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Vetera Christianorum

39, 2002, 133-190

Apuliae res
Giuliano VOLPE, Caterina ANNESE,
Marcello CIMINALE, Marisa CORRENTE,
Giuliano DE FELICE, Paola DE SANTIS, Pasquale FAVIA,
Danilo GALLO, Roberta GIULIANI, Danilo LEONE,
Donatella NUZZO, Anita ROCCO, Maria TURCHIANO

Il complesso episcopale paleocristiano


di san Pietro a Canosa

Prima relazione preliminare (campagna di scavi 2001)

1. Introduzione
Lo scavo nellarea di san Pietro costituisce la prima tappa di un pi articolato progetto di ricerca su Canosa tardoantica e altomedievale, la cui elaborazione stata sollecitata da motivazioni che attengono tanto alla ricerca e alla didattica sul campo
quanto alla tutela e alla valorizzazione.
Come emerge da unormai ricca tradizione di studi, Canusium svolse un ruolo di
primo piano in et tardoantica nel quadro della provincia Apulia et Calabria e dellintera Italia centromeridionale 1, sotto il profilo sia politico-amministrativo, come sede
del governatore provinciale e del concilium degli Apuli et Calabri, sia economico, per
le attivit connesse con lo sfruttamento agricolo, lallevamento transumante e le produzioni artigianali, sia infine religioso, in quanto prestigiosa diocesi retta da potenti vescovi, impegnati in varie occasioni in importanti concili ed anche in delicate operazioni
diplomatiche 2.
Per la straordinaria ricchezza e la notevole complessit del suo patrimonio archeologico, Canosa rappresenta inoltre uno dei siti pluristratificati pi significativi della
Puglia ma al tempo stesso costituisce un caso emblematico di discontinuit negli interventi archeologici. La ricerca, infatti, piuttosto che avvalersi di un articolato progetto di archeologia urbana 3, si caratterizzata per la carenza di sinergie tra gli enti
1 La bibliografia ormai consistente; sufficiente pertanto ricordare a tale proposito solo
alcuni studi recenti, dai quali possibile risalire ai numerosi lavori precedenti: Otranto 1991,
pp. 235-261; Principi, imperatori, vescovi, in part. pp. 599-906 per la citt in et romana e tardoantica; Grelle 1993; Volpe 1996, in part. pp. 95-107; Campione, Nuzzo 1999, pp. 27-62.
2 Cfr. infra il contributo di G. De Felice, con la relativa bibliografia.
3 Sullarcheologia urbana cfr. da ultimo Brogiolo 2000, pp. 350-355, con la bibliografia specifica. Sui problemi relativi a Canosa cfr. le considerazioni esposte in occasione di un seminario tenuto nel 1985 in Cassano, Volpe 1985.

1. - Veduta aerea della citt di Canosa con indicazione dellarea di san Pietro.

preposti alla tutela oltre che per la disponibilit di modestissime risorse finanziarie,
pur nella consapevolezza della necessit di una regolamentazione degli strumenti di
tutela e della programmazione della ricerca. In un panorama dominato dalloggettiva
difficolt di intervento in una citt che ha conosciuto una rapida e incontrollata espansione edilizia ed in un contesto sociale sostanzialmente insensibile, in cui lantico
stato a lungo sentito pi come un fastidioso ostacolo che non come una risorsa (se non
per il collezionismo privato), lintervento archeologico stato pertanto necessaria-

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

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mente limitato nei confini di una politica reattiva di salvataggio ed emergenza 4, che
pure ha consentito di acquisire preziose informazioni sulle varie fasi della citt antica
e di recuperare contesti di rilevante interesse. Ne sono una prova, ad esempio, le recenti acquisizioni, effettuate prevalentemente nel corso di scavi di emergenza, sullorganizzazione urbana di et municipale 5. Gli studi storico-archeologici hanno conosciuto negli ultimi due decenni notevoli progressi e conseguito risultati importanti, anche grazie a progetti di ricerca sistematica (basti pensare alla redazione del corpus
completo delle epigrafi romane, coordinato da F. Grelle e M. Pani 6), culminati nel
1992 nella mostra Principi, imperatori, vescovi. Duemila anni di storia a Canosa, e
nel relativo catalogo a cura di R. Cassano 7. Per favorire lo sviluppo di una politica archeologica fondata sulla programmazione degli interventi e sullavvio di ricerche sistematiche, sollecitando quindi una maggiore integrazione tra obiettivi di tutela, ricerca scientifica, formazione e valorizzazione, si raggiunta unintesa tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia e le Universit di Foggia 8 e di Bari per
la realizzazione, come si detto, di un progetto incentrato su Canosa tardoantica e altomedievale. Si pertanto stipulata una convenzione tra la Facolt di Lettere e Filosofia dellUniversit di Foggia e il Dipartimento di Studi classici e cristiani dellUniversit di Bari, della cui quipe responsabile la dott.ssa D. Nuzzo. Come primo intervento nellambito di questo progetto, apparso prioritario indirizzare la ricerca
verso lanalisi del tessuto archeologico della collina di san Pietro (fig. 1), unarea collocata nella periferia della citt, finora risparmiata, grazie anche ad opportuni provvedimenti di notifica, dallespansione edilizia, che invece ha altrove fortemente compromesso i monumenti della citt daunia e romana. Il toponimo conserva la memoria del
pi antico nucleo paleocristiano, attestato dalla Historia vitae inventionis translationis
4 Pochissimi sono stati infatti gli interventi programmati. In questa situazione anche i pochi
scavi universitari finora condotti a Canosa, limitati a quelli realizzati nellarea di Giove Toro
(fine anni 70-inizi anni 80; cfr. Cassano, Laganara Fabiano, Volpe 1985; Cassano 1992d), al
ponte romano sullOfanto (met anni 80; cfr. Cassano 1987; Ead. 1992d) e in localit La Minoia nel territorio (fine anni 80; Cassano 1989; Ead. 1990; Volpe 1990, pp. 162-168), si sono
interrotti da oltre un decennio.
5 Corrente 1999. Sullurbanistica di Canosa romana cfr. Sabbatini 1992; sulla fase tardoantica Id. 1998.
6 ERC.
7 Principi, imperatori, vescovi.
8 Con nota del 24.5.2001 (prot. 10270), a firma del Soprintendente archeologo dott. Giuseppe Andreassi (che si ringrazia per la disponibilit mostrata anche in questa occasione), indirizzata al Rettore dellUniversit di Foggia prof. A. Muscio, si affidato a G. Volpe lincarico
di dirigere lo scavo di San Pietro e di curare, unitamente a M. Corrente, il coordinamento
scientifico del progetto di ricerca sulla citt tardoantica. Ringraziamo le Universit di Bari e di
Foggia e i rispettivi Rettori prof. Giovanni Girone e prof. Antonio Muscio, il Dipartimento di
Studi classici e cristiani, nella persona del suo Direttore prof. Luigi Piacente, e la Facolt di
Lettere e Filosofia di Foggia, nella persona della sua Preside prof. Franca Pinto Minerva, per il
pieno sostegno garantito allo scavo.

2a-b. - Ruderi visibili nellarea di san Pietro e, in basso, sezione E-O della collina.

s. Sabini episcopi (=Vita), unoperetta agiografica degli inizi del IX secolo 9, e documentato da alcuni ruderi in precario stato di conservazione (fig. 2a). Larea stata interessata da sensibili eventi franosi, a causa della sottostante presenza di cave di tufo,
che hanno provocato il notevole abbassamento del livello di quota nel settore occidentale (fig. 2b): pertanto, le strutture murarie superstiti, attualmente poste ad una
quota sensibilmente inferiore (circa m 2,50) rispetto al piano originario di et tardoantica, sono limitate ad uno o, al massimo, a due filari di blocchi, ed inoltre presentano
ormai esposte le fondazioni, anche per effetto dellazione di dilavamento che ha provocato lo scivolamento verso il basso degli strati di terra nei quali le murature erano
fondate. La zona, interessata nella parte orientale del pianoro dal passaggio dello
speco sotterraneo dellacquedotto di et antoniniana, rilevato nel suo alzato nel settore
compreso tra la via Intra e via Goldoni, non mai stata oggetto di indagini archeologiche: tenendo conto di questa situazione geomorfologica e sulla base dei dati forniti
dalle prospezioni magnetiche (eseguite da M. Ciminale, dellUniversit di Bari, su
9

Cfr. Campione 1988, 1992 e 2001; Campione, Nuzzo 1999, pp. 32-39.

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

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3. - Veduta aerea generale dellarea di scavo al termine della campagna 2001.

una superficie di oltre m2 3.000), che hanno segnalato la presenza di una fitta trama di
strutture murarie 10, allinterno della grande area nella quale verosimilmente si sviluppava il complesso episcopale, si prescelta una zona di circa m2 1.000, preventivamente sottoposta ad occupazione temporanea 11, per avviare le indagini di scavo (fig.
3), che, gi nel corso di questa prima campagna, hanno fornito preziose indicazioni
sullarticolazione planimetrica e sulle fasi cronologiche degli edifici paleocristiani.
Quindi, un insieme di considerazioni, sia di ordine scientifico (la conoscenza del
primo complesso episcopale paleocristiano della citt, lapprofondimento della topografia cristiana di Canusium e la ricostruzione della sequenza delle forme delloccupazione tra Antichit e Medioevo in unarea di particolare importanza), sia afferenti
alla riqualificazione del contesto (la valorizzazione di un settore periferico della citt
con forte valenza ambientale e paesaggistica), ha motivato la scelta dellintervento,
che si auspica possa proseguire negli anni, con previsioni che puntano al raggiungimento di un equilibrio sostanziale tra i luoghi della ricerca, il paesaggio urbano e la
possibilit di identificare concretamente i segni della pi antica storia ecclesiastica.
10

Cfr. infra il contributo di M. Ciminale e D. Gallo.


Si ringrazia tutto il personale della Sede distaccata della Soprintendenza Archeologica di
Canosa di Puglia, ed in particolare Michele Cirillo e Giovanni Gorgoglione, per lausilio prestato.
11

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GIULIANO VOLPE ET ALII

Lo scavo, condotto sotto la direzione di G. Volpe, ha visto impegnata una numerosa quipe, con il coinvolgimento di vari responsabili nello scavo e nella gestione di
tutte le attivit connesse 12 e la partecipazione, nel corso di otto settimane di lavoro sul
campo (settembre-novembre), di numerosi studenti (oltre cinquanta) delle due universit pugliesi e di altri atenei italiani e stranieri: per tali caratteristiche lo scavo di san
Pietro costituisce uno dei principali cantieri-scuola attualmente attivi in Puglia e in
Italia meridionale. Le indagini sono state rese possibili grazie a finanziamenti delle
Universit di Foggia e di Bari, al sostegno del Comune di Canosa e di associazioni
private e/o di volontariato, in particolare della Fondazione Archeologica Canosina 13 e
dellArcheoclub 14, nonch della diocesi Andria-Canosa-Minervino 15.
Larea indagata nella prima campagna pari a m2 569, rispettivamente m2 205 per
il saggio I, m2 223 per il saggio II e m2 141 per il saggio III. Considerata la difficolt
in questa fase di presentare in maniera unitaria la sequenza stratigrafica, dalle fasi pi
antiche di occupazione a quelle di abbandono, si ritenuto opportuno proporre una relazione di scavo distinta nei tre saggi di scavo. Nonostante ci, si tentata una prima
elaborazione della periodizzazione, illustrata nelle relative piante composite 16, che
per da considerare ancora largamente provvisoria in questa fase iniziale della ricerca,
sia per le oggettive difficolt di definizione cronologica dei singoli contesti stratigrafici (anche in attesa dello studio completo dei materiali 17) sia e, soprattutto, per i problemi relativi alla correlazione tra i vari saggi di scavo 18.
M.C., G.V.
12 Lquipe della campagna 2001 stata composta da: responsabili dei saggi (I: D. Nuzzo,
P. De Santis, A. Rocco; II: P. Favia, C. Annese, D. Leone; III: R. Giuliani, M. Turchiano),
della documentazione grafica (G. De Felice), del laboratorio (A. De Stefano, G. Sibilano),
della logistica (L. Buonamico, M. Ciccarelli, A. Introna), della ricognizione (V. Romano, R.
Goffredo). Il supporto tecnico-scientifico stato garantito dalla cooperativa Adras di Bari.
13 Si ringraziano tutti i componenti della Fondazione, nella persona del suo presidente dott.
Giovanni Destino, per il fattivo sostegno garantito. Per svolgere unattivit di sensibilizzazione
della cittadinanza, si organizzato un ciclo di conferenze, intitolato Incontri di archeologia, cui
hanno partecipato M. Corrente, P. De Santis, P. Favia, R. Giuliani, D. Nuzzo, G. Volpe. A conclusione della campagna di scavo si infine tenuta una conferenza di presentazione dei risultati,
con la partecipazione del Rettore dellUniversit di Foggia prof. Antonio Muscio, del Soprintendente dott. Giuseppe Andreassi, del Direttore del Dipartimento di Studi classici e cristiani prof.
Luigi Piacente e del Commissario prefettizio del Comune di Canosa dott. Giuliana Perrotta. Inoltre durante la campagna di scavi stato organizzato anche un servizio di visite guidate al cantiere,
a cura della coop. Dromos di Canosa.
14 Si ringrazia in particolare il dott. Michele Di Chio.
15 Si ringraziano il vescovo mons. Felice Calabro e don Felice Bacco, attivissimo parroco
della Cattedrale.
16 Nelle piante, realizzate da G. De Felice, le strutture realizzate in ciascun periodo sono in
grigio scuro, e sono accompagnate dal numero di US. Le preesistenze ancora utilizzate in ciascun periodo sono invece riportate in tono pi chiaro, e senza numero di US. I numeri cerchiati
distinguono le US relative a piani di calpestio (pavimenti, soglie, ecc.).
17 Lo studio dei reperti stato appena avviato e si limitato al momento ad una schedatura
preliminare. Per una prima identificazione delle monete si ringraziano i dott. Michele Asolati e
Cristina Crisafulli dellUniversit di Padova.
18 La periodizzazione si articola al momento in tre periodi, distinti in pi fasi, con la se-

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

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2. Alcuni cenni su Canosa paleocristiana


La prima notizia dellesistenza della diocesi canosina la sottoscrizione di Stercorius (1)
fra i vescovi partecipanti al concilio di Sardica nel 343 19. Per lepoca precedente al IV secolo, pur in assenza di fonti storiche attendibili, considerazioni storiche generali, quali la preminenza di Canosa fra le citt della regio II e la sua posizione strategica lungo la viabilit
principale, rendono plausibile lesistenza di una comunit di cristiani gi nel II secolo. Anche
listituzione della diocesi pu essere anteriore alla sua prima attestazione e risalire quantomeno agli inizi del IV secolo se non al III 20, in contemporanea con le prime testimonianze di
altri distretti diocesani dellApulia, collocati in centri di minore rilievo, come Aecae e Salapia 21. La partecipazione di un vescovo al concilio di Sardica rafforza ulteriormente lipotesi
che la diocesi sia precedente alla met del IV secolo, in quanto difficile ritenere che una
comunit di recente istituzione possa essere stata in grado di inviare un vescovo ad un concilio di grande importanza, come unico rappresentante delle Chiese pugliesi 22.
Una problematica testimonianza di Paolino da Nola 23, che ricorda Canosa solo a proposito della pregiata produzione di lana, tralasciando di accennare alla comunit cristiana della
citt, come invece lautore fa nel medesimo componimento per altri centri della regione,
stata interpretata come sintomo di una crisi della chiesa canosina fra IV e V secolo 24.
La cronotassi della citt, una delle pi ricche dellItalia meridionale 25, offre i nomi di
altri quattro vescovi dopo Stercorius 26. Fra il 465 e il 474 si colloca lepiscopato di Probus
guente provvisoria definizione cronologica: Periodo IA (IV?-prima met V d.C. circa); I B-C
(met-seconda met V-inizi del VI d.C. circa); ID (pieno VI d.C. circa); IIA-B-C (tardo VIVII-VIII-IX? d.C. circa); IIIA-B (a partire dal IX d.C. circa).
19 Stercorius ab Apulia de Canusio (PL 10, 643; Mansi 2, 39 e 42). I numeri accanto ai
nomi fanno riferimento a PChr. Per unanalisi dettagliata della storia di Canosa cristiana cfr.
Otranto 1991, pp. 234-261; Id. 1992, pp. 824-834; Campione, Nuzzo 1999, pp. 27-62.
20 Otranto 1991, pp. 235-238; 1992, p. 824; Campione, Nuzzo 1999, p. 27.
21 Salapia la prima diocesi attestata dellApulia, grazie alla sottoscrizione del vescovo
Pardus (1) al concilio di Arles del 314 (cfr. Otranto 1982, pp. 159-170, Id. 1991, pp. 159-170).
Lesistenza della diocesi di Aecae nel IV secolo documentata solo da una fonte agiografica
(per lattribuzione al III-IV secolo cfr. De Santis 1986, pp. 155-170. Anche per Luceria stata
ipotizzata lesistenza della diocesi nel IV secolo, sebbene i dati certi non siano precedenti alla
fine del secolo successivo. Cfr. Otranto 1991, pp. 204-208).
22 Otranto 1992, p. 825. DallItalia meridionale proveniva una folta rappresentanza della
Campania, di cui si conoscono i vescovi Fortunatus di Neapolis (1), Vincentius di Capua (1) e
i vescovi campani di sede non precisata Calepodius (1), Desiderius (1) e Maximus (3).
23 Carm. 17 (400 d.C. circa), su cui cfr. Marin 1974, pp. 161-190.
24 Ipotesi in Marin 1974; sulla presunta crisi cfr. Grelle 1992, pp. 821-823. Non si pu
escludere tuttavia che la menzione della produzione di porpora sia un topos letterario, piuttosto
che lindicazione di un momento critico, peraltro non avallato dal mantenimento di buoni livelli urbani e una generale vitalit del centro. Cfr. Otranto 1997, pp. 282-283.
25 La maggior parte delle altre diocesi dellItalia meridionale le cui cronotassi registrano i
nomi di cinque o pi vescovi entro il VII secolo sono concentrate in Campania: si tratta di Beneventum (5 nomi di vescovi), Capua (13 nomi), Formiae (5 nomi), Misenum (5 nomi), Neapolis (21 nomi), Nola (13 nomi), Nuceria (6 nomi), Puteoli (5 nomi), Praeneste (6 nomi).
Lunico altro caso fra le diocesi dellItalia meridionale rappresentato da Syracusa (6 nomi).
26 Fra i vescovi di dubbia attribuzione si ricordano Marianus (1), noto da una lettera di papa

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GIULIANO VOLPE ET ALII

(6), ricordato fra i presenti al concilio romano convocato da papa Ilaro nel 465, insieme ad
altri tre presuli pugliesi 27. Dopo Probus la cronotassi si infittisce, registrando i nomi di altri
tre vescovi entro un arco di tempo di circa mezzo secolo, caso unico nella storia delle
Chiese della Puglia paleocristiana. Negli ultimi anni del V secolo era vescovo di Canosa
Rufinus (7), noto grazie alla registrazione fra i presenti al concilio convocato da papa Simmaco il 1 marzo 499 in Vaticano per regolamentare lelezione pontificale 28. Il suo episcopato non dovette durare a lungo, in quanto gi nellottobre del 502 un altro vescovo, Memor
(2), reggeva la diocesi canosina 29. Mentre Memor era vescovo di Canosa, il vicus portuale
di Turenum, centro che ricadeva allinterno del territorio di Canosa, risulta essere sede di
una diocesi autonoma 30, formatasi verosimilmente proprio verso la fine del V secolo 31.
La storia della diocesi canosina nel VI secolo legata allazione del vescovo Sabinus
(7), il cui episcopato si colloca tradizionalmente tra il 514 e il 566, sebbene la sua attivit
sia attestata con certezza solo fra il 531 e il 542-552. In questo periodo la diocesi canosina,
che fondava la sua ricchezza su possedimenti terrieri e rendite che si estendevano anche
alla Sicilia, raggiunse il massimo splendore sotto la guida dal suo potente vescovo. Figura
di spicco del cristianesimo meridionale, il suo legame con la curia romana emerge dalle
missioni in Oriente di cui venne incaricato dai pontefici. Nella sua diocesi egli promosse
unintensa attivit di costruzione e ristrutturazione di edifici di culto, come documentano
la sua Vita 32 e i dati archeologici.
Innocenzo (401-417; PL 20, 606), la cui attribuzione a Canosa tuttavia non si basa su alcuna
prova sicura, e Laurentius, la cui storicit non attestata in maniera incontrovertibile, in
quanto citato esclusivamente da una fonte agiografica, che data la sua attivit al tempo del pontefice Leone I (440-461). Cfr. Otranto 1991, pp. 240-243.
27 Hilar. ep. 15 Thiel; Mansi 7, 959. Di Probus si registra, oltre al nome, anche un intervento da cui traspare ladesione alla politica del pontefice riguardo il problema del primato romano (Otranto 1991, pp. 244-245; Id. 1992, pp. 827-828). A testimoniare un forte legame con
la politica pontificia la missione di Probus fra il 468 ed il 474 a Costantinopoli come legato
pontificio di Simplicio presso limperatore Leone (Gelas. ep. 26 Thiel). Gli altri vescovi pugliesi sono Palladius di Salapia (4), Felix di Sipontum (27) e Concordius di Barium (11).
28 MGH AA 12, 399. Questo vescovo solitamente identificato con il destinatario di una lettera di Gelasio I con la quale viene incaricato, insieme al collega Aprilis (2), di intervenire in
problemi interni alla diocesi di Luceria (Gelas. ep. 22 Thiel). La prossimit delle diocesi di Luceria e Canusium rende questa identificazione assolutamente plausibile e permette di anticipare agli anni 494-496 lattestazione dellepiscopato di Rufinus.
29 Il suo nome ci tramandato grazie alla partecipazione ai sinodi tenutosi a Roma nel 502
(MGH AA 12, 436, 440, 453).
30 Nel 502 il vescovo Eutychius (1) partecipa al concilio romano di papa Simmaco (MGH
AA 12, 434, 440, 453). I confini della diocesi canosina probabilmente coincidevano almeno in
origine con quelli amministrativi della citt (Grelle 1990); alla met del V secolo il territorio
doveva estendersi allinterno fino ai confini di Venusia, e comprendere un ampio territorio a
sud e nord dellOfanto (Otranto 1991, pp. 248-249; Id. 1992, p. 829).
31 Otranto 1991, pp. 248-251, Volpe 1996, pp. 150-156. Diverso destino ebbe il centro di
Bardulos, che pur interessato dalla espansione della comunit di fedeli, come testimoniato
dalla costruzione di edifici di culto, tuttavia non raggiunse mai lo status di autonomia rispetto
al vescovo di Canosa.
32 Campione 1988, pp. 617-639; Ead. 1992, pp. 832-834. La vita ricorda lattivit di restaurator ecclesiarum, attribuendogli la costruzione di edifici dedicati a Cosma e Damiano, a San
Giovanni Battista, al Salvatore.

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

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Sul finire del VI secolo, dunque non molti anni dopo la morte di Sabino, la diocesi canosina sembra attraversare un periodo di difficolt. Nel luglio del 591 Gregorio Magno
dovette istituire un visitator, in quanto la diocesi risultava priva del suo presule, in modo
analogo ad altre diocesi pugliesi, in particolare salentine 33. Con unepistola al vescovo sipontino Felix (64) il pontefice affida la sede a Sipontum, incaricandolo di recarsi a Canusium per riorganizzare la diocesi 34. Non sappiamo da quanto tempo la diocesi canosina era
vacante: nel maggio dello stesso anno il pontefice aveva gi scritto al rector del patrimonio della Chiesa in Sicilia affinch inviasse parte delle rendite delle propriet che la diocesi aveva in Sicilia a Canosa, che era in difficolt a causa della mancanza del vescovo 35.
Risulta difficile seguire le vicende della diocesi canosina nei secoli successivi al VI:
nel VII secolo, in modo simile alle altre diocesi dellApulia, anche Canosa sembra accusare il colpo della presenza longobarda, il cui primo sintomo pu essere ravvisato proprio
nel periodo di vacanza documentato alla fine del secolo precedente. Dopo questa notizia,
la diocesi di Canosa riaffiora nelle fonti solo nel IX secolo, quando ne fu vescovo Petrus,
che circa tre secoli dopo lepiscopato di Sabino cur la traslazione del corpo del suo illustre predecessore nella cattedrale e commission la stesura della sua Vita 36.
G.D.F.
3. Le attivit diagnostiche: prospezione magnetica ad alta risoluzione
Lapporto conoscitivo che le metodologie geofisiche possono fornire nel corso delle
indagini degli strati pi superficiali del terreno interessati da resti di testimonianze di antichi insediamenti antropici noto ed utilizzato da tempo 37. Si tratta di metodi investigativi
non distruttivi che contribuiscono non poco a programmare in maniera mirata operazioni
di scavo in siti archeologici gi noti. Combinati con immagini telerilevate possono fornire
un notevole apporto per lesplorazione e lindividuazione di giacimenti archeologici parzialmente o per niente noti.
Nellambito del progetto di ricerca archeologica programmata nellarea di San Pietro a
Canosa, nellestate 2001 stata condotta una investigazione magnetometrica ad alta risoluzione. Tale intervento non invasivo aveva come finalit lindividuazione e quindi la localizzazione delle principali strutture sepolte ipotizzate nella zona. La buona riuscita
dellinvestigazione geofisica avrebbe portato a definire meglio larea con le maggiori potenzialit archeologiche quindi ad ottimizzare le successive operazioni di scavo sia in
termini di tempo che di costi.
La prospezione magnetometrica stata condotta su tutta la superficie indagabile; tenendo presente la morfologia del sito, ed ostacoli di varia natura, si potuto intervenire su
circa m2 3450 38.
33

Si tratta delle diocesi di Brundisium, Callipolis e Lupiae.


Greg. ep. I, 51 MGH.
35 Otranto 1991, pp. 257; 1992, pp. 830-831; Volpe 1996, p. 358 nota 126; Campione,
Nuzzo 1999, p. 39.
36 Otranto 1991, pp. 257-258; Id. 1992, pp. 830-831.
37 Cfr. per es. Hesse, 1966; Linington 1973; Aitken 1974.
38 Si ringrazia il dott. G. Montone per il suo utile e fattivo contributo nella fase dellacquisizione dati. Un grazie va anche ai dott. V. Romano e R. Goffredo per laiuto fornito al lavoro
sul campo.
34

4. - Magnetogramma di tutta larea investigata [-12 nero, +12 bianco] nT.

5. - Parte centrale di fig. 4.


6. - Localizzazione ed andamento delle principali strutture sepolte dedotte dallanalisi del magnetogramma di 5. A tratto pieno sono segnate le strutture attualmente portate alla luce dalle recenti operazioni di scavo.

E stato utilizzato un magnetometro a pompaggio ottico in configurazione gradiometrica. Trattasi di uno strumento moderno, di eccellente qualit che permette unalta frequenza di acquisizione (sino a 10d/sec) con unelevata sensibilit (0.05nT). I dati sono
stati acquisiti lungo profili paralleli equidistanziati di 50 cm. Lungo ciascun profilo, la velocit di campionamento ha permesso una risoluzione spaziale media di una misura ogni
12.5 cm. Alla fine, oltre 56000 punti stazione sono stati acquisiti. Per quanto queste operazioni di campagna possano essere ottimizzate, va comunque riscontrato che il magnetogramma risultante spesso perturbato da effetti indesiderati (rumore) che possono anche
fortemente degradare la forma del segnale magnetico associabile alle strutture sepolte e
rendere cos molto incerta la loro identificazione e localizzazione. Per risolvere, o almeno
minimizzare questi problemi, le misure sono state nel seguito trattate con tecniche DIP
(Digital Image Processing) tramite lutilizzo di software appositamente sviluppato 39.
39

Eder-Hinterleinter et al. 1996; Ciminale, Loddo 2001.

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

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In fig. 4 riportato il magnetogramma completo, ad alta risoluzione, di tutte le aree investigate. Trattasi di una immagine raster sulla quale, per poter meglio evidenziare le anomalie di interesse, si anche effettuata una operazione di stratching limitandosi a rappresentare, nei 256 toni di grigio, solo lintervallo di valori [-12 nero, +12 bianco] nT.
Gi da una prima veloce analisi appare chiaro come larea pi densamente segnata da
anomalie interessanti sia quella racchiusa dal contorno bianco. In questa superficie (fig. 5),
che di circa 1800 mq. , si possono riconoscere alcune anomalie ad andamento lineare o
curvo di sicuro correlate alla presenza di strutture sepolte. Trattasi di anomalie prevalentemente negative (nere) e quindi associabili a corpi aventi un comportamento meno magnetico rispetto al materiale in cui sono inglobati. Il segnale, di forte intensit, rappresentato
dalla sequenza regolare di macchie bianche (positive) immerse in un continuo alone nero
(negativo) che taglia in diagonale la fig. 5 deve invece imputarsi ad un forte disturbo di natura artificiale; in effetti, le successive operazioni di scavo, hanno messo in evidenza una
serie di ancoraggi metallici di una vigna estirpata nel recente passato.
In fig. 6 sono riportate le tracce dei segnali ritenuti pi significativi e di conseguenza
la possibile forma e landamento dei corpi sorgente.
La fig. 5 e quindi la sua interpretazione (fig. 6) hanno rappresentato il punto di partenza per il lavoro degli archeologi. Come si avr modo di notare, tutti i lineamenti segnati
in fig. 6 e ricadenti nellattuale area scavata, hanno avuto pieno riscontro. Il fatto che siano
state portate alla luce molte pi strutture di quante segnalate con le misure geofisiche va
spiegato con i limiti della metodologia stessa, con la presenza di un diffuso rumore di
fondo di difficile eliminazione (si operato su di una superficie parecchio contaminata da
numerose presenze di materiale ferroso sparso come chiodi, bulloni, ferro filato, etc.), con
il forte rumore associato agli ancoraggi della vigna che ha coperto, su tutta la fascia diagonale, il pi debole segnale associato alle antiche strutture sepolte.
In conclusione, si pu ritenere che la finalit che questa investigazione geofisica
aveva, ovvero di definire meglio larea con maggiori potenzialit archeologiche ed indirizzare al meglio le operazioni di scavo, sembra essere stata pienamente soddisfatta.
M.C., D.G.
Lo scavo
4. Saggio I
4.1. La fase di utilizzazione funeraria (periodo IB-C-D, ambienti 1 e 7). Nel settore occidentale del saggio I stato individuato un ambiente absidato (amb. 1), orientato in senso
E-O, affiancato da un vano quadrangolare situato a nord (amb. 7), realizzati in ununica
fase dimpianto 40 (tav. I). Laccesso a entrambi gli ambienti avveniva da nord 41.
I muri perimetrali dellamb. 1 erano realizzati in grossi blocchi di tufo sormontati da
filari orizzontali e regolari di tufelli; gli elevati, che si conservano per un altezza di circa
40 Lunitariet dimpianto dimostrata chiaramente dal muro O (1005), realizzato per definire entrambi gli ambienti e dalla struttura a esso parallela delimitante a E il vano quadrangolare (1023), che si lega al muro absidale (1004). Lambiente absidato misura 6,60 x 3,60 m
circa; il vano quadrangolare (amb. 7) 3,90 x 5 m.
41 Le aperture di accesso saranno poi tamponate nella fase successiva. Cfr. infra lanalisi
delle ristrutturazioni altomedievali di P. De Santis.

TAVOLA I

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

7. - Saggio I, amb. 1: pavimento musivo e, in basso, disegno del motivo decorativo.

145

80 cm, erano rivestiti allinterno


da lastre calcaree nella parte inferiore delle pareti rettilineee e in
quelle restanti da intonaci dipinti,
rinvenuti in uno stato estremamente frammentario negli accumuli derivanti dal crollo delle pareti 42.
Il piano pavimentale era costituito, almeno in parte, da un rivestimento musivo di cui si conservano pochi lacerti lungo le pareti N e O, la cui superficie in origine si estendeva per ca. 13 mq,
nellintera area delimitata dai
muri rettilinei. Le porzioni superstiti del pavimento sono caratterizzate da un motivo geometrico
policromo composto da una serie
di cerchi formati dallincrocio di
fasce ondulate, gli spazi di risulta
sono campiti da fiori quadripetali
realizzati in tessere nere 43 (1055)
(fig. 7).

probabile che la pavimentazione della zona absidale e del vano di accesso


fosse semplicemente in terra
battuta, cos come risultata
al momento delle indagini.
Lambiente fu interessato
da unintensa occupazione sepolcrale. Le tombe rinvenute
allinterno dellambiente absidato si possono inquadrare
nellambito di una prima risistemazione dello spazio,
quando fu parzialmente asportato il pavimento musivo per
lo scavo delle due sepolture (t. 8. - Saggio I, amb. 1, tombe 13 e 14.
13 e 14), disposte parallelamente nella porzione O del vano (fig. 8).

42
43

Per laccumulo 1012 cfr. infra.


Per unanalisi dettagliata del pavimento in mosaico cfr. infra il contributo di A. Rocco.

9. - Saggio I, amb. 1: a) iscrizione musiva, b) iscrizione musiva, restituzione grafica.

La tomba 13 si presentava come una fossa terragna monosoma rivestita da muretti a


tufelli ed era chiusa con tegoloni disposti a doppio spiovente sormontati da conglomerato
cementizio e blocchi di tufo. Il fondo era costituito da un piano di quattro tegole capovolte
e disposte orizzontalmente.
La vicina tomba 14, anchessa del tipo a fossa monosoma con le pareti interne rivestite
in muratura a blocchetti di tufo, si differenzia dalla precedente in particolare per il sistema
di chiusura, costituito da tre lastroni di calcare disposti orizzontalmente 44 e ricoperti in superficie da conglomerato cementizio in cui era allettata una lastra marmorea, che definiva
superficialmente lintera sepoltura.
Analogamente, in sostituzione del pavimento musivo, dopo la chiusura della tomba 13,
fu realizzato un nuovo piano di calpestio costituito dalla giustapposizione di elementi laterizi e marmorei di reimpiego.
Nellangolo S-O, inoltre, si mise in opera un secondo rivestimento musivo, imitante il
motivo decorativo del mosaico precedentemente asportato, ma realizzato in maniera pi
grossolana 45 (1144). Il ripristino del mosaico da porre in relazione con la fruizione della
tomba 14, dal momento che esso si sovrappone in parte agli elementi di chiusura (fig. 9a).
Nello spazio risultante tra la tomba 14 e il muro O dellambiente (1005) fu scavata
unaltra sepoltura a fossa (t. 21) 46.
La struttura, di dimensioni piuttosto esigue, era delimitata internamente dalla fondazione della USM 1005 e dal muro O della tomba 14, che furono contestualmente rivestiti
di intonaco. Il fondo era costituito da una serie di laterizi frammentari disposti a formare
un piano orizzontale. La chiusura, analoga a quella della tomba 14, era formata da tre
spesse lastre calcaree sistemate in orizzontale.
Sulla superficie delle lastre fu posta uniscrizione musiva (fig. 9a-b), rinvenuta in condizioni di estrema lacunosit. Essa sembra si possa inquadrare nellambito della serie di
epigrafe cristiane canosine costruite con espressioni variate sul verbo quiescere, testi, nella
maggior parte dei casi, provvisti di data consolare e che si possono inquadrare nella prima
met del VI secolo 47. Di particolare rilievo il fatto che, per quanto riguarda laspetto tec44

Anche il fondo era costituito da una serie di spesse lastre calcaree.


Cfr. infra le osservazioni di A. Rocco.
46 La tomba stata indagata solo parzialmente, per preservare il mosaico con iscrizione,
conservatosi su una delle lastre di chiusura.
47 Lespressione hic requiescit (in pace), preceduta da croce, come documentata nelle
45

10. - Saggio I, amb. 7, tombe 9, 19 e 18/20 e fosse 1142, 1027 e 1014.

nico-esecutivo, liscrizione musiva non trova per ora confronto in ambito regionale in epigrafi di carattere sepolcrale, anche se la stessa tecnica risulta attestata in iscrizioni votive 48.
iscrizioni canosine, un elemento frequente nellepigrafia funeraria cristiana a partire soprattutto dal V secolo. Le attestazioni sono ovunque molto numerose. Anche nellambito della
stessa regione e nella vicina Campania frequentemente documentata: a Lucera, Venosa,
Eclano, Benevento e Capua. Cfr. rispettivamente Carletti 1983, p. 437; Colafemmina 1976, pp.
151, 159-161; ICI, VIII, nn. 39-41, 44-47, 49-58, 61, 66-69, 75-76, 79 (per Eclano, dove
molto frequente lespressione hic requiescit in somno pacis) e nn. 6, 8-11, 14, 16-17, 21 (per
Benevento); CIL, X 4496-4502, 4505, 4507-4508, 4510-4511, 4514, 4518-4519, 4525, 4528,
4533, 4547-4548 (per Capua, anche in questo centro molto diffuso lhic requiescit in somno
pacis). Dopo hic requiescit forse si pu ipotizzare lespressione sanctae memoriae, che ricorre
in quattro titoli canosini (Cfr. ERC 69, anno 519; ERC 149, anno 520; ERC 168, anno 529;
ERC 166, anno 549) tutti inquadrabili nella prima met del VI secolo. Tale uso, effettivamente
sporadico nelle altre aree di attestazione, sembra sulla base della documentazione attualmente
disponibile- utilizzato a Canosa in maniera pi sistematica. A questo proposito mi sembra interessante sottolineare che uniscrizione sepolcrale cristiana di Venosa (Colafemmina 1976, pp.
157-159), datata nellanno 503, presenta la medesima espressione relativamente a un altro personaggio femminile (Hic requiescit sancte memoriae Leontia), confermando la diffusione di
questo tipo di elogio nellarea in esame, nella prima met del VI secolo.
48 Nella pavimentazione musiva rinvenuta a Lucera, datata nel V-VI secolo (Carletti 1983,
p. 428-433) e in quella del soccorpo della cattedrale di Bari, la cui cronologia risulta in realt
ancora dibattuta tra il VI e lVIII secolo (Vd. Bertelli 1994, pp. 43-63; Otranto 1988, pp. 509510 e Caillet 1993, pp. 12-17.). Frammenti molto esigui di una iscrizione votiva o dedicatoria in mosaico provengono anche dal battistero di Venosa (Colafemmina 1976, pp. 155-156).

148

GIULIANO VOLPE ET ALII

Anche il vano quadrangolare (amb. 7) fu occupato da sepolture che interessarono


larea in due fasi distinte (fig. 10). Le prime due strutture 49 trovarono spazio una presso il
limite O (USM 1005) dellambiente, disposta in senso E-O (t. 19), e laltra lungo il muro
perimetrale E (1023), con orientamento N-S, in due piani sovrapposti (t. 18/20). Esse
erano destinate a deposizioni monosome di adulti.
Entrambe le sepolture sono state trovate intatte, perch protette dalle tombe riferibili
alla seconda fase, sistemate nellarea occupata dalle precedenti (rispettivamente t. 9 e 10).
Inoltre, tra le due fasi sepolcrali lambiente fu interessato da un consistente riporto di
terra 50, che port allobliterazione delle tombe 19 e 18/20 e costitu linterro in cui si praticarono i tagli per le fosse delle tombe 9 e 10. Le nuove strutture sepolcrali furono sovrapposte alle precedenti, ma nel caso della tomba 9 con un cambio di orientamento rispetto alla 19 51.
Anche nella seconda fase si realizzarono dunque sepolture a fossa foderate internamente con muri di rivestimento, che dovevano sostenere elementi di chiusura posti in
piano, come nel caso delle tombe sottostanti, che dovettero per essere asportati nel corso
della violazione. La tomba 9 fu interessata da una serie di tre inumazioni di adulti sovrapposte tutte con il medesimo orientamento 52, mentre la 10 riferibile a una deposizione infantile.
La vocazione funeraria dellarea in esame risulta chiaramente dimostrata dalle sepolture che interessarono lambiente absidato e il vano quadrangolare in una serie di momenti
successivi. Un elemento utile alla definizione cronologica degli ambienti e, pi specificamente, alla loro fruizione sepolcrale fornito dalla moneta riferibile allet di Giustiniano
I 53, rinvenuta in connessione con linumato della tomba 20 e quindi con la serie di strutture relative alla prima fase sepolcrale dellambiente 7. Sulla base delle indicazioni finora
raccolte si pu ritenere quindi che la fruizione sepolcrale di questultimo vano sia da porre
in un momento successivo alla met del VI secolo, forse quando lambiente 1 era gi stato
completamente occupato da tombe.
Resta tuttavia da chiarire quale fosse la prima destinazione dellambiente 1, dal momento che come si detto le pi antiche sepolture individuate (t. 13 e 14) sono riferi-

49 Entrambe le tombe furono realizzate praticando fosse quadrangolari nel terreno, rivestite
allinterno la tomba 19 con lastre calcaree e la tomba 18/20 con muri in piccoli blocchi di tufo
(1149). La deposizione della tomba 20 posa su un piano in laterizi (1168). La tomba 19 stata
trovata chiusa da due spesse lastre di calcare poste orizzontalmente (1115), una sistemazione
analoga stata riscontrata anche nella tomba 18/20 (1140).
50 US 1052: laccumulo, di composizione terrosa con notevoli inclusi di malta, presenta una
superficie piana e con andamento orizzontale.
51 Si sottolinea inoltre che la sovrapposizione della tombe 9 rispetto alla 19 solo parziale,
poich interessa solo langolo S-E di quella. La tomba 10 invece fu collocata direttamente al di
sopra della 18/20.
52 Il capo era posto in tutti i casi a sud; il taglio per la realizzazione delle fosse 1027 e 1142
(per le quali vd. infra il contributo di P. De Santis) comport lasportazione della porzione S
della tomba e, quindi, della parte superiore del corpo di tutti gli inumati. Nel corso dello scavo
si individuato anche uno solo dei lastroni in calcare che costituivano il piano su cui poggiava
la prima deposizione.
53 MIB I, n. 246 e p. 75 (cinque nummi di Giustiniano I (542-565): D/ busto rivolto a destra,
R/ V entro corona).

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

149

bili ad un riassetto del vano, che comport la parziale asportazione del pavimento in mosaico. Il piano pavimentale del vano absidato nella prima fase risulterebbe distinto in due
parti: quella O, delimitata dai muri rettilinei, in mosaico 54 e quella E, corrispondente
allabside, in terra battuta. Nellipotesi di una destinazione funeraria anche nella fase dimpianto, ipotesi che, allo stato attuale delle conoscenze, sembrerebbe essere la pi verosimile date anche la conformazione e le dimensioni dellambiente, si potrebbe ipotizzare la
presenza di una cassa lapidea sistemata nella zona absidale. Si tratterebbe in sostanza di
una cappella sepolcrale in cui alla sepoltura primaria sarebbero in seguito state affiancate
una serie di tombe terragne, che andarono progressivamente a occupare la stessa aula absidata, nonch il vano antistante 55.
D.N.
4.2. Il pavimento musivo dellamb. 1. Nellambiente absidato sono stati rinvenuti frammenti considerevoli di un rivestimento pavimentale in mosaico policromo a disegno geometrico 56 (fig. 11).
Il tappeto A (USR
1055) costituisce con
ogni probabilit la pavimentazione dimpianto
dellambiente. Del mosaico si conservano soltanto due frammenti non
contigui lungo i due
muri rettilinei 1005 e
1007, che delimitano ad
O ed a N lambiente 57. Il
motivo decorativo ricostruibile dunque solo
in relazione alla sua
parte pi esterna (fig. 7).
La cornice caratterizzata
da cerchi formati
11. - Saggio I, amb. 1, resti musivi.
54 La presenza di un pavimento musivo in tutta larea delimitata da muri rettilinei documentata da una serie di lacerti che interessano il bordo dello spazio in questione fino allinnesto del muro absidale (cfr. infra il contributo di A. Rocco).
55 Una situazione analoga stata riscontrata nellambito della cd. basilichetta di S. Sofia
della necropoli del Ponte della Lama a Canosa, in realt una basilica funeraria, che presentava
al centro dellabside un sarcofago in pietra, ritenuto la sepoltura pi antica e importante
dellambiente, e una serie di tombe (a cassa laterizia e a fossa terragna) aggiunte successivamente in diverse fasi (cfr. Cassano 1992, pp. 873-876).
56 Il consolidamento del mosaico, rinvenuto in condizioni fortemente lacunose, stato realizzato da Velia Polito.
57 Il primo frammento una stretta fascia che corre lungo tutto il muro 1007 e si estende
presso langolo nord occidentale dellambiente (cm 305 x 45). Il secondo frammento si trova a
cm 43 a S del precedente lungo il muro 1005 (cm 36 x 40).

150

GIULIANO VOLPE ET ALII

da coppie di sinusoidi allacciate 58. Il fondo costituito da tessere in materiale lapideo e


marmo bianco 59 di circa un centimetro per lato, disposte su file regolari parallele allandamento del muro di fondo (1005). I cerchi sono realizzati con tessere di piccole dimensioni
(cm 0,5 x 0,5) disposte in modo concentrico, in prevalenza in pasta vitrea e marmo di colore rosso e amaranto, con numerose tessere in pasta vitrea verde, azzurra e blu. Le sinusoidi, campite con una fila di tessere marmoree rosate, due file in tessere marmoree amaranto e tre file in tessere lapidee bianche 60 sono disegnate da una fila di tessere lapidee
nere.
In corrispondenza dei punti di intersezione tra le sinusoidi, sia allinterno che
allesterno della cornice, tessere lapidee nere, di circa un centimetro per lato, disegnano
fiori quadripetali.
Un secondo motivo decorativo allinterno dello stesso tappeto stato individuato nel
tratto pi orientale del muro 1007 ed delimitato ad E dal pilastrino 1103 61. Lesiguit del
frammento conservato permette solo in parte di ricostruire il disegno che sembra estendersi in senso perpendicolare al muro settentrionale dellambiente. Esso caratterizzato da
una duplice cornice in tessere verdi e bianche su uno sfondo in tessere rosse e dalla presenza di un rombo allungato il cui perimetro disegnato da tessere bianche 62. Quasi tutte
le tessere utilizzate in questo riquadro sono in pasta vitrea di vari e sfumature di colore e
misurano cm 0,5 per lato. Labilissime tracce (USR 1176) dello stesso motivo decorativo
sono state individuate presso il lato opposto dellambiente lungo il muro meridionale. Si
tratta di un unico filare di tessere in pasta vitrea verdi ed azzurre, parzialmente coperte dal
pilastrino 1104 63.
Lordito e la disposizione del disegno sembrano confermare lipotesi che il tappeto
musivo dellambiente fosse limitato alla zona compresa tra i muri rettilinei. La cornice a
losanghe chiude infatti il rettangolo cos delimitato e si pone come elemento di separazione fra due diversi tipi di pavimentazione 64.
Il motivo a sinusoidi allacciate trova confronti 65, anche se non stringenti, nella stessa
Canosa, a Venosa e nella vicina Barletta 66, mentre per il motivo a losanghe si pu soltanto

58

Balmelle et al. 1985 pl. 68 b, d.


In realt le tessere bianche hanno tonalit cangianti dal giallo al rosa.
60 Il numero di tessere per cm2 100 pari a 73. La preparazione del piano pavimentale costituita da due strati dello spessore complessivo di cm 7.
61 Il riquadro misura circa cm 18 x 50. Potrebbe trattarsi di un motivo a losanghe inscritte in
rettangoli simile a Balmelle et al. 1985 pl. 18, a.
62Le tessere di colore bianco sono in materiale lapideo e marmo, quelle di colore rosso/amaranto sono per lo pi in marmo ma anche in pasta vitrea. Le tessere verdi e blu, in diverse sfumature sono in pasta vitrea. Alcune tessere presentano un rivestimento in foglia doro.
63 Il lacerto ha forma ad L e misura cm 30 x 10.
64 Cfr. supra il contributo di D. Nuzzo.
65 I motivi decorativi del pavimento musivo dimpianto sono tra i pi diffusi nel repertorio
geometrico, sia dal punto di vista cronologico che geografico, di conseguenza sono state prese
in considerazione soltanto le altre attestazioni note in contesti archeologici vicini.
66 Pavimenti relativi allambiente sudorientale ed al vano adiacente allabside settentrionale
del nartece del battistero di S. Giovanni a Canosa, prima met VI secolo (Moreno Cassano
1976, pp. 312 314 , figg. 29 - 30 e 71 - 72). Pavimento della chiesa paleocristiana di Barletta,
met VI secolo (Giuliani 2000, pp. 166-176, figg. 7-9, 13, 15). Pavimento della navata centrale
59

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

151

supporre la somiglianza con alcuni brani musivi dei pavimenti di Canosa, Barletta e San
Giusto 67.
Un elemento di originalit nel panorama dei pavimenti musivi apuli di et tardoantica
rappresentato dalla scelta dei materiali e di conseguenza dalla gamma dei colori utilizzati. Luso delle paste vitree, pressoch esclusivo dei mosaici parietali, generalmente
messo in relazione ad un elevato livello qualitativo ed limitato nei mosaici pavimentali a
sottolineare alcuni particolari mediante luso di diverse gradazioni di colore 68.
Nella seconda fase di occupazione funeraria dellambiente la creazione delle tombe 13,
14 e 21, comport la parziale asportazione del pavimento musivo e la sua sostituzione con
un nuovo piano pavimentale in lastre di marmo ed elementi fittili e lapidei di reimpiego
(USR 1020).
Contestualmente fu realizzato il nuovo mosaico B (USR 1144), compreso tra il muro
1005 e la tomba 14 69, con il quale si cerc di ripristinare, anche se solo in una piccola porzione, limitata probabilmente alla fascia lungo il muro orientale, loriginario pavimento
evidentemente danneggiato durante lo scavo della sepoltura, riproponendone lo stesso motivo decorativo (fig. 9).
Nel lacerto conservato possibile notare alcuni indizi di una lavorazione meno accurata, quali la perdita della policromia in favore dellalternanza bianco/nero 70, luso esclusivo di tessere lapidee di grandi dimensioni, da uno fino a tre centimetri per lato, lo spessore ridotto della preparazione 71 e la resa pi grossolana del disegno sia delle sinusoidi che
dellunico fiore quadripetalo visibile.
La brusca interruzione del disegno geometrico nella parte orientale del frammento conservato testimonia un intervento di riduzione del mosaico per far posto alliscrizione musiva (frammento C) (fig. 9).
Il tappeto (USR 1073), pertinente alla t. 21 della quale copre parzialmente la chiusura
in lastre calcaree, completamente privo, nella parte conservata, di elementi decorativi.
Esso presenta una iscrizione su fondo bianco in lettere, formate da ununica fila di tessere
nere, di modulo abbastanza regolare. Tutte le tessere sono in materiale lapideo, hanno
forma irregolare e misurano cm 1,5 per lato.
Le lettere misurano cm 13 x 10, linterlinea costituita da due filari orizzontali di tessere bianche. Una bordatura in 5 file di tessere bianche separa liscrizione dal tappeto B,
che in piccola parte coperto dalla preparazione del mosaico successivo.

della basilica paleocristiana sotto la SS. Trinit a Venosa, fine VI secolo (Marchi - Salvatore
1997, pp. 149-151, figg. 168, 169, 172).
67 Si pu ipotizzare che il motivo si sviluppasse come nel motivo centrale del pavimento
dellambiente sudorientale del battistero di s. Giovanni a Canosa (Moreno Cassano 1976, p.
312, figg. 29 e 71), oppure come nel pavimento della zona antistante il presbiterio della basilica paleocristiana di Barletta (Giuliani 2000, pp. 161-163, fig.3), o ancora come nella cornice
del tappeto musivo della navata sud della chiesa paleocristiana A di San Giusto, met V secolo
(De Santis 1998, p. 164, fig. 226).
68 Maioli 1998, p. 67.
69 Le dimensioni massime conservate del pannello sono cm 36 x 34. Il numero di tessere per
cm2 100 52.
70 Sono presenti anche tessere rosate e grigie.
71 La preparazione del rifacimento composta da due strati per un totale di circa cm 4.

152

GIULIANO VOLPE ET ALII

La lettura proposta risente della forte lacunosit del tappeto:


H. .i c. re[quie]sc[i]t S[- - -]
[2]MONIS. [- - -]
Si notano dal punto di vista paleografico le E onciali e le S retroverse 72.
A.R.
4.3. Loccupazione dellarea a scopo abitativo (periodo II, amb. 1 e 14) 73
4.3.1. Trasformazioni dellambiente absidato (periodo IIA). Nel settore nord-orientale
dellambiente absidato, a ridosso del muro E (1004), fu collocata una struttura, realizzata
con blocchi irregolari di tufo legati da malta (1057) 74 funzionale probabilmente allalloggiamento di un focolare, come farebbero pensare le tracce di bruciato individuate sul piano
antistante la struttura (1109).
forse da mettere in relazione con questa fase di frequentazione dellambiente una
prima tamponatura del muro dingresso (1007) che restrinse sul lato orientale lapertura 75
(tav. II).
4.3.2. Trasformazioni del vano quadrangolare (periodo IIB). In un momento successivo, difficilmente determinabile cronologicamente, lingresso dellambiente absidato fu
definitivamente obliterato 76; evidentemente in questa fase lambiente doveva essere completamente in disuso.
Si pu forse mettere in relazione con la tamponatura dellambiente absidato anche la
chiusura del suo ingresso (1177); si tratta di un muro con andamento E-O che prolunga ad
O la struttura muraria 1013 77. La chiusura dellingresso N ne determin la risistemazione,
funzionale ad un cambiamento duso (tav. III).
In primo luogo il muro che delimitava ad E lambiente (1023) fu completamente rasato
fino al livello di fondazione. Un accumulo fu depositato nellarea che si estendeva a E del
72

Per un breve commento al testo si rimanda al contributo di D. Nuzzo supra.


In una fase intermedia sembra potersi collocare la realizzazione di alcune strutture individuate nel settore orientale del saggio indagate finora solo in modo estremamente parziale. Esse
presentano un orientamento N-E/S-O del tutto difforme rispetto agli altri ambienti dellarea in
corso di scavo e sono caratterizzate da un cospicuo reimpiego di scarti di fornace e materiale
ceramico; probabilmente in fase con queste strutture un basolato che si estende nel settore
orientale del saggio (1088) (fig. 12).
74 Dimensioni: m 1 x 0,30. Da notare anche il riutilizzo di un lacerto musivo, da riferire alla
pavimentazione originaria dellambiente.
75 La tamponatura (1107) comport il restringimento dellapertura originaria di circa 50 cm.
76 Lo spazio di risulta, riempito da una gettata di terra mista a materiale vario (1109), misurava circa 60 cm.
77 Il limite originario del muro ad O non pienamente visibile in quanto il limite del saggio
da questa parte non ne ha permesso lindividuazione. da notare il reimpiego nel paramento N
di una cornice modanata divisa in due frammenti solidali e contigui (dimensioni dei frammenti:
cm 47 x 14 e 28 x 13).
73

TAVOLA II

154

12. - Saggio I, basolato 1088 e fossa 1127.

GIULIANO VOLPE ET ALII

13. - Saggio I, amb. 14, battuto 1038.

muro 1023 su quasi tutta la superficie del saggio I (1036, 1042). possibile pensare ad
una vera e propria azione di riporto volontario finalizzata al livellamento di strutture preesistenti ed alla posa in opera di nuovi elementi murari; questo strato costitu un livello di
calpestio in fase con i cambiamenti nellorganizzazione dello spazio e la creazione di
nuove strutture 78.
Sul lato meridionale lambiente sub un restringimento con la costruzione di una struttura muraria (1011) 79. Era probabilmente in continuit con questa struttura il muro 1037
che ne prolunga verso E landamento pur non essendo in continuit fisica con essa, infatti
entrambi si appoggiano al muro rasato 1023 80. Infine, sul lato orientale unaltra struttura
muraria (1024), legata a 1037, costituiva la parete di fondo di questo nuovo ambiente, sul
quale si apriva lingresso e di cui si conserva un solo filare 81.
In sintesi si pu dunque dedurre che venne a crearsi un nuovo ambiente (amb. 14), presumibilmente con funzione abitativa, delimitato in parte da strutture preesistenti evidentemente ancora visibili (a N i muri 1013, a O 1005), e in parte da strutture costruite ex novo
(i muri 1011 e 1037 a S, 1024 a E) 82. Lambiente, di forma rettangolare (misure interne m
6,20 x 3,20), aveva laccesso sul lato corto orientale (tav. III).
In fase con questa nuova organizzazione dello spazio un battuto pavimentale, costituito da terra e malta (1038), che si estendeva direttamente sullo strato in cui erano state
tagliate le tombe 9 e 10 (1052), nella zona corrispondente al primitivo vano quadrangolare
(amb. 7) 83. Da rilevare la presenza di evidenti tracce di bruciato e di cenere nellangolo

78

Vd. infra.
Il muro, che presenta un andamento E-O, costituito da filari orizzontali di blocchi di
tufo di varie dimensioni, alcuni dei quali spianati sulla faccia a vista, legati da malta terrosa.
80 Il muro 1037 costituito da un allineamento suborizzontale di conci lapidei, anche di
reimpiego.
81 Esso realizzato con un allineamento abbastanza orizzontale di blocchi tufacei di grandi
dimensioni, alcuni di essi sicuramente di reimpiego.
82 Il fenomeno del riadattamento di edifici pi antichi a scopo abitativo e quello del recupero di materiale edilizio ampiamente documentato in et altomedievale. Cfr. soprattutto per
quanto riguarda lItalia centro-settentrionale, Brogiolo 1996, p. 82 e Gelichi 1997, pp. 200-205
con bibliografia.
83 Cfr. supra il contributo di D. Nuzzo.
79

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

155

nord-occidentale dellambiente, a ridosso dei muri 1005 e 1013; da sottolineare il rinvenimento di frammenti di laterizi con la superficie bruciata in corrispondenza di queste tracce
di combustione. ragionevole ipotizzare che, in questo settore dellambiente, fosse collocato un piano di cottura, forse costituito da un piano di laterizi poggiato direttamente sul
battuto di terra 84 (fig. 13).
Anche il settore meridionale delloriginario ambiente quadrangolare sub una radicale
trasformazione; con la costruzione del muro 1011 si ricav un vano rettangolare delimitato
a S dal muro dellambiente absidato con le relative tamponature 85 e ad E dal preesistente
muro 1023. Allinterno di questo spazio vennero realizzati due fosse: in un primo momento fu realizzata la fossa nel settore occidentale (1027) che fu ulteriormente delimitata,
sui lati occidentale e orientale, da strutture murarie costruite contro terra (1039, 1016) 86.
Ad un momento successivo da riferire la fossa delladiacente settore ad E (1142):
questa sfrutt le strutture preesistenti (1007, 1023), ma sul lato settentrionale, forse per
motivi statici, fu accostato al muro 1011 una struttura muraria di esigue dimensioni
(1030) 87.
Allincirca sullo stesso allineamento delle fosse 1142 e 1027 furono realizzate, nel settore orientale del saggio, altre due strutture ipogee (figg. 10 e 12); allestremit orientale
del muro 1037, dunque allesterno del nuovo vano abitativo, si appoggi una fossa di
forma quadrangolare rivestita da una struttura muraria (1014) 88.
Lultima struttura di questo tipo che occup lo spazio esterno allambiente, stata individuata in prossimit del limite orientale del saggio (1127) (fig. 12); il taglio per la realizzazione della fossa (1165) intercetta il basolato che si estende nel settore orientale del
saggio asportandolo (1088) 89. La struttura muraria che riveste la cavit, sempre di forma
quadrangolare costituita da filari di blocchi lapidei e tufacei spianati, questi ultimi anche
di reimpiego, generalmente di grandi dimensioni e legati con abbondante malta terrosa 90.
difficile definire con certezza la funzione di questa serie di strutture ipogeiche. Per
quelle poste allinterno dellamb. 14 (1142 e 1027) sembra pi probabile un loro utilizzo
84 A questo proposito cfr. infra le osservazioni sul riempimento 1033 della fossa 1142. La
mancanza di un sistema di riscaldamento centralizzato, sostituito da focolari disposti direttamente sul piano duso nellangolo dei locali, tipico delle abitazioni altomedievali e medievali; sistemi di questo tipo sono documentati in Puglia negli abitati medievali di Castel Fiorentino (Piponnier 1995, p. 187) e Herdonia (De Santis 2000, p. 64).
85 1007, 1107, 1108.
86 La profondit di questo spazio di ca. 1,70 m, le dimensioni interne di 1 x 0,80 m. La
creazione di questa fossa caus anche la parziale asportazione di una delle sepolture dellambiente con i relativi riempimenti (tomba 9); cfr. supra il contributo di D. Nuzzo.
87 La profondit di questo spazio di ca. 1,40 m, le dimensioni interne di 1,30 x 0,95 m.
88 La struttura 1014 realizzata contro terra ed caratterizzata dalla sovrapposizione approssimativamente orizzontale di filari di dimensioni variabili. Misure dellimboccatura: 60 x
60-70 cm. La profondit complessiva della struttura di circa m 1,70. Il taglio per la realizzazione della fossa (1093) non intercetta lo strato vergine (1034, 1041), ma uno strato argilloso
caratterizzato, sul fondo della fossa, dalla presenza di tracce di bruciato (1067).
89 Cfr. supra nota 73.
90 Non stato possibile completare lasportazione dei riempimenti che obliteravano la struttura a causa delle sue dimensioni piuttosto esigue; la profondit massima evidenziata di 80
cm per un totale di 4-6 filari. Misure dellimboccatura: 50 x 55 cm circa.

156

GIULIANO VOLPE ET ALII

come latrine o fosse di scarico; lanalisi dei materiali restituiti dai riempimenti, derivati
presumibilmente da un accumulo graduale, orienta in tal senso. In particolare allinterno
della fossa 1142 stato rinvenuto un accumulo contenente numerosi frammenti di laterizi
con la superficie combusta (1033). Lattestazione cos significativa di questi frammenti di
laterizi potrebbe far supporre una relazione con il piano di cottura individuato nellambiente 14 (1038) 91; forse il materiale che lo costituiva, quando era ormai inutilizzabile, veniva gettato nella fossa 92. La tipologia delle fosse rinvenute allesterno dellambiente 14
(fosse 1014 e 1127) sembra invece orientare maggiormente verso una loro originaria funzione di immagazzinamento di derrate alimentari 93.
4.4 Abbandono e crolli (periodo IIIB). Ad una fase successiva da riferire il deposito di
accumuli derivati dallabbandono del sito e dai crolli delle strutture. Allinterno dellambiente absidato, dopo la sua definitiva tamponatura, si verific il crollo naturale delle strutture (1012); infatti laccumulo qui rinvenuto caratterizzato da unassenza quasi totale di
materiale ceramico e da una fortissima concentrazione di materiale edilizio derivato
dalla disgregazione delle strutture murarie
e dei rivestimenti parietali 94.
In tutta la zona orientale del saggio,
allesterno dellambiente 1, si deposit un
accumulo con caratteristiche piuttosto
omogenee (1025).
Nellarea compresa approssimativamente tra i muri 1005 a O, 1013 a N e
1011-1037 a S, stata individuata una stratificazione derivata dal crollo di una strut14. - Saggio I, crolli strutturati 1009 e 1010.
tura muraria; al di sopra di uno strato costi91

Cfr. supra in questo stesso contributo.


In generale negli strati inferiori di entrambe le fosse documentata la presenza anche di
ossa animali, frammenti ceramici e cenere; questultima potrebbe avvalorare lipotesi della latrina. Da segnalare il rinvenimento da uno dei riempimenti della fossa 1027 (1032) di una
coppa dipinta con ansa a nastro, frammentaria, riferibile ad et altomedievale. Strutture molto
simili alle fosse 1142 e 1027 sono state rinvenute nel saggio II (2087 e 2088). Cfr. infra il contributo di P. Favia. Limpiego di latrine costruite in muratura a ridosso delle abitazioni documentata in piena et medievale; la mancanza di esempi per let altomedievale in ambito urbano ha fatto ipotizzare che, in questa fase, fosse previsto un sistema di raccolta e trasferimento dei rifiuti fuori dalla citt. Gelichi 2000, p. 17.
93 A questa primitiva destinazione della struttura 1014 potrebbe essere riferito il rinvenimento, sul fondo della fossa, di un riempimento ricco di fibre vegetali (1061). Numerose fosse
granarie sono attestate, com noto, ad Herdonia e a Castel Fiorentino. Cfr. Ordona X, pp. 6465, 104, 110, 195, 543; Carofiglio-Rinaldi 1987, pp. 55-62; Piponnier 1995, pp. 187-188. Per
entrambe queste strutture si pu supporre una riconversione a fosse di scarico come documenta
la stratigrafia ivi rinvenuta caratterizzata, nei riempimenti inferiori, dalla presenza di materiale
ceramico, ossa animali e cenere.
94 Sono state infatti rinvenute numerose lastrine calcaree, relative al rivestimento della parte
inferiore del paramento interno e vari frammenti di intonaco dipinto, oltre che laterizi e blocchetti di tufo; cfr. supra il contributo di D. Nuzzo.
92

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

157

tuito prevalentemente da lastrine calcaree per rivestimento parietale (1019), si sovrapposto il crollo strutturato di una parete muraria costituita da filari regolari di tufelli legati da
malta e alternati a laterizi sovrapposti e paralleli (1009, 1010) 95 (fig. 14).
P.D.S.
5. Saggio II
5.1 Il complesso residenziale: costruzione e vita degli ambienti 3, 4 e 13 (periodo IB).
Le indagini di scavo concentrate nellarea occidentale del sito (saggio II) hanno portato
alla luce un gruppo di vani di forma pressoch allungata e di dimensioni simili, disposti in
successione regolare su assi paralleli N-S, secondo unarticolazione paratattica e priva, almeno in questa fase, di scansioni architettoniche interne (tav. I).
Nello sviluppo planimetrico del complesso si riconoscono i perimetri di tre ambienti,
mentre un quarto stato individuato parzialmente grazie alla lettura in superficie di alcuni
allineamenti murari, che lasciano prefigurare ulteriori sviluppi delle strutture architettoniche oltre i limiti dello scavo 96.
Da una lettura, tuttaltro che esaustiva, a causa dellincompletezza dello scavo, della
planimetria possibile isolare un organismo architettonico articolato in due vani (ambb. 4
e 13) 97 disposti ai lati di un probabile ampio cortile interno (amb. 3).
La corte rettangolare si estendeva quanto i due ambienti laterali (m2 67) con orientamento
N-S; il piano pavimentale era costituito da terra compattata mista a grumi di calcarenite, frammenti di laterizi e tritume di malta, mentre non certo gi in questa prima fase luso di lastre
di pietra allettate a secco. Laccesso al vano avveniva attraverso una grande apertura ubicata
sul fianco meridionale (m 5,40 di lunghezza) delimitata da stipiti monolitici (2078).
Lampio cortile consentiva il passaggio alla grande sala rettangolare posta a oriente
(amb. 13) 98 con unestensione di oltre m2 68, con lunghezza nord-sud di m 10 e larghezza
di m 6,80. Lambiente era dotato di almeno due ingressi: oltre al passaggio orientale di cui
si parlato precedentemente, si riconosce unapertura situata nel muro perimetrale nord,
successivamente tompagnata (2106) nella fase di ristrutturazione e ridefinizione funzionale del complesso 99, che consentiva laccesso agli ambienti non ancora indagati che si
sviluppavano nellarea settentrionale 100.
95 Il crollo, che in superficie presentava segni evidenti di arature, potrebbe forse essere riferito al muro 1013, posto immediatamente a N.
96 Lipotesi di una maglia architettonica molto pi ampia, corroborata dalla presenza a O,
di lacerti murari in crollo, a N dal rinvenimento, in un piccolo saggio di approfondimento (IIA)
del piano di preparazione di un mosaico e, infine dai risultati delle prospezioni geomagnetiche,
che segnalano strutture nellarea occidentale e settentrionale del complesso.
97 Dellambiente 4 non si hanno dati relativi a questo primo impianto dal momento che lo
scavo ha interessato solo le fasi di frequentazione tarda, cfr. infra C. Annese.
98 Dellingresso si conserva una soglia in calcare (2063; misure m 1,20x0,45) delimitata da
due stipiti realizzati in tufelli; sulla lastra sono visibili quattro fori per lalloggiamento dei cardini di una porta che verosimilmente doveva essere a doppio battente.
99 Cfr. infra P. Favia, periodo ID.
100 Non stata riconosciuta alcuna apertura certa pertinente il passaggio al corridoio situato
a E dellambiente. Lanalisi dei blocchi monolitici (2114) posti a m di rattoppo nel muro perimetrale est (2001), in appoggio con il muro di delimitazione nord (3010) dellaula absidata 2,
che inizialmente hanno fatto supporre lesistenza di un terzo grande varco, ha consentito di

15. - Saggio II, amb. 13: a sinistra resti del pavimento musivo; in alto disegno del motivo decorativo.

Il pavimento originario dellambiente era costituito da un mosaico policromo (2053) conservato, in maniera lacunosa, solo nella parte sud-occidentale del vano (fig. 15), in aderenza con il
muro di delimitazione ovest dellambiente (2043).
La ricostruzione del motivo geometrico consente
di riconoscere due linee doppie di tessere nere che
delimitano una fascia di triangoli e rombi contrapposti, in tessere nere e rosse, su un campo di tessere bianche 101. Un tessellato in tessere
bianche segna il passaggio a una seconda bordura geometrica, visibile in traccia, costituita
da coppie di sinusoidi allacciate formanti una fila di cerchi, in tessere bianche, nere, rosse
e giallo-ocra 102.
Per quanto riguarda invece la tecnica costruttiva impiegata, le opere murarie che definiscono tutti gli ambienti presentano unapparecchiatura omogenea riconducibile ad un
progetto edilizio coerente.
Non sembra vi siano vistose differenze rispetto alle tecniche attestate negli altri impianti paleocristiani presenti in citt 103: conservate per unaltezza media di cm 80 e con
uno spessore medio di cm 70, le strutture sono prevalentemente costituite nella parte inferiore da grossi blocchi monolitici di carparo, squadrati e spianati su tutte le superfici in
modo da poter essere disposti tramite letti di posa di pochi millimetri di spessore, e nella
parte superiore da cortine di tufelli di piccole dimensioni apprestati in corsi piuttosto rego-

percorrere una seconda ipotesi pi verosimile. Sul paramento interno del 2001, in corrispondenza del tratto finale sud-orientale, si riconosce la traccia in negativo dellinnesto o appoggio
di una struttura, in perfetto allineamento con il muro 2078; questo indizio di rilavorazione dei
blocchi potrebbe denunciare la presenza del perimetrale sud del vano 13, smontato nel periodo
ID per la creazione dellambiente 11 e lampliamento degli spazi abitativi (Cfr. infra il contributo di P. Favia). Un breve tratto di questa muratura (2116) stato intercettato inoltre allinterno della fossa settentrionale 2087 e riutilizzato come struttura perimetrale della stessa cisterna. Con questa linea interpretativa si confermerebbe la configurazione planimetrica del
primo impianto del complesso che vede delinearsi a S un fronte omogeneo lungo un unico asse
E-O. Si tratta tuttavia solo di unipotesi verificabile con le prossime indagini.
101 Balmelle et al. 1985, pl. 15d.
102 Balmelle et al. 1985, pl. 68a. I motivi decorativi individuati nel pavimento dellambiente
si rifanno a un repertorio geometrico molto comune e pertanto sono adoperati per un lungo periodo di tempo in quasi tutte le regioni dellImpero.
103 Si vedano in proposito la basilica di San Leucio (Cassano 1992, 841-856) e il battistero
di San Giovanni (Cassano 1992, 857-866)

16. - Saggio II, amb. 13: lastra di copertura


della tomba 15 con risarcimento del pavimento musivo.

17. - Saggio II, amb. 13: particolare dellinterno della tomba con bottiglia vitrea di corredo.

lari, legati da malta molto dura. Frammenti di tegole e mattoni sistemati a coltello nei
giunti e prevalentemente in piano nei letti di posa documentano lutilizzo di zeppe per regolarizzare e assicurare i contatti. Il nucleo realizzato in scaglie di tufo e frammenti di tegole e laterizi legati dallo stesso tipo di malta.
Poco sappiamo dei rivestimenti, che dovevano comunque essere costituiti, se non da
intonaci affrescati, almeno da lastre sottili di calcare, rinvenute in numero rilevante nei
crolli, e di marmo che verosimilmente scandivano la parte inferiore delle pareti.
5.2. Realizzazione della tomba 15 e restauro del mosaico (periodo IC). Un ruolo importante
gioca in questa fase una tomba isolata (t. 15), situata presso langolo N-E dellaula, in appoggio al muro di delimitazione est dellambiente (2001) e per la cui realizzazione si asport
una parte del pavimento musivo. Successivamente, per risarcire la porzione di mosaico
asportato, si intervenne con un restauro dal risultato estremamente grossolano sia per luso di
materiali poveri, sia per la tecnica esecutiva incerta. Questa nuova realizzazione documentata dal rinvenimento sulla lastra di copertura della tomba del nuovo massetto di allettamento
e di un piccolo lacerto musivo in tessere bianche (2052; fig. 16).
La tomba, a cassa in muratura di esecuzione molto accurata e disposta in senso E-O,
era coperta da ununica lastra litica regolare di grande pezzatura (2085), sagomata sui
quattro lati mediante una rifinitura a scalpello (misure m 2,18x0,82x0,15); le pareti, prive
di rivestimento, erano costituite da blocchi di tufo sormontati da filari di laterizi allettati in
malta molto compatta, il fondo era rivestito da lastrine in maggioranza marmoree tagliate
irregolarmente e da frammenti di laterizi, disposti a secco in modo irregolare.
Allinterno dellampia cassa era sepolto un individuo adulto con il capo rivolto ad O,
con una bottiglia di vetro deposta allaltezza della spalla destra, quale unico dono funebre
e una fibula ad anello chiuso in bronzo, con semplice ardiglione, pertinente, probabilmente
allabbigliamento personale (fig. 17).

160

GIULIANO VOLPE ET ALII

Se per la fibula non possibile fornire una precisa indicazione cronologica, per la bottiglia utile il richiamo al vasto repertorio morfologico inquadrabile tra il V e il VI secolo.
Nel caso specifico, dunque, non si tratta di una sepoltura occasionale che denuncia la
cessata funzionalit dellimpianto, ma un intervento mirato, compatibile con la frequentazione dellambiente, se si decise di restaurare la pavimentazione con un nuovo allestimento musivo 104. Le dimensioni rilevanti, i caratteri costruttivi, il corredo e da ultimo la
posizione isolata rispetto alle altre deposizioni 105, centrale nella sua collocazione allinterno del complesso, evidenziano la particolare importanza di questa struttura sepolcrale.
Le indagini in corso sullarea non hanno ancora esaurito la stratificazione archeologica, soprattutto per la fase di primo impianto; inoltre luniformit delle tecniche costruttive e la povert dei manufatti ceramici rendono problematica una definizione sia cronologica sia funzionale di questo complesso.
Di grande rilievo il problema della destinazione primaria degli ambienti: se per lambiente 13, nella sua iniziale fase di progettazione, non disponiamo di indicatori evidenti di
attivit, le dimensioni e il ricco apparato decorativo consentono di ipotizzare luso dello
spazio come aula di rappresentanza e di ricevimento, utile allespletamento di tutte quelle
attivit, assistenziali e cultuali, che dovevano svolgersi nel complesso paleocristiano. Daltro canto, queste funzioni non sembrano mutare con la ristrutturazione di fine V inizi VI
d.C. (periodo IC), quando la realizzazione della tomba 15 e il restauro del pavimento a
mosaico non solo non condizionano lorganizzazione interna degli spazi, ma rendono
compatibile la coesistenza di attivit amministrative e cultuali con funzioni pi specificamente sepolcrali.
D.L.
5.3. Ristrutturazione del complesso edilizio: costruzione degli ambienti 8, 9 e 11 (periodo
ID). La componente costruttiva costituita dagli ambienti 3 e 13, cos come era venuta a
conformarsi nella fase IB, fu profondamente modificata nella sua configurazione planivolumetrica in un successivo momento di occupazione. In particolare il vano 13 venne sottoposto a una complessa ristrutturazione che ebbe quale suo esito la creazione di tre nuovi
spazi legati a mutate funzioni duso. La rinnovata organizzazione spaziale fu ottenuta in
parte attraverso ledificazione di ulteriori elementi architettonici, in parte mediante lintervento, anche distruttivo, sulle strutture preesistenti. Nel dettaglio, due setti murari paralleli
e tipologicamente omogenei, in asse E-O (2017 e 2044-2045) furono attestati sulle murature perimetrali orientale e occidentale dello stesso vano 13, creando una suddivisione
della sua ampia estensione primitiva. Sul fronte meridionale venne invece ampliata la superficie utilizzabile come interno, probabilmente attraverso la rasatura del muro sud dello
stesso vano, che originariamente doveva porsi in continuit e in allineamento con lUS
2078 106; il nuovo spazio chiuso, cos allargato, fu definito inoltre con la messa in opera di
104 A questa stessa fase sono riconducibili le ristrutturazioni che riguardano lamb. 1, dove
con modalit analoghe si ripristina il mosaico tagliato per la realizzazione delle due tombe ipogee: cfr. supra lanalisi di D. Nuzzo.
105 Cfr. infra il contributo di M. Turchiano.
106 Del primitivo ipotetico sviluppo della cortina muraria meridionale del vano 13 (si veda
supra fase IB), come si detto, recuperabile una testimonianza (2116) allinterno di una

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

161

due setti murari di andamento N-S, in sostanziale prosecuzione dellallineamento delle


cortine est ed ovest dellambiente 13 (rispettivamente 2114 e 3021), che realizzarono inoltre un collegamento strutturale con lambiente absidato 2. I setti murari di nuova costruzione presentano caratteristiche tecniche e tipologiche non distanti da quelli della fase precedente, utilizzando nei paramenti grossi blocchi tufacei squadrati, tufelli e frammenti laterizi come zeppe 107.
Con tali interventi si crearono dunque tre vani giustapposti (da N a S, rispettivamente
8, 9, 11, tav. II), approssimativamente rettangolari, lunghi sullasse E-O quasi 7 m e di larghezze rispettive di 3,50, 4 e 4,10 m (con superfici dunque di circa 24, 28 e 29 m2). Nella
stratigrafia interna agli ambienti sono riconoscibili i processi di crollo delle coperture in
laterizio e degli elevati (rivestiti da lastrine lapidee), verosimilmente in gran parte conservati dallimpianto pi antico 108.
La ristrutturazione edilizia del vano 13 comport anche una trasformazione degli accessi e dei percorsi interni, dei livelli e dei piani di calpestio, rispetto allassetto precedente. Per quanto riguarda il vano 8, con tutta probabilit in questo momento fu tompagnata (2106) lapertura esistente nel muro nord 2002, che precedentemente garantiva laccesso e luscita dal fronte N dellambiente 13; la comunicazione con lesterno venne dislocata ad O, con un ulteriore procedimento di rasatura delle strutture pi antiche, che interess in questo caso il muro 2005-2049, finalizzato a realizzare un ampio varco di collegamento con lambiente 3, calcolabile sui 3 m, mentre non fu aperto alcun passaggio con
il giustapposto vano 9. Per quanto concerne il piano duso non vi sono tracce di sistemazione particolare; possibile dunque che sia stata parzialmente riutilizzata la precedente
pavimentazione musiva, forse con qualche aggiustamento di cui alcuni frammenti laterizi
e lapidei, in posizione di giacitura orizzontale, potrebbero rappresentare la traccia.
Il vano 9 prospettava anchesso sullo spazio 3; laccesso allambiente riutilizzava infatti la preesistente apertura, marcata dalla soglia 2063 dellambiente 13, forse allargata,
fino a circa 3 m, anche in questo caso mediante un processo di rasatura delle creste murarie, specificatamente riguardante la struttura 2043. Pure in questo vano, con tutta probabilit, la quota duso non dovette essere modificata rispetto a quella dettata dal mosaico pertinente alla precedente fase di occupazione; inoltre, sempre a tale quota, fu installata,
nellangolo nord-orientale del vano, una struttura identificabile come un focolare (fig. 18),
di forma trapezoidale, costituito da un cordolo perimetrale in blocchi tufacei e da un piano
argilloso (2065) con allettamento di frammenti laterizi; al centro della struttura si colloca

fossa (2087), aperta successivamente nellamb. 12 (vedi infra); inoltre possibile peraltro
scorgere le tracce, alle estremit meridionali dei muri 2001 e 2048, della rilavorazione dei
blocchi che originariamente svolgevano funzione angolare nello sviluppo delle cortine murarie
dellambiente 13.
107 I muri presentano inoltre una struttura a sacco ben definita. Una differente tessitura muraria riscontrabile nel setto US 3021, conservato peraltro per il solo primo filare, che mostra
grossi e lunghi blocchi tufacei squadrati, messi in opera di testa, ovvero con il lato corto
sulla facciavista, legati fra loro in maniera sommaria.
108 Le nuove strutture murarie e i relativi strati di vita non paiono installarsi su livelli di obliterazione o distruzione della fase precedente. dunque possibile che questa ristrutturazione sia
stata una scelta meditata di modifica degli spazi preesistenti, ancora forse in uso; solo sul
fronte meridionale lintervento appare strutturalmente e staticamente pi impegnativo.

162

GIULIANO VOLPE ET ALII

un blocco circolare, con foro centrale,


forse un elemento architettonico reimpiegato. Il resto strutturale in elevato (2046)
costituito da un muretto in mattoncini,
concluso alle estremit da blocchi tufacei
squadrati, posti in forma di pilastrini 109.
Dal vano 9 si accedeva allambiente
11, tramite un varco largo quasi 2 m, dotato di un piano duso pi elevato di circa
20 cm rispetto a quello del vano settentrionale. Lambiente 11, creato, come si gi
accennato, attraverso la rasatura di una
18. - Saggio II, amb. 9: focolare situato nelprecedente muratura di chiusura meridiolangolo nord-orientale.
nale dellambiente 3 e con linstallazione
di due nuovi setti murari di andamento N-S, 2114 e 3021, non presenta passaggi diretti
con lesterno, risultando dunque il pi interno e riparato ambiente fra quelli di nuova formazione. Nellangolo sudorientale del vano si situa un focolare (2090, 2091) dalle caratteristiche tecniche e costruttive pressoch analoghe a quelle della struttura per il riscaldamento del vano 9, rispetto alla quale si colloca in posizione simmetrica 110. Peculiare invece di questo ambiente la nuova pavimentazione (2049, fig. 19 a-b) posta in opera in
questa fase. Il piano costituito da pietre squadrate e da laterizi, disposti secondo un ordito
accurato e geometrizzante; tre file parallele di lastre calcaree, ordinate secondo un andamento E-O e dislocate lungo le pareti e lungo lasse mediano del vano, e una quarta, ortogonale alle prime e in asse con lingresso, definiscono una serie di riquadri, campiti da laterizi. Le terrecotte impiegate in tale tessuto pavimentale sono di due tipi diversi, uno quadrato con lato di 30 cm, laltro rettangolare (cm 42x20). I mattoni quadrati, riportano,
quasi nella met dei casi, un monogramma con bollo, identificabile con quello del vescovo
canosino Sabino (fig. 20), realizzato da matrice 111. Anche sul secondo modulo vi un caso
di incisione, realizzata a fresco, di un segno grafico, leggibile come P 112.
I ritrovamenti di mattoni recanti il bollo episcopale assommano ormai a diverse unit
nel territorio di Canosa 113; solo in una circostanza per stato individuato un loro utilizzo
109 La struttura del focolare canosino pu trovare qualche riflesso nel panorama tipologico tardoantico e altomedievale. Si vedano a puro titolo esemplificativo, gli esempi, seppure di fattura
apparentemente pi semplice, di Brescia, datati al VI secolo (Brogiolo 1993, pp. 75-77, fig. 54).
110 Questo secondo focolare si differenzia da quello situato nellamb. 9 solo per la presenza
di una fossetta centrale di forma circolare e sezione concava, rivestita di argilla, e per una maggiore presenza di tracce di bruciato e di azione del fuoco e del calore.
111 Su un totale di 59 esemplari, i mattoni con bollo sabiniano assommano esattamente a 29,
concentrati soprattutto nel riquadro laterizio nordorientale. I laterizi con il monogramma sono
in maggioranza, ma non esclusivamente, collocati con il bollo nella stessa posizione e orientamento (fig. 19b), talora applicato su una incisione funzionale a croce.
112 Laterizi che recano incisi singoli segni interpretabili come semplici lettere sono attestati
nella Puglia centro-settentrionale in contesti tardoantichi, soprattutto di ambito funerario (Campese Simone 2001, in partic. p. 191, fig. 3; questuso ben attestato anche in Sardegna: De
Maria 1986).
113 Per un elenco aggiornato di questi ritrovamenti, con relativa bibliografia si rimanda a Favia, Giuliani 1997, p. 338, nota 187. Si vedano per contesti diversi i casi di tegoloni pavimen-

19. - Saggio II, amb. 11: a) pavimento in lastre lapidee e laterizi, b) planimetria dellambiente.
20. - (in basso) Saggio II, amb. 11: esempio di mattone con monogramma del vescovo Sabino
messo in opera nel pavimento.

di tipo pavimentale, verificato nel battistero di San Giovanni 114.


Questo riscontro rende plausibile lipotesi che la soluzione adottata a San Pietro possa rappresentare una scelta tecnica, e anche
decorativa, non sporadica, isolata o casuale; essa potrebbe anzi
costituire un ennesimo indizio dellintervento diretto del vescovo
Sabino nei progetti di architettura sacra canosina e offrire dunque
la base per una ipotesi di datazione dellintera fase costruttiva ID
al periodo del suo episcopato, tradizionalmente collocato fra secondo e settimo decennio del VI secolo. Peraltro la compresenza
di diverse dimensioni e differenti segni grafici nei laterizi del pavimento un elemento che rende sempre possibile leventualit
che il piano duso possa costituire il frutto di un reimpiego; esso in ogni caso potrebbe essersi realizzato a non molta distanza da epoca sabiniana 115.
tali incisi a San Vincenzo al Volturno (Riddler 1993) e in Albania (Bae 1981, pp. 187-210,
214-215, fig. 22, tab. VII-VIII).
114 Nel vano dingresso nelledificio poligonale battesimale di San Giovanni fu ritrovato un
brano pavimentale costituito da quattro mattoni con bollo sinistrorso (Cassano 1968 pp. 161162; Cassano 1992, p. 858).
115 Le buone condizioni di conservazione dei laterizi, lassenza di esemplari frammentari, lo
stesso confronto possibile con San Giovanni sono tutti elementi che, qualora si voglia comunque pensare a uno spoglio, o pi probabilmente a un reimpiego di materiale disponibile in
quanto inutilizzato al momento della sua produzione, fanno propendere, in ogni caso, per un
eventuale reimpiego in tempi abbastanza ristretti da quelli di fabbricazione dei laterizi stessi,
ovvero fra ultimi decenni del VI e primissimo scorcio del VII secolo.

164

GIULIANO VOLPE ET ALII

I tre nuovi vani costituitisi si affacciavano dunque sullatrio-cortile 3, che in questa


fase non pare essere stato fatto oggetto di interventi di particolare impegno; lunica opera
muraria installata risulta essere il breve setto murario US 2018. La stratigrafia attinente
luso di questo ampio spazio non mostra n particolari apprestamenti del piano duso, costituito semplicemente in terra battuta, n una presenza significativa di elementi riferibili a
un crollo di coperture e alzati; possibile dunque che esso abbia mantenuto la sua condizione di spazio recintato scoperto, gi ipotizzata per la fase IB 116. Allo stato attuale, non si
colgono, in questa fase, chiare tracce di intervento per quanto riguarda lambiente 4.
In sintesi, in questa fase larea indagata attraverso il saggio II appare profondamente
ristrutturata e intensamente riformulata nelle sue modalit duso. Lagglomerato edilizio
inoltre non sembrerebbe direttamente comunicante con gli altri principali corpi di fabbrica
messi in luce nelle diverse zone di scavo. Laccesso al gruppo costruttivo, ovvero lampio
varco presente nel fronte meridionale dello stesso ambiente 3, immetteva in unarea recintata e scoperta, sul cui fronte orientale, prospettavano, anche in questo caso con aperture
abbastanza larghe, sia lambiente 8, sia linsieme spaziale composto dai vani 9 e 11. Il
vano 8 non denuncia tracce particolari di risistemazione dei pavimenti, dei paramenti murari e dello spazio interno e non si connota dunque in maniera chiara riguardo alla sua destinazione duso 117. I vani 9 e 11, altres, si qualificano come locali con funzione certamente residenziale, denunciata dalla presenza di un sistema di riscaldamento e dalla messa
in opera del pavimento del vano 11, esempio di perizia tecnico-costruttiva oltre che di un
certo gusto per larredo e forse anche di una volont di trasmissione di un messaggio verso
i frequentatori dellambiente, attraverso lesposizione ripetuta del monogramma del vescovo Sabino. Questi elementi possono inoltre ipoteticamente contribuire a meglio specificare la supposta destinazione residenziale di questi vani; essi cio potrebbero non avere
avuto una semplice funzione abitativa o di servizio, quanto potrebbero avere svolto uno
specifico ruolo, forse anche di rappresentanza, nel quadro delle attivit che si svolgevano
nel complesso sacro.

21. - Saggio II, amb. 12: fosse.

5.4. Costruzione di due fosse nellambiente 12 (periodo IIB). In una fase successiva venne isolata e recintata la parte
occidentale dellambiente 11, attraverso la
messa in opera di due brevi setti murari di
allineamento N-S (2046-3019). Nel ristretto spazio cos formatosi (amb.12), si
procedette allasportazione della pavimentazione laterizia e allo scavo di due fosse
(2087 e 2088, fig. 21). Di forma approssimativamente quadrata, con lato di circa 1
m, profonde circa 2 m, esse giungono a in-

116 Non si pu escludere che nel fronte meridionale dellambiente 3, che appare quasi del
tutto libero, possa essere stato in questa fase operato un allargamento di unoriginaria apertura
pi ristretta.
117 possibile che la funzione di questo vano possa essere determinata, o comunque legata,
anche in questa fase, alla presenza della tomba 15.

TAVOLA III

166

GIULIANO VOLPE ET ALII

taccare il banco roccioso. Dal punto di vista strutturale le due cavit utilizzano come pareti
le fondazioni rispettivamente dei muri 2043, 2045 e 2078-3112, e dei muri 3020 e 3021. In
unottica funzionale possibile, per ora, ipotizzare tanto un loro uso come deposito per
limmagazzinamento di derrate o materiali, quanto un pi semplice, e pi probabile sfruttamento come scarico o come pozzi neri o latrine. In ogni caso lutilizzo di queste fosse si
realizza contemporaneamente alla perpetuazione della frequentazione dellambiente 11 118,
anche se in questa fase esso pare avere perduto la supposta funzione di rappresentanza a
favore di un uso di tipo abitativo o funzionale legato alla presenza del focolare o fornello.
Lo scarico conclusivo di riempimento di queste fosse mostra elementi eterogenei. Ad
un primo sommario esame i resti ceramici suggeriscono un quadro cronologico ormai pienamente altomedievale; possibile dunque, a livello di ipotesi preliminare, pensare che
questa nuova fase di vita dellambiente 11 possa forse collocarsi a partire dal VII secolo
inoltrato o dallVIII 119.
P.F.
5.5. Lutilizzazione funeraria (periodo IIC). Gli ambb. 3 e 4 sono interessati, in questa
fase, dal fenomeno delloccupazione degli spazi ad uso funerario con la messa in opera di
tombe di fattura molto semplice (tav. III).
Nellamb. 3 sono state individuate tre tombe (t. 2, 3, 4), monosome, del tipo a fossa
sub-rettangolare ed angoli arrotondati,
orientate in senso E-O 120 (fig. 22); la copertura era costituita generalmente da
frammenti di lastre calcaree o marmoree,
giustapposti orizzontalmente 121, una serie
di tufelli, posti a coltello fra le lastre, e
piccole pietre e frammenti di laterizio, disposti disordinatamente ed utilizzati come
zeppe. Le pareti, dallandamento approssimativamente rettilineo, erano rivestite da
un unico filare di lastre calcaree e blocchi
tufacei parallelepipedi, legati da terra, con
piccole zeppe in pietra e laterizi 122, mentre
22. - Saggio II, amb. 3: tombe 2, 3 e 4.
118

Gli elementi di crollo dellambiente 11 riposano infatti al di sopra dei riempimenti delle

fosse.
119 Allo stato attuale non possibile comprendere se in questa fase la ristrutturazione abbia
coinvolto oltre allambiente 11 anche altri spazi; lindividuazione di un lembo di un semplice
battuto immediatamente al di sopra del mosaico situato nel vano 9 potrebbe essere indizio di
un riuso quindi non limitato al solo vano 11.
120 Le tombe erano poste parallelamente ed a pochissima distanza luna dallaltra (solo la
tomba 4 presentava un asse leggermente divergente da quello delle altre due, intaccando al momento della sua realizzazione il muro 2018).
121 Le lastre di forma sub-quadrata o rettangolare e di dimensioni variabili, con le superfici
ottenute per spacco e senza rifinitura dei margini e degli spigoli, erano poste, a circa 15 cm dal
piano in cui erano realizzate le tombe, che erano dotate di una struttura a controfossa.
122 La tomba 2 riutilizzava un grosso blocco tufaceo in posizione (appartenente probabil-

23. - Saggio II, amb. 3:


frammento di pluteo
riutilizzato come copertura della tomba 3.

24. - Saggio II, amb. 9: tomba 12 con frammento musivo riutilizzato.

il fondo era costituito da terra compatta mista a grumi di calcare e piccoli ciottoli. Gli inumati, deposti in senso O-E, erano privi di oggetti di corredo. In particolare la tomba 3
reimpiegava nella copertura un frammento di una lastra in marmo bianco (cm 74x44) modanata su entrambi i lati; inoltre, un lato era decorato da una cornice, a listelli arrotondati
esternamente e fascia piatta allinterno, che riquadrava un elemento decorativo con foglia
cuoriforme (fig. 23). Si tratta di un frammento di pluteo che doveva far parte del corredo
liturgico del complesso di culto originario 123.
Nellamb. 9, a ridosso dellaccesso allamb. 3, stata indagata unaltra tomba (t. 12)
(fig. 24), a fossa terragna, con la copertura costituita da blocchi tufacei squadrati, a volte
sovrapposti; le pareti della fossa, non foderate in muratura, reimpiegavano un lacerto del
tappeto musivo 124, (intercettato dal taglio della tomba), che pavimentava originariamente
lambiente; il fondo era piano. Limpiego di blocchi tufacei di grandi dimensioni (appartenenti probabilmente al muro 2017) attesta, in questa fase, il crollo dei filari superiori di alcune delle strutture murarie.
Anche nellamb. 4 si recuperano tracce della tarda occupazione funeraria del complesso. Alcune tombe dovevano essere state realizzate al centro dellambiente, in posimente ad una struttura muraria pi antica); la tomba 4, caratterizzata da un maggiore utilizzo di
frammenti di laterizio, reimpiegava una soglia in calcare.
123 Si tratta di un elemento di repertorio, tipico dei plutei di VI sec; il tipo abbastanza noto
nella Puglia centro-settentrionale attraverso gli analoghi esemplari gi attestati a Canosa (frammento di pluteo o sarcofago reimpiegato nel Mausoleo di Boemondo), a Canne (informazione
fornita dalla dott. ssa M. Corrente), a Trani (due frammenti di pluteo provenienti probabilmente dalla basilica paleocristiana di S. Maria) ed a Siponto (sarcofago inglobato nellaltare
della chiesa di S. Maria, datato in un primo momento al VI sec., ma oggi collocato cronologicamente nellXI); cfr. a tal proposito DAngela 1992a, pp. 881-891; Blundo, Di Cosmo 1999,
p. 488. Per quanto riguarda, invece, la comparsa e la genesi del motivo decorativo si veda Pani
Ermini 1974, p. 365. Come gli esemplari di Canosa e Trani (realizzati in marmo greco) anche
questo pezzo sembra rimandare ad un ambito orientale; al momento, inoltre, non ci sono dati
riguardo alla presenza di botteghe che provvedevano alla produzione della suppellettile liturgica necessaria agli edifici di culto di questarea, sebbene sia attestata la presenza di figline che
producevano materiale ceramico.
124 Nel frammento musivo si riconoscono una serie di tessere bianche delimitate sul margine
occidentale da una doppia fila di tessere nere (cfr. Leone supra).

168

GIULIANO VOLPE ET ALII

zione e secondo un asse analoghi a quelli delle tombe dellamb. 3; sono stati individuati,
infatti, i resti sconvolti di due deposizioni (2079, 2080), al di sotto dei muri (2004 e 2021)
che articoleranno in una fase successiva lambiente 125.
Tutta larea del saggio fu interessata, quindi, da una frequentazione pressoch esclusivamente di tipo funerario 126; le tombe dovettero installarsi in un momento di poco successivo allabbandono degli ambienti (9 e 11), non pi utilizzati a scopo residenziale 127. Tale
ipotesi compatibile, dal punto di vista cronologico, con la tipologia tombale, (che prevede lutilizzo quasi esclusivo di materiale lapideo e, per quanto riguarda le coperture, di
sottili lastre calcaree, irregolarmente squadrate), e la mancanza di oggetti di corredo. Per la
realizzazione delle tombe, inoltre, furono largamente utilizzati materiali antichi di spoglio,
quali frammenti di marmo, lastre in pietra calcarea, blocchi tufacei, provenienti dal crollo
di edifici parzialmente in rovina.
5.6. Nuove fasi costruttive e vita degradata (periodo IIIA)
Larea sembra aver vissuto un ulteriore periodo di occupazione, successivamente alla
fase di utilizzazione funeraria, caratterizzato da piccoli episodi costruttivi e da forme di vita
degradata. Allo stato attuale delle indagini, questa nuova frequentazione documentata solo
nellamb. 4 (tav. III), che deve aver vissuto una fase di ristrutturazione edilizia, testimoniata
da un rinforzo (2021) della cortina muraria occidentale e dalla creazione di un nuovo setto
murario, orientato in senso N-S (2004). Le rozze murature in pietra e tufi legati da poca
malta, conservate solo in fondazione, sembrano delineare un vano di ridotte dimensioni,
stretto e allungato, del quale non ancora ben chiara larticolazione planimetrica.
Di questutilizzo precario e residuale dellambiente restano tracce in un piano in terra
battuta e grumi di calcare, con buche di palo, ed in piccole fosse dincerta funzione 128, che
intercettano strutture murarie pi antiche (2105, 2110, 2109) 129 e sconvolgono tombe det
precedente. In questa fase gli ambienti 3, 9, 11, 12 dovevano gi essere in rovina, sebbene,
la realizzazione di una fossa nel battuto pavimentale (2062) dellamb. 9 possa far ipotizzare una riutilizzazione precaria anche di questo vano.
Questi indizi doccupazione testimoniano come, in prossimit di edifici ormai in ro125 La sovrapposizione delle fondazioni dei muri 2004 e 2021 alle deposizioni 2079, 2080,
di cui si conservano in situ solo parte degli apparati scheletrici, costituisce un chiaro indizio di
posteriorit cronologica; vedi periodo IIIA infra.
126 Questa tarda occupazione di tipo funerario dellarea, sebbene non sia documentata al momento negli altri saggi, si ricollega al pi generalizzato fenomeno dinstallazione di tombe in
aree ormai in abbandono, gi riscontrato, restando in ambito canosino, nella basilica di S. Leucio, nel battistero di San Giovanni e nellarea del tempio di Giove Toro (cfr. Cassano 1992e, p.
846; Ead. 1992a, p. 865; Ead. 1992b, p. 747).
127 Cfr. Favia supra.
128 Nei riempimenti delle fosse realizzate allinterno dellambiente sono stati rinvenuti numerosi altri frammenti ossei umani, misti ad ossi animali; per quanto concerne la loro funzione, si potrebbe trattare di fosse di scarico o di spoglio per il recupero di materiale edilizio.
129 Di questi lacerti murari, individuati solo in cresta, e che potrebbero essere a livello di
ipotesi pertinenti anche a strutture tombali intercettate dalla realizzazione delle fosse, non
stato possibile intuire n lorientamento e la tecnica muraria n tanto meno il periodo cronologico in cui furono realizzati.

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

169

vina, in spazi precedentemente invasi da sepolture e sottoposti ad uno spoglio progressivo


per il recupero di materiale edilizio, possano ancora esistere in questa fase forme insediative stabili o semi-stabili 130.
5.7. Labbandono e crolli (periodo IIIB). Gli ambb. 9-11-12, dopo il lento disfacimento
dei rivestimenti parietali in lastre di pietra calcarea (1248, 1268), che coprirono i piani pavimentali ed obliterarono definitivamente le fosse 2087 e 2088 nellamb. 12, furono interessati dal consistente crollo delle coperture (2019) 131. Lamb. 4, ormai definitivamente
abbandonato, conobbe unulteriore fase di frequentazione di tipo funerario: infatti, una
tomba (t. 17), infantile monosoma, a cassa 132, fu realizzata lungo il muro 2002, nellangolo nord-orientale dellambiente 133.
Tutta larea fu poi ricoperta da uno spesso strato (2000) di obliterazione e di crollo
delle parti ancora emergenti delle strutture murarie, determinando labbandono definitivo
del sito e lavvio di una destinazione di tipo agricolo 134.
C.A.
6. Saggio III
Le ricerche archeologiche condotte nellarea del saggio III hanno portato allindividuazione di un ampio edificio (amb. 2), di cui sono stati messi in luce la curva absidale
(3005), sul lato occidentale, e ampie porzioni dei muri laterali (3006, 3010=3020); circa
2,50 m a S di essa, lungo il limite meridionale del saggio, un muro di andamento E/O
(3030), parallelo alla struttura 3006, ha suggerito lo sviluppo di un altro fabbricato a S
dellarea indagata; tra i due edifici sono stati inoltre individuati i resti di un sepolcreto.
Lapprofondimento dei livelli di scavo nella met occidentale delledificio absidato e soprattutto un piccolo sondaggio (2x1 m) impiantato nellangolo di innesto tra il muro sud
dellambiente (3006) e la conca absidale (3005) hanno consentito il recupero di elementi
ascrivibili a realt preesistenti allo stesso impianto dellaula (fig. 25).
6.1. Le preesistenze. Le tracce archeologiche riconducibili a una fase di frequentazione
dellarea anteriore alle installazioni paleocristiane risultano al momento assai labili, in
130 Situazioni insediative di questo genere si riscontrano in altre aree della citt (si veda a tal
riguardo Sabbatini 1998, p. 171).
131 Nellamb. 3, la natura degli strati di obliterazione, privi di materiale laterizio, sembra
confermare lipotesi di unarea aperta (si veda Favia supra).
132 La copertura era costituita da due mattoni ed un frammento di lastra marmorea (di reimpiego), mentre le pareti da piccoli tufelli posti di taglio; il fondo era rivestito da frammenti di
laterizio disposti in maniera irregolare. Sebbene non sia stato possibile instaurare un confronto
cronologico preciso, va sottolineato come la presenza di tombe infantili caratterizzi anche lultima fase di utilizzazione dellarea del tempio di Giove Toro (cfr. Cassano 1992b, p. 747).
133 Il rinvenimento della struttura tombale in uno strato di crollo (2010) conferma lattribuzione a questa fase di abbandono dellambiente 4.
134 Ampie concentrazioni di pietre, blocchi di tufo e tufina sbriciolata, riscontrate soprattutto
lungo gli angoli degli ambienti, sono addebitabili al continuo passaggio dellaratro che deve
aver distrutto in cresta le strutture murarie.

25. - Saggio III. Veduta della zona absidale


dellamb. 2 con limpianto del piccolo saggio
di approfondimento.

26. - Saggio III. Piano di frequentazione della


prima fase dellaula absidata con la tomba 1
(periodo 1A).

quanto per lo pi rappresentate da frammenti di manufatti mobili (ceramiche, monete) recuperati negli strati di terra rimossi allinterno del piccolo sondaggio impiantato nellaula
absidata. Questo intervento, arrestatosi alla profondit di ca 5,50 m, ha consentito di portare alla luce infatti una sequenza di strati generalmente ricchi di ceramiche, spesso connotati da evidenti tracce di rubefazione e dalla presenza di carbone e di scarti di lavorazione di terracotta; linsieme di questi elementi potrebbe suggerire lesistenza in loco di un
centro di produzione di materiali fittili che le ceramiche rinvenute (geometriche, listate, a
vernice nera) e i reperti numismatici indurrebbero a collocare tra IV e II sec. a.C. 135.
Oltre alle evidenze emerse allinterno del saggio di 2x1 m, altri elementi verosimilmente ascrivibili a queste fasi pi antiche sono stati acquisiti grazie allapprofondimento
dello scavo nella met occidentale dellaula absidata. Nei pressi del giro absidale dellambiente 2 sono venute infatti alla luce le vestigia di una struttura (3099), orientata in senso
N-E/S-O, verosimilmente interrotta e danneggiata proprio in occasione della costruzione
delledificio paleocristiano, probabilmente da collegare, a nostro avviso, alle suindicate attivit artigianali; il lacerto murario, attualmente visibile solo per un filare, costruito con
materiali vari, tufelli (scapoli ed elementi appena sbozzati) e laterizi (un frammento di
mattone e di tegola con aletta) legati con terra argillosa 136.
I resti pertinenti a questa fase di vita furono verosimilmente obliterati da uno strato di distruzione (3061) databile, in base ai materiali ceramici e numismatici, tra II e I sec. a.C. 137.

135Le monete sono tuttora in fase di restauro e di studio, ma i primi interventi di pulitura
hanno comunque consentito la lettura di quelle meglio conservate; una di esse, proveniente dal
deposito pi profondo tra quelli rimossi allinterno del piccolo saggio (US 3084), stata identificata con un tipo della zecca di Arpi del III sec. a.C.
136 Mancano fino al momento attuale segnalazioni di una specifica vocazione produttiva
dellarea di San Pietro in et romana, risalendo le pi antiche attestazione di unattivit artigianale in zona alle note matrici di lucerne paleocristiane (DAngela 1979, pp. 96-97, 99, tav.
V.1). In ogni caso la compresenza nel comparto sudorientale della citt tardoantica di edifici
abitativi e impianti produttivi, segnalata da G. Sabbatini (Sabbatini 1998, p. 160) in base ai rinvenimenti dellultimo decennio (Corrente 1992, pp. 246-247), potrebbe essere considerato un
carattere gi delineatosi in et romana (cfr. al proposito anche la pianta di Canosa romana in
Sabbatini 1992, p. 694).
137 NellUS stato rinvenuto un denario repubblicano, di zecca ignota, verosimilmente
ascrivibile al II sec. a.C.

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

171

6.2. Costruzione e vita dellambiente 2 (Periodo IA). Nel periodo I larea interessata in
antico da attivit di tipo artigianale sub un sensibile mutamento di destinazione sancito
dalledificazione di un ambiente di culto cristiano. Sui depositi pertinenti alla frequentazione antica fu collocato in via preliminare un riporto di terreno giallastro (3026), molto
compatto in superficie, utilizzato con ogni probabilit come piano di calpestio nellambito
delle attivit di cantiere finalizzate alla costruzione della fabbrica religiosa. Lo strato infatti risultato tagliato per la fondazione dei muri delledificio ed apparso contraddistinto
per unampia porzione da una lente piuttosto estesa di malta e di calce, traccia della lavorazione in situ dei materiali edilizi; esso conteneva numerosi reperti residui (tra cui uno
scarto di lavorazione di ceramiche a vernice nera) 138 e una moneta di V sec. d.C. che potrebbe offrire un terminus post quem per la costruzione delledificio di culto cristiano.
Il fabbricato, non ancora portato alla luce nella sua interezza 139, si qualifica come
unaula unica (amb. 2), di dimensioni ragguardevoli (larga 7,2-7,3 m e lunga non meno di
14 m), conclusa ad O da una conca absidale. Le strutture murarie che delimitano lambiente (3005 a O, 3006 a S, 3010=3020 a N) appaiono realizzate con una tecnica edilizia
in grossi blocchi di tufo giustapposti; tra la fondazione e lalzato non si riscontrata una
differenza sensibile di apparecchiatura muraria se si eccettua forse una finitura un po
meno accurata dei blocchi e un uso pi significativo di zeppe sia nei giunti che nei letti di
posa. Il muro settentrionale appare disomogeneo dal punto di vista dei materiali impiegati
e della tecnica costruttiva; se infatti la porzione orientale mostra le medesime caratteristiche dei muri 3005 e 3006, il tratto pi occidentale (per una lunghezza di ca. 3 m dallinnesto della curva absidale) si differenzia per ladozione di scapoli e bozze tufacee apparecchiati in filari irregolari o addirittura privi di organizzazione in filari; tuttavia limpossibilit di leggere una cesura verticale netta tra i due tipi di apparati ha portato a scartare
lipotesi che si trattasse di due differenti fasi murarie 140 e a ricondurre piuttosto la disomogeneit a problemi di approvvigionamento degli elementi squadrati che possono aver
determinato il ricorso momentaneo a materiali di scarto o di reimpiego 141.
Lattivit costruttiva fu completata con il riporto di uno strato di terra dello spessore di
0,20-0,30 m (3013) 142, compatto in superficie, forse utilizzato esso stesso come piano di
calpestio, ovvero come base per lapprestamento di una pavimentazione di cui non stato
138 Si tratta di fondi impilati di coppe su piede, un rinvenimento che potrebbe costituire un
prezioso indizio circa il tipo di produzioni realizzate negli impianti ipotizzati nel sito. Uno
scarto dello stesso tipo, recuperato sempre a Canosa, di cui si ignora per il luogo esatto di ritrovamento, stato segnalato da G. Volpe che ne ha proposto un inquadramento tra la fine del
II e la prima met del I sec. a.C. (Volpe 1990, p. 76, fig. 47).
139 Ledificio si estende infatti a E oltre i limiti orientali del saggio.
140 Tale ipotesi di partenza aveva portato ad attribuire alle due parti del muro due numeri
differenti (3010 al tratto orientale e 3020 a quello occidentale), successivamente eguagliati.
141 Gli scapoli e le bozze tufacee utilizzati potrebbero infatti rappresentare anche i resti della
stessa lavorazione o rifinitura dei blocchi tufacei di grandi dimensioni, mentre ad elementi di
riuso farebbero pensare una bozza tufacea su cui si conserva un piccolo residuo di intonaco dipinto in rosso (inserita allinterno della fondazione del muro), nonch uno scarto di fornace introdotto nel nucleo della muratura.
142 Nello strato, contenente prevalentemente ceramica residua, sono stati recuperati alcuni
frammenti di lucerne di imitazione locale di prototipi africani (forma Atlante X), genericamente ascrivibili al V-VI sec. d.C.

172

GIULIANO VOLPE ET ALII

per rintracciato in situ alcun elemento (fig. 26) 143. A circa 7 m dal fondo dellabside,
lungo lasse longitudinale delledificio (leggermente pi a N) venne collocata una tomba
(t. 1), con pareti foderate da muretti costruiti con filari di tufelli rifiniti sulla facciavista e
copertura realizzata con due spessi lastroni rettangolari; la sepoltura, con capo deposto a
O, giaceva in posizione supina con gambe distese e braccia ripiegate sulladdome; lassenza di qualsiasi elemento di corredo o di abbigliamento associato al defunto rende problematico linquadramento cronologico della deposizione, in cui lubicazione della struttura funeraria al centro dellambiente indurrebbe a riconoscere un personaggio di rilievo 144.
Attualmente non possibile precisare se la vocazione funeraria della fabbrica sia originaria o si sia definita soltanto in un secondo momento; la presenza di una sola tomba
allinterno dellambiente, qualora fosse confermata dalla prosecuzione degli scavi, potrebbe essere interpretata come segno del mancato sfruttamento dello spazio disponibile
per ragioni al momento imprecisabili 145.
Preziose indicazioni cronologiche sia relative, sia assolute sono state fornite dallo
scavo effettuato nella zona nord-est del saggio, a N del muro 3010-3020: la stratigrafia individuata ha da un lato permesso infatti di stabilire un rapporto di anteriorit dellaula absidata (amb. 2) rispetto allambiente 1 indagato nel saggio I, dallaltro ha suggerito una
collocazione cronologica del primo edificio nellambito del V sec., fornendo al tempo
stesso un terminus post quem per la datazione della costruzione dellambiente 1 probabilmente alla seconda met del V sec. 146.
6.3. Ristrutturazione dellambiente 2 (Periodo IB-C-D). Successivamente, forse in concomitanza con lo sviluppo e la maggiore articolazione dellinsediamento (periodo IB-C), il
piano originario delledificio con la relativa sepoltura furono obliterati da un nuovo apporto di terra, che rialz il livello duso di circa 0,20-0,30 m; su questo riempimento, con143 Il recupero nellUS soprastante (3011) di numerosi tasselli pavimentali in terracotta di
varia forma (quadrata, rettangolare, romboidale, esagonale) potrebbe eventualmente far propendere per un rivestimento pavimentale con piccoli elementi fittili.
144 Il non particolare pregio del sepolcro e lassenza di elementi che lo qualifichino come
tomba venerata (assenza ad esempio di altre sepolture allinterno dellambiente, indifferenza
dellorientamento delle strutture funerarie del cimitero esterno rispetto al presunto oggetto di
venerazione, lobliterazione dello stesso sepolcro in una fase verosimilmente ravvicinata nel
tempo, come si vedr) sembrano rendere improbabile linterpretazione del monumento come
martyrium, analogamente a quanto stato proposto da R. Cassano per ledificio suburbano di
S. Sofia (Cassano 1992, pp. 875-876, ipotesi peraltro non condivisa da D. Nuzzo che ravvisa in
esso un semplice edificio funerario: Campione, Nuzzo 1999, p. 46).
145 Le dimensioni del fabbricato rendono a nostro avviso improbabile che esso sia sorto in
funzione di ununica deposizione, sia pur pertinente ad un personaggio di alto rango. Per tipologia e dimensioni lambiente 2 appare accostabile alledificio funerario di S. Sofia, ubicato nel
suburbio canosino, nellarea di necropoli del Ponte della Lama, connotato dalla presenza di una
sepoltura privilegiata entro sarcofago, collocata allinterno dellabside, e da una serie di vani
sepolcrali che sembrano sfruttare in maniera pressoch intensiva lo spazio dellaula (cfr. Cassano 1992).
146 Nellarea nord-est stata infatti rintracciata una sequenza di strati contenenti ceramiche
inscrivibili nellarco del pieno V sec., in appoggio al muro nord (3010-3020) dellambiente 2 e
tagliati dalla trincea realizzata per la fondazione del muro sud dellambiente 1.

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

27. - Saggio III. Dettaglio del


lembo di pavimentazione musiva
relativo al periodo IB-C.

28. - Saggio III. Piano di frequentazione della seconda fase


dellaula absidata con la tomba
11 (periodo IB-C).

173

notato dalla prevalenza di materiali residui, in cui non


mancano per manufatti tardoantichi come piedi di calice in vetro e una moneta sia pur genericamente datata
tra IV e V sec., fu verosimilmente distesa una pavimentazione musiva, testimoniata unicamente da un
piccolo lembo di tessere bianche calcaree (fig. 27), localizzato nellarea nord-est dellambiente, nei pressi
del muro settentrionale (3010-3020), a ca. 9-10 m di
distanza dallinnesto tra questa struttura e il muro absidale 147.
Anche in questa fase ledificio fu utilizzato come
luogo di sepoltura: lungo il muro nord 3010-3020, a
circa 7 m dal muro di fondo occidentale, fu realizzata
una tomba a cassa (t. 11), con pareti costruite per mezzo
di grossi blocchi tufacei ben squadrati, copertura marmorea (di cui si conservato solo un piccolo lembo) e
fondo in laterizi recanti fori circolari funzionali al drenaggio dei liquidi di decomposizione del defunto (fig.
28) 148; questultimo giaceva in posizione supina, con le
gambe e il braccio sinistro distesi e con il braccio destro
ripiegato sulladdome, e non era accompagnato da alcun
elemento di corredo o di abbigliamento.
Non si pu escludere che in una fase pi avanzata
(periodo ID), il deterioramento della pavimentazione
musiva possa aver richiesto interventi di risistemazione del piano pavimentale, realizzato, analogamente
a quanto si riscontrato nellambiente 3 del saggio II,
tramite limpiego di laterizi, come potrebbe suggerire
il ritrovamento, nello strato di crollo (3004) che obliterava le tracce di frequentazione del periodo, di frammenti fittili, tra cui alcuni contraddistinti dal bollo del
vescovo Sabino.
R.G.

6.4. Il sepolcreto (Periodo IB-C-D). Le indagini effettuate nellarea compresa tra


laula absidata (amb. 2) e il setto murario (3030) individuato ai margini meridionali
dellarea di scavo hanno consentito di portare alla luce un sepolcreto costituito da cinque
tombe di individui adulti e una, presumibilmente, di infante (fig. 29). Luso sepolcrale in

147 verosimile che in questa fase la parte inferiore delle pareti fosse rivestita da sottili lastrine calcaree rinvenute in aderenza alla parete meridionale del muro nord, per un breve tratto,
in corrispondenza della struttura sepolcrale 11 (per cui vedi infra).
148 Un dispositivo analogo stato rintracciato anche in alcuni sepolcri situati nelledificio di
S. Sofia sempre a Canosa (Cassano 1992, p. 875), nonch in una tomba altomedievale rinvenuta nellarea del santuario di Monte SantAngelo (De Santis, Nuzzo 2001, pp. 144-146).

174

GIULIANO VOLPE ET ALII

questarea sembra essere stato primario, ovvero progettato e previsto gi in origine, con
un impianto verosimilmente pianificato, nel
quale stato possibile riconoscere uno sviluppo articolato almeno in tre fasi costruttive.
Un saggio di approfondimento di 1,65 x
2,50 m, localizzato nella porzione orientale
dellarea, ha evidenziato una prima fase di
occupazione sepolcrale documentata da una
semplice fossa terragna (t. 16), con lo scheletro del defunto in posizione supina, arti superiori incrociati sulla gabbia toracica e inferiori distesi 149 (fig. 30).
Un nucleo cimiteriale pi organico sembra aver preso forma in due momenti costruttivi successivi: la sepoltura 16 fu obliterata
da un riporto di terra (3040) in cui fu ricavata
la tomba 5; lo strato ha restituito materiali
databili intorno alla seconda met/fine del V
secolo d.C. che potrebbero rappresentare un
terminus post quem per la seconda fase di oc29. - Saggio III. Veduta generale del sepolcupazione sepolcrale 150.
creto esterno allaula absidata.
La tomba 5 appare evidentemente differente, nei suoi elementi caratteristici, dalle altre finora individuate e sembra configurarsi,
per tipologia e materiali impiegati, come una sepoltura a cui si voluto conferire un carattere di rilievo. La struttura sepolcrale del tipo a cassa con murature in blocchi tufacei regolari, ben squadrati 151, era sigillata da una lastra monolitica di copertura di forma rettangolare con angoli smussati, in pietra calcarea uniformemente ben levigata.
Limpiego di materiale pregiato documentato dal piano di deposizione inferiore della
tomba rivestito da una lastra anepigrafe in marmo cipollino, spessa 1 cm, di forma rettangolare con margini regolari, ben tagliati, spigoli vivi, di larghezza quasi pari a quella della
tomba ma leggermente pi corta, elementi che potrebbero suggerire un utilizzo primario
della lastra, non necessariamente di reimpiego 152 (fig. 31).
149 Lo scheletro, con capo deposto a O, non perfettamente allineato con il muro perimetrale (3006) dellaula absidata, ma presenta un leggero scarto verso S.
150 Sigillata africana, ceramica comune dipinta tardoantica di produzione locale e piedi di
calice in vetro.
151 Lapparato murario in blocchetti di tufo si interrompeva sul lato orientale dove un unico
blocco monolitico delimitava la struttura tombale. Frammenti di laterizi con decorazioni a
bande e a graticcio, allettati con malta, rivestivano le creste dei muri perimetrali.
152 Lo scheletro del defunto ha lasciato sulla lastra in marmo una sorta di impronta rossastra
dovuta, verosimilmente, ad un effetto corrosivo dei liquidi corporei, creando un curioso effetto
sindone. Lestremit orientale della lastra presentava fratture. Un frammento, probabilmente
non pertinente alla lastra, recava una modanatura sulla parte posteriore. Nellarea di San Pietro
anche la tomba 15 presentava il fondo rivestito da frammenti di marmo tagliati per molto ir-

30. - Saggio III. La tomba 16 realizzata lungo il muro meridionale dellamb. 2.

31. - Saggio III. Particolare della tomba 5 con il


fondo rivestito da una lastra marmorea.

Un uso pi sistematico, anche se non intensivo, dello spazio fra i due ambienti coincise
con la sistemazione delle tombe 6, 7, 8 e 22 entro uno strato di terra di riporto (3015) che
sigill il piano di deposizione rappresentato dalla tomba 5. Le sepolture furono realizzate
contestualmente, disposte secondo un coerente allineamento 153 e, in un caso, anche accostate (t. 7 e 8); possibile che, in questa fase, il corridoio fra i due ambienti sia stato delimitato da un piccolo muretto (3103) con orientamento N-S 154.
Gli inumati, come nei casi precedenti, erano privi di elementi di corredo e di abbigliamento e, dunque, di qualsiasi elemento utile a offrire un riferimento cronologico. Le
strutture funerarie risultano essere state fortemente danneggiate dallazione dei mezzi
agricoli e in parte, forse, anche da attivit di spoliazione antiche finalizzate al reperimento di materiale lapideo: le sepolture sono state rinvenute del tutto prive di copertura
e solo in un caso (t. 6) si conservata parte della copertura originaria 155. Le tombe 6, 7 e
8 si presentano tipologicamente affini, con le pareti realizzate in muratura di tufelli sboz-

regolarmente e misti a frammenti di laterizi; si veda supra il contributo di D. Leone. Lo scheletro, con capo deposto a O, si presentava piuttosto deteriorato; in corrispondenza del bacino e
degli arti inferiori si sono rinvenute tracce di un sottile strato di argilla verdastra.
153 Giustapposizione delle tombe 6 e 8 lungo il muro 3030 di cui non hanno sfruttato il paramento settentrionale come parete delle tombe.
154 Il muro era visibile solo in cresta; probabile che esso sia stato costruito contestualmente
alla realizzazione delle tombe 6, 7 e 8, anche se linterruzione dello scavo, in questa porzione
dellarea, ad un livello superficiale ha impedito di verificare i rapporti stratigrafici.
155 Si tratta di due blocchi giustapposti di tufo sbozzati, con angoli smussati e superfici scabre.

176

GIULIANO VOLPE ET ALII

zati 156. Sul piano costruttivo probabile che siano state realizzate in successione le tombe
7, 8 e 6; questultima sembra infatti reimpiegare il muro di delimitazione orientale della
tomba 8 come limite occidentale 157. Si pu, in via ipotetica, supporre che lo scavo delle
sepolture sia stato avviato a partire dalla porzione occidentale dellarea, sviluppandosi progressivamente verso E.
Allinterno della sepoltura 6 (3049) sono stati rinvenuti una moneta e un gancio in metallo; non possibile tuttavia interpretare la moneta come elemento di corredo in quanto
ritrovata in uno strato di riempimento intaccato dalla spoliazione successiva 158.
Le deposizioni 7 e 8 si presentavano affiancate e risultano essere state costruite contestualmente con la realizzazione di un unico grande taglio (3045), le cui pareti sono state
foderate con le strutture in blocchi tufacei ricoperti di malta 3050 e 3051 che definivano rispettivamente la tomba 7 159 e la tomba 8. Il setto divisorio (3023) era costituito da due paramenti accostati senza nucleo, in blocchi tufacei affiancati, collegati da un blocco passante, posto di taglio; le pareti si presentavano rivestite da un consistente strato di malta
grossolanamente lisciata 160.
Nello spazio fra la tomba 6 e il muro 3006 stata individuata, ma non indagata, unaltra struttura sepolcrale (t. 22) costituita da tre blocchi tufacei sbozzati internamente intonacati (3104); le dimensioni della tomba sembrano riferibili ad un sepoltura infantile 161.
La destinazione cimiteriale di questa porzione dellarea e la sua successiva continuit
duso sono inquadrabili, sulla base dei dati a disposizione, nel contesto cultuale dellaula
absidata e, solo presuntivamente, in relazione allambiente che doveva svilupparsi a S.
probabile, come si detto, che larea abbia avuto gi in origine una destinazione sepolcrale, anche se i termini cronologici e la sua estensione rappresentano un problema
aperto. Le ridotte dimensioni dellarea indagata, lesiguit del campione preso in esame,
lassenza di elementi di corredo o di abbigliamento e di materiali significativi sul piano
cronologico nelle stratigrafie, non consentono di proporre datazioni assolute.
In termini generali sembra, in definitiva, che larticolazione di questo cimitero si sia
sviluppata successivamente alla costruzione dellaula absidata, tra la fine del V e il VI secolo, nella direzione di un impianto pianificato, anche se non pienamente sfruttato, e non
nella linea di un incremento spontaneo.
M.T.
156 La struttura della tomba 6 si differenzia dalle altre per la sezione tronco-piramidale determinata dal progressivo aggetto verso linterno dei filari superiori dei blocchi tufacei.
157 La struttura della tomba 6 (3006) si sviluppava chiaramente in appoggio alla preesistente
struttura della tomba 5 (3052). Anche in questo caso non venne utilizzato il muro 3030 come
parete della deposizione.
158 Moneta di IV-V sec. d.C. possibile che gli strati di riempimento siano stati intaccati
anche dallazione di roditori che avrebbero praticato buchi, determinando lo stato di confusione delle ossa del torace e degli arti superiori.
159 La tomba, senza copertura, stata rinvenuta priva di deposizione.
160 Sulla superficie si distinguevano tracce della distribuzione a spatola o a cazzuola. Nella
malta erano inglobati spezzoni di laterizi. Il paramento settentrionale presentava una risega aggettante 4-12 cm.
161 La cautela imposta dalla scarsa leggibilit della struttura, solo individuata, e dalla parzialit dei dati stratigrafici a disposizione non essendo stato portato a termine lo scavo in
questarea.

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

177

7. Considerazioni generali
Sulla base delle notizie fornite dalla Vita, ormai affermata nella tradizione degli studi
su Canosa paleocristiana lidentificazione della chiesa di san Pietro con il primo complesso episcopale canosino 162. Si tratta di una zona, che pur posta nellarea periferica meridionale della citt, risultava strategica in et romana e tardoantica 163, gravitando su uno
degli assi viari principali (sostanzialmente ricalcato dallattuale via Imbriani), lungo il
quale si disponevano alcuni degli edifici pubblici pi rilevanti della citt, come il cd. tempio di Giove Toro 164, le cd. terme Ferrara 165, le cd. terme Lomuscio 166. Pur nel quadro di
limitati interventi di emergenza, spesso condotti in difficili condizioni, stato possibile acquisire negli ultimi anni alcune preziose informazioni sullorganizzazione del settore sudorientale della citt, prossimo allarea di san Pietro, dove si potuta ipotizzare la coesistenza di abitazioni 167 e di strutture produttive artigianali. In tal senso ha particolare rilievo lindividuazione, lungo una strada orientata in senso N-S, di un vero e proprio quartiere artigianale, dotato di pozzi, cisterne, vasche, accumuli di argilla (il cui scavo ha anche restituito una matrice di lucerna tardoantica), nella zona delle attuali vie Federico II-N.
Amore, non lontano dallasse stradale di via Imbriani 168. Un intervento archeologico condotto in via Goldoni, a poche decine di metri dal complesso di san Pietro, ha inoltre portato allindividuazione di una fossa di scarico contenente numerosi materiali ceramici tardoantichi, databili prevalentemente tra V e VI secolo 169. Anche i nostri scavi hanno restituito tracce, al momento limitate a frammenti ceramici, carboni e scarti di lavorazione,
ascrivibili sia alla fase precedente la costruzione degli edifici paleocristiani sia ad et tardoantica 170. Arricchisce il quadro, ancora largamente lacunoso delle nostre conoscenze, la
scoperta lungo via Imbriani di una porzione di una strada basolata, orientata in senso E-O,
che doveva consentire un collegamento con larea di san Pietro 171. opportuno infine ricordare che il sito prescelto per la costruzione della primitiva cattedrale canosina era costeggiato dallacquedotto fatto costruire da Erode Attico in et antoniniana, uninfrastruttura preziosa che doveva facilitare il rifornimento idrico del quartiere abitativo, artigianale
ed ecclesiastico che qui si and sviluppando.

162

Cfr. da ultimo DAngela 1992b.


Sullorganizzazione urbanistica di Canosa tardoantica, peraltro ancora da approfondire,
cfr. Sabbatini 1992 e in particolare Id. 1998, pp. 164-165.
164 Cassano 1992b con bibliografia precedente.
165 Cassano, Bianchini 1992.
166 Tin Bertocchi, Bianchini 1992.
167 Corrente 1989, pp. 166-167, in part. nota 27.
168 Corrente 1992, pp. 246-247; Sabbatini 1998, p. 160 e fig. 2, n. 8 (Sabbatini ipotizza,
sulla base dellesempio venosino, una trasformazione del quartiere abitativo in quartiere artigianale; i dati in possesso non sembrano per ancora maturi per avere certezze in proposito).
169 Corrente 1990, p. 321-322; i materiali sono attualmente in corso di studio da parte di M.
Turchiano nellambito della sua tesi di dottorato sulle produzioni artigianali tardoantiche.
170 Cfr. supra R. Giuliani (saggio III) per i materiali di et repubblicana e P. De Santis (saggio I) in relazione ad un muro tardo realizzato con ampio impiego di scarti di fornace ed
anfore.
171 Corrente 1990, p. 321.
163

178

GIULIANO VOLPE ET ALII

Pur posta in una zona periferica, larea di san Pietro appare quindi vitale, ben servita
e variamente urbanizzata, occupata gi da et tardo-repubblicana e primo-imperiale, con
una prevalente destinazione artigianale. Essa verosimilmente presentava caratteri ideali
anche per la disponibilit, non sappiamo se mediante acquisto o, come spesso avveniva,
grazie a donazioni e lasciti, degli ampi spazi necessari per la costruzione del complesso
episcopale. In questo senso va quindi letta la scelta di questarea, piuttosto che con infondate interpretazioni legate a intenzioni di emarginazione o marginalit delloriginario nucleo cristiano rispetto al centro della citt romana. Del resto lo sviluppo dellinsula episcopalis in aree periferiche delle citt antiche un fenomeno ormai ben documentato, che
trova nello stesso territorio daunio un esempio significativo nella vicina Venusia 172. In
realt il concetto stesso di centro-periferia che va rivisto in relazione alla citt tardoantica, anche in considerazione del ruolo che proprio gli edifici di culto, in particolare la
chiesa episcopale, finirono col rivestire nel ridisegnare lorganizzazione della citt in
senso cristiano 173 e nella riqualificazione dei quartieri in cui si insediarono, rapidamente
diventati i nuovi poli di attrazione della vita cittadina e dellurbanizzazione. Anche a Canosa la realizzazione della cattedrale accentu il carattere polinucleato della citt 174, avviando il lungo processo di cristianizzazione dello spazio urbano e suburbano, gradualmente completato poi, tra V e VI secolo, con la realizzazione nella zona settentrionale
della citt corrispondente al piano san Giovanni (anchessa periferica ma ben collegata
con il tracciato della via Traiana) del nuovo nucleo cultuale costituito dal battistero di san
Giovanni e dalle chiese di santa Maria e del Salvatore 175 e, nellimmediato suburbio, del
complesso dei ss. Cosma e Damiano, poi san Leucio 176, ed infine delle aree cimiteriali
subdiali e ipogeiche di Lamapopoli e del Belvedere 177.
La datazione del primo impianto di san Pietro comunemente fatta risalire, pur senza
alcun elemento archeologico certo, al IV secolo, in particolare allepoca dellepiscopato di
Stercorio o poco pi tardi 178, poich parrebbe strana lassenza di una chiesa episcopale in
una citt capace di esprimere un vescovo impegnato in un concilio importante come quello
di Sardica del 343 179. Anche per Canosa infatti si registra quel divario cronologico, comune a molte altre sedi episcopali, fra il momento di sicura costituzione della diocesi e la
costruzione, archeologicamente documentata, della cattedrale 180. Uno degli obiettivi della

172

Marchi, Salvatore 1997, pp. 81-98, 145-155.


La bibliografia sul fenomeno della cristianizzazione delle citt antiche ormai molto ampia: si vedano in generale i contributi di Testini, Cantino Wataghin, Pani Ermini 1989 (con
scheda di C. DAngela a p. 102 su Canosa), Cantino Wataghin 1992 e 1996 (con particolare riferimento allItalia settentrionale); Cantino Wataghin et al. 1996; Pani Ermini 1998; Brogiolo,
Gelichi 1998, con altra bibliografia specifica.
174 La definizione di Sabbatini 1998, p. 160.
175 Cassano 1992a, con bibliografia precedente.
176 Cassano 1992e, con bibliografia precedente.
177 Cassano 1992c, con bibliografia precedente; Campese Simone 1992; Ead. 1993 e 1996;
Campione, Nuzzo, 1999, pp. 44-49.
178 Falla Castelfranchi 1981, p. 10; DAngela 1984, p. 341; Lavermicocca 1988, p. 91;
DAngela 1992b; Campione, Nuzzo 1999, p. 42.
179 Cfr. supra G. De Felice.
180 Cfr. Cantino Wataghin et al. 1996, p. 27 con lindicazione di vari esempi.
173

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

179

nostra ricerca consiste quindi nel verificare la datazione e la natura del primitivo nucleo
cristiano, verosimilmente risalente alla prima met del IV o anche prima, in via di ipotesi
presente nellarea di san Pietro: gli elementi acquisiti nel corso della prima campagna non
hanno per offerto dati sicuri in tal senso e ci si augura che anche questo problema possa
essere chiarito con la prosecuzione degli scavi.
In via preliminare necessario precisare che la prima campagna di scavi non ha consentito lindividuazione nellarea indagata di un edificio identificabile con la chiesa episcopale, ma ha portato alla scoperta di una serie di ambienti e di strutture dalle funzioni diversificate, che sembrano costituire una porzione di quellarticolato complesso che and
occupando progressivamente tutto il pianoro della collina di san Pietro, con fasi di vita
comprese, sulla base dei dati finora disponibili, tra il V e lVIII-IX secolo. Sia le indagini
geofisiche, sia i risultati dello scavo dimostrano infatti una ramificata presenza di edifici e
di strutture di vario tipo distribuita su tutta la superficie disponibile. Uno degli obiettivi
principali delle prossime ricerche consister pertanto nellindividuazione della chiesa cattedrale (e del battistero verosimilmente annesso), forse posta nella zona settentrionale, in
corrispondenza delle possenti strutture murarie visibili gi prima dei nostri scavi, dove
per pi rilevanti sono stati i danni provocati dalle cave di tufo e dagli smottamenti.
Al momento, sia pure in maniera ancora problematica, ledificio pi antico individuato
sembra lamb. 2 (saggio III, Periodo IA; tav. I; cfr. figg. 25-26), unaula unica di notevoli
dimensioni e con uno sviluppo marcatamente longitudinale, orientato in senso E-O con abside a O, realizzata con grossi blocchi di tufo e probabilmente pavimentata in questa prima
fase con un semplice battuto di terra: in posizione centrale fu realizzata una tomba in cui
linumato fu deposto senza alcun corredo ed elemento di abbigliamento. Su base stratigrafica, possibile assegnare la costruzione di questo vano al V secolo d.C., grazie sia al rinvenimento di una moneta databile a questo secolo negli strati di fondazione, peraltro assai
ricchi di materiali residui, sia alla sequenza di strati, assegnabili al pieno V secolo, appoggiati al muro settentrionale dellamb. 2 e tagliati dalla fossa di fondazione dellamb. 1 181.
Questultimo costituisce lepisodio costruttivo forse pi rilevante di questi primi momenti
di occupazione databili tra il V e gli inizi del VI secolo, quando la sede vescovile era retta
dai vescovi Probo, Rufino e Memore. Forse nella seconda met del V secolo (Saggio I, Periodo IB-C; cfr. fig. 7) si colloca infatti la realizzazione di questo vano absidato di piccole
dimensioni, con ingresso a N, pavimentato con un bel mosaico policromo a decorazione
geometrica (cfr. fig. 11) 182, che risparmiava la conca absidale posta ad E, dove si ipotizzata la presenza di una cassa lapidea: lambiente si configurerebbe quindi fin dagli inizi
come una cappella sepolcrale, nella quale furono progressivamente sistemate, tra tardo V e
VI secolo, varie altre sepolture. Queste comportarono vari rifacimenti del pavimento e almeno in un caso (tomba 14) si realizz anche uniscrizione musiva databile nella prima
met del VI secolo (Periodo ID; cfr. fig. 9) 183. Lamb. 1 era fin dagli inizi in connessione,
sul lato settentrionale, con un altro vano quadrangolare (amb. 7), anchesso con ingresso a
N, ugualmente interessato da una serie di sepolture, almeno a partire dalla seconda met
del VI secolo (come dimostrerebbe la moneta di Giustiniano presente nella tomba 20) (cfr.

181

Cfr. supra R. Giuliani.


Cfr. supra A. Rocco.
183 Cfr. supra D. Nuzzo.
182

180

GIULIANO VOLPE ET ALII

fig. 10), forse in seguito allesaurimento dello spazio disponibile allinterno dellambiente
absidato (amb. 1).
Ad O di queste due strutture, separato da uno stretto corridoio, si disponeva un gruppo
di vani rettangolari disposti in senso N-S (ambb. 3, 4, 13; Saggio II; Tav. I), con uno spazio centrale forse identificabile come cortile interno (amb. 3). Particolare rilievo aveva
lampio amb. 13 (oltre m2 68), pavimentato con un pregevole mosaico policromo (cfr. fig.
15), che sembra caratterizzarsi per una funzione di rappresentanza e di ricevimento. In
questo stesso vano, verso la fine del V-inizi del VI secolo (Periodo IC), fu sistemata, sia
pure in posizione decentrata, nellangolo NE, una sepoltura (tomba 15; cfr. fig. 16-17),
nella quale fu deposto un individuo adulto 184, il cui corredo era costituito da una bottiglia
di vetro e da una fibula ad anello chiuso 185. La realizzazione della tomba comport
lasportazione e poi il restauro del mosaico, ma non sembra che essa abbia modificato sostanzialmente la funzione dellambiente. Anche per questi vani, come per quelli individuati nel saggio I (ambb. 1, 7), gli ingressi erano posti sul lato settentrionale: si coglie pertanto una prevalenza in questa fase della direttrice N-S nei percorsi utilizzabili allinterno
del complesso monumentale 186.
Nel frattempo anche lambiente absidato pi antico (amb. 2; Periodo IB-C-D) fu interessato da una serie di rimaneggiamenti, con la sopraelevazione del piano pavimentale, in
questa fase costituito da un mosaico con tessere bianche (cfr. fig. 28), e la realizzazione di
una sepoltura lungo il lato settentrionale (cfr. fig. 27), mentre tutto il settore a S di esso veniva progressivamente interessato dallo sviluppo di un fitto sepolcreto con tombe di diversa
tipologia e cronologia 187 (cfr. figg. 29-31).
Un momento decisivo sembra essere stato costituito dal pieno VI secolo (Periodo ID),
coincidente cio con let sabiniana (Tav. II). Oltre allutilizzazione funeraria degli ambienti 1, 7 e 2, lepisodio pi significativo rappresentato dalle ristrutturazioni del complesso di ambienti 3-4-13; in particolare lamb. 13 fu diviso in tre vani di pi piccole dimensioni (ambb. 8, 9, 11), con accesso sul lato occidentale dal cortile 3. Mentre per i vani
8 e 9 presumibile la riutilizzazione del precedente pavimento musivo, nellamb. 11, dotato come il contiguo amb. 9 di un focolare (cfr. fig. 18), si realizz un nuovo pavimento
costituito prevalentemente da mattoni recanti il monogramma del vescovo Sabino impresso sul lato visibile 188 (cfr. figg. 19-20). Luso pavimentale dei mattoni sabiniani, normalmente impiegati nelle murature, attestato anche in un vano del battistero di san Giovanni 189, per cui si indotti a ritenere che anche gli interventi di ristrutturazione documentati a san Pietro siano stati promossi dallo stesso vescovo Sabino.
Le attestazioni di et sabiniana finora registrate ripropongono il delicato problema del
presunto trasferimento delle funzioni di chiesa episcopale nel nuovo complesso, edificato
da Sabino, articolato nella chiesa del Salvatore e nel battistero di san Giovanni. necessario comunque tentare di definire quale rapporto funzionale si sia venuto a stabilire tra que184

Le analisi antropologiche, condotte da S. Sublimi Saponetti, sono attualmente in corso.


Cfr. supra D. Leone.
186 Come si gi detto, proprio a N degli edifici finora individuati si pu ipotizzare la presenza della chiesa di san Pietro.
187 Cfr. supra M. Turchiano.
188 Cfr. supra P. Favia.
189 Moreno Cassano 1968, pp. 161-162; Cassano 1992a, p. 858.
185

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

181

sti due complessi sacri 190: la Vita attesta la conservazione delle funzioni di sede episcopale
a san Pietro al tempo di Sabino, non a caso qui sepolto, e gli scavi paiono confermare la
vitalit del complesso paleocristiano in et sabiniana. Insomma, la chiesa di san Pietro rest chiesa episcopale oppure essa, con gli edifici circostanti, fu utilizzata solo come episcopio, attuando cos una divisione in due poli del complesso episcopale? Questa costituisce una delle domande ancora aperte alle quali con la prosecuzione degli scavi si dovr
tentare di fornire una risposta.
Il gruppo di edifici finora individuati sembra rispondere ad alcune delle tante funzioni
(liturgiche, pastorali, funerarie, residenziali, amministrative, di rappresentanza, ecc.) peraltro non sempre facilmente identificabili con certezza, tipiche di un complesso episcopale
tardoantico. Ma la presenza di tali ambienti non sembra esaurire tutto il ventaglio di attivit che si dovevano svolgere nella zona. Il quartiere vescovile conserv e probabilmente
valorizz infatti lantica vocazione artigianale dellarea: in superficie sono presenti su
quasi lintera collina, con una particolare concentrazione nella zona a sud del saggio III,
scarti di lavorazione e grumi di argilla rubefatta. Dalla zona di san Pietro proviene inoltre
una matrice di lucerna tardoantica (a quanto pare ci che resta di un gruppo di matrici rinvenute in due fornaci individuate casualmente durante lavori per la fognatura) 191 e nello
scarico di materiali individuato in via Goldoni ampia la presenza di ceramiche comuni
dipinte, in particolare bacini, ed anche di vasi e lucerne che imitano le produzioni africane,
a volte recanti decorazioni tratte dal simbolismo cristiano 192. Lo scavo ha inoltre restituito
un numero rilevante di mattoni riferibili alla committenza vescovile, le cui figline potrebbero, in via di ipotesi, non essere lontane dagli edifici paleocristiani. Tra di essi sono sicuramente prevalenti i mattoni con il monogramma di Sabino, che, com noto, sono ben documentati in molti altri edifici di Canosa e del suo territorio, variamente legati alla figura
del potente vescovo canosino (la chiesa di San Leucio, il battistero di San Giovanni, gli
edifici tardoantichi nellarea del tempio di Giove Toro, larea della cattedrale medievale,
la chiesa paleocristiana di Barletta, Canne 193). Ad essi si affiancano mattoni, ugualmente di forma quadrata, con il pi problematico monogramma del vescovo Rufino 194, o
con croce monogrammatica, questi ultimi simili ad un esemplare proveniente dal territorio di Lavello 195, o con varie altre decorazioni (ruota raggiata, margherita a sei petali,
190

Cfr. DAngela 1984, pp. 348-349; Id. 1992b; Campione, Nuzzo 1999, pp. 42-43.
DAngela 1979, p. 96, tav. V.1; Id. 1984, p. 348; Volpe, DAngela 1992, pp. 895-895, n. 8.
192 Sono molto grato, per le informazioni inedite fornitemi, a M. Turchiano che sta studiando questi materiali.
193 Sui mattoni di Sabino cfr., per il Battistero di S. Giovanni: Moreno Cassano 1968, pp.
170-171, fig. 11; per San Leucio: Falla Castelfranchi 1981, tav. XI (con scheda relativa); per
larea di Giove Toro: Cassano1992b, p. 747; Volpe, DAngela 1992, p. 896; Volpe 1996, pp.
313-314, fig. 122; LArab 1988, pp. 121-124, tav. LXIII; per la zona della Cattedrale: Corrente
1995, pp. 118-119; per Barletta: Favia, Giuliani 1997, pp. 338-339, fig. 5; per Canne: notizia in
Lavermicocca 1997, pp. 82-83. Sul problema dei mattoni con monogramma, in relazione al
mattone di Iohannis di San Giusto, cfr. ora Volpe c.s.
194 Il presunto monogramma di Rufino, assai meno attestato, a mio parere da considerare
in realt la versione ribaltata del monogramma di Sabino: si potrebbe pertanto pensare ad una
matrice diversa dello stesso monogramma sabiniano.
195 Localit Foragine, nei pressi di Lavello: cfr. Marchi, Salvatore 1997, pp. 140-141, fig.
154 (che propongono una produzione venosina, messa in relazione con il vescovo Stefano) e
191

182

GIULIANO VOLPE ET ALII

ecc.) 196, oltre a mattoni di forma rettangolare con una P incisa a fresco 197. Un altro
obiettivo affidato ai prossimi scavi consiste quindi nellindividuazione e nellanalisi
dellipotetico settore artigianale attivo nel quartiere vescovile, mediante lapertura di un
saggio nella zona meridionale del pianoro.
Il periodo compreso tra il tardo VI e lVIII-IX secolo (Periodo IIA-B; cfr. tav. II), che
si apr con un momento di crisi della diocesi canosina, a lungo priva di guida 198, e si svilupp lungo tutta la fase di occupazione longobarda 199, registr nellarea di san Pietro sia
un cambiamento di funzione, in senso residenziale, di alcuni vani originariamente adibiti a
usi liturgici e cimiteriali, come gli ambb. 1-7, sia unaccentuazione della destinazione cimiteriale di altri spazi. Nellamb. 1 (Periodo IIA), il cui ingresso fu ristretto, si realizz un
focolare. Pi tardi questambiente absidato fu del tutto abbandonato con la definitiva tamponatura dellingresso, e si realizz una struttura abitativa (Periodo IIB, Saggio I, amb. 14;
Tav. III; cfr. fig. 13) orientata in senso E-O, mediante la rasatura di muri del precedente
amb. 7 fino al livello di fondazione, il riporto di terra e la stesura di pavimenti in terra battuta, la realizzazione di un focolare ed infine la successiva creazione, allinterno, di due
fosse utilizzate probabilmente come latrine o immondezzai e, allesterno, di due silos adibiti verosimilmente alla conservazione di derrate 200. necessario sottolineare limportanza storico-archeologica di questa acquisizione, perch si tratta della prima struttura abitativa di et altomedievale individuata a Canosa e di una delle prime note nellintero territorio della Puglia centro-settentrionale 201. Alcuni interventi di ristrutturazione interessarono anche lamb. 11 con il pavimento sabiniano, mediante la realizzazione di un piccolo
vano (Periodo IIB; Saggio II, amb. 12; Tav. III; cfr. fig. 21) sul lato occidentale, al cui interno si ricavarono, asportando il pavimento in laterizio, due fosse probabilmente utilizzate
per la conservazione delle derrate. Unutilizzazione funeraria conobbero invece gli ambb.
3 e 4 (Periodo IIC; Saggio II), il primo ospitando tre tombe a fossa monosome (tombe
2,3,4; cfr. fig. 22), con inumati privi di corredo, realizzate anche mediante il reimpiego di
materiali architettonici (tra cui un frammento di pluteo), il secondo accogliendo due sepolture, purtroppo rinvenute sconvolte. Infine unaltra tomba (12), nella cui struttura si riutilizz un frammento di mosaico, fu ricavata nellamb. 9 (cfr. fig. 24) 202.
Una delle domande storiche che la prima campagna di scavi ha lasciato insolute relaSalvatore 1991, p. 280, cat. I.1; un mattone analogo gi stato rinvenuto a Canosa nellarea del
tempio di Giove Toro (cfr. Rossi 1982, p. 21). Piuttosto che ad una produzione venosina, si
pu quindi ora pensare ad una produzione canosina anche per questo tipo di mattone. Cfr.
Volpe, DAngela 1992, pp. 895-896, nn. 9-10.
196 Falla Castelfranchi 1981, tav. IX (con scheda).
197 Cfr. supra P. Favia.
198 Cfr. supra G. De Felice.
199 DAngela 1992c.
200 Cfr. supra P. De Santis.
201 Ledilizia abitativa altomedievale (cfr. in generale Brogiolo, Gelichi 1998, pp. 103-154,
con bibliografia specifica) ancora assai poco nota in Puglia e in Italia meridionale, anche a
causa dei noti ritardi dellarcheologia postclassica e pi in generale dello scavo stratigrafico urbano. Recentemente unaltra struttura abitativa altomedievale, ancora inedita, realizzata allinterno di un ambiente delle terme romane e tardoantiche, stata indagata a Herdonia nel corso
della campagna 2000 (cfr. la notizia in Volpe et al. c.s.).
202 Cfr. supra C. Annese.

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

183

tiva alla verifica archeologica di due importanti presenze indicate dalla Vita, e cio sia la
sepoltura attribuibile a san Sabino, a lungo rimasta sconosciuta (sepolchrum incognitum)
prima della miracolosa inventio in seguito allapparizione del santo ad un pellegrino Hispanus, tale Gregorio, qui giunto per chiedere la sua guarigione, sia la chiesa-cappella
fatta costruire dalla duchessa Teoderada, moglie del duca di Benevento Romualdo I (671687) sulla tomba del santo, rapidamente divenuta luogo di pellegrinaggio 203. Gli studiosi
si sono divisi sulla localizzazione della tomba di Sabino e dellecclesia di Teoderada: alcuni ritengono infatti che esse siano state realizzate nella chiesa di san Pietro o nelle sue
immediate vicinanze 204; altri invece propendono per una collocazione in unaltra zona.
Recentemente A. Campione ha proposto di identificare lecclesia longobarda con ledificio
a pianta rettangolare con abside semicircolare, contenente un sarcofago ed altre tombe a
cassa e a fossa terragna, posto allinterno della necropoli di Ponte della Lama 205, che per
in realt da considerare pi propriamente un edificio funerario a carattere familiare 206. Pur
in attesa di nuovi pi eloquenti dati che si spera possano venire dai prossimi scavi, lattestazione di interventi realizzati nel VII secolo nellarea di san Pietro, pare fin dora delineare una sostanziale convergenza tra gli elementi forniti dalla Vita e i dati archeologici.
Agli inizi del IX secolo si effettu la translatio delle reliquie del santo, per iniziativa di
Pietro, vescovo canosino longobardo, secondo il Chronicon Salernitanum parente di Grimoaldo IV (806-817) 207, committente della Vita (probabilmente redatta proprio nelloccasione). In tal modo si voleva evidentemente rendere pi agevole il pellegrinaggio, ormai
divenuto problematico nella sede extramuranea di san Pietro, e garantire a Sabino assiduae
laudes, frequentia populi et clericorum psalmodiae: il corpo del santo fu cos sistemato
nella cattedrale, costruita nellarea di quella attuale, in camera subtus altare beatissimorum martyrum Joannis et Pauli 208. Pi tardi una seconda traslazione port al trasferimento
delle reliquie da Canosa alla cattedrale di Bari, intitolata proprio a san Sabino, avvenuto
secondo la tradizione barese alla met circa del IX secolo: si voleva affermare cos definitivamente la centralit di Bari, erede di Canosa, nella guida politica, economica e religiosa
nel territorio pugliese 209. Questi episodi (cui si affiancarono verosimilmente le conseguenze di alcuni eventi distruttivi, come lincursione saracena dell875) sembrano aver segnato effettivamente lavvio del definitivo abbandono della collina di san Pietro. Nellarea
finora indagata gli scavi non hanno fornito infatti alcuna indicazione su una frequentazione successiva allVIII-IX secolo, ad esclusione di vari elementi di crollo (Periodo III;
Tav. III), per cui non semplice delineare la situazione del complesso monumentale e
dellintero quartiere tra la piena et medievale, quando labitato canosino si era ormai ridotto nella zona alta intorno al castello, e let moderna.
Potrebbe essere decisiva, per chiarire le condizioni degli edifici sacri in stato di abbandono durante questa lunga fase, lanalisi della ricca documentazione relativa in particolare

203

Cfr. su questi episodi narrati dalla Vita Campione 1988, 1992 e 2001, pp. 35-37.
Cfr. ad es. DAngela 1984, p. 361.
205 Campione 1988, pp. 627-628; Ead. 1992, p. 833.
206 Cassano 1992c, pp. 873-876; Campione, Nuzzo 1999, p. 46.
207 Chron. Sal. 97.
208 Vita 6. 21; cfr. da ultimo Campione 2001, pp. 37-38.
209 Riesame della questione in Campione 2001, pp. 39-46 e Bertelli 2001.
204

184

32. - Disegno di anonimo eseguito nel 1586 con la raffigurazione di Canosa (Biblioteca Angelica di Roma, Coll. B.S.
56). Il n. 2 indica la chiesa di san Pietro.

GIULIANO VOLPE ET ALII

alle visite pastorali, conservata


nellarchivio diocesano 210, oltre
alle descrizioni dei viaggiatori e
alle cronache degli studiosi locali. Ne sono solo un esempio
lindicazione della chiesa di san
Pietro presente nellInventario
della Prepositura 211 o il riferimento contenuto nella descrizione della santa visita compiuta
dal prevosto Giacomo Siliceo
nel 1677 212. In un disegno anonimo di Canosa, datato al 1586,
la chiesa di san Pietro ancora
ben indicata (fig. 32), ma non
sappiamo quanto questo dato
possa riflettere la situazione
reale, poich la vignetta raffigurante la chiesa, dotata anche del
campanile, appare generica e caratterizzata da unapprossimativa collocazione topografica.
Riferimenti pi o meno espliciti
alle rovine di san Pietro sono
inoltre presenti nelle descrizioni
dellabate di Saint-Non 213, che
per mostra di non conoscerne
il nome, e di E. Mola, che tra
laltro attesta la pratica del recupero di materiali 214. Anche il

210 Uno studio in tal senso stato programmato a breve, grazie anche alla disponibilit di
don Felice Bacco.
211 Vi unaltra chiesa quasi diroccata chiamata di san Pietro nella quale non si celebra
n tiene entrata. Sono grato alla prof.ssa Angela Maria Di Gioia per le informazioni che mi
ha fornito al tal proposito; la prof.ssa Di Gioia ha discusso nellAA 1969-70 una tesi su Canosa paleocristiana in cui per prima ha affrontato il problema dellarea di san Pietro. Sono
ugualmente grato al prof. Antonio Paradiso, che conduce da anni ricerche di archivio sulla storia di Canosa. La prof.ssa Di Gioia e il prof. Paradiso ritengono che questo documento sia da
riferire al Baronio, prevosto del 1598.
212 N. 13 del 7 fascio del 10 scaffale, retro p. 24: eodem die primo mensis Iulii 1677 post
vesperos subsequentur accessit ad Ecclesiam Sancti Petri extra moenia magnis olim edificiis
constructam nunc autem pene dirutam; referunt fuisse Cathedram Sancti Sabini; hinc prossime
descenditur ad Cappellam cum imagine Sanctissimi Crucifissi atque in ea Corpus eiusdem
Sancti umatum condam extitisse asserunt.
213 Saint-Non 1783, p. 29.
214 Mola 1797, p. 22: Dalla parte posteriore miransi le sue vaste fondamenta mezzo sco-

IL COMPLESSO EPISCOPALE PALEOCRISTIANO DI SAN PIETRO A CANOSA

185

prevosto A.A. Tortora nella sua storia della chiesa di Canosa, dopo essersi a lungo occupato della tomba di san Sabino nella cattedrale di san Pietro, sostiene che alcuni resti della
chiesa, distrutta a suo parere dopo la traslazione delle ossa del santo, erano ancora visibili
al suo tempo 215. In ogni caso, nel XVIII secolo le strutture della chiesa, probabilmente ormai semidiroccata, erano ancora ben visibili ed erano utilizzate come cava per il recupero
di materiali edilizi, anche di pregio, secondo una consuetudine evidentemente affermatasi
gi nei secoli precedenti. Come riporta G. Morea, in un documento processuale del 16 luglio 1764, si fa riferimento allasportazione di colonne e marmi dalla chiesa di san Pietro
da parte di uomini del principe Capece-Minutolo, che ordin anche con violenza e con disprezzo della censura e della Chiesa il recupero di materiali antichi dai monumenti canosini per ornare le proprie residenze 216.
Successivamente larea rimasta a lungo in stato di totale abbandono, utilizzata come
cava di tufo e occupata da orti e campi coltivati, fino a tempi recenti, quando stato impiantato un vigneto, prima di trasformarsi nel tipico paesaggio degradato di certe periferie urbane.
Gli scavi proseguiranno, si spera, nei prossimi anni, con lobiettivo di indagare, per la
prima volta in maniera estensiva e sistematica, uno dei principali complessi episcopali
dellItalia meridionale. In tal modo si tenter di meglio definire larticolazione, le funzioni
e le modifiche subite nel corso dei secoli compresi tra la tarda antichit e lalto medioevo,
nel quadro delle profonde trasformazioni verificatesi nel paesaggio urbano di Canusium
durante questo lungo periodo di tempo ancora poco indagato.
G.V.

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La fig. 1 tratta da Citt da scoprire. Guida ai centri minori, vol. 3, Italia meridionale e insulare,
TCI, Milano 1985, p. 116.
La fig. 32 tratta da G. de Troia, Piante e vedute della Puglia cinquecentesca, Fasano 1988, p. 23,
tav. II.
Le figg. 4-6 sono di M. Ciminale.
La documentazione grafica stata realizzata da G. De Felice.
Le foto sono di G. Volpe e dei responsabili dei saggi.
verte dal tempo e dal cavamento ivi praticatosi in cerca di tufi da costruzione e i sotterranei nei
suoi edifici laterali:
215 Tortora 1758, cap. 6, p. 5 (=1982 p. 214)
216 Morea 1973, pp. 126-128: convocati davanti al Capitolo i signori A. Bucci e R. Matarrese
ammisero che il 16 luglio alcuni laici proseguendo labitudine di usurparsi li materiali di
detta chiesa (s. Pietro), , questa mattina appunto sono andati ad estrarre altre colonne dalla
chiesa antichissima Cattedrale diruta sotto il titolo di s. Pietro che parimenti del Capitolo.
Secondo la deposizione di P. Sinesi fu asportata una colonna intera di 22 palmi e laltra spezzata di palmi 13 la prima di marmo fino si vede eretta avanti le dette case del Principe al
piano s. Francesco, sulla quale per ordine del Principe vi si vede posta una certa statua di
marmo, mentre la seconda il Sinesi dice di averla vista piantata in mezzo alla strada vicino al
Carmine; inoltre, continua il Sinesi ieri 26 ottobre 1764 vidi verso le 23 e mezzo trasportare
dalla detta chiesa di san Pietro un grossissimo pezzo pietra sopra un traino, ed oggi si vede posto sotto il palazzo del detto Principe e propriamente avanti la porta delle carceri . Analoga
deposizione fu fatta il 18 luglio anche da N. Mosca.

186

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