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Diffamazione a mezzo stampa

GIORNALISTA, DIRETTORE ED EDITORE:


RESPONSABILITA E REGRESSI
Cassazione civile, sez. III, 19 settembre 1995, n.
9892 - Pres. Sciolla Lagrange Pusterla - Rel.
Nicastro - P.M. Di Salvo (parz. conf.) - S.E.P.
(Societ Edizioni e Pubblicazioni s.p.a.) c.
Buscaglia e altri
Il danno non patrimoniale derivante da diffamazione per mezzo della stampa si determina in base al
criterio della gravit del fatto, considerata sia sotto
il profilo oggettivo (gravit dellaccusa mossa) sia
sotto il profilo soggettivo (personalit del soggetto
offeso e incidenza dellaccusa sullo stesso), nonch
in base al criterio della natura e diffusione del mezzo
di informazione.
La responsabilit civile delleditore e del proprietario della pubblicazione per i danni derivanti da
reati commessi con il mezzo della stampa, sancita
dallart. 11 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, autonoma dalla responsabilit del direttore della pubblicazione, e pertanto pu essere affermata anche laddove questultima sia stata esclusa.
Quando il proprietario e/o leditore, da cui la vittima della diffamazione abbia ottenuto lintero risarcimento, esercitano lazione di regresso, fra di loro,
verso il direttore e/o verso lautore dellarticolo incriminato, il giudice deve accertare la gravit delle
rispettive colpe, onde determinare la finale incidenza
del risarcimento su ciascuno dei coobbligati.
... Omissis ...
Motivi della decisione.
1. I ricorsi, principale ed incidentale, devono
essere preliminarmente riuniti, a norma dellart.
335 c.p.c., concernendo la medesima sentenza.
2. Col primo motivo la S.E.P. sostiene che la sentenza incorsa in vizio di ultrapetizione, con violazione dellart. 112 c.p.c. che denuncia con riferimento allart. 360 n. 4 , e con la sua conseguente
nullit per il capo in cui ha giudicato in ordine al
carattere diffamatorio del cd. secondo articolo
e lha condannata al risarcimento del relativo
danno: il danno subito in conseguenza dellarticolo del 25 agosto 1979 (nemmeno prodotto dagli
attori, ma depositato da lei a fini difensivi) sarebbe,
infatti, del tutto estraneo alla domanda, limitata al
risarcimento per la diffamazione derivante dallarticolo pubblicato sul numero del 24 agosto e che
aveva formato oggetto del giudizio penale,
secondo quanto si desume chiaramente dallatto di
citazione, dalle conclusioni degli attori e dai loro
scritti difensivi.
Il motivo fondato.
Come si evince dalla esposizione dello svolgimento del processo, con latto introduttivo del giu-

GIURISPRUDENZA
Legittimit

dizio gli attori hanno richiesto esclusivamente il


risarcimento del danno per le notizie diffamatorie
contenute nellarticolo pubblicato il 24 agosto
1979, per le quali era stata pronunciata condanna
dal giudice penale, e non anche per il successivo
articolo del 25 agosto, nemmeno menzionato. Basta
richiamare quanto viene precisato a pag. 7 dellatto
di citazione interessa ora agli esponenti sentir
determinare e liquidare i danni di cui il signor Pellosio Gino stato condannato al risarcimento. Interessa altres sentir dichiarare che al risarcimento
anche tenuta, in solido, la Societ Edizioni e Pubblicazioni S.E.P. , tenuto conto che il capo di
imputazione e la corrispondente condanna fanno
esclusivo riferimento al primo e non anche al
secondo articolo.
N assume rilievo la genericit delle conclusioni, petitum, che trova la sua concretizzazione e
specificazione attraverso la causa petendi: il danno
derivante dalla diffamazione subita con larticolo
del 24 agosto.
ben vero che nellarticolo successivo si era
discusso tanto in sede penale che negli scritti difensivi delle parti, ma al solo scopo di individuarne
contenuto, natura e scopo di rettifica, ed al fine
dellesclusione o dellattenuazione della responsabilit e del danno e dellazione di manleva proposta
dalla S.E.P. nei confronti del Pellosio. N, infine,
esatto affermare che unico il fatto diffamatorio:
unica , semmai, laccusa, mentre pi sono i fatti,
anche se uniti dal vincolo della continuazione, ai
sensi dellart. 81 comma 2 c.p..
Essendo cos delimitata la domanda, la Corte di
Appello non poteva giudicare in ordine al danno
derivato dal secondo e successivo fatto nel condannare lattuale ricorrente al risarcimento. Il relativo
capo della sentenza col quale la S.E.P. stata
dichiarata unica responsabile del danno cagionato
con la pubblicazione del secondo articolo ed
stata condannata al risarcimento nella misura di
L. 20.000.000, oltre rivalutazione , affetto da
evidente extrapetizione, devessere, pertanto, cassato senza rinvio.
Come rimarr chiarito da quanto si avr modo di
precisare con lesame del ricorso incidentale, non
appare dubbio che il danno, come liquidato nel relativo capo della sentenza, si riferisca esclusivamente
al secondo articolo.
Rimangono assorbiti il secondo motivo di ricorso
con il quale si censura, sotto il profilo della violazione dellart. 2043 c.c., la ritenuta illiceit
dellarticolo pubblicato il 25 agosto 1979, ed il terzo
motivo, col quale si lamenta lassimilazione, ai fini
della liquidazione, delle due fattispecie dannose,
del primo e del secondo articolo.

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3. Infondato , viceversa, il ricorso incidentale


condizionato del Buscaglia e della Franzia (che per
ragioni logiche va immediatamente esaminato), col
quale si denuncia ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. la
violazione o falsa applicazione degli artt. 2043,
2049, 2055, 2056 e 2059 c.c., nonch omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo
della controversia.
Premesso che il Tribunale aveva liquidato il
danno derivato esclusivamente dal primo articolo in
L. 50.000.000, i ricorrenti incidentali sostengono
che la riconosciuta validit dei criteri di liquidazione adottati avrebbe dovuto comportare sia il riferimento della condanna, sia pure nella misura
ridotta a L. 40.000.000 a quel solo articolo. I brevi
accenni al secondo articolo non legittimerebbero la
conclusione che la Corte abbia voluto liquidare il
danno in L. 20.000.000 per ciascuno di essi, con
motivazione del tutto contraddittoria.
indubbio che la liquidazione del danno non
patrimoniale derivante dalla diffamazione per
mezzo della stampa presenta come in casi analoghi non poche difficolt. Questa Corte ha quindi
individuato i parametri di valutazione nella gravit del fatto, sotto il profilo oggettivo (gravit
dellaccusa mossa) e soggettivo (personalit
della persona offesa ed incidenza dellaccusa
sulla stessa) e della natura e diffusione del veicolo
di informazione. Trattasi di criteri generali, valevoli per ogni forma di diffamazione, di tal che il
riconoscimento della loro validit da parte dei
giudici di appello non li pone in contraddizione
allorch hanno inteso ridurre la liquidazione a L.
20.000.000 (rivalutabili) per ciascuno degli articoli esaminati (sia pure con lultrapetizione censurata allinizio). Dalla lettura della sentenza
appare indubbio, peraltro, che la liquidazione
globale della somma di L. 40.000.000 si riferisce
ad entrambi gli articoli, essendo poi specificato
che per ciascuno si inteso liquidare una somma
pari alla met.
La quantificazione del danno, in applicazione
degli indicati criteri, costituisce, del resto, giudizio di merito, incensurabile in questa sede, se
immune da vizi logici e giuridici come nella specie, in cui la Corte di appello ha dato atto specificamente dei fatti e delle circostanze che sostanziano quei criteri generali. Una volta impugnata
la liquidazione di primo grado, nessun limite
incontrava il giudice di appello, se non quello
dellapplicazione di corretti criteri giuridici e di
dar conto, attraverso un proprio esame, della
nuova e diversa liquidazione, superiore od inferiore che fosse.
Sussistono giusti motivi per compensare le
spese tra la S.E.P., il Buscaglia e la Franzia, le cui
istanze trovano in questa sede il definitivo suggello.
4. Fondato , infine, il quarto motivo del ricorso
principale, col quale, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dellart. 2055 e
dellomessa e contraddittoria motivazione si
denuncia il mancato riconoscimento del diritto di
regresso della S.E.P. nei confronti dellautore
dellarticolo.

La Corte di appello avrebbe omesso ogni corretta applicazione di quanto emerso al giudicato
penale, ed in particolare circa le ammissioni del
Pellosio di aver mentito al proprio direttore, costituenti vera confessione giudiziale; la diligenza professionale richiesta al direttore di una pubblicazione non potrebbe essere dilatata, del resto, fino ad
importi obblighi inattuabili, quali lautonomo e
diretto controllo di tutto quanto oggetto di pubblicazione, risalendo alle fonti delle notizie.
noto che la responsabilit solidale del proprietario della pubblicazione e delleditore per i reati
commessi col mezzo della stampa discende specificamente dallart. 11 della l. 8 febbraio 1948, n. 47,
la cui previsione non del tutto inquadrabile
nellambito dellart. 2049 c.c., invocato dai danneggiati. La responsabilit civile del proprietario e
delleditore non discende quindi da quella del direttore, ma una responsabilit propria, che ne prescinde (sintomaticamente la S.E.P. ha dichiarato,
nel giudizio di merito, di non disconoscerla, malgrado lassoluzione del direttore).
Il regime della solidariet non si discosta, tuttavia, dalla regolamentazione generale prevista dal
codice civile per le obbligazioni solidali. Anche nel
suo ambito trova applicazione, quindi, sia lart.
1292 c.c., in forza del quale il proprietario e leditore della pubblicazione sono tenuti, verso il danneggiato, per lintero, sia lart. 2055 comma 2 c.c.,
per il quale, nei rapporti interni con gli altri coobbligati, colui che ha risarcito il danno ha regresso...
nella misura determinata dalla gravit della rispettiva colpa e dallentit delle conseguenze che ne
sono derivate. Il comma 3 della norma in esame
specifica poi che, nel dubbio, le singole colpe si
presumono uguali (cfr., in generale, da ultimo,
Cass. 29 novembre 1994, n. 10201; Cass. 20 gennaio 1995, n. 620).
Allorch il proprietario e/o leditore esercitino
lazione di regresso, tra di loro, col direttore e/o
con lautore dellarticolo incriminato il giudice di
merito tenuto ad accertare la gravit della rispettiva colpa, al fine di determinare la finale incidenza
del risarcimento su ciascuno dei coobbligati,
tenuto conto che come si avuto modo di precisare la responsabilit del proprietario e delleditore prescinde da quella del direttore, nei rapporti
tra costoro e lautore dellarticolo la colpa del
direttore (nella specie esclusa con sentenza passata
in giudicato) assume rilievo non tanto per escludere quella dellautore dellarticolo, cui, in ogni
caso, risale il fatto colposo o doloso, quanto per
stabilire la misura in cui ognuno di essi deve rispettivamente rispondere verso colui che ha effettuato
il risarcimento.
Sgombrato il campo dalla responsabilit per il
secondo articolo, si impone, quindi, una nuova
valutazione, alla luce dei principi delineati e della
sentenza penale, sicch il capo della sentenza relativo ai rapporti S.E.P. Pellosi devessere cassato
con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della
Corte di appello di Genova.

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... Omissis ...


!

IL COMMENTO
di Giovanna Savorani

La fattispecie e le decisioni
La vicenda giudiziaria oggetto della sentenza qui
annotata presenta elementi peculiari, che hanno
condotto i giudici di legittimit ad enunciare con
chiarezza principi di diritto in precedenza solo
frammentariamente affermati.
Un quotidiano a diffusione regionale pubblica un
articolo dal titolo Abusi edilizi ad Albissola:
unantica cantina diventa residence, nel quale il
giornalista enfatizza il fatto che il consorte della
proprietaria riveste la carica di presidente della
locale sezione dellassociazione di tutela dei beni
artistici Italia Nostra. In seguito al discredito e
allimbarazzo generato dallarticolo il presidente si
dimette dalla carica e, congiuntamente alla moglie,
querela il giornalista autore dellarticolo e il direttore responsabile del quotidiano. In sede penale,
accertata la non veridicit dei fatti denunciati, il
giornalista, che aveva assicurato al direttore di aver
eseguito un accurato controllo, ritenuto unico
responsabile del reato di diffamazione a mezzo
stampa. A seguito di sentenza penale definitiva di
condanna, le persone offese dal reato promuovono
azione civile di risarcimento del danno sia nei confronti del giornalista, reo della diffamazione, sia,
invocando la tutela ex art. 2049 c.c., verso leditore.
In primo grado i convenuti vengono condannati in
solido al pagamento di lire 50.000.000 a titolo di
risarcimento del danno; in secondo grado la Corte
dappello, sulla base delle allegazioni prodotte
dalleditore, ricorrente principale, individua due
distinte lesioni: la prima derivante dallarticolo firmato dal giornalista e la seconda generata da un successivo articolo redazionale nel quale, nonostante
lapparente forma di rettifica, si ravvisa il persistere
nella diffusione delle medesime notizie false.
In relazione a ciascuna fattispecie la Corte dappello individua i soggetti civilmente responsabili e
quantifica il risarcimento del danno. Riguardo
allarticolo firmato dal giornalista conferma la condanna in solido a carico del giornalista e delleditore
e liquida il danno in lire 20.000.000, diminuendo
cos limporto in precedenza riconosciuto dal Tribunale; separatamente valuta la lesione prodotta dal
secondo articolo redazionale, di cui attribuisce la
responsabilit esclusivamente alleditore e quantifica il relativo risarcimento in lire 20.000.000.
Questultima parte della pronunzia viene cassata
dalla Suprema Corte per vizio di ultrapetizione, in
quanto espressa in relazione a fatti allegati non dalla
parte lesa, ma da uno dei responsabili (leditore)
come prova difensiva dellavvenuta rettifica.
La Corte dappello infine, nel respingere la richiesta di manleva avanzata dalleditore nei confronti del
giornalista, afferma che la responsabilit delleditore
va collegata non solo allomesso controllo della
prima notizia, ma anche al suo persistere in occasione del secondo articolo, come se in capo alleditore esistesse un obbligo di controllo della notizia.

La pronuncia di legittimit qui commentata si


segnala per lesame dei principi di diritto che regolano, in tema di danno prodotto da diffamazione a
mezzo stampa, la responsabilit solidale di una pluralit di soggetti e la distribuzione dellincidenza
finale del risarcimento accordato nei rapporti interni
fra coobbligati. Nel caso di specie lesame dei rapporto fra coobbligati assume particolare rilievo per la
concomitanza di due fatti inusuali: lassoluzione in
sede penale del direttore responsabile (sulla cui correttezza sostanziale in sede civile i giudici di appello
avanzano dubbi, ma alla quale affermano di essere
vincolati per effetto del giudicato penale), e la richiesta delleditore di traslare lintegrale incidenza del
risarcimento sul giornalista, nei cui confronti era evidentemente cessato linteresse a proseguire il rapporto di collaborazione.

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I soggetti civilmente obbligati


verso la vittima della diffamazione
a) Illecito civile e fattispecie penalmente rilevante
Nel nostro ordinamento vige a carico di chi esercita attivit informativa un doppio regime di
responsabilit: luno, fondato sul dolo, comporta
sia la sanzione penale sia il risarcimento del danno
patrimoniale e non patrimoniale; laltro, fondato
sulla colpa, obbliga esclusivamente al risarcimento
del danno patrimoniale.
La dottrina (1) ha rilevato che sotto il profilo civilistico lambito di protezione accordato alla reputazione pi esteso rispetto al campo penalistico e
trova fondamento nella normativa costituzionale, in
particolare sia nellart. 2, che riconosce e garantisce
i diritti inviolabili delluomo, tra i quali ovviamente
rientra la reputazione dellindividuo, sia, secondo
alcuni autori, anche nellart. 3, laddove viene riconosciuta la pari dignit di tutti i cittadini (2).
Cos la reputazione in campo civilistico, mancando una norma che espressamente contempli tale
diritto e preveda le conseguenze della sua lesione,
risulta protetta, ai sensi dellart. 2043 c.c., da ogni
danno ingiusto, a prescindere dalle forme e dalle
modalit con cui la lesione sia stata prodotta.
La tutela penale, invece, circoscritta alla sola fattispecie codificata, caratterizzata dalla necessit
della comunicazione a terzi di addebiti o epiteti
lesivi. Pertanto pu non esservi coincidenza fra illecito civile e reato di diffamazione a mezzo stampa:
mentre il reato, a norma dellart. 185 c.p., sempre
fonte di responsabilit civile, lillecito civile non
sempre corrisponde, neppure in astratto, alla fattispecie penale. La distinzione fra illecito penale e illecito civile di diffamazione espressa con chiarezza in
Note:
(1) Zeno Zencovich, Onore e reputazione nel sistema del
diritto civile, Napoli, 1985, 60-69.
(2) In tal senso v. De Cupis, I diritti della personalit, in Trattato
Cicu Messineo Mengoni, Milano, 1982, 256.
!

una pronuncia della Cassazione penale del 1980 (3), in


cui si afferma che lesclusione dellantigiuridicit
penale non comporta necessariamente il venir meno
della colpa civile, che si fonda sul diverso presupposto
della prevedibilit ed evitabilit dellevento dannoso, e
posto che a differenza della responsabilit penale la
colpa civile suscettibile di graduazione e di interpretazione pi o meno rigorose e contemperatrici. In base
a tale criterio di distinzione la Cassazione penale, in tale
occasione, pur tenendo fermo il giudicato penale di
proscioglimento dellimputato per non punibilit del
fatto, dispose lannullamento, ai soli effetti civili, per
difetto di motivazione, della sentenza di merito, e rinvia
la causa al giudice civile competente per la determinazione del contenuto riparatorio dellazione proposta,
ritenendo sussistere i presupposti di una causa damni
per lesione non patrimoniale.
Sul punto della risarcibilit del danno non patrimoniale, in presenza di un giudicato penale di proscioglimento del responsabile, la sentenza citata
stata, a ragione, severamente criticata (4), in quanto
non tiene conto degli espressi disposti contenuti agli
artt. 2059 c.c. e 185 c.p.. Tali norme sanciscono un
indissolubile nesso tra diritto alla riparazione del
danno morale e reato in senso tecnico, cio come
fatto punibile, considerato fonte privilegiata di
produzione del danno non patrimoniale risarcibile.
In dottrina si rilevato che lesclusione della
risarcibilit del danno non patrimoniale in molti
casi si traduce nella impossibilit di dar equo ristoro
alla vittima di un danno ingiusto. Per porre a ci
rimedio alcuni autori hanno cercato di sostenere
uninterpretazione estensiva dellart. 2059 c.c., che
si per rivelata fragile e comunque di portata limitata. Lunica soluzione praticabile apparsa quella
di sollecitare lintervento del legislatore suggerendo riformulazione dellart. 2059 c.c. (5). Diverso
invece il caso di estinzione del reato o di non procedibilit per mancata proposizione o per remissione
della querela. Tali fatti precludono solamente la trasformazione del reato da fattispecie astrattamente
punibile in illecito che sconta una sanzione criminale.
Ai fini risarcitori si ritiene ammissibile (ormai pacificamente, sia in dottrina, sia in giurisprudenza) la
richiesta di riparazione prodotta esclusivamente in
sede civile, in assenza di querela (6). In tale ipotesi
laccertamento del reato, come fattispecie punibile in
astratto, pu essere compiuto incidenter tantum dal
giudice civile, al fine precipuo di procedere alla liquidazione anche del danno non patrimoniale.
In un recente studio (7), condotto sulla giurisprudenza del Tribunale di Roma (1988-1994) in materia
di lesione della personalit, emerge la tendenza prevalente ad esperire esclusivamene lazione civile,
poich proprio sul terreno della sanzione civile,
sotto forma di risarcimento del danno patrimoniale e
non patrimoniale, che il danneggiato spera di ottenere un ristoro adeguato alla lesione subita.
Al fine dellaccertamento della responsabilit civile
assume rilevanza la questione della valutazione della
diligenza professionale del giornalista, i cui incerti
confini hanno dato luogo a dibattiti fra giuristi e operatori del settore e ad iniziative per la creazione di un
Giur per la lealt dellinformazione e di un codice
deontologico di autodisciplina della categoria (8).

Una celebre, e molto discussa, pronuncia della Cassazione civile (9) ha fissato i parametri di riferimento
per la valutazione del comportamento del giornalista,
stigmatizzando in una sorta di decalogo le condizioni per il lecito esercizio del diritto di cronaca. Tali
condizioni, esposte nella citata pronuncia in modo
molto articolato, possono ricondursi allosservanza di
tre fondamentali criteri: utilit sociale dellinformazione; verit (anche solo putativa, purch frutto di un
diligente lavoro di ricerca) dei fatti esposti; forma
civile della loro esposizione e valutazione, ovvero
non eccedente rispetto allo scopo informativo.
Lillecito derivante dalla violazione dei suddetti criteri potr configurare, a seconda della sussistenza
dellelemento soggettivo (del dolo o della colpa), o il
reato di diffamazione a mezzo stampa (dolo), oppure
solo unipotesi di responsabilit civile (colpa).
Nel caso qui in commento, in sede civile i giudice
della Corte di appello manifestano dubbi sulla correttezza della gi intervenuta assoluzione penale del
direttore del giornale, affermando che il controllo
della notizia eseguito esclusivamente presso lautore
dellarticolo non poteva esonerare il direttore del giornale dalla responsabilit per diffamazione (10). Tuttavia, nel convincimento dei giudici di appello, il fatto
che sul punto si sia ormai formato il giudicato penale
preclude ogni indagine civilistica sulla colpa. Posizione opinabile perch avrebbero potuto essere
oggetto di valutazione sia le modalit attraverso cui

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Note:
(3) Cass. pen., sez. VI, 27 agosto 1980, in Giust. civ., 1980, I,
2380 ss..
(4) De Cupis, Giudicato penale di proscioglimento e risarcimento del danno non patrimoniale, nota a Cass. pen., 27 agosto
1980, in Giust. civ. 1980, I, 2387.
(5) De Cupis, Il danno, II, Milano, II ed., 1970, 260.
(6) Bonilini, Il danno non patrimoniale, in Alpa Bessone, Giur.
sist. dir. civ. e comm., fondata da W. Bigiavi, Torino, 1987,
401-404.
(7) Scarselli Zeno Zencovich, Analisi di 170 sentenze sulla
lesione della personalit rese dal Tribunale di Roma
(1988-1994), in Dir. inf., 1995, 702.
(8) Si segnalano in merito i dibattiti fra giuristi ed operatori del
settore promossi dal Centro Calamandrei negli anni 90 e 91.
Interessanti contributi di G. Alpa, C. Bovio e N. Lipari sul tema
sono stati pubblicati in Dir. inf., 1991, 781 ss..
(9) Cass., sez. I, 18 ottobre 1984, n. 5259, in Foro it. 1984, I,
cc. 2711 ss., con nota di R. Pardolesi; in Dir. inf., 1985, 143-152,
con note di S. Fois, Il c.d. decalogo dei giornalisti e lart. 21 Cost.,
152-162, e di G. Giacobbe, Notarelle minime in margine ad una
sentenza contestata, 163-165 e i commenti di G. Alpa, 215 ss.,
e di V. Roppo, in Nuova giur. civ., 1985, 218 ss..
(10) La responsabilit del direttore con efficacia delineata in
Trib. Roma 17 aprile 1987, in Dir. inf., 1987, 989-996, in cui si
precisa che, per gli illeciti commessi col mezzo della stampa, la
responsabilit del direttore implicita nellomissione del controllo e solo la prova, di cui lo stesso direttore ha lonere, di eventuali fatti liberatori pu valere ad escludere la colpevolezza. La
pretesa impossibilit materiale di esercitare un efficace controllo non pu intendersi come tale, in quanto se pure il direttore
non certo tenuto a ripetere personalmente la fatica del cronista, tuttavia egli pu anzi deve valersi di tutta la complessa e
adeguata organizzazione umana e materiale dellazienda giornalistica per dispiegare quel sindacato che la sua veste funzionalmente gli attribuisce e gli impone come vero e proprio poteredovere. Pertanto il fatto che lo svolgimento dellattivit propria
del direttore della pubblicazione avvenga nel contesto di unorganizzazione imprenditoriale reagisce, ai fini dellaccertamento
della responsabilit civile, sulla valutazione della diligenza
nelladempimento degli obblighi connessi.
!

era stata diffusa la notizia, sia la diligenza del direttore


nellespletamento del controllo che specificamente
gli compete e che lo inserisce, in via per altro ipotetica,
fra i soggetti civilmente obbligati al risarcimento del
danno (in questo caso solo di quello patrimoniale, data
la pronuncia di assoluzione ottenuta in sede penale).
Occorre inoltre rilevare che, nel caso in commento, la
risarcibilit del solo danno patrimoniale da parte del
direttore, gi assolto nel giudizio penale, avrebbe
potuto comunque portare ad un risarcimento a suo
carico considerevole sotto il profilo economico.
Infatti la Corte di appello riconosce espressamente,
nei confronti di uno dei due soggetti lesi, lesistenza di
un danno patrimoniale derivante dalla diffamazione,
poich in ragione della professione esercitata (avvocato) e della carica ricoperta (presidente di Italia
Nostra) egli rivestiva pubblicamente il ruolo di
difensore dellambiente e perci nei suoi confronti si
prodotto un danno indimostrato ma non per questo
inesistente, a considerare la perdita di immagine professionale che deriva da accuse di incoerenza e disonest sociale e perci di scarsa affidabilit.
Ai sensi della legge sulla stampa (l. 8 febbraio
1948, n. 47), la configurabilit del reato comporta
alcune conseguenze: sul fronte dei civilmente
obbligati al risarcimento chiama in causa, oltre agli
autori del reato (giornalista e direttore), anche il
proprietario della pubblicazione e leditore, attratti
in una indistinta responsabilit solidale fra loro e
con i rei (art. 11, legge sulla stampa); sul fronte delle
conseguenze patrimoniali a carico dei responsabili
sancisce la possibilit per loffeso di chiedere a
titolo di riparazione, oltre al risarcimento del danno
ai sensi dellart. 185 c.p., anche una somma determinata in relazione alla gravit delloffesa e alla diffusione dello stampato. La dottrina ritiene che tale
riparazione abbia funzione afflittiva e natura di
pena privata (11). Sulla base di tale orientamento, in
passato si affermato che la riparazione pecuniaria
potesse essere disposta solo dal giudice penale, su
istanza di parte. Dottrina e giurisprudenza pi
recenti (12) affermano invece che, in quanto sanzione civile, pu essere irrogata anche dal giudice
civile, purch in presenza dei presupposti di legge,
fra cui il fatto penalmente punibile, ma ritengono
che sia totalmente svincolata dal risarcimento del
danno, sul cui quantum pertanto non pu incidere.
b) Rapporto tra art. 11, l. 8 febbraio 1948, n. 47,
e art. 2049 c.c.
La questione di diritto, da cui dipende la definizione
dei rapporti interni fra i responsabili civili coobbligati
in solido, verte sullinterpretazione dellart. 11, l. 8
febbraio 1948, n. 47, che costituisce norma speciale
rispetto alla disciplina comune della responsabilit
civile, di cui vengono qui in rilievo, come referenti
normativi, in particolare gli artt. 2049 e 2055 c.c..
Per collocare i principi enunciati nella pronuncia in
commento nella loro corretta prospettiva che
quella dellevoluzione interpretativa, non priva di
contrasti, sul tema dei rapporti fra normativa di diritto
comune in tema di responsabilit civile e art. 11, l. n.
47/1948 occorre svolgere alcune considerazioni,
richiamando i profili problematici emersi in materia.
Lart. 11 della legge sulla stampa (l. n. 47/1948) attrae,

in una indistinta responsabilit solidale con gli autori


materiali del reato (giornalista e/o direttore o vicedirettore responsabile), leditore ed anche il proprietario della
testata, nellipotesi in cui questultimo sia persona
diversa dal titolare dellimpresa giornalistica. La possibilit di scissione fra la persona, fisica o giuridica,
proprietaria dellazienda giornalistica e quella
dellimprenditore-editore prevista implicitamente nel disposto dellart. 4, ult. comma, l. n.
47/1948. Qualora si verifichi tale ipotesi si avr: un
soggetto titolare del diritto sulla testata e sulla pubblicazione, e un diverso soggetto proprietario
dellazienda editoriale, indipendentemente dalla
titolarit del diritto sui singoli beni che la compongono, che possono anche appartenere a terzi. Ne
consegue che la cessione della testata giornalistica
reputata non idonea a realizzare di per s il trasferimento dazienda ai sensi dellart. 2112 c.c. (13).
La legge sulla stampa prescrive lestensione della
responsabilit vicaria al proprietario, limitatamente
per allipotesi in cui si sia accertata, anche solo in
sede civile incidenter tantum, la commissione di un
reato col mezzo della stampa. Se invece nel caso concreto non ricorra una fattispecie penalmente rilevante, ma solo un illecito civile, si ritiene che sia
applicabile la disciplina comune, i cui referenti normativi sono esclusivamente gli artt. 2043 e 2049 c.c..
Lart. 11 della legge sulla stampa e lart. 2049 partecipano dunque di una identica ratio, ma sul piano operativo non si escludono reciprocamente, bens funzionano in parallelo, sulla base di un criterio di reciproca
integrazione (14). Tale affermazione non pacifica e
in proposito si richiamano due recenti decisioni del
Tribunale di Napoli entrambe di segno opposto alla
tesi esposta, annotate in modo adesivo luna (15) e
in modo fortemente critico laltra (16).
Lopinione pi convincente appare quella dellapplicabilit, per cos dire, integrata delle due norme,
poich in tal modo si configura un sistema sanzionatorio rigoroso, che non lascia margini di impunit.

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DANNO
E RESPONSABILITA
n. 1/1996

Note:
(11) Il carattere di pena privata attribuito da parte della dottrina
anche al risarcimento del danno non patrimoniale, sulla scorta
di unesegesi storica e di unanalisi comparata delle norme in
materia. In proposito vedi G. Bonilini, Il danno non patrimoniale,
in Alpa Bessone (a cura di), La responsabilit civile, in Giur.
sist. dir. civ. e comm., fondata da W. Bigiavi, Torino, 1987,
393-394.
(12) Vedi in proposito Cass. pen., sez. V, 11 aprile 1986, in
Resp. civ., 1987, 85 ss. e V. Ricciuto e V. Zeno Zencovich, Il
danno da mass-media, Padova, 1990, 124-125. La natura
sostanzialmente afflittiva della riparazione pecuniaria prevista
allart. 12 della legge sulla stampa rende tale sanzione assimilabile sotto molteplici aspetti agli exemplary damages del common law : sul punto si rinvia a Zeno Zencovich, Onore e reputazione nel sistema del diritto civile, cit., 321-326.
(13) M. Fabiani, Rapporti tra proprietario di testata di periodico
ed editore, nota a Trib. Roma, 14 gennaio 1975, in Giur. mer.
1975, I, 314 ss.
(14) V. Roppo, Diffamazione per mass media e responsabilit
civile delleditore, in Scintillae iuris. Studi in memoria di Gino
Gorla, 1994, 2218.
(15) S. Boccaccio, nota a Trib. Napoli, 29 giugno 1988, in Nuova
giur. civ., 1989, 428-431.
(16) V. Zeno Zencovich, Commento a Trib. Napoli 6 settembre
1988, in Dir. inf., 1989, 161, pronuncia richiamata con toni parimenti critici anche da V. Roppo, op. cit., 2218.
!

Qualora si sia in presenza di un reato commesso


con il mezzo della stampa operer lart. 11, l. n.
47/1948. Ed in particolare: sar risarcibile a norma
del 2059 c.c. anche il danno non patrimoniale;
saranno chiamati a rispondere tutti i soggetti indicati
nella norma speciale, fra cui anche il proprietario della
testata, nonostante la sua sia pi che altro una situazione di detenzione statica, non direttamente coinvolta nellorganizzazione e gestione dellattivit giornalistica. Lestensione della responsabilit solidale al
proprietario svolge principalmente la funzione di
ampliare, nei casi pi gravi di diffamazione (che sono
appunto quelli penalmente rilevanti), la garanzia
risarcitoria in favore dei soggetti lesi.
Qualora invece lillecito di diffamazione abbia
esclusivamente una rilevanza civilistica, si applicher
la normativa di diritto comune (artt. 2043 e 2049 c.c.).
Ne discende che sar risarcibile solo il danno patrimoniale e potranno essere chiamati a risponderne il giornalista, il direttore e leditore, ma non il mero proprietario. Si segnala che, pur in assenza di un illecito
penalmente rilevante, la responsabilit delleditore
stata riconosciuta in applicazione dellart. 2049 c.c. da
Cass. 4 febbraio 1992, n. 1147 (17).
La sentenza che si annota si pone in sintonia con
lorientamento descritto, che sostiene loperativit su
piani diversi dellart. 11, l. n. 47/1948 e dellart. 2049
c.c., e sviluppa tale assunto sotto un diverso profilo.
Essa afferma che la previsione dellart. 11 della legge
sulleditoria non del tutto inquadrabile nellambito
dellart. 2049 c.c., in quanto la responsabilit civile
del proprietario e delleditore non discende da quella
del direttore, ma sono entrambe affermazioni di
responsabilit propria, che prescindono dallaccertamento di un comportamento fonte di responsabilit a
carico del direttore, e che si fondano esclusivamente
sulla logica dellassunzione del rischio correlato
allesercizio di unattivit da cui si trae beneficio economico, e non su quella della sanzione per una presunta
culpa in eligendo o per lomissione di un controllo
dovuto nei confronti degli autori dellillecito.
c) Titoli della responsabilit: colpa e rischio dimpresa
La relazione esistente fra art. 11, l. n. 47/1948 e art.
2049 c.c. si configura come rapporto fra legge speciale e legge generale, fra norme che partecipano di
una medesima ratio, che sostanzialmente quella
per cui ogni volta che un comportamento illecito,
produttivo di un danno, sia riconducibile ad unattivit organizzata, specialmente se in forma di
impresa, la responsabilit del soggetto cui fa capo
lorganizzazione, nella cui sfera il danno si prodotto, si affianca alla responsabilit delloperatore,
cui sia imputabile il comportamento fonte del danno.
Lesistenza di tale ratio stata affermata dal Tribunale di Milano in occasione dellesame della fondatezza della questione di legittimit costituzionale
dellart. 11, l. n. 47/1948 (18), proposta in merito al
profilo di una presunta irragionevole disuguaglianza di trattamento rispetto ai destinatari dellart.
2049 c.c.. Riguardo ai soggetti responsabili ex art.
11, l. n. 47/1948, la menzionata pronuncia del Tribunale di Milano, afferma che ancorare il discorso
al binomio responsabilit-controllo appare estre-

mamente riduttivo posto che lindividuazione


della responsabilit civile delleditore come solidale con quella degli autori del reato si pone per un
verso come configurazione del rischio dimpresa di
chi, traendo beneficio dallattivit esercitata, deve
anche accollarsene i connessi rischi e per altro verso
come sistema assunto per garantire una migliore e
pi equa distribuzione del danno fra soggetti che, a
diversi livelli, hanno concorso nella condotta o da
essa hanno tratto comunque profitto.
Laffermazione che la responsabilit civile delleditore riconducibile allassunzione del rischio dimpresa appare particolarmente importante poich di
fatto, per effetto del peculiare regime contrattuale e
legale del lavoro giornalistico (19), la concreta possibilit dellimprenditore editoriale di vigilare e di intervenire sulloperato del direttore e dei giornalisti della
pubblicazione fortemente limitata. La definizione
del piano editoriale, cui partecipano i direttori
responsabili delle pubblicazioni, rappresenta il
momento in cui pi intensamente pu esplicarsi il
potere di scelta e di indirizzo delleditore.
La dottrina, tenendo conto del concreto dispiegarsi dei rapporti contrattuali nel settore, ha rilevato che non per nulla escluso che vi siano margini per possibili interventi delleditore sulla
organizzazione e sul funzionamento della macchina del giornale e tale risultato generalmente
perseguito attraverso accordi siglati fra editore,
direttore e corpo redazionale, aventi per oggetto il
funzionamento dellapparato giornalistico (20).

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DANNO
E RESPONSABILITA
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Il regresso fra coobbligati


La pronuncia in commento afferma esplicitamente, per fugare eventuali dubbi, che, pur delineando lart. 11, l. n. 47/1948 unipotesi di responsabilit propria, tuttavia il regime della solidariet
non si discosta dalla regolamentazione generale
prevista nel codice civile per le obbligazioni solidali. Trovano perci applicazione sia lart. 1292
c.c., in forza del quale il proprietario e leditore
della pubblicazione sono tenuti verso il danneggiato per lintero, sia lart. 2055 c.c., a norma del
quale, nei rapporti interni con gli altri coobbligati,
colui che ha risarcito il danno ha regresso nella
misura determinata dalla gravit della rispettiva
Note:
(17) Cass. 4 febbraio 1992, n. 1147 in Foro it., 1992, I, cc. 2127
ss., con commento adesivo di V. Roppo, pubblicato in Foro it.,
1993, cc. 3360 ss., v. sul punto c. 3363.
(18) Trib. Milano 8 giugno 1987, in Dir. inf., 1987, 999.
(19) Sul complesso sistema delle relazioni interne alle imprese
editoriali, delineato dal nuovo contratto collettivo dei giornalisti,
si veda P. Zanelli, Le sinergie editoriali nel nuovo contratto di
lavoro giornalistico, in Dir. inf., 1992, 1-8, in cui si evidenzia limportanza del piano editoriale come momento di definizione
fra propriet, editore e redazioni delle singole testate della politica dindirizzo, cui partecipano i direttori delle testate; per un
esame pi generale della definizione dei rapporti interni
nascente dal contratto di lavoro giornalistico si veda anche G.M.
Berruti, Il sistema delle relazioni interne alle imprese editoriali
con particolare riguardo ai problemi connessi allautonomia delle
redazioni dopo il nuovo contratto collettivo dei giornalisti. Appunti
di studio, in Prospettive dellinformazione, Firenze, 1990, 1, 1-9.
(20) V. Roppo, Diffamazione per mass media e responsabilit
civile delleditore, in Scintillae iuris. Studi in memoria di Gino
Gorla, 1994, 2214-2215.
!

colpa e delle conseguenze che ne sono derivate; nel


dubbio le singole colpe si presumono uguali.
Il criterio legale individuato per la ripartizione
interna dellincidenza finale del risarcimento del
danno, appare per di difficile applicazione nei confronti del mero proprietario, stante il suo ruolo
sostanzialmente statico, cui difficilmente pu
imputarsi un comportamento colposo rilevante ai
fini della produzione della lesione.
La Corte, nella pronuncia in commento, ribadisce
che la responsabilit del proprietario e delleditore
prescinde da quella del direttore, ma aggiunge che,
nei rapporti fra proprietario, editore ed autore
dellarticolo, la colpa del direttore (nella specie
esclusa con sentenza passata in giudicato) assume
rilievo per stabilire la misura in cui ognuno dei soggetti civilmente obbligati deve rispondere verso
colui che ha risarcito il danno alle vittime della
lesione. Il giornalista e il direttore della pubblicazione sono destinatari di una serie di obblighi, in relazione allesercizio della propria attivit professionale. Qualora si accerti un comportamento doloso o
colposo, che violi detti doveri, posto in essere da uno
solo o da entrambi, lincidenza economica finale del
danno andr ripartita tra questi soggetti, in proporzione delle rispettive colpe e della gravit delle conseguenze dannose da queste originate.
Leditore e il proprietario invece, rispondono nei
confronti della vittima a titolo di responsabilit oggettiva, o per rischio dimpresa, che, com noto, significa senza colpa. Tale forma di responsabilit si concreta nelloffrire a chi subisce la lesione la possibilit
di farsi risarcire da soggetti normalmente pi solvibili.
Ma sussistono altre considerazioni, attinenti al ruolo
e ai poteri esercitati in ordine allorganizzazione
dellazienda giornalistica, che giustificano laffermazione di responsabilit a carico delleditore e del proprietario. In particolare occorre menzionare la possibilit di tali soggetti di agire preventivamente per
limitare il rischio di lesioni, ad esempio affidando la
gestione del giornale e i posti chiave dellorganizzazione editoriale a persone dotate di un elevato grado
di professionalit e di sensibilit deontologica.
Infine occorre considerare che laderenza a standard elevati di diligenza informativa incide sui costi
dellimpresa editoriale, poich richiede un aumento
del tempo di lavorazione della notizia e del
numero di persone addette. Evidentemente alleditore competono tali scelte e, come in ogni altra
impresa, nel relativo processo decisionale svolge un
ruolo importante lanalisi economica costi-benefici, che, per gli aspetti qui considerati, riguarda
essenzialmente il rapporto fra litigation costs e redditivit dellinquinamento dellinformazione (21).
Laumento dei primi, conseguente a liquidazioni del
danno in sede giudiziale non simboliche, ma calibrate sulleffettiva capacit economica delle parti,
pu rappresentare un efficace deterrente nei confronti di politiche editoriali aggressive, poco attente
al rispetto dei valori della persona.
In linea di principio non pu escludersi che dal
piano editoriale, o da altri accordi collegati, stipulati dalleditore con il corpo di redazione, emergano
elementi di indirizzo e strategie di mercato della
pubblicazione, volti a garantire il profitto dellim-

prenditore, alla cui osservanza sia in parte da attribuire il verificarsi della lesione.
In tal caso si dovr porre a carico delleditore, in
via definitiva, una quota di risarcimento liquidato
valutando in che modo e in che misura il suo comportamento abbia concorso a determinare il danno. La
gravit della colpa e delle conseguenze che ne sono
derivate funger anche qui da discrimen e da misura
dellincidenza del risarcimento sui soggetti coobbligati.

La quantificazione del risarcimento


La liquidazione del danno derivante dalla diffamazione per mezzo della stampa presenta non
poche difficolt. Il risarcimento del danno patrimoniale, seppur molto spesso esistente, viene raramente domandato e ancor pi di rado riconosciuto
dalla giurisprudenza in modo apprezzabile; esso
comunque liquidato con somme molto modeste.
Ci dipende dalla concreta difficolt di provare
lesistenza del nesso causale fra la diffusione della
notizia lesiva della reputazione ed il verificarsi di
eventi puramente ipotetici quali ad esempio: il conferimento di incarichi professionali, una progressione di carriera o la acquisizione di nuovi clienti.
La giurisprudenza ha cercato di superare tale
obiettiva difficolt affermando lammissibilit
della prova mediante presunzioni semplici (art.
2729 c.c.) sullesistenza del danno patrimoniale ed
il ricorso alla valutazione equitativa, consentita
dallart. 1226 c.c., per quantificare tale danno nel
suo preciso ammontare (22). Per quanto concerne il
danno non patrimoniale, la giurisprudenza della
Cassazione ha progressivamente enucleato alcuni
parametri di valutazione della gravit del fatto, che
vanno congiuntamente applicati dal giudice di
merito. Nella pronuncia in commento la Corte ribadisce lorientamento gi in precedenza espresso. I
criteri menzionati sono di diversa natura. Sotto il
profilo oggettivo, rileva la gravit dellaccusa
mossa; mentre sotto il profilo soggettivo vengono
valutati la personalit e le qualit della persona
offesa, lincidenza dellaccusa sulla stessa e la
natura e la diffusione, misurata sul numero dei lettori, del veicolo di informazione utilizzato. Si
tratta di criteri generali, applicabili ad ogni ipotesi
di diffamazione, che non garantiscono alcun tipo
di risultato, come testimonia loscillazione del
quantum liquidato in ipotesi sostanzialmente assimilabili sotto il profilo materiale (23).
Note:
(21) V. Zeno Zencovich, Postilla a Hartmann e Renas: linquinamento da mass media e la funzione economica della
responsabilit civile, in Dir. inf., 1986, 353 ss., in part. 359.
(22) Vedi Cass., sez. I, 18 ottobre 1984, n. 5259, in Dir. inf. 1985,
143 ss..
(23) Per unarticolata esposizione dei criteri enucleati in giurisprudenza per la liquidazione del danno non patrimoniale si rinvia a V. Ricciuto V. Zeno Zencovich, Il danno da mass media,
cit., 133-154, in cui gli autori formulano proposte per ununiforme valutazione del danno non patrimoniale, e pi recentemente P. Canepa, Diffamazione a mezzo stampa e criteri per la
liquidazione del danno non patrimoniale, commento a Corte
dappello di Napoli, 12 giugno 1992, n. 1473, in Corr. giur., 1993,
201-205.

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E RESPONSABILITA
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