
lesprit, adoucissent les muas.
Vattel.
richiamare alle precettive inistituzioni uomini del pi fino giudicio, acciocch con
lo elevato sapere insinuino n giovani petti i di loro imitabili esempli, e li
arricchiscano di quelle virt, che schiudono il varco alla somma delle grandezze. Ed oh ! quanto in questa et nostra, che a buon diritto il bel secolo delle scienze e
delle arti pu appellarsi, per le utili discoperte, per le profonde dottrine, per la
squisita finezza di gusto, ed in fine per la creazione di cose, che in mentre
addimostrano lessenza del genio, larditezza pur anco di un effrenato pensare
fanno tralucere, oh quanto io diceva, in questa et nostra lItalia, ansi lEuropa
tutta, ha amministrato di portentosi esempli. Ed per esse che il vizio si sfugge, ed
il desiderio della virt incide tostamente ogni cuore.
Ma a che stemmi io a vagare in cotali seducenti pensieri, ed in imagini s belle e s
gradite, scrivere dovendo il proemio di un giornale, che prende una alquanto
remota origine, e nacque e visse nutricato alle grazie ed alle delizie di onoratissimi
cultori delle arti belle? A che io ricordare massime e precetti, che a dilungo
infiorato avendo le pagine del Maurolico fecero e fanno la gloria pi bella di chi
scrisse, e richiamano alla memoria il caro nome di Stagno, che ne ebbe
precipuamente in epoca diversa cura e direzione, e che ancor oggi, quantunque di
altre fatiche occupato , a quanto a quando di qualche di lui lavoro ci allegra? Siffatto consiglio io tenni per far conoscere che lo scopo cui miriamo lo stesso d
nostri predecessori segnato; che sono gli stessi i Collaboratori, e che noi altro non
facciamo che lo intermesso periodo ravvivare, se non con la stessa intelligenzia e
valoria, almeno con lo stesso amore e con maggiore solerzia. - E siccome lo
sviluppo della instruzione cresce con la pubblicazione delle opere, e con lo
avvicendamento delle idee, e siccome le scienze e le arti formano la felicit dei
Popoli, cos i pensamenti d sommi e degli amatori delle belle arti sponendo
intendiamo di prestare lopera nostra onde questa speranza felicitante abbia qui
sede fra noi - fra noi cui Natura di rari doni larg - fra noi cui la munificenza del pi
buono fra Principi, dallimo al sonno novellamente risorge.
Possano queste nostre fatiche conseguire quella ricompensa, che determinatamente
ci siamo prefissa. Possano questi nostri desideri, quando non altro, essere accolti
come votive profferte allaltare della Virt.
ANGELO ARONNE
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In Quiete
In Viaggio
Girano i Sufi in tondo nello spazio
Nel tempo
Salgono i verticali i monaci in clausura
Immobili
Viaggiano l'alto il basso senza abbellimenti
Cadono di vertigine...
Cadono di vertigine...
Strisciano verso il ritmo i tarantolati schiacciati dallo spazio senza
tempo
Viaggiano i viandanti viaggiano i perdenti
Viaggiano i perdenti pi adatti ai mutamenti viaggia Sua Santit
Consumano la terra in percorsi obbligati i cani alla catena
Disposti a decollarsi per un passo inerte pi in l
Coprono spazi ottusi gli idoli
Clonano miliziani dai ritmi cadenzati
In sincrono
Viaggiano i viandanti viaggiano i perdenti
Viaggiano i perdenti pi adatti ai mutamenti viaggia Sua Santit
Viaggiano i viandanti viaggiano i perdenti pi adatti ai mutamenti
Viaggia la polvere viaggia il vento viaggia l'acqua sorgente
Viaggiano i viandanti viaggiano i perdenti pi adatti ai mutamenti
viaggia Sua Santit
Viaggiano ansie nuove e sempre nuove crudelt
Cadono di vertigine...
69
Inquieto
Senza volont senza sapere quando
Sar una luna nuova
Una forte nevicata un temporale
L'arresto che consegue il terremoto
Allora un lampo unisce gli occhi e il cuore
Con borbotto di tuono muovono le parole
Torna il tempo ritorna l'energia
Torna la vita torna il mattino vuoto
Vuoto, Vuoto, Vuoto
E donne strette dentro scialli neri
Vennero a reclamare scelte chiare
Stavano i vecchi accovacciati ai muri
Attenti i bimbi attenti i cani
Attenti!
E donne strette dentro scialli neri
Vennero a reclamare scelte chiare
Stavano i vecchi accovacciati ai muri
Attenti i bimbi attenti i cani
Attenti!
Mattino vuoto luminoso pieno
S'avvia verso la sera il pomeriggio
Pomeriggio dolce la notte consola
Consola il mondo che s' infittito
Gremito di presenze rimpicciolito
Gremito di presenze il vuoto pieno
Pieno, Pieno,Pieno
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In basso
In fondo
Gi
La
Mia
Testa
Tagliata
Porge
Uno sguardo
Fisso
Immutabile ormai
Sguardo
Compassionevole
Replay
La mia testa
Tagliata
Replay
Sguardo compassionevole
Sguardo fisso oramai
Replay
Replay
Vuoto
Replay
Vuoto
sistema evocativo esaurito interruzione
Stati di Agitazione
Stati di agitazione stati di agitazione
73
vengono abbattuti
Tra poco arrossa il cielo della sera sospeso tra azzurri spazi gelidi e lande
desolate
Quietami i pensieri e le mani e in questa veglia pacificami il cuore
Cos vanno le cose, cos devono andare
Cos vanno le cose, cos devono andare
S'alzano sotto cieli spenti i canti di chi nato alla terra ora di volont
focose speranze
E da energie costretto e si muove alla danza, danza, danza, danza,
danza, danza, danza
Festa stanotte di misere trib sparse impotenti, di nuclei solitari che
raro di vedere insieme ancora
E s'alzano i canti e si muove la danza
E s'alzano i canti e si muove la danza, danza, danza, danza, danza
Muoiono i preti rinsecchiti e vecchi e muoiono i pastori senza mandrie
Spaventati i guerrieri, persi alla meta i viaggiatori
La saggezza impazzita, non sa l'intelligenza
La ragione nel torto, conscia l'ingenuit
Ma non tacciono i canti e si muove la danza
Quietami i pensieri e il canto e in questa veglia pacificami il cuore
Cos vanno le cose, cos devono andare
Cos vanno le cose, cos devono andare
Chi c' c' e chi non c' non c'
Chi c' c' e chi non c' non c'
Chi stato stato e chi stato non
Chi c' c' e chi non c' non c'
Chi c' c' e chi non c' non c'
80
82
83
Finito di scrivere
Un giorno di luglio del 2005
In Fede
Gaetano La Tella
84
Note Bibliografiche
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3.
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4.
D. VENTIMIGLIA Le Feste secolari di Nostra Donna della Lettera in Messina, stampato a Messina nel 1843 e relativo ai
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5.
6.
7.
8.
9.
10. Causa della divisione della scuola Italica non fu solo la scissione dei suoi adepto nei rami scientifici (matematico) ed esorterido,
ma anche la parte che sosteneva che la lingua della Scuola doveva essere il dorico = arcaico, e quella che voleva invece
lintroduzione dellionico. Di questultima tendenza uno dei principali fautori fu il celebre Empedecle.
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12. Per gentile concessione della Premiata Fonderia Marconi.
13. P. VILLANI, Trasformazioni delle societ rurali nei paesi dellEuropa occidentale e mediterranea: secoli XIX-XX, Napoli,
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16. E. PONTIERI, Il riformismo economico nella Sicilia del Sette e dellOttocento, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1961.
17. R. RENDA, La Sicilia e le leggi agrarie borboniche, in S. Russo (a cura di), I moti del 1837 a Siracusa e la Sicilia degli
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18. L. ENCISO RECIO, Las Societades Econmicas de Amigos del Pas, in AA.VV., Le Societ economiche alla prova della storia
(secoli XVIII-XIX), Atti del convegno internazionale di studi, Rapallo, Azienda grafica Busco, 1996, pag. 49-60.Le Societ
economiche europee sono state ampiamente studiate da una parte molto attenta della storiografia non solo economica in senso
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19. M. AUGELLO E M. E. L. GUIDI, Da dotti a economisti. Associazioni, accademie e affermazione della scienza economica
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22. N. ERITREO, Grammatica repubblicana.
23. Costituzione della Repubblica romana, 1798.
24. Art. 544 Code civil
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29. F. NOCELLA, Quale futuro per le due Sicilie?, Feder - Mediterraneo
30. Per Gentile concessione del Consorzio Suonatori Indipendenti.
31. Per Gentile concessione di Domenico Marino.
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