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terzapagina. Gian Carlo Ferretti ha aggiornato il suo " mercato delle lettere "
cosi' l' editoria di consumo creo' il lettore debole
Gian Carlo Ferretti: " il mercato delle lettere " , Il Saggiatore. un bilancio dell' editoria italiana di
oggi
------------------------- PUBBLICATO ------------------------------ BILANCI Gian Carlo Ferretti ha
aggiornato il suo "Mercato delle lettere". E ha trovato che... TITOLO: Cosi' l' editoria di consumo
creo' il lettore debole - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - La caccia esasperata al
pubblico occasionale. Se proprio vogliamo individuare la causa principale della perenne crisi che
almeno da quindici anni affligge il libro, bisogna cercarla nelle strategie dissennate messe in atto
dall' editoria manageriale. Che e' consistita nel tentativo di catturare il lettore debole a suon di libri
di stagione, di instant book, di stupidari, saggi d' attualita' , leggeri e superficiali. Con quali risultati?
Catastrofici. Basta leggere Il mercato delle lettere di Gian Carlo Ferretti (Il Saggiatore, pagg. 365,
lire 30 mila: aggiornato rispetto alla prima edizione, 1979) per avere un quadro fededegno dell'
editoria italiana dei nostri giorni. Sfumata dunque l' illusione di una interscambiabilita' tra livelli alti
medi bassi, alimentata specialmente alla fine degli anni Settanta, cresciuti a dismisura i dislivelli
sociali e culturali, non resta che l' autocritica. E' questo, in definitiva, l' invito di Ferretti, critico
letterario e professore di Storia della letteratura italiana all' Universita' di Roma, attento soprattutto
ai variegati rapporti tra letteratura e societa' . La scomparsa del consulente, la crisi delle redazioni,
l' importanza crescente attribuita alla distribuzione rispetto alla produzione, il declino della
direzione collettiva, il ruolo dell' ufficio stampa come avamposto promozionale e pubblicitario: sono
queste le conseguenze, piu' o meno appariscenti, della cosiddetta industrializzazione. D' altra
parte si va perfezionando negli anni Ottanta il potere dei mass media, l' enfasi dei sedicenti casi,
dei fenomeni, dei personaggi con scopi spettacolari. Il tutto in nome del profitto immediato, da
ottenersi con la moltiplicazione dei titoli, meglio se consumabili in poche settimane a svantaggio
del catalogo e del libro di lunga durata. Tra i padri del "prodotto medio di qualita' " tipico degli anni
Settanta, Ferretti, sin dall' edizione 1979 del volume, citava Cassola, Chiara, Castellaneta, Prisco e
Lagorio. Oggi "almeno Cassola sembra meritare un parziale risarcimento... espressione innocente
della nuova frenesia produttivistica e presenzialista di quegli anni". Ma insomma, rimane quel
condizionamento "piu' o meno dichiarato, grossolano e sottile, occulto, del lavoro stesso dello
scrittore". Ma l' insistenza sulle "vecchie firme e formule del romanzo italiano medio di qualita' "
concorre alla crisi di vendita, di lettura e di immagine che colpisce l' editoria libraria nei primi anni
Ottanta. Vi si aggiungano, come si diceva, "la mortificazione del libro di durata, del catalogo e dell'
economico: che avevano caratterizzato almeno in parte il decennio precedente". Se la quota di
mercato della narrativa italiana nel 1976 rappresentava un decorosissimo 26,2 per cento, nell' 82
scende al 14,2. Ferretti parla senza mezzi termini di una "non lungimiranza, una scarsa capacita' di
programmazione su tempi medi e lunghi". Poi venne Il nome della rosa: "romanzo caratterizzato da
una sapiente o raffinata o abile ingegneria letteraria", opera di un "autore partecipe di vaste
esperienze e poteri all' interno dell' editoria e della comunicazione". E a proposito di ingegneria,
ecco anche il Calvino di Se una notte d' inverno e A che punto e' la notte di Fruttero e Lucentini,
che resteranno "gli ultimi casi caratterizzati da un vasto e ricco intreccio di implicazioni intellettuali,
editoriali e letterarie". E il secondo romanzo di Eco? "Con Il pendolo di Foucault Eco sembra voler
ripetere la sua operazione, con ambizioni maggiori: passando cioe' dalla struttura tanto articolata
quanto unitaria, tanto "aperta" quanto coesa del Nome della rosa, a un romanzo molto piu' vasto,
policentrico, intermittente, proliferante in modo quasi inesauribile. Si' che alla fine il rapporto,
sempre cercato, tra strategia di scrittura e strategia di lettura, tra gusto fabulatorio e
programmazione di mercato, non riesce a tenere: con la conseguenza di un successo assai piu'
limitato". Ferretti se la prende soprattutto con la grande editoria, incapace di uscire dalla logica del
fatturato veloce e d' altra parte indifferente alle sorti complessive della lettura, con inevitabile
effetto boomerang: "L' editoria libraria, per ampliare il mercato, punta le sue carte e buona parte
della sua produzione sulla trasformazione in atto nel pubblico e nella domanda di lettura (reale e
potenziale), e cioe' su una forte segmentazione e frammentazione che si articola in due tendenze
fondamentali e contrastanti: la domanda sempre piu' imprevedibile di un pubblico indistinto,
variegato, incerto, incostante, disorientato, mutevole, disordinato negli acquisti, influenzato
direttamente dalle mode, dall' attualita' , dalla pubblicita' e dai mass media...; e la domanda
settoriale, specifica, "specialistica" di un pubblico determinato nelle sue scelte, ma eterogeneo
anch' esso e mosso da precise necessita' pratiche...". Discorsi complessi, cui non sono estranei
altri molteplici fattori: a partire dalla famiglia, dalla televisione, dalla scuola, specie nel processo
formativo del giovane lettore. Cari editori, e' ora di cambiare: forse e' passato il tempo delle
"trovate geniali".
Di Stefano Paolo
Pagina 31
(10 maggio 1994) - Corriere della Sera
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