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1. La cosa colpisce
Mondo Matrix. Anche nella metafisica berkeleyana di Matrix, fatta di bistecche tenere e saporite, ma che si immaginano soltanto, e di un velo di maya che
pretende di essere un mondo vero, le pallottole (che non uccidono gli iniziati)
colpiscono e respingono. Con leffetto vagamente comico per cui uno pu riceversi trecento pallottole, restare vivo, e tuttavia incontrare una qualche difficolt
nellavanzare con tutto quel piombo che gli intralcia il cammino e gli d spintoni.
La fisica dei film di fantascienza, cos come quella dei fumetti (le stesse difficolt si trovano nelle sparatorie con gli zombies in Dylan Dog) una fisica ingenua, ma proprio per questo espone delle intuizioni fondamentali nei confronti
del mondo che possono ritornare utili a un livello un po pi sofisticato, di metafisica descrittiva.
In altri termini, non ci vuol molto a convincere un uomo del fatto che, alla
fine, quello che lui chiama mondo solo una congerie di stimoli elaborati dai
suoi sensi e dal suo cervello, ed anche pi facile persuaderlo del fatto che i
colori sono nel suo cervello e nel suo occhio piuttosto che nelle cose, giacch
scompaiono se si spegne la luce. Pi difficile persuaderlo che la resistenza di
un muro o di un oggetto dipendente dai suoi organi o dai suoi schemi: spengo
la luce, il tavolo diventa nero (questo poi tutto da vedere: il tavolo non diventa nero alla stessa maniera in cui lo diventa il cielo che prima era azzurro e poi
rosso), per alla fine ci sbatto comunque contro. La durezza (e una parte importante della forma) non riguarda locchio o lorecchio, quei sensi che sono
tradizionalmente evocati per illustrare la soggettivit delle impressioni, bens il
tatto, lunico senso a disposizione degli animali imperfetti, secondo Aristotele
(De anima, 433b-434a), ma, proprio per questo, il senso fondamentale, quello
senza cui lanimale sarebbe distrutto, visto che serve al suo essere, mentre tutti
gli altri servono al suo benessere (De anima, 435b 17-25). Perch il tatto il
senso fondamentale? Perch proprio con il tatto che La Mettrie incomincia ad
attrezzare la sua statua? Perch mette in contatto con lesterno, con limpenetrabilit, con la cosa che come carattere primario resiste e colpisce, cio
Rivista di estetica, n.s., 19 (1 / 2002), XLII, pp. 160-199 Rosenberg & Sellier
inemendabile, quanto dire che non pu essere corretta cos come possiamo correggere le nostre credenze e i nostri saperi.
La cosa colpisce, l, non possiamo farci niente, indipendentemente dai nostri schemi concettuali e anche dai nostri apparati percettivi: di fronte al colpo o
alla resistenza non possiamo chiudere gli occhi, tapparci le orecchie o turarci il
naso, ed proprio questa circostanza che, in ultima analisi, pu valere per dimostrare lesistenza di un mondo esterno e indipendente dai nostri schemi concettuali. Questo colpo rivela una pretesa del mondo dei nostri confronti, mostra
che il mondo vuole essere tenuto nel debito conto. A ben pensarci, una volta che
si sia avanzata una pretesa per il tatto, si pu incominciare ad estendere loggettivit anche alle cosiddette qualit secondarie, come i colori, per lappunto, e poi
anche alle qualit terziarie. In fondo, tra il dire che una sedia dura ed di una
certa forma, che nera o di un altro colore, e infine che bella o brutta, che ci
piace o non ci piace, c una differenza di grado, ma non di sostanza, giacch
anche quando diciamo che una sedia non ci piace stiamo parlando di propriet
che appartengono alla sedia, e non a noi: proprio come limpenetrabilit. (
vero che la consapevolezza che la qualit sia pi nello stato danimo che non
nella cosa risulta del tutto pertinente anche al senso comune, che non si sente di
pagare un debito a Tommaso e Kant quando affermano che non bello quel
che bello ma bello quel che piace; tuttavia, quello stesso senso comune cercher di procurarsi cose che ritiene a torto o a ragione oggettivamente belle
prima che soggettivamente piacenti.)
Genesi. Un tardo pomeriggio di tanto tempo fa, prima che spuntasse la vita
sulla Terra, alcuni raggi dellultimo sole vennero a cadere su uno specchio dacqua poco profondo tra gli scogli in riva al mare, ne penetrarono la superficie e
furono assorbiti da un ciottolo sul fondale. Il ciottolo, come ogni altro oggetto in
natura, non era capace di sentire. Il sole tramont dunque su un mondo privo di
significato, dove niente esisteva come qualcosa per qualcuno (Humphrey 1992:
297). Ma esisteva, e i ciottoli sbattevano gli uni contro gli altri, e assorbivano i
raggi luminosi.
Nonostante tutte le vibrazioni delletere che lo riempiono, il mondo buio.
Ma un giorno un uomo apre il suo occhio che vede. E si fa chiaro. (Wittgenstein
1953, II, VII). Lidea di fondo di Wittgenstein che non ci sarebbero i colori, n
la luce come loro possibilit (tutto nella luce, daccordo con il principio ecologico di Gibson) se non ci fosse un decodificatore, locchio ma ovviamente
non solo un occhio umano, qui Wittgenstein poetizza che trasforma la vibrazione in luce. Se le cose stanno cos, se comunque ci sono vibrazioni nelletere,
si pu davvero concludere che la luce dipende dallocchio, e che se non ci fossero occhi non ci sarebbe luce? Non credo che sia cos sicuro. In fondo, non si
possiede un vestito solo perch lo si indossa tutti i giorni, e non che quando si
mette una penna in un cassetto la penna cessi di esistere.
Cos, anche quando Schopenhauer, allinizio del Mondo come volont e rappresentazione, sostiene che la sola cosa certa che possediamo un occhio che
vede un mondo, non pretende affatto che il mondo sia creato dallocchio (semmai, va troppo lontano quando sostiene che il mondo della rappresentazione
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regolato dal principio di ragione, giacch possiamo benissimo vedere delle cose
che contrastano con tutto quello che sappiamo e pensiamo).
Il principio viene enunciato da Husserl: Prima che abbia inizio lattivit
conoscitiva, ci sono per noi gli oggetti, sempre-gi dati in schietta certezza. Ogni
inizio dellagire conoscitivo gi li presuppone (Husserl 1938, 7). E, vorrei
aggiungere, anche lagire non conoscitivo. In fondo, solo la confusione tra
lincontrare e il conoscere che fa s che Berkeley sostenga anticipando i
postmodernisti che un albero caduto nella foresta senza osservatori non caduto. In realt, proprio ammettendo che non ogni nostro agire risulta conoscitivo che possiamo sostenere che gli oggetti incontrati nel mondo possono contrastare quello che sappiamo (invalidando lidea kantiana che le intuizioni senza
concetto siano cieche), non costituire il sedimento delle nostre operazioni
cognitive (invalidando lidea husserliana che il mondo costituisca esclusivamente
il sostrato della scienza), e dunque esistere indipendentemente da ogni attivit
cognitiva umana (invalidando lidea berkeleyana che il mondo dipenda essenzialmente dai suoi osservatori).
Antinomie e autonomie. Questa semplice considerazione permette una deflazione epistemologica, e conferisce una peculiare validit alla ontologia: il
mondo interno (agli schemi concettuali) pi piccolo di quanto non si creda.
Appare anche che il mondo esterno (agli schemi concettuali) si costruisce giocando su autonomie e antinomie (Ferraris 2001).
1. Lautonomia dellestetica rispetto alla logica. I nostri sensi operano ciecamente (bella espressione che indica con esattezza il ruolo del tatto), cio
indipendentemente dallazione di schemi concettuali; quanto dire che la tesi
kantiana secondo cui le intuizioni senza concetto sono cieche tuttaltro che
inevitabile: o, meglio, indica una funzione epistemologica e non una funzione
ontologica. La convivenza tra esseri con schemi concettuali e apparati percettivi
tanto diversi, illustrata dalla ecologia, dimostra proprio questa fondamentale
autonomia.
2. Lantinomia dellestetica rispetto alla logica. Il modo pi ovvio per dimostrare lautonomia per ricorrere alla antinomia tra il mondo degli schemi
concettuali e il mondo incontrato. La fisica ingenua ha a giusto titolo insistito
su questo punto, che si pu illustrare attraverso la differenza tra il vedere e il
pensare. Banalmente, ho un bel sapere che la terra rotonda e gira: in buona
parte della mia esperienza mi comporto (e non a torto) come se la terra fosse
piatta e non si muovesse.
3. Lautonomia del mondo rispetto ai nostri schemi concettuali e apparati
sensoriali costituisce la terza tappa del nostro percorso. Se quello che incontriamo indipendente da quello che pensiamo, al punto che pu contrastarlo, bisogna per lappunto concludere che la pretesa e la resistenza che ci oppongono gli
oggetti non sia dovuta a un qualche accordo tra i sensi di tutti gli uomini e poi di
esseri con sensi molto diversi, bens da una stabile e autonoma consistenza degli
oggetti, che sono tali per esseri molto diversi per apparati concettuali e percettivi,
e persino per esseri che non hanno proprio nessun apparato concettuale o
percettivo.
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Cervi volanti, mosche, pulci e Swedenborg. Malgrado questo, lultima autonomia sembra pi difficile da dimostrare, perch non gode dei vistosi benefici
della antinomia tra vedere e pensare. Uno pu dire: ammettiamo pure che il
cervo volante, che ha occhi radicalmente diversi dai nostri, veda lo stesso mondo
che vediamo noi. Ma come si pu provare una cosa di questo genere? In realt,
non poi cos difficile. Vorrei far notare che le mosche, che anche loro sono
molto diverse da noi, possono sbattere contro un vetro perfettamente pulito e
trasparente, ma non contro un muro. Ci vuole un bel tasso di scetticismo per
sostenere che vedono cose diverse da noi. O meglio, pu darsi benissimo che il
loro vedere sia diverso (che cosa ne sappiamo?), per ci che una mosca o un
cervo volante incontra nel suo volo la stessa cosa che incontriamo noi.
Largomento per cui, dallassunto che non sappiamo esattamente come vedano altri animali (e, in fondo, altri uomini) si conclude che si vive in mondi
sostanzialmente diversi trascura la circostanza che prima o poi si finisce tutti
per sbattere contro un muro, costituisce una indebita transizione dalla epistemologia (come conosciamo il mondo?) alla ontologia (che cosa c?). Come
tale, non molto diverso dalla barzelletta del professore tedesco che mostra agli
studenti una pulce ammaestrata a saltare se le si dice salta. Il professore le
toglie prima una zampa, poi due, e quando alla fine gliele ha strappate tutte ne
conclude vedete, se togliete tutte le zampe a una pulce, la pulce diventa sorda.
Il progetto di oltrepassare la metafisica, del pari concepito da professori tedeschi, non sembra molto diverso: si agisce su un settore, e si trae una conclusione
sproporzionata rispetto a quello che si voleva fare; una conclusione che, alla
fine, non centra niente col problema o con lo pseudoproblema.
Comunque, se il mondo sempre per me che cosa per gli altri? Fanno
cose davvero tutte diverse, come nel mondo di Swedenborg dove per la mancanza dei limiti imposti dallo spazio i londinesi conversano senza difficolt
con gli abitanti di Sumatra? E la costanza del nostro mondo dipende dalla
condivisione di due forme pure della intuizione e di dodici categorie, come pretende Kant replicando a Swedenborg, oppure dal fatto che le cose hanno delle
propriet immanenti? Da questo punto di vista, i sogni di un visionario non
sono davvero troppo diversi da quelli della metafisica (trascendentalista, e magari anche correttiva).
In Ferraris 2001 avevo cercato di illustrare questo punto con un modesto esperimento mentale che avevo battezzato Argomento della Ciabatta.
Uomini, cani, vermi, edere e ciabatte. 1. Uomini. Prendiamo un uomo che
guarda un tappeto con sopra una ciabatta; chiede a un altro di passargli la ciabatta, e laltro, di solito, lo fa senza incontrare particolari difficolt. Banale feno4
meno di interazione, che per mostra come, se davvero il mondo esterno dipendesse anche solo un poco, non dico dalle interpretazioni e dagli schemi concettuali, ma dai neuroni, la circostanza che i due non abbiano gli stessi neuroni
dovrebbe vanificare la condivisione della ciabatta. Si pu obiettare che i neuroni
non devono risultare proprio identici per numero, posizione o sinapsi; il che,
per, non solo indebolisce la tesi, ma contraddice una evidenza difficilmente
confutabile: che differenze tra esperienze passate, cultura, conformazioni e dotazioni cerebrali ecc., possano comportare divergenze significative a un certo
livello (lo spirito procede dal padre e dal figlio o solo dal padre? che cosa intendiamo con libert?), banale, sono le dispute tra opinioni. Nondimeno, quando
si discute si consapevoli di maneggiare una materia assai diversa da quella
implicata dalla ciabatta sul tappeto, che viene vissuta come esterna e separata,
ossia come dotata di una esistenza qualitativamente diversa da quella che si
affronta, poniamo, nel ragionare sulla legittimit della inseminazione artificiale. In altri termini, la sfera dei fatti non risulta poi cos inestricabilmente intrecciata con quella delle interpretazioni.
2. Cani. Adesso prendiamo un cane, che sia stato addestrato. Gli si dice Portami la ciabatta. E, di nuovo, lo fa senza incontrare alcuna difficolt, esattamente come laltro uomo, bench le differenze tra il mio e il suo cervello siano
enormi, e la sua comprensione di Portami la ciabatta non paia assimilabile a
quella di un altro uomo: il cane non capirebbe se sto davvero chiedendogli di
portarmi la ciabatta oppure se citi la frase, o se la usi in senso ironico; mentre
probabile che alcuni uomini lo capirebbero.
3. Vermi. Ora prendiamo un verme. Non ha cervello n orecchie; privo di
occhi, ben pi piccolo della ciabatta; possiede solamente il tatto, qualunque
cosa voglia esattamente significare un senso cos oscuro; dunque non possiamo
dirgli Portami la ciabatta. Per, strisciando sul tappeto, se incontra la ciabatta,
pu scegliere fra due strategie: o le gira intorno, o le sale sopra. In ambo i casi,
ha incontrato la ciabatta, anche se non proprio come la incontro io.
4. Edera. Poi prendiamo unedera. Non possiede occhi, non ha proprio niente, per si arrampica (cos ci esprimiamo noi, trattandola da bestia e attribuendogli una strategia intenzionale) sui muri come se li vedesse; oppure si scosta
lentamente se trova fonti di calore che la infastidiscono. Ledera o aggirer la
ciabatta, oppure ci salir sopra, esattamente come un uomo, tuttavia senza occhi o schemi concettuali.
5. Ciabatta. Per finire, pigliamo una ciabatta. ancora pi insensibile delledera. Per se la tiriamo sullaltra ciabatta, la incontra, esattamente come accade alledera, al verme, al cane, alluomo. Dunque non si capisce proprio in che
senso anche la tesi pi ragionevole e minimalista circa lintervento del percipiente
sul percepito possa avanzare qualche pretesa ontologica; figuriamoci poi le altre. Anche perch e qui tocchiamo il nocciolo della ontologia si potrebbe
benissimo non prendere unaltra ciabatta, ma semplicemente immaginare che
la prima ciabatta sia l, in assenza di qualsiasi osservatore animale, o senza un
vegetale o unaltra ciabatta che interagiscano con lei. Forse che allora non ci
sarebbe una ciabatta sul tappeto? Se la ciabatta c davvero, allora deve esserci
anche senza che nessuno la veda, come logicamente implicato dalla frase c
una ciabatta, altrimenti uno potrebbe dire: mi pare che ci sia una ciabatta, o,
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anche pi correttamente: ho in me la rappresentazione di una ciabatta, quando non addirittura: ho limpressione di avere in me la rappresentazione di una
ciabatta. Si consideri che far dipendere lesistenza delle cose dalle risorse dei
miei organi di senso non di per s nulla di diverso dal farle dipendere dalla mia
immaginazione, e che quando sostengo che una ciabatta c solo perch la vedo
sto in realt confessando di avere una allucinazione.
tocca le cose, a cominciare dalle parti del corpo umano e della loro taglia, che
definiscono il fondamento del nostro rapporto con il mondo. Suggerisco di chiamare questa ipotesi ipotesi dellinvarianza. Anchessa implicita nellArgomento della Ciabatta, e dipende dalla mesoscopia: se allungassimo o abbreviassimo molto i tempi, se amplificassimo o riducessimo molto le dimensioni, le
interazioni illustrate nellesperimento non funzionerebbero. Ma se funzionano, come credo funzionino, allora il carattere che emerge quello di una serie di
invarianze, che definiscono loggettivit del mondo incontrato.
Terzo: il mondo pieno di cose che non si correggono. In questo senso, se
cerchiamo di riconoscere la motivazione ultima della nozione di invarianza
che Nozick (2001) poneva alla base della nozione di oggetto, ci rendiamo
conto che le cose non mutano, nel profondo, perch non si correggono, e questo
motiva, a sua volta, i tre criteri pi superficiali determinati da Nozick (indipendenza dalla soggettivit, accesso multiplo, intersoggettivit). Con un vantaggio,
a mio modo di vedere non trascurabile. Linvarianza, come tale, potrebbe ancora
essere un criterio dipendente dai tre princpi superficiali. Mentre linemendabilit
fornisce un criterio certo. Le cose non mutano, nel profondo, perch non si
correggono, cio perch sono cos e non altrimenti, e non possiamo farci niente.
Posso, insomma, dire che il muro giallo che ho davanti agli occhi potrebbe essere verde se lo guardassi con delle lenti blu, o nero se spegnessi la luce, ma non
posso non vederlo giallo nelle condizioni in cui mi trovo, mentre posso benissimo guardare il fuoco nel camino pensando che assisto a un fenomeno di
ossidazione invece che alla azione del flogisto. E questa, secondo me, la distinzione essenziale che intercorre tra il mondo della epistemologia e quello
della ontologia. Suggerisco di chiamare questa ipotesi ipotesi della
inemendabilit. Credo che anchessa venga illustrata dallArgomento della
Ciabatta. Nel profondo, ci che univa esseri tanto diversi per dotazioni concettuali e percettive (diversi al punto che taluni di loro non possedevano alcuna
dotazione, per esempio la ciabatta: a meno che non si voglia sostenere che la
ciabatta possieda una virtus percussiva) era il fatto di non poter correggere nulla
nel mondo esterno che incontravano, mentre alcuni di essi avrebbero potuto
operare correzioni importanti nel mondo interno delle descrizioni e degli schemi concettuali. (Paradigmaticamente, gli uomini avrebbero potuto pensare che
la ciabatta fosse, poniamo, un sandalo; poi avrebbero potuto rivedere le loro
convinzioni, senza che ovviamente cambiasse nulla di ci che avevano sotto gli
occhi e a portata di mano).
Quarto: il mondo pieno di cose che si possono correggere. I primi tre punti
sono ontologici, e corrispondono a una distinzione tra ontologia ed epistemologia
su cui mi sono soffermato analiticamente (Ferraris 2001). Questo quarto punto
riguarda invece una questione diversa. Uno potrebbe infatti sostenere che, una
volta che si siano descritte delle invarianze ingenue allinterno dellambiente,
non si fatto niente di pi che redigere un catalogo di ovviet. Io vorrei invece
suggerire che su questa base si possono fondare delle scienze sociali capaci di
riconoscere le oggettivit del mondo e di superare la tradizionale dipendenza
nei confronti delle scienze della natura. Scienze del genere avrebbero come scopo la trasformazione (la riorganizzazione) del mondo esterno in quelle parti in
cui rilevante per lambiente. Questo importante da specificarsi, giacch una
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diceria vorrebbe che il realismo ontologico costituisca una acquiescenza nei confronti del mondo cos com. Io suggerisco invece che il realismo ontologico pu
avere delle funzioni trasformative, solo a patto che si ammetta che tante cose
non si correggono, e che per farlo conviene prima procedere a una reificazione,
ossia (nel senso che vorrei proporre), nellattribuire quante maggiori propriet
possibili agli oggetti (o meglio al mondo esterno) e di ricorrere solo in ultima
istanza ai soggetti e al mondo interno. Suggerisco di chiamare questa ipotesi
ipotesi della reificazione: per trasformare e correggere, necessario reificare la
realt, materiale o sociale, a cui ci si riferisce (se le scienze naturali hanno potuto svilupparsi, stato proprio grazie al fatto di avere attribuito quante maggiori
propriet possibili a una sfera reificata sotto il nome di natura).
Esauriti i preliminari, vorrei innanzitutto illustrare la rilevanza della mesoscopia per lontologia, che non banale, dal momento che si pu motivatamente
sostenere che assurdo affermare che le cose di taglia troppo grande o troppo
piccola non sono enti, e che far dipendere lontologia da una questione di
scala rendersi ciechi di fronte a una simile evidenza. Con la conseguenza che,
se si sostiene che ci che esorbita dalla sfera mesoscopica non ontologico ma
epistemologico, lontologia verrebbe ad essere un sottoinsieme dellepistemologia,
che riguarda gli oggetti che ci sono pi familiari.
2. Mesoscopia
Mesoscopia ed ecologia. Iniziamo da una ovviet: la mesoscopia un criterio
valido in ecologia, e difatti proprio in un contesto ecologico che ha tratto origine. Prendiamo la definizione di Gibson (1979: 46): La durata dei processi a
livello delluniverso pu essere misurata in milioni di anni, e la durata dei processi a livello dellatomo pu essere misurata in milionesimi di secondo. Ma la
durata dei processi ambientali viene misurata solo in anni e in secondi. Anche le
stesse diverse estensioni che ha la vita degli animali ricadono in questo ordine di
grandezza. I cambiamenti che vengono percepiti, quelli da cui dipendono gli
atti comportamentali, non sono n troppo lenti n troppo rapidi. Gli osservatori
umani non possono percepire lerosione di una montagna, ma possono rilevare
la caduta di una roccia. Possono notare il cambiamento di posizione di una
sedia in una stanza, ma non lo spostamento di un elettrone in un atomo. Lo
stesso vale per le frequenze, come per le durate. I cicli lentissimi del mondo
sono impercettibili, cos come quelli molto rapidi. Ma a livello di un orologio
meccanico, pu essere visto ogni movimento del pendolo e udito ogni ticchettio
dello scappamento. Il tasso di cambiamento, la transizione, entro i limiti di
percettibilit.
In prima istanza, ci che sembra essere il carattere proprio della mesoscopia
la percettibilit, e, per quello che abbiamo visto parlando della autonomia dellestetica rispetto alla logica, cos come della antinomia tra estetica e logica, gi a
questo livello incontriamo una indipendenza della mesoscopia rispetto alla
epistemologia. Questultima si compone di spiegazioni, mentre la prima comprende delle percezioni. Che i fenomeni percepiti siano anche spiegati, o che si
possano spiegare cose che non si percepiscono, non comporta affatto che
lontologia sia una fetta di epistemologia; indica viceversa un punto di partenza
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completamente diverso, una realt che si delinea anche in assenza di spiegazioni, e che pu far valere le proprie pretese anche quando queste contrastano con
le spiegazioni.
Mesoscopia e fenomenologia. Questo pu essere illustrato anche meglio considerando i legami tra mesoscopia e fenomenologia.
Husserl aveva fatto una gran fatica nellisolare i fenomeni rispetto alla sfera
delle assunzioni naturalistiche rispetto al mondo. Per riconoscere un fenomeno, si trattava di considerarlo indipendentemente dalla sua esistenza nel mondo
esterno (come viceversa vuole il senso comune e il pregiudizio naturalistico delle scienze), e ridurlo al solo presentarsi alla nostra coscienza. Con questo, Husserl
finiva per fare della fenomenologia la controparte negativa della epistemologia
e, soprattutto, consegnava la propria analisi a un mondo di apparenze di coscienza.
C viceversa un modo molto pi comodo per definire la sfera del fenomeno,
senza rinunciare a delle implicazioni realistiche (anzi, rafforzandole), ed notare che le cose che si presentano come fenomeni sono definite per lappunto da
una taglia mesoscopica: non ci sono fenomeni troppo grandi o troppo piccoli.
Questo lo aveva riconosciuto bene proprio Kant, che sottolineava che il colossale, ci che troppo grande per la rappresentazione, esorbita dalla sfera del
fenomenico e riguarda piuttosto lambito del sublime. Nella stessa linea di considerazioni, Kant aveva anche osservato che il mondo, come totalit di tutto ci
che c, non un fenomeno, bens una idea della ragione, insieme allanima e a
Dio.
Di nuovo, la taglia (per il mondo) e la percepibilit (per lanima e per Dio)
sono una via sicura per escludere questo genere di oggetti dalla sfera dei fenomeni. E non risulta affatto dipendente dalla fenomenologia, giacch ci pu benissimo essere una cosmologia senza che per questo il cosmo possa mai entrare
in una fenomenologia.
Mesoscopia e ontologia. Luso combinato di una ecologia e di una fenomenologia realistica definisce la sfera della ontologia, e permette una vistosa
differenziazione rispetto alla epistemologia. Il problema fisico grande o piccolo, quello ontologico medio. Lontologia ci interessa se ci sta a cuore un mondo
mesoscopico, per il microscopico e il macroscopico va benissimo la fisica, anzi,
sarebbe assurdo voler ricorrere a qualche altro tipo di approccio. Ma del tutto
ovvio che un mondo mesoscopico ci interessa non meno di quello fisico, altrimenti non potremmo dire la maggior parte delle cose che diciamo, non potremmo avere i valori che abbiamo ecc.
Ma come si definisce la sfera? Una riflessione sugli strumenti ottici pu essere utile. Tipicamente: ci pu essere lobbligo di mettere gli occhiali alla guida, se
cos richiesto dalla patente, mentre non c patente, anche per razzi intergalattici,
che imponga luso di telescopi o microscopi. Le polemiche tradizionaliste contro telescopi e microscopi non si sono mai applicate agli occhiali, che si limitano
a restituire lassetto ottico dellambiente, mentre i microscopi e i telescopi
visualizzano cose che non rientrano nellambiente.
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po scarso.) Per un altro verso, tali caratteristiche, se definite in unottica ecologica (che cio fa leva sul rapporto oggettivo organismo - ambiente ecc.), si rivelano caratteristiche, al fondo, relazionali e relative; sicch, la cosa incontrabile
da me e dai miei gatti o da un batterio non sarebbe, di nuovo, la stessa anche
se questo relativismo non sarebbe pi questione di schemi concettuali differenti.
Ora, io non ho mai negato che lurto di una ciabatta con unaltra ciabatta sia
una relazione, ma una relazione tale che dimostra che certe propriet di entrambe le ciabatte sono tali che sussisterebbero anche senza lurto. E questa
una propriet che difficile non attribuire allontologia come dato primario,
come riferimento a un esistere situato nel tempo e nello spazio, di gran lunga
predominante nella tradizione greca e pi estesamente indoeuropea (Barnes
1972: 62-65). Quando Ayer (1940: 2) parla di oggetti familiari, Austin (1962:
23) di articoli da emporio di modeste dimensioni e Strawson (1959) di particolari, per contrapposto agli universali, implicita una taglia mesoscopica.
Mesoscopia e psicologia. Non solo questione di taglie fisiche. Esistono anche delle taglie psichiche, una mesopsicologia che poi la sfera di ci che, nel
senso comune, appare irriducibile a livelli pi di base, come frasi del tipo: Ho
la coscienza a posto, o descrizioni del tipo: Intenzioni delittuose. Anche qui
si possono trovare dei casi borderline, come per esempio lInconscio, che una
nozione di senso comune abbastanza accettata, ed anche, in taluni casi, accettato epistemologicamente (gli psicoanalisti sono considerati diversamente dai
chiromanti), ma designa una realt che non ci perfettamente presente a livello
mesoscopico come lo sono le intenzioni delittuose o lavere la coscienza a posto,
e si manifesta indirettamente (sogni, lapsus) esattamente come fanno gli acari
con le allergie.
A questo proposito, Nagel amplifica eccessivamente le difficolt: Anche senza
il beneficio della riflessione filosofica, chi ha passato un po di tempo in uno
spazio chiuso con un pipistrello agitato sa che cosa vuol dire incontrarsi con una
forma di vita fondamentalmente estranea (Nagel 1974: 165). Credo bene. Il
pipistrello sar nervoso come noi, forse pi ansioso, forse pi scomposto. Ma la
solita mosca, se pu, se non nervosa o inquieta, ci evita, cos come il pipistrello. E anche sul fatto che ci si incontri con una forma di vita radicalmente estranea ci sarebbe da ridire; il senso comune, anzi, estremamente tollerante nellannettere il comportamento di alcuni animali nella sfera non solo del mondo
umano, ma della nostra stessa psicologia, come quando si dice che i topi sono
astuti, in un senso molto diverso da come si dice che le colombe sono innocenti,
visto che in genere lo si dice quando si sta cercando di catturarli con delle trappole. Vorrei fare qualche esempio.
Un primo caso. Clinton si scusato per il suo cane che aveva morsicato il
pilota del suo elicottero. Visto che Clinton non aveva morsicato il pilota, si
scusato proprio per il cane, che avrebbe potuto agire diversamente. Questo pu
apparire un argomento a favore del fatto che il cane non responsabile, tanto
vero che a scusarsi stato il padrone, ma se il pilota di Clinton fosse stato colpito
da una tegola caduta dal tetto della Casa Bianca, Clinton gli avrebbe detto che
gli dispiaceva, ma non si sarebbe scusato al posto della tegola. Lesempio dimostra che c uno stesso mondo per Clinton, il cane e la tegola, che avrebbero
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potuto far male al pilota, e che lunit di questo mondo tale da indurre Clinton
a operare delle selezioni al suo interno.
Un secondo caso. Un avvocato di Bari anni fa stato mangiato dal suo leone,
e nella gabbia in cui era rinchiuso rimasta soltanto la fibbia della cintura.
Ovviamente il leone stato abbattuto, e non perch fosse pericoloso (tutti i leoni
lo sono), ma perch era stato cattivo e irriconoscente nei confronti del suo padrone che vero lo aveva rinchiuso in una gabbia, ma provvedeva al suo
sostentamento con sacrificio personale (si era rovinato per procurargli un quintale di carne al giorno e aveva dovuto abbandonare la sua casa di citt perch i
vicini si lamentavano); un sacrificio di s diventato, alla fine, assoluto. Lesempio dimostra che si attribuisce un sentimento morale agli animali, che non costituiscono dunque una forma di vita aliena.
Terzo e ultimo caso: Sbranata dai cani: la padrona rischia lergastolo. San
Francisco, condannata per omicidio volontario. I due animali uccisero la vicina
sul pianerottolo (Corriere della sera, 23.03.02). Commentando il fatto, letologo
Danilo Mainardi scriveva: Occorre sapere che il rapporto padrone-cane, basato su un legame socio-affettivo, caratterizzato da una forma di sottomissione
che viene detta attiva. Lanimale, in parole povere, istintivamente portato a
manifestare, appunto attivamente, la sua disponibilit a fare ci che intuisce,
oppure ha intuito attraverso precedenti esperienze, essere il desiderio del padrone. Si potrebbe dire che, se appena pu, tende ad anticiparne i desideri. In
questo caso, ai cani viene attribuita addirittura lempatia, quella che, molto spesso,
non si ravvisa nemmeno tra coniugi.
Ovviamente questi esempi potrebbero essere semplicemente spiegati come
casi di antropomorfismo ingenuo. Forse si proverebbe di pi se si riuscisse a
mostrare che anche lanimale attribuisce alluomo un comportamento animale
(il cane ci mordicchia per gioco appunto perch ci attribuisce, e si aspetta da noi,
questo tipico comportamento ludico animale). Ma il punto cruciale questo, a
mio parere: per grande che sia lingenuit dellantropomorfismo, vediamo che
ci sono dei tribunali che legiferano a partire da esso, e noi non siamo affatto
disposti a considerare la giustizia e i destini che ne dipendono come determinati
da convinzioni puramente arbitrarie. poi anche ovvio che la letteratura risulterebbe inconcepibile se non ci fossero delle psicologie comuni, e lo stesso dicasi
per il mercato dei best-sellers, che suppone, per esempio, che lo stesso cartone
animato giapponese possa piacere ai bambini di tutto il mondo.
medico e il medico pu andare dal sarto, ed entrambi possono leggere La montagna incantata senza che la loro comprensione risulti favorita o compromessa
dalla conoscenza scientifica della tisi) e quindi tra le diverse taglie, oltre che di
spiegare come anche il macellaio, rispetto al sarto, dipenda da unontologia
maggiormente guidata dallepistemologia (seguire le nervature col coltello, distinguere varie parti del corpo animale gi lesito di una conoscenza esperta,
sebbene mesoscopica, visto che larte del macellaio ha potuto venire indicata da
Platone come il paradigma per la dialettica filosofica).
Si potrebbe certo obiettare che ridurre conoscitivo a scientifico-esplicativo una riduzione troppo brutale. In fondo, anche quando non capisco una
cosa, o mi avvicino a un fiore per vedere se vero o di plastica, sto attuando un
atteggiamento conoscitivo. S, ma c pur sempre una differenza. Io con lesperienza posso procurarmi un analogo della ragione (direbbero i leibniziani), cio
una conoscenza che pu funzionare anche con esattezza ma nella pi completa
oscurit rispetto ai princpi. Ora, se un pensiero (in senso non puramente psicologico) un pensiero vero, e un concetto (sempre in un senso non psicologico)
un concetto emendabile in vista della verit, credo che gli atteggiamenti pratici
con un carattere conoscitivo non siano, in senso proprio, atteggiamenti epistemologici. Se scopro che dando un colpo al televisore limmagine si stabilizza, non sto conducendo degli studi sul televisore, cerco soltanto di vedere il
telegiornale.
certi mangino granchi e altri ragni, cio la variabilit e relativit (sospetti analoghi investono la psicologia). Ma questa relativit, di fatto, enormemente esagerata (anche perch si cercano i casi curiosi o piccanti), col risultato che antropologia, psicologia e anomia diventano quasi sinonimi. E che tutti si
precipitano alla ricerca di leggi eterne, la matematica o i protoni, per por termine al drapage. O pi spesso vedono nellantropologia lelogio del mutevole.
Con questo, buttando a mare anche il mondo osservato dagli uomini, come se
dipendesse solo da loro e dai loro grilli per la testa, quasi che fosse soltanto la
favola raccontata da un pazzo. Insomma, non c niente di male in una psicologia del mondo esterno, cos come in una antropologia del mondo esterno, e non
affatto detto che avremmo a che fare con un catalogo di errori o di aleatoriet.
Evoluzionismo ontologico? Alla taglia spaziale si deve poi aggiungere la taglia temporale. Nel mesoscopico rientrano oggetti di taglia media non troppo
veloci n troppo lenti. I film sono oggetti mesoscopici proprio perch non siamo
in grado di isolare i singoli fotogrammi, e se i nostri occhi ci riuscissero, difficilmente si riuscirebbe a convincere qualcuno a pagare il biglietto. Come risultato,
lontologia nel complesso molto pi lenta della epistemologia, sia nella propria evoluzione interna, sia per ci che attiene agli oggetti presi in esame. Credo
di poter illustrare questo punto dimostrando quanto poco plausibile possa apparire un evoluzionismo ontologico, mentre un evoluzionismo epistemologico
del tutto plausibile.
Ovviamente, quando parlo di evoluzionismo ontologico, intendo evoluzionismo dellontologia umana, perch in altro senso levoluzionismo (biologico, ontologico, cosmico ecc.) tutto radicalmente ontologico, solo che si tratta
di una ontologia a cui non abbiamo accesso se non con degli strumenti. Non mi
sembra una circostanza da poco: c una differenza di fondo tra il veder crescere
i propri figli, o invecchiare i propri amici, e riconoscere il passaggio alla stazione
eretta delle prime scimmie antropoidi. Tranne che nella ontologia umana, c
ben poca evoluzione.
Fatta questa precisazione, prendiamo, ad esempio, il modello di evoluzionismo ontologico suggerito dalla tesi heideggeriana sulloltrepassamento della metafisica. Poniamo che si riesca ad oltrepassarla. E va bene, oltrepassiamola o
almeno abbandoniamola, proprio come si abbandonata la credenza nel flogisto.
Contiamo fino a 100. Labbiamo abbandonata? No. Aspettiamo ancora un po...
Un anno, dieci, cento, centoventi ( da un po che ci si prova). Ma non cambia.
Perch? Dannazione, questa metafisica che non si oltrepassa mai, sembra farlo
apposta. Aspettiamo qualche secolo, vedremo.
Ora, mentre si cercava di oltrepassare la metafisica, si sono susseguite moltissime spiegazioni fisiche. Questo non dimostra affatto che gli scienziati siano
pi intelligenti, pi incostanti o pi produttivi dei metafisici o degli oltrepassatori
della metafisica, ma solo che la realt di cui si occupano passibile di spiegazioni non condizionate dalla lentezza, nello spazio e nel tempo, della realt di cui
si occupa lontologia.
La mesoscopia non sar ridotta e non se ne andr. Nella sfera mesoscopica,
abbiamo a che fare con un tessuto molto compatto, anche se differenziato. La
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realt fisica di taglia media sfugge alla fisica esperta non perch sia necessariamente imprendibile o non quantificabile, ma perch pu essere poco interessante o inutilmente difficile per la fisica esperta. Lo stesso dicasi per il nostro
agire ordinario e per il ragionamento di senso comune, che invece di primaria
importanza nelle scienze sociali, nella giurisprudenza, e nella teoria delle decisioni. Del pari, il linguaggio ordinario un deposito di teorie sbagliate, ma anche di definizioni percettive e psicologiche molto esatte, e da esso dipende buona parte del senso che attribuiamo alla nostra esperienza. Infine, la mente
costituisce una sfera che non pu essere sottoposta in modo soddisfacente a una
riduzione radicale. Da questo punto di vista, il caso della intenzionalit, su cui
si appuntata una grande attenzione filosofica allepoca dei dibattiti sulla intelligenza artificiale e sulle analogie uomo-computer, costituisce un sottoinsieme
circoscritto di questa pi vasta sfera di oggetti mesoscopici.
3. Invarianza
Metafisica descrittiva e relativismo ontologico. Descrivere non sarebbe interessante se le cose cambiassero troppo in fretta, e alla lunga anche spiegare diventerebbe un gioco futile ed effimero.
Prendiamo la definizione di Strawson: Certamente i concetti cambiano, e
non solo, bench principalmente, nella periferia specialistica; gli stessi cambiamenti di natura specialistica reagiscono col pensiero ordinario. Ed altres innegabile che la metafisica si ampiamente occupata di tali cambiamenti [...].
Sarebbe per un grave errore pensare alla metafisica solo sotto questo aspetto
storico. Vi infatti un solido nucleo centrale del pensiero umano che non ha
storia, o non ne ha una che sia riportata nelle storie del pensiero; vi sono categorie e concetti che, nei loro caratteri pi fondamentali, non cambiano affatto.
Ovviamente non si tratta delle particolarit del pensiero pi raffinato. Si tratta
invece dei luoghi comuni del pensiero meno raffinato, che per sono il nucleo
indispensabile dellequipaggiamento concettuale degli esseri umani pi sofisticati. di questi, delle loro interconnessioni, e della struttura che essi formano
che una metafisica descrittiva si occuper principalmente (Strawson 1959: 10).
Il relativismo ontologico muove invece dallipotesi che le cose cambino cos
come si cambiano le idee. Ma ragguardevole il tasso di invarianza che sta
allinterno del mondo, e che definisce le propriet degli oggetti. Aggiungerei che
questo riguarda molto pi la sfera dei percetti che non quella dei concetti, che si
propaga agli oggetti, ed proprio questo uno degli aspetti centrali che volevo
illustrare con lArgomento della Ciabatta.
Metafisica decostruttiva e metafisica descrittiva. Una precisazione sullevoluzionismo ontologico, che si collega al relativismo ontologico. Si potrebbe a giusto titolo osservare (Kobau 2002, comunicazione personale) che necessario
separare con chiarezza il livello della stabilit delle leggi oggettive (rispettivamente epistemologiche e ontologiche) da quello della stabilit delle teorie che le
identificano e indagano. Altrimenti, potrebbe risultare che la stabilit
dellontologia riposi sulla stabilit delle caratteristiche inemendabili della cosa
incontrata e comune, di cui lontologia si occupa argomento che per lo meno
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dubbio. Lo stesso argomento, infatti, varrebbe allora anche per la fisica, che si
occupa di leggi e oggetti altrettanto stabili; ancora, si potrebbe controargomentare
che la stabilit dellontologia (se intesa in quel modo) viene smentita dal fatto
che la metafisica generale ha avuto e ha una storia.
Ora, su questo punto credo che ci si possa chiarire ricorrendo ancora una
volta a Strawson. Subito dopo il passo citato nel paragrafo precedente, fa una
affermazione che in apparenza avrebbe potuto essere di mano di Heidegger:
La metafisica ha una storia lunga e illustre, e di conseguenza poco verosimile
che vi siano nuove verit da scoprire nella metafisica descrittiva. Tuttavia, ci
non significa che il compito di questultima sia stato, o possa essere, adempiuto
una volta per tutte. Esso deve affrontato sempre di nuovo. Se non vi sono nuove
verit da scoprire, ve ne sono di vecchie da riscoprire. Infatti, bench largomento centrale della metafisica descrittiva non cambi, il linguaggio critico e analitico della filosofia muta continuamente. Certe relazioni permanenti sono descritte in un linguaggio non permanente, che riflette tanto il clima di pensiero
dellepoca tanto lo stile personale di pensiero del singolo filosofo. Nessun filosofo comprende i suoi predecessori finch non ha ripensato il loro pensiero in
termini a lui contemporanei, ed caratteristico dei filosofi maggiori, come Kant
e Aristotele, che essi paghino questo sforzo di ripensamento pi di tutti gli altri.
Sembra Heidegger ma non . Perch per Heidegger e per la metafisica
decostruttiva che propone ripensare la metafisica significa ripensarne il linguaggio, e allora non si potrebbe capire in che cosa consista il ripensamento.
Poniamo infatti (e Heidegger la pensa proprio cos) che ousa, essentia e Wesen
indichino concezioni totalmente incomunicanti. Allora non si vedrebbe perch
non includere, nel ripercorrimento della storia della metafisica, anche Toro Seduto, che effettivamente incomunicante nei confronti dellousa e del Wesen.
Se Heidegger non lo fa, perch assume che ci che si manifesta attraverso
questi differenti linguaggi sia lo Stesso (un atteggiamento fondamentale nei
confronti dellessere).
Strawson, e la metafisica descrittiva, fanno una cosa diversa. Sotto le idiosincrasie dei filosofi e i linguaggi delle loro teorie, non c uno Stesso di cui alla fine
non si pu dire niente, se non che si ritrae, bens una serie di relazioni accessibili
a uomini di diverso linguaggio, cultura e personalit (e, aggiungerei, anche ad
animali vicini alluomo). E proprio per questo diventa interessante scavare sotto
le idiosincrasie e le teorie per tradurre nel nostro linguaggio questo mondo comune, fermo restando che, effettivamente, il modo in cui Aristotele e Hume
descrivono la causalit non potrebbe essere pi diverso. Per, se oggi Aristotele,
per la descrizione del mondo percepibile, risulta infinitamente meno datato di
quanto non lo sia quando parla di cosmologia, questo dipende dalla estrema
stabilit degli enti visibili, che si prestano a innumerevoli osservazioni da parte
di generazioni di uomini, e che non mutano con la stessa rapidit delle teorie.
Rispetto a Strawson, vorrei aggiungere che la metafisica descrittiva non un
gioco a somma zero, una conoscenza del conosciuto del tutto assimilabile alla
filologia, giacch proprio perch le nostre teorie cambiano (innanzitutto nella
periferia specialistica, ma non solo l), il mondo osservabile ed esperibile in
antinomia rispetto a ci che sappiamo si popola di nuove leggi, che prima non
avrebbero potuto prodursi proprio perch il divario tra scienza ed esperienza era
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Raggi x. Credo che lArgomento della Ciabatta illustri anche la relativa secondariet delle spiegazioni fisiche in ontologia. Uno potrebbe infatti dire che,
di fronte alla ciabatta, i raggi x si comporterebbero diversamente, passandole
attraverso. Ma sono poi cos rilevanti? In fondo, descrivono una esperienza abbastanza rara, mentre la stragrande maggioranza di ci che ci accade obbedisce
alla logica elementare della ciabatta, cio del tatto e della cosa che colpisce.
Poniamo che ci siano degli esseri intelligenti che percepiscono i raggi x. Lipotesi non risulta per niente peregrina. Il fatto che quegli esseri li troviamo in
genere negli ospedali o negli studi dei dentisti, non respirano e sono attaccati
allelettricit tramite una spina. Ammettiamo che quegli esseri siano, invece,
viventi. Condividerebbero pezzi importanti del nostro mondo, come mondo, e
ovviamente non si considererebbero degli scienziati, quando percepiscono i raggi
x, appunto perch per loro ovvio percepire attraverso quei raggi un mondo (lo
stesso) che noi percepiamo attraverso altri raggi.
Linterazione tra noi e quegli esseri potrebbe essere faticosa, ma non impossibile, e avverrebbe per lappunto nel medesimo mondo, quel mondo che lo
stesso sia per il messicano che cerca di passare clandestinamente il confine degli
Stati Uniti, sia per il poliziotto con occhiali a raggi infrarossi che lo identifica e
lo arresta.
Scarafaggi. Il caso che ho appena proposto dimostra come lo stesso mondo
venga percepito sotto angoli e con strumenti diversi, ma resta lo stesso. Questa
invarianza tocca in modo vistoso le propriet primarie, come la forma o la massa, ma lo suggerivo pi sopra si propaga anche alle qualit secondarie e
terziarie.
I daltonici non che vedano delle successioni casuali di colore, vedono delle
costanze (impoverite) dello stesso mondo cromatico che vedono i non daltonici.
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Lo stesso vale per il gusto. Una bottiglia di Barbaresco costa caro perch ha
propriet riconosciute dalla maggioranza gli acquirenti. Se un gatto beve del
barbaresco, si ubriaca come un uomo (daccordo con le sue propriet primarie),
riconosce una costanza cromatica (qualit secondarie), e alla fine sente un certo
sapore e odore, che potr risultargli regolarmente piacevole o spiacevole (qualit terziarie). E in tutti i casi il gatto imputer quelle propriet alloggetto e non
a se stesso, cercandolo altre volte o evitandolo a seconda delle proprie inclinazioni.
Uno pu dire: ma quando Kafka (o meglio Gregor Samsa, e questo fa la
differenza) diventa uno scarafaggio, si appassiona ai cibi marci. S, ma intanto
io di persone che diventano scarafaggi non ne ho mai viste, e comunque si tratta
solo di aver cambiato gusti (c a chi piace il dolce e chi il salato, ma non che li
confondano). Da questo punto di vista, largomento Aristotele-Teofrasto secondo cui i gusti sono soggettivi giacch quello che ci pare dolce quando siamo sani
pu risultarci amaro quando siamo malati non sembra affatto conclusivo. La
soggettivit del gusto la si potrebbe dimostrare solo nel caso che il medesimo
soggetto, a parit di condizioni, trovasse buono o cattivo lo stesso oggetto.
Pietre. Kobau (in Swif 2002) suggerisce il caso di Sloman (1996), che varia i
termini della questione a partire dalla domanda Che effetto fa essere quella
pietra laggi? (Che effetto fa essere un girasole?, Che effetto fa essere un
normale neonato umano? e poi: che effetto fa essere un autistico, un veggente,
un automa ecc.?) e ne conclude: anche se alcuni aspetti delleffetto di essere un
X non possono venire replicati in ogni caso per un Y, comunque non c grande differenza tra sapere che l fuori c qualcosa a cui tu hai accesso, mentre io
no, e sapere che c in te qualcosa a cui tu hai accesso, mentre io no poich
entrambi i casi implicano delle differenze di accesso a informazioni. A Sloman
interessa una scienza delle predicazioni sommamente generali (produzione di
software).
A me invece interessa una definizione del Mondo Esterno come sfera fondamentale di oggettivit condivise (che si basa a sua volta sullassunto secondo cui
la distinzione tra Interno ed Esterno pi decisiva di quella tra Soggettivo e
Oggettivo). Questo, molto pi che la pretesa di identificare il mondo percepito
con il mondo vero, mi sembra il punto rilevante. Thomas Reid, nel Saggio sui
poteri intellettuali delluomo (1785, cit. in Humphrey 1992: 42) scriveva: I sensi esterni esercitano una doppia funzione, ci fanno sentire e ci fanno percepire.
Ci forniscono diverse sensazioni, alcune piacevoli, altre spiacevoli o indifferenti; nello stesso tempo, ci danno una concezione e unirresistibile credenza nellesistenza degli oggetti esterni. Questa concezione degli oggetti esterni opera
della natura. La credenza nella loro esistenza, prodotta dai nostri sensi, lo
altrettanto, cos come la sensazione che laccompagna. Questa concezione, accanto alla credenza che la natura produce per mezzo dei sensi, la chiamo percezione. Il sentimento che laccompagna lo chiamo sensazione La percezione
ha sempre un oggetto esterno; e loggetto della mia percezione, in questo caso,
quella qualit della rosa che io discerno con il senso dellolfatto.
Conigli. Per sperimentare le invarianze non necessario attivare una funzione epistemologica, basta un incontrato. Questo un punto che si illustra abbastanza facilmente. Quante volte succedono dei contrattempi, ossia delle variazioni rispetto alle nostre aspettative dettate da delle invarianze che si incontrano?
E quante volte, invece, un vortice si solidifica sotto i nostri occhi e diventa un
coniglio? A me la prima cosa successa una grande quantit di volte, le cose nel
mondo erano stabili per fatti loro e contraddicevano le mie attese. La seconda,
per il momento, non mi mai accaduta.
Ornitorinchi. Questo costituisce un argomento contro il trascendentale e a
vantaggio del realismo ontologico. I vincoli di invarianza sono solidi perch il
mondo stabile, indipendentemente da quello che ne sappiamo, pensiamo o
percepiamo, con tutto che il percepire risulta comunque (e contrariamente alla
tradizionale denigrazione dei sensi) pi stabile del pensare, se di considera quanto
poco sforzo ci vuole per convincersi che la luna gira intorno alla terra, mentre
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4. Inemendabilit
Le nuvole di Amleto e il giallo di Vermeer. Prediamo il dialogo tra Amleto e
Polonio, che resta un paradigma: Amleto: Lass, vedete quella nuvola? Non
ha quasi la forma di un cammello? Polonio: Per la santa messa, pare proprio
un cammello. Amleto: O piuttosto una donnola. Polonio: Ha la gobba come
una donnola. Amleto. O una balena. Polonio: Una vera balena. Con le nuvole, che sono oggetti vaghi, facile interpretare, ma in ogni caso abbiamo a che
fare con un vedere come che si sovrappone consapevolmente al vedere in senso stretto, che a sua volta non risulta emendabile. Il giallo di Vermeer lo si vede
nei paesaggi dellOlanda e del Belgio cos come nella Veduta di Deft, e non c
verso di trasformarlo in un verde; mentre si potr sempre discutere sulla interpretazione che ne d Proust. questo ci che ho definito inemendabilit
(Ferraris 2001).
In effetti, anche qui si dimostra che un evoluzionismo ontologico (quanto
dire una instabilit del mondo dellesperienza) molto meno plausibile di quanto
non si sia disposti ad ammettere. E in ogni caso, per diversi che siano i sensi
(questo, alla fine, sembra essere il nocciolo dellevoluzionismo), il mondo incontrato non muta.
Vedere le stelle. Si potrebbe opporre (Luciano Floridi in Swif 2002) che i
vincoli ecologici sono evitabili, cio emendabili. Ma resta da chiedersi che cosa
si intenda con una simile espressione. Qualcosa come le Magnalia Naturae di
Bacone, putrefare un elefante in 10 secondi, trasportare uomini con la forza del
pensiero, inventare nuove purghe ed escogitare piaceri nuovi per tutti i sensi?
(al che De Maistre interloquiva: Ah, Monsieur le Chancellier, quoi pensezvous?). Creare condizioni di laboratorio per cui si informa il soggetto che lo
stimolo acustico e quello visivo che percepisce in sequenza sono simultanei non
ancora far percepire la simultaneit, ma solo dare una informazione.
Questa differenza abbastanza sottile. Uno potrebbe chiedersi (ancora con
Floridi in Swif 2002): a chi diamo retta? A mia nonna che credeva di vedere le
stelle, o a mia nipote che crede di vederne solo la luce, milioni di anni dopo la
loro scomparsa?. Il punto che qui si tratterebbe di una bizzarra nipote, adusa
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a lunghi giri di frase, e che si rivela pi che una ragazza moderna o postmoderna
una pervicace assertrice dellerrore dello stimolo. Come suggerivo pi sopra
parlando della Stella Polare, anche un astronomo pu apprezzare una notte
stellata, e dire che quello che vede sono stelle.
Di fatto (Tonino Griffero 2002, comunicazione personale) la scelta dipende
pi dal contesto argomentativo-linguistico che strettamente dal contrasto epistemologia (errore dello stimolo) / fisica ingenua. Possiamo benissimo immaginare che la nonna dica potessi andare ora su quella stella e la nipote risponderle
(a) che non possibile perch ci vorrebbe troppo tempo, (b) che non possibile
perch quella stella potrebbe essere scomparsa da migliaia di anni, ecc. In altri
termini, lannoso problema se il senso comune via via accolga i dati scientifici.
Vorrei per far notare come il senso comune (linguistico) si possa far infiltrare
dalla epistemologia a livello di spiegazioni ma molto pi difficilmente a livello
di percezioni. A Buenos Aires c un quartiere dove densamente popolato da
psicoanalisti, e che perci correntemente chiamato Barrio Freud. Ci si pu
chiedere come possano svolgersi delle interazioni anche banali in una zona cos
intensamente psicoanalizzata, ma sono persuaso che, per esempio, da un fruttivendolo non ci sarebbero difficolt, per quante interpretazioni possano suggerire numerosi ortaggi.
Se un giorno udissimo i fischietti per cani. Allo stesso titolo, non sembra nemmeno il caso di domandarsi se un giorno sentiremo i fischietti per cani, i quali
gi attualmente, proprio come gli acari, non sono percepibili come tali, ma presentano effetti osservabili. In effetti, il fischio a ultrasuoni si perpetua, inaudito,
in osservabili (nervosismo del cane, vibrazione della corda di un violino e simili). Proprio per questo, per, non lo metterei sotto il titolo dellampliamento e
della evoluzione della ontologia, lo classificherei come un oggetto che continua
sotto un altro oggetto, come una sparizione affine a una persona che svolta langolo e non vediamo pi.
In effetti, non si pu nemmeno sostenere che gi oggi un uomo pu percepire
un fischietto per cani, guardando le frecce di un apparecchio ad hoc. In quel
caso, il fischietto per cani si potrebbe sentire con certi accorgimenti tecnici, i
raggi infrarossi anche, e lontologia si infarcirebbe di epistemologia. Ma quando
si guardano le frecce si percepiscono solo le frecce, e non il suono.
Allo stesso modo, c una differenza di fondo tra dire che il tavolo che ho
sottomano esiste anche quando sono in unaltra stanza e il dire che se avessi un
microscopio scoprirei che la mia mano sembra soltanto pulita, ma piena di
virus, batteri e altri esseri orrendi (argomento che mi aveva orripilato alle elementari e che sta forse allorigine di quello che sto scrivendo ora).
Ovviamente, dal punto di vista epistemologico le cose starebbero molto diversamente. E gi per un uomo la ciabatta giunge al termine di un lungo percorso cognitivo, che pu essere compromesso in ogni momento. Tuttavia, qui abbiamo a che fare con un livello di descrizione molto diverso da quello messo a
fuoco dallArgomento della Ciabatta. Intendo dire che c una vera differenza
tra il dire: se non ci fossero questi neuroni la ciabatta non ci sarebbe e se la
ciabatta fosse in unaltra stanza, non sarebbe in questa stanza. Nel primo caso
stiamo suggerendo una ipotesi epistemologica che riguarda un pezzo di filoso24
la cos, nel quadro di una dimostrazione dellesistenza del mondo esterno, dipende, secondo me, dal fatto che lavere due mani non semplicemente qualcosa che si incontra nellesperienza (e da cui dipende un bel pezzo dellesperienza), ma anche un enunciato, che pu (ma non necessariamente deve) essere
scambiato per una affermazione epistemologica, giacch lepistemologia si serve necessariamente di linguaggio, cos come il senso comune. Tranne che lavere due mani resta una realt incontrata e inemendabile (con una mano ferita o
anchilosata tutto pi difficile), con o senza linguaggio, e che proprio qui si
incontra uno strato oltre il quale non pi possibile scavare, cio imporre schemi concettuali. Detto in altri termini, ecco due mani un enunciato molto
povero epistemologicamente, e Moore sbaglia ad adoperarlo in quella prospettiva, per contraddire, sullo stesso piano, gli enunciati di Bradley o di McTaggart.
Ma resta che si tratta di un enunciato molto ricco ontologicamente, accettabile a
pieno titolo nel quadro di una metafisica descrittiva o di una ontologia ecologica. Soprattutto, ripeto, si tratta di una realt che permane tale anche indipendentemente dal fatto di essere profferita, e che permane in un modo molto diverso dalla teoria della gravitazione universale, giacch si tratta di un enunciato
che riflette una osservazione, e non una interpretazione (vera) circa le cause di
ci che si osserva.
Ora, come si deve qualificare questo strato di realt? Il carattere fondamentale degli oggetti reali consiste nellavanzare una pretesa di validit, e non una
pretesa di verit: ci prendono a calci, daccordo con Eco (1997: 5), anche se e
questa volta in disaccordo con lui non necessariamente ci chiedono di parlare
di loro (il sassolino che mi d fastidio mentre sono disteso in riva al mare non
chiede affatto che parli di lui, e il passaggio alla favola della Principessa sul
pisello tutto tranne che scontato). Indipendentemente dalle interpretazioni
che possiamo darne, il tavolo persiste ed esige da noi una attenzione e una considerazione, e questo vale sia che siamo dei fisici, sia che siamo dei falegnami,
sia che siamo degli utenti, sia, infine, che siamo degli ipotetici aborigeni australiani che non hanno mai visto un tavolo ma che nondimeno ci sbattono
contro come tutti gli altri.
Dualismo ontologico. Credo che le considerazioni che ho svolto contribuiscano a un lavoro preliminare, cio la scissione tra verit e realt. Il problema
che, a questo punto, uno potrebbe essere per lappunto tentato di ipotizzare
lesistenza di pi mondi, corrispondenti alle intuizioni che ognuno ne ha. In
fondo, se c un conflitto tra intuizioni, e si decide che lepistemologia non pu
avere lultima parola, potremmo voler assumere come vere (perch reali in un
modo abbastanza indeterminato) tutte le intuizioni in cui ci imbattiamo. Con il
risultato di dar vita a un relativismo ontologico non meno inconcludente del
relativismo epistemologico che criticavo rivendicando la distinzione tra ontologia
ed epistemologia.
In questo senso, laffermazione ambientalista di Jacob von Uexkll secondo
cui questo il mio albero (cio un albero che tale, con queste caratteristiche, per me e non per altri) omette di considerare che lalbero tale (in molte
sue caratteristiche cruciali) anche per altri uomini, animali, alberi, come ho cercato di dimostrare con una considerazione sulla pretesa degli oggetti nei nostri
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to per distinguere la destra dalla sinistra definendone una delle due (la sinistra)
come quella per la quale, sempre, si avvita il decadimento di un neutrone.
Questo fa s che sulla terra, o in qualunque altro punto dellUniverso, la sinistra
(e quindi la destra) sia sempre definibile in maniera assolutamente non ambigua. In questo caso, la controversia viene risolta attraverso il ricorso alla fisica, e
il senso comune (o la speculazione, come variante del senso comune) non ha
proprio nessuna autorit in materia.
2. Il secondo caso deriva da una elaborazione del quesito posto a Locke da
William Molyneux. Il quesito consisteva nel chiedere se un nato cieco, e risanato da adulto, sarebbe stato capace di riconoscere alla vista una sfera e un cubo,
senza ricorrere al tatto. Qui una conoscenza scientifica pi avanzata non risolve
il quesito, ma lo scompone nelle sue parti (Jacomuzzi 2000-2001): in altri termini, una conoscenza scientifica pi avanzata dimostra che il quesito non pu
essere posto in quei termini, che si tratta di una formulazione protoscientifica
piuttosto che genuinamente ontologica, e che in ogni caso non pu essere risolto in termini sperimentali ma, per lappunto, soltanto dissolto.
3. Sono famose le ultime parole della Recherche di Proust, in cui il Narratore
enuncia il suo progetto di far risorgere il tempo perduto: Se mi fosse stata lasciata, quella forza, per il tempo sufficiente a compiere la mia opera, non avrei
mancato di descrivervi innanzitutto gli uomini, a costo di farli sembrare mostruosi, come esseri che occupano un posto cos considerevole accanto a quello
cos angusto che riservato loro nello spazio, un posto, al contrario, prolungato
a dismisura poich toccano simultaneamente, come giganti immersi negli anni,
periodi vissuti da loro a tanta distanza e fra cui tanti giorni si sono depositati
nel Tempo. Si tratta di una immagine puramente letteraria? Non necessariamente: per le metafisiche quadridimensionaliste, gli oggetti non occupano semplicemente dei luoghi nello spazio e persistono nel tempo, bens si protraggono
nel tempo, come se fossero degli eventi molto lunghi. Dobbiamo concluderne
che Proust conferma le metafisiche quadridimensionaliste, oppure che queste
confermano Proust? Mi sembra vero il contrario. Proprio il fatto che una simile
descrizione appaia mostruosa a Proust che in questo concorda senza saperlo con chi lha definita una metafisica folle (Thomson 1983: 210) dimostra
che le metafisiche quadridimensionaliste (e il correttivismo che le anima) non
si attagliano alla sfera della realt che interessa a Proust, e a una fetta importante della nostra esperienza.
3. Infine, una frase come La terra piatta e non si muove (Husserl 1934)
dimostra la convivenza non troppo conflittuale tra una descrizione fisica e una
descrizione fenomenologica. Anche un cosmologo potrebbe adoperarla per rassicurare un bambino che temesse che la rotazione della terra faccia cadere il suo
castello di carte.
Fissare il riferimento, lIncontrato, lInemendabile. Unultima considerazione, come glossa alla proposta di Casati e Varzi (2002) circa la distinzione tra uso
attributivo e uso referenziale. Nella loro versione, si usano certe propriet non
per definire, ma per fissare il riferimento a un termine, e questa possibilit ci
che consente di superare il dualismo attuale o potenziale generato dal confronto
tra fisica ingenua e fisica esperta. Ora, quello che caratteristico, nel fissare il
riferimento, il fatto sottolineato a giusto titolo da Casati e Varzi che si
abbia il passaggio dal linguistico al percettivo. In altri termini, a mitigare le
ambiguit del concettuale e del linguistico interviene una stabilit di fondo del
percettivo. Daccordo con questa impostazione, vorrei proporre una progressione che dal senso comune giunge allestetica, e di l viene allincontrato e infine
(come criterio negativo e discriminante) allinemendabile.
1. Il senso comune indica una zona grigia tra percezione e scienza, fortemente infiltrato dalla epistemologia. Per questo importante il passaggio alla percezione. Qui posso benissimo interagire con il mondo pur avendo credenze fortemente erronee al suo proposito (tipicamente: che io sia tolemaico o copernicano
cambia ben poco nella mia vita, e questo vale anche nellipotesi in cui credessi
che la luna fatta di formaggio). Sebbene in questa versione sembri che lesperienza sia un errore cognitivo non dannoso, ci si pu chiedere come mai ci
avvenga, ed estendere la nostra attenzione al problema della percezione. Quando percepiamo, c ancora meno da sapere, anzi, non ce ne affatto. Eppure ce
la caviamo, di solito, e cos anche gli animali.
2. Era a partire da considerazioni di questo genere che Leibniz (1684) aveva
mosso una obiezione decisiva a Cartesio, e che sta alla base della nascita, circa
cinquantanni dopo, della estetica come scienza della conoscenza sensibile: non
vero che chiarezza e distinzione sono analiticamente connesse. Io posso benissimo vedere qualcosa in modo perfettamente chiaro (per esempio un colore)
senza conoscerlo in modo distinto (non ne discerno numericamente lintensit
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non vero che, una volta che sia venuta meno la possibilit di quantificare, tutto
si perda in un pulviscolo di interpretazioni che si equivalgono.
Feticismo. Ma davvero cos? Prendiamo Marx. Nel Capitale leggiamo: Larcano della forma di merce consiste dunque semplicemente nel fatto che tale
forma, come uno specchio, restituisce agli uomini limmagine dei caratteri sociali del loro proprio lavoro, facendoli apparire come caratteri oggettivi dei prodotti di quel lavoro, come propriet sociali naturali di quelle cose, e quindi restituisce anche limmagine del rapporto sociale fra produttori e lavoro
complessivo, facendolo apparire come un rapporto sociale fra oggetti esistente
al di fuori di essi produttori. Mediante questo quid pro quo i prodotti del lavoro
diventano merci, cose sensibilmente sovrasensibili, cio cose sociali. Proprio come
limpressione luminosa di una cosa sul nervo ottico non si presenta come stimolo soggettivo del nervo ottico stesso, ma quale forma oggettiva di una cosa al di
fuori dellocchio. Ma nel fenomeno della vista si ha realmente la proiezione di
luce da una cosa, loggetto esterno, su unaltra cosa, locchio: un rapporto fisico tra cose fisiche. Invece la forma di merce e il rapporto di valore dei prodotti di
lavoro nel quale essa si presenta non ha assolutamente nulla a che fare con la
natura fisica e con le relazioni tra cosa e cosa che ne derivano. Quel che qui
assume per gli uomini la forma fantasmagorica di un rapporto fra le cose soltanto il rapporto sociale determinato fra gli uomini stessi. Quindi, per trovare
unanalogia, dobbiamo involarci nella regione nebulosa del mondo religioso.
Quivi, i prodotti del cervello umano paiono figure indipendenti, dotate di una
vita propria, che stanno in rapporto fra di loro e in rapporto con gli uomini.
Cos, nel mondo delle merci, fanno i prodotti della mano umana (Marx-Engels
1867ss. I: 105 ss.).
Il discorso di Marx abbastanza chiaro: le merci possiedono un aspetto oggettivo, il loro essere cose, esattamente come i fatti percettivi, solo che, in pi,
sono per lappunto merci, che si distaccano dal loro produttore e divengono una
cosa diversa e fluttuante, proprio come gli dei si distaccano dagli uomini che li
hanno immaginati. E sarebbe sbagliato considerare le merci soltanto come cose,
perch in questo caso cederemmo a una forma di feticismo, che rimette alloggetto anche le caratteristiche che appartengono al soggetto. Bene, ma non mi
sembra che qui Marx suggerisca in alcun modo che una analisi del carattere di
feticcio delle merci (tanto per fare un esempio) debba per lappunto involarsi
nel cielo dellideale, lasciando da parte il realismo.
Realismo. Conviene anzitutto intendersi sulla parola realismo: positivismo,
realismo ed empirismo non sono la stessa cosa. In particolare, il positivismo e
lempirismo sono due dottrine che ritengono che lorigine della nostra conoscenza sia o lesperienza che sarebbe orientata naturalmente verso la scienza
(empirismo) o la scienza tout court, nella sua forma di base, cio la fisica
(positivismo).
Ora, se il ritorno dellontologia realista nella filosofia contemporanea si caratterizza proprio per lindividuazione di strati di esperienza che non appaiono
riducibili alla scienza, non si capisce a che titolo si possa assimilare il realismo
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qualcosa da fare, suggerisce Marx, tuttaltro che chiudere gli occhi di fronte
agli oggetti e alla realt. Al contrario, si tratta di dettagliare loggetto, di studiare
la reificazione, di compiere una analisi, e non di additare paradisi e presepi.
Lontologia e il realismo sono questo, e non credo che appellarsi, invece, alle
interpretazioni e alla storia serva pi di tanto, specie se con interpretazione si
intende la notte in cui tutte le mucche sono nere, e la storia una favola della
buonanotte in cui alla fine tutti si vogliono bene. Lidea per cui raccomanderei il
ricorso al realismo ontologico anche a un pervicace fautore della storia e della
universale interpretazione quella di una reificazione del mondo della vita:
facciamo lesperimento di attribuire quante pi qualit possibili agli oggetti. E
solo nel momento in cui loggetto non baster pi, salter fuori il soggetto, e le
sue eventuali responsabilit. Il contrario una ragion pigra, che in fondo si
limita ad attribuire i mali della terra alla malizia degli uomini, e ad additare un
cielo, secolarizzato quanto si vuole, in cui lagnello e il lupo vivranno damore e
daccordo.
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