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Maurizio Ferraris

INEMENDABILIT, ONTOLOGIA, REALT SOCIALE

1. La cosa colpisce
Mondo Matrix. Anche nella metafisica berkeleyana di Matrix, fatta di bistecche tenere e saporite, ma che si immaginano soltanto, e di un velo di maya che
pretende di essere un mondo vero, le pallottole (che non uccidono gli iniziati)
colpiscono e respingono. Con leffetto vagamente comico per cui uno pu riceversi trecento pallottole, restare vivo, e tuttavia incontrare una qualche difficolt
nellavanzare con tutto quel piombo che gli intralcia il cammino e gli d spintoni.
La fisica dei film di fantascienza, cos come quella dei fumetti (le stesse difficolt si trovano nelle sparatorie con gli zombies in Dylan Dog) una fisica ingenua, ma proprio per questo espone delle intuizioni fondamentali nei confronti
del mondo che possono ritornare utili a un livello un po pi sofisticato, di metafisica descrittiva.
In altri termini, non ci vuol molto a convincere un uomo del fatto che, alla
fine, quello che lui chiama mondo solo una congerie di stimoli elaborati dai
suoi sensi e dal suo cervello, ed anche pi facile persuaderlo del fatto che i
colori sono nel suo cervello e nel suo occhio piuttosto che nelle cose, giacch
scompaiono se si spegne la luce. Pi difficile persuaderlo che la resistenza di
un muro o di un oggetto dipendente dai suoi organi o dai suoi schemi: spengo
la luce, il tavolo diventa nero (questo poi tutto da vedere: il tavolo non diventa nero alla stessa maniera in cui lo diventa il cielo che prima era azzurro e poi
rosso), per alla fine ci sbatto comunque contro. La durezza (e una parte importante della forma) non riguarda locchio o lorecchio, quei sensi che sono
tradizionalmente evocati per illustrare la soggettivit delle impressioni, bens il
tatto, lunico senso a disposizione degli animali imperfetti, secondo Aristotele
(De anima, 433b-434a), ma, proprio per questo, il senso fondamentale, quello
senza cui lanimale sarebbe distrutto, visto che serve al suo essere, mentre tutti
gli altri servono al suo benessere (De anima, 435b 17-25). Perch il tatto il
senso fondamentale? Perch proprio con il tatto che La Mettrie incomincia ad
attrezzare la sua statua? Perch mette in contatto con lesterno, con limpenetrabilit, con la cosa che come carattere primario resiste e colpisce, cio
Rivista di estetica, n.s., 19 (1 / 2002), XLII, pp. 160-199 Rosenberg & Sellier

inemendabile, quanto dire che non pu essere corretta cos come possiamo correggere le nostre credenze e i nostri saperi.
La cosa colpisce, l, non possiamo farci niente, indipendentemente dai nostri schemi concettuali e anche dai nostri apparati percettivi: di fronte al colpo o
alla resistenza non possiamo chiudere gli occhi, tapparci le orecchie o turarci il
naso, ed proprio questa circostanza che, in ultima analisi, pu valere per dimostrare lesistenza di un mondo esterno e indipendente dai nostri schemi concettuali. Questo colpo rivela una pretesa del mondo dei nostri confronti, mostra
che il mondo vuole essere tenuto nel debito conto. A ben pensarci, una volta che
si sia avanzata una pretesa per il tatto, si pu incominciare ad estendere loggettivit anche alle cosiddette qualit secondarie, come i colori, per lappunto, e poi
anche alle qualit terziarie. In fondo, tra il dire che una sedia dura ed di una
certa forma, che nera o di un altro colore, e infine che bella o brutta, che ci
piace o non ci piace, c una differenza di grado, ma non di sostanza, giacch
anche quando diciamo che una sedia non ci piace stiamo parlando di propriet
che appartengono alla sedia, e non a noi: proprio come limpenetrabilit. (
vero che la consapevolezza che la qualit sia pi nello stato danimo che non
nella cosa risulta del tutto pertinente anche al senso comune, che non si sente di
pagare un debito a Tommaso e Kant quando affermano che non bello quel
che bello ma bello quel che piace; tuttavia, quello stesso senso comune cercher di procurarsi cose che ritiene a torto o a ragione oggettivamente belle
prima che soggettivamente piacenti.)

Genesi. Un tardo pomeriggio di tanto tempo fa, prima che spuntasse la vita
sulla Terra, alcuni raggi dellultimo sole vennero a cadere su uno specchio dacqua poco profondo tra gli scogli in riva al mare, ne penetrarono la superficie e
furono assorbiti da un ciottolo sul fondale. Il ciottolo, come ogni altro oggetto in
natura, non era capace di sentire. Il sole tramont dunque su un mondo privo di
significato, dove niente esisteva come qualcosa per qualcuno (Humphrey 1992:
297). Ma esisteva, e i ciottoli sbattevano gli uni contro gli altri, e assorbivano i
raggi luminosi.
Nonostante tutte le vibrazioni delletere che lo riempiono, il mondo buio.
Ma un giorno un uomo apre il suo occhio che vede. E si fa chiaro. (Wittgenstein
1953, II, VII). Lidea di fondo di Wittgenstein che non ci sarebbero i colori, n
la luce come loro possibilit (tutto nella luce, daccordo con il principio ecologico di Gibson) se non ci fosse un decodificatore, locchio ma ovviamente
non solo un occhio umano, qui Wittgenstein poetizza che trasforma la vibrazione in luce. Se le cose stanno cos, se comunque ci sono vibrazioni nelletere,
si pu davvero concludere che la luce dipende dallocchio, e che se non ci fossero occhi non ci sarebbe luce? Non credo che sia cos sicuro. In fondo, non si
possiede un vestito solo perch lo si indossa tutti i giorni, e non che quando si
mette una penna in un cassetto la penna cessi di esistere.
Cos, anche quando Schopenhauer, allinizio del Mondo come volont e rappresentazione, sostiene che la sola cosa certa che possediamo un occhio che
vede un mondo, non pretende affatto che il mondo sia creato dallocchio (semmai, va troppo lontano quando sostiene che il mondo della rappresentazione
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regolato dal principio di ragione, giacch possiamo benissimo vedere delle cose
che contrastano con tutto quello che sappiamo e pensiamo).
Il principio viene enunciato da Husserl: Prima che abbia inizio lattivit
conoscitiva, ci sono per noi gli oggetti, sempre-gi dati in schietta certezza. Ogni
inizio dellagire conoscitivo gi li presuppone (Husserl 1938, 7). E, vorrei
aggiungere, anche lagire non conoscitivo. In fondo, solo la confusione tra
lincontrare e il conoscere che fa s che Berkeley sostenga anticipando i
postmodernisti che un albero caduto nella foresta senza osservatori non caduto. In realt, proprio ammettendo che non ogni nostro agire risulta conoscitivo che possiamo sostenere che gli oggetti incontrati nel mondo possono contrastare quello che sappiamo (invalidando lidea kantiana che le intuizioni senza
concetto siano cieche), non costituire il sedimento delle nostre operazioni
cognitive (invalidando lidea husserliana che il mondo costituisca esclusivamente
il sostrato della scienza), e dunque esistere indipendentemente da ogni attivit
cognitiva umana (invalidando lidea berkeleyana che il mondo dipenda essenzialmente dai suoi osservatori).

Antinomie e autonomie. Questa semplice considerazione permette una deflazione epistemologica, e conferisce una peculiare validit alla ontologia: il
mondo interno (agli schemi concettuali) pi piccolo di quanto non si creda.
Appare anche che il mondo esterno (agli schemi concettuali) si costruisce giocando su autonomie e antinomie (Ferraris 2001).
1. Lautonomia dellestetica rispetto alla logica. I nostri sensi operano ciecamente (bella espressione che indica con esattezza il ruolo del tatto), cio
indipendentemente dallazione di schemi concettuali; quanto dire che la tesi
kantiana secondo cui le intuizioni senza concetto sono cieche tuttaltro che
inevitabile: o, meglio, indica una funzione epistemologica e non una funzione
ontologica. La convivenza tra esseri con schemi concettuali e apparati percettivi
tanto diversi, illustrata dalla ecologia, dimostra proprio questa fondamentale
autonomia.
2. Lantinomia dellestetica rispetto alla logica. Il modo pi ovvio per dimostrare lautonomia per ricorrere alla antinomia tra il mondo degli schemi
concettuali e il mondo incontrato. La fisica ingenua ha a giusto titolo insistito
su questo punto, che si pu illustrare attraverso la differenza tra il vedere e il
pensare. Banalmente, ho un bel sapere che la terra rotonda e gira: in buona
parte della mia esperienza mi comporto (e non a torto) come se la terra fosse
piatta e non si muovesse.
3. Lautonomia del mondo rispetto ai nostri schemi concettuali e apparati
sensoriali costituisce la terza tappa del nostro percorso. Se quello che incontriamo indipendente da quello che pensiamo, al punto che pu contrastarlo, bisogna per lappunto concludere che la pretesa e la resistenza che ci oppongono gli
oggetti non sia dovuta a un qualche accordo tra i sensi di tutti gli uomini e poi di
esseri con sensi molto diversi, bens da una stabile e autonoma consistenza degli
oggetti, che sono tali per esseri molto diversi per apparati concettuali e percettivi,
e persino per esseri che non hanno proprio nessun apparato concettuale o
percettivo.
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In effetti, lincontrato pu contrastarci, contraddicendo sia i nostri schemi


concettuali sia i nostri apparati percettivi. Se io sbatto violentemente il naso
contro un vetro perfettamente trasparente, perch non pensavo che ci fosse e
non lo vedevo. Che io urti e non riesca a passare, non dipende dal tatto, bens
dalla resistenza delloggetto, che si opporrebbe anche al passaggio di una pietra
o di una pianta rampicante, al vento e alla pioggia, sebbene non ai raggi luminosi o alle radiazioni nucleari.

Cervi volanti, mosche, pulci e Swedenborg. Malgrado questo, lultima autonomia sembra pi difficile da dimostrare, perch non gode dei vistosi benefici
della antinomia tra vedere e pensare. Uno pu dire: ammettiamo pure che il
cervo volante, che ha occhi radicalmente diversi dai nostri, veda lo stesso mondo
che vediamo noi. Ma come si pu provare una cosa di questo genere? In realt,
non poi cos difficile. Vorrei far notare che le mosche, che anche loro sono
molto diverse da noi, possono sbattere contro un vetro perfettamente pulito e
trasparente, ma non contro un muro. Ci vuole un bel tasso di scetticismo per
sostenere che vedono cose diverse da noi. O meglio, pu darsi benissimo che il
loro vedere sia diverso (che cosa ne sappiamo?), per ci che una mosca o un
cervo volante incontra nel suo volo la stessa cosa che incontriamo noi.
Largomento per cui, dallassunto che non sappiamo esattamente come vedano altri animali (e, in fondo, altri uomini) si conclude che si vive in mondi
sostanzialmente diversi trascura la circostanza che prima o poi si finisce tutti
per sbattere contro un muro, costituisce una indebita transizione dalla epistemologia (come conosciamo il mondo?) alla ontologia (che cosa c?). Come
tale, non molto diverso dalla barzelletta del professore tedesco che mostra agli
studenti una pulce ammaestrata a saltare se le si dice salta. Il professore le
toglie prima una zampa, poi due, e quando alla fine gliele ha strappate tutte ne
conclude vedete, se togliete tutte le zampe a una pulce, la pulce diventa sorda.
Il progetto di oltrepassare la metafisica, del pari concepito da professori tedeschi, non sembra molto diverso: si agisce su un settore, e si trae una conclusione
sproporzionata rispetto a quello che si voleva fare; una conclusione che, alla
fine, non centra niente col problema o con lo pseudoproblema.
Comunque, se il mondo sempre per me che cosa per gli altri? Fanno
cose davvero tutte diverse, come nel mondo di Swedenborg dove per la mancanza dei limiti imposti dallo spazio i londinesi conversano senza difficolt
con gli abitanti di Sumatra? E la costanza del nostro mondo dipende dalla
condivisione di due forme pure della intuizione e di dodici categorie, come pretende Kant replicando a Swedenborg, oppure dal fatto che le cose hanno delle
propriet immanenti? Da questo punto di vista, i sogni di un visionario non
sono davvero troppo diversi da quelli della metafisica (trascendentalista, e magari anche correttiva).
In Ferraris 2001 avevo cercato di illustrare questo punto con un modesto esperimento mentale che avevo battezzato Argomento della Ciabatta.
Uomini, cani, vermi, edere e ciabatte. 1. Uomini. Prendiamo un uomo che
guarda un tappeto con sopra una ciabatta; chiede a un altro di passargli la ciabatta, e laltro, di solito, lo fa senza incontrare particolari difficolt. Banale feno4

meno di interazione, che per mostra come, se davvero il mondo esterno dipendesse anche solo un poco, non dico dalle interpretazioni e dagli schemi concettuali, ma dai neuroni, la circostanza che i due non abbiano gli stessi neuroni
dovrebbe vanificare la condivisione della ciabatta. Si pu obiettare che i neuroni
non devono risultare proprio identici per numero, posizione o sinapsi; il che,
per, non solo indebolisce la tesi, ma contraddice una evidenza difficilmente
confutabile: che differenze tra esperienze passate, cultura, conformazioni e dotazioni cerebrali ecc., possano comportare divergenze significative a un certo
livello (lo spirito procede dal padre e dal figlio o solo dal padre? che cosa intendiamo con libert?), banale, sono le dispute tra opinioni. Nondimeno, quando
si discute si consapevoli di maneggiare una materia assai diversa da quella
implicata dalla ciabatta sul tappeto, che viene vissuta come esterna e separata,
ossia come dotata di una esistenza qualitativamente diversa da quella che si
affronta, poniamo, nel ragionare sulla legittimit della inseminazione artificiale. In altri termini, la sfera dei fatti non risulta poi cos inestricabilmente intrecciata con quella delle interpretazioni.
2. Cani. Adesso prendiamo un cane, che sia stato addestrato. Gli si dice Portami la ciabatta. E, di nuovo, lo fa senza incontrare alcuna difficolt, esattamente come laltro uomo, bench le differenze tra il mio e il suo cervello siano
enormi, e la sua comprensione di Portami la ciabatta non paia assimilabile a
quella di un altro uomo: il cane non capirebbe se sto davvero chiedendogli di
portarmi la ciabatta oppure se citi la frase, o se la usi in senso ironico; mentre
probabile che alcuni uomini lo capirebbero.
3. Vermi. Ora prendiamo un verme. Non ha cervello n orecchie; privo di
occhi, ben pi piccolo della ciabatta; possiede solamente il tatto, qualunque
cosa voglia esattamente significare un senso cos oscuro; dunque non possiamo
dirgli Portami la ciabatta. Per, strisciando sul tappeto, se incontra la ciabatta,
pu scegliere fra due strategie: o le gira intorno, o le sale sopra. In ambo i casi,
ha incontrato la ciabatta, anche se non proprio come la incontro io.
4. Edera. Poi prendiamo unedera. Non possiede occhi, non ha proprio niente, per si arrampica (cos ci esprimiamo noi, trattandola da bestia e attribuendogli una strategia intenzionale) sui muri come se li vedesse; oppure si scosta
lentamente se trova fonti di calore che la infastidiscono. Ledera o aggirer la
ciabatta, oppure ci salir sopra, esattamente come un uomo, tuttavia senza occhi o schemi concettuali.
5. Ciabatta. Per finire, pigliamo una ciabatta. ancora pi insensibile delledera. Per se la tiriamo sullaltra ciabatta, la incontra, esattamente come accade alledera, al verme, al cane, alluomo. Dunque non si capisce proprio in che
senso anche la tesi pi ragionevole e minimalista circa lintervento del percipiente
sul percepito possa avanzare qualche pretesa ontologica; figuriamoci poi le altre. Anche perch e qui tocchiamo il nocciolo della ontologia si potrebbe
benissimo non prendere unaltra ciabatta, ma semplicemente immaginare che
la prima ciabatta sia l, in assenza di qualsiasi osservatore animale, o senza un
vegetale o unaltra ciabatta che interagiscano con lei. Forse che allora non ci
sarebbe una ciabatta sul tappeto? Se la ciabatta c davvero, allora deve esserci
anche senza che nessuno la veda, come logicamente implicato dalla frase c
una ciabatta, altrimenti uno potrebbe dire: mi pare che ci sia una ciabatta, o,
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anche pi correttamente: ho in me la rappresentazione di una ciabatta, quando non addirittura: ho limpressione di avere in me la rappresentazione di una
ciabatta. Si consideri che far dipendere lesistenza delle cose dalle risorse dei
miei organi di senso non di per s nulla di diverso dal farle dipendere dalla mia
immaginazione, e che quando sostengo che una ciabatta c solo perch la vedo
sto in realt confessando di avere una allucinazione.

Pipistrelli. In riferimento allArgomento della Ciabatta, la scoperta del modo


in cui vedono i pipistrelli (Hughes 1999) illuminante, se cos si pu dire.
Che i pipistrelli vedano al buio, una cosa di cui tutti prima o poi si accorgono, e rientra fra i nostri stupori infantili. Incominci a suscitare un interesse
scientifico nel 1794, quando Spallanzani accec dei pipistrelli e constat che si
orientavano benissimo; concludendone, tuttavia, che possedessero un sesto senso, che una bella risposta che non spiega niente. Per lanno dopo il chirurgo
svizzero Charles Jurine prov a tappare le orecchie ai pipistrelli, e constat che
erano completamente disorientati. Il sesto senso, dunque, non era che ludito.
Spallanzani non era daccordo, perch in effetti noi non sentiamo gli ultrasuoni
emessi dai pipistrelli, tuttavia fin per arrendersi. La verit era accertata, invano.
Cuvier, dopo aver biasimato Spallanzani per la crudelt degli esperimenti, oppose che i pipistrelli sentono grazie a un sofisticato senso del tatto, e questa
concezione venne assunta come quella vera per un pezzo, e fu ribadita ancora
nel 1912, in un articolo sullo Scientific American, da Sir Hiram Stevens Maxim.
Solo nel 1938, Donald Griffin e George W. Pierce ristabilirono la verit, eseguendo le prime registrazioni dei segnali sonar dei pipistrelli.
Quando lunico attrezzo che hai un martello, tutti i problemi assomigliano a un chiodo, osserva saggiamente Hughes: se ignori lesistenza degli
ultrasuoni, non puoi credere che i pipistrelli vedano con le orecchie, ma non fai
troppa fatica a pensare che vedano col tatto, come quando si sente una corrente
daria che ci d una informazione sullambiente. La questione del pipistrello
torna alla ribalta, filosofica questa volta, con Nagel (che, in tedesco, significa
chiodo), nel 1974, in un famoso articolo, Che effetto fa essere un pipistrello?. Qui Nagel rivendica conclusivamente la necessit di una fenomenologia
capace di mostrare i caratteri comuni della condivisione di un mondo da parte
di esseri che abbiano sensi e concetti molto diversi dai nostri, e lo fa per ovviare
al problema per cui, se si definiscono le soggettivit come monadi incomunicanti
e si definisce loggettivit come ci che pu venir condiviso dalla fisica, allora il
pipistrello e noi abiteremmo due mondi completamente diversi. Nagel si limita
a delineare il problema, e forse la storia di Hughes ci pu avvicinare alla soluzione.
Ora, questo mi sembra essere il punto fondamentale. Nel dire che i pipistrelli
vedono col tatto, Maxim non aveva tutti i torti. Dopotutto, ludito pu essere
descritto come una forma di tatto (le onde sonore colpiscono la membrana e la
fanno risuonare), proprio come, per Aristotele (e anche a lume di buon senso),
lolfatto una specie di gusto; e con questo si risolve il problema fisiologico. Il
problema filosofico sul che effetto faccia essere un pipistrello, invece, suona ( il
caso di dirlo) cos: sar senzaltro diverso da come ci sentiamo noi, ma non
costituir una esperienza totalmente diversa, per il semplice motivo che noi e
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lui ci muoviamo nello stesso mondo, dotato di caratteristiche solide e costanti


indipendentemente dai canali della nostra percezione o, in altri termini, dal
buco della serratura da cui possiamo spiarlo.

The Others. Insomma, linterazione possibile perch avviene in un mondo


comune ( molto pi facile spiegarla cos che non ricorrendo a folgorazioni
divine). Per intenderci, avremmo a che fare con qualcosa di simile allinterazione
tra i vivi e i morti (e soprattutto i vari tipi di morti) in The Others: taluni
interagiscono molto, anche se magari non si capiscono sino in fondo, per via
appunto dei concetti e dei sensi diversi, come le due famiglie di morti; e questa
potrebbe essere, diciamo, linterazione uomo-gatto o persino uomo-pipistrello.
Altri interagiscono meno, pi difficoltosamente, devono ricorrere a un medium;
e questa linterazione tra gli scienziati e il mondo fisico indagato, che non
dunque la garanzia di una oggettivit dellesperienza, bens la ricerca delle sue
cause fondamentali. Per tutte queste interazioni hanno luogo nella medesima
casa, la Casa delle Necessit, con caratteristiche comuni e condivise sia dai pipistrelli, sia dagli uomini, indipendentemente dalle caratteristiche dei loro organi
di senso e dai loro schemi linguistico-concettuali; e soprattutto senza che, per
farlo, ci debba essere una scienza unificata comune a uomini e a pipistrelli,
quanto dire senza che si debba assumere il punto di vista di Dio.
Argomenti per una ontologia. La motivata obiezione che si potrebbe rivolgere a un simile esperimento e alle sue implicazioni suonerebbe cos: Bene, ammettiamo che le cose stiano nel modo in cui le descrivi. Hai semplicemente
dimostrato lesistenza del mondo esterno, o, meglio, di un x di cui non sappiamo niente, e che, nella migliore delle ipotesi, ci oppone resistenza. E allora?
Come pretendi di costruire una ontologia a partire da banalit (o da misteri) di
questo genere?. Quello che vorrei svolgere nelle pagine che seguono il tentativo di dimostrare che proprio su questa ovviet, la dimostrazione dellesistenza
del mondo esterno attraverso lArgomento della Ciabatta, si possono trovare le
linee fondamentali per motivare una metafisica descrittiva, e in particolare quattro
argomenti.
Primo: il mondo pieno di cose di taglia media, n troppo grandi n troppo
piccole. Piedi, mani, braccia sono allorigine gli strumenti di misura preferiti, e
questo vuol pur dire qualcosa. Anche nel momento in cui si parla della velocit
della luce, delle distanze cosmiche o microscopiche, continuiamo ad avere delle
cose a portata di mano, di luoghi che sono a trecento passi ecc. il senso della
prospettiva ecologica di Gibson e anche, in ultima istanza, dellappello di Husserl
al mondo della vita. Suggerisco di chiamare questa ipotesi ipotesi della
mesoscopia. Questa ipotesi implicita nellArgomento della Ciabatta, che
inerisce sempre a distanze e a tempi mesoscopici.
Secondo: il mondo pieno di cose che non mutano. il senso dellargomento di Strawson (1959) a favore della metafisica descrittiva, che rimedia alla debolezza dei filosofi del linguaggio ordinario: vero che ci sono parole inadeguate e che il linguaggio ordinario pieno di espressioni confuse e di cose
implausibili, come le streghe, per esempio. Per, questa debolezza del linguaggio (che ha un riferimento privilegiato anche se non esclusivo alla verit) non
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tocca le cose, a cominciare dalle parti del corpo umano e della loro taglia, che
definiscono il fondamento del nostro rapporto con il mondo. Suggerisco di chiamare questa ipotesi ipotesi dellinvarianza. Anchessa implicita nellArgomento della Ciabatta, e dipende dalla mesoscopia: se allungassimo o abbreviassimo molto i tempi, se amplificassimo o riducessimo molto le dimensioni, le
interazioni illustrate nellesperimento non funzionerebbero. Ma se funzionano, come credo funzionino, allora il carattere che emerge quello di una serie di
invarianze, che definiscono loggettivit del mondo incontrato.
Terzo: il mondo pieno di cose che non si correggono. In questo senso, se
cerchiamo di riconoscere la motivazione ultima della nozione di invarianza
che Nozick (2001) poneva alla base della nozione di oggetto, ci rendiamo
conto che le cose non mutano, nel profondo, perch non si correggono, e questo
motiva, a sua volta, i tre criteri pi superficiali determinati da Nozick (indipendenza dalla soggettivit, accesso multiplo, intersoggettivit). Con un vantaggio,
a mio modo di vedere non trascurabile. Linvarianza, come tale, potrebbe ancora
essere un criterio dipendente dai tre princpi superficiali. Mentre linemendabilit
fornisce un criterio certo. Le cose non mutano, nel profondo, perch non si
correggono, cio perch sono cos e non altrimenti, e non possiamo farci niente.
Posso, insomma, dire che il muro giallo che ho davanti agli occhi potrebbe essere verde se lo guardassi con delle lenti blu, o nero se spegnessi la luce, ma non
posso non vederlo giallo nelle condizioni in cui mi trovo, mentre posso benissimo guardare il fuoco nel camino pensando che assisto a un fenomeno di
ossidazione invece che alla azione del flogisto. E questa, secondo me, la distinzione essenziale che intercorre tra il mondo della epistemologia e quello
della ontologia. Suggerisco di chiamare questa ipotesi ipotesi della
inemendabilit. Credo che anchessa venga illustrata dallArgomento della
Ciabatta. Nel profondo, ci che univa esseri tanto diversi per dotazioni concettuali e percettive (diversi al punto che taluni di loro non possedevano alcuna
dotazione, per esempio la ciabatta: a meno che non si voglia sostenere che la
ciabatta possieda una virtus percussiva) era il fatto di non poter correggere nulla
nel mondo esterno che incontravano, mentre alcuni di essi avrebbero potuto
operare correzioni importanti nel mondo interno delle descrizioni e degli schemi concettuali. (Paradigmaticamente, gli uomini avrebbero potuto pensare che
la ciabatta fosse, poniamo, un sandalo; poi avrebbero potuto rivedere le loro
convinzioni, senza che ovviamente cambiasse nulla di ci che avevano sotto gli
occhi e a portata di mano).
Quarto: il mondo pieno di cose che si possono correggere. I primi tre punti
sono ontologici, e corrispondono a una distinzione tra ontologia ed epistemologia
su cui mi sono soffermato analiticamente (Ferraris 2001). Questo quarto punto
riguarda invece una questione diversa. Uno potrebbe infatti sostenere che, una
volta che si siano descritte delle invarianze ingenue allinterno dellambiente,
non si fatto niente di pi che redigere un catalogo di ovviet. Io vorrei invece
suggerire che su questa base si possono fondare delle scienze sociali capaci di
riconoscere le oggettivit del mondo e di superare la tradizionale dipendenza
nei confronti delle scienze della natura. Scienze del genere avrebbero come scopo la trasformazione (la riorganizzazione) del mondo esterno in quelle parti in
cui rilevante per lambiente. Questo importante da specificarsi, giacch una
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diceria vorrebbe che il realismo ontologico costituisca una acquiescenza nei confronti del mondo cos com. Io suggerisco invece che il realismo ontologico pu
avere delle funzioni trasformative, solo a patto che si ammetta che tante cose
non si correggono, e che per farlo conviene prima procedere a una reificazione,
ossia (nel senso che vorrei proporre), nellattribuire quante maggiori propriet
possibili agli oggetti (o meglio al mondo esterno) e di ricorrere solo in ultima
istanza ai soggetti e al mondo interno. Suggerisco di chiamare questa ipotesi
ipotesi della reificazione: per trasformare e correggere, necessario reificare la
realt, materiale o sociale, a cui ci si riferisce (se le scienze naturali hanno potuto svilupparsi, stato proprio grazie al fatto di avere attribuito quante maggiori
propriet possibili a una sfera reificata sotto il nome di natura).
Esauriti i preliminari, vorrei innanzitutto illustrare la rilevanza della mesoscopia per lontologia, che non banale, dal momento che si pu motivatamente
sostenere che assurdo affermare che le cose di taglia troppo grande o troppo
piccola non sono enti, e che far dipendere lontologia da una questione di
scala rendersi ciechi di fronte a una simile evidenza. Con la conseguenza che,
se si sostiene che ci che esorbita dalla sfera mesoscopica non ontologico ma
epistemologico, lontologia verrebbe ad essere un sottoinsieme dellepistemologia,
che riguarda gli oggetti che ci sono pi familiari.

2. Mesoscopia
Mesoscopia ed ecologia. Iniziamo da una ovviet: la mesoscopia un criterio
valido in ecologia, e difatti proprio in un contesto ecologico che ha tratto origine. Prendiamo la definizione di Gibson (1979: 46): La durata dei processi a
livello delluniverso pu essere misurata in milioni di anni, e la durata dei processi a livello dellatomo pu essere misurata in milionesimi di secondo. Ma la
durata dei processi ambientali viene misurata solo in anni e in secondi. Anche le
stesse diverse estensioni che ha la vita degli animali ricadono in questo ordine di
grandezza. I cambiamenti che vengono percepiti, quelli da cui dipendono gli
atti comportamentali, non sono n troppo lenti n troppo rapidi. Gli osservatori
umani non possono percepire lerosione di una montagna, ma possono rilevare
la caduta di una roccia. Possono notare il cambiamento di posizione di una
sedia in una stanza, ma non lo spostamento di un elettrone in un atomo. Lo
stesso vale per le frequenze, come per le durate. I cicli lentissimi del mondo
sono impercettibili, cos come quelli molto rapidi. Ma a livello di un orologio
meccanico, pu essere visto ogni movimento del pendolo e udito ogni ticchettio
dello scappamento. Il tasso di cambiamento, la transizione, entro i limiti di
percettibilit.
In prima istanza, ci che sembra essere il carattere proprio della mesoscopia
la percettibilit, e, per quello che abbiamo visto parlando della autonomia dellestetica rispetto alla logica, cos come della antinomia tra estetica e logica, gi a
questo livello incontriamo una indipendenza della mesoscopia rispetto alla
epistemologia. Questultima si compone di spiegazioni, mentre la prima comprende delle percezioni. Che i fenomeni percepiti siano anche spiegati, o che si
possano spiegare cose che non si percepiscono, non comporta affatto che
lontologia sia una fetta di epistemologia; indica viceversa un punto di partenza
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completamente diverso, una realt che si delinea anche in assenza di spiegazioni, e che pu far valere le proprie pretese anche quando queste contrastano con
le spiegazioni.

Mesoscopia e fenomenologia. Questo pu essere illustrato anche meglio considerando i legami tra mesoscopia e fenomenologia.
Husserl aveva fatto una gran fatica nellisolare i fenomeni rispetto alla sfera
delle assunzioni naturalistiche rispetto al mondo. Per riconoscere un fenomeno, si trattava di considerarlo indipendentemente dalla sua esistenza nel mondo
esterno (come viceversa vuole il senso comune e il pregiudizio naturalistico delle scienze), e ridurlo al solo presentarsi alla nostra coscienza. Con questo, Husserl
finiva per fare della fenomenologia la controparte negativa della epistemologia
e, soprattutto, consegnava la propria analisi a un mondo di apparenze di coscienza.
C viceversa un modo molto pi comodo per definire la sfera del fenomeno,
senza rinunciare a delle implicazioni realistiche (anzi, rafforzandole), ed notare che le cose che si presentano come fenomeni sono definite per lappunto da
una taglia mesoscopica: non ci sono fenomeni troppo grandi o troppo piccoli.
Questo lo aveva riconosciuto bene proprio Kant, che sottolineava che il colossale, ci che troppo grande per la rappresentazione, esorbita dalla sfera del
fenomenico e riguarda piuttosto lambito del sublime. Nella stessa linea di considerazioni, Kant aveva anche osservato che il mondo, come totalit di tutto ci
che c, non un fenomeno, bens una idea della ragione, insieme allanima e a
Dio.
Di nuovo, la taglia (per il mondo) e la percepibilit (per lanima e per Dio)
sono una via sicura per escludere questo genere di oggetti dalla sfera dei fenomeni. E non risulta affatto dipendente dalla fenomenologia, giacch ci pu benissimo essere una cosmologia senza che per questo il cosmo possa mai entrare
in una fenomenologia.
Mesoscopia e ontologia. Luso combinato di una ecologia e di una fenomenologia realistica definisce la sfera della ontologia, e permette una vistosa
differenziazione rispetto alla epistemologia. Il problema fisico grande o piccolo, quello ontologico medio. Lontologia ci interessa se ci sta a cuore un mondo
mesoscopico, per il microscopico e il macroscopico va benissimo la fisica, anzi,
sarebbe assurdo voler ricorrere a qualche altro tipo di approccio. Ma del tutto
ovvio che un mondo mesoscopico ci interessa non meno di quello fisico, altrimenti non potremmo dire la maggior parte delle cose che diciamo, non potremmo avere i valori che abbiamo ecc.
Ma come si definisce la sfera? Una riflessione sugli strumenti ottici pu essere utile. Tipicamente: ci pu essere lobbligo di mettere gli occhiali alla guida, se
cos richiesto dalla patente, mentre non c patente, anche per razzi intergalattici,
che imponga luso di telescopi o microscopi. Le polemiche tradizionaliste contro telescopi e microscopi non si sono mai applicate agli occhiali, che si limitano
a restituire lassetto ottico dellambiente, mentre i microscopi e i telescopi
visualizzano cose che non rientrano nellambiente.
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La taglia fornisce dunque una prima discriminazione tra ontologia ed


epistemologia. A livello epistemologico, nel microscopico, abbiamo charm, quark,
atomi, molecole, C-fibre e reazioni enzimatiche; nel macroscopico, la Galassia.
A livello ontologico, cio mesoscopico, abbiamo invece tavoli, sedie, montagne,
paturnie, nervoso, scottarsi, 2+2=4, metri, chilometri, minuti, giorni, suoni tra
i 20 e i 16.000 Hz.
Ovviamente ci sono casi borderline, oggetti molto piccoli ma che fanno sentire i loro effetti in oggetti mesoscopici, come i virus che ci provocano linfluenza e gli acari che ci danno le allergie; oppure oggetti che stanno fuori della portata di mano ma che si osservano facilmente, e al cui riguardo ci possiamo
esprimere in maniera epistemologicamente inadeguata anche se corretta e
concepibile, come quando diciamo che Venere la stella del mattino o la stella
della sera, oppure che il sole tramonta alle 5 (di fatto, abbiamo a che fare con
oggetti a portata docchio non meno che la moneta da un euro che ho sul tavolo). I casi borderline dimostrano certo che il livello mesoscopico non infallibile, e non risulta affatto pienamente determinato. Tuttavia, mi pare un discrimine
sufficiente per definire uno spazio di indagine, chiaro almeno tanto quanto lo
quello della fenomenologia. Qui sono necessarie due precisazioni.
Primo, il problema fisico di tutte e tre le taglie, non solo di grande e piccolo;
quello ontologico che solo medio. E difatti la fisica spiega anche le cose
medie, solo che, in quel caso, pu trovarsi contrastata dalle antinomie e dalle
autonomie di cui avevo detto, cosa che non avviene nel macro e nel micro.
Secondo. Bisogna distinguere ci che si incontra nel livello mesoscopico dalle leggi o credenze che si possono elaborare in materia, altrimenti la rivendicazione della mesoscopia e della inemendabilit dellincontrato si trasformerebbe
in un revival della superstizione. Si potrebbe infatti opporre (Pietro Kobau 2002,
comunicazione personale) che il moto del pendolo, ad esempio, circa cui io
intrattengo credenze ingenuamente e inemendabilmente aristoteliche e circa le quali Bozzi (1958) sviluppa una scienza , rispetto a cui il verme non
intrattiene (per quanto ne sappiamo) alcuna credenza, il fisico postgalileiano
formula descrizioni che correggono le mie credenze, il fisico odierno sviluppa
teorie esplicative ancora pi controintuitive di quelle descrizioni ecc. ecc., rimane un oggetto perfettamente mesoscopico. Semmai, le leggi (assunte come stabili) relative a un simile oggetto sono diverse nel caso mio, nel caso di un
percettologo, di un fisico, di un ontologo ecc.
Si potrebbe a giusto titolo osservare (ancora Kobau) che far dipendere lontologia da un livello mesoscopico non affatto una scelta convincente. In una
prospettiva pi generale, infatti, non ci si spiega come la possibilit di individuare caratteristiche descrivibili della cosa (incontrata, facente parte di un
mondo esterno, comune a te e alla ciabatta e al verme e a me ecc.: siamo daccordo) debba dipendere in modo cos stretto proprio dal carattere metrico di tali
caratteristiche. Per un verso, ci sono parecchie di tali caratteristiche che non
sono metriche: si pensi soltanto a quelle topologiche e mereologiche ma se
andiamo a cercare spunti nei vecchi arnesi della filosofia, se potrebbero aggiungere molte, molte altre, e senza il rischio di scivolare e ritrovarci sul terreno della
logica. (Oltretutto, se si intende adoperare lontologia per una rifondazione delle scienze sociali, le caratteristiche di questo tipo offrirebbero un appoggio un
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po scarso.) Per un altro verso, tali caratteristiche, se definite in unottica ecologica (che cio fa leva sul rapporto oggettivo organismo - ambiente ecc.), si rivelano caratteristiche, al fondo, relazionali e relative; sicch, la cosa incontrabile
da me e dai miei gatti o da un batterio non sarebbe, di nuovo, la stessa anche
se questo relativismo non sarebbe pi questione di schemi concettuali differenti.
Ora, io non ho mai negato che lurto di una ciabatta con unaltra ciabatta sia
una relazione, ma una relazione tale che dimostra che certe propriet di entrambe le ciabatte sono tali che sussisterebbero anche senza lurto. E questa
una propriet che difficile non attribuire allontologia come dato primario,
come riferimento a un esistere situato nel tempo e nello spazio, di gran lunga
predominante nella tradizione greca e pi estesamente indoeuropea (Barnes
1972: 62-65). Quando Ayer (1940: 2) parla di oggetti familiari, Austin (1962:
23) di articoli da emporio di modeste dimensioni e Strawson (1959) di particolari, per contrapposto agli universali, implicita una taglia mesoscopica.

Mesoscopia e psicologia. Non solo questione di taglie fisiche. Esistono anche delle taglie psichiche, una mesopsicologia che poi la sfera di ci che, nel
senso comune, appare irriducibile a livelli pi di base, come frasi del tipo: Ho
la coscienza a posto, o descrizioni del tipo: Intenzioni delittuose. Anche qui
si possono trovare dei casi borderline, come per esempio lInconscio, che una
nozione di senso comune abbastanza accettata, ed anche, in taluni casi, accettato epistemologicamente (gli psicoanalisti sono considerati diversamente dai
chiromanti), ma designa una realt che non ci perfettamente presente a livello
mesoscopico come lo sono le intenzioni delittuose o lavere la coscienza a posto,
e si manifesta indirettamente (sogni, lapsus) esattamente come fanno gli acari
con le allergie.
A questo proposito, Nagel amplifica eccessivamente le difficolt: Anche senza
il beneficio della riflessione filosofica, chi ha passato un po di tempo in uno
spazio chiuso con un pipistrello agitato sa che cosa vuol dire incontrarsi con una
forma di vita fondamentalmente estranea (Nagel 1974: 165). Credo bene. Il
pipistrello sar nervoso come noi, forse pi ansioso, forse pi scomposto. Ma la
solita mosca, se pu, se non nervosa o inquieta, ci evita, cos come il pipistrello. E anche sul fatto che ci si incontri con una forma di vita radicalmente estranea ci sarebbe da ridire; il senso comune, anzi, estremamente tollerante nellannettere il comportamento di alcuni animali nella sfera non solo del mondo
umano, ma della nostra stessa psicologia, come quando si dice che i topi sono
astuti, in un senso molto diverso da come si dice che le colombe sono innocenti,
visto che in genere lo si dice quando si sta cercando di catturarli con delle trappole. Vorrei fare qualche esempio.
Un primo caso. Clinton si scusato per il suo cane che aveva morsicato il
pilota del suo elicottero. Visto che Clinton non aveva morsicato il pilota, si
scusato proprio per il cane, che avrebbe potuto agire diversamente. Questo pu
apparire un argomento a favore del fatto che il cane non responsabile, tanto
vero che a scusarsi stato il padrone, ma se il pilota di Clinton fosse stato colpito
da una tegola caduta dal tetto della Casa Bianca, Clinton gli avrebbe detto che
gli dispiaceva, ma non si sarebbe scusato al posto della tegola. Lesempio dimostra che c uno stesso mondo per Clinton, il cane e la tegola, che avrebbero
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potuto far male al pilota, e che lunit di questo mondo tale da indurre Clinton
a operare delle selezioni al suo interno.
Un secondo caso. Un avvocato di Bari anni fa stato mangiato dal suo leone,
e nella gabbia in cui era rinchiuso rimasta soltanto la fibbia della cintura.
Ovviamente il leone stato abbattuto, e non perch fosse pericoloso (tutti i leoni
lo sono), ma perch era stato cattivo e irriconoscente nei confronti del suo padrone che vero lo aveva rinchiuso in una gabbia, ma provvedeva al suo
sostentamento con sacrificio personale (si era rovinato per procurargli un quintale di carne al giorno e aveva dovuto abbandonare la sua casa di citt perch i
vicini si lamentavano); un sacrificio di s diventato, alla fine, assoluto. Lesempio dimostra che si attribuisce un sentimento morale agli animali, che non costituiscono dunque una forma di vita aliena.
Terzo e ultimo caso: Sbranata dai cani: la padrona rischia lergastolo. San
Francisco, condannata per omicidio volontario. I due animali uccisero la vicina
sul pianerottolo (Corriere della sera, 23.03.02). Commentando il fatto, letologo
Danilo Mainardi scriveva: Occorre sapere che il rapporto padrone-cane, basato su un legame socio-affettivo, caratterizzato da una forma di sottomissione
che viene detta attiva. Lanimale, in parole povere, istintivamente portato a
manifestare, appunto attivamente, la sua disponibilit a fare ci che intuisce,
oppure ha intuito attraverso precedenti esperienze, essere il desiderio del padrone. Si potrebbe dire che, se appena pu, tende ad anticiparne i desideri. In
questo caso, ai cani viene attribuita addirittura lempatia, quella che, molto spesso,
non si ravvisa nemmeno tra coniugi.
Ovviamente questi esempi potrebbero essere semplicemente spiegati come
casi di antropomorfismo ingenuo. Forse si proverebbe di pi se si riuscisse a
mostrare che anche lanimale attribuisce alluomo un comportamento animale
(il cane ci mordicchia per gioco appunto perch ci attribuisce, e si aspetta da noi,
questo tipico comportamento ludico animale). Ma il punto cruciale questo, a
mio parere: per grande che sia lingenuit dellantropomorfismo, vediamo che
ci sono dei tribunali che legiferano a partire da esso, e noi non siamo affatto
disposti a considerare la giustizia e i destini che ne dipendono come determinati
da convinzioni puramente arbitrarie. poi anche ovvio che la letteratura risulterebbe inconcepibile se non ci fossero delle psicologie comuni, e lo stesso dicasi
per il mercato dei best-sellers, che suppone, per esempio, che lo stesso cartone
animato giapponese possa piacere ai bambini di tutto il mondo.

La scomparsa dei cattivi. vero che la sentenza presuppone una reificazione,


ma vero anche sempre pi che le spiegazioni di metafisica prescrittiva
(epistemologia) determinano una diversa sentenza (se no perch si ricorre allo
psichiatra e anche per delitti efferati non si viene completamente colpevolizzati?).
Niente impedisce di pensare che esiti epistemologici entrino sempre pi pesantemente nella giurisprudenza. Del resto, se non si ammette come giustificazione largomento un demone mi ha imposto di rubare un portafogli, non escluso
che verr il giorno in cui si potr dire un extraterrestre mi ha imposto di rubare
un portafogli o (pi verosimilmente), una delle mie personalit multiple mi
ha imposto di rubare un portafogli. Lo stesso sistema delle scuse, su cui ha
attirato lattenzione Austin (1979), mescola degli elementi di fisica ingenua, di
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logica ingenua, e di saperi sofisticati. Diciamo che la cosa ancipite: da un lato


il delitto donore non pi scusato come fosse una reazione necessaria, ma molti
altri comportamenti criminali trovano scusanti scientifiche (e non solo sociologiche). Ora, in effetti, anche nella vita extragiudiziaria si assiste alla scomparsa dei cattivi (Franti non pi un cattivo almeno dallElogio di Franti), e dunque c una evoluzione allinterno del senso comune. Questo mi sembra ovvio,
ed anche ovvio che se il senso comune evolve (almeno nelle intenzioni) verso
la verit, e non, per esempio, verso un sentimento deteorizzato della comunit. Quello che mi sembra rilevante, tuttavia, che il senso comune appare come
una zona grigia sospesa tra la realt e la verit, e che non pu essere permeato
sino in fondo dalla scienza (persino nella sfera epistemologica), dimostrando
una tenacia che non pu essere ascritta alla mera ostinazione.

Dipendenza epistemologica? A proposito di questa delimitazione della sfera,


si potrebbe tuttavia obiettare (Andrea Bottani in Swif 2002) che essa determinata dalla nostra possibilit di entrare in un rapporto conoscitivo con le cose,
cio risulta dipendente dalla epistemologia. A una simile motivatissima obiezione, risponderei che lontologia tocca ci che reale per noi, che non tutti i
rapporti sono conoscitivi, e che non tutti i rapporti conoscitivi si equivalgono.
Non sarebbe affatto assurdo suggerire a qualcuno di orientarsi seguendo la
Stella Polare anche se questa fosse esplosa da un milione di anni; la stella sarebbe reale, non ce la sogneremmo affatto, e fungerebbe allo scopo. E poi, per quale
motivo entrare in un rapporto entrare in un rapporto conoscitivo? Posso
entrare in rapporto con qualcosa (imbattermici, incontrarla), molto prima di
conoscerla, e il passaggio dallincontrare al conoscere non sempre possibile
(sono i fenomeni che non riusciamo a spiegare) n sempre necessario (sono i
fenomeni che non ci prendiamo la pena di spiegare). In questo caso, c qualcosa che epistemologicamente non esiste pi ma che ontologicamente esiste a pieno titolo. Questo fenomeno si estende anche al linguaggio ordinario e allagire
ordinario, cio alla sfera del senso comune, nella quale il ricorso a un atteggiamento riduzionismo (ossia, al far collassare lontologia sulla epistemologia)
appare apertamente inadeguato. Pensiamo a espressioni come: nervoso,
paturnie; spesso sono cose molto serie e non soltanto paturnie: si dice intenzione delittuosa (e non reazione enzimatica, che ne la causa), e con questo,
in un tribunale, si decide dove e come una persona potr passare i prossimi
anni.
In altri casi, invece, lepistemologico e lontologico sono implicati nello stesso
oggetto (non che non si studino i suoni tra i 20 e i 16.000 Hz), ma resta sempre
possibile distinguerli. Lo stesso fenomeno osservabile pu essere indicato con
rimbambimento e con Alzheimer (al punto che questultimo pu entrare
nel linguaggio privato, con tutto che chi lo usa non conosce sino in fondo la
patologia a cui si riferisce, se non uno specialista). Allo stesso modo, il corpo
per il medico non affatto soltanto una entit mesoscopica, visto che se il medico un medico, perch riesce a scendere a un livello microscopico. Il corpo
una entit mesoscopica per un sarto, un pittore, un macellaio. Da questo punto
di vista, il problema, ovviamente, consiste anche capire quale sia linterazione
tra i diversi ruoli di ciascuno durante una sola giornata (il sarto pu andare dal
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medico e il medico pu andare dal sarto, ed entrambi possono leggere La montagna incantata senza che la loro comprensione risulti favorita o compromessa
dalla conoscenza scientifica della tisi) e quindi tra le diverse taglie, oltre che di
spiegare come anche il macellaio, rispetto al sarto, dipenda da unontologia
maggiormente guidata dallepistemologia (seguire le nervature col coltello, distinguere varie parti del corpo animale gi lesito di una conoscenza esperta,
sebbene mesoscopica, visto che larte del macellaio ha potuto venire indicata da
Platone come il paradigma per la dialettica filosofica).
Si potrebbe certo obiettare che ridurre conoscitivo a scientifico-esplicativo una riduzione troppo brutale. In fondo, anche quando non capisco una
cosa, o mi avvicino a un fiore per vedere se vero o di plastica, sto attuando un
atteggiamento conoscitivo. S, ma c pur sempre una differenza. Io con lesperienza posso procurarmi un analogo della ragione (direbbero i leibniziani), cio
una conoscenza che pu funzionare anche con esattezza ma nella pi completa
oscurit rispetto ai princpi. Ora, se un pensiero (in senso non puramente psicologico) un pensiero vero, e un concetto (sempre in un senso non psicologico)
un concetto emendabile in vista della verit, credo che gli atteggiamenti pratici
con un carattere conoscitivo non siano, in senso proprio, atteggiamenti epistemologici. Se scopro che dando un colpo al televisore limmagine si stabilizza, non sto conducendo degli studi sul televisore, cerco soltanto di vedere il
telegiornale.

Riferimento al mentale. Una ulteriore obiezione riguarderebbe il fatto che in


ogni caso la definizione di un ambiente comporta un riferimento al mentale.
Largomento di Putnam (1988: 13), ed fatto valere in difesa della intenzionalit,
ma credo che si applichi molto bene anche alla dipendenza dellesperienza da
schemi concettuali: Lidea che si possa dar conto della verit senza alcun riferimento al mentale unillusione. Lintenzionalit non sar ridotta e non se ne
andr.
Il ragionamento soggiacente che se ogni nostro rapporto con il mondo
correlato a un riferimento al mentale, allora il mondo non niente di consistente, appunto perch risulta sempre dipendente, in qualche modo, dalle cose che
abbiamo in mente; e notoriamente c una grande quantit di cose che ci passano per la testa e di questo passo non si capisce come si possa ambire a una
qualche oggettivit indipendente. Questo principio si pu porre anche nei termini sostenuti da Hawking (1988): nel nostro mondo opera un principio antropico debole per il quale losservazione possibile soltanto in un mondo che
sostiene la vita come il nostro.
Tuttavia, non credo che si tratti di obiezioni decisive per il nostro problema.
Alla loro base c lidea che una volta che si introduca qualcosa di antropologico
in una descrizione, allora non ci pu pi essere oggettivit. O, inversamente,
che loggettivit sia solo il risultato di un intervento umano, di schemi concettuali e simili. N luno n laltro assunto mi paiono inevitabili.
Stiamo cercando tutti i buoni motivi per una fondazione non relativistica del
mondo umano, ma togliamo umano, meglio, altrimenti ritornano gli eschimesi, gli hopi, i medium e quelli che sono influenzati dalla Tradizione Metafisica. Ora, facciamoci caso: che cosa imbarazza nellantropologia? Il fatto che
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certi mangino granchi e altri ragni, cio la variabilit e relativit (sospetti analoghi investono la psicologia). Ma questa relativit, di fatto, enormemente esagerata (anche perch si cercano i casi curiosi o piccanti), col risultato che antropologia, psicologia e anomia diventano quasi sinonimi. E che tutti si
precipitano alla ricerca di leggi eterne, la matematica o i protoni, per por termine al drapage. O pi spesso vedono nellantropologia lelogio del mutevole.
Con questo, buttando a mare anche il mondo osservato dagli uomini, come se
dipendesse solo da loro e dai loro grilli per la testa, quasi che fosse soltanto la
favola raccontata da un pazzo. Insomma, non c niente di male in una psicologia del mondo esterno, cos come in una antropologia del mondo esterno, e non
affatto detto che avremmo a che fare con un catalogo di errori o di aleatoriet.

Evoluzionismo ontologico? Alla taglia spaziale si deve poi aggiungere la taglia temporale. Nel mesoscopico rientrano oggetti di taglia media non troppo
veloci n troppo lenti. I film sono oggetti mesoscopici proprio perch non siamo
in grado di isolare i singoli fotogrammi, e se i nostri occhi ci riuscissero, difficilmente si riuscirebbe a convincere qualcuno a pagare il biglietto. Come risultato,
lontologia nel complesso molto pi lenta della epistemologia, sia nella propria evoluzione interna, sia per ci che attiene agli oggetti presi in esame. Credo
di poter illustrare questo punto dimostrando quanto poco plausibile possa apparire un evoluzionismo ontologico, mentre un evoluzionismo epistemologico
del tutto plausibile.
Ovviamente, quando parlo di evoluzionismo ontologico, intendo evoluzionismo dellontologia umana, perch in altro senso levoluzionismo (biologico, ontologico, cosmico ecc.) tutto radicalmente ontologico, solo che si tratta
di una ontologia a cui non abbiamo accesso se non con degli strumenti. Non mi
sembra una circostanza da poco: c una differenza di fondo tra il veder crescere
i propri figli, o invecchiare i propri amici, e riconoscere il passaggio alla stazione
eretta delle prime scimmie antropoidi. Tranne che nella ontologia umana, c
ben poca evoluzione.
Fatta questa precisazione, prendiamo, ad esempio, il modello di evoluzionismo ontologico suggerito dalla tesi heideggeriana sulloltrepassamento della metafisica. Poniamo che si riesca ad oltrepassarla. E va bene, oltrepassiamola o
almeno abbandoniamola, proprio come si abbandonata la credenza nel flogisto.
Contiamo fino a 100. Labbiamo abbandonata? No. Aspettiamo ancora un po...
Un anno, dieci, cento, centoventi ( da un po che ci si prova). Ma non cambia.
Perch? Dannazione, questa metafisica che non si oltrepassa mai, sembra farlo
apposta. Aspettiamo qualche secolo, vedremo.
Ora, mentre si cercava di oltrepassare la metafisica, si sono susseguite moltissime spiegazioni fisiche. Questo non dimostra affatto che gli scienziati siano
pi intelligenti, pi incostanti o pi produttivi dei metafisici o degli oltrepassatori
della metafisica, ma solo che la realt di cui si occupano passibile di spiegazioni non condizionate dalla lentezza, nello spazio e nel tempo, della realt di cui
si occupa lontologia.
La mesoscopia non sar ridotta e non se ne andr. Nella sfera mesoscopica,
abbiamo a che fare con un tessuto molto compatto, anche se differenziato. La
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realt fisica di taglia media sfugge alla fisica esperta non perch sia necessariamente imprendibile o non quantificabile, ma perch pu essere poco interessante o inutilmente difficile per la fisica esperta. Lo stesso dicasi per il nostro
agire ordinario e per il ragionamento di senso comune, che invece di primaria
importanza nelle scienze sociali, nella giurisprudenza, e nella teoria delle decisioni. Del pari, il linguaggio ordinario un deposito di teorie sbagliate, ma anche di definizioni percettive e psicologiche molto esatte, e da esso dipende buona parte del senso che attribuiamo alla nostra esperienza. Infine, la mente
costituisce una sfera che non pu essere sottoposta in modo soddisfacente a una
riduzione radicale. Da questo punto di vista, il caso della intenzionalit, su cui
si appuntata una grande attenzione filosofica allepoca dei dibattiti sulla intelligenza artificiale e sulle analogie uomo-computer, costituisce un sottoinsieme
circoscritto di questa pi vasta sfera di oggetti mesoscopici.
3. Invarianza
Metafisica descrittiva e relativismo ontologico. Descrivere non sarebbe interessante se le cose cambiassero troppo in fretta, e alla lunga anche spiegare diventerebbe un gioco futile ed effimero.
Prendiamo la definizione di Strawson: Certamente i concetti cambiano, e
non solo, bench principalmente, nella periferia specialistica; gli stessi cambiamenti di natura specialistica reagiscono col pensiero ordinario. Ed altres innegabile che la metafisica si ampiamente occupata di tali cambiamenti [...].
Sarebbe per un grave errore pensare alla metafisica solo sotto questo aspetto
storico. Vi infatti un solido nucleo centrale del pensiero umano che non ha
storia, o non ne ha una che sia riportata nelle storie del pensiero; vi sono categorie e concetti che, nei loro caratteri pi fondamentali, non cambiano affatto.
Ovviamente non si tratta delle particolarit del pensiero pi raffinato. Si tratta
invece dei luoghi comuni del pensiero meno raffinato, che per sono il nucleo
indispensabile dellequipaggiamento concettuale degli esseri umani pi sofisticati. di questi, delle loro interconnessioni, e della struttura che essi formano
che una metafisica descrittiva si occuper principalmente (Strawson 1959: 10).
Il relativismo ontologico muove invece dallipotesi che le cose cambino cos
come si cambiano le idee. Ma ragguardevole il tasso di invarianza che sta
allinterno del mondo, e che definisce le propriet degli oggetti. Aggiungerei che
questo riguarda molto pi la sfera dei percetti che non quella dei concetti, che si
propaga agli oggetti, ed proprio questo uno degli aspetti centrali che volevo
illustrare con lArgomento della Ciabatta.
Metafisica decostruttiva e metafisica descrittiva. Una precisazione sullevoluzionismo ontologico, che si collega al relativismo ontologico. Si potrebbe a giusto titolo osservare (Kobau 2002, comunicazione personale) che necessario
separare con chiarezza il livello della stabilit delle leggi oggettive (rispettivamente epistemologiche e ontologiche) da quello della stabilit delle teorie che le
identificano e indagano. Altrimenti, potrebbe risultare che la stabilit
dellontologia riposi sulla stabilit delle caratteristiche inemendabili della cosa
incontrata e comune, di cui lontologia si occupa argomento che per lo meno
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dubbio. Lo stesso argomento, infatti, varrebbe allora anche per la fisica, che si
occupa di leggi e oggetti altrettanto stabili; ancora, si potrebbe controargomentare
che la stabilit dellontologia (se intesa in quel modo) viene smentita dal fatto
che la metafisica generale ha avuto e ha una storia.
Ora, su questo punto credo che ci si possa chiarire ricorrendo ancora una
volta a Strawson. Subito dopo il passo citato nel paragrafo precedente, fa una
affermazione che in apparenza avrebbe potuto essere di mano di Heidegger:
La metafisica ha una storia lunga e illustre, e di conseguenza poco verosimile
che vi siano nuove verit da scoprire nella metafisica descrittiva. Tuttavia, ci
non significa che il compito di questultima sia stato, o possa essere, adempiuto
una volta per tutte. Esso deve affrontato sempre di nuovo. Se non vi sono nuove
verit da scoprire, ve ne sono di vecchie da riscoprire. Infatti, bench largomento centrale della metafisica descrittiva non cambi, il linguaggio critico e analitico della filosofia muta continuamente. Certe relazioni permanenti sono descritte in un linguaggio non permanente, che riflette tanto il clima di pensiero
dellepoca tanto lo stile personale di pensiero del singolo filosofo. Nessun filosofo comprende i suoi predecessori finch non ha ripensato il loro pensiero in
termini a lui contemporanei, ed caratteristico dei filosofi maggiori, come Kant
e Aristotele, che essi paghino questo sforzo di ripensamento pi di tutti gli altri.
Sembra Heidegger ma non . Perch per Heidegger e per la metafisica
decostruttiva che propone ripensare la metafisica significa ripensarne il linguaggio, e allora non si potrebbe capire in che cosa consista il ripensamento.
Poniamo infatti (e Heidegger la pensa proprio cos) che ousa, essentia e Wesen
indichino concezioni totalmente incomunicanti. Allora non si vedrebbe perch
non includere, nel ripercorrimento della storia della metafisica, anche Toro Seduto, che effettivamente incomunicante nei confronti dellousa e del Wesen.
Se Heidegger non lo fa, perch assume che ci che si manifesta attraverso
questi differenti linguaggi sia lo Stesso (un atteggiamento fondamentale nei
confronti dellessere).
Strawson, e la metafisica descrittiva, fanno una cosa diversa. Sotto le idiosincrasie dei filosofi e i linguaggi delle loro teorie, non c uno Stesso di cui alla fine
non si pu dire niente, se non che si ritrae, bens una serie di relazioni accessibili
a uomini di diverso linguaggio, cultura e personalit (e, aggiungerei, anche ad
animali vicini alluomo). E proprio per questo diventa interessante scavare sotto
le idiosincrasie e le teorie per tradurre nel nostro linguaggio questo mondo comune, fermo restando che, effettivamente, il modo in cui Aristotele e Hume
descrivono la causalit non potrebbe essere pi diverso. Per, se oggi Aristotele,
per la descrizione del mondo percepibile, risulta infinitamente meno datato di
quanto non lo sia quando parla di cosmologia, questo dipende dalla estrema
stabilit degli enti visibili, che si prestano a innumerevoli osservazioni da parte
di generazioni di uomini, e che non mutano con la stessa rapidit delle teorie.
Rispetto a Strawson, vorrei aggiungere che la metafisica descrittiva non un
gioco a somma zero, una conoscenza del conosciuto del tutto assimilabile alla
filologia, giacch proprio perch le nostre teorie cambiano (innanzitutto nella
periferia specialistica, ma non solo l), il mondo osservabile ed esperibile in
antinomia rispetto a ci che sappiamo si popola di nuove leggi, che prima non
avrebbero potuto prodursi proprio perch il divario tra scienza ed esperienza era
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troppo esiguo. In effetti, molto improbabile che nel Settecento qualcuno si


mettesse a studiare il moto del pendolo alla luce della fisica aristotelica, perch,
per lappunto, sarebbe apparso come un mero arcaismo con qualche pretesa
scientifica, cio una specie di alchimia. Il bisogno di descrizione di un mondo di
fisica ingenua si fa avanti solo nel momento in cui non sussiste alcun dubbio
rispetto a una fisica esperta, e si abbia una piena consapevolezza del divario tra
le due.
Nella metafisica, questa consapevolezza ancora pi recente. Come ha giustamente osservato Varzi (2002), fino agli anni Sessanta i metafisici (nel quadro
di un atteggiamento prevalentemente correttivo, cio largamente guidato dagli
ideali di una fisica esperta) erano interessati a riconoscere delle propriet del
mondo con atteggiamenti prevalentemente riduzionistici ed eliminativistici.
solo nel momento in cui anche in filosofia (e non solo in psicologia) appare che
la fisica esperta non costituisce neanche dal punto di vista teleologico il Migliore
Schema Concettuale, che ci si pu mettere a studiare delle entit minori (i buchi, per esempio) o anomale (gli schiaffi, i sorrisi), che nessuno prima avrebbe
studiato proprio perch le avrebbe considerate come meri effetti di superficie di
un essere fondamentale che viene descritto in modo del tutto esaustivo dalla
fisica.

Raggi x. Credo che lArgomento della Ciabatta illustri anche la relativa secondariet delle spiegazioni fisiche in ontologia. Uno potrebbe infatti dire che,
di fronte alla ciabatta, i raggi x si comporterebbero diversamente, passandole
attraverso. Ma sono poi cos rilevanti? In fondo, descrivono una esperienza abbastanza rara, mentre la stragrande maggioranza di ci che ci accade obbedisce
alla logica elementare della ciabatta, cio del tatto e della cosa che colpisce.
Poniamo che ci siano degli esseri intelligenti che percepiscono i raggi x. Lipotesi non risulta per niente peregrina. Il fatto che quegli esseri li troviamo in
genere negli ospedali o negli studi dei dentisti, non respirano e sono attaccati
allelettricit tramite una spina. Ammettiamo che quegli esseri siano, invece,
viventi. Condividerebbero pezzi importanti del nostro mondo, come mondo, e
ovviamente non si considererebbero degli scienziati, quando percepiscono i raggi
x, appunto perch per loro ovvio percepire attraverso quei raggi un mondo (lo
stesso) che noi percepiamo attraverso altri raggi.
Linterazione tra noi e quegli esseri potrebbe essere faticosa, ma non impossibile, e avverrebbe per lappunto nel medesimo mondo, quel mondo che lo
stesso sia per il messicano che cerca di passare clandestinamente il confine degli
Stati Uniti, sia per il poliziotto con occhiali a raggi infrarossi che lo identifica e
lo arresta.
Scarafaggi. Il caso che ho appena proposto dimostra come lo stesso mondo
venga percepito sotto angoli e con strumenti diversi, ma resta lo stesso. Questa
invarianza tocca in modo vistoso le propriet primarie, come la forma o la massa, ma lo suggerivo pi sopra si propaga anche alle qualit secondarie e
terziarie.
I daltonici non che vedano delle successioni casuali di colore, vedono delle
costanze (impoverite) dello stesso mondo cromatico che vedono i non daltonici.
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Lo stesso vale per il gusto. Una bottiglia di Barbaresco costa caro perch ha
propriet riconosciute dalla maggioranza gli acquirenti. Se un gatto beve del
barbaresco, si ubriaca come un uomo (daccordo con le sue propriet primarie),
riconosce una costanza cromatica (qualit secondarie), e alla fine sente un certo
sapore e odore, che potr risultargli regolarmente piacevole o spiacevole (qualit terziarie). E in tutti i casi il gatto imputer quelle propriet alloggetto e non
a se stesso, cercandolo altre volte o evitandolo a seconda delle proprie inclinazioni.
Uno pu dire: ma quando Kafka (o meglio Gregor Samsa, e questo fa la
differenza) diventa uno scarafaggio, si appassiona ai cibi marci. S, ma intanto
io di persone che diventano scarafaggi non ne ho mai viste, e comunque si tratta
solo di aver cambiato gusti (c a chi piace il dolce e chi il salato, ma non che li
confondano). Da questo punto di vista, largomento Aristotele-Teofrasto secondo cui i gusti sono soggettivi giacch quello che ci pare dolce quando siamo sani
pu risultarci amaro quando siamo malati non sembra affatto conclusivo. La
soggettivit del gusto la si potrebbe dimostrare solo nel caso che il medesimo
soggetto, a parit di condizioni, trovasse buono o cattivo lo stesso oggetto.

Virus. Si potrebbe anche opporre: qui si definisce una sfera ecologica di


invarianti, ma ecologica ovviamente per noi. Per un virus lecologia sarebbe
molto diversa. Concordo, ma non vedo la conclusivit dellargomento.
Intanto, lecologia definisce un ambiente condiviso, da noi e da altri esseri
con una taglia compatibile con la nostra. Quindi il per noi non indica affatto
una forma di soggettivit solo un po allargata (bisognerebbe del resto smetterla
di vedere soggettivo come aleatorio: a me, regolarmente, infallibilmente,
non piacciono le ostriche). Affermare che lambiente vale per noi e per esseri
simili a noi (come direbbe anche Kant) non equivale a parlare di fenomeni
dipendenti solo dai nostri modi di percezione e dai nostri schemi concettuali,
sia perch gli esseri simili a noi sono molto pi estesi che in Kant (per esempio,
Kant non avrebbe incluso il cane, e sicuramente avrebbe trovato inconcepibile
la presenza della ciabatta), sia perch, sottilizzando su ecologico per noi, si
potrebbe sostenere che anche la matematica vera per noi.
Si obietta: la matematica tale che, chiunque la potesse pensare, la penserebbe cos e cos. Ora, qual la differenza rispetto a una ciabatta che, chiunque la
potesse incontrare, la incontrerebbe cos e cos?
Sarchiaponi. Si obietta: se si cerca di uscire dalla sfera ecologica, si pu dire
soltanto: c questa x che si comporta cos e cos, che ha le seguenti propriet
ecc.: per quel che ne so, potrebbe essere anche un pallone. Ecco il punto, potrebbe essere anche un sarchiapone. Questo non un esempio, un indovinello. E, anche in quel caso, non potrebbe trattarsi di una cassaforte.
Noi non ci confrontiamo al mondo come a un indovinello, questo lo fanno
gli scienziati di base. Fuori della scienza, c una ovvia differenza tra Il corriere
della sera e La settimana enigmistica.
E non che le possibilit che ci vengono offerte, di fronte a un oggetto incontrato, siano un mare aperto; sono uno stagno, molto piccolo e piuttosto determinato, che certo sopporta alcune interpretazioni, forse in certi casi molte inter20

pretazioni, ma mai infinite interpretazioni. E a ridurre le interpretazioni non


sono gli schemi concettuali, bens i no e i s che ci vengono dal mondo.

Pietre. Kobau (in Swif 2002) suggerisce il caso di Sloman (1996), che varia i
termini della questione a partire dalla domanda Che effetto fa essere quella
pietra laggi? (Che effetto fa essere un girasole?, Che effetto fa essere un
normale neonato umano? e poi: che effetto fa essere un autistico, un veggente,
un automa ecc.?) e ne conclude: anche se alcuni aspetti delleffetto di essere un
X non possono venire replicati in ogni caso per un Y, comunque non c grande differenza tra sapere che l fuori c qualcosa a cui tu hai accesso, mentre io
no, e sapere che c in te qualcosa a cui tu hai accesso, mentre io no poich
entrambi i casi implicano delle differenze di accesso a informazioni. A Sloman
interessa una scienza delle predicazioni sommamente generali (produzione di
software).
A me invece interessa una definizione del Mondo Esterno come sfera fondamentale di oggettivit condivise (che si basa a sua volta sullassunto secondo cui
la distinzione tra Interno ed Esterno pi decisiva di quella tra Soggettivo e
Oggettivo). Questo, molto pi che la pretesa di identificare il mondo percepito
con il mondo vero, mi sembra il punto rilevante. Thomas Reid, nel Saggio sui
poteri intellettuali delluomo (1785, cit. in Humphrey 1992: 42) scriveva: I sensi esterni esercitano una doppia funzione, ci fanno sentire e ci fanno percepire.
Ci forniscono diverse sensazioni, alcune piacevoli, altre spiacevoli o indifferenti; nello stesso tempo, ci danno una concezione e unirresistibile credenza nellesistenza degli oggetti esterni. Questa concezione degli oggetti esterni opera
della natura. La credenza nella loro esistenza, prodotta dai nostri sensi, lo
altrettanto, cos come la sensazione che laccompagna. Questa concezione, accanto alla credenza che la natura produce per mezzo dei sensi, la chiamo percezione. Il sentimento che laccompagna lo chiamo sensazione La percezione
ha sempre un oggetto esterno; e loggetto della mia percezione, in questo caso,
quella qualit della rosa che io discerno con il senso dellolfatto.
Conigli. Per sperimentare le invarianze non necessario attivare una funzione epistemologica, basta un incontrato. Questo un punto che si illustra abbastanza facilmente. Quante volte succedono dei contrattempi, ossia delle variazioni rispetto alle nostre aspettative dettate da delle invarianze che si incontrano?
E quante volte, invece, un vortice si solidifica sotto i nostri occhi e diventa un
coniglio? A me la prima cosa successa una grande quantit di volte, le cose nel
mondo erano stabili per fatti loro e contraddicevano le mie attese. La seconda,
per il momento, non mi mai accaduta.
Ornitorinchi. Questo costituisce un argomento contro il trascendentale e a
vantaggio del realismo ontologico. I vincoli di invarianza sono solidi perch il
mondo stabile, indipendentemente da quello che ne sappiamo, pensiamo o
percepiamo, con tutto che il percepire risulta comunque (e contrariamente alla
tradizionale denigrazione dei sensi) pi stabile del pensare, se di considera quanto
poco sforzo ci vuole per convincersi che la luna gira intorno alla terra, mentre
21

per vedere che la mezza luna ha una parte in ombra ci va un po di attenzione,


e magari un piccolo telescopio.
In questo senso, c una differenza tra la mia ciabatta e lornitorinco di Eco
(1997). Per Eco, il problema come adeguare il trascendentale alle variet della
conoscenza empirica. Per me, si tratta invece di mostrare che la realt ontologica
indipendente dal trascendentale, che per parte sua ha a che fare con una sfera
di verit epistemologica. In altri termini, proprio come una citt dimostra di
essere vera, e non un disegno, perch posso vederla da molte prospettive, cos
proprio il fatto che si possa incontrare lo stesso oggetto in molti modi e da parte
di esseri molto diversi dimostra che c una indipendenza del mondo dai nostri
schemi concettuali e dai nostri apparati percettivi. Quello che sicuro che non
possibile fare lontologia di una citt fuori da qualsiasi punto di vista, oppure
adottandoli tutti (la citt apparirebbe mostruosa).

Cani, unicorni e rotondoquadrati. Di qui credo che si possa ricavare anche


un primato normativo del sensibile rispetto al logico.
Un cane pi di un unicorno (che non esemplificato, cio che non pu
essere incontrato) e un unicorno pi di un rotondoquadrato (che non pu
essere esemplificato). Le esemplificazioni che determinano lutilit di una
scienza sociale come lontologia si danno per lappunto nel mondo esterno
accessibile ai miei sensi e questo, nella sua forma minimale, il mondo ecologico con cui ha a che fare un animale in un ambiente.
Per, un simile mondo dovrebbe essere tale da sussistere indipendentemente
dal rapporto tra animale e ambiente, giacch in caso contrario avremmo a che
fare con delle funzioni vitali, e non con delle parti del mondo. In questo senso,
lecologia non basta perch costituisce ancora un mondo interno, legato ai nostri apparati sensoriali o agli apparati di altri viventi. E sostenere che un mondo
c perch abbiamo degli organi fatti in un certo modo ancora definirlo come
qualcosa di dipendente e relativo, laddove il carattere proprio del mondo di
essere cos com indipendentemente da ogni intervento del soggetto.
Il punto di vista di Dio. Infatti, che cosa significa che il verme schiva la ciabatta per me? Lui, in proprio, che cosa fa? Non si sa, ignoramus et ignorabimus.
Magari parla con Manit, scherza con Frank Sinatra, si fa una birra a Zanzibar.
Ammettiamo che sia cos, sarebbe per lappunto il mondo di Swedenborg. Ma
anche mio zio, se mi passa la ciabatta, mio zio che mi passa la ciabatta per
me: in proprio, in s, potrebbe essere insieme al verme a farsi una birra a
Zanzibar. S, tutto possibile. E, nella vertigine delle interpretazioni, saremmo
davvero gli esseri pi frivoli del mondo a preoccuparci, che so, della Mucca Pazza o della incostanze climatiche, o dellattacco allIraq. Il solipsismo una brutta bestia, e se Kant non ci arriva non per via delle categorie, ma perch introduce, di straforo, un bel po di realismo: il fatto che ci sia costanza nel mondo,
che possa inferire da una analogia di comportamenti una analogia di schemi
concettuali (ci che gli permette di parlare di noi e di esseri come noi).
In ogni caso: un terreno fangoso conserva le tracce delle scarpe e il ritmo della
camminata. una soggettivit trascendentale? Ovviamente no, ma perch poi
quando io guardo quelle tracce dovrei diventare una soggettivit trascendenta22

le? gi tanto se sono un soggetto. E le tracce e la loro regolarit e costanza


dipendono da me solo perch le guardo?
Quanto poi al punto di vista di Dio che uno dovrebbe assumere per poter
parlare non di ecologia ma, rigorosamente, di ontologia. Dietro a quei ragionamenti c un po di Woody Allen: se non il punto di vista di Dio (bisogna pur avere un modello nella vita), allora il punto di vista solo tuo e dei tuoi
amici; e reciprocamente: se pretendi che il mondo che tu e i tuoi amici state
guardando in questo momento sarebbe tale anche se tu e i tuoi amici non ci
foste, allora ti stai mettendo dal punto di vista di Dio. Non credo che questa
alternativa sia tenibile, e, soprattutto, quando dico che quello che vedo lo vedo
io ma lo vedrebbe chiunque altro al mio posto e ci sarebbe anche se nessuno lo
vedesse, mi metto dal punto di vista del testimone (pratica accettata nei tribunali), non da quello di Dio.

4. Inemendabilit
Le nuvole di Amleto e il giallo di Vermeer. Prediamo il dialogo tra Amleto e
Polonio, che resta un paradigma: Amleto: Lass, vedete quella nuvola? Non
ha quasi la forma di un cammello? Polonio: Per la santa messa, pare proprio
un cammello. Amleto: O piuttosto una donnola. Polonio: Ha la gobba come
una donnola. Amleto. O una balena. Polonio: Una vera balena. Con le nuvole, che sono oggetti vaghi, facile interpretare, ma in ogni caso abbiamo a che
fare con un vedere come che si sovrappone consapevolmente al vedere in senso stretto, che a sua volta non risulta emendabile. Il giallo di Vermeer lo si vede
nei paesaggi dellOlanda e del Belgio cos come nella Veduta di Deft, e non c
verso di trasformarlo in un verde; mentre si potr sempre discutere sulla interpretazione che ne d Proust. questo ci che ho definito inemendabilit
(Ferraris 2001).
In effetti, anche qui si dimostra che un evoluzionismo ontologico (quanto
dire una instabilit del mondo dellesperienza) molto meno plausibile di quanto
non si sia disposti ad ammettere. E in ogni caso, per diversi che siano i sensi
(questo, alla fine, sembra essere il nocciolo dellevoluzionismo), il mondo incontrato non muta.
Vedere le stelle. Si potrebbe opporre (Luciano Floridi in Swif 2002) che i
vincoli ecologici sono evitabili, cio emendabili. Ma resta da chiedersi che cosa
si intenda con una simile espressione. Qualcosa come le Magnalia Naturae di
Bacone, putrefare un elefante in 10 secondi, trasportare uomini con la forza del
pensiero, inventare nuove purghe ed escogitare piaceri nuovi per tutti i sensi?
(al che De Maistre interloquiva: Ah, Monsieur le Chancellier, quoi pensezvous?). Creare condizioni di laboratorio per cui si informa il soggetto che lo
stimolo acustico e quello visivo che percepisce in sequenza sono simultanei non
ancora far percepire la simultaneit, ma solo dare una informazione.
Questa differenza abbastanza sottile. Uno potrebbe chiedersi (ancora con
Floridi in Swif 2002): a chi diamo retta? A mia nonna che credeva di vedere le
stelle, o a mia nipote che crede di vederne solo la luce, milioni di anni dopo la
loro scomparsa?. Il punto che qui si tratterebbe di una bizzarra nipote, adusa
23

a lunghi giri di frase, e che si rivela pi che una ragazza moderna o postmoderna
una pervicace assertrice dellerrore dello stimolo. Come suggerivo pi sopra
parlando della Stella Polare, anche un astronomo pu apprezzare una notte
stellata, e dire che quello che vede sono stelle.
Di fatto (Tonino Griffero 2002, comunicazione personale) la scelta dipende
pi dal contesto argomentativo-linguistico che strettamente dal contrasto epistemologia (errore dello stimolo) / fisica ingenua. Possiamo benissimo immaginare che la nonna dica potessi andare ora su quella stella e la nipote risponderle
(a) che non possibile perch ci vorrebbe troppo tempo, (b) che non possibile
perch quella stella potrebbe essere scomparsa da migliaia di anni, ecc. In altri
termini, lannoso problema se il senso comune via via accolga i dati scientifici.
Vorrei per far notare come il senso comune (linguistico) si possa far infiltrare
dalla epistemologia a livello di spiegazioni ma molto pi difficilmente a livello
di percezioni. A Buenos Aires c un quartiere dove densamente popolato da
psicoanalisti, e che perci correntemente chiamato Barrio Freud. Ci si pu
chiedere come possano svolgersi delle interazioni anche banali in una zona cos
intensamente psicoanalizzata, ma sono persuaso che, per esempio, da un fruttivendolo non ci sarebbero difficolt, per quante interpretazioni possano suggerire numerosi ortaggi.

Se un giorno udissimo i fischietti per cani. Allo stesso titolo, non sembra nemmeno il caso di domandarsi se un giorno sentiremo i fischietti per cani, i quali
gi attualmente, proprio come gli acari, non sono percepibili come tali, ma presentano effetti osservabili. In effetti, il fischio a ultrasuoni si perpetua, inaudito,
in osservabili (nervosismo del cane, vibrazione della corda di un violino e simili). Proprio per questo, per, non lo metterei sotto il titolo dellampliamento e
della evoluzione della ontologia, lo classificherei come un oggetto che continua
sotto un altro oggetto, come una sparizione affine a una persona che svolta langolo e non vediamo pi.
In effetti, non si pu nemmeno sostenere che gi oggi un uomo pu percepire
un fischietto per cani, guardando le frecce di un apparecchio ad hoc. In quel
caso, il fischietto per cani si potrebbe sentire con certi accorgimenti tecnici, i
raggi infrarossi anche, e lontologia si infarcirebbe di epistemologia. Ma quando
si guardano le frecce si percepiscono solo le frecce, e non il suono.
Allo stesso modo, c una differenza di fondo tra dire che il tavolo che ho
sottomano esiste anche quando sono in unaltra stanza e il dire che se avessi un
microscopio scoprirei che la mia mano sembra soltanto pulita, ma piena di
virus, batteri e altri esseri orrendi (argomento che mi aveva orripilato alle elementari e che sta forse allorigine di quello che sto scrivendo ora).
Ovviamente, dal punto di vista epistemologico le cose starebbero molto diversamente. E gi per un uomo la ciabatta giunge al termine di un lungo percorso cognitivo, che pu essere compromesso in ogni momento. Tuttavia, qui abbiamo a che fare con un livello di descrizione molto diverso da quello messo a
fuoco dallArgomento della Ciabatta. Intendo dire che c una vera differenza
tra il dire: se non ci fossero questi neuroni la ciabatta non ci sarebbe e se la
ciabatta fosse in unaltra stanza, non sarebbe in questa stanza. Nel primo caso
stiamo suggerendo una ipotesi epistemologica che riguarda un pezzo di filoso24

fia trascendentale. Nel secondo, invece, stiamo svolgendo una considerazione


ontologica che riguarda delle propriet che appartengono realmente agli oggetti, e non ai soggetti che li percepiscono o ai saperi che li studiano.
Quello che non capisco inoltre perch fare entrare quello che non si pu
escludere in quello che c. Ci sono gi tante cose che cambiano, i computer,
i loro software, i telefonini, gli euro, luniversit. Abbiamo la fortuna di trovare
qualcosa che non sembra cambiato almeno dal tempo dei Greci e degli Egizi,
un suolo abbastanza solido per sostenere il resto del mondo e del variabile, e
subito ci si chiede se si possa escludere che un giorno sentiremo i fischietti per
cani.

Se domani ci svegliassimo e il mare fosse rosso per tutti. Il punto di fondo


che non si vede il vantaggio di insistere tanto sulla evoluzione ontologica, quando il fenomeno davvero rilevante levoluzione epistemologica, che tale proprio perch riesce a riferirsi in modo esplicativamente efficace a delle invarianze
che sono invece riconosciute a livello ontologico-descrittivo.
A questo proposito, uno potrebbe anche chiedersi: Se domani ci svegliassimo e il mare fosse rosso per tutti diremmo che ha cambiato colore o ci porremmo il problema di sapere se non siamo cambiati noi? (Roberto Miraglia in Swif
2002). Al che risponderei: dipende. Se fosse cambiato solo il mare, penseremmo
che cambiato lui; se fossero cambiati tutti i colori, penseremmo che siamo
cambiati noi; i casi dubbi sono quelli intermedi, e poi molto dipende dalla
interosservazione (da soli siamo pi scettici).
In ogni caso, limputazione primaria di attribuire la propriet alloggetto, si
pensi a quando suona un telefonino e ognuno guarda il proprio. Il fatto che,
facendo questo, si sbaglia: quasi sempre il telefonino che suona un altro. E
con questo veniamo a un problema che mi pare molto pi intricato di quello
dellevoluzionismo ontologico.
Quanto pu essere ingenua la fisica ingenua? Anche Ockham si era chiesto
se il cerchio tracciato al buio da una fiaccola che viene fatta roteare esista davvero, nel mondo, o non esista solo nel nostro occhio. Oggi possiamo per quanto
ancora, non si sa porci lo stesso quesito adoperando una sigaretta accesa. Tuttavia, il vero punto non questo. Non sembra un caso che, negli ultimi due
secoli, siano sorte scienze e filosofie che si sono proposte esplicitamente di render conto di quel mondo di esperienza, con intenti e assunti peraltro molto
diversi tra loro (la fenomenologia non la fisica ingenua, la Gestalt non lecologia di Gibson, la metafisica descrittiva di Strawson ancora unaltra cosa ecc.),
ma sicuramente diversissimi da Aristotele o da Ockham, appunto perch quei
grandi del passato non potevano confrontarsi con una fisica che non assomiglia
pi, in larghissima parte, al mondo dei fenomeni. Qui ci confrontiamo con una
circostanza di fatto, e poi con un problema che riguarda una pi vasta questione
di diritto (la legittimit dellargomento trascendentale per cui ogni esperienza
dovrebbe poter essere tradotta in termini di scienza). Tralasciando la questione
di diritto (che ho affrontato in Ferraris 2001), vorrei limitarmi a rispondere a un
quesito: quanto pu essere ingenua la fisica ingenua?
25

Alla valorizzazione del mondo della fisica ingenua si pu infatti obiettare


(Casati e Varzi 2002) che qui interviene un errore iperrealista, che consiste nel
sottovalutare la presenza e la sistematicit dellerrore. Secondo questa obiezione, non si considera che la maggior parte delle leggi della fisica ingenua, se
prese alla lettera, sono false; e che la loro riuscita nella interazione con lambiente puramente postulatoria, cio deriva dalla applicazione di un paradigma
panglossiano che assume come ottimale un adattamento che potrebbe benissimo non essere tale. In effetti, le persone e gli animali falliscono e soffrono, dunque non si pu sostenere con tanta sicurezza che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Basti considerare che non riusciamo a vederci in faccia, mentre
sarebbe comodissimo avere un occhio sul dito mignolo della mano sinistra che
ci permetterebbe di sbarbarci senza ricorrere a specchi, e ancora pi comodo
sarebbe non essere costretti a farsi la barba.
Ma davvero questo il nocciolo del ricorso alla fisica ingenua? Ovviamente,
no (n Casati e Varzi lo credono). La fisica ingenua o lecologia sono interessanti non perch postulino una sovrana autorit dellambiente, n perch ci offrano
delle leggi vere alternative a quelle della fisica esperta, bens proprio al contrario perch ci mostrano come noi possiamo condividere un ambiente oggettivo
e comune anche in assenza di leggi vere; anzi, con leggi (raramente formulate
come tali, visto che le applicano anche gli animali) che possono contrastare apertamente tutto ci che pensiamo o sappiamo. Quanto poi al panglossismo implicito, lo si pu rivoltare. Non affatto necessario postulare che ci sia un adattamento ottimale allambiente. Poniamo che ladattamento avvenga nel peggiore
dei modi possibili; resterebbe che un ambiente capace di sopportare linterazione
tra esseri diversi e variamente disadattati un ambiente con caratteristiche stabili e forti.

Dualismi. Resta la domanda: quando c un conflitto tra fisica esperta e fisica


ingenua, a chi diamo ragione? E, posto che ci sia una sfera ontologica autonoma che raggruppa alcune discipline ingenue, come regoliamo certi conflitti tra
intuizioni? Gi dalla formulazione del problema, ci rendiamo conto di avere a
che fare con pi dualismi. Propongo di isolarne tre.
1. Dualismo epistemologico. Tra quello che mi insegna una disciplina ingenua e quello che mi insegna una disciplina esperta, scelgo, senza vera esitazione, la disciplina esperta, cos come senza vera esitazione scelgo il medico e non
lo sciamano (il caso di sciamani medici, effettivamente attestato in Russia, non
davvero rilevante, cos come non lo sono a livelli diversi Lourdes, lagopuntura, gli oroscopi e il sangue di San Gennaro).
2. Dualismo fenomenologico. Se, per disinnescare il dualismo epistemologico,
riconosco una sfera di realt ontologica distinta dalla verit epistemologica, non
rischio di contraddire una evidenza molto forte, e cio che ci che mi si presenta
non mi si presenta soltanto come reale, ma anche con la pretesa di essere
vero?
3. Dualismo ontologico. Ammesso che abbia superato il dualismo epistemologico e quello fenomenologico, come posso scegliere tra intuizioni contrastanti
fra domini ontologici diversi o allinterno del medesimo dominio ontologico?
26

Dualismo epistemologico. La formulazione pi lapidaria di questo dualismo


offerta da una frase di Russell: Il senso comune, se sufficientemente sviluppato, ci insegna a credere alla fisica; ma la fisica ci insegna che il senso comune
falso (cit. in Casati e Varzi 2002). Non difficile vedere che, specie in questa
formulazione tranciante, largomento di Russell non tiene per vari motivi.
1. Ci sono troppe facolt che si riconoscono indipendenti dalla fisica, e questo lo si sa anche da prima del perfezionarsi della fisica, ossia a livello di senso
comune (per esempio, nella contrapposizione tra spirito di finezza e spirito di
geometria, tra ingegno e acume, tra ragioni del cuore e ragioni della ragione).
2. Ci sono troppi ambiti indipendenti dalla fisica. In effetti, si pu ricondurre
alla fisica una affermazione come il sole tramonta, ma come si fa di fronte a
frasi come La montagna incantata un capolavoro, Quella penna mia,
Le onde hanno coperto la spiaggia di rifiuti? Non c alcuna caratteristica di
base della materia che determini i caratteri di un capolavoro (specie se letterario), le relazioni di propriet non hanno riscontro nella fisica (la penna sarebbe
la stessa anche se appartenesse a un altro), e le onde sono entit fisicamente
molto problematiche. Su questo problema si combattuta una strenua battaglia
tra metafisiche correttive e metafisiche descrittive, ma la battaglia non sembra
conclusa, segno che non cos facile.
3. Il senso comune storico in molte sue parti. Dunque non costituisce una
vera autorit: per esempio, che il senso comune ci suggerisca di consultare la
fisica non stato sempre vero, e forse potrebbe non esserlo pi. Ma, indipendentemente da questo, anche adesso (o allepoca di Russell) il senso comune non
suggerisce affatto sistematicamente di rivolgersi alla fisica in qualunque questione; altrimenti non si capirebbero n la canonizzazione di Padre Pio, n i
santini di San Cristoforo che evita gli incidenti ecc.
4. La percezione ordinaria non ci insegna affatto che la fisica sempre nel
giusto. Al contrario: continuo a vedere la terra piatta. C tutta una sfera mesoscopica in cui la fisica ben lontana dal costituire una autorit indiscussa, e
questo non solo agli occhi del senso comune, ma della stessa scienza.
5. Inoltre: se il senso comune (come dimostrerebbe la fisica) falso, allora
non c nemmeno ragione di credere al senso comune quando ci insegna a fidarci della fisica. Questo argomento meno paradossale di quanto non paia; le
pretese del positivismo di estendere il dominio della fisica a ogni sfera della
realt umana, cos come molte interpretazioni generali della realt offerte dagli
scienziati, nascono proprio dalla assunzione di senso comune che la realt vera
quella della scienza, e falliscono proprio nella applicazione di un simile principio.
6. Infine e soprattutto: nella teleologia di Russell si annida un argomento
trascendentale, anzi la madre di tutti gli argomenti trascendentali, quello per
cui tutto ci che pu diventare scienza deve anche diventarlo. Se, come ho cercato di argomentare altrove (Ferraris 2001), non tutta lesperienza pu n deve
diventare scienza, non si vede perch bisognerebbe giungere necessariamente
alla conclusione di Russell. In effetti, e soprattutto nella situazione di una scienza evoluta e discosta dal mondo dellesperienza, non c alcun bisogno di appoggiarsi indiscriminatamente al trascendentale, agli schemi concettuali e soprattutto alla fisica considerata come il miglior schema concettuale. Ci sono dei
27

casi in cui la scienza ha diritto di intervenire in una riflessione metafisica, ma ci


sono altri casi in cui non ha diritto di farlo (svilupper questo punto tra poco,
parlando di differenza nella expertise).

Dualismo fenomenologico. C un problema forse pi imbarazzante nel


dualismo fenomenologico (De Monticelli 2002). Largomento suona cos: se si
rivendica una autonomia del mondo della fisica ingenua, allora si postula la
distinzione tra due sfere, una di realt incontrate nel mondo, laltra di verit
scientifiche chiamate a parlare di queste realt e a spiegarle attraverso il riconoscimento di processi causali. Se si assume che lontologia (realt) distinta dalla
epistemologia (verit), allora non si capisce in che termini si possa, quantomeno,
credere alla scienza e distinguerla dalla superstizione, giacch ci che rende
vere le proposizioni della scienza pur sempre il riferimento a una verit che
eccede gli schemi concettuali. Gli oggetti avanzano una pretesa nei nostri confronti: non posso dirmi che un tavolo non c o il frutto della mia immaginazione, qualsiasi cosa pensi finirei per sbatterci contro; ed proprio questo rispetto nei confronti delle pretese reali degli oggetti che fa s che la scienza sia
vera.
A questo argomento credo che si possa rispondere prima con una ritorsione
nei confronti di Husserl, poi con una considerazione tratta dallo scambio MooreWittgenstein intorno alla certezza, e infine con un argomento ricketiano.
La ritorsione husserliana : davvero Husserl rende ragione della pretesa di
verit, nel momento in cui, in nome della verit, rinuncia alla realt e parla
soltanto di fenomeni? Il platonismo inizia quando si dice che il fischio, il
mare, lazzurro stanno solo nei nostri sensi. Dico: il fischio in quanto tale, il
mare in quanto tale, lazzurro in quanto tale. Quando si incomincia a dubitare
degli occhi e degli orecchi e, insieme, ad attribuirgli una rilevanza troppo decisiva, per metterci al riparo di fronte a casi tutto sommato marginali, a ipotesi di
marziani e di occhiali gialli, ecc. Se alla incertezza sui colori si accompagna una
certezza sugli elettroni, si ha il platonismo perfetto. Se invece si accompagna
una incertezza sugli elettroni, si ha lo scetticismo, che poi lesito prevalente,
almeno quando si parla, non quando si vive. Ora, Husserl, da questo punto di
vista, sembra aver commesso due errori coordinati. Il primo consistito nellaccettare il principio cartesiano secondo cui solo linterno certo e immanente,
mentre lesterno dubbio e trascendente, e con questo ha ereditato il problema
del mondo troncato (Bergmann 1967) che aveva assillato il suo maestro
Brentano. Il secondo consistito nel saldare il mondo della realt con quello
della verit solo da un punto di vista ideale, vedendo nel mondo della vita lantefatto del mondo della scienza, che ne costituirebbe lorizzonte teleologico. Come
risultato, Husserl il primo a decretare lindipendenza del mondo della verit
da quello della realt: questultimo sarebbe solo loscuro e inespresso precursore della scienza, e non possederebbe alcuna stabilit (che non vuole ancora dire
verit) autonoma.
E con questo vengo allesempio dello scambio Wittgenstein-Moore. In effetti, Wittgenstein ha perfettamente ragione quando osserva (Wittgenstein 195051) che una affermazione come ecco due mani non pu essere considerata
come un enunciato scientifico. Che Moore potesse, almeno in parte, considerar28

la cos, nel quadro di una dimostrazione dellesistenza del mondo esterno, dipende, secondo me, dal fatto che lavere due mani non semplicemente qualcosa che si incontra nellesperienza (e da cui dipende un bel pezzo dellesperienza), ma anche un enunciato, che pu (ma non necessariamente deve) essere
scambiato per una affermazione epistemologica, giacch lepistemologia si serve necessariamente di linguaggio, cos come il senso comune. Tranne che lavere due mani resta una realt incontrata e inemendabile (con una mano ferita o
anchilosata tutto pi difficile), con o senza linguaggio, e che proprio qui si
incontra uno strato oltre il quale non pi possibile scavare, cio imporre schemi concettuali. Detto in altri termini, ecco due mani un enunciato molto
povero epistemologicamente, e Moore sbaglia ad adoperarlo in quella prospettiva, per contraddire, sullo stesso piano, gli enunciati di Bradley o di McTaggart.
Ma resta che si tratta di un enunciato molto ricco ontologicamente, accettabile a
pieno titolo nel quadro di una metafisica descrittiva o di una ontologia ecologica. Soprattutto, ripeto, si tratta di una realt che permane tale anche indipendentemente dal fatto di essere profferita, e che permane in un modo molto diverso dalla teoria della gravitazione universale, giacch si tratta di un enunciato
che riflette una osservazione, e non una interpretazione (vera) circa le cause di
ci che si osserva.
Ora, come si deve qualificare questo strato di realt? Il carattere fondamentale degli oggetti reali consiste nellavanzare una pretesa di validit, e non una
pretesa di verit: ci prendono a calci, daccordo con Eco (1997: 5), anche se e
questa volta in disaccordo con lui non necessariamente ci chiedono di parlare
di loro (il sassolino che mi d fastidio mentre sono disteso in riva al mare non
chiede affatto che parli di lui, e il passaggio alla favola della Principessa sul
pisello tutto tranne che scontato). Indipendentemente dalle interpretazioni
che possiamo darne, il tavolo persiste ed esige da noi una attenzione e una considerazione, e questo vale sia che siamo dei fisici, sia che siamo dei falegnami,
sia che siamo degli utenti, sia, infine, che siamo degli ipotetici aborigeni australiani che non hanno mai visto un tavolo ma che nondimeno ci sbattono
contro come tutti gli altri.

Dualismo ontologico. Credo che le considerazioni che ho svolto contribuiscano a un lavoro preliminare, cio la scissione tra verit e realt. Il problema
che, a questo punto, uno potrebbe essere per lappunto tentato di ipotizzare
lesistenza di pi mondi, corrispondenti alle intuizioni che ognuno ne ha. In
fondo, se c un conflitto tra intuizioni, e si decide che lepistemologia non pu
avere lultima parola, potremmo voler assumere come vere (perch reali in un
modo abbastanza indeterminato) tutte le intuizioni in cui ci imbattiamo. Con il
risultato di dar vita a un relativismo ontologico non meno inconcludente del
relativismo epistemologico che criticavo rivendicando la distinzione tra ontologia
ed epistemologia.
In questo senso, laffermazione ambientalista di Jacob von Uexkll secondo
cui questo il mio albero (cio un albero che tale, con queste caratteristiche, per me e non per altri) omette di considerare che lalbero tale (in molte
sue caratteristiche cruciali) anche per altri uomini, animali, alberi, come ho cercato di dimostrare con una considerazione sulla pretesa degli oggetti nei nostri
29

confronti. Se tuttavia vogliamo fondare un mondo comune, e dire che lalbero


non solo per me, ma anche per te e per lo scoiattolo, sorge per lappunto il
problema del dualismo. Perch alla fine lalbero molto diverso secondo che lo
consideri come gitante domenicale o come fisico (in quel caso, pieno di vuoti),
e diventa paradossale pretendere che lalbero sia uno per me e per lo scoiattolo,
come utenti del bosco, e due per me, secondo che lo guardi come gitante o come
fisico.
Ma si tratta davvero di un dualismo ontologico? Lo solo qualora si assuma,
husserlianamente, che solo la scienza capace di costituire delle oggettivit comuni, attraverso la costituzione di intersoggettivit ideali. Tuttavia, si pu facilmente opporre (secondo il suggerimento di Edelman, e con uno stile affine allArgomento della Ciabatta) che due uomini, una scimmia e un robot che
guardano un pezzo di formaggio hanno in comune, quanto ai processi rappresentazionali dei loro sistemi visivi, proprio (e magari solo) il pezzo di formaggio. In questo caso, loggettivit viene assicurata da ci che sta nel mondo esterno, senza che per questo venga a istituirsi un contrasto con loggettivit ideale
assicurata dalla scienza.
Il punto di fondo che noi possiamo rapportarci allo stesso mondo (per ci
che riguarda la taglia mesoscopica) sia attraverso il senso comune sia attraverso
la scienza, sia attraverso lontologia sia attraverso lepistemologia. Infatti, non si
tratta di sostenere che tra le scienze e lesperienza in originale non c nesso,
altrimenti non si potrebbe stabilire una differenza tra scienza e magia. Si tratta
di tener presente che lesperienza in originale appare stabile e resistente, ossia
oppone una resistenza alle interpretazioni e alle ridescrizioni, presentando la
caratteristica della inemendabilit.
Tuttavia, lemendabilit (e reciprocamente linemendabilit) come tale possiede un gran numero di sfumature, e proprio trascurando questa circostanza si
potuto (a partire da casi che generalmente appartengono alla periferia specialistica) pensare di universalizzare il paradigma della emendabilit. Vorrei perci sviluppare due argomenti positivi a favore della ingenuit immanente alla
inemendabilit. Il primo riguarda la variet e la gradualit degli interventi della
scienza nellesperienza, il secondo la variet dei tipi di conoscenza ingenua e la
loro relazione con linemendabilit.

Differenziazioni nella expertise. Veniamo al primo argomento, che mira per


lappunto a dimostrare che non in tutti i casi la fisica esperta ha la stessa autorit
in riferimento alla nostra esperienza.
1. Nel 1716, Leibniz avanz la seguente ipotesi: capovolgendo il mondo, cio
orientandolo da destra a sinistra come in uno specchio, resterebbe lo stesso. Questo perch lo spazio relativo ai rapporti tra le cose. Se cambiasse, Dio avrebbe
fatto una cosa senza ragione. Nel 1768, Kant obietter a questa versione. Per lui,
lo spazio assoluto, e dentro a questo spazio si ritaglia la forma per la destra e la
sinistra, sicch creando la mano destra (e se anche avesse creato soltanto una
mano destra) Dio ha fatto una cosa diversa che creando una mano sinistra. La
prova che non si sovrappongono. Qui abbiamo chiaramente a che fare con
ipotesi speculative che possono essere risolte attraverso il ricorso a conoscenze
scientifiche. In effetti, il dibattito ozioso: la fisica ha, ormai, un metodo assolu30

to per distinguere la destra dalla sinistra definendone una delle due (la sinistra)
come quella per la quale, sempre, si avvita il decadimento di un neutrone.
Questo fa s che sulla terra, o in qualunque altro punto dellUniverso, la sinistra
(e quindi la destra) sia sempre definibile in maniera assolutamente non ambigua. In questo caso, la controversia viene risolta attraverso il ricorso alla fisica, e
il senso comune (o la speculazione, come variante del senso comune) non ha
proprio nessuna autorit in materia.
2. Il secondo caso deriva da una elaborazione del quesito posto a Locke da
William Molyneux. Il quesito consisteva nel chiedere se un nato cieco, e risanato da adulto, sarebbe stato capace di riconoscere alla vista una sfera e un cubo,
senza ricorrere al tatto. Qui una conoscenza scientifica pi avanzata non risolve
il quesito, ma lo scompone nelle sue parti (Jacomuzzi 2000-2001): in altri termini, una conoscenza scientifica pi avanzata dimostra che il quesito non pu
essere posto in quei termini, che si tratta di una formulazione protoscientifica
piuttosto che genuinamente ontologica, e che in ogni caso non pu essere risolto in termini sperimentali ma, per lappunto, soltanto dissolto.
3. Sono famose le ultime parole della Recherche di Proust, in cui il Narratore
enuncia il suo progetto di far risorgere il tempo perduto: Se mi fosse stata lasciata, quella forza, per il tempo sufficiente a compiere la mia opera, non avrei
mancato di descrivervi innanzitutto gli uomini, a costo di farli sembrare mostruosi, come esseri che occupano un posto cos considerevole accanto a quello
cos angusto che riservato loro nello spazio, un posto, al contrario, prolungato
a dismisura poich toccano simultaneamente, come giganti immersi negli anni,
periodi vissuti da loro a tanta distanza e fra cui tanti giorni si sono depositati
nel Tempo. Si tratta di una immagine puramente letteraria? Non necessariamente: per le metafisiche quadridimensionaliste, gli oggetti non occupano semplicemente dei luoghi nello spazio e persistono nel tempo, bens si protraggono
nel tempo, come se fossero degli eventi molto lunghi. Dobbiamo concluderne
che Proust conferma le metafisiche quadridimensionaliste, oppure che queste
confermano Proust? Mi sembra vero il contrario. Proprio il fatto che una simile
descrizione appaia mostruosa a Proust che in questo concorda senza saperlo con chi lha definita una metafisica folle (Thomson 1983: 210) dimostra
che le metafisiche quadridimensionaliste (e il correttivismo che le anima) non
si attagliano alla sfera della realt che interessa a Proust, e a una fetta importante della nostra esperienza.

Casi di non-reciprocit. In questo senso, si possono effettivamente dare non


delle forme di incommensurabilit tra paradigmi scientifici, bens delle forme
di non-reciprocit tra ontologia ed epistemologia. Schematizzando:
1. Lacqua di Terre gemelle (Putnam 1975) un problema per lepistemologia,
ma non per lontologia: chiaro che lacqua dellaltro mondo proprio acqua
(Ferraris 2001).
2. Se, daccordo con Wertheimer (1923), faccio notare che quando guardo il
cielo, gli alberi e una casa ho cielo, alberi e casa e non 327 luminosit e tonalit
di colore, posso illustrare quanto poco rilevante sia una descrizione fisica per
una descrizione ontologica (e non semplicemente fenomenologica: gli alberi e
le case non sono, che io sappia, delle apparenze).
31

3. Infine, una frase come La terra piatta e non si muove (Husserl 1934)
dimostra la convivenza non troppo conflittuale tra una descrizione fisica e una
descrizione fenomenologica. Anche un cosmologo potrebbe adoperarla per rassicurare un bambino che temesse che la rotazione della terra faccia cadere il suo
castello di carte.

Differenziazioni negli intenti e nelle discipline. La seconda differenziazione


che vorrei richiamare riguarda invece i saperi e gli oggetti delle discipline ingenue. In effetti, la fisica ingenua designa ricerche fatte con fini molto diversi.
Schematizzando anche qui:
1. Lipmann e Bogen si proponevano degli scopi psicologici. La loro una
variante del mondo della vita, che si pensa come semplicemente propedeutica a
una visione scientifica del mondo, e che insiste sulla congruenza tra le regole
che orientano il nostro agire intelligente e la fisica esperta, allo stesso modo in
cui Husserl pu parlare di precategoriale, come se il destino fosse sempre quello
di risolversi in una categoria: lagire intelligente presuppone delle conoscenze
fisiche, di cui naturalmente non necessario essere consapevoli in maniera esplicita e in quanto tali, perci una fisica ingenua (Lipmann 1923: 3).
2. Smith (1995) si preoccupa di definire delle strutture di un mondo di senso
comune, per poterle integrare in una descrizione del mondo che si ponga in una
linea di continuit rispetto alle conoscenze fisiche e scientifiche, e nel quadro
della costituzione di un Linguaggio Ontologico Generale.
3. Bozzi descrive un mondo ecologico. Insiste piuttosto sul contrasto tra la
fisica esperta e la fisica ingenua presupposta alla nostra esperienza, e che ne
una versione semplificata e alquanto traditrice (Bozzi 1998: 28).
4. Legrenzi (1999) studia dei ragionamenti che, dal punto di vista logico,
sono semplicemente sbagliati, e proprio questa caratteristica li rende riconoscibili e definisce un campo di analisi. Abbiamo dunque a che fare con un ambito
piuttosto diverso da quello della fisica ingenua, anche se, anche qui, ci troviamo
di fronte a degli errori adattivamente funzionali, costanti e dotati della caratteristica dellincontrato.
Questo suggerisce che, indipendentemente dagli approcci di indagine, gli stessi
oggetti delle discipline ingenue differiscono.
1. Ci sono prima di tutto delle differenziazioni tra le discipline ingenue, che
ovviamente non si equivalgono. LMIT Encyclopaedia of the Cognitive Sciences
conta 500 voci circa di discipline ingenue (sociologia, psicologia, biologia).
Non si equivalgono: la biologia ingenua solo la convinzione che il vino rosso
faccia sangue, la psicologia ingenua contiene elementi irriducibili e ontologici
cos come elementi perfettamente riducibili in termini di psicologia esperta, e lo
stesso vale per la fisica ingenua, indipendentemente dallatteggiamento di continuit o discontinuit rispetto alla fisica esperta che vogliamo prendere nei
suoi confronti.
2. Anche quando si decida di classificare la sfera ingenua sotto la rubrica
dellerrore, resta da considerare che ci sono differenziazioni nella regolarit e
nel carattere dellerrore, e che si tratta di distinguere tra errori, pregiudizi, inganni sistematici (logica ingenua, statistica ingenua), evidenze percettive che
32

possono risultare ecologicamente utili ma epistemologicamente fuorvianti (fisica ingenua).


3. Nella stessa fisica ingenua ci sono fonti differenziate. Per esempio, nel De
coelo, Aristotele parla di tre moti: veloce allinizio, lento alla fine; lento allinizio, veloce alla fine; veloce a met. abbastanza chiaro che il terzo caso non
dipende da un aggiustamento percettivo, come i primi due, ma dallesperienza
di un uomo che corra, raggiunga la massima velocit, e poi incominci a rallentare.
4. Ci sono infine (ed laspetto pi rilevante) differenziazioni nel tenore e
nellintento della ingenuit. Le affermazioni ingenue, infatti, possono essere:
(a) paradossali (e in effetti pseudoscientifiche): La scienza non pensa; Ecco
due mani; Non vedo un albero. Vedo il mio albero. La prima frase assurda, la seconda ovvia, la terza la direbbe solo un ambientalista alla Uexkll o un
impressionista alla Monet; (b) propriamente ingenue o ecologiche: La terra
piatta e non si muove (si tratta di un fatto osservabile su cui per non si insiste
pi di tanto, proprio per la sua ovviet); (c) popolari: Il sole tramonta, Ho il
nervoso, Ho la coscienza a posto e simili, in cui non sembra implicata alcuna
teoria, e che risultano del tutto accettabili non solo in contesti privati.

Fissare il riferimento, lIncontrato, lInemendabile. Unultima considerazione, come glossa alla proposta di Casati e Varzi (2002) circa la distinzione tra uso
attributivo e uso referenziale. Nella loro versione, si usano certe propriet non
per definire, ma per fissare il riferimento a un termine, e questa possibilit ci
che consente di superare il dualismo attuale o potenziale generato dal confronto
tra fisica ingenua e fisica esperta. Ora, quello che caratteristico, nel fissare il
riferimento, il fatto sottolineato a giusto titolo da Casati e Varzi che si
abbia il passaggio dal linguistico al percettivo. In altri termini, a mitigare le
ambiguit del concettuale e del linguistico interviene una stabilit di fondo del
percettivo. Daccordo con questa impostazione, vorrei proporre una progressione che dal senso comune giunge allestetica, e di l viene allincontrato e infine
(come criterio negativo e discriminante) allinemendabile.
1. Il senso comune indica una zona grigia tra percezione e scienza, fortemente infiltrato dalla epistemologia. Per questo importante il passaggio alla percezione. Qui posso benissimo interagire con il mondo pur avendo credenze fortemente erronee al suo proposito (tipicamente: che io sia tolemaico o copernicano
cambia ben poco nella mia vita, e questo vale anche nellipotesi in cui credessi
che la luna fatta di formaggio). Sebbene in questa versione sembri che lesperienza sia un errore cognitivo non dannoso, ci si pu chiedere come mai ci
avvenga, ed estendere la nostra attenzione al problema della percezione. Quando percepiamo, c ancora meno da sapere, anzi, non ce ne affatto. Eppure ce
la caviamo, di solito, e cos anche gli animali.
2. Era a partire da considerazioni di questo genere che Leibniz (1684) aveva
mosso una obiezione decisiva a Cartesio, e che sta alla base della nascita, circa
cinquantanni dopo, della estetica come scienza della conoscenza sensibile: non
vero che chiarezza e distinzione sono analiticamente connesse. Io posso benissimo vedere qualcosa in modo perfettamente chiaro (per esempio un colore)
senza conoscerlo in modo distinto (non ne discerno numericamente lintensit
33

cromatica). questa considerazione ritorna nella distinzione di Dretske (1969)


tra vedere semplice e vedere epistemico: nel primo sufficiente la chiarezza
(altrimenti non ci sarebbe la visione), nel secondo interviene un atteggiamento
proposizionale, ed necessaria la distinzione.
3. In questo quadro, quello della chiarezza senza distinzione, siamo per lappunto al livello dellIncontrato di Metzger (1941): incontro delle cose nel mondo, vere, false, o complesse (per esempio, fenomenicamente presenti ma non
fisicamente presenti). Perch le incontro? A ben vedere, perch non posso emendarle, stanno l, e questo (passando nel mondo interno) un fatto a cui devo
rassegnarmi, senza per questo sostenere che il mondo vero quello delle cose
incontrate.
Rispetto a questa impostazione, il mio suggerimento di adoperare la fisica
ingenua come grimaldello: non una sfera positiva, bens la spia di una differenza tra il percepito e il concettualizzato che non comporta una scissione tra
mondi, ma piuttosto (daccordo con lArgomento della Ciabatta) ci assicura della autonomia del mondo rispetto ai nostri tentativi di spiegarlo.

La colomba di Kant e il Messia. Torniamo per chiudere allevoluzionismo


ontologico. Al suo centro, sembra nascondersi una aspirazione emancipativa
che merita di essere considerata. Eppure, il sogno di emanciparsi dai vincoli
come la colomba di Kant: se laria non le opponesse resistenza, sarebbe meno
faticoso, ma non potrebbe volare, ossia mancherebbero gli elementi fondamentali che compongono larredo del nostro modo. Si pu certo sostenere (Floridi
in Swif 2002) che lanalogia non tiene, perch lemancipazione dai vincoli non
comporta necessariamente che la colomba voli senzaria; un razzo pu benissimo volare senzaria (qui si abbandonano dei vincoli per degli altri vincoli, ma i
vincoli di partenza per il volo si rivelano evitabili). Il che vero, ma in nessun
caso arriver mai il Messia, ossia, per lappunto, la condizione di una totale
assenza di vincoli. Ora, c una strana vocazione messianica che attraversa molte delle rivendicazioni della evitabilit dei vincoli, quasi che riconoscere
linemendabile equivalga a rassegnarsi allo sfruttamento delluomo sulluomo.
su questultimo punto che vorrei svolgere qualche considerazione conclusiva.
5. Reificazione
Quantificare. Recentemente, rispondendo alla domanda di un giornalista che
gli chiedeva se lopposizione al progetto di un attacco allIraq da parte di molti
Paesi tradizionalmente vicini agli Stati Uniti non meritasse di essere presa in
considerazione, il Ministro della difesa Donald Rumsfeld ha detto: chi pu
veramente stabilire che ci sia tanta contrariet alla guerra? forse possibile
misurarla? (La Repubblica, 21.8.2002). In effetti, se ci fosse davvero modo di
quantificare, molte questioni delicate potrebbero essere risolte, daccordo con il
principio leibniziano: calcoliamo. Ma dove non possibile calcolare, comunque meglio cercare di oggettivare, invece che rendere la realt fluida e imprendibile, per concludere magari (come avvenuto alla vigilia dellattacco allIraq di dodici anni fa) che la guerra non ci sarebbe stata. Lidea di fondo che
34

non vero che, una volta che sia venuta meno la possibilit di quantificare, tutto
si perda in un pulviscolo di interpretazioni che si equivalgono.

Feticismo. Ma davvero cos? Prendiamo Marx. Nel Capitale leggiamo: Larcano della forma di merce consiste dunque semplicemente nel fatto che tale
forma, come uno specchio, restituisce agli uomini limmagine dei caratteri sociali del loro proprio lavoro, facendoli apparire come caratteri oggettivi dei prodotti di quel lavoro, come propriet sociali naturali di quelle cose, e quindi restituisce anche limmagine del rapporto sociale fra produttori e lavoro
complessivo, facendolo apparire come un rapporto sociale fra oggetti esistente
al di fuori di essi produttori. Mediante questo quid pro quo i prodotti del lavoro
diventano merci, cose sensibilmente sovrasensibili, cio cose sociali. Proprio come
limpressione luminosa di una cosa sul nervo ottico non si presenta come stimolo soggettivo del nervo ottico stesso, ma quale forma oggettiva di una cosa al di
fuori dellocchio. Ma nel fenomeno della vista si ha realmente la proiezione di
luce da una cosa, loggetto esterno, su unaltra cosa, locchio: un rapporto fisico tra cose fisiche. Invece la forma di merce e il rapporto di valore dei prodotti di
lavoro nel quale essa si presenta non ha assolutamente nulla a che fare con la
natura fisica e con le relazioni tra cosa e cosa che ne derivano. Quel che qui
assume per gli uomini la forma fantasmagorica di un rapporto fra le cose soltanto il rapporto sociale determinato fra gli uomini stessi. Quindi, per trovare
unanalogia, dobbiamo involarci nella regione nebulosa del mondo religioso.
Quivi, i prodotti del cervello umano paiono figure indipendenti, dotate di una
vita propria, che stanno in rapporto fra di loro e in rapporto con gli uomini.
Cos, nel mondo delle merci, fanno i prodotti della mano umana (Marx-Engels
1867ss. I: 105 ss.).
Il discorso di Marx abbastanza chiaro: le merci possiedono un aspetto oggettivo, il loro essere cose, esattamente come i fatti percettivi, solo che, in pi,
sono per lappunto merci, che si distaccano dal loro produttore e divengono una
cosa diversa e fluttuante, proprio come gli dei si distaccano dagli uomini che li
hanno immaginati. E sarebbe sbagliato considerare le merci soltanto come cose,
perch in questo caso cederemmo a una forma di feticismo, che rimette alloggetto anche le caratteristiche che appartengono al soggetto. Bene, ma non mi
sembra che qui Marx suggerisca in alcun modo che una analisi del carattere di
feticcio delle merci (tanto per fare un esempio) debba per lappunto involarsi
nel cielo dellideale, lasciando da parte il realismo.
Realismo. Conviene anzitutto intendersi sulla parola realismo: positivismo,
realismo ed empirismo non sono la stessa cosa. In particolare, il positivismo e
lempirismo sono due dottrine che ritengono che lorigine della nostra conoscenza sia o lesperienza che sarebbe orientata naturalmente verso la scienza
(empirismo) o la scienza tout court, nella sua forma di base, cio la fisica
(positivismo).
Ora, se il ritorno dellontologia realista nella filosofia contemporanea si caratterizza proprio per lindividuazione di strati di esperienza che non appaiono
riducibili alla scienza, non si capisce a che titolo si possa assimilare il realismo
35

allempirismo e al positivismo, a meno che si assuma che la verit vera sarebbe


questione della scienza, mentre alla filosofia resta per lappunto il feticcio.
Eppure, di fronte a una situazione di questo tipo, lopzione del postmoderno
consistita proprio nello spiritualizzare ancora di pi la merce, cio nel sostenere che tutto quanto, nellepoca della universale interpretazione, diviene una
materia impalpabile e quello che pi grave friabile e inanalizzabile. La tesi
secondo cui non ci sono fatti ma solo interpretazioni, lidea per cui il mondo
esiste solo allinterno di schemi concettuali, la riconduzione del mondo a un
fare del soggetto (e, per di pi, di un soggetto interessato e il pi delle volte
malintenzionato), mi sembra che non solo non porti lontano sulla strada della
emancipazione, ma che, anzi, non permetta di fare nemmeno il primo passo,
visto che qui la distinzione tra emanciparsi e credere di emanciparsi vien
meno.

Ontologie applicate. Rispetto al postmoderno, non questione di dimostrare


lesistenza del Mondo Esterno, bens che quel mondo abbia dei caratteri propri
e oggettivi indipendentemente da quello che ci aggiunge la soggettivit con i
suoi schemi. Di qui una fondazione del mondo umano che assicuri il circolo tra
la soggettivit e loggettivit (per quanto attiene al mondo naturale, le scienze
vanno benissimo e non ho intenzione di criticarle).
Abbiamo a che fare con un problema vecchio tanto quanto le scienze umane,
le quali (guarda caso) sono sorte proprio nel momento in cui la scienza si
distinta dallesperienza: quando non si pi sperato di poter fare gli stessi discorsi per la fisica e per la societ, o quando ci si accorti di quanto inefficaci
siano i tentativi di giocare a tutti i costi il progetto di una scienza unificata, si
incominciato a distinguere due sfere, la natura (implicitamente assunta come
la realt vera) e tutto il resto. Il punto che la seconda sfera sempre apparsa
come una parente povera, e non per caso, visto che assumeva al proprio interno
un tasso di relativismo talmente alto da renderla quasi inutilizzabile, fondandosi, di volta in volta, sullappello al comprendere come immedesimazione psicologica per contrapposto allo spiegare delle scienze (in Dilthey), o sul riconoscimento di scienze che non trovano leggi generali, ma descrivono lindividuale
(in Windelband), poi ancora sul riferimento prevalente al linguaggio e alle forme simboliche (nel Novecento).
proprio da questo punto di vista che a mio parere diviene interessante la
proposta di una ontologia applicata, che viceversa muove da una assunzione
realistica: il mondo esiste indipendentemente da ci che ne pensiamo e ne sappiamo, e ha delle propriet oggettive che appartengono a lui, e non a noi. E
questo vale non solo per la natura, ma anche per una parte consistente del mondo umano, che come tale vale solo in quanto ha la caratteristica di esistere indipendentemente dalle credenze dei singoli (proprio per questo non una illusione). In effetti, buona parte della nostra vita si confronta con questioni di senso
comune (banalmente, provate a leggere il giornale prendendo per buono solo
ci che pu essere trascritto in termini di scienze di base), e non abbiamo a che
fare solo con protoni e virus, ma con leggi, contratti, obbligazioni, software,
matrimoni, case. Ora, questo mondo non pu essere ridotto, e non se ne andr
via, n ci si pu accontentare di fondare decisioni spesso vitali sulla base di un
36

semplice gioco di interpretazioni o di argomentazioni che si dichiarano verosimili ma non vere

Reificazione. La caratteristica di un oggetto che non lo si pu emendare, ma


rompere o cambiare, e notare che ci sono degli oggetti che non si toccano, come
un nome proprio, i confini di uno Stato, le opere letterarie, che risultano altrettanto solidi e consistenti che le scarpe o i muri, ci aiuta a passare dalla sfera di
ci che (o pu essere) sottomano, e ci che nella testa ma non si pu cambiare come ci che sottomano costituisce un ponte importante per il compito che
mi sono prefisso. A questo proposito, conviene osservare che anche le relazioni
di propriet non sono nulla di semplicemente arbitrario o di puramente storico.
Si tratta di esplicitare lontologia che studia lessere di entit e relazioni solide
come alberi e case, pur riferendosi a entit e relazioni invisibili e immateriali
(diritti, pretese, obblighi, status). La sostanza di questi oggetti limita e indirizza
lattivit legislativa (Reinach 1990). Limpostazione, che assume come legittimo
punto di partenza il riferimento al senso comune (che non costituisce comunque una autorit ultimativa), che noi percepiamo oggetti, relazioni e atti giuridici prima (e senza bisogno) che il legislatore a queste cose abbia dato un
nome e una forma. Si tratta, in breve, di una reificazione, che comporta tre
istanze di fondo:
1. Determinazione di una taglia mesoscopica: contano le battaglie, la vita di
un uomo, gli oggetti di interazione ecologica, le istituzioni, non i protoni o le
galassie. Si tratta inoltre di sottolineare la convergenza nel contesto ecologico.
Per diversi che siano gli schemi, le taglie, gli organi di senso, ho un mondo
comune con lo scoiattolo (e quel mondo lo condivido, ancor di pi, con persone
che hanno schemi e nozioni differenti da me).
2. Delimitazione di che cosa conta come oggetto. Contrariamente al metodo
delle scienze dello spirito, qui il paradigma delloggetto viene dalla oggettivit
materiale, anche se pu estendersi senza difficolt a oggettivit non-materiali.
Qui non questione di assimilare la realt sociale alla nostra ontologia fondamentale della fisica, della chimica e della biologia (Searle 1995: 50), bens, in
primo luogo, di sfruttare le risorse tradizionali di una metafisica descrittiva su
base realistica. In secondo luogo, conviene prestare attenzione alle risorse fornite dai saperi ingenui, che si sono proposti di rendere conto del mondo dellesperienza, da che non pi risultato identificabile con la scienza. Con questo si
definisce la sfera, attraverso i criteri che ho indicato pi sopra (mesoscopia,
invarianza, inemendabilit). Infine, si tratta di servirsi degli strumenti offerti
dalla ontologia formale, che sono tanto pi efficaci in quanto si applicano a
quella sfera, e non sono dipendenti dalle scienze di base. In questo senso, il
fallimento di Husserl stato una felix culpa: tutte le scienze fondative che proponeva Husserl non hanno funzionato, tranne una scienza ingenua come la
mereologia, come teoria delle parti e dellintero (che non interessante per la
fisica esperta, ma utile nella realt di taglia media).
3. A questo punto, la sfera delle scienze dello spirito, o delle scienze storicosociali, o delle scienze umane, viene definita da qualcosa che non definito
circolarmente come spirito, o come storia o societ o umanit, nel senso
che pu benissimo riguardare una ciabatta. E con questo si torna a Marx. Se c
37

qualcosa da fare, suggerisce Marx, tuttaltro che chiudere gli occhi di fronte
agli oggetti e alla realt. Al contrario, si tratta di dettagliare loggetto, di studiare
la reificazione, di compiere una analisi, e non di additare paradisi e presepi.
Lontologia e il realismo sono questo, e non credo che appellarsi, invece, alle
interpretazioni e alla storia serva pi di tanto, specie se con interpretazione si
intende la notte in cui tutte le mucche sono nere, e la storia una favola della
buonanotte in cui alla fine tutti si vogliono bene. Lidea per cui raccomanderei il
ricorso al realismo ontologico anche a un pervicace fautore della storia e della
universale interpretazione quella di una reificazione del mondo della vita:
facciamo lesperimento di attribuire quante pi qualit possibili agli oggetti. E
solo nel momento in cui loggetto non baster pi, salter fuori il soggetto, e le
sue eventuali responsabilit. Il contrario una ragion pigra, che in fondo si
limita ad attribuire i mali della terra alla malizia degli uomini, e ad additare un
cielo, secolarizzato quanto si vuole, in cui lagnello e il lupo vivranno damore e
daccordo.

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