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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

Lessico di Ren Gunon


A cura di Angelo Terenzoni

Edizioni Alkaest

Edizione elettronica ad esclusivo uso dei membri dellO.M.A.T.


Qualsiasi riproduzione o diffusione di questo testo vietata al di fuori dellOrdine.

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

SOMMARIO
PREFAZIONE................................................................................................................................................................................3
ABBREVIAZIONI......................................................................................................................................................................11
- A -....................................................................................................................................................................................................12
- B -....................................................................................................................................................................................................23
- C -....................................................................................................................................................................................................30
- D -...................................................................................................................................................................................................52
- E -....................................................................................................................................................................................................60
- F -....................................................................................................................................................................................................72
- G -...................................................................................................................................................................................................77
- H -...................................................................................................................................................................................................82
- I -.....................................................................................................................................................................................................83
- J -..................................................................................................................................................................................................103
- K -.................................................................................................................................................................................................104
- L -.................................................................................................................................................................................................106
- M -...............................................................................................................................................................................................111
- N -................................................................................................................................................................................................138
- O -................................................................................................................................................................................................144
- P -.................................................................................................................................................................................................154
- Q -................................................................................................................................................................................................170
- R -.................................................................................................................................................................................................172
- S -.................................................................................................................................................................................................182
- T -.................................................................................................................................................................................................209
- U -................................................................................................................................................................................................222
- V -.................................................................................................................................................................................................229
- Y -.................................................................................................................................................................................................235
- Z -.................................................................................................................................................................................................237

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

PREFAZIONE

Ove si consideri l'essere umano da una prospettiva che ne superi (pur senza annullarle)
le componenti materiale e psichica dell'individualit per rifarsi a quella puramente
spirituale, si vede come si sia in presenza dell'innata ricerca di un qualcosa di
sovraindividuale, di un'aspirazione verso la trascendenza, del senso di dipendenza da un
principio che e al di fuori ed al disopra del relativo e del contingente. E un simile senso di
limitatezza, unito alla concezione di una naturale imperfezione, che spinge I'individuo
verso l'Assoluto, il Perfetto, l'Archetipo Principiale di cui egli si rende conto di essere un
modello ed a tale archetipo tende il pi possibile a rassomigliare.
Afferma Dante Alighieri nel Convivio (cap. I) che tutti gli uomini naturalmente
desiderano di sapere. La ragione di che puote essere ed che ciascuna cosa, da Providenza di propria
natura impita, a inclinabile a sua propria perfezione . Sono parole queste in cui a racchiuso il
senso profondo della ricerca del sacro in ogni epoca ed in ogni society umana, una ricerca
che risulta pure dalla ben nota espressione socratica: Conosci te stesso . Dice ancora il
grande esponente della sapienza greca che conoscere ricordare ed allora l'idea di
sapere dantesca e quella cosi esposta di conoscenza esprimono la medesima alta realt
dell'aprirsi alla Verit Eterna, all'Assoluto, all'Uno che regge l'universo e nel quale
l'universo a essenzialmente riassunto.
Le moderne interpretazioni psicologiche e psicoanalitiche fanno del sacro it prodotto
del subconscio, vale a dire della parte oscura dell'essere umano, un venire alla superficie
di passioni, di paure, di impulsi psichici incontrollati; in ci(5 esse non si distaccano dalla
frusta ed obsoleta interpretazione marxista del sacro come alienazione dell'individuo o
dalla altrettanto superata idea niciana della morte di Dio come rinascita dell'uomo. Ad
un simile modo di vedere sono riferibili pure gli archetipi junghiani, ove il termine
archetipo assume un significato stravolto rispetto all'originaria etimologia tradizionale
che ne fa un qualcosa di ordine superiore. Ma se in una retta visione del fenomeno
rovesciamo una simile interpretazione e riferiamo gli archetipi al sovraconscio, al senso
superiore delle cose, alla spiritualit pura, ecco che viene recuperata l'originaria
dimensione di ordine assoluto e spazzata via ogni sovrastruttura venuta a sovrapporsi
come effetto della degenerazione intellettuale dell'Occidente. L'individuo, da mero oggetto
di studio (quale lo vogliono psicologi e psicanalisti) ritorna soggetto, soggetto pensante e
dotato di una dimensione spirituale, e si rivela per quello che veramente : l'immagine
divina nel mondo, il discendente dell'Adamo a cui Dio rivela i nomi di tutte le cose
create e conosce in tal modo l'essenza della creazione.
dunque questa natura teomorfica che sta alla base della ricerca del sacro, dell'anelito
verso il divino, di quello che, in ogni tempo ed in ogni luogo, viene designato come il
fenomeno religioso : l'essere umano che si rivolge verso l'alto e l'alto gli si rivela, con una

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continua corrente ascendente-discendente muovente lungo quel filo che l'Intelletto,


scintilla divina nell'individuo. Ponendosi da tale angolo visuale si viene a fare propria
l'idea dell'unit trascendente di tutte le forme tradizionali ispirate ai principi, restando cos
superato il punto di vista relativo connaturato ai singoli ambiti e per il quale solo una
particolare forma tradizionale quella vera, mentre le altre sono mere rivelazioni naturali
. Da questo punto fermo muove Ren Gunon, il quale enuncia all'uomo del XX secolo
l'idea di Tradizione, l'idea cio della trasmissione della Verit Eterna nel tempo e nello
spazio, con una catena che muove dall'origine e giunge alla fine, che poi ancora
l'origine, e cos via, poich si qui nell'Eterno Presente che trascende ogni determinazione
temporale e la circolarit esprime simbolicamente la totalit esistenziale.
Nei libri sacri delle varie tradizioni stanno scritte le Grandi Verit regolatrici
dell'esistenza e gli Inviati dell'Alto le hanno in ogni epoca ribadite, nulla scoprendo di
nuovo, ma facendo in modo che l'umanit del loro tempo, le comprendesse e vi si
conformasse: cos per gli Avatar ind, per la predicazione del Cristo e per la Legge Divina
portata da Muhammad ai Musulmani e fissata nelle Sure del Corano. Dice Muhammad:
Io sono l'ultimo Profeta, con me il ciclo della profezia si chiude ; dunque la Parola di Dio
non avr, per un tempo che non ci dato di conoscere, altri annunciatori e quanti si
definiscono tali altro non saranno (e non sono) che degli impostori. Ma se l'Occidente del
XX secolo, sprofondato nella materialit, nello psichismo e nel conformismo religioso, ha
smarrito la retta via e brancola nel buio, la Provvidenza non pu lasciarlo abbandonato
a se stesso, senza una luce che lo illumini e lo guidi nella notte spirituale in cui vive;
colui il quale dovr svolgere questo compito non sar quindi un Profeta, ma un uomo che
conosce la Verit Eterna ed perci in grado di indicare la strada che ad essa conduce,
spazzando via l'illusione moderna del progresso e la fallacia dell'opinione razionale.
La riscoperta della propria radice quindi il senso del messaggio che Ren Gunon
indirizza ai contemporanei, un messaggio che rappresenta un solido edificio e che, per
essere tale, deve avere una solida base tradizionale. Questa base Gunon la trova in quella
che la vera tradizione dell'Occidente, vale a dire nel Cattolicesimo Romano; la dottrina
cattolica fa perno sulla filosofia scolastica ed perci alla Scolastica che egli conferisce
un'apertura di ordine pi elevato e profondo, trascendendo (sempre senza annullarlo) il
teologico, per sfociare nella dimensione metafisica. Aristotele e San Tommaso parlano del
Primo Motore, dell'Essere Puro, dell'Uno che regge l'universo e ci analogo al Padre di cui
parlano i Vangeli Sinottici, al Verbo del Vangelo Giovanneo, al Dio della Genesi; tale
concezione rappresenta la confluenza nell'alveo cristiano della sapienza greca, dalla quale
ultima si risale, senza soluzione di continuit, ad un sapere la cui origine sfugge al tempo
ed allo spazio, poich di ordine sovrumano. Ren Gunon recupera tale origine e lo fa
attraverso l'idea metafisica del Non-Essere che, nota ai primi filosofi presocratici, era
andata perduta nei pensatori successivi, sino a che Aristotele aveva fatto della metafisica la
scienza dell'Essere , riducendola cos ad una mera ontologia; la Scolastica, da parte sua,
aveva subordinato la metafisica alla teologia, dandone sempre una visione di ordine
residuale.

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Vengono cos alla ribalta in Gunon i concetti di Infinito, di Possibilit Universale, di


possibilit di manifestazione e di non manifestazione, di Non-Essere che sta aldil
dell'Essere e lo comprende nella sua in-differenziazione. A menti use ad arrestarsi all'Essere
Puro si svela il domino metafisico che lo trascende, si svelano l'indefinibile, l'inesprimibile,
il silenzio, il vuoto, lo Zero Metafisico di cui l'Unit rappresenta la prima determinazione e
la prima affermazione, la Parola Primordiale analoga al Verbo. Se quindi, nella visione
aristotelico-scolastica, l'individuo, attraverso l'Intelletto Agente giunge a comprendere
l'essenza del Primo Motore ed ivi come il caso della visione dantesca della somma
luce dell'Empireo, si arresta, qui egli si spinge aldil del Principio e dell'Essere in
potenza , pervenendo a quella che il Vedanta designa col nome di Liberazione in Vita ed il
Sufismo come Identit Suprema.
Liberazione in Vita ed Identit Suprema rappresentano dunque due risultati realmente
ed effettivamente finali , ma ad essi non giunge ogni individuo indiscriminatamente,
anche se la natura teomorfica dell'essere umano potrebbe condurre a ci; impedisce l'
ascesa verso l'alto la parte pesante dell'individualit, cos come affermano le parole
dantesche del Convivio (cap. I): da questa nobilissima perfezione molti sono privati per diverse
ragioni, che dentro l'uomo e di fuori da esso, lui rimovono dall'abito di scienza . All'individuo in
tal modo impossibile ricordare , riconoscere in lui la propria natura teomorfica, fare
fruttificare l'evangelico granello di senape , scoprire il Regno dei Cieli interiore; ne
deriva il trascinarsi nella piatta ed incolore vita ordinaria , l'abbandonarsi all' anima
sensitiva ed appetitiva , sino ad imboccare la via che conduce alla dissoluzione
nell'infraumano e che purtroppo agevole, chiara e facile da seguire. Ma esiste un'altra via,
ben pi ardua e dura da percorrere, al cui fondo sta tuttavia l'Assoluto, la Liberazione,
l'Identit Suprema; Ren Gunon indica questa via a chi s vederla e possiede le
qualificazioni necessarie per percorrerla fino al termine, senza pi voltarsi indietro, n
guardarsi attorno: la Via Iniziatica che si imbocca morendo al materiale ed allo
psichico per rinascere nello spirituale. la Vita Nova di cui parla Dante, poich essa
una nuova nascita , la seconda nascita che segue la prima al mondo, in quanto ora il
mondo non esiste pi come visione distintiva e materiale e l'individuo, pur vivendovi, non
vi annette alcuna importanza, conformemente alle parole evangeliche: Siate nel mondo,
ma non del mondo .
Nella sua fondamentale opera Considerazioni sulla Via Iniziatica , Ren Gunon
delinea tutti gli aspetti dell'esperienza iniziatica e le sue varie fasi, dall'ingresso nella via
sino al compimento dei Grandi Misteri; egli mette poi in guardia dai falsi Maestri e dalle
pseudoiniziazioni, purtroppo tanto diffuse ai giorni nostri. Idea base quella di una catena
ininterrotta che muova da un Polo, ove il Polo rappresenta il sovrumano tuffato
nell'esistenza, il Principio attualizzato e reso trasmissibile nel tempo e nello spazio. Ci si
trova qui in presenza di una esposizione che, a prima vista, si rivela schematica e
suscettibile di insterilire nella lettera lo spirito dell'iniziazione; tuttavia doveroso
dire che l'esprimere idee di ordine sovrumano nel linguaggio parlato e nel termine scritto
ne determina una inevitabile coagulazione , una fissazione, a tale livello peraltro

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necessaria. Una cosa lo scrivere in un libro un concetto ed altra cosa operare in


conformit ad esso; sar perci compito di chi la Via Iniziatica realmente ed effettivamente
affronta, fare s che in lui si attui il solve e che tutto sia vissuto come un'unica e
totalizzante realt. Un risultato questo raggiungibile ove esista un Maestro vero , un
Maestro che sappia vedere nel neofita la materia prima da affinare e da purificare dalle
scorie il Maestro vero , colui che si ricollega all'Origine ed , nella sua funzione,
l'Origine, invita e conduce, in un rapporto continuo e costante che pu durare anche dopo
la sua morte: ecco il senso reale della Via Iniziatica che Ren Gunon indica a chi la sa
vedere! Capito questo la via sar agevole e l'ascesa un'integrazione totale nella Realt
Assoluta, un abbandono spirituale completo, aldil degli schemi, delle gerarchie, dei gradi,
dei riti, il tutto puro e semplice contorno; solo cos l'essere umano perviene all'Assoluto e vi
perviene riconoscendolo in s e ricordando in senso socratico. Ora egli vive realmente i
suoi stati ed una sola cosa col Padre , liberato in vita , poich aldifuori della
corrente delle forme e non pi incatenato alle dimensioni temporale e spaziale.
Funzione dunque nettamente litaria quella svolta da Ren Gunon nell'indicare una
Via Iniziatica da seguire nell'alveo di una forma tradizionale viva ed operante, una Via
Iniziatica che conduca alla meta finale, rifiutando perci le iniziazioni virtuali e
inesorabilmente condannate a restare tali per l'esaurimento delle organizzazioni che le
conferiscono, spesso con irrisoria facilit. Ma si traviserebbe lo spirito del messaggio
gunoniano o quantomeno se ne darebbe una visione riduttiva ove ci si limitasse al
campo iniziatico e non si prendesse in considerazione l'aspetto cosiddetto sociale della
sua opera, vale a dire l'impietosa distruzione del feticcio del mondo moderno , i cui miti
e le cui illusioni vengono messi a nudo e mostrati per quello che veramente sono: delle
degenerazioni, delle alienazioni, dei prodotti di una civilt indegna di definirsi tale e che
perci Gunon, con felice espressione, designa come un' aberrazione esistenziale .
Nel Regno della Quantit ed i Segni dei Tempi , Ren Gunon delinea, con una
lucidit ed una chiarezza che oggi gi possono trovare la loro verifica, la degenerazione
dell'Occidente moderno ed il suo progressivo autoannientamento nelle spire della
psichicit scatenata ed incontrollabile. In una dimensione temporale che egli si guarda bene
dall'indicare, si parla poi della Grande Parodia e del Regno dell'Anticristo, sino al momento
in cui la ruota cessa di girare e si prepara il Raddrizzamento Finale di cui parlano tutti i
libri sacri e le rivelazioni degli Inviati dell'Alto. In Oriente ed Occidente , Gunon mette
in evidenza la differenza tra l'Oriente in cui si mantenuto lo spirito tradizionale e la
purezza originaria della dottrina ed un Occidente degenerato e materialista, ormai schiavo
dei feticci prodotti dell'idea di progresso ivi imperante; vi peraltro esposta la possibilit
che l'Occidente possa ritrovare la sua tradizione e ci quando sar nuovamente operante
una lite intellettuale effettiva, lite che egli vede provenire dall'Oriente e considera perci
vitale per gli Occidentali l'aiuto in tal senso degli Orientali.
Ci troviamo in presenza di un'affermazione che, presa alla lettera, ha suscitato contro
Gunon i sostenitori di una Tradizione Occidentale perenne e, dall'altra parte, ha dato
forza al trionfalismo di quanti sono andati (e vanno) a cercare in Oriente ci che hanno

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dentro di essi e non sanno riconoscere; entrambi questi punti di vista sono da rifiutare, in
quanto creano un dualismo che esiste solo in una visione parziale, partigiana e distintiva
delle cose, visione destinata a dissolversi ove ci si elevi nella dimensione che Oriente ed
Occidente comprende e unifica. Recuperare l'Oriente non dunque andare l o
convertirsi ad una delle sue forme tradizionali, n tantomeno attendere che gli Orientali
giungano da noi a portare l'Acqua di Vita, bens riaccendere la lux interiore (secondo
la frase ex Oriente Lux ), fare fruttificare il granello di senape , ritrovare quel Regno
dei Cieli che nell'individuo e mai e poi mai fuori di lui. Questo e questo solo il senso
dell'azione dell'lite intellettuale di cui parla Ren Gunon ed essa non sar n occidentale
n orientale, bens primordiale , avendo in essa la primordialit che conferisce il costante
ricollegamento al Centro Supremo ed essendo perci creazione che si rinnova in ogni
istante.
Dire quando e dove operer questa lite intellettuale cosa che non ci spetta, poich ci
riservato solo ad un pi alto disegno provvidenziale e si situa in un ordine ove la
dimensione temporale non ha alcun significato, in quanto l tutto Eterno Presente; in tale
prospettiva ogni evento si realizza quando la pienezza del tempo e cos sar per il
Raddrizzamento che segue la fine del ciclo. Ci troviamo infatti nella dimensione metafisica,
nella realt simbolica che trascende la realt esistenziale e che la modella senza esserne
minimamente influenzata o condizionata; ogni cosa si collocher nel suo giusto
momento temporale, come ogni mattone forma il muro eretto a regola d'arte, per cui
inutile e sciocco fare calcoli sulla durata del Kali-Yuga, chiedersi se si ancora nella fase
finale e se la Grande Parodia tarder ancora a manifestarsi. Ridurre lo svolgimento ciclico
alla pura dimensione temporale e collocare il Primordiale in un inizio ben definito, significa
andare contro l'evidenza per cui il Primordiale esiste ora e sempre, poich la Tradizione
Primordiale non quella di una determinata societ di una particolare epoca, ma un
qualcosa che a livello metafisico; essa come dice Gunon la manifestazione
del Verbo e quindi l'Eterno Presente che sempre si manifesta a chi lo sappia cogliere.
Collocare dunque l'Umanit Primordiale nel tempo ed andare alla ricerca della sua dimora
cosa da lasciare ai cultori della darwiniana origine della specie che tanto furore fece
nel secolo XIX e nei primi decenni del secolo XX; chi vi si perde e crede di fare un qualcosa
di meritorio bene subito che abbandoni queste illusioni, poich egli nulla ha capito della
realt simbolica, della natura dell'Archetipo da cui derivano gli indefiniti, difformi ed
imperfetti modelli. Ogni civilt ispirata ai principi ha realizzato in s il Primordiale, la sua
tradizione stata Tradizione Primordiale, rappresentando un riflesso della dimensione
celeste nell'esistenza umana; lo svolgimento ciclico stato l'esaurirsi della spiritualit della
dottrina., la Grande Parola il venire alla ribalta dello psichismo esasperato ed il Regno
dell'Anticristo la fase finale della degenerazione. Parimenti, ogni essere umano che vive in
accordo colla Volont del Cielo Uomo Primordiale, poich per lui nulla il
condizionamento del mondo e della molteplicit, avendo vinto la sua Grande Guerra Santa;
ove non si realizzi una simile condizione privilegiata, vi sar degenerazione, materialit,
Grande Parodia, Regno dell'Anticristo. In entrambi i casi si avr il Raddrizzamento Finale il
quale il ritorno al centro , il recupero dell'Archetipo e della propria radice ultima .

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Messi cos a fuoco gli assi portanti del messaggio guenoniano all'Occidente moderno, si
pu ora prendere in considerazione la problematica della visione in Ren Gunon del
Cattolicesimo Romano, argomento sino ad oggi mai affrontato con sufficiente
approfondimento. Nelle pagine del Grande Interprete della Tradizione si parla dell'Adorazione dei Magi come omaggio al Cristo infante dei simbolici esponenti dei Tre Mondi e
come prova della perfetta ortodossia del Cristianesimo in rapporto alla Tradizione
Primordiale, vale a dire all'Archetipo da cui deriva ogni forma tradizionale; il Cristo visto
come una discesa di luce , un Inviato dell'Alto e ricollegato a quel Melchisedec (di cui
parla pure San Paolo) che qui assurge a simbolo dell'unione inscindibile di regalit e
sacerdozio. Ove Ren Gunon si discosta invece da una simile retta visione nella fase
applicativa delle idee cos esposte e cio nel delineare l'espansione del Cristianesimo nel
mondo romano, sino a divenire la forma tradizionale dell'Occidente.
In Aperus sur l'Esotrisme Chrtien (Parigi, 1977) trattando del rapporto tra
Cristianesimo ed Iniziazione , egli esordisce col dire che un'oscurit impenetrabile
avvolge i primi tempi del Cristianesimo, oscurit che, ove ben si rifletta, pare non essere
stata semplicemente accidentale, ma essere stata espressamente voluta ; (pag. 9) pi
avanti, Gunon afferma che vi fu un cambiamento che fece del Cristianesimo una
religione nel senso proprio della parola ed una forma tradizionale indirizzantesi a tutti
indistintamente . (pag. 15) In altra e pi appropriata sede ( Per un Cattolicesimo
Tradizionale in SOPHIA, n. 2) stata rettificata questa anomalia applicativa,
mostrando come non sia proprio il caso di parlare di oscurit , in quanto la Buona
Novella conteneva in germe (e ci si stupirebbe se ci non fosse) la possibilit di
espandersi nel mondo a lei provvidenzialmente destinato: che cosa si dovrebbe pensare,
del resto, se la predicazione del Cristo si fosse limitata ai discepoli ? Quale discesa di
luce , quale Inviato dall'Alto Egli sarebbe mai stato se la Parola Divina di cui Egli
portatore non fosse andata aldil della Palestina? Nella realt nei Vangeli vi gi la distinzione dei due livelli conoscitivi, esoterico ed exoterico, venendo ci espresso pi
chiaramente negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere Paoline; lo stesso Gunon parla poi di
un esoterismo cristiano nel Medioevo, di una Chiesa di Giovanni interiore e di una Chiesa
di Pietro esteriore.
Nel Racconto della Storia del Graal di Robert de Boron, testo tipico dell'esoterismo
cristiano medievale, delineato il retroterra esoterico del rito della Messa ed il suo rifarsi
all'idea di Sacrificio Primordiale di cui parlano i Veda ind. Se allora lo svolgimento
temporale non ha nessuna influenza in questa dimensione metafisica, bisogna prendere
con molta cautela quanto Ren Gunon dice a proposito dei sacramenti cristiani, i quali
sarebbero dei riti meramente exoterici, senza pi alcun carattere iniziatico , (op. cit., pag.
21) lo stesso necessario fare per l'affermazione conclusiva per cui il Cristianesimo nel
suo stato attuale non altro che una religione, cio una tradizione di ordine esclusivamente
exoterico . (pag. 26) Prendendo alla lettera una simile conclusione, astraendola dal corpo
dell'intero messaggio gunoniano e rifacendosi al passaggio di Ren Gunon all'Islam,
molti hanno visto l'indicazione, per chi voglia intraprendere la Via Iniziatica, di

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abbandonare il corpo morto del Cattolicesimo Romano ed approdare ad altri lidi; vi


sono state cos numerose entrate nell'Islam, alla ricerca, in quella forma tradizionale, del
Regno dei Cieli interiore di cui parla il Cristo e nella speranza che, in quel terreno, fosse
possibile fare fruttificare il granello di senape . Aldil di volere dare giudizi, si deve
dire che vi stata la discutibile generalizzazione del personalissimo karma di Ren
Gunon, nonch l'attribuzione a lui di avere tracciato una via da seguire; ognuno
risponde in alto della scelta operata, ma lecito avanzare l'ipotesi che, nella grande
maggioranza dei casi, si sia trattato di conversioni nel senso deteriore dato a questa
parola dallo stesso Gunon.
Ritornando ora alla problematica del Cattolicesimo Romano nella visione guenoniana,
balza evidente come quanto esposto in Cristianesimo e Iniziazione , nell'anno 1949,
debba considerarsi un giudizio frutto del concludersi di un'amara esperienza esistenziale.
Sono infatti note le vicende che condussero alla fine della collaborazione di Ren Gunon
alla rivista Regnabit e l'accanimento con lui egli venne perseguitato da Maritain e dagli
altri Cattolici modernisti francesi del primo dopoguerra; dopo il 1945 egli dovette assistere
ad altri dolorosi compromessi tra la Chiesa Cattolica ed il mondo moderno e la morte gli
risparmi la suprema prova del Concilio Vaticano II. E dunque umanamente
comprensibile in cui un senso di scoramento di fronte ad eventi tanto negativi e tali da
parere irrimediabili; sono frutto di questo periodo le lettere in cui Gunon si dichiara
pessimista sulle possibilit di ripresa del Cattolicesimo Romano, lettere talvolta sbandierate
come smentita di quanto esposto a proposti delle idee tradizionali di ritorno dell'Occidente
alla sua tradizione e della formazione dell'lite intellettuale. Se si esamina peraltro la cosa
da un punto di vista aldil del contingente, balza evidente come i due tipi di enunciazione,
quello di principio (dell'lite) e quello applicativo (giudizi sul Cattolicesimo Romano in un
particolare momento), tocchino due piani distinti, di cui il primo fisso ed immutabile ed il
secondo legato all'individualit enunciatrice e quindi suscettibile di mutamenti esistenziali;
a quest'ultima stregua sono perci da essere considerati sia il pessimismo sul Cattolicesimo
Romano, sia i giudizi sul Cristianesimo e sui sacramenti cristiani.
Per inquadrare il problema in un'ottica integralmente tradizionale che trascende da
contingenze e da esperienze personali perci necessario rifarsi a quello che fu
l'esaurirsi della Societas Christiana medievale, civilt realmente ed effettivamente
ispirantesi ai principi. Tale evento collocabile all'inizio del XIV secolo e di ci
significativa la distruzione dell'Ordine del Tempio, da Ren Gunon giustamente definita
come la rottura dell'Occidente colla propria tradizione ; venendo pi avanti nel tempo,
egli dice che i Rosacroce, vale a dire l'lite che manteneva sino ad allora i contatti col Centro
Supremo, si ritirarono in Oriente e, da quel momento, non vi fu pi in Occidente alcuna
iniziazione atta a fare raggiungere questo grado . (Cons., 1946, 319) Se si prende questa
affermazione alla lettera e si vede l'Oriente come espressione puramente geografica,
restano valide le esperienze orientali dei ricercatori del sacro in India e sull'Himalaya e
viene dato ragione a chi abbandona il Cattolicesimo Romano, tradizione di un Occidente
ormai privo di spiritualit e schiavo di materialit, psichismo e conformismo religioso. Ma,

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in base a quanto gi detto a proposito della dicotomia Oriente-Occidente, il ritiro dei


Rosacroce deve intendersi come il loro riassorbimento nel Centro Primordiale ed perci
nella sfera puramente metafisica che ognuno deve ricercare il proprio Oriente, che poi
e deve essere sempre ribadito il Regno dei Cieli interiore e l'evangelico granello di
senape fatto fruttificare.
Si ritorna dunque alla problematica dell'lite intellettuale e del suo operare in
Occidente, ma chiedersi quando ci potr avvenire una domanda destinata a rimanere
senza risposta, poich solo un pi alto provvidenzialismo sa quando sar la pienezza del
tempo a tale evento destinato; ignorare questa verit e, tutti presi da impazienza e da
frenesia, andare a cercare altrove la luce alienazione della propria matrice , perdita
delle radici , rivolta contro l'Alto che ha fatto s che l'essere umano occidentale nascesse e
vivesse nell'alveo del Cattolicesimo Romano. Dice il Corano: A ognuno di voi (cio ad
ogni credente) abbiamo assegnato una regola ed una via... gareggiate dunque nelle opere
buone, ch a Dio tutti tornerete, e allora Egli vi informer di quelle cose per le quali ora
siete in discordia . (V, 47) ed in queste parole ispirate da Dio al Profeta Muhammad
racchiuso il senso profondo del vivere la propria tradizione, di viverla ad ogni livello,
poich essa costantemente illuminata dalla luce che si irradia dal suo Polo; chi a ci si
conforma sar sempre nella retta via , nel retto sentiero su cui marciano i fedeli ed
i servitori dell'Onnipotente: Coloro che credono, coloro che praticano il Giudaismo,
coloro che sono Cristiani o Sabei, coloro che credono in Dio e nell'Ultimo Giorno, coloro che
fanno il bene: ecco coloro che troveranno la loro ricompensa presso il loro Signore . (Cor.,
II, 62) Questa la solita base da cui muovere per intraprendere la Via Iniziatica, la materia
prima che il vero Maestro plasmer e affiner , conducendo il discepolo sino alla
meta finale : ecco la Realt, aldil ed al disopra di schemi e di letteralismi!
Si possono concludere qui queste note introduttive, le quali vogliono unicamente essere
un inquadramento del messaggio guenoniano da un punto di vista che rifiuta la lettera
e lo scolarismo ripetitivo, ma cerca dentro di s, poich l stanno l'Archetipo e la realt
simbolica. Una problematica questa da approfondire poich mai sino ad ora affrontata in
rapporto all'opera di Ren Gunon e tale da condurre a risultati indubbiamente
interessanti. Nell'attesa che ci si sviluppi, il lettore ha nella presente opera un valido
strumento di approccio alla visione del Grande Interprete della Tradizione, ove si tratti di
persona che non ne abbia mai letto i libri da lui scritti, o di sintesi, per chi conosca il contenuto degli stessi e voglia in ogni momento cogliere determinati particolari.
In ogni caso non si potr mai prescindere dalla lettura dell'intera opera di Ren Gunon,
come tavola necessaria ed indispensabile per chi, in Occidente, voglia galleggiare sul
mare dell'odierna confusione culturale e giungere alla meta con intelletto sano , libero
cio da ogni condizionamento e da ogni esteriorit, entrambi estranei al vero interiore.

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

ABBREVIAZIONI

L'anno che segue il titolo abbreviato si riferisce alla prima edizione francese, mentre quello seguente il titolo
indicato per esteso riguarda il testo dal quale stata estratta la frase. A quest'ultima fonte si riferiscono i
numeri delle pagine indicate nel contesto dell'opera.
Int., 1921

- Introduzione Generale allo Studio delle Dottrine, Torino, 1965.

Theos., 1921 - Le Theosophisme - Histoire d'une Pseudo-Religion, Paris, 1978.


Spir., 1923

- Errore dello Spiritismo, Milano, 1974.

Or. Occ., 1924 - Oriente ed Occidente, Torino, 1965


Ved., 1925

- L'Uomo e il suo Divenire secondo il Vedanta, Torino, 1965.

Dante, 1925

- L'Esoterismo di Dante, Roma, 1971.

Re, 1927

- Il Re del Mondo, Roma, 1972.

Crisi, 1927

- La Crisi del Mondo Moderno, Roma, 1972.

Aut., 1929

- Autorit Spirituale e Potere Temporale, Milano, 1972.

S.B., 1929

- Saint Bernard, Parigi, 1973.

Croce, 1931

- Il Simbolismo della Croce, Milano, 1972.

Stati, 1931

- Gli Stati Molteplici dell'Essere, Torino, 1965.

Met., 1939

- La Metafisica Orientale in Rivista di Studi Tradizionali, n. 44, 1976

Regno, 1945

- Il Regno della Quantit e i Segni dei Tempi, Torino, 1968.

Triade, 1946

- La Grande Triade, Roma, 1971.

Calc. Inf., 1946 - Principi di Calcolo Infinitesimale, Genova, 1976.


Cons., 1946

- Considerazioni sulla Via Iniziatica, Milano, 1948.

In., 1952

- Iniziazione e Realizzazione Spirituale, Torino, 1967.

Ap.C., 1954

- Apercus sur l'Esotrisme Chrtien, Parigi, 1977.

Simb., 1962,

- Simboli della Scienza Sacra, Milano, 1975.

Mac., 1964

- Etudes sur la Franc-Maconnerie et le Compagnonnage, 2 voll., Parigi, 1973

Hind., 1965

- tudes sur l'Hinduisme, Parigi, 1977.

Forme, 1970

- Forme Tradizionali e Cicli Cosmici, Roma, 1974.

Ap. I.T., 1975 - Apercus sur l'Esotrisme Islamique et le Taosime, Parigi, 1975.
Mel., 1977

- Mlanges sur Ren Gunon, Parigi, 1977.

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

-A-

ABELARDO Per A. la dialettica, invece di essere un mero mezzo per giungere alla
conoscenza della Verit, era vista come fine a se stessa, il che conduceva ad una sorta di
verbalismo. A. non faceva distinzione tra ci che nasce dalla ragione e ci che le superiore,
tra filosofia profana e conoscenza sacra, tra il sapere puramente umano e la conoscenza
trascendente. (S.B., 1929, 13)

ACQUA L'a. ha come propriet caratteristiche, oltre alla densit ed alla gravit, che le
sono comuni colla terra, la fluidit e la viscosit, per le quali si distingue essenzialmente da
tutti gli altri elementi. (Gunon, Introduzione generale allo studio delle dottrine ind, 1965,
66-67)

ACQUE Le A., in linea generale e nel senso pi esteso del termine, rappresentano la
Possibilit intesa come Perfezione Passiva, ossia il principio plastico universale che,
nell'Essere, si determina come Sostanza. (Stati, 1931, 99) Superficie delle A. La S. delle A.,
ossia il loro piano di separazione, segna lo stato nel quale si opera il passaggio
dall'individuale all'universale ed il ben noto simbolo del camminare sulle A. raffigura
appunto la liberazione dalla forma o dalla condizione individuale. L'essere che ha
raggiunto lo stato per lui corrispondente alla S. delle A., senza ancora elevarsi al di sopra di
queste, si trova come sospeso tra due caos, nei quali, all'inizio, tutto confusione ed
oscurit, fino al momento in cui si produce l'illuminazione. (Stati, 1931, 99-100)

ADAM Il nome A. significa letteralmente rosso e questo uno degli indizi del
collegamento della tradizione ebraica con quella atlantidea, che fu la tradizione della
razza rossa . (Forme, 1970, 43) Se si riferisce specificamente il nome A. alla tradizione
della razza rossa , questa corrisponde alla terra, fra gli elementi, cos come, fra i punti
cardinali, in correlazione con l'Occidente e questa concordanza d un'ulteriore
giustificazione a quanto detto in precedenza. (id., 44)

ADATTAMENTI Possono anche avvenire, nell'ambito di una stessa civilt, a. diversi a


seconda delle epoche: questi a. sono il rigoroso sviluppo di ci che la dottrina conteneva gi
in principio e viene in tal modo reso esplicito per rispondere ai bisogni di un determinato
momento. (Or. Occ., 1924, 169)

ADHARMA A. la non-conformit con la natura degli esseri, lo squilibrio, la


distruzione ed il rovesciamento dei rapporti gerarchici. (Int., 1921, 182)

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

AGARTHA L'opera postuma di Saint-Yves d'Alveindre, intitolata La Mission de l'Inde


, contiene la descrizione di un centro iniziatico misterioso, designato sotto il nome di A.
(Re, 1927, 7). Il rumore che stato fatto intorno a questo libro offre, crediamo, un'occasione
favorevole per rompere finalmente il silenzio sopra la questione dell'A. (id., 8) Saint-Yves
presenta il capo supremo dell'A. come Sovrano Pontefice ed inoltre lo colloca alla testa di
una Chiesa Brahmanica. (id., 13). I dodici membri del circolo interiore dell'A. , dal punto
di vista dell'ordine cosmico, non rappresentano soltanto i dodici segni dello Zodiaco, ma
anche i dodici Adityas, altrettante forme del sole in rapporto con questi medesimi segni
zodiacali. (id., 36). L'A., anteriormente all'inizio del Kali-Yuga, portava il nome di
Paradsha, che in sanscrito, significa Contrada Suprema, il che si applica bene al centro
spirituale per eccellenza, designato anche come il Cuore del Mondo. (id., 69)

AGNELLO Nella simbologia cristiana esistono innumerevoli rappresentazioni dell'A.


sopra una montagna da cui discendono quattro fiumi, evidentemente identici ai quattro
fiumi del Paradiso Terrestre. (Re, 1927, 69)

ALBERO Secondo un altro simbolismo, la croce viene assimilata all'a. La linea verticale
raffigura il tronco dell'a., i cui rami sono invece rappresentati dalla linea orizzontale.
Questo a. si erge al Centro del Mondo, cio al centro di quella sfera in cui si sviluppa un
certo stato di esistenza, quale lo stato umano. (Croce, 1931, 87)

ALCHIMIA La vera a. era essenzialmente una scienza cosmologica e, simultaneamente,


essa si applicava all'ordine umano per via dell'analogia esistente tra macrocosmo e
microcosmo. (Crisi, 1927, 75). I sedicenti rinnovatori dell'a. , da parte loro, riescono solo a
prolungarne la deviazione che ha condotto alla chimica profana. (id., 76). L'a., che si
potrebbe definire la tecnica dell'Ermetismo , realmente un' arte regale , se in tal
modo si intende una maniera di iniziazione specialmente appropriata alla natura degli
Kshatriya. (Cons., 1946, 343). Un altro punto su cui il caso di insistere quello della natura
puramente interiore della vera a.; questa a. nulla ha da vedere colle operazioni materiali di
una chimica qualsiasi, nel senso attuale del termine. (id., 344). L'a. realmente un' arte
regale se, con tale espressione, si intende una modalit dell'iniziazione specialmente
appropriata alla natura degli Kshatriya; ma proprio questa considerazione ne indica il
posto preciso, nell'insieme di una tradizione regolarmente costituita. (Hind., 1965, 102)

ALLAH A., il quale il Primo e l'Ultimo , pure l'Esteriore e l'Interiore , poich


nulla di ci che esiste pu essere fuori di Lui ed in Lui solo contenuta ogni realt, poich
Egli stesso la Realt Assoluta, la Verit Totale. (Ap. I.T., 1975, 36)

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

ALLAN KARDEC Il fondatore della Scuola Spiritistica Francese, o almeno colui che i
suoi aderenti sono concordi nel considerare tale, fu Hippolyte Rivail; egli, su consiglio degli
spiriti , assunse il nome celtico di A.K., suo presunto nome in un'esistenza anteriore.
(Spir., 1923, 37) A.K. era un magnetizzatore che otteneva le comunicazioni attraverso i
suoi soggetti. (id.; 37) A.K. apparteneva alla Massoneria. (id., 41)

ALTRUISMO Il comune a. rappresenta unicamente la preoccupazione per gli interessi


di una semplice collettivit e quindi non esce in alcun modo dalla sfera individuale. (In.,
1952, 134)

ANDROGINO Poich il Cielo e la Terra sono due principi complementari, l'uno attivo e
l'altro passivo, la loro unione pu venire rappresentata dalla figura dell'A. (Croce, 1931,
212)

ANGELICO Stati A. Gli s.a. sono gli stati sovraindividuali che costituiscono la
manifestazione informale. (Stati, 1931, 102, n. 1)

ANGELO Un a., in quanto Intermediario Celeste, non in fondo che l'espressione di un


attributo divino nell'ordine della manifestazione informale, poich soltanto questo
permette di stabilire, per mezzo di esso, una reale comunicazione tra lo stato umano e il
Principio, di cui l'a. rappresenta un aspetto pi particolarmente accessibile agli esseri che si
trovano nello stato umano. (Simb., 1962, 327)

ANGELOLOGIA L'a., o il suo equivalente, esiste in tutte le tradizioni e pu essere


definita come la parte di una dottrina riferentesi agli stati informali o sovraindividuali della
manifestazione, sia dal punto di vista puramente teorico che in vista della realizzazione
effettiva di tali stati. (Mel., 1976, 29)

ANGOLARE Pietra A. Proprio per il fatto che la p.a. ha una forma speciale, che la
differenzia da tutte le altre, la sua destinazione pu essere compresa solo dai costruttori che
sono passati dalla squadra al compasso . La p.a. in realt proprio una chiave di volta
(Simb.,1962, 240)

ANIMA L'a. intermediaria tra lo spirito e il corpo (Triade, 1945, 73). L'a. rappresenta

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un riflesso della luce emanata dal Principio (id., 74). A. Mundi Uno dei principali simboli
dell'A.M. il serpente. (Triade, 1945, 74). I due aspetti, essenziale e sostanziale, dell'A.M. si
trovano riuniti in un simbolo appartenente all'Ermetismo del Medioevo: si vede un cerchio
all'interno di un quadrato animato , vale a dire posto su uno dei suoi angoli (id., 75-76)

ANIMICO Dominio A. Il d.a. propriamente l'ambiente dove si elaborano le forme,


ci che costituisce appunto una parte sostanziale o materna (Triade, 1945, 74)

ANIMISMO L'a. costituisce soltanto il punto particolare di una dottrina, l'aspetto


cosmologico e psichico (Regno, 1945, 218)

ANONIMATO L'a. l'opposto della preoccupazione, costante negli artisti moderni, di


affermare e di far conoscere a tutti i costi la propria individualit. (Regno, 1945, 8). L'a. pu
caratterizzare l'infraumano altrettanto bene che il sovrumano; il primo caso quello della
massa, il secondo quello tradizionale nelle sue diverse applicazioni. (id., 81). Nelle
istituzioni monastiche, la pratica dell'a. costantemente osservata, anche se spesso se ne
dimentica il significato profondo. Nei mestieri, nulla di stupefacente che l'a. vi sia la regola,
poich ci rappresenta la vera conformit all'ordine . (id., 82). L'a. della massa, di cui
l'individuo fa parte ma in cui si perde, massa che solo una collezione di individui simili,
tutti considerati come unit aritmetiche pure e semplici, fa s che l'individuo non abbia pi
un nome che gli sia proprio, poich svuotato della qualit che quel nome deve esprimere.
(id., 85)

ANTICO Astrologia A. Oggi non si ha pi alcuna idea di quello che l'a.a. poteva essere
e persino coloro i quali hanno cercato di ricostruirla sono giunti solo a vere contraffazioni.
(Crisi, 1927, 75) Civilt A. Si potrebbe credere che la decadenza della c.a. abbia
condotto in modo graduale e senza soluzione di continuit ad uno stato pi o meno simile
a quello che oggi vediamo, ma in realt le cose non sono andate cos. (Crisi, 1927, 33)
Filosofi A. I f.a. si proponevano di mostrare che il loro insegnamento non era strettamente
personale, ma proveniva da un punto di partenza anteriore e pi elevato, raggiungendo la
fonte stessa dell'ispirazione originale, spontanea e divina. (Mel., 1976, 49). I f.a. avevano
due tipi di insegnamento, l'uno exoterico e l'altro esoterico. Quanto era scritto apparteneva
al primo e, quanto al secondo, ci impossibile conoscerne esattamente la natura, per il suo
carattere segreto e riservato. (id., 50)

ANTICRISTO Il regno della Controtradizione il cosiddetto regno dell'A.; questi


colui che, lo si concepisca come un individuo o come una collettivit, concentrer e
sintetizzer in se stesso, in vista di tale opera finale, tutte le potenze della Controtradizione.

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L'A. rappresenter, non fosse altro a titolo di supporto, tutte quelle influenze malefiche che,
dopo essersi concentrate in lui, dovranno da lui essere proiettate nel mondo. (Regno, 1945,
324). L'A. sar l'essere pi lontano dal Centro di tutte le cose, ma pretender di fare girare
la ruota in senso inverso al normale movimento ciclico. L'A. prender la funzione
dell'Avatara finale che, nella tradizione cristiana, la seconda venuta del Cristo. (id.,
324, n. 1). L'A. sar la sintesi stessa di tutto il simbolismo invertito in uso presso la
controiniziazione. (id., 325). Perci l'A. pu assumere addirittura i simboli del Messia,
beninteso in senso radicalmente opposto (id., 325-326). L'A. deve essere il pi vicino
possibile alla disintegrazione , per cui la sua individualit, da un lato sviluppata in
modo mostruoso, si pu dire gi annichilita, tanto da realizzare l'inverso della
cancellazione dell'Ego di fronte al S o, in altri termini, da realizzare la confusione nel Caos,
invece della fusione nell'Unit Principiale. (id., 327)

ANTIMODERNO Essere risolutamente a. non vuol dire per nulla essere


antioccidentale, ma , invece, l'unica attitudine che deve prendere chi cerchi di salvare
l'Occidente superando il suo disordine. (Crisi, 1927, 53)

ANTITRADIZIONALE Azione A. L'a.a. in Occidente doveva necessariamente mirare,


contemporaneamente, sia a cambiarne la mentalit generale, sia a distruggerne tutte le
istituzioni tradizionali. (Regno, 1945, 234). La prima delle due fasi dell'a.a. costituisce
semplicemente un'opera di deviazione, il cui prodotto il materialismo pi completo e
grossolano (id., 244). La seconda fase dell'a.a. sar di aprire le fenditure . (id., 261). Le
tendenze corrispondenti alla seconda fase dell'a.a. si traducono naturalmente nell'appello
al subcosciente in tutte le sue forme, vale a dire agli elementi psichici pi bassi dell'essere
umano. (id., 266). Mentalit A. Per quel che riguarda la m.a., osserveremo che essa
puramente occidentale e, nello stesso Occidente, esclusivamente moderna. (Or. Occ., 1924,
153) Spirito A. Essendo la religione propriamente una forma di tradizione, lo s.a. non pu
essere che antireligioso. (Crisi, 1927, 92)

ANTITRADIZIONE L'A. ha trovato la sua pi completa espressione in quel


materialismo, che si potrebbe definire integrale, imperante alla fine del secolo scorso.
(Regno, 1945, 312)

ANTROPOMORFISMO Presso i Greci si ritrova al suo stato di maggior sviluppo una


tendenza che si rivela inseparabile dall'idolatria e dalla materializzazione dei simboli, la
tendenza all'a. (Int., 1921, 112). Soltanto presso i popoli a sentimentalit dominante
naturale l'a. e sono proprio questi i popoli presso i quali ha potuto avere origine la
prospettiva propriamente religiosa. (id., 113). L'incomprensione da cui ha origine l'a. ha
come risultato di trasformare gli attributi divini in altrettanti dei, in entit vale a dire

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concepite secondo il tipo degli esseri individuali. (id., 195). In Oriente non esiste la
tendenza all'a. (id., 196)

ANTROPOSOFIA La parola A. non , come si potrebbe credere, un neologismo


immaginato da Steiner, poich un'opera del rosicruciano Eugenius Philalethes (o
thomas Vaughan), che data 1650, ha per titolo A. Magica. (Theos, 1921, 217)

ANTROPOSOFICO Societ A. La maggiore scissione della Societ Teosofica fu quella


del rosicruciano Rudolf Steiner, il quale port con s la maggior parte dei gruppi di
Germania, Svizzera e Italia e fond con essi una nuova organizzazione indipendente, cui
diede il nome di S.A., nel 1913 (Thos, 1921, 213). Steiner diede alla sua nuova
organizzazione il nome di S.A. coll'intenzione manifesta di fare concorrenza alla Societ
Teosofica e per caratterizzare la sua concezione che fa dell'uomo il centro di ci che egli
chiama la scienza spirituale . (id., 215). La S.A. ha preso per motto: La Saggezza non
che nella Verit , imitando quello della Societ Teosofica: Non vi religione pi alta della
Verit (id., 217). Naturalmente la S.A. si guarda bene dal volere costituire una religione e
pure dal riattaccarsi a non importa quale particolare tendenza. (id., 218). Dalla S.A. le
religioni sono messe sul medesimo piano delle semplici concezioni filosofiche e trattate
come dei fatti puramente umani. (id., 219)

APPORTI Gli a. sono spostamenti di oggetti, con la complicazione che gli oggetti in
questione spesso provengono da luoghi che possono essere molto distanti e spesso sembra
che abbiano dovuto passare attraverso ostacoli materiali. Se in un modo o in un altro il
medium emette dei prolungamenti di se stesso per esercitare un'azione sugli oggetti, la
maggiore o minore distanza non significante. (Spir., 1923, 109)

ARABO A. Letterario Soltanto l'a.l. pu garantire la fissit indispensabile ad una


lingua per sostenere la funzione di lingua tradizionale. (Int., 1921, 66). A. Popolare L'a.p.,
come una lingua che serva all'uso corrente, subisce naturalmente variazioni pi o meno
sensibili secondo le epoche o le regioni. (Int., 1921, 67)

ARCA Vishnu, il quale si manifesta sotto forma di pesce, ordina a Satyavrata, il futuro
Manu Vaivaswata, di costruire l'a. in cui dovranno essere rinchiusi i germi del mondo
futuro. Il mondo di Satyavrata qui simile a quello di No, la cui a. contiene pure tutti gli
elementi che serviranno alla restaurazione del mondo dopo il Diluvio. (Simb., 1962, 141)

ARCHEOLOGI Gli a. esaminano le vestigia delle civilt scomparse con occhi moderni e

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non riescono a coglierne se non la modalit pi grossolana della manifestazione. (Regno,


1945, 158)

ARCHETIPI Gli a. rappresentano, come principi essenziali delle cose, ci che si


potrebbe chiamare il lato qualitativo della manifestazione. (Regno, 1945, 24)

ARCOBALENO L'a., il Ponte Celeste, il simbolo naturale del Pontificato e tutte le


tradizioni gli danno significati perfettamente concordanti. (Re, 1927, 14). L'a. in genere
ritenuto simboleggiare l'unione tra il Cielo e la Terra. (Simb. 1962, 334). In fondo l'a. sembra
essere stato soprattutto messo in relazione colle correnti cosmiche per mezzo delle quali
uno scambio di influenze tra Cielo e Terra. (id., 335)

ARIA L'a. da vedersi come dotata di un movimento trasversale, nel quale tutte le
direzioni dello spazio non hanno il medesimo ruolo come nel movimento sferoidale, ma
che si effettua, invece, secondo una certa direzione particolare: al movimento rettilineo
che d origine la determinazione di questa direzione. (Hind., 1965, 65). La mobilit la
caratteristica naturale dell'a., la quale la prima differenziazione a partire dall'Etere
Primordiale. (Mel., 1976, 119). L'a. il mezzo sostanziale da cui procede il Soffio Vitale o
Prna. questo, il ruolo particolare dell'a. per ci che concerne la vita. (id., 131)

ARIANO Razza A. I Tedeschi hanno saputo trarre partiti dalla stravagante teoria della
r.a. che non erano addirittura stati loro ad inventare. Per conto nostro, non crediamo affatto
all'esistenza di una r.a. (Int., 1921, 267)

ARISTOCRAZIA L'a., quando intesa nel suo senso etimologico, designa il potere
dell'lite intellettuale e, non per nulla, si oppone alla democrazia. (Crisi, 1927, 112)

ARITMETICO Unit A. L'u.a. il pi piccolo dei numeri se la si considera nella loro


molteplicit, ma invece il pi grande, in quanto principio, perch virtualmente li contiene
tutti e produce tutta la loro serie attraverso la sola, indefinita ripetizione di se stessa.
(Croce, 1931, 29). Zero A. La negazione della quantit, in qualunque modo sia
considerata, il vero senso dello z.a. inteso in senso rigoroso . (Calc. Inf., 1946, 64)

ARTE - I Ogni a. pu, con una conveniente trasposizione, prendere un vero valore
esoterico (Dante, 1925, 16). Tutte le a., alla loro origine, sono essenzialmente simboliche e
rituali ed soltanto a causa di una degenerazione posteriore, in realt molto recente, che

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esse perdono questo loro carattere sacro per diventare, alla fine, gioco puramente
profano. (Regno, 1945, 179)

ARTHA A. comprende l'insieme dei beni di ordine corporale. (Hind., 1965, 73). A.
corrisponde a un miscuglio di rajas e di tamas. (id., 80)

ARTIFEX Per gli antichi, l'A. era l'uomo che esercita un'arte o un mestiere e la sua
attivit era ricollegata a principi di ordine profondo. (Regno, 1945, 72). L'A. che si trova
nello stato individuale umano non pu che tendere ad una specie di sublimazione delle
sue possibilit e l'anonimato sar per lui il segno di questa tendenza trasformante . (id.,
82-83). Non in quanto Tal dei Tali l'A. produce la sua opera, ma in quanto egli svolge
una determinata funzione. (id., 83)

ARYA Il termine sanscrito . stato un epiteto distintivo applicantesi in India ai soli


appartenenti alle prime tre caste e questo indipendentemente dalla loro appartenenza a
questa o quella razza (Int., 1921, 68)

ASCESI La parola a. definisce propriamente uno sforzo metodico per raggiungere un


certo scopo che, nel caso in questione, di ordine spirituale (In., 1952, 163). Il termine a.,
come lo intendiamo noi qui, quello che, nelle lingue occidentali, ha maggiore affinit col
sanscrito Tapas. Il senso primitivo di Tapas quello di calore ; nel caso in questione si
tratta evidentemente del fuoco interiore che deve distruggere tutto ci che nell'essere
d'ostacolo ad una realizzazione spirituale. (id., 167) In fondo ogni vera a. essenzialmente
un sacrificio che, in tutte le tradizioni e sotto qualsiasi forma si presenti, costituisce l'atto
rituale per eccellenza, quello nel quale si riassumono in qualche modo tutte le altre forme.
Quello che nell'a. viene gradualmente sacrificato, in questo modo, l'insieme delle
contingenze di cui l'essere deve giungere a sbarazzarsi, trattandosi di altrettanti ostacoli
che gli impediscono di innalzarsi ad uno stato superiore. (id., 168)

ASCETICO Il termine a. ha assunto un significato pi ristretto che non ascesi, in quanto


viene applicato quasi esclusivamente al dominio religioso (In., 1952, 163).

ASCETISMO Quando si parla di a., quello che normalmente doveva essere soltanto un
mezzo a carattere preparatorio troppo spesso viene preso come un vero e proprio fine; non
crediamo affatto di esagerare dicendo che per molti spiriti religiosi l'a. non ha
minimamente per scopo la realizzazione effettiva di stati spirituali, ma ha come unico fine
la speranza in una salvezza che si concreter solo nell' altra vita . (In., 1952, 165)

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ASSOLUTO Libert A. La L.A. non pu appartenere che all'essere liberato dalle


condizioni di esistenza manifestata, individuale, o anche sovraindividuale, e divenuto
assolutamente uno al grado di Essere Puro, o senza dualit se la sua realizzazione va
ancora oltre l'Essere. (Stati, 1931, 142) Perfezione A. Se, oltrepassando anche i limiti
dell'essere, volessimo considerare la P.A., dovremmo ad un tempo passare allo Zero
Metafisico, che nessun simbolismo pu raffigurare e nessun pu nominare. (Croce, 1931,
221)

ASTRALE Influenze A. Se le i.a. sembrano determinare ci che l'individuo, non si


tratta che dell'apparenza; in fondo, esse non lo determinano, ma lo esprimono solamente,
in ragione dell'accordo o dell'armonia che deve necessariamente esistere fra l'individuo ed
il suo ambiente. (Triade, 1945, 87)

ATLANTIDE Dopo la scomparsa dell'A., che l'ultimo dei grandi cataclismi verificatisi
nel passato, sembra non esservi dubbi che resti della sua tradizione passarono in varie
regioni, ove si mescolarono con residui di altre tradizioni preesistenti e principalmente con
ramificazioni della grande tradizione iperborea. (Crisi, 1927, 46)

ATLANTIDEO Ciclo A. Il c.a. pare sia stato preso come base della tradizione ebraica e
la trasmissione sia avvenuta attraverso gli Egiziani. (Forme, 1970, 40) Tradizione A. La t.a.
scomparsa da migliaia di anni, insieme alla civilt cui apparteneva, la distruzione della
quale deve essersi effettuata in seguito ad una deviazione forse paragonabile, per un certo
riguardo, a quella che oggi constatiamo. (Crisi, 1927, 46) La t.a., essendo situata in
Occidente, regione che corrisponde alla sera nel ciclo diurno, deve essere considerata come
appartenente ad una delle ultime divisioni del cielo dell'umanit terrestre attuale, dunque
relativamente recente ciclo. (Forme, 1970, 39)

TMA Questa personalit una determinazione immediata, primordiale e non


particolarizzata, del Principio, chiamato in sanscrito A. e che possiamo designare, in
mancanza di una parola che meglio si addica, come lo Spirito Universale. (Ved., 1925, 37) A.
penetra tutte le cose, che sono le sue modificazioni accidentali e che costituiscono in
qualche modo il suo corpo . (id., 38) A. identificato a Brahma stesso. (id., 46). Noi
dobbiamo ora enumerare i diversi gradi della manifestazione di A. considerato come la
personalit, in quanto questa manifestazione costituisce l'individualit umana, poich
quest'ultima non avrebbe esistenza se fosse separata dal suo principio. (id., 71) Il primo
grado di manifestazione di A. l'Intelletto Superiore (Buddhi), anche chiamato Mahat o il
Grande Principio. (id., 79) A., manifestandosi nella forma vivente dell'essere individuale, si

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

riveste di una serie di involucri che costituiscono altrettante fasi della sua manifestazione.
(id., 92) Gli stati dell'essere, qualunque essi siano, rappresentano le possibilit di A. e non
altro. (id., 108) La Beatitudine fatta da tutte le possibilit di A. e si potrebbe dire che ne sia
la somma stessa. (id., 128) A. oltre la distinzione di Purusha e di Prakriti (ossia dei due
poli della manifestazione), poich non pi nell'esistenza condizionata, ma invece al
grado di Essere Puro. (id., 130) Al di fuori del punto di vista speciale della manifestazione,
l'intelletto non affatto differente da A., il quale deve essere considerato ci che conosce
se stesso per se stesso (id., 134) Veglie, sogno, sonno profondo e ci che oltre sono i
quattro stati di A. (id., 136) Lo stato incondizionato di A. espresso in una forma negativa,
poich, nel linguaggio, ogni affermazione diretta necessariamente una affermazione
particolare e determinata. (id., 138) In se stesso A. non n manifestato, n non manifestato,
ma , contemporaneamente, il principio del manifestato e del non-manifestato. (id., 139) A.,
comprendendo in s, e principialmente, ogni realt, non pu per questo entrare in
correlazione con nulla di esistente. (Mel., 1976, 32)

ATOMISMO L'A., molto tempo prima della sua comparsa in Grecia, era stato sostenuto
in India dalla Scuola di Kanda e, in seguito, dai Giaina e dal Buddhismo. (Int., 1921, 38)
nella Scuola di Kanda che l'A. appare per la prima volta in India, ma non fu mai presso gli
Ind che una semplice anomalia senza grande importanza e non ebbe che un'estensione
molto limitata, in paragone a quella che doveva acquistare pi tardi in Grecia. (id., 164) Per
quanto riguarda l'A., ci che ne costituisce la principale gravit che le sue caratteristiche
lo predispongono a servire da fondamento a quel naturalismo tanto pi contrario al
pensiero orientale quanto pi frequente si trova, sotto forme pi o meno accentuate, nelle
concezioni occidentali. (id. 165) L'A., quando si incorpora in un sistema filosofico, come
avvenne in Grecia, esso diviene inoltre materialista. (id., 166) L'errore di fondo dell'A.
consiste nel presupporre nella sfera della corporeit degli elementi semplici, quando in
realt ci che corpo per necessit composto, soggetto com' alla divisibilit perch
esteso, vale a dire sottoposto alla condizione spaziale. (id., 220)

ATTORE L'a. un simbolo del S o della personalit manifestantesi in una serie


indefinita di stati e di modalit, che possono essere considerati come altrettante parti
differenti: bisogna rilevare l'importanza che aveva l'uso antico della maschera, per la
perfetta esattezza di questo simbolismo. Infatti, sotto la maschera l'a. resta se stesso in tutte
le sue parti, come la personalit non-contaminata da tutte le sue manifestazioni.
(Cons., 1946, 249)

AUM Il Principio, il mezzo e la fine sono rappresentati dai tre elementi del monosillabo
A., comune all'antica tradizione ind ed all'esoterismo cristiano del Medioevo. In entrambi
i casi , ugualmente e per eccellenza, un simbolo del Verbo, che realmente il vero Centro

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del Mondo (Simb., 1962, 71).

AVATRA Kalkin A. L'Et Nera avr fine ed allora apparir il K.A., colui il quale in
sella ad un cavallo bianco, che porta sulla testa un triplice diadema, segno della sovranit
sui Tre Mondi, e che ha in mano una spada fiammeggiante come la coda di una cometa.
Allora il mondo del disordine e dell'essere sar distrutto e, grazie alla potenza purificatrice
e rigeneratrice di Agni, ogni cosa sar ristabilita e restaurata nell'integralit dello Stato
Primordiale. (Hind., 1965, 21)

AZIONE Gli Orientali considerano l'a. e le sue conseguenze essenzialmente limitate e


oppongono, sotto questo aspetto, la conoscenza all'a. (Or. Occ., 1924, 92-93) Pretendere che
l'a. debba essere posta al di sopra di tutto, perch si incapaci di elevarsi alla pura
speculazione, un'attitudine che assomiglia un po' troppo a quello della volpe della favola.
(id., 141) L'a., qualunque essa sia, non pu affatto liberare dall'a.; in altre parole, essa non
pu portare dei risultati che dentro il suo proprio dominio, che quello dell'individualit
umana. Perci non per virt dell'a. che si pu superare l'individualit. (Ved., 1925, 209) Il
punto di vista pi esteriore e superficiale quello di opporre in modo puro e semplice,
contemplazione e a. al titolo di due contrari nel senso proprio del termine. (Crisi, 1927, 55)
Chi invece considera contemplazione e a. come complementari si pone da un punto di vista
pi profondo e vero del precedente, giacch l'opposizione vi si trova conciliata e risolta.
(id., 56) E incontestabile che, in via generale, l'attitudine all'a. quella che predomina fra
gli Occidentali. (id., 57) Va d'altronde rilevato che, nell'antichit e nel Medio Evo, la
disposizione naturale degli Occidentali all'a. non imped loro di riconoscere la superiorit
della contemplazione. (id., 58) L'Occidente moderno ha affermato la superiorit dell'a. sulla
contemplazione. (id., 59) L'a., non essendo che una modificazione transitoria e,
momentanea dell'essere, non pu avere in s, il proprio principio e la propria ragione
sufficiente. evidente che l'a. appartiene tutta al mondo del mutevole e del divenire. (id.,
60) Il posto da lasciare all'a. sar, nell'applicazione, pi o meno grande a seconda delle
circostanze; vi sono, in effetti, popoli ed individui la cui natura soprattutto contemplativa
ed altri la cui natura soprattutto attiva. (Hind., 1965, 19) L'a. la condizione degli esseri
individuali appartenenti al regno del Demiurgo. L'a. non pu esistere per chi contempla
tutte le cose in lui stesso, come esistenti nello Spirito Universale, senza alcuna distinzione
di oggetti individuali. (id., 24) L'a. implica il mutamento, cio la distruzione incessante
delle forme, le quali scompaiono per essere rimpiazzate da altre. (id., 25) Filosofie dell'A.
Le f. dell'a., in fondo, non fanno che consacrare la completa abdicazione dell'intelligenza.
(Or. Occ., 1924, 141)

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-B-

BACONE (FRANCIS) Agli inizi della filosofia moderna, B. considera ancora i tre
termini Deus, Homo, Natura come costituenti tre oggetti di conoscenza distinti; egli
tuttavia attribuisce un'importanza preponderante alla Filosofia Naturale o Scienza della
Natura, conformemente alla tendenza sperimentalistica della mentalit moderna da lui
rappresentata a quell'epoca. (Triade, 1945, 124)

BATTAGLIA Campo di B. Il c. di b. la sfera dell'azione, in cui l'individuo dispiega le


sue possibilit, ed rappresentata, nel simbolismo genetico, dal piano orizzontale. (Croce,
1931, 80)

BATTESIMO Il b., a parte il suo carattere di Seconda Nascita, si ricollega ai riti di


purificazione, riti costituenti una categoria molto generale e palesemente suscettibile di
applicazione in domini differentissimi. (Cons., 1946, 218)

BEITH-EL anche detto che B., Casa di Dio, divenne in seguito Beith-Lehem, Casa del
Pane, la citt dove nacque il Cristo. (Re, 1927, 74)

BENESSERE Gli uomini del nostro tempo pretendono di accrescere, attraverso il


progresso materiale, il loro b.; da parte nostra, noi pensiamo che il fine che essi cos si
propongono, quando anche potesse venire effettivamente raggiunto, non merita che vi si
consacrino tanti sforzi. (Crisi, 1927, 130)

BERNARDO (SAN) Si vede come non sia senza ragione il fatto che Dante prenda per
guida, per la fine del suo viaggio celeste, S.B., il quale stabil la regola dell'Ordine del
Tempio. (Dante, 1925, 13) Tra le grandi figure del Medioevo, ve ne sono poche il cui esame
si adatti come quella di S.B. a dissipare certi pregiudizi cari allo spirito moderno. Tutta la
vita di S.B. sembra destinata a mostrare come esistano, per risolvere i problemi di ordine
intellettuale e pratico, dei mezzi ben diversi da quelli oggi considerati come efficaci, poich
i soli alla portata della saggezza umana, la quale la mera ombra della saggezza vera. (S.B.,
1929, 5) In S.B. si deve riconoscere l'azione della Grazia Divina, la quale, penetrandone la
persona, si comunicava attraverso di lui come per un canale. (id., 7) Sebbene S.B. nulla fosse
in rapporto al mondo, tutti, ivi compresi i pi alti dignitari civili ed ecclesiastici, si
inchinavano spontaneamente di fronte alla sua autorit spirituale. (id., 8) L'attivit politica
di S.B. fu determinata dall'idea di difendere il diritto, di combattere l'ingiustizia e,
soprattutto, di mantenere l'unit della Cristianit. (id., 12) Nel campo intellettuale i trionfi

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di S.B. furono segnati dalla condanna di Abelardo e di Gilbert de la Porre. (id., 13) Al
Concilio di Sens del 1140, S.B. present le opere di Abelardo e ne estrasse le proposizioni
pi temerarie, delle quali prov l'eterodossia. Al Concilio di Reims del 1147, S.B. ottenne la
condanna degli errori di Gilbert de la Porre sul mistero della Santissima Trinit, in cui
l'autore applicava a Dio la distinzione tra Essenza e Sostanza, applicabile solo agli esseri
creati. (id., 14) Nel 1128, dieci anni dopo la sua fondazione, l'Ordine del Tempio ricevette la
sua Regola e fu S.B. a redigerla, o, almeno, a tracciarne i primi lineamenti. (id., 15) La
dottrina di S.B., essenzialmente mistica, considerando egli le cose divine sotto l'aspetto
dell'amore. Il commento di S.B. al Cantico dei Cantici descrive tutti i gradi dell'amore
divino, sino alla Pace Suprema, alla quale l'anima perviene nell'estasi. A ci che i filosofi
tendevano, S.B. perveniva immediatamente, coll'intuizione intellettuale, senza la quale
nessuna metafisica possibile ed al di fuori della quale non si pu cogliere, che un'ombra
della Verit. (id., 19) Un ultimo tratto della fisonomia di S.B. il posto eminente che tiene,
nella sua vita e nelle sue opere, il culto della Vergine. S.B. amava dare alla Vergine il titolo
di Nostra Signora e si considerava un vero cavaliere di Maria , sua Dama nel senso
cavalleresco del termine. Divenuto monaco, S.B. rest sempre cavaliere, come erano tutti
quelli della sua razza, e si pu perci dire che egli era, in qualche modo, predestinato a
giocare il ruolo di intermediario, conciliatore e arbitro, tra il potere religioso ed il potere
politico, avendo S.B. in s una partecipazione alla natura dell'uno e dell'altro. (id., 20)

BHAKTI La parola sanscrita B. designa la via che assume come punto di partenza un
elemento di carattere emotivo ed anche definibile come Via della Devozione. (Aut., 1929,
66) Il carattere nettamente psichico di B. evidente. (In., 1952, 152) B. ha una funzione
preparatoria , dato che le vie corrispondenti conducono soltanto fino ad un certo punto.
(id., 153) B. Marga Il B.M. adatto ad esseri la cui natura prevalentemente rajasica .
(In., 1952, 152) Gli Kshatriya sono particolarmente qualificati per il B.M. (id., 155)

BIANCO Il b., dovunque attribuito all'autorit spirituale suprema, il colore del Mru
considerato in se stesso. (Re, 1927, 60) Isola B. In India, l'I.B. considerata come il
Soggiorno dei Beati il che la identifica chiaramente con la Terra dei Viventi (Re, 1927, 81)
Montagna B. Le tradizioni celtiche parlano dell'Isola Verde; ma nel centro di quest'isola si
innalza la M.B., che si dice non venga mai sommersa da alcun diluvio ed il suo vertice ha il
colore della porpora. (Re, 1927, 81) La M.B. circondata da una cintura verde per il fatto che
situata in mezzo al mare e sulla sua vetta brilla il Triangolo di Luce. (id., 82)

BISOGNI D'altronde, pi un uomo ha b., pi rischia di mancare di qualcosa e quindi di


essere infelice. La civilt moderna riesce a moltiplicare i b. ed essa creer molti pi b. di
quanti ne possa soddisfare. (Crisi, 1927, 132)

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BLAVATSKY (HELENA) Helena B. nacque nel 1831 a Ekaterinoslaw. Dalla sua infanzia
si comport in maniera insopportabile, entrando in collere violente alla minima contrariet
(Thos., 1921, 13) A Londra, nel 1851, la B. frequent i circoli spiritistici. (id., 14) A Parigi,
dopo il 1867, fu per qualche tempo sotto l'influenza di un certo Victor Michel,
magnetizzatore e spiritista; egli apparteneva alla Massoneria, al pari del suo amico Allan
Kardec, e svilupp le facolt medianiche alla B., la quale era essa stessa spiritista ed
appartenente alla corrente alla scuola di Allan Kardec. (id., 16) Dal 1870 al 1872 la B. fu al
Cairo e l esercit la professione di medium. L'impresa non riusc, perch essa fu accusata
di frode. (id., 17) La B. lasci cos il Cairo nel 1872 per l'America dove, due anni pi tardi,
avrebbe fondato la Societ Teosofica. (id., 18) Quando part per l'America, la B. pretendeva
di essere controllata da uno spirito di nome John King e questo spirito medium si trova
mirabilmente legato a tutte le manifestazioni di un certo numero di falsi medium che
furono smascherati nella stessa epoca. (id., 19) Il 7 Settembre 1875 John King fu rimpiazzato
come controllore della B. da un altro spirito che si faceva chiamare col nome egiziano di
Serapio e che doveva ben presto essere ridotto a non essere pi che un elementale . (id.,
23) Cos come l'ebbe a riconoscere Solovioff, la B. era dotata di una sorta di magnetismo che
attirava con una forza irresistibile. (id., 81). Il pi spesso, tuttavia, la B. creava suggestione
allo stato di veglia; questo genere di suggestione abitualmente pi difficile da realizzare
dell'altro e richiede una forza di volont ed un allenamento intensissimi, ma esso era
generalmente facilitato dal regime alimentare ristretto che la B. imponeva ai suoi discepoli
sotto il pretesto di spiritualizzarli . (id., 82) Nella Societ Teosofica la B. si era riservata la
sezione esoterica ove nessuno poteva essere ammesso senza la sua approvazione. (id.
87) Quanto alle dottrine propriamente orientali, la B. non ha conosciuto del Brahmanesimo
e pure del Buddhismo che quanto tutti possono conoscere ed essa vi ha compreso ben poco,
come lo provano le teorie che presta loro ed anche i controsensi che commette in ogni
istante nell'impiego dei termini sanscriti. (id., 96) dall'amalgama di elementi eterogenei
che uscirono le due grandi opere della B., Isis Devoile e la Doctrine Sgrete , e queste
opere furono ci che dovevano essere normalmente: delle compilazioni indigeste e senza
ordine, vero caos dove alcuni documenti interessanti sono come annegati in mezzo ad una
grande quantit di asserzioni senza alcun valore. Sono queste opere, cos difettose, che
hanno sempre formato la base dell'insegnamento teosofistico. (id., 98). La B. presentava la
sua dottrina come l'essenza e l'origine comune di tutte le religioni , senza dubbio perch
ella aveva preso a prestito qualche cosa da ognuna di esse. (id., 140).

BODHISATTWA I B. sfuggono al dominio della comunit terrestre e risiedono


propriamente nei Cieli, da cui ritornano , per via di realizzazione discendente , solo
per manifestarsi come Buddha. (Triade, 1945, 145)

BOLSCEVISMO Dopo i Vaishiya sono ora gli Shdra ad aspirare al potere: questo,
esattamente, il significato del B. (Aut., 1929, 115)

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BORGHESIA Il regno della b. potr soltanto avere una durata relativamente breve, in
confronto a quella del regime cui succeduto. (Aut., 1929, 115)

BRAHMA B. designa il Principio Impersonale e assolutamente Universale. (Int. 1921,


194) B., nella sua infinit, non pu essere caratterizzato da nessun attributo positivo; esso
nirguna o aldil da ogni distinzione . (id., 195) Mentre l'Essere uno , B.
esclusivamente detto senza-dualit , perch aldil di ogni determinazione. In realt,
nulla pu esistere che sia fuori di B., poich ci gli porrebbe un limite. L'insieme della
manifestazione universale non affatto distinto da B., ma B. distinto dal mondo, non
convenendogli nessuno degli attributi determinativi applicabili al mondo: l'intera
manifestazione universale rigorosamente nulla in confronto alla sua infinit. (id., 245) Il
punto di vista della metafisica pura implica essenzialmente la considerazione di B. o del
Principio Supremo. (Ved., 1925, 31) detto che B. risiede nel centro vitale dell'essere
umano, per qualsiasi essere umano, non soltanto per colui che attualmente unito o
liberato . (id., 47) L'insieme della manifestazione universale non pu distinguersi da B. che
in modo illusorio, mentre B. invece assolutamente distinto da quello che penetra . (id.,
100) Nessuna distinzione pu alterare l'unit e l'identit essenziale di B. come causa ed
effetto. (id., 101) B. uno in quanto Essere e senza dualit in quanto Principio Supremo.
(id., 102) B. onnipotente, perch contiene tutto ,in principio . (id., 104) Ogni attributo di
una Causa Prima in principio in B. che in se stesso, tuttavia libero da ogni qualit.
(id., 105) B. Sutra I B.S. appartengono alla classe degli scritti tradizionali chiamata Smriti.
(ved., 1925, 23).

BRAHMANA I B. costituiscono essenzialmente in India l'autorit spirituale e


intellettuale. (Int., 1921) I B. non sono. affatto preti nel senso occidentale del termine; le
loro funzioni comportano la conservazione e la trasmissione regolare della dottrina
tradizionale. (id., 191) sulla dottrina che riposa l'intero ordinamento sociale ind, il quale
solo per mezzo dei B. pu procurarsi i principi senza i quali nulla esiste di stabile e
duraturo: questo il senso vero e completo dell'autorit spirituale e intellettuale
appartenente ai B. (id., 252) I B. sono concentrati sulla sfera dei principi trascendenti ed
immutabili, di cui tutto il resto soltanto mezzo contingente e subordinato. (Aut., 1929, 38)
In India detto che il B. il prototipo degli esseri stabili. (id., 65) Nella natura del B.
predomina sattwa, orientandolo verso gli stati sovrumani. (id., 66) Un principio interiore,
puramente spirituale, quello incarnato dai B. (id., 77) I B. non devono fare altro che
esercitare un'autorit in certo qual modo invisibile, la quale pu, come tale, restare ignota,
ma non per questo cessa di essere il principio immediato di ogni potere visibile. (id., 80) Il
B. in ragione della sua funzione di contemplazione o di conoscenza pura, rappresenta gli
stati superiori dell'essere. (Hind., 1965, 14) E per questo che il B. designato come un Dva
sulla Terra, i Dvas corrispondendo agli stati sovraindividuali o informali. (id., 14, n. 1) Il B.

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realmente il rappresentante ed il naturale custode del Dharma. (id., 80)

BRAHMANESIMO In realt, nel B. l'insegnamento accessibile, nella sua integralit, a


tutti coloro che sono intellettualmente qualificati . (Ved., 1925, 28)

BRAHATMA Secondo Saint-Yves, il capo supremo dell'Agartha porta il titolo di B.,


sostegno delle anime nello spirito di Dio . (Re, 1927, 29) Quanto al B., egli pu parlare a
Dio faccia a faccia ; egli occupa il punto centrale da dove si stabilisce la comunicazione
diretta del mondo terrestre cogli stati superiori. (id., 30) Al B. appartiene la presenza dei
due poteri, sacerdotale e regale, considerata principialmente ed in qualche modo allo stato
indifferenziato. (id., 33)

BUDDHA Quanto al B, si pu dire che rappresenti l'elemento trascendente attraverso


cui si manifesta l'Influenza del Cielo e che, in seguito, incarna , per cos dire, questa
influenza nei riguardi dei suoi discepoli, diretti o indiretti. Parlando cos del B., noi non
pensiamo d'altronde al personaggio storico considerato in se stesso, ma a ci che
rappresenta, in virt dei caratteri simbolici che gli sono attribuiti e che lo fanno apparire
soprattutto coi tratti dell'Avatara. (Triade, 1945, 145) La manifestazione del B.
propriamente la ridiscesa del Cielo in Terra e l'essere che porta cos le Influenze Celesti
in questo mondo, dopo averle incorporate alla sua propria natura, pu essere detto
rappresentare veramente il Cielo in rapporto al dominio umano. (id., 145-146)

BUDDHI B. in realt di l dal dominio, non solo dell'individualit umana, ma di ogni


stato individuale, qualunque esso sia. (Ved., 1925, 79) Se si considera il S come il Sole
Spirituale che brilla al centro dell'Essere Totale, B. sar il raggio direttamente emanato da
questo sole ed illuminante, nella sua integralit, lo stato individuale. (id., 80) B., come tutto
ci che proviene dallo sviluppo di Prakriti, partecipa dei tre gunas ; perci concepita
come ternaria ed identificata alla Trimurti. (id., 81) B., nell'ordine macrocosmico, Ishvara
stesso e, in quello microcosmico, pu essere nello stesso tempo considerato in rapporto alla
personalit ed all'Anima Vivente. (id., 82) B. propriamente il primo e il pi elevato di tutti
i principi manifestati. (Mel., 1976, 32) Noi possiamo designare come spirituali i principi
trascendenti l'individualit comprendente l'insieme degli elementi psichici e corporali ed
precisamente ancora il caso di B. o dell'intelletto. (id., 33) Non solamente B., prima
produzione di Prakriti, costituisce il legame tra tutti gli stati della manifestazione, ma, ove
si considerino le cose a partire dall'ordine principiale, esso appare come il raggio luminoso
direttamente emanato dal Sole Spirituale che Atm. (id., 34) In ragione di questa
connaturalit essenziale, B. quindi l'espressione stessa di Atm nella manifestazione. (id.,
35)

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BUDDISMO Il B. sembra pi vicino, o piuttosto meno lontano, dalle concezioni


occidentali, che non le altre dottrine orientali. (Int., 1921, 166) Se non che il B., anche negli
aspetti pi semplicistici da esso rivestiti in qualcuno dei suoi rami, tuttavia ancora
orientale. (id., 168) Il B. non una religione n una filosofia. Di fatto si tratta di scuole che,
essendosi poste fuori della tradizione regolare, e con ci avendo perduto di vista la
metafisica, dovevano essere inevitabilmente condotte a sostituire a quest'ultima qualcosa
che, in certa misura, assomiglia alla prospettiva filosofica, ma in certa misura soltanto. Alla
religione il B. solo paragonabile per l'introduzione di un elemento sentimentale, come un
adattamento alle condizioni particolari del periodo in cui ebbe origine. (id., 169) Ci non
toglie per che il B. sia incontestabilmente rivestito di una forma sentimentale che lo
differenzia dalle dottrine ind, facendolo apparire pi lontano di esse dalla primordialit
tradizionale. (id., 170) Man mano che si diffondeva nell'Asia, il B. declinava in India,
finendo con lo spegnersi del tutto, non prima per di avere dato origine a scuole
degenerative e nettamente eterodosse. (id., 171) Pressappoco all'epoca del re Ashoka, vale a
dire verso il III secolo a.C., il B. ebbe in India un periodo di grande affermazione,
contemporaneo all'inizio della sua espansione fuori dell'India e seguito rapidamente dal
suo declino. Il B., nato in ambiente ind ed originato in qualche modo dall'Induismo,
conserv, pur allontanandosene, qualcosa di comune con esso. (id., 172). Il B. incorpor ed
ancora comprende un gran numero di branche o scuole diverse, scevrabili in due grandi
corpi, portando i nomi di Mahyna e Hinayna. (id. 173) Il B., uscendo dall'India, si in
una certa misura modificato, cosa indispensabile per adattarsi ad ambienti tra loro
diversissimi. (id., 175) Quel che intendiamo dire che il B. apparve fin dall'origine
destinato a popoli non ind ed era normale che esso scomparisse dall'India, nella quale non
aveva pi ragione d'essere. (id., 177) Il B. fu essenzialmente, alle sue origini, una dottrina
popolare servente d'appoggio teorico ad un movimento sociale a tendenza egualitaria. In
India, il B. non fu che una semplice eresia che nessun legame reale pot mai ricollegare alla
tradizione bramanica, colla quale esso al contrario, aveva rotto apertamente, non solo dal
punto di vista sociale, rifiutando l'istituto delle caste, ma pure dal punto di vista puramente
dottrinale, negando l'autorit dei Veda. Del resto, il B. rappresentava un qualcosa di
talmente contrario allo spirito ind che da lungo tempo, esso completamente sparito
dall'India ove era nato e, in ogni altro paese dove si espresso, si modificato al punto di
divenire completamente irriconoscibile. (Theos., 1921, 105) Si ha generalmente in Europa
una tendenza ad esagerare l'importanza del B., che certamente la meno interessante di
tutte le dottrine orientali, ma che, costituendo una deviazione ed un'anomalia, pu
sembrare pi accessibile alla mentalit occidentale e meno lontana dalle forme di pensiero
alle quali essa abituata. (id., 106) Nel VI secolo a.C., nell'India si vide nascere il B. cio una
rivolta contro lo spirito tradizionale spingentesi sino alla negazione di ogni autorit, fino ad
una vera anarchia, nel senso etimologico di mancanza di principio , nell'ordine
intellettuale e nell'ordine sociale. (Crisi, 1927, 30) nota l'importanza degli elementi tantrici
che hanno penetrato certe forme del B., quelle comprese nella designazione generale di
Mahayana; ma, lungi dal trattarsi di un B. corrotto , come si abituati a dire in

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Occidente, queste forme rappresentano, al contrario, il risultato di un adattamento


perfettamente tradizionale del B. (Hind., 1965, 86) B. Hinayana Il B.H. ha le caratteristiche
i una dottrina in qualche modo ridotta al suo aspetto pi esteriore e non va oltre la
comprensione della maggioranza. (Int., 173). Mahayana B. Il solo B.M. pu essere
considerato costituente una dottrina completa, ivi compreso l'aspetto metafisico che di esso
la parte superiore e centrale. (Int., 1921, 173) Il M., incluso nel Buddhismo fin dall'origine,
va riferito a ci che potremmo chiamare la sua essenza, indipendentemente dalle forme pi
o meno speciali delle sue diverse scuole. (id., 174)

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-C-

CAMBIAMENTO Il c., nella sua accezione pi generale, incomprensibile e


contraddittorio, cio impossibile, senza un principio immutabile da cui proceda, ed al quale
sia subordinato. (Hind., 1965, 17)

CANCRO Il C. corrisponde al sud nel ciclo annuale ed al nord in relazione al cammino


del Sole nel cielo. (Simb., 1962, 207) Nella tradizione ind e sempre il C. ad essere la Porta
degli Uomini. (id., 211) Nello zodiaco il segno del C. corrisponde al solstizio d'estate ed la
Porta degli Uomini che d accesso al pitri-yna . (id., 216)

CAPRICORNO Il segno del C. corrisponde al nord nel ciclo annuale ed al sud in


relazione al cammino del sole nel cielo. (Simb., 1962, 207) Nella tradizione ind il C. ad
essere la Porta degli Dei. (id., 211) Nello zodiaco il segno del C. corrisponde al solstizio
d'inverno ed la Porta degli Dei che d accesso al dva-yna . (id., 216)

CARBONARISMO Il C., mentre da una parte impossibile assegnargli un'origine


storica, si vede come i suoi rituali presentino nettamente i caratteri di una iniziazione di
mestiere, imparentata come tale alla Massoneria ed al Compagnonaggio. (Cons., 1946, 117)
Il C. spinse la degenerazione a tal punto da non essere pi che quella semplice associazione
di cospiratori politici la cui azione nota nella storia del XIX secolo. (id. , 118)

CARNE Resurrezione della C. La R. della C. corrisponde, esotericamente, a quella


dell'essere che, realizzato in s l'Uomo Universale, ritrova nella sua totalit gli stati che
erano considerati come passati in rapporto al suo stato attuale, ma che sono eternamente
presenti nella permanente attualit dell'essere extra-temporale. (Mel., 1976, 182)

CARNEVALE La vera ragione del C. risiede nel canalizzare in qualche maniera le


tendenze dell' uomo decaduto e di renderle il pi possibile inoffensive, dandogli
l'occasione di manifestarsi, ma solo per periodi brevissimi ed in circostanze ben
determinate. Le maschere di C. sono generalmente orride ed evocano il pi delle volte
forme animali o demoniache, tanto da essere quasi una sorta di materializzazione
figurativa di quelle tendenze inferiori, o addirittura infernali , cui permesso cos di
esteriorizzarsi. (Simb., 1962, 134) Se il C. va sempre pi perdendo importanza e sembra
suscitare a malapena l'interesse delle folle, il fatto che, in un'epoca come la nostra, ha
veramente perduto la sua ragion d'essere: come potrebbe, infatti, esserci ancora il problema
di circoscrivere il disordine e di rinchiuderlo entro limiti rigorosamente definiti, quanto

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esso diffuso dappertutto e si manifesta costantemente in tutti gli ambiti in cui si esercita
l'attivit umana? (id., 135)

CASA All'origine la c. era un'immagine del Cosmo, cio quasi un piccolo mondo
chiuso e completo in se stesso. (Simb., 1962, 343)

CASTA - E Il principio ind dell'istituzione delle c. rimasto, come molte altre cose, cos
totalmente incompreso in Occidente che non vi nulla di stupefacente se ogni sorta di
confusioni sono sorte tutte le volte che, direttamente o indirettamente, se ne venuti a
contatto. (Int., 1921, 68) La c., designata dagli Ind coll'una o l'altra delle due parole jti
e varna , una funzione sociale determinata dalla natura propria di ogni essere umano.
(id., 186) Se la c. , nella maggior parte dei casi, ereditaria, per principio essa non lo in
modo rigoroso, dal momento che nella formazione della natura individuale il peso
dell'eredit tutt'altro che esclusivo, pur essendo preponderante nella maggioranza dei
casi. (id., 187) Passare dalla propria c. ad un'altra significherebbe un vero e proprio
cambiamento della natura individuale, come se un uomo cessasse di essere se stesso per
divenire un altro, ed perci un'impossibilit manifesta. (id., 189) La descrizione simbolica
dell'origine delle c. si ritrova in numerosi testi sacri e, in primo luogo, nel Purusha-Skta
del Rig-Veda: Di Purusha il Brhmana fu la bocca, lo Kshatriya le braccia, il Vaishiya le
anche; lo Shdra nacque sotto i suoi piedi . (id., 190) La partecipazione alla tradizione
pienamente effettiva solo per i membri delle prime tre c. (id., 191) La dottrina ind insegna
che in principio vi era una sola c., con un grado spirituale elevatissimo, oggi assolutamente
eccezionale e che allora era comune a tutti gli uomini, i quali lo possedevano, si pu dire,
spontaneamente. (Aut., 1929, 16) Il principio dell'istituzione delle c. non che la differenza
di natura esistente tra gli individui, la quale instaura tra di loro una gerarchia, il cui
disconoscimento pu provocare soltanto disordine e contusione. La c. non , in linea di
principio, rigorosamente ereditaria, anche se molto spesso lo diventata di fatto e nelle
applicazioni. (id., 17) La distinzione delle c. costituisce, nella specie umana, una vera e
propria classificazione naturale, alla quale deve corrispondere la ripartizione delle funzioni
sociali. (id., 18) La distinzione delle c., insieme con la differenzazione delle funzioni sociali
a cui corrisponde, in fondo la conseguenza del frazionamento dell'unit primitiva. (id.,
19) Quando venga negato il principio stesso della gerarchia, non si vede come una
qualunque c. possa conservare la supremazia sulle altre, n a quale titolo possa pretendere
di imporla. (id., 96)

CATEGORIE Le c., nell'accezione aristotelica, non sono che i pi generali fra tutti i
generi e perci appartengono ancora al dominio dell'individuale. (Ved., 1925, 44)
L'enumerazione della c. si riferisce esclusivamente al nostro mondo ed alle sue condizioni.
(Regno, 1945, 23)

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CATENA Una trasmissione regolare ed ininterrotta costituisce la c. che congiunge il


presente al passato e che deve perpetuarsi dal presente all'avvenire. Inoltre essa determina
una direzione che, attraverso la successione dei tempi, orienta il ciclo verso la fine e lo
ricongiunge all'origine. (Forme, 1970, 53)

CATTEDRALE La c., costruita secondo le regole, forma un vero e proprio insieme


organico. (Mac., 1964, I, 10) Il piano stesso della c. eminentemente simbolico. (id., I, 13)

CATTOLICESIMO Il tentativo di introdurre nel C. la mentalit legata al Modernismo si


spezzato contro la forza dello spirito tradizionale di cui, a quanto pare, il C.
nell'Occidente l'unico rifugio. (Or. Occ., 1924, 98) Nel Medioevo vi furono organizzazioni il
cui carattere era iniziatico e che avevano la loro base nel C. (Dante, 1925, 9) Non vi dubbio
che solo nel C. si mantenuto quel tanto di spirito tradizionale che, malgrado tutto, sussiste
ancora in Occidente. Si potrebbe dunque dire che nel C. la tradizione si conservata
integralmente, fuori da ogni presa dello spirito moderno? Non sembra purtroppo che cos
stiano le cose. probabile che si tratti di quel che noi vorremmo chiamare una
conservazione allo stato latente . Ci si riferisce propriamente alle possibilit che il C., in
virt del suo principio, contiene in s in modo costante e inalterabile. (Crisi, 1927, 94) Senza
nulla cambiare della forma religiosa, basterebbe sostituire alla dottrina il senso profondo
che essa ha realmente, ma della quale i suoi rappresentanti attuali sembrano non avere pi
coscienza: sarebbe la realizzazione del C. nel vero senso della parola, poich questo
termine, etimologicamente, esprime l'idea dell'universalit. (id., 154) Si avrebbe gran torto
se si credesse che il C. non colpito dalle tendenze dello spirito moderno non nel suo
principio ma nel modo in cui di solito viene presentato: sotto il pretesto di renderlo
accettabile alla mentalit attuale si fanno le concessioni pi incresciose e si incoraggia in tal
modo quello che occorrerebbe, al contrario, combattere energicamente. (Simb., 1962, 16) Se
vi un punto sul quale il C., nel suo attuale orientamento, ha tutte le nostre simpatie in
ci che riguarda la lotta contro il Modernismo. Esso sembra preoccuparsi meno del
neo-spiritualismo, il quale si tiene fuori ed agisce su di un altro terreno, per cui il C. non
pu fare altro che segnalarne i pericoli ai suoi fedeli. (Mel., 1976, 180)

CATTOLICI Coloro che hanno oltrepassato tutte le forme particolari e sono pervenuti
all'universalit sono i soli che possono dirsi puramente ed effettivamente C., nel senso
rigidamente etimologico della parola. (Cons., 1946, 313)

CATTOLICO Chiesa C. Sembra che in Occidente non vi sia pi che un'unica


organizzazione possedente un carattere tradizionale e conservante una dottrina tale da

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fornire al lavoro di cui si tratta una base appropriata: e la C.C. (Crisi, 1927, 154) Pu darsi
che lo sviluppo futuro degli avvenimenti prima o poi imporr ai dirigenti della C.C., come
una necessit ineluttabile, ci di cui essi non sanno comprendere l'importanza diretta in
funzione di intellettualit pura. (id., 155) Delle forze spirituali esercitanti ancora un'azione
nel mondo esterno, in Occidente, non ci dato di vedere che quella della C.C. (id., 156)
Occorre appena dire che la C.C., in vista della sua futura funzione, avrebbe tutto l'interesse
a portarsi oltre la costituzione di una lite intellettuale, anzich lasciare che ci si compia
senza di essa ed essere poi costretta a seguirla. la C.C. che avrebbe i maggiori vantaggi
nell'assumere un'attitudine che, lungi dall'esigere il minimo compromesso dottrinale,
avrebbe come risultato lo sbarazzarla da ogni infiltrazione dello spirito moderno. (id., 157)
Tradizione C. Non per questo si deve meno ammirare la vitalit della t.c. che, perfino in
questo suo essere passata ad una specie di virtualit, persiste ad onta di tutti gli sforzi
intrapresi da tanti secoli per soffocarla e annientarla. Se si fosse capaci di riflettere, in una
tale resistenza si dovrebbe vedere qualcosa che implica una potenza non-umana. (Crisi,
1927, 134)

CAVALLERIA Ordini di C. Una delle principali funzioni degli O. di C. era quella di


assicurare una comunicazione tra Oriente e Occidente. (Re, 1927, 67)

CAVERNA In una maniera generale, il culto della c. sempre pi o meno legato


all'idea di luogo interno o di luogo centrale e, da questo punto di vista, il simbolo
della c. e quello del cuore sono tra di loro assai prossimi. (Re, 1927, 56) I simboli della
montagna e della c. hanno l'uno e l'altro la loro ragion d'essere ed esiste tra di loro un vero e
proprio complementarismo, inoltre la c. pu essere considerata come situata nell'interno
stesso della montagna, od immediatamente al di sotto di essa. (id., 71) La c. come luogo di
nascita non pu avere esattamente lo stesso significato della c. come luogo di morte o di
sepoltura. (Simb., 1962, 179) Il simbolo della c. complementare a quello della montagna e
a quello del cuore. (id., 180) La c. deve considerarsi situata sotto la montagna o al suo
interno, in modo da trovarsi anch'essa sull'asse, il che rinsalda ulteriormente il legame
esistente tra questi due simboli. (id., 189) Nella c. il suolo corrisponde alla Terra e la volta al
Cielo. (id., 196)

CELESTE Gerusalemme C. La G.C. non altro che la riscostituzione stessa del Paradiso
Terrestre, secondo un'analoga applicazione in senso inverso. La G.C. deve discendere dal
Cielo in Terra alla fine di questo stesso ciclo, per segnare il ristabilimento di ogni cosa nel
suo ordine primordiale. (Dante, 1925, 70) L'Albero della Vita si ritrova al centro della G.C.:
si tratta della reintegrazione di tutte le cose nello Stato Primordiale, secondo la
corrispondenza che esiste tra la fine del ciclo ed il suo inizio. (Croce, 1929, 96) A partire dal
Paradiso Terrestre, la via del P.C. abbandona la terra per salire alle stelle per dirigersi

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verso gli stati superiori. (Aut., 1929, 127) Raggio C. Il R.C. attraversa tutti gli stati
dell'essere, contrassegnando il punto centrale di ciascuno mediante la sua traccia sul primo
orizzontale corrispondente, ma l'azione del R.C. effettiva soltanto se provoca una
vibrazione che, propagandosi ed amplificandosi nella totalit dell'essere, illumina il suo
caos, cosmico od umano. (Croce, 1931, 183) Per azione del R.C. operante su di un piano di
riflessione, si effettua la vibrazione corrispondente al Fiat Lux cosmogonico che illumina,
colla sua irradiazione, tutto il caos delle possibilit. (id., 204) Viaggio C. Il V.C. la
conquista attiva degli stati sovrumani. (Dante, 1927, 51)

CELTICO Elementi C. Per quanto riguarda gli e.c., la verit che essi sono stati in gran
parte assimilati dal Cristianesimo nel Medioevo. (Crisi, 1927, 47)

CENTRALE Punto C. Nel p.c. sono superate tutte le distinzioni inerenti ai punti di
vista esteriori; tutte le opposizioni si sono dileguate e risolte in un perfetto equilibrio.
(Croce, 1931, 74) Questo p.c., nella sua essenza non localizzato, perch assolutamente
indipendente dallo spazio, il quale non se non il risultato della sua espansione o del suo
indefinito sviluppo in tutti i sensi e, di conseguenza, da lui deriva per intero. (id., 75) Per
colui che ha raggiunto questo p.c. non esistono pi contrari e non vi pi disordine;
questo il luogo stesso dell'ordine, dell'equilibrio, dell'armonia e della pace. (id., 82) Quanto
al significato del p.c. in rapporto alla propria circonferenza, si pu dire che essi
simboleggino, rispettivamente, il punto di partenza ed il termine finale di un modo
qualsiasi di manifestazione. (id., 166) Il p.c. il Principio, l'Essere Puro, e lo spazio che esso
riempie del suo irradiamento il Mondo nel senso ampio della parola, l'insieme di tutti gli
esseri e di tutti gli stati d'esistenza che costituiscono la manifestazione universale. (Simb.,
1962, 64) Punto di vista C. I punti di vista parziali, che in moltitudine indefinita
costituiscono tutte le modalit di un essere in ogni suo stato, non sono dunque che aspetti
frammentari del p. e di v.c. (Stati, 1931, 87)

CENTRO Il C. il punto fisso che tutte le tradizioni sono concordi nel designare
simbolicamente come il Polo, perch intorno ad esso che si effettua la rotazione del
mondo. (Re, 1927, 17) in questo C. che risiede l'equilibrio perfetto, immagine
dell'immutabilit principiale nel mondo manifestato. (Dante, 1925, 68) Il C. il punto in cui
si conciliano e si risolvono tutte le opposizioni; in esso si conclude la sintesi di tutti, i
termini contrari che, per la verit sono tali soltanto se giudicati dagli angoli visuali esteriori
e particolari della conoscenza in modo distintivo. (Croce, 1931, 68) Questo C. dirige ogni
cosa con la sua attivit non-agente , la quale, bench non manifestata, in realt la
pienezza dell'attivit. (id., 69) Per colui che si trova nel C., tutto unificato, poich egli vede
ogni cosa nell'unit del Principio. (id., 77) Stabilito definitivamente al C., egli ha in s la
propria legge perch la sua volont una col Volere Universale. (id., 84) Il C. il motore

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della Ruota dell'Esistenza, appunto in virt della sua immobilit. (id., 186) Il C. non in
nessun luogo, perch non manifestato, ma il manifestato non sarebbe nulla senza di esso.
(id., 220) Il C. rappresenta il Polo, simboleggiato geometricamente dal punto ed
aritmeticamente dall'unit. (Triade, 1945, 139) Il C. , prima di tutto, l'origine, il punto di
partenza di tutte le cose; il punto principiale, senza forma e dimensione, dunque
invisibile, e, di conseguenza, la sola immagine che si possa dare dell'Unit Primordiale.
(Simb., 1962, 63) Se il C. un punto di partenza, anche un punto d'arrivo: tutto derivato
da esso e tutto deve, alla fine, ritornarvi. (id., 70) In sintesi, il C. , al tempo stesso, il
principio e la fine di tutte le cose: , secondo un simbolismo conosciutissimo, l'Alpha e
l'Omega. (id., 71)

CENTRO La circonferenza, in realt, esiste solo in funzione del c., ma gli esseri che sono
sulla circonferenza debbono partire per forza da questa, o pi precisamente dal punto in
cui si trovano, e seguire il raggio per arrivare al c. (Crisi, 1927, 80).

CERCA Il ruolo connaturato agli avi rappresentato, ovunque e sempre, come una c. e
la c. presuppone che vi sia qualcosa di anteriormente perduto e da ritrovare. (Hind., 1965,
94)

CERIMONIA-E La C. d sempre ed inevitabilmente l'impressione di qualche cosa di pi


o meno anormale, al di fuori del corso abituale e regolare degli avvenimenti che riempiono
il resto dell'esistenza. Ogni c. ha un carattere artificiale, anzi convenzionale, poich non , in
definitiva, che il prodotto di una elaborazione del tutto umana. (Cons., 1946, 185) Le c. sono
una concessione fatta ad un certo stato di decadenza, dal punto di vista spirituale, degli
uomini che sono chiamati a partecipare ai riti. (id., 186) Non pu essere unicamente
questione di rinforzare o di intensificare l'effetto stesso dei riti nel loro proprio dominio, ma
unicamente di renderli pi accessibili agli individui cui si indirizzano, di preparare questi
ultimi, per quanto possibile, mettendoli in uno stato emotivo e mentale appropriato: tutto
quanto possono fare le c. Anche per tale motivo le c. non hanno veramente ragion d'essere
che nell'ordine exoterico. (id., 187) Nelle c. inutile ricercare una ragione od un senso pi o
meno profondo da penetrare; pi che sufficiente lasciarsi impressionare in modo del
tutto sentimentale. (In., 1952, 117)

CERIMONIALE Magia C. Una delle degenerescenze della magia, di cui le cerimonie


costituiscono il carattere proprio, ha ricevuto la denominazione di m.c. Gli occultisti sono
naturalmente poco disposti ad ammettere che questa m.c., la sola che conoscano e che
vantano di praticare, non sia che una magia degenerata, persino pi degenerata della
stregoneria. L'occultista che fa della m.c. non ne ottiene generalmente alcun serio risultato,
quali possono essere le cure che apporta per conformarsi ad una moltitudine di prescrizioni

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minuziose e complicate, d'altronde opposte allo studio dei libri e non a seguito di una
qualsiasi trasmissione. (Cons., 1946, 193)

CERVELLO Il c. non che lo strumento del mentale, vale a dire del pensiero discorsivo e
riflessivo. (Ved., 1925, 48) Il c., in quanto organo o strumento dell'intelligenza discorsiva o
razionale, svolge, in verit, solo una funzione di trasmettitore e, se vogliamo, di
trasformatore . (Simb., 1962, 365)

CHAKRAS All'interno dell'asse cerebro-spinale, estendentesi sino all'orifizio che


corrisponde alla corona della testa, sono posti i C., descritti come dei fiori di loto, ciascuno
con un certo numero di petali. (Hind., 1965, 33) Le divinit che presiedono ai C. altro non
sono che forme di coscienza attraverso le quali l'essere passa e che hanno, dal punto di
vista macrocosmico, la loro dimora nei mondi gerarchicamente sovrapposti. (id., 34)

CHAKRAVART Il termine C. si applica molto bene, secondo i dati della tradizione


ind, alla funzione del Manu e dei suoi rappresentanti: , letteralmente, colui che fa girare
la ruota , vale a dire colui che, collocato nel centro di tutte le cose, ne dirige il movimento
senza egli stesso parteciparvi. (Re, 1927, 17)

CHIAROVEGGENZA Negli ambienti dello Spiritismo ed in altre scuole


neospiritualistiche si molto spesso esposti a prendere per c. ci che solo effetto di pura e
semplice suggestione. In alcune scuole del Teosofismo, l'acquisizione della c. sembra essere
considerata in qualche modo come lo scopo supremo. (Spir., 1923, 321)

CHIAVI Due C. Le D.C., nell'antica Roma attributi del Pontifex Maximus, si sono
conservate tra i principali emblemi del Papato. Le D.C. sono al tempo stesso quelle del
potere spirituale e del potere temporale. (Aut., 1929, 130) Le D.C. appartengono
effettivamente entrambe all'autorit sacerdotale e la seconda affidata ai detentori del
potere regale solo per delegazione. (id., 132) Le D.C. corrispondono, dal punto di vista
iniziatico, ai Grandi Misteri ed ai Piccoli Misteri. (Triade, 1945, 44) Potere delle C. Il P.
delle C. duplice, poich comporta ugualmente il potere di legare e di slegare ; ora
legare la stessa cosa di coagulare e slegare la stessa cosa di sciogliere .
(Triade, 1945, 43) Al P. delle C. corrisponde, nelle tradizioni ind e tibetana, il duplice
potere del Vajra. (id., 46)

CHIESA Al tempo di Dante, la C. era, nonostante tutto, l'autorit spirituale ed il potere


temporale riceveva la sua legittimit proprio da essa. (Aut., 1929, 106)

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CHIT La parola C. deve intendersi in senso universale, come la Coscienza Totale del S,
considerato in rapporto al suo unico oggetto, la Beatitudine. (Ved., 1925, 131)

CICLICO Leggi C. Proprio in virt delle 1.c. che governano la manifestazione, il


passato e l'avvenire si corrispondono analogicamente. (Regno, 1945, 59) Manifestazione C.
Ci che rappresenta i risultati negativi della m.c. precipitato sotto forma di caput
mortuum , mentre i risultati positivi della m.c. sono cristallizzati , per essere in seguito
trasmutati in germi delle possibilit del ciclo futuro. (Regno, 1945, 202) Sviluppo C.
Lo s.c. che si compie in senso discendente, dal superiore all'inferiore, la negazione stessa
dell'idea di progresso quale i moderni la intendono. (Crisi, 1927, 26) Nel corso dello s.c., la
manifestazione e la mentalit umana che vi inclusa seguono di pari passo uno stesso
cammino discendente, nel senso di un graduale allontanamento dal principio, cio dalla
spiritualit primitiva inerente al polo essenziale della manifestazione. (Regno, 1945,
138-139)

CICLO - I Un qualsiasi c. pu essere diviso in due fasi, le quali sono, cronologicamente,


le sue due met successive. Porsi nel mezzo del c. significa dunque porsi al punto in cui
queste due tendenze si equilibrano. (Dante, 1925, 67) La fase di un c. analoga al suo
principio ed essa coincide con il principio del c. seguente. (id., 70) La dottrina ind insegna
che la durata del c. dell'umanit terrestre si divide in quattro et, che segnano altrettante
fasi di un oscuramento progressivo della spiritualit primordiale. (Crisi, 1927, 25) Secondo
la Tradizione, caratterizza l'ultima fase del c. lo sfruttamento di quanto era stato trascurato
o respinto nel corso delle fasi precedenti. (id., 39) A seconda delle diverse fasi del c., serie di
avvenimenti tra loro paragonabili non si compiono in durate quantitativamente eguali.
(Regno, 1945, 57) L'aumento di velocit degli avvenimenti, man mano che ci si approssima
alla fine del c., pu essere paragonato all'accelerazione cui sono soggetti i corpi pesanti nel
loro movimento di caduta. (id., 57-58) Poich lo sviluppo discendente del c. si effettua dal
polo positivo od essenziale dell'esistenza verso il suo polo negativo o sostanziale, ne
consegue che tutte le cose debbono prendere un aspetto sempre meno qualitativo e sempre
pi quantitativo. (id., 58) La fine di un c. intemporale, al pari del suo principio. La fine
effettivamente, per l'umanit del c. la restaurazione dello Stato Primordiale. Si tratta del
ritorno al Centro del Mondo, il quale si manifesta esteriormente ai due estremi del c.,
mentre nell'intervallo, cio lungo il percorso vero e proprio del c., questo centro , al
contrario, nascosto. (id., 196) La fine del c., per essere realmente effettiva, comporta che
tutto quanto incluso nel c. scompaia interamente in quanto manifestazione. (id., 202) La
vera e propria fine del c. implica che le tendenze malefiche siano trasmutate in vista
di un risultato definitivamente benefico . (id., 313) Considereremo un c., nell'accezione
pi ampia del termine, come la rappresentazione del processo di sviluppo di uno stato
qualsiasi della manifestazione. (Forme, 1970, 11) I c. presentano un carattere sia cosmico

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che storico, poich riguardano particolarmente l'umanit terrestre, pur essendo, nello
stesso tempo, collegati a tutti gli eventi che si producono nel nostro mondo al di fuori di
essa. (id., 12)

CIELO Il C., in quanto polo positivo della manifestazione, rappresenta in modo diretto il
Principio. (Triade, 1945, 42) Attivit del C. L'A. del C. in se stessa (nell'Indifferenziazione
Principiale del Non-Essere) non-agente e non-manifestata. (Stati, 1931, 140, n. 1) Volont
del C. L'influenza della V. del C. nello sviluppo dell'essere si misura parallelamente
all'asse verticale, il quale rappresenta quindi il luogo metafisico della manifestazione della
V. del C. (Croce, 1931, 173)

CIFRA La c. non , in tutto rigore, niente di pi del vestito del numero (Calc. Inf. 1946, 2)

CINA In C. vi la nettissima separazione tra dominio metafisico e ordine sociale. Il


dominio metafisico sempre rimasto appannaggio di una lite intellettuale, mentre l'ordine
sociale, per sua natura, si impone a tutti allo stesso modo ed esige la comune
partecipazione effettiva. (Int., 1921, 74) In C. troviamo il punto di vista intellettuale e il
punto di vista sociale, rappresentati da due distinti corpi di tradizione, ma manca
totalmente il punto di vista morale. (id., 87) Per quanto riguarda la C., la tradizione sociale,
comune a tutti, assume le caratteristiche di un exoterismo, mentre la tradizione metafisica,
dottrina dell'lite, , come tale, esoterica. (id., 139) Per quanto riguarda la C., le forme
attraverso le quali si esprimono le sue dottrine sono veramente troppo lontane dalla
mentalit occidentale. (Or. Occ., 1924, 222)

CINESE Civilt C. La c.c. la sola cui unit riposi essenzialmente, nella sua natura
profonda, su di una omogeneit di razza. (Int., 1921, 69) Impero C. L'I.C. rappresentava
nel suo insieme, per il mondo in cui era costituito e diviso, un'immagine dell'Universo.
(Triade, 1945, 103)

CINQUECENTOQUINDICI Il C. enunciato esplicitamente nella predizione di


Beatrice: Un cinquecento diece e cinque, messo di Dio . Il numero C. si trascrive in lettere
latine con DXV e, basta cambiare l'ordine delle lettere numeriche, si ha DVX, vale a dire il
termine DUX. Aggiungeremmo che la somma delle cifre C. d il numero undici. (Dante,
1925, 60)

CIRCONFERENZA Se vogliamo disegnare una c., e ne cominciamo il tracciato in un


determinato punto dello spazio, ci troveremo necessariamente in un altro punto al

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momento di completarla, n mai ripasseremo per il punto di partenza. (Croce, 1931, 129)
L'inizio e la fine di una c. non sono dunque lo stesso punto, ma due punti consecutivi di
uno stesso raggio: l'uno fa parte della c. precedente, di cui la fine, mentre l'altro fa gi
parte della c. seguente, di cui l'inizio. (id., 131) la c. ad essere dovunque, poich ogni
luogo dello spazio, le distinzioni e le individualit non sono che elementi della Corrente
delle Forme, punti della c. della Ruota Cosmica. (id., 220) La c. rappresenta la
manifestazione, che misurata effettivamente dal raggio emanato dal centro. (Triade,
1945, 140) La c., se la si immagina percorsa in un certo senso, l'immagine di un ciclo di
manifestazione, del genere di quei cicli cosmici di cui la dottrina ind, in particolare, offre
una teoria estremamente sviluppata. Le divisioni determinate sulla c. dalle estremit dei
bracci della croce corrispondono allora ai diversi periodi o fasi in cui si divide il ciclo.
(Simb., 1962, 64-65)

CITT Le c. figurano in qualche modo l'ultimo grado della fissazione e tendono sempre
pi ad assorbire ogni cosa. (Regno, 1945, 174) CIVILIZZAZIONE Anche se il gran
pubblico ammette in buona fede questi pretesti di c., vi sono persone per le quali ci una
semplice ipocrisia moralista, una maschera dello spirito di conquista e di interessi
economici. (Crisi, 1927, 130)

CIVILT Il sostantivo c. non s'incontra che nelle opere degli economisti dell'epoca che
precedette immediatamente la Rivoluzione Francese. (Or. Occ., 1924, 27) Esistono
molteplici e diverse c.; sarebbe piuttosto difficile definire esattamente quel complesso
insieme di elementi di diverso carattere che costituiscono ci che viene detto una c. (id., 29)
Esistono simultaneamente, e sempre sono esistite, c. che non si compenetrano affatto,
ignorandosi a vicenda. (id., 32) Comunque sia, quello che gli Occidentali moderni
chiamano c. gli altri lo chiamerebbero piuttosto barbarie, giacch proprio l'essenziale a
mancargli, cio un principio di ordine superiore. (id., 43) La verit che vi sono state c.
distinte e molteplici, le quali si sono sviluppate ciascuna in modo proprio ed in senso
conforme alle attitudini di un dato popolo o di una data razza. (Crisi, 1927, 41)

CLASSICO Antichit C. La cosiddetta a.c. non che una antichit affatto recente e
persino assai pi vicina ai tempi moderni che non all'antichit vera. (Crisi, 1927, 29) Civilt.
C. Il IV secolo a.C. fu il punto di partenza della cosiddetta c.c., la sola alla quale i
moderni riconoscono il carattere storico, tutto quello che esistette prima essendo tanto poco
conosciuto da poter venire considerato come leggendario. (Crisi, 1927, 31)

COAGULA Il termine c. qualche volta rappresentato con un termine che mostra la


Terra. (Triade, 1945, 41)

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COAGULAZIONE Se si parte dallo stato di non-manifestazione per passare al


manifestato, la c. che si presenter naturalmente in primo luogo. (Triade, 1945, 41)

COLLETTIVIT La c., lungi dall'essere un qualcosa di opposto all'individualismo, altro


non che la somma degli individui e, come tale, non l'opposto di questo, come non lo
dello Stato concepito alla moderna, cio come una semplice espressione della massa, in cui
non si riflette alcun principio superiore. (Crisi, 1927, 112) Ogni c. pu essere considerata
come disponente, oltre a mezzi d'azione di ordine puramente corporeo, di una forza di
ordine sottile, costituita in qualche modo dagli apporti di tutti i suoi membri passati e
presenti. Ciascuno dei membri della c. potr, occorrendo, utilizzare a suo profitt una parte
di questa forza ed a tale scopo gli sar sufficiente mettere la sua individualit in armonia
coll'insieme della c. di cui fa parte. (Cons., 1946, 222) Nel caso delle c. appartenenti ad una
forma tradizionale autentica e regolare, dove l'osservanza delle regole considerate consiste
in modo particolare nell'adempimento di certi riti, vi altres l'intervento di un elemento
veramente non-umano, vale a dire un'influenza spirituale. (id., 223) unicamente per
ottenere certi vantaggi di ordine individuale che i membri di una c. possono utilizzare la
forza sottile di cui essa dispone, uniformandosi alle regole stabilite a questo scopo dalla c.
in questione. (In., 1952, 72) La c., essendo in definitiva soltanto una riunione di individui,
non pu da per se stessa produrre niente che sia d'ordine sovraindividuale, il superiore non
potendo in alcun modo procedere dall'inferiore. (id., 73)

COLLETTIVO Il c., in tutto ci che lo costituisce, sia dal punto di vista psichico che
corporeo, non altro che una semplice estensione dell'individuale. (In., 1952, 71) Inconscio
C. Colla teoria dell'i.c. si crede di poter spiegare il fatto che il simbolo anteriore al
pensiero individuale e che lo supera; la vera questione sarebbe di sapere in quale
direzione lo supera, se verso il basso, come parrebbe indicare l'appello al preteso i.c., o
verso l'alto, come affermano espressamente le dottrine tradizionali. (Simb., 1962, 47)

COLTO Gente C. La grande maggioranza della g.c. deve essere messa fra coloro il cui
stato mentale il pi sfavorevole alla ricezione della vera conoscenza. La g.c. di questa
specie la meno iniziabile tra tutti i profani. (Cons., 1946, 287) Persone c. Colla parola p.c.
si vuole comunemente significare una tinta superficiale di ogni sorta di cose,
un'educazione soprattutto letteraria , in ogni caso puramente libresca e verbale, che
permette di parlare con sicurezza di tutto, compreso di ci che si ignora pi
completamente, e suscettibile di sedurre coloro che, colpiti da queste apparenze, non si
avvedono che esse ricoprono soltanto il nulla. (Cons., 1946, 286) Uomo C. Il tipo dell'u.c.
necessariamente un modernista ed in Oriente ha fatto la sua apparizione molto
recentemente e come prodotto di una certa educazione occidentalizzata. (Cons., 1946, 287)

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COMPAGNONAGGIO Nel C. il legame originario col mestiere si sempre mantenuto.


(Cons., 1940, 140)

COMPLEMENTARISMO Il c:, in cui si risolve e si concilia l'opposizione, equivale,


proprio per questa ragione, a una visione pi elevata o pi profonda. (Croce, 1931, 65) II c.,
che ancora dualit, deve ad un certo livello dissolversi di fronte all'unit, l dove i suoi
due termini vengono in qualche modo ad equilibrarsi ed a neutralizzarsi. (id., 66) La
prospettiva del c. , in un certo senso, intermedia tra quella dell'opposizione e quella
dell'unificazione. (id., 246)

COMPOSSIBILI I c. altro non sono che dei possibili compatibili fra di loro, la cui
riunione in un unico complesso non provoca all'interno di questo alcuna contraddizione.
(Stati, 1931, 26) Se consideriamo l'insieme formato da tutti i c. che si realizzano nella
manifestazione, questi c. dovranno essere tutti i possibili determinati da certe condizioni
che caratterizzano e definiscono precisamente l'insieme in questione. (id., 27)

COMTE (AUGUSTIN) La Legge dei Tre Stati di C. un esempio curioso del modo
con cui lo spirito moderno pu falsare un dato di origine tradizionale. (Triade, 1945, 125)
L'errore fondamentale di C. consiste nell'immaginare che, qualunque sia il genere di
speculazione cui l'uomo si dedicato, egli si sia sempre proposto la spiegazione di
fenomeni naturali e ogni conoscenza, di qualunque ordine sia, rappresenti semplicemente
un tentativo, pi o meno imperfetto, per spiegare questi fenomeni. C. fa corrispondere tre
tipi di spiegazione, che egli considera successivi, a tre fasi che lo spirito umano avrebbe
attraversate nel corso dei secoli e che egli chiama, rispettivamente, Stato Teologico, Stato
Metafisico, Stato Positivo. Quest'ultimo stato, il solo che C. considera realmente valido,
rappresenta la concezione limitata e relativa che quella delle scienze moderne. (id., 125)

COMUNE Fonte C. Quando il sacerdozio non comporti in modo abituale l'esercizio


effettivo della regalit, occorre che i rappresentanti rispettivi del sacerdozio e della regalit
traggono il loro potere da una f. c. (Aut., 1929, 63)

CONCENTRAZIONE La c. pu assumere all'inizio, come supporto, un pensiero, un


simbolo, come una parola o un'immagine; in seguito, questi mezzi ausiliari diventano
inutili, cos come inutili diventano i riti e gli altri mezzi impiegati (Int. 1921, 230) noto
quale importanza effettivamente data alla c. da tutte le dottrine tradizionali senza
eccezione, in quanto mezzo e condizione indispensabile per ogni realizzazione. (Mel., 1976,

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

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CONFUCIANESIMO Nell'Yi-King ha le sue origini, pure se in forma meno immediata e


come semplice applicazione del contingente, tutto l'insieme di istituzioni sociali
abitualmente conosciuto sotto il nome di C. (Int., 1921, 75) La dottrina comune a tutti,
quella che tutti, nella misura dei loro mezzi, debbono studiare e mettere in pratica, il C.,
che, abbracciando tutto quanto riguarda le relazioni sociali, pienamente sufficiente per i
bisogni della vita ordinaria. (Ap. I.T., 1975, 121) Poich il Taoismo rappresenta la
conoscenza principiale da cui deriva tutto il resto, il C., in realt, non che un'applicazione
in un ordine contingente e subordinato per la sua stessa natura. (id., 121-122)

CONFUCIANISTA Gerarchia C. La g.c. comprende tre gradi, che sono, nell'ordine


ascendente, il Letterato, il Sapiente, il Saggio. (Triade, 1945, 115)

CONOSCENZA Qualsiasi c. merita veramente questo nome soltanto nella misura in cui
produce l'identificazione tra soggetto e oggetto. sola vera c. quella che partecipa in
misura pi o meno completa della natura della c. intellettuale, che la c. per eccellenza.
(Int., 1921, 142) Aristotele formul nettamente il principio dell'identificazione per mezzo
della c. (id., 144) Il carattere incomunicabile della c. deriva da ci che di veramente
inesprimibile vi nella sfera metafisica. (id., 242) Ogni c. gi da per se stessa, se vera e
realmente assimilata, una realizzazione effettiva o, per lo meno, una realizzazione virtuale.
(id. 243) Ogni c. che non discenda dalla metafisica manca letteralmente di principio e non
ha nessun carattere tradizionale. (id., 248) Colui che possiede la c. qualificato per
comunicarla agli altri o, pi esattamente, per svegliare in essi delle possibilit
corrispondenti, poich la c. in se stessa rigorosamente personale e incomunicabile. (Ved.,
1925, 219) La c. ha di fronte all'azione la funzione di Motore Immobile. (Crisi, 1927, 60) Oggi
noi ci troviamo di fronte alla negazione di ogni reale c. (id., 63) Le vie possibili per
raggiungere la c. possono essere estremamente diverse nei gradi pi bassi e vanno
unificandosi sempre di pi man mano che si raggiungono gli stadi pi alti. (id., 79) La c.
illumina l'azione, senza partecipare alle vicissitudini di essa. (ib. 98) La sola vera c., in
qualsiasi campo, quella che ci permette di penetrare pi o meno profondamente la natura
intima delle cose. In altri termini non vi vera c. se non quando si ha l'identificazione del
soggetto coll'oggetto o, considerando il rapporto in senso inverso, assimilazione
dell'oggetto da parte del soggetto. (Stati, 1931, 115) Ogni vera c. effettiva e immediata. (id.,
116) Per quanto riguarda il dominio sensibile o corporeo, gli organi dei sensi sono, per
l'essere individuale, le vie d'ingresso della c.; ma, secondo un altro punto di vista, essi
sono anche vie d'uscita , proprio perch ogni c. implica un atto di identificazione che
parte dal soggetto conoscente e va verso l'oggetto conosciuto. (id., 117) La realizzazione
dell'essere mediante la c. una concezione del tutto estranea al pensiero occidentale

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

moderno. (id., 118) Non potr mai esservi vera metafisica per chi non comprenda che
l'essere si realizza colla c. e che non pu realizzarsi in altro modo. La vera c. non pu essere
essenzialmente relativa, come vorrebbe la filosofia moderna. (id., 119) La c., intesa in senso
assoluto ed in tutta la sua universalit, si realizza per mezzo di ci che pu propriamente
definirsi una presa di coscienza . La c. non pu ammettere alcuna restrizione e, per
essere adeguata alla Verit Totale, deve essere coestensiva non solo all'Essere, ma alla
Possibilit Universale stessa e sar quindi infinita, come lo quest'ultima. (id., 121) Soltanto
la c. dissipa l'ignoranza, come la luce del sole dissipa le tenebre. (Met., 1939, 171) Ogni c.,
essendo esclusivamente un'identificazione, evidente che l'individuo come tale non pu
raggiungere la c. di ci che oltre il suo dominio individuale. Questa c. possibile poich
l'essere, pur essendo individuo umano, anche, in pari tempo, altra cosa. (Cons., 1946, 277)
La c. dell'ordine trascedente, colla certezza assoluta che implica, in se stessa
evidentemente incomunicabile ed inesprimibile, ogni espressione essendo individuale e,
per tale motivo, inadeguata a questa c. (id., 278) Solo la c. permette di uscire da questo
mondo e dalle limitazioni che gli sono inerenti ed essa possiede l'immutabilit, poich ogni
c. essenzialmente identificazione col suo oggetto. (Hind., 1946, 17) La vera c. non ha come
via la ragione, ma lo spirito e l'essere, poich essa altro non che la realizzazione di questo
essere in tutti i suoi stati, vale a dire il raggiungimento della Saggezza Suprema. (id., 56)
Gradi della C. I g. della c. consistono in una penetrazione pi o meno profonda ed
un'assimilazione pi o meno completa (Stati, 1931, 115)

CONSUETUDINE-I La c. cosa puramente umana, o per degenerazione o proprio


come origine. (In., 1952, 44) Certe c. portano, malgrado tutto, l'impronta di qualcosa che,
agli inizi, ebbe un carattere tradizionale. Le c. che influenzano la vita di ogni singolo
individuo hanno la funzione di soffocare ogni attivit rituale o tradizionale, sostituendovi
la preoccupazione, e non sarebbe esagerato dire l'ossessione di una quantit di cose
perfettamente insignificanti, se non addirittura assurde, la cui pochezza contribuisce
validamente alla rovina di ogni intellettualit. (id., 45) Quello che forse colpisce di pi di
queste c. il carattere di incredibile pochezza : sembra che esse mirino esclusivamente a
trattenere tutta l'attenzione non solo su cose in s totalmente esteriori e prive di qualsiasi
significato, ma addirittura sui dettagli pi banali e ristretti di queste cose. (id., 46-47) In
effetti vi il timore dell'opinione che pi di ogni altra cosa permette alla c. di imporsi in
questo modo e di acquistare il carattere di una vera ossessione. (id., 47-48) Si pu dire che il
rispetto della c. come tale non , in fondo, nient'altro che il rispetto della stupidit umana,
perch questa, in casi del genere, ad esprimersi naturalmente nell'opinione. (id., 48) La c.
appartiene incontestabilmente al dominio delle pure apparenze esteriori, dietro le quali
non c' niente; osservare la c., per tenere conto dell'opinione che non valuta se non tali
apparenze, corrisponde quindi all'atteggiamento tipico degli Shdra. (id., 49)

CONTEMPLAZIONE Il punto di vista pi esteriore e superficiale quello consistente

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nell'opporre in modo puro e semplice la c. all'azione a titolo di due contrari nel senso
proprio del termine. (Crisi, 1927, 55) Chi invece considera la c. e l'azione come
complementari si pone da un punto di vista gi pi profondo e pi vero del precedente,
giacch l'opposizione vi si trova conciliata e risolta. (id., 56) chiaro che l'attitudine alla c.
pi diffusa e pi generalmente sviluppata fra gli Orientali. (id., 57) La disposizione
naturale all'azione degli Occidentali non imped loro, nell'antichit e nel Medioevo, di
riconoscere la superiorit della c. L'Oriente ha sempre tutelato la superiorit della c.
sull'azione, mentre l'Occidente ha affermato la superiorit dell'azione sulla c. (id., 58) Al
pari delle antiche dottrine occidentali, le dottrine orientali sono unanimi nell'affermare che
la c. superiore all'azione. (id., 59) San Tommaso d'Aquino dichiara espressamente che
tutte le funzioni umane sono subordinate alla c. come al loro fine superiore e che, in fondo,
l'intero reggimento della vita civile ha come vera ragion d'essere di assicurare la pace
necessaria a tale c. (Aut., 1929, 79) Esistono due tipi di c., i quali possono essere
rispettivamente definiti come c. diretta e c. per riflesso. (In., 1952, 138) giusto parlare di c.
in entrambi i casi e, in un certo senso, vero che sono le stesse realt ad essere contemplate,
com' lo stesso sole che si vede direttamente oppure riflesso. La c. diretta delle realt
spirituali implica necessariamente che, in un certo qual modo, ci si trasporti proprio nel
loro stesso dominio, il che presuppone un certo grado di realizzazione; la c. per riflesso
implica invece che ci si apra a quello che si presenter spontaneamente e pertanto, in
questo caso, non vi nulla di incompatibile colla passivit mistica. Naturalmente ci non
impedisce che la c. sia, ad un livello determinato, una vera attivit interiore. (id., 139) La c.
raggiungibile nella realizzazione iniziatica comporta gradi diversi, per cui non sicuro che
arrivi sempre fino ad un'identificazione. (id., 141)

CONTINGENTE c. tutto ci che non ha in s la sua ragione sufferente. (Stati, 1931,


132)

CONTINUO Dal punto di vista in cui si pone Leibnitz, il c. racchiude necessariamente


l'Infinito. (Calc. Inf., 1946, 48) Quantit c. La q.c. in se stessa solo un modo derivato
dalla quantit. (Regno, 1945, 37) Infinito c. L'aspetto pi abituale dell'idea dell'Infinito,
come la intende Leibnitz, in quel che concerne il significato del calcolo infinitesimale,
quello dell'i.c. (Calc. Inf., 1946, 46).

CONTROINIZIATICO Centri c. Ai c.c. si ricollegano le organizzazioni facenti capo


alla controiniziazione. (Regno, 1945, 317) Organizzazione c. Nell'opera finale del Regno
della Controtradizione, dovr esistere una collettivit che rappresenti l'esteriorizzazione
dell'o.c. vera e propria venuta finalmente alla luce del giorno. (Regno, 1945, 324)

CONTROINIZIAZIONE La c. ci a cui si ricollegano, nel loro insieme ed a gradi

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differenti, gli agenti umani attraverso i quali prende corpo l'azione antitradizionale.
(Regno, 1945, 233) L'interpretazione simbolica alla rovescia caratteristica della c. (id., 250)
La c. qualcosa di assolutamente reale nell'ordine che le proprio, come l'azione da essa
effettivamente esercitata non fa che dimostrare. (id., 291) La c. pu trovare nella pseudo
iniziazione un posto di osservazione e di elezione per il proprio reclutamento. (id., 295) La
c., dopo avere continuamente lavorato nell'ombra per ispirare e dirigere in modo invisibile
tutti i movimenti moderni, finir coll'esteriorizzare un qualcosa che sar la contropartita di
una vera tradizione. (id., 313) La c. conduce inevitabilmente verso l'infraumano, il solo
campo in cui risiede il suo potere effettivo. (id., 316) La c. non pu esercitare la sua azione
che nel dominio psichico e tutto ci che riguarda il dominio spirituale le , per sua stessa
natura, assolutamente proibito. (Cons., 1946, 209)

CONTROTRADIZIONE L'apparente trionfo della C. sar passeggero e proprio quando


tale trionfo sembrer pi completo, essa verr distrutta dall'azione delle influenze
spirituali, le quali interverranno a preparare immediatamente il Raddrizzamento Finale.
(Regno, 1945, 313) La C. non potr mai essere che una parodia, di tutte la pi estrema e la
pi immensa. (id., 314) Una C. non potr essere altro che instabile e pressoch effimera, pur
essendo in se stessa la pi temibile di tutte possibilit. (id., 318) La costituzione della C. ed
il suo apparente momentaneo trionfo saranno il regno della Spiritualit a Rovescio. (id.,
320) La C. non potr mancare di avere quel carattere meccanico che presente in tutte le
produzioni del mondo moderno: essa ne sar l'ultimo prodotto ed il suo aspetto sar
paragonabile all'automatismo dei cadaveri psichici . (id., 327) I rappresentanti della C.
sono in definitiva tratti in inganno dalla loro stessa funzione. (id., 332)

CONVERSIONE Il significato originario della parola c. corrisponde al termine greco


metanoia , che indica propriamente una metamorfosi intellettuale . La c. dunque il
passaggio cosciente dal mentale a ci che ne rappresenta la trasposizione in un senso
superiore. (Ind., 1952, 107) La parola c., nel linguaggio corrente, definisce unicamente il
passaggio esteriore da una forma tradizionale ad un'altra e ci di solito conseguenza del
proselitismo religioso. (id., 108) Talora si parla di c. riferito a coloro i quali, per ragioni di
ordine esoterico ed iniziatico, sono indotti ad adottare una forma tradizionale diversa da
quella a cui per nascita potevano essere ricollegati. (id., 109) Contrariamente a quanto si
verifica per una c. non vi nulla, in questo caso, che implichi il riconoscimento di una
superiorit intrinseca di una forma tradizionale su di un'altra, ma unicamente ci che
potrebbe definirsi una ragione di convenienza spirituale. Per chi si trovi in queste
condizioni tutto ci basta, per quel che lo riguarda, a giudicare una c. come cosa del tutto
priva di senso e addirittura inconcepibile. (id., 110)

CONVERTITI Apprezziamo assai poco i c., in generale, non perch si debba mettere in

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dubbio la loro sincerit, ma prima di tutto perch, come minimo, danno prova di
un'instabilit mentale piuttosto preoccupante e poi perch quasi sempre tendono a
manifestare il settarismo pi ristretto ed esagerato. In fondo si pu dire che i c. sono poco
interessanti, almeno per chi consideri le cose fuori da ogni partito preso d'esclusivismo
exoterico. (In., 1952, 109)

CORNA Le c., nel loro uso simbolico, assumono due forme principali: quella delle c. di
ariete, che propriamente solare e quella delle c. di toro, che , al contrario, lunare ,
richiamando la forma stessa della mezzaluna. (Simb., 1962, 173)

CORPO Il c. mai pu essere considerato propriamente come un principio, perch,


essendo il termine finale della manifestazione, non che prodotto e non pu divenire
produttore sotto nessun rapporto. Per questo carattere il c. esprime, nell'ordine
manifestato, la passivit sostanziale. Il c. ha nell'anima il suo principio immediato, ma non
procede dallo spirito che indirettamente e per l'intermediario dell'anima. (Triade, 1945, 73)

CORPOREO Fenomeni c. I f.c. sono i soli a potersi situare altrettanto bene nello spazio
quanto nel tempo. (Regno, 1945, 52) Immortalit c. La ricerca di una pretesa i.c. non pu
essere che perfettamente illusoria. (Cons., 1946, 350) Manifestazione c. La m.c. come
avvolta e compenetrata dalla manifestazione sottile, nella quale ha il suo principio
immediato. (Stati, 1931, 82) Mondo c. Nella realt il m.c. non pu essere considerato come
un tutto sufficiente a se stesso, n come qualcosa di isolato nell'insieme della
manifestazione universale. Non pu nel m.c. esserci cosa la cui esistenza non riposi, in
ultima analisi, sopra elementi di ordine sottile e, oltre questi, su un principio che pu essere
detto spirituale . (Regno, 1945, 216) Ordine c. In realt non il caso di separare l'o.c.
dagli altri ordini individuali pi di quanto convenga creare separazioni tra questi ultimi,
poich appartiene al loro stesso livello nell'insieme dell'Esistenza Universale e quindi nella
totalit degli stati dell'essere. (Stati, 1931, 82)

COSCIENZA Per noi la c. tutt'altra cosa che per lo psicologo; essa non contiene affatto
uno stato dell'essere particolare e non , d'altronde, il solo carattere distintivo dello stato
individuale umano. Potremmo piuttosto dire che la c. una condizione di esistenza di certi
stati, senza per che vi sia stretta analogia, ad esempio, colle condizioni dell'esistenza
corporea. (Stati, 1931, 64) La c. dunque qualcosa che appartiene in modo particolare sia
allo stato umano, sia ad altri stati individuali pi o meno analoghi a questo: non quindi
un principio universale. Nonostante questa restrizione, la c., nello stato individuale umano,
suscettibile, al pari di questo stato, di un'estensione indefinita. (id., 65) La pluralit e la
complessit sono caratteristiche proprie della c., la quale si prolunga in modalit talvolta
assai remote ed oscure. (id., 67) L'intelletto, nel passaggio dall'universale all'individuale,

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produce la c., la quale, appartenendo all'ordine individuale, non per nulla identica al
principio intellettuale, pur procedendo direttamente da esso come risultante
dell'intersezione di questo principio con il dominio particolare di determinati condizioni di
esistenza, dalla quale definita l'individualit considerata. (id., 77) Se vogliamo intendere
la c. nel senso pi generale, senza limitarla alla sua forma specificamente umana, la
definiremo dunque come un modo contingente e particolare di conoscenza sottoposto a
certe condizioni o come una propriet inerente all'essere considerato in rapporto a certi
stati di manifestazione. (id., 78)

COSMICO Ambiente c. L'a.c. pu essere concepito solo come un insieme di cui tutte le
parti sono legate fra loro senza alcuna soluzione di continuit. (Triade, 1945, 83) Cicli c. I
c.c. altro non sono che gli stati o gradi dell'Esistenza Universale o le loro modalit
secondarie, quando si tratta di cicli subordinati o pi ridotti, che in tal caso presentano fasi
corrispondenti a quelle dei c. pi estesi nei quali si integrano, in virt dell'analogia della
parte e del tutto. (Stati, 193,1, 89, n. 1) Ruota C. La R.C. un simbolo del mondo
manifestato ed in generale rappresenta la Natura presa nel suo senso pi esteso. (Triade,
1945, 139)

COSMOLOGIA L'angolo visuale della c. non corrisponde per nulla a quello della fisica
moderna. (Int., 1921, 248) La c. non una scienza sperimentale, come la fisica moderna, ma,
grazie al suo riallacciarsi ai principi , come gli altri rami della dottrina, molto pi
deduttiva che induttiva. (id., 249)

COSTRUTTIVO Simbolismo C. L'uso del s.c. non affatto particolare a questa o a


quella forma iniziatica, ma si incontra ovunque, con semplici differenze di adattazione,
poich si riferisce ad un'arte esistente egualmente, e con lo stesso carattere sacro, in tutte le
tradizioni. (Triade, 1945, 9)

CREAZIONE Il termine c. estraneo agli Orientali (se si fa eccezione per i Musulmani)


almeno quanto lo fu alla stessa antichit greco-romana e si dimostra specificamente
giudaico all'origine. (Int., 1921, 114) La concezione teologica della c. una traduzione
appropriata della concezione metafisica della manifestazione universale e quella che
meglio si adatta alla mentalit dei popoli occidentali. (id., 115) L'idea di c. non si riscontra
che nelle tradizioni appartenenti ad una linea unica, quella costituita da Giudaismo,
Cristianesimo e Islamismo, propria alle forme tradizionali specificamente dette religiose
. (Ap. I.T., 1975, 88) Nell'idea di c. manca la nozione di Possibilit, la quale deve intervenire
solo quando ci si pone dal punto di vista metafisico. (id., 96) L'idea di c. non contempla
nulla aldil della manifestazione, o, almeno, considera solo il Principio, senza approfondire
il fatto che ci ancora un punto di vista relativo. (id., 97) La c. imperfetta ove la si

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consideri analiticamente e come separata dal Principio ed da questo punto di vista che
essa il dominio del Demiurgo. (Mel., 1976, 16-17)

CRISTIANESIMO L'epoca dell'inizio dell'espandersi del C. coincide da un lato colla


dispersione del popolo giudaico e, dall'altro, con l'ultima fase della civilt greco - latina.
(Crisi, 1927, 33) La civilt greco - latina doveva finire e la rettificazione doveva venire da
tutt'altra parte che dall'Ellenismo e dalle dottrine orientali: il C. realizz questa
trasformazione. (id., 34) solo nel C. che in Occidente sopravvivono resti di uno spirito
tradizionale. Se si obietta che nella nostra epoca il C. stesso non lo si comprende pi
veramente e nel suo senso profondo, noi risponderemo che esso ha almeno conservato,
nella sua forma, tutto quello che necessario per fornire la base di cui qui si tratta. (id., 48)
Coloro che vorrebbero appoggiarsi in Occidente al C. sono animati da una pi o meno
dichiarata ostilit verso l'Oriente. Ed cos che noi abbiamo sentito formulare l'assurda
opinione che se le stesse cose di trovano simultaneamente nel C. e nelle dottrine orientali,
espresse dall'una parte e dall'altra in forma quasi identica, esse nei due casi non hanno lo
stesso significato, ma anzi un significato opposto! (id., 49) Costoro non considerano dunque
il C. che in un modo assolutamente esteriore, modo che non pu corrispondere all'idea di
una vera dottrina tradizionale, offrente su tutti i piani una sintesi completa. (id., 50) Tutto
quello che vi pu essere di valido nel mondo moderno venuto ad esso dal C., o almeno
attraverso il C., il quale ha raccolto l'eredit delle tradizioni precedenti e di tali tradizioni
contiene in s le possibilit latenti. (id., 135) L'assenza di lingua sacra nel C. risulta ancora
pi evidente ove si vede come, pure per le Scritture ebraiche di cui esiste il testo
primitivo, esso si serve ufficialmente di traduzioni greche e latine. (Ap. C., 1954, 4) Tutto
ci non vuole assolutamente dire che il C. abbia la caratteristica eccezionale di esere una
tradizione senza lingua sacra. Del resto, tutto ci che si riferisce alle origini del C. ed ai suoi
primi tempi disgraziatamente avvolto da oscurit. Il C. non possiede l'equivalente della
parte legale delle altre tradizioni; ci talmente vero che, per supplirvi, dovette adattare
al suo uso l'antico diritto romano, facendovi delle aggiunte che non hanno peraltro il loro
fondamento nelle Scritture. (id., 6) L'oscurit delle origini e dei primi tempi del C. non pare
essere accidentale, bens espressamente voluta. Lungi dall'essere la tradizione exoterica che
oggi si conosce sotto questo nome, il C. delle origini aveva, nei suoi riti e nella sua dottrina,
una carattere essenzialmente esoterico e, di conseguenza, iniziatico. (id., 9) Se il C. aveva
tale carattere, la cosa si spiega non come una lacuna, ma come un'estensione intenzionale
dall'intervenire in un dominio che, per definizione, non poteva riguardarlo in tali
condizioni. (id., 10) Se si considera lo stato del mondo occidentale dell'epoca, ci si pu
facilmente rendere conto che, se il C. non fosse disceso nel dominio exoterico, questo
mondo, nel suo insieme, sarebbe stato ben presto sprovvisto di ogni tradizione, quelle
esistenti essendo giunte ad un'estrema degenerazione che indicava come il loro ciclo di
esistenza fosse sul punto di finire. Necessitava dunque un raddrizzamento ed il C. solo
poteva operarlo, ma a condizione di rinunciare al carattere esoterico e riservato che
aveva avuto agli inizi. (id., 14) Sarebbe probabilmente impossibile assegnare una data

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precisa a questo cambiamento che fece del C. una religione nel senso proprio della parola
ed una forma tradizionale indirizzantesi a tutti indistintamente; certo che tale
trasformazione era gi un fatto compiuto all'epoca di Costantino e del Concilio di Nicea, il
quale ultimo la sanzion , inaugurando l'era delle formulazioni dogmatiche, destinate a
costituire una presentazione puramente exoterica della dottrina. (id., 15) Il fatto di chiudere
la dottrina in formule nettamente definite e limitate rendeva molto pi difficile, pure a chi
ne era realmente capace, di penetrarne il senso profondo. Tale inconveniente non era
tuttavia tale da opporsi alla costituzione del C. in forma tradizionale exoterica o da
impedirne la legittimit, dato l'immenso vantaggio che doveva derivarne per il mondo
occidentale. (id., 15-16) evidente che la natura originaria del C., esoterica ed iniziatica,
doveva restare interamente ignorata da quanti erano ora ammessi nel C. divenuto
exoterico. (id., 16) Ci si pu chiedere se avvenne un tale mutamento negli insegnamenti del
Cristo, i quali costituiscono il fondamento del C. In realt, questi insegnamenti non furono
toccati, n in alcun modo modificati nella loro letteralit ; ci che mut fu la prospettiva
secondo la quale essi furono visti e il significato dato loro. (id., 17-18) In ci che si pu
chiamare il secondo stato del C. i sacramenti non hanno pi alcun carattere iniziatico e
non sono che dei riti puramente exoterici. (id., 20) Per concludere possiamo dire che, a
dispetto delle sue origini iniziatiche, il C., nel suo stato attuale, non altro che una
religione, cio una tradizione di ordine esclusivamente exoterico, e non vi sono altre
possibilit che quelle di ogni exoterismo. Un'iniziazione potrebbe naturalmente
sovrapporvisi, ma, nella forma occidentale almeno, questa iniziazione, di fatto, non esiste.
(id., 26)

CRISTIANO Chiesa C. possibile che la C.c. dei primi tempi abbia costituito
un'organizzazione chiusa o riservata, nella quale erano ammessi solo coloro i quali
possedevano le qualificazioni necessarie per ricevere validamente l'iniziazione sotto la
forma che si pu chiamare cristica . (Ap. C., 1954, 10). Esoterismo L'e.c. prendeva la sua
base ed il suo punto d'appoggio nei simboli e nei riti della religione cattolica e vi si
sovrapponeva, senza opporvisi in alcun modo. (Mac., 1964, I, 15) Tradizione C. La ben
conosciuta frase Date a Cesare quel che di Cesare... , ci pare implicare formalmente, per
quanto di ordine esteriore, l'accettazione di una legislazione completamente estranea alla
t.c. e che era semplicemente quella che esisteva nell'ambiente ove questa ebbe origine e che
era incorporato nell'Impero Romano. (Ap. C., 1954, 10) Dal punto di vista esoterico
qualcosa deve sussistere egualmente, ma in modo per cos dire invisibile, abbastanza
perch le t.c. rimanga viva; se fosse altrimenti, ci equivarrebbe a dire che lo spirito se ne
ritirato completamente e resta soltanto un corpo morto. (Simb. 1962, 45)

CRISTO L'assimilazione simbolica del C. con lanus quale principio supremo dei due
poteri, il segno chiarissimo di una certa continuit tradizionale, troppo sovente ignorata o
negata per partito preso, tra l'antica Roma e la Roma cristiana. (Aut., 1929, 121)

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CROCE La c. rappresenta il modo in cui viene simboleggiata la realizzazione dell'Uomo


Universale, mediante la comunione perfetta della totalit degli stati dell'essere, ordinati
gerarchicamente in armonia e conformit, nell'espansione integrale secondo i due sensi
dell' ampiezza e dell' esaltazione . (Croce, 1931, 32) La c., oltre al significato metafisico
e principiale, ha diversi altri sensi, pi o meno secondari e contingenti, secondo quanto
abbiamo detto, in generale, sulla pluralit dei significati inclusi in ogni simbolo, ed
normale che sia cos. (Id., 38) Un aspetto del simbolismo della c. quello dell'unione dei
complementari. A tal fine, sufficiente considerare la c. nella sua forma a due dimensioni.
Nella linea verticale della c. si pu vedere la rappresentazione del principio attivo e nella
linea orizzontale della c. quella del principio passivo. (id., 57) L'asse verticale della c., che
lega insieme tutti gli stati dell'essere attraversandoli nei rispettivi centri, il luogo di
manifestazione di quella che la tradizione estremo-orientale chiama Attivit del Cielo. (id.,
58) La figura della c. pu aiutare a comprendere la differenza esistente fra
complementarismo ed opposizione. (id., 66) Se nella tessitura osserviamo un filo dell'ordito
ed uno della trama, vediamo subito che la loro intersezione determina la c., di cui essi
costituiscono rispettivamente la linea verticale e quella orizzontale. Ogni punto del tessuto,
prodotto dall'incontro di due fili perpendicolari tra di loro, di conseguenza il centro di
tale c. (id., 120) La c. era nell'antichit, ed in particolare presso i Pitagorici, il simbolo del
Quaternario. (Mac., 1964, II, 53)

CROCIATE Nelle C. non vi furono solo rapporti ostili, come credono coloro che si
attengono alle apparenze, ma anche attivi scambi intellettuali fra Oriente e Occidente.
(Dante, 1925, 21)

CUBICO Forma c. La f.c. corrisponde altrettanto bene alla fine del ciclo della
manifestazione, ovvero al punto di arresto del movimento ciclico. (Regno, 1945, 166) La
f.c. riconducibile alla Terra. (id., 168)

CUBO Il c. la forma pi immobile di tutte, quella che corrisponde al massimo di


solidificazione. (Regno, 1945, 166) L'immobilit intesa in questo modo e rappresentata dal
c., si riferisce al polo sostanziale della manifestazione. (id., 167) Le facce del c. possono
essere considerate come orientate. rispettivamente a due a due secondo le tre dimensioni
dello spazio. (id., 167) Il c. rappresenta la Terra in tutte le accezioni tradizionali della parola.
(id., 168)

CULTO Il c. partecipa sia della natura intellettuale del dogma che di quella sociale della
morale. (Int., 1921, 85)

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CUORE Il c., considerato il centro della vita, lo effettivamente dal punto di vista
fisiologico, ma pure altres considerato come tale in un ordine superiore ed in qualche
modo simbolicamente per l'Intelligenza Universale nelle sue relazioni con l'individuo.
(Ved., 1925, 47) Il centro dell'individualit umana rappresentato simbolicamente dal c.
(In., 1952, 247) La raffigurazione del c. inserito in un triangolo colla punta diretta verso il
basso abbastanza significativa quando la si riferisce agli emblemi usati da certo
ermetismo cristiano del Medioevo. (Simb., 1962, 29) Vediamo dappertutto l'assimilazione
simbolica tra il c. e la coppa o il vaso; dappertutto il c. considerato come il centro
dell'essere, centro ad un tempo divino ed umano nelle molteplici applicazioni alle quali d
luogo. (id., 31-32) In certi casi, per quanto concerne il c., la raffigurazione comporta uno dei
due aspetti di luce e di calore: la luce naturalmente rappresentata da un irradiamento di
tipo normale, cio formato unicamente di raggi rettilinei, in quanto al calore, esso rap
presentato pi volte da fiamme uscenti dal c. (id., 355) Si giunti oggi ad attribuire al c. solo
un significato sentimentale ed a dimenticare completamente la sua relazione
coll'intelligenza. (id., 356) vero d'altra parte che, dato che il c. considerato il centro
dell'essere, gli si possono riferire almeno indirettamente tutte le modalit di quest'ultimo,
compreso il sentimento, o quella che gli psicologi chiamano affettivit ; ma pur sempre
opportuno rispettare i rapporti gerarchici senza dimenticare che solo l'intelletto
veramente centrale mentre tutte le altre modalit hanno un carattere pi o meno periferico.
Soltanto che, siccome l'intuizione intellettuale, che risiede nel c., era misconosciuta e la
ragione, che ha sede nel cervello, aveva usurpato la sua funzione illuminatrice, al c. non
restava pi che la possibilit di essere considerato come la sede dell'affettivit. (id., 357)
Siccome il c. il centro dell'essere umano considerato nella sua integralit, in tale centro vi
l'Anima Vivente che contiene in modo principiale tutte le possibilit che si svilupperanno
nel corso dell'esistenza individuale. (id., 388)

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-D-

DANTE D. indica in modo molto esplicito che nella sua opera vi un senso nascosto ,
propriamente dottrinale, di cui il senso esteriore e apparente soltanto un velo, e che deve
essere ricercato da coloro i quali sono capaci di penetrarlo. (Dante, 1925, 7) In D.
l'esoterismo si avvolge in un velo assai difficilmente penetrabile, appoggiandosi nello
stesso tempo su basi strettamente tradizionali; fare di D. un precursore del
Protestantesimo, e forse anche della Rivoluzione Francese, per il semplice fatto che fu un
avversario del Papato sul terreno politico, misconoscere interamente il suo pensiero e non
capir nulla dello spirito della sua epoca. (id., 32) La Qabbalah essenzialmente la
tradizione ebraica e noi non abbiamo alcuna prova che un'influenza ebraica si sia esercitata
direttamente su D. pi al Pitagorismo che alla Qabbalah che si potrebbe collegare D. (id.,
33)

DARSHANA I d. sono gli angoli visuali o punti di vista della dottrina ind. (Int., 1921,
200) Sono questi i nomi principali della dottrina ind e, in numero di sei. I sei d. sono: il
Nyya, il Vaishshika, il Snkya, lo Yoga, la Mimnsa e il Vdanta. (id., 205)

DEGENERAZIONE Nei casi di d. naturalmente la parte superiore della dottrina, vale


a dire il suo lato metafisico e spirituale , che scompare pi o meno completamente.
(Regno, 1945, 219)

DEMIURGO Il D. non una potenza esteriore dell'uomo, bens, principialmente, la


volont dell'uomo nella misura in cui essa realizza la distinzione del Bene e del Male. Da un
punto di vista pi generale, il D. il Principe di questo Mondo di cui si parla nel
Vangelo di Giovanni. Il D. si oppone all'Adam Kadmon e all'Umanit Principiale
manifestazione del Verbo. (Mel., 1976, 15) Siamo quindi portati a considerare il D. come un
riflesso tenebroso e rovesciato dell'Essere. Nella misura in cui creiamo la distinzione, noi
siamo degli elementi del D. e, come esseri distinti, apparteniamo al dominio del D., vale a
dire alla creazione. Tutti gli elementi della Creazione, cio le creature, sono dunque
contenute nel D. Considerato come Creatore, il D. produce prima di tutto la divisione, dalla
quale non distinto, in quanto esso esiste perch esiste la divisione. Si pu ancora dire che
il D. crea la materia, cio il Caos Primordiale che contiene tutte le forme; poi organizza
questa materia caotica e tenebrosa, ove regna la confusione, facendone uscire le forme il cui
insieme costituisce la Creazione. (id., 16) In realt, il D. e il suo dominio non esistono, dal
punto di vista universale, pi della distinzione del Bene e del Male. (id., 17) Impero del D.
Quando l'uomo perviene alla conoscenza che tutto Spirito ed identifica se stesso ed ogni
cosa allo Spirito Universale, ogni distinzione scompare per lui ed egli non pi sottoposto

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alla dominazione del Principio di questo Mondo e non appartiene pi all'Impero del D.
(Mel., 1976, 17) L'essere che non appartiene pi all'Impero del D. senza azione . (id., 23)

DEMOCRATICO Concezione-i D. Secondo la c.d. il potere viene dal basso e poggia


essenzialmente sulla maggioranza, cosa che ha per necessario corollario l'esclusione di ogni
vera competenza. (Crisi, 1927, 105) semplicemente la legge della materia e della forza
bruta, la legge stessa in virt della quale una massa trasportata dal proprio peso schiaccia
tutto quello che rientra sulla sua via: proprio qui si ha il punto di incontro fra le c.d. e il
materialismo. (id., 110) Dirigenti D. La grande abilit dei d.d. del mondo moderno sta
nel far credere al popolo che esso si governa da s. (Crisi, 1927, 107) Teoria D. Certi
filosofi moderni hanno voluto trasportare nell'ordine intellettuale la t.d. che fa prevalere il
parere della maggioranza, facendo di quello che essi chiamano il consenso universale un
preteso interio di verit. (Crisi, 1927, 109) Idea D. Non sar inutile mettere in rilievo i
sofismi che si nascondono dietro l'i.d. ed i legami che connettono tale idea con tutto
l'insieme della mentalit moderna. (Crisi, 1927, 106) L'i.d. in generale la ragione dell'lite
intellettuale intesa nella sua accezione legittima. (id., 112) Al fondo dell'i.d. sta la pretesa
che un qualunque individuo equivalga all'altro per il fatto del loro essere uguali
numericamente, bench non lo possano essere che in questo modo. (id., 113)

DEMOCRAZIA L'argomento pi decisivo contro la d. si riduce a queste semplici parole:


il superiore non pu promanare dall'inferiore, perch il pi non pu trarsi dal meno. (Crisi,
1927, 106) Definita come autogoverno del popolo , la d. una vera impossibilit,
qualcosa che non pu nemmeno esistere come un fatto bruto, n nell'epoca nostra, n in
un'altra qualsiasi. (id., 107) L'autorit che proviene all'lite intellettuale dalla sua
conoscenza superiore non pu avere nulla in comune colla forza numerica su cui poggia la
d. (id., 112) La funzione dirigente di una vera lite intellettuale e la sua stessa esistenza sono
radicalmente incompatibili colla d., la quale intimamente connessa colla concezione
egualitaria, cio colla negazione di ogni gerarchia. La d. pu farsi largo solo l dove
l'intellettualit non esiste pi, come appunto il caso del mondo moderno. (id., 113)

DENARIO Quando la croce ruota attorno al suo centro, essa genera la circonferenza che,
col centro, rappresenta il D. Il D. considerato formato dall'insieme dei primi quattro numeri
ci che Pitagora chiamava la Ttraktys. (Mel., 1976, 63). Il D. corrispondente alla
circonferenza col suo centro la manifestazione totale dell'Essere e lo sviluppo completo
dell'Unit. (id., 67)

DESTINO Il D. Natura necessitata e naturale. (Triade, 1945, 129) Il D. appare come una
specie di volont oscura della Natura. (id., 130)

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DETERMINAZIONE Ogni d., per quanto sia generale e qualunque sia l'estensione che
possa ricevere, necessariamente esclusiva della vera nozione di Infinito. (Cale. Inf., 1946,
7)

DVA-YNA Il d.y. designa naturalmente la via che conduce verso gli stati superiori
dell'essere. (Ved., 1925, 186) Il d.y. si riferisce all'identificazione effettiva del centro
dell'individualit, dove tutte le facolt sono state precedentemente riassorbite nell'Anima
Vivente, con il centro stesso dell'Essere Totale, residenza dell'universale Brahma. (id., 187)
Secondo il simbolismo vedico, l'essere che compie il d.y., avendo lasciata la Terra (vale a
dire il mondo corporeo o la manifestazione grossolana) dapprima condotto alla luce, da
intendersi qui come il Regno del Fuoco, il cui reggitore Agni. (id., 188)

DEVIAZIONE La d. passibile di gradi indefinitamente molteplici, di modo che essa


pu effettuarsi a poco a poco ed in modo quasi insensibile. Ma quando la d. giunta al
termine estremo, essa si risolve in un vero e proprio rovesciamento, vale a dire in uno stato
diametralmente opposto all'ordine normale, ed a questo momento che si pu parlare
propriamente di sovversione. (Regno, 1945, 239)

DHARMA La parola D., nel suo significato pi generale designa un modo d'essere e
pu essere applicata, non soltanto all'individuo, ma ad una societ, o una specie, a tutto
l'insieme degli esseri di un ciclo cosmico o di uno stato di esistenza o anche all'ordine totale
dell'Universo. Si tratta allora dell'equilibrio fondamentale, dell'armonia integrale che
risulta dalla conformit alla natura essenziale degli esseri, realizzata nella costituzione
gerarchicamente ordinata del loro insieme. (Int., 1921, 181-182) Tutte le applicazioni del
termine D. concernono sempre il mondo manifestato. La nozione del D non d'altronde
limitata all'uomo, ma si estende a tutti gli esseri e ai loro stati di manifestazione. Il D.
esprime, per ogni essere manifestato, la conformit alle condizioni che gli sono imposte
dalla Natura. (Triade, 1945, 147). noto che D. derivato dalla radice dhri la quale
significa portare, sopportare, sostenere, mantenere; si tratta dunque di un principio di
conservazione degli esseri e, di conseguenza, di stabilit, per tanto che questo sia
compatibile colle condizioni della manifestazione, poich tutte le applicazioni del D. si
riferiscono al mondo manifestato. (Hind., 1965, 70) La nozione di D. non limitata
all'uomo, ma si estende a tutti gli esseri ed a tutti i loro stati di manifestazione. (id., 71-72) Si
pu parlare del D. proprio ad ogni essere o ad ogni gruppo di essi, ad esempio una
collettivit umana; ma ci non che una particolarizzazione del D. in rapporto alle
condizioni speciali di questo essere o di quel gruppo. Se un'idea come quella di giustizia
conviene talvolta a rendere il senso di D., nella misura in cui essa un'espressione umana
dell'equilibrio e dell'armonia, cio di uno degli aspetti del mantenimento della stabilit

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cosmica. Se si considera una collettivit umana, l'idea di legislazione non rientra in quella
di D. in quanto questa legislazione deve essere normalmente un adattamento dell'ordine
cosmico all'ambiente sociale. (id., 72). Tra i fini che le scritture tradizionali ind assegnano
alla vita umana, la realizzazione del D. considerata come propriamente relativa all'ordine
spirituale. (id., 73) Quando questi fini sono indicati escludendo la Liberazione (Moksha), si
tratta di un punto di vista limitato alla considerazione del manifestato ed solamente cos
che D. appare come il fine pi elevato proposto all'uomo. (id., 73-74) D. corrisponde
effettivamente a Sattwa. (id., 80) effettivamente all'idea di Polo o di Asse del Mondo che ci
si deve riferire ove si voglia comprendere la nozione del D. nel suo senso pi profondo.
Questa nozione del D. si ricollega alla rappresentazione simbolica dell'Asse colla figura
dell'Albero del Mondo. (id., 108) Sanatana D. Quando si parla di S.D., si tratta
dell'insieme di un'umanit e ci durante tutta la durata della sua manifestazione, vale a
dire per un Manvantara. (Hind., 1976, 109) Se si considera il S.D. come Tradizione Integrale,
esso comprende principialmente tutti i rami dell'attivit umana, i quali sono d'altronde
trasformati da ci, poich a seguito di questa integrazione, esse partecipano del carattere
non-umano che inerente ad ogni tradizione. (id., 111) Il S.D. la Tradizione Primordiale,
la quale sola sussiste continuamente e senza mutamento attraverso tutto il Manvantara e
possiede cos la perpetuit ciclica. (id., 112) Se ogni tradizione ortodossa, riflesso della
Tradizione Primordiale, non il S.D., essa lo rappresenta per quanti vi aderiscono e vi
partecipano in modo effettivo. In un certo senso, tutte queste forme tradizionali sono
principialmente contenute nel S.D. e, in senso inverso, esse contengono il S.D. (id., 113) La
nozione di S.D. appare pi particolarmente legata alla tradizione ind, la quale, tra tutte le
forme tradizionali viventi, quella che pi direttamente deriva dalla Tradizione
Primordiale. Il punto di partenza di un altro ciclo rimanifester all'esterno il vero S.D. (id.,
114)

DIALETTICA --La d., in definitiva, non altro che la messa in opera o l'applicazione
pratica della logica. (In., 1952, 26) sottinteso che intendiamo la parola d. nel senso
originale, quello che aveva per Platone e Aristotele, senza minimamente preoccuparci delle
accezioni speciali che le vengono date attualmente, e che sono tutte derivate, pi o meno
direttamente, dalla filosofia di Hegel. (id., 26, n. 1)

DIFFERENZIALE Calcolo D. Il c.d. consiste nel calcolare i limiti di rapporto in cui i


due termini vanno simultaneamente in decrescenza indefinita secondo una certa legge, in
maniera tale che il rapporto stesso conserva sempre un valore finito e determinato. (Calc.
Inf., 1946, 53) Una delle principali utilizzazioni del c.d. quella di determinare le direzioni
delle tangenti in ciascun punto di una curva. (id., 55)

DIMENSIONE Ciascuna d. introduce, in una qualche maniera, un nuovo gradi di

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indeterminazione nell'estensione, cio nel continuo spaziale considerato come suscettibile


di crescere indefinitamente in estensione. (Calc. Inf., 1946, 82)

DISCONTINUO Infinito D. L'idea dell'Infinito come la intende Leibnitz si presenta


qualche volta sotto l'aspetto di un i.d. . (Calc. Inf., 1946, 46)

DISCUSSIONE La d., in generale, se cos si pu dire un procedimento profano


per eccellenza. (Cons., 1946, 297)

DISORDINE Il d., in fondo, si confonde collo squilibrio e, nel mondo dell'uomo, si


manifesta sotto le specie di quella che viene chiamata ingiustizia. (Aut., 1929, 142) Ogni
volta che il d. si accentua, il movimento subisce un'accelerazione, giacch viene fatto un
ulteriore passo avanti nel senso del cambiamento e dell'istantaneit. Come tutto quello che
ha un'esistenza solo negativa, il d. distrugge se stesso; il suo stesso eccesso pu essere
rimedio ai casi pi disperati, poich la crescente rapidit del mutamento trover
necessariamente la sua fine. (id., 144) Al limite estremo del d., compreso l'apparente
annientamento del mondo esteriore , si produrr l'avvento della Gerusalemme Celeste,
la quale sar, nei confronti di un nuovo periodo della storia dell'umanit, l'analogo del
Paradiso Terrestre nei confronti del periodo che trover il suo termine nello stesso istante.
(id., 145) D'altra parte il d. , in un certo senso, implicito in ogni manifestazione presa a s,
poich la manifestazione, considerata al di fuori del suo principio e quindi come
molteplicit non unificata altro non che una serie indefinita di rotture d'equilibrio.
(Croce, 1931, 80) Il d. esiste dal punto di vista delle contingenze e, per quel che concerne
l'umanit terrestre, siamo in un'epoca in cui il d. pare trionfare. (Hind., 1965, 21)

DISSOLUZIONE verso la d. che il mondo moderno sta incamminandosi


antitradizionale. (Regno, 1945, 200) La seconda parte dell'azione anti tradizionale non
tende pi alla solidificazione, ma alla d. (id., 236)

DIVENIRE Filosofie del D. Le f. del d., sotto l'influsso della recentissima idea di
progresso, hanno assunto tra i moderni una forma speciale, mai presentata dalle teorie
antiche dello stesso genere. (Crisi., 1927, 64)

DIVINATORIO Arte-i D. L'a. d. di coloro che cercarono di ricostruire l'astrologia


antica fu solo la deviazione di un'astrologia gi prossima a scomparire, da considerarsi al
massimo come una sua applicazione di ordine inferiore. (Crisi, 1927, 75) Le a.d. sono
frammenti incompresi di antiche scienze tradizionali quasi completamente perdute, le

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

quali, oltre al pericolo gi inerente al loro carattere di residui, sono per lo pi arrangiate e
combinate in modo che la loro messa in azione apre la porta all'intervento di tutte le
influenze psichiche del tipo pi dubbio. (Regno, 1945, 306)

DIVINO Ci che d., essendo necessariamente interiore ad ogni cosa, agisce in rapporto
all'uomo al modo di un principio solforoso . (Triade, 1945, 121)

DIVISIBILIT La d. una qualit inerente alla natura dell'estensione. (Calc. Inf., 1940,
39)

DOGMA Il d. costituisce la parte intellettuale della religione. Il nome di d. si applica


propriamente ad una dottrina religiosa. (Int., 1921, 85) Se il d. non esiste dovunque,
perch, anche solo nell'ordine exoterico, esso non avrebbe la stessa ragion d'essere che in
Occidente; vi della gente che, per non divagare , ha bisogno di essere tenuta
strettamente sotto tutela, mentre altri non ne hanno affatto bisogno; il d. necessario per i
primi e non per i secondi. Si potrebbe dimostrare molto facilmente che il d. tutt'uno con la
forma speciale di organizzazione tradizionale rappresentata dalla costituzione di una
Chiesa, la quale, anch'essa, specificamente occidentale. (In., 1952, 149)

DOTTRINA L'intellettualit di una d. pu trovarsi allo stato puro e si tratta allora di


una dottrina metafisica, oppure mescolata ad elementi eterogenei e dare vita ad una
dottrina religiosa. dunque necessario, perch assuma la forma che conviene al punto di
vista religioso, che una d. subisca l'influenza di elementi extraintellettuali, i quali avranno,
nella loro maggioranza, un carattere sentimentale. (id., 85) Una d. che si adatti alle esigenze
dell'essere sentimentale, e che deve perci essa stessa rivestirsi di una forma sentimentale,
non pu, con ci stesso, identificarsi alla Verit Assoluta. (id., 105) Lo spirito di qualsiasi d.
di natura esoterica, mentre la sua lettera di natura exoterica. (id., 137) Le circostanze
storiche, n pi n meno di qualsiasi altra contingenza, non hanno alcuna influenza
sull'essenza della d., che di carattere immutabile e puramente atemporale. (id., 159) Le
deviazioni della d. appaiono generalmente legate ad una sovversione della gerarchia
sociale. (id., 191) Nessuna d. pot mai essere politeista in se stessa e nella sua essenza e tale
pot diventare solo per una profonda deformazione. (id., 195) Gli angoli visuali da cui la d.
pu essere presa in esame sono suscettibili di maggiore o minore suddivisione, n sono
tutti ugualmente irriducibili, giacch qualcuno di essi in modo pi fondamentale e ad
esso gli altri debbono essere subordinati. Sar perci sempre possibile raggruppare i punti
di vista secondari intorno a quelli principali. (id., 201) Non la d. deve abbassarsi e ridursi a
misura della ristretta capacit di intendere della massa, ma piuttosto tocca agli individui di
elevarsi, se ne sono capaci, alla comprensione della d. nella sua purezza integrale. (id., 255)

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Quel che di una d. ci interessa la verit, nel senso assoluto della parola, di quanto vi
espresso. (id., 261) Una d. che si limiti a prendere in considerazione esseri individuali non
pu meritare il nome di metafisica; una tale d. pu sempre dirsi propriamente fisica nel
senso originario della parola, poich rimane esclusivamente nel dominio della Natura, cio
della manifestazione. (Croce, 1931, 19-20) Negare l'unit e l'invariabilit di una d. equivale
a negarne le caratteristiche essenziali e fondamentali, cio proprio quelle senza le quali essa
non merita pi questo nome. (In., 1952, 145) L'immutabilit della d. non ha mai, in se stessa,
ostacolato sviluppi ed adattamenti, alla sola condizione che essi siano sempre in stretta
conformit coi principi. (Hind., 1965, 89)

DOTTRINALE Insegnamento D. naturale che l'i.d. non possa essere assimilato in


uno stesso grado da tutti quelli che lo ricevono. (Ved., 1925, 27) L'affievolirsi dell'i.d., quasi
del tutto sostituito da vaghe considerazioni morali e sentimentali, pu solo respingere o
allontanare coloro che hanno aspirazioni di ordine intellettuale. (Simb., 1962, 17)

DRUIDICO Tradizione D. Quando si viene ad assicurare che esistono sempre dei


centri spirituali conservanti integralmente la t.d., noi ci aspettiamo che ci si fornisca la
prova di ci, senza dire che la cosa ci appare assai dubbia, se non addirittura inverosimile.
(Crisi., 1927, 47)

DUALISMO da vedersi nell'opposizione tra spirito e materia un caso particolare di d.


Il carattere distintivo del d. l'arrestarsi ad un'opposizione tra due termini pi o meno
particolari; dichiarando questa opposizione irriducibile ed assoluta, mentre essa solo
relativa e contingente, il d. impedisce a se stesso di passare aldil dei due termini che ha
posto in tal modo un di fronte all'altro e si ritrova cos limitata da ci stesso che fa di esso
un sistema (Int., 1921, 127) Volendo ridurre direttamente uno dei due termini all'altro non
si pu mai uscire completamente dall'alternativa posta dal d. (id., 128) Il d. una
concezione sistematica di carattere semplicemente filosofico. (id., 129) Non vi pu essere d.
in una qualsiasi dottrina che se due termini opposti o complementari sono posti sin dal
primo momento e considerati come ultimi e irriducibili, senza alcuna derivazione da un
principio comune. (Triade, 1945, 16) Nel Manicheismo, come nella religione di Zoroastro, il
d. non era che una dottrina puramente exoterica, la quale si sovrapponeva alla vera
dottrina esoterica dell'Unit. (Mel., 1976, 11) la fatale illusione del d. che realizza il Bene e
il Male e che, considerando le cose sotto un punto di vista particolare, sostituisce la
molteplicit all'Unit e chiude cos gli esseri sui quali esercita il suo potere nel dominio
della confusione e della divisione. (id., 14)

DUALIT Si pu dire che la natura dell'Albero della Scienza del Bene e del Male sia
caratterizzata dalla d., come suggerito dalla sua stessa denominazione, in cui troviamo i

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due termini non soltanto complementari, ma addirittura opposti. (Croce, 1931, 89)
Riconoscere l'esistenza di una d. e situarla al posto che le spetta realmente non costituisce
per nulla un dualismo, dal momento che i termini della d. procedono da un principio
unico. (Triade, 1945, 17)

DWPAS I sette d. (letteralmente isole ) emergono successivamente nel corso di certi


periodi ciclici, di modo che ciascuno di essi il mondo terrestre considerato nel
corrispondente periodo. Vi dunque una faccia del Mru rivolta verso ciascuno dei sette d.
(Re, 1927, 59) Si pu ravvisare un'altra correlazione con i Manvantara, quella relativa ai
sette d. o regioni in cui si divide il nostro mondo. (Forme, 1970, 13-14) Essi non
emergono simultaneamente, bens successivamente nel corso di ogni Manvantara; si deve
concludere che ogni d. apparir due volte nel Kalpa, ossia una volta in ciascuna delle serie
settenarie in cui il Kalpa si divide. (id., 14)

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-E-

ECCLESIASTICI L'atteggiamento caratteristico dei laici sembra ora avere conquistato


un numero viepi crescente di e., i quali paiono non comprendere quanto esso sia opposto
alla Tradizione. Si pu d'altronde constatare una strana contraddizione: Gli e. pi
influenzati dalle tendenze moderne si mostrano molto pi preoccupati dell'azione sociale
che della dottrina. (In., 1952, 104)

ECONOMICO Campo E. Che si tratti di popoli ovvero di individui, il c.c. e non pu


essere che quello di una rivalit di interessi. (Crisi., 1927, 125)

EDENICO Stato E. Lo S.E., lungi dall'essere il termine, sar solo la base su cui l'essere
si appogger per salire alle stelle , vale a dire per elevarsi agli stati superiori. (Dante,
1925, 51)

EDIFICIO All'origine ogni e. era costruito tradizionalmente secondo un modello


cosmico. (Simb., 1962, 343)

EFFETTIVO Iniziazione E. Le organizzazioni danno un'i.e. l dove esiste ancora una


vera dottrina tradizionale, ma non ne offrono pi che l'ombra quando lo spirito di questa
dottrina ha cessato di vivificare i simboli ed ogni legame col Centro del Mondo ha finito
coll'essere rotto. (Re, 1927, 65) Il lavoro interiore concerne propriamente l'i.e. (Cons., 1946,
261) Seguire la via l'i.e. (id., 262) Al punto dove l'essere prende coscienza di concorrere
alla realizzazione totale del Piano del grande Architetto dell'Universo, comincer per lui
l'i.e. (id., 272)

EGO L'estinzione dell'E. non in alcun modo una annichilazione dell'essere, ma, al
contrario, implica una specie di sublimazione delle sue possibilit. (Regno, 1945, 82)

EGUAGLIANZA Essendo l'e. impossibile di fatto ed essendo praticamente impossibile


sopprimere ogni differenza fra gli uomini, a onta di ogni opera di livellamento, si finisce,
con un curioso illogismo, con l'inventare delle false lites, lites multiple che pretendono di
sostituirsi alla sola lite reale. (Crisi, 1927, 113)

EGUALITARIO Concezioni E. Le c.e. tendono a fare degli individui qualcosa che

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assomiglia al massimo a semplici macchine, collo spogliarli pi o meno completamente


delle qualit loro proprie. (Regno, 1945, 67) Teorie E. Come possibile che uomini ai quali
sono state predicate le t.e. non si rivoltino constatando intorno l'ineguaglianza nella forma
per essi pi sensibile, poich di ordine pi grossolano? (Crisi, 1927, 132)

EGUALITARISMO L'e. in tutte le sue forme rappresenta uno degli aspetti dello spirito
moderno. nondimeno strano e quasi incredibile, per chiunque non sia sprovvisto di ogni
facolt di riflessione, vedere l'e. ammesso apertamente e proclamato anche con insistenza
dai membri di organizzazioni iniziatiche. (Cons., 1946, 360)

ELEMENTI Se gli e. sono i principi costitutivi dei corpi, in tutt'altro senso di quello in
cui i chimici considerano la costituzione di questi corpi. (Hind., 1965, 52) In ogni caso, gli e.
non sono dei corpi, ma i principi sostanziali a partire dai quali i corpi sono formati. (id.,
52-53) Se si vuole assolutamente cercare un punto di comparazione con le teorie fisiche,
nell'accezione attuale del termine, sarebbe pi giusto considerare gli e., riferendosi alla loro
corrispondenza colle qualit sensibili, come rappresentanti differenti modalit vibratorie
della materia. (id., 54) Noi possiamo vedere negli e. l'espressione delle condizioni
dell'esistenza corporale, non pi dal punto di vista umano, ma dal punto di vista cosmico.
(id., 55) La concezione degli e. si ricollega non solo alle condizioni dell'esistenza corporale
ma anche a quella di esistenza di ordine universale e, pi precisamente, alle condizioni
stesse di ogni manifestazione. (id., 56) Noi potremmo considerare gli e. come differenti
modalit vibratorie della materia fisica, modalit sotto le quali essa si rende percettibile
successivamente ai sensi della nostra individualit corporale. (Mel., 1976, 111)

ELETTI Gli E. sono, come la parola lo indica, coloro che fanno parte dell'lite
intellettuale intesa nella pienezza del suo vero senso. (Crisi, 1927, 159) Onde il Vangelo dice
che molti saranno i chiamati e pochi gli E. (id., 160)

LITE L'. come la intendiamo noi rappresenta l'insieme di coloro che posseggono le
qualificazioni per l'iniziazione e che sono naturalmente una minoranza tra gli uomini.
(Cons., 1946, 358) La ricostituzione dell'e. cosciente delle sue possibilit iniziatiche la
prima condizione da cui dipende tutto il resto. (id., 359)

EMANAZIONE Colla parola e., che si ha l'abitudine di associare alle concessioni


panteiste, forse per le medesime ragioni ed a seguito delle stesse confusioni, vogliamo
designare la manifestazione, quando essa non presentata sotto l'aspetto di creazione. (Ap.
I. T. 1975, 91) L'idea di e. propriamente quella di un'uscita, ma ci non interessa la
manifestazione, in quanto nulla pu realmente uscire dal Principio, il quale, se qualche

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cosa ne uscisse, non potrebbe pi essere infinito e si troverebbe limitato dal fatto stesso
della manifestazione. La verit che, al di fuori del Principio, non vi , n potrebbe esservi
altro che il Nulla (id., 92)

EMOTIVO Impulsi E. Gli i.e. inibiscono la riflessione ed una delle abilit pi volgari
della politica demagogica moderna quella che consiste nel trar partito da tale
incompatibilit. (Crisi, 1927, 109)

EMPIRISMO L'E. la tendenza a ricondurre all'esperienza, e pi particolarmente


all'esperienza sensibile, l'origine e il termine di ogni conoscenza: negazione di tutto ci che
veramente intellettuale. (Or. Occ., 1924, 101) L'E. l'idea moderna che ogni conoscenza
derivi interamente dall'esperienza, pi precisamente, dall'esperienza sensibile. (Mel., 1976,
136-137)

ENCICLOPEDISTI Gli E. del XVIII secolo furono i pi accaniti negatori di ogni realt
sovrasensibile. (Regno, 1945, 110)

EQUILIBRIO Avendo i matematici moderni il torto di ritenere lo zero come una specie
di simbolo del Nulla, sembra risultare da ci che l'e. lo stato di non-esistenza. La vera
nozione dell'e. tutt'altra che questa. (Calc. Inf., 1946, 74) Affinch due forze agenti in un
punto si facciano e., bisogna che la loro risultante abbia per coefficiente l'unit, cos l'e. sar
definito, non pi dallo zero, ma dall'unit. La definizione dell'e. per mezzo dell'unit, che
la sola reale, corrisponde al fatto che l'unit occupa il mezzo nella successione doppiamente
indefinita dei numeri interi e dei loro inversi. Ben lungi dall'essere lo stato di non-esistenza,
l'e. , al contrario, l'Esistenza considerata in se stessa. (id., 75) Nell'insieme delle cose, l'e.
fatto dalla somma di tutti gli squilibri e tutti i disordini parziali concorrono all'Ordine
Totale. (Hind., 1965, 15)

EQUINOZI Il fare cominciare l'anno dagli e. indica il ricollegamento ad una tradizione


secondaria. (Forme, 1970, 39)

EREDITA L'e. non esprime integralmente le influenze dell'ambiente sull'individuo, ma


ne costituisce solamente la parte pi immediatamente afferrabile. (Triade, 1945, 83)

ERMETICO Tradizione E. La storia della t.e. , in Occidente, intimamente legata a


quella degli Ordini di Cavalleria. (Dante, 1925, 36)

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ERMETISMO La parola E. indica trattarsi di una tradizione di origine egiziana, rivestita


in seguito di una forma ellenizzata, senza dubbio all'epoca alessandrina, e trasmessa sotto
questa forma, nel Medioevo, ugualmente al mondo islamico ed al mondo cristiano. (Cons.,
1946, 338) Nel caso dell'E. si tratta di una conoscenza d'ordine non metafisico, ma
cosmologico, intendendo questo termine nella sua semplice applicazione macrocosmica e
microcosmica. (id., 340) Bisogna notare particolarmente la connessione dell'E. cogli Ordini
di Cavalleria. (Dante, 1925, 21) Comunque, all'epoca di Dante, l'E. esisteva nell'Ordine del
Tempio. (id., 22) Il complesso di insegnamenti che va sotto il nome di E. costituisce una
dottrina tradizionale completa? La risposta non pu che essere negativa, poich non si
tratta di una conoscenza di ordine propriamente metafisico, bens soltanto cosmologico.
Non dunque ammissibile che l'E., nel significato che questo termine ha assunto a partire
dall'epoca alessandrina, rappresenti l'intera tradizione egiziana. (Forme, 1965, 106)

ER-RH E.R., lo Spirito, Spirito Totale dell'Esistenza Universale, si identifica


essenzialmente colla luce. Esso prodotto direttamente per ordine divino. Prima di lui non
vi altro che l'affermazione dell'Essere Puro e la formulazione prima della Suprema
Volont. (Ap. I.T., 1975, 55) Nella raffigurazione del Trono, E.R. posto al centro e questo
posto effettivamente quello di Metatron. In un certo modo, E.R. si identifica al Trono,
poich, contornando ed avviluppando tutti i mondi, coincide colla Circonferenza Prima.
(id., 59)

ERUDIZIONE Una conoscenza esteriore e superficiale quella che l'e. basta a


procurare. Tra i moderni vi prima di tutto un timore istintivo per quanto eccede i confini
dell'e. e rischia di mostrare come quest'ultima sia mediocre e del tutto puerile. (Int., 1921,
262) Gli specialisti ben difficilmente arriveranno a capire la possibilit di porsi, come noi
facciamo, da un angolo visuale diverso da quello dell'e. (id., 294)

ESATTO Scienze E. Le cosiddette s.e. dei moderni, col fare intervenire le statistiche e
col pretendere di trarre previsioni per l'avvenire, non sono in realt se non semplici scienze
congetturali. (Regno, 1945, 91)

ESCLUSIVISMO L'e. conseguenza naturale della ristrettezza di vedute, di ci a cui


abbiamo dato il nome di miopia intellettuale . (Int., 1921, 260) Ogni e. non pu essere che
l'espressione di una mentalit sistematica, incompatibile colla comprensione dei principi
universali. (Or. Occ., 1924, 212-213)

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ESICASMO Nelle Chiese d'Oriente si mantenuta una forma di iniziazione, l'E., sul cui
carattere iniziatico non vi da dubitare. Nell'E. l'iniziazione propriamente detta
essenzialmente costituita dalla trasmissione regolare di certe formule, comparabile alla
comunicazione dei mantras nella tradizione ind e a quella del wird nel turuq
islamico. Esiste pure tutta una tecnica di invocazione come mezzo proprio del lavoro
interiore . (Ap. C., 1954, 25)

ESISTENZA L'E. unica e tutto ci che contiene non che la manifestazione, sotto
molteplici modi ed aspetti, di un unico e identico principio, che l'Essere Universale. (Int.,
1921, 212) Quando parliamo dell'E., ci riferiamo alla manifestazione universale, con tutti gli
stati o gradi in molteplicit indefinita, ognuno dei quali pu anche essere chiamato un
mondo. (Croce., 1921, 22) Per prima cosa occorre stabilire il principio che l'E., considerata in
modo universale, unica nella sua natura intima e trae questa unit dall'Essere, che uno
in se stesso: infatti l'E. altro non che la manifestazione integrale dell'Essere. (id., 23) L'E.
comprende soltanto le possibilit di manifestazione e, per di pi, limitata a quelle che si
manifestano effettivamente. L'E. quindi ben lungi dall'essere tutta la Possibilit. (id., 24).
Bench l'E. sia essenzialmente unica, nondimeno essa comprende la molteplicit indefinita
dei modi della manifestazione e questo proprio in quanto sono tutti egualmente possibili.
(Stati, 1931, 45) L'E., pur nella sua unicit, comporta un'indefinit di gradi, corrispondenti a
tutti i modi della manifestazione universale. (id., 46) Quando si tratti del dominio dell'E.,
siamo al di qua della distinzione tra Essere e Sostanza. (Triade, 1945, 72)

ESOTERICO Dottrine E. Ci che offre un interesse particolare per la storia delle d.e.
la constatazione che parecchie loro manifestazioni coincidono in Occidente, con
l'approssimazione di qualche anno, con la distruzione dell'Ordine del Tempio. (Dante,
1925, 35)

ESOTERISMO L'e. pi profondo e d'ordine pi elevato si rivolge solo a chi preparato


in modo speciale e capirlo. (Int., 1921, 134) Esistono persone che non possono sentire
pronunziare la parola e. senza immediatamente pensare all'occultismo o ad altre cose dello
stesso genere, nelle quali di vero e. non vi la minima traccia. (Or. Occ., 1924, 215216). L'e.
essenzialmente una cosa diversa dalla religione e non la parte interiore della religione come
tale, anche quando prende la sua base ed il suo punto di appoggio su di essa. (Cons., 1946,
41) E mediante l'e. che si unificano tutte le dottrine tradizionali, oltre le differenze, del resto
necessarie nel loro ordine, delle forme esteriori di esse. L'e., anche quando prende per
appoggio, come mezzo di espressione e di realizzazione, la religione, non fa altro che
collegarla effettivamente al suo principio. (id., 104) L'e. veramente, in rapporti
all'exoterismo religioso, ci che lo spirito in rapporto al corpo. (id., 105) La negazione
dell'e. si presenta come prima tappa obbligata di qualsiasi tentativo di semplificazione.

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(Regno, 1945, 99) E. e Exoterismo L'es. sviluppa e completa, dandogli un senso pi


profondo, quanto l'ex. espone in forma troppo vaga e semplificata. (Int., 1921, 134) Si
potrebbe parlare dell'esistenza di un es. e di un ex., in qualunque dottrina, distinguendone
la concezione e l'espressione, la prima del tutto interiore, di cui la seconda non che
l'esteriorizzazione: si pu dire che la concezione rappresenta l'es. e l'espressione ex. (id.,
136) Nelle dottrine orientali la distinzione tra es. ed ex. non pu essere applicata allo stesso
modo o, in certi casi, non pu essere applicata del tutto. (id., 139) La distinzione tra es. ed
ex. non si punto mantenuta nella filosofia moderna. (id., 145)

ESOTISMO Fra le molteplici manifestazioni dell'estetismo moderno, conviene


assegnare un posto a parte al gusto dell'e., il quale, indipendentemente dai fattori che
possono averlo determinato, in definitiva ancora riconducibile ad una questione di
sensibilit pi o meno artistica estranea a qualsiasi vera comprensione. (In., 1952, 119-120)
Bisogna allora rendersi conto che non si potr mai giungere alla vera comprensione di una
dottrina qualsiasi, fintanto che l'eventuale impressione d'e. non sar completamente
sparita. (id., 120)

ESPERIMENTAZIONE Senza andare pi in l dell'antichit classica, si vede come tutto


quanto si riferisce all'e. era considerato come costituente una conoscenza di ordine
inferiore. (Mel., 1976, 135)

ESSENZA L'e. la sintesi principiale di tutti gli attributi appartenenti ad un essere e che
fanno di questo essere ci che . (Regno, 1945, 22)

ESSENZIALE Punto E. Il manifestato nulla sarebbe senza il p.e., mentre questo p.e., a
sua volta nulla come manifestato, contiene in modo principiale, proprio in virt della sua
non-manifestazione, tutte le manifestazioni possibili. (Croce., 1931, 220)

ESSERE L'E. non in realt il pi universale di tutti i principi. (Int., 1921, 132) Tutto ci
che si pu esprimere in forma affermativa necessariamente racchiuso nel dominio dell'E.,
poich questo la Prima Affermazione o la Prima Determinazione. (Ved., 1925, 139) Tutte le
cose sussistono solo per l'E. ed esso sussiste per se stesso. (id., 202) L'Infinit non un
attributo che si addice all'E. (id., 203) ben vero che l'E. oltre qualsiasi distinzione, poich
la Prima Distinzione quella tra Essenza e Sostanza. (id., 204) L'E. uno, o meglio la
stessa Unit Metafisica; ma l'Unit racchiude in s la molteplicit; perci nell'E. stesso si
pu considerare una molteplicit d'aspetti, che ne sono altrettanti attributi o qualifiche. (id.,
204-205) Nella manifestazione la distinzione implica una separazione; l'E. invece oltre la
separativit . Cos quello che al grado dell'E. non distinto . (id., 205) Nell'E. tutti gli

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esseri (intendiamo le loro personalit) sono uno senza confondersi e sono distinti senza
separazione. Di l dell'E. non vi distinzione possibile: siamo aldil della molteplicit, ma
anche aldil dell'Unit. (id., 206) L'unit dell'E. non esclude la molteplicit dei modi della
manifestazione, n da questa pu essere infirmata, in quanto questi modi essa li comprende
egualmente tutti, per la sola ragione che tutti sono egualmente possibili. (Croce, 1931, 23)
Quando si parla degli stati di non-manifestazione dell'E., bisogna ancora distinguere tra il
grado dell'E. e ci che aldil di esso. (id., 25) La proposizione di cui l'E.
contemporaneamente soggetto e attributo prende la seguente forma: L'E. l'E. . Si tratta
dell'espressione del rapporto tra l'E. come soggetto e l'E. come attributo; d'altra parte, l'E.
soggetto essendo il Conosciuto e l'E. attributo il Conoscente, questo rapporto esprime
l'essenza stessa della Conoscenza. (id., 143) Sia ben chiaro fin d'ora che l'E. non racchiude in
s tutta la Possibilit e non quindi per nulla identificabile all'Infinito. (Stati, 1931, 24) L'E.,
come principio della manifestazione, comprende s tutte le possibilit di manifestazione,
ma solo in quanto si manifestano. (id., 35) L'E. contiene dunque tutto il manifestato. (id., 37)
L'E. comprende dunque in s l'Esistenza e ne metafisicamente superiore, poich ne
rappresenta il principio (id., 45). E. e Non E. La distinzione tra l'E. e il N. E. puramente
contingente, essendo valida solo dal punto di vista della manifestazione, punto di vista
essenzialmente contingente. (Stati, 1931, 39)

ESSERE Un e. qualsiasi, umano o qualunque altro, pu venire esaminato da molti punti


di vista, possiamo anzi dire da un'indefinit di punti di vista, tutti egualmente legittimi nei
loro rispettivi campi, a condizione che nessuno di essi pretenda di superare i limiti che gli
sono propri, n soprattutto diventare esclusivo, portando alla negazione degli altri. (Croce,
1931, 19) L'integrazione dello stato umano, o di un altro stato qualsiasi, rappresenta, nel
suo ordine ed al suo livello, la realizzazione stessa della totalit dell'e. (id., 36) Quando si
considera l'e. nel suo stato individuale umano, bisogna avere ben presente che
l'individualit corporea solo una semplice modalit di tale individualit umana, mentre
quest'ultima suscettibile di uno sviluppo indefinito. (id., 105) Un e., nella sua totalit e
nell'indefinit dei suoi stati, sar rappresentato mediante uno spazio a tre dimensioni. (id.,
112) Nella rappresentazione che riguarda un solo e., ogni piano orizzontale soltanto lo
sviluppo della stessa possibilit per questo e. (id., 116) Per realizzarsi totalmente l'e. deve
sfuggire alla concatenazione ciclica e passare dalla circonferenza al centro, punto di
incontro dell'essere con il piano rappresentativo dello stato in cui tale e. attualmente si
trova. (id., 192) La concezione tradizionale dell'e. differisce essenzialmente, nel suo
principio stesso e appunto in virt di questo principio, da tutte le concezioni
antropomorfiche e geocentriche da cui la mentalit occidentale non riesce ad affiancarsi che
con estrema difficolt. (id., 197) L'e., prendendo lo stato umano come punto di partenza e
come base della propria realizzazione, ne fa realmente lo stato centrale della sua totalit.
(id., 208) Se si considera un e. nella sua totalit, esso dovr comportare, almeno
virtualmente, stati di manifestazione e stati di non-manifestazione, poich soltanto in
questo senso si pu parlare di totalit. (Stati, 1931, 43) Sono essenzialmente gli stati di

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non-manifestazione che assicurano all'e. la permanenza e la stabilit. (id., 44) L'attivit


dell'e. nell'ordine intellettuale e mentale, pur esercitandosi simultaneamente, pu arrivare a
dissociarsi al punto da renderli completamente indipendenti l'uno dall'altro per quel che
riguarda le rispettive manifestazioni. (id., 79) Nei vari cicli di sviluppo dell'e. l'ordine di
conseguenza puramente logico, o meglio, logico ed ontologico nello stesso tempo. (id.,
89-90) L'e. che totalizza in s tutti gli stati pu sempre evidente venir considerato nei suoi
rapporti con uno qualsiasi di essi e come se effettivamente vi fosse situato , bench in
realt si trovi aldil di tutti gli stati e li contenga tutti, lungi all'essere contenuto da questi.
(id., 106) Si pu ben dire che l'e. giunto effettivamente allo stato di non-manifestazione
possiede per questa ragione tutto il resto e lo possiede veramente in sovrappi . Solo l'e.
che ha raggiunto la Realizzazione Totale pienamente sufficiente dal punto di vista
metafisico. (id., 110). Per l'e. che ha raggiunto effettivamente il punto di vista centrale dello
stato considerato, realizzandone cos l'integralit, tutti gli altri punti di vista pi o meno
particolari non hanno pi alcuna importanza, se presi distintamente, poich egli li unifica
tutti in un punto di vista centrale. (id., 111) Ogni e. che si ponga al centro di uno stato
particolare diviene, per ci stesso, padrone dell'integralit di questo stato. (id., 112) Ogni e.
ha in s il suo destino, sia in modo relativo (come destino individuale), sia in modo
assoluto, se si tratta dell'e. nella sua totalit. (id., 133) L'affermare che un e. non mai libero,
equivale a dire che esso non se stesso, che si identifica cogli altri, o che non ha in s una
ragion d'essere neppure immediata, ci che in fondo equivale a dire che non un vero e.
(id., 137) Ogni e., per essere veramente tale, deve possedere una certa unit, il cui principio
risiede in lui. (id., 137, n. 2) Ogni e. una composizione di forma e di materia , poich
la sua esistenza procede ad un tempo dall'Essenza e dalla Sostanza. (Regno, 1945, 21) L'e. si
manifester rivestendosi, per cos dire, di elementi presi dall'ambiente e la cristallizzazione
dei quali sar determinata dall'azione su questo ambiente, della sua propria natura interna.
(Triade, 1945, 82) La situazione dell'e. nell'ambiente determinata in definitiva dalla sua
propria natura; gli elementi che l'e. prende dal suo ambiente immediato debbono essere
necessariamente in corrispondenza con questa natura. L'e. non prende dall'ambiente che
ci che conforme alle possibilit che porta in s. Vi tuttavia un senso nel quale l'e.
subisce veramente l'influenza dell'ambiente; ma solamente in quanto questa influenza
considerata dal suo lato negativo, vale a dire in quanto essa costituisce propriamente per
questo e. una limitazione. (id., 84) Un'applicazione importante quella riferentesi al fatto
che un e. appartiene ad una certa specie, come, ad esempio, la specie umana: vi
evidentemente nella natura stessa di questo e. qualche cosa che ha determinato la sua
nascita in questa specie e non in una qualsiasi altra. Solamente bisogna ben comprendere
che non in quanto individuo manifestato nello stato considerato che l'e. appartiene
effettivamente alla specie in questione. (id., 86) Stato-i. dell'e. Nella rappresentazione
geometrica a tre dimensioni, ciascuna modalit di un qualsiasi s. dell'e. indicata da un
solo punto. (Croce, 1931, 111) Se dunque ogni modalit, considerata come un'indefinit
semplice, rappresentata da un punto e, nello sviluppo dinamico, da una retta, uno s.
dell'e., che implica un'indefinit di tali modalit, cio una doppia indefinit, sar allora
raffigurato, nella sua integralit, da un piano orizzontale. (id., 112) Invece di rappresentare

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le diverse modalit di uno stesso s. dell'e. mediante rette parallele, possiamo rappresentarle
mediante circonferenze concentriche, tracciate nello stesso piano orizzontale. (id., 127) Uno
s. dell'e. lo sviluppo di una possibilit particolare in un grado determinato dall'Esistenza
Universale e questo grado definito dalle condizioni a cui soggiace la possibilit
considerata. (Stati, 1931, 46) Insistiamo in modo particolare sulla simultaneit degli s.
dell'e., poich se non concepissimo come simultanee nel principio anche le modificazioni
individuali che si realizzano in modo successivo nell'ordine della manifestazione, esse
avrebbero un'esistenza puramente illusoria. (id., 69) Gli s. dell'e. sono veramente, per loro
stessa natura, in moltitudine indefinita, dovendo gli stati manifestati corrispondere a tutti i
gradi dell'Esistenza Universale. (id., 81) La gerarchia dei vari s. dell'e. caratterizzata dalla
loro sovrapposizione secondo la direzione dell'asse verticale di questa stessa
rappresentazione. (id., 85) Anche se in un modo o nell'altro si dividono gli s. dell'e. in due
categorie, chiaro che tutto ci non comporta alcuna traccia di dualismo, poich questa
divisione avviene in base ad un principio unico. (id., 94) Stati superiori dell'E. Tutto ci
che si dice teologicamente degli stati angelici, pu essere detto metafisicamente degli s.
dell'e. (Stati, 1931, 103)

ESSERI Tutti gli e. sono egualmente sottomessi alle condizioni generali che definiscono
gli stati di esistenza nei quali sono posti. (Ved., 1925, 72)

ESTENSIONE L'e. non che un puro e semplice modo d'essere della quantit. (Regno,
1945, 44) L'e., essendo qualche cosa di determinato, non pu essere infinita e, dunque, non
pu evidentemente implicare alcuna possibilit infinita pi di quanto non lo sia essa stessa.
Finch c' e., questa e. sempre divisibile. Per conseguenza l'e., come tale, non pu essere
composta di elementi indivisibili, perch questi elementi, per essere veramente indivisibili,
dovrebbero essere inestesi ed una somma di elementi inestesi non pu mai costituire un'e.
(Calc. Inf., 1946, 39) Non si pu arrivare ad elementi semplici, cio indivisibili, senza uscire
dalla condizione speciale che l'e. (id., 40) L'e. esiste in atto dal momento in cui il punto si
manifestato, ma non si deve credere che si debba assegnare all'e. un inizio temporale,
poich si tratta solo di un punto di partenza puramente logico, di un principio ideale dell'e.
nella sua integralit. (Mel., 1976, 123) L'e., considerata dal punto di vista sostanziale, non
distinta dall'Etere, fino a che non si produce un movimento complesso che determina una
differenziazione formale; ma l'indefinit delle possibili combinazioni dei movimenti d in
seguito nascita, in questa e., all'indefinit delle forme. (id., 129)

ESTERIORE Istruzione E. L'i.e., sebbene non sia profana, ma invece legittima ed anche
tradizionale nel suo ordine, nondimeno, per natura e per destinazione, qualcosa di
interamente diverso da ci che si riferisce al dominio iniziatico. (Cons., 1946, 291) Mondo E.
L'insieme dell'ambiente cosmico considerato come formante, in rapporto all'uomo, il

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m.e. (Triade, 1945, 121) Scienze E. Si potrebbe anche dire che le s.e. forniscano un modo
d'espressione per verit superiori. (Dante, 1925, 16)

ESTERIORIZZAZIONE Noi parliamo di e. ponendoci dal punto di vista della


manifestazione, ma non bisogna dimenticare che ogni e., in quanto tale, essenzialmente
illusoria. (Stati., 1931, 87)

ESTETICO Concezione E. La c.e. quella che pretende di ridurre ogni cosa ad una
semplice questione di sensibilit: si tratta della concezione moderna e profana dell'arte. (In.,
1952, 116)

ESTINZIONE L'e. in realt la pienezza dell'essere, come il non-agire la pienezza


dell'attivit. (Ap. I. T., 1975, 52)

ESTREMO-ORIENTALE Tradizione E.-O. La parte pi propriamente metafisica della


t.e.o. pi che da ogni parte separata da tutto il resto, vale a dire dalle sue applicazioni coi
differenti ordini di relativit (Int., 1921, 70) La t.e.o. risale a circa tremilasettecento anni
prima dell'Era Cristiana. Per una coincidenza assai curiosa, questa stessa epoca pure
l'inizio dell'Era Ebraica. (Ap. I.T., 1975, 103) Al nome di Fohi, considerato il primo
imperatore della Cina riferito tutto l'insieme delle conoscenze che costituiscono l'essenza
stessa della t.e.o. (id., 104) Tutta la t.e.o. fu all'inizio contenuta, essenzialmente e come in
genere, nei trigrammi, simboli meravigliosamente atti a servire da supporto a
possibilit indefinite. (id., 105) Triade E.-O. La T.e.o. appartiene al genere dei ternari che
sono formati da due termini complementari e da un terzo termine che il prodotto
dall'unione dei due primi, o, se si vuole, della loro azione e reazione reciproca. (Triade,
1945, 13) Non nella concezione della Trinit che possiamo trovare, nel Cristianesimo,
qualche cosa di corrispondente, in un certo senso e con tutte le riserve che sempre esige la
differenza dei punti di vista, ai termini del tipo della T.e.o. (id., 14) Deve il Ternario
formato da due termini complementari e dal loro prodotto o loro risultante, il genere cui
appartiene la T.e.o. (id., 15)

ET Quattro E. Le Q.E. sono le differenti fasi che l'umanit attraversa nel suo
allontanarsi dal principio, cio dall'Unit e dalla Spiritualit Primordiali. (Aut., 1929, 20)

ETERE Se ci si limita a considerare il mondo corporeo, proprio l'E., in quanto primo fra
gli elementi sensibili, a svolgervi il ruolo centrale che va riconosciuto a tutto ci che

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principio in un ordine qualsiasi. (Simb., 1962, 387) Si pu anche dire che l'E., nel mondo
corporeo, produca tutto e penetri tutto. (id., 389) L'E., come Elemento Primordiale, deve
contenere in s gli insiemi delle qualit opposte o complementari, in esso coesistenti allo
stato neutro ed equilibrantesi perfettamente l'uno coll'altra, ed antecedenti alla loro
differenziazione, la quale la rottura di questo equilibrio originale. L'E. deve essere
rappresentato come situato nel punto in cui le opposizioni non esistono ancora, ma a
partire dal quale si producono, cio al centro della figura cruciforme i cui rami
corrispondono ai Quattro Elementi. (Hind., 1965, 50-51) In questo stato di
Indifferenziazione Primordiale, l'E. contiene in potenza, non solo tutti gli elementi, ma
anche tutti i corpi e la sua omogeneit lo rende pure atto a ricevere tutte le forme nelle loro
modificazioni. (id., 62) La qualit sensibile che riferita all'E. il suono (id., 63) L'E.,
considerato come l'elemento il pi sottile e quello da cui procedono tutti gli altri, occupa
tutto lo spazio fisico. (Mel., 1976, 112) L'E., considerato in se stesso, primitivamente
omogeneo, la sua differenziazione, che genera gli altri elementi, ha come origine un
movimento elementare, il quale si produce a partire da un qualunque punto iniziale,
nell'ambiente cosmico indefinito. (id., 113) Il movimento che si produce nell'E.
esclusivamente un movimento elementare, che si pu chiamare movimento vibratorio
semplice, per indicarne il modo di propagazione o, piuttosto, la sua rappresentazione
geometrica. (id., 114)

ETERODOSSIA L'e. di una concezione , in fondo, la sua falsit risultante dal suo
disaccordo con i principi. (Ved., 1925, 19)

EVOCAZIONE-I Nella seconda met del XVIII secolo certi nomi dell'Alta Massoneria
tedesca si occuparono in particolare di e. (Spir., 1923, 30) Nelle civilt tradizionali, le e.,
quando non possono essere completamente soppresse, sono perlomeno lasciate ad uomini
delle caste inferiori, spesso persino ai senza casta. (id., 51) Fra tutte le pratiche magiche, le e.
furono quelle che, presso gli antichi, furono oggetto delle interdizioni pi categoriche. (id.,
57) Oggetto dell'e. soltanto il complesso degli elementi inferiori che l'essere ha in qualche
modo lasciato dietro di s in seguito alla morte. (id., 58)

EVOLUTIVO Punto di vista E. Il p. di v. e. non suscettibile di universalizzazione, n


si pu concepire l'essere come qualcosa che evolva fra due punti definiti o comunque
progredisca, anche indefinitamente, in un senso determinato. (Ved., 1925, 154)

EVOLUZIONE L'e., in definitiva, non altro che il cambiamento, con in pi un'illusione


nel suo significato e sulla sua natura. (Or., Occ., 1924, 90) Noi non crediamo affatto all'e. nel
senso che i moderni danno a questa parola. (Met., 1939, 15)

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EVOLUZIONISMO L'e. come il prodotto delle due grandi superstizioni moderne, la


superstizione della scienza e la superstizione della vita, e ci che ne ha provocato il
successo precisamente il fatto che razionalismo e sentimentalismo vi trovano entrambi la
loro soddisfazione. (Or. Occ., 1924, 90-91)

EVOLUZIONISTA Concezione-i E. In tutte le pseudotradizioni, le quali sono soltanto


prefigurazioni piuttosto parziali e incerte della Controtradizione, anche se inconsciamente
tendono a prepararla pi direttamente di qualsiasi altra cosa, le c.e. svolgono
costantemente una funzione preponderante. (Regno., 1945, 330) Secondo la c.e., ogni
conoscenza ha avuto origine da uno stadio rudimentale, a partire dal quale si sarebbe a
poco a poco sviluppata ed elevata. (Mel., 1976, 136) Il rovesciamento di ogni cosa al quale
conduce la c.e. porta a situare l'infraumano alle origini. (id., 139)

EVOLUZIONISTI Gli e. non hanno alcuna idea dell'Eternit, n di tutto ci che


costituisce la sfera metafisica, e chiamano volentieri con questo nome una durata indefinita,
cio la Perpetuit, mentre l'Eternit essenzialmente non-durata . (Spir., 1923, 285) Gli e.
pongono ogni realt nel divenire; questo il motivo per cui la loro concezione la
negazione totale della metafisica, che ha invece essenzialmente come sfera quanto
permanente ed immutabile. (id., 288) Gli e. mettono il cambiamento dappertutto, persino in
Dio, quando arrivano ad ammetterLo. (Or. Occ., 1924, 91)

EXOTERICO Riti e. I r.e., sebbene facciano appello anche all'intervento di un


elemento di ordine sovraindividuale, la loro azione non mai destinata a superare il
dominio dell'individualit (Cons., 1946, 159)

EXOTERISMO L'e. comprende ci che elementare, pi facilmente comprensibile e di


conseguenza tale da poter essere messo pi largamente alla portata di tutti. (Int., 1921, 134)
Le concessioni al punto di vista profano sono spinte all'estremo da coloro che pretendono
di fare a meno di qualsiasi e. (In., 1952, 81) L'e. inteso nella sua pi ampia accezione pu
proporre esclusivamente una finalit di ordine individuale, quelle di un altro genere
essendo del tutto inaccessibili alle masse. (id., 84)
EXTRAINDIVIDUALE Ordine E. Nell'o.e. la distinzione degli stati dell'essere
avviene per moltiplicazione. (Stati., 1931, 81)

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-F-

FALSIFICAZIONE La f. di tutte le cose, la quale uno degli aspetti caratteristici della


nostra epoca, non ancora la sovversione vera e propria, ma certo contribuisce abbastanza
direttamente a prepararla. (Regno, 1945, 251)

FEDELI I f. sono nell'Islam coloro che si conformano, coscientemente e volontariamente,


all'ordine universale. I f. sono coloro che seguono il sentiero diritto , luogo della Pace e la
loro conformit al Volere Universale fa di essi i veri collaboratori del Piano Divino. (Croce,
1931, 145)

FENDITURE Attraverso le f. gi si introducono, ed andranno in misura sempre


maggiore introducendosi, certe forze distruttive; stando al simbolismo tradizionale, queste
f. si producono nella Grande Muraglia che circonda il nostro mondo e lo protegge contro
l'intrusione delle influenze malefiche della sfera sottile inferiore. (Regno., 1945, 208) Le f.
vere e proprie si producono esclusivamente verso il basso e forze inferiori che vi si
introducono incontreranno sempre minor resistenza, in quanto, nelle presenti condizioni,
nessuna potenza di natura superiore pu intervenire per opporvisi efficacemente. (id., 209)
Nella tradizione islamica le f. sono quelle attraverso le quali penetreranno,
nell'approssimarsi della fine del ciclo, le orde devastatrici di Gog e Magog. (id., 209-210)

FENOMENO Ogni f. di ordine psichico. (Met., 1939, 17) L'attrazione del f., gi da noi
segnalata come uno dei fattori determinanti la confusione tra psichico e spirituale, far si
ch la maggior parte degli uomini verranno conquistati e presi a gabbo al tempo della
Controtradizione. (Regno, 1945, 321) Non si ripeter mai abbastanza che i f. in se stessi non
provano assolutamente nulla circa la verit di una dottrina o di una qualsiasi
insegnamento. (id., 209)

FILIPPO IL BELLO -- In Europa, qualcosa di analogo alla rivolta degli Kshatriya lo


troviamo specialmente in Francia con F. il B., il quale deve essere considerato uno dei
principali artefici della deviazione caratteristica dell'epoca moderna. (Aut., 1929, 103) A
partire da F. il B. la regalit fu quasi costantemente impegnata a rendersi indipendente
dall'autorit spirituale. I Legisti di F. il B. sono gi, molto prima degli Umanisti del
Rinascimento, i precursori dell'attuale laicismo. (id., 104) Se i contemporanei di F. il B.
considerarono un crimine l'alterazione della moneta, bisogna concludere che, cambiando di
propria iniziativa il titolo della moneta, egli and oltre il limiti riconosciuti al potere regale.
(id., 107, n. 7) Vediamo, a partire da F. il B. i re di Francia circondarsi quasi costantemente di

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borghesi. (id., 108)

FILOSOFIA-E La parola f. ha un significato ben definito, che si trova ad essere


determinato dalla corrente di pensiero che ha origine dai Greci. (Int., 1921, 200) La f. non
niente di pi di una saggezza puramente umana, nell'accezione pi limitata della parola, e
non si richiama a nessun elemento di carattere superiore alla ragione. (Or. Occ., 1924, 68) La
f., con i suoi tentativi di spiegazione, le sue limitazioni arbitrarie, le sue sottigliezze inutili,
le sue confusioni senza fine, le sue discussioni senza scopo e la sua inconsistente verbosit,
appare agli Orientali come un divertimento particolarmente puerile. (id., 140) Noi non ci
poniamo sullo stesso terreno di coloro che criticano o combattono una f. in nome di un'altra
f.; quel che diciamo lo diciamo perch le dottrine tradizionali ci hanno permesso di
comprendere l'assurdit o l'inanit di certe teorie. (id., 238) Nel VI secolo a.C. apparve
qualcosa di mai prima visto, che doveva esercitare in seguito una nefasta influenza su tutto
il mondo occidentale: vogliamo dire di quel modo speciale di pensare che prese e conserv
il nome di f. (Crisi, 1927, 31) La parola f. etimologicamente significa solo amore per la
sapienza , perci si tratta solo di uno stadio preliminare e preparatorio, di un avviamento
alla sapienza, corrispondente ad un grado inferiore di quest'ultima. La deviazione
prodottasi consistette nello scambiare tale grado transitorio collo scopo finale, nel
pretendere di sostituire la f. alla sapienza. (id., 32) La forma di pensiero rappresentata dalla
f. non corrisponde che ad un punto di vista specialissimo e non pu, anche nei casi pi
favorevoli, essere valida che in un domino molto ristretto. (Cons., 1946, 175) La f., come
ogni cosa che si esprima nelle forme ordinarie del linguaggio, essenzialmente analitica. La
f. rappresenta in qualche maniera il tipo del pensiero discorsivo, il che le impone
limitazioni da cui non pu liberarsi. (id., 176) La f., per il suo carattere discorsivo,
esclusivamente razionale, Il dominio della f. e le sue possibilit non possono dunque, in
alcun caso, estendersi oltre ci che la ragione capace di raggiungere. (id., 177) Ogni f. non
rimonta che ad un'epoca determinata: essa l'epoca di un uomo il cui nome ci conosciuto,
al pari della data in cui vissuto. La f. dunque, se si vuole, la saggezza umana , o una
delle sue forme, ma in ogni caso non altro. (id., 180) D'altronde, in effetti, la maggior parte
delle f. non sono nemmeno un'ombra della saggezza. (id., 181) Qualsiasi f. non nient'altro
che una costruzione individuale, la quale, cos com', non si richiama ad alcun principio
trascendente ed di conseguenza sprovvista di qualsivoglia autorit. (In., 1952, 141) La
parola f. stata, si dice, impiegata per la prima volta da Pitagora. La parola f. esprime
propriamente il fatto di amare la Sophia, la Saggezza, l'aspirazione a questo o la
disposizione richiesta per conquistarla. (Mel., 1976, 50) Storia della f. La s. della f., che
nulla sa vedere all'infuori dei testi e dei particolari biografici, ha la pretesa di sostituirsi alla
filosofia in s, la quale finisce cos di perdere quel po' di valore intellettuale che poteva
esserle rimasto nei tempi moderni; (Int., 1921, 261) Storici della F. Agli s. della f. non
interessa se un'idea vera o falsa, ma in quale misura lo ; unico loro scopo sapere chi tale
idea ha concepito, in quali termini, l'ha formulata, in quale data e in quali circostanze. (Int.,
1921, 261)

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FILOSOFICO Conoscenza F. La c.f. non che una conoscenza superficiale ed esteriore


e non ha quindi, in s e per s, un proprio valore. Essa costituisce solamente un primo
grado nella via della conoscenza vera e superiore che la saggezza. (Mel., 1976, 40) Logica F.
La 1.f. non rappresenta che un impoverimento della logica tradizionale e quest'ultima le
quindi superiore. (Or. Occ., 1924, 239) Pensiero F. Il p.f. soltanto un modo speciale,
peculiare dell'Occidente, da non potersi applicare in modo valevole alle conoscenza di una
dottrina tradizionale che si sia mantenuta conforme alla sua purezza e integralit. (Int.,
1921, 200) Sistemi f. Una delle ragioni pi comuni nell'esistenza dei s.f. la pretesa
dell'originalit intellettuale. (Int., 1921, 123)

FILOSOFO-I Quel che abbiamo in comune con i f. non pu essere altro che la dialettica;
ma nelle nostre mani essa solo uno strumento al servizio di principi che essi ignorano.
(Or. Occ., 1924, 238) A dire il vero, non ci serviamo dei metodi propri dei f. neppure per
quel che riguarda la dialettica, perch tali metodi, in ci che hanno di valido non
appartengono loro in proprio, ma rappresentano semplicemente qualcosa il cui possesso
comune a tutti gli uomini, compresi quelli che sono pi lontani dal punto di vista filosofico.
(id., 239) Che possono i metodi discorsivi del f. di fronte all'inesprimibile, che il mistero
nel senso pi vero e profondo del termine. (Cons., 1946, 177)

FIORE-I L'uso dei f. nel simbolismo molto diffuso e si ritrova nella maggior parte delle
tradizioni. Uno dei significati principali quello che si riferisce al principio femminile o
passivo della manifestazione, cio a Prakriti, la Sostanza Universale; a tale riguardo il f.
equivale ad un certo numero di altri simboli, fra i quali uno dei pi importanti la coppa.
Come quest'ultima il f. evoca, con la sua stessa forma, l'idea di un ricettacolo , ci che di
fatto Prakriti in rapporto alle influenze emanate da Purusha, e anche nel linguaggio
corrente si parla del calice di un f. D'altra parte, lo sbocciare di questo f. rappresenta, al
tempo stesso, lo sviluppo della manifestazione considerata come la produzione di Prakriti.
(Simb., 1962, 72)

FISICA Il termine f., nel suo significato originario ed etimologico, non significa altro che
Scienza della Natura dunque la scienza che tratta delle leggi pi generali del divenire
ed significativa la deviazione che i moderni hanno fatto subire alla parola f. con l'usarla
per designare una scienza particolare fra le altre. (Crisi., 1927, 69) Secondo Aristotele la f.
era solo seconda rispetto alla metafisica, essa ne era cio dipendente, un'applicazione al
dominio della natura di principi superiori. (id., 71)

FOLKLORE Tra le cose che si cerca di spiegare coli' inconscio collettivo bisogna

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annoverare il f. ed questo uno dei casi in cui la teoria pu presentare una parvenza di
verit. Per essere pi esatti, bisognerebbe parlare, a tale riguardo, di memoria collettiva .
Soltanto, voler spiegare con la natura del f. l'origine stessa della Tradizione significa
commettere un errore del tutto simile a quello, diffuso oggigiorno, che fa considerare
primitivo ci che solo il prodotto di una degenerazione. infatti evidente che il f.,
essendo essenzialmente costituito da elementi appartenenti a tradizioni estinte,
rappresenta inevitabilmente uno stato di degenerazione in rapporto a quelle. (Simb., 1962,
48)

FORMA-E la presenza della f. che caratterizza uno stato come individuale, anche se
questa f. non necessariamente da concepire come spaziale. (Croce, 1931, 20) La f. una
condizione particolare di certi modi di manifestazione e, proprio per questa ragione, essa
rappresenta una delle condizioni di esistenza nello stato umano. Questa f. non
necessariamente determinata dallo spazio e dal tempo, che sono caratteristiche peculiari
della modalit corporea. (Stati, 1931, 97) La f. non dunque una condizione comune a tutti i
modi della manifestazione, ma appartiene a tutti i suoi modi individuali, che si
differenziano fra di loro per la presenza di qualche altra condizione pi particolare. (id., 98)
Le f. non sono nulla per l'essere che liberato dalla f. ed per questo che, pure durante la
sua permanenza nel corpo, egli non per nulla condizionato dalle condizioni di esistenza
corporale. (Mel., 1976, 25)

FORMALE Possibilit F. Le p.f. sono simbolicamente rappresentate da quelle che le


dottrine tradizionali chiamano Acque Inferiori. (Stati, 1931, 98-99) Stati F. Una delle pi
importanti distinzioni, e potremmo dire la pi importante di tutte, quella esistente fra gli
s.f. e gli stati informali, metafisicamente un aspetto della distinzione fra l'individuale e
l'universale. (Stati, 1931, 97)

FRAZIONARIO Numero f. Un n.f. non altro che la rappresentazione del risultato di


una divisione aritmeticamente impossibile, il che si riconosce dicendo che uno dei due
numeri in questione non divisibile per l'altro. (Calc. Inf., 1946, 20)

FRAZIONE Le f. non possono essere in alcun modo delle parti dell'unit perch
l'unit-aritmetica vera necessariamente indivisibile e senza parti. (Calc. Inf., 1946, 20) Da
ci facile comprendere che l'assurdit sulla definizione delle f. proviene molto
semplicemente da una confusione tra l'unit aritmetica o le cosiddette unit di misura ,
unit che sono tali solo convenzionalmente e che sono in realt delle grandezze di specie
diversa dal numero. (id., 23)

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FULMINE Il f. si ritiene che rappresenti in duplice potere di produzione e di


distruzione. Di fatto esso la forza che produce tutte le condensazioni e le dissipazioni
che la tradizione estremo-orientale riferisce all'azione alternata dei due principi
complementari Ying e Yang. (Simb., 1962, 163)

FUOCO Il f. si manifesta ai nostri sensi sotto due aspetti principali, come luce e come
calore; la qualit che gli connaturata la visibilit ed sotto l'aspetto luminoso che il f.
deve essere considerato. (Hind., 1965, 65-66)

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-G-

GENERALIT Intendiamo dire che la g., oggetto proprio della ragione, se pur non di
ordine sensibile, procede tuttavia dall'individualit, percepita dai sensi; si pu dire che essa
aldil del sensibile, ma non al di sopra di esso. (Or. Occ., 1924, 37)

GENIO Il g., inteso in senso profano ed umanistico, in realt ben poca cosa ed in
nessun modo pu supplire alla mancanza di una conoscenza vera. (Crisi, 1927, 86)

GEOMETRIA La g. si pu definire come la scienza stessa della misura; la g. va intesa


anzitutto in senso simbolico ed iniziatico. (Regno, 1945, 41) Nella g. non vi solo la
grandezza delle figure da considerare, bens anche la loro forma. (id., 47) Restituendo alle
direzioni dello spazio la loro importanza reale possibile restituire alla g. il senso profondo
da essa perduto. (id., 49)

GEOMETRICO Simbolismo G. Col s.g. si possono rappresentare sia i gradi


dell'Esistenza Universale, sia gli stati di ciascun essere, secondo i punti di vista
macrocosmico e microcosmico. (Croce., 1931, 105) Spazio G. Lo s.g. certamente lo spazio
ridotto a se stesso. (Regno, 1945, 47)

GIOVANNI (SAN) San G. spesso considerato come il capo della Chiesa Interiore e,
secondo certe concezioni, lo si vuole opporre, a tale stregua, a Pietro, capo della Chiesa
Esteriore. La verit piuttosto che la loro autorit non si applica allo stesso dominio.
(Dante, 1925, 38, n. 1)

GIUDAISMO Nel G. l'esoterismo costituito da ci che porta il nome di Qabbalah, la


quale si applica allo studio del significato pi profondo dei testi sacri, mentre la dottrina
exoterica si ferma col loro significato pi esteriore e letterale. Il G. non ha mai esercitato
alcuna influenza fuori del mondo occidentale e la sua azione non mai stata forse
completamente estranea alla formazione della mentalit moderna in generale. (Or. Occ.,
1924, 120)

GNOSI La G., nel suo senso pi ampio ed elevato, la Conoscenza. (Mel., 1976, 176) La
G. deve prescindere da tutte le dottrine pseudometafisiche ed appoggiarsi solo sulla
Tradizione contenuta nei libri sacri, Tradizione che ovunque la stessa, malgrado le forme
diverse rivestite per adattarsi ad ogni razza ed a ogni epoca. (id., 178)

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GNOSTICISMO piuttosto difficile saper oggi in modo preciso cosa furono le dottrine
piuttosto varie che vengono riunite sotto la generica denominazione di G.; nell'insieme
pare si sia trattato di idee orientali pi o meno deformate, probabilmente mal comprese dai
Greci e rivestite di forme immaginative del tutto incompatibili coll'intellettualit pura. (Or.
Occ., 1924, 216) Il vero G. non pu essere una scuola od un sistema particolare, ma essere,
prima di tutto, la ricerca della Verit. (Mel., 1976, 176)

GRAAL Il G. , dicesi, il vaso sacro che contenne il sangue del Cristo. (Re, 1927, 38) Il G.
, dicesi, la coppa che serv all'Ultima Cena e dove di poi Giuseppe d'Arimatea raccolse il
sangue e l'acqua che sfuggivano dalla ferita aperta nel fianco del Cristo della lancia del
centurione Longino. Il significato essenziale del G. quanto detto della sua origine:
questa coppa sarebbe stata intagliata dagli angeli in uno smeraldo caduto dalla fronte di
Lucifero al momento della sua caduta. (id., 39) detto di poi che il G. fu confidato ad
Adamo nel Paradiso Terrestre, ma Adamo lo perdette a sua volta al momento della sua
caduta . (id., 40) Il possesso del G. insomma la perdita della Tradizione con tutto quello
che essa comporta. (id., 41) Il G. rappresenta nel medesimo tempo due cose, strettamente
solidali l'un l'altra: chi possiede integralmente la Tradizione Primordiale e chi pervenuto
al grado di conoscenza effettiva implicito in questo processo, reintegrato nella pienezza
dello Stato Primordiale. (id., 42) Il G. simultaneamente un vaso (grasale) ed un libro
(gradale o graduale); quest'ultimo aspetto designa manifestamente la Tradizione, mentre
l'altro concerne pi direttamente lo stato stesso. (id., 42-43) Per ritornare al G., facile
rendersi conto che il suo primo significato in fondo il medesimo di quello che ha il vaso
sacro dovunque lo si ritrovi. (id., 44) detto poi che il G. fu affidato ad Adamo nel Paradiso
Terrestre, ma che, a sua volta, Adamo lo perse dal momento che non lo pot portare con s
quando fu cacciato dall'Eden. Seth ottenne di rientrare nel Paradiso Terrestre e recuperare il
G.; Seth e quelli che vennero dopo di lui possedettero il G. e poterono per ci stesso
istituire, da qualche parte della Terra, un centro spirituale immagine del Paradiso perduto.
La leggenda non dice da dove e da chi il G. fu conservato fino all'epoca di Cristo, n come
fu assicurata la trasmissione, ma l'origine celtica che le si riconosce deve probabilmente
lasciare intendere che i Druidi vi ebbero parte e devono essere annoverati fra i conservatori
regolari della Tradizione Primordiale. (Simb., 1962, 26) Dopo la morte di Cristo il G. fu,
secondo la leggenda, trasportato in Gran Bretagna da Giuseppe d'Arimatea e da Nicodemo;
comincia allora a svolgersi la storia dei Cavalieri della Tavola Rotonda. (id., 27) La leggenda
assomma al G. altri oggetti e, in particolare, una lancia; ma quello che assai pi curioso
la preesistenza di questa lancia, o di qualche suo equivalente, come simbolo in qualche
modo complementare alla coppa nelle tradizioni antiche. (id., 28) Il G stesso non ha
all'origine altro significato se non quello che ha il vaso sacro. (id., 29) Non ci pare dubbio
che le origini della leggenda del G. debbono essere riferite alla trasmissione di elementi
tradizionali, di ordine iniziatico, dal Druidismo al Cristianesimo. (id., 39-40) Vogliamo
alludere qui al simbolismo della scomparsa finale del G.; detto che il G. non fu pi visto

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come prima, ma non detto che nessuno lo vide pi. Sicuramente, in terra almeno, il G.
sempre presente a coloro che sono qualificati , ma, di fatto, essi sono divenuti sempre
pi rari, al punto da non costituire ormai che un'infima eccezione. (id., 45)

GRECIA Volere affrontare lo studio dell'Oriente passando attraverso la G. ci esporrebbe


certo ad un gran numero di errori. (Or. Occ., 1924, 217)

GRECI Che i G. abbiano avuto una certa originalit pur vero, ma non quanto si crede
ordinariamente e la loro originalit non consiste altro che nella forma sotto la quale hanno
presentati ed esposto quanto prendevano dagli altri, modificandolo in modo pi o meno
felice, per adattarlo alla loro propria mentalit, cos dissimile da quella degli Orientali e gi
opposta ad essa sotto pi di un aspetto. (Int., 1921, 2324) Per chiunque voglia esaminare
imparzialmente le cose, manifesto che i G. hanno veramente adottato quasi tutto dagli
Orientali, almeno dal punto di vista intellettuale. Ci che invece caratteristico dei G. una
certa sottigliezza dialettica, di cui i dialoghi di Platone offrono numerosi esempi, dai quali
traspare il bisogno di esaminare indefinitamente una stessa questione sotto tutti gli aspetti,
prendendola in considerazione nei minimi particolari, per giungere ad una conclusione pi
o meno insignificante. (id., 29) I G., nonostante la loro tendenza al naturalismo, non si sono
mai spinti fino ad attribuire all'esperimentazione l'importanza eccessiva che le
attribuiscono i moderni. Ci non impedisce che presso i G. si trovi gi il punto di partenza
delle scienze sperimentali quali sono intese dai moderni. (id., 32) Solo con i neoplatonici si
incontreranno per la prima volta presso i G. certe idee metafisiche, come quella
dell'Infinito. Fino ad allora i G. non avevano avuto infatti che la nozione dell'indefinito e,
tratto veramente caratteristico della loro mentalit, finito e perfetto erano per essi sinonimi.
(id., 40). Presso i G. i simboli, retaggio di tradizioni pi antiche e gi dimenticate, avevano
da tempo perso il loro significato originario. Di conseguenza essi erano degenerati in
semplici allegorie e, a causa di un'invincibile tendenza alle interpretazioni
antropomorfiche, si erano trasformati in miti, vale a dire in favole, (id., 77) I G. non
concepivano i loro dei come rappresentazione di certi principi, bens se li raffiguravano in
forma umana, provvisti di sentimenti e agenti al modo degli uomini. (id., 112) Sembra che i
G., quando sono venuti a contatto col pensiero ind, non abbiano raccolto, in molti casi,
questo pensiero che in modo deformato o mutilato ed ancora che non l'abbiano sempre
esposto fedelmente quale l'avevano raccolto. (id., 165) Che nel periodo alessandrino i G. si
siano trovati in contatto abbastanza diretto coll'Oriente e che il loro spirito si sia in tal modo
aperto a creazioni alle quali fino a quel momento era restato chiuso ci pare incontestabile;
purtroppo il risultato sembra essere rimasto molto pi vicino al sincretismo che alla vera
sintesi. (Or. Occ., 1924, 216)

GRECO Pensiero G. Il p.g. , nonostante tutto, un pensiero occidentale e in esso gi si

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trovano l'origine e quasi il germe della maggior parte di quelle tendenze che si sono
sviluppate, molto tempo dopo, negli Occidentali moderni. (Int., 1921, 24) Dopo Aristotele le
tracce di un'influenza ind sul p.g. diventano sempre pi rare, se non addirittura nulle.
Solo coi neoplatonici si vedranno ricomparire influenze orientali. (id., 39) Scrittura G. La
s.g., in realt, non rappresenta che un'importazione straniera ed essa, nel suo simbolismo
numerico, non ha mai veramente, se cos si pu dire, fatto corpo colla lingua. (Forma, 1970,
63)

GRECO-ROMANO Mondo G.-R. Le tendenze nuove che si riscontrano nel m. g. r.


sono soprattutto tendenze alla restrizione ed alla limitazione. (Int., 1921, 25) Nel m. g. r. la
religione faceva corpo, in modo indissolubile, coll'insieme delle istituzioni sociali ed era
questo che conferiva loro un carattere veramente tradizionale. (id., 78)

GUERRA Si pu dire che l'essenziale ragion d'essere della g., da qualunque lato ed in
qualsiasi campo la si consideri, di porre termine ad un disordine di ristabilire l'ordine. In
altre parole, l'unificazione di una molteplicit, operata coi mezzi che appartengono al
mondo della molteplicit stessa: a questo titolo, e solo ad esso, la g. pu essere giudicata
legittima. (Croce, 1931, 80) La g. intesa in questo modo rappresenta dunque il processo
cosmico di reintegrazione del manifestato nell'Unit Principiale. (id., 81)

GUERRIERI Vediamo costantemente i g., detentori del potere temporale ed


inizialmente sottomessi all'autorit spirituale, rivoltarsi contro di essa, dichiarandosi
indipendenti da ogni potere superiore o addirittura cercare di subordinare quell'autorit
della quale avevano riconosciuto, all'origine, la fonte del proprio potere, per trasformarla,
infine, in uno strumento al servizio del proprio dominio. (Aut., 1929, 30)

GUNAS I g. non sono stati, ma condizioni dell'Esistenza Universale, alle quali sono
sottomessi tutti gli esseri manifestati. (Ved., 1925, 63) La dottrina ind postula tre g., o
qualit costitutive degli esseri in tutti i loro stati di manifestazione. (Aut., 1929, 65) I tre g.
sono in equilibrio perfetto nell'Indifferenziazione Primordiale e ogni manifestazione
rappresenza la rottura di questo equilibrio. (id. 66) chiaro che gli esseri vengono
classificati in base al g. che in essi predomina, ma chiaro che la natura di ogni essere
manifestato comporta ugualmente tutti e tre i g., anche se in proporzioni diverse. (In., 1952,
152) I tre g. debbono trovarsi in ognuno degli elementi, come va tutto ci che appartiene al
dominio della manifestazione universale. (Hind., 1965, 57)

GURU Il G. deve sapere utilizzare tutte le circostanze favorevoli allo sviluppo dei suoi
discepoli, conformemente alle possibilit ed alle particolari attitudini di ciascuno. (In., 1952,

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172) In mancanza di un G., l'iniziazione ricevuta rischia fortemente di non diventare mai
effettiva. (id., 173) Nel caso di trasmissione iniziatica effettuata da una sola persona, la
funzione di G. nei confronti dell'iniziato assicurata per ci stesso da tale persona; poco
importa qui che le sue qualificazioni a questo proposito siano pi o meno complete e, come
di fatto spesso succede, che esso non sia capace di condurre il suo discepolo se non fino a
tale o tal'altro stadio ben determinato. Il principio nondimeno lo stesso: il G. presente al
punto di partenza e non pu esservi alcun dubbio sulla sua identit. (id., 192) Esistono
forme di iniziazione le quali, per la loro costituzione stessa, non implicano affatto che in
esse qualcuno debba rivestire la funzione di un G. nel vero senso della parola e questo
soprattutto il caso di certe forme nelle quali il lavoro collettivo ha un posto preponderante
ed in cui allora la funzione del G. viene svolta, non da un individuo umano, ma da
un'influenza spirituale veramente presente nel corso di questo lavoro. (id., 201) Ci prova
ampiamente che la presenza di un G. non pu essere considerata come una condizione
indispensabile in tutti i casi. (id., 202) L'ambizione di un vero G. soprattutto di porre il suo
discepolo in condizioni di fare a meno di lui il pi presto possibile, sia indirizzandolo,
quando non pu pi condurlo oltre, ad un altro G. che abbia una competenza pi estesa
della propria, sia portandolo, se ne in grado, al punto in cui stabilir la comunicazione
cosciente e diretta col G. interiore. (id., 203)

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-H-

HAQQAH La H. la Conoscenza Pura, la quale d alla shariyah il suo senso superiore


e profondo e la sua vera ragione d'essere. (Ap. I.T., 1975, 14) La H., Verit Una ed
Immutabile, risiede nell'Invariabile Mezzo. (id., 31) La H. aldil della distinzione tra
esoterismo ed exoterismo, la quale implica comparazione e correlazione. (id., 35)

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-I-

IANUS L'unione dei due poteri, sacerdotale e regale, era rappresentata, presso i Latini,
da un certo aspetto del simbolismo di I., simbolismo estremamente complesso e di
significati multipli. (Re, 1927, 14) Nell'antica Roma, uno degli attributi di I. erano le chiavi
dei Grandi Misteri e dei Piccoli Misteri. I. raffigura l'origine comune dei due poteri. (Aut.,
1929, 82) L'immagine di I. dai due volti pu adattarsi perfettamente alla distinzione tra
interiore ed esteriore, come pure alla considerazione del passato e dell'avvenire. (Croce,
1931, 218) Nelle abituali raffigurazioni di I., i due volti corrispondono, tra gli altri
significati, ai due solstizi. (Triade, 1945, 45, p. 18) L'interpretazione pi comune dei due
volti di I. vede in essi la rappresentazione rispettiva del passato e del futuro. Fra il passato
che non pi e il futuro che non ancora, il vero volto di I., quello che guarda il presente,
non , si dice, n l'uno, n l'altro di quelli visibili. (Simb., 1962, 118) Il terzo volto di I.
corrisponde, in un altro simbolismo, quello della tradizione ind, all'occhio frontale di
Shiva, anch'esso invisibile, perch non rappresentato da nessun organo corporeo e
raffigura il Senso dell'Eternit. I. rappresenta veramente Colui che , non soltanto il Signore
del Triplice Tempo, ma, anche e soprattutto, il Signore dell'Eternit. (id., 119) I. porta pi
frequentemente due chiavi e sono quelle delle porte solstiziali, Ianua Coeli e Ianua Inferi,
corrispondenti rispettivamente al solstizio d'inverno e al solstizio d'estate, cio ai due punti
estremi della corsa del sole nel ciclo annuale, poich I., in quanto Signore dei Tempi, lo
Ianitor che apre e chiude questo ciclo. (id., 120) Siccome I. era considerato il dio
dell'iniziazione, le sue due chiavi, una d'oro e l'altra d'argento, erano quelle dei Grandi
Misteri e dei Piccoli Misteri. Queste stesse chiavi erano uno degli attributi del pontefice,
come la barca era anche un simbolo di I. (id., 121) Si vede apparire un altro significato dei
due volti di I.: egli il Signore delle due Vie, alle quali danno accesso le due porte
solstiziali, le medesime vie che la tradizione ind designa come Via degli Dei (dva-yna) e
Via degli Antenati (pitri-yna). (id., 122) I. ha dato il suo nome al mese di Gennaio
(januarius), quello con cui l'anno si apre, quando normalmente comincia al solstizio
d'inverno; inoltre la festa di I. era celebrata a Roma dai Collegia Fabrorum ai due solstizi. I.
era il dio dell'iniziazione e, a questo titolo, presiedeva i Collegia Fabrorum depositari delle
iniziazioni che, come in tutte le civilt tradizionali, erano legate alla pratica dei mestieri.
(id., 213) Nel Cristianesimo le feste solstiziali di I. sono diventate quelle dei due San
Giovanni e si celebrano sempre alle medesime epoche, cio in prossimit dei due solstizi.
(id., 214)

IDEALE Non sentiamo minimamente il bisogno di riabilitare il termine i. che i moderni


usano indifferentemente pi o meno per tutto e specialmente per mascherare l'assenza di
qualsivoglia principio vero. (Regno, 1945, 69)

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IDEALISMO Nella gran parte dei casi, l'insieme di quel che si chiama i. non che una
specie di materialismo trasposto. (Crisi, 1927, 120)

IGNORANZA L'attaccamento alle cose individuali, o alle forme essenzialmente


transitorie, proprio dell'i. (Mel., 1976, 25)

ILLUMINATI (DI BAVIERA) I fondatori degli I. sono conosciuti e si sa in qual modo


abbiano elaborato il sistema di propria iniziativa, al di fuori di ogni collegamento con
qualche cosa di preesistente. Si tratta solo dell'opera artificiale di qualche individualit e le
forme adottate non costituiscono che un simulacro o una parodia dell'iniziazione, poich
mancava ogni collegamento tradizionale, al pari dello scopo realmente iniziatico. (Cons.,
1946, 117) Gli I. che entrano nella Massoneria lo fecero coll'intenzione ben determinata di
acquistarvi un'influenza preponderante e di servirsene come di uno strumento per la
realizzazione dei loro disegni particolari. (id., 118)

IMMEDIATO Conoscenza i. Quanto alla possibilit della c.i., la teoria degli stati
dell'essere la rende sufficientemente comprensibile (Stati, 1931, 116) La c.i., estendendosi
alla totalit degli stati d'essere, comporta in s la loro realizzazione e rappresenta quindi il
solo mezzo per ottenere la liberazione completa e finale . (id., 118)

IMMORTALIT Il termine sanscrito amrita si traduce letteralmente con i., ma si


applica esclusivamente ad uno stato superiore a tutti i cambiamenti. (Spir., 1923, 147) L'i. in
senso metafisico non pu essere attinente nell' altro mondo , come pensano gli
Occidentali, ma soltanto aldil di tutti i mondi , cio di tutti gli stati condizionati. L'i.
quale la concepiscono gli Occidentali solo un prolungamento indefinito della vita, in
condizioni modificate e trasposte, ma che rimangono peraltro sempre paragonabili a quelle
dell'esistenza terrena. (id., 148) L'i. in senso metafisico per definizione aldil di ogni
possibile esperienza. (id., 149)

IMMUTABILE L'i. non ci che contrario al mutamento, ma ci che gli superiore.


(Or. Occ., 1924, 82)

IMPERATORE L'I., come Io concepisce Dante, del tutto paragonabile al Chakravart o


Monarca Universale degli Ind, la cui funzione essenziale di fare regnare la pace. (Dante,
1925, 62, n. 14) Nel Medioevo, il Pontefice e l'I. erano le due met di quel Cristo-Ianus che
certe raffigurazioni ci mostrano con una chiave in mano e uno scettro nell'altra, emblemi
rispettivi dei poteri sacerdotale e regale riuniti in lui, in quanto loro principio comune.

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(Aut., 1929, 121) Nella visione di Dante, l'I. presiede ai Piccoli Misteri, i quali riguardano il
Paradiso Terrestre, cio la realizzazione della perfezione dello stato umano. (id., 125) Dante
assegna dunque all'I. la funzione di condurre l'umanit al Paradiso Terrestre. (id., 126)

INCANTAZIONE L'i, non ha assolutamente nulla in comune colle pratiche magiche cui
talvolta si dato lo stesso nome. (Cons., 1946, 225) L'i. un'aspirazione dell'essere verso
l'Universale. Questa i., operazione in principio del tutto interiore, pu tuttavia, in gran
numero di casi, essere espressa ed appoggiata esteriormente mediante parole o gesti.
Scopo finale dell'i. sempre la realizzazione in s dell'Uomo Universale. (id., 226)

INCARNAZIONE Il fenomeno che gli spiritisti chiamano i. non altro, in fondo, se non
un caso di quegli stati di sdoppiamento , detti impropriamente personalit multiple ,
che si manifestano frequentemente anche nei malati e negli ipnotizzati. (Spir., 1923, 85)

INCONDIZIONATO Stato I. Nello S.I. tutti gli altri stati dell'essere si ritrovano in
principio, ma trasformati e sciolti dalle speciali condizioni che li determinavano in quanto
stati particolari. (Met., 1939, 16)

INCONVERTIBILE Chiunque abbia conoscenza dell'unit delle tra. dizioni, sia per
semplice comprensione teorica, sia ed a maggior ragione per realizzazione effettiva, ,
necessariamente e per questo solo fatto, i. (In., 1952, 112)

INDEFINIT Si pu dire che un'i. di un certo ordine o di una certa potenza contenga
una moltitudine indefinita di indefiniti di un ordine inferiore o di una potenza minore. Non
c' alcuna incompatibilit logica tra i., che, per essere indefinita, sono nondimeno di natura
essenzialmente finita. (Calc. Inf., 1946, 82)

INDEFINITO L'i., traendo origine dal finito, sempre riducibile a questo, poich non
rappresenta che uno sviluppo delle possibilit incluse o implicite nel finito. (Croce, 1931,
112, n. 2). Numero, spazio e tempo, anche quando vengono concepiti nel modo pi
generale ed esteso, non sfuggono, in realt, al dominio dell'i. (Stati, 1932, 17) L'i.,
procedendo dal finito, di cui non che un'estensione o uno sviluppo, sempre riducibile al
finito e non commensurabile al vero Infinito. La formazione dell'i. dal finito di fatto
possibile solo a condizione che il finito contenga gi in potenza l'i. (id., 18) L'i., qualunque
cosa sia e sotto qualsiasi aspetto lo si consideri, finito e non pu essere altro che finito
(Calc. Inf., 1946, 10) L'i. comporta sempre per se stessa un'idea di divenire e, per
conseguenza, di cambiamento o, quando si tratti di quantit, di variazione. (id., 30)

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INDIA Quanto all'I. si in presenza di una tradizione dall'essenza puramente


metafisica, alla quale si aggiungono, a titolo di prolungamenti e sviluppi, applicazioni
diverse, sia in certi rami secondari della dottrina stessa, sia nelle istituzioni sociali, queste
ultime strettamente vincolate alla corrispondenza analogica tra le forme dell'esistenza
cosmica e dell'esistenza umana. Appare qui molto pi chiaramente che nella tradizione
islamica, principalmente in virt della mancanza del punto di vista religioso, la totale
subordinazione di tutte le applicazioni particolari nei confronti della metafisica, vale a dire
del dominio dei principi universali. (Int., 1921, 75) In I., non sussistendo nulla di
propriamente religioso, le branchie della dottrina formano un insieme unico e indivisibile.
(id., 139) In I. meno possibile trovare una distinzione come quella tra esoterismo ed
exoterismo, perch la tradizione vi ha di fatto troppa unit per potersi presentare in due
corpi di dottrina separati. (id., 140) In I. non vi traccia di un qualcosa che possa essere
paragonata al genere di unit che altrove ha potuto realizzarsi con il riconoscimento di
un'autorit religiosa comune. (id., 152) In I. non si ha a che fare con sistemi filosofici e tanto
meno con dogmi religiosi. (id., 166) Le diverse concezioni metafisiche e cosmologiche dell'I.
non sono, rigorosamente parlando, dottrine differenti, ma soltanto sviluppi, secondo certi
punti di vista e direzioni varie, ma per nulla incompatibili, di una sola dottrina. (Ved., 1925,
17) L'organizzazione che troviamo in I. rappresenta il modello pi completo, come
applicazione della dottrina metafisica all'ordine umano. (Aut., 1929, 57)

INDIVIDUALE Quanto esso contiene tutti i gradi della manifestazione formale. (Ved.,
1925, 41) Condizione i. Abbiamo gi asserito che la c.i., in modo del tutto generale e non
soltanto per quello che concerne lo stato umano, pu definirsi lo stato dell'essere che
limitato da una forma. (Ved., 1925, 167) Nelle condizioni attuali dell'umanit terrestre
evidente che gli uomini, nella loro stragrande maggioranza, sono assolutamente incapaci di
superare i limiti della c.i., sia nel caso della vita, sia dopo la morte corporea, la quale di per
s non pu per nulla modificare il livello spirituale in cui essi si trovano al suo
sopraggiungere. (In., 1952, 84) Essenza i. Occorre fare una distinzione all'interno
dell'e.i. tra ci che si riferisce al nome particolare di un individuo, vale a dire l'insieme delle
qualit che gli appartengono e che egli deve esprimere, e ci che appartiene alla razza o alla
famiglia, vale a dire l'insieme delle qualit che gli provengono dall'eredit. (Int., 1921, 187)
Essere i. L'e.i. , nel suo insieme, considerato come composto di due elementi, il
nome e la forma , in definitiva l'essenza e la sostanza dell'individualit. (Int., 187) L'e.i.
comprende, oltre alla modalit corporea, altri elementi costitutivi di natura diversa. (id.,
219) L'e.i. comprende, da una parte, la forma sottile e, dall'altra, quella grossolana o
corporea. (Ved., 1925, 107) Facolt i. Le f.i. sono tutte comprese nell'estensione di uno
stesso ed unico stato dell'Essere Totale. (Stati, 1931, 85) Manifestazione i. Quando
parliamo dei vari gradi della m.i. facilmente si capisce che questi gradi corrispondono a
quelli della manifestazione universale, per l'analogia costitutiva del macrocosmo e del
microcosmo. (Ved., 1925, 72) Natura i. La conoscenza della n.i. di un individuo

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consentir di assegnargli la funzione che gli conviene, in virt di tale natura,


nell'organizzazione sociale. (Int., 1921, 188) La n.i. procede, in primo luogo, da ci che
l'essere in se stesso, e che rappresenta il suo lato interiore e attivo, e poi, secondariamente,
dall'insieme delle influenze nell'ambiente nel quale si manifesta, rappresentante il suo lato
esteriore e passivo. (Triade, 1945, 81) Opinioni i. Nel campo delle o.i. si pu sempre
discutere, poich si resta sempre nell'ordine razionale e, dato che non ci si rif ad alcun
principio superiore, si possono facilmente trovare argomenti pi o meno validi per
sostenere il pro ed il contro di ogni tesi. (Crisi, 1927, 96) Pensiero i. Il p.i., che di
ordine formale, appartiene alla facolt mentale, direttamente unita alla coscienza, e non
per nulla inerente all'intelletto trascendente, le cui attribuzioni sono essenzialmente
uniformali. (Stati, 1931, 77) Ordine i. Nell'o.i. la distinzione tra gli stati dell'essere non
si opera che per divisione. (Stati, 1931, 81) Sfera i. Non uscendo dal religioso non si
esce dalla s.i. (Int., 1921, 146)

INDIVIDUALISMO Ci che intendiamo per i. la negazione di ogni principio


superiore all'individualit. (Crisi, 1927, 83) Proprio l'i. la causa determinante della
decadenza attuale dell'Occidente. L'i. implica anzitutto la negazione dell'intuizione
intellettuale. (id., 84) L'i. la sorgente delle illusioni concernenti la parte relativa ai grandi
uomini o presunti grandi uomini . (id., 85) L'i. porta inevitabilmente con s il
naturalismo. (id., 86) Chi dice i. necessariamente rifiuta di ammettere ogni autorit
superiore all'individuo, come pure ogni facolt conoscitiva superiore alla ragione
individuale. (id., 90) Quando l'autorit spirituale disconosciuta, logico che l'i. faccia la
sua apparizione, per lo meno come tendenza, anche se non come affermazione avente
caratteristiche ben determinate. (Aut., 1929, 92)

INDIVIDUALIT Dopo la morte corporea, l'essere resta in qualcuno di quei


prolungamenti dell'i., perch, in tal caso, quantunque questa i. non sia pi completa nel
rapporto della manifestazione, alcuni dei suoi elementi, psichici o sottili, sussistono, in un
certo qual modo senza dissolversi. (Ved., 1925, 151) L'essere deve in primo luogo
identificare il centro della propria i. col centro cosmico dello stato di esistenza cui questa i.
appartiene. (Dante, 1925, 67) Nella tradizione ind, l'i. considerata come costituita
dall'unione di due elementi o, pi esattamente, da due insiemi di elementi, rispettivamente
designati dai termini nma e rpa, letteralmente significanti nome e forma e
generalmente riuniti nella parola composta nma-rpa, la quale comprende cos l'i. tutta
intiera. (Hind., 1965, 95) Quando l'essere liberato dalla condizione individuale, si pu dire
che egli aldil del nome e della forma , poich questi due termini complementari sono
costitutivi dell'i. come tale. (id., 96)

INDIVIDUO-I La natura propria di ogni i. implica necessariamente, fin dall'origine,

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tutto il complesso delle tendenze e delle disposizioni che si svilupperanno e


manifesteranno nel corso della sua esistenza. (Int., 1921, 188) Quand'anche noi
consideriamo l'i., sempre per scorgerlo essenzialmente dipendente dal Principio. (Ved.,
1925, 52) Ben lungi dall'essere in se stesso un'unit assoluta e completa, come vorrebbe la
maggior parte dei filosofi occidentali e, in ogni caso, i moderni senza eccezioni, l'i.
costituisce in realt solo un'unit relativa e frammentaria. L'i., quand'anche lo si consideri
in tutta l'estensione di cui suscettibile, non un Essere Totale, ma soltanto un particolare
stato di manifestazione di un essere. (Croce, 1931, 20) L'i. rappresenta soltanto una
manifestazione transitoria e contingente dell'essere vero; esso non che uno stato
particolare fra un'indefinita moltitudine di altri stati dello stesso essere. (Met., 1939, 8)
Negli i. la quantit predominer tanto pi sulla qualit, quanto pi saranno ridotti ad
essere, se cos si pu dire, dei semplici i. e quanto pi saranno separati gli uni dagli altri.
Tale separazione fa degli i. altrettante unit, nel senso inferiore del termine. (Regno, 1945,
63)

INDO-IRANIANO Tradizione i. i. Nella t.i.i., ad una certa epoca, dovette prodursi una
scissione ed il ramo separato, deviato in rapporto alla Tradizione Primordiale, fu il
cosiddetto Iranismo, che dovette poi diventare la tradizione persiana, chiamata anche
Mazdeismo. (Int., 1921, 154)

IND Sono I. tutti coloro che aderiscono ad una stessa tradizione, alla condizione che
essi siano debitamente qualificati per potervi aderire realmente ed effettivamente; al
contrario, non sono I. coloro che per qualsiasi ragione non partecipano a questa tradizione.
In particolare questo il caso dei Giainas e dei Buddisti. (Int., 1921, 153) Civilt i.
Passando ora alla c.i., constatiamo che la sua unit di carattere puramente ed
esclusivamente tradizionale: di fatto essa comprende elementi appartenenti a razze e
gruppi etnici diversissimi, i quali possono per essere detti ad egual titolo ind nel
senso stretto della parola. (Int., 1921, 68) Dottrina i. Il fatto che i pi antichi filosofi
greci abbiano preceduto di diversi secoli l'epoca di Alessandro Magno non autorizza affatto
a concludere che essi nulla abbiano conosciuto della d.i. (Int., 1921, 38) La d.i. puramente
intellettuale, cio metafisica, e non porta tracce della forma sentimentale che sarebbe
necessaria a conferirle il carattere di un dogma e senza la quale inconcepibile che ad una
dottrina venga connessa una morale. (id., 87) La d.i., fra tutte le dottrina tradizionali che
hanno resistito sino ad oggi, quella che sembra derivata pi direttamente dalla Tradizione
Primordiale. (Aut., 1929, 57, n. 11) Tradizione i. La t.i. ingloba tutto l'ordine sociale, a
titolo per di semplice applicazione a determinate contingenze. La t.i. non ha
assolutamente carattere religioso, ma carattere puramente intellettuale e essenzialmente
metafisico. (Int., 1921, 59) La t.i. fu importata in quella che l'India attuale in un'epoca pi o
meno remota, che sarebbe piuttosto difficile precisare, da uomini che venivano al Nord.
(id., 153) Prima di stabilirsi in India, la t.i. era stata quella di una civilt, per la quale, in

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mancanza di meglio, possiamo accettare la denominazione di indo-iraniana (id., 154) La


t.i., nel suo complesso, essenzialmente fondata sul Veda (id., 156) Unit i. --- L'u.i.
un'unit di ordine puramente ed esclusivamente tradizionale e per mantenersi non ha
bisogno di alcuna forma d'organizzazione pi o meno esteriore, n dell'appoggio di alcuna
autorit che non sia quella della dottrina. (Int., 1921, 152) Chiesa I. Riformata Nella
prima met del XIX secolo Rm Mohum Roy fond le C.I.R. (o Brahma Samj) e l'idea gli fu
suggerita da missionari anglicani. Fu stabilito un culto imitato particolareggiatamente dallo
schema dei servizi protestanti. Di fatto si tratta del primo tentativo di trasformare il
Brahmanesimo in una religione nel senso occidentale della parola, animandola di tendenze
simili a quelle del Protestantesimo. (Int., 1921, 287) Per effetto dell'introduzione del Libero
Esame la C.I.R. ben presto si suddivise in molteplici chiese , a similitudine del
Protestantesimo, finch, dopo molte vicissitudini, fin per sparire pressoch
completamente. (id., 288) La C.I.R. interpretava il Vdanta in termini teologici ed adattava
la dottrina ai modi di vedere occidentali, riducendola a qualcosa che finiva col
rassomigliare ad una filosofia tinta di religiosit, ad una sorta di deismo nei paramenti
di una fraseologia orientale. (id., 289)

INFALLIBILIT Dal punto di vista della Verit, ognuno possiede l'i. nella misura stessa
in cui competente , vale a dire per tutto ci che conosce nel vero significato della
parola. (Cons., 1946, 369) Vi in ogni organizzazione tradizionale un'i. riferentesi
esclusivamente alla funzione d'insegnamento, in qualsiasi ordine venga esercitata, poich
egualmente applicabile ai due domini, esoterico ed exoterico. (id., 370) L'i.
necessariamente limitata, al pari della funzione cui legata. (id., 370) Se una funzione
appartiene ad un certo ordine determinato, essa pu comportare l'i. solo in riguardo a ci
che si riferisce a quest'ordine. (id., 375)

INFEDELI Per l'Islam gli I. sono quelli che obbediscono alla legge soltanto loro
malgrado o che sono nella pura e semplice ignoranza. (Croce, 1931, 195)

INFERIORE Caste i. Colla dominazione delle c.i. calano le tenebre intellettuali. (Aut.,
1929, 55) Dominio sottile i. Saranno le forze dissolventi del d.s.i., il loro scatenamento e
la loro messa in funzione a portare alla sua conclusione la deviazione del nostro mondo e
condurlo effettivamente alla sua dissoluzione finale. (Regno, 1945, 237) Elementi sociali
i. Se in qualche modo gli e. s.i. avranno accesso al potere, il loro regno sar
verosimilmente il pi breve di tutti e contraddistinguer l'ultima fase di un determinato
ciclo storico, poich non sar possibile scendere pi in basso. (Aut., 1929, 115) Tenebre I.
Le T.I. non possono essere prese altro che in senso relativo, in quanto il punto di
partenza della manifestazione umana non coincide con quello della manifestazione
universale, bens occupa all'interno di questa un certo livello determinato. (In., 1952, 261) Se

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ci si pone dal punto di vista della costituzione dell'essere umano, le T.I. dovranno apparire
sotto l'aspetto di una modalit di questo essere. E sotto tale aspetto, a rappresentare le T.I.
non pu essere se non la parte pi grossolana dell'individualit umana. (id., 264)

INFERNI Gli I. sono gli stati inferiori dell'essere. (Dante, 1925, 50)

INFINITESIMALE Calcolo i. Vi nel c.i. una certa legge di omogeneit che


presuppone che le quantit ordinarie e le quantit infinitesimali dei diversi ordini, sebbene
incompatibili tra essi, siano tuttavia delle grandezze della stessa specie. (Calc. Inf., 1946, 39)
Il punto essenziale, per giustificare il rigore del c.i., che, nei risultati, non debbano figurare
che quantit fisse. (id., 77) L'applicazione alle grandezze geometriche , in fondo, la vera
ragione d'essere di tutto il c.i. (id., 86) Differenza i. Una d.i. non potr mai essere
infitesimamente nulla. (Calc. Inf., 1946, 54) Una d.i., cio indefinitamente decrescente, non
pu essere che la differenza di due qualit variabili. (id., 76) Una d.i. non pu mai divenire
nulla, ma essa non pu esistere che entro le variabili. (id., 77) Metodo i. Leibinitz, nella
sua prima esposizione del m.e., insistette soprattutto sugli usi e sulle applicazioni del
nuovo calcolo, secondo la tendenza moderna di attribuire pi importanza alle applicazioni
pratiche della scienza che alla scienza stessa come tale. (Calc. Inf., 24) Quantit i. Le
q.i., secondo Leibnitz, non si presentano naturalmente in una maniera immediata, ma
soltanto come un risultato del passaggio dalla variazione della quantit discontinua a
quella della quantit continua, dell'applicazione della prima alla misura della seconda.
(Calc. Inf., 1946, 24) Leibnitz dichiara frequentemente che le q.i. non sono che degli
incomparabili . (id., 25) Le q.i. sono sicuramente incomparabili con le quantit ordinarie,
ma ci potrebbe intendersi in pi di un modo e lo si effettivamente inteso abbastanza
spesso in altro senso che quello in cui lo si sarebbe dovuto. (id., 30) La vera nozione della
continuit non permette di considerare che le q.i. possano mai eguagliarsi a zero, perch
allora cesserebbero di essere delle quantit. (id., 54) Le q.i. non sono dei Nulla Assoluti. (id.,
59) Le q.i., intese come delle quantit indefinitamente decrescenti, che il loro vero
significato, non possono mai essere dette evanescenti nel senso proprio della parola,
cio come quantit che si annullano effettivamente. (id., 62) Nel passaggio al limite le
q.i. si eliminano da se stesse e ci molto semplicemente in ragione della sostituzione delle
quantit fisse alle quantit variabili. (id., 77)

INFINITO Per gli Orientali sinonimo di Perfezione solo l'I. (Int., 1921, 40) L'idea dell'I.
non pu essere espressa che da un termine di forma negativa, perch ogni affermazione
diretta un'affermazione particolare e determinata. (id. 132) La parola I. esprime la
negazione di qualunque limite e perci equivale all'affermazione prima ed assoluta. (Ved.,
1925, 139) L'I., secondo il significato etimologico del termine, ci che non ha limiti. (Stati.,
1931, 17) L'I., per essere veramente tale, non pu ammettere alcuna restrizione e cio deve

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

essere assolutamente incondizionato e indeterminato, poich ogni determinazione


evidentemente un limite. (id., 19) L'idea dell'I. non minimamente discutibile o
contestabile sul piano metafisico poich non comporta alcuna contraddizione, non
contenendo alcunch di negativo. (id., 20) L'idea di una pluralit d'I. un'assurdit dal
momento che essi si limiterebbero l'un l'altro e nessuno di essi sarebbe allora l'I. (id., 22)
Conoscenza e Verit, cos considerate metafisicamente, non sono altro che ci che abbiamo
chiamato aspetti dell'I. , (id., 122) Una definizione dell'I. non altro, in effetti, che
l'espressione di una determinazione. (Calc. Inf., 1946, 7) Cercare di fare entrare l'I. in una
formula o, se si preferisce, rivestirlo di una forma quale che sia, , coscientemente o
incoscientemente, sforzarsi di fare entrare il Tutto Universale in uno degli elementi pi
uniformi che sono in essi compresi. (id., 7-8) Concepire l'I. quantitativamente non soltanto
limitarlo, ma concepirlo come suscettibile di aumento o di diminuzione. (id., 8) Numero
i. L'idea del n.i, inteso come il pi grande di tutti i numeri o il numero di tutti i
numeri o, ancora, il numero di tutte le unit un'idea veramente contradditoria in se
stessa. (Calc. Inf., 1946, 12)

INFLUENZE ERRANTI Le i.e. sono forze la cui manipolazione costituisce la parte pi


importante della magia. (Spir. 1923, 121)

INFORMALE Elemento i. Se dunque consideriamo un e.i., questo sar perci un


elemento sovraindividuale e dovr essere rilevato nei suoi rapporti coll'individualit
umana perch collega l'individualit alla personalit. (Ved., 1925, 74) Manifestazione i.
La m.i. ancora principiale, in un senso relativo, in rapporto alla manifestazione formale;
esso stabilisce un legame tra questa ed il suo principio non-manifestato. (Ved., 1925, 74)
Possibilit i. L'insieme delle p.i. simbolicamente rappresentato da quello che le dottrine
tradizionali chiamano le Acque Superiori. (Stati, 1931, 98-99) Stati i. La distinzione
esistente tra gli stati formali e gli s.i. metafisicamente un aspetto della distinzione tra
l'individuale e l'universale. (Stati, 1931, 97)

INGLESE Mentalit i. un fatto che la m.i. non abbia nessuna attitudine per le
concezioni metafisiche. (Int., 1921, 264) Spirito i. Lo s.i. esce raramente dalla sfera
pratica costituita da morale e sociologia, e dalla scienza sperimentale, costituita da quella
psicologia di cui fu l'inventore; quando si occupa di logica soprattutto l'intuizione che lo
interessa, alla quale d preminenza sulla deduzione. (Int., 1921, 264)

INIZIATICO Ascesi i. Dal momento che si tratta essenzialmente di un complesso


metodico di sforzi tendenti ad uno sviluppo spirituale, si pu parlare di a.i. (In., 1952, 166)
Catena i. La c.i. una successione che assicura in maniera ininterrotta la trasmissione
di un'influenza spirituale. (Cons., 1946, 76) La c.i. esiste per fornire all'essere un appoggio

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che gli permetta di elevarsi indefinitamente e di oltrepassare le limitazioni di essere


individuale e condizionato. (id., 304) Nelle condizioni attuali del mondo terrestre l'essere
umano non per nulla dispensato, come a torto si potrebbe ritenere, dal ricollegarsi ad una
c.i., altrimenti, finch si trova nello stato umano, resterebbe semplicemente quello che era al
momento di entrarvi e come immerso in una specie di sonno spirituale che gli
impedirebbe di andare oltre nella sua via realizzativa. (In., 1952, 188) Caverna i. La c.i.
considerata un'immagine del mondo; ma, d'altra parte, in virt della sua assimilazione
simbolica al cuore, essa ne rappresenta pi particolarmente il luogo centrale. (Simb., 1962,
196) Centri i. Dai c.i. procede, direttamente od indirettamente, ogni trasmissione
regolare. (Cons., 1946, 92) Conoscenza i. Ogni c.i. risulta da una comunicazione
stabilita coscientemente con gli stati superiori. (Cons., 1946, 277) Tutto quanto appartiene
alla c.i. non pu essere minimamente oggetto di una qualsiasi discussione. (id., 297)
Gerarchia i. La g.i. formata essenzialmente da gradi di conoscenza, con tutto quello che
implica questa parola intesa nel suo vero significato. (Cons., 1946, 363) Se si tratta di una
g.i., quella religiosa non potrebbe in alcun modo essere toccata dalla sua esistenza, che
d'altronde essa non deve conoscere ufficialmente , poich esercita una giurisdizione
legittima soltanto nell'ambito exoterico. (Simb., 1962, 41) Grado i. I g.i. possono essere
indefinitamente molteplici, al pari degli stati cui corrispondono e che implicano
essenzialmente nella loro realizzazione. (Cons., 1946, 363) Insegnamento i. L'i.i. non
pu che far uso di riti e simboli, i quali suggeriscono pi che non esprimano nel senso
ordinario della parola. (Cons., 1946, 125) L'i.i. non pu essere altro che un aiuto esteriore
apportato al lavoro interiore di realizzazione, alfine di appoggiarlo e guidarlo per quanto
possibile. (id., 262) L'i.i. non in realt e non pu essere che una preparazione
dell'individuo per acquistare la vera conoscenza iniziatica mediante l'effetto del suo lavoro
personale. (id., 264) L'i.i. non deve mai prendere una forma sistematica , ma deve invece
aprirsi su possibilit illimitate, in modo da riservare la parte dell'inesprimibile, che in
realt veramente l'essenziale. (id., 279) L'i.i., per essere realmente giovevole, richiede
naturalmente un atteggiamento mentale ricettivo , uno sforzo costante di assimilazione,
un qualcosa di essenzialmente attivo, anzi di attivo al pi alto grado. (id., 297) Alla base
stessa di ogni i.i. che ogni realizzazione degna di questo nome di ordine essenzialmente
interiore, anche se suscettibile di avere all'esterno ripercussioni di qualsiasi genere. (id.,
347) Istruzione i. L'i.i., considerata nella sua universalit, deve comprendere, come
tante applicazioni in variet indefinita di uno stesso principio trascendente, tutte le vie
realizzative, non soltanto proprie ad ogni categoria di esseri, ma anche ad ogni essere
individuale in particolare. (Cons., 1946, 273) Nome i. Un n.i. non deve essere
conosciuto nel mondo profano, poich rappresenta una modalit dell'essere che non vi si
pu manifestare, sicch la sua conoscenza cadrebbe in qualche modo nel vuoto, non
trovando nulla cui possa realmente applicarsi. (Cons., 1946, 245) Organizzazione-i i.
Bisogna necessariamente che un'o.i. sia depositaria effettivamente di un'influenza
spirituale per poterla comunicare agli individui che vi si ricollegano. (Cons., 1946, 58) I
membri di un'o.i. non hanno il potere di cambiarne le forme a loro piacimento o di alterarle
nell'essenziale. (id., 60) Un'o.i. non pu validamente incorporare nei suoi riti elementi presi

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da forme tradizionali diverse da quella secondo cui essa regolarmente costituita. Risulta
chiaramente la nullit delle iniziative individuali relative alla costituzione delle o.i., sia in
merito alla loro origine, sia in merito alle forme che rivestono. (id., 61) Anche un'o.i. ove, ad
un certo momento, si trovassero soltanto iniziati virtuali, sarebbe tuttavia non meno capace
di continuare a trasmettere realmente l'influenza spirituale di cui la depositaria. (id., 83)
Una delle ragioni d'essere delle o.i. , prendendo per punto d'appoggio una certa forma
tradizionale, permettere il passaggio aldil di tale forma, per elevarsi dalla diversit
dall'unit. (id., 93) Sebbene lo scopo di tutte le o.i. sia essenzialmente lo stesso, ce ne sono
alcune che si situano in qualche modo a livelli differenti quanto alla loro partecipazione alla
Tradizione Primordiale. (id., 95) Le o.i. non sono per nulla delle sette, ma ne sono
esattamente il contrario. (id., 104) Un'o.i., in fatto di forme esteriori ha bisogno soltanto di
un certo insieme di riti e di simboli, i quali, al pari dell'insegnamento che li accompagna e li
spiega, devono regolarmente trasmettersi per tradizione orale. Un'o.i., finch non prende la
forma occidentale di una societ, in qualche modo inafferrabile per il mondo profano.
(id., 112) Un'o.i., per sua stessa natura, sfugge alle contingenze esterne e nessuna forza
esteriore pu sopprimerla. (id., 114) Ogni o.i. inafferrabile dal punto di vista del suo
segreto. (id., 115) Per definizione stessa, ogni o.i. in opposizione formale colle concezioni
democratica ed egualitaria, in primo luogo in rapporto al mondo profano, nei cui confronti
essa costituisce, nell'accezione. pi esatta della parola, un'lite separata e chiusa, e poi in se
stessa, per la gerarchia dei gradi e funzioni che stabilisce necessariamente tra i suoi
membri. (id., 119) Ogni o.i. dovr avere la sua tecnica particolare e potr naturalmente
ammettere soltanto coloro che saranno capaci di conformarvisi e di ricavarne un beneficio
effettivo. (id., 137) Nel mondo occidentale, vi sono ormai soltanto il Compagnonaggio e la
Massoneria come o.i. che possono rivendicare una filiazione tradizionale autentica. (id.,
139) La degenerescenza di un'o.i. non cambia nulla della sua natura essenziale. evidente
che quanto pi un'o.i. in tal modo diminuita, tanto pi vi sono possibilit di deviazioni
almeno parziali e tali deviazioni, pur avendo un carattere occidentale, rendono una
restaurazione sempre pi difficile di fatto, sebbene, malgrado tutto, essa resti sempre
possibile in principio. (id., 259) Il pensiero coltivato per se stesso non pu mai essere lo
scopo di un'o.i. (id., 260) In ogni o.i. avente conservato una coscienza netta del suo vero
scopo, tutte le pratiche, ipnotiche o altre, implicanti l'uso di un soggetto , sono
considerate illegittime e strettamente proibite. (id., 303) 0.i., le quali fossero veramente e
precisamente ci che dovrebbero e non semplicemente le vestigia pi o meno degenerate di
ci che furono un tempo, potrebbero riformarsi unicamente se trovassero elementi in
possesso non solo dell'attitudine iniziale necessaria come condizione preliminare, ma
anche delle disposizioni effettive determinate dalla coscienza di questa attitudine. (id., 359)
Ogni o.i. , in se stessa, essenzialmente gerarchica, tanto che si potrebbe scorgere in tal fatto
uno dei suoi caratteri fondamentali. (id., 362) La distribuzione dei membri di un'o.i. nei
suoi diversi gradi in qualche modo soltanto simbolica in rapporto alla gerarchia reale
(id., 364) Un'o.i. non comporta solo una gerarchia di gradi, ma anche una gerarchia di
funzioni, e si tratta di due cose del tutto distinte, che bisogna aver cura di non confondere
mai, poich la funzione di cui qualcuno pu essere investito, a qualsiasi livello, non gli

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

conferisce un nuovo grado e non modifica menomamente ci che gi possiede. (id., 365) Le
o.i. soltanto hanno per scopo essenziale di andare aldil del dominio individuale. Va da s
che anche queste o.i. comportano, come tutte le altre, un elemento psichico che pu
svolgere una determinata funzione effettiva, per esempio costituire una difesa nei
confronti del mondo esterno. (id., 72) Non in quanto semplice collettivit che bisogna
considerare un'o.i., perch non assolutamente questo carattere a determinare la possibilit
di svolgere la funzione che ne costituisce la ragion d'essere. (id., 73) Quando un'o.i. si trova
in uno stato di degenerazione piuttosto accentuato, anche se l'influenza spirituale vi
sempre presente, la sua azione necessariamente sminuita ed allora, per contrapposto, le
influenze psichiche possono agire in modo pi apparente e talvolta quasi indipendente.
(id., 74) Le o.i. prive di legami coll'insieme di una determinata forma tradizionale sono,
almeno in linea di principio, compatibili con qualsiasi exoterismo, ma, dal punto di vista
iniziatico, non lo sono affatto coll'assenza di un exoterismo tradizionale. (id., 79) Il lavoro di
un'o.i. deve sempre essere compiuto in nome del principio spirituale da cui essa
procede e che in qualche modo essa destinata a manifestarsi nel nostro mondo. (id., 197)
Le o.i. che si mantengono strettamente sul loro proprio terreno rimangono estranee da
deviazioni e la loro stessa regolarit le costringe a riconoscere soltanto ci che presenta
un carattere d'ortodossia, fosse pure nell'ordine exoterico. (Simb., 1962, 40) Processo i.
Il p.i. riproduce rigorosamente il processo cosmogonico, secondo l'analogia costitutiva del
macrocosmo e del microcosmo. (Dante, 1925, 53) Prove i. Quelle che si chiamano p.i.
sono essenzialmente dei riti. (Cons., 1946, 232) Le p.i. costituiscono un insegnamento dato
sotto forma simbolica e destinate ad essere meditate ulteriormente. Per maggior precisione
diremmo che le p.i. sono riti preliminari o preparatori all'iniziazione propriamente detta;
esse ne costituiscono il preambolo necessario, sicch l'iniziazione stessa come la loro
conclusione o il loro scopo immediato. Le p.i. rivestono spesso la forma di viaggi
simbolici e, sotto questo aspetto, esse si presentano come una ricerca conducente l'essere
dalle tenebre del mondo profano alla luce iniziatica. (id., 233) In fondo le p.i. sono
essenzialmente riti di purificazione. (id., 233-234) Punto di vista i. Il p. di v.i. deve, al
contrario, tenere conto delle condizioni attuali degli esseri manifestati, e precisamente degli
individui umani come tali, il suo scopo essendo appunto quello di condurli ad affrancarsi
da tali condizioni. (In., 1952, 56) Qualificazioni i.- Le q.i. sono esclusivamente del
dominio dell'individualit. (Cons., 1946, 133) Le q.i., quali si possono determinare dal
punto di vista propriamente teorico , non sono tutte di ordine esclusivamente
intellettuale, ma comportano anche la considerazione degli altri elementi costitutivi
dell'essere umano. (id., 358) Qualit i. La q.i., una volta ricevuta, non per nulla legata
al fatto di essere membro attivo di tale o di tal'altra organizzazione. (Cons., 1946, 155)
Realizzazione i. Ogni r.i. dunque essenzialmente e puramente interiore ,
contrariamente all' uscita da s che costituisce l' estasi nel senso esatto ed etimologico
di questa parola. (Cons., 1946, 43) L'individualit deve necessariamente essere presa come
mezzo ed appoggio della r.i. (id., 133) L'essere che intraprende il lavoro di r.i. deve
necessariamente partire da un certo stato di manifestazione, quello dove attualmente
situato e che comporta tutto un insieme di condizioni determinate. (id., 134)

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Ricollegamento i. La necessit del r.i. non una necessit di principio, ma soltanto una
necessit di fatto, la quale per, nello stato che ci proprio e che pertanto siamo obbligati a
prendere come punto di partenza, si impone in modo non meno rigoroso. (In., 1952, 57)
Rito-i i. Perch i r.i. abbiano il loro effetto bisogna che siano compiuti da coloro che hanno
qualit per adempierli. (Cons., 1946, 77) I veri r.i. non possono essere attribuiti ad autori
umani, che di fatto per essi non sono mai stati conosciuti. (id., 81) Il r.i. porta sempre in se
stesso la sua efficacia, a condizione, ben inteso, che sia compiuto in conformit alle regole
tradizionali che ne assicurano la validit e al di fuori delle quali non sarebbe pi che una
forma vuota ed un vano simulacro. (id., 151) L'efficacia del r.i. interamente indipendente
dal valore dell'individuo che lo compie; solo la funzione conta qui e non l'individuo come
tale; in altri termini, la condizione necessaria e sufficiente che egli abbia ricevuto
regolarmente il potere di compiere tale r.i. (id., 152) I r.i. sono riservati e non concernono
che un'lite munita di qualificazioni particolari. (id., 153) I r.i. conferiscono un carattere
definitivo e indelebile. (id., 154) Rituale i. Se il r.i. prende per appoggio il mestiere,
talch ne , per cos dire, derivato per un'appropriata disposizione, l'adempimento di
questo r.i., per essere realmente e pienamente valido, esiger condizioni fra cui si
ritroveranno quelle per l'esercizio stesso del mestiere. (Cons., 1946, 141). Segreto i. Il
vero segreto risiede unicamente nell'inesprimibile ed una parte di inesprimibile si trova
necessariamente in qualsiasi verit di ordine trascendente: questo essenzialmente il senso
profondo del s.i. (Regno., 1945, 107) Il s.i. consiste essenzialmente nell' inesprimibile ,
che, per conseguenza, necessariamente l' incomunicabile . (Cons., 1946, 124) Il s.i. non
pu essere mai tradito, poich in se stesso inafferrabile e inaccessibile ai profani e non pu
essere penetrato da essi, la sua conoscenza non essendo che la conseguenza stessa
dell'iniziazione. Il s.i. di natura tale da non potersi esprimere con parole (id., 125) Il vero
s.i. inviolabile per natura e si difende da se stesso controlla curiosit dei profani; ciascuno
potr pi o meno penetrare questo s.i. secondo l'estensione del proprio orizzonte
intellettuale, ma anche se riuscisse a penetrarlo integralmente non potrebbe mai
comunicare ad un altro ci che egli stesso avr compreso. (id., 271) Trasmissione i. La
t.i., non sapremmo meglio caratterizzarla che dicendola essenzialmente la trasmissione di
un'influenza spirituale. (Cons., 1946, 30-49-50)

INIZIATO L'i. non un soggetto , anzi ne il contrario; ogni tendenza alla passivit
non pu essere che di ostacolo all'iniziazione e, quando predominante, costituisce una
squalificazione irrimediabile. (Cons., 1946, 303) L'exoterismo, in realt, ben lungi
dall'essere rigettato, deve essere trasformato in misura corrispondente al grado
raggiunto dall'i., poich questi diventa viepi atto a capirne le ragioni profonde. (In., 1952,
80)

INIZIAZIONE L'i. una presa di possesso cosciente degli stati superiori. (Dante, 1925,
52) Lo scopo reale dell'i. non solamente la restaurazione dello stato edenico . (id., 51)

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L'i. ci che incarna veramente lo spirito di una tradizione e ci permette, per di pi,
l'attualizzazione effettiva degli stati sovrumani. (Regno., 1945, 233) L'i., nella sua prima
parte, ha per scopo la restaurazione dello Stato Primordiale, in altri termini, per questa i., se
effettivamente realizzata, l'uomo ricondotto, dalla condizione decentrata che
proprio la sua, alla situazione centrale che deve normalmente appartenergli. (Triade, 1945,
64) Nel caso dell'i. appartiene all'individuo l'iniziativa di una realizzazione che si
perseguir metodicamente, sotto un controllo rigido e incessante, e che dovr normalmente
condurre a superare le stesse posizioni dell'individuo come tale. (Cons., 1946, 31) L'i. ha
essenzialmente per scopo di superare le possibilit dello stato individuale umano e di
rendere effettivamente possibile il passaggio agli stati superiori, ed anche, infine, di
condurre l'essere oltre ogni stato condizionato. In riguardo la semplice comunicazione con
gli stati superiori non pu essere considerata un fine, bens solo un punto di partenza. (id.,
42) La prima delle condizioni per l'i. una certa attitudine o disposizione naturale, senza la
quale ogni sforzo sarebbe vano, poich l'individuo non pu evidentemente sviluppare che
quelle possibilit che porta in s fin dall'origine. (id., 44) L'i. ci che tutte le tradizioni
s'accordano nel designare come la seconda nascita . (id., 47) L'i. essenzialmente
regolare e non ha nulla a che vedere con le anomalie. (id., 48) L'i. implica tre condizioni
che si presentano in modo successivo e che si potrebbero far corrispondere rispettivamente
ai tre termini di potenzialit , virtualit e attualit : la qualificazione, la trasmissione,
il lavoro interiore. (id., 51) Il collegamento ad un'organizzazione tradizionale regolare non
soltanto una condizione necessaria dell'i., ma anche ci che costituisce l'iniziazione nel
significato pi stretto. (id., 52) Relativamente all'individuo, l'intenzione di collegarsi ad una
tradizione di cui possa avere qualche conoscenza esteriore non pu affatto essere
sufficiente in se stessa per assicurargli l'i. (id., 55) L'individuo non deve avere soltanto
l'intenzione di essere iniziato, ma deve essere accettato da un'organizzazione
tradizionale regolare, avente qualit per conferirgli l'i. (id., 57) La parte dell'individuo che
conferisce l'i. un parte di trasmettitore , nel senso pi esatto della parola. (id., 83) L'i.,
nel vero significato della parola, implicando particolari qualificazioni , non pu essere di
ordine religioso. (id., 103) Pretendere che l'i. possa essere derivata dalla religione invertire
tutti i rapporti normali che risultano dalla natura stessa delle cose. (id., 105) La diversit dei
modi di i., sia da una forma tradizionale ad un'altra e sia all'interno di una stessa forma
tradizionale, ha precisamente lo scopo di rispondere alla diversit di attitudini individuali.
(id., 136) In riguardo all'i., le qualificazioni richieste per riceverla sono distinte da quelle che
possono essere necessarie per esercitare anche una funzione in un'organizzazione
iniziatica. (id., 143-144) L'i. non , come le realizzazioni mistiche, qualcosa che cada da oltre
le nubi, senza che si sappia come e perch; essa si basa invece su leggi scientifiche positive o
su regole tecniche rigorose. (id., 152) L'i., a qualsiasi grado, rappresenta per l'essere che l'ha
ricevuta un'acquisizione puramente, uno stato che, virtualmente ed effettivamente, egli ha
raggiunto una volta per sempre e che ormai nulla pu togliergli. (id., 154) Lo scopo stesso
dell'i. propriamente di liberare l'essere da tutte le contingenze e non di imporgli nuovi
legami da aggiungersi a quelli che gi naturalmente condizionano l'esistenza dell'uomo
ordinario. (id., 302-303) L'i. deve precisamente condurre alla coscienza pienamente

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realizzata ed effettiva del S. (id., 304) Coll'i. l'essere passa dunque dalle tenebre alla luce
, come il mondo, alla sua stessa origine, vi passato per l'atto del Verbo Creatore e
Ordinatore (id., 378) Lo stato dell'essere anteriormente all'i. costituisce la sostanza
indistinta di quello che egli potr diventare effettivamente in seguito. (id., 379). Senza
preventiva i. nessuna realizzazione metafisica possibile. (In., 1952, 30) I. deriva da
initium e questa parola significa propriamente entrata o punto di partenza :
l'entrata in una via che resta da percorrere, o meglio il punto di partenza di una nuova
esistenza. (id., 60) Molta gente sembra dubitare della necessit, per chi aspira all'i., di
riallacciarsi, come prima cosa, ad una forma tradizionale exoterica e di osservarne le
prescrizioni. (id., 77) L'adesione ad un exoterismo una condizione preliminare per
arrivare all'esoterismo, n si deve pensare che tale exoterismo possa essere rigettato una
volta ottenuta l'i. (id., 80) Qualsiasi i. presenza un certo lato karmico , in quanto qualsiasi
i. implica la pratica di particolari riti. (id., 159) Tutto ci che soltanto psichico non pu
avere alcun rapporto effettivo e diretto coll'i., perch questa consiste, nella sua essenza,
nella trasmissione di un'influenza spirituale, destinata a produrre effetti di ordine
spirituale. (id., 194)

INTEGRALE Calcolo i. Il c.i. consiste nel calcolare i limiti di somme di elementi la cui
moltitudine cresce indefinitamente nello stesso tempo in cui il valore di ciascuno decresce
indefinitamente. (Calc. Inf., 1946, 53)

INTEGRAZIONE L'i. deve essere ritenuta un'operazione essenzialmente sintetica, per il


fatto che racchiude simultaneamente tutti gli elementi della somma che si deve calcolare,
conservando tra essi la indistinzione che conviene alle parti del continuo. (Calc. Inf.,
1946, 87) In virt di una trasposizione analogica di portata incomparabilmente pi grande
di quella che sembrano avere in se stesse, l'i. e le altre operazioni dello stesso genere
appariranno veramente come un simbolo della realizzazione metafisica. (id., 90)

INTELLETTO L'i., in quanto principio universale, potrebbe essere concepito come ci


che contiene la Conoscenza Totale. (Stati, 1931, 123) L'i., per cogliere direttamente i principi
universali, deve essere esso stesso di ordine universale. (Met., 1939, 7)

INTELLETTUALE lite i. Quel che non commettiamo l'errore di confondere l'.i.


con gli eruditi di professione. (Int., 1921, 295) Per l'.i. la tradizione, nella sua forma
profonda, non deve essere concepita sotto la forma religiosa, la quale soltanto il prodotto
di un adattamento alle condizioni della mentalit generale e media. (id., 309) Checch ne
possa dire qualcuno, la costituzione di qualsiasi .i. inconciliabile coll'ideale democratico.
(Or. Occ., 1924, 66) Una completa riforma dello spirito occidentale non potr evidentemente
essere attuato che in una ristretta e.i. (id., 123) La costituzione preventiva di un .i. nel senso

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vero della parola rappresenterebbe l'unica possibilit di impedire il ritorno alla barbarie per
l'Occidente. (id., 124) La speculazione sar l'occupazione normale dell'e.i. (id., 142) Ogni
razza ha il proprio temperamento, tuttavia solo un'.i. molto ristretta potrebbe non avere
da tenerne conto. (id., 145) Se la conoscenza dei principi sar posseduta da un'.i.
abbastanza potente da determinare la mentalit generale adatta, tutto il resto avverr colle
apparenze della spontaneit. (id., 172) L'aspetto intellettuale puro, d'altronde, riguarda
direttamente l'.i., la quale sola deve essere necessariamente cosciente della comunicazione
che viene a stabilirsi tra i due domini, assicurandosi in tal modo l'unit totale della dottrina
tradizionale. (id., 182) Pensiamo che non sia difficile capire come l'.i. non abbia per noi
niente in comune con ci che nell'Occidente moderno va talvolta sotto il medesimo nome.
(id., 185) Le attitudini di cui intendiamo parlare riferendoci all'.i. sono dell'ordine
dell'intellettualit pura, quindi non possono essere determinate mediante criteri esteriori,
n si tratta di cose che abbiano alcunch a vedere coll'istruzione profana. (id., 186) Ai nostri
giorni, l'.i. come noi la concepiamo effettivamente inesistente in Occidente. (id., 187) La
sola cosa attuabile, fermo restando le circostanze, un lavoro che permetta di dare in
qualche modo coscienza di se stessi agli elementi possibili della futura .i. (id., 188) Cos
come la metafisica non pu venir rinchiusa nelle formule di un sistema o di una teoria
particolare, cos l'.i. non potr assumere le forme di una societ costituita con statuti,
regolamenti, riunioni e tutte le altre manifestazioni esteriori necessariamente implicite in
questa parola. (id., 190) Al punto in cui siamo nessuno potrebbe dire con certezza in qual
modo l'.i. verr costituita, se mai lo sar si tratta probabilmente di una avvenire lontano ed
a questo proposito non il caso di farsi illusioni. (id., 192) L'appoggio degli Orientali non
verrebbe a mancare all'.i. nello svolgimento della sua opera; ma ci presuppone un'.i.
occidentale gi costituita e per questa costituzione necessario che l'iniziativa parta
dall'Occidente. (id., 195) Anche volendo ammettere che le circostanze per la costituzione di
un'.i. in Occidente siano le pi favorevoli possibili, tale costituzione lungi dall'apparire
come immediatamente realizzabile, ma ci non vuol dire che non si debba pensare gi fin
d'ora alla sua preparazione. (id., 200) L'.i. lavorer prima di tutto per se stessa, sennonch,
nello stesso tempo e con ci stesso, essa lavorer anche necessariamente, bench meno
immediatamente, per l'Occidente in generale. (id., 202) Pu darsi che la civilt occidentale
moderna debba scomparire a causa di qualche cataclisma prima che l'azione dell'.i. sia
compiuta. Se ci dovesse avvenire prima che l'.i. fosse pienamente costituita, i risultati del
lavoro precedente si limiterebbero evidentemente ai benefici intellettuali che ne avrebbero
avuto tutti coloro che ne abbiano fatto parte. Se l'.i. fosse invece gi giunta a costituirsi,
essa sarebbe realmente, durante il periodo dello sconvolgimento, l' arca simbolica
galleggiante sulle acque del diluvio . (id., 203204) Come abbiamo detto, l'.i. non avrebbe
bisogno di essere molto numerosa, soprattutto all'inizio. (id., 206) L'.i. non avrebbe nessun
bisogno di far conoscere pubblicamente i mezzi della sua azione, soprattutto perch ci
sarebbe inutile e perch, quand'anche lo volesse, non potrebbe renderli comprensibili in un
linguaggio intellegibile alla maggioranza. (id., 207) Per questo noi dichiariamo
formalmente che il fine essenziale che l'.i. dovr assegnare alla propria attivit, nel caso
cui giunga a costituirsi, il ritorno dell'Occidente ad una civilt tradizionale. (id., 209-210)

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

Ripetiamo perci che ancora permesso sperare che l'.i. possa costituirsi pienamente e
portare a termine la sua opera, in modo che l'Occidente non solo si salvi dal caos, ma ritrovi
i principi ed i mezzi di uno sviluppo che gli sia proprio, pur associandosi con quello delle
altre civilt. (di., 218) Nel primo periodo attraverso lo studio delle dottrine orientali, pi
che con qualsiasi altro mezzo, che coloro i quali saranno chiamati a far parte dell'.i.
potranno acquistare e sviluppare in se stessi la pura intellettualit, poich in Occidente non
sarebbe dato loro di trovarla. (id., 219) nella direzione di condurre aldil di tutte le forme,
qualunque esse siano, per impadronirsi di tutto ci che costituisce l'essenza di tutte le
tradizioni, che dovr ancora proseguire l'opera dell'.i., anche quando l'Occidente sar
nuovamente in possesso di una civilt regolare e tradizionale. (id., 221) Intuizione i.
L'i.i., di cui la filosofia moderna ha negato l'esistenza, per la semplice ragione che la sua
comprensione le era interdetta, la si pu ancora designare con nome di intelletto puro
seguendo l'esempio di Aristotele e della Scolastica. (Int., 1921, 97) L'i.i.
contemporaneamente il veicolo della conoscenza e la conoscenza stessa ed in essa il
soggetto e l'oggetto si unificano e si identificano. (id., 142) L'i.i., per mezzo della quale la
conoscenza metafisica si pu ottenere, non ha assolutamente nulla a che vedere con quelle
intuizioni infrarazionali siano esse di ordine sentimentale, istintivo o puramente
sensibile che sono le sole ad essere tenute in conto dalla filosofia contemporanea. (Or.
Occ., 1924, 165) Noi non intendiamo punto negare qui la possibilit dell'i.i. diretta, che anzi
affermiamo assolutamente indispensabile, e senza di cui non esiste concezione metafisica
effettiva. (id., 229) L'i.i., mediante la quale si ottiene la vera conoscenza metafisica, nulla ha
da spartire con quell'intuizione di cui parlano certi filosofi contemporanei, irrazionalisti
e vitalisti . (Crisi, 1927, 64) I moderni, i quali nel dominio dell'intelligenza non conoscono
nulla di superiore alla ragione, non concepiscono nemmeno cosa possa essere l'i.i. (id., 65)
Nelle civilt di tipo tradizionale, l'i.i. il principio di tutto. (id., 66) Orgoglio i.
L'espressione o.i. evidentemente contraddittoria in se stessa, perch, se le parole hanno
un significato definito, l'orgoglio non pu che appartenere alla sfera prettamente
sentimentale. (id., 1952, 132) Originalit i. La pretesa o.i., la quale contribuisce in
buona parte alla nascita dei sistemi filosofici, presso gli Occidentali cosa del tutto
moderna e che ancora il Medio Evo ignorava. (Int., 1921, 42) Progresso i. Scambiare per
p.i. quello che soltanto uno sviluppo puramente materiale, limitato al piano delle scienze
sperimentali e soprattutto delle loro applicazioni industriali, costituisce veramente la pi
ridicola di tutte le illusioni. (Spiritismo, 1923, 273) vero che alcuni parlano anche di p.i.,
ma questa espressione, per loro, essenzialmente un sinonimo di progresso scientifico e
si applica soprattutto allo sviluppo delle scienze sperimentali e delle loro applicazioni. (Or.,
Occ., 1924, 36) Punto di vista necessario, prima di tutto, attenersi al p. di v.i. e, per
una ripercussione del tutto naturale, le conseguenze si estenderanno in seguito per gradi e,
pi o meno rapidamente, a tutti gli altri campi, compreso quello delle istituzioni sociali.
(Or. Occ., 1924, 201)

INTELLETTUALIT L dove l'i. ridotta al suo minimo del tutto naturale che la

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sentimentalit prenda il sopravvento. (Or., Occ., 1924, 38) Soppressa l'i. ogni campo
contingente e particolare considerato indipendente: l'uno invade l'altro e tutto si mescola
e si confonde in un caos inestricabile. (id., 162) Bisogna prima di tutto mettersi sul piano
della pura i., perch non si pu fare nulla di valido se non si incomincia in questo modo.
(id., 164) Il fatto di dedicarsi alla pura i. non implica che si perda di vista l'influsso che essa
pu e deve esercitare in tutti i campi, sia pure indirettamente e quand'anche tale influenza
non sia espressamente voluta. (id., 175) Quando l'i. completamente perduta, come
nell'epoca moderna, naturale che la parte superiore ed interiore della tradizione
diventi sempre pi nascosta e inaccessibile. (Aut., 1929, 70) In molti ambienti cattolici,
anche ecclesiastici, si testimonia una sorta di diffidenza verso l'i. in genere, persino nelle
persone stesse cui incombe l'insegnamento. Costoro sono stati cos intaccati dallo spirito
moderno che non sanno pi cosa sia la vera i., che confondono col razionalismo. Noi
pensiamo precisamente che quello che innanzitutto importa restaurare l'i. e con essa il
senso della dottrina e della Tradizione. (Simb. 1962, 17)

INTERIORE Guru i. II G.i. sempre presente in tutti i casi, dato che egli una sola
cosa col S vero e proprio. (In., 1952, 174) Preparazione i. Se per la p.i. si impiegano
ancora le parole, queste sono solo dei simboli destinati a fissare la contemplazione
interiore. Con questa p.i. l'individuo condotto a certi stati che gli permettono di superare
la conoscenza razionale. (Mel., 1976, 51)

INTERO Numero-i i. II n.i. il solo vero numero, quello che si potrebbe chiamare il
numero puro, e la serie dei n.i., partendo dall'unit, va crescendo indefinitamente, senza
mai arrivare ad un ultimo termine, la cui supposizione contraddittoria. (Calc. Inf., 1946,
19)

INTUIZIONISMO L'i. abbassa la verit relativa a nulla pi che una rappresentazione


della realt sensibile o, pi precisamente, ad una rappresentazione di tutto ci che la realt
sensibile ha di inconsistente e di incessantemente mutevole. (Or. Occ., 1924, 25)
L'atteggiamento dell'i. nei confronti del razionalismo in certo modo parallelo a quello del
neospiritualismo rispetto al materialismo: in entrambi i casi si tratta di una direzione nel
senso dell'infraumano. (Regno., 1945, 267)

INVARIABILE MEZZO L'I.M. della tradizione estremo-orientale il punto fisso intorno


a cui si effettua la rotazione delle sfere, la mutazione perpetua del mondo manifestato.
(Dante, 1925, 67) L'I.M. il luogo ove si riflette per ogni stato dell'essere l'Attivit del Cielo.
(Croce, 1931, 174) necessario uscire dalla serie indefinita degli stati manifestati e delle
loro mutazioni per raggiungere l'I.M., punto fisso e immobile che governa il movimento
senza parteciparvi. (id., 193) L'I.M. il punto unico dove si opera l'unione delle influenze

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celesti e delle influenze terrestri, nel medesimo tempo che anche il solo da cui possibile
una comunicazione diretta con gli altri stati d'esistenza. (Triade, 1945, 90) L'I.M.
determinato dall'incontro dell'Asse del Mondo col dominio delle possibilit umane. (id.,
103)

INVERNO Solstizio d'i. II punto di partenza che possiamo chiamare normale,


direttamente in conformit colla Tradizione Primordiale, quello di fare cominciare l'anno
al s.d'i. (Forme, 1970, 39)

IO La cosiddetta unit dell'I., e cio dell'essere individuale, che sembra essere cos
indispensabile alla psicologia occidentale un'unit frammentaria, poich si riferisce solo
ad una porzione dell'essere, vale a dire ad uno dei suoi stati presi a s ed arbitrariamente
fra un'indefinit d'altri. (Stati., 1931, 44) Non ci sembra il caso di insistere sulla scarsa
importanza che pu assumere l'I. nella totalit dell'essere, poich non rappresenta che uno
stato come gli altri e fra un'indefinit di altri. (id., 47)

IRRAZIONALE Numeri i. I n.i. rappresentano il risultato di una estrazione di radice


aritmeticamente impossibile, ad esempio la radice quadrata di un numero che non un
quadrato perfetto. (Calc. Inf., 1946, 22)

ISHVARA I. una determinazione o specificazione di Brahma, implicante un grado


minore di universalit; detto saguna o qualificato e savishsha , o direttamente
concepibile , perch atto a ricevere attribuzioni che si ottengono per trasposizione
analogica, nell'universale, delle diverse qualit o propriet degli esseri di cui il principio.
(id., 195) I. visto sotto tre aspetti principali, formati la Trimrti o triplica manifestazione
. (id., 190) La considerazione di I. gi un punto di vista relativo: la pi alta relativit, la
prima di tutte le determinazioni. (Ved., 1925, 31)

ISLAM A proposito dell'I. vi da segnalare l'unit della sua lingua tradizionale; tale
lingua l'arabo, ma ci resta da precisare che si tratta dell'arabo letterario, distinto in certa
misura dall'arabo popolare, che ne costituisce un'alterazione o, grammaticalmente, una
semplificazione (Int., 1921, 67) Nell'I. la tradizione presenta due aspetti distinti, l'aspetto
religioso (ed quello a cui si ricollega direttamente l'insieme delle istituzioni sociali) e,
quello propriamente orientale, l'aspetto metafisico (id., 73) proprio la presenza della
forma religiosa, grazie alla quale l'I. pi si avvicina all'Occidente, che rischia di risvegliare
suscettibilit che, per quanto poco giustificate, non sarebbero senza pericolo. (Or. Occ.,
1924, 223) 11 senso esatto della parola I. sottomissione alla Volont Divina . (Croce,
1931, 195)

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ISLAMICO Civilt i. La c.i. e, tra le civilt orientali, quella che pi si avvicina


all'Occidente e si potrebbe dire che, per le sue caratteristiche e per la sua situazione
geografica, essa sia l'intermediaria naturale, sotto diversi aspetti, fra l'Oriente e l'Occidente.
(Int., 1921, 66) Quello che non bisogna dimenticare che la c.i., in tutti i suoi elementi
essenziali, rigorosamente tradizionale. (Or. Occ., 1924, 119) La c.i. precisamente quella le
cui caratteristiche si avvicinano di pi, sotto molti aspetti, a quelle della civilt europea del
Medio Evo. (id., 176) Esoterismo i. per non suscitare ostilit che non ci pare opportuno
appoggiarsi principalmente (per risvegliare l'intellettualit occidentale n.d.r.) sull'e.i., ma
ci naturalmente non impedisce che tale esoterismo, di essenza propriamente metafisica,
offra l'equivalente di quanto si trova nelle altre dottrine; si tratta, dunque, lo ripetiamo, di
una semplice questione di opportunit. (Or. Occ., 1924, 224) L'e.i. nulla ha da vedere col
misticismo. (Ap. I.T., 1975, 21) L'e.i., come del resto ogni vero esoterismo, iniziatico e non
pu essere altro. (id., 22)

ISLAMISMO Pani. In Occidente si ha l'abitudine di agitare ad ogni occasione lo


spettro del P., ma non certo il caso di esagerare. II vero P. soprattutto un'affermazione di
principio, dal carattere essenzialmente dottrinale; ad ogni buon conto il P. non ha niente in
comune con un qualunque nazionalismo, il quale del tutto incompatibile con i concetti
fondamentali dell'Islam. (Or. Occ., 1924, 118) Il P., sotto qualsiasi forma si presenti, non
potr mai identificarsi con un movimento quale il Bolscevismo. (id., 119)

ISOLA L'i. rimane immutabile in mezzo all'agitazione incessante dei flutti, agitazione
che qui un'immagine di quella del mondo esteriore. (Re, 1927, 83)

ITALIA nondimeno permesso di pensare che da Pitagora a Virgilio e da Virgilio a


Dante, la catena della Tradizione non fu mai interrotta sulla terra d'I. (Dante, 1925, 17)

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-J-

JATI La parola j. significa letteralmente nascita , ma non la si deve intendere nel senso
di eredit ; essa designa la natura individuale dell'essere, nella misura in cui
necessariamente determinata dalla sua nascita, come insieme delle possibilit che si
svilupperanno nel corso della sua esistenza. (Hind., 1965, 76)

JUNG Per l'interpretazione dei simboli J. part da un paragone che egli credette di poter
stabilire tra certi simboli e alcuni disegni tracciati da malati. Tutto questo fu aggravato dal
fatto che J., per spiegare ci di cui i fattori puramente individuali non sembravano poter
rendere conto, fu spinto a formulare l'ipotesi di un presunto inconscio collettivo ,
esistente in un certo modo nello o sotto lo psichismo di tutti gli individui umani ed al
quale credette di poter riferire, nello stesso tempo ed indistintamente, l'origine dei simboli
medesimi e quelli delle loro caricature patologiche. (Simb., 1962, 46-47)

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-K-

KALPA Il K. rappresenta lo sviluppo totale di un mondo, vale a dire di uno stato o grado
dell'Esistenza Universale. (Forme, 1970, 12)

KMA K. corrisponde effettivamente a rajas e, come desiderio, il mobile dell'attivit


che conviene propriamente agli kshatriya. (Hind., 1965, 80)

KARMA K., in tutte le sue modalit, comporta necessariamente una certa attivit di
ordine corporeo. (In., 1952, 152) K. ha una funzione preparatoria, dato che la via
corrispondente conduce soltanto ad un certo punto. (id., 153) Quando il termine k., si
applica ad una via o ad una forma iniziatica, deve essere inteso prima di tutto nel senso
tecnico di azione rituale . (id., 159)

KSHATRIYA In India certe suddivisioni secondarie della dottrina sono state studiate
specialmente dagli K. (Aut., 1929, 37) Esistono libri tradizionali che sono destinati
particolarmente all'uso degli K. e scienze tradizionali che si adattano soprattutto agli K.
(id., 38) Pu accadere che gli K., quando entrano in conflitto coll'autorit spirituale,
disconoscano il carattere relativo e subordinato di queste conoscenze. Conseguenza di tale
atteggiamento, nelle concezioni degli K. in rivolta, il rovesciamento dei rapporti normali
tra i principi e le loro applicazioni, o talvolta, nei casi pi estremi, addirittura la negazione
di ogni principio trascendente. (id., 39) Gli K., pur essendo ribelli, tendono
prevalentemente ad affermare una dottrina tronca, falsata dall'ignoranza o dalla negazione
di tutto ci che supera la sfera fisica ; essi possono addirittura giungere a sostenere che
tale dottrina incompleta ed irregolare sia l'espressione della tradizione vera. Tutto ci pu
riassumersi in poche parole: la rivolta degli K. conduce all'eterodossia. (id., 55) Lo K. in
India il prototipo degli esseri mutevoli. (id., 65) Nella natura dello K. predomina rajas e lo
fa tendere alle possibilit comprese nello stato umano. (id., 66) Di norma appartiene agli K.
il potere esteriore, in quanto la sfera dell'azione, quella che li riguarda pi direttamente, il
mondo esterno e sensibile. (id., 77) In cambio della garanzia che l'autorit spirituale d al
loro potere, gli K., mediante la forza di cui dispongono, devono assicurare ai Brhmana il
mezzo per svolgere in pace, al riparo dal disordine e dall'agitazione, la propria funzione di
conoscenza e di insegnamento. (id., 78) Il posto assegnato agli K., cio all'azione, pur
essendo subordinato come deve essere normalmente, tuttavia ben lungi dall'essere
trascurabile, poich comprende tutto ci che si pu chiamare il potere apparente. (id., 80)
La rivolta degli K. contro i Brhmana prepara l'avvento delle caste pi basse. (id. 88) La
ribellione degli K. and oltre il suo obiettivo e gli K. non furono capaci di arrestare il
movimento, che cos avevano scatenato, nel punto preciso in cui avrebbero potuto trarne

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vantaggio: ad approfittarne furono in realt le caste inferiori. (id., 95) Si potrebbe dire che
gli K., quando si ribellano, in qualche modo si degradano e perdono il proprio carattere per
assumere quello di una casta inferiore. (id., 108) La ribellione degli K. prepara dunque
quella dei Vaisciya e degli Shdra. (id., 133)

KUNDALINI K. un aspetto della Shakti considerata come forza cosmica e questa


forza, risiedendo nell'essere umano, ivi agisce come forza vitale. Il nome di K. significa che
essa rappresentata come arrotolata su di essa allo stesso modo di un serpente; le sue
manifestazioni pi generali si effettuano sotto la forma di un movimento o spirale,
sviluppantesi a partire da un punto centrale. K. dimora immobile nel centro-radice
come base e supporto di tutta la manifestazione individuale. Quando svegliata , essa si
svolge e si muove in direzione ascendente, riassorbendo in s le Shaktis secondarie, nella
misura in cui attraversa i diversi centri. La natura di K. descritta come insieme luminosa e
sonora; si sa che la luminosit considerata come caratterizzante lo stato sottile e si
conosce, d'altronde, il ruolo primordiale del suono nel processo cosmogonico. (Hind., 1965,
35) K., nel suo stato di riposo risiede nel mldhara chakra, centro localizzato alla base
della colonna vertebrale. (id., 36)

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-L-

LABIRINTO Il l. ha una duplice ragion d'essere, nel senso che permette o impedisce,
secondo il caso, l'accesso ad un certo luogo in cui non devono penetrare tutti
indistintamente: soltanto coloro che sono qualificati potranno percorrerlo fino in fondo. Si
vede immediatamente come vi sia implicita l'idea di selezione , in evidente rapporto
coll'ammissione all'iniziazione; in questo senso, il percorso del l. propriamente una
rappresentazione delle prove iniziatiche. (Simb., 1962, 180) Se la caverna il luogo in cui si
compie l'iniziazione, il l., luogo delle prove preliminari, il cammino che vi conduce e, al
tempo stesso, l'ostacolo che ne impedisce l'accesso ai profani non qualificati . (id., 183)

LAICO Dogmi l. Naturalmente, quando noi ci troviamo di fronte ai d.l. che quasi tutti
i nostri contemporanei hanno accettato ciecamente e la maggior parte dei quali hanno
cominciato gi a formularsi nettamente durante il XVIlI secolo, non ci possibile ammettere
che tali idee siano nate spontaneamente. (Crisi, 1927, 103)

LANCIA La l. posta verticalmente una delle figure dell'Asse del Mondo. In alcune
rappresentazioni gocce di sangue cadono dalla l. nella coppa; ora esse sono, nel loro
significato principiale, l'immagine delle influenze emanate dal Principio. (Simb., 1962, 73)

LAVORO Il l., nel modo in cui lo si considera oggi, evidentemente solo una forma
dell'azione e per di pi una forma a cui, per un pregiudizio moralistico , viene attribuita
un'importanza superiore a qualsiasi altra. (In., 1952, 95) Contrariamente a quello che pensa
l'uomo moderno, un l. qualsiasi, che chiunque indifferentemente pu compiere,
unicamente per il piacere di agire o per la necessit di guadagnarsi la vita , non merita
affatto di essere esaltato; pu anzi essere considerato come qualcosa di anormale, di
opposto all'ordine che dovrebbe reggere le istituzioni umane. (id., 96) Quello che i nostri
contemporanei sembrano ignorare completamente che un l. non ha valore reale se non
quando conforme alla natura stessa dell'essere che lo compie. (id., 97) infatti il punto di
vista iniziatico che da al l., considerato secondo il concetto tradizionale, il suo significato
pi profondo e la sua portata pi alta e che lo riallaccia all'ordine cosmico stesso, cio
direttamente ai principi universali. (id., 98)

LEGAME Un l. pu essere concepito come un qualcosa che incatena o come un qualcosa


che unisce: vi corrispondono nel simbolismo del l. due punti di vista. Il punto di vista che
considera il l. un impedimento quello dell'essere manifestato in quanto tale, nel senso che
si considera attaccato a certe condizioni d'esistenza e da esse rinchiuso entro i limiti del

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suo stato contingente. L'altro punto di vista quello universale che abbraccia la totalit
degli stati ed il l. ci che li unisce, non solo fra di loro, ma anche al loro Principio comune.
(Simb., 1962, 350)

LEGGE In linea di principio la l. pu essere considerata come un Volere Universale.


(Int., 1921, 183) La l., negata nel momento stesso in cui negato il principio dal quale
emana. (Aut., 1929, 143) La l. l'espressione o la manifestazione, per il ciclo corrispondente
al piano orizzontale nel quale avviene la rotazione della Ruota dell'Esistenza, della Volont
del Cielo. (Croce, 1931, 186)

LETTERE Scienza delle L. La S. delle L. deve essere considerata entro ordini diversi,
che si possono, in definitiva, riferire ai Tre Mondi: intesa nel suo senso superiore, la
conoscenza di tutte le cose nel Principio; nel senso mediano la cosmogonia, cio la
conoscenza della produzione e della formazione del mondo manifestato; nel senso inferiore
la conoscenza delle virt dei nomi e dei numeri, in quanto esprimono la natura di ogni
essere. (Simb., 1962, 54)

LIBERAZIONE L'essere non affatto assorbito quando ottiene la L., anche se possa
sembrarlo dal punto di vista della manifestazione; ma se lo consideriamo nella realt
assoluta, la sola che per esso sussiste, ci apparir invece dilatato oltre ogni limite, poich ha
effettivamente realizzato la pienezza delle sue possibilit. (Ved., 1925, 174) Il passaggio
dell'essere a certi stati superiori costituisce una specie di avviamento verso la L. (id., 175) La
L., allorch sar realizzata, implicher sempre una discontinuit in rapporto allo stato in cui
si trover l'essere che l'otterr. (id., 176) Nel caso in cui la L. deve essere ottenuta a partire
dallo stato umano, allora il fine vero non pi l'Essere Universale, ma il Supremo Brahma.
(id., 198) La L., vale a dire l'universalizzazione definitiva dell'essere, fine ultimo al quale
tende, differisce assolutamente da tutti gli stati che questi ha dovuto attraversare per
pervenirvi; infatti la realizzazione dello stato supremo ed incondizionato, mentre tutti gli
altri stati, anche se elevatissimi, sono sempre condizionati. (id., 202) La L. effettiva solo
quando implica per sovrappi il possesso di tutti gli stati, poich la realizzazione
perfetta e la totalizzazione dell'essere. (id., 213) La realizzazione effettiva della totalit
dell'essere, che come tale aldil di qualsiasi condizione, precisamente ci che la dottrina
ind chiama L. (Croce, 1931, 35) La L. pu essere ottenuta nella vita , il che comporta
essenzialmente, per l'essere che la ottiene, la L. assoluta e completa dalle condizioni
limitative di tutte le modalit e di tutti gli stati. (id., 206) Se il passaggio a certi stati
superiori pu rappresentare, rispetto allo stato preso come punto di partenza, un avvio
verso la L., deve essere tuttavia ben chiaro che questa, una volta realizzata, implicher
sempre una discontinuit in rapporto allo stato nel quale si trover attualmente l'essere che
l'avr ottenuta. (Stati, 1931, 106)

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LIBERT Per provare metafisicamente la l. non affatto necessario preoccuparsi dei


vari argomenti filosofici ed invece sufficiente stabilire che essa una possibilit, dal
momento che il possibile ed il reale sono metafisicamente identici. A questo scopo
possiamo definire la l. come assenza di costrizione. (Stati, 1931, 135) La l. si ritrova nel
dominio dell'Essere, in altri termini la l. appartiene anche all'Essere ed anzi una
possibilit d'essere o una possibilit di manifestazione. (id., 136) La l. una possibilit che,
a gradi differenti, attributo di tutti gli esseri, a qualunque stato appartengono, e non solo
all'uomo. (id., 138) la l. intesa in senso universale che risiede propriamente nell'istante
metafisico del passaggio dalla causa all'effetto. (id., 139) Nell'Essere, o pi esattamente
nella manifestazione, la l. si attua nell'attivit differenziata che, nello stato individuale
umano, prende la forma dell'azione nel senso abituale della parola. (id., 140)

LIBRO L'universo , in certe tradizioni, rappresentato come un l. (Croce., 1931, 123)

LIMITE La nozione di l. una delle pi importanti che dobbiamo esaminare, perch


da essa che dipende ogni valore del metodo infinitesimale in quanto a rigorosit. (Calc. Inf.,
1946, 53) Il l. concepito essenzialmente come una quantit fissa e determinata. (id., 54) Noi
non abbiamo detto che il l. non poteva in alcun modo essere raggiunto, ma ed ci che
essenziale ben precisare che non poteva esserlo nella variazione e come termine di
questa. (id., 56) Il l. appartiene essenzialmente al dominio delle quantit fisse. La nozione
matematica del l. implica, per la sua stessa definizione, un carattere di stabilit e di
equilibrio, carattere che quello di qualsiasi cosa di permanente e di definitivo. (id., 96)
Passaggio al l. per mezzo della legge di continuit che Leibnitz pretende di
giustificare il p. al l., che non costituisce la minore delle difficolt alle quali il suo metodo d
luogo dal punto di vista logico ed precisamente qui che le sue conclusioni divengono del
tutto inaccettabili. (Calc. Inf., 1946, 53) Leibnitz stimava che ci che giustifica in generale
questo p. al l. che la stessa relazione esistente tra pi grandezze variabili sussiste tra i loro
limiti fissi, quando le loro variazioni sono continue, perch allora raggiungono in effetti i
loro limiti rispettivi: in questo vi un altro enunciato del principio di continuit . (id., 54)
Ci che veramente impossibile unicamente la concezione del p. al l. come costituente il
risultato di una variazione continua. (id., 56) Leibnitz non poteva vedere che il p. al l.
implica essenzialmente una discontinuit, poich, per lui, non c'era nessuna parte di
discontinuit. (id., 77) Quando si consideri l'ambiente cosmico, si pu dire che il p. al l.
corrisponde alla fissazione definitiva dei risultati della manifestazione nell'ordine
principiale. Per conseguenza, il p. al l., in questo dominio, non ha per effetto di produrre
qualche cosa, ma soltanto di darcene la conoscenza. (id., 89) La considerazione del p. al l.
necessaria, se non alle applicazioni pratiche del metodo infinitesimale, almeno alla sua
giustificazione teorica. (id., 94) Il p. al l. implica essenzialmente una discontinuit. (id., 95)
Il p. al l. esige la considerazione simultanea, nella quantit, di due modalit diverse, in

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qualche maniera superposte. Senza un carattere di stabilit e di equilibrio il p. al l. sarebbe


un illogismo puro e semplice, perch evidente che, in quanto si resti nel dominio delle
variabili, non si pu ottenere questa fissit che la propriet del limite. (id., 96)

LINEA A rigore non si pu dire che una l. sia formata da punti: infatti essendo ognuno
di essi privo di estensione, facile capire che la loro semplice addizione quand'anche
essi fossero in moltitudini indefinite, non pu assolutamente dar luogo ad una estensione;
sono invece le distanze elementari fra i suoi punti consecutivi che in realt costituiscono la
l. (Croce, 1931, 135)

LINGUE Ci che chiamiamo le l. sono tutte le forme tradizionali, religiose o altre, forme
che, di fatto, sono soltanto adattamenti della grande Tradizione Primordiale ed Universale,
abiti diversi della Verit Unica. (Cons., 1946, 313)

LINGUAGGIO Perch il l. l'espressione della mentalit di un'epoca e di un popolo, si


deve concludere che per tutti coloro che parlano in tal guisa quello che non cade sotto i
sensi irreale , cio illusorio, o addirittura inesistente. (Crisi, 1927, 122) Il l.,
essenzialmente analitico, non invero che lo strumento del pensiero discorsivo e razionale.
(Cons., 1946, 278)

LIVELLAMENTO Il l. si effettua sempre dal basso e d'altronde non pu essere


diversamente poich questo stesso l. non che un'espressione della tendenza verso il basso.
(Regno, 1945, 68)

LOGICA La l., anch'essa una scienza speciale, ha per un legame pi diretto colla
metafisica, perch quelli che vengono chiamati i principi logici non sono che l'applicazione
e la specificazione, in un determinato dominio, dei veri principi di carattere universale.
(Int., 1921, 119) La l., riferendosi alle condizioni proprie all'intendimento umano,
contingente; essa ha carattere individuale e razionale e quelli che vengono chiamati i suoi
principi lo sono solo in senso relativo. (Or. Occ., 1924, 236) D'altra parte esistono due
maniere molto diverse di considerare la l.: c' la maniera occidentale, che consiste nel
trattarla in modo filosofico e nello sforzarsi di ricollegarla a qualche concezione sistematica;
c' poi la maniera orientale, in cui la l. istituita in scienza tradizionale e legata ai principi
metafisici. (id., 237) Ed ecco, in definitiva, le conclusioni cui vogliamo arrivare: la l. non in
se stessa qualcosa che presenti un carattere specificamente filosofico, perch essa esiste
anche l dove non si trova la particolarissima forma di pensiero a cui questa
denominazione appropriata. Da questa spiegazione si dovrebbe capire come noi
intendiamo la l. (id., 238) La l. domina realmente tutto ci che appartiene alla sfera della

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ragione e, come implicito nel suo stesso nome, questo il suo campo d'azione specifico;
per contro, tutto ci che di ordine sopra-individuale, quindi sovra-razionale, sfugge
evidentemente per ci stesso a tale dominio; a proposito delle verit di questo dominio, la l.
non pu dunque intervenire che in modo del tutto accidentale. (In., 1952, 26)

LOGICO Punto di vista l. Il p. di v.l. analitico, poich individuale e razionale. (Int.,


1921, 209)

LUCE La l. il simbolo pi comune della conoscenza. (Simb., 1962, 365)

LUNA La L., in quasi tutte le tradizioni, simboleggia il principio femminile della


manifestazione universale. (Croce, 1931, 121-122)

LUNARE Luce l. La l.l. la conoscenza riflessa, cio discorsiva, che quella della
ragione. (Simb., 1962, 365)

LUTERO Sembra che L. fosse, per lo meno politicamente, soltanto uno strumento delle
ambizioni di alcuni principi tedeschi. (Aut., 1929, 112)

LUZ Fra le tradizioni ve ne una che presenta un interesse particolare: essa trovasi nel
Giudaismo e concerne una misteriosa citt chiamata L. La parola L., nelle sue varie
accezioni, pare derivi da una radice designante tutto quello che nascosto, coperto,
avviluppato, silenzioso, segreto. (Re, 1927, 57) L. chiamata la Citt Celeste e questo colore
celeste quello dello zaffiro. (id., 58) La parola L. pure il nome dato ad una particella
corporea indistruttibile, rappresentata simbolicamente come un osso durissimo, ed alla
quale l'anima rimarrebbe legata dopo la morte e sino alla resurrezione. (id., 60) L., essendo
imperituro, , nell'essere umano, il Nocciolo di Immortalit. (id., 61) Il L. viene situato verso
l'estremit inferiore della colonna vertebrale; la localizzazione del L. nella parte inferiore
dell'organismo si riferisce solamente alla condizione dell' uomo decaduto . (id., 62) Alla
base della colonna vertebrale lo Stato di Sonno in cui si trova il L. nell'uomo comune; nel
cuore la fase iniziale della sua germinazione , propriamente la Seconda Nascita;
nell'occhio frontale la perfezione dello stato umano, cio la reintegrazione nello Stato
Primordiale; infine, nella corona della testa il passaggio agli stati sopra-individuali.
(Simb., 1962, 195)

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-M-

MACROCOSMO Il m. non , considerato isolatamente, che uno degli elementi


dell'universo. (Croce, 1931, 116) Se consideriamo il m., ciascuno dei domini definiti che esso
comprende gli analogo. (id., 117)

MAGGIORANZA Ci permette senz'altro di dire che il principio, secondo cui la m.


dovrebbe dettar legge, essenzialmente sbagliato. L'errore pi visibile che il parere della
m. non pu essere che l'espressione dell'incompetenza o dell'ignoranza pura e semplice.
(Crisi, 1927, 108) In ogni campo la m. si assume il diritto di schiacciare le minoranze, le
quali, ai suoi occhi, hanno evidentemente il torto di esistere, questa esistenza contrastando
con la mania egualitaria dell'uniformit. (id., 130).

MAGIA La m. appartiene alla sfera della scienza e pi precisamente alla sfera della
scienza sperimentale; essa si occupa della manipolazione di influenze erranti , i cui
effetti sono fenomeni naturali. Essa, pur potendo avere base tradizionale, generalmente
tenuta in nessuna considerazione dai veri detentori della Tradizione. (Int., 1921, 275) La m.
ha una parte di considerevole importanza nella scienza delle religioni . (id., 276) La m.
non si identifica affatto collo spiritismo, anzi ne differisce per l'aspetto teorico in modo
totale e, in larghissima misura, per l'aspetto pratico. (Spir., 1923, 48) La m. propriamente
una scienza sperimentale, la quale nulla ha da vedere con qualsiasi concezione religiosa o
pseudo religiosa. (id., 56) Alcune civilt antiche hanno potuto, nei loro ultimi tempi,
degenerare in seguito ad uno sviluppo eccessivo della m. (Regno, 1945, 225) La m. presenta
pericoli specialmente gravi per i moderni, portati ad attribuire un'eccessiva importanza a
tutto ci che fenomeno; essi sono facilmente sedotti dalla m. e si illudono sulla sua reale
portata. (Cons., 1946, 32) La m. considerata in tutte le civilt orientali, nelle quali
incontestabilmente esiste, all'ultimo rango delle applicazioni secondarie e contingenti, fra
quelle che sono pi lontane dai principi, dunque che devono essere viste come a tutte
inferiori. Sia nel Tibet, sia nell'India o in Cina, la pratica della m., come specialit ,
abbandonata a coloro che sono incapaci di elevarsi ad un ordine superiore. (id., 33) La m.
propriamente una scienza, si pu anzi dire una scienza fisica nel senso etimologico della
parola, poich si tratta delle leggi e della produzione di certi fenomeni; soltanto
importante precisare che le forze che intervengono qui appartengono all'ordine sottile e
non all'ordine corporeo. La m. una scienza, ma una scienza tradizionale. (id., 191) La m. ,
fra le scienze tradizionali, una di quelle che appartengono all'ordine inferiore;
indubbiamente per tal motivo che essa soggetta, forse pi di ogni altra, a molte
deviazioni e degenerescenze. Talvolta avviene che essa assuma uno sviluppo
sproporzionato alla sua importanza reale, fino a soffocare in qualche modo le conoscenze
pi alte e certe civilt antiche sono morte a causa di questa invasione della m. (id., 192) La

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m., pur di ordine inferiore, tuttavia una scienza tradizionale autentica; come tale essa pu
legittimamente avere posto tra le applicazioni di una dottrina ortodossa, posto subordinato
e secondario che conviene al suo carattere essenzialmente contingente. (Hind., 1965, 83)
Una scienza come la m. fra quelle che danno pi facilmente luogo ad ogni sorta di
deformazioni e di usi illegittimi. (id., 84) Coltivare la m. per se stesa come chiudersi
nell'illusione, invece di tendere a liberarsene. (id., 85) La parola m., nella nostra epoca,
esercita su taluni uno strano fascino e la preminenza accordata ad un tal punto di vista
legata all'alterazione delle scienze tradizionali, separate dal loro principio. (Forme, 1970,
103) Magia c. Le due azioni che l'alchimia chiama coagulazione e soluzione
costituiscono il richiamo ed il rinvio con i quali si aprono e si chiudono tutte le
operazioni della m.c., la quale ultima eminentemente simbolica. La m.c. distribuisce le
forze, a seconda delle loro affinit, in quattro regni elementari . (Spir., 1923, 122)

MAGICO Riti m. I r.m. non hanno in realt, come loro scopo proprio, alcun punto in
comune con i riti religiosi, n, d'altronde, con i riti iniziatici, come lo vorrebbero i partigiani
di certe concezioni pseudoiniziatiche che hanno corso alla nostra epoca. (Cons., 1946, 191)

MAGISTA L'insuccesso del m. nella pratica della magia cerimoniale ha una doppia
ragione: da una parte egli simula i riti piuttosto di compierli veramente, poich gli manca la
trasmissione necessaria per vivificarli , d'altra parte, questi riti sono letteralmente
soffocati dal formalismo vuoto delle cerimonie, poich il m., incapace di discernere
l'essenziale dall'accidentale, si dedicher naturalmente in special modo al lato esteriore che
maggiormente lo colpisce e che il pi impressionante (Cons., 1946, 194)

MAGNETISMO La funzione svolta dal m., fin dal suo apparire nel XVIII secolo, fu di
sviare da un lavoro serio certe organizzazioni iniziatiche che fino a quel momento avevano
conservato almeno la coscienza di quanto avevano perduto e la volont di sforzarsi di
ritrovarlo. permesso pensare che non questa l'ultima delle ragioni per cui fu lanciato il
m. al momento voluto. (Regno, 1945, 151-152)

MAGNETIZZATORI I m. furono in qualche modo i diretti precursori del


neospiritualismo, se non proprio i primi rappresentanti. (Regno, 1945, 151)

MAGO Il m. ha nella produzione dei fenomeni una parte essenzialmente attiva. (Spir.,
1923, 48) Il m. che conosce le leggi delle influenze erranti , pu fissarle con procedimenti
diversi, per esempio prendendo come supporto sostanze ed oggetti che agiscano come
condensatori . Inversamente il m. pu dissolvere i conglomerati di forza sottile, sia
quando essi siano stati formati volontariamente da lui o da altri, sia quando si siano

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costituiti spontaneamente. (id., 122) Il m., se interroga delle pseudoindividualit da lui


stesso suscitate, non pu vedere in ci che un mezzo per far apparire, attraverso uno
sviluppo artificiale, quello che il suo subconscio conteneva gi allo stato latente. (id.,
123)

MAHANGA Il M., simbolo di tutta l'organizzazione materiale del Cosmos e dirige le


cause degli avvenimenti. (Re, 1927, 29) Il M. rappresenta il potere regale. (id., 33)

MAHATMA Il M., che rappresenta l'Anima Universale, conosce gli avvenimenti


dell'avvenire. (Re, 1927, 29) Il M. rappresenta pi specialmente il potere sacerdotale. (id.,
33)

MALE Dal punto di vista universale il M. non esiste. Esso esister solo se si considerano
le cose sotto un aspetto frammentario ed analitico, separandole dal Principio, invece di
considerarle come in esso sinteticamente contenute. (Mel., 1976, 13)

MANAS A M., che il senso interno o la facolt mentale, deve essere riferito il pensiero
individuale, d'ordine formale e per nulla inerente all'intelletto trascendente. (Ved., 1925, 87)

MANIFESTATO Il m., in quanto tale, nullo rispetto al non-manifestato e non esiste fra
di essi termine alcuno di raffronto. (Stati., 1931, 110)

MANIFESTAZIONE Metafisicamente la m. non pu essere considerata che nella sua


dipendenza riguardo al Principio Supremo. (Ved., 1925, 31) Lo sviluppo di ogni m. implica
necessariamente un allontanamento sempre maggiore dal principio da cui esso procede.
(Crisi, 1927, 26) Bisogna considerare in questo allontanamento due tendenze opposte:
discendente l'una e ascendente l'altra. Dal predominio dell'una o dall'altra procedono,
rispettivamente, una fase di allontanamento ed un'altra di ritorno verso il principio. (id., 27)
Tutto quello che si pu vedere, udire, enunciare o descrivere appartiene necessariamente
alla m. (Croce, 1931, 220) Rapportata all'Infinito tutta la m. rigorosamente nulla. (Stati,
1931, 105) Se si considera la m. dal punto di vista degli stati di non-manifestazione, essa
non rappresenta, in virt della sua contingenza, che un semplice accidente nel vero
senso della parola. (id., 109) La m., pur essendo di per s puramente contingente,
nondimeno necessaria per quanto riguarda il suo principio. (id., 129) La m. trae ogni realt
dalla sua appartenenza all'ordine delle possibilit. (id., 130) La m. , in rapporto al Tutto,
ci che il punto situato nello spazio in rapporto a quest'ultimo, considerato in tutta
l'indefinita della sua estensione. (id., 131) La m. non si oppone per nulla all'idea di

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creazione, poich si riferisce solo a dei livelli ed a dei punti di vista differenti, di modo che
sufficiente saperli situare ognuna al suo reale posto per rendersi conto che non vi tra di
esse alcuna incompatibilit. (Ap. I.T., 1975, 93) Possibilit di m. Ogni p. di m. deve
necessariamente manifestarsi. (Stati, 1931, 28) Una p. di m. non possiede, in quanto tale,
alcuna superiorit su di una possibilit di non-manifestazione. (id., 29) Stati di m. Gli
s. di m. sono in parte individuali ed in parte non individuali. (Croce, 1931, 25) Lo s. di m.
sempre transitorio e condizionato. (Stati, 1931, 37)

MANU In ogni ciclo cosmico particolare, il Dharma si manifesta come il M. che d a tale
ciclo la legge che gli propria e che l'osservanza dei rapporti gerarchici naturali esistenti
fra gli esseri sottoposti alle condizioni speciali di quel ciclo. (Int., 1921, 183) La volont
Divina si manifesta pi particolarmente, in ogni ciclo, come il M. di questo ciclo, che d ad
esso la sua legge (Dharma). (Ved., 1925, 57) M. non deve essere affatto considerato un
personaggio, n un mito , ma invece un principio, propriamente l'Intelligenza Cosmica,
immagine riflessa di Brahma che si esprime come il Legislatore Primordiale ed Universale.
(id., 58) M., il Legislatore Primordiale ed Universale, non designa affatto un personaggio
stesso pi o meno leggendario; quello che in realt designa un principio, l'Intelligenza
Cosmica che riflette la luce spirituale pura e formula la legge (Dharma) propria alle
condizioni del nostro mondo o del nostro ciclo d'esistenza. (Re, 1927, 12)

MANVANTARA I M., o ere dei successivi Manu, sono quattordici e formano due serie
settenarie, di cui la prima comprende i M. trascorsi e quello presente, la seconda i M. futuri.
(Forme, 1970, 13) La ripartizione del M. si effettua secondo la formula 10 = 4 + 3 + 2 + 1, che
l'universo della Tetraktys pitagorica. (id., 17)

MARGA La tradizione ind distingue tre vie o M., rispettivamente conosciute come
Karma, Bhakti e Jnna (In., 1952, 151) Inna M. Lo I.M. evidentemente quello che
conviene agli esseri di natura sattwica . (In., 1952, 152) I.M. riguarda in particolare i
Grandi Misteri e solamente mediante esso possibile pervenire allo scopo finale. (id., 153) I
Brhmana, essendo di natura sattwica , sono particolarmente qualificati per lo I.M. (id.,
154) Karma M. Il K.M. adatto ad esseri la cui natura prevalentemente rajasica e
presenta qualcosa di vicino a tamas (In., 1952, 152) I Varishya sono soprattutto
qualificati per il K.M. (id., 154)

MASSONERIA-E Una delle cose che pi spesso si rimproverano alle societ segrete, ed
in particolare alla M., l'obbligo che esse impongono ai loro membri di prestare un
giuramento. (Thos., 1921, 148) Se ci si pone dal punto di vista storico, troppo comodo, e
pure troppo semplice, parlare della M. in generale come una sorta di entit indivisibile;
bisogna invece sapere fare le distinzioni necessarie e dire di quale M. si intende parlare,

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qualunque sia l'opinione che si pu avere sui rapporti o l'assenza di rapporti tra le diverse
M. tra di loro. (id., 244) Nella M. il legame originario col mestiere si sempre mantenuto.
(Cons., 1946, 140) M. irregolare La M. i., molto poco conosciuta dal gran pubblico,
comprende delle organizzazioni della natura pi varia, di cui parecchie legate strettamente
all'occultismo. (Thos., 244) Una delle figure pi curiose della M.i. fu l'inglese John Yarker,
il quale professava delle idee tutte sue particolari e sosteneva, tra le altre opinioni bizzarre,
che il Massone iniziato prete di tutte le religioni . Creatore o rinnovatore di molti riti,
egli era in pari tempo ricollegato ad una molteplicit di associazioni occulte, a pretese
iniziatiche pi o meno giustificate. (id., 245) M. mista Una Massoneria che accoglie le
donne al medesimo titolo degli uomini e su di un piede di completa eguaglianza un
qualcosa di contrario ai principi massonici generalmente riconosciuti: era la M.m., fondata
in Francia nel 1891 e conosciuta sotto la denominazione di Diritto Umano (Thos., 1921,
247) Indipendentemente da ogni intervento teosofistico, la M.m. stata a poco a poco
condotta, dalla forza delle cose, ad intrattenere rapporti colla maggior parte delle
organizzazioni massoniche irregolari pure con quelle che avevano pi pronunciato il
carattere occultista. (id., 251)

MASSONICO Iniziazione m. L'i.m., riferendosi essenzialmente ai Piccoli Misteri, al


pari di tutte le iniziazioni di mestiere, conduce al grado di Maestro, la cui completa
realizzazione implica la restaurazione dello Stato Primordiale. (Mac., 1964, II, 39)

MATEMATICHE Le m. applicano al loro speciale oggetto principi relativi che possono


venire considerati una determinazione immediata nei confronti di certi principi. (Int., 1921,
119)

MATEMATICO Infinito m. Non pu esservi i.m. e questa espressione non ha senso,


perch la quantit stessa una determinazione; il numero, al quale si vuole applicare la
nozione di questo preteso i.m., una condizione determinata e, come tale, non pu essere
che finita. (Calc., Inf., 1946, 8) Zero m. Lo z.m., nella sua accezione stretta e rigorosa,
non che una negazione, almeno sotto il rapporto quantitativo. (Calc., Inf., 1946, 62)

MATERIA La m. , per sua natura, un principio di divisione e di separazione; tutto ci


che da essa procede non pu servire a fondare un'unione reale e durevole e d'altronde la
sua legge di fatto il cambiamento incessante. (Or. Occ., 1924, 135) La m. essenzialmente
molteplicit e divisione. (Crisi, 1927, 61) La m. in senso scolastico non affatto la m. quale i
fisici moderni la intendono, bens la Sostanza. (Regno, 1945, 24) L'associazione pi sovente
segnalata quella che riferisce m. a mater e ci ben appropriato alla Sostanza in
quanto principio passivo o, simbolicamente, femminile. anche possibile riferire lo stesso
termine m. al verbo latino metiri , misurare. (id., 35) Gli Scolastici consideravano la m.

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

come costituente il principio di individuazione. (id., 50) Sotto forme diverse, tutto ci che
procede dalla m. non produce altro che antagonismo fra quelle unit frammentarie che
sono all'estremo opposto della vera unit. (id., 63) Nella tendenza alla dissoluzione, la
stessa nozione di m. ha cominciato a scomparire e quasi a sciogliersi. (id., 199). M. Prima
Per gli Scolastici la M.P. la Sostanza Universale. (Regno, 1945, 27) L'inerzia non pu
convenire altro che alla M.P. in quanto essa sinonimo di passivit e di potenzialit pura.
(id., 28) La M.P., Nella sua assoluta indistinzione, non pu minimamente essere misurata,
n servire a misurare alcunch. (id., 37) M. Secunda La M.S. la sostanza in senso
relativo. (Regno, 1945, 27) La m. dei fisici non pu essere in ogni caso che una M.S. (id., 28)
La M.S. non deve assolutamente essere manifestata in questo mondo, ma soltanto servire
da supporto o da radice a ci che vi si manifesta. (id., 29) La m. di Cartesio non pi
la M.S. degli Scolastici, ma gi un esempio, forse il primo in ordine di tempo, di una m. da
fisici moderni. (id., 31) In realt, i corpi non sono affatto la M.S., la quale non pu come tale
trovare riscontro nelle esistenze manifestate in questo mondo, ma soltanto da essa derivano
come dal loro principio sostanziale. (id., 32)

MATERIALE Progresso m. Il profondo scadimento intellettuale il prezzo del p.m., il


solo di cui l'esistenza sia un fatto reale in questi ultimi secoli. (Or. Occ., 1924, 36) In fondo la
credenza in un progresso indefinito, quali che siano le sue modalit, sempre di essenza
sentimentale, anche quando si tratti del p.m. (id., 41) Perch l'importanza del p.m. potesse
giungere ad oltrepassare certi limiti furono necessarie anzitutto una certa sottovalutazione
ed un certo impoverimento dell'intellettualit. (id., 94) L'eccesso stesso del p.m. rischia
fortemente di sfociare in qualche cataclisma. (id., 104)

MATERIALISMO La seconda met del XVIII secolo l'epoca che vide nascere il M. (Or.
Occ., 1924, 28) abbastanza significativo che la parola stessa M. risalga appena al XVIII
secolo. (Crisi, 1927, 117) Ci che con una tale parola M. tendiamo designare tutto uno
stato d'animo indipendente da qualsiasi teoria filosofica. (id., 118) Il M. e ci che esso
rappresenta datano propriamente dal secolo XVIII. (Regno, 1945, 118) Il M. vero e proprio,
che corrisponde alla solidificazione nella sua forma pi grossolana, ha ormai perduto
molto terreno, nel campo delle teorie scientifiche e filosofiche, quand'anche non ancora
nella mentalit comune. (id., 199) L'illusione di sicurezza che regnava quando il M. aveva
raggiunto la sua massima influenza si in gran parte dissolta grazie agli stessi avvenimenti
ed alla crescente velocit con cui questi ultimi evolvono, al punto che oggi l'impressione
dominante quella di un'in stabilit che va allargandosi in tutti i campi. (id., 206)

MATERIALISTA Concezione m. Nell'epoca moderna si realizza effettivamente un


mondo conforme nella misura del possibile alla c.m. (Regno, 1945, 138) La c.m., una volta
formatasi e diffusasi in una maniera qualsiasi, non pu che concorrere a rafforzare

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ulteriormente quel la solidificazione che inizialmente l'ha resa possibile. (id., 142)
Monismo m. Il m.m. pretende di ridurre lo spirito a materia. (Int., 1921, 128)

MATERIALISTI I m., con tutto il loro vantato buon senso e tutto quel progresso
di cui si considerano fieramente i prodotti pi perfetti ed i rappresentanti pi avanzati,
sono in fondo solo degli esseri in cui certe facolt si sono atrofizzate al punto di essere
completamente abolite. (Regno, 1945, 130) La forma mentis dei m. e la loro ottusit
pongono chi vi si attenga al riparo da tutte indistintamente le influenze sottili e gli
conferiscono una sorta di immunit abbastanza simile al mollusco che rimane
ermeticamente chiuso nella sua conchiglia. (id., 206)

MATERIALIT Di fatto m. e sentimentalit, lungi dall'opporsi, non possono esistere


l'una senza l'altra ed insieme raggiungono lo sviluppo pi estremo; di ci abbiamo una
prova in America. (Or. Occ., 1924, 38) Tutto ci che si fonda esclusivamente sulla m. non
pu avere che un successo transitorio. (id., 104) La m., termine ultimo della tendenza alla
materializzazione, uno stato irrealizzabile. (Regno, 1945, 139)

MATERIALIZZAZIONE La m. esiste solo come tendenza. (Regno, 1949, 134)

MATERIALIZZAZIONI Quanto alle m., esse sono forse i fenomeni pi rari, ma quelli
che gli spiritisti reputano pi probanti, perch lo spirito assume un'apparenza sensibile,
rivestendo una forma che pu essere vista, toccata o addirittura fotografata. Tuttavia gli
spiritisti stessi ammettono che nella m. il medium ha la sua parte: una specie di sostanza,
inizialmente informe e nebulosa, sembra emanare dal suo corpo, per poi condensarsi
gradualmente; gli spiritisti aggiungono che uno spirito interviene successivamente a
modellare questa sostanza, o ectoplasma , a darle la sua forma, ed animarla come un
vero corpo temporaneo. (Spir., 1923, 110)

MAYA M. il potere materno (Shakti) per mezzo del quale agisce la Volont Divina.
Come tale essa inerente a Brahma stesso o al. Principio Supremo. M., essendo l' arte
divina che risiede nel Principio, si identifica anche alla Saggezza e, come tale, la madre
dell'Avatara: lo per la sua generazione eterna, in quanto Shakti del Principio. (Hind., 1965,
102)

MECCANICISMO Col m. si giunti a credere che non possa esistere una scienza
propriamente detta l dove non sia possibile introdurre la misura e non vi siano altre leggi
scientifiche al di fuori di quelle esprimentesi in relazioni quantitative. (Crisi, 1927, 121) Il m.

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pu rendere conto dell'appartenenza esteriore delle cose, ma incapace di spiegare


alcunch della loro vera essenza; si pu cio affermare che il m. ha un valore unicamente
rappresentativo, ma non ne ha nessuno esplicativo. Il m. si limita quindi a dare una
semplice descrizione del suo movimento, quale nelle sue apparenze esteriori, mentre
impotente a cogliere la ragione. (Regno, 1945, 119)

MEDIATO Conoscenza m. Una c.m. non pu avere che un valore puramente simbolico
e rappresentativo. (Stati, 1931, 116)

MEDIEVALE Civilt medievale Niente prova che nella C.m. sia esistito soltanto il lato
esteriore e propriamente religioso; anzi non vi dubbio che ci fu anche qualcosa di diverso,
non fosse altro che la Scolastica. (Or. Occ., 1924, 180) Cristianit Medievale La
costituzione politica della C.M. era essenzialmente feudale. (Aut., 1929, 119)

MEDIO Classe media Quando alla c.m. facilissimo rendersi conto di cosa da essa ci si
pu attendere, se si pensa alla sua caratteristica essenziale, quel sedicente buon senso
strettamente limitato, che trova la sua pi compiuta espressione nella concezione della
vita ordinaria ed ai prodotti pi tipici della sua mentalit, cio il razionalismo ed il
materialismo dell'epoca moderna. In seno alle c.m. le concezioni in questione hanno preso
forma, per cui implicito che queste suggestioni abbiano incontrato un terreno
appropriato. (In., 1952, 231) L'industria moderna opera della c.m., che l'ha creata e la
dirige, ed questa la ragione per cui i suoi prodotti possono soddisfare soltanto quei
bisogni dai quali esclusa ogni spiritualit, conformemente alla concezione della vita
ordinaria . (id, 238, n. 1) La concezione della cultura profana assai caratteristica della
mentalit di quella classe media cui essa d, col suo lustro del tutto superficiale ed
illusorio, il mezzo per dissimulare la sua vera nullit intellettuale. (id., 239)

MEDIOEVO Il M. offre l'esempio di uno sviluppo tradizionale in senso propriamente


occidentale. (Int., 1921, 308) Nel M. la civilt occidentale aveva un carattere
incontestabilmente tradizionale. (Or. Occ., 1924, 176) L'Europa del M. ebbe a diverse
riprese, se non in modo continuo, relazioni con gli Orientali e queste relazioni esercitarono
un'azione considerevole nel campo delle idee. (id., 178) La civilt occidentale del M., con le
sue conoscenze realmente speculative e con la sua struttura sociale organizzata
gerarchicamente, era sufficientemente comparabile alle civilt orientali da permettere
scambi intellettuali. (id., 179) Se mai si avuto uno sviluppo propriamente occidentale in
senso tradizionale, il M. che ne offre l'esempio. Quando parliamo di M. ci riferiamo
soprattutto al periodo che va dal regno di Carlo Magno all'inizio del XIV secolo. (id., 210) Il
vero M. per noi si svolge tra il regno di Carlo Magno e il principio del XIV secolo. Con
quest'ultima data si inizia una nuova decadenza che, attraverso diverse tappe, andr

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sempre pi accentuandosi, fino ad oggi. Quanto alle scienze tradizionali del M., esse
disparvero in blocco e, questa volta, nulla doveva sostituirle. (Crisi, 1927, 35) Del tutto
straordinaria la rapidit con cui la civilt del M cadde nell'oblio pi completo. (id., 36) E
assai verosimile che la leggenda facente del M. un'epoca oscura d'ignoranza e di
barbarie sia nata e si sia accreditata da se stessa e che tale effettiva falsificazione della storia;
sia stata intrapresa senza nessuna idea preconcetta. (id., 37) L'organizzazione sociale del M.
ricalcava esattamente le divisioni delle caste, corrispondendo il clero ai Brhmana, la
nobilt agli Kshatriya, il terzo stato ai Vaishiya e i servi agli Shdra. (Aut., 1929, 57)
Incontriamo nel M. molti indizi concordanti, i quali dimostrano abbastanza chiaramente
come a quell'epoca esistesse ancora in Occidente, almeno per qualcuno, un legame
cosciente con il vero Centro del Mondo. (id., 103) La forma di governo feudale sembra la
migliore per un'organizzazione regolare della civilt, quale fu appunto il M. (id., 109)
Quando si pensa all'incomprensione totale di cui il XVII ed il XVIII secolo dettero prova nei
confronti del M., e ci da ogni punto di vista, non dovrebbe essere difficile capire che un
cambiamento cos completo e brusco non pot verificarsi in modo naturale e spontaneo.
(Regno, 1945, 234). Risalendo al M. non si trovano tracce precise di forme iniziatiche
propriamente jnniche , che di norma avrebbero dovuto corrispondere ad un'iniziazione
sacerdotale: a tal punto che anche quelle organizzazioni iniziatiche a quel tempo in pi
stretto rapporto con certi Ordini religiosi avevano pur sempre un carattere bhaktico
molto accentuato. (In., 1952, 157)

MEDIUM Nelle civilt tradizionali i m. furono sempre considerati dei posseduti o


degli ossessi e ci si occup di essi solo per cercare di liberarli o di guarirli; solo gli
spiritisti hanno fatto di questa infermit un privilegio e fanno oggetto di venerazione gli
infelici che ne sono afflitti, anzich considerarli oggetto di piet o di repulsione. Il m. deve
essere considerato un vero e proprio malato, un essere anormale e squilibrato. (Spiritismo,
1921, 52) Il m., come isterico, prova quell'irresistibile bisogno di mentire, anche senza
ragione, che tutti gli ipnotizzatori notano nei loro soggetti. (id., 81) Il m. non limitato al
suo solo pensiero ma, nello stato particolare in cui si trova, che lo rende eminentemente
accessibile ad ogni forma di suggestione, potr riflettere ed esprimere anche il pensiero di
uno qualunque dei partecipanti alla seduta. (id., 105) Vi sono molte somiglianze tra il m., il
soggetto ipnotico ed il sonnambulo naturale; vi un certo insieme di condizioni
psicofisiologiche comuni ed il loro comportamento molto spesso identico (id., 108).

MELKI-TSEDEQ Il nome di M. non altra cosa che il nome sotto il quale, nella
tradizione giudaico-cristiana, espressamente designata la funzione di Re del Mondo. Ecco
il testo del passo biblico di cui si tratta: E M., re di Salem, fece apportare del pane e del
vino; ed egli era prete del Dio Altissimo (El Elian) . (Re, 1927, 46) M. dunque re e prete
contemporaneamente: il suo nome significa Re di Giustizia ed egli , nel medesimo tempo,
re di Salem, vale a dire della pace ; per prima cosa ritroviamo qui la giustizia e la

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

pace , vale a dire i due attributi fondamentali del Re del Mondo. (id., 47) Nella Bibbia, M.
rappresentato come superiore ad Abramo, perch lo benedice e, dal canto suo, Abramo
riconosce questa superiorit. (id., 48)

MEMORIA M. Latente C' quella che si potrebbe chiamare m.l.i, nulla si dimentica
mai in modo assoluto, per cui basta che qualche cosa sia stato conosciuto da uno dei
partecipanti alla seduta spiritistica, anche se questi crede di averlo completamente
dimenticato, perch non sia il caso di dirigere altrove le ricerche qualora ci venga a
esprimersi in una comunicazione spiritistica. (Spir., 1923, 106)

MENTALE Esiste certamente una forma che, fra tutte quelle che la coscienza pu
assumere, propriamente umana e questa forma determinata quella inerente alla facolt
che chiameremo m. (Stati, 1931, 72) Il m. precisamente ci che vi di caratteristico
nell'uomo e che questi non ha in comune con gli altri essere non-umani. (id., 73) Il m., pur
appartenendo alla manifestazione sottile, necessariamente, nel dominio individuale, pi
prossimo all'essenza che non il corporeo. (Regno., 1945, 53) Fenomeni m. I f.m., quelli
studiati dalla psicologia nel senso ordinario della parola, non hanno alcun carattere
spaziale, ma si svolgono egualmente nel tempo. Nei f.m., essendo dalla parte di ci che
nell'individuo rappresenta l'essenza, perfettamente vano cercarvi elementi quantitativi, o
addirittura, come fanno certuni, volerli ridurre alla quantit. (Regno, 1945, 53)

MERCURIO Il M. Yin ed riferito all'ordine delle influenze terrestri. (Triade, 1945, 77)
Il M. non si situa nel dominio corporeo, ma nel dominio sottile o animico; si pu, in ragione
del suo carattere di esteriorit , considerarlo come rappresentante l' ambiente . (id., 78)
Il M., in quanto principio animico, corrisponde al mondo intermediario . (id., 79)

MESTIERE Esiste un'iniziazione legata ai m., la quale prende questi per base o per
supporto ; occorre dunque che questi m. siano ancora suscettibili di un significato
superiore e pi profondo, per potere effettivamente fornire una via di accesso al dominio
iniziatico. (Regno, 1945, 74) Se il m. ha qualcosa dell'uomo stesso, ed come una
manifestazione od un'espansione della sua natura propria, comprensibile che possa
servire di base ad un'iniziazione. (id., 76) L'iniziazione, prendendo il m. per supporto, avr,
contemporaneamente ed in qualche modo inversamente, una ripercussione sull'esercizio di
tale m. (id., 77) Non difficile vedere in tutto ci come il vero m. sia distante dall'industria
moderna, tanto che si pu dire si tratti di due opposti. (id., 78)

METAFISICA Quando usiamo il termine m., non ci sta a cuore la sua origine storica, n
l'opinione, ai nostri occhi poco verosimile, secondo la quale esso sarebbe servito

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inizialmente a designare semplicemente ci che veniva dopo la fisica nella collezione


delle opere di Aristotele. (Int., 1921, 90) La m., nel senso pi naturale, anche
etimologicamente, quello secondo il quale esso definisce ci che aldil della fisica ,
inteso qui per fisica l'insieme di tutte le scienze della natura. dunque questa
l'interpretazione del termine m. che noi facciamo nostra. Intesa in questo modo la m.
essenzialmente la conoscenza dell'universale o, se si vuole, dei principi universali ai quali
soli conviene del resto propriamente il nome di principi. La m. , nella sua essenza stessa,
assolutamente illimitata, ci che non permette evidentemente di racchiuderne la nozione in
una formula pi o meno restrittiva. (id., 91) La distinzione profonda tra la m. e le scienze
della natura la distinzione stessa tra l'universale l'individuale. Tra la m. e le scienze della
natura potrebbe sussistere opposizione o conflitto di qualsivoglia natura, non precisamente
perch i loro rispettivi domini sono profondamente separati, cos dicasi, d'altra parte, dei
rapporti tra m. e religione. (id., 92) Quando si parla dell'oggetto della m. non si deve avere
in mente qualcosa di pi o meno analogo a ci che pu essere l'oggetto speciale di questa o
quella scienza della natura; ed anche tale oggetto deve essere assolutamente sempre lo
stesso e non pu in alcun modo essere qualcosa di mutevole, soggiacente alle influenze di
tempo e di luogo. Quanto alla m. ci che pu cambiare in essa secondo il tempo e il luogo
sono soltanto le forme pi o meno esteriori di cui essa si pu rivestire, le quali sono
suscettibili di adattamenti. (id., 93) In m. non assolutamente possibile fare scoperte; tutto
ci che suscettibile di essere conosciuto pu esserlo stato da uomini diversi in tutte le
epoche. Ci implica la condanna di ogni tentativo di applicazione del metodo storico
alla m. (id., 94) La m. esclude qualsiasi concezione avente carattere ipotetico, ci che
implica per le verit metafisiche, in se stesse, 'l'assoluta incontestabilit (id., 95) La m., per il
suo aprirsi su possibilit illimitate, deve sempre riservare la parte di ci che non
esprimibile e che in fondo costituisce, di essa, l'essenziale. (id., 96) L'oggetto della m. non
assolutamente paragonabile all'oggetto specifico di qualsiasi altro genere di conoscenza. La
m. non pu essere contraria alla ragione, piuttosto essa ne al di sopra, e la ragione non
pu intervenire nel suo dominio che in modo del tutto secondario per la formulazione e
l'espressione di verit, che vanno aldil della sua sfera e della sua portata. (id., 97)
L'accenno fatto ad Aristotele e alla Scolastica dimostra che nelle sue opere vi fu almeno
parzialmente della m. (id., 99) Nel Medioevo accadde che la m. fosse considerata
dipendente dalla teologia, perch la m. quale era intesa dalla Scolastica era rimasta
incompleta, sicch non pot venire concepita nel suo pieno carattere di universalit (id.,
102) La m., profondamente separata dalla scienza, non meno separata anche da tutto ci
che gli Occidentali moderni designano col nome di filosofia. (id., 116) La m. sfugge ad ogni
tentativo di rinchiuderla in un sistema, cos come, per la stessa ragione, non si lascia
rinchiudere in nessuna formula. (id., 124) l'universalit propria della m. che esclude le
molteplicit dei sistemi filosofici, cos come esclude quella dei dogmi religiosi ed causa
della sua immutabilit profonda. La m. senza alcun rapporto con tutte quelle concezioni
che, come l'idealismo, il panteismo, lo spiritualismo e il materialismo sono segnate dal
carattere sistematico del pensiero occidentale. La disputa fra spiritualismo e materialismo,
attorno al quale ruota quasi tutto il pensiero filosofico da Cartesio in poi, non tocca per

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

nulla la m. (id., 126) Non soltanto la m. non pu venire costretta dalla considerazione di
una qualunque dualit, ma neppure dal concetto dell'Essere puro in tutta la sua
universalit. Non si pu, come fece Aristotele, definire in modo esclusivo la m. come
conoscenza dell'Essere : tale propriamente l'ontologia. (id., 131) La m. una conoscenza
intuitiva, vale a dire immediata, e si oppone perci, sotto questo aspetto, alla conoscenza
discorsiva e mediata di tipo razionale. (id., 142) Dove la m. assente, ogni conoscenza
residua, di qualunque ordine sia, manca veramente di principio. (Or. Occ., 1924, 58) La m.
e non pu essere che una sola, qualunque siano i modi di esprimerla, nella misura in cui
esso esprimibile, secondo il linguaggio che si ha a disposizione. (id., 211) M. e religione
non sono e non saranno mai sullo stesso piano. (id., 213) La m. domina necessariamente la
logica: non riconoscere ci significa capovolgere i rapporti gerarchici inerenti alla natura
stessa delle cose. (id., 236) La m. non n pagana, n cristiana, universale. (Dante., 1925,
9) La m. non pu in alcun modo ammettere l'antropomorfismo. (Croce, 1931, 197) Le analisi
pi o meno sottili non hanno niente a che vedere con la m. e poich esse sono tanto pi
vane quanto sono pi sottili, le abbandoniamo volentieri ai filosofi, i quali mostrano invece
di compiacersene. (Stati, 1931, 81) La m., essendo per essenza aldil di ogni forma e di ogni
contingenza, non n orientale, n occidentale, ma universale. Nelle presenti condizioni
del mondo occidentale, la m. cosa obliata, in generale ignorata e pressoch interamente
perduta, mentre in Oriente essa tuttora l'oggetto di una conoscenza effettiva. (Met., 1939,
1) Quando Aristotele considerava la m. come conoscenza dell'Essere in quanto Essere, egli
la identificava all'ontologia, prendeva cio la parte per il tutto. (id., 6) La m. la conoscenza
sovrarazionale, intuitiva ed immediata. (id., 7) La m. aldil dei fenomeni. (id., 17)
Pseudo m. La p. tutto ci che nei sistemi filosofici si presenta con pretese metafisiche
completamente ingiustificate, a causa della stessa forma sistematica, la quale basta da sola a
privare le considerazioni di questo genere di ogni reale valore. (Int., 1921, 125).

METAFISICO Concezione - i m. Le c.m., per la loro natura universale, non essendo


mai del tutto esprimibili, n immaginabili, e non potendo mai venire colte nella loro
essenza che dall'intelligenza pura oltrepassano immensamente ogni possibile forma, in
particolare quella in cui il linguaggio tenderebbe a rinchiuderle. (Int., 1921, 95) In ogni c.m.
bisogna sempre riservare la parte dell'inesprimibile. (Met., 1939, 6) Conoscenza m. La
c.m. fondata sull'intelletto puro, il quale ha per dominio l'universale. (Int., 1921, 98) La
c.m. l'effettiva presa di possesso degli stati sovraindividuali. (Met., 1939, 8) Per chi vuole
giungere veramente alla c.m. la prima cosa da farsi quella di porsi fuori dal tempo. (id.,
14) Dominio m. Il d.m. comprende tutto, il che necessario perch esso sia veramente
universale (Int., 1921, 92) Il d.m. interamente al di fuori del mondo fenomenico. (Met.,
1939, 18) Dottrina - e m. Le d.m. non si evolvono assolutamente nel senso
occidentale della parola, non sono soggette a nessun cambiamento di fondo, e tanto meno a
perfezionamenti; esse possono soltanto svilupparsi sotto certi aspetti, ricevendo espressioni
pi particolarmente appropriate a ciascuno di essi, ma mantenendosi sempre in uno spirito
rigorosamente tradizionale. (Int., 1921, 53) In una d.m. il punto di vista della realizzazione

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reagisce sull'esposizione della teoria, la quale, almeno implicitamente, lo presuppone e non


pu esserne mai indipendente, poich la teoria non ha in s che un valore di preparazione
(id., 243) Una d.m. ed una dottrina religiosa non possono n farsi concorrenza , n
entrare in conflitto tra di loro, perch i rispettivi domini sono nettamente diversi. (Or. Occ.,
1924, 213) Circa la d.m., in essa solo l'espressione pu venire modificata, in modo che pu
paragonarsi alla traduzione di una stessa idea da una lingua all'altra. (Crisi, 1927, 68)
Punto di vista m. Il p. di v.m. esclusivamente intellettuale. (Int., 1921, 90) Il p. di v.m. la
negazione formale delle idee di evoluzione e di progresso. (id., 94) Il p. di v.m. il solo
veramente universale e perci illimitato (id., 101) L'intervento del p. di v.m. ha come effetto
di risolvere immediatamente ogni apparente opposizione, quando il punto di vista
filosofico rivela la sua impotenza a ci. (id., 130) Realizzazione m. Nessuna r.m. pu
essere tentata senza una sufficiente preparazione teorica; ma la teoria, nel suo insieme,
ordinata alla r.m. come un mezzo al fine e questa prospettiva presupposta esplicitamente
o implicitamente, nella stessa espressione esteriore delle dottrine. La r.m. pu servirsi pure
di altri mezzi, destinati a fornirle soltanto un supporto o punto di partenza: questa la
funzione dei riti metafisici. (Int., 1921, 145) La r.m. consiste essenzialmente
nell'identificazione per mezzo della conoscenza e tutto ci che non conoscenza non ha in
essa che un valore di mezzo accessorio. (id., 229) La r.m. non pu effettuarsi per gradi, essa
come una sintesi che nessuna analisi pu precedere e, in vista della quale, del resto, ogni
analisi sarebbe importante e rigorosamente priva di qualsiasi portata. (Croce, 1931, 193)
L'affermazione dell'identificazione attraverso la conoscenza il principio stesso della r.m.
(Met., 1939, 9) Non vi misura comune tra la r.m. ed i mezzi che ad essa conducono o, se si
preferisce, che la preparano. (id., 12) Ogni risultato, anche parziale, ottenuto dall'essere nel
corso della r.m. ottenuto in maniera definitiva. (id., 17) Chi si lascia sedurre dai fenomeni
e chi, soprattutto, si lascia andare alla ricerca di poteri eccezionali, ha ben poche
probabilit di spingere la r.m. oltre il grado al quale gi arrivato allorch sopravviene tale
deviazione. (id., 18-19) Senso m. Il senso superiore il s.m. puro; tutto il resto non sono
che applicazioni diverse, pi o meno importanti, ma sempre contingenti. (Or. Occ., 1924,
76) Unit m. Fra l'u.m. e quella matematica vi analogia e non identit. (Ved., 1925,
73) Verit m. Le v.m. possono venir concepite unicamente da una facolt che non pi
di ordine individuale e che il carattere immediato della sua operazione permette di
chiamare intuitiva: la facolt di cui stiamo parlando l'intuizione intellettuale. (Int., 1921,
97) Se certe v.m. possono venire tradotte in linguaggio teologico, ci non vale per tutte (id.,
106) Ovviamente occorre distinguere la concezione delle v.m. dalla loro formulazione, nella
quale la ragione discorsiva pu intervenire secondariamente per esprimerle nella misura
del possibile. (Or. Occ., 1924, 165) La v.m. eterna; proprio per questa ragione vi sono
sempre stati degli esseri che hanno potuto realmente e totalmente conoscerla. (Met., 1939,
20) Zero m. La z.m., pur essendo l'unit non affermata, anche qualcosa di
infinitamente pi. (Stati, 1931, 41) Il Non-Essere lo z.m., al quale abbiamo attribuito un
nome per poterne parlare. (id., 49) Lo z.m. non ha alcun rapporto collo zero matematico.
(id., 50)

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METALLICO Influssi m. Gli i.m. quando siano accostati secondo il loro lato
benefico ed utilizzati in modo veramente rituale , nel senso pi completo della parola,
sono atti ad essere trasmutati e sublimati . (Regno, 1945, 186)

METALLI I m., a causa delle loro corrispondenze astrali, sono in qualche modo i pianeti
del mondo inferiore; essi hanno perci, come i pianeti da cui ricevono e di cui condensano
gli influssi nell'ambiente terrestre, un aspetto benefico ed un aspetto malefico .
(Regno, 1945, 185) Quando si tratta dell'uso profano dei m., l'unico che possa agire
effettivamente sar soltanto il lato malefico (id., 186) I m., a causa delle influenze sottili
che portano in loro, possono avere un ulteriore funzione in una fase pi avanzata, tendente
pi direttamente alla dissoluzione finale. (id., 187)

METALLURGIA La m. ha un duplice aspetto, sacro ed esacrato , poich esiste un


duplice simbolismo applicabile ai metalli in quanto tali. (Regno, 1945, 185)

METATRON Il nome M. numericamente equivalente a quello di Shaddai,


l'Onnipotente. (Re, 1927, 25) Il termine M. comporta tutte le accezioni di Guardiano,
Signore, Inviato e Mediatore; esso l'autore delle teofanie nel mondo sensibile; esso
l'Angelo della Faccia ed anche il Principe del Mondo. Come il capo della gerarchia
iniziatica il Polo terrestre , M. il Polo celeste M. non ha solo l'aspetto della
Clemenza, ma anche quello della giustizia (id., 26).

MICROCOSMO Il m. non , a considerarlo isolatamente, che uno degli elementi


dell'universo. (Croce, 1931, 116) Se consideriamo il m., gli analoga ciascuna delle sue
modalit (id., 117).

MIMANSA Il termine M. ha, letteralmente, il significato di riflessione profonda e si


applica in modo generico allo studio profondo dei Vda con lo scopo di trarne le
conseguenze implicite nella sfera pratica e in quella intellettuale. Alla prima sfera si
riferisce la Karma-M., in quanto riguarda il campo dell'azione, alla seconda la Brahma-M.,
in quanto riguarda essenzialmente la conoscenza di Brahma e l'angolo visuale quello
della metafisica pura. La seconda M. propriamente il Vdanta, sicch, parlando di M.,
sar sempre la prima ad essere considerata. (Int., 1921, 133) La M., comincia col considerare
i differenti pramna o mezzi di prova distinguendo poi diversi tipi di prescrizioni e
ingiunzioni. (id., 234) La M. sviluppa la teoria della perpetuit del suono, pi precisamente,
la teoria dell'associazione originaria e perpetua del suono articolato col senso dell'udito.
Nella M. trova altres posto una teoria dell'infallibilit della dottrina tradizionale. (id., 235)
Alla M. si ricollegano direttamente i Vdanga. Oltre a ci la M. tratta di un gran numero di

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questioni di giurisprudenza, perch nella civilt ind tutta la legislazione


necessariamente e essenzialmente tradizionale. (id., 236) Il nome M., derivato dalla radice
verbale man , pensare , nella sua forma interattiva, indica lo studio riflessivo della
Scienza Sacra: il frutto intellettuale della meditazione del Vda. (Ved., 1925, 20)

MINERALI I m. rappresentano i risultati definitivamente fissati, per cos dire


cristallizzati , al termine dello sviluppo ciclico. (Dante, 1925, 75, 12)

MIRACOLO Un fatto sar un m. se dovuto all'azione di un'influenza spirituale e non lo


sar se dovuto soltanto ad un'influenza psichica. (Cons., 1946, 209) I m. sono, in se stessi e
indipendentemente dalla loro causa, che soltanto ha un carattere trascendente ,
fenomeni puramente fisici, percepibili come tali da uno o da pi di uno dei cinque sensi
esteriori. (id., 224)

MISTERI I M. antichi non erano paganesimo, ma vi si sovrapponevano. (Dante, 1925, 9)


Il carattere iniziatico dei M. non pu essere contestato. (Crisi, 1927, 32) L'insegnamento
esoterico ricevette in Grecia il nome di M. ed i primi filosofi, in particolare Pitagora, vi
avevano ricollegato il loro insegnamento, non essendo questo che una espressione nuova di
idee antiche. I M. ebbero sempre un carattere riservato e segreto, significando la parola m.
silenzio totale , non potendo le cose alle quali si riferivano essere espresse con parole, ma
solo insegnate in modo silenzioso. Il condurre l'uomo a stati interiori tali da permettergli di
pervenire gradualmente alla conoscenza era lo scopo essenziale e finale dei M. (Mel., 1976,
52) Grandi M. I G.M. concernono propriamente la realizzazione degli stati sovrumani.
(Cons., 1946, 320) I G.M. sono in relazione diretta coll'iniziazione sacerdotale. (id., 327) I
G.M. comportano essenzialmente la conoscenza di ci che oltre la natura. La conoscenza
metafisica pura appartiene dunque propriamente ai G.M. (id., 328) Piccoli M. I P.M.
comprendono tutto quanto si riferisce allo sviluppo delle possibilit dello stato umano
considerato nella sua integralit. (Cons., 1946, 325) I P.M. sono in relazione diretta
coll'iniziazione reale. I P.M. comportano essenzialmente la conoscenza della natura. (id.,
327) La conoscenza delle scienze tradizionali appartiene propriamente ai P.M. (id., 328)

MISTERO-I I veri m. si difendono da soli contro ogni curiosit profana; la loro natura
stessa li protegge da tutte le aggressioni della stupidit umana o dalle potenza dell'illusione
che possono esser dette diaboliche . (Or. Occ., 1924, 189) l'inesprimibile che viene
primitivamente designato dalla parola m. (Stati, 1931, 41, n. 1) Un m., anche inteso nella sua
concezione teologica, non affatto qualcosa di inconoscibile o inintellegibile, bens un
qualcosa di inesprimibile e dunque incomunicabile. (id., 126) Il termine greco musterim ,
m., si riattacca all'idea di silenzio. Il significato principale della parola quello riferentesi
all'iniziazione ed infatti proprio in tal modo che bisogna intendere ci che era chiamato m.

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nell'antichit greca. (Cons., 1946, 170) Il m. propriamente l'inesprimibile, che si pu


contemplare solo in silenzio. (id., 172-173)

MISTICISMO Il termine m. appare palesemente imparentato all'antica designazione


dei Misteri, vale a dire di qualcosa di appartenente all'ordine iniziatico. Ora, tutti sanno che
cosa si intende per m. gi da molti secoli, sicch non pi possibile usare questo termine
per designare una cosa diversa; e si tratta di un qualcosa che non ha e non pu avere nulla
in comune coll'iniziazione, in primo luogo perch questo m. fa parte esclusivamente del
dominio religioso. (Cons., 1946, 27) La confusione che fa vedere a taluni del m. dove non ce
ne la minima traccia ha il suo punto di partenza nella tendenza a ridurre tutto ai punti di
vista occidentali. (id., 28) L'iniziazione, nel suo processo stesso, presenta caratteri diversi da
quelli del m., ed anzi opposti, il che sufficiente per mostrare che si tratta proprio di due
vie non soltanto distinte, ma incompatibili. (id., 30) Nel caso del m., l'individuo si limita a
ricevere semplicemente ci che gli si presenta e come gli si presenta, senza che egli stesso
c'entri per nulla. (id., 31) Non contestiamo che il m. abbia in se stesso un carattere
notevolmente pi elevato della magia, ma, se si va bene al fondo delle cose, ci si pu
rendere conto che, almeno sotto un certo aspetto, la differenza meno grande di quanto
potrebbe supporsi: anche nel m. non si tratta insomma che di fenomeni , visioni o altro,
manifestazioni sensibili e sentimentali di ogni genere, con cui si resta sempre ed
esclusivamente nel dominio delle possibilit individuali. (id., 35-36) Nel m. non mai in
causa l'identificazione col Principio o anche solo con tale o tal altro dei suoi aspetti non
supremi . (In., 1952, 141) Il m., in ragione del suo carattere passivo, implica l'assenza di
qualsiasi metodo definito. (id., 163). Pseudom. nella religione propriamente detta che
gli Occidentali debbono trovare la soddisfazione e non in quei surrogati pi o meno
stravaganti dei quali si alimenta lo p., religiosit inquieta e sviata che un ulteriore segno
dell'anarchia mentale di cui soffre il mondo moderno. (Or. Occ., 1924, 145).

MISTICO-I L'atteggiamento passivo del m. lascia aperta la porta a tutte le influenze che
possono presentarsi. Quasi sempre il m. troppo facilmente ingannato dalla sua
immaginazione, le cui produzioni, senza che egli ne dubiti, vengono spesso a mischiarsi
con i risultati reali delle sue esperienze in modo quasi inestricabile. Per questa ragione
non bisogna esagerare l'importanza delle rivelazioni dei m. (Cons., 1946, 36) Il m. , per
definizione stessa, un isolato e un irregolare . (id., 46) I m. in realt, come tutti gli altri
exoteristi, si interessano esclusivamente alla salvezza, anche se quel che hanno in vista
costituisce, se si vuole, una modalit superiore di essa, in quanto sarebbe inconcepibile che
non ci fosse una gerarchia tra gli esseri salvati . (In., 1952, 88) La passivit del mistico
consiste proprio nel fatto che egli si limita a ricevere quello che gli arriva e che non pu, non
risvegliare in lui una certa attivit interiore, la stessa che costituir precisamente la sua
contemplazione. (id., 139) I m. impiegano volentieri il termine unione e la
contemplazione appartiene proprio a quella che essi definiscono vita unitiva , ma questa

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

unione non ha lo stesso significato dello yoga o dei suoi equivalenti. (id., 146) I m. si
dedicano in gran maggioranza ad austerit talora anche eccessiva, grazie all'idea assai
diffusa che attribuisce alla sofferenza, specie volontaria, uno specifico valore in se stessa;
questa una caratteristica molto diffusa nella vita religiosa , come la si concepisce in
Occidente. (id., 164) Nei m., malgrado certe inevitabili confusioni, il linguaggio affettivo
appare soprattutto un modo di espressione simbolica. (Simb., 1962, 358) Contemplazione
m. Non vi propriamente c.m. se non nel caso della cosiddetta visione intellettuale
che qualcosa d'ordine molto pi interiore, a cui arrivano soltanto quei mistici che possono
essere detti superiori, in quanto pare certo che, in un certo qual modo, si tratti del culmine,
o meglio del fine ultimo della loro realizzazione. (In., 1952, 138) La c.m., per il fatto stesso di
essere unicamente indiretta, lascia sempre sussistere la dualit tra il soggetto e l'oggetto e
questa dualit fa parte integrante del punto di vista religioso. (id., 140) Realizzazione m.
In Occidente si pu trovare un'analogia parziale, anche se lontanissima, con la
realizzazione metafisica, in ci che noi chiamiamo la r.m. (Int., 1921, 145) La r.m. non pu
avere una portata universale o metafisica e resta sempre soggetta all'influenza di elementi
individuali, principalmente di carattere sentimentale. Nella r.m. i riti religiosi hanno quella
funzione di ausilio che propria dei riti metafisici. (id., 146) La r.m., con le sue limitazioni
fondamentali, la sola che sia conosciuta nel mondo occidentale. (id., 147) Stati m. Gli
s.m. non hanno nulla di sovraindividuale; essi implicano un'estensione pi o meno
indefinita delle sole possibilit individuali. La prospettiva religiosa in cui si situano
conferisce agli s.m. un aspetto di passivit , aggiuntovi che la confusione dei due ordini,
intellettuale e sentimentale, pu esservi fonte frequente di illusione. (Int., 1921, 146)
Unione m. L'u.m. lascia in ogni caso sussistere l'individualit e non pu trattarsi che di
un'unione del tutto esteriore e relativa. (In., 1952,88) Via m. La v.m. differisce dalla via
iniziatica in tutti i suoi caratteri essenziali e questa differenza tale da risultarne, fra le due
vie, una vera incompatibilit. (Cons., 1946, 28)

MISURA L'idea di m., su cui riposa la stessa geometria, tradizionalmente suscettibile


di una trasposizione, la quale le d un significato ben diverso da quella che ha per gli
scienziati moderni, i quali vi vedono solo il mezzo per la riduzione di tutte le cose alle
quantit. (Regno, 1945, 33) Dire m. equivale introdurre una determinazione e ci non pi
applicabile all'assoluta indeterminazione della sostanza universale o materia prima. (id.,
35) Intesa alla lettera, la m. si riferisce principalmente al dominio della quantit continua;
ci equivale a dire che la m. si riferisce, in definitiva, sia alla stessa estensione, sia a quel che
si convenuto chiamare materia corporea (id., 36) Se la m. riguarda direttamente lo
spazio e quanto in esso contenuto, ci reso possibile dall'aspetto quantitativo di questo
spazio. (id., 37) L'idea di m. viene cos ad appartenere al simbolismo spaziale. La m. diventa
allora un' assegnazione od una determinazione , necessariamente inerente ad ogni
manifestazione in qualsiasi ordine o modo. (id., 38) L'idea di m. intimamente connessa
con quella di ordine, riferentesi alla produzione dell'universo manifestato. (id., 39)

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

MITO-I La parola m., prima di venire deviata dal suo significato, sino a designare solo
un racconto fantastico, significava ci che, non essendo suscettibile di espressione diretta,
poteva essere suggerito unicamente mediante una rappresentazione simbolica, verbale o
figurativa. (Stati, 1932, 41, n. 1) Si considera comunemente il termine m. come sinonimo di
favola , intendendo semplicemente in tal modo una funzione qualsiasi, spesso rivestita di
un carattere pi o meno poetico. (Cons., 1946, 165) Platone ricorso all'uso del m. per
esporre le concezioni che superavano la portata dei suoi abituali mezzi dialettici: e questi
m. egli non ha affatto inventato bens soltanto adattato , poich portano il marchio
incontestabile di un insegnamento tradizionale. (id., 168) Questi m. sono ben lungi
dall'essere gli ornamenti letterari che vi scorgono i commentatori ed i critici moderni; essi
rispondono invece a ci che vi di pi profondo nel pensiero di Platone, di pi libero dalle
contingenze individuali e che egli non pu, a causa di questa stessa profondit, esprimere
che simbolicamente. (id., 168-169) Se il m. indica ci che vuol dire, esso lo suggerisce per
quella corrispondenza analogica che il fondamento e l'essenza stessa di ogni simbolismo;
si potrebbe dire che si serbi il silenzio pure parlando e da un tal fatto il m. ha ricevuto la sua
designazione. (id., 169)

MODALIT Ci che si definisce una m. non esattamente una speciale condizione di


esistenza, bens una combinazione o un'associazione di diverse condizioni. (Croce, 1931,
106)

MODERNI Fuori da ci che si pu vedere e toccare, per i m. sembra non esistere pi


nulla, o almeno ci si affretta a dichiararlo non solo sconosciuto, ma altres inconoscibile ,
cosa che esime dall'occuparsene. (Crisi, 1927, 120)

MODERNISMO il M. rappresentava il proposito di sostituire nel Cattolicesimo alla


religione una vaga religiosit , vale a dire un'aspirazione sentimentale che la vita
morale basta a soddisfare. (Int., 1921, 273) Quello a cui stato dato il nome di M. stato
un semplice tentativo, fortunatamente abortito, di infiltrazione dello spirito protestante
all'interno della Chiesa Cattolica. (Crisi, 1927, 95)

MODERNISTI I m. di tutte le specie, vantando come un progresso nell'ordine religioso


la semplicit dottrinale, parlano spesso della religione come se dovesse essere riservata a
degli sciocchi. (Regno, 1945, 99) I m., col rigettare proprio l'esoterismo e l'iniziazione,
negano per conseguenza alle dottrine religiose ogni significato profondo. (id., 100)

MODERNO Astrologia m. L'a. ha solo rapporti molto vaghi e lontani colla vera
astrologia tradizionale, oggigiorno perduta. (Regno, 1945, 92) Chimica m. A far nascere

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la c.m. stata una deformazione e deviazione dell'alchimia nel senso pi rigoroso del
termine. (Crisi, 1927, 76) A dare origine alla c.m. non stata l'alchimia con cui essa non ha
alcun rapporto reale, ma ne stata soltanto una deformazione o una deviazione, provocata
da coloro che, profani e sprovvisti di ogni qualificazione iniziatica e incapaci di penetrare
in una misura qualsiasi il vero significato dei simboli, presero tutto alla lettera, secondo
l'accezione pi esteriore e pi volgare dei termini usati. (Cons., 1946, 344) Civilt m. La
c.m. soffre, in tutti i campi, di una mancanza di principi; per un'anomalia che ha del
prodigioso essa , sola fra tutte le altre, una civilt senza principi, ovvero con principi
soltanto negativi, che praticamente lo stesso. Essa simile ad un organismo decapitato
che continui a vivere d'una vita intensa e disordinata ad un tempo. (Or. Occ., 1924, 162) Le
applicazioni pratiche costituiscono la sola effettiva superiorit della c.m. (Crisi, 1927, 36) La
c.m., come ogni cosa, ha la sua ragion d'essere e, se con essa ha da chiudersi un ciclo, pu
dirsi che proprio quel che doveva essere, che essa ha trovato il suo tempo e luogo. (id., 40)
Ancora una volta, giungiamo alla stessa constatazione: la c.m. veramente una civilt
quantitativa, il che solo un modo diverso di dire che essa una civilt materiale. (id., 125)
Noi prendiamo semplicemente la c.m. in se stessa e diciamo che, pesando i vantaggi e gli
inconvenienti inerenti a quanto essa ha creato, il bilancio rischierebbe assai di esser
negativo. (id., 129) Nella c.m. si deve immancabilmente constatare come tutto appaia
sempre pi artificiale, denaturato e falsificato. (Regno, 1945, 233) Nella c.m. il sacro viene
tollerato a mala pena e, nell'impossibilit di farlo sparire del tutto in un colpo solo, ma in
attesa di realizzare completamente questo ideale, gli si concede una parte vieppi ridotta,
mentre si cerca accuratamente di isolarlo da tutto il resto mediante un insormontabile
barriera. (In., 1952, 102) Come esempio di civilt di tipo profano conosciamo la c.m., la
quale rappresenta solo un'anomalia. (Mel., 1976, 156) Civilt occidentale m. La c.o.m.
appare nella storia come una vera e propria anomalia; fra tutte quelle che sono pi o meno
completamente conosciute, questa civilt la sola ad essersi sviluppata in un senso
puramente materiale. (Or. Occ., 1924, 23) Ma la cosa forse pi straordinaria la pretesa di
fare della c.o.m. il tipo stesso di tutte le civilt, di considerarla come la civilt per
eccellenza, o addirittura la sola che meriti questo nome. (id., 26) La c.o.m. ha, fra le altre
pretese, quella di essere essenzialmente scientifica (id., 46) Si tratta di un sapere
irrimediabilmente limitato, che ignora l'essenziale, che manca di principio, come tutto ci
che appartiene in proprio alla c.o.m. (id., 51) La c.o.m. essenzialmente mutevole proprio
perch manca di principio. (id., 81) Perch la c.o.m. si considera l'erede della civilt
greco-romana, non si vuole sentir parlare d'altro se non di quest'ultima e ci si ritiene
persuasi che tutto il resto non presenti nessun interesse o possa al massimo essere oggetto
di una specie di interesse archeologico. (id., 149-150) Nella c.o.m. vengono tenute in conto
esclusivamente le cose contingenti e per di pi il modo in cui ci viene fatto , nel vero
senso della parola, disordinato , perch manca quella direzione che solo una dottrina
puramente intellettuale pu dare ed alla quale nulla pu sostituirsi. (id., 169) Eccezionale
ed anomala l'esistenza di civilt sprovviste di base tradizionale e di civilt simili, a dire il
vero, ne conosciamo una sola: la c.o.m. (Met., 1939, 2) Per il fatto che ha rotto i legami colle
proprie tradizioni, la c.o.m. una civilt anormale e deviata. (id., 10) Concezione - i. m.

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Nella c.m. le qualit essenziali degli esseri non contano e questi individui non sono
considerati altro che unit intercambiabili e puramente numeriche. (Regno, 1945, 75)
Nell'incomprensione delle realt tradizionali il livello pi basso rap. presentato dalle c.m.,
(In., 1952, 93) Crisi m. Il vero punto di partenza della c.m. questo: l'inizio della
disgregazione della Cristianit, essenzialmente identica alla civilt occidentale del
Medioevo. (Crisi, 1925, 35) Epoca m. L'e.m. deve corrispondere necessariamente allo
sviluppo di certe possibilit che erano incluse fin dal principio nella potenzialit del ciclo
attuale. (Crisi, 1927, 39) Il carattere pi visibile dell'e.m. il bisogno di un'agitazione
incessante, di un mutamento continuo, di una velocit sempre crescente che cos riflette
quella stessa secondo la quale oggi si svolgono gli avvenimenti. (id., 61) Uno dei caratteri
dell'e.m. l'uso di quanto era stato precedentemente trascurato, perch rappresentava
un'importanza troppo secondaria agli occhi di coloro che avrebbero dovuto consacrarvi la
loro attivit, ma che doveva tuttavia venire sviluppato prima della fine del presente ciclo,
anche tali possibilit avendo il loro posto tra quelle chiamate a manifestarsi. (id., 74) Si
potrebbe dire che l'e.m., la quale coincide colla frattura nei confronti della Tradizione,
caratterizzata dalla sostituzione dell'ordinamento feudale con quello nazionale. (Aut., 1929,
109) Et M. Bisogna riportare l'E.M. almeno a circa due secoli prima del termine solito:
la Rinascenza e la Riforma sono soprattutto delle risultanti, resesi possibili solo in virt di
una preliminare decadenza. (Crisi, 1927, 35) Filosofia m. Esaminando la f.m. nel suo
insieme, possiamo dire, e ci in modo generale, che il suo modo di guardare alle cose non
presenta nessuna differenza realmente essenziale da quella della scienza: si tratta in
entrambi di un punto di vista razionale. (Int., 1921, 117) La f.m. non veramente niente di
pi di ci che esteriormente d a vedere di essere e tutto quanto veramente profondo
sfugge totalmente alla sua ristretta prospettiva. (id., 135) La separazione e l'opposizione di
soggetto e di oggetto sono affatto tipiche della f.m. Non esistono due mondi separati e
eterogenei, quali li suppone la f.m., chiamandoli soggettivo ed oggettivo . (id., 212) Il
gusto morboso della ricerca, vera inquietudine mentale senza un termine e senza una
via d'uscita, si manifesta in modo particolare nella f.m.; la maggior parte di essa si presenta
infatti solo come una serie di problemi del tutto artificiali. (Or. Occ., 1924, 84) La f.m. non
pu ammettere l'esistenza della metafisica vera senza autodistruggersi. (id., 139) La f.m.,
con i suoi tentativi di spiegazione, le sue limitazioni arbitrarie, le sue sottigliezze inutili, le
sue confusioni senza fine, le sue discussioni senza scopo e la sua inconsistente verbosit,
appare agli Orientali come un divertimento particolarmente puerile id., 140) Filosofo-i. m.
Quasi tutti i f.m. sono, in modo pi o me- no. esplicito, dei razionalisti; in quelli che non
lo sono non si ritrova nient'altro che sentimentalismo e volontarismo. In queste condizioni,
se un f.m. pretende di fare della metafisica, si pu star sicuri che ci a cui egli d questo
nome non ha niente in comune colla vera metafisica. (Or. Occ., 1924, 57) Geografia m.
La g.m. data in realt soltanto dai secoli XVII e XVIII, cio proprio dall'epoca che vide
originarsi e diffondersi la mentalit razionalista. (Regno, 1945, 161) Massoneria m. Vi
fu una vera e propria deviazione all'inizio del XVIII secolo, al momento della costituzione
della Grande Loggia d'Inghilterra, la quale fu il punto di partenza della M.m. (Mac., 1964, I,
14) Il pensare che ci che si cela sotto i simboli siano quasi unicamente concezioni sociali o

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politiche fece perdere alla M.m. la comprensione di ci che essa conserva ancora dell'antico
simbolismo e delle tradizioni, di cui, malgrado tutte le sue insufficienze, essa sembra
essere, bisogna ben dirlo, l'unica erede nel mondo occidentale moderno. (id., I, 16) La M.m.
semplicemente il prodotto di una deviazione. I primi responsabili di questa deviazione
furono i pastori protestanti Anderson e Desaguliers, i quali redassero le Costituzioni della
Gran Loggia d'Inghilterra e fecero sparire tutti gli antichi documenti sui quali poterono
mettere le mani, affinch non ci si accorgesse delle innovazioni che avevano introdotto ed
anche perch quei documenti contenevano delle formule che essi consideravano molto
pericolose per la loro opera, come l'obbligo di fedelt a Dio, alla Santa Chiesa e al Re ,
segno incontestabile dell'origine cattolica della Massoneria. Questo lavoro di deformazione
i protestanti l'avevano preparato nei quindici anni che passarono tra la morte di Christophe
Wren, ultimo Gran Maestro della Massoneria antica (1702) e la fondazione della Gran
Loggia d'Inghilterra. (id., II, 72-73) Matematica m. La m.m. rappresenta, per cos dire,
solo la scorza della matematica pitagorica, il suo lato puramente exoterico. (Crisi, 1927, 77)
Matematici m. I m.m. impiegano nella loro notazione dei simboli di cui non conoscono
pi il senso e che sono come delle vestigia di dimenticate tradizioni. (Calc. Inf., 1946, 2)
Mentalit m. La m.m. quasi unicamente rivolta verso l'esteriore, vale a dire verso il
mondo sensibile. (Or. Occ., 1924, 86) Sono le tendenze proprie della m.m. a rendere
impossibile ogni relazione intellettuale coll'Oriente. (id., 159) La m.m. si rinchiude in una
relativit che va sempre pi riducendosi e nell'ambito di questo dominio, che in realt cos
ristretto, anche se ai suoi occhi appare immenso. (id., 170) Il bisogno di semplificare un
tratto distintivo della m.m. (Regno, 1945, 93) La m.m. tale da non poter sopportare alcun
segreto e nemmeno delle riserve. (id., 107) La m.m., in tutti gli aspetti che la caratterizzano,
non altro che il prodotto di una vasta suggestione collettiva. (id., 252) La m.m. non pu
soffrire segreti o riserve, cose la cui portata ed il cui significato le sfuggono completamente
e verso i quali l'incomprensione genera l'ostilit. (Mel., 1976, 146) Mondo m. Il m.m. ha
letteralmente rovesciato i rapporti dei differenti ordini. (Or. Occ., 1924, 42) Tra le cosiddette
conquiste di cui il m.m. va tanto fiero si riducono a grandi parole dietro le quali non c'
nulla, o molto poco: suggestione collettiva abbiamo detto; illusione che, per essere
condivisa da tanti individui e mantenersi come fa, non pu essere spontanea. (id., 46)
Alcune delle fonti del m.m. vanno ricercate nell'antichit classica. (Crisi, 1927, 33) Uno dei
caratteri particolari del m.m. costituito dalla scissione che si nota tra l'Oriente, nei suoi
aspetti, ancora tradizionali e l'Occidente. (id., 41) L'assenza di principio d al m.m. il suo
carattere anormale, facendone una specie di mostruosit, solo se la si considera come
corrispondente alla fine di un periodo ciclico. (id., 83) Dal distacco dell'Occidente dalla
tradizione nato il m.m. (id., 89) Non nel dominio sociale che, in ogni caso, potrebbe
prendere inizio una essenziale rettificazione del m.m. (id., 101) Il campo in cui il m.m. ha
impegnato tutte le sue forze in realt non altro che lo sviluppo dell'industria e del
macchinismo. (id., 124) Quand'anche non si potesse sperare di raggiungere un risultato
sensibile prima che il m.m. precipiti, questo non sarebbe un motivo per non cominciare
un'opera la cui portata reale va ben oltre l'epoca attuale. (id., 161) Occidentali m. Gli
O.m., poich la loro civilt non risale di fatto pi in l dell'epoca greco-romana, fanno fatica

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a concepire che siano esistite civilt completamente diverse e d'origine molto pi antica; si
potrebbe dire che essi sono, intellettualmente, incapaci di superare i limiti del
Mediterraneo. (Int., 1921, 28) Gli O.m. hanno una tendenza spiccatissima a lasciarsi attirare
da tutto quanto si presenta sotto apparenza strana e stupefacente; lo sviluppo della loro
civilt, in senso puramente pratico, privandoli di ogni effettiva direzione intellettuale, apre
le porte a qualsiasi stravaganza pseudo-scientifica e pseudo-metafisica che sia tale da
soddisfare quel sentimentalismo che ha su di essi, sempre a causa dell'assenza
dell'intellettualit vera, un'influenza cos grande. (id., 278-279) La regressione intellettuale
giunta ad un tal punto che gli O.m. non sanno pi che cosa possa essere l'intellettualit
pura, o meglio, non sospettano neppure che qualcosa di simile possa esistere. (Or. Occ.,
1924, 23) Con quale diritto gli O.m. pretendono di imporre a tutti il loro modo di valutare le
cose? Inoltre essi non dovrebbero dimenticare che sono soltanto una minoranza
nell'insieme dell'umanit terrestre. (id., 43) La cosa pi stupefacente che, nella loro
infatuazione, gli O.m. immaginano in buona fede di avere del prestigio presso gli altri
popoli. (id., 44) C' un solo modo per gli O.m. di rendersi sopportabili ed che essi
rinuncino all' assimilazione per praticare l' associazione e ci in tutti i campi. (id., 45)
Gli O.m., i quali ad ogni occasione mettono insolentemente in mostra la convinzione della
loro superiorit, non sono certo i pi atti di accusare la saggezza orientale di orgoglio
intellettuale . (id., 78) Fra le altre cose gli O.M. rimproverano spesso alle civilt orientali il
loro carattere di fissit e di stabilit, il quale appare loro come la negazione del progresso.
(id., 81) Gli O.m. appaiono essenzialmente mutevoli ed incostanti, sommersi in un
movimento continuo ed in una agitazione incessante, senza che provino il minimo bisogno
di uscirne. (id., 82) Il bisogno di attivit esteriore spinto all'estremo, il gusto dello sforzo per
lo sforzo, indipendentemente dai risultati che se ne possono ottenere, tutto ci non
naturale per l'uomo normale secondo l'idea che sempre e dappertutto se ne era avuta;
eppure per gli O.m. ci diventato in qualche modo naturale. (id., 83) Le aspirazioni degli
O.m., unici fra tutti gli uomini, sono generalmente limitate in modo stretto al mondo
sensibile ed ai suoi annessi, fra i quali comprendiamo tutto l'ordine sentimentale e buona
parte dell'ordine razionale. (id., 84) Gli O.m., salvo casi eccezionali, assumono il modo
sensibile come unico oggetto di conoscenza. (id., 87) Nonostante la grande stima di se stessi
e della propria civilt, gli O.m. sentono che il loro dominio sul resto del mondo lungi
dall'essere assicurato in modo definitivo. (id., 104) Gli O.m. hanno a loro disposizione la
forza bruta e l'uso che ne fanno cambia interamente il volto delle cose. (id., 107) Gli O.m.,
ogni qualvolta si trovano in presenza di popoli civili, si comportano come se si trattasse di
selvaggi ed in tal modo che essi si rendono veramente insopportabili. (id., 109) proprio
lo spirito tradizionale che gli O.m. combattono principalmente, il quale tanto pi temono
quanto meno capiscono, essendone essi stessi privi. (id., 110) Si pu dire che se gli O.m. si
mostrassero pi attaccati alla loro religione di quanto solitamente accade, godrebbero in
Oriente di maggior stima. (id., 143) Gli O.m. non riescono ad afferrare nulla
dell'intellettualit orientale ed anche quando immaginano di possederla e di tradurne
l'espressione, riescono soltanto a farne la caricatura, e nei testi e nei simboli. (id., 158) Gli
O.m. sono veramente, e sotto ogni angolo visuale, degli uomini senza casta ; essi non

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possiedono pi nulla di ci che forma il fondo e l'essenza delle altre civilt. (id., 16 Oggi gli
O.m. sono degli uomini senza casta , ognuno non occupando il posto e la funzione che
sono adatti alla sua natura. (Hind., 1965, 26). Occidente m. La mentalit
antitradizionale una delle particolarit dell'O.m. (Or. Occ., 1924, 31) La restaurazione di
un'intellettualit vera ci pare l'unico mezzo per mettere fine alla confusione mentale che
regna nell'O.m. (id., 103) Al punto in cui sono giunte le cose, non ci vuole molta
immaginazione per raffigurarsi l'eventualit che l'O.m. finisca col distruggere se stesso.
(id., 105) Pensiero m. Assenza completa della conoscenza metafisica, limitazione
arbitraria della stessa conoscenza scientifica a certi campi particolari, ad esclusione di tutti
gli altri: ecco quali sono le caratteristiche del p.m. (Or. Occ., 1924, 57) Nel p.m. non pu
esistere separazione profonda tra conoscenza scientifica conoscenza filosofica: la prima
giunta ad incorporare e la seconda non pi della prima che una parte o una modalit. (id.,
139) Psicologi m. Gli p.m. immaginano l'uomo come se fosse stato sempre menta]
mente tale quale oggi. (Regno, 1945, 155) Scienza-e m. Vi sono perfino s.m. che
rappresentano davvero, e nel senso pi letterale, dei residui di scienze antiche, oggi non
pi comprese. (Crisi, 1927, 74), Crediamo di avere detto abbastanza per far capire la natura
del muta mento cui le s.m. debbono la loro origine e che costituisce proprio l'opposto di un
progresso, rappresentando una vera regressione dell'intellettuali. (id., 77) La s.m.,
procedendo da una circoscrizione arbitraria della conoscenza ad un certo piano particolare,
che il pi basso di tutti, a piano cio della realt materiale o sensibile, ha perduto, con una
tale limitazione e con le conseguenze immediate di essa, ogni valore intellettuale. (id., 82)
certo che la s.m. non fa direttamente professione di ateismo o di materialismo; si pu solo
parlare di un materialismo di fatto, di ci che noi vorremmo chiamare un materialismo
pratico. (id., 119) Le s.m. non hanno un carattere di conoscenza disinteressata e persino per
coloro che credono nel loro valore speculativo un tale valore solo una maschera
nascondente preoccupazioni affatto pratiche, usate per permettere loro di conservare
l'apparenza di una falsa intellettualit. (id., 123) Le s.m. non sono e non possono essere se
non un tessuto di affermazioni pi o meno grossolane. (Regno, 1945, 89) La s.m., per il fatto
stesso di voler essere completamente quantitativa, rifiuta di tener conto di differenze tra i
fatti particolari, persino in casi in cui tali differenze sono pi accentuate. (id., 90) La s.m.
essenzialmente solidale con lindustria se non addirittura pi o meno completamente
confusa con essa. (id., 129) Nel solo mondo corporeo si situa il punto di partenza di tutta la
s.m. (id., 235) Far derivare il pi dal meno quel che pretende di fare la s.m., con le
sue concezioni meccanicistiche e materialistiche e con il suo punto di vista esclusivamente
quantitativo. (Calc. inf., 1946, 91) Societ occidentale m. Nella s.o.m., la cui costituzione
manca (li principio e non riposa su alcuna gerarchia, qualsiasi individuo pu ricoprire
quasi indifferentemente le pi diverse funzioni (comprese quelle per cui meno adatto) e la
ricchezza materiale prevale su ogni superiorit vera ed effettiva. (Int., 1921, 189)
Sperimentali.. m. D'altronde un'illusione singolare, propria allo s.m., quella di credere
che una teoria possa essere provata dai fatti, mentre in realt gli stessi fatti possono sempre
essere spiegati in funzione di molte e diverse teorie. (Crisi, 1927, 73) Spirito m. Lo s.m.
ha ritrovato se stesso nel Cartesianesimo e, attraverso esse, ha preso una coscienza di s pi

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chiara di quella di ogni precedente era. (Crisi, 1927, 88) Lo s.m. doveva rigettare ogni
autorit spirituale nel senso vero della parola, cio ogni autorit traente la sua origine
dall'ordine sovrumano, e cos pure ogni organizzazione tradizionale. (id., 90) certo che lo
s.m., il quale veramente diabolico in ogni senso della parola, cerca con tutti i mezzi di
impedire che gli elementi di una possibile lite intellettuale, oggi isolati e dispersi,
giungono alla coesione necessaria per esercitare unazione reale sulla mentalit generale.
(id., 158) cos che molti fra quelli che oggi vorrebbero sinceramente reagire contro lo s.m.
sono ridotti all'impotenza, perch, non avendo saputo trovare i principi fondamentali
senza di cui ogni azione assolutamente vana, essi si lasciano trascinare in vicoli ciechi, dai
quali non possono pi uscire. (id., 160) La s.m. implica un vero e proprio odio per il segreto
e per tutto ci che da presso o da lungi gli rassomiglia, in qualsivoglia dominio. (Regno,
1945, 106) Teorie scientifiche m. Tutte le scuole occultiste, teosofiche, o altre di questo
genere, amano costantemente ricercare punti di contatto colle t.s.m. a cui molto sovente si
ispirano. (Regno, 1945, 151) Uomo m. Invece di cercare di innalzarsi sino alla verit,
l'u.m. pretende di farla scendere al proprio livello. (Crisi, 1927, 96) L'u.m. divenuto
veramente impermeabile a qualsiasi influenza diversa da quella relativa ai dati che i sensi
gli forniscono. (Regno, 1945, 124) La perpetua inquietudine dell'u.m. non altro che un
aspetto di quel bisogno di agitazione da noi spesso denunciato. (In., 1952, 34)

MOKSHA Quanto a M., esso si situa aldil di tutto ci che corrisponde alle divisioni
particolari di varnas e non pu essere contenuto, come lo sono i fini transitori e contingenti,
nella sfera che rappresenta il dominio dell'esistenza condizionata, poich la liberazione da
tale esistenza. Esso pure aldil dei tre gunas, i quali sono solo relativi alle condizioni della
manifestazione universale. (Hind., 1965, 80-81)

MOLTEPLICIT La m. esiste secondo il suo modo proprio, ma siffatto modo illusorio,


perch l'esistenza stessa di questa m. ha per base l'Unit, da cui essa prodotta e nella
quale principialmente contenuta. (Ved., 1925, 73) La m. considerata fuori dal suo principio
e come tale insuscettibile ad essere ricondotta all'Unit, nell'ordine sociale la collettivit
concepita come la mera somma aritmetica degli individui che la compongono (Crisi, 1927,
111) La m. compresa nell'Unit Primordiale e continua ad esserlo nel corso del suo
sviluppo in modo manifestato. (Stati, 1931, 51) dunque dall'Unit che la m. esiste e, dal
momento che non infirma l'Unit stessa, dobbiamo dedurre che la sua esistenza del tutto
contingente in rapporto a questa. (id., 52) La constatazione della m., lungi dal contraddire
l'affermazione dell'Unit o dall'opporsi comunque ad essa, trova in tutto il dominio
dell'Essere il solo fondamento valido che possa esserle dato, sia ontologicamente che
metafisicamente. (id., 53) La m. che contenuta nell'Unit, senza che questa ne sia peraltro
infirmata, non pu mai realmente uscirne, poich ci implicherebbe una alterazione , in
contraddizione coll'Immutabilit Principiale. (id., 87) La m., essendo inerente alla
manifestazione ed accentrandosi nella misura in cui si scende nei suoi gradi inferiori,

134

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

allontana necessariamente dal non-manifestato. (Mel., 1976, 45)

MONDO-I Il m. non eterno, perch contingente o, in altri termini, esso ha un inizio


come avr una fine, perch non il principio di se stesso, cos come non contiene questo
principio che gli necessariamente trascendente. (Regno, 1945, 50) Asse del M. La
croce del Cristo occupa sempre il posto centrale che proprio dell'Albero della Vita; lo
stesso pu dirsi quando situata fra il sole e la luna, come nella maggior parte delle antiche
raffigurazioni: essa allora l'A. del M. (Croce, 1931, 93) Le rappresentazioni dell'A. del M.
sono numerose ed importanti in tutte le tradizioni antiche e il loro significato generale lo
stesso di quello delle figure del Centro del Mondo, salvo forse che esse evocano pi
direttamente il ruolo del Principio nei riguardi della manifestazione universale. 1962, 68)
Re del M. Il R. del M. deve avere una funzione essenzialmente ordinatrice e regolatrice,
funzione che pu riassumersi come equilibrio ed armonia , il che reso in sanscrito
dal termine Dharma. (Re, 1927, 19) Tre M. La distinzione dei T.M., che costituisce il
piano generale della Divina Commedia, comune a tutte le dottrine tradizionali. (Dante,
1925, 49) I T.M. rappresentano l'insieme della manifestazione, divisa nei suoi tre gradi
fondamentali, costituenti rispettivamente il dominio della manifestazione informale,
sottile, grossolana o corporea. (Triade, 1945, 66) Uovo del M. La forma dell'U. del M.
la forma della rappresentazione dell'insieme globale, nel loro stato primitivo ed
embrionale , di tutte le possibilit che si svilupperanno nel corso di un ciclo della
manifestazione. (Regno, 1945, 165)

MONETA Nell'antichit e nel Medioevo, la questione della m. era vista sotto aspetti del
tutto ignorati dai moderni, i quali si limitano al semplice punto di vista economico. (Aut.,
1929, 107) La m. ha avuto la sua origine ed ha conservato a lungo un carattere
completamente diverso ed un valore prettamente qualitativo. (Regno, 1945, 131-132) La m.,
dove questa esisteva, non poteva di per s essere la cosa profana che pi tardi poi venuta.
(id., 132) Il controllo dell'autorit spirituale sulla m. non del resto un fatto esclusivamente
limitato all'antichit; molti indizi mostrano la sua perpetuazione sin verso la fine del
Medioevo. (id., 132133) La m. stata spogliata a poco a poco di ogni caratteristica sacra o
tradizionale, per cui la sua esistenza diventata del tutto profana e si infine ridotta alla
bassa mediocrit della vita ordinaria. Oggi non si riesce pi a concepire che la m. sia
qualcosa di diverso dalla rappresentazione di una pura e semplice quantit. (id., 134) La m.,
dopo avere perduto ogni garanzia di ordine superiore, ha visto il suo stesso valore
quantitativo, cio quello che nel gergo degli economisti viene chiamato il potere d'acquisto,
ridursi senza posa. Quando si spinge la riduzione alle estreme conseguenze, come nel caso
della m., non ci si pu trovar di fronte altro che ad una vera e propria dissoluzione. (id.,
136)

135

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

MONISMO Il m., non ammettendo l'irriducibilit assoluta e volendo andare oltre


l'opposizione apparente, crede di poterci riuscire riducendo uno dei due termini all'altro
(Int., 1921, 128) Ogni m. viene a trovarsi obbligato ad attribuire al principio che mantiene le
propriet pi essenziali del principio che sopprime. Il m. una concezione sistematica di
carattere semplicemente filosofico. (id., 129)

MONOTEISMO Il m. non in alcuna parte pi sensibile che nel deserto, ove la


diversit delle cose ridotta al suo minimo ed ove, in pari tempo, i miraggi fanno apparire
tutto ci che di illusorio il mondo manifestato. (Ap. I.T., 1975, 42) Ogni vera tradizione
essenzialmente monoteista; essa afferma innanzitutto l'unit del Principio Supremo, da cui
tutto derivato e da cui tutto dipende, ed questa affermazione che, nelle tradizioni di
forma religiosa, costituisce il m. Il m. pu includere tutti gli sviluppi possibili sulla
molteplicit degli attributi divini. (Mel., 1976, 27)

MONTAGNA La m. raffigura naturalmente il Centro del Mondo, prima del Kali-Yuga;


essa corrisponde dunque a quella che potrebbe essere detta la situazione normale, al di
fuori del periodo oscuro le cui speciali condizioni implicano una specie di rovesciamento
dell'ordine stabilito. I simboli della m. e della caverna hanno l'uno e l'altro la loro ragion
d'essere ed esiste tra di loro un vero complementarismo. (Re, 1927, 71) La rappresentazione
del centro spirituale tramite la m. corrisponde propriamente al periodo originario
dell'umanit terrestre, periodo durante il quale la Verit era integralmente accessibile a
tutti. (Simb., 1962, 189)

MORALE La m. rappresenta la parte sociale della religione. (Int., 1921, 85) Il fattore
sentimentale, secondario nella dottrina, diventa preponderante e pressoch esclusivo nella
m., la cui dipendenza nei confronti del dogma un'affermazione soprattutto teorica. (id.,
86) La m., di per s, cosa essenzialmente sentimentale; essa rappresenta un punto di vista
quanto mai relativo e contingente. La m. non e non pu essere che una regola d'azione;
evidente che essa deve avere un'importanza capitale per uomini che non si interessano pi
che dell'azione. (Or. Occ., 1924, 95) Concezioni m. In un determinato ambiente le c.m. si
somigliano tutte in maniera straordinaria, anche se pretendono di essere fondate su
considerazioni differenti e talvolta contrarie; questo fatto chiaramente indicativo del
carattere artificiale di tali teorie. (Or. Occ., 1924, 96) Progresso m. Venendo alla
concezione del p.m., notiamo come essa rappresenti il secondo elemento predominante
della mentalit moderna: la sentimentalit. (Or. Occ., 1924, 37) Anche dietro il preteso p.m.
vi una realt che si dissimula o, se si preferisce, ne sostiene l'illusione: questa realt lo
sviluppo della sentimentalit. (id., 41) Punto di vista m. Poich il p. di v.m. ha una
ragione d'essere esclusivamente sociale, l'intrusione della politica in un simile campo non
affatto sorprendente. (Or. Occ., 1924, 96) Se in una civilt si riscontra la presenza del p. di

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v.m., si pu dire che essa non gi pi integralmente tradizionale; l'apparizione dal p. di


v.m. pu anzi essere considerata come in certo qual modo legata al punto di vista profano.
(In., 1952, 92) Teorie m. Le t.m. che compaiono in una area determinata, per quanto
opposte possano apparire, tendono tutte a giustificare certe regole pratiche, le quali sono
sempre quelle che comunemente si possono osservare in quella medesima area. (Int., 1921,
122)

MORALISMO All'epoca attuale il m. diventa invadente, a causa del processo


degenerativo del pensiero religioso, come ben dimostra il caso del Protestantesimo. (Int.,
1921, 123) Il m. dei nostri contemporanei non dunque altro che il necessario complemento
del loro materialismo pratico. (Or. Occ., 1924, 39) Uno dei sintomi pi notevoli della
prevalenza assoluta del sentimentalismo ci che noi chiamiamo m., l'evidente tendenza
cio a ricondurre tutto a preoccupazioni di carattere morale o, quanto meno, a subordinare
a queste ultime tutto il resto. (id., 95)

MORTE La m., essendo concepita come la dissoluzione del composto umano,


rappresenta un riassorbimento dell'individualit nello stato non-manifestato. (Ved., 1925,
153) Seconda m. La s.m. non che la morte psichica . (Cons., 1946, 239)

MOVIMENTO Oggi il m. ed il mutamento sono invero cercati per se stessi e non per
uno scopo qualsiasi cui possono condurre. Ci deriva direttamente dal fatto che tutte le
facolt umane sono assorbite nell'azione esteriore di cui abbiamo or ora segnalato il
carattere di momentaneit. (Crisi, 1927, 62) Il m. , in qualche modo, doppiamente
continuo, poich lo sia per la sua condizione spaziale sia per la condizione temporale.
(Calc. Inf., 1946, 48) il m. che, dal punto di vista fisico, la causa necessaria di ogni
differenziazione. (Mel., 1976, 129)

MUTAMENTO Oggi il movimento ed il m. sono invero cercati per se stessi e non per
uno scopo qualsiasi cui possono condurre. Ci deriva direttamente dal fatto che tutte le
facolt umane sono assorbite nell'azione esteriore di cui abbiamo or ora segnalato il
carattere di momentaneit. (Crisi, 1927, 62)

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-N-

NADIS I n., o canali sottili , sono le linee di direzione che seguono le forze vitali; di
esse i tre principali sono sushumn, che occupa la posizione centrale, id e pingal, i due n.
di sinistra e di destra, il primo femminile o negativo, il secondo maschile o positivo. (Hind.,
1965, 33)

NAMA N. corrisponde all'aspetto essenziale dell'individualit. La forma equivale a n.


(Hind., 1965, 95) Da un altro punto di vista, n. corrisponde anche alla parte sottile
dell'individualit. (id., 95-96) La parte sottile dell'individualit continuer ad essere
designata come n. anche dopo la scomparsa della parte corporale. Sar pure cos quando
questo n. detto essere senza fine , e ci in rapporto alla perpetuit ciclica. (id., 96)
L'essere che allora sussiste come n. passato nel mondo dei dvas, vale a dire in uno stato
angelico o sovraindividuale; essendo un tale stato informale , n. trasposto in un senso
superiore, caso che possibile in virt del carattere sovrasensibile che gli inerente, pure
nella sua accezione ordinaria e individuale. (id., 97) In questa trasposizione, n. equivale
ancora al greco eidos , l'idea nel senso trascendente dell'archetipo, cio come realt del
mondo intelligibile di cui il mondo sensibile non offre un riflesso o un'ombra. (id.,
97-98)

NASCITA Seconda n. La s.n. propriamente ci che pu chiamarsi una rigenerazione


psichica; ed infatti nell'ordine psichico che debbono effettivamente individuarsi le prime
fasi dello sviluppo iniziatico. (Cons., 1946, 238) Terza n. Il passaggio dell'ordine
psichico all'ordine spirituale potr essere considerato in modo speciale come costituente
una seconda morte e come t.n. Questa t.n. sar pi rappresentata come una
resurrezione che come una nascita ordinaria. (Cons., 1946, 239)

NATURA Non solo possibile oltrepassare la n., ma ci una realt (Met., 1939, 5)
Scienza-e della n. I domini propri alle s. della n. restano distinti da quello della metafisica,
poich quest'ultima, non ponendosi sullo stesso loro terreno, non pu venire in nessun
modo considerata ad esse analoga, sicch non potr mai accadere che si stabilisca una
comparazione tra i risultati dell'una e quelli delle altre. (Int., 1921, 92) Il dominio proprio ad
ogni s. della n. sempre circoscritto all'esperienza, mentre quello della metafisica,
costituito essenzialmente da ci di cui non si pu avere esperienza: essendo al di l della
forma , si anche aldil dell'esperienza. Di conseguenza il campo di ogni s. della n. pu
allargarsi indefinitamente, senza mai giungere ad avere il sia pur minimo punto di contatto
con quello della metafisica. (id., 93)

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NATURALE Ci che n., costituendo l'ambiente, rappresenta per tal fatto stesso la parte
di un principio mercuriale . (Triade, 1945, 122)

NATURALISMO Un n. coerente non pu essere che una delle filosofie del divenire
ed il cui tipo specificamente moderno l'evoluzionismo. (Crisi, 1927, 87)

NAVICELLA Dagli emblemi che furono un tempo quelli di Ianus, la n. diventata


un'immagine della Chiesa. (Aut., 1929, 134)

NAVIGAZIONE La figura della n. fu usata spesso nell'antichit greco-latina. (Aut.,


1929, 134) La n. rappresenta simbolicamente la conquista della Grande Pace. (id., 135) Se la
funzione dell'Imperatore quella di condurre al Paradiso Terrestre, anche in questo caso si
tratter di una n. (id., 136)

NAZIONALE Chiesa N. L'idea di una C.N. ebbe la sua origine nei paesi protestanti o,
per meglio dire, il Protestantesimo fu suscitato forse per realizzarla. (Aut., 1929, 112) Lo
scisma anglicano di Enrico VIII rappresenta il successo pi completo nella costituzione di
una C.N. (id., 113)

NAZIONALIT In Occidente la concezione delle n. cosa essenzialmente moderna.


L'originarsi delle n. , in una civilt, il segno di una dissoluzione parziale, conseguente alla
perdita di ci che ne costituisce l'unit profonda. (Int., 1921, 65) Il costituirsi delle n. fu
conseguenza, da un lato, della distruzione del regime feudale e, dall'altro, della frattura che
simultaneamente avvenne nell'unit superiore della Cristianit medievale. (Crisi, 1927, 128)
La formazione delle n. essenzialmente uno degli episodi della lotta del temporale contro
lo spirituale. (Aut., 1929, 110) Il costituirsi delle n. rese possibile veri e propri tentativi di
asservimento dello spirituale al temporale, implicante un capovolgimento totale dei
rapporti gerarchici tra i due poteri. (id., 111)

NEGATIVO Numeri n. I n.n., per effetto del convenzionalismo moderno all'origine,


non sono niente di pi che l'indicazione del risultato di una sottrazione realmente
impossibile, per mezzo della quale un numero pi grande dovrebbe essere sottratto da un
numero pi piccolo. (Calc. Inf., 1946, 67) Quantit n. La concezione delle q.n. come
numeri minori di zero , che Leibnitz collocava tra le affermazioni toleranter verae , , in
realt, interamente priva di qualsiasi significato. (Calc. Inf., 1946, 68)

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NEO-PLATONICI Non vorremmo deprezzare oltre misura dottrine come quelle dei N.,
le quali, in ogni caso, sono incomparabilmente superiori a tutte le concezioni della filosofia
moderna. (Or. Occ., 1924, 217)

NEO-SPIRITUALISMO Si pu dire, senza alcuna esagerazione, che la diffusione del n.


sotto tutte le sue forme costituisce un vero pericolo pubblico la cui insistenza a denunciarlo
non mai troppa; i danni compiuti, soprattutto dallo spiritismo sono grandissimi e, ci che
pi inquietante, sembrano accrescersi di giorno in giorno. (Thos., 1921, 123) Il n., in
generale, si avvicina molto al Protestantesimo; per quanto concerne il Teosofismo
soprattutto la seconda parte della sua storia che permette di rendersene conto. (id., 132) Il
n., nonostante l'avversione che manifesta nei confronti del materialismo, a quest'ultimo
rassomiglia tuttavia sotto pi di un aspetto, al punto che si potuto, con sufficiente
ragione, usare al suo posto l'espressione di materialismo trasposto . (Regno, 1945, 262) Il
n. anche in perfetta conformit con le tendenze sperimentali della mentalit moderna
in quello dei suoi aspetti che abbiamo denominato pratico . (id., 263)

NERO Nel suo senso superiore il n. simboleggia essenzialmente lo stato principiale di


non-manifestazione. (Simb., 1962, 108) Il Centro , per via del carattere principiale, il
luogo della non-manifestazione e, in quanto tale, il n., inteso in senso superiore, gli
conviene realmente. (id., 108) Pietre n. II ruolo simbolico degli aeroliti, o pietre cadute
dal cielo, importantissimo, perch si tratta delle p.n. di cui si parla in tante tradizioni
diverse. Queste p.n. possono sicuramente essere classificate nella categoria dei betili ,
cio delle pietre considerate dimore divine , o, in altri termini, supporti di influenze
spirituali. (Simb. 1962, 155)

NODO Il significato del n. un rafforzamento, da un certo punto di vista che lo


considera un impedimento, del legame, poich il n. rappresenta pi propriamente ci che
fissa l'essere in un determinato stato. (Simb., 1962, 350)

NOMADI I n. non edificano nulla di durevole e non lavorano in vista di un avvenire che
loro sfugge; ma non hanno davanti che lo spazio, il quale non oppone nessuna limitazione.
(Regno, 1945, 177) L'attivit dei n. si esercita specialmente sul regno animale, come essi
mobile. I n., cui le immagini sono vietate, si costituiscono dei simboli sonori, i soli che siano
compatibili con il loro stato di migrazione continua. (id., 178) I n. danno vita alle arti
fonetiche, cio alle arti delle forme che si sviluppano nel tempo. (id., 179)

NOMADISMO II n., sotto il suo aspetto malefico e deviato, esercita facilmente


un'azione dissolvente su tutto ci con cui viene a contatto. (Regno, 1945, 180, n. 1)

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NOME Un n. sar tanto pi vero quanto pi corrisponder ad una modalit di ordine


pi profondo, esprimendo per ci stesso qualche cosa di pi vicino alla vera essenza
dell'essere. (Cons., 1946, 243) Il vero n. dell'essere umano, il pi vero di tutti, sar quello
corrispondente alla modalit centrale della sua individualit, vale a dire alla sua
restaurazione nello Stato Primordiale . (id., 243-244)

NOMINALISMO Il n., nei suoi diversi gradi, l'espressione filosofica della negazione
dell'idea, cui si pretende di sostituire la parola o l'immagine. (Or. Occ., 1924, 100)

NON-DUALISMO Il n.d. differisce profondamente dal monismo perch non pretende


affatto che uno dei due termini sia riducibile all'altro, ma li considera entrambi
simultaneamente nell'unit di un principio comune nel quale sono entrambi contenuti
quali complementari. (Int., 1921, 129) Il n.d. solo in grado di oltrepassare immensamente
la portata di ogni filosofia, perch esso solo propriamente e puramente metafisico nella
propria essenza. (id., 130) La comprensione del concetto di n.d. essenziale ad ogni
metafisica e non meno lo per l'interpretazione pi particolare delle dottrine ind. (id.,
131)

NON-ESSERE Per designare quanto fuori ed aldil della manifestazione, in mancanza


di un altro termine, non ci rimane che usare quello di N.E. Si pu dire che il N.E., nel senso
cos indicato, pi dell'Essere, o anche che superiore all'Essere, intendendo con questo
che ci che esso comprende aldil dell'estensione dell'Essere e contiene nel suo principio
l'Essere stesso. (Stati, 1931, 36) Il N.E. contiene tutto il non-manifestato, Essere compreso.
(id., 37) Il N.E., lungi dal rappresentare il nulla , ne esattamente il contrario. (id., 43)
Nel N.E. non pu esservi molteplicit di stati, poich si tratta essenzialmente del dominio
dell'indifferenziato e dell'incondizionato. (id., 49) Trascurare il N.E. significa escludere
proprio tutto ci che veramente e puramente metafisico. (id., 53)

NON-MANIFESTATO Il n.m. comprende anche tutto ci che definisce come


non-manifestabile , e cio le possibilit di manifestazione che non si manifestano. (Stati,
1931, 37)

NON-MANIFESTAZIONE Possibilit di n.m. Ogni possibilit che non deve


manifestarsi una p. di n.m. (Stati., 1931, 28) Negare che vi siano delle p. di n.m. significa
voler limitare la Possibilit Universale. (id., 31) Quanto alle p. di n.m., esse appartengono
essenzialmente al Non-Essere e, in virt della loro stessa natura, non possono partecipare

141

AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

del dominio dell'Essere. (id., 38) Stato-i di n.m. Gli s. di n.m. sono essenzialmente
extraindividuali. (Croce, 1931, 25) Lo s. di n.m. il solo ad essere assolutamente
permanente ed incondizionato. (Stati, 1931, 37) La distinzione pi principiale di tutti, e
suscettibile di un'applicazione pi universale, quella fra gli stati di manifestazione e gli s.
di n.m. (id., 91)

NON-UMANO Elemento n.u. Quando si parla di e. n.u., quel che si intende dire che
appartiene essenzialmente agli stati sovraindividuali dell'essere e nulla ha da vedere con
un fattore collettivo che rientra essenzialmente nell'ambito individuale umano. (Simb.,
1962, 49)

NORMALE Civilt n. Per c.n. intendiamo una civilt che si fondi su dei principi nel
vero senso del termine e nella quale tutto sia ordinato e disposto gerarchicamente in
conformit con essi: questo altres il significato di ci che noi chiamiamo civilt
tradizionale. (Or. Occ., 1924, 235)

NOVANTANOVE Il n. il numero dei principali attributi divini, secondo la tradizione


islamica. (Dante., 1925, 57)

NOVENARIO Il N. pu essere considerato come un triplice Ternario e, da questo punto


di vista, che quello statico, rappresentato da tre triangoli sovrapposti. Questa figura il
simbolo dei Tre Mondi e de loro rapporti: per questo che il N. spesso considerato come il
numero della gerarchia. (Mel., 1976, 67)

NUMERO Persino il concetto antico del n. divenuto assolutamente inintelligibile per i


moderni. (Crisi, 1927, 77) il n. che deve esser considerato per primo nel dominio delle
quantit. (Regno, 1945, 32) Il n. la base di ogni misura. (id., 37) I matematici moderni
sembrano essere arrivati ad ignorare quello che veramente il n. e noi non intendiamo
parlare soltanto del n. preso in senso analogico e simbolico, cosa che troppo evidente, ma
anche del n. nella sua accezione semplicemente e propriamente quantitativa. In effetti, essi
riducono ogni loro scienza al calcolo; in fondo ci significa dire che sostituiscono il n. colla
cifra. (Cale. Inf., 1946, 2) Il n., qualunque estensione si dia alla sua nozione, non mai
perfettamente applicabile al continuo. (id., 23) Il n., in effetti, essenzialmente discontinuo.
(id., 49). Scienza dei n. Il ruolo preponderante della s. dei n. nella Qabalah un fatto
cos evidente che non potrebbe sfuggire neppure all'osservatore pi superficiale. (Forme,
1970, 56) Una s. dei n. esistita presso i Greci; essa come si sa, costitu addirittura la base
del Pitagorismo (id., 57-58).

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Presso i greci per trovare un termine di paragone colla Qabalah bisogna risalire al
Pitagorismo: siamo s in presenza di due dottrine iniziatiche che danno similmente
un'importanza capitale alla s. dei n., ma essa viene presentata, da una parte e dall'altra,
sotto forme radicalmente differenti. (id., 58)
La s. dei n., nel Pitagorismo, appare strettamente legata a quella delle forme geometriche.
Nella Qabalah la s. dei n. non presenta affatto il collegamento col simbolismo geometrico.
(id., 62)
La stretta unione, e per molti aspetti l'identificazione, della s. dei n. con quella delle lettere,
in virt delle corrispondenze numeriche di queste ultime, una caratteristica eminente
della Qabalah. (id., 63)

NYAYA Il significato proprio del termine N. logica o anche metodo. (Int., 1981, 207)
Nel N. il termine logica preso in un'accezione molto meno ristretta che in Occidente, in
quanto non designato come una parte della filosofia, ma inteso come un punto di vista
della dottrina totale. (id., 208) Il N. distingue sedici padrtha: pamna, i mezzi legittimi
della conoscenza razionale; pramya, ci che suscettibile di essere provato con tali mezzi;
gli altri sono meno importanti e non ci dilunghiamo a darne l'enumerazione completa. (id.,
209)

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-O-

OCCHIO L'o. preso come simbolo dell'esperienza sensibile. (Hind., 1965, 99)

OCCIDENTALE Civilt o. Difficilissimo trovare attualmente un principio d'unit


alla c.o.; si potrebbe dire addirittura che la sua unit non pi che una semplice unit di
fatto, mancante di ogni principio, da quando, all'epoca del Rinascimento e della Riforma, si
ruppe il legame tradizionale di tipo religioso che era per esso precisamente il principio
essenziale. (Int., 1921, 64) La c.o. del tutto priva di carattere tradizionale, ad eccezione del
suo elemento religioso, il quale il solo ad averlo conservato. (id., 73) Nella c.o., le ricerche
condotte esclusivamente in vista delle applicazioni pratiche hanno provocato una
regressione nel campo della speculazione e dell'intellettualit pura. (id., 300) La c.o. senza
ombra di dubbio quella il cui sviluppo si limita al campo pi ristretto. (Spir., 1923, 273) La
diminuzione nel campo dell'intellettualit e l'esagerazione nel campo della materialit e
della sentimentalit sono cose strettamente legate l'una all'altra ed insieme fanno della c.o.
un'anomalia, per non dire una mostruosit. (Or. Occ., 1924, 42) A nostro giudizio niente
sarebbe pi auspicabile della ricostituzione di una c.o. su basi normali. (id., 124) Del resto la
c.o. di gran lunga la pi giovane di tutte e le regole della pi elementare educazione
dovrebbero essere sufficienti a farle capire che ad essa e non alle altre, molto pi antiche,
tocca fare i primi passi. (id., 132) Dottrine o. Nonostante l'insufficienza metafisica delle
d.o., vi tuttavia una parte di metafisica vera, poich la loro unica meta l'Essere. (Ved.,
1925, 203) Filosofia o. L'ultima parola della f.o. il suicidio dell'intelligenza. (Or. Occ.,
1924, 171) Massa o. La forma religiosa contiene tutto quello che necessario alla m. o.,
la quale non pu trovare altrimenti le soddisfazioni che il suo temperamento esige. (Or.
Occ., 1924, 181) Mentalit o. Quando parliamo della m.o. intendiamo la mentalit
propria della razza europea presa nel suo insieme. Applicheremo tale comune
denominazione a tutti gli individui che da essa hanno avuto origine, in qualsiasi parte del
mondo si possano trovare. (Int., 1921, 17) Diverse influenze hanno contribuito alla
formazione della m.o. e quello che vi ha avuto la parte preponderante stato
incontestabilmente l'influsso greco o, se si vuole, greco-romano. Dal punto di vista
filosofico e scientifico l'influsso greco stato pressoch esclusivo. Quanto all'influsso
romano, esso fu pi sociale che intellettuale e si afferm soprattutto nelle concezioni dello
Stato, del diritto e delle istituzioni. Un'altra influenza, specialmente dal punto di vista
religioso, quella ebraica; bench si tratti di un elemento extraeuropeo alla sua origine,
esso entra per una gran parte nella costituzione della m.o. attuale. (id., 19) La m.o., volta
quasi esclusivamente al sensibile, fa costantemente confusione tra concepire ed
immaginare, al punto che quanto non suscettibile di rappresentazione sensibile le pare
per ci stesso veramente impensabili. (id., 99) La m.o., volta quasi esclusivamente all'azione
o incapace di concepire realizzazione al di fuori di essa, si ormai ridotta ad opporre
abitualmente teoria a realizzazione. (id., 145) Tenuto conto dello stato presente della m.o.,

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l'unica concezione legittima quella positivistica, la quale esclude definitivamente ogni


speculazione per attenersi ad un sentimentalismo utilitaristico. (Or. Occ., 1924, 139)
Metafisica o. La m.o. si presenta incompleta sotto un duplice aspetto: in primo luogo in
quanto non si spinge oltre l'essere e poi considera le cose in modo esclusivamente teorico.
(Intr., 1921, 144) Mondo o. Allo stato attuale del m.o. quasi nessuno si trova nel posto
che normalmente gli spetterebbe in base alla sua propria natura. (Crisi, 1927, 102)
all'inizio del XIV secolo che bisogna far risalire la frattura del m.o. con la sua propria
tradizione. (Aut., 1929, 104) Organizzazione o. A partire dalla Guerra dei Trent'anni il
deposito della conoscenza iniziatica effettiva non pi costituito realmente da alcuna o.o.
(Re, 1927, 68) Pericolo o. Il p.o. non una parola vana e l'Occidente, che ne la prima
vittima, sembra voler condurre l'intera umanit nella rovina dalla quale esso stesso
minacciato per sua colpa. (Hind., 1965, 20). Scienza - e o. Uno dei caratteri particolari
della s.o. la pretesa di essere completamente indipendente e autonoma. Quel che nella
gerarchia necessaria delle conoscenze al di sopra della scienza la metafisica, la quale la
conoscenza intellettuale pura e trascendente, mentre la scienza, per definizione non altro
che la conoscenza razionale. (Or. Occ., 1924, 56) La s.o. in perfetta armonia con i bisogni di
una civilt puramente materiale. (id., 62) Prendendo in esame la s.o. nella sua totalit, sotto
i suoi aspetti pi autentici, la pretesa che hanno i suoi rappresentanti di poterla insegnare a
tutti senza riserve un altro segno di evidente mediocrit. La s.o. infatti tutta esteriore e
superficiale; per caratterizzarla invece di sapere ignorante , noi diremmo volentieri, e
quasi nello stesso senso, sapere profano . (id., 68) La s.o. facilmente accessibile a tutti
coloro che soltanto vogliono prendersi la pena di studiarla, non avendo nulla di profondo e
non essendo in realt niente di pi di quelle che sono le sue apparenze. (id., 137) L'ultima
parola della s.o. il suicidio dell'intelligenza. (id., 171) Per rendersi conto della situazione
attuale, basta vedere in quale conto i veri rappresentanti delle civilt mantenentesi finora in
Oriente in fedelt ad un tipo tradizionale tengono le s.o. e le loro applicazioni industriali.
(Crisi, 1927, 39) Spirito o. In altre parole, lo s.o., nei suoi aspetti pi importanti,
rassomigliava assai a ci che ancor oggi, nei suoi rappresentanti autentici, lo spirito
orientale. (Crisi, 1927, 43) Tradizione o. La maggior parte degli occultisti amano rifarsi
ad una t.o., la quale cosa fantastica e formata da un amalgama di elementi disparati. Una
cosa ricercare il fondo identico delle varie tradizioni ed altra cosa fabbricare una pseudo
tradizione prendendo a prestito da ognuna degli elementi pi o meno informi e riunirli
insieme, pi male che bene, soprattutto quando non se ne comprendono veramente n la
portata, n il significato. (Thos., 1921, 123) Noi d'altronde pensiamo che una t.o. se
pervenisse a ricostruirsi, prenderebbe necessariamente una forma esteriore religiosa, nel
senso pi ristretto del termine, e che una forma del genere potrebbe essere solo cristiana.
(Crisi, 1927, 48) Le idee circa la restaurazione di una t.o. quali possiamo osservarle intorno a
noi non sono in ordine : il fatto che esse quasi sempre vengono affermate presso ad una
pi o meno dichiarata ostilit verso l'Oriente. (id., 49) Universit o. Le u.o., essendo
state, nei tempi moderni, completamente sviate dal loro spirito originale, non possono pi
avere il minimo legame con un principio superiore capace di legittimarle. (Cons., 1946, 294)

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OCCIDENTALI Gli O., a partire dal Rinascimento, hanno preso l'abitudine di


considerarsi, essi soli, gli eredi ed i continuatori dell'antichit greco-romana e di non
riconoscere o ignorare sistematicamente tutto il resto. (Or. Occ., 1924, 32) Se gli O. non sono
pi tutti concordi nell'accontentarsi dello sviluppo esclusivamente materiale della civilt
moderna, questo pu forse essere un segno che per essi ogni speranza di salvezza non
ancora del tutto perduta. (Crisi, 1927, 51)

OCCIDENTE L'O., lasciato a se stesso, necessario che trovi esclusivamente nella


propria mentalit i mezzi di una reazione che, presto o tardi, diverr necessaria. (Or. Occ.,
1924, 105) Non nostra intenzione attaccare l'O., in quanto tale, ma soltanto il che
completamente diverso lo spirito moderno, nel quale individuiamo la causa del
decadimento intellettuale dell'O. (id., 124) Attendendo che l'O. ritorni alle proprie
tradizioni, forse per preparare tale ritorno e ritrovare gli elementi, non vi altro mezzo che
procedere per analogia con le forme tradizionali che, esistendo attualmente, possono essere
studiate in modo diretto. La comprensione delle civilt orientali potrebbe dunque
contribuire a ricondurre l'O. alle vie tradizionali fuori dalle quali esso si gettato
sconsideratamente. (id., 125) Certo l'O. che andato a trovare gli Orientali, non per
imparare da loro ma facendo di tutto, quando brutalmente, quando subdolamente, per
convertirli al proprio modo di vedere e predicando loro ogni sorta di cose di cui essi non
sanno che farsi, e di cui non vogliono nemmeno sentir parlare. (id., 132-133) Ad ogni buon
conto, se le possibilit che prendiamo in esame sono destinate a realizzarsi, il rinnovamento
propriamente religioso si imporr, rappresentando un mezzo particolarmente appropriato
all'O. (id., 181) Nelle attuali condizioni i rappresentanti autorizzati delle tradizioni orientali
non possono interessarsi intellettualmente dell'O. Possiamo affermare questo: mai nessuna
organizzazione orientale costituir delle filiali in O. (id., 195) Qualora esistessero in O.
delle individualit, anche isolate, che avessero conservato intatto il deposito della
tradizione puramente intellettuale che dovette esistere nel Medioevo, tutto sarebbe molto
pi semplice. (id., 197) solo nel caso in cui l'O. si mostrasse definitivamente impotente a
ritornare ad una civilt normale che potrebbe essergli proposta una tradizione estranea.
(id., 218) In altre parole, sarebbe necessario che l'O. arrivasse infine a possedere dei
rappresentanti in quello che simbolicamente viene designato come il Centro del Mondo
(id., 221) La restaurazione di una civilt normale in O. pu essere nient'altro che una
contingenza; ma, lo ripetiamo, questa una ragione per disinteressarsene completamente?
(id., 232) Mostrare all'O. i suoi difetti, i suoi errori e le sue insufficienze non significa affatto
dar prova di ostilit nei suoi riguardi, al contrario, l'unico modo di rimediare al male di
cui soffre e di cui pu morire; se non si riprende in tempo. (id., 247) Se l'O. ha
effettivamente un gran bisogno di essere difeso, lo solo contro se stesso, contro le sue
stesse tendenze che, se condotte fino in fondo, lo spingeranno inevitabilmente verso la
rovina e la distruzione. (Crisi, 1927, 54) In O. esiste oggi un numero di persone pi grande
di quel che si creda, le quali cominciano a prendere coscienza di quello che manca alla loro
civilt. (id., 150) Qui noi non facciamo altro che giudicare la civilt dell'O. per quel che ,

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vale a dire una deviazione e un'anomalia, spiegabile del resto se si pensa che corrisponde
all'ultima fase del Kali Yuga. (Aut., 1929, 50)

OCCULTISMO Oggi pi che mai i Profeti e i pretesi Messia pullulano stranamente in


tutti gli ambienti in cui ci si occupa di o. (Thos. 1921, 281) L'o. molto recente, forse pi
recente dello spiritismo. I teosofisti continuano, d'altra parte, ad usare il termine o. per
qualificare la loro dottrina. (Spir., 1923, 65) Si osserva nell'o. una evidentissima
preoccupazione di dare alle proprie teorie un aspetto scientifico ; occorre poi notare
come i medici abbiano fornito molti aderenti all'o. (id., 72) Secondo l'o. ci sarebbe una
seconda morte , corrispondente sul piano astrale a ci che la morte, nel senso comune,
sul piano fisico. (id., 154). Il solo mezzo efficace di combattere l'o. di mostrare come esso
sia completamente privo di seriet, come sia una invenzione del tutto moderna. (Or. Occ.,
1924, 216)

OCCULTISTI Gli o. portano disprezzo per gli spiritisti e questo forse ad un certo
punto comprensibile, perch l'occultismo ha almeno un'apparenza superficiale di
intellettualit che lo spiritismo invece non ha e possono pertanto rivolgersi ad intelligenze
di livello leggermente superiore. (Spir., 1923, 66) Gli o. hanno la pretesa di appoggiarsi ad
una tradizione; per questo motivo pensano che occorra loro un'organizzazione appropriata
attraverso la quale gli insegnamenti possano trasmettersi regolarmente. (id., 69) Per gli o.,
ci che sopravvive dell'uomo e l'insieme dello spirito e del corpo astrale ma, in
questo insieme, soltanto lo spirito immortale, il corpo astrale essendo imperituro.
(id., 153)

OM Il monosillabo O., nel quale si esprime l'essenza del Vda, considerato il simbolo
ideografico di Atm. (Ved., 1925, 110) La parola O. d immediatamente la chiave della
ripartizione gerarchica delle funzioni del Brahtm e dei due assessori (il Mahtma e il
Mahnga). Difatti, secondo la tradizione ind, i tre elementi di questo monosillabo sacro
simboleggiano rispettivamente i Tre Mondi (Re, 1927, 31-32)

OMPHALOS Vi sono dei simboli che nelle tradizioni antiche rappresentano il Centro
del Mondo; uno dei pi notevoli forse quello dell'O. La parola greca O. significa
ombelico , ma designa anche, in una maniera generale, tutto quello che centro. (Re, 1927,
71) Il simbolo dell'O. poteva essere collocato in un luogo che era semplicemente il centro di
una regione determinata; questo punto era veramente, per il popolo abitante nella regione
considerata, l'immagine visibile del Centro del Mondo. Ordinariamente, si conosce
soprattutto l'O. del tempio di Delfi; questo tempio era ben realmente il centro spirituale
della Grecia antica. (id., 72) La rappresentazione materiale dell'O. consisteva generalmente
in una pietra sacra. (id., 73) La pietra rappresentante l'O. poteva avere la forma di un

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pilastro, come la pietra di Giacobbe; l'O. poteva anche essere rappresentato da una pietra di
forma cosmica, come la Pietra Nera di Cibele, od ovoide. Bisogna pure aggiungere che l'O.
ha potuto anche essere rappresentato da un monticello, immagine della Montagna Sacra.
(id., 75) Vi era, nel tempio di Delfi, una pietra chiamata O., la quale rappresentava il centro
dell'essere umano ed il Centro del Mondo, secondo la corrispondenza che esiste tra
macrocosmo e microcosmo. (Mel., 1976, 55)

ONTOLOGIA Ora, se l'o. (o conoscenza dell'Essere) rileva dalla metafisica, essa lungi
dal rappresentare la metafisica completa e totale. (Ved., 1925, 45)

OPERAIO Oggi l'o. come tale non ha alcun nome , perch, nel suo lavoro, egli non
che una semplice unit numerica senza qualit proprie. (Regno, 1945, 83-84) L'attivit
meccanica dell'o. rappresenta del resto solo un caso particolare (e per il pi tipico allo
stato attuale) di quello strano ideale che i nostri contemporanei vorrebbero arrivare ad
imporre a tutti gli individui umani ed in tutte le circostanze della loro esistenza. (id., 84)

OPERATIVO Tutto ci che realizzazione costituisce veramente l'o. (Cons., 1946, 257) Il
termine o. non deve essere considerato esattamente come un equivalente di pratico ,
poich quest'ultimo termine si riferisce sempre all'azione; in realt si tratta di quel
compimento dell'essere che la realizzazione iniziatica, con tutto l'insieme dei mezzi di
diversi ordini ch possono essere usati in vista di questo fine. (id., 258) Massoneria o.
La M.o. era veramente completa nel suo ordine, possedendo sia la teoria che la
corrispondente pratica e la sua designazione pu, sotto questo rapporto, essere intesa come
un'allusione alle operazioni dell' arte sacra , di cui la costruzione secondo le regole
tradizionali era una della applicazioni. (Mac., 1964, II 13-14) La M.o., cio le antiche
confraternite dei costruttori, possedeva un simbolismo ermetico-religioso, in relazione colle
concezioni dell'esoterismo cristiano del Medio Evo e le cui tracce si trovano su tutti i
monumenti. (id., II, 73)

OPPOSIZIONE L'o. corrisponde ad un punto di vista inferiore o pi superficiale.


(Croce, 1931, 65) L'o. esiste nelle apparenze, ma essa non pu essere assolutamente
irriducibile. Chi dice o. dice disarmonia o squilibrio, cio qualcosa che pu esistere solo da
un punto di vista particolare e limitato. (Hind., 1965, 15)

ORALE I. orale L'i.o. ha quasi sempre preceduto l'insegnamento scritto ed stato il


solo ad essere impiegato per periodi probabilmente lunghissimi. (Int., 1921, 46)

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ORDINARIO Vita o. Quella che comunemente viene chiamata v.o. indica qualcosa in
cui, per l'esclusione di qualsiasi carattere sacro, rituale o simbolico, niente che non sia
puramente umano ha la possibilit di intervenire. (Regno, 1945, 124-125) In questa
concezione della v.o. si passa quasi insensibilmente da uno stadio all'altro in quel processo
di degenerazione che va progressivamente accentuandosi. (id., 125) Nell'idea della v.o.
entra effettivamente una buona dose di pragmatismo. (id., 128) La v.o. legata al punto di
vista esclusivamente quantitativo. (id., 131) All'interno di un mondo solidificato , pu
sembrare che la v.o. possa ormai svolgersi senza squilibri o accidenti imprevisti,
analogamente ai movimenti di un meccanicismo perfettamente regolato. (id., 144)

ORDINE L'o. diviene evidente solo se ci si eleva al di sopra della molteplicit e si cessa
di considerare ogni cosa isolatamente e distintivamente, per contemplare tutte le cose
nell'unit. (Croce, 1931, 81) Dal punto di vista principiale non esiste che l'o. (Hind., 1965, 21)

ORDITO Nella tessitura, l'o., formato di fili tesi sul telaio, rappresenta l'elemento
immutabile e principiale. (Croce, 1931, 120) I fili dell'o., congiungenti i punti corrispondenti
di tutti gli stati, costituiscono, da un certo punto di vista, il Libro Sacro per eccellenza, cio
l'archetipo di cui tutte le scritture tradizionali non sono che l'espressione in linguaggio
umano. (id., 123) L'o. raffigura i principi che uniscono fra loro tutti i mondi e tutti gli stati,
essendo i suoi fili il legame tra i punti che nei diversi stati si corrispondono. (id., 125)

ORECCHIO L'o. preso come simbolo l'intelletto angelico o intuitivo. (Hind., 1965,
99-100)

ORIENTALE-I In ogni caso l'O. naturalmente immune dall'illusione occidentale


secondo cui tutto si pu apprendere dai libri; per lui i testi non hanno pi che il valore di un
supporto . Ci contiene l'erudizione ad un livello normale, vale a dire di mezzo
subordinato ed accessorio della vera conoscenza. (Int., 1921, 235) L'O., il quale privo del
minimo senso della propaganda, risolutamente ostile a qualsiasi genere di
volgarizzazione . (id., 254) Gli O. saranno sempre molto pi convinti dei reali
inconvenienti dell' istruzione obbligatoria che non dei suoi aleatori benefici e, a nostro
modo di vedere, hanno pienamente ragione. (id., 255) Per quanto riguarda gli O. abbiamo
gi fatto rilevare come ci paia giustificato il loro disprezzo per l'Occidente, accresciuto dal
fatto che la razza europea insiste in modo massiccio sulla sua pretesa, odiosa e ridicola, a
un'inesistente superiorit mentale. (id., 304) Pu accadere che gli O. accettino, o meglio,
subiscano certe necessit dell'epoca attuale, tenendole per transitorie e per ben pi moleste
che utili. Gli O. non hanno oggi pi interesse a cambiare di quanto n'ebbero nei secoli
precedenti. (id., 305) Gli O., quando ne hanno l'occasione e vogliono darsene la pena, non
provocano gran difficolt a penetrare ed a comprendere le conoscenze speciali

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dell'Occidente, perch sono abituati a speculazioni ben altrimenti vaste e profonde. (Or.
Occ., 1924, 43) La sola impressione che le invenzioni meccaniche suscitano in generale negli
O. un'impressione di profonda repulsione. (id., 44) Se l'O. pu subire passivamente la
dominazione materiale dell'Occidente, perch conosce la relativit delle cose transitorie e
perch porta, nel pi profondo del suo essere, la coscienza dell'eternit. (id., 103) I veri O.
non ci tengono affatto a farsi conoscere all'estero, e ci spiega alcuni errori abbastanza
curiosi. (id., 115) Gli O. che vogliono provocare nei loro paesi uno sviluppo industriale che
permetta loro di lottare senza pi svantaggio con i popoli europei sul medesimo terreno in
cui questi ultimi sviluppano tutta la loro attivit non rinunciano affatto, con ci, a quel che
vi di essenziale nella loro civilt. (id., 117) Quando i Bolscevichi dicono di guadagnare
sostenitori alle loro idee tra gli O., o si vantano o si illudono, la verit che gli O. vedono
nella Russia, bolscevica o no, un aiuto possibile contro la dominazione di altre potenze
occidentali, ma le idee bolsceviche sono loro perfettamente indifferenti. Per i veri O. il
Bolscevismo, come ci che proviene dall'Occidente, non sar nient'altro che una forza
bruta. D'altronde gli O. che aspirano a liberarsi da una dominazione occidentale non
acconsentirebbero certamente per riuscirvi, a mettersi in tale condizione da rischiare di
ricadere subito sotto un'altra dominazione occidentale. (id., 121) Gli O. non saranno mai
favorevoli ad alcuna potenza europea, ma saranno sempre e soltanto ostili a quelle, quali
esse siano, che vogliono opprimerli: per tutto il resto il loro atteggiamento non pu essere
che neutro. (id., 122) Beninteso gli O. non escludono a priori gli adattamenti che sono
compatibili con il mantenimento dello spirito tradizionale, ma naturale che se si va a
propor loro un cambiamento che equivalga ad un sovvertimento dell'ordine stabilito, essi
non possono che opporre un rifiuto. (id., 132) Per gli O. l'alternativa tra positivismo e
pragmatismo non ha nessun senso, giacch ci che li interessa ben aldil da questi due
termini. (id., 139) Gli O. non possiedono la speciale forma di pensiero a cui pi
propriamente conviene il nome di filosofia. (id., 140) Se gli O. non possiedono la religione
nel senso occidentale della parola, essi possiedono per tutto ci che conviene alla loro
natura. (id., 144) Fra le manifestazioni del pensiero occidentale alcune ce ne sono di
semplicemente ridicole agli occhi degli O. e sono tutte quelle di carattere specificamente
moderno. (id., 145) Gli O. non consentiranno mai a prendere in considerazione una civilt
che non abbia, come le loro, un carattere tradizionale. (id., 173). Civilt o. Ognuna
delle c.o. presa nel suo insieme appare essenzialmente tradizionale. (Int., 1921, 73)
Dottrine o. Per le d.o. si potrebbe solamente parlare di un esoterismo naturale che
inevitabilmente esiste in ogni dottrina e soprattutto nell'ordine metafisico. (Ved., 1925, 27)
La conoscenza delle d.o., mediante un uso giudizioso dell'analogia, permetterebbe di
restaurare anche la tradizione occidentale nella sua integralit, cos com'essa pu
permettere di capire le civilt scomparse. (id., 215) Metafisica o. Per la m.o. l'essere
puro non n il primo n il pi universale dei principi, poich gi una determinazione:
bisogna dunque andare aldil dell'essere. (Met., 1939, 6)

ORIENTALISTI Non nostra intenzione contestare la buona fede degli o., n la realt

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della loro speciale erudizione; contestabile soltanto la loro competenza su tutto quello che
eccede la semplice erudizione. Il nerbo degli o. costituito da coloro che, fatto
dell'erudizione un fine a s, credono che i loro studi linguistici e storici diano loro il diritto
a trattare ogni sorta di cose. (Int., 1921, 259) Non quindi il caso di stupirsi dell'ostilit che
la maggioranza degli o. manifesta nei confronti di coloro che non si spiegano ai loro metodi
e non fanno proprie le loro conclusioni. I pochi risultati validi a cui gli studi degli o. hanno
potuto condurre, naturalmente dall'angolo visuale particolare dell'erudizione, sono quanto
mai lungi dal compensare il danno arrecato all'intellettualit generale, coll'ostruire altre
vie, le quali possono condurre ben pi lontano chi in grado di seguirle. (id., 260)

ORIENTE Per ci che riguarda 1'0. l'identificazione fra la tradizione e l'intera civilt in
fondo giustificata. (Int., 1921, 73) In O. la tradizione veramente tutta la civilt, poich
abbraccia l'intero ciclo delle conoscenze vere e tutto l'insieme delle istituzioni sociali; essa
stabilisce i principi universali dai quali ogni cosa deriva con le sue leggi e le sue condizioni.
(id., 250) E necessaria tutta l'illusione e tutta la cecit che il pi assurdo partito preso pu
provocare, per credere che la mentalit occidentale riuscir a conquistare l'O. (id., 305) In O.
le dottrine tradizionali hanno sempre per modalit regolare di trasmissione l'insegnamento
orale, anche quando fossero ordinate in testi scritti. (Ved., 1925, 28) solo nelle parti dell'O.
rimaste sane, cio negli elementi non occidentalizzati che lo spirito tradizionale vive ancora
appieno. (Crisi, 1927, 51) Il vero O., quello tradizionale, non pensa n ad attaccare, n a
dominare nessuno: esso chiede solo la sua indipendenza e la sua tranquillit. (id., 54) Il
ruolo di conservatore dello spirito tradizionale nel senso pi profondo solo l'O. che pu
oggi svolgerlo. solo in O. che esiste una vera lite, in cui lo spirito tradizionale si ritrova in
tutta la sua vitalit. (Hind., 1965, 22)

ORIENTE E OCCIDENTE La prima cosa che si impone, nello studio che abbiamo
intrapreso, di determinare la natura esatta dell'opposizione esistente tra O. e Oc. (Int.,
1921, 17) A prima vista non si pu che restare stupiti davanti alla sproporzione che
presentano questi due insiemi da noi chiamati rispettivamente Or. e Oc. La vera situazione
dell'Oc. nei confronti dell'Or. non in fondo altro che quella di un ramo staccato dal tronco.
(id., 21) Se la differenza tra Or. e Oc. andata continuamente aumentando, come appare,
esso per in qualche modo unilaterale, nel senso che mentre il solo Oc. andava
cambiando, l'Or., generalmente parlando, rimaneva sempre eguale a se stesso. (id., 22) A
volere rappresentare figurativamente, in modo schematico, la divergenza l'Or. dovr essere
rappresentato dall'asse e l'Oc. da una linea che, partendo dall'asse stesso, se ne allontana
come un ramo dal tronco. A partire dai tempi detti storici l'Oc. non mai vissuto
intellettualmente, nella misura in cui pure ha avuto un'intellettualit, che nei prestiti fattigli
dall'Or. in modo diretto o indiretto. (id., 23) In realt in questo processo di divergenza si
sono verificate delle battute d'arresto e si sono avute addirittura epoche di minor
scostamento, in cui l'Oc. ha nuovamente ricevuto l'influenza diretta dell'Or., soprattutto nel

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periodo alessandrino e nel Medioevo. Nel Rinascimento la divergenza tra Or. e Oc. si
riattiv, aggravata da una rottura nettissima con l'epoca precedente. (id., 26) Secondo
logica, non tocca certo all'Or. riavvicinarsi all'Oc., per seguirlo nelle sue deviazioni mentali,
al contrario all'Oc. che tocca di ritornare alle fonti pure di ogni vera intellettualit, dalle
quali, per conto suo, l'Or. non si mai ripartito. (id., 289) Ci sembra difficile che l'Oc.
continui ad allontanarsi progressivamente dall'Or. senza che prima o poi si produca una
reazione. (id., 299) Occorrerebbe che l'Oc., nel momento in cui lo sviluppo in senso attuale
giungesse alla fine, trovasse in se stesso i principi di uno sviluppo tale da rendere la sua
civilt nuovamente comparabile con quella dell'Or. (id., 304) Se qualcuno come noi
persuaso dell'immenso interesse che presenta il ritorno a relazioni normali tra l'Oc. e l'Or.,
bisogna pur che si pensi fin d'ora a prepararlo con i mezzi di cui dispone, per deboli che
siano. (Or. Occ., 1924, 122) Noi non critichiamo l'Oc. per il vano piacere di criticare, n per
mettere in evidenza la sua inferiorit intellettuale nei confronti dell'Or. (id., 126) Di l di
ogni pregiudizio bisogna per rassegnarsi ad ammettere che l'Oc. non ha nulla da
insegnare all'Or. se non nel campo puramente materiale. (id., 134) Una delle pretese dei
teosofisti proprio quella di realizzare a modo loro il riavvicinamento tra Or. e Oc. Anche
in questo caso lo spirito antitradizionale che, dietro lo schermo di una pseudotradizione
di fantasia, si afferma liberamente in teorie inconsistenti. (id., 154) Tutti i tentativi che finora
sono stati fatti per riavvicinare l'Or. all'Oc. sono stati intrapresi a profitto della mentalit
occidentale e proprio per ci sono falliti. (id., 157) in virt dell'universalit stessa dei
principi che l'accordo tra Or. e Oc. deve essere pi facilmente realizzabile proprio in questo
caso nel modo pi immediato. (id., 167) Voler cominciare con la costituzione in Oc. di
qualcosa di simile alle scienze tradizionali dell'Or. significherebbe pretendere una cosa
impossibile. (id., 171) Sarebbe di gran lunga preferibile che l'Oc., invece di venire assorbito
puramente e semplicemente, potesse trasformarsi in modo da avere una civilt
paragonabile a quelle dell'Or. (id., 204) L'esistenza di una dottrina unicamente religiosa non
sufficiente a stabilire un'intesa profonda, come quella a cui pensiamo quando parliamo
del riavvicinamento intellettuale tra l'Or. e l'Oc. (id., 213) Si tratta dunque non di imporre
all'Oc. una tradizione orientale, in forme che non corrispondono alla sua mentalit, ma di
restaurare una tradizione occidentale coll'aiuto dell'Or. (id., 220) Sforzandosi di risvegliare
l'intellettualit occidentale, si prepara nel solo modo efficace, il riavvicinamento tra Or. e
Oc. (id., 232) Chi abbia capito tutto questo avr afferrato con ci anche il carattere
accidentale (in tutti i sensi di questa parola) della divergenza dell'Oc. nei confronti
dell'Or. (id., 234) Da un riavvicinamento coll'Or., l'Oc. ha tutto da guadagnare. (id., 247)
Alcuni sono giunti tino a negare che la stessa divisione dell'umanit in Or. e Oc.
corrisponda ad una realt, mentre ci, almeno per l'epoca attuale, non pu essere messo
seriamente in dubbio. (Crisi, 1927, 42) Il punto fondamentale su cui s deve insistere
appunto questo: l'opposizione tra Or. e Oc. non aveva alcuna ragion d'essere quando anche
in Oc. esistevano delle civilt tradizionali. (id., 43) Questa presa di contatto con tradizioni il
cui spirito ancora sussiste il solo modo per rivivificare quel che ancora suscettibile di
esserlo: e ci costituisce uno dei pi grandi servizi che l'Or. possa rendere all'Oc. (id., 47) In
ogni caso, supponendo che l'Oc., in una qualunque forma, ritorni alla sua tradizione, la sua

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opposizione coll'Or. sarebbe per ci stesso risolta e cesserebbe di esistere, poich essa
stata determinata solo dalla deviazione occidentale. (id., 51) Un contatto collo spirito
tradizionale soprattutto in ci che l'Oc. avr bisogno dell'aiuto dell'Or., dato che voglia
riconquistare la coscienza della propria tradizione. (id., 94) Di fronte all'aggravarsi di un
disordine che sempre pi si generalizza, bisogna far appello all'unit di tutte le forze
spirituali esercitanti ancora un'azione nel mondo esterno, in Or. cos come in Oc. (id., 155)

ORO Et dell'Oro Per quel che riguarda il nostro Manvantara, l'E. dell'O. si trova nel
passato, perch non nient'altro che lo Stato Primordiale stesso. Nella successione dei cicli
terrestri, l'E. dell'O. si trover nell'avvenire, poich sar quella di un altro Manvantara.
(Regno, 1945, 330)

ORTODOSSIA L'o. fa tutt'uno colla conoscenza vera, perch non altro che l'accordo
costante coi principi. (Int., 1921, 162) L'accordo di una concezione di qualunque ordine con
il principio fondamentale della tradizione la condizione necessaria e sufficiente per la sua
o. (Ved., 1925, 19) La parola o. sta precisamente a significare che essa esclude soltanto
l'errore, ma lo esclude in modo assoluto. (In., 1952, 149)

OSCURO Et O. Soltanto nell'ultima delle Quattro Et, chiamata dalla tradizione


ind Kali-Yuga o E.O. e corrispondente all'epoca in cui attualmente ci troviamo, si potuta
produrre la sovversione dell'ordine normale. (Aut., 20)

OTTAGONALE Forma ottagonale Dal punto di vista geometrico la f.o. realmente pi


vicina al cerchio che al quadrato. (Simb., 1962, 234) Per ottenere la f.o. bisogna considerare,
fra i quattro punto cardinali, i quattro punti intermedi che formano con essi un insieme di
otto direzioni. (id., 235)

OTTAGONO Nell'arte costruttiva, la volta circolare non pu poggiare direttamente


sulla base quadrata e, per permettere il passaggio dall'una all'altra, ci vuole una forma di
transizione in qualche modo intermedia tra il quadrato e il cerchio: questa forma quella
dell'o. (Simb., 1962, 234)

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-P-

PACE La p., anche nel senso pi comune della parola, non in definitiva che ordine,
equilibrio e armonia, termini che sono quasi sinonimi ed esprimono, sotto diversi aspetti, il
riflesso dell'unit nella molteplicit. (Croce, 1931, 82)

PAGANESIMO Nell'ultima fase della civilt greco - latina, le antiche dottrine sacre, che
nessuno comprendeva pi, erano degenerate, per via di questa stessa incomprensione, in
un P. nel senso vero del termine. Esse non erano infatti pi che superstizioni, cose che,
avendo perduto il loro significato profondo, sopravvivevano a se stesse in manifestazioni
del tutto esteriori. (Crisi, 1927, 34)

PARDES Il P., in quanto Centro del Mondo , secondo il senso principale del suo
equivalente sanscrito paradsha , la Regione Suprema; ma anche la Regione Lontana
, da quando, in conseguenza del processo ciclico, diventato di fatto inaccessibile
all'umanit ordinaria. (Regno, 1945, 197)

PARODIA Grande P. La G.P. sar il regno dell'Anticristo e sar l'imitazione


caricaturale e satanica della Tradizione e della spiritualit vere e proprie. (Regno, 1945, 325)

PAROLA La p. non altro che il silenzio espresso. (Stati, 1931, 41)

PARTECIPAZIONE Dal punto di vista metafisico, la completa dipendenza degli esseri


manifestati del Principio una p.: nella misura in cui essi hanno una loro realt, gli esseri
partecipano del Principio, poich in lui ogni realt. (Ap. I.T., 1975, 99)

PERFETTO Il P. il Principio Supremo, la Causa Prima; esso contiene tutte le cose in


potenza ed ha prodotto tutte le cose. (Mel., 1976, 10)

PERFEZIONE L'asse verticale il simbolo della via personale che conduce alla P.
(Croce, 1931, 174) Cos adoperata, la parola P. deve essere intesa in senso assoluto e totale.
(id., 175)

PERSIANO Tradizione P. Il carattere dualistico abitualmente attribuito alla t.p.,

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ammesso che sia reale, sarebbe una prova manifesta di alterazione della dottrina; sembra
peraltro che tale carattere non sia che il prodotto di interpretazioni false e incomplete,
mentre vi un'altra prova pi seria, costituita dalla presenza di certi elementi sentimentali.
(Int., 1921, 155)

PERSONALIT La p. essenzialmente nell'ordine dei principi nel senso pi rigoroso


della parola, vale a dire dell'ordine universale. (Ved., 1925, 39) La p. la sola che costituisce
la realt profonda dell'essere ed ogni stato di questo essere sarebbe puramente, illusorio se
si prescindesse dalla p. (id., 108)

PESCE Il simbolismo del p., che si incontra in numerose forme tradizionali, ivi
compreso il Cristianesimo, assai complesso e presenta molteplici aspetti. Per quanto
concerne le sue origini prime, sembra che gli si debba riconoscere una provenienza nordica
o, addirittura, iperborea. In India la manifestazione di V. sotto forma di p. ritenuta la
prima fra tutte quelle di Vishnu e si pone all'inizio stesso del ciclo animale, in relazione
immediata con il punto di partenza della Tradizione Primordiale. (Simb., 1962, 136)

PIANO Se in un p. prendiamo in considerazione un'indefinita di rette parallele, non


possiamo dire che il p. sia costituito dall'insieme di tutte queste rette, o che esse siano i veri
elementi costitutivi del p.; i veri elementi del p. sono le distanze tra queste rette e le rette
che formano il p., non di per se stesse, ma mediante le loro distanze. (Croce, 1931, 135)

PIETRE Quando si parla di culto delle p. , comune a tanti popoli antichi, bisogna ben
comprendere che questo culto non era rivolto alle p., ma alla divinit di cui essere erano la
residenza. (Re, 1927, 75)

PIETRO (SAN) Nella tradizione cattolica si rappresenta S.P. che tiene in mano non
soltanto la chiave d'oro del potere sacerdotale, bens anche la chiave d'argento del potere
regale. (Aut., 1929, 82) La navicella di S.P. dove condurre gli uomini al Paradiso Celeste.
(id., 135)

PITAGORICI I P. consideravano un quaternario fondamentale che comprendeva in


primo luogo il Principio, trascendente in rapporto al Cosmo, poi lo Spirito e l'Anima
Universale, ed infine la Hyl Primordiale. (Triade, 1945, 71)
PITAGORICO Numeri p. I n.p. non sono affatto numeri nel senso quantitativo ed
ordinario del termine, ma sono, al contrario, puramente qualitativi, corrispondendo

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inversamente, dal lato dell'essenza, a ci che sono i numeri quantitativi dal lato della
sostanza. (Regno, 1945, 24)

PITAGORISMO Il P. fu essenzialmente una restaurazione, in forma nuova, del


precedente Orfismo e, per i suoi legami evidenti col culto del-fico dell'Apollo iperboreo,
pu perfino venir considerato come la filiazione diretta e regolare di una delle pi antiche
tradizioni dell'umanit. (Crisi, 1927, 31) Il P., a quanto sembra, fu la continuazione di
qualcosa che preesisteva nella stessa Grecia e non il caso di cercare altrove la sua fonte
principale: intendiamo parlare dei Misteri, di cui non fu forse che un riadattamento nel
VI secolo prima dell'era cristiana. (Forme, 1970, 61)

PITRI-YNA Il P.Y. una via che non conduce oltre la sfera della Luna, perci,
seguendola, l'essere non liberato dalla forma, vale a dire dalla condizione generale inteas
nel suo senso pi generale. (Ved., 1925, 185)

PLATONICO Idee P. Le I.P. sono anche essenze: Platone ne mette soprattutto in


evidenza l'aspetto trascendente e Aristotele quello immanente, la quale cosa non conduce
ad una esclusione reciproca, ma si riferisce solo a livelli diversi. (Regno, 1945, 23-24) Le I.P.,
inoltre, sotto altro nome e per filiazione diretta, sono la stessa cosa dei numeri pitagorici.
(id., 24). Le I.P. sono la stessa cosa di quelle eternamente contenute nel Verbo. Nell'uno e
nell'altro caso si tratta di archetipi degli esseri manifestati. (Mel., 1976, 38)

POESIA In origine la p. non era quella vana letteratura che diventata per una
degenerazione che trova la sua spiegazione nel campo discendente del ciclo umano, bens
aveva un vero e proprio carattere sacro. Nell'antichit classica la p. era chiamata lingua
degli Dei . (Simb., 1962, 58)

POETA Nell'antichit classica, il p., interprete della lingua sacra , era vates ,
termine che lo caratterizzava come dotato di un'ispirazione in qualche modo profetica.
(Simb., 1962, 59)

POLARE Montagna P. La montagna del Paradiso Terrestre identica alla M.P. che si
ritrova, sotto nomi diversi, in quasi tutte le tradizioni. (Re., 1927, 70) Orientazione p.
L'o.p. si ha quando l'uomo, guardando la Stella Polare o la Vetta del Cielo ha l'Est a destra e
l'Ovest a sinistra. (Triade, 1945, 48) Nell'o.p., guardando verso il Nord, si vede la stella
girare intorno al Polo. (id., 52)

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POLO-I Quando la sfera, terrestre o celeste, ruota intorno al suo asse, vi sono su di essa
due punti che rimangono fissi: sono i P. Per questo l'idea del P. equivalente all'idea del
centro. Il simbolismo del P. si ritrova anch'esso in tutte le tradizioni e vi occupa un posto
considerevole. (Simb., 1962, 68)

PONTE Il p. gettato su di un fiume ci che lega una riva all'altra e le due rive
rappresentano simbolicamente due diversi stati dell'essere, o mondi, i quali sono, nel senso
pi generale, il Cielo e la Terra. (Simb., 1962, 331) Il p. equivale quindi esattamente al
pilastro assiale che lega il Cielo alla Terra, pur mantenendoli separati. (id., 332) Se il p. la
via che unisce le due rive e permette di passare dall'una all'altra, pu comunque costituire
anche, in un certo senso, un ostacolo posto tra di esse. (id., 332-333) Il duplice significato
simbolico del p. risulta anche dal fatto che questo pu essere percorso nelle due direzioni
opposte, mentre deve tuttavia esserlo soltanto in una, quella che va da questa riva verso
l'altra , poich ogni ritorno sui propri passi costituisce un pericolo da evitare, salvo che
per l'essere il quale, gi liberato dall'esistenza condizionata, pu ormai muoversi e piacere
attraverso tutti i mondi. In tutti gli altri casi, la parte del p. gi percorsa deve
normalmente essere perduta di vista e divenire come se non esistesse pi. (Simb., 1962,
333)

PONTEFICE Il P., com' indicato dall'etimologia del suo nome, una specie di ponte tra
Dio e l'uomo. (Aut., 1929, 64) Il P. e l'Imperatore erano le due met di quel Cristo-Ianus che
certe raffigurazioni ci mostrano con una chiave in una mano e uno scettro nell'altro,
emblemi rispettivi dei poteri sacerdotale e regale riuniti in lui in quanto loro principio
comune. (id., 121) In Dante il P. presiede ai Grandi Misteri che riguardano il Paradiso
Celeste, cio la realizzazione degli stati sovrumani, ricollegati allo stato umano dalla
funzione pontificale intesa nel suo senso strettamente etimologico. (id., 125) Il P. deve
conservare per s la chiave d'oro del Paradiso Celeste ed affidare all'Imperatore la chiave
d'argento del Paradiso Terrestre. (id., 131)

POPOLO Il p., almeno fino al momento in cui non ha subito una deviazione di cui non
minimamente responsabile, non se non una massa eminentemente plastica ,
corrispondente al lato sostanziale di quella che si pu chiamare l'entit sociale; il p.
porta in s, per via di questa plasticit, delle possibilit che la classe media non ha affatto.
(In., 1952, 230-231) Il p. non agisce spontaneamente e non produce nulla per conto suo; ma
come una riserva da cui si pu ricavare tutto, il meglio come il peggio, a seconda delle
influenze che su di lui si esercitano. (id., 231) L'lite, per il fatto stesso di essere l'estremo
opposto, trova nel p. il suo riflesso pi diretto, allo stesso modo che in tutte le cose il punto

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pi alto si riflette direttamente nel punto pi basso e non in uno qualsiasi dei punti
intermedi. (id., 232)

POSITIVISMO Il P., nonostante tutti i suoi limiti e le sue incompletezze, ai nostri occhi
di gran lunga preferibile alle elucubrazioni della pseudo-metafisica. (Int., 1921, 265)

POSSIBILE-I Ogni p. ha la sua propria esistenza ed i p. la cui natura implica una


realizzazione non possono perdere questo carattere, che loro essenzialmente inerente, e
divenire irrealizzabili per il solo fatto che altri p. sono attualmente realizzati. (Stati, 1931,
28) Le condizioni che definiscono un mondo determinato escludono da questo mondo i p.
la cui natura non implica una realizzazione sottoposta a queste stesse condizioni; questi p.
non sono dunque compresi nel mondo considerato, ma non per questo sono esclusi dalla
Possibilit, poich sono p. per ipotesi. Nell'universo esistono molteplici modi di esistenza
ed ogni p. ha quello che pi gli conviene in relazione alla sua natura. (id., 30) La distinzione
tra reale e p., su cui tanti filosofi hanno voluto insistere, non ha alcun valore metafisico:
ogni p. reale a modo suo e cio secondo quanto la sua natura comporta. (id., 30-31)

POSSIBILIT La p. nello stato principiale e non-manifestato che esclude ogni


divenire. (Ved., 1925, 51) Due p. veramente identiche non differiscono per nessuna delle
loro condizioni di realizzazione; ma se tutte le condizioni fossero eguali si tratterebbe della
stessa p. e non di due p. (Croce, 1931, 130)

POTENZIALIT La p. indica l'attitudine per un certo sviluppo e presuppone una


possibile attualizzazione : pu dunque riferirsi solamente al divenire od alla
manifestazione. (Ved., 1925, 51)

POTERE fin troppo evidente che il popolo non pu conferire un p. che esso non
possiede: il vero p. pu solo venire dall'alto. (Crisi, 1927, 106) Il p. conferito dal popolo
solo una contraffazione di p., uno stato di fatto ingiustificato, perch mancante di principio.
(id., 107)

POTERI Vi sono alcuni che assegnano all'iniziazione lo scopo dello sviluppo dei p.
latenti nell'uomo e ci non , in fondo, che la facolt di produrre fenomeni pi o meno
straordinari. Si tratta di una vera ossessione per la grande maggioranza degli aderenti alle
scuole pseudo esoteriche o pseudoiniziatiche dell'Occidente moderno, i quali si illudono a
tal punto sul valore da attribuirsi a questi p., da prenderli come il segno di uno sviluppo
spirituale, mentre appartengono unicamente al dominio psichico e spesso non sono che un

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ostacolo all'acquisizione di ogni vera spiritualit. Questa illusione sulla natura e sulla
portata dei p. sovente associata all'interesse eccessivo per la magia. (Cons., 1946, 197) I p.
sono, per alcuni individui, qualche cosa di spontaneo, l'effetto di una semplice disposizione
naturale che si sviluppa da se stessa. Ma vi un caso in cui i p. sono acquisiti ed
artificialmente sviluppati, come risultato di certi allenamenti speciali: si tratta allora di
qualcosa di pi pericoloso, poich raramente ci non provoca un certo squilibrio. Negli
ambienti ove si praticano allenamenti del genere, si parla a casaccio di iniziazione,
identificandola pi o meno con l'acquisizione di questi troppo famosi p. (id., 199) I p. di cui
si tratta possono benissimo coesistere al fianco dell'ignoranza dottrinale pi completa ed
essi non hanno il minimo rapporto con l'iniziazione. Il possessore dei p. non per tal fatto
pi avanzato nella realizzazione del proprio essere. Tali p. non rappresentano che
acquisizioni del tutto contingenti e transitorie, esattamente paragonabili allo sviluppo
corporeo. (id., 200). Fare sfoggio di questi p. gi dare prova di una mentalit
incompatibile con ogni specie di iniziazione, fosse pure al grado pi elementare. Si tratta di
ciarlatanismo, anche se i p. in questione sono reali nel loro ordine. (id., 201) La parola stessa
p. la si pu solo accettare che come semplice sinonimo di facolt . (id., 202) Chiunque
abbia la volont ben ferma di seguire una via iniziatica, non soltanto non deve mai cercare
di acquisire o di sviluppare questi troppo famosi p., ma deve invece evitarli spietatamente,
come ostacoli capaci di sviarlo dallo scopo unico cui tende. (id., 205) Colui che pervenuto
ad un certo grado di realizzazione iniziatica possiede implicitamente tutti i p. senza doverli
sviluppare specialmente in un modo qualsiasi, per il fatto stesso che egli domina dall'alto le
forze del mondo psichico. (id., 207) Per concludere in poche parole, diremo che l'iniziazione
non pu affatto avere per scopo l'acquisizione di p., i quali, al pari del mondo in cui si
esercitano, non appartengono in definitiva che al dominio della Grande Illusione. (id.,
209-210)

PRAGMATISMO Il p. completa l'eliminazione della nozione stessa di verit


coll'identificazione a quella di utilit, il che significa semplicemente sopprimerla. (Or. Occ.,
1924, 25) Il p., come indica la sua stessa denominazione, si presenta come una filosofia
dell'azione ; il suo postulato che l'uomo non ha altri bisogni oltre quelli di ordine pratico,
i quali sono contemporaneamente materiali e sentimentali. (id., 91-92) Negare
definitivamente l'intelligenza e la conoscenza, sostituire l'utilit alla verit: ecco il p. (Crisi,
1927, 87)

PRAGMATISTI I p. hanno adottato l'idea di un Dio limitato e di un Dio in divenire per


motivi soprattutto moralistici . (Or. Occ., 1924, 91) I p. non negano la ragione, come
fanno gli scettici, ma vogliono ridurla ad un uso puramente pratico. Vi addirittura un
punto riguardo al quale la negazione dei p. va ancor pi lontano di quella degli scettici
puri: questi ultimi non contestano il fatto che noi possiamo raggiungerla; i p. giungono al
punto di sopprimere la verit stessa. (id., 92) I p. di oggi giungono a dare abusivamente il

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nome di verit a quello che semplicemente l'utilit pratica, cio qualcosa di interamente
estraneo all'ordine intellettuale. (Crisi, 1927, 85)

PRAJPATI P., il Signore degli Esseri Prodotti, l'espressione di Brahma stesso, in


quanto concepito come Volont Divina e Ordinatore Supremo. (Ved., 1925, 57)

PRAJNA Nello stato di P. la luce intellegibile colta direttamente e non pi per riflesso
attraverso il mentale, come negli stati individuali. (Ved., 1925, 132)

PRAKRITI P. possiede tre guna: sattwa, la conformit dell'essenza pura dell'Essere;


rajas, l'impulso espansivo secondo il quale l'essere si sviluppa in un certo stato e, per cos
dire, ad un determinato livello dell'esistenza; tamas, l'oscurit, fatta eguale all'ignoranza e
rappresentata da una tendenza discendente. (Int., 1921, 225) P. la Sostanza Primordiale
indifferenziata, il principio passivo, rappresentato come femminile. (Ved., 1925, 56) P.
svolge una funzione materna in rapporto alla manifestazione. (Regno, 1945, 35)

PRNA La parola P., nella sua accezione, pi abituale, significa propriamente Soffio
Vitale; ma, in certi stati vdici, , in senso universale, identificato in principio allo stesso
Brahma. (Ved., 1925, 89)

PREDIZIONE-I Agli annunci di avvenimenti futuri non contenuti nei Libri Sacri delle
Tradizioni, il solo termine conveniente quello di p. (Regno, 1945, 303) Le p. presentano
sempre le cose sotto una luce inquietante e talvolta terrificante e per turbare l'opinione
pubblica basta semplicemente diffonderle. Se le p. concordano l'effetto ne verr rinforzato,
se invece si contraddicono, come pu anche accadere, il disordine che ne deriva sar ancora
maggiore: in entrambi i casi tanto di guadagnato a vantaggio delle potenze di sovversione.
Le p., generalmente provenienti da regioni assai basse del dominio psichico, trascinano con
s influenze squilibranti e dissolventi che ne aumentano considerevolmente il pericolo. (id.,
304) La semplice diffusione delle p. in definitiva solo la parte pi elementare del lavoro,
perch il lavoro gi stato fatto quasi per intero, anche se a loro insaputa, dagli stessi
veggenti. In altri casi bisogna elaborare interpretazioni pi sottili per portare le p. a
corrispondere a certi disegni; ci accade specialmente per quelle basate su talune
conoscenze tradizionali e la loro oscurit viene allora messa a profitto per quello che ci si
propone. (id., 306) Vengono anche utilizzate, mediante appropriate interpretazioni, p.
dall'origine piuttosto sospetta, ma d'altronde assai antiche, non emesse in vista delle
circostanze attuali, anche se le potenze di sovversione avevano con tutta evidenza gi
ampiamente esercitato la loro influenza a quell'epoca e non da escludere che sin da allora
avessero in vista la preparazione di un'azione che doveva compiersi solo a lunga scadenza.

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(id., 307)

PRESENTE Il p. pu essere rappresentato come un punto dividente in due parti la linea


secondo la quale si svolge il tempo e determinante cos, ad ogni istante, la separazione tra il
passato e l'avvenire, dei quali limite comune. (Triade, 1945, 134) Il punto rappresentativo
del p. pu essere preso in un certo senso per il mezzo del tempo , poich, a partire da
questo punto, il tempo non pu apparire che come egualmente indefinito nelle due
direzioni opposte, corrispondente al passato e all'avvenire. (id., 135)

PRIMITIVO Lingua p. La l.p. era quella in cui si esprimeva la Tradizione Primordiale.


Sembra, peraltro, che questa l.p. sia sussistita sino ad un'epoca che, molto lontana da noi, lo
pure per i Tempi Primordiali. (Mac., 1964, II, 30)

PRIMORDIALE Androgino P. L'A.P., di cui parlano tutte le tradizioni, dovr essere


considerato come frutto dell'insieme dei complementari. (Croce, 1931, 59) In generale,
all'A.P. viene simbolicamente attribuita la forma sferica, cio la meno indifferenziata, in
quanto si estende egualmente in tutte le direzioni. (id., 60) Punto P. Una volta che lo
spazio si realizzato, il P.P., pur rimanendo sempre essenzialmente non localizzato , si fa
centro di questo spazio. (Croce, 1931, 75) Stato P. Lo S.P. considerato come quello
dell'Uomo Vero,e sfugge gi a certe limitazioni caratteristiche dello stato ordinario,
specialmente quella dovuta alla condizione temporale. L'essere che ha raggiunto lo S.P.
ancora soltanto un individuo umano, non essendo in possesso di alcuno stato
sovraindividuale; tuttavia esso gi svincolato dal tempo, la successione delle cose
essendosi tramandata per lui in simultaneit. (Met., 1939, 14) Tradizione P. La T.P. deve
essere considerata come riferentesi essenzialmente ai principi. (Or. Occ., 1924, 225).
Dappertutto si trova l'affermazione formale che la T.P. del ciclo attuale venuta dalle
regioni iperboree. (Crisi, 1927, 44) La T.P. Rivelazione del Verbo. (Cons., 1946, 179) La T.P.
polare e, solo in un'epoca gi lontana dalle origini, la sede della T.P., trasferita in altre
regioni, ha potuto divenire occidentale per taluni e orientale per altri e, in ogni caso,
sicuramente orientale nell'ultima fase, gi molto prima dell'inizio dei cosiddetti tempi
storici , i soli accessibili all'indagine della storia profana. (Forme, 1970, 28) Unit P.
L'U.P. non altro che lo zero affermato. (Stati, 1931, 50) L'u.p. non risulta in alcun modo
infirmata o modificata dalla molteplicit. (id., 52) Uomo P. L'U.P. sintetizza tutti gli
esseri nella sua umanit pienamente realizzata. (Triade, 1945, 63)

PRINCIPI Quando parliamo di p. in modo assoluto e senza nessun'altra specificazione,


ci riferiamo sempre ed esclusivamente alla sfera dell'universale: questo il dominio della
conoscenza metafisica. (Or. Occ., 1924, 165) La conoscenza dei p. rigorosamente la stessa
per tutti gli uomini che la possiedono, giacch le differenze mentali possono influire solo su

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ci che ha carattere individuale (e per tale ragione contingente) e non raggiungono la sfera
della pura metafisica. (id., 167) Soltanto i p. sono rigorosamente invariabili; la loro
conoscenza la sola che non sia soggetta a nessuna modificazione e che contenga in se
stessa tutto ci che necessario per realizzare in tutti i campi del realtivo ogni possibile
adattamento. (id., 172) Anche la minima cosa operata in conformit armonica con l'ordine
dei p. porta virtualmente in s delle possibilit la cui espansione pu portare le
conseguenze pi prodigiose, e ci in tutti i campi, a mano a mano che le sue ripercussioni vi
si estendono secondo la loro ripartizione gerarchica ed in progressione indefinita. (id.,
202-203) solo nell'ordine intellettuale che si trovano i p., da cui tutto il resto dipende
normalmente a titolo di conseguenza o di applicazione, pi o meno remota. Se si mira ad
una intesa davvero profonda, bisogna dunque intendersi anzitutto su questi p., perch in
essi sta l'essenziale: una volta che essi saranno compresi veramente, l'accordo ne seguir
spontaneamente. (Crisi, 1927, 52)

PRINCIPIALE Punto P. Poich il P.P. non soggiace alla condizione spaziale, esso
permane non alterabile dalle condizioni delle proprie modalit, qualunque esse siano,
dal che risulta che esso non pu che persistere sempre identico a se stesso. Quando il P.P. ha
realizzato la sua possibilit totale, solo per ritornare alla fine che identica al principio
, cio a quell'Unit Prima che conteneva principialmente tutto, Unit che, essendogli
identica, non pu in nessun modo diventare qualcosa di diverso da esso e da cui, di
conseguenza, considerato in se stesso, non era affatto uscito. (Croce, 1931, 221) Unit P.
L'U.P. implica che non vi siano opposizioni inducibili. (Croce, 1931, 65) Man mano che si
allontanano dall'U.P. le esistenze divengono sempre meno qualitative e sempre pi
quantitative. (Regno, 1945, 65) L'U.P., pur nella sua assoluta indivisibilit, tuttavia di una
complessit estrema, poich contiene eminentemente tutto ci che, discendendo ai gradi
inferiori, costituisce l'essenza, o il lato qualitativo, degli esseri manifestati. (id., 96)

PRINCIPIO Dal punto di vista della metafisica il P. allo stesso modo impersonale e
personale , a seconda dell'aspetto sotto cui lo si considera: impersonale nei confronti
della manifestazione universale in s e personale nei confronti della manifestazione
universale. (Int., 1921, 194) Il P. non pu essere limitato da alcuna determinazione, perch
essenzialmente indipendente, esattamente come la causa indipendente dai suoi effetti.
(Stati, 1931, 130) Nel P. nulla pu essere soggetto al cambiamento. (In., 1952, 56) La nascita
alla manifestazione come una morte al P. e, dall'altro, inversamente, la morte alla
manifestazione una nascita o piuttosto una ri-nascita nel P., in modo che inizio e fine si
trovano rovesciate, a seconda che le si esamini in rapporto a P. o alla manifestazione; ci
beninteso sempre se vengono posti in relazione l'uno con l'altra, in quanto,
nell'immutabilit del P. in se stesso, non vi assolutamente n nascita n morte, n inizio,
n fine, ma lui stesso origine e fine ultima di tutte le cose. (id., 260-261)

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PROFANO Conoscenza p. Se la c.p. in se stessa semplicemente indifferente, i metodi


con cui inculcata sono in realt la negazione stessa di quelli che danno accesso alla
conoscenza iniziatica. (Cons., 1946, 285) Dominio p. Affermare che un d.p. esiste, ossia
trasformare indebitamente una semplice condizione di fatto in una condizione di diritto,
dunque, se cos si pu dire, uno dei postulati fondamentali dello spirito antitradizionale.
(In., 1952, 103) Educazione p. L'e.p. impone certe abitudini mentali di cui pu essere
pi o meno difficile sbarazzarsi in seguito. (Cons., 1946, 285) Filosofi p. Va da s che,
per noi, i f.p. non si differenziano minimamente dal volgo e che le loro teorie non hanno pi
valore della semplice opinione corrente. (In., 1952, 247) Filosofia p. La f.p. una pretesa
sapienza puramente umana (e quindi di ordine semplicemente razionale), prendente il
posto della vera sapienza tradizionale, sovrarazionale e non-umana . (Crisi, 1927, 32)
Affinch la f.p. si costituisse definitivamente come tale, occorreva che il solo exoterismo
restasse e che vi si portasse fino alla negazione pura e semplice di ogni esoterismo: il
punto al quale, nei tempi moderni, doveva condurre il movimento iniziato dai Greci. (id.,
33) Geometria p. La g.p. non pi che un semplice vestigio degenerato, vestigio privo
del significato profondo che aveva all'origine. (Regno, 1945, 41) Istruzione p. L'i.p. non
apporta alcuna conoscenza nel vero significato della parola e non contiene nulla di un
ordine un po' pi profondo. Quel che la rende realmente nefasta soprattutto il fatto di
farsi passare per ci che non , di tendere e negare ci che la supera e di soffocare cos tutte
le possibilit riferentesi ad un dominio pi elevato; si direbbe persino, dal momento che
l'informazione implica necessariamente l'odio verso qualsiasi superiorit, che l'i.p. sia fatto
espressamente a questo scopo. (Regno, 1945, 102) L'i.p., a qualsiasi grado considerato, non
pu menomamente servire alla conoscenza iniziatica. (Cons., 1946, 283) A tal riguardo, l'i.p.
appare unicamente indifferente. (id., 284) Ma l'i.p. pu molto spesso costituire, di fatto se
non di principio, un ostacolo all'acquisizione della vera conoscenza. (id., 285) L'i.p., come
costituita nel mondo moderno, evidentemente una delle cose che presenta al pi alto
grado il carattere antitradizionale. (id., 291) Nome p. il n.p., riferentesi alla modalit
pi esteriore ed alla manifestazione pi superficiale dell'essere, il meno vero di tutti.
(Cons., 1946, 243) Il n.p. rappresenta una modalit di cui l'essere deve spogliarsi quando
entra nel dominio iniziatico. (id., 244) Punto di vista p. Il p. di v.p. altro non che quello
dell'ignoranza. (Crisi, 1927, 81) Nelle civilt tradizionali, il p. di v.p. non esiste in nessun
modo e questo rovesciamento non pu condurre, logicamente, se non all'ignoranza o alla
negazione del sovrumano. (Regno, 1945, 125) L'idea che esistano cose puramente materiali
, a ben guardare, legata in modo diretto al p. di v.p. (id., 215) Non vi in realt un dominio
profano, cui certe cose appartengono per loro natura, ma solo un p. di v.p. che, in fondo,
altro non che un modo illegittimo e deviato di considerare queste cose; vi sono, d'altra
parte, cose che sfuggono completamente ad ogni p. di v.p, e che sono esclusivamente
proprie del solo dominio iniziatico. (Cons., 1946, 269) Il p. di v.p. una negazione del punto
di vista tradizionale. (id., 290) Una forma tradizionale, anche in declino, non pu che
tollerare come un male inevitabile l'esistenza del p. di v.p. e cerca altres di limitarne il pi
possibile le conseguenze. (In., 1952, 102) Scienza - e p. Ad ogni s.p. pu sovrapporsi
un'altra scienza che si riferisce, se si vuole, allo stesso oggetto, ma che lo considera da un

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punto di vista pi profondo e che sta a questa s.p. come i sensi superiori delle scritture
stanno al loro senso letterale. (Dante., 1925, 15) La s.p. pu essere giustamente considerata
come un sapere ignorante : sapere di ordine inferiore, tenentesi tutto alla realt pi
bassa. (Crisi, 1927, 81) Tutta la s.p. sviluppatasi negli ultimi secoli non che lo studio del
mondo sensibile; essa resta chiusa in esso ed i suoi metodi sono applicabili solo a questo
campo. (id., 118) Quando la s.p. abbandona il dominio della semplice osservazione dei fatti
per cercare di ricavare qualcosa da quell'indefinit accumulazione di particolari che ne
l'unico risultato immediato, una delle sue principali caratteristiche, la costruzione pi o
meno laboriosa di teorie puramente ipotetiche. (Regno, 1945, 146) La s.p. essenzialmente
ed esclusivamente analitica: essa non concepisce mai i principi e si perde nel dettaglio dei
fenomeni, la cui molteplicit indefinita e indefinitivamente mutevole veramente
inesauribile per essa, in modo che non pu mai pervenire, in quanto conoscenza, ad alcun
risultato reale e definitivo. (Calc. Inf., 1946, 90) Le s.p. non presuppongono nulla pi che
un'elaborazione razionale dei dati sensibili e sono empiriche per quel che riguarda il loro
punto di partenza. (Mel., 1976, 137) La maggior parte delle s.p. debbono la loro origine a
dei residui di scienze tradizionali. (id., 138) La s.p. fatta per il grosso pubblico ed in
ci la sua ragion d'essere. (id., 145) Spirito profano Lo s.p. si confonde collo spirito
antitradizionale, nel quale riprende in se tutte le tendenze specificamente moderne. (Crisi,
1927, 83) Storia p. Quanto al punto di vista della s.p. il quale aderisce esclusivamente
ai fatti e non li supera, esso ai nostri occhi totalmente privo d'interesse, al pari di tutto ci
che ha carattere di semplice erudizione. (Aut., 1929, 25)

PROFEZIA La parola p. non pu essere applicata propriamente se non agli annunzi di


avvenimenti futuri contenuti nei Libri Sacri delle Tradizioni, provenienti cio da
un'ispirazione di ordine puramente spirituale. (Regno, 1945, 303)

PROGRESSO In effetti l'idea stessa di p. non risale molto aldil della seconda met del
XVIII secolo, i suoi veri promotori essendo stati Tungot e Condorcet. (Thos., 1921, 109)
L'ottimismo sprovveduto dei nostri contemporanei assume le forme della credenza del p.
(Spir., 1923, 272) All'illusione della civilt occidentale moderna come la civilt per
eccellenza si accompagna la credenza nel p., considerato in modo non meno assoluto e
identificato, nella sua essenza, a quello sviluppo materiale che assorbe ogni attivit degli
Occidentali moderni. (Or. Occ., 1924, 26) Il concetto di p., contribu a convincere la specie
umana di essere entrata in una nuova era: l'era della civilt assoluta. (id., 27) Si arrivati a
supporre che comunque il p. esiste, come risultato finale di tutti i progressi parziali e di
tutti i regressi. (id., 35) Nel campo del sentimento, tutto dipende esclusivamente
dall'apprezzamento e dalle preferenze individuali; ciascuno chiamer p. quello che in
conformit alle proprie disposizione. (id., 40) Gli Occidentali d'oggid sono ancora convinti
che il p., o quel che essi chiamano con tale nome, possa o debba essere continuo e
indefinito. (id., 106) Il pensiero orientale, come quello dell'Occidente antico e medievale,

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non potrebbe ammettere la nozione di p. come un'idea del tutto secondaria e di portata
estremamente limitata. (Ved., 1925, 154)

PROSELITISMO Nessuna considerazione intellettuale giustifica il p., nel quale gli


Orientali non vedono che una prova di ignoranza e di incomprensione. (Or. Occ., 1924, 65)
Per gli Orientali il p. il segno di una deficienza di intellettualit, in quanto implica e
presuppone essenzialmente il predominio del sentimentalismo. (id., 133)

PROTESTANTE Morale p. La m.p., eliminando sempre di pi ogni base dottrinale,


finisce col degenerare in quel che si chiama la morale laica . (Crisi, 1927, 91) Sette p.
Le s.p., essenzialmente inerenti al Protestantesimo come conseguenza della sua
affermazione del libero esame , sono pure in concorrenza le una colle altre, ci che
tuttavia non impedisce loro di essere unite da legami reali, essendo delle diverse
espressioni di una medesima mentalit generale. (Thos., 1921, 279) Bisogna ancora far
notare come le idee messianiche e millenaristiche prendano attualmente una angolare
estensione in certe s.p.: tale , ad esempio, quello degli Avventisti, i quali annunciano per
una data poco lontana la fine del mondo ed il ritorno del Cristo Glorioso. (id., 281)

PROTESTANTESIMO Il P. ha la pretesa di restaurare il Cristianesimo primitivo in tutta


la sua purezza. Simile atteggiamento non manca di una certa abilit a fare accettare le
innovazioni ad un ambiente fortemente attaccato alla tradizione e nel quale sarebbe
imprudente una rottura troppo aperta con questa. chiaro per che se i principi
fondamentali della Tradizione fossero veramente accettati, si dovrebbero ammettere anche
tutti gli sviluppi e le conseguenze che ne derivano. questo quello che non fanno i
sedicenti riformatori , per cui chi possiede il senso della Tradizione pu rendersi conto
senza fatica che la deviazione non affatto dalla parte ove costoro affermano che sia. (Int.,
1921, 288) Le chiese scismatiche che si dicono cattoliche (noi non parliamo, beninteso delle
chiese ortodosse orientali) tendono a ravvicinarsi al P. e presentano il medesimo
fenomeno di dispersione; sarebbe infatti difficile tracciare tra questi scismi e le comunioni
protestanti una netta linea di demarcazione. (Thos. 1921, 279) Se ne deve concludere che il
P., quando le sue tendenze sono spinte all'estremo, deve logicamente sboccare
nell'anticristianesimo? Per paradossale che una tale tesi possa apparire al primo approccio,
vi sono dei fatti che portano a darle una qualche verosimiglianza. (id., 280) La
degenerazione dell'idea religiosa si pu osservare nelle innumerevoli sette che hanno preso
origine dal P. (Or. Occ., 1924, 97) A costituire il P. la negazione stessa dei principi che
l'essenza stessa dell'individualismo. (Crisi, 1927, 90) Il P. illogico, in quanto, pur
sforzandosi di umanizzare la religione, lascia malgrado tutto sussistere, almeno in teoria,
un elemento sovrumano, che la Rivelazione. naturale che il P., collo spirito di negazione
che lo anima, abbia dato luogo a quella critica dissolutrice che, nelle mani di pretesi

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storici delle religioni , divenuta un cavallo di battaglia contro ogni religione. (id., 92) Il P.,
nelle sue molteplici forme , del resto, la sola produzione religiosa dello spirito moderno,
quando quest'ultimo non era ancora giunto a rigettare ogni religione, ma gi cominciava, a
causa delle tendenze antitradizionali che gli sono inerenti, o meglio che lo costituiscono
propriamente, ad avviarsi in quella direzione. (Regno, 1945, 97) Il P. finisce coll'essere un
moralismo puro e semplice ed assai rappresentativo dello spirito moderno. (Simb., 1962,
16) - p. liberale Il P.I. non ammette pi la divinit di Cristo o la ammette come un modo
di parlare ; esso non pi, in fondo, che un semplice moralismo che assume la forma di
una pseudoreligione. (Thos, 1921, 281) Il P.I. non pi che un moralismo con etichetta
religiosa; si tratta piuttosto di una specie di pensiero filosofico speciale. (Or. Occ., 1924, 97)

PROVVIDENZA La P. natura libera e naturante. (Triade, 1930, 129) La P. pu


evidentemente essere concepita come l'espressione della Volont Divina. (id., 130)

PSEUDO INIZIATICO Contraffazioni p. Le c.p. dell'idea tradizionale, cos


caratteristiche della nostra epoca, sono una mescolanza pi o meno coerente (assai meno
che pi) di elementi in parte presi a prestito ed in parte inventate, il tutto dominato dalla
concezione antitradizionale propria dello spirito moderno. (Regno, 1945, 301)
Manifestazioni p. Esistono innumerevoli legami tra le m.p. ed una quantit di altre cose
che a prima vista sembrerebbero non avere con esse il minimo rapporto, ma che tutte sono
rappresentative dello spirito moderno in qualcuno dei suoi aspetti pi spiccati. (Regno,
1945, 293) Organizzazioni p. Le o.p. sono senza dubbio quelle che maggiormente
attirano l'attenzione della controiniziazione, proprio perch l'opera che essa si propone, ed
in cui si riassume tutto il suo modo d'essere, innanzitutto antitradizionale. (Regno, 1945,
292-293) Gran parte del pubblico, pur essendo pi o meno al corrente dell'esistenza di o.p.,
non gran che informato su cosa esse siano, ed poco propenso ad annettervi importanza,
non vedendo in esse che semplici eccentricit . Tale indifferenza, sia pure
involontariamente, anch'essa al servizio di quelli stessi disegni. (Regno, 1945, 294) Uno
dei mezzi pi semplici che le o.p. hanno a disposizione per fabbricare una falsa tradizione,
ad uso dei loro aderenti, certamente il sincretismo. (id., 295) Esiste sempre un punto in cui
la soperchieria cosciente ed il ciarlatanismo diventano una specie di necessit per i dirigenti
di un'o.p. (id., 297) Gli inventori delle o.p., non conoscendo, neppure dal di fuori, alcuna
organizzazione autenticamente iniziatica diversa da quelle giunte ad uno stato di
degenerescenza, non hanno creduto di potere far meglio che imitarli: inevitabilmente, essi
le hanno imitate nei lati pi esteriori, vale a dire pi contaminati della degenerescenza.
(Cons., 1946, 295) La caricatura del mondo spirituale si trova ad essere l'immagine delle o.p.
(id., 296)

PSEUDOINIZIAZIONE La p., quale esiste oggi in numerose organizzazioni, la maggior

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parte delle quali si ricollegano a qualche forma di neospiritualismo, non in definitiva se


non uno dei molteplici esempi di contraffazione. (Regno, 1945, 290) La p. altro non se non
uno dei prodotti dello stato di disordine provocato, all'epoca attuale, dall'azione satanica
che ha il suo punto di partenza cosciente nella controiniziazione. (id., 291) Quanto alla p.
si tratta di una pura e semplice parodia: si pu dire che non niente in se stessa, che priva
di ogni realt profonda, oppure, se si vuole, che il suo valore intrinseco, non essendo
positivo come quello dell'iniziazione e neppure negativo come quello della
controiniziazione, semplicemente nullo. (id., 291-292) Fra gli strumenti ed i mezzi messi
in azione dallo spirito moderno la p. deve logicamente, per la sua stessa natura, occupare il
primo rango. (id., 293)

PSEUDOTRADIZIONE Affastellando alla meno peggio elementi presi a prestito da


differenti dottrine, non si riuscir mai a costruire che una p., senza nessun valore o portata,
e queste fantasie meglio lasciarle agli occultisti e ai teosofisti. (Or. Occ., 1924, 214)

PSICANALISI Delle pratiche di carattere molto inquietante, la pi rappresentativa


quella conosciuta sotto la denominazione generica di p. (Regno, 1945, 274)

PSICHICO Dominio p. Il d.p., sebbene in s non essenzialmente malefico, per


eccellenza quello delle illusioni. (Regno, 1945, 284) Forze p. Lo studio delle f.p. non
presenta per noi un maggiore interesse di quello di qualsiasi altra forza naturale e non
abbiamo alcuna ragione per essere solidali con chi persegue questo tipo di studio, pi di
quanta non ne abbiamo col fisico o col chimico che studiano altre forze. (Mel., 1976, 177)
Influenze p. Le i.p., private dello spirito che un tempo le dirigeva e ridotte in tal modo ad
una specie di stato larvale , possono benissimo reagire di per se stesse, in modo pi o
meno disordinato, ad una provocazione, di qualunque genere essa sia e per quanto
involontaria. Le i.p. possono, in pi di ogni occasione, essere gi abbastanza perniciose
quando siano lasciate semplicemente a se stesse. (Regno, 1945, 226) Le i.p. residui di una
tradizione e messe anteriormente in opera dai rappresentanti della tradizione potranno
ancora essere captate, anche se all'insaputa dei loro continuatori apparenti, ormai
illegittimi e privi di ogni autorit. (id., 227)

PSICHISMO Lo p. comporta una pseudorealizzazione diretta propriamente all'inverso


di una vera realizzazione spirituale. (Regno, 1945, 206)

PSICOANALITICO Interpretazione p. L'i.p. mira in realt a ne- gare la trascendenza


della Tradizione, ammettendone il carattere non- -umano , ma alterando completamente
il significato di questo termine. (Simb., 1962, 48)

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PSICOLOGIA La p. quale oggi viene intesa, cio lo studio dei fenomeni mentali come
tali, un prodotto naturale dell'empirismo anglosassone e dello spirito del XVIII secolo.
(Crisi, 1927, 76) La p. deve occuparsi unicamente di quella che chiameremo la coscienza
fenomenica e cio della coscienza considerata solo in rapporto ai fenomeni. (Stati, 1931,
64) La p., per definizione stessa, non pu avere presa che su stati umani e non raggiunge
che una ristrettissima zona del campo delle possibilit dell'individuo. (Met., 1939, 19) Non
una semplice questione di vocabolario il fatto, assai significativo, che la p. prenda sempre
in considerazione solo il subcosciente e non il supercosciente, il quale dovrebbe essere
logicamente il correlativo. (Regno, 1945, 275) Con i suoi costanti richiami al subcosciente, la
p. si avvicina inevitabilmente allo spiritismo o ad altre cose del genere, le quali tutte, in
definitiva, si fondano sui medesimi oscuri elementi dello psichismo inferiore. (id., 276) Il
carattere satanico della p. appare nettamente ed in modo particolare nelle interpretazioni
psicanalitiche del simbolismo e di quanto, a torto o a ragione, viene considerato tale. (id.,
277)

PSICOLOGO Lo p. non ha nessuna ragione per approfondire lo studio della natura


della coscienza individuale; essa infatti per lui un dato incontestabile. (Stati, 1931, 63)

PUNTO Il p. nulla quantitativamente, n occupa spazio, quantunque sia il principio


per cui prodotto tutto lo spazio, che lo sviluppo delle sue proprie virtualit. (Ved., 1925,
50) Il p. nullo come quantit e non occupa spazio alcuno; eppure esso il principio in
virt del quale viene prodotto tutto lo spazio. (Croce, 1931, 29) L'elemento geometrico
primordiale, il solo ad avere un'esistenza propria, il p.; lo spazio, in quanto tale,
presuppone dunque il p. (id., 135) Lo spazio, che in assenza del p. non esiste neppure, sar
invece occupato per intero dal dispiegarsi delle virtualit di esso. (id., 136) Il p., in modo
successivo nella condizione temporale o simultaneamente al di fuori di tale condizione,
pu identificarsi, per realizzarli, a tutti i p. potenziali dello spazio, che quindi da
considerarsi che la virtualit totale del p. Il p., essendo senza dimensioni, anche senza
forma; non appartiene dunque all'ordine delle esistenze individuali e solo localizzandosi
nello spazio assume in certo qual modo un aspetto individuale. (id., 137) Il p. che realizza
l'intera estensione ne diviene il centro e lo misura quindi in tutte le sue dimensioni. (id.,
138) Il p., che costituisce il cardine della norma , il centro immobile di una
circonferenza sul cui contorno ruotano tutte le contingenze, le distinzioni e le individualit.
(id., 219) Metafisicamente, se si considera il p. come simbolo dell'Essere nella sua unit e
nella sua identit principiale, questo p., la sua esteriorizzazione e la distanza che li unisce e
che fissa la relazione esistente tra l'uno e l'altra, corrispondono rispettivamente ai tre
termini del Ternario. (Mel., 1976, 121)

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PURIFICAZIONE La p. si opera mediante gli elementi , nel senso cosmologico del


termine. Dunque la p. avr sempre per appoggio materiale i corpi che simboleggiano gli
elementi e che ne portano le designazioni. (Cons., 1946, 234) Si tratta, con la p., di
ricondurre l'essere ad uno stato di semplicit indifferenziata, paragonandola a quello della
Materia Prima, affinch sia atto a ricercare il Fiat Lux iniziatico. (id., 235)

PURO Quantit p. La q.p. inderente alla materia secunda del mondo corporeo.
(Regno, 1945, 37)

PURUSHA Brahma, inteso come centro dell'individuo, chiamato P., perch riposa o
risiede nell'individualit. Nel centro vitale, residenza di P., il sole non brilla e nemmeno la
luna e le stelle ed i lampi; tutto brilla dopo l'irraggiamento di P. e questo tutto illuminato
dal suo splendore. (Ved., 1925, 53) P. rappresentato come una luce, perch la luce
simboleggia la Conoscenza ed esso la sorgente di ogni altra luce, che in fondo il suo
riflesso. (id., 54) P., affinch la manifestazione si produca, deve entrare in correlazione con
un altro principio, quantunque questa correlazione, relativamente al suo aspetto pi
elevato, sia inesistente. (id., 56) P., considerato identico alla personalit, una parte del
Supremo Ordinatore come una scintilla lo del fuoco. (id., 66) P. non mai sottoposto alle
condizioni che determinano l'individualit e, anche nei suoi rapporti con questo, resta
inalterato dalle modificazioni individuali che sono puramente contingenti ed accidentali,
non essenziali all'essere. (id., 67) In rapporto alla manifestazione P. svolge una funzione
paterna . (Regno, 1945, 35)

PURUSHA-PRAKRITI La coppia Pu.-Pr., in rapporto ad uno stato d'essere determinato


pu equivalere, nel dominio di esistenza che corrisponde a questo stato, a quello che per
l'esoterismo islamico l'Uomo Universale. (Ved., 1945, 58) La concezione della coppia
Pu.-Pr. non ha rapporto con qualsiasi dualismo e, in particolare, totalmente differente dal
dualismo spirito-materia della filosofia occidentale moderna. (id 59) Pr. non pu essere
veramente causa per se stessa, al di fuori dell'azione o piuttosto dell'influenza del principio
essenziale Pu. (id., 61) Pr., pur essendo necessariamente una nella sua indistinzione ,
contiene in s una triplicit che, attualizzandosi per l'influenza ordinatrice di Pu.,
produce le sue multiple determinazioni. (id., 63) Pu. il principio essenziale delle cose,
perch determina lo sviluppo delle possibilit di Pr. (id., 66)

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-Q-

QABBALAH La Q. in generale meno metafisica dell'esoterismo islamico e subisce


ancora in certa misura l'influenza del punto di vista propriamente religioso. (Int., 1921, 139)

QABBALAH La parola Q., in ebraico, non significa altro che Tradizione, nel senso pi
ampio; e, per quanto essa designi la tradizione esoterica o iniziatica, quando viene usata
senza ulteriori specificazioni, si arriva persino ad applicarla alla tradizione exoterica.
(Forme, 1970, 49) Q. vuole propriamente dire ci che ricevuto o trasmesso, dall'uno
all'altro. (id., 50)

QUADRATO Il q. nel quale si trasmutato il cerchio raffigura, in questo caso, il


compimento delle possibilit del ciclo, le quali erano in germe nel recinto organico
circolare dell'inizio. (Regno, 1945, 170)

QUALIT La q., considerata come il contenuto dell'Essenza, non si limita


esclusivamente al nostro mondo, ma suscettibile di una trasposizione che ne
universalizza il significato. (Regno, 1945, 22)

QUANTIT La q. in quanto tale una base e nient'altro e non bisogna dimenticare che
la base, per definizione, ci che si trova al livello pi basso. (Regno, 1945, 30) La q. non
ci che viene misurato, bens, al contrario, ci per cui le cose sono misurate. (id., 38) La q.
pu soltanto separare, non unire. (id., 63)

QUATERNARIO L'Unit, unita al Ternario, produce il Q., il quale pu essere qui


rappresentato dal centro e dai tre vertici di un triangolo. (Mel., 1976, 62) Il Q.
geometricamente rappresentato dal quadrato, se considerato staticamente, o dalla croce, se
considerato allo stato dinamico. Se il Ternario il numero che rappresenta la prima
manifestazione dell'Unit Principiale, il Q. ne rappresenta l'espansione totale. Il Q. il
numero del Verbo Manifestato, dell'Adam Kadmon, e si pu dire che essenzialmente il
numero dell'emanazione, poich l'emanazione la manifestazione del Verbo. (id., 63)
Forma Q. La f.q. materialmente in rapporto con i quattro punti cardinali. (Simb., 1962,
235)

QUIETISMO Il termine Q. stato coniato appositamente per definire una forma di


misticismo, di quelle d'altronde che si possono definire aberranti , e la cui caratteristica

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principale consiste nello spingere all'estremo quella passivit che, ad un grado o ad un


altro, inerente al misticismo come tale. (In., 1952, 213) Il Q., nel senso proprio della parola,
gode in Occidente di cattiva reputazione, soprattutto negli ambienti religiosi, il che, in
definitiva, naturale, in quanto la variet di misticismo che cos si definisce stata
espressamente dichiarata eterodossa, e a giusto titolo, a causa di numerosi gravi pericoli
che essa presenta sotto vari punti di vista. (id., 214) I moderni sono tentati di vedere del Q.,
o quel che credono di poter chiamare cos, in qualsiasi dottrina tradizionale senza
eccezione. (id., 217)

QUINARIO Il Q. simboleggia il microcosmo o l'essere individuale. (Mel., 1970, 64)

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-R-

RADDRIZZAMENTO Il r. ristabilisce l'ordine normale e restaura lo Stato Primordiale.


(Regno, 1945, 240) Avendo attinenza con il termine finale della manifestazione ciclica, il r.
dell'ultimo istante deve apparire, nel modo pi esatto, come un capovolgimento di tutte le
cose rispetto allo stato di sovversione in cui si trovano immediatamente prima di questo
istante. (id., 243-244) Il r., riportando istantaneamente tutte le cose al loro posto normale,
proprio quando la sovversione parr completa, preparer immediatamente l'Et dell'Oro
del ciclo futuro. (id., 328) Un r. dovr prodursi e non sar possibile che quando sar stato
raggiunto il punto pi basso. Questo r. dovr d'altronde essere preparato, anche
visibilmente, prima della fine del ciclo attuale. (Cons., 1946, 337) Il r., mediante il quale si
opera il ritorno dal punto pi basso a quello pi alto, propriamente istantaneo , cio al
di fuori di ogni durata, cosa che implica un passaggio attraverso il non-manifestato. (In.,
1952, 240)

RAGIONE L'errore pu introdursi soltanto coll'uso della r., vale a dire in occasione della
formulazione delle verit concepite dall'intelletto. La r. evidentemente soggetta all'errore
a causa del suo carattere discorsivo e mediato (Int., 1921, 97) Salta agli occhi come sia
piuttosto strano che si metta la r. al di sopra di tutto, professando per essa un vero culto e,
nello stesso tempo, si proclami che essa essenzialmente limitata. Noi pure diciamo che la
r. limitata e relativa ma, lungi dal dichiarare che essa tutta l'intelligenza, la consideriamo
come una delle sue porzioni inferiori. (Or. Occ., 1924, 53) Se si vuole utilizzare la parola r.,
sia in senso universale che in senso individuale, bisogner avere cura di ricordare che
l'impiego di questo termine nei due casi non indica che una semplice analogia, esprimente
la rifrazione di un principio universale nell'ordine mentale umano. (Stati, 1931, 75) La r.
una facolt propriamente e specificamente umana. (Met., 1939, 8) La r., una volta persa la
comunicazione effettiva coll'intelletto, non ha altra possibilit che tendere verso il basso,
cio verso il polo sostanziale dell'esistenza ed affondare vieppi nella materialit. (Regno,
1945, 116) La r. pu funzionare validamente nell'ordine di realt che le proprio soltanto
sotto la garanzia di principi che la illuminino e la dirigano e che essa riceve dall'intelletto.
(Simb., 1962, 365)

RAJAS R. l'impulso espansivo, sotto la spinta del quale l'essere si sviluppa in un certo
stato e, in qualche modo, ad un determinato livello dell'esistenza. (Aut., 1929, 65) Nella
natura dello Kshiatriya predomina r. e lo fa tendere alla realizzazione delle possibilit
comprese nello stato umano. Alla predominanza di r. corrisponde la predominanza di ci
che, in difetto di un termine pi adatto, possiamo chiamare la sentimentalit. (id., 66) Il
piano dell'equatore della sferoide determinato dalla croce a tre dimensioni raffigura il
campo di espansione di r. (Croce, 1931, 54) Nella Triade r. corrisponde all'Uomo. (Triade,

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

1945, 134) R. predomina nell'aria e questo elemento considerato come essenzialmente


dotato di un movimento trasversale. (Hind., 1976, 57)

RAZIONALE Ci che r., vale a dire ci che appartiene all'esercizio delle facolt
individuali umane, non pu evidentemente raggiungere in alcun modo il Principio.
(Triade, 1945, 120)

RAZIONALE Conoscenza r. La c.r. propriamente una conoscenza indiretta ed


perci suscettibile di errore. (Int., 1921, 211) ammesso dai filosofi antichi che la c.r. non il
pi alto grado della conoscenza, non la Saggezza. (Mel., 1976, 51)

RAZIONALISMO Prima di Descartes non esistette un r., il quale un qualcosa di


specificamente moderno e la negazione di ogni facolt di ordine superindividuale. (Crisi,
1927, 65) Il r., impotente ad elevarsi fino alla Verit Assoluta, lasciava sussistere la verit
relativa. (Or. Occ., 1924, 25) Ad ogni modo, poich il r. corrisponde ad un indebolimento
dell'intelletto, naturale che il suo sviluppo vada di pari passo con quello del
sentimentalismo. (id., 48) Ora il r. consiste non soltanto nell'affermazione che la ragione ha
un determinato valore, ma nel sostenere che non c' nulla aldisopra di essa e di
conseguenza che nessuna conoscenza possibile oltre la conoscenza scientifica; pertanto
esso implica necessariamente la negazione della metafisica. (id., 57) In molti Occidentali si
trova una vera e propria deificazione della ragione umana in adorazione di se stessa, o
direttamente, o attraverso la scienza che la sua opera: la forma pi estrema del r. (id., 79)
Il r. propriamente detto risale a Cartesio e di conseguenza si trova, fin dalla sua origine,
direttamente associato all'idea di una fisica meccanicistica. Il r., in tutte le sue forme, si
definisce essenzialmente mediante la credenza nella supremazia della ragione, proclamata
come un vero e proprio dogma, e la conseguente negazione di tutto quanto appartiene
all'ordine sopraindividuale, il che implica logicamente l'esclusione di ogni vera conoscenza
metafisica. Il r. si accorda colla moderna tendenza alla semplificazione. (Regno, 1945, 111) Il
r. legato all'idea di una scienza esclusivamente quantitativa o, per meglio dire, questa
deriva da quello. (id., 114) 11 r., che la negazione di qualsiasi principio superiore alla
ragione ed ha per conseguenza l'impiego esclusivo di tale ragione accecata , per il fatto
stesso di essere isolata dall'intelletto puro e trascendente. (id., 116)

RE Se il r. non si accontenta pi di essere il capo della nobilt e di svolgere la funzione di


regolatore , che a tale titolo gli appartiene, perde quel che costituisce la sua ragion
d'essere essenziale. (Aut., 1929, 108)

REALT Il termine r., nell'uso corrente, viene riservato esclusivamente alla sola realt

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

sensibile. (Crisi, 1927, 122)

REGALE Funzione r. La f.r. comprende tutto ci che nella sfera sociale costituisce il
governo propriamente detto, anche quando tale governo non abbia la forma monarchica.
(Aut., 1929, 33)

REGALIT La r., in virt del carattere pi esteriore e pi propriamente terrestre della


sua funzione, non pu ricevere il proprio potere se non attraverso il tramite del sacerdozio.
(Aut., 1929, 63) Nella Francia da Filippo il Bello in poi vediamo la r., nell'intento di
centralizzare ed assorbire i poteri appartenenti alla nobilt nel suo insieme, entrare in lotta
contro quest'ultima e dedicarsi con accanimento alla distruzione del feudalesimo, dal quale
tuttavia era nata. (id., 108)

REINCARNAZIONE Quanto alla pretesa di volere fare risalire la r. all'antichit, nulla di


pi infondato, salvo chiamare fondamento l'incomprensione di alcune espressioni
simboliche, da cui nata una grossolana interpretazione delle metempsicosi pitagorica
intesa a darle il senso di una specie di trasformismo psichico ; nello stesso senso deviato
sono stati intesi come vite terrestri successive quelli che non soltanto nelle dottrine ind,
ma pure nel Buddismo, sono una serie di mutamenti di stato e di essere. (Int., 1921, 285) La
r. vista come il mezzo attraverso il quale si compie l' evoluzione , all'inizio per il singolo
individuo ed in seguito, come conseguenza, per l'intiera umanit e pure per l'insieme
dell'universo. (Thos, 1921, 117). Circa la r., ponendosi dal punto di vista della metafisica
pura, se ne pu dimostrare l'impossibilit assoluta e senza alcuna eccezione; noi
intendiamo d'altronde pi l'impossibilit della r., non solo sulla terra, ma anche su di un
astro qualunque, al pari di altre concezioni bizzarre del medesimo tipo. (id., 118119) Per i
teosofisti la r. si riattacca alla legge del Karma , per la quale le condizioni di ogni
esistenza sarebbero determinate dalle azioni compiute nel costo delle esistenze precedenti.
L'idea della r., strettamente legata alla concezione evoluzionistica (Spir., 1923, 42) La
teoria della r. non mai stata insegnata in India, neanche dai Buddisti, ed di esclusiva
appartenenza degli Occidentali moderni. (id., 51) sottinteso che quando si parla di r. si
intende che l'essere che gi stato incorporato riprende un nuovo corpo, cio ritorna allo
stato attraverso il quale gi passato. (id., 201) La teoria della r. quella che attualmente
pare si cerchi di diffondere maggiormente nella massa e per raggiungere questo scopo tutti
i mezzi sono buoni; fra l'altro si fa ricorso agli artifizi della letteratura e l'idea si sta
infiltrando oggi nella produzione di alcuni romanzieri. (id., 370) vero che la r. non mai
stata esplicitamente condannata dalla Chiesa Cattolica e certi occultisti lo fanno notare
con evidente soddisfazione ma, se cos, solo perch era impossibile supporre che
qualcuno un giorno avrebbe immaginato tale follia. (Mel., 1976, 182)

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RELATIVISMO Il r. porta in se stesso la propria contraddizione ed a voler ridurre tutto


al mutamento, si dovrebbe finire logicamente col negare l'esistenza di esso stesso. (Crisi,
1927, 63) Il r. la sola logica conseguenza del razionalismo. (id., 86)

RELATIVO Il r. inintelligibile ed impossibile senza l'assoluto. (Crisi, 1927, 63) Il r., in


una civilt tradizionale, non viene concepito come inesistente, cosa che sarebbe assurda;
esso viene preso in considerazione nella misura in cui lo merita e viene messo nel suo
giusto posto, che pu essere solo secondario e subordinato. E sul piano del r. esistono anche
gradi molto diversi, secondo che si tratti di cose pi o meno lontane nel dominio dei
principi. (id., 67) Conoscenza r. La c.r., metafisicamente parlando, non altro che la
conoscenza del relativo e del contingente e cio quella che si applica al manifestato. (Stati,
1931, 119) La c.r. si attua non attraverso l'intelletto, bens attraverso una rifrazione di questo
negli stati dell'essere considerati, rifrazione che rappresenta la coscienza individuale. (id.,
124) Libert r. Dinanzi alla molteplicit, come nel caso in cui vengano prese in esame
esistenze particolari, non si potr pi evidentemente parlare che di l.r. (Stati, 1931, 136) Ad
ogni essere propria una certa l.r., in qualunque condizione si trovi. (id., 141)

RELIGIONE-I La r., secondo la derivazione della parola, ci che congiunge . (Int.,


1921, 76) Il Cristianesimo, adottando col latino la parola r. che ad esso appartiene, le confer
un significato quasi del tutto nuovo rispetto a quello che aveva nel mondo greco-romano.
Quella che da allora in avanti dominer l'idea di un legame con un principio superiore e
non pi quello di un vincolo sociale. (id., 79) La r. comporta essenzialmente la riunione di
tre elementi di carattere diverso: un dogma, una morale, un culto; dovunque venga a
mancare uno qualunque di questi elementi, non si tratter pi di r. nel senso proprio della
parola. (id., 85) In una r., in cui l'elemento sociale e sentimentale ha la preponderanza
sull'elemento intellettuale, la parte del dogma e quella del culto vanno riducendosi sempre
pi nel tempo, di modo che la r. tende a degenerare in puro e semplice moralismo, della
qual cosa un esempio particolarmente evidente offerto dal caso del Protestantesimo. Il
termine r. difficile da applicare rigorosamente aldifuori dell'insieme costituito da
Giudaismo, Cristianesimo e Islam. Non ammettiamo che la r. sia un fatto puramente e
semplicemente sociale; noi diciamo soltanto che uno degli elementi della dottrina,
cosicch la r., pur essendo sociale sotto un certo rapporto, , nello stesso tempo, qualche
cosa di pi. Di fatto esistono dei casi in cui tutto quanto di ordine sociale si trova legato e
quasi sospeso alla r.: questo il caso dell'Islam e del Giudaismo ed anche il caso di una
concezione del Cristianesimo, che potremmo chiamare integrale , la quale ebbe un
tempo una realizzazione effettiva. (id., 88) Di fatto la r., bench anch'essa occidentale, non
affatto moderna, anzi proprio contro di essa che la mentalit moderna concentra tutta la
sua animosit, quale unico elemento che abbia conservato in Occidente un carattere
tradizionale. (Or. Occ., 1924, 143) Se la r. non pu sostituire la metafisica, non per affatto
incompatibile con essa. (id., 145) Se esaminiamo l'attuale situazione della r., il

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capovolgimento dei rapporti pu esprimersi nel modo seguente: invece di considerare


l'intero ordine sociale come procedente della r., in quanto imperniato in qualche modo su di
essa ed avente in essa il suo principio, oggi non si vuol vedere nella niente di pi che uno
degli elementi dell'ordine sociale, un elemento tra tutti gli altri e sullo stesso livello degli
altri. (Aut., 1929, 87) Ci tro viamo quindi di fronte ad una negazione implicita della r., per
cui la negazione esplicita e dichiarata non sar tanto l'instaurazione di un nuovo stato di
cose, quanto il riconoscimento di un fatto compiuto. (id., 88) La r., la parte pi esteriore di
ogni tradizione, deve essere evidentemente tale che ciascuno possa comprenderne qualcosa
a seconda delle sue capacit, ed in questo senso che essa si indirizza a tutti. Ma ci non
significa che essa debba ridursi ad un minimo accessibile al pi ignorante od al meno
intelligente, al contrario la r. deve possedere qualcosa che sia, per cos dire, al livello delle
possibilit di tutti gli individui, anche le pi elevate. (Regno, 1945, 99) Ogni r. nel vero
senso della parola ha un'origine non-umana ed organizzata in modo tale da
conservare il deposito di un elemento ugualmente non-umano che le proviene da questa
origine. (Cons., 1946, 79) Tutte le r. si propongono unicamente di assicurare la salvezza
ai loro aderenti, ed una finalit appartenente ancora all'ordine individuale e, in qualche
modo per definizione, il loro punto di vista non si estende oltre. (id., 153) Anche gli uomini
che oggi si reputano religiosi considerano purtuttavia la r. come una cosa che occupa fra
le altre un posto a parte, per di pi ristretto e tale da non esercitare alcuna influenza
effettiva sul resto della loro esistenza. (In., 1952, 103) D'altra parte, per i pi la r. soltanto
una faccenda di sentimento, senza nessuna portata intellettuale. (Simb., 1962, 16) Sarebbe
ora di mostare che la r. ben altro che una faccenda di devozione sentimentale o di precetti
morali, o di consolazioni ad uso degli animi indeboliti dalla sofferenza. (id., 17) Scienza
delle r. Coloro che applicano il metodo storico alla s. delle r. vogliono, pi o meno
apertamente, che il solo fatto di appartenere a qualche religione sia una squalificazione per
tale genere di studio. (Int., 1921, 262) Il Bournouf, primo ad usare la denominazione di s.
delle r. dimentica di introdurre la morale negli elementi costitutivi della religione, che
restano cos ridotti a due: la dottrina e il rito; questo gli permette di fare rientrare nella
religione cose che colla prospettiva religiosa nulla hanno da fare. La confusione
fondamentale che sta alla base della s. delle r. quella di riunire sotto lo stesso nome tutte le
dottrine tradizionali, qualunque sia la loro natura nella realt. (id., 270) Questa pretesa s.
delle r. riposa sul preconcetto che ogni dottrina sia cominciata da un naturalismo nel
quale noi invece vediamo solo una deviazione; che, dovunque si sia prodotta, si sempre
opposta alle tradizioni primordiali e regolari. (id., 271) Questa s. delle r. il pi delle volte
un semplice e volgare strumento di polemica nelle mani di gente la cui vera intenzione di
servirsene contro la religione (id., 272) Sul terreno della s. delle r. si vedono farsi i pi
singolari connubi n (id., ed il fatto si spiega nel modo pi semplice tenendo conto della
tendenza antireligiosa e antitradizionale di questa sedicente scienza che la porta a rapporti
di simpatia e di affinit con tutti gli elementi di dissoluzione che con altri mezzi
perseguono un fine analogo. (id., 280)

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RELIGIOSIT Quando alla religione sostituita, mediante la soppressione


dell'elemento intellettuale, la r., cio una semplice aspirazione sentimentale pi o meno
vaga e inconsistente, questa r. sta alla religione pi o meno come l'ombra sta al corpo. (Or.
Occ., 1924, 98)

RELIGIOSO Adattamento r. L'a.r., cos come la costituzione di qualsiasi altra forma


tradizionale, , ad ogni modo, compito di una vera autorit spirituale, nel senso pi
completo dell'espressione. (Aut., 1929, 67) Ascesi r. Lo scopo dell'a.r., in quanto al
punto di vista exoterico cui questa legata, in relazione collo stato individuale umano.
(In., 1952, 166) Autorit r. Un'a.r. non pu rivestire le apparenze di quella che noi
chiamiamo un'autorit spirituale pura, anche se ne possiede interiormente la realt. (Aut.,
1929, 70) Un'a.r. tuttavia, anche nel caso pi sfavorevole, un'autorit spirituale relativa.
(id., 71) Campo r. In Occidente nel c.r. che dobbiamo esaminare la rivolta contro lo
spirito tradizionale. (Crisi, 1927, 89) Concezione r. Il passaggio da un senso relativo ad
uno stato assoluto e metafisico non impedisce di ammettere che le stesse c.r. siano
suscettibili di una trasposizione per la quale esse ricevono un senso superiore e pi
profondo. (Ved., 1925, 195) Dominio r. Fuori dal d.r., nel mondo occidentale si trovano
qua e l o simboli che non sono compresi, ma che purtuttavia si sono conservati. (Crisi,
1927, 94) Dottrina r. Una dottrina metafisica e una d.r. non possono n farsi
concorrenza , n entrare in conflitto tra di loro, perch i rispettivi domini sono nettamente
diversi. (Or. Occ., 1924, 213) Esperienza r. Nell'e.r. di William James, gli ultimi prodotti
della decadenza religiosa si fondono con quelli della decadenza filosofica: l'e.r. si aggrega al
pragmatismo, in nome del quale si afferma che l'idea di un Dio limitato pi vantaggiosa
di quelle del Dio infinito, poich per un tale Dio si possono provare sentimenti simili a
quelli che si nutrono per un uomo superiore. (Crisi, 1927, 91) Forma-e r. Ci non
significa che tutte le f.r. subiscano nelle stesse proporzioni, nella loro parte dottrinale,
l'azione dissolvente del sentimentalismo; la comparazione tra Cattolicesimo e
Protestantesimo, ad esempio, particolarmente informativa a questo proposito. (Int., 1921,
105) Dove la tradizione non ha assunto spontaneamente la f.r., ci dovuto al fatto che non
le toccava assumerla. (Or. Occ., 1924, 144) Le f.r, si adattano in modo particolare alle razze
le cui attitudini sono generalmente indirizzate all'azione, alle razze che, considerate
collettivamente, contengono una preponderanza dell'elemento rajasico . (Aut., 1929, 67)
Ordine r. Trasporre le verit dell'o.r. nell'ordine iniziatico non equivale a dissolverle
nelle nuvole di un ideale qualsiasi, equivale, al contrario, a penetrarne il senso pi
profondo e pi positivo al tempo stesso. (Simb., 1962, 43) Punto di vista r. Il p. di v.r.
comporta, quale caratteristica fondamentale, la presenza di un elemento sentimentale che
agisce direttamente sulla dottrina e non le permette di mantenere l'attitudine di una
speculazione puramente disinteressata. (Int., 1921, 104) Rito - i r. I r.r. non possono
essere compiuti validamente da uno qualsiasi. Cos, se un r.r. richiede l'ordinazione
sacerdotale, colui che non l'ha ricevuta potr ben osservare tutte le forme ed anche
apportarvi tutta l'intenzione voluta, ma non riuscir ad ottenere alcun risultato. (Cons.,

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1946, 77) Spirito r. Fra lo s.r., nel vero senso della parola, e lo spirito moderno pu
esservi solo antagonismo. Ogni compromesso riuscir solo ad indebolire il primo e torner
a vantaggio del secondo. (Crisi, 1927, 134)

RELIQUIE da ricordarsi che le r. sono veicolo di influenze spirituali; tale la vera


ragione del culto di cui sono l'oggetto, anche se questa ragione non sempre cosciente nei
rappresentanti delle religioni. (Cons., 1946, 84)

RE MAGI I R.M. del Vangelo, personaggi misteriosi, in realt non rappresentano altro
che i tre capi dell'Agartha. L'omaggio reso dai R.M. al Cristo infante, nei tre mondi che sono
i loro rispettivi domini, , nel medesimo tempo, il pegno della perfetta ortodossia del
Cristianesimo rispetto alla Tradizione Primordiale. (Re, 1927, 34)

RICERCA Oggi, nell'ordine scientifico, la r. per la r., assai pi che non per i risultati
parziali e frammentari a cui conduce. (Crisi, 1927, 62)

RIFORMA La R. il sintomo pi appariscente dello sgretolarsi dell'unit spirituale della


Cristianit, ma questo sgretolamento era, a quell'epoca, un fatto compiuto gi da molto
tempo. (Aut., 1929, 112)

RIFORMATORI Tutti i sedicenti R. vantano costantemente la pretesa di ritornare ad


una semplicit primitiva , la quale, senza dubbio, non mai esistita se non nella loro
immaginazione; questo forse un mezzo di tutto comodo per dissimulare il vero carattere
delle loro innovazioni. (Regno, 1945, 97)

RINASCIMENTO Quello che si pretese essere un R. fu la morte di molte cose,


soprattutto dal punto di vista intellettuale. (Int., 1921, 26) In Occidente, a partire dall'epoca
che si convenuto chiamare (secondo noi a torto) R., si verificata una formidabile
regressione intellettuale, che nessun progresso materiale sarebbe in grado di compensare.
(Spir., 1923, 273)

RITO-I I r., il cui insieme costituisce il culto, hanno carattere intellettuale se si


considerano come un'espressione simbolica e sensibile della dottrina e un carattere sociale
se si considerano quali pratiche richiedenti, in modo pi o meno obbligatorio, la
partecipazione di tutti i membri della comunit religiosa. (Int., 1921, 86) I r. hanno un
carattere eminentemente simbolico. (id., 110) Il r. porta sempre in se stesso la sua efficacia, a

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

condizione, ben inteso, che sia compiuto in conformit alla regole tradizionali che ne
assicurano la validit e al di fuori delle quali non sarebbe pi che una forma vuota ed un
vano simulacro. L'efficacia indipendente dal valore dell'individuo in se stesso che compie
il r. (Cons., 1946, 151) Ogni r. comporta necessariamente un senso simbolico in tutti i suoi
elementi costitutivi. Quando si tratta di r. veramente tradizionali, la loro origine
non-umana. (id., 157) Il r. presenta il carattere di essere, come ogni azione, qualche cosa che
si compie necessariamente nel tempo. (id., 162) Se si risale alle origini il r. non altro che
ci che conforme all'ordine , secondo l'accezione del termine sanscrito rita . Colui che
adempie ad un r., se ha raggiunto un certo grado di conoscenza, pu e deve avere anche
coscienza che vi qualche cosa che lo supera e non dipende in alcun modo dalla sua
iniziativa individuale. (id., 185) I r. sono, essenzialmente ed in primo luogo, il veicolo
dell'influenza spirituale, che senza di essi non pu in alcun modo essere trasmessa. (id.,
263)

RITUALE Azione r. L'a.r., nel senso originale della parola, quella compiuta
conformemente all'ordine e implica, di conseguenza, ad un certo livello, la coscienza
effettiva di tale conformit. (In., 1952, 91). Si pu considerare che ogni a.r., cio in definitiva
ogni azione veramente normale e conforme all'ordine (rita), sia dotata di un carattere in
un certo modo sacrificale , secondo il senso etimologico di questa parola (sacrum facere).
(Simb., 1962, 261) Sacrificio r. Ogni s.r. deve essere considerato come un'immagine del
primo sacrificio cosmogonico in cui ci che sparso sono le membra del Purusha
primordiale che fu diviso del primo sacrificio compiuto dai Dva all'inizio dei tempi e da
cui nacquero, grazie a tale divisione, tutti gli esseri manifestati. (Simb., 1962, 259)
L'essenziale nel s.r. in primo luogo dividere e in secondo luogo riunire; esso comporta
dunque le due fasi complementari della disintegrazione e della reintegrazione che
costituiscono il processo cosmico nel suo complesso. (id., 261)

RIVELAZIONE Per conoscere tutto quello che supera lo stato umano, le facolt
individuali diventano impotenti e si rendono indispensabili altri mezzi: a questo punto
interviene la R., la quale una comunicazione diretta cogli stati superiori. La possibilit
della R. ha il suo fondamento nell'esistenza di facolt trascendenti l'individuo. (Aut., 1929,
127)

ROMA A R. i due poteri si trovavano riuniti in una sola persona, giacch, allora,
l'Imperatore era anche Pontifex Maximus. (Aut., 1929, 120)

ROMANI Ai R. la loro incomprensione dei simboli presi in prestito dagli Etruschi e da


diversi altri popoli deriv da una assoluta inettitudine a tutto quello che propriamente
intellettuale. (Int., 1921, 78)

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

ROMANO Religione r. Nella r.r. gli dei della citt ebbero un'importanza
preponderante nel culto pubblico e, in seguito, divennero gli dei dell'Impero . Se il
Cristianesimo fu perseguitato, mentre tanti elementi eterogenei vennero incorporati nella
r.r. perch esso comportava sia praticamente che teoricamente, un disconoscimento
formale degli dei dell'Impero , formalmente sovversivo delle istituzioni vigenti. (Int.,
1921, 78)

ROSA La r. viene raffigurata con un numero variabile di petali. Nel simbolismo


alchemico, la r. a cinque petali, posta al centro della croce, anche il simbolo della
Quintessenza. (Simb., 1962, 75)

ROSACROCE notevole che parecchi autori abbiano affermato che, dopo la guerra dei
Trent'Anni, i veri R. abbiano lasciato l'Europa per ritirarsi in Asia. (Re, 1927, 68) Il R., In
virt del grado spirituale raggiunto, non era pi legato esclusivamente ad una forma
definita, n alle condizioni speciali di un determinato luogo. (Cons., 1946, 311) Coloro che,
a partire dal XIV secolo, furono chiamati i R. in Occidente non formarono mai una
associazione qualsiasi; essi sono la collettivit degli individui pervenuti ad uno stesso
grado di iniziazione effettiva e posseggono cos gli stessi caratteri interiori. (id., 315) Il
simbolo stesso della R. figura, per i due elementi da cui composto, la reintegrazione
dell'essere al centro di questo stato e la piena espansione delle sue possibilit individuali a
partire da questo centro: esso designa dunque la restaurazione dello Stato Primordiale. (id.,
317) Dopo la distruzione dell'Ordine del Tempio, gli iniziati all'esoterismo cristiano si
riorganizzarono, d'accordo con gli iniziati all'esoterismo islamico, per mantenere, nella
misura del possibile, il legame apparentemente rotto da questa distruzione: i veri R. furono
gli ispiratori di questa riorganizzazione. In seguito ad altri avvenimenti storici, il legame
tradizionale considerato fu definitivamente rotto per il mondo occidentale, il che si
produsse durante il secolo XVII. detto che i veri R. si ritirarono da allora in Oriente, vale a
dire che, da quel momento, non vi fu pi in Occidente alcuna iniziazione atta a far
raggiungere effettivamente questo grado. (id., 319) I R. non si legarono mai ad alcuna
organizzazione esteriore. Vi d'altronde da rilevare che tali organizzazioni non portarono
tale titolo che molto tardi, al principio del secolo XVII, vale a dire poco prima del momento
in cui i veri R. si ritirassero dall'Occidente. (id., 322)

ROSICRUCIANESIMO Dopo la distruzione dell'Ordine del Tempio, il R. continu ad


assicurare il legame tra Oriente ed Occidente, bench in maniera pi dissimulata. (Re, 1927,
67-68) Dovette esservi all'azione del R., una collaborazione fra iniziati ai due esoterismi,
cristiano e islamico; questa collaborazione dovette anche continuarsi in seguito, poich si
trattava precisamente di mantenere il legame tra le iniziazioni dell'Oriente e dell'Occidente.

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(Cons., 1946, 323)

ROSICRUCIANI Gli adepti R. erano in numero di dodici, come il cerchio pi interiore


dell'Agartha e conformemente alla costituzione comune a tanti centri spirituali formati ad
immagine di questo Centro Supremo. (Re, 1927, 68)

ROTONDO Tavola R. La T.R. era destinata a ricevere il Santo Graal, quando uno dei
cavalieri fosse riuscito a conquistarlo, ed essa un simbolo antichissimo, associato all'idea
dei centri spirituali. La forma circolare della T.R. d'altronde legata al ciclo zodiacale
per la presenza attorno ad essa di dodici personaggi principali. (Simb., 1962, 22) La T.R.
presenta tutti i segni che la fanno individuare come la costituzione di un autentico centro
Spirituale. (Mec., 1964, II, 35)

RUOTA La r. dappertutto un simbolo del mondo che compie la sua rotazione attorno
ad un punto fisso. (Re., 1927, 72)

RUPA R. corrisponde al lato sostanziale dell'individualit. (Hind., 1976, 95) R.


corrisponde alla parte corporale o sensibile. (id., 96)

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

-S-

SACERDOZIO Per quanto riguarda il s., la sua funzione essenziale la conservazione e


la trasmissione della dottrina tradizionale, nella quale ogni organizzazione sociale regolare
trova i suoi principi fondamentali. (Aut., 1929, 33) facile capire come la funzione del s.
non sia precisamente quella che le concezioni occidentali, soprattutto oggi, attribuiscono al
clero o ai preti . (id., 34) La vera funzione del s. dunque innanzi tutto una funzione
di conoscenza e di insegnamento; naturalmente appartengono al s. anche altre funzioni pi
esteriori, come il compimento dei riti, funzioni che presuppongono, per lo meno in linea di
principio, la conoscenza della dottrina e partecipano del carattere sacro proprio di
quest'ultima. (id., 35) Nel mondo occidentale la reale natura del s. stata quasi
completamente dimenticata: uno degli effetti della deviazione moderna che nega
l'intellettualit. (id., 36) Se il s. , in essenza, il depositario della conoscenza tradizionale, ci
non vuol dire che ne abbia il monopolio, essendo la sua missione non soltanto di
conservarla integralmente, ma anche di comunicarla a tutti coloro che siano disposti a
riceverla. Quella che appare riservata particolarmente al s. la parte superiore della
dottrina, cio la conoscenza dei principi, mentre lo sviluppo di certe applicazioni si adatta
meglio ad altri uomini, posti dalle loro funzioni in contatto diretto e costante col mondo
manifestato, cio con la sfera alla quale appartengono queste applicazioni. (id., 37) Soltanto
il s. pu conferire legittimamente l'iniziazione regale, mediante la comunicazione delle
conoscenze che la costituiscono. (id., 132)

SACRAMENTO La parola s. divenuta inseparabile dall'uso specificamente religioso e


strettamente definito fattone nella tradizione cristiana, dove designa qualcosa di cui non si
trova altrove l'equivalente esatto. La nozione di s. rientra in quella di samskra ind alla
stregua di caso particolare e non l'inverso. (Cons., 1946, 212)

SACRO Geografia s. Esiste nell'antichit quella che si potrebbe chiamare g.s. e la


posizione delle citt e dei templi non era arbitaria, ma determinata in base a leggi molto
precise. (Re, 1921, 85) Esiste realmente una g.s. che i moderni ignorano completamente.
(Regno, 1945, 162) La g.s. , come ogni altra scienza tradizionale di carattere contingente,
passibile di essere stornata dal suo uso legittimo ed applicata a rovescio (id., 229)
Libri s. I l.s. sono scritti in linguaggio ritmato, il quale ne fa ben altro che i semplici
poemi nel senso puramente profano che vuole vedervi il partito preso antitradizionale dei
critici moderni. (Simb., 1962, 58) Lingua-e s. importante non confondere le l.s. colle
lingue semplicemente liturgiche: affinch vi sia l.s. necessario che essa sia fissata ,
esente da variazioni continue che subiscono le lingue comunemente parlate. (Ap.C., 1954,
3) Le l.s. sono esclusivamente quelle nelle quali sono formulate le Scritture delle differenti
tradizioni. Va da s che ogni l.s. anche, nello stesso tempo ed a pi forte ragione, la lingua

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

liturgica o rituale della tradizione alla quale appartiene, ma non vero l'inverso. (id., 4)
Solo una l.s. pu assicurare l'invariabilit rigorosa del testo delle scritture. (id., 5) Sono tutte
le l.s. a dovere essere veramente considerate opera di ispirati , senza di che non
potrebbero essere atte al compito cui sono essenzialmente destinate. (Simb., 1962, 51) Ogni
l.s. partecipa dell'origine non-umana , in quanto , nella sua struttura e nel suo
significato, un riflesso della lingua primitiva. (id., 52) Ogni tradizione ha normalmente una
l.s. e se questa tradizione viene a sparire, naturale che la l.s. corrispondente vada pure
perduta; anche se ne sussiste qualche cosa di esteriore, si tratta solo di corpi morti , il suo
senso profondo non essendo pi circoscritto. (Mac., 1964, II, 29-30) Scienza s. Il
problema se le scienze debbano avere come punto di partenza la conoscenza dei principi o
del mondo sensibile non ha ragione d'essere per la s.s., la quale pu solo partire da principi
universali. (Crisi, 1927, 79) Di fatto ogni conoscenza che abbia veramente il carattere di s.s.
pu essere validamente costituita soltanto da coloro che, prima di tutto, posseggono in
modo completo la conoscenza principiale. (Aut., 1929, 132)

SACRO ROMANO IMPERO La concezione del S.R.I., la quale aveva il suo


coronamento in una funzione veramente suprema nell'ordine temporale, quella
dell'Imperatore, rimase sempre un po' teorica e non fu mai pienamente realizzata, certo per
colpa degli imperatori stessi, i quali, inebriati dall'enorme potenza loro conferita, furono i
primi a negare la loro subordinazione nei confronti dell'autorit spirituale. (Aut., 1929, 119)

SAGGEZZA La S. in s identica alla vera conoscenza interiore. (Mel., 1976, 50) La S.


concerne la realt dell'essere nella sua totalit. Esiste una preparazione alla S. pi elevata
della filosofia, la quale non si indirizza alla ragione, ma all'anima ed allo spirito e che
possiamo chiamare preparazione interiore (id., 51)

SALE Il s., in quanto paragonabile al corpo, occupa la stessa posizione estrema del
dominio della manifestazione grossolana. (Triade, 1945, 79)

SALEM La parola S. non ha mai in realt designato una citt, ma pu essere considerata
come un equivalente del termine Agartha. (Re, 1927, 47) Gerusalemme, come indica il suo
nome, effettivamente un'immagine della vera S. (id., 54)

SALVEZZA La s. nel senso religioso, essendo il frutto di certe azioni, non pu essere
assimilata alla Liberazione. (Ved., 1925, 209) La s., secondo le religioni occidentali, non pu
essere effettivamente ottenuta, e neanche assicurata, prima della morte. (id., 212) Chi
giunto alla s. ancora rinchiuso, e per una durata indefinita, entro i limiti che racchiudono
l'individualit umana. (In., 1952, 85) L'uomo ordinario, attualmente incapace di conseguire

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

una s. sovraindividuale, potr almeno ottenerlo, se giunger alla s., alla fine del ciclo
umano; per questo, e per questo soltanto, che la s. pu essere riguardata come ci che
avvicina l'essere alla sua definitiva destinazione. (id., 86)

SAMSKARA Un s. essenzialmente un rito d' aggregazione ad una comunit


tradizionale e, nel Cristianesimo, tale funzione espletata dai sacramenti, come altrove lo
da s. di specie differente. (Cons., 1946, 213). I s. sono comuni a tutti gli individui collegati ad
una stessa tradizione, il che d a questi riti un aspetto da potersi dire propriamente
sociale . (id., 215)

SANTANA La traduzione della parola s., di cui il latino perennis un equivalente,


propriamente di perennit o perpetuit e non di eternit. Infatti la parola s. implica
un'idea di durata, mentre l'eternit, al contrario, essenzialmente la non-durata (Hind.,
1965, 105) S. ha pure il significato di primordiale . (id., 106)

SANGHA Nel Triratna, il S., vale a dire la comunit buddhica, rappresenta l'elemento
propriamente umano. (Triade, 1945, 144) SNKHYA Il S. connesso colla sfera della
manifestazione universale, vista partendo dalla sua produzione e dai quali essa trae tutta la
propria realt. Ponendosi dall'angolo visuale della manifestazione, il S. assume come punto
di partenza Prakriti, la Sostanza Universale, indifferenziata e non-manifesta in s, dalla
quale per procedono per modificazione; questo primo tattwa la radice, o mla, della
manifestazione e i tattwa che lo seguono rappresentano altrettante modificazioni di esso a
livelli differenti: si hanno cos ventiquattro tattwa, compresi Prakriti e le sue modificazioni.
(Int., 1921, 222-223) Il S: vede inoltre le cose in rapporto ad un principio complementare del
precedente ed a questo principio d il nome di Purusha e lo riguarda come
venticinquesimo tattwa: tutte le cose manifestate sono prodotte da Prakriti, ma senza la
presenza di Purusha tali produzioni non avrebbero che un'esistenza puramente illusoria.
(id., 224)

SANTO Fede S. L'associazione della F.S., di cui Dante sembra sia stato uno dei capi,
era un Terz'Ordine di filiazione templare. (Dante, 1925, 13) Grande Guerra S. La G.G.S.
la lotta dell'uomo contro i nemici che egli ha in se stesso, vale a dire contro tutti gli
elementi che in lui si oppongono all'ordine e all'unit. (Croce, 1931, 83) Piccola Guerra S.
La P.G.S., diretta contro tutti coloro che turbano l'ordine allo scopo di ricondurveli,
costituisce essenzialmente una funzione di giustizia, in fondo, una funzione di equilibrio.
(Croce, 1931, 82) Terra-e S. Dalla concorde testimonianza di tutte le tradizioni si
delinea molto nettamente la conclusione che esiste una T.S. per eccellenza, prototipo di
tutte le altre T.S. particolari, centro spirituale cui tutti gli altri centri sono subordinati. (Re,
1927, 90) Nel periodo attuale del nostro ciclo, vale a dire nel Kali-Yuga, questa T.S. difesa

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da dei guardiani , i quali la nascondono agli sguardi profani, pur assicurandone certe
relazioni esteriori. (id., 91) Ogni T.S. ha un certo numero di sinonimi e queste designazioni
si applicano essenzialmente sempre ad un centro spirituale la cui localizzazione in una
regione determinata pu d'altronde, secondo i casi, venire intesa letteralmente o
simbolicamente o in entrambi i casi. Ogni T. designata ancora con espressioni come
Centro del Mondo o Cuore del Mondo. (Simb., 1962, 81) Vi sono altrettante T.S. particolari
quante forme tradizionali regolari, poich esse rappresentano i centri spirituali
corrispondenti rispettivamente a queste diverse forme. (id., 83-84) Esiste una T.S. per
eccellenza, prototipo di tutte le altre, centro spirituale a cui tutti gli altri sono subordinati,
sede della Tradizione Primordiale da cui derivano tutte le tradizioni particolari per
adattamento a questo o a quelle condizioni definite. (id., 84) Il simbolismo della T.S. ha un
duplice senso: che sia riferito al Centro Supremo o a un centro subordinato, esso
rappresenta non solo questo centro stesso, ma anche, per un'associazione d'altronde affatto
naturale, la tradizione che ne emana o che vi conservata, vale a dire, nel primo caso, la
Tradizione Primordiale e, nel secondo, una determinata forma tradizionale particolare. (id.,
85)

SATANA Corre il detto che S. la scimmia di Dio e ci equivale a dire che egli imita a
modo suo, alterandole e falsificandole in modo da farle sempre servire ai propri fini, le cose
stesse a cui vuole opporsi. (Regno, 1945, 241) Quello che bisogna prendere in esame , da
un lato lo spirito di negazione e di sovvertimento in cui S. si risolve metafisicamente e,
dall'altro lato, quello che lo incarna nel mondo terrestre: intendiamo riferirci
specificamente a quello che abbiamo chiamato controiniziazione. (id., 290)

SATANISMO Il S. sempre caratterizzato da un rovesciamento dell'ordine normale:


esso procede in senso diametralmente opposto a quello delle dottrine ortodosse. (Spir.,
1923, 298)

SATANISTI Noi non crediamo che i veri s. coscienti, cio i veri adoratori del diavolo,
siano mai stati molto numerosi. (Spir., 1923, 292) I S. non possono nel modo pi assoluto
essere spiritisti, perch lo spiritismo consiste nel credersi in comunicazione con esseri
umani disincarnati e in genere nega l'intervento di altri esseri nella produzione dei
fenomeni. (id., 293).

SATTWA S., o conformit all'essenza pura dell'Essere, si identifica colla luce intelligibile,
ovvero colla conoscenza, ed rappresentata come una tendenza ascendente. (Aut., 1929,
65) Alla predominanza di s. nell'individuo, corrisponde la predominanza
dell'intellettualit. (id., 66) Nella croce a tre dimensioni, s. tende verso il polo settentrionale.
(Croce, 1931, 54) Nella Triade s. corrisponde al Cielo. (Triade, 1945, 134) Nel fuoco s. che

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predomina, poich il fuoco l'elemento luminoso. (Hind., 1965, 57)

SATURNALI Nei S. degli antichi Romani, da cui il Carnevale moderno sembra


d'altronde trarre origine, si aveva l'immagine di un vero mondo alla rovescia in cui tutto
si faceva contrariamente all'ordine normale. (Simb., 1962, 132)

SCALA La s. come un ponte verticale che si eleva attraverso tutti i mondi ed i pioli
sono i mondi stessi. Il fatto che la s. debba essere considerata con la base poggiata a terra
significa che necessariamente il nostro mondo il supporto a partire dal quale si deve
effettuare l'ascensione. (Simb., 1962, 291) Quando la s. usata come un elemento di certi riti
iniziatici, i suoi pioli sono espressamente considerati come rappresentanti dei diversi cieli,
cio degli stati superiori dell'essere. (id., 292)

SCIAMANISMO Per molti S. e pressoch sinonimo di stregoneria, ma ci sicuramente


inesatto. (Regno, 1945, 219) Se si esamina lo S. si constata in esso l'esistenza di una
cosmologia molto sviluppata, la quale potrebbe fornire motivo di accostamento con quello
di altre tradizioni quanto a numerosi punti, cominciando dalla divisione dei Tre Mondi che
pare costituisca il fondamento stesso. D'altronde si conservata nello S., fino all'epoca
attuale, una certa trasmissione dei poteri necessari all'esercizio delle funzioni dello
sciamano. (id., 220) La parte magica dello S. ha tutt'altra vitalit di quella dei volgari
stregoni delle campagne occidentali ed per questo che essa qualcosa di veramente
terribile sotto pi di un rispetto. (id., 222)

SCIAMANO-I Lo S. consacra la sua attivit soprattutto alle scienze tradizionali pi


basse, quali la magia e la divinazione. (Regno, 1945, 220) Gli S., fra le influenze psichiche
con le quali hanno a che fare, ne distinguono in modo molto naturale di due sorte, le une
benefiche e le altre malefiche, ed alle seconde che si occupano quasi esclusivamente. (id.,
221) Il contatto, si pu dire costante, con le forze psichiche inferiori fra i pi pericolosi,
innanzitutto per lo s. stesso e poi anche sotto un altro aspetto. Di fatto pu accadere che
certi individui utilizzino queste stesse forze per fini completamente diversi, all'insaputa
degli s., i quali non rappresentano allora che la semplice parte di strumenti per l'accumulo
delle forze in questione in punti determinati. (id., 232)

SCIENTIFICO Conoscenza s. La c.s. si deduce dalla ragione, la quale ha per dominio il


generale (Int., 1921, 98) Si direbbe che i moderni abbiano arbitrariamente scelto, nel campo
della c.s., un certo numero di settori che si sono accaniti a studiare, ad esclusione di tutto il
resto e comportandosi come se tutto il resto non esistesse. (Or. Occ., 1924, 55) Dominio s.
Il d.s. ha in effetti, per ragioni diverse, un'efficacia sulla mentalit generale certamente

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ben maggiore che non le teorie filosofiche. (Regno, 1945, 128) Morale s. Abbiamo gi
richiamato l'attenzione sull'ossessione, presente persino nei materialisti pi dichiarati, della
cosiddetta m.s.; la si chiama m.s. o morale filosofica, secondo i gusti di ciascuno, essa non
che un'espressione del sentimentalismo. (Or. Occ., 1924, 96) Punto di vista s. Il p. di v.s.,
quale lo intendono i moderni, caratterizzato dalla pretesa di ridurre tutte le cose alla
quantit, per cui quel che non riducibile ad essa non solo non viene tenuto in nessun
conto, ma lo si considera addirittura come inesistente. (Regno, 1945, 87)

SCIENTISMO La forma mentis che si risolve nella negazione di ogni altra


conoscenza la deformazione cui abbiamo dato il nome di S. (Or. Occ., 1924, 136)

SCIENTISTI Gli s., tolti dal loro campo, generalmente danno prova di una ingenuit
incredibile; niente pi facile che influire su di loro e ci spiega in buona parte il successo
ottenuto dalle teorie pi ridicole, purch si abbia cura di chiamarle scientifiche . (Or.
Occ., 1924, 59)

SCIENZA-E Di tutte le superstizioni oggi predicate, quella della s. la sola che, a prima
vista, non sembri poggiare su di un fondamento sentimentale. (Or. Occ., 1924, 48) La s.,
come concepita dai nostri contemporanei, esclusivamente lo studio dei fenomeni del
mondo sensibile, studio intrapreso e condotto in modo tale da non essere ricollegato a
nessun principio di ordine superiore. (id., 51) Non vediamo niente di male in s nello
sviluppo di certe s. Quel che non possiamo fare a meno di biasimare l'esclusivismo di
coloro che, inebriati dall'estensione che queste scienze hanno preso, rifiutano di ammettere
che esista altro al di fuori di esse. (id., 54) La s., dunque, misconoscendo i principi e
rifiutando di fare ad essi riferimento, si priva insieme della pi alta garanzia che possa
ricevere e della pi sicura direzione che possa esserle data. (id., 59) La concezione antica
riteneva una qualunque s. valida non tanto per se stessa quanto nella misura in cui
esprimeva nel suo modo particolare un riflesso della verit superiore ed immutabile. (id.,
61) Ai giorni nostri, aprendo una qualsiasi pubblicazione, si trova costantemente designato
con il nome di s. quel che propriamente si dovrebbe chiamare industria . (id., 63) Ogni s.
pu, con una conveniente trasposizione, prendere un vero valore esoterico. (Dante, 1925,
16) Con le s. si gi nel mondo della molteplicit. (Crisi, 1927, 68) Separando radicalmente
le s. da ogni principio, la concezione moderna le ha private di ogni significato profondo e
persino di ogni vero interesse dal punto di vista della conoscenza: esse sono condannate a
finire in un vicolo cieco, poich questa concezione le chiude in un dominio
irrimediabilmente limitato. (id., 71) La s., costituendosi nella forma moderna, ha perduto
non solo in profondit, ma anche in solidit, poich la riconnessione ai principi la faceva
partecipare dell'immutabilit di questi ultimi. (id., 72) Del resto, quello che agli occhi del
gran pubblico costituisce il prestigio della s. sono pi o meno i soli risultati pratici che essa

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permette di realizzare, giacch anche in tale campo si tratta di cose che possono essere viste
e toccate. (id., 123) La. s. conoscenza razionale, discorsiva, indiretta; conoscenza riflessa.
(Met., 1939, 7)

SCIENZIATO Uno s. nel senso attuale del termine, anche se non fa professione di
materialismo, ne sar tanto pi facilmente influenzato quanto pi la sua educazione
specialista diretta in quel senso. (Regno, 1945, 122)

SCOLASTICA Nella S. la metafisica, non fu mai cos nettamente svincolata, come


normalmente dovrebbe essere, dalla teologia, vale a dire dalla sua speciale applicazione al
pensiero religioso e quanto vi si trova di propriamente metafisico soggiace a talune
limitazioni, conseguenza della doppia eredit del Giudaismo e del pensiero greco. (Int.,
1921, 92) La S. fu contemporaneamente teologica e metafisica, nonostante che la sua portata
fosse, quanto all'aspetto metafisico, decisamente ristretta. (id., 101) La S., pur continuando
la dottrina di Aristotele nelle sue linee generali, l'ha in molti punti corretta e completata,
pur senza riuscire ad affiancarsi del tutto dalle limitazioni ereditate dalla mentalit ellenica
e non penetrando le conseguenze del principio, gi stabilito da Aristotele
dell'identificazione per mezzo della conoscenza. (id., 211)

SCRITTURA La s. rappresenta una vera fissazione del suono ed ogni s. (almeno alle
sue origini) una figurazione simbolica. (Cons., 1946, 159)

S Il S. il principio trascendente e permanente di cui l'essere manifestato, l'essere


umano ad esempio, non che una modificazione transitoria e contingente. Il S., come tale,
non mai individualizzato, n pu esserlo, dovendo sempre essere considerato nell'aspetto
dell'eternit e dell'immutabilit. (Ved., 1925, 35) Quanto alla manifestazione, il S. sviluppa
le sue possibilit in tutte le modalit di realizzazione. Il S. cos il principio per il quale
esistono tutti gli stati dell'essere. Il S. non esiste che per se stesso, non avendo, n potendo
avere, nell'unit totale ed indivisibile della sua natura intima, alcun principio che ad esso
sia esteriore. (id., 36) Il S., considerato in rapporto ad un essere, propriamente la
personalit. (id., 37) Il S., anche per un essere qualsiasi, identico in realt ad Atma, poich
essenzialmente oltre tutte le distinzioni e particolarizzazioni. (id., 38) Dinanzi al S. tutti gli
stati della manifestazione sono rigorosamente equivalenti e possono essere considerati
similmente. (id., 39) Il S. sta potenzialmente nell'individuo finch non realizzata l'Unione.
Se diciamo che il S. potenzialmente nell'individuo, si capisce che questo deve intendersi
dal punto di vista dell'individuo stesso. Infatti il S. non pregiudicato da contingenze,
perch essenzialmente incondizionato, immutabile nella sua permanente attualit,
perci non affatto potenziale. (id., 51) L'unica cosa assolutamente reale esclusivamente il
S., che per non pu essere in nessun modo raggiunta da concezioni che, in qualche modo,

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si limitano alla considerazione degli oggetti esterni ed interni. (id., 123) Il S. di qualunque
essere che possiede la Conoscenza identico a Brahma. (id., 141) Quando l'uomo cos
limitato il S. realizzato pienamente nella sua natura propria ed indivisa . (id., 200)

SECONDARIO Centri s. La costituzione dei c.s., corrispondenti alle forme


tradizionali particolari, qualunque esse siano, segna gi un primo grado di oscuramento
rispetto alla Tradizione Primordiale. (Simb., 1962, 44)

SEDENTARIO Le opere dei s. possono essere dette opere del tempo: costretti in un
dominio strettamente limitato, essi sviluppano la loro attivit in una continuit temporale
che appare loro indefinita. (Regno, 1945, 177) L'attivit dei s. prende come oggetto i regni
vegetale e minerale. D'altra parte, per forza di cose i S. sono portati ad adottare dei simboli
visuali, immagini fatte di sostanze diverse, le quali, sotto l'aspetto del loro significato
essenziale, si riconducono sempre, pi o meno direttamente, allo schematismo geometrico,
origine e fondamento di ogni formazione spaziale. (id., 178) I s. danno vita alle arti
plastiche (architettura, scultura, pittura), cio alle arti delle forme che si dispiegano nello
spazio. (id., 179)

SEDENTARISMO Il s., considerato sotto l'aspetto malefico , non pu che portare alle
forme pi grossolane di una materialismo senza via di uscita. (Regno, 1945, 180)

SEFIROTICO Albero S. Un albero di forma ternaria come l'A.S. pu in qualche modo


sintetizzare in s la natura dell'Albero della Vita e dell'Albero della Scienza del Bene e del
Male, come se fossero fusi in uno a formare il ternario, il quale, infatti, scomponibile
nell'unit e nella dualit di cui rappresenta la somma. (Croce, 1931, 83)

SEICENTOSESSANTASEI Il S. nell'Apocalisse il Numero della Bestia. (Dante, 1925,


59)

SELVAGGI I s., i quali secondo noi non sono dei primitivi , ma dei degenerati
possono aver conservato certi riti senza comprenderli, e questo fin da tempi assai remoti; la
tradizione di cui si perduto il significato, ha in essi lasciato posto alla consuetudine o alla
superstizione nel senso etimologico della parola. (Spir., 1923, 158)

SEMPLICIT La s., espressione dell'unificazione di tutte le potenze dell'essere,


caratterizza il ritorno allo Stato Primordiale. (Ap. I.T., 1975, 46-47) Questa s. pure quanto

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designato come lo stato d'infanzia , naturalmente inteso in senso spirituale e che, nella
dottrina ind, considerato come una condizione preliminare per l'acquisizione della
conoscenza per eccellenza. Ci riporta alle parole del Vangelo: Chiunque non ricever il
Regno di Dio come un fanciullo, non vi entrer (Lc., XVIII, 17). (id., 47) La s. corrisponde
all'unit senza dimensione del Punto Primordiale, al quale conduce il movimento di
ritorno all'origine. (id., 49)

SEMPLIFICAZIONE La s. segue strettamente quel cammino discendente che, nel


linguaggio attuale, viene descritto come diretto dallo spirito verso la materia .
(Regno, 1945, 96) veramente straordinario che si voglia applicare la s. anche a quanto
riguarda il dominio spirituale. L'esempio pi tipico di ci il Protestantesimo, in cui la s. si
traduce sia nella soppressione pressoch completa dei riti, sia nella predominanza
accordata alla morale sulla dottrina. (id., 97) Un altro genere di s. quello che si manifesta
nel ridurre da un lato tutta intera la natura dello spirito al pensiero e dall'altro quello del
corpo all' estensione . (id., 112)

SENSIBILE Esperienza s. L'e.s., non diversamente da qualsiasi genere di esperienza,


non pu assolutamente vertere sulla quantit pura. (Regno, 1945, 90) Intuizione s. L'i.s.
sta aldiqua della ragione e non pu cogliere che il mondo del mutamento e del divenire,
ossia la natura, o piuttosto una sua infima parte. (Met., 1939, 7)

SENSO Buon s. Il b.s. consiste nel non oltrepassare l'orizzonte terrestre, come pure nel
non occuparsi di tutto quanto non ha un interesse pratico immediato. Soprattutto per esso
soltanto il mondo sensibile
reale e non vi conoscenza che non venga dai sensi. (Crisi, 1927, 124).

SENTIMENTALE Elemento s. L'influenza dell'e.s. intacca la purezza della dottrina ed


il sintomo di uno scadimento nei confronti del pensiero metafisico. (Int., 1921, 104)
Forma s. Esiste un legame abbastanza stretto tra la f.s. di una dottrina e la sua tendenza
alla diffusione. (Int., 1921, 170)

SENTIMENTALISMO Partendo dal razionalismo, si doveva cadere nel s. ed nei paesi


anglosassoni che, al riguardo, si possono trovare gli esempi pi tipici. (Crisi, 1927, 91)

SENTIMENTALITA Una certa s., di fatto, soprattutto sviluppata negli Occidentali, a


scapito dell'intellettualit. Si tratta perci di qualcosa di veramente tipico degli Occidentali.

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(Int., 1921, 87) Beninteso, noi non protestiamo contro l'esistenza della s., che un fatto
naturale, ma soltanto contro la sua estensione anormale e illegittima. (Or. Occ., 1924, 85)
Questa espansione della s., la quale si attua in correlazione colla regressione
dell'intellettualit, tanto pi eccessiva e disordinata in quanto non incontra nulla che
possa contenerla e dirigerla efficacemente. (id., 94)

SENTIMENTO Il s. relativit e contingenza e una dottrina che si rivolga ad esso e sulla


quale esso si rifletta non pu essa stessa essere se non relativa e contingente. (Int., 1921, 104)
Il s. estremamente vicino al mondo materiale. (Or. Occ., 1924, 86) Il s., non guidato e
controllato dall'idea, non genera che errore, disordine e oscurit; non si tratta di abolire il s.,
ma di mantenerlo nei suoi limiti legittimi. (id., 102) Il s. , in verit, un calore senza luce.
(Simb., 1962, 358)

SERPENTE Il s. arrotolato attorno all'albero rappresenta l'insieme dei cicli della


manifestazione universale. (Croce, 1931, 189) Si pu trovare il s. arrotolato non solo attorno
all'albero, ma anche attorno a diversi altri simboli dell'Asse del Mondo. (id., 190) Sotto un
altro aspetto il s. appare, se non proprio come un simbolo malefico, per lo meno terribile, in
quanto raffigura l'incatenamento dell'essere alla serie indefinita dei cicli di manifestazione.
(id., 191)

SESSANTACINQUE Il numero s. , in ebraico, quello del Nome Divino, Adonai.


(Dante, 1925, 74, 2)

SESSANTASEI S. in arabo il valore numerico totale del Nome di Allah. (Dante, 1925,
57)

SETTA-E Coloro che dicono s. dicono necessariamente, per l'etimologia stessa della
parola, scissione o divisione. Di conseguenza, le s. sono necessariamente molteplicit.
(Cons., 1946, 104)

SETTE Quanto al numero s. tutte le tradizioni si accordano a considerarlo egualmente


un numero sacro. (Dante, 1925, 56)

SETTENARIO La Formazione, la quale l'immediata conseguenza della Creazione,


caratterizzata dal S. Il S. pu essere raffigurato sia dal doppio triangolo col suo centro, sia
da una stella a cinque punte, attorno alla quale sono iscritti i segni dei setti pianeti: il

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simbolo delle forze naturali, ossia del S. allo stato dinamico. Il S. allo stato statico pu
essere visto come formato dall'unione di un Ternario e di un Quaternario. (Mel., 1976, 65)

SFERA Per dare l'idea della totalit, la s. deve essere indefinita; la s., in altre parole,
essendo determinata dall'irradiamento stesso del suo centro, non perviene mai a chiudersi,
perch tale irradiamento indefinito. (Croce, 1931, 60). La s. veramente la forma
primordiale, in quanto la meno specificata di tutto, perch identica a se stessa in tutte
le direzioni. (Regno, 1945, 165) L'immutabilit, nella quale sono comprese tutte le
possibilit nel loro stato globale e si riferisce al polo essenziale della manifestazione,
rappresentata dalla s. (id., 167)

SFERICO Forme s. Le f.s. sono riconducibili al Cielo. (Regno, 1945, 168)

SMAKTI Ad ognuno degli Aspetti Divini attribuita una potenza o energia propria,
chiamata S. e rappresentata simbolicamente sotto una forma femminile: la S. di Brahma
Saraswati, la S. di Shiva Parvati, la S. di Vishnu Lakshmi. (Int., 1921, 197)

SHARIYA La S. comprende tutto ci che l'aspetto sociale e legislativo e che, nell'Islam,


si integra essenzialmente nella religione. (Ap. I.T., 1975, 14) La S., la Grande Via percorsa da
tutti gli esseri, ci quanto la tradizione estremo-orientale chiama la corrente delle forme
. (id., 31)

SHEKINAH Diremo per prima cosa che, nel senso pi generale, la S. la Presenza Reale
delle Divinit. (Re, 1927, 20) La S. si presenta sotto aspetti multipli, tra i quali ve ne sono
due principali, l'uno interno e l'altro esterno. (id., 21) Da un altro punto di vista, la S. la
sintesi delle Sephiroth. (id., 23). A quel che la Cabala ebraica dice della S., essa
rappresentata nel mondo inferiore dall'ultima delle dieci Sephiroth, chiamata Malkuth,
vale a dire Regno. (id., 52)

SHIVA S. il principio trasformatore degli esseri. (Int., 1921, 196)

SHRTI Lo S. non una rivelazione, ma il frutto di una ispirazione diretta, in modo da


possedere per se stessa la sua propria autorit. (Ved., 1925, 23) La S., che comprende tutti i
testi vedici, frutto dell'ispirazione diretta e corrisponde alla Rivelazione. (Aut., 1929, 128)
La S. riguarda pi direttamente i Brahmana. (id., 129) La S. la luce diretta, la quale, come
l'intelligenza pura, che nel contempo la pura spiritualit, corrisponde al sole. (id., 130)

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

SHDRA Agli S. attribuito in India il compimento di tutti i lavori necessari ad


assicurare la sussistenza esclusivamente materiale della collettivit. (Int., 1921, 190) La
partecipazione degli S. alla tradizione indiretta e virtuale, in quanto deriva dai rapporti
con le prime tre caste. (id., 192)

SILENZIO Come il Non-Essere comprende ed ingloba l'Essere, cos il s. comporta in s il


principio della parola. (Stati, 1931, 41) Per essere un'aspirazione ed un'illuminazione
puramente interiori, bisogna che il s. sia ben pi della semplice assenza di ogni parola, ma
sia il perfetto equilibrio delle tre parti dell'essere , cio dello spirito, dell'anima e del
corpo. (Mel., 1976, 44-45)

SIMBOLICO Valore s. il v.s. che d alle cose il loro significato profondo, perch esso
il mezzo che stabilisce la loro corrispondenza con realt di ordine superiore. (Regno, 1945,
162)

SIMBOLISMO Il s. altro non che l'uso di forme o immagini assunte come segni per
idee sovrasensibili e del quale il linguaggio solo un semplice caso particolare. Il s., cos
come esso inteso pi generalmente, d'uso ben pi costante nell'espressione del pensiero
orientale, che in quella del pensiero occidentale. (Int., 1921, 109) II s. la lingua metafisica
per eccellenza. (id., 110) Il s. essenzialmente inerente a tutto ci che presenta un carattere
tradizionale ed , in pari tempo, uno dei tratti per cui le dottrine tradizionali si distinguono
dal pensiero profano, cui questo s. del tutto estraneo. (Cons., 1946, 174) Il s. propriamente
detto essenzialmente sintetico. Il s. essenzialmente intuitivo. Il s., come appoggio di
intuizione trascendente, apre possibilit veramente illimitate. (id., 176) Il s. ha per funzione
di fare assentire questo inesprimibile, di fornire l'appoggio che permetter all'intuizione
intellettuale di raggiungerlo effettivamente. (id., 177-178) Il s. ha il suo fondamento nella
natura stessa degli esseri e delle cose. Il vero fondamento del s. la corrispondenza che
esiste fra tutti gli ordini di realt, che collega l'uno o l'altro e che si estende, di conseguenza,
dall'ordine. naturale, preso nel suo insieme, allo stesso ordine sovrannaturale. (id., 178) Vi
necessariamente nel s. qualche cosa la cui origine risale prima e pi lungi dell'umanit e si
potrebbe dire che questa origine sia nell'opera stessa del Verbo Divino. (id., 179) Il s., inteso
nel suo vero significato, fa essenzialmente parte della scienza sacra . (id., 181) Il s. la
forma sensibile di ogni insegnamento iniziatico. (id., 269) Il s. il mezzo pi adeguato per
l'insegnamento delle verit di ordine superiore, religiose e metafisiche, cio per tutto quello
che lo spirito moderno respinge o trascura. (Simb., 1962, 18)

SIMBOLO-I Il termine, nella sua accezione pi generale, pu essere applicato a

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qualsiasi espressione formale di una dottrina, sia essa verbale o figurata. (Int., 1921, 109)
Ogni s., dovendo servire come supporto di una concezione intellettuale, ha pure
un'efficacia propria realissima. (id., 110). Prendere il s. in se stesso per ci che rappresenta,
per incapacit di sollevarsi al suo significato intellettuale, la confusione nella quale risiede
la causa di ogni idolatria nel senso proprio del termine. Quando del s. non si vede pi
che la sua forma esteriore, la sua ragion d'essere e la sua efficacia attuali sono entrambe
scomparse; il s. non pi che un idolo e la sua conservazione non pi che pura
superstizione. (id., 111) Il s. non ha senso o ragione d'essere che in quanto d'ordine
inferiore a ci che viene simboleggiato. (id., 113) Ogni s. pu presentare una molteplicit di
significati a seconda del lato o del livello al quale viene considerato. (Regno, 1945, 245) Il
considerare un s. due aspetti contrari del tutto legittimo e la considerazione di uno di
questi aspetti non esclude affatto quella dell'altro. (id., 246) Ogni s. produce, in colui che lo
medita con le attitudini e le disposizioni richieste, effetti rigorosamente paragonabili a
quelli dei riti. Quando si tratta di s. veramente tradizionali, la loro origine non-umana .
(Cons., 1946, 157)11s., inteso quale figurazione grafica , la fissazione di un gesto rituale.
(id., 158) Il S. pu essere considerato da un punto di vista intemporale (id., 162) I s. sono
il solo linguaggio realmente conveniente all'espressione delle verit di ordine iniziatico. I s.
sono essenzialmente un mezzo di insegnamento, dovendo soprattutto servire da
appoggio alla meditazione, che almeno il principio di un lavoro interiore; ma questi s.,
in quanto elementi dei riti ed in ragione del loro carattere non-umano , sono pure
appoggi della stessa influenza spirituale. (id., 263) Il s. suscettibile di molteplici
interpretazioni, in nessun modo contraddittorie, ma invece complementari le une colle altre
e tutte parimenti vere, pur procedendo da differenti punti di vista. sufficiente che i s.
siano mantenuti intatti perch siano sempre suscettibili di svegliare, in colui che ne
capace, tutte le concezioni di cui figurano la sintesi. (id., 270) I s., in virt del loro lato
non-umano , portano in se stessi un'influenza la cui azione suscettibile di risvegliare
direttamente la facolt intuitiva in coloro che li meditano nel modo voluto. (id., 278) La
Rivelazione Primordiale, opera del verbo come la Creazione, si incorpora, per cos dire,
anch'essa nei s. che si sono trasmessi di epoca in epoca a partire dalle origini dell'umanit;
tale processo ancora una volta analogo, nel suo ordine, a quello della creazione stessa.
(Simb., 1962, 23) Vi sono s. comuni alle forme tradizionali pi diverse e pi remote le une
dalle altre, non in seguito a prestiti , in molti casi impossibili, ma perch appartengono in
realt alla Tradizione Primordiale, da cui queste forme sono tutte derivate in modo diretto
o indiretto. (id., 36) Ogni s. porta in s i suoi molteplici significati e questo fin dall'origine,
poich esso costituito come tale non in virt di una convenzione umana ma in virt della
legge di corrispondenza che lega tutti i mondi tra di loro. (id., 38)

SIMILITUDINE La s. si definisce esclusivamente mediante la forma ed del tutto


indipendente dalla grandezza delle figure, il che implica che essa sia di ordine puramente
qualitativo. (Regno, 1945, 48)

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SINCRETICO Concezione s. Basta, per confutare la c.s., ricordare che ogni dottrina
tradizionale ha necessariamente per centro un punto di partenza la conoscenza dei principi
metafisici e che tutto quello che essa comporta, a titolo pi o meno secondario, non in
definitiva che l'applicazione di questi principi a differenti domini. (Cons., 1946, 68)

SINCRETISMO Il s. consiste nel riunire, bene o male, elementi presi a prestito un po'
dappertutto, nel giustapporli in qualche modo dall'esterno, senza alcuna comprensione
reale di quel che essi rappresentano veramente nelle diverse tradizioni a cui specificamente
appartengono. (Regno, 1945, 295) Il s., inteso nel suo vero significato, non altro che una
semplice giustapposizione di elementi di provenienza diversa , per cos dire riuniti
dall'esteriore, senza che alcun principio di ordine pi profondo venga ad unificarli. (Cons.,
1946, 64) Non necessario allontanarsi troppo per procurarsi degli esempi autentici di s.: le
moderne contraffazioni della Tradizione, come l'occultismo e il teosofismo, in fondo non
sono altro. In ogni caso, il s. sempre un procedimento essenzialmente profano, per la sua
stessa esteriorit, e non solo non affatto una sintesi, ma ne proprio il contrario. Il s. si
tiene nella pura molteplicit, in certo modo atomica e nel dettaglio indefinito di
elementi presi uno ad uno, considerati in se stessi e per se stessi, e separati dal loro
principio, vale a dire della loro vera ragion d'essere. (id., 65) L'idea stessa di s., applicata
alle Scritture tradizionali, d nascita alla ricerca delle fonti ipotetiche, come pure alla
supposizione delle interpolazioni , che, come si sa, una delle grandi risorse della critica
nella sua opera distruttrice, il cui unico scopo reale la negazione di ogni ispirazione
super-umana . (Cons., 1946, 68)

SINTESI Contrariamente all'opinione corrente, secondo cui l'analisi sarebbe in una


qualche maniera preparatoria alla s., la verit che non si pu mai pervenire effettivamente
alla s. partendo dall'analisi; ogni s., nel vero senso della parola, per cos dire un qualcosa
di immediato, che non preceduto da alcuna analisi e ne interamente indipendente.
(Calc. Inf., 1946, 87) La s. parte dai principi, vale a dire da ci che vi di pi interiore.
(Cons., 1946, 65) La s., per sua stessa natura, esclude ogni sincretismo. (id., 68)

SISTEMATICO Mentalit s. Il torto della m.s. di non riconoscere legittimo che il


proprio punto di vista di dichiarare falso tutto ci che ne esorbita. (Or. Occ., 1924, 148)

SMRITI La S. rappresenta una parte analoga a quella dell'induzione, poich anch'essa


fonda la sua autorit su di un'autorit al di fuori di essa. (Ved., 1925, 24) La S. l'insieme
delle conseguenze e delle applicazioni diverse che vengono tratte dalla Shruti mediante la
riflessione. (Aut., 1929, 128) La S. riguarda gli Kshatriya. La conoscenza della S. costituisce i
Piccoli Misteri. (id., 129) La S. la luce riflessa, la quale, come la memoria di cui porta il
nome e che la facolt temporale per definizione, corrisponde alla luna. (id., 130)

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SOCIALE Classi s. Le c.s., cos come sono intese nell'Occidente moderno, nulla hanno
in comune colle vere caste e, al massimo ne sono
soltanto una specie di contraffazione, senza n valore, n portata, non fondandosi sulla
differenza delle possibilit implicite nella natura degli individui. (Aut., 1929, 56, n. 10)
Istituzioni s. Le i.s., per potersi dire tradizionali, debbono essere collegate effettivamente,
come loro principio, ad una dottrina tradizionale, sia essa metafisica o religiosa. (Int., 1921,
38) Con le i.s. si gi nel mondo della forma e della molteplicit. (Crisi, 1927, 68)

SOGNO Il s. deve essere considerato come un modo di realizzazione per quelle


possibilit che, pur appartenendo al dominio dell'individualit umana, non possono, per
determinati motivi, realizzarsi in modo corporeo. (Stati, 1931, 56) L'individuo che, nel caso
di un s., partecipa in modo attivo all'azione che in esso si svolge per effetto della sua facolt
immaginativa, rappresenta una parte nella modalit extra-corporea del suo essere,
corrispondente attualmente allo stato della sua coscienza chiaramente manifestata, o a
quella che potremmo chiamare la zona centrale di questa coscienza. (id., 57) Poich i
vari elementi del s. non esistono che grazie all'individuo si pu dire che essi sono reali in
quanto partecipano alla sua esistenza. (id., 58) Mondo del s. La realt del m. del s.
deriva unicamente dalla coscienza individuale considerata in tutto il suo sviluppo ed in
tutte le possibilit di manifestazione che essa comprende; se vogliamo esaminare questa
coscienza, ritroveremo in essa non solo il m. del s., ma anche tutti gli altri elementi della
manifestazione individuale. (Stati, 1931, 59-60). Stato di s. Lo s. di s. una delle
modalit di manifestazione dell'essere umano corrispondente alla parte sottile della sua
individualit. (Stati, 1971, 55) L'uomo, nello s. di s., si trova quindi in un mondo
completamente immaginato da lui, i cui elementi sono tratti dalla sua individualit, come
altrettante forme illusorie. (id., 56)

SOLARE Luce s. naturale rappresentare mediante la l.s. la conoscenza diretta, cio


intuitiva, che quella dell'intelletto puro. (Simb., 1962, 365) Orientazione s. Nell'o.s.,
l'uomo, guardando il Sole al meridiano, ha l'Est a sinistra e l'Ovest a destra. (Triade, 1945,
48)

SOLE Il s., in quasi tutte le tradizioni, simboleggia il principio maschile della


manifestazione universale. (Croce, 1931, 121)

SOLIDIFICAZIONE La s. del mondo, per quanto lungi possa spingersi, non potr mai
essere completa e vi sono limiti aldil dei quali essa non pu andare. (Regno, 1945, 144) La
s. del mondo d a tutte le cose un aspetto vieppi rispondente alla maniera in cui esse

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vengono prese in esame dalle concezioni quantitative, meccanicistiche o materialiste.


(Regno, 1945, 157) La rappresentazione della s. del mondo secondo il simbolismo
geometrico pu essere raffigurata come un passaggio graduale dalla sfera al cubo. (id., 165)
La s. del mondo si presenta sotto un duplice aspetto: vista in se stessa, nel corso del ciclo,
come conseguenza di un movimento discendente verso la quantit e la materialit; d'altro
canto essa tuttavia necessaria a preparare la fissazione ultima dei risultati del ciclo. (id.,
172) La s. del mondo produce, nell'ordine umano e sociale, uno stato di cose in cui tutto
contato, registrato e regolato, ci che in fondo non che un'altra forma di meccanizzazione.
(id., 173) Vi , nel processo di riduzione graduale di tutte le cose alla quantit, un punto a
partire dal quale tale riduzione non tende pi alla s. e questo punto , grosso modo, quello a
cui si arriva quando si vuol ricondurre la quantit continua alla quantit discontinua. (id.,
201) Per quanto oltre abbia potuto spingersi, la s. del mondo sensibile non ha mai potuto,
n pu essere tale da farne un sistema chiuso , come lo pensano i materialisti; la s. ha
d'altronde dei limiti imposti dalla natura stessa delle cose e pi si avvicina ad essi pi lo
stato che rappresenta instabile. (id., 208)

SOLITUDINE Quanto alla s., la sua associazione con il silenzio normale e necessaria e,
pure in presenza di altri esseri, colui il quale fa in s il silenzio, si isola completamente da
essi. (Mel., 1976, 45)

SOLSTIZIALE Porte s. Le p.s. danno accesso alle due met, ascendente e discendente,
del ciclo zodiacale che vi hanno i loro rispettivi punti di partenza. (Simb., 1962, 213)

SOLUZIONE Se si dovesse partire da un determinato stato di manifestazione, si


dovrebbe considerare, innanzitutto, una tendenza mettente capo alla s. (Triade, 1945, 41)

SOLVE Il termine s. qualche volta rappresentato con un segno che mostra il Cielo.
(Triade, 1945, 40)

SOLVE ET COAGULA La formula s. et c. considerata come contenente in un certo


modo tutto il segreto della Grande Opera, in quanto questa riproduce il processo della
manifestazione universale. (Triade, 1945, 40)

SOMA In tutte le tradizioni fatto allusione a qualche cosa che, a partire da una data
epoca, sarebbe andata perduta o sarebbe stata nascosta: per esempio il S. ind, la Bevanda di Immortalit. (Re., 1927, 38) Il S., ad una certa

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

epoca, non fu pi conosciuto, di modo che fu necessaria sostituirgli, nei riti sacrificali,
un'altra bevanda, che non era pi che una figura del S. delle origini. (id., 45)

SONORO Simbolo-i s. Il s.s. non manifestato che nell'adempimento stesso del rito.
(Cons., 1946, 159) In riguardo ai s.s., si pu dire che il movimento degli organi vocali,
necessario alla loro produzione, costituisca un gesto, alla stessa stregua di tutte le altre
specie di movimenti corporei. (id., 161)

SOPRAVVIVENZA Quanto gli spiritisti dicono della s. si applica per essa


essenzialmente all'intervallo compreso tra due incarnazioni . (Spir., 1923, 155)

SOTTILE Elementi s. Gli e.s. corrispondono, nelle cose, a quello che forma in modo
proprio l'ordine psichico nell'essere umano. (Regno, 1945, 217) Stato s. Non bisogna
credere che lo s.s. cessi all'istante stesso e soltanto per il fatto della morte corporea. (Ved.,
1925, 149) Sotto la denominazione di s.s. d'uopo comprendere modalit differentissime ed
estremamente complesse, anche se ci limitiamo a rilevare coltamente le possibilit
propriamente umane. (id., 150)

SOVRAINDIVIDUALE Stati s. Gli s.s. sono ancora condizionati, sebbene le loro


condizioni siano tutt'altro che quelle dello stato umano: qui il mondo dell'essere
interamente e definitivamente oltrepassato. (Met., 1939, 15) Tuttavia, per quanto siano
elevati rispetto allo stato umano, gli s.s. sono ancora relativi e questo vero pure per il pi
alto di essi, quello corrispondente al Principio di ogni manifestazione. (id., 16)

SOVRANNATURALE Ci che metafisico quello che sta aldisopra e aldil della


natura ed dunque propriamente il s. (Met., 1939, 5)

SOVRARAZIONALE Il s. non cessa di per s di essere intellegibile, anche se non


attualmente comprensibile per le facolt limitate e relative dell'individualit umana. (Stati,
1931, 126) Conoscenza s. Negare o ignorare ogni c.s. signific aprire la via che doveva
logicamente condurre da un lato al positivismo ed all'agnosticismo, dall'altro a tutte le
teorie sentimentalistiche e volontaristiche le quali si sforzano di ricercare nell'infrarazionale
quello che dalla ragione non possono avere. (Or. Occ., 1924, 24)

SOVRUMANO Per convincersi dell'importanza che viene attribuita alla negazione del
s. da parte degli agenti coscienti ed incoscienti della deviazione moderna, basta osservare

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in quale misura tutti coloro che hanno la pretesa di farsi storici delle religioni e delle altre
forme della tradizione si accaniscano, prima d'ogni altra cosa, a spiegarle con fattori
esclusivamente umani. (Regno, 1945, 255) Elemento s. Le negazioni dell'e.s.
caratteristica dello spirito anitradizionale ed diretta conseguenza dell'ignoranza profana.
(Mel., 1976, 139)

SOVVERSIONE Quando la deviazione giunta al suo termine estremo, essa si risolve


in un vero e proprio rovesciamento , vale a dire in uno stato diametralmente opposto
all'ordine normale, ed a questo punto che si pu parlare propriamente di s. (Regno, 1945,
239) La s., intesa in questo modo, non in definitiva nient'altro che l'ultimo stadio e quasi la
conclusione della deviazione, o anche, ed la stessa cosa, che tutta la deviazione non fa che
tendere, in fondo, a produrre la s. Nello stato attuale, quantunque non si possa dire che la s.
sia completa, di essa esistono gi segni ben visibili in tutto quello che presenta carattere di
contraffazioni e di parodia. (id., 240) La s. pi abile e pi pericolosa certamente quella che
non presenta singolarit troppo evidente e che chiunque pu facilmente individuare, che
deforma il significato dei simboli ed inverte il loro valore senza apportare la pur minima
variazione al loro aspetto esteriore. (id., 250)

SPAZIALE Possibilit s. Considerando fra le condizioni del mondo corporeo lo spazio


come sede delle p.s., evidente che, per definizione, solo le p.s. possono realizzarsi nello
spazio. (Stati; 1931, 31)

SPAZIO La croce a tre dimensioni forma, in linguaggio geometrico, un sistema di


coordinate al quale pu essere riferito tutto lo s., lo s. sar preso qui a simbolo dell'insieme
di tutte le possibilit, sia di un essere particolare che dell'Esistenza niversale. (Croce, 1931,
49) Se il centro dello s. assimila in certo qual modo tutti gli altri punti, mediante la
vibrazione che comunica loro, ci accade in quanto li fa partecipi della stessa natura
indivisibile incondizionata che diventata la sua. (id., 216) Nello s. considerato come realt
attuale, e non pi come simbolo dell'Essere Totale, nessun punto il centro, n potrebbe
esserlo; tutti i punti appartengono ugualmente al dominio della manifestazione per il fatto
stesso di essere nello s., che una delle possibilit la cui realizzazione compresa in tale
dominio. (id., 217) Lungi dall'essere infinito, lo s. non che uno dei modi possibili della
manifestazione, che, a sua volta, tutt'altro che infinita, anche nell'integralit della sua
estensione. (Stati, 1931, 32) Lo s. una delle condizioni che definiscono l'esistenza corporea.
(Regno, 1945, 49) impossibile che lo s. si estenda aldil del mondo per contenerlo, perch
si tratterebbe allora di uno spazio vuoto ed il vuoto non pu contenere alcunch; invece lo
s. ad essere nel mondo, cio nella manifestazione. (id., 50) Le porzioni di s. si differenziano
mediante i corpi che vi si trovano. (id., 54) Direzioni dello s. Il simbolismo delle d. dello
s. precisamente quello che ci troveremo ad applicare in tutto ci che segue, sia dal punto

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di vista macrocosmico che da quello microcosmico. (Croce, 1931, 49)

SPECIALISTI Se la competenza degli s. spesso illusoria e in ogni caso ristretta ad un


dominio limitatissimo, la fede in una tale competenza tuttavia un fatto. (Crisi, 1927, 105)

SPECIALIZZAZIONE La s. , senza possibilit di errore, il miglior mezzo per acquisire


quella miopia intellettuale che sembra far parte delle qualificazioni richieste al perfetto
scientista . (Or. Occ., 1924, 59) Uno dei caratteri della scienza moderna la s. generata
dallo spirito analitico e spinta fino al punto di rendere veramente inconcepibile, in coloro
che soggiacciono alla sua influenza, una scienza riferentesi alla natura considerata nel suo
insieme. (Crisi, 1927, 9) La s. si impone non solo agli scienziati, ma altres ai tecnici ed agli
stessi operai, onde, per questi ultimi, ogni lavoro intelligente si reso impossibile. (id., 125)

SPECIE L'unit della s. , in un certo senso, ancor pi vera ed essenziale di quella


dell'individuo. (Stati, 1931, 68)

SPECULATIVO Il passaggio dall'operativo allo s., lungi dal costituire un progresso, ne


invece esattamente l'opposto dal punto di vista iniziatico. (Cons., 1946, 257) Iniziazione s.
Nel caso di un'i.s., la trasmissione iniziatica sussiste sempre, poich la catena
tradizionale non stata interrotta, ma, invece della possibilit di una iniziazione effettiva,
ogni qual volta un difetto individuale non interviene a farvi ostacolo, non si ha pi che una
iniziazione virtuale, condannata a restare tale per la forza stessa delle cose, poich la
limitazione speculativa significa proprio che questo stadio non pu essere oltrepassato.
(Cons., 1946, 258) Massoneria s. La M.s., non che una degenerazione della Massoneria
operativa. (Mac., 1964, I, 13) La M.s. nacque nel momento in cui le corporazioni costruttive
erano in piena decadenza ed il suo nome indica molto chiaramente che essa confinata
nella speculazione pura e semplice, cio in una teoria senza realizzazione. (id., 1, 14)

SPECULAZIONE La parola s. d l'idea, per la sua stessa derivazione, di qualche cosa


che soltanto un riflesso , come l'immagine vista in uno specchio. (Cons., 1946, 258)

SPERIMENTALE Scienza-e s. Pensiamo qui allo sviluppo considerevole


nell'Occidente moderno delle s.s., campo nel quale nessuno pensa di contestargli una
superiorit che del resto gli Orientali trovano poco invidiabile, perch ha dovuto essere
acquistata a prezzo dell'oblio di tutto ci che appare loro come veramente degno di
interesse. (Or. Occ., 1924, 55) Ci sono s.s. di cui l'Occidente moderno non ha la minima idea.
Tali s.s. esistono in Oriente e sono fra quelle cui diamo il nome di scienze tradizionali ,

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

simili s.s. esistevano anche in Occidente durante il Medio Evo. (id., 56) Le s.s. hanno avuto
nella civilt moderna uno sviluppo mai verificatosi in altre civilt, poich esse sono le
scienze del mondo sensibile, della materia e quelle che danno luogo alle applicazioni
pratiche pi immediate. (Crisi, 1927, 73) Studi s. Certe s.s. hanno certamente il loro
valore relativo nel dominio che loro proprio, ma, aldifuori di tale dominio, essi non
possono avere alcun valore. (Mel., 1976, 177)

SPIRITISMO Lo s. consiste essenzialmente nell'ammettere la possibilit di comunicare


con i morti. Il postulato fondamentale dello s. che la comunicazione con i morti non
soltanto una possibilit, ma un fatto. (Spir., 1923, 13) Secondo lo s. il morto differirebbe dal
vivo solo per il fatto di avere un elemento in meno: il corpo. (id., 18) Lo s. risale al 1848 e,
come molti altri movimenti analoghi, ebbe il suo punto di partenza in America. (id., 21) La
denominazione di s. fu usata per la prima volta in Francia. (id., 35) Esiste un errore assai
diffuso, che consiste nel volere ricollegare lo s. al culto dei morti, quale si ritrova in tutte le
religioni ed in diverse dottrine tradizionali. In realt tale culto non implica affatto una
comunicazione effettiva coi morti. (id., 47) Prima dei tempi moderni, non vi fu nulla di
paragonabile allo s. (id., 62) Quelli che vediamo nello s. sono influssi provenienti
incontestabilmente da quella che alcuni chiamano la sfera dell'Anticristo . (id., 317) La
verit che la s. si rivolge soltanto agli occidentali moderni; soltanto da loro si pu far
accettare, essendo il prodotto della loro mentalit. (id., 354) I pericoli dello s. sono di
diversa natura e potrebbero essere classificati in fisici, psichici e intellettuali. (id., 383) Ai
nostri occhi la storia dello s. non che un episodio della formidabile deviazione che
caratterizza l'Occidente moderno. (id., 391)

SPIRITISTA Concezione s. La c.s. ternaria, perch distingue lo spirito, il perispirito


e il corpo. (Spir., 1923, 17) Sedute s. Nelle s.s. sono solamente da ricercarvi le azioni e
le reazioni dei diversi subconsci presenti, vale a dire l'effetto delle relazioni che si
stabiliscono fra di essi in maniera pi o meno duratura e si amplificano man mano che il
gruppo si costituisce pi solidamente. (Spir., 1923, 108) Nelle s.s. si pu formare una specie
di combinazione dei diversi subconsci presenti, in modo da dare perlomeno l'illusione
di un' entit collettiva . (id., 135)

SPIRITISTI Per gli s. la comunicazione coi morti si compie con mezzi materiali. (Spir.,
1923, 14) Secondo gli s., l'uomo subisce con la morte solo lievi modificazioni. (id., 37) Gli s.
non si spingono ad una tradizione immaginaria, come fanno i teosofisti, ma sembra che
vedano almeno nell'antichit una ragione capace in una certa misura di rafforzarla. (id., 45)
Gli s. si comportano come bambini che, incoscienti del pericolo, giochino con le macchine
pi terribili, scatenando, forze senza che nulla possa proteggerli, forse capaci di folgolarli.
(id., 56) Gli s. non hanno alcuna iniziazione, n vogliono sentir parlare di qualcosa che vi

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rassomigli, n tanto n poco, poich uno dei caratteri essenziali del loro movimento di
essere aperto a tutti senza distinzione e di non ammettere alcuna specie di gerarchia. (id.,
69) Gli s. parlano costantemente di uomini rimasti parecchi anni senza sapere di essere
morti, conservando tutte le preoccupazioni dell'esistenza terrestre e immaginando di
compiere ancora le azioni che erano loro abituali. (id., 71) Per la verit gli s. sono molto
invadenti, sforzandosi di sfruttare a vantaggio delle proprie idee una moltitudine di fatti
che dovrebbero rimanere loro del tutto estranei, non essendo provocati dalle loro pratiche e
non avendo alcuna relazione colle loro teorie. (id., 84) Lo s. che, possedendo qualche facolt
medianica, si isola per consultare il tavolino, nemmeno sospetta che, attraverso questo
mezzo indiretto, comunica semplicemente con se stesso. (id., 105) Esistono organizzazioni
completamente opposte ai gruppi di s., nel senso che si dedicano a provocare ed a
mantenere, in modo cosciente e volontario, certe correnti mentali. (id., 138) Fra le altre
pretese ingiustificate, gli s. hanno quella di fornire la prova scientifica dell'immortalit
dell'anima (id., 141) Gli s. sono lungi dall'avere il monopolio del sentimentalismo; il loro
sentimentalismo assume tuttavia forme particolarmente irritanti, per chiunque non
condivida i loro pregiudizi. (id., 179). Di fatto, gli s. protestando contro l'idea del peccato
originale , innanzi tutto perch essa urta contro la loro particolare concezione della
giustizia e poi perch comporta conseguenze contrarie alla loro teoria progressistica .
(id., 233) Gli s. credono di poter invocare l'espansione della loro dottrina a prova della sua
verit. (id., 351) Gli s. hanno a volte pretese assolutamente stupefacenti, nel loro delirio di
proselitismo. (id., 353) Provino gli s. a predicare le loro teorie agli Orientali: vedranno come
saranno accolte! (id., 354) Gli s. cercano di estendere la loro propaganda anche all'infanzia.
(id., 357)

SPIRITO Lo S. ci che nella manifestazione il pi vicino al polo essenziale. (Triade,


1945, 73) Lo S. luce emanta direttamente dal Principio. (id., 74) Lo S. non altro che Atm,
il principio di tutti gli stati dell'essere in tutti i gradi della sua manifestazione; sono dunque
tutti questi stati dell'essere, e per conseguenza anche il corpo che semplicemente una
modalit di essi, a dover essere, in definitiva, contenuti nello S. (In., 1952, 245) Lo S. si
considera situato non solo nell'individualit in generale, ma in un suo punto centrale, al
quale corrisponde il cuore nell'ordine corporeo. (id., 249) proprio lo S. il centro universale
che contiene ogni cosa; ma esso, riflettendosi nella manifestazione umana, appare per ci
come localizzato al centro dell'individualit e, pi precisamente ancora, al centro della
sua modalit corporea. (id., 253)

SPIRITO-I Gli s., ad onta del nome che loro dato, non sono considerati esseri
puramente immateriali; si sostiene al contrario che siano rivestiti di una specie di involucro
il quale, pur essendo troppo sottile per essere normalmente percepito dai sensi,
purtuttavia un organismo materiale, un vero corpo, che chiamato col nome piuttosto
barbaro di perispirito . (Spir., 1923, 15) Uno s. esattamente lo stesso individuo umano

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

che vissuto anteriormente nella terra ed ora disincarnato, cio privato del corpo visibile
tangibile. (id., 20) Nella magia antica il termine s. designava esseri sottili, dotati di esistenza
solo temporanea e di conseguenza privi di ogni caratteristica spirituale nell'accezione
moderna. (id., 99)

SPIRITUALE Gli insegnamenti di tutte le dottrine tradizionali sono unanimi


nell'affermare la supremazia dello s. nei confronti del temporale. (Aut., 1929, 141)
Autorit s. La negazione dell'a.s. , di nuovo, un materialismo pratico. (Crisi, 1927, 128)
L'a.s., interiore per essenza, non si afferma se non di per se stessa, indipendentemente da
ogni appoggio sensibile, e si esercita in qualche modo invisibilmente. (Aut., 1929, 32) L'a.s.
si fonda interamente sulla conoscenza e la sua sfera illimitata come la verit stessa. (id.,
48) L'a.s., implicando la conoscenza , possiede in se l'immutabilit. (id., 52) L'a.s. non
tenuta a mo- vera, a quanti non hanno accesso all'intellettualit pura se non sotto l'aspetto
che corrisponde alla loro natura. (id., 68) In caso di conflitto tra una qualsiasi a.s., anche se
relativa, ed un potere temporale, noi dobbiamo sempre schierarci, in linea di principio, a
fianco dell'a.s. (id., 71) La funzione dell'a.s. la sola che si riferisce ad un campo
sovraindividuale. (id., 91) L'a.s., connessa alla conoscenza metafisica e trascendente, la
sola ad avere un carattere veramente sovrannaturale. (id., 92) I rappresentanti del potere
temporale non sono qualificati, in quanto tali, a riconoscere se l'a.s. della forma tradizionale
da cui dipendono possieda o no la pienezza della sua realt effettiva. (id., 105) L'a.s.,
mentre pu e deve sempre controllare il potere temporale, non pu, almeno esteriormente
essere controllata da nessuno. (id., 106) Centro - i s. Gli antichi c.s. non furono per nulla
scelti ad arbitrio in relazione al compito loro assegnato in questa o quell'epoca e secondo
tale o tal altra forma tradizionale, ma a causa della loro posizione particolare. (Regno, 9145,
229) Conoscenza s. impossibile per chi cerca di acquisire la c.s. l'unirsi agli
esperimentatori, agli psichisti o ad altri della medesima specie, poich questi non agiscono
sul suo medesimo piano. (Mel., 1976, 177) Gerarchia - e. s. L'ordinamento in forma
gerarchica degli stati molteplici nella relazione effettiva dell'essere totale permette di
comprendere come bisogna considerare quelle che, da un punto di vista puramente
metafisico, vengono normalmente definite col termine di g.s. (Stati, 1931, 101) Ne risulta
che per g.s. non possiamo intendere altro che l'insieme degli stati d'essere superiori
all'individualit umana e, pi particolarmente, gli stati informali o sovra-individuali. (id.,
104) Guida s. La cosa pi difficile alla nostra epoca non certo di ottenere un
ricollegamento iniziatico, ma il difficile trovare un istruttore veramente qualificato, cio
capace di svolgere la funzione di g.s., applicando tutti i mezzi che convengono alla sua
possibilit particolare, al di fuori delle quali evidentemente impossibile, anche al pi
perfetto dei Maestri, ottenere alcun risultato effettivo. Quel che aumenta ancor pi la
difficolt, che coloro che pretendono di essere g.s., senza avere qualche qualificazione per
svolgere questa funzione, non sono mai stati numerosi come ai giorni nostri. (In., 1952, 178)
Influenza-e s. L'investitura e la consacrazione dei re implicano la trasmissione di un'i.s.
necessaria all'esercizio regolare delle loro funzioni. (Aut., 1929, 81) Vi sono luoghi

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

particolarmente adatti a servire da supporto all'azione delle i.s., ed su ci che si


sempre basata l'installazione di centri tradizionali, principali o secondari. (Regno, 1945,
162) Se le i.s. in seguito si ritirano, i loro antichi supporti corporei, luoghi od oggetti,
resteranno nondimeno carichi di elementi psichici, i quali saranno tanto pi forti e
persistenti, quanto pi potente sar stata l'azione per cui essi servirono come mediatori e
strumenti. (id., 225) In ogni organizzazione tradizionale, le i. agiscono sempre per il tramite
di esseri umani, i quali sono i rappresentanti autorizzati della tradizione. (id., 232) Le i.s.
hanno le loro leggi che, sebbene di ordine diverso da quelle delle forze naturali (psichiche e
corporee), non possono non presentare con queste una certa analogia. (Cons., 1946, 224)
Istruttore-i s. Chiunque si presenti come i.s. senza essere ricollegati ad una forma
tradizionale determinata o senza conformarsi alle regole da questa stabilite, non pu avere
la qualit che si attribuisce: pu essere, a seconda dei casi, un volgare impostore o un
illuso che ignora le reali condizioni dell'iniziazione. (In., 1952, 179) In generale gli i.s.
ricollegati a pseudoiniziazioni hanno l'abitudine di manifestare i loro poteri psichici a
qualsiasi proposito e senza alcuna valida ragione. (id., 181) Maestro s. La pretesa di
fare a meno di un m.s. e tuttavia arrivare sicuramente all'iniziazione effettiva una
possibilit che riguarda solo un'infima minoranza, per cui, in pratica, non il caso di
tenerne conto. (In., 1952, 189). Oscuramento s. L'o.s., sopravviene in virt delle leggi
cicliche nel corso dello sviluppo dell'umanit. (Mac., 1964, II, 26) L'o.s. non si produce
all'improvviso ed una volta per tutte, ma, dopo la perdita dello Stato Primordiale, esso ha
numerose tappe successive, corrispondenti ad altrettante fasi od epoche dello sviluppo del
ciclo umano. (id., II, 27) Potenza s. La p.s., al contrario della forza materiale, non
affatto basata sul numero. (Hind., 1965, 20) Povert s. La coscienza di una dipendenza
completa dal Principio ci che numerose tradizioni designano come la p.s. (Ap. I.T., 1975,
44) Semplicit e piccolezza sono degli equivalenti della p.s. e di esse si parla spesso nei
Vangeli; questa p.s. conduce, secondo l'esoterismo islamico, all'estinzione dell'Ego. (id.,
47-48) Ben altro valore dell'umilt ha la p.s. intesa nel suo vero significato, cio nel senso di
riconoscimento della dipendenza totale dell'essere di fronte al P. (In., 1952, 135)

SPIRITUALISMO Nella gran parte dei casi, l'insieme di quel che si chiama s. non che
una specie di materialismo trasposto. (Crisi, 1927, 120) Ad onta del suo nome, lo s. non ha
nulla in comune con la spiritualit. (id., 121)

SPIRITUALISTA Dottrine s. Il torto della maggior parte delle d. s. di non essere, in


realt, altro che del materialismo trasposto su di un altro piano e di volere applicare al
dominio spirituale i metodi della scienza ordinaria. (Mel., 1976, 176-177) Filosofia s.
Coloro i quali vogliono reagire contro il disordine attuale, ma non possiedono le
conoscenze necessarie per poterlo fare in modo efficace, sono in qualche modo
neutralizzati e diretti verso vie senza uscita, approdando semplicemente alla banalit di
una vaga f.s. (Regno, 1945, 261) Monismo s. Il m.s. pretende di ridurre la materia a

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spirito. (Int., 1921,


128)

STABILIT In ogni caso, si ha l'impressione che, allo stato attuale, non esista pi alcuna
stabilit. (Crisi, 1927, 62)

STATI Gli s. che sono veramente propri all'individuo come tale sono propriamente ed
essenzialmente degli s. dell'uomo vivente. (Ved., 1925, 149)

STATISTICHE nell'ordine umano che appare pi completamente il carattere fallace


delle s., cui i moderni attribuiscono tanta importanza. Qui tali s. consistono soltanto nel
contare un numero pi o meno grande di fatti, supposti tutti completamente simili tra loro;
evidente che a questo modo si ottiene soltanto un'immagine deformata della realt, tanto
pi deformata quanto pi i fatti in questione non sono effettivamente simili e paragonabili
che in misura minima. Le s., fra le mani di scienziati diversi danno spesso luogo, a seconda
delle loro rispettive teorie, a conclusioni del tutto diverse, e non addirittura diametralmente
opposte. (Regno, 1945, 91)

STATO Religione di s. La R. di S. una religione pi o meno completamente cosa dello


Stato e che, come tale, corre forti rischi di vedersi ridotta alla parte di strumento politico. La
concezione della R. di S. trov la sua espressione, a seconda dei casi, nel Galicanesimo,
nell'Anglicanesimo, o in certe forme del Protestantesimo al quale, in generale, questa
riduzione ad un infimo livello non sembra ripugnare affatto. (Int., 1921, 89)

STOICI Gli S. deformarono la dottrina metafisica in senso naturalistico, perdendo di


vista il Principio trascendentale e non considerando pi che un Dio immanente, il quale,
per essi, si assimilava in modo puro e semplice allo Spiritus Mundi. (Triade, 1945, 71)

STORICI assolutamente certo che gli s., proprio per il fatto di intraprendere tutte le
loro ricerche ponendosi da un punto di vista moderno e profano, incontrano nel tempo
certe barriere invalicabili. (Regno, 1945, 158)

STORICISMO Fra gli errori specificamente moderni, uno di quelli che si oppongono
pi direttamente ad ogni vera comprensione delle dottrine tradizionali ci che si potrebbe
chiamare lo s., il qual altro non che una conseguenza della mentalit evoluzionista: esso

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consiste nel presupporre che ogni cosa ha preso l'avvio dalla forma pi rozza e
rudimentale, subendo poi un'elaborazione progressiva. (Hind., 1965, 87)

STORICO Materialismo s. Molti nostri contemporanei sono persuasi che le condizioni


economiche siano pi o meno i soli fattori degli avvenimenti storici: si giunti ad inventare
una teoria che vuol spiegare tutto sulla base di siffatta premessa, teoria che ha ricevuto il
nome significativo di m.s. (Crisi, 1927, 126) Metodo s. Coloro che si servono del m.s.
hanno il doppio torto, da un lato, di non rendersi conto delle ipotesi pi o meno azzardate
che esso importa, le quali possono essere ricondotte principalmente all'ipotesi
evoluzionista e dall'altro di prendere abbaglio sulla sua portata, col crederlo applicabile a
tutto. (Int., 1921, 262) L'uso dell'erudizione in uno spirito di negazione e di dissoluzione
naturale dei fanatici del m.s. e si tratta anzi dello spirito stesso di simile metodo,
essenzialmente antitradizionale. (id., 272) Il legame dell'evoluzionismo al m.s. provato
dall'originale teoria secondo cui le concezioni religiose, o supposte tali, avrebbero
necessariamente dovuto passare attraverso una serie di fasi successive, di cui le principali
portano comunemente i nomi di feticismo, politeismo e monoteismo. (id., 273). Periodo s.
Il p.s. risale esattamente al VI secolo prima dell'Era Cristiana: quasi come se l, nel
tempo, si incontrasse una barriera insuscettibile ad essere sormontata con i mezzi di
osservazione di cui dispongono i comuni ricercatori. (Crisi, 1927, 28)

SUBCOSCIENTE Il riferimento al s. permette di riconnettersi con lo spiritismo e con


tutte le altre pseudo-religioni caratteristiche dell'epoca nostra. (Crisi, 1927, 91) Il s. un
termine che indica qualcosa che si estende unicamente verso il basso, cio da quel lato che,
sia nell'essere umano sia nell'ambiente cosmico, corrisponde alle fenditure da cui
penetrano le influenze pi malefiche del mondo sottile, anzi, potremmo dire, quelle aventi
un carattere veramente e letteralmente infernale . (Regno, 1945, 275)

SUBCONSCIO Il s. contiene incontestabilmente tutto ci che nell'individualit umana


rappresenta traccia o vestigia degli stati inferiori dell'essere e ci con cui esso mette pi
sicuramente l'uomo in comunicazione con tutto quello che nel nostro mondo rappresenta
questi stati inferiori. (Spir., 1927, 297)

SUFI Il vero S. colui che possiede la Saggezza Divina o, in altre parole, colui che
conosce Dio e questo il Grado Supremo e Totale nella conoscenza dell'haqiqah. (Ap. I.T.,
1975, 17) L'Identit Suprema, stato assolutamente permanente e incondizionato, aldil delle
limitazioni di ogni esistenza contingente, lo stato del vero s. (id., 28) Lo stato del s. aldil
della condizione di creatura , poich, avendo realizzato l'Identit Suprema, si
identificato col Principio o coll'Increato e non pu necessariamente essere lui stesso altro
che increato . (id., 101)

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SUFISMO Gli Occidentali hanno forgiato la parola S. per designare l'esoterismo


islamico, ma questa parola evoca inevitabilmente l'idea di una dottrina, propria ad una
particolare scuola, mentre nulla di simile vi in realt e le scuole sono solo dei metodi
diversi, senza che vi possa essere, al fondo, alcuna differenza dottrinale, poich la
dottrina dell'Unit unica . (Ap. I.T., 1975, 15) Il S. non per nulla qualcosa di sovrapposto
alla dottrina islamica, ma, al contrario, una parte essenziale, poich, senza di esso, la
dottrina sarebbe manifestamente incompleta ed incompleta verso l'alto, ci in rapporto al
suo principio stesso. (id., 18) Il S. arabo come il Corano, nel quale esso ha i suoi principi
ispiratori. (id., 20)

SUPERIORE Stati s. La conoscenza vera degli s.s. implica il loro possesso effettivo e,
inversamente, proprio attraverso la conoscenza che l'essere ne prende possesso. (Stati,
1931, 118) Tenebre s. Le t.s. non possono rappresentare altro che il ritorno al
non-manifestato. (In., 1952, 261)

SUPREMO Centro S. Tutti i centri spirituali secondari, costituiti in vista degli


adattamenti della Tradizione Primordiale a delle condizioni determinate sono delle
immagini del C.S. (Re, 1927, 54). facile capire come il collegamento al C.S. sia
indispensabile per assicurare la continuit di trasmissione delle influenze spirituali dalle
origini della presente umanit, attraverso tutta la durata del suo ciclo di esistenza. (Cons.,
1946, 93) Contrada S. Si tratta di una regione divenuta inaccessibile all'umanit
ordinaria e che situata aldil della portata di tutti i cataclismi che sconvolgono il mondo
alla fine di certi periodi ciclici: questa regione veramente la C.S. (Re, 1927, 70) Della C.S.
pare vi siano da considerarae parecchie localizzazioni successive, corrispondenti a diversi
cicli, suddivisioni di un ciclo pi esteso che il Manvantara. (id., 84) Identit S.
L'attuazione degli stati ancora condizionati non costituisce che una tappa preliminare, nel
senso di un avviamento verso l'I.S., fine ultimo raggiunto dall'essere nella sua totale e
completa universalizzazione. (Ved., 1925, 194) La realizzazione effettiva della totalit
dell'essere, che come tale aldil di qualsiasi condizione, precisamente ci che
l'esoterismo islamico chiama I.S. (Croce, 1931, 35) Stato S. Il possesso degli stati
superiori rigorosamente nullo se paragonato allo S.S. (Ved., 1925, 204)

SWASTIKA Una delle forme pi degne di nota della croce orizzontale quella dello s.,
che pare si ricolleghi direttamente alla Tradizione Primordiale. (Croce, 1931, 99) Lo s.
essenzialmente il segno del polo ; se lo paragoniamo alla croce inscritta nella
circonferenza, vediamo che la rotazione intorno al centro fisso appena accennata, nello s.
dai segmenti aggiunti alle estremit dei rami della croce e formati con questa degli angoli
retti. Se si riferisce lo s. alla rotazione di una sfera attorno al suo asse, bisogna supporlo

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tracciato sul suo piano equatoriale. (id., 101)

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-T-

TAMAS T., l'oscurit, intesa simile all'ignoranza, rappresentata quale una tendenza
discendente. (Aut., 1929, 66) Nella croce a tre dimensioni, t. tende verso il polo meridionale
dell'asse verticale. (Croce, 1931, 54) Nella Triade, t. corrisponde alla Terra. (Triade, 1945,
134) Soprattutto nella Terra t. a dominare, fisicamente, a questa forza discendente e
comprensiva corrispondono la gravit e la pesantezza. (Hind., 1965, 57)
TANMTRAS I T. sono i principi potenziali dei cinque elementi del mondo materiale,
cos come di un'indefinit di altre modalit dell'esistenza manifestata, corrispondenti
analogicamente a questi elementi nei molteplici gradi dell'esistenza stessa. (Mel., 1976, 109)
I T. sono i cinque elementi essenziali, cause primordiali dei cinque elementi sostanziali
della manifestazione fisica, i quali ne sono delle determinazioni particolari, delle
modificazioni esteriori. (id., 109-110)
TANTRAS Il nome T. ha un rapporto diretto col simbolismo della tessitura, ma lo si
trova anche applicato ai Libri Sacri. I T. sono spesso visti come formanti un quinto Vada ,
specialmente destinato agli uomini del Kali-Yuga. La dottrina dei T. altro non che uno
sviluppo normale, secondo certi punti di vista, di quanto gi contenuto nei Vada. Per
quanto riguarda i mezzi di realizzazione prescritti dai T., si pu dire che per la maggior
parte sono pure legittimamente derivati dai Vada,,non essendo che l'applicazione e la
messa in opera effettiva di tale dottrina. (Hind., 1965, 91)
TANTRISMO d'uso in Occidente attribuire al T. un carattere magico o, quanto
meno, credere che la magia vi abbia un ruolo predominante: vi in ci un errore di
interpretazione per ci che concerne il T. (Hind., 1965, 83) Il T. forma dottrinale
specialmente adottata al Kali-Yuga. Il T. insiste particolarmente sulla potenza come
mezzo e pure come base possibile di realizzazione. (id., 84) Il T. un aspetto di una
tradizione ortodossa e via destinato a condurre l'essere alla realizzazione. (id., 85) Il T. la
manifestazione esteriore di qualcosa che, come tutto il resto della tradizione ind, esisteva
gi in principio nei Vda. Il T., d'altra parte, non pu essere considerato un aspetto
distintivo della dottrina che a partire dal momento in cui fu reso esplicito ed in questo
senso che lo si deve considerare come particolare al Kali-Yuga. (id., 90) La via del T. appare
pi attiva che contemplativa o, in altre parole, si situa pi dalla parte della potenza che da
quella della conoscenza. (id., 93)

TAOISMO La tradizione metafisica, quale costituita sotto la forma del T. lo sviluppo


dei principi universali di una Tradizione Primordiale, contenuta nell'Yi-King. (Int., 1921,
74) Il T. fu riservato ad un'lite e comprese la metafisica pura e le scienze tradizionali di
ordine propriamente speculativo. (Crisi, 1927, 29) Non all'azione esteriore che il T.
accorda importanza, bens la considera indifferente in se stessa ed insegna espressamente
la dottrina del non-agire . (Ap. I.T., 1975, 114) Pure in Cina, il T non ha mai avuto una

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

grande diffusione, essendosi sempre astenuto da ogni propaganda; questa riserva gli stata
imposta dalla sua natura stessa, in quanto il T. una dottrina chiusa ed iniziatica e, come
tale, destinata ad un'lite. Il T. rappresenta la conoscenza principiale da cui deriva tutto il
resto. (id., 121) Il T. poco conosciuto dagli Occidentali, poich non appare come il
Confucianesimo, la cui azione si manifesta visibilmente in tutte le circostanze della vita
sociale. (id., 122-123) Il ruolo del T. di direzione invisibile, dominando gli eventi invece di
prendervi direttamente parte e che, pur non essendo chiaramente apparente nei movimenti
esteriori, profondamente efficace. Il T. ha la funzione di Motore Immobile: esso non cerca
di mescolarsi nell'azione, ma se ne disinteressa completamente, poich vi vede una
semplice modificazione transitoria, un elemento infimo della corrente delle forme . (id.,
123-124)

TAOISTA Gerarchia T. Il pi basso grado della g.t. coincide con il pi alto grado della
gerarchia confucianista; e cos si stabilisce la continuit fra loro. (Triade, 1945, 115)

TEDESCHI I T. immaginano che i loro filosofi abbiano pensato tutto quanto era
possibile all'uomo di concepire. (Int., 1921, 265) Ingiusto sarebbe non riconoscere ai T. le
qualit ben reali che, sotto il profilo dell'erudizione, possiedono: essi eccellono nella
compilazione di opere che richiedono solo memoria e pazienza. (id., 266)

TEDESCO Filosofia t. Nella f.t., tutto ci che vi si trova sono ipotesi e sistemi dalle
pretese metafisiche, deduzioni da punti di partenza cervellotici, idee che vorrebbero essere
profonde e sono semplicemente nebulose; di queste pseudo-metafisica nulla pi lontano
dalla metafisica vera. (Int., 1921, 264) Influenza t. Se ci auguriamo che la scomparsa
dell'i.t. nel campo dell'intellettualit diventi un fatto compiuto perch la pensiamo in se
stessa nefasta. (Int., 1921, 268) Mentalit t. La m.t., per essere una forma esasperata
della mentalit occidentale, agli antipodi di quella orientale e non potr mai capirne nulla;
e siccome ha invece la pretesa di capirla, fatale che la deformi. (Int., 1921, 265)
Orientalisti t. Il maggior torto degli o.t. il non rendersi conto della propria incapacit a
capire e di intestardirsi in lavori di interpretazione senza nessun valore. (Int., 1921, 265)

TEMPIO Ordine del T. Il punto di partenza della frattura del mondo occidentale colla
propria tradizione coincise colla distruzione dell'O. del T. (Aut., 1929, 104)

TEMPLARI In Dante, le vesti bianche degli Eletti ci sembrano un'allusione all'abito dei
T. (Dante, 1925, 24) Nel caso dei T., per quanto la loro iniziazione sia stata essenzialmente
cavalleresca, come conveniva alla loro natura e alla loro funzione, essi avevano un duplice
carattere, a un tempo militare e religioso. Cos doveva essere se i T. erano, come abbiamo

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

buone ragioni di pensare, fra i custodi del Centro Supremo, ove autorit spirituale e
potere temporale sono riuniti nel loro principio comune. Nel mondo occidentale, i veri
custodi della Terra Santa ; finch ebbero un'esistenza, in qualche modo ufficiale ,
dovevano essere cavalieri, ma dei cavalieri che fossero nello stesso tempo monaci; e in
effetti questi furono i T. (Simb., 1962, 87)

TEMPO Il t. appare ancora pi lontano dello spazio dalla quantit pura. (Regno, 1945,
52) Le epoche del t. si differenziano qualitativamente mediante gli avvenimenti che vi si
svolgono. (id., 54) Il t., per effetto della potenza di contrazione che rappresenta, consuma in
certo qual modo lo spazio; senonch in tale azione contro il principio antagonista, il t. si
sviluppa secondo una velocit man mano crescente. Si potrebbe perci dire che il t. non
soltanto contrae lo spazio, ma che insieme contrae progressivamente se stesso: tale
contrazione si esprime nelle proporzioni decrescenti dei quattro Yuga. (id., 192) Al suo
limite estremo la contrazione del t. dovr avere come conseguenza finale la sua riduzione
ad un unico istante e la durata avr allora veramente cessato di esistere: al limite stesso
della manifestazione il t. non c' pi Alla fine si opera un rovesciamento contro il t., a
favore dello spazio: nello stesso momento in cui sembrava che il t. terminasse di divorare lo
spazio, lo spazio che, al contrario, assorbe il t. (id., 193) Di fatto, poich il t. una delle
condizioni determinanti dell'esistenza corporea, appare evidente che, qualora esso sia
soppresso, ci si trover ipso facto al di fuori di questo mondo. (id., 195) Il t., in se stesso,
veramente continuo e non soltanto nella rappresentazione spaziale per mezzo del
movimento che serve alla sua misura. (Calc. Inf., 1946, 48) Triplice T. Il T.T. il tempo
considerato sotto tre modalit che sono il passato, il presente e l'avvenire. (Triade, 1945,
134)

TEMPORALE Potere t. I detentori del p.t. devono possedere, di norma, una certa
conoscenza. (Aut., 1929, 47) evidente che il p.t., nelle sue diverse forme, militare,
giudiziario e amministrativa, completamente impegnato nell'azione, cio nei confini del
mondo che possiamo dire propriamente umano (id., 48) Il p.t. soggiace a tutte le vicende
del contingente e transitorio, a meno che un principio superiore non gli comunichi, nella
misura compatibile con la sua natura e il suo carattere, la stabilit che esso non pu ottenere
con i propri mezzi. (id., 52) Qualsiasi p.t. che non riconosca la sua subordinazione
all'autorit spirituale vano e illusorio; separato dal suo principio, potr esercitarsi soltanto
in modo disordinato e correr facilmente verso la propria rovina. (id.,53) In una civilt il
capovolgimento dei rapporti tra conoscenza e azione conseguenza dell'usurpazione della
supremazia da parte del p.t. (id., 54) La dipendenza del p.t. dell'autorit spirituale ha il suo
segno tangibile nella consacrazione dei re. (id., 81). Presso quasi tutti i popoli, in epoche
diverse, i detentori del p.t. hanno tentato di rendersi indipendenti da ogni autorit
superiore, sostenendo di avere innato in s il loro potere. (id., 91) Il p.t. conduce se stesso
alla rovina quando disconosce la sua subordinazione nei confronti dell'autorit spirituale.

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(id., 93) Il p.t. non si estende di l da ci che vincolato alla successione, di l da quello che
sottoposto al mutamento. (id., 94) La centralizzazione del p.t. il segno di un'opposizione
all'autorit spirituale. (id., 109)

TENEBRE Si possono considerare le t. in un senso superiore come ci che aldil della


manifestazione luminosa e, in senso inferiore, come l'assenza o la privazione della luce nel
manifestato e cio qualcosa di puramente negativo. (Stati, 1931, 41, n. 2) Il senso inferiore
delle t. di ordine cosmologico, mentre quello superiore di ordine propriamente
metafisico. (In., 1952, 257)

TENTAZIONE L'attaccamento alla molteplicit , in un certo senso, la t. che, nella


Bibbia, fa assaggiare all'essere il frutto dell'Albero della Scienza del Bene e del Male, cio la
conoscenza duale e distintiva delle cose contingenti, lo allontana dall'Unit Centrale
originale e gli impedisce di raggiungere il frutto dell'Albero della Vita. (Ap. I.T., 1975, 51)

TEOLOGIA La t. in un certo senso pi vicina alla metafisica di quanto non lo siano le


varie scienze e pi delicata si presenta l'opera di distinzione tra essa e la metafisica. (Int.,
1921, 182)

TEOLOGICO Punto di vista t. Il p. di v.t. nient'altro che una particolarizzazione della


prospettiva metafisica, un adattamento il cui modo determinato dalla natura delle
esigenze alle quali deve rispondere, esigenze speciali che in fondo sono la sua unica ragion
d'essere. (Int., 1921, 105) Verit t. Ogni v.t. potr, mediante una trasposizione che la
svincoli dalla sua forma specifica, essere ricondotta alla verit metafisica corrispondente,
della quale una specie di traduzione, senza tuttavia che esista equivalenza effettiva tra i
due ordini di concezione. (Int., 1921, 106)

TEORICA Conoscenza t. La c.t., ancora indiretta ed in certo qual modo simbolica, non
che una preparazione, indispensabile del resto, alla vera conoscenza. (Met., 1939, 9)

TEOSOFIA Prima della creazione della Societ Teosofica, il vocabolo t. serviva di


denominazione comune a dottrine assai diverse, ma tuttavia appartenenti ad un medesimo
tipo o, almeno, procedenti da un medesimo insieme di tendenze. Esse erano concezioni pi
o meno strettamente esoteriche, d'ispirazione religiosa o mistica, e rifacentesi ad una
tradizione occidentale, la cui base era sempre, sotto una forma o l'altra, il Cristianesimo.
(Thos., 1921, 7-8)

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

TEOSOFICO Societ T. La S.T., di cui la fondatrice seppe mettere insieme, grazie allo
strano ascendente da lei esercitato su coloro che la circondavano, la pseudodottrina del
Teosofismo, nata in America e, pur spacciandosi per internazionale, divenuta, almeno
nella sua direzione, esclusivamente inglese. (Int., 1921, 282) L'organizzazione che si intitola
S.T. non si riattacca ad alcuna dottrina esoterica. Le teorie pi o meno coscienti esposte e
sostenute dai capi della S.T. non hanno tale carattere, a parte la pretesa all'esoterismo.
(Thos., 1921, 8). Tra la dottrina della S.T. e la teosofia nel vero senso della parola, non vi
alcuna filiazione, neppure semplicemente ideale. (id., 9) Le dottrine, del tutto moderne, che
professa la S.T. sono differenti, sotto ogni rapporto, da quelle alle quali legittimamente si d
il nome di teosofia. (id., 10) La S.T. nacque il 17 novembre 1875 a New York. (id., 27) Nel
1882, la sede centrale della S.T. fu portata a Adyar, presso Madras, e l ancor oggi si trova.
(id., 44) Ovunque e ad ogni epoca, molte persone che erano imprudentemente entrate nella
S.T. se ne distaccarono quando furono sufficientemente edotti sul conto dei suoi capi o sul
valore dei suoi insegnamenti. (id., 49) La S.T. pretende di avere una dottrina. (id., 102) Non
bisogna peraltro dimenticare che i fondatori della S.T. avevano cominciato a fare
professione di spiritismo e dallo spiritismo sono pi tardi venuti altri teosofisti di marca.
(id., 133) La S.T. pu essere vista come una societ segreta e la sua sola divisione in
sezione esoterica e sezione exoterica ne sarebbe gi una prova sufficiente. (id., 149)
All'origine vi erano molti massoni nella S.T. ed attorno ad essa; del resto l'ideale di
fraternit universale la cui realizzazione la S.T. presenta come il primo dei suoi scopi le
comune colla Massoneria. (id., 243) Abbiamo gi segnalato l'esistenza di molti gruppi
ausiliari che permettono alla S.T. di penetrare ed agire negli ambienti pi differenti. (id.,
253) Nell'attivit esteriore della S.T. occupano un posto considerevole le opere educative,
senza parlare dei collegi e delle scuole. (id., 257) Se ci si riferisce alla lista delle
organizzazioni ausiliarie della S.T. facile rendersi conto che il loro scopo dichiarato si
riattacca quasi esclusivamente ad un certo numero di idee direttrici a base sentimentale:
umanitarismo, pacifismo, antialcolismo, vegetarismo, le quali sono particolarmente care
alla mentalit moralistica del Protestantesimo. (id., 269)

TEOSOFISMO Tra le pseudo-dottrine orientali che esercitano il loro nefasto influsso su


settori pi o meno estesi della mentalit occidentale, ve ne una che di orientale ha solo la
forma esteriore sotto cui si presenta: il T. (Int., 1921, 281) Questa pseudo-dottrina si
present inizialmente sotto la forma di un Buddhismo esoterico ; ultimamente si fa
passare per Cristianesimo esoterico (id., 282) Quello che a prima vista caratterizza il T.
l'uso di una terminologia sanscrita nel quale le parole sono spesso assunte in un senso
lontanissimo da quello che hanno in realt. Il T. compenetrato della sentimentalit tipica
degli Occidentali e per vedere fino a che punto si spinga il moralismo e lo
pseudomisticismo basta aprire uno qualsiasi dei libri in cui sono esposte le sue concezioni.
(id., 283) Il T. attribuisce un'importanza notevole all'idea di evoluzione e associa a tale
idea quella spiritistica della reincarnazione (id., 284) Un inconveniente che speciale al

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

T. quello di discreditare lo studio delle dottrine orientali e di stornare da esse molti spiriti
seri, nonch di dare agli Orientali la peggiore idea dell'intellettualit occidentale. (Thos.
1921, 123) Il T. nulla rappresenta in fatto di pensiero orientale autentico. (id., 124) Dopo la
morte della Blavatsky nel T. perse di importanza l'aspetto dottrinale a vantaggio di quello
morale e sentimentale. (id., 267) Il T. doveva, presto o tardi, per rivaleggiare colle religioni,
presentarsi come una setta religiosa e questa setta doveva per forza avere delle tendenza
analoghe alle sette protestanti: fu ci che si produsse effettivamente e queste tendenze
ebbero nella preponderanza del moralismo una delle pi significative manifestazioni. (id.,
1921, 269) Del resto noi troviamo ancora un'analogia tra il T. ed il Protestantesimo (e
soprattutto nel Protestantesimo liberale ) nel fatto di sostituire una vaga religiosit alla
religione, facendo predominare gli elementi sentimentali sull'intellettualit, al punto di
arrivare ad eliminarla pressoch interamente. (id., 276) Se si esaminano i metodi che il T.
usa per la sua diffusione, facile vedere che essi sono identici a quelli usati dalle sette
protestanti. (id., 277) Questa identit di tendenze e metodi spiegabile coll'origine
protestante dei capi del T. e della maggioranza dei suoi aderenti. (id., 278) In fondo,
l'atteggiamento del T. verso le sette protestanti non differisce sensibilmente da quello che le
differenti sette hanno tra di loro ed perci che gli Ind vedono il T. come una nuova setta
protestante. Del resto noi abbiamo conosciuto gente che era passata da una setta
protestante all'altra e da l erano venute al T. (id., 279) A quanti sono sprovvisti di partito
preso il T. apparir probabilmente pi uno scherzo di cattivo gusto che una cosa seria; ma
esso, disgraziatamente, lungi dall'essere inoffensivo, ha fatto molte vittime e continua a
farne ogni giorno di pi. (id., 303)

TEOSOFISTA Dottrina t. Noi abbiamo detto all'inizio che non vi propriamente da


parlare di d.t. e ci si pu gi rendersene conto da alcuni esempi di variazioni e di
contraddizioni sia da parte della Blavatsky che tra ella ed i suoi successori. (Thos., 1921,
102) Il cosiddetto sistema religioso particolare che costituisce la d.t. e che viene
presentato come l' essenza stessa di tutte le religioni e delle verit assoluta porta il
marchio visibilissimo delle fonti molteplici e discordanti dal quale stato tratto. (id., 103).
Se si considera nel suo insieme la cosiddetta d.t., si comprende subito che l'idea di
evoluzione ne costituisce il punto centrale. (id., 109). Mentalit t. L'importante,
quando ci si vuole rendere conto della m.t.t. di vedere quanto il carattere consolante
contribuisce a fare accettare delle teorie come quelle del Karma e della reincarnazione,
indipendentemente da ogni giustificazione logica. (Thos., 1921, 269) Propaganda t. n
tipo di p.t. si esercita negli ambienti artistici e letterari. (Thos., 1921, 262) La disposizione
di fondi considerevoli d alla p.t. una forza reale e che sarebbe vano contestare. (id., 263)

TEOSOFISTI Dal momento che i t. sono evoluzionisti, essi non sono ci che pretendono
di essere ed il loro sistema non pu avere per base la pi antica filosofia del mondo .
(Thos., 1921, 109) Le concezioni dei t. non sono in fondo che una caricatura delle teorie

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

ind dei cicli cosmici , la quale non ha nulla di evoluzionista; in pi i suoi numeri sono
essenzialmente simbolici e prenderli alla lettera solo l'effetto di una grossolana ignoranza,
di cui i t., d'altronde, non sono i soli a dar prova. (id., 112) I t. sono animati da un ardente
spirito di propaganda ed in ci si rivelano occidentali, malgrado le loro pretese contrarie,
poich il proselitismo ripugna profondamente alla mentalit orientale ed i loro metodi di
infiltrazione ricordano stranamente quelli che sono comuni a molte sette protestanti. (id.,
253)

TERNARIO Il T. la prima manifestazione dell'Unit, poich due, essendo scaturito da


uno, non pu esistere senza il tre. (Mel., 1976, 61)

TERRA La t. corrisponde alla modalit corporale pi condensata di tutte ed in questo


elemento troviamo al suo pi alto la gravit, la quale si manifesta nella discesa e nella
caduta dei corpi. (Hind., 1965, 67)

TERRESTRE Mondo t. Dante, per potersi elevare ai Cieli, doveva porsi in primo luogo
in un punto che fosse veramente il centro del m.t. (Dante., 1925, 68) Paradiso T. Al
principio dei tempi, vale a dire del ciclo attuale, il P.T. stato reso inaccessibile in seguito
alla caduta dell'uomo. (Dante, 1925, 70) Il P.T. rappresenta propriamente il Centro del
Mondo. (Re, 1927, 40) Secondo vari Padri della Chiesa, ed in particolare Sant'Agostino, il
diluvio non ha potuto raggiungere il P.T. il cui vertice tocca la sfera lunare vale a dire si
trova aldil del dominio del cambiamento. (id., 41) Il P.T. una tappa lungo la via che
conduce al Paradiso Celeste. (Aut., 1929, 126) Nel P.T. della Genesi non vi era solo l'Albero
della Vita, ma un altro albero ha una parte non meno importante, e in genere pi nota: si
tratta dell'Albero della Scienza del Bene e del Male. (Croce, 1931, 88) Nel P.T. della Bibbia,
dal suo centro, cio dalla base stessa dell'Albero della Vita, partono i quattro fiumi che si
dirigono verso i quattro punti cardinali, disegnando cos la croce orizzontale sul piano che
corrisponde al dominio dello stato umano. (id., 95)

TESSITURA Il simbolismo della t. impiegato per rappresentare il mondo o, pi


esattamente, l'insieme di tutti i mondi, cio l'insieme degli stati o gradi che, in moltitudine
indefinita, costituiscono l'Esistenza universale. (Croce, 1931, 122)

TOLLERANZA Quello che gli Occidentali moderni gratificano dell'appellativo di t. in


realt altro non che indifferenza alla Verit, cio qualcosa che si pu concepire solo dove
l'intellettualit completamente assente. (In., 1952, 150)

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TOTALE Conoscenza T. Essendo la C.T. adeguata alla Possibilit universale, non vi


nulla che sia inconoscibile. (Stati, 1931, 125) Essere T. Nella raffigurazione spaziale
dell'E.T. indubbiamente vero che qualsiasi punto, prima della determinazione, in
potenza, centro dell'essere che lo spazio in cui situato rappresenta, ma altrettanto vero
che lo solo in potenza e virtualmente, fino a quando il centro non sia effettivamente
determinato. (Croce, 1931, 216) Possibilit T. Ogni possibilit particolare non che un
elemento della P.T. (Croce, 1931, 116) Nell'Universo non possono esservi due possibilit
identiche: ci implicherebbe infatti una limitazione della P.T. (id., 130)

TRADIZIONALE L'intervento di un elemento non-umano pu in modo generale


definire tutto ci che autenticamente t. (Cons., 1946, 41) Arte t. Le opere dell'a.t., ad
esempio quella medievale, sono generalmente anonime. (Regno, 1945, 80) Civilt t. In
una c.t. i principi non vengono mai persi di vista e non vi che da applicarli, direttamente o
indirettamente, in un campo o nell'altro. (Int., 1921, 163) Ci a cui attribuiamo il nome di c.t.
una civilt che si fonda su dei principi nel senso vero della parola, una civilt cio in cui la
sfera intellettuale domina tutte le altre e dalla quale tutto procede direttamente. (Or. Occ.,
1924, 163) Concezione t. Nella c.t. ciascuno deve normalmente svolgere la funzione cui
destinato dalla sua stessa natura, con le attitudini che questa essenzialmente implica, e
non pu svolgerne un'altra, senza che ci rappresenti un grave disordine che avr una
ripercussione su tutta l'organizzazione sociale di cui egli fa parte. (Regno, 1945, 75)
Conoscenza t. Tutto ci che ispirato dalla c.t. procede sempre dall'interno e non
dall'esterno . (Cons., 1946, 69) La verit che quanto rappresenta una c.t. di ordine
realmente profondo diviene sempre pi inaccessibile e ci ovunque, davanti all'invadenza
dello spirito moderno e profano. (Mel., 1978, 144) Dati t. I d.t. che qui abbiamo potuto
indicare solo in sintesi, danno luogo a prospettive assai diverse dai vari saggi di filosofia
della storia , cui si danno i moderni, e di ben altra vastit e profondit. (Crisi, 1927, 27).
Dottrina - e t. Le d.t. non sono mai state propriet di questo o di quell'individuo e le
peculiarit di coloro che le hanno esposte e interpretate hanno un'importanza quanto mai
secondaria. (Int., 1921, 42). L'unit della d.t. fornisce la guida pi sicura per impedire alle
divagazioni individuali di espandersi liberamente. (id., 163) Nell'unit essenziale di una
stessa d.t. possono coesistere una molteplicit di punti di vista che non compromettono
punto l'unit in questione. (id., 199). In virt dell'universalit dei principi, tutte le d.t.
hanno un'identica essenza. (Or. Occ., 1924, 211) Se lo studio delle diverse d.t. ha una
grandissima importanza, proprio perch permette di constatare la concordanza da noi
affermata. (id., 214-215) Una d.t. che non considera le cose dallo stesso punto di vista delle
religioni occidentali, riconosce tuttavia l'esistenza degli stati che sono pi specialmente
rilevati da queste ultime. (Ved., 1925, 196) Chi qualificato per parlare in nome di una d.t.
non deve discutere con i profani e non deve indulgere in una qualsiasi polemica. (Crisi,
1927, 98) La d.t., quando completa, ha possibilit realmente illimitate in virt della sua
stessa essenza; essa dunque sufficientemente estesa da comprendere nella sua ortodossia
tutti gli aspetti della Verit, ma non pu evidentemente ammettere nient'altro che questi.

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(In., 1952, 149) Carattere comune a tutte le d.t. quello di contenere in esse stesse, sin
dall'origine, le possibilit di tutti i concepibili sviluppi, ivi compresa quella di un'indefinita
variet di scienze. (Ap. I.T., 1975, 106) Forma-e t. Non solo la molteplicit delle dottrine
tradizionali implica nessun inconveniente, ma, al contrario, presenta dei vantaggi sicuri;
pur essendo tutte le f.t. pienamente equivalenti, ognuna di esse ha la sua ragion d'essere,
non fosse altro perch pi appropriata d'ogni altra alle condizioni di un determinato
ambiente. (Or. Occ., 1924, 218) Del resto, anche se la coscienza della tradizione integrale
fosse completamente scomparsa, qualsiasi f.t. costituita in modo regolare manterrebbe
sempre, per mezzo della conservazione della lettera, al riparo di ogni alterazione, la
possibilit della propria restaurazione, la quale si potr realizzare se un giorno, fra i
rappresentanti della f.t. in questione, si incontreranno uomini con le attitudini intellettuali
richieste. (Aut., 1929, 70) Le f.t. possono essere paragonate a vie che conducono tutte ad
uno stesso scopo, ma che, quando si ingaggiati in una di esse, conviene seguirla fino in
fondo; voler passare da una f.t. all'altra sarebbe proprio il mezzo migliore per non avanzare
in realt, se non per rischiare di smarrirsi del tutto. (Cons., 1946, 77) Le f.t., per chi oltre la
loro diversit, non hanno pi il carattere di vie o di mezzi, poich non ne ha pi bisogno, ed
esse non sussistono che come espressioni della Verit Una. In effetti, colui che considera
tutte le forme nell'unit stessa del loro principio, ne ha una veduta essenzialmente sintetica,
nel senso pi rigido del termine. (id., 72) Le f.t. corrispondenti ai centri secondari sono dei
sostituti pi o meno velati della Tradizione Primordiale perduta, o piuttosto nascosta,
sostituti adattati alle condizioni delle differenti et successive. (Mac., 1964, II, 27-28)
Insegnamento t. L'i.t., per potere produrre in pieno il suo effetto, deve sempre adattarsi
alle possibilit intellettuali di coloro ai quali si rivolge. (Int., 1921, 253) I modi dell'i.t., che
fanno di esso un insegnamento iniziatico, si oppongono a qualsiasi diffusione sconsiderata,
pi nuova che utile agli occhi di chi non si lasci trarre in inganno dalle apparenze. (id., 254)
Alla diffusione sconsiderata di qualunque conoscenza, la quale pi dannosa che utile,
poich in generale pu soltanto provocare uno stato di disordine e di anarchia, si
oppongono i metodi dell'i.t. (Or. Occ., 1924, 67) Istituzioni t. Tutte le i.t. poggiano sugli
stessi fondamenti naturali e differiscono soltanto per gli adattamenti resi necessari dai
luoghi e dalle epoche. (Aut., 1929, 102) Logica t. Il punto di vista della l.t. non
corrisponde a quello della logica filosofica moderna. (Int., 1921, 248) Ordine t. Tutto
ci che di o.t. implica essenzialmente un elemento sovrumano (In., 1952, 44)
Organizzazione t. Aldifuori del riallacciamento ad un'o.t. non vi iniziazione. (In., 1952,
30) Punto di vista t. Il fatto che ad un certo momento le cose sfuggano al p. di v.t., o
vengano considerate come profane, che poi la stessa cosa, un segno evidente del
prodursi di un processo di degenerazione. (In., 1952, 101) Scienza-e t. Ogni civilt ha le
sue s.t., poich qui non siamo pi nell'ordine dei principi universali, cui si riferisce solo la
metafisica pura, ma nell'ordine degli adattamenti. (Crisi, 1927, 68) Per le s.t., si tratta di
conseguenze indubitabili tratte da verit conosciute intuitivamente e superrazionalmente,
quindi in modo infallibile, nell'ordine metafisico. (id., 73) Le s.t. del Medioevo erano
riservate ad un'lite pi o meno ristretta ed alcune di esse erano perfino la prerogativa
esclusiva di scuole assai chiuse. (id., 89) Lo sviluppo definitivo delle s.t. di fatto

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determinato dalle condizioni proprie ad una particolare epoca ed naturale che le pi


contingenti si sviluppino in un'epoca in cui l'umanit pi lontana dall'intellettualit pura.
(Hind., 1965, 83-84) Le s.t. possono sempre servire da supporto per elevarsi ad una
conoscenza di ordine superiore ed questo a conferire loro un valore dottrinale. (id., 84) Lo
sviluppo di una s.t. in una determinata epoca non costituisce un'apparizione spontanea o
un'innovazione, bens un'applicazione di principio, dunque di un qualcosa avente in ci
una preesistenza almeno implicita. (id., 92) Scritto t. In via generale uno s.t. non ,
nella maggior parte dei casi, che la fissazione relativamente recente di un insegnamento che
agli inizi era stato trasmesso oralmente. (Int., 1921, 46) Simboli t. Non si conoscono
inventori per i s.t. (Cons., 1946, 82) Spirito t. D'altronde, per possedere lo s.t. nella sua
pienezza, bisogna gi essere penetrati, nel dominio dei principi, almeno di quel tanto che
permette di ricevere quella direzione interiore da cui non si potr mai pi deviare. (Or.
Occ., 1924, 183-184) L'origine dello s.t. si confonde invero con quella della stessa umanit,
perch esso lo spirito che ha informato tutte le civilt da noi pi o meno completamente
conosciute, eccetto la civilt occidentale moderna. (Crisi, 1927, 44) Il vero s.t., quale sia la
forma da esso rivestito, in fondo sempre ed ovunque lo stesso. (id., 52) Lo s.t. implica
essenzialmente la conoscenza reale della Tradizione, anzi con questa non fa che una cosa
sola. (Regno, 1945, 254) Vi incompatibilit di ogni spiegazione umanista con lo s.t.,
incompatibilit in fondo evidente, poich il non tener conto dell'elemento non-umano
propriamente disconoscere ci che l'essenza stessa della Tradizione. (Cons., 1946, 68)
Stabilit t. Non bisogna credere che la s.t. giunga al punto di escludere ogni
modificazione; essa riduce per la modificazione a non essere nient'altro che un
adattamento alle circostanze. (Or. Occ., 1924, 81) Ternario t. Le confusioni e le false
interpretazioni che generalmente hanno corso in Occidente provengono soprattutto dal
fatto che si vuole trovare in ogni t.t. un equivalente pi o meno esatto della Trinit
Cristiana. (Triade, 1945, 11)

TRADIZIONALISMO Disgraziatamente il t. cosa ben diversa dal vero spirito


tradizionale: come tanti casi ce lo mostrano di fatto, esso pu ridursi ad una vera
tendenzialit, ad una aspirazione pi o meno vaga non presupponente nessuna conoscenza
reale. (Crisi, 1927, 45)

TRADIZIONALISTA-I I t. sono animati semplicemente da una sorta di tendenza o di


aspirazione verso la Tradizione, senza che abbiano nessuna conoscenza reale di
quest'ultima. (Regno, 1945, 253-254) Ogni t. d'intenzione deve normalmente affermarsi
antimoderno ma non che con ci egli non possa essere, a propria insaputa, meno
contaminato dalle idee moderne sotto qualcuna delle loro forme pi o meno attenuate. (id.,
257)

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TRADIZIONE La T., lungi dall'essere un ostacolo agli adattamenti che le circostanze


esigono, ha sempre fornito il principio adeguato di tutti quelli che si sono rivelati necessari.
(Or. Occ., 1924, 227) La T. ammette tutti gli aspetti della verit, non opponendosi a nessun
adattamento legittimo. (id., 235) La T., nella sua integralit, forma un insieme perfettamente
coerente, ci che non significa sistematico. (Ved., 1925, 18) Nella confusione mentale
caratterizzante l'epoca nostra si infatti giunti ad applicare indistintamente questa parola
T. ad ogni sorta di cose, a cose spesso insignificanti, a semplici costumi privi di ogni portata
e spesso di origine affatto recente. (Crisi, 1927, 50) L'origine della T., se pure la parola
origine ha ancora in simili casi una ragion d'essere, non-umana come la metafisica stessa.
(Met., 1939, 20) L'idea di T. stata a tal punto distrutta che coloro i quali aspirano a
ritrovarla non sanno pi da quale parte dirigersi e sono pronti ad accogliere tutte le false
idee che saranno presentate loro in sua vece e sotto il suo nome. (Regno, 1945, 253) Tutti gli
impieghi abusivi della parola T. possono, in proporzioni variabili, servire a questo scopo, a
cominciare dal pi volgare di tutti, quello che la fa sinonimo di costume e di uso. (id., 254) Il
nome di T. si applica a ci che, nel suo fondo stesso, restato tale quale era all'origine; si
tratta dunque effettivamente di qualche cosa che stato trasmesso, se si pu dire, da uno
stato anteriore dell'umanit allo stato suo presente. (Cons., 1946, 88) La T. comprende non
solo tutto quello che vale di essere trasmesso, ma anche che veramente pu esserlo, poich
il resto, ci che sprovvisto di carattere tradizionale e che di conseguenza cade nel punto di
vista profano, tanto dominato dal cambiamento che ogni trasmissione ridiventa ben
presto un anacronismo puro e semplice, o una superstizione nel senso etimologico della
parola. (id., 90) Pur attraverso ogni successivo adattamento, la T. non pu che affermare di
diritto, se non di fatto, che il suo punto di vista realmente valido per tutte le cose, e che la
sua sfera di applicazione le comprende tutte in egual misura. (Int., 1952, 102)

TRADIZIONE-I Ogni t. va considerata nella sua integralit e non il caso di chiedersi


che cosa in essa sia primitivo o no, dato che si tratta di un insieme perfettamente coerente e
nel quale tutti gli impliciti punti di vista possono essere considerati tanto simultaneamente
quanto successivamente. (Int., 1921, 160) L'unit essenziale e fondamentale di tutte le t.
permette spesso, grazie ad un uso sensato dell'analogia e tenuto conto della diversit degli
adattamenti, di interpretare le concezioni a cui si ricollegano originariamente le usanze
prima di essere ridotte al rango di superstizioni . (id., 277) Ci che in ogni t. pi elevato
pu essere nello stesso tempo ci che pi facilmente afferrabile e assimilabile,
indipendentemente da ogni considerazione di razza o di epoca ed alla sola condizione di
una sufficiente capacit di comprensione. (Or. Occ., 1924, 168) Una t. completa pu
comprendere aspetti complementari e sovrapposti, i quali, riferendosi a domini
essenzialmente distinti, non possono essere in contraddizione, n entrare in conflitto l'uno
con l'altro. (id., 181-182) Due t. vere non possono in nessun caso opporsi come
contraddittorie. (id., 211) In ogni caso se tra due t. si scopre una contraddizione apparente
occorre trarne la conclusione, non che una vera e l'altra falsa, ma che almeno una di esse
stata compresa in modo imperfetto. (id., 212) Se un'intesa tra i rappresentanti delle

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diverse t. possibile, e noi sappiamo che in linea di principio nulla vi si oppone, essa non
potr venir realizzata che dall'alto, di modo che ciascuna t. conserver sempre
integralmente la propria indipendenza e con essa le forme che le sono proprie. (id., 214)
Ogni t. contiene, sin dall'origine, tutta intera la dottrina, comprendendo in principio la
totalit degli sviluppi e degli adattamenti che potranno legittimamente procederne nel
corso dei tempi, cos come le applicazioni cui essa pu dar luogo in tutti i domini. (Regno,
1945, 98)

TRAMA Nella tessitura i fili della t. rappresentano, passando tra quelli dell'ordito
mediante l'andirivieni della spola, l'elemento variabile e contingente, cio le applicazioni
del principio a questa o quella condizione particolare. (Croce, 1931, 120) I fili della t.,
considerati da un certo punto di vista, costituiscono il commento al Libro Sacro per
eccellenza, nel senso che rappresentano le applicazioni concernenti i diversi stati. (id., 123)
La t. raffigura l'insieme degli avvenimenti che si producono in ciascuno dei mondi, essendo
ogni filo di essa il simbolo dello svolgersi di questi avvenimenti in un mondo determinato.
(id., 125)

TRASCENDENTE Uomo T. L'U.T. non pi un uomo, avendo oltrepassato l'umanit


ed essendo completamente affrancato dalle sue condizioni specifiche. (Croce, 1931, 209)
L'U.T. corrisponde al termine dei Grandi Misteri. (Triade, 1945, 115)

TRASFORMAZIONE La t., intesa nel suo vero significato, quella che implica il
ritorno degli esseri in modificazione nell'Essere Immodificato , al di fuori ed aldil di tutte
le condizioni speciali che definiscono i gradi dell'Esistenza manifestata. (Croce, 1931, 205)
Ogni t. appare come una distruzione , se la si considera dal punto di vista della
manifestazione, un ritorno allo stato principiale. (In., 1952, 241)

TRASMIGRAZIONE La t. il passaggio dell'essere ad altri stati di esistenza, definiti da


condizioni totalmente differenti da quelle alle quali soggetta l'individualit umana. (Spir.,
1923, 205) Quando si parla di t. si intende essenzialmente cambiamento di stati. la
dottrina vera della t., intesa nel senso che le attribuisce la metafisica pura, a consentire la
confutazione assoluta e definitiva dell'idea della reincarnazione. (id., 206)

TRASMUTAZIONE La t. non che un cambiamento di stato, all'interno del dominio


formale od anche, pi semplicemente, un cambiamento di modalit all'interno del dominio
individuale umano; con questa t. ritorniamo dunque ai Piccoli Misteri. (Cons., 1946, 35.1)

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

TRENTATR Il t. il numero degli anni della vita terrestre del Cristo. (Dante, 1925, 57)

TLA Per quel che concerne la Contrada Suprema, vi il nome di T., probabilmente
molto pi antico di quello di Paradsha. (Re, 1927, 79) Bisogna distinguere la T. atlantidea
dalla T. iperborea ed quest'ultima che, in realt, rappresenta il Centro Supremo per
l'assieme del Manvatara. (id., 80) T. chiamata l'Isola Bianca e questo colore simbolo
dell'autorit spirituale. (id., 81)

TUTTO Se consideriamo il T. in senso universale ed assoluto, chiaro che esso non pu


essere in alcun modo limitato, poich quanto potrebbe limitarlo dovrebbe essere esteriore
ad esso e, se ci accadesse, non si tratterebbe allora del T. (Stati, 1931, 21) Ci che bisogna
evitare di concepire il T. come una somma aritmetica, ottenuta coll'addizione delle sue
parti prese una ad una e successivamente. (id., 21, n. 3)

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

-U-

UCCELLI Gli u. sono presi di frequente come simbolo degli angeli, vale a dire degli stati
superiori. (Simb., 1962, 56) Lingua degli u. La l. degli u. potremmo chiamarla anche
Lingua Angelica e la sua immagine nel mondo umano il linguaggio ritmato. (Simb., 1962,
58)

UGUAGLIANZA Il chimerico pregiudizio dell'u. va contro i fatti pi evidenti, tanto


nella sfera intellettuale quanto nella sfera fisica; la negazione di ogni gerarchia naturale,
l'abbassamento di ogni conoscenza al livello della comprensione limitata della massa. (Or.
Occ., 1924, 66) D'altra parte l'u., cos cara agli Occidentali, si riduce appena essi escono da
casa loro, alla sola uniformit; il rimanente di ci che essa implica non articolo
d'esportazione e non riguarda che i rapporti degli Occidentali tra di loro, poich essi
credono di essere incomparabilmente superiori a tutti gli uomini, tra i quali non fanno
nessuna distinzione. (id., 70)

UMANESIMO L'U. gi una prima forma di quello che sar il laicismo contemporaneo.
(Crisi, 1927, 37) Dire U. significa dire la pretesa di tutto ricondurre ad elementi puramente
umani e, di conseguenza, esclusione di tutto ci che sovraindividuale. (Regno, 1945, 235)

UMANIT L'u., dal punto di vista cosmico, ha realmente una funzione centrale in
relazione al grado di esistenza a cui appartiene, ma, beninteso, soltanto rispetto a quello e
non all'insieme dell'Esistenza Universale, in cui tale grado non che uno qualsiasi tra
un'indefinita moltitudine n di altri. (Croce, 1931, 207)

UMANITARISMO Del resto l'u., con tutte le sue chimeriche idee, spesso non che una
maschera di interessi materiali imposta dall'ipocrisia moralistica. (Or. Occ., 1924, 135) L'u.,
che in certi ambienti ancora cos alla moda, non merita certo di essere preso sul serio.
(Crisi, 1927, 127)

UMANO Essere u. L'e.u., considerato nella sua integralit, comporta un certo insieme
di possibilit che costituiscono la sua modalit corporea o grossolana, nonch una
moltitudine di altre possibilit che, prolungandosi in diversi sensi di l da questa,
costituiscono le sue modalit sottili. (Ved., 1925, 43) La natura individuale di un e.u. la
risultante dell'incontro dei due fili dell'ordito e della trama. (Croce, 1931, 125) A causa della
limitazione delle facolt dell'e.u. e quelle che riguardano esclusivamente la modalit
corporea, l'e.u. diviene incapace di uscire dal mondo sensibile. (Regno, 1945, 143) Guru

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

u. Il G.u. la rappresentazione esteriorizzata e come materializzata del vero Guru


interiore. (In., 1952, 174) Individualit u. L'i.u. contemporaneamente molto pi e
molto meno di quello che la credono ordinariamente gli Occidentali: molto di pi perch
essi ne conoscono semplicemente la modalit corporea, ma molto meno perch essa lungi
dal rappresentare l'Essere Totale, non ne che uno stato, fra una serie indefinita di altri
stati. (Ved., 1925, 43) possibile, in verit, considerare in un certo senso, e per lo meno in
certi casi, un prolungamento indefinito dell'i.u., che bisogner necessariamente riferire alle
modalit sottili, cio extracorporee, di questa individualit. (id., 150) L'i.u. non pu avere
una posizione privilegiata e fuori serie , nella gerarchia indefinita degli stati dell'Essere
Totale. (Croce, 1937, 203) Il principio psichico che caratterizza l'i.u. possiede una doppia
natura: oltre all'elemento mentale propriamente detto, comprende anche l'elemento
sentimentale che, pur avendo le sue radici nell'ambito della coscienza individuale,
separato dall'intelletto ancor pi profondamente ed anche pi legato alle condizioni
organiche, quindi pi prossimo al mondo corporeo o sensibile. (Stati, 1931, 80) Individuo
u. Ogni i.u., come del resto qualunque manifestazione di un essere in uno stato qualsiasi,
ha in se stesso la possibilit di farsi centro in rapporto all'essere totale. (Croce, 1931, 208)
Stato individuale u. Se consideriamo tutti gli stati d'essere nei rapporti collo s.i.u.,
possiamo classificarli in pre-umani e post-umani . (Stati, 1931, 87) Stato u. Lo
s.u., parimenti ad ogni stato individuale, appartiene interamente all'ordine della
manifestazione formale, poich la forma che lo caratterizza come individuale. (Ved., 1925,
74) Lo s.u. deve dapprima essere condotto alla pienezza della sua espansione, per la
realizzazione integrale delle possibilit proprie. (Dante, 1925, 51) Quanto al caso particolare
dell'uomo, la sua individualit attuale, che costituisce propriamente lo s.u., solo uno stato
di manifestazione tra un'indefinita di altri, che si debbono concepire tutti come egualmente
possibili, anche se non effettivamente realizzati dall'essere. (Croce, 1931, 26) Nel caso dello
s.u., la modalit corporea corrisponde al dominio della manifestazione grossolana o
sensibile, mentre le altre modalit appartengono a quello della manifestazione sottile. (id.,
106) Nello s.u. si trova l'essere che, partendo da esso, deve prendere possesso degli stati
superiori. (Met., 1939, 11)

UMILT La mania occidentale dell'u. per un'u. del tutto laica democratica in perfetto
accordo con un'ideale consistente non nell'elevare l'inferiore nella misura di cui capace,
ma invece nell'abbassare il superiore al suo livello. (Cons., 1946, 307) L'u. ha carattere
sentimentale ed individuale. (In., 1952, 135)

UNDICI Il numero u. rappresentava una parte considerevole nel simbolismo di certe


organizzazioni iniziatiche. (Dante, 1925, 57) Le divisioni della Divina Commedia dove il
numero u. appariva pi chiaramente dovevano essere rese meno visibili, in modo da poter
soltanto essere ritrovate da coloro i quali ne avessero conosciuto la ragion d'essere ed il
significato. (id., 59)

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

UNICO Principio u. Nel Cristianesimo il riconoscimento del p.u. persiste tuttora, per
lo meno in teoria, e si afferma nella considerazione delle due funzioni, sacerdotale e regale,
come inscindibili l'una dall'altra nella persona stessa del Cristo. (Aut., 1929, 63)

UNIFORMISMO Non meno facile sarebbe mettere in rilievo tutte le conseguenze


assurde che derivano dall'idea chimerica, in nome della quale si preteso imporre
dappertutto un completo u. (Crisi, 1927, 103)

UNIFORMIT L'u., per essere possibile, supporrebbe esservi sprovvista di qualsiasi


qualit e ridotti a semplici unit numeriche. (Regno, 1945, 67) La tendenza all'u., che la si
applichi al dominio naturale o al dominio umano, conduce ad ammettere, ed in certo
qual modo a stabilire come principio, che esistono ripetizioni di fenomeni identici, la
qualcosa, in virt del principio degli indiscernibili , pura e semplice impossibilit. (id.,
88) La tendenza all'u. viene interpretata, da chi ne influenzato, come uno sforzo di
unificazione mentre in realt si tratta di un'unificazione a rovescio. (id., 95)

UNIT La dottrina dell'U., cio l'affermazione che il Principio di ogni esistenza


essenzialmente uno, un punto fondamentale comune a tutte le tradizioni ortodosse. (Ap.
I.T., 1975, 37) La dottrina dell'U. unica , cio , dappertutto e sempre, la stessa,
invariabile come il Principio, indipendente dalle molteplicit e dal cambiamento, i quali
interessano solo della applicazioni di ordine contingente. Le forme tradizionali pi recenti
sono quelle che devono enunciare, nel modo pi apparente all'esterno, l'affermazione
dell'U. (id., 38) L'affermazione dell'U. dappertutto, ma, all'origine, esso non aveva alcun
bisogno di essere espressamente formulata per apparire come la pi evidente delle verit,
poich gli uomini erano allora troppo vicini al Principio per misconoscerla o perderla di
vista. Oggi, al contrario, si pu dire che la maggior parte di essi, tutti presi nella
molteplicit e perduta la conoscenza intuitiva delle verit di ordine superiore, non
pervengono che con pena alla comprensione dell'U. Diviene perci sempre pi necessario
nel caso della storia dell'umanit terrestre, formulare sempre pi nettamente ed
energicamente l'affermazione dell'U. (id., 39) I popoli occidentali, ed in particolare quelli
nordici, sono coloro i quali sembrano avere le maggiori difficolt a comprendere la dottrina
dell'U., essendo impegnati pi di tutti gli altri nel cambiamento e nella molteplicit. (id., 40)
Nei paesi ove il sole, col suo irradiamento intenso, assorbe, per cos dire, ogni cosa in lui,
facendola sparire come la molteplicit sparisce nell'U., l'U. diviene in qualche modo
sensibile ed il sole si impone qui come il simbolo per eccellenza del Principio. (id., 41) L
dove l'irradiamento solare trasforma ed assorbe le cose non si potrebbe trovare
un'immagine pi vera dell'U. che si dispiega esteriormente nella molteplicit, senza cessare
di essere essa stessa e senza essere influenzata. (id., 42)

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

UNIT L'u., il pi piccolo dei numeri se la si considera come posta nella loro
molteplicit, ma il pi grande in principio, poich li contiene tutti virtualmente e ne
produce l'intera serie con la sola ripetizione indefinita di se stessa. (Ved., 1925, 50-51)
Nell'ordine universale, l'u. sta al sommo della gerarchia, essendo il principio donde
procede ogni molteplicit. (Crisi, 1927, 110) L'u. non altro che lo Zero metafisico
affermato. (Stati, 1931, 41) Quando tutte le cose sono ricondotte all'u., questa appare in tutte
le cose, le quali, ben lungi dal cessare di esistere, vengono invece ad acquistare la pienezza
della realt. (Croce, 1931, 82) L'u. non un principio assoluto ed autosufficiente, ma deve
allo Zero metafisico la sua realt. (id., 52) L'u. l'affermazione dello Zero metafisico,
rappresentato dall'estensione illimitata, immagine dell'infinita Possibilit Universale. L'u.,
dal momento in cui si afferma, per farsi centro dal quale emaneranno, come dei raggi, le
manifestazioni indefinite dell'Essere, unita allo Zero che la conteneva in principio allo
stato di non-manifestazione. (Mel., 1976, 58-59)

UNIT L'uomo deve mirare, prima di tutto e costantemente, a realizzare l'u. in se stesso,
in tutto ci che lo costituisce, secondo tutte le modalit della sua manifestazione umana.
(Croce, 1931, 83) Per colui che ha conseguito in se stesso la realizzazione perfetta dell'u.,
essendosi esaurite tutte le opposizioni, cessa di conseguenza anche lo stato di guerra e non
vi pi che l'ordine assoluto, secondo la visione totale che aldil da tutti gli angoli visuali
particolari. Niente pu nuocere ad un tale essere, n in lui, n fuori di lui; l'u., attualizzata
interiormente, lo ad un tempo anche esteriormente, o, piuttosto, non vi pi n interno,
n esterno, stante che questa una di quelle opposizioni che ormai si sono cancellate al suo
sguardo. (id., 84) L'Albero della Vita, nella funzione di Asse del Mondo, implica
essenzialmente l'u. (id., 89) L'essere che vuole mettersi in comunicazione col Principio,
deve innanzitutto fare l'u. in se stesso, coll'armonizzazione e l'equilibrio di tutti i suoi
elementi, e deve pure isolarsi dalla molteplicit a lui esteriore. (Mel., 1976, 45)

UNIVERSALE La distinzione dell'u. dall'individuale non deve essere considerata una


correlazione, poich il secondo dei due termini, annullandosi rigorosamente di fronte al
primo, non gli potrebbe essere affatto opposto. (Ved., 1925, 40) L'u. l'informale,
comprendente nello stesso tempo, il non-manifestato e gli stati di manifestazione
sovraindividuali. (id., 41) Devono essere assimilati all'u. ci che gli Scolastici chiamano i
trascendentali , i quali oltrepassano precisamente tutti i generi e le stesse categorie. (id.,
44) Armonia U. Da un piano all'altro tutte le cose si concatenano e si
intercorrispondono, concorrendo nell'A.U. (Aut., 1929, 23) Ciclo U. Dobbiamo
insistere sul fatto che il movimento del C.U. necessariamente indipendente da qualsiasi
volont individuale, particolare o collettiva, volont in cui campo d'azione limitato
all'interno del suo ambito speciale e vincolata alle condizioni determinate di esistenza a cui
tale dominio soggetto. (Croce, 1931, 182) Esistenza U. L'insieme dei domini che

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comprendono tutte le modalit di una stessa individualit costituisce un grado dell'E.U.,


grado che, nella sua integralit, contiene un'indefinit di individui. Possiamo rappresentare
un grado dell'E.U. mediante un piano orizzontale, di estensione indefinita nelle due
dimensioni, le quali corrispondono alle due indefinit che ci interessa considerare. (Croce,
1931, 107) Ciascuno dei gradi dell'E.U. potr essere del pari rappresentato, in uno spazio a
tre dimensioni, da un piano orizzontale. (id., 108) Ciascun piano orizzontale, quando
rappresenta un grado dell'E.U., comprende tutto lo sviluppo di una possibilit particolare,
la cui manifestazione costituisce, nel suo insieme, ci che si pu chiamare un macrocosmo,
cio un mondo. (id., 116) Considerato l'Essere come principio della manifestazione, l'E.U.
sar la manifestazione integrale delle possibilit che l'Essere comporta. (Stati, 1931, 45)
Essere U. Se prendiamo in considerazione l'E.U., che il punto principiale rappresenta
nella sua indivisibile unit, possiamo dire che esso si polarizza in soggetto ed attributo
senza che la sua unit subisca la minima menomazione. (Croce, 1931, 142) Manifestazione
U. La M.U. pu essere riguardata sotto due aspetti differenti sinteticamente, a partire dai
principi da cui procede, e analiticamente nella distinzione dei suoi molteplici costitutivi.
(Int., 1921, 213) Ordine U. Nell'O.U. la somma di tutti gli squilibri particolari concorre
sempre all'equilibrio totale. (Int., 1921, 183) Possibilit u. La P.U. necessariamente
illimitata. (Stati, 1931, 122) Volere concepire la P.U. altrimenti che illimitata significa ridursi
a non concepirla del tutto; questo che rende, in fondo, tutti i sistemi filosofici occidentali
impotenti dal punto di vista metafisico. (id., 24) Il dominio della manifestazione, limitato
per il fatto stesso di essere un insieme di mondi, o di stati condizionati, non pu da solo
esaurire la P.U. nella sua totalit. (id., 29) La P.U. contiene necessariamente la totalit delle
possibilit e l'Essere ed il Non-Essere sono i due aspetti: l'Essere in quanto manifesta le
possibilit, il Non-Essere in quanto non le manifesta. (id., 36) La P.U., che comprende tutto,
non pu essere compresa da alcunch se non da se stessa ed essa comprende se stessa,
senza tuttavia che questa comprensione esista in un modo qualsiasi . (id., 124) La P.U.,
nella sua necessaria infinit, ha in s il posto per tutto quanto non un'impossibilit pura e
semplice. (Regno, 1924, 95) Suffragio u. Per creare l'illusione che il popolo si governi da
s si inventato il s.u.: l'opinione della maggioranza come presunto principio della legge.
(Crisi, 1927, 107) Uomo u. La realizzazione effettiva dei molteplici stati dell'essere
implicita nella concezione di ci che le diverse dottrine tradizionali, in particolare
l'esoterismo islamico, definiscono come l'U.U. (Croce, 1931, 27) La concezione dell'U.U.
potr essere applicata, in primo luogo e pi comunemente, all'insieme degli stati di
manifestazione, ma si potr renderla ancor pi universale coll'estenderla parimenti agli
stati di non-manifestazione. (id., 28) Si ha analogia, ma non similitudine, tra l'uomo
individuale e l'essere totale, incondizionato e trascendente rispetto a qualsiasi modo
particolare e determinato di esistenza, come pure rispetto all'Esistenza pura e semplice,
quell'essere totale cio che designano simbolicamente come l'U.U. (id., 30) L'U.U. non esiste
che virtualmente ed in un certo modo negativamente, come un archetipo ideale, fino a
quando la realizzazione effettiva dell'essere totale non gli abbia conferito un'esistenza
attuale e positiva. (id., 31) La realizzazione dell'U.U. viene simboleggiata, dalla maggior
parte delle dottrine tradizionali, con un segno che dapprtutto il medesimo: si tratta del

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

segno della Croce. (id., 33) L'esoterismo islamico insegna che l'U.U., nella sua
rappresentazione mediante al coppia Adamo-Eva, ha il numero di Allh, il che appunto
una espressione dell'Identit Suprema. (id., 35) Particolarmente nell'uomo e pi
specificamente nell'uomo corporeo, si pu ritrovare la corrispondenza e quasi la
prefigurazione dell'U.U. (id., 37) La coppia ind Purusha-Prakriti, sia nei riguardi
dell'intera manifestazione, sia, pi particolarmente, rispetto ad uno stato d'essere
determinato, pu essere considerata equivalente all'U.U. (id., 59) Non l'uomo individuale,
ma l'U.U., che la croce a tre dimensioni simboleggia, ad essere veramente la misura di
tutte le cose . (id., 138) Nonostante la sua denominazione, la concezione tradizionale
dell'U.U. non ha assolutamente nulla a che vedere coll'antropomorfismo. (id., 207) Colui
che pervenuto alla realizzazione totale, all'Identit Suprema, diventato effettivamente
l'Uomo Universale. (id., 209) Il vero mediatore, quello in cui l'unione tra il Cielo e la Terra
pienamente realizzata come sintesi di tutti gli stati l'U.U., che identico al Verbo. (id., 210)
dunque solo nei confronti della manifestazione che la coppia Purusha-Prakriti pu essere
identificata all'U.U. e solo da tale punto di vista egli il mediatore tra Cielo e Terra, giacch
questi due termini scompaiono quando si passa aldil della manifestazione. (id., 212)
L'insieme di tutti i raggi della circonferenza d, nella sua forma completa, il simbolo stesso
dell'U.U. (Triade, 1945, 142)

UNIVERSITARIO Gradi u. All'epoca in cui rimonta l'origine delle Universit, vale a


dire del Medio Evo, la distinzione di tre g.v. assai palesemente ricalcata sulla costituzione
di una gerarchia iniziatica. (Cons., 1946, 293) Insegnamento u. Vi nell'i.u., o meglio
alla sua origine, qualcosa di molto meno semplice ed anche di pi enigmatico di quanto
ordinariamente non si creda. (Cons., 1946, 292) Le scienze del trivium e del
quadrivium , in pari tempo che rappresentavano, nel loro senso exoterico, divisioni di un
programma di i.u., erano pure, per una trasposizione appropriata, messe in corrispondenza
con dei gradi di iniziazione. (id., 293)

UNIVERSO Ogni parte dell'U. analoga alle altre parti e le sue parti gli sono analoghe,
perch tutte le parti sono analoghe all'U. (Croce, 1931, 117)

UOMO L'u., intendiamo dire l'individualit umana, non si trova affatto in una
situazione privilegiata o eccezionale, in qualsiasi senso la si consideri; esso non in alto n
in basso nella scala degli esseri, poich rappresenta semplicemente uno stato come gli altri
nella gerarchia delle esistenze. (Or. Occ., 1924, 79) L'u., in quanto tale, pu disporre
esclusivamente del suo destino umano di cui, in effetti, libero di arrestare il cammino
individuale. Ma questo essere contingente, dotato di virt e di possibilit contingenti, non
pu n muoversi, n fermarsi, n avere la minima influenza in se stesso, al di fuori del
piano contingente speciale in cui, per il momento, situato ed esercita le sue facolt. (Croce,

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

1931, 182) L'u. posto fra il Cielo e la Terra deve essere considerato in primo luogo come il
prodotto o la risultante delle loro influenze reciproche. (Triade, 1945, 21) Poich l'u. sia
veramente il figlio del Cielo e della Terra occorre che, in lui, l' atto sia eguale alla
potenza , ci che implica la realizzazione integrale della sua umanit. (id., 62) L'u., in
quanto microcosmo, deve necessariamente partecipare ai tre mondi ed avere in s gli
elementi che corrispondono ad essi rispettivamente. (id., 68) Solo dentro di s l'u. pu
trovare i principi e gli strumenti e pu farlo perch dentro di s porta la corrispondenza con
tutto ci che esiste. (Forme, 1970, 105)

UPAGURU Col termine ind U. bisogna intendere qualsiasi essere, l'incontro col quale
rappresenta l'occasione o il punto di partenza di un certo sviluppo spirituale. (In., 1952,
171) Gli U. possono essere molteplici nel corso di uno stesso sviluppo spirituale, in quanto
ognuno di essi non ha che una funzione transitoria e non pu agire efficacemente che ad un
momento determinato. (id., 172)

UPANAYAMA L'U. il rito per cui un individuo effettivamente collegato ad una delle
tre caste superiori, alla quale, prima di adempiere a questo rito, non apparteneva che in un
modo da potersi definire del tutto potenziale. (Cons., 1946, 212) L'U. consiste
essenzialmente nell'investitura del cordone brhmanico e d regolarmente accesso allo
studio delle Sacre Scritture. (id., 215) L'U. conferisce la qualit di dwija , ossia due volte
nato , dunque esplicitamente designato come seconda nascita . (id., 217)

UPANISHAD La denominazione di U. sta ad indicare che esse sono destinate a


distruggere l'ignoranza, radice dell'illusione che rinchiude l'essere entro la conoscenza
condizionata e che esse operano tale effetto col fornire i mezzi per avvicinarsi alla
conoscenza di Brahma. (Int., 1921, 241) Le U., facendo parte integrante del Vda,
rappresentano in questo caso la Tradizione Primordiale. (id., 244) Le U. formano l'ultima
parte dei testi vedici. Le U., facendo parte integrante del Vda, sono una delle basi stesse
della tradizione ortodossa. (Ved., 1925, 22) In caso di dubbio sull'interpretazione della
dottrina, sempre all'autorit delle U. che bisogner riferirsi. (id., 23) Il nome delle U.
indica che esse sono destinate a distruggere l'ignoranza, formando i mezzi atti ad
avvicinare la Conoscenza Suprema. (id., 29)

UPAVDA Gli U. designano conoscenze di ordine inferiore e tuttavia fondate in base


rigorosamente tradizionale. Sono quattro e in relazione coi quattro Veda, loro rispettivi
principi: Ayur-Vda la medicina, riferita al Rig-Vda; Dhanur-Vda e la scienza militare,
riferita al Yajur-Vda; Ghandharv-Vda la musica, riferita al Sma-Vda; Sthapatya-Vda,
la meccanica e l'architettura, riferite all'Atharva-Vda. (Int., 1921, 204)

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-V-

VAISHSHIKA La denominazione del V. tratta dal termine vishsha, il cui significato


carattere distintivo e di conseguenza cosa individuale ; questo darshana perci
stabilito per la conoscenza delle cose individuali in quanto tali, riguardate in modo
distintivo nella loro esistenza contingente. (Int., 1921, 213) L'unit essenziale della dottrina
ind in tutti i suoi rami ed il ricollegamento ai principi del V. costituisce la differenza
profonda tra esso e il punto di vista scientifico quale inteso dagli Occidentali, punto di
vista dal quale tuttavia il V., nell'insieme delle conoscenze tradizionali dell'India, ci che
di meno distante esista. Il V. notevolmente vicino alla filosofia fisica dei Greci. (id., 214)
Se si deve applicare una denominazione occidentale ad un punto di vista ind, la
denominazione adatta al V. quella di cosmologia , la quale nel Medio Evo, presentava i
caratteri di una applicazione della metafisica alle contingenze della sfera sensibile, mentre
la filosofia fisica dei Greci traeva i suoi principi della sfera delle contingenze o, tuttalpi,
entro i confini della prospettiva immediatamente superiore. (id., 215) Il V. rileva sei
padrtha: dravya, sostanza in senso aristotelico; guna, gli attributi degli esseri manifestati,
karma, l'azione come movimento o cambiamento; samavya, l'intima relazione di memoria
da cui sono uniti sostanza e attributi; vishsha, ci che appartiene ad una determinata
sostanza. (id., 216-218)

VAISMWNARA V. , come indica la derivazione etimologica, ci che abbiamo


chiamato l'Uomo Universale, ma considerato pi particolarmente nello sviluppo completo
dei suoi stadi di manifestazione e nell'aspetto speciale di questo sviluppo. (Ved., 1925, 111)
V. pure identificato a Virj, vale a dire all'Intelligenza cosmica, in quanto regge ed unifica
nella sua integralit l'insieme del mondo corporeo. (id., 112)

VAISHYA I V. costituiscono in India l'insieme delle differenti funzioni economiche,


industriali, commerciali e finanziarie. (Int., 1921, 190) Le iniziazioni dei V. hanno un
carattere soprattutto karmico . (In., 1952, 155) La funzione dei V. si riferisce
all'acquisizione di artha , cio dei beni di ordine materiale. (Hind., 1965, 80)

VARIABILE Una v., in quanto tale, differir sempre realmente dal suo limite e non potr
raggiungerlo senza perdere per ci stesso il suo carattere di v. (Calc. Inf., 1976, 54)

VARNAS La parola v. significa propriamente colore e, per estensione, qualit in


generale ed per questo che pu essere presa per indicare la natura individuale. (Hind.,
1965, 77) Se dei colori sono attributi ai V., ci in un modo puramente simbolico e la chiave

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AngeloTerenzoni LESSICODIRENGUNON

di questo simbolismo data dalla corrispondenza coi gunas . (id., 78)

VDA Il nome di V., parola che significa d'altronde propriamente la conoscenza


tradizionale per eccellenza, si applica a tutti gli scritti tradizionali della religione ind:
Rig-V., Yajur-V., Sama-V. e Atarv-V. (Int., 1921, 157) La questione dell'epoca in cui sono state
scritte le varie parti del V. non ha alcuna importanza reale, dal momento che tutto un
periodo di trasmissione orale, imprecisabile come durata, ha preceduto il momento, pi o
meno lontano, in cui il testo stato scritto per la prima volta. (id., 158) All'origine del V. vi
un'ispirazione diretta e per questo tale origine detta aparushya , ossia non-umana .
(id., 159) Essendo il V. la conoscenza tradizionale per eccellenza, esso il principio e il
fondamento di tutti i rami pi o meno secondari della dottrina ind. (id., 160) L'accordo
con il V. stabilisce l'ortodossia per la tradizione ind. (id., 162) La dottrina unica alla quale
facciamo allusione costituisce essenzialmente il V., vale a dire la scienza sacra e tradizionale
per eccellenza. (Ved., 1925, 18)

VDNGA: La denominazione di V. si applica ad alcune scienze ausiliarie del Vda e sono


sei: la Shikta, conoscenza del valore simbolico delle lettere; il Chandas, conoscenza
profonda del ritmo e delle sue relazioni cosmiche; il Vykarana, la grammatica, in
strettissimo rapporto col significato logico del linguaggio; il Nirukta, esplicazione dei
termini importanti dei testi vedici; il Jivotisha, astronomia e astrologia insieme; il Kalpa,
insieme delle prescrizioni riferentesi all'esecuzione dei riti. (Int., 1921, 202-203)

VDNTA Con il V. ci troviamo nella sfera della metafisica pura e si fonda nelle
Upanishad, le quali formano l'ultima parte dei testi vedici e il contenuto del loro
insegnamento il fine ultimo e supremo della conoscenza tradizionale. (Int., 1921, 241)
Essendo puramente metafisico, il V. assume caratteristiche essenziali di adwaita-vda,
ovvero di dottrina della non-dualit . (id., 244) Il V., contrariamente alle opinioni pi
generalmente in voga tra gli orientalisti, non una filosofia, n una religione, n qualche
cosa che partecipa pi o meno dell'una e dell'altra. (Ved., 1925, 15) Nel V. bisogna scorgervi
una dottrina puramente metafisica. (id., 17)11 V., secondo il significato etimologico della
parola, la fine del Vda , si basa principalmente sull'insegnamento contenuto nelle
panishad. (id., 22) Per comprendere perfettamente la dottrina del V., per ci che concerne
l'essere umano, soprattutto necessario distinguere, il pi nettamente possibile e
fondamentalmente, il S, che il principio stesso dell'essere, dall' io individuale. (id., 33)
11 V., essendo puramente metafisico, la dottrina della non-dualit. (id., 60)

VEGGENTE-I Per i v. isolati e spontanei molte sono le cause di errori; prima di tutto
l'inevitabile imperfezione del mezzo di espressione usato; per le interpretazioni che costoro
frammischiano alle proprie visioni, involontariamente e senza rendersene conto. (Spir.,

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1923, 321) I v. di questa sorta generalmente non posseggono dati di natura teorica e
dottrinale che permetterebbero loro di raccapezzarsi, impedendo di deformare le cose
coll'intervento dell'immaginazione, che sfortunatamente hanno spesso sviluppatissima.
Quando i v. sono mistici ortodossi, le loro naturali tendenze alla divagazione si trovano in
qualche modo comprese o ridotte al minimo; in quasi tutti gli altri casi esse hanno libero
sfogo ed il risultato spesso una confusione pressocch inestricabile. (id., 322) I v. rivelano
spesso una tendenza a formare scuole, oppure talvolta le scuole si formano attorno ad essi
l'intervento della loro volont. Poich un v. possa diventare caposcuola , in realt e non
soltanto in apparenza, non sufficiente che ne provi il desiderio; occorre altres che abbia
sui discepoli qualche altra superiorit, oltre a quella conferitagli dalle sue facolt
anormali. (id., 324-325)

VEGETAZIONE La v. rappresenta l'elaborazione dei germi nella sfera dell'assimilazione


vitale. (Dante, 1925, 75)

VENTIDUE Il numero v. legato al sette per il rapporto che l'espressione


approssimativa del rapporto della circonferenza al diametro, sicch l'insieme di questi due
numeri rappresenta il cerchio. (Dante, 1925, 56) V. il numero delle lettere dell'alfabeto
ebraico e si sa quale importanza abbia nella Qabbalah. (id., 57)

VERBO Secondo quanto abbiamo esposto sul significato dell'asse verticale, si pu dare
un'interpretazione metafisica alle ben note parole evangeliche secondo cui il V. per noi
la Via, la Verit e la Vita . (Croce, 1931, 178) Il disegno della croce a tre dimensioni
raffigura l'azione del V. nella realizzazione dell'essere vitale e la sua identificazione
coll'Uomo Universale. (id., 179)

VERIT La definizione scolastica della V. come adoequatio rei et intellectus ad ogni


grado della conoscenza ci che in Occidente pi si avvicina delle dottrine tradizionali
d'Oriente, essendo quanto vi di pi conforme alla metafisica pura. (Int., 1921, 211)
Pretendere di mettere la V. alla portata di tutti , facendola accessibile a tutti
indistintamente, significa necessariamente impoverirla e deformarla, perch impossibile
ammettere che tutti gli uomini siano egualmente capaci di capire qualsiasi cosa. (Or. Occ.,
1924, 66) Ogni v. esclude l'errore, ma non esclude un'altra v. (o, per meglio dire, un'altro
aspetto della V.). (id., 212) La V. si riferisce all'uomo intellettuale. (Croce, 1931, 178) La V.
sar rappresentata dall'asse che unisce tutte le modalit, attraversandole
perpendicolarmente alla loro direzione di sviluppo. (id., 179) Tutti gli sforzi ostili si
infrangeranno contro la sola forza della V., come le nuvole si dissipano davanti al sole, pure
quando sono riuscite a nasconderlo momentaneamente al nostro sguardo. (Hind., 1965, 25)
La V., o realt essenziale, non alla portata di tutti, ma riservata a quanti la sanno scoprire

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sotto le apparenze e raggiungerla attraverso le forme esteriori che la ricoprono,


proteggendola e celandola nello stesso tempo. (Ap. I.T., 1975, 31) Le forme esteriori
nascondono la V. agli occhi del volgo, ma la fanno apparire, al contrario, a quelli dell'lite,
poich quanto un ostacolo o una limitazione per gli altri diviene per essi un punto
d'appoggio ed un mezzo di realizzazione. (id., 33)
VERO Uomo V. Secondo le tradizioni estremo-orientali, l'.V. colui che, avendo
realizzato il ritorno allo Stato Primordiale e, di conseguenza, la pienezza dell'umanit, si
trova ormai definitivamente stabilito nell'Invariabile Mezzo, per cui, da quel momento,
sfugge alle vicissitudini della Ruota delle Cose. (Croce, 1931, 209) L'.V., il solo, dal punto
di vista tradizionale, ad essere considerato come l'uomo che ha realmente sviluppato in lui
l'integralit delle possibilit che vi sono implicate. (Triade, 1945, 62) L'U.V. anche l'omo
Primordiale. (id., 63) Il luogo dove si situa l'U.V. il punto centrale dove si uniscono
effettivamente le potenze del Cielo e della Terra; dunque, per tal fatto stesso, il prodotto
diretto e compiuto della loro unione. L'.V. colui che pervenuto effettivamente al
termine dei Piccoli Misteri, cio alla perfezione stessa dello stato umano. (id., 64) L'.V.,
essendo passato dalla circonferenza al centro, dall'esteriore all'interiore, adempie
realmente, in rapporto a questo mondo che il suo, alle funzioni del Motore Immobile. (id.,
65) L'U.V. identificato col centro dello stato umano; dunque in lui e per lui solo che si
effettua, per questo stato, l'unione del Cielo e della Terra. (id., 91) L'U.V. colui che ha
ottenuto la pienezza dello stato umano. (id., 114) L'U.V. si situa effettivamente nel mezzo
del tempo , che determina d'altronde egli stesso per il fatto che domina in qualche modo le
condizioni individuali. (id., 135) Se l'U.V. pu esercitare un'influenza in un qualsiasi
momento del tempo, per il fatto che, dal punto centrale dove situato, pu, a volont,
rendere questo momento presente per lui. (id., 135, 8)

VIA La V. si riferisce all'Uomo Universale, che identico al S. (Croce, 1931, 178)

VIE Le v. sono molteplici, ma tendono tutte ad un unico fine. (Met., 1939, 13)

VINO Il v. preso frequentemente per rappresentare la vera tradizione iniziatica. (Re,


1927, 45) L'uso del v. in un rito gli conferisce un carattere nettamente iniziatico. Presso i Sufi
il v. simboleggia la conoscenza esoterica, la dottrina riservata all'lite. (id., 46)

VIRGILIO In V. non vi , nella Divina Commedia, una semplice finzione poetica, ma la


prova di un sapere iniziatico incontestabile. (Dante., 1945, 41)

VIRTUALE Inziazione v. Il collegamento ad un'organizzazione tradizionale regolare

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sufficiente per l'i.v. Questa i.v. dunque l'iniziazione intesa nel significato pi stretto del
termine, vale a dire come entrata o principio . (Cons., 1946, 261) Fin quando non si fa
che speculare ci si trova in qualche maniera chiusi in un vicolo cieco, poich non si pu
in tal modo oltrepassare l'i.v.. (id., 264-265)

VISHNU V. il principio animatore e conservatore degli esseri. (Int., 1921, 196)

VISUALE Simbolo V. Il s.v., una volta tracciato, resta e pu restare allo stato
permanente. (Cons., 1946, 159)

VITA La v., considerata in se stessa, sempre cambiamento, modificazione incessante.


(Or. Occ., 1924, 88) La v. si riferisce all'uomo corporeo e sar rappresentata dall'asse
parallelo alla direzione di sviluppo di ogni modalit. (Croce, 1931, 179) Filosofia della v.
Sia come si vuole, una concezione che si presenti come una f. della v. necessariamente, e
proprio per questo motivo, una filosofia del divenire ; intendiamo con ci dire che essa
racchiusa nel divenire e da essa non pu uscire, ci che la spinge a situare in essa tutta la
realt ed a negare che possa esistere qualcos'altro al di fuori o aldil. (Or. Occ., 1924, 90)

VIVENTE Terra dei V. Sinonimo di Terra Santa T. dei V.; essa designa
manifestamente il Soggiorno di Immortalit, di modo che, nel suo senso proprio e rigoroso,
essa si applica al Paradiso Terrestre o ai suoi equivalenti simbolici. (Re, 1927, 54).

VOLGARIZZATORE Il v. deforma sempre le cose, sia cercando di semplificarle, sia


affermando perentoriamente ci che per gli stessi scienziati non che una semplice ipotesi.
(In., 1952, 17).

VOLGARIZZAZIONE La v. inevitabilmente deforma e snatura la dottrina,


pretendendo di porla al livello della mentalit comune, col pretesto di rendergliela
accessibile. (Int., 1921, 255) La massima sfiducia nella competenza del gran pubblico si
accompagna in noi ad un vero e proprio raccapriccio davanti a tutto ci che possa
rassomigliare alla v. (id., 295) La v. un altro fenomeno affatto caratteristico della civilt
moderna; la v. una delle forme assunte dallo strano bisogno di propaganda che anima la
mentalit occidentale e non si pu spiegare se non con l'influenza preponderante di
elementi sentimentali. (Or. occ., 1924, 65) proprio la loro natura a difendere le verit di un
certo ordine da ogni v. (Regno, 1945, 106) L'insegnamento rudimentale che si venuto ad
imporre nel mondo moderno in fondo non che pura v. e diremmo anche della peggiore
specie. (id., 17) La v. deriva da una preoccupazione eminentemente profana e, come ogni

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genere di propaganda, presuppone in chi la esercita un certo grado di incomprensione,


relativamente inferiore, certo, a quella del grosso pubblico cui si indirizza, ma tanto
maggiore quanto pi ci che si vuole esporre supera il livello mentale di quest'ultimo. (In.,
1952, 16)

VOLGO Il v. prova sempre una paura istintiva per tutto ci che non capisce e la paura
crea assai facilmente l'odio, anche quando ci si sforza di sfuggirvi mediante la pura e
semplice negazione della verit non compresa. (Regno, 1945, 107)

VUOTO Come esempio di possibilit di non-manifestazione potremmo citare il v.,


possibilit concepibile almeno negativamente. Il v. implica l'esclusione non solo di ogni
attributo corporeo o materiale, e di qualsiasi qualit formale, ma addirittura di tutto ci che
pu essere in relazione con un modo qualsiasi di manifestazione. dunque un'assurdit
pretendere che possa esservi del v. in ci che compreso nella manifestazione universale,
qualunque ne sia lo stato considerato, poich il v. appartiene essenzialmente al dominio
della non-manifestazione. (Stati, 1931, 39) Il v. comunque Io si voglia riguardare, non il
Non-Essere, ma ne piuttosto un aspetto, una possibilit, del tutto differente da quelle
comprese nell'Essere. (id., 40)

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-Y-

YANG Tutto ci che attivo, positivo o maschile Y.; in ogni cosa il lato luminoso Y.
(Triade, 1945, 28) Y. ci che proviene dalla natura del Cielo. Si pu dire, servendosi del
linguaggio aristotelico e scolastico, che Y. sia tutto ci che in atto . (id., 29) Ogni forza di
espansione Y. (id., 40)

YIN Tutto ci che passivo, negativo e femminile Y. In ogni cosa il lato oscuro Y.
(Triade, 1945, 28) Y. ci che proviene dalla natura della Terra. Si pu dire, servendosi del
linguaggio aristotelico e scolastico, che Y. sia tutto ci che in potenza . La terra
interamente Y. (id., 29) Ogni forza di contrazione Y. (id., 40)

YIN-YANG Il simbolo dello Y.-Y. rappresenta, pi particolarmente, il Cerchio del


Destino Individuale. (Triade, 1945, 31)

YOGA Il termine Y. ha il significato di unione e l'unione effettiva dell'essere umano


con ci che universale. (Int., 1921, 228). Dal punto di vista teorico lo Y. completa il
Snkhya introducendo la nozione di Ishwara che, identico all'Essere Universale, permette
prima di tutto l'unificazione di Purusha e poi l'unificazione di Purusha e Prakriti, essendo
l'Essere Universale aldil della loro distinzione, in quanto loro principio comune. Lo Y.
assume come punto di partenza e come mezzo fondamentale quella che chiamata
kgrya, o la concentrazione . (id., 229) Lo Y. non una terapia psichica pi di quanto
non sia una terapia fisica ed i suoi metodi non sono in alcun modo una cura per malati o
per squilibrati, ma sono destinati esclusivamente ad esseri i quali, per poter realizzare
quello sviluppo spirituale che la loro unica ragion d'essere, devono gi essere, per
naturale disposizione, il pi perfettamente possibile equilibrati. (Regno, 1945, 281) Una
parola come quella di Y. assume l'aspetto che prendono le cose considerate dal punto di
vista della manifestazione. per estensione che Y. pu essere applicata all'insieme dei
diversi mezzi per raggiungere la realizzazione. (Hind., 1965, 28) Hatha-Y L'H.Y.
destinato da un lato a distruggere quanto nell'essere umano d'ostacolo alla sua unione
coll'Universale, e, dall'altro, a preparare tale unione. (Int., 1921, 230)

YOGI Lo Y., nel senso proprio della parola, colui che ha realizzato l'unione perfetta e
definitiva. Lo stato del vero Y. quello dell'essere che ha raggiunto e possiede nel loro
pieno sviluppo le possibilit pi alte. (Int., 1921, 231). Lo Y. non pu niente ulteriormente
ottenere, poich egli ha veramente realizzato la trasformazione , vale a dire passato
oltre la forma. (Ved., 1925, 214) Non vi , ne pu esservi alcun grado spirituale che sia

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superiore a quello dello Y. (id., 216) Lo Y. nel vero senso della parola identico all'Uomo
Universale. (id., 222) Non pu esservi alcun grado spirituale superiore allo Y., il quale,
essendo giunto alla liberazione, che poi l'Unione o Identit Suprema, non ha null'altro da
ottenere. (Stati, 1931, 104) Lo Y. non aspira al possesso di alcun stato condizionato, sia pure
superiore o celeste , ma unicamente alla liberazione. Colui il quale ricerca i poteri , per
essi stessi o per farne il fine ultimo del suo sviluppo, non sar mai un vero Y., poich essi
costituiranno per lui degli ostacoli insormontabili sulla via ascendente. (Hind., 1965, 38)

YUGA Le suddivisioni dei Manvantara sono i quattro Y. Si spesso rilevata la manifesta


equivalenza dei quattro Y. colle quattro et dell'oro, dell'argento, del rame e del ferro ,
in entrambe ogni periodo egualmente caratterizzato da un processo di degenerazione,
rispetto al precedente. La progressiva degenerazione da uno Y. ad un altro si accompagna
ad una diminuzione della rispettiva durata. (Forme, 1970, 16). Kali-Y. Noi ci troviamo
presentemente nel K.-Y., o Et Oscura, e vi siamo gi da seimila anni, cio da una data
decisamente anteriore a tutte quelle conosciute dalla storia classica . (Crisi, 1927, 25) Il
K-Y. l'Et Nera, l'Et del Ferro degli antichi occidentali, l'ultimo dei quattro periodi in cui
si divide il Manvantara. (Re, 1927, 64) Man mano che si avanza nel K.-Y., l'unione col
Centro del Mondo, vieppi chiuso e nascosto, diviene pi difficile. (id., 66) Noi siamo nel
K.-Y., nell'et in cui la spiritualit ridotta al suo minimo in virt delle leggi stesse dello
sviluppo del ciclo. (Hind., 1965, 21)

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-Z-

ZERO Lo z., in quanto rappresenta l'assenza di ogni quantit, non un numero e non
pu essere considerato tale. (Calc. Inf., 1946, 63) dunque contraddittorio parlare di z.
come di un numero o di supporre uno zero di grandezza . (id., 64) Per trasposizione
analogica, lo z. pu essere assunto come simbolo del Non-Essere. (id., 66) d'altra parte
veramente strano che i matematici abbiano generalmente l'abitudine di considerare lo z.
come un puro nulla. Se realmente lo z. fosse un puro nulla, sarebbe un segno inutile,
interamente sprovvisto di ogni valore espressivo. (id., 66-67) Da z. non si pu trarre alcun
numero. Il passaggio dallo z. all'unit non pu farsi come il passaggio dall'unit agli altri
numeri o da un numero qualsiasi al numero seguente e, in fondo, supporre possibile questo
passaggio da z. all'unit significa avere gi posto implicitamente l'unit. Infine, porre z.
all'inizio della successione dei numeri non pu avere che due significati: o ammettere
realmente che z. un numero oppure che z. un semplice artificio di notazione, il che pu
comportare notazioni pi o meno inestricabili. (id., 77-78)

ZODIACALE Porte z. Le p.z., le quali sono rispettivamente l'entrata e l'uscita dalla


caverna cosmica e che certe tradizioni denominano Porte degli Uomini e Porte degli Dei
devono corrispondere ai due solstizi. (Simb., 1962, 203)

ZOLFO Lo Z. considerato un principio attivo e maschile. Lo Z. il quale si assimila ad


un principio igneo per il suo carattere attivo, essenzialmente un principio di attivit
interiore, considerato come irradiante-si a partire dal centro stesso dell'essere. (Triade, 1945,
76) Pur non potendo essere assimilato al Cielo, lo Z., per la sua interiorit appartiene
evidentemente alla categoria delle influenze celesti. Lo Z. Yang. (id., 77) Lo Z. sempre il
principio interno dell'essere. (id., 79)

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