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Le elezioni che accontentano tutti

Tempo fa, molto tempo fa, circol una battuta abbastanza carina. La si metteva in bocca a questa o quella figura
rappresentativa dell'assemblea parlamentare che, osservando un comune mortale, diceva: Ha la faccia da
fesso! Dev'essere un elettore.
In questi giorni, ad evitare il pericolo della rimessa in circolazione della stoccata, una delle tante organizzazioni
che sovraintendono alla morale borghese, ha ripreso per conto proprio il concetto e, con il solito cattivo gusto e
con la mancanza di pertinenza che distingue questa gente, ha capovolto i termini e ha fatto affiggere sui muri un
volto di ebete con le orecchie a ventola e le labbra penzoloni, sotto il quale ha scritto: Costui non vota.
E' lo spirito di Pierino che fa la seconda elementare. Ed tanto pi ridicolo in quanto fa pensare che questi
intelligenti signori devono immaginarsi gli elettori che si recano alle urne come aitanti individui dal sorriso aperto,
la fronte spaziosa e lo sguardo sereno. Per le signore potrebbe valere il consiglio: Niente pi naso lucido.
Recatevi a votare.
Perch mai tutto questo accanimento nel portare il popolo alle urne? La radio ammoniva che i violenti e i pi furbi
sarebbero stati i primi a votare (e con ci dava la giusta spiegazione delle elezioni come mezzo per mascherare
la propria prepotenza), la stampa pubblicava esortazioni interminabili, i muri si coprivano del manifesto
suaccennato e di molti altri del genere. Perch, dunque, tanto interesse alla celebrazione del rito?
In verit, i richiami valevano soprattutto per gli elettori dei partiti di destra e cio per coloro che in pratica sono gli
attuali rettori della felice repubblica d'Italia. Un borghese tradizionale, non d molta importanza al voto. Anche se
non lo confessa egli sa, per esperienza, che i fatti veramente importanti avvengono al di fuori del giochetto
democratico e perci tendenzialmente propenso a trascurarlo. Di qui le implorazioni e gli scongiuri degli
orchestratori della festa. I proletari invece, sono s, i veri sacrificati ma, una volta addormentati nella normale vita
quotidiana e incapaci di trovare nell'ostante in corso l'orientamento rivoluzionario, cedono con facilit alla
tentazione di compiere un gesto presentato loro come veramente decisivo. Essi sono schiavi, bistrattati,
maltrattati quotidianamente. Ad un certo punto i loro stessi aguzzini fanno il volto melato e dichiarano di
conceder loro la possibilit di rifarsi, di compiere un atto sovrano. E' comprensibile che le masse ci cadano, tanto
pi che circolano opportunamente voci misteriose la quali parlano di rappresaglie imprecise ma severe contro chi
si sottragga alla libera votazione.
Che cosa si vuol dire con ci? Semplicemente che non bisogna prendere sul serio i risultati delle elezioni. Le
masse vi sono andate perch era nell'ordine delle cose e perch, evidentemente, la situazione completamente
controllata dalle forze del capitalismo; ma queste stesse masse potranno trovare, anche entro breve tempo, la
strada della rivolta alla mistificazione elettorale. L'evolversi della situazione lo imporr. Il 90 per cento dei votanti
o i milioni di schede bianche non significano nulla. Ci che ha veramente importanza la constatazione della
continuit del regime capitalista, e, per converso, dell'inevitabile scoppio delle sue contraddizioni su un terreno
che nessuna elezione potr mai controllare.
Cos pure non ha nessun senso chiedersi chi abbia vinto o perso le elezioni di questi giorni. Se guardiamo
l'avvenimento su un piano di classe, dobbiamo dire che le elezioni le vince sempre il capitalismo, come sempre
le perde il proletariato. Le ultime, ad esempio, hanno reso felici tutti i partiti dell'ordine costituito: i democristiani
perch hanno conservato la maggioranza e conquistato nuovi comuni; i comunisti perch hanno avuto qualche

voto supplementare; i fascisti e i partiti di destra perch hanno constatato lo sviluppo delle loro forze; i partiti di
centro perch sono sopravvissuti all'avvenimento e hanno conservato l'illusione di avere ancora un ruolo da
giocare; tutti insieme perch i proletari sono caduti un'altra volta nell'illusione di risolvere col pezzo di carta della
scheda i propri problemi. L'unico che non ha proprio nulla di che rallegrarsi il povero proletario che stato
giocato una volta di pi e constater di nuovo, ed entro breve tempo, che razza di appetito abbiano le
amministrazioni comunali democratiche. Appetito che solo il proletario pu soddisfare come ha soddisfatto tutti i
divoratori e le sanguisughe del passato.

Battaglia comunista, n. 12, 6 - 20 giugno 1951

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