Vous êtes sur la page 1sur 787

G.

Lenzi
G. Segalla
R.J. Boettcher
N. Casalini
F. Manns
R. Pierri
L. Cignelli
A. Kofsky
M. Pazzini
A. Veronese
M. Piccirillo
C. Pappalardo
B. Hamarneh

Due lettere in ebraico da Gerusalemme (XV sec.).


R. Yosef da Montagnana e R. Yish. aq Latif da Ancona
La Chiesa del Reliquiario a Umm al-Rasas
Ceramica e piccoli oggetti dallo scavo della Chiesa
del Reliquiario ad Umm al-Rasas
Relazione dello scavo del complesso ecclesiale di Nitl.
Stratigrafia e ceramica

LVI
2006
347
375
389

399
Y. Zelinger
L. Di Segni A Fourth-Century Church near Lod (Diospolis)
459
A. Egea Vivancos Monasterios cristianos primitivos en el Alto ufrates
Sirio: el complejo rupestre de Maga- ra Sarasat
469
M. Decker Towers, Refuges, and Fortified Farms in the Late
Roman East
499
G. Cravinho
S. Amorai-Stark A Jewish Intaglio from Roman Ammaia, Lusitania
521
M. Piccirillo
G.C. Bottini Se stai per presentare la tua offerta allaltare (Mt 5,
23-24). La testimonianza di uniscrizione palestinese
547
Sintesi degli articoli (Abstracts)
553
Ricerca storico-archeologica in Giordania XXVI 2006 563
Recensioni e Libri ricevuti
627
SBF: Anno accademico 2005-2006
705
Tavole
1-70

LIBER ANNUUS

A. Mello
A. Niccacci
G. Rizzi
M. Pazzini

Articoli
I tentativi di una teologia (cristiana) dellAntico Testamento 9
La redazione finale di Ezechiele in rapporto allo schema
tripartito
29
Lordine dei Salmi
47
Osea 1-3. Composizione e senso
71
Bibbia dei Settanta oggi. Edizioni, traduzioni e studi
105
I volti di tutti sono diventati neri. Nota filologica
a Naum 2,11 (2,10) siriaco
129
Differenze teologiche tra la Vetus Syra e il Diatessaron 133
Canone biblico e teologia biblica. Un rapporto
necessario difficile
179
Relational Diagrams in Text Analysis
213
Tradizione e innovazione nelle Lettere Pastorali
225
Zacharie 12,10 relu en Jean 19,37
301
Due note filologiche di greco biblico
311
Articolo individuante o generico?
317
Renunciation of Will in the Monastic School of Gaza
321

FRANCISCANUM

E. Cortese
M. Nobile

STUDIUM BIBLICUM

INDICE GENERALE

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

LIBER ANNUUS
LVI
2006

JERUSALEM

LIBER ANNUUS
Annual of the
Studium Biblicum Franciscanum
Jerusalem

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

LIBER ANNUUS
LVI

Editor
Co-editors
Editorial Board

Eugenio Alliata
Frderic Manns, L. Daniel Chrupcaa
Giovanni Bissoli, G. Claudio Bottini, A. Marcello
Buscemi, Gregor Geiger, Pietro Kaswalder, Giovanni
Loche, Alviero Niccacci, Carmelo Pappalardo, Massimo
Pazzini, Michele Piccirillo, Rosario Pierri, Tomislav Vuk

Pubblications of the STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM


sponsored by the Franciscan Custody of the Holy Land:
SBF

Liber Annuus (LA)


Collectio Maior
Collectio Minor
Analecta
Museum

1951-2006
46 volumes
43

68

14

All correspondence, papers for publication in LA,


books for review, and any request for exchanges
should be adressed:
Editor of Liber Annuus
Studium Biblicum Franciscanum
P.O.Box 19424 91193 Jerusalem (Israel)
Tel +972-2-6270485 / 6270444 Fax +972-2-6264519
Franciscan Printing Press - P.O.B. 14064 - 91140 Jerusalem
Tel +972-2-6266592 Fax +972-2-6272274 Email: fpp@bezeqint.net
Printed in Jerusalem 2007

ISSN 0081-8933

INDICE GENERALE

Articoli
E. Cortese

I tentativi di una teologia (cristiana)


dellAntico Testamento

M. Nobile

La redazione finale di Ezechiele


in rapporto allo schema tripartito

29

Lordine dei Salmi

47

Osea 1-3. Composizione e senso

71

A. Mello
A. Niccacci
G. Rizzi

Bibbia dei Settanta oggi. Edizioni,


traduzioni e studi

105

I volti di tutti sono diventati neri. Nota


filologica a Naum 2,11 (2,10) siriaco

129

Differenze teologiche tra la Vetus Syra e


il Diatessaron

133

Canone biblico e teologia biblica.


Un rapporto necessario difficile

179

Relational Diagrams in Text Analysis

213

Tradizione e innovazione nelle


Lettere Pastorali

225

F. Manns

Zacharie 12,10 relu en Jean 19,37

301

R. Pierri

Due note filologiche di greco biblico

311

L. Cignelli

Articolo individuante o generico?

317

A. Kofsky

Renunciation of Will in the Monastic School


of Gaza
321

M. Pazzini
G. Lenzi
G. Segalla
R.J. Boettcher
N. Casalini

M. Pazzini
A. Veronese

Due lettere in ebraico da Gerusalemme (XV sec.).


R. Yosef da Montagnana e R. Yiaq Latif
da Ancona
347

M. Piccirillo

La Chiesa del Reliquiario a Umm al-Rasas

375

C. Pappalardo

Ceramica e piccoli oggetti dallo scavo della


Chiesa del Reliquiario ad Umm al-Rasas

389

Relazione dello scavo del complesso


ecclesiale di Nitl. Stratigrafia e ceramica

399

B. Hamarneh
Y. Zelinger
L. Di Segni
A. Egea Vivancos

M. Decker
G. Cravinho
S. Amorai-Stark
M. Piccirillo
G.C. Bottini

A Fourth-Century Church near Lod (Diospolis) 459


Monasterios cristianos primitivos en el
Alto ufrates Sirio: el complejo rupestre
de Magra Sarasat

469

Towers, Refuges, and Fortified Farms


in the Late Roman East

499

A Jewish Intaglio from Roman Ammaia,


Lusitania

521

Se stai per presentare la tua offerta


allaltare (Mt 5,23-24). La testimonianza
di uniscrizione palestinese

547

Sintesi degli articoli (Abstracts)

553

Ricerca storico-archeologica in
Giordania XXVI 2006

563

Recensioni e libri ricevuti

627

SBF: Anno accademico 2005 - 2006

705

Tavole

1-70

ARTICOLI

LA 56 (2006) 7-552; tavv. 1-70

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA)


DELLANTICO TESTAMENTO

E. Cortese

Prima di dare inizio alla introduttiva discussione dei tentativi moderni duna
TAT (Teologia dellAT), che presentiamo sommarimente partendo ancora
da von Rad, data limportanza della sua opera1, conviene domandarsi cos
una TAT o meglio ancora: che cosa non una TAT. Ci sono tanti tipi di studio teologico e biblico, che non sono una TAT. Tutti sanno che la Teologia
dogmatica non una TAT; non solo perch la prima studia i dogmi e non
la Bibbia, ma anche perch, pur rifacendosi anche alla Bibbia, si basava e
un po continua a basarsi su una sua antica sintesi e su un relativo schema
(teologia, antropologia, soteriologia), che oggi non pu pi ritenersi sufcientemente scientico, come base duna TAT.
Ma neppure i lavori di Teologia biblica2 sono automaticamente una
TAT. Non lo sono i dizionari biblici, n le monograe su singoli temi e i
tentativi di ricavare messaggi biblici particolari dalla Bibbia. Una TAT ha
il compito di dare una sintesi organica di tutto il messaggio biblico.
Non ogni studio della Bibbia, del resto, TAT. Una Storia dellAT non
per ci stesso una TAT, anche se i singoli temi teologici vi vengono indicati e anche se, a volte, i conni tra luna e laltra possono confondersi.
Il caso pi discusso, oggi, lopera di R. Albertz: nonostante il titolo3 e la
metodologia scelta, considerata da tutti pi una TAT che una Storia. Certe
istanze storiche oggi sono alla base di ogni studio, dogmatico o biblico.
Oggi difcile che chi studia un tema biblico o anche dogmatico non cerchi di tentarne la storia: le origini, gli sviluppi e le formulazioni nali.
Neanche le numerose Introduzioni allAT si possono considerare una
TAT, se non altro perch dividono lo studio biblico per libri e categorie
(per noi cattolici solitamente: storici, sapienziali e profetici) e presentano
tante altre questioni che una TAT deve quasi sempre presupporre, ma non

1. Ci basiamo su J. Jeremias, Neuere Entwrfe zu einer Theologie des Alten Testament,

VF 48 (2003) 29-58. Ivi le ulteriori indicazioni bibliograche.


2. Si veda la relativa voce, di M. Nobile, in G. Barbaglio et alii (ed.), Nuovo Dizionario di
Teologia, Cinisello Balsamo (MI) 2002, 1674-1691.
3. R. Albertz, Religionsgeschichte Israels in alttestamentlicher Zeit (GAT 8/1 e 2), Gttingen
1992.
LA 56 (2006) 9-28

10

E. CORTESE

trattare, per non ingrossare troppo la sua materia. Lo stesso va detto dei
commentari e dei lavori esegetici.
Rassegna, problematiche, bilanci
In fondo la rassegna su cui ci basiamo dice tutto questo citando il grosso
lavoro (pi di 700 pagine) di J. Barr, The Concept of Biblical Theology. An
Old Testament Perspective (London 1999), che, pur rivendicando la necessit del metodo storico-critico anche per la TAT, la vuole ben distinta dalla
Storia dIsraele. Ci, anche se Jeremias preferisce indugiare su una sua
suddivisione in cinque modelli: dogmatico (Koehler), sintetico (Eichrodt),
concentrato sulla rivelazione cristiana (Vriezen), basato sulla storia della
tradizione (von Rad) ed inne quello basato sul canone cristiano (Childs),
rinviando alla ne il dilemma: teologia o storia.
In realt le diversicazioni indicate da Jeremias e la crisi in cui caduta
o stata fatta cadere la TAT di von Rad credo siano costituite soprattutto
dalla decretata ne della teoria documentaria del Pent, su cui egli si era in
gran parte basato. Se quei documenti ci sono e vanno datati come si faceva
prima, ai secoli X-J, IX-E, VII-D e VI-P, giusto basare una TAT specialmente sulle tappe teologiche costituite da quei documenti, i quali erano
stati prima studiati debitamente da lui e da M. Noth nei loro commentari al
Pent, proprio in quella collana dove Albertz ha pubblicato poi la sua TAT,
che ora li riuta. Certo la TAT di von Rad ha delle lacune che oggi vanno
colmate, nei punti indicati da Jeremias, che riguardano le ipotesi sulla storia
e teologia dIsraele a monte dei documenti (il credo storico di Deut 26 e
lamzionia delle 12 trib) e specialmente il modo di considerare la teologia sapienziale, punto successivamente modicato ed ampliato dallo stesso
autore in una specica monograa. Ritengo inoltre che sia da rivedere in
particolare la divisione generale tra libri della Rivelazione di Dio e libri di
risposta delluomo (l, nella risposta delluomo, egli mise indebitamente i
sapienziali e i salmi) e quella di natura e storia (lode a Dio per la natura e
lode per la storia), due ambiti da lui troppo separati.
Ma soprattutto urgente ormai una revisione della teoria documentaria4.
Oggi, comunque, si dovr essere pi modesti nel descrivere i lineamenti
4. Da me tentata meglio, ora, ne Le tradizioni storiche dIsraele. Da Mos a Esdra, Bolo-

gna 2001. La tenuta della teoria documentaria, nonostante le nuove mode, testimoniata
autorevolmente dalla nuova edizione francese della Bibbia di Gerusalemme, pubblicata nel
1998, che sostanzialmente mantiene la vecchia posizione sui documenti del Pent, chiamati,
ma come prima, tradizioni.

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELLANTICO TESTAMENTO

11

primitivi dei documenti, ma non si potr ignorare almeno la teologia della


loro redazione primitiva (la RJ+E di Wellhausen), che non posteriore alla
ne del secolo VIII, appena dopo la distruzione dl regno del Nord, e che,
comunque, lascia chiaramente intravedere la loro anteriore esistenza.
Chi non riesce in questa revisione della teoria nisce per riutarla in
un modo o nellaltro, come si fa oggi. Ora le nuove TAT che Jeremias
discute e giustamente respinge o sono dei tentativi di costruire una TAT
negando i classici documenti (o datandoli allepoca postesilica), com il
caso di Childs5, di Rendtorff6 e di Kaiser7, oppure sono dei tentativi un po
ingenui di aggirare il problema, come fa Brueggemann8, basandosi su altre
fonti della religione dIsraele ricostruite partendo specialmente dai salmi,
che per quanto a datazione sono ancora pi problematici, o facendo leva
su altri dati o istituzioni bibliche.
Non vogliamo qui descrivere nelle loro caratteristiche particolari queste
TAT recenti, n darne un elenco esauriente, elenco del resto che anche in
Jeremias non ha tale pretesa, fatto com con locchio puntato sulla letteratura di lingua anglo-tedesca. Noi dovremmo almeno aggiungere la TAT
di Nobile, del 19989. Qui vogliamo piuttosto, messo in discussione il ventaglio di schieramenti proposto da Jeremias, esaminare lopera di Albertz,
che egli sposta alla ne della rassegna, col pretesto che si tratta piuttosto
della disputa: TAT o Storia della religione dIsraele?.
Nonostante le intenzioni del suo autore e del titolo che le ha dato, in
realt lopera di Albertz un tentativo di far partire ugualmente la TAT
dalla stessa epoca da cui la faceva partire von Rad. Solo che Albertz sembra
cacciare dalla porta la teoria documentaria, ma poi la fa rientrare talvolta
dalla nestra, come quando descrive la religione dellIsraele del Nord10 o
parla duna teologia gerosolimitana del secolo X basata sul tempio, sup5. B.S. Childs, Old Testament Theology in a Canonical Context, London 1985, 36-40.
6. R. Rendtorff, Theologie des Alten Testaments. Ein kanonischer Entwurf. I: Kanonische

Grundlegung, Neukirchen - Vluyn 1999, 40-41.


7. O. Kaiser, Der Gott des Alten Testaments: Wesen und Wirken. Theologie des Alten Testaments. I: Grundlegung, Gttingen 1993, 42-46.
8. W. Brueggemann, Theology of the Old Testament. Testimony, Dispute, Advocacy, Minneapolis MN 1997, 47-50.
9. M. Nobile, Teologia dellAntico Testamento (Logos 8/1), Leumann (To) 1998, che, a p.
33, presenta anche quella di J. Vermeylen, Le Dieu de la promesse et le Dieu de lalliance
(LD 126), Paris 1986, ma ignora completamente quella di Albertz.
10. Albertz, Religionsgeschichte Israels, 213-226, dove si basa su brani di Es che di fatto
sono E, oltre che su un 1Re 1112, che viene considerato antico e non esilico, come invece
egli suppone altrove, attribuendolo allOpera dtr, per lui esilica o postesilica.

12

E. CORTESE

ponendo tacitamente che essa sia accompagnata da quella delle antiche


tradizioni pre-monarchiche, custodite dal sacerdote Ebiatar, le quali non
possono essere che J11.
Per il punto pi debole della TAT di Albertz risale ad una non convincente applicazione dellanalisi sociologica della religione (di Lanczkowski),
fatta a suo tempo nello studio sulla piet personale o famigliare dIsraele12, distinta ed esageratamente contrapposta a quella ufciale e statale.
Egli ha creato tre contenitori della religione dIsraele: la piet personale
e famigliare, la religione locale e quella ufciale, monarchica, mettendo
arbitrariamente nella prima molte cose che andrebbero nelle altre e contrapponendola indebitamente soprattutto alla terza. Ma la quantit di gruppi
e gruppetti, ortodossi ed eterodossi, in una societ innumerevole, se si
vuol fare questo tipo di analisi. In quella di Albertz, comunque, niscono
tutte assieme nel primo contenitore la religione dei patriarchi (Gen 1236),
le lamentazioni individuali dei salmi e quei riti che i profeti, soprattutto
Geremia, denunciano come idolatria. Il tutto riceve delle etichette problematiche, come quella di teologia sovversiva, contraria allautorit, che
pu andar bene per la religiosit combattuta da Geremia, ma inaccettabile per quella patriarcale, che, se sovversiva13, lo in senso opposto:
non contro lautorit dIsraele, ma contro i Cananei o lEgitto. Ne nascono
degli equivoci per lo meno curiosi, come quello sui nemici, che, nei salmi
indicati, stando ad Albertz, dovrebbero essere le autorit statali, anzich i
nemici del regno menzionati nei salmi regali.
La confusione pi perniciosa tra monoteismo ufciale, quello del terzo
contenitore, e politeismo (supposto) famigliare e popolare, quella che si
connette o favorisce lipotesi oggi diventata dominante: e cio che Israele
era inizialmente politeista, come i Cananei contemporanei, ed diventato
monoteista pienamente solo dopo lesilio. Largomento merita una trattazione particolare, ma prima facciamo notare quanto sia stata deleteria la
confusione di Albertz a proposito della religione dei Patriarchi, come mostrano le due monograe da lui o seguite o ispirate, quelle di Vorlnder e di
Kckert14, le quali credono di dover distruggere completamente il famoso
11. Albertz, Religionsgeschichte Israels, 159ss.
12. R. Albertz, Persnliche Frmmigkeit und ofzielle Religion. Religionsinterner Pluralis-

mus in Israel und Babylon, Stuttgart 1978.


13. Si vedano le pp. 150-157 della Religionsgeschichte Israels.
14. H. Vorlnder, Mein Gott. Die Vorstellungen vom persnlichen Gott im Alten Orient
und im Alten Testament (AOAT 23), Neukirchen - Vluyn 1975; M. Kckert, Vtergott und
Vterverheissungen (FRLANT 142), Gttingen 1988.

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELLANTICO TESTAMENTO

13

studio di A. Alt sulla religione dei Padri. Le numerose critiche al primo


lavoro di Albertz, e a coloro che lhanno seguito radicalmente, lhanno
costretto a dei distinguo, riscontrabili gi nella sua Religionsgeschichte,
dove ammette la grande diversit della religione patriarcale rispetto a quella
combattuta da Geremia, e ancor pi in successivi studi, dove afferma che
non si devono usare le categorie solite, monoteismo politeismo, nel giudicare la religione dellIsraele preesilico15. E ora il pluralismo della religione
famigliare, che prima equivaleva a politeismo, diventato monolatria famigliare nellultima raccolta dei suoi studi16. Cio ogni famiglia avrebbe
un suo dio, inteso praticamente come unico in quella forma che solitamente
chiamiamo appunto monoteismo pratico. Il che non molto lontano da
quello che diceva il tanto bistrattato Alt. Tale religione patriarcale non va
assolutamente distinta e contrapposta a quella ufciale, n nella sua lontana
realt premonarchica, n nella forma in cui la teologia ufciale, monarchica, lha poi assunta, presentandola come fase introduttiva allo Jahwismo
mosaico. Per ricondurre la religione dei Padri a questultimo non c bisogno di aspettare il tardo postesilio, come fa Albertz17.
Se ci fosse pi spazio si potrebbe allungare il discorso sulla religione patriarcale di Gen 1236, facendo notare come lo studio negativo di
Kckert ha il pregio di farci constatare, contro le intenzioni dellautore,
che la teologia di quei capitoli non per niente dtr, ma anteriore allOdtr
e perci niente affatto riducibile alla tesi di Blum, abbracciata ciecamente
da Albertz18, che in Gen non abbiamo JE, ma solo una composizione dtr
(KD) che comprende tutto, da Gen a 2Re, parallela a quella sacerdotale
(KP) ed , come questa, postesilica.
Esserci dilungati nella discussione dellopera di Albertz, ha paradossalmente lo scopo di farla debitamente apprezzare. Essa costituisce un superamento dellempasse in cui sono rimasti bloccati, dopo la crisi della Teoria
Documentaria, tutti i tentativi di TAT sopra menzionati. Ed questa, mi
15. Nel suo Der Ort des Monotheismus in der israelitischen Religionsgeschichte, in W.

Dietrich - M.A. Klopfenstein (ed.), Ein Gott allein? JHWH-Verehrung und biblischer Monotheismus im Kontext der israelitischen und altorientalischen Religionsgeschichte (OBO
139), Freiburg (Schweiz) - Gttingen 1994, 77-96.
16. Nel suo JHWH allein! Israels Weg zum Monotheismus und dessen theolgische Bedeutung, in Id., Geschichte und Theologie. Studien zur Exegese des Alten Testaments und zur
Religionsgeschichte Israels (BZAW 326), (ed. I. Kottsieper et alii), Berlin 2003, 359-382.
17. Dalla p. 555 in poi della sua Religionsgeschichte Israels. Tra laltro, nel contenitore
della piet famigliare andrebbero messi molti altri gruppi sociali, non tutti sovversivi ed
eterodossi, come si suppone erroneamente che fossero le famiglie, citando Ger 44.
18. Si veda Albertz, Religionsgeschichte Israels, 51.

14

E. CORTESE

pare, la ragione nascosta per cui la sua TAT si affermata assai pi che gli
altri tentativi. Ci signica, come bilancio nale, che, con gli aggiornamenti di un Albertz corretto come sopra, la TAT di von Rad costituisce ancora
la base indispensabile per ogni tentativo attuale di una TAT.
Forse per, bisogna anche dire che il dilemma oggi imbarazzante: storia
o teologia dIsraele, sulle cui innumerevoli dispute Jeremias parla a conclusione del suo discorso, in realt quello tra ammissione o riuto della
possibilit di fare una TAT storica. E alla base di questo dilemma ci sono
le questioni che ora affrontiamo: quelle metodologiche.
Fede e scienza
Un secondo punto da chiarire infatti quello del metodo scientico che oggi
si deve usare in una TAT. Lindicazione fondamentale data dal Documento
della Ponticia Commissione Biblica Linterpretazione della Bibbia nella
Chiesa, del 1993, dove ribadita la priorit e la necessit del metodo storico-critico nellanalisi letteraria della Bibbia, rispetto ad altri metodi (retorico, narrativo, semiotico) e ad approcci di vario tipo, basati sulla Tradizione
(quello canonico, quello del giudaismo e quello della cosiddetta Wirkungsgeschichte) o su alcune scienze umane (sociologia, antropologia culturale,
psicologia e psicanalisi) o tendenze attuali (liberazionista, femminista).
Ciononostante, in molti centri di studi biblici anche cattolici il metodo
storico critico non affatto preso in considerazione. Una delle ragioni credo
sia il perdurare dellinusso esegetico di Barth e di Bultmann. La famosa
teologia dialettica del primo era un prezioso tentativo protestante di difendere lesegesi dallo scetticismo totale raggiunto dalla stessa teologia protestante liberale nellesegesi scientica della Bibbia. Un tentativo, quello di Barth,
pi apprezzabile di quello del deismo dei tempi del Concilio Vaticano I, ma
sempre piuttosto rinunciatario. Quanto alla cosiddetta demitologizzazione
proposta da Bultmann, nota a tutti la reazione sorta nello stesso ambito
dellesegesi protestante (Ksemann). Oggi tra i due estremi, costituiti, da
una parte, dal deismo e dal fondamentalismo e, dallaltra, dallo scetticismo totale sulla storicit della Bibbia e sul metodo storico-critico, non si
ancora trovato un equilibrio sicuro. E possiamo dire che la crisi della Teoria
Documentaria vista sopra non ne favorisce il raggiungimento.
Le indicazioni del Magistero e della stessa Teologia, specialmente quella
cattolica, dovrebbero aiutare ad affrontare il problema con pi ottimismo. La
ducia nella ragione ci vuole anche nel fare una TAT che eviti i due estremi
indicati. signicativo che la Chiesa, a met del secolo XIX abbia difeso le

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELLANTICO TESTAMENTO

15

capacit, pur limitate, della ragione contro il deismo, nel Concilio Vaticano I, e che ora, alla ne del XX, dopo i fallimenti della ragione illuminata,
nellepoca postmoderna combatta lo scetticismo della stessa mentalit scientica e della ragione debole nella Fides et Ratio, del 1998.
Non il caso di ricordare i principi esposti gi nella Divino Afante
Spiritu di Pio XII, sviluppati ed applicati nel Concilio Vaticano II e ribaditi
nel documento del 1993 sopra citato, sul come si debba e si possa affrontare
in maniera scientica lanalisi della Bibbia. Come in ogni altra scienza c
la possibilit dun accordo con la fede. Ed un luogo comune che questa
venga distrutta dalla scienza. Tra gli scienziati ce ne sono tanti che credono
in Dio e tanti che sono cristiani. vero che tuono e fulmine oggi non sono
pi fenomeni basilari nelle religioni, ma contemplare le stelle alla luce dellastronomia moderna non credo che porti allateismo! Ci sono dei medici
che esaminano scienticamente i miracoli di Lourdes o delle cause dei santi
arrivando a dei risultati positivi, anche se continuano ad esserci medici
atei.
E non ci si pu trincerare dietro laffermazione che ci che conta esaminare un testo letterario. Il testo biblico, come ogni testo letterario, rinvia
ad una realt e ad una storia e, inteso nel modo giusto, lattesta. Sappiamo
e crediamo che Dio si rivela con fatti e con parole (Concilio Vaticano II).
La Bibbia ci rinvia a questa rivelazione. Evitando i due estremi del deismo
e dello scetticismo, linterpretazione scientica e il metodo storico-critico
devono portare lesegesi biblica alla realt storica della rivelazione e non
solo al testo letterario o alle teologie che esso contiene. Devono spingerci a
intravedere la storia della salvezza. Ed signicativo che, per lo scetticismo oggi serpeggiante, tanti diventino reticenti su questa espressione e, di
conseguenza, sulla prospettiva storica della TAT di von Rad. Bisogna notare
che non tutte le riserve contro tale prospettiva vengono dal confronto con la
eventuale TAT dei nostri fratelli Ebrei, della quale dovremo pure occuparci.
Ma ora dobbiamo ribadire che una TAT cristiana o ebraica deve analizzare
scienticamente la Bibbia, descrivere i messaggi teologici che vi si sono
depositati nelle varie tappe storiche e risalire per quel che possibile alla
rivelazione divina con fatti e parole che il testo nella sua storia riette.
Monoteismo o politeismo iniziale
Solitamente ci si accontenta di parlare dei metodi scientici dellesegesi,
anche pi ampiamente di quel che abbiamo fatto noi, per mettere valide
basi ad una TAT. Ma per lo meno altrettanto importante parlare del pro-

16

E. CORTESE

blema di Dio. Non riguarda solo la losoa o la teologia dogmatica. La


TAT anchessa, dopo tutto, una teo-logia, una scienza di Dio.
E quanto sia importante il discorso che vogliamo fare lo si capir subito
dopo aver riferito sulle ipotesi circa lorigine del monoteismo ebraico, che,
come abbiamo gi detto, oggi si ritiene per lo pi un derivato del politeismo
cananeo. A chi leggesse lampia rassegna degli autori sul problema del monoteismo dIsraele di Gnuse19, resta limpressione che gli opposti schieramenti,
quello della derivazione tardiva del monoteismo ebraico dal politeismo cananeo e quello dun monoteismo antico e in contrapposizione al primo, abbiano
la stessa forza e consistenza. Ma sembra che dopo quella rassegna prevalga,
almeno in Italia, la prima opinione, che occorre descrivere.
Si gi cominciato a parlarne a proposito del pensiero di Albertz. Seguendo lopinione, oggi assai diffusa, che Israele sia nato in Palestina e
non venuto da fuori (Gottwald), lo si suppone di matrice Cananea, e perci
politeista, e si cerca quindi di spiegare come sia arrivato al monoteismo. In
Europa uno dei maggiori paladini della tesi B. Lang, anche se la sua tesi
sembra presentata talvolta in maniera pi moderata, cio ammettendo almeno la possibilit dun monoteismo pratico gi in epoca mosaica, ad analogia
di quello egiziano di Amenos IV, e riconoscendo comunque che questo
inizia in Israele con Elia e poi con Osea20. Lang dice che Isaia e Michea,
al Sud, sono ancora lontani da queste problematiche; l tale monoteismo
giungerebbe dal Nord. Comunque in Israele le cose continuano ad essere
confuse: ci sarebbe un duo-teismo21 e la sopravvivenza del politeismo.
Il monoteismo del Pent postesilico, cosa ormai ovvia per Lang e
per i nemici della Teoria Documentaria, e perci lAT non vale come dimostrazione dun monoteismo israelitico preesilico. NellOdtr, poi, anche
19. R.C. Gnuse, No other Gods. Emergent Monotheism in Israel (JSOT SS 241), Shefeld

1997.
20. Cos Lang, nella voce Monotheismus del suo dizionario biblico (NBL, II, Zrich
1995, 834-843). Non conosco il suo recente lavoro (B. Lang, Jahweh der bibliche Gott.
Ein Portrt, Mnchen 2002) presentato e criticato da F. Hartenstein, Religionsgeshichte
Israels. Ein berblick ber die Forschung seit 1990, VF 48 (2003) 2-28, ma egli appare ben
pi radicale nei suoi studi: Der monarchische Monotheismus und die Konstellation zweier
Gtter im Frhjudentum. Ein neuer Versuch ber Menschensohn, Sophia und Christologie,
del 1994, nella citata raccolta Ein Gott allein?, e ora Die Jahwe-allein-Bewegung. Neue Erwgungen ber die Anfnge des biblischen Monoteismus, del 2003, in una raccolta curata
da M. Oeming - K. Schmid, Der eine Gott und die Gtter (AThANT 82), che presenteremo.
Anche M. Weippert stato determinante nella creazione di questo gruppo di autori: si veda
la raccolta dei suoi studi: JHWH und die anderen Gttern. Studien zur Religionsgeschichte
des antiken Israel in ihrem syrisch-palstinischen Kontext (FAT 18), Tbingen 1997.
21. Lang, nella citata voce del NBL, 838.

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELLANTICO TESTAMENTO

17

prescindendo dallipotesi gi vista (Blum), che essa sia una continuazione


della supposta parte dtr del Pent, si noterebbero ampie tracce di politeismo,
la cui presenza, per lo meno in coesistenza col monoteismo, non pu essere
negata neanche da noi, che siamo per un monoteismo israelitico originale.
Solo che quelli dellaltro schieramento dicono che il monoteismo ufciale
dellOdtr opera postesilica della redazione dtr, la quale vi maschera il
politeismo reale del materiale elaborato. Per non dilungarci troppo, uno
dei loro argomenti principali la frequente comparsa di Ashera (talvolta
confusa da essi con Istar22) nellOdtr, argomento che stato enfatizzato
recentemente per la scoperta archeologica di gure ed iscrizioni nel Sud
di Giuda (specialmente a Kuntillat-Arud; gure da qualcuno interpretate
erroneamente in modo piuttosto esilarante) risalenti al secolo VIII a.C., su
JHWH e la sua ashera. Se anteriormente, secondo la maggioranza delle
attestazioni bibliche, non si poteva negare che ashera era semplicemente
un palo sacro, eco di culti della fertilit non sempre depravati e comuni a
tutto lAO, dopo quella scoperta ha prevalso lopinione che si tratti davvero
della dea madre, in consonanza con la letteratura ugaritica, che la presenta
indubbiamente come sposa di El (mentre quella di Baal Astarte).
In America e ormai dovunque, sul nostro argomento, si affermato M.
Smith23. Egli, senza cadere nelle esagerazioni di Lang e dopo la prima presa
di posizione, piuttosto orientata verso lorigine cananea e perci politeista
della religione dIsraele, sembra che sia ora pi oscillante. Nel suo secondo
lavoro tiene conto dun jahwismo indipendente, venuto dal Sud. Nel Nord
parla duna religione di El con caratteristiche in qualche modo monoteistiche o per lo meno non identiche a quelle della religione di Ugarit. Con lui
notiamo che nella stele di Merneptah Israele e i Cananei sono presentati
come due entit etniche ben distinte; e questo alla ne del XIII secolo24!

22. Elenco dei testi e ampia discussione del problema in P. Merlo, La dea Ashratum, Atiratu,

Ashera. Un contributo alla religione semitica del Nord, Roma 1998, dove manca linquadratura letteraria concernente lOdtr. Un trattamento conciso e molto autorevole ora il cap.
7 (Monoltrie ou polythisme: Yahwh et son ashra) del libro di A. Lemaire, Naissance
du Monothisme. Point de vue dun historien, Paris 2003. Un esempio di confusione tra
ashera (con spirito dolce) e ishtar (con spirito aspro) o Astarte in Albertz, Religionsgeschichte Israels, 329.
23. Accanto al suo The Early History of God. Yahweh and the other Deities in Ancient Israel,
del 1990, gi alla 2a ed.: Oxford 2002, c The Origin of Biblical Monotheism, Oxford 2001,
scritto tenendo conto delle critiche subite dopo la prima opera. Per le ragioni che vedremo,
non sono molto daccordo con la sua voglia di mettersi in ascolto di Marx, Freud e Nietzsche nellinterpretare la religione dIsraele e neanche quella di Ugarit (p. 20)!
24. The Early History of God, 6-7.

18

E. CORTESE

Anche ammettendo che il gruppo portatore del jahwismo si sia inserito


dopo, con il suo caratteristico e radicale esclusivismo, il terreno era gi
abbastanza preparato. La miscela non era semplicemente tra monoteismo
jahwista e politeismo cananeo; il secondo elemento era gi vicino al primo.
E, comunque, questo aveva in se una straordinaria forza vincente.
Questa forza straordinaria si rivela nei nomi propri teoforici biblici,
eccetto per quelli di localit, dove evidentemente Israele si adegua. I nomi
divini con cui sono composti i nomi di persona sono praticamente solo El
e, almeno a partire dai tempi di Davide, JHWH. Non ci sono nomi di dee,
che pure incontriamo nei nomi teoforici dei popoli contemporanei e anche
chi cerca di minimizzare questo argomento deve riconoscere che non ci
sono echi del supposto sincretismo nellonomastica ebraica25.
Perci, nella speranza di interpretare bene gli argomenti principali degli
autori contrari allipotesi del politeismo israelitico iniziale26 e sintetizzandone le conclusioni, credo si debba partire dalla documentazione archeologica sui shosu di JHWH e sul passaggio tra la cultura del Tardo Bronzo
e del Ferro I, coi relativi insediamenti, trovati soprattutto al centro della
Palestina e anche in Transgiordania, e che si possa continuare a ritenere che
ashera il palo sacro (solo se nome di un oggetto e non nome proprio
esso pu avere nelliscrizione di Kuntillat-Arud il sufsso sua), oggetto di culto27 adottato come compromesso tra il nucleo mosaico e lIsraele

Cos Albertz, nella sua Religionsgeschichte Israels, 148: Klar distingirte Gtterpershnlichkeiten, wie sie vom Synkretismus vorauszusetzen wren, fehlen auf der Familienebene
offenbar gerade.
26. Ricordiamo anzitutto Ch. Frevel, Aschera und der Ausschliesslichkeitsanspruch YHWHs.
Beitrge zu literarischen, religionsgeschichtlichen und ikonographischen Aspekten der
Ascheradiskussion (BBB 94/1-2), Winheim 1995, e naturalmente il recente libro di Lemaire,
citato poco sopra. Ma anche il citato lavoro di Merlo, fatto sotto la guida dello scomparso
Gelio e con la consulenza di professori dellUniversit di Roma (P. Xella), molto cauto
nellapplicare allashera biblica le categorie di Ugarit. Valutazioni differenti ed opposte, sia
sul problema specico e sia sulle origini del jahwismo in generale, sono state opportunamente fornite nellapposito Colloquio svizzero del 1993, di cui abbiamo gi citato lormai
famosa raccolta a cura di Dietrich - Klopfenstein, Ein Gott allein?, dove si d spazio anche
a Lemaire e Mettinger.
27. Lemaire, nel suo Naissence du Monothisme, p. 75, ci fa osservare che nel 1 millennio
scompare il nome proprio di Ashera dal mondo semitico occidentale, da solo o come nome
teoforico, e resta come nome comune indicante i santuari. A tale testimonianza corrisponde,
stando ad Hartenstein (v. nota 21), p. 17, quella di O. Keel - Ch. Uehlinger, Gttinnen und
Gtter und Gottessymbole. Neue Erkenntnisse zur Religionsgeschichte Kanaans und Israels
aufgrund bislang unerschlossenen ikonographischen Quellen (QD 191), Freiburg 2001, ora
alla 5a ed. (dopo quella del 1992), e quella di K. Koch, voce Baal/Baalat nel nuovo RGG4,
I, Tbingen 1998, 1038-1039: e questo non solo nella Bibbia ma nei reperti archeologici.
25.

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELLANTICO TESTAMENTO

19

pre-jahwista, che laveva in adozione e continu ad usarlo nei culti locali.


Tale palo sacro pu essere presente anche nel tempio, almeno no a quando e nella misura in cui il monoteismo pratico non arrivato a posizioni
pi radicali e alla centralizzazione del culto di Ezechia e di Giosia. Se si
deve riconoscere che il monoteismo diventato anche teorico solo dopo
lesilio, soprattutto per merito del Dt-Isaia, non si deve negare un radicale
riuto di altri dei molto tempo prima. Tale radicalismo nellantico monoteismo jahwista non si potrebbe negare, anche prima di Elia, se si ammettesse
almeno lantichit dei documenti del Pent e dei molti precetti sul non avere
altri dei (nel doppio decalogo e negli antichi Codici legislativi: dellAlleanza e Dtr), risalendo poi pi facilmente allepoca premonarchica, con von
Rad e Noth. Invece gli attuali numerosi nemici della Teoria Documentaria
possono solo, pi o meno legittimamente, rifarsi alla lotta di Elia contro
Baal nel secolo IX e ad Osea in quello successivo. Ma a loro si fa notare
ormai da pi parti che un tale atteggiamento monoteistico non pu essere
spuntato come i funghi e che Osea lo sostiene rifacendosi ad un JHWH che
si creato il suo popolo n dallEgitto28.
A queste critiche aggiungiamo inne che una lettura cos sospettosa
dellOdtr, preesilica o meno (e, per chi data il Pent ancora in epoca preesilica, in testi come Gen 28 e 35, sullincontro di Giacobbe con Dio a Betel),
fraintende e confonde anzitutto le critiche dtr, che sono di due tipi ben
distinti: una sostanzialmente la difesa della centralizzazione del culto, cui
contravvengono sia il Sud che il Nord, senza per questo essere politeisti.
Laltra la critica ad Acab e Gezabele, per lintroduzione del culto di Baal,
e qui abbiamo il politeismo cananeo. Questa pi grave accusa si rivolge
anche al Sud, da quando Atalia, glia di Acab e Gezabele, diviene regina
del Sud. Perci contro Acab scoppia la rivolta di Jehu; e contro Atalia c
il colpo di stato che mette sul trono Joas, superstite della strage di discendenti davidici fatta dalla regina. Contro il politeismo pagano dunque non ci
sono solo le critiche dtr, ma delle vere rivoluzioni. In aggiunta possiamo far
notare a questi maestri del sospetto che se i testi da loro cos sommariamente esaminati dimostrano davvero che la religione dIsraele politeista
ed essi sono postesilici, allora bisogna dire che Israele era politeista anche
nel postesilio e rinviare la data dellaffermazione del monoteismo a qualche
secolo ancora posteriore.
28. Mi limito a ricordare le critiche di Hartenstein a Lang nellarticolo citato (v. nota 20),

p. 7-8, dove, citando pure, com dobbligo anche qui, Keel - Uehlinger, Gttinnen und
Gtter und Gottessymbole, si rif al nostro Albertz e alle innegabili connessioni della sua
Religionsgeschichte Israels con la TAT.

20

E. CORTESE

Oggi, almeno fuori dItalia, sembra che si torni a posizioni pi moderate . E si potrebbe dire che dove ci si ostina nella linea lo-politeista la
insostenibilit della tesi emerge per una specie di reductio ad absurdum
cui portano la propria posizione, contro le loro intenzioni, i suoi stessi
difensori. Ci vale, a quanto sembra, di un incontro tenuto recentemente
alluniversit di Heidelberg, dove la scelta dei relatori tradisce gi le intenzioni30.
L lo studio di Lang, che abbiamo gi citato, vuole dimostrare che il
decalogo era in realt un pentalogo e che nella sua forma originale era esilico. Il comandamento di non avere altri dei si spiegherebbe con una scelta
sporadica di Jahweh, fatta gi da Giosia tra tante divinit, ma per scopi
militari, come quella tra giocatori di football in panchina, a seconda della
partita e dei suoi vari momenti. Visto da unaltra afne angolatura, e cio
in Deut, tale comandamento dichiarato assolutamente tardivo in un altro
studio31, alla faccia dei paralleli assiri ivi citati. Partendo da tale data, i vari
passi, uno successivo allaltro a cascata, sono evidentemente postesilici,
compresi i testi di Es e dello stesso Os, che ne dipenderebbero.
Ma n dallinizio della raccolta32 si vuol enfatizzare il riuto delle categorie monoteismo-politeismo, non nel senso moderato che vedremo, ma,
a quanto pare, per dire che ogni politeismo monoteismo e viceversa, togliendo le basi per qualunque discussione sensata sullargomento. Il tutto
rifacendosi alla dottrina sulle religioni delle scuole universitarie laiche italiane (Pettazzoni e Brelich). Largomentazione biblica ricavata dalla lettura
sospettosa dei testi, della quale abbiamo parlato, svolta proprio partendo
29

29. Oltre alle critiche fatte da Hartenstein, alle stesse efmere sfumature di Lang, nella voce

del dizionario sopra citata, e ai ripensamenti di Albertz visti allinizio, si pu vedere ora la
medesima voce Monotheismus di H.P. Mller nel nuovo RGG4, V, Tbingen 2002: egli
afferma che c monolatria (o monoteismo pratico) in Israele n dalle guerre sante e che
anche lantica religione di El, il Dio dei Padri, monolatrica.
30. Gli studi sono pubblicati in M. Oeming - K. Schmid (ed.), Der eine Gott und die Gtter. Polytheismus und Monotheismus im antiken Israel (AThANT 82), Zrich 2003. Nella
dozzina di autori, i seguaci della linea contraria sembrano solo Frevel e Levine, dei quali il
primo appare pi sul banco degli imputati che sul podio del conferenziere.
31. E. Aurelius, Die fremden Gtter im Deuteronomium, ivi, 145-169. Lo studio di Lang,
Die Jahwe-allein-Bewegung, alle pp. 97-110.
32. G. Ahn, Monotheismus und Polytheismus als religionswissenschaftliche Kategorien?,
in Oeming - Schmid (ed.), Der eine Gott und die Gtter, 1-10, e K. Schmid, Differenzierungen und Konzeptualisierungen der Einheit Gottes in der Religions- und Literturgeschichte Israels, ivi, 11-38: si vedano le pp. 16ss. Qui si riconosce pure che la pretesa vittoria
dellipotesi del politeismo originale stata determinata anche dallaffossamento della Teoria
Documentaria.

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELLANTICO TESTAMENTO

21

dal presupposto che tutti i testi sono tardivi ed arriva alla frana che abbiamo appena segnalato, al punto da parlare di post-politeismo (Knauf) o
di monoteismo pratico passeggero (Lang) postesilico, perch in effetti ci
sono abbondanti prove archeologiche di politeismo anche ad Elefantina e,
nel tardo postesilio, in monete samaritane33.
Quanto allantica lotta (monoteistica) di Elia, se ne occupa M.
Kckert34, che, dopo aver smontato il racconto del sacricio del Carmelo
in molti pezzi, riduce il nucleo storico della gura del profeta a ben poco
e, naturalmente, dichiara totalmente postesilico il nostro racconto. Qui, se
non prima, si raggiunge limpressione che incontri del genere siano come
delle partite a Bowling, dove lo scopo dei giocatori quello di buttar gi
ciascuno pi birilli che pu. Ed interessante che sinizi col proposito
di incensare35 i gloriosi professori precedentemente insediati ad Heidelberg, primo fra tutti von Rad, la cui incensata in realt una vera e propria esecuzione capitale, che, per usare limmagine del bowling, fa cadere
poi tanti altri birilli36.
Teologia e ateismo
A questo punto necessario fare ulteriori e pi importanti chiaricazioni
metodologiche, oltre a quelle precedenti sul metodo storico-critico e sul
politeismo. Tra le altre, quella sul valore del nostro schema politeismomonoteismo, schema che frutto della nostra mentalit losoca, antica o
moderna37. Unaltra chiaricazione andrebbe fatta sul valore della nostra
percezione della realt, dopo lavvento del soggettivismo e dellidealismo,
a partire dal cogito ergo sum di Cartesio. Ma alla ne la pi importante
chiaricazione per una valida TAT diventa quella riguardo allesistenza di
Dio, trattata diversamente dagli atei e dai credenti. Come dicevamo, la cosa
33. E.A. Knauf, Ist die Erste Bibel monotheistisch?, in Oeming - Schmid (ed.), Der eine Gott

und die Gtter, 39-48; si veda p. 46; per Lang, nel gi citato Die Jahwe-allein-Bewegung, si
vedano le pp. 100-101. Le supposte prove archeologiche del politeismo giudaico sono trattate
da H. Niehr, Gtterbilder und Bilderverbot, ivi, 227-247, alle pp. 242-243.
34. Elia. Literarische und religionsgeschichtliche Probleme in 1Kn 17-18, ivi, 111-144.
35. Ivi, 112 (Weihrauch streuen).
36. Ivi, 112-113, per von Rad. Ma confessiamo il piacere un po maligno, di veder condannati dopo von Rad, anche il nostro Albertz, Weippert, il patrocinatore dellipotesi politeista
difesa nel Colloquio, e lo stesso Rendtorff, che stato uno dei pi celebrati demolitori della
nostra Teoria Documentaria.
37. Si veda F. Stolz, Einfhrung in den biblischen Monotheismus, Darmstadt 1996.

22

E. CORTESE

importante, visto che la TAT una teologia. Nessuno nega il diritto degli
atei a pensarla a modo loro. Non so se un ateo pu arrogarsi il diritto di
essere teologo. Pu anche essere utile per un credente discutere su Dio e
sul Dio della Bibbia con un ateo. Ma se il credente si sceglie lateo come
suo professore nelle questioni della TAT e della religione israelitica non
arriver mai alla conclusione che Dio esiste, che si rivelato a Israele e che
Israele se ne accorto. Concluder sempre che Dio e la rivelazione divina
se li inventati Israele.
Anche nel giudicare il politeismo cananeo lateo non il professore pi
adatto. Perch gli stessi Cananei percepivano lesistenza di Dio e non erano
atei. Facevano confusioni sulla sua natura. La Bibbia parla raramente degli
atei, condannandoli; perch allora ce nerano pochi. Moltiplica invece le
invettive contro i politeisti, perch ce nerano tanti. Ma non si confonda
quantit e qualit delle condanne. Quanto allateismo, se per noi credenti
giusto dire che Dio esiste ed sbagliato dire che Egli una invenzione
delluomo, debbo concludere che i Cananei erano pi vicini alla verit
che gli atei, anche se quelli moderni occupano cattedre prestigiose sullo
studio delle religioni. Eppure ormai un vezzo, almeno in Italia, insediare in congressi di studi sulla religione israelitica e la teologia biblica dei
professori atei. Qui non si vuole togliere la debita stima a nessuno. Si vuol
solo affermare lurgenza metodologica di mettere bene le carte in tavola,
atei e credenti, prima della discussione su Dio e sullorigine della religione
ebraica.
Nei tempi passati, alla posizione della scuola evoluzionistica di E.B.
Tylor sulla formazione e lo sviluppo del monoteismo si contrapponeva quella dellenciclopedia delle religioni di W. Schmidt, dei Verbiti di Mdling
(Vienna), che avevano scoperto come, in generale, le religioni primitive
nascevano monoteiste. Ma ora si preferisce evitare queste contrapposizioni
e rifarsi agli insegnamenti di R. Pettazzoni, decisamente contrario a Schmidt38. Se teniamo conto di quanto detto sopra, sia sui principi scientici
positivisti, che tante volte ispirano anche lesegesi biblica, e sia sullateismo di tanti maestri ora in auge, credo che oggi, pur evitando scontri, siano
quanto mai necessari dei chiarimenti. Anche perch poi, dopo tutto, risulta
che una suddivisione pi completa ed aggiornata delle varie forme di religioni, secondo gli stessi insegnamenti di tali scuole universitarie laiche,
contemplerebbe tre gruppi: quelle primitive dellEssere supremo; quelle

38. Si veda P. Coda, nella voce Dio, in Barbaglio et alii (ed.), Nuovo Dizionario di Teo-

logia, 408-409, ed anche G. Filoramo, alla voce Religione/Religioni, ivi, 1261ss.

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELLANTICO TESTAMENTO

23

degli dei del politeismo e quelle monoteistiche39. Visto che la caratteristica


delle prime quella di un monoteismo pratico e visto che la derivazione
della religione israelitica da quella Cananea non affatto pacica, viene da
domandarsi chi, in fondo, ha pi ragione: se Schmidt o Pettazzoni.
Se dunque metodologicamente partiamo dalla fede nellesistenza di Dio
e della sua rivelazione, allora alla TAT si dischiude tuttaltro cammino:
non ci si domanda pi come Israele arrivato al monoteismo correggendo
il proprio politeismo, ma qual il cammino meraviglioso e miracoloso di
questo popolo, da quando ha sentito la presenza del suo Dio manifesto.
Anzi il confronto e lo scontro con i popoli politeisti, che, ammessa lesistenza di Dio, ne pensavano diversa la natura, acquista la sua utilit per
il progresso della rivelazione divina e della relativa conoscenza di Dio da
parte del suo popolo. Perch Israele si sforza di capire non solo Dio, ma
tutto il Suo mondo, confrontandosi con la religione politeista.
E anzitutto il mondo divino ad extra. La concezione politeista cananea
aiuta Israele a capire che ci sono altri esseri celesti. La negromante che
vede lo spirito del defunto Samuele, consultato per Saul, dice addirittura
che vede salire dalla terra degli elohim (1Sam 28,13). A questo proposito
giusto tener conto dellavvertimento a non applicare radicalmente le categorie monoteismo-politeismo. Altrimenti si fa come quelli che anche qui
parlerebbero di politeismo e di un declassamento di Samuele dal rango di
divinit a quello di spirito dun defunto! Gli dei di Canaan vengono declassati a membri del panteon di JHWH non perch Israele prima li venerava
come dei, ma perch gli fanno pensare al mondo divino ad extra che egli si
sforza di capire. Con tutte le cautele; perch ben presto la presa di distanza
dalle immagini, prima o poi proibite, e la coscienza che Dio non si pu
vedere in faccia, tiene Israele lontano da pericolose confusioni.
Ma Israele non anticamente cos radicale come poi lo stata la religione islamica derivatane e gli stessi rabbini. I quali sono arrivati al radicalismo eccessivo anche per le polemiche dei cristiani. Questi, anzich
fare le operazioni chirurgiche dei nostri maestri del sospetto sul testo sacro,
hanno saputo leggervi tracce degli sforzi dIsraele per capire anche Dio nel
suo mondo ad intra. I frequenti antropomorsmi della Bibbia sono irritanti
per i monoteisti radicali. Ma rivelano lo sforzo dIsraele di capire Dio ad
intra. Oggi c da aspettarsi che qualche esegeta prenda come prova del
politeismo biblico anche le frasi dove lAT parla del braccio, dellocchio o
39. Per Filoramo, nella linea di Pettazzoni, il monoteismo ebraico deriva dal politeismo (ivi,

1262-1265), ma contro questa posizione, che ora comprendiamo perch sia tanto comune,
sta tutta la discussione fatta sin qui.

24

E. CORTESE

dellorecchio di Dio. Invece di partire dalle supposte tracce del testo biblico, p. es. dal libro di Dan, o da madonna sapienza e il Creatore nella letteratura sapienziale, come fanno questi maestri del sospetto40, per dedurne il
primitivo politeismo, i primi cristiani mettevano davanti agli interlocutori
ebrei i due troni di Dan 7, i testi sapienziali e quelli, p. es., di Gen 18, sui
tre personaggi in visita ad Abramo, per mostrare che anche lantico Israele
aveva capito che Dio in se stesso non era cos radicalmente uno come
essi pensavano41.
TAT ebraica o cristiana?
Impostata come abbiamo fatto noi, la TAT si prospetta come una descrizione della meravigliosa e miracolosa avventura dIsraele alla scoperta del
Dio che gli parla; una scoperta sempre pi profonda, alla luce della quale
non solo Dio ma tutta la realt acquista un senso pi completo. Non c pi
bisogno, allora, di cercare un altro centro, un punto di sintesi della TAT,
sulla scorta di quella di Eichrodt. E tale avventura non si arresta alla ne
dellAT, ma apre la strada alla meravigliosa conclusione di Ges rivelatore
della vita pi intima di Dio, del Dio trinitario, e del suo progetto di salvezza
per lumanit.
Nasce per qui un ultimo problema: una TAT che cerchi lo sbocco nel
NT rischia di divenire o ostile alla visione ebraica o, viceversa, rinunciataria nella propria esegesi dello stesso AT e nei tentativi di metterne in risalto
la storia della salvezza42.
Come abbiamo visto, ci sono anche altri motivi che distolgono i cristiani
da questi tentativi, come latteggiamento anti-storico di matrice protestante
(p. es. di Bultmann). Ora per prendiamo in considerazione quello che viene
dalla opposizione ebraica di oggi, proprio contro la TAT di von Rad43. Se a
40. P. es. Knauf, Ist die Erste Bibel monotheistisch?, 45-46.
41. Do un elenco pi completo e non esaustivo di questi passi rinfacciati dai primi cristia-

ni, elenco che debbo ad una monaca, rimastami purtroppo anonima, alunna di I. Knohl
allUniversit ebraica di Gerusalemme: Gen 1,26; 3,22; 11,17; 35,7, testi che per Dio usano
il verbo al plurale e che ella studia nelle discussioni attestate dallantica letteratura giudaicorabbinica in polemica coi cristiani.
42. Partiamo dalle opere citate sopra di M. Nobile: la TAT e lo studio sulla teologia biblica.
Egli avverte pienamente il problema, ma sembra adottare una posizione reticente e poco
favorevole a von Rad e ad una storia della salvezza da mettere in risalto nella TAT.
43. Afora sovente nella raccolta di studi di J.D. Levenson, The Hebrew Bible, the Old Testament and Historical Criticismus. Jews and Christian in Biblical Studies, Louisville 1993.

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELLANTICO TESTAMENTO

25

Wellhausen si imputa levoluzionismo, che porta, nella sintesi biblica nale, ad eliminare il giudaismo, Eichrodt e von Rad sono addirittura accusati
di antisemitismo44. Cos si sente frequentemente dire che linterpretazione
luterana di Paolo e del suo discorso sul binomio legge-grazia la radice dellantisemitismo45. In queste accuse esagerate giusto leggere un rimprovero
per tutti i cristiani, cattolici compresi, per una lettura dellAT che a volte ha
portato allanti-semitismo. Ma le esagerazioni vanno respinte. Che si debba
essere attenti allanti-semitismo esegetico, anche dopo la Nostra aetate
del Concilio Vaticano II, lo dimostra il recente documento della Ponticia
Commissione Biblica Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia
cristiana, del 2001, che per ribadisce la legittimit dellesegesi cristiana,
storico-critica, dellAT46.
una esagerata remissivit ed un falso irenismo dire, p. es., che nellAT
non c messianismo47. Semmai ci sono due diverse maniere di interpretarlo
nellAT. Gli stessi Ebrei si opporrebbero a chi negasse il messianismo nella
tradizione giudaica e le sue giusticazioni bibliche. Alla ne, a voler essere
troppo remissivi ed irenici, non si fa un buon servizio agli stessi fratelli
Ebrei. Bisogna solo essere pi cauti di una volta nellesegesi dellAT, evitando la espropriazione spesso giustamente lamentata, quando, p. es., si
dice che lAT annullato dal NT e perci il Giudaismo e lEbraismo non
hanno pi ragione di essere.
Senza la pretesa di essere completi ed esaurienti, possiamo mostrare
che sui punti caldi (la legge e lalleanza, vecchia e nuova, il messia, e
anche il messia sofferente), i tentativi attuali di dialogo sono teologicamente affascinanti e mostrano, anzi, quanto lEbraismo oggi sia necessario al
Cristianesimo e viceversa.
Quanto allalleanza sono note le polemiche anche tra gli stessi esegeti
cristiani sul senso da dare alla novit, del resto gi presentata da Ger 31,3134. Qui facciamo solo osservare che i rischi di espropriazione ci sono
per da entrambe le parti. Se i Cristiani sono arrivati a dire erroneamente
che lesistenza degli Ebrei, con la nuova alleanza, non ha pi senso, gli
Ebrei, dopo lapertura di R. Meir nel medioevo, si limitano ad ammettere
per noi la possibilit di salvezza solo in base allalleanza di No, esclu44. Ivi, 15-27.
45. P. es. D. Boyarin, A Radical Jew. Paul and the Politics of Identity, Berkeley 1994, 11

e spesso in seguito.
46. Sono importanti per noi i 21-22.
47. Si veda p. es. R. Penna, I fondamenti della cristologia neotestamentaria. Alcuni aspetti
della questione e gli autori ivi citati, a p. 308.

26

E. CORTESE

dendoci da quella sinaitica. Ci sono tuttavia degli studiosi ebrei abbastanza


aperti, che tentano una distinzione tra loro e noi senza neanche ricorrere
a quella tra legge noachica e legge sinaitica48. Da parte nostra dobbiamo
osservare che la presenza del popolo ebraico, presenza miracolosa dopo
duemila anni di diaspora, nella sua concretezza una prova della verit
della nostra fede cristiana ed un pegno della nostra speranza. Per parte nostra dobbiamo pur essere coscienti che il gi che professiamo credendo
nella realt della nuova alleanza anche un non ancora quanto alla sua
piena ed escatologica realizzazione. E, daltra parte, anche gli Ebrei sono
coscienti che lantica stata in parte superata, in questi duemila anni di
assenza del culto del tempio, che ne era il centro e la base.
Quanto al messianismo, che pure, come abbiamo detto, radicato nella
tradizione ebraica, si deve ammettere che nel giudaismo non altrettanto
oggetto di studio e di riessione come la legge49, per motivi comprensibili
e specialmente per il problema costituito dal particolare signicato messianico che i testi relativi possono avere secondo lesegesi neotestamentaria e
cristiana. Ma anche qui ci sono autori ebrei come Wyschogrod50 che sanno
affrontare il tema in maniera coraggiosa ed affascinante. Contro una maniera
troppo razionalistica e losoca (Maimonide) di interpretare la presenza
speciale di Dio nel popolo ebraico, egli parla duna specie di incarnazione
di Dio in esso, che in qualche modo abbiamo gi ravvisato sopra, cio nel
carattere miracoloso di tale popolo dopo duemila anni di diaspora. Del resto
anche la loro tradizione parla duna presenza speciale di Dio in un gruppo
duna diecina di ebrei in sinagoga. Se ammettiamo la presenza speciale di
Dio nella tenda e nellarca del Pent, una presenza che potremmo chiamare
sacramentale, e non lintendiamo alla Maimonide, facile a noi cristiani arrivare al mistero dellIncarnazione51. Allora possiamo capire anche il discorso
di Wyschogrod e le sue implicazioni: il popolo ebraico ha una presenza di
Dio speciale complementare a quella di Ges. Il discorso pu essere spinto
in qualche modo no al mistero della passione: di Cristo e degli Ebrei ad
Auschwitz. noto lepisodio dei tre prigionieri impalati, con un bimbo in
48. Cos, mi pare, lopera citata di Boyarin, tutta concentrata sullesegesi di Paolo, fatta

per trascurando il suo messianismo.


49. Si vedano nel mio Le tradizioni storiche dIsraele, le pp. 29-33, le differenti prospettive
dellesegesi cristiana ed ebraica.
50. Di M. Wyschogrod citiamo specialmente il suo articolo Inkarnation aus jdischer Sicht, EvTh 55 (1995), anche in inglese: ModTh 12 (1996) 155-209, ma si veda anche tutto
il precedente fascicolo 11/2 (1995) di questultima rivista, per il dibattito sullargomento.
51. Si veda il mio The Priestly Tent (Ex 25-31.35-40). Literary Criticism and Theology of
P, LA 48 (1998) 9-30.

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELLANTICO TESTAMENTO

27

mezzo ai due adulti, ricordato da Wiesel, e la risposta che questi ha sentito


dentro, al suo angosciato dov Dio?. Lebraismo ufciale si arresta di
fronte alla soluzione ( l nel mezzo!) del mistero di questo dolore52. Non
solo perch la soluzione cristiana intravista minaccia di fargli perdere la sua
identit, per difendere la quale, secondo molti, Auschwitz stato tragicamente utile; anni prima, tra le tante conversioni ebraiche al cristianesimo, lo
stesso Rosenzweig si era fermato proprio per questo, proprio nel momento di
quel passo. Ma anche perch lidea del giusto che soffre non accettata dalla
tradizione, a partire dai tempi di Giobbe. Non viene accettata neanche la corrente hassidica, nata pi dun secolo prima, quasi come un presentimento di
Auschwitz, corrente che sostiene la missione espiatrice dei 36 giusti, i quali
in ogni generazione debbono succhiare cos il male del mondo. Quella
corrente ha poi sostenuto in prima persona la tragedia.
Qui vale la pena di ricordare lesegesi di Is 53 fatta dallebreo Neher53.
Il giusto Abramo di fronte alla prova non capisce e tace. Giobbe prende
su di s la prova di Abramo, ma anche lui non intravede la soluzione e si
mette la mano alla bocca. La soluzione del problema, dice Neher, la vede
il cristianesimo affermando che il giusto sofferente di Is 53,3 Dio. Solo
se il giusto sofferente Dio stesso, il problema si risolve.
Queste intuizioni non vogliono favorire il temuto passaggio al Cristianesimo dellesegesi ebraica dellAT. La sua posizione negativa su Cristo e
sulla sua passione preannunciata dallAT utile come quella sullalleanza.
Anche qui c il gi, privilegiato da noi Cristiani, e il non ancora,
preferito dagli Ebrei. Il Cristo completo, dopo tutto, lo stiamo ancora aspettando anche noi. E oggi sarebbe molto lungo lelenco degli autori Ebrei
che considerano positivamente Cristo e ne interpretano i dettagli storici
della gura assai meglio di molti esegeti cristiani. Allora una TAT cristiana
che si confronti con tale pensiero ebraico necessaria e non deve essere
rinunciataria, ma solo rispettosa dellimportanza degli interlocutori e dellebraismo intiero.
52. E cos si parla spesso del silenzio di Dio dopo Auschwitz. Ma ci sono rabbini, per lo

meno tra i riformati, che fanno la loro teologia su Auschwitz. Si veda I. Maybaum, Der
dritte churban, in M. Brocke - H. Jochum (ed.), Wolkensule und Feuerschein. Jdische
Theologie des Holocaust, Mnchen 1982, 9.
53. A. Neher, Lesilio della parola. Dal silenzio biblico al silenzio di Auschwitz, Genova
1997, 207-208. Debbo alla Prof. ebrea Irene Kajon di aver richiamato lattenzione su queste
pagine. Forse uno spiraglio laveva gi intravisto Rabbi Akiba per il disastro del 135 d.C.
ad opera dellimperatore Adriano, stando a E. Fackenheim, La presenza di Dio nella storia,
Brescia 1970, 49-50: era un dolore che faceva piangere Dio stesso. Chiss se Akiba ha mai
pensato al pianto vero e concreto di Ges su Gerusalemme di Lc 19,41-44?

28

E. CORTESE

Conclusioni
Le possibilit duna TAT cristiana e storica che abbiamo intravisto dovrebbero aiutare a superare le crisi e i blocchi che abbiamo indicati e ad
incoraggiare, sulla base di un von Rad opportunamente corretto, ma non
eliminato, lentusiasmante prospettiva di far rivivere la meravigliosa avventura dIsraele e poi dei Cristiani alla scoperta del Dio che si rivela. come
lavventura di noi bambini nella scoperta di nostra madre: se ne avverte
la presenza, se ne percepisce la gura, se ne gode lamore e, nel bene e
nel male, anche attraverso le crisi delladolescenza e della giovent, la si
apprezza e capisce sempre di pi. Il suo ricordo, alla ne, non una trasgurazione anti-storica. Se pensiamo ai limiti del paragone e li correggiamo,
la TAT cristiana diventa unimpresa ed una missione meravigliosa.
Enzo Cortese
Professore invitato
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

LA REDAZIONE FINALE DI EZECHIELE


IN RAPPORTO ALLO SCHEMA TRIPARTITO

M. Nobile

Scopo di questo studio quello di approfondire e articolare con maggior


precisione alcuni testi del libro di Ezechiele nel quadro dellipotesi di lavoro di uno schema cultuale di fondazione, attorno al quale indago da molti
anni. Questo nostro contributo parte da alcune premesse. Non si ripeter
quanto ho ormai trattato di frequente in lavori precedenti1, ma dovr accennare per sommi capi alla mia ipotesi di lavoro per mostrare dove sinserisce
il presente studio.
Lipotesi di lavoro che nella stesura nale del libro di Ezechiele si
possa riscontrare quale forma letteraria uno schema cultuale di fondazione
che si radica nella struttura antropologica del pensiero umano e che abbiamo denito come il bisogno vitale che ha luomo, sia come individuo che
come gruppo associato, di fondare la propria stabilit attraverso un rituale
rassicurante che si articola in tre atti o fasi: 1) la teofania, cio lapparizione della divinit che deve legittimare la fondazione; 2) la lotta della divinit
contro i nemici che impediscono la fondazione: il caos, la diversit, gli
stranieri, i mostri primordiali, le angosce ancestrali, i peccati, insomma il
Male in quanto entit che si oppone alla vita delluomo e delluniverso in
cui vive; 3) la fondazione del santuario, laxis mundi che tiene distinte
e articolate le varie zone cosmiche, il principio di ordinamento e coordinamento del tempo, dello spazio e di tutte le forme create; il santuario
in realt il centro di una costellazione di gure vicendevolmente correlate
nella fondazione: la citt capitale, il proprio paese, il proprio popolo, le
proprie leggi e istituzioni e, inne, il cosmo intero. Questordine di idee,
bench presente in ogni uomo di ogni epoca, riscontrabile per con ni1. Cito solo alcuni degli studi: M. Nobile, Una lettura simbolico-strutturalistica di Eze-

chiele (Diss., Roma 1982); Ez 37,1-14 come costitutivo di uno schema cultuale, Bib 65
(1984) 476-489; Nellanno trentesimo (Ez 1,1), Anton 59 (1984) 393-402; Beziehung
zwischen Ez 32,17-32 und der Gog-Perikope (Ez 38-39) im Lichte der Endredaktion, in J.
Lust (ed.), Ezekiel and his Book. Textual and literary criticism and their interrelation (BETL
74), Leuven 1986, 255-259; Ez 38-39 ed Ez 40-48: i due aspetti complementari del culmine
di uno schema cultuale di fondazione, Anton 62 (1987) 141-171; Inussi iranici nel libro
di Ezechiele?, Anton 63 (1988) 449-457; Ritual and Ethics in the liturgical structuring of
the Book of Ezekiel, in A. Destro - M. Pesce (ed.). Ritual and Ethics. Patterns or Repentance Judaism, Christianity, Islam, Paris - Louvain 2004, 13-18.
LA 56 (2006) 29-46

30

M. NOBILE

tidezza nelle aggregazioni sociali premoderne o pregalileiane, l dove la


forte presenza del sacro fa emergere con evidenza lo schema da noi enunciato. Dato il carattere universale di tale pensare, plausibile ipotizzare che
nel libro di Ezechiele i testi siano tenuti insieme nella stesura nale da una
griglia simile a quella da noi proposta. I testi si articolerebbero allora nel
modo seguente: 1) teofania (Ez 1-3); 2) lotta della divinit contro i nemici
(4-24+25-32); 3) fondazione (33-39+40-48). Questo quanto nora ho sostenuto considerando vari testi del libro che rientrassero nello schema. La
frequentazione del libro di Ezechiele rivela per una composizione complessa che va analizzata pi a fondo e che porta a delle puntualizzazioni
conseguenti.
a) Il nostro schema cultuale di fondazione non esaurisce la storia complessa del libro, ma ne mette in luce solo una fase della redazione nale
che va indagata ulteriormente.
b) Lapplicazione dello schema cultuale di fondazione va inquadrata
e conciliata con la storia nale del testo, il quale a tutta prima pu creare
delle perplessit di fronte alla logica delle tre fasi dello schema.
questo stato di fatto a cui conduce lanalisi di Ezechiele, che d origine e senso al nostro presente contributo.
Alcuni problemi sollevati dallapplicazione dello schema cultuale
I molti studi di rilievo su Ezechiele in questi ultimi anni, specialmente in
area tedesca, mostrano quanto complessa sia la sionomia redazionale del
libro, il quale lascia di sicuro intravedere una straticazione della quale pu
venire a capo solo unattenta analisi diacronica2. Il materiale presente di
2. Rassegne recenti: R. Levitt Kohn, Ezekiel at the turn of the century, CBR 2 (2003) 9-

31; K.-F. Pohlmann, Forschung zum Ezechielbuch 1969-2004 (I), ThR 71 (2006) 60-90;
gli studi sono molti, perci ne citiamo solo alcuni dei pi recenti e che abbiano una certa
relazione con le nostre ricerche: K.-F. Pohlmann, Ezechielstudien. Zur Redaktionsgeschichte
des Buches und zur Frage nach den ltesten Texten (BZAW 202), Berlin - New York 1992;
Idem, Der Prophet Hesekiel (ATD 22/1-2), 2 voll., Gttingen 1996/2001; R. Levitt Kohn,
Ezekiel, the Exile and the Torah, SBL.SPS 38 (1999) 501-526; M.A. Sweeney, Ezekiel:
zadokite priest and visionary prophet of the exile, SBL.SPS 39 (2000) 728-751; G. Braulik,
Ezechiel und Deuteronomium, BZ 44 (2000) 206-232; Th.A. Rudnig, Heilig und profan.
Redaktionskritische Studien zu Ez 40-48 (BZAW 287), Berlin - New York 2000, commentato criticamente da M. Konkel, Die Gola von 597 und die Priester. Zu einem Buch von
Thilo Alexander Rudnig, ZABR 8 (2002) 357-383 (lautore critica in Rudnig leccessiva
divaricazione polemica tra i gruppi dei rispettivi strati redazionali, che appaiono troppi, e la
troppo bassa datazione degli ultimi strati); M. Konkel, Architektonik des Heiligen. Studien

LA REDAZIONE FINALE DI EZECHIELE

31

varia origine e natura e la sua organizzazione mostra perlomeno due apporti


redazionali, sufcientemente evidenti, vicini rispettivamente al pensiero
dtr e a quello P. Tuttavia, conducendo con rigore lanalisi diacronica,
possibile scorgere la presenza di materiale testuale pre-dtr e di elaborazioni
parallele a P o post-P3. Non bisogna poi trascurare linnegabile presenza
e consistenza, a mio modo di vedere, di un processo rielaborativo nale,
che, pur nelle inconcinnit testuali, peraltro non nuove nelle grandi rielaborazioni bibliche, innegabile ed classicabile come una vera e propria
composizione autoriale.
In forza dello schema cultuale di fondazione che n dallinizio mi
sembrato di scorgere in Ezechiele, la mia analisi stata abitualmente pi
attenta a tale fase nale della redazione, pur consapevole che essa non potesse risolversi in una reductio ad unum della complessit del libro. questa
consapevolezza che mi ha portato a pubblicare uno studio sulle date del libro
di Ezechiele4. Esso proseguiva e affrontava sistematicamente il problema
del calcolo cronologico del libro, agganciandosi alla mia ricerca precedente
attorno alle due date principali del computo, la prima di Ez 1,1-2 e lultima
di Ez 40,15. Lo studio di queste due ultime date dava supporto alla plausibilit dello schema cultuale di fondazione, ma anche alloriginalit propria
del libro di Ezechiele. Bisognava per rendere conto pure delle altre undici
date. Esse si sono rivelate dei segnalatori originali. Le date del libro, met
delle quali si affollano attorno al complesso degli oracoli contro le nazioni
(Ez 25-32), non sono soltanto delle informazioni storico-cronologiche, bens
anche e soprattutto degli indicatori semantici che vogliono rendere conto della
grande catastrofe del 587 a.C., quella s tremendamente storica. In questo
quadro i testi vanno letti non sganciati dal contesto, ma come una serie reiterata (in senso diacronico) di riessioni sul senso della ne di Gerusalemme
e del suo tempio. Si notava come lambivalenza semantica presente in tutto
zur zweiten Tempelvision Ezechiels (Ez 40-48) (BBB 129), Berlin - Wien 2001 (recensito
a sua volta dal Rudnig nello stesso numero della rivista sopra citata, alle pp. 384-389: una
critica speculare rispetto a quella del Konkel, del quale discute scetticamente le armonizzazioni).
3. Levitt Kohn, Ezekiel, 501-526; Idem, A prophet like Moses. Rethinking Ezekiels
relationship to the Torah, ZAW 114 (2002) 236-254.
4. M. Nobile, Considerazioni esegetiche sulle date del libro di Ezechiele, in L. Cagni
(ed.), Biblica et Semitica. Studi in memoria di Francesco Vattioni (Istituto Universitario
Orientale Dpt. Studi Asiatici 59), Napoli 1999, 397-416.
5. Nobile, Nellanno trentesimo. Un risultato simile per Ez 40,1 ha offerto M. Konkel,
Das Datum der zweiten Tempelvision Ezechiels (Ez 40,1), BN 92 (1998) 55-70, ma per
lui il capodanno quello babilonese di Nisan.

32

M. NOBILE

il libro di Ezechiele, a motivo della sua storia redazionale, fosse ben riessa
nella serie di oracoli delle nazioni, dove evidente uno slittamento dal piano
dei riferimenti storici a quello delle affabulazioni mitiche. Il nostro schema
cultuale si applica bene a questultima fase dello scivolamento semantico. I
popoli stranieri, pur storicamente reali, via via sono diventati nellimmaginario mitopoietico dIsraele una variante delle grandi acque caotiche che si
sprigionano dal limite loro dato dal creatore (cf. Gb 38,8-11 e Es 15) e che
vengono imprigionate solo con la fondazione del tempio. Gli oracoli contro
di essi hanno quindi la funzione di rappresentare la lotta di Dio contro il
suo nemico, simile a quella tra Dio e il faraone al tempo dellEsodo. Nellanalizzare questa sezione del libro, si dovuto per rendere conto, anche
se rapidamente, di alcuni elementi che se non rendono ancora inapplicabile
lo schema di fondazione, pongono perlomeno gravemente in questione il
rapporto tra di essi e il nostro schema6. Difatti, mentre questultimo prevede
che la pars destruens (4-24+25-32) sia ben distinta da quella construens
(33-39+40-48) e gli elementi allinterno di ciascuna delle due parti si susseguano ordinatamente (dopo la teofania, oracoli contro Giuda-Gerusalemme
e oracoli contro le nazioni), nel libro troviamo dei dati che non si conciliano
con tale sequenza. Essi sono formalmente degli oracoli contro le nazioni
che, secondo il nostro schema, sono fuori contesto: 21,33-37 e c. 35, cio
un paio di oracoli contro Ammon e il re di Babilonia il primo e un oracolo
contro Edom il secondo. Se il primo testo lo si potrebbe liquidare a tutta prima come masso erratico, frutto di Fortschreibung, nella sezione negativa
dello schema, il secondo testo invece, non si concilia bene allinterno di una
serie di oracoli ormai salvici. Nello studio in questione, mentre il primo
testo stato appunto trattato come irrilevante, per il secondo si data una
spiegazione di ordine redazionale che ha bisogno di una pi ampia e articolata
trattazione. Il nostro contributo sinserisce a questo punto della ricerca, con
una riconsiderazione anche del primo testo, 21,33-37, ma con lattenzione
maggiore rivolta al secondo, il c. 35, per stabilire: a) quale rapporto vi sia tra
il nostro schema e lo stato attuale del libro di Ezechiele; b) come dobbiamo
ipotizzare lo svolgimento diacronico della fase nale della redazione del libro,
qualora questultimo mostrasse una redazione nale complessa.
6. quanto ha rilevato P.E. Fitzpatrick, The disarmament of God. Ezekiel 38-39 in its

mythic context (CBQ.MS 37), Washington 2004, 37-39, il quale ha cortesemente commentato la mia ipotesi dello schema cultuale con alcuni rilievi critici; lautore non aveva letto
per il mio studio sulle date di Ezechiele, appena citato, n, credo (un elemento ancora pi
importante) egli ha colto appieno listanza antropologica di fondo del mio assunto; la sua
concezione di mitologia tecnico-letteraria non antropologica (cf. il mio Una lettura
simbolico-strutturalista di Ezechiele).

LA REDAZIONE FINALE DI EZECHIELE

Ez 21,33-37

33

yDnOdSa rAmDa hO;k D;trAm`Daw aEbnIh M#dDa_NRb hD;tAaw 33


hDjwtVp brRj brRj #D;trAmDaw MDtDprRj_lRaw Nw;mAo yEnV;b_lRa hYwOhy
Aaw$Dv JKDl twzSjA;b 34 :qrD;b oAmVl lyIkDhVl h$DfwrVm jAbRfVl
My$IoDvr yElVl`Aj yrawAx_l`Ra JK#Dtwa tEtDl bDzD;k JKDl_MDsVqI;b
MwqVmI;b ;hrVoA;t_lRa bAvDh 35 :Xq NOwSo tEoV;b M$Dmwy aD;b_rRvSa
JKyAlDo yI;tVkApDvw 36 :JK`DtOa fOpVvRa JKyAtwrUkVm XrRaV;b tarVbn_rRvSa
My$rSoO;b MyIvnSa dyV;b JKy#I;tAtnw JKyDlDo AjyIpDa yItrVbRo vEaV;b y$ImVoz
JKwtV;b hRyVhy JKEm;d h$DlVkDaVl hyVh`I;t vEaDl 37 :ty`IjVvAm yEvrDj
p :yI;tr`A;b;d hDwhy yInSa yI;k yr$EkzIt al XrDaDh

E tu, glio delluomo, profetizza e di: - Cos dice il Signore JHWH


ai gli di Ammon e al loro scherno; dirai: Spada! Spada, sguainata per
sgozzare, temprata per annientare, al ne di lampeggiare7! Al ne, mentre
si fanno false visioni su di te e si divinano vaniloqui attorno a te, di metterti alle gole di empi impuri, per i quali giunto il giorno, il momento
della punizione nale. Torna nel fodero, nel luogo dove fosti creata, nella
terra delle tue origini io voglio giudicarti! Riverser su di te il mio sdegno,
sofer il fuoco della mia ira su di te e ti metter nelle mani di uomini
barbari8 atti alla distruzione. Sarai dato in pasto al fuoco, il tuo sangue
sar in mezzo al paese, non si avr pi memoria di te, perch io, JHWH,
ho parlato!.

Questa unit testuale, di non facile interpretazione, si pu denire un duplice oracolo contro le nazioni, pi precisamente un oracolo contro Ammon
(v. 33-34) che si trasforma in un oracolo contro il re di Babilonia (vv.
35-37)9. A sua volta, lunit ben inserita nel c. 21, che ha come motivo
dominante la gura della spada, strumento di giudizio, sottoposto per ad
una variazione di funzioni, no a diventare esso stesso oggetto di punizione
divina, come dimostrano i vv. 35-37, tanto da far pensare al capitolo come
ad una serie di successive aggiunte testuali (si considerino i vv. 8-10, dove
la spada, cio il re di Babilonia, compie il giudizio senza poter essere rinfo7. La versione greca ha: egeirou opw stilbh: Lvati, al ne di lampeggiare!. Linser-

zione dellimperativo rende conto della diversit morfologica della terza congiunzione nale
(lemacan) rispetto alle prime due espresse col semplice lamed.
8. Vi un gioco di parole, grazie al doppio signicato della radice bcr = bruciare ed
essere barbaro (cf. anche la versione greca), il primo essendo in connessione con =
fuoco.
9. W. Zimmerli, Ezechiel (BKAT XIII/1), Neukirchen - Vluyn 1969, 483-484.497-499; K.F. Pohlmann, Der Prophet Hesekiel / Ezechiel. Kapitel 20-48 (ATD 22,2), Gttingen 2001,
316-326.

34

M. NOBILE

derata, e il v. 35). Il duplice oracolo sembrerebbe introdursi in un momento


storico nel quale il giudizio, compiutosi contro Gerusalemme, sindirizza
ora prima ad un popolo che ha gioito della disfatta di essa, Ammon (cf. il
prossimo 25,3 contro lo stesso Ammon), e poi allo stesso strumento di giudizio, posto alla gola degli empi, ma anchesso passibile di giudizio, Babilonia. Dal punto di vista composizionale si registra lannuncio del prossimo
passaggio del giudizio dal popolo di Dio ai popoli stranieri (cc. 25-32). Ci
si pu domandare a questo punto se lattuale composizione delloracolo in
questione non faccia registrare una sua relazione redazionale con il resto del
libro. Sicuramente i vv. 35-37, se non sono un prodotto redazionale nale,
hanno perlomeno ricevuto un riadattamento nale, che possibile scorgere
in 37aa, dove troviamo usata con il verbo la 2^ pers. sing. maschile per il
soggetto in causa, contro luso del femminile nel contesto dellunit (cf.
Zimmerli, 484). Chi costui? A questo livello di redazione, dove fa comodo linnominatezza del destinatario, egli forse non pi semplicemente il
re di Babilonia, ma un nemico chiamato prima da Dio e poi condannato al
fuoco, del quale si parler espressamente, nominandolo, nei cc. 38-39: Gog,
in particolare 38,7 (Sii a mia disposizione) e 39,6-10 (loperazione col
fuoco). Anche laccenno agli uomini barbari nel v. 36 dellunit che stiamo
considerando, pu evocare quellatmosfera fosca dei cc. 38-39.
Ez 35,1-36,15
Il capitolo 35 sinserisce in quella terza parte del libro che dispiega gli
oracoli di salvezza. Laccento negativo che vi prevale in quanto serie di
oracoli contro Seir-Edom, in realt spiegabile attraverso la sua naturale
continuazione in 36,1-1510, dove quei monti dIsraele, contro i quali erano
stati pronunciati gli oracoli di giudizio di 6,1-10, divengono ora destinatari
di una serie di oracoli salvici. Il c. 35 funzionale a 36,1-15. Questo dato
viene confermato da 36,5, dove la citazione ulteriore di Edom, mentre nei
vv. 3-4 e nello stesso v. 5 si sta parlando di MIywgAh, appare come uninserzione tardiva, vlta a legare lunit al c. 35. Il motivo di Edom acquisisce
quindi un ruolo particolare con ogni probabilit a livello di redazione nale, non propriamente coincidente con loracolo simile di 25,12-14. In
altri termini, il tema di Ez 35 una ripresa posteriore delloracolo contro
Edom, stavolta in chiave espressamente favorevole a Israele. quanto in
10. W. Zimmerli, 856-860; K.-F. Pohlmann, 473-477.

LA REDAZIONE FINALE DI EZECHIELE

35

pratica si verica anche nel precedente c. 34, nel quale un oracolo di giudizio contro i pastori dIsraele (vv. 1-10) trapassa in un oracolo salvico
con ampliamenti, che vede prima lo stesso Dio come pastore del suo popolo (vv. 11-22), poi David, posto da Dio a pascolare il suo gregge, sulla
base di una bert lm (vv. 23-25). Sia la rivisitazione redazionale di questoracolo sia quella del c. 35, possono appartenere alla fase nale che ha
impostato la escatologizzazione progressiva del libro. In breve, potremmo
a tutta prima risolvere la questione dellanomalia del c. 35, considerando
questultimo, insieme a 36,1-15, come la forma di un oracolo salvico
la cui positivit prodotta da un oracolo negativo: entrambi gli oracoli
apparterrebbero alla fase escatologica; tuttavia, a motivo del disagio nel
confronto col nostro schema, che considera come un blocco gi concluso
quello degli oracoli contro le nazioni (25-32), mentre in 35 abbiamo ancora
unampia pericope contro un popolo straniero, Edom, vogliamo continuare
a prendere in considerazione tale capitolo. Il fatto meraviglia tanto pi in
quanto nel blocco dei cc. 25-32 vi gi, come abbiamo visto, un oracolo
contro Edom (25,12-14). La motivazione del giudizio contro tale popolo
in pratica la stessa che nel c. 35, dove essa appare molto pi rielaborata,
quasi in modo ripetitivo: la rivalsa di Edom su Giuda, quando questultimo ha subito la catastrofe. In questa visuale il c. 35 appare allora come
una voluta ripresa redazionale di un motivo il cui protagonista reso ora
campione dellinimicizia con Dio. Sarebbe unoperazione che sgancerebbe
Seir-Edom dalla realt storica, per immergerlo in una dimensione mitica.
Unoperazione simile stata compiuta anche tra 29,1-4 e 38,1-4. In un mio
lavoro precedente mettevo in parallelo questi due testi e mostravo come
essi si corrispondessero talora anche verbalmente11:

vdOjAl rDcDo MyEnVvI;b yrIcSoD;b ty$ryIcSoDh hnDvA;b 29,1


hOorAp_lAo KyYnDp MyIc MdDa_NR;b 2:rOmaEl yAlEa hDwhy_rAbd hDyDh
%D;trAmDaw rE;b;d 3:;h`D;lU;k MyrVxIm_lAow wy$DlDo aEbnIhw MyrVxIm JKRlRm
MynA;tAh My$rVxIm_JKRl`Rm hOorAp KyRlDo yInnIh hGwhy yDnOdSa rAmDa_hO;k
4
:yn`ItyIcSo InSaw yrOay yIl rAmDa rRvSa wyrOay JKwtV;b XEbOrDh lw$dgAh
KyrOay_tgd yI;tVqA;bdIhw KyYyDjVlI;b [ MyIjAj ] MyyIjAj yI;tAtnw
Ky$rOay tAg;d_lD;k tEaw Ky$rOay JKw;tIm KyItyIlSoAhw KyRtOcVqVcqV;b
q`D;bdI;t KyRtOcVqVcqV;b
Nel decimo anno, il dodici del decimo mese, la parola di JHWH venne a
me in questi termini: 2 Figlio delluomo, poni la tua faccia contro il faraone,
re dEgitto, e profetizza contro di lui e contro tutto lEgitto. 3 Parla e di:
11. Nobile, Ez 38-39 ed Ez 40-48, 145-146.

36

M. NOBILE

Cos dice Dio, il Signore JHWH: Eccomi contro di te, o faraone, re dEgitto,
grande coccodrillo (MynA;tAh) che sta tra i suoi canali e che dice: Miei sono
i canali, io li ho fatti per me. 4 Ecco, metter ganci alle tue mascelle e far
che i pesci dei tuoi canali si attacchino alle tue squame; ti tirer fuori dai tuoi
canali con tutti i pesci dei tuoi canali attaccati alle tue squame.

MyIc M#dDa_NR;b 2:rOmaEl yAlEa hDwhy_rAbd yIhyw 38,1


aEbnIhw lDbUtw JKRvRm var ayIcn gwYgD;mAh XrRa gwg_lRa KynDp
ayIcn gwYg KyRlEa yInnIh hIwhy yDnOdSa rAmDa hO;k $D;trAmDaw 3:wy`DlDo
yItaExwhw KyRyDjVlI;b MyIjAj yI;tAtnw Ky$I;tVbAbwvw 4:l`DbUtw JKRvRm var
M$D;lU;k lwlVkIm yEvUbVl My#IvrDpw MyIsws K%RlyEj_lD;k_tRaw KVtwa
:M`D;lU;k twbrSj yEcVpO;t NYgDmw hDnIx br lDhq
Venne a me la parola di JHWH in questi termini: 2 Figlio delluomo,
poni la tua faccia contro Gog, del paese di Magog, grande principe di
Meek e Tubal, e profetizza contro di lui. 3 Di: cos dice il mio Signore
JHWH: Eccomi contro di te, Gog, grande principe di Meek e Tubal. 4 Ti
trasciner via, metter dei ganci alle tue mascelle; far marciare te, tutto
il tuo esercito, cavalli e cavalieri vestiti di tutto punto, una moltitudine con
scudo, egida, tutti con la spada brandita.

Quanto occhieggia nel c. 29 come forza del caos (MynA;tAh = il dragone


primordiale), in 38 diviene manifesto come il nemico ultimo e supremo. Gog
non il faraone dEgitto, ma per una dilatazione estrema del signicato di
quella gura. come se il lembo che chiude il blocco degli oracoli contro le
nazioni fosse stato allungato da un redattore successivo e la chiusura dei conti
denitiva fosse stata dilazionata secondo una nuova concezione cronologica,
che potremmo chiamare apocalittica.
In breve, lEdom del c. 35 e il Gog dei cc. 38-39 sono due ben precise
gure di nemici, costruite da un redattore per dilazionare il tempo della realizzazione piena della salvezza della casa dIsraele, la quale godr s di un
periodo di rientro dalle nazioni intorno, ma questa sar solo la prima parte del
processo di salvezza. In una visuale apocalittizzante, la nuova era salvica
denitiva subentrer dopo lultimo duello tra Dio e il suo nemico nale in
ordine di tempo, al ne dinsediare in Gerusalemme il tempio, la sua Legge
e tutte le istituzioni tradizionali trasgurate da una luce utopica (40-48).
La rielaborazione apocalittica
La rielaborazione apocalittica dei testi del libro di Ezechiele gi stata
messa in luce da J. Lust, il quale si occupato soprattutto della terza parte

LA REDAZIONE FINALE DI EZECHIELE

37

dellopera12. Questo studioso espone la sua teoria in connessione con lesame


della sequenza dei testi cos com data nel Papiro 967: 35,1-36,23aa; 38,139,29; 37; 40-48. Com evidente, oltre alla diversa collocazione dei capitoli
rispetto al TM, da rilevare anche la mancanza di 36,23bb-38. Il Lust spiega
le differenze editoriali del 967 come formulazione in chiave apocalittica del
futuro dIsraele: battaglia nale tra Dio e Gog e giudizio escatologico (3839); resurrezione degli eletti (37); restituzione utopica del tempio (40-48).
La sequenza del TM sarebbe dovuto invece a circoli farisaici che avrebbero
prospettato una visione diversa: solo dopo la riunicazione dIsraele e lavvento del Messia (37), sarebbero stati possibili lo scontro nale (38-39) e
linstaurazione della salvezza denitiva (40-48). Anche Pohlmann condivide
la verniciatura apocalittica nale o almeno protoapocalittica del libro di
Ezechiele, cos che offre il seguente prospetto della genesi diacronica di esso
nel quadro della sua teoria delle quattro redazioni13.
1) La parte pi antica sarebbe costituita dal Prophetenbuch14, cio
dalla composizione risalente al Profeta: Ez 4-7*; 11,1-13*; 12,21ss*; 14,120*; 17,1-18*; 18*; 19/31*; 15,1-6; 21,1-4*.5.23-32*; 22,23-31; 23*; 24*26*; 35,1-3aa*.10-12*.15*; 36,1.2.5.7-9.11; 37,11*.12a.14. Come si pu
notare dallanalisi del Pohlmann, in particolare in riferimento ai testi di
nostro immediato interesse, risulterebbero per questa fase solo parte degli
oracoli contro le nazioni, i quali culminerebbero nelloracolo contro Edom
del c. 35, unito gi n dallinizio a 3615.
2) Seguirebbe quella che il Pohlmann chiama la golaorientierte Redaktion, cio quella redazione orientata agli interessi della colonia dei
deportati a Babilonia: 1,1-3*; 3,10-16*; 8-11*;14,21-23; 15,6-8;17,19-24;
22,17-19a; 23,25*; 24,25-27*; 33,21-29; 35,1-36,15*; 37,1-10*.11-14.2528*; 40,1ss*. In questa fase sono da notare gli inizi di quelle unit che
serviranno alle grandi visioni del libro nale: cc. 1; 8-11; 37 e 40. Non vi
sono ritocchi importanti per gli oracoli contro le nazioni.
3) La terza redazione sarebbe quella che il Pohlmann denisce diasporaorientierte, cio una redazione ulteriore che correggerebbe quella precedente in una visione pi universale: 4,13; 6,8-10; 11,16; 12,11.15-16; 20,
12. J. Lust, Ezekiel 36-40 in the Oldest Greek Manuscript, CBQ 43 (1981) 517-533. Per

il rapporto con lapocalittica, anche Ph. Abadie, zchiel et lapocalyptique, LV (L) 256
(2002) 63-83.
13. Pohlmann, Der Prophet, 526; cf. anche il suo Ezechielstudien per lesposizione della
sua teoria.
14. Per il suo discepolo, Th.A. Rudnig, invece, la prima redazione coincide con quella
golaorientierte.
15. Pohlmann, Der Prophet, 367.

38

M. NOBILE

22,15-16; 28,25-26; 29,12b.13; 30,23.26; 33,1-20.30-33; 34,1-15.(16.1722) 25-27a.29.30; 36,16-23ba; 39,25-29*. Rileviamo ancora una volta che
minimi sono i ritocchi agli oracoli contro le nazioni.
4) La quarta ed ultima redazione chiamerebbe inne in causa i testi
delle grandi visioni: 1ss; 8-11; 37; 40ss. Questi testi rietterebbero ormai
una concezione apocalittica.
Lanalisi di Pohlmann, magistralmente condotta, di certo funzionale alla sua teoria della duplice redazione intermedia: quella orientata alla
Gol e quella orientata a favore delle concezioni della Diaspora. Noi non
desideriamo occuparci di questo, tuttavia, bisogna almeno rilevare che i cc.
25-32, gli oracoli contro le nazioni, non possono eliminare lidea di essere
un blocco ben distinto nella struttura del libro, come del resto Pohlmann
stesso deve ammettere (p. 365). Essi non possono essere considerati come
dei testi quasi accidentali allinizio di un processo redazionale, bens una
sezione, anche se redazionalmente talora qua e l ritoccata, che invoca una
differente interpretazione del processo. Lo studioso afferma che nora non
ve ne sono state di soddisfacenti, anzi, dice, di schlssige (denitive),
citando F. Fechter (in loco). Credo per che uno studioso non possa pretendere di offrire sempre una risposta denitiva ai problemi che qualsiasi campo
dinvestigazione presenti. Egli deve porre ipotesi, come del resto fa lo stesso
Pohlmann con la sua duplice redazione intermedia. A nostro parere, il blocco
dei cc. 25-32, nella sua attuale costituzione, va connesso con la sezione degli
oracoli di giudizio, con i quali forma nellarco della fase redazionale nale
ununit (seconda parte dello schema tripartito), anche se distinta a mo
di dittico rispetto a quella degli oracoli contro Israele / Giuda. Lo schema
cultuale tripartito da noi proposto, legge nel libro di Ezechiele una struttura
redazionale dinamica di tipo escatologizzante, che si assesta solo alla ne del
percorso, quando cio riceve una impostazione decisamente apocalittica.
In base a questultima affermazione possiamo ora tentare di ricostruire
il processo della formazione nale del libro di Ezechiele.
Tentativo di ricostruzione della redazione nale
Passeremo ora in rassegna in modo sistematico tutti quegli elementi che ci permettano, commentandoli, di rintracciare glinterventi del redattore nale.
Ez 1,1a:

vd$OjAl hDvImSjA;b yIoyIbr`D;b hGnDv MyIvlVvI;b yIhyw

Avvenne nel trentesimo anno, nel quarto mese, il cinque del mese.

LA REDAZIONE FINALE DI EZECHIELE

39

La misteriosa data del trentesimo anno, di difcile interpretazione,


potrebbe essere ancora inquadrata, secondo noi, in quella griglia che proponemmo anni fa, la quale pone il venticinquesimo anno di 40,1 come
il pendant nale idoneo a integrare il signicato di 1,1. probabile che il
trentesimo anno sia la traccia dellultima redazione, di stampo apocalittico, che avrebbe dovuto forse reimpostare tutta la griglia cronologica,
arrivando appunto al cinquantesimo anno di 40,1 (25 anni + i 25 a partire
dallesilio di Ioiakin)16. Devesservi stato qualcuno che ha voluto correggere, magari cancellando il computo di tipo giubilare apocalittizzante, forse
perch non interessato o addirittura contro tale tipo di concezione (circoli farisaici?); oppure lo stesso editore apocalittico potrebbe aver voluto
lasciare in sospeso il suo computo, offrendo solo la misteriosa cifra dei
trentanni, senza una spiegazione, cos che il numero appare come uno
scampolo di tessuto al vento. Questa situazione testuale di fatto rende ancora pi inaccettabile linterpretazione corrente della cifra come let del
profeta: per quale motivo essa avrebbe dovuto interessare? E se s, perch
nascondere che si tratta dellet? La congurazione del testo di natura
frammentaria: qui che bisogna inserire linterpretazione.
Ez 1,1b: la teofania. Dio appare a Babilonia: egli si staccato dal luogo
della sua normale presenza, Gerusalemme, e si reca presso la Gol, per la
16. L.C. Allen, Ezekiel 1-19 (WBC 28), Dallas TX 1994, 21: nel considerare questa mia po-

sizione, Allen afferma di non trovare un fondamento alla relazione tra il libro di Ezechiele
e il probabile terminus a quo del ritrovamento della Legge al tempo di Giosia, e quindi alla
relazione tra il libro di Ezechiele e il suo inquadramento in una cornice calendariale. In realt,
lepisodio di Giosia non cogente per il testo di Ez 1,1, nonostante il Targum, ma plausibile
linterpretazione dei trentanni a partire da un qualche evento, come quello del ritrovamento
della Legge (purtroppo linformazione di Ez mutila!), in forza del quale si pu ipotizzare un
inquadramento redazionale in rapporto a delle scadenze liturgiche (Zimmerli stesso attento
a questo elemento nel suo commentario) che culminano con il capodanno del settimo mese
di un anno giubilare, anno del derr (cf. Lv 25,10). Molti elementi importanti convergono nel
supportare questa interpretazione. Fin dallinizio del libro, nella vocazione del profeta, viene
enunciato questo rapporto tra il messaggio di Ezechiele e la Tor, come insieme di dettami sia
cultuali che istituzionali: la megillat sefer (Ez 2,9) il rotolo che egli ingoia la Tor, perch
dolce come il miele (Ez 3,3; cf. W. Zimmerli, Ezekiel [BKAT 13/1], Neukirchen - Vluyn 1969,
77). La traiettoria del libro di Ezechiele orientata decisamente verso la Tor del tempio, che sar
la ricostituzione in positivo di quanto in negativo andato distrutto a causa della disobbedienza
a quella Tor, che ha provocato lamenti e pianti (2,9). Naturalmente, per aver accesso a questo
tipo dinterpretazione, bisogna abbandonare la pregiudiziale storicista, in base alla quale si
lavora tradizionalmente: la considerazione del personaggio Ezechiele come profeta inviato
da Dio nel tempo dellesilio a esercitare un ministero reale di predicazione moralistica tra gli
esiliati. Se si tralascia questa visuale, si guarder pi facilmente al libro di Ezechiele come ad
unopera sistematica cos come cerchiamo di farla emergere in questo nostro contributo.

40

M. NOBILE

quale, o, se si vuole, anche per la pi ampia diaspora giudaica, lui stesso


si far tempio per poco tempo (11,16b). Si verica quindi una relativizzazione dello spazio sacro. Anche questo dato va in conto ad una mentalit
apocalittica in corso, che lascer posto sempre pi nella Nachgeschichte
di Ezechiele ad una concezione pencolante tra una visione intramondana
e una ultraterrena. Circa questambivalenza che si gioca tra il cielo e la
terra e che denota la presenza di una mentalit apocalittica, indicativo il
sintagma :My`IhlTa twarAm hRarRaw My$AmDvAh wjV;tVpn = si aprirono i cieli e vidi
visioni divine17. Le visioni divine vengono riproposte in 8,3b e 40,2.
Ez 3,26-27; 29,21; 33,22: il mutismo di Ezechiele. Questa tematica copre
in un arco tutta quella parte del libro che noi abbiamo denito la pars
destruens, cio la seconda parte dello schema cultuale, quella della lotta
di Dio contro i nemici. In 3,26, allapparire del hwhy_dwbV;k, che fa da lo
conduttore redazionale di tutto il libro nella sua componente visionaria (Ez
1; 8-11; 37; 40ss), al profeta viene imposto il mutismo, al quale porr ne
solo Dio stesso. In 29,21 si ha uno strano oracolo aperto da aw#hAh MwyA;b = in
quel giorno, di sapore apocalittico e consistente nellannunciare la futura
comparsa del corno per la casa dIsraele (di natura messianica) e la prossima ne del mutismo. In 33,22, inne, la promessa diventa realt, come lo
diventato la caduta di Gerusalemme (v. 21): Ezechiele non sar pi muto e
potr nalmente manifestare il senso di quel che avvenuto e, come personaggio apocalittico ante litteram, potr esporre il prolarsi del futuro.
Ez 8-11: la seconda teofania ha uno stretto rapporto con la prima del c.
1. Essa spiega in una visione di natura apocalittica, che la collega strettamente con il precedente c. 7 di cui la concretizzazione di riferimento18,
il senso della prima visione e della sua necessit strutturale. La ne di
Gerusalemme e del tempio, visione inaudita rivelata al veggente Ezechiele
tramite una voce la cui funzione ambivalente si mescola a quella di guida
del profeta, come avviene mediante langelus interpres delle visioni apocalittiche, richiede una nuova Gerusalemme e un nuovo tempio19. La visione
17. Zimmerli, Ezechiel, 46, che cita tra laltro 3Mac 6,18; ApcBar 22,1; TestL 2,6; 18,6,

ecc. La presenza di una coloritura redazionale apocalittica spesso rilevata da questo acuto
studioso.
18. J. Lust et al., Notes to the Septuagint Ezekiel 7, EThL 77 (2001) 384-394.
19. M. Konkel, Die zweite Tempelvision Ezechiels (Ez 40-48). Dimensionen eines
Entwurfs, in O. Keel et al. (ed.), Gottesstadt und Gottesgarten, Freiburg i.Br. 2002, 154179; lautore vede un parallelismo tra il dittico Ez 7 (annuncio del disastro) 8-11 (distruzione del tempio) e il dittico 38-39 (vittoria sui popoli) 40-48 (nuovo tempio).

LA REDAZIONE FINALE DI EZECHIELE

41

dei cc. 8-11 la visualizzazione mitica dellevento storico della catastrofe


del 587 a.C.; essa d un senso specico alle parole di giudizio di Dio contro
il suo popolo e pi in l contro le nazioni straniere. Si tratta di una lotta
che Dio conduce contro i suoi avversari, storicamente il male fatto dalla
casa dIsraele e dalle ingiustizie perpetrate dai popoli storici correlati con il
popolo giudaico, miticamente invece le forze del caos primordiale scatenate
dal venir meno dello strumento del loro imbrigliamento: il tempio.
Ez 21,33-37: questa unit, come abbiamo visto pi sopra, va presa per se
stessa, cos come si presenta, cio come un oracolo preesistente contro
Ammon, appartenente al capitolo sul tema della spada. Loracolo avrebbe
ricevuto unampliamento apocalittico, che ha giocato sulla gura nascosta
dalla metafora: il personaggio storico poteva essere originariamente Nabucodonosor, ma lampliamento ha voluto far presagire in quello che prima
era stato uno strumento di Dio, il nemico ultimo contro il quale Dio si
sarebbe mosso distruggendolo, in termini che rimandano ai cc. 38-39.
Ez 25-32: oracoli contro le nazioni straniere. Questa serie di oracoli un
gruppo compatto di testi con un suo ruolo letterario formale che lo assimila
a gruppi come Is 13-23; Ger 46-51; Am 1-2. Pur non escludendo una provenienza originaria diversa di ciascun oracolo e pur ammettendo dei ritocchi
successivi su di essi20, la loro raccolta e collocazione attuali appartengono
alla fase redazionale dellescatologizzazione del libro di Ezechiele21. Un
primo indizio di ci laccumularsi delle date del libro in questa sezione22: ben sette date su tredici e sei delle sette date ruotano attorno allanno
della caduta del tempio, tema appena sviluppato nel precedente 24,15-27.
In questo dato abbiamo una caratteristica fondamentale del libro di Ezechiele, che deve diventare anche criterio ermeneutico. Le date hanno senza
dubbio un riferimento storico, sono cio almeno per lanno attendibili, ma
luso che ne fa il redattore trascende il puro dato cronologico, in quanto
egli conferisce loro un surplus di valore semantico, senza tener conto
del quale non si pu capire il senso della redazione nale. Laccumularsi
delle date attorno allevento centrale della catastrofe di Gerusalemme e del
tempio, che ha avuto una prima manifestazione mitica in 8-11, rivela ora,
ad avvenimento realizzato (33,21 vicino al blocco degli oracoli e 24,26
20. Circa la difcolt di stabilire il processo genetico di tali oracoli, cf. Pohlmann, Der

Prophet, 364 n. 1, 365-368.


21. Pohlmann, Der Prophet, 365.368 (n. 28).
22. Nobile, Considerazioni, 405-406.

42

M. NOBILE

lo precede) e con un codice ancora mitico, il signicato profondo del puro


fatto storico: la necessit di dirigersi contro le forze del caos che sono state
liberate, per ricacciarle nel sottosuolo o negli inferi. Questo pu farlo solo
Dio, ripetendo la lotta primordiale contro il dragone (cf. Is 51,9), agganciandolo alle mascelle, abbattendolo (29,1-4) e spedendolo gi negli inferi,
twyI;tVjA;t XrRa_lRa (32,17-32).
Un altro indizio dellescatologizzazione di marca apocalittica il ripetuto uso del numero sette, rilevato anche da Zimmerli23: oracoli contro sette
popoli, sette date, sette oracoli contro lEgitto.
Vi poi da rilevare quanto gi facevo notare nel lavoro citato24, circa
loperazione redazionale condotta su e attraverso 25-32. Curiosamente, gli
oracoli contro le nazioni del c. 25 non sono datati e non lo nemmeno
loracolo contro Sidone (28,20-23), mentre tutte le date di questo blocco
sono distribuite tra i due avversari che fanno la parte del leone, Tiro e
lEgitto. Di fronte a questo dato, dobbiamo ipotizzare che loperazione
nale di tipo escatologico sia stata condotta in due tempi, anche se difcile tracciare con precisione nei testi i conni netti tra i due. Mentre nel
primo tempo si collocato nellattuale posizione il blocco degli oracoli
contro le nazioni, nel secondo tempo sono stati apportati dei ritocchi che
possiamo denire apocalittici. Con tali ritocchi si voluta stabilire una
gerarchia tra i popoli stranieri, non corrispondente alla realt storica: i
popoli minori e i popoli maggiori. I primi sono stati affrontati tutti
sommariamente in un capitolo (il 25: Ammon, Moab, Edom e i Filistei)
o in un breve brano (Sidone) oppure sono stati semplicemente nominati, come Assur, Elam, Meek e Tubal (32,22-28), e portati tuttavia alla
cifra mitica di sette, inserendo Edom (ancora Edom, il cui ruolo unico
verr fra breve messo in risalto!), i principi del nord e Sidone (vv. 2932)25. I popoli maggiori, invece, cio Tiro e lEgitto, hanno ricevuto
un trattamento speciale. Oltre ad essere contrassegnati dallaccumulo di
date, hanno concentrato su di s quasi tutto il blocco degli oracoli contro
le nazioni (26-28 per Tiro e 29-32 per lEgitto). Questo comportamento
redazionale, nel quadro della serie degli oracoli contro le nazioni, da attribuire alla mano redazionale del secondo tempo, quella apocalittica, ha
cos voluto raggiungere questo effetto: nel blocco di testi, dopo i quali nel
primo tempo seguivano gli oracoli salvici no ai cc. 40ss, senza i cc.
23. Zimmerli, Ezechiel, 579-580.
24. Nobile, Considerazioni, 405-408.
25. Nobile, Beziehung, 256.

LA REDAZIONE FINALE DI EZECHIELE

43

38-39, ha voluto isolare e mettere in risalto due nazioni, Tiro e lEgitto;


nel frattempo isolava anche come terzo popolo Edom, no a collocarlo in
modo cospicuo al c. 35, allinterno della terza fase degli oracoli salvici,
quasi a dilazionare lera della salvezza denitiva. Il procedimento apocalittico ha inoltre sviluppato un altro lo che comincia ad apparire a mo di
accenno in 21,35-37, corre no a 29,1-4, dove assume la maschera mitica
del faraone e la pone inne sul volto di Gog, il quarto nemico, quello per
eccellenza (38,1-4). Nellarticolazione dei quattro popoli avversari, Tiro,
Egitto, Edom e Gog, con ogni probabilit in atto quella concezione apocalittica della storia che ritroviamo in testi come Dn 2, dove si parla della
successione di quattro regni ai quali porr ne il regno di Dio, rappresentato da una grande roccia che piomber sulla statua rappresentante i regni
e la distrugger.
Come si pu notare, lo schema cultuale tripartito non muta con loperazione apocalittica, ma la terza parte, quella dellinstaurazione della salvezza, viene articolata in due tempi secondo la concezione suddetta.
Ez 38-39; 37: assestamento nale. Per realizzare il suo ordine didee, il
redattore apocalittico ha operato una sistemazione dei testi che trova migliore corrispondenza nella sequenza del Papiro 967. Dopo aver esaurito
gli oracoli contro i popoli con linserzione di 38-39, il redattore apocalittico
chiude la sequenza con 39,21-29, che ben rende la conclusione, stavolta
denitiva, della trattazione dei popoli (MywgAh)26 e altrettanto opportunamente introduce al c. 37 con la dichiarazione divina sul dono del suo spirito:
l$EarVcy tyE;b_lAo yIjwr_tRa yI;tVkApDv (v. 29). A sua volta il c. 37, dopo aver
sviluppato il tema della risurrezione dei morti nella valle disseminata di
ossa evocante lo scenario di 39,15, si conclude con i vv. 26-28, che aprono
la via ai cc. 40-48:

MDtwa hRyVhy MDlwo tyrV;b Mw$lDv tyrV;b MRhDl yI;trDkw 26


:M`DlwoVl MDkwtV;b yIv;dVqIm_tRa yI;tAtnw M$Dtwa yItyE;brIhw MyI;tAtnw
hD;mEhw MyIhla`El MRhDl yItyIyDhw M$RhyElSo ynD;kVvIm hDyDhw 27
:M`DoVl yIl_wyVh`Iy
twyVhI;b lEarVcy_tRa v;dqVm hYwhy yInSa yI;k MYywgAh wod`Dyw 28
s :M`DlwoVl MDkwtV;b yIv;dVqIm

MywgAh, mentre al v. 27 si usa sia MywgAh che


My$I;mAoDh. I termini sono equivalenti, ma la duplicit della resa indica la complessit dellope26. Nei vv. 21.23 i popoli vengono resi con

razione redazionale nale. La spiegazione che si pu dare che 38-39 siano stati inseriti in
una sequenza della quale facevano gi parte in qualche modo i vv. 21-29.

44

M. NOBILE

Stipuler con essi un patto di pace, un patto eterno vi sar con essi,
li collocher e li moltiplicher27 e porr il mio santuario in mezzo ad essi
in eterno. La mia dimora sar su di essi; sar il loro Dio ed essi saranno
il mio popolo. I popoli sapranno che io sono JHWH, che santica Israele
con lessere il mio santuario in mezzo ad essi per sempre.

Ez 40-48: il tempio e la sua Tor. La data di 33,21 e quella di 40,1 sono


i conni cronologici di valore simbolico che il redattore ha posto per racchiudere il tempo storico della via alla salvezza. Con la data giubilare
di 40,128 si apre il giorno della rivelazione della nuova realt: il tempio e
la sua Tor. I brani narrativi di questa sezione, 40,1-4; 43,1-12; 47,1-12
concludono la narrazione del libro di Ezechiele, e trasformano in segno
positivo tutto quanto precedentemente era di segno negativo. Il passaggio
avviene in uno scenario utopico. Il veggente Ezechiele sale come Mos
su un monte molto alto (40,2>Es 19,3)29 e, come nelle opere apocalittiche del III-II sec. a.C. del tipo del Libro dei Giubilei, viene condotto da
un uomo inviato da Dio (cf. 40,3) a contemplare in visioni divine il
nuovo tempio, per poi manifestarlo alla casa dIsraele (v. 4). La presentazione del personaggio Ezechiele in questo ritratto ideale e nel contempo
formale, tipico cio di una concezione consolidata, d a noi il criterio ermeneutico, al quale accennavo nella nota 16, per interpretare la funzione
di Ezechiele nel quadro redazionale del libro. Ezechiele, nella redazione
nale, alla pari di Mos per il Pentateuco nale, perde i contorni di una
gura storica per assurgere a gura ideale: veggente (come i personaggi
apocalittici dei patriarchi, di Mos, di Enoc, di Esdra, di Baruc), profeta,
datore o mediatore di Tor e quindi sofer. Intanto, la gloria di JHWH
rientra da oriente nel santuario, ripercorrendo a ritroso litinerario di 8-11;
il suo passaggio riempie di luce la terra e linterno del tempio (43,1-5). La
presenza di Dio nel tempio, in mezzo al suo popolo con il quale ha rinnovato lalleanza, fa scaturire dalla soglia del tempio il rivolo che diventa
via via un ume navigabile che apporta fertilit alla terra dIsraele assimilata ad un nuovo Eden (cf. 36,35). Il grande eone della storia presente,
apertosi con il racconto del giardino dellEden (Gn 1-3), si conclude con
27. Li collocher e li moltiplicher, manca in G*.
28. Nobile, Nellanno trentesimo; Ez 38-39 ed Ez 40-48.
29. Da molto tempo viene studiato questo rapporto ideologico e teologico tra Ezechiele e

Mos: J.D. Levenson, Theology of the program of restoration of Ezekiel 40-48, Missoula
MT 1976; R. Levitt Kohn, Ezekiel, the Exile and the Torah, SBL.SPS 38 (1999) 501-526;
Idem, A prophet like Moses. Rethinking Ezekiels relationship to the Torah, ZAW 114
(2002) 236-254.

LA REDAZIONE FINALE DI EZECHIELE

45

la chiusura del cerchio operata dal nuovo Eden, secondo una composizione di stampo apocalittico.
I tre brevi brani narrativi hanno la funzione composizionale, simile a
quella che si ritrova nel pentateuco-esateuco, dimbrigliare e sistemare la
Tor del tempio (43,12), accompagnata anche dalla delimitazione dei
conni e dalla distribuzione della Terra (Ez 47-48>Gs). A questo proposito,
lapporto di vari gruppi sacerdotali nelleditare il codice di leggi denitivo
di 40-48 si pu anche discutere, ma eviterei la frammentariet eccessiva
del Rudnig. Il Konkel ha gi rimpicciolite le differenze, ma io aggiungerei
ancora che esse possono essere viste tutte insieme come unopera unitaria
di assemblamento, tipico del periodo di sistemazione delle Scritture, cio
gli ultimi secoli prima di Cristo.
Lordine didee di questultima parte del libro di Ezechiele rende conto
della vicinanza oltre che ideologica anche temporale di quella tradizione da
esso creata e attestata nella letteratura tardogiudaica e di Qumran, in opere
come Il rotolo del tempio (11QTemple) e la Nuova Gerusalemme (1Q32,
2Q24, 4QNJ, 5Q15, 11QNJ, tutti frammenti aramaici)30.
Conclusione
A questo punto del nostro contributo ci si pu chiedere in modo ancor pi
diretto: che ne dello schema cultuale di fondazione? Lo schema, dopo
questa disamina, non viene intaccato per nulla nella sua idea di fondo antropologica circa il bisogno di (auto)fondazione che luomo di sempre si
porta con s n dalla nascita. La trasposizione del modello tripartito nel
libro di Ezechiele, viene confermata proprio dalla originalit delluso che
ne fa (consapevolmente o no) il redattore nale.
La novit comportata da questo nostro lavoro consiste nel considerare la redazione nale come unoperazione unitaria dilatata nel tempo e
che pu essere descritta come un processo rapido e progressivo di escatologizzazione sfociato in una composizione di chiara marca apocalittica.
30. F. Garca Martnez, The New Jerusalem and the future temple of the manuscripts

from Qumran, in Idem (ed.), Qumran and Apocalyptic. Studies on the aramaic texts from
Qumran, Leiden 1992, 180-213; M. Nobile, La Nuova Gerusalemme in un documento
di Qumran e in Apocalisse 21. Genesi di una teologia, in L. Padovese (ed.), Atti del VI
Simposio di Efeso su S. Giovanni apostolo (Ist. Spirit. Franc. PUA), Roma 1996, 163-171;
Idem, Sar per essi un tempio per poco tempo. Da Ezechiele allApocalisse: il tragitto
di unidea, in E. Bosetti - A. Colacrai (ed.), Apokalypsis. Percorsi nellApocalisse di Giovanni, in onore di Ugo Vanni, Assisi 2005, 127-146.

46

M. NOBILE

difcile rendere conto nei dettagli dellapporto nel tempo di coloro che
hanno lavorato alla stesura nale. Possiamo farlo solo con gli elementi pi
evidenti.
1) La visionariet che n dal c. 1 pervade il libro conferendogli laspetto
di una di quelle opere tardo-giudaiche succitate.
2) La data di Ez 1,1, il trentesimo anno, che pur svolazzando come
frammento mutilo, rende conto del grande progetto nale dellopera, a
fronte di operazioni editoriali similari.
3) I ritocchi che qua e l hanno permesso lorientamento generale del
libro: 21,35-37; i ritocchi allinterno dei cc. 25-32, con il rilievo dato
a Tiro e allEgitto; il c. 35, che ha trasgurato limmagine di Edom (si
pu discutere sul personaggio o popolo che pu esservi dietro, tenendo
conto del periodo storico: III-II sec. a.C.). Alla stessa fase nale, ma
immediatamente prima, appartiene la delimitazione della seconda fase
dello schema: 3,26-27; 29,21; 33,22.
4) Linserzione e lo sviluppo pieno dei cc. 38-39, che hanno operato la
dilatazione dei tempi dello schema e la dilazione conseguente della
parte nale della terza fase, quella della ri-fondazione del tempio e di
tutte le istituzioni.
5) Linserzione di 37,1-10, la sua collocazione dopo 38-39 e laggiustamento redazionale con quegli oracoli della rinascita del popolo dIsraele
che dovevano essere degli oracoli salvici gi esistenti. Ora, la resurrezione riguarda un evento escatologico che inaugura e si fonde con
il nuovo eone, fatto cadere nel Capodanno di un anno giubilare: una
formulazione liturgico-cultuale per dare il senso profondo della nuova
realt, rifondata e ri-creata.
Marco Nobile
Ponticia Universit Antonianum, Roma

LORDINE DEI SALMI

A. Mello

Gli antichi maestri ebrei avevano gi registrato lapparente mancanza di


ordine del Salterio, per lo meno di un ordine cronologico nella sequenza
degli eventi biograci riferiti a David. Il problema si posto n dallinizio,
nel Salmo 3, che il titolo situa mentre David fuggiva davanti a Assalonne
suo glio. Questo, infatti, uno degli ultimi episodi della vita di David,
mentre altri salmi, posteriori, si rifanno a esperienze precedenti del Reprofeta: quando inseguito da Saul o quando si rifugia presso i Filistei o
anche quando cade in peccato con la moglie di Uria. Un principio ermeneutico valido per tutta la Scrittura, secondo i Rabbini, che non vi n
prima n dopo: tutto, per cos dire, contemporaneo per il lettore della
Bibbia. Abramo contemporaneo di Mos, e Mos contemporaneo di Elia
(entrambi sono contemporanei di Ges, potremmo aggiungere noi). Perci
neppure il Salterio davidico presenta un ordine cronologico, a dispetto dei
tentativi anche moderni di rintracciarne uno1.
Il Midrash Tehillim, lopera esegetica ebraica pi compatta sul Salterio, parafrasa un passo di Giobbe cui si fa dire: Luomo non ne conosce
lordine (Gb 28,13): non sa riconoscere, appunto, quale sia lordine del
Salterio. Non che questordine non esista, ma esso umanamente irraggiungibile. Dice Rabbi Elazar: Le pericopi della Scrittura (che in questo
caso vanno intese proprio come i singoli salmi) non sono state date in una
sequenza ordinata, perch, se fossero state date con un ordine, chiunque le
legga potrebbe far risorgere i morti e compiere altri prodigi. Perci lordine
dei Salmi ci rimane nascosto, ed manifesto solo al Santo sia benedetto
, come si dice: Chi, come me, pu leggerli, proclamarli e metterli in
ordine? (altra lettura midrashica di Is 44,7 che gioca, in particolare, sullambiguit del verbo qara: sia chiamare che leggere)2. Con questo,
si afferma la ragione per cui lordine dei Salmi rimane inattingibile: , per
cos dire, un segreto teologico.
1. J.H. Walton, Psalms: a Cantata about the davidic Covenant, JETS 34 (1991) 21-31,

segnala un certo ordine cronologico nei titoli dei Salmi, ma a prezzo di qualche forzatura.
Una ossservazione analoga vale anche per M.D. Goulder, The Prayers of David (Psalms
5172) (JSOT SS 102), Shefeld 1990, che si limita alla seconda raccolta davidica, interpretata come se fosse una liturgia a carattere storico.
2. S. Buber (ed.), Midrash Tehillim, Vilna 1891 (Gerusalemme 1977), p. 33, sul Sal 3,1.
LA 56 (2006) 47-70

48

A. MELLO

Dal canto suo, santAgostino arriva pi o meno alla stessa conclusione.


Neppure lui nega che esista un ordine del Salterio, ma afferma candidamente di non averlo ancora scoperto, nonostante che si sia occupato cos
estesamente del libro dei Salmi: Ordo psalmorum, quod mihi magni sacramenti videtur continere secretum, nondum mihi fuerit revelatum (Lordine dei Salmi, che mi sembra contenere un segreto di somma importanza,
non mi stato ancora rivelato)3. Questa breve annotazione di estremo
interesse. Il pi grande commentatore del Salterio di tutta lantichit ha la
netta percezione che questo possieda un ordine, e che anzi il suo ordine sia
della massima importanza, sia un secretum magni sacramenti, quindi un
segreto teologico quasi sacramentale, anche se deve umilmente confessare
di non averlo ancora saputo decifrare. Un commentatore dei nostri tempi, Michael Goulder, fa unosservazione che si pu considerare analoga a
quella agostiniana: La sensazione istintiva che lordine dei Salmi sia un
fattore importante non affatto ingenua, ed lungi dallessere irrazionale
del tutto appropriato iniziare lo studio del Salterio con il presupposto che
si tratti di una raccolta ordinata e non assortita; o, quanto meno, che essa
contenga elementi razionalmente ordinati4.
Lordine del Salterio un dato che precede e fonda la nostra lettura dei
Salmi, al punto da costituire una sorta di principio metodologico istintivo
e irriesso. Senza pretendere di scoprire un segreto che farebbe risorgere
anche i morti, possiamo tentare di considerare per sommi capi quali sono i
motivi per cui ragionevole pensare che il Salterio abbia un ordine, ovvero
sia un libro dotato di capo e coda, e di una certa coerenza interna. I motivi
appariranno soprattutto questi tre:
a) il Salterio un libro con un inizio e una conclusione, e questo un
fatto ormai assodato dallodierna esegesi canonica;
b) il corpo del libro non disorganico, ma tenuto insieme da una
progressione tematica e da una serie di rimandi intertestuali;
c) per il Salterio si pu anche postulare una certa unit interiore, almeno nel senso che lIo dei Salmi, o il loro principale destinatario, si deve
considerare come il Re, protagonista della liturgia del primo tempio.
Per arrivare a queste conclusioni, occorre per considerare una serie
di indizi che stanno modicando profondamente la nostra lettura del libro
dei Salmi5.
3. Agostino, Enarrationes in Psalmos, vol. 4, Roma 1977, sul Sal 150,1.
4. M.D. Goulder, The Psalms of the Sons of Korah (JSOT SS 20), Shefeld 1982, 8.
5. Una presentazione esauriente dello stato della ricerca sullorganizzazione del Salterio,

che tiene doverosamente conto anche degli autori antichi, ebrei e cristiani, offerta ora da

LORDINE DEI SALMI

49

1. Consequentia
Tutta lesegesi dei Salmi del Novecento, a partire dai due grandi nomi di
Hermann Gunkel e di Sigmund Mowinckel, si fondata sullipotesi che il
Salterio fosse un testo liturgico, linnario del secondo tempio, evidentemente adatto alluso nel culto, ma sprovvisto di un ordine letterario proprio.
Quindi non si cercava di considerare il Salterio come un insieme ordinato,
coerente, ma si analizzavano i salmi uno per uno, come rappresentanti di
un certo genere o di un certo uso cultuale. Linteresse esegetico, oggi,
molto cambiato: pi che storico-archeologico, diventato letterario. Non
si cerca pi il posto dei salmi nella vita o nel culto dIsraele, si dubita
anzi che questo obiettivo sia raggiungibile, ma ci si limita ad osservare
qual il loro posto nel libro, la loro funzione letteraria, che se non altro
un dato oggettivo, non ipotetico. Questo vero per tutta lesegesi biblica:
a partire allincirca dagli anni ottanta del Novecento sono invalsi, dopo i
metodi diacronici, altri metodi pi sincronici. Ma per il Salterio il cambio
di prospettiva ancora pi radicale: i singoli salmi non sono pi delle unit
a s stanti, ma diventano parte di un tutto e, per esprimerci con le parole di
uno dei protagonisti di questo cambiamento, la forma nale, contestuale,
del Salterio, conferisce alle singole parti di cui composto un signicato
maggiore che non la loro somma6. Quindi la forma canonica del Salterio
non la semplice addizione di un salmo allaltro: una unit, che poi il
criterio della sua stessa ispirazione.
Tuttavia, questo nuovo orientamento nellesegesi dei Salmi non un
fatto completamente inedito: , anzi, un ritorno a metodi antichi, del passato, dellesegesi premoderna. Prima di considerare i cambiamenti esegetici, utile riesaminare luso liturgico, ebraico e cristiano, in Oriente e in
Occidente7. Luso monastico antico, dei nostri santi Padri (RB 18,15) era
di recitare tutto il Salterio di la in un giorno (richiede dalle quattro alle
cinque ore). Questo per gli anacoreti era il canone, la norma da seguire, e
tra laltro lo recitavano a memoria, dallinizio alla ne. I cenobiti seguivano
un uso diverso. Con un numero variabile di sinassi o preghiere comuni, il
canone diventa quello di recitare lintero Salterio in una settimana. La
Regula Benedicti prevede ancora questo canone, ma la recita non pi conD. Scaiola, Una cosa ha detto Dio, due ne ho udite. Fenomeni di composizione appaiata
nel Salterio Masoretico, Roma 2002, 95-166.
6. J.C. McCann, The Shape and Shaping of the Psalter (JSOT SS 159), Shefeld 1993, 7.
7. Come fa B. Standaert, Alla scuola dei Salmi, con parole e oltre ogni parola, Milano 2002,
57-65. Ma uno studio pi esauriente penso che resti da fare.

50

A. MELLO

tinua, dal Sal 1 al Sal 150. In Oriente, invece, si mantenuto no al giorno


doggi. Tutto il Salterio diviso in 20 cathismi, ciascuno di tre stanze. Una
stanza comprende dai due ai tre salmi, recitati di la. Se ci volgiamo, poi,
allebraismo, troviamo la stessa pratica settimanale, ma in un ordine ancora
pi compatto: 1) Sal 129; 2) Sal 3050; 3) Sal 5172; 4) Sal 7389; 5)
Sal 90106; 6) Sal 107119; 7) Sal 120150 (tre volte su sette, si rispetta
anche lincipit dei cinque libri). Quindi si pu dire che nellebraismo e
nellOriente cristiano, la recita dei Salmi sempre rimasta continua, mentre
in Occidente da lungo tempo ha cessato di esserlo. Certo luso liturgico,
anche ebraico, autorizza la scelta di salmi non contigui, per la preghiera
personale ha sempre avuto come norma la recita continua.
A questo riguardo va segnalata unopera patristica in apparenza piuttosto strana, ma che sintomatica delluso di leggere il Salterio dallinizio
alla ne, secondo la sua scansione canonica in cinque libri, ed la In inscriptiones psalmorum di Gregorio Nisseno8. Questopera commenta solo
i salmi iniziali di ogni libro, considerandoli come le cinque tappe della
vita virtuosa, e ponendosi il problema di quale sia lo scopo o principio
ordinatore di tutta la raccolta. Si tratta di unopera originale tra quelle patristiche dedicate ai Salmi, e per certi versi anche molto moderna, proprio
perch riconosce un ordine o una progressione allinterno dei cinque libri
del Salterio. Come si vede, lapproccio canonico non fa che ricongiungersi
a una prassi antica, che era la lettura continua del Salterio, quella che i greci
chiamavano akolouqia, e i latini consequentia.
2. La connessione tra un salmo e laltro
Il merito di aver decifrato le chiavi della connessione fra un salmo e laltro va senza dubbio a Franz Delitzsch, che nel 1846 pubblica a Lipsia le
Symbolae ad Psalmos illustrandos isagogicae, ancor prima del suo grande commentario in tedesco del 1859-60. La seconda parte di questopera
pionieristica si intitola infatti: De ordine psalmorum ejusque causis ac
legibus. Tra le leggi che consentono di individuare lordine dei Salmi,
Delitzsch enumera le seguenti:
a) il loro carattere o argomento,
b) lafnit dellinizio o della ne di un salmo con linizio e la ne di
un altro,
8. Gregorio di Nissa, Sui titoli dei Salmi, Roma 1994 (Testi patristici 110).

LORDINE DEI SALMI

51

c) la coincidenza di qualche espressione verbale,


d) la disposizione interna,
e) la sequenza acrostica.
Queste leggi sono da lui chiamate analogiche, appunto perch lordine dei Salmi letterario, e non cronologico, ma anche perch si fonda
sullantico principio rabbinico dellanalogia, intesa come corrispondenza
verbale tra passi biblici che, per questa ragione, diventano simili. Su queste
basi, egli ha potuto stabilire una concatenazione tra salmi contigui che
rintracciabile, praticamente, lungo tutto il Salterio. Si tenga presente che
Delitzsch venuto prima di Gunkel e della sua teoria individualistica dei
generi letterari: purtroppo, si deve dire che ha avuto meno fortuna. Ma,
senza esagerare, lautore che ha maggiormente contribuito a rivelare quellordine dei Salmi che era rimasto nascosto a santAgostino9. Infatti, che
esistano dei contatti verbali tra salmi contigui sotto gli occhi di tutti, ma
il merito di Delitzsch lavere evidenziato degli indizi formali abbastanza
solidi da individuare una catena continua del Salterio, dallinizio alla ne
(di solito a coppie di salmi, ma talvolta anche in sequenze di tre o pi). In
particolare, la connessione tra due salmi contigui pu vericarsi a livello
di termini estremi (inizio di un salmo e ne dellaltro); intermedi (ne di
un salmo e inizio dellaltro); iniziali (inizio di entrambi) e nali (ne di
entrambi). Data la difcolt di reperire nelle biblioteche questopera ancor
oggi degna della massima considerazione, qui di seguito ne presento sommariamente i risultati principali10.
1-2
2-3
3-4
4-5
5-6
6-7
7-9

Beato: 1,1 e 2,12 (ne); perdere la via: 1,6 e 2,12; mormorare: 1,2 e 2,1
Monte del mio (suo) santuario: 2,6 e 3,5
Coricarsi e addormentarsi: 3,6 e 4,9 (ne)
Perch tu Jhwh: 4,9 e 5,13 (in ne)
Tutti gli operatori di iniquit: 5,6 e 6,9
Nella tua ira: 6,2 e 7,7; i miei avversari: 6,8 e 7,7
Cantare il Nome di Jhwh Altissimo: 7,18 (ne) e 9,3 (8,2)

9. Il metodo della concatenatio fra salmi contigui stato poi afnato anche da altri autori,

per esempio da G. Barbiero, Das erste Psalmenbuch als Einheit (BS 16), Frankfurt a.M.
1999. Ma la moltiplicazione degli indizi che si possono rinvenire rischia di rendere meno
perspicue le connessioni essenziali messe in luce da Delitzsch, che certamente sono perfettibili, ma non pi di tanto.
10. Ringrazio Giovanni Boer per avermi reso disponibile lopera di Delitzsch, altrimenti
non reperibile nelle biblioteche di Gerusalemme. La Tabula connexionis singulorum psalmorum di questo autore (pp. 46-69 dellopera citata) viene qui tradotta e riportata con poche
modiche di dettaglio.

52

A. MELLO

9-10
10-11
10-12
12-13
13-14
14-15
15-16
16-17
17-18

18-19
19-20
20-21
21-22
22-23
23-24
24-25
25-26
26-27
27-28
28-29
29-30
30-31
31-32
32-33
32-34
33-34
34-35
35-36
36-37
37-38
38-39
39-40
40-41
41-42
42-43
42-44

Nei tempi dellangoscia: 9,10 e 10,1. Acrostico alfabetico


Colpire di nascosto linnocente: 10,8 e 11,2 (nesso tematico)
Sofare contro: 10,5 e 12,6
Crescere, alzarsi: 12,9 (ne) e 13,3
Rallegrarsi: 13,6 e 14,7 (in ne)
Chi dar? - Chi abiter?: 14,7 (ne) e 15,1 (inizio)
Dimorare: 15,1 e 16,9; vacillare: 15,5 (ne) e 16,8 (17,5)
Saziarsi del volto: 16,11 e 17,15 (in ne); custodiscimi: 16,1 e 17,8; alla
tua destra: 16,11 e 17,7
Custodire la via: 17,4 e 18,22; invocare: 17,6 e 18,4.7; Salvatore: 17,7
e 18,42; circondare: 17,11 e 18,6; precedere: 17,13 e 18,6.19; piegare:
17,13 e 18,40
Mia Rupe: 18,3.47 e 19,15; la parola di Dio pura: 18,31 e 19,8
Il Sal 20 risponde alla domanda del Sal 19: cf. 19,15 (ne) e 20,2
(inizio)
Salmi gemelli: risposta divina alla domanda del re (20,6 e 21,3)
Tua (mia) salvezza: 21,2 e 22,2; invocare di giorno: 20,10 e 22,3
I poveri mangeranno (22,27); Tu prepari per me una tavola (23,5)
Nella casa di Jhwh: 23,6 e 24,3
Chi questo re? (24,8.10); Chi questo uomo? (25,12)
Integrit - riscattare: 25,21-22 (ne) e 26,1.11 (inizio e ne)
Nella casa di Jhwh: 26,8 e 27,4; pianura: 25,12 e 27,11
Fortezza della vita / della salvezza: 27,1 e 28,8
Forza del popolo - benedizione: 28,8-9 e 29,11(ne)
Gloria e forza: 29,1 e 30,8.13
Dicevo nella mia sicurezza / precipitazione: 30,7 e 31,23
Dicevo: 31,23 e 32,5
Esultate giusti: 32,11 (ne) e 33,1 (inizio)
Beato luomo: 32,2 e 34,9 (beato il popolo: 33,12)
Gli occhi di Jhwh sui giusti: 33,18 e 34,16
Langelo di Jhwh: 34,8 e 35,5.6
Servo di Jhwh: 35,27 (ne) e 36,1 (titolo)
Delizie / deliziarsi: 36,9 e 37,11; giustizia e giudizio: 36,7 e 37,6; luce:
36,10 e 37,6
Aiuto: 37,40 (ne) e 38,23 (ne)
Mutismo, non aprire la bocca: 38,14 e 39,3.10; attesa di Jhwh: 38,16 e
39,8; correzioni: 38,15 e 39,12; la mano di Jhwh: 38,3 e 39,11
Speranza: 39,8 e 40,2; grido: 39,13 e 40,2
Beato luomo: 40,5 e 41,2; ho detto: 40,8 e 41,5; compiacersi: 40,7 e
41,12
Con il Sal 41 termina il primo libro. I Sal 41 e 42 non sono concatenati
Perch me ne vado triste, oppresso dal nemico? 42,10 e 43,2. Ritornello
identico in 42,6.12 e 43,5. Probabilmente un solo salmo
Ordinare lamore / la salvezza: 42,9 e 44,5

LORDINE DEI SALMI

53

43-44 Stessa radice in 43,5 e in 44,26 (aderire alla polvere); respingere: 43,2

e 44,10

44-45 Lodare per sempre (selah): 44,9 e 45,18 (ne)


45-46 Per questo: 45,18 (ne) e 46,3
46-47 Grande sulle genti: 46,11 e 47,8.9; Giacobbe: 46,8.12 e 47,5; Altissimo:

46,5 e 47,3

46-48 Citt di Dio: 46,5 e 48,2.9; rifugio: 46,12 e 48,4; Jhwh zevaot: 46,8 e
47-48
47-49
49-50
50-51
51-52
52-54
54-55
55-56
56-57
57-59
59-61
61-63
63-64
64-65
65-66
66-68
68-69
69-70
70-71

71-72
72-73
73-74
73-75
74-75
75-76
76-77
77-78
78-79
79-80

48,9
Molto esaltato / lodabile: 47,10 (ne) e 48,2 (inizio)
Tutti i popoli: 47,2 (inizio) e 49,2 (inizio)
Ascolta(te): 49,1 e 50,7
Sacrici di grazie: 50,14.23 e 51,19
Quando venne: 51,2 e 52,2 (titolo; vedi anche 54,2)
Non porre Dio come rifugio: 52,9 e 54,5; il tuo Nome che buono:
52,11 e 54,8
Ascolta la mia preghiera: 54,4 e 55,2
Colomba, lontano: 55,7.8 e 56,1 (titolo)
Piet di me (piet di me): 56,2 e 57,2 (sempre allinizio)
Leoni, denti, spade: 57,5; 58,7 e 59,8; svegliati: 57,9 e 59,5; canter:
57,10 e 59,18
Rifugio (aiuto) nellangoscia: 59,17; 60,13 e 61,4
Sei stato un rifugio (aiuto) per me (noi): 61,4; 62,9 e 63,8
Si rallegra il giusto (il re), si autoloda: 63,12 e 64,11 (in ne)
Si autolodano / esultano: 64,11 e 65,14 (ne)
Pagare i voti: 65,2 e 66,13
Benedetto Dio: 66,20; 67,8 e 68,36 (in ne). Terribile Dio: 66,5 e 68,36
Abitare sulla terra: 68,11 e 69,36-37 (ne)
Io sono povero e afitto: 69,30 e 70,6 (ne)
Affrettati a soccorrermi: 70,2.6 e 71,12; si vergognino e arrossiscano
quanti cercano la mia vita: 70,3 e 71,13.24 (ne). il ritornello di un
unico salmo?
La tua giustizia: 71,2.15.16.19. 24 (ne) e 72,1
Con il Sal 72 niscono le preghiere di David: non c coesione con il
Sal 73
Voce rara: sciagure (73,18 e 74,3); santuario: 73,17 e 74,7
Vicino: 73,28 (ne) e 75,2 (inizio); dallalto: 73,8 e 75,6; raccontare:
73,28 e 75,2
Il tuo Nome: 74,21 e 75,2
Dio di Giacobbe: 75,10 e 76,7; tutti gli empi / umili della terra: 75,9 e
76,10
Dio grande: 76,2 e 77,14; terremoto: 76,9 e 77,19
Porgere lorecchio: 77,2 e 78,1 (inizio); pascere: 77,21 e 78,72 (ne)
Eredit: 78,71 e 79,1 (ne e inizio)
Gregge: 79,13 e 80,2 (ne e inizio); dileggio: 79,4 e 80,7

54
80-81
81-82
82-83
83-84
84-85
85-86
86-87
87-88
88-89
89-90
90-91
91-92
92-93
93-94
94-95
95-96
96-99
97-98
98-100
100-101
101-102
102-103
103-104
104-106
106-107
107-108
108-109
109-110
110-111
111-118
111-112
112-113
113-114
114-115
115-117
117-118
118-119
119-120
120-125
121-122
121-123
121-124
122-123
123-124

A. MELLO

DallEgitto: 80,9 e 81,11; testimonianza: 80,1 e 81,6


Ostinazione: 81,12 e 82,5 (nesso tematico)
Perch tu: 82,8 (ne) e 83,19 (ne)
Non tacere / guarda: 83,2 e 84,10 (nesso tematico)
Dio d (non riuta) il bene: 84,12 e 85,13
Mostra la tua grazia / la tua via: 85,8 e 86,11
Tutte le genti si prostreranno: 86,9 e 87 (tema del salmo)
Piega il tuo orecchio: 86,1 e 88,3; povero e indigente: 86,1 e 88,16
Maskil di Eman / Etan ezrachita (titolo)
Fine terzo libro: nessuna particolare connessione verbale
Vedere la tua opera / la mia salvezza: 90,16 e 91,16
Altissimo: 91,1 e 92,2 (inizi)
Jhwh in alto: 92,9 e 93,4
Vestito di orgoglio / orgogliosi: 93,1 e 94,2
Rupe di rifugio / salvezza: 94,22 (ne) e 95,1 (inizio)
Su tutti gli di: 95,3 e 96,4
Jhwh re: 96,10; 97,1; 98,6; 99,1
Il suo santo: 97,12 (ne) e 98,1 (inizio)
Grida a Jhwh tutta la terra: 98,4 e 100,1
Amore per sempre: 100,5 e 101,1
Stare davanti agli occhi: 101,7 (ne) e 102,29 (ne)
Provare misericordia: 102,14 e 103,13
Benedici Jhwh anima mia: 103 e 104 (inizio e ne di entrambi)
Alleluja (alla ne di tutti)
Lodate Jhwh per il suo amore: 106,1 e 107,1 (passim)
Il suo amore / il tuo amore: 107,1 e 108,5
Il tuo amore: 108,5 e 109,21.26; ti lodo / lodo Jhwh: 108,4 e 109,30
Alla destra: 109,31 (ne) e 110,1.5
Giudica le genti / d in eredit le genti: 110,6 e 111,6
Alleluja (allinizio o alla ne)
La sua giustizia sta per sempre: 111,3.10 e 112,3. Salmi alfabetici
Alleluja: 112 (inizio) e 113 (inizio e ne)
Participi maschili terminanti in jod: 113,5-9 e 114,8
Casa di Giacobbe / di Israele: 114,1 e 115,1.2
Amore e fedelt: 115,1 e 117,2
Perch grande / eterno il suo amore: 117,2 e 118,1.29
Benedetto / Beato: 118,26 e 119,1.2
Anima, lingua, labbra: passim
Shalom, pace: 120,6.7; 122,6-8; 125,5 (ne)
Il tuo piede / i nostri piedi: 121,3 e 122,2
Alzare gli occhi: 121,1 e 123,1 (inizi)
Aiuto nel Nome di Jhwh che ha fatto cielo e terra: 121,2 e 124,8
Jhwh nostro Dio: 122,9 (ne) e 123,2
La nostra anima: 123,4 e 124,4

LORDINE DEI SALMI

125-126
126-127
127-128
128-130
130-131
131-132
132-133
133-134
134

134-135
135-136
136-137
137-138
138-139
139-140
140-141
141-142
142-143
143-144
144-145
145-146
146-147
147-148
148-149
149-150

55

Sion: 125,1 e 126,1 (inizi)


Sogno / sonno: 126,1 e 127,2
Beatitudine: 127,5 e 128,1 (ne e inizio)
Israele: 128,6; 129,1; 130,8 (ne - inizio - ne)
Israele speri in Jhwh: 130,7 e 131,3 (ne)
David: 131,1 (titolo) e 132,1 (umilt)
Col: 132,17 (quasi ne) e 133,3 (ne)
Ecco: 133,1 e 134,1 (inizi)
Questa conclusione dei salmi graduali ne ricapitola varie espressioni:
Stare (122,2); alzare (121,1); benedire (128,5); Sion (125,1); Jhwh che
ha fatto il cielo e la terra (121,2)
Servi di Jhwh: 134,1 e 135,1 (inizi)
Lodate Jhwh che buono: 135,3 e 136,1
Ricordare: 136,23 e 137,1.6.7
Cantare: 137,4 e 138,5
Da lontano: 138,6 e 139,2
La mia anima sa bene / io so: 139,14 e 140,13
Custodiscimi: 140,5 e 141,9; trappola, inciampi: 140,6 e 141,9
Trappola: 141,9 e 142,4
Liberami: 142,7 e 143,9; langue in me il mio spirito: 142,4 e 143,4: far
uscire dallangoscia: 142,8 e 143,12
Liberami: 143,9 e 144,7.11; tuo / suo servo: 143,12 e 144,10
Benedire: 144,1 e 145,1.21
Raddrizza i curvati: 145,14 e 146,8
Sostiene orfani e vedove / poveri: 146,9 e 147,6
Neve, vento e parola: 147,16-18 e 148,8
Per tutti i suoi fedeli: 148,14 (ne) e 149,9 (ne)
Lodate Dio con tamburelli: 149,3 e 150,4

3. Il dis-ordine di Qumran
Tuttavia il punto di svolta, nella ricerca moderna sui Salmi, venuto da
Qumran, per il semplice fatto che a Qumran si sono trovati dei manoscritti
del Salterio di mille anni pi antichi di quelli masoretici, i quali presentano delle varianti signicative rispetto al Salterio canonico. Soprattutto,
presentano un ordine diverso, e allora si pone il problema di sapere quale
sia lordine originario del Salterio, e quale tradizione lo rispetti meglio:
se il Salterio masoretico o il Salterio di Qumran11. A Qumran, per essere
11. Riguardo al Salterio di Qumran, lo studio pi aggiornato di P.W. Flint, The Dead Sea

Psalms Scrolls and the Book of Psalms (StTDJ 17), Leiden 1997, i cui risultati sono riassunti
in The Book of Psalms in the Light of the Dead Sea Scrolls, VT 48 (1998) 453-472.

56

A. MELLO

precisi, non si conosce un solo Salterio, ma diversi e tutti frammentari. Su


circa novecento manoscritti ritrovati nel deserto di Giuda, duecento sono
considerati come dei rotoli biblici, e di questi una quarantina conservano uno o pi salmi: nessun altro libro biblico altrettanto presente: vuol
dire, anzitutto, che il Salterio il libro biblico pi letto a Qumran12. In
questi manoscritti sono rappresentati, almeno parzialmente, 126 salmi canonici, ma sono presenti anche composizioni apocrife, sia extrasalmiche,
sia extrabibliche. Il maggior numero di salmi contenuto in 11QPsa, ma
il manoscritto pi antico 4QPsa, copiato nel II secolo. Ora, la cosa pi
interessante che, su quaranta manoscritti, solamente cinque conservano
salmi tratti sia dai Sal 189, sia dai Sal 90150. Normalmente, i manoscritti
di Qumran conservano salmi di una sola di queste due parti o segmenti del
Salterio. Questo fatto pu essere attribuito a una cattiva conservazione, ma
pu anche riettere un problema editoriale: signica, molto probabilmente,
che i Sal 189 hanno avuto unedizione pi antica, e indipendente dai Sal
90150.
Questi manoscritti salmici presentano una doppia divergenza dal Salterio a noi noto:
a) disaccordi minori: sono lezioni varianti, non puramente ortograche.
Alcune di queste lezioni erano gi attestate dalle antiche versioni, specialmente dai Lxx, ma nora non avevano nessun appoggio nella tradizione
masoretica.
b) disaccordi maggiori: i manoscritti di Qumran presentano i salmi in
un ordine diverso da quello abituale, sia perch ne invertono la successione
canonica, sia perch vi intercalano delle composizioni inniche extracanoniche.
Il manoscritto siglato 11QPsa quello meglio conservato e pi interessante. Contiene quarantuno salmi biblici, dellultimo terzo del Salterio, in
un ordine parzialmente diverso, cui sono intercalati un poema extrasalmico
(2Sam 23) e quattro salmi nora attestati solamente in versione: Sal 151,
154, 155, Sir 51. Inne, anche tre testi poetici completamente nuovi, non
attestati altrove. Spiegare queste divergenze tuttora un bel rompicapo per
i qumranologi. Ecco le due principali soluzioni che sono state proposte.
a) Qumran testimonia che i primi tre libri del Salterio erano gi chiusi,
mentre gli ultimi due (Sal 90150) erano ancora uidi. Che gli ultimi due
libri del Salterio siano pi recenti dei primi tre, ammesso da tutti. Ma
12. Le grotte da cui provengono questi quaranta manoscritti salmici sono anzitutto la prima

(3 mss), la quarta (23 mss) e lundicesima (6 mss), pi altre grotte minori, a cui bisogna
aggiungere i due rotoli ritrovati a Massada e quello di Nachal Chever.

LORDINE DEI SALMI

57

James Sanders si spinge ancora pi in l: secondo lui, 11QPsa il testimone


di una forma del Salterio pi antica di quella masoretica. Detto altrimenti:
intorno al I secolo, non cera ancora una forma di testo accettato da tutti,
ma due forme diverse e concorrenti: il Salterio di Qumran e quello Protomasoretico. Secondo Flint, che si allinea su questa ipotesi, se si esaminano
attentamente i quaranta manoscritti di Qumran, le forme di testo possibili
risultano addirittura tre: il Salterio primitivo (costituito dai Sal 189); b)
il Salterio di Qumran (relativamente ai Sal 90150); e c) il Salterio protomasoretico (relativamente ai Sal 90150), il quale non trova conferma
esplicita che a Massada (MasPsb, I secolo).
b) Il Salterio di Qumran non un salterio alternativo a quello canonico
ma una raccolta per luso liturgico, in cui salmi tradizionali si alternano con
altri inni extracanonici. Molti studiosi, soprattutto israeliani, convergono
su questultima spiegazione: sostengono la priorit del Salterio masoretico
rispetto al cosiddetto Salterio di Qumran e si riutano di pensare che,
allepoca dei manoscritti di Qumran, il Salterio fosse ancora modicabile
(basti pensare alla traduzione dei Lxx, che del II secolo). Comunque sia,
le scoperte di Qumran hanno dato un forte impulso agli studi sui processi
editoriali del Salterio canonico. Basti dire che lo studio di Gerard Wilson
sulledizione del Salterio ebraico13, fondamentalmente unindagine sui
salteri di Qumran, ed divenuto il manifesto dellesegesi canonica applicata al Salterio.
4. Lordine canonico: i cinque libri
Il problema dellordine del Salterio sconna dunque in quello della sua
formazione, dal momento che la formazione di un libro, il suo processo
editoriale, contribuisce a chiarire la sua forma nale. Ma, come si detto,
la forma nale del Salterio non la semplice somma delle sue parti, dei
salmi o delle collezioni in cui si articola. Cominciamo, in ogni caso, da
questultimo punto: il Salterio una raccolta di collezioni liturgiche; se ne
possono contare almeno una decina:
1) Sal 341: prima collezione davidica (oggi si chiama anche Davidpsalter 1)
2) Sal 4250: prima collezione levitica (gli di Core)
3) Sal 5172: seconda collezione davidica (o Davidpsalter 2)
13. G.H. Wilson, The Editing of the Hebrew Psalter (SBL DS 76), Chico 1985.

58

A. MELLO

4) Sal 7389: seconda e terza collezione levitica (Asaf e gli di Core)


5) Sal 90100: salmi del regno
6) Sal 104118: salmi allelujatici
7) Sal 119: salmi alfabetici sulla Tor
8) Sal 120134: salmi delle salite (pellegrinaggio)
9) Sal 138145: terza collezione davidica (o Davidpsalter 3)
10) Sal 146150: hallel nale.
Ci sono, ovviamente, parecchie eccezioni: troviamo, ad es., una decina di salmi che sono davidici ma non appartengono a nessuna delle tre
collezioni davidiche (Sal 86, 101, 103, 108110, 122, 124, 131, 133). Comunque certo che, allorigine della formazione del Salterio, vi sono delle
collezioni liturgiche. Si registrano, a questo riguardo, alcune costanti ben
segnalate: per es., i salmi davidici generalmente sono delle suppliche, i
salmi levitici sono spesso dei lamenti, i salmi allelujatici sono quasi sempre
anonimi, ecc. Ma il problema di capire come queste collezioni si sono
organizzate dentro il libro, qual il loro ordine. Come si vede, questordine non liturgico, perch le tre collezioni davidiche non sono contigue,
e neppure quelle levitiche. Inoltre i salmi non sono generalmente raggruppati per genere letterario, come nei cataloghi babilonesi, ad eccezione dei
salmi delle salite.
Lordine attuale, canonico, del Salterio, la sua divisione in cinque libri14. Questo un dato editoriale antichissimo, attestato sia in ambito ebraico sia in ambito cristiano: le diverse collezioni liturgiche che compongono
il Salterio, e che sono almeno dieci, sono state organizzate in cinque libri,
sul modello della Tor mosaica (e questo vuole gi dire che la redazione
nale del Salterio ha stabilito una analogia fra il Salterio e la Tor, cio ha
fatto del Salterio un testo da meditare, come la Tor, pi che un testo da
recitare nella liturgia, comerano i salmi originariamente).
Questa organizzazione in cinque libri ben documentata. Il Midrash
Tehillim sostiene che, come Mos ha dato a Israele i cinque libri della Tor,
cos Davide gli ha dato i cinque libri del Salterio. Rabbi Shimon, un dottore
del II secolo, rimproverando un suo discepolo, diceva: Gli ho insegnato
due quinti dei Salmi e non si alzato per salutarmi (bQiddushin 33a). Ma
la documentazione pi antica e concorde della divisione in cinque libri,
proprio cristiana. Un frammento origeniano recita: Gli Ebrei dividono in
cinque il libro dei Salmi. Altri autori cristiani parlano del Salterio come di
14. La divisione del Salterio in cinque parti, a somiglianza del Pentateuco, messa in gran-

de risalto dallesegesi canonica: vedi laggiornata rassegna di questultima in J.M. Auwers,


La composition littraire du Psautier. Un tat de la question (Cahiers RB 46), Paris 2000.

LORDINE DEI SALMI

59

un altro Pentateuco e Gregorio di Nissa, come ho gi ricordato, ha scritto


un trattato sui titoli dei salmi, che in realt considera soltanto i cinque salmi
iniziali di ogni libro (ossia: Sal 1, 42, 73, 90, 107). La divisione in cinque
libri, sul modello della Tor mosaica, quella che conferisce al nostro attuale
Salterio il suo statuto canonico o ispirato, vale a dire di Tor da meditare
giorno e notte, come si esprime il Sal 1, che non una preghiera, ma si pu
considerare il manifesto editoriale di tutto il libro dei Salmi.
5. Beatitudini e dossologie, o linizio e la ne del libro
La divisione in cinque libri, com ovvio, gi inscritta nel Salterio: al
termine di quattro salmi strategici (Sal 41,14; 72,18; 89,53; 106,48) si trova
una dossologia che comprende questi tre elementi: a) Benedetto Jhwh; b)
per sempre; c) Amen15. Questo tipo di dossologia trova un preciso riscontro
in 1Cr 16,36. Si pu pensare che le dossologie salmiche siano state introdotte allepoca del Cronista, verso la met del IV secolo; o anche, come
sostiene Cortese, che in questa stessa epoca fossero ultimati almeno i primi
quattro libri del Salterio, dal momento che 1Cr 16,36 cita il Sal 106,4816.
Ma, fatto redazionale molto meno segnalato, oltre alle dossologie di
ogni libro, in ognuno di questi salmi conclusivi vi pure una beatitudine,
come ha scoperto per primo Benno Jacob17:
a)
b)
c)
d)

Sal
Sal
Sal
Sal

41,2: Beato chi ha cura del malato;


72,17: Tutti i popoli lo diranno beato;
89,16: Beato il popolo che conosce lacclamazione;
106,3: Beati quelli che osservano il diritto.

Inoltre facile notare che con una beatitudine inizia lintero Salterio:
Beato luomo (Sal 1,1); e che la stessa beatitudine ripetuta, amplicata,
alla ne del salmo seguente: Beati quelli che si rifugiano in lui (Sal 2,12).

15. Ci sono anche altre dossologie nel Salterio, ma non hanno questa forma caratteristica:

cf. Sal 66,20; 68,36; 135,21.


16. E. Cortese, Sulle redazioni nali del Salterio, RB 106 (1999) 68.
17. B. Jacob, Beitrge zu einer Einleitung in die Psalmen, ZAW 18 (1898) 99-119. La
combinazione teologica di beatitudini e dossologie nel Salterio stata ampiamente sviluppata da R. Vignolo, Circolarit tra libro e preghiera nella poetica dossologica del Salterio.
Contributo alla terza ricerca del Salterio come libro, Bibliotheca Ephemerides Liturgicae.
Subsidia (2000) 127-188.

60

A. MELLO

Ora, i Sal 12 sono generalmente considerati come un prologo duale a


tutto il Salterio18. La conclusione di tutto il libro si trova invece nella dossologia nale (Sal 146150), e anche qui troviamo una beatitudine: Beato
chi ha in aiuto il Dio di Giacobbe (Sal 146,5). In questo modo, tutto il
Salterio nel suo insieme, dallinizio alla ne (Sal 12; Sal 146150), e in
ciascuna delle sue principali articolazioni, come incluso fra i due poli
della beatitudine e della dossologia, della felicit delluomo e della lode
di Dio. Il Salterio un libretto teandrico: attraverso la preghiera, non
solo si d lode a Dio ma si realizza anche la propria felicit.
I cinque libri del Salterio si raggruppano quindi in questo modo:
I Libro: Sal 141 (prima collezione davidica);
II Libro: Sal 4272 (prima collezione levitica e seconda collezione
davidica);
III Libro: Sal 7389 (seconda e terza collezione levitica);
IV Libro: Sal 90106 (salmi del regno e allelujatici);
V Libro: Sal 107150 (salmi allelujatici, delle salite, terza collezione
davidica, hallel).
Considerando che i Libri I e II sono soprattutto davidici, e che i salmi
davidici sono prevalentemente delle suppliche, mentre invece i Libri IV e
V sono prevalentemente azioni di grazie o allelujatici, si pu notare una
progressione interna del Salterio, che appunto il passaggio dalla supplica
alla lode. Non solo, ma il Libro III, mediano, segnato specialmente dal
lamento collettivo. Quindi abbiamo: supplica, lamento, azione di grazie,
lode. Questi sono anche gli stili fondamentali della preghiera dei Salmi,
e John Goldingay ha potuto dimostrare che la salmodia biblica presenta
un andamento ciclico, vale a dire che i suoi quattro momenti si succedono
quasi sempre nello stesso ordine, anche se sono estremamente essibili. Ad
ogni momento si pu entrare nella salmodia biblica, e se ne pu uscire ad
ogni momento, secondo variazioni stilistiche molto libere, non lineari o
standardizzate come nella salmodia babilonese19.
18. Questo fatto ormai talmente stabilito che inutile insistervi ulteriormente. Vedi, tra

gli studi pi recenti: Scaiola, Una cosa ha detto Dio, due ne ho udite, 352-373; J.-M.
Auwers, Les voies de lexgse canonique du Psautier, in J.-M. Auwers - H.J. Delonge
(ed.), The Biblical Canons (BETL 163), Leuven 2003, 5-26; A. Wnin, Le psaume 1 et
lencadrement du livre des louanges, in P. Bovati - R. Meynet (ed.), Ouvrir les critures.
Fs Paul Beauchamp, Paris 1995, 151-176.
19. Ho cercato di sviluppare lintuizione seminale di J. Goldingay, The Dynamic Cycle of
Praise and Prayer in the Psalms, JSOT 20 (1981) 85-90, nella mia introduzione al Salterio:

LORDINE DEI SALMI

61

6. Una struttura concentrica


Tutta lesegesi canonica cerca di dare un senso alle diverse articolazioni
dei cinque libri, specialmente al passaggio dal Libro III al Libro IV, cio
dal lamento per la ne del tempio e della dinastia davidica alla lode per il
regno di Dio, che sarebbe il centro editoriale del Salterio (Wilson). Ma
non ostante questi tentativi, non si ancora spiegato che senso abbia che i
libri del Salterio siano proprio cinque. Certo, vi il modello della Tor che
conferisce al libro dei Salmi una autorit canonica, ma non esiste nessuna
somiglianza strutturale fra la Tor e il Salterio: tra il primo libro dei Salmi
e la Genesi, tra il secondo e lEsodo, e cos via20. Invece Roger Beckwith21
ha proposto alcune riessioni che considero assai pertinenti circa la preistoria dei cinque libri del Salterio e la loro formazione. Le sue osservazioni
principali sono queste:
a) Dei cinque libri, tre sono abbastanza lunghi: il Primo contiene 41
salmi; il Secondo ne contiene 30; e il Quinto 44. Ma i libri Terzo e Quarto
sono abbastanza brevi: appena 17 salmi ciascuno. Questo fa pensare che il
raggruppamento in cinque libri sia piuttosto articiale e arbitrario.
b) La cesura tra un libro e laltro molto forte nel Sal 72 (colofon),
ma debolissima nel Sal 106, che molto simile al Sal 107 e interrompe
di fatto una serie di salmi allelujatici.
c) Soprattutto, i Sal 4283, ossia i libri II-III quasi per intero, chiamano
Dio con il nome di Elohim (non Jhwh): il famoso Salterio elohista, gi
identicato nel passato, quale che sia lorigine storica di questo fenomeno.
Di solito si invoca il riserbo circa la pronunciabilit del Tetragramma, e
quindi si suppone una correzione sistematica di Jhwh in Elohim, ma oggi
sembra pi probabile che Elohim sia originale, in questa parte del Salterio,
e dovuto a motivi stilistici piuttosto che teologici22.

Larpa a dieci corde, Bose 1998. Parlare di un ciclo o di un cerchio pu dar luogo
a unimpressione di ripetitivit. Infatti W. Brueggemann, Response to John Goldingays
Dynamic Cycle of Praise and Prayer, JSOT 22 (1982) 141-142 suggerisce il termine spirale, proprio per indicare che non si ritorna mai semplicemente al punto di partenza.
20. N.H. Snaith, The Triennial Cycle and the Psalter, ZAW 33 (1913) 302-307, ha cercato
di stabilire un parallelo tra i centocinquanta Salmi e le pericopi liturgiche del ciclo triennale
di lettura della Tor, ma i risultati cui approdano sia lui che altri autori non sono veramente
convincenti.
21. R. Beckwith, The Early History of the Psalter, Tyndale Bulletin 46 (1995) 1-27.
22. Vedi gi le osservazioni stilistiche sul parallelismo Jhwh / Elohim o viceversa in R.G.
Boling, Synonimous Parallelism in the Psalms, JSS 5 (1960), in particolare alle pp.
244-248.

62

A. MELLO

In base a tutti questi argomenti, Beckwith propone che originariamente


la divisione del Salterio fosse in tre libri anzich cinque, vale a dire:
Libro I:
Libro II:
Libro III:

Sal 141: Jahwista (272 Jhwh / 15 Elohim);


Sal 4289: Elohista (74 Jhwh / 207 Elohim);
Sal 90150: Jahwista (339 Jhwh / 7 Elohim)23.

A questo punto, egli osserva ancora che, nei primi due libri (Sal 189),
i Salmi hanno quasi sempre un autore (David o i Leviti): solo 8 sono anonimi. Invece nel terzo libro (Sal 90150) la maggioranza dei salmi sono
anonimi (42 su 61), salvo alcuni che sono di nuovo davidici. Gracamente,
possiamo rappresentarlo in questo modo:
I. Sal 141: Salmi davidici;
II. Sal 4289: Salmi levitici - davidici - levitici;
III. Sal 90150: Salmi anonimi - davidici - anonimi.
chiaro che il terzo libro , editorialmente, quello pi recente, e che
i primi due libri hanno avuto una redazione antica ma indipendente, come
risulta dal diverso uso dei nomi divini. Il punto, per, non ancora questo.
Quale che sia lorigine o la preistoria di ogni libro del Salterio, la divisione
in tre parti, anzich cinque, permette una migliore individuazione di tutta
la sua struttura interna. Infatti, il libro mediano, elohista, si trova diviso,
come gi indicato, in tre parti perfettamente concentriche (del tipo: A-BC-B-A):
a) Sal 4250: di Core, di Asaf;
b) Sal 5172: di David;
c) Sal 7389: di Asaf, di Core.
In questa prospettiva, ciascuna delle tre articolazioni principali del Salterio presenta una raccolta davidica, e la seconda raccolta davidica (Sal
5172) viene ad accupare il posto centrale di tutto il libro dei Salmi. Perci, per individuare lorganizzazione del Salterio, non abbiamo soltanto un
inizio e una ne, un impianto canonico, ma una struttura interna che pone
in assoluto rilievo la raccolta davidica centrale.

23. Queste statistiche, dedotte dalla tavola di Delitzsch, Symbolae, 2-3, sono approssimative,

ma certamente pi attendibili di quelle date da Beckwith.

LORDINE DEI SALMI

63

7. Autorit davidica
La maggior parte dei Salmi una preghiera (di supplica, di lode, ecc.) alla
prima persona singolare. pi raro che la voce dei Salmi sia alla prima
persona plurale. Tanto per fare un esempio molto elementare, nel Salterio
si parla molto spesso di miei nemici (trenta volte) e quasi mai di nostri
nemici (una sola volta). Ma non dobbiamo credere, per questo, che dire
Io sia pi individualistico che dire Noi. Al contrario: la prima persona
singolare ha un aspetto sintetico, corporativo; mentre la prima persona plurale esprime s una totalit, ma come somma di unit indipendenti. Quindi,
delle due prospettive, la pi originaria lIo, non il Noi, e di fatto tutte
le preghiere antiche, per esempio quelle mesopotamiche, sono alla prima
persona singolare.
La met circa dei Salmi, 73 su 150, nel TM attribuita a David24. Per
lantichit, questa attribuzione del Salterio a David non faceva la minima
difcolt. Era perfettamente congruente con quello che si sapeva di questo
re musicista dagli altri libri biblici: suona la cetra (1Sam 16,16); il
soave cantore dIsraele (lett. soave nei salmi dIsraele: 2Sam 23,1):
signica che un compositore di salmi e secondo 1Cr 16,7 David istituisce
i cantori del tempio. Il colofon del Sal 72,20 recita: Sono nite le preghiere di David glio di Isai: quali che siano queste preghiere (probabilmente
la raccolta centrale: Sal 5172), vuol dire che esistevano delle preghiere
davidiche.
I titoli biograci sono midrashici, come sostiene Childs25, e risalgono
al tempo del Cronista. Riettono, come si dice, una tendenza davidizzante. Tuttavia, lattribuzione davidica non lhanno inventata loro, e questi
titoli biograci non sono neanche moltissimi (sono appena tredici: Sal 3, 7,
18, 34, 51, 52, 54, 56, 57, 59, 60, 63, 142). Notiamo che, ad eccezione del
Sal 18, questi titoli non sono celebrativi: si riferiscono quasi interamente
a quando David era fuggiasco nel deserto o inseguito da Saul. Tutti questi
dati, presi insieme, indicano che il carattere davidico del Salterio non
privo di fondamento, anzi molto forte.

24. Nei Lxx, i salmi attribuiti a David diventano addirittura 84, e in pi si aggiunge un altro

salmo, autografo di David ma fuori dal numero, che racconta la sua vittoria su Golia ed
un po come la rma dellintera raccolta.
25. B.S. Childs, Psalm Titles and Midrashic Exegesis, JSS 16 (1971) 137-150. Vedi anche
E. Slomovic, Formation of historical Titles in the Book of Psalms, ZAW 91 (1979) 350380. I Lxx aggiungono altri quattro titoli biograci: si vede che, nel II sec., la tendenza
midrashica era ancora attiva.

64

A. MELLO

La presenza davidica, nel Salterio, non quindi puramente midrashica.


Oltre ai Salmi di David esiste anche il David dei Salmi26. A parte i titoli
e il colofon del Sal 72, il nome di David appare dodici volte in sei salmi:
Sal 18,51; 78,70; 89,4.21.36.50; 122,5; 132,1.10.11.17 e 144,10. Non si
tratta di una semplice menzione, o di un vago riferimento ai libri storici di
Samuele, come i titoli midrashici. La storia di David riassunta profeticamente sotto tre temi che sono anche altamente teologici:
a) lunzione a Betlemme: Sal 78,70-72; 89,21;
b) il trasporto dellarca: Sal 132,1-8;
c) la promessa di Natan: Sal 89,4-5.20-38; 132,11-12.
Questo vuol dire che lesperienza spirituale di David centrale, nel
Salterio, e con essa lo sono anche alcuni importanti temi teologici correlati:
la predilezione dellUnto di Jhwh, la scelta di Gerusalemme, laspettativa
messianica. Il carattere davidico del Salterio contribuisce in maniera preponderante a realizzare lunit teologica del libro dei Salmi.
8. Io regale
Con gli inizi della critica storica, i modelli interpretativi tradizionali, sia
in ambito ebraico che in ambito cristiano, dovevano entrare in crisi: da un
lato, si scopriva che la maggioranza dei salmi erano pi recenti di David e
non potevano essergli attribuiti; dallaltro, la lettura prosopologica dei Padri27 aveva un fondamento cristologico e non storico (ma Ilario, per esempio, distingue correttamente tra il Davide storico e il Davide messianico:
tra il David iste e il David ille)28. Perci si ripresentava in forma nuova il
problema: qual lIo dei Salmi?
26. Cf. J.-M. Auwers, Le David des Psaumes et les Psaumes de David, in L. Desrousseaux

- J. Vermeylen (ed.), Figures de David travers la Bible (LD 177), Paris 1999, 187-224.
27. Per lesegesi patristica del Salterio rimane tuttora indispensabile la ricerca di M.-J.
Rondeau, Les Commentaires patristiques du Psautier (IIIe-Ve sicles). I: Les travaux des
Pres Grecs et Latins sur le Psautier; II: Exgse prosopologique et thologie (OrChrAn
219-220), Roma 1982-1985.
28. recentissima la traduzione italiana del commento ai Salmi di Ilario, a cura di A. Orazzo: Ilario di Poitiers, Commento ai Salmi. I (191); II (118); III (119150) (Testi Patristici
185-186-187), Roma 2005-2006. Bench incompleto, questo commento fondamentale,
perch si ispira allesegesi di Origene, il cui commento al Salterio si conserva solo in traduzioni latine frammentarie; e presenta unermeneutica diversa da quella di Agostino, ma
non meno interessante.

LORDINE DEI SALMI

65

Subito si sono delineate due posizioni radicalmente contrapposte. A ne


Ottocento si sosteneva una tesi che, per forza di inerzia, ancora in auge
oggigiorno: lIo dei Salmi sarebbe un Io collettivo, lIo degli anawim, della comunit dei poveri del periodo postesilico, quando si sarebbe formato
il Salterio, considerato tardivo, del periodo ellenistico se non addirittura
maccabaico. Ma nel 1912 un allievo di Gunkel giungeva alla conclusione
opposta29, e cio che lIo dei Salmi fosse un Io individuale (un peccatore, un accusato, un malato). Gunkel, con tutto il peso del suo prestigio,
ha imposto questa ipotesi individualistica praticamente per un secolo, per
tutto il Novecento. Diciamo, per semplicit, che si tratta di un Io privato.
Due anni dopo, lo stesso Gunkel pubblica un articolo sui salmi regali (Die
Knigspsalmen) dove sostiene che questi salmi sono un genere a parte (il
che non vero, perch sono di generi diversi) e sono in tutto nove salmi.
una cosa che, da allora, viene ripetuta in tutte le introduzioni: sono i Sal
2, 101 e 110 per lincoronazione del re; Sal 20 e 18, una preghiera prima
della guerra e un ringraziamento dopo la guerra; Sal 45 per il matrimonio
regale; Sal 21 e 72 per un anniversario (dellincoronazione?); e Sal 132 per
celebrare il santuario regale. A questi nove salmi se ne possono, eventualmente, aggiungere altri due: Sal 144,1-11 e 89,1-38, ma, secondo il nostro
autore, non sono necessari allipotesi.
Comunque, al massimo, sono undici salmi, non uno di pi. Nessunaltra
preghiera del Salterio, secondo Gunkel, regale. In particolare, tutte le
cosiddette suppliche individuali sono da attribuire a un Io privato, non a
un Io regale. Perch mai, non spiegato. Perch si siano preservate molte
suppliche di persone qualunque, e neppure una di un re, rimane un mistero. Tanto pi se consideriamo che le preghiere orientali antiche, soprattutto quelle mesopotamiche, sono tutte regali. Unaltra cosa singolare: per
Gunkel le suppliche individuali sarebbero preghiere private, non cultuali.
Ma strano che si siano conservate le preghiere non ufciali e che si siano
perdute quelle che si facevano al tempio. Per di pi, le suppliche individuali
sono le preghiere pi numerose del Salterio (almeno una quarantina, se non
di pi): curioso che siano cultuali dei generi meno attestati e che quello
pi attestato non lo sia.
Naturalmente, dopo Gunkel, molti si sono ingegnati a trovare delle
spiegazioni cultuali anche alle suppliche individuali. La pi ingegnosa
stata proposta da Delekat30: il setting cultuale di queste preghiere sarebbe
29. E. Balla, Das Ich der Psalmen Untersucht, Gttingen 1912.
30. L. Delekat, Asylie und Schutzorakel am Zionheiligtum. Eine Untersuchung zu den pri-

vaten Feindpsalmen mit zwei Exkursen, Leiden 1967.

66

A. MELLO

il diritto di asilo presso il tempio. Gente impoverita, indebitata, falsamente


accusata, cerca rifugio nel tempio di Gerusalemme. Purtroppo, questa teoria
dellasilo facilmente contestabile, perch il diritto di asilo, in Israele, si
limita a evitare una vendetta indiscriminata: non un riparo per ogni sorta
di accusa o di indebitamento. Vero che questa ipotesi cultuale ha conosciuto anche qualche aggiustamento: se, per esempio, Delekat riteneva che
i salmi fossero, in origine, dei bigliettini, come degli ex-voto, scritti dai
postulanti, per Gerstenberger31, sarebbero esistiti dei Leviti appositamente
addetti a trascrivere le preghiere dei supplicanti, e che disponevano per
questo di clichs prestabiliti. Fatto sta che questa spiegazione dellIo dei
salmi ancor oggi quella pi diffusa.
Chi ha voltato pagina Sigmund Mowinckel, il quale si rende conto
che la maggior parte delle suppliche individuali non ascrivibile a un Io
privato, ma a un Io pi grande, che quello regale32. Questa idea di un
Greater I permette anche di superare una alternativa troppo rigida tra salmi individuali e collettivi, proprio perch lIo regale un Io pi grande di
quello individuale, ed rappresentativo di tutta la nazione. In base a questa
intuizione, Mowinckel ha allargato lo spettro dei salmi regali. Questi non
sono pi la scarsa dozzina di salmi scoperta da Gunkel, ma anche una
buona parte delle cosiddette suppliche individuali, in particolare quelle in
cui il salmista si confronta con dei nemici, che sono assimilati alle altre
nazioni. Mowinckel raddoppia il numero dei salmi regali individuati da
Gunkel: vi aggiunge altre suppliche individuali ed anche alcune suppliche
collettive.
Questo studioso norvegese ha fatto scuola soprattutto nellarea inglese
e in quella scandinava che ha contribuito molto a mettere a fuoco il tema
della regalit, sia umana che divina. Il libro che ha fatto il punto di questi
studi infatti quello di Eaton sulla regalit nei Salmi33, secondo il quale i
31. E. Gerstenberger, Der Bittende Mensch. Bittritual und Klagelied des Einzelnen im Alten

Testament (WMANT 51), Neukirchen - Vluyn 1980; e, dello stesso autore, la Introduction
to Cultic Poetry, in Psalms I (FOTL 14), Grand Rapids MI 1988.
32. S. Mowinckel, I and We in the Psalms: the Royal Psalms, in The Psalms in Israels
Worship, Oxford 1962 (Shefeld 1992), I, pp. 42-80. Mowinckel, per questa sua intuizione,
debitore al suo allievo Harold Birkeland, il quale aveva suggerito che i nemici del Salmista possono essere degli avversari politici e militari (Die Feinde des Individuums in der
Israelitischen Psalmenliteratur, Oslo 1933).
33. J.H. Eaton, Kingship and the Psalms, London 1976 (Shefeld 1986). Nello stesso senso,
pur con qualche riserva, S.J. Croft, The Identity of the Individual in the Psalms, Shefeld
1987 e adesso, ancor pi risolutamente, E. Cortese, La preghiera del Re. Formazione, redazione e teologia dei Salmi di David (Suppl. RivBibl 43), Bologna 2004.

LORDINE DEI SALMI

67

salmi con contenuto chiaramente regale sono poco meno di una cinquantina, ossia trentotto in pi rispetto ai soliti undici di Gunkel che si citano
ancora oggi nei manuali. In altre parole, il soggetto normale del Salterio
il Re: naturalmente, esistono anche altri salmi, cultuali, sapienziali, ma
il protagonista principale del Salterio (circa 1/3) lIo regale. Questo signica che quelle che, al seguito di Gunkel, ancora adesso si continuano a
chiamare suppliche individuali, in realt sono dei salmi regali: inversione
di tendenza che non stata ancora completamente recepita in ambito esegetico, e tanto meno teologico.
9. Un rovesciamento di prospettiva
Invece, nella misura in cui si recepisce questa proposta esegetica, importanti conseguenze sembrano derivare anche sul piano propriamente teologico.
Non solo perch la connotazione regale del Salterio viene ad avvalorare
le letture tradizionali, sia quella ebraica o davidica, sia quella cristiana o
messianica, e a porsi in continuit ermeneutica con esse. Ma, di pi, perch
lIo regale diventa un soggetto capace di conferire unit teologica allintero
libro dei Salmi. Essa ha dunque qualcosa da insegnare circa lordine stesso
del Salterio.
In un contributo precedente, ho inventariato il lessico proprio del Salterio34. Questo mi dava, come primo risultato, di poterlo riassumere in quattro
ambiti concettuali o campi semantici che coincidono quasi perfettamente
con i quattro stili salmici stabiliti da Goldingay: a) afizione (lamento); b)
supplica; c) soccorso (ringraziamento); d) lode. Ora, la maggior parte dei
lemmi inventariati sulla base della loro frequenza statistica nel Salterio, non
appartiene ad un linguaggio sapienziale, e tanto meno sacerdotale, ma piuttosto storico-profetico. Per non fare che un solo esempio, il vocabolario della
supplica ha il suo background nella prassi giudiziaria regale. Senza riprendere in mano lintero dossier, mi limito a segnalare due endiadi salmiche che
sono, al tempo stesso, profondamente rivelatrici di unideologia regale.
Gi Henry Cazelles aveva messo a fuoco il radicamento regale del
binomio mishpat u-zedaq (giudizio e giustizia) in tutto lantico oriente,
dove queste due realt, garanti dellordine e del benessere sociali, vengono perno divinizzate35. Nei Salmi, si nota la preferenza per il maschile
34. A. Mello, Lessico del Salterio, LA 54 (2004) 25-52.
35. H. Cazelles, De lidologie royale (mishpat et zedaq), JANES 5 (1973) 59-73.

68

A. MELLO

astratto zedeq, e linversione dei termini: zedeq u-mishpat. Ma, per segnalare lincidenza di queste due prerogative regali nel Salterio, baster leggere la descrizione ideale del futuro Re o del glio di David, allinizio
del Sal 72.
Laltra endiadi, ancora pi frequente, chesed we-emet (amore e
fedelt), che un tempo si riconnetteva alla teologia del patto, ma oggi
sempre pi si restituisce a quelle che si chiamano le benevolenze fedeli
fatte a David (Is 55,3). Chesed, amore, grazia, benevolenza, proprio
nel senso privilegiato che Dio ha manifestato a David e ai suoi discendenti36, con o senza la sua specicazione di permanenza, di stabilit,
veramente il centro teologico del Salterio, il suo lo conduttore37. Direi
che a partire da questesperienza di un amore gratuito eppure fedele,
che si costituisce lordine interiore del Salterio, il suo tessuto ideale, dalla
supplica alla lode.
Una cosa dire che lamore e la giustizia testimoniati dal Salterio sono
esperienze private; altra cosa riconoscerle come prerogative dellUnto
dIsraele che poi, in qualche modo, sono accessibili a tutti. Una cosa
dire, per esempio, che il Sal 8 parla di ogni uomo in quanto signore della
creazione, in una prospettiva anacronisticamente democratica; altra cosa
pensare che si tratta proprio del Re, che solo estensivamente diventa anche
il modello di ogni esistenza umana. Non di democratizzazione dellideale
messianico si dovrebbe parlare, bens di regalizzazione del singolo individuo, come scrive Cortese: Lipotizzata democratizzazione di questa
teologia accettabile solo nel senso che i fedeli diventano partecipi della
regalit; non nel senso che al re e alla teologia regale e messianica si sostituisce lidea democratica e il comune fedele38. Certo, anche il Re un
uomo come gli altri, soggetto alla morte come tutti (vedi la riscrittura del
Sal 8 nel Sal 144), ma il suo essere poco meno di Elohim segnala una
vocazione messianica, non un destino comune. SantAgostino ha risolto il
problema con la sua dottrina del Christus totus o integer, del Cristo totale
nel capo e nelle membra, che in fondo anchessa unipotesi corporativa
come quella regale. Ma forse questa unit divino-umana un segreto del
Salterio che noi stessi non abbiamo ancora nito di scoprire.

36. Cos insiste a precisare Cortese, La preghiera del Re, 35 e passim.


37. Nel mio saggio su Lamore di Dio nei Salmi, Bose 2005, ho tentato di ripercorrere le

principali attestazioni di chesed attraverso il Salterio, proprio con questo obiettivo.


38. Cortese, La preghiera del Re, 52.

LORDINE DEI SALMI

69

10. Un precedente patristico


Chi, tra gli antichi autori cristiani, si avvicinato di pi alla comprensione
di un ordine spirituale nel Salterio, a mio parere santAtanasio, il quale, in
un breve scritto epistolare dedicato a Marcellino, esprime in termini quasi
moderni la differenza tra il libro dei Salmi e gli altri libri biblici. Dopo
aver ricordato che il Salterio riassume o ricapitola lo stesso messaggio storico-salvico e profetico-messianico che sono comuni a tutte le Scritture,
aggiunge, per, che esso presenta una caratteristica del tutto propria:
Ma il libro dei Salmi possiede anche una sua propria grazia meritevole di particolare attenzione; oltre a tutto quello in cui vi comunione e
relazione con gli altri libri, ha anche questo di meraviglioso, che riporta
impressi e scritti in esso i moti di ciascuna anima e il modo con il quale
essa cambia e si corregge afnch chi inesperto, se vuole, possa trovare
e vedere come unimmagine di tutto questo nel Salterio e plasmare se
stesso come l scritto39.
Chi prende il libro dei Salmi li legge come se fossero suoi. Nessuno
direbbe le parole dei Patriarchi come se fossero sue, n oserebbe imitare
e ripetere le parole di Mos Per i Salmi, invece, vi questo di straordinario: che, allinfuori di ci che riguarda il Salvatore o le profezie relative
alle genti, le altre parole le dice come se fossero sue, ciascuno le canta
come fossero scritte per lui, e le riceve e le legge, non come dette da un
altro o riferite a qualche altro, ma si comporta come uno che sta parlando
di s; quello che l vien detto lo pone dinanzi a Dio come se lui stesso
lavesse fatto e detto40.
Mi sembra che i Salmi diventino per chi li canta come uno specchio
perch possa osservare se stesso e i moti della propria anima, e recitare i
Salmi con tali sentimenti Cos, ogni salmo viene detto e ordinato dallo
Spirito in modo da farci comprendere, come dicevo pi sopra, i moti della
nostra anima e da farci dire ogni salmo come riferito a noi, come parole
nostre per rammentarci i nostri sentimenti e correggere il nostro modo di
vivere41.

Che il Salterio sia uno specchio dellanima, in base al quale riconoscere se stessi e correggere le proprie mancanze, penso che sia un dato
avvertito da ogni suo lettore, antico e moderno. Ma Atanasio sembra ag39. Atanasio di Alessandria, Linterpretazione dei Salmi. Ad Marcellinum in interpretatio-

nem psalmorum, a cura di L. Cremaschi, Bose 1995, p. 17 (PG 27,12-45).


40. Ibidem, pp. 18-19.
41. Ibidem, p. 20, sottolineatura mia.

70

A. MELLO

giungere che questa presa di coscienza, questa immedesimazione psicologica, conosce una progressione, segue un certo ordine. Subito dopo, infatti,
egli procede a una esposizione del Salterio salmo dopo salmo, secondo il
suo ordine canonico. Senza esplicitarlo neppure pi di tanto, egli vede in
questo ordine proprio del Salterio il modo in cui esso ci educa a ritrovare
noi stessi, come se questa akolouqia, questa consequentia testuale producesse realmente una sequela Christi: Poich dunque i Salmi sono disposti
in questordine, in ciascuno possibile trovare, come gi dicevo, i sentimenti e gli stati interiori della propria anima42 e di conseguenza plasmare
il nostro Io personale su quello che ispira il libro dei Salmi.
Alberto Mello
Comunit di Bose, Jerusalem

42. Ibidem, p. 23, sottolineatura mia.

OSEA 1-3
COMPOSIZIONE E SENSO

A. Niccacci

Intendo presentare una lettura sincronica di Os 1-31, nella convinzione


che unanalisi attenta del testo renda possibile una lettura del genere
nonostante i problemi e le varie soluzioni diacroniche proposte dagli
autori2.
Disporr Os 1 e 3 in sinossi con il c. 2, testo ebraico e traduzione
( 1). Nellesame accorder speciale attenzione al sistema verbale, che
qui come sempre il mezzo attraverso cui lautore manifesta la sua strategia di comunicazione e perci costituisce la base dellinterpretazione3.
Cercher quindi di comprendere i due comandi di Dio al profeta ( 2)
e, tenendo conto dei titoli utilizzati per Israele ( 3) e della funzione del
c. 2 nel contesto ( 4), di delineare la situazione storica che dietro al
testo ( 5) e inne il rapporto tra la situazione storica e la composizione
di Os 1-3 ( 6).

1. Mi contento di citare (col solo nome dellautore) i seguenti commentari, un po antichi

e un po moderni: C.F. Keil, Minor Prophets. Two Volumes in One, vol. I, Grand Rapids
1980; F.I. Andersen - D.N. Freedman, Hosea. A New Translation with Introduction, and
Commentary, New York 1980; D. Stuart, Hosea Jonah, Waco TX 1987; A.J. Rosenberg,
Mikraoth Gedoloth: The Twelve Prophets. Vol. 1: A New English Translation. Translation of
Text, Rashi and Commentary, New York 1991; A.A. Macintosh, A Critical and Exegetical
Commentary on Hosea, Edinburgh 1997.
2. Gli interpreti in genere suppongono delle aggiunte giudaiche, introdotte quando lopera
di Osea raggiunse la Giudea, e anche glosse esiliche e post-esiliche. Si vedano ad esempio
Andersen - Freedman, 68-76, Macintosh, lxx-lxxiv, e W. Gisin, Hosea. Ein literarisches
Netzwerk beweist seine Authentizitt, Berlin - Wien 2002, 11-18. Questultimo autore
tra i pochi che ritengono che il testo di Osea, nonostante le difcolt riconosciute da
tutti, sia trasmesso in modo sostanzialmente corretto (ibid., 19-35) e che le due parti
principali del libro (cc. 1-3 e 4-14), sulla base del vocabolario e dello stile caratteristico,
siano da attribuire ad un unico autore, compresa lintestazione (ibid., 289-294). Quanto
alla redazione del libro, Gisin la pone tra il 728 (pi o meno allinizio del regno di
Ezechia) e il 725 (prima della caduta di Samaria, che il profeta annuncia come futura;
ibid., 294-296). Per parte mia, pur concordando in vari punti con Gisin, penso che la
data della redazione vada estesa per tener conto dellallusione allesilio giudaico dellVIII
sec. (cf. infra, 6).
3. Mi baser nella mia Sintassi del verbo nella prosa biblica classica, Jerusalem 1986
(meglio nelledizione inglese aumentata e corretta, Shefeld 1990, o spagnola, 2 ed., Estella
[Navarra] 2002, ambedue con la medesima numerazione dei paragra).
LA 56 (2006) 71-104

72

A. NICCACCI

1. Os 1-3 in sinossi
Si notano due comandi di Dio a Osea espressamente legati tra loro dal
punto di vista letterario: Mynwnz tRvEa KVl_jq JKEl (1,2) // tAbUhSa hDvIa_bAhTa JKEl dwo
tRpDanVmw Aor (3,1)4. Questo fatto stabilisce un parallelismo tra i cc. 1 e 3. Il
c. 1 comprende tre unit (1,2-5; 1,6-7; 1,8-9), che hanno uno svolgimento
analogo: comando di Dio al profeta di sposare una donna biasimevole,
esecuzione del comando, concepimento e parto di un glio o glia, comando di Dio di dare un nome simbolico al glio o glia accompagnato
da una motivazione che lo spiega. La prima unit presenta, rispetto alle due
seguenti, un elemento in pi, e cio 1,5, che contiene uno sviluppo della
motivazione del nome (cf. 1,4) introdotto con awhAh MwyA;b hyDhw.
Il c. 3 segue inizialmente lo svolgimento delle tre unit del c. 1: comando, esecuzione (3,1-2). Ma il resto diverso; contiene una richiesta del
profeta alla moglie di astenersi da ogni rapporto e la sua promessa a fare
lo stesso verso di lei (3,3), per cui ci che segue non il concepimento,
parto e assegnazione del nome, come nel c. 1, ma una motivazione legata
allordine di astenersi (3,4-5).
Inserito in mezzo ai cc. 1 e 3, il c. 2 non presenta alcun elemento di
quelli che i due capitoli hanno in comune ma si notano legami signicativi
con ambedue: da un lato, il c. 2 riprende lo sviluppo di 1,5 utilizzando una
formula simile con hyDhw (2,1); dallaltro, richiama il c. 3 nella parte in cui
esso differisce dal c. 1, nel senso che le privazioni che Dio impone a Israele
sua Sposa (2,8-17) ricordano la richiesta del profeta alla moglie di astenersi
(3,3-4) e anche il risultato analogo (2,18-25 // 3,5).
In questo modo il c. 2 continua la terza parte del c. 1 (1,8-9), in quanto
hyDhw indica appunto continuazione, nonostante il passaggio brusco da condanna a promessa di restaurazione (cf. infra, 3 e nota 28). Nello stesso
tempo il c. 2 serve da modello allo svolgimento della seconda parte del
c. 3 (3,3-5), che nella sua parte iniziale (3,1-2) simile a c. 1 (comando di
sposare una certa donna, esecuzione).
Questo intreccio letterario e tematico si chiarir, spero, nei paragra
successivi con il confronto dei testi e sar quindi valutato dal punto di vista
dellinterpretazione.
Su questa base, il testo di Os 1-3, dopo lintestazione (1,1), pu essere
disposto in sinossi, come qui di seguito. Siccome il c. 2 ha uno svolgimento

4. Il legame tra le due frasi rimane anche se si preferisce collegare lavverbio

verbo iniziale

rRmayw invece che con limperativo che segue (cf. nota 8).

dwo con il

73

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

pi ampio e in parte diverso rispetto a quello dei cc. 1 e 3, riporto qui solo
i passi in cui esso presenta paralleli con gli altri due. Il testo completo del
c. 2 sar esaminato a parte pi avanti, allo scopo di chiarire la sua composizione e la sua funzione ( 4)5.
hdwhy yEkVlAm hDyIqzIjy zDjDa MDtwy hDyzUo yEmyI;b y$rEaV;b_NR;b AoEvwh_lRa hGyDh rRvSa hDwhy_rAb;d 1,1
:l`EarVcy JKRlRm vDawy_NR;b MDoVbry yEmyIbw
1,1

Parola del Signore che venne a Osea glio di Beeri al tempo di Iotam, Ahaz, Ezechia,
re di Giuda,
e al tempo di Geroboamo glio di Ioash, re di Israele6.

PRIMO COMANDO (Ia)

(Ib)

(Ic)

SECONDO COMANDO (II)

hDwhy_rR;b;d tA;lIjV;t 1,2


oEvwhV;b Quando
allinizio il Signore
parl a Osea,
5. In genere gli esegeti non considerano il c. 2 come ununit letteraria ma lo dividono in

due parti, agganciando i primi versetti al c. 1 (a parte il titolo 1,1): 1,2-2,3; 2,4-25. Tale
divisione per non mi sembra giusticata. Da un lato limperativo wbyr del v. 4 parallelo
a wrVmIa del v. 3, il che signica che, una volta rassicurato il resto dei loro fratelli, il gruppo
dei Figli deve farsi portavoce del Signore e richiamare la Madre Israele a conversione;
non vedo perci nessun abrupt change of mood between v 3 and v 4, pace Andersen
- Freedman, 217. Daltro lato, il nome Izreel ricorre come simbolo di salvezza sia nel
v. 2 che nei vv. 24-25. Inoltre il c. 2 collegato al c. 1 mediante hyDhw, un weqatal che
indica collegamento anche se il contenuto di segno opposto (passaggio da condanna a
promesse di salvezza; cf. nota 28), e la sua composizione appare non solo unitaria ma
anche legata a quella dei cc. 1 e 3 (cf. 4). Da parte sua E. Ben Zvi, Hosea, Grand Rapids
- Cambridge 2005, pur riconoscendo che 2,4 legato a 2,3, adotta anche lui la divisione
comune, 1,2-2,3 e 2,4-25, ritenendo che il passaggio dagli appelli di segno positivo verso
i Fratelli e le Sorelle a quello negativo verso la Madre dees the familiar expectations of
the readers (p. 63). Inoltre, nellimpostazione generale della sua ricerca, Ben Zvi afferma
ripetutamente che ogni libro profetico presenta segnali letterari che invitano i lettori a
leggere e rileggere il testo; contiene cio literary units that show textually inscribed,
discursive markers that were likely to suggest to its intended and primary readership that
they were supposed or at least invited to read and reread these sections as cohesive
subunits within the frame of a prophetic book as a whole (p. 7). Nel caso specico di
Os 1-3, Ben Zvi propone: 1. First Reading 1:2-2:3; 2. Second Reading 2:3-25; 3. Third
Reading 3:1-5 (p. 4), il che pu essere visto come un modo di aggirare, piuttosto che
tentare di risolvere, i problemi di una lettura complessiva dei cc. 1-3. Questa impressione
diventa pi chiara leggendo M.W. Mitchell, Hosea 1-2 and the Search for Unity, JSOT
29 (2004) 115-127. Lautore vede nei nomi composti con la negazione al (cf. infra, nota
14) un elemento che unica i cc. 1-2, ma poi conclude: Chapters 1-2 are certainly a
preface to the book as a whole, but a disordered and jumbled preface to a work of disorder and ambiguity (p. 127).
6. Sul fatto che qui si nominano tre re di Giuda mentre per Israele si nomina solo Geroboamo II, si veda la nota 86.

74

A. NICCACCI

o#Evwh_lRa hwhy rRmayw

y#AlEa hwhy rRmayw 3,1


Poi il Signore mi disse:

disse il Signore a Osea :

h$DvIa_bAha `JKEl dwo


Va ancora8 e ama
una donna

tRpDanVmw Aor tAbUhSa

amata da un altro e
adultera,

Mynwnz tRvEa KVl_jq JKEl


MyYnwnz ydlV yw Va,

yEnV;b_tRa hwhy tAbShAaV;k


l$EarVcy come il
Signore ama i Figli di
Israele,

prendi per te una donna


di prostituzione e gli
di prostituzione,

MyIhlTa_lRa MynOp M#Ehw


My$rEjSa mentre essi si

Xr$DaDh hnzIt hOnz_y`I;k


:h`Dwhy yrSjAa`Em

7. Cf. Es 6,28-29: rOmaE;l hRvOm_lRa hDwhy rE;bdyw

volgono verso altri di

29

p :MyrVxIm XrRaV;b hRvOm_lRa hDwhy rR;b;d MwyV;b y#Ihyw 28

28 E avvenne che nel giorno in cui il Signore parl a Mos nella terra dEgitto, 29 il
Signor parl a Mos dicendo. Questo testo diverso da Os 1,2 per il fatto che comincia
con un wayyiqtol e quindi unito a ci che precede, mentre Os 1,2 comincia con un nome
e costituisce linizio assoluto del libro. Da questo punto di vista, Os 1,2 simile a Gen
1,1: MyIhlTa arD;b tyIvarV;b, lett. allinizio di Dio-cre; cf. A. Niccacci, Lettura sintattica
della prosa ebraico-biblica. Principi e applicazioni, Jerusalem 1991, 30-31. Es 6,28-29
simile a Os 1,2 per tre aspetti: primo, ambedue presentano uno stato costrutto con un
sostantivo che regge un verbo nito con il suo soggetto, che funge da nomen rectum, rispettivamente hwhy rR;b;d MwyV;b, lett. nel giorno di Dio-parl, e hwhy_rR;b;d tA;lIjV;t, lett. inizio
di il-Signore-parl; secondo, in ambedue lo stato costrutto, bench comprenda una forma
nita del verbo, non costituisce una proposizione indipendente ma si appoggia alla proposizione che segue ed legato ad essa con un rapporto di proposizione circostanziale, o
protasi, e proposizione principale, o apodosi; terzo, nonostante questo stretto collegamento,
in ambedue i casi i Masoreti hanno posto un segno di divisione, p, che indica una sezione
aperta, o inizio di sezione (cf. E. Tov, Textual Criticism of the Hebrew Bible, Minneapolis
- Assen/Maastricht 1992, 50-51), probabilmente per delimitare la lettura sinagogale. In Es
6,28-29 il valore circostanziale dello stato costrutto chiaro perch il nomen regens retto
da preposizione: nel giorno in cui il Signore parl a Mos (protasi), il Signore parl
a Mos dicendo (apodosi); invece in Os 1,2 il nomen regens tA;lIjV;t non ha preposizione
ma casus pendens con valore circostanziale: lett. quanto allinizio di il-Signore-parl a
Mos, oppure come inizio di, e quindi quando allinizio il Signore parl. In Os 1,2
il verbo rbd regge il bet della persona, come gi not Redak, il quale rimanda a Nm 12,2.8
(cf. Rosenberg, 4, ebraico). Riguardo allinizio di Os 1,2 Redak commenta: possibile che
la parola h rbd sia un verbo di passato. Intendo dire: Inizio di ci che il Signore disse a
Osea. Questo fu ci che gli disse (ibid.). Si confronti la discussione di Macintosh, 7.
8. Di per s non chiaro se lavverbio dwo sia da unire al verbo che segue, come ho
inteso sopra, o a quello che precede: Poi il Signore mi disse di nuovo; cos gi Redak
(cf. Rosenberg, 18, ebraico) e anche Andersen - Freedman, 291, i quali per non escludono
laltra possibilit (pp. 294-295). Invece Keil, 66-67, e Macintosh, 93, preferiscono collegare
lavverbio al verbo successivo.

75

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

poich certo si prostituir la terra9 / da dietro


al Signore.

:My`IbnSo yEvyIvSa yEbShOaw

rRmOg_tRa j$;qyw JKRlyw 1,3


MyDlVb;d_tA;b Allora

al_tRa lOmgI;tw 1,8


hDmDjr Poi ella

egli and e prese


Gomer, glia di
Diblaim

svezz Lo-ruham,

t$A;b dRlE;tw dwo rAhA;tw 1,6 :N`E;b dRlE;tw rAhA;tw

ed ella concep e gli


partor un glio.

Poi ella concep di


concep e partor un
nuovo e partor una
glio.
glia
w$l rRmayw e (Dio) gli rRmayw 1,9 E (Dio)
disse:
disse:
hDmDjr al ;hDmVv arVq yI;mAo al wmVv arVq
Chiama il suo
Chiama il suo nome
nome Lo-ruham11,
Lo-amm12,

E il Signore gli disse:


laRorzy wmVv arVq
Chiama il suo nome
Izreel,

hDvImSjA;b y$I;l DhrV;kRaw 3,2


PRsD;k rDcDo Allora la
acquistai per me per
quindici pezzi di argento

JKRtElw MyrOoVc rRmOjw


:MyrOoVc e un homer di

:N`E;b wl_dRl`E;tw rAhA;tw

wy$DlEa hwhy rRmayw 1,4

e sono amanti di
dolci di uva passa.

orzo e un letec di orzo10.

9. La terra quella in cui Israele vive (cf. infra, nota 38) e che diventa impura a causa

del comportamento infedele degli abitanti (cf. Lv 19,29, citato da Andersen - Freedman,
169). Secondo Rashi, lo yiqtol hnzI;t ha valore di presente (cf. Rosenberg, 5), mentre
Andersen - Freedman traducono al passato, intendendo che lo yiqtol hnzI;t sia not prophecy, but narrative (ibid.), che riguardi cio non il futuro ma il passato, e traducono the
land has been promiscuous (p. 142). In modo simile traduce anche Macintosh: the nation
has turned in gross promiscuity (p. 7). In realt lo yiqtol ebraico usato anche per
indicare una cosa che sempre sar o avverr (cf. A. Niccacci, Biblical Hebrew Verbal
System in Poetry, in: S.E. Fassberg - A. Hurwitz [edd.], Biblical Hebrew in Its Northwest
Semitic Setting. Typological and Historical Perspectives, Jerusalem - Winona Lake 2006,
247-268, 3.3), senza che per questo perda il suo valore proprio ed equivalga ad un
presente, come spesso si afferma. Il fatto che lautore usi il futuro e non la costruzione
propria del presente, cio col participio, indica che intende dire: Israele (la terra) si
prostituisce e sempre si prostituir.
10. Invece di e un letec di orzo la LXX ha un nevel di vino (cf. 1Sam 1,24 e 2Sam
16,1), lezione adottata da P.G. Borbone, Il libro del profeta Osea. Edizione critica del testo
ebraico, Torino 1987, 126-127, e da Stuart, 62-63. In linea con Macintosh, 99.102-103, non
credo per che questa lezione sia da preferire. Non mi sembra neppure consigliabile eliminare il secondo MyrOoVc come propone D. Barthlemy, Critique textuelle de lAncien Testament.
vol. 3: zchiel, Daniel et les 12 Prophtes, Fribourg (Suisse) - Gttingen 1992, 505. Sulle
interpretazioni giudaiche dellespressione si veda Rosenberg, 19.207.
11. Il nome un participio passivo del verbo Mjr avere misericordia, e perci Nonoggetto-di-misericordia (cf. nota 42).
12. Cio: Non-popolo-mio (cf. nota 42).

76

y%I;tdqDpw f#AoVm dwo_yI;k


poich ancora un po
e far giustizia

A. NICCACCI

MEjrSa dw#o Py%Iswa al yI; y$I;mAo al MR;tAa yI;k


k l$EarVcy tyE;b_tRa
poich voi siete

y%I;tdqDpw f#AoVm dwo_yI;k poich non avr pi


poich ancora un po misericordia della Casa
di Israele,
e far giustizia
_lAo laRorzy yEm;d_tRa
aw$hy tyE;b del sangue
di Izreel sulla Casa di
Iehu

tyE;b twkVlVmAm y$I;tA;bVvIh


w :l`EarVcy e porr

Non-popolo-mio
(Lo-amm)

:M`RhDl aDcRa acn_y`I;k :M`RkDl hRyVhRa_al yIkOnDaw


cos che in alcun modo
li perdoni13.

e io non sar
vostro14.

termine al regno della


Casa di Israele.

13. In base al collegamento con ci che precede, il

yI;k di MRhDl aDcRa acn_yI;k potrebbe contrapporsi a al, per cui si avrebbe non ma. chiaro per che il senso ma certamente
li perdoner, che usuale con il verbo acn + lamed, non si accorda con il contesto, per
quanto cos intenda Borbone, Il libro del profeta Osea: poich certo li perdoner (p. 132),
anche se poi lo considera del tutto fuori posto e una glossa (p. 136). Keil perci intende:
that I should forgive them (p. 43; cos anche in Is 43,22). Il senso di yI;k cos da allora
equivalente a yI;k dAo cosicch, no al punto di (cf. 2Sam 23,10). Altre soluzioni, antiche
e moderne, sono elencate da Macintosh, 21-22, il quale traduce: Indeed I will annihilate
them completely. La LXX ha: all h antitasso/meno antitaxomai aujtoi ma piuttosto
decisamente mi opporr ad essi. Aquila (epilh/somai aujtwn) e Vulgata (sed oblivione
obliviscar eorum) leggono un verbo dimenticare: ma del tutto li dimenticher. Da parte
loro, Andersen - Freedman estendono a questa frase la negazione che precede e traducono:
(never again shall I show pity for the state of Israel) or forgive them at all (pp. 143.192194). Invece M.-T. Wacker, Figurationen des Weiblichen im Hosea-Buch, Freiburg 1996,
45-46, ignorando la divisione masoretica, collega questa frase a ci che segue: Wenn ich
ihnen vllig vergebe, werde ich mich auch des Hauses Juda erbarmen; applica quindi lo
schema protasi-apodosi, analisi possibile dal punto di vista grammaticale-sintattico (cf. nota
7), ma diversa dalle interpretazioni tradizionali e difcilmente giusticabile nel contesto.
14. Alcuni autori vedono in hyVhRa_al un riferimento a Es 3,14 e intendono il verbo come
nome divino; cf. Andersen - Freedman: and I am not Ehyeh to you (pp. 143.198-199);
Stuart, 23: and I am Not your Ahyeh; Macintosh, 26: and I will not be [Yahweh] for
you (pp. 26-28). Cos anche Mitchell, Hosea 1-2 and the Search for Unity,120-124,
che intende Lo-ehyeh come un nome a somiglianza di Lo-ruham e Lo-amm in
1,6.11, e come tale persino Lo-ish in 2,4 e 11,9. A mio parere, bench certo uneco di Es
3,14 non sia esclusa, tuttavia la traduzione immediata e che meglio corrisponde al contesto
(voi siete Non-popolo-mio / e io non sar vostro, probabilmente nel senso di vostro Dio
secondo la formula consueta) quella della LXX: kai egw ouk eimi uJmwn, di Simmaco:
oujde egw esomai uJmin (stessa frase nella LXX di Ger 11,4: kai egw esomai uJmin ei qeo/n,
TM MyIhlaEl MRkDl hyVhRa yIkOnDaw), e della Vulgata: et ego non ero vester (cf. Macintosh, 29).

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

awhAh MwyA;b hDyDhw 1,5

77

_y`EnV;b rApVsIm hyDh`Vw 2,1


MYyAh lwjV;k lEarVcy

E avverr che in
quel giorno

E sar il numero dei


Figli di Israele come la
sabbia del mare,

tRvq_tRa yI;trAb`Dvw
l$EarVcy spezzer larco

alw dA;my_al rRvSa


rEpD;sy che mai si

della Casa di Israele15

potr misurare n si
potr contare.

:la`Rorzy qRmEoV;b

MwqVmI;b hyDh`Vw
MRhDl rEmDay_rRvSa

nella valle di Izreel.

E avverr che nel luogo


in cui si diceva ad essi
M$R;tAa yI;mAo_al Nonpopolo-mio (Loamm) siete voi,

:y`Dj_l`Ea yEnV;b MRhDl rEmDay


hdwhy tyE;b_tRaw 1,7
M$EjrSa Invece della
Casa di Giuda avr
misericordia

si dir loro Figli del


Dio vivo.

hdwhy_y`EnV;b wxV;bVqnw 2,2

Allora i Figli di
Giuda si raduneranno

hDwhyA;b MyI;tVoAvwhw
w$;dVjy lEarVcy_y`EnVbw
MRhyEhlTa e li salver insieme ai Figli di
nel Signore loro Dio

tRvqV;b M#EoyIvwa alw


brRjVbw

e non li salver con


larco e con la spada,

MyIswsV;b h$DmDjVlImVbw :
My`IvrDpVbw

15. Il weqatal

Israele,

dDjRa var MRhDl wmDcw


si daranno un capo
unico

lwd g ykI; XrDa hD _NIm w l oD w


:la`Rorzy Mwy e
saliranno dalla terra,

hyDhw regge una costruzione a due membri, composta di awhAh MwyA;b (primo
membro, circostanza) e yI;trAbDvw (secondo membro, proposizione principale). Si noti che hyDhw
non seguito da un nome che funga da soggetto grammaticale (com lEarVcy_ynV;b rApVsIm il
numero dei Figli di Israele in 2,1) ma da un complemento preposizionale, awhAh MwyA;b, a
cui segue un weqatal. In frasi del genere (cf. 2,18 e 2,23) lintera costruzione a due membri il soggetto sintattico di hyDhw; lett. e avverr (predicato) + il fatto che in quel giorno
spezzer (soggetto). Su questa costruzione tipica del discorso diretto, e su quella parallela con yIhyw, tipica della narrazione storica, si pu consultare la mia Sintassi del verbo, cap.
VIII (meglio nelledizione inglese o spagnola).

78

A. NICCACCI

n con la guerra,
con i cavalli e con i
cavalieri16.

poich grande sar il


giorno di Izreel.
()

KJ Dc_ynnIh NEkDl 2,8


MyryI;sA;b JKE;kr;d_tRa

MyImy Dhy#RlEa rAmOaw 3,3


y$Il yIbVvE;t MyI;br Allora

Perci ecco che io


sto per sbarrare la tua
strada con rovi.
;h$rdg_tRa yI;trd`Dgw
Poi alzer il suo muro

le dissi: Per molti


giorni resterai per me,

:a`DxVmIt al DhyRtwbyItnw

prostituirai e non sarai di


nessuno

e i suoi sentieri lei


non li trover (pi).

DhyRbShAaVm_tRa hDp;drw 2,9


Inseguir i suoi
amanti
M$DtOa gyIcAt_alw ma
non li raggiunger,

yIyVh`It alw yYnzIt al


vyIaVl non ti
:JKy`DlEa yInSa_Mgw e
anchio (sar cos) verso
di te17.

aDxVmIt alw MAtDvVqIbw

li cercher ma non li
trover.
16. Si noti la contrapposizione tRvqV;b MEoyIvwa alw

MRhyEhlTa hwhyA;b MyI;tVoAvwhw e li salver nel


Signore loro Dio / e non li salver con larco (1,7). Vari interpreti (ad esempio Macintosh, 25-26) ritengono che questo riferimento a Giuda sia unaggiunta posteriore (cf. nota
2); ma si veda infra ( 6). Da parte loro, Andersen - Freedman traducono il v. 7: nor for the
state of Judah will I show pity, or save them. I will not save them from bow and sword
(p. 143). Secondo loro, cio, la frase MEjrSa dwo PyIswa al non avr pi piet regge tutte e
quattro frasi che seguono; ma nonostante gli sforzi di provarlo dal punto di vista poetico e
sintattico, non vedo altra base per questa analisi se non la convinzione che in Osea Giuda
sia sempre trattato come Israele (pp. 189-192), cosa che non sembra corrispondere a realt
(cf. 6). Andersen - Freedman, poi, intendono nel v. 7 il bet di MRhyEhlTa hwhyA;b, come un
beth essentiae con la funzione di specicare il soggetto e spostano la frase allinizio come
apposizione del soggetto: because I as Yahweh their God never again shall I show
pity (pp. 142-143.194-195). Ma cos si annulla lopposizione tra la salvezza/vittoria
nel Signore e salvezza/vittoria con le armi, un tema che gi accennato in parte in 1,5,
ritorna in 2,20 e costituisce un punto importante della predicazione di Osea e dei profeti
dellVIII sec. contrari a una politica di preparazione militare e di alleanze con lAssiria e/o
con lEgitto a scapito della ducia nel Signore (Os 5,13; 7,11; 9,13; 10,6; 11,5.11; 12,2;
14,4; cf. Is 2,2-4 // Mic 4,1-3; Is 29,13-16; 30,1-5; 31,1-3; Am 2,13-16; Mic 5,9-10), come
ho mostrato in Un profeta tra oppressori e oppressi. Analisi esegetica del capitolo 2 di
Michea nel piano generale del libro, Jerusalem 1989, 51-53. Sulla situazione testuale di 1,7
si veda la discussione di Barthlemy, Critique textuelle, 497-498.
17. Per altre interpretazioni possibili si vedano Barthlemy, Critique textuelle, 506; Andersen
- Freedman, 304-305; Macintosh, 103-104.

79

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

()

;h$DcwcVm_lD;k yI;tA;bVvIhw 2,13 My#I;br MyImy yI;k 3,4


Far cessare ogni
sua celebrazione,

Poich per molti giorni

;hD;tA;bAvw ;hDvdDj ;hDgAj

l$EarVcy yEnV;b wbVv`Ey

la sua festa, la sua


luna nuova e il suo
sabato
:;hdSowm lOkw e ogni
sua ricorrenza.

i Figli di Israele
resteranno

r$Dc NyEaw JKRlRm NyEa

senza re, senza capo,

hDbExAm NyEaw jAbRz NyEaw


senza sacricio e
senza stele,

:My`IprVtw dwpEa NyEaw


()

senza efod e teram.

che in quel giorno


oracolo del Signore
yIvyIa yIarVqI;t chiamerai Mio Marito

Israele di nuovo

awhAh_MwyAb hDyDhw 2,18


l$EarVcy yEnV;b wbUvy r#AjAa 3,5
hYwhy_MUan E avverr In seguito i Figli di

dwo yIl_yIarVqIt_alw
:y`IlVoA;b e non mi
chiamerai pi Mio
Baal.
()

aw#hAh MwyA;b hDyDhw 2,23

hDwhy_tRa wvVqIbw
M$RhyEhlTa cercheranno18 il Signore loro Dio
MD;kVlAm dIw;d tEaw e
David loro re

hDwhy_lRa wdSjDpw e
andranno tremanti verso
il Signore19

tyrSjAaV;b wbwf_lRaw

E avverr che in
My`ImyAh e verso la sua
quel giorno
bont alla ne dei
hYwhy_MUan hnTo`Ra io giorni.
risponder oracolo
del Signore.
MyDmDvAh_tRa hRnToRa Io
risponder al cielo,

:Xr`DaDh_tRa wnSoy MEhw

esso risponder alla


terra,
18. Lett. torneranno e cercheranno, endiadi (cf. nota 51).
19. Cos Keil, 72; Andersen - Freedman, 307-308; Stuart, 63; Macintosh, 108-109. Espres-

sioni simili, con la radice djp e la preposizione lRa, a indicare il timore di chi si dirige
verso colui che lo ispira o che ricade su chi lo subisce, compaiono in Mic 7,17; Ger
2,19; 36,16; Gb 31,23.

80

A. NICCACCI

_tRa hYnSoA;t XrDaDhw 2,24


NDg;dAh la terra
risponder al grano,

_tRaw vwryI;tAh_tRaw
rDhVxyAh al mosto e
allolio

:la`Rorzy_t`Ra
wnSoy MEhw ed essi
risponderanno a Izreel.
()

2. I due comandi di Dio


Come accennato sopra, Os 1-3 presenta due comandi di Dio al profeta: di
prendere per s una prostituta e gli di prostituzione (1,2) e di amare una
donna amata da un altro e adultera per rappresentare lamore di Dio per
i Figli di Israele (3,1)20. Bisogna chiarire come siano da intendere le due
situazioni.
Nel primo caso Dio dice: prendi per te una donna di prostituzione e
gli di prostituzione (1,2). Lespressione prendere per s una donna
signica prenderla in moglie, anche se lespressione completa prendere
per s X (nome) come moglie (cf. Gen 25,20; Es 6,20.23, ecc.); ma laggiunta e gli di prostituzione complica le cose (vedi infra).
Nel secondo caso Dio dice: ama una donna amata da un altro e
adultera (3,1). Qual la situazione qui? Se lespressione donna amata
da un altro signica che sua moglie (cf. infra), il fatto che la donna
sia detta anche adultera pu signicare che il marito labbia ripudiata e
che quindi il profeta la possa amare e prendere con s21. Altrimenti, se
fosse ancora moglie di un altro, come potrebbe Dio ordinare al profeta
di amarla?22

20. Opinioni diverse sono elencate in Macintosh, 113-126.


21. Come gi notava Malbim, sposare una donna ripudiata era proibito per un sacerdote

(cf. Lv 21,7), ma non per il profeta che non lo era (cf. Rosenberg, 5).
22. La trattazione di Barthlemy, Critique textuelle, 503-504, non pone questo problema, mentre Keil fa una lunga discussione al riguardo (pp. 27-36). Per lui i participi
tRpDanVmw Aor tAbUhSa amata da un altro e adultera indicano una situazione attuale ed escludono
quindi che la donna fosse divorziata; per questo motivo i due matrimoni non furono unesperienza esterna ma interiore del profeta, anche perch Dio non pu ordinare comportamenti

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

81

Credo quindi che i due comandi va, prendi (1,2) e va ancora e ama
(3,1) siano equivalenti e signichino entrambi prendere in moglie. Ambedue
le donne sono prostitute, con la differenza che la prima, detta Mynwnz tRvEa,
forse non era sposata, mentre la seconda, detta tRpDanVm, era sposata: questo
dovrebbe signicare Aor tAbUhSa amata da un (tuo) prossimo (cf. KRor tRvEa
la moglie del tuo prossimo in Es 20,17, ecc.). Credo quindi che le due
donne siano distinte, contrariamente a quanto pensano alcuni esegeti23.
Penso inoltre che i due comandi siano da interpretare come fatti reali.
Del resto se lo scopo che il profeta sia un segno per il popolo, come
dimostra il fatto che deve attribuire nomi simbolici ai gli, bisogna che
il matrimonio sia esterno e visibile. Cos la situazione del profeta riette
quella di Dio verso Israele, che qui considerato sia come Sposa di Dio
che come suoi Figli (cf. infra, 3).
Che signica allora va, prendi per te una donna di prostituzione e gli
di prostituzione? Forse non che il profeta deve prendere la donna insieme
ai gli che lei ha gi avuto in precedenza, ma i gli di prostituzione sono
quelli che lei gli generer. Ma come genera la donna? Si dovr intendere che
i tre gli non sono gli sici del profeta ma appunto gli di prostituzione,
cio che la donna continuer a fare la prostituta anche dopo che il profeta
lha sposata e in questo modo nasceranno i gli. Altrimenti perch sarebbero
gli di prostituzione? Solo perch nascono da una prostituta?
Da un lato infatti il profeta deve riettere esattamente la situazione
del Signore, il quale ha scelto Israele come sua Sposa, ma lei serve altri
di e gli Israeliti sono Figli infedeli (cf. 1,2: poich certo si prostituir
la terra / da dietro al Signore). Daltro lato, il confronto con il secondo
comando fa capire che solo in questo caso, non nel primo, il profeta ordina
alla moglie di astenersi dal prostituirsi per molti giorni e assicura che ansregolati. Al riguardo bisogna dire che il participio in ebraico indica il presente quando
riferito allasse del presente; si trova per anche riferito allasse del passato e a quello del
futuro e allora indica, rispettivamente, una situazione passata o futura. Ad es. in Sal 104,2-4
i participi sono legati a qatal di passato nei versetti successivi e tutti riguardano chiaramente
lopera della creazione vista come passata, mentre nellannuncio delle piaghe (Es 7,1718.27-29; 8,17-19, ecc.) il participio continuato da weqatal e x-yiqtol che comunicano
informazioni future (cf. note 53 e 54). Daltra parte, linterpretazione degli ordini di Dio al
profeta come interiori attestata nella tradizione giudaica a partire dal Targum Jonathan,
ma a ragione Malbim la riuta (cf. Rosenberg, 4-5).
23. Ad esempio Andersen - Freedman, 115-118, e Macintosh, 113-119. Gisin, Hosea, 49,
propone addirittura che la sequenza dei fatti nei cc. 1-3 sia la seguente: Heirat, Kap. 1,
Trennung oder Scheidung, 2,4-15, und Wiederverheiratung: Kap. 3 (p. 49). Per parte mia
ritengo che la vicenda familiare del profeta sia simbolo del rapporto di Dio con Israele, del
cui processo il testo direttamente si interessa (cf. infra, nota 88).

82

A. NICCACCI

che lui si asterr da lei (3,3). Si capisce, cio, che nel primo caso il profeta
non ha detto questo e che la moglie ha continuato a prostituirsi e quindi i
gli sono nati da rapporti extra coniugali24.
3. I titoli
Bisogna poi esaminare i titoli utilizzati per indicare Israele. Nel caso del
primo glio Dio dice che tra un po porr ne al regno della Casa di Israele (1,4); nel caso della glia annuncia che non avr pi compassione della
Casa di Israele mentre avr compassione della Casa di Giuda (1,6.7);
e nel caso del terzo glio dichiara: voi siete Non-popolo-mio (1,9). Per
un verso la designazione Casa di sembra indicare in prima istanza i capi
di Israele e di Giuda, sia religiosi che politici, mentre i Figli di Israele
sono il popolo soggetto detto mio popolo dai profeti e/o da Dio con
senso di affettuosa partecipazione25 , popolo che a causa dei peccati dei
capi diventa Non-popolo-mio (1,9; 2,25).
Risulta per che il titolo Casa di si alterna con Madre e Sposa,
titoli che dovrebbero anchessi designare i capi di Israele e di Giuda, che
sono insieme Sposa nei confronti di Dio e Madre nei confronti del
popolo. Peraltro il titolo Casa di compare anche quando si parla dei gli.
Per cui, al di l della differenza, c una stretta correlazione, in quanto il
24. Le opinioni al riguardo divergono. Keil, 37-38, ritiene che la fraseologia usata non

consenta di intendere che i gli non erano del profeta e perci interpreta, anche per questo,
il comando in senso simbolico e non reale (cf. supra, nota 22): simply as a symbolical
representation of the relation in which the idolatrous Israelites were then standing to the
Lord their God (p. 38). Dalla lunga discussione di Andersen - Freedman, 156-169, risulta
invece che per i due autori il matrimonio reale e non solo simbolico; i gli sono del profeta ma vengono detti gli di prostituzione a motivo della madre; questa poi non sarebbe
stata prostituta gi prima del matrimonio ma lo sarebbe diventata dopo e lordine di 1,2,
che essi traducono take for yourself a promiscuous wife, sarebbe formulato in base alla
comprensione posteriore del profeta. Una posizione in parte simile sostiene Macintosh: i
gli sono del profeta ma essi were inescapably to inherit their mothers designation (p.
13). Per parte mia credo che lespressione NE;b wl dRlE;tw e gli partor un glio (1,3) non
indichi necessariamente che il padre naturale fosse il profeta, ma pu indicare un riconoscimento dipaternit, o una paternit adottiva, come nel caso di Giacobbe nei confronti dei
due gli di Giuseppe: Or dunque, i due tuoi gli che sono nati a te (KVl MydDlwnAh) nella terra
di Egitto no al mio arrivo presso di te in Egitto, miei sono essi (MEh yIl); Efraim e Manasse
saranno miei (yIl_wyVhy) esattamente come Ruben e Manasse (Gen 48,5), dove lavverbio
esattamente rende esplicita lenfasi che cade sul complemento come Ruben e Manasse
per il fatto che posto prima del verbo invece di seguirlo.
25. Titolo attestato anche in Michea, come ho mostrato in Un profeta tra oppressori e
oppressi, 102-104.

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

83

comportamento dei capi inuisce sulla sorte dei gli e le due categorie in
fondo condividono la medesima sorte. Infatti nel c. 2 si parla ancora di Figli di Israele e di Figli di Giuda (2,1.2), ma invece di Casa di Israele
si nomina come controparte la vostra/loro Madre (2,4.7)26.
Un passo ulteriore verso lidenticazione tra Madre e Figli si compie
nel c. 3, dove Dio ordina al profeta: Va ancora e ama una donna / amata
da un altro e adultera, / come il Signore ama i Figli di Israele, / mentre essi
si volgono verso altri di / e sono amanti di dolci di uva passa (3,1). Qui si
parla prima della donna, poi dei Figli che sono idolatri, cosa che altrove si
dice della Madre (cf. 2,6). Del resto il passaggio dal singolare riferito alla
donna al plurale riferito ai gli si nota altrove nel c. 227, a conferma della
stretta correlazione che unisce la sorte di entrambi.
Nel c. 2 si verica, rispetto al c. 1, un cambio notevole che deve essere
valutato nel contesto. Infatti, dopo aver detto a proposito del terzo glio:
Chiama il suo nome Lo-amm, / poich voi siete Non-popolo-mio / e io
non sar vostro (1,9), Dio continua: E sar il numero dei Figli di Israele
come la sabbia del mare / che mai si potr misurare n si potr contare. / E
avverr che nel luogo in cui si diceva ad essi: Non-popolo-mio siete voi,
/ si dir loro Figli del Dio vivo (2,1). Questo rovesciamento improvviso da Non-popolo-mio a Figli del Dio vivo non motivato in alcun
modo; semplicemente annunciato in diretta contrapposizione con ci che
precede. Bisogna dire per che, da un lato, questo modo di procedere per
diretta contrapposizione non senza paralleli nella letteratura profetica28;
dallaltro, il resto del c. 2 spiega come questo avverr (cf. infra, 4).
26. Per Wacker, Figurationen des Weiblichen im Hosea-Buch, la Sposa la citt di Samaria

in Os 2,4ss, mentre la comunit che compie lesodo in 2,16ss. Lautrice insiste comunque
che la Sposa non la dea Asherah, contro la proposta di Whitt (p. 323-324; cf. infra, nota
73). Su una linea simile si colloca G. Baumann, Liebe und Gewalt. Die Ehe als Metapher fr das Verhltnis JHWH - Israel in den Prophetenbchern, Stuttgart 2000, 91-110, la
quale promuove, come la Wacker, una lettura di Osea con occhio femminile. Curiosamente,
E. Ben Zvi, Observations on the Marital Metaphor of YHWH and Israel in its Ancient Israelite Context: General Considerations and Particular Images in Hosea 1.2, JSOT 28 (2004)
363-384, esamina invece la metafora matrimoniale dal punto di vista maschile, convinto
che the book of Hosea was most likely written by male literati, with a male readership in
mind (p. 365).
27. Cf. note 36 e 67. Nel c. 2 si nota anche una serie di passaggi dalla terza persona (2,4-7)
alla seconda (2,8a) e di nuovo bruscamente alla terza (2,8b sino alla ne), riferiti a Israele
Sposa e Madre. Lo stesso accade in riferimento ai Figli: dalla terza persona (2,1-2), alla
seconda (2,3-4) e di nuovo alla terza (2,6 sino alla ne).
28. Cf. ad es. linterpretazione di Rashi in Rosenberg, 7. Ho esaminato unanaloga brusca
successione di detti di condanna e di promesse di salvezza in Michea in Un profeta tra
oppressori e oppressi, 2.5, spec. pp. 59-61. Si veda anche Gisin, Hosea, 34-35.

84

A. NICCACCI

4. La funzione di Os 2 nel contesto dei cc. 1-3


Lannuncio allora i Figli di Giuda si raduneranno / insieme ai Figli di
Israele, / si daranno un capo unico / e saliranno dalla terra, / poich grande
sar il giorno di Izreel (2,2) richiama lattenzione, in quanto nel c. 1 la
Casa di Giuda nominata in contrapposizione alla Casa di Israele: poich
non avr pi misericordia della Casa di Israele / Invece della Casa di
Giuda avr misericordia (1,6-7). Se vero, come detto sopra ( 3), che la
differenza tra Figli e Casa di Israele/Giuda minore, si pone per il problema di come spiegare le due differenti situazioni: in 1,6-7 la sorte della Casa
di Giuda opposta a quella della Casa di Israele, invece secondo 2,2 i Figli
di Giuda e i Figli di Israele si troveranno insieme, si daranno un capo unico
e saliranno dalla terra (di esilio, cf. infra) verso la Terra promessa.
Per comprendere le due situazioni occorre studiare la composizione di
Os 2, che presenta due parti parallele allinizio e alla ne (2,1-7 // 2,18-25)
e una centrale (2,8-17).
MYyAh lwjV;k lEarVcy_y`EnV;b rApVsIm hyDh`Vw 2,1 E sar29 hYwhy_MUan awhAh_MwyAb hDyDhw 2,18 E avverr che in
il numero dei Figli di Israele come la sabbia del
quel giorno30 oracolo del Signore
mare
rEpD;sy alw dA;my_al rRvSa che mai si potr
:y`IlVoA;b dwo yIl_yIarVqIt_alw yIvyIa yIarVqI;t
misurare n si potr contare.
chiamerai Mio Marito31 / e non mi chiamerai pi
M$R;tAa yI;mAo_al M RhDl rEmDay_rRvSa MwqVmI;b hyDh`Vw E Mio Baal32.

29. La LXX traduce il primo weqatal con limperfetto: kai hn ed era, riferendolo allasse

del passato, forse per collegarlo meglio al versetto precedente (cf. Macintosh, 38), mentre
traduce al futuro i weqatal successivi.
30. Non credo giusticato ipotizzare, come fa Macintosh, che lespressione awhAh MwyA;b hyDhw,
che compare in 1,5, in 2,2 e mai pi in Osea, sia segno that the three pericopes (beginning with vv. 18, 20, 23) are additions to the kerygmatic piece which precedes (p. 77).
Dallesame che presento nel corso di questo paragrafo risulta il contrario.
31. La frase, che esprime la decisione di tornare a Dio, unanticipazione letteraria: enuncia gi ora la conclusione del processo di privazione e di isolamento a cui Dio sottopone
Israele per farla giungere a quella decisione (cf. infra). Sulla costruzione della frase hyDhw
predicato di una proposizione a due membri, composta di awhAh_MwyAb circostanza e di yIarVqI;t
verbo principale, la quale funge da soggetto sintattico si veda la nota 48.
32. Bench il termine lAo;Ab sia usato anche nel senso di marito (cf. ad es. Gen 20,3; Es
21,3; Dt 22,22), in Osea indica sempre la divinit cananea e perci viene riutato. Si veda
lesposizione di Macintosh, 77-80. Direi che il cambio da Mio Baal a Mio Marito esprime il riuto di un linguaggio legato alle divinit cananee in favore di quello basato sul rapporto uomo-donna secondo la tradizione biblica (cf. nota 42). In realt il rapporto vyIa - hDvIa
rende limmagine di Dio in forma umana, poich di MdDaDh, cio dellessere umano in quanto
tale, si dice: a immagine di Dio lo cre, / maschio e femmina li cre (Gen 1,27); cf. il mio
articolo Lo Spirito, forza divina del creato, LA 50 (2000) 9-23, spec. pp. 12-16.

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

avverr che nel luogo in cui si diceva33 ad essi /


Non-popolo-mio (Lo-amm) siete voi,

85

DhyIpIm MyIlDoV;bAh twmVv_tRa yItOrIsShw 2,19 E io

allontaner i nomi dei Baal dalla sua bocca


:M`DmVvI;b dwo wrVkzy_alw e non saranno pi
Dio vivo.
ricordati per nome34.
w$;dVjy lEarVcy_y`EnVbw hdwhy_y`EnV;b wxV;bVqnw 2,2 Allora aw$hAh MwyA;b tyrV;b MRhDl yI;trDkw 2,20 Allora
i Figli di Giuda si raduneranno / insieme ai Figli
stringer per loro36 un patto in quel giorno
35
di Israele ,
hDmdSa`Dh cRmrw My$AmDvAh Pwo_MIow hdDcAh tAyAj_MIo
con gli animali della campagna, con gli uccelli del
dDjRa var MRhDl wmDcw si daranno37 un capo
cielo / e con i rettili della terra39,
unico

:y`Dj_l`Ea yEnV;b MRhDl rEmDay si dir loro Figli del

XrDaDh_NIm wlDow e saliranno dalla terra38,


:la`Rorzy Mwy lwdg yI;k poich grande sar il
giorno di Izreel.

yI;mAo MRkyEjSaAl wrVmIa 2,3 Dite ai vostri Fratelli

Xr$DaDh_NIm rw;bVvRa hDmDjVlImw brRjw tRvqw mentre


arco, spada e guerra spezzer dalla terra40,
:jAf`RbDl MyI;tVbA;kVvIhw e li far abitare in sicurezza.

Popolo-mio (Amm)

33. Lespressione

rRvSa MwqVmI;b pu indicare un riferimento sico (nel luogo in cui) e


non semplicemente logico (invece di), come MDvIm / hD;mDv in 2,17 (cf. nota 60). Lo yiqtol
rEmDay comunica uninformazione passata rispetto allasse del futuro, rappresentato dai due
hyDhw e sar/avverr, e anche rispetto allasse del presente di 1,9 (poich voi siete Nonpopolo-mio), e perci equivale allimperfetto (si diceva). Al passato traduce anche la
LXX: en tw to/pw ou erreqh aujtoi nel luogo in cui fu detto loro, mentre la Vulgata
traduce al futuro (dicetur).
34. Lespressione con rkz allhil + MEvV;b + genitivo di di signica invocarli (cf. Gs 23,7;
Am 6,10; Sal 20,8). Poich qui il verbo al nifal, si pu forse tradurre: e non saranno pi
invocati per nome, o simile. Come nota Keil, 63, Zc 13,2 ha un testo quasi uguale.
35. Lett. e i Figli di Israele con loro, oppure mentre i Figli di Israele saranno con loro,
analizzando come proposizione nominale con valore circostanziale.
36. Si noti il passaggio da lei, la sposa Israele, a loro, il popolo suoi gli (cf. nota 67).
37. Lett. porranno per s.
38. Cio dalla terra in cui si troveranno, e quindi in esilio, come suggerisce sia il contesto che la terminologia usata (cf. 6). Macintosh ritiene invece impossibile questa
interpretazione perch la terra (XrDaDh) designerebbe naturalmente la terra di Israele; per
cui, dopo una lunga discussione (pp. 31-33), intende il verbo hlo come to shoot up,
grow up (as a plant) e traduce: and they will ourish on the land (p. 30). Non credo
per che si possa dire che di per s XrDaDh indichi Israele. Basti ricordare Es 1,10, in cui
il Faraone, parlando ai suoi, prevede che in caso di guerra il popolo di Israele si unir
anchesso ai nostri nemici, combatter contro di noi e salir dalla terra (XrDaDh_NIm hDlDow),
evidentemente dallEgitto.
39. Gli animali della terra per disposizione di Dio mangiavano i frutti della terra (2,14).
Ora Dio stabilisce armonia completa tra il popolo e tutti gli animali.
40. Il costrutto waw-x-yiqtol rw;bVvRa tRvqw interrompe per un momento, dato che poi riprende e continua no al v. 22, la catena dei weqatal iniziata in 2,18 con awhAh_MwyAb hyDhw (cf.
nota 15) e indica non uninformazione coordinata, come i weqatal, bens circostanziale, concomitante, o simile, e comunque di sfondo rispetto allinformazione precedente (cf. nota 54).
Questa funzione si pu rendere, come indicato sopra: mentre arco spezzer. Quanto
allopposizione di Dio per le armi cf. 1,5.7 e nota 16.

86

A. NICCACCI

:hDm`Djr MRkyEtwjSaAlw e alle vostre Sorelle41

MDlwoVl yIl JKyI;tVcrEaw 2,21 Allora ti danzer a me

Oggetto-di-misericordia (Ruham)!
wby$r MRkV;mIaVb wbyr 2,4 Fate causa a vostra
Madre, fate causa,
;hDvyIa al yIkOnDaw y$I;tVvIa al ayIh_y`I;k
poich lei non mia Moglie / e io non sono suo
Marito42,

per sempre;

:My`ImSjrVbw dRsRjVbw f$DpVvImVbw qdRxV;b yIl JKyI;tVcrEaw

ti danzer a me nella giustizia e nel diritto, /


nella grazia e nella misericordia;
hDnwmTaR;b yIl JKyI;tVcrEaw 2,22 ti danzer a me nella
fedelt43
:DhydDv NyE;bIm DhyRpwpSanw DhyYnDpIm Dhynwnz rEsDtw
:h`Dwhy_tRa V;tAodyw e allora conoscerai il
afnch lei allontani le sue prostituzioni dal suo Signore45.
volto / e il suo adulterio dal mezzo dei suoi seni44;
;hdVl`DwIh MwyV;k Dhy$I;tgAxIhw h$D;mrSo hnRfyIvVpAa_NRp 2,5
aw#hAh MwyA;b hDyDhw 2,23 E avverr che in quel
afnch io non46 la spogli nuda!
giorno

41. La LXX ha due volte il singolare: a vostro fratello a vostra sorella, mentre la

Vulgata ha il plurale nel primo caso, il singolare nel secondo; cf. discussione completa del
testo in Barthlemy, Critique textuelle, 498-499. Linsolita menzione delle sorelle accanto
ai fratelli come due categorie del popolo riette evidentemente la situazione dei gli del
profeta, due maschi e una femmina, nel c. 1. Da parte sua Borbone, Il libro del profeta
Osea, traduce al singolare (a vostro fratello a vostra sorella) per quanto lasci invariato
il testo consonantico (pp. 130-131).
42. Lett. poich lei Non-mia-Moglie e io Non-suo-Marito, secondo le formule usate per i gli del profeta e per il popolo: Non-oggetto-di-misericordia (1,6), Non-popolo-mio (1,9; 2,1). I nomi simboleggiano rapporti interrotti che poi vengono ristabiliti
(cf. 2,1.15.18.25). signicativa ladozione del linguaggio vyIa - hDvIa, tipico della coppia
umana (cf. Gen 2,24), per indicare il rapporto Dio-Israele, rapporto qui riutato ma ristabilito in 2,18 (cf. nota 32).
43. Luso del verbo cra, con una donna per oggetto, indica il danzamento, cio la fase che
precede il prendere per s la (donna) X come moglie (cf. 2), e richiama 2,17: come
nei giorni della sua giovent, / come nel giorno in cui sal dalla terra dEgitto. Suggerisce
quindi un nuovo inizio del rapporto. Secondo Andersen - Freedman, la sequenza dei tre
JKyI;tVcrEaw has an almost incantational effect; the design is poetic (p. 282), bench gli stessi
autori mostrino altrove riserve riguardo alle forme verbali usate (cf. nota 72). I tre verbi
sono specicati da sei complementi, il primo introdotto da lamed (in eterno), gli altri da
bet, che il modo con cui si designa la dote che il danzato deve pagare alla famiglia della
danzata (cf. 2Sam 3,14). Credo per che trattandosi di Dio e considerando i termini
utilizzati e il parallelismo con in eterno i complementi con bet presentino la base del
rapporto, piuttosto che la dote che Dio paga. Cos intende invece Macintosh, che traduce:
with [gifts of] equity with [the gift of] steadfastness (p. 83).
44. Il termine Dhynwnz richiama la prima donna, detta Mynwnz tRvEa donna di prostituzione (1,2),
mentre laltro termine DhyRpwpSan richiama la seconda donna, detta tRpDanVm adultera (3,1). I due
termini dovrebbero indicare determinati segni della infedelt di Israele, come immagini, simboli o altro, legati a divinit cananee, piuttosto che atteggiamenti legati alle parti del corpo
nominate; cf. varie opinioni in Keil, 52; Andersen - Freedman, 224-225; Macintosh, 39-40.
45. Prima invece Israele non sapeva che era il Signore a darle tutto (2,10).
46. La LXX traduce opw an afnch, al positivo. Similmente Aquila, Simmaco,
Teodozione: ei pw, che il modo con cui la LXX traduce in genere yAlwa forse
(cf. Macintosh, 45).

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

/ Altrimenti la ridurr47 come nel giorno in cui fu


partorita,

87

hYwhy_MUan hnTo`Ra io risponder oracolo del


Signore.

r#D;bdI;mAk DhyI;tVmAcw la porr come il deserto,


:Xr`DaDh_tRa wnSoy MEhw MyDmDvAh_tRa hRnToRa Io
hYyIx XrRaV;k DhI;tAvw la render come terra arida risponder48 al cielo, / mentre esso risponder alla
:a`DmDxA;b DhyI;tImShw e la far morire di sete.
terra,
:hD;m`Eh MyInwnz yEnVb_y`I;k MEjrSa al DhyRnD;b_tRaw 2,6 E rDhxV yAh_tRaw vwryI;tAh_tRaw NDg;dAh_tRa hYnSoA;t XrDaDhw
neppure dei suoi gli avr misericordia,
/ poich sono gli di prostituzione;
MDtrwh hDvyIbOh M$D;mIa hDtn`Dz yI;k 2,7 poich la loro
Madre si prostituita, / ha agito in modo corrotto
colei che li ha concepiti,

la terra risponder al grano, / al mosto


e allolio
:la`Rorzy_t`Ra wnSoy MEhw ed essi risponderanno a
Izreel49.
2,24

47. Bench gli esegeti non ne tengano conto, il weqatal DhyI;tgAxIhw non continua la forza voliti-

va del positivo weyiqtol rEsDtw (2,4b) e del negativo hnRfyIvVpAa_NRp. Indica invece la conseguenza, la reazione di Dio alleventuale mancata conversione di Israele. Lo stesso valore hanno
i due weqatal coordinati che seguono e anche il costrutto waw-x-yiqtol (MEjrSa al DhynD;b_tRaw,
v. 6), che per di livello secondario, non coordinato.
48. Questo hnToRa uno yiqtol parallelo a quello che precede e lo specica. Ambedue
sono retti da awhAh MwyA;b hyDhw, che parte di una costruzione a due membri composta da
awhAh MwyA;b (primo membro, circostanza, o protasi) e da hnToRa (secondo membro, proposizione principale, o apodosi); e questa costruzione a due membri funge da soggetto
sintattico di hyDhw, lett. e avverr (predicato) + il fatto che in quel giorno risponder /
risponder (soggetto). Tale costruzione a due membri equivale a quella di 1,5 che ha
un weqatal invece di uno yiqtol come secondo membro (cf. nota 15). In questa funzione,
cio come proposizione principale di una costruzione a due membri, weqatal e yiqtol (e
anche x-yiqtol) si alternano senza alcuna differenza (cf. la mia Sintassi del verbo, 126,
meglio nelledizione inglese o spagnola), nonostante lopinione di alcuni autori (cf. Macintosh, 77, nota a 2,18). Si veda anche la nota 49.
49. Dio risponder (2,23) positivamente al fatto che Israele conoscer il Signore (2,22).
Il primo io risponder, che compare senza altra indicazione, specicato da ci che segue: Io risponder al cielo. A questa informazione di livello principale sono collegate
tre informazioni di livello secondario, di tipo waw-x-yiqtol, con funzione circostanziale,
indicanti corrispondenza con ci che precede, lett. Io risponder al cielo / ed esso, da
parte sua, risponder alla terra / e la terra, da parte sua, risponder al grano / ed essi,
da parte loro, risponderanno a Izreel (2,23b-24). Come nota Keil, 65, By a prosopopeia,
the prophet represents the heaven as praying God. Si nota infatti una serie di personicazioni, del cielo, della terra, dei prodotti della terra (grano, mosto, olio) e inne di Izreel:
una suggestiva preghiera cosmica al Signore perch conceda la fertilit. Invece Macintosh,
86-87, intende hno nel senso di attend to come in 2,17 (cf. nota 59). Da parte loro Andersen - Freedman, 285-286, complicano le cose affermando che si tratta di risposte date nel
contesto di un patto, e quindi in presenza di testimoni, piuttosto che di semplici risposte a
una preghiera cosmica, che essi ritengono fanciful, e ipotizzano che il pronome essi
si riferisca ai gli, piuttosto che al cielo e ai prodotti della terra di cui si parla nel v. 20.
Rimane il problema del senso da dare alla menzione di Izreel (cf. Macintosh, 18). Come nel
caso dei nomi simbolici dei gli del profeta (cf. infra), si produce anche qui un rovesciamento netto di situazione da negativa a positiva. E qui il rovesciamento gioca sulla possibile doppia etimologia del nome Izreel, da orz disperdere o da orz seminare (cf. 5).

88

A. NICCACCI

y$AmyEmw yImVjAl yEnVtOn yAbShAaVm yrSjAa hDkVlEa h#rVmDa yI;k hDmDjr al_tRa yI;tVmAjrw Xr$DaD;b yI;l DhyI;tVorzw 2,25
poich ha detto: Voglio andare dietro
ai miei amanti
/ che mi danno il mio pane e la mia acqua,
:y`Dyw;qIvw yInVmAv y$I;tVvIpw yrVmAx la mia lana, il mio
lino, il mio olio e le mie bibite.

KE;kr;d_tRa JKDc_ynnIh NEkDl 2,8


MyryI;sA;b
J Perci ecco che io
sto per sbarrare la tua strada
con rovi.
;h$rdg_tRa yI;trd`Dgw Poi alzer
il suo muro52
:a`DxVmIt al DhyRtwbyItnw e i
suoi sentieri lei non trover54.

Allora la seminer per me nella terra / e avr


misericordia di Lo-ruham,
hD;t$Aa_yI;mAo yI;mAo_alVl yI;trAmDaw e dir a Lo-amm
Mio popolo tu sei,
:y`DhlTa rAmay awhw e lui mi dir Mio Dio50.

yI;tVjqDlw bw$vDa NEkDl 2,11


w$;tIoV;b yngd Perci di nuovo

Dhy$R;tApVm yIkOn`Da hEnIh N#EkDl 2,16

Perci ecco che io sto per


prender51 il mio grano nel suo sedurla,
tempo
wdSowmV;b yIvwryItw e il mio
rD;bdI;mAh DhyI;tVkAlOhw la condurr
mosto nella sua stagione
nel deserto53
y$I;tVvIpw yrVmAx yI;tVlAxIhw e ripren- :;h`D;bIl_lAo yI;trA;bdw e parler
der la mia lana e il mio lino
al suo cuore.

Infatti nel contesto Izreel nome simbolico della nazione sia nel male (cf. 1,4.5) che nel
bene (cf. 2,2). Cos gi Rashi (Rosenberg, 18) e soprattutto Redak: Nella punizione chiam
il nome di Israele Izreel, poich furono dispersi (Myowrz) tra le nazioni, e nel tempo della
salvezza li chiama ancora Izreel, poich furono seminati (Myorzn) nella loro terra. E per
questo ha detto dopo: E la seminer (DhyI;tVorzw) per me nella terra (ibid., 18, ebraico; la
traduzione inglese nelle pp. 205-206 piuttosto libera); cf. anche Keil, 65-66. Lespressione la seminer per me nella terra non presenta alcuna base per ritenere che il verbo orz
seminare abbia qui valenza sessuale, come riconosce anche Macintosh, 89-90, contro
Andersen - Freedman, 288 (cf. anche infra, nota 81).
50. Dal femminile singolare per indicare Israele Sposa e Madre (la seminer) il testo
passa al maschile singolare (e lui mi dir), per sottolineare lunit del popolo di nuovo
seminato nella sua terra e unito insieme nel patto con il suo Dio (altrove invece si passa al
maschile plurale per indicare i Figli; cf. 2,10.20; note 36 e 67). Il testo non presenta quindi
alcuna irregolarit, n c bisogno di alcuna modica, nonostante proposte diverse, come
riconosce anche Macintosh, 89-90.
51. Lett. torner e prender (cf. nota 18).
52. Si nota, qui come altrove nel c. 2, un passaggio brusco dalla seconda alla terza persona:
la tua strada / il suo muro (cf. nota 27).
53. La sequenza temporale inizia con hnIh + pronome soggetto + participio e prosegue con
una serie di x-yiqtol e di weqatal coordinati, come in 2,8-9. In questa sequenza il participio
legato allasse dominante del futuro e indica un futurum instans, come negli annunci
delle piaghe di Egitto (cf. nota 22): Perci ecco io sto per lusingarla e la far andare
nel deserto. Quanto al senso, la frase ben diversa da quella di 2,5: e la porr come il
deserto (cf. nota 62)!
54. Come in 2,16 (cf. nota 53), la sequenza inizia con hnIh + pronome soggetto + participio;
prosegue con un weqatal coordinato (yI;trdgw), seguito da waw-x-yiqtol negato (al DhyRtwbyItnw
aDxVmIt), che una costruzione di livello secondario, in quanto il verbo occupa il secondo
posto della frase, e indica non successione ma contemporaneit o, forse meglio qui, pone in

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

89

:;h`DtwrRo_tRa tw;sAkVl (che

DhyRbShAaVm_tRa hDp;drw 2,9


Inseguir i suoi amanti

M$DtOa gyIcAt_alw ma non li


raggiunger,

aDxVmIt alw MAtDvVqIbw li


cercher ma non li trover.

serve) per coprire la sua nudit.


;hDtUlVbn_tRa hR;lgSa hD;tAow 2,12 E
perci scoprir la sua vergogna55
DhyRbShAaVm yEnyEoVl agli occhi dei
suoi amanti,
:ydyIm hnRlyIxy_al vyIaw
senza che alcuno possa liberarla
dalla mia mano.
;h$DcwcVm_lD;k yI;tA;bVvIhw 2,13 Far
cessare ogni sua celebrazione,
;hD;tA;bAvw ;hDvdDj ;hDgAj la sua
festa, la sua luna nuova e il suo
sabato
:;hdSowm lOkw e ogni sua
ricorrenza.
;h$DtnEaVtw ;hnVpg y#ItO;mIvShw 2,14
M$DvIm DhyRmrV;k_tRa ;hDl yI;tAtnw 2,17
Far seccare la sua vite e il suo Dar a lei le sue vigne da l
co,
stesso
y$Il hD;mEh hDnVtRa h#rVmDa rRvSa
hDwVqI;t jAtRpVl rwkDo qRmEo_tRaw
di cui disse56: Sono per me e (dar/porr) la Valle di Acor
la paga57
come Porta della Speranza58.
yDbSh`AaVm yIl_wnVt`Dn rRvSa che mi hy$rwon yEmyI;k hD;mDv hDtnDow
hanno dato i miei amanti,
E lei risponder59

rilievo il sostantivo che posto prima del verbo (e i suoi stessi sentieri lei non trover).
Il senso che la donna non trover pi neppure i sentieri che era solita frequentare. La sequenza continua in 2,9-10 con tre weqatal (hrVmDaw MAtDvVqIbw hDp;drw) e due costruzioni negative
corrispondenti (aDxVmIt alw gyIcAt_alw), tutte forme coordinate di livello principale.
55. Il termine twlVbn o twlVbn unico; cf. Keil, 57; Macintosh, 59-61.
56. Come in 2,7, questo disse introduce un contenuto negativo che riette il pensiero
del periodo di infedelt, a differenza del dir di 2,9.25, che si riferisce alla conversione
futura.
57. Forma variante di Nnt
V aR , che indica la paga per la prostituzione: cf. 9,1; Keil, 58; Andersen
- Freedman, 254; Macintosh, 63-64.
58. Come altrove in Os 1-3, si verica qui un cambio di nome per indicare un cambio di
situazione: da Valle di Acor, cio della tribolazione, a Porta della Speranza, anche se il
riferimento preciso dei nomi discusso tra gli esegeti sia antichi che moderni; cf. Macintosh, 74-75. Si veda anche la nota 62.
59. Una panoramica sui vari modi di intendere il senso di hno in questo passo si legge in
Macintosh, 72-73, il quale alla ne opta per she will be wholly attentive (p. 71), seguendo
il grammatico ebreo medievale Ibn Janah. Tuttavia il senso di rispondere non solo il
pi naturale ma si adatta bene al contesto, in relazione alla promessa di Dio in 2,16 (io
parler al suo cuore; cf. nota 62) e anche alla serie di risposte che si legge in 2,23-24
(cf. note 48 e 49).

90

A. NICCACCI

hDkVlEa h#rVmDaw Allora dir:

rAoYyVl MyI;tVmAcw li render una

Su,

foresta

Nw$var`Dh yIvyIa_lRa hDbwvDaw

:hdDcAh tAyAj MAtDlDkSaw e li


voglio tornare61 al mio primo mangeranno gli animali della
Marito,
campagna.

60. I complementi da l / l (stesso), come anche

l stesso60 come nei giorni della


sua giovent,

:MyrVxIm_Xr`RaEm ;hDtlSo MwyVkw


come nel giorno in cui sal
dalla terra di Egitto62.

rRvSa MwqVmI;b nel luogo in cui di 2,1,


possono essere dei riferimenti locali, nel senso che il luogo stesso della privazione (2,17)
o del riuto (2,1) diventa il luogo della restituzione del raccolto o del rinnovo del patto;
cf. Keil, 61; Andersen - Freedman, 143.203. Invece Macintosh, 71.74, intende MDvIm in riferimento al tempo (from that moment) e hD;mDv in riferimento al luogo (there).
61. Lett. Voglio andare e voglio tornare, yiqtol e weyiqtol coordinato, ambedue volitivi.
I due verbi costituiscono un modo caratteristico dellebraico di presentare la decisione di
mettersi in cammino.
62. Mi sembra che la lunga discussione di Andersen - Freedman, 269-277, pi che risolvere
problemi susciti interrogativi. Infatti, sulla base della composizione del brano (vedi infra),
i tre NEkDl perci (2,8.11.16) introducono tre iniziative di Dio le prime due di punizione,
la terza di grazia ed proprio la terza che provoca la conversione della Sposa Israele
(cf. Stuart, 43, forse lunico commentatore che tiene conto dei tre NEkDl, anche se poi trova
difcile collegare il terzo ai due precedenti). Su questa base si pu comprendere la logica
del brano: dopo la punizione per le infedelt, Dio interviene con la grazia prima ancora che
Israele si ravveda. Possiamo dire anzi che la punizione stessa la grazia; infatti la parola
deserto che in 2,5 simboleggia le privazioni a cui Dio sottoporr Israele, indica qui un
nuovo rapporto di intimit. E Israele risponder a Dio che parler al suo cuore e mostrer concretamente la sua benevolenza mediante la restituzione dei doni della terra (2,17).
Mi sembra perci fuori luogo la proposta di Andersen - Freedman, 270-271, di cambiare
lordine delle informazioni di 2,16-17 allo scopo di collocare il dono delle vigne dopo la
risposta positiva di Israele, per cui il fatto avrebbe il carattere di un dono di nozze. Non
mi sembra neppure appropriato anticipare, come fanno i due autori, il riferimento allesodo
dallEgitto, che compare alla ne di 2,17 e fa inclusione con linizio di 2,16, e collocarlo
dopo il riferimento alla Valle di Acor, per il fatto che questa valle evoca il tempo posteriore
dellingresso nella Terra promessa (cf. Gs 7,26). In effetti i due riferimenti sono simbolici e
il criterio della loro comparsa nel testo non quello cronologico. La discussione di Andersen
- Freedman contiene comunque elementi suggestivi, come il testo ugaritico che esaminano
(UT 77,17-23) per confermare la loro idea che le vigne nominate in 2,17 rappresentano un
dono di nozze (p. 273), e anche il legame che suggeriscono con la prostituta Rahab di Gerico (p. 276). Il testo ugaritico citato perch contiene un riferimento alle vigne (krmm)
come dono di nozze e la prostituta di Gerico evocata perch il nome Porta della Speranza
(hwVq;It jAtR;p) ricorda il lo di scarlatto (ynDvAh twVqI;t) che la donna pose sulla nestra della
sua casa secondo lordine degli uomini di Giosu (Gs 2,18.21). Per parte mia, non credo
che le vigne siano viste in Os 2,17 come dono di nozze, ma piuttosto come restituzione dei prodotti della terra che il Signore prima toglie e poi rid: questo infatti dovrebbe
signicare lespressione dar a lei le sue vigne. comunque signicativo il fatto che il
termine vigne sia scelto qui per evocare i prodotti della terra che nel contesto ricevono
nomi diversi: pane, acqua, olio e bibite in 2,7; grano, mosto e olio, oltre a argento e oro in
2,10; grano, mosto, lana e lino in 2,11; vite, co, oltre alla gioia delle feste (2,13), in 2,14;
e inne grano, mosto e olio in 2,24. Daltra parte, il termine Mr;Rk vigna signicativo

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

91

:hD;t`DoEm zDa yIl bwf yI;k poich Dhy#RlDo yI;tdqDpw 2,15 Far
era meglio per me allora di
ora!.
h$Dod`Dy al ayIhw 2,10 Ora lei
non sapeva63
;h$Dl yI;tAtn yIkOn`Da yI;k che ero io
che le detti
rDhVxyAhw vwryI;tAhw NDg;dAh il
grano e il mosto e lolio;

;hDl yItyE;brIh PRsRkw e anche


argento le moltiplicai,
:lAo`D;bAl wcDo bDhzw mentre
essi hanno lavorato loro per
farne Baal67.

giustizia su di lei

MyIlDoV;bAh yEmy_tRa dei giorni


dei Baal64,

M$RhDl ryIfVqA;t rRvSa ai quali lei


bruciava incenso65.

;h$DtyVlRjw ;hDmzn dAoA;tw E infatti


ella si adorn dei suoi orecchini
e dei suoi gioielli66
DhyRbShAaVm yrSjAa JKRlE;tw e and
dietro ai suoi amanti;
:h`Dwhy_MUan hDjVkDv yItOaw me
invece dimentic oracolo del
Signore68.

perch altrove indica il rapporto di amore di Dio per Israele (Is 5,1-7) e anche quello di due
giovani (Ct 1,6; 8,12). Nel contesto di Israele Sposa infedele signicativo anche il legame
con Rahab, la prostituta che diventa capace di una delle pi belle professioni di fede nel
Signore (Gs 2,9-11).
63. Il costrutto waw-x-qatal hDody al ayIhw si collega al qatal di 2,7b e ne d la motivazione.
La Sposa Israele ha detto di voler andare dietro ai falsi di perch non sapeva che era il suo
Dio, e non loro, che le dava ogni bene. In questo modo 2,10 si aggancia alla ne della prima
parte del brano e prepara la parte successiva. Non solo, ma come la situazione negativa di
2,7 provoca la prima reazione di Dio (NEkDl, 2,8-9), cos la situazione negativa di 2,10 prepara
la seconda reazione di Dio (ancora con NEkDl, 2,11-15aa) e la situazione negativa di 2,15ab-b
(DhyRbShAaVm yrSjAa JKRlE;tw, ecc.) prepara la terza reazione di Dio (ancora con NEkDl, 2,16-17), quella
che porter Israele alla conversione e alla piena comunione con lo Sposo divino (2,18-25).
Al riguardo si veda infra. Proposte diverse sono elencate in Macintosh, 55.
64. Secondo Keil, 59, i giorni dei Baal sono le feste nominate in 2,13. Cos anche Macintosh, 66-67.
65. Chiaramente lo yiqtol ryIfVqA;t non legato allasse del futuro come i precedenti x-yiqtol
e weqatal (vv. 12-15a) ma a quello del passato come i seguenti due wayyiqtol e x-qatal. La
differenza riguarda laspetto: yiqtol nel passato indica unazione ripetuta, abitudine o descrizione, mentre wayyiqtol e qatal indicano unazione unica (cf. Niccacci, Lettura sintattica,
108). La traduzione data qui sopra cerca di rendere tale differenza.
66. hyVlRj un altro termine unico (cf. nota 55); cf. Andersen - Freedman, 260-261; Macintosh, 66.
67. Cio per farne statue di Baal. Il passaggio dal soggetto femminile lei non sapeva al
soggetto plurale essi hanno lavorato (cf. note 36 e 50) associa Israele Figli allinfedelt
di Israele Sposa. Sulla distinzione, a volte tenue, tra Casa di Israele e Figli di Israele si
veda il 3.
68. Questa frase qualica le parole di Dio come un oracolo e conclude la suddivisione,
ma non interrompe lesposizione, come chiaramente non la interrompe in 2,23. Infatti la
prossima suddivisione collegata alle due precedenti ed anchessa introdotta da NEkDl (2,16;
cf. 2,8.11).

92

A. NICCACCI

Risulta che linizio e la ne di Os 2 sono paralleli tra loro (2,1-7 //


2,18-25), in quanto ambedue annunciano per il futuro un rovesciamento di
situazione. Allinizio lannuncio riguarda gli Israeliti, che da Non-popolomio diventeranno Figli del Dio vivo; inoltre sia degli abitanti di Giuda
che di quelli di Israele si annuncia lunicazione sotto un unico condottiero
e il ritorno in patria (2,1-2). Verso la ne del capitolo lannuncio riguarda
la Madre, cio la Casa di Israele, la quale, in seguito allazione di Dio
(2,16-17), si convertir e chiamer Dio mio Marito, non pi mio Baal
(2,18), e Dio la danzer a s in eterno e lei nalmente lo conoscer (2,2122). Alternato a quello per la Madre, lannuncio per i Figli predice un patto
di amicizia con tutti gli animali, la ne delle armi e della guerra e tempi
tranquilli (2,20) e promette ogni sorta di prosperit (2,23-24). Il capitolo si
conclude con una nuova promessa per ambedue: per la Madre, che Dio la
seminer per se stesso nella terra; per i Figli, che Dio avr misericordia
di Lo-ruham/Non-oggetto-di-misericordia e dir a Lo-amm/Nonpopolo-mio: Mio popolo tu sei e il popolo da parte sua dir Mio Dio
(2,25).
Si delinea dunque allinizio del c. 2, ripetuto e ampliato alla ne
un rovesciamento di situazione del tutto inatteso rispetto a ci che precede (1,9), ma che viene spiegato nella parte centrale del capitolo (2,8-17).
Un gruppo di Israeliti, di cui si appena detto che da Non-popolo-mio
diventeranno Figli del Dio vivo e che insieme ai Giudei ritorneranno in
patria (2,1-2), riceve da Dio due inviti: a chiamare i loro fratelli Popolomio e le loro sorelle Oggetto-di-misericordia (2,3) e a fare un rb, a
mettere sotto accusa la loro Madre dicendo che lei non Moglie di Dio e
che Dio non suo Marito (2,4). da notare che lo scopo degli inviti, del
secondo come del primo, positivo nonostante le iniziative dure che Dio
adotta per punire Israele insieme Madre e Figli e portarli a conversione:
afnch lei (cio la Madre, la Casa di Israele) allontani le sue prostituzioni
dal suo volto / e il suo adulterio dal mezzo dei suoi seni; / afnch io non
la spogli nuda! / Altrimenti la ridurr come nel giorno in cui fu partorita,
/ la porr come il deserto, / la render come terra arida / e la far morire
di sete. / E neppure dei suoi Figli avr misericordia, / poich sono gli di
prostituzione; / poich la loro Madre si prostituita, / ha agito in modo
corrotto colei che li ha concepiti, / poich ha detto: Voglio andare dietro
ai miei amanti / che mi danno il mio pane e la mia acqua, / il mio olio e
le mie bibite (2,4-7).
Nonostante linvito ai Figli di fare causa alla loro Madre, Dio che
parla e ha liniziativa, sia in questi versetti che nel resto del capitolo, e
manifesta la sua intenzione verso Israele sua Sposa infedele e Madre del

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

93

popolo69. Nel seguito del brano Dio specica il procedimento che adotter
nei suoi confronti. Si delinea cos, lungo tutto il c. 2, una sequenza che
enumera in ordine alterno una serie di azioni di Dio verso Israele Madre e
Figli (a) e di reazioni di Israele stesso (b)70:
(a) (per iniziativa di Dio) gli Israeliti si moltiplicheranno, saranno detti
Figli del Dio vivo (2,1),
(b) i Figli di Giuda e di Israele si raduneranno e sotto un unico capo saliranno dalla terra (2,2),
(a) e riceveranno (da Dio) lordine di annunciare la riconciliazione con Dio
ai loro fratelli e sorelle e di fare causa alla loro Madre (2,3-4a)
(b) afnch allontani da s lidolatria (2,4b),
(a) per evitare che Dio la spogli nuda, cos da renderla un deserto e non
avere misericordia neppure dei suoi Figli (2,5-6),

69. Linterpretazione recente di questo e di altri testi che parlano di una Sposa di Dio stata

fortemente inuenzata dalle scoperte archeologiche e dagli studi che ne sono derivati sulla dea
Asherah. opinione abbastanza diffusa che no al periodo post-esilico in Israele si credesse
che Dio aveva lei come sua sposa. Tra i numerosi studi al riguardo ne cito alcuni recenti: J.M.
Hadley, The Cult of Asherah in Ancient Israel and Judah. Evidence for a Hebrew Goddess,
Cambridge 2000, spec. pp. 54-83; C. Frevel, YHWH und die Gttin bei den Propheten.
Eine Zwischenbilanz, in: M. Oeming - K. Schmid (edd.), Der eine Gott und die Gtter.
Polytheismus und Monotheismus im antiken Israel, Zrich 2003, 49-75; B.E. Kelle, Hosea
2. Metaphor and Rhetoric in Historical Perspective, Atlanta 2005, spec. pp. 47-79. Confesso
che sono profondamente scettico riguardo a posizioni recenti del genere (cf. nota 73). Non
credo che il monoteismo si sia imposto a prezzo dellesclusione dellelemento femminile dalla
concezione di Dio, come sostiene Th. Rmer, Lviction du fminin dans la construction du
monothisme, EThR 78 (2003) 167-180. E di sicuro non direi, come fa Frevel, che durante
lesilio Dio perde la sua partner e diviene un Witwer, anche se ein auerordentlich erfolgreicher Solitr (ibid., 75). Come ho osservato in La paternit di Dio. Linee di sviluppo
dallAntico al Nuovo Testamento, in: E. Franco (ed.), Mysterium Regni Ministerium Verbi,
Bologna 2000, 247-271, Per indicare la paternit divina vengono utilizzati [nellAT] termini
legati alla sessualit umana, specicamente della donna, molto probabilmente allo scopo
di far comprendere che Dio non ha bisogno di una divinit femminile. Egli genera da solo,
crea. Possiede la pienezza della vita; detto in termini umani, possiede sia la paternit che la
maternit. Lessere umano partecipa al potere divino in forma limitata e nella complementariet uomo-donna mediante la generazione sessuale (p. 268). altamente signicativo lo
scambio che si verica: Dio che ha creato lessere umano a sua immagine facendolo maschio
e femmina, attribuisce a se stesso il linguaggio del rapporto di coppia e della generazione
umana per indicare il suo legame profondo con Israele (cf. nota 32).
70. Questa sequenza di azioni e reazioni aiuta a capire la logica che guida la composizione
del c. 2, per cui non mi pare giusticata lopinione di Gisin, Hosea, che i cc. 1-3, nonostante i molteplici richiami di vocabolario e stilistici che lautore vi scopre, contenga eine
Reihung von in sich geschlossenen Sprche, oppure eine Reihung von Einzelsprchen
(p. 88). Unesposizione delle diverse opinioni circa la composizione del c. 2 si trova in
Kelle, Hosea 2, 169-179.

94

A. NICCACCI

(b) poich lei si prostituita dietro ai suoi amanti che ritiene i suoi benefattori (2,7);
(a) perci Dio far in modo che Israele non trovi pi i suoi amanti
(2,8-9a),
(b) e lei alla ne decider di tornare al suo primo Marito, lei che prima
non sapeva che era Dio a darle ogni dono (2,9b-10);
(a) perci Dio le toglier i suoi doni, la spoglier, far cessare le sue feste
e seccare i frutti che lei attribuiva ai suoi amanti (2,11-15aa)
(b) dietro ai quali and e dimentic il Signore (2,15ab-b);
(a) perci Dio la condurr nel deserto e parler al suo cuore, poi le render
ogni bene (2,16-17a),
(b) allora lei risponder e chiamer Dio Mio Marito (2,17b-18),
(a) Dio toglier da lei gli idoli, far patto con i suoi Figli e la far sua
Moglie per sempre (2,19-22a),
(b) cos lei conoscer il Signore (2,22b);
(a) in quel giorno Dio le dar ogni bene, la seminer per s nella Terra,
avr misericordia di Non-oggetto-di-misericordia, far suo popolo
quello che era Non-popolo-mio e sar il suo Dio (2,23-25).
Risulta perci che il rovesciamento della situazione, che enunciato in
forma improvvisa in 2,1-2 rispetto al c. 1, anticipa il risultato di un processo che Dio adotter verso Israele e che porter alla conversione della
Sposa/Madre e dei Figli, processo che viene poi delineato (2,3-25).
La parte centrale del brano presenta tre iniziative di Dio, ciascuna introdotta da NEkDl perci (2,8-10; 2,11-15; 2,16-17), volte a porre rimedio a tre
atteggiamenti negativi della Sposa Israele e/o dei suoi Figli71. Essi sono:

71. Questa divisione e analisi del testo non usuale tra gli studiosi, che per lo pi dividono

e intendono diversamente il c. 2 (cf. note 62 e 72). Gisin, Hosea, che pure procede con
criteri simili ai miei e insiste sullunit di autore e di composizione di Osea, divide il c. 2 in
tre pericopi e delinea una composizione chiastica dei cc. 1-3 nel modo seguente: a) 1,2b-9
racconto profetico (Prophetenbericht), b) 2,1-3 promessa, c) 2,4-15 giudizio, b) 2,16-25
promessa, a) 3,1-5 racconto profetico (Prophetenbericht; p. 49). Ora per, da un lato
anche lespressione la condurr nel deserto (2,16) comporta un elemento di giudizio,
come ci che precede, in quanto evoca, riassumendole, le varie privazioni a cui Dio sottopone Israele (cf. 2,5-15); dallaltro, le privazioni stesse perseguono uno scopo positivo
di conversione (cf. 2,4), scopo che, come detto qui sopra, evocato in forma di anticipazione in 2,9 ma si realizza alla ne (2,18-25). Per questo motivo una distinzione netta tra
giudizio o rimprovero (Scheltrede) e promessa di salvezza (Heilsworte) nel c. 2 non
giusticata (ibid.). Neppure mi sembra giusticato descrivere come sexuelle Gewaltmetaphorik o Strafmaname[n] (Baumann, Liebe und Gewalt, 101-104) le privazioni a cui

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

95

poich (lei) ha detto: Voglio andare dietro ai miei amanti / che mi


danno il mio pane e la mia acqua (2,7b);
ora lei non sapeva che era Dio a darle il raccolto e la ricchezza, per
cui essi hanno lavorato loro per farne Baal (2,10);
(far giustizia su di lei dei giorni dei Baal,) ai quali lei bruciava incenso. / E infatti ella si adorn dei suoi orecchini e dei suoi gioielli / e and
dietro ai suoi amanti; / me invece dimentic oracolo del Signore
(2,15).

Finalmente, la terza iniziativa (portarla nel deserto e parlare al suo cuore, 2,16) avr un risultato positivo: Dio ridoner a Israele la fertilit (2,17),
anche se la reazione positiva di lei, anticipata in 2,9, si realizza solo dopo
(2,18)72.
Dio sottopone la sposa Israele a scopo di conversione. La stessa autrice ha studiato il tema
della metaforica sponsale, intrecciato con quello della valutazione della profezia, nel quadro
dei Profeti Minori: G. Baumann, Die prophetische Ehemetaphorik und die Bewertung der
Prophetie im Zwlfprophetenbuch. Eine synchrone und diachrone Rekonstruktion zweier
thematischer Fden, in: P.L. Redditt - A. Schart (edd.), Thematic Threads in the Book of
the Twelve, Berlin - New York 2003, 214-231.
72. Secondo Macintosh, in 2,16 The soliloquy continues but the mood changes abruptly
from punishment and coercion to coercion through love (p. 69). Alla luce di ci che ho
detto sopra, il passaggio non mi pare cos brusco n esattamente del tipo indicato da Macintosh, per quanto egli giustamente riconosca, contro W. Rudolph, che la linea del pensiero
continua (ibid.). Al riguardo direi che la pedagogia divina procede secondo il criterio della
punizione congiunta alla misericordia: punizione per le infedelt ma sempre a scopo di conversione. Da parte loro, Andersen - Freedman, 262-266, vedono bene il rapporto tra 2,4-15
e 2,16-25 (credo per che non si possano separare 2,1-3 e che i tre NEkDl invitino a dividere il
testo in tre unit centrali: 2,8-10; 2,11-15 e 2,16-17, e due unit di cornice: 2,1-7 e 2,18-25,
come ho indicato sopra). Inoltre i due autori accordano unattenzione speciale alle forme
verbali che compongono 2,16-25 (pp. 266-269). Identicano la funzione delle forme che
essi chiamano, con linguaggio tradizionale, consecutive perfect e clause-initial imperfect. Per loro, la prima forma continuativa, la seconda invece apre un nuovo paragrafo.
Identicano anche una forma che essi chiamano coordinated imperfect, not initial, cio
il costrutto x-yiqtol che compare non allinizio ma allinterno di un paragrafo, e ritengono
giustamente che esso abbia funzione circostanziale. Essi pensano per che alcuni weqatal
siano usati in modo irregolare nel nostro testo, particolarmente in 2,21-22, e irregolare
sarebbe anche la serie di x-yiqtol in 2,23-24. Il motivo che per Andersen - Freedman i tre
JKyI;tVcrEaw di 2,21-22 indicherebbero, in base alla funzione normale, tre diversi danzamenti,
mentre evidentemente si tratta di uno solo; inoltre per loro i tre costrutti di 2,23-24, wnSoy MEhw,
hnSoA;t XrDaDhw e wnSoy MEhw, in base alla funzione normale, dovrebbero indicare contemporaneit
mentre invece presentano informazioni successive. Ora, se lattenzione alle forme verbali,
rara tra gli esegeti, apprezzabile, credo che le funzioni segnalate siano corrette ma non
complete. Infatti una sequenza di weqatal indica s una serie di informazioni successive
luna allaltra, ma ci sono casi in cui le informazioni non indicano successione temporale
vera e propria ma, ad esempio, successione logica, per cui una forma verbale spiega laltra.

96

A. NICCACCI

Alla luce di queste considerazioni non mi sembra giusticata la scelta


piuttosto comune tra gli esegeti di isolare 2,4-15 dal resto del capitolo,
nonostante la rete di legami lessicali e la dinamica grammaticale-sintattica
che assicurano lunit del complesso. Tanto pi che lisolamento di quel
passo porta alcuni interpreti a falsare, mi pare, la natura e lo scopo del c. 2.
In effetti, staccato dal contesto, 2,4-15 interpretato come un processo di
divorzio, addirittura come divorzio dalla dea cananea Asherah, mentre il
testo descrive una serie di iniziative che Dio adotta allo scopo di indurre la
sua Sposa Israele a conversione73.

Questo appunto il caso di 2,21-22, in cui lo stesso verbo JKyI;tVcrEaw modicato da tre
espressioni preposizionali che si specicano a vicenda: per sempre, / nella giustizia e
nel diritto, nella grazia e nella misericordia, / nella fedelt (cf. sopra). Daltra parte i tre
x-yiqtol di 2,23-24 sono di livello secondario rispetto allo yiqtol iniziale (hnToRa) e presentano, secondo la norma, tre informazioni parallele tra loro e circostanziali rispetto a quella
iniziale (cf. nota 49). Mi sembra quindi che non si verichino affatto i departs from the
classical norms segnalati da Andersen - Freedman, 268-269, e che il sistema verbale di
Osea corrisponda a quello normale dellebraico.
73. Sono contrari allinterpretazione di 2,4-15 come processo di divorzio Andersen - Freedman, 219-220; Stuart, 43; Macintosh, 41. Gli argomenti di W.D. Whitt, The Divorce of
Yahweh and Asherah in Hos 2,4-7.12 ff, SJOT 6 (1992) 31-67, secondo cui il passo proclama il divorzio di Dio non da Israele ma da Asherah sua moglie e la diseredazione
del suo popolo, sono criticati, a ragione credo, da Wacker, Figurationen des Weiblichen im
Hosea-Buch, 201-203.323-324. In effetti lespressione chiave non mia Moglie / non suo
Marito (2,4), nonostante le somiglianze con la formula di divorzio attestata nel Vicino
Oriente Antico, articolata secondo il modello degli altri nomi simbolici dei gli di Osea
e del popolo di Israele (cf. nota 42). Inoltre, come afferma Stuart, this is more trial for
adultery than divorce The purpose of the legal action is both corrective and restorative
(p. 47). Daltra parte, per promuovere la sua tesi Whitt esclude dal c. 2 come aggiunte di
epoca diversa i vv. 16-17.18-19.21-22; e in 2,4-15 ritiene posteriori i vv. 8-9.10-11 e, con
meno sicurezza, il v. 15, per quanto confessi n dallinizio di non avere analizzato a fondo
il c. 2 (p. 32). Questo tipo di analisi, che isola il testo originale dalle aggiunte posteriori
senza aver prima cercato di comprendere la composizione e le dinamiche dellinsieme, mi
sembra sospetto e ingiusto: come giudicare uno prima di averlo ascoltato (cf. Gv 7,51).
Inoltre lanalisi di Whitt guidata da due convinzioni di base: il rapporto tra Dio e Israele
indicato come matrimonio non pu essere del tempo di Osea perch non compare prima di
Geremia ed Ezechiele; inoltre lenoteismo, come lui chiama la fede nellunico Dio, non si
afferma prima della riforma deuteronomica verso la ne del sec. VII (p. 34). Per parte mia,
queste sono due convinzioni almeno discutibili e tali che comunque non possono sostituire
unanalisi seria del testo n costituirne il criterio di base. Riguardo poi alla convinzione
che nellVIII sec. Asherah, la dea cananea della fertilit, fosse creduta ufcialmente la
moglie del Dio di Israele e che su questa linea (Asherah, non Israele) si debba intendere Os
2, direi, primo, che bisognerebbe almeno distinguere tra religione tradizionale autentica e
religione popolare contaminata al contatto con lambiente cananeo, invece che identicare
velocemente le due, o valutare la prima sulla base della seconda, come di moda oggi
sulla base di recenti scoperte archeologiche (le quali poi sono anchesse da interpretare correttamente; cf. nota 69). Secondo, il senso originale che Whitt ne trae Yahweh

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

97

5. Situazione delineata nel testo


Restano ancora elementi da chiarire. Anzitutto, chi il gruppo a cui rivolto linvito da parte di Dio a dire ai loro Fratelli che sono Popolo-mio
e alle loro Sorelle che sono Oggetto di Misericordia (2,3), e anche linvito a fare causa alla loro Madre (2,4)? Con ogni probabilit si tratta di un
gruppo speciale dei Figli di Israele, di cui si appena detto che si moltiplicheranno, saranno gi Figli del Dio vivo e insieme ai Figli di Giuda
si daranno un capo unico e saliranno dalla terra di esilio (2,1-2); forse un
gruppo di discepoli o seguaci del profeta74. Essi devono portare la buona
novella agli altri loro Fratelli e Sorelle esiliati; essi devono convincere la
Madre a rispondere fedelmente al processo che Dio insieme a loro le far
per portarla a conversione, allo scopo di godere di nuovo dellalleanza e
della prosperit nella Terra Promessa.
Richiama lattenzione il fatto che i Figli di Giuda compaiano insieme
ai Figli di Israele in esilio (2,2). Infatti, come notava gi Redak, in the
Second Commonwealth [ynv tybb, cio al tempo del Secondo Tempio], only
Judah and Benjamin returned from Babylonia, and the children of Judah
and the children of Israel were not together; ragion per cui lo stesso Redak
intende che quella promessa si realizzer nellera messianica75.
Le cose cambiano per se si tiene conto di una proposta di Stohlmann,
il quale ha identicato un esilio giudaico dellVIII sec., cio un terzo esilio da aggiungere ai due di solito considerati, quello israelitico dellVIII e
quello babilonese del VI sec. Come ha mostrato Stohlmann, un esilio giudaico attestato dalle fonti assire a seguito della campagna di Sennacherib
nel 701. Secondo queste fonti, il numero dei deportati di Giuda sarebbe
stato ben dieci volte maggiore di quello degli Israeliti deportati da Sargon

is divorcing the mother goddess Asherah because the Israelites act out fertility rites in
which she and Baal have sexual intercourse to give the land fertility Hosea is angry
because the Israelites believe that it is she and Baal who are responsible for the fertility of the land (p. 57) non corrisponde al testo, secondo il quale invece la moglie
stessa che dice questo (cf. 2,7.14, che Whitt ritiene originali), lei che non sapeva che
in realt era Dio che le dava i frutti della terra e ogni bene (cf. 2,10, che Whitt ritiene
invece secondario). Il punto fondamentale mi pare essere il fatto che Whitt non valuta
correttamente il rapporto che Osea e altri profeti stabiliscono tra Israele Madre e Israele
Figli (cf. qui sopra).
74. Viene in mente il gruppo noi, seguaci del profeta che in Is 53,1-3 // 7-9 riettono sulla
vicenda del Servo del Signore; si veda la mia analisi in Quarto carme del Servo del Signore
(Is 52,1353,12). Composizione, dinamiche e prospettive, LA 55 (2005) 9-26.
75. Cf. Rosenberg, 8.

98

A. NICCACCI

II nellVIII sec. e circa quindici volte maggiore di quello dei deportati da


Giuda nel VI sec. da parte dei Babilonesi76.
interessante notare che questa era gi lopinione di Ibn Ezra,
secondo cui in Os 2,1-2 si parla degli esiliati in Assiria al tempo di
Sennacherib, il quale conquist tutte le citt forticate di Giuda (cf. 2Re
18,13). Per Ibn Ezra per il capo unico di Os 2,2 sarebbe Sennacherib
stesso, il quale fece salire sia i Giudei che gli Israeliti dalla terra,
cio li fece andare in esilio, opinione giustamente criticata da Redak, il
quale fa notare che salire si dice sempre verso la terra di Israele, che
la pi alta di tutte77.
Un altro elemento da chiarire la dinamica e il senso del secondo
ordine di Dio al profeta di amare/sposare una donna di un altro uomo
e adultera, verosimilmente ripudiata (3,1), in rapporto al c. 2. Che senso pu avere, cio, il fatto di tornare indietro, in un certo senso, dato
che il c. 2 nisce con la piena comunione di Madre e Figli con Dio,
mentre il c. 3 comincia con lordine di sposare una donna adultera per
rappresentare lamore di Dio per i Figli di Israele i quali invece si danno
allidolatria? Direi che il c. 3, riprendendo la metafora matrimoniale del
c. 1, ripropone in forma simbolica, nella situazione personale del profeta,
il processo di conversione di Israele che, non dimentichiamolo, nel c. 2

76. S. Stohlmann, The Judaean Exile after 701 B.C.E., in: W.W. Hallo - J.C. Moyer

- L.G. Perdue (edd.), Scripture in Context. II: More Essays on the Comparative Method,
Winona Lake 1983, 147-175. Ho tenuto conto di questa proposta per la mia interpretazione di Michea; cf. Un profeta tra oppressori e oppressi, 136-141. Stohlmann ritiene che
accenni allesilio dellVIII sec. compaiano in Is 11,12-16, che contiene una promessa di
ritorno insieme per Israele e per Giuda; ma la stessa situazione compare in Os 2,2, testo
che Stohlmann non nomina. Lautore accenna anche a testi di Michea, soprattutto a 1,16,
che egli ritiene il riferimento pi esplicito a quellesilio, ma non considera 2,12-13, come
invece ho suggerito io (ibid.). Stohlmann ritiene inoltre che si possano datare allVIII sec.
anche le promesse di ritorno di Is 40,3-4; 42,16 e 57,14, di solito datate al tempo del ritorno
dallesilio babilonese nel VI sec. Sarebbe databile a questo periodo anche la promessa di
ritorno di Is 27,8-13 dai conni di Siria-Palestina, dallAssiria e dallEgitto. Riguarderebbe i
deportati dellesilio giudaico dellVIII sec. e di quello precedente nella guerra siro-efraimita.
Per Stohlmann manca la prova per un esilio di Israele in Egitto nellVIII sec., ma afferma
le difcolt sarebbero maggiori per un esilio nel VI sec., dato che Geremia predisse la
distruzione del resto di Giuda che and in Egitto dopo il 587 (ibid., 172-173). In realt
ritengo di aver fornito elementi per affermare che si possono datare allVIII sec. vari testi
in cui Assiria e Egitto compaiono come nazioni di esilio per Israele (Is 11,11; 27,13; Os
9,3; 11,5; 12,1; Mic 7,12); cf. Isaiah XVIII-XX from an Egyptological Perspective, VT
48 (1998) 214-238, spec. pp. 226-227.
77. Questa polemica non compare nella traduzione inglese di Rosenberg, 8-9, ma si legge
nel testo ebraico a fronte.

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

99

annunciato per il futuro. Lo scopo sar dunque sottolineare e confermare


la promessa e la possibilit reale della conversione stessa.
La richiesta del profeta alla donna di stare buona per amore di lui
per molti giorni, senza prostituirsi e concedersi a nessuno (3,3), signicativa per due motivi. Primo, come detto sopra ( 2), il fatto che qui
sia nominata, a differenza del caso precedente, suggerisce che nel c. 1 la
prostituta continu a prostituirsi anche dopo sposata, per cui i tre gli che
nascono sono appunto gli di prostituzione (1,2), e cos la situazione
del profeta riette quella di Dio con Israele (3,1). Secondo, lordine del
profeta realizza in modo simbolico il trattamento duro, di isolamento e
di privazione, a cui Dio sottoporr Israele per convincerla a tornare a lui
(2,8-17, che la parte centrale del c. 2; cf. 4), e anche la conversione
futura di lei e degli Israeliti (2,18-25 // 3,5)78.
Il nome del primo glio di prostituzione, Izreel, evoca, mediante
lespressione il sangue di Izreel (1,4), lo sterminio della dinastia di
Omri da parte di Iehu, la cui discendenza verr a sua volta sterminata
come punizione di questo massacro79. Il nome Izreel evoca anche la ne
del regno della Casa di Israele (1,4-5) a opera degli Assiri (cf. infra,
6).
Come gli due altri nomi dei gli di prostituzione, anche Izreel da
simbolo di sterminio diventa simbolo di riunione per i Figli di Giuda e
per i Figli di Israele in vista del ritorno dallesilio80. Lespressione poich
grande sar il giorno di Izreel (2,2b) esprime un solenne rovesciamento
di situazione.
Izreel compare unaltra volta con senso positivo a indicare la prosperit della terra e specicamente della valle che porta quel nome: ed
essi (cio grano, mosto e olio) risponderanno a Izreel (2,24). Inoltre una

78. Diversamente Andersen - Freedman, 294; cf. per le mie note 62 e 88.
79. Mentre qui lo sterminio evocato come un evento che sar punito, in 2Re 9,1-10,27 si

legge che avvenne per ordine di Dio, differenza che Keil, 39-42, cerca di risolvere, e forse
giustamente. Infatti il sangue di Izreel richiama luccisione di Nabot, che port con s lo
sterminio della discendenza di Ahab (1Re 21,19ss). Per punire luccisione dei suoi profeti a
opera di Ahab e di Gezabele Dio fece ungere re Iehu con lordine di distruggere la casa di
Ahab (2Re 9,1ss). Iehu esegu questo ordine ma, dice Keil, lo fece per i suoi propri interessi,
non secondo il volere di Dio, in quanto si legge che Iehu stermin s i Baal da Israele e
per questo la sua discendenza conserver il potere sino alla quarta generazione ma non si
allontan dai peccati di Geroboamo, cio dai vitelli doro di Betel e di Dan (2Re 10,28-31).
Si vedano anche Andersen - Freedman, 177-182, e Macintosh, 15, e infra, 6.
80. Questa duplice simbologia di Izreel si basa sul doppio senso della radice orz
(cf. nota 49).

100

A. NICCACCI

promessa successiva riprende il verbo orz che compone il nome Izreel,


Il Signore seminer, e lo applica a Israele: E io la seminer (DhyI;tVorzw)
per me nella terra (2,25)81.
Resta da valutare il senso del verbo hno rispondere. Conseguenza
del fatto che, dice Dio, ecco io sto per sedurla, / la condurr nel deserto
/ e parler al suo cuore. / Dar a lei le sue vigne da l stesso (2,1617a), sar che lei risponder l stesso / E avverr che in quel giorno
/ chiamerai Mio Marito / e non mi chiamerai pi Mio Baal / e
allora conoscerai il Signore (2,17b.22). Conseguenza della conversione di
Israele sar che in quel giorno / io risponder / Io risponder al cielo,
/ mentre esso risponder alla terra, / la terra risponder al grano, / al
mosto e allolio / ed essi risponderanno a Izreel (2,23-24). Il verbo hno
stabilisce dunque un forte collegamento tra lazione di Dio e la risposta
positiva di Israele e tra questa e unulteriore risposta positiva di Dio, il
quale far per Israele un patto di pace con gli animali e distrugger le
armi, ristabilir il rapporto sponsale di una volta e conceder la fertilit
alla terra.
6. Situazione storica e composizione del testo
Sono da considerare alcuni dati della storia del tempo di Osea (1,1). Primo, lannuncio che sar vendicato lo sterminio operato da Iehu si realizza
di fatto nel 745 circa ad opera di Sallum82, e laltro annuncio che nir il
regno della Casa di Israele pu ben riferirsi alla caduta di Samaria nel 722
ad opera degli Assiri, evento presentato come imminente (ancora un po ;
81. Linsediamento nella Terra promessa presentato come piantagione giustica in parte

lidea che la terminologia di Israele Sposa evochi anche il legame simbolico tra la donna e
la terra che era diffuso nel Vicino Oriente Antico, anche se uninterpretazione direttamente
sessuale del tipo Ich besame sie mir im Land (ritenuta possibile da Wacker, Figurationen
des Weiblichen im Hosea-Buch, 84) non mi sembra sostenibile (cf. supra, nota 49). Da ci
che veniamo dicendo risulta infatti che il profeta intende annunciare la fertilit della terra
nel quadro di un rinnovato insediamento del popolo, patto e armonia ecologica. Questultimo aspetto viene giustamente segnalato dalla stessa Wacker, ibid., 83-84. Daltra parte,
il tema della terra visto come uno dei tratti unicanti dei Profeti Minori da L.J. Braaten,
God Sows: Hoseas Land Theme in the Book of the Twelve, in: Redditt - Schart (edd.),
Thematic Threads, 104-132.
82. Sulla situazione storica che si riette in Os 1,4-5, cio gli ultimi anni della discendenza di Iehu prima che venisse anchessa sterminata da Sallum, si veda J.M. Miller - J.H.
Hayes, A History of Ancient Israel and Judah, London 1986, 309.327, lopera di cui seguo
la datazione.

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

101

1,4-5)83. Inoltre lannuncio che Dio non avr pi misericordia della Casa di
Israele, mentre avr misericordia della casa di Giuda (1,6-7), pu riettere
la situazione del tempo di Ezechia (727-698), il cui regno continu ad esistere a differenza di quello di Israele84.
Secondo, la crescita di Israele e la riconciliazione con Dio, a cui si
aggiunge il raduno insieme con Giuda in esilio in vista del ritorno in patria
(2,1-2), dovrebbero annunciare la ne dellesilio dellVIII sec. dopo il 701,
come proposto sopra (cf. 5).
Terzo, lesilio dellVIII sec. sembra accennato anche in 3,4, in cui si
dice che per molti giorni / i Figli di Israele resteranno / senza re, senza
capo, / senza sacricio e senza stele, / senza efod e teram85, dopo di che
i Figli si Israele di nuovo / cercheranno il Signore loro Dio / e David loro
re / e andranno tremanti verso il Signore / e verso la sua bont alla ne dei
giorni (3,5).
In rapporto alla situazione storica credo che si possa dire che il c. 1
rispecchia un periodo anteriore al 745 (sterminio della linea di Iehu) e al 722
(ne del Regno del Nord), mentre i cc. 2-3 rispecchiano un periodo posteriore al 701. Ora mentre la data del 745 precisa, dato che quello lanno
in cui cominci a regnare Zaccaria, discendente di Iehu, e in cui Sallum lo
uccise, la data dopo il 701 non si pu stabilire con precisione (in 3,3-4 si
parla di molti giorni)86. Direi che i vari elementi del testo lannuncio del
83. Cos pensa anche Keil, 42. Invece secondo Gisin, Hosea, 294-296, Osea non descrive

la distruzione di Samaria ma la annuncia come futura, e perci lautore data lattivit del
profeta tra circa il 750 e il 725 al pi tardi e la redazione del libro, che egli giudica unitario, tra il 728 e il 725. Penso per che il fatto che il profeta non descrive la distruzione
di Samaria non comporti necessariamente che la redazione di tutto il libro sia anteriore al
722, soprattutto se si accetta che 2,2 allude allesilio giudaico posteriore al 701 (cf. sopra
5 e nota 76).
84. Si pu vedere la ricostruzione storica del periodo che ho presentato in Un profeta tra
oppressori e oppressi, 4.1.
85. Diversamente, secondo Borbone, Il libro del profeta Osea, 124, nota 2, la frase riguardante il periodo senza re, senza sacricio e strumenti di divinazione, che in origine
designava al passato il periodo della peregrinazione nel deserto, sarebbe stata inserita qui,
in contesto di esilio, e interpretata al futuro (gi dai LXX); ma questa interpretazione per
lautore, sullautorit di P. Sacchi, sarebbe forzata, o ideologicamente connotata (ibid.).
86. In questa prospettiva storica si pu spiegare il fatto che Os 1,1 nomini tre re di Giuda
che regnarono da prima del 742 al 698, mentre per Israele nomini solo Geroboamo II che
regn dal 785 al 745. Siccome nel 745 la dinastia di Iehu n con luccisione di Zaccaria da
parte di Sallum, si comprende che lintestazione del libro nomini del regno del Nord solo
Geroboamo, con cui praticamente nisce la linea di Iehu, mentre del regno di Giuda nomini
i re no a Ezechia, sotto cui si colloca la deportazione di Giuda a opera di Sennacherib nel
701 (cf. nota 76).

102

A. NICCACCI

raduno di Giuda e Israele, il loro ritorno sotto un unico capo (2,1-2), leliminazione del culto Baal nel rapporto con Dio (2,18-19), la restaurazione
dellarmonia e della pace con esclusione delle armi (2,20), la prosperit
del paese e la piena comunione con Dio (2,23-25) si possono inquadrare
nellatmosfera del regno di Ezechia, con quello che esso comport: riforma
religiosa, afusso a Gerusalemme dei rifugiati dal Regno del Nord, Ezechia
come novello Salomone che di nuovo inaugura il tempio e celebra la Pasqua
per tutto Israele, ecc.87.
Per comprendere meglio la dinamica dei tre capitoli utile esaminare
come vengono indicati i due regni di Israele e di Giuda. Raccogliamo insieme i dati che li riguardano:

c. 1: Dio porr ne al regno della Casa di Israele, romper larco di


Israele (1,4-5, primo glio Izreel); non avr piet della Casa di Israele
mentre avr piet della Casa di Giuda e li salver nel Signore, non
con arco, spada, guerra, cavalli e cavalieri (1,6-7, seconda glia Loruham); i Figli di Israele non saranno pi Popolo-mio e Dio non
sar pi loro (1,8-9, terzo glio Lo-amm);
c. 2: i Figli di Israele si moltiplicheranno e da Non-popolo-mio diventeranno Figli del Dio vivo e a nome di Dio saranno chiamati
Popolo mio, mentre le Figlie di Israele saranno chiamate Oggettodi-misericordia (2,1.3, rovesciando il nome del terzo glio e quello
della glia); i Figli di Giuda si raduneranno con i Figli di Israele, si
daranno un capo unico e saliranno dalla terra, perch grande sar il
giorno di Izreel (2,2, il che richiama il nome del primo glio in senso
opposto, positivo); in quel giorno Dio far un patto per i Figli di Israele
con gli animali e romper arco, spada e guerra (2,20, come per Giuda,
cf. 1,7);
c. 3: per molti giorni i Figli di Israele abiteranno senza governo e
senza culto, ma dopo torneranno e cercheranno il Signore e David e si
accosteranno con timore al Signore e alla sua bont (3,4-5)88.

87. Cf. nota 84. Diversamente, Kelle, Hosea 2, ritiene che Os 2 sia da collocare in una

data precisa, 731-730 a.C., al tempo della guerra civile, che segu la ne della guerra siroefraimita, tra Osea del partito pro-assiro e Pekach del partito anti-assiro. Che per quella
data sia troppo ristretta mi sembra confermato dalle difcolt a cui lautore deve far fronte
per interpretare anche lannuncio che giudei e israeliti si daranno un capo unico e saliranno
dalla terra (2,2) non in rapporto ad un nuovo esodo, come suggerisce la terminologia (cf.
supra, nota 38), ma nel contesto di quella guerra civile (cf. ibid., pp. 215-226).
88. Chiaramente la famiglia del profeta simbolo del rapporto Dio - Israele, che ci su

OSEA 1-3. COMPOSIZIONE E SENSO

103

Mentre dunque nel c. 1 Israele Regno del Nord compare sotto luce
negativa a differenza di Giuda Regno del Sud, che compare sotto luce positiva, nel c. 2 i popoli di Israele e di Giuda compaiono ambedue sotto luce
positiva. Si notano delle somiglianze signicative. Non solo i due popoli si
organizzeranno insieme per tornare in patria, ma si dice anche per Israele,
come per Giuda, che Dio romper le armi (nel senso che le render inutili
per la salvezza che sar solo nel Signore: 1,7). Inoltre il linguaggio del
ritorno dallesilio echeggia quello dellesodo dallEgitto alle origini del popolo unito. Infatti lespressione si daranno un capo unico (2,2) richiama
Nm 14,4: var hnV;tn diamoci un capo, e saliranno dalla terra richiama
Es 1,10: XrDaDh_NIm hDlDow e (il popolo) salir dalla terra89. Nel c. 3 poi non
si parla pi di Giuda ma lespressione Figli di Israele dovrebbe indicare
ambedue i popoli, i quali alla ne dei giorni ritroveranno lunit originaria sotto il Signore loro Dio e David loro re (3,5).
Si delinea quindi un cambio notevole di concezione: da Israele riutato
al contrario di Giuda, a Israele e Giuda insieme in esilio protesi verso la
liberazione, a Israele popolo unico che alla ne ritrover la purezza della
fede e lunit del regno originario. Probabilmente questi passaggi riettono
tempi diversi. Riprendendo quello che ho proposto sopra, direi che Israele
riutato a differenza di Giuda, forse durante il buon governo di Iotam (che,
secondo 2Re 15,32-35, dur 16 anni)90, riette un periodo tra il 745 e il
722, mentre la situazione di Israele e Giuda insieme in esilio riette un
periodo di poco posteriore al 70191.
Se questo accettabile, si dir che il profeta, per comunicare il suo
messaggio, combina insieme situazioni cronologicamente diverse. Compo-

cui realmente il testo intende informare. Mi sembra quindi fuori luogo, pace Andersen Freedman, 291-294, porsi domande circa la vicenda privata del profeta su cui il testo non
informa; ad esempio, come sua moglie abbia reagito alliniziativa di 3,2-3; tanto meno se
sia o no tornata al marito secondo la decisione di 2,9, anche perch la famiglia del profeta
del tutto fuori dellorizzonte del c. 2 e non credo che la donna del c. 3 sia la stessa Gomer
del c. 1 (cf. 2, nota 23). Si veda anche Stuart, 11-12.
89. Cf., tra gli altri, Keil, 47. Di opinione diversa Macintosh (cf. nota 38).
90. Per i problemi di cronologia di questo periodo si veda Miller - Hayes, A History of
Ancient Israel and Judah, 295-296.
91. Non mi sembra quindi giusticato ammettere aggiunte posteriori riguardanti Giuda
(cf. nota 2), almeno nei cc. 1-3. Nella lettura data qui sopra mi sembra che si comprenda
anche perch nella datazione del libro di un profeta del nord i re di Giuda siano nominati
prima dei re di Israele, senza per questo dover ammettere che lintestazione sia stata aggiunta in epoca post-esilica (come fa, ad esempio, Macintosh, 1-3). Quanto al problema che dei
re di Israele si nomina solo Geroboamo (ibid., 3-4), si veda nota 86.

104

A. NICCACCI

nendo in modo parallelo i primi tre capitoli del suo libro (cf. 1), il profeta
intende annunciare un processo di puricazione che porter il popolo di
Israele a recuperare la fede autentica e lunit delle origini sotto un solo
Dio e un solo re, nuovo David92.
Alviero Niccacci, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

92. Un David redivivo, che sar un re pastore secondo il cuore di Dio, annunciato anche

da Michea (4,8; 5,1-5), come ho mostrato in Un profeta tra oppressori e oppressi, 54-58.
La visione escatologica di Osea presenta paralleli signicativi con quella di Michea. Anche
Mic 2,12-13 passa improvvisamente da un detto di condanna ad una promessa di salvezza,
in modo analogo a Os 2,1 rispetto al c. 1 (cf. supra, nota 28). Inoltre Mic 4,1-8 anticipa il
futuro di salvezza e poi 4,9-5,14 mostra che questo futuro preparato da un processo (indicato da quattro hD;tAo in 4,9-14) e dallavvento di un re-pastore (5,1-5; cf. ibid., 61), come
Os 2,1-2 anticipa la salvezza, ribadita alla ne del capitolo, mentre nella sezione centrale
delinea il processo per arrivarci (cf. 4).

BIBBIA DEI SETTANTA OGGI


Edizioni, traduzioni e studi1

G. Rizzi

Un po di storia
Circa 30 anni fa ero studente alla Flagellazione e, grazie alla cordiale convivialit francescana, sedevo a tavola vicino a P. Lino Cignelli, che osservava con occhio lungimirante e comprensivo la mia buona e ingenua
volont di nuotare negli oceani biblici. Fu cos che mi propose di leggere
un articolo celebre quanto controverso di Orlinsky sulla LXX2, suggerendomi di buttarmi a capotto nello studio di quel mondo, vista una certa mia
propensione per le lingue bibliche. Nello stesso tempo, sempre in quegli
indimenticabili anni gerosolimitani, stavo facendo anche lesperienza di
quanto fosse importante radicare la complessa metodologia dello studio
comparato del testo ebraico della Bibbia con le sue versioni greche, aramaiche, siriache, latine, ecc., in un vivo contesto di lettura ecclesiale della Bibbia, grazie anche allesperienza delle impegnative omelie dialogate presso
la comunit monastica della Piccola Famiglia dellAnnunziata, fondata da
Giuseppe Dossetti. In quel contesto, le geniali intuizioni di D. Umberto
Neri, come i suoi lavori piuttosto pionieristici nel mondo degli studi italiani
del tempo3, mi fecero unimpressione notevole.
Non tutto ci che si sviluppato in seguito a quegli impulsi trov subito allora la strada per divenire uno studio scientico. Ricordo che partii
da Gerusalemme convinto di aver gi vissuto il mio futuro, con una vivissima nostalgia di quella lettura comparata della Bibbia in ambito ecclesiale,
mentre il suggerimento di P. Cignelli stava scavando in profondit, a mia
insaputa, dal momento che le esigenze del mio Ordine Religioso mi chiamavano a occuparmi del ministero pastorale ordinario.

1. Testo della Prolusione per linizio dellanno accademico 2006-07 della Facolt di Scienze

Bibliche e Archeologia (Jerusalem, 8 novembre 2006).


2. Cf. H.M. Orlinsky, The Septuagint as Holy Writ and the Philosophy of the Translation,
HUCA 46 (1975) 89-114.
3. Particolarmente preziosa mi si rivel poi la sua introduzione al targum come scuola di
ermeneutica in U. Neri, Il Cantico dei cantici. Antica interpretazione ebraica, Roma 1976,
15-73.
LA 56 (2006) 105-128

106

G. RIZZI

Tuttavia, tra il 1992 e il 1996, insieme a D. Sandro Carbone, ex-alunno dello SBF, mi trovai a condividere quegli stessi impulsi iniziali gerosolimitani no a pubblicare i primi tre volumi di testi dei Profeti Minori
nella loro traduzione comparata dal testo ebraico masoretico, dalla LXX
e dalla parafrasi aramaica targumica4, con un volume introduttivo, attento
soprattutto alla LXX e al Targum, quali espressioni di ermeneutiche del
testo biblico, o esegesi in atto della Scrittura5, come ci aveva spiegato
R. Le Daut, consegnandoci la sua prefazione a quello stesso volume. Poco
dopo, M. Harl ci aveva invitati a Parigi a presentare il nostro progetto di
lavoro in una delle periodiche riunioni del suo gruppo di ricerca, che stava
lavorando a La Bible dAlexandrie6. Inoltre, il prof. Ribera Florit7, direttore del Dipartimento di Scienze Aramaiche dellUniversit di Barcellona,
in un lungo colloquio a Barcellona mi aveva precisato la posizione della
scuola spagnola a proposito dei Targumim8 e mi aveva aggiornato sulla
bibliograa specica.
A quel punto, mentre stavamo preparando il quarto volume di testi della
collana9, i miei superiori ritennero che avessi gi pagato le tasse di Congregazione e mi spinsero ad accettare lofferta della Ponticia Universit
Urbaniana di andare a Roma a insegnare. La condizione completamente
nuova e diversa per me, di professore a tempo pieno, giungeva propizia
per la pubblicazione, oltre che del quarto, anche del quinto volume della

4. S.P. Carbone - G. Rizzi, Osea, Lettura ebraica, greca e aramaica, Bologna 1992; Idd.,

Amos, Lettura ebraica, greca e aramaica, Bologna 1993; Idd., Michea, Lettura ebraica,
greca e aramaica, Bologna 1996. Importanti integrazioni comunque gi si possono trovare
circa la versione greca di Amos, in R. Pierri, Parole del profeta Amos. Il libro di Amos
secondo i LXX, Jerusalem 2002.
5. S.P. Carbone - G. Rizzi, Le Scritture ai tempi di Ges, Bologna 1992.
6. Frutto di quellincontro a Parigi fu la successiva pubblicazione di S.P. Carbone - G.
Rizzi, Memra e Paradosis. Progetto di lavoro per la traduzione sinottica di TM-LXXTg Profeti Minori nella collana EDB La Parola e la sua tradizione, RivBiblIt 43
(1985) 369-379.
7. Cf. J. Ribera Florit, El Targum de Isaas (BM 6), Valencia 1988; Id., Traduccin del
Targum de Jeremas (BM 12), Valencia 1992; Id., Targum de Ezequiel (BM 27), Estella
(Navarra) 2004.
8. Il genere letterario dei Targumim apparterrebbe solo parzialmente a quello della traduzione del testo ebraico, e in modo pi marcato a quello dellesegesi interpretativa del testo
ebraico biblico (cf. M. Prez Fernndez, Letterattura rabbinica, in G. Aranda Prez - F.
Garca Martnez - M. Prez Fernndez, Letteratura giudaica intertestamentaria [Introduzione allo studio della Bibbia 9], Brescia 1998, 468).
9. S.P. Carbone - G. Rizzi, Abaquq, Abdia, Nahum, Sofonia, Lettura ebraica, greca e aramaica, Bologna 1997.

BIBBIA DEI SETTANTA OGGI

107

collana10, ma anche per un bilancio sul lavoro svolto e un confronto con


osservazioni, critiche e orientamenti diversi, almeno prima di concludere
la collana con lultimo volume, dedicato a Zaccaria11.
Bilanci e confronti
Sotto il prolo tecnico e scientico il punto di partenza non era stato il
problema testuale della LXX, ma quello ermeneutico12, in rapporto al TM.
Infatti, commentari13 e strumenti tecnici specici14 come i monumentali
lavori di D. Barthlemy15 hanno ben collaudato il ruolo della LXX in fun10. S.P. Carbone - G. Rizzi, Aggeo, Gioele, Giona, Malachia, Lettura ebraica, greca e

aramaica, Bologna 2001.


11. Ancora in fase di elaborazione.
12. Come ad esempio era stato sottolineato chiaramente anche in alcune recensioni allultimo volume pubblicato, cf. Ch. Conroy in Gregorianum 84/1 (2003) 251; R. Sanz Valdivieso
in Carthaginensia 19 (2003) 461-466.
13. Nellambito dei volumi gi pubblicati, fondamentale era stato lapporto di commentari
come quelli H.W. Wolff, Hosea. A Commnentary, Philadelphia 1986; Id., Joel and Amos,
Philadelphia 1977; D.R. Hillers, Micah. A Commentary on the Book of the Minor Prophets
(Hermeneia), Philadelphia 1984; J.M.P. Smith - W.H. Ward - J.A. Bewer, A Critical and
Exegetical Commentary on Micah, Zephaniah, Nahum, Habakkuk, Obadiah, and Joel (ICC),
Edinburgh 1985; H.G. Mitchell - J.M.P. Smith - J.A. Bewer, A Critical and Exegetical Commentary on Haggai, Zechariah, Malachi and Jona (ICC), Edinburgh 1980.
14. Particolarmente prezioso si rivela ad esempio lo sforzo della scuola spagnola nella
restituzione del testo antiocheno della LXX (cf. bibliograa specica in N. Fernndez
Marcos, La Bibbia dei Settanta. Introduzione alle versioni greche della Bibbia, Brescia
2000, 234-235), soprattutto per quei libri dove ledizione critica di Gttingen non ha potuto
ancora dare il suo contributo, cos che occorre accedere alledizione di The Old Testament
in Greek, ed. by A.E. Brooke - N. McLean - J. Thackeray, vol. II. The Later Historical
Books, Part I. I-II Samuel, London 1927, ecc.; oppure non si poteva far altro che ripiegare
su quella di A. Rahlfs: Septuaginta. Id est Vetus Testamentum graece et latine iuxta LXX
interpretes, vol. I-II, Stuttgart 1935. Ma gli studiosi spagnoli sono senza dubbio benemeriti
anche per le edizioni critiche dei testi dei Targumim (cf., ad esempio, Targum Jonatan de
los Profetas Primeros en Tradicion Babilonia, vol. I: Josu Jueces, ed. por E. Martnez
Borobio, Madrid 1989), come per quella del Targum della Poliglotta di Madrid (cf. ad
esempio, L. Diez Merino, Targum de Salmos. Edicin Prncipe del Ms. Villa-Amil n. 5 de
Alfonso Zamora, Madrid 1982).
15. In questo contesto mi limito essenzialmente ai suoi quattro volumi di Critique textuelle
de lAncien Testament nella prestigiosa collana di Orbis Biblicus et Orientalis, editi a Fribourg (Suisse) e a Gttingen nel 1982, 1986, 1992, 2005, lultimo dei quali, interamente
dedicato ai Salmi e uscito postumo, appartenenti al progetto editoriale in cinque volumi, che
avrebbe dovuto coprire lintero TM delle Scritture; inoltre tengo in considerazione anche
il volume dello stesso autore, tudes dhistoire du texte de lAncien Testament (OBO 21),
Fribourg (Suisse) - Gttingen 1978, che raccoglie 23 suoi studi in materia.

108

G. RIZZI

zione della critica e della ricostruzione testuale del testo ebraico16, alla luce
del TM e del materiale testuale qumranico, no a indurre E. Tov a proporre
il suo metodo di critica letteraria del testo ebraico, partendo rigorosamente dalla ricchissima messe di dati testuali oggi disponibili17. Anche la pi
recente posizione di A. Schenker sulla priorit cronologica del testo della
LXX rispetto al TM in quanto riettente un testo ebraico pi antico e diverso ormai perduto18, si colloca sempre nellambito testuale, per quanto non
manchino ormai lavori attenti a evidenziare salienti diversit di contenuti
tra TM e LXX, senza rinunciare alla storia delle priorit testuali del greco
o dellebraico19.
Tuttavia, non pu essere questa lunica sorte scientica della LXX,
sia in quanto traduzione maturata in ambiente giudaico, come nella sua
vicenda di testo ripreso in contesto cristiano gi neotestamentario e poi
patristico. Di fatto, R. Le Daut nel suo ormai storico saggio di raffronto
tra LXX e Targum20, aveva percorso con attenzione e con grande sensibilit la fenomenologia della LXX, non solo nei suoi libri a noi noti
soltanto o quasi soltanto in greco, ma anche e soprattutto in quelli che
traducevano il testo ebraico, avendo anche costantemente a fronte la letteratura targumica, per tratteggiare quella che lui stesso aveva indicato
come unesegesi biblica in atto, cos che LXX e Targum si rivelano come
testi del giudaismo in cui la tradizione fa irruzione nella traduzione 21,
seppure in misura diversa e con nalit diverse. LXX e Targum, scuole
di esegesi intrabiblica, parallele e almeno in parte coeve della tradizione

16. Si pensi al minuzioso lavoro di P.G. Borbone, Il Libro del profeta Osea. Edizione critica

del testo ebraico (Quaderni di Henoch 2, Supplementi a Henoch Anno XII/1), Torino
1987, dettagliatamente discusso in D. Barthlemy, Critique textuelle de lAncien Testament
(OBO 50/3), vol. III, Fribourg (Suisse) - Gttingen 1992, pp. xxi-xxii.xxvi-xxvii, ecc.; cf.
uno status quaestionis in Fernndez Marcos, La Bibbia dei Settanta, 87-90.
17. Cf. E. Tov, Textual Criticism of the Hebrew Bible, Minneapolis - Assen, 2001, 1-20.
18. Cf. A. Schenker (ed.), The Earliest Text of the Hebrew Bible. The Relationship between
the Masoretic Text and the Hebrew Base of the Septuagint Reconsidered, Congress of the
International Organization for Septuagint and Cognate Studies (Basel 2001), Leiden 2003.
19. Cf. Ph. Hugo, Les deux visages dlie. Texte massortique et Septante dans lhistorie
la plus ancienne du texte 1Rois 17-18 (OBO 217), Fribourg (Suisse) - Gttingen 2006,
323-330.
20. Cf. R. Le Daut, La Septante, un Targum?, in R. Kuntzmann - J. Schlosser (ed.),
tudes sur le judasme hellnistique, Congrs de Strasbourg (1983) (Lectio Divina 119),
Paris 1984, 147-195.
21. Cf. G. Rizzi - A. Caglioni - R. Redaelli, Il patto con No. Tradizioni bibliche, giudaiche,
cristiane e coraniche a confronto, San Cataldo - Caltanissetta 2001, 131.

BIBBIA DEI SETTANTA OGGI

109

giudaica22, sono certamente anche due diversi esempi di traduzione interpretativa del testo ebraico biblico, ma proprio per le loro caratteristiche di
traduzioni interpretative, dove la tradizione fa irruzione nella traduzione,
pongono emblematicamente la questione della natura delle antiche traduzioni delle Sacre Scritture nel giudaismo del periodo ellenistico-romano
e nel cristianesimo antico.
Una fenomenologia ermeneutica comune e specica per antiche versioni delle Miqraot nel giudaismo del periodo ellenistico-romano e dellAntico Testamento nel cristianesimo antico
Infatti, pur soltanto partendo da brevi sondaggi, le tecniche, e i metodi23
e i contenuti nei procedimenti di traduzione e di interpretazione, rilevabili
in comune nella LXX e nel Tg24, si ritrovano anche nelle altre versioni
greche delle Miqraot come in quelle del rotolo di Nahal Hever dei Dodici
Profeti Minori25, del Proto-Teodozione26, di Aquila27, di Simmaco28 e di

22. Cf. lopera pionieristica quanto emblematica di Z. Frankel, Vorstudien zu der Septua-

ginta. Nebst Beitrgen zu den Targumim, Leipzig 1841. Per la LXX in ambito giudaico il
ruolo ermeneutico si circoscrive drasticamente con gli orientamenti rabbinici del II sec. d.C.
verso un solo testo ebraico consonantico standardizzato, pur continuando la LXX a essere
citata nelle tradizioni rabbiniche; per il Tg lepoca fondamentale del suo lungo processo
redazionale comincia proprio col II sec. d.C., pur essendo gi documentato come fenomeno
letterario analogo in lingua aramaica gi tra i testi di Qumran.
23. Potrebbe essere utile introdurre una distinzione tra tecnica e metodo nel procedimento di traduzione e di interpretazione del testo ebraico da parte della LXX e del Tg: si
potrebbe denire tecnica uno specico procedimento utilizzato non sistematicamente, ma
solo sporadicamente, secondo la necessit occasionale; metodo potrebbe invece denire
un procedimento applicato diffusamente e pi sistematicamente, cos che il metodo presuppone unapplicazione sistematica di una tecnica o anche di pi tecniche (cf. Carbone
- Rizzi, Osea, 274).
24. Cf. Carbone - Rizzi, Osea, 273-281; Idd., Amos, 161-166; Idd., Michea, 219-229; Idd.,
Abaquq, Abdia, Nahum, Sofonia, 179-186.231-233; Idd., Aggeo, Gioele, Giona, Malachia,
209-212.315-316.507-508. Per un bilancio sul fenomeno del targumismo nella LXX nei
testi doppi, cf. Fernndez Marcos, La Bibbia dei Settanta, 95-113 (con bibliograa specica); per un quadro pi complessivo della LXX come opera dinterpretazione di esegesi
cf. J. Trebolle Barrera, La Biblia juda y la Biblia cristiana. Introduccin a la historia de
la Biblia, Madis 1993, 338-339.
25. Cf. gi Barthlemy, tudes dhistoire du texte de lAncien Testament, 38-53.86-91.
26. Cf. gi D. Barthlemy, tudes dhistoire du texte de lAncien Testament, 72-85.
27. Cf. specicamente Fernndez Marcos, La Bibbia dei Settanta, 123-129.
28. Cf. specicamente Fernndez Marcos, La Bibbia dei Settanta, 135-146.

110

G. RIZZI

Teodozione29, per quanto incompleto e frammentario sia il loro materiale.


Daltra parte, simili fenomeni si riscontrano nelle versioni della Peshitta30,
della Siroesaplare31, della Vetus Latina32 e della Vulgata33: non solo perch
29. Cf. specicamente Fernndez Marcos, La Bibbia dei Settanta, 151-158.
30. Cf. una brevissima esemplicazione in P.B. Dirksen, La Peshitta dellAntico Testamento

(SB 103), Brescia 1993, 103-106, mentre una dettagliata trattazione dei fenomeni interpretativi, che tiene conto degli studi della serie delle Monographs Peshitta Insitute Leiden
(MPIL), si pu trovare nellopera postuma di M.P. Weitzmann, The Syriac Version of the
Old Testament. An Introduction, Cambridge 1999, 203-205 (sintesi della posizione di fondo
maturata nellautore).
31. Per un confronto tra fenomeni interpretativi in uno stesso testo tra Peshitta e Siroesaplare, cf. G. Rizzi, Hermeneutic Phenomena in the Translation of the Peshitta Wisdom, in A.
Passaro - G. Bellia (ed.), The Book of Wisdom in Modern Research. Studies on Tradition,
Redaction, and Theology (Deuterocanonical and Cognate Literature Yearbook 2005), Berlin
- New York 2005, 234-250.
32. Largamente lacunoso il testo della VL in funzione dei vari libri che la compongono
nelledizione di P. Sabatier, Bibliorum Sacrorum Latinae Versiones Antiquate, 1745-1749; non
meno problematica la situazione testuale nelledizione critica in corso curata dai Benedettini
di Beuron, (cf. il prospetto delledizione al 2001 in BIOSCS 35 [2002] 17-20); tuttavia si pu
sicuramente notare nel rapporto tra le famiglie testuali della LXX relazionabili con quelle
della VL nei singoli libri o anche nelle speciche sezioni, come sia facile imbattersi in fenomeni interpretativi della VL rispetto alloriginale greco, o rispetto alluso latino attestato: le
parole infatti non si pronunciano n si scrivono sempre secondo la lingua classica, ma secondo
luso dialettale, che ancora si riette in VL; il vocabolario sovraccarico di termini composti,
o anche di parole con pressi o sufssi no allora insoliti; compaiono espressioni popolari;
numerosi sono i vocaboli di derivazione straniera, come il grecismo zelus in VLSap 5,18;
alcuni vocaboli come apostolus, baptisma ecc., dato il loro valore religioso tecnico nel
gergo cristiano, sono stati semplicemente trapiantati dal greco in latino; oppure si imita il
greco col termine paranimphus in VLGen 26,26; si pu anche semplicemente riprodurre
laramaico come nel caso di VLMt 6,24 mamona; si tende a dare un senso diverso alle
espressioni classiche: VgAg 1,13 nuntius riferito al profeta Aggeo, secondo la classica
concezione latina del messaggero umano (cf. TMAg 1,13 malak), mentre VLAg 1,13 angelus corrisponde a LXXAg 1,13 aggelos, ma il senso diventa quello di messaggero del cielo; vi grande libert nel sorvolare sulle regole grammaticali circa generi, casi, coniugazioni,
concordanze, sintassi, in sintonia con il latino della decadenza; la pedissequa fedelt di VL
al modello greco era in stridente contrasto con i canoni ciceroniani classici, sulla traduzione e
sul suo livello letterario, che esigevano libert di movimento nella forma della versione rispetto al testo originale, ma linteresse teologico per la lologia n col portare anche Agostino a
preferire il barbarismo alla correzione; sotto una simile pressione biblica, alcuni termini
latini assunsero un nuovo signicato: des, col senso originario di ducia, condenza,
assunse il signicato di fede religiosa (VL-VgAb 2,4); gentes, nel senso di nazioni,
pass a signicare pagani (VLSal 79,10); peccatum, che indicava lerrore involontario,
n collinglobare il senso di peccato o colpa (VLGen 18,20); testamentum, indicante
il concetto di volont, di testamento, prese a signicare alleanza (VLGen 17,2); saeculum, dal senso di generazione, pass a indicare quello di eternit (VLSal 37,27; cf.
Trebolle Barrera, La Biblia juda y la Biblia cristiana, 370).
33. Accanto alle esigenze della stilistica latina, che Girolamo ancora vuole salvaguardare, c un ricorso agli equivalenti culturali e alle traduzioni etimologiche in relazione alla

BIBBIA DEI SETTANTA OGGI

111

la Siroesaplare e la Vetus Latina sono sicuramente versioni cristiane dal


greco della LXX, rispettivamente in Siriaco e in Latino, ma perch appartiene intrinsecamente alla natura della versione di un testo biblico lasciare
emergere, volutamente o no, intenti teologici e confessionali, oppure necessarie e indispensabili attualizzazioni34.
Si pu invece rilevare che in talune versioni, lirruzione della parafrasi, dellattivit di glossatura e dellaperto ricorso allesegesi midrashica
meno accentuata rispetto ad altre, ma in nessuna si pu dimostrare assente
questa fenomenologia.
Lutilit di questo genere di analisi comparata delle antiche versioni,
giudaiche e cristiane delle Miqraot ebraiche o dellAntico Testamento dei
cristiani si pu costatare anche nel contributo dato alla chiaricazione della natura e della specicit di ciascuna di queste versioni. Gi la scuola
di Origene ad Alessandria aveva potuto costatare come dalla costituzione
della Esaplare stessa diventasse sempre pi chiara e precisa la sionomia
di ciascuna delle traduzioni greche comparate, sia pure in rapporto alloriginale ebraico unico supposto, come tra loro stesse: la stessa Siroesaplare
la prova pi evidente di questa intuizione fondamentale.
Tutto ci consente di comprendere come tanto nel giudaismo, quanto
nel cristianesimo, sia esistita, o continui anche a esistere nel cristianesimo,
una duplice tradizione interpretativa del testo biblico: una vasta e macroscopica tradizione di opere che accompagnano il testo biblico dallesterno,
come interpretazioni e commenti in varie forme di generi letterari35, e

toponomastica; la lologia nella Vg, si colloca tra fenomeno stilistico e fenomeno ermeneutico; vi sono glosse di natura esplicativa, e di natura midrashica; c della vera
e propria esegesi cristiana nella traduzione geronimiana dallebraico in latino (cf. VgIs
11,10, VgIs 16,1; VgIs 12,3; VgIs 26,1; VgIs 41,2.10; VgIs 45,8; VgIs 51,5; VgIs 62,1ss
sono traduzioni messianiche che vanno al di l della portata del testo ebraico); ma
nella traduzione gronimiana si pu riettere anche dellesegesi giudaica vera e propria
(cf. Trebolle Barrera, La Biblia juda y la Biblia cristiana, 374-375, con bibliograa:
377-378).
34. G. Rizzi, Il midrash haggadah nella versione greca di Abaquq, Abdia, Nahum e
Sofonia come esegesi trasformante nel giudaismo del periodo ellenistico, in S. Graziani
(ed.), Studi sul Vicino Oriente Antico dedicati alla memoria di Luigi Cagni (I.U.O. Dipartimento di Studi Asiatici Series Minor LXI, vol. IV), Napoli 2000, 2044-2047.
35. Per il giudaismo senza dubbio fondamentale in tal senso la Bibbia Rabbinica
Ordinaria; cf. G. Rizzi, Bibbia e giudaismo nella fede ebraica, in M. Crociata (ed.),
Teologia delle religioni. La questione del metodo, Roma 2006, 143-166; per un primo
approccio alle antiche versioni nelle antiche Chiese cristiane, si pu vedere U. Neri,
Genesi Biblia, i libri della Bibbia interpretati dalla Grande Tradizione, Torino 1986,
xxi-cxxxviii.

112

G. RIZZI

unaltra tradizione interpretativa, pi o meno, per cos dire, mimetizzata36 nella traduzione. Gli antichi traduttori presentano delle traduzioni
a calco delloriginale37, rispettandone anche lordine e il numero delle
parole38, quando lo ritengono opportuno o sono in grado di farlo, oppure
non ritengono di dover fare violenza alla lingua in cui traducono cos da
ricorrere a idiomatismi propri39, a una gamma di fenomeni caratteristici
che oggi facilmente si chiamano translazionali40, che non suppongono un
36. Nonostante la Neo-Volgata sia presentata nella costituzione apostolica Scripturarum

Thesaurus di Giovanni Paolo II come la versione che dovrebbe fungere da metro di valutazione per tute le altre versioni delle Sacre Scritture nelle lingue moderne e parlate, di fatto
nella tradizione cristiana anche cattolica invalso il principio, secondo cui, una versione
di un libro, o di pi libri, o anche di tutte le Sacre Scritture dai testi originali in una lingua
vernacolare debba rappresentare un momento importante del processo di inculturazione
delle stesse Sacre Scritture in quella particolare cultura (cf. G. Rizzi, Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide. Uno studio delle edizioni della Bibbia presso la
Biblioteca della Ponticia Universit Urbaniana, vol. II, Roma 2006, 411-413.427-428).
Nella tradizione delle Chiese appartenenti allOrtodossia certamente preminente il ruolo
centrale del testo greco dellAT e del NT nella liturgia, con alcune concessioni pi recenti
alle versioni in neo-ellenico per luso privato (cf. Rizzi, Edizioni della Bibbia nel contesto
di Propaganda Fide, vol. I, 113-116); tuttavia in ambito missionario la Chiesa Ortodossa in
Etiopia conferisce al testo della versione etiopica in antico geez un ruolo primario anche
nella liturgia (cf. Rizzi, Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide, vol. III,
1328-1331). Nelle Chiese Riformate n dai loro inizi e nella Chiesa Cattolica a partire un
po prima della met del secolo scorso le traduzioni nelle lingue vernacolari sono assurte
a dignit di testo anche liturgico, bench la prassi missionaria anche nella Chiesa cattolica
abbia anticipato talvolta nel tempo simile fenomeno. Nella tradizione del giudaismo invece
il testo ebraico masoretico delle Miqraot, nella sua forma di textus receptus della tradizione rabbinica, costituisce lunico punto di riferimento ufciale per la liturgia, mentre le
versioni, a partire dalle antiche parafrasi aramaiche targumiche sono soltanto considerate
dei sussidi. Tuttavia, il giudaismo riformato presenta una certa fenomenologia di edizioni
del testo biblico non pi conformi al textus receptus, per ni scolastici ad esempio, avendo
affermato la necessit di tradurre le Miqraot nelle lingue parlate moderne; ci nonostante
sembra che lo stesso M. Mendelsohn abbia afdato soprattutto al suo commento-Biur pi
che alla traduzione del testo biblico i compiti di uneffettiva inculturazione moderna delle
Miqraot (cf. Rizzi, Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide, vol. I, 140.155157.166-169.207-208).
37. Il fenomeno facilmente riscontrabile nella Peshitta dellAT, ad esempio (cf. Rizzi,
Hermeneutic Phenomena, 227), trattandosi com ovvio di una lingua semitica che traduce unaltra lingua semitica; ma anche le traduzioni a calco in greco dallebraico non sono
rare (cf. Carbone - Rizzi, Aggeo, Gioele, Giona, Malachia, 43, ecc.; Idd., Abaquq, Abdia,
Nahum, Sofonia, 355, ecc.
38. Cf., a titolo puramente esemplicativo, Carbone - Rizzi, Aggeo, Gioele, Giona, Malachia, 232, ecc.
39. Cf. Carbone - Rizzi, Aggeo, Gioele, Giona, Malachia, 44, ecc.
40. Cf. per il greco, a titolo puramente esemplicativo, Carbone - Rizzi, Aggeo, Gioele,
Giona, Malachia, 232-234.

BIBBIA DEI SETTANTA OGGI

113

originale diverso, e che ne rispettano sostanzialmente il signicato. Ma


pu succedere che i traduttori non abbiano pi una conoscenza adeguata
della lessicograa e della lologia di passi non facili delloriginale41, cos
da dover ricorrere alle equivalenze di passi simili42, per proporre una
traduzione.
Daltra parte non meno frequente la voluta traduzione interpretativa
del testo biblico ebraico, attraverso tecniche come la modica della vocalizzazione43, la metatesi e spostamento dellordine delle consonanti44, e
quindi la modica della radice ebraica, la scelta lologica attualizzante45
o decisamente midrashica di un termine46 per tradurre lebraico, il ricorso
alla doppia traduzione di un termine o di unespressione47, il ricorso alle
pi tradizionali glosse48 non solo esplicative, la conatio di passi biblici per
tradurre un altro testo biblico49, il ricorso a modelli di traduzione attraverso
altri passi biblici non per difcolt testuali o lologiche, ma per voluta
esplicitazione di senso50. Tutto ci non appartiene alla critica testuale, ma
contribuisce a congurare quella che stata chiamata anche come unattivit derashica51 dei traduttori.

41. Cf. la discussione in M. Harl, Y a-t-il dans la Septante des fautes de lecture du mo-

dale hbreu?, in M. Harl - G. Dorival - O. Munnich, La Bible grecque des Septante. Du


judasme hellnistique au christianisme ancien, Paris 1988, 206-210.
42. Il fenomeno sembra essere abbastanza ricorrente nella Peshitta dellAT (cf. Rizzi, Hermeneutic Phenomena, 229-231).
43. Cf., sempre a titolo esemplicativo, Carbone - Rizzi, Le Scritture ai tempi di Ges,
56-57.
44. Cf. Carbone - Rizzi, Le Scritture ai tempi di Ges, 54-55.
45. Cf. Carbone - Rizzi, Abaquq, Abdia, Nahum, Sofonia, 50.196, ecc.
46. Cf. Carbone - Rizzi, Abaquq, Abdia, Nahum, Sofonia, 50-55.
47. Fenomeno ben noto in aramaico targumico come tarte mama (cf. Carbone - Rizzi, Aggeo, Gioele, Giona, Malachia, 249, ecc.), ma anche in greco (cf. Carbone - Rizzi, Abaquq,
Abdia, Nahum, Sofonia, 56).
48. Particolarmente interessante la loro fenomenologia nella tradizione testuale greca di
Abacuc (cf. Carbone - Rizzi, Abaquq, Abdia, Nahum, Sofonia, 55-57; Rizzi, Il midrash
haggadah nella versione greca di Abaquq, Abdia, Nahum e Sofonia, 2047-2049.
49. Cf. Carbone - Rizzi, Aggeo, Gioele, Giona, Malachia, 253-254, ecc.
50. Cf. Carbone - G. Rizzi, Abaquq, Abdia, Nahum, Sofonia, 362, ecc.; Rizzi, Il midrash
haggadah nella versione greca di Abaquq, Abdia, Nahum e Sofonia, 2050.
51. Cf. Rizzi, Il midrash haggadah nella versione greca di Abaquq, Abdia, Nahum e Sofonia, pp. 2047ss.

114

G. RIZZI

Nel giudaismo del periodo ellenistico-romano


Va comunque rilevato che tali e anche altri fenomeni di voluta interpretazione trasformante del testo biblico sono sentiti allinterno della tradizione
giudaica, che li ha prodotti, come facenti parte del contenuto del testo biblico, nei cui confronti si possono sempre trovare addentellati anche formali di vario genere, attraverso i quali i traduttori hanno voluto esplicitare
lappartenenza dellinterpretazione proposta al testo ebraico originario52.
Si noti, a questo proposito che vari aspetti delle regole rabbiniche, note
come Middot, possono essere riscontrati anche ante-litteram nellesegesi
trasformate delle versioni greche53 come evidentemente dei targumim54. Le
antiche versioni giudaiche del testo biblico in greco e in aramaico non desumono mai al di fuori del testo biblico originario, preso in tutta lestensione delle parti che lo compongono, criteri ermeneutici per la comprensione
o per lattualizzazione di una parola, di unespressione, di un versetto o di
un libro da tradurre55.
Ci evidente per i targumim, che si possono ricondurre alle tradizioni
mishniche, anche in ambito halakico56: il traduttore sceglie allinterno delle
52. Come dimostra lattenzione ad ancorare formalmente linterpretazione al testo biblico

ebraico, o alla versione da cui si traduce, no a mimetizzare o a inglobare linterpretazione nel testo tradotto, quale espressione dellinesauribile ampiezza del mistero della
Parola del testo sacro (cf. U. Neri, Il Cantico dei cantici. Antica interpretazione ebraica,
Roma 1976, 20-21). In questo senso, lattivit derashica, nei confronti della Parola di Dio
in queste antiche versioni nel giudaismo, non ha nemmeno bisogno di essere suffragata
dalla menzione dei maestri, o della catena di maestri, come ordinariamente avviene nella
letteratura rabbinica, a meno che non si tratti di interpretazioni talmente autorevoli, da
restare anonime. Nel giudaismo, lattribuzione dellintera versione greca a un gruppo di
autori come i 72 traduttori di cui parla la lettera di Aristea, donde la traduzione dei LXX
del Pentateuco, o della LXX per lintera traduzione delle Scritture, vuole indubbiamente
esprimere lappartenenza di questa versione a tutto lIsraele raccolto nelle dodici trib. Il
valore, invece, sussidiario in ordine al testo ebraico, della altre versioni greche originate nel
giudaismo e attribuite a un solo personaggio come Aquila, Simmaco e Teodozione, pu essere accostato allanalogo fenomeno dei Targumim aramaici, la cui autorevolezza indiscussa
nella tradizione rabbinica. Daltra, luscita di scena ufciale di tutte le versioni di lingua
greca e anche di quelle di lingua siriaca nel giudaismo rabbinico, sposta inevitabilmente la
questione del loro valore nella tradizione cristiana antica.
53. Cf. Carbone - Rizzi, Le Scritture ai tempi di Ges, 51-58.
54. Cf. il riferimento alle Middot rabbiniche in Ribera Florit, El Targum de Isaas, 27-28;
Id., Targum de Ezequiel, 26ss, ecc.
55. Per i targumim vale senza dubbio quanto acutamente registrato da Neri, Il targum del
Cantico dei cantici, 27-30; per la LXX, in relazione anche al Tg, cf. Carbone - Rizzi,
Memra e Paradosis. Progetto di lavoro, 377-379.
56. A titolo puramente esemplicativo cf. la trattazione di Ribera Florit, El Targum de
Isaas, 33-34.

BIBBIA DEI SETTANTA OGGI

115

opportunit che la tradizione interpretativa accolta gli offre, senza creare


nulla di nuovo, riservandosi la libert di optare per quella che gli sembra
essere nel contesto la pi opportuna delle interpretazioni57.
Per le antiche versioni giudaiche di lingua greca la questione forse potrebbe essere anche pi complessa. Infatti, mentre sono evidenti nellopera
di Aquila i principi ermeneutici del giudaismo rabbinico nella sua congurazione della scuola di Akiba58, neppure la caratterizzazione del protoTeodozione59, di Teodozione60, di Simmaco61 e del rotolo di Nahal Hever62
sembra scostarsi dallambito dellermeneutica rabbinica, ante-litteram,
come revisioni della LXX su un testo ebraico pi conforme a quello che
avrebbero vocalizzato pi tardi i masoreti63, come traduzioni pi prossime
allebraico, sebbene diverse tra loro, rispetto a quanto complessivamente
realizzato nella LXX64.
Lintera tradizione della LXX, che costituisce il monumento letterario pi importante dellantico giudaismo di lingua greca, si presenta
oggi come un nuovo continente biblico da esplorare sistematicamente in
ambito ermeneutico. Se infatti uno sforzo poderoso gi stato fatto per
comprendere lapporto dellesegesi halakica del Pentateuco in relazione al dibattito pre-mishnico e mishnico65, la tendenza pi accentuata in
questi ultimi anni stata quella di caratterizzare la LXX non nella sua
57. Cf. Neri, Il targum del Cantico dei cantici, 27.
58. Cf. ad esempio la questione della traduzione di hebel con mataiots in Qohelet nella di-

scussione di G. Rizzi, Tradizione e intertestualit nellermeneutica giudaica di lingua greca


e aramaica di Qo 1,1-3. Una prospettiva di ricerca, in G. Bellia - A. Passaro (ed.), Il libro
del Qohelet. Tradizione, redazione, teologia, Milano 2001, 247-249.252-255; O. Munnich,
Le texte de la Septante et ses problmes, in La Bible grecque des Septante, 145-147;
Trebolle Barrera, La Biblia juda y la Biblia cristiana, 329-330; per lo status quaestionis
cf. Fernndez Marcos, La Bibbia dei Settanta, 123-126.
59. Cf. Munnich, Le texte de la Septante et ses problmes, 152-153; Trebolle Barrera, La
Biblia juda y la Biblia cristiana, 330-333.
60. Cf. Munnich, Le texte de la Septante et ses problmes, 155-157; Fernndez Marcos,
La Bibbia dei Settanta, 151-152.
61. Cf. Munnich, Le texte de la Septante et ses problmes, 149-150; Trebolle Barrera,
La Biblia juda y la Biblia cristiana, 329; Fernndez Marcos, La Bibbia dei Settanta, 135139.
62. Cf. lo status quaestionis su Qumran e la LXX in Fernndez Marcos, La Bibbia dei
Settanta, 82-87.
63. Cf. Fernndez Marcos, La Bibbia dei Settanta, 83.
64. Cf. Trebolle Barrera, La Biblia juda y la Biblia cristiana, 328ss.
65. Cf. Z. Frankel, ber der Einuss der palstinischen Exegese auf die alexandrinische
Hermeneutick, Leipzig 1851, 52-53.

116

G. RIZZI

globalit, ma nei suoi singoli segmenti, costituiti dai singoli libri, o da


gruppi di libri66.
Uno sforzo determinante in corso per opera della scuola francese, che
lavora al progetto di La Bible dAlexandrie, per individuare con precisione il livello linguistico della LXX nellambito del greco ellenistico67, pur
senza trascurare importanti aspetti ermeneutici: mentre nei primi lavori del
progetto il confronto sistematico della LXX con il TM veniva praticato con
esplicite riserve68, a partire dal volume dedicato ai Numeri tale confronto
diventato fondamentale69, con opportuni riferimenti ai Targumim e talora
anche ad altre delle versioni antiche. Ci ha permesso di caratterizzare
anche specularmente i contenuti dellinterpretazione della LXX rispetto al
TM; inoltre il materiale ermeneutico offerto nelle note attraverso gli antichi
commentatori di lingua greca, ebrei e cristiani, ha notevolmente e organicamente arricchito il quadro della viva ricezione del testo della LXX nelle
rispettive tradizioni giudaica e cristiana a essa pi prossime nel tempo70.
Rispetto a questultimo elemento ermeneutico, sembra che il pi recente progetto di traduzione della LXX, intrapreso da studiosi italiani71, voglia
ricondurre limpianto ermeneutico della LXX alle sue origini pi rigorosamente giudaiche, con un attento confronto tra la LXX e il TM.
Bench il contributo della scuola inglese sia gi di inestimabile valore anche nellattuale incompletezza delledizione critica della LXX di
Cambridge72, non molto diverso da quello italiano appena sopra accennato,
66. Cf. la discussione di G. Dorival, Lachvement de la Septante dans le judasme. De la

faveur au rejet, in La Bible grecque des Septante, 83-111.


67. Cf. la trattazione sistematica e programmatica di M. Harl, La langue de la Septante,
in La Bible grecque des Septante, 223-266; le specicit linguistiche dei singoli libri sono
esposte con tutti i dettagli nelle introduzioni ai singoli volumi: cf. La Gense, La Bible
dAlexandrie -1, Traduction du texte grec de la Septante, Introduction et Notes par M.
Harl, avec la collaboration de M. Alexandre, C. Dogniez, G. Dorival, A. Le Boulluec, O.
Munnich, P. Sandevoir, F. Vinel, Paris 1986, 71-80, ecc.
68. Cf. le riserve formulate in La Gense, La Bible dAlexandrie -1, 24-26.
69. Cf. Les Nombres, La Bible dAlexandrie -4, Trad., intr. et notes par. G. Dorival, avec
la collaboration de B. Clerc, G. Favrelle, M. Petit, J. Tolila, Paris 1994, 40-47; unulteriore
messa a punto dellintero progetto si pu trovare in BIOSCS 31 (1998) 31-35.
70. Cf., a titolo esemplicativo, Les Juges, La Bible dAlexandrie -7, Trad., intr. et notes
par P. Harl, avec la collaboration de Th. Roqueplo, Paris 1999, 42-52.
71. Sotto la guida di P. Sacchi, presso leditrice UTET.
72. Cf. The Old Testament in Greek, ed. by A.E. Brooke - N. McLean, ecc., nelle cui note
afora un enorme patrimonio di varianti testuali sia nella tradizione testuale diretta, come
in quella indiretta, che offrono una documentazione e un materiale ermeneutico importantissimo, in diversa quantit e misura riferibile alle tradizioni cristiane.

BIBBIA DEI SETTANTA OGGI

117

sembra essere limpianto del nuovo progetto di traduzione della LXX in


lingua inglese del NETS73, che dovrebbe offrire una nuova versione inglese della LXX, dopo quella gi largamente benemerita di Brenton74, per lo
meno da quanto emerge anche dagli aggiornamenti sullavanzamento dei
lavori75 e dal primo lavoro pubblicato da A. Pietersma sui Salmi. I direttori
del progetto ritengono ormai doverosa una nuova traduzione della LXX,
in un inglese letterario per persone colte, che attraverso la versione dal
greco riconduca il lettore verso loriginale ebraico; tutto ci si pone in una
diversa prospettiva rispetto a chi volesse considerare la LXX un forziere di
varianti testuali al TM, il pi antico commentario alla Bibbia ebraica, la
Sacra Scrittura del giudaismo ellenistico e poi del cristianesimo; ci che la
LXX dice e come lo dice, secondo il progetto del NETS, pu essere capito
nella sua interezza solo con laiuto dellebraico, cos che i collaboratori
del progetto lasciano in disparte la storia dellinterpretazione della LXX
o della sua ricezione; in caso di polivalenze di signicati di un termine
greco, il criterio di traduzione andrebbe ricercato nel signicato pi prossimo allebraico; sotto il prolo testuale si presuppone il testo critico di
Gttingen, ricorrendo a Rahlfs solo dove non sortisse pi un testo critico
nuovo per gli altri libri biblici non ancora editi nel progetto di Gttingen76.
Accanto al progetto del NETS, stato delineato un piano editoriale per un
commentario alla LXX, che dovrebbe assecondare e completare lopera e
le nalit del NETS77.
Anche in Germania, oltre agli imprescindibili lavori dellaccademia di
Gttingen sulledizione del testo critico della LXX78, occorre salutare con
vivissime felicitazioni lannuncio dellimminente uscita della revisione della LXX di A. Rahlfs, con le opportune correzioni di R. Hanhart; tuttavia
anche la scuola tedesca, a partire dallottobre 1999 con una settantina
di studiosi guidati da M. Karrer e W. Kraus, avverte la necessit di adire a
73. The New English Translation of the Septuagint; cf. le dichiarazioni programmatiche

di A. Pietersma - B. Wright, The New English Translation of the Septuagint (NETS),


BIOSCS 31 (1998) 26-30.
74. Cf. L. Brenton, The Septuagint with the Apocrypha: Greek and English, London 1851.
75. Cf. BIOSCS 35 (2002) 3.9.
76. A. Pietersma, A new English translation of the Septuagint and other Greek translations
traditionally included under that title. I: The Psalms, New York 2000, vii-x.xiii.xvi.
77. Cf. A Prospectus for a Commentary on the Septuagint, BIOSCS 31 (1998) 43-48.
78. Nelle cui note afora un enorme patrimonio di varianti testuali sia nella tradizione
testuale diretta, come in quella indiretta, che offrono una documentazione e un materiale
ermeneutico importantissimo, in diversa quantit e misura riferibile alle tradizioni cristiane
e giudaiche.

118

G. RIZZI

una versione tedesca della LXX in due volumi, secondo un impianto che
non dovrebbe distare molto da quello del NETS, mentre un terzo volume,
con unintroduzione generale, introduzioni ai singoli libri e commento ai
passi testualmente pi difcili, dovrebbe corredare progetto ed edizione79.
Ma si parla anche di progetti di una versione della LXX in giapponese, in
ebraico moderno80 e in greco moderno81.
La progressiva produzione di nuovi lessici, dizionari e altri strumenti
di lavoro per la LXX nel frattempo82 tra i quali oggi annoveriamo senza
dubbio la miscellanea Grammatica intellectio Scripturae. Studi lologici
di greco biblico in onore di padre L. Cignelli83, professore emerito dello
SBF , conferma anche lafnamento della conoscenza delle tecniche di
traduzione dal punto di vista lologico, lessicale e stilistico, grammaticale
e sintattico, che la LXX nelle sue singole parti come nella sua globalit
documenta. Il volume sulla sintassi greca della LXX, che oggi viene presentato in questa sede di ricerca, una riprova della necessit di questo
genere di strumenti. Tuttavia, non si tratta soltanto di comprendere se e
come sia stato di volta in volta inteso dagli antichi traduttori il testo ebraico
soggiacente84, ma di intravedere criteri e costanti nellimpresa lologica ed
ermeneutica della LXX.

79. Cf. BIOSCS 32 (1998) 8; successivamente G. Toloni, An Almost Unknown Translation

of the Greek Bible into Italian, BIOSCS 36 (2003) 95.


80. Cf. Toloni, An Almost Unknown Translation of the Greek Bible into Italian, 95.
Di fatto, si veda M.A. Zipor, The Septuagint Version of the Book of Genesis, RamatGan - Jerusalem 2005 (in ebraico); dopo unampia introduzione sulle caratteristiche della
LXX come targum del TM (pp. 9-55), il testo della versione ebraica della LXX (pp.
55-626), seguito da bibliograa (pp. 627ss), comprende il TM di Genesi, la traduzione
della LXX, lo studio della Vorlage presupposta, con lapparato sussidiario del materiale
testuale qumranico e del deserto di Giuda, e il commento, con i riferimenti alla letteratura
peritestamentaria.
81. Il Greek Orthodox Septuagint Translation Project (cf. BIOSCS 31 [1998] 11).
82. Cf. lo status quaestionis della ricerca gi formulato da A. Passoni DellAcqua, La
versione dei LXX negli ultimi cinquantanni: linee principali della ricerca italiana sullo
sfondo dellindagine internazionale, Adamantius 4 (1998) 7-12; un breve richiamo a questo
quadro, con nuove segnalazioni si pu trovare in A. Cacciari, Studi italiani sulla LXX,
Adamantius 10 (2004) 9-10.
83. Dei lavori di L. Cignelli in questo ambito, con la collaborazione dei confratelli C. Bottini, o R. Pierri, aveva gi dato un rapido elenco A. Cacciari, Studi italiani sulla LXX,
Adamantius 10 (2004) 9 n. 1.
84. Cf. M. Harl, Y a-t-il eu hellnizationdans de la Bible hbraque lors de son passage
dans la langue grecque?, in La Bible grecque des Septante, 206-209.

BIBBIA DEI SETTANTA OGGI

119

Se nella LXX aforano anche elementi ermeneutici di attualizzazione


culturale che fanno parlare di una ellenizzazione della lingua ebraica nel
suo passaggio in greco85, tuttavia la loro utilizzazione nel contesto non sembra affatto stridere con la tradizione pi ordinaria del giudaismo, rilevando
comunque in questi casi una vivacit culturale.
R. Le Daut aveva cercato di classicare il materiale di natura ermeneutica della traduzione della LXX rispetto allebraico in termini di midrash
halakah e midrash haggadah, intendendo il primo non solo riferito al
materiale halakico in senso stretto, ma estendendolo anche a quello relativo
alle interpretazioni morali e giuridiche86, accettando anche di parlare di una
fenomenologia di targumismo nella LXX come attivit midrashica per la
comprensione del testo e per le sue necessit liturgiche e pastorali87. A questa proposta ha aderito anche il nostro progetto di traduzione del corpus dei
Profeti Minori88, bench lobiezione pervenutaci circa lambiguit di questa
terminologia nella comune accezione dei termini89 abbia indotto a un suo
ricorso sempre pi parsimonioso nel susseguirsi delle pubblicazioni90.
Alcune chiaricazioni ermeneutiche circa le antiche traduzioni cristiane dellAT o dai cristiani utilizzate
Va ricordato che lAT usato dai cristiani presenta una fenomenologia alquanto variegata, no a risultare estremamente complessa. Non solo per la
questione di quale canone dei libri sacri si debba presupporre gi nel NT91

85. Cf. Harl, Y a-t-il dans la Septante des fautes de lectures du modle hbreu?, 254-

258.
86. Cf. R. Le Daut, La Septante, un Targum?, in tudes sur le judasme hellnistique,
183-184.
87. Cf. Le Daut, La Septante, un Targum?, 183; la questione dei targumismi nella LXX
variamente discussa (cf. M. Harl, Les targumismes dans la Septante, in La Bible grecque
des Septante, 212-214).
88. Cf. Carbone - Rizzi, Memra e Paradosis. Progetto di lavoro, 371-377.
89. Cf. la discussione nella Nota Editoriale in Carbone - Rizzi, Abaquq, Abdia, Nahum,
Sofonia, 9.
90. Cf. la discussione nella Nota Editoriale in Carbone - Rizzi, Aggeo, Gioele, Giona,
Malachia, 7.
91. Per un primo quadro generale cf. Trebolle Barrera, La Biblia juda y la Biblia cristiana,
243-245; per una trattazione monograca pi dettagliata cf. E.E. Ellis, LAntico Testamento
nel primo cristianesimo. Canone e interpretazione alla luce della ricerca moderna (SB
122), Brescia 1999, 53-57.

120

G. RIZZI

e per le discussioni in materia nella successiva tradizione delle Chiese,


no a dover includere la singolare esperienza della Chiesa Etiopica92, ma
per le stesse lingue dellAT, che le antiche Chiese cristiane non trasmisero
mai, stando alla documentazione in nostro possesso, nella lingua ebraica
originaria.
Se verosimile che le antiche comunit cristiane palestinesi di Gerusalemme, della Giudea, della Samaria e della Galilea abbiano valorizzato
le Miqraot in ebraico, abbiano fatto ricorso allaramaico93, abbiano valorizzato una o pi traduzioni greche94 e forse anche qualcosa in samaritano95,
nella diaspora cristiana la LXX ha avuto un ruolo centrale, di incalcolabile
valore96, essendosi a essa ispirate la maggior parte delle antiche versioni
delle Chiese locali97.
Si pu infatti discutere se le prime versioni delle S. Scritture in latino nel mondo africano debbano essere state una versione del Pentateuco
in ambito giudaico98, ma sicuro che la traduzione della Vetus Latina in
ambito cristiano nel nord-Africa dalla LXX a partire dal II sec. d.C., con
unenorme proliferazione in un tutta la diaspora cristiana. Analogamente,
si potr discutere se a Roma sia sorto un primo Salterio latino tradotto
dallebraico99, ma anche a Roma e in tutta la penisola la VL, sia pure
92. Cf. Rizzi, Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide, vol. III, 1315-1317.
93. Cf. la redazione premarciana della storia della passione di Ges in aramaico, entro il

37 d.C. nella ricostruzione di R. Pesch, Il Vangelo di Marco (CTNT II/2), vol. II, Brescia
1982, 18-54.
94. Cf. G. Rizzi, Riletture delle Scritture come un Vangelo: interpretazioni mariologiche quali elementi costitutivi, in E. Toniolo (ed.), Lermeneutica contemporanea e i
testi biblico-mariologici, Roma 2003, 94-106; sulla LXX nel NT cf. la messa a punto di
Fernndez Marcos, La Bibbia dei Settanta, 312-327.
95. Sembra si debbano ammettere contatti nel discorso di Stefano negli Atti con almeno 4
citazioni del Pentateuco consone al Pentateuco Samaritano, sempre contro il TM, come anche altri contatti con concezioni samaritane; cf. G. Schneider, Gli Atti degli Apostoli (CTNT
V/1), vol. I, Brescia 1985, 624-630.
96. Cf. Carbone - Rizzi, Le Scritture ai tempi di Ges, 77.
97. Cf. G. Dorival, La Septante mre de traduction multiples, in La Bible grecque des
Septante, 330-334.

Cf. Trebolle Barrera, La Biblia juda y la Biblia cristiana, 368; cos gi anche lascia intravedere O. Eissfeldt, Introduzione allAntico Testamento (Biblioteca
teologica 4), vol. IV, Brescia 1984, 257-258, che sottolinea limportanza della VL
come traduzione dalla LXX ancor prima delle recensioni cristiane della LXX nel
III-IV sec. Per unipotesi ampia di lavoro su traduzioni latine giudaiche, cf. B.
Botte, Latines (versions) antrieures S. Jrme, in DBS, vol. V, Paris 1957,
col. 347.
98.

99. Cf. A. Ammassari, Il Salterio latino di Pietro, vol. I, Roma 1987, 7.

BIBBIA DEI SETTANTA OGGI

121

in multiformi variet testuali, come traduzione della LXX a consentire di


leggere e pregare lAT nelle comunit cristiane. Anche le altre Chiese nordafricane di lingua copta, nelle loro variegate traduzioni locali si rifanno al
modello della LXX100, che evidentemente plasma lecumene cristiano di
lingua greca, ma caratterizza anche lattivit di evangelizzazione verso est
e verso sud. In particolare, le stesse Chiese del corno dAfrica, tradussero
in antico geez la LXX, pur accettando successivamente qualche revisione
pi ebraizzante101.
Evidentemente un posto del tutto particolare spetta alle antiche versioni dellAT in siriaco102, sia quelle condotte sul testo ebraico come quelle
condotte sul testo della LXX103. In particolare, la versione della Peshitta,
condotta sul testo ebraico per tutti quei libri che sono presenti nelle Miqraot giudaiche104, attualmente molto studiata, soprattutto in vista della
sua edizione critica presso il Peshitta Institute di Leiden. Allo stato attuale
della ricerca, la Peshitta dellAT, pur manifestando caratteristiche proprie come traduzione dallebraico in ogni gruppo di libri e spesso anche
nei singoli libri105, evidenzia due caratteristiche contraddittorie: mentre
da una parte non sembra riettere inussi dalla LXX106, fatta eccezione
verosimilmente per il Salterio107, e non presenta riletture esplicitamente
cristiane108, tuttavia presenta notevoli afnit con lesegesi targumica e
midrashica, ma con un orientamento diverso rispetto al rabbinismo in
materia di interpretazione halakica del testo ebraico; daltra parte, come
testo, interamente trasmesso da manoscritti cristiani, che ne assicurano
un uso costante nelle comunit cristiane dal V sec. d.C., stando alla tra100. Cf. Rizzi, Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide, vol. III, 1297-

1299.
101. Cf. Rizzi, Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide, vol. III, 13151317.
102. Cf. Rizzi, Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide, vol. III, 10151016.
103. Per i testi della Peshitta dellAT tradotti dal greco, cf. Rizzi, Hermeneutic Phenomena, 229ss.; sulla Siroesaplare cf. Trebolle Barrera, La Biblia juda y la Biblia cristiana,
381.
104. Cf. Rizzi, Hermeneutic Phenomena, 224-228.
105. Cf. Weitzmann, The Syriac Version of the Old Testament, 3-14.
106. Cf. Weitzmann, The Syriac Version of the Old Testament, 68-86.
107. Cf. Dirksen, La Peshitta dellAntico Testamento, 59-64.
108. Cf. Dirksen, La Peshitta dellAntico Testamento, 26-28; per quanto riguarda la discussione sulle riletture cristiane di Pesh Sapienza cf. Rizzi, Hermeneutic Phenomena,
249-250.

122

G. RIZZI

dizione testuale diretta109, e per lo meno gi in Efrem e Afraate, stando


alla tradizione testuale indiretta110. Di qui, sorge la discussione se debba essere considerata come versione iniziata in ambito giudaico, passata
almeno in parte in quello cristiano a seguito di speciche conversioni,
no alla sua ultimazione in ambito giudaico, ma ormai trasmessa soltanto
in ambito cristiano111, non essendo praticamente mai citata nella tradizione rabbinica112. In ogni caso rimane del tutto caratteristico, rispetto
ad esempio alla tradizione testuale diretta e indiretta della LXX, come
della VL e della Vg, il fatto che la tradizione cristiana di lingua siriaca
non abbia avvertito lesigenza di inserire esplicite glosse cristiane nella
versione della Peshitta, ritenendo sufciente il patrimonio dei commenti e
dei sussidi esterni della tradizione cristiana di lingua siriaca per garantirne
uninterpretazione cristiana113.
Linusso del cristianesimo di lingua siriaca e della Peshitta evidente
nelle prime versioni armene dellAT, che tuttavia in seguito hanno fatto
riferimento alla LXX114; su quelle georgiane115 e in parte anche su quelle
etiopiche116.
Nellambito delle Chiese occidentali, la scuola alessandrina di Origene con le Esaple e la Chiesa di lingua latina hanno avvertito lesigenza
di ricondursi alloriginale ebraico dellAT; inoltre, Girolamo volle anche
congurare la sua Vulgata come hebraica veritas, ma non per questo si
astenne da traduzioni decisamente cristiane nella sua versione dallebraico
o talora anche dallaramaico117.
Sotto il prolo ermeneutico, tanto la tradizione testuale diretta quanto
quella indiretta in ambito cristiano della LXX, della VL della Vg e anche
di altre versioni cristiane antiche dimostrano che l, dove il NT aveva gi
109. Rizzi, Hermeneutic Phenomena, 223-226.
110. Rizzi, Hermeneutic Phenomena, 228.
111. Rizzi, Hermeneutic Phenomena, 228.
112. Rizzi, Hermeneutic Phenomena, 231-234.
113. Rizzi, Hermeneutic Phenomena, 228.
114. Cf. Rizzi, Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide, vol. III, 1047-

1048.
115. Cf. Rizzi, Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide, vol. III, 10611062.
116. Cf. Rizzi, Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide, vol. III, 1315.
117. A titolo soltanto esemplicativo, cf. C.M. Martini - P. Bonatti, Il messaggio della salvezza. 1. Introduzione generale. Corso completo di studi biblici, Leumann (Torino) 1990,
206.

BIBBIA DEI SETTANTA OGGI

123

citato e interpretato il testo dellAT, testo e interpretazione fanno regolarmente irruzione nella tradizione testuale dellAT in ambito cristiano118.
Daltra parte, le traduzioni cristiane dellAT non si limitano ai passi gi
noti nel NT, ma evidenziano come lermeneutica neotestamentaria dellAT
sia applicata anche nella traduzione di tutto lAT119; con una differenza tra
la LXX e le altre versioni cristiane antiche, eccettuata la Peshitta: nella
tradizione testuale diretta e indiretta della LXX le traduzioni cristiane si
riconoscono ormai facilmente come glosse rispetto alla tradizione testuale
diretta120.
In questo senso, lermeneutica neotestamentaria dellAT, sia essa esplicita e circostanziata nelle sue citazioni, come nelle sue linee pi generali121, non solo si trova applicata nelle traduzioni cristiane, ma diventa
un principio coscientemente programmato ed espresso in modo formale
ed esplicito nellesegesi patristica del testo biblico dellAT, a partire dai
testi dei padri e degli scrittori subapostolici, lungo tutta la tradizione dei
padri e degli scrittori greci122, le cui opere e la cui dottrina passarono sistematicamente nelle altre Chiese antiche, per formare le varie tradizioni
cristiane, di lingua latina, siriaca, armena, copta, etiopica e georgiana, sia
118. Si possono consultare a questo proposito le varianti negli apparati critici delle rispettive

edizioni delle versioni, in quei passi dellAT che sono citati e richiamati anche nel NT.
119. Cf., ad esempio, A. Penna, Isaia (La Sacra Bibbia V.T.), Torino 1964, 141 a proposito
della traduzione di VgIs 11,10 vexillum dal TMIs 11,10, ecc.
120. Cf. M. Harl, Linterprtation de la Septante dans le Nouveau Testament: des lectures
messianiques, in La Bible grecque des Septante, 282-288.
121. Cf. M. Harl, La Septante chez les Pres grecs et dans la vie des chrtiens, in La Bible
grecque des Septante, 289-320.
122. Il materiale degli studi che stato capitalizzato in questo ambito sterminato; cercando
di circoscriverlo ai lavori diretti di esegesi patristica sulla LXX, si pu senza dubbio richiamare la scuola francese, ben rappresentata dalla Biblia Patristica. Index des citations et
allusions bibliques dans la littrature patristique, d. du CNRS, voll. 1-5, Paris 1986-1991,
dal lavoro di Harl, La Septante chez les Pres grecs et dans la vie des chrtiens, 289-320,
come dal materiale patristico utilizzato effettivamente nelle note di commento dei volumi di
La Bible dAlexandrie; di diversa scuola francese, ma sistematicamente orientata sullinterpretazione patristica del Salterio greco, lopera tradotta anche in italiano: J.-C. Nesmy
(ed.), I Padri commentano il Salterio della Tradizione, Torino 1983. In ambito italiano si
pu certamente richiamare come programmatica la gi menzionata introduzione di U. Neri
in Genesi (1986), alla quale va aggiunto il materiale patristico effettivamente valorizzato
in quella moderna catena, e nelle altre opere, relative allAT della medesima collana: G.
Sgargi, Gioele, Amos, Abdia (Biblia), Bologna 1998, Id., Giona (Biblia), Bologna 2004;
mentre la realizzazione pi sistematica di questa prospettiva di lavoro tipicamente italiana
si trova in Il Pentateuco, La Bibbia dei LXX 1, a cura di L. Mortari, Roma 1999, frutto
anche di apporti di molti collaboratori, la cui opera ha potuto per ora esplicarsi, ad esempio,
ancora in una diecina di articoli pubblicati in Adamantius 10 (2004) 11-71.

124

G. RIZZI

in modo diretto, come indiretto123. A questo si deve aggiungere il fatto


eminentemente culturale che negli scritti subabpostolici come ancora in
quelli patristici emergono generi letterari e tecniche ermeneutiche ancora
afni alla sensibilit giudaica e giudeo-cristiana124; inoltre i padri e gli
scrittori greci e latini hanno valorizzato e applicato in vari modi e in misura diversa i principi ermeneutici dellesegesi loniana125 e dellesegesi
omerica nellambito biblico126.
Per una focalizzazione sulla LXX
Il Concilio di Trento ha sostanzialmente dichiarato autorevole la versione latina geronimiana delle Sacre Scritture, per quanto non fosse ancora congurata nelledizione critica attuale127, mentre lattuale edizione
ufciale delle Sacre Scritture nella Chiesa cattolica la revisione latina
della Neo-Volgata128. Se il Vaticano II denisce ispirati i testi originali,
riserva nella costituzione dogmatica Dei Verbum VI,22 alla LXX un

123. Per le Chiese di lingua latina, cf. M. Marin, Orientamenti di esegesi biblica dei Padri,

in A. Quacquarelli (ed.), Complementi interdisciplinari di Patrologia, Roma 1989, 273-286.


Per le Chiese orientali, cf. M. Albert - R. Beylot - R.-G. Coquin - B. Outtier - Ch. Renoux,
Christianismes Orientaux. Introdction ltude des langues et des littratures, Intr. par
A. Guillomont, Paris 1993, 109-110; T. Orlandi, La Patrologia copta, in Quacquarelli
(ed.), Complementi interdisciplinari di Patrologia, 469-471; S.J. Voicu, La Patristica nella letteratura armena, in Quacquarelli (ed.), Complementi interdisciplinari di Patrologia,
665-669, ecc.
124. Lesegesi neotestamentaria dellAT rimase naturalmente sempre modello ermeneutico per tutta la tradizione successiva, occidentale ed orientale; si possono esemplicare in
modo signicativo, in alcune testimonianze gi del II sec. (cf. F. Manns, Bibliographie sur
le judo-christianisme [SBF. Analecta 13] Jerusalem 1979, 135-174; Trebolle Barrera, La
Biblia juda y la Biblia cristiana, 543-547) alcuni essenziali contenuti attraverso i principali
generi letterari noti: i Testimonia (Trebolle Barrera, La Biblia juda y la Biblia cristiana,
528-529), le parafrasi midrashiche (M. Erbetta, Gli Apocri del Nuovo Testamento, vol. III,
Torino, 13 n. 9), i dialoghi, le polemiche, i confronti, la liturgia gerosolimitana, ecc. (cf.
F. Manns, LIsraele di Dio. Sinagoga e Chiesa alle origini cristiane [SB], Bologna 1998,
131ss).
125. Cf. M. Harl, La Septante aux abords de lre chrtienne. Sa place dans le Nouveau
Testament, in La Bible grecque des Septante, 269-273.
126. Cf. gi H. Drrie, Zur Methodik antiker Exegese, ZNW 65 (1974) 121-138.
127. A. Garca Moreno, Reexiones en torno a la sesin IV de Trento, in T. Stramare
(ed.), La Bibbia Vulgata dalle origini ai nostri giorni (CBL 16), Abbazia S. Girolamo - Citt
del Vaticano 1987, 40-60.
128. Cf. Rizzi, Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide, vol. II, 407-409.

BIBBIA DEI SETTANTA OGGI

125

trattamento di particolarissimo riguardo, collocandola a un rango superiore di tutte le altre versioni, Vulgata compresa129, mentre il documento
della Ponticia Commissione Biblica sullinterpretazione della Bibbia
nella Chiesa riconosce che lesaltazione geronimiana per lhebraica veritas fu una posizione marginale allinterno dellesegesi patristica in
materia di AT130. La teologia magisteriale evidenzia il valore imprescindibile e irrinunciabile dellesegesi e dellermeneutica patristica delle Sacre
Scritture131.
In simile prospettiva si pu meglio comprendere il senso del grido di
battaglia lanciato dallinsigne patrologo Manlio Simonetti, nella prefazione
alla traduzione italiana del Pentateuco, frutto della collaborazione di vari
studiosi italiani sotto la direzione di L. Mortari: occorre uscire dal monopolio del testo ebraico della Bibbia e valorizzare la LXX come testo biblico
eminentemente cristiano132.
Se il grido di battaglia ha suscitato vivacissime reazioni nelluditorio
reggiano in cui fu lanciato oralmente per la prima volta, il senso pi profondo della rivendicazione pi che legittimo. A fronte di una sola traduzione
italiana della LXX completa, ma non pi in circolazione da tempo 133; a
fronte della traduzione di quasi tutto il corpus dei Profeti Minori nella LXX
in quanto opera del giudaismo134; a fronte di una sola pi recente traduzione isolata del Salterio della LXX in quanto testo utilizzato dai cristiani135,
quella del Pentateuco lunica traduzione italiana moderna di un corpo
129. Neri, Genesi, xlv; ma molto interessante lintero brevissimo schizzo storico della

ricezione della LXX nella stessa opera (pp. xliii-xlv).


130. Spinti soprattutto dalla preoccupazione di vivere della Bibbia in comunione con i loro
fratelli, i padri si limitano spesso a usare il testo biblico corrente nel loro ambiente. Interessandosi metodicamente alla Bibbia ebraica, Origene era animato soprattutto dalla preoccupazione di trovare argomenti da opporre ai Giudei a partire da testi per essi accettabili.
Esaltando lhebraica veritas, San Girolamo prende una posizione marginale (Ponticia
Commissione Biblica, Linterpretazione della Bibbia nella Chiesa [Collana Documenti Vaticani], Citt del Vaticano 1993, 88).
131. Cf. Ponticia Commissione Biblica, Linterpretazione della Bibbia nella Chiesa, pp.
87-89.
132. Cf. M. Simonetti, Prefazione, in Il Pentateuco, La Bibbia dei LXX 1, v-xii; la presentazione di questo progetto editoriale italiano rmata da A. Cacciari e S. Tampellini in
BIOSCS 3 (1998) 36-38.
133. Cf. A. Brunello, La Bibbia secondo la versione dei Settanta, voll. I-II, Roma 1960:
risulta tuttaltro che impeccabile perch non riuscito sempre a superare in modo adeguato
le non infrequenti difcolt che presenta il testo greco (Simonetti, Prefazione, ix).
134. Cf. la gi citata collana sui Profeti Minori curata da S.P. Carbone e G. Rizzi.
135. Cf. L. Mortari, Il Salterio della Tradizione, Torino 1983.

126

G. RIZZI

signicativo di libri della LXX, che cerca di evidenziarne e di giusticarne


il suo senso cristiano.
In questa prospettiva, giustamente stato detto che la traduzione critica
in La Bible dAlexandrie offre nelle note una sorta di commentarium
perpetuum di tipo scoliograco136; certamente pregevole anche sotto il
prolo dellermeneutica cristiana il cospicuo materiale offerto sulla LXX
nella tradizione patristica dal manuale dintroduzione, curato dalla medesima scuola francese: quanto messo in luce nel manuale introduttivo, come
nelle note e nelle introduzioni dei volumi tradotti, certamente imprescindibile, ma pur sempre un segmento del problema. Non si tratta semplicemente del fatto culturale del materiale documentario della tradizione
cristiana da esibire, ma di un fondamento teologico di tutta loperazione
attraverso la quale si traduce la LXX, corredandola di un apparato ermeneutico cristiano137.
In vista di una traduzione della LXX come testo biblico cristiano, occorrerebbe giusticare innanzitutto la scelta del testo greco da cui tradurre. La questione si pone in relazione allimportanza del testo cosiddetto
antiocheno138, oppure ad altre forme testuali documentate variamente
nella tradizione patristica di lingua greca139. Tuttavia, potrebbe trattarsi di
unimpostazione senza soluzioni facilmente percorribili, soprattutto nella
prospettiva di dover evidenziare il patrimonio ermeneutico cristiano connesso alla LXX. In questo senso potrebbe essere utile tenere presente che
le antiche Chiese cristiane non hanno discusso tanto sul testo, quanto sullinterpretazione. Si potrebbe quindi optare per la nuova revisione testuale
proposta nelledizione curata da R. Hanhart, per garantire un testo unitario,
tenendo presenti le altre edizioni critiche gi in corso e segnalando, in base
136. A. Cacciari, Studi italiani sulla LXX, Adamantius 10 (2004) 9.
137. Importanti indicazioni sono segnalate gi in Neri, Genesi, xxxviss e in Il Pentateu-

co, La Bibbia dei LXX -1, xxxv-xxxvii; tuttavia verosimile che il fondamento teologico
delloperazione necessiti di ulteriori approfondimenti, come si vedr nellultima parte di
questa relazione.
138. Pi tradizionalmente indicato come recensione di Luciano (cf. O. Munnich, La recension lucianique, in La Bible grecque des Septante, 168-171; Trebolle Barrera, La Biblia
juda y la Biblia cristiana, 325-326; pi completa la trattazione di Fernndez Marcos, La
Bibbia dei Settanta, 222-235).
139. Cf. Esichio (cf. O. Munnich, La recension dHsychius, in La Bible grecque des
Septante, 172; Trebolle Barrera, La Biblia juda y la Biblia cristiana, 325; pi completa
la trattazione di Fernndez Marcos, La Bibbia dei Settanta, 236-243) e la recensione origeniana (cf. O. Munnich, Les Hexaples et la recension dOrigne, in La Bible grecque
des Septante, 162-171; Trebolle Barrera, La Biblia juda y la Biblia cristiana, 326-328; pi
completa la trattazione di Fernndez Marcos, La Bibbia dei Settanta, 205-221).

BIBBIA DEI SETTANTA OGGI

127

alla documentazione ermeneutica al testo biblico scelta di volta in volta, i


tipi testuali diversi eventualmente rappresentati.
Sotto il prolo ermeneutico dovrebbero essere riportati i passi del testo greco del NT, in cui compaiano citazioni dirette, parafrasi e citazioni
indirette dellAT140, evidenziando anche in questo caso il loro rapporto
col testo della LXX. Dovrebbe avere spazio nellapparato ermeneutico
il materiale delle varianti nella tradizione testuale diretta e indiretta gi
riportate negli apparati critici delle edizioni della LXX di Gttingen, di
Cambridge, con specici contenuti relativi allermeneutica cristiana del
testo; dovrebbe quindi trovare spazio il materiale patristico messo in luce
nelle note e nelle introduzioni di La Bible dAlexandrie e nelledizione
italiana del Pentateuco, sempre in ordine allermeneutica cristiana della
LXX. Dovrebbe inne avere un posto il materiale desumibile dagli antichi
commenti sistematici cristiani di lingua greca ai testi biblici141 e quello
dei catenisti, in quanto rappresentanti di una ricezione della tradizione
patristica142, con eventuali integrazioni dalle concordanze patristiche della
Bibbia143.
Tuttavia non dovrebbe trattarsi soltanto di una giustapposizione di materiale ermeneutico della tradizione cristiana di lingua greca, per quanto limitato allepoca classica, presa in considerazione dalle concordanze
patristiche della Bibbia. Vi sono infatti, altri tre elementi rilevanti circa
linterpretazione dei contenuti della LXX: il suo rapporto col testo ebraico,
col giudaismo del periodo che lha vista orire e poi sparire dalle comunit
giudaiche, e con lesegesi moderna. Il fondamento teologico della traduzione italiana della LXX, corredata da un apparato ermeneutico specico, non
potrebbe esimersi da una simile impostazione, se si vuole uscire dal recinto
delle ricostruzioni storiche, per approdare a una reale e fondata lettura della
LXX nella Chiesa contemporanea.

140. Cf. ad esempio il catalogo delle citazioni dellAT nelledizione del Novum Testamentum

Graece, post E. Nestle ediderunt K. Aland - M. Black - C.M. Martini - B.M. Metzger
- A. Wikgren, apparatum criticum recensuerunt et editionem elaboraverunt K. Aland et
Barbara Aland, 26. ed., Stuttgart 1979-1980, 739-335; oppure il catalogo nelledizione di
The Greek New Testament, ed. by K. Aland - M. Black - C.M. Martini - B.M. Metzger - A.
Wikgren , 3. ed., New York etc. 1975, 897-920.
141. Loperazione gi stata ben documentata nei volumi di La Bible dAlexandrie.
142. Cf. Neri, Genesi, xxii-xxiii.lxxxvi-lxxxix in modo applicativo ed esemplare; pi ampia
e sistematica la trattazione in Fernndez Marcos, La Bibbia dei Settanta, 281-293.
143. Cf. Biblia Patristica. Index des citations et allusions bibliques dans la littrature patristique, d. du CNRS, voll. 1-5.

128

G. RIZZI

Evidentemente, allo stato attuale della ricerca, si potrebbe soltanto


proporre un saggio teologico introduttivo144 sul fondamento teologico cos
delineato, che tuttavia potrebbe gi dare alcune linee guida essenziali per
unadeguata comprensione della traduzione della LXX e del materiale ermeneutico cristiano che la correda.
Giovanni Rizzi, CRSP
Ponticia Universit Urbaniana, Roma

144. Nelle brevi osservazioni di Toloni, An Almost Unknown Translation of the Greek

Bible into Italian, 100-101 sono segnalati i temi teologici principali del progetto editoriale
di L. Mortari, soprattutto sotto il prolo di uno specico approccio culturale e storico,
mentre M. Simonetti simpegna pi decisamente sui medesimi temi teologici anche sotto
un prolo pi teoretico e speculativo, nella gi citata prefazione al volume della medesima
opera. Occorrerebbe ora affrontare con decisione anche la dimensione teologica della traduzione della Septuaginta, corredata dal suo patrimonio ermeneutico cristiano pi contiguo
nel tempo e nella lingua.

I VOLTI DI TUTTI SONO DIVENTATI NERI


Nota lologica a Naum 2,11 (2,10) siriaco

M. Pazzini
Il testo di Naum 2,11, nellultima parte del versetto, problematico sia
nella versione siriaca (Peshitto) che nel testo ebraico (TM). Al momento di
vocalizzare questo versetto di Naum siriaco1 mi sono imbattuto nel gruppo
di lettere oc, una forma di non facile interpretazione.

Il Thesaurus Syriacus (col. 182) considera, in primo luogo, la forma

oc che attestata nella Bibbia poliglotta di Londra e in quella di Parigi2.


Si tratta di un imperfetto Pal 1 s. dalla radice c (= o con
rukkkh, una forma deducibile dalla grammatica, come o da )
nigrabo, nigros reddam annerir, render scuro3.
Nelle edizioni a stampa della Peshitto di Urmia e Mosul troviamo unaltra

proposta di lettura. Il gruppo consonantico oc viene vocalizzato, dopo

la Olaf iniziale, con a (Urmia C con C quy; Mosul con


rukkkh). Tali forme richiedono una spiegazione. Il Thesaurus riporta, in proposito, lopinione dei due lessicogra di madrelingua, Bar-Ali e Bar-Bahlul,

1. Il testo vocalizzato del profeta Naum fa parte del progetto, curato da M. Pazzini in

collaborazione con R. Pierri, che prevede la vocalizzazione completa dei Profeti minori in
siriaco. Tale progetto stato presentato, insieme al primo contributo, in Liber Annuus 53
(2003) 185-208 e, in forma pi popolare, in Il Mondo della Bibbia 77 (marzo-aprile 2005)
59-60. In Liber Annuus sono stati pubblicati, no ad oggi, i testi di Amos, Giona, Osea,
Michea.
2. Il testo siriaco delle due poliglotte uguale e identica anche la traduzione: et omnium

vultus reddam nigros ut fuliginem ollae.


3. In alternativa si potrebbe ipotizzare una derivazione della forma oc dalle radici

deboli cn, mc oppure oc (si tratterebbe comunque di imperfetti 1 s., da vocalizzare

tutti alla stessa maniera: oC con C quy). Le prime due radici non sono attestate in
siriaco, mentre oc compare col senso di nascondere, celare (Thesaurus, 1699).

LA 56 (2006) 129-132

130

M. PAZZINI

secondo i quali occorre distinguere fra oc (= auf) celabo celer,

nasconder (dalla radice oc) e oc nigrabo annerir, render


scuro (dalla radice c)4. Questa seconda forma rappresenterebbe,

dunque, uno sviluppo interno al siriaco al ne di distinguere due forme di


imperfetto 1 s. derivanti da due diverse radici. Quindi, secondo i grammatici
e lessicogra di madrelingua, la forma con la vocale a sarebbe quella adatta
per esprimere il senso rendere scuro5.

Nel dizionario di Brockelmann viene data la forma Oc con

successivo rimando a diverse fonti, fra le quali la grammatica siriaca di


Nldeke. Secondo Nldeke ci troviamo di fronte ad una forma assai rara di
perfetto (non imperfetto!) Pal con una vocalizzazione inusuale: The only
certain remains of a Perfect in o are found in dOpq bristled, stood up

and Oc they (f.) grew black, Nahum 2,10 ( 160B). Che la parola in
questione sia da intendersi come un f. plurale viene sottolineato anche da BarHebraeus nella sua grammatica6. Da quanto detto n qui, la forma potrebbe
essere vocalizzata, nel sistema occidentale, o oppure oC.

Un ulteriore sguardo al dizionario di Bar-Bahlul ci chiarisce che, per

gli autori di madrelingua, le forme derivanti dalle radici oc e c si

distinguono anche per il rukkkh e il quy. La forma o che signica

4. Cfr. anche Duval, Lexicon syriacum, col. 154.


5. Alle due forme n qui discusse se ne aggiunge una terza, cio Co, forma verbale

Afel dalla medesima radice c, da intendersi come ampliamento e chiaricazione della


forma assai insolita oc. La coniugazione Afel sarebbe, quindi, una facilitazione per

fare risaltare il senso causativo rendere nero, annerire del verbo che, al Pal, signica
piuttosto essere nero, essere scuro. Secondo il Thesaurus, invece, da questa forma regolare potrebbe essere derivata, per qualche scambio di lettere avvenuto in epoca antica,
la forma oc.

6. Cfr. Moberg, Le livre des splendeurs, p. 45. Qui la parola viene spiegata da Bar-Hebraeus

con la forma siriaca equivalente Nmc (f. pl.).

I VOLTI DI TUTTI SONO DIVENTATI NERI

131

nasconder munita di rukkkh (col. 154); tale forma si distingue da


oC e da oC (col. 155), entrambe con C quy7.

In sintesi: 1) la forma oc, pur essendo grammaticalmente corretta,

ambigua e va evitata; 2) in sua vece, per vocalizzare Naum 2,11, si pu

usare oC o, meglio, oC (come nella Bibbia di Urmia); 3) la forma


con la vocale e pu intendersi come imperf. 1 s. annerir, render scuro,
mentre la forma con a deve ritenersi un perf. 3 f. pl. (i volti di tutti) sono
diventati neri/scuri; 4) la lezione proposta da Nldeke (= 3 f. pl.) preferibile
in quanto una lectio difcilior e, allo stesso tempo, pu spiegare lorigine
delle varianti.
In conclusione questa la vocalizzazione del testo siriaco di Naum
2,11 da noi proposta:

rq Rxou y oC ohlC Po. La sua traduzione


letterale : i volti di tutti sono (diventati) neri/scuri come la nerezza di una
caldaia.
Massimo Pazzini, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

7. In conformit alle regole della fonologia siriaca ci aspetteremmo che, nella forma oc
,

rukkkh e quy funzionassero in maniera opposta rispetto a quanto appena descritto.


Evidentemente la forma oC, con C quy, anche per analogia con i nomi amCo
nero, scuro e omCo nerezza (entrambi con C quy), ha causato questo
cambiamento.

132

M. PAZZINI

Bibliograa citata
Bibbia di Mosul: Biblia Sacra juxta versionem simplicem quae dicitur Pschitta, Mosul
1887-1891 (edizione curata dai PP. domenicani; ristampa Beirut 1951).
Bibbia di Urmia: Vetus Testamentum Syriace et Neosyriace, Urmia 1852 (ed. J. Perkins;
ristampa Trinitarian Bible Society, London 1913; 1954).
Bibbia Poliglotta: (ed. B. Walton 1655-1657), volume III, London 1656, pp. 82-87 (ultima
parte del volume).
Brockelmann C., Lexicon Syriacum, Halle 19282 (rist. Hildesheim 1966).
Duval R. (ed.), Lexicon syriacum, auctore Hassano Bar-Bahlule, Parisiis 1901.
Moberg A. (ed.), Le livre des splendeurs. La grande grammaire de Grgoire Barhebraeus.
Texte syriaque dit daprs les manuscrits, avec une introduction et des notes, Lund
1922.
Nldeke Th., Kurzgefate Syrische Grammatik, Leipzig 18982 [= Nldeke Th., Compendious Syriac Grammar (trad. J.A. Crichton), London 1904]. Ristampa in tedesco con
appendice (ed. A. Schall, Darmstadt 1966; traduzione inglese di P.T. Daniels, Winona
Lake 2001).
Payne Smith R., Thesaurus Syriacus, 2 voll., Oxford 1879, 1901. A Supplement to the Thesaurus Syriacus of R. Payne Smith, Oxford 1927 (a cura di J. Payne Smith).

DIFFERENZE TEOLOGICHE
TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON
G. Lenzi
Premesse1
La chiesa sira conserva diverse traduzioni dei vangeli greci, le pi antiche
delle quali sono la Vetus Syra e il Diatessaron, ovvero larmonia composta
da Taziano attorno al 175 d.C. Lopinione prevalente tra gli studiosi che
le due versioni siano strettamente connesse e, in particolare, che la traduzione dei vangeli separati sia ampiamente basata su quella dellarmonia2.
Non mancano, comunque, rare voci che sostengono la priorit della Vetus
Syra3.
Tenteremo di confutare la teoria prevalente non sulla base di un cumulo
di piccole differenze testuali, ma su quella delle differenze teologiche. La
nostra conclusione sar che ci troviamo di fronte a due versioni del tutto
4
indipendenti una dallaltra .
Dovendo confrontare il Diatessaron con una versione siriaca dei vangeli
terremo maggior conto dei testimoni orientali dellarmonia. Teoricamente
parlando possibile che alcune delle varianti da noi presentate non risalgano a Taziano stesso, ma a una successiva revisione diffusa solo in
Oriente.
Esaminando la Vetus Syra non terremo conto delleventualit che le varianti proprie a questa versione non dipendano dallopera di traduzione, ma
risalgano a un testo greco pi antico di quello giunto a noi. Questa possibilit - sostenuta in passato da autori come William Cureton, Adalbert Merx e
Agnes Smith Lewis - resta secondo noi aperta, ma inverificabile. Per lo
________

1. I risultati principali di questo studio sono stati presentati al XIII Incontro di studio dei

siriacisti italiani, tenutosi presso la Comunit ecumenica di Bose nei giorni 30/9-1/10 2006.
Ringrazio i colleghi di Syriaca per i consigli e le osservazioni offertimi in quella occasione.
2. Vedi tra gli altri: Vbus, Studies in the History of the Gospel Text, 34-35.168; Black,
The Syriac Versional Tradition, 127; Petersen, Tatians Diatessaron, 140.262.420;
Joosten, The Syriac Language, 10-17; Shedinger, Tatian and the Jewish Scriptures, 22;
Perrin, Thomas and Tatian , 19-22, e specialmente Malzoni, Jesus: Messias e vivificador,
420.465-467 e passim.
3. Lyon, Syriac Gospel Translations, 203-206. Si noti, inoltre, il prudente parere di
Williams, Early Syriac Translation Technique, 12-13.
4. Ipotesi gi avanzata da diversi autori nel passato, in particolare Burkitt, Evangelion damepharreshe, II 201.207-212. Lo studioso inglese, per, riteneva che la Vetus Syra fosse in
ogni caso stata influenzata dal Diatessaron sin dalla sua origine, tesi che non condividiamo.

LA 56 (2006) 133-178

134

G. LENZI

scopo di questo articolo, non vi comunque una sostanziale differenza: la


teologia della Vetus Syra rispecchierebbe in tal caso quella del testo originale dei vangeli e non quella di Taziano.
I testimoni della Vetus Syra5
Elenchiamo, innanzitutto, i testimoni della Vetus Syra: la scoperta
dellesistenza di una versione siriaca pi antica della Peshitta risale solo
alla met del XIX secolo quando William Cureton pubblic un manoscritto
lacunoso dei quattro vangeli, nellordine: Matteo, Marco, Giovanni e Luca6.
Un secondo manoscritto, il Sirosinaitico, venne alla luce alcuni decenni
dopo per opera dellesimia orientalista Agnes Smith Lewis. Si tratta di un
palinsesto, la cui scrittura inferiore contiene ampi stralci dei quattro
7
vangeli, secondo lordine abituale .
Si possono dare per certe le seguenti osservazioni:
1. N S n C rappresentano il testo originario della Vetus Syra, ma risalgono ad un archetipo comune8 .
2. La Peshitta una revisione della Vetus Syra, ma di un testo che risale
allarchetipo in modo indipendente da S e da C.
3. La distanza tra la Vetus Syra e la Peshitta differente nei vari vangeli 9.
Si ricordi che la Peshitta dei vangeli risale alla seconda met del IV
sec.10 e, quindi, pu essere convenientemente, seppur cautamente, utilizzata
per lo studio della Vetus Syra. Rimane, invece, aperto il problema se sia
esistita una recensione intermedia tra le due versioni, chiamata dagli studiosi pre-Peshitta. Lultimo ricercatore a pronunciarsi in merito stato
________

5. Per unintroduzione a questa versione, v. Lenzi, Lantica versione siriaca dei Vangeli.
6. Cureton, Quatuor Evangeliorum Syriace. Alcuni fogli del manoscritto furono ritrovati

successivamente e inseriti in Comparative Edition of the Syriac Gospels, a c. di Kiraz.


Useremo questultima edizione verificandola su quella di Burkitt, Evangelion damepharreshe.
7. Ledizione pi utile per lo studio di questo testimone resta: Old Syriac Gospels, a c. di
Smith Lewis.
8. Vedi: Joosten, The Syriac Language, 6-10; Lyon, Syriac Gospel Translations, 195.
9. Si comprende quindi la posizione di Joosten che - esaminando dettagliatamente Matteo -

considera la Peshitta e la Vetus Syra come due versioni indipendenti una dallaltra, ma
basate entrambe sul Diatessaron, v. The Syriac Language, 17-21.
10. Si veda Vbus, The Oldest Extant Traces of the Syriac Peshitta.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

135

Andreas Juckel, delluniversit di Monaco, che si mostra prudentemente


dubbioso sullesistenza di tale recensione11.
I testimoni del Diatessaron12
Sappiamo che Taziano compose unarmonia dei quattro vangeli dopo la
morte del suo maestro, Giustino ( 165), e il ritorno in Oriente. Secondo
lopinione attualmente prevalente, Taziano avrebbe composto la sua opera
direttamente in siriaco 13. Questo primo testo, per, andato completamente
perduto e si tenta di ricostruirlo sulla base delle pi antiche testimonianze
patristiche e delle versioni orientali:
 Le Demonstrationes di Afraate 14, che sono divise in tre gruppi: le prime
dieci terminate nel 336-337; altre dodici del 343-344; lultima del 344345. Il manoscritto pi antico, B, del 474. Questo autore conosceva
certamente sia il Diatessaron15 sia i vangeli separati 16.
 Le opere di Efrem ( 373) e in particolare il suo Commentario al
Diatessaron, conservato in buona parte in siriaco17 e integralmente in
armeno 18. Bisogna, per, segnalare che il commentario opera dei
discepoli di Efrem che hanno raccolto e ampliato le parole del loro maestro19. Il manoscritto siriaco della fine del V secolo; la versione armena del V, ma il manoscritto pi antico del 1195.
________

11. Juckel, A Re-examination of Codex Phillipps 1388. Le perplessit di Juckel sulla

possibilit di identificazione di una pre-Peshitta nascono dalla rivisitazione del


manoscritto Phillipps 1388, che era stato considerato per lungo tempo il rappresentante
migliore di un testo intermedio tra la Vetus Syra e la Peshitta. Lanalisi da lui realizzata
dimostra che anche il Phillipps un tipico rappresentante arcaico della Peshitta.
12. Per una vasta panoramica degli studi sul Diatessaron, v. Petersen, Tatians

Diatessaron. Segnaleremo nelle prossime note gli studi apparsi dopo questa monografia.
13. In particolare: Petersen, New Evidence.
14. Ledizione corrente, con traduzione latina, : Aphraatis demonstrationes, a c. di

Parisot.
15. Si veda lelenco di testi citati in Dem II,19-20 [88-96], che segue la disposizione del

Diatessaron; cf. lintroduzione di Parisot in Aphraatis demonstrationes, XLV.


16. Nellultima Esposizione (Dem XXIII,21 [II, 65-68]) cita le genealogie.
17. Saint phrem, Commentaire de lvangile concordant. Texte syriaque, a c. di Leloir;
Id., Id., Folios Additionnels, a c. di Leloir.
18. Commentaire de lvangile Concordant. Version armnienne, a c. di Leloir.
19. Tesi avanzata per primo da Harris, Fragments, 92. Si veda ora Lange, The Portrayal of
Christ, 162-173. Una ipotesi pi complessa stata proposta da Boismard - Lamouille, Le
Diatessaron: de Tatien Justin, 95.97.103-104.

136

G. LENZI

 Liber graduum, anonimo della fine del IV sec., conservato in manoscritti del VI sec.20.
 Il Diatessaron siriaco venne tradotto da !Abul Fara !Abd-Allah ibn atTayyib ( 1043) in arabo 21. Esistono due recensioni differenti e il
manoscritto pi antico del XII sec.22. E, per, universalmente accettato che la versione araba non conservi integralmente il testo di Taziano, ma sia stata adattata quasi completamente alla Peshitta.
 Unaltra armonia, con un ordinamento assai differente da quello della
precedente, sembra conservare lezioni tazianee23. Si tratta di una versione persiana del XIII sec. pubblicata e tradotta da Giuseppe Messina24. Il manoscritto del 1547.
Un frammento del Diatessaron in greco stato ritrovato a Dura-Europos e contiene alcuni versetti della Passione25. Limportanza di questo testimone dovuto alla sua antichit, infatti risale alla prima met del III sec..
Alcuni probabili siriacismi tradiscono la sua origine: non si tratta
delloriginale greco del Diatessaron, ma di una sua traduzione.
Secondo la teoria corrente, il Diatessaron sarebbe stato tradotto dal siriaco in epoca molto antica anche in latino26. Ma purtroppo anche questa
versione andata perduta e si deve ricostruire mediante testimoni secondari. Ricorderemo solo i principali.
 Esiste una armonia latina quasi completamente vulgatizzata 27. Il testimone pi antico il Codex Fuldensis (ca. 541)28, seguito dal Codex
Sangallensis 29, datato ca. 830.
________

20. Liber graduum, a c. di Kmosko.


21. Per unintroduzione aggiornata, v. Joosse, An Introduction to the Arabic Diatessaron.
22. Ledizione corrente Diatessaron de Tatien, a c. di Marmardji.
23. Una prudente valutazione in: Joosse, An introduction to the so-called Persian

Diatessaron.
24. Diatessaron Persiano, a c. di Messina.
25. La prima edizione : A Greek Fragment of Tatians Diatessaron, a c. di Kraeling, ma

successivamente stato riedito da Welles in The Parchments and Papyri, 73-74. Lorigine
tazianea stata riconfermata da Joosten, The Dura Parchment and the Diatessaron.
26. Tesi contestata da vari autori, vedi in particolare: Schmid, In Search of Tatians
Diatessaron.
27. Cio resa conforme alla Vulgata. Pi genericamente, il termine utilizzato per indicare

il processo di assimilazione alla versione ufficiale (ad es. in Oriente alla Peshitta).
28. Codex Fuldensis, a c. di Ranke.
29. Die lateinisch-althochdeutsche Tatanbilingue, a c. di Masser.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

137

 Questo ultimo manoscritto bilingue, laltra versione in alto tedesco


antico.
 Esiste una versione anche in alto tedesco medio, larmonia di Zurigo30.
 Queste armonie tedesche sono connesse con quelle in medio fiammingo, che sembrano conservare un testo pi antico: larmonia di
Liegi31, datata ca. 1280, larmonia di Cambridge32, del XIII-XIV sec., e
quella di Haaren33, del XV sec..
 Anche la nostra lingua offre due armonie: una in veneto del XIII-XIV
sec. e una in toscano del XIV-XV sec.34.
 Lultimo testo che va ricordato la cosiddetta Pepysian, scritta in medio inglese nel XV sec.35.
Differenze tra le due versioni
La nascita verginale del Messia
Taziano nel comporre la sua armonia si mostra estremamente preoccupato
di evitare che il lettore possa pensare che Ges sia figlio di Giuseppe. Elimina, quindi, le genealogie di Matteo e Luca, riscrive i racconti
dellinfanzia36 ed evita lespressione sposo di Maria per Giuseppe. La
preoccupazione chiaramente di carattere cristologico: Ges non un mero
figlio di Giuseppe e di Maria.
Lassenza delle genealogie uno dei pochi punti sicuri del testo del
Diatessaron37: esse non compaiono nel Commento di Efrem38 n nella Pe________

30. Diatessaron Theodiscum, a c. di Gerhardt.


31. Ledizione migliore The Lige Diatessaron, a c. di Plooij - Phillips - Bakker.

Useremo in questo studio (per pure ragioni tecniche) ledizione: Diatessaron Leodiense, a c.
di de Bruin.
32. Diatessaron Cantabrigense, a c. di De Bruin.
33. Diatessaron Haarense, a c. di De Bruin.
34. Entrambe edite in: Il Diatessaron in volgare italiano, a c. di Todesco - Vaccari -

Vatasso.
35. Edita da Goates: The Pepysian.
36. I testi dellinfanzia nel Diatessaron e nella Vetus Syra sono stati oggetti di diversi studi,
vedi in particolare: Baethgen, Evangelienfragmente, e Burkitt, Evangelion da-mepharreshe,
II 198-201, che rovescia le conclusioni dellautore precedente.
37. Tra i primi a sottolinearne limportanza: Harnack, Tatians Diatessaron, 478-479. Cf.
inoltre Vbus, Early Versions, 15.
38. Efrem, per, dimostra di conoscerle: CD I,25; cf. Leloir, Commentaire, 19-20.

138

G. LENZI

pysian; nel ms. B dellarmonia araba sono poste in appendice, mostrando


chiaramente di essere state aggiunte; parimenti sembrano aggiunte
nellarmonia persiana39. Teodoreto di Cirro (ca. 393 - ca. 468) ci informa
esplicitamente di questa omissione40:
[Taziano] compose il vangelo chiamato Diatessaron, tagli via le genealogie e tutte le cose che mostrano il
Signore generato dal seme di Davide
secondo la carne.

to.
dia.
tessa,rwn
kalou,menon
sunte,qeiken Euvagge,lion ta,j te
genealogi,aj periko,yaj kai. ta. a;lla
o[sa evk spe,rmatoj Dabi.d kata. sa,rka
gegennhme,non to.n Ku,rion dei,knusin.

Una notizia simile riportata da Io! bar Ali(!Isa ibn !Ali al-Mutatabbib, X sec.) 41, che trattando del Diatessaron afferma 42:
E [Taziano] non vi ha ricordato n la
genealogia/parentela
naturale
n
quella sublime del Signore nostro, il
Messia.

 

Secondo Peter Joosse, si tratterebbe dello stesso Io! bar Ali che secondo il colofone del ms. B del Diatessaron arabo avrebbe realizzato la copia dellarmonia siriaca da cui stata tratta la versione araba. In tal caso
egli sarebbe un testimone oculare del Diatessaron siriaco del X sec.. Dal
momento che bar Ali nota questa carenza, ci si pu addirittura chiedere se
non sia stato egli stesso a reintegrare le genealogie nellarmonia da lui copiata.
Taziano ha anche riscritto i racconti dellinfanzia, ritoccando diversi
particolari. Si confronti ad es. il testo di Mt 1,25a con CD II,543:
E non la conobbe.
Castamente dimor con lei.

kai. ouvk evgi,nwsken auvth,n.

. 

Similmente, Taziano ha evitato di chiamare Giuseppe sposo di Maria,


come si vede confrontando Mt 1,19a con CD II,444:
________

39. Messina, Notizia, 63.


40. PG 83, 372 A.
41. Joosse, An Introduction to the Arabic Diatessaron, 98.
42. Il testo riportato in Payne Smith, Thesaurus, I coll. 869-870. Purtroppo non abbiamo
avuto occasione di consultare ledizione di Hoffmann: Isho bar Ali, Glossen.
43. Cf. Leloir, Le Diatessaron de Tatien, 315. La variante sembra essere testimoniata
anche in Occidente, v. fon Weringha, Heliand, 64-65.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

139

Giuseppe, suo marito, essendo giusto. VIwsh.f de. o` avnh.r auvth/j( di,kaioj w;n .
Giuseppe, poich era un uomo giusto.    
.

La paternit legale di Giuseppe


Gli autori della Vetus Syra hanno una preoccupazione assai differente:
quella di affermare che, nonostante la nascita verginale di Ges, Giuseppe
il suo padre putativo.
) di
Il vangelo di Matteo si apre con: Libro della genealogia (
45
Ges offrendo uninterpretazione di gene,sewj (generazione) che sottolinea non la nascita ma lascendenza del Messia. Segue, poi, lintera genealogia e quando arriviamo al vs. 16 leggiamo nel Sirosinaitico:
Giacobbe gener Giuseppe. Giuseppe, 
al quale era fidanzata la vergine Ma-    

ria, gener Ges chiamato il Messia.

La variante stata a lungo discussa46; a noi sufficiente notare che il


Sirosinaitico non si preoccupa minimamente del rischio che Giuseppe sia
ritenuto padre naturale di Ges.
La stessa tendenza si riscontra anche al vs. 21 (S, C):  
(partorir per te un figlio), e al vs. 25 (S):   (partor
________

44. Cf. Leloir, Le Diatessaron de Tatien, 315; Vbus, History of Ascetism, I 42;
Metzger, Chapters, 113-114. Per la lezione simile del Curetoniano, vedi oltre Punti di
contatto.
La stessa variante la si ritrova nellarmonia medio-fiamminga, Lige 9:

Giuseppe venne a sapere che ella aveva So wart Ioseph geware dat si ene vrocht
concepito un frutto. E poich era un uomo hadde ontfaen. Ende want hi en gherecht
giusto...
mensche was...
in quella veneta V [27]:
Giuseppe vedendo ci, poich era giusto e Iosep veando o, cum ello fosse iusto et
buono....
bono.
e in quella persiana I,4:
E Giuseppe era uomo timorato e puro...

...

45. Interpretazione per altro corretta, come si evince dalluso della parola nella LXX.
46. V. per es. Burkitt, Evangelion da-mepharreshe, II 262-266; Metzger, Early Versions,

40-41; Brown, La nascita del Messia, 67-69; Williams, Early Syriac Translation Technique,
240-244.

140

G. LENZI

per lui un figlio). S omette persino le parole e non la conobbe prima che
dello stesso versetto.
I due particolari per te e per lui non sono secondari e ci consentiranno pi avanti in questo articolo di datare questo racconto a prima della
fine del II sec. 47.
Nonostante che queste varianti abbiano fatto pensare che il Sirosinaitico
affermi leffettiva paternit naturale di Giuseppe, conviene seguire una linea prudenziale, che tenga conto anche di Mt 1,18, ed aderire allopinione
di diversi autori che ritengono che il traduttore abbia comunque inteso il
rapporto tra Giuseppe e Ges in termini di paternit legale48.
In ogni caso, se si propende per la prima interpretazione si deve affermare che la cristologia del Sirosinaitico corrisponde su questo punto a
quella degli Ebioniti49; se si sceglie la seconda interpretazione si deve affermare che il testo della Vetus Syra rappresenta una via intermedia tra la cristologia ortodossa e quella ebionita. Ovviamente, per lo scopo del nostro
articolo entrambe le possibilit sono valide: siamo agli antipodi della preoccupazione di Taziano.
Lencratismo di Taziano
Taziano era certamente encratita50: Ireneo presenta Taziano addirittura
come fondatore di una dottrina particolare51. Dopo aver descritto gli errori
degli Encratiti dice, infatti, che la negazione della salvezza di Adamo
stata inventata Tatiano quodam primo hanc introducente blasphemiam
(quando un certo Taziano ha introdotto per primo questa bestemmia); ag________

47. Vedi oltre Mt 1,20 nel Diatessaron.


48. Cf. lelenco di pareri riportato da Smith Lewis, Light on the four Gospels, 40-41. Pi di

recente: Brown, La nascita del Messia, 69.


49. Eusebio, Historia ecclesiastica III,27; VI,17; Epifanio, Panarion, XXX,16,3. Si veda

Danielou, Teologia del giudeocristianesimo, 81-82.88-89; Orbe, Cristologa gnostica, I 354360; cf. Mimouni, Le judo-chrisianisme ancien, 87-88.
50. Largomento stato discusso da Vbus, Ascetism, I, 39-45; vedi inoltre: Barnard,

The Heresy of Tatian, 181-193. La Sfameni Gasparro offre unanalisi approfondita dei
fondamenti protologici del pensiero encratita di Taziano in: Enkrateia e Antropologia, 2379. Un ulteriore tentativo di analisi, un po estremo, presentato da Gaca, Driving Aphrodite
from the World. La Hunt, per contro, tenta di ridimensionare la problematica e parla di
semplice ascetismo presente in molte correnti della chiesa sira. E vero, in effetti, che in
Oriente Taziano non stato tacciato di eresia come in Occidente, ma la Hunt dimostra di
ignorare praticamente tutte le analisi degli gli studi precedenti, v. Christianity in the Second
Century, 145-155.
51. Ireneo, Contra haereses, 1,28,1.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

141

giunge poi che, dopo la morte di Giustino, Taziano praesumptione magistri


elatus et inflatus, quasi prae caeteris esset, proprium characterem
doctrinae constituit (insuperbito considerandosi un maestro e gonfiatosi,
ritenendosi superiore a tutti, fiss un carattere particolare alla propria
dottrina). Il severo testo di Ireneo ripetuto letteralmente da Eusebio52 e la
notizia confermata da diversi autori antichi53.
Nel Diatessaron si ha effettivamente un riscontro allaccusa di encratismo. Lavversione di Taziano al matrimonio sembra trasparire da alcune
varianti sparse in diversi testimoni54. In particolare, Lc 2,36 dice nel testo
greco:
Anna ... aveva vissuto con suo marito {Anna... zh,sasa meta. avndro.j e;th e`pta.
sette anni dopo la sua verginit.
avpo. th/j parqeni,aj auvth/j.

ma larmonia persiana ha inteso nella sua verginit e traduce55:


Anna ... era rimasta sette anni vergine
con suo marito.

...

Un testo analogo lo si ritrova anche nellarmonia in medio-fiammingo:


Haar 15 (cf. Cambr):
Anna... aveva vissuto con suo marito Anna... hadde gheleeft met haren
sette anni nella sua verginit.
manne
zeven
jaer
in
haren
maghedoem.

e in quella in alto tedesco medio, Zur 14:


________

52. Eusebio, Historia ecclesiastica, IV,29.


53. Clemente di Alessandria, Stromata, III,12 (80,3-81,4); Tertulliano, de Ieiunio 15,1;

Ippolito, Refutatio 8,16,1; cf. 10,18,1; Epifanio, Panarion 46,1,8; Girolamo ripetutamente,
v. in particolare: in Amos 2,12, Ad Titum, prol.; Aduersus Iovinianum I,3. Per una
discussione sulle testimonianze patristiche relative a Taziano, v. Elze, Tatian und sein
Theologie, 106-124.
54. Oltre al gi ricordato Vbus, Ascetism, I, 39-45, si veda pi di recente: Brock,
Baptists diet, 115.
55. Per la variante in Pers, si veda Messina, Notizia, 59; 86 n. 2. Una prima discussione su
questo versetto stata presentata da Vogels, Lc 2,36 im Diatessaron, che citava il Codex
Rehdigeranus, da lui edito, 169: Anna... vixerat annos cum viro suo septem et haec vidua a
virginitate sua. Si veda inoltre Vbus, Ascetism, I, 43, che citava una variante analoga dal
codice di Stoccarda dellarmonia medio-fiamminga; Metzger, Early Versions, 34, che allude
anche allarmonia in alto tedesco medio.

142

G. LENZI

Anna... aveva vissuto con suo marito Anna... hat gelebet irme manne siben
iar in irme magtme.
sette anni nella sua verginit.

Lanti-encratismo della Vetus Syra


Anche la Vetus Syra stata considerata spesso di tendenze encratite a motivo di alcune varianti, in particolare proprio del testo di Lc 2,36 (S) 56:
Anna... solo sette giorni era stata con  ...
. 
il marito dopo la sua verginit.

Abbiamo, per, appena visto quale era la lezione del Diatessaron e possiamo, quindi, escludere con certezza che questa variante dipenda
dallarmonia di Taziano. Se infatti il traduttore della Vetus Syra fosse stato
influenzato realmente dal Diatessaron avrebbe ripetuto che Anna si era
conservata vergine nel suo matrimonio. Se, nonostante ci, ci si chiede se
anche la variante della Vetus Syra sia di carattere encratita, la risposta negativa, perch essa non intende affatto esortare alla verginit, ma piuttosto
suscitare la compassione verso questa donna rimasta vedova dopo soli sette
giorni di matrimonio.
Un esame pi attento della Vetus Syra ci conduce ad affermare addirittura che essa anti-encratita come si evince dalla seguente variante in Gv
6,63. Secondo il testo greco, Ges redarguendo i suoi discepoli avrebbe affermato:
E lo spirito che d la vita; la carne to. pneu/ma, evstin to. zw|opoiou/n( h` sa.rx
ouvk wvfelei/ ouvde,n \
non giova a nulla

Il Sirosinaitico legge, invece:


E lo Spirito che d la vita al corpo,   
ma voi dite: Il corpo non giova a   
.
nulla.

E indubbio che qui lautore si vuole contrapporre alle correnti che


sottovalutano il valore del corpo e toglie dalla bocca di Ges quella peri________

56. Cf. Vogels, Lc 2,36 im Diatessaron, 170; Leloir, Le Diatessaron de Tatien, 315;

Petersen, Tatians Diatessaron, 81. La variante attestata anche in unopera attribuita a


Efrem, cf. Leloir, Lvangile d phrem, 74 (Lamy III,267,1): se questo testo realmente di
Efrem esso dimostra che il Nisibeno conosceva la Vetus Syra.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

143

colosa affermazione contro la carne. Una variante di questo tenore supera


ampiamente il valore di lievi varianti ritenute encratite e mostra come anche su questo secondo punto la Vetus Syra sia agli antipodi rispetto al Diatessaron.
Taziano e la gnosi
Una seconda accusa che Ireneo rivolge a Taziano quella di avere assunto
idee gnostiche: Aeonas quosdam invisibiles similiter atque hi qui a Valentino sunt velut fabulam enarrans (raccontando come favole, similmente ai
Valentiniani, di Eoni invisibili).57
Anche questa notizia ci conservata nel suo originale greco da Eusebio58 e trova particolare conferma in Clemente Alessandrino e in Origene,
che attribuiscono a Taziano unerronea comprensione della frase biblica
Sia la luce, intesa come un ottativo, per cui si dovrebbe intendere che
prima Dio era nelle tenebre59. In altri termini, secondo questultima testimonianza, Taziano avrebbe ritenuto la creazione opera di un demiurgo e
non del Dio superiore.
Per poter valutare correttamente queste accuse si deve innanzitutto sottolineare il fatto che Ireneo stesso distingue tra Taziano e gli gnostici: non
afferma infatti che egli sia stato discepolo di Valentino, ma solo che
avrebbe assunto alcune concezioni simili a quelle dei discepoli di Valentino. In secondo luogo si devono impiegare con prudenza queste accuse
perch derivano da elenchi redatti da eresiologi e quindi potrebbero essere
frutto di un lavoro di schematizzazione non sempre rispecchiante le differenze dei diversi sistemi di pensiero 60. Dobbiamo quindi verificare le affermazioni patristiche esaminando le poche opere di Taziano giunte a noi.
Si a lungo discusso se vi sia un riscontro di idee gnostiche nellOratio
ad Graecos. Robert Grant riteneva che vi fossero numerose e decisive
tracce gnostiche nellunica opera di Taziano giunta sino a noi61; Martin
________

57. Ireneo, Contra haereses, I,28,1. La notizia ripetuta in III,23,8.


58. Eusebio, Historia ecclesiastica, IV,29. Vedi anche Ippolito, Refutatio 8,16,1; cf.
10,18,1; Epifanio, Panarion 46,1,7.
59. Clemente di Alessandria, Eclogae propheticae, 38,1 (cf. Stromata, III,82.2 e III,92.1);

Origene, de oratione 24, 237-238. Entrambi i testi sono riportati e tradotti anche da
Whittaker in Tatian. Oratio, 78-80.
60. Bolgiani, La tradizione eresiologica sullencratismo.
61. Grant, The Heresy of Tatian; Id., Tatian (Or. 30) and the Gnostics. Pi

recentemente ha notevolmente moderato la sua posizione: Conflict in Christology, 143-145;


Greek Apologists, 115-130. Per i riferimenti alla letteratura precedente al 1950 rinvio

144

G. LENZI

Elze sosteneva che la somiglianza con la gnosi esistesse ma fosse solo apparente62; Leslie Barnard rilevava alcune idee gnostiche allo stato embrionale63; Molly Whittaker tende ad escludere che si possa classificare Taziano
gnostico in base allAd Graecos64, ma solo in base ai frammenti 65; William
Petersen ritiene che anche in questopera Taziano tradisca luso di una
cosmologia gnostica, anche se non possibile definire con esattezza i
confini tra concezioni gnostiche e ortodosse nel II secolo66. Recentemente
Emily Hunt ha esaminato estesamente la questione rifiutando tutte le argomentazioni di Grant e concludendo che non vi sono tracce gnostiche n
nellAd Graecos n nei frammenti e che le affermazioni di Ireneo e di Clemente sono semplicemente erronee67.
In verit tutti questi autori sembrano ignorare totalmente il dibattito
svolto nel mondo scientifico neolatino e in particolare gli studi di Franco
Bolgiani68 e di Antonio Orbe69. Il patrologo spagnolo, in particolare, confront a suo tempo la teologia di Taziano con le accuse rivolte da Plotino
agli gnostici trovando delle impressionanti corrispondenze. La chiave della
sua analisi era linterpretazione del termine yuch, come Anima universale e
non come singola anima umana. In tal modo Orbe identificava diverse concezioni gnostiche nellapologia di Taziano: gli eoni superiori (aivwn/ ej oi`
krei,ttonej)70, la delimitazione del mondo intelligibile, la collocazione dello
Spirito in alto e la creazione dellAnima in basso, la solitudine dellAnima,
laccoppiamento (suzugi,a)71 dellAnima con lo Spirito, la perdita delle ali
________

alledizione: Tatian. Oratio, XXIV-XXV, e a Sfameni Gasparro, Enkrateia e Antropologia,


29 n. 14.
62. Elze, Tatian und sein Theologie, 127-129.
63. Barnard, The Heresy of Tatian-Once Again, 4-5; Id, The Heresy of Tatian.
64. Preferiamo questa abbreviazione a quella pi comune Oratio . Citiamo in base

alledizione di Marcovich confrontandola con quella della Whittaker.


65. Nellintroduzione a Tatian. Oratio, XVI-XVII.
66. Petersen, Tatians Diatessaron, 78. In modo pi diffuso in: Tatian the Assyrian, 147-

149.
67. Hunt, Christianity in the Second Century, 20-51. Lautrice trascura le opinioni di tutti

gli altri autori.


68. Bolgiani, La tradizione eresiologica sullencratismo.
69. Orbe, Variaciones gnsticas, 22-33. Barnard segnala larticolo in una nota, ma non vi

allude neppure una volta nelle sue discussioni sullargomento.


70. Espressione segnalata anche da Grant, The Heresy of Tatian, 63, ma contestata da
Hunt, Christianity in the Second Century, 22, che per non nota laggettivo superiori,
migliori.
71. Anche questa espressione venne segnalata contemporaneamente da Grant, The Heresy

of Tatian, 64, ma stata contestata da Hunt, Christianity in the Second Century, 23, che

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

145

da parte dellAnima, la caduta o il peccato dellAnima, la sua inclinazione


(neu/sij) verso la materia, il suo modellare di inferiori (pollou.j qeou.j
avnetu,pwse), la distinzione tra uomini spirituali e psichici, la salvezza mediante la gnosi. LAnima non sarebbe altro che il Demiurgo responsabile
della creazione delluomo. Taziano, quindi, presenterebbe nella medesima
opera due antropogonie contrapposte: una biblica e una gnostica.
Si noti, per, che Orbe non considerava per questo lAd Graecos un
trattato di cosmogonia gnostica, n riteneva Taziano discepolo di Valentino
e neppure assegnava lopera alla fase ereticale della sua vita72. Nei suoi
studi successivi, il patrologo non ha mancato di segnalare le concezioni
ortodosse presenti nellopera. Essa era da lui intesa come unapologia del
cristianesimo, che mira alla confutazione del paganesimo e non
allesposizione di dottrine valentiniane, composta da un autore ancora ecclesiastico anche se gi vicino a concezioni gnostiche. Solo nei frammenti
Orbe intravedeva una successiva completa adesione di Taziano alla gnosi73.
Ad Orbe risposero diversi autori, come ad esempio Jean Danielou74, ma
la pi organica e documentata replica venuta dalla scuola di Ugo Bianchi,
in particolare da Giulia Sfameni Gasparro che ha sostenuto che
lantropologia tazianea si fonda su quella biblica75 e troverebbe il suo parallelo pi prossimo in Filone76. Secondo la studiosa italiana: lanima primordiale di cui parla Taziano non sarebbe lAnima universale ma quella dei
protoplasti77, gli eoni superiori sarebbero le sfere celesti dove si trova il
paradiso78 e la caduta dellanima rappresenterebbe il peccato originale di
Adamo ed Eva79.
Prima di indicare i limiti della ricostruzione della Sfameni Gasparro e
di proporre a nostra volta una nuova interpretazione, sottolineiamo come
lautrice, pur criticando ripetutamente la tesi di Orbe, debba ammettere che
________

per non distingue tra luso del termine tra il par. 13 dellAd Graecos (unione primordiale
tra Spirito e Anima universale) e il par. 15 (ricongiungimento tra la singola anima e lo
Spirito).
72. Cf. Orbe, Teologia, I 440.
73. Orbe, A propsito de Gen. 1, 3.
74. Danilou, Message vanglique, 355-365.
75. Sfameni Gasparro, Enkrateia, 39 e passim. Lautrice ritornata in diverse occasioni sul

tema dellantropologia tazianea, v. per es., Il progetto antropologico nella tradizione


dellEnkrateia.
76. Ibid., 46-48.
77. Ibid., 50, n. 76.
78. Ibid., 51.
79. Ibid., 50-51.

146

G. LENZI

esistono delle differenze tra lantropologia tazianea e quella biblica: esistono delle analogie terminologiche e tematiche tra lopera di Taziano e
lambiente gnostico contemporaneo80; la psych individuale non sarebbe
altro che un derivato dello spirito materiale immesso da Dio nel cosmo81;
il rapporto in cui psych e pneuma si trovano nelluomo attuale condizionato da quanto accaduto agli inizi, quando lo spirito era compagno
(syndiaiton) dellanima: questa per non volle seguirlo e lo pneuma
labbandon82; il decadimento dellanima rappresentato alla maniera
platonica come una perdita delle ali83; nessuna menzione fatta... della
plasmazione del corpo84; si compone senza difficolt lantropologia del
Discorso ai Greci, con la sua nozione del protoplasto come costituito
dallarmonica unione di una psych hylich e di uno pneuma divino, alla
quale succede una separazione dei due, che insieme espulsione da un livello celeste e, verisimilmente, assunzione del corpo solido e sessualmente
differenziato delluomo attuale.
Per lo scopo del nostro studio questi risultati sarebbero del tutto sufficienti: appare certo il fatto che Taziano nellAd Graecos compose il dato
biblico con temi derivati dalla filosofia greca, in particolare platonica, e
fece affermazioni simili a quelle degli gnostici, senza per questo doverlo
classificare con il termine gnostico. In particolare appare chiaro che al
centro dellantropologia tazianea si trova la separazione tra lo Spirito e
lanima originariamente congiunti. Avendo ben presente questultimo
punto si potr comprendere la soteriologia tazianea, che non altro che come vedremo - limmagine speculare del dramma iniziale.
Per dovere di completezza, per, dobbiamo esprimere il nostro parere
sulla ricostruzione della Sfameni Gasparro. Pur riconoscendo la nostra inadeguatezza e la seriet dello studio e in particolare limportanza che esso
riveste per la comprensione del collegamento tra lencratismo di Taziano e
la sua antropologia, a noi pare che le critiche rivolte a Orbe siano eccessive.
Dai paragrafi 13 e 20 dellAd Graecos si deduce che:
1. Lanima originariamente congiunta allo Spirito non si trova in un
luogo, in un paradiso (terreste o celeste che si voglia), ma colta da
Taziano in una dinamica ben precisa: lascesa sopra i cieli grazie alle
ali dello Spirito.
________

80. Ibid., 36 e vedi ancora il confronto con Teodoto, ibid., 52-54.


81. Ibid. 48.
82. Ibid., 49-50.
83. Ibid. 50.
84. Ibid., 52

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

147

2. La colpa iniziale dellanima a cui allude lapologista non ha nulla a che


vedere con quella genesiaca: non un peccato dorgoglio ma un rifiuto;
non lo sguardo di chi dal basso guarda verso lalto ma di chi dallalto
guarda verso il basso; non il desiderio di diventare come Dio ma il
desiderio della materia. Bisogna quindi distinguere questa colpa dal
peccato dei protoplasti, di cui pure Taziano parla85.
3. In relazione alla colpa iniziale manca qualsiasi dialogo, sia quello tra
luomo e la donna sia quello tra uno degli esseri umani e il demonio.
4. Pi radicalmente ancora si pu notare che lAnima non posta davanti
alla scelta tra due esseri a lei estranei che la invitano: Dio e il demonio,
il precetto e la tentazione, la luce e le tenebre, ma deve solo scegliere se
restare unita o meno allo Spirito.
5. LAnima non subisce una punizione per la sua colpa, ma precipita per
sua natura come un uccellino (e;pth w[sper neosso,j). Al contrario, per i
demoni e per gli uomini Taziano usa un passivo teologico: i primi sono
estromessi (metw|ki,sqhsan) e gli ultimi sono espulsi (evxwri,sqhsan).
Sembra quindi preferibile accogliere lopinione di Orbe secondo la
quale Taziano si riferisce in alcuni passi allAnima universale e non a
quella dei protoplasti.
QuestAnima aveva un potere demiurgico? Per rispondere alla domanda conviene richiamare le conclusioni a cui era giunto lo stesso Ugo
Bianchi: Si pu parlare, in un certo senso, di un ruolo demiurgico della
procreazione (ovviamente una demiurgia negativa e rovinosa)86. Dal momento, per, che bisogna ritenere che la prima colpa risalga allAnima universale e non a quella dei protoplasti, si deve trasferire questa conclusione
di Bianchi dallambito antropologico a quello teologico e si pu affermare
che per Taziano sia lAnima universale a possedere un ruolo demiurgico
negativo del quale partecipano le singole anime. Si deve in tal senso sottolineare che Taziano non definisce tenebra il demonio come facevano la
tradizione giudaica e quella protocristiana, bens lAnima87.
Ci si deve, per, chiedere se sia conveniente attribuire a questa demiurgia negativa dellAnima anche la creazione delluomo e se sia vero che il
mito della caduta dellAnima sia irriducibile allopera della creazione
compiuta dal Logos, come proponeva Orbe. Forse non necessario arrivare
a tanto.
________

85. Orbe in un successivo articolo tenta di individuare le analogie tra la prima colpa

dellAnima universale e il peccato originale dei protoplasti, v. El pecado de Eva, 318-324.


86. Bianchi, Le thme du colloque, 26 (la traduzione nostra).
87. Ad Graecos, 13,1-2.

148

G. LENZI

La nostra proposta interpretativa parte dallosservazione che lintero discorso teologico-antropologico si fonda sulla seguente contestazione di Taziano rivolta ai Greci88:
Lo spirito, infatti, che attraversa la
materia, che inferiore allo Spirito
pi divino quanto invece simile
allanima, non deve essere onorato
allo stesso modo del Dio perfetto.

pneu/ma ga.r to. dia. th/j u[lhj dih/kon


e;latton u`pa,rcon tou/ qeiote,rou
pneu,matoj w[sper de. th/| yuch|/
parwmoiwme,non ouv timhte,on evpV i;shj
tw/| telei,w| qew/|.

Tutti i paragrafi successivi, quindi, devono essere considerati sulla base


di questa affermazione di principio. Da una parte - nonostante lambigua e
contestata espressione th/| yuch|89
/ parwmoiwme,non - chiaro che Taziano
ammette lesistenza di un pneuma hylicon, cio di unAnima universale90 e
di conseguenza lecito nel seguito del discorso trovare dei riferimenti ad
essa come ha fatto Orbe. Dallaltra parte per questa affermazione iniziale
dimostra che Taziano concepiva i due spiriti allinterno dello stesso quadro
teologico. Preferiamo quindi ritenere che anche laffermazione esplicita
della creazione delluomo da parte del Logos (lo Spirito)91 fosse per Taziano riconducibile a questo quadro, contrariamente allopinione di Orbe92.
In altre parole preferiamo supporre che nella creazione delluomo Taziano
vedesse una ripetizione, su un piano inferiore, dellunione primordiale
dellAnima e dello Spirito, quasi una seconda creazione operata dal medesimo Demiurgo. Questa ipotesi, ovviamente, pu essere solo abbozzata
nei limiti del presente studio, ma a noi appare ugualmente preferibile alle
ipotesi avanzate sino ad ora.
In conclusione, Taziano dimostra di conoscere il mito della caduta
dellAnima in una forma molto simile a quella conosciuta da Plotino e da
lui attribuita agli gnostici. Lapologeta per sembra farne uso solo nella misura a lui necessaria per attribuire allAnima universale lorigine del male e
la corruzione della materia, riservando invece al Logos lintera demiurgia
positiva.
A quando risale lAd Graecos? Tra i molti che si sono espressi
sullargomento ricordiamo Barnard che, seguito dalla Hunt, le assegnava
________

88. Ad Graecos, 4,2; si veda anche 12,1.3.


89. La Whittaker seguendo Schwartz legge: u[lh.
90. A quale corrente filosofica si rifacesse su questo punto Taziano non facile

determinarlo, cf. Di Cristina, Lidea di dnamis.


91. Ad Graecos, 7,1.
92. Orbe, Variaciones gnsticas, 30-31.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

149

una datazione relativamente alta, il 160 ca., e Miroslav Marcovich, che


propende per una data tra il 165 e il 17293. In entrambi i casi risulterebbe
che lapologia stata scritta prima della composizione del Diatessaron (175
ca.). Se la datazione delle due opere corretta, si dovrebbero trovare tracce
di concezioni simili a quelle gnostiche anche nellarmonia dei vangeli.
Mt 1,20 nel Diatessaron e nel Protovangelo di Giacomo
Come abbiamo visto sopra, Io! bar Ali offre una conferma molto precisa
della presenza di concezioni particolari nel Diatessaron: Taziano avrebbe
omesso oltre alla (genealogia/parentela) naturale anche quella sublime
del Signore nostro, il Messia94. In altre parole, la nascita del Messia nel
Diatessaron era raccontata in modo tale sia da allontanare qualsiasi dubbio
su una possibile generazione meramente umana sia da escludere una generazione delluomo Ges per opera di Dio.
Una variante di questo tenore si ritrova in effetti in CD II,3 (Mt 1,20):
Ci, infatti, che generato in lei to. ga.r evn auvth/| gennhqe.n evk
pneu,mato,j evstin a`gi,ou
dallo Spirito santo.


Ci che in lei dallo Spirito santo.

La somiglianza di questa variante con le concezioni gnostiche evidente: per il suo autore il Logos non divenuto uomo mediante un preciso
atto, ovvero una generazione teandrica95. E difficile evitare di pensare alla
cristologia valentiniana italica, secondo la quale il Salvatore assume prima
dellingresso nel seno della Vergine le sostanze spirituali e psichiche necessarie alla fase terrena delleconomia salvifica96. Dio non genera luomo
Ges nel grembo della Vergine e Maria non altro che un tubo attraverso
97
cui passa lacqua, secondo la nota affermazione di Tolomeo .
________

93. Tatiani Oratio ad Graecos, 1-3. Per altre opinioni, v. Sfameni Gasparro, Enkrateia, 29
n. 18.
94. Vedi sopra La nascita verginale.
95. Si noti per altro che questa variante si adatta perfettamente alle parole di Teodoreto sul
Diatessaron (riportate sopra) se con seme di Davide si intende la generazione dalla
Vergine, cf. nota frase di Ignazio, Efesini, XVIII,2: Fu portato in seno da Maria, dal seme
di Davide, ma da Spirito Santo. Per Maria figlia di Davide, vedi oltre Punti di contatto.
96. Cf. Orbe, Cristologa gnostica, I 337.425-432.448; Filoramo, Lattesa della fine, 187-

189.
97. Vedi Tardieu, Comme travers un tuyau, dove sono riportati tutti i testimoni. Cf.

Orbe, Cristologa gnostica, I 429-432. E possibile che Bardesane di Edessa (ca. 154-222)

150

G. LENZI

Si pu per contestare il valore della variante di CD per il fatto che essa


non conservata da alcun altro testimone del Diatessaron e che persino la
versione armena del Commento di Efrem non la riporta. Non quindi detto
che fosse presente nel Diatessaron originario e potrebbe trattarsi dellerrore
di un copista particolarmente disattento o comunque di una libera citazione
di Efrem.
Queste due ultime ipotesi, per, sono da escludersi. La corrispondenza,
infatti, con una variante attestata dalla Nascita di Maria (Protovangelo di
Giacomo), stupefacente98:
Ci, infatti, che in lei dallo Spirito to. ga.r evn auvth/| o'n evk pneu,mato,j
evstin a`gi,ou
santo.

Il rapporto tra questo vangelo apocrifo e la letteratura gnostica stato


proposto da Luigi Moraldi99, ma la questione necessiterebbe un ulteriore
approfondimento. Ci limiteremo a discutere lorigine di questa unica variante.
Apparentemente essa opera dellautore del Protovangelo, il quale ne
fa un suo cavallo di battaglia: la impiega ben sei volte. Essa concorda con
lo scopo di questo apocrifo ed elimina dal testo biblico limbarazzante
verbo generare che potrebbe far sospettare un concepimento meramente
umano di Ges. Lautore, quindi, avrebbe fatto un libero uso delle sue fonti
scritturistiche piegandole ai propri fini. Taziano, invece, avrebbe impiegato
questo apocrifo per la composizione della sua armonia. In effetti entrambe
le opere si mostrano preoccupate di difendere la verginit di Maria e hanno
connotazioni encratite. O addirittura si pu ipotizzare che sia stato Efrem a
citare lapocrifo invece che il Diatessaron100.
Ma luso della formula ci che in lei nel Protovangelo eccessivo e
lautore pare adoperarlo senza averne colto realmente il valore cristologico
al punto da usarlo persino per Giovanni Battista!101
________

abbia fatto uso di questa metafora, cf. Adamatius, De recta in Deum fide, V,9. Dal momento
che Bardesane rappresentante della corrente orientale del valentinianismo, per la quale il
Salvatore ha assunto la carne ex Maria, luso da parte sua di questa espressione sarebbe
sorprendente e dovrebbe dipendere da Taziano. Drijvers, per, escludeva che il Dialogo di
Adamanzio riportasse correttamente il pensiero di Bardesane, v. Drijvers, Bardaisan of
Edessa, 172.
98. 30,3 (XIV,2); cf. 28,13 (XIII,3); 29,1 (XIII,3); 29,9 (XIV,1); 36,5 (XVII,2); 37,3
(XVII,2).
99. Apocrifi, 68-75.
100. Come parrebbe in CD II,4.
101. 25,11 (XII,2).

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

151

Il redattore del Protovangelo, inoltre, stato tradito da un piccolo indizio. Dopo pagine e pagine in cui tenta di convincere il lettore della purezza
della Vergine, che mangiava il cibo degli angeli, e della assoluta innocenza
di Giuseppe, prima ancora di tentare di persuaderci che in alcun modo dobbiamo pensare che egli sia il padre di Ges, e prima di trattare diffusamente
della verginit della madre anche in partu, cita del tutto acriticamente la sua
fonte102 :
Partorir per te un figlio.

te,xetai de. soi ui`on,

Quel per te, riferito a Giuseppe, aspramente dissonante con il resto


del racconto e contraddice lintera tesi dellopera.
Per quanto piccolo sia questo particolare, esso sufficiente a connettere
lapocrifo con la tradizione siriaca, ma questa volta con la Vetus Syra.
Come abbiamo visto il per te solo uno degli elementi della rielaborazione del racconto matteano che si ritrova in S.
Il Protovangelo quindi non rimaneggia affatto la sua fonte, ma la cita
letteralmente e acriticamente. Si noti che i due passi che abbiamo riportato
fanno parte di ununica citazione e si susseguono senza soluzione di continuit. La fonte da cui il Protovangelo ha attinto lintera citazione di Matteo
presentava, quindi, un elemento del Diatessaron o di Efrem (non contenuto
nella Vetus Syra) e un elemento della Vetus Syra (non contenuto nel Diatessaron n in Efrem). Il primo elemento, per, assunto come fondamentale di tutto lapocrifo, mentre il secondo elemento in contrasto con la tesi
dellautore. Ci significa che la versione base a cui si rif lapocrifo non
la seconda, ma la prima e ci ci consente di escludere la seguente progressione: Vetus Syra - Protovangelo - Diatessaron (o Efrem). Resta quindi
ununica possibilit: Diatessaron (contaminato dalla Vetus Syra) - Protovangelo.
Teoricamente parlando possibile che lapocrifo dipenda da un testo
greco del Diatessaron contaminato da un altro vangelo greco, il quale a sua
volta presentava il racconto matteano cos come conservato nella Vetus
Syra103. Dal momento per che il Diatessaron pare sia stato composto in
siriaco e che non abbiamo traccia di una fonte greca delle varianti della
Vetus Syra, altamente pi probabile che il Protovangelo abbia fatto uso di
________

102. 30,4 (XIV,2) da Mt 1,21.


103. de Strycker, che nota la coincidenza tra lapocrifo e la Vetus Syra, ritiene

effettivamente che il per te fosse presente nelloriginale greco di Matteo e che sia stato
corretto poi nel textus receptus per motivi teologici, Protvangile, 430. Non sa per che S
presenta anche la variante per lui al vs. 25.

152

G. LENZI

un Diatessaron tradotto dal siriaco in greco - come il frammento di Dura ma vulgatizzato - come il frammento di Dura104 .
Se tutto ci vero bisogna spingere la data di composizione del Protovangelo qualche anno oltre il 180 proposto da de Srycker105. Lapocrifo sarebbe, comunque, il testimone pi antico sia dei racconti dellinfanzia nel
Diatessaron106 sia, indirettamente, dellesistenza della Vetus Syra.
Stabilito che la variante stata generata nel Diatessaron e non nel Protovangelo, non pi necessario ritenere che allorigine sia esistito un testo
greco con to. o;n, infatti intenzionale ma non anomalo tradurre in siriaco
genna,w con il verbo essere 107. La variante ha quindi avuto origine in siriaco.
A questo punto bisogna porsi la domanda pi difficile: questa variante
pu essere opera di Taziano stesso?
Se si esamina la cristologia dellAd Graecos, si pu notare che
lapologeta fa riferimento alla incarnazione solo una volta 108:
Annunciando che un dio diventato
in forma di uomo.

109

qeo.n evn avnqrw,pou morfh/| gegone,nai


katagge,llontej.

Taziano allude chiaramente a Fil 2,7a armonizzando le diverse espressioni paoline:


________

104. Joosten, The Dura Parchment and the Diatessaron, 174. Non concordiamo, per,

pienamente con lautore su quali elementi del testo di Dura siano tazianei e quali no.
105. de Srycker, Le Protvangile.
106. Questa ipotesi di lavoro dovrebbe essere esaminata a fondo, abbiamo il coraggio di

proporla in base alle seguenti motivazioni: 1. Lipotesi di una fonte tradotta dal siriaco
spiegherebbe le varianti lessicali presenti nelle citazioni dei vangeli canonici nel
Protovangelo. 2. Il legame tra Giustino e lapocrifo, notato da molti, si chiarirebbe grazie
alla mediazione di Taziano. 3. Le varianti comuni al Protovangelo, a Pers e alle armonie
occidentali segnalate a suo tempo da Messina sarebbero dovute allinfluenza del Diatessaron
sullapocrifo (e non allinfluenza opposta). 4. Le poche varianti comuni alle due opere,
segnalate da de Srycker, sarebbero unulteriore conferma. 5. La difesa della verginit di
Maria esasperata oltre ogni limite nel Protovangelo non sarebbe altro che il culmine di un
processo gi innescato da Taziano.
107. Si veda ad esempio: Gv 8,41 S, P; At 7,29; 1 Gv 2,29.
108. Ad Graecos 21,1.
109. Hunt, The Heresy of Tatian, 47, contestando Grant presenta questo passo per

dimostrare la realt fisica dellincarnazione, sulla base della traduzione inglese di


Whittaker: God has been born in the form of man (Tatian. Oratio, 43). Noi preferiamo il
senso di essere, divenire perch quello che emerge da altri passi dellapologia (come in
4,2 riferito al Dio creatore; 10,1 ripetutamente per gli di) dove anche la Whittaker traduce
con to become.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

153

Svuot se stesso assumendo la forma e`auto.n evke,nwsen morfh.n dou,lou


del servo, divenuto a somiglianza de- labw,n( evn o`moiw,mati avnqrw,pwn
geno,menoj\
gli uomini.

Lapologeta indiscutibilmente non fa un uso acritico della propria fonte


neotestamentaria, ma la rielabora. Se, dunque, egli modifica intenzionalmente e con eccellente successo linno ai Filippesi, possibile che abbia
tradotto intenzionalmente anche il testo di Matteo adattandolo alla propria
teologia.
Dicendo ci non vogliamo affatto attribuire a Taziano lintenzione di
voler contraffare il vangelo di Matteo110. Lo scopo dellapologeta nella
composizione del Diatessaron fu indiscutibilmente un altro: quello di armonizzare i quattro vangeli. La sostituzione del verbo a nostro parere dovuta allesigenza di armonizzare il primo vangelo con il quarto. Taziano
componendo la propria opera si dovuto porre quei problemi che porteranno poi alle controversie cristologiche: se Gv 1,14 afferma che o` lo,goj
sa.rx evge,neto come pu dire Matteo che un nuovo uomo stato generato nel
grembo di Maria?
La soluzione adottata nel Diatessaron corrisponde alle preferenze cristologiche che emergono nellapologia: il Logos stato generato dal Dio
supremo prima di tutti i secoli111, divenuto a somiglianza degli uomini e
non pu essere stato generato nuovamente nel tempo.
Non quindi necessario ricercare altrove lorigine di questa variante: il
suo autore Taziano, che ha abilmente sfruttato la possibilit linguistica
che gli offriva il siriaco in modo da conciliare tra loro Matteo e Giovanni.
Armonizzando, per, i due vangeli in questo modo ne risulta che
lincarnazione stata solo un divenire del Logos e non un essere generato delluomo Ges. In tal modo si perdono due punti essenziali della rivelazione evangelica: non pi affermato che il Logos sia divenuto uomo
nel momento del concepimento n che Maria abbia generato il Dio-uomo.
Non bisogna, dunque, lasciarsi ingannare dal fatto che Taziano ha conservato intatto Gv 1,14. Il divenire carne non detto che indichi che il
Logos tutto si sia racchiuso nel grembo di Maria, lespressione infatti pu
indicare un lungo e complesso processo. Taziano deve averla intesa in questo secondo senso dal momento che - sfruttando lambiguit presente
nelloriginale greco - non traduce in Mt 1,20:  (colui che
in lei), bens  (ci) che in siriaco si pu intendere solo in
________

110. Concordo con Nicholas Perrin nel ritenere che Taziano considerasse gi i quattro

vangeli come autorevoli, v. Hermeneutical Factors, 605.


111. Ad Graecos 5.

154

G. LENZI

riferimento alla sa,rx del Salvatore e non alla sua persona e neppure alla sua
anima, che si suppone sia stata immessa successivamente112.
In conclusione, molto probabile che CD II,3 ci conservi il testo originale del Diatessaron e ci testimoni involontariamente un aspetto particolare
della cristologia tazianea che avvicina Taziano alla corrente valentiniana
italica113.
Linterpretazione tazianea di Gv 1,14
I testimoni del Diatessaron non presentano alcuna variante particolare nella
resa di Gv 1,14114 e lAd Graecos non ci fornisce alcuna informazione su
come Taziano interpretasse questo versetto e in particolare il verbo evge,neto.
Nonostante ci esiste unaltra prova che Taziano non seguiva
linterpretazione divenuta poi ortodossa.
Nel comporre la sua armonia lapologeta aveva tre possibilit:
1. Tenere unito questo versetto ai primi, che egli ha preposto a tutto il
vangelo, separandolo dal racconto del battesimo. In tal caso non ci
avrebbe fornito alcun indizio sulla sua interpretazione.
2. Staccare il versetto sia dallinizio del Prologo che dal racconto del
battesimo, ponendolo subito prima o allinterno o subito dopo il racconto dellannuncio dellangelo a Maria. In tal modo avrebbe dimostrato di intendere il versetto in riferimento al momento del concepimento.
3. Porre una cesura prima del versetto staccandolo dalla parte iniziale e
tenendolo unito al racconto del battesimo.
Taziano ha scelto questa ultima possibilit inserendo Gv 1,11-14 dopo
tutti i racconti dellinfanzia, subito prima del battesimo115. Lapologeta ha
________

112. Se questa osservazione esatta, si dovrebbe concludere che lantropologia di Taziano

corrispondeva sotto questo aspetto a quella degli interpreti pitagorici stoicizzanti di


Ippocrate, cio era simile a quella valentiniana, cf. Tardieu, Comme travers un tuyau,
171.
113. Con ci non intendiamo affatto dire che la cristologia tazianea corrisponda in tutto a
quella valentiniana.
114. Non entro per brevit, nella questione se in questo passo nel Diatessaron si impiegava

il termine (carne) o (corpo), n in quella delluso di sa,rx nellAd Graecos.


Sulla traduzione del termine evskh,nwsen v. Brock, Passover, Annunciation and Epiclesis, e
i suoi studi precedenti ivi citati. Speriamo che linterpretazione da noi offerta sia da stimolo
per lesimio studioso di affrontare nuovamente e sotto nuova luce la questione.
115. Leloir, Le Diatessaron de Tatien, 216.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

155

in tal modo anticipato di molti secoli le discussioni moderne


sullinterpretazione gnostica del Prologo: secondo Taziano, lincarnazione
del Logos descritta da Giovanni si sarebbe compiuta al momento del battesimo.
Linterpretazione tazianea del Battesimo di Ges
Unaltra variante che ci pu istruire linterpolazione nel racconto del battesimo del Signore in cui si dice che una luce rifulse. Il testo talmente
famoso, che non necessario riportare per esteso i suoi numerosi testimoni116 . Ricordiamo solo che la variante attestata da Efrem in CDArm
IV,5; Fid VII,3; Ep X,5; Sog V,48 (cf. Nat XXII,13; XXIII,12; Ep IX,11);
Io!dad di Merv, Commento a Matteo 3,16; Dionigi Bar S]alibi 159,22; e in
Occidente da: Pep 7 (Lc 3,21-22); Vita Rhytmica 3684-3687. La si ritrova
anche in due testimoni non tazianei: Vangelo degli Ebrei (secondo Epifanio, Panarion, XXX,13,7) e in due manoscritti veterolatini di Mt 3,16 (a
g1 ). Una variante analoga, che parla di un fuoco nel Giordano, attestata
da: Oracoli Sibillini 6,6-7; 7,81-84; Giustino, Dialogo con Trifone 88,3;
Pseudo-Cipriano De rebaptismate 17; Giacomo di Sarug, Sul battesimo del
nostro Salvatore, 140117 . Infine, va ricordato che Romano il Melode, Primo
inno sullEpifania, XVI,14 (cf. XVII,1) conosceva entrambe le lezioni.
Come si vede rispetto a Mt 1,20 ci troviamo nella situazione opposta: la
luce al Giordano lelemento del Diatessaron meglio attestato.
E chiaro che deve essere esistita una certa intenzionalit
nellinserzione di questo particolare nel racconto del battesimo118 . Bisogna,
per, porsi due domande: Esso ha una valenza teologica o solo ornamentale? Ha un rapporto con le tradizioni gnostiche?
________

116. Tra i diversi studi, ricordiamo: Burkitt, Evangelion da-mepharreshe, II 114-115;

Leloir, Le Tmoignage dphrem, 105-107; Charlesworth, Tatians Dependence, 11-16;


Petersen, Textual Evidence, 516-518; Id., Tatians Diatessaron, 14-20; Winkler, Die
Licht-Erscheinung.
117. La notizia che riecheggia di studio in studio, secondo la quale Giacomo di Sarug
testimonierebbe la prima variante, quella con la luce, erronea. In realt tutti gli studiosi
si rifanno a Leloir, Le Tmoignage dphrem, 106. Il famoso orientalista, per, citava in
quellopera la versione latina del passo realizzata da Kmosko, Corollarium, 195, senza
accorgersi che lautore aveva tradotto lumen effusum est per una svista. Il testo siriaco,
che lo stesso Kmosko riporta, ha  che significa senza ombra di dubbio divamp
un fuoco. Ledizione di Bedjan ha parimenti:  cio divamp il suo fuoco,
Homiliae selectae, 174.
118. Non si pu trattare di un inavvertito passaggio da a perch il verbo
stato adattato al soggetto, vedi oltre n. 121.

156

G. LENZI

Alla prima domanda hanno risposto Hendrik Drijvers e Gerrit Reinink:


Lapparizione della luce al battesimo di Ges, che incontriamo per la prima
volta nel Diatessaron di Taziano, non unisolata variante testuale apocrifa,
ma esprime un concetto centrale nella teologia di Taziano. Proprio per questo
motivo Taziano mut nel suo Diatessaron la tradizione sul fuoco in una tra119
dizione sulla luce .

Alla seconda domanda si pu rispondere notando che questo elemento


corrisponde perfettamente alla concezione gnostica del battesimo di Ges
come illuminazione120.
Anche in questo caso, comunque, non si tratta di una mera invenzione
dellapologeta. Come abbiamo segnalato Taziano ha inquadrato i racconti
dellinfanzia allinterno del Prologo di Giovanni. La luce che rifulge al
battesimo, quindi, non altro che una ripresa di Gv 1,5: la luce risplende
121
nella tenebra, ma la tenebra non lha afferrata122.
Grazie allAd Graecos sappiamo con esattezza come lapologeta interpretava questo versetto del Prologo: to. fw/j th.n skoti,an kate,laben( h-|
lo,goj me,n evsti to. tou/ qeou/ fw/j( sko,toj de. h` avnepisth,mwn yuch, (la luce
afferr la tenebra in quanto la luce di Dio il Logos, mentre lAnima ignorante la tenebra)123. In altre parole secondo Taziano laffermazione
________

119. Drijvers e Reinink, Taufe und Licht, 109.


120. Orbe, Cristologa gnostica, I 524-532; Id., Estudios valentinianos, 281-287; Filoramo,

Lattesa della fine, 191. Un altro particolare del Diatessaron che potrebbe essere di origine
gnostica il profumo al momento del battesimo di Ges. Non c, per, sufficiente
materiale per dimostrare questa ipotesi.
121. Se la testimonianza di Efrem in Fid VII,3 corretta il verbo impiegato nel Diatessaron
era (rifulgere). In Ep X,5; XXIII,12 egli (o un suo discepolo) usa (brillare);
Io!dad e Bar S]alibi riportano, invece, (risplendere). Propendiamo in favore della
prima radice, perch lunica che allafel pu tradurre il verbo greco avna,ptw, impiegato da
Giustino. In tal modo Taziano avrebbe semplicemente mutato la forma del verbo da passivo
ad attivo. Se ci esatto Fid conserverebbe la radice originaria, mentre gli altri testimoni la
forma verbale esatta. A favore di c un altro particolare: Bar S]alibi nella sua citazione
riporta anche il termine (fiume, cf. Mt 3,6). Se ci esatto, ci sembra che la tentazione
di creare una paronomasia tra , , , fosse troppo forte perch Taziano abbia
potuto resisterle. In tal caso la corrispondenza con Gv 1,5 riportato in CD I,6-7 ()
sarebbe perfetta. E comunque unipotesi ed possibile che nellinterpolazione Taziano
utilizzasse .
122. Baarda fa giustamente notare che per Taziano il vocabolo giovanneo include sia il

significato di prendere, tenere sia quello di comprendere. Litaliano afferrare rende


bene lambiguit. Cf. Baarda, John 1:5.
123. Ad Graecos 13,1-2. Per una discussione della traduzione del passo, v. Orbe, A

propsito de Gen. 1, 3, 429.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

157

giovannea che la tenebra non ha afferrato significa che la luce che risplendendo ha afferrato la tenebra, ovvero che il Logos ha afferrato
lAnima.
Sembrerebbe, quindi, che per Taziano al momento del battesimo di
Ges si compia nella storia ci che era gi accaduto in principio: la luce risplende, il Logos afferra lanima di Ges. Questo corrisponderebbe alla
concezione gnostica secondo la quale, per quanto diversa da tutte le altre
anime, anche lanima di Ges aveva bisogno di essere illuminata124. Sarebbe, quindi, solo a questo punto che il processo di incarnazione del Logos
giunge al suo compimento.
Proprio perch la luce un concetto centrale nella teologia di Taziano,
il punto in cui lautore ha inserito questa variante svela qual levento della
vita del Cristo che ritiene pi importante. Egli non lha inserita al momento
dellannunciazione, n alla nascita, n alla crocifissione e nemmeno durante
le apparizioni del Risorto, ma al battesimo.
Ci corrisponde perfettamente alla soteriologia espressa nellAd
Graecos, dove non si dice che la salvezza stata realizzata dalla crocifissione del corpo di Cristo, ma si afferma che stata realizzata dalla illuminazione dellanima compiuta dallo Spirito125; parimenti non si proclama
che limmortalit stata ottenuta dalla risurrezione del corpo di Cristo, ma
si insegna che stata ottenuta dallunione tra Spirito celeste e anima126.
Se si esaminano, dunque, insieme tutte queste varianti si pu arrivare a
concludere che secondo il Diatessaron con la discesa dello Spirito su
Ges presso il Giordano che egli illuminato, assume nella sua pienezza la
natura di redentore e ha inizio leconomia pneumatica.
La Vetus Syra e la gnosi
Incominciando dallultima variante esaminata nel capitolo precedente, possiamo osservare semplicemente che la Vetus Syra non la riporta. Se fosse
vero che il Diatessaron stato il primo vangelo in siriaco e che i traduttori
della Vetus Syra non solo sono cresciuti alla sua ombra, ma lo hanno persino usato come base per la propria versione dei vangeli separati, ci si dovrebbe chiedere perch hanno omesso un particolare di questo genere. Si
dice, in casi analoghi, che la Vetus Syra stata assimilata al testo originale
greco, ma allora perch non stata assimilata nel racconto della nascita di
________

124. Cf. Orbe, Cristologa gnostica, I 339-341.


125. Ad Graecos 13,1.
126. Id., 20,2-3.

158

G. LENZI

Ges o in Gv 6,63, solo per citare gli esempi esaminati in precedenza? La


Vetus Syra tutto fuorch il calco del textus receptus!
Il racconto del battesimo conservato nella versione di Matteo (S C); di
Luca (S) e nella versione sintetica di Giovanni (S C) e in nessun caso si fa
un accenno alla luce. Se i tre traduttori avessero considerato il Diatessaron
un testo canonico non si sarebbero lasciati scappare una variante di questo
tenore127 . Parimenti se fossero stati influenzati da idee simili a quelle
valentiniane occidentali o orientali, di Taziano o di altri, non avrebbero
omesso questo particolare cos importante per la cristologia gnostica.
Ma ancora pi interessante il passo di Mt 1,20 in S, C e P:
Colui, infatti, che [generato] da lei    [] [] 

dallo Spirito santo.

Colui, infatti, che generato da lei      



dallo Spirito santo concepito.

Colui, infatti, che stato generato in      

lei dallo Spirito santo.

E comprensibile che fino alla scoperta da parte di Pedro Ortiz Valdivieso del testo siriaco di CD II,3, discusso nel capitolo precedente, alcuni
abbiano ritenuto che fossero proprio S e C a conservare il testo originale del
Diatessaron. La medesima variante, infatti, la si ritrova in Arab II,3 (B E
O)128 .
Lunico studioso a noi noto che ha potuto confrontare S e C con il
frammento di CD Joosse129 , il quale giustamente asserisce che il nuovo
frammento dimostra che S e C non corrispondono al Diatessaron, ma poi seguendo la teoria classica - risolve il problema concludendo che S e C non
rappresentano il testo originale della Vetus Syra, conservato invece da P,
pi vicina a CD.
Stabiliamo innanzitutto il testo originale della Vetus Syra. Il testo di S
incerto, ma il participio , conservato da C, certamente originale. Se
infatti il traduttore della Vetus Syra avesse impiegato un passato, come si
trova in P, il revisore di C non si sarebbe trovato di fronte ad alcuna difficolt: il significato esatto di si deduce chiaramente dal contesto del
racconto - come daltronde nelloriginale greco quello di gennhqe,n - e significa: che stato generato. Non sussiste alcuna delle ambiguit che se________

127. Unosservazione analoga sul rapporto tra le due versioni gi stata avanzata da pi

parti, per esempio da Alphonse Mingana citato in Metzger, Early Versions, 46.
128. Cf. anche Pers I,80.
129. Joosse, An Introduction to the Arabic Diatessaron, 121-125.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

159

condo Joosse avrebbero condotto un revisore a sostituire il passato con un


participio.
Al contrario estremamente ambiguo: si pu intendere che
generato, ma anche che sta per nascere (cf. Lc 1,35). Il traduttore originario che aveva davanti agli occhi il greco intendeva certamente esprimere
il primo concetto, ma il revisore di C ha interpretato lespressione nel secondo senso e ha aggiunto alla fine della frase (concepito) ottenendo
questo risultato: colui che sta per nascere da lei concepito dallo Spirito
santo. P ha risolto lo stesso problema in maniera differente, aderendo in
modo pi preciso alloriginale greco.
A questo punto dobbiamo chiederci se la Vetus Syra riporti qui una revisione della variante tazianea.
Se il revisore avesse avuto di fronte agli occhi (ci) del Diatessaron e to, del greco, perch avrebbe scritto (colui)? E se avesse avuto davanti al naso la preposizione (in) di Taziano e loriginale greco con la
proposizione evn , perch lavrebbe mutata in (da)?
Ovviamente si pu sempre affermare che il revisore si basava su un testo greco differente da quello giunto a noi, testo che sarebbe stato alla base
anche delle versioni in latino130. Ma lipotesi non fa che spostare il problema da una lingua allaltra: qual stata la ragione per cui un revisore
greco avrebbe mutato evn auvth/| in evx auvth/j ? Non forse teologica? La variante nasce chiaramente dalla preoccupazione di evitare che si possa credere che Ges sia stato generato in Maria dallo Spirito santo senza, per,
il concorso della Vergine stessa131. Quindi, se il traduttore della Vetus Syra
avesse avuto la stessa cristologia di Taziano non avrebbe accolto questa innovazione.
La conclusione che questo versetto - come tutto il racconto matteano
della nascita di Ges - scaturito dalla penna di un autore che non conosceva il Diatessaron e che non stato influenzato da alcuna cristologia simile a quella valentiniana occidentale.
Per questo traduttore Ges diviene uomo mediante uno specifico atto, la
generazione, e il ruolo di Maria non sminuito, ma enfatizzato: ella non
affatto un tubo, ma la fonte da cui sgorga il messia. Questa enfatizzazione ricorda e al contempo riequilibra lenfatizzazione del ruolo di Giuseppe, esaminata in precedenza.
Se, infine, ci chiediamo se la soteriologia dei traduttori della Vetus Syra
sia vicina a quella insegnata da Taziano, la risposta negativa. Come abbiamo gi segnalato sopra, in Gv 6,63, questa versione ha una variante par________

130. ex ea testimoniato da a b c f g1 f 2 e da alcuni padri latini.


131. Sullimportanza teologica dellex Maria, v. Orbe, Teologia, 12-14.22.

160

G. LENZI

ticolare: in essa non si afferma che lo Spirito salva lanima, ma che d


vita al corpo.
Antigiudaismo nel Diatessaron
Lultima accusa a Taziano rivolta da Clemente Alessandrino che Taziano
avrebbe ritenuto che lAntico Testamento opera di un altro dio rispetto al
Dio del vangelo132 . Questa teoria, di cui non c alcuna traccia nellAd
Graecos, potrebbe essere stata sviluppata da Taziano nellultima parte della
sua vita, ma potrebbe essere solo lultima tappa di un processo di allontanamento dallortodossia. In embrione, troviamo questo distanziamento
dallAntico Testamento in un fenomeno notato dagli studiosi del Diatessaron, cio lantigiudaismo di Taziano133 .
Questo aspetto del pensiero dellapologeta lo si evince, innanzitutto, da
unimportante omissione. Secondo il testo greco, in Gv 4,22, Ges avrebbe
affermato alla Samaritana: Voi adorate ci che non conoscete, noi adoriamo ci che conosciamo perch la salvezza viene dai Giudei. Il Commento di Efrem omette due volte lintero versetto134 e da ci stato dedotto
che sia stato Taziano stesso a non riportare laffermazione del Messia 135.
Altre omissioni confermano quella precedente136 , al punto che stato
ipotizzato che Taziano abbia eliminato nella sua opera tutti i riferimenti a
Israele137. Questultima supposizione, per, va assunta con estrema cautela:
ci che certo che vi sia una tendenza in questo senso, come appare chia________

132. Clemente di Alessandria, Stromata, III,12 (82,3).


133. Cf. Vbus, Early Versions, 18.
134. CD 12,18.20. In entrambi i casi i vss. 21 e 23 si susseguono senza soluzione di

continuit.
135. Cf. Zahn, Tatians Diatessaron, 159; Malzoni, Jesus: Messias e vivificador, 422.439-

440. Ortiz de Urbina riteneva possibile che il Diatessaron omettesse solo lultima
proposizione del versetto, cf. Diatessaron Tatiani, 95.247. Sia Ortiz de Urbina che Malzoni
citano a riguardo anche la versione siriaca della Teofania di Eusebio, IV,23. Non , per,
sicuro che questa versione facesse uso del Diatessaron; inoltre, non essendo giunto a noi
loriginale greco di questo passo, la citazione non verificabile; infine, il testo siriaco pur
omettendo il vs. 22 allude allo iato tra i vss. 21 e 23.
136. In particolare: Giuseppe figlio di Davide (Mt 1,20) in CD II,3.5; Signore, figlio di
Davide (Mt 15,22-23) in CD XII,13; dalla citt di Davide (Lc 2,11) in CD II,13.
137. Cf. Harnack, Tatians Diatessaron, 478-480. Pi equilibrato il parere di Leloir,

Le Diatessaron de Tatien, 230-231. Alle omissioni di CD osservate dai due studiosi,


bisogna confrontare quelle in Pers segnalate da Messina, Diatessaron Persiano, LXXVIIILXXXI.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

161

ramente in questo passo del Liber graduum VIII,4 [197], dove si cita Mt
19,28 sostituendo le dodici trib di Israele con le trib degli uomini:
Siederete sui troni e giudicherete le
trib degli uomini.



Una variante significativamente antigiudaica si trova nel testo di Mt


16,21 dove Ges annuncia che avrebbe dovuto soffrire da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi ed essere ucciso (avpoktanqh/nai).
Larmonia persiana traduce: (e lo mettano a morte)138 , e parimenti quelle medio-fiamminghe: ende dat menne al daer doeden soude (e
che lo avrebbero messo a morte l)139 .
Assai pi impressionante, comunque, il tenore anti-giudaico del racconto della passione che emerge dai testimoni orientali del Diatessaron140.
Tutte le azioni negative contro il Messia sono attribuite ai Giudei: gridano sei volte chiedendone la morte141 ; lo flagellano142 ; lo rivestono di porpora143 ; gli pongono sul capo la corona di spine e la canna nella mano144 ; lo
percuotono con la canna145; lo conducono fuori per essere crocifisso146 ; lo
147
crocifiggono .
________

138. Pers II,26.


139. Lige 124; cf. Haar 124; Zur 116.
140. Per la testimonianza di Efrem sulla Passione, si vedano le note di De Francesco in
Efrem, Inni pasquali, 72-73; 173 n. 9; 294 n. 20; 279 n. 13; 320 n. 17. Segnaleremo anche i
diversi paralleli con Giustino e con il Vangelo di Pietro.
141. Arab L,14 (Lc 23,18a); L,33 (Mc 15,13); L,34 (Lc 23,21); L,36 (Lc 23,23); L,45 (Gv
19,6); LI,3 (Gv 19,15). Le sette ricorrenze del grido in SHS VI,849.861.889.897.909.989.
1021 potrebbero in parte rappresentare lo stesso fenomeno. Larmonia persiana ha un ordine
diverso dei versetti e il grido torna cinque volte: Pers IV,43 (Lc 23,21; Mc 15,13; Gv 19,6b;
Lc 23,23; Gv 19,15).
142. Cruc IV,9-10. Cf. Pt 3,9.
143. CD XX,17, Cruc IV,2; cf. Az V,8. Cf. Pt 3,7.
144. CD XX,17; Cruc IV,2; VIII,3-4. Cf. Pt 3,9.
145. Cruc V,13. Cf. Pt 3,9.
146. CD XX,20; SHS VI,1037-1041. Arab LI,15 (Gv 19,16b; Mc 15,20):

I Giudei presero Ges e lo condussero



fuori per crocifiggerlo.
Si noti che il soggetto non cambia per tutte le azioni seguenti, compresa la crocifissione. Si
pu comunque giustificare la lezione di Taziano come una probabile interpretazione di Gv
19,17.
147. Az I,6; Cruc V,7; SHS VI,1053; purtroppo CD XX,22 non esplicito. Afraate, al
contrario, particolarmente insistente su questo particolare: Dem I,11 [28]; XVII,10 [809];
XXI,9-12 [956-964]. Per Arab vedi nota precedente. Cf. Giustino, Apologia I 35,6; Pt 4,10.

162

G. LENZI

Secondo questa lettura, i Romani e in particolare Pilato risultano del


tutto innocenti 148.
Nella stessa linea appare un ulteriore particolare che potrebbe essere
esistito nel Diatessaron: lingiuria sotto alla croce messa in bocca ai Giudei, riportata da LG XXII,11 [660] 149:
Gridavano a lui: figlio di adulterio e
ingannatore.

. 

E chiaro che questo elemento apocrifo150 sottolinea la colpa dei Giudei nei confronti del Crocifisso.
Ovviamente non siamo in grado di dimostrare con certezza che tutti
questi elementi siano sgorgati dalla penna di Taziano e non siano piuttosto
dovuti allantigiudaismo imperversante nella chiesa sira del IV secolo. Si
pu, per, ribaltare anche questo argomento ipotizzando che proprio perch
il Diatessaron era cos fortemente antigiudaico per questo ha avuto un tale
successo nella chiesa sira.
Latteggiamento della Vetus Syra verso il popolo dIsraele
Molto pi arduo stabilire la posizione della Vetus Syra nei confronti del
popolo ebraico.
Innanzitutto segnaliamo unomissione di segno opposto a quelle tazia151
nee : il testo greco riferisce in Gv 7,49 che i Farisei avrebbero dichiarato:
Questa folla che non conosce la legge maledetta.
Il Sirosinaitico legge152:
________

148. Dem XXI,18 [975]; Cruc IV,7; VIII,7. In SHS, dove la difesa di Pilato portata al

parossismo, Efrem si confronta per anche con il testo canonico dei vangeli. Cf. Pt 1,1;
11,46.
149. Cf. Nat X,9; XII,4.
150. Unaccusa analoga riportata da Celso, cf. Origene, Contra Celsum I,28.32. Si veda a

riguardo: Brown, La nascita del Messia, 727-739 (Appendice V); Meier, Un ebreo
marginale, I 223-238. Per una discussione sulle fonti impiegate da Celso, v. Norelli, La
tradizione sulla nascita di Ges. (Gli autori per non conoscono il passo di LG).
151. Non prendo in considerazione lomissione in S delle parole: Ges diceva: Padre,
perdonali, perch non sanno quello che fanno in Lc 23,34, che stata considerata in passato
anti-giudaica, perch essa dipende dal testo originale greco, cf. Metzger, Textual
Commentary, 180.
152. Lomissione stata notata per prima dalla Lewis nellintroduzione a Old Syriac

Gospels, XXX.

163

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

Questa plebe che non conosce la


legge.

153

.

Le omissioni ovviamente possono essere puramente accidentali, ma


curioso che la Vetus Syra non ometta quei passi pro-giudaici tralasciati da
Taziano e al contrario ometta proprio testi come questo154 .
Il secondo indizio gi stato accennato in precedenza: il traduttore
della Vetus Syra tramite Giuseppe ha connesso molto strettamente Ges ai
suoi antenati e quindi al popolo dIsraele.
Se poi osserviamo da vicino le genealogie scopriamo un terzo indizio:
la Vetus Syra e, al suo seguito, la Peshitta riportano con cura tutti i nomi
nella loro esatta forma semitica, come si vede per esempio in Mt 1,15 (S, C,
P):
Eliyud gener Eli!azar, Eli!azar ge-    155
ner Mattan, Mattan gener Ya!quv.
. 

I nomi (Eliyud) e (Mattan) sono semitici156, ma possono


semplicemente rappresentare la traslitterazione di VEliou,d e Matqa,n, mentre (Eli!azar)157 e (Ya!quv) non si spiegano sulla base del
greco158. Dal momento che il versetto citato non pu dipendere n dal
Diatessaron n dalla Peshitta dellAntico Testamento, (Eli!azar) si
spiega solo ammettendo una conoscenza diretta dellonomastica ebraica da
parte del traduttore della Vetus Syra di Matteo.
Il fenomeno, per, non limitato alle sole genealogie, ma percorre
lintero testo dei quattro vangeli sia per i nomi di persona che per i toponimi159. La cura con cui i traduttori hanno tentato di ricostruire i nomi semitici, denota la loro affezione verso il popolo e la terra di Israele.

________

153. Hjelt, Die altsyrische Evangelienubersetzung, 106 legge: e lo traduce: der

Haufe, das Gesindel. C ha: .


154. Un altro esempio Gv 12,39a dove S omette le parole Per questo non potevano

credere.
155. C legge (Eliyur).
156. Per il primo, si confronti il nome ebraico (Yud).
157. Evidentemente qui il traduttore ha intesto il nome ebraico (Eli!ezer) e non

(El!Dzar).
158. Si noti che la radice (! ZR) non esiste in siriaco.
159. Per uno studio sullargomento: Schwen, Die syrische Wiedergabe.

164

G. LENZI

Un quarto indizio offerto dalluso di termini giudaici. Abbiamo gi


brevemente trattato largomento160 e lo affronteremo nuovamente in un
prossimo articolo.
Queste caratteristiche della Vetus Syra dipendono, secondo vari studiosi come Charles Torrey161 , Paul Kahle162 e pi recentemente Jeffrey Paul
Lyon163, dal fatto che i traduttori stessi erano ebrei.
Nonostante ci, stato sostenuto che la Vetus Syra sia antigiudaica. Lo
studio pi sistematico in questo senso di Tobias Nicklas dellUniversit di
Regensburg164 , anche se incentrato solo su un manoscritto, S.
Lo specialista di antigiudaismo mostra di conoscere gli studi di Torrey,
Kahle e Lyon, ma non si preoccupa di spiegare perch la loro ipotesi sarebbe infondata.
Dal lungo elenco di varianti antigiudaiche preparato dallo studioso
tedesco, bisogna sottrarne un discreto numero che sono semplicemente dovute allo stile dei traduttori della Vetus Syra:
1. Laggiunta dei pronomi possessivi a sinagoghe (Lc 4,33), scribi
(Mt 9,18; Mc 1,22), ecc., o lomissione dopo legge (Gv 7,51)165.
2. Luso del singolare sabato al posto del plurale (Mt 1,21 ecc.), o viceversa luso del plurale Farisei per il singolare (Mt 23,26) 166.
3. Laggiunta di molto davanti a errate (Mt 22,29)167 .
4. La traduzione di o;cloj (folla) con (Mt 27,20; Mc 15,8.11)168 .
5. Limpiego di Giuda al posto di Giudei (Gv 4,22) o viceversa
169
linserzione di tutti i Giudei (Mt 27,17) .
________

160. v. Lenzi, Le Sacre Scritture, 65-68.


161. Torrey, Documents, 245-270 (particolarmente 268).
162. Kahle, The Cairo Geniza, 287-288.
163. Lyon, Syriac Gospel Translations, 202-207.
164. Nicklas, Die altsyrische Sinaiticus-Handschrift.
165. Ibid., 35-36; ma v. Williams, Early Syriac Translation Technique, 67-122.
166. Nicklas, Die altsyrische Sinaiticus-Handschrift, 37-38, 44; ma v. Williams, Early

Syriac Translation Technique, 176-177.


167. Nicklas, Die altsyrische Sinaiticus-Handschrift, 38; ma cf. laggiunta di tutto
notata da Williams, Early Syriac Translation Technique, 126-129.
168. Nicklas, Die altsyrische Sinaiticus-Handschrift, 46, 48; lautore non nota che la

stessa traduzione si ritrova in altri passi come ad es. Mt 21,46 S,C; Gv 7,12a C; 7,12b S, C,
P. Cf. Payne Smith, Thesaurus, II 2904: , multitudo, turba. In At 23,7 traduce to.
plh/qoj. Il significato di fo lla comune anche in giudeoaramaico, v. Jastrow, Dictionary of
the Targumim, 1086: gathering, crowd, people.
169. Nicklas, Die altsyrische Sinaiticus-Handschrift, 42-43, 46; lautore avrebbe potuto

aggiungere lomissione in Gv 12,11 S. Ma si veda Williams, Early Syriac Translation

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

165

La lista potrebbe essere ampliata, ma a noi interessa soffermarci


sullultimo caso. Nicklas segnala la differenza nella traduzione del greco oi`
VIoudai/oi solo in Gv 4,22, dove reso con il termine (Giuda / Giudea), ed afferma che S dipende dal Diatessaron, ripetendo lopinione di
Vbus (che in verit risale a Plooij). A parte il fatto che, come abbiamo
visto, diversi tazianisti ritengono che questo versetto semplicemente non
fosse presente nel Diatessaron, bisogna ricordare che il fenomeno percorre
lintero vangelo di Giovanni170 e che non affatto ristretto alla sola Vetus
Syra, ma lo si ritrova anche nelle Veteres Latinae, e in particolare bisogna
segnalare che b conserva in Gv 4,22 la variante: ex iudaea.
Un approccio a questo testo totalmente differente, e ben pi penetrante,
quello di Cludio Vianney Malzoni, che cos conclude la sua analisi:
Il primo senso, dunque, che questa lettura presenta non in nulla differente
dal senso della lettura giudei. In questo testo Giuda equivale a giudei.
Cos come in altri testi lespressione figli di Israele equivale a Israele.
E, tuttavia, possibile pensare a questo senso fondamentale con una sfumatura
ulteriore se si considera questa lettura nel suo contesto pi ampio. [] La
lettura tipica che incontriamo nella Vetus Syra a Gv 4,22 pu riflettere un eco
di queste tradizioni [giudaiche] di rivalit tra Giuseppe e Giuda: uno riceve il
diritto di primogenitura, ma laltro lo realizza, dal quale sar il Messia. Poi171
ch da Giuda sorger il Messia da lui che viene la salvezza .

Esaminiamo ora le pi interessanti varianti veramente antigiudaiche segnalate da Nicklas:


1. Lc 2,10 in S e P la frase: Vi annuncio una grande gioia che sar di
tutto il popolo viene corretta in di tutto il mondo, grazie a una lieve
variante grafica: invece di 172 .

2. In Mt 20,19; Mc 10,33 S ha (popolo/folla) invece di


(popoli=gentili). Dal momento che tra il singolare e il plurale esiste
uneffettiva differenza semantica, il cambiamento potrebbe essere stato
________

Technique, 43, alla cui lista si pu aggiungere Lc 23,50(51) S, C, P e confrontare At 21,20 P


(variante attestata anche nel Codex Bezae).
170. In Gv 7,13 il termine sostituito con (popolo/folla); in 9,22b sostituito con
 (scribi e farisei); in 10,31 omesso. A cui va aggiunta lomissione in 19,21a
di P (S hiat). Si deve inoltre notare che in 1,9 C il termine giudei indica manifestamente
un gruppo ristretto di persone e non il popolo ebraico e si deve tradurre alcuni giudei.
171. Malzoni, Jesus: Messias e vivificador, 338-339.
172. Nicklas, Die altsyrische Sinaiticus-Handschrift, 42.

166

G. LENZI

intenzionale per dire che Ges sar consegnato al popolo e non alle
genti173.
3. In Mt 27,26, S inserisce il pronome nella penultima proposizione:
consegn a loro Ges perch fosse crocifisso 174.
4. Analoga la lezione di Mc 15,15, che ottiene di conseguenza che Ges
risulti flagellato dai Giudei175 .
Tutte queste varianti non solo sono antigiudaiche, ma corrispondono effettivamente a quello che sappiamo del Diatessaron: alluniversalismo di
Taziano e alla riscrittura del racconto della Passione.
E certo dunque che in S vi siano due strati ben distinti: uno giudaico e
uno anti-giudaico. Ma sin troppo ovvio che impossibile che un manoscritto siriaco dei vangeli della fine del IV secolo sia stato giudaizzato.
Si deve quindi ritenere valida lopinione di Lyon e dei suoi predecessori, moderandola per con le osservazioni di Nicklas: la Vetus Syra stata
realizzata realmente da traduttori ebrei di lingua siriaca, ma stata successivamente contaminata dal Diatessaron.
Esiste, per, unultima possibilit: che i traduttori originali della Vetus
Syra pur essendo ebrei avessero una teologia antigiudaica.
Si pu scartare questa ipotesi ritrovando, al di l dellinfluenza del
Diatessaron e del processo di corruzione, le tracce della teologia originale
dei traduttori della Vetus Syra.
Come noto uno dei luoghi classici che testimoniano lantigiudaismo
del vangelo greco di Giovanni lallusione a Is 6,9-10 riportata in Gv
12,40:
Ha accecato i loro occhi e indurito il
loro cuore affinch non vedano con
gli occhi e [non] comprendano con il
cuore e [non] si convertano e io li
176
guarisca .

tetu,flwken auvtw/n tou.j ovfqalmou.j


kai. evpw,rwsen auvtw/n th.n kardi,an(
i[na mh. i;dwsin toi/j ovfqalmoi/j kai.
noh,swsin th/| kardi,a| kai. strafw/sin(
kai. iva,somai auvtou,j

La Vetus Syra, seguita e confermata dalla Peshitta, rigetta il determinismo del testo greco e traduce:
________

173. Cf. per n. 168.


174. Lo studioso tedesco ammette per che la variante attestata anche in diversi testimoni

greci e latini.
175. Ibid., 47-48.
176. Dal momento che il testo greco ha un futuro, diversi autori oggi preferiscono tradurre:

e io li guarir e intenderlo come promessa, cf. per es. Brown, Giovanni, 631; Wengst,
Giovanni, 508-509.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

167

Hanno accecato i loro occhi e ottene-  [] [] 


brato il loro cuore affinch non ve-   
. [ ]
dano con i loro occhi e [non] odano e
[non] si convertano e io perdoni
177
loro .

Il traduttore siro - che mostra di conoscere linterpretazione giudaica


del passo profetico traducendo lultimo verbo con la radice come far
lautore del Targum Yonathan in Isaia 6,10 - non esita a cambiare il soggetto dei primi due verbi178: non Dio che ha accecato gli occhi del popolo
ebraico, ma sono coloro che non hanno creduto in Ges ad aver chiuso i
propri occhi179. Non esiste, dunque, alcuna predestinazione del popolo di
Israele alla condanna180.
Punti di contatto tra la Vetus Syra e il Diatessaron
Prima di concludere necessario esaminare i punti di contatto tra le due
versioni.
E indubbio che le due versioni siano state concorrenti per molti secoli
e che inevitabilmente abbiano generato numerose recensioni intermedie.
Tutti i testimoni delle due versioni presentano un testo misto181. Ovviamente anche i manoscritti della Vetus Syra possono essere stati contaminati
dal Diatessaron.
Si osservi come Mt 1,19a, che stato discusso sopra, sia riportato in C:
Giuseppe, poich era un uomo giu-    
...
sto
________

177. In siriaco sussiste lo stesso problema di interpretazione che abbiamo segnalato per il

testo greco, anzi pi acuto. Almeno da un punto di vista teorico il versetto si potrebbe
tradurre: Hanno accecato i loro occhi e ottenebrato il loro cuore affinch non vedano con i
loro occhi. Ma udranno e si convertiranno e io perdoner loro.
178. Per quanto la variante riporti il testo giovanneo pi vicino a quello matteano, non
una ripetizione di Mt 13,15 n della LXX e nemmeno della Peshitta di Is 6,10.
179. Questa variante corrisponde allomissione che abbiamo segnalato sopra alla n. 154.
180. Altre versioni di Isaia hanno tentato di mitigare loriginale, ma a quanto ci risulta la

lezione della Vetus Syra non ha paralleli n nelle tradizioni cristiane n in quelle ebraiche.
Si confronti su questo argomento: Evans, To see and not to perceive, che per purtroppo non
conosce il nostro testimone.
181. Allapice di questo processo si trova il Diatessaron arabo, che come si accennato,

conserva la struttura tazianea, ma presenta il testo della Peshitta.

168

G. LENZI

In questo caso facile stabilire che C stato corretto in base al Diatessaron. La tendenza teologica opposta a quella originale della Vetus Syra e
concorda con quella di Taziano. Il testo autentico , perci, quello conservato da S:
Giuseppe, suo marito, poich era
giusto...

... 

La constatazione che C stato assimilato al Diatessaron, ci fa propendere a pensare che anche S, di poco anteriore, possa essere stato contaminato dallarmonia di Taziano, come abbiamo indicato trattando il tema
dellantigiudaismo.
Ma necessario segnalare un altro fenomeno, sinora del tutto trascurato
dagli studiosi: la Vetus Syra e il Diatessaron sono eredi di tradizioni comuni pi antiche di entrambe le versioni.
Si noti, ad es., la traduzione di Lc 2,4-5 in S:
4

Sal anche Giuseppe dalla Galilea,


dalla citt di Nazaret, in Giudea alla
citt di Davide, che chiamata Betlemme, essendo egli della casa e
della dinastia di Davide, 5 per farsi
registrare con Maria, sua promessasposa, che era in cinta.
4
Anche Giuseppe sal dalla citt di
Nazaret di Galilea, in Giudea alla
citt di Davide, che chiamata Betlemme, 5 egli e Maria, sua moglie,
che era incinta, affinch l fossero
registrati, poich entrambi erano
182
della casa di Davide .

Ane,bh de. kai. VIwsh.f avpo. th/j


Galilai,aj evk po,lewj Nazare.q eivj th.n
VIoudai,an eivj po,lin Daui.d h[tij
kalei/tai Bhqle,em( dia. to. ei=nai auvto.n
evx oi;kou kai. patria/j Daui,d( 5
avpogra,yasqai
su.n
Maria.m
th/|
evmnhsteume,nh| auvtw/(| ou;sh| evgku,w|
   []  4
  
5
  
.   
. 

Lassegnazione di Maria alla casa di Davide sembra sia stata presente


anche nel Diatessaron183. Si noti CD I,25 (Lc 2,4)184 :
________

182. Lo spostamento dellinciso dal versetto 4 al 5 tipica dello stile del traduttore della

Vetus Syra.
183. Ci, per, contraddice lipotesi di Harnack relativa alleliminazione di ogni

riferimento a Israele nel Diatessaron, che esamineremo successivamente.


184. Anche in CD I,26; Nat II,16. La variante, per, attestata anche dai minuscoli greci
349 827 1216 1510 1579: dia. to. ei=nai auvtou.j (essendo loro); e dallAfra e (V sec.):
propterea quod essent... (poich erano). Unanaloga, ma non identica, lezione si ritrova in
Pep 3:

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

Entrambi erano della casa di Davide.

169

.  

Se, per, esaminiamo con attenzione il testo di S, vediamo che non segue il Diatessaron, perch al versetto 5 impiega lespressione (sua
moglie), che non poteva certo essere di Taziano. Si confronti a riguardo
Dem XXIII,20 [II, 64]185 :
Giuseppe e Maria, sua fidanzata,  
erano entrambi della casa di Davide.
.

E evidentemente questo il testo originale del Diatessaron.


Enrico Norelli ha gi dimostrato che la notizia che Maria fosse discendente di Davide era diffusa in Siria prima di Taziano186. Non quindi affatto necessario ritenere che qui la Vetus Syra dipenda dal Diatessaron e
non piuttosto da una tradizione locale pi antica.
Due versioni differenti
Le osservazioni presentate in questo articolo ci paiono sufficienti per documentare la tesi che nel II sec. esistevano due versioni siriache differenti
che non dipendevano una dallaltra187.
Il punto debole dellesposizione che si basa solo su pochi esempi. Per
contro, la nostra argomentazione ha due punti di forza.
Il primo che la maggioranza degli esempi addotti sono estremamente
significativi e univoci: non possono dipendere dalla svista di un traduttore o
di un copista, n dallo stile idiomatico caratteristico di entrambe le versioni.
________

Poich proveniva dalla stirpe del re For at he was comen of e kynde of e


Davide, che era di Betlemme, e anche sua kyng David at was of Bedleem and his
moglie.
wif also.
Per altre lezioni in testimoni tazianei occidentali secondari, si veda: fon Weringha, Heliand,
65-66, il quale, tra laltro, ritiene che in questo caso il Diatessaron abbia influenzato sia i
minuscoli greci che lAfra.
185. Cf. anche Peshitta.
186. Norelli, Ascensione di Isaia, 121.
187. Per la datazione della Vetus Syra si veda per es. Torrey, Documents, 249; Lyon,
Syriac Gospel Translations, 202; Williams, Early Syriac Translation Technique, 14. La
maggioranza degli studiosi, facendo dipendere i vangeli separati dal Diatessaron, la pone nel
III sec.. Per quanto riguarda la localit originaria della Vetus Syra le proposte sono varie: da
Antiochia (Lewis, Torrey) a Edessa (Burkitt) fino allAdiabene (Kahle, Lyon). Propendiamo
per Antiochia.

170

G. LENZI

Il secondo che pur trattandosi di differenze su piani eterogenei - cristologico, etico ed etnoreligioso - esse si corrispondono perfettamente. La
variante di sapore gnostico sulla incarnazione corrisponde alla preoccupazione di difendere la nascita verginale di Ges. A sua volta la verginit di
Maria rinvia a quella di Anna, mentre i Giudei - secondo il Liber graduum - la contestano. Ma, per chiudere il cerchio, lantigiudaismo del Diatessaron appare connesso con il pensiero gnostichezzante di Taziano.
Parimenti nella Vetus Syra lenfatizzazione del ruolo della Vergine nel
momento dellincarnazione corrisponde ed equilibra la sottolineatura della
paternit di Giuseppe, la quale a sua volta rafforza notevolmente il legame
tra Ges e i suoi antenati e quindi lappartenenza di Ges al popolo ebraico.
Infine, lassenza della preoccupazione di difendere la verginit di Maria si
comprende bene alla luce delle tendenze anti-encratite della Vetus Syra.
E del tutto evidente, quindi, che allorigine le due versioni erano distinte e che i traduttori della Vetus Syra non sono stati affatto influenzati
dalla teologia di Taziano. Le differenze, anzi, sono tali che si pu supporre
che le due opere siano state generate allinterno di due ambienti affatto differenti: il Diatessaron stato scritto da un etnicocristiano per una comunit
etnicocristiana, mentre la Vetus Syra stata realizzata da giudeocristiani
per una comunit giudeocristiana.
La distinzione tra le due versioni si pu discernere anche nelle scelte
lessicali operate dai diversi traduttori, come dimostreremo in un prossimo
studio188.
Giovanni Lenzi
Piccola Famiglia dellAnnunziata

________

188. Lenzi, Note sul lessico della Vetus Syra. Abbiamo gi offerto un primo esempio in

The Syriac Usage of the Term Life for Salvation.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

171

Abbreviazioni
Arab
Az
C
Cambr
CD
Cruc
Dem
Ep
Fid
Haar
LG
Lige
Nat
P
Pep
Pers
Pt
S
Sog
SangLat
SangTed
SHS
Tosc
Ven
Zur

Diatessaron arabo (con riferimento al capitolo e al paragrafo).


Hymni de Azymis di Efrem (con riferimento allinno e alla strofa).
ms. Curetoniano della Vetus Syra.
armonia di Cambridge (con riferimento al capitolo).
Il Commentario al Diatessaron di Efrem (con riferimento al capitolo).
Hymni de Crucifixione di Efrem (con riferimento allinno e alla strofa).
Demonstrationes di Afraate (con riferimento a capitolo, paragrafo e colonna).
Hymni de Ephiphania della scuola efremiana (con riferimento allinno e alla
strofa).
Hymni de Fide di Efrem (con riferimento allinno e alla strofa).
armonia di Haaren (con riferimento al capitolo).
Liber graduum (con riferimento a capitolo, paragrafo e colonna).
armonia di Liegi (con riferimento al capitolo).
Hymni de Nativitate di Efrem (con riferimento allinno e alla strofa).
Peshitta.
Pepysian, armonia in medio inglese.
Armonia persiana (con riferimento al capitolo e al paragrafo).
Vangelo di Pietro.
ms. Sirosinaitico della Vetus Syra.
Carmina Sogyata di Efrem (con riferimento allinno e alla strofa).
colonna latina del Codex Sangallensis (con riferimento al capitolo e al foglio).
colonna in alto tedesco antico del Codex Sangallensis (con riferimento al capitolo e al foglio).
Sermones in Hebdomadam Sanctam della scuola efremiana (con riferimento
al memra e al verso).
armonia in toscano (riferimento al capitolo e la pagina).
armonia in veneto (riferimento al capitolo e la pagina).
armonia di Zurigo (con riferimento al capitolo).

172

G. LENZI

Bibliografia
Versioni siriache e Diatessaron
The Old Syriac Gospels or Evangelion da-mepharreshe; being the text of the Sinai or
Syro-Antiochene Palimpsest, a c. di A. Smith Lewis, London: William & Norgate
1910.
Evangelion da-mepharreshe. vedi Burkitt.
Tetraeuangelium Sanctum juxta simplicem Syrorum versionem, a c. di P.E. Pusey - G.H.
Gwilliam, Oxford: Clarendon 1901 [rist. Piscataway: Gorgias 2003].
Comparative Edition of the Syriac Gospels, a c. di G.A. Kiraz, 4 vols., Leiden: Brill 1996.
A Greek Fragment of Tatians Diatessaron from Dura, Studies and Documents III, a c. di
C.H. Kraeling, London: Christofers 1935.
The Parchments and Papyri (The Excavations at Dura-Europos ..., Final Report), vol. 5/I,
New Haven: Yale University Press 1959.
Diatessaron de Tatien. Texte arabe tabli, traduit en franais, collationn avec les anciennes versions syriaques, suivi dun vangliaire diatessarique syriaque, a c. di A.S.
Marmardji, Beirut: Imprimerie Catholique 1935.
Diatessaron Persiano, (Biblica et orientalia 14), a c. di G. Messina, Roma: Pontificio Istituto Biblico 1951.
Codex Fuldensis. Novum Testamentum Latine interprete Hieronymo ex manuscripto Victoris Capuani, a c. di E. Ranke, Marburg: Elwert 1868.
Die lateinisch-althochdeutsche Tatanbilingue Stiftsbibliothek St. Gallen Cod. 56, a c. di A.
Masser, (SA 25), Gttingen: Vandenhoeck & Ruprecht 1994.
The Lige Diatessaron, a c. di D. Plooij - D. Phillips - A. Bakker, 8 vol., Amsterdam: Koninklije Akademie van Wetenschappen 1929 - 1970.
Diatessaron Leodiense, (CSSN ser. min. I, 1), a c. di C.C. de Bruin, Leiden: Brill 1970.
Diatessaron Haarense, (CSSN ser. min. I, 2), a c. di C.C. de Bruin, Leiden: Brill 1970.
Diatessaron Cantabrigense, (CSSN ser. min. I, 3), a c. di C.C. de Bruin, Leiden: Brill
1970.
Diatessaron Theodiscum, (CSSN ser. min. I, 4), a c. di C. Gerhardt, Leiden: Brill 1970.
Il Diatessaron in volgare italiano, testi inediti dei secoli XIII - XIV, (Studi e testi LXXXI),
a c. di V. Todesco - A. Vaccari - M. Vatasso, Vaticano: Libreria Editrice Vaticana
1938.
The Pepysian Gospel Harmony (Early English Text Society: Original Series 157), a c. M.
Goates, London: Oxford University Press 1922.

Altre versioni bibliche e testi apocrifi


Biblia Hebraica Stuttgartentia, ed. quinta a c. di A. Schenker, Stuttgart: Deutsche Bibelgesellschaft 1997.
Novum Testamentum Graece, ed. vicesima septima a c. di K. Aland e B. Aland, Stuttgart:
Deutsche Bibelgesellschaft 1993.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

173

The Gospel according to St. Luke, a c. di The American and British Committiees of the International Greek New Testament Project, Oxford: Clarendon 1984
Itala: Das Neue Testament in altlateinischer berlieferung, a c. di A. Jlicher - W.
Matzkow - K. Aland, 4 vols., Berlin: de Gruyter 1963-19762.
Novum Testamentum, a c. di I. Wordsworth e H.I. White, Oxford: Clarendon 1889-1898
Biblia Sacra Vulgata, a c. di R. Weber et alii, Stuttgart: Deutsche Bibelgesellschaft 1983 3.
Codex Rehdigeranus: die vier Evangelien nach der lateinischen Handschrift R 169 der
Stadtbibliothek Breslau, a c. di J. Vogels, Roma: Pustet 1913.
The Targum of Isaiah, a c. di J.F. Stenning, Oxford: Clarendon 1949.
The Christian Palestinian Aramaic New Testament Version from the early Period Gospels,
(CCPA IIA), a c. di C. Mller-Kessler e M. Sokoloff, Groningen: STYX 1998.
The Palestinian Syriac Lectionary of the Gospels, a c. di A. Smith Lewis e M.D. Gibson,
London 1899 [Rist. Jerusalem: Makor 1971].
vangile de Pierre. Introduction, texte critique, traduction, commentaire et index, (SC
201), a c. di M.G. Mara, Paris: Cerf 1973.
La forme la plus ancienne du Protvangile de Jacques, a c. di . de Strycker, Bruxelles Socit des Bollandistes 1961.
The Doctrine of Addai, a c. di G. Phillips, London: Trbner 1876.

Altre fonti (in ordine cronologico)


Ignacio de Antioqua, Cartas, a c. di J.J.A. Calvo, Madrid: Ciudad Nueva 1991.
Oracula sibyllina, (GCS 8), a c. di J. Geffcken, Leipzig: Hinrichs 1902.
Iustini martyris apologiae pro christianis, a c. di M. Marcovich, Berlin: De Gruyter 1994.
Iustini martyris Dialogus cum Tryphone, a c. di M. Marcovich, Berlin: de Gruyter 1997.
Tatiani Oratio ad Graecos, a c. di M. Marcovich, Berlin: de Gruyter 1995.
Tatian. Oratio ad Graecos and fragments, a c. di M. Whittaker, Oxford: Clarendon 1982.
Irne de Lyon, Contre les hrsies. I, (SC 264), a c. di A. Rousseau e L. Doutreleau, Paris:
Cerf 1979.
Clemens Alexandrinus, Stromata I-IV, a c. di O. Sthlin e C. Frchtel, (GCS 52), Berlin:
Akademie Verlag 1960.
Clemens Alexandrinus, Eclogae propheticae, a c. di O. Sthlin e C. Frchtel (GCS 17),
Berlin: Akademie Verlag 1970.
Tertulliani Opera, a c. di A. Reifferscheid e G. Wissowa, Praha: Tempsky 1890.
Hyppolytus Romanus, Refutatio omnium haeresium, a c. di M. Marcovich, Berlin: de
Gruyter 1986.
Origenes, Contra Celsum libri VIII, a c. di M. Marcovich, Leiden: Brill 2001.
Der Dialog des Adamantius, peri thj eis qeon orthj pistewj, a c. di W.H. van de Sande
Bakhuyzen, Leipzig: Hinrichs 1901.
Eusbe de Csare, Histoire Ecclsiastique, (SC 31, 41), a c. di G. Bardy, Paris: Cerf 19521955.
Eusebius, The Theophania or Divine Manifestation of our Lord and Saviour Jesus Christ, a
c. di S. Lee, London: Madden 1842
Aphraatis sapientis Persae demonstrationes, (PS I-II), a c. di J. Parisot, Paris: Firmin - Didot 1894 [rist. Paris: Brepols 1993].

174

G. LENZI

Saint phrem, Commentaire de lvangile concordant. Texte syriaque (manuscript Chester


Beatty 709), (Chester Beatty Monographs, No. 8), a c. di L. Leloir, Dublin: Hodges
Figgis 1963.
Saint phrem, Commentaire de lvangile concordant. Texte syriaque (manuscript Chester
Beatty 709). Folios Additionnels, a c. di L. Leloir, Louvain: Peeters 1990.
Saint phrem, Commentaire de lvangile Concordant. Version armnienne, (CSCO 137,
Arm a,2), a c. di L. Leloir, Louvain: Durbecq 1953.
Des heiligen Ephraem des Syrers Hymnen de Fide, (CSCO 154, Syr. 73), a c. di E. Beck,
Louvain: Durbecq 1955.
Des heiligen Ephraem des Syrers Hymnen Contra Haereses, (CSCO 169, Syr. 76), a c. di
E. Beck, Louvain: Durbecq 1957.
Des heiligen Ephraem des Syrers Hymnen de Nativitate (Ephiphania), (CSCO 186, Syr.
82), a c. di E. Beck, Louvain: Secrtariat du CorpusSCO 1959.
Des heiligen Ephraem des Syrers Paschahymnen, (CSCO 248, Syr. 108), a c. di E. Beck,
Louvain: Secrtariat du CorpusSCO 1964.
Ephraem Syrus, Sermones in Hebdomadam Sanctam, (CSCO 412, Syr. 181), a c. di E.
Beck, Louvain: Secrtariat du CorpusSCO 1979.
Epiphanius, Panarion, (GCS 25, 31, 37), a c. di K. Holl - J. Dummer, Berlin: Hinrichs Akademie Verlag 1915-1985.
S. Hieronymy presbyteri opera, Commentari in Phrophetas minores, (CChr.SL. 76)
Turnhout: Brepols 1969.
S. Hieronymy Aduersus Iovinianum, I,3 (PL 23,223).
S. Hieronymy Commentarii in iv epistulas Paulinas, Ad Titum (PL 26,590).
Liber graduum, (PS III), a c. di M. Kmosko, Paris: Firmin - Didot 1926.
Homiliae selectae Mar-Jacobi Sarugensis I, a c. di P. Bedjan, Paris: Harrassowitz 1910.
Romanos le Mlode, Hymnes, II Nouveau Testament, (SC 110), Paris: Cerf 1965.
The Commentaries of Isho!dad of Merv. II. Matthew and Mark in Syriac, (Horae Semiticae
VI), a c. di M. Dunlop Gibson e J. Rendel Harris, Cambridge: Cambridge University
Press 1911.
Isho bar Ali: Syrisch-Arabische Glossen 1, a c. di G. Hoffmann, Kiel 1874.
Dionysii Bar S]alibi commentari in Evangelia, (CSCO 15, Syr. 15) a c. di I. Sedlek e I.-B.
Chabot, Roma: De Luigi 1906 [rist. Louvain: Durbecq 1953].
Vita beatae Virginis Marie et Salvatoris rhythmica, a c. di A. Vgtlin, Tbingen: Laupp
1888.

Studi
Baarda T., John 1:5 in the Oration and Diatessaron of Tatian, Vigiliae Christianae 47
(1993), 209-225.
Baethgen F., Evangelienfragmente. Der Griechische Text des Curetonschen Syrers wiederhergestellt, Leipzig: Henrichs 1885.
Barnard L.W., The Heresy of Tatian, in Studies in Church History and Patristics
(Analekta Blatadwn 26), Thessalonik: Patriarcikon Idrhma Paterikwn Meletwn
1978, 181-193.
Barnard L.W., The Heresy of Tatian-Once Again, The Journal of Ecclesiastical History
19 (1968), 1-10.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

175

Bianchi U., Le thme du colloque en tant que problme historico-religieux, in La tradizione dellenkrateia. Atti del Colloquio Internazionale, Milano, 20-23 aprile 1982, a c.
di U. Bianchi, Roma: Ateneo 1985.
Black M., The Syriac Versional Tradition, in Die alten bersetzungen des Neuen Testaments, die Kirchenvterzitate und Lektionare, a c. di K. Aland, Berlin: de Gruyter
1972, 120-159.
Boismard M.-. - Lamouille A., Le Diatessaron: de Tatien Justin, Paris: Gabalda, 1992.
Bolgiani F., La tradizione eresiologica sullencratismo, Atti della Accademia delle
Scienze di Torino, 91 (1956-1957), 343-419.
Brock S., Passover, Annunciation and Epiclesis: Some Remarks on the Term Aggen in the
Syriac Versions of Lk. 1:35, Novum Testamentum 24 (1982), 222-233.
Brock S., The Baptists diet in Syriac Sources, Oriens Christianus 54 (1970), 113-124.
Brown R.E, Giovanni, Assisi: Cittadella 1979 [tit. or. The Gospel according to John, New
York: Doubleday 1966-1983].
Brown R.E., La nascita del Messia secondo Matteo e Luca, Assisi: Cittadella [tit. or. The
Birth of the Messiah, New York: Doubleday 1977].
Burkitt F.C., Evangelion da-mepharreshe. The Curetonian Version of the Four Gospels,
with the Readings of the Sinai Palimpsest and the early Syriac Patristic evidence, 2
vols. (I. Text; II. Introduction and Notes), Cambridge: Cambridge University Press
1904.
Charlesworth J.H., Tatians Dependence upon Apocryphal Traditions, The Heythrop
Journal, XV (1974), 5-17.
Cureton W., Quatuor Evangeliorum Syriace, recensionis antiquissimae, atque in Occidente
adhuc ignotae quod superest e codice vetustissimo Nitriensi, London 1848.
Danielou J., La teologia del giudeocristianesimo, Bologna: il Mulino 1974 [tit. or. Thologie du Judo-Christianisme, Tournai: Descle 1958].
Danilou J., Message vanglique et culture hellnistique aux IIe et IIIe sicles, Tournai:
Descle 1961.
de Srycker ., Le Protvangile de Jacques. Problmes critiques et exgtiques, in Studia
Evangelica III,2, a c. di F.L. Crosss, Berlin: Akademie Verlag 1964, 339-359.
Di Cristina S., Lidea di dnamis nel De Mundo e nellOratio ad Graecos di Taziano,
Augustinianum XVII (1977), 485-504.
Drijvers H.J.W., BardaisanofEdessa, Assen : Van Gorcum - Prakke 1966.
Drijvers H.J.W. e Reinink G.J., Taufe und Licht: Tatian, Ebionerevangelium und Thomasakten, in Text and Testimony, a c. di T.J. Baarda e altri, Kampen: Kok 1988, 91110.
Efrem, Inni pasquali, a c. di I. De Francesco, Milano: Figlie di San Paolo 2001.
Elze M., Tatian und sein Theologie, Gttingen: Vandenhoeck & Ruprecht 1960.
Evans C.A., To see and not to perceive, (Journal for the Study of the Old Testament Suppl.
64), Sheffield: JSOT 1989.
Filoramo G., Lattesa della fine. Storia della gnosi, Bari: Laterza 1993.
fon Weringha J., Heliand and Diatessaron, Assen: Van Gorcum 1965.
Gaca K.L., Driving Aphrodite from the World: Tatians Encratite Principles of Sexual
Renunciation, Journal of Theological Studies 53 (2002), 28-52.
Grant R.M., Conflict in Christology at Antioch, Studia Patristica XVIII/1, a c. di E.A.
Livingstone, Kalamazoo (Michigan): Cistercian Publications 1986, 141-150
Grant R.M., Tatian (Or. 30) and the Gnostics, The Journal of Theological Studies 15
(1964), 65-69.

176

G. LENZI

Grant R.M., The Heresy of Tatian, The Journal of Theological Studies 5 (1954), 62-68.
Grant R.M., Greek Apologists of the Second Century, London: SCM 1988.
Harnack A., Tatians Diatessaron und Marcions Commentar zum Evangelium bei
Ephraem, Zeitschrift fr Kirchengeschichte 4 (1881), 471-505.
Harris J.R., Fragments of the Commentary of Ephrem upon the Diatessaron, London: Clay
and Sons 1895.
Hjelt A., Die altsyrische Evangelienubersetzung und Tatians Diatessaron besonders in ihrem gegenseitigen Verhltnis untersucht, Leipzig: Deichert 1903.
Hunt E.J., Christianity in the Second Century. The Case of Tatian, London: Routledge
2003.
Jastrow M., A Dictionary of the Targumim, the Talmud Babli and Yerushalmi, and the
Midrashic Literature, New York 1903 [rist. Jerusalem: Horev s.d.].
Joosse P., An Introduction to the Arabic Diatessaron, Oriens Christianus 83 (1999), 72129.
Joosse P., An Introduction to the so-called Persian Diatessaron of Iwannis `Izz al-Din of
Tabriz: the Testimony of John 2:1-11 (the Wedding at Cana), Oriens Christianus 86
(2002), 13-45.
Joosten J., The Dura Parchment and the Diatessaron, Vigiliae Christianae 57 (2003),
159-175.
Joosten J., The Syriac Language of the Peshitta and Old Syriac Versions of Matthew. Syntactic Structure, Inner-Syriac Developments and Translation Technique, Leiden: Brill
1996.
Juckel A., A Re-examination of Codex Phillipps 1388, Hugoye 6 (2003).
Kahle P., The Cairo Geniza (The Schweic Lectures), Oxford: Blackwell 1959 2.
Kmosko M., De apocrypha quadam dominici baptismi descriptione corollarium, Oriens
Christianus 4 (1904), 194-203.
Lange C., The Portrayal of Christ in the Syriac Commentary on the Diatessaron, Louvain:
Peeters 2005.
Leloir L., Le Diatessaron de Tatien, LOrient Syrien 1 (1956), pp 208-231.313-334.
Leloir L., Commentaire de lvangile concordant ou Diatessaron, Paris: Cerf 1966.
Leloir L., Lvangile d phrem daprs les oeuvres dites, Louvain: Secrtariat du CorpusSCO 1958.
Lenzi G., I Vangeli siriaci, in I Vangeli dei Popoli a c. di G. Cavallo, F. DAiuto e altri,
Roma: Biblioteca Vaticana - Ed. Rinnovamento (2000), 37-45.
Lenzi G., Lantica versione siriaca dei Vangeli dopo centocinquantanni di ricerca, Annali di Scienze Religiose 3 (1998), 263-278.
Lenzi G., Le Sacre Scritture in siriaco: le origini, in Le ricchezze spirituali delle Chiese
sire, a c. di E. Vergani - S. Chial, Milano: Centro Ambrosiano - ITL 2003, 51-68.
Lenzi G., Note sul lessico della Vetus Syra, Annali dellIstituto Orientale di Napoli, 65
(2005), in stampa.
Lenzi G., The Syriac Usage of the Term Life for Salvation Reconsidered, Journal of
Northwest Semitic Languages 32/1 (2006), pp. 83-95.
Lyon J.P., Syriac Gospel Translations. A Comparison of the Language and Translation
method used in the Old Syriac, the Diatessaron and the Peshitto, (CSCO 548, Subs
88), Louvain: Peeters 1994.
Malzoni C.V., Jesus: Messias e vivificador do mundo, Paris: Gabalda 2005.
Meier J.P., Un ebreo marginale, 3 voll., Brescia: Queriniana 2001-2003.

DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

177

Messina G., Notizia su un Diatessaron persiano tradotto dal siriaco, Roma: Pontificio
Istituto Biblico 1943.
Metzger B.M., A Textual Commentary on the Greek New Testament, Stuttgart: United Bible Societies 19752.
Metzger B.M., Chapters in the History of New Testament Textual Criticism, Leiden: Brill
1963.
Metzger B.M., The Early Versions of the New Testament. Their Origin, Transmission and
Limitations, Oxford: Clarendon 1977.
Mimouni S.C., Le judo-chrisianisme ancien, Paris: Cerf 1998.
Moraldi L., Apocrifi del Nuovo Testamento. Vangeli, Casale Monferrato: Piemme 20013.
Nicklas T., Die altsyrische Sinaiticus-Handschrift (Sy-s) als Zeuge antijdischer Tendenzen, Aramaic Studies 1 (2003), 29-53.
Norelli E., La tradizione sulla nascita di Ges nellvALHQHS LOGOS di Celso, in Discorsi di Verit, a c. di L. Perrone, Roma: Augustinianum 1998.
Norelli E., LAscensione di Isaia. Studi su un apocrifo al crocevia dei cristianesimi, Bologna: EDB 1994.
Orbe A., El pecado de Eva, signo de divisin, Orientalia Christiana Periodica XXIX
(1963), 305-330.
Orbe A., Variaciones gnsticas sobre las alas del Alma, Gregorianum 35 (1954), 18-55.
Orbe A., Cristologa gnostica, Madrid: BAC 1976.
Orbe A., La teologia dei secoli II e III, Casale Monferrato: Piemme 1995 [tit. or. Introduccin a la teologa de los siglos II y III, Roma: PUG 1987].
Orbe, A propsito de Gen. 1, 3 (fiat lux) en la exegesis de Taciano, Gregorianum 42
(1961), 401-443.
Orbe, A., Estudios Valentinianos. III. La uncin del Verbo, Roma: PUG 1961.
Ortiz de Urbina I., Vetus Evangelium Syrorum et exinde excerptum Diatessaron Tatiani,
(Biblia Polyglotta Matritensia 6), Madrid: Consejo Superior de Investigaciones Cientficas 1967.
Payne Smith R., Thesaurus Syriacus, 2 voll., Oxford: Clarendon 1879-1901.
Perrin N., Hermeneutical Factors in the Harmonization of the Gospels and the Question of
Textual Authority, in Biblical canons (BETL 163), a c. di J.-M. Auwers e H.J. De
Jonge, Leuven: Leuven University Press 2003, 599-605.
Perrin N., Thomas and Tatian, Atlanta: Society of Biblical Literature 2002.
Petersen W.L., New Evidence for the Question of the Original Language of the Diatessaron, in Studien zum Text und zur Ethik des Neuen Testament. (Festschrift zum 80. Geburtstag von Heinrich Greeven: BZNW 47), Berlin: de Gruyter 1986, 325-343.
Petersen W.L., Tatian the Assyrian, in A Companion to Second-Century Christian
Heretics, a c. di A. Marjanen e P. Luomanen, Leiden: Brill, 2005, 125-158.
Petersen W.L., Textual Evidence of Tatians Dependence upon Justins
VAPOMNHMONEUMATA, New Testament Studies 36 (1990), 512-534.
Petersen W.L., Tatians Diatessaron: Its Creation, Dissemination, Significance, and History in Scholarship, (VC Sup 25), Leiden: Brill 1994.
Schmid U.B., In Search of Tatians Diatessaron in the West, Vigiliae Christianae 57
(2003), 176-199.
Schwen P., Die syrische Wiedergabe der neutestamentlichen Eigennamen, Zeitschrift fr
die Alttestamentliche Wissenschaft 31 (1911), 267-303 .

178

G. LENZI

Sfameni Gasparro G., Il progetto antropologico nella tradizione dellEnkrateia: modalit


diverse e problemi, in Trattato di Antropologia del Sacro. IV Crisi, rotture e cambiamenti, a c. di J. Ries et alii, Milano: Jaca Book - Massimo 1995, 117-141.
Sfameni Gasparro G., Enkrateia e antropologia, Roma: Augustinianum 1984.
Shedinger R.H., Tatian and the Jewish Scriptures. A Textual and Philological Analysis of
the Old Testament Citations in Tatians Diatessaron, (CSCO 591, Subs 108), Louvain:
Peeters 2001.
Smith Lewis A., Light on the four Gospels from the Sinai Paimpsest, London: Williams &
Norgate 1913.
Tardieu M., Comme travers un tuyau. Quelques remarques sur le mythe valentinien
de la chair cleste du Christ, in Colloque international sur les textes de Nag Hammadi, a c. di B. Barc, Louvain : Peeters 1981, 151-177.
Torrey C.C., Documents of the Primitive Church, New York: Harper & Brothers 1941.
Vogels J., Lc 2,36 im Diatessaron, Biblische Zeitschrift 11 (1913), 168-171.
Vbus A., The Oldest Extant Traces of the Syriac Peshitta, Museon LXIII (1950), 191204.
Vbus A., Early Versions of the New Testament: Manuscript Studies, Stockholm: Estonian Theological Society in Exile 1954.
Vbus A., History of Ascetism in the Syrian Orient, (CSCO 184, 197 Subs 14, 17), Louvain: Secrtariat du CorpusSCO 1958, 1960.
Vbus A., Studies in the History of the Gospel Text in Syriac, (CSCO 128, Subs 3), Louvain: Durbecq 1951.
Wengst K., Il vangelo di Giovanni. Capitoli 1-10; Brescia: Queriniana 20054 [tit. or. Das
Johannesevangelium. Kapitel 1-10, Stuttgart: Kohlhammer]
Williams P.J., Early Syriac Translation Technique and the Textual Criticism of the Greek
Gospels, Piscataway NJ: Gorgias 2004.
Winkler G., Die Licht-Erscheinung bei der Taufe Jesu und der Ursprung des
Epiphaniefestes, Oriens Christianus 78 (1994), 177-223.
Zahn T., Forschungen zur Geschichte des neutestamentlichen Kanons und der altkirchlichen Literatur. I: Tatians Diatessaron, Erlangen: Deichert 1881.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA


Un rapporto necessario difcile1

G. Segalla
1. Il problema posto dal canone
Una Bibbia, due Testamenti:2 lespressione, che indica sinteticamente il
canone cristiano, rivela nella maniera pi semplice il problema che suscita.
Bench il nome originario Biblia/libri sia plurale, nella semantica usuale
passato a signicare il Libro per eccellenza, chiamato anche qualitativamente Sacra Scrittura. Un Libro composto di due parti in tensione fra
loro, che ha per un unico autore creduto, Dio (Dei Verbum 9), specchio
di una esperienza unitaria transcanonica e testimonia una tradizione altrettanto transcanonica, perch inizia, questa tradizione e questa esperienza
prima del canone e, chiuso il canone, continua a vivere nella comunit
cristiana attraverso il tempo.
Questa unit della Bibbia, creduta, messa in questione dalla duplicit
dei due Testamenti, provenienti da tempi diversi, espressione uno del po1. Bibliograa oltre a quella gi registrata in G. Segalla, Teologia Biblica del Nuovo Te-

stamento (Logos 8/2), Torino 2006, 536: G. Aragona - E. Junod - E. Norelli (ed.), Le
canon du Nouveau Testament. Rgards nouveaux sur lhistoire de sa formation (Monde
de la Bible 54), Gnve 2005; H. Bloom, The Western Canon, London 1995; C. Dohmen
- F. Mussner, Nur die halbe Wahrheit? Fr die Einheit der ganzen Bibel, Freiburg etc.
1993; C. Dohmen - M. Oeming, Biblischer Kanon: warum und wozu? (QD 137), Freiburg
etc. 1992; H. Frankemlle, Biblische Theologie, Semantisch-historische Anmerkungen
und Thesen, ThGl 92 (2002) 157-176; H. Gese, Erwgungen zur Einheit der Biblischen
Theologie, in Id., Vom Sinai zum Sion. Alttestamentliche Beitrge zur biblischen Theologie, Mnchen 19903, 11-30; H.-J. Hermisson, Christus als die Mitte der Schrift. Studien
zur Heremeneutik des Evangeliums, Berlin 1997; B. Janowski - P. Stuhlmacher (ed.), Der
leidende Gottesknecht. Jesaia 53 und seine Wirkungsgeschichte (FAT 14), Tbingen 1996;
A. Loveday, Gods Frozen Word. Canonicity and Dilemmas of Biblical Studies Today,
ExpT 117 (2006) 231-242 (critica B.S. Childs); O. Merk, Theologie des Neuen Testaments
und Biblische Theologie, in F.H. Horn (ed.), Bilanz und Perspektiven gegenwrtiger Auslegung des Neuen Testaments (BZNW 75), Berlin - New York 1995, 112-143; E. Norelli
(ed.), Rcueils normatifs et canon dans lAntiquit. Perspectives nouvelles sur la formation
du canon juif et chrtien dans leur contexte culturel, Lausanne 2004; R. Rendtorff, Christliche Identitt in Israels Gegenwart, EvTh 55 (1995) 3-12; M. Wyschogrod, The Body of
Faith. God and People of Israel, Northvale NJ 19962; E. Zenger, Lebendige Welt der Bibel,
Freiburg 1997.
2. C. Dohmen - T. Sding (ed.), Eine Bibel-Zwei Testamente (Uni-Taschenbcher 1893),
Paderborn etc. 1995: undici proposte di Teologia Biblica dellAT e dieci del Nuovo con
introduzione rispettivamente dei due curatori.
LA 56 (2006) 179-212

180

G. SEGALLA

polo di Israele come popolo di Dio, laltro della comunit cristiana, nata
peraltro allinterno del popolo ebraico, che possedeva gi le sue Scritture
sante3. Come si pu parlare di un unico libro quando contiene due Testamenti in tensione fra loro? Gi n dagli inizi della Chiesa si tentato di
ricostruire una unit canonica o eliminando la tensione, togliendo lAntico
Testamento (AT) dal canone cristiano e riducendolo a Vangelo (di Luca) e
Apostolo (Paolo), come fece Marcione nel II secolo, oppure leggendo lAT
allegoricamente come parlasse solo di Cristo e bollando come falsa la lettura ebraica dellAT, come fa la lettera di Barnaba. Senza dire delle difcolt
che pone lo stesso Nuovo Testamento (NT), quando si voglia dimostrare
lunit teologica dei 27 libri, di cui si compone4.
Ecco il problema cui chiamata a rispondere una vera Teologia Biblica
(TB) che si prenda a carico di argomentare quanto creduto dalla fede:
lunit fondamentale dei due Testamenti cos da formare ununica Bibbia.
La Teologia Biblica infatti nata alla conuenza di diversi impulsi della
modernit, tra cui la crisi del principio scritturistico protestante (Biblia interpres sui), causato dalla ricerca liberale della storia del canone pubblicata
da Johann Salomo Semler (1706-1757) nel clima illuminista del 17715.
Poco dopo nel 1787 Philip Gabler (1753-1826) proponeva lo statuto della
TB nel discorso di inaugurazione del suo insegnamento alluniversit di
Nrnberg in Altdorf: De justo discrimine theologiae biblicae et dogmaticae regundisque recte utriusque nibus6: rispetto alla teologia dogmatica la
TB ha per oggetto proprio la Bibbia e come metodo proprio, quello storico.
Guidato dal principio illuministico delle verit razionali, egli cercava nella
Bibbia ununit teologica concettuale che potesse dare unit alla variet che
presentava la teologia dogmatica. Il canone, in questa prospettiva, veniva
accettato quale dato teologico pacico come pure lunit di Antico e Nuovo
Testamento. Ma a cominciare dal primo studioso che, dopo di lui, inizi
a scrivere una TB, Georg Lorenz Bauer (1755-1806), si separarono subito
3. A Scritture Sacre e Sacra Scrittura, che risentono della fenomenologia religiosa pre-

ferisco come in tedesco Scritture Sante e Santa Scrittura.


4. Classico su questo argomento J.D.G. Dunn, Unity and Diversity in the New Testament,
London - Philadelphia 1977.
5. Johann Salomo Semler, Abhandlung von freier Untersuchung des Canons, 4 voll., Halle
1971; ristampa parziale curata da Heinz Scheible (TKTG 5), Gtersloh 19802.
6. Ph. Gabler, Kleine theologische Schriften, (ed. Th.A. Gabler e J.G. Gabler), vol. II, Ulm
1981, 179-188; trad. inglese di J. Sandys-Wunsch - L. Eldredge, Gabler and the Distinction
between Biblical and Dogmatic Theology. Translation, Commentary, and Discussion of his
Originality, SJT 33 (1980) 133-138; trad. tedesca in G. Strecker (ed.), Das Problem der
Theologie des Neuen Testaments (WdF 367), Darmstadt 1975, 32-44.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

181

Biblische Theologie des Alten Testaments (Leipzig 1796) e Biblische


Theologie des Neuen Testaments (4 voll., Leipzig 1800-1802). E tuttavia
nei titoli delle opere degli inizi Biblische Theologie rimase no al 18367,
per scomparire quasi del tutto subito dopo e ricomparire in epoca recente,
come vedremo. Secondo G. Strecker ci dovuto alla concezione tradizionale di Teologia Biblica che allora vigeva, e che presupponeva lunit di
Antico e Nuovo Testamento, lintegrit del canone e lidentit di teologia
scritturistica e dogmatica8. Questi tre presupposti vennero messi in crisi dal
metodo storico-critico applicato allo studio della Bibbia: lunit di Antico
e NT fu messa in questione dalla critica che ne rivelava invece la profonda
diversit storico letteraria e concettuale, accentuata in seguito dalla teologia
kerygmatica; il canone dellAT si dimostrato diverso per ebrei e cristiani
e per di pi anche i cristiani hanno avuto e hanno diversi canoni; inne,
come abbiamo visto gi con Ph. Gabler, la teologia biblica si era separata
dalla teologia dogmatica e pretendeva diventarne il principio critico.
In seguito al metodo storico critico e storico religioso si passati poi dal
modello illuminista a quello positivista, in cui predominava la storia e lesperienza storica sulle idee. Lunica maniera di salvare in qualche modo lunit
teologica almeno del NT era quella di abbandonare la storia al dominio della
critica per concentrarsi nella interpretazione esistenziale della fede, di cui
testimone la classica Teologia del NT di R. Bultmann. Di conseguenza si
era abbandonata da tempo lidea e il progetto di una teologia biblica, in un
orizzonte in cui lAT veniva progressivamente perso di vista, a parte lopera
classica di Von Rad. La Teologia del NT della prima met del novecento
inuenzata da Bultmann, creava cos una diastasi con lAT, abbandonato
praticamente agli ebrei. Perci si sent, soprattutto in ambiente tedesco, la
necessit di recuperare la storia alla teologia biblica e di riprendere in seria
considerazione teologica lAT come parte integrante della Bibbia9.
Nella seconda met del secolo XX si possono individuare cos due momenti signicativi in cui la TB riprese vita, passando da un interesse per la
storia del canone10 ad un profondo interesse per la sua teologia: i due momenti vanno posti rispettivamente intorno agli anni settanta e novanta.
7. Segalla, Teologia Biblica, 19-20.
8. G. Strecker, Biblische Theologie oder Theologie des Neuen Testaments, in C. Dohmen

- T. Sding (ed.), Eine Bibel - zwei Testamente, Paderborn 1995, 267-273 (pp. 267-268).
9. Si vedano alcuni titoli della nota bibliograca iniziale.
10. Classiche sono: B.F. Westcott, The General Survey of the History of the Canon of
the New Testament, London 18703 (18551); T. Zahn, Geschichte des neutestamentlichen
Kanons, 2 voll., Erlangen - Leipzig 1888-1892, rist. Heidelberg 1975; Id., Grundriss der

182

G. SEGALLA

2. La reazione degli anni settanta tra ermeneutica evangelica del canone neotestamentario ed ermeneutica canonica
La crisi del canone, generata dalla lunga stagione del metodo storico-critico, aveva prodotto solo Teologie dellAT e Teologie del NT o addirittura si era abbandonato il termine impegnativo di Teologia per scegliere
quello scienticamente pi trattabile di Religione11. Il canone biblico era
praticamente dimenticato come lista dei libri ispirati, che contengono la
testimonianza della rivelazione divina e quindi la norma della fede. E tanto
meno perci si affrontava il problema della sua unit.
Fu a partire dagli anni settanta che inizi una reazione esplicita, luna in
Germania di carattere teologico ermeneutico, laltra in America di carattere
pi propriamente canonico. Le esaminiamo separatamente.
2.1. Lermeneutica evangelica e la ricerca di un centro del canone neotestamentario
Un volume miscellaneo, curato da E. Ksemann, fotografa la situazione
del Nuovo Testamento come canone intorno agli anni settanta12. Vi sono
raccolti quindici contributi di quindici autori diversi, tedeschi, in un arco
di tempo di 30 anni, con una introduzione e una conclusione critica dello
stesso Ksemann.
Un primo cenno alla crisi del canone lo si trova gi in un articolo di
Ernst Strathmann del 1941 intitolato proprio Die Krisis des Kanons der
Kirche (pp. 41-61), in cui egli si richiama allopera gi ricordata di Semler
sul canone del lontano 1771, che metteva in crisi la concezione teologica
protestante del canone mediante la critica liberale. Rifacendosi alla concezione dialettica della Scrittura di M. Lutero - cio che la Scrittura va
interpretata secondo il criterio dellarticolo fondamentale della tradizione
Geschichte des neutestamentlichen Kanons, Leipzig 19042, rist. Heidelberg 1985; A. Harnack, Die Entstehung des Neuen Testaments und die Folgen der neuen Schpfung, Leipzig
1914; H.F. Von Campenhausen, Die Entstehung der Christlichen Bibel, Tbingen 1968;
B.M. Metzger, Il canone del Nuovo Testamento. Origine sviluppo e signicato, Brescia
1997 (ed. ingl. 1989, rist. 1997); L.M. McDonald, The Formation of the Christian Biblical
Canon, Peabody MA 1995.
11. Per una breve storia della questione a partire da W. Wrede no alla situazione attuale
postmoderna, si veda H. Risnen, Beyond New Testament Theology. A Story and a Programme, London 20002 (19901).
12. E. Ksemann (ed.), Das Neue Testament als Kanon, Gttingen 1970.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

183

evangelica, la giusticazione delluomo peccatore mediante la fede (Rm


1,17) oppure secondo laltro criterio, Was Christum treibt/Ci che porta a
Cristo Strathmann ne notava il contrasto con la tesi corrente della ispirazione verbale e con la concezione conseguente giuridico letterale della
Scrittura, dominante nellortodossia protestante. Ora, la critica moderna e il
libero esame del canone a partire da Semler, metteva in crisi proprio questa
concezione giuridico letteralista della Scrittura. Occorreva perci abbandonare la concezione di un canone come legge ssa della rivelazione divina
ed abbracciare invece una concezione personale, quella appunto di Lutero.
Strathmann conclude il suo contributo affermando perentoriamente:
La concezione della verit non giuridico dottrinale, ma personale secondo le parole di Ges: - Sono io la via, la verit e la vita - La crisi
del canone della Chiesa, eredit di Semler, pu essere superata solo
mediante la concezione storico religiosa dellautorit della Sacra scrittura
fondata nel reale rapporto vitale della Chiesa e dei suoi membri e tradursi
perci in libert (p. 61).
La concezione dogmatica della verit assoluta della Scrittura e quindi del canone in senso letteralista e intellettualista, era in realt lultima
conseguenza logica del principio protestante Sola Scrittura e Scriptura
interpres sui. La Scrittura si autorizzava da s, dal suo interno e non era
necessaria quindi lautorit esterna della Chiesa per determinare il canone e per essere interpretata in modo autorevole. Tale concezione giuridica intellettualistica, come la qualica Strathmann, era messa in crisi dalla
critica storica. La difesa disperata demandata allapologetica per sostenere
linerranza biblica o alla testimonianza interiore dello Spirito Santo, era insostenibile. Lautorit del canone come Scrittura non doveva quindi essere
fondata sullequiparazione fra Scrittura e parola di Dio. I libri del canone
sono stati scritti da uomini e non sono perci parola di Dio, ma testimonianza della verit rivelata per la nostra salvezza.
La drammatica presa di coscienza che la concezione protestante dellautorit della Scrittura in senso giuridico intellettuale era messa in crisi
dalla critica biblica, costringeva a ritornare alle origini della Riforma, allo
stesso Lutero e alla sua concezione dialettica dellautorit della Scrittura.
Lunit teologica del canone si poteva dimostrare solo mediante un principio critico assunto dallinterno del canone stesso: quello che viene chiamato
anche il canone nel canone, cio un libro privilegiato (Lettera ai Galati
e ai Romani) come principio critico per discernere nel canone lautentica
rivelazione della verit del Vangelo; oppure il centro del canone, cio una
verit fondamentale che possa giudicare la gradualit della verit biblica
nei vari libri del canone.

184

G. SEGALLA

Lo stesso E. Ksemann, nella sua valutazione nale parla ripetutamente


di canone nel canone (pp. 405 e 410) o della necessit di un centro del
canone (p. 410) per sostenere lunit teologica del canone contro la varia
e incomponibile variet messa in luce dalla critica storica. Perci tale unit
si pu argomentare solo ermeneuticamente. Ksemann con la forza dialettica che gli era propria, negava perentoriamente che il canone fosse storia
(semmai nella storia come suo orizzonte) come pure che fosse dottrina
(verit da credere). Vangelo, kerygma, annuncio di salvezza nellorizzonte della storia: Poich la realt terrena il luogo del Vangelo, non sono
identici canone e Vangelo (corsivo mio), ma si appartengono luno allaltro.
Il canone rappresenta il Vangelo come entrato nella storia (p. 408).
Contro una concezione carismatica della Scrittura e conseguente interpretazione carismatica egli tuonava: La viva vox evangelii non leco
di una voce celeste (corsivo mio), ma la richiesta di Dio agli uomini e al
mondo che abbraccia e attraversa ogni luogo, terra ed ogni tempo, e perci non un depositum dei (corsivo mio), intoccabile, ma il Vangelo
testimoniato da ogni uomo credente secondo la sua comprensione e possibilit, riutato dal non credente, falsicato dalla superstizione; insomma
il Vangelo non una summa theologica, Ogni tempo offre al Vangelo il
suo contesto (p. 409).
E sulla necessit del canone si esprimeva cos: Il canone limitato dice
che la nostra fede non fondata in noi stessi o nella nostra situazione, ma
fondata nel Vangelo gi dato e orientato a quel Cristo, che il Nazareno
Crocisso (p. 409). Perci sono richieste analisi storica e critica teologica
nella interpretazione della Bibbia. Ambedue, ciascuna a suo modo, portano
a un canone nel canone Non vi analisi storica (scientica) n critica
teologica (dal centro del canone) che non debbano rendere sempre necessaria una superprova Cos linterpretazione si realizza sia storicamente in
quanto valuta e distingue giustamente i dati, sia teologicamente in quanto
distingue il rapporto fra canone e Vangelo (p. 410).
E inne, a conclusione: Il canone mediante la testimonianza protocristiana e la limitata documentazione della dialettica tra Vangelo e mondo,
non un manuale di pura dottrina, non la sola sintesi della tradizione
apostolica n un libro edicante. la documentazione di quella storia nella
quale il Vangelo del Dio ignoto (At 17,22-31) si scontra col mondo degli
dei (p. 410).
A conclusione di questampia citazione di Strathmann e Ksemann,
vorrei sintetizzare la situazione degli anni settanta nellambiente evangelico
della Germania in alcuni brevi punti:
1) La crisi del canone in ambiente protestante si identica con la crisi

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

185

della concezione rigidamente letteralista, giuridico intellettuale della Scrittura, dipendente dalla tesi della ispirazione verbale, conseguenza logica
del principio della Sola Scriptura e Scriptura interpres sui. La difesa
apologetica e carismatica non reggeva pi di fronte alla critica storica del
canone e alluso del metodo storico-critico nellinterpretare la Scrittura.
2) La risposta alla sda si richiamava alle origini della Riforma, alla
concezione dialettica della Scrittura di Lutero. Solo il criterio dialettico del
Was Christum treibt permetteva di rilevare il centro unitario allinterno
del canone neotestamentario cos vario.
3) La soluzione ermeneutica si avvale liberamente della critica storica e
della critica teologica per scoprire la verit del Vangelo, aperta al confronto
critico col mondo e con le condizioni storiche in cui viene annunciato, creduto e vissuto. Il canone va mantenuto come vangelo, in cui annunciato il
Cristo crocisso per noi, in contrasto col mondo. Il canone come Vangelo
annunciato, creduto e vissuto quella raccolta di libri, chiamati Sacra
Scrittura in cui tale Vangelo rimane per sempre consegnato. Lesegesi,
avvalendosi della critica storica e teologica, avr il compito di scoprire
sempre di nuovo questo Vangelo, annunciarlo, crederlo e viverlo. palese
qui la teologia kerygmatica.
4) Il canone in quanto tale viene perci, in n dei conti, relativizzato
in rapporto al Vangelo, in esso racchiuso ma non ad esso identico, perch semmai il canone lo specchio del Vangelo nellorizzonte della storia
umana e ne contiene quindi i limiti. In questa prospettiva, in cui lAT
assolutamente ignorato, non possibile se non una Teologia del NT in
senso evangelico.
Il canone nel canone o il centro del canone come criteri di verit rivelata, se per un verso salvaguardano lunit teologica del canone neotestamentario, sacricano per altro verso il canone stesso e lo abbandonano
alla critica storica. Ed proprio a questo abbandono totale del canone alla
critica storica che si oppone la critica ed ermeneutica canonica che negli
stessi anni orisce negli Stati Uniti.
2.2. Critica ed ermeneutica canonica per una teologia biblica
Va notato subito il modo diverso di affrontare la crisi del canone intorno a
questi anni settanta in due ambienti diversi: da un parte lambiente europeo, dallaltro quello americano, luno alimentato da neotestamentisti, laltro aperto da anticotestamentisti, il primo in funzione di una ermeneutica
evangelica nel confronto col mondo inteso in senso negativo, il secondo

186

G. SEGALLA

teso alla formulazione di una teologia biblica come espressione e prova


dellunit e identit teologica della Bibbia comprendente Antico e Nuovo
Testamento, in relazione allidentit della Chiesa.
Intorno allo stesso anno 70, dunque, due autori americani, B.S. Childs e J.A. Sanders, ambedue anticotestamentisti, annunciano una specie di
Manifesto, un nuovo metodo di critica biblica, incentrato nel canone.
Signicativamente il libro manifesto di B.S. Childs portava il titolo Biblical
Theology in Crisis13. Il libro innovativo di J.A. Sanders usciva invece due
anni dopo col titolo Torah and Canon14. Trattiamo anzitutto di questultimo
per passare poi a Childs.
2.2.1. J.A. Sanders e il processo canonico
J.A. Sanders non ha prodotto come Childs unopera che raccoglie sinteticamente il frutto dei suoi vari studi, una Teologia Biblica, forse perch
si pone pi sul piano dellermeneutica che non su quello del contenuto
teologico del canone. Il suo principio euristico infatti quello del processo
canonico, mentre per Childs quello del contesto canonico. Il suo libro
fondamentale rimane quello iniziale Torah and Canon, dove esponeva la
sua tesi e il suo programma per una storia del canone, non nel senso
usuale della sua origine, ma nel senso del processo storico che ha portato
alla formazione del canone. quindi un problema sia storico che teologico quello del canone. Vale la pena di riportare: 1. il suo punto di vista,
2. la tesi nale e 3. il problema storico che pone il canone. Lo riassume
nellepilogo:
1. Il punto di vista della presente opera che la Bibbia, qualsiasi sia
la sua estensione, canone. Qualsiasi interesse presenti per la societ moderna da altri punti di vista (storia, letteratura) la Bibbia primariamente
canone per le comunit che trovano la loro identit nella lettura che ne
praticano, e che si sforzano di modellare il loro stile di vita su ci che dice
loro la Bibbia (ed. ing. 117/fr. 147).
13. B.S. Childs, Biblical Theology in Crisis, Philadelphia 1970.
14. J.A. Sanders, Torah and Canon, Philadelphia 1972, tradotto in francese da P. Maih col

titolo Identit de la Bible (LD 87), Paris 1975. Il libro senza note e senza bibliograa;
nelled. francese stata aggiunta alla ne una bibliograa ragionata, curata da Mary C.
Callaway (pp. 163-167), e una rassegna delle recensioni, scritta dallo stesso autore. Il libro
perci passato un po inosservato per questa sua modesta presentazione. Il volume che
raccoglie i suoi interventi pi signicativi su questo argomento invece: From Sacred Story
to sacred Text, Canon as Paradigm, Eugene OR 20002 (19871).

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

187

2. La tesi avanzata in questopera la seguente: un esame storico del


senso della Torah, del suo contenuto e della sua struttura, dei suoi antecedenti, della sua forma (Gestalt) offre un punto di partenza al dibattito sul
senso e lautorit della Bibbia presa nel suo insieme, qualsiasi sia la sua
ampiezza
3. Ci che interpella lo storico il fatto pi straordinario che si incontra in tutta la storia biblica: il popolo sopravvissuto e ha conservato una identit nelle comunit disperse dellesilio. Tale fatto richiede di
essere spiegato (corsivo mio) (118/148). Ed lautorit del canone che
lo spiega: Forse lautorit pi fondamentale del canone percepita e si
afferma nel momento in cui la comunit si vede costretta dalla stessa storia
in cui impegnata, a porre quel genere di questioni che vengono indirizzate alle tradizioni antiche al momento della nascita del giudaismo, cio
quando il canone ha cominciato a prendere forma (119/149). La domanda
che ricorre e ritorna sempre : Perch la Bibbia ebraica ha durato cos
tanto? (corsivo mio) Non solo perch vi sono state chiese e sinagoghe
che lhanno trasmessa. Ma perch la Bibbia essenzialmente diversa da
qualsiasi altro libro. Gli innato il riuto di assolutizzare ogni posizione
particolare, di farne il luogo in cui tutti gli uomini possono vivere sotto la
sovranit di Dio. Non vi tesi n dottrina che sfugga al giudizio di Dio,
non vi Credo che dispensi da Dio. La Bibbia presenta Dio meno come
immutabile che sempre in movimento, e quello che ci ha conservato riette
questa libert divina sotto forme che escludono ogni tentativo delluomo di
addomesticarlo In una Bibbia cos sempre diversa Dio rimane sempre lo
stesso. Una societ moderna supersviluppata che per essere libera, pretende
di rigettare il peso delle concezioni monolitiche della verit e possiede un
senso acuto del valore del dialogo e della dialettica, presto o tardi dovr
prendere coscienza di questo dilemma: o la libert che rivendica unillusione che copre il caos di un miliardo di dei, o un dono, che corona tutti
gli uomini, e li arma per la resistenza contro ogni tirannia che pretenda di
asservirli (116/145). La Bibbia come canone, cio come autorit divina e
come specchio in cui trova la sua identit il popolo di Israele, un fatto
storico, di cui lo storico deve dare spiegazione. Tale spiegazione consiste
nello studiare i momenti di crisi in cui Israele rischia di perdere la sua
identit e perci di perdersi, e il processo canonico che in essi si attuato,
vale a dire litinerario storico seguito dalle tradizioni di Israele per arrivare
progressivamente a congurarsi nella Torah come specchio della propria
identit; tale processo canonico per cui tradizioni passate vengono rilette
alla luce di nuovi eventi che minacciano la stessa esistenza del popolo,
come lesilio babilonese e la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. Il pro-

188

G. SEGALLA

cesso canonico una rilettura e riscrittura delle tradizioni originarie no a


quando raggiungono la loro stabilit nella Torah canonica alla luce di nuovi
eventi e situazioni, per cui si ha insieme la stabilit delle tradizioni e la loro
adattabilit a nuove situazioni. Il processo canonico nella storia diviene
poi il modello dellermeneutica canonica che continua nella storia la forza
dinamica della Bibbia come canone. Soggetto di questa ermeneutica la
Chiesa, la comunit cristiana. La Bibbia in tal modo, come canone, viene
posta nel suo luogo proprio, la Chiesa di cui diviene specchio di identit
nella fede. ovvio quindi che solo la fede della Chiesa, il riconoscimento
dellautorit del canone e della propria identit in esso rispecchiata, sia la
condizione previa di ogni teologia biblica.
In questa impostazione, la novit sta nel fatto che il canone non viene
considerato dallesterno come determinato dalla Chiesa (da qualche decreto) ma viene letto come un processo allinterno della storia e ha a che fare
con la storia di un popolo e con la storia della Chiesa, di cui la Bibbia il
libro proprio. nella dinamica storica ed ermeneutica del processo canonico la forza e la novit della proposta di Sanders. Canone come identit della
Bibbia divenuto e diviene sempre identit di un popolo e della Chiesa,
perch canone e Chiesa si corrispondono e si appartengono. Il canone non
quindi un deposito delimitato di verit, ma fonte di vita, di identit, di
storia passata presente e futura. La critica canonica mediante lo studio del
processo canonico e la sua applicazione allermeneutica il nuovo metodo
scientico per mettere in luce il fatto canonico, fatto storico. Questo il
manifesto di Sanders.
2.2.2. B.S. Childs e il contesto canonico
B.S. Childs, invece, partendo dal suo manifesto iniziale del 70 ha prodotto una serie impressionante di studi sullAT come canone e sul NT
come canone no a pervenire allopera conclusiva, uscita nel 1992, circa
ventanni dopo: La teologia biblica dellAntico e del NT15. utile tuttavia
partire da dove iniziato il discorso, nella prima opera del 1970. Essa
strutturata in tre brevi parti: Memorando il passato ricorda la grande
oritura del movimento biblico in America col risultato per di un metodo
15. B.S. Childs, Biblical Theology of the Old and New Testament, London 1992; trad. it. di

E. Gatti, Teologia Biblica: Antico e Nuovo Testamento, Casale Monferrato 1998; trad. ted. di
C. Oeming, Die Theologie der einen Bibel. Band I: Grundstrukturen, Band II: Hauptthemen,
Freiburg etc. 1992 e 1996.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

189

storico critico che non permette una teologia biblica in quanto si ferma
allaspetto storico o letterario, e non perviene alla res, alla realt divina,
alla teologia. La seconda parte Cercando un futuro espone la necessit
e la congurazione di una teologia biblica e del suo valore per la prassi;
inne, nella terza parte Provando un metodo propone il suo metodo
canonico di lettura di un testo (Salmo 8 ed altri) allinterno del canone.
Delle tre parti la pi importante la seconda, in cui compare una nuova
teologia biblica. Oltre alle discipline tecniche, lologiche storiche letterarie necessaria una disciplina che tenti di mantenere e sviluppare una
congurazione del tutto e che abbia la responsabilit di sintetizzare oltre
che di analizzare La TB non si deve limitare al solo compito descrittivo, cio analitico (p. 92).
Ma qual il fondamento di questo nuovo metodo di studio della Bibbia? Anzitutto il contesto canonico. Sono molti i contesti in cui si pu porre
la Bibbia, ma il contesto proprio per una teologia biblica il canone. Ci
vuol dire che queste Scritture vanno interpretate in relazione alla loro
funzione allinterno della comunit di fede che le tesorizza sono un canale di vita per la continuazione della Chiesa, attraverso cui Dio istruisce
e ammonisce il suo popolo (p. 99).
Se il contesto di una teologia biblica il canone, ci si pu chiedere
quale ruolo vi ha il metodo storico critico (p. 107). Per quanto concerne
il canone dellAT Childs prende posizione contro Agostino; egli assume
come canone quello breve, ebraico escludendo quello della Lxx, la Bibbia
greca cui ricorre per lo pi il NT. Il lavoro esegetico poi che si avvale del
metodo storico critico soltanto un lavoro previo a quello propriamente
teologico. Il lavoro esegetico di tracciare il movimento dialettico fra i due
Testamenti non mira n ad armonizzare le diverse concezioni di Dio n a
costruire una retta dottrina, ma a testimoniare Dio nella sua azione redentrice. Il riconoscimento di un canone la confessione che i due Testamenti
sono testimonianza allo stesso Dio e alla sua opera (p. 112). Luso del
contesto storico originario per stabilire il senso, implica una critica al
vecchio sistema di fare teologia biblica mediante testi probanti fuori del
loro contesto come pure attraverso temi e motivi teologici16. Deve trattarsi
di un processo dialettico fra i due Testamenti. Un modo di realizzarlo sarebbero le citazioni dellAT nel Nuovo (pp. 115-116), e qui cita le opere di
Dittman e Dodd: non solo le citazioni ma anche lampio contesto anticotestamentario in cui ricorrono. un modo per prendere sul serio il contesto
16. Questo il metodo scelto dal recente documento della Ponticia Commissione Biblica Il

popolo ebraico e le sue Scritture nella Bibbia cristiana, Citt del Vaticano 2001, 56-152.

190

G. SEGALLA

di tutto il canone (p. 118)17. Inoltre e inne il rapporto con le Scritture


ebraiche rende coscienti del fatto che lAT non naturalmente svelato nel
Nuovo, ma la interpretazione cristiana dellAT nel suo nuovo contesto
totalmente dipendente dalla nuova radicale realt che Ges Cristo. Inoltre
la interpretazione giudaica con la sua divergenza (da quella cristiana) mette
in luce nellAT quegli elementi che sono sottolineati, trasformati o riutati
nel contesto pi ampio del canone cristiano. Inne il dialogo col giudaismo
ricorda alla Chiesa il mistero di Israele (p. 122).
In sintesi la teologia biblica come delineata da Childs si potrebbe denire quella disciplina il cui compito la riessione teologica sulla Bibbia,
argomentata nel grande contesto del canone. La crisi della disciplina, secondo questa analisi, sarebbe dovuta al mancato chiarimento del compito pi
importante della TB. Il risultato stato che gli studiosi della Bibbia hanno
speso le loro energie nei problemi storici, letterari e lologici, pur validi,
ma hanno trascurato quel compito della ricerca biblica di cui la Chiesa ha
fortemente bisogno (cf. p. 122). Canone e contesto canonico sono dunque
il proprium di una TB; canone che composto di due Testamenti, da porre
in dialogo fra loro. Il luogo di questa nuova disciplina non laccademia,
ma la comunit cristiana. Il ne provvedere la Chiesa di un solido fondamento da porre alla base della teologia dogmatica e morale.
Da Childs il canone considerato nella sua forma statica attuale, e
perci in prospettiva rigorosamente sincronica; la sua dinamica si rivela
invece nel rapporto per un verso con la testimonianza di Dio e della sua
opera salvica e per altro verso con la realt esterna al canone, il contesto
culturale di oggi.
I due manifesti di Sanders e Childs sono concordi nel ritenere essenziale il canone come luogo di una ermeneutica canonica e perci di una
interpretazione della Bibbia nel contesto canonico. Per il canone dai due
autori viene considerato sotto due punti di vista diversi.
Per Sanders il canone devessere considerato nella dinamica della sua
formazione, nel processo canonico che spiega lautorit della Bibbia per
lidentit del popolo di Israele e della Chiesa; lidentit della Bibbia infatti identit della Chiesa; il processo canonico diviene perci paradigma
anche dellermeneutica canonica: il testo canonico un testo stabile ma
anche adattabile a situazioni nuove con cui deve dialogare.

17. Il metodo qui ipotizzato da Childs viene assunto e applicato egregiamente alla costru-

zione di una Teologia Biblica del NT da H. Hbner, mentre lui lo abbandona nella sua
grande opera di Teologia Biblica.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

191

Per Childs invece il canone offre il grande contesto canonico di Antico


e Nuovo Testamento alla luce del quale va condotta unesegesi teologica
che termini in una Teologia Biblica, secondo il principio che il tutto pi
delle sue parti.
Sembra quindi che il ne che si propone Sanders sia quello di una ermeneutica canonica come processo dinamico continuo piuttosto che come
risultato complessivo (difatti lui non ha mai scritto una Teologia Biblica),
mentre il ne di Childs proprio quello di produrre una Teologia Biblica
dellAntico e del NT, che effettivamente ha realizzato nel 1992 e di cui
parleremo pi avanti.
In conclusione, negli anni settanta del XX secolo si sono avute due
linee convergenti verso la valorizzazione teologica del canone: luna di
ermeneutica teologica volta a dimostrare lunit teologica del NT, laltra
tesa invece alla valorizzazione del canone in s o come processo canonico
da continuare nellermeneutica canonica o come contesto canonico in cui
porre lesegesi scientica della Bibbia, capace di pervenire ad una Teologia
Biblica.
3. Il canone biblico e le Teologie Bibliche degli anni novanta
Le tre grandi Teologie Bibliche uscite a breve distanza negli anni novanta si possono considerare il risultato della centralit teologica acquisita
dal canone biblico nei ventanni precedenti. E si possono ritenere tentativi
diversi di argomentare scienticamente il canone come unit teologica della
testimonianza alla rivelazione del Dio che salva. Il canone non pi quel
dato scontato di fede dogmatica che stabilisce quali sono i libri ispirati n
la storia dellorigine e della funzione del canone, oggetto di studi passati e
presenti. Ma la giusticazione teologica del canone, praticamente dellunit
della Santa scrittura18.
Proprio sotto questo prolo specico vorrei esaminare le tre proposte
recenti di Teologia Biblica: quale concezione del canone presuppongono, quale funzione ha il canone allinterno di queste Teologie e a quale
risultato pervengono. Le presentiamo nellordine cronologico della loro
comparsa.

18. Si veda a questo proposito la signicativa monograa recente di T. Sding, Einheit der

Heiligen Schrift? Zur Theologie des biblischen Kanons (QD 211), Freiburg 2005, un trattato
di alto livello (rec. dello scrivente in Teologia 31 (2006) 276-284).

192

G. SEGALLA

Mentre le Teologie del NT di stampo storico-critico non si occupano


del canone perch sarebbe un dato teologico previo e non storico, le Teologie Bibliche invece prendono sul serio il canone non solo come dato
teologico, ma anche come fenomeno storico e letterario. Mentre le prime
non si interessano dellunit del NT, semmai ne mettono in luce la variet,
per le seconde invece il problema dellunit della Scrittura e quindi del
canone essenziale. Le tre Teologie Bibliche, che presentiamo utilizzano
tre modelli diversi per argomentare lunit del canone, composto di due
parti in tensione, Antico e Nuovo Testamento: il modello ricezionista di
H. Hbner, il modello del contesto canonico di B.S. Childs e il modello di
storia della tradizione teologica di P. Stuhlmacher.
3.1. Il modello recezionista di TB (H. Hbner)19
Che funzione ha il canone cristiano in relazione ad una TB? Hans Hbner
vi risponde nel lungo primo capitolo dei Prolegomeni, e ci dice gi limportanza che il canone riveste per lui. Espongo subito in breve la sua tesi:
lunica teologia biblica cristiana possibile quella che considera il Vetus
Testamentum in se20 come rivelazione per lIsraele storico anche attuale,
mentre il Vetus Testamentum in novo receptum lAT in continuit e nellorizzonte della rivelazione cristiana. Il metodo da usare nellesegesi teologica sarebbero le citazioni implicite ed esplicite dellAntico Testamento
nel Nuovo21.
Come lo dimostra? Anzitutto rilevando lanteriorit e superiorit del
Vangelo predicato su quello scritto, in quanto la Chiesa delle origini non
possedeva ancora alcun Nuovo Testamento. Gli autori del NT citano le
Scritture ebraiche. LAT divenuto tale solo da quando si ebbe il NT: Si
pu parlare con propriet dellAT solo al momento in cui nella Chiesa cristiana esiste un NT. Da questo punto di vista teologicamente legittimo,
anzi obbligatorio chiamare lAT la S. Scrittura di Israele (p. 52). Anche se

19. H. Hbner, Biblische Theologie des Neuen Testaments. Band I: Prolegomena, Band II:

Mesolegomena, Band III: Epilegomena, Gttingen 1990, 1993, 1995; trad. italiana di F.
Tomasoni, Teologia Biblica del NT, 3 voll., Brescia 1997-2000. La questione del canone
viene trattata nel vol. I (ed. it.), pp. 45-88.
20. La. usa sempre questa espressione latina.
21. Per questo sta approntando uno strumento pratico: le citazioni dellAT nel Nuovo: Vetus
Testamentum in Novo. 1.2: Evangelium Johannis, 2: Corpus Paulinum, Gttingen, rispettivamente 2003 e 1997; dovrebbero uscire altri due volumi.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

193

gli autori del NT non si sentono ancora autori di un NT (che viene difatti
dopo), tuttavia rivendicavano per s lautorit del verbum divinum, anche
Paolo con la sua autorit apostolica (1Cor 5,3) (p. 53).
Il problema dellAT nel canone cristiano inizia perci da quando si ha
il NT compiuto, che si aggiunge allAT per formare il canone cristiano
completo. Qui interviene il problema del canone ebraico e del suo rapporto
col NT in funzione di una TB.
Per quanto concerne il canone ebraico in s, va notato che non si ebbe un
canone ebraico sino alla ne del I secolo, e questo canone ebraico rabbinico
fu stabilito a Jamnia in un tempo in cui la comunit cristiana era ormai separata dalla sinagoga rabbinica. Data infatti alla ne del I secolo la discussione
rabbinica sul carattere sacro del Cantico dei Cantici e di Qohelet che presuppone gli altri libri siano considerati sacri, e contemporanea o poco dopo la
testimonianza di Giuseppe Flavio (Contra Ap. 1,8). Perci la Bibbia ebraica
denita dal giudaismo rabbinico incipiente non la Bibbia cristiana. Quanto
alla Lxx, la Bibbia alesssandrina, il giudizio per il suo rapporto col NT
pi positivo per due motivi: primo perch era la Bibbia della maggior parte
degli ebrei del I secolo, pi aperta alluniversalismo e quindi al proselitismo
di quella ebraica; secondo perch era ampiamente usata dagli autori del NT.
Ma come per la Bibbia ebraica, sembra che anche per questa non si avesse
un canone denito. La terza parte, quella degli Scritti, era aperta; a questo
proposito Hbner nota limportanza dei cosiddetti deuterocanonici (apocri
per i Protestanti) e in particolare del libro della Sapienza (p. 72). Questa della
Lxx sarebbe la vera Bibbia cristiana e avrebbe quindi una grande rilevanza
teologica proprio come Bibbia tradotta nella lingua comune e resa quindi
accessibile al mondo culturale greco, che cos la conobbe e la apprezz, dando origine ai timorati di Dio e proseliti, che probabilmente furono coloro
che aderirono n dallinizio alla fede cristiana. E conclude: Dal punto di
vista ermeneutico ci signica che noi, essendo in quanto occidentali ancor
oggi fortemente impregnati dello spirito greco-ellenistico, dovremmo in
verit essere pi aperti allAT nella sua veritas graeca che nella sua veritas
haebraica. Che questo invece per lo pi non accada dipende dal fatto che
la Bibbia dei Lxx purtroppo ancor oggi - anche per la maggior parte dei
teologi - un libro con sette sigilli (pp. 72-73)22.
Il canone anticotestamentario cristiano dunque non coincide con la
Bibbia ebraica, mentre sarebbe pi afne con quella dei Lxx, che poi
praticamente il canone degli Ortodossi.
22. Per la verit in questi ultimi anni si hanno iniziative editoriali di traduzioni e commenti

della Lxx in ambiente francese e italiano e si annunciano nuove iniziative.

194

G. SEGALLA

Ma il punto pi cruciale la valutazione teologica dellAT in un orizzonte biblico cristiano. Qui si rivela la posizione specica del professore di
Gottinga in relazione alla teologia biblica. Qui infatti si sostiene una diastasi netta fra Bibbia ebraica e teologia canonica cristiana. In due modi egli
relativizza il valore teologico dellAT: anzitutto con una Sachkritik interna
allo stesso AT e poi con una critica a partire dalla rivelazione denitiva di
Dio in Cristo nel NT. Certo, il Dio dellAT il Dio Padre del Signore nostro
Ges. Per gli eventi storici raccontati e giudicati risentono di una prospettiva del regno del sud, inaccettabile sia storicamente che teologicamente in
quanto la prospettiva redazionale deuteronomista squalica storicamente
e teologicamente il regno del nord, che invece cercava di liberarsi dalla
dittatura del regno del sud con centro a Gerusalemme. Si deve praticare
perci una critica storica e teologica interna allAT e non accettarlo cos
com. Inoltre le aspettative dellAT, viste dal punto di vista della monarchia davidica del sud non si sono realizzate in Ges se non quella di Zc 9,9
(Mt 21,1-11//Mc 11,1-11//Lc 19,28-40//Gv 12,12-18)23. Relativit storica e
teologica dellAT ne diminuiscono il valore teologico; e tale valore viene
ridotto ancor pi in relazione allevento cristologico. Hbner perci, sulla
scia di R. Bultmann, evidenzia pi la discontinuit e la diastasi fra AT e NT
che non la continuit. Lunica continuit teologica con lAT sarebbe data da
quanto viene recepito dellAT nel Nuovo mediante le citazioni. Di qui la
distinzione hbnerana fra Vetus Testamentum in se (da lasciare agli ebrei)
e il Vetus Testamentum in Novo receptum che rappresenta la continuit
del NT con lAntico come Scrittura (pp. 80-81). Nel terzo volume, nei
Postlegomini, ricupera lunit del NT con lAntico anche nella concezione
pi generale della rivelazione come autocomunicazione di Dio nello spaziotempo della grazia, formulata nel modo pi chiaro da Paolo.
In conclusione, secondo Hbner la Santa Scrittura dovrebbe abbandonare il Vetus Testamentum in se agli ebrei e al loro orizzonte interpretativo
sia perch il canone non fu denito sia perch storicamente e teologicamente relativizzato; la Bibbia greca pi vicina al NT, ma anche per essa
vale comunque la distinzione Vetus Testamentum in se e Vetus Testamentum
in Novo receptum; lunit teologica della Bibbia si pu realizzzare solo con
una diastasi dallAT in s sia con la recezione che fa di esso il NT.
Il processo canonico pi radicale sarebbe dunque avvenuto dopo che
il NT era concluso. Solo dal NT concluso, che contiene anche il Vangelo
prima predicato, sarebbe possibile discernere nellAT quanto appartiene

23. Teologia Biblica, I, 67-73.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

195

alla rivelazione di Dio cio alla sua autocomunicazione nello spazio tempo
della grazia e quanto invece appartiene ad una storia passata, dimostrata
tale sia dalla critica storica che da quella teologica.
Lopposizione pi radicale di questa proposta di TB con quella avanzata da B.S. Childs. Perci egli si sente obbligato a dedicarvi un intero
excursus (pp. 81-88). Per Childs infatti, come vedremo, da ritenere canonica proprio la Bibbia ebraica, mentre nessuna valutazione viene data
della Lxx, e per di pi secondo lui in una teologia biblica si deve anzitutto
esaminare lAT separatamente nel suo valore autonomo e integrale, e solo
dopo passare alla relazione teologica col NT.
Questo progetto di H. Hbner fondato su una metodologia rigorosa secondo la sua particolare prospettiva storico-teologica. Ma gli si pu
obiettare: 1) che la sua svalutazione dellAT poco si discosta da quella di
Bultmann ed in linea con la tradizione luterana, apertamente confessata;
2) che nel processo canonico verso il NT non si trova traccia della distinzione praticata da Hbner; il NT non cita solo testi particolari, ma si riferisce allAT pure nel suo insieme e addirittura nella sua forma precanonica
con la divisione in tre parti (Lc 22,44).
Per quanto affascinante, la concezione di TB di H. Hbner non salva il
canone cristiano nella sua globalit. Lunit teologica cristiana (luterana) del
NT viene argomentata a svantaggio dellintegralit del canone cristiano24.
3.2. La TB del contesto canonico (B.S. Childs)25
La TB per denizione riessione teologica sullAntico e il NT (p. 55)
- afferma Childs. Ma che cosa il canone per Childs e in particolare quello
dellAT e che rapporto ha con la TB? Lo dice nella seconda parte della sua
introduzione, intitolata A Search for a new approach (pp. 53-94), dopo
aver descritto nella prima una breve storia della disciplina (pp. 1-51). Il
nuovo approccio di cui va alla ricerca quello del contesto canonico.
24. proprio questa laccusa che gli muove Childs: Recently H. Hbner (Biblische Theo-

logie, 18f.) has defended the thesis that it is only the Old Testament as received by the New
Testament (Vetus Testamentum in Novo receptum) which is authoritative for the Christian
Church and appropriate for biblical reection. In a separate article (TZ 1992, forthcoming) I
have attempted to show in some detail why such an approach destroys the theological integrity
of the Old Testament and silences its true canonical witness (Biblical Theology, 77).
25. B.S. Childs, Biblical Theology of the Old and New Testament, London 1992; trad. it. di
E. Gatti, Teologia Biblica. Antico e Nuovo Testamento, Casale Monferrato 1998. In particolare pp. 53-94 delledizione originale, da cui in seguito citiamo.

196

G. SEGALLA

Sono tre i problemi affrontati in questa seconda parte: quale Bibbia


cristiana devessere oggetto di una TB? Quale metodo va praticato nello
studio di questa Bibbia? E inne: quale ermeneutica?
Per quanto riguarda il primo problema, quello pi radicale perch si
tratta di denire loggetto della TB, Childs lo espone in modo vivace ed
in sostanza il problema del canone dellAT (sul NT tutti sono daccordo).
Richiamando la testimonianza di Flavio Giuseppe (Contra Ap. 1,8) sostiene
che il canone ebraico fu denito verso la ne del I secolo ed stato assunto
dalla Chiesa; affronta anche il problema della Lxx (pp. 65-66) e riconosce
pure la sua importanza per il NT, ma esclude che corrisponda a un canone
ebraico della diaspora ellenista; e perci si attiene al canone breve, ebraico.
Nel IV secolo il problema era discusso e risolto in modo diverso da Girolamo e Agostino. Childs ricostruisce la loro controversia: il primo optava per
il canone breve, ebraico, mentre il secondo per quello lungo, rappresentato
dalla Lxx. Il classico difensore del canone breve fra i Padri fu Girolamo.
Le Chiese della riforma in vari gradi si posero dalla sua parte, mentre la
Chiesa cattolica romana si pose con Agostino. E la Chiesa ortodossa opt
pure per il canone lungo Insomma la natura esatta della Bibbia nel suo
scopo e nel suo testo rimane no ad oggi indecisa (p. 63), naturalmente
per le Chiese riformate. E pi avanti: Forse si pu formulare al meglio la
posizione teologica di base in questione nei termini di una Chiesa che va
alla continua ricerca (corsivo mio) di una Bibbia cristiana (p. 67).
Per lui poi sceglie praticamente il canone breve con la sua Chiesa
calvinista contro il canone lungo adottato dalla Chiesa cattolica e ortodossa. E si chiude dunque in questo canone, comune con gli ebrei. Il canone
lungo invece permetterebbe un ponte pi vicino al NT. Gi qui si percepisce il forte limite della sua TB, addirittura a livello di scelta della Bibbia
cristiana.
Il secondo problema quello del metodo canonico nello studio della
TB. Secondo Childs lunico contesto interpretativo per una TB integrale il
contesto canonico, e non quello socio-culturale come avviene nella Teologia dellAT di W. Brueggemann26, per il quale lAT d voce ai poveri e agli
oppressi, seguendo in ci la tesi sociale di N.K. Gottwald e considerando
lAT come un classico (Tracy) e non come canone (pp. 70-73).
Ma come parlare di un processo canonico che ha congurato la Bibbia, quando il processo per cui i due Testamenti sono stati uniti risulta
26. W. Brueggemann, Teologia dellAT: testimonianza, dibattito, perorazione (Biblioteca

Biblica 27), Brescia 2002 (orig. amer. 1998); di cui si veda anche The Creative Word. Canon
as a Model for Biblical Education, Philadelphia 1982.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

197

molto diverso da quello riesso in ciascuno dei due Testamenti? (p. 73).
Ecco il problema. La risposta che si pu dimostrare non solo continuit
storica ma anche continuit teologica fra Israele e la Chiesa: La Chiesa
non solo un i due Testamenti, ma consider lAT testimonianza resa a
Ges Cristo (p. 74), e super in tal modo sia la posizione di Marcione che
voleva abbandonare lAT sia quella degli ebioniti che subordinavano il NT
allAntico, inserendolo nellorizzonte giudaico. La strutturazione canonica
per intervenuta a dare alle tre parti dellAT una struttura diversa da
quella ebraica, portando al terzo posto i Profeti invece che gli Scritti. Va
inoltre notato che lattivit di redazione canonica cristiana non alter per
nulla lAT per adattarlo allevento cristologico. Anche il NT ha ricevuto
poi una strutturazione canonica, mettendo insieme i Vangeli e staccando
perci Luca da Atti. Tuttavia il NT non si pu considerare in continuit
con la tradizione anticotestamentaria e neppure un midrash delle Scritture
ebraiche. Per altro verso per si deve evitare anche la frattura conclamata
da R. Bultmann. Il rapporto fra i due Testamenti pi complesso. LAT
compreso per la sua relazione con il Nuovo, mentre il Nuovo incomprensibile senza lAT (p. 77).
Contro la tesi riduzionista dellAT propugnata da H. Hbner e da P.
Stuhlmacher, Childs difende lintegrit dellAT in una TB, naturalmente
lAT nella forma del canone breve, da lui scelta.
Quali sono le implicazioni ermeneutiche della forma canonica data
alla Bibbia cristiana? Lenfasi caduta sullunit di una composizione,
che contiene due Testamenti. I due TT sono stati collegati come Antico e
Nuovo, ma questa qualica non signica che sia stata distrutta lintegrit
di ciascuno dei due. LAT offre la sua testimonianza come AT, distinto dal
Nuovo. promessa, non compimento. La sua voce continua ancora a risuonare e non stata messa a tacere dal compimento della promessa (p. 77).
Perci va criticato sia il riduzionismo di H. Hbner27 sia la perdita della
dimensione verticale rispetto a quella orizzontale della tradizione teologica
di P. Stuhlmacher. LAT ha cos perduto (in P. Stuhlmacher) la linea verticale, la dimensione esistenziale, che come Scrittura della Chiesa continua
a portare la sua testimonianza allinterno della Bibbia cristiana (p. 77).
Egli insiste quindi sullintegrit dellAT in s: La TB deve rendere piena
giustizia al sottile rapporto canonico dei due TT allinterno di una Bibbia
cristiana. Da una parte il canone cristiano (che ha assunto lAT come era)

27. Il metodo delle citazioni dellAT nel Nuovo era stato proposto anche da Childs nella sua

prima opera lo ricorda lui stesso (p. 76).

198

G. SEGALLA

asserisce la permanente integrit della testimonianza dellAT, il quale devessere ascoltato nei suoi termini (p. 78) e non allegorizzato per renderlo
conforme al NT. Daltra parte va resa giustizia piena alla testimonianza dei
due TT alla luce del suo oggetto-soggetto Ges Cristo.
In conclusione, il metodo canonico di fare una TB si propone di rispettare la Bibbia cristiana nella sua integrit, pur tenendo conto della strutturazione canonica che hanno assunto Antico e NT. LAT va conservato nel
suo valore e nella sua tradizione, sempre orientato a Cristo.
Si percepisce in Childs lo sforzo di non diminuire in nessun modo
limportanza dellAT nella sua integralit, mentre afferma con altrettanta
forza che una testimonianza allunico Cristo. Questa forte asserzione
per in contrasto con una evidente tensione fra i due TT di cui il Nuovo devessere lultimo orizzonte interpretativo. Il problema che a mio
avviso rimane aperto per Childs levidente scarto escatologico del NT,
che non pu non inuire sulla interpretazione dellAT in un orizzonte
cristiano. Va comunque accolta listanza salutare di Childs di salvaguardare il perenne valore teologico e antropologico dellAT in tutta la sua
ricchezza.
Passiamo cos allultimo problema, quello ermeneutico, il passaggio
dalla testimonianza canonica alla realt che intende testimoniare, Ges
Cristo, la rivelazione piena di Dio in Lui. Proprio per questo lermeneutica devessere orientata cristologicamente, perch Ges Cristo la realt
ultima da testimoniare.
Poich la TB ha a che fare con la realt delle testimonianze bibliche,
e muove quindi al di l degli ormeggi storici originali del testo, ci viene
mossa spesso laccusa che questo modello antistorico, losocamente
idealistico ed astratto Non vengo compreso La riessione di TB non
speculazione astratta sulla natura del bene, ma vita e morte lottano con le
comunit storiche della Chiesa cristiana che, nel loro contesto storico particolare, cercano di essere fedeli agli imperativi del Vangelo nella missione
per il mondo. Ma il cuore dellimpresa cristologico, il suo contenuto
Ges Cristo e non la propria autocomprensione e identit (p. 86).
Giustamente nellermeneutica soggetto attivo il lettore, il lettore-interprete nella Chiesa per il mondo. La realt storica per Childs dunque
quella della comunit cristiana, non propriamente la realt storica originaria. Ad essa il teologo di Yale si riferisce indirettamente dicendo che
la realt ultima Ges Cristo, lui, non luomo o la comunit. E tuttavia
si perde il contatto con la storia passata, abbandonando i suoi ormeggi e
fermandosi al testo canonico, quasi congelato. Il testo sgelato s per il
presente, ma non in relazione al passato. Childs relativizza infatti sia la

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

199

tradizione storica sia il processo canonico. Praticamente si accantonano il


metodo storico e i suoi risultati.
Childs non cessa di insistere sullintegralit delle due testimonianze a
Dio in Ges Cristo, dallinizio alla ne, ma questa integrit quella del
testo canonico.
La TB ha come suo scopo fondamentale quello di comprendere le varie
voci allinterno dellintera Bibbia cristiana sia dellAntico che del NT, comune testimonianza allunico Signore Ges Cristo, alla sua stessa realt divina
(p. 85) in un dialogo fra testo e realt. E pi avanti: Mi sembra giusto che,
dopo aver iniziato (e concluso) il compito della riessione biblico teologica
nella quale la originale integrit dei due TT stata rispettata (ci corrisponde
alle prime due parti dello sviluppo), rimanga una funzione importante: quella
di ascoltare la totalit della Scrittura cristiana alla luce di tutta la realt di
Dio in Ges Cristo. In altre parole vi un posto legittimo per tornare indietro
dalla riessione cristiana teologicamente sviluppata ai testi biblici dei due
TT (p. 87). E questo ultimo passo viene svolto nellultima parte dellopera,
nel dialogo fra TB e teologia dogmatica (pp. 88-89).
Per strutturare una TB sono assolutamente necessarie le categorie canoniche. Una TB non pu essere che canonica; si devono abbandonare perci
tutte le altre strutturazioni: dai dicta probantia allautocomprensione nella
fede no alla storia della salvezza. La testimonianza dellAT allazione
salvica di Dio nel contesto della storia di Israele e delle tradizioni cui ha
dato luogo va letta nel quadro canonico, non allinterno di una ricostruzione
critica delle tradizioni come avviene in Von Rad. La testimonianza del NT
allazione salvica di Dio in Cristo Ges va letta nel contesto della Chiesa
protocristiana: prima i Vangeli e poi gli effetti, da essi prodotti, nella parte
epistolare, riettendo la novit di un messaggio radicato in uno spazio tempo particolari. La continuit e discontinuit fra le due testimonianze viene
denita nei termini seguenti.
La discontinuit giustica la diversit fra le due collezioni di libri:
a) lingua greca e cultura ellenistica nel NT, lingua ebraica ed aramaica
nellAT;
b) i tradenti sono diversi: la Chiesa da una parte e la sinagoga dallaltra
in un rapporto sempre pi critico al momento della formazione del canone
cristiano;
c) la destinazione diversa: lAT a Israele, il NT a tutte le nazioni
incluso Israele e per primo;
d) riettono inne due esperienze diverse: esperienza cristiana del Vangelo, rivelazione radicalmente nuova di Dio in opposizione a Mos come
rappresentante dellAntico.

200

G. SEGALLA

La continuit viene cos delineata:


a) Ges interpretato con un AT trasformato;
b) gli scrittori del NT cominciarono dalla loro esperienza con Ges
Cristo da cui ricevettero una comprensione delle Scritture ebraiche radicalmente nuova; per cui gli scrittori del NT interpretano il signicato di Ges
Cristo per la Chiesa con lAT;
c) inoltre lunicit storica di Ges relazionata teologicamente non solo
alle tradizioni passate di Israele, ma rapportata ed estesa anche al futuro
mediante lattualizzazione escatologica e liturgica.
Perci il maggiore impegno di una TB dovrebbe essere quello di descrivere sia la continuit che la discontinuit fra le due diverse testimonianze della Bibbia cristiana (p. 93). Ne deriverebbe una unit in tensione,
nella parte descrittiva terza (AT) e quarta (NT), mentre la riessione teologica - e perci la comprensione - viene demandata allultima parte: La
riessione teologia sulla Bibbia cristiana (pp. 349-727), la parte pi ampia
e impegnativa ove vengono esposte dieci tematiche iniziando dallidentit
di Dio e nendo con letica, ove AT e NT vengono presentati in continuit
aprendosi poi al dialogo con la dogmatica.
Questa la proposta del rapporto necessario fra canone e TB, lunico
modo secondo il Childs di fare una vera TB. Ora a questa ampia proposta
teoretico-metodologica si possono muovere diverse obiezioni.
1) Abbiamo gi notato lincongruenza tra la possibile apertura al canone lungo seguendo luso del NT e la chiusura nel canone breve, ebraico
nella convinzione che la Chiesa abbia assunto il canone comera stato denito dallautorit ebraica alla ne del I secolo.
2) A livello metodologico si nota una chiara tensione fra lo sforzo di
far valere la integralit dellAT e la sua relativit al NT.
3) Lo stesso problema, in forma pi acuta ritorna nellermeneutica canonica. proprio nella discontinuit e quindi nella peculiarit dellAT che
vedo la maggiore difcolt. E qui sostiamo per rivedere la congurazione
della discontinuit delineata da Childs.
a) La prima discontinuit ravvisata fra lingua greca e cultura ellenistica nel NT e lingua ebraica e aramaica nellAT; tale netta separazione non regge alla prova della storia. notissimo lo studio di M. Hengel
Giudaismo ed Ellenismo28 in cui si dimostra la penetrazione della cul28. M. Hengel, Judentum und Hellenismus (WUNT 11), Tbingen 19883. Lo ricorda

Childs stesso nel suo confronto critico con R. Bultmann a p. 221 e lo cita nella bibliograa di p. 232, Judaism and Hellenism, ed. ingl. in 2 volumi, London - Philadelphia
1974.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

201

tura ellenistica in ambiente ebraico palestinese dal confronto critico con


limpero ellenistico; tanto pi ci avviene nellambiente della diaspora
ebraica in cui si svilupp il primo cristianesimo. La dialettica in Childs viene ulteriormente aggravata dal rinchiudere lAT nel canone ebraico.
Invece di una discontinuit, tenendo conto anche della Lxx, si dovrebbe
piuttosto parlare di una continuit cristiana con lAT nellassumerlo come
Scrittura propria.
b) I tradenti di Antico e NT sono certo diversi: Chiesa da una parte e
sinagoga rabbinica dallaltra. Va per ricordato che la Chiesa delle origini
la Chiesa giudeo-cristiana di Gerusalemme e gli autori del NT furono praticamente tutti ebrei. Certo, storicamente ci fu una opposizione, ma questa
si riette semmai nellAT che viene riconosciuto nella Chiesa diverso dalla
Tanak rabbinica, e nel modo diverso di interpretarlo.
c) La destinazione diversa pure contestabile. Ovviamente lAT per
Israele, ma un Israele aperto alle genti come risulta gi da Gen 12,1-3. Il
NT sposter Israele dalla sua centralit nellAT alla sua priorit rispetto
alle genti nel Nuovo.
d) Persino lopposizione tra Mos e Ges discutibile se si legge anche
solo il quarto vangelo: Mos rende testimonianza a Ges (Gv 5,45-47).
Mos nel NT testimone e tipo di Ges. Lopposizione comunque non
con Mos, ma con linterpretazione rabbinica di Mos (Gv 9,28).
La novit assoluta del NT indubbiamente levento cristologico, cos
fortemente sottolineato da Childs nella sua riessione teologica. LAT nella
Bibbia cristiana viene letto in un orizzonte ermeneutico nuovo rispetto a
quello giudaico. E in questo orizzonte nuovo, in cui si include anche il
grande giudaismo ellenistico della diaspora, appare pi evidente la continuit con lAT cristiano. Darei perci ragione a P. Stuhlmacher e al suo
tentativo di mettere in luce la continuit del NT con lAntico.
Ci di cui mi sembra preoccupato Childs nella sua coraggiosa impresa
di TB che venga conservata lintegrit dellAT nella sua forma e nel suo
contenuto come testimonianza sempre valida dellazione salvica di Dio;
ci forse dovuto anche al fatto che un anticotestamentista. Secondo
me per in questa insistenza si riettono anche altre precomprensioni: una
concezione della ispirazione che si avvicina a quella fondamentalista, pur
non volendolo essere; inne quella di un cristiano riformato calvinista che
assume la sua Bibbia e la sua interpretazione come autentica testimonianza
al Dio vero, che si rivelato in Ges Cristo.
Perci non risponde se non parzialmente al problema posto dal canone
biblico e dalla conseguente argomentazione della sua unit teologica, di cui
dovrebbe farsi carico una TB.

202

G. SEGALLA

Il modello di TB del contesto canonico attuale, pur rilevando un fatto


reale, il canone biblico cristiano composto di Antico e NT, e costruendo
su di esso una duplice descrizione notevole di Antico e Nuovo Testamento
con metodo esegetico e riessione teologica, tuttavia mette a tacere la storia
che sta dietro al canone: sia il processo canonico sia la storia narrata nel
canone. Tipica la storia di Ges, ingoiata nella teologia e lasciata fuori
dalla descrizione del NT che si interessa infatti solo dellaspetto storicoletterario.
La storia vera non solo quella delle comunit cristiane cui la Bibbia
rivolta e le sta davanti n dal suo inizio, ma anche quella che sta dietro
e che si raggiunge col metodo storico. Anche se ipotetica, questa storia
dice la radicazione della TB nella storia di Israele nellAT e nella storia
di Ges e delle tradizioni che hanno origine da lui e la riettono nel ricordo riconoscente: la storia di Israele nella liturgia sinagogale e quella
di Ges nella liturgia eucaristica. Una storia unitaria perch Ges nato,
vissuto, morto e risorto allinterno della storia di Israele e la Chiesa ne
la continuazione. Il pericolo che vedo nella TB del Childs il suo
sradicamento dalla storia. Letteratura e teologia canonica sono insieme
distinte e unite nella TB di Childs, mentre la storia lasciata alla critica
storica, che non apparterrebbe alla fede e alla teologia. vero. Quella
storia come risultato di una critica storica pu essere lasciata allo storico, ma la storia stessa, sia pure non raggiunta con la certezza della fede
e della teologia, in quanto memoria storica collettiva che ha dato e d
identit al popolo di Israele e al popolo cristiano nella Chiesa va considerata oggetto essenziale della fede biblica, un oggetto da non perdere,
perch si perderebbe la via attraverso cui la testimonianza della verit
salvica di Dio in Cristo pervenuta a noi. La storia il luogo in cui si
incarnata la rivelazione divina, pervenuta al suo apice con lincarnazione
del Figlio di Dio.
Lintegrit letteraria (a parte il canone breve) e teologica salvata, mentre lintegrit propriamente storica, le tradizioni storiche e lo stesso processo canonico di cui parla J.A. Sanders, vengono abbandonati allo storico.
In tal modo per Childs conferma purtroppo la tesi teorica di H. Risnen
che questa TB fatta dal credente e per la comunit credente, e non pu
affermare che una verit creduta, non fondata nella storia, che invece viene
studiata criticamente nellambito dellaccademia. Certo, la storia non pu
pretendere di essere fondamento della fede, ma pu e deve essere oggetto
della fede se non si vuole che la fede rischi di cadere nella gnosi. La critica storica aiuta quanto meno a raggiungere il senso letterale, che la fede
riempir di alto signicato teologico.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

203

3.3. Il modello di TB come storia della tradizione con un centro teologico (P. Stuhlmacher)29
Lunit teologica di Antico e NT nellunica Bibbia cristiana costituita da
una tradizione teologica continua dallAntico al NT e da un centro teologico che la riconciliazione di Dio in Cristo Ges con gli uomini peccatori, ebrei e pagani. Questa in sintesi succinta la tesi di TB sostenuta da
P. Stuhlmacher. anzitutto signicativo che il problema del canone e del
suo centro sia trattato non allinizio nella introduzione dellopera, come in
H. Hbner e B.S. Childs, ma alla ne quasi a coronamento del percorso
di TB. Tre sono i problemi fondamentali: il problema del canone stesso,
quello del suo centro, e inne quello dellermeneutica canonica; dei tre il
pi impegnativo mi sembra il terzo.
Anzitutto il problema del canone e della sua formazione. Il processo
canonico che port a un canone con due Testamenti il risultato della tradizione ecclesiale. La formazione del canone non dovuta ad una dichiarazione giuridica della Chiesa ma ad un processo interno ai libri canonici che
compongono la Bibbia. La Chiesa del II secolo contro Marcione ha mantenuto le Sacre Scritture (AT), trasmesse da lungo tempo attraverso Israele
e il protocristianesimo, che ad esse ricorreva, iniziando da Ges. Anche gli
scritti del NT hanno ricevuto la loro qualica, non dalla decisione della
Chiesa antica, ma per la missione e la fede della Chiesa; sono pervenuti nel
canone per la loro stessa forza intrinseca e tale propria forza ha contribuito
alla decisione canonica. Nella parola della Scrittura viene riconosciuta la
parola di Dio, per cui si ebbe coscienza di una diversit qualitativa fra parola di Dio biblica e tradizione ecclesiale su di essa fondata.
In secondo luogo il canone cristiano composto non solo di NT, ma
anche dellAntico e si articolato il loro rapporto unitario in vari modi:
promessa-compimento, Antico e Nuovo Patto, Legge e Vangelo ecc. LAT
corrisponde nella struttura e nel contenuto alla Lxx, che a sua volta traduzione del testo ebraico originale. Il NT si rapporta allAntico non solo
con le citazioni esplicite, implicite e le allusioni (H. Hbner), ma anche
mediante una storia della tradizione e della rivelazione storica.
Fin dallinizio levento cristologico fu considerato un evento che viene
dal Dio dellAT e che si compie in Ges (p. 303). La Chiesa ha seguito una
via diversa da quella degli ebrei nel canonizzare lAT. Essa ha praticamente
29. P. Stuhlmacher, Biblische Theologie des Neuen Testaments. Band I: Grundlegung. Von

Jesus zu Paulus, Band II: Von Paulusschule bis zur Johannesoffenbarung, Gttingen 1992
e 1999. In particolare: II, 287-349 (Das Problem des Kanons und die Mitte der Schrift).

204

G. SEGALLA

canonizzato la Lxx. La tradizione neotestamentaria non continuazione n


della Bibbia ebraica n della Lxx, ma un complesso di tradizione che si
rif alle due versioni della Bibbia in relazione allevento cristologico (p.
304). Ges quindi il punto pi alto e il ne della storia della rivelazione
e in lui si realizza la riconciliazione con Dio e fra ebrei e pagani.
Il canone non una scelta arbitraria dovuta alla lotta contro le eresie.
La scelta dei libri stata fatta in base al Vangelo, alla regula dei, che si
trova gi negli scritti del NT (cf. 1Cor 15,3b-5) e inne per la loro funzione
e azione edicante nella lettura liturgica. Lesegesi critica deve accettare
questo dato storico ed elaborare perci una TB fondata sugli scritti canonici. In una breve nota aggiunge che si deve tener conto di tutti i libri del NT
e non solo di alcuni (p. 304), una nota che vale ovviamente per lambiente
protestante che tende a privilegiare Paolo, dimenticando o mettendo in secondo piano gli altri scritti canonici del NT.
Dal problema del canone si passa a quello del centro della Scrittura che
dovrebbe essere lo strumento per dimostrare lunit teologica della stessa Sacra Scrittura. E viene cos formulato a conclusione dellanalisi in sei punti:
Lunico Evangelo apostolico vissuto da Ges, annunciato egregiamente da
Paolo, spiritualizzato dalla scuola giovannea, Evangelo della riconciliazione
di Dio con gli uomini mediante il suo Unigenito Cristo Ges il messaggio di
salvezza per il mondo. Esso insegna a comprendere e a confessare che lunico
Dio, che ha creato il mondo e ha scelto Israele come suo popolo: nella missione, nellopera, nella espiazione e risurrezione del Figlio suo ha operato una
volta per tutte la redenzione denitiva di giudei e pagani. Chi crede in questo
Vangelo, riconosce Cristo Ges Redentore e Signore e segue il suo insegnamento nella comunit dei credenti, partecipa al regno di Dio, che questo Cristo
rappresenta gi presente, nellultimo giorno superer il giudizio escatologico e
a gloria del suo Padre celeste sar elevato alla sua gloria (pp. 320-321). Questo centro della Scrittura costituito da eventi e tradizioni che precedono la
fede (cf. Rm 5,6-8) ed testimoniato dai testi centrali della Bibbia. A suo favore mi sembra linclusione di regno/vangelo che potrebbe rappresentare lunit
teologica del NT, come ho cercato di dimostrare in una mia relazione30.
In seguito al canone biblico e al suo centro quale ermeneutica ne
deriva?31
30. G. Segalla, La testimonianza dei libri del NT ad un unico kerygma/Evangelo, buon

annuncio dellevento originario, in Linterpretazione della Bibbia nella Chiesa. Atti del
Simposio promosso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, Roma, settembre 1999,
Citt del Vaticano 2001, 304-319.
31. Stuhlmacher, Biblische Theologie, 322-336.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

205

Il punto di partenza la domanda rivolta ai testi biblici: quale tipo di


interpretazione richiedono loro stessi? E il principio metodologico che H.
Gese ne trae: Un testo va interpretato come esso vuol essere inteso, cio
come si comprende esso stesso (p. 323). Fondandosi su questo principio
fondamentale ci si deve chiedere: 1) di che tipo, di che natura la tradizione biblica, 2) qual la sua rivendicazione di verit, 3) quale lispirazione
che presuppone la animi, 4) e inne la necessit del canone con due parti,
Antico e NT.
Anzitutto di che natura la tradizione biblica? storica e perci richiede il metodo storico-critico, ma con laggiunta della simpatia critica
per i testi ed evitando i pregiudizi ideologici che spesso hanno portato a
conseguenze negative. Deve rispettare quindi la scienza lologica e perci
conoscere bene le lingue bibliche: lebraico, laramaico e il greco e in
esse immergersi. Si devono porre i testi nel loro ambiente culturale, ma
senza inseguire tutte le ipotesi degli stadi antecedenti la redazione; compito principale la spiegazione della congurazione canonica in cui sono
pervenuti a noi. Inne deve porre il NT in relazione allAT e al giudaismo
antico, evitando perci la deriva del metodo storico-religioso, sincretista,
che dimenticava lambiente giudaico e lAT e poneva il cristianesimo nellorizzonte del mondo ellenistico.
Il testo biblico, oltre che essere storico, nato allinterno della storia e
per la storia, rivendica anche il carattere di verit, per cui si devono superare i limiti del metodo storico-critico, che pone i testi nel passato. Un primo
passo nel superamento dei limiti della storia il metodo della Wirkungsgeschichte nella tradizione di alcuni testi giudicati testi eminenti (H.G.
Gadamer) come la denizione di Dio in Es 3,4, i dieci comandamenti (Es
20,1-21//Dt 5,6-21), il discorso della montagna (Mt 57), il prologo di Giovanni (Gv 1,1-18), solo per citarne alcuni. Nellesegesi si deve tener conto
di questa ricchezza di signicato che ha inuito e inuisce sulla tradizione
viva. Sono testi che vanno s interpretati, ma da cui ci si deve pure lasciar
interpretare. Va inoltre ricordata la loro dimensione escatologico-spirituale
e lesperienza spirituale da cui derivano, sia di chi li ha tramandati sia di
chi li ha accolti. Testi come Gv 3,5-6.34; 4,6.42. La critica spirituale dellesegesi devessere comunque sempre fondata sullesegesi storico-critica.
Un terzo problema che riguarda tutta la Bibbia quello dellispirazione
della Santa scrittura. La teoria dellispirazione verbale, propria dellortodossia protestante stata ormai abbandonata per linusso della critica.
Cosa rimane? dalla stessa Santa scrittura che si arguisce la fede nellispirazione divina. I testi classici sono 2Tm 3,16 e 2Pt 1,16-21 e 3,14-16. La
Scrittura, sperimentata come parola di Dio, verit ecumenica condivisa da

206

G. SEGALLA

tutte le chiese, convinte che la parola di Dio che si legge nella Bibbia non
sia solo per le generazioni passate, ma anche per le presenti e le future. Per
cui la regola dellinterpretazione teologica della Scrittura la tradizione
di fede apostolica, fondata nella stessa Santa scrittura.
Il processo canonico cristiano ha portato allattuale strutturazione della
Bibbia dalla Genesi allApocalisse, la gura di una via di storia della
salvezza che lunico Dio ha percorso con Israele e il mondo e sempre
percorrer (p. 331). Questa via tanto pi chiara se si aggiungono gli
apocri (i nostri deuterocanonici) della Lxx come nella Bibbia cattolica
ed ortodossa. Non si deve perci contrapporre rivelazione e storia come
nellesegesi tedesca; vanno coniugate insieme nellorizzonte dellanamnesi: il zikkaron dellAT che rendeva presente la storia nella liturgia e nella
preghiera, e tanto pi lanamnesi di Ges nel NT, fondata sulle parole di
Ges nellultima cena. Lanamnesi aiuta la comunit degli uditori/lettori a
determinare davanti a Dio il luogo della storia della salvezza e della rivelazione, di cui ha bisogno per lorientamento spirituale (p. 333), una memoria che abbraccia quindi Antico e NT. Le conseguenze che ne derivano per
lermeneutica sono: a) non si pu interpretare lAT indipendentemente dal
Nuovo n il Nuovo indipendentemente dallAntico; b) linsieme canonico
secondo lanalogia della fede offre lorizzonte interpretativo dellanalisi dei
singoli testi e dei singoli libri. Non mette a tacere i risultati della critica, ma
li colloca in un orizzonte pi vasto e articolato, in cui si comprende quali
siano i testi centrali e quali quelli marginali in relazione al centro teologico.
E in tal modo si costruisce il ponte fra storia e teologia.
Perch la Scrittura con un canone in due parti sia compresa comessa
richiede (H. Gese) devessere collocata nel suo luogo naturale, linterpretazione della Chiesa, che deve la sua esistenza alla parola di Dio. E inne
linterpretazione deve rimanere aperta al miracolo dellautocomunicazione
di Dio attraverso i testi biblici. Latteggiamento fondamentale devessere
quello dellumilt (tapeinophrosyn), anche tenendo conto del complesso
di metodi storici, linguistici, ermeneutici oggi praticati, che rendono pi
difcile il lavoro esegetico. E chiude con una citazione di G. Von Rad dal
suo libro sulla Sapienza: In corrispondenza alla nostra odierna mentalit
popolare, la fede non impedisce la conoscenza, al contrario essa piuttosto
che libera il conoscere, che fa giungere giustamente alla cosa e le assegna il
suo giusto posto nellambito della molteplice attivit delluomo (p. 336).
In conclusione per Stuhlmacher: il canone biblico cristiano in due parti
lAT in ebraico e nella Lxx (inclusi i deuterocanonici) e il NT, il centro
di questo canone la riconciliazione con Dio di ebrei e pagani in Cristo;
lermeneutica canonica piuttosto complessa, ma pur includendovi tutta

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

207

la critica e i metodi esegetici moderni, vi dischiude un nuovo orizzonte,


quello canonico, indicato dalla struttura stessa del canone, che segnala la
via della storia della rivelazione e della salvezza.
3.4. Le tre TB a confronto
Dopo lanalisi delle tre TB di Hbner, Childs e Stuhlmacher, riteniamo sia
utile metterle a confronto in relazione a tre questioni fondamentali: 1) quale
canone biblico prendono in considerazione? 2) quale unit teologica del
canone intendono dimostrare? 3) quale conseguente ermeneutica canonica
praticare?
Hbner, nonostante simpatizzi per il canone lungo della Lxx, tuttavia
per dimostrare lunit teologica applica il criterio del canone nel canone.
Il canone reale il Nuovo Testamento, che diviene criterio di verit del canone formale comprendente Antico e NT. Lunit teologica viene ravvisata
nellautorivelazione di Dio in Cristo nello spazio tempo della grazia, unit
di tipo esistenziale, che dimentica storia e Chiesa: la storia lasciata allo
storico critico, la determinazione della fede alla Chiesa; come in Bultmann
vi predomina unantropologia teologica esistenziale e una corrispondente
concezione luterana della fede. Lermeneutica praticata assume lAT nel
Nuovo attraverso le citazioni esplicite e implicite.
Childs salvaguarda lintegrit del canone ebraico, nella sua forma breve,
corrispondente al canone rabbinico seguendo la teologia riformata. Nella parte
descrittiva di Antico e NT tiene le due testimonianze alla rivelazione nettamente separate ed autonome; solo in un saggio di esegesi intertestuale ricupera
il dialogo fra i due. Lermeneutica teologica inne, nellultima parte, la pi
ampia dellopera, intende arrivare alla res, cio alla realt e verit di Dio, rivelata in Cristo Ges e cos aprire la teologia biblica alla teologia dogmatica.
Stuhlmacher considera il canone biblico composto di AT ebraico e della
Lxx, perch ad ambedue ricorre il NT. La sua la concezione pi comprensiva di canone e pi corrispondente alla storia. Lunit la ravvisa nel centro
del canone che abbraccia Antico e NT in una continua tradizione teologica
di storia della salvezza che ha per ne la riconciliazione di ebrei e pagani
con Dio in Cristo mediante la morte espiatrice di Ges. Lermeneutica che ne
deriva dei tre la pi complessa, ma anche la pi realistica e corrispondente
allo stato attuale dellesegesi. Include infatti i risultati del metodo storico
critico aggiungendovi lempatia critica e spirituale; e poi i risultati degli altri
metodi rivisitati nellorizzonte canonico pi ampio in un dialogo col centro
che aiuta a distinguere ci che essenziale da ci che marginale.

208

G. SEGALLA

4. Il problema posto dal canone biblico rimane aperto


Le Teologie Bibliche che cercano di rispondere al problema fondamentale dellunit teologica del canone in due parti, vi hanno risposto ma con
soluzioni che abbiamo visto essere ancora parziali e quantomai aperte.
Dopo aver fatto una breve rassegna critica di H. Hbner e B.S. Childs e
di Otto Merk32 Stuhlmacher conclude la sua poderosa opera, segnalando quali secondo lui sono i campi di ricerca aperti per una futura TB pi rispondente
alla sua natura e alle esigenze della Chiesa: 1) una traduzione della Lxx e un
maggiore studio di questo settore trascurato della ricerca; 2) uno studio delle
tradizioni protocristiane alla luce dellambiente tardo anticotestamentario e
giudeo-cristiano; 3) lo stesso vale per la concezione integralmente biblica
della verit (altheia) e del suo signicato ermeneutico, e inoltre limportanza delle grandi feste ebraiche; 4) il rapporto tra la fede dellAT e del Nuovo e
quello con la regula dei; 5) inne il rapporto fra esegesi e dogmatica. Credo
che queste vie aperte dalla TB valgano non solo per lambiente tedesco che
Stuhlmacher riette, ma anche per tutta la Chiesa.
A questo punto vorrei sintetizzare anchio la problematica suscitata dallo studio teologico esegetico del canone nelle recenti Teologie Bibliche.
Lo far seguendo i tre punti con cui abbiamo sintetizzato anche i risultati
delle tre Teologie Bibliche sopra esaminate: la denizione del canone,
lunit o coerenza teologica nel canone completo di Antico e NT, e lermeneutica canonica che ne deriva, sperando di indicare una nuova strada per
scoprire lunit della Santa scrittura.
Il canone in due parti: Antico e NT. Delle due parti, quella messa in
questione la prima, lAT. Gi n dal II secolo con Marcione che lo riuta,
e poi con la Riforma protestante che, a differenza della Chiesa cattolica e
ortodossa, accoglie nella Bibbia solo il canone breve, ebraico. Oggi invece,
a parte B.S. Childs, si tende ad accogliere il canone lungo della Lxx come
canone anticotestamentario della Chiesa delle origini, insieme allAT originale ebraico. Va inoltre osservato che la Chiesa accolse nel canone cristiano
il canone ebraico e alessandrino rispettandolo nel suo contenuto e nella sua
forma, e modicando solo la collocazione dei libri allinterno del canone.
Non fu escluso nessun libro, non si ebbero interventi redazionali che modicassero il testo e tanto meno commenti per adattarlo alla rivelazione
cristiana. Il canone ebraico fu assunto integralmente cos comera. Semmai
fu la sinagoga ufciale rabbinica a modicare, non il canone ebraico, ma le
traduzioni in greco, producendone altre diverse dalla Lxx, perch di essa si
32. Merk, Theologie des Neuen Testaments und Biblische Theologie, citato alla n. 1.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

209

servivano i cristiani. LAT nella sua tradizione ebraica pi lunga rappresentata dalla Lxx dunque lAT cristiano che aggiungendosi al NT, forma la Bibbia cristiana. Ora, la TB cerca di argomentare lunit e coerenza teologica del
canone biblico in due parti. Tale dimostrazione critica intende per un verso
evitare la soluzione fondamentalista che prende il testo alla lettera, riutando
la critica; e per altro verso vuole evitare anche la deriva di una critica che
non simpatizza col testo, ma si lascia trascinare dalle teorie ideologiche che
fondano i vari metodi e che non pervengono a quanto il testo intende affermare, e cio alla testimonianza della rivelazione di Dio, della sua autocomunicazione alluomo. Alle varie critiche gi praticate nello studio della S.
Scrittura, che hanno ormai una stabile classicazione, va aggiunta quella che
Stuhlmacher chiama empatia critica e spirituale col testo, tenendo conto
della natura particolare del testo biblico e della necessit di rispettarla.
Lermeneutica canonica invece proprio un nuovo metodo che si aggiunge a quelli classici, una interpretazione dei singoli libri o singoli testi
nellorizzonte del canone. La considerazione della Bibbia in due Testamenti
come canone della fede comporta un passo ulteriore rispetto ad uno studio
scientico, pur accogliendolo con tutta la molteplice e complessa metodologia moderna. Il passo ulteriore appunto quello della critica canonica.
Lunit o identit teologica della Sacra Scrittura in due Testamenti come
abbiamo visto argomentata in modo diverso nelle tre Teologie Bibliche
esaminate. La soluzione del canone nel canone proposta da Hbner, cio il
NT come canone critico dellAT in quanto il NT la rivelazione escatologica, cristologica di Dio in Cristo. Secondo lui una TB sarebbe possibile solo
passando per la via della ricezione dellAT nel Nuovo mediante le citazioni
esplicite e implicite; in questa prospettiva viene accentuata la singolarit
della rivelazione cristiana, che funge perci da criterio della rivelazione biblica, contenuta nel canone. B.S. Childs che intende salvaguardare lintegrit
dellAT nella sua forma canonica ebraica, cerca la soluzione del dialogo fra
i due Testamenti, dopo unaccurata descrizione dei due separatamente presi.
Tale unit sarebbe rilevabile sia a livello esegetico mediante il metodo della
intertestualit canonica di un motivo, di un tema, sia a livello di ermeneutica
teologica, esponendo in modo coerente e successivo le due testimonianze
della rivelazione di Dio, aperte alla dogmatica attraverso le tematiche teologiche principali. La soluzione di Stuhlmacher invece quella classica
in ambiente luterano: il centro teologico del canone diviene il criterio per
dimostrare la continuit della tradizione teologica dallAntico al Nuovo Testamento, un AT perci aperto al Nuovo. Il centro, come abbiamo visto, il
tema paolino della riconciliazione di Dio con luomo peccatore mediante il
Figlio suo Ges Cristo e la conseguente riconciliazione fra gli uomini. Tale

210

G. SEGALLA

centro diviene inoltre principio critico per dimostrare quanto nel canone
centrale e quanto marginale nella testimonianza canonica della fede.
Lermeneutica canonica di conseguenza diversa nelle tre proposte di TB:
la via del Vetus Testamentum in Novo receptum diverso dal Vetus Testamentum
in se, applicata in modo rigoroso da Hbner. Lermeneutica del dialogo fra i
due Testamenti nel contesto canonico proposta da Childs e lermeneutica canonica di P. Stuhlmacher molto pi complessa in cui cerca di applicare allinterpretazione della Scrittura tutti i metodi moderni, aggiungendo per il metodo
della empatia critica e quello canonico per rispettare la natura particolare del
testo biblico e la sua rivendicazione di una verit che va al di l di quella storica. Questultima ermeneutica, anche se meno specica, mi sembra la pi comprensiva e quindi la pi rispettosa del testo canonico nella sua complessit.
Conclusione
Come riessione conclusiva vorrei esaminare brevemente le vie di soluzione aperte dalla TB canonica al problema dellunico canone biblico in due
parti, concentrandoci su tre punti fondamentali per focalizzarli allinterno
di una via di uscita: la memoria collettiva dellunico Dio che salva nei due
Testamenti, nelle due testimonianze, che qualicano la sua ultima identit
in Cristo, che ha rivelato in modo denitivo la verit di Dio e la sua salvezza nellorizzonte ermeneutico dellAT.
Il canone biblico cristiano si compone di due parti in tensione (discontinuit) e unione (continuit) fra loro. Il NT stato aggiunto ad un AT gi
compiuto e a cui gli autori del NT si riferiscono come a Scritture Sante.
Vanno notate due cose: che il canone cristiano dellAT pi ampio di quello
ebraico; che strutturato in modo diverso nei tre o quattro complessi in cui
i libri vengono divisi; che il canone ebraico della diaspora passa attraverso
la Lxx, pi aperto alluniversalismo cristiano. Perci lAT cristiano nel suo
complesso diverso dalla Tanak ebraica; per di pi lorizzonte ermeneutico
della Tanak ebraica la Mishna e il Talmud, mentre per i cristiani il NT.
I due canoni divengono cos espressione di due identit diverse: quella
ebraica che si identica con la storia di Israele nella sua relazione unica di
alleanza con JHWH, e quella cristiana la cui identit Ges Cristo, Figlio
di Dio incarnato, che rivela Dio e la sua salvezza in modo denitivo per
tutti i popoli, incluso Israele. Di qui deriva la possibilit e necessit di una
TB per la fede cristiana, mentre non vi interessato affatto lebreo33.
33. J. Levenson, Why Jews Are Not interested in Biblical Theology, in J. Neusner - B.A.

Levine et alii, Judaic Perspectives on Ancient Israel, Philadelphia 1987, 281-307.

CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA

211

Il canone biblico, nella sua ampiezza, nella sua struttura e nella sua funzione, dato che si compone di due parti, richiede una TB, che renda ragione
della loro unit in tensione, della loro identit teologica e della necessit di
valutare come parte integrale del canone lAT.
Lermeneutica canonica ormai un dato acquisito. La stessa continuit teologica dei due TT nella discontinuit pu essere pi facilmente
dimostrata a livello canonico che non a quello di storia della tradizione.
Lo strumento principale o metodo cui oggi si ricorre la intertestualit34.
Lintertestualit canonica nella sua molteplice applicazione pu includere
diversi livelli: quello delle citazioni dellAT nel Nuovo, quello dei motivi
e temi comuni; ma deve procedere al di l e avere il coraggio dellultimo
passo: dimostrare lunit e lidentit della Bibbia cristiana come specchio
dellidentit cristiana. E si perviene cos alla soluzione qui proposta al problema pi difcile: lunit e lidentit profonda dei due Testamenti35. Cos
si esprime B. Janowski allinizio e alla ne dellarticolo citato in nota: Chi
vuole articolare una posizione in relazione alle questioni fondamentali di
una TB, intende contribuire alla ricerca della identit della fede cristiana
(corsivo mio). E chiude larticolo ribadendo la stessa tesi iniziale: Chi
articola una posizione Nel lavoro di esegesi contemporanea la TB deve
tener conto che la Scrittura divisa in due parti (pp. 297 e 321) e qui
inizia il discorso sul rapporto con la Bibbia di Israele, che va rispettata e
riconosciuta, ma al contempo si deve affermare lunit della Scrittura (p.
321), cio di Antico e NT. Ma quale unit della Scrittura e in corrispondenza quale identit biblica cristiana? Anzitutto va detto che lunit non
va concepita come unit dottrinale, astorica e statica. I tentativi in questo
senso sono falliti. Lunit cercata devessere dinamica e non statica, storica e non dottrinale, non concettuale ma ermeneutica e aperta al dialogo36.
Ma dove trovare questo tipo di unit che diviene identit di fede cristiana?
Sding propone la fede in un Dio unico, JHWH e in un unico popolo, Israele, che in Cristo Ges si apre a tutti i popoli. Per onorare anche laspetto
34. Per una introduzione elementare si veda lottimo articolo di P. Rota Scalabrini, Bibbia

e intertestualit, Teologia 28 (2003) 3-17; per la teoria letteraria G. Genette, Palinsesti:


la letteratura al secondo grado, Torino 1997; studi pi avanzati: C.A. Evans - S. Talmon
(ed.), The Quest for the Context and meaning. Studies in Biblical Intertextuality in Honor
of James A. Sanders (Biblical Interpretation Series 28), Leiden etc. 1997; D. Marguerat - A.
Cortis (ed.), Intertextualits. La Bible en cho (Monde de la Bible 40), Gnve 2000.
35. Si veda lottimo articolo di B. Janowski, The One God of the Two Testaments. Basic
Questions of a Biblical Theology, Theology Today 57 (2000) 297-324 = ZThK 95 (1998)
1-36.
36. T. Sding, Einheit der Heiligen Schrift? Zur Theologie des biblischen Kanons (QD 211),
Freiburg 2005, 15 e 59.

212

G. SEGALLA

storico ed ermeneutico io proporrei di ravvisare lidentit biblica della fede


cristiana del canone nella memoria storica, che esprime una unit dinamica
ed fondamento della identit di fede e di prassi. La memoria storica di
una comunit fondamento della sua identit in relazione con un evento
originario. La rivelazione dellunico JHWH avvenuta nella storia del popolo di Israle: lunicit di JHWH nei confronti dellidolatria politeista
strettamente legata allunicit del popolo di Israele, che riconosce JHWH
nella sua santit ed coerente con questa fede nella sua prassi. Questa
memoria storica di JHWH conservata nellalleanza e vissuta nelle grandi
feste, mentre il volto pratico del popolo che si afda a JHWH si legge nella
Tor, nei Profeti e negli Scritti, in particolare nei Salmi.
Nel NT la rivelazione della identit di JHWH perviene al suo compimento in Ges, che come Verbo incarnato, rivela il volto pi misterioso di
JHWH, che non solo abita in mezzo al suo popolo con la schekinah, ma
inabita mediante il Figlio in un uomo, Ges Cristo e tale inabitazione col
dono dello Spirito si estende ad ogni cristiano che crede e vive in Ges.
Tale rivelazione escatologica denitiva diviene memoria celebrata e vissuta
nella comunit cristiana aperta a tutti i popoli, riconciliati con Dio e per
mezzo di lui tra loro. Tale memoria viene celebrata nella liturgia cristiana e
vissuta nella prassi e nella testimonianza cristiana. E questa memoria lega
con una persona, JHWH che si rivela nella storia del suo popolo e in modo
pi umano nella persona di Ges Cristo. Questa memoria storica, ricchissima e complessa, esprime nel modo migliore lidentit della Chiesa nel
mondo e per il mondo. Tale memoria trova il suo fondamento unitario nella
Scrittura divisa in due parti, Antico e NT. A questa memoria unitaria pur
nella discontinuit dei due Testamenti (Eb 1-4) la TB invita continuamente
a ricorrere, confessando lunico Dio nelle due testimonianze della memoria storica di Antico e NT: la memoria di JHWH, unico Dio si concentra
poi nella memoria di Ges e diviene lidentit della Chiesa, che legge e fa
propria questa memoria nel canone biblico37.
Giuseppe Segalla
Professore invitato
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

37. Un saggio in questo senso per il Nuovo Testamento in relazione con lAntico nellunica

memoria di Ges quello che ho scritto io stesso ed stato pubblicato recentemente: Teologia Biblica del Nuovo Testamento (8/2), Torino 2006.

RELATIONAL DIAGRAMS IN TEXT ANALYSIS

R.J. Boettcher
One of the intriguing and at the same time frustrating things about in-depth
study of any text is that it reveals the intricate complexity of human language, and at the same time, our challenge in understanding what and how
it is communicating. We understand by division and comparison, drawing
distinctions and establishing relationships in a sequential process. When applied to text analysis, our sequential process can be overtaxed by the sheer
number of possibilities, since every word and grammatical construction adds
a plethora of possible senses. For a simple example, we will take the phrase,
The one with the table saw the pen. A typical analysis would go through
the sentence, labeling main verb, subject, direct and indirect object, and so
forth, to lay out the structure. Then, to interpret its meaning, the usual thing
to do is list out the possibilities at each point, discuss the ramications, and
choose the most probable. Then the focus is shifted to the next item. At the
end, the data is summarized by grouping into various scenarios. For the
example, we would say:
subject: [the one with the table]
composed of [one] with denite article [the]
and adjectival clause [with the table],
itself composed of
preposition [with], object [table] with denite article [the]
verb
[saw]
direct object[the pen]
We have three material things: one, table, and pen. The rst is extremely ambiguous, only limited by the content of the rest of the sentence.
The second, table, could be the kind one dines upon, or a gure on a piece of
paper, or in an older terminology, a tablet. Relating these rst two is the word
with, which itself carries more than one connotation. The last, pen, could
be a writing instrument or an enclosed area for livestock. While we could go
on and write out a lengthy reection on the semantic possibilities and probabilities, we would be multiplying words. For a rough idea of how many possibilities there are for a text, multiply the number of words times the average
number of meanings for each one. So far we have 12. Then for the amount
of textual space required to discuss it, gure on not only multiplying this by
the space devoted to each word, but since we will have to discuss also their
LA 56 (2006) 213-224

214

R.J. BOETTCHER

interrelationships, we must string together the factors in a series, multiplying


them all together: (5 x 4 x 3 x 2), then dividing by another similar sequence
to lter out redundancies, etc. It should be obvious that an exhaustive study of
more than a few phrases is not practical, if not limited by the amount of text
expended, then certainly limited by the readers attention span and memory.
The question remains, how might it be possible to represent the semantic
situation in a single view?
A look at some other disciplines which have had to develop a means
of dealing with similar problems might be instructive. At the formation of
expansive corporate structures, management developed the organizational
chart to show the hierarchy of the individuals and departments, and their
inter-relationships. Manufacturing engineers worked out a way to represent
sequential processes with a diagram composed of gures representing the
objects and materials being processed, along with gures for each part of the
process, and the direction of the sequence. Electronics brought the circuit
diagram to aid in design and practical layout. To deal with repairs, there was
a simplied version called a schematic which showed only the functional
details necessary to deal with problems. When computer programmers began
to develop the sequence of instruction codes into a language, and formed
complex programs (texts which a computer reads and understands) they
needed a means to see the big picture and navigate through the details. For
this they developed a simple graphic map of the whole called a ow chart
with symbols representing elements in the process: input, data, decision points,
output, document. Each symbol points to a segment of program (text) and
identies its function, while each part of the program has a corresponding
symbol on the chart. This forms a bi-directional semantic reference, and an
aid for the human agents to communicate: if a programmer wants to know
what part their code contributes to the whole, they look to the ow chart to
see what other processes (and thus, programmers) are involved; if a systems
engineer wants to nd the bug that is garbling the output, they know where
to search and whom to contact.
Applying this to text analysis, we can identify a few things to be gained.
First, the means to summarize a complex system in a single view would help
simplify the representation of the data collected, and help understanding and
insight. Second, the ability to establish text-symbol links would be a help to
navigation. This is important for both heuristics and contextual interpretation.
Third, the symbols could display the character of an object (e.g. physical object, grammatical category, process), and the connecting lines could indicate
types of relationships (e.g. verb to object, steps in a process). Thus a wealth of
information would be visible. Lastly, the open-ended nature of such diagrams

links
would
be object
a help (e.g.
to navigation.
This grammatical
is important category,
for both heuristics
character
of an
physical object,
process),
and
contextual
interpretation.
Third,
the
symbols
could
display
and the connecting lines could indicate types of relationships (e.g.
verbthe
to
character
of
an
object
(e.g.
physical
object,
grammatical
category,
process),
object, steps in a process). Thus a wealth of information would be visible.
and
the the
connecting
linesnature
couldofindicate
types ofallow
relationships
to
Lastly,
open-ended
such diagrams
for them (e.g.
to beverb
linked
215
RELATIONAL
DIAGRAMS
IN of
TEXT
ANALYSIS would be visible.
object,
steps
in
a
process).
Thus
a
wealth
information
together so that, for example, what one produces the other takes in as input.
Lastly,
the open-ended
naturecan
of represent
such diagrams
for them
be linked
Integrating
groups of these
globalallow
systems,
and to
conversely,
together
so
that,
for
example,
what
one
produces
the
other
takes
in
as input.
each
unit
can beso
expanded
its own what
diagram.
allowfunctional
for them to
be (symbol)
linked together
that, for in
example,
one produces
Integrating
groups
these
can
represent
global
systems,
conversely,
Wetakes
begin
a fewIntegrating
basic
symbols
and
example.
The
present
the other
inwith
asofinput.
groups
of an
these
can and
represent
global
each
functional
unit
(symbol)
can
be
expanded
in
its
own
diagram.
concern
to show: each
1) lexical
possibilities
for the sense
a word; 2)
systems,will
and be
conversely,
functional
unit (symbol)
can beofexpanded
in
begin
with terms;
a few basic
symbols
and an example. The present
relationships
between
3) semantic
referent.
its ownWe
diagram.
concern
will be
to show:
1) lexical
possibilities
for the The
sensepresent
of a word;
2)
thebasic
symbols:
WeExplanation
begin
with
aoffew
symbols
and an example.
concern
relationships
between
terms;
3) semantic
referent.
will be to show:
1) lexical
possibilities
for the
sense of a word; 2) relationships
Explanation
of
the
symbols:
between terms; 3) semantic referent.
Explanation of the symbols:
reference
in the text
reference
in
the text
meaning

main flow
Modifier

enclosure

with

meaning
relation

Modifier
possibility

with

relation

possibility

the one
the one
enclosure

main flow

For the example sentence above, we have:


For the example sentence above, we have:
For the example sentence above, we have:
the table

with

the table
with
for dining
on paper
person
dog person
the one
dog
the one

tablet

for dining
on paper
tablet
enclosure
for writing
enclosure
for writing
the pen

saw
saw

the pen

With this kind of representation, one can see the main elements and the
elds of possibilities. There is no a priori
3 need to reduce these down to single
values (although admittedly it is necessary to lter them to a manageable number). One important aspect is the possibility of indicating how certain some
relations are, others as tentative or conditional. Further, seeing the options
together allows the analyst to relate the individuals in one group to another,

single values (although admittedly it is necessary to filter them to a


manageable number). One important aspect is the possibility of indicating
how certain some relations are, others as tentative or conditional. Further,
seeing the options together allows the analyst to relate the individuals in
216
R.J. BOETTCHER
one group to another, and thus begin working towards the global options.
For example, putting the options for the table together, just above those
forthus
thebegin
penworking
shows that
some
related,
and For
can example,
be grouped.
Several
and
towards
theare
global
options.
putting
the
terms for
point
the together,
same semantic
domain:
person,
paper,
tablet,
options
thetotable
just above
those for
the penon
shows
that some
for writing
written
discourse
as point
a realtooption.
areand
related,
and canall
beinfer
grouped.
Several
terms
the same semantic
more on
extensive
thefor
terms
couldallbeinfer
transfered
domain:For
person,
paper,analysis,
tablet, and
writing
written into
dis- a
database
and option.
put in a matrix with the object types, categories, and intercourse
as a real
relationships.
In thisanalysis,
way several
significant
revealed.
For more extensive
the terms
could dimensions
be transferedcould
into abedatabase
For
through
course
of theand
main
objects and the
and
putexample,
in a matrixgoing
with the
objectthe
types,
categories,
inter-relationships.
one could
analyze
the paths from
object to the
come
In connectors,
this way several
signicant
dimensions
couldone
be revealed.
For other,
example,
up with
the the
critical
ofmain
meaning
andand
indicate
the subsidiary
paths,
going
through
coursepath
of the
objects
the connectors,
one could
whether
or one
dependent.
case,
it isup
clear
one,path
saw
analyze
theabsolute
paths from
object toIn
thethis
other,
come
withthat
thethe
critical
the pen
are on the
axis,paths,
and are
relatedabsolute
by simple
connections,
of and
meaning
and indicate
thecentral
subsidiary
whether
or dependent.
theit isrelations
the and
onetheand
dog
In while
this case,
clear that between
the one, saw
penperson
are on the or
central
axis,are
indeterminate.
Cross-relations
between
therelations
individuals
in the
and
are related by simple
connections,
while the
between
thevarious
one
groups
of or
options
withindeterminate.
other individuals
in different
groupsthe
areindividustill more
and
person
dog are
Cross-relations
between
provide
a keyindividuals
to the whole,
since it
is also
alsambiguous.
in the variousWriting
groups ofcould
options
with other
in different
groups
wide category;
yet it could
also isprovide
still indeterminate.
aredescribes
still morea ambiguous.
Writing
a key to the whole, since it
For users
of thecategory;
popular yet
(and
high-powered)
text analysis program
is also describes
a wide
it also
is still indeterminate.
i
They
present
BibleWorks,
shouldtext
be analysis
no surprise.
For users of thegrammatical
popular (anddiagrams
high-powered)
program
Biblea powerful
means of
perceiving
thebedynamics
of 1word
to some
Works,
grammatical
diagrams
should
no surprise.
They syntax,
present aand
powerful
degree,
the semantics
of terms. ofHere
a sample
thedegree,
Prologue
means
of perceiving
the dynamics
wordissyntax,
and from
to some
the of
John: of terms. Here is a sample from the Prologue of John:
semantics

Joh 1:1

o` lo,goj

h=n

evn

avrch/|

kai,
o` lo,goj

kai,
o` lo,goj

h=n
pro,j

h=n

to.n qeo,n

qeo,j

1. Module by Randy A. Leedy, New Testament Greek Sentence Diagrams, in BibleWorks,

ver. 7, BibleWorks, LLC, Norfolk VA 2003.

RELATIONAL DIAGRAMS IN TEXT ANALYSIS

217

It is reasonably clear that the rst term of each phrase refers to the same
It is reasonably clear that the first term of each phrase refers to the
thing. However, moving on to the next 2 verses, the semantic relation between
same thing. However, moving on to the next 2 verses, the semantic relation
the grammatical units is not immediately apparent:
between the grammatical units is not immediately apparent:

Joh 1:2

ou-toj

h=n
evn

Joh 1:3a

pa,nta

avrch/|

e[n
ouvde,

to.n qeo,n

evge,neto
diV

kai,

pro,j

auvtou/

evge,neto
cwri,j

auvtou/

Further, the rhetorical centrality of the Logos as the source of all that exists
Further,
thereferences
rhetorical centrality
of the
Logos
thelower
sourcelevels
of all of
thatadverbial
exists is
is lost as
to Him are
buried
in asthe
lost
as references
to Him is
areanother
buried representation
in the lower levels
ofbuilds
adverbial
clauses.
clauses.
What is needed
which
on this
data,
What
is needed
is another
representation
which
thisof
data,
summasummarizes
it, and
re-orders
it according
to a builds
higheron
level
abstraction,
rizes
it, and
re-orders
it according to a higher level of abstraction, structure,
structure,
and
meaning.
and meaning.
Standing in the gap between grammar and rhetoric is the semantic
Standingofinterms
the gapreferents.
between grammar
and rhetoric
is the
dimendimension
While generally
clear
andsemantic
often univocal,
sion
of termsof
referents.
generally
clear and
oftenobject
univocal,
thethe
referent
the referent
a term,While
whether
to another
textual
or in
real
of
a term,can
whether
another
textualdetermined
object or inby
the
world,
nevera
world,
nevertobe
absolutely
thereal
text
itself.canAfter
be
absolutely analysis
determined
by theeach
text verse
itself.and
After
a grammatical
analysis in
grammatical
in which
phrase
has been categorized
which
each verse
phrase
has been
categorized
ordered,
still
and ordered,
thereand
still
remains
the question,
Toand
what
does there
this term
remains
this term
Forimmediate
example, the
refer? the
Forquestion,
example,To
thewhat
use does
of this
can refer?
mean the
or use
the
of
thisprecedent,
can meanand
the no
immediate
or the grammatical
general precedent,
and nocan
further
general
further merely
examination
ever
merely
resolvegrammatical
the question.examination can ever resolve the question.
This
aspect
(attention
reader!
to what
doesdoes
thisthis
point?)
can becan
lostbeamid
This
aspect
(attention
reader!
to what
point?)
lost
the
apparent
precision
of detailed
when expressed
amid
the apparent
precision
of textual
detailedstudies,
textualespecially
studies, especially
when
with
prose with
for even
most
minds
taxed in minds
maintaining
dozens
expressed
prosethe
forbrilliant
even the
mostarebrilliant
are taxed
in
of
inter-relating
data points
spread overdata
the space
severalover
pages.
of the
maintaining
dozens
of inter-relating
pointsofspread
thePart
space
of
problem
is explaining
words
moreiswords,
for wherever
the problem
is not
several pages.
Part of
the with
problem
explaining
words with
more words,
just
translation
an ancient
intojust
a current
language, of
butan
theancient
expression
for the
wherever
the of
problem
is not
the translation
intoofa
thoughts
which challenge
human language,
we will
not only
always fall
current language,
but theanyexpression
of thoughts
which
challenge
any
short
of language,
perfect clarity,
but run
of obfuscation,
andperfect
perhaps
a vicious
human
we will
not the
onlyrisk
always
fall short of
clarity,
but
cycle
of word
run the
risk multiplication.
of obfuscation, and perhaps a vicious cycle of word
multiplication.

218

R.J. BOETTCHER

While
grammatical
diagrams
areare
a great
While
grammatical
diagrams
a greataidaidtotothat
thatlevel
levelofoftextual
textual
dynamic,
dynamic, the
the semantic
semantic dimension
dimension can
can be
be obscured
obscured or confused. Take
Takefor
for
example
there are
areaanumber
numberofofexpressions
expressions
pointing
to
example aa section
section where there
pointing
to the
the
same
object
person,but
butallallusing
usingdifferent
different modes.
modes. The
same
object
or or
person,
The grammatical
grammatical
diagram
must
necessarily
follow
these
variations,
but
without
being
diagram must necessarily follow these variations, but without beingable
abletoto
indicate
indicatethat
thatthey
theyrefer
refer to
to one
one and
and the
the same
same thing.
thing. To
Tothe
theeye
eyeititwill
willseem
seem
that
thatthere
thereare
aremultiple
multipleobjects,
objects,without
without aa means
means of
of unifying
unifying them.
them. So,
So,ititisis
necessary
necessarynot
nottotoreplace
replacesuch
suchrepresentations
representationsbut
buttotosupplement
supplementthem
themwith
with
the
semantic
converse,
which
sets
the
semantic
objects
as
primary
while
the semantic converse, which sets the semantic objects as primary while
distinguishing
farfar
as as
possible.
Taking
in hand
the
distinguishingthe
thegrammatical
grammaticaldetails
detailsasas
possible.
Taking
in hand
example
from the
Prologue,
we presentwehere
anotherhere
way another
of diagramming
the example
from
the Prologue,
present
way of
it,diagramming
which contains
some contains
of the grammatical
also reduces
it, which
some of theinformation,
grammaticalbut
information,
but
ii
2
terms
to
single
referent:
also reduces terms to single referent:

1.1

1.2

1.3

thisway
wayititisisclear
clearthat
thatthe
theLogos
Logosisisthe
the primary
primary focus
focus and
and referent.
referent. Here
Here
InInthis
some
of
the
grammatical
dimensions
are
also
represented
by
the
different
some of the grammatical dimensions are also represented by the different
shapesand
andthethe
directions
of arrows.
the arrows.
The numbers
starryindicate
circles
shapes
directions
of the
The numbers
in starryin
circles
indicate
the
Scripture
verse.
Further,
following
the
various
paths,
one
can
the Scripture verse. Further, following the various paths, one can perceive the
perceive the logical/rhetorical
groupings
loops.gures
In the
following
logical/rhetorical
groupings and loops.
In theand
following
showing
the
figures
showing
the
whole
of
the
Prologue,
the
additional
dimension
whole of the Prologue, the additional dimension of ambiguity is indicated byof
is indicated
a bracket,
while with
negation
is cross.
shownInby
circle
aambiguity
bracket, while
negation by
is shown
by a circle
interior
v. 9a there
with interior cross. In v.9 there is ambiguity as to what is coming into the
world, whether the light or the human being. Further, there is a shift in the
subject between v.9 and the end of v.10, from the light to the Logos, and in
2.the
Theinterim
Greek diacriticals,
for the most
are the
omitted
for theofsake
of simplicity.
it is ambiguous.
Atpart,
v.14,
referent
full
might beCertain
either
other aspects have also been adapted, for example the case of a noun referred to by different
the
Only-begotten
or
glory.
verbs or prepositions demanding conicting cases.

7
219

RELATIONAL DIAGRAMS IN TEXT ANALYSIS

is ambiguity as to what is coming into the world, whether the light or the human being. Further, there is a shift in the subject between v. 9 and the end of
v. 10, from the light to the Logos, and in the interim it is ambiguous. At v. 14,
the referent of full might be either the Only-begotten or glory.

1.1
2

1.2
6-8

1.3

...

10

11

12

13

220

R.J. BOETTCHER

14

16

17

18

15

If we were to take this whole diagram and reduce it to a single semantic


operator represented by a graphic object, it could be linked in a network
with other similar objects. In this way, larger textual units of discourse such
as paragraphs and pericopes could be interrelated by their dynamics and functionality. Each element would have diverse connection points offering output
or receiving input from the others. Seen in such a way, each textual unit would
If we into
wereobject
to take
this whole
and reduce
it to a single
be transformed
of higher
orderdiagram
in the semantic
network.
semantic
operator
represented
by
a
graphic
object,
it
could
be of
linked
a
Another graphic mode can be used to represent the mapping
termsinused
network
with
other
similar
objects.
In
this
way,
larger
textual
units
of
in the translation of a text, along with their inter-relationships. This is a eld
ripe for research. It would seem that up until now, the usual mode of translating
classical texts has been to take each sentence in relative isolation, using terms in
the target language that seem at each point most proper to the local context. Two
main problems have attended this. With technical texts such as philosophical

a field ripe for research. It would seem that up until now, the usual mode
of translating classical texts has been to take each sentence in relative
isolation, using terms in the target language that seem at each point most
proper to the local context. Two main problems have attended this. With
technical texts RELATIONAL
such as philosophical
works, certain technical terms with a 221
DIAGRAMS IN TEXT ANALYSIS
single, consistent meaning are fragmented into a plethora of terms which
disturb or destroy the logical network. Secondly, the inter-relationships
between
is often
ignored,
that implicit
linksmeaning
betweenare
terms
are
works,
certainterms
technical
terms
with asosingle,
consistent
fragmented
lost.
Worse
still,
sometimes
misleading
groupings
may
be
formed
by
the
into a plethora of terms which disturb or destroy the logical network. Secondly,
backwash of translating several terms into the same word.
the inter-relationships
between terms is often ignored, so that implicit links
For example, in comparing Genesis 1 and John 1, commentaries
between
terms
are
lost.
Worse still,
misleading
groupings
may be
typically trace a line through
wordsometimes
speech spoken
speaker,
and look
formed
by
the
backwash
of
translating
several
terms
into
the
same
word.
for commonalities. Many produce a demonstration that the Word of John
For
in comparing
Genesis
and John
commentaries
typically
1 isexample,
the product
of what God
said in1Genesis
1. 1,Aside
from the heavy
iii
there
and word
philosophical
such and
a reading,
trace theological
a line through
speecharguments
spokenagainst
speaker,
look for commonstand
simple
linguistic
mappings that point
otherwise.
word1mapping
alities.
Many
produce
a demonstration
that the
WordThe
of John
is the proddata is highly relevant and informative.iv The verb for speaking, rma
uct of what God said in Genesis 1. Aside from the heavy theological and
(amar) is not the one claimed to be equivalent 3to Word rbd (dabar) and
philosophical
arguments against such a reading, there stand simple linguistic
further, the substantive form for neither appears in the passage. An
mappings
that
point otherwise.
word
mapping
data is highly
accurate portrayal
seeks not The
simply
to fish
for a connection
and relevant
take the and
4
informative.
The
verb
for
speaking,
rma
(amar)
is
not
the
one
claimed
first thing on the hook, or to gerrymander the data to fit the desiredto be
conclusion,
but to
find(dabar)
and present
the complete
repertoire ofform
the writers
equivalent
to Word
rbd
and further,
the substantive
for neither
usage.
In
this
case
we
find
that
in
the
book
of
Genesis

is
translated
appears in the passage. An accurate portrayal seeks not simply to sh for a
580 times
marst
and
d;to whereas
but thing
only 10
by rbor
connection
andfrom
takerthe
ontimes
the hook,
gerrymander
the data
are much more commonly linked with rbd. These statistics can
to t the desired conclusion, but to nd and present the complete repertoire
be better appreciated with a diagram:
of the writers usage. In this case we nd that in the book of Genesis legw is
translated 580 times from rma but only 10 times by rbd; whereas rhma and
lalew are much more commonly linked with rbd. These statistics can be better

appreciated
with a diagram:
Relationships between terms

in

the MT and LXX of Genesis

Terms in MT and LXX of Genesis

~an arq

rma

582

10

7 Greek
words

rbd

43
60

3. These go back at least as far as the second century with St. Irenaeus, who described

the Father speaking to the Logos, the Logos Himself calling man, commanding him in the
garden speaking, not simply spoken (AH. 5.17.01-04).
4. Data from the CATSS/Tov Hebrew-Greek Parallel Alignment Module. 1987, 2005 by
Emanuel Tov and CATSS, the Computer-Assisted Tools for Septuagint Studies Project,
Department of Religious Studies, University of Pennsylvania, 227 Logan Hall, Philadelphia
PA 19104-6304. In BibleWorks, ver. 7.

222

R.J. BOETTCHER

What is immediately obvious from the diagram is the complexity of word


mappings and the fact that the relationships are not usually commutable that
is, the relation of word A to B is not the same as word B to A. To put it more
simply using an example: the translator may have used legw almost always
to translate rma but legw also is used for rbd so we cant say the same of
both words. One has to look at the complementary relationships: to which
other terms in the target language does the source term point, and which other
source terms point to the same target word. For example, Greek words meaning to be tend to be translated into to be in English, so one can be relatively
sure that eimi will become to be. But very often words for becoming (such as
ginomai) are also translated to be, because of a gap in the English language
for the dynamic of coming-to-be. Whereas in Greek there is often found an
absolute becoming, as Gen 1:3 kai fw egeneto, the same is difcult to
express in English one doesnt say and light became. The reader would
nd this incomplete, and would ask, Became what? Therefore, when reading
the Greek ginomai one might nd in English to be, became or many other
terms. In the KJV, some of the more common (with frequency in parenthesis)
are: happened (46), done (20), occurred (18), take place (16), prove (7), arose
(6), fell (6), and performed (4), from a pool of some two dozen terms.5 Clearly
the practice of showing linguistic equivalents based on a single link in a
single direction is seriously inadequate.
These kind of diagrams can be of help in the process of developing an
integrated interpretation of a text. Systematic principles, concepts, terms and
relationships can be brought into the network of meaning. This has been a
challenge all along for patristic exegesis. Without a means of representing
visually the system of interpretation and the coherence (or dissonance) of
terms, dynamics and relationships, patristic exegetical methods and conicts
seem to boil down to merely a difference of hypotheses or presuppositions.
However, when put on the page in a way which shows the system of thought
with its principles, axioms, and hypotheses and how it relates to a particular
text it can then be seen how the systems and their products relate. For an
example, we turn to a common exegetical focus of patristic Christological
debate: Acts 2:36. Here we nd three major axes in controversy: (1) Lexical
is Kurion (Lord) applied absolutely (to the Deity) or relatively (on only
a human level)? and does epoihsen (made) mean manifest, constitute, or
make as in creating from nothing?; (2) Grammatical does this verb apply
to the Logos alone or in relation to us? (question of direct object); (3) Semantic

5. Data from BibleWorks, ver. 7.

11
223

RELATIONAL DIAGRAMS IN TEXT ANALYSIS

to what or whom does touton (this one) refer? To being or person? (In this
diagram,
refer tothe
thenumbers
associated
text to
in St.
person? the
(Innumbers
this diagram,
refer
theAthanasius
associated Orationes
text in St.
tres
contra Arianos:
PGTres
26). Contra Arianos, PG 26).
Athanasius
Orationes
176.35

Joh 1:14 The Logos became flesh

Phil 2
Son
form of equality
servant with God

173.04
181.34

Logos
Human Divine
Made Begotten
body
Persona
173.31

172.18

made and
become refer
to a change in the
subjects, not the
Lord

always Lord and King

Jacob made Lord, Gen 27:29

Relative:
Lord towards us

manifested

172.28

use of verbs of transition


Gen Isaac told become lord of your brother
181.40

Absolute Lord
by essence

context is
bodily existence
make [for]

Context:
Literary
Theological

172.07

SS does not say


made himself a Son
or made himself a Logos
made
[into being]

169.17

JnP

The Logos is Son


Not a work

Persona

169.42
Logos was created
into existence

To take this further, we could draw up the relevant dimensions of the


To take this further, we could draw up the relevant dimensions of the syssystems of thought to better see why they produce different exegetical
tems of thought to better see why they produce different exegetical results.
results.
In conclusion, we can point to the rich and varied possibilities of these
In conclusion, we can point to the rich and varied possibilities of
kinds of diagrams and to the promise they hold for helping analysis of texts
these kinds of diagrams and to the promise they hold for helping analysis of
and the systems of thought that they express. The next major hurdles are to:
texts and the systems of thought that they express. The next major hurdles
1). Establish a working set of symbols and protocol; 2). Demonstrate their
are to: 1). Establish a working set of symbols and protocol; 2).
efcacy in a detailed textual analysis; 3). Use them enough to build the caDemonstrate their efficacy in a detailed textual analysis; 3). Use them
pacity to think in this language; 4). Explore the means of extending analysis
enough to build the capacity to think in this language; 4). Explore the
means of extending analysis with the use of a linked database; 5). Apply a
dynamic network model to the diagrams and analyze the characteristics of
the system, such as main nexus points, feedback loops, dependencies,

224

R.J. BOETTCHER

with the use of a linked database; 5). Apply a dynamic network model to the
diagrams and analyze the characteristics of the system, such as main nexus
points, feedback loops, dependencies, redundancies and critical paths. Such
tools could greatly reduce the gap between a static text analytical model and
the dynamic, real world human communications scenario. In fact, this suggests how to relate human thought, linguistics, and interpretation, since the
human brain is made up of a neural network, and we think not rst in fragments of grammatical constructions but in whole thoughts which gradually
condense into expressions of words. It only makes sense that to search out the
inner word of the speaker/writer (a typical patristic description of a distinct
thought), we should seek a conceptual and expressive bridge between thought
and text, which a visual form presents.
R. John Boettcher
Visiting Professor
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

TRADIZIONE E INNOVAZIONE
NELLE LETTERE PASTORALI

N. Casalini

Premessa: il problema e il metodo


La dipendenza delle Lettere Pastorali dalla tradizione a loro antecedente
cosa ormai acquisita ed esegeticamente assicurata, anche se permane incertezza sulla origine e la esatta qualicazione del materiale tradizionale1. Ugualmente accertata con precisione la loro dipendenza dalla tradizione paolina,
a cui chi le ha scritte si richiama in forma esplicita presentando se stesso
con il nome di Paolo apostolo nel Prescritto di ognuna2. Dubbio anche in
questo caso permane il problema se tale dipendenza sia diretta o indiretta. Ma
oggi sembra prevalere lopinione che lestensore dei testi conoscesse almeno
alcune lettere maggiori di Paolo (per es. Rm, 1-2Cor, Fil, 1Ts, Gal, Fm), ma
non ignorava le altre, denite deuteropaoline (Col, Ef, 2Ts)3.
Problematica, invece, permane la sua valutazione teologica. Gli esegeti
non concordano se sia da considerare effettiva o solo secondaria, accanto
ad altre che hanno la prevalenza. Ma evidente che per i fautori della
teologia paolina la ripresa anche una grave perdita, perch molti temi
fondamentali di Paolo sono ignorati e quelli ripresi sono riproposti senza
effettivo sviluppo dei suoi principi4. Per altri questo sussiste e lo si pu
constatare nel modo diverso in cui usato ci che da lui stato desunto5.
1. E.E. Ellis, Traditions in the Pastoral Epistles, in C.A. Evans - W.F. Stinespring (ed.),

Early Jewish and Christian Exegesis. Studies in Memory of W.H. Brownlee, Atlanta 1987,
237-253; prima di lui, H. Windisch, Zur Christologie der Pastoralbriefe, ZNW 34 (1935)
213-238; dopo, A.Y. Lau, Manifest in Flesh (WUNT II.86), Tbingen 1996, 64-178 (The
Use of Christological Traditions in the Pastoral Epistles), in cui elenca 1Tm 1,15; 2,5-6;
3,16b; 2Tm 1,9-10; 2,8.[11-13]; Tt 2,14; 3,4-7.
2. P. Trummer, Die Paulustradition der Pastoralbriefe (BET 8), Mnchen 1978; G. Lohnk,
Paulinische Theologie in der Rezeption der Pastoralbriefe, in K. Kertelge (ed.), Paulus
in neutestamentlichen Sptschriften (QD 89), Freiburg i.Br. 1981, 70-121; Idem, Die Vermittlung des Paulinismus zu den Pastoralbriefen, BZ 38 (1988) 169-188; M. Wolter, Die
Pastoralbriefe als Paulustradition (FRLANT 146), Gttingen 1988.
3. Cf. A Weiser, Der zweite Brief an Timotheus (EKK XVI/1), Dsseldorf - Zrich 2003,
64-66.
4. J. Roloff, Pastoralbriefe, TRE 26 (1996) 50-68: 61.
5. Ci si pu rilevare nella sintesi di P. Stuhlmacher, Biblische Theologie des Neuen Testaments, Bd. 2, Gttingen 1999, 153 (Die Verkndigung in der Zeit nach Paulus).

LA 56 (2006) 225-300

226

N. CASALINI

Non ignorata la tradizione evangelica, a cui le lettere si richiamano in modo diretto o indiretto, anche se alcuni sembrano accordare la
prevalenza alla tradizione lucana (Vangelo di Luca e Atti)6. Anzi, questa
dipendenza letteraria ritenuta cos determinante, da avere convinto alcuni a sostenere che medesimo sarebbe lautore delle tre lettere e delle
opere lucane7. Lipotesi non dimostrabile e, forse, non convalidata da
prove sicure. Ma il dato di fatto in se stesso innegabile, anche se bisogna determinare con pi precisione e rigore in che cosa consiste questo
privilegiato rapporto intertestuale, distinguendo la dipendenza teologica
da quella retorica e narrativa, cosa che noi stessi potremmo fare in una
successiva ricerca.
Ci che restato indeterminato in questa discussione la novit effettiva dei testi in rapporto alla stessa tradizione, novit che percepita da
ogni lettore, ma che pochi esegeti hanno esposto in modo sistematico ed
esauriente. Anche se percepiscono con correttezza le differenze, non sempre spiegano in che cosa consiste la differenziazione e quale sia il valore
teologico che bisogna ad essa attribuire. Quindi in ci che segue proceder
a queste veriche, indicando con cura ci che stato desunto dalla tradizione e la novit con cui stata proposta ed elaborata una nuova sintesi,
lasciando impregiudicato il problema dellautore reale, su cui non c consenso al momento attuale8.
Anche se lipotesi di allograa pseudonimica predominante, permane una tenace tendenza tra coloro che considerano le tre lettere autentiche9. Chi cerca di differenziare, non fa che confermare lo stato dibattuto
della questione10. Noi siamo convinti che i tre testi siano eterogra, come
attestano gravi indizi letterari, stilistici, storici e teologici11. Ma non siamo

6. C.F.D. Moule, The Problem of the Pastoral Epistles, BJRL 47 (1964/65) 430-452.
7. A. Strobel, Schreiben des Lukas?, NTS 15 (1969) 191-210; S.G. Wilson, Luke and the

Pastoral Epistles, London 1979, 136-143; J.D. Quinn, The last volume of Luke: the Relation of Luke-Acts to the Pastoral Epistles, in C.H. Talbert (ed.), Perspectives on Luke-Acts
(PRSt SS 5), Edinburgh 1978, 62-75.
8. Uno status quaestionis recente in Weiser, Der zweite Brief an Timotheus, 51-59.
9. Cos G.W. Knight, The Pastoral Epistles (NIGTC), Grand Rapids MI 1992, repr.
2000, 21-54 (in part. 53-54); W.D. Mounce, Pastoral Epistles (WBC 46), Nashville 2000,
LXXXIII-CXVIII.
10. I.H. Marshall, The Pastoral Epistles (ICC), Edinburgh 1999, 83-92, che ritiene impossibile lattribuzione diretta, ma inadeguata anche la pseudonimia.
11. Tutti esaminati con cura in Marshall, The Pastoral Epistles, 59-79, e in Mounce, Pastoral Epistles, LXXXIII-CXVIII.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

227

certi che siano opera di uno stesso autore12. Pi ragionevole ci sembra


attribuirli ad operatori diversi, senza escludere la possibilit di un intenso
lavoro di composizione e di progressiva redazione, con cui un autore
ha inciso sul precedente, riprendendone lessico, formule e fraseologie
per imitarne lo stile, ma con diverso modo di pensare e sentire13. Ma di
ci abbiamo trattato esaustivamente in altra sede, a cui rimandiamo il
lettore14.
Le tradizioni cristologiche e soteriologiche
Alla tradizione pi antica, forse prepaolina, potrebbero appartenere una
serie di testi che paiono ricapitolare e riproporre in sintesi affermazioni teologiche e cristologiche gi note, a cui gli esegeti non esitano ad attribuire
unorigine catechetica e battesimale, o liturgica pi in generale.
Questi testi sono catalogati secondo lordine editoriale attuale: a)
1Tm 1,15; 1Tm 2,5-6; 1Tm 3,16; 1Tm 6,15-16; b) 2Tm 1,9-10; 2Tm 2,8.1113; c) Tt 2,11-14 e Tt 3,3-7. Per alcune di queste tradizioni si suppone anche
che siano state preservate in una forma innica, quale appare evidente dalla
disposizione tipograca a loro conferita nelle edizioni critiche pi diffuse,
Nestle-Aland, 27 ed. e The Greek New Testament, 4 ed.: per es. 1Tm 2,5-6
e 1Tm 3,16; 2Tm 1,9-10 e 2Tm 2,11-13, con Tt 3,4-7. Differenziando, potrebbero appartenere alla tradizione catechetica e confessionale 1Tm 2,5-6 e
2Tm 2,11-13; alla tradizione innica 1Tm 3,16 e 2Tm 1,9-10; alla tradizione
liturgica (battesimale) 2Tm 2,11-13 e Tt 3,4-715.

12. communis opinio: cf. W.G. Kmmel, Einleitung in das Neue Testament, Heildeberg

198321, 340 (vermutlich von demselben Verfasser stammenden drei Past); U. Schnelle, Einleitung in das Neue Testament, Gttingen 19993, 346 che ripropone lipotesi di P. Trummer,
Corpus Paulinum-Corpus Pastorale, in K. Kertelge (ed.), Paulus in den neutestamentlichen Sptschriften. Zur Paulusrezeption im Neuen Testament, Freiburg 1981, 122-145:
133; I. Broer, Einleitung in das Neue Testament (NEB Ergnzugsband 2/II zum NT), II,
Wrzburg 2001, 538-541.
13. Per lattribuzione di 1Tm e Tt ad autore diverso da 2Tm cf. J. Murphy-OConnor, 2
Timothy contrasted with 1 Timothy and Titus, RB 98 (1991) 403-418.
14. Sul lavoro redazionale con cui sarebbero state composte le Pastorali, il saggio di J.D.
Miller, The Pastoral Letters as Composite Documents (SNTS MS 93), Cambridge 1997,
1-18, di cui non condividiamo il giudizio negativo, che siano solo opera di un compiler.
15. I testi attribuiti alla tradizione sono indicati da tutti i commenti. In particolare sono
stati esaminati da Ellis, Traditions in the Pastoral Epistles, 237-253 e da Lau, Manifest in
Flesh, 64-178, come ho gi indicato nella nota 1.

228

N. CASALINI

1Tm 1,15: venuto nel mondo per salvare i peccatori


In 1Tm 1,15 si legge quanto segue: Fidata [] la parola e degna di ogni
accoglienza. Cristo Ges venne nel mondo per salvare i peccatori, dei
quali io sono il primo (pisto;" oJ lovgo" kai; pavsh" ajpodoch'" a[xio",
o{ti Cristo; " Ihsou' " h\ l qen eij " to; n kovsmon aJmartwlou;" sw'sai, w|n
prw'tov" eij m i ej g wv ). La frase pisto; " oJ lovgo", che introduce il testo
stilema corrente nelle tre lettere (cf. 1Tm 3,1a e 1Tm 4.9; 2Tm 2,11a e
Tt 3,8a) e pare che sia una formula di conferma, che dovrebbe garantire
la veracit, o il valore della verit affermata. Ma non sempre evidente
che essa sia deliberatamente usata per citare materiale preso dalla tradizione, anche se non si pu del tutto escludere. Il riferimento ad essa
pare indubitabile in 1Tm 1,15 e 2Tm 2,11 in cui ci che segue realmente verit da tradizione. Lo stesso si potrebbe dire di Tt 3,8 se riferito
a ci che precede in Tt 3,4-7. Dubbio resta il caso di 1Tm 3,1. Ma pi
sicuro, bench incerto, per 1Tm 4,9 che, se riferito a ci che segue,
riproposizione di una verit di fede16. In 1Tm 1,15b fuori dubbio che
ci che affermato sia verit da tradizione. Ma non citazione diretta di
materiale dalla catechesi tradizionale, perch una sintesi di elementi che
compaiono altrove.
La frase Cristo;" Ihsou'" h\lqhn eij" to;n kovsmon aJmartwlou;" sw'sai
una eco di molteplici testi della tradizione evangelica, in particolare di Mc
2,17b in cui Ges dice: oujc h\lqon kalevsai dikaivou" ajlla; aJmartwlouv",
non venni a chiamare i giusti ma i peccatori17. Ma la specicazione eij"
to;n kovsmon tipica della tradizione giovannea, dove serve per esprimere
lidea della missione o invio, che propria di quella teologia: ejrcovmenon eij" to;n kovsmon (Gv 1,9; 11,27); eij" to;n kovsmon ejlhvluqa (Gv 12,4b e
16,28 con 18,37); ejlhvluqe eij" to;n kovsmon (Gv 3,19)18. E tuttavia la frase
aJmartwlou;" sw'sai suggerisce che la prima fonte di ispirazione potrebbe
essere stata Lc 19,10 dove Ges afferma: h\lqen ga;r oJ uiJo;" tou' ajnqrwvpou
16. Su questo, la sintesi pi recente dello status quaestionis in Marshall, The Pastoral Epi-

stles, 326-330, che recupera criticamente R.A. Campbell, Identifying the Faithful Sayings
in the Pastoral Epistles, JSNT 54 (1994) 73-86 e F. Young, The Theology of the Pastoral
Letters, Cambridge 1994, 56-59.
17. Cf. Windisch, Zur Christologie der Pastoralbriefe, 221-222; G.W. Knight, 1 Timothy
1,15 and Its Saying, in Idem, The Faithful Sayings in the Pastoral Letters, Kampen 1968,
rist. Grand Rapids MI 1979, 4-49; e il pi recente D. Gerber, 1 Tim 1,15b: Lindice dune
christologie pense prioritairement en lien avec la venu de Jsus, RHPhR 80 (2000) 463477: 474-475.
18. Cf. Knight, The Pastoral Epistles, 48-49.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

229

zhth'sai kai; sw'sai to; ajpolwlov", Il Figlio dellUomo, infatti, venne per
cercare e salvare ci che era perduto19.
Quindi dalla teologia della tradizione evangelica (Mc, Gv e Lc) che
deriva lidea teologica qui affermata ed elementi della forma espressiva
(dalla tradizione sinottica, giovannea e, in particolare, lucana). Ma la sua
formulazione nuova. Non si trova espressa altrove n in questa forma n
con tale chiarezza.
Nella tradizione sinottica in Mc 2,17b Ges afferma che venuto a chiamare i peccatori (kalevsai... tou;" aJmartwlouvv") e Lc 5,32 precisava che
era una chiamata eij" metavnv oian a conversione. Ma solo Lc 19,10 rendeva
evidente che la missione stessa di Ges era di salvare (sw'sai) ci che era
perduto (to; ajpolwlov") che una metafora per indicare oJ aJmartwlov", il
peccatore. Tale infatti denito Zaccheo in Lc 19,7b e tali erano coloro che
Ges accoglieva per mangiare con loro, alla stessa mensa (cf. Lc 15,2).
Queste referenze intertestuali attestano unassimilazione della teologia del
Vangelo di Luca, ma anche unevidente novit, che consiste nella denizione
precisa dello scopo della venuta di Cristo Ges nel mondo: per salvare i peccatori (sw'sai tou;" aJmartwlouv"), che non si trova nel Nuovo Testamento,
dove idea generale dominante lespiazione per il perdono dei peccati con la
sua morte sulla croce, come attestavano le parole della Cena in Mc 14,24 e
Mt 26,28, ma anche Rm 3,25 e 2Cor 5,21. Quindi la novit consiste in questo:
ci che nella tradizione evangelica detto della vicenda di Ges Cristo, qui
in 1Tm 1,15b rievocato come vicenda dei peccatori, che lui ha salvato, dei
quali lo stesso Paolo dice: dei quali il primo sono io.
1Tm 2,5-6: un solo Dio, uno solo anche il mediatore
In 1Tm 2,5-6 si legge questa affermazione: Uno, infatti, [] Dio, uno anche il mediatore di Dio e degli uomini, luomo Cristo Ges, che diede se
stesso [in] riscatto per tutti, testimonianza ai tempi propri. La forma del
testo e il suo contenuto sono ritenuti tradizionali. Anzi, la stessa composizione stata catalogata come formula di fede (Glaubensformel) da P.
Trummer.20 Probabilmente, ha ragione, perch ci che si legge pu essere
19. O. Michel, Grundfragen der Pastoralbriefe, in M. Loeser (ed.), Auf dem Grund der

Apostel und Propheten. FS T. Wurm, Stuttgart 1948, 83-99: 86.


20. Die Paulustradition der Pastoralbriefe, 198, seguito da L. Oberlinner, Die Pastoralbriefe. Erster Timotheusbrief (HThK XI/2), Freiburg 1994, 73; ma gi in E.F. Scott, The
Pastoral Epistles, New York 1936, 21-22, che lo deniva credal fragment.

230

N. CASALINI

realmente considerato una affermazione di fede, ispirata o derivata da ci


che sta scritto in 1Cor 8,6: Ma per noi un [solo] Dio, il Padre (ei|" qeov",
oJ pathvr), da cui tutto e noi per lui e un [solo] Signore, Ges Cristo, per
cui tutto e noi per lui. Questa ripresa testuale riconosciuta da tutti i
commentatori, che notano anche la diversit dei contesti discorsivi21. In
Paolo, il problema dibattuto lesistenza di altri di e di altri signori, a cui
gli uomini offrono sacrici, le cui carni erano vendute pubblicamente nei
macelli. Di ci potevano essere turbati quei credenti, di coscienza debole,
i quali mangiando tali carni potevano essere attratti dallidolatria e dagli
idoli che esse signicavano (1Cor 8,1-5.7-13)22.
Di conseguenza, anche la sua argomentazione dipende da questa situazione, che egli risolve con laffermazione di fede monoteistica che per
noi (hJmi'n), c un solo Dio, chiamato padre e presentato come creatore
o, meglio, come principio di tutto (ejx ou| ta; pavnta) e come ne di tutte
le cose (kaiv hJmei'" eij" aujtovn); e un solo Signore, Ges Cristo, di cui
afferma la mediazione attiva nellopera della creazione (diou| ta; pavnta).
In questo modo, per noi, sono esclusi tutti gli altri di e tutti gli altri signori. Quindi, Paolo proclama lunicit di Dio e del Signore Ges Cristo
per negare lesistenza di altre divinit, come dice con chiarezza in 1Cor
8,4: Quanto, dunque, al cibo degli idolotiti (i.e. carni sacricate agli idoli)
sappiamo che alcun idolo [] nel mondo e che nessuno [] Dio se non uno
solo (oi[damen o{ti oujde;n ei[dwlon ejn kovsmw/ kai; o{ti oujdei;" qeo;" eij mh;
ei|"). Tuttavia, deve riconoscerne lesistenza per gli altri, come si legge
in 1Cor 8,5: E infatti, se anche esistano i cosiddetti di (ei[per eijsi;n legovmenoi qeoiv), sia in cielo sia sulla terra, come esistono molti di e molti
signori (w{sper eijsi;n qeoi; polloi; kai; kuvrioi polloiv) 23.
Diverso il contesto di 1Tm 2,5-6. Il testo inserito in una norma
con disposizioni sulla preghiera, fatta per tutti gli uomini (uJpe;r pavntwn
ajnqrwvpwn) (1Tm 2,1), di cui afferma che buona e gradita (kalovn kai;
ajpodevkton) davanti al Dio, nostro salvatore (1Tm 2,3), del quale dice: il
quale vuole che tutti gli uomini si salvino (o}" pavnta" ajnqrwvpou" qevlei
swqh'nai) e giungano alla conoscenza della verit (kai; eij" ejpivgnwsin
ajlhqeiva" ejlqei'n) (1Tm 2,4). In questo modo, la preghiera universale, da
lui normativamente comandata, giusticata con il principio della univer21. Cf. Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 74; Mounce, Pastoral Epistles, 88; L.T. Johnson,

The First and Second Letters to Timothy (AB 35A), New York 2001, 191 che naturalmente
lo ritiene conforme allo stile paolino.
22. R.F. Collins, First Corinthians (Sacra Pagina 7), Collegeville MN 1999, 313.
23. Collins, First Corinthians, 313-318.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

231

sale volont salvica di Dio: egli vuole che tutti gli uomini siano salvi,
e conseguano la salvezza con la conoscenza della verit, di cui propone
una sintesi in 1Tm 2,5-6 come attesta il fatto che introdotta con un gavr
giusticativo, in conformit alla logica del discorso.
Dovendo dare ragione di ci che ha affermato in 1Tm 2,4 dice: il
quale (i.e. Dio) vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verit, perch uno solo il Dio (salvatore) e uno solo anche
il mediatore (salvico) di Dio e degli uomini, luomo Cristo Ges, che ha
gi operato la sua azione salvica, come precisa laggiunta in 1Tm 2,6:
il quale ha dato se stesso in riscatto per tutti (oJ dou;" eJauto;n ajntivlutron
uJpe;r pavntwn). In ci emerge la novit del discorso di questo teologo.
Il principio tradizionale del Dio unico riproposto come fondamento per
affermare luniversalit del suo volere salvico: egli vuole che tutti gli
uomini si salvino.
Non solo. Ma questa salvezza gi garantita per tutti dal riscatto
(ajntivlutron) pagato per tutti (uJpe;r pavntwn) da Cristo Ges, che ha dato
se stesso in sacricio per loro. In questo modo, la sua funzione di mediatore (mesivth") di Dio e degli uomini e lefcacia della sua opera di
mediazione fondata e garantita dallofferta della sua stessa vita, data in
riscatto per tutti, per lumanit intera. Si potrebbe supporre che il vero
intento della sua affermazione sia polemico: escludere tutti gli altri di e
coloro che presumevano per s la funzione di salvatori24. Ma ci non
evidente e il suo problema pare diverso: mostrare che la salvezza di Dio
per tutti e non per gruppi esclusivi, che si presumevano i soli salvati.
Nel suo discorso, infatti, non si legge polemica diretta, n contro altri
di n contro altri salvatori, ma solo la certezza di fede che il Dio uno
solo, che vuole salvare tutti e che uno solo anche il mediatore di Dio e
degli uomini, che ha pagato il riscatto per tutti, dando se stesso, afnch
siano salvati.
Questo il vero principio e il punto capitale della sua affermazione,
come risulta evidente dallo stesso ordine sintattico, che serve ad esprimere
in modo chiaro quello logico. Dice: Uno, infatti, [] Dio, uno anche (ei|"
kai;) il mediatore di Dio e degli uomini, luomo Cristo Ges. Quindi la
sua argomentazione non ha come scopo diretto la subordinazione di Cristo Ges a Dio, o della cristologia alla teologia, come suggerisce in modo
anacronistico L. Oberlinner25, ma solo di riaffermare lunicit della sua

24. Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 74.


25. Erster Timotheusbrief, 74.

232

N. CASALINI

mediazione salvica, come appare evidente dalla sua stessa affermazione.


Luomo Cristo Ges mediatore di Dio e degli uomini (a[nqrwpo" Cristo;"
Ihsou'", mesivth" qeou' kai; ajnqtrwvpwn), perch ha dato se stesso in riscatto per tutti, ai tempi opportuni. Lunicit esclusiva della sua funzione di
mediatore tra gli uomini e Dio dipende non dalla unicit di Dio (creduta
anche dal Giudaismo), ma dalluniversalit del suo volere salvico, che
ha costituito Cristo Ges quale mediatore unico per mezzo dellefcacia
universale del suo sacricio: il quale ha dato se stesso per tutti, in riscatto
(oJ dou;" eJauto;n ajntivlutron uJpe;r pavntwn) (1Tm 2,6a)26. Con ci egli
sintetizza in una nuova formula ci che era gi stato notato nella tradizione
paolina e in quella evangelica, operando tra le due tradizioni una sintesi,
la cui novit appare evidente nel fatto che egli afferma come principio di
validit universale, ci che in quelle due tradizioni era detto per i credenti
che avevano aderito a lui con fede.
La formula oJ dou;" eJauto;n ajntivlutron uJpe;r pavntwn una ripresa
evidente del logion di Ges quale si legge in Mc 10,45 dove sta scritto: Il Figlio dellUomo non venne per essere servito ma per servire e
dare la propria vita in riscatto per molti (oJ uiJov" tou' ajnqrwvpou oujk h\lqen
diakonhqh'nai ajlla; diakonh'sai kai; dou'nai th;n yuch;n aujtou' luvtron ajnti;
pollw'n). Ma alcune differenze sono rilevanti, perch dalla mutazione appare evidente la novit della idea che propone. L il soggetto indicato
come oJ uiJo;" tou' ajnqrwvpou che qualicava Ges nella sua provenienza
celeste, con riferimento a un essere certamente divino, il quale wJ" uiJo;"
ajnqtrwvpou, fu visto dal profeta Daniele (Dn 7,13-14) quando era condotto
sulle nubi verso Dio per ricevere da lui, come erede, il potere e il dominio
eterno sul mondo (cf. Mc 2,10; Mc 8,38; 13,26; 14,62). Qui, in 1Tm 2,5b
indicato con la semplice denominazione a[nqrwpo" Cristo;" Ihsou'", con
evidente accentuazione della sua umanit, che risulta essenziale per la sua
funzione di mediatore che deve assolvere27. E scomparsa linterpretazione
del suo sacricio come servizio. Lofferta della sua vita per molti, che l,
26. C. Marcheselli-Casale, Le Lettere Pastorali, Bologna 1995, 163-164. Ma cf. la percezio-

ne diversa, e probabilmente scorretta, di L. Oberlinner, Die Epiphaneia des Heilswillens


Gottes in Christus Jesus. Zur Grundstruktur der Christologie der Pastoralbriefe, ZNW 71
(1980) 192-213: 206, che vede nella subsunzione della morte del Cristo nel piano salvico
di Dio una relativizzazione di questo evento, esattamente il contrario della universalizzazione proposta dal testo.
27. Cos anche I.H. Marshall, The Christology of the Pastoral Epistles, SNTU A 13 (1988)
157-178: 173. E ci esclude la possibilit che a[nqrwpo" (uomo), equivalga di fatto a uiJo;"
tou' ajnqrwvpou proposta da J. Jeremias, Die Briefe an Timotheus und Titus (NTD 9), Gttingen 1975, 20.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

233

nella tradizione evangelica, era espressa con la formula dou'nai th;n yuch;n
aujtou' luvtron ajnti; pollw'n, che certamente alludeva alla morte espiatoria
del Servo di cui in LXX Is 53,11-12, qui riproposta nella forma pi
semplice e universalizzante oJ dou;" eJauto;n ajntivlutron uJpe;r pavntwn. Ma
restata lidea che tale offerta di s fosse un riscatto (luvtron), indicato
con il vocabolo pi corrente ajntivlutron, corrispondente al signicato di
ajntivyucon, scambio vitale, quale si legge in LXX 4Mac 6,2928.
Certamente da Paolo deriva la formula dellautoimmolazione (o Selbsthingabe), oJ dou;" eJauto;n, che pare riprendere Gal 1,4 dove si legge di
Ges Cristo tou' dovnto" eJauto;n uJpe;r tw'n aJmartiw'n hJmw'n; e in modo
indiretto anche Gal 2,20 dove scrive dello stesso tou' paradovnto" eJauto;n
uJpe;r ejmou'. Ma ugualmente da lui deriva, probabilmente, anche il principio
teologico che sostiene la logica della sua affermazione: lunicit del suo
ruolo di mediatore dipende dal valore universale della sua morte. Paolo,
infatti, che in 2Cor 5,14 afferma con semplicit rigorosa: Lamore, infatti,
di Cristo ci possiede, pensando che uno per tutti morto (ei|" uJpe;r pavntwn
ajpevqanen) ripetuto con stesse parole (uJpe;r pavntwn)29. Ma da questo evento unico, Paolo non aveva tratto la conclusione che ne ha tratto il teologo
di 1Tm 2,6: poich ha dato se stesso in riscatto per tutti, egli il mediatore
unico di Dio e degli uomini (ei|" kai; mesivth" qeou' kai; ajnqrwvpwn).
Tuttavia questa conseguenza teologica era in qualche modo gi nota
alla tradizione paolina, in particolare alla lettera agli Ebrei, unica in tutto
il Nuovo Testamento, dove attribuito al Cristo il titolo di mediatore
(mesivth": Eb 8,6; 9,15; 12,24)30. probabile, quindi, che questo testo sia
la fonte, da cui lautore di 1Tm 2,5-6 ha attinto non solo il titolo mesivth"
per Cristo Ges, ma anche il principio che esso gli dovuto per lefcacia
salvica del sacricio di se stesso. per questo, infatti, che egli detto
in Eb 9,15 mediatore di una alleanza nuova (Kai; dia; tou'to diaqhvkh"
kainh'" mesivth" ejstivn). Ma lidea teologica giudaica di alleanza nuova (kainh' diaqhv k h) non ripresa. Egli denito semplicemente e in
28. Alcune di queste differenze sono segnalate anche da P. Stuhlmacher, Biblische Theologie

des Neuen Testaments, II, 21 e Windisch, Zur Christologie der Pastoralbriefe, 217-218.
La ripresa di Mc 10,45 in 1Tm 2,6 supposta anche da Oberlinner, Die Epiphaneia des
Heilswillen Gottes in Christus Jesus, 205, nota 58; e, in modo pi esplicito, in Idem, Erster
Timotheusbrief, 75-76.
29. Il riferimento a Gal 1,4 e 2,20 registrato da Mounce, Pastoral Epistles, 89; quello
a 2Cor 5,14-15 e al benecio universale della morte di Cristo indicato da Stuhlmacher,
Biblische Theologie des Neuen Testaments, II, 21.
30. Il fatto rilevato anche da Mounce, Pastoral Epistles, 88 e Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 74, insieme a Johnson, The First Letter to Timothy, 191. Ma non spiegato.

234

N. CASALINI

modo universale mediatore di Dio e degli uomini (mesivth" qeou' kai;


ajnqrwvpwn)31.
Ugualmente taciuta la sua funzione sacerdotale (ajrciereuv"), che era
fondamentale per la teologia di quella lettera (cf. Eb 5,1-10; 7,1-28). Di
conseguenza, la sua morte in riscatto per tutti, non presentata con il verbo
tecnico cultuale come offr se stesso (eJauto;n ajnenevgka": Eb 7,27), ma
come diede se stesso (oJ dou;" eJautovvn), bench la sua unicit pi volte
espressa in quel testo con la formula ejfavpax, una sola volta (per tutte)
(Eb 7,27; 9,12; 10,10; cf. a{{pax: Eb 9,26.27.28), sia di fatto implicita nella
unicit della sua funzione di mediatore (ei|" kai; mesivth"). Tenendo conto
di questa molteplice relazione intertestuale tra 1Tm 2,5-6 e la lettera agli
Ebrei, non sarebbe improprio cercare proprio in questo testo lorigine della
necessaria umanit di Cristo Ges per lassolvimento del ruolo di mesivth"
di Dio e degli uomini. Egli semplicemente, ma enfaticamente, denito
a[nqrwpo" Cristo;" Ihsou'" in 1Tm 2,5b cosa che trova una corrispondenza perfetta nellidea che tale umanit garanzia per lefcacia della stessa
mediazione. In Eb 5,1 si dice: Infatti, ogni sommo sacerdote preso tra gli
uomini ejx ajnqrwvpwn lambanovmeno") costituito sopra gli uomini per le
cose di Dio (uJpe;r ajnqrwvpwn kaqivstatai ta; pro;" to;n qeovn). Per questo,
in Eb 2,14 si affermava che egli condivise sangue e carne (kekoinwvnhken
ai{mato" kai; sarkov"), perch tale era la condizione mortale dei gli di Dio
da salvare e in Eb 4,15 lefcacia della sua intercessione spiegata dicendo: Non abbiamo, infatti, un sommo sacerdote che non pu compatire le
nostre debolezze, essendo stato messo alla prova in tutto in modo simile,
eccetto il peccato.
Ma devo riconoscere con franchezza che lautore del nostro testo
ha realmente innovato. Ha evitato ogni riferimento al culto e al sacerdozio,
derivato dalle categorie teologiche del giudaismo e ha preservato solo il titolo mesivth" e la sua caratteristica essenziale, lumanit, che era la qualit
fondamentale per compatire e aiutare. Tuttavia, poich non esplicito nel
suo procedimento teologico, ma chiaro il suo scopo, come attesta la non
dubbia ripresa del titolo presente solo in quel testo del Nuovo Testamento,
potremmo concludere che egli ha deliberatamente lasciato da parte le categorie giudaiche di sacerdozio e nuova alleanza, derivate dal culto e dalla
teologia del giudaismo, per esprimere la verit in esse signicata in modo pi
31. Di opinione diversa C. Spicq, Les ptres pastorales (EB), Paris 1969, 366 e Marshall,

The Pastoral Epistles, 430, per i quali lidea di diaqhvkh sarebbe necessariamente implicita
in quella di mesivth", cosa che invece negata, non senza ragione, da J. Roloff, Der erste
Brief an Timotheus (EKK 15), Zrich / Neukirchen-Vluyn 1988, 122.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

235

generale, comprensibile a ogni uomo32. Ma non posso escludere che la sua


nuova proposizione di una mediazione universale tra Dio e gli uomini, fondata sullumanit del mediatore Cristo Ges, possa essere stata inuenzata dalla
tradizione giovannea e da quella lucana, dove luomo Ges Cristo, in quanto
Logos incarnato (cf. Gv. 1,14) o come generato dalla potenza dellAltissimo
(cf. Lc 1,35), presentato come rappresentante dello stesso genere umano.
Nella tradizione lucana, egli catalogato come discendente diretto di
Adamo, il primo uomo, nella genealogia che si legge in Lc 3,23-38. In quella
giovannea, indicato a tutti da Pilato con le parole fatidiche, che ne fanno
il rappresentante dello stesso genere umano: ijdou; oJ a[nqrwpo", Ecco luomo, detto di Ges vestito con manto di porpora e corona di rovi sul capo
(Gv 19,5), dopo che i soldati lo avevano frustato e beffeggiato (Gv 19,1-4).
Il richiamo possibile a questa tradizione duplice potrebbe spiegare la naturalezza con cui il mesivth" presentato con la formula a[nqrwpo" Cristo;"
Ihsou'". Ma non permetterebbe di spiegare n lenfasi evidente di tale designazione, n perch da questa sua umana condizione dipenda la sua stessa
funzione, cosa che solo con riferimento alla Lettera agli Ebrei diventerebbe
signicante. Solo in quel testo, infatti, si legge che lumanit essenziale
per lesercizio della stessa mediazione (sacerdotale) tra Dio e gli uomini.
Per Paolo, invece, la sua stessa funzione di mediatore sarebbe impensabile.
Dice in Gal 3,20: Mediatore di uno solo non c. Ma Dio uno solo (oJ de;
mesivth" eJno;" oujk e[stin, oJ de; qeo;" ei|" ejstin). In questo modo, egli sembra
escludere la stessa possibilit che Dio abbia bisogno di un mesivth" e quindi
che egli possa essere stato il datore diretto della Legge, di cui dice che stata
promulgata per mezzo di angeli, nella mano di un mediatore (diatagei;"
diajggevlwn ejn ceiri; mesivtou). evidente che, secondo la logica di questo
discorso, il mediatore, inessenziale per Dio, appare inferiore e subordinato:
nel caso specico, Mos, a cui gli angeli hanno consegnato una legge che,
per lo stesso motivo, perde il suo valore, essendo frutto della sua mediazione
tra le diverse esigenze delle potenze angeliche33.
32. Lidea, infatti, del mediatore, mesivth", garante tra due parti, non era estranea alla cul-

tura greca: cf. A. Oepke mesivth", ktl., ThWNT IV, 602-629: 603-605. A questa sembra
riferirsi lautore in 1Tm 2,6 eliminando deliberatamente ogni riferimento alla funzione sacerdotale del mediatore e non qualicando come diaqhvkh latto della mediazione, bench
ci fosse nella pi antica tradizione della fede, che interpretava la sua morte come sacricio
inaugurale di unalleanza nuova (cf. 1Cor 11,25b: tou'to to; pothvrion hJ kainh; diaqhvkh
ejsti;n ejn tw/' ejmw/' ai{mati) e Mc 14,24b: tou'tov ejstin to; ai|mav mou th'" diaqhvkh", con LXX
Es 24,8 dove si leggono le parole ijdou; to; ai|ma th'" diaqhvkh" h|" ejvneteivlato pro;" uJma'"
oJ Qeov", citate anche in Eb 9,20 in contesto analogo.
33. Cos anche Johnson, The First Letter to Timothy, 191-192 e questo pare essere il senso
generico di Gal 3,20, ritenuto uno dei passi pi enigmatici di Paolo: R.N. Longenecker,

236

N. CASALINI

Quindi non da lui, Paolo, che il nostro autore ha preso il concetto di


mesivth" per Ges Cristo34. Anzi, lo ha introdotto innovando nelle stesse
categorie teologiche di Paolo, derivandolo dalla tradizione paolina a lui
anteriore, quale era rappresentata nella Lettera agli Ebrei. Tuttavia, non
posso escludere che proprio da Paolo potrebbe derivare, in forma indiretta,
laffermazione dellunicit di mediatore salvico di Cristo Ges, e della
sua umanit, quale appare con chiarezza nella dottrina della giusticazione universale per grazia da lui elaborata in Rm 5,12-21. In questa teoria
teologica, assente il termine qualicativo mesivth", ma affermata con
forza lidea che tale nome vuole indicare, insieme alla necessaria umanit
di Ges Cristo, che assolve tale funzione giusticante. Dice in Rm 5,15:
Ma non come la trasgressione cos anche il dono. Se, infatti, per la trasgressione di uno solo molti morirono, molto pi la grazia di Dio e il dono
nella grazia di un solo uomo, Ges Cristo, ha sovrabbondato per molti
(kai; hJ dwrea; ejn cavriti th/' tou' eJno;" ajnqrwvpou Ihsou' Cristou' eij" tou;"
pollou;" ejperivsseusen)35. Se questa allusione a Rm 5,15 da ritenere
probabile, allora laffermazione categorica di 1Tm 2,5b: ei|" kai; mesivth"
qeou' kai; ajnqrwvpwn, a[nqrwpo" Cristo;" Ihsou'" dovrebbe essere spiegata
come conclusione teologica da lui tratta dalla logica dellargomentazione paolina, quale sviluppata in 1Cor 15,21: Poich, infatti, per mezzo
di un uomo (diajnqrwvpou) la morte, anche per mezzo di un uomo (kai;
diajnqrwvpou) la resurrezione dei morti.
Quindi il mesivth" della salvezza voluta da Dio a[nqrwpo" perch
tale fu colui, per cui venne la morte e la condanna generale. Ma di questa
teoria del peccato di origine non c traccia nella lettera e, quando ne parla
in 1Tm 2,24 toglie ad Adamo la responsabilit della colpa e ne attribuisce
direttamente ad Eva la causa, vanicando la stessa logica dellargomentaGalatians (WBC 41), Dallas TX 1990, 141-143; J.L. Martin, Galatians (AB 33A), New
York 1998, 356-358. Ma gi in H.D. Betz, Galatians (Hermeneia), Philadelphia 1979, 171172. Un tentativo di rettica positiva in D.R. de Lacey, Jesus as the Mediator, JSNT 29
(1987) 101-121, che interpreta la frase oJ de; mesivth" eJno;" oujk e[stin nel senso che un
mediatore is actually appointed by both sides (i.e. da Dio e dal popolo) (pp. 116-117).
34. Su questa conclusione sono tutti daccordo: cf. per es. Oberlinner, Erster Timotheusbrief
74 che riprende Trummer, Die Paulustradition der Pastoralbriefe, 194.
35. Il possibile rapporto intertestuale e teologico tra 1Tm 2,5-6 e Rm 5,15 rilevato da P.H.
Towner, The Goal of Our Instruction. The Structure of Theology and Ethics in the Pastoral
Epistles (JSNTS SS 34), Shefeld 1989, 54-56 e ripreso da Johnson, The First Letter to Timothy, 192. Ma era gi in Spicq, Les ptres postorales, 366, che aggiungeva, equivocando,
unallusione a 1Cor 15,47 e Fil 2,78. Il testo di 1Tm 2,6 afferma enfaticamente lumanit
del mediatore dicendo a[nqrwpo" Cristo;" Ihsou'", non la sua origine celeste, n il suo
abbassamento alla condizione mortale.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

237

zione paolina. Si dovrebbe, perci, concludere che altra la tradizione che


ha ispirato lautore a proclamare unico mediatore di Dio e degli uomini
la[nqrwpo" Cristo;" Ihsou'" e questa potrebbe essere solo la Lettera agli
Ebrei, lunico testo dove, insieme al titolo mesivth", si afferma espressamente la necessit salvica dellumanit del Cristo mediatore (cf. Eb
2,10-18 e 5,1-10).
Tuttavia, anche il riferimento a questa lettera non potrebbe spiegare
lenfasi con cui laffermazione a[nqrwpo" Cristo;" Ihsou'" pronunciata
e che da tutti immancabilmente percepita come voluta e deliberata. Se
ci sia da ritenere come segno di una polemica antidoceta, cosa che non
possiamo escludere, ma che la relazione intertestuale con Ebrei, da noi
suggerita, renderebbe inessenziale. Spiegherebbe solo laffermazione di tale
umanit, non lenfasi retorica da cui ispirata36.
Ugualmente non pertinente ci pare lipotesi di una ripresa della tradizione giudaica del Messia-uomo (a[nqrwpo" Cristo;"), in opposizione
alla teoria cristiana della sua preesistenza, come si desume dalle parole del
giudeo Trifone riportate da Giustino, Dial. 49,1 (a[nqrwpo" ejx ajnqrwvpwn)
(cf. anche 48,1 e 67,2). In questo caso, lautore di 1Tm 2,5-6 sarebbe il propositore di una a[nqrwpo"<Christologie, molto arcaica e di tipo giudaico,
anteriore a una qeov"-Christologie, che sarebbe ancora esclusa dal testo37.
Ma ci non spiegherebbe il suo abbinamento con il concetto di mesivth":
la sua supposta congiunzione con un riferimento alla teologia del Servo
di LXX Is 53 non trova conferma nel testo. L assente lo stesso concetto,
anche se certo per Mc 10,45 di cui si ode una eco in 1Tm 2,6.
Non posso, tuttavia, negare limpressione che soggiace a queste due
ipotesi di lettura, da noi non accolte. La forza affermativa della frase
a[nqrwpo" Cristo;" Ihsou'" tale che colui che legge non pu sottrarsi
allidea che vuole suscitare. Chi scrive 1Tm 2,5b sembra volere limitare
risolutamente ogni speculazione sulla divinit di Cristo Ges38. Di questa
tendenza si potrebbe trovare conferma nella solenne affermazione dellunicit di Dio, che si legge in 1Tm 2,5a: ei|"... qeov", che riprende il movnw/ qew/'
della dossologia in 1Tm 1,17 in cui dice: Al re dei secoli, incorruttibile,
invisibile (ajfqavrtw/ ajoravtw), al solo Dio (movnw/ qew/'), onore e gloria per
36. lipotesi interpretativa che si legge in Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 75 che

la spiega in funzione dellidea di rivelazione: Die Bestimmung des Christus Jesus als
a[nqrwpo" hat zuerst einmal einen offenbarungs-geschichtlich-theologischen Sinn, ci che
per noi non evidente, perch la logica del discorso soteriologisch aufgerichtet.
37. Cos Windisch, Zur Christologie der Pastoralbriefe, 218.
38. Windisch, Zur Christologie der Pastoralbriefe, 216-217.

238

N. CASALINI

i secoli dei secoli; ripetuta in forma pi solenne in 1Tm 6,15 in cui della
manifestazione (ejpifavneia) di Ges Cristo nostro Signore, afferma che
manifester (deivxei) ai tempi propri il beato e solo dominatore (oJ makavrio"
kai; movno" dunavsth"), il re dei regnanti e signore dei dominanti, il solo
che ha immortalit (oJ movno" e[cwn ajqanasivan), abitante una luce non accessibile, che nessun uomo vide n pu vedere. A lui onore e forza eterna.
Amen39. Se si segue la logica teologica, implicita in queste affermazioni
rigorose sulla unicit di Dio, evidente che in un monoteismo cos assoluto
non sembra possibile una affermazione sulla divinit di Cristo Ges, il cui
essere e la cui attivit egli sembra subordinare in modo chiaro e perfetto
alla volont salvica di Dio, quale appare non solo da 1Tm 2,4.5-6, ma
anche da 1Tm 3,16b dove tutti gli eventi del suo mistero sono rievocati
con aoristo passivo, e sembrano rinviare indirettamente allazione di Dio
(ejfanerwvqh, ejdikaiwvqh, w[fqh, ejkhruvcqh, ejpisteuvqh/, ajnelhvmfqh). A lui,
infatti, attribuita la stessa ejpifavneia di Ges Cristo alla ne, come afferma in 1Tm 6,1540.
Ma difcile dare uninterpretazione univoca di questo dato di fatto,
che tuttavia incontestabile: lassolutezza, unicit e signoria di Dio affermata in modo rigoroso. Ed lui solo che in 1Tm 4,10c detto con formula
teologica nuovissima salvatore di tutti gli uomini, soprattutto dei credenti
(o{" ejstin swth;r pavntwn ajnqrwvpwn mavlista pistw'n). Lui chiamato
il Dio vivente, in cui hanno sperato (1Tm 4,10b) e sua detta la Chiesa,
denita sua casa in 1Tm 3,1541. Quanto al Cristo, Ges, dato il titolo
tradizionale di Signore nostro (tou' kurivou hJmw'n) (1Tm 1,2.12; 6,3.4), di
unico mediatore (ei|"... mesivth") (1Tm 2,5b), uomo (a[nqrwpo"). Altri,
non ne riceve, neppure quello di swthvr, riservato solo a Dio in 1Tm 2,3
e 1Tm 4,10.
Si potrebbe, quindi, concludere con Hans Windisch che la cristologia di
1Tm molto arcaica, e per nulla innovativa42. E tuttavia la grande novit
proprio nella formula di 1Tm 2,5b qui esaminata: ei|" ga;r qeov", ei|" kai;
39. Su queste dossologie che esaltano lunicit di Dio in 1Tm 1,17 e 1Tm 6,15-16, poste

strategicamente allinizio e alla ne del discorso, quasi per affermare il suo governo su tutto
il piano salvico, cf. G.A. Couser, God and Christian Existence in the Pastoral Epistles:
Toward Theological Method and Meaning, NT 42 (2000) 262-286: 275-283.
40. Cos anche Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 163-164, che riprende W. Metzger, Der
Christushymnus I. Timotheus 3,16. Fragment einer Homologie der paulinischen Gemeinden
(AzTh 62), Stuttgart 1979, 73.
41. Cf. J.L. Sumney, God Our Saviour: the Fundamental Operational Theological Assertion of 1 Timothy, HBT 21 (1999) 105-123.
42. Zur Christologie der Pastoralbriefe, 227-230.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

239

mesivth" qeou' kai; ajnqrwvpwn, a[nqrwpo" Cristo;" Ihsou'". Lunicit di Dio


(ei|"... qeov") riaffermata senza concessioni, in modo assoluto e Cristo
Ges presentato come uomo (a[nqrwpo") e mediatore unico, e quindi universale, di Dio e degli uomini, e non di unalleanza nuova, che ha superato
lantica, dei Giudei. In questo modo ha sintetizzato in unaffermazione di
principio generale il fondamento della salvezza universale del Dio unico,
di cui in ci che precede ha affermato che vuole che tutti gli uomini si
salvino e giungano alla conoscenza della verit (1Tm 2,4). Ma luno e
laltro elemento erano gi costitutivi della tradizione della fede, come attesta 1Cor 8,6 da cui ha tratto la struttura bipolare della sua confessione,
in cui al Dio unico creatore (ei|" qeo;"... ejx ou| ta; pavnta) unito Ges
Cristo, unico Signore, mediante il quale ha operato nella creazione (kai;
ei|" kuvrio" Ihsou'" Cristo;" di ou| ta; pavnta)43. Qui, invece, lo stesso Dio
unico (ei|"... qeov") presentato in ci che precede come nostro salvatore
(swth'r hJmw'n) (1Tm 2,3) e Cristo Ges come a[nqrwpo" e unico mediatore
(ei|" kai; mesivth") di Dio e degli uomini. Che la sua mediazione sia per la
salvezza, si pu desumere senza difcolt dallinizio del discorso, in cui
invita a pregare per tutti gli uomini (uJpe;r pavntwn ajnqrwvpwn) giusticato
con laffermazione che ci gradito a Dio (1Tm 2,1.3), il quale vuole
che tutti gli uomini si salvino (o}" pavnta" ajnqrwvpou" qevlei swqh'nai) e
giungano alla conoscenza della verit (1Tm 2,4). Con questa trasformazione della formula tradizionale, egli ripropone in forma nuova lidea della
universalit della salvezza, gi affermata nella fede della tradizione paolina,
come conseguenza dellunicit di Dio, quale appare evidente da Rm 3,2829: Pensiamo, infatti, che luomo giusticato per fede senza opere di
legge. O il Dio solo dei Giudei? Non forse anche dei popoli?. Ma anche
in quella della tradizione evangelica, come effetto della signoria universale
del Cristo, quale appare evidente da Mt 28,18-19: stato dato a me ogni
potere in cielo e sulla terra. Andando, quindi, fate discepoli tutti i popoli
(cf. anche Mc 16,15-16; Lc 2,30-32; 24,47; At 13,47; 28,28).
Tuttavia qui, in 1Tm 2,1-3.4-6, non c condizione, neppure la necessit della fede, che luna e laltra tradizione ponevano per potersi salvare
(Rm 3,30: ejk pivstew" e dia; th'" pivstew"; At 16,31: pivsteuson... kai;
swqhvsh/). Ora, una sola la condizione, indicata con la nuova formula tecnica e giungano alla conoscenza della verit (kai; eij" ejpivgnwsin ajlhqeiva"
43. Stuhlmacher, Biblische Theologie des Neuen Testaments, II, 20. Ma K. Lger, Die Chri-

stologie der Pastoralbriefe (Hamburger Theologische Studien 12), Mnster 1996, 38-43,
suggerisce correttamente lipotesi che le affermazioni conuite in quello schema binario
paolino sono state tratte da idee gi note e comuni, come anche la nostra analisi ha potuto
mostrare.

240

N. CASALINI

ejlqei'n) (1Tm 2,4b), che in realt un equivalente di ci che indicava la


parola pivsti", ma espresso con categoria losoca generale, che era quella
comune, a tutti comprensibile: riconoscere e accogliere come vero la parola
(oJ lovgo") che la religione di Cristo portava come annuncio. Ma questo,
secondo 2Tm 2,25, dono di Dio che concede al peccatore conversione
per la conoscenza della verit (mhvpote dwvh/ aujtoi'" oJ qeo;" metavnoian eij"
ejpivgnwsin ajlhqeiva")44. Se poi, in questa universalizzazione della salvezza, sia da vedere un intento polemico deliberato contro lo gnosticismo, che
riservava la salvezza solo ai perfetti, imponendo molte condizioni, non da
escludere. Come non sarebbe da disconoscere una eventuale tendenza antigiudaica, che la subordinava allosservanza della legge mosaica (cf. 1Tm
1,3-11)45.
Anche il rapporto tra il Dio unico (ei|" qeov") e Cristo Ges mediatore
unico (ei|" kai; mesivth") quella corrispondente alla tradizione antica della fede, attestata in 1Cor 8,6, da cui ha desunto le forme espressive. E, in
questo, Hans Windisch avrebbe ragione. Il suo esame esegetico ancora
valido, anche se dubbio resta il suo giudizio critico che ci sia segno di
arcaismo. In realt potrebbe essere indizio di un fenomeno contrario: una
riaffermazione attualizzante e pi rigorosa dellunicit di Dio, in un momento in cui il principio stesso del Dio unico (cf. Dt 6,4: il testo dello Shema) era messo in pericolo. Noi siamo convinti, infatti, che questo potrebbe
essere la vera intenzione teologica del discorso che soggiace a 1Tm 2,5-6.
La prova pi evidente di questo intento nellaffermazione dellumanit
di Cristo Ges, espressa in modo chiaro nellantitesi ei|" qeov" / ei|" kai; mesivth" qeou' kai; ajnqrwvpwn, a[nqrwpo" Cristo;" Ihsou'". Ci non solo non
lascia dubbi sulla unicit di Dio, ma esclude in principio la possibilit che
si possa parlare di Cristo Ges come di un Dio secondo e diverso, quale di
fatto era stato realmente proposto da Marcione nella sua opera ajntiqevsei"
a cui sembrerebbe alludere lammonizione nale del testo: O Timoteo,
custodisci il deposito, evitando i vuoti discorsi profani e le antitesi della
scienza falsa (kai; ajntiqevsei" th'" yeudwnuvmou gnwvsew") (1Tm 6,20)46.
44. Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 72-73.
45. La tendenza anti-gnostica percepita da Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 72, a seguito

di N. Brox, Die Pastoralbriefe (ENT), Regensburg 19694, 19895, 126; e H. Merkel, Die
Pastoralbriefe (NTD 9,1), Gttingen 1991, 25 (eine vllig ungnostische, wahrscheinlich
antignostische Denkweise); ma era gi stata segnalata da Michel, Grundfragen der Pastoralbriefe, 86. Quella antigiudaica, non attestata. Ma unevidenza che si impone dalla
polemica contro i nomodidavskaloi in 1Tm 1,7.
46. Sulla teologia dei due Dio, quello creatore maleco e quello buono che si era automanifestato in Cristo Ges, informazioni precise sono date da B. Aland, Marcion (ca.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

241

Tenendo conto di questo, mi sembra che non sia possibile trovare presso
questo autore sintesi cristologiche nuove, perch il suo intento era di riaffermare, attualizzando, ci che era gi creduto di Dio e di Ges Cristo nel
deposito a lui afdato, evitando di dire di costui tutto ci che in qualche
modo potesse mettere in pericolo lunicit di Dio negata dalluomo eretico. Forse, per questo, non solo evita la designazione qevo", che gli aveva
attribuito Paolo in Rm 9,5 (oJ w]n ejpi; pavntwn qeo;" eujloghto;" eij" tou;"
aijw'na", ajmhvn); ma non lo designa mai cone Figlio di Dio (uiJo;" qeouv),
cosa che abituale in Paolo (cf. Rm 1,3.4.9; 5,10; 8,3.32; 1Cor 1,9; 15,28;
2Cor 1,19; Gal 1,16; 2,20; 4,4.6; 1Ts 1,10) e nella tradizione evangelica
(cf. Mc 1,11; 9,7; 15,39 e parall.; ma anche Gv 1,18.34.49; 3,18; 10,36;
11,4.27; 19,7; 20,31) e, soprattutto, non lo chiama mai swthvr, riservando
solo a Dio questo titolo (cf. 1Tm 2,3), chiamato in modo univoco swth;r
pavntwn ajnqrwvpwn mavlista pistw'n (1Tm 4,10).
Quindi, larduo problema della divinit di Cristo Ges da lui accuratamente evitato con laffermazione a[nqrwpo" Cristo;" Ihsou'", che
a qualcuno parsa una contro-affermazione, che poi il teologo che ha
scritto Tt 2,13 ha retticato, o integrato, affermando che noi aspettiamo la
manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Ges Cristo
(prosdecovmenoi th;n makarivan ejlpivda kai; ejpifavneian th'" dovxh" tou'
megavlou qeou' kai; swth'ro" hJmw'n Ihsou' Cristou')47. Ma non sembra
che fosse da lui ignorato. Se cosa certa che abbia desunto da 1Cor 8,6 lo
schema della professione di fede bipolare che si legge in 1Tm 2,5-6 molto
probabile che conoscesse anche Rm 9,5 dove, come ho gi detto, il Cristo
denito oJ w]n ejpi; pavntwn qeo;"; e soprattutto Gv 20,28 dove Tommaso
lo chiama oJ kuvriov" mou kai; oJ qeov" mou, se evidente che in 1Tm 6,13 si
riferisce alla testimonianza di Cristo Ges davanti a Ponzio Pilato, nota
solo da Gv 18,36-37. Di questa, desidero ora trattare brevemente, perch
questo un altro degli elementi che lui ha desunto dalla tradizione, ma che
ha trasformato per dare un senso nuovo alla stessa morte di Cristo Ges,
secondo il sentire del suo tempo, molto simile a ci che si legge nelle lettere dette di Ignazio, ma che ha ampio sviluppo in 2Tm.

85-160) / Marcioniten, TRE 22 (1992) 89-101: 94-97. La tendenza anti-marcionita del


discorso che sottende 1Tm 2,5-6 era gi stata rilevata da M. Rist, Pseudepigraphic Refutations of Marcionism, JR 22 (1942) 39-62: 58-59, dove esamina le affermazioni che
insistono sullunicit di Dio (1Tm 2,5-6 e 1Tm 1,17 con 1Tm 6,13-16), la bont della
creazione (1Tm 4,4 e 1Tm 6,11-17).
47. Lipotesi si legge in D. Ruiz, Se manifest la gracia salvadora de Dios (Tt 2,11-14),
RevBb 65 (2003) 199-214: 209.211.

242

N. CASALINI

1Tm 6,13: la testimonianza di Cristo Ges


In 1Tm 2,6b si legge di Cristo Ges: oJ dou;" eJauto;n ajntivlutron uJpe;r
pavntwn, to; martuvrion kairoi'" ijdivoi". Questa inattesa precisazione, che
qualica quel sacricio di s come to; martuvrion (testimonianza per la
morte), interpretata diversamente.
Per L. Oberlinner, la parola non da intendere martyrologisch, n da
riferire alla morte di Cristo. Ma, poi, la riferisce a questa in modo specico,
affermando ci che escludeva negando il precedente signicato: vielmehr
schliesst es die Gesamtheit der Aussagen von der konkreten historischen
Werwirklichung des Retterwillens Gottes in Jesu Selbsthingabe ab (Erster
Timotheusbrief, 76). Luke Timothy Johnson fa rilevare che la difcolt di
interpretazione era gi attestata in due varianti della tradizione testuale. Il
Codex Sinaiticus aggiungeva un kaiv tra oJ dou;" eJautovn e to; martuvrion,
attivit complementare che Ges stesso aveva dato, e che potrebbe riferirsi
allannuncio del vangelo che ha preceduto lofferta di se stesso.
Il Codex Bezae (prima mano, con F e G), aggiunge tra i due elementi ou|
ejdovqh, trasformando il secondo in una frase relativa: di cui fu data la testimoniananza al tempo opportuno, con evidente riferimento allannuncio
della morte di Cristo nel vangelo. Egli preferisce questo senso implicito.
Ma lascia irrisolto il problema se tale testimonianza fu quella data dallo
stesso Cristo sul senso della sua morte, o quella data dallapostolo che ne
ha dato testimonianza annunciando il vangelo48. William D. Mounce, che
espone con cura articolata i diversi problemi, propone uninterpretazione
conforme al suo modo di classicare le stesse lettere come paoline. Quindi
il to; martuvrion si riferisce, correttamente, al sacricio che Cristo Ges ha
fatto di se stesso per tutti (uJpe;r pavntwn) ed questo che serve da giusticazione allesortazione nale, che devono pregare per tutti gli uomini
(1Tm 2,1)49.
Ci per noi sufciente, perch corrisponde alla logica dellargomentazione, anche se non possiamo riferire kairoi'" ijdivoi" al tempo presente,
perch per questa stessa logica si deve riferire al passato, quando quella
morte avvenne per testimoniare. Ci confermato da 1Tm 6,13 in cui
rievoca proprio quella testimonianza che procur a Cristo Ges la morte.
Dice: [Ti] ordino davanti a Dio che ha generato tutto alla vita e a Cristo
Ges che ha testimoniato davanti a Ponzio Pilato la bella testimonianza
(tou' marturhvsanto" ejpi; Pontivou Pilavtou th;n kalh;n oJmologivan). Con
48. The First Letter to Timothy, 192-193.
49. Pastoral Epistles, 90-91.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

243

ci, secondo lopinione esegetica comune, si riferisce allepisodio della


tradizione evangelica, quale narrato in Gv 18,36-37: unico testo, dove
egli rende testimonianza davanti a Pilato. Altrove, rest in silenzio (Mc
15,4-5 e parall.). Qui sta scritto: Dice Ges: Il mio regno non di questo
mondo. Se fosse da questo mondo il mio regno, i miei servi lotterebbero
afnch non sia consegnato ai Giudei. Ora, invece, il mio regno non da
qui. Disse, dunque, a lui Pilato: Dunque, re tu sei? Rispose Ges: Tu
dici che re sono. Io per questo sono stato generato e per questo al mondo
sono venuto, per testimoniare alla verit (i{na marturhvsw th/' ajlhqeiva/).
Questo ci che lautore chiama th;n kalh;n oJmologivan, che Cristo Ges
ha testimoniato (tou' marturhvsanto") e per la quale stato condannato,
come narra il seguito del racconto in Gv 19,1-16.17-27. Quindi, secondo
questo teologo, la sua morte fu testimoniante e per questo la denisce to;
martuvrion kairoi'" ijdivoi", come si legge in 1Tm 2,6b. In questo modo, il
sacricio che Cristo Ges ha fatto di se stesso per tutti acquista un nuovo
signicato e diventa il primo martuvrion per la verit, che egli ha annunciato. Per questo, secondo la logica del discorso, quella verit dalla cui
conoscenza dipende la salvezza di tutti gli uomini, la stessa per cui Cristo Ges ha testimoniato dando per essa la vita, e che egli ha sintetizzato
riproponendola nella formula di fede che aveva ricevuto, dicendo che egli
ha dato se stesso in riscatto per tutti50.
Molto dibattuto ancora il problema se ci che afferma in 1Tm 6,13
sia desunto da tradizione e, in modo pi specico, da quale tipo di tradizione. noto infatti, che per alcuni esegeti tutta la pericope di 1Tm
6,11-16 sarebbe un corpo estraneo, senza legame logico con il discorso
antecedente e seguente, e sarebbe stato desunto in toto da un Formular
einer Ordinationsparnese, di un capo o guida della chiesa; oppure, variando e precisando lipotesi precedente, da un Formular einer Ordinationsverpichtung51. Ma gi stato notato che la pericope formata da
due distinte unit stilistiche: a) 1Tm 6,11-12, una esortazione con formule
brevi in imperativo (feu'ge, divwke), introdotta da un su; dev che si ricollega
in antitesi di logica discorsiva con ci che precede in 1Tm 6,9-10. b) 1Tm
6,13-16 un solenne ordine, quasi in forma di scongiuro, che riprende il
50. Per il rapporto tra morte di Cristo e to; martuvrion con to; eujaggevlion e to; khvrugma,

qui implicito, cf. H. von Lips, Glaube-Gemeinde-Amt (FRLANT 122), Gttingen 1979,
41-44.
51. Lipotesi prima di E. Ksemann, Das Formular einer neutestamentlichen Ordinationsparnese, in W. Eltester (ed.), Neutestamentliche Studien fr Rudolf Bultmann (BZNW
21), Berlin 1954, 261-268, rist. in Idem, Exegetische Versuche und Besinnungen, I, Gttingen 1969, 101-108; la seconda di Brox, Die Pastoralbriefe, 212.

244

N. CASALINI

lessico della consegna iniziale (cf. 1Tm 1,18: tauvthn th;n paraggelivan
parativqemaiv soi e 1Tm 6,13a: paraggevllw soi) e quindi potrebbe essere considerato una perorazione nale, che chiude il corpus normativo
della lettera (1Tm 1,186,16)52.
Quindi lipotesi che 1Tm 6,11-16 sia uninserzione estranea al contesto,
derivata da un ordo per linsediamento alla presidenza della chiesa, non
sostenibile. Su questa conclusione concordano anche altri esegeti, ma
per motivi diversi: per lo stile argomentativo, per il lessico e per la logica
del discorso. Quanto allo stile argomentativo, L. Oberlinner ha cercato di
mostrare che lo stilema su; dev, con cui egli connota il comportamento di
Timoteo come diverso da quello degli avversari, troverebbe corrispondenza
in 1Tm 1,3-7.9-11 con 1Tm 1,18-19a e in 1Tm 4,1-5 con 1Tm 4,6-16 dove
alla denuncia degli oppositori segue unesortazione rivolta a lui, afnch
si ponga a modello dei credenti53. A noi, ci non parso evidente. Ma ci
sembra convincente il fatto che il su; dev sia da ritenere una effettiva antitesi
logica a ci che precede in 1Tm 6,9-10 in cui denuncia coloro che, servendosi della religione per arricchire, sono stati trascinati alla rovina dalla
stoltezza e dalla rovinosit delle loro passioni, come conferma linserzione
di tau'ta feu'ge in 1Tm 6,11a in cui fuori dubbio che il tau'ta si riferisca
a ci che precede, cosa che indirettamente riconosce anche E. Ksemann
(Das Formular, 108), attribuendo solo tale frase allautore per la sua innegabile forza di connessione con la pericope antecedente.
Quanto al lessico di 1Tm 6,11-12 non ci sono dubbi che sia quello usato
altrove dallo stesso autore: eujsevbeia/ ricorre anche 1Tm 2,2; 3,16; 4,7.8;
6,3.5.6 (ma anche in 2Tm 3,5 e Tt 1,1); pivsti" con ajgavph in 1Tm 1,5.14;
2.15; 4.12 (ma anche in 2Tm 1,13; 2,22; 3,10 con uJpomonhv, come in Tt
2,2); zwh; aijwvnio" in 1Tm 1,16; 4,8 (ma anche in 2Tm 1.10 e Tt 1,2; 3,7);
ajgwnivzou riprende il kopiw'men kai; ajgwnizovmeqa di 1Tm 4,10 ed forse
uneco di to;n kalo;n ajgw'na hjgwvnismai in 2Tm 4,7; la frase imperativa
ejpilabou' th'" aijwnivou zwh'" di 1Tm 6,12b trova un corrispondente nella
nale i{na ejpilavbwntai th'" o[ntw" zwh'" di 1Tm 6,19b. Ma anche i due
imperativi feu'ge e divwke di 1Tm 6,11ab si trovano in 2Tm 2,22 nella stessa sequenza e in immediata successione con dikaiosuvnhn, pivstin, ajgavphn,
come nel nostro testo54.
52. Elementi lessicali paralleli tra linizio e la ne sono stati rilevati da K. Lger, Die Chri-

stologie der Pastoralbriefe, 58-63.


53. Erster Timotheusbrief, 286.
54. Per questi rilievi lessicali cf. Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 287, nota 7 e 8, da me
integrati.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

245

Questo dato di fatto attesta con evidenza che il lessico adoperato in 1Tm
6,11-12 proprio dellautore del testo e che la fraseologia da lui adoperata
trova corrispondenza non solo nel suo discorso, ma anche nelle altre due
lettere, afni ad esso. Ci, evidentemente, non ci permette neppure di fare
la concessione minima fatta da L. Oberlinner allesegesi precedente: Dass
unser Autor formelhafte Wendungen aufgegriffen und verarbeitet hat, ist
nicht zu bezweifeln; Umfang und Charakter der vorgegebenen Traditionen
sind jedoch unsicher55. In realt neppure questo evidente, perch altra
la conclusione che a noi si impone dal rilievo lessicale. Chi ha scritto non
ha desunto da precedente tradizione, perch ci che scrive trova corrispondenza effettiva solo nella tradizione teologica a cui egli stesso appartiene,
che la scuola delle Pastorali, da classicare come uno sviluppo della
cosiddetta Paulusschule, qualora si accetti la designazione per loro di Tritopaoline proposta da Peter Trummer56. In ogni caso, fuori dubbio, perch
evidente, che la frase che si legge in 1Tm 6,12 usa linguaggio gi noto e
quasi tecnico della tradizione, perch dice: Combatti la buona battaglia
della fede. Consegui la vita eterna, a cui fosti chiamato, e hai professato la
bella professione davanti a molti testimoni.
Quanto a ajgwnivzou to;n kalo;n ajgw'na th'" pivstew" ha un parallello in
2Tm 4,7 dove dice to;n kalo;n ajgw'na ajgwvnismai e si pu ritenere formula
di questa scuola teologica, perch lautore dice la stessa cosa con metafora
militare in 1Tm 1,18 dove gli ricorda le profezie che lo hanno indicato per
la funzione che assolve: i{na strateuvh/ ejn aujtai'" th;n kalh;n strateivan.
Quanto alla frase ejpilabou' th'" aijwnivou zwh'" ha un parallello nello
stesso testo, dove esorta ad invitare i ricchi ad arricchire di buone opere,
i{na ejpilavbwntai th'" o[ntw" zwh'" (1Tm 6,19b). Dunque, formula teologica propria di questo autore, come lidea che esprime: egli pone la vita
eterna come ne della fede. Ci si desume da 1Tm 1,16 in cui lascia che
Paolo dica di lui, primo dei peccatori salvati da Cristo Ges, che il tipo
tw'n mellovntwn pisteuvein ejp aujtw/' eij" zwh;n aijwvnion.
Ugualmente sua la formula eij" h}n ejklhvqh", ma non lidea della chiamata che ad essa lo destina per la salvezza, che tipica di questa scuola
teologica, come attesta 2Tm 1,9 dove di Dio si legge tou' swvsanto" hJma'"
55. Erster Timotheusbrief, 286.
56. Sulla Paulusschule cf. S. Vollenweider, Paulus, RGG4 6 (2003) 1035-1065: 1054-

1058 (bibl.); e per la designazione Trito-paoline: Trummer, Die Paulustradition der Pastoralbriefe, 105.228, accettata da W. Schenk, Die Briefe an Timotheus I und II und Titus
(Pastoralbriefe) in der neuen Forschung (1945-1985), ANRW II 25.4 (1987) 3404-3438:
3405, seguito da Oberlinner, Erster Timotheusbrief, XLV.

246

N. CASALINI

kai; kalevsanto" klhvsei aJgiva/; e soprattutto in 1Ts 2,12 dove lo stesso Paolo dice di lui tou' kalou'nto" uJma'" eij" th;n eJautou' basileivan kai; dovxan.
Tuttavia, era idea comune, come risulta da At 13,46 dove appare evidente
che lannuncio ha questo scopo: invitare alla vita eterna. Rimproverando,
Paolo dice ai Giudei di Antiochia di Pisidia: Poich lo riutate e ritenete
voi stessi non degni della vita eterna (kai; oujk ajxivou" krivnete eJautou;" th'"
aijwnivou zwh'"), ci rivolgiamo ai popoli.
Quanto alla frase in cui afferma kai; wJmolovghsa" th;n kalh;n oJmologivan
ejnwvpion pollw'n martuvrwn, ugualmente senza paragone. Ma il lessico
quello comune della professione di fede, come attesta Eb 3,1: ajpovstolon
kai; ajrciereva th'" oJmologiva" hJmw'n Ihsou'n ; Eb 4,14: kratw'men th'"
oJmologiva"; Eb 10,23: katevcwmen th;n oJmologivan th'" ejlpivdo" ajklinh'57.
Se poi questa professione (oJmologiva) sia quella del battesimo, o dellordinazione, difcile da stabilire58. Ma poich la lotta della fede che deve
condurre, secondo 1Tm 6,12 quella stessa per cui deve combattere con le
profezie che lo hanno designato alla funzione di guida della chiesa che ora
assolve (1Tm 1,18), ragionevole supporre che si possa riferire a quella
della sua investitura, fatta con imposizione delle mani del presbiterio (1Tm
4,14). Davanti a tutti costoro, come testimoni, egli ha professato la sua
fede, come atto di impegno per la funzione di guida ecclesiale59. Se poi
tale professione sia contenuta indirettamente in 1Tm 6,13 dubbio, come
mostrer di seguito.
Ma, detto questo ed esclusa la possibilit oggettiva che 1Tm 6,11-12
derivi da tradizione diversa da quella a cui appartiene lo stesso testo, devo
rendere giustizia allipotesi di E. Ksemann (e, di conseguenza, anche a N.
Brox che da lui dipende): 1Tm 6,13-16 uneffettiva parenesi di ordinazione (o investitura) per lesercizio della funzione di guida della chiesa,
conferita a Timoteo con la stessa lettera, di cui tale pericope (1Tm 6,11-16)
rappresenta lesortazione conclusiva60. Infatti, ci che dice in 1Tm 6,13
riprende deliberatamente lesortazione iniziale che si legge in 1Tm 1,18 e

57. O. Michel, oJmologevw ktl., ThWNT V, 199-200: 216.


58. Sul problema Marshall, The Pastoral Epistles, 661.
59. V. Hasler, Die Briefe an Timotheus und Titus (ZBK.NT 12), Zrich 1978, 48.50. Ma cf.

Marshall, The Pastoral Epistles, 661: rileva, con ragione, che di ci non ci sono testimonianze scritte e che the context of the wording here, taken on its own, favours baptism.
Ci ragionevole, perch la terminologia che indicava la professione di fede era identica
per ogni situazione, dove era necessario confermare o testimoniare la fede. Quindi non pu
essere addotto come motivo contrario alla nostra proposta di interpretazione.
60. Simile la proposta di lettura di Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 293.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

247

conclude con la perorazione nale (1Tm 6,14-15). L, allinizio, gli diceva


effettuando la consegna del mandato contenuto nelle norme dello stesso
scritto (1Tm 2,1-3,13 e 1Tm 5,1-6,2): Questo ordine ti consegno (tauvthn
th;n paraggelivan parativqemaiv soi), glio Timoteo, secondo le profezie emesse in precedenza su di te, afnch tu combatta in esse la buona
battaglia. Qui, alla ne, lo scongiura riprendendo la stessa terminologia:
Ordino [a te] (paraggevllw [soi]), davanti a Dio generatore di tutto alla
vita e di Cristo Ges che ha testimoniato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, di custodire lordine senza macchia (thrh'saiv se
th;n ejntolh;n a[spilon), irreprensibile no alla manifestazione del Signore
nostro Ges Cristo, che al tempo opportuno mostrer il beato e solo dominatore, il re dei reggenti, e signore dei dominanti, che solo ha immortalit,
abitando luce inaccessibile, che non vide alcun uomo n pu vedere. A lui
onore e forza eterni. Amen!61.
Il fatto che la 1Tm sia da considerare un atto di investitura per lesercizio della funzione di guida nella chiesa, per cui era gi stato designato da
profezie (1Tm 1,18) e nominato con imposizione delle mani del presbiterio
(1Tm 4,14), fuori dubbio, come attesta la classicazione dello scritto nel
genere letterario dei mandata principis62. Noi diremmo che una lettera di delega, con cui Timoteo che la riceve abilitato allesercizio della
sua funzione da colui che di fatto deve rappresentare: nel caso specico,
lapostolo Paolo, che deroga a lui il suo stesso potere apostolico63. Tenendo
conto dello stretto rapporto tra 1Tm 6,14 con 1Tm 1,18 e del fatto evidente
da noi gi mostrato che il riferimento alla testimonianza di Cristo Ges
davanti a Ponzio Pilato in 1Tm 6,13 unallusione diretta al suo processo
narrato in Gv 18,36-37, dobbiamo concludere senza esitazione che anche
1Tm 6,13-14 non deriva da alcuna tradizione antecedente, ma opera dello
stesso autore.
Quindi lipotesi di K. Wengst che 1Tm 6,13: paraggev l lw soi
ejnwvpion tou' qeou' tou' zw/ogonou'nto" ta; pavnta kai; Cristou' Ihsou'
tou' marturhvsanto" ejpi; Pontivou Pilavtou th;n kalh;n oJmologivan, sia
61. Cf. E. Ksemann, Das Formular, 106-107.
62. Wolter, Die Pastoralbriefe als Paulustradition, 161-177, ripreso da J. Roloff, Pasto-

ralbriefe, 59, nonostante le riserve critiche di M.M. Mitchell, PTEB 703 and the Genre
of 1 Timothy: The Curious Career of a Ptolemaic Papyrus in Pauline Scholarship, NT 44
(2002) 344-370, che tuttavia conferma la classicazione.
63. Cf. Oberlinner, Erster Timotheusbrief, XXXII-XXXIII. Dato questo contesto, potrebbe
essere utile il confronto proposto da M.M. Mitchell, New Testament Envoys in the Context
of Greco-Roman Diplomatic and Epistolary Conventions: The Exemples of Timothy and
Titus, JBL 111 (1992) 641-662.

248

N. CASALINI

il residuo di una pi antica e duplice Bekenntnisformel [pisteuv w eij " ,


oJmologw'] to;n qeo;n to;n zw/ogonou'nta ta; pavnta kai; Cristo;n Ihsou'n to;n
marturhvsanta ejpi; Pontivou Pilavtou, per noi insostenibile, perch senza
fondamento64.
La tradizione conosce la fede nel Dio creatore di tutto (cf. 1Cor 8,6; 12,6;
Ef 1,11; Col 1,16). Ma del Cristo confessa sempre e solo la sua passione per
i nostri peccati (cf. 1Cor 15,3; Rm 5,6.8; 4,25) e la sua resurrezione per noi
(Rm 4,25). Soltanto qui, in 1Tm 6,16, quella passione presentata in forma
unica come testimonianza alla verit per la salvezza, come aveva gi detto
in 1Tm 2,6 qualicando il suo sacricio di s in riscatto per tutti come to;
martuvrion kairoi'" ijdivoi". Questa, infatti, la vera novit del testo, che
trova corrispondenza nella teologia degli scrittori del II sec. d.Cr. tra i quali
la morte affrontata per la verit della fede era considerata martuvrion65. Ma,
in questo, egli non il solo, se si suppone che lo stesso signicato martirologico, da noi proposto, sia da attribuire anche alluso della stessa parola
to; martuvrion in 2Tm 1,8 dove si legge questa esortazione: Non vergognarti, dunque, della testimonianza del Signore nostro (mh; ou\n ejpaiscunqh/'"
to; martuvrion tou' kurivou hJmw'n) n di me, suo prigioniero per lui. Ma soffri
insieme (sugkakopavqhson) per il vangelo, secondo potenza di Dio.
noto che, su questo, due sono le interpretazioni prevalenti, secondo
il senso che si attribuisce al genitivo tou' kurivou hJmw'n. Se si assegna il
signicato di genitivo oggettivo, la frase signica: Non vergognarti della
testimonianza su il Signore nostro. Quindi, sarebbe un invito a predicare
senza vergogna il vangelo, in cui il Cristo annunciato. Se lo si considera
come genitivo soggettivo, ci sono due possibilit di interpretazione. La
prima, attribuisce lo stesso senso del precedente, solo che ora il Signore
stesso che annuncia il vangelo come testimone. La seconda, invece, si riferisce alla sua testimonianza con la vita, e quindi alla sua morte66.
64. K. Wengst, Christologische Formeln und Lieder des Urchristentums (STNT 7), Gter-

sloh 19732, 124-125, seguito da Roloff, Der erste Brief an Timotheus, 344. Ma criticato,
giustamente, da Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 287, nota 10.
65. Cf. G. Holtz, Die Pastoralbriefe (ThHK 13), Berlin 19722, 62. Ma vedi H. Strathmann,
mavrtu", marturevw, marturiva, martuvrion, ThWNT IV, 477-520: 511-514, il quale, evidentemente, non ha compreso la novit rappresentata da 1Tm 2,6 (e 2Tm 1,8), che classica nella forma generica Zeugnis von etwas (p. 510). Lo stesso signicato supposto
da Spicq, Les ptres pastorales, 368, che interpreta 1Tm 2,6b come le tmoignage que
Dieu rend aux hommes de sa volont de les sauver, evidentemente con la morte di Cristo,
mediatore.
66. Il signicato oggettivo, quello preferito tra gli esegeti pi recenti: cf. per es. L. Oberlinner,
Die Pastoralbriefe. Zweite Folge. Kommentar zum zweiten Timotheusbrief (HThK XI/2),
Freiburg etc. 1995, 35; Mounce, Pastoral Epistles, 480; Marshall, The Pastoral Epistles, 703;

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

249

Noi, per le ragioni gi dette, preferiamo lultima ipotesi e troviamo


conferma della correttezza della nostra interpretazione martirologica di
2Tm 1,8 nel parallelismo logico dei due oggetti del verbo esortativo mh;
ou\n ejpaiscunqh/'". Timoteo non si deve vergognare della testimonianza
del Signore nostro, n di me, suo progioniero, dove evidente che il
rapporto tra i due accusativi to; martuvrion e ejme;: tra il Signore giustiziato
per la sua testimonianza e Paolo imprigionato come un delinquente perch
testimone dello stesso Signore (2Tm 2,9). A loro, anche Timoteo si deve
associare per soffrire insieme quale testimone (cf. 2Tm 2,3). Quindi, il
testo unesplicita esortazione al martirio per la verit, per cui lo stesso
Signore morto testimoniando67.
Una conferma di questa lettura martirologica, data dal testo stesso
in 2Tm 2,3 in cui lo esorta di nuovo dicendo sugkakopavqhson wJ" kalo;"
stratiwvth" Cristou' Ihsou', Soffri insieme, come valido soldato di Cristo
Ges, in cui evidente che la metafora del soldato (stratiwvth") indica che
c una lotta effettiva da condurre, di natura mortale, come in ogni guerra. E
in 2Tm 2,9 ricordando il vangelo che Ges Cristo risorto dai morti, afferma: in esso io soffro no alle catene, come un delinquente (ejn w/| kakopaqw'
mevcri desmw'n wJ" kakou'rgo"). Tuttavia, in 2Tm 2,10 aggiunge: Per questo
tutto sopporto per gli eletti, afnch anche loro conseguano la salvezza in
Cristo Ges con la gloria eterna. E conclude, aggiungendo a solenne giusticazione in 2Tm 2,11b-13: Fidato [] il discorso. Se infatti muoriamo insieme, anche insieme vivremo. Se sopportiamo, anche insieme regneremo.
Parole queste gi note, derivate da tradizione antecedente, probabilmente da
Rm 6,8 e da Ap 20,4.6 e di cui tratter subito, in ci che segue.
2Tm 2,11-13: fedelt no alla morte
Si legge in 2Tm 2,11-13 quanto segue: Fidata [] la parola. Se, infatti,
siamo morti insieme, anche insieme vivremo. Se sopportiamo, anche insieme regneremo. Se rinnegheremo, anche quello rinnegher noi. Se saremo
infedeli, lui rimane fedele. Infatti, non pu rinnegare se stesso.
Weiser, Der zweite Brief an Timotheus, 112. Il signicato soggettivo, ma con senso analogo al
precedente, suggerito da Johnson, The Second Letter to Timothy, 346-347. Quello soggettivo,
con riferimento alla morte di Cristo stesso come testimonianza (o martirio) preferito da
Holtz, Die Pastoralbriefe, 156 e da Marcheselli-Casale, Le Lettere Pastorali, 654-655. G.A.
Couser, The Testimony about the Lord, born by the Lord, or Both? An insight into Paul and
Jesus in the Pastoral Epistles, TynBull 55 (2004) 295-316, unica il primo con il secondo.
67. Questa linterpretazione preferita anche da O. Knoch, Die Pastoralbriefe, 52.

250

N. CASALINI

opinione quasi comune che questo testo derivi dalla tradizione. Controverso, invece, il problema se sia da ritenere tradizionale ci che afferma,
o tutto il complesso, la cui forma ritenuta poetica o innica, e come tale
stampato nelle edizioni critiche del Nuovo Testamento attualmente pi diffuse: Nestle-Aland, 27a ed. e The Greek New Testament, 4a ed.68. Il problema
letterario sorto dal fatto che il testo, in se stesso, costituisca uneffettiva unit
che si distingue dal contesto in cui inserita per la sua evidente simmetria sintattica, che conferisce ad esso unit stilistica, ma che gli esegeti, equivocando,
hanno creduto di ritenere poetica. In realt solo un effetto discorsivo della
ripetizione della stessa forma. Esso, infatti, costituito da cinque frasi, di cui
le quattro prime sono composte da quattro periodi ipotetici della possibilit.
Quindi ogni linea formata da una proposizione condizionale (o protasi),
introdotta dalla congiunzione eij, seguita dalla conseguenza (o apodosi). Ma
i verbi delluna e dellaltra sono variabili, perch dipendono dalla logica del
discorso, da cui le diverse proposizioni acquistano il loro signicato.
evidente che la costruzione sintattica uniforme delle prime quattro
frasi non sarebbe sufciente per trasformare un periodo sintattico, da loro
composto, in un inno o parte di un inno, perch, come tutti sanno, ci
dipende solo dalla conformazione del metro assunto e dal ritmo che ne
leffetto, secondo le leggi proprie dellarte poetica del greco. Ma di questo
non possibile dare dimostrazione, perch le quattro frasi non corrispondono ad alcuna delle forme metriche del greco a noi conosciute.
Cito il testo in greco, come disposto nelle edizioni critiche che ho
indicato, le quali disponendolo in tale modo, vorrebbero far credere che
sia un inno, ma che in realt, solo un periodo sintattico di quattro frasi
condizionali, costruite allo stesso modo.
pisto;" oJ lovgo":
eij ga;r sunapeqavnomen, kai; suzhvsomen:
eij uJpomevnomen, kai; sumbasileuvsomen:
eij ajrnhsovmeqa, kajkei'no" ajrnhvsetai hJma'"
eij ajpistou'men, ejkei'no" pisto;" mevnei
ajrnhvsasqai ga;r eJauto;n ouj duvnatai69.
68. Lo status quaestionis pi aggiornato, in Weiser, Der zweite Brief an Timotheus, 149-

150.153-156; antecedente, in G. Lohnk, Die Vermittlung des Paulinismus zu den Pastoralbriefen, BZ 32 (1988) 169-188: 177-180.
69. Chi interessato, pu trovare la stessa struttura in italiano con una discussione critica,
naturalmente favorevole ed entusiasta, in Marcheselli-Casale, Le Lettere Pastorali, 709-712,
il quale recepisce con favore lo studio di I-Jin Loh, A Study of an Early Christian Hymn
(2Tm 2,11-13), New Jersey 1968 e quello di Knight, The Faithful Sayings, 112-137.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

251

Quindi, se si segue la logica sintattica, le quattro frasi possono essere


scritte in normale codice discorsivo, perch non c in esse nulla che corrisponda a una struttura metrica della poesia greca. Una conferma di questo
data dalla tonalit ritmica, che libera e non soggiacente ad alcuna regola70.
Nella prima riga, laccento tonico della protasi (eij) duplice: uno posto
sul gavr, laltro sulla quarta sillaba di sunapeqavnomen, nellapodosi unico
posto in seconda sillaba su suzhvsomen, dopo quattro sillabe atone. Nella
seconda unico in protasi, posto in terza su sillaba breve uJpomevnomen; e
unico in apodosi, in quarta sillaba con dittongo breve di sumbasileuvsomen,
dopo sei sillabe atone. Ma se si ritiene che il kaiv posto tra protasi e apodosi
nelle due frasi sia tonico, allora lapodosi avrebbe due accenti nella prima,
dopo due sillabe atone nella protasi, e due accenti nella seconda dello stesso tipo. Ma tra il primo e il secondo vi una sola sillaba atona nella prima
apodosi, e tre sillabe atone nella seconda. Una regolarit, di tipo metrico,
da escludere in ogni modo, come appare evidente da questo schema delle
due linee in parallelo, con accento tonico in acuto, e secondario in grave:
+< +++<++,< +<++
+++<++, <+++ <++
Le stesse osservazioni per la terza e la quarta frase. Nella terza, in
protasi posto un solo accento dopo tre sillabe atone; in apodosi ci sono
tre accenti tonici, in seconda sillaba (kajkei'no", ajrnhvsetai, hJma'"), ma il
primo dopo tre sillabe atone da quello della protasi. In quarta linea, si ha
un accento tonico in protasi, in terza sillaba di ajpistou'men, e tre accenti
tonici in apodosi, ma irregolari: uno in seconda sillaba (ejkei'no"), uno in
nale (pisto;"), uno in prima sillaba (mevnei). Dunque, il ritmo diverso
dallapodosi della linea precedente, come appare evidente dallo schema:
+ ++<++, +<+ +<++ +<
+ ++<+, +<+ +<<+
Se si confrontano questi schemi metrici con quelli della metrica greca,
non possibile trovare corrispondenza, n con i singoli, n con la loro congiunzione nelle forme dei versi pi caratteristici71. A noi basterebbe questa
70. Per informazioni essenziali sui metri della poetica greca cf. Der Neue Pauly 8 (2000)

109-129 (Metrik).
71. Der Neue Pauly 8, 115: a) per i metri: + < giambo; < + trocheo; < + + dattilo; < < spondeo; ++ < anapesto; + < < baccheo; < + < cretico; ++ < < ionico; < ++ < coriambo; b) per i versi:
< + + < + + < + + < + + < + + < < esametro dattilico; < + + < + + < / < + + < + + < pentametro; x < + < x < + < x < + <

252

N. CASALINI

verica per concludere che 2Tm 2,11-13 non una composizione innica
o poetica, perch la sua tonalit ritmica non corrisponde ad alcun metro
della poesia greca, ma dipende solo dalla logica sintattica e discorsiva,
la stessa che ha spinto lautore a completare aggiungendo in 2Tm 2,13b
una quinta frase indipendente per spiegare (gavr) il senso misterioso della sua ardua affermazione in 2Tm 2,13a: Se siamo infedeli, quello resta
fedele. Infatti, non pu rinnegare se stesso (ajrnhvsasqai ga;r eJauto;n ouj
duvnatai). Nonostante questa evidenza, di cui non risulta che fosse mai
stata fatta una verica, la maggioranza degli esegeti si compiace di ripetere
con convinzione che 2Tm 2,11b-13a ha una forma innica, o poetica e
che tutta lunit, o una sua parte, derivi dalla tradizione liturgica, o battesimale, antecedente allautore72.
Tuttavia il dato di fatto da noi rilevato attesta che lunit costituita a
2Tm 2,11b-13a un normale periodo sintattico, composto in modo uniforme da quattro frasi ipotetiche, con protasi e apodosi, con condizione e
conseguenza possibile. Ma sono diverse tra loro per contenuto e per i tempi
del verbo, che rimandano alludendo a un evento diverso. Quindi diverso
anche lo schema logico e argomentativo.
Solo nellapodosi delle prime tre frasi, il verbo al futuro (suzhvsomen,
sumbasileuvsomen, ajrnhvsetai). Nella quarta al presente (pisto;" mevnei).
Nella protasi delle quattro frasi, che indicano la condizione, il verbo
variabile. Nella prima si trova in aoristo (eij ga;r sunapeqavnomen), che
potrebbe equivalere a un reale passato per il supposto riferimento a Rm 6,8
(eij de; ajpeqavnomen su;n Cristw/') e alla morte gi avvenuta nel battesimo.
Ma potrebbe essere unaffermazione di principio sempre valida (aoristo
gnomologico: F. Blass - A. Debrunner - F. Rehkopf 272, n. 333)73.
Nella seconda, un presente (eij uJpomevnomen), potrebbe confermare la
correttezza dellinterpretazione gnomica dellaoristo della frase precedente,

trimetro giambico; c) per le strofe pi note (di quattro versi): safca < + < < < + + < + < < (safco endecasillabo, ripetuto per tre versi), < + / + < < (adoneo, nale); alcaica x < + < < < + + < +
(endecasillabo alcaico, ripetuto per due versi), x< + < < < + < < (enneasillabo alcaico),
< + + < + + < + < < (decasillabo alcaico).
72. Lorigine battesimale, o liturgica, preferita da G. Holtz, Die Pastoralbriefe, 167:
Wahrscheinlich werden wir auf die Theologie der Sakramente Taufe una Abendmahl zurckverweisen.
73. I commentatori sono per lo pi favorevoli al primo signicato, quello sacramentale:
Knight, The Pastoral Epistles, 403; Mounce, Pastoral Epistles, 515-516; Marshall, The
Pastoral Epistles, 739; Weiser, Der Zweite Brief an Timotheus, 172, che tuttavia si distingue
perch vede in esso implicito anche un riferimento alla morte attuale per martirio, che
di fatto implicito in tutto il contesto.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

253

ma non necessariamente. In ogni caso, evidente che le due proposizioni


(2Tm 2,11b-12a) sono costruite in chiaro parallelismo sintattico:
eij ga;r sunapeqavnomen, kai; suzhvsomen:
eij uJpomevnomen, kai; sumbasileuvsomen:
Nella terza frase, la condizione in protasi al futuro (eij ajrnhsovmeqa),
come la conseguenza possibile in apodosi (kajkei'no" ajrnhvsetai hJma'"). Ma
nella quarta, alla condizione che esprime possibilit futura (eij ajpistou'men),
corrisponde una conseguenza in apodosi di senso antitetico e verbo al presente (ejkei'no" pisto;" mevnei). Tuttavia evidente che anche queste due
frasi (2Tm 12b-13a) sono costruite in parallelo, come indica non solo il
verbo al futuro nella condizione, ma anche la ripresa dello stesso soggetto
nelle conseguenze in apodosi (kajkei'no", ejkei'no"):
eij ajrnhsovmeqa, kajkei'no" ajrnhvsetai hJma'":
eij ajpistou'men, ejkei'no" pisto;" mevnei:
ajrnhvsasqai ga;r eJauto;n ouj duvnatai74.
Poich questa variazione dipende solo dalla logica discorsiva, bisogna
affermare che, in se stessa, non favorisce lipotesi che 2Tm 2,11b-13a sia
un testo di natura poetica o innica, che tuttavia, come ho gi detto, quella
ancora preferita.
Cito solo qualche giudizio ditirambico, ma poco critico, perch non
confermato dallesame ritmico che ho eseguito. Per Dibelius - Conzelmann 2Tm 2,11b-13a sarebbe ein im hymnischen Stil gehaltenes Zitat
unbekannter Herkunft; per N. Brox ein Stck lterer, hymnischen berlieferung; per G. Holtz [ein] kunstvoll geformtes Lied () zitiert und
nicht ad hoc gedichtet75.
Dello stesso tipo la sintesi di G. Lohnk, il quale dopo aver citato
il testo in forma stroca secondo ledizione critica, afferma: Es handelt
sich um ein Bekennerlied, das dazu effordert, Christus bis in den Tod treu
zu bleiben und sich zu ihm zu bekennen76. Ci corretto per la funzione
74. Per lordine sintattico e lo schema verbale delle quattro proposizioni vedi Mounce, Pa-

storal Epistles, 501-502; Marshall, The Pastoral Epistles, 733 e Weiser, Der Zweite Brief
an Timotheus, 149.
75. M. Dibelius - H. Conzelmann, Die Pastoralbriefe (HNT 13), Tbingen 19664, 81; Brox,
Die Pastoralbriefe, 244; Holtz, Die Pastoralbriefe, 167.
76. Lohnk, Die Vermittlung, 178.

254

N. CASALINI

del suo contenuto, ma inadeguato per la denizione della sua forma come
inno (Bekennerlied). Se ci che dice ha lo scopo di esortare, molto pi
semplice dire che unesortazione, o parenesi, composta dallo stesso autore, che ha dato ad essa una rigorosa forma sintattica, parallela e iterativa,
per esprimere ed imprimere meglio la sua idea77.
Il testo, infatti, integrato perfettamente nella pericope che inizia in 2Tm
2,8 e ne costituisce la naturale conclusione logica e che, secondo lesegesi corrente, unesortazione a perseverare, testimoniando no alla morte,
cosa che anche G. Lohnk riconosce, dicendo: Das Mitsterben meint den
gewaltsamen Tod der Mrtyrer, das Mitherrschen das besondere Vorrecht
der Mrtyrer zwischen ihrem Tod und der allgemeinen Totenerweckung78.
Il legame sintattico assicurato con il gavr in 2Tm 2,11b: eij gavr e con
ci, secondo il senso pi corrente di questa particella congiuntiva, lautore
indica il motivo che giustica laffermazione che precede in 2Tm 2,10
dove afferma: Per questo sopporto tutto (pavnta uJpomevnw) per gli eletti,
afnch anche loro (kai; aujtoiv) ottengano la salvezza, che [] in Cristo
Ges, con la gloria eterna79. Quindi, secondo, la logica del discorso, il
pavnta uJpomevnw dellapostolo, il suo sopportare tutto soffrendo nel vangelo (ejn w/| kakopaqw'), no alle catene come un delinquente (mevcri desmw'n
wJ" kakou'rgo"), ha come ne di inculcare la perseveranza negli eletti, afnch anche loro (kai; aujtoiv) si salvino in Cristo, insieme con lui.
Questo, infatti, signica la proposizione nale di 2Tm 2,10b dove afferma afnch anche loro (i{na kai; aujtoi;) conseguano la salvezza, in Cristo
Ges, con la vita eterna. Per questo aggiunge: Fidata [] la parola. Se,
infatti, siamo morti insieme, anche insieme vivremo. Se sopportiamo (eij
uJpomevnomen), anche insieme regneremo.
Se si segue con attenzione la logica di questo discorso, appare evidente
la novit del testo. I verbi composti con sun< sembrano riferirsi con rigore

77. opinione che prevale negli studiosi pi recenti: Lger, Die Christologie der Pastoral-

briefe, 76: Die Mglichkeit, dass diese Verse auf eine Komposition des Verfassers zurckgehen darf nicht von vornherein ausgeschlossen werden; H. Stettler, Die Christologie der
Pastoralbriefe (WUNT II.105), Tbingen 1998, 182-183: Es darf als sehr wahrscheinlich
gelten, che lautore abbia composto un tale testo, che designa ancora come Lehrgedicht,
prendendo da Paolo, Matteo e Luca. Ma gi U. Borse, 1. und 2. Timotheusbrief, Titusbrief
(SKK.NT 13), Stuttgart 1985, 87 scriveva: Vielleicht stammen die Verse aber doch vom
[Verfasser der Past] selbst.
78. Die Vermittlung, 178.
79. Inaccettabile, quindi, ci pare lipotesi che il gavr indichi nicht das Nachfolgende, sondern das Vorausgehende als Grund, proposta da K.-H. Pridik, EWNT I (1980) 573, seguito
da Weiser, Der zweite Brief an Timotheus, 149, nota 134.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

255

logico allapostolo e agli eletti, se condividono in tutto il suo stato, per


conseguire la salvezza in Cristo, insieme con lui. Senza questa condivisione, non possibile raggiungere la salvezza nale, indicata dai verbi al
futuro suzhvsomen e sumbasileuvsomen, vivremo insieme e regneremo
insieme.
Quindi la giusticazione introdotta da eij gavr in 2Tm 2,11b di fatto
unesortazione indiretta, ma logicamente inoppugnabile, perch fondata sul
principio che la retribuzione futura dipende dalla condivisione attuale della
sofferenza, sopportata con perseveranza, per testimoniare la parola di Dio,
come conferma il fatto evidente che il pavnta uJpomevnw dellapostolo per
gli eletti (2Tm 2,10a) ripreso dal condizionale eij uJpomevnomen, se sopportiamo di 2Tm 2,12a.
Questo fatto di logica argomentativa e soprattutto la forma sintattica delle quattro proposizioni condizionali da essa dipendente (eij ga; r
sunapeqavnomen, eij uJpomevnomen, eij ajrnhsovmeqa, eij ajpistou'men), rendono poco probabile lipotesi di Jrgen Roloff, seguito da A. Weiser, che 2Tm
2,11b-13a sia ein katechetisches Traditionsstck parnetischen Inhalts. Il
testo, infatti, non una parenesi, che in genere di tipo esortativo. Ma
una giusticazione teologica (eij gavr: 2Tm 2,11b), di tipo argomentativoipotetico (eij, ripetuto quattro volte in 2Tm 2,11b.12a.12b.13a), che serve
da principio esplicativo alla conclusione, introdotta dal dia; tou'to anticipatorio in 2Tm 2,10a80.
In ogni caso, noi riteniamo che non sia ein geprgtes berlieferungsstck, perch gi stato notato che composto da tradizioni di diversa
origine (Rm 6,8; Ap 20,4-6; Mt 10,33//Lc 12,9), indipendenti le une dalle
altre, e mai attestate insieme81.
La supposta somiglianza tra 2Tm 2,11b-13a e Polycarpo, Ai Filippesi
5,2, anche se reale, si potrebbe spiegare con il fatto che costui potrebbe
dipendere dallaltro come in Ai Filippesi 4,1 stato accertato che riprende
fuori contesto 1Tm 6,7.10 in ordine inverso82.
Ecco il testo di Polycarpo, Ai Filippesi 5,2: Se a lui piaceremo nel
mondo presente (ejn tw/' nu'n aijw'ni), riceveremo anche il futuro, come
80. J. Roloff, Der Weg Jesu als Lebensform (2Tm 2,8-13). Ein Beitrag zur Christologie der

Pastoralbriefe, in C. Breytenbach - H. Paulsen (ed.), Anfnge der Christologie. FS F. Hahn,


Gttingen 1991, 155-167: 165; Weiser, Der zweite Brief an Timotheus, 153-154.
81. Cf. Lohnk, Die Vermittlung, 178-179.
82. Lipotesi che derivi da tradizione indipendente, attestata anche da Polycarpo, Ai Filippesi 5,2 dello stesso J. Roloff, ma sostenuta con vigore da Weiser, Der zweite Brief an
Timotheus, 154.

256

N. CASALINI

ha promesso a noi di risuscitare noi dai morti, e che se ci comporteremo in modo degno di lui, anche regneremo insieme con lui, se almeno
crediamo.
Lunico elemento comune evidente la frase kai; sumbasileuvsomen
aujtw/', anche con lui regneremo, corrispondente a kai; sumbasileuvsomen
di 2Tm 2,12a. Ci, evidentemente, troppo poco per trarre una conclusione lologica di grave conseguenza storica: Poich Ai Filippesi 5,2 di
Polycarpo simile a 2Tm 2,11b-13a ne consegue che luno e laltro dipenderebbero da tradizione autonoma, che luno e laltro citano in forma
diversa nel loro discorso.
In realt ci non corretto. Anzi, luso della formula ejn tw/' nu'n aijw'ni
per indicare il mondo presente permetterebbe unipotesi differente. Poich
tale formula tipica dello stile delle Pastorali (cf. 2Tm 4,10: Dhma'" gavr
me ejgkatevlipen ajgaphvsa" to;n nu'n aijw'na; 1Tm 6,17a: Toi'" plousivoi"
ejn tw/' nu'n aijw'ni; Tt 2,12: kai; eujsebw'" zhvswmen ejn tw/' nu'n aijw'ni), si
potrebbe supporre con ragionevolezza che lautore del testo di Policarpo
ai Filippesi dipenda da queste lettere paoline, come attesta la citazione
effettiva, anche se indiretta, di 1Tm 6,7.10 in Polycarpo, Ai Filippesi 4,1
(unica in tutti i Padri Apostolici!) e il fatto che 2Tm 4,10 trova una eco precisa in Polycarpo, Ai Filippesi 9,2 dove si legge ouj ga;r to;n nu'n ajgavphsan
aijw'na.
Se a ci si aggiunge che 1Tm 6,7.10 (oujde;n ga;r eijshnevgkamen eij"
to;n kovsmon, o{ti oujde; ejxenegkei'n ti dunavmeqa... rJivza ga;r pavntwn tw'n
kakw'n ejstin hJ filarguriva) citato quasi alla lettera, ma in ordine inverso e fuori contesto in Polycarpo, Ai Filippesi 4,1 (ajrch; de; pavntwn
calepw' n filarguriv a eij d ov t e" ou\ n , o{ t i ouj d e; eij s hnev g kamen eij " to; n
kovsmon, ajlloujde; ejxenegkei'n ti e[comen) lipotesi di una dipendenza di
Polycarpo, Ai Filippesi 5,2 da 2Tm 2,11b-13a diventa pi probabile, che
non quella della loro supposta dipendenza da tradizione comune, per nulla
dimostrabile83.
Se si segue la connessione logica e sintattica di dia; tou'to in 2Tm 2,10a
con ci che precede in 2Tm 2,8-9, bisogna concludere che 2Tm 2,8-13 formano una sola sequenza discorsiva, strettamente unitaria. Dice: Ricorda
Ges Cristo risorto dai morti, dalla stirpe di Davide, secondo il vangelo. In
questo (ejn w/|/) soffro il male no alle catene (mevcri desmw'n). Ma la parola
83. Per il testo di Polycarpo, Ai Filippesi, cf. F.X. Funk (ed.), Patres Apostolici, Tbingen

1901, 296-313; con trad. fr. in Ignace dAntioche, Polycarpe de Smyrne, Lettres (SC 10 bis),
ed. Th. Camelot, Paris 1951, 202-223; con trad. ted. in A. Lindemann - H. Paulsen (ed.),
Die Apostolische Vter, Tbingen 1992, 242-253; per i testi paralleli con le lettere pastorali,
Spicq, Les ptres pastorales, 163-164.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

257

di Dio non legata (ouj devdetai). Per questo (dia; tou'to) tutto sopporto
(pavnta uJpomevnw) per gli eletti, afnch ottengano la salvezza in Cristo
Ges, con la gloria eterna. Fidata [] la parola. Se infatti (eij ga;r) siamo
morti insieme, anche insieme vivremo. Se sopportiamo (eij uJpomevnomen),
anche insieme regneremo. Se rinnegheremo, anche quello ci rinnegher. Se
saremo infedeli, quello resta fedele. Se stesso, infatti, non pu rinnegare.
Data levidente connessione sintattica, non possibile ritenere 2Tm
2,11b-13 una aggiunta, perch la sua naturale conclusione discorsiva, che
riafferma il principio della doppia retribuzione in forma di proposizioni
condizionali, per fare comprendere che solo condividendo la morte insieme
e sopportando, sar possibile vivere e regnare insieme in futuro, conseguendo la salvezza in Cristo Ges, con la gloria eterna, a cui sono stati destinati
in quanto eletti, che hanno accolto la sua parola84.
Ci confermato dalla logica discorsiva, che inizia in 2Tm 2,8 con un
ricordo esplicito del Vangelo, dicendo: Ricorda Ges Cristo risorto dai
morti (ejghgermevnon ejk nekrw'n), dalla stirpe di Davide, secondo il mio
vangelo (kata; to; eujaggevliovn mou) che riprende in sintesi 1Cor 15,4 (o{ti
Cristo;"... ejghvgertai) e 1Cor 15,20 (Cristo;" ejghvgertai ejk nekrw'n), in
cui la prima frase costituisce il vangelo (1Cor 15,1), unita insieme a Rm
1,3 (ejk spevrmato" Daui;d), ma non per discutere della resurrezione, ma
per descrivere la propria condizione, come quella di colui che soffre per
questo no alle catene come un delinquente (ejn w/| kakopaqw' mevcri desmw'n
wJ" kakou'rgo") (2Tm 2,9), per fare comprendere e spiegare che questa sua
sopportazione quella di un testimone (o martire, diremmo noi) della
fede, per confermare gli stessi eletti nella loro sopportazione della prova
per la stessa fede.
Ci detto con chiarezza in 2Tm 2,10: Per questo sopporto tutto (dia;
tou'to pavnta uJpomevnw) per gli eletti, afnch anche loro (i{na kai; aujtoi;)
conseguano la salvezza in Cristo Ges, con la gloria eterna.
Quindi hanno ragione quegli esegeti che considerano il testo che segue
in 2Tm 2,11-13 una professione di fede che giustica la dolorosa sopportazione della persecuzione per il vangelo e la verit della religione in cui
crede, e quindi unimplicita esortazione alla testimonianza no alla morte,
che noi diciamo martirio85.
84. Per lunit sintattica, e quindi logica, di 2Tm 2,8-13 cf. Weiser, Der zweite Brief an

Timotheus, 147-150; sullautonomia discorsiva di 2Tm 2,8-11 da ci che precede in 2Tm


2,1-7 cf. Oberlinner, Zweiter Timotheusbrief, 75.
85. Lipotesi, qui sintetizzata, proposta anche da Oberlinner, Zweiter Timotheusbrief, 75:
Sind die VV 8-13 durch das Bekenntnis bestimmt, e quindi christologisch geprgt.

258

N. CASALINI

Questo, infatti, vuole indicare la formula introduttiva di 2Tm 2,11a:


pisto;" oJ lovgo". Ci che egli afferma un insegnamento, o parola data,
perch dalla tradizione della fede ed da accogliere senza esitazione,
come attesta luso analogo dello stesso stilema in 1Tm 1,15 dove non introduce una citazione, ma una verit della fede comune, condivisa da chi
crede e quindi espressa in modi diversi e in forme molteplici della stessa
tradizione.
Questa gi stata individuata, non senza difcolt, dalle allusioni delle
sue stesse parole, con cui le ha sintetizzate per ammonire alla sopportazione
fedele della prova no alla morte, quale si legge in 2Tm 2,11b-13a.
opinione comune che la prima frase eij ga;r sunapeqavnomen kai;
suzhvsomen, derivi da Rm 6,8 dove Paolo dice: eij de; ajpeqavnomen su;n
Cristw/', pisteuvomen o{ti kai; suzhvsomen aujtw/', con riferimento alla prassi
del battesimo, interpretata da lui come associazione alla morte di Cristo
in Rm 6,3b in cui afferma: eij" to;n qavnaton aujtou' ejbaptivsqhmen, con
la speranza di risorgere con lui, espressa dalla seconda frase in Rm 6,8b:
pisteuvomen o{ti kai; suzhvsomen aujtw/'86.
Il nostro autore ha tralasciato i due diretti riferimenti al Cristo del testo
originale (su;n Cristw/', aujtw/'). Ma convinzione comune che ci sia implicito, dato il richiamo evidente a questo testo paolino.
In ogni caso, non era logicamente necessario, perch Cristo Ges
nominato in ci che precede con laffermazione: afnch anche loro (i.e.
gli eletti) conseguano la salvezza in Cristo Ges, con la vita eterna.
Quindi se la salvezza (swthriva) quella in Cristo Ges (ejn Cristw/'
jIhsou'), non improbabile che a loro e a lui si riferiscano i verbi composti
sunapeqavnomen e suzhvsomen, se siamo morti insieme (con lui), anche
insieme (con lui) vivremo87.
Se si segue questa proposta di interpretazione, il riferimento a Rm 6,8
sarebbe un richiamo al battesimo e alla morte gi subita con Cristo, per
esortare alla fedelt nella prova attuale no alla morte, con la fede che
vivremo anche con lui.
Ma non ha compreso che la professione di fede in funzione della sopportazione e,
quindi, di unimplicita esortazione a testimoniare no alla ne; cosa che, invece, stata
percepita da Holtz, Die Pastoralbriefe, 165, che parla di Mrtyrertheologie; e, in modo
pi esplicito, F.J. Schierse, Die Pastoralbriefe (WB), Dsseldorf 1968, 111, che ritiene 2Tm
2,3-13 Erneuter Aufruf zum Leiden.
86. Cf. Lohnk, Die Vermittlung, 178.
87. Cos Spicq, Les ptres pastorales, 748; Holtz, Die Pastoralbriefe, 167; Oberlinner,
Zweiter Timotheusbrief, 83; Mounce, Pastoral Epistles, 516; Johnson, The Second Letter
to Timothy, 376.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

259

E in questo si annuncia la novit del testo. Egli non propone una nuova
catechesi battesimale, ma ricorda ci che di esso fu creduto, come associazione alla morte di Cristo, per esortare a restare fedele a lui no alla morte
reale, se ci fosse richiesto dalla testimonianza alla verit della fede88.
Ma qualche esegeta, per esempio lo stesso G. Lohnk, non esita a esprimere il suo disagio critico: luso di un aoristo (sunapeqavnomen), con valore
di passato, per esortare alla morte reale con Cristo per la testimonianza al
vangelo, non adeguato. Un futuro, come eij ajrnhsovmeqa di 2Tm 2,12b,
sarebbe stato pi adatto89.
E L.T. Johnson fa notare con franchezza che il riferimento implicito al
Cristo dei verbi sunapeqavnomen e suzhvsomen, non esclude la possibilit
che, in realt, esso implichi anche un riferimento diretto agli stessi eletti,
tra loro, secondo ci che dice Paolo in 2Cor 7,3: Voi siete nel nostro cuore
per morire insieme e vivere insieme (proeivrhka ga;r o{ti ejn tai'" kardivai"
hJmw'n ejste eij" to; sunapoqanei'n kai; suzh'n)90.
Queste voci esegetiche divergenti attestano che linterpretazione corrente del testo, secondo la catechesi battesimale a cui si riferisce indubbiamente lallusione a Rm 6,8 in 2Tm 2,11b non del tutto soddisfacente,
perch il discorso non riguarda il battesimo, ma la salvezza da conseguire
perseverando no alla morte per la verit che annuncia il vangelo, che
la vera novit della ripresa di tale tradizione. Il richiamo a quella associazione alla morte di Cristo, gi avvenuta in quel rito, effettuato in modo
indiretto per esortare a morire con lui, realmente, testimoniando no alla
morte per il vangelo91.
Ci confermato dalle frasi seguenti, la cui evidente funzione di confermare, argomentando, nella fortezza della fede, per perseverare sopportando la prova, senza cedere, e senza venire meno alla propria convinzione.
In 2Tm 2,12a dice eij uJpomevnomen, kai; sumbasileuvsomen, di cui non
stato possibile trovare un esatto parallelo nella tradizione. Ma nessuno
dubita che sia una sintesi della parenesi della fede.
In particolare, per eij uJpomevnomen, possibile un richiamo alla tradizione evangelica, quale si legge nel discorso sulla ne, in Mc 13,13b:
88. Questo il discorso di Spicq, Les ptres pastorales, 748 e, con diverso accento (posto

sul capo della comunit, Timoteo) anche di Oberlinner, Zweiter Timotheusbrief, 84.
89. Die Vermittlung, 179.
90. The Second Letter to Timothy, 376.
91. Questo era il senso dellinterpretazione di J.H. Bernard, The Pastoral Epistles, 1899,
rist. Grand Rapids MI 1980 (Thorneapple Commentaries), 121; Brox, Die Pastoralbriefe,
244; Schierse, Die Pastoralbriefe, 11; Hasler, Die Briefe an Timotheus und Titus, 65-66.

260

N. CASALINI

oJ de; uJpomeivna" eij" tevlo" ou|to" swqhvsetai. Ma la congiunzione tra la


sopportazione nelle prove e il regno da conseguire si legge in Lc 22,28-29
dove Ges dice ai discepoli: Ma voi che siete restati con me nelle mie
prove (oiJ diamemenhkovte" met ejmou' ejn toi'" peirasmoi'" mou), anche io
preparer per voi un regno (diativqemai uJmi'n... basileivan), come il Padre
prepar a me.
Tuttavia opinione corrente che la forma sumbasileuvsomen di 2Tm
2,12a derivi da Ap 20,4-6 dove si legge che le anime di coloro che erano
stati decapitati per la testimonianza di Ges (dia; th;n marturivan Ihsou') e
per la parole di Dio (kai; dia; to;n lovgon tou' qeou'), e vissero e regnarono
con Cristo (kai; e[zhsan kai; ejbasivleusan meta; tou' Cristou'). Ma evidente che la forma al futuro dipende dalla logica del discorso, e trova forma
parallela nella stessa idea espressa in Ap 20,6 dove si legge kai; basileuvsousin met aujtou' (cf. Ap 5,21: kai; basileuvsousin ejpi; th'" gh'")92.
In 2Tm 2,12b-13a si legge una possibilit diversa da quella richiesta
dalla fede: che essi possano rinnegare e abbandonare la fede, due casi
gravi, ma gi previsti nello stesso insegnamento della fede, da lui ripreso
dalla tradizione.
Il primo caso, il rinnegamento, descritto in questo modo: eij
ajrnhsovmeqa, kajkei'no" ajrnhvsetai hJma'". E con ci riprenderebbe, per consenso esegetico, il severo monito di Ges nel discorso di missione che si
legge in Mt 10,33: o{sti" d a]n ajrnhvshtaiv me e[mprosqen tw'n ajnqrwvpwn,
ajrnhvsomai kajgw; aujto;n:
Meno adeguato sarebbe il riferimento a Lc 12,9 dove nella prima frase
si ha un participio aoristo e il verbo impersonale nella seconda, quindi
meno adatto al contesto del discorso, rivolto al futuro: oJ de; ajrnhsavmenov"
me ej n wv p ion tw' n aj n qrwv p wn aj p arnhqhv s etai ej n wv p ion tw' n aj g gev l wn
tou' qeou'93'.
Il secondo caso, abbandono della fede, indicato in 2Tm 2,13 con le
parole: eij ajpistou'men, ejkei'no" pisto;" mevnei. Di ci non c traccia di92. I riferimenti e le possibili allusioni alla tradizione evangelica, si possono leggere anche

in Mounce, Pastoral Epistles, 516-517; quelli ad Apocalisse in Lohnk, Die Vermittlung,


179; Oberlinner, Zweiter Timotheusbriefe, 86. Ma, di nuovo, Johnson, The Second Letter
to Timothy, 376, che indica come referenza 1Cor 4,8, dove il regnare quello dei credenti
insieme: kai; o[felovn ge ejbasileuvsate, i{na kai; hJmei'" uJmi'n sumbasileuvswmen, dove il
riferimento al Cristo solo indiretto.
93. Il riferimento alla tradizione evangelica dato correttamente da Lohnk, Die Vermittlung, 179: Mt 10,33 e Lc 12,9. Meno bene, e in modo incorretto, da Oberlinner, Zweiter
Timotheusbrief, 86: Lc 12,8-9 e Mt 12,32-33 (sic!). Ma n luno, n laltro ha percepito la
differenza tra i due testi, e che solo Mt 10,33 realmente adeguato.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

261

retta nella tradizione, n verbale, n tipica. E ci potrebbe costituire unulteriore novit di questa sintesi. Egli prevede labbandono della stessa fede
in Cristo, cosa che non era affatto prevedibile nella tradizione evangelica,
anche se non ritenuta improbabile: il caso di Giuda era il pi evidente!
Ma a questo non c allusione e le parole da lui adoperate nelle due
frasi, sono ritenute una eco molto debole, ma reale, di ci che dice Paolo
in Rm 3,3: che, infatti, dunque? Se alcuni non credettero (eij hjpivsthsavn
tine"), forse che la loro incredulit abroga la fedelt di Dio (mh; hJ ajpistiva
aujtw'n th;n pivstin tou' qeou' katarghvsei)? Non sia.
Da questo dipenderebbe la frase dellautore, quando dice: ej k ei' n o"
pisto;" mevnei. Ma ci che segue in 2Tm 2,13b per giusticare tale osservazione suo, perch non troverebbe un parallelo in Paolo: Infatti dice
non pu rinnegare se stesso (ajrnhvsasqai ga;r eJauto;n ouj duvnatai)94.
Ma L. Oberlinner ha gi fatto rilevare che il contesto diverso e lapparente somiglianza argomentativa e lessicale copre un altro discorso. In
Paolo, il problema era linfedelt dei Giudei, che non avevano creduto.
Qui, il caso riferito a tutti coloro che credono, agli eletti (oiJ ejklektoiv) e
anche a se stesso, nellintenzione di colui che ha scritto in nome di Paolo,
che usa il noi per tutti i credenti95.
Quindi il discorso nuovo, perch universale e tratta della possibilit
reale che coloro che credono possano rinnegare Cristo (eij ajrnhsovmeqa),
a causa dellostilit legale dello Stato verso la loro religione, cosa effettivamente attestata per le persecuzioni del II sec. d.C., di cui restata
documentazione nella lettera di Plinio a Traiano (X,96,6: alii ab indice
nominati esse se christianos dixerunt, et mox negaverant; fuisse quidem,
sed desisse)96. Cosa che non era ancora denita al tempo di Paolo. Le sue
sofferenze vennero dai Giudei, non dai giudici romani, che furono benevoli,
come attesta il racconto di Atti.
Nuova, tuttavia, soprattutto la giusticazione della fedelt del Cristo, in quanto dice: Infatti, non pu rinnegare se stesso (ajrnhvsasqai ga;r
eJauto;n ouj duvnatai). Che sia lui il soggetto inteso, fuori dubbio per la
logica del discorso. A lui, infatti, fa riferimento il kajkei'no" di 2Tm 2,12b
e ejkei'no" di 2Tm 2,13a97.
94. Il riferimento a Rm 3,3 indicato da Lohnk, Die Vermittlung, 179 e Oberlinner,

Zweiter Timotheusbrief, 87.


95. Zweiter Timotheusbrief, 87.
96. Cf. F. Trisoglio (ed.), Opere di Plinio Cecilio Secondo, Torino 1992, 1094-1095.
97. Cos la maggioranza dei commentatori: Spicq, Les ptres pastorales, 750; Mounce,
Pastoral Epistles, 517; Oberlinner, Zweiter Timotheusbrief, 86-87.

262

N. CASALINI

Quindi non opportuno dire che non chiaro se il testo parli della fedelt di Cristo o della fedelt di Dio, se evidente che lautore sta
trattando della salvezza th'" ejn Cristw/' Ihsou' (2Tm 2,10) e se esegeticamente accertato che i verbi composti (sunapeqavnomen, suzhvsomen,
sumbasileuvsomen) sono un riferimento implicito a lui, al cui destino gli
eletti sono stati associati per adesione di fede alla verit che annuncia il
vangelo98.
Pi difcile il senso di tale asserzione, che in ogni caso riguarda il
suo essere e non il suo agire. Con ci voglio dire che non possibile trasformare questa affermazione sulla sua fedelt nellessere in unasserzione
sulla permanenza della sua volont salvica, e trarre da questo la conclusione che, anche se noi abbandoneremo la fede, saremo salvati, perch lui
resta fedele.
Il testo non lo permette. Anzi lo smentisce in ci che precede, in cui ha
gi detto: Se rinnegheremo, anche quello rinnegher noi (eij ajrnhsovmeqa,
kajkei'no" ajrnhvsetai hJma'") (2Tm 2,12b). Per questo non accettabile
linterpretazione di L. Oberlinner, che scrive: Dem Versagen des Menschen
in seiner Glaubenstreue antwortet Gott bzw Christus nicht in derselben
Weise. Gott steht zu seiner Bundestreue auch dann, wenn der menschlische
Partner sich aus der Verpichtung lst 99.
In realt, altro il pensiero dellautore. La frase precedente attesta con
chiarezza che per chi lo rinnegher (e perseverer nel rinnegamento) non
ci sar speranza di salvezza. Sar da lui rinnegato! Tanto pi se abbandona
la fede, riutando la sua stessa religione.
Quindi laffermazione che egli resta fedele, perch non pu rinnegare
se stesso, non si pu interpretare come una possibilit di salvezza ancora
offerta alluomo che cessa di credere in lui, ma solo come unaffermazione
sulla perseveranza del Cristo nella sua volont di salvare, e nella sua opera
di salvatore, insita nel suo stesso essere100.

98. Lipotesi citata per debito esegetico da Oberlinner, Zweiter Timotheusbrief, 87, che cita

Merkel, Die Pastoralbriefe, 65, bench dal suo stesso commento cristologico a ci che precede, una tale ipotesi direttamente impossibile, anche se teologicamente non evitabile.
99. Zweiter Timotheusbrief, 87; con riferimento a M. Dibelius - H. Conzelmann, Die Pastoralbriefe (HNT 13), Tbingen 19553, 82 e Schierse, Die Pastoralbriefe, 115.
100. Cos si legge anche in Johnson, The Second Letter to Timothy, 177 e Mounce, Pastoral
Epistles, 518. Ma linsistenza di costui nel voler determinare che il Cristo resta pistov"
anche per colui che segue ajpistiva un non senso per la logica dellautore: se rinnega,
evidentemente, non salva, chi lo ha rinnegato e ha abbandonato la stessa religione per la
ajpistiva.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

263

Ci sufciente ed ha ragione chi vede in questa affermazione teologica dellautore unesortazione implicita, ma potente, a chi tentato di
abbandonare la fede nel vangelo a causa dellostilit di coloro che lo avversano. La fedelt di Cristo a se stesso, serve da modello afnch il credente
si comporti allo stesso modo.
Quindi, qui linnovazione nale del suo messaggio. La fedelt dellapostolo, che persevera sopportando tutto il male che soffre per il vangelo, fondata sullafdabilit di Ges Cristo, che permane fedele a se
stesso, e al suo compito di salvatore, afnch chi tentato di rinnegarlo
e di abbandonare la fede nella parola di Dio, possa perseverare vedendo
in lui un modello di fedelt da seguire. Egli ha tracciato un sentiero da
percorrere101.
Se si segue questa interpretazione, diventa chiaro che la parola data (pisto;"... lovgo"), enunciata in modo argomentativo in 2Tm 2,11b-13
indica le tre fasi fondamentali della vita degli eletti: la morte gi avvenuta
nel battesimo (sunapeqavnomen) come condizione per la testimonianza no
alla morte reale per il vangelo, per vivere con lui in futuro (suzhvsomen),
possibilit questa dipendente dalla sopportazione attuale della persecuzione
a causa della propria religione (eij uJpomevnomen). Se questa sopportazione
no alla ne, dar accesso al suo regno in futuro (sumbasileuvsomen).
E tuttavia, descritta anche la possibilit di rinnegare (eij ajrnhsovmeqa)
e di abbandonare la fede (eij ajpistou'men). Ma, in questo caso, non c
speranza di salvezza, perch anche lui ci rinnegher (kajkei'no" ajrnhvsetai
hJma'"), e rimarr fedele a se stesso, nonostante la nostra infedelt102.
2Tm 1,9-10: ci ha salvato, secondo la sua grazia per la manifestazione
di Cristo Ges
Levento dellelezione, o chiamata, a cui lautore allude in 2Tm 2,10 denendo i credenti eletti (tou;" ejklektouv") e affermando che per essi lapostolo dice di sopportare tutto afnch conseguano la salvezza in Cristo
Ges, rievocato in modo solenne, come opera di Dio stesso, gi com101. Questa la tesi fondamentale espressa da Roloff nella sua sintesi cristologica Der

Weg Jesu als Lebensform, 155-167, indicata nella vita dello stesso apostolo: Wer fr
das Evangelium eintritt, muss bereit sein, wie Paulus, Widerstand und Leiden zu ertragen
(Roloff, Pastoralbriefe, 61).
102. Altri testi, con idee simili, nella tradizione, sono indicati da Weiser, Der zweite Brief
an Timotheus, 153.154.155.

264

N. CASALINI

piuta, in 2Tm 1,9-10 che per molti esegeti deriva dalla tradizione, ma di
cui ancora discussa leffettiva origine: se dalla prassi sacramentale, o se
opera dello stesso autore che riassume la dottrina tradizionale con parole
proprie103.
Ecco il testo in una traduzione letterale, iniziando da 2Tm 1,8 che di
fatto indica lincipit del periodo a cui i due versi appartengono e concludendo con 2Tm 1,11 che di fatto la proposizione conclusiva dello stesso.
Dice: Non vergognarti, dunque, della testimonianza del Signore nostro, n
di me suo prigioniero. Ma soffri insieme il male per il vangelo, secondo
la potenza di Dio (kata; duvnamin qeou'), che ci ha salvato (tou' swvsanto"
hJma'") e ci ha chiamato (kai; kalevsanto") con una chiamata santa (klhvsei
aJgiva/ ), non secondo le opere nostre, ma secondo il proprio proposito e
grazia (kata; ijdivan... cavrin), che fu data a noi (th;n doqei'san hJmi'n) in
Cristo Ges prima dei tempi eterni (pro; crovnwn aijwnivwn), ma resa manifesta (fanerwqei'san de;), ora (nu'n) per mezzo dellapparizione del nostro
salvatore Ges Cristo, che ha annullato la morte (katarghvsanto" me;n to;n
qavnaton) e ha fatto risplendere vita e immortalit (fwtivsanto" de; zwh;n
kai; ajfqarsivan) per mezzo del vangelo (dia; tou' eujaggelivou), per cui io
sono stato costituito annunciatore e inviato e maestro.
Questo il testo mirabile e il suo tono solenne, tendente al sublime, ha
tratto in inganno pi di un autore, che ha supposto come Vorlage un testo
innico. Ci, a sua volta, ha abbagliato lo stesso editore delledizione critica
Nestle-Aland che di fatto lo ha disposto in forma stroca per suggerire al
lettore che la sua struttura originaria era poetica. Ecco la disposizione del
testo greco, secondo la congurazione innica indicata nelledizione suddetta:
tou' swvsanto" hJma'"
kai; kalevsanto" klhvsei aJgiva/,
ouj kata; ta; e[rga hJmw'n
ajlla; kata; ijdivan provqesin kai; cavrin,
th;n doqei'san hJmi'n ejn Cristw/' Ihsou'
pro; crovnwn aijwnivwn,
fanerwqei'san de; nu'n
dia; th'" ejpifaneiva" tou' swth'ro" hJmw'n Cristou' Ihsou',
katarghvsanto" me;n to;n qavnaton
103. Una sintesi della discussione in Weiser, Der zweite Brief an Timotheus, 102-103; e

Oberlinner, Zweiter Timotheusbrief, 37. Sulla pericope, G. Sthlin, Der Heilige Ruf: 2
Timotheus 1,6-10, TBei 3 (1977) 97-106.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

265

fwtivsanto" de; zwh;n kai; ajfqarsivan


dia; tou' eujaggelivou104.
evidente che non basta una simile disposizione tipograca per trasformare un normale periodo sintattico in strofa di un inno, perch i participi
indicati come supposti predicati innici, sono in realt semplici proposizioni relative dipendenti da preposizioni o locuzioni antecedenti.
In effetti, il tou' swvsanto" hJma'" e il kai; kalevsanto" klhvsei aJgiva/
sono dipendenti da kata; duvnamin qeou' e di questo costituiscono una qualica. I participi seguenti, non si riferiscono pi a lui, ma alla sua cavrin
(th;n doqei'san hJmi'n ejn Cristw/' Ihsou', fanerwqei'san de; nu'n) e a Cristo
Ges per la cui manifestazione stata manifestata. A lui si riferisce con i
participi seguenti dicendo che ha annientato la morte (katarghvsanto" me;n
to;n qavnaton) e ha fatto risplendere (fwtivsanto" de;) vita e immortalit
per mezzo del vangelo.
Quindi non possibile dire che il testo abbia Partizipialstil secondo
la supposta tradizione innica, perch i participi indicati dipendono solo
dalla logica discorsiva e, soprattutto, si riferiscono a soggetti diversi (qeou',
cavrin, Cristou' Ihsou'), secondo la mutazione dellargomento.
Di questi differenti soggetti indicano qualicazioni, in forma di eventi
da loro compiuti o che ad essi si riferiscono, e che di fatto equivalgono a
proposizioni relative, dipendenti dal verbo nito della proposizione principale, con cui inizia il periodo in 2Tm 1,8a: mh; ou\n ejpaiscunqh/'" ajlla;
sugkakopavqhson tw/' eujaggelivw/.
In realt, i primi due, riferiti a Dio, sono coordinati tra loro (tou'
swvsanto"... kai; kalevsanto"). Quelli riferiti alla grazia (cavrin), sono in
correlazione antitetica imperfetta (th;n doqei'san... pro; crovnwn aijwnivwn,
fanerwqei'san de; nu'n). Quelli qualicanti Cristo Ges (Cristou' Ihsou')
sono ugualmente in correlazione, ma in modo perfetto (katarghvsanto"
me;n... fwtivsanto" de;). Di conseguenza, non possibile trarre da questo
dato stilistico la conclusione impropria che lautore abbia usato un inno
104. Lipotesi che derivi da inno liturgico in Holtz, Die Pastoralbriefe, 157: Es beginnt

ein liturgisch formuliertes Bekenntniss zu Gott im orientalisch-israelitischen Hymnusstil


(vgl. etwa Ps. 136,4-25; 103,3ff.; 104,4f.), das mit partizipialen Genitivwendungen an qeou',
das letzte Wort des vorangehenden Verses, angeschlosse ist; seguito con convinzione da
Marshall, The Pastoral Epistles, 700-701, che lo riproduce in forma stroca, mettendo in
evidenza le espressioni parallele. Ma in forma pi moderata, anche in Oberlinner, Zweiter
Timotheusbrief, 37, che parla di uso di tradizioni o di eines gesprgten hymnischen Textes,
che espone il vangelo. Marcheselli-Casale, Le Lettere Pastorali, 657 parla di frammento
innico, di origine battesimale.

266

N. CASALINI

della tradizione liturgica antecedente, n affermare con sicurezza che ci


che egli propone sia materiale tratto dalla tradizione105.
Ma che dipenda effettivamente da tradizione, si pu desumere con certezza non dalla supposta forma poetica, ma dal contenuto, in cui alcune
formule o schemi di pensiero alludono con chiarezza a idee di testi gi
noti, riproposte con il lessico proprio dellautore, che quello tipico della
scuola delle Pastorali, a cui lui stesso appartiene.
Lidea della chiamata di Dio, alla salvezza da lui gi compiuta (kai;
kalevsanto" [i.e. hJma" klhvsei aJgiva/), secondo il suo proposito (kata;
ijdivan provqesin), e dalla tradizione paolina. Anzi la somiglianza lessicale
tale, che non sarebbe fuori luogo supporre una derivazione dallo stesso
Paolo, che in Rm 8,28 scrive: Sappiamo che per coloro che amano Dio,
tutto coopera al bene, per coloro che sono chiamati secondo il suo proposito (toi'" kata; provqesin klhtoi'" ou\sin); e in Rm 8,30 aggiunge:
Coloro che ha predeterminato (o predestinato), questi ha anche chiamato
(ou}" de; prowvrisen, touvtou" kai; ejkavlesen) e coloro che ha chiamato (ou}"
ejkavlesen), questi ha anche giusticato (touvtou" kai; ejdikaivwsen)106.
Poich alla formula avversativa ajlla; kata; ijdivan provqesin segue coordinata kai; cavrin, [secondo la sua] grazia, precedute luna e laltra dalla
formula ouj kata; ta; e[rga hJmw'n, non secondo le nostre opere, non si pu
escludere una eco di ci che si legge ugualmente in Paolo, Rm 9,11-12 a
proposito della nascita di Esa e Giacobbe da Rebecca e della decisione di
Dio di preferire il secondo al primo e in cui dice: non essendo essi ancora
nati n avendo fatto alcunch di bene o male, afnch restasse il proposito di
Dio secondo elezione (i{na hJ kat ejklogh;n provqesi" tou' qeou' mevnh/), non da
opere ma da colui che chiama (oujk ejx e[rgwn ajll ejk tou' kalou'nto")107.
fuori dubbio, quindi, che lautore riprenda formule espressive e idee
teologiche da Paolo, da cui potrebbe derivare anche lespressione klhvsei
aJgiva/, perch ancora lui che parla di hJ klh'si" tou' qeou' in Rm 11,29 riferito a Israele. Ma in 1Cor 1,26 dice ai credenti blevpete ga;r th;n klh'sin
105. Di Partizipialstilparla Weiser, Der zweite Brief an Timotheus, 102-103. Ma pruden-

te, perch esclude esplicitamente che derivi aus einer literarischen Quelle, senza negare
levidente derivazione dalla tradizione: Sie geben zwar deutlich einer Traditionsbezug zu
erkennen, erweisen sich aber nicht als Zitat aus einer Vorlage (p. 105).
106. Levidente somiglianza espressiva e teologica con Rm 8,28 segnalata da Holtz, Die
Pastoralbriefe, 158; Mounce, Pastoral Epistles, 483; Marshall, The Pastoral Epistles, 706
e Weiser, Der zweite Brief an Timotheus, 119.
107. Anche questa possibile allusione a Paolo gi registrata da Holtz, Die Pastoralbriefe,
158 e da Mounce, Pastoral Epistles, 481; Marshall, The Pastoral Epistles, 706 e Weiser,
Der zweite Brief an Timotheus, 119.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

267

uJmw'n; e in Fil 3,14 dice di s: Verso la mta corro per il premio, della
chiamata di Dio dallalto (th'" a[nw klhvsew" tou' qeou').
Ma la formula non ignorata dalla tradizione paolina raccolta in Ef 4,1
in cui dice: Esorto, dunque, voi a camminare (i.e. comportarvi) in modo
degno della chiamata con cui siete stati chiamati (ajxivw" peripath'sai th'"
klhvsew" h|" ejklhvqhte).
Da questa stessa lettera potrebbe derivare lantitesi tipicamente paolina
ouj kata; ta; e[rga hJmw'n ajlla; kata... cavrin che si legge con altra forma in
Ef 2,8a.9a: th/' ga;r cavritiv ejste sesw/smevnoi dia; pivstew"... oujk ejx e[rgwn,
per grazia siete stati salvati per fede non da opere, che riproporrebbe
come principio etico generale e in rapporto alla salvezza ci che Paolo diceva in Rm 3,28 sul rapporto tra fede e opere di legge per la giusticazione
della colpa: Riteniamo, infatti, che luomo giusticato per fede senza
opere di legge (dikaiou'sqai pivstei a[nqrwpon cwri;" e[rgwn novmou)108.
probabile, quindi, che il nostro autore dipenda da questa tradizione,
come attesta il fatto che le opere a cui si riferisce, non sono pi le e[rga
novmou, secondo la terminologia giudaica di Paolo, ma ta; e[rga hJmw'n, le
nostre opere, secondo la tradizione paolina, in cui evidentemente si riferiscono gi alla comune condotta umana109.
Quindi la vera novit teologica di questo autore non il riferimento di ta;
e[rga alle azioni della condotta umana in generale e non pi allosservanza
specica delle norme della legge giudaica, perch tale superamento era gi
avvenuto in Ef 2,8-9. Ma consiste nel fatto evidente che scomparso ogni
riferimento alla pivsti", che per Paolo era essenziale alla giusticazione
(Rm 3,25: dia; [th'"] pivstew"; Rm 3,28: pivstei), e per la tradizione paolina
al conseguimento della salvezza (Ef 2,8: dia; pivstew"). Ora questa appare
incondizionata, perch gi stata operata da Dio (tou' swvsanto" hJma'"),
secondo il suo progetto e grazia (kata; ijdivan provqesin kai; cavrin)110.
108. Il riferimento a Ef 2,9 rilevato da Holtz, Die Pastoralbriefe, 158, che in tou' swvsan-

to" hJma'"... kata;... cavrin, vede anche una ripresa di Ef 2,5: cavritiv ejste seswsmevnoi. Cf.
anche Trummer, Die Paulustradition der Pastoralbriefe, 181-185.
109. Cos, correttamente, Weiser, Der zweite Brief an Timotheus, 119 e Oberlinner, Zweiter
Timotheusbrief, 38, il quale rinvia a Ef 2,8-9 e, secondariamente a Rm 3,20.28 (Gal 2,16;
3,2.5.10), per notare il superamento di questo in quello. Ma cf. anche Marshall, The Pastoral Epistles, 705 che non lo ritiene una nuova concezione soteriologica. piuttosto una
generalizzaione (a widening) di ci che era implicito nella tradizione, tesi che aveva gi
proposto in I.H. Marshall, Salvation, Grace and Works in the Later Writings in the Pauline
Corpus, NTS 42 (1996) 339-358.
110. Questa la vera novit, negata da Marshall, The Pastoral Epistles, 39, ma percepita
da Oberlinner, Zweiter Timotheusbrief, 39, il quale nota con attenzione laltra, che era gi
nella tradizione.

268

N. CASALINI

Ma in questo modo, bisogna riconoscere che stata superata la stessa


dottrina della giusticazione, elaborata da Paolo per superare per mezzo
della fede le strettoie della teologia giudaica che subordinava la salvezza
al rispetto della legge. E il superamento consiste nel fatto che la salvezza,
operata da Dio per grazia, senza condizione ed offerta alluomo gratuitamente per una chiamata santa (kalevsanto" klhvsei aJgiva/), che Dio
stesso rivolge con lannuncio della salvezza111.
Conferma di questa novit la stessa dottrina della grazia, da cui dipende la salvezza, la cui assoluta gratuit dipende dalla sua concessione dalleternit, perch dice in 2Tm 1,9c: fu data a noi in Cristo Ges prima dei
tempi eterni (th;n doqei'san hJmi'n ejn Cristw/' Ihsou' pro; crovnwn aijwnivwn);
ma la cui manifestazione avvenuta nellapparizione dello stesso Cristo
Ges, come aggiunge in 2Tm 1,10 dicendo di lui: Ma fu manifestata ora
(fanerwqei'san de; nu'n), per mezzo della manifestazione del nostro salvatore Cristo Ges.
opinione comune che allantitesi th;n doqei'san hJmi'n pro; crovnwn
aijwnivwn e fanerwqei'san de; nu'n, soggiaccia uno schema di pensiero, di
tipo rivelativo, quale era gi noto in Paolo e nella tradizione paolina del
suo discorso.
Ci, probabilmente, non adeguato. In Rm 16,25.26 tratta del mistero
dellobbedienza alla fede dei popoli e lantitesi tra secondo la rivelazione del mistero taciuto per tempi eterni (kata; ajpokavluyin musthrivou
crovnoi" aijwnivoi" sesighmevnou) e manifestato (fanerwqevnto" de; nu'n)
per mezzo delle scritture profetiche.
In Col 1,26 riguarda il mistero del Cristo stesso, e lantitesi tra il
mistero nascosto da secoli (to; musthvrion to; ajpokekrummevnon ajpo; tw'n
aijwvnwn) e ma ora manifestato ai suoi santi (nu'n de; ejfanerwvqh toi'"
aJgivoi" aujtou')112. Ma in 2Tm 1,9-10 manca la parola essenziale dello
111. Oberlinner, Zweiter Timotheusbrief, 39 e Weiser, Der zweite Brief an Timotheus, 119.

Non avendo percepito le differenze, 2Tm 1,9-11 classicato nel repertorio dottrina della
giusticazione da U. Luz, Rechtfertigung bei den Pastoralbriefen, in J. Friedrich et al.
(ed.), Rechtfertigung. FS. E. Ksemann, Tbingen - Gttingen 1976, 365-383: 378-380.
Sulle supposte somiglianze e differenze da tale tesi della teologia di Paolo cf. G. Kretchmar,
Der paulinische Glaube in den Pastoralbriefen, in F. Hahn - H. Klein (ed.), Glaube im
Neuen Testament. Studien zu Ehren von Hermann Binder anllich seines 70. Geburtstages
(BThSt 7), Neukirchen - Vluyn 1982, 115-140: 124-133 e Trummer, Die Paulustradition
der Pastoralbriefe, 174-185.
112. Il riferimento a questo schema di pensiero supposto da Weiser, Der zweite Brief an
Timotheus, 105, che rinvia a N.A. Dahl, Formgeschichtliche Beobachtungen zur Christusverkndigung in der Gemeindepredigt, in W. Eltester (ed.), Neutestamentliche Studien, 3-9, che per primo cos lo ha denominato, distinguendo una forma fondamentale in

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

269

schema rivelativo (to; musthvrion) e resta solo il secondo elemento dello


schema rivelativo (fanerwqei'san de; nu'n), di cui si serve per proporre una
nuova dottrina della grazia (cavrin). Essa non pi il semplice atto del Dio
giudice, che giustica il peccatore graziando gratuitamente la sua colpa
per il riscatto operato dal Cristo (cf. Rm 3,24: dikaiouvmenoi dwrea;n th/'
aujtou' cavriti dia; th'" ajpolutrwvsew" th'" ejn Cristw/' Ihsou'). N la grazia, a cui accediamo per la giusticazione per fede, come in Rm 5,1.2 in cui
si legge: Giusticati dunque da fede anche laccesso abbiamo ottenuto
(per fede) a questa grazia in cui siamo (kai; th;n prosagwgh;n ejschvkamen
th/' pivstei eij" th;n cavrin tauvthn ejn h/| eJsthvkamen). Ma dono dato a
noi in Cristo prima del tempo e manifestata ora per la salvezza che Dio
stesso, per mezzo di Cristo Ges, ha operato. Quindi essa non dipende
dalla fede delluomo, ma solo dal progetto salvico di Dio in Cristo, che
dalleterno (pro; crovnwn aijwnivwn)113.
Quanto al modo in cui questa grazia eterna stata manifestata, egli afferma in 2Tm 1,10: per mezzo della manifestazione del nostro salvatore Cristo
Ges, che ha annientato la morte e fatto splendere vita e immortalit per mezzo
del vangelo. opinione comune che lespressione dia; th'" ejpifaneiva" tou'
swth'ro" hJmw'n Cristou' Ihsou', si riferisca allincarnazione. Per qualcuno,
indicherebbe la resurrezione e, in modo particolare, il suo apparire vivo e
risorto dopo la sua morte. Per altri, invece, una formula sintetica che indica
tutta la sua vicenda, dalla sua apparizione sulla terra, per incarnazione e morte,
alla sua resurrezione e apparizione gloriosa alla vita114.
1Cor 2,6-10; Col 1,26-27; Ef 3,4-7.8-11; Rm 16,25-26 e una derivata in 2Tm 1,9-11; Tt
1,2-3; 1Pt 1,18-21; 1Gv 1,1-3. Ma respinto da Oberlinner, Zweiter Timotheusbrief, 41, per
la diversit evidente. Cf. tuttavia E. Schlarb, Die gesunde Lehre. Hresie und Wahrheit im
Spiegel der Pastoralbriefe (Marburger theologische Studien 28), Marburg 1990, 153-160
e Y. Redali, Paul aprs Paul. Le temps, le salut, la morale selon les ptres Timothe
et Tite (Le Monde de la Bible 31), Genve 1994, 143-146 e Lger, Die Christologie der
Pastoralbriefe, 66-69.
113. Oberlinner, Zweiter Timotheusbrief, 40 e Weiser, Der Zweite Brief an Timotheus, 120.
114. Allincarnazione, la riferisce Holtz, Die Pastoralbriefe, 158-159 e Mounce, Pastoral
Epistles, 484 con riferimento a Tt 3,4-7 (ejpefavnh); e Spicq, Les ptres pastorales, 716;
alla sua resurrezione, o meglio alla sua apparizione dopo essere risorto, Windisch, Zur
Christologie der Pastoralbriefe, 225, convinto dal fatto che egli denito come colui che
ha annientato la morte e fatto splendere vita e immortalit per mezzo dellannuncio. A tutta
la sua vicenda (incarnazione, morte e resurrezione) la riferiscono Marcheselli-Casale, Le
Lettere Pastorali, 661-662; Johnson, The Second Letter to Timothy, 349; Oberlinner, Zweiter
Timotheusbrief, 42 e Idem, Die Epiphaneia des Heilswillens Gottes in Christus Jesus,
202-203, che estende il suo signicato no alla sua manifestazione attuale per mezzo dellannuncio del vangelo, seguito da Weiser, Der zweite Brief an Timotheus, 120 e Marshall,
The Pastoral Epistles, 707.

270

N. CASALINI

probabile che costoro abbiano ragione, perch la parola ejpifavneia


indicava sia nella religione greca che in quella giudaica ellenistica, lapparizione effettiva del Dio per la salvezza di coloro che lo avevano invocato.
Nel caso specico, detto di Ge Cristo, a cui si riferisce lespressione dia;
th'" ejpifaneiva" tou' swth'ro" hJmw'n Cristou' Ihsou', per mezzo del quale
Dio ci ha salvato (tou' swvsanto" hJma'"), come ha detto in 2Tm 1,9a115.
Poich secondo la tradizione della fede, da cui lautore dipende, ci
accaduto per mezzo della sua morte per i nostri peccati e la sua resurrezione dai morti secondo il vangelo per due volte ricordato (2Tm 1,8: tw/'
eujaggelivw/ e 2Tm 1,10: dia; tou' eujaggelivou; cf. to; eujaggevlion in 1Cor
15,1-5a), ragionevole supporre che egli si riferisca con una sola espressione (dia; th'" ejpifaneiva") a tutta la sua vicenda, salvica per noi per la
grazia di Dio in essa manifestata.
Ed questa la novit teologica pi grande del testo. Usando la parola
ejpifavneia, derivata dalla teologia della religione greca, egli riuscito ad
indicare in una sintesi prodigiosa lapparizione salvica di Cristo Ges
sulla terra, quale quella di un Dio salvatore, apportatore di salvezza.
In questo caso, la novit non nella teologia, ma nelluso della nuova
categoria teologica dellejpifavneia, che gli ha permesso di indicare in sintesi tutta lopera salvica del Cristo come opera del Dio salvatore, apparso
sulla terra, perch questa credenza era implicita nelluso di tale parola,
compresa lidea della sua preesistenza divina, che non mai nominata, perch gi indicata da tale categoria, per lunga tradizione teologica116. Quindi
laffermazione di L. Oberlinner: Die Aussage der Prexistenz ist an dieser
Stelle theologisch ausgerichtet und gibt auf die Frage nach der Prexistenz
Christi keine Antwort (Zweiter Timotheusbrief, 40), insostenibile perch
il signicato e luso della parola ejpifavneia, per se stessa, implicava ci
che lui problematicamente nega.
Stabilito questo, pi semplice risolvere il problema se 2Tm 1,9-10
sia una somma del kerygma apostolico, o solo una ripresentazione dello
115. Cf. ThWNT IX, 8-11 (R. Bultmann - D. Lhrmann), s.v. faiv n w; P.-G. Mller,

ejpifavneia, EWNT II, 110-112.


116. Su ejpifavneia cf. E. Pax, EPIFANEIA. Einer religionsgeschichtlicher Beitrag zur
Biblischen Theologie, Mnchen 1955 e Idem, Epiphanie, RAC V, 832-909; e la rettica
di D. Lhrmann, Epiphania. Zur Bedeutungsgeschichte eines griechischen Wortes, in G.
Jeremias (ed.), Tradition und Glaube. Das frhe Christentum in seiner Umwelt. FS K.G.
Kuhn, Gttingen 1971, 185-199; e il tentativo di sintesi proposto da A.Y. Lau, Manifest
in Flesh (WUNT II.86), Tbingen 1996, 182-188.223 (lesame dei testi giudaici, in part.
2Macc alle pp. 179-225). Ma per unesposizione tecnica, pi oggettiva e meno oberata da
ipotesi teologiche, cf. Der Neue Pauly 3 (1997) 1150-1152.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

271

stesso con altre categorie, tipiche del mondo religioso greco. Credo, dopo
ci che ho detto analizzando, che la seconda sia ipotesi pi valida per interpretare il testo. Lautore, infatti, non ignora la tradizione del vangelo e
la ripropone, in parte, quasi alla lettera, in 2Tm 2,8a in cui scrive: Ricorda
Ges Cristo risorto dai morti (mnhmovneue Ihsou'n Cristo;n ejghgermevnon
ejk nekrw'n), dalla stirpe di Davide, che ripete unicando 1Cor 15,4(.20)
con Rm 1,3. Ma in 2Tm 1,9-10 non questo che egli sintetizza. Descrive
solo leffetto salvico e liberante in chi accoglie tale parola sulla manifestazione di Cristo Ges, che ha annientato la morte e fatto risplendere vita
e immortalit per mezzo dellannuncio117.
Tt 2,11-14: educati dalla grazia salvica di Dio
Ununit dipendente da tradizione stata supposta anche per Tt 2,11-14
che potrebbe essere la ripresa di un inno, o di qualche cosa di analogo
a catechesi e kerygma118. Ma lipotesi non evidente in se stessa, perch
stato gi mostrato che la pericope logicamente inserita nel contesto,
per mezzo del suo inizio (ejpefavnh ga;r), con cui chi scrive ricorda la
fede comune per giusticare le norme etiche date in ci che precede in Tt
2,1-10119. Quindi veramente difcile indicare nel testo la sua derivazione
da Vorlage precedente, soprattutto se evidente che il suo procedimento
argomentativo e, in parte, anche il lessico, lo stesso che lautore usa in
Tt 3,4-7: in particolare, luso della formula o{te de;... ejpefavnh, che sembra
collegarsi deliberatamente a ejpefavnh ga;r di Tt 2,11a120.
117. La prima ipotesi era gi in Spicq, Les ptres pastorales, 713, che deniva 2Tm 1,9-

11 un rsum de la foi chrtienne lEvangile de puissance, de salut, de la grace, de la


manifestation du Sauveur; ripreso da Towner, The Goal of Our Instruction, 94, con la
formula a capsule summary of the gospel of salvation, tradotta da Oberlinner, Zweiter
Timotheusbrief, 37, con summarium des apostolischen Kerygmas, con riferimento a Y.
Redali, Paul aprs Paul, 115. Tuttavia, lui preferisce parlare di Bekenntnis, soprattutto
in riferimento a 2Tm 1,9.
118. Marcheselli-Casale, Le Lettere Pastorali, 546, parla di unit innologica, retticando
R. Fabris, Le Lettere di Paolo, 3 voll., Roma 1980, III, 446, che deniva tali righe di sapore
cherigmatico e catechetico. Ma lespressione cet hymne la grace de Dieu di Spicq,
Les ptres pastorales, 634.
119. Mounce, Pastoral Epistles, 420-421 e Marshall, The Pastoral Epistles, 262.
120. Il parallelismo argomentativo tra Tt 2,1-10 con Tt 3,1-3 in cui unesortazione etica
seguita da giusticazione teologica, cosa riconosciuta da tutti i commentatori: cf. Marshall,
The Pastoral Epistles, 263. Cf. tuttavia Ellis, Traditions in the Pastoral Epistles, 237-253,
per il quale tutto il complesso Tt 2,11-14 sarebbe da tradizione; e A.T. Hanson, Studies in

272

N. CASALINI

Ma fuori dubbio che Tt 2,11-14 riprenda alcune tradizioni della fede,


che sono gi state individuate. Ecco una traduzione: apparsa, infatti, la
grazia di Dio, salvica per tutti gli uomini, che ci educa, afnch rinnegando lempiet e i desideri mondani, viviamo saggiamente, giustamente
e religiosamente (o piamente) in questo mondo, aspettando la speranza
beata e la manifestazione della gloria del grande Dio e salvatore nostro
Ges Cristo, che diede se stesso per noi, per riscattare noi da ogni iniquit
e puricare per s un popolo proprio, zelante di opere buone121.
Il riferimento pi evidente alla tradizione in ci che dice di Ges Cristo in Tt 2,14 in cui la frase o}" e[dwken eJauto;n uJpe;r hJmw'n, una ripresa
da Paolo, Gal 1,4: tou' dovnto" eJauto;n uJpe;r tw'n aJmartiw'n hJmw'n, dove la
sostituzione di uJpe;r tw'n aJmartiw'n hJmw'n con il semplice uJpe;r hJmw'n, potrebbe essere stata suggerita dallo stesso in Gal 2,20 dove si legge di Cristo:
kai; paradovnto" eJauto;n uJpe;r ejmou', e ha dato se stesso per me122. Ma
non si potrebbe escludere che la stessa frase sia stata ispirata da 1Tm 2,6
che il testo parallelo pi vicino e dove sta scritto: Egli diede se stesso in
riscatto per tutti (oJ dou;" eJauto;n ajntivlutron uJpe;r pavntwn). Ci giusticherebbe la continuazione in Tt 2,14 in cui afferma afnch riscattasse noi
da ogni iniquit (i{na lutrwvshtai hJma'" ajpo; pavsh" ajnomiva"), che tuttavia
deriva letteralmente da LXX Sal 129,8 dove detto del Signore: kai; aujto;"
lutrwvsetai to;n Israhl ejk pasw'n tw'n ajnomiw'n aujtou'123'. Con ci lautore
sembra evitare con cura il linguaggio specico della stessa tradizione, preservando di essa solo ci che poteva essere genericamente comprensibile.
E tuttavia, secondo la stessa tradizione, fuori dubbio che la formula i{na
the Pastoral Epistles, London 1968, 78-96, per il quale derivano (insieme a Tt 3,4-7) da una
tradizione liturgica battesimale, cosa che aveva gi suggerito M.-E. Boismard, Une liturgie baptismale dans la Prima Petri, RB 63 (1956) 182-208; 64 (1957) 161-183, ripresi in
Quatre hymnes baptismales dans la premire ptre de Pierre, Paris 1961. Sulla questione,
vedi la sintesi in Marshall, The Pastoral Epistles, 261-266.
121. Unanalisi esegetica e culturale recente in A.J. Malherbe, Christ Jesus came into
the World to save sinners Soteriology in the Pastoral Epistles, in J.G. Van der Watt (ed.),
Salvation in the New Testament. Perspectives on Soteriology (NTSupp 121), Leiden - Boston 2005, 331-358: 334-348 (Tt 2,11-14). Il testo esaminato anche in Lger, Christologie
der Pastoralbriefe, 92-98; in Lau, Manifest in Flesh, 150-160.243-257; e in Schlarb, Die
gesunde Lehre, 164-172.
122. Il riferimento a Gal 1,4 con Gal 2,20 in Tt 2,14a dato da Spicq, Les ptres pastorales, 641; Marcheselli-Casale, Le Lettere Pastorali, 552, indica solo Gal 1,4 ma aggiunge Ef
5,2.25 dove si trova la medesima idea espressa con altra formula: parevdwken eJauto;n uJpe;r
hJmw'n nel primo e eJauto;n parevdwken uJpe;r aujth'" nel secondo.
123. A 1Tm 2,6 rimandano Spicq, Les ptres pastorales, 552, e Marshall, The Pastoral
Epistles, 283. Ma a LXX Sal 129,8 rinvia Holtz, Die Pastoralbriefe, 228, con Marshall,
The Pastoral Epistles, 284.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

273

lutrwvshtai hJma'" era un riferimento alla sua morte espiatoria, come attesta
1Pt 1,18 dove si legge: sapendo che siete stati riscattati (ejlutrwvqhte)
con il sangue prezioso di Cristo, come agnello senza macchia e difetto
(timivw/ ai{mati wJ" ajmnou' ajmwvmou kai; ajspivlou Cristou')124.
Rigorosamente tradizionale anche la frase seguente, in Tt 2,14c in cui
dice: e puricare a se stesso un popolo proprio, zelante di opere buone,
in cui la formula kaqarivsh/ eJautw/' lao;n periouvsion, unita alla precedente
(i{na lutrwvshtai hJma'" ajpo; pavsh" ajnomiva"), troverebbe un testo parallello in LXX Ez 37,23 in cui Dio dice: Afnch (i{na) non si contaminino
pi con i loro idoli. E li salver da tutte le loro iniquit (rJuvsomai aujtou;"
ajpo; pasw'n tw'n ajnomiw'n aujtw'n), di cui hanno peccato in esse e li puricher (kai; kaqariw' aujtouv") e saranno per me popolo (kai; e[sontaiv moi
eij" laovn)125.
Da LXX Es 19,5: e[sesqev moi lao;" periouvsio" deriva la formula eJautw'/
lao;n periouvsion, la stessa che ricorre in LXX Dt 4,20 ma con forma diversa, perch dice che Dio li ha tratti fuori dallEgitto ei\nai aujtw'/ lao;n
e[gklhron, che in LXX Dt 7,6 diventa ei\naiv se aujtw'/ lao;n periouvsion,
come in LXX Dt 14,2 dove si legge: Il Signore, tuo Dio, ha scelto te per
essere per lui un popolo proprio (genevsqai se aujtw'/ lao;n periouvsion), da
tutti i popoli che sono sulla faccia della terra, due forme pi vicine a Tt
2,14c in esame126.
Questa molteplicit di echi letterari e letterali, con deliberate relazioni
intertestuali, attesta con evidenza inequivoca la novit della sua procedura
teologica. Lautore riprende formule della tradizione della fede e le unisce
con le antiche parole profetiche per mostrare in essa leffettivo compimento delle scritture. Ci che fu detto al popolo e annunciato a Israele, ora
attuato per noi, riscattati da lui.
Ma lo scopo di questo riscatto, indicato con la qualica zhlwth;n kalw'n
e[rgwn non trova alcun riferimento presso i testi del popolo antico e lunico
indicato per idea simile Ef 2,10 dove dice: Di lui, infatti, siamo opera, creati
in Cristo Ges per opere buone (ktisqevnte" ejn Cristw/' Ihsou' ejpi; e[rgoi"
ajgaqoi'"), che Dio ha predisposto, afnch noi camminassimo in esse127.
Ci troppo diverso, anche nel lessico, per supporre che possa essere stato ri124. A 1Pt 3,18 rimanda Spicq, Les ptres pastorales, 642.
125. LXX Ez 37,23 indicato da Holtz, Die Pastoralbriefe, 228, Mounce, Pastoral Epistles,

431, e Marshall, The Pastoral Epistles, 285.


126. Il riferimento di lao;" periouvsio" a LXX Es 15; Dt 7,6; 14,2 comune. Cf. Mounce,
Pastoral Epistles, 431-432.
127. A Ef 2,10 rinvia Spicq, Les ptres pastorales, 463.

274

N. CASALINI

preso dal nostro. Pi vicino, per idea e per forma, potrebbe essere la domanda
che si legge in 1Pt 3,13: E chi fa del male, se siete stati zelanti di bene (eja;n
tou' ajgaqou' zhlwtai; gevnhsqe)?. La differenza, tuttavia, sconsiglia. Anche
se non si pu escludere una ripresa della formula tou' ajgaqou' zhlwtaiv, la
diversit non pu essere ignorata, perch questa costituisce la novit etica di
questa lettera. Lautore non parla mai di bene in generale (to;n ajgaqovn), ma
di opere buone, in particolare, perch sono utili agli uomini128.
In Tt 3,1 lo invita a ricordare loro di essere pronti per ogni opera buona (pro;" pa'n e[rgon ajgaqo;n eJtoivmou"), per obbedire alle leggi
(peiqarcei'n) ordinate dallautorit competente. Ma in Tt 3,8 afferma: Fidata [] la parola e su questo voglio che tu insista, afnch i credenti in
Dio si esercitino nelleccellere in buone opere (i{na frontivzwsin kalw'n
e[rgwn proi?stasqai oiJ pepisteukovte" qew/'). Queste sono buone e utili
agli uomini (kai; wjfevlima toi'" ajnqrwvpoi"). In questo modo il bene e
lopera sociale diventa il segno distintivo dei credenti in Dio e la religione
che lo venera si presenta non pi come una setta salvica privata, ma come
religione civile, pubblica e universale. E questa laltra novit di questo
breve testo della rivelazione, che rappresenta unautentica rivoluzione129.
Per questo, nella conclusione, ripete in Tt 3,14: Imparino anche
i nostri ad eccellere nelle opere buone (manqanevtwsan... kalw'n e[rgwn
proi?stasqai), per le necessit del bisogno, afnch non siano senza frutto
(i{na mh; w\sin a[karpoi).
Senza parallelo, e come novit assoluta si presenta la dottrina della
grazia in Tt 2,11-12 che certamente dipende dallopera di Ges Cristo,
descritta in Tt 2,14. Ma lautore la presenta in se stessa, quasi come manifestazione personale di Dio, o della sua essenza, e alla quale attribuisce in
modo teologicamente rivoluzionario la stessa opera salvica, che essa opera educando noi a vivere in modo moderato, giusto e pio in questo mondo130. Dice: apparsa, infatti, la grazia di Dio salvica per ogni uomo,
128. 1Pt 3,13 indicato da Mounce, Pastoral Epistles, 432, e Marshall, The Pastoral Epi-

stles, 286.
129. Sulla dimensione sociale dellistruzione etica di Tt 2,14; 3,1.8 cf. Malherbe, Soteriology in the Pastoral Epistles, 339-340.
130. A questa opera salvica per educazione della grazia dedica attenzione anche Malherbe,
Soteriology in the Pastoral Epistles, 340-348, che la pone in parallelo a ci che la losoa
greca credeva della paideiva. Tuttavia egli puntualizza con chiarezza la differenza: qui la
stessa paideiva da Dio, che opera in ogni uomo con la sua cavri" swth'rio" per mezzo
di Ges Cristo (pp. 347-348). Sul concetto cf. G. Giese, CARIS PAIDEUOUSA. Zur
biblischen Begrndung des evangelischen Erziehungsgedankens, Theologia Viatorum 5
(1953-54) 154-173.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

275

che educa noi, afnch rinnegati empiet e desideri mondani, viviamo con
moderazione, giustizia e piet in questo mondo.
La ripresa di cavri" tou' qeou' dalla tradizione paolina cosa non dubbia
e deriva dalla dottrina della giusticazione di Paolo, in Rm 3,24 dove dice:
dikaiouvmenoi dwrea;n th/' aujtou' cavriti dia; th'" ajpolutrwvsew" th'" ejn
Cristw/' Ihsou'; e da Rm 5,15 dove oppone alla caduta, to; paravptwma, di
un solo uomo per cui tutti sono morti, la cavri" tou' qeou' che ha sovrabbondato per tutti. Ma questa grazia che giustica dal peccato con un atto
gratuito di condono. Quindi grazia giudiziaria giusticante. L, in Tt
2,11a grazia di Dio salvica per ogni uomo, hJ cavri" tou' qeou' swthvrio"
pa'sin ajnqrwvpoi", che salva non con un atto gratuito che condona la colpa, ma con unazione pedagogica che educa a rinnegarla e ad evitarla per
tutta la vita. Per questo dice: che educa noi (paideuvousa hJma'"), afnch
rinnegati iniquit e piaceri mondani, viviamo con moderazione, giustizia e
piet (religiosa) in questo mondo.
Ci basta per comprendere la grande novit che questo teologo introduce nella tradizione paolina: alla giusticazione che condona la colpa
con un atto di grazia, subentra leducazione diretta e intima della stessa
grazia divina, che distoglie, educando, dai desideri mondani che generano
il peccato (e liniquit) e insegna a vivere in modo conforme a Dio: con
misura, giustizia e piet in questo mondo (i{na... swfrovnw" kai; dikaivw"
kai; eujsebw'" zhvswmen ejn tw/' nu'n aijw'ni).
Che lideale perseguito dalla pedagogia della grazia sia conforme a
quello umano perseguito dalla losoa (morale) e dalla paideiva greca,
fuori dubbio. Lo indicano i tre avverbi swfrovnw", dikaivw", eujsebw'" che
sembrano corrispondere in qualche modo a una triade compresa nella lista
delle virt cardinali, che in Dione Crisostomo, Or. 13,32 sono indicate
come swfrosuvnh, ajndreiva, dikaiosuvnh131. Ma in Diogene Laerzio 3,80
sono enumerate in forma scolastica come hJ dikaiosuvnh kai; hJ frovnhsi" kai;
hJ ajndreiva kai; hJ swfrosuvnh. In Filone, eujsevbeia prende il primo posto e
ajndreiva recede e viene meno132. Ci era gi in Platone, in cui sostituito da
oJsiovth" (cf. Meno 78d: dikaiosuvnhn, h] swfrosuvnhn h] oJsiovthta h] a]llo
ti movrion ajreth'"). Ma evidente che il nostro autore d la precedenza
alla pi eccellente delle virt della tradizione losoca greca, swfrosuvnh,
131. Cf. Malherbe, Soteriology in the Pastoral Epistles, 341-342, e soprattutto S.C. Mott,

Greek Ethics and Christian Conversion: The Philonic Background of Titus II 10-14 and
III 3-7, NT 20 (1978) 22-48: 23.
132. Mott, Greek Ethics, 25-26 (cf. Philo, Op. 154; Abr. 60; Sob. 40; Det. 73, 143; Cher.
96).

276

N. CASALINI

che era considerata in se stessa come la stessa virt (ajrhthv), perch da


lei dipendeva la misura, o la moderazione dei desideri irrazionali, da cui
nascono le passioni. Ci attestato dallo stesso Platone, in cui le altre virt
non sono senza swfrosuvnh (Gorgia 507a-c)133.
Degno di rilievo, infatti, la coincidenza di ci che dice Tt 2,12b
sulleffetto pedagogico della grazia con una frase di Dione Crisostomo
23,7. Descrivendo luomo che ha avuto in sorte un carattere buono, dice
che ci ha come scopo dikaivw" zh'n kai; fronivmw" kai; swfrovnw" e in
Or. 23,8 descrive costui come uomo frovnimon kai; divkaion kai; o{sion kai;
ajndrei'on134. Per noi, ci sufciente per trarre una sola conclusione, che
indica la novit etica proposta da questa lettera. Essa mostra con evidenza che lazione pedagogica della grazia salvica tende a guidare luomo
verso lo stesso ne morale a cui aspira per natura, perfezionando questa
stessa con la moderazione (swfrosuvnh), ispirata dalla grazia, con cui pu
rinnegare empiet e passioni mondane, che la portano alla rovina, quale
descritta in Tt 3,3135.
Tt 3,3-7: ci ha salvato per una bagno di rigenerazione e rinnovamento di
Spirito Santo
La novit dottrinale sulla grazia che si mostra salvica educando gli uomini
a rinnegare empiet e a vivere in modo saggio, giusto e pio in questo mondo, potrebbe indurre a pensare che lautore si sia denitivamente allontanato dalla dottrina paolina della grazia per la giusticazione. In realt, ci non
sarebbe conforme al suo pensiero teologico che, con la nuova formulazione
della dottrina sulla grazia, ha voluto sviluppare integrando le premesse che
laltra gi conteneva. E ci in modo deliberato e non casuale, come lo prova
in modo indubbio ci che scrive in Tt 3,3-7. In questo testo, infatti, usando uno schema espositivo e un lessico simile a quello usato in Tt 2,11-14
egli espone una dottrina tradizionale, di tipo paolino, della salvezza come
atto di giusticazione per grazia, per mostrare che lefcacia dellazione
pedagogica attuale della grazia salvica, che perdura tutta la vita, dipende
dallintervento salvico di Dio che ci ha salvato giusticandoci per sua
grazia da Spirito Santo, a noi dato per Ges Cristo nel battesimo.
133. Mott, Greek Ethics, 26-28.
134. Per queste referenze, vedi Mott, Greek Ethics, 26-28.
135. Ci non stato capito da Mott, Greek Ethics, 30-35, che attribuisce laggettivo

swth'rio" alla stessa paideiva e non alla cavri" tou' qeou', come in Tt 2,12 (cit. p. 35).

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

277

Ecco il testo di una traduzione letterale: Eravamo, infatti, allora (pote),


anche noi insensati, disobbedienti, erranti, assoggettati da schiavi a desideri
e piaceri di ogni tipo, in cattiveria e invidia vivendo, odiosi e odiandoci a
vicenda. Ma quando (o{te de) apparve la benevolenza e la lantropia di Dio
nostro salvatore, non da opere in giustizia che facemmo noi, ma secondo
la sua misericordia ci salv (e[swsen hJma'") per mezzo di un bagno di
rigenerazione e rinnovamento di Spirito Santo, da cui rivers su di noi in
abbondanza per mezzo di Ges Cristo nostro salvatore, afnch giusticati
per sua grazia diventassimo eredi della vita eterna secondo speranza.
Secondo lopinione comune, questa pericope, in tutto o in parte, sarebbe composta da citazioni di tradizione, a cui lo stesso autore alluderebbe
con la formula tecnica pisto;" oJ lovgo" in Tt 3,8a che assolve la funzione
di indicatore, la stessa che avrebbe in 1Tm 1,15 (cf. 1Tm 3,1a e 4,9) e
2Tm 2,11a136. Ma dibattuto ancora il problema della sua estensione e
della forma originaria del testo da cui deriverebbe137. Per Dibelius - Conzelmann la Vorlage comprendeva Tt 3,3-7 e sarebbe stata riprodotta con
lintegrazione di qualche glossa interpretativa (per es. Tt 3,5a). Prova della
sua unit letteraria sarebbe luso costante del noi (Tt 3,3: hJmei'"; v. 4:
hJmw'n; v. 5a: hJmei'"; v. 5b: hJmav"; v. 6a: ejfhJmav") corrispondente a queste
affermazioni: Tt 3,3: h\men... kai; hJmei'"; Tt 3,4: tou' swth'ro" hJmw'n qeou';
Tt 3,5a: a} ejpoihvsamen hJmei'"; Tt 3,5b: e[swsen hJma'"; Tt 3,6a: ou| ejxevceen
ejf hJma'"... dia; Ihsou' Cristou' tou' swth'ro" hJmw'n138.
In realt, ci attesta solo che la pericope stata concepita in modo
rigorosamente unitario, ma non sarebbe sufciente per stabilire la sua derivazione da tradizione citata nel testo. Potrebbe essere solo un mezzo stilistico, di cui si serve chi scrive per ricordare (cf. Tt 3,1a: uJpomivmnh/ske) la
fede comune, professata insieme (cf. kata; koinh;n pivstin in Tt 1,4a)139.
Per la maggioranza dei commentatori, la tradizione citata in Tt 3,47. Ma ugualmente opinione comune che non sia possibile distinguere
la Vorlage originaria, che sarebbe stata totalmente rielaborata dallautore,
come confermano espressioni tipiche del suo stile: Tt 3,3: douleuvonte"
136. Cf. Knight, The Faithful Sayings, 4-22 e 81-86. Per le tradizioni di riferimento Lohnk,

Die Vermittlung, 174-177; Lger, Die Christologie der Pastoralbriefe, 98-102, e la sintesi
in Oberlinner, Die Pastoralbriefe. Dritte Folge. Kommentar zum Titusbrief (HThK XI/2),
Freiburg etc. 1996, 161.
137. Sul problema, Knight, The Pastoral Epistles, 347-350; Mounce, Pastoral Epistles,
440-441.
138. Dibelius - Conzelmann, Die Pastoralbriefe, 110-111.
139. J.D. Quinn, The Letter to Titus (AB 35), New York 1990, 200-201.

278

N. CASALINI

ejpiqumivai" e Tt 2,12: ajrnhsavmenoi... ta;" kosmika;" ejpiqumiva"; Tt 3,4a:


hJ crhstovth" kai; hJ filanqrwpiva ejpefavnh che riprende Tt 2,11a: ejpefavnh
ga;r hJ cavri" tou' qeou'; la formula tou' swth'ro" hJmw'n di Tt 3,4 e dia; Ihsou'
Cristou' tou' swth'ro", con Tt 1,3.4 dove ricorrono allo stesso modo; kat
ejlpivda zwh'" aijwnivou di Tt 3,7b che riprende ejp ejlpivdi zwh'" di Tt 1,2a140.
Ma fuori dubbio che lacune formule derivino dalla tradizione paolina sulla dottrina della giusticazione: oujk ejx e[rgwn... dikaiwqevnte" / th/' ejkeivnou
cavriti (Tt 3,5a.7a).
Tenendo conto di queste effettive differenze lessicali, quelle proprie
dellautore e quelle tipicamente paoline, J.N.D. Kelly ha voluto delimitare
tale Vorlage a Tt 3,5b-6 escludendo Tt 3,3-4 e Tt 3,5a.7 supponendo per
essa unorigine battesimale per laffermazione centrale che alluderebbe a
tale rito di iniziazione: e[swsen hJma'" dia; loutrou' paliggenesiva" kai;
ajnakainwvsew" pneuvmato" aJgivou, ou| ejxevceen ejf hJma'" plousivw" dia;
Ihsou' Cristou' tou' swth'ro" hJmw'n141. Lipotesi merita attenzione, perch
la formula dia; loutrou' paliggenesiva", potrebbe alludere effettivamente
al battesimo, a cui facevano riferimento anche le ricerche di M.-E. Boismard che ritenevano Tt 3,4-7 rilettura di un antico inno battesimale, lo
stesso che sarebbe citato in 1Pt 1,3-5142. Ma una simile proposta letteraria
tenacemente contestata tra gli studiosi per motivi formali. Mancano totalmente elementi poetici distintivi per classicare il testo come inno143. E,
soprattutto, per il fatto che la stessa formula dia; loutrou' paliggenesiva"
potrebbe essere solo una metafora della puricazione interiore operata dalla
conversione, senza diretta allusione al battesimo e indipendente da ogni
atto cultuale.
W.D. Mounce, che difende con accanimento questa interpretazione metaforica e spirituale, cita a conferma Ef 5,25a-27 dove si parla del Cristo
che ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per santicarla puricandola con un bagno di acqua con la parola (kaqarivsa" tw/' loutrw/' tou'
u{dato" ejn rJhvmati) (Ef 5,26). evidente che, in questo caso, loutrovn non
140. Per questa tendenza esegetica comune cf. per es. Marshall, The Pastoral Epistles, 305-

308, e Knight, The Faithful Sayings, 108.


141. J.N.D. Kelly, A Commentary on the Pastoral Epistles (Blacks New Testament Commentaries), London 1963, 254.
142. Quatres hymnes baptismales, 15-23; DBS VII, 1422-1423; seguito, ma non senza perplessit, da Hanson, Studies in the Pastoral Epistles, 78-96, e The Pastoral Epistles (New
Century Bible Commentary), London 1982, 44: a liturgical fragment; ma anche da von
Lips, Glaube-Gemeinde-Amt, 260.
143. G.D. Fee, 1 and 2 Timothy. Titus (New International Biblical Commentary), Peabody
MA 1988, 203.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

279

potrebbe riferirsi al battesimo individuale e quindi, per coerenza logica, sarebbe da ritenere unimmagine della puricazione collettiva, operata dalla
parola (ejn rJhvmati)144. Quindi il problema ancora irrisolto, e unipotesi
alternativa a questa proposta da coloro che ritengono Tt 3,4-7 derivato
da una professione di fede. Lo stesso W.D. Mounce, che il pi convinto
assertore di questipotesi, parla di credal nature of Titus 3,4-7 e spiega,
contestando la precedente: Most call it a hymn because of its structure, but
its highly condensed theological content reads more like a creed145.
Ma ci, per noi, non conforme alla natura narrativa del testo, in cui
lautore riporta certamente la fede comune, ma non nella forma di un credo, bens in quella di una rievocazione storica, a conferma dellistruzione
impartita in Tt 3,1-2. Dice in questi versi: Ricorda loro (uJpomivmnh/ske
aujtouv") di sottostare ai governanti, a poteri, di obbedire alle leggi, pronti
per ogni opera buona; di non oltraggiare nessuno, di essere non battaglieri,
ragionevoli, mostrando mitezza verso tutti gli uomini. E aggiunge in Tt
3,3 per giusticare questo consiglio rievocando ci che essi stessi furono
in passato, ma includendo se stesso nel gruppo per rendere pi effettivo il
monito: Eravamo, infatti, allora anche noi irragionevoli (h\men gavr pote
kai; hJmei'" ajnovhtoi), disobbedienti, errabondi.
Ma poi prosegue in Tt 3,4 affermando come continuazione della stessa
narrazione: Quando per si manifest la benevolenza e la lantropia di
Dio nostro salvatore ci salv con un bagno di rigenerazione e rinnovamento di Spirito Santo, da cui rivers su di noi in abbondanza per mezzo
di Ges Cristo, nostro salvatore. Data la rigorosa logica argomentativa
che unisce Tt 3,1-2 con Tt 3,3 e questo con Tt 3,4-7 (pote o{te dev) e
poi con Tt 3,8 che ad esso si richiama con un peri; touvtwn, ritengo che
sia pi ragionevole ritenere tutto il testo una composizione dellautore, che
ha sintetizzato con proprie parole lesperienza comune della fede, usando
formule e schemi espositivi gi diffusi nella tradizione, ma innovando la
stessa dottrina con la sua riproposizione146.

144. Pastoral Epistles, 438-440; il quale, tuttavia, non ignora che la stessa pericope Ef 5,25-

27 potrebbe essere interpretata con riferimento al battesimo, come indica la sua referenza
a F.F. Bruce, The Epistles to the Colossians, to Philemon, and to the Ephesians (NICNT),
Grand Rapids MI 1984, 387-389.
145. Pastoral Epistles, 440-441, cit. 440.
146. Penso che questa sia anche la posizione esegetica di Marshall, The Pastoral Epistles,
307, che conclude il suo esame delle ipotesi indicate dicendo: It is clear that material from
the traditional schemata is being used, but we may ask whether has so adapted it to his own
purposes here that the task of identifying a traditional basis will be fruitless.

280

N. CASALINI

Detto questo, non difcile individuare gli elementi che lautore ha


desunto dalla tradizione, da tempo segnalati presso ogni commentatore147.
Lo schema espositivo, caratterizzato dalle due fasi (h\men gavr pote o{te
dev: Tt 3,3a.4a) certamente ispirato dalla tradizione paolina, dove ricorre
nella forma allora / ora (pote, nu'n). Cos in Col 1,21.22: kai; uJma'" pote
o[nta"nuni; dev e Ef 2,11.12: dio; mnhmoneuvete o{ti pote nuni; dev, che
potrebbe derivare dallo stesso Paolo, Gal 4,8.9 in cui distingue la condizione
dei credenti quando erano sotto il dominio degli elementi del mondo (Alla;
tovte me;n) e ora che sono liberi in Cristo (nu'n dev); o da Rm 6,20.22 che descrive la mutazione esistenziale degli stessi: quando erano sotto la schiavit
del peccato (o{te ga;r dou'loi h\te th'" aJmartiva") e ora che sono stati liberati
dal peccato (nuni; de; ejleuqerwqevnte" ajpo; th'" aJmartiva") e diventati servi
di Dio, hanno il frutto per la santicazione e il ne la vita eterna.
Questa parziale somiglianza nello schema (o{te gavr nuni; dev) e il contesto battesimale da cui deriverebbe (Rm 6,1-11.12-23), analogo a Tt 3,4-7
potrebbe far credere che questa sia stata la fonte dispirazione (P. Tachau,
Einst und Jetzt, Gttingen 1972, 12).
Ma la differenza non dovrebbe sfuggire. In Rm 6,20.22 e Col 1,21.22
tale schema allora/ora si riferisce alla loro forma di vita prima e dopo
la conversione alla fede. In Tt 3,3a-4a lo schema incompleto. Al pote,
allora, non corrisponde il nu'n dev, ma ora e al suo posto subentrato un
o{te dev, ma quando, che non riguarda pi loro, ma lazione salvica di
Dio. Lo schema, quindi, che nella tradizione era esistenziale, ora diventato storico-salvico148. In questo caso, il testo parallelo pi pertinente
sarebbe Ef 2,1-7 dove sembra avere gi assunto questa funzione: al pote,
allora, ripetuto due volte (Ef 2,2a.3a) per descrivere la loro condizione
passata nel peccato, corrisponde lazione salvica di Dio, narrata in Ef 2,47 senza o{te dev e tuttavia con un lessico speciale (ejn ejlevei: v. 4a: plou'to"
th'" cavrito" aujtou' ejn crhstovthti ejf hJma'" ejn Cristw/' Ihsou': v. 7) che
potrebbe spiegare formule simili e nuove dellautore149.
147. Io rimando alla sintesi precisa di Oberlinner, Titusbrief, 161, che riassume Lohnk,

Die Vermittlung, 174-177 (per la dipendenza da Paolo) e Lger, Christologie der Pastoralbriefe, 98-102.
148. Evidentemente Oberlinner, Titusbrief, 176, non ha percepito la differenza, perch interpreta Tt 3,3-7 come applicazione dello schema allora / ora alla correlazione pote / o{te
dev, riferita alla situazione passata e presente dei credenti, senza badare che Tt 3,4-7 descrive
con rigore lazione salvica divina (e[swsen hJma'": Tt 3,5b), e solo in modo implicito lascia
intuire una nuova condizione presente e attuale di quelli che lui ha salvato.
149. Ef 2,1-10 citato tra i possibili paralleli intertestuali da Oberlinner, Titusbrief, 166;
Mounce, Pastoral Epistles, 446. Marshall, The Pastoral Epistles, 309, lo estende in modo
eccessivo e indebito a Ef 2,1-22. Ma nessuno di loro ha compreso che, probabilmente, era
la vera fonte della tradizione paolina rielaborata dallautore.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

281

Cito in traduzione questo testo della tradizione paolina, ponendo in parentesi le parole greche che potrebbero avere ispirato il nostro autore. Dice:
Anche voi, morti per le trasgressioni e i vostri peccati, in cui allora (pote)
camminavate secondo il modo di questo mondo, secondo il capo della potenza dellaria, lo spirito che ora opera nei gli della disobbedienza (ejn
toi'" uiJoi'" th'" ajpeiqeiva"), in cui anche tutti noi ci comportammo allora
(ejn oi|" kai; hJmei'" pavnte" ajnestravfhmevn pote), nei desideri della nostra
carne (ejn tai'" ejpiqumivai" th'" sarko;" hJmw'n), facendo le voglie della carne (poiou'nte" ta; qelhvmata th'" sarkov") e dei pensieri, ed eravamo per
natura gli dellira come anche gli altri (kai; h[meqa wJ" kai; oiJ loipoiv).
Ma Dio (oJ de; qeo;"), ricco essendo di misericordia (plouvsio" w]n ejn ejlevei),
per il molto amore suo con cui ci ha amato (dia; th;n pollh;n ajgavphn aujtou'
h}n hjgavphsen hJma'"), e essendo noi morti per le trasgressioni, ha fatto
rivivere a Cristo. Per grazia siete stati salvati (cavritiv ejste sesw/smevnoi)
e ha fatto risorgere e fatto sedere nei cieli in Cristo Ges, per mostrare ai
secoli venienti leccessiva ricchezza della sua grazia nella bont verso di
noi in Cristo Ges (i{na ejndeivxhtai ejn toi'" aijw'sin toi'" ejpercomevnoi"
to; uJperbavllon plou'to" th'" cavrito" aujtou' ejn crhstovthti ejf hJma'" ejn
Cristw/' Ihsou').
Di fronte a tanta esuberanza verbale e retorica, la sintesi che si legge
in Tt 3,3-7 appare molto pi sobria e soprattutto pi chiara, e tuttavia fedele alla tradizione che vi espressa e da lui riproposta con espressione
propria. Infatti, lo scopo per cui Dio aveva operato secondo Ef 2,7 era per
manifestare (i{na ejndeivxhtai) nei tempi successivi la sua abbondanza di
grazia nella bont verso di noi in Cristo Ges (to; uJperbavllon plou'to"
th'" cavrito" aujtou' ejn crhstovthti ejf hJma'" ejn Cristw/' Ihsou'). Ma in
Tt 3,4 questa stessa manifestazione della benevolenza di Dio diventato
levento con cui ci ha salvato. Tuttavia, poich la causa determinante che
lo spinse a manifestare la sua bont per noi era denito in quel testo con
la formula: per il suo grande amore con cui ci ha amato (dia; th;n pollh;n
ajgavphn aujtou' h}n hjgavphsen hJma'"), egli lo rende esplicito unicando
alla manifestazione della sua crhstov t h", la manifestazione di questo
amore (ajgavph aujtou'), ma denominato filanqrwpiva, una parola greca
pi comprensibile, perch pi comune e corrente per indicare lopera di
Dio, come quella di un benefattore150. Per questo dice, come se fosse un
150. Cf. C. Spicq, La philantropie hellnestique, vertue divine et royale ( propos de Tt

3,4), ST 12 (1958) 169-191; ma anche K. Sullivan, The Goodness and Kindness of God
Our Saviour, TBT 3 (1962) 164-171; R. Le Daut, Filanqrwpiva dans la littrature grecque jusqau NT, in Mlanges E. Tisserant, Civitas Vaticana 1964, I, 255-294; e le sintesi
di U. Luck, ThWNT IX, 108-110 e E. Plmacher, EWNT III, 1015-1016.

282

N. CASALINI

soggetto unico: o{te de; hJ crhstovth" kai; hJ filanqrwpiva ejpefavnh tou'


swth'ro" hJmw'n qeou'.
La misericordia, per cui aveva agito e che in Ef 2,4a era presentata
come attributo di Dio stesso, con le parole oJ de; qeo;" plouvsio" w]n ejn
ejlevei, diventa la modalit stessa con cui ci ha salvato, espressa in Tt 3,5b
con la formula ajlla; kata; to; aujtou' e[leo" ed opposta alle nostre opere, come dice in Tt 3,5a affermando: oujk ejx e[rgwn tw'n ejn dikaiosuvnh/ a}
ejpoihvsamen hJmei'" che riprende una formula analoga da Ef 2,8.9a dove si
legge lantitesi: th/' ga;r cavritiv ejste sesw/smevnoi oujk ejx e[rgwn151. Ma
la modalit della salvezza che egli ha operato non pi espressa secondo
la tradizione paolina come manifestazione della sua giustizia e per grazia,
sintetizzata nellantitesi per fede/senza opere. Infatti in Rm 3,21 diceva:
ora, invece, senza opera (cwri;" novmou) si manifestata la giustizia di Dio
(dikaiosuvnh qeou' pefanevrwtai) per fede di Ges Cristo (dia; pivstew"
Ihsou' Cristou'); e in Rm 3,24.25 affermava: dikaiouvmenoi dwrea;n th/'
aujtou' cavriti. In Rm 3,28 ripeteva in forma di principio: Riteniamo, infatti, che luomo giusticato per fede senza opere di legge (logizovmeqa
ga;r dikaiou'sqai pivstei a[nqrwpon cwri;" e[rgwn novmou); e in Rm 4,16
spiegava: dia; tou'to ejk pivstew", i{na kata; cavrin.
Quindi la giusticazione delluomo era considerata un atto della dikaiosuvnh giudiziale di Dio, che condonava le colpe gratuitamente (dwrea;n),
con un atto di grazia (th/' aujtou' cavriti), per la fede (dia; pivstew") riposta
in Cristo. Ma di tutto questo complesso della dottrina della giusticazione
restata in Tt 3,4-7 solo una eco molto debole, che ha preservato lessenziale, lasciando da parte tutte le categorie teologiche giudaiche. Lazione
salvica di Dio, infatti, non pi presentata come opera della sua giustizia
giudicante (dikaiosuvnh qeou' pefanevrwtai: Rm 3,21a), ma come leffetto
della sua piet e misericordia solidale (kata; to; aujtou' e[leo": Tt 3,5b),
resa manifesta dalla sua benevolenza e amicizia per le creature umane (o{te
de; hJ crhstovth" kai; hJ filanqrwpiva ejpefavnh: Tt 3,4a). Di conseguenza,
un atto di misericordia che precede la stessa fede, che non nominata,
non perch esclusa, ma per signicare che la salvezza di Dio realmente
incondizionata e, soprattutto, non meritata con una condotta giusta152. E
ci espresso dallautore per mezzo dellantitesi tra misericordia di Dio
e opere da noi compiute in giustizia (oujk ejx e[rgwn tw'n ejn dikaiosuvnh/
151. Su e[leo" cf. W. Keuck, Sein Erbarmen. Zum Titusbrief (3,4f.), BiLe 3 (1962) 279-

284.

152. Cos, correttamente, H. Merkel, Die Pastoralbriefe, Gttingen 1991, 103 e Marshall,

The Pastoral Epistles, 324.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

283

a} ejpoihvsamen hJmei'" ajlla; kata; to; aujtou' e[leo"), che teologicamente


nuova, ma fedele alla premessa paolina.
Data questa differenza fondamentale, in cui il movente giudiziale dellazione di Dio, che condona per grazia le colpe della creatura, superato
nella sua misericordia che viene in soccorso e la salva dalla sua miseria
morale (Tt 3,3.5b), diventa problematico se Tt 3,3-7 sia ancora da classicare come testo teologico che propugna la dottrina della giusticazione per
fede, iniziata da Paolo. Il problema, infatti, ancora dibattuto e ai fautori di
tale possibilit si oppongono, non senza ragione, coloro che lo escludono153.
Noi siamo convinti che tale testo sia ancora da annoverare tra quelli che
ripropongono la teologia della giusticazione di Paolo, ma in modo nuovo
e come un estremo sviluppo fondato sullo stesso principio154.
Infatti, la ripresa di quello stesso lessico teologico attesta che lautore
voleva ricollegarsi a quella corrente di pensiero, in cui la stessa giustizia di
Dio (hJ dikaiosuvnh qeou'), manifestata in Cristo per la giusticazione delluomo, era gi considerata dallo stesso Paolo manifestazione dellamore
di Dio. Ci si legge con estrema chiarezza in Rm 5,8 in cui egli afferma:
Ma Dio mostra il suo amore per noi (sunivsthsin de; th;n eJautou' ajgavphn
eij" hJma'") perch, essendo noi ancora peccatori, Cristo morto per noi.
Quindi, bisogna concludere che in Tt 3,4-7 lautore riprende intenzionalmente la dottrina di Paolo sulla grazia giusticante, ma la ripropone in una
nuova sintesi teologica e subordinandola rigorosamente alla mediazione
del battesimo nello Spirito Santo per mezzo di Ges Cristo, secondo la
pratica effettiva della chiesa. Dice, infatti, in Tt 3,5b-7: Ci ha salvato per
mezzo di (dia;) un bagno di rigenerazione e rinnovamento di Spirito Santo,
di cui (ou|) ha riversato in abbondanza su di noi per mezzo di Ges Cristo
(dia; Ihsou' Cristou'), nostro salvatore, afnch giusticati per sua grazia
(i{na dikaiwqevnte" th/' ejkeivnou cavriti) diventassimo eredi della vita eterna
secondo speranza.
Ed questa la vera novit nella presentazione della dottrina ricevuta. Tutta la terminologia la stessa, derivata da Paolo e dalla dottrina
paolina. Ma la sintesi dottrinale nuova. Ora la salvezza direttamente
subordinata alla mediazione del rito del battesimo dello Spirito Santo,
153. Il problema discusso in Trummer, Die Paulustradition der Pastoralbriefe, 175-

181.185-193 e Oberlinner, Titusbrief, 176-178. Costui, constatando le divergenze e i silenzi


da me segnalati, conclude dicendo: insofern hier das Thema Rechtfertigung kein theologisches Problem mehr darstellt (p. 171), che trova soci in Hasler, Die Briefe an Timotheus
und Titus, 96-97 e Schlarb, Die gesunde Lehre, 189.
154. Cos anche Brox, Pastoralbriefe, 177 e Trummer, Die Paulustradition der Pastoralbriefe, 185-193.

284

N. CASALINI

dato per mezzo di Ges Cristo (e[swsen hJma'" dia; loutrou'... pneuvmato"
aJgivou, ou| ejxevceen ejf hJma'" plousivw" dia; Ihsou' Cristou'). Da questo, infatti, dipende la grazia giusticante, che toglie il peccato ed
condizione per la rigenerazione e il rinnovamento, operato dallo stesso
Spirito Santo per Ges Cristo155. Ma evidente che il bagno (rituale)
nel battesimo, che purica, solo un segno dellazione interiore dello
Spirito Santo che rigenera e rinnova per mezzo di Ges Cristo, per il
quale Dio concede la sua cavri" che giustica, producendo la rigenerazione e il rinnovamento (paliggenesiva" kai; ajnakainwvsew") della
vita e della condotta156.
A Paolo certamente ispirata la formula oujk ejx e[rgwn, che Tt 3,5a riprende da Ef 2,9a che aveva trasformato in quel modo ci che Paolo diceva
con la formula tecnica cwri;" e[rgwn, senza opere, opposta a pivstei in Rm
3,28. Ma in Gal 2,16 era gi la frase completa: ouj dikaiou'tai a[nqrwpo" ejx
e[rgwn novmou eja;n mh; dia; pivstew". In Tt 3,5-7 scomparso ogni riferimento alla fede, come ho gi detto e le opere, a cui si riferisce, non sono pi
quelle del rispetto della legge giudaica, ma quelle che luomo compie in
giustizia (ejn dikaiosuvnh/), che era il principio etico pi generale dellagire
umano, secondo la losoa greca comune, riassunta da quella platonica
in particolare157. Ma lidea espressa la stessa della tradizione. Dio ci ha
salvato non perch abbiamo meritato la salvezza agendo in modo giusto,
ma perch ha avuto piet del nostro stato, certamente misero (cf. Tt 3,3).
Per questo la sua opera salvica considerata un effetto operato sulluomo
dalla manifestazione della sua benevolenza (crhstovth") e dalla sua amicizia per luomo (filanqrwpiva).
155. Oberlinner, Titusbrief, 172-173. Ma gi Bernard, The Pastoral Epistles, 178 afferma-

va: It [i.e. baptism] is the instrument (diav) of salvation, the means, that is, through which
we are placed in a state of salvation . E.F. Scott, The Pastoral Epistles (MNTC), New
York 1936, 176, in eccesso quando scrive: the writer of the Pastorals seems to think of
baptism as efcacious by itself, perch dimentica il discorso teologico sulla mediazione
(diav) dello Spirito Santo e di Ges Cristo, a cui subordinato. Tuttavia sostenere che any
use of baptismal imagery is secondary or foreign to the true thrust of the creed, come fa
Mounce, Pastoral Epistles, 439, ci pare inaccettabile, dato levidente valore simbolico di
loutrovn che ad esso allude.
156. Cos, correttamente, Marshall, The Pastoral Epistles, 318. Ci permetterebbe di accettare linterpretazione spirituale di loutrovn tenacemente sostenuta da Mounce, Pastoral
Epistles, 438-440, senza riutare uneventuale allusione allazione rituale, che nella chiesa
era prassi corrente.
157. Cf. E. Ksemann, Titus 3,4-7, in Idem, Exegetische Versuche und Besinnungen, I,
Gttingen 19706, 298-302: 299. Quindi avrebbe ragione Trummer, Die Paulustradition der
Pastoralbriefe, 187, che considerava tale formulazione una radicalizzazione (Radikalizierung) (cf. anche le pp. 185-193).

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

285

Tuttavia il principio teologico che la giusticazione si consegue per mezzo del battesimo era gi in Paolo, Rm 6,7 il quale, dopo aver paragonato quel
rito a una morte con Cristo (Rm 6,3-4a.5a), interpretata come morte al peccato (Rm 6,2b.6b), dice: Colui, infatti, che morto, giusticato dal peccato (oJ ga;r ajpoqanw;n dedikaivwtai ajpo; th'" aJmartiva"). Ma la differenza
attesta la novit assoluta: qui il rito giustica dalla colpa; in Tt 3,5b-7 con il
battesimo Dio ci ha salvato giusticando per sua grazia, cosa che era gi nella
tradizione evangelica, come attestano le parole di Ges in Mc 16,16 (nale
lunga: Mc 16,9-20): Chi crede ed battezzato, sar salvo (oJ pisteuvsa" kai;
baptisqei;" swqhvsetai). Questa era anche la convinzione ecclesiastica, documentata nel rapporto sulla conversione del carceriere di Filippi, narrata in
At 16,30.31a.33b: Signori chiede loro che devo fare per essere salvato
(tiv me dei' poiei'n i{na swqw'). Essi gli dissero: Credi nel Signore Ges (pivsteuson ejpi; to;n kuvrion Ihsou'n) e fu battezzato lui e tutti i suoi con lui,
subito (kai; ejbaptivsqh aujto;" kai; oiJ aujtou' pavnte" paracrh'ma)158.
La convinzione teologica che per mezzo del battesimo era dato lo Spirito nel nome di Ges, attestata ugualmente in At 2,38 dove Pietro dice
al popolo: Convertitevi e sia battezzato ciascuno di voi nel nome di Ges
Cristo per il perdono dei peccati (metanohvsate kai; baptisqhvtw... ejpi;
tw/' ojnovmati Ihsou' Cristou') e riceverete il dono dello Spirito Santo (kai;
lhvmyesqe th;n dwrea;n tou' aJgivou pneuvmato") (cf. anche At 8,16-17 e At
19,1-7)159. Ma nuova la formula con cui esso presentato, quale bagno
di rigenerazione e rinnovamento di Spirito Santo (dia; loutrou' paliggenesiva" kai; ajnakainwvsew" pneuvmato" aJgivou)160. Lidea cos espressa,
tuttavia, era corrente, sia nella cultura religiosa greca comune, sia in quella
di credenza cristiana161. In particolare, nella tradizione giovannea si parlava
158. Cf. L. Hartman, Auf den Namen des Herrn Jesus. Die Taufe in den neutestamentlichen

Schriften (SBS 148), Stuttgart 1992, 106-111; J.A.T. Hanson, The One Baptism as a Category of NT Soteriology, SJT 6 (1953) 257-274.
159. Cf. G.R. Beasley-Murray, Baptism in the New Testament, London 1962, 209-216;
Trummer, Die Paulustradition der Pastoralbriefe, 186; Lips, Glaube-Gemeinde-Amt, 260262; Schlarb, Die gesunde Lehre, 189. Sul tema, in generale: M. Quesnel, Baptiss dans
lEsprit, Paris 1985; J.D.G. Dunn, Baptism in the Holy Spirit, London 1970, 165-169 (cit.
168-169); G.D. Fee, Gods Empowering Presence. The Holy Spirit in the Letters of Paul,
Peabody 1994, 777-784 (cit. 780-781), che negano ogni riferimento allacqua battesimale,
e danno a loutrovn un senso solo metaforico.
160. Vedi D.L. Norbie, The Meaning of Regeneration, EvQ 34 (1962) 36-38.
161. J. Dey, PALIGGENESIA. Ein Beitrag zur Klrung der religionsgeschichtlichen Bedeutung von Tit 3,5 (NTAbh 17.5), Mnster 1937, 6-30 (uso losoco e profano); 40-128
(nel cristianesimo primitivo). Ma anche V. Jacono, La paliggenesiva in s. Paolo e nellambiente pagano, Miscellanea Biblica 1 (1934) 249-278; E. Sjberg, Wiedergeburt und
Neuschpfung im Palstinischen Judentum, ST 4 (1950) 44-85.

286

N. CASALINI

di nuova nascita ed era descritta come generazione dallalto (eja;n mhv ti"
gennhqh/' a[nwqen: Gv 3,3c) e di generazione da acqua e da Spirito (eja;n
mhv ti" gennhqh/' ejx u{dato" kai; pneuvmato": Gv 3,5).
Di rinascita attestava la tradizione raccolta in 1Pt 1,3: ajnagennhvsa"
hJma'"; 1Pt 1,23: ajnagegennhmevnoi... dia; lovgou zw'nto" qeou' kai; mevnonto";
1Pt 2,2: wJ" ajrtigevnnhta brevfh. Ma rinnovare (ajnakainivzein) era il
termine tecnico usato per designare leffetto del battesimo in Eb 6,4.6a:
[] impossibile, infatti, coloro che una volta sono stati illuminati (a{pax
fwtisqev n ta") e che sono caduti, rinnovare di nuovo a conversione
(pavlin ajnakainivzein eij" metavnoian): e il sostantivo ajnakaivnwsi" era
gi in Paolo (Rm 12,2), senza riferimento ad esso.
Questa molteplicit di relazioni inetertestuali attesta per se stessa il
fatto evidente che Tt 3,4-7 ha raccolto una molteplicit di tradizioni. Ma le
ha unicate in modo nuovo, in una teologia insuperata del rito puricante
e rigenerante del battesimo, con cui si accedeva alla religione di Cristo. In
poche parole, quel gesto simbolico, diventato un procedimeno salvico,
con cui Dio salva per mezzo dello Spirito Santo e in Ges Cristo, concedendo la cavri" che giustica, rigenera e rinnova. Per questo in Tt 2,11a
chiamata swth'rio", perch la sua azione salvica per ogni uomo e dura
per tutta la vita. Dice, infatti, che essa ci educa a vivere in modo saggio,
giusto e pio, attendendo la beata speranza e la manifestazione della gloria
del nostro grande Dio e salvatore Ges Cristo (Tt 2,13)162.
1Tm 3,16: il mistero della piet religiosa
1Tm 3,16 il pi noto dei testi cristologici delle Pastorali, di cui si suppone che tutta la composizione sia da tradizione innica, di cui avrebbe
preservato anche la forma stroca, costituita da sei elementi (o versi), abbinati tra loro per logica antitetica, e uniti in tre distici: 1) ejfanerwvqh ejn
sarkiv, ejdikaiwvqh ejn pneuvmati; 2) w[fqh ajggevloi", ejkhruvcqh ejn e[qnesin;
3) ejpisteuvqh ejn kovsmw/, ajnelhvmfqh ejn dovxh/163.
Lipotesi affascinante e ha no ad oggi affascinato, perch possibile
trovare analogie che potrebbero suggerire anche uneffettiva origine giu162. J.M. Irurvetagoyena, La gracia santicante en Tit. 3,4-7, Scriptorium Victoriense

(1956) 7-22.
163. Per la sua catalogazione nella tradizione innica cf. R. Deichgrber, Gotteshymnus und
Christushymnus in der frhen Christenheit (StUNT 5), Gttingen 1967, 133; K. Wengst,
Christologische Formeln und Lieder des Christentums (StNT 7), Gtersloh 19732, 157; W.
Stenger, Der Christushymnus 1Tm 3,16 (RStT 6), Regensburg 1977, 81.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

287

deo-cristiana dello stesso164. Ma noi preferiamo unipotesi pi sobria che,


nella evidente mancanza di una conferma metrica, ci permette di ritenere
il testo una composizione sintetica dello stesso autore, che ha unicato
in una specie di professione di fede i differenti elementi di quello che lui
chiama con denizione nuova il mistero della piet (to; th'" eujsebeiva"
musthvrion) (1Tm 3,16a); ma che lui stesso in 1Tm 3,9 aveva gi denominato mistero della fede (to; musthvrion th'" pivstew"), che riguarda
lo stesso Cristo Ges, gi denito to; musthvrion tou' qeou' in 1Cor 2,1,
secondo la lectio pi accreditata.
Costui sarebbe indicato direttamente come soggetto o con il pronome
relativo o{" posto allinizio secondo la lectio tramandata in prima mano
dal Codex Sinaiticus (a) e, come sembra, anche dal Codex Alexandrinus
(A); o dal pronome relativo neutro o{, che la lectio di prima mano del
Codex Claromontanus (D), con riferimento a to; musthvrion, in cui lui
stato svelato. La conferma di questa ipotesi data dallinizio 1Tm 3,16a
in cui il testo introdotto con la formula tecnica di una professione: kai;
oJmologoumevnw" mevga ejsti;n to; th'" eujsebeiva" musthvrion. Ci che segue,
infatti, non altro che una riproposizione di affermazioni sul Cristo, gi
note nella tradizione165.
Ma fuori dubbio che lautore abbia voluto dare al suo testo una
determinata forma stilistica, corrispondente a questa intenzione, che gli
conferisce la struttura di un credo, probabilmente il primo riguardante il
Cristo stesso, a cui tutti i verbi in aoristo passivo si riferiscono (ejfanerwvqh,
ejdikaiwvqh, w[fqh, ejkhruvcqh, ejpisteuvqh, ajnelhvmfqh). Esso costituito
da sei proposizioni indipendenti, composte dal verbo nito, seguito da locuzione avverbiale con la proposizione ejn unita a dativo (ejn sarkiv, ejn
pneuvmati, ejn e[qnesin, ejn kovsmw/, ejn dovxh/), eccetto la terza linea, dove
senza proposizione (ajggevloi"). Queste si succedono senza congiunzione,
in modo paratattico, secondo un apparente sviluppo cronologico, e non
senza un ordine logico, che appare evidente nelle formule antitetiche, con
cui sono congiunte due a due, in evidente progressione. La prima unita
alla seconda con lantitesi modale (ejn sarkiv e ejn pneuvmati); la terza con la
164. La sua origine giudeo-cristiana rivendicata per luso implicito simbolico del numero

sei in F. Manns, Lhymne judo-chrtien de 1 Tim 3,16, ED 32 (1979) 323-339. Una


sintesi della discussione in Marcheselli-Casale, Le Lettere Pastorali, 268-293.
165. Per questo ci pare pi adeguata la denizione confessional hymn proposta da F.J.
Strange, A Critical and Exegetical Study of 1Tm 3,16. An Essay in Traditionsgeschichte (Ph.
D. Diss. Drew University 1970), 89-95; e linterpretazione di Hanson, The Pastoral Epistles,
85, che precisa la designazione inno come confession, che corrisponde effettivamente
allintenzione del testo.

288

N. CASALINI

quarta per lopposizione tra i termini dellazione (ajggevloi" e ejn e[qnesin);


la quinta con la sesta per la mutazione locale tra ejn kovsmw/ e ejn dovxh/166.
Se poi la prima e ultima determinazione (ejn sarkiv e ejn dovxh/ ) costituiscano una inclusio problematico, come del tutto ipotetica linterpretazione di P. Stuhlmacher che das Ganze will eine Totalitt zum
Ausdruck bringen: Christi Herrschaft und Wurde sind im Himmel und auf
Erde offerbar geworden167. La prima ipotesi, infatti, non corretta, perch
la gura letteraria della inclusio costituita dalla ripresa nale di qualche
termine iniziale, cosa che non si verica nel caso presente, dove due gure
(ejn sarkiv e ejn dovxh/) si oppongono antitecamente, ma in successione per
le vicende narrate, perch indicano effettivamente linizio e la ne della
vicenda del Cristo, che il mistero vuole, professando, ricordare. La seconda
ipotesi ci pare non conforme allintenzione di colui che scrive, che vuole
solo riassumere in frasi brevi e lapidarie ci che la fede proclamava sul
Cristo nel mistero, rievocando in sintesi e con grande concisione ci che
di lui era accaduto, come indicano i verbi al passivo aoristo, di cui lui
soggetto diretto solo nella prima e nella terza (ejfanerwvqh ejn sarkiv e w[fqh
ajggevloi"), indiretto nella seconda (ejdikaiwvqh ejn pneuvmati), nella quinta
(ejpisteuvqh ejn kovsmw/) e nella sesta (ajnelhvmfqh ejn dovxh/), oggetto della
quarta (ejkhruvcqh ejn e[qnesin).
Quindi fuori dubbio che lautore volesse in qualche modo rievocare
in forma sintetica la totalit della sua storia. Ma non corretto trarre
da questa sintesi del contenuto la conclusione letteraria che 1Tm 3,16b
sia un inno completo. Come noto, tale ipotesi fu proposta per primo
da J. Jeremias, Die Briefe an Timotheus und Titus (1981, 2a ed.), 27-29,
applicando al testo lo schema di un ipotetico rituale di ascesa al trono
(Thronbesteigungsritual) dellantico Egitto, ricostruito da E. Norden, Die
Geburt des Kindes (1924), 116-128, in tre fasi: 1) innalzamento del re allo
stato di Dio, 2) la sua presentazione tra gli di, 3) la sua intronizzazione
con insediamento nel potere.
facile constatare che non possibile trovare eventi adeguati corrispondenti, anche se non sarebbe difcile individuare degli analoghi. Per
esempio, la storia di Cristo inizia con la sua apparizione ejn sarkiv e ci
166. Per questi rilievi formali, comuni tra i commentatori, cf. per es. Mounce, Pastoral

Epistles, 215-218 e Marshall, The Pastoral Epistles, 500-505. Costui fa giustamente rilevare
che, secondo lordine cronologico, lultima frase con ejn dovxh/ avrebbe dovuto precedere,
perch il verbo ajnelhvmfqh si riferisce indubbiamente allascensione negli altri testi della
tradizione (cf. At 1,2.11.22 e Lc 9,51). Per questo lo riferisce allintronizzazione, con riferimento a 1Cor 15,25 e Fil 2,9-11.
167. Biblische Theologie des Neuen Testaments, II, 22.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

289

non ha riscontro in quel rituale, anche se non sarebbe improprio vedere


nella sua giusticazione (ejdikaiwvqh ejn pneuvmati) un analogo della sua
elevazione allo stato divino. Ugualmente, lapparizione agli angeli (w[fqh
ajggevloi") potrebbe valere come analogia di una presentazione agli esseri
divini e la sua elevazione (ajnelhvmfqh ejn dovxh/) al suo insediamento. Ma
questo rituale sembra che non sia mai esistito e ci che si legge in 1Tm
3,16b pu essere ritenuto allusione a testi cristologici fondamentali dellAntico Testamento, gi elaborati dalla tradizione della fede (cf. LXX Sal
109[110],1 in Eb 1,13; 8,1; 10,12-13; Dn 7,13-14 nella tradizione evangelica; Sal 8 in Paolo: 1Cor 15,26-28 e Fil 3,20)168.
La frase prima (ejfanerwvqh ejn sarkiv) potrebbe essere una riproposizione da Gv 1,14a: oJ lovgo" sa;rx ejgevneto169. Ma la formula probabilmente
sintesi da altre formule gi note nella stessa tradizione giovannea. In 1Gv
1,2 si legge: kai; hJ zwh; ejfanerwvqh e in 2Gv 7 sta scritto: Molti ingannatori sono usciti nel mondo, i quali non confessano Ges Cristo venuto
nella carne (oiJ mh; oJmologou'nte" Ihsou'n Cristo;n ejrcovmenon ejn sarkiv),
che secondo noi quella che potrebbe avere realmente ispirato lautore
del nostro testo per le evidenti allusioni lessicali, non riscontrabili altrove
(oJmologoumevno" e oiJ mh; oJmologou'nte"; ejn sarkiv).
Per questo ci pare del tutto inadeguata, per non dire erronea, lipotesi
di H. Stettler, Die Christologie der Pastoralbriefe, 93, che riferisce la frase
ejfanerwvqh ejn sarkiv alla apparizione corporea del risorto (die leibhafte
Erscheinung des Auferstandenen), che recupera una rara ipotesi di C. Spicq, Les pitres pastorales, 472, e che troverebbe uneffettiva giusticazione
nei racconti delle apparizioni siche del Cristo risorto nella tradizione
evangelica e in altre tradizioni del Nuovo Testamento (cf. Mt 28,17; Mc
16,12.14; Gv 21,1.14; At 10,40), ma che contrasta con la logica antitetica del testo: a ejfanerwvqh ejn sarkiv corrisponde in antitesi ejdikaiwvqh ejn
pneuvmati, che evidentemente allude alla sua resurrezione dopo la morte
infamante, supposta nella frase precedente.
Lo confermano le allusioni a Rm 1,3.4 dove il Figlio di Dio presentato dalla stirpe di Davide kata; savrka e costituito Figlio di Dio in potenza
kata; pneu'ma aJgiwsuvnh" ejx ajnastavsew" nekrw'n, per levidente analogia
tra ejn sarkiv / ejn pneuvmati di 1Tm 3,16bc e kata; savrka / kata; pneu'ma
168. La non esistenza di tale rituale segnalata in ZThK 80 (1983) 150: una comunica-

zione di H. Brunner e G. Friedrich, riferita da Stuhlmacher, Biblische Theologie des Neuen


Testaments, II, 22, che denisce lipotesi di E. Norden una fata morgana, i.e. unillusione
letteraria.
169. Windisch, Zur Christologie der Pastoralbriefe, 222.

290

N. CASALINI

di Rm 1,3.4170. Ma anche a 1Pt 3,18b dove si legge lantitesi (sarkiv /


pneuvmati).
Ma la formula ejdikaiwvqh potrebbe suggerire una diversa origine. Un
riferimento alla resurrezione non si potrebbe escludere, e quindi neppure un riferimento implicito alla morte di croce della prima formula:
ejfanerwvqh ejn sarkiv. In questo caso, dovremmo riferirci allunico testo,
dove tale evento adombrato come giusticazione operata da Dio, dopo
la sua morte, quale si legge in LXX Is 53,11 in cui dice che il Signore
vuole giusticare il giusto che serve bene i molti (dikaiw'sai divkaion eu\
douleuvonta polloi'"). Quindi la frase ejdikaiwvqh ejn pneuvmati potrebbe
alludere alla sua esaltazione, perch questo ci che di lui Dio annuncia
in LXX Is 52,13 dicendo: Ecco, comprender il mio servo. E sar esaltato e gloricato molto (kai; uJywqhvsetai kai; doxasqhvsetai sfovdra). Ma
se si interpreta in questo modo, dovremmo ritenere le due formule della
prima antitesi (ejfanerwvqh ejn sarkiv / ejdikaiwvqh ejn pneuvmati) una sintesi
abbreviata di Fil 2,6-11171.
Di conseguenza, non ci pare giusticata neppure lipotesi di P. Stuhlmacher che, accettando linterpretazione impropia di ejn sarkiv proposta
da H. Stettler, trasforma con disinvoltura 1Tm 3,16b in un inno pasquale
(Osterlied), di origine giudeo-cristiana ellenistica, paragonabile a ci che
si legge in Col 1,15-20.26-27. Evidentemente, lentusiasmo esegetico ha
impedito al grande teologo biblico di notare la differenza di questo testo
dallaltro. Qui, il Cristo, esaltato come colui che ha il primato su tutto
(i{na gevnhtai ejn pa'sin aujto;" prwteuvwn: Col 1,18c), in quanto a capo di
ogni ordine di esseri (viventi, morti, credenti); l ricordato solo come
soggetto dei suoi eventi, da noi creduti172.
Per la formula w[fqh ajggevloi" non si trovano analogie. Ma opinione
comune che possa riferirsi alla presentazione del Cristo esaltato agli esseri
del mondo celeste, detti a[ggeloi173. Ma questa categoria ricorre in conte170. Windisch, Zur Christologie der Pastoralbriefe, 222; Oberlinner, Erster Timotheu-

sbrief, 165-166.
171. Afne alla nostra Marcheselli-Casale, Le Lettere Pastorali, 271. Di opinione diversa
Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 164-165 che preferisce accentuare levento rivelativo,
che risulterebbe evidente dallunione del verbo ejfanerwvqh con ejn sarkiv. Ma ci rende pi
ardua la sua spiegazione di ejdikaiwvqh, che perderebbe tutto il suo valore senza un riferimento implicito allevento della morte infamante, come in Fil 2,6-11.
172. Stuhlmacher, Biblische Theologie des Neuen Testaments, II, 22.
173. Cos Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 167; ma anche Mounce, Pastoral Epistels,
229. Il problema eliminato, se si elimina w[fqh ajggevloi", ritenendolo aggiunta redazionale, secondo lipotesi di J. Murphy-OConnor, Redactional Angels in 1Tm 3,16, RB 91
(1984) 178-187.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

291

sto analogo solo in Eb 1,5-14 dove il Figlio (di Dio), esaltato dopo avere
compiuto lespiazione, presentato come superiore a loro per una dignit
pi distinta che ha conseguito (diaforwvteron... o[noma: Eb 1,4). Tuttavia,
la differenza notevole. In questo caso, Dio stesso che lo introduce nel
mondo (o{tan de; pavlin eijsagavgh/ to;n prwtovtokon eij" th;n oijkoumevnhn:
Eb 1,6). Quindi non sarebbe possibile un parallelo diretto, perch la formula w[fqh ajggevloi" ha un altro signicato.
Laoristo w[fqh, come noto, termine tecnico per indicare le apparizioni del risorto nel vangelo annunciato da Paolo in 1Cor 15,5-8; e ricorre
come verbo narrativo corrente nei racconti di apparizioni della tradizione
lucana (cf. Lc 24,34: w[fqh; At 9,17: ojfqeiv"; At 13,31: w[fqh; At 26,16a:
w[fqhn)174. Ugualmente impossibile un confronto analogico con la scena
del trono che si legge in Ap 5,11-14, perch questa scena di presentazione e insediamento (Ap 5,6-10) e non di apparizione175. Date queste
difcolt, non sarebbe fuori luogo pensare a un evento diverso, quale la
discesa agli inferi, come descritto in 1Pt 3,18-19 insieme agli altri due
eventi a cui alludevano le formule precedenti, che abbiamo rilevato simili:
qanatwqei;" me;n sarki;, zw/opoihqei;" de; pneuvmati. E continua: In questo
(ejn w/|) anche agli spiriti in prigione diede lannuncio andando (kai; toi'" ejn
fulakh/' pneuvmasin... ejkhvruxen)176.
Le formule seguenti (ejkhruvcqh ejn e[qnesin e ejpisteuvqh ejn kovsmw/)
sono senza analogie. Ma la prima potrebbe essere una riproposizione della
tradizione evangelica, e in particolare del mandato apostolico quale si
legge in Mt 28,19a: poreuqevnte" ou\n maqhteuvsate pavnta ta; e[qnh e Mc
16,15b: poreuqevnte" eij" to;n kovsmon a{panta khruvxate to; eujaggevlion
pavsh/ th/' ktivsei; ma la formula potrebbe derivare da Mc 13,10 dove si
legge: Bisogna che prima sia annunciato il vangelo a tutti i popoli (kai; eij"
pavnta ta; e[qnh prw'ton dei' khrucqh'nai to; eujaggevlion) (cf. Col 1,23b)177.
Tuttavia non dovrebbe sfuggire una differenza. In 1Tm 3,16b loggetto di
174. Marshall, The Pastoral Epistles, 526.
175. Ma questa analogia preferita da Oberlinner, Erster Timotheusbrief, 167, che eviden-

temente si limita alla rappresentazione, e non al senso dellimmagine.


176. Lipotesi in R.H. Gundry, The Form, Meaning and Background of the Hymn quoted
in 1 Timothy 3,16, in W.W. Gasque - R.P. Martin (ed.), Apostolic History and the Gospel,
Exeter 1970, 203-222: 219. Ma era gi in W. Nauck, Die Herkunft des Verfassers der
Pastoralbriefe. Ein Beitrag zur Frage der Auslegung der Pastoralbriefe (Diss. Gttingen
1950), 82; e prima di lui in B.S. Easton, The Pastoral Epistles, London 1947, 136-137, con
riferimento a 1Cor 2,8; Ef 2,6-7; 3,9-11; Gal 4,3.9; Col 2,8.15.20.
177. Il riferimento al mandato apostolico in Mt 28,19 in Stuhlmacher, Biblische Theologie des Neuen Testaments, II, 22. Egli aggiunge anche in Mt 24,9 e Mc 13,10, con Col
1,23b. Gli stessi propone Knight, The Pastoral Epistles, 185.186.

292

N. CASALINI

ejkhruvcqh dovrebbe essere il Cristo stesso e non to; eujaggevlion, se si accetta il pronome iniziale o{".
Quindi altro potrebbe essere il riferimento implicito nel testo. Ma se il
soggetto non fosse lui direttamente, ma il suo mistero (to; musth'rion), a
cui si riferisce la variante neutra o{, allora non sarebbe difcile individuare
nella frase ejkhruvcqh ejn e[qnesin una eco di Rm 16,26; o, meglio, di Col
1,27 in cui si legge: ai quali Dio volle fare conoscere quale la ricchezza
della gloria di questo mistero tra i popoli (tiv to; plou'to" th'" dovxh" tou'
musthrivou touvtou ejn toi'" e[qnesin), che Cristo in voi (o{ ejstin Cristo;" ejn uJmi'n). La seconda (ejpisteuvqh ejn kovsmw/) potrebbe alludere ad
eventi noti dal racconto degli Atti (At 13,46-48 e 28,28), da cui sembra
derivare anche la frase nale ajnelhvmfqh ejn dovxh/, che pare una eco di At
1,11c: Codesto Ges, elevato da voi al cielo (oJ ajnalhmfqei;" ajf uJmw'n
eij" to;n oujranovn) cos ritorner, allo stesso modo, in cui lo avete visto andare in cielo. Ma trova un analogo perfetto in Mc 16,19: ajnelhvmfqh eij"
to;n oujrano;n kai; ejkavqisen ejk dexiw'n tou' qeou'178'. Tuttavia luno e laltro
modello della tradizione manca del riferimento diretto a ejn dovxh/, che certamente implicito, anche se non espresso. Linsediamento di Ges alla
destra del trono di Dio, a cui stato elevato, comportava un insediamento
nella gloria (ejn dovxh/) sua (Mc 10,37) o del Padre suo (Mc 8,38). Quindi la
frase alluderebbe con formule tradizionali a un innalzamento o alla esaltazione del Cristo, quale descritta in Fil 2,9-11; At 2,33; 7,55-56179.
Questa indagine attesta senza possibilit di dubbio che tutto ci che
di Cristo lautore sintetizza nelle frasi di 1Tm 3,16b costituito da eventi
gi noti nella tradizione della fede, da cui riprende spesso il lessico tecnico della descrizione (cf. ejfanerwvqh, ejdikaiwvqh, w[fqh, ajnelhvmfqh, ejn
sarkiv, ejn pneuvmati). Tuttavia apparso anche evidente che la sintesi da
lui composta una novit assoluta, in se stessa e nei singoli elementi di
cui composta, che non trovano riscontro in alcuna delle formule della
tradizione da lui ricevuta, e anche a noi nota.
Nuovo, in assoluto, la loro presentazione nella forma di credo, o
oJmologiva (oJmologoumevnw mevga), in cui gli eventi sono numerati in quanto
creduti. Nuovo il fatto che questi stessi eventi del Cristo, che in 1Tm 3,9
sono allusi in forma tradizionale come to; musth'rion th'" pivstew", ora
sono proposti con formula nuova, come to; th'" eujsebeiva" musth'rion,
che potremmo tradurre alla lettera come il mistero della piet. evidente
178. Il riferimento ad At 1,2.11.22 e Mc 16,19 comune: cf. Mounce, Pastoral Epistles,

230; Marshall, The Pastoral Epistles, 528 nota 98.


179. Windisch, Zur Christologie der Pastoralbriefe, 223.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

293

che il to; musth'rion del Cristo, cos indicato, era gi noto come tale nella
tradizione (cf. Col 1,26.27 gi citato). Ma ora, descritto nei suoi singoli
elementi, indicato come quello della piet, to; th'" eujsebeiva", che nel
greco indicherebbe la religione in quanto tale, come se volesse rivendicare
solo per questo quel titolo usurpato dai molti musth'ria degli di venerati
nei singoli santuari.
Questa nostra interpretazione culturale si fonda sul fatto che nel mondo
della religione greca la parola eujsevbeia aveva un senso tecnico e indicava
il sentimento religioso e, in modo pi preciso, la venerazione verso tutto
ci che divino. Lo confermano due testi molto noti di Cicerone, in cui
la parola corrispondente latina, pietas, spiegata come religio. Dice in De
natura deorum 1,116: Est enim pietas iustitia adversum deos. E in Partit.
orat. 2,66 spiega: Religionem eam quae in metu et caerimonia deorum
sit appellant, pietatem quae erga patriam aut parentes aut alios sanguine
coniunctos ofcium conservare moneat180.
Teologicamente nuova, inne, la presentazione stessa degli eventi. In
particolare, la venuta del Cristo nel mondo, che la tradizione evangelica
indicava con h\lqon o h\lqen (cf. Mc 2,17 e Mc 10,45), quella paolina come
invio (o missio) (ejxapevsteilen: Gal 4,4b; pevmya": Rm 8,3c), e quella
giovannea come diventare carne (savrx ejgevneto: Gv 1,14) o venire nella
carne (ejrcovmenon ejn sarkiv: 2Gv 7), da lui presentata come apparizione
(o manifestazione) nella carne (ejfanerwvqh... ejn sarkiv), che esprime con
una nuova categoria la fede inconcussa nella preesistenza divina di colui
che si manifest in carne umana. Ci era gi implicito nella tradizione
sul Cristo come il to; musth'rion tou' qeou', nascosto da secoli, nei tempi
eterni e poi manifestato, o disvelato al momento dei tempi attuali (cf. Rm
16,25.26 e 1Cor 2,1 con Col 1,26.27).
La sua gloricazione descritta con la formula ajnelhvmfqh ejn dovxh/,
che una novit assoluta, perch unisce in una sintesi prodigiosa due elementi diversi: quello della ascensione, tipico della tradizione lucana (cf.
At 1,2: ajnelhvmfqh e At 1,11: ajnalhmfqei;" con Lc 9,51: ta;" hJmevra" th'"
ajnalhvmyew" aujtou') e quello della gloricazione di tradizione giovannea
(cf. Gv 17,1.5), ma gi di tradizione lucana, in cui tale elevazione presentata come un ingresso nella sua gloria, come si desume da Lc 24,26: Non
180. Su eujsevbeia cf. W. Foerster, ThWNT VII, s.v. sevbomai, 168-195: 175-184 (eujsebhv",

eujsevbeia, eujsebevw); D. Kaufmann-Bhler, Eusebeia, RAC VI, 985-1052; P. Findler,


eujsevbeia, EWNT II, 212-214. Sul tema vedi anche il saggio dello stesso W. Foerster,
EUSEBEIA in den Pastoralbriefen, NTS 5 (1958-59) 213-218 e quello problematizzante
di J.J. Wainwright, Eusebeia: Syncretism or Conservative Contestualization?, EvQ 65
(1993) 211-224.

294

N. CASALINI

doveva, forse, soffrire queste cose il Cristo kai; eijselqei'n eij" th;n dovxan
aujtou'?, senza ignorare la tradizione evangelica, dove ricorre la formula
ejn th/' dovxh/ [sou] (cf. Mc 10,37 e Mc 8,38).
Conclusione
Con ci ho terminato il mio esame critico dei testi fondamentali delle Pastorali che, per un comune consenso esegetico, da tempo affermato, sono
concordemente attribuiti a tradizioni antecedenti, risalenti direttamente a
Paolo, o alla tradizione paolina, ma anche alla tradizione evangelica, senza
escludere altre, che hanno avuto una rilevanza notevole per chi ha scritto
le tre lettere: in particolare, la tradizione giovannea nelle sue molteplici
attestazioni (Gv, Ap, 1-2Gv) e altre tradizioni non secondarie del Nuovo
Testamento, ugualmente autorevoli per lunicit della loro teologia, come
la Lettera agli Ebrei.
I testi da noi esaminati erano quelli deniti cristologici o soteriologici, comunemente indicati: 1Tm 1,15; 1Tm 2,4-6; 1Tm 3,16; 1Tm 6,13;
2Tm 1,8-10; 2Tm 2,8.11-13; Tt 2,11-14; Tt 3,3-7. Ma evidente che, se
avessi voluto essere esaustivo, avrei dovuto completare esaminando le tradizioni ecclesiologiche e le tradizioni parenetiche (o etiche), che non erano di rilievo minore. Anzi, limportanza delle affermazioni esplicite sulla
chiesa che si leggono tale che avrebbero richiesto per s unampia trattazione. In 1Tm 3,15 presentata come casa di Dio (oi\ko" qeou'), come in
Eb 3,6; denita solennemente assemblea del Dio vivente (ejkklhsiva qeou'
zw'nto"), e qualicata come colonna e basamento della verit (stu'lo"
kai; eJdraivwma th'" ajlhqeiva"). In 2Tm 2,19-21 implicitamente denominata grande casa (megavlh... oijkiva), dove operano i servi del padrone con
diverse funzioni; ma anche qualicata (se lesegesi corrente corretta)
come fondamento stabile di Dio (oJ stereo;" qemevlio" tou' qeou') e in Tt
2,14 in cui nominato il popolo proprio (lao;"... periouvsio") che Ges
Cristo ha puricato per s, con termine analogo a quello 1Pt 2,9181.
A questi, avrei dovuto aggiungere altri testi primari sulla sua organizzazione o costituzione gerarchica (1Tm 3,1-7.8-13: episkope, diakonoi;
Tt 1,5-9: presbyteroi, episkopos) sulla sua effettiva amministrazione o
governo di Dio nella fede (hJ oijkonomiva qeou' ejn pivstei: 1Tm 1,4 con
181. Una sintesi di queste diverse ecclesiologie in L. Marucci, Lecclesiologia delle lettere

pastorali, in G. De Virgilio (ed.), Il deposito della fede (RivBibSupp 34), Bologna 1998,
177-193.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

295

1Tm 5,3-16 sulle vedove consacrate, e 1Tm 5,17-21 sul trattamento salariale per i presbiteri che presiedono e per quelli che si dedicano alla parola e allinsegnamento), e sulla prassi effettiva del loro insediamento nella
funzione per il conferimento del to; cavrisma con imposizione delle mani
dellapostolo (2Tm 1,6a) o del presbiterio (1Tm 4,14), senza ignorare il
passaggio di questo stesso dono per mezzo della pratica della successione
(apostolica) (2Tm 2,1-2) per garantire la preservazione integra del deposito (paraqhvkh) o tradizione apostolica (2Tm 1,13-14)182.
Ugualmente importante sarebbe stato lesame dei testi che riportano
sintetizzando tradizioni sullo stile di vita apostolico e le sue regole, quale
si addice a uno che presiede per mandato alla chiesa, descritte in modo
particolare in 1Tm 4,6-10.11-16 e 2Tm 2,4-7, compreso il problema nanziario connesso con lesercizio di tale attivit di religione, che per se
stessa fonte non trascurabile di guadagno e ricchezza, che pu mandare
in rovina chi la persegue per soddisfare le passioni della sua anima (1Tm
6,6-10).
Non per ultimo, avrebbero meritato attenzione tutte le norme della
disciplina ecclesiastica per il trattamento di coloro che insegnano cose
diverse (eJterodidaskalei'n 1Tm 1,3-11 e 1Tm 6,3-5); della condotta da
adottare con gli oppositori o i contradditori che sostengono opinioni non
conformi alla tradizione del vangelo (2Tm 2,14-18.21 e Tt 1,10-16 con Tt
3,9); o cosa fare con chi agisce da uomo settario (o eretico) (Tt 3,10):
tutte disposizioni che, in modi diversi, ripropongono modelli gi noti da
testi paolini, e apostolici.
Tutto questo noi lo abbiamo tralasciato, perch il suo esame critico e
la ricerca delle tradizioni da cui dipendevano avrebbe richiesto da noi una
trattazione estesa, pari alla precedente e che, se pubblicata insieme, avrebbe
avuto la dimensione di una vera monograa, cosa che non consuetudine per una rivista annuale, come la nostra. Ma evidente che, se volessi
completare lopera iniziata come esige limportanza della materia, sar necessario un saggio ulteriore della stessa ampiezza, dedicato alle tradizioni
ecclesiologiche raccolte da chi ha scritto le Lettere Pastorali assumendo
il nome di Paolo per garantire in questo modo la veracit del suo discorso,
182. Per la oijkonomiva qeou' ejn pivstei vedi il saggio di A. Miranda, La retta ammini-

strazione (1Tm 1,4) nella comunit cristiana dellet sub-apostolica, RivBib 48 (2000)
167-197, da integrare con L.T. Johnson, OIKONOMIA THEOU: The Theological Voice
of 1 Timothy from the Perspective of Pauline Autorship, HTB 21 (1999) 87-104 e E. della
Corte, Carisma e ministeri nelle Lettere Pastorali, in G. De Virgilio (ed.), Il deposito della
fede (RivBibSupp 34), Bologna 1998, 177-193; P. Iovino, Il deposito della fede e la sana
dottrina, in ibid., 167-175.

296

N. CASALINI

che per lo pi riprende e sviluppa principi e idee che lo stesso apostolo


aveva affermato.
La semplice constatazione di questo fatto attesta per se stesso che il
problema delle tradizioni, da cui dipendono le tre lettere, sia molto pi vasto e complesso di quanto i pochi testi cristologici o soteriologici esaminati
possano indicare. Anzi, nostra ferma convinzione che tutte le affermazioni della teologia e della parenesi etica delle Pastorali si possano ricondurre
a tradizioni antecedenti e spiegare per mezzo di relazioni intertestuali
precise con testi di Paolo, o con altri della tradizione paolina (Ef, Col, 2Ts),
e soprattutto con riferimenti e allusioni non dubbie alla tradizione evangelica, in particolare a quella sinottica, lucana e giovannea. Un fenomeno di
tali dimensioni si potrebbe spiegare solo supponendo che chi ha scritto i tre
testi pastorali disponeva non solo di una raccolta di lettere di Paolo, detta
da noi corpus paulinum, ma anche di una silloge con i vangeli da noi
raccolti nel Nuovo Testamento, insieme ad altri scritti che gi godevano di
autorit, perch ritenuti afdabili in quanto apostolici (per es. quelli della
tradizione giovannea: Gv, Ap, 1-2Gv e Eb)183.
In modo pi preciso e concludendo, posso riassumere affermando che
la mia analisi ha confermato tutte le tradizioni riscontrate nei testi che
ho esaminato. In 1Tm 1,15 ho registrato la ripresa in una nuova sintesi di Lc 19,10 ([to; ajpolwlov"] sw'sai), con Mc 2,17c (h\lqon kalevsai...
aJmartwlouv") e Gv 1,9 ([ejrcovmenon] eij" to;n kovsmon). In 1Tm 2,5-6 c la
ripresa dello schema confessante bipolare da 1Cor 8,6: ei|" qeo"... kai; ei|"
kuvrio" Ihsou'" Cristov", con la descrizione dellopera salvica di Cristo
da Gal 1,4 (tou' dovnto" eJauto;n); ma unito con Mc 10,45 sul Figlio delluomo venuto a dare la sua vita luvtron ajnti; pollw'n.
In 1Tm 3,16b sono unicate molteplici tradizioni: per lincarnazione da
2Gv 7 (ejrcovmenon ejn sarkiv) (cf. Gv 1,14); per la resurrezione, forse da Rm
1,4; ma la formula da 1Cor 6,11 (ejdikaiwvqhte... ejn tw/' pneuvmati); per le
apparizioni, a 1Cor 15,5-7 dove ricorre di frequente la forma tecnica w[fqh;
per lannuncio ai popoli, noi abbiamo creduto di trovare analogie lessicali
con Mc 13,10 (eij" pavnta ta; e[qnh...dei' khrucqh'nai to; eujaggevlion), senza
escludere Gal 2,2 (to; eujaggevlion o} khruvssw ejn toi'" e[qnesin) e Col 1,6
per la sua accoglienza nel mondo (kaqw;" kai; ejn panti; tw/' kovsmw/ ejsti;n
karpoforouvmenon). La sua elevazione alla gloria, ha la forma tecnica che
si legge in At 1,2 (ajnelhvmfqh) (cf. At 1,11: ajnalhmfqeiv") e in Mc 16,19

183. Il problema ancora aperto: cf. Schnelle, Einleitung in das Neue Testament, 353-

354.

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

297

(ajnelhvmfqh eij" to;n oujrano;n kai; ejkavqisen ejk dexiw'n tou' qeou'). Ma ejn
dovxh/ certamente da Lc 24,26 (eijselqei'n eij" th;n dovxan aujtou'). Il riferimento di 1Tm 6,13 alla testimonianza di Ges per la morte potrebbe risalire
a Gv 18,37 (i{na marturhvsw th/' ajlhqeiva/), come ipotesi pi evidente.
Per 2Tm 1,9-10 ho riaffermato con ordine le relazioni intertestuali pi
note. Per la chiamata divina alla salvezza secondo il suo progetto (o
proposito), Rm 8,28.30 al primo posto (toi'" kata; provqesin klhtoi'"
ou\sin... ou}" de; prowvrisen, touvtou" kai; ejkavlesen). Ma per la grazia
concessa in Cristo Ges ante omnia saecula con tale intenzione, dovremmo ricorrere a Ef 1,6 dove si legge che tale scelta pretemporale fu operata eij" e[painon dovxh" th'" cavrito" aujtou' h|" ejcarivtwsen hJma'" ejn tw/'
hjgaphmevnw/, rassicurati dal fatto che in Ef 1,11 si ha le stessa idea espressa
con formula analoga dicendo ejn w/| kai; ejklhrwvqhmen proorisqevnte" kata;
provqesin tou' ta; pavnta ejnergou'nto" kata; th;n boulh;n tou' qelhvmato"
aujtou'. Ma per lo schema rivelativo che ad essa si riferisce (data prima
dei secoli / manifestata ora), abbiamo dovuto ipotizzare una ripresa generica da Rm 16,26a (fanerwqevnto" de; nu'n) e una pi precisa da Col 1,26
(nu'n de; ejfanerwvqh). Ma sia in un caso che nellaltro il riferimento al
to; musth'rion (Rm 16,25 e Col 1,26.27), che il Cristo. Qui invece alla
cavri" a noi data in Cristo e per mezzo di lui rivelata alla sua manifestazione (dia; th'" ejpifaneiva" tou' swth'ro" hJmw'n Cristou' Ihsou': 2Tm 1,10).
Per 2Tm 2,11b-13 abbiamo confermato la derivazione dellidea del
morire insieme e del vivere insieme, dalla catechesi battesimale di
Rm 6,8 (eij de; ajpeqavnomen su;n Cristw/', pisteuvomen o{ti kai; suzhvsomen
aujtw/'). Ma per il regnare insieme, abbiamo trovato un parallelo letterario effettivo solo in Ap 20,4 dove dei morti uccisi per la testimonianza di Ges Cristo (dia; th;n marturivan Ihsou') scritto che risorsero kai;
e[zhsan kai; ejbasivleusan. Ma in Ap 20,6 precisa che regneranno con lui
(basileuvsousin met aujtou'). Tuttavia sulla possibilit del nostro e del
suo rinnegamento, ha trovato conferma la ripresa della tradizione evangelica da Mt 10,33 (o{sti" d a]n ajrnhvshtaiv me e[mprosqen tw'n ajnqrwvpwn,
ajrnhvsomai kajgw; aujto;n).
Per Tt 2,14 ho confermato che la presentazione della morte di Cristo
come offerta (o dono) di se stesso da Gal 1,4 come in 1Tm 2,6. Ma
il primo scopo, presentato come riscatto da ogni iniquit, indicato con
tradizione ispirata da LXX Sal 129,8 (kai; aujto;" lutrwvsetai to;n Israhl
ej k pasw' n tw' n aj n omiw' n auj t ou' ); il secondo, presentato come puricazione del popolo proprio, potrebbe essere ripresa da LXX Ez 37,23 (kai;
kaqariw' aujtouv" kai; e[sontaiv moi eij" laovn). Ma lespressione popolo
proprio certamente da LXX Es 19,5 (e[sesqev moi lao;" periouvsio")

298

N. CASALINI

(cf. LXX Dt 7,6; 14,2). In questo caso, evidente che la ripresa forma
un compimento.
In Tt 3,3-7 lo schema espositivo antitetico generale, nella forma di
rievocazione storica (allora / ma quando), ci parve una ripresa e un
riadattamento in senso storico-salvico dello schema esistenziale (allora /
ora), che Paolo usa in Rm 6,20-22 per indicare la condizione di vita prima
e dopo la conversione (o{te ga;r... nuni; dev) (cf. anche Rm 7,9: ejgw... pote
e Gal 1,13a: th;n ejmh;n ajnastrofhvn pote... o{te de; eujdovkhsen oJ qeo;"; e
Gal 1,23: povte / nu'n), Col 1,21 (uJma'" pote... nuni; dev) e Col 3,7 (pote,
o{te... nuni; dev ajpovqesqe); che in Ef 2,1-7 gi usato in questo modo: al
povte che si riferisce alla condizione passata nel peccato (Ef 2,2: ejn ai|"
pote periepathvsate; Ef 2,3: ejn oi|" kai; hJmei'" pavnte" ajnestravfhmevn
pote) corrisponde lazione salvica di Dio, introdotta senza o{te, ma con
dev avversativo (Ef 2,4: oJ de; qeo;").
Da Ef 2,9 dipende probabilmente anche la formula escludente della giusticazione oujk ejx e[rgwn di Tt 3,5a. Mentre quella sulla giusticazione per
sua grazia potrebbe derivare dallo stesso Paolo, Rm 3,24 (dikaiouvmenoi...
th/' aujtou' cavriti), mutato con Rm 5,1 in dikaiwqevnte" ou\n. Ma lidea
della giusticazione per mezzo del battesimo, considerato come una morte e rinascita a vita nuova, potrebbe essere da Rm 6,7 (oJ ga;r ajpoqanw;n
dedikaivwtai ajpo; th'" aJmartiva").
Queste, in sintesi, alcune della tradizioni fondamentali riprese nei testi
cristologici e soteriologici delle Pastorali che ho esaminato. Ma in ognuno
di questi, apparsa anche evidente che erano riproposti in modo nuovo,
non solo per le formule di presentazione, che sono originali, senza parallelo
altrove; ma anche per le idee teologiche, che sono riprese e sviluppate in
sintesi diverse, con altre categorie, pi universali, o pi precise e rigorose;
e, cosa pi sorprendente, con un abbandono evidente delle categorie della
teologia giudaica, ed una assunzione di quelle pi generali della cultura e
della religione greca, che conferiscono alla loro teologia la forma non specica e universalizzante, da tutti riconosciuta, anche se poco apprezzata da
coloro che avrebbero desiderato una ripetizione della teologia paolina.
In particolare, e limitandomi ai pi importanti, faccio notare che in
1Tm 2,5-6 lo schema confessante duplice, sul Dio unico, Padre creatore e
sullunico Signore mediatore della creazione, desunto da Paolo 1Cor 8,6,
radicalmente trasformato in uno schema salvico, per garantire luniversalit della salvezza voluta da Dio (1Tm 2,4), del quale afferma: il quale
vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verit. Per questo, dal principio che il Dio uno solo (ei|" qeov"), spiegata per
logica argomentativa la verit che anche uno solo il mediatore di Dio e

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI

299

degli uomini (ei|" kai; mesivth" qeou' kai; ajnqrwvpwn). Ma la sua mediazione
non pi garantita dalla sua signoria, come nel testo paolino (kai; ei|" oJ
kuvrio": 1Cor 8,6c), bens dal sacricio di s in riscatto per tutti (1Tm 2,6a),
secondo una categoria gi nota alla religiosit greca, in cui limmolazione
della vittima umana serviva a garantire lattuazione della volont salvica
divina (cf. il sacricio della glia di Agamennone in Iliade).
Quindi anche se il titolo mesivth", dato a Cristo Ges, quale mediatore
unico, tratto senza dubbio dalla Lettera agli Ebrei, unico testo del Nuovo
Testamento in cui gli attribuito per diritto sacerdotale acquisito con il
suo sacricio per volere di Dio (cf. Eb 8,6; 9,15 e 7,22), bisogna constatare
che di tale grandiosa teologia sacricale e sacerdotale non ripreso pi nulla, ed lasciato cadere anche il concetto di alleanza a cui era subordinata
in quel testo (cf. Eb 8,1-10,18).
In questo modo appare evidente che chi scrive ha operato una semplicazione per mostrare che la stessa idea poteva essere espressa con la semplice categoria di una morte subita a vantaggio di tutti, come in 2Cor 5,14c
(ei|" uJpe;r pavntwn ajpevqanen), ma qualicata come riscatto (ajntivlutron),
secondo le categorie della tradizione evangelica (Mc 10,45), per signicare che con essa stata data la liberazione da uno stato di schiavit, quale
soggezione al peccato. Tale, infatti, lo scopo per cui in 1Tm 1,15 scrive:
Cristo Ges venuto nel mondo per salvare i peccatori, di cui io sono il
primo.
In 2Tm 1,9-10 rievoca in sintesi il modo in cui Dio ci ha salvato (tou'
swvsanto" hJma'"), usando uno schema di categorie antitetiche, tratto dalla teoria della giusticazione: ouj kata; ta; e[rga hJmw'n ajlla; kata; ijdivan
provqesin kai; cavrin, derivate da Paolo (Rm 3,24: th/' aujtou' cavriti e Gal
2,16: oujk ejx e[rgwn novmou) ma gi trasformate in senso universale dalla
tradizione paolina e in funzione della salvezza gi compiuta, come appare evidente da Ef 2,8a.9a (cavritiv ejste sesw/smevnoi dia; pivstew"... oujk
ejx e[rgwn). Ma la vera novit nella stessa dottrina della grazia, che da
atto di grazia che condona gratuitamente la colpa (Rm 3,24: dikaiouvmenoi
dwrea;n th/' aujtou' cavriti), diventa grazia salvica eterna, in cui Dio dalleternit aveva fatto un progetto di salvezza in Cristo Ges, come risulta
dalla sua affermazione: data a noi in Cristo Ges prima dei tempi eterni,
ma manifestata ora per mezzo della manifestazione del nostro salvatore
Cristo Ges (dia; th'" ejpifaneiva" tou' swth'ro" hJmw'n Cristou' Ihsou')
che ha annientato la morte e fatto splendere vita e immortalit per mezzo
del vangelo (2Tm 1,9b-10).
Ma in questa presentazione della salvezza, la novit pi efcace nellintroduzione della categoria ejpifavneia, desunta dalla teologia della reli-

300

N. CASALINI

gione greca, per mezzo della quale e in modo implicito, ma diretto, la stessa
manifestazione di Cristo Ges, in cui Dio ha manifestato la sua grazia che
salva, presentata come apparizione salvica divina. Tale infatti era il
signicato corrente della parola nei testi religiosi, in cui documentata184.
Ma linnovazione pi consistente, per la sua evidente incidenza ecclesiale, in Tt 3,4-7 in cui questa stessa salvezza e questa stessa grazia
subordinata al battesimo per lo Spirito Santo, dato per mezzo di Ges
Cristo. Dice di Dio in Tt 3,5b-7: ci ha salvato per mezzo di un bagno (dia;
loutrou') di rigenerazione e rinnovamento di Spirito Santo (pneuvmato"
aJgivou) da cui ha riversato (ou| ejxevceen) su di noi in abbondanza per mezzo
di Ges Cristo nostro salvatore (dia; Ihsou' Cristou' tou' swth'ro" hJmw'n),
afnch giusticati per sua grazia (dikaiwqevnte" th/' ejkeivnou cavriti) diventassimo eredi della vita eterna secondo speranza.
Con ci ha inizio, secondo noi, quella forma di teologia che gli esegeti
di lingua tedesca denivano Frhkatholizismus di cui le tre novit indicate costituiscono alcuni degli elementi fondamentali, insieme alla dottrina
della chiesa, amministrativamente organizzata per garantire la verit della
tradizione con la prassi della successione apostolica, e che diventeranno
determinanti per la teologia dei secoli futuri, almeno presso sintesi teologiche di Padri greci185.
Presso i latini, e in particolare con Agostino, riprenderanno il sopravvento motivi teologici tipici della teologia paolina, con una riproposizione
conseguente delle categorie teologiche giudaiche in cui erano espresse, che
nelle Lettere Pastorali erano state superate da categorie pi universali, derivate dalla teologia greca naturale, elaborata secondo ragione e dipendenti
dal sentimento religioso naturale (eujsevbeia o pietas in latino), e non dalla
rivelazione della fede.
Nello Casalini, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

184. Il gi citato D. Lhrmann, Epiphaneia, 185-199.


185. Cf. K. Berger, Theologiegeschichte des Urchristemtums, Berlin etc. 19952, 583-584 e

E. Lohse, Grundgriss der neutestamentlichen Theologie, Stuttgart etc. 19745, 146-147.

ZACHARIE 12,10 RELU EN JEAN 19,37

F. Manns
Lhermneutique judo-chrtienne permet de saisir sur le vif non seulement la
centralit des Ecritures, mais aussi comment les premires communauts ont
interprt la Parole de Dieu. Dans le rcit de la Passion lEvangile de Jean fait
appel plusieurs citations de lEcriture pour montrer leur accomplissement.
Cest dire que son enracinement est dans la plus authentique tradition juive. La
foi en Jsus sest approfondie dans la confrontation avec le premier Testament.
G. Reim a consacr de nombreuses tudes aux citations scripturaires du quatrime Evangile1. Nous voudrions revenir sur la citation de Za 12,10 qui, avec
celle du Ps 34,21, est invoque aprs lpisode du coup de lance en Jn 19,37.
Les deux citations de lEcriture en Jn 19,36-37 expliquent le sens de la
scne relate, en particulier du sang et de leau qui jaillissent du ct de Jsus
en croix : la premire explique la signication du sang de lagneau pascal et
du juste, tandis que la seconde renvoie au don de leau pour la purication
du pch et de limpuret voqu en Za 13,1. En effet Za 12,10 souvre sur le
thme de leffusion de lEsprit et se clt par lannonce dune source ouverte
pour le pch et limpuret.
La citation de Jn 19,36 voque la fois lagneau pascal (Ex 12,46 et Nb
9,12), uni au serviteur2, et le juste perscut. Jsus est la fois lagneau et le
serviteur. De fait en Jn 1,29 le Baptiste avait fait le mme rapprochement :
lagneau de Dieu et celui qui enlve le pch du monde. Rapprocher Is 53,7 et
Ex 12 ctait afrmer que la mort de Jsus avait une valeur expiatrice comme
lexprime 1Jn 1,7.
1. G. Reim, Studien zum altestamentlichen Hintergrund des Johannesevangeliums, Cambridge

1974. X. Lon-Dufour, Lecture de lEvangile selon Jean, t. 4, Paris 1996, 29 rejette notre interprtation du kpos de Jn 18,1, car Kpos nest pas employ en Gen 2,8. Ce point de vue suppose
que lEvangile de Jean a toujours recours la version grecque de la LXX. Or ce nest pas le cas
en 19,37 et probablement pas en Jn 18,1 o la version dAquila porte kpos. Pour le texte de Jn
19,37 Lon-Dufour crit la page 174, note 130 : Celle-ci (la citation) scarte de la version
de la LXX (ainsi Burney, Lagrange). Selon toute probabilit, Jn a utilis une autre traduction
grecque, celle dont nous proviennent les citations tires de Za 9-14 en Mt 24,30 et Ap 1,7 (cf.
M.J.J. Menken, CBQ 55 [1993] 494-511 ; et R.E. Brown, Death, p. 1187). Voir aussi les tudes
de F.M. Braun, Jean le thologien. II : Les grandes traditions dIsral. Laccord des Ecritures
daprs le quatrime Evangile, Paris 1964 ; E.D. Freed, Old Testament Quotations in the Gospel
of John, Leiden 1965 ; C.A. Evans, On the Quotations Formulas in the fourth Gospel, BZ 26
(1982) 79-83 ; B.G. Schuchard, Scripture within Scripture. The interrelationship of form and
function in the explicit Old Testament citations in the Gospel of John, Atlanta 1992.
2. D.J.J. Menken, OT Quotations in the fourth Gospel. Studies in textual form, Leiden 1965,
152.
LA 56 (2006) 301-310

302

F. MANNS

Quant la deuxime citation, celle de Za 12,10 dont limportance a t


note bien des fois3 , il convient de lanalyser de prs. Ils regarderont vers
celui quils ont transperc.
Il faut rappeler que les citations de lEcriture dans le quatrime Evangile
posent un certain nombre de problmes : trois dentre elles proviennent verbatim
de la LXX4. Quant celles qui se rapprochent du texte hbreu de faon plus ou
moins libre, elles sont les plus nombreuses. Impossible doublier que la xation
du texte massortique est postrieure la composition du quatrime Evangile.
Linuence du targum la tradition orale qui accompagnait le texte crit est
notable plus au niveau de la smantique quau niveau littral du texte5.
Les formules dintroduction des citations varient : alors quau livre des
signes Jean a recours la formule : Kaths esti gegrammenon6, dans le livre
de la passion il emploie la formule hina plroth7 ou bien hina teleith8. En
Jn 12,38-40 une double citation clt la premire partie de lEvangile et en
Jn 19,36-37 une double citation prsente la mort de Jsus comme accomplissement des Ecritures. Enn Jean se sert de trois termes pour dsigner les
Ecritures : nomos9, graph10 et logos11. Cest dire que le Christ est le canon
ultime dinterprtation des Ecritures.
Commenons par lexamen du texte hbreu de Za 12,10 : Mais sur la
maison de David et sur les habitants de Jrusalem je rpandrai un esprit de
bienveillance et de piti, et ils porteront les regards vers moi quils ont perc
de leurs coups (hibbitu elay et asher daqaru), ils regretteront comme on
regrette un ls unique et le pleureront comme on pleure un premier-n.
Les lments essentiels du texte peuvent tre rsums ainsi12. Le jour de
Yhwh est prsent comme linstauration de son rgne et du jugement sur son
peuple et sur les nations. Leffusion de lEsprit de bienveillance et de piti
signiera une nouvelle cration du peuple. Le texte originel de Zacharie est
3. F.F. Bruce, The Book of Zechariah and the Passion narrative, BJRL 43 (1961) 336-353.
4. Jn 10,34 ; 12,38 et 19,24.
5. Reim, Studien, 182-183, souligne linuence du Targum au niveau de la thologie du

Logos et du Roi Messie.


6. Jn 1,23 ; 3,14 ; 6,31 ; 7,38 ; 12,14. En 1,23 ; 7,38 ; 8,17 et 15,25 il sagit de formules
propres Jean.
7. Jn 12,38 ;13,18 ; 15,25 ; 17,12 ; 19,24.36.
8. Jn 19,28.
9. Le terme est rserv gnralement au Pentateuque.
10. Cest ce terme qui est employ en Jn 19.
11. Except en Jn 1,23 et 12,39-40. qui mentionnent directement le prophte Isae.
12. P. Lamarche, Zacharie IX-XIV. Structure littraire et messianisme, Paris 1961 ; R. Tournay,
Zacharie XII-XIV et lhistoire dIsral, RB 81 (1974) 365.

ZACHARIE 12,10 RELU EN JEAN 19,37

303

une prophtie de salut : le regard tourn vers Yhwh exprime lesprance et


la conversion. Le fait de porter le regard vers Dieu est interprt comme un
geste de conance et de discernement de son oeuvre. Il parat exorbitant de
penser que le prophte ait pu appliquer la transxion Yhwh. Cest la raison
des corrections du sufxe de la premire personne en sufxe de la troisime
personne : elay deviendrait alors elaw. Mais le prophte avait dj identi la
maison de David avec Yhwh en 12,8. Celui qui a t perc de leurs coups est
un homme tu et condamn par la maison royale. La lamentation du peuple est
lexpression du repentir. Selon la version du Targum Za 12,11 le texte viserait
Josias qui fut tu Meggido. Dautres exgtes voient en Za 12,10 le Serviteur
dIs 53 qui meurt transperc. Sa mort entrane le changement de disposition
chez les chefs et le peuple tout entier13. Le transperc est une victime innocente
qui ralise une purication totale par louverture dune source pour le pch
et limpuret en Za 13,1. La possibilit du salut pour ceux qui se tournent vers
lui est ainsi indique. Le jugement nal suivra comme lindique Za 13,7-9.
Lamarche14, dans son tude de la structure de Za 9-14, met en parallle le
transperc de Za 12,10 avec le Pasteur frapp de Za 13,7-9. Dans la structure
densemble du livre ces deux textes correspondent au Pasteur rejet par son
peuple de Za 11,4-17.
Dans la LXX le verbe hbreu nbt el a t traduit par epiblep pros, alors
que Jn 19 le rend par hora eis. Le verbe hbreu dqr (transpercer) a t traduit
par katorcheomai qui traduit lhbreu rqd (danser). Les lettres resh et dalet
ont t inverses. Curieusement la version syriaque de Zacharie reprend les
deux verbes : dqr et rqd. Lhbreu et asher est traduit par anthn en grec
qui introduit une proposition causale15. A noter que la LXX traduit le verbe
hbreu dqr de Za 13,3 par sumpodiz.
Cependant des variantes de la version des LXX doivent tre notes. Une
version semblable Jn 19,37 est connue dans les codex 86, 407 et 613 qui
appartiennent la recension de Lucien, dans les codex armniens et thiopiens, dans les citations de Justin, Dialogue 14,32,64 et dans les citations de
nombreux Pres (Thodore de Mopsueste, Thodoret et Cyprien).
La version d'Aquila porte syn exekentsan16, celle de Symmaque emprosthen epexentsan17 et celle de Thodotion porte hon exekentsan. Nous
13. Lhorizon est cependant limit aux frontires de la maison de David en Zacharie. Ap 1,7

reprenant ce texte llargira tous les peuples de la terre.


14. Lamarche, Zacharie IX-XIV, 112-113.
15. Menken, OT Quotations in the fourth Gospel, 172, n. 18.
16. On sait quAquila traduit la particule et par syn.
17. La prposition emprosthen traduit lexpression targumique : mn qdmy.

304

F. MANNS

avons montr que lEvangile de Jean connat la version dAquila et lexploite


en Jn 18 o il prfre la version de kpos pour dsigner le paradis la version
des LXX qui emploie paradeisos.
La version syriaque de la Peshitta emploie les deux verbes dqr et rqd faisant
ainsi une synthse de la version hbraque et de la traduction des LXX.
Le Targum de Za 12,10 limine le transperc et introduit les exils : Je
verserai sur la maison de David et sur les habitants de Jrusalem un esprit de
bienveillance et de misricorde. Et ils me prieront propos des exils (dtltlw)
et ils se lamenteront sur lui (lwhy) comme on se lamente sur un ls unique et
ils seront amers comme on est amer propos d'un premier-n.
Le verbe hbreu dqr est traduit par l'itpalpel de la racine tll qui signie
tre exil.
Une note marginale du codex Reuchlinianus du Targum des Prophtes
publi par Sperber18 connat cependant linterprtation messianique de Za
12,10 : Je ferai habiter sur la maison de David et sur les habitants de Jrusalem
un esprit de prophtie et de prire de vrit. Aprs un certain temps sortira le
Messie, ls dEphraim, pour combattre contre Gog. Gog le tuera la porte
de Jrusalem et ils regarderont vers lui et ils me demanderont pourquoi les
nations ont transperc le Messie, ls dEphraim, et ils se lamenteront sur lui
comme se lamentent un pre et une mre sur un ls unique et ils seront dans
lamertume sur lui comme on est dans lamertume pour un premier-n.
Ce texte introduit la mention du Messie, ls dEphraim, qui est tu par
les nations la porte de Jrusalem.
La littrature synagogale du Targum et la littrature rabbinique connaissent
un Messie, ls dEphraim, distinct du Messie, ls de David. Les principaux
textes ont t examins bien des fois19. Il nous sufra den donner la liste
accompagne dun essai de datation.
Le texte le plus ancien semble tre le Targum Jonathan Ex 40,9-11 qui
pourrait dater dune priode intermdiaire entre les deux guerres juives20 :
Tu prendras lhuile de lonction et tu oindras le tabernacle et tout ce qui
sy trouve; tu le consacreras cause de la couronne de la royaut de la maison
de Juda et du Roi Messie qui est destin librer Isral la n des jours. Tu
oindras lautel de lholocauste et tous ses ustensiles; tu consacreras lautel et
18. A. Sperber, The latter Prophets according to Targum Jonathan, Leiden 1962, X.
19. J. Heinemann, The Messiah of Ephraim and the premature exodus of the tribe of Ephraim,

HTR 68 (1975) 6-7 ; S.H. Levey, The Messiah : an aramaic interpretation. The messianic
interpretation of the targum, Jerusalem 1974 ; R. Patai, The Messiah Texts. Jewish Legends
of three thousand years, Detroit 1979 ; G. Vermes, Jesus the Jew, London 1973, 139.253.
20. G.S. Oegema, The anointed and his people. Messianic expectations from the Maccabees
to Bar Kochba, Shefeld 1998, 268-269.

ZACHARIE 12,10 RELU EN JEAN 19,37

305

lautel sera trs saint, cause de la couronne de la royaut du sacerdoce dAaron et de ses ls et dElie qui est destin tre envoy au terme des exils. Tu
oindras le bassin et sa base et tu le consacreras cause de Josu ton serviteur,
le chef du Sanhdrin de son peuple, par les mains de qui la terre dIsral est
destine tre partage, et du Messie, ls dEphraim, qui sortira de lui, par
les mains de qui la maison dIsral est destine remporter la victoire sur
Gog et ses bandes, la n des jours.
Le Messie dEphraim, descendant de Josu, est prsent comme victorieux
sur Gog, lennemi symbolique dIsral. Le Targum Ct 4,5 qui est plus tardif
prsente ainsi les deux Messies : Tes deux seins sont comme deux faons,
jumeaux dune gazelle, qui paissent parmi les roses. Tes deux librateurs qui
te rachteront dans le futur sont le Messie, ls de David et le Messie, ls
dEphram21. Ils ressemblent Mose et Aaron, les ls de Jokebed compars
deux faons jumeaux22. Grce leurs mrites le peuple de la maison dIsral
fut nourri pendant quarante ans dans le dsert avec de la manne, des oiseaux
gras et avec leau du puits de Miryam23.
En Ct 7,4 lauteur retourne sur le thme : Tes deux seins sont comme deux
faons, jumeaux dune gazelle. Tes deux librateurs qui viendront te dlivrer
sont le Messie, ls de David et le Messie, ls dEphram. Ils ressemblent
Mose et Aaron, ls de Jokebed, comparables deux faons de biche.
Le texte principal reste le midrash Pesiqta Rabbati, Pisqa 36, dont la date
demeure discute. La souffrance du Messie, ls dEphraim, y est longuement
mise en vidence.
La baraita du Talmud de Babylone Suc 52ab commente Za 12,12 la
lumire de la tradition du Messie, ls de Joseph, qui fut tu. Klausner pense
que le texte de Za 12,10 et celui dIs 53 sont lorigine de la tradition du
Messie souffrant24.
Le Talmud de Jrusalem Suc 8,2 applique galement la lamentation de Za
12,10 au Messie selon lopinion de deux amoraim. La priode messianique
sera caractrise par de grandes souffrances.
21. Pesiqta Rabbati 36-37; Suk 52a. Cf. A. Wnsche, Die Leiden des Messias, Leipzig 1870 ;

G. Dalman, Der leidende und sterbende Messias der Synagoge, Berlin 1888 ; G.D. Dix, The
Messiah ben Joseph, JTS 27 (1926) 130-143 ; C. Torrey, The Messiah Son of Ephraim, JBL
66 (1947) 256 ; S. Hurwitz, Die Gestalt des sterbenden Messias, Stuttgart 1948 ; E. Toaff, Il
Messia glio di Giuseppe, ASE 1964-65, Roma 1966 ; A. Goldberg, Erlsung durch Leiden
(PeR 34.36.37), Frankfurt 1978.
22. Ex R 6,20 ; Ct R 4,12-13.
23. Ex 15,2216,36 ; Taanit 9a ; BM 86b.
24. J. Klausner, The Messianic Idea in Israel. From its beginnings to the completion of the
Mishnah, New York 1955, 204.

306

F. MANNS

Il est possible que la tradition des deux Messies soit une rfrence aux deux
rgnes dIsral, Ephraim reprsentant le rgne du nord, David celui du sud.
Lopinion majeure des exgtes attribue cependant la priode dHadrien le dveloppement de la thologie du Messie souffrant : cest pour expliquer lchec
de Bar Kochba proclam Messie par R. Aqiba que le judasme aurait soulign
la souffrance du ls dEphraim25. A noter que la tradition chrtienne mettra rapidement Jsus en rapport avec Joseph : les deux furent vendus par leurs frres
et sauvrent leur peuple26. Le discours de Barsabe de Jrusalem, qui prsente
de nombreux parallles avec les Kerygmata Petrou, en tmoigne27.
Nous avons deux sries de textes propos du Messie, ls dEphraim. Ce
dernier apparat tantt comme guerrier victorieux (Tj I Ex 40,11 ; Tg Cant
4,5 ; TN Nb 11,26 ; PRK 5 ; PR 15 ; CtR 2,13 ; NbR 14,1 ; Midrash Tehilim
87,6), tantt comme vaincu par Gog (Tg Za 12,10 ; Suc 52a ; PR 36). Comment expliquer ce changement? Quelle tradition est originale? Luc 24,25-27
suppose galement une tradition du Messie souffrant qui est ancienne. Point
nest besoin de recourir la tradition de la mort des Ephraimites qui quittrent lEgypte cause dune erreur de calcul (Tj I Ex 13,17 et Tg Ez 37) pour
expliquer la mort du Messie, ls dEphraim28.
Pour dater cette tradition nous disposons de deux textes. 3 Hnoch 45,5,
qui contient des matriaux qui pourraient remonter lpoque des Maccabes29, mentionne la gure du Messie, ls dEphraim, oppos au Messie, ls
de David, sans quil soit question de sa mort. 4 Esdras 7,28-30 dcrit ainsi la
n du monde : Mon ls le Messie sera rvl en mme temps que ceux qui
sont avec lui et ceux qui auront survcu se rjouiront durant quatre cents ans.
Puis mon ls, le Messie, mourra avec tous les humains. Le monde reviendra
son ancien silence, pendant sept jours comme au premier commencement
an que personne ne subsiste. Dans ce texte il est question de la mort du
25. Levey, The Messiah, 16 ; Klausner, The Messianic Idea, 492. Cest galement le point de

vue de G. Verms et de G.F. Moore. Par contre J. Jeremias, H. Riesenfeld, W.D. Davies pensent
que la tradition est pr-chrtienne.
26. Des lments de ce paralllisme sont dj prsents dans le Nouveau Testament o Jsus
est appel ls de Joseph. Dans le rcit du signe de Cana Marie dit aux serviteurs : Tout ce
quil vous dira faites-le. Cette parole renvoie Gen 41,55. La scne du lavement des pieds a
un antcdent en Gen 43,24.
27. F. Manns, Une nouvelle source littraire pour ltude du judo-christianisme, in Id.,
Les enfants de Rbecca, Paris 2002, 48-61.
28. J. Heinemann, The Messiah of Ephraim and the premature Exodus of the tribes of
Efraim, HTR 68 (1975) 1-15.
29. J.H. Charlesworth, Messianology in the Biblical Pseudepigrapha, in J.H. Charlesworth
- H. Lichtenberger - G.S. Oegema (ed.), Qumran messianism. Studies on the Messianic expectations in the Dead Sea Scrolls, Tbingen 1998, 41.

ZACHARIE 12,10 RELU EN JEAN 19,37

307

Messie. Le thme du Messie guerrier est ancien. On le trouve dans les oracles
de Balaam (Nb 23,15-24). Il semble bien quil faille distinguer la typologie
du Messie, ls de Joseph et celle du Messie, ls dEphraim.
Revenons au texte de Jn 19,37 qui, au lieu du verbe epiblep de la LXX,
a recours au verbe hora. Le verbe hora employ 66 fois dans lEvangile est
avec theore, theaomai et blep un des verbes de la vision30. Lorsquil a pour
objet Jsus hora aborde le problme de la foi. Voir les signes oblige se prononcer pour ou contre le Christ31. Voir et croire sont souvent associs32. En Jn
6,29.40.65 loeuvre de Dieu consiste croire en celui que Dieu a envoy. Celui
qui voit (theore) et croit en lui a la vie ternelle. Jn 12,44-45 met galement
en rapport les verbes voir et croire, comme dailleurs Jn 14,9-11.
Le thme du voir et croire prend un supplment de sens lorsquil est mis
en lien avec le signe du Fils de lhomme. Quatre textes mritent dtre pris en
considration : Jn 1,50-51 qui relate le dialogue avec Nathanal ; Jn 3,12-18
qui suit le dialogue avec Nicodme ; Jn 8,28-30 qui est situ durant la fte
des Tentes et Jn 12,23-36 qui prsente le krygme aux Grecs qui veulent voir
Jsus33. Il convient de noter que ces textes parlent de lexaltation du Fils de
lhomme (Hypsothnai en 3,14 et 8,2834 ; doxasthnai en 12,23). Lexaltation
du Fils de lhomme signie la fois sa mort et sa glorication. En Jn 1,51 le
Christ est proclam nouveau Temple35. De ce Temple devait jaillir leau vive
selon Jn 7,38. En Jn 3,14-15 le serpent dairain lev est une gure de llvation de Jsus sur la croix36 ; selon le texte biblique37 ceux qui regardaient
le signe dress dans le dsert taient guris par Dieu. En Jn 12,24 Jsus
afrme que le grain de bl qui meurt porte beaucoup de fruit, et en 12,32 il
promet quune fois lev de terre il attirerait lui tous les hommes.
Freed pense que le sujet du verbe opsontai est identique celui de ceux qui
se lamenteront sur le Fils lors du jugement eschatologique38. En effet Za 12,10,
oracle de salut, est cit galement en Mt 24,30 et en Ap 1,7, textes qui se r30. W. Michaelis, hora, TWNT 5, 343-344.
31. Jn 2,18.22.23 ; 6,30 ; 7,31.
32. Jn 1,7 ; 3,26.28.32-36.
33. Voir Is 52,15 (LXX).
34. Le verbe est employ en Is 52,13 (LXX).
35. Le thme est repris en Jn 2,19-22 et en Jn 4,19-28.
36. La tradition juive met le Messie en rapporte avec le serpent car la gmatrie des mots

Mashiah et nahash est identique.


37. Nb 21,4-9 et Sag 16,6-10.
38. Freed, Old Testament Quotations, 115. Cest galement lopinion de lauteur de la Lettre
de Barnab 7,9. R. Bultmann, Das Evangelium des Johannes, Gttingen 1957, 525 pensait
que le sujet du verbe opsontai tait les Juifs.

308

F. MANNS

frent la parousie. Pour Jean leschatologie est cependant actualise. Ceux


qui regarderont sont ceux qui ont condamn Jsus et les croyants, symboliss
par Marie et le disciple bien-aim, reconnatront dans le ct perc de Jsus
une fontaine de vie39. En effet en Jn 3,14-15 ; 12,24-38 et 8,28 lexaltation du
Christ et sa glorication signient lagrgation des croyants.
A noter cependant que le verbe opsontai ne fait pas partie dune narration,
mais introduit une citation de lEcriture qui a pour objet de donner le sens
de la mort de Jsus. La question de la foi implique dans le verbe hora se
pose devant le transperc : ceux qui regarderont sont ceux qui ont opt pour
la condamnation et ceux qui ont cru, car celui ne croit pas est dj jug.
Lobjet du regard est clairement exprim dans la citation de Jn 19 : cest
Jsus qui est lobjet du regard de foi. De nombreux passages du quatrime
Evangile le conrment en particulier Jn 1,49-51 ; Jn 3,12-18 ; Jn 8,28-30 et Jn
12,23-33. Lexaltation du Fils de lhomme devient le centre de ralliement de
la nouvelle communaut eschatologique. Ceux qui regarderont ne sont pas les
soldats qui ont transperc le Cruci ni les responsables de sa condamnation
mort. Ce sont les croyants, tous ceux pour qui lExalt devient source de
vie, qui tourneront un regard de foi vers le Cruci.
La citation de Za 12 donne une interprtation de la Passion et la preuve
scripturaire de tout ce qui avait t prdit par lEcriture. Loption dramatique de
la foi devant Jsus exalt en croix signie le jugement et le salut des croyants.
Za 12 doit tre tendu Za 13,1. La Passion signiera la purication de tout
le pays. Le grand tu est le Pasteur frapp par la volont de Dieu et ralisant
la purication du pays. Les citations daccomplissement des Ecritures napparaissent que dans la seconde partie du quatrime Evangile et conrment les
prtentions messianiques de Jsus.
Ap 1,7 reprend le thme de Za 12,10 et lassocie la vision de Dn 7 :
Le voici qui vient, escort de nues ; chacun le verra, mme ceux qui lon
transperc et sur lui se lamenteront toutes les races de la terre. Jn 19 applique la Passion de Jsus ce que lApocalypse de Jean dit propos du Christ
glorieux. Il anticipe lors de la crucixion la gloire du Ressuscit et donne au
verbe opsontai un sens eschatologique40.
En ce qui concerne la Vorlage des citations dans lEvangile de Jean les
opinions divergent. Reim41 est davis que le quatrime Evangile cite la LXX
39. R.E. Brown, The Gospel according to John, New York 1983, II, 954.
40. Le texte de Mt 24,30 contient galement une rfrence Za 12,10 combine avec Dn 7. Il

nest cependant pas question du transperc. Seul le verbe opsontai est repris ainsi que le thme
de la lamentation. Il sagit dune vision cleste et eschatologique du Fils de lhomme.
41. Reim, Studien, 88-96.

ZACHARIE 12,10 RELU EN JEAN 19,37

309

en 2,17 ; 10,34 ; 12,38 ; 19,24 et le TM en 13,18 ; 19,37 et probablement en


1,23 ; 6,31.45 ; 7,42 ; 12,15 ; 19,36. La citation de 12,13 laisse ouverte diffrentes possibilits, tandis que celle de 12,40 est une fusion du TM et de la
LXX. Pour les autres citations brves il est difcile de se prononcer (7,38 ;
8,17 ; 12,34 ; 15,25 ; 19,28).
Obermann42 attribue la LXX les textes de Jn 1,23 ; 6,31.45 ; 12,13 ;
19,36. Le TM aurait inspir les citations de Jn 13,18 et 19,37. Le cas de trois
citations (12,15.40 ; 15,25) est difcile rsoudre. Il reste que la LXX est le
texte le plus utilis par la communaut chrtienne.
Freed43 a not que le TM concorde avec la LXX seulement en Jn 2,17 ;
10,34 ; 12,38 ; 19,24 (12,13?). Gnralement le texte de la LXX est celui du
Sinaiticus et des codex A B. Jn ne suivrait le TM quen 19,37.
Jean cite les Ecritures la Torah, les Prophtes et les Psaumes avec
une grande libert et les adapte au contexte immdiat. En Jn 19,37 la citation
de Za 12,10 est parfaitement imbrique dans le contexte. Souvent le climat
polmique oblige rsoudre les discussions par une citation des Ecritures
comme cest le cas en 2,17 ; 10,34 et 12,13-15. Les adversaires de Jsus ont
recours eux aussi lEcriture en 6,31 ; 7,42 ; 12,34.
Il faut noter cependant qu partir de Jn 12,38-40 les formules dintroduction des Ecritures se caractrisent par la prsence du verbe plro et par
le fait quelles interprtent les vnements de la Passion. La Passion est
laccomplissement des Ecritures pour Jean. Loin dtre un obstacle la foi
en la messianit de Jsus, ces dernires soulignent limportance des textes
scripturaires qui saccomplissent. En Jn 12,38-40 et 19,36-37 deux citations de
lEcriture senchanent. Bien que le verbe plro ne soit pas rpt deux fois,
il est clair que lEvangliste entend montrer laccomplissement des Ecritures
(graph) dans les deux cas, comme lindique dailleurs la particule palin.
Le livre de Zacharie a laiss une empreinte trs forte sur lEvangile de Jean.
Il a fourni les testimonia scripturaires retenus par la communaut primitive.
Dans le contexte de la Passion, lors de lentre de Jsus Jrusalem en Jn 12,15,
cest le texte de Za 9,9 qui est cit explicitement. En Jn 16,32 lannonce de la
dispersion des disciples renvoie implicitement Za 13,7. En Jn 2,16, dans la
scne de la purication du Temple, cest encore le texte de Za 14,21 qui est cit44.
Il nest pas exclu que Jn 10 dans la parabole du bon pasteur renvoie Za 9,16
42. A. Obermann, Die christologische Erfllung der Schrift im Johannesevangelium, Tbingen

1996, 332-333.
43. Freed, Old Testament Quotations, 126.
44. Non pas dans la version des LXX, mais du Targum qui remplace le terme cananen
par marchand.

310

F. MANNS

et Za 10,3 o le thme revient. Enn le schma de rvlation de Jn 19,5 idou


ho anthropos45 pourrait sexpliquer galement par Za 6,12, texte messianique
o il est question de ish zemah que la LXX a traduit idou anr, anatol onoma
aut(i). Philon dAlexandrie connat une variante : idou anthropos46. Les Synoptiques de leur ct exploitent le prophte Zacharie. Za 13,7 qui mentionne
le Pasteur frapp et les brebis disperses est cit en Mt 26,31 et Mc 14,27. Les
trente sicles de Za 11,13 sont lorigine du midrash cr en Mt 27,9 pour expliquer la mort mystrieuse de Juda. Za 12,10-12 a t appliqu la parousie
du Fils de lhomme par Mt 24,30 et par Ap 1,7 : toutes les races de la terre se
lamenteront la vue de Celui qui vient sur les nues. Laspect du jugement est
soulign en Ap 1,7 la citation ajoute : ceux qui lont transperc. La mme
interprtation est reprise par Justin, Apologie 52,12 et dans la Lettre de Barnab
7,9. Cest dire que le livre de Zacharie a fourni les Testimonia de la Passion du
Christ au mme titre que le livre dIsae et celui des Psaumes.
On nous permettra de conclure cette tude avec une citation du document
de la Commission Biblique : Linterprtation de la Bible dans lEglise47 :
Lhermneutique biblique, si elle est du ressort de lhermneutique gnrale
de tout texte littraire et historique, est en mme temps un cas unique de cette
hermneutique. Ses caractristiques spciques lui viennent de son objet. Les
vnements du salut et leur accomplissement en la personne de Jsus-Christ
donnent sens toute lhistoire humaine. Les interprtations historiques nouvelles ne pourront tre que le dvoilement ou le dploiement de ces richesses de
sens. Le rcit biblique de ces vnements ne peut tre pleinement compris par
la seule raison. Des prsupposs particuliers commandent son interprtation,
tels la foi vcue en communaut ecclsiale et la lumire de lEsprit. Avec la
croissance de la vie dans lEsprit grandit chez le lecteur, la comprhension
des ralits dont parle le texte biblique.
Frdric Manns, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

45. Voir louvrage de C. Panackel, Idou ho anthrpos, Roma 1988. Lauteur expose toutes

les thories proposes par les Pres et les exgtes modernes la lumire des autres textes
johanniques qui font intervenir anthrpos. Il rduit le sens de anthrpos celui de ls de
lhomme, ls de Dieu, serviteur souffrant et homme par excellence. Il oublie de mentionner
que la LXX de Nb 24,7 et Nb 24,17 donne au terme anthrpos une dimension messianique
conrme par le Targum.
46. Eusbe, Praep XI,15
47. Cit du Vatican 1993, II A2.

DUE NOTE FILOLOGICHE


DI GRECO BIBLICO

R. Pierri
I. Concordanza a senso dellarticolo nel greco biblico (NT - LXX)
In questa nota si rileva il fenomeno della concordanza a senso dellarticolo
nel greco biblico (NT - LXX)1. Come si vedr, si tratta di una forma di
ellissi piuttosto rara. I casi elencati di seguito riguardano la concordanza a
senso nel numero: singolare - plurale2.
NT
At 2,53 Hsan de; eij " Ierousalh; m katoikou' n te" Ioudai' o i, a[ n dre"
eujlabei'" ajpo; panto;" e[qnou" tw'n4 uJpo; to;n oujranovn Soggiornavano allora a Gerusalemme dei Giudei, uomini pii (provenienti) da ogni nazione
che sono sotto il cielo5.
LXX6
Nm 16,34 kai; pa'" Israhl oiJ (vs rv,a}) kuvklw/ aujtw'n e[fugon7.

1. Salvo altra indicazione, i testi di riferimento sono per i Lxx: A. Rahlfs - R. Hanhart (ed.),

Septuaginta. Editio altera, Stuttgart 2006; per il Nuovo Testamento: B. et K. Aland et alii,
Novum Testamentum Graece, Stuttgart 199327.
2. La registrazione del corrispondente ebraico (per i LXX) permette di comprendere meglio
le possibili e concorrenti rese in greco.
3. Unico esempio nel NT.
4. Il singolare tou' appare nel codice Y. Cf. R. Swanson (ed.), New Testament Greek Manuscripts. Variant Readings Arranged in Horizontal Lines Against Codex Vaticanus. The Acts
of the Apostles, Shefeld - Pasadena 1998, 16.
5. La Vulgata ha: ex omni natione, quae sub caelo sunt. Appare il singolare est nei codici
F A S e nelle edizioni Clementina e di I. Wordsworth - H. I. Withe - H. F. D. Sparks. Cf.
Biblia Sacra iuxta Vulgatam editionem, Stuttgart 1969, ad locum. La lingua latina non ha
n larticolo n il participio presente del verbo sum. Dove la lingua greca ha il participio
attributivo la lingua latina ha il pi delle volte una proposizione relativa. La Vulgata evidenzia come, nei passi considerati, il contesto permette la concordanza a senso.
6. Pochi esempi.
7. J. W. Wevers, LXX. Notes on the Greek Text of Numbers (SCS 46) 1998, 276: All Israel
is anderstood as a collective, and rva is rendered by the plural oiJ. La Vulgata ha: omnis
Israhel, qui stabat. In latino, naturalmente, si ha lintegrazione del verbo.
LA 56 (2006) 311-316

312

R. PIERRI

1Re 14,15 kai; pa'" oJ lao;" oiJ ejn messab (vs bX;M'h').
1Re 14,21 meta; Israhl tw'n (vs rv,a})8 meta; Saoul kai; Iwnaqan.
1Mac 5,45 kai; sunhvgagen Iouda" pavnta Israhl tou;" ejn th'/ Galaadivtidi9.
DanTeod. 9,7 kai; panti; Israhl toi'" ejggu;" kai; toi'" makra;n10 (vs ybiroQ]h'
yqijorh;w) ejn pavsh/ th'/ gh'/11.
Dagli esempi si nota che lantecedente dellarticolo sempre un collettivo. La traduzione richiede lintegrazione del participio attributivo del
verbo eijmiv o di un sinonimo o di altro verbo ricavabile dal contesto, come
risulta da altri testi in cui il participio si trova espresso.
Nei testi che seguono la concordanza ancora a senso ma il participio (non solo di eijmiv) espresso: Dt 4,17 oJmoivwma panto;" kthvnou"
tw'n o[ntwn12 (vs rv,a}) ejpi; th'" gh'"; 1Re 2,14 kata; tavde ejpoivoun panti;
Israhl toi'" ejrcomevnoi"13 (yaiB;h') qu'sai kurivw/ ejn Shlwm; 3Re 12,10 tavde
lalhvsei" tw'/ law'/ touvtw/ toi'" lalhvsasi (WrB]Di rv,a}) pro;" sev14.
noto che il participio attributivo una costruzione concorrente a quella del relativo15. Molto frequente larticolo pienamente concordato con
8. I codici c x hanno tou'. Cf. A. E. Brooke - N. McLean - H. St. J. Thackeray (ed.), The

Old Testament in Greek, vol. II, parte I, Cambridge 1927, 43. Il plurale appare nella Vulgata:
cum Israhele, qui erant.
9. Nella Vulgata il plurale si ha gi nellantecedente: ... universos Israhelitas, qui erant in
Galaditiden.
10. Nel corrispondente testo dei LXX si ha kai; panti; tw'/ law'/ Israhl tw'/ e[ggista kai; tw'/
ajpwtevrw.
11. Nella Vulgata si legge: omni Israhel, his qui prope sunt et his qui procul.
12. Ma in seguito si ha oJmoivwma panto;" ojrnevou pterwtou' o} (vs rv,a}) pevtatai uJpo; to;n
oujranovn. Il participio attributivo al singolare (tou' o[nto") si trova in Teodoreto di Ciro (Dtap)
e nelle versioni etiopica e bohairica. Cf. J. W. Wevers (ed.), Deuteronomium, Gttingen
1977, ad locum. Nella Vulgata si legge: similitudinem omnium iumentorum quae sunt
super terram vel avium sub caelo volantium.
13. Attestato il singolare <tw'/ ejrcomevnw/> 74 in Brokke - McLean - Thackeray, vol. II, parte
I, 7: codice dalledizione di R. Holmes - J. Parsons, Vetus Testamentum Graecum cum variis
lectionibus, I-V, Oxford 1798-1827. Il plurale appare anche nella Vulgata: sic faciebant
universo Israheli venientium in Silo.
14. Nella Vulgata: sic loquere populo huic qui locuti sunt ad te.
15. A modo di esempi si offrono testi tratti dai LXX e dal NT ma senza concordanza a
senso. In Gen 23,9 kai; dovtw moi to; sphvlaion to; diplou'n o{ ejstin (vs rv,a}) aujtw'/, to; o]n
(vs rv,a}) ejn mevrei tou' ajgrou' aujtou' il traduttore, come si vede, rende il relativo ebraico
rv,a} con una relativa e un participio attributivo. In Lv 4,9 kai; tou;" duvo nefrou;" kai; to;

DUE NOTE FILOLOGICHE DI GRECO BIBLICO

313

lantecedente, con ellissi, in genere, del participio di eijmiv (pi raro di altro
verbo16) che pone in posizione attributiva un complemento, un avverbio,
un pronome, un nome17.
II. Nota su o{ti in Gal 4,6
Sullinterpretazione del valore contestuale della congiunzione o{ t i in
Gal 4,6 vi sono tre pareri: causale (Perch), dichiarativo (E che),
dimostrativo-effettivo (E la prova che18). Il testo Oti dev ejste uiJoiv,
ejxapevsteilen oJ qeo;" to; pneu'ma tou' uiJou' aujtou' eij" ta;" kardiva" hJmw'n
kra'zon: ajbba oJ pathvr.
stevar to; (vs rv,a}) ejp aujtw'n o{ ejstin (vs rv,a}) ejpi; tw'n mhrivwn lattributivo tov ellittico
del participio o[n. Un caso analogo in 2Re 7,9 kai; h[mhn meta; sou' ejn pa'sin oi|" (vs rv,a})
ejporeuvou... kai; ejpoivhsav se ojnomasto;n kata; to; o[noma tw'n megavlwn tw'n (vs rv,a}) ejpi;
th'" gh'". In Gdc 6,11 uJpo; th;n dru'n th;n ou\san (vs rv,a}) ejn Efraqa th;n (vs rv,a}) tou'
Iwa" il participio di eijmiv presente solo la prima volta. DanLXX 12,6 ha kai; ei\pa tw'/
eJni; tw'/ peribeblhmevnw/ ta; buvssina tw'/ (vs rv,a}) ejpavnw, ma in Teodozione si trova o}" h\n
ejpavnw. Nel NT un esempio di articolo come variante del relativo si trova in Col 1,4 kai;
th;n ajgavphn h}n e[cete (thvn D2 Y 1739. 1881 ) eij" pavnta" tou;" aJgivou". Anche in questo
caso lalternativa alla relativa il participio attributivo: lintegrazione del participio ou\san
(o di altro verbo) appare possibile. In genere, se si scioglie il participio attributivo in forma
esplicita con una relativa, cio con verbo nito, il relativo va al nominativo, come dimostrano le varianti dei seguenti passi del NT. In Gv 4,14 invece di o}" d a]n pivh/ (ejk tou' u{dato")
di altri testimoni (lezione del testo critico) nei codici * D si ha oJ de; pivnwn. At 10,5 (kai;
metavpemyai Sivmwnav tina) o}" ejpikalei'tai Pevtro" ma to;n ejpikalouvmenon Pevtron in E Y
33 (cf. 11,13); 14,15 (ejpistrevfein ejpi; qeo;n zw'nta,) o}" ejpoivhsen (ma to;n poihvsanta
in D) to;n oujrano;n kai; th;n gh'n. Rm 16,7 (oi{tinev" eijsin ejpivshmoi ejn toi'" ajpostovloi",)
oi} kai; pro; ejmou' gevgonan ejn Cristw/' ma toi'" pro; ejmou' in D F G.
16. Contestualmente, in Es 29,23, il traduttore integra (nel Testo Masoretico non ha corrispondenza) il participio proteqeimevnwn nel passo tw'n ajzuvmwn tw'n (vs rv,a}) proteqeimevnwn
e[nanti kurivou.
17. Ci limitiamo ad alcuni testi. Es 7,17 ejgw; tuvptw th'/ rJavbdw/ th'/ (vs rv,a}) ejn th'/ ceiriv mou
ejpi; to; u{dwr to; (vs rv,a}) ejn tw'/ potamw'/; Dt 21,2 ejpi; ta;" povlei" ta;" kuvklw/ (vs rv,a}) tou'
traumativou; 2Re 16,13 kai; prosevceen to; ai|ma tw'n eijrhnikw'n tw'n (vs rv,a}) aujtou' ejpi; to;
qusiasthvrion; 2Par 1,16 kai; hJ e[xodo" tw'n i{ppwn tw'n (vs rv,a}) Salwmwn ejx Aijguvptou.
18. Questo valore mi stato segnalato dal professore Angel Urbn (Univerdidad de Crdoba), a cui devo anche il rinvio a Nuevo Testamento. Traduccin del Nuevo Testamento por
J. Mateos - L. Alonso Schkel. Introducciones, notas y vocabulario bblico de J. Mateos con
la colaboracin de F. Camacho, A. Urbn, J. Rius, J. Barreto, Madrid 19872, 1356: Y la
prueba de que sois hijos, es que Dios envi. Similmente in C.F.D. Moule, An Idiom Book
of New Testament Greek, Cambridge 19592, 147: not because you are sons, God sent,
but [proof] that you are sons [is the fact that] God sent. Grassetto dellautore. - Dopo
aver accennato al valore causale e dichiarativo, M. Zerwick, Graecitas biblica (1966) 419
osserva: Ex contextu omnino praeferenda haec altera interpretatio (sed ex parte linguae res

314

R. PIERRI

Prima di proporre una mia interpretazione del testo va osservato quanto


segue. Il costrutto o{ti dev occorre anche in Lc 20,37; Gv 15,1919; At 13,3420;
Gal 3,11. Nei Lxx non attestato. I due testi pi vicini sono Lc 20,37 e
Gal 3,11.
In Lc 20,36 si legge oujde; ga;r ajpoqanei'n e[ti duvnantai, ijsavggeloi
gavr eijsin kai; uiJoiv eijsin qeou' th'" ajnastavsew" uiJoi; o[nte" infatti neanche possono pi morire, perch sono simili agli angeli e sono gli di Dio,
essendo gli della risurrezione. Il versetto successivo (v. 37) riprende il
concetto mediante o{ti de; ejgeivrontai oiJ nekroiv, kai; Mwu>sh'" ejmhvnusen
Che poi i morti risuscitino, (lo) ha indicato anche Mos. Manca il pronome anaforico a cui supplisce, ma solo in parte, la temporale successiva wJ"
levgei kuvrion to;n qeo;n Abraa;m kai; qeo;n Isaa;k kai; qeo;n Iakwvb quando
chiama (il) Signore il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe. Qui lo{ti retto da un verbum dicendi espresso.
Il testo di Gal 3,11 in s completo o{ti de; ejn novmw/ oujdei;" dikaiou'tai
para; tw/' qew/' dh'lon, o{ti oJ divkaio" ejk pivstew" zhvsetai E che nessuno mediante la legge sia giusticato davanti a Dio () evidente, perch il
giusto vivr per fede. Il neutro dh'lon, ellittico della copula, regge lo{ti
dichiarativo che introduce la soggettiva in prolessi.
Linterpretazione dichiarativa in Gal 4,6 non possibile, perch, integrando ad esempio dh'lon, ma non sembra essere unintegrazione soddisfacente21, la congiunzione coordinante dev andrebbe riferita alla reggente
dh'lovn (ejstin) e non pi alleffettivo verbo reggente che ejxapevsteilen.
Bisognerebbe supporre, sostenendo questa ipotesi, una coordinazione asindetica per questo verbo o integrare gav r dopo22. Sul piano strettamente
dirimi non potest), ita ut vertendum sit: vos autem lios esse (ex eo manifestum est) quod
Deus misit spiritum Filii sui in corda nostra. Dura illa ellipsis videtur sat communis
esse in stilo forensi, ubi asserto orationis documentatio additur. Per la discussione sui due
valori causale e dichiarativo cf. A.M. Buscemi, Lettera ai Galati. Commentario esegetico,
Jerusalem 2004, 395-396.
19. Qui o{ti con evidente valore causale.
20. Anche in questo caso o{ti ha valore causale.
21. Il senso del periodo non sarebbe scorrevole. Ricostruendo si avrebbe: E che siete gli
di Dio, evidente. Non a caso in Gal 3,11 il periodo seguito da una subordinata causale.
Se proprio si sceglie questa strada preferibile pensare ad una integrazione meno neutra:
E, che siete gli, (lo dimostra / ne prova il fatto / dimostrato dal fatto che), ossia un
verbo o espressione equivalente che possa reggere il verbo successivo. La Bibbia di Gerusalemme (CEI 1971) ha optato per questa interpretazione: E che voi siete gli ne prova
il fatto che. La traduzione: E prova che siete gli si che si trova in La Sacra Bibbia (a
cura di S. Garofalo, 1966). Cf. sopra la nota 1.
22. Anche se asindetica, la coordinazione in ogni caso esiste.

DUE NOTE FILOLOGICHE DI GRECO BIBLICO

315

grammaticale questa soluzione non ha appoggi concreti23: manca qualsiasi


elemento che regga in modo soggettivo o oggettivo la dichiarativa.
Probabilmente a monte dellanalisi dichiarativa vi la volont di collegare le due principali ejxapevsteilen oJ qeov" (4,4.6) con la temporale o{te
de; h\lqen to; plhvrwma tou' crovnou ma quando giunse la pienezza del
tempo (4,4). Questo aspetto tocca la teologia, per cui senza dubbio i due
atti di invio compiuti da Dio dipendono dal to; plhvrwma tou' crovnou, che,
naturalmente, stabilito da Dio24. Non si pu pensare, per, a questi invii
se non destinati alluomo.
Se sul piano teologico i due invii dipendono da un unico disegno, la
distinzione sul piano temporale, di come si sono svolti gli avvenimenti e
della rivelazione, rimane. A Paolo preme in concreto dire che siamo gli
di Dio ma evitando fraintendimenti. Se lo siamo perch abbiamo ricevuto
ladozione a gli per opera del Figlio mandato da Dio. Questa la condizione previa allinvio dello Spirito. Dunque, una volta inviato il Figlio,
Dio invia lo Spirito. Se si vuole: poich ha mandato il Figlio, manda lo
Spirito. Il nesso causale, per, riguarda noi, perch siamo nella condizione
di ricevere lo Spirito solo dopo aver ricevuto ladozione a gli. Ma linvio
dello Spirito nei nostri cuori non dipende da noi, ma dalla gliolanza che
abbiamo ricevuto. Questo il senso della causa. Infatti lo Spirito, gridando
nei nostri cuori Abb, Padre!, non fa che esprimere la paternit di Dio
e dunque riaffermare e autenticare la nostra gliolanza. In conclusione, se

23. Va detto in linea generale che, se si sostiene lintegrazione di unespressione o un

elemento in un dato contesto, si afferma una sua possibile ellissi. nota la frequenza di
questo fenomeno. In un contesto ellittico lelemento mancante, sia pure unintera proposizione, non investe la struttura coordinante o subordinante del testo. Se lellissi reale,
lo anche lintegrazione. In questo caso lelemento integrato non comporta laggiunta
di altri elementi di sostegno o reggenza nel contesto, soprattutto di una congiunzione
coordinante che lo unisca a un altro elemento. Infatti spesso si dice che vi lellissi
di una proposizione (soprattutto di un verbo), ellissi per sostenuta dalla costruzione e
soprattutto dalla presenza di un elemento che funge da segnale dellellissi, in genere
una congiunzione, a meno che, in linea ipotetica, non si tratti di un inciso o si sostenga
che vi sia un rapporto sintattico paratattico. Ma unipotesi tutta da dimostrare. Si pu
dare il caso che vi sia lellissi di mevn (particella) o di dev (congiunzione) ma nel testo
non pu mancare anche lelemento correlato o coordinato. O manca luno o laltro, non
possono mancare entrambi. Pena loscurit espressiva. Al riguardo si confrontino gli
esempi di ellissi nel NT in BDR 480-481. Istruttivo anche il paragrafo 483 successivo sulla brachilogia.
24. Non il pleroma del tempo a stabilire quando Dio deve inviare il Figlio, quasi che il
tempo sia rispetto a Dio ci che il fato rispetto agli di. Ma Dio, che aveva stabilito di
mandare il Figlio e lo Spirito, li invia determinando il pleroma del tempo. Nessun determinismo al di sopra di quanto Dio ha stabilito.

316

R. PIERRI

possiamo considerarci e dirci gli di Dio, lo possiamo fare perch Dio ci


ha inviato il Figlio e lo Spirito.
Linterpretazione qui proposta dunque quella causale: E, siccome
siete gli, Dio invi lo Spirito del suo Figlio nei vostri cuori perch gridi:
Abb, Padre!25.
Rosario Pierri, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

25. Ci si pu chiedere se questa interpretazione si possa portare nellambito della nota di-

scussione esegetica riguardante il tema dello Spirito Santo in riferimento al comportamento


di Paolo negli Atti degli Apostoli (2,38; 8,15-17; 19,5-6; cf. F. Bovon, Luc le thologien.
Vingt-cinq ans de recherches [1950-1975], Neuchtel - Paris 1985, 244-252; pi brevemente: G.C. Bottini, Introduzione allopera di Luca, Jerusalem 1992, 204-205). Se il comportamento di Paolo pu essere inquadrato nella prospettiva lucana di un duplice invio dello
Spirito Santo, quello battesimale e quello postbattesimale, la mia interpretazione causale di
o{ti aiuterebbe a fare questa distinzione: il primo invio dello Spirito costituisce gli di Dio,
il secondo rende consapevoli di tale gliolanza, abilitando e muovendo alla testimonianza
cristiana e alla preghiera liale (cf. Rm 8,14-16; 1Cor 2,10ss; 12,3; At 1,8; 2,4.17-18).

ARTICOLO INDIVIDUANTE O GENERICO?

L. Cignelli

Analizzando i testi biblici, si discute a volte se larticolo sia individuante


o generico (cf. BDR 252; Smyth 1119-24). La cosa pu essere importante dal punto di vista dottrinale, e allora la soluzione del problema pu
venire solo dalla (buona) esegesi. Sappiamo che in ogni caso il contesto
a decidere linterpretazione (Garavelli 181; cf. Mateos I,19.119)*.
Diamo qualche esempio dal Nuovo Testamento.
1. Mt 11,11 (par. Lc 7,28) Amh;n levgw uJmi'n: oujk ejghvgertai ejn
gennhtoi'" gunaikw'n meivzwn Iwavnnou tou' baptistou': oJ de; mikrovtero"
ejn th/' basileiva/ tw'n oujranw'n meivzwn aujtou' ejstin In verit vi dico:
non sorto tra (i) nati di donna uno pi grande di Giovanni il Battista;
ma il pi piccolo/colui che pi giovane nel regno dei cieli pi grande di lui. Se larticolo di oJ mikrovtero" inteso come generico, allora
il termine indica il cristiano in genere (ogni cristiano, tutti i cristiani)
ed un comparativo per il superlativo (cf. Zerwick 146 e 148):
ma il pi piccolo/chi il pi piccolo (dei cristiani) nel regno dei cieli,
pi grande di lui (cf. Bibbia Cei e la maggior parte delle traduzioni
moderne).
Se larticolo inteso come individuante, allora il termine indica Ges
stesso rispetto al suo Precursore e oJ mikrovtero" un normale comparativo: ma colui che pi piccolo/pi giovane (di Giovanni), pi
*. Nota bibliograca. Amphoux = C.B. Amphoux, 1Th 2,14-16: quels Juifs sont-ils mis

en cause par Paul?, Filologa Neotestamentaria 16/31-32 (2003) 85-101. Bibbia Cei =
La Sacra Bibbia della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), ed. princeps 1971. BDAG =
W. Bauer - F.W. Danker - W.F. Arndt - F.W. Gingrich, A Greek-English Lexicon of the New
Testament and other Early Christian Literature, Chicago - London 20003. BDR = F. Blass
- A. Debrunner - F. Rehkopf, Grammatica del Greco del Nuovo Testamento. Ed. italiana a
cura di G. Pisi, Brescia 1982. BJ = La Bible de Jrusalem, Paris 1973. Garavelli = B.M.
Garavelli, Manuale di retorica, Bompiani 19926. Lagrange = J. Lagrange, vangile selon
Saint Luc, Paris 19274; Id., vangile selon Saint Matthieu, Paris 19274. LEH = J. Lust - E.
Eynikel - K. Hauspie, A Greek-English Lexicon of the Septuagint, Stuttgart 2003. Mateos
I = J. Mateos, El aspecto verbal en el Nuevo Testamento (Estudios de Nuevo Testamento I),
Madrid 1977. Schmid = J. Schmid, LEvangelo secondo Matteo, Brescia 1976. Smyth
= H.W. Smyth, Greek Grammar. Revised by G.M. Messing, Cambridge 1956 (rist. 1976).
Zerwick = M. Zerwick, Graecitas biblica Novi Testamenti, Romae 19665. Zorell = F.
Zorell, Lexicon Graecum Novi Testamenti, Parisiis 19904.
LA 56 (2006) 317-320

318

L. CIGNELLI

grande di lui. Cos interpretavano gi non pochi Padri, tra cui S. Agostino
(cf. Zerwick 149; Lagrange, vangile selon Saint Luc, 220). Secondo
Zorell, mikrov" nel senso di giovane un ebraismo (cf. Lxx Gen 42,32,
dove oJ mikrovtero" indica Beniamino rispetto ai fratelli ed sinonimo di oJ
newvtero" il pi giovane che compare ripetutamente prima e dopo: cf. vv.
13.15.20.34; 43,3.5.29.33; ecc.; cf. Zorell, s.v. mikrov" 1b; inoltre BDAG,
s.v. mikrov" 1b; 2a; LEH, s.v. mikrov"). Se si accetta questa seconda esegesi, in Mt 11,11 abbiamo il primo esempio in cui Ges afferma la propria
superiorit rispetto a personaggi e realt precendenti parlando di s, com
solito fare, in terza persona (cf. altri esempi in Mt 12,6.41.42), nonch una
conferma di ci che il Precursore ha detto di lui in Mt 3,11 oJ de; ojpivsw
mou ejrcovmeno" ijscurovterov" mouv ejstin ma colui che viene dopo di me
pi forte di me.
2. Mt 12,7 eij de; ejgnwvkeite tiv ejstin: e[leo" qevlw kai; ouj qusivan, oujk
a]n katedikavsate tou;" ajnaitivou" Ma se aveste capito che cosa signica:
Voglio misericordia e non/pi che sacricio (Os 6,6), non avreste condannato questi innocenti/degli innocenti. In base al contesto, larticolo di tou;"
ajnaitivou" non generico, come viene perlopi inteso: degli innocenti
o individui senza colpa (Bibbia Cei), ma piuttosto individuante deittico:
questi innocenti, cio i discepoli che stanno con Ges (cf. Lagrange,
vangile selon Saint Matthieu, 235; Schmid 272).
3. Gv 19,11 oJ paradouv" mev soi meivzona aJmartivan e[cei colui che/
chi mi ha consegnato a te, ha un peccato pi grande. Se larticolo di oJ
paradouv" individuante, indica colui che/quel tale che mi ha consegnato: il sinedrio? Caifa? Giuda Iscariota? (cf. nota della BJ). Se invece
generico, indica chi/chiunque/quanti mi hanno consegnato, cio tutti
i peccatori (Rm 3,23; 5,12).
4. 1Ts 2,14-15 (testo importante nel dialogo giudaico-cristiano) Umei'"
ga;r mimhtai; ejgenhvqhte, ajdelfoiv, tw'n ejkklhsiw'n tou' qeou' tw'n oujsw'n
ejn th/' Ioudaiva/ ejn Cristw/' Ihsou', o{ti ta; aujta; ejpavqete kai; uJmei'" uJpo;
tw' n ij d iv w n sumfuletw' n kaqw; " kai; auj t oi; uJ p o; tw' n Ioudaiv w n, 15tw' n
kai; to;n kuvrion ajpokteinavntwn Ihsou'n kai; tou;" profhvta" kai; hJma'"
ejkdiwxavntwn kai; qew/' mh; ajreskovntwn kai; pa'sin ajnqrwvpoi" ejnantivwn
Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle/di quelle Chiese di Dio
che sono nella Giudea, in Cristo Ges, dal momento che voi pure avete
sofferto le stesse cose da parte dei vostri connazionali, come anche loro
(i giudeo-cristiani in Terra Santa) da parte dei giudei, i quali/da parte di

ARTICOLO INDIVIDUANTE O GENERICO?

319

quei giudei che hanno ucciso perno il Signore e i loro profeti, hanno perseguitato anche noi, non piacciono a Dio e (sono) contrari a ogni specie
di uomini.
Se larticolo di tw'n Ioudaivwn generico, allora si tratta dellinsieme dei
giudei, di tutto il popolo giudaico, e i participi articolati che seguono sono
appositivi (sostantivati), come appunto li intendono gli editori mettendo la
virgola dopo il termine reggente tw'n Ioudaivwn: da parte dei giudei (in
genere), i quali/essi che. Abbiamo, di conseguenza, un esempio di generalizzazione. Ma sappiamo che le generalizzazioni, specie in negativo,
sono arbitrarie e pericolose. Daltra parte, la generalizzazione non esclude
di per s le eccezioni, poche o molte non importa, per cui anche questa
interpretazione (corrente nelle traduzioni moderne) ci sembra sostenibile.
noto, ad es., che larticolo di oiJ Ioudai'oi nel IV Vangelo abitualmente
generico (cf. Gv 1,19; 2,18; 5,10.15-16.18; ecc.). Del resto, nelle scienze
umane, qual anche la lologia, si pu e si deve essere possibilisti.
Se invece larticolo di tw'n Ioudaivwn individuante deittico, come nel
versetto precedente (delle Chiese/di quelle Chiese che sono nella Giudea), allora si tratta soltanto di una parte dei giudei (quelli anticristiani),
e i participi articolati che seguono sono piuttosto attributivi, per cui va
tolta la virgola dopo tw'n Ioudaivwn: da parte di quei giudei che hanno
ucciso, non gi di tutti (cf. in questo senso Amphoux 85-101, il quale
si batte per questa interpretazione, ma senza dare sufcienti ragioni lologiche e, per giunta, facendo confusione tra participio determinativo, attributivo/appositivo, e participio circostanziale congiunto: ivi 87-88). Stando
quindi a questa seconda interpretazione, sintatticamente possibile ed esegeticamente preferibile, il senso di tw'n Ioudaivwn e dei suoi participi attributivi restrittivo, indica cio solo i giudei anticristiani (specie sinedriti
e sacerdoti), di cui faceva parte anche Paolo prima della conversione (cf.
Gal 1,13-14; At 6,15; 7,58; 8,1; 9,1-2.13-14; ecc.). Ma anche interpretando
come appositivi i participi dipendenti da tw'n Ioudaivwn, si pu evitare la
generalizzazione se intendiamo e traduciamo come segue: da parte
dei giudei, di quelli (soltanto cio) che hanno ucciso. Secondo questa
traduzione anche larticolo dei participi appositivi esplicativi individuante
deittico e di valore restrittivo.
5. Un esempio del tutto analogo a 1Ts 2,14-15 si ha in Mc 12,38 Kai;
ejn th/' didach/' aujtou' e[legen: blevpete ajpo; tw'n grammatevwn tw'n qelovntwn ejn stolai'" peripatei'n kai; ajspasmou;" ejn tai'" ajgorai'" E (Ges)
diceva nel suo insegnamento: State in guardia da quegli scribi/dagli scribi, da quelli (cio) che amano passeggiare con lunghe vesti e saluti nelle

320

L. CIGNELLI

piazze. Qui pure, in base al contesto (cf. vv. 28-34, dove Ges approva
uno scriba onesto; cf. anche 7,1 tine;" tw'n grammatevwn alcuni degli scribi), larticolo di tw'n grammatevwn devessere individuante deittico (cos
lo intendono gli editori non mettendo la virgola dopo questo genitivo) e
il participio articolato che segue o attributivo (prima traduzione) oppure
appositivo esplicativo (seconda traduzione). Nelluno e nellaltro caso, non
si tratta quindi di tutti gli scribi, ma solo di una parte, di quelli cio ostili
a Ges. Unaltra (antipatica) generalizzazione evitata Ma qui pure vale
losservazione fatta a proposito dellesempio precedente, che cio la generalizzazione non esclude le eccezioni.
Lino Cignelli, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

RENUNCIATION OF WILL
IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

A. Kofsky

From the outset of Christian monastic history, renunciation was universally considered an initial step along the ascetic path. Yet, in the various circles of early monastic tradition there were different emphases on
renunciation (apotagh/ or apo/taxi). Anchoritic monasticism, it seems,
felt less threatened by the dangers of personal will because the new, selfimposed seclusion brought about what psychologists call a shrinkage of
the self,1 though apparently it did not result in a corresponding shrinkage
of the consciousness of the self.2 In contrast to anchoritic monasticism,
coenobitic monasticism placed paramount importance on social cooperation and obedience. The monastic value of renunciationor, better, repression; the eradication, cutting out of the will (to\ ko/yai to\ qelhma or
ekkoph/)in early monastic literature is manifested in essentially four
main contexts, often supported by scriptural verses. It can appear as an
independent ascetic value: self-effacement and self-annihilation before
God; in the context of a non-hierarchic relationship with othersthese
two contexts being characteristic of the anchoritic setting; in the context
of a disciple-teacher/spiritual father relationship; or as part of the supreme
monastic value of obedience in the communal framework of coenobitic
life. However, close examination of the place of this topic in the paideia
of early monastic literature from the time of early Egyptian monasticism,
reveals a shift, an evolution in its importance and centrality, that can be
clearly traced in the various phases of the monastic school of Gaza, which
seems to have developed a special emphasis on extreme self-renunciation,
achieving its apogee in this circles late coenobitic forms and epitomized
in the second half of the sixth century in the vita of Dositheus, the disciple of Dorotheus.
Evagrius Ponticus, the great ideologue and psychologist of anchoritic
monasticism, does comment on the negative aspects of personal willbut
1. On asceticism as a phenomenon of self-shrinkage, see B.J. Malina, Pain, Power, and

Personhood: Ascetic Behavior in the Ancient Mediterranean, in V.L. Wimbush and R.


Valantasis (ed.), Asceticism, New York - Oxford 1995, 162-177.
2. B. Bitton-Ashkelony and A. Kofsky, The Monastic School of Gaza, Leiden 2006, 127.

LA 56 (2006) 321-346

322

A. KOFSKY

only briey.3 He contrasts ascetic effort with personal will and the desire
for honor: Let the ascetic labor of the virtues be an honor for you and
praise according to your will a dishonor (Estw soi timh\ oJ po/no twn
aretwn, kai atimia oJ kata qelhsin epaino).4 In discussing methods for
combating demons Evagrius states that pleasure, one of the roots of sin, is
hostile to humanity and born in free will:
It follows therefore that the fourth element is the cause of the sin,
namely, that which is not an object with substantial subsistence, nor the
mental representation of an object, nor even the incorporeal mind, but a
pleasure hostile to humanity, born of free will (hJdonh/ ti misanqropo ek
touv aujtexousiou tiktomenh), and compelling the mind to make improper
use of the creatures of God: it is the law of God that has been entrusted
with circumcising this pleasure.5

Here we can already note that, contrary to the Origenist tradition regarding free will as a conditio sine qua non for moral and ascetic life,
Evagrius perceives it as a purely negative psychic force leading to the
pursuit of pleasure and personal ambitiona concept that would be further
accentuated in the circle of Gaza, and one that nds a famous contemporaneous parallel in Augustine.6 Evagrius contrasts the human egoistic will
with the divine will, associating this comparison with the words of the
Lords Prayer:
Do not pray for the fulllment of your own wishes, for they do not
necessarily accord with the will of God (Mh\ proseu/cou sa qelh/mata
genesqai: oujde gar pantw sumfwnouvsi tw qelh/mati touv Qeouv). But
3. On Evagrius inuence in the monastic circle of Gaza, see Bitton-Ashkelony - Kofsky,

The Monastic School of Gaza, 174-175. Cf., however, F. Neyt, Le vocabulaire de Barsanuphe et de Jean de Gaza, Studia Patristica 12 (1975) 247-253. Neyt has concluded, on the
basis of the letters of the Old Men to Dorotheus, that the inuence of the Evagrian terminology was somewhat minor. However, it is difcult to agree with his conclusion about the
deliberate avoidance of the term apatheia in the correspondence. See Barsanuphius - John,
Questions and Answers, text and Fr. trans., F. Neyt, P. de Angelis-Noah, and L. Regnault,
SC 426-427, 450-451, 468, Paris 1997-2002; SC 427, p. 507, note 6. The editors of the text
believe that their avoidance of the term reects the tendency of the Old Men to distance
themselves from Evagrian terminology.
4. Evagrius, To Euglogius: On the Confession of Thoughts and Counsel in Their Regard
3.3. (PG 79, cols. 1093-1140; Eng. trans. R.E. Sinkewicz, Evagrius of Pontus: The Greek
Ascetic Corpus, Oxford 2003).
5. Evagrius, On Thoughts 19 (ed. and Fr. trans., A. Guillaumont, C. Guillaumont and P.
Ghin, SC 438, Paris 1998; Eng. trans. Sinkewicz, Evagrius of Pontus).
6. See, for example, Augustine, De spiritu et littera 5; Ep. 217 (to Vitalis); De correptione
et gratia 34-38.

RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

323

pray rather as you were taught, saying: Your will be done in me (Matt
6:10). And in every matter entreat him in this way that his will be done,
for he wills what is good and benecial for your soul, but you are not
necessarily looking for this.7

Thus the ascetic imperative involves abandoning self-will. Personal will


can be considered good only when it accords with divine will, which is not
always the case. Thus it is prudent to abandon personal will or subject it to
the divine. This maxim derives also from a psychological reality illustrated
by Evagrius from his own experience:
Often in my prayer I have asked for what I thought was good and
I persisted in my request, irrationally forcing the will of God (alo/gw
biazo/meno to\ qelhma touv Qeouv) and not leaving it up to him to arrange
for what he knows will benet me. However, when I got (what I asked
for), I later became very annoyed with myself because I had not rather
asked for his will to be done, but it did not work out for me as I thought
it would.8

According to Evagrius, then, man cannot have absolute certainty about


his own good; he may entertain a notion of such certainty, whereas in realityeven though unconsciously or irrationallyhe is in fact striving to
subject the will of God to his own misguided will. To fulll this misguided
human will necessarily leads to unfavorable consequences and will derail the monk from his ascetic course toward apatheia:9 Do not set your
will on having your affairs turn out as it seems best to you (Mh\ qelh/sh
w soi dokei), but rather as it pleases God. Then you will be untroubled
(ataraco) and thankful in your prayer.10 However, once the monk has
clear knowledge of the will of God, it is incumbent upon him to obey. Obedience to Gods will is rewarded with eternal life, disobedience with severe
7. Evagrius, Chapters on Prayer 31 (PG 79, cols. 1165-1200; Eng. trans., Sinkewicz, Eva-

grius of Pontus).
8. Evagrius, Chapters on Prayer 32.
9. On the Evagrian ideal of apatheia, see B. Maier, Apatheia bei den Stoikern und Akedia
bei Evagrius Pontikus: Ein Ideal und die Kehrseite seiner Realitt, Oriens Christianus 78
(1994) 230-249; J. Driscoll, Apatheia and Purity of Heart in Evagrius Ponticus, in H.A.
Luckman and L. Kulzer (ed.), Purity of Heart in Early Ascetic and Monastic Literature,
Collegeville 1999, 141-159; C. Joest, The Signicance of Acedia and Apatheia in Evagrius Ponticus, American Benedictine Review 55 (2004) 121-150, 273-307. On the evolution of the concept of apatheia in early Christian literature, see M. Spanneut, Lapatheia
chrtienne aux quatre premiers sicles, Proche-Orient Chrtien 52 (2002) 165-302, esp.
284-300; M. Sheridan, The Controversy over APAQEIA: Cassians Sources and His Use
of Them, Studia Monastica 39 (1997) 287-310.
10. Evagrius, Chapters on Prayer 89.

324

A. KOFSKY

punishment (cf. Luke 12:48).11 For Evagrius the renunciation of personal


will is primarily conceived of as a solitary act, envisioned especially in
the context of the relationship between the monk and God. In this context,
obedience and disobedience are solely applied to following the benecent
divine will and are not perceived in the context of spiritual guidance, the
social monastic framework or the relationship with a monastic superior.
This stance may be regarded as expressing the anchoritic ascetic values
and reality addressed by Evagrius.
The Apophthegmata reects a wider and more variegated scope of monastic tradition relating also to the framework of coenobitic life and spanning a longer period of time. Even here, however, the considerable wealth
of the Apophthegmata corpus yields relatively little on renunciation of the
will, indicating its minor place in the ascetic paideia of this literature.
Nevertheless, the Apophthegmata already contains the main elements to be
developed later in Gaza, and teaching on the need to overcome self-will has
already become something of a general feature of this corpus, not conned
to the ascetic conduct of beginners.12
The initial understanding of the renunciation of will in the context
of a direct relationship with God evidenced in Evagrius is present and
summarily illustrated by a few sayings of Poemen: To throw himself
before God, not to assess himself, and to cast his own will behind him
(to\ ballein ojpisw to\ idion qelhma), these are the tools of the soul.13
Moreover, it becomes clear that self-will is perceived as a major obstacle and barrier between the ascetic and God: The will of a man is
a wall of bronze (To\ qelhma touv anqrwpou teico/ esti calkouvn) between himself and God, and a rock which blocks his path. When a man
renounces (kataleiyh) it he will say: with Gods help I will leap over
the wall. If what is right agrees with his will, then a man works hard.14
11. Evagrius, Exhortations to Monks 1.16 (PG 79, cols. 1235-1240; Eng. trans., Sinkewicz,

Evagrius of Pontus). Cf. J. Driscoll, Spiritual Progress in the Works of Evagrius Ponticus, in J. Driscoll and M. Sheridan (ed.), Spiritual Progress. Studies in the Spirituality of
Late Antiquity and Early Monasticism (Studia Anselmiana 115), Rome 1994, 47-83; idem,
Evagrius and Pahphnutius on the Causes for Abandonment by God, Studia Monastica 39
(1997) 259-286.
12. See L. Regnault, Obissance et libert dans la Apophtegmes des Pres, Studia Anselmiana 70 (1977) 47-72 = idem, Les Pres du dsert travers leurs Apophtegmes, Solesmes 1987, 87-111; G. Gould, The Desert Fathers on Monastic Community, Oxford 1993,
33-36.
13. Apophthegmata (alphabetic) Poemen 36; Regnault, Obissance ed libert, 96-97;
Gould, The Desert Fathers, 34.
14. Apophthegmata (alphabetic) Poemen 54.

RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

325

Poemens sayings refer to the monks relationship of dependence on God


and submission to Him, and to the separation from God caused by following ones own will. They also reect the Evagrian understanding that
self-will can be considered legitimate only when it accords with divine
will. Another saying distinguishes between someone who does something following his own will, and is not in agreement with God, but is
ignorant, and someone who grasps his own will, not in accord with
God, and does not want to listen to others, but thinks he knows his own
good. The former, will certainly come into the way of God, while
the latter, comes into the way of God [only] with labor.15 An offense
through ignorance (i.e., through failure to realize the dangers of following ones own will) is more easily corrected than that of someone who
deliberately chooses to follow his own will and disobeys others. We can
already see here how the renunciation of self-will in the context of a
relationship with God is expanded to a social pedagogic context. The
advice of others is closer to the will of God than the ignorant perception
of personal will. Though not specied, this observation seems to apply to
the advice of spiritual guides and not to the advice of people in general.
The understanding that self-will is virtually tantamount to ignorance of
Gods will thus transforms the need for a spiritual guide or father into
a fundamental precondition for progress in monastic life, anchored in
biblical models. Reliance on his own will and not that of others prevents
the monk from seeking others; even Adam in paradise should have asked
the advice of the angels.16
The institutionalization of spiritual direction in the form of the disciple-father relationship as the exclusive channel for monastic initiation17
transforms the initial renunciation of will in the context of the humandivine relationship into that of the disciple-master relationship. Thus renunciation of ones will is now perceived as a keystone for progress in
monastic life. A disciple should renounce his will and submit to the command of the father even to the extreme of not worrying about his own
obedience to the commandments of God.18 A monk who, contrary to this

15. Apophthegmata N (Greek anonymous) 248.


16. Apophthegmata, Ethiopic collection 13.8; Coptic collection 246; Gould, The Desert

Fathers, 30.
17. See I. Hausherr, Direction spirituelle en Orient autrefois (Orientalia Christiana Analecta
144), Rome 1955; G. Filoramo (ed.), Storia della direzione spirituale, I, Brescia 2006.
18. Apophthegmata N 290.

326

A. KOFSKY

teaching, wishes to climb up to heaven by his own will, should be restrained.19 But the Apophthegmata also shows recognition of the possible
complexity of disciple-father relationship as potentially counteractive to
the renunciation imperative. This complexity is illustrated by the episode
of the brother who told an old man that he was looking to nd an old
man who suits his wishes. The old man said to him: Isnt it in fact
the case that you want to nd rest not by conforming to the will of an
old man, but by his conforming to your will?20 This would be, in fact,
a reversal of roles. The old man points out the brothers error of looking
for someone compatible with him or even looking to impose his own will
on a father, rather than submitting to the latters guidance. The brother
will nd rest only by abandoning his own will and conforming to the
will of an old man who, as Poemen put it, really knows what I want.21
To nd rest, comfort from God, as a remedy for ones spiritual plight,
and to prevail over his own will, appear here to be the main reasons for
submitting to the guidance of a father.
In addition to his submission to a spiritual guide, however, the social
exigencies of existence, even in a hermitic or semi-anchoritic monastic
community, expand the monks renunciation of self-will into a general social virtue in the context of relationship with fellow monks:
A brother said to an old man, I do everything that is necessary in
my cell, yet I do not nd comfort from God. The old man answered him,
This happens to you because you live with someone who is idle, and want
to impose your own will Go, and adhere to someone who fears God,
and humble yourself before him, surrendering your own will. And then
you will nd comfort with God.22

The problem here is that the brother evidently knows there is something
wrong, since he has no comfort from God. The answer is that he has not
yet learnt the lesson of renouncing his own will, which is learned by living in submission to a father. The following saying refers more explicitly
to the need for renunciation of ones own will in the context of relationships with fellow monks: Do not fulll your own will (Mh\ plhrwsh to\
qelhma sou); rather, you must humble yourself before your brother.23 A
19. Apophthegmata N 244.
20. Apophthegmata N 245.
21. Apophthegmata (alphabetic), Poemen 143.
22. Apophthegmata N 484.
23. Apophthegmata (alphabetic), Poemen 158.

RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

327

similar attitude is conveyed by a saying of Sisoes: Be despised, cast your


will behind you (to\ qelhma sou ojpisw bale) and do not worry, and you
will have rest. To be despised, here, means to allow others to treat you
badly or to believe that you deserve to be treated badly.24 These sayings on
the necessity of renouncing all self-will naturally apply also to the context
of the relationship between disciple and spiritual father, and the submission
to the spiritual father parallels the submission to God.
The need to renounce self-will and submit to a teacher in monastic life
is evident especially in the framework of coenobitic life and may be viewed
as a harbinger of the development of this monastic virtue in the school of
Gaza: We must govern our souls with discernment (diakrisi), and if we
live in a coenobium, not seek our own good, nor serve our own will (mh/te
mh\n oikeia douleu/ein gnwmh), but obey our father in faith.25 Renunciation of the will is part of and even a precondition for the supreme value of
obedience in coenobitic monasticism.
Abba Isaiah (d. 491) can be regarded as the founder of what may be
loosely called the monastic school of Gaza. His monastic teachings and
spiritual leadershipembedded in his Asceticonpermeate the rich correspondence of Barsanuphius and John and the writings of Dorotheus, the
paragons of Gaza monasticism in the sixth century.26 It is in his ascetic
paideia that the growing emphasis on cutting out the personal will trans-

24. Apophthegmata (alphabetic), Sisoes 43.


25. Apophthegmata (alphabetic), Syncletica 17.
26. On Abba Isaiah, see J. Vailh, Un mystique monophysite, le moine Isae, chos

dOrient 9 (1906) 81-91; L. Regnault, Isae de Sct ou de Gaza? Notes critiques en


marge dune Introduction au problme isaen, Revue dasctique et de mystique 46
(1970) 33-44; D.J. Chitty, Abba Isaiah, Journal of Theological Studies 22 (1971)
47-72; Bitton-Ashkelony - Kofsky, The Monastic School of Gaza, 20-24, 128-133.
For the text of the Asceticon, see ed. Augoustinos Monachos (Jerusalem 1911, 2nd
ed., S.N. Schoinas [Volos 1962]). Notation of passages is according to the enlarged
French edition: L. Regnault and H. de Broc, Abb Isae, Recueil asctique, Abbaye
de Bellefontaine 19853; Eng. trans., J. Chryssavgis, Abba Isaiah of Scetis, Kalamazoo
2002. For the Syriac text, see R. Draguet, Les cinq recensions de lAscticon syriaque
dabba Isae IIV, CSCO 289-290; 293-294 (1968). On the inuence of Abba Isaiahs
Asceticon in the monastic school of Gaza, see F. Neyt, Citations Isaennes chez
Barsanuphe et Jean de Gaza, Le Muson 84 (1971) 65-92. On Abba Isaiahs spiritual
direction see K. Ware, The Meaning of Pathos in Abba Isaiah and Theodoret of
Cyrus, Studia Patristica 20 (1989) 315-322; J. Chryssavgis, Abba Isaiah of Scetis:
Aspects of Spiritual Direction, Studia Patristica 35 (2001) 30-40; R.M. Parrinello,
La direzione spirituale nella comunit monastica di Isaia di Gaza, in Filoramo (ed.),
Storia della direzione spirituale, 353-371; Bitton-Ashkelony - Kofsky, The Monastic
School of Gaza, 128-133.

328

A. KOFSKY

forms into a cardinal monastic principle.27 For Abba Isaiah the general goal
of monastic practice is to maintain a constant mental disposition of fear of
God and innocence before God.28 However, this goal stimulates the cultivation of an intense dynamic of sin, where practically every external situation
creates an opportunity for committing a sin that is generally conceived of
as stemming from erroneous will (qelhma) exploited and manipulated by
demonic devices.29 The cornerstone of the spiritual culture of the monk is
the power of discernment (diakrisi) among the various types of thoughts
(logismoi) surfacing in his stream of consciousness.30 This discernment
requires continuous humility toward others31 and the suppression of selfwill (qelhma)32 and self-condence33emotions that arouse the demons
of enmity and sadness (lu/ph)34plus an awareness of the negative tendencies unconsciously active in the soul.35 The state of sin after the fall is
characterized by Abba Isaiah as counter-nature (parafusi or to\ para
fu/sin), and sins are perceived as parafu/sei.36 According to Abba Isaiah,
animals are superior to man in his fallen, distorted nature because they
have preserved their original nature. To restore his natural state man must
act like an animal, which has no self-will and no knowledge of its own.37
The ideal, natural human will contained seven positive wills, or positive
passions. These natural wills and positive passions were distorted by the
enemy into a shameful will containing the seven negative passions, or
27. See also Parrinello, La direzione spirituale nella comunit monastica di Isaia, 363-

365. Cf. L. Perrone, The Necessity of Advice: Spiritual Direction as a School of Christianity in the Correspondence of Barsanuphius and John of Gaza, in B. Bitton-Ashkelony and
A. Kofsky (ed.), Christian Gaza in Late Antiquity, Leiden 2004, 131-149. Perrone locates
this major change rather later in the monastic teachings of Barsanuphius and John in the
rst half of the sixth century.
28. Asceticon 9.10; 9.21.
29. Ibid., 4.75; 4.115.
30. Ibid., 16.55; 16.58; 16.114.
31. Ibid., 9.15; 18.53.
32. Ibid., 20.3; 26.11. Even the stimulation and desire to know things that do not strictly pertain to the monk prevent him from recognizing his own sins (ibid., 23,6). For a theoretical
discussion of desire, temptation, and resistance, see G.G. Harpham, The Ascetic Imperative
in Culture and Criticism, Chicago - London 1987, 45-67.
33. Asceticon 30.5c.
34. Ibid., 6.1.
35. Ibid., 26.23.
36. Ibid., 8.22; 17.7; 18.14.
37. Ibid., 8.60.

RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

329

vices, which became the root of all sin.38 This scheme enabled Abba Isaiah
to introduce into his concept of ideal human nature and counter-nature the
psychological classication of the passions. He thus created two parallel
psychological systems: a positive psychology of will and passions according to nature, and a negative one according to counter-nature. This positive
psychology becomes a vital tool in the ascetic warfare against existential
negative mental forces. A residue of the natural positive will and passions
somehow remained with us after the fall and serves us to ght our mental
demons in the quest to restore the sinless state of nature.39
In this theoretical scheme the eradication of the human self-will is catapulted to the center stage of the monastic imperative. If one does not purify
his carnal wills (ean mh\ kaqarish eauton apo twn sarkikwn qelhmatwn)
he remains in the state of counter-nature and cannot avoid sin.40 But our
psychological and mental dispositions demonically operate against this endeavor. Despondency (akhdia) breeds self-will, which in turn engenders
arrogance (katafro/nhsi), and the mind (nouv) is bound by ones own wills
(qelh/mata).41 The struggle is intense, precisely because the will is hardened:
Every person binds himself to hell and looses himself, for nothing is harder
than will (oujden gar sklhro/teron qelh/mato), whether it inclines toward
death or toward life.42 Similarly stated in eschatological terms, one can
only lose his soul in order to save it (Matt 10:39), by entirely cutting out his
carnal will, To cut out the will is to be saved (to\ ko/yai to\ qelhma, touvto/
esti to\ swqhvnai).43 Scientically cutting out the self-will in everything
(to\ en gnwsei ko/ptein to\ qelhma sou ei panta) is now counted as among
the main ascetic practices engendering monastic virtues.44 Submission to
self-will (qelhma) and conding in ones own justice (dikaiosu/nh) violates
ones own authority, acquires enmity (ecqra) and submits one to the control
of the enemy; he cannot then escape the spirit (pneuvma), which introduces
sadness (lu/ph) into the heart, nor nd rest and see what is lacking.45
38. Ibid., 2.6; 2.10. Two notable sub-vices are the desire to teach, which nourishes anger,

and forgetfulness, which is perceived as the mother of all vices, destroying all ascetic accomplishments.
39. Ibid., 2.5-10.
40. Ibid., 17.7.
41. Ibid., 17.7; 21.61.
42. Ibid., 18.11.
43. Ibid., 21.24; 21.54.
44. Ibid., 1.33.
45. Ibid., 5.25; 6.1; 8.60.

330

A. KOFSKY

The Asceticon, Abba Isaiahs monastic manual is especially adapted


to the hybrid form of his community, combining lauritic and coenobitic
monasticism. This may also explain the growing emphasis on communal
monastic values, and primarily on obedience and on the cutting out of
personal will as the supreme tool for defusing social tensions, maintaining
equilibrium among the monks and achieving total obedience to the fathers,
especially the abbot. The original Evagrian virtue of renunciation of will
in the context of the relationship with God becomes a relatively minor
component of the overall discussion in the Asceticon. It is subjected, in
fact, to a discussion of the social aspects of humility and the relationship
with a spiritual teacher: It is a great matter for a person to abandon his
own will (qelhma) and right (dikaiwma)that he deems are according to
Godand to obey the word of one who teaches according to God.46 Here
it is not direct obedience to God that is demanded but obedience to one
who teaches according to God. Similarly, humility as a social monastic
practice only indirectly implies submission to the will of God. Humility
(tapeinwsi, tapeinofrosu/nh) in conduct shows that one is not busy
with his passions to make his own wills (qelh/mata) but to make the will
of God.47 The purpose of humility is to abandon the will of the passions
and submit to the will of God. Its fruit is the cutting out of self-willa
precondition for harmony with people and intimacy with God.48
Abba Isaiah recognizes that the renunciation of self-will cannot be applied as a universal Christian commandment; it applies only to the spiritual
elite of ascetics. According to him, Jesus clearly indicated that he did not
have in mind all believers but only those monks who had abandoned their
will and followed his holy will.49 Moreover, since even for monks it was
a great task to eliminate the self-will, Abba Isaiah declares that Jesus was
sent also to cut out our wills.50
The social dimension of this monastic value is reiterated by Abba Isaiah
in the Asceticon. It is a virtue to renounce ones own will in favor of ones
fellow monk, and especially to avoid dispute in order not to grieve him.51
If the brothers living with him order him to do something against his will,
he should ght his own will until he complies with their will, seeking to
46. Ibid., 8.61.
47. Ibid., 16.44.
48. Ibid., 2.1-4.
49. Ibid., 25.24.
50. Ibid., 8.60.
51. Ibid., 3.36.

RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

331

maintain peace among them and control of himself.52 Repudiating ones


own will in favor of his brother prevents the enemy from coming between
them.53 Moreover, attachment to self-will and the desire to make ones will
prevail are among the roots of anger.54 Renouncing your will in favor of
your neighbor is a sign that the spirit sees the virtues, but upholding your
will against your neighbor is a sign of ignorance.55
Asceticon 22.8-9 is a short discourse on humility and the renouncing of
self-will. A monk should be occupied all the time in rebutting his will; because persisting in his will destroys all the virtues, while he whose thoughts
are straight eradicates his will. Humility consists in judging yourself and in
renouncing your will scientically in favor of your neighbor. Renouncing
self-will engenders all monastic virtues; it brings peace and harmony and
places the intellect in a serene state. Viewing the whole of Scripture Abba
Isaiah declares that Gods main will regarding man is that he should humble
himself in everything before his neighbor and cut out his will in everything.
Renunciation of self-will is further unequivocally harnessed to the exigencies of monastic communal discipline: Let us obey our fathers in everything
according to God, cutting out every personal will in order to be subjected
to them (Uph/kooi genwmeqa twn kata Qeo\n paterwn hJmwn en pasin,
ekko/ptonte pan qelhma hJmwn, ew ou uJpotagwmen aujtoi).56 One of the
aims of the monastic practice of repentance and penitence is to subject the
self-will to the will of God. Repentance is submitting the neck to the yoke of
the will of penitence, until one becomes regenerated from above in the will
of God (Eujloghto\ oJ Qeo\ thv metanoia, kai eujloghmeno par aujtw oJ
agaph/sa aujth\n kai uJpoqei to\n aujcena uJpo to\n zugo\n touv qelh/mato
aujthv, ew anagennhqhv anwqen en tw qelh/mati touv Qeouv).57 The overall

importance that Abba Isaiah assigns to the cutting out of the will as a prime
monastic commandment is further evident from his association of the renunciation of will with the fundamental ascetic practice of xeniteia: Let us cut
out every will of our heart and let us love living as strangers (Eko/ywmen
pan qelhma thv kardia hJmwn, kai agaph/swmen to\ xeniteu/ein).58
52. Ibid., 3.39.
53. Ibid., 26.24.
54. Ibid., 7.22; 28.2.
55. Ibid., 16.73.
56. Ibid., 25.20.
57. Ibid., 25.20. On penitence in the monastic school of Gaza, see Bitton-Ashkelony - Kof-

sky, The Monastic School of Gaza, 145-156.


58. Asceticon 25.20. On the monastic ideal of xeniteia and its various conceptions in Syrian

332

A. KOFSKY

Though Chalcedonian in their theology, Barsanuphius and John nevertheless continued the legacy of the anti-Chalcedonian monastic leader Abba
Isaiah in the region of Gaza.59 They adopted his model of spiritual guidance
in absentia as well as his hybrid type of monastic community. Moreover, their
correspondence manifestly reects Abba Isaiahs monastic teachings, and in
fact Barsanuphius explicitly acknowledges the importance in Abba Isaiahs
ascetic system of cutting out the self-will.60 In the monastic circle and ascetic
paideia of Barsanuphius and John, the spiritual ideal consisted in the progressive renunciation of self-will, intensied and crystallized into a program for
annihilation of the self. The individual, personal, selsh will was now regarded
as a major obstacle on the way to perfection, caused by the inner dialectics of
the logismoi. According to Lorenzo Perrone it is precisely the cutting out
(ekkoph/) of the willthis became a quasi-technical termthat is now perceived as the quintessence of ascetic progression and marks for Barsanuphius
and John the very essence of Christianity.61 Thus, according to Barsanuphius
the cutting out of self-will is the key to salvation, a precondition for being
resurrected and rewarded with the saints by attaining the right side of God.62
To emulate Abraham, one must cut out ones will, like him, and sacrice, in
intention, ones son.63 The fathers could not have succeeded in their ascetic
progress without cutting out the will.64 As with Abba Isaiah, the eradication
of the will is repeatedly raised in the correspondence of Barsanuphius and
John in association with humility and obedience. Humility means cutting out
and Egyptian monasticism, see A. Guillaumont, Le dpaysement comme forme dascsce
dans le monachisme ancien, in Idem, Aux origines du monachisme chrtien: pour une
phnomnologie du monachisme (Spiritualit Orientale 30), Abbaye de Bellefontaine 1979,
89-116.
59. On various aspects of Barsanuphius and Johns monastic personalities and leadership,
see I. Hausherr, Barsanuphe, Dictionnaire de Spiritualit, I, cols. 1255-1262; L. Regnault,
Jean de Gaza, Dictionnaire de Spiritualit, VIII, cols. 536-538; D.J. Chitty, The Desert
a City: An Introduction to the Study of Egyptian and Palestinian Monasticism under the
Christian Empire, Oxford 1966, 132-140; L. Perrone, La chiesa di Palestina e le controversie cristologiche. Dal concilio di Efeso (431) al secondo concilio di Constantinopoli (553),
Brescia 1980, 296-307; Bitton-Ashkelony - Kofsky, The Monastic School of Gaza. On the
possibility of Barsanuphius and John entertaining anti-Chalcedonian sentiments disguised
by their brand of quietist asceticism, see ibid., pp. 213-222.
60. Barsanuphius and John, Questions and Answers 528.
61. See Perrone, The Necessity of Advice, 136-138.
62. Questions and Answers 187, 613.
63. Ibid., 810.
64. Ibid., 165. See also ibid. 141, where Barsanuphius, regarding his sacrice of a piece of
bread from his xed weekly portion, sent to a priest who asked for it, writes: it is benecial
even in this to cut off the self-will.

RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

333

the self-will in everything. It enables cutting out the root of the passions and
pride that cause inappropriate conduct.65 In a set of basic instructions to a
former soldier who had recently become a monk, Barsanuphius urges him not
to maintain his will in anything, because it breeds anger, probably reecting
here the same motif as in Abba Isaiah.66 The words of the Lords Prayer: And
lead us not into temptation (Matt 6:13) mean that we should not be tempted
by our own will and desire, because the soul yielding to such temptation
brings death. The righteous prays in two ways: in one he asks to be tempted,
with Gods permission, as a salvic test; in another he asks not to be tempted
by his self-will in order not to lose his soul.67 Self-will precludes compunction (penqo).68 Without cutting out self-will the heart is not sensitive. It is
the lack of faith that prevents the cutting out of the will. Without cutting out
the self-will there is no point in asking for progress in the ascetic life.69 One
who has no self-will and constantly accuses himself on every occasion, nds
the mercy of God.70 A sort of a call to martyrdom is thus formulated on the
basis of Jesus appeal to abandon everything and follow him. Barsanuphius
advises Dorotheus accordingly: To abandon ones own will is a spilling of
blood. That is, to get there one must strive unto death and set aside his own
will (to\ afeinai to\ idion qelhma, aimatocusia esti: touvt esti to\ fqasai
tina kopiasai ew qanatou kai aqethvsai to\ qelhma auJtouv ).71 These words
are closely echoed by John, who declares that he who seeks the eternal life
will strive to guard Christs words, up to shedding his own blood through the
cutting out of his self-will. Since whoever seeks his own willabhorred by
Godwill have no part with Christ.72
Obedienceoften associated with humilityis the most common
means and context for the cutting out of the will, perceived as a precondition for salvation. According to Barsanuphius and John, to be saved one
must cut out all his wills and acquire humility, obedience and submission,
65. Questions and Answers 462. On humility, obedeience, and cutting out self-will in Bar-

sanuphius and John, see also Perrone, The Necessity of Advice, 137-141.
66. Questions and Answers 498. See Abba Isaiah, Asceticon 7.22; 28.2.
67. Questions and Answers 392.
68. On the monastic virtue of compunction, see I. Hausherr, Penthos: La doctrine de la
componction dans lOrient chrtien (Orientalia Christiana Analecta 132), Rome 1944. Eng.
trans. A. Hufstader, Penthos: The Doctrine of Compunction in the Christian East, Kalamazoo 1982; P. Nagy, Le don des larmes au Moyen ge, Paris 2000, 41-104.
69. Questions and Answers 237.
70. Ibid., 243.
71. Ibid., 254.
72. Ibid., 583.

334

A. KOFSKY

keeping death continuously before his eyes. Cutting out self-will is the essence of these monastic virtues.73 The cause of our perdition is the weakness of our will. Humility, obedience and cutting out self-will in everything
regarding our neighbor are the remedy against arrogance and pride, which
work against the knowledge of the glory of the Son of God (2Cor 10:5)
and put down the re of the enemy.74 For Barsanuphius, his partner in the
spiritual leadership of the monastic community and his one-time disciple
John the Prophet is the model for the perfection in cutting out self-will. He
is humble and obedient, he is one with Barsanuphius and has renounced
unto death all his wills.75 We can observe in Barsanuphius and John an
intensication of the tendency to understand the cutting out of the will as
being primarily linked to obediencea tendency observed already in Abba
Isaiahcoming gradually to dominate the practice of ascetic life. For John,
the cutting out of the will is not only a part of obedience; it is in fact obedience that cuts out the will.
Obedience has now become the measure for all the other ascetic virtues. Even seclusion in the cell must come as an act of obedience and not
for the well-being of the monk. If practiced as obedience it is then identied as the monks own positive will. Yet it is also pleasing to God.76 God,
Barsanuphius and prayer help the monk in his ascetic progress, on condition
that he has no other will but to prove his obedience; then he will be saved.77
The general context of obedience for the practice of cutting out the will is
closely associated with the counseling and authority of the spiritual father:
The fathers know better than you, brother, what is suitable for your soul.78
Thus does Barsanuphius, who is perceived in his correspondence as possessing supernatural powers,79 exhort a certain monk, to act according to
advice and not according to his own will. Cutting out the self-will leads to
humility, and accepting Barsahuphius as a counselor provokes the envy of
the demons.80 The demons are playing tricks with the monk by introducing
73. Ibid., 44, 232, 379, 554.
74. Ibid., 61, 69.
75. Ibid., 188.
76. Ibid., 249.
77. Ibid., 248.
78. Ibid., 250.
79. On Barsanuphius charismatic authority, see F. Neyt, Un type dautorit charisma-

tique, Byzantion 44 (1974) 343-361; Bitton-Ashkelony - Kofsky, The Monastic School of


Gaza, 82-106.
80. Questions and Answers 66.

RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

335

into his thought what they want, so that he acts on his own will and disobeys
his fathers.81 The anonymous redactor of the correspondence of Barsanuphius and John regards Abbot Seridos as a prime example of obedience to
Barsanuphius counsel. Seridos, he declares, achieved great obedience and
submitted in everything to Barsanuphius until his death. He denied his own
will, as is attested in Barsanuphius letters. His obedience was perfect and his
humility profound.82 What is it to cut out the will? (To\ ko/yai to\ qelhma ti
estin;) a monk asks John. It is advance (prokoph/) according to God, and
cutting out the will. This consists, in good things, in cutting out the self-will
(to\ idion qelhma) and doing that of the holy men (twn aJgiwn); and in bad
things, in chasing away that which is misplaced (atopon). Obedience to
the holy fathers had become the prime ascetic value.83 It is in Barsanuphius
view the principle of obedience to the father unto death. One who wants to
follow his own will is a son of the devil (Ei ti oun qelei to idion qelhma
sthvsai, uio/ esti touv diabo/lou), and so is he who follows him.84
One of three essential rules Barsanuphius proposes for monastic life in
general is to leave ones own will behind oneself (to\ balein ojpisw to\
qelhma) and regard oneself as the last and least of all.85 This principle was
of course known also to late antique philosophers and had been inculcated
in their spiritual exercises.86 But for Barsanuphius and John this is intended
as an imitatio Christi, a rule of conduct. Christ came to fulll not his own
will but that of his father (John 6:38): If you want to acquire perfect humilityyou must cut out in everything your will, because he (Jesus) had
said himself: For I came down from heaven, not to do my own will, but
the will of my Father who is in heaven.87 The teaching of Jesus is summarized for Barsanuphius in the words of the Lords Prayer Thy will be
81. Ibid., 554.
82. Ibid., 570c.
83. Ibid., 380.
84. Ibid., 551.
85. Ibid., 69, quoting the Apophthegmata (Sent. Nouv. P. 333 = Eth. Pat. 180). See also

Questions and Answers 126: Cast behind yourself your will, humble yourself in everything
and be saved.
86. See P. Hadot, Exercises spirituels et philosophie antique, Paris 19872, esp. 63-66. Eng.
trans. A.I. Davidson and M. Chase, Philosophy as a Way of Life: Spiritual Exercises from
Socrates to Foucault, Oxford 19952. For some aspects of spiritual exercises in the circle
of Barsanuphius and John, see Bitton-Ashkelony - Kofsky, The Monastic School of Gaza,
157-182. For Dorotheus afnity with the spiritual exercises of late antique philosophy, see
Hadot, Exercises spirituels, 63-66; Perrone, The Necessity of Advice, 140.
87. Questions and Answers 150, 239, 542.

336

A. KOFSKY

done (Matt 6:10; Luke 11:2): The most remarkable teaching of our Savior is this: Thy will be done (H lamprotath didaskalia touv swthvro
hJmwn auth esti: Genhqh/tw to\ qelhma sou). If, then, someone says this
prayer with sincerity, he rebuts his own will, and subjects everything to the
will of God.88 This can be understood also as an expansion of the Evagrian
motif. The disciple should act in conformity with the will of God instead
of following his own will. Barsanuphius thus instructs: Cut out your will
for God, and tell him in everything: Not as I will, but as you will. (Matt
26:39). Strive to do in everything the will of God.89 He similarly explains
that the ideal is to cut out ones self-will in everything for God, in saying
not as I will, but as you will (Matt 26:29). Gods will is that we abandon
everything and follow him.90 This is further illustrated in the correspondence with Dorotheus.
Questions to the two Old Men such as How do I know that I am doing
the will of God instead of my own? are common. There must be a clear
understanding of the will of God; this is a precondition for progress on the
road to perfection. For example, an anonymous monk asks John: How do I
know, father, if I cut out my will when sitting in the cell or similarly when
staying with the brothers? And what is the will of the esh and the will of
the demons concealed under the appearance of good? And what is the will
of God?91 The will of the esh (Eph 2:3) and the will of the demons are
contrasted to the will of God or to the will according to the good, which
consists in eradicating, or cutting out the will of the esh: The will according to God is the cutting out of the will of the esh according to the apostle (To\ de qelhma to\ kata qeo/n esti to\ ko/yai to/ qelhma thv sarko\
kata to\n apo/stolon).92 The will of the demons consists specically in the
dissimulation of good. Yet, overall, it seems that Barsanuphius and John are
less interested in the will of the eshnamely, desires and passionsand
more interested in cutting out the personal will per se.93 A psychological aspect of concentrating on the consciousness of personal will and the means
of effacing it is the often accompanying syndrome of self-hatred orin the
language of Barsanuphius and Johnthe hating of ones soul, though this
aspect is only seldom treated in their correspondence. Hatred of ones own
88. Ibid., 40. See also ibid. 549.
89. Ibid., 124.
90. Ibid., 572.
91. Ibid., 173.
92. Ibid., 173.
93. See Perrone, The Necessity of Advice, 143.

RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

337

soul, however, is regarded as identical with the cutting out of ones self-will
and is an invaluable component of asceticism.94
In a rare and somewhat paradoxical expression, Barsanuphius vouches
for those who truly toil on their way to perfection that God has in fact
condescended to the desire of our weakness, and his benevolence has
lowered itself to the point of cutting out his will for us (ekoyen hJmin to\
qelhma auJtouv)!95 This highly unusual expression may refer specically to
the incarnation and not necessarily to an ongoing divine condescension.
Nevertheless, the idea that God himself had cut out his self-will is precisely
the opposite of the postulated monastic value. At the same time one can
understand it here as the ultimate model for the monk, as well as a singular
event in the divine economy. The systematic emphasis on the guiding principle of cutting out self-will in conforming to divine will in turn enhances
Barsanuphius awareness of his oracular powers.96 In a letter to the monk
John of Beersheba he condes that everything he writes comes not from
his own will but through the order of the Holy Spirit!97
The famous words of the Lords Prayer Thy will be done became, then,
something of a golden rule.98 The renunciation of the will appears in Barsanuphius and John as a general norm of conduct not only for monks, but for
priests and laymen as well.99 Thus John advises a priest that if he wishes to die
in relation to other people, he should neither judge nor think ill of anyone, nor
be attached to his own will; that is to die to other people while being among
them.100 We can note here the same demand of the priest as of monks. Advising
a layman John adduces the saying of John Colobos: If you see a young man
climbing to heaven by his own will, catch his leg and make him descend. It is
right to ask in all humility rather than to proceed according to ones self-will.101
94. Questions and Answers 811.
95. Ibid., 811.
96. See Bitton-Ashkelony - Kofsky, The Monastic School of Gaza, 82-106.
97. Questions and Answers 13. On the correspondence between the Old Men and John of

Beersheba, see L. Perrone, Eis ton hesychias limena. Le lettere a Giovanni di Beersheva
nella corrispondenza di Barsanuo e Giovanni di Gaza, in Mmorial dom Jean Gribomont
(19201986), Rome 1988, 463-486.
98. See Perrone, The Necessity of Advice, 141-144.
99. On Barsanuphius and Johns correspondence with clergy and laymen, see L. Regnault,
Moines et lacs dans la region de Gaza au Vie sicle, in Bitton-Ashkelony - Kofsky (ed.),
Christian Gaza in Late Antiquity, 165-172; J.L. Hevelone-Harper, Disciples of the Desert:
Monks, Laity and Spiritual Authority in Sixth-Century Gaza, Baltimore 2005, 79-118.
100. Questions and Answers 151.
101. Ibid., 693; Apophthegmata N 111.

338

A. KOFSKY

To another layman he urges that he should cut out his own will in order to receive Gods grace.102 Barsanuphius similarly advices a layman that if someone
who fasts combines with his fast even a little self-will, his fast is an abomination before God. For example, the children of Israel fasted but at the same time
accomplished their own wills.103 It is a general rule: every good work that is not
done for the love of God and for Him alone but through self-will is tainted, not
pleasing to God and causes him to withdraw. Everything must be done according to Gods will. Our own will renders our work useless.104 We can see here
how the individual self-will can be transformed into a collective negative one
to supply historical explanationexpanding Abba Isaiahs precedenceand
how Barsanuphius deduces a general rule and a principle from this monastic
virtue. Moreover, according to John there is a close connection between cutting out the will and faith; he practically declares that faith is identical to the
cutting out of the will.105 It can be noted here, too, that there is no essential
difference between a monk and a devout laymanthat is, the monastic value
is applied as a model of conduct for the layman. Barsanuphius emphasizes
that knowledge of the self-will is not something reserved for specialists; it lies
rather with the person himselfhe who best knows his will.106
The context of the cutting out self-will imperative is much expanded by
Barsanuphius and John, who stress its relevance in relationships among the
monks. Regarding his relationship to a fellow monk, Barsanuphius advises
the hermit Andrew to act violently toward himself by cutting his own will
(oJ qelwn aresai tw Qew ko/ptei to\ qelhma aujtou tw plhsion biazo/meno
eauto/n).107 To a monks question as to how to discern and suppress the will,
John responds that among other people he should make himself nonexistent.
The will that comes to us from the demons is the will for justication and
self-condence.108 In relationships with our brothers, states Barsanuphius, we
must give up self-will and act according to their will, especially if they are
in need. To act according to self-will is not only against the will of God but
102. Questions and Answers 778a.
103. John, ordering Aelianus to obey and become an abbot, explains that one disobeys God in

order to maintain his self-will. In this way the Jews, wishing to maintain their own will, could not
submit to the law of God (Romans 10:3). See Questions and Answers 574. Here in fact John, as
if establishing a general historical category, draws an analogy between the following of personal
will and the Jews acting according to their own will and not submitting to Gods law.
104. Questions and Answers 401.
105. Ibid., 574.
106. Ibid., 190.
107. Ibid., 121.
108. Ibid., 173.

RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

339

is the fulllment of a demonic will. In other words, self-will is regarded by


Barsanuphius as diabolic! No one is ever healed if he does not cut out his selfwill and struggle not to mix in the affairs of others. He who does not restrain
his own will becomes a son of the devil and a stranger to God, because it is
clear that he wishes to do his own will and not that of God.109
Barsanuphius species to the monk Theodore that eradication of the will
aims at the natural wills (ta qelh/mata aujtouv ta fusika), as opposed to the
counter-nature ones.110 This clearly refers to the conceptelaborated by Abba
Isaiah and assumed without elaboration by Barsanuphiusof nature and counter-nature. Here it should be generally understood as applying to the positive
will given to Adam in paradiseidentical with Christs human willwhich
must be given up. Giving up the negative counter-nature will is meaningless
to God. The import of Barsanuphius discourse here is that renunciation of
the self-will is a form not only of overcoming fallen human nature but also of
overcoming the positive original Adamic or human natural will.
The tendencyrecognized already in Abba Isaiahto transform and adapt
monastic values to the hybrid anchoritic-coenobitic reality, and the growing
emphasis on renunciation of personal will in the context of obedience, is
further intensied and elaborated in the monastic guidance of Barsanuphius
and John. It reaches its practical conclusions especially in the context of
obedience to the abbot, representing the hierarchy of coenobitic authority and
discipline. In this context of monk-abbot relationship John states categorically:
He who wants to be a monk, should not have any personal will at all (O
qelwn monaco/ einai, oujk ojfeilei olo qelhma ecein en tini pragmati).111
For John, obedience to the instructions of the abbot and avoidance of action
according to the self-will have become the main principle in the conduct of
a monk. Cutting out the self-will now primarily signies obedience to the
abbot. This is in fact in accord with Christ (John 6:38).112
Under Barsanuphius and John the general imperative was turning also
into practical rules of conduct expressed in their advice to the monks. Thus
John advises that in order not to insert his own will into a matter, the
monk should say to the abbot: What do you want me to do? Because he
who wants something and asks about it, even if he receives the order to
do it, runs a riskbecause he is acting according to his own self-will.113
109. Ibid., 483.
110. Ibid., 124.
111. Ibid., 288.
112. Ibid., 356.
113. Ibid., 555.

340

A. KOFSKY

Alongside a formulated principle concerning the operation of self-will in


the context of monk-abbot relations in a coenobitic context, a practical instruction can be discerned. To a question regarding the situation where the
monks will and the abbots order coincide, John responds that in that case
the monk should tell the abbot that it is his desire to do this thing. If the
abbot tells him to do it nevertheless, then it is done according to the abbots
will.114 A similar question reects deliberations regarding a monk volunteering for a job he does not want to do but knows the abbot wishes it done.
Is there involvement of self-will here or not?115 John, in instructing Aelianusthe new, inexperienced abbot116 reassures him that a monk, dying
in the monastery in humility and obedience, will be saved by Christ. But if
one maintains his will and dees obedience and humility, he will be judged
by God. As abbot, he should bear with a monk who persists in pursuing
his self-will and try to correct him. But if he is persevering without hope,
then that monk must leave the monastery.117 Elsewhere, John comments
that a monk can recognize that he is leading a coenobitic life in that he
does nothing according to his own will; he is obedient in everything, without dispute.118 Here we can see clearly that John appreciates this monastic
virtue as integral to communal monasticism; it is in fact formulated here
as a principle of coenobitic life and is yet another example of the practical
spirit of Johns spiritual guidance:119 To do everything according to the
order of the abbot and not according to self-will, this is the communality
and equality of the life of the brothers in the monastery.120
In Barsanuphius and Johns training of Dorotheusvividly depicted in
their exchange of around ninety questions and answers121it is clear that the
practical application of this monastic virtue of renunciation of the will had
been developed into an elaborate course of monastic apprenticeship. From
the moment of Dorotheus admission to the monastery, Barsanuphius and
114. Ibid., 556.
115. Ibid., 557.
116. On Aelianus and his irregular appointment as abbot of the monastery following Seri-

dos death, see Bitton-Ashkelony - Kofsky, The Monastic School of Gaza, 40-41.
117. Questions and Answers 582.
118. Ibid., 256.
119. On the practical character of Johns spiritual guidance, see Bitton-Ashkelony - Kofsky,
The Monastic School of Gaza, 91-92.
120. Questions and Answers 250.
121. On this series of questions and answers, see F. Neyt, Les lettres Dorothe dans la
correspondance de Barsanuphe et de Jean de Gaza (Ph.D. dissertation. University of Louvain, Louvain 1969).

RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

341

John persist in focusing on this issue. In response to Dorotheus deliberations


regarding his possessions upon entering the monastery, Barsanuphius explains
that Dorotheus is being tormented by self-will.122 This sets Dorotheus on the
course of seeking counsel to discipline and cut out his self will. When he
asks how he can cut out his self-will, Barsanuphius replies that abandoning
the self-will is an extraction of blood; it requires constant effort until death
and regarding our will as nothing.123 The inner struggle in the soul comes
from ones own desires, in truth, from free will (thv idia epiqumia, htoi
proairesew).124 Free will is the negative self-will. This already comes close
to Augustines somber view of free will and its reformulation in his thought,
in opposition to the more rationalistic Alexandrian, Origenist, and ultimately
also to the Pelagian positive and optimistic concept. Barsanuphius further
advises Dorotheus that the struggle to cut out ones will in everything is regarded as personal sacrice.125 Matt 16:24, If any man will come after me,
let him deny himself, and take up his cross, and follow me means cutting
out ones will in everything and not having any self-appreciation.126
Dorotheus, reporting to Barsanuphius on his mental efforts and progress,
recounts that he is often tempted to speak and act according to his own will
and he asks Barsanuphius to intercede for him with God, not to let him go
astray by following his own will.127 The technique to strengthen the heart,
explains Barsanuphius, is to pray unceasingly to God to prevent one from
erring or acting according to ones own will.128 Through this the monk will
acquire discernment (diakrisi).129 John elaborates further to Dorotheus that
humility is the cutting out of the self-will in everything and accepting without
difculty anything that comes from outside; cutting out the self-will is a precondition for acquiring compunction.130 To Dorotheus query as to whether it
is necessary to submit his will to the abbot in everything, John reiterates that
whoever wants to be a monk must not have any self-will in anything. This is
122. Questions and Answers 253.
123. Ibid., 254.
124. Ibid., 256.
125. Ibid., 256.
126. Ibid., 257.
127. Ibid., 264.
128. On the development of unceasing prayer as meditative therapeutic technique in the

monastic school of Gaza, see Bitton-Ashkelony - Kofsky, The Monastic School of Gaza,
157-182.
129. Questions and Answers 266.
130. Ibid., 278, 285.

342

A. KOFSKY

the teaching of Christ (I came down from heaven not to do my own will but
the will of him that sent me [John 6:38]). Dorotheus must obey (the abbot) in
everything, even if it seems to entail a crime; his abbot bears the responsibility
for that.131 Dorotheus had established and was in charge of the inrmary in
the monastery. Yet he constantly feared that in the course of treating a patient,
the patient would be harmed if Dorotheus was acting according to his own
will and opinion. Johns reassuring advice here is that if Dorotheus is acting
according to his best medical judgment, it is right; but if he refuses to listen
to the advice of a more experienced person than himself, it comes from arrogance and self-will.132 Dorotheus agonizes over this dilemma: Is conversing with patients visiting the inrmary a part of complying with the abbots
orders, or is it in fact following his own will to socialize? John exhorts him
to stand uninchingly on guard against the bad will, not to give it a pretext;
he should be aware of the ne line as to what is necessary according to the
orders and not pass the limit.133 John never tires of encouraging Dorotheus
to keep constantly in mind Gods will as opposed to his personal will. The
self-will cannot sustain him and will only lead to ruin.134
Having begun his monastic career in the coenobium of Seridos, Dorotheus absorbed the monastic tradition under the guidance of Barsanuphius
and John. His literary work, as well as his occupation in medicine, testify to
a broad education.135 He later left Seridos monastery and settled in another
monastery, near Gazaor he founded a new one there.136 Its coenobitic nature is reected in his instructions to his monks and the imagery he invokes
in describing life in the monastery.137 A coenobium, says Dorotheus is analogous to a living body; it unites all of its parts, each of which has a particular function in the life of the monastery and of the monk.138 Dorotheus
131. Ibid., 288.
132. Ibid., 328.
133. Ibid., 313. On the reserved attitude toward guests in the monastic circle of Gaza, see

Bitton-Ashkelony - Kofsky, The Monastic School of Gaza, 205-209.


134. Questions and Answers 316.
135. Ibid., 326-27.
136. John Moschus, The Spiritual Meadow 166 (PG 87/3, col. 3033a); See also L. Regnault and
J. de Prville, Dorothe de Gaza. Oeuvres spirituelles (SC 92), Paris 1963, 27; E.P. Wheeler
(trans.), Dorotheos of Gaza, Discourses and Sayings, Kalamazoo 1977, 57-67; P. Canivet,
Dorothe de Gaza, est-il un disciple dvagre?, Revue des tudes grecques 78 (1965) 338.
137. The coenobitic monastic ideal of Dorotheus is discussed in the sixth instruction, pp.
268-287.
138. Dorotheus, Instructions 77, ed. and trans. Regnault - de Prville, Dorothe de Gaza,
284.

RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

343

writings are characterized by their lack of originality and their eclectic


nature, and express a predilection for preserving and systemizing monastic
tradition. Like Barsanuphius and John, he was not inclined toward speculative discussions, but was interested rather in practical spiritual guidance
for the monks. His monastic teachings combine traditions characteristic of
Basilian and Pachomian monasticism, advocating communal life as well as
the teachings of Evagrius and Barsanuphius, who represent the tradition of
the anchorites at Scetis.139 These threads were interwoven in the writings
of Dorotheus and also in the daily routine of his monastery. In his Instructions, Dorotheus presents ideas and concepts from Greek philosophy and
the theological concepts of Greek ecclesiastical writers alongside anecdotes
from his personal experience. It is his adaptation of this amalgam to the
coenobitic reality of his monastery that gives Dorotheus spiritual direction
its distinctive character.
Obedience and humility were the two central ideals by which Dorotheus
undertook to direct coenobitic life. The ideal of absolute obedience to a
spiritual father he absorbed from Barsanuphius, and he in turn bequeathed
it to his disciple Dositheus. Dorotheus did not devote a separate discussion in his writings to obedience, but it constitutes an essential component
of his spiritual guidance.140 The centrality of the obedience ideal in the
teachings of Dorotheus is explicitly expressed in the brief biography of his
disciple Dositheus.141 Through obedience and the extinction of individual
will, Dorotheus sought to reach his main goal: to be the true disciple of
Christ,142 to resemble the Son of God.143
The ideal life Dorotheus preached in the framework of coenobitic monasticism was apparently suited to all who wished to abide by the Christian faith,
and not solely the minority of ascetics; in fact, only abandonment of property
and renunciation of marriage applied exclusively to them.144 This standpoint,
which advocated blurring the borders between monastic life and the life of all
Christians, is similar in its approach to that of Basil the Great, whose ascetic
139. See Dorotheus, Letter to the Anchorites, I, 180-183, in idem, Instructions, 488-497;

Questions and Answers 318-319.


140. Dorotheuss concept of obedience is discussed by T. Spidlik, Le concept de lobissance et de la conscience selon Dorothe de Gaza, Studia Patristica 11 (1972) 72-78.
141. See, for example, Vita Dosithei 9-10; 13, ed. and trans. in Regnault - de Prville, Dorothe de Gaza. Oeuvres spirituelles (SC 92), Paris, 1963, 122-145.
142. Questions and Answers 308.
143. Ibid., 251.
144. Dorotheus, Instructions, Foreword, 81.

344

A. KOFSKY

writings sketch the image of the ideal Christian.145 Yet Dorotheus was interested
primarily in the teaching of spiritual principles, which drew their authority from
the ideal of obedience and had as their goal to approach God in the most perfect
manner.146 His lectures are vivid and appealing, his topics interwoven with anecdotes and personal experience; but there is scarcely anything in them that is
not traditional. Dorotheus originality lies in his sober and concrete adaptation
of this heritage to his coenobitic reality,147 hence the shift of emphasis regarding
various aspects of ascetic life.148 For example, Dorotheus introducesin contrast to his predecessors Evagrius, Abba Isaiah, Barsanuphius, and Johnhis
own clear and sober distinction between sins and passions as the root cause
of sin: Sins constitute the gratication of these passions: when a man acts
and brings into corporeal reality those works which were suggested to him by
his passions. It is certainly possible to have the passions and not set them to
action.149 This was indeed a relatively modest ascetic goal, one suited to the
moderate circumstances of communal monasticism. Thusas observed by Hadotthe afnity with philosophic spiritual exercises is also more recognizable
in Dorotheus, whose radical view of obedience transformed the philosophical
practice of spiritual exercises.150 Previous notions of eradicating self-will in
the context of relationships with God and with demons, and between a spiritual
father and fellow monks in general, are also found in Dorotheus,151 but it is
within his overall emphasis on obedience as the paramount virtue of coenobitic
monasticism that renunciation of personal will receives its greatest emphasis,
as is reected in his writings.
The domination of human life by self-will is the main characteristic
of our human condition after the fall, according to Dorotheus. Having expelled Adam from Paradise, God then:
delivered him to his own self-will (toi idioi qelh/masin) and to
his own desires, that he may grind down his own bones and learn that he
cannot go straight on his own, but only by the command of God; so that
learning the poverty of disobedience (hJ talaipwria thv parakohv) may
145. See P. Rousseau, Basil of Caesarea, Berkeley etc. 1994, 192-232.
146. Dorotheus, Instructions 48, p. 222; 21-25, pp. 178-184. Dorotheus was well acquainted

with the ascetic writings of Basil, and cited them to his monks.
147. See Regnault and de Prvilles introduction, Dorothe de Gaza, 44; Regnault, Thologie de la vie monastique selon Barsanuphe et Dorothe.
148. See also Bitton-Ashkelony - Kofsky, The Monastic School of Gaza, 142-144.
149. Instructions I.5.
150. See Hadot, Exercises spirituels, 63-74.
151. See Instructions V.62-64, XVI.169, Letter 7.192.

RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA

345

teach him the tranquility that comes from obedience (th\n anapausin thv
uJpakohv).152

The new existential reality tends to perpetuate evil in society. This holding fast to our own will (to\ kratein to\ idion qelhma) has thus brought many
and great evils to humanity. It is the antithesis and antidote of humility that
produces hatred of our own will (to\ misein to\ idion qelhma), leading to the
restoration of the original human nature and redemption.153 Humility, then,
consists primarily in cutting out self-will; this is a penultimate virtue. In Dorotheus words: Nothing helps men so much as to cut out self-will (Oujden gar
outw wfelei tou\ anqrwpou w to\ ko/ptein to\ idion qelhma), for thereby a
man advances almost beyond all virtues. In practice, this cutting out of selfwill means for Dorotheus a constant struggle against various desires, or wills
(qelh/mata): It is in pursuing this way of cutting out the will. From this cutting
out of self-will a man procures for himself detachment (aprospaqeia) and
from detachment he comes, with the help of God, to perfect apatheia.154 Here
Dorotheus instructs his monks in a practical technique for mastering the ideal
of eradication of self-will in the progress toward achieving the Evagrian ideal
of apatheia: by waging an ongoing, conscious mental struggle to oppose every
thought containing any element of will or desire:
A man denying himself in this way comes little by little to form a
habit of it, so that from denying himself in little things, he begins to deny
himself in great without the least trouble. Finally he comes not to have any
of these extraneous desires, but whatever happens to him he is satised
with it, as if it were the very thing he wanted. And so, not wanting to do
his own will, he nds himself always doing it. For not having his own will,
every single thing that happens to him is according to his will. Thus he is
found, as we said, to be without attachment (prospaqeia), and from this
state of detachment he comes to the state of holy apatheia.155

The ideal of eradicating the self-will is here translated into a technique,


in a gradual process of annihilating the autonomous personality of the monk.
This ideal was exemplied, according to Dorotheus, by his disciple Dositheus
who mastered himself by obedience, and cut out his own will.156 Another
supreme example is the visiting monk who risked his life swimming across
the ooded river just in order to obey his abbot in returning to his monastery,
152. Instructions I.8.
153. Ibid., I.10.
154. Ibid., I.20.
155. Ibid., I.20.
156. Ibid., I.21.

346

A. KOFSKY

instead of following his own will and instinct for survival.157 The ideal of
cutting out the self-will was developed into a signicant component of the
practical paideia of obedience in the monastic circle of Gaza, culminating in
the framework of coenobitic life during the time of Dorotheus. It became a
ground rule of conduct for every monk in any task he performed in the coenobium.158 Moreover, constant application in daily conduct transformed this
imperative into something like a second nature:
Do yourself violence in all things and cut out your own will, and, by
the grace of Christ living in you, you will become so habituated to cutting out self-will that you do it without constraint or trouble as naturally
as you do your own will. Then no longer will you want certain things to
happen, but what is happening will be the thing you want and you will be
at peace with all.159

The paramount importance of this communal virtue found classic expression in the exemplary gure of the young monk Dositheus and in his
monastic training by Dorotheus. Dositheus became a paragon of self-renunciation through obedience to his monastic trainer, and his vita illustrates
how the cutting out of self-will was elaborated into a course of initiation
into coenobitic life, achieving an ideal fully advocated later in Dorotheus
circle. According to the vita, Dositheus became so perfect in obedience
that he never did even one wish (en qelhma) of his own in anything,
nor did he do anything out of attachment (prospaqeia);160 even on his
deathbed he was ghting against his self-will (hjgwnizeto kata touv idiou
qelh/mato).161 Despite the bitterness among some of the veteran monks
due to Dositheus posthumous elevation to the side of the Trinityafter
only a short and seemingly unimpressive monastic careereventually all
recognized that he was found worthy of achieving such perfection in so
short a time, through his perseverance in obedience and the eradication
of self-will (dia touv krathvsai aujto\n th\n uJpakoh\n kai to\ ko/yai to\ idion
qelhma).162
Aryeh Kofsky
University of Haifa
157. Ibid., I.22.
158. Ibid., IV.58.
159. Dorotheus, Letter 2.187.
160. Vita Dosithei 9.
161. Ibid., 9.
162. Ibid., 13.

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)


R. Yosef da Montagnana e R. Yiaq Latif da Ancona
Introduzione, traduzione e note

M. Pazzini - A. Veronese

In questo contributo vengono presentate e tradotte, per la prima volta in


una lingua diversa da quella ebraica, le lettere di due pellegrini ebrei, provenienti dallItalia centro-settentrionale, e arrivati a Gerusalemme nella seconda met del XV secolo. I due personaggi sono R. Yosef da Montagnana
e R. Yiaq glio di R. Meir Latif da Ancona.
Il testo ebraico dei due documenti, insieme allintroduzione, stato
pubblicato da Abraham Yaari1. Proponiamo qui anche la traduzione italiana delle note introduttive a ciascuna delle due lettere, curate dallo stesso
Yaari.
Per quanto possibile, si preferita una traduzione letterale, anche se in
alcuni casi per evitare uno stile eccessivamente contorto o pesante si
adottata una traduzione pi libera.
Lettera di Rabbi Yosef da Montagnana
da Gerusalemme 1481 (Yaari, pp. 89-93)
Introduzione
[Yaari, p. 89] Nel manoscritto di questa lettera scritto allinizio: Copia
dello scritto che invi lonorato Yosef Mantavia2 ashkenazita. Tuttavia
gi i primi ricercatori si resero conto che qui occorre un errore nel nome,
perch il nome Mantavia non ha alcun senso e non conosciuto da altra fonte. Recentemente si chiarito che, invece di Mantavia, bisogna
leggere da Montagna3 e lo scrittore della lettera , perci, rabbi Yosef

1. Yaari A., Iggerot Erets Yisrael (Letters Written by the Jews of Erets Israel to their

Brothers in the Golah), 1943 (ristampa Ramat Gan 1971) [in ebraico]. Le due lettere si
trovano rispettivamente alle pp. 89-93 e 94-98.
2. Le lettere ebraiche sono: ayybfnm.
3. Le lettere ebraiche sono: ayynfnwmd.
LA 56 (2006) 347-374

348

M. PAZZINI - A. VERONESE

da Montagna [Yaari, p. 90] il quale incontr rabbi Meullam da Volterra


nei giorni della sua permanenza in Gerusalemme dal 29 luglio no al 26
agosto 1481. Questo viaggiatore ricorda, nel racconto dei suoi viaggi, allinizio della lista dei personaggi famosi a Gerusalemme, il rabbi Yosef
da Montagna4, ashkenazita, che parnas. Lo scrittore della lettera era,
dunque, a quanto pare, un personaggio importante se solo otto mesi dopo
il suo arrivo fu gi nominato parnas (probabilmente della comunit degli
ashkenaziti italiani).
Lautore della lettera giunse a Beirut su di una nave veneziana allinizio
dellanno ebraico Re Mem alef (ne estate del 1481)5 e di l si diresse a
Damasco, citt nella quale si ferm il giorno di Kippur e nei giorni della
festa di Sukkot. Da Damasco si diresse a Safed, ove soggiorn per circa
un mese. Da Safed and, via Kefar Kana e Sichem, a Gerusalemme, dove
giunse allinizio del mese di Kislew. Insieme a lui immigrarono nella terra
dIsraele sua moglie e due donne, Rivka (Rebecca) e la sua ex-moglie
(geruah), le quali, a quanto pare, non erano sue parenti, ma si unirono a
lui nel suo viaggio. La prima mor a Damasco.
La lettera, indirizzata ai suoi gli e alle sue glie, inizia con lannuncio
del suo arrivo in pace alla terra dIsraele. Dopo di ci descrive brevemente il
viaggio da Damasco a Gerusalemme, Damasco e Safed; in questultima localit trov una bella comunit di trecento famiglie di ebrei. Dopo confuta le
notizie, frequenti in Italia, circa la cattiveria degli arabi e, inne, descrive in
breve Gerusalemme, in particolare il sito del Tempio e la valle di Giosafat.
Cos si giustica riguardo alla brevit della sua narrazione: Quante altre
cose avrei voluto aggiungere ma non ho altra carta, dato che la carta che
si trova qui non mi permette di scriverci sopra; se non mi invierete carta non
potr pi scrivere. Tuttavia non si trattiene dallinformare sulla guerra dei
Falascia in Etiopia, guerra nella quale gli ebrei dIsraele e Italia riponevano
speranze di redenzione e sulla quale vengono fornite informazioni anche in
altre lettere scritte dalla terra di Israele nello stesso periodo.
Alla ne della lettera lo scrittore informa di avere ricevuto unottima
accoglienza a Gerusalemme, a differenza di quanto gli avevano detto a
Safed e a Kefar Kana sul cattivo comportamento della gente.
4. Il nome viene trascritto Mantagna in E.N. Adler, Jewish Travellers in the Middle Ages,

19 Firsthand Accounts, New York (Dover Publications), 1987 (ristampa invariata delledizione del 1930), nella sua traduzione del resoconto di viaggio di Meullam da Volterra (p.
196).
5. Si tratta, piuttosto, dellestate dellanno 1480. Si veda in proposito A. Veronese, Le comunit ebraiche del Vicino Oriente e di Egitto nelle relazioni di viaggio dei pellegrini ebrei
italiani del XV secolo. Nota storica, in Egitto e Vicino Oriente, IX (1986), p. 157.

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

349

Rabbi Yosef da Montagna era, a quanto pare, di Venezia o dei suoi


dintorni perch, nella sua lettera, ricorda, a titolo di paragone, le cittadine
di Mestre e Mogliano6 vicine a Venezia. Pare che fosse pure ricco, al punto
che i cittadini di Safed insistettero perch si insediasse presso di loro con
la promessa che non lo avrebbero gravato di tasse.
Testo della lettera7
[Yaari, p. 91] Copia dello scritto che invi rabbi8 Yosef da Montagnana9
ashkenazita, da Gerusalemme in Lombardia10, dellanno 1481.
Aprir, dunque, la mia bocca al canto e alla lode per ringraziare e lodare il nome del Dio grande, forte e terribile alla cui unit non c ne e
termine e per lamore e la misericordia con la quale ci ha ricompensati, che
ci ha salvati da alcuni pericoli lungo il cammino che abbiamo affrontato sia
per mare che sulla terraferma. Le preoccupazioni e i disturbi che abbiamo
avuto non si potrebbero contare, ma in tutte non ha abbandonato la sua
misericordia e la sua rettitudine. Sia Egli benedetto e sia benedetto il suo
6. Mogliano Veneto.
7. Nel commentare il testo della lettera, si sono citati brani di altri viaggiatori e pellegrini

ebrei italiani del XV e XVI secolo, le cui lettere o relazioni di viaggio ci sono pervenute.
Tali brani sono citati in traduzione italiana. La presenza di parole in corsivo o in corsivo
e grassetto indica, nelle traduzioni in lingua italiana, la presenza di una parola in volgare
scritta per utilizzando caratteri ebraici. Nelle citazioni che seguono tale uso stato mantenuto.
8. Nel Quattrocento lappellativo rabbi aveva sovente il signicato di egregio signore,
messere. Di norma, quando ci si vuole riferire ad un rabbino, il termine impiegato Rav.
9. La localit quasi certamente Montagnana. Non esiste infatti attualmente nella nostra
penisola una localit denominata Montagna. A favore di unidenticazione con Montagnana giocano numerosi fattori: in primo luogo, quasi certamente il nostro viaggiatore era un
ebreo dorigine veneta e in Veneto dovevano vivere, o perlomeno operare, i gli, ai quali
indirizzata la lettera. In almeno due casi, infatti, Yosef paragona i luoghi e gli edici con i
quali viene per la prima volta a contatto con localit ed edici veneti (Mestre e la fortezza
di Mogliano Veneto); perch il paragone potesse essere efcace, era necessario che la citt
e la fortezza fossero familiari anche a coloro che leggevano la sua lettera. Inoltre, parlando
di Damasco, mette a confronto i prezzi vigenti in tale localit con quelli di Venezia. In
secondo luogo, a Montagnana vi era, nel Quattrocento, un insediamento ebraico. Da ultimo, il nostro un ashkenazita, e senza dubbio il Veneto orientale era una delle localit del
centro-nord nelle quali pi forte era la presenza di ebrei dOltralpe, il cui usso migratorio
risaliva almeno agli ultimi lustri del Trecento. Su Yosef da Montagnana, cfr. S.H. Kook, R.
Joseph de Montagnana Askenazi Parnas in Jerusalem, in Zion, 1 (1930), pp. 255-256
[in ebraico].
10. Il termine Lombardia sta qui ad indicare genericamente lItalia settentrionale.

350

M. PAZZINI - A. VERONESE

Nome grande che ha dato vigore allo stanco. E dopo la buona notizia che
siamo arrivati qui vi narrer ancora circa la mia salute e la salute di vostra
madre11. Dico ai miei gli e alle mie glie a uno a uno pace. Il Santo,
sia egli benedetto, aggiunga anni di vita a voi, ai vostri gli e alle vostre
glie e alla discendenza della vostra discendenza. Come sabbia crescano e
si rafforzino in quantit. Ora rallegratevi e gioite con noi che siamo riusciti
a venire nella Terra Santa e nella Citt Santa.
Prima di tutto sia benedetto il Signore, per il fatto che ho scelto la strada
giusta, e vi scrivo per quale via sono arrivato12. Da Beirut13 andai a Damasco14, che dista due giorni e mezzo. L restammo il giorno di Kippur15 e di
Sukkot16 e l si ammal la signora Rivka, il suo ricordo sia in benedizione17,
e sono stato obbligato a lasciare a Damasco lei e la signora ex-moglie18. Essa
(Damasco) una bella citt e un luogo di commercio19; ci sono in essa circa
11. Segue la formula

yt, che lequivalente di lz per le persone che sono in vita.

12. Bench Yosef, differentemente da altri viaggiatori, non fornisca informazioni dettagliate

sul viaggio per mare, da quanto scrive sembra chiaro che si doveva essere imbarcato a Venezia. Sulla scorta delle informazioni fornite da altri viaggiatori, come ad esempio Meullam
da Volterra, in genere le navi che collegavano il Vicino Oriente con Venezia partivano ed
arrivavano a Beirut. Meullam da Volterra, per tornare in Italia, simbarc a Beirut l8
settembre 1481 e raggiunse Venezia il 18 ottobre dello stesso anno, facendo scalo a Cipro
(10 settembre), a Rodi (12 settembre), a Candia (16 settembre), a Modon (24 settembre),
a Corf (30 settembre), a Ragusa (4 ottobre), a S. Piero Animo (6 ottobre), a Parenzo (14
ottobre). In ognuna di queste localit la nave si ferm un giorno o due. Per litinerario
seguito dal viaggiatore toscano cfr. Meullam da Volterra, Viaggio in Terra dIsraele, Traduzione, introduzione, note e appendice di A. Veronese, Rimini, Luis, 1989 (Collana Gli
erranti), p. 122.
13. Nel ms. Berito (wfyrb). Si tratta della forma latina, e il suo uso da parte di Yosef da
Montagnana indica verosimilmente che il nostro aveva una certa familiarit con testi in
tale lingua. La forma medievale per Beirut (che troviamo impiegata, ad esempio, da Moeh
Basola e da Meullam da Volterra) Beruti.
14. Il viaggio da Beirut a Damasco aveva effettivamente una durata media di due giorni e
mezzo. Meullam da Volterra riferisce di avere lasciato Beirut gioved nel tardo pomeriggio
e di essere arrivato a Damasco domenica mattina; al ritorno, il viaggio ebbe inizio il 6 settembre e si concluse allalba dell8 settembre: cfr. Meullam da Volterra, Viaggio in Terra
dIsraele, cit., pp. 85-87.
15. Lo Yom Kippur (lett. giorno dellespiazione) un giorno di digiuno e di preghiera per
lespiazione e il perdono dei peccati. Cade il 10 del mese di tir.
16. La festa di Sukkot (lett. capanne) segue di cinque giorni lo Yom Kippur e dura dal 15
al 22 di tir; si conclude con la festa di imat Torah (gioia della Torah) che celebra la
conclusione del ciclo annuale di lettura della Torah.
17. Lespressione ebraica si pu tradurre con lidioma italiano di benedetta memoria.
18. Nel testo awryg.
19. Anche Meullam da Volterra descrive Damasco in termini entusiastici: [] essa
superiore al Cairo in tutto per quello che concerne la quantit e supera tutte le altre citt

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

351

cento20 famiglie21 (di ebrei) e fra loro vi sono molti onorati e conoscitori
della Torah; c in essa ogni qualit di pane, carne e vino e diversi generi
di frutti prelibati. I prezzi sono un poco alti a causa del gran numero di
abitanti. Ad ogni modo pi economica di Venezia. Non ho trovato alcun
povero in tutta questa regione per il fatto che un uomo, che dispone di una
rendita di quattrocento o cinquecento (ducati)22, pu viverci, in particolare
un uomo saggio come il nostro suocero rabbi Iosefo23, e cos scrivetegli o
parlategli faccia a faccia.
che ho visto sino a questo giorno, dato che mai ne ho vista una che le sia pari per la quantit delle merci e degli ornamenti. [] A Damasco ci sono pure quattro grandi bazaari:
il primo di pietre preziose e perle, il secondo di tutti i generi di spezie, il terzo di tutti i
generi di seta, il quarto per gli oggetti damaschini di rame rivestiti doro e dargento. Cfr.
Meullam da Volterra, Viaggio in Terra dIsraele, cit., pp. 86-87. Ovadyah da Bertinoro
scrive a proposito di Damasco: oggigiorno non v in nessun paese una citt altrettanto
benedetta da Dio come Damasco: si dice che le sue case, gli orti e i giardini non temano
paragoni. Cfr. Ovadyah da Bertinoro, Lettere dalla Terra Santa, introduzione, traduzione,
note e appendice di G. Busi, Rimini, Luis, 1991 (Collana Gli erranti), p. 67. Ai primi del
Cinquecento Moeh Basola nota che Damasco una grande citt, due volte le dimensioni
di Bolonia. circondata da mura estremamente ben costruite con attorno i fossi. Possiede
una cittadella molto ben forticata e molti attraenti mercati. Ha una popolazione numerosa
e il commercio vi grandemente sviluppato. Nei mercati possibile trovare ogni genere
di mercanzie e beni, in quantit maggiore che non a Venezia []. La terra decisamente
ben dotata di generi alimentari, e di frutta, e di prelibatezze degne di un re, e vi possibile
trovare ogni piacere. Il costo della vita allincirca quello di Venezia: cfr. Moeh Basola,
A Sion e a Gerusaleme. Viaggio in Terra dIsraele (1521-1523), a cura di A. David e A.
Veronese, Firenze, Giuntina, 2003, pp. 75-76.
20. Yaari propone di leggere quattrocento. In effetti, altri viaggiatori riferiscono che vivevano a Damasco ben pi di cento famiglie di ebrei: Meullam da Volterra scrive: Vi sono
[a Damasco] anche circa quattrocentocinquanta famiglie di ebrei, tutti ricchi ed onorati e
tutti mercanti: cfr. Meullam da Volterra, Viaggio in Terra dIsraele, cit., p. 87; Moeh
Basola, il cui viaggio in Eretz Yisrael avvenne tra il 1521 e il 1523, narra che gli ebrei col
sono in numero di circa cinquecento famiglie. Hanno tre sinagoghe che sono ben costruite
ed ornate una per i sefarditi, una per i morischi e una per i ziziliani: cfr. Moeh Basola,
A Sion e a Gerusaleme, cit., p. 76. Anche Ovadyah da Bertinoro, che pure non fornisce
indicazioni precise sulla consistenza dei nuclei ebraici damasceni, osserva che gli ebrei di
Damasco sono di buona condizione socio-economica. Scrive Ovadyah: A Damasco, invece, a quanto ho udito, vi sono ebrei ricchi dediti ai commerci : cfr. Ovadyah da Bertinoro,
Lettere dalla Terra Santa, cit., 67.
21. Il costrutto ebraico tyb l[b (pl. ytb yl[b) signica, letteralmente, padrone o proprietario di casa ed indica, nel nostro contesto, i nuclei familiari ebraici.
22. Non viene specicato di cosa si tratta. quasi certo che si debba integrare con
ducati.
23. Segue una sigla (fm) sconosciuta allo stesso Yaari. Yosef da Montagnana vuole probabilmente far sapere al suocero che a Damasco avrebbe potuto vivere bene con le rendite
sulle quali poteva contare. Non si pu escludere che il suocero avesse espresso il desiderio
di trasferirsi a vivere in Oriente: in ogni caso, da quanto scrive il nostro viaggiatore, si

352

M. PAZZINI - A. VERONESE

Da Damasco sono andato a Safed che Terra Santa. Circa dieci miglia
prima di arrivare a Safed24 ho attraversato il ponte di Giacobbe25 nostro
padre, che si chiama ancor oggi col suo nome ed sul Giordano, e l entrai
nella terra di Israele. Prima di arrivare al Giordano, alla distanza di circa
un miglio, caduta dal cavallo una persona26, che abbiamo portato con
difcolt no a Safed, dove ci fermammo circa un mese no a che guar la
suddetta (persona). E anche Safed una bella comunit e ci sono in essa
trecento nuclei familiari ebraici27, con i villaggi allintorno che si trovano
nel suo conne. L ci sono i sepolcri di molti profeti, giusti, Tannaim28 e
Amoraim29 [Yaari, p. 92] e della regina Ester.

evince che il suocero Iosefo (apzwy) viveva ancora in Italia, altrimenti non si capisce come
i nipoti avrebbero potuto parlargli di persona per trasmettergli il messaggio del genero.
In questo periodo, per altro, viveva a Damasco un rabbi Yosef, citato da Meullam da
Volterra, che era a capo della comunit damascena. Scrive Meullam: il loro capo (degli
ebrei di Damasco) rabbi Yosef il Medico: cfr. Meullam da Volterra, Viaggio in Terra
dIsraele, cit., p. 87.
24. Yaari scrive da Safed, ma si tratta, ovviamente, di un moto a luogo.
25. Il Ponte di Giacobbe, citato anche da Moeh Basola, era un importante punto dincontro per le carovane provenienti da S. Giovanni dAcri, Safed e altre localit dellAlta Galilea
e dirette a Damasco. Come ricorda Basola Si dice che questo (cio, il Ponte di Giacobbe)
sia il luogo dove il nostro patriarca Giacobbe possa essere benedetta la sua memoria
pass quando fece ritorno da Haran. Cfr. Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit.,
p. 74 e p. 74 nota 2.
26. Il termine ebraico tylgwlg indica in realt il testatico. Nel contesto chiaro che si sta
parlando di una persona di sesso femminile. Unipotesi abbastanza verosimile (per la quale
si ringrazia Yacov Guggenheim, che lha suggerita) che Yosef in questo punto pensi in
italiano ed effettui una falsa traduzione. In volgare, quando ci si riferiva ad alcune forme
di tassazione personali, si usava la locuzione per testa. Testa in questo caso lequivalente di persona. Ma poich in ebraico il termine ro (var) testa maschile, e qui ci si
riferisce inequivocabilmente ad una donna, Yosef decide di utilizzare un sostantivo in forma
femminile, che pu signicare anche cranio. Daltra parte sembra strano che le lettere
ebraiche possano indicare un nome proprio, dato che sono seguite dalla lettera a una o
uno. La parola ebraica qui impiegata va dunque verosimilmente intesa come un sinonimo
di persona di sesso femminile.
27. Anche Moeh Basola riferisce che a Safed dimoravano pi di trecento famiglie di ebrei.
Egli fa anche cenno allesistenza di tre sinagoghe: cfr. Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit., p. 54.
28. Il termine Tannaim (plurale dellaramaico tanna persona che studia e trasmette / insegna) indica un gruppo di saggi ebrei del periodo compreso fra Hillel e la compilazione
della Minah.
29. Il termine Amoraim (dallebraico rma dire, interpretare), indica un gruppo di saggi
ebrei, in particolare dimoranti a Cesarea e Tiberiade in Palestina (circa 220375) e in Babilonia (circa 200500), i quali hanno interpretato la Minah e altri scritti della precedente
epoca Tannaitica.

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

353

Poi andai da Safed a Kefar Kana e, lungo la strada, trovai il profeta


Abacuc e sostammo sulla sua sepoltura30. C un villaggio, l vicino, che
porta il suo nome. Ietro, il suocero di Mos nostro maestro, sia la pace
su di lui, sepolto anche lui lungo quella strada. A Kefar Kana sostammo dal gioved no a domenica; anche l ci sono circa settanta onorate
famiglie di ebrei31, in particolare uno32 che si chiama rabbi Yiaq ed
un dotto.
Da Kefar Kana sono andato a Sichem33, alla distanza di un giorno e
mezzo, e l sepolto Giuseppe il Giusto34. Dotan vicino a quel luogo;
vi anche la cisterna nella quale lo gettarono e vi sono anche giusti e
profeti in gran numero, l, a Sichem e a Kefar Kana. A Sichem ci sono
i settanta anziani, Eleazar e Itamar gli del sacerdote Aronne. Sichem
presso il monte Garizim35 che il monte della benedizione. Settanta
sorgenti scaturiscono da esso e vi sono alberi di olivo e di altri frutti. Il
monte Ebal un monte arido come pietra e non vi su di esso neppure
un lo derba.
30. Sul sepolcro di Abacuc, cfr. M. Ish-Shalom, Holy Tombs: A Study of Traditions con-

cerning Jewish Holy Tombs in Palestine, Jerusalem 1948, pp. 87-88 [in ebraico] e Z. Ilan,
Tombs of the Righteous in the Land of Israel, Jerusalem 1997, pp. 210-211 [in ebraico].
31. Quarantanni pi tardi, stando alla testimonianza di Moeh Basola, linsediamento ebraico di Kefar Kana si era notevolmente ridotto, e assommava a circa quaranta famiglie: cfr.
Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit., p. 61.
32. Una persona della comunit.
33. Il nostro viaggiatore non dice nulla relativamente alla popolazione ebraica di Sichem.
Stando alla testimonianza di Basola, che scrive per una quarantina danni pi tardi, la
comunit ebraica locale assommava a circa dodici famiglie di ebrei, tutte dorigine orientale. Cfr. Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit., p. 62. Nel corso del Cinquecento
la popolazione ebraica di Sichem aument: il censimento ottomano del 1538-1539 rileva
la presenza di settantuno famiglie debrei, divise in tre quartieri; a questa data dimoravano
a Sichem non solamente ebrei dorigine orientale, ma anche israeliti appartenenti ad altre
congregazioni: si vedano in proposito A. Cohen B. Lewis, Populations and Revenue in
the Towns of Palestine in the Sixteenth Century, Princeton 1978, pp. 145-149; e A. David,
To Come to the Land. Immigration and Settlement in 16th Century Eretz Israel, translated
by Dena Ordan, Tuscaloosa and London 1999, p. 27.
34. Sul pellegrinaggio alla tomba di Giuseppe il Giusto, cfr. E. Reiner, Pilgrims and Pilgrimage to Eretz Israel, 1099-1517, Ph. Dissertation, Hebrew University of Jerusalem, 1988,
pp. 290-291, cit. in Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit., p. 62, nota 44.
35. Il Monte Garizim era per i Samaritani il Monte del Tempio, come ricorda anche
Meullam da Volterra. I Samaritani sono un gruppo che si era separato dal giudaismo tradizionale gi in epoca biblica. Molto in generale, possiamo dire che i Samaritani hanno un
atteggiamento pi rigido degli ebrei relativamente allosservanza di alcuni precetti (impurit
mestruale, circoncisione, riposo sabbatico), mentre danno uninterpretazione meno rigida
alle norme su matrimonio e levirato.

354

M. PAZZINI - A. VERONESE

Da Sichem sono venuto qui a Gerusalemme, alla distanza di un giorno, mentre la signora Rivka se ne era andata allaltro mondo36 a Damasco. E la signora ex-moglie arriv qui il venerd prima di anukkah37.
Circa le cattiverie che si dicevano (riguardo agli arabi): tutto bugia e
menzogna, lo giuro! Sono stato in tutte quelle citt delle quali ho scritto
e, lungo il cammino, ci siamo trovati, talvolta, in aperta campagna fra
molti ismaeliti e non ho sentito nessuno che aprisse la bocca per (dire)
cose cattive38.
Gerusalemme bella e grande, uomini e donne vanno per strada in
lungo e in largo e nessuno apre la bocca per (dire) cose cattive. Ci sono
molte botteghe39 di giudei nella parte migliore della citt. Sono stato al
36. Nel testo segue una locuzione ebraica (hqbv

larcy lkl yyjw) che sostanzialmente


ripete il concetto appena espresso, vale a dire che Rivka era morta.
37. anukkah (lett. dedicazione) la festa che ricorda la riconsacrazione del Tempio dopo
la vittoria dei Maccabei sui greci nel 164 a.C. e la riedicazione dellaltare profanato.
38. Rabbi Ovadyah da Bertinoro, pellegrino in Terra Santa qualche anno dopo (14871490), annota in una sua lettera: In verit in questo luogo i musulmani non perseguitano
affatto gli ebrei. Ho potuto percorrere il paese in lungo e in largo n vi fu chi muovesse
unala. Sono pieni di sollecitudine verso chi straniero, e in particolar modo verso chi
non conosce la lingua; se vedono molti ebrei assieme non ne sono affatto infastiditi:
cfr. Ovadyah da Bertinoro, Lettere dalla Terra Santa, cit., pp. 48-49. Sempre Ovadyah
osserva, nella seconda delle sue lettere, che gli ebrei () della Galilea vivono in pace
e in tranquillit, non subiscono alcuna vessazione da parte dei musulmani: cfr. Ovadyah
da Bertinoro, Lettere dalla Terra Santa, cit., p. 67. Commenti positivi sul comportamento
dei musulmani (o perlomeno di alcuni musulmani) nei confronti degli ebrei fanno anche
altri viaggiatori. Meullam da Volterra, ad esempio, ricorda quanto accaduto a lui e al
suo compagno Rafael tra evron e Gerusalemme. Un ismaelita di nome Ali, infatti, si
era messo daccordo con tre briganti per uccidere e derubare i due viaggiatori ebrei. Ma
quando aveva cercato di convincere i due mamelucchi che viaggiavano assieme a loro
a coadiuvarlo nel suo progetto criminoso, si era trovato di fronte ad un netto diniego: i
due correligionari, invece di aiutarlo, lo avevano minacciato, dicendo che avevano preso
limpegno di condurre sani e salvi il da Volterra e il suo compagno a Gerusalemme (cfr.
Meullam da Volterra, Viaggio in Terra dIsraele, cit., pp. 72-74). Basola elogia vivamente
il comportamento di alcuni musulmani, che lo soccorsero in occasione di una sua caduta
da un cammello, e lo contrappone a quello di due suoi correligionari, che viceversa lo
avevano abbandonato, incuranti delle sue condizioni. Scrive il nostro: Caddi a terra e
battei violentemente dapprima la parte posteriore del collo e poi la spina dorsale. Restai
tramortito dal colpo in testa (). Due malvagi ebrei che erano con me proseguirono la
loro strada, distanziandosi da me pi di due miglia, mentre io venivo lasciato solo con
due ismaeliti, e chi cera per dar loro istruzioni sul da farsi? Essi, per la dolce misericordia di Dio verso di me, si presero cura di me. Mi bendarono le costole e mi misero
sul cammello e mi portarono a Safed. Cfr. Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme,
cit., p. 53.
39. Qui Yosef, invece di utilizzare il termine ebraico twywnj impiega il termine twqyfwb,
derivante chiaramente dal volgare boteche, botteche. Questa forma era comune nel tardo

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

355

cimitero degli ashkenaziti40, e sono stato sul sepolcro del Rabbi41 che si
trova distante dal cimitero circa un tiro darco e vicino alla sepoltura
del profeta Zaccaria42. Lo giuro! Quando ho visto il suo sepolcro mi
pareva di vederlo faccia a faccia. cos che, grazie al cielo, ho avuto
lopportunit di vederli sepolti nella valle di Giosafat. Vicino al Tempio
sta una delle cose nuove e meravigliose che ho visto. Ci sono ancora
molti ambienti, un cortile e un giardino e in tutta la casa 43 non c n un
albero, n una pietra opera delluomo, perch fatta di una pietra unica
scavata, tutta la casa, e le mura della casa e il cortile e il giardino sono
molto alti; tutto fatto di pietra. Vi pure, al suo interno, un pozzo nel
quale furono gettati ragazzi e ragazze vergini per non cadere di spada 44.
Ancor oggi nella notte del 9 di Av45 [Yaari, p. 93] gli ismaeliti dicono
che sentono grandi pianti dentro lo stesso pozzo che si trova in quel
luogo, un grande edicio, mi pare grande quanto Mestre dentro le mura.
Le Porte della Misericordia46 esistono ancora; le ho viste da lontano;
e la torre del re Davide47, su di lui sia la pace, una meraviglia fra
tutte le meraviglie, una fortezza grande e possente, e non ho visto una

Medioevo e nella prima et moderna. Basola, ad esempio, ne fa frequentemente uso nel suo
resoconto di viaggio: cfr. Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit., pp. 43, 43 e nota
21, 48, 49, 54, 75.
40. Yosef da Montagnana lunico pellegrino italiano di questo periodo a me noto che parli
di un cimitero di ashkenaziti. Gli altri viaggiatori e pellegrini ebrei italiani si riferiscono
pi genericamente alle sepolture dei giusti. Meullam da Volterra, ad esempio, scrive:
Intorno alla torre (i.e., la tomba di Assalonne) c un gran numero di grotte di giusti che
sono l seppelliti. Un po a meridione vi la tomba del profeta Zaccaria (): cfr. Meullam
da Volterra, Viaggio in Terra dIsraele, cit., pp. 77-78. Basola riferisce che L vicino (alla
tomba del profeta Zaccaria) vi sono due belle caverne usate come sepolture: cfr. Moeh
Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit., p. 63.
41. Il nome di questo personaggio non menzionato. Potrebbe trattarsi del profeta Aggeo.
42. Molti viaggiatori e pellegrini menzionano la tomba di Zaccaria: Meullam da Volterra,
Ovadyah da Bertinoro e Moeh Basola.
43. Cio in tutta la spianata del Tempio.
44. Si tratta probabilmente della cisterna menzionata da Basola, che il dotto ebreo chiama
Bir Bintan (Pozzo delle glie). Egli sostiene per, differentemente da Yosef da Montagnana, che le vergini israelite vi si gettarono al tempo della distruzione (del Tempio): cfr.
Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit., p. 63.
45. In questo giorno si commemorano le due distruzioni del Tempio di Gerusalemme.
46. Sulle Porte della Misericordia, si veda pi avanti la nota 71.
47. La Torre di Davide viene menzionata, anche se con meno entusiasmo, da Basola, che
scrive: Sullo stesso lato vi una cittadella con una bassa torre, chiamata Torre di Davide:
cfr. Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit., p. 65.

356

M. PAZZINI - A. VERONESE

costruzione come questa in tutti i miei giorni. La fortezza di Mogliano


(Veneto), al suo confronto, una nullit assoluta. Se si tratta di unopera
umana veramente grande, ma di certo vi in essa la mano di Dio, ed
essa ha ancora oggi porte di ferro.
Quante altre cose avrei voluto aggiungere circa quelle novit, ma
non ho altra carta, dato che la carta che si trova qui non mi permette di
scriverci sopra; se non mi invierete carta non potr pi scrivere. Inoltre
non possibile descrivere le meraviglie e le cose meravigliose no a
quando non verrete a vedere con i vostri occhi, quando verr con voi il
nostro Messia; cos sia, amen.
Visto che ho condato nella misericordia del Creatore, sia Egli benedetto, questa settimana arrivata la notizia da una terra lontana, e si
dice che venga dalla terra di Pietro Ioan48; hanno detto agli ismaeliti che
sorto un re che ha gi conquistato ottanta cittadine. Prima chiede alla
citt di consegnarsi in maniera pacica e, se gli abitanti non accettano,
li brucia insieme al loro bestiame; non si sa chi sia, ma solo che se gli
chiedono: chi sei?, o come ti chiami?, oppure in chi credi? non
dice altro se non che crede in colui che ha creato il cielo e la terra; e
la fama va accrescendosi sempre pi, ve lo garantisco.
Sappiate che i capi della comunit e i giudici di qui mi hanno accolto
bene, e mi hanno promesso di comportarsi con me in maniera giusta
ed equa e non come mi fu detto a Safed e a Kefar Kana circa la mala
condotta della gente di qui. Essi gi sapevano ci che mi era stato detto,
le cattiverie della gente, e come avevano insistito con me le persone di
Safed e Kefar Kana perch rimanessi presso di loro, senza gravarmi di
uno spicciolo allinfuori della tassa ssa che corrisponde a circa due
ducati allanno per venti anni; e quanto essi onorano gli studiosi della
Torah in tutte quelle cittadine, e sia pace su tutto Israele. Amen.

48. In caratteri ebraici:

awy wrfyp Pietro Ioan, probabile storpiatura di Prete Gianni,


nome col quale era conosciuto, in epoca medievale, il sacerdote-re di un poderoso regno cristiano. Anche altri viaggiatori fanno riferimento alla leggenda del Prete Gianni:
Ovadyah da Bertinoro rammenta questo re leggendario nelle sue lettere: cfr. Ovadyah
da Bertinoro, Lettere dalla Terra Santa, cit., pp. 33, 55-56, 62, 69. Sulla leggenda del
Prete Gianni e sulla sua fortuna, cfr. L. Olschki, LAsia di Marco Polo. Introduzione alla
lettura e allo studio del Milione, Firenze 1957. Sui rapporti tra Prete Gianni e le Dieci
Trib dIsraele, cfr. A. Gross, The Ten Tribes and the Kingdom of Prester John Rumors
and Investigations before and after the Expulsion from Spain, in Peamim, n. 48 (1991),
pp. 5-41 [in ebraico].

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

357

Lettera di Rabbi Yiaq glio di R. Meir Latif


da Gerusalemme circa 1480-1485 (Yaari, pp. 94-98)
Introduzione
[Yaari, p. 94] Lautore di questa lettera era un pellegrino proveniente dallItalia, quasi certamente di Ancona, dato che, nel descrivere lestensione di
Gerusalemme, dice che essa come due volte Ancona. Egli arriv a Gerusalemme prima dellanno 1481 e nellanno 1486 non era pi in vita. La
lettera fu scritta poco dopo il suo arrivo a Gerusalemme, come possibile
vedere dai versetti con i quali ha inizio. Cos inizia il manoscritto: Copia
dello scritto che invi lonorato rabbino Yiaq (Isacco) glio dellonorato
rabbino Meir Latif quando giunse a Gerusalemme. Egli arriv al porto di
Giaffa con una nave italiana che portava pellegrini cristiani e nella sua lettera attesta: Navi giungono ogni giorno al porto di Giaffa e tutto arriva
a Gerusalemme per mezzo di asine, muli e cammelli in quantit.
Allinizio della lettera descrive il suo ingresso a Gerusalemme, poi passa a descrivere la citt e le sue strade, i buoni rapporti con gli arabi, le fonti
di guadagno dei giudei e le tombe dei giusti. A Gerusalemme trov poco
pi di centocinquanta famiglie di ebrei. Come tutti quelli che scrivevano
lettere da Gerusalemme ai suoi tempi, egli fornisce notizie sulla guerra
delle Dieci Trib, cio dei Falascia in Etiopia. Avrebbe avuto lintenzione
di scrivere pi a lungo, ma abbrevi a causa della fretta degli erranti,
cio per il fatto che si affrett a terminare la sua lettera e a consegnarla a
pellegrini cristiani che ritornavano in Italia. Rabbi Yiaq Latif fu uno dei
primi pellegrini provenienti dallItalia nella seconda met del secolo XV.
La sua lettera di capitale importanza in quanto, alla ne, egli scongiura
coloro che lavrebbero ricevuta che scriviate questo scritto e lo annunciate
alle comunit; mettetelo per iscritto afnch lo possano inviare di comunit
in comunit e preghino Davide con forza perch ristabilisca la sua citt e
la ponga come lode del suo popolo, popolo scelto.
Testo della lettera
Copia dello scritto che invi lonorato rabbino Yiaq, glio dellonorato
rabbino Meir Latif quando giunse a Gerusalemme.
Sui monti dIsraele sedevamo piangendo, alla vista della distruzione
in Sion, sugli ebrei in essa facemmo scendere, come un ume, le nostre
lacrime, il nostro occhio ha visto e si sono ottenebrati i nostri occhi, e

358

M. PAZZINI - A. VERONESE

la nostra anima dentro di noi pianse con forza sulla disgrazia della disgrazia49 che si delizia, abita nelle stanze dipinte, soggiorna nella nostra
propriet in Gerusalemme. [Yaari, p. 95] Il nostro cuore diviso dentro
di noi, se gioire con lode a Dio per il nostro arrivo in pace, oppure se
piangere sulla causa del nostro peccato, e si strugge il nostro cuore e
non sorto pi lo spirito di gioia sul nostro volto. I nostri occhi fanno
scendere lacrime, il pianto degli oppressi che non hanno chi li consoli50,
perch si allontanato da noi a causa dei nostri peccati. Ma per la compassione di Dio nei nostri riguardi sono stati con noi, subito dopo il nostro
arrivo, uomini di Gerusalemme, insieme alle loro mogli, che ci hanno
consolato teneramente51, il dolore dei molti che aspettano consolazione,
il medico degli affranti di cuore che liberer i prigionieri, curer le ferite
delle nostre percosse, far ritornare i deportati del suo popolo; gioir e
si rallegrer Israele, ci metter in grado di vedere e gioire della bellezza
del suo Tempio glorioso.
Quanto a costruzioni, Gerusalemme una citt grande e lodata, (grande) come due volte Ancona. Mi ha raccontato un anziano di Gerusalemme
che non si pu farne il giro in meno di sei ore di cammino. Al suo interno
molto abitata, ornata di frutti come non ho mai visto no ad ora e il cui
nome non conoscevo; anche dei sette generi52 per i quali era lodata ornata.
Vi mercato ogni giorno a Gerusalemme, in cinque grandi strade53. Non
le colpisce il vento caldo o il sole, perch sono sovrastate da una grande
cupola54; dai molti fori della copertura passa la luce e sono ben illuminati. E
vi sono negozi da una parte e dallaltra, continui e ornati della benedizione

49. Yaari specica che il riferimento ad Ismaele (cio ai musulmani).


50. Cfr. Qohelet 4,1.
51. Letteralmente consolato con consolazione.
52. Cio i sette generi per i quali era celebre la Terra di Israele: grano, orzo, vite, co,

melograno, olivo e palma.


53. Stando alla testimonianza di altri viaggiatori e pellegrini, a Gerusalemme vi erano quattro mercati. Ovadyah da Bertinoro riferisce che a Gerusalemme, nonostante tutte le rovine
e le parti devastate, vi sono quattro mercati, ampi e assai belli () tutti coperti, con una
serie di cupole, nelle quali sono ricavate nestre, attraverso cui entra la luce: cfr. Ovadyah da Bertinoro, Lettere dalla Terra Santa, cit., p. 53. Basola scrive che Gerusalemme
ha quattro mercati coperti con cupole: cfr. Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit.,
p. 68. Lo stesso Basola, per, si contraddice poche righe dopo, dato che enumerando
le varie mercanzie che era possibile trovare a Gerusalemme fa riferimento anche ad un
quinto mercato. Probabilmente egli considera come mercati separati quello della frutta e
della verdura.
54. Si riferisce al mercato coperto, visibile no ad oggi al centro della Citt Vecchia.

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

359

di Dio, nei quali non manca nulla55. difcile passare per queste strade,
vicino a ciascun (negozio), a causa della grande folla che vi si trova. Il vino
a Gerusalemme pi abbondante e di qualit migliore rispetto al vostro e
pi a buon mercato, e (gli ismaeliti), senza riguardo per gli ebrei, impongono una tassa su di esso56. Anche tutto il resto scelto. Mentre passavo in
quelle strade non ho impedito che i miei occhi grondassero lacrime e tremava il mio cuore al pensiero che mi vedessero gli ismaeliti. Gli ismaeliti
si comportano bene con noi, non percuotono mai e, per lo pi, non sono
sprezzanti. Il guadagno poco per quelli che vivono come noi, ma anche la
spesa. Lo giuro, la carne delle nostre bestie kaer57, gli ismaeliti desiderano
comprarla a tal punto che, molto spesso, i giudei non comprano a causa della buona educazione. Ogni giorno i macellai dIsraele scelgono e macellano
e si trova molta carne grassa e a buon mercato. Coloro che esercitano una
professione si mantengono bene e alcuni di loro si arricchiscono.

55. Anche altri pellegrini e viaggiatori riferiscono dellabbondanza di mercanzie che si

potevano trovare nei quattro mercati di Gerusalemme. Secondo Basola, cerano un mercato
musulmano, dove si vendevano tessuti di lana e lino, e un mercato ebraico, rinomato soprattutto per le spezie. In un terzo mercato si vendevano le verdure, in un quarto la frutta
e altri generi alimentari e inne in un quinto vi erano botteghe nelle quali vendevano
cotone: cfr. Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit., pp. 68-69. Meullam da Volterra
riferisce che a Gerusalemme i prezzi sono moderati e la frutta molto buona. In particolare,
lebreo toscano fa riferimento ai quattro tipi di miele che si potevano trovare nella Citt
Santa e ad altri prodotti che reputa particolarmente buoni: miele duva, che duro come
la pietra e veramente degno di lode, miele di carruba, che molto buono e rifrescativo,
miele di datteri, miele dapi, e anche grano, orzo, melograno e tutti i generi di frutta buona
e gustosa. Essi (i gerosolimitani) hanno anche olio doliva buonissimo, ma consumano solo
olio di sesamo, dato che esso veramente eccellente: cfr. Meullam da Volterra, Viaggio
in Terra dIsraele, cit., pp. 80-81. Ovadyah da Bertinoro ricorda, relativamente ai mercati
di Gerusalemme: Da un lato e dallaltro (delle strade) si aprono le botteghe, piene di ogni
genere di mercanzia. Sono divise in maniera precisa: il mercato dei negozianti, quello degli
speziali, quello dei verdurai e quello dei cibi cotti e del pane: cfr. Ovadyah da Bertinoro,
Lettere dalla Terra Santa, cit., p. 89.
56. Bench la legge islamica proibisca il consumo di vino ai propri fedeli, lo consente ai
non musulmani per usi rituali, tassandone per il consumo. Basola riferisce che allepoca
del suo soggiorno a Gerusalemme era stata imposta su chiunque producesse vino una tassa
pari a mezzo ducato per ogni seicento litri di vino: cfr. Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit., pp. 91-92. Per altro, vi da dubitare che il commercio di vino restasse limitato
al solo uso rituale e soprattutto che ebrei e cristiani non ne vendessero ai musulmani.
Ovadyah da Bertinoro, ad esempio, narra che un musulmano aveva ucciso la propria madre
e che portato di fronte al giudice si era giusticato sostenendo di essere stato ubriaco.
I giudici avevano pertanto sentenziato che la responsabilit dellaccaduto era degli ebrei e
dei cristiani, gli unici a produrre vino, e avevano multato i cristiani per dodici orini doro
e gli ebrei per sei: cfr. Ovadyah da Bertinoro, Lettere dalla Terra Santa, cit., p. 53.
57. Cio macellate secondo il rituale.

360

M. PAZZINI - A. VERONESE

Laria del paese buona; non ho mai sentito un caldo forte, nonostante
questa sia la stagione pi dura di tutte58. In casa c sempre aria limpida e
molto adatta alla salute. Questa terra beve acqua dalla pioggia del cielo, sia
piante che animali; scende una volta allanno, [Yaari, p. 96] ma sufciente; infatti non ho sentito per molti giorni il gocciolio della pioggia.
Il commercio usuale pi di ogni altra cosa e, con le merci che sono
in essa (cio a Gerusalemme), si arricchiscono le genti, e fanno commercio
in villaggi e cittadine e a Damasco, e tornano in pace alle loro case, perch
le strade sono veramente molto sicure59. Io e la mia famiglia abbiamo viaggiato da soli da Giaffa a Gerusalemme con un vecchio di settantanni; abbiamo incontrato spesso degli ismaeliti e rispondevamo con un saluto alle
loro domande. In verit ho udito che dalle sei in poi cessavano le carovane
e si abbandonavano i luoghi aperti, ma ora Dio ha ristabilito la situazione
precedente e arrivano ogni giorno navi al porto60 di Giaffa e caricano ogni
bene dalloltremare e tutto arriva a Gerusalemme per mezzo di asine, muli
e cammelli in quantit. Il terreno della terra di Israele viene lavorato molto
e bene e non ne ho visto di eguale per qualit.
Mi narr, questo vecchio, delle tombe di Hillel e di ammai61 e fece
testimoniare, circa le sue parole, dei giovani dalla Spagna62. Negli anni di
siccit andavano, uomini e donne, e pregavano nella grotta e Dio li ascoltava e rispondeva loro con la pioggia; e si riempivano prima le pietre che
hanno capacit di assorbimento, nella grotta prima, e bevevano, poi il cielo
58. Il riferimento alla stagione estiva.
59. Questa affermazione discordante rispetto alle testimonianze di altri viaggiatori. Se-

condo Meullam da Volterra, viaggiare senza unirsi ad una carovana era un gesto sconsiderato. Scrive ad esempio il viaggiatore toscano: Quando eravamo a circa un miglio da
Gaza, udimmo che gli ar(a)bani imperversavano nel territorio, che nessuno usciva di casa
(). Quando udimmo tali notizie il nostro cuore si riemp di paura, e anche quello di tutti
i membri della carovana, sino a che non giungemmo al luogo dove Abramo nostro padre
disse al suo servo: rimani qui con lasino; l udimmo che la strada era sicura sino a Gaza,
e che non dovevamo uscire da Gaza a meno di non avere una carovana di quattromila o
cinquemila uomini: cfr. Meullam da Volterra, Viaggio in Terra dIsraele, cit., pp. 63-64.
60. Letteralmente: mare.
61. Basola descrive le tombe di Hillel e ammai con dovizia di particolari. Narra che nelle
grotte sepolcrali si trovavano sarcofagi contenenti acqua dolce, buona da bere. Sostiene anche che quando i fedeli pregavano in gruppo presso le sepolture dei due dotti provocavano
un subitaneo innalzamento delle acque. Anchegli fa riferimento allimpurit, ma stando
alla sua testimonianza se una donna mestruata (e quindi impura) entrava nella grotta, erano
le lampade a spegnersi, non la quantit dacqua a diminuire. Cfr. Moeh Basola, A Sion e
a Gerusalemme, cit., pp. 57-58.
62. Qui il nostro viaggiatore non usa il termine ebraico drps, ma traslittera la parola italiana
Spagna in caratteri ebraici (ayynps).

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

361

si intrecciava di nubi e pioveva e la terra dava il suo raccolto, ma il suo


prodigio, se cera impurit fra di loro, non era abbondante; per questo si
dice che coloro che escono da qui tornano e sono esauditi.
Inoltre questo anziano mi ha narrato (quanto segue): una volta gli ismaeliti impedirono ai giudei di entrare nel vestibolo della tomba del profeta
Samuele per pregare; sorse contro di essi questo giusto, sia la sua memoria
per la vita del mondo a venire, e afferr per la gola colui che impediva ai
giudei di entrare a pregarlo e gli disse: restituisci la chiave agli ebrei ed essi
veglino sulle mie porte, perch sono essi i miei gli e non voi. Subito la
restitu. E questo ho ascoltato quando sono stato l, e lumi ardono sempre
e gli ismaeliti si danno da fare e li accendono63.
Inoltre mi ha raccontato: presso il sepolcro del profeta Amos si vedono
i tonsurati64 che sono l nei peccati; un grande lume sul suo sepolcro di
notte e chi si avvicina per vedere la cosa, nella tenebra pare che non abbia
(mai) visto una luce (simile). Un ragazzo simpatico e buono mi narr: sul
sepolcro del profeta Sofonia c sempre una nube densa e, se ci si posiziona
alle due estremit del sepolcro, non ci si vede lun laltro.
Condoglianze di lutto sono le nostre condoglianze nel vedere la gloria
della terra e la sua bellezza. Infatti quale vantaggio c nella bellezza di un
piedistallo se i piedi del re non poggiano su di esso? Oppure [Yaari, p. 97]
quale godimento in una tavola imbandita, quando i gli sono stravaccati su
di essa? Ogni vicino pu constatare, al vederci, il dolore della nostra anima;
la nostra eredit passata agli stranieri, la nostra glia agli estranei. Come
pu trovare consolazione la mia anima nel vedere il tempio del re nel quale
abitano, invece, i gli della magia, larca dei cherubini e la ekhinah65 su
di esso; le lacrime consumano i miei occhi e si strugge il mio cuore alla
visione della desolazione (che ho visto); solo il Muro Occidentale66 sta in
piedi sulla sua base, mentre tutti gli altri edici hanno mutato la loro gloria; ho battuto le mie mani sulle mie mani e ho sospirato mestamente nel

63. Ebrei e musulmani condividono la tradizione che identica il luogo dove sepolto il

profeta Samuele con la localit posta a nord di Gerusalemme e nota in arabo come Nebi
Samuil. Basola, che ricorda la tomba del profeta Samuele e ne fornisce una descrizione
abbastanza precisa, rammenta lesistenza di un guardiano del sepolcro, al quale erano afdate le chiavi, che vi si recava due volte la settimana per accendere le lampade. Cfr. Moeh
Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit., pp. 65-66.
64. La parola ebraica yjlg indica, in questo contesto, i sacerdoti e i religiosi cattolici.
65. Termine teologico che designa la Divina presenza che segue Israele ovunque, anche
nellesilio.
66. Cio, il Muro del Pianto.

362

M. PAZZINI - A. VERONESE

vedere il midra elomoh67 vicino al Tempio di Dio abbandonato da Lui a


Edom, sul monte Sion, svuotato del suo popolo, scacciati nelle diverse terre
e assenti. Ho gridato e ho detto: quando guarder Dio e vedr dal cielo?
Perch Dio non trascura e non abbandona per sempre! Ecco, rimasto in
Gerusalemme un residuo, un popolo povero e misero che conda nel nome
di Dio e prega sempre, circa centocinquanta e pi nuclei familiari ebraici;
tutti insieme recitano la preghiera del mattino e della sera e non c fra
loro trasgressione di riso, mancanza di seriet o prostituzione, grazie a Dio
benedetto, e c speranza per il nostro futuro, con laiuto della Roccia68,
rapidamente, nei giorni nostri, amen.
Vi comunico unaltra notizia che mi stata data, cio che, no a un
mese fa, gli ismaeliti erano abituati a dormire in una casa nel Tempio, e
due di essi una mattina furono trovati fatti a pezzi; perci (gli ismaeliti)
chiusero quella casa e aumentarono la sorveglianza, cosicch non potessero
entrarvi lincirconciso e limpuro; essi lhanno detto, proprio essi. Per il
cammino della salita (del Monte) degli Ulivi sono salito piangendo e di l
ho visto davanti a me il Tempio cos com, ma non dentro gli edici, e
ho visto un grande cortile pavimentato con le pietre che ci sono69 ed pi
bianco del latte; la sua lunghezza circa come un tiro darco e lo stesso
(dicasi) per la larghezza; inoltre c davanti molto terreno e di anco ci
sono molti bei covoni70, al suo interno, con due porte allintorno, lontane
una dallaltra. La costruzione molto grande, come una citt, e vi sono due
porte dalle quali si esce fuori di Gerusalemme. Le Porte della Misericordia71 sono serrate con ferro e non si aprono. Gli ismaeliti hanno provato ad
aprirle, ma ne sono morti. Il cimitero degli ebrei, che era al loro anco,
stato loro sottratto, perci si sono allontanati circa un tiro darco. Ad ogni
modo vicino al Tempio si seppellisce.
67. Ovvero la moschea Al-Aqsa, che i crociati chiamavano Templum Salomonis. In origine,

ledicio era stato usato come palazzo dei re di Gerusalemme; a partire dal 1119 la parte
meridionale del midra elomoh (hmlv vrdm) fu data ai Templari; in seguito, lintero edicio divenne loro propriet.
68. Il termine rwx Roccia un epiteto di Dio usato, in particolare, nel libro dei Salmi.
69. Cio: le pietre del luogo.
70. In ebraico: ytbx fastelli di spighe, parola di difcile interpretazione in questo contesto. Lo stesso Yaari non ne intuisce il signicato (nota 9).
71. Le Porte della Misericordia erano situate ad est del Tempio. Cos le descrive Basola:
Sullo stesso lato, vale a dire ad est, il Tempio ha due porte di ferro sigillate che sono un
poco sprofondate nel terreno. Sono chiamate le Porte della Misericordia. Dicono che gli
sposi entrassero per una (delle porte), mentre coloro che erano in lutto passavano per laltra: cfr. Moeh Basola, A Sion e a Gerusalemme, cit., p. 64.

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

363

Avrei potuto dilungarmi molto, ma ho abbreviato a causa della fretta


degli erranti72 e ora pongo ne alle mie parole. Vi scriver di nuovo se mi
scriverete [Yaari, p. 98] voi. Vi scongiuro per (il Dio de)gli eserciti di ricopiare questo scritto e di annunciarlo alle comunit; mettetelo per iscritto
afnch lo possano inviare di comunit in comunit e preghino Davide con
forza perch ristabilisca la sua citt e la ponga come lode del suo popolo,
popolo scelto.
Abbiamo avuto notizia delle Dieci Trib e della guerra che combattono;
Davide protegga loro, noi e tutto il suo popolo Israele, come me che parlo
e narro, in parte ci che ho visto di persona e in parte quanto mi stato
raccontato, Yiaq, il vostro servo, glio dellonorato rabbi Meir Latif, in
fretta, il venerd della paraah73: Quando entrerete nella terra. Vi dar
fama e lode fra tutti i popoli della terra quando ristabilir le vostre sorti74
e i nostri occhi vedranno e si delizieranno delledicio di Ariel75, ed entrer
in Sion il redentore, gioir Giacobbe, si rallegrer Israele e allora le genti
vedranno e si vergogneranno di tutta la loro potenza come scritto: La
mia vendetta su Edom la compir per mezzo del mio popolo Israele76, e
sia pace.
Massimo Pazzini, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem
Alessandra Veronese
Dipartimento di Storia - Universit di Pisa

72. Il termine ebraico

y[wf indica in questo caso coloro che deviano dalla retta via, vale
a dire i cristiani. Nelle cronache delle persecuzioni subite dagli ebrei della Valle del Reno
durante lo svolgersi della I Crociata, questo termine utilizzato dai cronisti ebrei per indicare i crociati. Yaari ritiene che lestensore della lettera si voglia riferire non genericamente
- ai cristiani, ma ai pellegrini cristiani. In effetti, il termine spesso utilizzato per indicare
un cristiano che in qualche modo ostenti la sua fede; ed era forse pi consueto che a Gerusalemme giungessero gruppi di pellegrini, piuttosto che carovane di mercanti cristiani.
73. Il termine ebraico hvrp indica il brano biblico letto ogni sabato in sinagoga.
74. Cfr. Sofonia 3,20.
75. Epiteto impiegato per riferirsi a Gerusalemme e al santuario.
76. Ezechiele 25,14.

nelle pagine seguenti

lary ra twrga a yr[y


hlwgb hyjal rab ybwyh ydwhyh wbtk
wnymyb wyx tby d[w lbb twlg ymym
gt bybaAlt tyzg taxwh
Yaari A., Iggerot Erets Yisrael (Letters Written by the Jews of
Erets Israel to their Brothers in the Golah), 1943 (ristampa Ramat
Gan 1971), pp. 89-93 e 94-98.

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

365

366

M. PAZZINI - A. VERONESE

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

367

368

M. PAZZINI - A. VERONESE

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

369

370

M. PAZZINI - A. VERONESE

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

371

372

M. PAZZINI - A. VERONESE

DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SEC.)

373

374

M. PAZZINI - A. VERONESE

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

M. Piccirillo

Lindagine archeologica oramai ventennale (1986-2006) tra le rovine di


Umm al-Rasas - Kastron Mefaa ha nora interessato quasi tutti gli edici
sacri del quartiere settentrionale identicabili in supercie: il complesso
di Santo Stefano, il complesso di San Paolo, il complesso dei Leoni e il
complesso della Tabula Ansata1.
Lintenzione era di lasciare non scavata almeno una delle chiese del
quartiere lungo il percorso di visita da noi suggerito nel progetto presentato
alle Autorit giordane con ingresso da ovest nei pressi del Complesso della
Tabula. La scelta era caduta sulledicio sacro allineato con quello della
Tabula nei pressi del sentiero (Foto 1-2-3). Lo scavo clandestino dei soliti
tombaroli notturni che imperversano a Umm al-Rasas spesso in concomitanza con la nostra ricerca ha fatto decidere per lo scavo anche di questa
chiesa. Larea pi manomessa allinterno delledicio risultava quella del
presbiterio di cui si in qualche modo salvato il contenitore in pietra del
reliquiario sotto laltare, da cui il nome delledicio.
Lindagine di scavo fu decisa e iniziata dal Dipartimento delle Antichit
nellestate del 2003 con la rimozione delle pietre di supercie del crollo.
Prima di procedere oltre, nellagosto 2004, ripulimmo larea in modo da
mettere in rilievo gli archi caduti della chiesa2. Dei tre archi dellallineamento settentrionale due erano caduti verso linterno della navata centrale
e uno su se stesso. Gli archi dellallineamento meridionale erano invece
caduti verso linterno della navata sud forse fermati dalla parete ancora in
piedi al momento del crollo (Foto 4, Fig. 1).
Come si nota, la chiesa fa parte di un complesso molto pi vasto. La
porta al centro della parete nord apre su un vano coperto ad archi oltre il
quale ubicato un cortile sul quale aprono stanze ubicate lungo il perimetro. Dopo aver effettuata la documentazione fotograca e il rilievo, procedemmo allo scavo delledicio.
1. Per uno sguardo generale cf. M. Piccirillo - E. Alliata (ed.), Umm al-Rasas - Mayfaah.

I: Gli scavi del complesso di Santo Stefano, Jerusalem 1994.


2. Alla campagna parteciparono con i Padri John Abela e Carmelo Pappalardo, la disegnatrice Marina Morati, gli arch. Gianfranco Micalizzi e Carmela Puglisi. Lindagine di scavo
stata possibile anche grazie ad un contributo della Direzione Generale del DGPCC del
Minstero degli Esteri dItalia.
LA 56 (2006) 375-388; tavv. 1-14

376

M. PICCIRILLO

La chiesa
La chiesa di forma basilicale monoabsidata con presbiterio rialzato di
due gradini e con i due ambienti di servizio a anco dellabside3. Oltre
allingresso in facciata, ledicio aveva altre due porte: una al centro della
parete settentrionale che dava su un ambiente nel cortile a nord non ancora esplorato, e unaltra che attraversando lambiente di servizio sud dava
allesterno (Foto 5-6)4.
Come per le altre chiese della cittadina, le murature conservate per
unaltezza che supera i due metri sono costruite con ricorsi di pietre sommariamente sbozzate regolarizzati con inzeppature (Fig. 2 a-b-c-d). Conci
regolari di pietra lumachella delle cave di Umm al-Rasas erano stati usati
per gli stipiti e gli architravi delle porte, per i pilastri, gli archi e per la
calotta absidale del presbiterio iniziando dalla cornice di base.
Dellarredo liturgico della chiesa restavano solo alcuni frammenti dei
plutei e dei pilastrini della balaustra, una colonnina dellaltare e tre frammenti di colonne del ciborio, tutti di calcare bituminoso (Foto 7). La lastra
di un pluteo era decorata con una grande croce in rilievo, come si pu
desumere da un frammento recuperato. Si fanno notare i frammenti di due
colonne di ciborio con incisa una croce a braccia patenti con tracce di aggancio di una croce in metallo andata perduta (Foto 8-9). Sono stati anche
recuperati diversi frammenti in calcare tenero bianco scolpiti e decorati.
Dal restauro risultato un capitello intero del ciborio nemente intagliato
con motivi oreali sulla base e croci sui lati pitturati in rosso (Foto 11 ab-c-d) e la base di un secondo capitello con inciso un volatile (Foto 10).
Nella stessa pietra bianca molto leggera era stato intagliato un elemento
trapezodiale con incise delle lettere greche su un lato (Foto 12).
Larea pi disturbata dallo scavo clandestino risultata quella del presbiterio tra laltare con il reliquiario sottostante e la conca absidale (Foto
13). Al suo posto inserito nel pavimento ma aggettante in altezza per una
diecina di cm restato il contenitore in pietra del piccolo reliquiario di cui
restato soltanto lalloggiamento rettangolare (Foto 14). Resta il dubbio
sulla forma del reliquiario. Nei pressi del contenitore abbiamo infatti recuperato una lastra di alabastro spezzata e una lastra rettangolare con un foro
al centro che dovevano essere state utilizzate come chiusura del contenitore
3. La pianta simile a quella della chiesa del Vescovo Sergio nel complesso di Santo Ste-

fano; cf. Piccirillo - Alliata (ed.), Umm al-Rasas - Mayfaah, 121).


4. Dettaglio che trova un parallelo nella chiesa della Tabula Ansata per uscire allesterno e
nella chiesa del Prete Wail per entrare nella chiesa principale.

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

377

Fig. 1. Umm al-Rasas - Kastron Mefaa. Il complesso di cui fa parte la Chiesa del
Reliquiario (Dis. M. Morati).

(Foto 15 a-b). In questa ricostruzione non si pu pensare ai normali reliquiari a forma di sarcofago con coperchio ad acroterio presenti nella chiesa
della regione ma probabilmente alla sola teca in metallo o ad una cassetta
rettangolare5. Al contenitore era stato aggiunta sul lato di ovest una lastra
rettangolare di pietra in relazione con i due alloggiamenti delle colonnine
dellaltare, anchessi collegati tra loro con una lastra da pensare come ba5. Per una documentazione precisa e dettagliata rimandiamo alla tesi presentata alla Sor-

bonne da Marie-Christine Comte, Les reliquaires paleochrtiens et byzantins du ProcheOrient et de Chypre (IVe-VIIIe sicles). Formes, emplacements, fonctions, rapports avec
larchitecture et la liturgie, Paris 2006 (inedita).

378

M. PICCIRILLO

Fig. 2a-b. Umm al-Rasas - Kastron Mefaa. La Chiesa del Reliquiario: a. Rilievo
della parete Est; b. Rilievo della parete Ovest (Dis. M. Morati).

379
LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Fig. 2c-d. Umm al-Rasas - Kastron Mefaa. La Chiesa del Reliquiario: c. Rilievo della parete Nord; d. Rilievo della parete Sud
(Dis. M. Morati).

380

M. PICCIRILLO

samento per laltare in muratura. Laltarino risulta di piccole dimensioni,


come quello originario della Chiesa dei Leoni, della chiesa di San Paolo e
della chiesa del Prete Wail6. Anche qui laltare su colonnine fu sostituito
successivamente da quello in muratura di cui, al momento dello scavo,
restava la base in parte manomessa.
Il pavimento delledicio era stato mosaicato in tutte le sue parti, successivamente danneggiato dalla crisi iconofobica dellVIII secolo7 e in parte dal
riuso per sepoltura di due tombe plurime esistenti sulla testata della navata
nord e nei pressi della parete in facciata della navata sud (Foto 17-21).
Le due tombe preesistevano al manto musivo che nellultima tumulazione non fu restaurato sulla tomba della navata sud. Dopo la riapertura la
tomba fu chiusa in modo sommario a livello del pavimento con lastre di
calcare e pietre (cf. C. Pappalardo, Ceramica e piccoli oggetti, infra)8.
Nella navata nord, o la tomba non fu pi riutilizzata dopo lesecuzione del
mosaico, o il mosaico fu riallettato dopo la riapertura, anche se, al momento dello scavo, pur restando il letto con lacciottolato sottostante, il manto
musivo nellarea corrispondente risult rimosso.
Il mosaico del presbiterio
Del pavimento musivo nellarea del presbiterio restano sufcienti stralci
che permettono di ricostruire il programma unico generale impostato su una
serie di girali di tralci di vite allinterno di una fascia perimetrale decorata
con un motivo a nastro (Fig. 3, Foto 13). I girali continuavano no allaltezza del reliquiario, come si pu dedurre dal piccolo frammento superstite
a nord e dai tralci e foglie di vite che inquadrano liscrizione dedicatoria,
da cui risulta che il mosaico era stato messo in opera quando laltare con
il reliquiario era gi al suo posto.
6. M. Piccirillo, La chiesa dei Leoni a Umm al-Rasas - Kastron Mefaa, LA 42 (1992)

Tavv. 6-7 e Idem, La chiesa di San Paolo a Umm al-Rasas - Kastron Mefaa, LA 47
(1997) 381, Tav. 29; Idem, La chiesa del Prete Wail a Umm al-Rasas - Kastron Mefaa in
Giordania, in F. Manns - E. Alliata (ed.), Early Christianity in Context. Monuments and
Documents, Jerusalem 1993, 319.
7. M. Piccirillo, Iconofobia o iconoclastia nelle chiese di Giordania?, in Bisanzio e lOccidente: arte, archeologia e storia. Studi in onore di Fernanda de Maffei, Roma 1996,
173-192.
8. La tomba nella navata sud risulta nella stessa posizione e di fattura identica a quella
ritrovata dai tombaroli nella Chiesa di San Paolo (M. Poller - M. Varvesi, Umm al-Rasas.
Excavation report on the tombs of the Lions Church, in: Ricerca in Giordania XIX, LA
49 (1999) 485-486, Pl. 42, Fig. 5).

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

381

Fig. 3. La Chiesa del Reliquiario: il presbiterio con il pavimento musivo (Dis. M.


Morati).

Nei due girali superstiti dei due registri sovrapposti nellarea antistante
laltare sono identicabili alcuni motivi gurativi: un trasportatore duva in
un cesto a spalla vestito di una corta tunica, una lepre che mangia luva nel
registro esterno, e due fagiani ai lati di unaltra gura nel registro interno
(Foto 22-24)9. Di un terzo registro di cui fa parte liscrizione, resta solo
9. Motivi gurativi molto comuni nei mosaici della regione che a Umm al-Rasas trovano

un parallelo nel mosaico della chiesa del Vescovo Sergio (cf. M. Piccirillo, The Mosaics of
Jordan, Amman 1993, 234-235).

382

M. PICCIRILLO

traccia con linizio sulla sinistra nei pressi del nastro della fascia, e il piede
di un animale nei pressi di una foglia, in basso a destra delliscrizione. Tre
diamantini decorano il bordo di tessere bianche che separava la fascia a
nastro dal gradino meridionale del presbiterio.
Il mosaico della navata centrale
Il programma musivo della navata centrale comprendeva la lunga tabula
ansata con liscrizione dedicatoria nei pressi del gradino del presbiterio
seguita dal tappeto unico esteso a tutta la navata centrale spaziato da girali
di foglie di acanto circondato da una fascia di girali di tralci di vite. Sui lati,
restano tracce dei pannelli negli intercolumni seguiti dal motivo geometrico
unico esteso a tutta la lunghezza delle navate laterali (Fig. 4).
A giudicare dallangolo di nord est, i tralci di vite che formano i girali
della fascia originavano da cantari biansati posti ad angolo (Foto 30). Dei
motivi di genere che decoravano i girali restano identicabili alcuni motivi:
la parte bassa di un cesto, un alberello, la parte posteriore di un cane in
corsa sul lato nord, e un pavone in un girale superstite nel lato di ovest, in
parte coperto dai gradini posticci che superavano il dislivello con la porta
in facciata (Foto 27).
Nella navata centrale sono in gran parte andati distrutti i girali di foglie
di acanto del tappeto. La punta di una lancia e la presenza di un berretto
frigio nei pressi del lato orientale della fascia rimandano ad una scena insolita nei mosaici della regione.
Verso il centro della navata resta la parte posteriore di un capride, seguito nei tre girali del registro inferiore da un volatile in piedi tra due fenici
a testa radiata (Foto 25-26)10. Un altro volatile decorava il primo girale del
registro seguente.
Il programma della navata nord era uniformemente decorato con una
composizione ortogonale di ottagoni intrecciati a formare esagoni caricati
di diamanti con al centro quadrati con il motivo a girandola. Un motivo di
rombi posti di punta formato da tre linee di tessere rosse caricati di diamanti decorava la navata meridionale.

10. Il motivo si ritrova nel mosaico della chiesa del Vescovo Sergio (Piccirillo, The Mosa-

ics of Jordan, 235, g. 371). Cf. F. Bisconti, Aspetti e signicati del simbolo della fenice
nella letteratura e nellarte del Cristianesimo primitivo, Vetera Christianorum 16 (1979)
21-40.

383
LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Fig. 4. La Chiesa del Reliquiario al termine delllo scavo con resti del pavimento musivo (Dis. M. Morati).

384

M. PICCIRILLO

Le iscrizioni
Nel danneggiamento del mosaico dovuto quasi sicuramente alloccupazione
delledicio dopo il suo abbandono, si salvata liscrizione del presbiterio
con gran parte delliscrizione dedicatoria.
A. Liscrizione dedicatoria
Il testo in greco si sviluppava su cinque linee nella tabula ansata in tessere
rosse estesa a tutta la larghezza della navata centrale tra il gradino e la fascia (Fig. 5, Foto 29-31). Le lettere allungate e ornate eseguite con tessere
nere sono alte in media 12 cm. Del testo restano le prime lettere di inizio
linea e la parte nale.

1.
2.
3.
4.
5.

[................................................] ka(i;) su;n p[...........] to; pa'n e[rgon


X[rovnoi".............................tou] SERGIOU ejpisk(o;pou) pronoiva/ tou'
D [.............................................]u M ejn e[t(ou) UPA M(hni;) Arte
m(isivou) ijnd(iktiw'no") [.................. K]asisevou OUAL iJou' Amrilivou
pist[ikou'..................................] (Cristo;)" ginwvskei ta; ojn(ov)m(ata).

[........] e con [....] tutta lopera


(al tempo) di SERGIO vescovo, per la provvidenza del
nellanno 471 nel mese di Artemisio lindizione [....per interessamento di C]asiseo di Oual glio di Amrilio
fedele [.....] Cristo conosce i (loro) nomi.
Nelliscrizione restano il nome del vescovo Sergio e la data che ssa
il lavoro della messa in opera del mosaico nellanno 471 della Provincia,
cio al 586 dellera cristiana. Vi si pu leggere anche il nome di uno dei
benefattori Casiseo di Wael (glio) di Amrilio. Il nome di Casiseo ricorre

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

385

tra i nomi dei pistikoi nella chiesa del Vescovo Sergio11. Il nome Wail,
scritto Oualesou, si ritrova nella iscrizione dedicatoria della chiesa del
Prete Wail12.
B. Liscrizione del presbiterio
Il testo greco scritto in tessere nere su fondo bianco si sviluppa su sette
linee inserite al centro di una composizione di girali di tralci di vite (Foto
28). Mancano le prime lettere iniziali di ogni linea. Altezza media delle
lettere 8/10 cm.

1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.

[...]baneq A
j grwpei'na
[...]iou k(ai) Naoumo" ajd(e)lfo;" kai;
[...]anou k(ai) Pauvlo" ajdelfo;"
[...]ou k(ai;) Pi(r)okovpi" Sergivou pr(esbutevrou) swth(riva/)
[...]ora" Kuvrio" provsdexe ta; i
[...]filesta;tou jAbbesobevo" presb(utevrou)
efulwkaliqi

Il testo presenta qualche difcolt che non siamo riusciti a chiarire. Viene data una lista dei benefattori della chiesa: Agropina, Naouma e Paolo,
fratelli di (un Tale ricordato precedentemente il cui nome andato distrutto), Procopio di Sergio e il prete Abbesobeos al quale viene dato un risalto
particolare per essersi interessato dellabbellimento della chiesa.
A parte Agropina/Agrippina, sono nomi gi noti allonomastica di Kastron Mefaa.
Naoumas Pistikoy di Germano lo si legge nelliscrizione sullingresso
della cappella martiriale nella chiesa di Santo Stefano e Paolo glio di Kas11. Piccirillo - Alliata (ed.), Umm al-Rasas - Mayfaah, 259, iscrizione n. 15.
12. Piccirillo, La chiesa del Prete Wail a Umm al-Rasas - Kastron Mefaa in Giordania, 322.

386

M. PICCIRILLO

siano in una iscrizione vicina. Un Procopis di Sergio ricordato come prete


nella chiesa del Vescovo Sergio. Abbesobeo padre di Cassiano e padre
di Ouaias in S. Stefano. Il Prete Procopio viene menzionato nelliscrizione
dedicatoria in corona davanti allaltare nella chiesa del Vescovo Sergio13.
Il nome Amrilios ricorre due volte nelle chiese di Wadi Uyun Musa al
Monte Nebo nella chiesa superiore di Kayanos e nella chiesa del Diacono
Tommaso14. Il termine efulwkaliqi lo si trova usato nel fotisterion della
cattedrale di Madaba15.
Conclusione
Con lo scavo della chiesa del Reliquiario si conclude, almeno sembra, la
ricerca riguardante gli edici sacri del quartiere settentrionale delle rovine
di Umm al-Rasas, anche se il lavoro non terminato e restano da esplorare
gli ambienti annessi e il cortile per avere una idea pi completa del complesso di cui la chiesa fa parte.
Possiamo tirare le somme di questi venti anni di ricerca iniziati nellestate del 1986 con linizio dello scavo del complesso di Santo Stefano
sul limite settentrionale delle rovine il cui primo importante risultato
fu lidenticazione storica delle rovine con Kastron Mefaa, toponimo
che leggemmo tre volte sul pavimento mosaicato della chiesa di Santo
Stefano16.
Lo scavo ci ha dato la possibilit di seguire la storia occupazionale
del sito moabita di Mefaat - Mayfaah dallet del Ferro II e III (VII-VI
sec. a.C.) al secondo secolo dellEgira musulmana con la data del mosaico
superiore del presbiterio di Santo Stefano. Dai pochi reperti delloccupazione moabita si passa al periodo romano (III-IV secolo d.C.) con la
costruzione del forte (iscrizione latina) e il possibile rimando ad edici
monumentali (ariete, colonne e capitelli). I mosaici sono databili a partire dalla ne del V - prima met del VI secolo al oruit negli ultimi due
13. Iscrizione n. 4, p. 247 (Naouma); iscrizione n. 5a (Paolo); iscrizione n. 14,9 (Procopis);

iscrizione n. 4 e n. 6b (Abbesobeo); iscrizione n. 14,9, p. 258.


14. M. Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba, Jerusalem 1989, 214 e 223.
15. Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba, 33 e 39 nota 26.
16. Cf. M. Piccirillo, Lidenticazione storica di Umm al-Rasas con Mefaa, in Piccirillo
- Alliata (ed.), Umm al-Rasas - Mayfaah, 37-46. Una quarta volta il toponimo ricompare
come legenda della vignetta della localit nella chiesa dei Leoni (Piccirillo, La chiesa dei
Leoni a Umm al-Rasas - Kastron Mefaa, 222).

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

387

decenni del secolo con lo splendido capolavoro costituito dal mosaico di


Santo Stefano dellVIII secolo17.
Stando alle iscrizioni dei mosaici, la maggior parte delle chiese nel
quartiere furono mosaicate al tempo del vescovo Sergio di Madaba su aree
per lo pi utilizzate a scopo funerario, come la chiesa del Vescovo Sergio,
la chiesa del Prete Wail, la Chiesa dei Leoni, la Chiesa di San Paolo con
la Cappella dei Pavoni, ed ora la chiesa del Reliquiario. Resta da denire la
datazione della chiesa dellEdicola con pavimento lastricato e quella della
Tabula Ansata nella sua prima fase mosaicata.
Il mosaico dellaula basilicale della chiesa di Santo Stefano e quello superiore del presbiterio sono datati alla prima e alla seconda met dellVIII
secolo18. Alla prima met dello stesso secolo va datata la sistemazione della
parete occidentale della Chiesa del Vescovo Sergio con larea esterna dove
sono ubicati il battistero e la cappella funeraria. Nello stesso periodo il
cortile sulla facciata di Santo Stefano fu cambiato in chiesa con laggiunta
dellabside a occidente. In un periodo successivo fu adibito a cappella il
vano rialzato con colonna centrale adiacente al muro meridionale della
chiesa del cortile che aveva bloccato una delle due porte di discesa. Il vano
era stato ottenuto sotterrando frammenti di suppellettile ecclesiastica in
marmo o in pietra di epoca precedente.
Sotto laspetto liturgico, grazie allo scavo di queste chiese che restarono in uso almeno no al IX secolo19, si potuto seguire la trasformazione
dellarredo, in particolare dellaltare, dellambone e delle tavole di servizio,
arredi che divennero ssi soltanto in un secondo tempo in tutte le chiese del
VI secolo, eccettuata la chiesa dei Leoni dove sia laltare su colonnine che
lambone vennero previsti nel programma musivo. Ci che risulta anche
per la chiesa di Santo Stefano dellVIII secolo dove sia laltare che lambone furono messi in opera contemporaneamente con il mosaico che sub
un necessario adattamento nel programma con lo spostamento verso nord
delliscrizione dedicatoria sulla testata orientale della navata per lasciare
spazio allambone sul margine sud.
Inoltre in tutte le chiese, insieme con le tracce della crisi iconofobica e
del successivo restauro che ne assicurano e evidenziano la continuit del17. Cf. i materiali dello scavo in Piccirillo - Alliata (ed.), Umm al-Rasas - Mayfaah, 271-

332.
18. Cf. Piccirillo - Alliata (ed.), Umm al-Rasas - Mayfaah, 242-246 e R. Schick, Christianity in the Patriarchate of Jerusalem in the Early Abbasid Period, in Proceedings of the Fifth
International Conference on the History of Bilad al-Sham, Amman 1991, 63-80.
19. Piccirillo - Alliata (ed.), Umm al-Rasas - Mayfaah, 105-110.

388

M. PICCIRILLO

luso liturgico per la seconda met dellVIII secolo, risulta che laltare sso
su colonnine, difcile dire se prima o dopo la crisi, sub una trasformazione
radicale venendo sostituito da un altare in muratura. Cambiamento che si
ripercosse naturalmente anche sulla posizione dei piccoli reliquari a urne
che abbiamo trovato normalmente sparsi fuori posto allinterno delle chiese
e che dovevano essere conservati allinterno dellaltare20.
La ricchezza e la bellezza dei mosaici delle chiese aggiunti allimportanza della scoperta dal punto di vista storico di una localit cristiana governata da un arconte diacono cristiano in una regione da pi di un secolo
sotto autorit musulmana, ha fatto delle rovine di Umm al-Rasas - Kastron
Mefaa un simbolo di una possibile coesistenza pacica di cui pi che mai si
sente la necessit. Ragioni che hanno convinto la comunit internazionale
dellUNESCO riunita in Cina durante lestate 2004 a dichiarare le rovine
patrimonio dellumanit. Dichiarazione che fa ben sperare per il futuro
delle rovine che noi abbiamo avuto il privilegio di iniziare ad esplorare
nellestate di venti anni fa.
Michele Piccirillo, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

20. Per una sintesi estesa alle chiese della regione cf. A. Michel, Les glises dpoque

Byzantine et umayyade de la Jordanie, Ve-VIIIe sicle, Paris 2001; N. Duval, Lautel


palochrtien, Hortus Artium Mediaevalium 11 (2005) 7-18.

CERAMICA E PICCOLI OGGETTI


DALLO SCAVO DELLA CHIESA DEL RELIQUIARIO
AD UMM AL-RASAS

C. Pappalardo

La nota che segue riguarda il materiale ttile pi signicativo e gli oggetti provenienti dalle due tombe della chiesa nita di scavare durante la
campagna estiva dellanno 2004 (cf. M. Piccirillo, La Chiesa del Reliquiario, supra).
Dal punto di vista stratigraco, la situazione risultava compromessa
nella zona del presbiterio, a causa di due buchi praticati da tombaroli, mentre nel resto della chiesa era pressoch uniforme. Un abbondante
strato di terra dello spessore di 60-100 cm testimonia il periodo dabbandono che sub ledicio prima di crollare, sotto questo strato ve ne
era un altro di terra gialla compatta mista a sassi e frammenti ceramici a
stretto contatto del pavimento. Da questi contesti provengono gli esemplari della g. 2, che si riferiscono evidentemente al periodo in cui la
chiesa cadde in disuso e venne probabilmente utilizzata a scopi abitativi.
Tracce di un riuso tardivo, frequentemente riscontrato negli edici sacri
di Umm al-Rasas, si hanno nella parte scavata della navata meridionale
e sul presbiterio.
Tre sondaggi sotto il livello pavimentale hanno permesso di chiaricare la stratigraa del sottosuolo. La prima trincea stata praticata nella
testata orientale della navata nord, rimuovendo il pavimento in calce che
in questa zona integrava una grossa lacuna del mosaico (g. 4 e 5). Durante lo scavo stato possibile intercettare le lastre di chiusura di una
tomba coperte da una riempitura contenente frammenti ceramici, alcuni
dei quali appartenenti a lucerne (g. 3).
La tomba era costituita da un sarcofago in pietra fossilifera, misurante 190 x 43 x 36 cm e uno spessore di 12 cm, spezzato in due parti,
tenuto nella sua posizione con delle inzeppature di sassi e calce, coperto
da cinque lastre, che conteneva i resti ossei di tre persone. Due erano
ammucchiate a est mentre laltra era stesa con la testa ad ovest. Il sarcofago fu dunque riusato pi di una volta e non si pu dire se il mosaico
fu riallettato o meno dopo lultima sepoltura, bench il letto del mosaico
coprisse uniformemente la zona sondata.
LA 56 (2006) 389-398; tavv. 15-16

390

C. PAPPALARDO

Fig. 1 Pianta
della Chiesa
del Reliquiario
con indicati i
numeri di settore, i codici
di USM e le
quote.

CERAMICA E PICCOLI OGGETTI DALLA CHIESA DEL RELIQUIARIO

391

Nellangolo s-o, chiusa da una doppia serie di lastre di pietra, vi era


una tomba rettangolare lunga 200 cm, larga 90, alta 62 e contenente sette
o otto corpi, di cui cinque allineati uno accanto allaltro con la testa ad
ovest, al di sotto di queste ossa ve ne erano altre coperte con terra e calce.
Le pareti della tomba risultavano costituiti da sassolini ben accostati luno
allaltro tenuti da calce, su due di queste pareti poggiano direttamente i
muri perimetrali.
Inne in una tavola (g. 6) sono rappresentati gli oggetti ritrovati dentro alle due tombe. Si tratta di oggetti di poco valore ma di buona fattura,
appartenenti alla toilette e ai vestiti indossati dai defunti delle tombe, tra
di essi vi sono un ago crinale in osso simile a quello rinvenuto nella tomba
ovest della chiesa del cortile del complesso di S. Stefano (Alliata, Ceramica dal complesso di S. Stefano, LA 41 [1991] g. 9,2), una croce in bronzo, due anelli di cui uno in bronzo e laltro pi grezzo in ferro, elementi in
pasta vitrea e lo di bronzo appartenenti forse ad ununica parure di collana
e orecchini e una bula in ferro a forma di croce che apparteneva alla cinghia di cuoio che fasciava ai anchi il vestito funebre del morto rinvenuto
integro nel sarcofago trovato nella testata orientale della navata nord.

CATALOGO
Dalla terra gialla sotto il crollo e dalla riempitura sul mosaico R1502/03/04
(g. 2).
1 R 21271; Pithos; 14 cm; imp. nemente granuloso; col. grigio; cott. media.
2 R 21272; Pithos; 27 cm; imp. nemente granuloso con inclusi bianchi e neri;
col. rosa, tranne allaltezza del toro sullorlo che grigio in sezione; ingobbio
marrone-grigio allesterno; cott. forte.
3 R 21275; Pithos; 35 cm; imp. ne con inclusi bianchi anche di grosse dimensioni;
col. grigio in sezione, rosa in supercie; ingobbio beige allesterno; cott. forte.
4 R 21274; Pentola; 14,5 cm; imp. ne; col. grigio; ingobbio grigio scuro in
supercie; cott. media Sanmor - Pappalardo, Ceramica dal monastero della
Theotokos nel Wadi Ayn al-Kanisah, LA 50 [2000] g. 12,2-4).
5 R 21286; Pentola; 6 cm; imp. nemente granuloso con inclusi bianchi; col.
rosso chiaro; ingobbio marrone allesterno; cott. forte.
6 R 21284; Tegame; 19,4 cm; imp. ne; col. rosa scuro; cott. forte.
7 R 21285; Coperchio; 12,5 cm; imp. nemente granuloso con inclusi bianchi;
col. grigio scuro; ingobbio nero allesterno; foro per il vapore sulla spalla; cott.
forte (Foto 1).

392

C. PAPPALARDO

Fig. 2 Dalla terra gialla sotto il crollo e dalla riempitura sul mosaico R1502/03/04.

CERAMICA E PICCOLI OGGETTI DALLA CHIESA DEL RELIQUIARIO

Fig. 3 Dalla riempitura del taglio della trincea R1503.

393

394

C. PAPPALARDO

Fig. 4 Sezione n-s della parete est in R1503.

CERAMICA E PICCOLI OGGETTI DALLA CHIESA DEL RELIQUIARIO

Fig. 5 Sezione n-s allaltezza della tomba in R1503.

395

396

C. PAPPALARDO

8 R 21276; Mattoncino da nestra; imp. nemente granuloso; col. rosa scuro;


tracce di calce in supercie; cott. forte.
9 Lucerna; imp. nemente granuloso; col. rosso; tracce di ingobbio in supercie;
cott. forte; decorazione con ni linee a formare rami e ori intrecciati su cui
sono posati due volatili stilizzati, con un cantaro al centro del canalicolo tra
infundibolo e foro dello stoppino.

Dalla riempitura del taglio della trincea R1503 (g. 3).


1 R 21290; Anfora; 10 cm; imp. granuloso; col. grigio in sezione, rosso in supercie; ingobbio grigio scuro allesterno; cott. forte.
2 R 21294; Anfora; 9,5 cm; imp. ne con inclusi bianchi; col. beige-marrone;
ingobbio nocciola in supercie; cott. forte.
3 R 21295; Anforetta; 11,5 cm; imp. nemente granuloso con inclusi bianchi
e neri; col. grigio in sezione, rosso in supercie; ingobbio rosso-marrone allesterno; cott. forte.
4 R 21296; Anforetta; 10 cm; imp. nemente granuloso; col. rosso-marrone;
ingobbio marrone allesterno; cott. forte (Alliata, Ceramica dal complesso di
S. Stefano , LA 41 [1991] g. 26,5-6-7).
5 R 21297; Anforetta; 10,6 cm; imp. nemente granuloso con inclusi trasparenti; col.
grigio in sezione, rosso in supercie; ingobbio marrone allesterno; cott. forte.
6 R 21287; Pentola; 16 cm; imp. granuloso; marrone; ingobbio grigio-marrone
allesterno; cott. debole (Pappalardo, Il cortile a sud della Chiesa di S. Paolo,
LA 52 [2002] g. 27,8).
7 R 21293; Coperchio; 16,5 cm; imp. nemente granuloso con inclusi bianchi anche di grosse dimensioni; col. grigio in sezione, grigio scuro allesterno; cott. forte (Alliata, Ceramica dal complesso di S. Stefano , LA 41 [1991] g. 25,5).
8 R 21289; Catino; 31,8 cm (ext); imp. granuloso con inclusi bianchi, neri e
trasparenti; col. beige in sezione, rosso in supercie; cott. forte (Sanmor
- Pappalardo, Ceramica dal monastero della Theotokos nel Wadi Ayn alKanisah, LA 50 [2000] g. 8, 4-5-6).
9 R 21297a; Lucerna di vetro; 9 cm.
10 Lucerna; imp. granuloso; col. marrone; cott. media.
11 Lucerna; imp. ne; col. rosa scuro; cott. forte; si tratta della classica lucerna a
puntini e scalette.
12 Lucerna; imp. ne; col. rosa; cott. forte; frammento di lucerna con iscrizione
greca. Le poche lettere rimaste, , permettono di ricostruire la formula
ben conosciuta () . Secondo la catalogazione fatta
da Loffreda la lucerna sarebbe del tipo A 1.1 (Loffreda, Lucerne bizantine in
Terra Santa con iscrizioni in greco, 79-80, Lychn.401).
13 Lucerna; imp. ne; col. rosa; cott. forte.
14 Lucerna; imp. ne; col. rosa; cott. media.
15 Lucerna; imp. nemente granuloso con inclusi bianchi; col. marrone; tracce di
ingobbio grigio allesterno; cott. media.

CERAMICA E PICCOLI OGGETTI DALLA CHIESA DEL RELIQUIARIO

397

Oggetti rinvenuti nelle tombe (g. 6).


1 Ago crinale di osso (Foto 3; Alliata, Ceramica dal complesso di S. Stefano,
LA 41 [1991] g. 9,2).
2 Croce di bronzo.
3 Anello di bronzo.
4 Anello di ferro.
5 Elementi di collana in bronzo e pasta vitrea.
6 Pendenti di bronzo e pasta vitrea.
7 Pendente di bronzo e pasta vitrea.
8 Elementi di collana in bronzo e pasta vitrea.
9 Fibula di ferro (Piccirillo, La Chiesa del Reliquiario, supra, Foto 18).

Fig. 6 Oggetti rinvenuti nelle tombe (disegno di G. Tabita).

398

C. PAPPALARDO

Conclusione
In conclusione, si pu ancora una volta sottolineare come la situazione stratigraca incontrata nello scavo della Chiesa del Reliquiario sia omogenea
a quella delle altre chiese scavate ad Umm al-Rasas. Ledicio, mosaicato,
stando alliscrizione dedicatoria nel 586, al tempo di Sergio vescovo di
Madaba, come buona parte delle chiese di Umm al-Rasas, venne costruito
su unarea ad uso funerario, come testimoniato dalle due tombe rinvenute
presso langolo nord-est sulla navata settentrionale e presso quello sudovest, sulla navata meridionale, che contenevano le ossa di pi individui
forse gruppi familiari seppelliti in tempi successivi con corredi funebri
semplici e poveri, forse anche dopo la costruzione della chiesa e del suo
pavimento musivo. Inne, dopo un periodo di abbandono, ledicio fu riusato a scopi abitativi prima del denitivo crollo strutturale.
Carmelo Pappalardo, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

RELAZIONE DELLO SCAVO


DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL
Stratigraa e ceramica

B. Hamarneh

Lindagine archeologica svolta a pi riprese nella localit di Nitl (JADIS


n 2311.004, UTME 7714, UTMN 35056, PGE 231.800, PGN 117.900), situata
a circa 10 km a sud-est di Madaba, ha permesso di individuare un vasto
e articolato complesso ecclesiale costituito da due chiese parallele, dotate
di ambienti di servizio e afancate a sud da una piccola cappella e da un
martyrium (Fig. A-C; Foto 1).
Gli edici cultuali sono comunicanti tra loro e si affacciano su un unico
nartece1, al quale si accedeva da un atrium lastricato con ingresso posto a
sud-ovest (vedasi infra). Tre strutture utilitarie sin ora individuate si trovano in prossimit delle fabbriche: si tratta di una prima cisterna a sud-est con
copertura di lastre alloggiate in orizzontale e poggianti su archi in buono
stato di conservazione e di una seconda, in facciata a nord-ovest, di analoga foggia, che veniva utilizzata anche in epoca moderna come si evince
dai rimaneggiamenti dellimboccatura2. La terza si trova invece presso la
facciata della Cappella 3 martyrium.
Quattro campagne di scavo susseguitesi nel villaggio hanno permesso di
identicare lentit delle strutture cultuali: la prima infatti, svolta nel 1984,
stata circoscritta alla sola area presbiteriale della chiesa di S. Sergio e ad uno
dei due ambienti laterali attigui3. Lo scavo stato poi ripreso tra 1996 e il
19994, interessando nel 19965 la chiesa di S. Sergio, il martyrium meridiona1. Lannesso sud/est non ha lingresso dal nartece.
2. La cisterna costituita da un vano unico di 7 m di profondit con pareti ricoperte da opus

signinum (Piccirillo 2001: 271).


3. Appunti manoscritti tratti dal giornale di scavo di padre E. Alliata O.F.M. dal 23/08/1984 al
31/08/84 hanno permesso di ricostruire la stratigraa riscontrata nellambito dellindagine. In
tale occasione inoltre stata redatta una prima pianta delle strutture della chiesa. Cf. Piccirillo
1984: 531; Piccirillo 1989: 263-265, 347.
4. Lo scavo promosso dallo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme sotto la direzione
scientica dei Padri M. Piccirillo e E. Alliata stato condotto dalla scrivente in qualit di responsabile di settore con lquipe costituita nel 1996 da S. Manacorda; nel 1997 da S. De Luca, S. Manacorda, V. Michel, nel 1998 da S. De Luca e V. Michel. Al rilievo topograco del villaggio hanno
contribuito L. Di Marco, L. Dol e P. Pizzi. Alle sezioni: S. De Ruvo, M. Forgia e M. Varvesi.
5. Cf. Hamarneh - Manacorda 1996: 407-409.
LA 56 (2006) 399-458; tav. 17-22

400

B. HAMARNEH

Fig. A Nitl. Pianta generale delle rovine.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

401

le, il nartece e la moschea ottomana6; un sondaggio effettuato lungo il muro


nord ha permesso di evidenziare la presenza del secondo edicio ecclesiale
parallelo. Nel 19977 stata completata lindividuazione del crollo strutturale
della chiesa Nord, quello dellambiente laterale sud e quello della chiesa di
S. Sergio. Nel 1998 stato terminato lo scavo della chiesa di S. Sergio e
dellambiente laterale nord, mentre nellultima campagna del 19998 stata
messa in luce la chiesa Nord, lambiente attiguo alla stessa (ambiente 6), la
parte restante del nartece, latrium e la cisterna in facciata.
Lagglomerato rurale di Nitl (sito nella Chore di Madaba) si estendeva
verosimilmente a sud-est e a sud sulla collina opposta, divisa dal complesso
ecclesiale da un avvallamento poco profondo, come possono suggerire segmenti di mura visibili dal livello di calpestio moderno e i numerosi architravi decorate da croci riutilizzate nelle case del villaggio ottomano. Altre
fabbriche sono visibili nelle parti occidentali quasi al limite della collina
interessata dallinsediamento; si tratta di un edicio reso con paramento a
bugnato accentuato e porta in basalto9 che potrebbero risalire ad impianti
preesistenti di natura militare datati forse allepoca tetrarchica, mentre altri tratti murari non meglio identicati si intravvedono tra le abitazioni di
epoca ottomana distribuite intorno alle chiese. E altres ipotizzabile che vi
era anche un tratto di viabilit interna est-ovest che permetteva di accedere
allarea cultuale come si evince dalla soglia dingresso allatrium posta
proprio in corrispondenza a tale asse direzionale.
La localit era dotata probabilmente di unarea cimiteriale propria (allo
stato attuale non localizzata) suggerita solo dalla presenza di stele funerarie
anepigra ornate da croci rinvenute in stato di reimpiego nelle strutture del
complesso10; un secondo spazio sepolcrale particolarmente signicativo
6. Vedasi lo studio preliminare in Londino 2003: 446-449.
7. Cf. Hamarneh - De Luca - Manacorda - Michel 1997: 478-481; Dol - Di Marco - Pizzi

1997: 481-483.
8. La campagna svolta nei mesi di Luglio-Agosto 1997 con la partecipazione della scrivente
in qualit di responsabile, V. Michel e S. De Luca. Della documentazione graca si sono
occupati M. Forgia e S. De Ruvo con lassistenza di M. Varvesi. Cf. Hamarneh - De Luca
- Michel 1999: 489-494.
9. Si potrebbe pensare alla presenza di un Praesidium militare romano. Piccirillo vi indica
una torre romana ma non esclude la provenienza probabile del materiale di spoglio dalle
vicine localit di Umm el-Walid e Dulayla. Cf. Piccirillo 2001: 272.
10. Ad esempio la stele anepigrafe decorata con croce utilizzata nel tamponamento dello
spazio tra i pilastri nella Cappella 3 e la stele proveniente dal sito, ora al Nebo (Piccirillo
1989: 115s). Tale tipologia di croci appare diffusa su stele ricavate in pietra calcarea datate
tra la seconda met del IV e la ne del VI secolo, si veda ad esempio il n. 318 nella classica di Meimaris. Cf. Meimaris - Kritikaou-Nikolaropoulou 2005: 10-11.

402

B. HAMARNEH

costituito da una grande tomba ipogea a due vani, scavata direttamente


nella roccia ed accessibile dalla navata della chiesa di S. Sergio, adibita
verosimilmente a sepolture privilegiate (si veda infra).
I contesti archeologici riscontrati nello scavo dei loci di: chiesa di S.
Sergio, annesso sud-est Cappella 8 e il Martyrium o Cappella 3 non sono
unitari a causa delle differenti modalit di frequentazione, spoliazione e
abbandono susseguite dallepoca bizantina sino a quella moderna con la
rioccupazione delle rovine da parte della trib dei Banu Sakhr. Allinterno
della sequenza stratigraca si evidenziano signicative tracce di occupazione di epoca omayyade ed abbaside nonch una pi consistente legata a
tracce architettoniche di epoca mamelucca (1260-1516 d.C.)11, fase, questultima ritenuta di grande interesse, poich permette di seguire le vicende
insediative del sito anche in epoca medievale islamica; il villaggio infatti
si trova in posizione strategica di rilievo in quanto localizzato presso un
incrocio stradale importante che conduceva verso sud12.
La restituzione delle fasi stratigrache sar effettuata in questa sede
seguendo unesposizione diacronica partendo da quelle pi antiche sino a
quelle moderne in ordine per i seguenti loci: chiesa centrale o S. Sergio,
Annesso sud/est o Cappella 8, Martyrium o Cappella 3, nartece e atrium.
Chiesa di San Sergio
Aspetto originario del monumento
La chiesa centrale di S. Sergio si trova su una piccola altura dominante la
campagna circostante a ridosso di un importante bivio stradale che collega
la localit di Nitl con Madaba (il centro urbano e diocesano pi vicino) e
con due importanti localit rurali quali: Zizia (a nord-est) ed Umm er-Rasas
(a sud-est). Un secondo tracciato non meno importante, che corre parallelo
alla viabilit principale, mette il villaggio in comunicazione con il villaggio
di Dulaylah sita a sud-est.
11. Appare plausibile ascrivere al periodo Mamelucco il piano inferiore dellambiente 5

sorto direttamente sopra il presbiterio della Chiesa Nord il cui secondo piano visibile in elevato veniva utilizzato come bottega in epoca moderna. Tale destinazione sembra in perfetta
sintonia con i rinvenimenti ceramici e le fasi delladiacente area presbiteriale della chiesa
di S. Sergio (vedasi infra).
12. Nello stesso periodo sono attestati insediamenti nelle localit di Hesban - Esbous (cf.
Sauer 1973: 50-63) e a Dhiban (cf. Tushingham 1972: 83-84) nellambito della diocesi di
Madaba.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

403

Il complesso ecclesiastico sorge su unarea libera da costruzioni pi


antiche, almeno nella parte n ora indagata, come si evince dai sondaggi in
profondit effettuati dietro labside, in facciata e presso lambiente laterale
sud-est. Le fondazioni della chiesa di S. Sergio poggiano direttamente sulla
roccia (US 174)13 ubicata in declivio naturale da est a ovest14, posizione
che impose la costruzione di una piccola piattaforma sopraelevata in facciata per poter collocare il nartece, tale dislivello appare visibile soprattutto
nellatrium pavimentato da lastre e collocato su un piano inferiore di circa
1.70 m rispetto alla parte restante del complesso ed accessibile probabilmente tramite alcuni gradini non conservati.
La fossa di fondazione delledicio di culto taglia infatti presso larea
absidale un deposito di strati preesistenti databili a partire dallepoca del
Ferro II (VIII-VII secolo a.C.)15, frutto di una fase di frequentazione dellarea del villaggio non meglio precisata, poich, allo stato attuale delle
indagini, non appare ancorata a strutture (US 171)16.
Un insediamento importante vi si colloca nel periodo tardo antico: in
epoca Nabatea o romana17, come si evince dalla ceramica rinvenuta negli accumuli anteriori alle chiese di S. Sergio e della chiesa Nord (US
162); non possiamo escludere una probabile fase architettonica monumentale collegata a tale fase cronologica, considerando la cospicua presenza
di elementi di scultura architettonica databili al I secolo a.C. - I secolo
d.C.18 rintracciati nel crollo delle strutture in elevato, facendo pensare alla
13. Non si esclude lutilizzo del medesimo banco roccioso come cava di materiale per le

chiese.
14. Il dislivello chiaramente visibile anche nel sondaggio svolto presso lambiente laterale
5 della chiesa Nord (ubicato a N/E) ove si riscontra un profondo muro di fondazione.
15. Si tratta del taglio delle fondazioni US 157 ed il suo riempimento UUSS: 161, 162, 163,
164, 168, 169, 170, 171, 172.
16. Unoccupazione contemporanea attestata anche negli agglomerati rurali di Khirbet
el-Mukhayyat, Main e Umm er-Rasas tutte situati nella diocesi di Madaba.
17. Materiale di epoca Nabatea non ancorato a strutture si riscontra peraltro in altri villaggi
estesi come ad esempio nel caso di Hayyan al-Mushrif (diocesi di Bosra) e Main - Belemounta (diocesi di Madaba). Si rimanda a Hamarneh 2003: 259-260; 265-266.
18. Si ricordano ad esempio i fregi dentellati utilizzati nellattacco della volta a botte dellannesso nord (n. 6) della chiesa Nord ancora in situ; il capitello decorato con kemation
ionico rinvenuto nellaccumulo superiore della chiesa Nord; il concio ornato con un putto
che sorregge una ghirlanda reimpiegato nelle fondazioni del vano US 25 (ricavato allinterno della navata della chiesa di S. Sergio), nonch gli elementi di cornice dentellata posti
nei tamponamenti tra i pilastri del Martyrium Cappella 3 (da collegare alla fase moderna
di riuso del ambiente vedasi infra), inoltre le basi e i fusti di colonne rinvenuti nel nartece
ed altre sedi. La quantit numerica elevata degli elementi di scultura architettonica potrebbe
indicare la presenza di strutture di carattere monumentale nella localit. Al periodo romano

404

B. HAMARNEH

Fig. B Nitl, Chiesa di S. Sergio. Pianta del crollo.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

Fig. C Nitl, Chiesa di S. Sergio. Pianta con i mosaici.

405

406

B. HAMARNEH

sistematica spogliazione di un monumento di imponenti misure19, verosimilmente in disuso al momento della costruzione di entrambe le chiese.
Tracce evidenti di tale impiego si possono osservare in situ nellattacco
della volta a botte dellambiente annesso alla chiesa Nord (ambiente 6) con
cornici modanate a dentelli con evidenti tracce di seconda giacitura, nonch
i pulvini utilizzati nellannesso sud-est Cappella 8.
Meritevole di particolare attenzione lutilizzo, come abbiamo accennato, di una cavit del banco roccioso (ove sorge la chiesa di S. Sergio)
destinata a spazio sepolcrale con deposizioni polisome20; lambiente ipogeo venne opportunamente rimaneggiato con lari di muratura a vista ed
intonaco, ed era accessibile direttamente da un ingresso a pozzetto, anchesso edicato in muratura ed intonaco per creare un condotto daccesso
allambiente funerario. Tale passaggio veniva chiuso da una lastra in pietra
munita di ganci in ferro praticati per facilitare lapertura e il collocamento delle inumazioni, e risulta ubicato in posizione decentrata allinterno
del pavimento musivo21 vedasi infra22. Il ricorso a spazi cimiteriali sotto
il pavimento Delle navate centrali degli edici di culto appare un fatto
inconsueto nellambito delle chiese giordane, tale soluzione sembra per
rimarcare il desiderio di creare un ambiente monumentale e privilegiato per
rimandano alcuni segmenti murari inglobati in edici recenti nel medesimo villaggio a poca
distanza dal complesso ecclesiale. Numerosi elementi scultorei decorati in stile nabateo si
riscontrano nelle case del villaggio moderno.
19. Numerosi esempi di riempiego si registrano nelle chiese della zona ricordiamo il caso
della chiesa del Khadir (dei Ss. Martiri) di Madaba dove si riscontra lutilizzo di blocchi
lavorati, capitelli, colonne e fregi decorati dalladiacente tempio romano. Analogo impiego
si riscontra nella localit rurale di Yajuz (diocesi di Philadelphia - Amman). Si rimanda alla
scheda con bibliograa in Hamarneh 2003: 262-263.
20. Lambiente ipogeo diviso in due vani di grandezza asimmetrica da un banco roccioso
basso a gradino, dove sono stati trovati due piatti in ceramica comune datati allVIII secolo
e numerosi frammenti di carbone. Lambiente a Nord sembrava abbastanza pieno di sepolture con i corpi inumati in posizione supina orientati W/E con capo ad Ovest mentre quello
sud sembrava meno utilizzato.
21. Lubicazione decentrata potrebbe confermare la presenza della cavit prima della costruzione delledicio.
22. La sistemazione dellingresso alla tomba monumentale comunitaria era gi previsto sia
nel programma architettonico sia in quello decorativo, tuttavia non risulta chiara lesclusiva
destinazione funeraria della chiesa in quanto nelle iscrizioni scoperte manca un esplicito
riferimento ai defunti. La presenza di tombe si riscontra spesso in prossimit o allinterno
delle chiese in ambito rurale come nel caso della chiesa dellEdicola ad Umm er-Rasas o
nella chiesa del Cortile del complesso di S. Stefano della stessa localit. Cf. Sanmor 1998:
412-424. In altre localit rurali le tombe si collocano nel nartece o nei vani attigui con
copertura costituita da lastre, il caso che rappresenta il raffronto pi diretto quello delle
sepolture dei monaci nella Basilica di Mos sul Monte Nebo.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

407

accogliere le spoglie dei membri eminenti della comunit o di un gruppo


famigliare mantenendo una perpetua protezione da parte del Santo patrono
del luogo23.
La struttura architettonica della chiesa mostra un impianto a navata unica
di m 8.54 x 17.00 con nove pilastri per lato con abside inscritta alla quale
fanno ala due ambienti laterali; quello meridionale conserva a tuttoggi la
pavimentazione del secondo piano in sito. La copertura era costituita interamente da lastre in pietra alloggiate sulle creste di arco-pareti, le singole
lastre lunghe dai cm 120 a circa cm 180 e spesse da cm 15 a cm 23 e larghe
circa cm 40, risultano lavorate accuratamente solo in facciata, mentre gli altri
lati apparivano appena abbozzati e dotati di piccoli incavi probabilmente per
favorire lincastro, lalloggio ed una maggiore stabilit delle stesse24. Tale
sistema permetteva di ottenere una copertura di tipo piano a spessore costante
per poter allestire un secondo piano (vedasi infra). A tale riguardo appare
opportuno evidenziare la presenza di un accumulo di tessere e materiale di
alloggio delle stesse (US 23) sopra il crollo delle lastre del tetto.
Ledicio stato reso con paramento murario curato e conservato sino
allimposta dellarco ed costituito da pietre squadrate a bugnato accentuato25, forse di spoglio, con gli interstizi colmati da pietre pi minute secondo
unusanza registrata nella zona. Una cura particolare stata riservata ai
pilastri disposti lungo il muro dambito ed ammorsati nella muratura probabilmente per poter agevolare lalloggio della copertura in pietra estremamente pesante. Lirregolarit delle pietre nel paramento murario allinterno
delledicio ha portato verosimilmente allimpiego dellintonaco bianco
ancora in sede al momento dello scavo26.
Si registra inoltre il ricorso ad elementi scultorei per la decorazione degli
interni con fregi, ritenuti di spoglio, ottenuti in pietra calcarea locale lavorata a dentelli, intonacata e dipinta in rosso facenti parte dellabbellimento
dellarea presbiteriale e pi precisamente dellarco che separava larea sacra
dalla navata27 (vedi foto 4-8). Frammenti marmorei e manufatti in scisto bitu23. Sembra analogo sotto il prolo ideologico il concetto delle sepolture ad Sanctos. Cf.

Hamarneh 2004: 203.


24. Coperture di simile foggia si riscontrano nel Hauran meridionale. Cf. Marino 1991: 13-18.
25. Per il ricorso al bugnato in epoca bizantina in Arabia si rimanda a Hamarneh 1999: 33-36.
26. Lintonaco bianco risulta applicato su tutta la supercie interna compresi pilastri, recensione presbiteriale e le panchine sistemate tra i pilastri.
27. I manufatti scultorei sono stati trovati nello strato ascrivibile al crollo strutturale delledicio in corrispondenza del presbiterio. La pittura rossa applicata sopra lintonaco
bianco in corrispondenza degli elementi dentellati a rilievo verosimilmente per conferire
un effetto bidimensionale.

408

B. HAMARNEH

minoso facevano invece parte dellarredo liturgico della chiesa con colonnine, pilastrini e lastre. Larea sacra, sopraelevata di alcuni gradini rispetto alla
navata28, era dotata di synthronon, laltare, situato presso la corda dellabside
era sorretto da quattro colonnine alloggiate in incavi rettangolari29, mentre
due tavole per le offerte, di cui restano in sede le basi in scisto bituminoso, si
trovavano presso langolo sud/ovest e nord/ovest del santuario. Larea sacra
risultava divisa dalla navata, al momento della scoperta, da due grosse lastre
di pietra calcarea locale che fungevano da recinzione, saldamente inserite
nelle apposite scanalature e ricoperte di scialbo in sede.
I due ambienti laterali, dotati di un secondo piano, risultano inscritti
insieme allabside entro un muro continuo: entrambi sono di foggia rettangolare con ununica porta collegata ad un corridoio mosaicato che conduceva verso la navata. Lambiente a sud conserva una piccola nicchia nel
muro settentrionale.
Nella navata invece lo spazio tra i pilastri, addossati ai muri nord e
sud, a partire dal gradino presbiteriale, risultava occupato da panchine intonacate ad eccezione dello spazio tra i pilastri tre e quattro del muro nord
(numerazione a partire dal presbiterio) ove si trovava una struttura in muratura anchessa intonacata che mostra tracce di un manufatto addossato che
potrebbe essere identicato a titolo di ipotesi, con un sedile30, riservato a
personaggi di spicco nellambito della comunit del villaggio, conferendo
al complesso in generale, ed alla chiesa di S. Sergio in particolar modo, un
evidente valore politico.
La chiesa nella fase iniziale aveva tre ingressi in facciata di cui restava
aperto, al momento della scoperta, solo quello nord in corrispondenza del
quale stata trovata in situ una pietra rotonda che fungeva da chiusura31.
Un architrave monumentale decorato con una tabula ansata con una croce al centro con iscrizione in greco purtroppo illegibile32, rinvenuto negli
28. Si tratta di due gradini: il primo continuo tra muro nord e muro sud, mentre il secondo

corrisponde solo alla zona del presbiterio.


29. Tale tipo di altare appare estremamente diffuso nella Giordania bizantina a partire dalla
prima met del VI secolo. Per esempi, bibliograa ed analisi cronologica si rimanda a Duval
1994: 170-174; Michel 2001: 60-66.
30. Il manufatto allineato con lingresso della tomba ipogea, esso posto nei pressi del
presbiterio accanto alla porta comunicante con la chiesa Nord.
31. Pietre rotonde di analoga funzione si riscontrano in Giordania in ambito cultuale e in
contesti abitativi come ad: Umm er-Rasas, Fayha, monastero di Uyun ad-Dhib si veda AlZaben 2001: 367-368.
32. Liscrizione posta ai lati della croce entro la tabula risultava essere estremamente compromessa, tuttavia vi sembrava riconoscere alcune lettere in greco.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

409

accumuli relativi al crollo delle strutture, poteva coronare verosimilmente


lingresso centrale delledicio. Nella parete interna sul lato destro dellingresso mediano vi era una piccola nicchia, ricavata tra due pietre, dove era
alloggiata, in situ, al momento della scoperta, una piccola lastra marmorea
decorata con una croce incisa33 (vedi foto 10), nonch decorazione ad affresco come risulta dai numerosi frammenti di intonaco policromo scoperti
nei pressi della stessa34. La facciata della chiesa aveva verosimilmente delle
nestre come si evince dai numerosi mattoncini poligonali rinvenuti nello
scavo del nartece. Una porta sulla parete nord metteva la chiesa in comunicazione con la sua gemella a nord mentre nella parete sud due varchi
portavano sia in un vano attiguo mosaicato (Annesso sud-est o Cappella
8) sia verso il martyrium Cappella 3 aggiunta, come abbiamo accennato,
in un secondo momento.
La decorazione pavimentale musiva risulta essere altrettanto ricercata;
infatti vi una ripartizione a zone distinte tra area presbiteriale, ambienti
annessi e navata a sua volta ripartita in due settori. Le iscrizioni scoperte
menzionano S. Sergio a cui era dedicato ledicio35, santo patrono dei gruppi tribali dei foederati, la cui presenza si palesa da altre due iscrizioni. Nel
primo brano spicca per importanza levergeta illustrissimo Taalaba il Filarca36, mentre in un secondo brano rinvenuto nellintercolumnio nord/ovest si
riscontra il nome di Areta glio di Al-Areta37; entrambi rimandano a nomi
dinastici della famiglia a capo della confederazione tribale che dominava la
regione a partire da Resafa, centro politico nonch luogo del culto martiriale
di S. Sergio38, santo al quale anche gli abitanti di Nitl portavano devozione,
mentre il titolo di Filarca veniva conferito dalle autorit bizantine a capi
tribali o personaggi di spicco in cambio di patti di alleanza39, motivo che
33. Si tratta di una lastra quadrangolare (RA 733) con al centro una croce, la cui supercie

interna presenta una sbozzatura atta a ricevere un rivestimento probabilmente in metallo


(bronzo?) andato perduto.
34. Limpiego di pittura ad affresco nella decorazione della chiesa si denota da un concio
quadrato (scoperto nel crollo del presbiterio) intonacato e dipinto con un ore a petali rossi
disposti a calice e foglie verdi.
35. La quarta e la quinta iscrizione ricordano rispettivamente: O Dio di S. Sergio soccorri
Ammonis e i suoi gli, il mosaicista che si affaticato per il santo luogo e San Sergio
accetta lofferta di Pietro glio di Doro e di Giovanni ladiutor. Cf. Piccirillo 2001: 281282.
36. Si deve a Piccirillo lindividuazione del nome di Thaalaba conservato parzialmente.
37. La menzione di Areta glio di Al-Areta potrebbe ricondurre indirettamente ad un noto
personaggio vissuto nella prima met del VI secolo. Cf. Piccirillo 2001: 282-283.
38. Cf. Piccirillo 2002: 217.
39. Per ulteriori approfondimenti si rimanda a Shahid 2001: 285-292.

410

B. HAMARNEH

potrebbe spiegare il carattere particolare delledicio che doveva assumere


un valore fortemente celebrativo nellambito del gruppo tribale.
Il presbiterio della chiesa, assai deteriorato a causa del reimpiego in
epoca medievale (vedasi infra), presenta lacerti di un motivo a treccia che
descrive la curva del synthronon ed inquadra due agnelli in confronto araldico ad un albero ramicato centrale, un secondo motivo a svastica formava un rettangolo nella zona antistante laltare del quale nulla rimasto
in sito. I due passaggi che portano agli ambienti laterali risultano decorati
con un motivo geometrico a reticolo riproposto anche nella chiesa attigua
e nel nartece. Dalla decorazione degli ambienti annessi al presbiterio resta
visibile solo una treccia della cornice del vano sud ed uniscrizione inserita
entro una tabula ansata che resta purtroppo illeggibile40.
La navata ripartita in due pannelli racchiusi in ununica cornice, il primo, di ricca gamma cromatica, si estende dal gradino presbiteriale sino al
sesto pilastro costituito da un ampio rettangolo con quattro cantari biansati (posti negli angoli) dai quali fuoriescono tralci di vite che formano dei
girali campiti, in ordine asimmetrico, da iscrizioni (tre in centro della prima
la, una nella successiva, due nella quinta), da motivi zoomor, tomor,
scene di genere e cesti ricolmi duva secondo un repertorio tradizionale
mentre dalla quinta la di girali diparte un tondo decorato allinterno da
un raccordo di rettangoli e cerchi a loro volta ornati da iscrizioni e ori a
calice.
Il rigore nellesecuzione e la simmetria appaiono interrotte dalla presenza dellingresso della tomba ipogea tenuta presente nella fase di programmazione decorativa, che comport il ricorso ad alcune modiche nel
programma iconograco con lo spostamento verso il basso del tondo che
doveva altrimenti trovarsi centralmente sino a lambire il bordo che divide
il primo pannello dal successivo.
Il secondo riquadro, pi ridotto in quanto diparte dal settimo pilastro
sino alla facciata, risulta meglio organizzato con un grande tondo, sistemato
perfettamente al centro e decorato da uno scudo di triangoli. Ad esso fanno
ala un reticolo di ori a calice internamente campito da alberelli carichi
di frutta, volatili ed animali. Entrambi i pannelli sono avvolti in ununica
cornice musiva che corre parallela ai muri dambito ed resa con foglie
dacanto su fondo scuro a loro volta occupate da scene di venationes. Il
pavimento risulta messo in opera, come si evince da una delle iscrizioni
musive, da Ammonio il mosaicista e suo glio41.
40. Piccirillo 1989: 265.
41. Cf. Piccirillo 2001: 281.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

411

La mancanza della datazione del pavimento, andata verosimilmente


perduta ci porta ad effettuare alcune considerazioni sulla base di raffronti
stilistici con altri pavimenti datati nellambito della diocesi di Madaba della
quale il villaggio fa parte. Da tale analisi risulta plausibile stringere lambito cronologico ascrivendo il pavimento al VI secolo ovvero tra il 541 d.C.
e il 562 d.C.42, date che potrebbero costituire il lasso temporale nel quale
sorge la nostra fondazione.
Le tematiche iconograche riscontrate nei pavimenti di Nitl trovano
impiego indistintamente sia in ambito urbano sia in quello rurale; infatti,
raffronti immediati ci conducono al repertorio tradizionale affermato nella
Provincia in epoca giustinianea, come nel caso dei girali di foglie di vite
con animali e scene di genere che troviamo per es. nella chiesa dei Ss. Lot
e Procopio di Khirbet el-Mukhayyat (diocesi di Madaba) datata alla prima met del VI secolo, forse al 541 d.C.43. La griglia geometrica a scuta
incrociati combinati insieme alla cornice di foglie dacanto si trova nella
cappella del Martire Teodoro nel complesso della Cattedrale di Madaba
datata al 562 d.C.44 e nella cripta di S. Eliano di Madaba45. Nellambito
della stessa diocesi analoghe decorazioni trovano impiego nella Chiesa dei
Santi Padri del villaggio di Khattabiyah46, in quella superiore di Massuh
(diocesi di Madaba)47, cos come si registra nella navata laterale della chiesa di S.Kiriko (Philadelphia - Amman)48, in quella dei Ss. Pietro e Paolo
di Gerasa49. La presenza di una griglia di boccioli di rose con alberelli e
volatili si riscontra nellaula del battistero della gi citata Cattedrale di
Madaba. Lelegante tappeto con foglie di vite con animali si estende nella
Chiesa di Al-Khadir di Madaba50, in quella del Diacono Tommaso (Ayon
Mousa)51, mentre nella chiesa di Khirbet al-Kursi (Philadelphia - Amman)52
42. Si tratta del periodo dei vescovi Ciro, Elia e Giovanni di Madaba (inizi VI, 531-561/65).

Si veda anche Piccirillo 2005: 380.


43. Nelliscrizione dedicatoria si fa riferimento alla VI indizione (tra gli anni 541 o 556
d.C.). Cf. Piccirillo 1993: 164-165.
44. Piccirillo 1993: 116-117
45. Piccirillo 1993: 124-125.
46. Piccirillo 1993: 224.
47. Piccirillo 1993: 252-253.
48. Piccirillo 1993: 268.
49. Piccirillo 1993: 292-293.
50. Piccirillo 1993: 129-131.
51. Piccirillo 1993: 186-188.
52. Piccirillo 1993: 265.

412

B. HAMARNEH

lo si vede abbinato con quattro cantari in corrispondenza con gli angoli. La


decorazione dellambiente laterale alla chiesa nord con i rosoni di pelte si
riscontra nella navatella della Basilica di Mos al Monte Nebo (diocesi di
Madaba)53, nellatrium della cappella inferiore del Prete Giovanni di Khirbet el-Mukhayyat (diocesi di Madaba)54 ed inne nella chiesa di Al-Dayr
di Main (diocesi di Madaba) datata al 557/8 d.C.55.
Linsieme degli edici cultuali si articola a due riprese nel corso del
VI secolo56 ed appare frequentato sino alla met dellVIII secolo (come
possono testimoniare i manufatti ceramici e la fase dellobliterazione delle
immagini nel pavimento musivo della chiesa di S. Sergio57). In tale fase
forse avveniva il tamponamento delle due porte in facciata mantenendo un
unico ingresso che veniva a sua volta rinforzato dalla grande pietra rotonda
ritrovata ancora in sito.
Labbandono della chiesa di S. Sergio
La funzione cultuale della chiesa di S. Sergio cessa verosimilmente nella
seconda met dellVIII secolo come emerge dallanalisi stratigraca osservata nella navata, dove si registra infatti la presenza di un livello frequentativo desumibile da focolari posti direttamente sopra il pavimento musivo
determinando il deterioramento del manto di tessere e la formazione di
numerose lacune ove stata rilevata in prevalenza la presenza di manufatti
ceramici di epoca abbaside58. Si tratta delle UUSS 126, 127, 128, 133 poste rispettivamente in prossimit del gradino presbiteriale, al centro della
53. Piccirillo 1993: 148.
54. Piccirillo 1993: 176.
55. Piccirillo 1993: 202-203.
56. Alla prima fase del complesso possiamo attribuire la chiesa di S. Sergio, chiesa Nord e

lannesso sud/est (n. 8) comunicante mediante una porta con la navata, una seconda porta
ad ovest conduceva allesterno. In un momento successivo la porta ovest viene chiusa dallabside del Martyrium o Cappella 3 aggiunta. Una simile fase ravvisabile nel complesso
del Nebo: infatti venne tamponata la porta del nuovo battistero edicato alla ne del VI
secolo dal Vescovo Sergio dallabside della Cappella della Theotokos terminata dal vescovo
Leonzio nel VII secolo.
57. Tracce del medesimo fenomeno si riscontrano nella Cappella 3 ma non nellannesso 8.
58. Come ad esempio il taglio US 125, effettuato nel pavimento musivo della navata centrale presso il gradino del presbiterio e riempito dal focolare US 126 (diametro circa 70
cm con ceramica abbaside); e i focolari, entrambi di 120 cm di diametro, US 127 al centro
della chiesa e US 128 presso la porta centrale della stessa che venne bloccata forse in
quelloccasione.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

413

chiesa, presso la porta centrale e nel passaggio che conduce allannesso


settentrionale seguendo una distribuzione occasionale che evidenzia lo stato di abbandono dellimpianto cultuale. Si tratta di focolari ottenuti con
laccostamento di piccole pietre disposte a cerchio (il cui diametro varia
da circa cm 70 sino a circa 140 cm). Allo stesso modo non vi sono segni di
incendi, di distruzione violente o di sistematica spogliazione con asportazione di manufatti architettonici dalledicio quale ulteriore conferma della
mancata presenza di uno stabile insediamento nel villaggio.
A tale fase fa seguito un accumulo, poggiante direttamente sul pavimento musivo, di terra di colore arancione e di consistenza granulosa (US
116) di spessore variabile da cm 10 a cm 2059 con andamento degradante
dal muro sud della chiesa verso il centro della navata, raggiungendo il suo
massimo spessore in corrispondenza dello spazio tra i pilastri indicando
a titolo di ipotesi la presenza di nestre unico spazio aperto che poteva
permettere lingresso di terra e di polvere. Tale strato caratterizzato da
una eccezionale concentrazione di materiali ceramici per lo pi anforacei,
manufatti da cantina e coppe/scodelle tutte ascrivibili alla ne dellVIII
secolo o ai primi decenni del IX secolo suggerendo unattivit di assidua
frequentazione dellambiente della chiesa e il suo utilizzo come discarica
di materiali.
Si form poi un secondo strato sottile (4-5 cm) di colore grigiastro (US
115) da attribuire anchesso a discariche di focolari, associato a sporadiche
tracce di frequentazione forse da parte di nomadi o pastori con sacche di
cenere e pietrame sistemato a mo di cerchio individuato presso il gradino
del presbiterio e al centro della navata. Nella stessa fase si ravvisa il distacco dellintonaco (US 113) che form a sua volta piccoli strati biancastri
lungo i muri dambito e presso il gradino del presbiterio dove restavano
saldamente alloggiate due lastre di pietra intonacate della recinzione. Si
evidenzia a tale proposito la probabile prolungata esposizione delledicio
alle intemperie, pur avendo ancora la copertura.
Il denitivo abbandono corrisponde ad uno strato di terra abbastanza
compatto di spessore variabile da cm 50-70 presente su tutta la supercie
della navata60 da collocare nella seconda met del IX secolo (US 107).
Sopra questo deposito, in un momento non meglio precisato si verica il
cedimento, accertato allinterno della navata centrale, degli archi trasver59. Lo strato conservava unaltezza e spessore maggiori presso il muro meridionale con

andamento degradante verso il centro della navata.


60. Da questa sequenza si esclude langolo sud/ovest dove stato ricavato un ambiente. Si
rimanda ad infra.

414

B. HAMARNEH

sali seguito dalle lastre del tetto cadute con movimento verticale al centro
della navata (US 19 = 27). In questa occasione si segnala la presenza di
numerosissime tessere di mosaico bianco rinvenute con cospicue porzioni
del supporto di calce, elementi importanti che potrebbero suggerire, come
abbiamo avuto modo di accennare, lesistenza di un secondo piano come in
altre costruzioni caratterizzati dallimpiego della pietra (all stone) riscontrati nel Hauran meridionale e nel Massiccio calcareo della Siria settentrionale. Infatti stata accertato che almeno lambiente laterale sud-est della
chiesa di S. Sergio era dotato di un secondo piano mosaicato dello stesso
tipo di manto di tessere bianche ancora oggi in sito.
Larea presbiteriale tuttavia sembra sopravvivere al crollo almeno in questa
fase con la sua copertura, probabilmente a causa della presenza dei due ambienti laterali che fornivano una piattaforma dappoggio pi solida e meno ampia
elemento che potrebbe essere stato decisivo nelle successive fasi duso.
A seguito del crollo solo alcune parti delledicio vengono riutilizzate
in due riprese distinte (vedasi infra). Allinterno della navata si forma un
secondo strato sabbioso di colore giallo con frammenti ceramici eterogenei e numerosi frammenti di intonaco caduto dai muri spesso circa cm 70
(US 14). Inne un secondo crollo dei lari superiori dei muri dambito
per rovesciamento a causa del deterioramento della cresta e del suo supporto costituendo uno strato spesso circa m 1.55 (US 13), portando verso
il denitivo abbandono del complesso come attesta il cospicuo accumulo
superciale di materiale edilizio di circa m 1.85 formato in pendenza da est
ad ovest su tutta la supercie del complesso (US 0, 11).
La rioccupazione del complesso in epoca medievale islamica
La probabile presenza della copertura sul presbiterio e sugli ambienti laterali
della chiesa di S. Sergio consent la loro rioccupazione in epoca mamelucca
(1250-1390 d.C.)61, come testimoniano appunto alcuni rozzi rifacimenti strutturali62 e il materiale ceramico rinvenuto non solo nellarea del presbiterio
61. Si registra la presenza di un numero elevato di villaggi in epoca mamelucca a sud di

Bilad esh-Sham. Nella regione del Balqa, infatti lautore musulmano al-Daheri Ibn Shahin
annovera 300 localit. Cf. Al-Daheri, pp. 46-47. Inoltre si rimanda a Ghawanmeh 1982:
363-364.
62. La rioccupazione mamelucca dellarea presbiteriale della Chiesa di S. Sergio potrebbe
essere collegata con una situazione speculare nelladiacente Chiesa Nord, infatti si presume che lambiente costruito sopra il presbiterio di questultima (vano 5) fosse di epoca
medievale islamica.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

415

ma negli strati superiori al crollo allinterno della navata63. Si tratta infatti di


manufatti che spiccano per la loro integrit come brocche modellate a mano
e dipinte con motivi geometrici a nastri, rombi e triangoli nelle tonalit rossobrune e lucerne. E altamente probabile che tale utilizzo fosse collegato anche
alla frequentazione dellannesso sud-est o Cappella 8 comunicante con la
chiesa di S. Sergio con una porta situata nei pressi del gradino presbiteriale.
Infatti tra i due ambienti vi era un piccolo muretto che costituiva una sorta di
corridoio che agevolava il passaggio tra i due vani separandolo dal resto della
navata coperta dal crollo abbandonato. Tuttavia non siamo in grado di offrire
una ricostruzione pi dettagliata a causa del rimaneggiamento successivo in
epoca Ottomana che ha fortemente compromesso la stratigraa originaria.
Frequentazione moderna della chiesa di S. Sergio
La chiesa di S. Sergio risulta essere utilizzata anche in epoca Ottomana;
vi sorge infatti un ambiente US 25, composto da un unico vano nella
navata, esso si addossa al muro meridionale della Chiesa USM 17 tamponando e trasformando in nicchia la porta comunicante con ladiacente
Martyrium o Cappella 364 e mantenendo la porta laterale ovest della facciata della chiesa (USM 16) quale unico ingresso. Lambiente di m 2.30
x 4 costruito direttamente sul mosaico liberando unarea limitata dal
crollo delle strutture, la sua fondazione composta da due lari sovrapposti di pietre (US 26), ed costituita perlopi da materiale di spoglio
come il concio, riutilizzato capovolto, decorato da un putto che sorregge
una ghirlanda che potrebbe essere datato al II secolo a.C.65. Il pavimento
63. La presenza di alcuni cocci mamelucchi nel US 107, strato immediatamente sottostante

al crollo, dovuto ad inltrazioni da supercie, alle quali, a nostro avviso, non va assegnato
un valore cronologico determinante.
64. Il tamponamento della porta tra la chiesa di S. Sergio e del Martyrium o Cappella 3
sottolinea lautonomia dei due luci.
65. Si tratta di una cornice architettonica lavorata a rilievo, di foggia rettangolare, percorsa
da una frattura lungo il margine superiore. Il manufatto rappresenta sul lato di destra un putto
stante, visto frontalmente, il corpo tozzo e corto, con gambe divaricate: quella di destra
piegata al ginocchio ad angolo retto come le braccia che descrivono un movimento rigido, la
testa appare coronata da un caschetto di riccioli. Non si vedono mani e piedi. Il putto sorregge
una ghirlanda fogliata, la cui estremit gli avvolge il tronco e lambisce la gamba sinistra a m
di tracolla. La ghirlanda ha un andamento semicircolare con serie di foglie a petali arrotondati
nella parte terminale. Il punto centrale sopra la ghirlanda decorata con un rosone tagliato
dalla frattura. Il tema del putto con ghirlanda appare frequentemente sulla scultura architettonica di epoca nabatea a partire dal II secolo a.C. Cf. Baratte 1980: 38-39.

416

B. HAMARNEH

del vano in terra battuta e calce abbastanza compatto, spesso circa cm


8 (US 145). Le mura in elevato dellambiente appaiono piuttosto irregolari perlopi di spoglio, mentre tracce di intonaco di paglia e fango
si intravedono in alcuni tratti; la copertura era costituita da una volta a
botte.
Allambiente si associa un lastricato di m 5.60 x 3.60 poggiante direttamente sul crollo del tetto delledicio di culto (US 21) e circondato
da un rozzo muretto composto da un unico lare che probabilmente delimitava una stalla (USM 24), a sud-est un secondo muretto a doppia cortina (USM 12) segnava il limite tra laccumulo abbandonato e la parte
in uso. Nella stessa fase risultano altres frequentati gli ambienti annessi
allabside di S. Sergio, sino al piano pavimentale, come si evince dai
tabun in sito.
Annesso sud/est o Cappella 8
Del complesso ecclesiastico di Nitl fanno parte, come stato gi accennato, un ambiente a sud-est addossato appunto al muro meridionale
della chiesa di S. Sergio e comunicante con essa attraverso ununica
porta. Tale ambiente era dotato di un secondo ingresso che dava verso lesterno66, poi tamponato dallabside del Martyrium o Cappella 3
anchesso sorto in un secondo momento a ridosso del medesimo muro
meridionale.
Lambiente, di foggia vagamente trapezoidale, sembra essere di altezza inferiore rispetto a S. Sergio, poich costituito da un unico piano, le
mura si conservano sino allimposta dellarco ad eccezione della parete
est sormontata dal muro di un ambiente di epoca Ottomana. I pilastri,
ancora conservati, mostrano lutilizzo di pulvini di foggia trapezoidale che
potrebbero essere di spoglio. La cappella conserva una struttura muraria
analoga a S. Sergio ricoperta di scialbo ed era mosaicata. Vi resta visibili
un piccolo lacerto di cornice reso con foglie dacanto scandite a girali
con teoria di animali ritratti in movimento, le cui resa anatomica risulta
coeva e contestuale a quelli rafgurati nelladiacente chiesa; mentre un
piccolo brano riconducibile al tappeto interno mostra invece un bovino
inserito tra vitigni e grappoli.

66. Lingresso posto su quel lato potrebbe offrire un ulteriore indizio sulla presenza di una

stradina.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

417

Annesso sud-est o Cappella 8 in epoca mamelucca


Lambiente dellAnnesso sud-est o Cappella 8 venne riutilizzato in epoca
mamelucca, esso infatti veniva reso comunicante con il presbiterio della
chiesa di S. Sergio attraverso una sorta di corridoio in pietrame a secco (sono
stati trovati due corsi in sito) in corrispondenza della porta. Il riutilizzo interessava il vano sino al livello pavimentale, motivo che caus la scomparsa
degli strati originari relativi allabbandono dellambiente determinando una
differente situazione stratigraca rispetto alla chiesa di S. Sergio.
Vi si attesta infatti il restauro del piano pavimentale (US 118) mediante
la collocazione di un lastricato m 4.75 x 2.50 (US 112) sopra uno strato
di terra grigiastra con ceramica mamelucca (US 119); tale sistemazione
interessava solamente la met settentrionale del vano, laddove mancava
appunto il mosaico. Si evidenzia la volont di preservare lambiente per
una prolungata frequentazione attraverso il rifacimento del suo piano pavimentale, senza particolare attenzione alla decorazione gurata presente.
Lultima fase di vita del vano individuabile in uno strato di terra battuta
arancione molto compatta con ceramica prevalentemente mamelucca (US
111) che costituiva una specie di piano pavimentale. Allabbandono rimandano una lente di cenere proveniente da discariche di focolari (US 120)
e uno strato marrone granuloso leggermente compatto in supercie (US
103), entrambi databili allepoca tardo mamelucca. Il disuso dellannesso
dovuto verosimilmente al crollo strutturale che interess sia il muro meridionale (US 104 presso USM 84) che una porzione della copertura sul
lato occidentale (US 102).
Frequentazione moderna dellannesso sud/est o Cappella 8
Per quanto attiene alla situazione in epoca Ottomana si ravvisa innanzi tutto
la costruzione di unabitazione (locus 16) addossata al muro meridionale
della chiesa di S. Sergio presso lannesso sud (USM 17), mentre sul lato
est vengono utilizzati gli ultimi due lari del muro originario dellannesso
sud-est Cappella 8 per elevare un muro (USM 86) costituito da conci di
reimpiego conservando landamento del vano bizantino. Nella stessa occasione viene risistemata la porzione attigua del muro di S. Sergio presso
langolo sud-est, lato che viene utilizzato come tabun (US 101, US 123)
con una piccola struttura in uso come mistaba (US 124). Lambiente probabilmente manteneva la comunicazione con la parte abitata della chiesa
di S. Sergio.

418

B. HAMARNEH

Martyrium - Cappella 3
Il Martyrium o Cappella 3 (m 3.18 x m 8.33) viene addossato al muro meridionale della chiesa di S. Sergio (USM 17) in un secondo momento, come
testimonia il tamponamento della porta ovest dellannesso 8 dallabside
della Cappella USM 28 (vedasi infra) e le bugne scalpellate via dalle pietre
dal muro USM 17 per favorire laderenza dellintonaco e rendere uniforme
linterno dellambiente cultuale, come si evince dalle porzioni non interessate da tamponamenti tra pilastri67. La cappella risulta comunicante con S.
Sergio mediante una porta gi esistente e leggermente allungata rispetto
ad essa in quanto si conclude a ridosso del muro esterno del nartece. Un
secondo ingresso viene praticato sul lato sud permettendo di raggiungere
la Cappella direttamente dal nartece.
Il riutilizzo della Cappella come abitazione in epoca moderna ha causato lasportazione degli strati originari di abbandono allinfuori di un lembo
esiguo di terra gialla compatta (US 37) depositato direttamente sopra il
pavimento musivo conservato solamente sul lato ovest del vano, presso la
facciata dove si trova un alto gradino intonacato che occupa completamente
un piccolo corridoio coronato da una volta a botte e chiuso da un muro68.
Tale sistemazione occultava un piccolo pozzetto (USM 66) intonacato con
cura adibito forse alla custodia di reliquie, la cui cavit (cm 0.75 x cm
0.75) era chiusa da un capitello appena abbozzato a sua volta celato da
intonaco bianco. Scanalature nel muretto del corridoio a volta, praticate
verosimilmente per alloggiare una recinzione, suggeriscono limportanza
delle reliquie contenute o il valore cultuale ad esse attribuito nellambito
del complesso69. La cappella, verosimilmente centro di un culto martiriale70,
67. In tale modo la facciata esterna del muro USM 17 diventa un interno.
68. Non stato possibile vericare il contenuto del pozzetto in quanto fu scavato clandesti-

namente. Si tratta di una sistemazione insolita in area giordana, in quanto risulta pi diffuso
il collocamento del reliquiario nellarea presbiteriale. Cf. Michel 2001: 72-79.
69. La funzione cultuale della cavit suggerita anche dallorientamento inverso dei due
leoni nel mosaico antistante il gradino rispetto al resto del pavimento direzionato verso
labside ed inne dalla presenza di materiali pregiati rinvenuti nello scavo dellunico
lembo di stratigraa intatta fra cui: un frammento di mensa di forma circolare cm 80
in marmo bianco con venature giallastre (RA 868); un frammento di lastra in marmo
grigio (RA 860); frammento di lastra in marmo proconnesio decorata con scanalature
(RA 865); un frammento di colonnina in scisto bituminoso (RA 869) e frammenti di
lucerna vitrea.
70. Cf. Piccirillo 2001: 278. La presenza di cappelle annesse si riscontra spesso nei complessi costituiti da pi chiese sia in ambito urbano sia in quello rurale e datati alla seconda
met del VI secolo o agli primi decenni del VII secolo. Nel complesso della Cattedrale di

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

419

ricalca, in scala ridotta, la pianta architettonica delle due chiese adiacenti


con il ricorso alla stessa copertura ed pavimentata a mosaico conservato
solo in parte a causa del riutilizzo moderno della stessa come abitazione.
La decorazione visibile mostra un ampio rettangolo dotato di cornice a
treccia con un cantaro biansato nel primo registro cui fanno seguito negli
ordini successivi cespi di acanto con volatili e animali affrontati e rivolti
verso labside della cappella; in senso inverso stato organizzato invece il
motivo posto presso la cavit-reliquiario con due leoni rampanti che fanno
ala ad un tondo la decorazione del quale risulta costituita, come si evince
dalla sagoma, da una gura stante andata perduta.
Frequentazione moderna del Martyrium o Cappella 3
In epoca moderna, forse a ridosso degli anni 30-40, il villaggio venne nuovamente ripopolato con un riutilizzo parziale delle rovine come abitazioni;
a tale proposito venne riadattata la Cappella 3 con la modica di copertura
mediante il tamponamento dello spazio tra i pilastri con materiale di spoglio (tra quello elementi architettonici come ad esempio il capitello in pietra
calcarea RA 23; la cornice modanata RA 12; una stele funeraria anepigrafe
ornata da croce sulla cresta del tamponamento tra i pilastri presso il muro
meridionale etc.), ottenendo in questo modo una copertura a botte di cui si
intravede lattacco. In questa fase viene chiusa la porta comunicante con S.
Sergio e viene aperta una nicchia rettangolare nel muro di facciata.
Alla fase di frequentazione moderna rimanda il tabun poggiante direttamente sul mosaico presso il secondo pilastro del muro nord (US 33) unitamente ad un lembo di cenere. Sono inoltre da segnalare le numerose lacune
nel mosaico dovute a vandalismi praticati di recente (come lasportazione
di una porzione cospicua del pavimento presso labside), altre lacune rimandano semplicemente a fatiscenza e incuria durante la frequentazione
moderna71.

Madaba si trova la cappella del Martire Teodoro, in quello della Cattedrale di Gerasa vi
una cappella omonima, ad Umm er-Rasas il complesso di S. Stefano costituito da quattro
chiese cos come la basilica di Mos sul Monte Nebo; cf. Michel 2001: 42-44. Alcuni esempi del territorio del patriarcato di Antiochia mostrano la presenza di cavit cubiche negli
annessi sud identicati con martyria. Cf. Donceel-Vote 1995: 193-195.
71. La situazione stratigraca sin qui descritta nella Cappella 3 era sigillata da un accumulo
uniforme di circa m 2.25 costituito da pietrame di diversa misura frammisto a terra giallogrigiastra US 32 coperto da circa cm 50 di riporto moderno US 0.

420

B. HAMARNEH

Il nartece
Il nartece, posto a contatto con le facciate delle due chiese principali (USM
16; USM 18), risulta unico e comunicante con i tre edici cultuali, esso
delimitato a sud-ovest dal martyrium Cappella 3 e a nord-ovest dal
muro (USM 198) addossato alla facciata della chiesa Nord (USM 18). Il
lato occidentale segnato invece da uno stilobate N/S (USM 45) posto in
corrispondenza agli ingressi delle due chiese principali.
Tre porte mettono in comunicazione il nartece con la chiesa di S. Sergio, mentre due porte vi conducono dalla chiesa Nord, una sola porta lo
mette in collegamento con il martyrium.
Nella prima fase il nartece si presenta semplice e corrisponde per estensione alle facciate delle due chiese, esso era dotato di colonne poste sia
presso gli ingressi delle chiese sia lungo lo stilobate come in altri esempi
coevi72. Tale aspetto monumentale viene suggerito dal rinvenimento di numerose basi di colonne modanate, probabilmente di spoglio di cui quattro
(RA 26; RA 43; RA 61; RA 66) sono state trovate riutilizzate (alcune capovolte) nei muri ottomani (USM 40, USM 81) che corrono parallele alla
facciata della chiesa di S. Sergio; mentre una base (RA 47) era inserita direttamente nel piano pavimentale presso lo stipite della porta settentrionale
di S. Sergio, una stata invece scoperta nelladiacente martyrium (RA 51)
e da ultimo una stata trovata presso la facciata della chiesa Nord. Diversi
fusti di colonna (circa 12) sono stati individuati negli accumuli superciali
sia nellambito del nartece stesso che nelle chiese del complesso da considerare quale parte integrante della sistemazione originaria.
Il piano pavimentale del nartece risulta mosaicato con un motivo a
rombi e diamanti racchiuso entro una cornice lineare73. Esso gira intorno
allo stilobate e allunica base di colonna in situ presso lo stipite della chiesa
di S. Sergio.
Al momento della costruzione del martyrium, il nartece diventa doppio e subisce un piccolo rimodellamento: esso viene chiuso a sud/ovest
dallavanzamento della Cappella Martiriale mentre a nord ovest un muro
72. Una simile soluzione si registra nella chiesa della cittadella di Amman (Northedge 1992:

pl. 162); diversi esempi si trovano a Gerasa come la Chiesa dei Propilei; la Chiesa dei Santi,
Apostoli e Martiri; la Chiesa di Isaiah; quella dei Ss. Pietro e Paolo di Gerasa e chiesa del
Martire Teodoro mentre il nartece unico per pi chiese afancate come in quello di S.
Giorgio, S. Giovanni Battista, Ss. Cosma e Damiano per le chiese di Gerasa (Michel 2001:
226-269). Una sistemazione simile si riscontra nella chiesa sul Acropoli di Hesban (Piccirillo 1993: 250) e nella chiesa nord di Ruheibeh (Shereshevski 1991: pl. 48).
73. La decorazione musiva coeva alla decorazione di S. Sergio, poich il medesimo motivo a rombi decora i due corridoi che conducono verso gli ambienti laterali al presbiterio.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

421

(USM 198), addossato alla facciata della chiesa Nord forma un vano quadrangolare (ambiente 7) di m 4 x 2,6574, delimitato a sud da un muro dotato di soglia (USM 81) che lo rende comunicante con il nartece. Sul lato
occidentale invece un muro (USM 199), dotato di una base di semicolonna
con scanalatura, viene collegato con uno stilobate (USM 200).
Lambiente ricavato, che costituisce un vano speculare allavanzamento
del martyrium, mantiene il medesimo manto musivo di rombi e diamanti
scoperto nel nartece. Tale mosaico viene riparato con laggiunta di tessere bianche a ridosso dellingresso al martyrium e nei lati occidentale e
settentrionale.
Abbandono del nartece
Al momento dellabbandono delledicio di culto nellVIII-IX secolo, il
nartece risulta altres frequentato in quanto rappresenta lunico accesso al
complesso cultuale, ad eccezione di un lembo di terra gialla molto compatta di circa 6-8 cm (US 42) formatosi direttamente sopra il pavimento
musivo con tessere e ceramica di epoca bizantina. Nel lato settentrionale
del nartece e presso lingresso allambiente 7 stato individuato invece un
accumulo di terra marrone scura (US 80) con ceramica bizantina ed abbaside; nella parte restante del nartece appare coevo uno strato di terra gialla
di consistenza sabbiosa (US 188) che ha restituito ceramica abbaside.
Il denitivo abbandono dellarea risulta successivo al cedimento delle
strutture della facciata della chiesa con la formazione di uno strato di terra
gialla sabbiosa (US 14) con ceramica omayyade ed abbaside.
Il nartece in epoca ottomana
In epoca Ottomana il nartece subisce altre modiche e restringimenti, in
primis viene aggiunto un muro doppio (USM 81) che corre parallelo alla
facciata della chiesa di S. Sergio, altri due muri (USM 206; USM 207)
chiudono il limite ovest del nartece trasformandolo in ambiente, mantenendo la comunicazione con il Martyrium e lambiente 25 entrambi frequentati
in quel periodo.
74. La presenza di vani addossati alla facciata si registra nel caso della Chiesa del Ss. Mar-

tiri (el-Khadir) di Madaba; cf. Piccirillo - Denton 1996: 29; nelle chiese gemelle allinterno
del castrum di Umm er-Rasas (Bujard 1988: g. 3).

422

B. HAMARNEH

Successivamente vi si deposita un accumulo eterogeneo costituito dal


crollo delle pietra della facciata della chiesa con terra grigiastra (US 38)
frammista a ceramica prevalentemente di epoca mamelucca, tessere, elementi ceramici di foggia poligonale relativi a nestre, nonch elementi di
scultura architettonica come fusti di colonne e basi.
Latrium
Latrium, parzialmente scavato, si estende ad ovest del nartece, sistemato
su una quota pi bassa di circa 1.70 m. Il dislivello dovuto allandamento
scosceso del banco roccioso. Esso appare delimitato sul versante occidentale da un muro (USM 214) dotato di soglia, probabilmente da collegare
ad un tratto di viabilit interna del villaggio bizantino. Latrium era pavimentato da lastre (US 208) ed era verosimilmente collegato al nartece
mediante alcuni gradini non conservati. Lindagine stratigraca ha rivelato
una situazione estremamente compromessa a causa del riutilizzo moderno
ad eccezione di US 218 con ceramica bizantina e US 270 con ceramica
mamelucca.
Conclusione
Larticolazione del complesso ecclesiale di Nitl, il suo valore storico e le
sue peculiarit architettoniche e decorative ci offrono un quadro quasi integro dellaspetto originario del monumento al momento della costruzione
inserendolo a pieno titolo tra gli edici cultuali pi complessi dellArabia
bizantina. Si tratta di un gruppo di fabbriche afancate, con settori ben deniti, con nartece colonnato aperto (nella prima fase), accessibile a sua volta,
mediante gradini, da un atrium di grande ampiezza che sembra rimarcare
il valore liturgico e celebrativo delle chiese.
La chiesa di S. Sergio, che sorge verosimilmente nella prima met del
VI secolo, grazie allinsediamento di un gruppo attivo di federati, sembra
essere ledicio principale nel gruppo individuato, non solo per la sua posizione centrale ma anche per il suo aspetto architettonico: essa era dotata
di due piani che sicuramente contribuivano a rendere imponente il suo
aspetto volumetrico.
La presenza di un monumento cos organizzato trova confronti solo
nei centri urbani, nei grossi santuari (come il caso della Basilica di Mos
sul Monte Nebo) o in altre localit rurali dove lestensione dellabitato

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

423

particolarmente marcata mostrando una volontaria proiezione del mondo


cittadino. Infatti, la ricercatezza decorativa, la cura nella resa iconograca
e volumetrica non si discosta da analoghe decorazioni riscontrate a Madabaed altri centri diocesani, la preziosit dellarredo liturgico e la cura
nellornato degli alzati mostrano ancora una volta lattiva partecipazione
della committenza, mentre la presenza del martyrium da collegare a manifestazioni liturgiche conferiva al complesso un valore aggiuntivo che non
va sottovalutato.

LA CERAMICA DELLO SCAVO (1996-1999)


I manufatti ceramici individuati nellambito dellindagine stratigraca condotta nel complesso ecclesiale di S. Sergio, dellannesso sud-est (Cappella
8), della Cappella Martyrium 3, del Nartece e dellAtrium spiccano per la
loro omogeneit cronologica e testimoniano le varie fasi di insediamento
individuate nel villaggio nonch, nel caso specico, lutilizzo delledicio
di culto e delle strutture ad esso annesso tra il IV e il XII secolo. Particolare
attenzione stata riservata ai depositi che testimoniano le ultime fase di
frequentazione e di abbandono del complesso ecclesiale nellambito cronologico sopraindicato.
Il campionario delle tipologie ceramiche individuate nellindagine ha
permesso di risalire a forme note in circolazione nella zona tra il VI e il IX
secolo; tra queste spiccano alcuni manufatti che riteniamo possono essere di
transizione, poich presentano le caratteristiche di impasto e forma tipiche del
periodo tardo bizantino con decorazione ed ingobbio tradizionali nella produzione periodo omayyade. A tale proposito possiamo rilevare limportanza di
un gruppo di ostraca costituiti da frammenti di due anforette la supercie delle
quali reca un iscrizione metrica in arabo; interessanti sono anche il frammento
di lucerna decorata con felino rampante nonch diversi manufatti del periodo
mamelucco quali brocche, coppe e scodelle modellate a mano e pertinenti alla
fase di riuso delle fabbriche in epoca medievale islamica.
Si tratta indubbiamente di un importante insieme che arricchisce la nostra conoscenza circa le forme del cosiddetto creamware e Balqa ware, pi
volte riscontrati nellambito della diocesi di Madaba soprattutto nella localit di Umm er-Rasas, che ha fornito un campionario ceramico di grande
pregio soprattutto per lVIII e il IX secolo. La novit tuttavia rappresentata da un nucleo omogeneo di forme di ceramica medievale islamica quale
segno evidente della strategica posizione di Nitl nellambito territoriale.

424

B. HAMARNEH

Levoluzione cronologica delledicio di culto stata restituita mediante unattenta osservazione della sequenza stratigraca relativa ai contesti
di scoperta dei manufatti ceramici nei vari settori rivelando un quadro di
estremo interesse che viene qui presentato per loci.
Chiesa di S. Sergio
Fig. 1. Area presbiteriale. US 9: livello di calce relativo alla preparazione della messa in opera del mosaico pavimentale frequentazione di epoca
tardo bizantina e omayyade.
1) N 193. Anfora. Diametro cm 10. Imp. granuloso (inclusi di calcare e piccoli punti bianchi); colore: arancione-rosato; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
2) N 207. Anfora. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore: grigio-rosa; cott.
forte. Datazione: periodo bizantino.
3) N 433. Anfora. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore: beige; cott. forte.
Datazione: periodo bizantino.
4) N 384. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; colore: beige-rosato; cott.
forte. Datazione: periodo bizantino.
5) N 371. Anfora. Diametro cm 10. Imp. granuloso (inclusi di calcare e piccoli
punti neri); colore: beige-rosato; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
6) N 382 (+ N 374, N 372). Anfora. Diametro cm 10. Imp. granuloso (inclusi
neri); colore: beige-rosato; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
7) N 344. Anforetta. Diametro cm 8. Imp. depurato; colore: beige; cott. forte.
Datazione: primo periodo bizantino.
8) N 353. Anforetta. Diametro cm 8. Imp. granuloso (inclusi di calcare e piccoli
punti neri); colore: beige; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
9) N 3579 (+ 3580). Anforetta. Diametro cm 6. Imp. granuloso (inclusi di calcare
e piccoli punti neri); colore: rosato. Decorazione: ampia banda in colore rosso
lungo la spalletta e sullorlo; cott. forte. Datazione: tardo periodo bizantino.
10) N 3582. Anforetta (parete). Imp. depurato; colore: beige; cott. forte. Decorazione: ramoscello reso in pittura marrone. Datazione: periodo omayyade.
11) N 252. Anforetta (fondo). Imp. granuloso; colore rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio beige. Datazione: periodo bizantino.
12) N 151. Imbuto o tappo per anfora (?) (fondo). Imp. granuloso (inclusi di paglia); colore: beige; cott. media-forte. Datazione: periodo omayyade. Fondo
con accenno di foro.
13) N 427. Imbuto o tappo per anfora (?). Diametro cm 12. Imp. granuloso con
piccoli inclusi neri; colore beige-rosato; cott. media forte. Datazione: periodo
bizantino. Il manufatto presenta un foro rotondo sul fondo.
14) N 327. Catino. Diametro cm (?). Imp. granuloso; colore: beige; cott. forte. Decorazione: motivo a onde inciso con un pettine sullargilla fresca. Datazione:
periodo bizantino.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

425

Fig. 1. Area presbiteriale. US 9: preparazione del mosaico; frequentazione di


epoca tardo bizantina e omayyade.

426

B. HAMARNEH

15) N 102. Piatto. Diametro cm 24. Imp. granuloso; colore: beige; cott. forte.
Decorazione: verniciatura o ingobbio rosa. Datazione: periodo bizantino.
16) N 330. Piatto-coperchio. Diametro cm 26. Imp. granuloso (inclusi minuscoli di
calcare e punti neri); colore: rosa; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.

Fig. 2. Area presbiteriale. US 7: strato di terra gialla con numerosi inclusi di calce relativo al riutilizzo del presbiterio in epoca mamelucca.
1) N 422. Anfora. Diametro cm 18. Imp. granuloso con inclusi bianchi e bolle
darea; colore beige; cott. media. Decorazione: pittura rosso-bruna. Datazione:
periodo mamelucco.
2) N 315. Anfora. Diametro cm 16. Imp. granuloso; colore beige; cott. media. Decorazione: ingobbio bianco, pittura rosso-bruna sia allinterno che allesterno.
Datazione: periodo mamelucco.
3) N 226. Anfora. Diametro cm 14.5. Imp. granuloso; colore beige; cott. media.
Decorazione: pittura rosso-bruna sia allinterno che allesterno. Datazione: periodo mamelucco. Manufatto modellato a mano.
4) N 349. Anfora. Diametro cm 13. Imp. granuloso; colore rosa; cott. media.
Decorazione: pittura rosso-bruna. Datazione: periodo mamelucco. Manufatto
modellato a mano.
5) N 194. Brocca. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore beige; cott. media.
Decorazione: pittura rosso-bruna e nera. Datazione: periodo mamelucco. Numerose porosit dovute alla presenza di paglia nellimpasto.
6) N 295. Brocca. Diametro cm 13. Imp. granuloso; colore marrone; cott. media.
Decorazione: ingobbio rosa, pittura rosso-bruna. Datazione: periodo mamelucco.
7) N 416. Brocca. Diametro cm 13. Imp. granuloso; colore marrone; cott. media.
Decorazione: ingobbio rosa, pittura rosso-bruna allinterno e allesterno. Datazione: periodo mamelucco.
8) N 413 (+ N 414). Brocca. Diametro cm 9. Imp. granuloso con inclusi bianchi;
colore rosa; cott. media. Decorazione: pittura rosso-bruna allesterno e allinterno. Datazione: periodo mamelucco. Modellata a mano.
9) N 192. Brocca. Diametro cm 18. Imp. granuloso; colore rosa-arancio; cott. media. Decorazione: pittura marrone. Datazione: periodo mamelucco. Modellato
a mano.
10) N 118 (+ 311, 182, 212, 231, 101). Brocca. Diametro cm 9. Imp. granuloso
con bolle di area e piccoli inclusi bianchi; colore beige-rosato; cott. media. Decorazione: pittura rosso-bruna e nera a motivi geometrici. Datazione: periodo
mamelucco. Modellata a mano (la parte interna del collo presenta un doppio
strato di argilla).
11) N 116. Brocca. Diametro cm 9. Imp. granuloso con bolle di area; colore beige;
cott. media. Decorazione: pittura rosso-bruna. Datazione: periodo mamelucco.
Modellata a mano.
12) N 232. Tazza. Diametro cm 11.5. Imp. grossolano; colore beige; cott. forte.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

427

Fig. 2. Area presbiteriale. US 7: strato di terra gialla relativo al riutilizzo del


presbiterio in epoca mamelucca.

428

13)
14)
15)
16)
17)

18)

B. HAMARNEH

Decorazione: pittura rossa allinterno e allesterno del manufatto. Datazione:


periodo mamelucco.
N 221 (+ 191). Tazza. Diametro cm 17. Imp. depurato; colore rosso; cott. forte.
Decorazione: pittura rossa allinterno e allesterno del manufatto. Datazione:
periodo mamelucco.
N 139. Tazza. Diametro cm 14. Imp. granuloso; colore beige; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco, pittura nera. Datazione: periodo mamelucco.
N 324 (+ 444). Tazza. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore beige-rosato;
cott. forte. Decorazione: pittura rossa allinterno del manufatto. Datazione:
periodo mamelucco.
N 128. Tazza. Diametro cm 12. Imp. grossolano; colore rosa; cott. forte. Decorazione: pittura rossa allinterno e allesterno del manufatto. Datazione: periodo mamelucco.
N 1156. Tazza (?). Diametro cm 15. Imp. Grossolano con inclusi bianchi;
colore beige; cott. media. Decorazione: strato di ingobbio sia allinterno che
allesterno pittura rosso-bruna allinterno (riquadri a graticcio) e allesterno
(tre strisce parallele al bordo) del manufatto. Si possono notare anche tracce
di lisciatura e rinitura a stecca. Datazione: periodo mamelucco.
N 152. Pipa. Diametro cm 4.5. Imp. depurato; colore rosso; cott. forte. Decorazione: motivi geometrici a rilievo, pittura nera. Datazione: periodo ottomano (?).

Fig. 3. Dal riempimento del muro est tra annesso sud e presbiterio della
Chiesa di S. Sergio.

N 7052. Lucerna. Imp. Grezzo con inclusi bianchi; colore rosa e beige in sezione; decorazione nastri incrociati in colore rosso bruno; cott. media. Evidenti
segni di bruciatura sul beccuccio. Datazione: periodo mamelucco.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

429

Annesso nord
Fig. 4. US 131: strato di terra marrone chiaro presso annesso nord (accumulo moderno a seguito del crollo della copertura).

N 4232. Anforetta (parete). Imp. depurato con piccoli inclusi neri; col. beigerosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco, pittura rossa a linee ondulate.
Datazione: periodo omayyade.

Fig. 5. US 132: accumulo di terra grigio scura presso lannesso nord


(abbandono depoca ottomana).
1) N 4527. Anfora (parete). Imp. depurato; colore beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco, pittura rossa applicata a strisce. Datazione: periodo
omayyade.
2) N 4528. Anfora (parete). Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco, pittura rossa applicata a strisce. Datazione: periodo
omayyade.
3) N 4531. Anfora (parete). Imp. depurato; colore beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco, pittura rossa applicata a strisce. Datazione: periodo
omayyade.
4) N 4532. Anforetta (fondo). Imp. molto granuloso; colore beige-marrone; cott.
debole. Decorazione: macchie di colore rosso distribuito casualmente in superci. Datazione: periodo ottomano.

Fig. 5. US 132: accumulo di terra grigio scura presso lannesso nord (abbandono
depoca ottomana).

430

B. HAMARNEH

Fig. 6. US 133: focolare (diametro cm 45) posto sopra il pavimento musivo


dellannesso nord (frequentazione abbaside).

1) N 4604. Anfora (frammento parete). Imp. depurato; colore beige-rosato divenuto grigio causa il fuoco; cott. forte. Decorazione: pittura rossa applicata a
uide pennellate con nastri doppi e tondi. Datazione: periodo omayyade.
2) N 4609. Tazza. Diametro cm 16. Imp. granuloso; colore beige-rosato alterato
dal fuoco; cott. forte. Decorazione: pittura in rosso con un tondo stilizzato
allacciato a quattro elementi gigliati contrapposti. Datazione: periodo
abbaside.

Fig. 7. US 153: strato di terra marrone granulosa dietro labside della


chiesa 1 (S. Sergio).

N 4545. Anforetta. Diametro cm 8. Imp. depurato; col. beige-rosato; cott.


forte. Decorazione: ingobbio bianco, pittura rossa a linee. Datazione: periodo
omayyade.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

431

Fig. 8. US 189: strato di terra rossa granulosa presso muro nord dellannesso

N 4549. Tazza. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore arancione; cott. media.
Datazione: periodo bizantino.

Navata
Fig. 9. Dalla Tomba ipogea della Chiesa 1 di S. Sergio.

1) N 4263. Piatto. Diametro cm 26. Imp. granuloso con inclusi bianchi e neri;
colore beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio di colore biancastro
con pittura in colore rosso allinterno e sullorlo. Si tratta di cerchi di vario
spessore alternate a un motivo a onda. Datazione: tardo periodo omayyade.
2) N 4281. Piatto. Diametro cm 26. Imp. granuloso ricco di inclusi bianchi e piccola e media dimensione e inclusi neri; colore rosa; cott. media. Decorazione:
ingobbio beige. Datazione: periodo abbaside.

432

B. HAMARNEH

Fig. 10. US 107: strato di terra di colore grigio relativamente compatto


che interessa tutta larea della navata centrale della chiesa. Lo strato potrebbe essere associato allabbandono della fabbrica poco prima del crollo
della copertura (lo strato posto direttamente sotto il crollo).
1) N 4365. Anfora. Diametro cm 12. Imp. granuloso; col. beige arancione annerito dal fuoco. Datazione: IX secolo.
2) N 4385. Anfora (parete). Imp. granuloso; col. rosa; cott. forte. Decorazione:
ingobbio bianco e pittura rossa applicata a cerchi concentrici. Datazione: periodo omayyade.
3) N 4386. Anfora (parete). Imp. granuloso; col. rosa; cott. forte. Decorazione:
ingobbio bianco e pittura rossa applicata a cerchi concentrici. Datazione: periodo omayyade.
4) N 7414. Anfora (parete). Imp. granuloso; col. beige; cott. media. Decorazione:
ingobbio beige, pittura in nero e bord. Datazione: periodo mamelucco.
5) N 7445. Anfora (fondo). Imp. granuloso; col. beige; cott. media. Decorazione:
ingobbio beige, pittura in marrone rossastro applicata allesterno. Datazione:
periodo mamelucco.
6) N 7418. Anforetta (fondo). Imp. grossolano; colore arancione; cott. media.
Datazione: periodo mamelucco.
7) N 7418. Piatto/catino. Diametro cm 20 circa. Imp. grossolano; colore beigerosato; cott. media. Decorazione: fascia decorata con tondi ottenuti dallargilla
schiacciata con le punta delle dita. Datazione: periodo mamelucco.
8) N 4365. Tazza. Diametro cm 13. Imp. granuloso; colore beige-rosato annerito dal fuoco; cott. media. Decorazione: lavorazione a coltello allesterno per
leliminazione dellargilla in eccesso. Datazione: periodo abbaside.

Fig. 11. US 108: strato di terra di colore arancione di consistenza granulosa compatta in pendenza da N a S. Coperto da US 107. Lo strato
testimonia la fase di abbandono in epoca abbaside.
1) N 4380. Anfora. Diametro cm 14. Imp. granuloso; col. grigio-rosato; cott.
forte. Datazione: periodo bizantino.
2) N 4379. Tazza. Diametro cm 8. Imp. nemente depurato; col. arancione e
grigio allesterno, grigio in sezione; cott. forte. Decorazione: lesterno presenta gradini appena percettibili ottenuti dallasportazione dellargilla in eccesso
mediante un coltello, seguito da una lucidatura con bastoncino. Datazione: IX
secolo.
3) N 4378. Piatto. Diametro cm . Imp. granuloso; col. arancione; cott. forte. Decorazione: tracce di lucidatura allesterno. Datazione: periodo bizantino.
4) Gancio a L in ferro.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

433

Fig. 10. US 107: strato di terra di colore grigio relativamente compatto che interessa tutta larea della navata centrale della chiesa. Lo strato potrebbe essere
associato allabbandono della fabbrica poco prima del crollo della copertura (lo
strato posto direttamente sotto il crollo).

Fig. 11. US 108: strato di terra di colore arancione di consistenza granulosa


compatta in pendenza da N a S. Coperto da US 107. Lo strato testimonia la fase
di abbandono in epoca abbaside.

434

B. HAMARNEH

Fig. 12. US 109: strato di terra di colore arancione di consistenza granulosa presente tra US 25 e il 6-7 pilastro del muro S della navata centrale (=
US 116). Si tratta del primo abbandono della chiesa da collocare in epoca
omayyade (con copertura ancora in situ) in quanto lo strato si deposita sopra il mosaico e risulta tagliato dai focolari (con ceramica abbaside).
1) N 4483. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; col. arancione; cott. forte.
Decorazione: ingobbio beige. Datazione: periodo bizantino.
2) N 4478. Anfora. Diametro cm 12. Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott. media-forte. Decorazione: ingobbio bianco. Datazione: periodo bizantino.
3) N 4399. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; colore arancione; cott. forte.
Decorazione: ingobbio arancione, pittura in rosso scuro. Datazione: periodo
abbaside.
4) N 4418. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; colore arancione; cott. forte.
Datazione: periodo bizantino (prima met VI secolo). Si veda Magnes 1993,
p. 225, 2.
5) N 4396. Anfora. Imp. granuloso; colore beige; cott. media-forte. Decorazione:
ingobbio bianco e pittura rossa. Datazione: periodo omayyade.
6) N 4352. Anforetta (parete). Imp. granuloso; col. beige-rosato (alterato dal fuoco); cott. forte. Decorazione: pittura rossa a linee ondulate. Datazione: periodo
omayyade.
7) N 4331. Anforetta. Diametro cm 12. Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott.
forte. Datazione: periodo bizantino.
8) N 4351. Anforetta (parete). Imp. granuloso; col. arancione; cott. forte. Decorazione: pittura rossa a cerchi concentrici. Datazione: periodo omayyade.
9) N 4336. Anforetta (parete). Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco e pittura rossa a linee ondulate. Datazione: periodo
omayyade.
10) N 4415. Anforetta (parete). Imp. granuloso; col. beige; cott. forte. Decorazione: ingobbio beige e pittura rossa a linee ondulate. Datazione: periodo omayyade.
11) N 4464. Pentola. Diametro cm 24. Imp. granuloso; col. marrone allinterno con
tracce di annerimento a contatto col fuoco allesterno; cott. forte. Datazione:
periodo bizantino.
12) N 4330. Coperchio. Diametro cm 15.6. Imp. granuloso; col. arancione; cott.
forte. Datazione: periodo bizantino.
13) N 4338. Coperchio. Diametro 18. Imp. granuloso; col. grigio; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
14) N 4345. Tazza. Diametro cm 12-18. Imp. granuloso; col. arancione; cott. forte.
Datazione: periodo bizantino.
15) N 4350. Tazza. Diametro cm 16. Imp. granuloso; col. beige-rosato (alterato dal
fuoco); cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
16) N 4401. Tazza. Diametro cm 14. Imp. granuloso; colore rosa; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco, pittura rossa a motivi geometrici applicata sullesterno e sul labbro. Datazione: periodo abbaside.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

435

Fig. 12. US 109: strato di terra di colore arancione di consistenza granulosa


presente tra US 25 e il 6-7 pilastro del muro S della navata centrale.

436

B. HAMARNEH

17) N 4406. Tazza. Diametro cm 16. Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott.
forte. Decorazione: ingobbio bianco, pittura marrone-rossiccia a pelte sovrapposte e puntinate allinterno, sul labbro strisce verticali. Datazione: periodo
abbaside.
18) N 4395 (+ 4404; 4405; 4391; 4321 US 114; 4477 US 116 + 1 frammento dalla
chiesa Nord). Tazza. Diametro cm 14. Imp. granuloso; colore beige-rosato;
cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco, pittura in rosso con motivo a S; sul
labbro striscia ondulata. Datazione: periodo abbaside.
19) N 4402. Tazza. Diametro cm 14. Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott.
forte. Decorazione: ingobbio bianco, pittura marrone-rossiccia a elementi geometrici, sul labbro linea ondulata. Datazione: periodo abbaside.
20) N 4403. Tazza (frammento del fondo). Imp. granuloso; colore rosa; cott. forte.
Decorazione: ingobbio bianco, pittura rossa. Datazione: periodo abbaside.
21) N 4332. Mattoncino da nestra. Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott. forte.
Tracce di intonaco sui piani di posa e di attesa. Datazione: periodo bizantino.

Fig. 13. US 114: strato di terra di colore nero friabile coperto da US


107 (II grigio nello spazio tra 3 e 4 pilastro N). Si tratta dello strato
costituito da discarichi di focolari e rimanda alla frequentazione di epoca
abbaside.
1) N 4316. Anfora. Diametro cm 11; Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott.
forte. Decorazione: ingobbio bianco. Datazione: periodo bizantino.
2) N 4174. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; colore arancione alterato dal
fuoco; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
3) N 4181. Anforetta. Diametro cm 4. Imp. granuloso; colore beige-rosato alterato in grigio dal fuoco; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
4) N 4308. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; colore arancione; cott. forte.
Decorazione: tracce di ingobbio arancione. Datazione: periodo bizantino.
5) N 4302. Anfora (parete). Imp. granuloso; colore arancione; cott. forte. Decorazione: pittura rossa scura. Datazione: periodo abbaside.
6) N 4175. Pentola. Diametro cm 16. Imp. granuloso; colore marrone (met grigio scuro); cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
7) N 4324. Tazza. Diametro cm 16. Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott.
forte. Decorazione: ingobbio bianco con pittura rossa applicata sia sul orlo che
allesterno del manufatto. Datazione periodo abbaside.
8) N 4162. Tazza (frammento parete presso fondo). Diametro cm (?). Imp. granuloso; colore alterato dal fuoco; cott. forte. Decorazione: pittura (rossa) applicata a linee ondulate. Datazione: periodo omayyade.
9) N 4323. Tazza. Diametro cm 18. Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco, tracce di stiature e levigazione con pettine
allinterno, pittura rossa applicata sul orlo e allesterno con elementi geometrici e oreali intrecciati. Datazione: periodo abbaside IX secolo. Si veda Alliata

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

437

1991, g. 11, 5a; Olavarri - Goicoechea 1985, g. 15; Pappalardo - Sanmor


1997, g. 7, 22.
10) N 4170. Tazza. Diametro cm 7. Imp. depurato; colore beige-rosato (alterato
dal fuoco); cott. forte. Decorazione: tracce di ingobbio bianco, pittura rossa
applicata a uide pennellate. Datazione: periodo omayyade.
11) N 4176. Tazza. Diametro cm 10. Imp. depurato; colore arancione con strisce
grigie (leggermente alterato dal fuoco); cott. forte. Decorazione: tracce di taglio dellargilla in eccesso mediante un coltello seguite da lucidatura. Datazione: periodo abbaside.
12) N 4301. Tazza. Diametro cm 16. Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott.
forte. Decorazione: ingobbio bianco, pittura rossa applicata a uide pennellate
anche sul bordo interno dellorlo. Datazione: periodo abbaside.

Fig. 13. US 114: strato di terra di colore nero friabile coperto da US 107.

438

B. HAMARNEH

Fig. 14. US 115: strato di terra di colore grigio-verdognolo coperta da US


114 (Abbandono epoca abbaside IX secolo).
1) N 4291. Anfora. Diametro cm 12. Imp. granuloso; colore rosa; cott. media.
Decorazione: ingobbio beige. Datazione: periodo bizantino.
2) N 4266. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott.
forte. Decorazione: ingobbio bianco. Datazione periodo bizantino.
3) N 4265. Anfora. Diametro cm 12. Imp. depurato; col. arancione; cott. forte.
Decorazione: ingobbio bianco e pittura rossa applicata a uide pennellate allesterno. Datazione: VIII secolo.
4) N 4264. Anfora (parete). Imp. depurato con inclusi neri; col. rosa, cott. forte.
Decorazione: ingobbio beige e pittura in rosso chiaro a linee uide ondulate.
Datazione: VIII secolo.
5) N 4279. Anfora. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore arancione; cott. forte.
Decorazione: pittura rossa. Datazione: periodo omayyade.
6) N 4272. Anfora. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore arancione; cott. forte.
Decorazione: ingobbio beige. Datazione: periodo bizantino.
7) N 4276. Anfora. Diametro cm 8. Imp. molto granuloso; colore arancione; cott.
forte. Decorazione: supercie ruvida e solcata da gradini. Datazione: periodo
bizantino.
8) N 4006. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; colore beige alterato dal
fuoco; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
9) N 4011. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; colore beige alterato dal
fuoco; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
10) N 4014. Anfora. Diametro cm 10. Imp. grossolano; colore beige (alterato dal
fuoco); cott. forte. Decorazione: pittura rossa distribuita a macchie. Datazione:
periodo omayyade (?).
11) N 4007. Anfora. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott.
forte. Datazione: periodo bizantino.
12) N 4313. Anfora (parete). Imp. granuloso; colore beige alterato dal fuoco; cott.
forte. Decorazione: pittura rossa. Datazione: periodo omayyade.
13) N 4012. Anfora (parete). Imp. granuloso; colore beige alterato dal fuoco, arancione in sezione; cott. forte. Decorazione: a onde ottenuto col pettine sullargilla fresca. Datazione: periodo bizantino.
14) N 4274. Pentola. Diametro cm 24. Imp. granuloso; colore grigio allinterno,
nero allesterno; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
15) N 4001. Tegame. Diametro cm 12. Imp. granuloso; colore grigio alterato dal
fuoco; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
16) N 7054. Pomolo coperchio. Imp. granuloso; colore grigio; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
17) N 4010. Piatto. Diametro cm 24 circa. Imp. granuloso; colore beige alterato
dal fuoco; cott. forte. Decorazione: ingobbio beige. Datazione: periodo omayyade.
18) N 3990. Piatto. Diametro cm 24 circa. Imp. granuloso; colore beige alterato
dal fuoco; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

439

Fig. 14. US 115: strato di terra di colore grigio-verdognolo coperta da US 114


(Abbandono epoca abbaside IX secolo).

440

B. HAMARNEH

19) N 3994. Piatto. Diametro cm 24 circa. Imp. granuloso; colore beige alterato
dal fuoco; cott. forte. Decorazione: tracce di pittura rossa sul orlo. Datazione:
periodo omayyade.
20) N 4263. Tazza (parete). Imp. depurato; col. beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco e pittura in rosso intenso a motivi geometrici e oreali.
Datazione: periodo abbaside IX secolo.
21) N 4358. Tazza. Diametro cm 12. Imp. depurato; col. beige-rosato; cott. forte.
Decorazione: ingobbio beige e pittura rossa applicata a uide pennellate. Datazione: periodo omayyade.
22) N 4280. Tazza. Diametro cm 12.2. Imp. depurato; col. beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio beige e pittura rossa applicata a uide pennellate.
Datazione: periodo omayyade.
23) N 3997. Tazza. Diametro cm 12. Imp. granuloso; colore beige; cott. forte.
Decorazione: ingobbio beige, pittura rossa. Datazione: periodo omayyade.
24) N 3998. Tazza (frammento presso il fondo). Imp. granuloso; colore rosa; cott.
forte. Decorazione: ingobbio bianco, pittura rossa. Datazione: periodo abbaside.
25) N 3993. Tazza. Diametro cm 8. Imp. depurato; colore arancione; cott. forte.
Decorazione: tracce di argilla in eccesso tagliata col coltello. Datazione: periodo abbaside.
26) N 3991. Tazza. Diametro cm 10. Imp. depurato; colore arancione percorso da
strisce in grigio scuro; cott. forte. Decorazione: tracce di taglio dellargilla in
eccesso effettuata col coltello. Datazione: periodo abbaside.
27) N 4015. Tazza. Diametro cm 14. Imp. granuloso; colore beige-rosato alterato
dal fuoco; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco (?), pittura rossa a pelte
sovrapposte e puntinate allesterno e piccoli tondi sullorlo. Datazione: periodo
abbaside.
28) N 4299 grano di collana in vetro verde. Diametro cm 4.

Fig. 15. US 116: terra di colore arancione di consistenza granulosa depositata direttamente sopra il pavimento musivo della navata (abbandono
- post VIII secolo).
1) N 3974. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; col. arancione chiaro; cott.
forte. Decorazione: ingobbio beige. Datazione: periodo bizantino.
2) N 4448. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; colore arancione; cott. forte.
Datazione: periodo bizantino.
3) N 4556. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott. media.
Datazione: periodo bizantino.
4) N 3975. Anfora. Diametro cm 11. Imp. granuloso; col. arancione; cott. forte.
Decorazione: ingobbio beige, sul labbro argilla in eccesso schiacciata con le dita.
Tracce di annerimento da fuoco allinterno. Datazione: periodo bizantino.
5) N 4023. Anfora. Diametro cm 10. Imp. molto granuloso; col. marrone tendente allarancione; cott. media. Decorazione: pittura rossa. Datazione: periodo
omayyade.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

441

Fig. 15. US 116: terra di colore arancione di consistenza granulosa depositata


direttamente sopra il pavimento musivo della navata (abbandono - post VIII
secolo).

442

B. HAMARNEH

6) N 3982. Anfora. Diametro cm 14. Imp. granuloso; colore rosa; cott. forte.
Decorazione ingobbio bianco. Datazione: periodo omayyade.
7) N 4026. Anfora. Diametro cm 12. Imp. granuloso; col. grigiastro; cott. forte.
Decorazione: pittura rossa allesterno. Datazione: periodo omayyade.
8) N 4539. Anfora. Diametro cm 14. Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott.
forte. Datazione: periodo bizantino.
9) N 4528. Anfora. Diametro cm 9. Imp. depurato con piccoli inclusi neri; colore
beige-rosato; cott. media-forte. Decorazione: ingobbio rosa (impronte di dita
allinterno). Datazione: periodo bizantino VII secolo.
10) N 4250. Anfora. Diametro cm 12. Imp. depurato; col. rosa; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco allesterno (Pappalardo - San Mor 1997, g. 5, 1).
11) N 4019. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; col. arancione; cott. forte.
Decorazione: ingobbio beige-rosato e pittura in rosso scuro a linee ondulate.
Datazione: periodo omayyade.
12) N 4432. Anfora. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore arancione; cott. forte.
Datazione: periodo bizantino.
13) N 4548. Anforetta. Diametro cm 3. Imp. depurato con minuscoli inclusi bianchi e grigi; colore beige-rosato; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
14) N 3984. Anfora. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore beige; cott. Forte;
Decorazione: ingobbio bianco, orlo dipinto in rosso, esterno solcato da gradini.
Datazione: tardo periodo bizantino.
15) N 4463 (+ N 4482). Anforetta. Diametro cm 10. Imp. granuloso; col. beigerosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio rosa, pittura rossa a linee. Datazione:
periodo abbaside.
16) N 4493. Anforetta. Diametro cm 10. Imp. granuloso; col. arancione; cott. forte.
Decorazione: ingobbio beige, pittura rossa. Datazione: periodo omayyade.
17) N 4525. Anforetta. Diametro cm 14. Imp. depurato; col. Beige rosato; cott.
forte. Decorazione: pittura rossa. Datazione: periodo omayyade.
18) N 4480. Anforetta. Diametro cm 9. Imp. granuloso; colore beige; cott. forte.
Datazione: periodo bizantino.
19) N 4266. Anforetta. Diametro cm 10. Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott.
forte. Decorazione: ingobbio bianco. Datazione: periodo bizantino VI secolo.
20) N 4467. Anforetta. Diametro cm 11. Imp. granuloso; colore arancione; cott.
forte. Datazione: periodo bizantino.
21) N 4472. Anforetta. Diametro cm 12. Imp. granuloso; colore arancione; cott.
forte. Datazione: periodo bizantino.
22) N 4489. Anforetta. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore arancione; cott.
forte. Decorazione: impronte di dita sulla parte interna. Datazione: periodo
bizantino.
23) N 4595. Anforetta biansata. Diametro cm 7. Imp. granuloso; colore beigerosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio beige, impronte di dita sulla parte
interna e pittura rossa. Datazione: periodo omayyade.
24) N 4535. Anfora (parete). Imp. granuloso; col. arancione; cott. forte. Decorazione: ingobbio beige e pittura di colore rosso scuro a linee ondulate. Datazione:
periodo omayyade.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

443

25) N 4473. Anfora (parete). Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco e pittura di colore rosso scuro. Datazione: periodo
omayyade.
26) N 4469. Anfora (parete). Imp. granuloso; col. beige; cott. forte. Decorazione:
ingobbio beige e pittura di colore rosso scuro a linee ondulate. Datazione:
periodo omayyade.
27) N 4024. Anforetta (parete). Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott. forte.
Decorazione: pittura rossa a linee ondulate. Datazione: periodo omayyade.
28) N 4558. Anforetta (parete). Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott. forte.
Decorazione: pittura rossa a linee ondulate. Datazione: periodo omayyade.
29) N 4562. Anforetta (parete). Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott. forte.
Decorazione: pittura rossa a cerchi concentrici. Datazione: periodo
omayyade.
30) N 4563. Anforetta (parete). Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott. forte.
Decorazione: pittura rossa a linee ondulate. Datazione: periodo omayyade.
31) N 4195. Anforetta (fondo). Imp. depurato; col. beige-rosato; cott. forte.
Decorazione: ingobbio bianco pittura rossa a tondi. Datazione: periodo
omayyade.
32) N 4209. Anforetta (parete). Imp. depurato; col. beige-rosato; cott. forte.
Decorazione: ingobbio bianco, pittura rossa a tondi. Datazione: periodo
omayyade.
33) N 4424. Anforetta (parete). Imp. depurato; colore rosa; cott. forte.
Decorazione: ingobbio beige, pittura rossa a linee ondulate. Datazione:
periodo omayyade.
34) N 4442. Anforetta (parete). Imp. depurato; colore beige; cott. forte.
Decorazione: ingobbio beige, pittura rossa a linee ondulate. Datazione:
periodo omayyade.
35) N 4185. Anforetta (pancia). Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott. forte.
Decorazione: ingobbio bianco e pittura rossa a cerchi. Datazione: periodo
omayyade.
36) N 4443. Catino. Diametro cm (?). Imp. granuloso (inclusi bianchi e neri);
colore beige; cott. forte. Datazione: tardo periodo bizantino.
37) N 4435. Catino (parete). Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott. forte. Decorazione: decorazione a onde incisa col pettine sullargilla ancora fresca. Datazione: periodo bizantino.
38) N 4189. Anforetta biansata. Diametro cm 6. Imp. granuloso; col. grigio; cott.
forte. Datazione: periodo bizantino VI secolo.
39) N 4531. Piatto. Diametro cm 18 (circa). Imp. depurato con radi inclusi bianchi;
colore beige-rosato; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
40) N 4542. Piatto. Diametro cm 10. Imp. depurato con piccoli inclusi bianchi;
colore beige-rosato; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
41) N 4020. Tazza. Diametro cm 10. Imp. nemente depurato; col. arancione allesterno, grigio in sezione; cott. forte. Decorazione: allesterno gradini ottenuti da tagli dellargilla in eccesso e lucidati da un bastoncino per ottenere
diversi colori.

444

B. HAMARNEH

Fig. 15 bis. US 116: terra di colore arancione di consistenza granulosa depositata


direttamente sopra il pavimento musivo della navata (abbandono - post VIII
secolo).

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

445

42) N 4244. Tazza (parete). Imp. granuloso; col. rosa; cott. forte. Decorazione: ingobbio beige-rosato e pittura rossa applicata con motivi geometrici intrecciati.
Datazione: periodo abbaside.
43) N 4533 (?). Tazza. Diametro cm 14. Imp. depurato; col. beige-rosato; cott.
forte. Decorazione: ingobbio beige-rosato e pittura rossa applicata. Datazione:
periodo omayyade.
44) N 4543. Tazza. Diametro cm 16. Imp. molto granuloso pietruzze e inclusi
bianchi (coarse ware); col. arancione; cott. forte. Decorazione: ingobbio rosato. Datazione: periodo bizantino.
45) N 4461 (+ N 4458, N 4459, N 4462). Tazza. Diametro cm 16. Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco e pittura in
colore rosso scuro a motivi geometrici (tondi tangenti), allinterno scanalature
lievamante oblique, impronta di dita. Datazione: periodo abbaside.
46) N 4460. Tazza. Diametro cm 14. Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco e pittura in colore rosso a pennellate uide.
Datazione: periodo omayyade.
47) N 4477 (= N 4395, N 4404, N 4391, N 4405 + 2 frammenti dalla chiesa 2 US
56-57). Tazza. Diametro cm 15. Imp. granuloso; colore arancione; cott. forte.
Decorazione: ingobbio bianco e pittura in colore rosso scuro a motivi geometrici. Datazione: periodo abbaside.
48) N 4547. Tazza. Diametro cm 18. Imp. depurato; col. beige-rosato; cott.
forte. Decorazione: ingobbio beige-rosato e pittura rossa scura applicata con
un elemento a croce dal quale dipartono numerose linee ondulate; vi sono
inoltre piccole strisce di colore rosso allinterno dellorlo. Datazione: periodo
abbaside.
49) N 4520. Tazza (Coppa - Scodella). Diametro cm 18 circa. Imp. depurato; colore beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco e motivi geometrici
dipinti in rosso. Datazione: periodo abbaside.
50) N 4425. Tazza. Diametro cm 17. Imp. depurato con minuscoli inclusi bianchi;
colore beige; cott. forte. Decorazione: pittura rossa a tondi. Datazione: periodo
omayyade.
51) N 4429. Tazza. Diametro cm 8. Imp. depurato; colore beige-rosato e linee
grige; cott. forte (piccole bolle darea). Decorazione: gradini e segni di taglio
dellargilla in eccesso col coltello. Datazione: periodo abbaside.
52) N 4440. Tazza (frammento presso il fondo). Imp. depurato con inclusi;
colore beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio beige e pittura rossa.
Datazione: periodo abbaside.
53) N 4501. Lampada in vetro bianco. Diametro cm 4. Datazione: periodo
bizantino.
54) N 4602. gancio in ferro.
55) N 4550. Piatto (frammento). Imp. granuloso; col. beige; cott. forte. Decorazione: ingobbio beige con allinterno la lettera alfa dipinta in pittura rossa.
Datazione: periodo bizantino.

446

B. HAMARNEH

Fig. 16. US 126: riempimento del taglio 125 corrispondente ad un focolare


posto sopra il mosaico presso il gradino del presbiterio (frequentazione
sporadica in epoca abbaside).

1) N 4549. Anfora. Diametro cm 10. Imp. depurato con inclusi neri; colore beigerosato alterato dal fuoco; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
2) N 4557. Anfora. Diametro cm 14. Imp. depurato; colore beige-rosato (alterato
dal fuoco); cott. forte. Decorazione: tracce di colore rosso allinterno e sullorlo. Datazione: periodo abbaside.
3) N 4541. Anforetta. Diametro cm 10 circa. Imp. granuloso; colore marrone
annerito dal fuoco; cott. media-forte. Datazione: periodo bizantino.
4) N 4015. Anforetta. Diametro cm 8. Imp. granuloso; colore beige annerito dal
fuoco; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
5) N 4017. Anforetta. Diametro cm 8. Imp. granuloso; colore beige annerito dal
fuoco; cott. media-forte. Decorazione: tracce di pittura rossa. Datazione: periodo omayyade.

Fig. 17. US 145: dalla rimozione dellambiente US 25.

1) N 7404. Coppa/scodella. Diametro cm 18; Imp. depurato; colore rosato; cott.


forte. Decorazione: ingobbio beige, pittura rosso-bruna a tondi allacciati tra
loro e motivi vegetali. Datazione: periodo abbaside.
2) N 7402. Coppetta. Diametro cm 9; Imp. granuloso con inclusi grigi; colore
beige; cott. media. Decorazione: pittura rosso bruna allinterno con un motivo
a reticolo; allesterno lungo il bordo elementi a goccia del medesimo colore.
Datazione: periodo mamelucco.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

447

Fig. 18. US 14: terra gialla di consistenza sabbiosa copre II crollo delle
strutture della chiesa di S. Sergio.

1) N 970. Anfora. Diametro cm 8. Imp. granuloso; colore beige; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
2) N 1111. Anfora. Diametro cm 16. Imp. granuloso; colore grigio; cott. media.
Decorazione: pittura marrone-rossastra. Datazione: periodo mamelucco.
3) N 992. Brocca (frammento fondo). Imp. granuloso; colore beige-arancione;
cott. media.
4) N 1002. Brocca (parete). Imp. granuloso; colore beige; cott. media. Decorazione: pittura nera. Datazione: periodo mamelucco.
5) N 1119. Brocca (parete). Imp. granuloso; colore beige; cott. media. Decorazione: pittura marrone-rossastra. Datazione: periodo mamelucco.
6) N 1108. Brocca (parete). Imp. granuloso; colore beige; cott. media. Decorazione: pittura marrone-rossastra su entrambi i lati del frammento. Datazione:
periodo mamelucco.

448

B. HAMARNEH

7) N 1096. Catino. Diametro cm 24. Imp. granuloso; colore grigio; cott. media.
Decorazione: piccoli tondi ottenuti dalle punte delle dita sullargilla fresca.
Datazione: periodo mamelucco.
8) N 1004. Catino. Diametro cm 22. Imp. granuloso; colore grigio; cott. media.
Decorazione: piccoli tondi ottenuti dalle punte delle dita sullargilla fresca.
Datazione: periodo mamelucco.
9) N 956. Tazza (frammento di parete verso il fondo). Imp. depurato; colore beige-rosato; cott. forte. Decorazione: pittura rossa a tondi ed elementi vegetali.
Datazione: periodo omayyade.

Annesso sud/est - Cappella 8


Fig. 19. US 110: strato di terra di color arancione con lente di argilla
presso la porta che conduce allannesso Sud/Est o Cappella 8.

1) N 3957. Anfora. Diametro cm 9. Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott. forte.


Datazione: periodo bizantino.
2) N 3953. Tazza (frammento di fondo). Imp. granuloso; col. beige; cott. forte.
Decorazione: ingobbio beige, pittura rossa applicata a linea ondulata. Datazione: periodo omayyade.

Fig. 20. US 14: terra gialla di consistenza sabbiosa copre II crollo delle
strutture dellannesso Sud/Est o Cappella 8.

1) N 3480. Anforetta. Diametro cm 11.6. Imp. grossolano; colore beige-rosato;


cott. media. Decorazione: ingobbio arancione, pittura bord con motivo a
triangoli giusa. Datazione: periodo mamelucco.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

449

Fig. 21. US 103: strato di terra marrone di consistenza granulosa leggermente compattata in supercie coperta da US 102 (primo crollo). Abbandono.

1) N 4233. Anfora. Diametro cm 11. Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott.


forte. Decorazione: tracce di pittura rossa allinterno. Datazione: tardo periodo
bizantino.
2) N 4237. Anforetta (parete). Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott. media.
Decorazione: ingobbio bianco, tracce di pittura in rosso e nero a strisce larghe
allesterno. Datazione: periodo mamelucco.
3) N 4238. Brocchetta (intera). Diametro cm 3. Imp. depurato con piccoli inclusi
bianchi; colore beige-marrone; cott. forte. Datazione: periodo abbaside. Mancante del collo e del manico.

Fig. 22. US 111. Strato di terra compatta di colore arancione copre UUSS
112, 118 (lastre e mosaico vano 8).

1) N 3950. Anfora (parete). Imp. grossolano; col. beige; cott. media-forte. Decorazione: ingobbio beige, pittura in nero e bord con divisione a registri dove
si alternano triangoli giustapposti, strisce e motivo a fusi allacciati tra loro.
Datazione: periodo mamelucco.
2) N 3952. Piatto/Catino. Diametro cm 24 circa. Imp. grossolano; col. beige;
cott. media. Decorazione: ingobbio rosa, pittura bord. Datazione: periodo
mamelucco.

450

B. HAMARNEH

Fig. 23. US 148. Terra marrone chiara in corrispondenza alle lacune nel
pavimento musivo del vano 8 coperto da US 146.

1) N 4241. Anfora. Diametro cm 9. Imp. granuloso; col. beige-rosato; cott. forte.


Decorazione: ingobbio bianco. Datazione: periodo bizantino.
2) N 4244. Anfora (parete). Imp. depurato; col. beige; cott. forte. Decorazione: ingobbio bianco e pittura in marrone rossiccio. Datazione: periodo omayyade.

Nartece
Fig. 24. US 38: abbandono del nartece. Accumulo di terra di colore grigiastro con pietre di svariate misure, ceramica, tessere, frammenti di laterizi
di forma ottagonale e intonaco.

1) N 773. Brocca. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore verdastro; cott. media.
Decorazione: ingobbio beige, pittura nera. Datazione: periodo mamelucco.
2) N 802. Pipa. Diametro cm 4. Imp. depurato; colore grigio; cott. forte. Decorazione: motivi geometrici a rilievo. Datazione: periodo ottomano.

Fig. 25. US 14: terra gialla di consistenza sabbiosa copre crollo strutture
del nartece.
1) N 825. Anfora. Diametro cm 11. Imp. granuloso; colore beige; cott. forte.
Datazione: periodo bizantino.
2) N 823. Anfora. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio rosa pittura rossa. Datazione: periodo omayyade.
3) N 689. Anfora. Diametro cm 7. Imp. granuloso; colore beige-rosato; decorato
allesterno e allinterno da piccole striature a gradino; cott. forte. Datazione:
periodo omayyade.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

451

4) N 657. Anfora. Diametro cm 8. Imp. Finemente depurato; colore rosa, ingobbio beige; cott. forte-metallica. Decorato con pittura rossa; Datazione: periodo
omayyade.
5) N 842. Catino. Diametro cm 10. Imp. granuloso; colore rosa; cott. forte. Decorato con tondi irregolari ottenuti dalla pressione delle dita sullargilla ancora
fresca. Datazione: periodo bizantino.
6) N 829. Catino. Diametro cm 20. Imp. granuloso; colore beige; cott. mediaforte; ingobbio beige e pittura marrone a motivi geometrici. Datazione: periodo
mamelucco.
7) N 3362. Catino. Diametro cm 19. Imp. granuloso; colore grigio; cott. mediaforte; ingobbio beige e pittura marrone a motivi geometrici. Datazione: periodo
mamelucco.
8) N 795. Piatto/Catino. Diametro cm 20. Imp. depurato; colore rosa; cott. forte;
ingobbio beige e pittura rossa/bruna a motivi geometrici allinterno. Datazione:
periodo mamelucco.
9) N 744. Tazza/scodella. Imp. depurato; colore beige-rosato; decorazione ingobbio beige e pittura rossa a intrecci geometrici e vegetali; cott. forte. Datazione:
periodo abbaside.

452

B. HAMARNEH

Fig. 26. US 42: terra di colore giallo estremamente compatta frammista a


tessere copre il mosaico.

1) N 3340. Anfora. Diametro cm 10. Imp. depurato con inclusi bianchi; colore
rosa chiaro; cott. forte; ingobbio rosato. Datazione: tardo periodo bizantino.

Fig. 27. US 80: terra di colore marrone scuro di consistenza granulosa


copre US 87.

1) N 3286. Anfora. Diametro cm 9. Imp. depurato; colore arancio; cott. forte;


ingobbio beige. Datazione: periodo bizantino.
2) N 3296. Anfora. Diametro cm 4. Imp. depurato; colore beige-rosato; cott. forte.
Datazione: periodo bizantino.
3) N 3296. Coppa / scodella. Diametro cm 15. Imp. nemente depurato; colore
beige-rosato; cott. forte. Decorazione: ingobbio biancastro con pittura in colore
rosso-bruno. La decorazione divisa in due registri da una linea guida con
allinterno un nastro a onda campito da elementi a mezzaluna giustapposti.
Unaltra decorazione a nastro ondulato decora il bordo della coppa. Datazione:
periodo abbaside.

Fig. 28 . US 188: strato di terra gialla sabbiosa presso il muro USM 82.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

453

1) N 9022. Coppa. Diametro cm 15. Imp. depurato con minuscolo inclusi grigi;
col. rosato; cott. forte, ingobbio biancastro; datazione: periodo abbaside.
2) N. 9019. Coppa. Diametro cm 15. Imp. depurato con minuscoli inclusi; col.
rosso in supercie e grigio in sezione; ingobbio bianco allesterno; cott. forte.
Datazione: periodo abbaside.

Atrium
Fig. 29. Loc. II. 218: terra di colore giallo ad andamento irregolare.

1) N 8993. Brocca. Diametro cm 5.5. Imp. con piccoli inclusi; colore rosato; cott.
forte. Datazione: periodo bizantino.
2) N 8996. Pentola. Diametro cm 11. Imp. con piccoli inclusi; colore beige-rosato; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
3) N 8995. Piatto. Diametro cm 5.5. Imp. con piccoli inclusi; colore rosato; cott.
forte. Datazione: periodo bizantino.
4) N 9864. Piatto. Diametro cm 12.5. Imp. depurato con piccoli inclusi; colore
rosa in sezione, rosso in supercie; cott. forte. Datazione: periodo bizantino.

Fig. 30. US 270: terra di colore marrone friabile relativa alla frequentazione dellatrium.
1) N 9873. Brocca. Diametro cm 14. Imp. granuloso con piccoli inclusi di paglia;
colore rosato in supercie, Beige in sezione; cott. media; decorato con pittura
bord scuro con motivi geometrici allesterno e nastro puntinato lungo il bordo
interno. Datazione: periodo mamelucco.
2) N 9875. Anfora (parete). Imp. con piccoli inclusi; colore beige-rosato; decorazione a motivi vegetali in rosso; cott. forte. Datazione: periodo omayyade.
3) N 9877. Pentola. Diametro cm 14.5. Imp. con piccoli inclusi; colore rosso;
cott. forte. Datazione: periodo bizantino.
4) N 9876. Fondo pentola in steatite. Diametro circa cm 16.5. Decorato con piccole strisce verticali; colore grigio. Datazione: periodo omayyade.

454

B. HAMARNEH

Fig. 30. US 270: terra di colore marrone friabile relativa alla frequentazione
dellatrium.

Ostraca
Rinvenuti prevalentemente presso il gradino del presbiterio nella navata
centrale in US 115. Si tratta di un accumulo di terra di colore grigio, forse
abbandono in epoca abbaside. Il tipo di carattere utilizzato sembra essere
una variante del cu databile alla ne dellVIII o i primi anni del IX secolo.
1) N 4158. Parete anfora (frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: pittura
rossa, iscrizione disposta in senso verticale dipinta in rosso scuro in arabo di
difcile lettura.
2) N 4256. Parete anfora (piccolo frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige-rosato,
decorazione: sottofondo in pittura rossa, percorsa da poche lettere illegibili.
3) N 4257. Parete anfora (frammento). Colore beige rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: iscrizione araba in rosso in senso orizzontale.
4) N 4259. Parete anfora (frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione,
impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione:
iscrizione in arabo dipinta in rosso scuro ordinata in due linee sovrapposte si
tratta di quattro parole distinte in carattere cu.
5) N 4260. Parete anfora (frammento). Colore beige rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: pittura
rossa con linea disposta in verticale, non si distinguono lettere.

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

Fig. 31. Ostraca.

455

456

B. HAMARNEH

6) N 4261. Parete anfora (frammento). Colore beige rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: pittura
rossa a linee ondulate frammenti di una parola illeggibile in arabo dipinta in
rosso.
7) N 4262. Manico di anfora. Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: pittura rossa a
linee ondulate, iscrizione araba disposta in due ordini sovrapposti e dipinta in
senso verticale, illeggibile.
8) N 4264. Parete anfora (frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: linea in
pittura rossa, tre righe sovrapposte di iscrizione araba in carattere cu dipinta
in rosso.
9) N 4267. Parete anfora (frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: iscrizione in arabo dipinta in rosso e disposta in quattro righe.
10) N 4268. Parete anfora (piccolo frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: pittura rossa a linee ondulate.
11) N 4269. Parete anfora (frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: tre
righe di iscrizione in arabo dipinta con in carattere cu, illeggibile.
12) N 4270. Parete anfora (frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: pittura
rossa a linee e frammenti di una iscrizione in arabo disposta in tre ordini.
13) N 4271. Parete anfora (frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: pittura
rossa a linee e frammenti di una iscrizione in arabo disposta in due ordini.
14) N 4273. Parete anfora (frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: iscrizione in arabo disposta in tre ordini, illeggibile.
15) N 4275. Parete anfora (piccolo frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: a linee ondulate in rosso, tracce di uniscrizione in arabo, illeggibile.
16) N 4277. Parete anfora (piccolo frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: a linee ondulate in rosso, tracce di uniscrizione in arabo, illeggibile.
17) N 4278. Parete anfora (piccolo frammento). Colore beige-rosato, rosa in sezione, impasto depurato con piccoli inclusi e vacuoli; ingobbio beige, decorazione: iscrizione in arabo, illeggibile.

Basema Hamarneh

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

457

BIBLIOGRAFIA
Alt A., Inschriftliches zu den ren von Scythopolis und Philadelphia, Zeitschrift des
Deutschen Palstina-Vereins 55 (1932) 128-134.
Baratte F., Relief architectural: amour portant une guirlande, in Inoubliable Petra. Le
royaume nabaten aux conns du dsert, Bruxelles 1980, 38-39.
Bujard J., Fouilles de la mission archologique Suisse Fondation Max Van Berchem
Umm er-Rasas et Umm el-Walid en 1988, ADAJ 32 (1988) 101-113.
Butler H.C., Ancient Architecture in Syria A: Southern Syria (AAES), 2, Leiden 1907.
Devreesse R., Le patriarcat dAntioche depuis la paix de lglise jusqu la conqute arabe,
Paris 1945.
Dol L. - Di Marco L. - Pizzi P., Nitl 1997. Survey of the village and ecclesiastical complex, in M. Piccirillo (a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania, XXIII
- 1997, LA 47 (1997) 481-483.
Donceel-Vote P., Le rle des reliquaires dans les plerinages, in Akten des XII Internationalen Kongresses fr Christliche Archologie, I, Citt del Vaticano 1995, 193-195.
Duval N., Larchitecture chrtienne et les pratiques liturgiques en Jordanie en rapport avec
la Palsetine. Recherches nouvelles, in K. Painter (ed.), Churches Built in Ancient
Times, Recent Studies in Early Christian Archaeology, London 1994, 149-212.
Hamarneh B., Evergetismo ecclesiastico e laico nella Giordania bizantina ed ommayade nel
V-VIII secolo. Testimonianze epigrache, Vetera Christianorum 33 (1996) 57-75.
Hamarneh B., Ritratti ed immagini dei donatori nei mosaici della Giordania, in Acta XIII
Congressus Internationalis Archaeologiae Christianae, II, Citt del Vaticano - Split
1998, 411-422.
Hamarneh B., Gli apparecchi murari a bugnato. Alcune osservazioni, in L. Marino - C.
Pietramellare (a cura di), Tecniche edili tradizionale. Contributo per la conservazione
e la conoscenza del patrimonio archeologico, Firenze 1999, 33-36.
Hamarneh B., Topograa cristiana ed insediamenti rurali nella Giordania bizantina ed
islamica V-IX secolo, Citt del Vaticano 2003.
Hamarneh B., Mosaici pavimentali delle chiese rurali di Nitl della provincia Arabia, Musiva et Sectilia 1 (2004) 199-215.
Hamarneh B. - Manacorda S., Nitl. Excavation Campaign 1996, in M. Piccirillo (a cura
di), Ricerca storico-archeologica in Giordania, LA 46 (1996) 406-409.
Hamarneh B. - De Luca S. - Manacorda S. - Michel V., Nitl. Excavation Campaign 1997,
M. Piccirillo (a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania, LA 47 (1997)
478-481.
Hamarneh B. - De Luca S. - Michel V., Campagna di scavi a Nitl- Madaba - 1999, M.
Piccirillo (a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania, LA 49 (1999) 489494.
Londino M., La moschea ottomana di en-Nitl-Madaba in M. Piccirillo (a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania, XXIII - 2003, LA 53 (2003) 446-449.
Marino L., Insediamenti nel nord della Giordania. Osservazioni sulle strutture all stone
a Umm el-Jimal, in Id. (a cura di), Materiali da costruzione e tecniche edili antiche.
Indagini e rilievi nellottica della conservazione, Firenze 1991, 13-18.
Meimaris Y., Chronological Systems in Roman-Byzantine Palestine and Arabia. The Evidence of Dated Greek Inscriptions, Athens 1992.
Meimaris Y. - Kritikakou-Nikolaropoulou I., Inscriptions from Palaestina Tertia. The Greek
Inscriptions from Ghor es-Sa (Byzantine Zoora), Vol. Ia, Athens 2005.
Michel A., Les glises dpoque byzantine et omayyade de la Jordanie Ve VIIIe sicle.
Typologie architecturale et amnagements liturgiques, Turnhout 2001.
Northedge A., Studies on Roman and Islamic `Amman, Oxford, 1992,

458

B. HAMARNEH

Ognibene S., La chiesa di santo Stefano ad Umm al-Rasas. Il problema iconofobico, Roma
2002.
Piccirillo M., Le chiese di Quweismeh-Amman, LA 34 (1984) 329-340.
Piccirillo M., Chiese e Mosaici di Madaba, Gerusalemme 1989.
Piccirillo M., Uniscrizione imperiale e alcune stele funerarie di Madaba e di Kerak, LA
39 (1989) 105-118.
Piccirillo M., Mosaics of Jordan, Amman 1993.
Piccirillo M., Iconofobia o iconoclastia nelle chiese di Giordania?, in Bisanzio e loccidente: arte, archeologia, storia. Studi in onore di Ferdinanda de Maffei, Roma 1996,
173-193.
Piccirillo M., Aggiornamento delle liste episcopali delle diocesi in territorio transgiordanico, in LA 55, 2005, 377-394.
Piccirillo M., LArabia cristiana. Dalla provincia imperiale al primo periodo islamico,
Milano 2002.
Piccirillo M., The Church of Saint Sergius at Nitl. A Centre of the Christian Arabs in the
Steppe at the Gates of Madaba, LA 51 (2001) 267-284.
Piccirillo M. - Denton B., Archaeological Remains, in P. Maynor Bikai - Th.A. Dailey
(ed.), Madaba Cultural Heritage, Amman 1996, 25-45.
Piccirillo M. - Al-Qudah Z., Leremitaggio nel Wadi Rajib sulla montagna di Ajlun in
Giordania, in G.C. Bottini - L. Di Segni - L.D. Chrupcaa (ed.), One Land - Many
Cultures. Archaeological Studies in Honour of Stanislao Loffreda OFM, Jerusalem
2003, 308-316.
Sanmor Ch., The Funerary Practices, in M. Piccirillo - E. Alliata, Mount Nebo New
Archaeological Excavations 1967-1997, Jerusalem 1998, 412-424.
Sauer J. A., Heshbon Pottery 1971. A preliminary report on the pottery from the 1971
excavation at Tell Hesbn (Andrews University Monographs 7), Berrien Springs-Mich
1973.
Shahid I., Byzantium and the Arabs in the Fifth Century, Washington D.C. 1989.
Shahid I., The Sixth-Century Church Complex at Nitl, Jordan. The Ghassanid Dimension,
LA 51 (2001) 285-292.
Shereshevski J., Byzantine Urban Settlements in the Negev Desert, Beer Sheva 1991
Sozomeno, Hermiae Sozomeni Historia Ecclesiastica: PG LXVII.
Tushingham A.D., The excavations at Dibon (Dhiban) in Moab. The third campaign 19521953, (AASOR 40), Cambridge 1972.
Al-Zaben S., Umm al-Rasas 2001. Excavation at the Rolling Stone Building, in Piccirillo
M., Ricerca Storico-archeologica in Giordania, LA 51, 2001, 366-368.

A FOURTH-CENTURY CHURCH NEAR LOD (DIOSPOLIS)

Y. Zelinger - L. Di Segni

The Site
Prior to the expansion of the limestone quarry at the Nesher cement factory
near Lod and Ramla, about twelve dunams (1.2 ha) were excavated near the
quarrys edge in two excavation seasons during the years 2004 and 2005.
The site, known simply as el-Khirbe (The Ruin) is located about ve km
southeast of Lod (Lydda, Diospolis), the main centre of the region through
most of its history,1 on the very last ridge of the low hills overlooking
the coastal plain, facing west towards Ramla. Several excavation seasons
conducted by the Hebrew University of Jerusalem at the fringes of the site
uncovered a variety of agriculture installations, tombs and burial caves.2
The current excavation uncovered remains of a settlement from two main
periods: the Second Temple period and the Byzantine period.3 Among the
remains from the Second Temple Period (which are not reported in this
article) we exposed remains of an agricultural village with a few mikvaoth
(ritual baths) and typical kokhim burial caves. This article will focus upon
the Byzantine remains on the site.
The Church
Remnants of an extensive Byzantine village were excavated around a large
basilica (12 x 22 m) that was for the most part destroyed. Its ground plan
1. J. Schwartz, Lod (Lydda), Israel: From its Origins through the Byzantine Period: 5600
BCE-640 CE (BAR International Series 571), Oxford 1991.
2. Y. Hirschfeld and Y. Shapira, Ramla, Nesher Quarries (East), Hadashot ArkheologiyotExcavations and Surveys in Israel 110 (1999) 70 (Hebrew), 52* (English); S. Kol-Yaakov,
Ramla, Nesher Quarries (East), Hadashot Arkheologiyot-Excavations and Surveys in
Israel 112 (2000) 85 (Hebrew), 67*-68* (English).
3. The excavation, on behalf of the Israel Antiquities Authority and nanced by Nesher
Cement Factory, was directed by Y. Zelinger (2004-2005) and P. Gendelman (2005),
assisted by G. Hillel and D. Masarwa (area supervision), S. Yaakov-Jam (administration),
V. Essman, V. Pirsky and T. Kornfeld (surveying and drafting), G. Bijovsky (numismatics),
T. Sagiv (photography), C. Amit (artifacts photography), L. Habas (stone and marble
artifacts).
LA 56 (2006) 459-468; Pls. 23-24

460

Y. ZELINGER - L. DI SEGNI

Fig. 1 Plan of the church. Courtesy of the Israel Antiquities Authority.

A FOURTH-CENTURY CHURCH NEAR LOD (DIOSPOLIS)

461

was reconstructed based upon robbers trenches and the oor remains associated with them (Fig. 1). A well-preserved plastered bema was found at
the eastern end of the church. Four hollows in its middle too distant from
one another to mark the feet of an altar legs show where the columns of
a ciborium once stood (Photo 1).4 A cruciform baptismal font was located
in the southern aisle (Photo 2).5
Rubble from the destroyed church roof consisting of mixed tiles and a
few dozens metal nails was recovered in front of the bema. A marble pillar with holes in front for attaching a metal cross was found beneath the
broken tiles (Photo 3a-b).6

4. The ciborium is rarely archaeologically attested in churches west to the Jordan River.
Sockets for the bases of the columns supporting a ciborium, and a single column of the
same, were discovered in the Central Church at Rehovot in the Negev (Y. Tsafrir and
K.G. Holum, Rehovot in the Negev Preliminary Report, 1986, IEJ 38 [1988] 122-123).
Similar arrangements were also discovered in churches at Khirbet el-Beyudat (H. Hizmi,
in Y. Tsafrir [ed.], Ancient Churches Revealed, Jerusalem 1993, 158) and Horvat Bet Loya
(J. Patrich and Y. Tsafrir, ibidem, 267). Bagatti maintained that the octagonal platform in
the sanctuary of the Nativity Church in Bethlehem was the base of a ciborium, but this
view is not generally accepted (B. Bagatti, Gli altari paleo-cristiani della Palestina, LA
7 [1956-57] 74, and cf. M. Avi-Yonah, Bethlehem, New Encyclopedia of Archaeological
Excavations in the Holy Land, I, Jerusalem 1993, 207-208). Columns of a type usually
associated with ciboria were discovered in other churches in the Eleona and St. Stephen
in Jerusalem, in the monastery of St. Euthymius at Khan el-Ahmar, at Mamre, Ramet elAmleh, Sandahanna, Ascalon, Beth Shean, Nazareth (Bagatti, ibidem, 74-75; A. Acconci,
Elements of the Liturgical Furniture, in M. Piccirillo and E. Alliata [eds.], Mount Nebo.
New Archaeological Excavations 1967-1997 [SBF. Collectio maior 27], Jerusalem 1998,
473; J.-P. Sodini, La sculpture architecturale des glises in Jordanie, in N. Duval [ed.],
Les glises de Jordanie et leur mosaques, Beyrouth 2003, 141) but in every case these
elements may have had a different function, or may have supported ciboria attached to
baptismal fonts (see M. Ben Pechat, The Paleochristian Baptismal Fonts in the Holy
Land: Formal and Functional Study, LA 39 [1989] 168; Ead., Baptism and Monasticism
in the Holy Land: Archaeological and Literary Evidence, in G.C. Bottini, L. Di Segni
and E. Alliata [eds.], Christian Archaeology in the Holy Land. New Discoveries (SBF.
Collectio maior 36), Jerusalem 1991, 505, 506, Fig. 5). Less meager is the evidence for
ciboria in Transjordan: see N. Duval, Larchitecture chrtienne et les pratiques liturgiques
en Jordanie en rapport avec la Palestine. Recherches nouvelles, in K. Painter (ed.),
Churches Built in Ancient Times. Recent Studies in Early Christian Archaeology, London
1994, 179-180; A. Michel, Les glises dpoque Byzantine et Ummayade de la Jordanie,
VeVIIIe sicle, Turnhout 2001, 61; J.-P. Sodini, cited above.
5. For examples of this type of baptismal font, see Ben Pechat, The Paleochristian Baptismal Fonts in the Holy Land, 165-188.
6. Similar chancel pillars, with holes for afxing a metal cross, or with a cavity for inserting the same ornament, were found in the Western Church of Mamshit in the Negev (L.
Habas, The Relief Art of Chancel Screens in Churches and Synagogues in Palestine in the
Byzantine Period: A Stylistic and Iconographic Analysis. Unpublished MA Dissertation,

462

Y. ZELINGER - L. DI SEGNI

The hexagonal base of one of the four pillars supporting an ambo


(Photo 4) were found still in situ on the northern side of the nave. The
other three had been uprooted, leaving three hollows in the mosaic oor.
Fragments of a marble screen found on the spot, once restored, appeared
to belong to a trapezoid panel, evidently belonging to the ambo. It became
apparent that the ambo had been of the type with a balustraded staircase
leading up to it.7 The paned was decorated with animal gures, which
were defaced by iconoclasts, probably in course of the seventh century
(Photo 5).
During the 2005 season we excavated a number of squares under the
bema and the church oor, and uncovered the remains of a building of the
Second Temple period. Judging by its ground plan and its strategic location
in the Early Roman village, this building may have housed a synagogue.
It is well known that the Lod region was inhabited by Jews until the Bar
Kokhba revolt.

Dating the Establishment of the Church


Epigraphic evidence
A ve-line inscription, framed in a tabula ansata, was uncovered along the
eastern side of the nave near the steps leading to the bema (Fig. 2; Photo
6). The frame is 100 cm long (150 including the handles), and damaged
along the bottom, so that the entire fth line is lost. Its original width
would have been ca. 41 cm. The frame and the letters are traced in black
tesserae on a white background. The letters are 5.5-6 cm high and belong
to the square alphabet. Their shape points to an early date, most likely in
the fourth century.

Jerusalem 1994, I: 162-163 (Hebrew), on Mount Nebo (see Acconci, Elements of the
Liturgical Furniture, 503-504, 509, nos. 84, 105) and at Khan el-Kursi in Jordan (Sodini,
La sculpture architecturale des glises in Jordanie, 135, Fig. 37).
7. A ne example of an ambo with staircase was recently found at Kh. Beit Sila near Jerusalem. See S. Batz The Church of St. Theodore at Khirbet Beit Sila, Israel Museum
Studies in Archeology 1 (2002) 39-54.

A FOURTH-CENTURY CHURCH NEAR LOD (DIOSPOLIS)

463

Fig. 2 The Greek inscription.

The inscription reads:

Kai; tauvthn th;n ejklhsivan Dionuvsio oJ ejdesimwvtato


ejpivskopo E - - - - - - - - - - - - - -

Also this church the most reverend bishop Dionysios [built - - - - ]


The last preserved letter in l. 4 is almost certainly an epsilon, introducing a verb in the past tense: ejpoivhsen, e[ktisen or the like. The
spelling ejklhsiva with a single kappa is the one appearing as a rule in
Greek Palestinian inscription. Edesimwvtato is a phonetic spelling for
aijdesimwvtato. As a honoric epithet, aijdesimwvtato is one of the
less pretentious, usually given to low-ranking functionaries or municipal ofcials.8 In Palestinian inscriptions bishops are usually given more
high-ying titles (aJgiwvtato, oJsiovtato, most holy; qeofilevstato,
most god-beloved; eujlabevstato, qeosebevstato, most religious
often in couples), and the use of a simple most reverend points to an
early date. In fact, aijdesimwvtato as a title of bishops appears only in

8. E. Hanton, Lexique explicatif du Recueil des inscriptions grecques chrtiennes dAsie


Mineure dHenri Gregoire, Byzantion 4 (1927-1929) 60-61.

464

Y. ZELINGER - L. DI SEGNI

fourth-century sources.9 In an epistle written in 394 to John, archbishop


of Jerusalem, Epiphanius bishop of Salamis addressed the archbishop as
aijdesimwvtato. The epistle was translated into Latin by St. Jerome, and
is preserved in Latin among Jeromes epistles (Ep. 51). In a letter written two years later (Ep. 57, to Pammachius about the art of translation),
Jerome indignantly tells how a pseudomonachus accused him of having
distorted the text by translating carissimus instead of honorabilis, supposedly because of his unwillingness to translate the term aijdesimwvtato.
What the false monk was in fact suggesting was that Jerome refused
to give John the honoric address he was entitled to.10
Given the proximity of our site to Lod, the bishop mentioned in
the inscription must have been a bishop of that city. In the year 381
Dionysius bishop of Lydda attended the second ecumenical council in
Constantinople.11 He was among the addressees of a synodical sent by
Theophilus of Alexandria to the Palestinian bishops in September 400,
and even replied to it with an epistle of his own.12 Dionysius was therefore still alive in late 400; but he was dead in 415, for his name does not
appear among those of the bishops that attended the council of Lydda in
December of that year.13 As to the beginning of his episcopate, no data

9. E.g. in an epistle sent by Emperor Constantius to the Egyptian clergy in 346 about the
return of the most reverend bishop Athanasius to the see of Alexandria from his Italian
exile; it is quoted by Athanasius, Apologia secunda contra Arianos 54: PG 25, 348. The
term is applied to bishops ca. 394 by Gregory of Nyssa, Ep. 1: PG 46, 1000, and by Gregory
of Nazianzus, Testamentum: PG 37, 393. Some fourth-century epigraphic examples come
from Asia Minor: see D. Feissel, Chroniques dpigraphie byzantine 1987-2004, Paris 2006,
182, no. 573 (= BE 1989, no. 976). A sixth-century metropolitan of Resafa-Sergiupolis
(SEG 36, no. 1306) is apparently styled aijdevsimo, but the inscription is fragmentary and
its restoration may be doubted.
10. Ep. 51, ed. I. Hilberg, CSEL 54, Vienna 1996, 395-412; Ep. 57,2: CSL 54, 504-505. The
background of the accusation was the enmity between Jerome and John, caused by Johns
refusal to appoint Paulinianus, Jeromes brother, to the priesthood. The personal enmity soon
passed into the theological eld, when Jerome and his friend and ally Epiphanius accused
John of Origenism.
11. C.H. Turner, Ecclesiae Occidentalis Monumenta Iuris Antiquissima, II, Oxford 1939,
436-437.
12. Theophilus synodical, in Latin translation, is included among St. Jeromes letters: Ep.
92: CSEL 55, 147, and so is the answer of the Palestinian bishops (Ep. 93) and Dionysius
reply (Ep. 94: CSEL 55, 156-157).
13. St. Augustine gives a list of 14 names, but only some of them are identied by the city
they represented: the name of Dionysius successor must be one of those not identied. See
J.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, IV, Graz 1960, 315-316;
Augustinus, Contra Iulianum haeresis Pelagianae defensorem I,5,19: PL 44, 652.

A FOURTH-CENTURY CHURCH NEAR LOD (DIOSPOLIS)

465

are available the last name in the list of the city bishops being that of
Maximus, who moved from the see of Lydda to that of Jerusalem ca.
33314 but some relevant information is again imparted by St. Jerome.
At Easter 396, following the accusations brought by Jerome against him,
John of Jerusalem forbade the priests of Bethlehem to baptize some of
Jeromes followers. Jerome sent them to Dionysius, whom he describes
as confessor et episcopus.15 The epithet confessor indicates that Dionysius had suffered persecution for his faith, obviously under the Arian
emperor Valens (364-378) who sent into exile many Catholic bishops and
priests. It is not certain if Dionysius was already a bishop under Valens,
but if he was, he was imprisoned or exiled until the emperors death,
at the battle of Adrianopolis in August 378, brought about the release
of the Catholic clergy; therefore the inscription in discussion cannot be
earlier than 379.
Numismatic evidence
Eleven coins that were found beneath the church and the bema were
identied by G. Bijovsky of the Israel Antiquities Authority.16 Six Early
Roman coins were probably brought in with the construction ll taken
from the remains of the Second Temple Period village. The ve other
coins, however, dated to the fourth century, the latest one dating to the
days of Theodosius the rst, between 383 to 395. Together with the inscription, the coins allow us to date the church to the late fourth century.
This makes it one of the earliest churches excavated in Israel.
Beneath the bema of this phase we found another, earlier and smaller.
The coins from this phase give the same dates as those of the later,
upper phase, i.e., in the last quarter of the fourth century. The pavement with the inscription approaches the second stage bema. Evidently
the earliest stage of the church did not last long but was soon replaced
with bishop Dionysius renovation, probably with the aim of enlarging
the sanctuary.

14. G. Fedalto, Hierarchia Ecclesiastica Orientalis, II, Padova 1988, 1026.


15. Jerome, Liber contra Joannem Hierosolymitanum 42: PL 23, 393-394.
16. The coins were found by S. El-Omleh, and were conserved by I. Copershmideth at the
metal laboratory of the Israel Antiquities Authority.

466

Y. ZELINGER - L. DI SEGNI

Fourth-century churches
Fourth-century churches are known from many historical sources but the
archaeological evidence, until now, has been minimal. One reason surely
is that the churches erected in this century continued in use for hundreds
of years afterwards, and their early stages were superseded or hidden by
later construction phases. Another reason may be that some at least of the
earliest churches were not basilicas but domus ecclesiae, and thus are not
easily recognizable.17 In some excavations of churches the lowest stages
were assumed to be of the fourth century, either because of early material
discovered there, or as a result of information collected from historical
sources or local tradition, but these chronological conclusions cannot be
maintained with certainty. This particular church is especially signicant,
since the fourth century date is strongly attested by both by the numismatic and the epigraphic evidence, the latter anchored to historical data
and conrmed by palaeography.
Of the 181 churches listed by Ovadiah in his Corpus, only nine are
dated to the fourth century by a combination of archaeological data and
literary sources: the four Constantinian foundations (St. Sepulchre and
Eleona in Jerusalem, the Church of Nativity in Bethlehem and the basilica in Mamre), four other churches in Jerusalem (Holy Zion, Ascension,
Gethsemane and Lazarium in Bethany), and a chapel on the place of the
multiplication of the loaves and sh at et-Tabgha.18 With the exception
of the St. Sepulchre, the actual fourth-century remains in these churches
are scanty and cannot teach us much about their internal arrangement and

17. For instance, Jerome in his narrative of Paulas pilgrimage in 385-386 describes some
churches as former houses of New Testament gures, which were made into churches
(for instance the house of Cornelius the centurion and the rooms of Philip the Apostle
in Caesarea, and Cleopas house in Emmaus (Ep. 108,8: CSEL 55, 313-314). Epiphanius
as a bishop saw a building in a village in Judaea, which he did not recognize as a
church until he was told it was such: the story is told by Epiphanius in a letter to John
of Jerusalem, preserved in Latin translation among Jerome correspondence (Ep. 51,9:
CSEL 54, 411).
18. A. Ovadiah, Corpus of the Byzantine Churches in the Holy Land, Bonn 1970, 29-30,
33-35, 56, 75-90, 131-132, nos. 18a, 22a, 46a, 65a, 71, 73, 74a, 77a, 135. A survey of
fourth-century churches was done by J. Patrich, Early Christian Churches in the Holy
Land, in O. Limor and G.G. Stroumsa (eds.), Christians and Christianity in the Holy
Land. From the Origins to the Latin Kingdoms, Turnhout 2006, 351-395, especially
363-364; however, he paid no heed to the fact that the early stages of these buildings,
the dating of which is based on literary sources, often cannot be discerned in the actual
remains.

A FOURTH-CENTURY CHURCH NEAR LOD (DIOSPOLIS)

467

general appearance. Three others (at Mt. Tabor, Jericho-Tell Hassan, and
the chapel at Shepherds Field - Kh. Siyar el-Ghanam) are assigned to the
fourth or fth centuries, based on rather imsy arguments.19 Of the 79
additional churches described by Ovadiah and de Silva in Supplement
I, only four are placed in the fourth century: three are monastic chapels
(at Ein Fara, Qarantal and Qasr el-Yahud, the last mistakenly dated), and
a pilgrimage site (at Jacobs Well): again the dating is based on literary
sources, which cannot be connected to any of the material remains.20 In
Suppements II and III, out of 58 additional churches added to the Corpus only three are ascribed to the fourth century, at least one of which
based on groundless tradition.21 Thus, the total number is minimal (17 out
of a total of 318), mostly pilgrimage sites or monastic chapels, not parochial churches, and as we have already stressed, almost none with clear
fourth-century remains to substantiate what is known from the sources.
Of the many scores of churches excavated in more recent years, fourthcentury phases can only detected at Dor,22 in the North Church at Shiloh
(as yet unpublished), and possibly in the early cave chapel at the Greek
Orthodox Shepherds Field,23 the North Church at Shivta and the East
Church at Mamshit.24 Thus the Nesher church is an important addition to
our knowledge of early Christian churches in Palestine.
19. Ovadiah, Corpus, 71, 74-75, 124-125, nos. 60, 64, 126a.
20. A. Ovadiah and C.G. de Silva, Supplementum to the Corpus of the Byzantine
Churches in the Holy Land, Levant 13 (1981) 204, 243-246, 249, nos. 1 [182], 58
[239], 59 [240], 63 [244]. The traditional dating is well founded, except in the case of
Qasr el-Yahud (the legend of Mary the Egyptian cited by Ovadiah in connection with
this church belongs to the seventh, not to the fourth century), but the actual remains are
mostly later, even medieval.
21. A. Ovadiah and C.G. de Silva, Supplementum to the Corpus of the Byzantine Churches in the Holy Land, II, Levant 14 (1982) 142-143, no. 27 (lower church at the Tomb
of the Virgin in the Kidron Valley); Id., Supplementum to the Corpus of the Byzantine
Churches in the Holy Land, III, Levant 16 (1984) 130, no. 3 (St. Micah at Beit Jibrin),
146-147, no. 50 (Carmelite Church on Mount Carmel, based on groundless tradition).
22. C. Dauphin, in Y. Tsafrir (ed.), Ancient Churches Revealed, Jerusalem 1993, 90-97.
The fourth-century date of the early stage is substantiated by an inscription mentioning
bishop Acacius of Caesarea, unknown to Dauphin. See L. Di Segni, Dated Greek Inscriptions from Palestine from the Roman and Byzantine Periods. PhD Dissertation. The
Hebrew University of Jerusalem, Jerusalem 1997, 435-438.
23. V. Tzaferis, The Archeological Excavations at the Shepherds Field, LA 25 (1975)
5-52.
24. A. Negev, The Churches of the Central Negev: An Architectural Survey, RB 81
(1974) 416-421. For a different opinion see Ovadiah and de Silva, Supplementum, II,
154-155, no. 42 [136].

468

Y. ZELINGER - L. DI SEGNI

Conclusion
This fourth-century church may have been built by the bishop of Lod for
the benet of pilgrims on their way to Jerusalem, or possibly at some site
hallowed by a tradition unknown to us. From the preliminary results of our
excavations it appears that the village did not exist prior to the erection
of the church, but gradually developed around it. The church continued
in use into the seventh century, as is shown by the ceramic nds and the
damaging of animal gures on the ambo balustrade by iconoclasts. The
settlement surrounding the church appears to have been abandoned at the
time during which the new city of Ramla was established nearby, in the
early eighth century.
Yehiel Zelinger
The Israel Antiquities Authority
Leah Di Segni
The Hebrew University of Jerusalem

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS


EN EL ALTO UFRATES SIRIO:
EL COMPLEJO RUPESTRE DE MAGRA SARASAT

A. Egea Vivancos

Dentro de uno de los proyectos de investigacin que coordinaba el Instituto


del Prximo Oriente Antiguo de la Universidad de Murcia en Siria, desde
1999 a 2001 hemos podido prospectar buena parte del Alto ufrates sirio,
concretamente en los alrededores de los terrenos anegados por la apertura
de la presa de Tirn, el territorio comprendido entre arbls y abal
Jaled (Fig. 1).
Las montaas, tradicionalmente llamadas al-abal a-amiyya, ocupan
de manera ininterrumpida toda la margen derecha del ro. Esta alineacin
slo se ve quebrada por ciertos ramblizos y por el ro Sr, un pequeo
auente del ufrates con origen en Turqua, que desemboca junto a la aldea de Uariyya. El carcter montaoso de la orilla derecha propici la
instalacin de numerosas comunidades monacales de naturaleza rupestre.
La margen izquierda es menos montaosa pero tambin es rica en muestras
arqueolgicas, que certican la presencia de monjes cristianos en la otra
orilla del ro ufrates. El ro funcion como frontera, si bien ms poltica
que fsica, distinguiendo dos regiones, una a cada lado del mismo, la Osrhoene en su orilla izquierda y la Eufratense en la derecha.
El estado de la cuestin previo
La carencia de informacin geogrca en la obra de Teodoreto de Ciro y de
otros autores, centrados en la regin noroccidental de la provincia, provoca
que las noticias referentes a la actividad de estos momentos en la regin
sean nmas. Para los inicios, el personaje conocido ms prximo, geogrcamente hablando, es Publio de Zeugma1 pero, sin lugar a dudas, la regin
para estas fechas contaba con un mayor nmero de eremitas y monjes.
Otra de esas fuentes, la peregrinacin de Egeria2, fechada a nales del
IV y principios del siglo V, recoge el inters de la monja por ad Mesopota1. Theod. Cyr., HPh, V.
2. Egeria, Itin., 17.1.

LA 56 (2006) 469-498; Ll. 25-32

470

A. EGEA VIVANCOS

mian Syriae accedere ad uisendos sanctos monachos, qui ibi plurimi et tam
eximiae uite esse dicebantur, ut uix referri possit; nec non etiam et gratia
orationis ad martyrium sancti Thomae apostoli, ubi corpus illius integrum
positum est, id est apud Edessam.
Aparte de la cantidad, Egeria destaca el excelso ascetismo y dureza de
la vida de los monjes de Osrhoene, as como el supuesto sepulcro de Santo
Toms, lo cual implicaba un fuerte ujo de peregrinaciones en direccin
a Edesa. La citada virgen peregrin a Edesa, pero haciendo un descanso
en Hierapolis y cruzando el ufrates en sus cercanas, quizs en el punto
donde estuviera la controvertida Caeciliana, y, aunque no cita de manera
literal haberse topado con monjes en esta fase de su viaje, la arqueologa
ha demostrado que para nada fue casual el cruce de la monja por estas
latitudes3.
Sin embargo, la ausencia en esta obra de informacin respecto a la
situacin monstica y cristiana en los alrededores de Hierapolis sorprende
enormemente, ya que en otras muchas ocasiones el itinerario no desaprovecha ocasin para ir enumerando las iglesias y monasterios que encuentra
por cada uno de los lugares por el que trascurre. As, por ejemplo, sucede
a la hora de llegar a Batnae, a slo 50 kilmetros al noreste del paso del
ro ufrates, donde se poda encontrar ecclesia cum episcopo uere sancto
et monacho et confessore habet, et martyria aliquanta4. Esta omisin intencionada de testimonios de expansin cristiana en la regin por parte de
Egeria quizs fuera casual, pero tal vez se pueda entender como una prueba
relativa de una fuerte pervivencia de culto pagano en la propia Hierapolis
o el deseo por parte de la narradora de omitir determinadas comunidades
cristianas en los bordes del ufrates, quizs herticas. La extraa ausencia
de comunidades cristianas en la ciudad sagrada en torno al ao 400 se
contrapone con el calicativo de ciudad piadosa que Procopio de Gaza
le atribuye5 ya en poca de Anastasio I (491-518). Este cambio, quizs est
en relacin con el establecimiento, a partir del siglo V, de un santuario en
honor al apstol San Mateo6.
3. Las fuentes tambin precisan cierto movimiento monstico en dos de los puntos de vado

del ro: ya fuera por la zona donde se supone Caeciliana, como por el paso de Europos,
Egeria tuvo que encontrarse con algunas comunidades, como la de los Acoimetas (cuya
fundacin por Alejandro es prcticamente contempornea al viaje de esta monja), por un
lado, y con el monasterio de Qenner, por el otro.
4. Egeria, Itin., 19.1.
5. Procop. Gaza, Pan., 18.
6. G. Goossens, Hirapolis de Syrie. Essai de monographie historique, Louvain 1943, p.
175. Cf. Commentarius (in Syn.) (BHG 1227).

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

471

Este vaco monacal de Teodoreto, Egeria, Jernimo y muchos otros, se


ve compensado por otras fuentes literarias, por las que s se tiene constancia de la existencia de al menos dos monasterios en la regin. Uno de ellos
fue el que, hacia el ao 400, Alejandro fund en la orilla del ro, donde se
form una comunidad monstica nada despreciable de 300 monjes. Frente
a esta referencia, en el siglo VII, varios textos, en su mayora siracos,
hacen referencia reiterada al monasterio de Qenner en el ro ufrates7,
durante mucho tiempo centro intelectual y surtidor de patriarcas para la
Iglesia Siria Ortodoxa.
Los resultados de las prospecciones
Las prospecciones arqueolgicas en esta regin han facilitado la localizacin de un buen nmero de yacimientos relacionados con establecimientos
monacales. Existieron al menos cuatro grandes centros en la orilla derecha,
el monasterio acoimeta, pocos metros al Sur de la boca del ro Sr, el
monasterio de Quruq Magra, pocos metros al Norte, el monasterio de Bir
Jal y el monasterio de Magra Sarasat. En la orilla izquierda, contamos
con un centro seguro en las proximidades de Qzuq y dos probables ms al
Norte, en Al Mansiyya y Qinnarn. Muchos de ellos han sido ligeramente esbozados en anteriores trabajos8, as que vamos a optar por describir
detalladamente uno de los ms espectaculares, que servir perfectamente
para esbozar las caractersticas bsicas del monacato cristiano en estas latitudes.
Localizacin del complejo monacal rupestre de Magra Sarasat
La pequea aldea de Magra Sarasat se encuentra al Sur de la poblacin de
Amrna, ro abajo, a poco ms de un kilmetro de distancia (Fig. 2). Debe
su nombre a la ingente cantidad de cuevas que pueblan sus alrededores y al
7. A. Palmer, Une chronique syriaque contemporaine de la conqute arabe. Essai

dinterprtation thologique et politique, La Syrie de Byzance lIslam. VII-VIII sicles,


1992, 31-46. A. Palmer, The Seventh Century in the West-Syrian Chronicles, Liverpool
1993.
8. A. Egea, Ciudades, forticaciones, necrpolis y monasterios en el Alto ufrates sirio
durante la poca paleocristiana. Siglos IV-VII, Sacralidad y Arqueologa. Thilo Ulbert
zum 65 Geburtstag am 20 Juni 2004 gewidmet, Antigedad y Cristianismo, XXI, Murcia
2004, 33-66.

472

A. EGEA VIVANCOS

gentilicio de la tribu o qabla predominante, los Sarasat9. Esta tribu ya es


mencionada en el itinerario de R. A. Chesney, si bien l la constat unos
kilmetros ms al Sur, en la desembocadura del ro Sr, concretamente
en una aldea de tiendas beduinas10. No obstante, C. L. Woolley, en 192111,
ya recoge una Srisat justo en el lugar actual. Quizs se haya dado un proceso de sedentarizacin de la tribu beduina, obligndolos a ascender unos
kilmetros ro arriba.
A pesar de estas breves referencias, las pginas desarrolladas a continuacin, pueden ser consideradas como prcticamente las primeras que hacen referencia a este enclave como yacimiento arqueolgico. Los distintos
surveys que han barrido la regin pasaron de largo una y otra vez, debido
sin duda al carcter interior que en otro tiempo tuvo. Interior respecto al
ro, y respecto a la montaa, ya que un buen nmero de sus viviendas se
escondan entre las cuevas.
La nica excepcin que hemos podido hallar entre la bibliografa consultada la encontramos en el itinerario de viaje de F. Cumont. El 14 de
mayo, en su camino desde Hierapolis hasta Zeugma, estuvo un par de horas
paseando por la aldea Srst. En las cercanas de la aldea pudo entrar a
varios hipogeos con sala cuadrada y en el fondo, a derecha e izquierda,
un nicho con un sarcfago tallado en la roca. Aparte de las tumbas, vio
enormes bloques cuadrados y restos de murallasy el suelo est lleno de
fragmentos de cermica12.
De este modo, el recorrido que hizo el sabio belga hace casi un siglo
coincide con lo que describiremos ms adelante, si bien l parece llamar
Srst a la aldea de al-Jirba. Tras salir de la aldea, y bajar por un barranco
(wd Sur) que lleva directo hasta el ufrates, a la izquierda se abra la
enorme boca de una cueva (lo que nosotros hemos denominado MS/17) y,
ms arriba, sigue sealando F. Cumont, una gran escalera tallada en la roca
(nosotros creemos que debe tratarse de la escalinata que conecta MS/17
con MS/19).
9. Como nota etnolgica de lo ms curiosa recordamos la creencia o tradicin que deen-

de que las mujeres ms bellas de toda la regin, a una y a otra orilla del ufrates, desde
arbls hasta Qara Qzq, provienen de esta tribu o qabla.
10. R. A. Chesney, The Expedition for the survey of the Rivers Euphrates and Tigris, carried on by order of the British Government. In the years 1835, 1836 and 1837, Londres
1850, 419.
11. C. L. Woolley T. E. Lawrence y P. L. O. Guy, Carchemish. Report on the Excavations
at Jerablus on behalf of the British Museum, Part II: The Town defences (WOOLLEY, C.
L.), Londres 1921.
12. F. Cumont, Itinraire, tudes Syriennes, Pars 1917, 277-315.

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

473

Somos conscientes de que el paisaje anterior a 1999 tuvo que ser muy
distinto, sin embargo, en la actualidad, el agua del nuevo embalse lame e
inunda la base de una serie de paredes verticales calizas. La amplia lengua
de tierra frtil que la separaba del ro se ha perdido y buena parte de las
viviendas han quedado bajo el agua o estn a punto de hacerlo. El resto de
la poblacin se ha encaramado a las cimas de los cerros, como aferrndose
con uas y dientes al lugar que los vio nacer. Sin embargo, los aparejos
agrcolas, incluidos tractores, se arrumban junto a las casas, recordando el
primitivo sistema de subsistencia, la agricultura. Los pocos que quedan han
debido reciclarse, adaptndose al medio, de tal manera que no es extrao
encontrar las primeras barcas de pesca amarradas en las entradas inundadas
de los antiguos monasterios cristianos.
El antiguo camino que, por esta orilla derecha del ro, ascenda desde
Quruq Magra hasta arbls, qued muy pronto inundado. As que el
acceso ms fcil se realiza desde Tell Amrna, donde nace un pequeo
camino asfaltado con direccin sureste que pronto se ve lamido por el ro.
Tal es la cercana de esta pista con el agua que en determinados momentos
del da, y dependiendo de los aportes de las presas turcas ro arriba, el
camino queda completamente cubierto. Por consiguiente, el nico acceso
por carretera a la aldea queda cortado, obligando a pasar caminando por
el ro o acceder a campo traviesa por medio de los montes existentes a sus
espaldas.
El Conjunto Arqueolgico
El yacimiento se extiende a lo largo de tres kilmetros lineales, aunque por
motivos prcticos fue dividido en dos bloques, dependiendo de la aldea a
la que mejor se asocien cada uno de los complejos y estructuras rupestres.
Se trata de dos montaas, una de ellas ms prxima a la aldea de Magra
Sarasat y la segunda estrechamente ligada a la poblacin de al-Jirba (literalmente la ruina). En este trabajo vamos a exponer detalladamente los
conjuntos ms prximos a la primera de las aldeas y ms brevemente los
hallazgos efectuados en torno a la segunda.
La estructuracin de los yacimientos rupestres se distribuye de la siguiente manera. Un pequeo wd septentrional, auente del Amrna, limita al Norte. Desde este punto comienzan a sucederse innidad de cuevas
y edicios rupestres excavados en las paredes verticales que caen prcticamente sobre el ufrates. Entre esta rambla y otra situada ms al Sur se
engloban una serie de cerros que se extienden a lo largo de no ms de dos

474

A. EGEA VIVANCOS

kilmetros de longitud. Este wd meridional es llamado por los aldeanos


como al-Jarba o al-Jirba por las cercanas de una pequea poblacin que
recibe dicho topnimo. Desde este wd hacia el Sur se eleva un importante monte que engloba un nuevo yacimiento, que incluye poblamiento
monacal en altura, poblamiento en llano en torno a la actual aldea e incluso
una zona de necrpolis de hipogeos. Es por este motivo por lo que se ha
decidido separar el estudio de ambas zonas, an previendo una conexin y
coetaneidad fcilmente demostrable.
A la hora de referirnos a los restos, nos vimos obligados a crear un
sistema de siglas y numeracin para distinguir las diferentes cavidades localizadas. Los hallazgos en torno a la primera zona reciben la sigla MS, los
procedentes de la segunda JIR, ambas seguidas de un ordinal, que responde
al lugar en el que fue inspeccionado.
En resumen, el poblamiento rupestre se sita en torno a dos ramblas,
el primero all donde se localiza la aldea moderna y el segundo donde se
expande el cementerio. Durante estos dos accidentes geogrcos se desarrollan todas las estructuras rupestres de poca tardorromana y bizantina, y
de claro signicado cristiano. Todas quedan dirigidas al ro y seguramente
emplazadas sobre el camino ribereo primitivo que una Quruq Magra y
arbls (la antigua Europos), pasando por Amrna.
a) Recepcin de visitantes. Hospederas y caballerizas (MS/1-4)
Lo primero que encontramos, si llegamos a la zona desde el Norte, es
la cavidad MS/1. Se encuentra situada a los pies del casero actual, y el
agua del ufrates queda a tan slo medio metro de su boca. Se trata de
un espacio cuadrangular con tres salas diferenciadas. Por su disposicin
y separacin de espacios mediante falsas columnas nos recuerda a las ya
clebres hospederas o establos tpicos del monacato sirio, si bien presenta ciertas diferencias. De las dos puertas del edicio, una de ellas entra
directa y nicamente al espacio lateral y la otra es la que da acceso, en exclusiva, a la gran sala central, si bien la separacin es mnima, bsicamente
testimonial. Tres columnas en un lado y dos en el otro aportan un aire de
falso prtico al interior, quedando todas unidas hasta media altura por un
muro excavado tambin en la roca. Este muro separador est horadado en
su parte superior, a modo de abrevaderos, carcter ste que ha servido a
los vecinos para reutilizarlo fcilmente para los animales que han ocupado
la cueva hasta fechas recientes (Fig. 3). La cubierta de toda la cavidad es
plana, aunque existe una separacin de los espacios en altura. Los lucer-

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

475

narios son copiosos, pero es complicado diferenciar los originales de los


modernos usados en el establo. De la decoracin interna sobresalen dos
discos circulares labrados en el espacio lateral, muy erosionados, uno en
el fondo y otro en el lateral.
Cercano al anterior hallamos MS/2. Se trata de otro complejo de habitaciones unidas de antiguo, situadas a 14 metros al Sur de MS/1. En la actualidad aparecen tabicadas y separadas para servir a las funciones domsticas
de la vieja aldea que se situaba delante de l. Cobertizos para trabajar, establos, gallineros, etc., enmascaran la primitiva planta. Responde al mismo
tipo de planta cuadrangular subdividida en tres mediante una especie de
iconostasio columnado. A este primer espacio se le aade un segundo, al
cual se accede por una entrada abierta en el centro de la nave lateral. El esquema se completa con un segundo piso situado sobre el espacio principal,
cuya comunicacin se realizaba mediante una escalinata hoy perdida. En
su interior, una hornacina semicircular y algunos lucernarios decoraban sus
paredes. En total son tres reas, dos pisos inferiores y uno superior, a los
que se acceda desde el Este, antes no inundado, como certica el trabajo
de la roca, con una gran hornacina ornando la pared.
Cuenta con tres silos, con el rebaje para la tapadera correspondiente.
Debemos sealar que, aunque en principio los caliquemos con el trmino
genrico de silo, no se descarta un posible uso para el agua, sobre todo
el tercero de ellos que deja ver un revestimiento de mortero de cal. Por
ltimo, una ventana muy alargada horadada en la pared principal aseguraba
unas condiciones de ptima luminosidad.
Prcticamente contigua a MS/2, a tan slo 15 metros al Sur, se abre
una nueva cueva que denominaremos MS/3. En esencia practica el mismo
esquema que las dos anteriores, aunque con una disposicin diversa, debido
quizs a la estrechez de espacio til ante la construccin previa de MS/2
que funcion como el centro de todos estos habitculos, siendo tambin el
de mayor tamao.
A la base principal de dos espacios alargados, separados de uno central
cuadrangular mediante columnas o falsos pilares, se aade una sala contigua lateral. Es muy similar a MS/2 pero con la sala lateral abierta hacia
el Sur y no hacia el Norte como en aqulla. De este modo son cuatro los
espacios que conforman el conjunto.
Al Espacio 1 se accede desde el Este, es decir, desde el ro. De este
espacio cuadrangular destaca una hornacina rectangular excavada en su
pared Norte. La separacin con los espacios 2 y 3 se efecta mediante
sendos medios muros y cinco columnas de piedra. El Espacio 2 se comunica con 1, 3 y 4 de manera directa y presenta otro silo en su esquina

476

A. EGEA VIVANCOS

superior. Del Espacio 3, el situado ms al fondo, slo restan las huellas de


sus columnas. El Espacio 4 posee una ventana en su pared exterior, con una
hornacina excavada bajo la ventana. A su vez tambin existen hornacinas
en los laterales, un silo central y una puerta hoy reventada, por lo que la
comunicacin entre el espacio 4 y el 3 son totales. El silo es de seccin de
botella, ms ancho en la base que la parte superior, e incluye el rebaje para
que descanse la tapadera de cierre.
El espacio rupestre MS/4 responde al trazado visto en los tres casos
anteriores. Un espacio cuadrangular que queda separado mediante falsas
columnas y medios muros en tres mbitos. En este caso son tres los accesos primitivos, dos al principal y un tercero al lateral. Dos ventanas,
una a cada lado de las entradas principales, colaboraban para asegurar la
entrada de luz. Como novedad respecto al resto, las separaciones aparecen,
en uno de sus lados, adinteladas y, en el otro, abovedadas. Aunque todava
por comprobar, tambin parece que uno de sus espacios pudo funcionar
como capilla o iglesia, ya que la hornacina que preside su pared central
est orientada al suroeste y parece presidir todo el espacio. Al lado de esta
hornacina, una ventana la comunica con MS/3.
Ante la aparicin de esta serie de estructuras, tras la lectura de fuentes
y el anlisis de los paralelos en las Ciudades Muertas de Siria13, se fue
sopesando la posibilidad de que se estuviera ante recintos monsticos ms
complicados, en los que se incluyera como propios, edicios y servicios
tales como las hospederas para viajeros y pobres (xnodochion) o para
ancianos (grocomion), enfermeras u hospitales para los enfermos (nosocomion) y escuelas de enseanza primaria y secundaria.
Ya en 1992, G. Tate se efectuaba la misma pregunta en torno a la funcionalidad de unas estructuras rectangulares rodeadas de prticos en los
monasterios del Macizo Calcreo: Se tratar de hospederas para los visitantes, de alojamiento para los monjes o lugares de reunin, o incluso
de talleres?14. En el caso del ufrates se repite la cuestin, reaparece la
misma planta pero diere el medio. Por practicidad, o quizs por seguridad,
el medio elegido fue el rupestre.
13. I. Pea, P. Castellana, R. Fernndez, Les Reclus syriens. Recherches sur les ancien-

nes formes de vie solitaire en Syrie, Miln 1980; Les Cnobites syriens, Miln 1983; Les
Stylites syriens, Miln 1987; Inventaire du Jebel Baricha. Recherches archologiques dans
la rgion des Villes Mortes de la Syrie du Nord, Miln 1987; Inventaire du Jebel El-Ala.
Recherches archologiques dans la rgion des Villes Mortes de la Syrie du Nord, Miln
1990; Inventaire du Jebel Wastani. Recherches archologiques dans la rgion des Villes
Mortes de la Syrie du Nord, Miln 1999.
14. G. Tate, Les campagnes de la Syrie du Nord du IIe au VIIe sicle, Pars 1992, 65.

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

477

b) Pequeas iglesias (MS/5 y MS/7)


Tras este primer sector, llegamos a un tramo en el que se concentran dos
cavidades que, por su estructura, nos parece que pudieron funcionar como
pequeas iglesias o capillas. Muy prxima a MS/4 se accede a MS/5 por una
escalera tallada en la roca, de la que nace un pequeo ramal que la comunica
con MS/6, una estancia muy remodelada en fechas recientes. Una vez dentro
nos encontramos con una pequea cueva rectangular con muchas hornacinas
en sus dos laterales. Tras este primer ambiente, o locus, una especie de cancel
lo separa de uno ms pequeo. Esta iconostasis aparece muy fragmentada,
pero las huellas y restos permiten adivinar una puerta o vano principal adintelado con sendos arcos a cada lado de la entrada (Fig. 4).
Un detalle constatado en casi la totalidad de las cuevas de la zona
son esos agarres o perforaciones efectuadas en el techo a modo de anillas
en las que colgar algn tipo de elemento. Todos ellos estn trabajados de
antiguo15.
A esta cavidad se le asocia un pozo de agua excavado al exterior, con
peldaos o pequeas oquedades que sirven de escala para su limpieza y
mantenimiento. El pozo es de seccin rectangular y conserva a la vista hasta tres peldaos en cada uno de sus lados mayores. Seis agujeros circulares
sobre el pozo podran haber sido empleados para levantar un parapeto o
cubierta, o incluso para la instalacin de algn tipo de polea.
Tras salir de MS/5, si continuamos hacia el Sur por la escasa lengua de
tierra que perdura entre las paredes verticales y el ro, se llega a una nueva
cueva, MS/7. Se accede a ella por medio de un umbral con sus huellas correspondientes, para encajar una hoja de piedra o madera que sera abierta
desde dentro. El agujero inferior del gozne es circular. Tras esta entrada se
contempla una cueva de planta rectangular alargada que queda compartimentada en dos espacios. El primero de ellos ocupa dos terceras partes del
total y queda separado del segundo espacio por un medio muro desde el
que se levantan cuatro arcos, todos modelados en el mismo monte.
El espacio principal est presidido por una hornacina rectangular a
modo de pequea capillita. A los pies de esta hornacina se excav un silo
15. De la documentacin bibliogrca, se constat como en buena parte de las prospeccio-

nes de la zona cristiana del Macizo Calcreo, alrededor de Alepo, tambin aparecan estos
elementos, que eran llamados asas ptreas horadadas en la roca de forma curva (I. Pea,
Dos santuarios oraculares en Siria. Wadi Marthun y Banasra, LA (43), 1993, 387-401 (en
concreto, p. 389). Consideramos que esta denominacin dene esencialmente y de un slo
trazo la forma del objeto en cuestin si bien deja entre interrogantes su funcin que con
seguridad tuvo que ser variable y adaptable a cada caso concreto.

478

A. EGEA VIVANCOS

circular. La entrada principal se complementaba con una ventana situada


en una de las esquinas. Completa la zona una hornacina rectangular. El
espacio lateral posee su propia entrada y una pequea comunicacin con
el principal por medio de un arco. Se han excavado en el exterior, exactamente en la pared existente entre las dos puertas, un par de hornacinas
semicirculares. Adems, se observan dos oquedades a modo de amarres o
anillas de piedra que, a media altura, parecen servir para atar las bestias
en la puerta. An con la existencia del silo en medio de la sala principal,
creemos que la cueva quiere reproducir un esquema bsico de iglesia con
una duplicidad de ambientes, lase hombres-mujeres, monjes-eles, monjes-novicios, monjes griegos/monjes sirios16, etc.
c) Cuevas destinadas a hbitat (MS/8 y 9)
De funcin ms incierta an son las siguientes dos cavidades. A unos 25
metros de MS/7 se encontr lo que nos pareci un refugio de monjes,
MS/8. Durante los metros que separan ambas hay alguna que otra hornacina y un buen nmero de nichos a modo de falso columbario. En concreto,
esta cueva es de pequeas proporciones, la ms reducida de todas, por lo
que no pudo albergar un nmero muy importante de ellos. De planta cuadrangular, presenta una entrada desbaratada y perdida. De todos modos, es
una de las cavidades ms profundas, con relacin al nivel del exterior, por
lo que su oscuridad tambin es mayor.
Salvan la uniformidad de las paredes una hornacina en cada pared. Por
otro lado, su carcter de hbitat temporal le viene dado por la coexistencia
de un silo, seguramente para grano, con un rebaje para encajar la tapadera,
que ha sido perforado en la roca en una de las esquinas, la ms alejada de
la entrada17.

16. Las comunidades bilinges estn atestiguadas por las fuentes para la regin (Egeria,

Itin., 47. Theod. Cyr., HPh, V, 5). La costumbre de cantar en dos grupos segn la lengua
de origen tambin la reproduce Eusebio (IV.13): ...cantan las alabanzas del seor, unos en
griego, los otros en la lengua del pas.
17. El silo de grano incluido en el eremitorio se hace norma en la mayora de los complejos
monacales cristianos de Siria, sean rupestres o no. En la Pennsula Ibrica tampoco son
extraos este tipo de silos que protegan la cosecha de la comunidad religiosa de posibles
asaltos y robos. M. Monge J. F. Jordn, Planimetra y perspectivas tridimensionales
del eremitorio rupestre hispanovisigodo de Alborajico (Tobarra, Albacete), Antigedad y
Cristianismo X, 1993, 497-506.

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

479

La cueva MS/9 se encuentra detrs de una vivienda moderna, hoy en


ruinas, escondida por la vegetacin. Se trata de una cueva muy simple que
sirvi de establo hasta el momento de la inundacin. La entrada se realiza
mediante una rampa de acceso que conecta con un espacio rectangular
de cubierta plana, del que destaca una hornacina cuadrangular excavada a
media altura de la pared del fondo y una especie de camastro tallado en la
piedra, justo al lado. Completa el interior un silo emplazado frente a la hornacina central. La oscuridad es elevada, por lo que debi ser indispensable
la elaboracin de tres lucernarios de pequeas dimensiones, dos excavados
en una de las paredes laterales y un tercero en la de enfrente.
d) El camino hacia los hipogeos
Todas las cavidades analizadas hasta el momento se concentran a lo largo
de las paredes que tambin ocuparon las viviendas de la antigua Magra
Sarasat. Sin embargo, justo donde acaba la ltima habitacin, naliza la
concentracin de conjuntos rupestres. Hasta este momento, en unos 200
metros las cuevas se situaban una al lado de la otra, prcticamente sin
dejar hueco alguno libre, conformando un nico grupo. Desde esta ltima
cueva (MS/9), hbitat o refugio de monjes, se inicia una senda hacia el Sur
que llegar al cementerio moderno de la aldea. ste se ha asentado sobre
un yacimiento romano-bizantino bastante denso como bien demuestran las
estructuras y copiosas cermicas encontradas en supercie.
Pero antes, a lo largo de este camino, a 50 metros del ltimo puesto,
se pudo localizar una oquedad circular, no natural, de 16 cm. de dimetro
y 60 cm. de profundidad, y bajo ella una cruz griega, tambin rupestre,
de 23x30 cm., casi 2 cm. de anchura y otros 2 cm. de profundidad (Fig.
5). El agujero pudo funcionar como depsito de ofrendas, exvotos, etc. A
escasos metros del cruciforme se sita la siguiente estructura, MS/10. Se
trata de una pequea cueva, con una planta casi cuadrada, que bien pudo
servir como eremitorio o reclusorio. El mbito interno est presidido por
una hornacina rectangular excavada en uno de sus lados y completado por
un simple rebanco muy erosionado que pudo funcionar como camastro.
e) El enterramiento de los monjes. Los hipogeos
Tras esta senda, y alejados de las cavidades claramente identicadas como
puntos de poblacin, se llega a una pequea zona en la que son mayorita-

480

A. EGEA VIVANCOS

rios los hipogeos. Las grutas MS/11 y MS/12 responden a un esquema de


hipogeo mltiples veces constatado en sta y otras regiones de Siria18. Se
llega a ellos por un estrecho dromos en el que se aprecia el hueco donde
descansara, cada vez que se abriera el hipogeo, la piedra de cierre circular. El espacio central est cubierto en plano y a ste se le han abierto tres
nichos bajo arcosolium abovedado, muy perdidos y colmatados. La altura
conservada es de 1,5 metros.
El hipogeo MS/14 se encuentra a los pies de un gran abrigo natural,
que es soporte de gratos y pintadas de todo tipo y poca. Por medio de
dos escalones de tallado perfecto se accede a un pequeo hipogeo grata
y extraordinariamente limpio. La tumba se articula, como de costumbre,
con un espacio central al que se le abrieron en origen tres nichos a media
altura. Uno de los detalles ms provechosos es la subdivisin de ste en dos
mediante un entalle practicado a ambos lados. Dicha marca puede aludir
a la colocacin de dos cajas sepulcrales, obligadamente de madera, que
quedaran emplazadas una sobre la otra.
f) Laura
A 500 metros al Sur de la aldea actual, y excavado en el centro de una
pared vertical, se abre un complejo de varias habitaciones o espacios, en el
que se diversican las funcionalidades (Fig. 6). Este monasterio, catalogado
como MS/15, al modo de las clsicas lauras palestinas, con toda una serie
de ambientes y habitculos, ocupa un total de 100 metros de pared vertical.
De manera simple se diferencian las siguientes partes: dos pequeos eremitorios, un monasterio central y un tercer eremitorio.
El edicio principal
Al edicio central se accede por una senda estrecha desde el Sur, en buena
parte perdida, pasando por al lado de distintas hornacinas y una pequea
cueva muy erosionada que, sin duda, funcionaron como lugar de depsito
de ofrendas, regalos y bienes. Una escalera de acceso lleva a un espacio
rectangular adintelado. La entrada estaba conformada por una puerta rectangular que slo conserva su dintel, pero que transmite el trabajo cuidadoso al
18. A. Egea, Costumbres funerarias romanas en el Alto ufrates sirio, Huelva Arqueol-

gica 20, 2004, 91-113.

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

481

que fue sometida la piedra. Tras cruzar la puerta se accede a un vestbulo


o recepcin (Espacio 1). Existe en este espacio un rebanco excavado en la
pared Sur, donde los visitantes deban esperar a que se abriera una segunda
puerta, el autntico acceso a la residencia monacal propiamente dicho.
En esta recepcin cabe sealar un lucernario de seccin triangular excavado en el centro de la pared del fondo. Una hornacina semicircular
bajo l y dos hornacinas rectangulares a ambos lados de la segunda puerta
completan la decoracin de las paredes. La puerta al interior del edicio
se remarca en el umbral mediante huecos que parecen ser las huellas de una
puerta de doble hoja. En el umbral se conserva un grato bastante comn
en la zona, un antropomorfo muy esquemtico con brazos abiertos y tres
cabezas circulares que quizs podran sugerir toscamente a la Santsima
Trinidad. Tras cruzar este paso ya estamos dentro del monasterio.
El que hemos denominado como Espacio 2 queda abierto mediante un
vano a un mirador sobre el ro. A esta especie de balconada se asciende
por sendos escalones. En su lado Este, tras cruzar la puerta, un ventanuco
circular lo comunica con el exterior y le aporta mayor luminosidad. Este
ambiente cuenta con varias hornacinas excavadas en la pared del fondo,
una de ellas semicircular y otra ovalada.
A continuacin se llega al Espacio 3, de transicin, con reducidas dimensiones y con un pequeo ventanuco que mira hacia el ro. El Espacio
4 es el ms amplio y queda abierto al cantil por un desprendimiento de la
pared. Como todos los anteriores tiene cubierta plana y planta rectangular.
De l se abren tres umbrales, uno lo comunica con el espacio 5, otro con
el 3, y un ltimo al vaco, lo cual podra conrmar la existencia de una
senda que uniera este complejo con el eremitorio n 1. La existencia de
esta puerta, hoy perdida, queda raticada por un agujero de gozne y el
adintelamiento a conciencia del umbral. (Fig. 7)
De su interior destaca un silo de grandes dimensiones, del que se aprecia con facilidad el pequeo rebaje donde ira encajada la tapa de cierre.
Tambin hay una hornacina rectangular trabajada a modo de tabula ansata,
por medio de sendos huecos circulares que serviran para el cierre o velaje
de dicha hornacina. En el interior de sta, concretamente en su supercie
inferior, hay una hendidura circular de escasa profundidad, de funcin desconocida.
En los restos de la pared cada, aqulla que da al ro, se observa una
hornacina rectangular con cubierta abovedada, un lucernario semicircular
y tres crculos rebajados en la roca. Estos ltimos recuerdan a los discos
solares, que, entre los siracos, sabemos que funcionaron como smbolo
del cristianismo (la luz del mundo). En esta zona es donde se observa ma-

482

A. EGEA VIVANCOS

yor cantidad de gratos antiguos. Desdichadamente todos ellos aparecen


cubiertos por una ingente cantidad de gratos rabes modernos. En torno
al crculo antes visto, los gratos son muy numerosos, pero prcticamente
imposibles de identicar. Sin embargo, uno de ellos reproduce claramente
un jinete con armadura a caballo, con su cabeza destacada. Este conjunto
mide 15 cm. de altura19. Otro grato dentro del disco circular reproduce
un antropomorfo muy esquemtico con un bastn o herramienta agrcola
en su mano derecha.
Finalmente, la comunicacin con el siguiente espacio se produce mediante un vano adintelado que en origen poseera puerta de cierre. Las
huellas del agujero del gozne en sus extremos superiores e inferiores, y las
huellas para el pestillaje, as lo aseguran.
La celda o Espacio 5 quedaba cerrada desde el interior, adaptando el
tpico sistema de cierre de las celdas de oracin. Su oscuridad es total, ya
que el nico vano por el que llega cierta luz es por la entrada que, como
hemos visto, permanecera en numerosas ocasiones cerrada a cal y canto. Por consiguiente estamos ante el sector ms oscuro y fro de todo el
complejo. Estas condiciones de lobreguez eran salvadas por un lucernario
circular excavado en su pared noroeste. Aparte de ste, destacan dos huecos
circulares tallados en el suelo de manera lineal, y una hornacina rectangular vertical con marca de haber colocado un tabln separador, a modo de
estante o armario vertical.
Los eremitorios
La senda de acceso proviene del Norte y, aunque al menos hay dos espacios
mas, nos fue imposible acceder a ellos. Al paso por la senda, se observa
un pozo circular excavado en la roca, parcialmente colmatado, de 90 cm.
de dimetro. La cueva a la que conduce la senda es a la que se accede
ms fcilmente. En sta, existen varios lucernarios y hornacinas, estando
la mayor de ellas orientada al suroeste. En su forma primitiva el acceso
sera ms estrecho, pero los desprendimientos han provocado que funcione
como un autntico balcn sobre el ro. En una sala anexa hay una estructura rectangular excavada en la roca, a modo de hueco dentro del suelo.
19. Este grato ya ha sido presentado en: A. Egea, Ciudades, forticaciones, necrpolis

y monasterios en el Alto ufrates sirio durante la poca paleocristiana. Siglos IV-VII,


Sacralidad y Arqueologa. Thilo Ulbert zum 65 Geburtstag am 20 Juni 2004 gewidmet,
Antigedad y Cristianismo, XXI, Murcia 2004, 55-57.

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

483

Entre los gratos la mayora son rabes recientes, con seguridad fruto de
veladas de pastores, como bien reejan la multitud de corderos grabados
en las paredes.
g) La llegada al monasterio principal
El camino contina hacia el Sur, por una senda estrecha que poco a poco
coge cierta amplitud. A lo largo del camino existe un gran bloque de piedra
dentro del ro, pero lo sucientemente cerca de la orilla como para saltar
a l. En este bloque se labraron tres escalones que deban descender a una
terraza inferior, hoy completamente inundada por el agua, comunicando el
nivel en el que se abren todas las cuevas vistas hasta ahora, con un segundo
nivel inundado. Lo ms interesante es comprobar como el ro lame diariamente el primitivo piedemonte, que hoy acta como orilla, y va dejando en
el perl algunas estructuras antiguas y fragmentos cermicos. Igualmente,
en esta roca han quedado labradas dos cruces griegas de pequeo tamao.
Antes de llegar al wd, justo all donde se interrumpe la pared vertical,
se encuentra MS/16. Una cueva con su interior articulado mediante dos
grandes espacios cuadrangulares con sendas puertas al exterior y otra ms
pequea que los comunica transversalmente. Las cubiertas de ambos son
seudo-adinteladas.
La orientacin de sus paredes centrales, de manera perfecta al suroeste,
as como la dualidad de espacios, con una entrada individual cada uno, son
factores que nos permiten barajar la posibilidad de que estemos ante una
nueva iglesia o centro de reunin.
h) El wd Sur
Una vez sobrepasada MS/16, la alineacin ininterrumpida de montes que
provienen desde 2 Km. atrs se rompe bruscamente por esta pequea rambla que la corta de Este a Oeste. En su parte ms ancha, all donde se une
con el ro, no posee ms de 100 metros y va estrechndose conforme se
recorre curso arriba, hasta desaparecer y encajarse entre una serie de cerros
situados un poco ms a occidente.
Como ya se advirti previamente, en el lecho de esta rambla se instal el cementerio islmico de las poblaciones cercanas, sin embargo, el
copioso matorral nos indica un estado casi de abandono. Adems, las fuertes avenidas han ido desmontando algunas de las tumbas y removiendo

484

A. EGEA VIVANCOS

la supercie. Con todo esto, no es difcil encontrar a simple vista restos


de estructuras ms antiguas y copiosa cermica romana dispersa entre las
tumbas islmicas. De este modo, es seguro que en este pequeo lecho y
en las terrazas que hoy quedan inundadas debi desarrollarse un poblado
en llano de cierta extensin, seguramente coetneo a los individuos que
habitaron los monasterios. El poblamiento ms antiguo se centrara en la
desembocadura de la rambla, all donde se abre hacia el ro y ahora se
extienden los cantos rodados.
Las pruebas de un poblamiento en llano son abundantes. Por un lado,
los pozos de registro de un acueducto subterrneo, seguidamente el abundante material cermico disperso en supercie. Tambin estn las estructuras vistas en el borde del ro, as como son varios los silos o pozos hallados
en la orilla derecha del wd. Junto a este establecimiento en llano se crearon, a una y a otra orilla, una serie de espacios rupestres de diversa funcin y objeto. Pero vamos a centrar nuestra atencin en las espectaculares
estructuras rupestres ubicadas al Norte de la rambla. Adems, relataremos
muy brevemente las que fueron identicadas ms al Sur.
i) El monasterio principal (MS/17) (Fig. 8)
En una excelsa labor de cantera, este monasterio no est excavado a los
pies del cerro, como los dems, sino a media altura. Fsicamente adquiere
el aspecto de una cantera en galera, pero una vez observado el entorno y
los edicios colindantes creemos que la construccin fue ex profeso.
Se trata de un impresionante complejo monstico con multitud de ambientes o zonas. Se puede dividir el edicio en dos reas, una exterior y
otra interior. La primera es la que se encuentra en peor estado debido a los
desprendimientos y erosin de la techumbre que aparece desplomada sobre
el suelo actual. Por su parte, la segunda se conserva casi intacta al fondo
de la cueva, si bien algo colmatada y un poco expoliada.
Exterior (Fig. 9)
En otro tiempo cubierto, no nos queda nada de su acceso original. La cubierta ha cado desplomada sobre el suelo si bien en una de las esquinas se
conserva una altura de 4,40 m. Su anchura es de 12,5 m. De este espacio
destaca una capilla o nicho de 1,70 m. de profundidad, orientada al suroeste, as como una serie de nichos cuadrangulares situados sobre ella. A

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

485

su lado, pero con orientacin Noroeste, en la pared contigua entre los dos
espacios, se abre un gran nicho rectangular de ms de un metro de altura.
Sobresalen tambin unos espacios ms profundos, excavados en una altura inferior, situados a ambos lados de esta gran sala. Uno de ellos aparece
colmatado, al otro, sin embargo, se entra con dicultad y no presenta nada a
destacar a excepcin de la existencia de cermica en supercie procedente
de las numerosas labores de expolio.
En la fachada, all donde se abren los vanos para acceder al interior,
destacan un grupo de nichos excavados a lo largo de la misma. Se trata
de nichos de 40 cm. de altura por otros tantos de anchura. Este sector del
monumento tambin posee tres puertas de acceso y una ventana, que lo
comunican directamente con el sector interior. Sobre la ventana hay una
hornacina.
Interior
Una vez sobrepasados los vanos, se accede al interior del complejo. Se trata
de una serie de habitaciones o espacios, un total de 6, la mayor parte de
ellos celdas o pequeas estancias (E):
(E1) Especie de vestbulo o recepcin a la que se accede a travs de la
entrada principal. Su vano, aunque fragmentado en parte, conserva agujeros
de quicio y de pestillaje, as como el rebaje interior donde ira a descansar
la puerta, que se abra desde el interior. Junto a ella se situaba un nuevo
vano que, si hacemos caso de las repisas originales que se conservan, tuvo
que funcionar a modo de ventana superior. En este espacio se abrieron varias hornacinas sobre un posible depsito o pozo rectangular. En la pared
que comunica con E3 se abri un lucernario y otra hornacina.
(E2) Se trata de un pequeo recinto de apenas 2 m2 que en origen
deba estar medio cegado. El habitculo quedaba cerrado mediante una
puerta como demuestran las huellas de pestillos excavados a ambos lados
del vano. De este espacio, a modo de reclusorio, destacan unos gratos
antiguos: un antropomorfo esquemtico de 15 cm., con algo colgado en
el brazo izquierdo, y lo que parece un cruciforme (similar a una cruz de
calvario o cruz con peana).
(E3) Se trata de otro pequeo camarn cuya puerta se cerraba desde
dentro. De ella se conserva el rebaje donde descansara la quicialera y las
huellas del sistema de pasador que sirvi de cierre. Aunque hoy est abierto
de par en par a E1, la oscuridad en su interior es total, por lo que se necesit de tres pequeos lucernarios excavados en las paredes.

486

A. EGEA VIVANCOS

(E4) El acceso es confuso, sin bien parece que en origen slo estara
abierto a media altura. La cubierta es seudo-abovedada. Est coronado en
su fondo por una pequea tumba bajo arcosolio, del abad o superior del
monasterio, que pudo servir como posible reclamo de visitantes.
(E5) Tambin tiene una puerta preparada para cerrarse desde el interior.
Desde aqu se acceda libremente a dos espacios que no presentan huellas
de haber contado con hoja para la puerta (E4 y E6). De E5 sobresalen sus
escalones de acceso, algunos lucernarios y una hornacina con un rebaje u
oquedad en su fondo.
(E6) Es la estancia ms interior, por lo tanto la ms lgubre. En su
dintel han quedado grabados dos gratos, un crismn y una cruz (Fig. 10).
Su puerta es la nica que se remarca con este tipo de simbologa, as como
con dos pequeas entalladuras diagonales que caen a cada lado del dintel.
En su oscuro interior se hicieron necesarios los huecos para lucernas.
Lo extrao es la ausencia de marcas o huellas que certiquen algn
tipo de cierre. De este modo E4, E5 y E6 formaran un nico bloque, cuyo
cierre es el constatado en E5.
j) La gran escalinata rupestre (Fig. 11)
Saliendo de las dependencias del monasterio, y tomando una senda que se
dirige al sudoeste, a escasos 10 metros, se encuentra el inicio de una gran
escalinata tallada en la roca. Este elemento comunica mediante dos tramos
la zona del monasterio, ya comentado, con la cima del cerro.
En un primer tramo se conservan visibles 14 peldaos de 70 cm. de
anchura y 140 cm. de longitud. Entre cada peldao hay un desnivel de 10
cm. Para encajar la escalinata se efectu un rebaje del monte de 2,25 m.
de anchura, quedando los peldaos encajados entre dos paredes verticales planas. Se supone que todo el trayecto, sobre todo la parte que queda
colgada en el vaco, aprovechara este rebaje del monte para que sirviera
de quitamiedos. En la actualidad, parte de esta escalera se sita sobre un
vaco de 6 metros.
Tras esos primeros 14 escalones, la escalinata se pierde por un roto
antiguo del monte, que se desplom sobre la parte exterior del monasterio
inferior (MS/17). Una vez sobrepasado este tramo perdido podemos continuar la ascensin.
A esta primera parte de 28,2 metros de longitud, con direccin SO-NE,
le sigue un segundo tramo con direccin SE-NO de 20,4 metros, girando el
recorrido de la escalinata de manera brusca en un ngulo perfecto de 90.

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

487

Entre ambos tramos hay un descansillo plano cuadrado de 2 metros de lado,


sin peldaos. Desde este descanso, la escalinata parece bifurcarse en dos,
un ramal va hasta MS/19 y el otro llega hasta un campo de ruinas.
La segunda parte de la ascensin, aunque ntegra, se conserva en peor
estado ya que est menos protegida de la erosin. Una vez cubierto por
completo todo el trayecto, se aborda la cima del cerro, donde se encuentran
una serie de estructuras trabajadas en el mismo monte que conforman un
espectacular conjunto al que se ha denominado MS/19.
k) La baslica (MS/19)
La explanada a la que se denomin MS/19 incluye en su seno los restos
rupestres de un enorme edicio de planta basilical. La cantidad de tegulae
halladas en supercie obligan a no descartar que el edicio se completara
con alzados de madera o piedra perdidos y una techumbre tejada, lo cual
enlazara muy bien con la costumbre generalizada para toda la arquitectura de la Siria septentrional, por la que los constructores cubran todos sus
edicios civiles con madera y tejas, evitando la bveda20. Sin embargo, lo
que ha resistido el paso del tiempo ha sido el rastro rupestre, y a l se le
dedica la descripcin siguiente.
Se puede dividir el conjunto en varias partes diferenciadas: la cabecera,
una estructura central semisubterrnea, unas dependencias contiguas a la
cabecera y los accesos (Fig. 12).
El acceso principal proviene de la escalinata. Como ya hemos comentado, desde el descanso de la escalera uno de los ramales se bifurca hasta
llegar a lo que se ha identicado como la entrada del conjunto. Dos brazos
laterales excavados tambin en el monte sirvieron de acceso. El oriental
podra poseer alguna entrada perdida por los desprendimientos, de tal modo
que hoy slo comunica el espacio central con una cada libre de ms de
25 metros. Por su parte, el occidental comunica la iglesia con lo que se ha
identicado como centro de viviendas, o construcciones en piedra, contiguas al edicio sacro. A esta zona de ruinas y desorden ptreo llega el
ramal principal de las escaleras monumentales.
La plataforma rocosa principal ha sido trabajada, tanto al exterior como al
interior, para regularizar sendos lados. Esta plataforma, sobre la que se asentaba el edicio, tiene 57 m. de largo por 13 de ancho, y posee su acceso por
el sureste, atravesando diversos espacios hasta llegar al bside del noroeste.
20. J. Lassus, Sanctuaires chrtiens de Syrie, Pars 1947, 59-60.

488

A. EGEA VIVANCOS

La cabecera se encuentra muy erosionada por la accin elica, habiendo


perdido su cubierta en buena parte. Un espacio central queda cubierto por
una bveda de medio can, y en su lateral se abren dos hornacinas que
persisten muy erosionadas, una de ellas semicircular y la otra cuadrangular. Esta especie de bside est presidiendo toda una supercie en la que
abundan las estructuras talladas en la roca (Fig. 13).
Desde la cabecera nace un frente que se dirige directamente al acantilado, hacia oriente. Antes de la cada, una repisa y un umbral escalonado dan
acceso a una pequea salita. Existen dos hendiduras laterales y una marca
en la pared inferior como de haber existido una maroma, o algo similar.
El centro de la explanada lo preside un hueco excavado en la roca,
con planta rectangular y extremo trabajado en curvo. La interpretacin es
complicada al estar colmatado en buena parte de tierra, no advirtiendo su
suelo ni sus dimensiones totales. De todos modos, por paralelos y semejanzas, podra responder a dos posibles funcionalidades. Su carcter casi
subterrneo, respecto al suelo de las naves, podra relacionarlo con algn
tipo de cripta o martyria. Sin embargo, su situacin y forma quizs lo relacionen ms fcilmente con algn tipo de bma o ambon central, tan tpico
en algunas iglesias sirias.
La linealidad entre cabecera, bma, y entrada es perfecta, respondiendo
sin duda a un meticuloso anlisis y preparacin del terreno, digno de cualquier otra iglesia construida a la manera habitual. El espacio, aunque con
no demasiado depsito arqueolgico, an podra ser limpiado y excavado
dando una visin total de la planta de este singular edicio. Por otro lado,
el imaginar sus alzados y cubiertas no resultara nada complicado, a tenor
de las tegulae que aparecen desperdigadas sobre la supercie rocosa.
l) Sepultura ad sanctos
Una vez que se vuelve a descender por la ladera de MS/17, al efectuar una
inspeccin de la ladera Norte de la rambla, se localizan dos hipogeos, uno en
peor estado que el otro, que deben relacionarse con todo este poblamiento
activo en torno a un punto concreto del ufrates. Quizs nos encontremos ante
un tpico fenmeno de sepultura ad sanctos, por el cual los eles procuraban
hacerse enterrar en las cercanas de los lugares con mayor contenido sacro,
normalmente por la existencia de reliquias de algn santo o mrtir. El primero
de los hipogeos inspeccionados (MS/18) se encontraba seccionado de manera
parcial, sin embargo, el segundo de ellos (MS/20) se basaba en el tpico esquema de tres brazos desarrollados, en cruz griega, con apenas dromos.

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

489

m) Otros monasterios y eremitorios en los alrededores


Hasta aqu llegara nuestra descripcin del complejo arqueolgico de
Magra Sarasat, estructuras rupestres talladas en torno y sobre un mismo
monte, sobre el cual se levant un edicio basilical de grandes dimensiones. Creemos que el monte y la construccin que lo coronaba pudieron
funcionar como lazo de unin entre todos los espacios y ambientes que
hemos enumerado. Sin embargo, al otro lado de la rambla se alza un nuevo
monte, de semejantes dimensiones, en el que tambin hemos constatado la
presencia de poblamiento rupestre de carcter monacal y funerario.
Por no extendernos demasiado, enumeraremos raudamente los hallazgos ms sobresalientes que proporcionaron las prospecciones en esta segunda zona. Por su cercana a la aldea de al-Jirba son denominados de manera
diferente a los anteriores.
En la ladera Este del citado cerro, la riberea al ro, se abrieron dos
nuevos monasterios rupestres en altura, as como una senda cubierta y oculta que parece comunicar los lados Norte y Sur de este cerro. En su ladera
Sur, abierta a un nuevo wd y a la actual poblacin de al-Jirba, se ha
examinado una segmento de calzada romana rupestre, asociada a una zona
de poblamiento en ladera o antiguo hbitat. En su ladera Oeste se logr
situar una antigua necrpolis de al menos cuatro hipogeos, uno de ellos
con particularidades realmente sobresalientes. Finalmente, en la cima del
cerro se ha constatado alguna fosa de enterramiento, asociada a un nuevo
edico rupestre de funcionalidad an por descubrir, debido al estado de
colmatacin que sufre.
Vamos a detenernos brevemente en los restos que, a nuestro entender,
estuvieron relacionados con el poblamiento cristiano primitivo.
El primer monasterio o eremitorio se denomin como JIR/1 y quedaba casi alineado con el yacimiento arqueolgico de la orilla opuesta Tell
iyhTatn. Aunque muy erosionado, el acceso se hace en la actualidad
mediante la escalada libre de una pared vertical de tres metros de altura,
ayudndose de agarraderas marcadas por los pastores que lo utilizan de
eventual refugio. Pero el acceso primigenio al recinto se efectuara por una
senda en parte perdida que lo comunicaba con JIR/2, que, por sus dimensiones, parece el gran centro del complejo.
El edicio monacal se articula mediante un espacio central y una serie
de celdas o pequeos habitculos que se abran a l. Esta parte comn
quedara cerrada con un muro excavado en la roca al que slo interrumpa
el vano de la entrada. De este modo, las habitaciones que se ven desde
el exterior quedaran entonces ocultas de miradas indiscretas, mantenien-

490

A. EGEA VIVANCOS

do el recogimiento necesario. Entre fragmentadas y conservadas, se han


distinguido un total de 10 habitaciones que, a excepcin de dos de ellas,
todas son de reducidas dimensiones (Fig. 14). La mayor parte responden
al modelo tipo de las celdas. En torno a este sector comn o central se
concentran nueve, si bien existe una ltima habitacin conservada a menor
altura en el monte, pero de acceso tremendamente complicado al haberse
perdido la senda original que los una. Esta cueva deba funcionar como
zona de oracin o de retiro, alejada del ncleo principal pero visualmente
y directamente comunicada con l.
Algunas de las que, con seguridad, no funcionaron como celdas, parecen salas de reunin o de oracin comn. La celda ms pequea posee 170
cm. de altura y 1 metro de lado. Sendos lucernarios enmarcan su entrada
al exterior. La celda ms interesante no sobrepasa los 165 cm. de altura y
cuenta con un pequeo lucernario, un pequeo rebanco ptreo, donde se
sentara el recluso, y la comunicacin asegurada con una segunda estancia
mediante un pequeo ventanuco. Parece claro que esta ltima estancia pudo
usarse como celda de reclusin, a lo largo de largas temporadas, sirviendo
la sala contigua como lugar desde donde vigilar y suministrar los alimentos
(Fig. 15).
A unos 200 metros ro abajo, siempre siguiendo la lnea de ribera actual, se abre otro complejo monacal (JIR/2). Por desdicha, est mucho ms
perdido que el resto, debido sobre todo a la erosin elica, a los desprendimientos y a los trabajos de expolio.
La entrada original permita un acceso desde la terraza inferior. Desde
un punto no identicado se iniciaba una escalera o tnel subterrneo que,
de manera ascendente, llegaba al interior del recinto monstico propiamente
dicho. La colmatacin de la escalinata impidi localizar su entrada natural
as que monte a travs accedimos al recinto por un roto en la pared.
En la actualidad es poco lo que queda. Primeramente una caja de
escalera subterrnea de unos 2,5 m. de anchura, en origen cerrada al exterior con una nica entrada an no descubierta. Un quebrado de 3 metros
en la pared, que impeda ver la escalinata, permite acceder al interior. La
escalinata pasa por delante de un primer espacio lateral circular que queda
emplazado a modo de balconada sobre el cantil, sirviendo de viga o recepcin antes de introducirse en el rea principal. Su posicin adelantada le
permitira comprobar esplndidamente quien acceda a la puerta inferior.
Tras la recepcin se abre un gran espacio que preside todo, muy erosionado por desgracia, dando el aspecto de un simple abrigo ms que de
una cueva. Los desplomes que ha sufrido su cubierta aparecen cados en su
boca, consistentes en grandes bloques que medio ocultan dos silos circu-

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

491

lares para almacenar grano con seccin de botella, ms anchos en su base


que en la boca.
Finalmente, en la cima del cerro y asociadas a unas fosas de inhumacin excavadas en la roca, se asociaba otro recinto rupestre (JIR/8),
probablemente monacal o, al menos, de hbitat. Prueba de este hbitat era
el pozo circular de 68 cm. de dimetro y 3,70 m. de profundidad mnima
excavado a sus pies.
Las estructuras en cuestin conformaban una gran cueva que haba
perdido la cubierta y que comunicaba con otra sala, sta s cerrada, que a
su vez iba a dar lugar a otros espacios de carcter menor. En esa segunda
sala existe un espacio abovedado que no llevaba a ningn lado. Asociado a este recinto se encuentra todo un campo de cultivo, con abundante
cermica.
Bajo esta estructura, descendiendo por el acantilado unos metros, se
llega a un tnel o senda subterrnea que unira dos espacios hoy perdidos.
El camino excavado en el monte, tras un tramo conservado y practicable
de 10,6 metros, pierde su cubierta. Su altura roza los 150 cm. y su anchura
los 70. Tras este tnel existen otros 20 metros en los que ya no aparece,
volviendo posteriormente a verse otro segmento con 2 metros de tnel.
El camino tiene una salida meridional, que hoy cae hacia el vaco, si bien
primitivamente pudo tener algn tipo de continuacin.
Su direccin es Norte-Sur y es posible que recorriera dependencias
anexas del recinto visto en la cima (JIR/8), retiros de monjes, etc. Son
abundantes los abrigos y pequeos cobertizos rocosos que, aunque muy
erosionados, parecen tener huella antrpica. Uno de ellos, bajo el tnel, est
decorado a modo de columbarium. Desgraciadamente, el acceso result
imposible. Interpretando la situacin en la que se encuentra este tnel, justo
en la cima del cerro, a escasas decenas de metros de MS/17 (Monasterio)
y MS/19 (Baslica), no sera descabellado que existiera un camino que
uniera JIR/1, JIR/2 y JIR/8 con el gran centro religioso de los alrededores
(MS/19). Cabra discernir como funcionan los dos centros de poblacin,
uno a cada lado del cerro, ambos sobre un wd.
Interpretacin del conjunto
La cantidad y lo espectacular de cada una de las partes del conjunto descrito lo convierten, con diferencia, en uno de los centros monacales ms
importantes de la regin. Ninguno de los dems casos localizados en las
prospecciones espaolas, a excepcin del monasterio acoimeta de la boca

492

A. EGEA VIVANCOS

del ro Sr21, presenta la multiplicidad de ambientes, de espacios y de


funciones, as como la complicacin en el ritual y en la comprensin general del complejo.
La eleccin del asentamiento monacal pudo ser forzada por la existencia de algn sepulcro de mrtir o santo asceta, aunque no es desechable la
teora de la contemporaneidad entre ambos procesos. Es la nica manera de
comprender y asimilar la excepcional infraestructura que fue excavndose
paulatinamente en las entraas de estos montes. Alejado de los tradicionales
puntos de vado del ro, quedaba a medio camino entre las antiguas Europos
y Caeciliana22, pero relativamente cerca de los yacimientos romanos de
Tell Amrna, al-Jirba, Quruq Magra y, claro est, en la rbita cultural e
intelectual de Hierapolis. Su situacin exgena respecto a los ejes viarios
principales de direccin Oeste-Este, se contrapona a su emplazamiento
en plena va riberea con direccin Norte-Sur. En este contexto geogrco, como centro deudor de poblaciones cercanas y de viajeros fortuitos,
hay que apreciar todo este complejo compuesto por baslica, monasterios
varios, hospederas, panteones, etc. Si se asume que una parte importante
de las instalaciones no posean naturaleza rupestre, a todo lo localizado, lo
cual es mucho, habra que sumarle otra multitud de estructuras y habitculos cuya existencia slo se puede adivinar ligeramente.
Las cavidades rupestres se desarrollan a lo largo de unos dos kilmetros lineales, pero el verdadero centro de todo el complejo fue la baslica
(MS/19). sta, en una disposicin particularmente escogida, dominaba en
su momento no slo los alrededores de esta orilla, sino buena parte del
ufrates, siendo visible desde la propia orilla izquierda. En nuestros das
slo nos quedan las huellas grabadas a pico en la supercie rocosa pero,
con anterioridad, el alzado, seguramente de madera, as como su techumbre, deban aportarle un alzado mnimo para que pudiera ser observada en
la distancia. En realidad, el edicio pasa inadvertido si nuestro recorrido
es Norte-Sur, slo constatando su presencia en el caso de acceder a la zona
desde el Sur. Este factor de visibilidad colabora en la comprensin del signicado social y ritual que posey esta zona en la Antigedad, aprecindose
una mayor relacin con las poblaciones ubicadas ro abajo.
21. Para los datos arqueolgicos referentes a este monasterio remitimos a: A. Gonzlez

Blanco G. Matilla Siquer, Cristianizacin: los monasterios del mbito de Qara Quzaq,
Antigedad y Cristianismo 15, 1998, 399-415. G. Matilla Siquer J. Gallardo Carrillo,
Columbarios y relicarios en el Prximo Oriente, Antigedad y Cristianismo 16, 1999,
57-86. A. Egea, Ciudades, forticaciones, necrpolis y monasterios en el Alto ufrates
sirio durante la poca paleocristiana. Siglos IV-VII, Antigedad y Cristianismo 21, 2004,
33-66.

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

493

Esta iglesia, en la cima de un monte, aparece aislada como si de un


templo pagano, en el centro de un tmenos, se tratara. Su acceso monumental, que se realiza por el lado menor opuesto al altar, mediante una
escalinata tallada en la roca del todo espectacular, as como lo rebuscado
de su situacin, le concede una posicin privilegiada en el conjunto de las
iglesias localizadas en la zona. La iglesia comprende construcciones anexas
de funcin an incierta pero fcilmente imaginables. Las obligaciones de la
montaa condicionaron la icnografa del edicio pero, sin duda alguna, la
intencin de los constructores era asemejarse lo mximo posible al esquema de iglesia con cabecera tripartita, tan tpico por toda Siria. Una vez ms,
el medio condiciona al ser humano y le obliga a olvidarse de abrir esas dos
estancias a uno y otro lado del bside, las pastophoriae.
An as las dimensiones del templo fueron considerables, lo que nos
situara ante un edicio de cierta relevancia. Su longitud, 31,4 metros, es
superior a la longitud de la capilla Sur del Convento de San Simen, mientras que su anchura, 12,8 metros, es algo mayor que la iglesia de San Sergio
de Dar Qita.
Por lo que respecta a los paralelos, en la regin de las Ciudades Muertas se encuentran varios ejemplos bastante ilustrativos de edicios con
esta planta, si bien fueron construidos y no tallados. La iglesia oriental de
Karlta, muy similar a MS/19, posee una inscripcin que data del 49223.
Ms raro es encontrar baslicas que no cuenten con sus dos sacristas reglamentarias. En el Norte de Siria, casi todos los presbiterios poseen una
gran uniformidad. Se puede decir que siempre aparecen encuadrados por
dos anexos, que forman salas distintas. La variedad se halla en el emplazamiento de las puertas de acceso, ya que podan abrirse hacia el interior
o al exterior24. Sin embargo, los ejemplos de iglesias sin sacristas existen
y, as, en Chalcis la baslica de Zebed slo posea un bside semicircular25,
22. La ubicacin segura de Caeciliana sigue en el aire. Se trataba de una ciudad dispuesta

en la orilla del ufrates, en la regin de Cyrrhestica que tuvo que funcionar como un importante punto de paso del ufrates en esta regin, cabeza de puente de Hierapolis. Sobre
su situacin se ha escrito bastante: Benzinger, s.v. Ceciliana, PW 5, 1897, 1172. E. Hnigmann, Historische Topographie von Nordsyrien im Altertum, ZDPV 46, Leipzig 1923,
149-193. Segn nuestra opinin, el yacimiento arqueolgico situado frente a Tell Amar, por
extensin y localizacin, quizs pueda esconder los restos de esta antigua ciudad.
23. S. J. Mattern, A travers les villes mortes de Haute Syrie, MSJ 17 (1), 1933, 114116.
24. J. Lassus, Sanctuaires chrtiens de Syrie, Paris 1947, 62.
25. H. C. Butler, Early Churches in Syria. Fourth to Seventh Centuries, Princeton 1929,
39.

494

A. EGEA VIVANCOS

y en Qalb Lz la baslica de tres naves sin pastophoriae es fechada en el


siglo VI26.
En lo referente al mbito rupestre, los casos a nombrar son innitamente menores. La iglesia de de Khirbet el-Messani, al noroeste de Jerusaln,
tambin posea sus tres bsides tallados en la roca. En este caso, tambin
puede tratarse de una iglesia relacionada con un complejo monacal27.
El culto de la baslica pudo estar asegurado estrictamente por los monjes residentes de MS/17, que, no olvidemos, guardaban un sepulcro entre
sus pequeas dependencias. Fuera esta tumba o martyrium el origen de las
peregrinaciones, el caso es que, en un determinado momento, las gentes
comienzan a llegar en masa, obligando a la construccin de un templo de
considerables dimensiones donde dar acogida a todos los eles. Este tipo
de actitudes por parte de los devotos viajeros impuso tambin la adecuacin
de recintos que sirvieran como hospederas, hospitales o incluso escuelas
(espacios MS/1-9).
Un monasterio en altura (MS/15), al modo de las lauras palestinas,
completaba el elenco de construcciones destinadas al hbitat. Seguramente
en l habitaron los primeros eremitas de la zona. Finalmente, los hipogeos
(MS/10-14), concentrados entre el rea de los monasterios y las hospederas, quedan como prueba del ritual seguido por los monjes a la hora de
abandonar la vida terrena.
Sin embargo, la gran iglesia no slo se vea suministrada por los monasterios emplazados al Norte de la rambla de al-Jirba. Al Sur, una pequea
poblacin y al menos otros tres monasterios de carcter rupestre (JIR/1, 2 y
8), se vieron inuidos con toda esa corriente de fervor y peregrinaje.
Finalmente, y aunque no se trate de una obra rupestre, para completar el
panorama de la situacin primitiva cristiana en la comarca es imprescindible
tener presente el reciente hallazgo de otra baslica, esta vez construida, en las
proximidades de la aldea de Amarna28, a pocos kilmetros al Norte.
Conclusiones
Una serie de monasterios rupestres partcipes de una misma comarca, se
disponen en torno a una iglesia central de planta basilical que sirve de nexo
26. J. Lassus, Sanctuaires chrtiens de Syrie, Paris 1947, 76.
27. B. Baggati, Ancient Christian Villages of Samaria, Jerusalem 2002, 105-106.
28. T. Waliszewski - K. Chmielewski, Tell Amarna. Restoration and excavation, 2000,

Polish Archaeology in the Mediterranean, 12 (Reports 2000), Varsovia, 2001, 344-356.

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

495

de unin entre las distintas comunidades religiosas. La atraccin producida


por esta iglesia y, seguramente, por las reliquias que en ella se guardaban,
conllev la llegada de grandes cantidades de peregrinos, que se tradujo en
la construccin o tallado de una serie de hospederas que les daban cobijo.
Por el momento, este gran centro de culto cristiano primitivo permanece en
el anonimato, pero al presentar aqu su situacin y caractersticas estamos
seguros que, quizs, pronto pueda ser identicado por algn tipo de texto
o fuente literaria.
Es tremendamente habitual que trabajos como el nuestro sirvan para
abrir un sinfn de nuevos horizontes y perspectivas. La existencia de ciertas
incgnitas por resolver es la prueba de que el conocimiento histrico est
en contino movimiento y pleno proceso de conformacin. Entre las muchas perspectivas a las que incita este trabajo cabra citar las siguientes:
Debemos replantear la, ya insinuada anteriormente, existencia de monasterios no rupestres que, por no estar tallados en la roca, se han perdido para siempre o permanecen bajo tierra, a la espera de una excavacin
arqueolgica. Lo rupestre fue una caracterstica bsica y primordial en el
monacato del Alto ufrates. Sin embargo, esto no descarta la convivencia
junto a conjuntos monacales construidos, en piedra o madera, al modo de
los que inundan todo el Prximo Oriente. La aparicin de huellas de vigas
en algunos de los monasterios localizados certica el uso de estructuras de
madera que ampliaban las dependencias de los mbitos rupestres. Quin
sabe si las salas rupestres slo comprendan una mnima parte de estos
monasterios?
Otras cuestiones que al lector, y a m mismo, nos quedan por resolver
seran:
- Quines eran los habitantes de las dependencias aqu presentadas?
- Eran comunidades femeninas y/o masculinas29?
- Hablaban en griego y/o en siraco30? Uno de los pocos ascetas clebres
conocidos para la regin es Publio de Zeugma. El monje, de formacin y
29. Aunque se sabe y se ha planteado en ms de una ocasin la divisin en cuestin del

sexo o del grado de formacin espiritual, en esta regin creemos que fue la lengua la que
pudo prevalecer a la hora de efectuar tal particin.
30. Quizs no sea una hiptesis denitiva, pero los descubrimientos arqueolgicos efectuados por la misin espaola del ufrates, muestran una cierta diferenciacin regional. La
epigrafa documentada en la orilla derecha siempre ha sido griega, mientras que la recogida
en la orilla izquierda siempre ha sido siraca. Este pequeo corpus indica una marcada
diferenciacin lingstica entre la Osrhoene y la Eufratense, mientras que en la primera, la
mayora de la poblacin hablaba y escriba siraco, en la segunda era el griego la lengua
predominante.

496

A. EGEA VIVANCOS

lengua griega, tras haber vivido en solitario en los alrededores de esta ciudad,
se vio obligado a conformar el germen de un monasterio. En la biografa que
compuso Teodoreto se conrma la existencia de monasterios bilinges31.
- Eran comunidades monositas32? La Eufratense y la Osrhoene, dos
de las provincias del patriarcado de Antioqua, contaron con telogos monositas de gran prestigio como San Efrn, Filoxeno de Mabbug, o Jacobo
de Edesa, por lo que no es de extraar la predominancia del elemento
monosita en la regin.
- Quin fue el asceta o monje fundador? Fue su cuerpo el que ocup
el sepulcro descubierto en MS/17? Es sabido que en poblaciones relativamente cercanas se construyeron santuarios en torno a los restos de determinados monjes33 por lo que no sera de extraar un fenmeno similar.
- Pervivieron las comunidades a la llegada del Islam? Uno de los datos
ms apasionantes referentes al monasterio de Qenner, ubicado en la orilla
opuesta al de Magra Sarasat, es el poder constatar la supervivencia de comunidades cristianas (ortodoxas o catlicas) en la regin tras la conquista
musulmana. Tras la muerte del patriarca Atanasio Sandloyo, en el ao 758,
fue elegido un tal George, un monje de gran sabidura, que hasta entonces
haba sido un simple dicono de la abada de Qenner34. Ms all, la vida
de esta comunidad se nos pierde, pero no es de extraar que en Tell uyj
Fawqn (yacimiento conectado visualmente con Magra Sarasat) fuera localizada una triple inscripcin funeraria de varios monjes, datada entre los
siglos VIII y X35, que bien pudiera provenir del monasterio de Qenner.
31. Theod. Cyr., HPh, V, 5. Esta costumbre de cantar en dos grupos segn la lengua de

origen tambin la reproduce Eusebio (IV.13): ...cantan las alabanzas del seor, unos en
griego, los otros en la lengua del pas.
32. Al respecto, no hay que soslayar la signicacin que la Iglesia monosita posey en
la historia cultural y religiosa del Alto ufrates sirio durante los siglos de transicin entre
el mundo antiguo y medieval. Tras el concilio ecumnico de Calcedonia (ao 451) y la
condena del monosismo, con la consecuente proclamacin de la doctrina ocial catlica,
la regin qued dentro de dicha esfera monosita. Esta ruptura se consuma en el segundo
concilio de Constantinopla (ao 553), a raz del cual el gobierno bizantino presion contra
los monositas. La labor aglutinante de Jacobo Baradai, en la organizacin de la Iglesia
monosita, fue vital para la consolidacin de esta corriente cismtica, llamada desde entonces jacobita. 33. Por citar slo algunos ejemplos remitimos a: Theod. Cyr., HPh, XXIV,
2 (para el caso de Kittika y el monje Zebinas); Theod. Cyr., HPh, XVI, 4 (para el caso del
cuerpo de San Marn).
34. Palmer, A. 1990, Monk and mason on the Tigris frontier. The early history of Tur `Abdin,
Cambridge, 174. (Chr. Michael, 1195, XI, 25c, p. 475; Chr. Zuqnin, 775, p. 212.)
35. Bachelot, L. 1999, Tell Shioukh Faouqni (1994-1998), Archaeology of the Upper
Syrian Euphrates. The Tishrin Dam Area, Proceedings of the International Symposium Held
at Barcelona, Del Olmo, G., Montero, J.-L. (Eds.), Barcelona, 143-162.

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL ALTO UFRATES SIRIO

497

En denitiva, comprobamos que la informacin que las fuentes literarias aportan al estudio de los inicios del monacato no cubre muchos territorios, en nuestro caso el Alto ufrates sirio. De este modo, la historia de
los primeros monjes debe ser rescrita al amparo de los nuevos descubrimientos arqueolgicos que diariamente se suceden en cualquier rincn del
arco Mediterrneo. Las prospecciones arqueolgicas se nos presentan como
un mtodo de acceso a la informacin barato y rpido, si bien slo una
excavacin arqueolgica resolvera algunos de los muchos interrogantes
que hemos planteado en este trabajo.
Alejandro Egea Vivancos
IPOA-Universidad de Murcia
Bibliografa
Bachelot, L. 1999, Tell Shioukh Faouqni (1994-1998), Archaeology of the Upper Syrian
Euphrates. The Tishrin Dam Area, Proceedings of the International Symposium Held at
Barcelona, Del Olmo, G., Montero, J.-L. (Eds.), Barcelona, 143-162.
Baggati, B. 2002, Ancient Christian Villages of Samaria, Jerusaln.
Benzinger, 1897. s.v. Ceciliana, PW 5, 1172.
Butler, H. C. 1929. Early Churches in Syria. Fourth to Seventh Centuries, Princeton.
Chesney, R. A. 1850. The Expedition for the survey of the Rivers Euphrates and Tigris
carried on by order of the British Government. In the years 1835, 1836 and 1837,
Londres.
Cumont, F. 1917, Itinraire, tudes Syriennes, Pars, 277-315.
Egea, A. 2004, Costumbres funerarias romanas en el Alto ufrates sirio, Huelva Arqueolgica 20, 91-113.
Egea, A. 2004, Ciudades, forticaciones, necrpolis y monasterios en el Alto ufrates sirio
durante la poca paleocristiana. Siglos IV-VII, Antigedad y Cristianismo (Sacralidad
y Arqueologa. Thilo Ulbert zum 65 Geburtstag am 20 Juni 2004 gewidmet) XXI,
Murcia, 33-66.
Gonzlez Blanco, A. Matilla Siquer, G. 1998, Cristianizacin: los monasterios del mbito de Qara Quzaq, Antigedad y Cristianismo XV, 399-415.
Goossens, E. 1943, Hirapolis de Syrie. Essai de monographie historique, Louvain.
Hnigmann, E. 1923, Historische Topographie von Nordsyrien im Altertum, ZDPV 46,
Leipzig, 149-193.
Lassus, J. 1947, Sanctuaires chrtiens de Syrie, Pars.
Maraval, P. 1985, Lieux saints et plerinages dOrient. Histoire et gographie. Des origines
la conqute arabe, Pars.
Matilla Siquer, G. Gallardo Carrillo, J. 1999, Columbarios y relicarios en el Prximo
Oriente, Antigedad y Cristianismo XVI, 57-86.
Mattern, S. J. 1933, A travers les villes mortes de Haute Syrie, MSJ 17 (1), 114-116.
Monge, M. Jordn, J. F. 1993, Planimetra y perspectivas tridimensionales del eremitorio
rupestre hispanovisigodo de Alborajico (Tobarra, Albacete), Antigedad y Cristianismo X, 497-506.
Palmer, A. 1990, Monk and mason on the Tigris frontier. The early history of Tur `Abdin,
Cambridge.

498

A. EGEA VIVANCOS

Palmer, A. 1992, Une chronique syriaque contemporaine de la conqute arabe. Essai


dinterprtation thologique et politique, La Syrie de Byzance lIslam. VII-VIII
sicles, 31-46.
Palmer, A. 1993, The Seventh Century in the West-Syrian Chronicles, Liverpool.
Pea, I. - Castellana, P. - Fernndez, R. 1980, Les Reclus syriens. Recherches sur les anciennes formes de vie solitaire en Syrie, Miln.
Pea, I. - Castellana, P. - Fernndez, R. 1983, Les Cnobites syriens, Miln.
Pea, I. - Castellana, P. - Fernndez, R. 1987, Les Stylites syriens, Miln.
Pea, I. - Castellana, P. - Fernndez, R. 1987, Inventaire du Jebel Baricha. Recherches
archologiques dans la rgion des Villes Mortes de la Syrie du Nord, Miln.
Pea, I. - Castellana, P. - Fernndez, R. 1990, Inventaire du Jebel El-Ala. Recherches archologiques dans la rgion des Villes Mortes de la Syrie du Nord, Miln.
Pea, I. - Castellana, P. - Fernndez, R. 1999, Inventaire du Jebel Wastani. Recherches
archologiques dans la rgion des Villes Mortes de la Syrie du Nord, Miln.
Pea, I. 1993, Dos santuarios oraculares en Siria. Wadi Marthun y Banasra, LA (43),
387-401.
Tate, G. 1992, Les campagnes de la Syrie du Nord du IIe au VIIe sicle, Pars.
Waliszewski, T. - Chmielewski, K. 2001, Tell Amarna. Restoration and excavation, 2000,
Polish Archaeology in the Mediterranean, 12 (Reports 2000), Varsovia, 344-356.
Woolley, C. L. Lawrence, T. E. y Guy, P. L. O. 1921, Carchemish. Report on the Excavations at Jerablus on behalf of the British Museum, Part II: The Town defences
(Woolley, C. L.), Londres.

TOWERS, REFUGES, AND FORTIFIED FARMS


IN THE LATE ROMAN EAST

M. Decker

A fair number of towers and larger, towered, or otherwise strengthened


buildings are known from the Late Roman East. Since they offer insight
into functional architecture as well as life and settlement they repay further
examination. Although most of these buildings tend to come from marginal
areas, namely the desert limits of imperial territory, sufcient examples exist to permit a fruitful discussion of morphology and the role of the fortied or resistant buildings in considering wider issues of the advancement
of settlement and the character of rural exploitation.
While free standing rural towers and towered farms are common features in the material record of the ancient Mediterranean rural world, they
remain somewhat enigmatic regarding their purpose and function. I wish
to focus my discussion on those towers of Late Antiquity (4th through
7th centuries A.D.) that are non-military in function, meaning they do not
appear to have been constructed or maintained by the Roman military,
nor garrisoned by Roman authorities. Lacking ofcial inscriptions, there
is little way of knowing whether one of these common, free-standing
towers were not used by the military. Unfortunately this does not allow much latitude, and there are a number of cases when small towers
(interpreted variously as signal stations or army watch posts) look
exactly like their civilian counterparts. This danger aside, it is also true
that the function of some civilian towers must have overlapped with
their military counterparts in their essentially defensive characteristics,
by which I mean that they served as lookouts or refuges for individual
estates or villages.
Most towers in the ancient eastern Mediterranean are components of
buildings or building complexes, but numerous examples stand in isolation within villages or on the periphery of settlements. The phenomenon
of tower-building was not new in the Roman Mediterranean: there are
numerous examples that survive from Hellenistic Palestine, for example,
from Greece and Crete, but the focus of the present study is mainly
focussed on those buildings that survive in the Levant from Cilicia to
Palestine. As one observer has noted, In the East, the tower of two
or three stories was one of the most common forms a building could
LA 56 (2006) 499-520

500

M. DECKER

take.1 Evidence from the Greek mainland from the archaic and classical periods shows that the tower (pu/rgoi) was an early feature of the
Greek landscape in Attica and beyond.2 Large numbers of medieval towers also survive, though they have, as elsewhere, been little studied.3 The
Cyclades possess several on Delos and Rheneia, for example, while in
the Dodecanese, Rhodes also preserves several old towers.4 In Palestine,
Josephus mentions the pyrgos east of Beersheba owned by Agrippa I.5
Beyond the eastern Mediterranean, North Africa provides a host of architectural comparanda. Large numbers of them stood and were noted by
the late-19th and early-20th century travelers who visited the Levant, and
a signicant portion of these have since been destroyed.
The unity implied by the title of this work accords with only the
broadest characteristics shared by these buildings; this is their construction in durable materials (allowing for examples which surely existed in
mud-brick and other more perishable fabrics) and their generally massive
characteristics when compared with typical local structures. Of course it
should be allowed that wall thickness and height (which I take as denining whether or not a building is massive when compared with its peers)
may well be inherent within a building design. Towers, for their example,
by their ratios of height-width generally demand thicker walls than common houses. Of course the height and the wallt thickness might themselves
be what makes a tower. It is the advantage gained that leads to the building: either a vantage point, or security, via thicker walls. Beyond these
basic advantages there were of course many other considerations, and from
the material record we can recover some of the motives for construction
and functional differences.

1. R. MacMullen, Soldier and Civilian in the Later Roman Empire, Cambridge, Mass. 1963,

141. I wish to thank Mr. Nick Maroulis for his kindness in generosity in sponsoring my
research while investigating this topic.
2. S. Applebaum - S. Dar - Z. Safrai, The Towers of Samaria, Palestine Exploration
Quarterly 110 (1978) 91-100; L. Watrous, An Attic Farm Near Laurion, in Studies in Attic
Epigraphy, History and Topography Presented to Eugene Vanderpool, 1982, 197; J.E. Jones
- A.J. Graham - L. H. Sackett, An Attic Country House Below the Cave of Pan at Vari,
Annual of the British School at Athens 68 (1973) 448.
3. See: D. Pringle, Secular buildings the Crusader Kingdom of Jerusalem. An archaeological
gazetteer, Cambridge University Press: Cambridge, 1997.
4. F. Villeneuve, Lconomie rurale et la vie des campagnes dans le Hauran antique Ier sicle
av. J.-C. - VIIe sicle ap. J.-C., in J.-M. Dentzer (ed.), Hauran I: recherches archologiques
sur la Syrie du Sud l'poque hellnistique et romaine, Paris 1985-1986, 98.
5. Applebaum - Dar - Safrai, The Towers of Samaria (note 2 above), 96.

TOWERS, REFUGES, AND FORTIFIED FARMS

501

Morphologically, the tower is simply a free-standing building with a


disproportionate ratio of height: width. Towers also tend to have greater
wall thickness than other local contemporary buildings, but they need not
be particularly massive, nor occupy a larger surface area than nearby, coeval
structures. Their widespread distribution along the Levantine coast (they
are attested from Cilicia to southern Palestine) is attested by De Vog,
Lassus, and Butler, and given the lack of scientic archaeological investigation to date, these early architectural studies form an important part of
the present study. They are supplemented by more recent, though similar
work, by Tate and Tchalenko, both of whom have briey discussed towers
within the compass of their larger regional works. From these accounts, it
is clear from the published data that these towers were vital features of the
agricultural landscape.
Most towers in the Roman-Byzantine east have a mixed domestic and
security function, that is, they were primarily intended to serve as living
spaces or storehouses, but many were also lookouts or refuges. It is possible to get a avor the number of towers scattered throughout the ancient
Roman East, as well as the variety of their size and character by looking
with a brief survey in which I highlight a number of these structures.
Archaeological work in ancient Palestine has revealed a large number
of towers. Several are emblematic of the form and situation of common
rural types in the Levant. One of these, a 6x6 m rural tower, was discovered amongst agricultural terraces in the countryside of Lakhish in Judea
and dated to the Roman-Byzantine period.6 Towers in Judea also occur in
associations with monasteries, where they are frequent features and often a focal building of the religious house.7 At St. Peters Church another
such building, 14.3 m long and 7.4 m wide, was probably built in the 5th
century, while on the summit of Har Montar there is considerably smaller
tower, 5 x 5 m, tentatively identied as that built by Sabas.8 Hirschfeld
noted that such towers had a prominent place in demarcating the boundaries
of the monasteries, housing monks, but especially in defense. There were
also other domestic functions; some of the Judean towers had stables built
into them, like the one found at Khirbet el-Quneitra.9

6. Y. Dagan, Map of Lakhish, Jerusalem 1992, Site 68, 51.


7. Y. Hirschfeld, The Judean Desert Monasteries in the Byzantine period, New Haven 1992,

171.
8. J. Patrich, Map of Der Mar Saba, Jerusalem 1994, Site 44, 50.
9. Hirschfeld, Judean Desert Monasteries (note 6 above), 171-176.

502

M. DECKER

Fig. 1 Typical rural tower


Samaria - Um Rihan tower
184 (Dar, Landscape and Pattern, g.65).

Rural towers in Samaria have been studied by Dar, who studied more
than 1,200 towers, 45 of which were excavated. He classied these towers
into six types. These ranged in size from small towers with exterior walls
about two meters in length, to large, two-storeyed towers measuring six meters on a side. Most of the Samarian towers were apparently constructed in
the Hellenistic period, though several of the large examples are probably Roman. On the whole, few of the Samaritan towers were well-sited for lookouts
and their primary purpose does not seem to be related to defense. They served
for storage of tools and crops and on occasion may have provided temporary
shelter for workers and herdsmen. Typically these buildings were about 3
meters high with exterior dimensions of 3-4 meters, like the one found at
Um Rihan (Fig. 1). Nearly all are built of a single course of rather large (0.6
x 0.4 x 0.8 m) limestone or dolmite quarried for the purpose and nished
on-site. While Dar linked the towers of the Samarian countryside with wine
production during the Hellenistic, only a handful were found in association
with wineries. Many, however, were found near diverse ancient agricultural
installations including sheepfolds, threshing oors, cup marks, oil-presses,
and cisterns. In the ancient village of Qarawat Bene Hassan 170 towers were
surveyed, a number of which exhibit strong evidence for their agricultural
role as storehouses or lookouts. Tower 80 was found in association with a
wine-press, a threshing oor and components from multiple oil-presses,
while Tower 73 was part of an assemblage that included two livestock pens
and a threshing oor. A few of the large towers (with exterior dimensions of 5
meters or more) were apparently pyrgoi whose main purposes were defensive
and possibly residential.10
10. S. Dar, Landscape and Pattern:An Archaeological Survey of Samaria 800 B.C.E.-636

C.E. (BAR International Series 308), Oxford 1986, 88-125.

TOWERS, REFUGES, AND FORTIFIED FARMS

503

During the Archaeological Survey of Israel buildings identied as watchtowers or watch-booths were found frequently such as that found in the
northwestern Negev around Hirbet Beer Shema.11 Southwest of Oboda in
the central Negev Highlands a tower lies on a hilltop above the Wadi el-'Asli,
measured 9 x 8 m. Iron Age II and Byzantine pottery were found within the
structure, which was constructed of roughly cut stones.12 In the wadi Nahal
Besor near Sede Boqer several towers have been noted: a square (6 x 6 m)
Byzantine example on a spur stands beside a rock-cut cistern and nearby
drainage channels. Another tower lay beneath the northern spur of Har Boqer, 7 x 7 m wide, embellished apparently with decorated lintel and capitals
which were found on the site. Two other structures and a cistern were associated with the second tower.13 Watch-booths were commonly found in the Har
Hamran survey in the eastern central Negev, described as oval structures of
1-2 x 3-5 m in dimension.14 These complexes indicate a central agricultural
or domestic purpose for these towers rather than a strictly defensive role.
There were also towered columbaria. The Herodian farm at Ramat Hanadiv had a large tower dovecote, nearby the main dwelling to it (Fig. 2)

Fig. 2 Dovecote at Ein Tzur


reconstruction (Boaz, The
Dovecote at Horvat Eleq,
g 1.).
11. D. Gazit, Map of Urim, Jerusalem 1996, Site 160, 59.
12. M. Haiman, Map of Har Hamran Southwest, Jerusalem 1986, 131.
13. R. Cohen, Map of Sede Boqer West, Jerusalem 1985, Site 34, 8; Site 53, 13.
14. Haiman, Map of Har Hamran Soutwest (above note 11), 21.

504

M. DECKER

and dated by the excavators to the 1st century.15 The building of columbaria
in the form of towers was commonplace throughout the Roman Near East:
mud-brick towered columbaria were common especially in Egypt.16
Towers were also used as dwellings. In the hinterland of Antioch and
Apamea in north Syria, towers were built in considerable numbers throughout Late Antiquity. Many of those examples found in Syria seem to have
been self-contained or attached domestic structures, having nothing to do
with any ofcial military or ecclesiastical buildings. One such example
is that at Kfellusin (Fig. 3), where a lintel inscription provides a building
date of A.D. 492 or 522. One of the ner preserved towers that survives,
Kfellusin stood to a height of 15 m. On the groundoor, a staircase in the
north-east corner provided access to the upper storey while the room itself
was divided by two transverse arches carrying the stone slab ceilings, a
common feauture of Syrian domestic architecture, as we have seen. The
upper oors were undivided and measured approximately 5.5 m on a side.
Light entered the ground- and rst-oors via loopholes only, while the upper storeys were lighted by windows windows. Large stone slabs roofed the
building. The architecture of Kfellusin was thus distinctly Syrian in many

Fig. 3 Tower at Kfellusin (Butler, Princeton


Expedition, II.B. ill. 228).
15. B. Zissu, The Dovecote at Horvat Eleq, in Y. Hirschfeld (ed.), Ramat Hanadiv

Excavations: Final Report of the 1984-1998 Excavations, Jerusalem 2000, 617-627.


16. E.M. Husselman, The Dovecotes of Karanis, Transactions of the American Philological
Association 84 (1953) 81-91.

TOWERS, REFUGES, AND FORTIFIED FARMS

505

ways: the nely quadrated stone arches and corbelling is prominent in from
the Hauran to the northern regions. Its all-stone construction and size made
it a rather compact, but formidable building. Distinct though it is, Kfellusin
was not unique. At Serjible on the Jebel Siman, Butler recorded a large
tower over 17 m in height, comprising ve storeys. The Serjible tower was
thus both higher and more spacious than that at Kfellousin, but built from
the same limestone ashlar materials in one course that gave it a wall thickness of about 0.70 m. The interior of the Serjible structure differed from
the former example, with each oor divided into two rooms. The ground
oor contained a stable, and like Kfellusin, was lit only by slit windows,
while the second storey contained several windows and a corbelled latrine.
Despite the presence of a monastic complex at Serjible, Pea's belief that
the tower there served a religious purpose is uncertain. The tower stands
in isolation some 50 m from the monastery, and in light of the places
context and character, Butlers belief that the place was a tower-house is
probably correct.17
While the tower-houses are domestic dwellings rst and foremost their
defensive characteristics are apparent. The presence of loop windows in the
lower storeys, while the windows are found in the upper storeys, suggests
that the builders cared little that the ground oor received light (entirely
possible since it seems to have been a stable), and more for limiting access.
Anyone attempting to gain entry to the upper storeys would have had to
push their way through a heavy door, probably one of the ubiquitous stone
doors that still litter the landscape, then force entry to the dwelling space
above.
For whom and against whom were these dwellings fortied? Considering the total oor area of the upper storeys of Kfellusin, it could have
temporarily sheltered about a hundred people, and this implies about one
meter of space per person and that there were no active defenders attempting to strike at any attackers below; their being packed into the shelter in
such numbers would have offered them no freedom of movement. Kfellusin
could have served for such an emergency refuge and it has certain advantages over the conventional refuges known from the epigraphic record
described below. For one, towers required considerably less effort to build
than any sizeable open fort. The tower at Kfellusin, for example, required
on the order of 900-1200 man-days of labor to complete. A crude estimate
would put the labor required to nish a modest pyrgos, such as Tower C at
17. H.C. Butler, Publications of the Princeton Expedition to Syria 1904-1905 and 1909,

Division II Architecture, Section B, Leiden 1920, 230.

506

M. DECKER

Qasr al-Mharram described below, on the order of 1,800-2,400 man hours


to complete. Open forts with extended circuits would have required many
times this amount of labour. Beyond this fact, the brigands or nomads that
menaced those that sought refuge in a tower like Kfellusin, whether a handful of civilians or an entire village, stood little chance of breaching the
defenses. Their climbing over the walls, which was certainly a concern in
open refuges, was out of the question in the case of towers.
Clearly a tower like Kfellusin or Serjible was not intended to form
part of a coherent defensive network. Similar towers scattered throughout
the territory of the former diocese of Oriens bear no ofcial inscriptions
attesting a military function. Often multiple towers stood in each village,
and they were thus rst and foremost dwelling spaces, lookouts or, in times
of emergency, refuges for families and clans. When the Jews opposed to
Muhammad in Medina ed to their strongholds we must probably consider
the mud-brick equivalent of the Kfellusin and Sergible towers, still found
today in the Arabian Peninsula.18 In the latter case, the assailants were lightarmed Arab tribesmen without siege equipment; in this they were similar
to the Saracens famously described by Procopius, who, we are told, were
kept at bay by a small wall. Indeed, the circuit wall of the Byzantine city
of Aqaba was little more than a screen to keep out such raiders or wild
animals; its thickness of only about 1.6 m was certainly not intended to
withstand any kind of determined siege.19
While relations between semi-nomads and sedentary dwellers along the
Syrian steppe were largely peaceful, there were certain episodes of raiding
at which time towers would have provided the only refuge.20 The villagers
would have simply waited out any raid within the safety of the tower, but
unless only individual families were sheltered inside, there would have been
18. M. Watt, Muhammad at Medina, Oxford 1956, 209; D. Kennet - D. Connolly - F. Baker,

Ras al-Khaimah tower survey 1991-1992, Proceedings of the Seminar for Arabian Studies
26 (1993) 9-49.
19. Procopius, History of the Wars, trans. Dewing, Cambridge, Mass. 1971 II.xix.12; S.
Thomas Parker, Preliminary Report of the 1994 Season of the Roman Aqaba Project,
Bulletin of the American Schools of Oriental Research 305 (1997) 35.
20. On the nature of the threat and the debate of its severity see B. Isaac, Bandits in
Judaea and Arabia, Harvard Studies in Classical Philology 88 (1984) 171-203; D. Graf,
The Saracens and the Defense of the Arabian Frontier, Bulletin of the American Schools
of Oriental Research 229 (1978) 1-26; E.B. Banning, Peasants, Pastoralists, and Pax
Romana: Mutualism in the Southern Highlands of Jordan, Bulletin of the American
Schools of Oriental Research 261 (1986) 25-50; S.T. Parker, Peasants, Pastoralists, and
Pax Romana: A Different View, Bulletin of the American Schools of Oriental Research
265 (1987) 35-51; P. Mayerson, Saracens and Romans: Micro-Macro Relationships,
Bulletin of the American Schools of Oriental Research 274 (1989) 71-79.

TOWERS, REFUGES, AND FORTIFIED FARMS

507

Fig. 4 Kerratin pyrgos (Butler, Princeton


Expedition, II.B., ill.82).

no room for their possessions or cattle. These must have been hidden away,
removed from the village, or simply given over to plunder.
In central Syria, around the ancient city of Epiphania (Hama) in the
village of Kerratin (ancient Taroutia) a pyrgos (Fig. 4) dated by inscription to 509/510 measures about 12 m square and had 1.80 m thick walls
and slit windows.21 The Kerratin tower has a strong (about 3 m in breadth)
glacis at its base, implying that this towers primary intent was defensive.
At Qasr al-Mharram (about 20 km NE of Hama) Lassus recorded three
towers built in the mid-6th century.22 One of these (called Lassus Tower
B) has a lengthy inscription that dates the building to 551 and states that
the structure is a tower of refuge. Tower B measures 7.55 x 8.55 m and
has a glacis on the north and east sides only. Within it is divided into two
by a partition. The second tower at Qasr al-Mharram, Tower C (9.7 x
9.4 m) bore traces of attached buildings, and thus may not have originally
been isolated. Like that at Kerratin, the glacis of Tower C encompassed
the entire base of the building. Probably in 574, the three towers at Qasr
al-Mharram were joined by a fourth, then walled together to complete a tetrapyrgon. The date strongly suggests a building erected in response to the
Persian threat that struck the region in the devastating invasion of 573. At
al Burj (about 40 km north of Hama), a nearly identical structure, including
the battering wall, was noted by Butler.23 Dated by its lintel inscription to
21. Butler, Princeton Expedition (note 16 above), II.B., 75.
22. J. Lassus, Inventaire archologique de la rgion au nord-est de Hama, Paris 1935-1936,

143-50.
23. Butler, Princeton Expedition (note 16 above), II.B., 103; W.K. Prentice, Publications
of the Princeton Expedition to Syria Division III, Greek and Latin Inscriptions, Section B,
Northern Syria, Leiden 1922, no. 1058.

508

M. DECKER

A.D. 526, the tower measures approximately 11 m with an interior space


of approximately 5.60 x 5.20 m. The inscription calls this building a pyrgos
and metaton built in honor of Sts. Michael and Longinus, but offers no
names of the builders responsible.24
This cursory survey of the Syrian landscape shows that buildings which
are called pyrgos in the epigraphy are not obviously the work of the state
or its proxies (the Church, titled individuals) rather than private citizens
and were intended for community defense rather than the protection of individual families or clans. Some however, replete with scriptural references
and patron saints may belong to monastic or other ecclesiastic establishment, as I believe to be the case at Qasr al-Mharram. There does seem to
be a regional variation in patronage, with private individuals responsible
for the tower building in the limestone hills of the north, while the central
Syrian examples offer more frequent attestation to ofcials.25
Alongside the pyrgoi, there were other, larger installations in Syria
that existed outside of permanently manned limes forts that provided some
kind of protection. Although the word phrourion is often interpreted simply as a fort, these structures in some instances seem to have been fortied refuges rather than military strong points with permanent garrison.
Justinian built a phourion at Mokissos, and here, in the center of largely
demilitarized Anatolia, it seems more than likely that Procopius was referring to a rural place of refuge rather than a hardened permanent garrison.26
At Maan in north central Syria, a lengthy inscription attributes the building of the phrourion there to John, lamprotatos and Theodore, asekretis for
the emperor Justinian, who preserves all cities.27 Archaeologically, such
buildings are again attested on the ground in central Syria, in the al-Ala.
In form, phrouria were generally rectangular and open; the walled court
was where the citizenry found safety along with their animals. Examples
are known from epigraphic evidence from Taroutia, where a phourion was
built in 509 by John, who gave not titles but was apparently in imperial
service.28
24. L. Jalabet - R. Mouterde, Inscriptions Grecques et Latines de la Syrie: Tome IV:

Laodice. Apamne nos. 1243-1997 (hereafter: IGLS), 1610.


25. C. Foss, Syria in Transition, A.D. 550-750: An Archaeological Approach, Dumbarton
Oaks Papers 51 (1997) 235.
26. Procopius, De Aediciis Libri V, ed. J. Haury, Leipzig 1962, V.4.16.
27. IGLS, 1809.
28. IGLS, 1631; F. Trombley, War and society in rural Syria c. 502-613 A.D.: observations
on the epigraphy, Byzantine and Modern Greek Studies 21 (1997) 161-162.

TOWERS, REFUGES, AND FORTIFIED FARMS

509

Unlike the free-standing and attached towers of the Syrian and Palestinian countryside described above, the pyrgoi and phrouria are more massive
and sometimes indicate state involvement. They seem to be reexive, built
in response to specic threats. Although the context is urban, there are useful paralles in the high steppe of North Africa at Sbeitla, where a scatter
of blockhouses or fortlets occupies the former center of the Roman city.29
While substantially larger than those of North Syria, the structures at Sbeitla
were enclosed, roofed fortlets to which the town dwellers repaired during
the swift raids of Moors, which were certainly not uncommon local disturbances in the 6th and 7th centuries.30 These structures have space within
for cattle, and at least one example possessed livestock troughts (Fig. 5).
Contemporary olive presses lie next to the Sbeitla towers, indicating that
they offered cover to the inhabitants as they processed their harvests. The
defensive nature of the Sbeitla blockhouses can be inferred not only by
their massive construction, built as they were from robbed-out ashlars of
earlier Roman work, but also from their position within the inhabited center
of a town whose circuit was too large to be defensible.

Fig. 5 North fortlet, Sbeitla.


N. Duval - F. Baratte, Les ruines
de Sufetula (Sbeitla), 97).
29. The structures at Sbeitla are referred to by Duval and Baratte as fortlets: N. Duval - F.

Baratte, Les ruines de Sufetula (Sbeitla), Tunis 1973, 92-97. I use the term blockhouse
in addition to tower here to denote the rather low height and broadness along with their
enclosed nature.
30. Corippus, Iohannidos seu De bellis Libycis libri VIII, ed. J. Diggle - F. Goodyear,
London 1970.

510

M. DECKER

Although security must have been the dominant concern that led to the
construction of these buildings, they frequently had additional functions.
Many towers formed either part of a domestic living space, like those in
the Hauran southeast of Damascus at Subhiya and al Saya, or those found
in Umm el-Jimal in modern Jordan.31 Towered farmhouses, the primary
dwellings of agrarian owners (and perhaps wealthier tenants) are depicted
in North African mosaics and ubiquitous in the archaeological record of
the Roman East. They should, however, be distinguished from fortied
farms.32
The latter I restrict to buildings where defensive features not only appear, but dominate the aspect of the building. Some of the best examples
of these buildings are known from the eastern limes. Examples are known
from Palestine in the Nahal Saadon described below and al-Tuba in northern Syria. In addition, a strongly probable case exists at Stabl Antar in the
eastern territory of Apamea in central Syria, near the late antique village
of Androna (al Andarin).
Androna occupied a large basin that occupies the space between the
Palmyrene hills to the southeast, the Jebel al-Ala to the south, the Jebel
Bishri far to the east, and the Jebels Hass and Sbeit to the north. Within
this broad swathe of steppe lie numerous Roman-Byzantine settlements.
Androna preserves impressive remains, including a 6th-century kastron.
The kastron lies in the middle of the village and is a well-built, daunting
edice, measuring 80 m square. The fort is constructed of well-cut basalt
interspersed with bands of brick with an exterior wall-thickness of about
one m of well-dressed basalt. A portico runs on all sides of the interior of
the structure, and a chapel dominates the interior space of the barracks.
Recent excavation has uncovered surprising archaeological pretension, including the remains of wall paintings, mosaics, and marble revetments.33
Although there is no record of the military garrison stationed there, Trombley suggests that an arithmos of 300-400 men may have been barracked
there. The nal publication of the Heidelberg team will provide the nal
31. Butler, Princeton Expedition (note 16 above), II.A., 137-142; 123.
32. I know of no precise Greek term for such a fortied farm; the closest is perhaps baris, of

uncertain origin, used to describe several rural fortied compounds in the Hellenistic period,
relics of which remain as placenames in Anatolia; L. Robert, Noms indignes dans lAsieMineure grco-romaine, Paris 1963, 15; C. Schuler, Lndliche Siedlungen und Gemeinden
im hellenistischen und rmischen Kleinasien, Munich 1998, 72-73.
33. C. Strube, Excavations and survey at el Anderin/Androna, Syria: The work of the
German team, in XXe congrs international des etudes Byzantines: Practes, 3.217, Paris
2001.

TOWERS, REFUGES, AND FORTIFIED FARMS

511

Fig. 6 Androna
kastron AD 558
(Butler, Princeton
Expedition, II.B.
Plate VIII).

answer to this question. Whatever the nature of the soldiers stationed there,
the presence of the kastron and the outer defenses of the substantial circuit
walls would have presented, if properly manned, a substantial, defensible
refuge for the inhabitants of the village and its environs. The position of
Androna, on one Roman route linking the dux at Chalcis with the dux of
Phoenicie Libanensis at Palmyra, was strategic, but not vital in the scheme
of defense against the Persians, as the Sasanian army never approached the
limes through the Syrian desert, although their Lakhmid allies did.34
The fort at Androna (Fig. 6) was erected over a period of one year and
ve months in 558-559 through the patronage of the locally-born (though
perhaps not locally resident at the time of construction) wealthy notable
named Thomas.35 The lintel of the chapel within the fort was laid by a
certain John. An inscription recovered within the chapel at Stabl Antar
also preserves the name John.36 Possibly this John was none other than the
technites who laid the lintel in the church in the kastron at Androna.
34. Malalas Chronographia, ed. L. Dindorf, Bonn 1831, 441; translated E. and M. Jeffreys

- R. Scott, Melbourne 1986.


35. Trombley, War and Society (note 25 above), 170-172.
36. IGLS, 1645.

512

M. DECKER

The most devastating incident for the limes region around Apamea and
Chalcis occurred in 573. Apamea was sacked, and the captives from the territory and the city were said to have numbered 292,000.37 An early Roman
census recorded a population of 117,000 at Apamea, and given the size of
the city, a city whose remains occupy approximately 3 km sq, with a vast
territoria that supported an urban and sub-urban population of 400,000500,000, the gure of captives in 573 is not impossible. Whatever the exact
number of prisoners, the sack of one of the greatest cities of the east and
the deportation of thousands of captives to Persia was a tremendous blow
to the regions social and economic fabric. Trombleys astute survey of the
epigraphic evidence points to severe trauma in city and countryside due to
the Persian incursion: only four building inscriptions in Syria II are dated
574-591.38 One of those inscriptions is from Stabl Antar (577/578).
Stabl Antar (Fig. 7) must have been built in reaction to the Persian attack of 573, while the kastron at Androna (A.D. 558) was perhaps part of
a long-term response to the attacks in 540-44 and continual unease along
the frontier. If this is the case, what was Stabl Antar supposed to protect?
The settlement of Androna seems the obvious answer, but why create another fort, less than 10 km, when the village already possessed a new and

Fig. 7 Stabl Antar Plan (Butler,


Princeton Expedition, II.B., Plate
XI).

37. F. Cumont, The Population of Syria, Journal of Roman Studies 24 (1934) 187-190;

F. Millar, The Roman Near East 31 BC-AD 337, Cambridge, Mass. 1993, 250.
38. Trombley, War and Society (note 25 above), 178.

TOWERS, REFUGES, AND FORTIFIED FARMS

513

well-built strongold? There is also the issue of location. Stabl Antar, on


the shoulders of the jebel, does not even command a view of Androna. It
is not in visual communication with the town, though signal res probably
could have been seen from one place to the other. Lying as it does, south
and west of the kome, it is difcult to see in Stabl Antar a fort meant to
safeguard Androna from the west, should the Persians come by way of Apamea, an unlikely scenario even ve years after the sack of Apamea. Two
approaches along the Androna-Apamea axis were proposed by Mouterde
and Poidebard.39 The northern route passed around the edge of the escarpment and was safeguarded by a post at Abu Hanatej. The second route,
which branched to the south passed around the jebel below Stabl Antar and
was guarded by another proposed fort at Tell Halawa. Both of these positions lay on the Apamean side of the jebel. Stabl Antar lay between them,
on no known road, which makes its defensive purpose even more ambiguous in relation to communications routes and settlement. If Apamea was
ultimately to benet from the fort at Stabl Antar, one would perhaps expect
the place to have been placed at a position nearer to the road running from
Apamea to Androna which any Persian force would be expected to make
use of in the event of invasion. Thus, Stabl Antar lay in a spot seemingly
ill-chosen to mount a defence of the approaches to Androna in the event
of a Persian attack on the limes of Chalcis from the north or the west, the
two most likely invasion routes. In the event a Persian army advanced to
Androna and proceeded to Apamea (or vice versa), Stabl Antar was little of
an impedence, situated as it was approximately ve km from any road.
There are similarities in plan between Stabl Antar and the kastron at
Androna. Both have churches within, and interior porticos, though that at
Androna is smaller than the kastron at Androna. For Stabl Antar to have
accomodated a full-strength arithmos with their mounts is possible as there
would have been room for the men, but the horses and equipment would
have been another matter. A full-strength cavalry unit would have required
at least 300 horses and that is an extreme minimum, allowing for no remounts. The horses would have to have been kept elsewhere. Secondly,
while projecting towers were not a universal feature of forts of this period
in Syria, the lack of corner towers at Stabl Antar is puzzling. With the models of Idjaz, al-Habbat and Androna close to hand, all of which possessed
projecting corner towers that rendered them substantially more defensible,
why did the builders of Stabl Antar eschew their use?
39. R. Mouterde - P. Poidebard, Le limes de Chalcis: organisation de la steppe en haute

Syrie romaine, Paris 1945, 63.

514

M. DECKER

It seems that Stabl Antar was not a garrison at all, but rather meant as a
place of refuge for a powerful local landowner, his dependents, and probably local villagers as well. The building and its environs offers a number of
clues about its function. Mouterde and Poidebard noted three long parallel
galleries, which they interpreted as either stables or granaries. These were not
visible to me 1999-2000 during my surface prospection of the site. Mouterde
and Poidebard further noted a walled enclosure surrounding a vast zone
of land, which they interpreted as intensively cultivated gardens. Similar
enclosures were found at the nearby grand estate center of Qasr Ibn Wardan
(built 561-564) and at Qubet Able, and Rasm el-Ahmar, all sites visited by
the Princeton Expedition.40 Butler noted that the upland west of the fortress
at Stabl Antar attens out over approximately ve miles (~ 8 km), and his
assessment that much of this upland could have been cultivated was borne
out by my visit to the site. Traces of ancient terraces immediately to the south
of the site survived in 1999-2000, but they were being rapidly destroyed by
modern agriculture. In light of the lack of scientic survey, the relationship
of the fort to the remains of these agricultural systems is uncertain, but given
the frequently good state of preservation of Late Roman-Early Byzantine
remains around Hama, there is a fair degree of probability that the terraces of
1999-2000 and the agricultural enclosure noted by Mouterde and Poidebard
belonged to the establishment at Stabl Antar. These agricultural installations
are inconclusive. Such a place was presumably manned by limitanei, but
by the late 6th century, their ranks were seriously depleted or perhaps even
disbanded by Justinian.41 Isaac has debunked the notion of the limitanei as
soldier-farmers (or farmer-soldiers).42 Those soldiers garrisoned at Nessana
certainly owned land, but it was as landowners that they functioned in society, not as georgoi working the land themselves.43
More importantly, the ground plan of Stabl Antar does not suggest that
it possessed a primarily military role. Anastasian-Justinianic forts in SyriaPalestine are known in some number. Qasr Hallabat in Jordan (Palestine
II), for example, was an Anastasian foundation. Neither Androna, nor the
fort at Idjaz (546/547) nor that at al-Habbat (556) have much in common
with Stabl Antar. The plan of Stabl Antar, with its tower-anked entrance
and L-shaped interior portico bears little resemblance to other eastern forts.
40. Butler, Princeton Expedition (note 16 above), II.B., 64.
41. Procopius, Anecdota, trans. Dewing, Cambridge, Mass. 1971, xiv.13-14.
42. B. Isaac, The Limits of Empire: The Roman Army in the East, revised ed., Oxford 1992,

208-213.
43. C. Kraemer, Excavations at Nessana III: Non-literary Papyri, Princeton 1958, 20.

TOWERS, REFUGES, AND FORTIFIED FARMS

515

Fig. 8 Tell Nador (from Anselmino


et. al. 1989).

It does, however, bear a strong resemblance in both size and interior organization to the Late Roman fortied farm site of Tel Nador in modern
Algeria. Like Stabl Antar, Nador is has a massive faade with exterior walls
constructed in ashlar. Nador also possesses towers on each corner of the
faade and a gateway anked by two towers and is of roughly comparable
size. The interior arrangement (Fig. 8), with the L-shaped portico on two
sides, strongly-resembles that of Stabl Antar. Nador was itself thought to
have been a fortress, but excavation has revealed that Nador was a largely
agricultural building, which in the 4th-century formed part of a farming
estate belonging to M. Cincius Hilarianus.44
Without scientic survey and excavation, it is impossible to draw any
rm conclusion about the function of Stabl Antar. In view of the position,
form of the structure and comparanda from the region, it seems that Stabl
Antar was probably part of the estate of a local wealthy individual, who
probably resided elsewhere, perhaps Apamea. The building of Stabl Antar
was likely a reaction on the part of the magnate to the sack of Apamea in
573 that sparked concern for his lands lying around Stabl Antar as well
as for the local inhabitants, many of whom were likely to have been his
tenants. The presence of Stabl Antar offered both a stronghold for those
attached to the landholder personally, a safeguard for the products of his
estate, and also likely a refuge for those living around in times of crisis.
44. D. Mattingly - J.W. Hayes, Nador and fortied farms in North Africa, Journal of

Roman Archaeology 5 (1992) 408-418; L. Anselmino, Il castellum del Nador: storia di una
fattoria tra Tipasa e Caesarea (I-VI sec. d.C.), Rome 1989, 202-210.

516

M. DECKER

Conclusion
Thousands of free-standing towers were built in antiquity in the Levant.
Although their presence has been widely noted, the range of uses and the
potential that a thorough study of these structures has in elucidating settlement patterns, land use, and security, has yet to be fully developed. From
two synthetic studies it has been demonstrated that a burst of tower building activity was associated with the colonization efforts of Hellenistic
kingdoms.45 The vast majority of towers seem to have been private, and
hundreds or even thousands dotted the villages of the late antique east;
Butler noted that the small settlement of Umm al-Kutten had seven towers
alone, all built of well-dressed basalt. In some cases these towers, whether
they were free-standing or part of an ensemble, were simply storehouses,
secure centers for keeping equipment, wine, oil, or grain. In other instances
towers were multi-purpose, with bottom oors for stables and upper storeys
devoted to living space. That these towers were intended as permanent or
long-term residences rather than simply seasonal shelter is indicated not
only by the tremendous effort expended in building them, but also by the
fact that many possess latrines and occupy a space sufcient for a large
family to have lived indenitely.46 Other civilian functions that towers possessed were as houses for oil and wine presses or as columbaria. Finally,
civilians used towers as refuges during bandit raids or as lookouts. This was
particularly the case in the plains, as in the Syrian Hauran, where many
villages had multiple towers that served this lookout function along with
any one or more of the others just noted.
Scale does tell something of the nature of these buildings. Small towers, those of just two meters or so on each side, were often simply lookouts or small storehouses. They lack the space to be full-time residences
and almost never have lighting. Large towers of six or seven meters on a
side were relatively common, and these tended to be permanent residences
that could offer vantage points to overlook crops and herds, often had
their own stables on the ground oor, and gave the inhabitants considerable security. This type of free-standing tower is found both in private
contexts, as at Kfellusin, or ecclesiastical, as at Qasr al Banat or Qasr

45. S. Dar, Landscape and Pattern (note 9 above), 113; S. Durugnl, Trme und Siedlungen

im Rauhen Kilikien: eine Untersuchung zu den archologischen Hinterlassenschaften im


Olbischen Territorium, Bonn 1998, 125-128.
46. Butler, Princeton Expedition (note 16 above), II.B., 234.

TOWERS, REFUGES, AND FORTIFIED FARMS

517

al Deir.47 Many similar examples were incorporated into churches (Burj


Haidar) and farm houses (Behyo and Dalloza).48
It is interesting to note that none of the towers from north Syria dated
on epigraphic grounds are earlier than the 5th century. If towers were structures on which the vanguard of settlement into insecure country existed,
this evidence is difcult to reconcile with what we know of the frontier districts, particularly around Chalcis and Antioch. One would expect that these
buildings, with their defensive elements, would have formed the backbone
around which settlement eshed out. Although these towers may have replaced earlier, less durable structures, they may reect a growing concern
for safety in the 6th century. But there is at rst glance little correlation
to settlement expansion and the need to secure these villages in a hostile
frontier zone. Rather, the dated towers suggest, unsurprisingly, I think, that
security was always a paramount concern. Thus, we nd towers erected in
the 5th and 6th centuries, which is fairly late in the settlement history of
the region. It seems that these free standing stone rural towers were part of
the fabric of village life from at least the Iron Age onward.49
In the case of the pyrgoi, and phrouria, and fortied farms, possible
links between regional outbursts of violence and their construction is somewhat easier to correlate. As Tchalenko noted, the villages of the hill country
around there fronted the steppe and thus were exposed to nomadic raids,
however infrequent. The Persian Wars may have in fact sparked the building of the pyrgoi at Kerratin in 509/10, since Anastasiuss Persian War had
ended in 506, while that at Al Burj, built in 526 may well reect insecurity around the time of the First Persian War under Justinian, in 526-32.
The danger of attacks by Saracens would have certainly been obvious
after Mundhirs dramatic raid of 529 which carried him to the walls of
Antioch, very near many of the structures examined above. The phrouria
seem also to reect the troubles of warfare between Rome and Persia; that
at Maan was built in 547/8, just after the cessation of the Second Persian
War (540-545).
If the towers in the eastern Mediterranean are of fundamentally two
types, the one organic to settlement in an agro-pastoral landscape and the
second a rising in reference to external and internal threats to the security

47. G. Tchalenko, Villages antiques de la Syrie du Nord: le massif du Blus l'poque

romaine, Paris 1953-1958, vol. 1, 30, n.3.


48. Butler, Princeton Expedition (above note 16), II.B., 163-176; 288-293; 133-136.
49. See discussion in Dar, Landscape and Pattern (note 9 above), 120-125.

518

Fig. 9
g. 61).

M. DECKER

Nahal Saadon Fortied Farm (Hirschfeld, Farms and Villages,

of the population, then the fortied farms appear to belong to two broadly
similar sets of circumstances. The fortied farm is not an altogether unknown in the late antique east, but it is a rare creature. Only a handful of
structures in the material record have been identied as fortied farms and
these, as with my arguments for Stabl Antar, are circumstantial and relatively tenuous. We are on rmer ground in this identication with a group
of farms in the western Negev around Saadon have a tower at the core,
at least one of which is strengthened by a glacis, the best of preserved of
which measures 7.4 x 8.6 m (Fig. 9).50 Clustered around the fortied dwell50. Y. Hirsched, Farms and Villages in Byzantine Palestine, Dumbarton Oaks Papers

51 (1997) 59.

TOWERS, REFUGES, AND FORTIFIED FARMS

519

ings near Saadon are dwellings and farm outbuildings, such as sheds and
folds. These Negev farms resemble the Tripolitanian fortied farms (gasr,
pl. gsur). Gsur typically possess a solid, heavy-walled closed building.
They are generally surrounded by ancillary agricultural and pastoral structures, and many have traces of domestic settlement grouped around them.
The gsur seem to represent a considerable shift in both the density of settlement, the agents controlling the land, and, in some cases, a chronological
divide between the earlier farms of the Roman period and the later fortied
farm settlements, which tended toward nucleation and probably indicate a
resurgence of non-Roman elites on the soil.51
In Syria-Palestine there is at present no evidence to suggest such a
chronolgical gap, but the question of ethnicity and changes in land tenure
raised in discussion of the Libyan gsur is valid to consider for Syri-Palestine as well. The remains of farms like those from Nahal Saadon are
interesting in part because of their location at the limits of settled life, and
we cannot rule out the arrival of new landholders from neighboring Arabia,
where the qasr, a towered compound and enclosed courtyard, were ancient
and durable parts of settled life. We see the coming of Arabic speakers
into the fringes of Syria and Palestine where they began to settle in some
number in Late Antiquity, and the fortied farms in the Negev, in particular
may reect the inuence of landowners recently arrived from the Arabian
Peninsula or Syrian desert.52
In other instances, it seems to me that the fortied farms in the East
represent pioneer settlement in the Late Roman period by an elite seeking
new lands to exploit in an area far beyond the traditional territory of the
larger cities, and removed from most of the apparatus of state control and
security. I am inclined to accept Mouterde and Poidebards dating of the
fortied farm at al Tuba (3rd century?), which would make this compound
an outlier of settlement. In other words, I envision Aurelios Bellichos as
characterizing an elite opening of the steppeland to settlement around this
time. Within an underpopulated landscape along the Barbarian Plain, it
is easy to see the need for defensive structures of the sort at al Tuba, if
for nothing more than to keep out wild animals and to shelter livestock at
night. In all likelihood, al Tuba represents what, to my mind, is the paradigm fortied farm: a remote estate center controlling a large rangeland in
open, relatively wild country.
51. D. Mattingly, Tripolitania, London 1995, 202-207.
52. R. Hoyland, Arabia and the Arabs from the Bronze Age to the Coming of Islam, London

2001, 236-237.

520

M. DECKER

Finally, some fortied farms were built later in the settlement history of
the eastern frontier. They are represented by Stabl Antar, which, assuming
my identication of its function is correct, seems to reect prominent landowners concerns about major specic threats in the form of enemy raids.
Although the date of the building in 577/78 reects the reaction of the Apamean rural population to the devastating invasion of the Sasanians in 573,
the impetus was apparently local and unofcial. In the future, archaeological work on these structures will iron out the issues of frontier settlement
and security, but there are a number of other questions that such study will
repay, such as the semiotics of elite control as expressed in architecture,
and the little explored but probable bridge between the form and expression
of these late antique compounds and later architectural expression, such as
the Umayyad Desert Castles.
Michael Decker
University of South Florida

A JEWISH INTAGLIO
FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

G. Cravinho - S. Amorai-Stark

Introduction
In the course of compiling a Corpus of Greco-Roman gems discovered
in Portugal, Graa Cravinho came across a nicolo intaglio in Dr. Delmira
Mas collection. It is engraved with a pronounced Jewish device: a
Menorah anked by ritual objects (Fig. 1). The Menorah intaglio is one
of 18 Roman engraved glyptic pieces in the collection (Neves 1971: 90,
n 18).1 To date the overall tally of glyptic nds from Ammaia consists
of 27 items.
The collection consists chiey of Roman artifacts. It was amassed from
the early 20th c. at the latest (A. Mas 1913: Dirio de Notcias, August
8; O Sculo August 13 newspaper articles, in Neves 1971: 12, footnote
1) by Mr. Antnio Mas, Dr. Delmiras father. The familys ancestral home
is located in the town of Portalegre, some 15 km from ancient Ammaia
(present day Aramenha). Most of the objects in this important collection
were surface nds, mainly by local people who found them while working
in the elds on the site of Ammaia. The Menorah nicolo was discovered together with another nicolo depicting a lyre device (Fig. 2) by a local worker
while he was engaged in digging irrigation canals. Both stones, found at
the same locus, were brought to A. Mas on the same date.
Another 3 gems are said to come from Ammaia or from its suburbs (a
cornelian now in the Museu Nacional de Arqueologia inv. 597, with a dolphin
device; two stones, set in golden rings, in the Barreto collection: a black onyx
depicting a running goat, from the suburbs of Marvo, which is situated on
top of the hill above Ammaia; a sardonyx with the device of a charoteer in a
biga, from a farm near Castelo de Vide, a small town near Aramenha which,
at Roman times, was in the Civitas Ammaiensis (Map. 1).2
1. Josefa Conceio Neves 1971 dissertation on the Collection mentions 19 glyptic items.

Her No. 2 in plate 1 is a Modern Art Nouveau piece. Therefore, the number of ancient
glyptic items in this collection totals 18 specimens.
2. For origin and description of all Ammaia gems cf. G. Cravinho, Glptica Romana em
Portugal, forthcoming Doctor Dissertation to be presented to the University of Santiago de
Compostela.
LA 56 (2006) 521-546; Pls. 33-36

522

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

Six other gems come from an archaeological excavation still in progress,


headed by Joaquim Carvalho. They were found in a single locus,3 thereby
indicating that the site of Ammaia is indeed a rich glyptic site from which
the earlier collected sporadic glyptic nds come.
Although the Menorah gem does not come from an archaeological dig,
its sites origin, as well as that of the other glyptic pieces in Mr. Antnio
Mas collection, is therefore well conrmed.
Description
Device
A seven-branched candalebrum (Menorah) with tripod base: its branches
are curved and plain, ending with light ttings, short lamps and ames.
The ames are symmetrically arranged: three left side ames and three
right side ames bent to center; uppright central ame. Realistic open palm
branch (lulav) on right; curved rams horn (shofar), with at bulging top
appearing like a bent nail and a realistic citron (etrog) with short stem and
two leaves on the left. These are undoubtedly Jewish symbolic devices.
Formal characteristics and spatial meanings
The shape of the Menorah nicolo, as of the Lyre nicolo found with it, is of
a popular Roman type shape F4 (Henig 1994: g. 1, page XXV), that is,
a gem with at top and base and angled sides. Both likewise present large
elongated central symbolic devices engraved on vertical axis on top of a
light blue layer; darker blue-brown layers encircle the motives as frames
and form the gems lower layers.

3. The excavation has continued since the late 20th c. under the auspicious of the Ammaia

Foundation and supervision of the Universities of Coimbra and vora. We examined these
6 glyptic pieces and the few other jewelry fragments found by this excavation within a
water tunnel of the Ammaia therma (Bath-House) in June 2005. To date only a very small
part of the Bath-House water tunnels has been excavated. Aside from other considerations
and constraints major parts of the baths water system is covered by a major road and by a
grove of protected trees. Of these 6 unpublished glyptic pieces, 1 is a nicolo intaglio (with
a herdsman device), 1 a nicolo paste intaglio (with a warrior?) and 1 a nicolo glass paste
cameo. The other 3 are intaglios: 1 a carnelian (with a sow), 1 a sardonyx (with a Muse)
and 1 a red jasper (with a warrior).

A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

523

Formally, the two intaglios differ from each other only in few unimportant details. The Menorah stone is of larger dimensions (12.3 x 10.8 x
3.7 mm) than the one with the musical instrument (9.6 x 7.0 x 2.5 mm). Its
motifs basic engraving lines are cut into the same light-blue of the surface,
whereas the cuts forming the lyre reach the lower darker blue layer and
thus its motif contrasts strongly with the upper light-blue surface.
The design of the Menorah intaglio differs from that of the lyre intaglio
because the rst renders a central large object with three secondary objects
while the other presents a single object.
Their engraving technique and style is similar. It is an austere linear
engraving style in which the basic modeling is with a medium size rounded
drill and few detailing with long thin wheel grooves. In both specimens the
few thin linear details appear on the basic modelling as very thin to thin
decorative lines. For example, on the lyre body 1 continuous detailing line;
on the body of the citron fruit 3 short secondary lines; on the Menorahs
ames very short thin secondary lines, and on part of its central brunch
1 thin decorative line. Both techniques are typically Roman but the one
using wheel grooves to produce an overall austere linear design of devices
and symbols with few detailing or no detailing are more typical of Late Roman-Early Byzantine period intaglios than of earlier Roman ones (Maaskant
Kleibrink 1978: No. 858; Boardman and Scarisbrick 1977: No. 83; Henig
and Whiting 1987: No. 67; Amorai-Stark 1993: Nos. 121, 124). However,
these styles are particularly common on magical gems depicting symbols
and gural motifs.4 These magical stones date chiey from the 2nd c. A.D.
onwards (Maaskant Kleibrink 1978: Nos. 1141, 1125, 1127; Philipp 1989:
Nos. 7, 31, 51, 104, 113, 121, 128, 136, 155, 168, 179, 187, 188, 193, with
references. Compare in particular 113c, 128c, 179b, 187, 188, 193). When
a single symbolic object is rendered on non-magical Roman intaglios, the
sacred object is usually depicted with greater feeling of volume than the
austere linear single musical object rendered on the Ammaia nicolos, and
with greater detailing (for example cf. Henig and Whiting 1987: No. 219;
Maaskant-Kleibrink 1978: No. 439; Invernizzi 2004: III, 0930-0952).
Vestiges of metal remain within the basic modeling engraving lines of
both stones (Figs. 1b and 2b). Unfortunately, neither intaglio could be submit4. The linear engraving style of both Ammaia gems differs greatly from various engraving

styles of lantique intaglios manufactured at Italian, English and other European Modern
(16th-19th c.) workshops. Their output commonly renders devices with much more round
basic modeling, and more detailing than that of the Menorah and lyre Ammaia nicolos, and
depiction of single or more symbolic objects is rare (Brown 1997).

524

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

ted to chemical analysis by a powerful microscope to ascertain whether these


yellow metal remains are of bronze or gold.5 Because no vestiges of metal remain on sides or undersides of these stones, the vestiges in their grooved tops
are unlikely to be remains of their metal rings, pendants or earring frames
settings. Substantial gold and silver particles were observed within grooves
of hard microquartz gemstones from the Eastern Roman empire (Rosenfeld,
Dvorachek and Amorai-Stark 2003). Although similar studies investigating
microquartz intaglios from the Western Roman empire are wanting, it is
likely that this practice was followed also by intaglio workshops situated in
the West. This is because people adorned with intaglios traveled within the
Roman empire, and thus clients and engravers in the West were probably
also familiar with silver or gold decorated intaglios; some Roman intaglio
engraving styles and forms were universal, or copied by artisans located in
faraway regions from the empires city center such as Rome or Alexandria;
and there is no indication that intaglio craftsmen in the Western part of the
Roman empire worked in different techniques from those practiced in the
East, or favored less fully detailed, less decorative gems. Thus, it is highly
plausible that the yellow metal within the linear grooves of these 2 Ammaia
nicolos is intentional and intended to emphasize the engraved symbols. Their
prime purpose is decorative: to contrast blue and yellow, two prime colours,
thereby helping to clearly differentiate the devices from their background.
The secondary purpose was doubtless a symbolic one: by presenting goldlike objects on a blue background the symbolic meaning of the gold-like
objects on a blue heaven-like (?) background was stressed (see below).
Representation of symbols on a at, unied background as rendered in
the case of the Ammaia Menorah and lyre intaglios is typical of the vast
majority of Roman symbols depicted on at tops intaglios. This characteristically Roman intaglio spatial representation is not the impressionistic
modality of Greco-Roman painting, which has been dened as subjective
perspective. The latter is only occasionally found on Roman gems. Nor is
it the purely non-illusionist inverted perspective, often seen in Byzantine
depiction of topics which were considered as supernatural (Posek 2005: 29).
Like other Roman nger rings intaglio devices that present symbols, the
Menorah and lyre could be viewed directly on the stones and at the same
time in negative as impressed designs. Therefore, in each case, the spatial
5. For example, by a high microscope such as a KEOL 840 SEM (Scanning Electron Micro-

scope) equipped with an energy dispersive spectrometer (EOM). No such microscope exists
in a Portuguese laboratory and a permission to take the intaglios to a laboratory outside of
Portugal was not obtained.

A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

525

illustration of the symbols presented frontally on a unied background in


the same linear engraving style is connected to the effect of inverted perspective associating it with the theological concept of the spiritual validity
of sacred images.
On the majority of Roman intaglios depicting symbols on a monochrome background, the symbols themselves are presented with an attempt
to reproduce the classical notion of correct bodily proportions, and when
animal symbols are employed, these are rendered also with movement.
When devices of Roman intaglios consist of symbolic object/s with vegetal
symbols, or combined animals/birds/objects with vegetal symbols, each is
rendered in its clearest physical appearance and anatomical proportions, in
a perfect or imperfect symmetry of the design. Absence of clues as to the
environment at which these Roman object symbols are placed on intaglios
precludes an illusion of space, even in pre-3rd c. A.D. examples, in which
overlapping of objects and/or animals occur frequently. The conventional
addition of a ground line, a common feature in glyptic depictions of gural
and animal subjects, is usually missing from Roman glyptic rendering of
object and vegetal symbols. In the majority of these instances, the symbols
seem to oat in space (Boardman and Scarisbrick 1977: No. 53; Maaskant
Kleibrink 1978: Nos. 729-31, 1000-3; Henig and Whiting 1987: Nos. 316,
321-4, 329; Amorai-Stark 1993: SBF Nos. 121-7; Invernizzi 2004: III, O9
MO Greco-Roman sealings from Seleucia on the Tigris. And from Portugal and the Iberian Peninsula: Viana 1953: 237, Fig. 1; Cardozo 1962:
No. 9; Graa and Machado 1970: Nos. 19-20; Viegas, Nolen, and Dias
1981: est. LXXIX, No. 1; Luzon 1982: No. 5; Casal 1991: Nos. 26, 62-5,
113, 115, 180, 418-9, 423-4, 426-7, 462-5, 468-74, 477, 479, 482, 485-6;
Ponte 1995: Nos. 243, 245-6; Cravinho 2000: est. I, Nos. 6-7; Cravinho and
Casal 2002: Nos. 14-5, 25, 27; Lopez de la Orden undated: Nos. 179-80;
185-9; 193-8, Nos. 191-2 astral symbols. Further examples from Portugal
to be published by Graa Cravinho in her forthcoming Glptica Romana
em Portugal: 1 from Idanha-a-Velha; 2 from Borba or Estremoz; 18 from
Alentejo or Algarve; 3 of unknown provenance.)
The layout of the Menorah with its 3 ritual emblems on the Ammaia
nicolo presents an imperfect symmetry: a single large central ritual object
anked by a single smaller ritual object on one side and 2 similarly small
ritual objects on the other. This rendering is based on similar imperfect
rendering of symbols in Roman glyptic where a perfect pattern might be
expected.
This imperfect symmetrical layout of the Menorah gem echoes glyptic
layout of symbols on some Roman intaglios. But at the same time its basic

526

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

formal traits are predominantly characteristics of Roman-Byzantine Jewish


art. That is to say that when such spatial arrangement and linear austerity as
those exemplied by the Ammaia Menorah gem are combined in a single
artwork these formal traits are in particular a feature of ancient Jewish art,
and when the Menorah with its secondary objects is rendered in this layout
it is not only a matter of depicting a Jewish motif but also a formal feature
typical of post-Second Temple Jewish Art. Thus, the linear rendering of
the Jewish symbols on the Ammaia gem reects the overall preference in
ancient Jewish art for linear design on a blank background and belongs to
it. The spatial representation of its symbols in particular reects the typical
ancient synagogue decorations rendered on a blank background in imperfect symmetry, which show in general non-classical traits in design.
Poseks analysis in his reveling article on Jewish artifacts and art works
Towards a Semiotic Approach to Jewish Art (2005) shows that Jewish
artworks were typied by formal traits, which dene their semantic meanings. When they represent non-gural symbols (as well as gural scenes)
the images were always easily understood, but the representations are never
realistic, the reciprocal relations of the objects are disregarded and there
is no attempt to render their spatial environment (Posek 2005: 50). When
Jewish object symbols are thus rendered or when these sacred objects are
combined with a Jewish scene in a single artwork and thus rendered in
imperfect symmetry, it militates against any suggestion of empirical reality. For example, in the Dura Europos synagogue the sacred symbols
(gold Menorah with 2 ritual symbols to left of a central symbolic Temple
of Jerusalem) and the additional Biblical scene (the earliest known depiction of Issacs sacrice anking the Temple on its right) are rendered in
an austere linear manner on a unied blue background (Posek 2005: 35,
g. 5). This apparent suspension of symbols and gures in non-articulated
space is found not only in the Dura Europos main fresco panel placed
above the synagogues holy niche but also on mosaics and other ancient
Jewish depictions of scenes composed in an incongruous setting of holy
symbols, and renderings of symbols together with scenes or of sacred nongural symbols. The rendering in ancient Jewish gural scenes commonly
lacks interest in the physical reality and the gures normally appear as if
suspended in a non-articulated space. This apparent suspension in their
non-articulate vacuity indicates that both symbols and gures belong to a
different, non-realistic, sphere of reality. This modality may suggest not
only the traditional Jewish fear of an image or symbol becoming an object
of idolatrous worship and thus is intended to prevent a devotional attitude, but it also suggests that what is represented transcends reality (Posek

A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

527

2005: 31, gs. 2, 5). Thus, in early Jewish rendering of scenes, and of
scenes combined with symbols the imagery conveys also the suggestion
of timelessness (Posek 2005: 38, 6-8). The anti-realistic effects of Jewish
scenes suggest a deliberate differentiation of the pictorial representation
from what it represents, thereby conveying the suggestion of timelessness
(Posek 2005: 50). The same conclusion applies also to representations of
sacred non-gural Jewish symbolic objects rendered on blank backgrounds.
It is particularly apparent in compositions of Jewish non-gural arrangements of sacred objects rendered in imperfectly bilateral symmetry with
formal irregularity depicting two Menorahs anking the destroyed Temple
of Jerusalem, thereby commemorating it and the cessation of the sacred
liturgy, a typical modality of synagogue mosaic pavements from the Land
of Israel (Posek 2005: 39-45, gs. 9-12).
The modality of the single Menorah motif with 3 ritual emblems, of
which the Ammaia intaglio is an example, is not discussed by Posek. However, there is no doubt that it derived from the ancient Jewish asymmetrical
dual depictions dating from the Roman period. By presenting the single
central Menorah itself in perfect symmetry with its ames converging to
center, the design of the Ammaia Menorah reects earlier and concurrent
depictions of the Menorah based on the symmetrical physical form of the
sacred Menorah, which also promotes a sense of order and harmony. But,
by representing 2 of its ritual symbols on one side of the symmetrical
Menorah, and a single emblem on its other side in asymmetrical layout
it also shows its dependency on Israeli and latter also Diaspora renderings of the dual Menorah anking a central motif, where each Menorahs
ritual emblems are asymmetrical. Asymmetry was perceived as representing an impermanent, accidental, and potentially changeable situation. The
combined message of symmetry and asymmetry was apparently meant to
indicate the visionary character of the Ammaia Jewish non-gural sacred
objects. Thus, the meaning of the spatial design of this intaglio presents
the same basic symbolic layout of each of the dual Menorah with ritual
emblems in the panels with the central Temple of Jerusalem but in a more
condensed form. Its formal meaning expresses the same basic ideology
as that of the more sophisticated combinations of bilateral plan symmetry
with asymmetrical details found on the Dura Europos panel and the dual
depictions of 2 Menorah anking a central Temple of Jerusalem shown
on mosaic pavements. The choice of rendering this motif on a blank blue
unied background exemplied by the Ammaia nicolo enhances in this
intaglio the ideological meaning of the motif, and in this relates directly to
the blue background of the Dura Europos fresco. If the metal vestiges in

528

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

the engraving of the Ammaia Menorah are indeed of intentionally painted


metallic gold/yellow, the indirect dependency of this intaglio on the Dura
Europos main panel Menorah, or more likely on the original modality of
which the Dura Europos Menorah panel is an expression, is even greater.6
The basic spatial meaning of the motif in this intaglio, as well as of
the other Jewish artworks with the same or similar symmetrical spatial
arrangement with asymmetrical details, is the belief in the impermanence
of the Jewish situation without a Temple in Jerusalem and its potentially
changeable situation and, at the same time, the belief that this situation
is ordained with the hope for the future resumption of the Temple liturgy
(Posek 2005: 40-1). Because the identied examples of the spatial arrangements from which the Ammaia Menorah derives do not pre date the 3rd c.
A.D. (the Dura Europos fresco panel with a single Menorah anking the
symbolic Temple of Jerusalem with the Sacrice of Issac on the right dates
from the middle of the 3rd c. A.D.;7 the majority of dual Menorahs anking
the Temple date from the 5th-6th c. A.D.) the ante quem of the Ammaia
Menorah nicolo based on its spatial arrangement appears to be the mid
3rd c. A.D. However, due to the relationship of the linear engraving and
basic spatial arrangement of the Ammaia Menorah gem with other Roman
gems but chiey with 2nd-3rd c. A.D. magical gems, and due to the as yet
absence of evidence relating to the precise date (and location) at which the
prototype of the combined formal features of the modality exemplied by
the Dura Europos Menorah fresco was formed, the ante quem of the Ammaia Menorah intaglio might well be as early as the middle of the 2nd c.
A.D.
The overall technical, stylistic features, blank blue background and
plausibly gold-like added engraved lines common to the Menorah and musical instrument indicate that they are the product of the same period, possibly even of the same region and/or workshop (?).
On stylistic grounds, these 2 Ammaia gems date from the mid 2nd c.
at the earliest to the 5th c. A.D.

6. It cannot be inferred that the engraver/patron of the Ammaia gem was personally ac-

quainted with the Dura Europos fresco but rather that this symbolic color modality was
plausibly at rst a feature of non-oor renderings of Menorahs but above all that the Ammaia gem presents the same basic formal color ideological meaning.
7. However, since due to the peripheral location of Dura Europos and the mixed stylistic
origins of its overall early phase frescos to which the Menorah fresco belongs it is doubtful
that the rst prototype of this spatial modality originated in Dura Europos. Future nds may
show that this prototype may well pre dates the mid 3rd c. A.D.

A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

Iconography

529

The nding of the Menorah intaglio points to the presence of a Jew (or
Jews) in mid 2nd-3rd c. to 5th c. A.D. Ammaia. However, the following
iconographical discussion9 sugests that the upper date of this intaglio may
be further limited to the 4th or rst half of the 5th c. A.D. at the latest.
The Menorah with its accompanying ritual objects is a common Jewish
motif depicted predominantly in synagogue and funerary art, particularly
from the 3rd c. A.D. onwards.
The formal type of the Menorah with tripode-base and round semicircular branches, seen on the Ammaia stone, presents the most common
8. A discussion on the iconography of the Ammaia lyre nicolo device is beyond the scope of

this article. Sufce it to mention that the lyre had pagan symbolic meaning, for example as
Apollos lyre or Orpheus instrument, examples of which were found also in Roman Portugal (for example, Orpheus playing the lyre to his animals is depicted on a 4th c. mosaic from
Martim Gil, near Leiria, now in the Museu de Arqueologia in Belm, Portugal, MNA, inv.
No. 999.142.1). Some ancients believed that the ringstone of Polycrates was engraved with
the representation of a Chelys, or Lyre (Berry 1969: 107, No. 196). The lyre in the hand of
these Pagan gures or as their single symbolic attributes is occasionally portrayed on Roman
gems (Zwierlein-Diehl 1986: 130, No. 218; Breglia 1941: 74, No. 597; Sena Chiesa 1966:
415, pl. LXXVI, No. 1508; Maaskant-Kleibrink 1978: 128, No. 170; Johns 1997: 94, No.
219; Ambrosio and Carolis 1997: 46, pl. X, No. 106). However, the lyre also represents in
Jewish-Christian ancient art King Davids musical instrument (the Kinnor), and as such the
Ammaia lyre maybe another Jewish stone, or a Christian gem. According to St Clement of
Alexandria, the lyre was a suitable Christian symbol (Henig 1974: 28; Braun 2002: 189-95,
249-74, 287-90, 297-9, V.59b, V.60d).
Morphologically the Ammaia gem lyre appears to be a stylized depiction of the ancient
crescent-like Eastern lyres with high, symmetrical curved arms of same length, straight
yoke, three-strings and crescent-like body (Lawergren 1993: 55, 63-4, g. 9) of which type
B lyre on the Jewish Bar-Khochba coins (132-5 A.D.) is one Roman period sub-type (Braun
2002: 287-91, g. V.57c-d). The thin body of the Ammaia lyre is not typical to ancient
lyres and is unpractical for it lacks a sound-box. This rendering appears to be a reduction
of the characteristically crescent-like lyre body into a continuous, straight, thin body.
This unrealistic depiction of a lyre is not uncommon in Roman times, for in this period
portrayals of lyres do not always depict the instruments realistically. A very similar simplied three-string lyre of the same basic type as the Ammaia lyre occurs, for example, on a
small metal tesserae found near Caesarea Maritima, Israel (Braun 2002: 298, g. V.59b).
Such unrealistic depictions of lyres conrm the instruments standing as a symbol during
Hellenistic-Roman times (Braun 2002: 297). The stylized standing base of the Ammaia
lyre strengthens this musical instrument aspect as a symbol. Depictions of lyres on a stand
are known, but comparanda on gems are rare (Zwierlein-Diehl 1969: 529, g. 3:1). Such
examples are occasionally found in other art media. For example, a realistically rendered
lyre placed on a box-like podium with the inscription Apollon is the central motif of a
mid 3rd c. Roman mosaic pavement from Elis (Yaluris 1992: 427, tab. 92,1).
9. The following discussion is primarily based on Rachel Hachlili comprehensive monograph on the Menorah in Roman-Byzantine Periods Jewish art (Hachlili 2001).

530

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

Menorah type found in Jewish art from the 3rd c. A.D. (Hachlili 2001: 137,
Fig. III: 12). Variations on this type of Menorah, commonly without the
Menorah cross-bar; frequently lighted (with little ames) and anked by
ritual objects, are popular nds in Diaspora funerary art, such as the catacombs of Rome dating to the late 2nd-4th c. A.D. or in tombs and objects
from tombs elsewhere in Italy, Sicily, Carthage, Malta, Spain and the East
(Hachlili 2001: 87-95, gs. II-28; II-29).
The grouping of the ritual emblems that ank the Menorah on this
nicolo present one of the most common groupings of ritual objects: lulav,
etrog and shofar in Late Roman Jewish art. It constitutes one of the most
widespread groupings of emblems in Diaspora art where the total of this
grouping is of a higher percentage than in Menorah representations from
the Land of Israel (Hachlili 2001: 221-4, 226-7, tabs. V.2-V.3).
The lulav is the preferred ritual object in Diaspora art. The closest formal type of lulav to the one on the Ammaia gem appears on objects from
Diaspora tombs. The motif of the lulav anking a Menorah with other ritual
objects seems to appear only from the 3rd c. A.D. onwards. The realistic
palm-branch lulav type on our gem is the typical formal type of lulav found
in Diaspora tombs. In comparison, this type of realistically rendered lulav
is rare in depictions of this ritual object from the Land of Israel. Hachlili
suggests that preference for the lulav in the Diaspora might be explained
by a passage from the Mishna (Hachlili 2001: 226, Rosh Hashana 4, 310).
In the art of Israel the lulav is commonly depicted as part of the Tabernacle
Feast bundle together with one or two other branches (representing the
Hadass and/or the Aravah) and with the etrog.
The etrog is also rendered realistically in Diaspora art more commonly
than in the art from the Land of Israel, in synagogue as well as in tomb art
(Hachlili 2001: 218-9, g. V-7).
The Shofar rst appears in synagogue and funerary art of the 2nd-3rd c.
A.D.11 In Jewish Diaspora art, the shofar is the second most frequently depicted ritual object, commonly paired with the lulav and the etrog (Hachlili
2001: 211; 212; 215, g. V-4; table V-1). However, in Diaspora art the lulav
and the etrog seldom appear on the same side of the Menorah or together
(Hachlili 2001: 216-8, g. V-6). Diaspora depictions of the joint motif of the
Menorah with the three ritual objects mainly date from the 4th-5th c. A.D.
10. According to this Mishnah after the Temple was destroyed, Rabban Johanan ben Zakkai

ordained that the lulav should be used for seven days in the provinces, in remembrance of
the Temple.
11. But see Braun 2002: 192.

A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

531

Therefore, because on the Ammaia gem the lulav and the etrog are
not joined, nor appear on the same side of the Menorah, and because the
etrog and the lulav are rendered realistically we can infer that this gem is
a product of a Diaspora workshop, whose upper date is most probably the
4th c. or rst half of the 5th c. A.D., at the latest.
Similar variations of the Menorah to that on the Ammaia nicolo, sometimes anked by the same or different groupings of the ritual objects, are
found on gems, seals and jewelry items from the Diaspora. The existence of
such small artifacts indicate that the Ammaia gem is not a unique example
of jewelry from the Diaspora with a representation of the Menorah anked
by the ritual objects joint motif, but rather that it belongs to a fairly common class of Jewish jewelry and small artifacts. By having these symbols
rendered their owners proclaimed their Jewishness, personal and national
hopes. However, only in few cases, is the origin of these miniature artifacts
secure. Within this group a fairly large number of securely provenanced
specimens come from the Western part of the Roman empire (for example,
a gold ring from Bordeaux; a ring from Moesia, Sicily; a ring from S. Antioco, Sardinia; a ring from Spain; a bronze seal from Rome; two lead seals
from Trier. Cf. Hachlili 2001: 108-9; Wolfe and Sternberg 1999: 89, No.
324). This geographical spread plausibly further indicates that the custom
of depicting the Menorah with its ritual objects on rings and seals was a
fairly common practice mainly (?) of Jews living in the Western part of the
empires Diaspora. However, within the generic types of jewelry and small
artifacts the number of published gems depicting the Menorah is small: 6
stones. None of them originate in excavations and thus their provenance
is not certain. 1, a carnelian, is assumed to be from Aquileia (ZwierleinDiehl 1991: 123, No. 2055); 1, another carnelian, is said to come from Italy
(Henig 1983: 109-10, g. 1a; Henig and MacGregor 2004: 132, No. 14.26);
1 unidentied stone, with Greek inscription, is plausibely from Rome, and
1, an amethyst, comes from an unidentied diaspora region (Hachlili 2001:
D 11.3, D 11.5); and 2, a red jasper12 and a carnelian are attributed to Israel
(Hachlili 2001: IS 16.2, IS 16.23). Thus, in none of these published gems
is the Menorah motif depicted on a blue nicolo background as it is on the
Ammaia intaglio. This background, as stated above, enhances the heavenly,
non-temporal, timeless symbolic meaning of the motif to an even larger
extent than the red-orange, red, and purple of the other extant Menorah
gems.
12. Perhaps a forgery. IS16.20 might also be a gem but its material is not mentioned

(Hachlili 2001: 342, 345).

532

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

The securely provenanced origin of the present gem from Ammaia in


the Roman province of Lusitania is an important addition to the overall
Corpus of Diaspora jewelry and particularly of Diaspora Jewish gems with
this highly symbolic motif.
The beginning of the Jewish presence in Iberia is obscure (among others cf. Mantas 2004: 68) and the evidence is scattered and disparate. However, most scholars agree that by the 1st c. or the 2nd c. A.D. there was a
Jewish presence in Roman Iberia (Millar 1992: 120). There is more substantial evidence to Jewish presence in Roman Iberia from the Later Roman
period and especially during the Christian period (Braun 1998: 148-9, 162;
Millar 1992: 97-9) including synagogues in Tarragona (2), Alcal, Toledo
and Emerita Augusta (Mrida) in Lusitania (Grossman 1991: Map at end
of book). The Emerita synagogue is a Roman-Byzantine period edice.
Inscriptions found in Emerita, such as the Latin inscription of unconrmed
Roman (?) date reading Rebbi Se[muel?] and Rebbi Ja[cob] (CIJ, No.
665a; Millar 1992: 111) and an anonymous text (Vitas sanctorum patrum
emeritensium) from the end of the 6th c. A.D. attest to the presence of
Jewish individuals in the city. In the hagiography cited above, it is said
that the bishop of Mrida, Massona, opened the doors of his own hospice
(for pilgrims and foreigners) to the numerous Jews living there (Garcia
Moreno 1993: 56).
Other archaeological objects, inscriptions and architectonic structures
attest Jewish presence in Lusitania in present day Portugal. For example, a
small hoard of Roman coins dating from the 1st c. A.D. said to have been
discovered near Myrtilis (present day Mrtola), Lusitania, during destruction of an old wall, includes coins issued in Jerusalem and Roman Palestine
between the years 6-60 A.D. by King Agrippa of King Herods family as
well as by Procurators serving in Palestine (displayed in the Museu Judaico
de Belmonte. Centeno and Valladares Souto 1993/7: 200). If the story of
the nding of these coins is correct then they are the earliest concrete evidence to presence of Jewish immigrants presumably from the Land of Israel
(?) to the Iberian Peninsula during Roman times.
It is interesting that of the 3 tomb inscriptions which testify to Jews
buried in present day Portugal 1 was excavated in Myrtilis. It is a fragmented marble slab inscribed in Latin which carries the date: 4th of October
482 A.D. Although it is missing the deceased name, his Jewish origin is
obvious due to a partial Hebrew word and a schematic Menorah with plain
brunches and tripod base engraved below the inscription. The 2 other Jewish tombstones which come from Espiche, Lagos, in the most southern tip
of Lusitania, are believed to date from the 6th-7th c. Each is dedicated to

A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

533

a member of the Cohen family (Tavares 2004: 14-5).13 Some objects relating to Jews, primarily ceramic oil lamps, were found in the ruins of Tria
citys harbor, Lusitania (its ancient Roman name is uncertain). At least 2
are decorated with the Menorah (Mantas 2004: 68). Recently, remains of a
structure found close to Trias industrial structures identied as cetariae
for the garum industry were identied by Mantas as probable remains of a
synagogue (and by other scholars as a Paleo-Christian basilica).14
Thus, although the Menorah intaglio is at present the single archaeological evidence to Jewish presence in Roman Ammaia the evidence from
Lusitania supports the plausible existence of individual Jews and perhaps
even of a Jewish community in this central city.
The Menorahs material and workshop origin
The following elaboration on the Menorah gems material and its presumed
origin will show that this Jewish gem is in all likelihood of local (Ammaia)-regional (Lusitania) production.
The word Nicolo refers to a hard quartz stone (silicon dioxide SiO2;
hardness of 7 on the Mohs scale) of the microcrystalline quartz group. It
is thus of the same mineralogical group as carnelian, chalcedony, sard,
sardonyx, agate, jasper, etc. In antiquity there existed a wide range of
quartzes of varying colors and appearance to which different names were
applied (Spier 1992: 5; Konuk and Arslan 2000: 4-5). These microcrystalline quartzes have the same mineralogical consistency as the macrocrystalline quartzes (amethyst, rock crystal, white opaque-milky crystals).
The varieties often merge in Nature into each other in a less precise way
than is suggested by the ancient or modern terminology (Ogden 1982:
105). The term sardonyx is used to describe various sub-types of chalcedony with straight bands of alternating brown or blue bands or bluebrown-white straight bands. However, in modern terminology the term
13. A carnelian intaglio with a Greek inscription on both sides, dated to the 3rd-4th c.

(Ginner 1996: 110-11, No. 49) said to have been discovered in the 18th c. by a herdsman
in Almeida, a town located in Lusitania (Yebenes, 2000: 41-4), is a Jewish or Christian
piece. Reverted into Latin characters the inscriptions read: Face A: TON THEON SOI
TON UPSISSTON MH ME ADIKHSIS; Face B: MEGA TO ONOMA. Ginner believes
that the divinity invoked in face A might be Iao and that face B could refer to Iao Sabaoth
or to Adonai. Another interpretation is that this apparently magical stone refers to Serapis
or Zeus-Serapis.
14. We thank Prof. Mantas of the University of Coimbra for sharing with us his thoughts.

534

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

sardonyx refers in particularly to those with reddish brown straight and


parallel bands. The term onyx, a sub-type of sardonyx, is usually given
to a black and white two-layered banded chalcedony with straight and
parallel bands. The term agate (or banded agate) is usually used to describe quartz with different wavy or irregular bands, which may be black,
brown, white, yellow, red and gray. It differs from sardonyx, nicolo or
onyx in that the different bands on the engraved agate gem (or bead) run
irregularly and vertically, following angles and curves rather than straight
and horizontally.
The term nicolo is used to describe a Roman sardonyx with a blue/
bluish-white top layer and brown-dark brown or dark blue-black bottom
layer. As such it is a sub-type of the onyx. However, more correctly the
term nicolo does not refer to a variety of natural microcrystalline quartz
that is to a colored layered stone sub-type, but rather to a form of cut
stone. As a type of cut nicolo refers to a at cut intaglio of the above
blue/bluish-white and brown/dark brown/dark blue/black layers. Therefore,
nicolos date from the introduction of at cut intaglios. All ancient nicolos
belong to type F intaglios or undecorated gems. Many are of sub-types
F4 and F1. The 8 examples from Ammaia are in the shape of F4.15
Nicolo is absent from Nature. Nicolo gems are absent from pre-Hellenistic jewelry. Only a few stones are supposed to be Hellenistic examples. The majority dates from about the 1st c. A.D. onwards.
The Romans called nicolos aegyptilla (Ogden 1982: 109) which
presumably reects their belief in their Egyptian origin, as well as their
knowledge that nicolo is actually treated microcrystaline quartz. Curved,
wavy veins or layers/bands of pale gray-blue/bluish colors occur in Nature, for example as part of banded agates or smoky chalcedony. Sources
of sardonyx, onyx, as well as the natural banded quartz stones of Roman
times used to cut nicolo intaglios are known for example from Egypt,
Arabia, India and Iberia. Scholars agree that treatment of many of these

15. Besides the Menorah and lyre nicolos, Dr. Delmiras collection contains 5 other nicolos

whose devices are: 1. a hero, perhaps Alexander the Great; 2. Mars Ultor; 3. Jupiter Tonans; 4. Eros/babys face, set in a golden ring. The devices on these 4 specimens are like
the Menorah and the lyre cut on vertical axis; 5. Eros extracting a thorn from a lions paw,
device cut on horizontal axis. The collection also contains 2 nicolo pastes: 1. Victory/Nike
in ight, also cut on the vertical axis; 2. stylized symbol probably wheat on circular surface.
The 8th nicolo with a device of a herdsman standing by a tree, and the 3rd nicolo paste with
a warrior device, were recently excavated by S. Borges in a water-pipe of Ammaias baths.
Both devices are likewise cut on the vertical axis. (These 10 pieces are to be published in
the Corpus of Gems from Portugal by Graa Cravinho, cf. supra n.1).

A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

535

natural onyx and sardonyx sub-types of microcrystalline quartz was practiced before Roman times in order to improve, and enhance their natural
pale colors or to change them. The main procedure of altering the stones
in antiquity consisted of soaking them in honey and other sugary substances and presumably heating (Ogden 1982: 109; Francise 1991: 28-43).
By Late Hellenistic or Early Roman times this practice intensied and
the majority of banded/layered chalcedonies gems as well as beads dating
from these periods were then certainly coloured articially (Guiraud 1996:
40; Galopim de Carvalho 2002: 343). The appearance of nicolo gems presumably from Hellenistic times and certainly by the Early Roman period
is therefore most likely an invention of that period. It probably relates
to the advanced treatment methods, which by then included also usage of
silicate, heating, etc. Heating also helped to make it easier to carve the
treated raw material into at cut gem-blanks.
Nicolo, banded agate of the brown-red-white type, onyx and sardonyx
were considered in antiquity precious stones.16 It is highly likely that in
the Roman period gems fashioned from treated, colored quartz and cut to
nicolo shaped plain gems and then engraved were appreciated above all
for aesthetic considerations. Their light blue and darker blue/brown/black
layers tted and contrasted aesthetically very well with gold jewelry framings (of gold or bronze metal rings, pendants, earrings etc.) as well as
with silver metal jewelry. The secondary consideration for choosing the
blue nicolo might have been, at least for certain segments of the society,
symbolic. The high demand for such layered stones during Roman times17

16. Aside from glyptic, that is intaglios and cameos, these materials served also for cutting

of statuettes (particularly banded agate), inlays, and beads (usage of these materials for
beads declines by the latter 2nd c. A.D., nicolo beads are wanting). All were lapidary cut,
carved and engraved by lapidary workshops located in Rome, Alexandria, Aquileia (Chiesa
1966), Caesarea Maritima, Israel (Amorai-Stark 1999), but probably also in other regional
centers around the Roman empire.
17. Intaglios of layered microcrystalline banded agate are comparatively uncommon in
comparison to sardonyx, onyx and nicolos within the overall Corpus of Roman intaglios
(Ogden 1982: 109). The number of banded agates from Roman Portugal (35) is comparatively large. On the whole the usage of banded agates for ringstone intaglios, as well as
for beads starts to decline within the empire after the 1st c. A.D. The reasons for this
phenomenon are probably chiey within the realm of fashion considerations since both
the supply of the raw material and the technique of enhancing layered microcrystalline
into banded agates were unchanged or improved from previous periods. Furthermore, it
appears that banded agate continued to be used as cameos, statuettes, small vessels and
inlay material. Thus the nding of 2 brown/white/orange layered banded agate intaglios in
Ammaia dating from the later 1st c. B.C.-1st c. A.D. is in accordance with the overall usage

536

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

intensied the search after raw materials that is, for rich quartz layers
within the Roman empire.
Stones of the microcrystalline group were then preferred over stones
of the large quartz crystals for cutting and engraving because their
minute structure of crystals could be easily worked and they do not
have a weakness orientation or cleavage, as do the large macrocrystalline quartzes. Thus, ne quality carnelians, onyxes and sardonyxes were
not only very popular for intaglios but also the preferred stones for
engraving Roman cameos (Henig 1990: 134). This is well exemplied
by the nds from Portugal. Of the 26 Roman cameos from Portugal 18
21 are of quartz. Of these, 18 are layered microcrystallines (6 nicolos,
4 sardonyxes, 2 pale chalcedony, 1 agate and 1 dark onyx) and 4 are
carnelians.19 Many of these 21 specimens are unprovennanced or said
to come from Lusitania, particularly from Algarve or Alentejo. All 5
cameos of secured provenance come from sites or regions in Lusitania
(1 nicolo excavated in Fies; 1 white-brown sardonyx from Setbal; 1
white-red sardonyx and the single onyx from Alentejo; 1 carnelian from
Ammaia [in Dr. Mass collection]). Thus, percentage of nicolo cameos
(6 pieces), is 28.6% of the quartz cameos (18 pieces) and 23.1% of the
overall Roman cameos (26 pieces) from Portugal. This is an uncommonly high percentage.

of banded agate as intaglio material in the empire, but the overall high number of Roman
banded agates intaglios in the Corpus from Portugal is not. The devices of the 2 Ammaia
banded agates are of single horses: grazing and Pegasus. In both, the upper layer consists
of dark-white-dark stripes over which the horses are engraved. The artisans did not utilize
the agates stones layers to any compositional advantages. In Roman jewelry, for example
in cameos and beads the vertical banded layers of agates are commonly used to the utmost
ornamental, artistic and iconographic advantage drawn from the differences between the
layers of the banded agate. On the comparatively few banded agate Roman intaglios of
this brown/red/white/brown type, the devices were usually depicted on horizontal layers
(Amorai-Stark 1993: 92, No. 116; Henig 1994: 120-1, No. 227; Cravinho 2001: 155-7,
No. 6, later 1st c. B.C., provenanced from Conimbriga, Portugal). The example from
Conimbriga shows that both the common and less common forms of engraving banded
agate gems were known in Western Iberia during the early Roman times. The fact that
both Ammaia agates are cut in the less common Roman fashion for banded agate gems
plausibly supports the possible existence of microquartz workshops in Ammaia already
during its early days.
18. To date the number of up to 16th century cameos from Portugal total 32, 6 of them are
Post Roman-Early Byzantine.
19. The other 5 Roman cameos from Portugal are 4 pastes (1 a white-black glass paste
imitates onyx excavated in Ammaias Bath House) and 1 is a malachite.

A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

537

Within the intaglio Corpus from Portugal microcrystalline quartz intaglios constitute c. 72% (of which c. 45% are carnelian.20 Carnelian presents
also the 2nd most frequent gemstone material within the Ammaia gems).
The high percentage of carnelian intaglios in Portugal Corpus as well as
in the gems from Ammaia is not a unique phenomenon to Portugal or to
Ammaia since carnelian is the most common intaglio (and overall glyptic)
material in most regions of the Roman empire (Ogden 1982: 108; Spier
1992: 5). This high percentage of carnelian is, however, a contributing factor to the evidence that microcrystalline quartz was quarried in Lusitania.
The high percentage of layered microcrystalline intaglios from Portugal
(34.2%) is, however, either higher or similar to that from other regions
within the empire (for the overall percentage of layered microcrystalline
gems [intaglios + cameos] from Portugal, 24.8%, see Table 2; Fig. 3).
The percentage of nicolo glyptic nds (intaglios and cameos) from Portugal is similar to that from other western regions21 but higher than the single
eastern Roman site presented in table 2 and Fig. 3.22 This similarity probably
points to the overall popularity-fashion considerations and economic value of
20. Excluding the Post Byzantine-Modern gems, to date the total of glyptic pieces (intagl-

ios, cameos and impressions) in the Portugal Corpus is 513. As the material of 34 pieces
couldnt be conrmed (of the impressions and of few stones), the total of conrmed material
glyptic pieces is 479. Of these 479 glyptic pieces, 342 are microcrystalline quartz intaglios
(nicolo: 43; sardonyx: 6; agate: 34; onyx: 8; carnelian: 151; chalcedony: 20; sard: 35; jasper:
45). Thus, combined with the cameos (see supra n.18) there are: 49 nicolo pieces, 10 sardonyx; 9 onyx; 155 carnelian, 22 chalcedonies pieces; 35 agate (there are no sard or jasper
cameos in the Corpus). In Fig. 3 the carnelians are included among the others since they
are not layered and due to their overall frequency.
21. As stated in the text modern publications often do not present a clear-cut differentiation between sardonyx, nicolo and onyx. For example, in some brown-red layered stones
are termed brown nicolos; in others blue-white-dark layered specimens are termed onyx;
in still others stones are termed sardonyx or onyx? Furthermore, since frequently the
stones are presented in black and white pictures or as impressions one cannot identify the
precise microcrystalline type of the stones. This problem has also been encountered in the
identication of few stones from Portugal. Therefore, the above counting and percentage
may in fact slightly differ.
22. There are 7 nicolo intaglios among the more than 400 Roman stones from Gadara, Jordan in the Sad Collection (Henig and Whiting 1987); a single nicolo among the more than
100 engraved stones from Caesarea Maritima, Israel in the Sdot-Yam Museum (AmoraiStark 1999: 87-9) and 3 nicolos within the nearly 170 glyptic pieces in the Yusel Erimtan
Collection, Asia Minor (Konuk and Arslan 2000). The last 2 were not included in the tablet
for brevity reasons. Corpora of Roman glyptic nds from most Eastern regions, such as
Greece, Syria, Lebanon, Israel, Turkey and Egypt, as well as from other major cities in these
regions are wanting. Absence of such a Corpus from Egypt or even from major Egyptian
centers such as Alexandria is particularly missed due to the Romans presumed belief that
nicolos originated in Egypt (see text).

538

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

nicolo during Roman times but also presumably to the availability of nicolo
in the western part of the empire. A different picture rises when the percentage of nicolo glyptic nds from Ammaia (27 pieces) is observed: 30%. This
is the highest in comparison to all cities and regions inspected. Furthermore,
the Ammaia percentage of glyptic microcrystallines and nicolo pastes is also
signicantly the highest among the examined locations (62.5%).
The existence of 8 nicolo intaglios within the present Ammaia glyptic
nds (27 pieces) which comprise c. 1/3 is the highest percentage in any single site or regional Roman nds (together with the nicolo pastes they comprise nearly 1/2 (in fact: 40.7% = c. 41%) of the nds. See Tables 1-2 and
Fig. 3). It is an unusually large percentage of nicolos and/or nicolos+nicolo
pastes for any collection. This is not likely to be accidental.
Table 1. Absolute Numbers of glyptic stones by sites and regions
SITES AND
REGIONS
AMMAIA
PORTUGAL
IBERIAN
PENINSULA
FRANCE
AQUILEIA
(Italy)
BULGARIA
BRITAIN
GADARA
(Jordan)

NICOLO

AGATE

SARDONYX

8
49

NICOLOPASTE
3
16

2
35

2
10

2
9

102

19

94

21

11

1088

1335

145

144

35

25

657

1015

128

20

1398

1573

43
654

67
860

378

427

26

7
59

127

5
18

12
2

10

22

ONYX

10

OTHERS TOTAL OF
GEMS
10
27
360
479

Table 2. Percentages of glyptic stones by sites and regions.


SITES AND
REGIONS

NICOLO

NICOLOPASTE

AGATE

SARDONYX ONYX

OTHERS

AMMAIA
PORTUGAL
IBERIAN
PENINSULA
FRANCE
AQUILEIA
(Italy)
BULGARIA
BRITAIN
GADARA
(Jordan

29.6%
10.2%

11.1%
3.3%

7.4%
7.3%

7.4%
2.1%

7.4%
1.9%

37.0%
75.2%

100.0%
100.0%
100.0%

7.6%

1.4%

7.0%

1.6%

0.8%

81.5%

14.3%

14.2%

3.4%

2.5%

0.9%

64.7%

8.1%

0.1%

1.7%

0.0%

1.3%

88.9%

100.0%

10.4%
6.9%

0.0%
14.8%

7.5%
2.1%

17.9%
0.2%

0.0%
0.0%

64.2%
76.0%

100.0%
100.0%

2.3%

0.5%

1.2%

5.2%

2.3%

88.5%

100.0%

A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

539

Furthermore, a look at the ndings from the Iberian Peninsula23 (Table


2; Fig. 3) shows that the highest percentage of layered microcrystallines
glyptic (including nicolo) within this region comes from Ammaia; declines
among the glyptic from present day Portugal (which mainly comes from
ancient Lusitania and its columns in Table 2 and Fig. 3 include the nds
from Ammaia); and further declines within the overall glyptic nds from
the Iberian Peninsula (which in Table 2 and Fig.3 columns includes the
nds from Portugal and Ammaia). This observation points to Lusitania and
particularly to the area of Ammaia as the prime source of layered microcrystallines and nicolo within the Iberian Peninsula.
It seems safe, therefore, to assume that the high percentage of nicolo
glyptic from Ammaia and the overall high percentage of nicolos and other
layered microcrystalline glyptic items from Roman Lusitania reect an
historical situation. That is extensive regional availability of quartz raw
material; existence of local manufacturing center/s specializing in treating
quarried quartz into strongly coloured layered microcrystalline quartz; and
of their cutting and engraving. The preference for layered blue nicolos encountered in the Ammaia corpus not only presupposes that microcrystalline
quartz was mined, treated, cut to F4 gem shapes in the region but also that
plain and plausibly also engraved nicolos must have been cheaper in Ammaia/Lusitania than in most other Western regions of the Roman empire.
Therefore, it is presumed that Ammaia/Lusitania was one of the centers to
produce and possibly also to export nicolo gems.24
Indeed ancient sources and modern studies conrm that Ammaia and
its surrounding region were one of the chief quartz centers within Roman Lusitania. The well known passage in the Elder Plinys25 famous work
23. The slight difference in the percentage of layered microcrystallines nds from Portugal

and their overall nd in the Iberian Peninsula might in the future be slightly altered and
the percentage of those from the Iberian Peninsula lowered. This might come about due to
further ndings and publications; future universally accepted scholarly terminology regarding the precise identication of each and every microcrystalline glyptic nd from Spain
(cf. supra n. 21).
24. Among other questions future research into the precise origin of these nicolos at each site
and region will help to establish whether these nicolos come from the regions inner land, or
as we predict mainly from costal regions and harbor cities (like Aquileia); into existence of
Roman microcrystalline mines and of treated layered microcrystalline gems cutting centers in
Western European regions; as well as discussion of the established commercial ties between
Lusitania and these regions may help to establish Ammaia (and Lusitania) as the main, or one
of the most important sources of Western Roman treated layered microcrystalline gems.
25. The Elder Pliny, who died in A.D. 79, served as procurator in Tarraconensis (Iberia)
from 72 to 74.

540

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

Naturalis Historiae relating to the natural resources of nowadays Portugal


(Map 2) is our major ancient source. He writes: Cornelius Bocchus et in
Lusitania perquam mirandi ponderis in Ammaeensibus iugis, depressis ad
libramentum aquae puteis (NH 37, 24); Bocchus auctor est et in Hispania
repertas quo in loco crystallum dixit ad libramentum puteis defossis erui,
chrysolithon XII pondo a se uisam (NH 37, 127).
One thing is certain from Pliny: Roman Lusitania and Ammaias region
in particular were known already in the 1st c. A.D. (and possibly even earlier) as an important source of quartz.
Carvalho, in his paper on the road system of Roman Ammaia (Map 3),
attributes the citys rise to prominence26 among other things, to its nearness
to mine quarries: One of the extremely important factors that can justify/
explain the rise and growth of Ammaia and the existence of notable/impressive edices in it for that period, should have been the existence of important
mines in its territory, mainly of gold, lead and silver. It is through Plinys
book that we learn about the existence of crystal stones in Ammaeensibus
iugis.27 Although this author does not make any direct reference to the city, he
does indicate the discovery and exploration of gems and crystals in Lusitania,
most likely located on the mountains of Marvo and So Mamede. Exploration of gems and crystals is also conrmed during the Islamic period by
Al-Himyari. One of the factors which certies the existence of these riches
has to do with the existence of several individuals, natives of Clunia,28 who
26. The Roman city of Ammaia was one of the three major cities of provincia Lusitania.

It was founded a short while after the Romans arrived to the Iberian Peninsula on a site
with no evidence for occupation before Roman times. Claudius elevated it to the status of a
civitas. According to epigraphically and archaeological evidence, it was raised to the status
of municipium at the end of the 1st c. A.D. Ammaia controlled a vast territory, which coincides more or less with the present district of Portalegre (Mantas 2002: 51; Alarco 1987:
54, and 1988: 49). As a central regional civic city it was connected to many places in the
province and throughout the Iberian Peninsula by an excellent road system (Map 3). This
extensive and good road system allowed export of the regions products as well as import
of other products from various regions of the empire. For example, excavations have unearthed objects originating from other locations in Hispania, Galia Narbonensis, Italy and
the Middle East. One of the earliest imported objects found is a Rhodian amphora dating
from the end of the 1st c. B.C. - early 1st c. A.D. (Carvalho 2002: 74, 82-3, g. 2). The
city continued to exist after the Barbarian Invasions of the 5th c. At some date between the
2nd half of the 5th and 9th c., the city was probably submerged by oods and rise of Sever
River (Rei 2002: 164-5; Pereira and De Meulemeester 2001: 1-2).
27. Attributing the rise of Ammaia to near by mines does not repudiate other possible
explanations raised by scholars regarding the importance of the city, for example Antnio
Rei suggestion that Ammaia was a Roman tourist center (Rei 2002: 164: a sua principal
funo seria a de funcionar como local de veraneio das elites emeritenses).
28. Mantas 2002: 52-3, No. 1; 58-60, No. 4.

A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

541

immigrated to this region, lived in the city of Ammaia or its surrounding area,
who are normally associated with mine exploration as well as with seasonal
transference of herds (Carvalho 2002: 82).29
Oleiro in his 1954 survey report of Ammaia identied important remains of ancient mine explorations in Cova da Moura, Porto da Espada in
the region of Ammaia (Oliveira J. 2002: 35) (Map 4).
Another quartz quarry has most probably been identied only recently
within the city perimeter of Ammaia.30
The Ammaia Museum contains a large amount of raw quartz specimens and fragments found on the site. The majority is of the non-layered
or faintly layered microcrystalline chalcedony type.31 Absence of strongly
colored layered microcrystallines specimens strengthens the above suggestion that the quarried quartzes were articially treated on site which is in
accordance with Galopim de Carvalhos theory regarding the geological
mineral nds of Portugal (Carvalho 2002: 275, 329, 341-3).
Undoubtedly ofcina gemmaria existed in Lusitania. Studies suggest
their existence, for example, in Conimbriga and Emerita Augusta (present
day Mrida), Lusitania (Luzon 1982: 135; Map 2). Our nds favor the existence of ofcina gemmaria also in Ammaia, since its establishment. The
total of 27 glyptic specimens from Ammaia is one of the largest from a
single site in Lusitania.32 Excluding the Menorah and lyre nicolo gems, the
date range of the other Ammaia nicolos and nicolo pastes, as well as of all
other ancient pieces from Ammaia which present a wide range of common
Roman motives is the 1st c. B.C. - 3rd c. A.D. To date no glyptic piece dating from the 4th c. onwards has come to light in Ammaia or its vicinity.33
29. Translated by Graa Cravinho from Portuguese.
30. Its location on Sever River crossing Ammaia has been shown to us by Joaquim Carvalho

in June 2005.
31. We examined the large specimens in the Museum on location and chemically analyzed
a tiny fragment given to us by Joaquim Carvalho under the SEM (cf. supra n. 4) of the
Geological Institute of Israel.
32. For example, in comparison the total of glyptic pieces from Conimbriga is: 26; from
Idanha-a-Velha (Roman Igaeditania): 6; from Fies (a Romanized Iron Age castrum): 5
(1 an ambar ring); from Vaiamonte (also a Romanized Iron Age castrum): 5; from Torre
de Palma (a villa): 1; from the area of Cascais: 4 (1 a jet ring) and from Lisbon (Roman
Olisipo) only 2 (1 red jasper, 1 glass paste).
33. Very few glyptic specimens within the Portugal Corpus appear to date from the Later
Roman period and fewer still from the 4th c. until early medieval times. For example, a
glass paste depicting a warrior, from Bracara Augusta (present day Braga) in Roman Gallaecia is dated to 3rd-4th c.; a glass paste with device of two standing gures set in a Late
Roman-Early Byzantine copper alloy ring and a pale layered untreated chalcedony depicting

542

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

The devices of the Ammaia 6 nicolos and 3 nicolo pastes34 are engraved in
3 distinctive common Roman engraving styles. Parallels to their engraving
styles are found among the other Roman gems from Ammaia. Thus, it is
probable that workshops specializing in fashioning treated raw quartz into
nicolo glyptic existed in the city side by side with other ofcina gemmaria
specializing in fashioning glyptic from other microcrystalline quartzes, or
a schematic standing gure plausibly holding a cross, unprovenanced, in Rainer Daehnhardt
Collection; a dark blue glass past cameo of a tragic mask, of late 3rd c. or earlier date, from
Salacia (present day Alccer do Sal) in Lusitania and a red sard with a cross set in a Late
Roman-7th c. type gold ring, unprovenanced, both in Rainer Daehnhardt Collection (to be
published in G. Cravinho, Glptica Romana em Portugal). These scant nds from Portugal
correspond to the dwindling production of glyptic which characterizes the period throughout
the former Roman Empire regions. Although we have no secure ancient information on Roman Ammaia after the 2nd c. A.D., other evidences show its progressive decline (Carneiro
2002: 139).
To date the coins from Ammaia total 1213 pieces (Pereira, Carvalho and Borges 1999/2000:
55-70: 1118 were unearthed, 10 are surface nds and 85 were donated. The excavated coins
include a C. Julius Caesar denarius [c. 49-8 B.C.], 1st c. A.D. specimens including Titus
coins, 2nd, 3rd and 4th c. A.D. coins. The latest coin an Arcadius [392-5] coin).
An earlier report on the citys 1995 excavations (Oliveira, Fernandes and Caeiro 1996: 201) indicates that by the mid 4th c. the city had to review its defensive strategy. It was then
necessary to strengthen the fortications, to secure the main entrance gate to the city and to
hastily close the hatches (postigo or escotilha in Portuguese) which led to the gates 2
circular towers. The report also states that these excavations unearthed more than 100 coins
(mainly of bronze) as well as fragments of common ceramics and sigillata dating from the
end of the 1st to the 4th c.). In a later article Pereira (2002: 99-134) elaborates on the 2
coin hoards unearthed in the interior of Ammaias main gate entrance west tower stating
that the 1st hoard was composed of 10 silver coins: from a Julius Caesar denarius to coins
of Domitian (some denarii), and further 10 coins; the 2nd hoard contained 10 coins: from
the Julio-Claudian, mainly Trajanus sestertia, to Domitian).
34. The majority present deities and their symbols. For example, Zeus-Jupiter is known
from several inscriptions to be the most important deity in Ammaia (Alarco 1987: 171 [1
of the 2 mentioned altars is dedicated to I.O.M. Solutorius]; idem 1988: 165, 167; Mantas
2002: 52-5, Nos. 1, 2: 2 inscriptions of a total of 5) is represented on one of these Ammaia
nicolos. Although their motifs are of common types frequently found depicted throughout
the empire on various other colored stones it is possible that the meaning of the deity
devices which appear on the Ammaia nicolo specimens was spiritually elevated by being
depicted on nicolos. For it is plausible that by being depicted on these blue layered stones
the non-earthly presence, heavenly aspect of these deities and symbols was more visually
obvious and thus more pronounced and acclaimed. Of these common Roman cameo and
intaglio subjects the theme of the herdsman presents the only daily life subject. Its basic
meaning is that of prosperity (for example Henig and Whiting 1987: Nos. 291-8; AmoraiStark 1999: No. 98; Spier 1992: 114, No. 290, with reference to the signicance of this
motif). However in time the goatherd motif may have been given a more spiritual Pagan
or Christian explanation (Henig 1990: 80, Nos. 148-9). As such the glyptic motif of a
goatherd was probably acceptable also to Christians and Jews (St. Clement of Alexandria:
Paedagogus III, 12, I).

A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

543

more likely that the ofcina gemmaria in Ammaia worked all types of
quartzes at the same time. The schematic symbol (ear of corn) engraved
on a small F4 nicolo paste is the only other Ammaia gem which presents
a similar austere engraving style to that of the Menorah and lyre intaglios
(Fig. 4). It probably dates from the later 2nd-3rd c. A.D.
Considering this background it is highly certain that the nicolo material
of the Menorah intaglio comes from this local industry; its engraved Jewish
motif35 is a product of an Ammaia (or Lusitania) workshop; and that the
Menorah gems date is the 3rd c. A.D.
Summary
The Menorah intaglio from Ammaia is an example of the productive nicolo glyptic workshops in this Roman city, which were part of the regional
quartz industry. As the only secured Jewish gem from Roman Lusitania it
constitutes the most Western glyptic evidence to a Jewish presence within
the Roman empire. It is an important addition to the small number of
Jewish gems of secured Western Diaspora provenance depicting the motif
of the Menorah with 3 sacred symbols. The gem also suggests the existence
of Jews in Ammaia, and thus strengthens former evidence to presence of
Jewish communities in 3rd c. A.D. Lusitania.
Graa Cravinho
Lisbon, Portugal
Shua Amorai-Stark
Beer-Shevah, Israel

35. Provided that this is the case then one has to assume that its engraver was either pre-

sented with a pattern book or had one in his possession; was acquainted with the motif due
to former/concurrent Jewish clientele; or was presented with some object which carried the
motif.
Acknowledgement: Our gratitude to Martin Henig for reading the article and for his helpful comments.

544

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

Bibliography
Alarco, J. 1987. Portugal Romano. 4th ed. Lisbon.
Alarco, J. 1988. O Domnio Romano em Portugal. Mem Martins.
Alfaro Ginner, C. 1996. Entalles y Camafeos de la Universitat de Valncia. Valncia.
Almeida, N. 2002. Pr-Histria Antiga no Nordeste Alentejano. Ibn Marun, Vol. 12:
185-197.
Amorai-Stark, S. 1993. Engraved Gems and Seals from two Collections in Jerusalem:
The Studium Biblicum Franciscanum Gem Collection and the Pontical Biblical
Institute Museum Gem Collection. Studium Biblicum Franciscanum Museum, No. 11.
Jerusalem.
Amorai-Stark, S. 1999. Gems, Cameos and Seals, in R. Gersht (ed.), The Sdot-Yam Museum Book of the Antiquities of Caesarea Maritima. Tel-Aviv: 87-113.
Ambrosio, A. d and Carolis, E. de. 1997. I Monili dallarea Vesuviana. LErma di Bretschneider. Roma.
Berry, B.Y. 1969. Ancient Gems from the Collection of Burton Y. Berry. Indiana University
Art Museum Publication, I. Indiana.
Boardman, J. and Scarisbrick, D. 1977. The Ralph Harari Collection of Finger Rings. London.
Braun, T. 1998. The Jews in the Late Roman Empire. Scripta Classica Israelica, Yearbook
of the Israel Society for the Promotion of Classical Studies, Vol. 17: 142-171.
Braun, J. 2002. Music in Ancient Israel/Palestine, Archeological, Written and Comparative
Sources. Michigan.
Breglia, L. 1941. Catalogo delle Orecerie del Museo Nazionale di Napoli. Roma.
Brown, C.M. (ed.) 1997. Engraved Gems: Survivals and Revivals. Survivals in the History
of Art, 54. Symposium papers 32; Washington.
Carvalho, A.M.G. 2002. Introduo ao estudo dos minerais. 2nd ed., Lisbon.
Carvalho, J. 2002. Ammaia e a sua rede viria, algumas propostas de trabalho. Ibn Marun, Vol. 12: 69-83.
Cardozo, M. 1962. Pedras de Anis Romanos Encontradas em Portugal. Revista de Guimares, Vol. 72, Nos. 1-2: 155-160.
Carneiro, A. 2002. O m do Imprio e a Cristianizao no territrio da Civitas Ammaiensis:
mudana e continuidade no Concelho de Fronteira. Ibn Marun, Vol. 12: 135-157.
Casal Garcia, R. 1979. Algunos Entalles de la Coleccin Blanco-Ciceron (A Corua).
Actas del XV Congresso Nacional de Arqueologia (Lugo 1977): 1107-1120.
Casal Garcia, R. 1979. Nuevos Entalles de la Coleccin Blanco Ciceron. Gallaecia,
Vol. 3/4: 291-295.
Casal Garcia, R. 1980. Pedras de Anelo do Noroeste Peninsular. Gallaecia, Vol. 6: 101-110.
Casal Garcia, R. and Acua Fernndez, P. 1982. Entalles de la Coleccin Fernndez Lopez. El Museo de Pontevedra, Vol. 36: 335-349.
Casal Garcia, R. 1991. Coleccin de Glptica del Museo Arqueolgico Nacional (serie de
entalles romanos), Vols. I-II. Madrid.
Casal Garcia, R. 2002. Glptica. Astorga, Vol. 2: 23-38.
Centeno, R.M.S. and Valladares Souto, J.M. 1993/97. Depsito de moedas da Judeia achado em Mrtola. Nvmmus, 2nd Series, XVI/XX: 200.
Chaves Tristan, F. and Casal Garcia, R. 1995. Problemtica de la gliptica en Espaa: estado
de la cuestin. Pact 23, Vol. IV.9: 313-331.
Chiesa, G.S. 1966. Gemme del Museo Nazionalle di Aquileia. Padua.
Cravinho, G. 2000. Introduo ao Estudo da Glptica Romana. Arqueologia, Vol. 25:
95-112.
Cravinho, G. 2001. Peas Glpticas de Conimbriga. Conimbriga, Vol. 40: 141-197.
Cravinho, G. and Casal Garcia, R. 2002. Anillos Romanos de la Colleccin Barreto (Lisboa). Gallaecia, Vol. 21: 223-243.

A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA

545

Dimitrova-Milceva, A. 1980. Antike Gemmen und Kameen aus Archologischen Nattional


Museum in Soa. Soa.
Francise, P. 1991. Beadmaking in Arikamedu and Beyond. World Archeology. Vol. 23,
No. 1: 28-43.
Garcia Moreno, L.A. 1983. Los Primeros establecimientos judios en el occidente atlntico
en la antigedad. In Os Judeus e os Descobrimentos (Actas do Simpsio Internacional
Tomar 92): 47-59.
Graa, M.A. and Machado, J.L.S. 1970. Uma Coleco de Pedras Gravadas, Elementos
para um Catlogo Geral (Actas do II Congresso Nacional de Arqueologia, Vol. 2):
371-390.
Grossman, A. 1991. The Jewish Diaspora in the Hellenistic Roman Period. Jerusalem.
Guiraud, H. 1988. Intailles et Cames de lpoque Romaine en Gaule (Trritoire Franais).
Gallia, 48th Suppl. Ed. CNRS, Paris.
Guiraud, H. 1996. Intailles et Cames Romains. Paris.
Hachlili, R. 2001. The Menorah, The Ancient Seven-Armed Candelabrum, Origin, Form and
Signicance. Supplements to the Journal for the Study of Judaism, Vol. 68. Brill.
Henig, M. 1974. A Corpus of Roman Engraved Gemstones from British Sites. British Archaeological Reports 8 (II), Oxford.
Henig, M. 1983. A Question of Standards. Oxford Journal of Archaeology, Vol. 2 (1):
109-112.
Henig, M. 1990. The Content Family Collection of Ancient Cameos. Ashmolean Museum,
Oxford. Oxford, England and Houlton, USA.
Henig, M., Scarisbrick, D. and Whiting, M. 1994. Ancient and Modern Intaglios and Cameos in the Fitzwilliam Museum, Cambridge. Cambridge University Press.
Henig, M. and Whiting, M. 1987. Engraved Gems from Gadara in Jordan. The Sad Collection of Intaglios and Cameos. Oxford University Committee for Archaeology Monograph. No. 6. Oxford.
Henig, M. and MacGregor, A. 2004. Catalogue of the Engraved Gems and Finger-Rings
in the Ashmolean Museum. II Roman (British Archaeological Reports). International
Series 1332.
Invernizzi, A. 2004. Seleucia al Tigri. Le impronte di sigillo dagli Archivi. Vol. III: Figure
umane, animali, vegetali, oggetti. Torino.
Johns, C. 1997. The Snettisham Roman Jewellers Hoard. British Museum Press. London.
Konuk, K. and Arslan, M. 2000. Ancient Gems and Finger Rings from Asia Minor. Ankara.
Lawergren, B. 1993. Lyres in the West (Italy, Greece) and East (Egypt, the Near East), ca.
2000 to 400 B.C.. Opuscula Romana. Vol. 19, No. 6: 55-75.
Lopez de la Orden, D. (without date). La Glptica de la Antiguidad en Andalucia. Cadiz.
Luzon, J.M. 1982. Entallos Romanos del Museo de Merida. In Homenaje a Sens de
Buruaga, Madrid: 127-135.
Maaskant-Kleibrink, M. 1978. Catalogue of the Engraved Gems in the Royal Coin Cabinet
The Hague. The Greek, Etruscan and Roman Collections. The Hague.
Mantas, V. 2002. Libertos e escravos na cidade luso-romana de Ammaia. Ibn Marun,
Vol. 12: 49-68.
Mantas, V. 2004. A Lusitnia e o Mediterrneo: Identidade e Diversidade numa Provncia
Romana. Conimbriga, Vol. 43: 63-83.
Middleton, S. H. 1998. Seals, Finger Rings, Engraved Gems and Amulets in the Royal
Albert Memorial Museum, Exeter. Exeter.
Millar, F. 1992. The Jews of the Graeco-Roman Diaspora between Paganism and Christianity, AD 312-438. In J. Liew, J. North and T. Rajak (eds.) The Jews Among Pagans
and Christians. London and New York: 97-123.
Neves, J.C. 1971. Uma Coleco Particular de Materiais Romanos da Aramenha. (Licentiates degree diss., Univ. of Coimbra).

546

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

Odgen, J. 1982. Jewellery and the Ancient World. New York.


Oliveira, J., Fernandes, I.C. and Caeiro, J. 1996., Cidade Romana de Ammaia. Ibn Marun, Vol. 6: 15-22.
Oliveira, J. 2002. A Cidade Romana de Ammaia Documentos para a sua histria recente.
Ibn Marun, Vol. 12: 11-48.
Pereira, S., Carvalho, J. and Borges, S. 1999/2000. Numismtica Ammaiense Notas
preliminares. Ibn Marun, Vols. 9/10: 55-70.
Pereira, S. 2002. Dois depsitos monetrios encontrados na Porta Sul (Ammaia). Ibn
Marun, Vol. 12: 100-134.
Pereira, S. 2002. A Cabea Antropomrca da Quinta do Leo. Ibn Marun, Vol. 12:
169-184.
Pereira, S. and De Meulemeester. 2001. La ville romaine dAmmaia. Fiche-Patrimoine n
04.1. Division du Patrimoine du Ministre de la Region wallone, Belgique.
Philipp, H. 1989. Mira et Magica: Gemmen im Agyptischen Museum der Staatlichen Museum Preubischer Kulturbesitz, Berlin-Charlottenburg. Mainz.
Ponte, S. 1995. Coleco Bustorff Silva Ncleo de poca romana: Objectos de Adorno.
Um Gosto Privado, um Olhar Pblico. Lisbon: 124-136.
Posek, A. 2005. Towards a Semiotic Approach to Jewish Art. Ars Judaica 1: 27-50.
Rei, A. 2002. Triq ibn Ziyd e o seu exrcito em Almeida e na cidade da Ammaia (Marvo) em nais de 711-incios de 712. Ibn Marun, Vol. 12: 159-167.
Rosenfeld, A., Dvorachek, M. and Amorai-Stark, S. 2003. Roman Wheel-Cut Engraving,
Dyeing and Painting Microquartz Gemstones. Journal of Archaeological Science. Vol.
30, No. 2: 227-238.
Ruseva-Slokoska, L. 1991. Roman Jewellery. A Collection of the National Archaeological
Museum, Soa. Soa.
Spier, J. 1992. Ancient Gems and Finger Rings. Catalogue of the Collections. The J. Paul
Getty Museum. Malibu.
Tavares, M.J.F. 2004. A Herana Judaica em Portugal. Lisbon.
Viana, A. 1953. Notas de Arqueologia Alto-Alentejana. Cermica Luso-Romana do Museu
Arqueolgico de Vila Viosa. A Cidade de vora, Vol. 10, Nos. 33-34: 235-246.
Viegas, J.R., Nolen, J. and Dias, M.L.F. 1981. A Necrpole de Santo Andr. Conimbriga,
Vol. 20: 116-117.
Wolfe, L.A. and Sternberg, F. 1999. Objects with Semitic Inscriptions 1100 B.C- A.D. 700.
Zrich.
Yalouris, N. 1992. Mosaiken eines sptrmischen Gebaudes im antiken Elis. KOTINOS,
Festschrift fr Erika Simon. Mainz: 426-448.
Yebenes, S.P. 2000. Qeo" Uyisto" Dios Altssimo en una gema mgica de Hispania romana (2). In El Sello de Dios (Sfragi" Qeou). Nueve estudios sobre magia y creencias
populares greco-romanas. Graeco-Romanae Religionis Electa Collectio (GREC)/1.
Madrid: 37-71.
Zwierleine-Diehl, E. 1969. Die Geschichte der Berliner Gemmensammlung. Archologischer Anzeiger, Vol. 4: 524-531.
Zwierlein-Diehl, E. 1986. Glaspasten im Martin-von-Wagner-Museum der Universitt Wrzburg. Band I. Mnchen.
Zwierleine-Diehl, E. 1991. Die antiken Gemmen des Kunsthistorischen Museums in Wien.
Vol. 3. Mnchen.

SE STAI PER PRESENTARE LA TUA OFFERTA


ALLALTARE (Mt 5,23-24)
La testimonianza di uniscrizione palestinese

M. Piccirillo - G.C. Bottini

Ci appena giunto il volume fresco di stampa di Antonio Enrico Felle,


Biblia Epigraphica. La Sacra Scrittura nella documentazione epigraca
dellOrbis Christianus Antiquus (III-VIII Secolo), Bari 2006.
Un lavoro di cui si sentiva la mancanza, utile allarcheologo per una
pronta consultazione, che anche lesegeta dovr tener presente nellaffrontare lo studio di un testo biblico. Dopo le diversi parziali compilazioni di
testi biblici latini e greci utilizzati nelle iscrizioni, tra i quali ricordiamo
qui a Gerusalemme larticolo di padre Bellarmino Bagatti, Espressioni
bibliche nelle antiche iscrizioni cristiane della Palestina (LA 3 [1952-3]
111-148), lo studioso ha a disposizione una raccolta precisa e, speriamo,
completa dei testi biblici utilizzati nelle iscrizioni greche e latine del mondo
cristiano antico.
Come utile aggiunta, visto che il testo non compare tra le 811 iscrizioni raccolte nel laborioso e accurato lavoro, pubblichiamo una primizia di
origine palestinese giunta casualmente a nostra conoscenza.
Come si pu notare dal punteggiato utilizzato nel disegno pazientemente elaborato da Marina Morati, il documento epigraco su mosaico giunto
a nostra conoscenza solo parzialmente.
Dopo infruttuosi tentativi di giungere ad avere la documentazione di
tutta liscrizione sommariamente ritagliata e staccata dal pavimento da
mani inesperte, ci siamo dovuti accontentare delle foto di cinque frammenti allettati su supporto cementizio, fortunosamente, tre frammenti
continui con la coda della tabula ansata di inizio delliscrizione e due
frammenti continui con la coda speculare della tabula ansata e la ne
del testo.
Le parole iniziali ci hanno permesso di individuare la citazione del
Discorso della Montagna nel Vangelo di San Matteo 5,23-24 e cos completare con buona verosimiglianza il testo che nella quarta linea riprende
con la dedica generica ai benefattori della chiesa.

LA 56 (2006) 547-552; tavv. 37-38

548

M. PICCIRILLO - G.C. BOTTINI

Trascrizione:
1. ? EAN OUN PROSFEREIS TO DWRON SOU EPI TO QUSIASTHRION KAKEI MNHSQHS
2. OTI O ADELFOS SOU ECEI TI KATA SOU AFES EKEI
TO DWRON SOU EMPROS
3. QEN TOU QUSIASTHRIOU KAI UPAGE PRWTON DALAGHQEI TW ADEL
4. FW SOU KAI TOTE ELQWN PROSFERE TO DWRON SOU.
UPER SOTHRHAS K(AI) AN5. TILHMYEOS K(AI)AFESEOS TWN AMARTIWN AUTWN
TWN KARPOFOROUNT(WN)
Traduzione
23. Se dunque stai per presentare la tua offerta allaltare e l
ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, 24. lascia la
tua offerta l, davanti allaltare, va prima a riconciliarti con il tuo
fratello e allora verrai a presentare la tua offerta.
Per la salvezza e il soccorso e la remissione [dei peccati di
quelli che hanno offerto].
Il testo della citazione evangelica non presenta nessuna variante rispetto a quello greco comunemente accettato dagli editori in armonia con la

SE STAI PER PRESENTARE LA TUA OFFERTA

549

tradizione manoscritta che uguale in tutte le famiglie di codici, a parte lo


iotacismo nella prima linea prosfere"/ei".
Il testo della dedica lo abbiamo mutuato dalliscrizione dedicatoria della
Chiesa della Vergine a Madaba (M. Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba, Jerusalem 1989, 47) datata al 767 d.C. (cf. L. Di Segni, LA 44 [1994]
531-533). Una scelta non casuale tra le tante iscrizioni simili. Ci ha infatti
colpito la tecnica di esecuzione delle lettere di 11 cm di altezza eseguite con
una doppia tessera che in Arabia troviamo in un periodo tardivo, anche se la
forma elegante e rotondeggiante invita a restare nellambito della seconda
met del VI inizi del VII secolo. Allo stesso periodo tardivo rimanda anche
la decorazione oreale stilizzata nelle due code di rondine della tabula.
Colpisce la singolarit delliscrizione rispetto invece alla sua citazione
abbastanza frequente negli scrittori della Chiesa antica. La Biblia patristica
indica difatti non pochi autori che citano il testo evangelico alla lettera o lo
parafrasano e in contesti diversi.
In Didach 14,1-3 (sec. I) si ha addirittura un contesto letterario per
cos dire parallelo alla probabile collocazione topograca della nostra
iscrizione davanti al gradino del presbiterio. Vi si legge: Riuniti nel giorno
del Signore, spezzate il pane e rendete grazie, quando avete confessato i
vostri peccati, perch sia puro il vostro sacricio. Chi in lite con il suo
amico, non si unisca a voi, prima che non si siano riappacicati per modo
che non sia profanato il vostro sacricio. Questa la parola detta dal Signore: in ogni luogo e tempo mi si offra un sacricio puro, poich io sono
un gran re, dice il Signore, e il mio nome mirabile tra le genti (tr. A.
Quacquarelli, I Padri apostolici [CTP 5], Roma 1989, 38).

550

M. PICCIRILLO - G.C. BOTTINI

Una citazione antica si trova anche nel De patientia di Tertulliano (


dopo il 220). Descrivendo il ruolo eminente della pazienza nella vita cristiana
egli scrive: Come rimetterai e avrai rimessi [i peccati], se per mancanza di pazienza tu resti attaccato al ricordo di unoffesa? Chiunque abbia fatto
qualcosa contro suo fratello non potr deporre unofferta presso laltare a
meno che non ritrovi prima la pazienza e si riconcili con il suo fratello (De
patientia 12,3; ed. J.C. Fredouille [SC 310], Paris 1984, 100-101).
Ireneo di Lione cita alla lettera il passo di Mt 5,23-24 nellAdversus
Haereses 4,18,1 trattando del sacricio della nuova alleanza; la introduce
con le parole: E il Signore volendo che loffriamo [il sacricio] in tutta
semplicit e innocenza dice (tr. E. Bellini, Ireneo di Lione. Contro le
eresie e gli altri scritti, Milano 1981, 340).
Il Padre della Chiesa latina che cita pi frequentemente il testo sembra San Cipriano ( 258). In Biblia patristica si indicano quattro testi. Il
pi vigoroso si trova nel De unitate 13 dove Cipriano fa unapplicazione
ecclesiologica del testo evangelico: Il Signore allontana dallaltare chi
viene a sacricare, se questi in disaccordo con qualcuno: gli ordina di
fare prima la pace con il fratello e di offrire il sacricio, quando ritorna
dopo aver fatto la pace. Dio non ha accettato i doni di Caino: colui che per
motivi di invidia era in disaccordo con il fratello, non poteva avere Dio
ben disposto nei suoi confronti. Quale pace si aspettano coloro che odiano
i loro fratelli? quale sacricio credono di poter celebrare quelli che sono
in contrasto con i sacerdoti? Quelli che si raccolgono fuori della Chiesa di
Cristo, come possono pensare che Cristo si trovi nelle loro assemblee? (tr.
G. Toso, Opere di San Cipriano, Torino 1980, 190; per le altre citazioni cf.
Biblia patristica. Le troisime sicle, Paris 1977, 245).
Molto interessante il testo di San Cirillo di Gerusalemme ( 386) che
nella Quinta Catechesi mistagogica sul sacricio eucaristico cita il testo
evangelico esplicitamente nel contesto della celebrazione eucaristica e ad
esso collega anche le esortazioni apostoliche di Pietro e Paolo sul bacio
santo (cf. 1Pt 5,14; Rm 16,16; 1Cor 16,20; 2Cor 13,12; 1Ts 5,26).
Per illustrare il signicato del bacio del perdono egli dice: A un certo
punto il diacono dice ad voce alta: Scambiamoci un segno di mutua accogliena e di vicendevole amore. Non pensare a un bacio quale quello che di
solito amici comuni si scambiano incontrandosi in piazza: nulla del genere. Il
nostro un gesto che esprime la volont di conciliare le anime con il proposito di dimenticare le vicendevoli offese: un segno di unione dei cuori e della
estinsione di ogni inimicizia. Per questo il Cristo disse: Se tu stai facendo la
tua offerta sullaltare e l ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te,
lascia la tua offerta sullaltare e va prima a riconciliarti con tuo fratello; poi

SE STAI PER PRESENTARE LA TUA OFFERTA

551

vieni a presentare la tua offerta (Catechesi V mistagogica 3; tr. C. Riggi,


Cirillo di Gerusalemme. Le Catechesi, Roma 1993, 461).
Alla stessa area geograca, la Palestina, appartiene Eusebio di Cesarea
( 339). Commentando il passo di Is 58,6 sul digiuno gradito al Signore
unisce con una breve e intensa frase loracolo profetico e la parola di Ges:
Per questo dice: Non piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere
le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e
spezzare ogni giogo?, realizzando con i fatti quel detto del Salvatore: Se
dunque presenti la tua offerta sullaltare e l ti ricordi che tuo fratello ha
qualche cosa contro di te, lascia l il tuo dono davanti allaltare a va prima a
riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono (Commentarii in Esaiam 2,47; ed. J. Ziegler in GCS, p. 358; PG 24,486). Nella Vita
di Costantino Eusebio non cita letteralmente il testo di Mt 5,23-24 ma vi
allude in modo esplicito parlando del sinodo di Tiro voluto dallimperatore
per comporre le divisioni che si erano create nella Chiesa (Vita Constantini
4,41,3; ed. I.A. Heikel in GCS, p. 133; PG 20,1189).
Sempre in area di lingua greca la citazione evangelica compare pi volte
nelle opere di San Basilio Magno ( 379). Nel repertorio di Biblia patristica
(vol. 5, Paris 2001, 259) si indicano otto passi. Il testo evangelico non viene
commentato ma portato a sostegno di questa o quella esortazione o regola di
vita spirituale. Un caso suscita curiosit. Nella domanda 265 delle Regulae
brevius tractatae si cita Mt 5,23-24 e poi si chiede: Questa parola detta
per i soli sacerdoti oppure per tutti? E in che modo ciascuno di noi presenta
lofferta allaltare?. La risposta verte soprattutto sulla seconda parte della
domanda ed costituita da un orilegio di citazioni bibliche per concludere:
Ma ciascuna di queste cose comune a tutti noi: pertanto necessario che
ciascuno di noi adempia questo genere di offerta (tr. M.B. Artioli in U. Neri
[a cura di], Opere ascetiche di Basilio di Cesarea, Torino 1980, 473-474).
A queste citazioni pi o meno occasionali che indicano una certa frequenza del testo riprodotto dalla nostra iscrizione, bisogna aggiungere che
il Vangelo secondo Matteo era il pi letto e il pi commentato. A titolo di
esempio citiamo qualche autore.
Commentando Mt 5,23-24 SantIlario di Poitiers ( 367) scrive: Unendo tutti gli uomini col vincolo di un amore vicendevole, egli non tollera
che si faccia una preghiera senza spirito di pace. Prescrive invece che coloro che portano offerte allaltare, se si ricordano di avere qualche lite con
i fratelli, si riconcilino con una pace umana prima di ritornare alla pace
divina, per passare dallamore degli uomini allamore di Dio (In Evangelium Matthaei commentarius 4, 18; tr. L. Longobardo, Ilario di Poitiers.
Commentario a Matteo [CTP 74], Roma 1988, 70).

552

M. PICCIRILLO - G.C. BOTTINI

Pi suggestivo e minuzioso il commento di San Giovanni Crisostomo


( 407): Che bont, che smisurata generosit! Non tiene in considerazione lonore verso di s in favore dellamore per il prosssimo Che cosa
potrebbe essere pi mite di queste parole? Si arresti, dice, il mio culto
perch rimanga il tuo amore; anche questo sacricio, la riconciliazione con il fratello. Perci non ha detto: Dopo aver presentato lofferta, o:
Prima di presentarla, ma, mentre lo stesso dono presente [sullaltare] e
il sacricio ha avuto inizio, manda a riconciliarsi con il fratello; ordina di
correre a compiere questo gesto non dopo aver rimosso quanto sta davanti
n prima di presentare lofferta, ma nel mezzo del sacricio. Perch, per
quale motivo ordina di fare cos? A mio parere, in tal modo fa intendere e
mostra queste due nalit: la prima, come dicevo, di voler indicare che
stima grandemente lamore e lo considera il pi grande sacricio, senza del
quale non accetta nemmeno quellaltro; la seconda quella di affermare
la necessit imprescindibile della riconciliazione. Chi infatti ha ricevuto
lordine di non fare la sua offerta prima di riconciliarsi, anche se non per
amore del prossimo, almeno perch il sacricio non rimanga incompiuto,
si affretter a correre dalloffeso e a porre termine allinimicizia. Perci ha
detto tutto in tono assai vivace, per incutergli paura e incitarlo. Dopo aver
detto: lascia il tuo dono, non si fermato qui, ma ha aggiunto: davanti
allaltare, incutendogli di nuovo un riverente timore in considerazione del
luogo, e va. Non ha detto semplicemente: va, ma ha aggiunto: prima, e
poi torna ad offrire il tuo dono, per indicare con tutto ci che questa mensa
non accoglie quelli che si odiano tra di loro (Comm. in Matth. Hom. 16,9;
tr. S. Zincone, Giovanni Crisostomo. Omelie sul Vangelo di Matteo, Vol. I
[CTP 170], Roma 2003, 311-312).
La considerevole lunghezza delliscrizione nella tabula ansata normalmente rimanda ad una posizione sulla testata orientale della navata centrale
di fronte al gradino del presbiterio, dentro o fuori la fascia, senza escludere
una posizione nei pressi della porta dingresso. La precisazione di questo
piccolo dettaglio allinterno del programma musivo della chiesa avrebbe
potuto dare un prezioso elemento di natura liturgica in aggiunta al forte
messaggio del testo evangelico.
Michele Piccirillo, ofm G. Claudio Bottini, ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem

SINTESI DEGLI ARTICOLI


ABSTRACTS

LA 56 (2006) 553-562

ABSTRACTS

I TENTATIVI DI UNA TEOLOGIA (CRISTIANA) DELLANTICO TESTAMENTO

E. Cortese
The present discussion regards the Old Testament theologies (OTT), especially
that of R. Albertz, which denies the documentary hypothesis of the Pentateuch and
derivates the biblical monotheism from the Canaanite polytheism. It deals with the
following problems: 1. Should the OTT only be a presentation of ideas or should it
be a presentation of the history of salvation? 2. The urgency of avoiding opposite
extremisms - deism and scepticism - in the scientic interpretation of the Bible.
3. The opinions of Albertz, Lang, Smith, and the other today-extremists. 4. The
question on the biblical monotheism and the inuence of the atheistic scholars
of religious phenomenology. 5. The biblical Hebrew quest for Gods identity ad
extra and ad intra. 6. OTT and anti-Semitism in exegesis and recent approaches
of the Jews and Christians in theological biblical questions.
Pgs. 9-28

LA REDAZIONE FINALE DI EZECHIELE IN RAPPORTO ALLO SCHEMA TRIPARTITO M. Nobile

Various scholars have shown the presence of an apocalyptic writing or at least


traces of apocalyptic origin in the book of Ezechiel. This study attempts to reconstruct such apocalyptic writing in Ezechiel, putting it in relation with the
hypothesis that the author proposes for many years and which he calls the cultual scheme of foundation. The article begins with examining Ez 21:33-37 and
Ez 35, which seem to be in conict with the proposed cultual outline, according
to which the oracles against the nations would have been present in the second
part of the book and in the section of chapters 25-32. The analysis discovers in
the frame of the nal writing diachronic reading in two moments, which entirety constitute the process of escatologization of Ezechiel. It means an unitary
and rapid process that, together with textual additions and successive insertions,
begins the apocaliptization of the work. The article systematically examines such
a genetic process in the book.
Pgs. 29-46

LORDINE DEI SALMI A. Mello

The problem of an order in the Psalter has been posed since antiquity, without a
satisfying solution. This paper presents us with some major results of canonical
exegesis on the Psalms and allows us to reach the conclusion that such an order
does in fact exist. First, the Psalter is a book with a beginning and an end (beatitudes and doxologies). Secondly, the poems collected in this book have a connec-

556

ABSTRACTS

tion with one another, as already shown by Delitzsch, and possibly a concentric
structure, as it seems to result from the threefold division of the book proposed
by Beckwith. Moreover, the davidic or royal background of the Psalms gives us
a theological unity to the Psalter, so providing another key for its order.
Pgs. 47-70
OSEA 1-3: COMPOSIZIONE E SENSO A. Niccacci

Despite different problems and diachronic solutions proposed by modern authors,


a synchronic interpretation of Hos 1-3 is not only possible but highly rewarding.
First, the full text of the three chapters is synoptically displayed, translated and
analyzed with special attention to the verb forms used in order to understand its
perspective and intention ( 1). Then, the two Gods commands to the prophet
(1:2 and 3:1) are discussed in order to understand the situations envisaged (
2). Further, on the basis of the titles used for Israel, both the leaders and the
simple people ( 3), and of the function of ch. 2 in the context ( 4), the historical
situation behind the text is outlined ( 5). Finally, the relationship between the
historical situation and the composition of Hos 1-3 is evaluated ( 6). The main
problem of the text, i.e., the swift transition from Israel rejected by God, unlike
Judah, in ch. 1, to Israel and Judah together in exile but open towards liberation,
in ch. 2, combines two different chronological situations, i.e., the one following
the end of the Northern Kingdom in 722 B.C., and the other following the exile
of 701 B.C., a Judean exile not usually recognized by the historians. With his
parallel arrangement of chs. 1-3, the prophet intends to announce a process of
rejection, purication and reconciliation with the God of whole Israel, who nally
will become one people under one king, a new David.
Pgs. 71-104
BIBBIA DEI SETTANTA OGGI: EDIZIONI, TRADUZIONI E STUDI G. Rizzi

The author examines the main attempts of the translation of the LXX underway,
under an hermeneutical prole. The ancient Greek version of the Jewish Miqraot,
or the Old Testament of the Christian communities introduces, regarding the Hebrew text, a complex phenomenology of differentiations on different levels: textual,
grammatical, syntactical, lexicogracal, stilistical and hermeneutical. In this way,
the characteristics of the LXX under the hermeneutic prole emerge with more
clarity because of the comparison with the ancient Jewish Greek versions and
with the Syriac and Latin versions transmitted in various Christian contexts. In
any case, the phenomena interpreted in an ancient version belong to the nature of
translation, independently from their confessional origin. Considering the task of
an Italian translation of the LXX in the Jewish context, and then transmitted in
a Christian context, the author thinks that it is necessary to equip the translation
with an hermeneutic apparatus formed from the New Testament quotations of the
Greek version and from the Christian literature of the Greek speaking Church
Fathers of the rst centuries. Moreover, a theological clarication is necessary

ABSTRACTS

557

between these hermeneutics of the LXX in the ancient Christian tradition, the text
Hebrew, the jewish atmosphere at the time of the LXX before it was handed over
up to modern Biblical Hermeneutics.
Pgs. 105-128
I VOLTI DI TUTTI SONO DIVENTATI NERI. NOTA FILOLOGICA A NAUM
2,11 (2,10) SIRIACO M. Pazzini

This note studies the vocalization of the unusual form oc in Nahum 2:11
(2:10 in some textual traditions). The vocalization oC (preferred to oC)
indicates a rare form of perf. 3 f. pl. The presence of C quy probably comes
from the analogy with other names deriving from the same root.
Pgs. 129-132
DIFFERENZE TEOLOGICHE TRA LA VETUS SYRA E IL DIATESSARON

G. Lenzi
It is usually held that the Old Syriac Gospels depend upon the Diatessaron. In
the present study the theological tendencies of the two versions are examined.
Tatian stressed the virginity of Mary, introduced some Encratite variants, offered
a Christology similar to Gnostic conceptions and was anti-Judaic. The translators
of the Old Syriac Gospels stressed the relationship between Joseph and Jesus,
introduced an important anti-Encratite variant, did not present any similarity with
Gnostic ideas and were Jewish Christians. The conclusion is that the two versions
were produced in two different communities and are independent of each other.
Pgs. 133-178
CANONE BIBLICO E TEOLOGIA BIBLICA, UN RAPPORTO NECESSARIO...
DIFFICILE G. Segalla

Biblical Canon and Biblical Theology are two realities tied together similar to
the problem of a unique canon made of two Testaments in tension, and answer,
to demonstrate the unity of the Scriptures. Having introduced the problem, two
crucial moments are taken into consideration in which the canon has been at the
center of theological reection: the 70 with the German hermeneutics on the one
hand and the American canonical critics on the other; the 90 with the proposal
of three important Biblical Theologies, examined for the answer they give to
the problem of the canon. In last part the results are synthesized and an attempt
is made to nd a new way in order to demonstrate the unity of the Scriptures: the
collective memory of Jhwh as the one God who has created the world and has
chosen Israel and the memory of Jesus containing the former and bringing it to
fulllment in the denitive revelation of the God who saves all men.

Pgs. 179-212

558

ABSTRACTS

RELATIONAL DIAGRAMS IN TEXT ANALYSIS J. Boetcher

Analysis of texts requires the categorization, ordering and representation of large


amounts of inter-relating data: word meaning, grammatical structure, semantics,
and others. Some methods of diagramming the structure of a phrase have already
been developed, with various levels of utility. However, the typical topology displays only a single scenario, constraining the reader to a single value at each
point of multivalence. Thus to list N possibilities requires N such diagrams, which
becomes impractical for anything but the most simple phrase. In contrast, the present survey applies a network topology, which allows the freedom of representing
multivalence and ambiguity, external referents and engagements.
Pgs. 213-224

TRADIZIONE E INNOVAZIONE NELLE LETTERE PASTORALI N. Casalini

We submitted again to our analysis the most famous texts of the Pastorals, attributed to traditions to show what is new in their representation. In 1Tm 1:15
the fundamental afrmation He came... to save sinners; in 1Tm 2:5-6: the idea
of Jesus the only mesites, without the Jewish idea of covenant; in 1Tm 6:13
with 1Tm 2:6 the presentation of the death of Jesus as martyrion or martyria; in
2Tm 2:11-13 the possibility that the syn- of verbs implies a reference not only
to Jesus, but also to believers together; in 2Tm 1:9-10 the introduction of the
word epiphaneia for the divine manifestation of Christ Jesus; in Titus 2:11-14
the revolutionary idea that salvation is the effect of the educational work of the
grace of God and nally Titus 3:3-7 the direct subordination of the justifying
grace to baptism. All that was fundamental for the development of the theology
of early Christianity.
Pgs. 225-300

ZACHARIE 12,10 RELU EN JEAN 19,37 F. Manns

The Pontical Biblical commission published an important document The sacred


Scriptures of the Jewish people are a fundamental part of the Christian Bible.
A manifestation of the link between the two Testaments to their beginnings is the
acceptance by Christians of the Sacred Scriptures of the Jewish people as the Word
of God. The Church has accepted as inspired by God all the writings contained
in the Hebrew Bible as well as those in the Greek Bible. This relationship is also
reciprocal: on the one hand, the New Testament demands to be read in the light
of the Old, but it also invites us to a re-reading of the Old in the light of Jesus
Christ. In the Gospel of John many texts of the Old Testament are quoted and
presented as fullled. The author studies the difcult text of Za 12:10 beginning
with the critical problems of the Old Testament versions. The main versions are
examined (HT, LXX, Peshitto). The precedent studies of Reim, Evans, Braun and
Menken are also considered. In Judaism, re-readings were commonplace. The Old
Testament itself points the way. The Books of Chronicles are a re-reading of

ABSTRACTS

559

the Book of Genesis and the Books of Samuel and Kings. What is specic to the
Christian re-reading is that it is done in the light of Christ.
Pgs. 301-310
DUE NOTE FILOLOGICHE DI GRECO BIBLICO R. Pierri

The rst part of this contribution focuses on the interpretation of the conjunction
o{ti in Gal 4:6. The adduced arguments induce it to be considered as a casual
conjunction. A conclusive note refers to a possible exegetic implication of the
proposed reading, regarding Pauls relation to the Holy Spirit in the Acts of the
Apostles. The second part attempts to demonstrate that the article of a complement in attribuive (second) position may have construction according to the sense
(in number) with its antecedent, where the participle of eijmiv is understood or of
another verb derived from the context.
Pgs. 311-316
ARTICOLO INDIVIDUANTE O GENERICO? L. Cignelli

Some passages of the NT are analyzed in which the article may have either individual or generic meaning; the consequences for exegesis depending on whether
we choose either one or the other are highlighted and attention is called for in
the interpretation of texts.
Pgs. 317-320
RENUNCIATION OF WILL IN THE MONASTIC SCHOOL OF GAZA A. Kofsky

From the outset of Christian monastic history, renunciation was universally considered an initial step along the ascetic path. In various circles of early monastic
tradition there were different emphases on renunciation. In contrast to anchoritic
monasticism, which felt less threatened by the dangers of personal will, coenobitic
monasticism placed paramount importance on social cooperation and obedience.
Close examination of the place of this topic in the paideia of early monastic literature reveals a shift in its importance and centrality that can be clearly traced
in the various phases of the monastic school of Gaza. It developed a special
emphasis on extreme self-renunciation, achieving its apogee in this circles late
coenobitic forms and epitomized in the second half of the sixth century in the Life
of Dositheus, the disciple of Dorotheus.
Pgs. 321-346
DUE LETTERE IN EBRAICO DA GERUSALEMME (XV SECOLO): R. YOSEF
DA MONTAGNANA E R. YISSAQ LATIF DA ANCONA M. Pazzini -

A. Veronese
Two letters from pilgrims arriving from north and central Italy to Jerusalem at the
end of the 15th century are translated here into Italian. The name of the pilgrims

560

ABSTRACTS

are R. Yose da Montagnana and R. Yiaq Latif from Ancona. These letters are
translated for the rst time from the original.
Pgs. 347-374

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS M. Piccirillo

The archeological research at the Church of Umm-al-Rasas - Kastron Mefaa,


located outside the northern wall of the Roman Camp between the Tabula Ansata
to the south and the Church of Lions to the north, began by the Department of
Antiquities in the summer of 2003 with the removal of the surface stones from the
collapse. The excavations were followed by and completed with our mission in
August 2004, during the 20th campaign among the ruins that has been included
by UNESCO in the World Heritage List the previous month. The Basilica style
Church was paved with mosaic in the year 586 at the time of Bishop Sergius
of Madaba. We named it the Church of the Reliquary due to the damage that it
underwent during the time of this liturgical furnishing, before our intervention,
by the clandestine excavators who ravaged through the area.
Pgs. 375-388; Pls. 1-14

CERAMICA E PICCOLI OGGETTI DALLO SCAVO DELLA CHIESA DEL


RELIQUIARIO AD UMM AL-RASAS C. Pappalardo

The brief comment looks at the most noteworthy ceramics and objects, discovered
in the two tombs of the Reliquary Church of Umm al-Rasas, with the completion of the excavations of the summer campaign of 2004. The ceramic fragments
with sketches and descriptions, originate from the layers above the pavement
level and from the surveys carried out at the level of the mosaic. In harmony
with the situation of the layers and homogenous to that of the other churches
excavated at Umm al-Rasas, after a period of abandonment the building may
have been partially used as a dwelling before the ultimate structural collapse.
The two tombs discovered near the western angle of the northern nave and near
the eastern angle of the southern nave, contained the bones of more than one
individual, buried at different times. Lastly, together with a pair of rings, a cross
and various fragments of a pearl necklace of vitreous glass, the discovery was
also made of a pair of earrings, a hair pin and an iron belt buckle, objects which
came from the poor burial chests belonging to the dead.
Pgs. 389-398; Pls. 15-16

RELAZIONE DELLO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL (DIOCESI


DI MADABA) B. Hamarneh

Continuing from the publication of the Liturgical Complex of Saint Sergius at Nitl
(cf. M. Piccirillo - I. Shahid, LA 51 [2001] 267-292) where the importance of the

ABSTRACTS

561

monument for the history of the presence of the Christian confederation of Banu
Ghassan in the Arabia Provincia is highlighted, in this article the stratigrac
documentation of the excavation is highlighted, especially that of the southern
part of the Church of Saint Sergius and the eastern annexes, together with the
related ceramic typology of the different periods of occupation.
Pgs. 399-458; Pls. 17-22

A FOURTH-CENTURY CHURCH NEAR LOD (DIOSPOLIS) Y. Zelinger -

L. Di Segni
This fourth century church may have been built by the bishop of Lod for the
benet of pilgrims on their way to Jerusalem, or possibly at some site hallowed
by a tradition unknown to us. From the preliminary results of our excavations
it appears that the village did not exist prior of the erection of the church, but
gradually developed around it. The church continued in use into the seventh
century, as is shown by the ceramic nds and the damaging of animal gures
on the ambo balustrade by iconoclasts. The settlement surrounding the church
appears to have been abandoned at the time during which the new city of Ramla
was established nearby, in the early eighth century.
Pgs. 459-468; Pls. 23-24

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS EN EL EUFRATES SIRIO: EL COMPLEJO RUPESTRE DE MAGRA SARASAT A. E. Vivancos

Byzantine or Paleochristian monasteries (4th-7th century) along the Upper Syrian


Euphrates are studied here. The historical information relative to this area and
the chronological period are revised in this work. We present some archaeological
ndings discovered in this region according to the surveys that the IPOA-Universidad de Murcia has been coordinating for many years in the area. These discoveries
ll a gap in the investigation of this region, and they extend the geographical
eld of activity of the studies and works done by I. Pea, P. Castellana and R.
Fernndez in the North of Syria during the same period.
Pgs. 469-498; Pls. 25-32

TOWERS, REFUGES, AND FORTIFIED FARMS IN THE LATE ROMAN EAST

M. Decker
Some fortied farms were built later in the settlement history of the eastern frontier. They are represented by Stabl Antar, which, assuming my identication of its
function is correct, seems to reect prominent landowners concerns about major
specic threats in the form of enemy raids. Although the date of the building in
577/78 reects the reaction of the Apamean rural population to the devastating
invasion of the Sasanians in 573, the impetus was apparently local and unofcial.

562

ABSTRACTS

In the future, archaeological work on these structures will iron out the issues
of frontier settlement and security, but there are a number of other questions
that such study will repay, such as the semiotics of elite control as expressed in
architecture, and the little explored but probable bridge between the form and
expression of these late antique compounds and later architectural expression,
such as the Umayyad Desert Castles.
Pgs. 499-520
A JEWISH INTAGLIO FROM ROMAN AMMAIA, LUSITANIA G. Cravinho

- S. Amorai-Stark
The article presents a Jewish Menorah intaglio from Roman Ammaia, Lusitania,
present day Portugal. It surveys the evidence of other small Jewish artifacts
from the Western Diaspora and of the quartz industry in Ammaia and its region.
It also surveys the evidence of Jews in the province. We show that the Menorah
nicolo, to-date the only Jewish glyptic specimen from this province, is a product
of the productive nicolo glyptic workshops in this Roman city, which were part
of the regional quartz industry; that this industry which specialized in treated
microcystaline quartz but particularly in the manufacture of nicolos was one of
the most prolic in the Western Roman empire. Furthermore we prove that as
the single secured Jewish gem from Roman Lusitania this intaglio constitutes
the most Western glyptic evidence to Jewish presence within the Roman empire.
As an important addition to the small number of Jewish gems of secured Western Diaspora provenance depicting the Menorah with its 3 sacred symbols (the
Lulav, Etrog and Shofar) this 3rd c. A.D. Jewish intaglio proves the existence of
Jews in Ammaia and strengthens former evidence as to the presence of Jewish
communities in Lusitania.
Pgs. 521-546; Pls. 33-36
SE STAI PER PRESENTARE LA TUA OFFERTA ALLALTARE... (Mt 5,23-24).
LA TESTIMONIANZA DI UNISCRIZIONE PALESTINESE M. Piccirillo -

G. C. Bottini
The rareness of the epigraphical witness contrasts the frequency with which Mt
5:23-24 was quoted and commented upon by the ancient christian writers. Hereby
we publish an inscription of Palestinian origin that in its partial form, casually
came to our knowledge. The carving found on a tabula ansata, detached from its
original context, was a part of the Churchs original mosaic pavement. The rst
words allowed us to identify the quotation from the Sermon on the Mount according to the gospel of Saint Matthew 5:23-24, therefore with good probability;
we can complete the text that in the fourth line resumes the generic dedication
to the Churchs benefactors. The rareness of the epigraphical witness contrasts
with the frequency with which Mt 5:23-24 was quoted and commented upon by
the ancient christian writers.
Pgs. 547-552; Pls. 37-38

RICERCA STORICO-ARCHEOLOGICA
IN GIORDANIA XXVI - 2006

LA 56 (2006) 563-626; tavv. 39-70

Mt. NEBO

Dayr al-Riyashi-

Zizia
Nitl
Kh. al-Mudaynah
Umm al-Rasas

Rashidiyah
Petra

Ras an-Naqb

Aila - Aqaba

Principali localit menzionate nelle relazioni.

RICERCA STORICO - ARCHEOLOGICA


IN GIORDANIA XXVI - 2006

a cura di M. Piccirillo

1. The Ayl to Ras an-Naqab Archaeological Survey, Second Season - 2006


(Pls. 39-40)
The Ayl to Ras an-Naqab Archaeological Survey (ARNAS), Southern Jordan,
completed its rst ineld season in 2005. The second ineld season took place
in May-June 2006.
The main goal of the survey is to discover, record, and interpret archaeological sites within the Ayl to Ras an-Naqab region. To this end, for the purpose of ineld work, the survey territory is divided into three topographical
zones (Figure 1).
During the 2005 season, ineld work was concentrated in Zone II, i.e., the
mountainous region, whose western and eastern boundaries are dened by the
1500 m line. As a result of a comprehensive and systematic pedestrian survey
in this zone, we recorded 209 sites ranging in age from the Paleolithic to the
Ottoman period. However, not every cultural-temporal unit is represented.
In the second season of ineld work, we concentrated our efforts on
transecting and recording the archaeological remains found in randomly-chosen squares of the three topographical zones of the survey territory (Fig. 3).
The stratied, random-sample squares (500 x 500 m), covering an area of
around ve percent of each zone, for the project are based on the four Series
K737 maps of the area; created in Arc/INFO GIS software; projection and
coordinates system UTM Zone 36 N; European Datum 1950; database development by G. L. Christopherson and P. O. Leckman.
In 2006, we transected 82 random-sample units: 27 in Zone I; 25 in Zone
II; and 30 in Zone III. While carrying out this work, we also recorded 115
sites (210-324), within, adjacent to, or on our way to/from the random units
(Figs 1 and 2). The location of each square and site is plotted on maps using
an ArcGIS database, and preliminary, cultural-temporal units are assigned to
the collected materials. Following the ineld work, research is continuing on
the cultural remains of the survey territory, selected lithics and sherds are being
drawn, preparation of plates for publication purposes is underway, and work
on a nal report has begun.
As mentioned previously, Sites 1-209 are concentrated in Zone II. However, due to the fact that we transected in the three topographical zones of the
survey territory, Sites 210-324 are located in all three.
Preliminary analyses of collected lithics and sherds from both the randomly-chosen units and sites of the 2006 season indicate the cultural units present
in each (Figures 2 and 3). What Figures 4 and 5 clearly point out is the close

566

RICERCA IN GIORDANIA

correspondence between the cultural-temporal units represented among the collected lithics and sherds from both the random squares and the sites.
The type of sites represented among the ones surveyed during the 2006
season include: agricultural towns/villages/hamlets; campsites; defensive installations; farms; lithic scatters; roads; and water catchment facilities. Sites
associated with agriculture activities are by far the most numerous. It, thus,
seems that the survey territory was an important region of agricultural production, at least during some periods.
(The URL for the projects website is: http://www.stfx.ca/research/arnas.)
B. MacDonald
St. Francis Xavier University - Antigonish, Nova Scotia
2. The Wadi ath-Thamad Project, 2006 (Pls. 41-43)
The 9th season of the Canadian Wadi ath-Thamad Project was carried out during June and July 2006, with excavation of the Moabite and the Nabataean
settlements at Khirbat al-Mudayna, and with salvage excavations at the Roman
castellum of az-Zona.
At Khirbat al-Mudayna (Figs. 1 and 2), excavation continued in four areas of the Iron Age walled settlement; Field C outside the six-chambered gate
(Building 100) at the north end of the walled town, Fields B and D inside the
town, and Field E at the south end. The goal in Field A was the exploration of
the complex stratigraphic history of a group of silos and their retaining walls
which were in use prior to the construction of the gate and the casemate wall
system (Fig. 3). Additional exposure of a pair of retaining walls running eastwest across the north slope of the mound revealed that they served as support
walls for the silos. The careful construction of the stone-walled silos suggest
that they were used for storage of agricultural surpluses by the inhabitants of a
settlement for which there is as yet no other architectural evidence. When they
went out of use, these silos were lled with soil and Iron II pottery as a support for the plaza in front of the later Iron II gate. The most surprising object,
recovered in 2004 in the westernmost silo, was a piece of limestone inscribed
with three words in Moabite script.
Previous excavation inside the town (south of Gate 100) revealed a small
temple (B149) and a series of pillared buildings (B200 [north], B205 [central]) that shared party-walls. Within these buildings were more than 150 loom
weights and other textile production tools and installations. In Building 205,
several large stone installations (boulder mortars and stone platforms) were exposed during the 2006 season, as well as evidence for the original phase of the
buildings use (Fig. 4). As well, three parallel rooms of a third building (B210
[south]) were exposed, showing that here, as well as in the northern building

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

567

(B200), the rooms were separated by pillared walls with basins in place between the pillars. During the rst phase of use of B210, a large cellar was cut
into the underlying bedrock of the northern room. This cellar was subsequently
covered, but the building continued in use. Finds from the nal occupation
include a large basalt saddle quern, basalt millstone, spindle whorls, and an
ash-stained limestone altar.
A central north-south street separates the three pillared building on the
east from the western half of the site. As the level of this street rose over time,
the inhabitants built ramps with stairs alongside the outer wall of each pillared
building, leading up to the street. The support wall of the ramp protected the
entrance and channeled water away from the faade of the building. In the
debris of the street, we recovered 12 zoomorphic gurine fragments, one of
which is a horse and rider gure, along with two small limestone altars in the
same area where a limestone shaft altar had been found in 2005. Along the
west side of the street, a new excavation area (Field D) was opened. Here a
building (B300) with relatively massive walls was partially excavated. It differs from the pillared building in that it appears to have only a single large
room. The fact that this room contained few nds suggests that it may have
been looted or abandoned.
At the south end of the site further exploration was carried out in Building 400. Here too, there is a room with a line of pillars and limestone basins.
Beside the pillars was a cluster of unred clay loom weights and a considerable
amount of mendable pottery. To the east was a kitchen with a very large basalt
saddle quern built into a bench or working platform alongside a clay oven
(Fig.5). Of special importance was the discovery beside the oven of the head
and shoulders of a limestone male gure (currently in the Madaba Museum),
a miniature stone gurine, basalt hand grinders and millstones, chert pounders,
glycymeris shells, and an iron arrowhead. The nal phase of occupation in the
town was during the late Iron Age II, when the textile industry may have been
related to expanding markets under Assyrian inuence in Moab.
Excavation resumed in the northern half of a Nabataean house (B800)
located at the foot of the mound in Field N. Several new squares were opened
to clarify the area of the entrance vestibule with its large lintel stone. This vestibule opens into a large courtyard whose entrance is marked by post holes to
support architectural features. Additional work was carried out along the north
wall of the complex in order to capture the plan of the building as a whole.
Pottery dating to the 1st century AD, along with four Thamudic inscriptions,
were recovered previously in this house. To the south in Field L, we continued
documentation of a series of water management walls and their relationship
to the Nabataeanearly Roman period reservoir (B700) exposed in previous
seasons.
As part the Wadi ath-Thamad regional survey this season, salvage excavations were initiated at the Roman castellum of Khirbat az-Zona, situated ca.

568

RICERCA IN GIORDANIA

3.0 km east of Khirbat al-Mudayna. The focus was on the northwestern side
of the perimeter wall, where the gate complex and one of its anking towers
was partially exposed (Fig. 6). Hundreds of ceramic sherds collected in 2005
suggest a date in the third century AD. Interestingly, this structure made use of
a number of older architectural elements, Hellenistic and Nabataean in style.
Other discoveries include a Byzantine coin, decorated masonry and a Nabataean inscription.
A specialized burial team resumed excavations in two cemeteries, one located at the south end of Khirbat al-Mudayna (Fields U+V), and the other
(WT-112) located 500 m northwest of the mound. Primary and secondary burials were identied, ranging in date from the Nabataean period to later times.
The burial team also excavated a primary burial in the Nabataean villa (B800),
discovered during the course of excavations in the courtyard.
The project enjoyed the support of Dr. Fawwaz al-Khraysheh, Director
General of the Department of Antiquities, of Mr. Ali al-Khayyat, Director of
the Madaba District, and of Mr. Husam Hizajeen and Mr. Zuhair Zubi, representatives of the Department of Antiquities. The 2006 season was sponsored
by Wilfrid Laurier University and funded by the Social Sciences and Humanities Research Council of Canada and the University of Pittsburgh Research
Development Fund. The team included 48 scholars, students and volunteers
from Canada, the United States, Austria, Great Britain, Jordan, Denmark, and
the Netherlands.
P. M. Daviau
Archaeology and Classical Studies
Wilfrid Laurier
University, Waterloo, Canada
3. Umm al-Rasas. The XXth Archaeological Archaeological Campaign
2006 (Pls. 44-46)
The archaeological campaign started on August 1rst, in cooperation with the
Department of Antiquities of Jordan represented by Miss Hala . The Staff was
composed by Michele Piccirillo, Carmelo Pappalardo, John Abela, Patrick L.
Olick, and architect Emma Ferri. The economical contribution was generously
provided by the Ministry of Foreign Affairs of the Italian Republic.
This years excavation campaign was dedicated to deepen the knowledge
about the living quarters surrounding the large courtyard which we excavated
last year. From the memories of the local inhabitants we came to know that
the complex with the large courtyard at its centre was known as al-Dayr or
Bayt Umm al-Asal and also as al-Makhfar barracks, a name deriving from
the fact that a turkish contingent of soldiers was stationed here (informa-

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

569

tion given by Sultan al-Mur son of the Shaikh in a private conversation with
M. Piccirillo).
Initially this years research was concentrated on the Western area of the
complex with the excavation of two rooms towards the NW corner of the
courtyard. The second phase included the excavation of the SW area next to
the small arches which came to light during last years excavation in the SW
corner of the courtyard (Fig. 5).
The rooms to the NW (R1616-R1617/20)
The excavation in this area revealed a very intensive modern reuse of the
sothern section (R1617/20). To this period belongs the large irregular ight of
steps, built between the two fallen arches and which lead to a still standing
room to the south. While partially removing the ll of the area to the west
of these steps a capital was discovered. The excavations revealed the various
phases of these dwellings, all dating to the Umayyad-Abbasid period. The
excavation, conditioned by the bad state of the surrounding walls, brought
to light a late reuse of the area witnessed by two baked earth ovens, one of
which almost intact, and an almost even layer of ashes right on top of the fall.
In removing the fall some architectonic elements came to light with some of
them having traces of red paint under the plaster of which only a few fragments
remained. Among these were two nely decorated springers and a small column made up of a capital nely decorated with crosses, a base and two small
column shafts. On one of these a childish human gure with spread arms was
painted in red paint. The capital and the column base have lodgings most probably for a chancel screen of which some fragments where recovered. The fall
rested on a lime oor that is in relation to the threshold of a door, already seen
during last years excavations, and which opens on the courtyard to the east.
The wall which leans on the pillars of the second arch to the east and which
reduced the size of the room to its eastern section, belongs to this phase. After
removing the fall of the eastern arch to allow the retrieval of the architectural
elements, the debris to the north of the upper step of the ight of steps was
removed. This debris was made up of plaster, white large tesserae and stones
from a mosaic bedding that destroyed the ancient oor which lied on a higher
level than the lime oor. Only a very small portion of the ancient oor remains
in front of the threshold of the door which opened to the north and was made
up of beaten earth and well compacted irregular stones in relation to which a
large jar was discovered embedded in the oor in the North Eastern corner of
the room. The jar was broken, mutilated in its upper part and lled with plaster,
white tesserae and stones from a mosaic bedding. The mutilation of the jar is to
be attributed to a later phase of the room when the oor was lowered from its
original level. A trench was dug around the jar, alas fractured in many parts, in

570

RICERCA IN GIORDANIA

order to be able to remove it from its lodging. This helped us see another lime
oor at a lower level (by about 10cm) lying on a ll of about 30cm on virgin
soil. Analyzing the walls of the area one can hypothesize the existence of two
storeys both having the roofs supported by arches with the lower arch attached
to the pillar on which rested the higher arch (gs. 1 and 2).
The second room (R1616) excavated in this area lied to the North of the
previous. Access to it was through a door in the northern wall of R1619 and
another in the eastern wall directly on the courtyard. Even here the stratigraphic situation revealed at least three phases of usage: the most recent is
put in relation to the remains of two baked earth ovens, in the SE and NW
corners, and an abundance of ashes spread all over the area. A lime oor was
discovered attached to the foundations of the walls making us suppose even
here the lowering of the threading oor in respect to the original one of which
only traces remained next to the south door and in the NW corner. The original
structure was an elongated room with a vault to the west covering about a third
of its length having also an arch to the east. All the structures were plastered
(g. 3). The presence of an excessive number of ashlars, two of which with a
beautiful incised cross, and of large roof slabs make us suppose even here that
this room supported a second storey above it.
The rooms to the SW (R1621-R1622-R1623)
Our excavations proceeded to the SW corner of the courtyard where we excavated two rooms adjacent to the area with the small arches which were
partially excavated last year (g. 4).
The western room (R1621), squarish in form, had two EW arches supporting a ceiling of stone slabs. The plaster on its walls survived through time!
The original door opened on the northern wall, while the original threading
oor was only traced in a channel in the NE corner. There were two jutting
and plastered niches in the western wall and a lamp with vine shoots was
discovered when cleaning the debris that lled them. In a second phase the
oor was raised by about 15cm and laid in lime. The small channel in the NE
corner belongs to this phase. In a third phase the northern door was blocked
and plastered. Among the stones used to block this door one can still see in
situ a small lintel with a partially plastered incised cross at the centre. A new
door was opened in the southern wall in correspondence to a new oor made
up of stones and earth. Along the northern wall, covering over three quarters
of its faade, a platform made of three irregular steps was built. It was made
of reused stones among which a lintel with an incised circle containing what
seems a Chi Rho inscription. Always on the north wall an original niche having
the same size as the other two present in the same room was reduced to a small
niche and plastered with the same plaster used on the nearby blocked door.

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

571

Two roughly built structures made up of reused stones belong to a later phase
with the smaller one towards the centre of the room and attached to the ight
of steps while the larger one, built by a series of vertically standing blocks,
formed a square box in the SE corner.
To the east of this room stood another dwelling place (R1622) of which
we excavated only its southern part. This room had the same characteristics
of the adjacent western one: plastered walls, EW arches supporting the roof
and plastered niches in the walls. The oor, on the other hand, is made up of
stone slabs but with a lime section along the southern wall. On the east wall,
by the rst arch, we discovered arabic inscriptions some traced with charcoal
while one is very well incised. Always by the rst arch, but to the west, directly on the oor slabs and under some fallen roof slabs together with some
sherds we discovered the bone remains of a child, most probably killed by the
weight of the fall of the building. A door opening to the south seems to belong
to a second phase of the building. The fall, well visible in the section of the
unexcavated northern side of the room, clearly revealed that the building was
made up of two storeys, both supported by arches with the upper one having
also a large white tesserae mosaic oor laid on the stone slabs which divided
the two storeys thus conrming the hypothesis which emerged while excavating the other rooms (R1616-R1617/20).
While cleaning the area between R1622 and the small arches from the
surface debris and removing also some very late walls, we were able to bring
to light a series of at least four small arches in a NS direction and we could
also see the departures of four arches in an EW direction.
Conclusion
This summers exploration did in fact enhance our knowledge of the structures
around the courtyard. The excavation by the NW corner of the courtyard revealed a solid two storey structure of which we were able to trace the lower
one made up of two adjacent rooms connected by a door with the western one
having a partially still standing vault. The relationship of this structure with
the courtyard is not quite clear as the two communicating doors seem to belong
to a later phase.
Even the buildings excavated in the SW area revealed that they were made
up of two storeys. This shows that it was normal to have structures of this type
in this area of Umm al-Rasas. Another characteristic that came out during this
excavation is the fact that the second storey of these buildings had large white
tesserae oors. The two rooms excavated in this area had common characteristics as the carefully plastered walls, ceilings and niches and a door opened
in the southern walls during a later phase. These buildings, in contrast with the
other excavated rooms, were not reused after the fall of the walls which most

572

RICERCA IN GIORDANIA

probably took place at once. Further, the excavated rooms did not have any
traces of windows which opened on the outside.
Generally speaking we can conclude that the building excavated during
this years campaign had an evolution corresponding and parallel to that traced
in the courtyard. It had a continuous and long life independently from the
structural relationships that existed between them.
Further exploration in this area will permit us to understand better the relationship of the buildings surrounding the central courtyard with the courtyard
itself. We can already state that in this area, not distant from the main northern
gate of the Castrum, there stood a building of considerable dimensions.
C. Pappalardo - J. Abela
Franciscan Archaeological Institute on Mount Nebo
4. Nitl Excavation Campaign 2006 (Pls. 47-50)
During the Summer of 2006 a short excavation campaign has taken place in
the village of Nitl, situated about 10 km to the south/west of Madaba, the eldwork was directed by the author and supervised by Michele Piccirillo O.F.M.
from the Franciscan Archaeological Institute Mount Nebo and sponsored by
The Madaba Society for Cultural Heritage with a fund provided by Jordanian
Friends.
The archaeological research in the village has taken place regularly from
1996 until 1999/2000 with the aim of investigation of settlement patterns, topography and historical importance of the village in the Nabatean, Byzantine
and Omayyad/Abbasid periods. So far an ecclesiastical compound made of two
parallel churches with adjacent chapels and a martyrium has been unearthed
(for a review of the published material see Hamarneh B., Manacorda S., Nitl.
Excavation Campaign 1996, in Piccirillo M. (a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania, in LA 46, 1996, pp. 406-409; Hamarneh B., De Luca
S., Manacorda S., Michel V., Nitl. Excavation Campaign 1997, in Piccirillo M.
(a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania, in LA 47, 1997, pp. 478481; Hamarneh B., De Luca S., Michel V., Campagna di scavi a Nitl- Madaba
- 1999, in Piccirillo M. (a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania,
in LA 49, 1999, pp. 489-494; Piccirillo M., LArabia cristiana. Dalla provincia
imperiale al primo periodo islamico, Milano, 2002; Piccirillo M., The Church
of Saint Sergius at Nitl. A Centre of the Christian Arabs in the Steppe at the
Gates of Madaba, LA 41, 2001, pp. 267-284. For a historical analysis see also
Shahid I., The Sixth-Century Church Complex at Nitl, Jordan. The Ghassanid
Dimension, in LA 41, 2001, pp.285-292).
A preliminary short survey of the site in July-August 2006 has stated that,
since the last excavation that took place in the village in the summer of the

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

573

year 2000, several acts of vandalism were operated on the uncovered buildings,
this included the two churches, the martyrium chapel, the ottoman mosque
and the dwellings of the same period (g. 1). In particular the intact roof of
the north diakonikon of the North church dated to the byzantine period was
completely demolished; the collapsed arches of the roof of the same church
covering the bema and conserved as stratigraphy evidence, were also knocked
down, the same treatment was reserved to the apse of St. Sergius church, to
the roong of two lateral rooms anking its presbytery and its faade wall;
further damage can be also observed in the faade wall of the martyrium chapel
in the point of connection to the narthex. The most consistent damage was
operated upon the ottoman Mosque, set on the south edge of the ecclesiastical complex and perfectly preserved (see M. Londino, La moschei ottomana
di en-Nitl-Madaba, in Piccirillo M. (a cura di), Ricerca storico-archeologica
in Giordania, in LA 53, 2003, pp. 446-449, g. 5-10). It had both north and
south walls completely demolished (gs. 2 and 3). It must be also stressed that
several other ancient buildings, surveyed in previous campaigns and yet not
excavated, were completely destroyed by the inhabitants on the southern slope
either to build modern houses or to obtain stones for new constructions.
This alarming situation evidences the urgency of undertaking a plane for
the preservation, protection and safeguarding of the Byzantine-Omayyad and
late Ottoman antiquities in village and the necessity of a restoration project
that should involve the sites major monuments, the priority is to preserve the
excavated church complex in order to prevent further vandalism due to the
important archaeological and historical information evinced from the analysis
of the data collected in the afore mentioned excavations of site of Nitl.
The 2006 eld work took place in two areas: the presbytery of the North
church and the courtyard of the whole ecclesiastical complex.
Presbyterium of the North Church
The presbytery area of the North church (locus 5) was left unexcavated in
previous campaigns due to a modern edice (used as shop about 30 years ago)
build exactly over the collapsed arches and roong of the church and thus left
for stratigraphy reasons.
After the removing the fallen stones of the arches and roong damaged by
vandals, a small portion of the presbytery area of the North church was uncovered, this included a plastered step set between two pillars (second pilaster), this
latter separated the sacred area from the nave of the building. A second raised
step, proper of the Bema, showed a screen base that hosted, still in situ, fragments of the chancel screen made of schist and two large stones both covered
with mortar, much similar to those found in the adjacent St. Sergius church. One
large column (about cm 50 long) was discovered in situ in the south/west angle

574

RICERCA IN GIORDANIA

of the presbytery, the column was also plastered with lime mortar, yet since that
it was not possible to excavate the base of the column and the adjacent area, it
is not clear if it was part of a proper ciborium or just a base for a mensae or an
offertory table due to its angular position (g. 4). The fragments of furnishing
recovered may be ascribed chronologically to the last phase of liturgical functioning of the North church just before it was denitively abandoned. Other
liturgical furnishing was uncovered in the debris as pieces of schist colonnetts
and fragments of marble slabs showing a common decorative tendency in the
employment of both marble and schist as in other churches of Madaba Bishopric
in the late byzantine period. A small portion of the pavement of the presbytery
was also unearthed this showed a mosaic pavement decorated with a swastika
motif in red, yellow and black tesserae on whitish background in good state
of preservation, the same motive borders the mosaic pavement of the adjacent
north diakonikon (locus 6). It was not possible to determine if the decoration
continuous due to the position of the modern shop build over the fallen arches
of the same presbytery that prevented further in depth investigations.
The stratigraphy evidenced in the small portion excavated shows a similar
situation so far documented in the adjacent St. Sergius church this consisted
of a shallow stratum of yellow sand deposited directly on the mosaic oor of
the presbytery with late byzantine shurds (US 116), this was toped by a second
stratum of whitish colour due the several fragments of plaster fallen from the
wall and roong (US 113). Then a large black stratum with ash deposits (US
126) probably coming from re places after the abandon of the sacred building
(as already observed in St. Sergius) this was toped by other stratum of plaster
coming from walls (US 23), then we have the fallen roof slabs toped by fallen
pillars (UUSS 19 27), in these two last stratum several architectonical decorated pieces were found. Similar material has been recovered in the previous
excavation of the churches and may be dated around 1st century A.D. and most
probably reused in the church building.
The Courtyard
The second part of the excavation was extended to the courtyard area, partially
investigated by the previous campaigns, and common for all the ecclesiastical
complex; the courtyard is situated about 2 mt below the level of the narthex,
due to the natural position of the bedrock sloping westwards. The stylobate
that delimits the narthex indicates most probably the accesses to the courtyard,
as no steps survive. The major aim of our investigation was to evidence the
extension of the courtyard to the west and to the north and to uncover the
slab paving evidenced here and there in short probe soundings (USM 208).
Two meters debris accumulated in the modern period with stones, plastic and
other material with no conserved stratigraphy were removed. Later the excava-

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

575

tion was limited to the south/western area, were a threshold (USM 214) with
a wall toped by a modern ottoman building (house n. 36) was uncovered in
1999 campaign. Two other ottoman period houses (nn. 34-35) are set on the
western limits of the excavated area.
It must be stressed that on the southern side we can still observe the faade
of the martyrium chapel set directly on bedrock sloping westwards, the irregularity of the bedrock was corrected and brought to the level of the threshold
by stones and pressed red soil. On the central part of the same area and moving
westwards an important hydraulic implant was uncovered, this consisted of a
large cistern, a wall, two small plastered basins and a water channel running in
south/north direction (gs. 5 and 6). Another cistern (n. 9) is set near the faade
of the North Church (see Hamarneh B., De Luca S., Michel V., Campagna di
scavi a Nitl- Madaba - 1999, in Piccirillo M. (a cura di), Ricerca storico-archeologica in Giordania, in LA 49, 1999, pp. 493-494).
The deep cistern has a rectangular opening and shows still in situ arches
toped by roof slabs as in other similar constructions found in the village permitting us to date it to the byzantine period. It must not be excluded the cistern has been hewn in bed rock then roofed with arches as evidenced in other
examples found in the village. In the same period the cistern was anked by
a mosaic pavement decorated with red, black and yellow tesserae following
a simple linear motive, this pavement was completely destroyed during the
construction of the ottoman house n. 36, only traces of the pavements layout
with lime and mortar still survive on the southern side of the cistern; while
high quantity of tesserae along with byzantine/Omayyad ceramics were found
in its destruction stratum (g. 7).
On the west side of the cistern: two plastered basins (with opus signinum)
set southwards and enclosed by a small wall and a water channel slightly bending towards east can be observed. This later was anked by a slab pavement.
The channel was accurately paved and seems to continuo beyond the ottoman
dwelling n. 36. This hydraulic system may be dated to the late byzantine period
as a sounding made under one of the removed slabs showed shurds of late byzantine ceramics. Several large fragments of pavement with tesserae were found
during the excavation it may indicate that the both channel and basins were
covered by a mosaic pavement. Similar hydraulic arrangements can be also
observed underneath the pavement level in Room M of St. Stephan complex
of Umm er-Rasas (see M. Piccirillo, Gli scavi del complesso di Santo Stefano,
in M. Piccirillo, E. Alliata, Umm al-Rasas Mayfaah I. Gli scavi del complesso
di santo Stefano, Jerusalem 1994, pp. 97-99) and under the pavement of the
lower Chapel of Priest John at Khirbet al-Mukhayyat (see M. Piccirillo, The
Churches on Mount Nebo New Discoveries, in M. Piccirillo, E. Alliata, Mount
Nebo. New Archaeological Excavations 1967-1997, Jerusalem 1998, pp. 225226), set to collect rain water and draw it to the numerous cisterns surrounding
the ecclesiastical complex.

576

RICERCA IN GIORDANIA

In the ottoman period the area was reused as the cistern was covered by a
small wall on four sides, a slab pavement was set around the its square opening
similar to the well conserved Cistern n. 9 set in the North church faade. Both
basins and water channel seemed to be reused to serve the modern dwellings
anking the courtyard area on the south and western sides (nn. 34-35-36) as
can be evinced from the fragments of mamluk/ottoman shurds found.
The complexity of the area and the several Ottoman buildings (still of
private property) that bounder the investigated area did not permit to carry on
further soundings, yet it will be rewarding to extend the excavation beyond the
upper mentioned dwellings to determine the connection of our ecclesiastical
complex to the late antique building surveyed there.
Basema Hamarneh
Franciscan Archaeological Institute on Mount Nebo
5. Two Nabataean Mosaic Floors from Wadi Musa-Petra (Pls. 51-52)
Two mosaic oors were discovered during salvage work by the Department
of Antiquities in the Wadi Musa town centre in 1996 and 1999, in the middle
of the suq area. They are referred to here as Mosaic 1 and Mosaic 2, in
order of their discovery.
Mosaic 1
Mosaic 1 was discovered in a Nabataean villa during the Wadi Musa Salvage
Excavation in 1996 (K. Amr - S. Al-Nawaeh - H. Qrarhi, A Preliminary Note on
the Wadi Musa Salvage Excavation 1996, ADAJ 41 (1997) 469-473; S. Twaissi,
A Study of the Nabataean Remains Excavated at Wadi Musa in 1996, unpublished
MA thesis, University of Jordan, Amman 2001 (Arabic). It decorated a room in
a private villa of the mid-late rst century AD. Unfortunately, the villa including
the mosaic oor was partially destroyed during the opening of a street prior to
the excavation (Figs. 1 and 2)). The whole excavated area was dismantled soon
after the excavation to build modern shops, and the mosaic is currently on display
at the Petra Museum.
The mosaic oor consists of two parts, the main carpet and an entryway.
The design, executed with small tesserae averaging 11mm a side, is purely
geometrical in four colours: white, yellow, red and black. The black is in two
shades of stone, dark grey and dark grayish brown, but the two shades seem
to originate from the same mother rock. The dark grey was mainly used for
the swastika-and-square border design, while the dark grayish brown was used
for the lines dening the border, with some mixing of the two shades. All the

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

577

colours and their variations, except for the red, can be obtained in local Jordanian stone (thanks to Ziad Aziz of Philadelphia Mosaics who provided me
with samples for comparison). The colour matching was done visually and no
provenience studies have been done yet for the origins of the stones.
The preserved dimensions of the mosaic are 1.30 x 0.75 m maximum for
the entryway and 2.75 x 2.15 m of the carpet, the longer dimension being
completely preserved. Assuming symmetry and an entryway of around 1.75 m
width, a feasible reconstruction of the carpet would have two central circles
and a length of around 4.60 m , i.e. the preserved section is around 40% of
the original mosaic oor.
Fragments of a black and white mosaic oor, forming squares and triangles
that could be related to the entryway design, were discovered in a rst century
AD mansion at az-Zantur/ Petra in 1997 (B. Kolb, Swiss-Liechtenstein Excavations at az-Zantur in Petra 1997, ADAJ 42, 1998, 259-261).
Mosaic 2
Mosaic 2 was discovered in 1999, in a mechanically excavated sewage trench
of the Wadi Musa Water Supply and Wastewater Project (K. Amr - A. alMomani, Preliminary Report on the Archaeological Component of the Wadi
Musa Water Supply and Wastewater Project (1998-2000), ADAJ 46, 2001,
253-285). It decorated a room in a villa contemporary with and neighbouring to
that which contained Mosaic 1, although a slightly earlier date within the mid
rst century AD is possible for the construction of this second villa (g. 3).
The sewage trench cut through the mosaic oor and left two fragments on
either side, one with a repeated geometric motif of interlocking circles in black
and white to the south, the other of simple alternating black and white tesserae to
the north. Both fragments were lifted and the more elaborate one is currently on
display at the Petra Museum. A later (archaeological) wall was built on top of the
mosaic oor, so we could only salvage a triangular fragment measuring around 45
cm in length and 65 cm maximum preserved width. The design was executed in
small tesserae averaging 9 mm a side. The stone sources seem to be the same as
for Mosaic 1, although no provenience study has been done.
[Stylistically the two mosaics t well in the 1st Century mosaic oors found
in the Herodian palaces in the fortress of Masada (G. Foerster, Art and Architecture, in Masada V, The Y. Yadin Excavations 1963-1965 Final Reports,
Jerusalem 1995, pp. 140-157), in the fortress and the palaces at the Herodion
and Jericho (E. Netzer, The Palaces of the Hasmoneans and Herod the Great,
Jerusalem 2001, 113), in the baths of the Machairos fortress in Jordan (V. Corbo,
Macheronte. La reggia-fortezza erodiana, in LA 29, 1979, 315-326, tav. 44),
as well as in the palaces of the same period found in Jerusalem (N. Avigad,
Discovering Jerusalem, Jerusalem 1983, 153-156). M.P.]

578

RICERCA IN GIORDANIA

In the meantime, two other mosaic oors have been found in Wadi Musa,
which can be dated to the same period. Mosaic no. 3 was discovered during
the excavations in the Wadi Musa town centre, carried out by the Department
of Antiquities in 1996 (g. 4). It adorned a room adjacent to the private bath
of a Nabatean villa. Recently, in January 2004, a fourth mosaic has been found
in al-wadi, without more details on its location (g. 5).
The general design and colour scheme continues into the early second
century AD mosaic oor of the al-Humayma Roman fort, although the workmanship seems to decline. See Romanization at Hawara (al-Humayma)?
The Character of Roman Culture at a Desert Fortress in Studies in the History and Archaeology of Jordan, vol. 8, Amman, 2004, pp. 353-360; see also
the interesting discussion on the Romanization vs. Nabataeanization as
indicated by the mosaics in Oleson et al., Preliminary Report of al-Humayma
Excavation Project, 2000, 2002, ADAJ 47, 2003, 37-64.
Khairieh Amr and M. Piccirillo
Department of Antiquities of Jordan
6. Varia Arabica. Greek Inscriptions from Jordan (Pls. 53-56)
This paper aims to make known to students and scholars a number of Greek
inscriptions from Jordan that, although exposed to view for a relatively long
time, have never been published; or if they have, their published text is less
than satisfactory. I wish to thank Fr. Michele Piccirillo for bringing them to
my attention and providing illustrations. The inscriptions are presented in geographical order, from north to south.
1. Two enigmatic letters in the mosaic pavement of St Constantine Church
at Rihab (Fig. 1-2)
A Greek inscription in the mosaic pavement dates the church of St. Constantine
at Rihab on February 28, 517 of the province (of Arabia), that is, February 623.1
Later the pavement suffered iconoclastic damages that were roughly repaired.
On a patch of white tesserae in one of the repaired portions of the mosaic two
letters were inscribed, marked with a horizontal stroke: TM. The horizontal line
marks the characters as either an abbreviated nomen sacrum or as numbers. As
A. Michel, Les glises dpoque byzantine et umayyade de Jordanie (provinces dArabie et
de Palestine) Ve-VIIIe sicle, Turnout, 2001, pp. 221-222; A. al-Husan, The New Archaeological Discoveries of the al-Fudayn and Rahabal-Mafraq Excavation Projects, 1991-2001,
ADAJ 46 (2002), pp. 88-89 and g. 29 (in Arabic). An Italian translation of the inscription is
1

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

579

the former makes no sense, the latter option remains. As a gure, TM signies
340, but what can be the meaning of this number? As an isopsephon, that is, a
gure representing the numerical value of a word or sequence of words, 340
is not known;2 as a date, by no known era can it result in a date later than the
erection of the church and the damages caused by iconoclasm, in the course of
the eighth or of the ninth century. It may, however, be a case of abridged date.
In the past I have suggested that abridged dates could be found when the era
employed was that of the world creation, and in a recent article I have presented
several cases in which this explanation solves chronological problems otherwise
insoluble.3 (6)340 by the Byzantine era in use in Transjordan corresponds to
832 AD, in the very midst of the iconoclast struggle.4
2. From the monastery of Mar Liyas, in the bishopric of Pella (Fig. 3)
Ten-line inscription framed within a round medallion decorated with a two-strand
rope pattern, situated in a room south of the church.5 The letters are roughly
traced and of irregular size, giving the inscription a rustic appearance. Here and
there are patches of white, larger tesserae, showing that the mosaic was repaired
in antiquity. Some of the iotas seem to bear a trema, though this is difcult to
ascertain, given the condition of the mosaic.
provided by M. Piccirillo, Aggiornamento delle liste episcopali delle diocesi in territoria
transgiordanico, LA 55 (2005), p. 387, n. 64. I wish to thank Father Piccirillo who showed
me a photo with a detail of this portion of the mosaic pavement.
2
On isopsephism, see P. Perdrizet, Isopsphie. Revue des tudes Grecques 17 (1904), pp.
350-360; T.C. Skeat, A Table of Isopsephisms, ZPE 31 (1978), pp. 45-54; C. Foss, Three
Apparent Early Examples of the Era of Creation, ibidem, pp. 241-246.
3
L. Di Segni, The Use of Chronological Systems in Sixth-Eighth Centuries Palestine.
ARAM 18-19 (2006-2007), pp. 113-126. One of the solution I suggested, pertaining to the
martyrium of Yamun, was presented by Piccirillo, Aggiornamento, p. 389, n. 78.
4
The iconoclast controversy had two phases, the rst from ca. 724 to 787, ending with the
Seventh Ecumenical Council (second council of Nicaea), the second in the ninth century,
ending with the council of Constantinople of 843, which restored icon veneration. For the
participation of the Church of Palestine in both phases, see J. Patrich, Sabas, Leader of
Palestinian Monasticism, Washington, 1994, pp. 351-352. For the era of the world creation
used in Transjordan, see L. Di Segni, The Date of the Church of the Virgin in Madaba, LA
42 (1992), pp. 251-257; ead., La data della cappella della Theotokos sul Monte Nebo. Nota
epigraca, LA 44 (1994), pp. 531-533.
5
On the site of Deir el-Liyas, northwest of Gerasa on the eastern slopes of the Ajlun Range,
see A. Augustinovic & B. Bagatti, La patria di Elia (Mar Liyas e Listib). LA 2 (1952), pp.
279-285; A. Augustinovic, El-Khadr and the Prophet Elijah, SBF, Collectio Minor 12,
Jerusalem, 1972; M. Piccirillo, Chiese e mosaici della Giordania settentrionale, Jerusalem,
1981, p. 17; id., LArabia cristiana, Milano, 2002, pp. 104-105; M. Abu-Abeila, Al-Athar
1 (2000), pp. 15-17 (Arabic).

580

RICERCA IN GIORDANIA

OUUNe
RGoNTOeYHFw
QHePIToQewFILe^
eI ON.Re
^IGoNeNo
eKPoDIIwANoFA
.O.^UPeR - - eIAAUTo^
UNBIo^TONAUToTeKNO
NeNMIo - -IND DIwHL

eTo - Pe.LHO
- - I

Cr(ist)ou' sunergounto" ejyhfwvqh ejpi; tou' qewfile(stavtou)


Esion(o") pre(sbutevrou) (kai;) iJgoumevnou
ejk spoudi'" Iwavn(n)ou fakop(wvlou) uJpe;r bohqeiva" auJtou' (kai;)
sunbivou (kai;) to'n aujtou' tevknon ejn m(hni;) Iounivw/ ijnd(iktiw'no") di whl
e[tou" th'" () Pellhon poli"

L. 3 the second and perhaps also the rst theta lack the middle bar; l. 4 EION?
perhaps Hsion(o"), cf. nominative Hsivwn, SEG XXXIX: 1540; l. 8 the mu of mhniv
may have had an overhanging eta, but the mosaic is broken here; the month may be
Iounivw/ or Ioulivw/; After D a letter resembling T but with unsymmetrical horizontal
bar: not t(ou') whl e[tou" but a iota with trema or horizontal line over it, mismanaged
by the mosaic layer; ll 9-10 the letters after e[tou" are hardly legible: perhaps th'"
(possibly abbreviated) Pellhvon poli" = Pellaivwn povlew"?

With the help of Christ, the mosaic pavement has been laid under
Esion (?), the most God-loving priest and abbot, by the care of John,
pulse merchant, for the succour of himself and (his) wife and his children, in the month of June (or July) of the 14th indiction, year 838 [of
the city] of Pe[l]la (?).
The urban era of Pella started in 63 BCE; thus year 838 corresponded to
775/6. June and July 776 fell in the 14th indiction. John, the pulse merchant,
must have been a local well-to-do Christian who paid for the mosaic pavement.
Here we have another example of the continuing ourishing of Christian life
in eighth-century Palestine.6
The city of Pella belonged to the province of Second Palestine. For its bishops, see most
recently M. Piccirillo, Aggiornamento, p. 390.
6

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

581

3. From the macellum of Gerasa (Fig. 4)


The macellum of Gerasa was built in the rst half of the second century CE
and successively modied and enlarged, rst in the late second or early third
century, and again in the Byzantine period. During the latter, a second row
of shops was added on the south side of the building, and a pavement with a
new staircase was laid out along the faade, on the east side, facing the cardo.
Here two mosaics were laid, one at the northern end of the pavement, with a
geometric pattern, the other in the northernmost taberna, with a Greek inscription. The additional shops on the south side were dated to the late fth or early
sixth century by deposits of pottery and coins under the oors (the latest coin
being dated 475-476), and the same date was assumed by the excavators to be
valid also for the modications in the faade of the building.7
While the Greek inscriptions found within the macellum were all published,8
the mosaic inscription was ignored by all, as far as I know. It is framed in a tabula
ansata, the left-hand part of which is destroyed, so that the left handle and the
beginning of all the six lines are missing. Also lost are most of the top and bottom sides of the frame, and almost the entire text of the rst and last line. Both
the frame and the script are traced in black tesserae on a white background. The
letters are gracefully designed, tall and narrow, all square except for theta, phi
and omicron. The last is represented in no less than ve variants: round, oval,
almost rhomboid, small and round, small and square. The shape of the characters
could well t a fth-century date, but for the alpha that consistently shows a
horizontal middle bar, which makes a fourth-century date more likely.
The text apparently consists of two parts. The epic genitive ending in oio at
the end of l. 2 immediately gives away the fact that the rst lines belong to a poetic
text, while the letters surmounted by a horizontal stroke in l. 6, obviously the rst
two digits of a date, indicate that the last lines of the inscription are in prose and
contain matter-of-fact data added to the epigram. Together, the two elements hint
that the text in front of us is a building inscription composed of a eulogy of the
building and/or the builder, and historical information pertaining to them.
The text reads:

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - ENONOIKON
- - - - - - - - - - - - - - - - - ALOUQENOAGKULINOIO
- - - - - - - - I CARIENTAKALwPOLUFEGGEIKOMw
- - - - - - K RATEON TO . NAIIMONHNI . N ARCH
- - - - - H AKULI . OUL A MPROTATOUPRw - - - - I

ET OTwEK - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Iw - - - - - - -

M. Martin-Bueno, The Macellum of Gerasa (Jerash, Jordan); From a Market Place to an


Industrial Area, BASOR 307 (1997), 66-88.
8
Full bibl. apud Martin-Bueno, pp. 70-71, and in SEG XXXVI: 1362-1371; XLVII: 2065.
7

582

RICERCA IN GIORDANIA

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - enon oi]kon
< ++ < ++ < megavlou sqevno" Agkulinoivo
< ++ kai; carievnta kalw/' polufeggevi kovsmw/
< ++ < kratevonto" ejnaivsimon hJnivan ajrch'".
Dia; spoudh'" Akulinou' lamprotavtou prwvtou th'"
povlew" ejgevneto tw/' eku e[tei - - - - - - Iw - The might of great Aquilinus [erected this - - ] hall, [ - - ] and
graceful in beautiful brightly-shining decoration, when [Ulpianus?]
was holding a righteous rein of ofce. By the provision of Aquilinus,
clarissimus principalis, in the (year) [4]25, was done - - -

The rst four lines are hexameters. Interestingly, the name of the ofcial
who was responsible for the restoration or enlargement of the building is written with an added gamma in l. 2: can it be in order to ensure that the rst syllable of the name would be long? The metre permits to restore epsilon before
-non in l. 1, where the remains of the letter would be consistent with either E
or C, both square letters; but sigma would produce a long syllable while a short
one is required. More important, the metre enables us to roughly evaluate the
number of letters missing at the beginning of the lines; thus the restoration dia;
or ejk spoudh'" at the beginning of l. 5 can be considered certain.
At the end of l. 5 there is a large gap. The last legible letter before the
gap, though broken, can be identied with certainty as an omega; after the
gap, there are the remnant of an upright line and a sigma. The upright letter
and the width of the gap make it impossible to restore prwteuvonto": the
most likely restoration must therefore be prwvtou th'" | povlew", with povlew"
written in abbreviated form at the beginning of l. 6, for there is not space for
more than 5-6 letters in the gap there.9 Prw'toi or principales were found both
in the Roman and in the Byzantine polis, but while in the former they may
just have been the members of the local aristocracy (unless formally designed
dekaprw'toi, ten members of the city council in charge of nancial affairs), by
the second half of the fourth century the principales formed a kind of executive
body within the council, with specic responsibilities on the executive and administrative level. As such, they are often mentioned in building inscriptions.10
Abbreviations of povli" of one, two or three letters are common, especially in the fourth
century: see M. Avi-Yonah, Abbreviations in Greek Inscriptions, Jerusalem, 1940, pp.
94-95.
10
A.H.M. Jones, The Later Roman Empire, 286-602, 2nd edition, Oxford, 1990, pp. 760,
1300-1001; L. Di Segni, The Involvement of Local, Municipal and Provincial Authorities
in Urban Building in Late Antique Palestine and Arabia, in J.H.Humphrey (ed.), The Roman and Byzantine Near East: Some Recent Archaeological Research, JRA, Supplementary
series No. 14, Ann Arbor, MI, 1995, pp. 323-324.
9

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

583

It is worth noting that in texts and inscriptions of the fth-sixth centuries the
members of this group are usually called simply prw'toi or prwteuvonte", but
we nd the term prw'to" th'" povlew" in inscriptions of the imperial period
from Gerasa itself, from Tel Shosh in the Lower Galilee and from Asia Minor,
and the analogous prwtopolivth" on a third-century ossuary from the territory
of Eleutheropolis.11 The use of the fuller term may be another pointer to an
early date of this inscription.
The dating formula tw/' x e[tei became common in Gerasa in the Byzantine
period.12 In the date, marked with a horizontal stroke in l. 6, only the units and
the tens are preserved. If the chronology suggested above is accepted, the missing mark should be a hypsilon, resulting in the gure [4]25. Year 425 by the
era of Gerasa corresponds to 362/3, from autumn to autumn. In the rst part of
that year the governor of Arabia was Belaeus, who was replaced in mid-363 by
Ulpianus, governor of Arabia in 363-365.13 Governors usually took up their posts
in late spring or summer, when travelling conditions were favourable; therefore
it is likely that in the second half, or at least in the last third, of year 425 of the
Gerasene era, the governor was Ulpianus. Oujlpianou' ts both the metre and in
the available space at the beginning of l. 4, better than Belaeus name.
4. A lintel from Hesban ancient Esbus (Fig. 5)
A lintel of hard limestone, broken at the right-hand end, was discovered by
the Andrews University Expedition in 2001. The lintel was recently published
by Mattingly and Burgh and the reader is referred to their paper for details.14
However, as the reading given by the editors seems partly incorrect, I would
suggest another, based on a photo taken by Fr. Piccirillo on the site.
For prw'to" th'" povlew", see C.B. Welles, The Inscriptions, in C.H. Kraeling, Gerasa, City of the Decapolis, New Haven, 1938, p. 441, no. 188; SEG XXXVIII: 1586 (Tel
Shosh, ancient Gabae), and IGRom IV: 666, a third-century inscription from Phrygia. For
prwtopolivth", see SEG XXVI: 1688 and cf. POxyrh I, 41. 9 (a papyrus of the third or
early fourth century).
12
In inscriptions of the rst-third centuries in the city the gure of the year is normally
introduced either by the L-mark or by e[tou". The formula tw/' x e[tei appears in inscriptions
of the fth, sixth and early seventh centuries: see for instance Welles, Gerasa, nos. 275,
277-279, 298, 304, 306, 314, 335. There are no fourth-century inscriptions dated by an era
year in Gerasa, as far as I know.
13
Both governors are known from epistles of the famous rhetor Libanius of Antioch: see A.H.M.
Jones, Prosopography of the Later Roman Empire I, Cambridge, 1971, pp. 160 (Belaeus), 973974 (Ulpianus 3); M. Sartre, Les gouverneurs de l'Arabie romaine, Trois tudes sur l'Arabie
romaine et byzantine, Bruxelles, 1982 (Collection Latomus, no. 178), p. 104, nos. 70-71.
14
K. Mattingly & Th.W. Burgh, Lintel Inscription from Tall Hisban, Field M, Square 5,
2001, Andrews University Seminary Studies 43, 2 [2005], pp. 247-260.
11

584

RICERCA IN GIORDANIA

The lintel in its present state is 101 cm long along the bottom edge, 94 cm
along the upper edge, 34 cm wide and 19 to 30 cm thick. It was not discovered
in situ, but among the rubble thrown down the northern slope of the tell, below
the Acropolis Church. It seems likely that it may have originally belonged to
that church rather than to the North Church, which is located at a lower level.
Moreover, the inscription of the lintel indicates that it belonged to a monastic
church, or at least to a church with attached monastery, while none of the inscriptions discovered in the North Church mentions an abbot or monks; on the
contrary, they seem to indicate that that foundation was a parochial church.15
The text reads:

EPIToQEOEB^GEwRGIoPRE - GOUMENoTOwTHRIwD - MATOANENEwQHHEKKL - MHNIEPTEMBRIwPROTHIN - -

L. 1 There seems to be an abbreviation mark after QEOEB^, a small inverted


stigma, and the rho of GEwRGIo is perfectly visible; l. 3 Mattingly and Burgh MATOE, but the supposed middle bar is just a break in the stone.

Here follow Mattingly and Burghs reading and translation. I have added
diacritical signs but left the parentheses as in their transcription, for it is not
clear when they mean to mark a break or an abbreviated word. Apparently they
use square brackets for broken letters and round for missing letters):
Epi; tou' qeoseb(estavtou) Georgivou presb(utevrou kai;)
hJgoumevnou tou' swthrivw/ d(apavnh/ kai;)
(ka)mavtwe ajnenewvqh hJ ejkk(lhsiva)
mhni; septembrivw/ provth ijn(divktou.)
At the time of the most pious George, presbyter (and) abbot of
(the) Savior, (who) provided the c(osts and) labor (for the) restoration
of the church (in the) month of September of the rst indiction.
Corrected transcription:
Epi; tou' qeoseb(estavtou) Gewrgivou presb(utevrou) kai; hJ-
goumevnou tou' swthriwvdou" dwv-
On the Acropolis Church and the North Church, see also Michel, Les glises, pp. 295-300.
There is no indication of a monastery attached to either church, but the Acropolis Church
was abandoned earlier than the North Church. Since Esbus still had a Christian community
in the post-iconoclastic period (a bishop is mentioned in 879: see G. Fedalto, Hierarchia
Ecclesiastica Orientalis II, Padova, 1988, p. 749), a monastic church is more likely to have
been abandoned earlier than a parochial church.
15

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

585

mato" ajnenewvqh hJ ejkklhsiva


mhni; eptembrivw/ prwvth/ ijnd(iktiw'no" - .

Under the most God-fearing George, presbyter and abbot of this


house of salvation, the church was renovated in the month of September, on the rst (day), indiction -.
wthriw'de" dw'ma, saving house or house of salvation, indicates the
monastery attached to the church, of which George was abbot. I prefer to view
prw'th/ as referring to the day of the month, since the indiction is usually given
in genitive. No doubt the gure followed the abbreviated IND and was lost in
the break.
In the same paper Mattingly and Burgh also give again the texts of the
inscriptions of the North Church, which were repeatedly treated by Lawlor but
were also published by Gatier in Inscriptions Grecques et Latines de la Jordanie [IGLJ], vol. II.16 The authors do not seem to be aware of this publication
and of Gatiers corrections of various mistakes in Lawlors edition. The reader
therefore will be well advised to disregard Mattingly and Burghs as well as
Lawlors edition and refer instead to IGLJ. However, also Gatiers edition of
one of the texts seems capable of a small improvement. In the inscription located at the east end of the nave, in front of the chancel steps, the name of the
priest in l. 2 should surely be restored Papivwno", as suggested by Robert. In
the third and fourth lines, I suggest restoring uJpe;r swthriva" Filadevlfou
magist(rianou') (kai;) panto;" tou' oi[kou aujtou', instead of taking the letters
MAI as the beginning of Philadelphus patronymic (Gatier) or, worse, as part
of the mans own name, Philosophoumai (Mattingly and Burgh).17 The man
Philadelphus is mentioned, together with his son Elias, in the lower mosaic
pavement of the chancel, and seemingly he nanced the paving of the entire
building. For the benefactor of the church, a title of some kind seems more
J.I. Lawlor, Hesban (Heshbon) 1978, RB 86 (1979), pp. 115-117; id., The 1978 Excavations in the Hesban North Church, ADAJ 24 (1980), pp. 100-103, Fig. 3, Pl. LXIII; id., The
Hesban North Church in Its Stratigraphic and Historical Contexts, PhD Diss., Drew University, 1990, pp. 118-132, 143-148; id., The Historical/Archaeological Signicance of the
Hesban North Church, in D. Merling & L.T. Geraty (eds.), Hesban After 25 Years, Berrien
Springs, 1994, pp. 126-129; J. & L. Robert, BE 1980, no. 558; SEG XXIX: 1609-1611;
XXX: 1694; Gatier, IGLJ II, pp. 77-78, nos. 60-62. A fourth inscription, in the presbytery,
was discovered later: SEG XLV: 1990. All the inscriptions of the North Church are also in
Michel, Les glises, pp. 299-300.
17
For the abbreviation MAG, MAGITR, see C.M. Lehmann & K.G Holum, The Greek
and Latin Inscriptions of Caesarea Maritima. Boston, MA, 2000 (The Joint Expedition
to Caesarea Maritima, Excavation Reports, vol. V), p. 102, no. 91, Pls. LXVI-LXVII; P.
Delougaz & R.C. Haines, A Byzantine Church.at Khirbat al-Karak, Chicago, 1960, pp.
53-54, Pl. 5 A.
16

586

RICERCA IN GIORDANIA

suitable here than a simple patronymic. Philadelphus must have been a personage of some standing in the community, and not an unt candidate for holding
a public position. The magistrianoiv (agents in rebus) lled various functions
in the administration of a province: we nd one in Gerasa in 533, who held the
ofce of topothrhthv" (representative of the provincial governor, and de facto
city governor) and sponsored the construction of a water pool.18
5. A mosaic pavement in the Church of the Holy Martyrs (el-Khader) at
Madaba (Fig. 6)
The inscription is framed in a round medallion set in the mosaic pavement
of the narthex, in front of the entrance of the nave.19 The six-line text is surmounted by a vegetal motif; a similar motif decorates the bottom part of the
medallion, underneath the last line of script. About a fth of the medallion on
the left side is destroyed, with the beginning of lines 2-5. The letters, elegantly
traced but not over-decorated, belong to the oval alphabet. Their shape points
to a date in the second third of the sixth century.
The text reads:

OTIPROEII
- BAIANAGNHNECOI
- - - - ULATTON
- - - IwTwNMARTURw
- DOUTEDOXAN
TwQEwKATAXIAN

Osti" provseisi
w|de bavi>an aJgnh;n e[coi
mnhvmhn fulavttwn
tw'n aJgiw(tav)twn martuvrwn, douv" te dovxan
tw/' qew/' kat ajxivan.

Whoever enters hither, let him hold a pure palm branch, keeping
[the memory] of the most holy martyrs and giving glory to God as is
His due.
Bavia
> n, accusative of a nominative feminine bavia
> , seems to be a local or vulgar
variant of the proper form: bavi>on (neuter) or bavi>" (accusative bavi>n), feminine,
palm branch. The mistake may have risen from taking bavi>a, palms, for a
nominative singular. The palm branch was as symbol of victory, of the crown of
martyrdom, and of Jesus triumphal entry in Jerusalem on Palm Sunday but also a
symbol of chastity and virginity as such it was often engraved on the tombstones
of those who had died unmarried. It is unclear what the inscription was supposed
Welles, Gerasa, pp. 469-470, nos. 277-278. For the functions of the magistriani, see
Jones, Later Roman Empire, pp. 578-582; Di Segni, The Involvement, pp. 326-327.
19
The inscription was uncovered in excavations conducted by Gh. Bisheh on behalf of the
Department of Antiquities of Jordan. On this church, see Michel, Les glises, pp. 311-314.
18

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

587

to mean: that the faithful should bring a palm branch as an offering in entering
the church? or, what seems more likely, that they should enter in purity of heart
and chastity of mind, lest they profane the holiness of the martyrium?
The expression giving glory to God is reminiscent of Ps 67 (68): 35,
which is echoed in various verses of Apocalypse (4:9; 11:13; 14:7) and as a
liturgical formula in the monastic milieu. It also appears in the sixth-century
pavement of the monastic chapel at Ain el-Keniseh on Mount Nebo, in the
bishopric of Madaba.20
6. A mosaic inscription from el-Rashidiyah (Fig. 7)
The following inscription was discovered among ancient ruins in the village of
el-Rashidiyah, near Buseira (ancient Bosor in Edom), on the Petra-Talah road.
The inscription is framed in an octagonal medallion set in the mosaic oor of
a church, which was excavated by the Jordanian Department of Antiquities.
A report of the excavation in Arabic and a drawing of the inscription were
published in 2003.21
The text reads:
ENTAUQAEI
Entau'qa eijELQwNKATANOH
sevlqwn katanohvIMHTERAPARQENON
s(e)i" mhtevra pavrqenon
4 CUAFRATONLOGONQU
C(risto)u', a[fraston lovgon, Q(eo)u'
OIKONOMIANKAIEIPITEU
oijkonomivan, kai; eij pisteuvHwQHEIUNQwETELIw sh" swqhvsei. u;n Q(e)w/' ejtel(e)iwvH
QHHYHFwIMPERITIw
qh hJ yhvfwsi" mh(ni;) Peritivw/
8 TOUET^UXHIND^ZUPER tou' e[t(ou") uxh ijnd(iktiw'no") z, uJpe;r
wTHRIAMEGALITH
swthriva" Megavli" th'"
FILOCRITOUERG^GE
filocrivstou. Erg(on) geNAMENONDIAANDRE
navmenon dia; Andrev12
OUELHwTOU
ou Elhwvtou
Y I
yi(fistou').
L. 9 Megavli" = Megavlh", iotacism; ll. 10-11 genavmenon = genovmenon; l. 12
Elhwvtou = Aijliwvtou; l. 13 YI with a diagonal stroke cutting the iota, abbreviation of
yi(fistou') = yhfistou'.

M. Piccirillo, Le due iscrizioni della cappella della Theotokos nel Wadi Ayn al-Kanisah
- Monte Nebo, LA 44 (1994), pp. 555-556. See also A. Felle, Biblia Epigraphica, Bari, 2006,
p. 77, no. 77 (where the inscription is mistakenly assigned to the bishopric of Esbus).
21
Hakim Mahamid, Results of the excavation of the church of al-Rashidiya/ al-Talah,
ADAJ 47 (2003), pp. 7-16.
20

588

RICERCA IN GIORDANIA

Entering hither thou will see the virgin mother of Christ, the ineffable Logos, dispensation of God, and if thou believe, thou shall be
saved. With Gods help this mosaic was nished in the month Peritius
of the year 468, indiction 7, for the salvation of Christ-loving Megale.
Work done by Andrew of Jerusalem, mosaic layer.
Year 468 of the era of Arabia covers the time between 22 March 573
and 21 March 574. The month of Peritius in the Arabo-Macedonian calendar
began on the 16th of January; therefore the date of the inscription corresponds
to January-February 574, which fell in the 7th indiction. The inscription refers
to an image that could be seen inside the church, perhaps a mural fresco or
mosaic, representing the Virgin and her Son, described as the Word of God
and His oij k onomiv a . The term oij k onomiv a is typically used by the Church
Fathers to indicate the fact of incarnation, by which, by Gods dispensation,
the Word became one with the body and soul of man, and hence the Person
of the Word incarnate.22
Several aspects of this inscription are of interest. One is that it does not
mention a bishop, a priest or an abbot, under whose direction the church was
decorated, but solely the donor; and not only is the latter a woman in itself
a rare occurrence but she associates no relative in her plead for salvation.
Unless some other inscription, not yet uncovered or totally lost, contained
a clergymans name, its absence may point to the private character of this
church. Megale must have been a wealthy woman, if she could afford to
nance the decoration and perhaps the entire construction of a church;
the failure to commemorate members of her family not even deceased
ones invites the surmise that she may have taken vows of religious life.
The hagiographic literature features several examples of women living in
retirement in their own house, keeping their independence and not submitting
themselves to the monastic discipline of a coenobium.23 Another exceptional
aspect is the description of a picture of the Virgin and Christ that could be
seen in the church: the only parallel that comes to mind is the description of
a similar icon in the central medallion of the mosaic pavement in the Church
of the Virgin at Madaba, which, however, is two centuries later.24 If the gures were represented in a wall mosaic, it is possible that the last phrase,

For various examples, see G.W.H. Lampe, A Patristic Greek Lexicon, Oxford, 1989, pp.
941-942, s.v. oijkonomiva, C 6.
23
See for instance John Moschus, Pratum 127 (Damiana, before she became a recluse, and
the old almsgiving widow), 206 (the senators wife and the virgins her companions), PG
87, cols. 2389-2392, 3097.
24
M. Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba, Jerusalem, 1989, pp. 45-50; for the date, see
L. Di Segni, The Date of the Church of the Virgin in Madaba, LA 42 (1992), 251-257.
22

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

589

e[rgon genovmenon dia; Andrevou, referred to this work, not or not only
to the laying of the mosaic pavement. Andrew, the artist, calls himself
Eliwvth", that is, the Jerusalemite, from the Roman name of Jerusalem,
Aelia Capitolina, which remained in use as just Aelia (spelled Elia) in
the Byzantine period.25 The fact that an artist from the metropolis was called
in to carry out the work in this remote village may be an indication that he
was required to make not only the pavement but also a much more delicate
and difcult work, a wall mosaic. The mention of his origin may be a subtle
way of expressing the donors pride in having recruited an artist from the
big city and thus most likely at great expense to execute her project.
The inscription was surely dictated by Megale herself: note the shift from
O to A in the participle, typical of users of Greek whose everyday language
was Arabic.26

E.g. Ptolemy V, 15, 5 (ed. C. Mller, Paris, 1883); Itinerarium Antonini Augusti 200,
1 (ed. O. Cuntz, Itineraria Romana, Leipzig, 1929); Eusebius of Caesarea, Onomasticon, passim (also in Jeromes Latin translation); Peutinger Map (ed. E. Weber, Tabula
Peutingeriana. Codex Vindobonensis 324, Graz, 1976: Aelia Capitolina, formerly called
Jerusalem the metropolis); Not. Dign. Or. XXXIV, 21, 48 (ed. O. Seeck, Berlin, 1876);
Hierocles, Synecdemos, 718, 8; Georgius Cyprius, 998 (ed. E. Honigmann, Le Synekdmos
de Hirocls et l'opuscule gographique de Georges de Chypre, Brussels, 1939). There
was a monastery of hermits in the desert of the Jordan, called laura of the Eliotes,
which most scholars wrongly locate in Sinai because of a mistake in the Greek text
(John Moschus, Pratum 134, PG 87, cols. 2997-2998; cf. Y. Hirschfeld, List of Byzantine Monasteries in the Judean Desert, in G.C. Bottini, L. Di Segni and E. Alliata [eds.],
Christian Archaeology in the Holy Land: New Discoveries, SBF, Collectio Maior 36,
Jerusalem, 1990, pp. 55-56, no. 41). The text mentions a lavkkon eij" to; Sinav, reservoir
in the Sinai, in the vicinity of the laura, but this is a lectio facilior corrected in the old
Latin translation, which has lacu in sigma, to be understood as a sigma-shaped, that
is, semicircular, reservoir, rather than a reservoir in a place called Sigma. The opening
sentence of the anecdote states quite clearly that the story took place in the desert of
the Jordan. The laura of the Jerusalemites was one of several ethnic monasteries
in the desert of the Jordan, like the monasteries of the Bessians and of the Syrians (cf.
Hirschfeld, List, p. 55, nos. 39-40).
26
The sounds A and O are interchangeable in Greek inscriptions written in areas where
the main spoken language was Arabic. The fact was already noted by Reginetta Canova
who mistakenly ascribed it to the inuence of Aramaic: see her Iscrizioni e monumenti
paleocristiani del paese di Moab, Rome, 1954, pp. CVII-CVIII. On the phenomenon, see
M. Sartre, Inscriptions Grecques et Latines de la Syrie XIII, 1, Bostra, Paris, 1982, pp.
36-37; L. Di Segni, The Greek Inscriptions, in M. Piccirillo and E. Alliata (eds.), Mount
Nebo. New Archaeological Excavations 1967-1997, SBF, Collectio Maior 27, Jerusalem,
1998, pp. 438, 451, 452, 454, nos. 34, 35, 58, 60, 62; ead., Greek Inscriptions in Transition
from the Byzantine to the Early Islamic Period, in D.J. Wasserstein et al. (eds.), From Hellenism to Islam. Cultural and Linguistic Change in the Roman Near East (forthcoming);
E.A. Knauf, P. Yadin 1: Notes on Moabite Toponymy and Topography, Scripta Classica
Israelica 22 (2003), pp. 181-182 and n. 4.
25

590

RICERCA IN GIORDANIA

7. Tombstone from Fenan ancient Phaino, biblical Punon (Fig. 8)


This stone was rst published by Alt from a squeeze and a photograph or photographs taken by F. Frank. Later it appeared in the fourth volume of IGLJ, by
M. Sartre, who could not locate the epitaph and had to work on Alts copy.27
Sartre rightly observed that Alts copy seems rather forced in comparison with
the drawing made from the squeeze, but the German scholar justied his reading in advance, saying that he used also photographs that enabled him to correct errors in the squeeze. Not having been able to inspect the inscription or
view the photos, Sartre had no alternative but to accept Alts reading. Here
follow a diplomatic copy derived from Alts drawing and the text as deciphered
by him.

ENTAUQAKI I .
FANOOATA N QZH.
ETHIGANEPAH . N . .
ENE IT . M DEIOKBE
Tw ENIA UTwO E - - T IOUN
O . ANQRwPOIKAIAPEQANEN
. OTRITEN . O - - -

Entau'qa kat(etevqh) tev


fano" agwnou zhvsa"
e[th ig. Anepavh ejn K(uriv)w/
ejn e[t(e)i nt mh(no;") Desivou kb ejn
tw/' ejniautw/' tou. . . . TIOUN
oiJ a[nqrwpoi. Kai; ajpevqanen
to; trivton tou' kovsmou.

Here was deposed Stephen (son) of Sagonas (?), who lived 13


years. He came to rest in God in the year 350, on the 22th of the
month Daesius, in the year in which the men - - and a third of the
world died.
Sartre accepted this interpretation, although he pointed out quite rightly
that in l. 2 agwnou was doubtful and zhvsa" practically lost (though restored
according to sense), in l. 5 touvtw/ or o{te (suggested by D. Feissel) could perhaps be restored, and in l. 7 of the facsimile he saw the sequence OTRKUENO
:KLOw, and therefore the letters of the text as deciphered by Alt should be
marked with a dot, to indicate that they are not certain. In fact, the characters are
cursive and much distorted to boot both in Alts and in Sartres interpretation
but at least the reading to; trivton tou' can be justied.
Sartre also commented on the uncertainty of the gure indicating the date,
but again he had no alternative but to accept Alts reading, NT, that is 350,

A. Alt, Aus der Araba III. Inschriften und Felszeichnungen, ZDPV 58 (1935), pp. 64-65,
no. 3, and on Franks researches in the area, cf. F. Frank, Aus der Araba I. Reiseberichte,
ZDPV 57 (1934), pp. 191-280; M. Sartre, Inscriptions grecques et latines de la Syrie, Tome
XXI, Inscriptions de la Jordanie, Tome IV, Ptra et la Nabatne mridionale, Paris, 1993,
pp. 142-144, no. 107, and cf. pp. 144-145, no. 108, an epitaph with a similar formula, but
no date, or at least, the date is lost.
27

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

591

by the era of Arabia that was in use in this area. This would coincide with
year 455-456 CE, or more precisely, with June 11 (26 Daesius according to
the Arabo-Macedonan calendar) 455. No great calamity a plague, an earthquake? that might have caused the death of a third of the population of the
city or of the human race is known at or around this date.28 Still, some quite
tragic and striking event must have occurred at that time, for a second epitaph
with the same formula, though undated, was discovered near this one.29 In
default of autopsy, Sartre was in no position to challenge Alts reading or to
suggest another. I myself accepted this date without dispute, noticing that it
seemed to t the mention of a catastrophe, apparently due to an earthquake,
which occurred in the bathhouse of Hammath Gader some time before September 455.30
What, however, none of us had noticed was that no date by the era of
Arabia was ever expressed in ascending order. This makes the reading NT
untenable, unless one can detect the strongest evidence that this is the true
date, which just for once was given in inverted order. This, as we have seen,
is not the case. But can we offer an alternative? To do so, we must trust the
drawing in which many letters are distorted, as we have already admitted
and outside information, coming from other sources than the inscription
itself, if any is available.
Based on the drawing, the rst letter after e[tei is a perfectly clear V-like
hypsilon, which is the shape this character takes almost everywhere in the
text. The second letter appears to be a tau, with the upper stroke slightly
sloping to the right. But since tau represents a hundreds gure, like hypsilon, it is not possible to read this sign as a tau: however, in many casually
written scripts cursive lambda is traced in a very similar way. The following
two letters were ignored by Alt, who transcribed here mh(nov"); but the mu
is easily recognizable in the broken letter before the delta of DEIOU (the
drawing shows its two vertical strokes, the left one upright, the other slightly
curving, as usual in a cursive script, while the middle part is missing). The
abbreviation was thus m(hnov") or m(hniv), unless a small eta was written above
the mu and was lost, which is possible but not necessary. The mark before
the mu therefore belongs to the gure representing the date. In the drawing
it resembles a lower-case A in modern English font, but the loop is more
faintly marked than the rest, an indication that the draughtsman was uncertain
whether it was really there or not, or whether it was an intentional incision
As Sartre points out, the term kovsmo" indicates the pagan population of a city, as opposed
to the baptized, in a text by Dionysius of Alexandria cited by Eusebius (HE VII, 25, 21), or
the masses (e.g. John 12, 19) or the human race (I Clem. 7, 4).
29
Above, n. 27.
30
L. Di Segni, The Greek Inscriptions of Hammat Gader, in Y. Hirschfeld, The Roman Bath
at Hammat Gader, Jerusalem, 1997, p. 258, n. 4.
28

592

RICERCA IN GIORDANIA

or a scratch on the stone surface. If we ignore the loop, the mark appears to
be a zeta. The gure ULZ means 437: can we trust that we have the right
date?
Year 437 of the era of Arabia coincided with 542-543, and 22 Daesius fell
on June 11, 542. At this time, the plague that had entered Palestine through
Gaza in late summer 541 was in full sway in Arabia, Syria and Asia Minor.31
There is no doubt that the enormity of the death toll could justify the phrase
one third of the human race died better than any other known event that affected the region in the relevant period. We should therefore consider a new
reading of the Fenan inscription:

Entau'qa ki'te tev


fano" agwnou () zhvsa"
e[th ig. Anepavh ejn K(uriv)w/
ejn e[t(e)i ulz m(hni;) Desivou kb ejn
tw/' ejniautw/' o{te ejnovsoun
oiJ a[nqrwpoi kai; ajpevqanen
to; trivton tou' kovsmou.

Here lies Stephen (son) of Sagonas (?), who lived 13 years. He


came to rest in God in the year 437, on the 22th of the month Daesius,
in the year when the people sickened and a third of the world died.
In l. 1 ki'te, like in the other epitaph with the same closing formula, seems
better to reect the remains of letters in the drawing that kat(etevqh). In l. 5
ejnovsoun ts well the letters left out of the drawing but copied by Alt and left
undeciphered. Unless the stone can be rediscovered and checked, this reading must remain a mere guess, but the known historical circumstances justify
advancing it at least as a learned guess.
Leah Di Segni
The Hebrew University, Jerusalem

31

On the plague of 541-542 see L.I. Conrad, The Plague in Bilad al-Sham in Pre-Islamic
Times, Proceedings of the Symposium on Bilad al-Sham during the Byzantine Period, Vol.
II, Amman 1986, pp. 143-163; id., Die Pest und ihr soziales Umfeld im Nahen Osten des
frhen Mittelalters, Der Islam 73 (1996), pp. 81-112. That the plague heavily affected Palestine and Arabia can be seen in the graphics showing the building activity in the region,
as well as in those showing the curve of deaths attested in dated epitaphs: see l. Di Segni,
Dated Greek Inscriptions from Palestine from the Roman and Byzantine Periods, PhD Diss.,
The Hebrew University of Jerusalem, 1997, pp. 911-912; ead., Epigraphic Documentation
on Building in the Provinces of Palaestina and Arabia, 4th-7th c., in J.H. Humphrey (ed.),
The Roman and Byzantine Near East, Volume 2, JRA, Supplementary series No. 31, Ann
Arbor, MI, 1999, p. 164.

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

593

7. Steli funerarie del cimitero orientale di Jizia-Zizia (Tavv. 59-60)


Pubblicando lo scavo di emergenza nel villaggio di Jizia della chiesa del Vescovo Giovanni (M. Piccirillo, La chiesa del Vescovo Giovanni a Zizia, LA 52
(2002) 367-384; tavv. 15-34) inserimmo anche le stele funerarie raccolte nel
cimitero orientale messo a soqquadro dai tombaroli clandestini che da anni
imperversano nella zona (Cf. in paticolare Ibi, pp. 382-384, Fig. 5 e tav. 34).
Diamo di seguito altri di questi umili monumenti sepolcrali provenienti
dallo stesso cimitero dove tutto continua come sempre nellindifferenza generale... no a rimuovere il manto della strada asfaltata per raggiungere le povere
tombe identicate in profondit con il metal detector.
1. Stele decorata con croce incisa sovrastata da iscrizione con il nome del
defunto in greco preceduto da una croce: GEORGIA
2 a-b-c. Stele decorata con croce incisa sulla facciata in vista di un elemento
architettonico riutilizzato, forse una chiave di arco, con croce scolpita in
forte aggetto.
3. Stele con croce incisa su Calvario o croce cosmica con semicerchio e fori.?
4. Stele con croce su un masso appena sbozzato.
5. Stele con croce incisa su un concio di riutilizzo ben lavorato.
6. Stele con croce incisa su un concio di riutilizzo ben lavorato.
7. Stele con croce incisa su un masso lavorato nella parte alta.
8. Stele con croce incisa inserita in cerchio.
9. Stele con corce incisa su un blocco non lavorato di forma triangolare.
10. Ste con croce incisa in cerchio su una lastra quadrangolare.
11. Stele con croce incisa in cerchio su un concio di riutilizzo.
12. Stele con croce incisa su un masso appena sbozzato.
13. Stele con croce incisa su un masso appena sbozzato.
14. Parte superiore di una stele con croce incisa in un riquadro a timpano.
15. Parte superiore di una stele con croce incisa sulla quale stato aggiunto
una incisione con un grafto moderno in arabo.
16. Stele cosmica con una grande croce incisa sulla facciata.
17. Stele con croce incavata.
Sono umili monumenti che vanno ad aggiungersi alle stele gi pubblicate
di Moab (R. Canova, Iscrizioni e monumenti paleocristiani del Paese di Moab,
Roma 1954), di Khirbet es-Samra (Fouilles de Khirbet es-Samra en Jordanie,
ed. J.-B. Humbert et A. Desreumaux, Tournhout 1998), di Madaba (M. Piccirillo, LA 39, 1989, 105-118) e di Zoara - Ghor es-Safy (Y.E. Memimaris - K.I.
Kritikakou - Nikolaropoulou, Inscriptions from Palaestina Tertia. The Greek
Inscriptions from Ghor es-Sa (Byzantine Zoara), Vol. Ia, Athens 2005).
M. Piccirillo
Franciscan Archaeological Institute on Mount Nebo

594

RICERCA IN GIORDANIA

8. Il Parco Archeologico di Nitl (Tavv. 61-62)


Ubicata a circa 10 Km dalla citt di Madaba, sulla strada che porta verso
Umm er Rasas e Zizia, larea archeologica di Nitl stata oggetto di una serie
di campagne di scavo dal 1996 ad oggi.
Le scoperte effettuate hanno evidenziato la notevole importanza del sito ed
hanno spinto il Franciscan Archeological Institute, unitamente alla Madaba Heritage Society a farsi promotori per la realizzazione di un nuovo parco archeologico.
Tale proposta si pone nellottica ampiamente perseguita negli anni da
Padre Michele Piccirillo della formazione di una serie di aree archeologiche
protette, in parte gi realizzate ed in parte ancora da realizzare: alluopo si
vuole rimarcare ad esempio il parco archeologico del Monte Nebo, il Parco
archeologico di Madaba con annessa Scuola del Mosaico ed il parco archeologico di Umm er Rasas.
Lidea consiste nella progressiva realizzazione di una serie di poli a
carattere archeologico, con la specica funzione di potenziare i ussi turistici,
di riqualicare il territorio e di sviluppare le conoscenza culturali dei residenti
e dei visitatori, senza dimenticare gli aspetti della didattica da rivolgere esplicitamente agli studenti.
Il parco archeologico viene quindi inteso come spazio museograco naturale e come macchina in grado di produrre lavoro e cultura, garantendo cos
la sopravivenza dellarea archeologica in termini qualitativi e, naturalmente,
la protezione e la salvaguardia dei monumenti rinvenuti.
Lintenzione generale quindi quella di abbandonare lidea di una conservazione di tipo passivo caratterizzata dallasportazione dei reperti in musei
deposito a favore di una musealizzazione attiva basata sulla valorizzazione
dei monumenti e dei reperti in loco.
Tale soluzione comporta anche una visione di pi ampio respiro del territorio e la necessit di considerare non solo larea archeologica in s, ma anche il
territorio immediatamente contermine e gli edici in esso contenuti alla ricerca
di positive sinergie.
In questottica la proposta per il futuro Parco Archeologico di Nitl da intendersi come un work in progress nonch una sorta di campo di sperimentazione anche per le operazione di restauro e analisi dei reperti monumentali.
Ne consegue quindi anche un diretto rapporto con la Scuola del Mosaico di
Madaba che, in questarea, potr permettere agli studenti un corretto sviluppo
ed applicazione delle proprie conoscenze teoriche.
Il percorso archeologico (g. 1).
Al ne di facilitare laccesso allarea da parte dei visitatori stato previsto,
a pochissima distanza dalla strada che collega Madaba con Zizia e Umm er

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

595

Rasas, un ampio parcheggio che permetter la sosta di un buon numero di auto


e di pulmann
Dal parcheggio, i visitatori potranno accedere allarea archeologica mediante un ridotto percorso che sar opportunamente pavimentato, al ne di
rendere meno disagevole laccesso ai monumenti.
La prima tappa nellarea archeologica prevede una sosta presso il Visitor
center, dotato di una Reception., un Interpretation Center e di strutture varie
di supporto.
Alluopo stato ritenuto opportuno riutilizzare un vecchio edicio dei
primi del novecento che, con una spesa abbastanza ridotta, potr essere attivo
nel giro di pochi mesi dallinizio dei lavori di ristrutturazione.
Va segnalato fra laltro che questo edicio un tipico esempio dellarchitettura araba tradizionale moderna caratterizzata da archi a diaframma e
copertura con lastre di pietra rivestite di terra ed erba.
Allinterno dellInterpretation Center i visitatori potranno attingere alle
prime informazioni utili per la visita del sito e prendere visione dei reperti attualmente rinvenuti (che, prima dellesposizione, saranno oggetto di preventivi
restauri presso la Scuola dei Mosaici).
Dal Visitor Center si accede al cortile esterno (Tappa 2) dove si trova
unantica cisterna sul lato nord est e dove si potr accedere nella nuova
struttura a protezione della Chiesa di San Sergio (Tappa 3).
Il nuovo edicio da considerare una prima ipotesi progettuale e che
potr essere negli anni anche oggetto di futuri ampliamenti con la copertura
della vicina Chiesa Nord e dellantica Moschea caratterizzato da un volume
anteriore nel quale sono state posizionate le scale di risalita e un volume
posteriore che ricalca quasi fedelmente il perimetro dei muri antichi
(gs 2-4).
Allinterno della struttura, una doppia scalinata permette laccesso alla
passerella - posta ad una quota di circa mt. 4,00 rispetto al cortile esterno sulla quale possibile sostare percependo la visione di insieme della Chiesa e dei
suoi mosaici a pavimento; una serie di archi metallici ssati ai pilastri esistenti,
ripropongono lantica presenza delle arcate crollate insieme alla copertura della
chiesa, facendone intuire le dimensioni effettive interne dellantico involucro.
Dalla passerella principale, due diramazioni ancorate alle pareti laterali,
permettono al visitatore di spingersi oltre, ed avvicinarsi il pi possibile verso
la zona del presbiterio.
Dai due passaggi laterali possibile ammirare, attraverso aperture laterali
nella muratura munite di lamelle orientabili in lastre di pietra, i resti dei monumenti posti allesterno della nuova struttura.
In questo modo il visitatore posto nella chiesa, percepisce lestensione
esterna del complesso archeologico comprendendone le dimensioni e le interazioni con linterno.
La struttura (Shelter) pensata con muratura doppia di pietra locale con

596

RICERCA IN GIORDANIA

interposto uno strato isolante di grosso spessore e con una copertura leggera
sorretta da travi reticolari.
Lambiente interno sar illuminato da una luce naturale diffusa, pi adatta
per una migliore visione dei mosaici, preferita a quella diretta dei raggi del
sole.
Il sistema di lamelle montate sulle aperture verticali della muratura, permette di regolare lafusso di radiazioni verso linterno ed ottenere leffetto di
illuminamento uniforme.
Al ne di permettere il ricircolo naturale dellaria stato previsto un ulteriore sistema di aperture, posizionate alle estremit delle murature. La luce
diretta che ltra attraverso queste ultime aperture viene riessa da un sistema
di pannelli opachi appesi alle travi reticolari.
Dalla chiesa di San Sergio il percorso prosegue verso la cappella e ambienti annessi (Tappa 4) visibile anche dallinterno di San Sergio e da l alla
Moschea Ottomana (Tappa 5) no poi alluscita.
Tutto il percorso sar caratterizzato dalla presenza di pannelli didattici
plurilingue composti da testi, piante e disegni vari.
A causa di recenti atti vandalici che hanno distrutto importanti strutture
(parte della Chiesa e parte della Moschea) e al ne di proteggere in maniera
efcace i monumenti da intrusioni esterne stato previsto di delimitare questarea archeologica con un muro.
Arch. Alfredo Roncalli - Arch. Emma Ferri
Franciscan Archaeological Institute on Mount Nebo
9. Una copertura per il Memoriale di Mos (Tavv. 63-64)
La copertura attuale del monumento, con orientamento est-ovest sullasse longitudinale, nellimmagine composita com risultata dagli ultimi interventi di
scavo degli anni settanta, consente un percorso di visita, mantenendo la sacralit del luogo, allinterno delle strutture che hanno determinato il complesso
della Chiesa dalla sua prima fase costituita dalla cella tricora, datata da padre
Bagatti, in base ai ritrovamenti ceramici, al V secolo (cfr. B. Bagatti, Nuova
ceramica del Monte Nebo (Siyagha), in LA 35, 1975, ). Come confermato dai
dati oggettivi e dai riscontri sui materiali di scavo, la Chiesa ha subito nelle
sue fasi duso, una serie di trasformazioni, commisurate alle necessit della
comunit monastica che vi risiedeva. Tali fasi, anche se lasciano ancora alcuni
dubbi interpretativi, sono state analizzate da pi studiosi. Lultimo studio (E.
Alliata e S. Bianchi, The Architectural phasing of the Memorial of Moses, in:
M. Piccirillo e E. Alliata, Mount Nebo, New Archaeological Excavations 1967
1997, Jerusalem 1998), eseguito sulle strutture in vista, ha consentito di
ipotizzare una cronologia relativa dellevoluzione del complesso ecclesiastico.

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

597

La cronologia relativa, desunta dallosservazione diretta dei rapporti stratigraci fra le strutture antiche, rapportata ai dati di scavo e grazie allanalisi
del materiale rinvenuto, ha consentito di denire un ipotesi plausibile delle
successioni delle fasi duso e trasformazione del complesso, dando ad ogni
fase un ambito cronologico ben preciso. A questo studio ci si riferisce per la
toponomastica del luogo e per linterpretazione funzionale degli ambienti, in
relazione ai percorsi di visita attuali ed alle funzioni religiose attribuite oggi
agli ambienti visibili.
La copertura che ora vediamo, realizzata nel 1965, il frutto di un intervento durgenza, che ha mantenuto in sicurezza il complesso e ne ha consentito lutilizzo, come luogo di culto ed al contempo come area museale. Le
due funzioni spesso si sono scontrate nel godimento e nella comprensione del
sito, perch lallestimento museale, non potendo essere autonomo rispetto alla
funzione cultuale, non si potuto sviluppare in modo organico con informazioni sugli scavi e sullinterpretazione storica che si data delle strutture e del
loro utilizzo nel tempo, in funzione delle trasformazioni che sono state via via
operate.
Un museo locale il luogo dove sono esposte ed illustrate, con lutilizzo
di un adeguato apparato didattico, le permanenze del luogo; una Chiesa il
luogo dove, in accordo con la tipologia architettonica relativa alla specica
confessione, sono celebrate le liturgie e dove la popolazione ritrova la sua
identit religiosa.
Le due funzioni non sono sempre contrastanti, necessario per, per riunirle in ununica soluzione architettonica, chiarezza nella distribuzione degli
spazi e nellesposizione degli elementi decorativi.
Tale chiarezza, proprio per la caratteristica durgenza dellattuale sistemazione del complesso basilicale, non sempre stata raggiunta.
Riprogettare le volumetrie e gli spazi della basilica compito arduo, proprio per lenorme rilevanza che nelle due funzioni coesistenti, sacra ed espositiva, il luogo rappresenta.
Analizzando lallestimento sotto lodierna copertura, si nota subito il contrasto fra limponenza volumetrica delle strutture antiche e lesilit della struttura che le copre, realizzata in materiale leggero e con una luce libera, fra le
strutture verticali, molto ampia.
Lattuale copertura ha comunque il merito di coprire sotto ununica struttura e
con una visuale completa del sito, la totalit degli ambienti che dovevano formare
il complesso ecclesiastico nella sua ultima fase dutilizzo (inizio VII sec.).
La copertura della cella tricora costituita da due spioventi in ferro (IPE
400), poggianti sulla sopraelevazione dei muri perimetrali. Lazione spingente
dei puntoni ridotta unicamente mediante la presenza in chiave di un fazzoletto di congiunzione dei due elementi. Partendo dalla transenna del presbiterio, laula e gli spazi occupati dal battistero diakonikon nord, e dalla cappella
della Theotokos e dal battistero sud, sono coperti mediante una struttura a due

598

RICERCA IN GIORDANIA

spioventi in ferro (IPE 200), con fazzoletto tirante in colmo e piedritti rompitratta su piastrini centrali. Questi sono ancorati ai muri longitudinali dellaula
della basilica grazie ad una piastra metallica con quattro tirafondi.
I pilastrini centrali hanno sulla sommit due modiglioni stilizzati, riducendo cos la luce dinessione dei puntoni. In senso longitudinale, lungo
lasse del muro, la struttura trasversale collegata da un elemento a trave
orizzontale in ferro (IPE 140). I puntoni trasversali poggiano perimetralmente
su sezioni di pilastro riportate sulle ricostruzioni in c.a. dei muri perimetrali.
La prima campata (di facciata) e la sesta (tra aula e presbiterio), solo per
lampiezza dellaula, presentano una controventatura incrociata con elementi
in ferro a L (L 100).
In senso longitudinale lorditura principale suddivisa da elementi in ferro
a L (L100), con interasse trasversale di circa 170 cm. A questorditura secondaria ancorato un manto di copertura, in ondulino di brocemento dello
spessore di ca. 0,5 cm.
Nel manto di copertura sono presenti delle asole illuminanti, ricavate con
ondulino in policarbonato traslucido.
Lattuale copertura, soggetta a forti escursioni termiche, proprio per le
caratteristiche del materiale che la costituisce, subisce continue dilatazioni e
contrazioni, che nel tempo hanno causato una sconnessione dei muri perimetrali lunghi, in prossimit degli spazi laterali, con lesioni longitudinali sui muri
e sui piani pavimentali mosaicati.
A seguito di queste alterazioni nasce la necessit di realizzare un nuovo
sistema di coperture che, con loccasione, deve cercare di riportare in chiaro,
con i limiti dellattuale conoscenza storico-archeologica, una lettura delle varie
fasi cronologiche delle strutture e delle differenti funzioni destinate ai singoli
ambienti del complesso basilicale.
E da risolvere, parimenti, il problema dellaccessibilit al sito, cercando
di individuare, preservando le strutture limitrofe, un percorso idoneo alla visita del complesso monastico, evitando al massimo interventi di adattamento
delle attuali quote pavimentali e delle strutture murarie.
Presupposti progettuali
In accordo con gli autori che hanno cercato di dare una lettura oggettiva delle
strutture e delle relazioni intercorrenti fra loro, si pu certamente affermare
che il Memoriale di Mos, nella forma che oggi si vede, altro non se non il
risultato della somma dei vari corpi di fabbrica, che nel tempo hanno denito
un complesso ecclesiastico ricco ed articolato, molto difcile da comprendere
attraverso lattuale sistemazione architettonica.
E necessario pertanto semplicare laggregazione di volumi, al ne di
poter evidenziare i nuclei principali di sviluppo del complesso ecclesiastico e

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

599

cercare di non confondere ci che bene che rimanga visivamente distinto.


Lontani dal pretendere di fornire uno strumento risolutivo del problema
della lettura del monumento e consapevoli che non sicuramente possibile,
attraverso la sola riprogettazione dellinvolucro che chiude le strutture antiche, dare completa leggibilit dellarticolazione del complesso, si cercato
di disegnare una struttura di copertura che, nel rispetto delle esigenze di conservazione e di funzionalit, possa se non altro evitare di indurre in errate
evidenziazioni di volumetrie che nulla hanno a che fare con la composizione
architettonica antica.
Facendo riferimento allultimo lavoro di rilettura stratigraca prodotto (Alliata e Bianchi, 1998) possibile individuare, allinterno della pi complessa
articolazione in nove fasi temporali, una suddivisione in quattro principali volumi della fabbrica del Memoriale ora coperta. Le varie fasi dutilizzo, in numero ben superiore agli ambienti presenti, sono attestate anche dai diversi piani
pavimentali mosaicati, dei cui riferimenti cronologici e stilistici tratta Piccirillo
(in: M. Piccirillo, The Mosaics, in M. Piccirillo e E. Alliata, op. cit.).
Questi quattro volumi, sebbene non siano in stretta consequenzialit temporale, ma tutti presenti nellultima fase di utilizzo del complesso ecclesiastico,
comprendono:
la cella tricora (attuale presbiterio e coro);
il diakonikon-battistero, sul lato nord;
la basilica a tre navate al centro;
il battistero meridionale e la cappella della Theotokos, sul lato sud.
Agli ambienti compresi in questi volumi sono di sovente associati pi
piani pavimentali mosaicati, alcuni dei quali, per necessit di ricerca archeologica, sono stati rimossi e posti, in pi pezzi su spazi residui verticali, tra i
vari corpi di fabbrica e lungo il perimetro dellattuale copertura. Questo allestimento, senzaltro lunico possibile al momento, necessita di una revisione e
razionalizzazione, al ne di dare una nuova lettura delle architetture associata
ad una pi congrua e coerente ambientazione del relativo apparato iconograco
e decorativo.
La nuova copertura
A seguito di quanto detto, la copertura stata divisa in quattro parti, la cella tricora ed i tre volumi rettangolari, riferibili sostanzialmente al cosiddetto
diakonikon-battistero sul lato nord, alla basilica al centro, al battistero meridionale ed alla cappella della Theotokos sul lato sud (gs 1-3).
Partendo dallingresso, essa sar realizzata mediante un avancorpo che immetter in uno spazio antistante lattuale muro frontale della basilica. Questultimo, alleggerito delle parti moderne, sar riportato ai livelli rinvenuti durante
gli scavi del 1933 e testimoniati dal materiale fotograco storico disponibile

600

RICERCA IN GIORDANIA

(Cfr. S. J. Saller, The Memorial of Moses on Mount Nebo, part II. The Plates,
Jerusalem 1941).
Lavancorpo costituir una sorta di bussola architettonica, che rilever
inoltre la differenziazione fra il corpo centrale, la basilica, ed i corpi di fabbrica laterali.
Consentir anche di ottenere aperture distinte, una per lingresso ed una
per luscita.
La facciata con lavancorpo a capanna pi basso, comprender in alto il rosone policromo dellattuale prospetto frontale, recuperando cos sia lelemento
decorativo che la memoria storica dellodierna sistemazione.
Entrando allinterno della basilica, la copertura evidenzier, mediante la
differenziazione delle distinte campate, i vari corpi di fabbrica.
Lorditura orizzontale principale prevista nel corpo centrale con capriate
polonceau e nei corpi laterali con travi metalliche reticolari, in modo da sottolineare i tre corpi di fabbrica distinti.
Mantenendo gli attuali appoggi interni, queste travi troveranno sostegno
lungo i quattro assi murari longitudinali, corrispondenti ai muri perimetrali ed
ai muri interni delimitanti laula della basilica grazie al prolungamento in alto
dei micropali da realizzarsi in profondit e che verranno eseguiti in accordo
con il progetto di consolidamento fondale predisposto dal prof. Piergiorgio
Malesani (P. Malesani, Indagini geologiche e geologico-tecniche; progetto degli interventi di consolidamento, in M. Piccirillo (a cura di), Un progetto di
copertura per il Memoriale di Mos, Jerusalem 2004). In testata al micropalo
sar saldata una piastra di acciaio circolare di spessore 10mm di diametro
25cm con 5 fori alesati per meglio registrare eventuali disassamenti dello
stesso, questultima si interfaccer ad unaltra piastra circolare con le stesse
caratteristiche saldata a sua volta al montante.
Per ridurre le dilatazioni causate dallescursione termica, le strutture metalliche, oltre ad avere una composizione spezzata, saranno realizzate in acciaio inox e saranno fornite di cuscinetti di scorrimento perimetrale, giunti di
dilatazione e barriere al vapore. I montanti (tubi a sezione circolare 160mm)
hanno diverse altezze a seconda della loro posizione; quelli a chiusura del
manufatto posizionati nella parete nord (n 7) e nella parete sud (n 8) raggiungono laltezza di 6,51m (le altezze sono calcolate ad uno zero relativo
posizionato sulla soglia di entrata della basilica); i montanti che chiudono la
parte quadrangolare della tricora (n 8 160mm) hanno un altezza di 8,63m
come quelli che racchiudono la parte absidata della stessa tricora (n 6 114).
Si cercato di normalizzare per quanto fosse possibile il passo dei montanti
tenendo presente i muri esistenti. Nelle pareti nord e sud il passo di max.
4,15m mentre per la parte della tricora il passo varia dai 3,70m ai 1.60m.
Nel corpo in aggetto che forma lentrata della basilica vi saranno n 6
montanti (Tubi a sezione circolare 160mm) n 2 pali di altezza 8,63m, n 2
pali di altezza 8,83m, n 2 pali di altezza 9,90m. I passi sono rispettivamente

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

601

di 4,66m, 4,75m, 4,15m e 0,50m questultima misura necessaria per la presenza di una colonna. Nelle pareti est e ovest si trovano inoltre altri montanti
necessari per irrigidire la struttura (n4) di altezza 7,29m.
I montanti pi interni (n 12 tubi a sezione circolare 160mm ) saranno
alti 8,63m.
La struttura metallica orizzontale secondaria, sormontata da un massetto
alleggerito sorregger un pacchetto isolante ventilato, con sovrapposto un
manto di copertura in coppi e tegole in laterizio. Le falde opportunamente
inclinate avranno il compito di raccogliere le acque meteoriche per poterle
riutilizzare in quegli usi in cui non sia necessaria acqua potabile.
La regimazione delle acque meteoriche sar garantita attraverso un sistema di convogliamento delle acque diversicato, con collettori principali
convoglianti verso le grandi cisterne poste sul fronte e sul retro della basilica.
La copertura dei corpi nord e sud, in prossimit dei muri di divisione con la
basilica centrale, sinnalzer a formare un nastro vetrato longitudinale, in modo
da diffondere nei corpi laterali lilluminazione idonea alla lettura dei pavimenti
musivi in posto e di quelli rimossi, sistemati lungo le pareti perimetrali.
La cella tricora, nucleo primitivo della basilica ed attuale luogo riservato al
culto, sar separata dagli altri corpi del complesso, mediante una cesura orizzontale vetrata nella copertura; una cortina luminosa che vuole indicare lautonomia
originaria di questa suggestiva e raccolta parte della chiesa. Questa parte della
struttura di copertura sar realizzata in legno con travi lamellari e struttura piana
in pannelli straticati tipo KALBI spessore cm 14 (un lato in abete fugato ed
un lato con osb) coibentazione in polistirene estruso (densit 30 kg/mc)
Il corpo centrale sar costituito da un padiglione quadrangolare di circa
115mq con capriate in legno lamellare di abete trattato: modello centinato
(boomerang), travi in legno lamellare trattato sez. (65 x16cm e 24 x16cm)
legate con piastre e giunti cechi e nodi a vista in acciaio FE430, e unabside
con strutture ad ombrello costruito con travi in legno lamellare trattato di sez.
24 x16cm. Tutta la struttura sar attestata in laboratorio attraverso un premontaggio di tutto il manufatto con verica di portata dei carichi, e conseguente
smontaggio con preparazione di schede di rimontaggio.
E mantenuta in esterno, ed anzi esaltata verso lalto, la possente abside
centrale, che rappresenta, per chi proviene da Madaba, lelemento architettonico dominante, storicizzato nella memoria collettiva.
Laspetto delle cortine esterne, in accordo con la tradizione del luogo, previsto
nella cromia attuale, grazie ad un rivestimento della struttura, costituito in materiale
lapideo in lastre coibentato, con lavorazione e tessitura simile rispetto alla muratura
originaria conservata, ma pi regolare. Le lastre di rivestimento saranno sorrette
ed ancorate ad uno scheletro metallico a griglia legato ai pilastri principali.
La composizione architettonica della nuova copertura sar caratterizzata da
due alte vele trasversali, che idealmente sottolineeranno la differenza cronologica fra la chiesa originaria, la cella tricora ed i volumi successivi.

602

RICERCA IN GIORDANIA

In corrispondenza della vela nord, in aderenza con il corpo laterale nord


della cella tricora, sar posta la sagrestia e sar collegata alla chiesa, mediante
un camminamento in quota, il meno invasivo possibile, che introdurr allinterno in corrispondenza dellabside sud.
Per soddisfare lesigenza, ottemperando al dovere sociale, di rendere agibili questi luoghi, vista la sempre maggior afuenza di persone anziane e diversamente abili, nostro dovere prevedere percorsi accessibili ai vari gradi
dutenti.
Questa necessit deve essere soddisfatta, senza per arrecare danno ad un
luogo, che sebbene carico di valori religiosi e storici, ha nel paesaggio uno dei
massimi beni da tutelare.
Le nostre attenzioni sono quindi rivolte a creare percorsi alternativi daccessibilit alla basilica, che rispettosi dei luoghi, non diano la percezione di
percorsi dedicati.
Sono previste vie davvicinamento e di accesso alla chiesa, da realizzare
mediante camminamenti preferenziali, guide attrezzate, atti ad evitare i repentini dislivelli.
La salita e la discesa alla chiesa, dal cortile prospiciente il sagrato, avverranno attraverso una scala a piramide, da realizzare in pietra che, montando sopra lattuale scalinata, consentir una salita ed una discesa comode e sicure.
Una rampa continua sar posizionata lungo il lato nord del cortile che
conducendo sullattuale sagrato, permetter di accedere allavancorpo frontale
dingresso.
Allinterno del complesso basilicale alcune pedane speciali, in griglia metallica, daranno la possibilit di affacciarsi nei vari ambienti, senza camminare
sui mosaici.
In particolare, i mosaici dellantico diakonikon-battistero saranno visibili
da una pedana con diversi piani di quota, che consentir di percepire la basilica
da una prospettiva pi alta ed ampia di quanto sia possibile ora.
Sono previsti apparati didattici, con anche pannelli tattili per non vedenti,
che chiariranno levoluzione storica del sito e faciliteranno la conoscenza di
Siyagha.
Arch. Roberto Sabelli,
Universit degli Studi di Firenze
10. Visita al monastero di Dayr al-Riyashi nel Wadi Heidan (Tavv. 65-67)
La creazione dellimmenso parco naturale del Wadi Mujib/Arnon che comprende a nord, con la zona di conuenza del wadi Heidan, anche le sue propaggini settentrionali che salgono verso il villaggio di Mekawer e la fortezza
di Qalat al-Mishnaqa Macheronte, ha reso possibile questa visita da lungo
tempo desiderata.

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

603

Gi Burchardt nel 1812 aveva notato che Seyl Heydan si unisce alle acque del
Wadi Moujib nelle vicinanze delle rovine di Dar el-Riyashe, un luogo ben noto
ai beduini della zona che, oltre allabbondante cacciagione, vi trovavano e trovano
refrigerio nelle acque termali di Ayn al-Qusayb che sgorga bollente a pochi metri
dal letto del wadi, sul versante nord, di fronte alle rovine (Figs. 1-2).
Il primo esploratore a raggiungere e descrivere le rovine arroccate sulla
cima di uno sperone roccioso fu Nelson Glueck che vi giunse l11 luglio 1933.
Lo studioso lo descrisse come un piccolo monastero ed ebbe anche il tempo di
schizzarne una pianta schematica (AASOR, XIV, 1934, p. 54; Pl. 14).
Si tratta di una struttura rettangolare orientata secondo un asse nordovest sud est - scrisse. Sezioni di muri, in particolare quelli del lato di sud
est, che sono praticamente ancora intatti, mostrano tracce di intonaco. Lungo
tuttintera la lunghezza del lato interno del muro di ovest-sud-ovest c una
serie di stanze. Tre sul lato di nord-est che si affacciano su un cortile interno
lastricato con tessere in pietra molto larghe e sommariamente squadrate, di
cui restano conservati alcuni frammenti. Sui due lati del cortile ci sono due
cisterne...Vicino alla cisterna di sud-est, due grosse pietre molto consumate
recano ognuna una croce di Malta scolpita. La ceramica raccolta appartiene al
tardo periodo bizantino.
Ledicio di Deir er-Riyashi, cos difcile da raggiungere, era senza dubbio un monastero. Sullestremit orientale del Deir, sul lato a picco dello sperone roccioso, ci sono chiare scanalature che stanno a indicare dove lacqua e
possibilmente le provviste venivano tirate su, senza che i monaci dovessero
uscire dal loro ritiro.
In tempi moderni, a ne anni ottanta, vi giunto August Strobel dellIstituto Evangelico Tedesco che aggiunge anche questo ai tanti meriti acquisiti
nella esplorazione dellarea impervia e senza strade tra il Wadi Moujib a sud
e il villaggio di Main a nord che oggi diverse strade permettono di attraversare con vedute mozzaato sul deserto e sul Mar Morto. Lesploratore not e
descrisse almeno tre rovine sulla montagna di Qasr al-Bashir alla conuenza
tra il Sayl Heidan e il Wadi Moujib: quello che chiama il schloss/castello, un
secondo che chiama pavillon, e un terzo al quale identicato con festung/
forte. Per le tre rovine i beduini della zona usano lo stesso termine di Qasr
o Dayr al-Riyashi, anche se per le rovine del pavillon isolate su una roccia
al centro di una ampia terrazza, Strobel registra il nome di Tulul Abu al-Filus
evidentemente indicatogli dalla guida. Qui, tra le pietre not un orologio solare
in pietra e pot schizzare una pianta ipotetica di un edicio abbastanza regolare. La terza rovina sarebbe quella vista, descritta e schizzata da Glueck. Una
quarta rovina di un edicio quadrangolare stato aggiunto da Stefan Wimmer
collaboratore e successore di Strobel che sal a Dayr er-Riyashi verso la ne
degli anni novanta.
Affascinato dalla posizione certamente strategica di questi edici nei quali
not stralci di mosaici policromi da lui datati al primo secolo e resti di un pa-

604

RICERCA IN GIORDANIA

vimento in marmo, Strobel propose di identicare in blocco Dayr al-Riyashi


con lHerodion di Arabia che con la fortezza di Macheronte viene ricordato
da Giuseppe Flavio (Bellum Judaicum, I, 21,10) tra le imprese edilizie del re
Erode (Jahrbuch des Deutschen Evangelischen Instituts, 2, 1990, 73-78; 3,
1991, 82-84; Dar er-Riyashi am Sel el-Hedan. Kloster oder herodianische Anlagen an der Sdgrenze von Peraea? Bericht ber einen Survey in unbekannter
Landschaft am Toten Meer, in: E. Dassman et al. (ed.), Akten des XII. Internationalen Kongresses fr Christliche Archologie (Jahrbuch fr Antike und
Christentum. Ergnzungsband 20,2; Mnster), 1222-1231). Lidenticazione
viene riproposta nella pubblicazione postuma dedicata da S. Wimmer allo scavo di Kallirhoe (Ayn al-Zara) nella quale si pu rileggere la relazione sulla
visita a Dayr al-Riyashi accompagnata da unabbondante documentazione fotograca (A. Strobel und S. Wimmer, Kallirho (En ez-Zara). Dritte Grabungskampagne des Deutschen Evangelischen Instituts fr Altertumswissenschaft
des Heiligen Landes und Exkursionen in Sd-Pera, Wiesbaden 2003, pp. I-X;
1-106; Abb. 1-35). Naturalmente non esclude che le rovine fossero state riabitate dai monaci cristiani in epoca bizantina.
Dopo due inutili tentativi di giungervi, una prima volta scendendo dal villaggio di Macheronte e successivamente costeggiando la sponda settentrionale
del Wadi Heydan, in entrambi i casi solo per uno sguardo del sito ad unora di
cammino, siamo riusciti nellimpresa il 26 dicembre, 2006, grazie alla guida di
un giovane cacciatore del villaggio di Faysaliyah e avvantaggiandoci sul tempo con lo sterrato aperto nel parco che continua ripido verso il wadi la strada
asfaltata proveniente da Macheronte con deviazione per al-Dayr e che ci ha
permesso di lasciare il fuoristrada a due ore di cammino dal letto del wadi.
Il ripido pendio ci ha condotto direttamente nei pressi di Ayn Qusayb
godendo nalmente da vicino lansa alberata del wadi con la vasca dove si
raccoglie lacqua bollente della fonte per un bagno salutifero (al-Hammam
per i beduini) sovrastata dalla parete di basalto frammentata in una imponente
facciata di colonnine (g. 3). Costeggiando la falesa su un sentiero in bilico sul
vuoto, siamo scesi nel letto del wadi. Dopo aver attraversato il corso dacqua
ingrossato dalla pioggia di qualche giorno prima, siamo risaliti sul versante
opposto dove un sentiero ci ha permesso di raggiungere la terrazza che termina
a nord ovest con lo sperone isolato di Dayr al-Riyashi ad una quota pi bassa
di cui Strobel ha pubblicato tre disegni generali.
Uniche tracce di attivit umana su questa terrazza alcuni cerchi di pietre
molto comuni sullaltopiano (g. 4). Il meglio conservato il primo cerchio
di circa sei metri di diametro con una pietra monolita ad ovest che fa da perno
alla costruzione.
Con un po di delusione creata dallaspettativa moltiplicata dallipotesi di
identicazione di Strobel, ci dirigiamo verso lo sperone di Dayr al-Riyashi da
lui indicato come il castello. Le rovine sono ancora visibili ma in uno stato
di massima confusione, quella alla quale siamo purtroppo abituati dopo il pas-

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

605

saggio dei cercatori doro vera iattura delle rovine di Giordania. Seguiamo il
muro che univa la terrazza allo sperone identicato da Strobel con un acquedotto che dirigeva lacqua piovana verso la cisterna al centro delle rovine (gs.
5-6). Le tessere bianche di diverse dimensioni sparse sul declivio rimandano
ai pavimenti mosaicati del cortile e delle stanze di abitazione. Unici ambienti
sicuramente identicabili sono due cisterne, quella scoperchiata al centro del
cortile di cui restano sui muri le partenze degli archi del tetto, e quella sul
versante di ovest ancora in gran parte coperta dal tetto sorretto da un arco
cementato con una malta tenace di cenere, calce e pozzolana. Nei pressi della
cisterna precedente una vaschetta rettangolare era stata ricavata direttamente
nella pietra arenaria rosa della montagna. Nulla che rimandi solo lontanamente
alle costruzioni erodiane!
Delusi ma affascinati dallo spettacolo che da questa posizione si gode sul
fondovalle e in alto verso i dirupi scoscesi che abbiamo attraversato scendendo e che dovremo riaffrontare in salita!, dopo una breve pausa di riposo, pi
che a Erode preferiamo ripensare ai monaci che trovavano in questa forra una
presenza amica e rassicurante nel loro girovagare sulla sponda del Mar Morto
durante il periodo di Quaresima e, se malaticci, anche un sollievo nelle acque
calde di Ayn Qusayb.
Punto di partenza era il monastero di San Giovanni il Prodromos sulla
sponda occidentale del ume Giordano, come racconta lautore della Vita di
Santa Maria Egiziaca: Nella domenica che d il nome alla prima settimana
di digiuni, si celebravano come di norma i divini sacramenti e ognuno veniva reso partecipe del vivicante e incontaminato corpo e sangue del Signore
nostro Ges Cristo. E dopo aver preso un po di cibo si radunavano tutti nelloratorio e piegate le ginocchia e fatta con suppliche una preghiera, i monaci
si scambiavano a vicenda labbraccio della pace e ognuno, inginocchiatosi
pubblicamente, abbracciava labate chiedendo la benedizione, per averlo come
cooperatore e compagno allinizio della lotta. Cos facendo spalancavano le
porte del monastero e cantando allunisono: Il Signore mia luce e mia salvezza, di chi avr timore? Il Signore il difensore della mia vita, di chi avr
paura? uscivano...Ognuno, poi, si nutriva secondo come poteva o voleva. Infatti, uno portava (lacqua) secondo la misura sufciente al corpo, un altro
chi, un altro datteri di palma, un altro poi legumi che erano stati immersi
nellacqua, un altro nulla oltre al proprio corpo e al vestito che indossava.
Si nutrivano poi, -quando lo esigeva la necessit della natura- delle erbe che
nascevano nel deserto. Ognuno, inoltre, era regola a se stesso ed era legge da
non strasgredire che nessuno sapesse come il suo compagno facesse astinenza
o come vivesse. Traversando, infatti, subito il Giordano, si separavano gli uni
lontano dagli altri e nessuno si univa al compagno, ritenendo il deserto stesso
una citt. E se, inoltre, uno di loro vedeva di lontano qualcuno che veniva verso di lui, subito deviava dal cammino e si dirigeva da unaltra parte; viveva,
poi, per s e per Dio, salmodiando di frequente e prendendo cibo al tempo

606

RICERCA IN GIORDANIA

stabilito. Cos, dopo aver compiuto tutti i digiuni, ritornavano al monastero


prima della vivicante giorno della resurrezione del Signore e Salvatore nostro
Ges Cristo....
Con riferimento a questa pratica, nella Vita di Santo Stefano Sabaita che
nellVIII secolo visse nella laura di San Saba nel deserto di Giuda, il biografo Leonzio di Damasco racconta come il santo monaco durante il periodo
della Quaresima girava intorno al Mar Morto da una estremit allaltra no a
Zoghar e oltre... Egli si era fatto lungo la via dei segni con le pietre per non
smarrirsi, e si recava nelle spelonche dei santi Padri a al-Ruba, Cutila, Arnun,
Giariba, e in altri luoghi anchessi frequentati dai santi Padri... Abitava...nelle
spelonche di Arnun o di Giariba...o di Mar Lut o di mar Harun o alle spalle
del Mar Morto.
Alla ricerca archeologica moderna dobbiamo alcuni punti fermi nella
progressiva chiaricazione della geograa monastica ricordata dalle fonti sulla sponda orientale del Mar Morto. Ad una spedizione nanziata dal British
Museum dobbiamo lidenticazione del monastero e del santuario di San Lot
(Mar Lut) abbarbicato sul ripido pendio della montagna alle spalle della citt
di Zoara-Ghor es-Safy. Una spedizione nlandese sta riportando alla luce il
monastero del Sommo Sacerdote Aronne costruito sul pianoro esistente a cento
metri dalla cima del Jabal Haroun a Petra (Mar Harun). Un monastero la cui
esistenza era nota alle fonti letterarie del VI secolo. Al Sinodo di Gerusalemme
del 536 partecip anche Tommaso il Siriano, prete e archimandrita del monastero di Aronne.
Giovanni Mosco nel Prato Spirituale con la laura di Sapsafas nel Wadi
Kharrar sulla sponda orientale del ume Giordano (Cap. I), ricorda la laura di
Coprata (Cap. 20 e 91), di Besinunte (Cap. 21), dellArnon (Cap. 101; 155) e
dellEdane (Cap. 155), questultimo da identicare con il Sayl Heidan.
Abba Geronzio, igumeno di SantEutimio gli raccont: Eravamo in tre
a vivere di erbe selvatiche al di l del Mar Morto, dalle parti di Besinunte
(Cap.21). Un monaco di Calamone Abba Pardo originario di Roma, dopo una
disgrazia che lo vide in qualche modo coinvolto, and a ritirarsi in solitudine
sullArnone (Cap. 101: : eis ton Aronan). Nel racconto fa diretto riferimento
allacqua e al greto ripido del corso dacqua dove venivano ad abbeverarsi
anche gli animali del deserto.
Da parte sua Abba Giordano leremita che viveva di erbe selvatiche
ricorda un episodio raccontatogli da Abba Nicola che viveva a Gerico presso
il torrente Betasimo. Il fatto gli capit allinizio del regno dellimperatore
Maurizio allepoca in cui il larco saraceno Naaman razziava la regione: Mi
trovavo a girare presso lArnone e lEdone (Cap. 155: ws egureon plhsiou
tou Annwna kai tou Aidona dove riusc a liberare un giovane di Tiro prigioniero di tre saraceni (Cap. 155).
Tenendo presente il contesto geograco, suggerirei di identicare le rovine di Dayr al-Riyashi con lArnon (differentemente trascritto ma chiaramente

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

607

identicabile) ricordato sia dal Prato che dalla Vita di Santo Stefano, come
stazione intermedia tra il Giordano (laura di Sapsafas) e il monastero di San
Lot di Zoara (Mar Lut).
M. Piccirillo - C. Pappalardo
Franciscan Archaeological Institute on Mount Nebo
11. Celebrating the 30th anniversary of an important discovery on
Mount Nebo August 31 (Tavv. 68-70)
It was 30 years ago, in August 1976, that a handful of experts from the Studium Biblicum Franciscanum discovered one of the most beautiful mosaics of
Jordan the mosaic of the Old Baptistery Chapel in the Memorial Church of
Moses at Mount Nebo.
The Franciscan Fathers, who have since 1932 been the custodians of this
most revered site holy to the three monotheistic religions could hardly
believe their eyes.
We were working on the restoration of a more recent mosaic, recalls
Father Michele Piccirillo, a pioneer of archaeological work and conservation
efforts in and around Madaba.
As archaeologists, we knew there had to be something underneath. But
we didnt expect anything this beautiful.
Beautiful is in fact the rst word that comes to mind from the rst glance
at this exceptional artwork of the beginning of the 6th century.
The mosaic shows four panels of scenes of hunting and husbandry on a
white background elegantly interrupted by small fruit trees, bushes and ower
branches.
In two hunting scenes, the rst register shows a black man perhaps
representing the African continent holding an ostrich, and a young man
in seemingly Persian clothing perhaps representing the Asian continent
holding a zebra and a curious creature resembling both a dromedary and
a giraffe.
In the second register, a shepherd sits on a rock under the shade of a tree,
watching his goats and sheep graze on the leaves of four small trees. Cunningly
breaking an otherwise perfect, almost monotonous, sequence, the top of the
second tree absolutely identical in both design and execution to the other
three is upside down. After all these years, Father Piccirillo remains as
puzzled as the rst time he noticed it: Perhaps the author simply misplaced
the carton with the reference design!
The third register is perhaps the most dramatic, with two hunters on horses, accompanied by their dogs, spearing a bear and a boar.
The dramatic action continues in the fourth panel, with a young shepherd

608

RICERCA IN GIORDANIA

defending a calf from a lion, and a soldier with spear and shield attacking a
lioness, which bleeds bright red blood from her wound.
Deep attention to details is obvious in the clothes and accessories of the
protagonists, but most remarkably in their faces. There, explains Father Piccirillo, a new technique, which will later become the hallmark of the ancient
Madaba Mosaic School, appears for the rst time: The tesserae (or cubes) are
cut smaller and smaller until they are almost reduced to tiny fragments in order
to obtain as naturalistic an effect as possible.
We are before the work of innovators, artists who set a trend that will
eventually characterize all mosaics in the Madaba region.
And these innovators have names: Soel (Suheil), Kaium (Khayam) and
Elia (Elias).
Certainly Arabs, certainly from Madaba, they signed the splendid work
that we were lucky to discover almost intact. (g. 1)
Unfortunately, other mosaics of similar importance were not found intact.
Or, even if they were, they did not remain intact for long.
In this like in many other cases involving artworks, authorities had to
strike a ne balance between the need to preserve these relatively new-found
treasures and the need to show them around the world.
Between 1986 and 1993, some of the most precious Madaba mosaics were
taken on a tour across Europe.
It was a necessary step to showcase an important part of Jordans heritage
and give a much needed boost to archaeological and cultural tourism. But it
was also a move that took its toll on some fragile masterpieces.
It was a necessary evil, to make the world aware of Jordans mosaics,
comments Father Piccirillo.
Today, the restoration efforts directed by the Studium Biblicum Franciscanum have returned most of these mosaics including, for example, the
mosaic of the Priest John Chapel to their original splendor. (gs. 2-4 and
5-7)
Other restoration efforts, namely on the mosaics of St. George and those
in the Church of St. Lot and Procopius are under way.
Central to the conservation of these riches is also the Madaba Mosaic
School, whose students and experts help revive this ancient artistic tradition
in the very city that was once one of the capitals of the nest mosaics in the
entire Mediterranean region.
A strategy to upgrade the Madaba Mosaic School was launched earlier this
month to reposition Madaba as a leading regional centre for the study, restoration, conservation, and production of mosaic art. According to the USAID,
which is funding the strategy, the aim would also be to bring real benets
and opportunities to the people of the Madaba area, with the support of the
public and private sectors in capacity building, training, and entrepreneurial
activities.

RELAZIONI DELLE SPEDIZIONI ARCHEOLOGICHE

609

By September 2007, the Madaba Mosaic School, established in 1992,


should become the Institute of Mosaic Art and Restoration under the aegis
of the Ministry of Higher Education and management of the Department of Antiquities, in cooperation with the private sector. The college is expected to offer
four educational and training streams for post-Tawjihi students, postgraduates,
and professionals employed in the sector in Jordan and throughout the region.
It will also become a centre of excellence, with all programs accredited by
a Jordanian university in partnership with the college, and further international
accreditation to be sought from institutions in Italy a traditional donor both
at Mount Nebo and in Madaba in general.
The upgrading of the mosaic school represents the latest commitment to
both protecting this important part of Jordans heritage and keeping alive an art
that could serve as a signicant revenue source for the local communities.
Many things in and around Madaba, and at Mount Nebo have changed a
lot since that faraway August of 1976.
The area had been a military zone until 1974.
There was no archaeological park, very little had been discovered, and
tourist guides hardly mentioned Madaba at all.
Many more things promise to change in the near future.
But Father Piccirillo and the Franciscan archaeologists of the Studium
Biblicum Franciscanum are still there, in the small monastery on Mount Nebo,
with the same enthusiasm and dedication.
Ready for the next restoration work.
Preparing for the next digging campaign.
Looking for more beautiful things to hand over to future generations.
And waiting for the good news of the declaration of Mount Nebo as a
special protected area with its artistic and spiritual treasure.
His Majesty the late King Hussein was thinking of conferring a special
status on Mount Nebo until his very last days, something he wrote about to
Abuna Father Piccirillo from his hospital bed in the US, leaving behind
another precious, and in this case very spiritual, part of his immensely rich
legacy.
Francesca Ciriaci
The Jordan Times, Amman

610

RICERCA IN GIORDANIA

II. BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA


N. Duval (a cura di), Les glises de Jordanie et leurs mosaques, Actes de
la journe dtudes organise le 22 fvrier 1989 au muse de la Civilisation
Gallo-Romaine de Lyon, Institut Franais du Proche-Orient, Bibliothque Archologique et Historique, t. 168, Beyrouth, 2003, pp. 358, ill. in b/n.
Il volume, che ospita i saggi presentati nel corso della giornata di studio svolta
presso il museo delle Civilt Gallo-Romane di Leone, vede la luce dopo una
lunga gestazione, ma presenta - nonostante i ritardi un importante contributo al dibattito scientico che verte intorno agli edici di culto dellodierna
Giordania e ai loro mosaici. I numerosi edici ecclesiali scoperti nel territorio
delle province Arabia e Palaestina Tertia ed i loro pavimenti, in gran parte
datati, hanno contribuito ad una migliore comprensione del processo di cristianizzazione in ambiti urbano e rurale nel territorio interessato fornendo nel
contempo una utile base di confronto con contesti privi di datazione nelle
province adiacenti.
Il primo studio di M. Piccirillo (volution de lArchitecture chrtienne en
Jordanie. Daprs les monuments de la rgion de Madaba, pp. 3-15) esamina
lo sviluppo evolutivo dellarchitettura cristiana nella regione di Madaba a partire dal V secolo, periodo nel quale si riscontra il ricorso ad impianti costituiti
da ununica navata come nel caso delle chiese di Khirbet el-Mukhayyat per
adottare poi, nei secoli VI e VII d.C. limpianto basilicale a tre navate arricchite da ambienti, cappelle e battisteri sino a formare complessi cultuali articolati
come ad esempio quello di Mos sul Monte Nebo, la Cattedrale di Madaba,
S. Stefano di Umm er-Rasas ed altri ancora. In epoca omayyade lA. mostra,
attraverso i numerosi esempi citati, il rimodellamento della pianta delle chiese
esistenti sino a costituire organismi ridotti a due o una navata. La panoramica
si conclude con la presentazione del complesso ecclesiale di Santo Stefano di
Umm er-Rasas costituito da quattro edici muniti di battistero e aree funerarie
sorti tra il VI e lVIII secolo.
Lindagine archeologica, effettuata negli anni 1988-1989 allinterno del
Castrum di Umm er-Rasas, dalla missione svizzera della Fondation Max
Van Berchem di Ginevra, illustrata da J. Bujard (vedi Les fouilles de la
mission suisse Umm er-Rasas 1988-1989, pp. 17-22). Si tratta di due edici di culto afancati, con absidi incassate nel muro del Castrum romano.
Entrambi gli edici vengono attribuiti al VI secolo, anche se non sono contemporanei. Le numerose modiche subite dalle strutture e dai loro mosaici
come lobliterazione delle immagini, il collocamento di un altare a blocco
in muratura (che sostituisce quello sorretto da quattro colonnine), muretti e
panchine accostati ai muri dambito attestano la frequentazione degli edici
sino allVIII secolo.

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

611

A. Desreumaux e J.B. Humbert presentano, nellarticolo dedicato a Khirbet


es-Samra (Les vestiges chrtiens de Khirbet es-Samra en Jordanie, pp. 23-34),
i risultati delle campagne di scavo susseguite nella localit a partire dal 1981.
Lindagine infatti ha messo in evidenza lassetto topograco della localit rurale cui massimo sviluppo si registra nella seconda met del VI secolo. Khirbet
es-Samra - Haditha era dotata di otto edici ecclesiali, costruiti tra il VI e il VII
secolo, con pavimenti musivi con tracce della disgurazione iconofobica segno
evidente della continuit di utilizzo sino alla met dellVIII secolo. Gli A., si
soffermano sulla descrizione strutturale delle fabbriche e presentano i risultati
dellindagine effettuata sullarea cimiteriale adiacente labitato ove sono state
scoperte numerose stele con croci o iscrizioni.
Lo studio Architecture et liturgie dans la Jordanie Bizantine (vedi pp.
35-114), presentato da N. Duval, frutto di unapprofondita riessione sullimprescindibile rapporto tra architettura ecclesiale e liturgia nella Giordania
bizantina a partire dalle prime fondazioni e sino allepoca omayyade. LA.,
attraverso un attento esame della struttura architettonica delledicio di culto:
abside, navate, cappelle annesse e dei manufatti liturgici rinvenuti quali: altari,
reliquiari, tavole per le offerte, recinzioni presbiteriali, synthronon ed ambone,
elabora uno schema tipologico e cronologico che riette lorganizzazione liturgica delle chiese dimostrando - attraverso un numero impressionante di esempi
e confronti con le regioni vicine le sostanziali modiche interne nel corso
del VII VIII secolo probabilmente a causa delle variazioni dello svolgimento
dei riti liturgici.
La presenza di laure ed eremitaggi rupestri risulta ben nota ed attestata
nel deserto della Giudea sia dalle fonti che dalle ricerche archeologiche, al
contrario, in area giordana, tale indagine appare tuttoggi a livello embrionale.
Il contributo di F. Villeneuve (Al-Muallaqah wadi Jebara: une laure rupestre transjordanienne, pp. 115-121) si sofferma sul caso di una laura scoperta,
durante una ricognizione, nellarea di al-Muallaqah (wadi Jebara). Si tratta di
un piano di grotte che dominano il fondo di una valle, con altre celle rupestri
individuate ad ovest. Il gruppo indagato appare costituto da un numero di celle
allineate a galleria, un vano grande, una cisterna ed una vasca. Alcuni grafti
rinvenuti ai lati di una croce incisa attestano levidente carattere cristiano della
laura, tuttavia lassenza di manufatti ceramici o altri segni di cultura materiale
non permettono di effettuare considerazioni cronologiche circa la durata delloccupazione della stessa.
La scultura architettonica delle chiese della Giordania presa in esame da
parte di J.P. Sodini (vedi pp. 123-145). Si tratta di manufatti scultorei come:
capitelli, basi, colonne, architravi, colonnine daltare, lastre di recinzione presbiteriale, tavole per le offerte, reliquiari utilizzati come elementi strutturali,
decorativi ed liturgici. I manufatti presentano una coerente evoluzione tipologica fortemente inuenzata dai modelli classici prodotti a Gerusalemme e Cesarea ma che offrono nel contempo elementi di rinnovamento locale di estremo

612

RICERCA IN GIORDANIA

interesse (come i capitelli del Nebo, di Main e quello gurato di Aila - Aqaba).
Da questa panoramica vanno escluse i due capitelli di Princeton (gg. 7-8, p.
126), indicati come provenienti da Gerasa e datati al V-VI secolo, ma che sono
invece fabbricati per il palazzo omayyade di al-Muwaqqar e datati allepoca di
Yazid II ovvero allVIII secolo (si veda Hamilton R.W., Some Eight Century
Capitels from el-Muwaqqar, in QDAP, XII, 1946, pp. 63-69). Non manca un
esame attento dei materiali utilizzati nella produzione locale che va dal marmo
per i manufatti liturgici sino al locale scisto bituminoso verosimilmente impiegati nellVIII secolo come alternativa al marmo di importazione pi difcili da
reperire in quel contesto storico (si veda anche Talgam R., The Stylistic Origins
of Umayyad Sculture and Architectural Decoration, Weisbaden 2004).
Una breve sintesi dedicata ai manufatti ceramici presentata da E. Villeneuve (La cramique de Jrash au temps des glises. Un aperu des productions et des importations, pp. 148-150). Lo studio offre una cernita tipologica
e cronologica della produzione ceramica della citt di Gerasa dal V allVIII
secolo.
La seconda sezione del volume dedicata ai mosaici si apre con uno studio
di J. Balty, La place des mosaques de Jordanie au sein de la production orientale (pp. 153-188). Il contributo della studiosa offre una valutazione di sintesi
delle tipologie iconograche e stilistiche dei pavimenti musivi di area giordana
elencati in ordine cronologico. Il collocamento di tali motivi in un contesto
pi ampio di produzione musiva Medio Orientale dimostra la persistenza di
alcuni motivi tradizionali di epoca tardoantica ed esalta le tendenze innovative
operate dai locali mosaicisti, quale segno inconfondibile della grande creativit
delle maestranze.
P. Canivet con Quarte et les mosaques dglises du IVe sicle au VIe
sicle en Syrie Seconde (pp. 189-197) presenta lo scavo del complesso ecclesiale di Huarte (Apamea) costituito da una chiesa doppia. Il primo edicio di
culto, dotato di un battistero, sorge alla ne del IV secolo o nei primi anni del
V sopra una cavit utilizzata come memoria. Nella seconda fase, ne V- inizi
VI secolo, sorge una basilica detta di Fotio destinata al culto ed una seconda
discosta a nord, dedicata a S. Michele e dotata di un battistero proprio. LA.
descrive le ricercate decorazioni musive rinvenute nel complesso soffermandosi in particolare su quelle del Michaelion ove si riscontra il motivo di Adamo
tra gli animali ed una scena di trasporto di reliquie.
Le tre campagne di scavo susseguite nel sito del palazzo omayyade di
Qastal al-Balq hanno permesso agli autori P. Carlier e F. Morin di descrivere
un contesto di occupazione estremamente articolato (si veda Qastal al-Balq mosaques omayyades civiles 685-705 apr. J.-C.). Il latifondo omayyade
sorge su strutture preesistenti ed formato da un grande palazzo a due piani,
dotato di cisterne sottostanti il cortile centrale, moschea e cimitero nonch un
impianto di irrigazione delle terre vicine. I vani delledicio palatino risultano
tutte decorate a mosaico pavimentale la cui decorazione aniconica costituita

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

613

da un manto geometrico ove vengono calati elementi tomor. Si tratta di un


genere che anticipa le scelte iconograche operate dai committenti omayyade
in altri palazzi conosciuti nel territorio; le maestranze, secondo gli autori, sono
le medesime che hanno operato a Madaba nellVIII secolo. Lesame delle fonti
inne ha permesso di stringere lambito cronologico delledicazione della
fabbrica al regno del Califfo Abdel Malik (685-705 d.C.) ovvero ai primi anni
dellVIII secolo.
Il pavimento musivo detto della Maison de lne a Djimila in Algeria
presentato da M. Blanchard-Leme (si veda La mosaques rinceaux peupls
de Duemila et les mosaques du Proche-Orient. Le point sur la thorie dIrving
Lavin, pp. 207-209). LA. si sofferma sullinterpretazione del motivo dominante dei girali campiti da motivi gurati con confronti dal territorio medio
orientale suggerendo una datazione intorno al V secolo d.C.
Le numerose rappresentazioni architettoniche riscontrate nei mosaici della Giordania oggetto di uno studio approfondito di N. Duval (si rimanda a
Les reprsentations architecturales sur les mosaques chrtiennes de Jordanie,
pp. 211-285). LA. analizza le scene presenti nei pavimenti sottoponendole ad
una divisione tipologica come rappresentazioni di citt, di Castra o di singoli
edici cercando, attraverso numerosi raffronti, di stabilire i conni tra idealizzazione e realismo; anche in questo caso vengono segnalati i rapporti con la
tradizionale rappresentazione tardoantica e le novit operate in ambito locale
considerando lampia diffusione di tale genere di rappresentazioni. Vengono
inoltre esaminate le modalit di rafgurazione secondo piani giustapposti di
edici o simboli di edici sino a formare una quinta di scena che ritorna ancora nei mosaici di epoca omayyade come nella grande Moschea di Damasco.
Tra i pi celebri esempi studiati a fondo dallA. si citano quelli della citt di
Gerusalemme insieme alle altre vignette topograche della Carta di Madaba
datata alla ne del VI secolo; non manca inoltre lapprofondimento analitico
dei riquadri urbani delle citt del Delta del Nilo, quelle della Palaestina e
dellArabia scoperte nella chiesa di Santo Stefano di Umm er-Rasas e datati
allVIII secolo.
P.L. Gatier con la sua relazione Les mosaques palochrtiennes de Jordanie et lhistoire de lArabie byzantine (vedi pp. 289-295) offre alcune considerazioni circa il territorio interessato in epoca bizantina sottolineando che
lattuale Giordania appare costituita da quattro province che facevano riferimento ai due patriarcati di Antiochia e di Gerusalemme. Le iscrizioni presenti
nelle chiese dimostrano la tta occupazione dellarea nel VI secolo segno di
una prosperit economica ed agricola della regione in tale epoca. In appendice Gatier appare dubbioso nel dare credito alle iscrizioni musive di epoca
omayyade, affermando che le strutture datate allVIII secolo sono solo opere
di restauro e non fondazioni ex-novo.
Levergetismo monumentale cristiano nella Giordania oggetto di esame
di J.P. Caillet (vedi pp. 297-301). Lautore analizza le manifestazioni evergeti-

614

RICERCA IN GIORDANIA

che attraverso le iscrizioni musive scoperte nel territorio ove sono annoverati
donatori di rango ecclesiastico (vescovo, presbitero, ecc.), laici (di vario rango
ed importanza sociale) e mosaicisti. In questo contesto il ruolo principale viene
attribuito al vescovo quale promotore e testimone dei lavori di edicazione,
restauro o abbellimento compiuti mentre altri ecclesiastici possono comparire
sia ex ofcio o nella veste di donatori. Il ruolo dei laici sembra circoscritto invece allofferta vera e propria anche se non viene mai menzionata lentit della
stessa (si veda anche Hamarneh B., Evergetismo ecclesiastico e laico nella
Giordania bizantina ed omayyade nel V-VIII secolo. Testimonianze epigrache,
in Vetera Cristianorum, 33, 1996, pp. 57-75).
Il volume si conclude con un abstract in inglese, arabo e francese ed un
agile indice topograco, va altres sottolineato laggiornamento bibliograco
di numerosi contributi ed il grande interesse delle problematiche affrontate
dagli autori ancora oggi attuali malgrado la lunga attesa della pubblicazione del
volume, segno inconfondibile della grande importanza storica ed archeologica
rivestita dai monumenti cristiani della Giordania. La continuit dellindagine
archeologica e le numerose scoperte manifestano la lunga durata delloccupazione cristiana del territorio e la vitalit dei centri urbani e rurali in epoca
omayyade, uninsieme che offre nuovi spunti per le ricerche a riguardo, ci
auspichiamo che vi siano altre occasioni per riprendere il dibattito scientico
sulle tematiche di archeologia bizantina non solo del territorio della Giordania
ma anche dei paesi adiacenti.
Basema Hamarneh
G. W. Bowersock, Mosaics as History. The Near East from Late Antiquity to
Islam, London 2006.
Con piacere abbiamo ricevuto e letto questo ultimo lavoro del Prof. Glen Bowersock che riesamina i mosaici scoperti nel Medio Oriente, in particolare
quelli da noi valorizzati e riportati alla luce in Giordania, per una sintesi storica e una conclusione che ci trova completamente daccordo nellinterpretarli
come evidenza di un continuum culturale della Antichit Tardiva che non
deve escludere il primo periodo islamico : From these images the uses of
Hellenism among Jews, Christians, and pagans alike emerge with clarity...
The coherence and tolerance in this disparate world explain the deep peace
that most of Palestine, Syria and Transjordan enjoyed over many centuries...
The late-antique Near East was a kind of miracle, and its like has never been
seen in that region again.
Lattenzione dello studioso si sofferma sulla Carta musiva di Madaba e sulle rappresentazioni architettoniche, come come testimonianza della coscienza
urbana della societ medio-orientale rimodellata dalla cultura greca, sui miti

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

615

di epoca classica che ricorrono nei mosaici di epoca bizantina, cristiani ed


ebrei, reinterpretati e rivissuti come divertimento e insegnamento, e sulla
crisi sofferta dai mosaici in epoca omayyade .
Nella brillante disamina nalizzata a conferenze pubbliche, perci un
po generalizzante, non condividiamo lopinione espressa a proposito della
rinascita classica giustinianea del VI secolo che per noi non contraddice la
conclusione generale della continuit culturale precedentemente espressa, ma
soltanto sottolinea una innovazione tecnica nella messa in opera del mosaico e
linsistenza sui temi gurativi della mitologia classica , dopo un periodo di stasi legata anche alla crisi economica che afisse limpero. Tanto meno possiamo accettare una delle prove in contrario addotta, cio il fatto che il territorio
dellArabia, per motivi di opportunit strategica e non certo per disinteresse,
era stato da Giustiniano afdato nel 530 ai principi della confederazione araba
dei Banu Ghassan noti nella tradizione arabo-islamica per la magnicenza dei
loro edici che la ricerca archeologica va riscoprendo come necessario anello
ai monumenti dellepoca omayyade(p. 6). Come archeologo, sono del tutto
contrario allipotesi ripresentata della estensione della Mappa di Madaba allAsia Minore, tenendo presente le fondazioni della parete nord della chiesa,
com risultato chiaro dallo scavo in occasione della costruzione a nord della
nuova scuola parrocchiale del Patriarcato Greco Ortodosso. Come non risulta
convincente lipotesi che la Gregoria del mosaico della Sala dellIppolito si
riferisca ad Antiochia prima Theopolis e poi Gregoria in onore del metropolita
Gregorio, prima messa in dubbio (p. 85) e poi data come unaffermazione:
(Antioche) chose to honor its own Gregorius by a name that only a mosaic has
preserved for our instruction today( p. 119). Si pu discutere lidenticazione
proposta di Limbon (per noi Libb sullaltopiano) con Livias nella valle del
Giordano ai piedi del Monte Nebo (p. 72).
Opinabile e, almeno per me ancora sub judice, la ripresa nellultima
conferenza delleditto di Yazid II posto allorigine del danno iconoclastico o
iconofobico (Wether we adopt Fr Piccirillo discreet and politically correct
term iconophobia, or make do with the traditional word iconoclasmcome si legge a p. 6). Dopo aver detto che leditto aberrant perch
the sources for it are largely greek and highly suspect (p. 97), basandosi
su Al-Kindi (x sec) e sullaffermazione del copto cristiano Severus ibn alMuqaffa (x sec.), conclude che it seems evident that the edict cannot be
swept away . Anche non accettando linsistenza sulla brevit della messa in
esecuzione delleditto, archeologicamente non dimostrata, non si pu negare
che gli ultimi mosaici datati messi in opera con animali e sceni di vita sono
contemporanei di Yazid II.
Una sintesi ricca di spunti di riessione di cui siamo grati ad uno dei
pionieri della riscoperta delleredit cllassica e della presenza romana in Giordania.
Michele Piccirillo

616

RICERCA IN GIORDANIA

Beyond the River. Ottoman Transjordan in Original Photographs, R. S. Abujaber and F. Cobbing, Stacey International 2005 (240 pp.).
Un bel libro che copre un vuoto di documentazione fotograca riguardante i
monumenti e gli abitanti della Transgiordania del XIXmo secolo di cui siamo
debitori a pari merito agli esploratori del XIXmo secolo e ai responsabili attuali del Palestine Exploration Fund, come pure ai due curatori del volume, in
particolare allamico Raouf Abu Jaber che ha messo ancora una volta a disposizione delleredit culturale di Giordania la sua vasta conoscenza della storia
umana delle sue trib ereditata nella sua famiglia, di cui aveva gi dato prova
magistrale qualche anno fa con la pubblicazione di Pioneers over Jordan. The
Frontier of Settlement in Transjordan, 1850-1914, London 1989.
Le foto pubblicate provengono dallarchivio del Palestine Exploration
Fund, la benemerita istituzione londinese alla quale tutti gli studiosi che operano nellarea sono debitori.
Un capitolo introduttivo riassume la storia dellesplorazione della regione
da Ulrich Seetzen (1807) e Burckhardt (1812) no al viaggio del Decano Arthur Stanley of Westminster che dopo aver visitato la regione nel 1852-53 fu
uno dei cofondatori del PEF nel 1865. Due anni dopo, 1867, giunse in Giordania Charles Warren membro della Societ che con altri colleghi degli Ingegneri
Reali riuscirono a misurare ed esplorare 650 miglia quadrate di territorio tra
Jerash e Salt e nella Valle del Giordano. Del gruppo faceva parte il Caporale
Henry Phillips al quale dobbiamo le prima ricca documentazione fotograca
dei monumenti di Transgiordania. Successivamente giunsero Palmer nel 1869
e H.B. Tristram canonico di Durham nel 1872, seguiti nel 1881dalla breve ma
intensa missione guidata dal Capitano Claude Reignier Conder con il Tenente
Mantell come fotografo della spedizione. Nel 1895 giunsero Frederick Jones
Bliss and Charles Alexander Hornstein che lasciarono un archivio di foto di
ottima qualit, seguiti da Duncan Mackenzie e da Francis Newton che visitarono la Transgiordania nel 1910 durante il loro impegno di scavo in Palestina
a conto del PEF.
La documentazione divisa in capitoli inizia con la Depressione del Mar
Morto in particolare con foto dedicate al Mar Morto e al ume Giordano, sale
sullaltopiano con le citt della Decapoli e specialmente di Amman e di Salt,
scendendo verso Madaba con una ricca documentazione dei dolmens del Wadi
Hesban, della sorgente di Ayn Mousa e della facciata di Qasr Mushatta, e poi,
oltre il Mujib, verso il Moab con il castello di Kerak, e in Edom con i monumenti di Petra. La splendida carrellata accuratamente commentata termina
con la documentazione riguardante la Rivolta Araba durante la Prima Guerra
Mondiale. Il libro chiude con un Appendice dedicata ai fotogra in ordine
alfabetico le cui foto sono state utilizzate nella pubblicazione.
Particolarmente interessante il capitolo secondo dedicato alle trib di
Transgiordania e ai loro shaikh attori di primo piano in questa storia della

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

617

esplorazione del territorio in un periodo piuttosto turbolento. Rilievo viene


giustamente dato a Shaikh Gublan degli Adwan gura di primo piano della
seconda met del secolo, protettore e guida della spedizione di Conder nei
pochi mesi di presenza nel territorio.
Il libro un piacere per gli occhi, di cui siamo grati agli Autori, e insieme
impressionante viaggio in un passato che vive nei resoconti e racconti degli
esploratori.
Michele Piccirillo
L. Nigro, Tell es-Sultan/Gerico alle soglie della prima urbanizzazione: il villaggio e la necropoli del Bronzo Antico I (3300-3000 a.C.), con i contributi di
A. Polcaro e M. Sala, Roma 2005.
Tell es-Sultan/Jericho in the Context of the Jordan Valley. Site Management,
Conservation and Sustainable Development, ed. by L. Nigro - H. Taha, Rome
2006
Due volumi di archeologia palestinese con una nuova sigla un po ridondante ROSAPAT 01 e 02, che sta per RO(me La) SA(pienza Studies on the)
A(rchaeology of) PA(lestine and) T(ransjordan), se abbiamo sciolto bene il
rebus. Nuova rivista o serie che emana, in italiano, dallUniversit di Roma La
Sapienza. Dipartimento di Scienze Storiche Archeologiche e Antropologiche
dellAntichit. Sezione Vicino Oriente. Expedition to Palestine and Jordan (con
il nome che cambia) che sulla copertina diventa La Sapienza Expedition to
Palestine and Jordan.
A parte queste piccole incongruenze tra le quali dovr scegliere il bibliotecario incaricato di schedare la nuova rivista e la graca un po sommaria
scelta frutto delle moderne tecniche di composizione al computer, auguriamo
alla nuova serie un futuro allaltezza delle premesse metodologiche e programmatiche un po entusiastiche e ridondanti espresse nellintroduzione al primo
volume (O. The Archaeology of Palestine and Transjordan: the recent contribution of Rome La Sapienza University. O.1. A somewhat ideologically
disoriented archaeology).
Il contenuto dei due volumi, da una parte chiarisce adeguatamente il ne
della pubblicazione di natura archeologica dedicata ai risultati dellindagine
della missione e degli studi di approfondimento dei suoi componenti (Primo
volume), dallaltra le ambizioni della missione italiana di impegnarsi alla salavaguardia del tell e delloasi (Secondo volume) messa in serio pericolo non
tanto dalla situazione di conitto oramai cronica ma dai programmi faraonici di
nanziamento e sviluppo che prevedono per Gerico una situazione di centralit
regionale con tutto quello che questo signica a cominciare da un areoporto e
dagli effetti devastanti di una urbanizzazione di massa.

618

RICERCA IN GIORDANIA

Il primo volume dedicato alle premesse dellurbanizzazione nella regione


palestinese con un ristudio comparativo dei risultati, sul tell e nelle tombe della
necropoli, di E. Sellin e C. Watzinger della missione austro-tedesca (1907-1909),
e pi approfonditamente della missione inglese di J. Garstang (1930-1936) e di
K. Kenyon (1952-1958) riesaminati e confrontati con le scoperte recenti. La
storia delloccupazione del tell nella seconda met del IV millennio dagli scavi
italo-palestinesi viene suddivisa in due fasi IIIa1 (Bronzo Antico IA 33003200) e IIIa2 (Bronzo Antico IB 3200-3000) che storicamente si identicano
con lo stanziamento di nuovi gruppi di allevatori e di agricoltori che abitano in
capanne circolari con afancati silos e un possibile santuario. Nella fase successiva abitazioni rettangolari e grandi edici absidati si aggiungono alle capanne
di epoca precedente. Sulla distruzione e livellamento di questo insediamento
rurale venne costruito il nuovo abitato che nir con lessere difeso da una cinta
muraria (IIIbI Bronzo Antico IIA 3000-2850) con case rettangolari pi grandi
urbanisticamente distribuite in lotti con cortili con silos, piattaforme e giare interrate, installazioni per la produzione e conservazione di prodotti agricoli che
testimoniano la crescita economica della comunit e il suo inserimento nella rete
commerciale regionale e internazionale testimoniata dai manufatti.
Michele Piccirillo
Comte Marie-Christine, Les reliquaires palochrtiens et byzantins du
Proche-Orient et de Chypre, IV e- VIIIe sicle. Formes, emplacements,
fonctions, rapports avec larchitecture et la liturgie . Thse de doctorat
lINHA (Universit de Paris IV-Sorbonne)
Mesdames, Messieurs, permettez-moi tout dabord de remercier les membres
du jury qui ont bien voulu lire ma thse et adresser en particulier ma gratitude
au Pre Michele Piccirillo qui a pris la peine de se dplacer depuis Jrusalem.
Je voudrais remercier mon directeur de thse, Monsieur Franois Baratte qui
a suivi mon travail et ma vraiment apport son soutien jusquau bout. Merci
galement Madame Catherine Metzger et Messieurs Sodini et Caillet pour
leur prsence dans ce jury.
Je voudrais galement associer cette thse et exprimer toute ma gratitude
envers le professeur Nol Duval, qui est avec le Pre Piccirillo lorigine de
ma passion pour ces terres lointaines et ce monde de lAntiquit tardive. Je ne
peux manquer de citer et de dire un trs grand merci Gabriela Faraldo qui
a procd aux premires relectures de ma thse, ma aide pour llaboration
de la typologie et ma assiste pour la mise en forme du manuscrit nal.
Tout ce travail naurait pu aboutir sans laide et lappui dun certain nombre de professeurs, collgues et amis, qui en fonction de leur spcialit ou
de leur comptence mont aiguille, corrige et encourage tout au long de

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

619

llaboration de ce travail. Que tous, absents ou ici prsents soient vivement


remercis.
La thse que je dfends devant vous porte sur les premiers reliquaires
chrtiens attests au Proche-Orient et Chypre. Le catalogue qui recense
tous les objets trouvs dans une grande partie des provinces romaines du
diocse dOrient, en service entre le IVe et le VIIe ou mme le VIIIe sicle,
propose tout dabord dtablir une typologie. Les reliquaires sont ensuite tudis daprs leur forme et lemplacement quils ont occup dans les glises
et sont abords dans leur fonction, leur fonctionnement et leurs rapports avec
larchitecture des glises, au sein des installations liturgiques. En traitant le
sujet de cette manire, jai tenu montrer la varit des solutions apportes
dans le culte des martyrs et dans son volution.
Le choix de ce sujet sest fait aprs quelques discussions fructueuses
suscites par les dcouvertes du Pre Piccirillo en Jordanie et aprs lenseignement de Nol Duval et son intrt pour le Proche-Orient dans lAntiquit
tardive. Il sest cristallis plus particulirement au dbut autour des reliquaires
de Jordanie, dont plusieurs exemples, retrouvs in-situ, inviols, avaient t
prsents lors dune mmorable exposition itinrante sur les mosaques de
Jordanie qui t date et eut un trs heureux retentissement et prolongements
pour la recherche concernant cette priode.
Quel a t mon parcours ?
Mon parti pris mthodologique de dpart a t de dresser linventaire de
tous les reliquaires retrouvs au Proche-Orient, dans les pays modernes de
Syrie, Jordanie, Liban, Isral, territoires palestiniens et en gypte, que ce
soit ceux conservs dans les muses de ces pays, comme dans les grandes
villes dOccident et ceux toujours en place dans les vestiges des monuments
sacrs. Mon but tait alors, la suggestion de N. Duval et de F. Baratte qui
avait pris sa suite et dirigeait mes recherches, de donner un prolongement
louvrage de Buschhausen paru en 1971, et qui ne prenait pas en compte les
trouvailles rcentes de la zone orientale de lEmpire romain (Buschhausen
H., Die sptrmischen Metallscrinia und frhchristlichen Reliquiare, I Teil :
Katalog, sterreichische Akademie der Wissenschaften, Wiener Byzantinistische Studien, Band IX, Wien, 1971).
Javais alors lambition de me rendre dans la majorit des lieux o ces
reliquaires se trouvaient. Cependant, jai rencontr plusieurs difcults pour
raliser lintgralit de ce programme lies pour certaines, au fait que je devais
nancer moi-mme, tous mes dplacements. Dautres difcults caractre
professionnel et priv comme un changement de mtier et de logement ont
ralenti la mise en uvre de ce plan. Mais jai surtout subi un coup darrt
forc aprs un accident survenu en Syrie en 2002 et qui ma freine dans ma

620

RICERCA IN GIORDANIA

visite des reliquaires des villages abandonns du Massif Calcaire en Syrie


du Nord.
Devant renoncer voir chaque exemple personnellement, jai concentr la
suite de ma recherche vers une tude des reliquaires au sein des architectures
et des installations liturgiques daprs les rapports de fouilles.
Malgr quelques objections du Pre Piccirillo qui me suggrait plutt de
me limiter ltude de certains grands sites avec leur martyrion et leurs reliquaires, jai poursuivi mon ide de traiter de tous les reliquaires inventoris,
ceci en accord avec le professeur Baratte. Plus tard, lors dchanges avec Anne
Michel et avec J.-P. Sodini, je me suis interroge sur la pertinence dinclure
la province dgypte dans mon catalogue. Il mest apparu que cette province
tait un peu en marge du sujet. En effet, la province dgypte fut dtache du
diocse dOrient entre 356 et 372 pour former un diocse part et fut par la
suite rorganise sous Justinien. En revanche, jai introduit Chypre, qui bien
qutant un cas particulier, reconnu comme glise autocphale et indpendante,
ma sembl un territoire plus homogne que la province dgypte et son culte
des reliques ma paru plus proche dAntioche.
Si ce sujet a tant retenu mon intrt, cest que jy avais t prpare dans
les annes prcdant mon inscription en thse par plusieurs sjours lcole
biblique de Jrusalem et sur les chantiers de fouilles du Pre Piccirillo dans les
sites du mont Nbo, dUmm al-Rasas et de Madaba en Jordanie. Ces sjours et
ces missions archologiques mavaient permis de me rendre sur de nombreux
sites de Jordanie, dIsral et des territoires autonomes. Javais pu commencer
me familiariser avec ces rgions et discuter avec certains archologues comme
J.-B. Humbert, Y. Tsafrir , A. Ovadiah et S. Margalit.
Ma date dinscription en thse, n 1998 a t concomitante mon dpart
de la compagnie Air France o je travaillais jusqualors, ce qui ma donn la
fois plus de temps libre pour mes recherches mais galement moins dargent
pour les nancer. An de pallier ce dfaut, je me suis engage dans un nouveau
mtier, laccompagnement de voyages but culturel, ce qui ma ouvert sur le
reste du monde oriental et mditerranen, particulirement la Syrie et Chypre.
Grce ma participation une mission archologique Bosra en Syrie du
Sud, dirige par J.-M. Dentzer et P.-M. Blanc sur le chantier de la nouvelle
cathdrale de Bosra, jai pu mimmerger fond dans lhistoire romaine et
byzantine de ce pays. Plusieurs voyages vers la Syrie du Nord du centre et
vers Chypre ont complt mes connaissances.
Ma mthode pour le traitement du sujet :
Ces pays dancienne christianisation nous ont laiss un patrimoine ecclsiastique extrmement riche. Cest le cas pour la Syrie du Nord, les Palestines,
lArabie et Chypre. De trs nombreuses glises et chapelles y ont t recenses

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

621

et des reliquaires trouvs ou suspects dans bien des cas. Je nai retenu que les
reliquaires dment dcrits photographis ou dessins et souvent conservs sur
place ou placs dans les muses. Jai donc retenu 241 reliquaires rpartis sur
129 sites (glises ou baptistres) et 21 reliquaires conservs dans les muses
des grandes villes dOccident ou dOrient.
Ltude des formes des reliquaires seules et leur emplacement dans les
glises risquait de limiter la comprhension de leur fonction et de leur fonctionnement. Il ma paru alors intressant de rechercher dans les textes contemporains, les rcits de plerinages, les homlies et autres sources littraires
comme les vies des saints et de stylites, les traces des pratiques liturgiques.
Ltude des textes apporte un certain nombre dinformations la fois sur la
frquence et le rle grandissant du culte des reliques, comme sur lutilisation
de lhuile sanctie coulant des reliquaires dans les processus de vnration
et ceux de gurison, associs la pratique de lincubation. Mais ces textes
manquent de prcisions permettant de restituer les architectures et il est rare de
pouvoir faire concider un monument conserv avec un texte prcis. Dautant
que les grands monuments dans lesquels se droulaient ces rites ont malheureusement souvent disparu, cest le cas de la cathdrale dAntioche et de
lglise de Csare, ou alors ces btiments ont t profondment transforms
et remanis lors de phases ultrieures comme le St-Spulcre, la cathdrale de
Tyr ou le mmorial du Mont Nbo.
Concernant la liturgie proprement dite, qui ne mtait pas familire au
dbut de ma recherche, jai commenc de tenter comprendre et tent dtudier llaboration des diverses liturgies orientales. Cest une tache qui sest
avre extrmement difcile. En effet, les dbuts de la liturgie orientale sont
trs mal connus et continuent de faire lobjet de spculations parfois contradictoires qui tentent de rapprocher les dcouvertes archologiques de quelques
textes qui nous sont conservs. Jai pu constater la suite dAndr Grabar
que lvolution architecturale la plus patente, en rapport avec lvolution de
la liturgie outre celle des baptistres, est celle qui est due au dveloppement
du culte des reliques, du moins pour la Syrie-Palestine, ce qui ntait peut-tre
pas le cas Constantinople.
Lorsque jai entrepris ce travail, jai remarqu quil existait peu douvrages
traitant uniquement des reliquaires. Par exemple, outre le volume de Buschhausen, maintenant incomplet pour lOrient, louvrage d Y. Duval concernait,
lui, les reliquaires dAfrique du Nord (Duval Y., Loca sanctorum africae, le
culte des martyrs en Afrique du IVe au VIIe sicle, 2 volumes, collection de
lcole franaise de Rome 58, Rome, 1982). Depuis ces ouvrages, ltude
des reliquaires nouvellement dcouverts dans la partie orientale de lEmpire
a t entreprise au sein des architectures des sites tudis. Cest le cas des
sites de Jordanie et de Syrie-Phnicie. Pour ces pays, trois auteurs ont fait
la synthse de ces dcouvertes et jai pu en tirer prot. Je veux parler de
G.Tchalenko pour la Syrie du Nord, de P. Donceel-Vote pour la Syrie et le

622

RICERCA IN GIORDANIA

Liban et dA. Michel qui a prsent dans un volume la synthse des travaux
de M. Piccirillo pour la Jordanie.
Concernant la Palestine, on dispose du volume de Tsafrir pour les fouilles
rcentes et des tudes et conclusions dA. Negev, pour les glises du Nguev.
Cette dernire synthse aurait besoin dtre reprise, la faveur des nouvelles
recherches, car les conclusions nen sont pas toujours satisfaisantes.
Si plusieurs reliquaires prsents dans les muses de Syrie et dIsral manquent de provenance prcise, il faut aussi rendre compte de certaines fouilles
rcentes, bien menes, qui ont considrablement amlior notre connaissance et
notre comprhension de certaines glises. Je veux parler, plus particulirement
de Ras el-Bassit en Syrie, dHippos-Sussita en Isral-Palestine, ainsi que de StHilarion de Gaza. Ces tudes archologiques nouvelles bnciant de mthodes
scientiques et bases sur des recherches plus nes ont permis de faire avancer
la connaissance des phases dutilisation des glises et de commencer replacer
dans le temps lvolution du culte des reliques, comme celui, eucharistique.
Je prsenterai prsent le sujet en trois points :
1er point : Comment ai-je abord la question du classement typologique
des reliquaires :
Lapproche adopte a t typologique et descriptive. Elle a permis de constater
une varit limite dans les formes des reliquaires de pierre, marbre, mtal et
verre. Lapparition de ces formes qui pour certaines se retrouvent dans une
grande partie de lEmpire semble avoir t dans ses nuances et pour certaines
formes, inuence par des habitudes et des choix rgionaux qui privilgient
par exemple les grands reliquaires en forme de sarcophage et en forme de
stle en Syrie du Nord et les plus petits reliquaires-sarcophages en Palestine
et Arabie. La forme en caisse, petite ou moyenne se trouve en Palestine et en
Syrie et un nouvel exemple conserv au muse de la Flagellation Jrusalem
vient de mtre signal. La forme encastre dans le mur me parat rserve
la Syrie du Nord, et des exemples qui sy apparentent viennent de mtre
indiqus par A. Desreumaux, venant de Diyarbkir en Asie Mineure.
Deux autres formes : la forme ovale, en capsella de mtal, ou en ampoule
de verre ont t adoptes pour protger les reliques places lintrieur de
reliquaires de pierre ou de marbre et malgr la raret de ces trouvailles qui
se sont produites la fois en Jordanie, sur la cte syrienne et en Palestine, il
apparat que ces formes sont gnralises tout lOrient. Comme pour la forme
en sarcophage rpandue dans tout lEmpire, des exemples existent galement
en Bulgarie, en Asie Mineure, en Afrique du Nord et en Italie.
Pendant la priode tudie qui stend du IVe au VIIIe sicle, il ne semble
pas quil y ait eu une modication radicale dans les formes. Ce qui frappe
cest plutt la multiplication et le dplacement des reliquaires.

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

623

Ltude des dcors des reliquaires du Proche-Orient montre que le thme


le plus courant est la croix qui est reprsente seule ou dans un cercle. La
rgion du Massif Calcaire en Syrie du Nord fut le creuset dun certain nombre
de motifs dont le chrisme, les colonnes portant un arc et divers mdaillons et
gures gomtriques, remplies parfois de croix, chrismes et perles. Ces dcors
qui se retrouvent sur les linteaux et autres pices darchitecture des glises de
la rgion retent un got local.
Le second critre de classement des reliquaires est celui du systme de
sanctication qui se rvle tre assez gnralis en Orient pour les formes en
sarcophage, en caisse et en stle. Il apparat dans le couvercle seul ou dans
le couvercle et la cuve et prjuge de la fonction de lobjet dans les rites de
vnration. En effet, un reliquaire possdant un ou plusieurs orices ntait
pas destin tre enfoui et cach dnitivement sous lautel. Lorice dans
le couvercle servait tablir un contact entre le dle et la relique au moyen
dune baguette, dun linge, dune ponge qui se chargeait alors de la grce du
martyr et se transformait en relique de second rang. Les orices du couvercle
et de la cuve permettaient un passage de liquide, huile le plus souvent, qui
tait rcupre une fois sanctie.
Le classement des reliquaires par systme de sanctication a mis en lumire trois systmes : par contact, par circulation dhuile et par circulation
interne (lhuile circule dun compartiment lautre). Le systme circulation
dhuile ntait pas rserv aux grands reliquaires puisquil apparat galement
sur les petits reliquaires de Palestine et Jordanie.
2e point : ltude de lemplacement, lenvironnement, la fonction et le
fonctionnement :
La fonction des reliquaires qui se dduit de lemplacement quils occupaient
a retenu toute mon attention. Si ltude des textes est rarement prcise pour
lemplacement, les arrachements et traces observs dans les pices annexes
des glises et dans les installations liturgiques autour des reliquaires est au
contraire clairante. Cependant en gnral, cest le dernier tat de lglise et
du reliquaire qui nous reste et il nest pas toujours vident de retrouver les
phases antrieures. Les emplacements occups sont varis et ont vari. Jai
pu distinguer diffrentes possibilits : sous ou sur le sol, dans une niche ou
une armoire, sous une table, sur un socle, dans une crypte. Lenvironnement
consiste en tables, barrires, arcs et escaliers.
Il nexiste pas de schma-type unique mais une pluralit demplacements
et de prsentations avec des diffrences par provinces. Ltude des emplacements ma ainsi permis de faire la distinction entre :
les reliquaires de vnration dposs en diffrents points de lglise, souvent
dans les pices annexes et qui possdent tous un systme de sanctication.

624

RICERCA IN GIORDANIA

les reliquaires de fondation placs sous lautel, sans systme de sanctication ou qui lont perdu.
Plusieurs cas observs en Palestine et Jordanie ont une double fonction de
fondation et de vnration quand les reliques restent accessibles sous lautel et
peuvent donc tre soit temporairement exposes, soit simplement touches.
Plusieurs dplacements dans la position des reliquaires ont t observs.
Par exemple en Syrie, des pices annexes, ils sont parfois approchs du chur,
placs devant la barrire de chancel. Ailleurs, en Palestine seconde et en Arabie, depuis les pices annexes, ils sont dplacs vers lautel ou sous lautel.
Dans les glises possdant des cryptes il peut galement exister plusieurs
ples de vnration, comme Rehovot-in-the Negev (dans la crypte et dans
une pice annexe).
Environnement, emplacement et fonction sont trs interdpendants. Jai
pu mettre en vidence, en montrant le grand nombre de reliquaires attests, la
place minente qui leur est rserve (souligne par les textes contemporains)
et le rle important pris et conserv par les reliques, pendant la plus grande
partie de la priode tudie.
Quen est-il du fonctionnement :
Grce aux fouilles rcentes dUmm al-Rasas, de Sussita-Hippos, de Ras
el-Bassit, certains lments rests en place permettent de se faire une ide du
fonctionnement de certains reliquaires :
Les reliquaires contact : pouvaient tre poss sur une table ou un socle
quelconque et une baguette tait introduite dans lorice du toit.
Les reliquaires circulation dhuile : devaient permettre la rcupration
de lhuile sainte dans des ampoules eulogies, les plus petits reliquaires
devaient tre surlevs.
Les reliquaires circulation interne avaient peut-tre un systme de rcupration de lhuile sanctie, mais il nous chappe.
3e point : Les rapports avec larchitecture et la liturgie
Cette importance du rle des reliques souligne par les textes est galement
notable dans lobservation de lvolution de larchitecture et des installations
liturgiques qui mon avis ont du tenir compte de lintroduction et du grand dveloppement de ce culte, corollaire et partie prenante du culte eucharistique et pas
seulement culte annexe. Les propositions de Lassus et de Grabar qui ont montr
la place minente occupe par les martyrs et linuence que lintroduction de
leur culte a eue sur larchitecture extrieure et intrieure des glises dOrient, me
paraissent, avec quelques nuances, toujours dactualit, malgr les rticences de
certains auteurs qui dans des articles rcents tendent minimiser cette place.
Jai dabord abord la liturgie par le biais des traces laisses par les
installations liturgiques fermant le chur et certains autres espaces. Mon but

BIBLIOGRAFIA SULLA GIORDANIA

625

ntait pas de montrer lvolution de ces installations mais seulement leur


rapport avec les reliquaires, l aussi une pluralit despaces dlimits par des
barrires et pourvus ou non de tables peut tre remarqu dans les diverses
provinces, mais ce nest pas la rgle partout. Il faut noter quen Antiochne,
laccs au martyrion est libre, les barrires apparaissent rarement dans larc
du martyrion et les reliquaires stles placs devant labside le sont devant les
barrires du chur. Quelques trs rares exemples de cette province ( Bamuqqa, Behyo E. et el-Bara) possdent un chancel rectiligne derrire lequel sont
placs autel et reliquaires. En Palestine, la barrire de chancel parat sagrandir vers les pices annexes, occupant des positions intermdiaires comme
Eboda N. et Sobota S. En Arabie, lun des bas-cts ou son extrmit est
parfois transform en chapelle par un muret comme dans quelques exemples
de Khirbet es-Samra (glise St-Jean) et dUmm al-Rasas (glise St-tienne).
Les barrires de chancel tendues aux collatraux dans beaucoup dglises
de Jrash semblent aller de pair avec les chevets trois absides. Mais les
liens entre ces transformations, le placement de reliquaires et lvolution de
la liturgie restent bien souvent difciles dmontrer.
La prsence de reliques places sous des tables ou des supports dans les
pices annexes en Palestine, Arabie, Syrie et Chypre obligent se poser la
question de la fonction de ces tables. Places au-dessus dun loculus, elles
me paraissent avoir un lien avec les reliques. Jusqu quel point taient-elles
des autels eucharistiques ? Seuls certains exemples comme Ras el-Bassit,
Sussita-Hippos et Umm al-Rasas, dats de la n VIe dbut VIIe sicle et au
del paraissent remplir cette fonction.
Ce travail na pas lambition de rpondre de faon dnitive toutes les
interrogations souleves, mais il peut proposer des pistes de rexion quant
la datation des reliquaires, leur fonctionnement et leur mode dexposition,
montrer lvolution et les changements apports dans le culte des reliques et
le rapport existant entre les reliques et lautel. Il cherche mieux connatre la
vie des dles et lvolution des modes de pit de la communaut religieuse
et des plerins.
En conclusion, ma recherche a tent de fournir des lments de rponse
quant la fonction et au fonctionnement des reliquaires au Proche-Orient,
grce ltude du contexte. Elle a dress un catalogue de tous les reliquaires
connus dans ces rgions, sans pouvoir rsoudre les problmes de datation qui
restent dlicats. Ce travail a mis en vidence les volutions constates entre
le IVe et le VIIIe sicle et certains particularismes. Ainsi, larchitecture des
glises et les installations liturgiques portent en elles des modications qui
sont, pour certaines, attribuables lintroduction et au dveloppement du culte
des reliques. La place et la fonction des reliquaires du Proche-Orient et de
Chypre, en liaison directe ou ct de la liturgie eucharistique retent un
phnomne complexe pour lequel diverses hypothses sont proposes. Cette
thse peut prendre place ct dautres travaux similaires centrs sur dautres

626

RICERCA IN GIORDANIA

rgions du monde palochrtien et byzantin et servir de base pour continuer


les recherches dans ce domaine.
Marie-Christine Comte
Texte prsent le 9-12-2006, loccasion de sa soutenance de thse

RECENSIONI E LIBRI RICEVUTI

LA 56 (2006) 627-704

RECENSIONI

Backes B.

Das altgyptische Zweiwegebuch (A. Niccacci)

631

Bernhauer E.

Hathorsulen und Hathorpfeiler (A. Niccacci)

632

Bolshakov A.O.

Studies on Old Kingdom Reliefs and Sculpture


in the Hermitage (A. Niccacci)

633

Der gyptische Knig im Alten Reich


(A. Niccacci)

635

Lexicon des Hellenismus (M. Piccirillo)

636

Studies in Matthew (F. Manns)

637

I discepoli di Emmaus (L.D. Chrupcaa)

639

Una spada tragger la tua vita (Lc 2,35a).


Quale spada? (L.D. Chrupcaa)

640

Chi Ges? Alla ricerca del volto


(L.D. Chrupcaa)

642

Sexuality and the Jesus Tradition


(L.D. Chrupcaa)

645

Celebrating Romans: Template for Pauline


Theology (L.D. Chrupcaa)

648

Kovacs J.L.

1 Corinthians. Interpreted by Early Christian


Commentators (L.D. Chrupcaa)

652

Harris M.J.

The Second Epistle to the Corinthians.


A Commentary on the Greek Text (L.D. Chrupcaa) 654

WindusStaginsky E.
Schmitt H.H.
Vogt E. (ed.)
Luz U.
Chenu B.
Serra A.
Brambilla F.G.
Loader W.
McGinn S.E.

Iovino P.

Lettere a Timoteo. Lettera a Tito (N. Casalini)

658

630

RECENSIONI

MarcheselliCasale C.

Lettera agli Ebrei (N. Casalini)

662

Biguzzi G.

Apocalisse. Nuova versione, introduzione


e commento (L.D. Chrupcaa)

669

Lenzi G.

Il Targum Yonathan. I: Isaia (M. Pazzini)

672

Inni sul Paradiso (M. Pazzini)

674

Corso di ebraico biblico (M. Pazzini)

677

Charlesworth J.H.
(ed.)

Jesus and Archaeology (F. Manns)

678

Dez Fernndez F.

El Calvario y la Cueva de Adn (M. Piccirillo)

679

La Collezione Tonizza nel Museo


della Chiesa Nuova di Assisi (M. Piccirillo)

685

Fedalto G.

Hierarchia Ecclesiastica Orientalis, Vol. III,


Supplementum (M. Piccirillo)

686

Fedalto G.

La Chiesa Latina in Oriente, Vol. II,


Seconda Edizione (M. Piccirillo)

686

Ligato G.

La Croce in catene (M. Piccirillo)

686

Ligato G.

Sibilla regina crociata (M. Piccirillo)

686

Efrem il Siro
Pepi L.
Serani F.

Fontana M.V.
(a cura di)

Guidobaldi Guiglia A.
Barsanti C.
Santa Soa di Costantinopoli (A. Acconci)

688

BACKES B. DAS ALTGYPTISCHE ZWEIWEGEBUCH

631

Backes Burkhard, Das altgyptische Zweiwegebuch. Studien zu den SargtextSprchen 1029-1130 (gyptologische Abhandlungen 69), Harrassowitz Verlag,
Wiesbaden 2005, xiv-466 pp., 1-16 tavole, 98 rilegato
LA. si propone di ricostruire il testo originale del cosiddetto Libro delle due
vie (Ldv) dellantico Egitto, un libro sulle vicende del defunto nelloltretomba,
utilizzando i detti 1029-1130 dei Testi dei sarcofagi (di solito designati come
CT VII, 1029-1130 secondo ledizione The Egyptian Cofn Texts, a cura di A.
de Buck - A.H. Gardiner, vol. VII, Chicago 1961).
Backes nota che in genere la critica testuale ancora interesse di un circolo
ristretto di studiosi di area tedesca, mentre al di fuori di essa non considerata
affatto.
Egli intende condurre una ricerca di critica testuale che sia accessibile anche ai non addetti ai lavori, tenendo conto dei limiti di tempo della sua ricerca,
che frutto di una tesi dottorale elaborata in circa 3 anni. Per cui lA. avverte
subito circa i limiti della sua ricerca, affermando che spera di porre domande
e proporre argomenti che potranno spianare la strada verso la soluzione del
problema del Ldv, non pi di questo.
Backes vede la critica del testo non come ne a se stessa ma in funzione
dellanalisi del contenuto dei testi. In effetti il volume comprende due parti
principali: appunto la critica del testo (pp. 7-239) e il commento sul contenuto
delle singole sezioni che compongono il Ldv (pp. 243-429). Nel commento
lA. si confronta in particolare con L. Lesko, The Ancient Egyptian Book of
Two Ways, Berkeley etc. 1972.
Backes solleva delle riserve circa la designazione comune dei detti CT
1029-1130 come Libro delle due vie, per il fatto che questa designazione
corrisponde solo ad una parte del complesso, che pi ampio e include anche
delle sezioni attestate altrove in forma indipendente. Inoltre la sequenza dei
detti non sempre evidente, anche se si rileva una certa coerenza nel succedersi delle sezioni.
I risultati della critica del testo sono pi difcili da riassumere che non
quelli dellanalisi del contenuto. Per quanto riguardo lo stemma del Ldv riferisco soltanto che Backes identica due rami principali, con varie contaminazioni e collegamenti, e presenta la sua ipotesi di un archetipo del testo
originale, indicato come a, in tutte le 8 sezioni che egli identica (cf. prossimo
paragrafo), con abbondanti note esplicative e traduzione.
Riguardo al contenuto, Backes identica 8 sezioni, cos delimitate in base
ai detti dei CT: 1) 1029-1033 partenza del defunto con la Barca del Sole; 2)
1034-1068 prima sezione delle due vie, con una via superiore attraverso
il cielo e una inferiore nelloltretomba; 3) 1071-1088 seconda sezione delle
due vie e tomba di Osiride; 4) 1089-1098 nella zona del dio-luna Thot e
della barca del dio Sole; 5) 1099 funzioni e attivit del defunto; 6) 1100-1117
passaggi delle porte delloltretomba e zone di Horus; 7) 1118-1124 nella zona

632

RECENSIONI

della Barca di Osiride nel cielo orientale poco prima del sorgere del sole; 8)
1125-1130 ultima salita del defunto sulla Barca del Sole e conclusione.
Riguardo alla sequenza logica dei testi appare che lo scopo nale il
viaggio del defunto con la Barca del Sole, un tema che compare n dallinizio
(CT 1029, 1030 e 1033), come anche un viaggio del defunto insieme al dio
Sole verso lorizzonte orientale che si verica nelle sezioni 2 e 3, che sono le
sezioni delle due vie, dove si introduce anche lo scopo intermedio del viaggio,
che la visita a Osiride. Da parte loro le sezioni 4 e 5 promuovono la causa
del defunto che viene associato al dio Thot e alle sue attivit beneche.
La seguente sezione 6 descrive larrivo del defunto allorizzonte passando
attraverso una serie di porte. Nella sezione 7 compare una seconda volta la
zona di Osiride. Il defunto lo visita e si comporta con lui come glio e ba del
dio e come il dio Thot che lo riporta in vita.
Nellultima sezione, poco prima dellalba, il defunto passa per una serie
di porte, poi allontana il mostro Apo che minaccia di affondare la Barca del
Sole, come gi nella sezione 4. Passato questultimo pericolo, il defunto si
trova nella parte nord del mare di fuoco come il primogenito del dio primordiale e sotto la sua protezione come il dio Sole.
Lo scopo nale dei testi la rigenerazione notturna del defunto, che
largomento dellultimo detto (CT 1130), il pi famoso della serie.
Il defunto acquista dunque uno status di altissimo livello, no ad essere
indispensabile come glio primogenito del dio Sole e come glio o ba di
Osiride. Da un lato, la risurrezione di Osiride signica sia per il Sole che per
il defunto stesso il ritorno alla vita e il godimento di tutti i beni. Dallaltro, il
defunto anche presentato come aiutante di Thot, il quale cura locchio ferito
del dio sole Ra e allontana il suo nemico Apo, e anche risuscita il corpo di
Osiride e gli assicura un successore.
Alviero Niccacci, ofm
Bernhauer Edith, Hathorsulen und Hathorpfeiler. Altgyptische Architekturelemente vom Neuen Reich bis zur Sptzeit. Mit einem Vorwort von Christian
E. Loeben (Philippika. Marburger altertumskundliche Abhandlungen 8), Harrassowitz Verlag, Wiesbaden 2005, xvi-132 pp., 45 tavole, 48
Nella presentazione al volume della Bernhauer, Loeben nota che tra le attrattive
dellarchitettura dellEgitto Antico spicca la capacit di rendere certi elementi
vegetali, per loro natura di breve durata come il papiro, il loto o la palma, come
simbolo di eternit, dando la loro forma a elementi architetturali. La colonna
a forma di papiro la pi normale in Egitto Antico nellarchitettura di tutti i
tempi, ma nel Nuovo Impero comincia la colonna detta di Hathor, la dea della
musica, per lo pi con la rappresentazione del sistro che era lo strumento a lei

BOLSHAKOV A.O. STUDIES ON OLD KINGDOM RELIEFS

633

sacro. Si verica cos non solo la natura fatta pietra ma anche la musica
fatta pietra.
In conformit al titolo del libro, che nomina colonne e pilastri a forma
di Hathor, lautrice Bernhauer precisa che le prime sono quelle di forma circolare, i secondi quelli di forma quadrangolare o poligonale. Il modello vegetale
delle colonne si spiega con il fatto che lideologia egiziana vedeva il tempio
come limmagine delluniverso: il pavimento era la terra, il softto, spesso
decorato con stelle, era il cielo e le le di colonne di papiro rappresentavano
il boschetto di papiro e le colonne a palma il boschetto sacro di Buto.
Dato che le colonne e i pilastri di Hathor non sono stati ancora oggetto di
una ricerca diretta, lA. conduce un esame dettagliato e molto tecnico su vari
templi, tenendo conto anche degli scavi recenti. Prima illustra in generale la
concezione e lo sviluppo delle colonne e dei pilastri, del sistro e del tempietto
che compare a modo di corona sulla testa di Hathor, varie forme della testa di
Hathor e dei suoi sostegni in rapporto alla divinit principale femminile, spesso
Hathor stessa, nei vari templi (pp. 3-44).
Segue lesame di vari templi a partire dal Nuovo Impero al terzo Periodo
Intermedio (pp. 45-120). Essi sono: la cappella di Hathor nel tempio funerario
di Hatshepsut, lo Speos Artemidos, il tempio di Satet a Elefantina, la cappella
di Hathor nel tempio di Tutmosi III a Deir el-Bahari, il santuario di Hathor
presso il tempio funerario di Tutmosi III, il tempio di Ameno III a El-Kab, il
tempio di Sedeinga nella Nubia, un frammento di capitello nel tempio di Luxor, il tempio della Maat nel recinto di Montu a Karnak, il piccolo tempio nel
Ramesseum, il tempio di Hathor di Mens, il piccolo tempio di Abu Simbel, il
recinto cultuale di Abu el-Naga a ovest di Tebe, il tempio di Bastet a Bubastis,
il tempio di Hathor a Timna nel Sinai, il tempio di Serabit el-Chadim, il tempio
settentrionale di Buhen nella Nubia.
Lanalisi seguita da unappendice con la riproduzione delle iscrizioni dei
sostegni di Hathor (pp. 121-132), dalla lista delle riproduzioni, delle tavole e
da 45 tavole in bianco e nero.
Alviero Niccacci, ofm
Bolshakov Andrey O., Studies on Old Kingdom Reliefs and Sculpture in the
Hermitage (gyptologische Abhandlungen 67), Harrassowitz Verlag, Wiesbaden 2005, 277 pp., XLII tavole, 98 rilegato
Il libro la prima pubblicazione completa della relativamente piccola ma interessante collezione di oggetti dellAntico Impero egiziano conservati nel museo
del Hermitage di S. Pietroburgo.
In una lunga introduzione Bolshakov racconta la storia della collezione
egizia, che in quanto tale non rientrava negli interessi originari del museo n

634

RECENSIONI

stata il frutto di scavi diretti. Mentre no al 1891 gli oggetti dellAntico Impero, pubblicati dal curatore W.S. Golnischeff, erano solo 3, presto diventarono
quasi 2500 in seguito allacquisto di una collezione privata e ad altri acquisti
dal mercato antiquario in Egitto.
Il merito maggiore della raccolta va a N.P. Likhatchev, che non era un
egittologo ma un epigrasta interessato ai sistemi antichi di scrittura. In occasione del suo viaggio in Egitto nel 1908, egli collezion diversi oggetti che
rappresentano i vari stadi della graa egizia. Nonostante i problemi delle rivoluzioni del 1917 e dellesilio di Likhatchev, la collezione fu salva. Tornato
dallesilio, Likhatchev si incontr con Y.Y. Perepelkin che divenne una gura
chiave dellegittologia russa del XX sec. Perepelkin per non riusc a studiare
la collezione stessa, compito che appunto ha portato a termine il suo discepolo
Bolshakov.
Provenendo la collezione da privati e da antiquari, si pone il problema della datazione degli oggetti. A questo scopo lA. segue i criteri avanzati da G.A.
Reisner e da H. Junker, mentre ritiene erronei quelli di N. Cherpion.
La collezione del Hermitage qui pubblicata comprende 22 pezzi databili
allAntico Impero o ad un periodo di poco posteriore. I pezzi sono ordinati in
tre gruppi: sculture, rilievi e blocchi iscritti, pietre di offerta e una paletta per
unzione, e sono disposti in ordine cronologico.
Di ognuno Bolshakov presenta i dati riguardanti il numero di inventario,
la datazione, il materiale, le dimensioni, lo stato di conservazione, la provenienza nota o ricostruita, la storia dellacquisto, la bibliograa e i monumenti
o oggetti paralleli.
Lanalisi molto dettagliata si avvale in modo considerevole dei mezzi graci digitali, fornisce in abbondanza disegni, ricostruzioni, oltre alla trascrizione e traduzione dei pochi e brevi testi che vi sono contenuti. Di ogni oggetto
si studiano in dettaglio i paralleli dello stesso periodo, conservati nei musei
di Cairo, Copenhagen e Cambridge, in vista di stabilire la lettura, la funzione e la data dei diversi oggetti sia per quanto riguarda la decorazione che le
iscrizioni.
Molti oggetti sono pubblicati qui per la prima volta o erano pubblicati solo
in russo e quindi erano per lo pi non accessibili agli egittologi.
Lanalisi corredata dallindice dei re, persone private, titoli, epiteti, divinit, edici, provenienza e collezionisti. Segue la bibliograa, la lista delle
abbreviazioni e delle aggiunte e inne 42 tavole con le foto in bianco e nero
degli oggetti.
Questo catalogo potr essere una base preziosa per tracciare uno studio
sempre pi approfondito dei vari problemi della storia e delle concezioni dellAntico Impero egiziano.
Alviero Niccacci, ofm

WINDUS-STAGINSKY E. DER GYPTISCHE KNIG IM ALTEN REICH

635

Windus-Staginsky Elka, Der gyptische Knig im Alten Reich. Terminologie


und Phraseologie (Philippika. Marburger altertumskundliche Abhandlungen
14), Harrassowitz Verlag, Wiesbaden 2006, 281 pp., 58
Lautrice si propone di controllare la tesi avanzata da H. Goedicke, Stellung des
Knigs im Alten Reich, Wiesbaden 1960, secondo la quale nellantico Egitto il
re veniva indicato con due termini principali, niswt e m, il primo dei quali lo
designerebbe come portatore di potere regale divino, il secondo invece come
essere umano. Di conseguenza, la terminologia distinguerebbe chiaramente tra
ufcio e persona.
Nella sua ricerca il Goedicke non consider i Testi delle Piramidi, perch
secondo lui in essi il re viene considerato sotto un aspetto totalmente diverso,
non pi legato al mondo umano, ma come il sovrano che entrato nelleternit,
ha terminato il suo cammino sulla terra, ha raggiunto la perfezione, ha perduto
ogni legame con la creazione materiale, stato identicato con il creatore e
giudice universale, e quindi in qualche modo diventato un dio.
La Windus-Staginsky invece tiene in debito conto i Testi delle Piramidi, in
quanto essi offrono comunque informazioni importanti sulla concezione della
regalit terrena, poich le concezioni sul mondo degli di e sullaldil sono
collegate alle esperienze della vita reale. Nonostante le differenze, dunque, la
sorte del re morto pu fornire indicazioni sul concetto generale di sovranit.
Inoltre la molteplicit dei testi utilizzati consente un raggio di affermazioni
molteplici sul re che importante valutare accuratamente.
Per raggiungere questo scopo, afferma lA., occorre chiedersi in quali contesti sono inseriti le diverse designazioni del re; quali aspetti della regalit
evidenziano le diverse designazioni; con quali titoli il re si autopresenta, designato o ci si rivolge a lui; perch le designazioni del re aumentano di numero
nel corso del tempo e qual lo scopo delle nuove designazioni; quali titoli
sono equivalenti tra loro e quali distinti; perch compaiono nuove designazioni
e poi scompaiono dalluso. C anche da chiedersi il rapporto tra variazione
e conservatorismo nel linguaggio concreto e anche il senso del fatto che titoli
regali sono attributi a divinit e a persone che non sono re.
Lo svolgimento del lavoro si basa sulle singole designazioni e comprende tre categorie principali: 1) parole e frasi che compaiono solo come titoli
di re: niswt re, bit re del Basso Egitto, niswt-bit re dellAlto e Basso
Egitto, nomi inseriti nei cartigli come anche titoli e nomi di Horus; 2) parole e espressioni che possono indicare il re ma possono anche designare di
e/o persone private, come nr dio, nb signore, itw sovrano e sm-ir.f
potente nel suo agire; 3) espressioni composte con m maest e k ka,
principio di vita che includono un pronome o un nome riferito al re in seconda posizione.
Dopo lesame di queste tre categorie principali, un capitolo esamina le
varie designazioni del re in rapporto tra loro, per comprendere il modo come

636

RECENSIONI

sono usate, in particolare in tre iscrizioni di funzionari in cui i riferimenti al re


compaiono in gran numero. Esse sono: liscrizione di Ptahshepses (Urk. I 5153,13) della tarda V dinastia, di Sabu-Ibebi (Urk. I 81,5-84,6) allinizio della
VI dinastia, e di Uni (Urk. I 98,1-110,2) della VI dinastia.
Dopo un esame dettagliato del materiale, suddiviso in 15 capitoli, lultimo
capitolo presenta una sintesi della ricerca e una prospettiva sulla visione del re
nel seguito della storia egiziana. Secondo lA. e contrariamente allopinione di
altri studiosi, lAntico Impero egiziano unitario per quanto riguarda lideologia del re. Inoltre non si pu affermare che durante lAntico Impero il re abbia
perduto autorit o potere. In effetti nel corso della V dinastia il re cresce come
personalit e cresce anche il suo rapporto personale con i funzionari. Questo
rapporto si manifesta in particolare sotto Gedkare-Isesi, senza che questo signichi in alcun modo un indebolimento della sua gura; signica piuttosto
che il faraone intratteneva rapporti amichevoli con i funzionari.
Sino alla ne dellAntico Impero, agli occhi delluomo comune il re apparteneva al mondo degli di, era in comunicazione con loro, condivideva la
loro potenza, al punto che a mala pena si distingueva da loro. Certamente i
funzionari che erano in contatto diretto con il re conoscevano da vicino la sua
persona; ma questo non comport alcun indebolimento della posizione personale del re n della regalit in quanto tale.
Cambiamenti notevoli si vericarono solo alla ne dellAntico Impero,
quando avvenne la dissoluzione del potere centrale. Come conseguenza, allora
il re non viene pi nominato nelle iscrizioni biograche del tempo.
Alviero Niccacci, ofm
Schmitt Hatto H. - Vogt Ernst (ed.), Lexicon des Hellenismus, Harrassowitz
Verlag, Wiesbaden, 1232 colonne, 365 illustrazioni
Segnaliamo questo nuovo dizionario dedicato allEllenismo che segue e sostituisce il Kleines Wrterbuch des Hellenismus pubblicato nel 1988 con una
seconda edizione nel 1993, con laggiunta di nuovi articoli e di una documentazione pi ricca e varia.
In un denso articolo introduttivo gli editori presentano il termine Hellenismus
nel suo signicato e uso nella letteratura dellepoca no agli Atti degli Apostoli
e allimperatore Giuliano, per poi passare al signicato che acquista la parola
in epoca moderna a cominciare da J.G. Herder che per primo us il termine
ad indicare la lingua greca del Nuovo Testamento e la fusione tra il mondo
spirituale giudaico con le idee greche ed orientali (cols 1-8).
Il ricco volume i cui lemma coprono la storia, la politica, la letteratura, la
losoa, religione, arte, architettura, scienze naturali, medicina, la storia della
cultura, e la vita di ogni giorno del periodo dal IV sec. a.C. al I sec. d.C., con

LUZ U. STUDIES IN MATTHEW

637

articoli specici dedicati anche agli autori rappresentativi del periodo, illustrato
con 13 tavole genealogiche delle dinastie ellenistiche, 200 foto di monete, 150
opere darte e piante di edici e di citt. Di sicura utilit anche la tavola nale con
gli episodi pi signicativi del periodo che vanno dallanno 359 (Filippo II re di
Macedonia) al 63 d.C., ne del Regno del Ponto che diviene provincia romana.
Per il riferimento diretto al mondo biblico facciamo notare il lungo lemma
Juden (cols 485-506) e quelli dedicati agli Hasmoner (cols 385-389) e ai
Makkaberbcher (cols 659-661).
Michele Piccirillo
Luz Ulrich, Studies in Matthew, William B. Eerdmans Publishing Company,
Grand Rapids MI - Cambridge, U.K. 2005, xii-285 pp.
This book gathers eighteen studies on Matthews Gospel, translated in English
for the rst time. The authors innovative work ranges broadly over the critical issues of Matthean studies, including the narrative structure and sources
of the Gospel. Different studies present the christology of Mt, his theology
of discipleship, of miracles, and of Israel. Several chapters establish the hermeneutical principles underlying Luzs famous commentary on Matthew. The
author is predominantly conscious of the Gospels reception history, a history
of interpretation linking with the past that determines many of the questions,
categories, and values. German exegetes call this method the Wirkungsgeschichte. Studies in Matthews Gospel thus constitutes a contribution to biblical
hermeneutics as well as to exegesis.
The Gospel of Matthew is a book intended to be read as a whole and not in
small parts or pericopes. It must be read not just once but many times. Matthews
Gospel is not a collection of material for teaching. It is written to be read aloud.
The kerigma had to be proclaimed in assemblies. The rst four Beatitudes start
with the same Greek letter pi. The rst and the second part of the Beatitudes have
the same number of words as Di Lella has shown it. The Gospel makes signicant demands to its readers. The hypothesis of the author is that the evangelist
expressed himself in a comprehensible way to his audience.
His argument is based on a great number of formal elements observable
in the Gospel. Among them are keywords. In the Sermon on the Mount, as
many authors, especially T. Soiron, have underlined it, Matthew repeats the
word righteousness ve times and the word father fteen times. These two
keywords express the theology of the Sermon on the Mount. In Mt 8-9 the
keyword to follow occurs nine times, and in chapters 11-12 there are eleven
instances of the keywords judgment. In each case the keywords are central
to the theme of the passage. Only a reader following the whole text can get
aware of this occurrence.

638

RECENSIONI

The same has to be said of repetitions. Matthew has not only received
doublets from his sources, such as the two feedings of the crowds or the two
demands for signs. He himself has formed repetitions, such as the passage on
the tree and its fruit (7:15-20; 12:33-35), the healing of two blind people. Since
Matthew creates such doublets through his own redaction, it is impossible to
reproach to him his awkwardness when he adopts doublets from his sources.
He repeats what is important to him, and once again this can be noticed only
by reading the whole text of his Gospel.
There are other signals in the Gospel, distinctive features in the narrative
which point beyond their immediate context. The prologue is full of such signals, Emanuel, son of Abraham, Galilee of the Gentiles, the mountain
on which Jesus refuses the devils proposal of the kingdoms of the world, or
the strange episode of 2:3-4 in which all Jerusalem, all the chief priests and
scribes of the people, and Herod are united in fear when three Gentiles, the
Magi, ask where the Messiah has been born: all these are signals pointing
to what Matthew will later narrate concerning Jesus rejection by all Jerusalem
and the future mission to the Pagans. Only readers attentive to the end of the
Gospel shall discover theses literary inclusions. Only at the end the risen Lord
promises to his disciples to be with them till the end (Emanuel). During the
Passion narrative Jesus is rejected by the chiefs of his people. He appears to
his disciples in Galilee, not in Jerusalem, as Luke and John have it.
The use of gematria is also common in Matthews Gospel. The genealogy
division into three parts of 14 groups invites the reader to see Jesus as the son
of David, whose gematria is 14.
Since it is impossible to summarize all these articles, we shall content
ourselves giving the Table of Contents which shows the variety of the volume:
Matthews Story (Mt the evangelist and The Gospel of Mt: A New Story of
Jesus); Matthew and his tradition (Mt and Q; Fictionality and Loyalty to Tradition in Mts Gospel in the Light of Greek Literature); Christology (Matthean
Christology outlined in theses; The Son of Man in Mt); Ecclesiology (The
disciples in the Gospel according to Mt; Discipleship: a Matthean Manifesto
for a Dynamic Ecclesiology; The primacy saying of Mt 16,17-19 from the
perspective of its Effective History); Ethics (The fulllment of Law in Mt);
Miracles (The miracle Stories in Mt 8-9); Matthew and Israel (anti-Judaism in
the Gospel of Mt as a Historical and Theological Problem: an Outline); Hermeneutics with Matthew in mind (Reections on the Appropriate Interpretation
of NT Texts; The signicance of the Church Fathers for Biblical Interpretation
in Western Protestant perspective; Can the Bible still be the foundation for a
Church today? Canonical Exegesis and Hermeneutics of Effective History,
Hermeneutics of Effective History and the Church; The Signicance of Mts
Jesus Story for Today).
Frdric Manns, ofm

CHENU B. I DISCEPOLI DI EMMAUS

639

Chenu Bruno, I discepoli di Emmaus (Itinerari biblici), Queriniana, Brescia


2005, 127 pp.
Questo agile e suggestivo libretto, con cui inizia una nuova collana di spiritualit biblica, dedicato al brano di Lc 24,13-35 riletto in unottica pluridimensionale. Infatti, come viene annunciato nellIntroduzione, questo nuovo
libro su un testo cos noto ha lambizione di spingersi il pi lontano possibile
nella presentazione e nellinterpretazione, dal punto di vista sia esegetico che
catechetico, iniziatico e teologico (p. 7). Purtroppo, B. Chenu, morto qualche
tempo prima della pubblicazione del suo ultimo libro (in versione francese del
2003), non ha avuto lopportunit di vericare, personalmente, come i lettori
abbiano accolto il suo ambizioso progetto. Ora, per lui, che ha fatto ormai il
viaggio di ritorno alla Gerusalemme celeste, questo giudizio non avr molta
importanza; potr rivelarsi utile invece per coloro che sono ancora in cammino, come i due viandanti di Emmaus.
Il libro diviso in quattro tappe o capitoli. Il primo esplora linusso
che il testo lucano esercita nei vari settori della vita attuale: sociale (lopera
Emmaus fondata da Abb Pierre), letterario (il ricorso al racconto di Luca
da parte di poeti e scrittori dellarea francese, ma questa delimitazione ben
comprensibile), ecclesiale (la liturgia e la catechesi).
Il secondo capitolo propone una lettura esegetica di Lc 24,13-35, in cui
viene data una traduzione molto fedele del brano, si illustra brevemente la sua
veste letteraria, per giungere alla ne a delucidarne il senso mediante unanalisi
puntuale, versetto dopo versetto. Difcile non essere daccordo con una delle
affermazioni conclusive: Il vangelo di Emmaus certamente un racconto
unico nel suo genere, ineguagliabile per il suo valore poetico e teologico
(p. 68).
Il terzo capitolo una specie di Wirkungsgeschichte che intende tracciare
con alcuni esempi illustrativi le tappe principali dellinterpretazione del vangelo di Emmaus, a partire dallesegesi patristica (Origene, Ambrogio, Agostino,
Leone Magno e Gregorio Magno), passando poi attraverso larte drammatica
della liturgia medievale e la lettura psicoanalitica contemporanea, per approdare inne alla tradizione artistica musicale e pittorica (peccato che leditore
non abbia provveduto ad una documentazione fotograca, di certo il lettore se
ne sarebbe giovato).
Il quarto e ultimo capitolo la parte pi originale del libro, a mio avviso
prende lo spunto dal testo di Luca per delineare un percorso di iniziazione
alla fede in Cristo o di crescita e maturazione umana, cristiana ed ecclesiale. La pagina evangelica ha ancora molto da dire alluomo moderno che pu
facilmente ritrovare in essa le esperienze umane fondamentali (ne vengono
individuate otto: la ricerca di senso, il cammino, il dialogo ecc.) e i molteplici
luoghi che favoriscono un incontro personale con Cristo (la Scrittura, leucaristia, la croce e la comunit sono solo alcuni dei dieci punti dincontro passati

640

RECENSIONI

in rassegna). Il capitolo termina con alcune riessioni attualizzanti ispirate allepisodio di Emmaus nel suo versante personale e comunitario. Per citare solo
qualche esempio, Chenu, riprendendo una vecchia immagine di Martin Luher
King, ritiene che la chiesa deve fare contrasto con il mondo circostante, essere
termostato, incidendo sullopinione comune, piuttosto che termometro, cio
riettendola (p. 118). Oppure pi avanti, quando sottolinea con un pizzico di
polemica lesigenza di una prassi eucaristica, integrale ed equilibrata: Nella
prospettiva di Emmaus, difcile non criticare la sopravvalutazione della dimensione sacricale delleucaristia in rapporto alla dimensione comunionale
e conviviale, la focalizzazione sulla passione di Cristo a scapito della proclamazione del mistero pasquale. I discepoli di mons. Lefebvre farebbero meglio
a rendersene conto. Il Crocisso il Risorto (p. 120).
In queste poche righe non possibile rendere conto di tutta la ricchezza del
breve saggio di Chenu. Il volumetto pu essere divorato in un giro di alcune
ore, ma non penso che sia questo il modo pi adatto della sua lettura. Esso pu
soddisfare le esigenze di un lettore impegnato che cerca uno strumento serio, nutrito della teologia biblica, per una riessione, una meditazione o semplicemente
per stimolare la propria crescita spirituale. Un benecio particolare ne potranno
trarre quanti operano direttamente nel campo pastorale e catechetico.
In questo libro Chenu ha saputo dare uno sguardo completo seppure panoramico sullaffascinante testo di Luca e ci ha lasciato inoltre in eredit una
specie di testamento spirituale, concreta dimostrazione del fatto che instaurare
un rapporto fecondo tra ricerca scientica e impegno pastorale, tra esegesi e
prassi personale ed ecclesiale non rappresenta solamente un pio desiderio.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
Serra Aristide, Una spada tragger la tua vita (Lc 2,35a). Quale spada?
Bibbia e tradizione giudaico-cristiana a confronto, Servitium - Marianum, Palazzago BG - Roma 2003, 359 pp.
La monograa di un esperto nel campo mariologico punta a delucidare il senso
del celebre oracolo di Lc 2,34-35, in primo luogo la portata della frase in cui
Simeone predice il ferimento di Maria (della sua anima, sinonimo di vita)
con una misteriosa spada: kai souv aujthv th\n yuch\n dieleu/setai rJomfaia
(v. 35a). Lespressione, lungi dallessere intesa in senso letterale, rappresenta
una metafora di ispirazione biblica. Questa specicazione si rivela senzaltro
preziosa, bench non sia facile poter scoprire in modo immediato e univoco il
valore proprio della metafora lucana, data la multiforme ricchezza della simbologia biblica.
In effetti, come dimostra lo studio di Serra, la profezia del santo vegliardo
si presta a varie interpretazioni, di cui due in particolare hanno trovato una

SERRA A. UNA SPADA TRAFIGGER LA TUA VITA

641

larga accoglienza lungo i secoli. La prima, che al giorno doggi sembra anche
la pi diffusa nellimmaginario collettivo, ravvisa nella spada la profonda
esperienza del dolore provato da Maria durante la passione e morte del Figlio.
La seconda interpretazione scorge invece nella spada un simbolo della Parola di Dio. Le due interpretazioni sono complementari dal momento che la
Vergine Maria si lasciata sempre attraversare/guidare/illuminare dalla mistica
spada che simboleggiava il disegno divino predetto nelle Scritture, principalmente nellora della passione del Figlio.
Il lavoro articolato in tre parti che riprendono il contenuto di tre articoli
pubblicati dallA. nella rivista Marianum, con ritocchi e aggiunte redazionali.
La prima parte esamina il termine spada come gura della Parola di Dio
allinterno dellAT (Salmi; Is 49,2; 2Mac 15,15-16; Sap 18,15-16), dellantica letteratura giudaica (Filone, Qumran, Giuseppe Flavio, Targum, Talmud,
Midrash) e del NT (Ebr 4,12-13; Ef 6,17; Ap 1,16; 2,12.16; 19,15.21). Al
di l delle varie accezioni, nellinterpretazione biblica giudaica e cristiana
si ritrova una semantica di base del termine spada: essa uno dei simboli
pi emergenti della Parola, nella quale si manifesta il disegno, la legge o la
volont di Dio, che si incarnano nelle successive e alterne vicende della storia
salvica.
La seconda parte ferma lattenzione sul modo in cui la tradizione cristiana
dei secoli II-XIV ha riletto la profezia di Simeone. Una ben nutrita rassegna
di commenti (circa novanta) dei padri e scrittori ecclesiastici, divisi secondo
larea di provenienza (orientale e occidentale), mira ad illustrare i quattro temi
essenziali racchiusi nel brano lucano: la rovina e la risurrezione (v. 34a), il
segno di contraddizione (v. 34b), la spada (v. 35a), i pensieri di molti cuori
(v. 35b). Questa immersione nella storia degli effetti del testo biblico porta
a interessanti osservazioni. Quanto al passo di Lc 2,35a, veniamo a scoprire
che la tradizione cristiana, pur mantenendo un comune interesse per il valore
gurativo, segue due loni paralleli. Per i padri e gli scrittori greci la spada
della profezia di Simeone soprattutto simbolo della parola di Dio, mentre
quelli latini preferiscono piuttosto vedere in essa la sofferenza materna di Maria durante la passione del Figlio.
Nella terza e ultima parte lA. si addentra nellesegesi di Lc 2,34-35, approfondendone il senso alla luce delle piste di ricerca individuate dalla tradizione
giudaica e cristiana. Lanalisi del brano lucano nellampio panorama dellopera
di Luca una riconferma della semantica espansa del termine spada. Anche
per Luca limmagine di questa arma sta a signicare la parola di Dio (oltre a Lc
2,34a cf. in tal senso Lc 22,36), che rivela il progetto predisposto e realizzato
da Dio nella vicenda di Ges di Nazaret. Alla missione del Figlio strettamente legata la missione della Madre che compie anche (ma non solo) con il suo
dolore la volont di Dio.
Il volume completato da un variegato indice analitico di indubbia utilit.
Parimenti saranno gradite al lettore le conclusioni di ciascuna parte, in cui

642

RECENSIONI

vengono opportunamente organizzati i risultati dellindagine e viene offerto un


sommario dei punti pi salienti del vasto e minuzioso studio analitico.
Termino questa breve presentazione riprendendo i risultati principali dello
studio di Serra relativi a Lc 2,35a. La spada gura del ruolo che associa la Madre alla missione del Figlio. Fa parte certamente di tale economia
anche il dolore che Maria dovr sperimentare nel corso della sua vocazione
accanto a Ges (cf. Lc 2,48). Sarebbe tuttavia indebito restringere a questa
sola dimensione il vasto orizzonte dischiuso dal santo profeta del tempio (p.
306). Il versante latino della tradizione cristiana ha messo laccento in maniera
preponderante sulla spada come simbolo della sofferenza materna di Maria.
Questa lettura, che ha certamente il merito di aver valorizzato al massimo
lumanit della Vergine, non sembra tuttavia corrispondere in pieno alla visuale
di Luca. Per il terzo evangelista infatti, la Madre di Ges colei che sempre
e non solo durante la passione! permise alla parola del Figlio di attraversare
la propria esistenza. In ogni momento della sua vita ella si apr alla parola di
Dio, che la penetrava come mistica spada (p. 307).
La ricerca di Serra contribuisce senzaltro ad una migliore intelligenza di
un enigmatico brano evangelico e, insieme, offre un buon esempio del fatto
che sia possibile oltre che fruttuoso far dialogare la Scrittura con la Tradizione,
lesegesi sincronica con lesegesi diacronica, a condizione di mantenere un
giusto equilibrio e il rispetto dei singoli approcci interpretativi.
In conclusione: un volume da gustare non solo per la ricchezza del contenuto e una corretta metodologia, ma anche per un eloquio semplice ed essenziale che rende la lettura uida e piacevole, in grado di aprire squarci di luce
a quanti si interessano della teologia lucana, in genere, e della gura di Maria,
in particolare.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
Brambilla Franco Giulio, Chi Ges? Alla ricerca del volto (Spiritualit biblica), Edizioni Qiqajon, Comunit di Bose, Magnano (BI) 2004, 201 pp.
In questo saggio, F.G. Brambilla, docente di cristologia e antropologia teologica
alla Facolt teologica dellItalia settentrionale (Milano), rende accessibile ad
unampia cerchia di lettori il contenuto della settimana biblica da lui tenuta nella
comunit monastica di Bose nel 2003. Oltre al tema di fondo: linterrogativo
sempre attuale sullidentit di Ges, merita di essere segnalato anche loggetto
specico di questo studio, appena abbozzato nel titolo: la ricerca del volto
di Ges nel vangelo di Luca.
Un forte stimolo e aiuto considerevole per la riessione esegetico-spirituale di Brambilla venuto, come lui stesso tiene a precisare, dalla tesi di Licenza
di G. Magro che nel suo lavoro sul terzo vangelo ha individuato ben 23 testi

BRAMBILLA F.G. CHI GES?

643

riguardanti il tema della ricerca. Luca mostra una predilezione per il verbo
zhte/w (nelle sue varie forme esso compare 17 volte sulla bocca di Ges, 14
volte usato dal narratore e 2 volte da altri soggetti) che sembra costituire un
elemento importante della trama del racconto (cf. lo schema dettagliato a p.
22-23 e quello riassuntivo a p. 24). Ne convinto anche il nostro A. al punto
da denire Luca come discepolo (narratore) della ricerca di Colui che il
maestro stesso della ricerca (loriginario narratore) (p. 27). In questo modo
Luca ha saputo riunire insieme la prospettiva di Marco che presenta i suoi
personaggi in stato di ricerca e la linea di Matteo che pone invece laccento su
Ges come maestro della vera ricerca. Ne consegue allora che nei vangeli (sinottici), e ci vale in primo luogo per Luca, la ricerca principio generatore
del racconto, sia perch ne determina la struttura (concentrica), sia soprattutto
perch si pone allorigine del movimento dinamico della narrazione.
Del ricco materiale lucano sulla ricerca Brambilla ha voluto soffermarsi
sui sette brani, scelti secondo alcuni criteri. In primo luogo si interessato ai
racconti in cui Ges appare come loggetto diretto della ricerca da parte dei
suoi familiari o seguaci. Questo aspetto emerge nelle sezioni pi esterne del
terzo vangelo: in Lc 2,39-52, dove Ges viene cercato dai genitori, Maria e
Giuseppe, e nellepisodio parallelo di Lc 24,1-12, in cui le donne non trovano
nel sepolcro il corpo del Crocisso.
Ges viene cercato anche da parte di un gruppo, le folle o le autorit. Un
esempio della ricerca condotta dalla folla labbiamo nel brano studiato di Lc
4,42-44. Qui la ricerca di Ges motivata da un bisogno personale, quello cio
di ottenere da lui un concreto benecio: la guarigione sica. Al lato opposto
si pone la ricerca di Ges da parte delle autorit religiose e politiche che si
sforzano invece di farlo perire per proteggere i propri interessi.
Nei racconti di Lc 9,7-9 e Lc 19,1-10 vengono presentati due capi, rispettivamente il tetrarca Erode e larcipubblicano Zaccheo, che manifestano il
desiderio di cercare Ges (si noti la somiglianza letteraria tra 9,9: kai ezh/tei
idein aujto/n e 19,3: kai ezh/tei idein to\n Ihsouvn), ma con esiti completamente
opposti. Colpisce soprattutto lepisodio di Zaccheo, forse il testo pi bello
sulla ricerca di Ges (p. 123), dove si incrocia in modo esemplare la ricerca
da parte di un uomo che ha ritrovato in Ges la salvezza e la ricerca da parte
del Figlio delluomo, venuto a cercare e salvare ci che era perduto.
Nel cuore della sezione centrale del terzo vangelo, il cosiddetto viaggio
di Ges verso Gerusalemme, si trova il brano che mette in luce lassolutezza
della ricerca del regno di Dio: Lc 12,22-32. Con questo brano giungiamo
al centro del nostro cammino, non solo nel senso cronologico, ma anche
in senso teologico (p. 97); il cuore della predicazione di Ges e il
principio generatore della sua azione (p. 107). Qui, a differenza di altri testi,
non abbiamo un episodio, ma una istruzione di Ges in forma sapienziale che
culmina nellaffermazione di cercare sempre e prima di qualunque altra cosa
il regno di Dio.

644

RECENSIONI

Lultimo testo preso in esame Lc 24,13-35, un brano che in qualche modo


ricapitola tutti gli aspetti della ricerca di Ges, comandata e nalizzata a
riscoprire la sua vera identit.
Per ovvi motivi pratici Brambilla ha dovuto limitare la sua presentazione
ad alcuni brani fra i pi signicativi dello scritto lucano. Ogni brano, poi,
trattato in due tempi. La prima parte, espositiva, ha lo scopo di far capire il
signicato dellepisodio narrato e la sua funzione nella trama del racconto. La
lettura dei testi data in forma semplice (con qualche fugace rinvio bibliograco), dietro la quale si fa sentire comunque un previo e solido studio esegetico.
La comprensione viene facilitata anche da numerosi schemi e specchietti. La
seconda parte invece, di indole pratica, chiamata ascolto della fede, volta
a rendere vivo e attuale il messaggio del testo. qui che, a mio avviso, si troveranno interessanti spunti per la riessione personale. Parlando ad es. della
salvezza, uno dei temi dominanti in Luca, lA. approda a questa suggestiva
osservazione: Una salvezza che non sia anche redenzione integrale delluomo
in tutte le sue dimensioni non pu essere la grazia cristiana. Daltra parte
una salvezza che fosse solo risposta al nostro bisogno di guarigione, di salute,
di vita eterna, di consolazione, sarebbe una sorte di sistema sanitario a buon
prezzo e un pronto soccorso sicuro (p. 71).
Lo studio di Brambilla appare chiaro e convincente. Lo stile diretto tende a carpire lattenzione del lettore, soprattutto di quello meno preparato, per immergersi
nella lettura esegetico-spirituale dei testi, competente e ricca di stimoli, che non
abusa del linguaggio tecnico, anzi, si colora a volte di quel pizzico di poesia che
non guasta. Mi piace citare qualche frase riferita al regno annunciato da Ges. Il
regno di Dio unazione, un evento, un incontro, una presenza, la presenza stessa
di Dio che ha il volto di Ges Il regno che Ges porta il cuore della nostra
fede, perch Ges porta in mezzo a noi la centralit di Dio! Il Regno non solo
una realt spirituale: esso viene pienamente in ogni dimensione umana, coinvolge
tutto luomo, guarisce tutte le forme dellumano (p. 75.76). Oppure quella che
spiega il senso della ricerca del regno di Dio: Cercare il Regno signica che il
Regno cerca noi, che Dio si fa vicino, ci assedia, innerva la vita, permea i nostri
pensieri, le intenzioni, le azioni, gli incontri, le persone, il mondo (p. 117).
Certamente, il lettore esigente non potr fare a meno di consultare in primo
luogo il grosso volume dellAssociazione Biblica Italiana dedicato al tema della
ricerca di Dio: Quaerere Deum. Atti della XXV Settimana biblica, Brescia 1980
(allambito lucano si riferiscono gli studi di R. Fabris, La ricerca di Dio nellopera
di Luca e di G. Segalla, La ricerca di Dio come ricerca del regno nei Sinottici). Ma penso che anche il contributo di Brambilla, che per certi versi sviluppa e
completa questo lavoro di esperti, risulter gradito a quanti sono immersi nellarte
narrativa di Luca, di cui cercano di capire il contenuto teologico e, insieme, sperano
di trovarvi un ricco nutrimento per la propria crescita nella fede.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm

LOADER W. SEXUALITY AND THE JESUS TRADITION

645

Loader William, Sexuality and the Jesus Tradition, William B. Eerdmans


Publishing Company, Grand Rapids, MI / Cambridge, U.K. 2005, viii288 pp.
Negli ultimi anni si registra una notevole crescita di interesse per le questioni
di etica sessuale. Gli studi in questo settore, compresi quelli biblici, diventano
sempre pi numerosi esplorando nuovi percorsi in corrispondenza alle parallele discussioni teologiche e agli stimoli che vengono dalla societ moderna.
in questo contesto che si colloca anche il presente studio che si propone
di esaminare una serie di testi sui vari aspetti della sessualit, riletti nel loro
contesto storico-culturale (giudaico e greco-romano). Siccome non sempre
facile arrivare al pensiero del Ges storico e non solo in merito alla sessualit,
Loader, il professore del NT allUniversit Murdoch (Perth, Australia), ha preferito indagare the Jesus tradition, ossia linsegnamento del NT che tramanda
la dottrina di Ges o almeno trae da essa lispirazione.
Lo studio diviso in tre capitoli. Nel cap. I vengono analizzati alcuni
testi che in modo diretto o indiretto fanno riferimento alla passione sessuale
(Sex and Danger: Passion and Responsability, p. 9-60). Nel primo testo, Mt
5,27-28, non passer inosservata linterpretazione della frase pa oJ blepwn
gunaika pro\ to\ epiqumhvsai aujth\n. In base al contesto (Ges commenta la
legge relativa alladulterio, v. 27), Loader legge nel sostantivo gunaika una
donna sposata (a married woman). Non esclude, comunque, in maniera assoluta che gunh/ possa riferirsi alle donne in genere. Since most women were
married, the saying probably assumes all women. While the delict focuses on
adultery, it is occasioned by lusting after the woman as a sexual being rather
than as someones wife (p. 14-15 nota 12). In ogni caso, il punto centrale
della parola di Ges risiede altrove e trascende il fenomeno di un caso specico. Di fronte ad una legge che si concentrava sullatto umano, Ges sottolinea
anzitutto il valore dellintenzione che pu causare (qualora fosse mal indirizzata, come avviene appunto nel caso di chi guarda una donna col desiderio di
possederla) un effetto negativo (il guardare le donne in s non viene censurato
e Loader fa bene a ribadirlo). Pertanto il delitto o la colpa non sta unicamente
nellaver fatto una cosa vietata dalla legge, ma addirittura nellaverla gi progettata e non necessariamente portata a compimento. Quello che originale e
paradossale nellinsegnamento di Ges una vera caratteristica della nuova
legge quindi il forte rilievo dato allinteriorit delluomo, quale punto di
partenza del suo agire e primo foro del giudizio etico-morale.
In seguito lA. passa ad esaminare Mt 5,29-30, ritenuto un ampliamento
(an expansion) del detto sulladulterio. Infatti, Ges, che prima ha parlato di
uno sguardo adultero, ora consiglia di recidere locchio che desta lo scandalo, e
di fare parimenti con la mano. Un consiglio simile si trova in Mt 18,8-9, dove
vengono per menzionati tre membri (la mano, il piede e locchio), e nel detto
parallelo di Mc 9,43-48. Il contesto quello dello scandalo recato ai bambini.

646

RECENSIONI

E quale la natura di skandali/zw? Secondo Loader si tratterebbe degli abusi


sessuali (la pederastia anzitutto, ma anche la masturbazione), indicati mediante gli eufemismi delle parti del corpo (la mano e il piede come sinonimi del
pene maschile). Lo stesso indirizzo sessuale si potrebbe leggere anche in Mt
5,29-30, anche se qui la pederastia viene sostituita dalladulterio. Quindi, come
verosimile, Loader ipotizza la seguente storia della redazione della parola di
Ges: It appears likely that at some stage, perhaps originally, the logion was
dealing with sexual misconduct. Matthew or someone before him has brought
it into association with a saying about the adulterous look, just as Mark has
brought it into association with a warning about pederasty (p. 29). Se Matteo
e Marco abbiano effettivamente compreso in tal senso la sentenza di Ges, mi
sembra perlomeno discutibile. indubbio invece che la recisione dei membri
del corpo ha un valore puramente metaforico e non va preso alla lettera;
una drammatizzazione del processo di puricazione che concerne luomo nel
profondo del suo essere, a prescindere dal volto concreto delle sue azioni. Qui
probabilmente si tratta degli abusi sessuali (cos almeno suggerisce il contesto),
ma lattenzione non si focalizza su questo o quellatto immorale, quanto piuttosto sullintenzione umana che li potrebbe originare. In altre parole, Ges vuole
dire che per estirpare il male (ladulterio, la pederastia e tanti altri), occorre in
primo luogo guarire luomo nel sacrario del suo essere.
Questa lettura trova una conferma nei detti di Mc 7,21-23 e Mt 15,18-20, in
cui Ges indica chiaramente il cuore delluomo come causa principale delle sue
azioni. Le intenzioni poi o i pensieri cattivi (Mc 7,21: oi dialogismoi oi kakoi)
non riguardano soltanto la sfera sessuale, ma qualsiasi azione illecita sul piano
etico o morale (come viene specicato nella serie di esempi che seguono). E anche
qui, come nellinsegnamento sulladulterio o sullimmoralit sessuale, Ges punta
il dito sullintenzionali umana (p. 38: the focus is not simply on acts but
on actitudes), rivoluzionando cos in maniera radicale i fondamenti della legge
morale che da uno strumento prettamente repressivo si trasforma soprattutto in
un aiuto o una guida per ispirare e responsabilizzare lagire umano.
Nel cap. II viene affrontato il tema del matrimonio e del divorzio (Order
and Chaos: Marriage and Divorce, p. 61-120). I testi che toccano questo argomento sono ben noti: Mt 5,31-32; Mc 10,11-12; Mt 19,9; Lc 16,18; e 1Cor
7,10-11. Quanto ai famosi incisi di Matteo, Loader passa in rassegna i tre
modi di intendere la porneia in Mt 5,32 e Mt 19,9 (adulterio, relazioni prematrimoniali, incesto: cos viene interpretato il caso di Erode Antipa in Mc 6,1718//Mt 14,3-4; p. 108-111) e si schiera a favore della prima. Ritiene inoltre che
Matteo non ha creato una eccezione alla proibizione assoluta del divorzio, ma
ha voluto solo esplicitare un principio generale (p. 119: Matthew is simply
spelling out what had always been implied; cf. p. 239), e cio che ladulterio
rende nullo il matrimonio nella sua essenza e non semplicemente a livello
psicologico. Once it has occurred, adultery establishes a situation where no
reconciliation is possible or to be contemplated Divorce must, indeed, take

LOADER W. SEXUALITY AND THE JESUS TRADITION

647

place, whether it is sought or not (p. 118). Questa conclusione, per il suo lato
estremo, tuttaltro che certa. Essa esclude infatti la possibilit di un rinnovamento dellalleanza matrimoniale, come viene invece prospettato da Paolo che
raccomanda ai divorziati di intraprendere la strada della riconciliazione (1Cor
7,11). In ogni caso, i testi di Matteo e Paolo sul divorzio dimostrano chiaramente che, pur cercando le nuove vie duscita per le situazioni matrimoniali in
crisi, rimane sempre valida la legge del matrimonio indissolubile, cos come
stata annunciata da Ges nella controversia con i farisei (Mc 10,2-12//Mt 9,312; oltre ad esserne infastidito, non capisco il motivo per cui Loader denisce
sempre questi e altri racconti evangelici come anecdotes / aneddoti; una pura
predilezione o lindice di qualche signicato?).
Il cap. III, il pi lungo di tutti, dedicato al celibato (Celibacy and Hope:
Interim Choices; p. 121-229). Questo stato di vita strettamente legato con
la sequela di Ges. Letto nel suo contesto storico, dove la famiglia e il matrimonio erano in grande stima, la radicalit del discepolato voluto da Ges,
che contemplava anche labbandono della famiglia e la rinuncia al matrimonio (Mc 10,29-30//Lc 18,29-30; Mk 3,31-35; Mt 8,18-22//Lc 9,57-62), poteva
davvero apparire inaudita. La causa di questa nuova prospettiva va ricercata
nellavvento del regno di Dio, capace di ridimensionare sia la vita presente sia
quella futura. Infatti, solo in questa ottica diventa comprensibile leunuchia
volutamente scelta (Mt 19,10-12) e la visione di un eone futuro in cui non
c posto per le relazioni terrene. Anche il sesso e il matrimonio, per quanto sembri paradossale, cesseranno la loro funzione, quella procreativa, come
suggerisce il paragone con gli angeli immortali (Mc 12,18-27 e parr.). Loader
ha probabilmente ragione nel rilevare questa limitazione che non tiene conto
dellaspetto unitivo del matrimonio, ma qui il fatto piuttosto marginale; al
di l del motivo colpisce soprattutto leliminazione dal regno dei risorti dei
rapporti matrimoniali.
Parlando del celibato, Loader presenta i casi di celibi eccellenti (Ges,
Giovanni Battista, Paolo; non sembra invece dare molto peso alla verginit di
Maria, almeno a quella che la teologia cattolica chiama virginitas post partum:
Both Matthew and Luke assume Mary and Joseph would have assumed normal sexual relations after Jesus was born [p. 209]; purtroppo lA. non dice su
che cosa in concreto si fondano le sue supposizioni). Nonostante una valutazione molto positiva del celibato nel cristianesimo primitivo (1Cor 7 analizzato a
lungo e con molta cura; e Ap 14,4-5), Loader tiene a sottolineare, e a ragione,
che la legge del celibato non costituisce per un seguace di Cristo un obbligo
n tantomeno una necessit assoluta. There is a strong tradition of celibacy
within the Jesus tradition. It is seen as an option, or, better, a calling or gift
(p. 215). Di conseguenza, il matrimonio, pur avendo una funzione limitata alla
cornice del mondo creato, non deve essere assolutamente deprezzato di fronte
al celibato che nel tempo presente annuncia e anticipa in maniera imperfetta
la realt denitiva del regno di Dio.

648

RECENSIONI

Lo studio di Loader si distingue per una attenta, a volte dettagliata e ben


documentata analisi dei testi, con tanto di abbondanti e ampie note e una
nutrita bibliograa (dubito quindi che questa opera, come vorrebbe il suo A.,
possa essere letta both by specialists and by people who may be unfamiliar
with accademic study of the New Testament [p. 8]). La sua esegesi non
stravolge tuttavia le nostre conoscenze, anche se qualche interpretazione apre
la strada alla discussione. Il merito principale di questa monograa sta, a
mio parere, nellaver colto una visione dinsieme, un ampio panorama sulla
sessualit del NT nei suoi molteplici aspetti. In particolare, mi sembrano
importanti le conclusioni a cui approdato Loader nella sua ricerca e che
possono illuminare lattuale dibattito sulla sessualit; dallo studio del NT
emerge infatti: una presentazione equilibrata e ottimistica della sessualit
umana nelle sue varie articolazioni; la precedenza data allintenzione rispetto
agli atti; ne deriva quindi una visuale holistica della sessualit che tende a
valorizzare la persona e la pari dignit di ogni essere umano; lesaltazione
del carattere indissolubile del matrimonio che, in linea di principio, non
lascia lo spazio al divorzio; il celibato per il regno dei cieli visto come
chiamata o dono.
C unaltra conclusione che, per certi versi, potrebbe sorprendere. Dopo
aver analizzato tanti testi, Loader ritiene, infatti, che la nostra conoscenza della
sessualit biblica tutto sommato frammentaria. There is so much we do not
know and have to assume (p. 231). Probabilmente avr anche ragione nel dire
che nel cristianesimo delle origini la sessualit non costituiva un argomento
di maggiore preoccupazione. Ma non perch fosse irrilevante o disprezzata.
vero che oggi la sessualit vive un periodo di grande popolarit al punto che i
temi di omosessualit, pedolia, contraccezione, divorzio o celibato del clero
(per menzionarne solo alcuni) occupano totalmente la scena delle discussioni.
C da chiedersi tuttavia, se questo moderno risveglio di interesse non signichi proprio la mancanza di equilibrio e non sia dovuto alla perdita di qualcosa
di fondamentale importanza. E anche su questo punto il cristianesimo primitivo
ha ancora molto da insegnarci.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
McGinn Sheila E. (ed.), Celebrating Romans: Template for Pauline Theology.
Essays in Honor of Robert Jewett, William B. Eerdmans Publishing Company,
Grand Rapids, MI / Cambridge, U.K. 2004, xix-276 pp.
Per onorare R. Jewett, i suoi studenti e colleghi del Garrett-Evangelical Theological Seminary hanno pubblicato una pregevole collezione di 14 studi che
ruotano intorno alla Lettera ai Romani, il cuore di interesse scientico del prof.
Jewett. I contributi, divisi in cinque sezioni o parti, riettono in vari modi i

McGINN S.E. CELEBRATING ROMANS

649

principali motivi teologici dello scritto paolino e le attuali tendenze della sua
interpretazione.
(1) La sezione di apertura raccoglie tre studi di carattere esegetico-teologico. Nel primo saggio (Did Paul Have a Covenant Theology? Reections on
Romans 9:4 and 11:27, p. 3-19) J.D.G. Dunn si propone di dimostrare che
una visione antitetica tre le due alleanze: quella antica (la legge) e quella nuova
(il vangelo), fortemente sottolineata nella teologia luterana, non corrisponde
di fatto al pensiero paolino. Dallanalisi di Gal 3,15.17; 4,24; 1Cor 11,25;
2Cor 3,6.14; Rm 9,4; 11,27 emergono due importanti conclusioni: il concetto
di alleanza (diaqh/kh) non era un tema dominante nella teologia di Paolo
(p. 19: the covenant theme was not a central or major category within his
own theologizing quasi una frase-ritornello di Dunn) e la nuova alleanza,
preconizzata dai profeti (Is 59,21; Ger 31,31-34; Ez 36,25-27), va compresa
come una attuazione pi efcace degli obblighi dellalleanza di Yhwh con il
popolo di Israele, mai superata quindi, ma aperta ora alla (com)partecipazione
dei popoli pagani. In short, Pauls talk of covenant is not central to his theologizing, nor a point of distinction within Second Temple Judaism (p. 14).
J.B. Gibson discute nel suo studio (Pauls Dying Formula: Prolegomena to an Understanding of Its Import and Signicance, p. 20-41) la portata
retorica della formula di morte riferita a Ges (1Ts 5,9-10; Gal 2,21; 1Cor
8,11; 15,3; 2Cor 5,15; Rm 5,6.8; 14,9) e ritenuta la pi importante di tutte le
formule confessionali contenute nelle lettere paoline (M. Hengel). Paolo non
stato tuttavia lunico ad usarla fra gli scrittori del NT (cf. ad es. Gv 11,50-51;
1Pt 3,18) e questo modo di esprimersi doveva essere familiare ai suoi uditori
pagani. Infatti, nella letteratura greco-romana del tempo si parla spesso di uno
che muore per qualcuno (oltre 100 volte, secondo i calcoli di Gibson). Ma
la somiglianza solo linguistica. In aperta polemica con il mondo antico, che
mediante questa formula intendeva inculcare e rinforzare i valori dellideologia
imperiale (la guerra, la violenza e la forza bruta come mezzi per costruire la
civilt e procurare la salvezza), Paolo, al contrario, ribadisce che la morte
di Ges di Nazaret, Signore e Figlio di Dio, implica altri valori: umilt, abnegazione, dedizione universale e amore per i nemici. Questa conclusione,
basata su uno studio meticoloso delle fonti letterarie extra-bibliche, sembra
convincente (perlomeno in via di principio), anche se richiederebbe ancora di
essere concretamente vagliata sui testi di Paolo.
Il contributo di G.F. Snyder ripercorre la storia dellinterpretazione della
Lettera ai Romani (Major Motifs in the Interpretation of Pauls Letter to the
Romans, p. 42-63). Lintenzione quella di far vedere, attraverso esempi
concreti, in che modo lesegesi del testo paolino, e di alcuni suoi passi in
particolare (ad es. Rm 1,16-17; 5,12; 13,1-7), ha inuenzato lungo i secoli la
teologia e lesistenza cristiana. Questo continuo e forte inusso sta ad indicare
limportanza e la centralit della lettera di Paolo, nel passato, al presente ma
anche per il tempo avvenire. James Dunn speaks of Romans as a template

650

RECENSIONI

for Pauline theology. One might even aver that Romans is the template for the
Christian faith It will speak again and again, but always in new ways, to
answer present questions (p. 63).
(2) Alla critica retorica della Lettera ai Romani, un metodo che riscuote
un grande favore tra gli esegeti moderni, sono dedicati tre contributi. W.S.
Campbell (All Gods Beloved in Rome!. Jewish Roots and Christian Identity, p. 67-82) tenta di chiarire, a partire dallo stile argomentativo di Paolo,
il problema dei rapporti interni nella comunit romana fra i cristiani di razza
ebraica e quelli di origine pagana. Un problema complesso e accresciuto anche
dalla presenza dei proseliti che, abbracciando la fede in Cristo, erano propensi
a rigettare i precedenti legami con il giudaismo. Paolo non condivide tuttavia
lidea che la fede in Cristo implica una netta separazione dalle radici ebraiche
(e lo dimostra anche il suo esempio: pur chiamato, egli non ha smesso di
essere un israelita), ma non richiede neppure come necessaria lassunzione
della prassi ebraica da parte dei pagani incorporati nella discendenza di Abramo. Chi , dunque, il cristiano? Lunit nella diversit il tipo dellidentit
cristiana in grado di riassumere al meglio il pensiero di Paolo. Thus originally
there was no one inclusive term to describe all believers in Christ. There were
simply groups of Jewish and Gentile believers distinguished by their differing
life-styles (p. 82).
Lo studio di J.D. Hester (The Rhetoric of Persona in Romans: Re-reading
Romans 1:1-12, p. 83-105) intende confermare la proposta di J. Jewett, di
considerare cio Rm come una lettera diplomatica, anche se di fatto essa non
utilizza tutti gli elementi di questo genere epistolare. Lanalisi retorica di Rm 1,112 (qui lA. si scosta dalla magioranza degli interpreti che fanno iniziare il corpo
della lettera nel v. 16), prima allinterno della lettera e poi secondo i criteri della
teoria della convergenza simbolica (Symbolic Convergence Theory), permette
di conoscere lintenzione di Paolo e insieme lo scopo della sua lettera: non tanto
pastorale-etico quanto piuttosto teologico ed evangelico. Infatti, in vista di un
nuovo compito missionario (Rm 15,24), Paolo ha voluto assicurarsi il sostegno
dei cristiani di Roma e proprio per legittimare la sua persona di apostolo delle
genti ha dovuto esporre il suo insegnamento (paideia).
Il contributo di W. Wuellner (Reading Romans in Context, p. 106-139),
decisamente il pi lungo, ma anche il pi impegnativo, si immerge nei meandri
della critica retorica che scruta linterrelazione tra lautore, il testo e il lettore
reale o implicito. In particolare, lo studio intende dimostrare che il testo e il
contesto (dellautore e del lettore/dei lettori) sono complementari fra di loro.
Il procedimento comprende due parti: teorica (dove vengono esposti i principi
generali delle teorie dellargomentazione, dellintenzionalit e dellazione) e
pratica (in cui queste teorie retoriche vengono applicate al testo di Paolo, soprattutto a Rm 1-6). Uno studio tuttaltro che facile per chi ignora le leggi della
retorica, ma capace di illuminare vari aspetti irragiungibili ad es. dal metodo
storico-critico.

McGINN S.E. CELEBRATING ROMANS

651

(3) La sezione consacrata allapproccio sociale e storico della Lettera ai


Romani contiene due brevi e interessanti studi. Nel primo P. Lampe (Paths
of Early Christian Mission into Rome: Judaeo-Christians in the Households of
Pagan Masters, p. 143-148) esamina il prolo socio-economico dei membri
delle chiese domestiche a Roma e, sulla base delle testimonianze letterarie (tra
cui Rm 16,3-15) ed epigrache, approda ad una cauta conclusione: una delle
vie attraverso le quali il cristianesimo arrivato alla capitale dellImpero negli
anni 40 potevano essere gli schiavi e i liberti ebrei provenienti dalla Siria-Palestina. Il secondo studio di C. Osiek (Romans Down the Pike: Glimpses
from Later Years, p. 149-161) tenta invece di ricostruire le tre caratteristiche
della chiesa di Roma della met del I secolo (la variet culturale e teologica, il
predominio della componente giudeo-cristiana, lassenza di una organizzazione
centralizzata) a partire dalle fonti posteriori del II secolo.
(4) La sezione di studi sullinterpretazione femminista apre la riessione di
S.E. McGinn (Feminist Approaches to Pauls Letter to the Romans, p. 165176) che traccia una specie di status quaestionis dellermeneutica femminista
di Paolo (p. 165: Paul and feminists have not always been seen as the
most amicable of bedfellows) e della Lettera ai Romani in particolare. Se
questultima ha ricevuto nora poca attenzione, lo si deve al fatto che lesegesi femminista si soffermata unicamente sui passi con riferimenti espliciti
alle donne (Rm 16,1-15) o alle relazioni sessuali (Rm 1,18-32; 2,25-29; 7,1-6;
8,18-25). Per invertire questa tendenza, McGinn punta lo sguardo su Rm 911, facendo vedere che sullo sfondo generale dei rapporti tra credenti giudei
e quelli gentili, da una parte, e dei rapporti tra cristiani e giudei, dallaltra,
lecito trovare una messaggio relativo alle donne; infatti, dalla lettura di Rm 9 si
evince che nellalleanza della circoncisione (sa/rx) le donne venivano salvate
per lafliazione agli uomini circoncisi, mentre ora, nellalleanza fondata sulla
promessa (ejpaggeli/a), la salvezza delle donne dipende solamente dalla loro
fede in Cristo. Anche nel saggio teologico di E. Tamez (Justication as Good
News for Women: A Re-reading of Romans 18, p. 177-189) la salvezza,
intesa per in maniera tangibile come un processo storico di liberazione delle
donne dalle strutture oppressive della societ patriarcale, il principale centro
di interesse che punta a fondare la giustizia sociale per la donna nella dottrina
paolina della giusticazione. Pi ancorato nel testo il seguente contributo
di P. Thimmes (She Will Be Called an Adultress: Marriage and Adultery
Analogies in Romans 7:1-4, p. 190-203) che cerca di scoprire la portata dellanalogia paolina del matrimonio e delladulterio, e insieme il suo signicato
per le donne.
(5) Gli studi dellultima parte prospettano le nuove vie di dialogo tra la
Lettera ai Romani e la vita contemporanea. Per far comprendere alluomo moderno il messaggio di Paolo molto utile pu rivelarsi ad es. larte cinematograca (p. 209: In this age of Biblical illiteracy, the parabolic, theological
interpretation of movies helps to reawaken the timeless relevance of inspi-

652

RECENSIONI

red writ). Infatti, come fanno vedere le analisi comparative di K.A. Burton
(Regarding Henry and the Dicovery of Grace, p. 207-221) e di L.D. Hurst
(Six-Gun Savior: George Stevens Shane and Pauls Letter to the Romans,
p. 240-252), riguardanti i due noti lms di generi alquanto diversi (rispettivamente, il drammatico Regarding Henry di M. Nichols del 1991 e il western
Shane di G. Stevens del 1952), la teologia di Paolo ancora capace di
illuminare e orientare la vita delluomo di oggi. La stessa intenzione si cela
dietro la proposta pedagogica di L. Halteman Finger (Getting Along When
We Dont Agree: Using Simulation and Controversy to Help Students and
Lay Persons Interpret Romans, p. 222-239) che, per rendere vivo e attuale
il messaggio biblico, da anni e con successo propaga un gioco interattivo di
simulazione in cui gli studenti, rivestendo i panni dei cristiani della chiesa di
Roma, si sforzano di capire il senso della lettera indirizzata ad essi da Paolo.
Se questi (ed altri ancora) metodi di ermeneutica moderna non potranno mai
sostituirsi alla classica ricerca biblica, essi si presentano tuttavia come mezzi
legittimi e complementari, e in certi contesti e ambienti perno necessari, al
ne di incarnare nel mondo attuale la Parola di Dio. E penso che anche Paolo,
cos ingenioso nella sua multiforme opera missionaria, non avrebbe nulla da
obiettare in merito.
Come si pu vedere da questa sommaria presentazione, gli studi compresi nella presente collezione si distinguono, e non solo per metodo, volume
o indirizzo. Nellinsieme essi offrono nondimeno un ventaglio abbastanza
ampio di problematiche che riguardano la Lettera ai Romani, in grado da
incuriosire un lettore esigente ma anche quello meno preparato. Alcuni contributi infatti desteranno linteresse degli esegeti del testo paolino (Dunn,
Gibson, Hester, Wuellner), altri serviranno ai principianti come agili piste di
introduzione (Snyder, Campbell, Lampe, Osiek), altri ancora potranno ispirare
quanti sono coinvolti nel campo della pastorale (Burton, Halteman Finger,
Hurst) o chi nutre un interesse particolare per la promozione della dignit
umana (McGinn, Tamez, Thimmes). Una polifonia di riletture, in denitiva,
che rende omaggio al capolavoro del genio di Paolo e, insieme, ad uno dei
suoi illustri interpreti.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
Kovacs Judith L. (trans. and ed.), 1 Corinthians. Interpreted by Early Christian Commentators (The Churchs Bible), William B. Eerdmans Publishing
Company, Grand Rapids, MI / Cambridge, U.K. 2005, xxix-340 pp.
Dopo quello dedicato al Cantico dei Cantici, questo il secondo volume di una
nuova collana che si propone di far conoscere linterpretazione della Bibbia
nel primo millennio cristiano.

KOVACS J.L. 1 CORINTHIANS

653

Nel saggio introduttivo sullinterpretazione del NT (Interpreting the New


Testament, p. x-xix), R.L. Wilken, leditore generale della collana, traccia le
grandi linee dellevoluzione dellesegesi cristiana: dalle primissime confessioni
di fede nellambito liturgico, attraverso la tradizione orale e scritta, no alla
nascita del canone universalmente riconosciuto verso il III secolo. Nello stesso
tempo inizia linterpretazione della Scrittura cristiana. Gli esegeti, il primo
dei quali Origene, manifestano la convinzione che la Parola di Dio va letta
e interpretata nel grande solco della tradizione ecclesiale, considerano e cos
pure commentano i singoli scritti come variazioni complementari dellunica
voce della Scrittura ( il noto principio patristico secondo cui la Scrittura va
interpretata con la Scrittura) e, inne, si accostano sempre ai testi biblici per
rendere attuale il loro messaggio per la fede e la vita cristiana.
Un altro saggio di J.L. Kovacs, leditore del presente volume, si propone
di introdurre il lettore nelle questioni che riguardano in modo diretto la 1
Lettera ai Corinzi (An Introduction to 1 Corinthians, p. xx-xxix). Viene discusso brevemente il contenuto e il carattere particolare della lettera (fra tutte
le lettere di Paolo quella pi radicata nei concreti problemi della comunit;
la divisione della 1Cor in cinque parti), le forme e lestensione dei commenti
patristici alla 1Cor (commentari, omelie, sermoni, scritti occasionali), la natura propria dei commentari dei Padri. A proposito di questultimo punto giova
ricordare che anche i commentatori patristici, come gli esegeti moderni, non
trascuravano le problematiche storiche e lologiche del testo biblico. Ma la
preoccupazione di fondo della loro interpretazione era prettamente teologica
ed esistenziale. The nal goal of exegesis, as of the Christian life in general,
is perfect knowledge of God and communion with him (p. xxvii). Purtroppo, questa caratteristica cos importante viene spesso dimenticata dallesegesi
moderna che a volte sembra ridursi ad una scienza eclettica riservata a pochi
esperti del settore.
La parte centrale del volume occupa ovviamente il commento. Dopo due
rapidi capitoli, dedicati rispettivamente alla gura di Paolo e alla descrizione
generale della 1Cor, si passa a presentare i testi patristici che spiegano ognuno
dei sedici capitoli della lettera. Il procedimento lineare: allapertura di ogni
capitolo viene fatto un sommario del pensiero di Paolo e delle linee principali
del commento dei Padri, segue la traduzione di un brano (Revised Standard
Version) e quindi i testi patristici, sia greci che latini, che vanno dal II secolo
(Ireneo di Lione, Clemente di Alessandria, Tertulliano) al IX secolo (Fozio di
Costantinopoli). I testi vengono tratti dai commentari completi alla 1Cor (Ambrosiaster, Pelagio, Teodoreto di Ciro, Cassiodoro, Giovanni Damasceno) e da
quelli conservati solo nei frammenti (Didimo il Cieco, Teodoro di Mopsuestia,
Severiano di Gabala, Cirillo di Alessandria, Fozio di Costantinopoli), ma anche
da numerosi altri scritti di genere diverso: omelie e sermoni, trattati teologici,
lettere, testi liturgici. In tutto (se i miei calcoli sono giusti) ci sono 283 frammenti provenienti dalle opere di una trentina di autori. Quelli pi gettonati, per

654

RECENSIONI

usare il gergo moderno, sono: Giovanni Crisostomo (74 testi), Agostino (49),
Origene (40), seguiti da Ambrosiaster (18), Teodoreto di Ciro (17), Severiano
di Gabala (12), Cirillo di Alessandria (11) e Gregorio di Nissa (11), e poi da
tutti gli altri (da 7 a un testo). 1Cor 1,26-31 il brano con il maggior numero
dei commenti (9), altri ne hanno generalmente da 3 a 5, ma ci sono pure quelli
con uno o due. Varia anche la lunghezza dei testi: da alcune righe no a 2 pagine (il pi lungo in assoluto, 4 pagine, un commento di Gregorio di Nissa
a 1Cor 15,28). Oltre a questi dati statistici sarebbe interessante conoscere il
criterio con cui i testi sono stati scelti; purtroppo, leditore non ha precisato
questo particolare.
Ben indovinata mi sembra la scelta di far risaltare nei testi patristici i passi
della Scrittura, quelli della 1Cor mediante il grassetto e tutti gli altri mediante
il corsivo. Molto utile anche la prima delle tre appendici, in cui vengono date
brevi informazioni sugli autori delle opere citate; e la terza appendice che contiene un piccolo glossario dei nomi propri (di eresiarchi e gruppi ereticali). In
chiusura abbiamo gli abituali indici (dei nomi, dei termini, dei passi biblici).
Con il presente volume (e quelli che verranno in seguito) viene illuminato
uno scritto e un periodo importante della storia dellesegesi cristiana della Bibbia. Ne possono beneciare molti: laici impegnati, predicatori della Parola di
Dio, studenti di scienze teologiche e bibliche, ma anche gli stessi esegeti che,
in mezzo a tanti metodi e approcci moderni, con gli occhi ssi sullo stile o sulla retorica, rischiano a volte di perdere di vista il vero senso del testo biblico.
Entrare in dialogo con lesegesi antica pu aiutare a ritrovare un giusto equilibrio tra la scienza e la vita, nonch rendere pi ricca e vivace linterpretazione.
Lesegesi cristiana non cominciata con Bultmann! questo in ultima analisi
il messaggio semmai ce ne fosse il bisogno che viene da questo eccellente
volume e dalla collana che sta facendo i suoi primi passi.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
Harris Murray J., The Second Epistle to the Corinthians. A Commentary on
the Greek Text (The New International Greek Testament Commentary), William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids, MI / Paternoster, Milton Keynes, U.K. 2005, cxxviii-989 pp.
Il nuovo commentario della prestigiosa collana NIGTC, dedicato alla 2 Lettera ai Corinzi, opera del professore emerito di esegesi e teologia del NT al
Trinity Evangelical Divinity School (Deereld IL). Il controverso scritto di
Paolo sembra particolarmente caro a M.J. Harris che ha avuto gi loccasione
di commentarlo nel 1976.
Preceduto da una Prefazione dellautore, dalla lista di Abbreviazioni e sigle, e soprattutto da una ben nutrita Bibliograa (oltre 100 pagine), il corpo

HARRIS M.J. THE SECOND EPISTLE TO THE CORINTHIANS

655

centrale di questo ponderoso volume diviso in due parti: Introduzione (p.


1-125) e Commentario (p. 127-942). Prima di immergersi nel commento vero
e proprio, Harris cerca anzitutto di chiarire una serie di problematiche di carattere letterario (lautore e lattestazione di 2Cor; la cosiddetta lettera severa;
lintegrit di 2Cor; loccasione, lo scopo e lesito della lettera) e di quello
storico (la visita sofferta; litinerario di Paolo durante e prima il suo ministero ad Efeso; il luogo della composizione e la data dellinvio; gli oppositori
di Paolo in 2Cor; la colletta per Gerusalemme). In seguito tenta di ricostruire
la cronologia delle relazioni di Paolo e dei suoi collaboratori, Timoteo e Tito,
con la comunit di Corinto. Nel passo successivo presenta brevemente i metodi usati per analizzare la lettera: retorico, strutturale, contenutistico. Il saggio
introduttivo termina con un sommario dei principali temi teologici di 2Cor
(Dio, salvezza, vangelo, chiesa, apostolato, ministero cristiano, vita cristiana,
sofferenza, servizio, satana, escatologia).
Harris, che espone il suo punto di vista dopo averlo motivato con dati
precisi, incarna una posizione tradizionale. Egli difende con forza la paternit
paolina di 2Cor, ma riconosce anche la possibilit che le singole parti della lettera (capp. 17, 89 e 1013) che corrispondono a tre scopi diversi seppure
complementari siano state scritte in tempi separati. Le pause nella stesura
non hanno tuttavia infranto lintegrit della lettera, inviata da Paolo ai corinzi
nellautunno del 56 (p. 51: although the canonical letter was composed in
stages, it was regarded by Paul as a single piece of correspondence).
Quanto agli oppositori di Paolo, Harris giunge alla conclusione che si
trattasse di due gruppi distinti ma uniti nel medesimo proposito di recare danno al ruolo apostolico di Paolo con una serie di accuse infondate; da una
parte vi erano i falsi apostoli (2Cor 11,13), ossia i giudei palestinesi, provenienti forse da Gerusalemme, che si proclamavano come agenti cristiani di
un programma di giudaizzazione (sembra, in ogni caso, che i metodi di questi giudaizzanti fossero diversi da quelli propugati dai falsi fratelli di Gal
2,4), invocando (illegittimamente) lautorit ricevuta dai Dodici (da qui anche
lironico sopranome di superapostoli: 2Cor 11,5; 12,11); e dallaltra parte
vi era un gruppo di corinzi che, ispirati da svariate tendenze proto-gnostiche,
manifestavano una forte antipatia nei confronti di Paolo e del suo equilibrato
insegnamento che sbarrava la strada agli estremi di un insano ascetismo e di
uno sfrenato libertinaggio.
Agli studiosi che fanno molto afdamento sullanalisi retorica non piacer probabilmente un interesse piuttosto marginale di Harris nei confronti
di questo metodo. Si tratta di una scelta ragionata, non immune forse da
scetticismo, anche se Harris non ignora che nella 2Cor siano presenti gli
ingredienti dellarte retorica (p. 109: is likely to display the basic ingredients of forensic, deliberative, or epideictic rhetoric but not necessarily in
a recognizable or schematic sequence). LA. mostra un atteggiamento analogo nei confronti dei vari tentativi di individuare nella lettera una struttura

656

RECENSIONI

concentrica. Pur riportando nei dettagli le analisi degli altri, egli preferisce
concentrare lattenzione sul contenuto della lettera pi che sulla sua forma
o sulle tecniche di composizione. Per raggiungere questo ne Harris limita
la sua esegesi alle questioni di critica testuale, grammatica e sintassi, generalmente trascurate nei commentari moderni. Egli convinto infatti che la
comprensione teologica del testo dipende in buona parte dalla comprensione
della grammatica (p. xiv: at root Christian theology is grammar applied to
the biblical text; Scripture cannot be understood theologically unless it has
rst been understood grammatically). E su questo punto difcilmente potr
essere smentito, anche se la sua marcata predilezione per il solo prolo grammaticale e sintattico lo espone al rischio di una critica da parte dellesegesi
retorico-letteraria.
La metodologia utilizzata da Harris nel suo commento trasparente e lineare. Dopo aver introdotto con poche frasi il contenuto di una sezione o di
un brano, viene proposta la traduzione, seguita da osservazioni di critica testuale (dove sono valutate tutte le varianti presenti nella 27a edizione di Nestle
- Aland) e dalla spiegazione del testo versetto per versetto; a chiudere vi un
elenco bibliograco.
Harris esamina il testo con rigore e acribia, onesto nel riportare con tono
moderato le opinioni degli altri e convincente nelle sue proposte, sempre ben
motivate. Talvolta lA. non teme di esplorare nuove vie di interpretazione storico-critica, come, ad esempio, nel commento a 2Cor 3,13. Il punto discusso in
questo passo il motivo per cui Mos poneva un velo sul suo volto. Gli esegeti propongono al riguardo un ventaglio di ipotesi. Invece di sceglierne una,
Harris offre unaltra spiegazione. A suo parere, nel v. 13b vanno distinti due
motivi strettamente legati fra di loro: to prevent the people of Israel from
gazing steadily until the end of what was fading away / per prevenire il
popolo di Israele dal guardare sso il ne di quello che stava per scomparire.
Il primo motivo dipende da Es 34,35, dove si dice che Mos per evitare
che il popolo, spaventato e sbalordito, ponesse troppa attenzione al suo volto
radiante invece che al contenuto del messaggio di Dio si copriva la faccia
con un velo. Ma per Harris vi sarebbe un altro motivo che Paolo renderebbe
mediante il participio sostantivato touv katargoumenou. Quello che stava per
scomparire non si riferisce soltanto alla gloria del volto di Mos, ma contiene
anche unallusione allantica alleanza (h palaia diaqh/kh) e al suo ministero
di durata limitata. Pertanto, il volto coperto di Mos , insieme, il simbolo
dellefmero splendore (do/xa; 2Cor 3,7-8) e della transitoriet dellantica alleanza (vv. 11). Secondo il suo stile che punta allessenziale, Harris si sente
quindi di poter concludere: On this view the purpose of Moses veil was to
prevent preoccupation with outward (cf. 5:14) and to point to the temporary
character of the whole Mosaic system of covenant and law. The rst purpose
is explicit (pro\ to\ ktl.); the second is implicit in the neuter substantive touv
katargoumenou (p. 300).

HARRIS M.J. THE SECOND EPISTLE TO THE CORINTHIANS

657

Oltre alla precisione e alla capacit di muoversi tra le varie posizioni esegetiche, c un altro aspetto di questo commentario che merita di essere segnalato, bench possa interessare principalmente un pubblico di lingua inglese.
Harris si mostra molto sensibile alla traduzione; infatti, la sua proposta, fondata
come si detto su una previa analisi grammaticale e sintattica del testo,
viene confrontata in maniera sistematica con altre traduzioni moderne del XX
secolo (oltre una decina). Inoltre, alla ne del volume, il lettore trover in
appendice una parafrasi ampliata di 2Cor (p. 943-962). Per sapere di cosa si
tratta, cito a titolo di esempio il passo di 2Cor 1,1, prima in traduzione letterale
e poi in quella parafrasata:
Paul, an apostle of Christ Jesus by the will of God, and Timothy our
brother, to the church of God that is in Corinth, together with all Gods people
who are in the whole Asia.
This letter comes from Paul, a special envoy of Christ Jesus commissioned by the will of God, and from our Christian brother and collegue Timothy
who is well known to you all, and is addressed to the church of God as it is
found in Corinth, along with all of Gods chosen and holy people who live
anywhere in the province of Asia.

Per concludere, possiamo dire che Harris ha sicuramente prodotto un solido commentario di tipo classico (in questo caso si tratta di un pregio!), frutto
di una lunga esperienza e di grande perizia. Anche la veste editoriale dellopera
merita apprezzamento1. Gli esegeti della 2Cor in genere, e gli studenti delle
scienze bibliche in modo particolare, saranno riconoscenti per questo prezioso
strumento che si riveler di indubbia utilit per le loro ricerche.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
1

Ho potuto notare solo alcuni incidentali errori o sviste tipograche: p. xxvi: Allo (abbrev. della
collana, due volte): Bib invece di bib; p. xxxvii: Bring (nel titolo): seine Glauben invece di sein
Glauben; p. lxxxix: Kremendahl (nel titolo): Verhaltnis invece di Verhltnis; p. xcv: Ollrog (nel titolo): seiner Mitarbeiter invece di seine Mitarbeiter; p. xcviii: Pesch (nel titolo): Paulus-neugesehen
invece di Paulus - neu gesehen; p. cviii: N. Schneider (nel titolo): der paulinischen invece di der
paulinischen Antithese; p. 33: egw invece di egw; p. 70 nota 173; p. 161 linea 1: facie34 ?; p. 164-66:
eliminare i punti alla ne dei titoli; p. 222 in Bibliography: G. Friedrich: (il primo) Neukirchener
invece di Neukirchen; p. 264 nota 29 ultima riga: en pneu/mati qeou invece di en pneu/mati qeouv; p.
305 linea 2 a destra: anaginwskhtai invece di anaginwskhtai; p. 345 linea 22: Ihsou invece di
Ihsouv; p. 348 linea 22: dia Ihsoun invece di dia Ihsouvn; p. 351 linea 15: phv pistew invece di
thv pistew; p. 354 linea 3: manca uno spazio; p. 357 in Bibliography: M. S. Ferrari: paulinschen
Peristasenkataloge invece di paulinischen Peristasenkatalogen; p. 382 linea 3 da sotto: enduein
invece di endu/ein; p. 399 linea 6: (il primo) perpatein invece di peripatein; p. 412 nel testo di 5:11:
qeiqomen invece di peiqomen; p. 423 linea 25: uJper aujtwn invece di uJper aujtwn; p. 499 nota 19:
pneumatkoi invece di pneumatikoi; p. 538 nel testo di 7:10: ergazetai invece di ergazetai; p. 734
linea 16: anecesqe invece di anecesqe; p. 766 linea 12: emauton invece di emauto\n; p. 812 linea 4:
zhvlw invece di zhlw; p. 872 linea 3 da sotto: exouqen hmeno invece di exouqenhmeno.

658

RECENSIONI

Iovino Paolo, Lettere a Timoteo. Lettera a Tito (I Libri Biblici. Nuovo Testamento 15), Paoline Editoriale Libri, Milano 2005, 303 pp., 28
La nuova versione con il commento alle due lettere a Timoteo e della lettera
a Tito di P. Iovino inserita nella serie I Libri Biblici, pubblicata da Paoline
Editoriale Libri. Se volessimo essere pi precisi e indicare una pi esatta collocazione scientica nella stessa collana, diremmo che sarebbe da porre tra
lalta divulgazione esegetica della Lettera ai Galati proposta da A. Vanhoye e
la grande specializzazione del commento alla 1Corinzi di R. Fabris, o quello a
Ebrei di C. Marcheselli-Casale, che presenteremo in seguito.
Iovino, infatti, senza rinunciare al suo rigore interpretativo, sembra aver
preferito quello che usando una sua parola potremmo chiamare unespansione pastorale ed ecclesiale, che poi lo scopo primario che la stessa collana
si era proposta allinizio e che ha preservato no ad ora, nonostante le evidenti
rettiche sopraggiunte in seguito.
Ci non un difetto, ma una descrizione dello stile da lui preferito, naturalmente a vantaggio di coloro che lo leggono e tenendo conto delle effettive
possibilit operative del suo stato. Lesito , tuttavia, pregevole e anche originale, nel rispetto della convenzione imposta ai contributori della serie. A una
prima parte dedicata ai problemi introduttivi (pp. 15-56), segue una seconda
riservata a traduzione e commento dei tre testi (pp. 61-229). Una terza per
il messaggio teologico, che di fatto comprende questo stesso (pp. 233-250),
la loro posizione nel canone che, in realt, mette in evidenza i loro rapporti
con lAntico Testamento (pp. 251-255), e i problemi della loro interpretazione, costituiti da paragra per lo pi dedicati alle relazioni intertestuali con le
lettere di Paolo.
Qui (pp. 257-261), egli espone le tesi retoriche di C. Marcheselli-Casale,
Le Lettere Pastorali a Timoteo e Tito. Analisi letteraria e strategia retorica
e quelle teologiche di A. Pitta, Paolo dopo e al di l di Paolo: il paolinismo
nelle Pastorali, luno e laltro pubblicati in Il deposito della fede. Timoteo e
Tito, a cura di G. De Virgilio (Suppl. Riv. Bibl. 34), Bologna 1998, pp. 19-38
il primo, pp. 39-52 il secondo.
Il resto dedicato ai loro rapporti con altre tradizioni, in particolare quella giovannea (p. 262), ma anche quelle teologiche supposte di derivazione
liturgica (1Tm 1,17 e 6,15-16), confessionale (1Tm 2,5-6 e 6,12-13), o innica
(1Tm 3,16; 2Tm 2,8.11-13): in particolare, 1Tm 2,6 e Mc 10,45 (il Figlio
dellUomo che d la sua vita in riscatto per tutti); 1Tm 6,13 e Gv 18,32 (Ges
testimone della verit); 2Tm 2,8 e Rm 1,3-4 (risurrezione di Cristo e sua discendenza davidica); 2Tm 2,11-13 e Rm 6 (catechesi battesimale su morte
e vita nuova); ma anche con Mt 10,32-33 e Lc 12,8-9 (il Cristo giudice che
rinnegher coloro che lo avranno rinnegato) (pp. 263-265).
Quanto alle tradizioni etiche (pp. 265-267), vede la ripresa di Rm 13,17 in Tt 3,1 per la teologica politica; ma anche echi della catechesi sugli

IOVINO P. LETTERE A TIMOTEO. LETTERA A TITO

659

schiavi, quali si hanno in Tt 2,9-10 con 1Tm 6,1-2 e 1Pt 2,18-25. Ci


nuovo. Quindi il lettore non deve cercare in questa parte n una storia della
Wirkungsgeschichte dei tre testi, che pure Iovino avrebbe potuto tracciare
sviluppando labbozzo su Marcione (pp. 254-255) e il primo paragrafo sintetico dedicato alleredit del passato (pp. 256-257); n una discussione del
dibattito ermeneutico attuale. Trover, invece, utili riferimenti intertestuali
che gli permetteranno di stabilire produttive relazioni esegetiche con altri
scritti del Nuovo Testamento.
La stessa novit si ha nellIntroduzione. LA. ha rinunciato per scelta
deliberata e per metodologia alla forma tradizionale, che prevede di dare al
lettore una certa somma di informazioni preliminari, in paragra distinti
su problemi essenziali: autore, luogo, data, genere letterario, ambiente culturale e situazione dei destinatari. Ha, invece, preferito una introduzione
dallinterno, che egli denisce una sorta di immersione globale nel testo
e nel suo ambiente vitale (dalla Prefazione, p. 7). E seguendolo in questa
prima disamina del loro contenuto, chi legge viene a sapere che lo scopo
principale per cui le tre lettere furono scritte la lotta contro leresia (p.
15: cf. heterodidaskalein in 1Tm 1,3 e 6,3), individuata come un pregnosticismo, che speculava sulle genealogie per lorigine delluomo (1Tm
1,4 e Tt 3,9) (p. 21); che affermando la risurrezione come gi avvenuta
(2Tm 2,18), proponeva una vita rigorosamente ascetica, nel disprezzo del
mondo, senza donne e con astensione da cibo ritenuto non puro (1Tm 4,3)
(pp. 19.23).
Ma, su questo, lA. prudente, facendo notare che nel caso di rinuncia al
matrimonio, potrebbe trattarsi di ortodossa intransigenza di alcuni che trasformavano la preferenza di Paolo per il celibato (cf. 1Cor 1,1.7a), in una norma
generale, ignorando il suo rispetto per un charisma di Dio differente (1Cor
7,7b) (pp. 21-22).
Qui, egli cita un passo interessante dagli Atti di Paolo, un apocrifo del II
sec. d.C., dove il tema della risurrezione unito a quello della verginit: nelle
parole di Paolo, questa la condizione per quella; in quelle dei dissuasori,
essa gi avvenuta e, solo generando gli, essi risorgono per riconoscere il
vero Dio (p. 22).
Questo parallelo istruttivo indicherebbe che un dibattito era di fatto corrente nella Chiesa del II sec. d.C. e che, quindi, quello potrebbe essere il periodo
della loro composizione. Ma, su questo, Iovino preferisce attestarsi su una
formula prudenziale: il periodo tra la ne del I e linizio del II, come data
della stesura delle lettere (p. 43).
Con ci egli sancisce implicitamente anche la sua accettazione della ipotesi della pseudonimia, proposta senza difcolt nel paragrafo dedicato alla
immagine di Paolo nel testo e al problema della autenticit (pp. 23-28, in
particolare 25-26). Esse sarebbero state scritte da uno, probabilmente appartenente alla cerchia di Paolo (p. 27), in epoca successiva alla morte di Paolo,

660

RECENSIONI

nella seconda generazione apostolica, per colmare il vuoto di autorit che si era
creato, ricorrendo alla ripresentazione attualizzante della gura dellapostolo e
del suo vangelo (pp. 25 e 42-43).
Ma nella discussione Iovino sobrio, come in tutto il resto, anche se determinante per il suo assenso a questa attuale tendenza esegetica pare che sia
stata lassenza dei grandi temi della teologia paolina (p. 26), naturalmente
unito con altri motivi non secondari che rendono lipotesi della stretta autenticit problematica.
Stupisce, tuttavia, che egli opti per una origine giudeo-cristiana e per un ambiente del giudaismo della diaspora. Tale, infatti, il Sitz im Leben che egli propone
(pp. 42-45), accettando la tesi di H. Merkel, Le lettere pastorali, 20-22.
Su questo, forse, sarebbe opportuno riettere pi a lungo. A noi sembra
che non basta il richiamo al Cristo dalla stirpe di Davide (ek spermatos
David), quale di legge in 2Tm 2,8, se da tutti riconosciuto non essenziale
alla logica del discorso, e quindi aggiunto come una eco da Rm 1,3. E la
ripresa del logion da Mc 10,45 sulla vita da lui data in riscatto (lytron) per
tutti, riproposto in 1Tm 2,6 (antilytron), avrebbe dovuto in qualche modo
dissuadere da tale ambientazione del testo: manca proprio la formula il Figlio dellUomo (ho hyios tou anthropou), che era essenziale in quel modo
di pensiero, e al suo posto apparso il semplice uomo (ho anthropos), che
certamente una ripresa da Gv 19,5 (idou ho anthropos), ma in un contesto
che non pu essere denito giovanneo e quindi, neppure indirettamente
giudeo-cristiano. Anzi, c un esplicito invito a non curarsi (1Tm 1,4) o a
tralasciare (Tt 1,14) tutto ci che poteva avere a che fare con il giudaismo
o con racconti giudaici.
Per il resto, la nuova versione dei testi da lui proposta piana e la severa
verica della prof. Anna Passoni dellAcqua avr trovato poco da retticare,
data la cura evidente con cui egli ha voluto rispettare il ductus del testo originale, da cui raramente si distacca a favore della sintassi dellitaliano.
Ci gli accade due volte nella 2Tm. In 2Tm 1,2, il lettore nota subito laggiunta di che ti diano grazia, misericordia e pace, che amplica lo scarno saluto
iniziale (p. 177). In 2Tm 1,6.12 dove il testo originale ha per due volte la formula
relativa dihen aitian per evidenziare la rigorosa successione della logica argomentativa, da lui rispettata nel primo traducendo Per questo motivo, ma annullata nel secondo con la proposizione indipendente: questa la causa (p. 182).
Ma anche per la traduzione della locuzione pistos ho logos, noi avremmo
preferito una maggiore coerenza, che la mettesse in evidenza in conformit alla
intenzione originaria. Se lA. convinto che il logos di riferimento in realt
il messaggio e il contenuto della didaskalia, altrove indicato in modo paolino
come to euaggelion (p. 260), allora sarebbe stato opportuno un unico omologo
in italiano: la parola.
Ma lui, Iovino, preferisce la variatio retorica e muta signicato secondo
contesto. In 1Tm 1,15 traduce Questa affermazione sicura e degna di fede

IOVINO P. LETTERE A TIMOTEO. LETTERA A TITO

661

(p. 65); in 1Tm 3,1 ha Degno di fede il detto (p. 78); in 1Tm 4,9 Questo
discorso degno di ducia (p. 102); in Tt 1,9 nalmente aderente alla parola
degna di fede (p. 145); in Tt 3,8 di nuovo Questo discorso degno di ducia
(p. 161); e in 2Tm 2,11 ancora vero il detto (p. 194).
Il tutto, in ogni caso, ci ha realmente convinto, eccetto punti dove noi
avremmo scelto in modo diverso, nel rispetto del testo. In 1Tm 1,4 a disegno
di Dio avremmo preferito amministrazione (o governo) di Dio (oikonomian
theou); in 1Tm 1,6 a essendosi allontanati, noi avremmo sostituito avendo
mancato (astochesantes i.e. la buona coscienza); 1Tm 1,10 pervertiti,
dove noi leggiamo coloro che hanno coito (o giacciono) con maschi (arsenokoitais); in 1Tm 1,12 ponendomi al (suo) servizio, in cui senza (suo) sarebbe
stato meglio, perch si tratta del servizio apostolico (cf. 2Tm 4,5).
In 1Tm 5,12 infedeli al loro primo impegno, letteralmente sarebbe la
loro prima fede (ten proten pistin), che potrebbe riferirsi realmente alle prime
nozze, senza escludere la possibilit delle nozze con Cristo. In 1Tm 5,17 il
duplice riconoscimento corrisponde meglio a il doppio onorario (o stipendio)
(diples times), perch di questo si tratta realmente nel testo (cf. pp. 122-123,
il commento). In 1Tm 6,2 perch quelli ricevono i loro beneci lo sostituiremmo volentieri con coloro che si occupano di benecenza, perch tale pare
essere il primo senso del greco hoi tes euergesias antilambanomenoi.
In Tt 1,5 al posto di in citt (p. 145) avremmo scelto il distributivo in ogni
citt (kata polin); in 2Tm 2,21 pronto per qualsiasi utilizzo buono (p 195) lo
avremmo sostituito con il pi semplice pronto per ogni opera buona (eis pan ergon agathon hetoimasmenon) come traduce lo stesso A. in 2Tm 3,17 (p. 196).
Il distorceranno lascolto dalla verit in 2Tm 4,4 (p. 197) non ricevibile in modo alcuno. Noi avremmo tradotto distoglieranno (o distorneranno)
lascolto dalla verit, in modo pi conforme al testo (apo tes aletheias ten
akoen apostrepsousin). Ugualmente non ricevibile la traduzione Non se ne
chieda loro conto per 2Tm 4,16b dove un Non sia loro computato (o addebitato) non solo avrebbe rispettato con pi rigore loriginale (me autois logistheis),
ma sarebbe stato anche pi conforme al riferimento tipologico alla passione di
Cristo, proposto nel commento, con riferimento indiretto al perdono di Ges
in Lc 23,34 e a quello di Stefano in At 8,60.
Ma queste, come tutti sanno, sono preferenze esegetiche diverse, che non
intaccano il valore della nuova traduzione proposta da Iovino, anche se siamo
convinti che avrebbero potuto migliorarla e renderla ancora pi conforme al
testo. Mentre faremmo reale fatica ad assecondare la sua proposta sulla composizione letteraria delle tre lettere, da lui elaborata con analisi di notevole impegno (pp. 32-42), che tuttavia a noi sono parse come labbozzo di un quadro
effettuato con tratti di tipo impressionistico, pi che con il metodo continuo
che richiederebbe una pi rigorosa analisi del discorso.
Per esempio. a tutti noto che la 1Tm costituita essenzialmente da
due raccolte di norme, chiaramente distinte: la prima in 1Tm 2,13,13 che

662

RECENSIONI

riguarda la chiesa in generale (la preghiera, il modo di pregare; le qualit


di chi si candida per lepiskope come episkopos, e di quelli, uomini e
donne, che si offrono per lufcio di diakonos); la seconda in 1Tm 5,16,2
riguarda singole categorie di fedeli: in particolare le vedove (1Tm 5,316) e i presbiteri (1Tm 5,17-25). Luna e laltra sono racchiuse in un
discorso ad personam, di tipo esortativo, rivolto a Timoteo, a cui sono
inviate afnch sappia come ci si deve comportare nella casa di Dio in
sua assenza (1Tm 3,14.15): 1Tm 1,3-20 ripreso in 1Tm 3,144,16 e concluso in 1Tm 6,3-21. Tenendo conto di questo, diventa difcile giusticare
una divisione globale del testo in tre parti: I - 1Tm 1; II 1Tm 2-3; III
1Tm 4-6 (p. 36).
Ugualmente, per Tito. noto che costituito da tue esortazioni etiche
parallele (Tt 2,1-15 e Tt 3,1-7), costruite in modo identico: le norme date in
Tt 2,1-10 e Tt 3,1-2 sono giusticate con la verit della fede in Tt 2,11-15 e
Tt 3,3-7. evidente, quindi, che Tt 1,5-16 funge da Proemio narrativo dopo
il Prescritto (Tt 1,1-4) e che Tt 3,8-11 serve da Perorazione nale, prima
della Conclusione epistolare (Tt 3,12-15). Ci non si potrebbe accordare con
la proposta di Iovino che divide globalmente la lettera in Tt 1,1-4 seguita da
Tt 1,52, 15 e Tt 3,1-14 con Tt 3,15 (p. 38).
Per la 2Tm la congurazione letteraria da lui proposta pare pi felice e
conforme al testo: 2Tm 1,1-5 seguito da 2Tm 1,6-18 con 2Tm 2,14,8 e da
2Tm 4,9-22 (p. 42). Ma, anche in questo caso, la riserva si impone. In 2Tm
1,3 inizia con chiarezza un ringraziamento (charin echo) che non pu essere
unito al Prescritto (2Tm 1,1-2), ma deve essere separato perch congiunto
con ci che segue da un duplice dihen aitian in 2Tm 1,6a e 1,12a che si
protrae no a 1Tm 1,14; a cui segue una deliberata interruzione narrativa,
imposta dallautore in 2Tm 1,15-18. Quindi 2Tm 1,3-18 dovrebbe costituire
un Proemio per il corpo del discorso, correttamente individuato in 2Tm
2,14,8.
Ci quanto ci premeva segnalare a riconoscimento della fatica dellA.,
Paolo Iovino e a orientamento critico del lettore, afnch sappia trarre da tale
strumento di lavoro il massimo benecio per lo studio e lopera pastorale nella
Chiesa, a cui diretto.
Nello Casalini, ofm
Marcheselli-Casale Cesare, Lettera agli Ebrei (I Libri Biblici. Nuovo Testamento 16), Paoline Editoriale Libri, Milano 2005, 827 pp.
Il commento alla Lettera agli Ebrei di Cesare Marcheselli-Casale, professore
ordinario in Scienze Bibliche (NT) presso la Ponticia Facolt Teologica dellItalia Meridionale, in Napoli, inserito nella serie I Libri Biblici, edita da

MARCHESELLI-CASALE C. LETTERA AGLI EBREI

663

Paoline Editoriale Libri, il cui scopo apertamente dichiarato nel risvolto di


copertina, si caratterizza per il suo rigoroso metodo scientico.
Di questo bisogna tenere conto, perch il volume si presenta con questo
connotato nel suo impianto editoriale, che sintetizzo per dare subito al lettore
le informazioni tecniche che esprimono anche materialmente la qualit e la
quantit del lavoro eseguito e raccolto.
Diviso nelle tre parti caratteristiche della serie, composto di 827 pagine,
una mole impressionante, superata in tempi recenti solo dai tre tomi del commento di E. Grsser, An die Hebrer, I-III, Neukirchen 1990-1997 e pari al
tomo unico ma poderoso del commento ne di H.F. Weiss, Der Brief an die
Hebrer (KEK 13), Gttingen 1991.
Di queste, la prima, dedicata al Prolo storico e letterario, occupa le pp.
21-89; la seconda con Traduzione e commento, le pp. 93-642, quasi due terzi
di tutto; la terza con Messaggio teologico, le pp. 645-735, di cui di fatto la
teologia occupa le pp. 645-726, una sintesi consistente ma parenetica e difcile
da sintetizzare; e la Wirkungsgeschichte, le rimanenti pp. 727-736.
Segue un Lessico metodologico e biblico teologico alle pp. 736-758, che
praticamente ne comprende tre: 1) Retorica e struttura letteraria (pp. 736-743);
2) Judaica (pp. 743-746); 3) Letteratura biblico-teologica (pp. 746-758). Il
settore bibliograco occupa le pp. 759-807, con due divisioni maggiori: Bibliograa ragionata (pp. 759-769) divisa in dodici punti, in cui lultimo segnala
lattualit di Ebrei, che in realt si limita a due rapporti di C.P. Mrz datati
1992 e 1993 (!); Bibliograa generale (pp. 770-807), in nove punti, di cui una
parte consistente (punti 2, 3, 4) dedicata alle fonti giudaiche, cristiane extra
bibliche, classiche, patristiche (pp. 771-777) e quella pi originale (punto 9)
(pp. 804-807) sui singoli Salmi citati dallautore di Eb (Sal 2, Sal 8, Sal [22]21,
Sal [95]94, Sal [102]101, Sal [110]109, altri Salmi).
Tra gli uni e laltro, i punti 5, 6, 7 dedicati ai commenti (greci e orientali
antichi, latini e medievali antichi; dal Rinascimento al sec. XVIII e Riforma,
moderni e contemporanei) e il punto 8 (pp. 781-804) a Studi. Il corpo degli
indici vari, che chiude il volume, occupa le pp. 809-824 e comprende: autori,
lologico, citazioni.
In tanta mole di materiale, a noi, si impone sobriet nelle cose di comune
opinione, e pi attenzione alla novit della traduzione, che poi sarebbe laspetto essenziale. Per la teologia, lasciamo al lettore il vaglio personale.
Quanto al prolo storico e letterario, Marcheselli-Casale si attesta volutamente sul generico, e dove poteva essere innovativo, a noi apparso incompleto. Quindi, sullautore cita volentieri le parole di Origene che diceva
Dio solo sa chi sia, che egli considera profetiche, perch il problema
ancora oggi senza soluzione (p. 24). Ma poi, anche se con titubanza, d la
sua preferenza sincera allipotesi che fu gi di Lutero, indicando il nome di
Apollo, di cui si legge questo breve e impressionante prolo in At 18,24: Un
certo giudeo, di nome Apollo, originario di Alessandria, uomo colto (aner

664

RECENSIONI

logios), approdato a Efeso, essendo competente nelle scritture (dynatos on


tais graphais).
Riferendosi a questo prolo, Marcheselli-Casale scrive: Quel poco che di
Apollo vi si dice, trova buon accordo con Ebrei (p. 27); e in precedenza, tratteggiandolo, diceva: proveniente dal giudaismo ellenistico e dalla losoa platonicoalessandrina (), divenuto egli stesso cristiano dotto e convinto (p. 25).
Con ci egli ha risposto anche alla domanda da dove la lettera potrebbe essere stata scritta: l, in Alessandria, sarebbe da porre la sua origine enigmatica.
Quindi, i destinatari sarebbero da cercare in Italia e con pi precisione
a Roma (p. 33), a cui rinvierebbe Eb 13,24b, perch chi scrive manda i saluti dicendo: Vi salutano quelli dallItalia (hoi apo tes Italias), una formula
questa (apo tes Italias) che in At 18,2 designa Aquila e Priscilla, provenienti
di fatto da Roma (apo tes Rhomes), da cui erano stati espulsi i giudei per
ordine dellimperatore Claudio, luno e laltro conosciuti da Apollo in Efeso,
secondo At 18,26. E con ci era data allA. la possibilit di essere pi preciso
e di fare lipotesi che la lettera potrebbe essere stata inviata alla comunit che
si riuniva in casa loro (p. 33).
Ma poi li caratterizza in questo modo, intendendo i destinatari: Le allusioni al periodo di Claudio, Nerone e Domiziano (anni 41-96) lascerebbero
invece optare per ebrei e gentili ellenizzati, che hanno accolto il cristianesimo
e vivono a Roma e/o circondario (p. 34). Tuttavia, quanto alla data, dice:
Potremmo pensare agli ultimi anni di Domiziano (93-94) (p. 37); che, poi,
retticando, assesta in questo modo: Dovremmo pertanto collocarci nellultimo ventennio del secolo I (p. 38).
Il motivo addotto indicando la situazione stessa dei destinatari: Questi
giudeo-etnicocristiani, tentennanti, avevano bisogno di incoraggiamento scritto, onde ricuperare il gusto della loro scelta (p. 32). Il tentennamento spiegato dicendo: Essi correvano il rischio di velare la loro fede cristiana con un
ritorno al giudaismo (pp. 31-32) ma senza domandarsi come questo motivo
possa adattarsi per quelli che lui chiama gli etnicocristiani. Ma la ragione del
loro dubbio sarebbe da ricercare nel clima politico sfavorevole ai cristiani, dal
tempo di Claudio a quello di Domiziano, in particolare sotto questo imperatore,
da cui erano avversati (p. 32).
Con ci il lettore messo a suo agio e ha delle coordinate essenziali, e in
apparenza anche critiche, per comprendere il contesto storico, anche se lA.,
per facilitargli il compito, evita ogni eccesso critico, non domandandosi come
si possa conciliare unattribuzione ipotetica ad Apollo (anni 50!) con la datazione al tempo di Domiziano (anni 80-90!).
Per il prolo letterario lA. pi impreciso, nonostante labbondanza del
materiale esaminato (pp. 38-54). Egli elimina, una dopo laltra, quindici ipotesi sul genere letterario, con un procedimento impietoso e quasi sommario,
compresa lipotesi pi nota che la classicava come omelia con biglietto di
accompagnamento (Eb 1,113,21 + Eb 13,22-25), proposta a suo tempo da A.

MARCHESELLI-CASALE C. LETTERA AGLI EBREI

665

Vanhoye (salvo, poi, in modo inatteso per chi legge, il riconoscimento postumo
del carattere o natura omiletica del testo: p. 654!).
Ma ci che lui propone in sostituzione, non solo non denibile. semplicemente lasciato non denito. Conclude lesame critico dicendo che la lettera
un appello polimorfo (p. 43, nota 118), facendo eco allautore del testo di
Eb 13,22 che denisce il suo scritto un logos tes parakleseos, sermo exhortationis, che lui traduce parola di esortazione-consolazione (p. 43), che poi
spiega dicendo: si tratta cio di un messaggio orale, inviato per iscritto, il che
non esige la scelta previa di un preciso genere letterario.
Con ci il lettore comprende che il testo non classicabile, anche se
lA. cerca di fargli accettare lipotesi indenita, che ha un genere epidittico
con intenti diversi: omologie, catechesi anticotestamentaria, omiletica, tratti
liturgici, parenesi accorata, dimostrazioni stringenti, elaborazioni midrashiche,
strategie retoriche (p. 43).
In questo modo giustica genericamente lasserzione che la Lettera agli
Ebrei uno scritto dal genere letterario polimorfo (p. 25). Ma ci non mai
mostrato con una precisa analisi giusticativa del testo, neppure quando afferma che sarebbe composto da cinque trattati bel riconoscibili (p. 44), di cui
non offre n indicazione n motivo tematico o argomento. E in questo, a noi
che scriviamo con spirito di fraterna comprensione, parso troppo ellittico,
no al punto da essere non chiaro.
La stessa incompletezza abbiamo rilevato con la dispositio rhetorica del
testo, lasciata inesposta. A p. 44, nota 127, informa sullesistenza di una proposta di disposizione retorica fatta da K. Bakhaus, Der Neue Bund und die
werdende Kirche (NTAbh 29), Mnster 1996, 57-64. Ma non riportata, n
lui ne propone una e tuttavia a p. 50, trattando della retorica del testo, ne parla
di nuovo, come un dato abbastanza certo (!), con riferimento a P. Garuti,
Alle origni dellomiletica cristiana (SBFAn 38), Jerusalem 1995, dove, come
noto, non c una disposizione retorica, perch in quel saggio manca uneffettiva analisi retorica di tutto il discorso, che P. Garuti neppure in seguito ha
proposto, bench gli fosse stato chiesto, afnch completasse il lavoro che
aveva iniziato in modo magistrale e scientico.
Quindi, in questo, la sintesi di Marcheselli-Casale in difetto, perch manca la novit retorica che tutti attendevano, e di cui lo stesso A. Vanhoye, quasi
in un estremo tentativo di superare se stesso, aveva dato un saggio nel suo
discorso presidenziale La teleiosis du Christ: point capital de la christologie
sacerdotale dHbreux, NTS 42 (1996) 321-338.
Anche a p. 45, quando rompendo gli indugi, lA. informa il lettore di
essersi persuaso che Eb pi che lettera o libro un trattato in stile
retorico, non adduce prove dal testo per giusticare la sua persuasione con
rigore scientico, ma cita H. Lausberg, Elemente der literarischen Rhetorik,
Mnchen 1967, 24-26 da cui risulta che un tractatus, in epoca classica, comprendeva inventio rerum (argomento), exordium, una dispositio con propo-

666

RECENSIONI

sitio, argomentatio, corredata di argumentationes, probationes, refutationes,


amplicationes.
evidente che egli preso in un circolo ermeneutico, da cui avrebbe
potuto uscire solo mostrando nel testo gli elementi o le parti corrispondenti
alle fasi di un discorso in forma di trattato, che Lausberg aveva indicato. Cosa
che, purtroppo, non ha fatto, lasciando in chi legge limpressione di un lavoro
non concluso.
Ci che lui propone alla ne della sua analisi letteraria (pp. 87-88) uno
schema di struttura letteraria, simile a quello di A. Vanhoye, ma senza il suo
rigore scientico (Esordio 1,1-4; I - 1,5-2 Figlio: un nome pi insigne di
quello degli angeli; II - 3,15,10: Un sommo sacerdote misericordioso, fedele,
solidale con lumanit; III - 5,1110,39: promessa giurata da Dio ad Abramo;
un sommo sacerdote nuovo; IV - 11,112,13: il popolo della fede; V - 12,14
13,19: Cercate pace e santicazione. Il frutto della giustizia. Proscritto (sic!)
13,20-25) (cf. Les ptres apostoliques. Introduction la Bible. Tome III, vol.
III, Paris 1977, 211-218).
Dove la differenza essenziale da A. Vanhoye? In un punto fondamentale:
dal suo schema, dalle divisioni interne dei paragra e soprattutto dai titoli tematici non appare evidente che il discorso fondato sul principio della synkrisis,
nel confronto fra lAntico e il Nuovo Testamento, a cui lo stesso A. si richiamava
correttamente (p. 45), secondo il famoso metodo dialettico: corrispondenza differenza - superiorit (Entsprechung-Andersartigkeit-berbietung), anche da
lui ricordato (p. 42), ma nella traduzione confronto, diversit, superamento che
mi ha fatto dubitare della sua effettiva comprensione del fenomeno.
Il primo punto, infatti (trattato in Eb 3,15,10), non riguarda il confronto con Mos (Eb 3,1-6) e con Aronne (Eb 5,1-30), ma la corrispondenza
di Ges con luno e con laltro, evitando ogni forma di critica, come attesta
hos kai Mouses in Eb 3,2 e il kathosper kai Aaron di Eb 5,4b con houtos kai
ho Christos di Eb 5,5a. La critica evitata, secondo la giusta percezione di
A. Vanhoye, perch solo questa parit nella dignit permette allautore del
discorso di giusticare la grande differenza e poi il superamento, mostrato
criticamente in ci che segue (Eb 5,1110,39, in particolare in Eb 7,1-28 per il
sacerdozio e in Eb 8,110, 18 per il sacricio), in cui la critica l risparmiata,
diventa severa e sistematica su tutta listituzione culturale dellAT: il sacerdozio Eb 7,11-12.20-21.23-24; la legge 7,18; lalleanza prima 8,6.13; i sacrici
9,9-10; 10,1-2 con 10,11.
La parte seconda dedicata allopera imponente di traduzione e commento, che occupa da sola da p. 93 a p. 652, per un totale di 550 pagine dense di
annotazioni critiche ed esegetiche, a cui evidente che Marcheselli-Casale ha
dedicato molta cura, ma il cui valore dipende dalla valutazione di chi lo usa e
dallo scopo con cui ognuno sapr mettere a frutto la sua fatica.
La traduzione in italiano corrente, di facile comprensione e dove il testo
originale sembrava troppo ellittico, non ha esitato ad aggiungere parentesi

MARCHESELLI-CASALE C. LETTERA AGLI EBREI

667

integrative di spiegazione, che qualche volta lo rendono pi simile a una parafrasi, che non a una traduzione letterale fedele.
evidente che la competenza targumica acquisita dallA., gli ha suggerito questo metodo per rendere laccesso alla comprensione del testo pi
piano. Tuttavia, qualche proposta semantica ci parsa problematica. In Eb 1,3
essendo irradiazione della sua presenza, ci pare una perdita in rapporto alla
traduzione comune irradiazione della sua gloria, che probabilmente pi
valida per il parallelo con impronta della sua sostanza: la doxa non una
cosa funzionale (come kabod), ma sostanziale.
In Eb 2,17 dice: Perci (Ges) doveva essere reso simile in tutto ai (suoi)
fratelli, che per noi un eccesso causale di fronte al senso letterale greco
doveva in tutto essere simile (o rassomigliare) (homoiothenai) ai fratelli;
oppure: diventare simile (become like: Liddell-Scott-Jones 1225, s.v.), tenendo conto che in Eb 2,14b lui (autos) il soggetto logico dei verbi.
In Eb 3,2 traduce: Essendo egli fedele a colui che lo ha insediato. Ma
il greco toi poiesanti auton potrebbe corrispondere meglio allitaliano che lo
ha fatto che sarebbe anche pi adeguato al testo, perch chi lo ha scritto usa
in genere il verbo tecnico teleioo, rendere perfetto, perfezionare, nel senso
metaforico di consacrare per lordinazione (cf. Eb 2,10 teleiosai; 5,10 teleiotheis; 7,28 teteleiomenon), da cui deriva teleiosis: Eb 7,11a consacrazione
sacerdotale, in una interpretazione scientica, con equivalenza tecnica. Una
conferma indiretta in Eb 5,1 dove per linsediamento del sommo sacerdote
il verbo usato kathistatai e non poietai.
In Eb 6,6 propone che si rinnovino una seconda volta per la conversione.
Ma il testo dice in attivo palin anakainizein eis metanoian. Quindi: rinnovare
di nuovo (o una seconda volta) per conversione.
In Eb 7,20 traduce: Ci non avviene senza prestare giuramento, supponendo che i sacerdoti fossero insediati giurando. Ma il testo dice ou choris
horkomosias e il riferimento algiuramento di Dio al suo Cristo in LXX Sal
109,4 (= 110,4) citato in Eb 7,21: Ha giurato il Signore (omosen kyrios) e non
si pente. Tu sei sacerdote per sempre. Questo, a quelli, non fu detto secondo
chi ha scritto il testo.
In Eb 9,11 si legge giunto (a Dio), che unaggiunta al testo, che non
si giustica, perch ci detto in Eb 9,12: entrato nel santuario, che
in antitesi a Eb 9,8 dove sul culto antico aveva fatto notare che con quella
disposizione della tenda, lo Spirito Santo voleva mostrare che la strada del
santuario non era stata ancora aperta.
In Eb 9,15 propone e anche per questo, in cui anche di troppo per il
testo che dice solo kai dia touto, e per questo, riferito alla morte sacricale
di Cristo, con cui diventato mediatore di un'alleanza nuova. Unaltra ragione
anteriore e pi importante, a cui questa sarebbe aggiunta (anche), non c.
Quindi, anche superuo.
In Eb 9,26b traduce: Egli si manifestato una volta sola, ora, nella pienezza

668

RECENSIONI

dei tempi. Ma il nyni de con cui inizia la frase ha valore logico non temporale:
Ora, invece (cf. J. Moffatt 1924: 133). Meglio, sarebbe stato Al contrario
come richiedeva lantitesi logica con Eb 9,26a; o il semplice Ora, invece.
In Eb 10,7.9 propone la traduzione da LXX Sal 39,8 (= 40,8): Ecco, sono
venuto. Ma nel greco c un semplice idou heko, presente: Ecco, vengo, e
non heka, il perfetto da lui supposto.
In Eb 10,29 propone e avr insultato il dono dello Spirito, mutando
lordine del testo, che dice: Avr insultato lo Spirito della grazia (to pneuma
tes charitos). Loffesa molto pi grave: non al dono, ma a Colui che dona
la grazia, lo Spirito!
In Eb 11,1 per la famosa denizione della fede, propone: La fede fondamento (esperienza) delle realt che si sperano, dove fondamento corrisponde
effettivamente al signicato di hypostasis, ma il commento tra parentesi (esperienza) semanticamente inopportuno, perch muta la logica del discorso, che
non riguarda noi, ma la fede in s.
Quindi, se Marcheselli-Casale voleva interpretare correttamente hypostasis
come fondamento di cose sperate, avrebbe potuto porre tra parentesi (actual
existence, reality), suggeriti da Liddell-Scott-Jones 1895, s.v. B. III, che tuttavia
non ignorano il senso classico: essence, substance. In effetti, questo vuole dire
Eb 11,27 dove narra di Mos che lasci lEgitto, senza temere lira del re. Rimase,
infatti, saldo come se vedesse linvisibile (ton gar aoraton hos horon).
In Eb 13,17 propone: Aderite alle vostre guide. Ma sarebbe stato pi
adeguato: Obbedite ai vostri capi, come richiedeva il greco: peithesthe tois
hegoumenois hymon, dove peithesthe da peithomai, Med. Pass. di peitho, il
cui signicato corrente obey (Liddell-Scott-Jones 1356, s.v.); e tois hegoumenois, da hegoumenos, un termine tecnico, che al plurale hegoumenoi signica, in genere, rulers, to be the head, e che noi diciamo semplicemente capi
(cf. Liddell-Scott-Jones 763, s.v.). Quindi la stessa osservazione vale per Eb
13,24 dove traduce interpretando Salutate le vostre guide, che un titolo non
adeguato per chi di fatto aveva il governo della chiesa locale, gi esistente.
Queste sono solo alcune osservazioni su ci che a noi parso essenziale,
anche se non abbiamo ritenuto conforme ad una nuova versione, la preferenza di Marcheselli-Casale per alcuni arcaismi, che ci sono sembrati non pi
tollerabili, per non dire inaccettabili.
Per esempio, in Eb 8,1 (p. 338), Eb 10,12 (p. 366), e Eb 12,2 (p. 475), traduce si assiso per il greco ekathise, che noi diciamo in italiano corrente si
seduto; in Eb 10,10 traduce dia tes prosphoras, per mezzo delloblazione,
anche se per mezzo dellofferta sarebbe stato preferibile, come fa lui stesso
in Eb 10,18.
In Eb 12,1 si legge che abbiamo intorno a noi un cos gran nugolo di
testimoni, dove il greco dice nephos martyron, traducibile in modo semplice
nube di testimoni, che metafora di schiera numerosa e che unito al pronome indenito tosouton, avrebbe potuto essere tradotto in modo pi piano:

BIGUZZI G. APOCALISSE

669

Quindi, anche noi, avendo intorno una schiera cos grande (o numerosa) di
testimoni deponiamo ogni peso e il peccato che ci intralcia.
Inne, per Eb 13,4 ci propone il talamo senza macchia, mentre noi
avremmo preferito il pi chiaro: Sia senza macchia il letto matrimoniale e,
come variante ricercata, il letto coniugale. Questo non da macchiare con
adulterio!
In Eb 13,9 suggerisce: Non lasciatevi fuorviare da dottrine varie e peregrine, dove estranee sarebbe stato pi adeguato per il greco xenais; in
Eb 13,11 traduce con al di fuori un exo, eccedendo. Un semplice fuori,
sarebbe stato sufciente, come un normale qui era preferibile al quaggi
per il greco hode di Eb 13,14.
Queste le nostre riserve sulla nuova traduzione da lui proposta seguendo
il testo greco, la cui edizione non mai apertamente dichiarata. Ma da supporre che sia quella pi diffusa: Nestle-Aland, 27a edizione del 1993, bench
nel paragrafo che riguarda il testo (pp. 76-77), citi solo, in testo, ledizione
critica di A. Merk - G. Barbaglio, Nuovo Testamento, greco e latino, EDB,
Bologna 1991.
Tra le varianti pi note la famosa choris theou, senza Dio, al posto di
chariti theou, per grazia di Dio, in Eb 2,9 che egli ha preferito, bench la
seconda sia lectio communis, e la prima sia attestata dal minuscolo 1739 datato
da Nestle-Aland (p. 709) al secolo X ( ubicato a Athos, Lavra). Ma egli
convinto che fosse del sec. III d.C., o ne del sec. II, e per questo lha scelta
(p. 157). Qui, forse, impreciso. Tuttavia, ha ragione. Origene legge choris
theou, e ci attesta che questa variante era gi nota, bench P 46, di quello
stesso periodo, e pi autorevole, abbia chariti theou (p. 76).
Con ci riteniamo di avere reso un servizio, raccomandando questo
commento molto utile per lo studio, ma avvertendo il lettore di qualche
problema, che richiede da lui spirito critico e attento. A lui afdiamo anche
luso e la comprensione del Messaggio teologico, che noi dobbiamo
rinunciare a presentare in modo critico, perch lA. preferisce la parafrasi
parenetica, allesposizione scientica. E ci rende impossibile ogni tentativo
di analisi critica. Ma lo riteniamo utile per chi cerchi spunti per la catechesi
comunitaria.
Nello Casalini, ofm
Biguzzi Giancarlo, Apocalisse. Nuova versione, introduzione e commento (I
libri biblici. Nuovo Testamento 20), Paoline, Milano 2005, 480 pp.
Il nome dellautore di questo nuovo commentario dellApocalisse la migliore
garanzia del suo valore scientico. Con il presente volume, infatti, G. Biguzzi
corona in un certo senso il suo lungo e costante interesse per quel libro biblico

670

RECENSIONI

che lui stesso ama denire il capolavoro di tutta la letteratura apocalittica, non
solo cristiana (p. 66). Sar difcile contrastare lopinione di uno studioso che
si calato cos a fondo nei meandri dellultimo scritto del NT e ha tentato di
carpire i suoi segreti in numerose pubblicazioni; ricordiamo, in particolare, la
monograa I settenari nella struttura dellApocalisse, Bologna 1996 (che ho
avuto il piacere di presentare in LA 47 [1997] 595-597) e il pi recente saggio
LApocalisse e i suoi enigmi, Brescia 2004. Con questo commentario Biguzzi
tenta quindi per la terza volta di espugnare la fortezza dellApocalisse e lo fa
per usare la metafora da lui adoperata indicando al lettore un lo di Arianna per ritrovare la strada giusta nelle vie del labirinto. Per chi vuole leggere
lApocalisse di seguito, dal primo versetto allultimo, il pericolo infatti quello
di non riuscire a mantenersi sulla via verso luscita e di perdersi in sentieri laterali o in vicoli ciechi. Limmagine del lo di Arianna deve dunque, anzitutto,
dire che la preoccupazione prima, se non proprio unica, di questo commentario
quella di guidare alla comprensione di un episodio dopo laltro e, pi ancora,
quella di evidenziare lunitariet della trama del libro (p. 5).
Il commentario si apre con una Prefazione a cui segue la lista di Abbreviazioni e sigle, e termina con un Lessico biblico-teologico, la Bibliograa
(ragionata e generale) e i vari Indici (degli autori, lologico-tematico, delle
citazioni). Il corpo centrale dellopera, sul quale vogliamo focalizzare lattenzione, strutturato in tre parti: Sezione introduttiva (p. 13-52), Traduzione e
commento (p. 53-380), Il messaggio teologico (p. 381-400).
La prima parte presenta il prolo storico-letterario dellApocalisse. In
questo agile status quaestionis il lettore viene posto di fronte ad una serie
di problematiche la cui conoscenza si rivela necessaria oltre che utile per
una migliore comprensione del testo: 1) storia dellinterpretazione; 2) piano
letterario (limportanza strutturale dei settenari e la divisione del libro: Ap
1,1-8: Introduzione; I Parte. Ap 1,9-3,22: Il Cristo e le Chiese di Asia [con
le due sezioni allinterno: 1,9-20 e 2,1-3,22]; II Parte. Ap 3,23-22,5: Piano e
azione di Dio nella storia [con i tre cicli narrativi: 4,1-8,1; 8,2-16,21; 17,122,5]; Ap 22,6-21: Conclusione epistolare); 3) luogo, data e circostanze della
composizione (la stesura va ambientata nella regione dellAsia Minore, in
epoca domizianea, nellambito di una decisa opposizione al potere di Roma
e alla idolatria imperiale); 4) autore (Giovanni di Patmos, mandato in esilio
su questa isola per qualche motivo legato con lannunzio cristiano, ben ancorato nel pensiero paolino-giovanneo e, seppure portatore dello stesso nome,
distinto probabilmente dallomonimo autore del IV Vangelo); 5) lingua (dietro
numerosi solecismi, per lo pi intenzionali, si cela un buon conoscitore del
greco e amante del linguaggio simbolico); 6) testo (la tradizione manoscritta e lingresso nel canone, lunitariet del libro, il genere letterario misto:
apocalittico, profetico, epistolare); 7) valore letterario ed estetico (p. 50:
uno dei libri pi belli della Bibbia e della letteratura universale); 8) perenne
attualit del libro.

BIGUZZI G. APOCALISSE

671

Dopo questo ampio sguardo introduttivo il lettore pu immergersi, nella


seconda parte, nel commento vero e proprio. Il procedimento quello abituale
con qualche apporto originale. In primo luogo viene proposta la traduzione di un
brano, nella quale si cerca di far trasparire il tenore del testo con le sue peculiarit
stilistiche e, nello stesso tempo, di rispettare le esigenze della sintassi italiana.
Un compito tuttaltro che facile per qualunque traduttore dellApocalisse. Cos si
pu giusticare anche il ricorso (alquanto inusuale) nella traduzione alle parentesi: quelle tonde ( ) che hanno il compito di segnalare lomissione di una parola
o espressione greca in italiano pleonastica, e quelle quadre [ ] che segnalano
invece le varianti discutibili del testo greco. La tappa successiva consiste in una
rapida descrizione del brano tradotto prima, tracciando la sua funzione narrativa
e le linee generali di contenuto. In seguito si passa a commentare il brano, versetto dopo versetto. La spiegazione del testo (il greco viene sempre trascritto)
preceduta di solito da un attento esame dellaspetto lessicale e grammaticale,
si tende ad indicare dipendenze e/o corrispondenze letterarie (si pensi che solo
allAT lApocalisse rimanda circa 500 volte!) e mira soprattutto a far emergere il
pensiero unitario dellautore sacro. Le proposte interpretative, messe a confronto
con le posizioni alternative di altri interpreti, opportunamente sintetizzate e valutate (le note sono numerose ma piuttosto sobrie), non assumono laria apodittica
e a volte, anzi, si lascia lo spazio allincertezza (forse, probabilmente) invece
di ostentare una spavalda sicurezza. Lultima tappa del commento funge da conclusione in cui si tende a riordinare gli elementi essenziali del brano commentato
prima di procedere allanalisi del brano successivo.
Un ruolo importante svolgono gli undici excursus interposti qua e l nel
commentario. Ad essi afdato il compito di precisare meglio qualche punto
sorato appena nel commento oppure di approfondire certi aspetti relativi al
linguaggio o alla storia: 1. La letteratura apocalittica (p. 64-74), 2. Questioni
preliminari circa i messaggi alle Chiese (p. 92-105), 3. Questioni circa il biblion di Ap 5-8 (p. 154-160), 4. Concatenazione e natura dei sigilli, confronto
con trombe e coppe (p. 188-189), 5. Ap 11 e la particolare lingua narrativa
giovannea (p. 226-229), 6. Lidentit della Donna di Ap 12 (p. 250-252), 7.
Calcolare il numero della Bestia, 666 (p. 260-267), 8. Geograa politica di Ap
13 e identit delle due Bestie (p. 267-271), 9. Lidolatria imperiale in Asia e
a Efeso (p. 299-302), 10. La teoria del crescendo da un settenario allaltro (p.
302-304), 11. Lidenticazione dellottavo re in Ap 17 (p. 320-321).
Il lettore, soprattutto quello poco abituato al linguaggio dellApocalisse,
trover molto utile anche il Lessico biblico-teologico (p. 401-419), posto
alla ne del commentario, che contiene brevi caratteristiche di una trentina di
termini fra i pi ricorrenti (e di altri 50 rinvii).
La terza parte una sorta di conclusione generale in cui si intende riassumere e di ssare meglio il pensiero teologico dellApocalisse. Dopo aver
condensato in una pagina la trama del libro (unimpresa a dir poco invidiabile), si passa in seguito a presentarne in sintesi il messaggio che abbraccia la

672

RECENSIONI

teologia (Il governo di Dio e la teologia della storia), la cristologia (Il Cristo
rivelatore, pastore e vincitore) e lecclesiologia (La Chiesa, la soteriologia, lo
Spirito e leschaton).
Se dovessi indicare la nota distintiva del commentario di Biguzzi, direi
che essa consiste appunto nellaver saputo coniugare le esigenze di una analisi minuta con il desiderio di pervenire ad una sintesi teologica, gettando
cio la luce sulle singole tessere e facendo vedere la bellezza del mosaico
intero, per usare una terminologia artistica. E penso che in questo modo egli
riuscito anche a dimostrare con laccento posto sullunitariet letteraria e
teologica dello scritto di Giovanni di Patmos quanto sia indovinata la frase
con cui ha aperto la sua Prefazione: LApocalisse difcile ma bellissima.
Non si deve illudere, comunque, pensando di avere tra le mani un libro di
esegesi o di teologia dellApocalisse. Per quanto Biguzzi si sia sforzato di
far emergere la compattezza letteraria e teologica del libro sacro e nonostante le sue parole rassicuranti che questo commentario non vuole essere una
enciclopedia, quanto piuttosto unampia parafrasi (p. 6), resta pur sempre
un commentario (con una miniera di informazioni sufcienti per far girare la
testa) destinato a guidare nella comprensione e a stimolare la ricerca. Certo,
il vero valore di questo commentario si potr conoscere solamente dal ricorso
che ne faranno i futuri utenti. Personalmente ritengo che si tratta di uno strumento dotato di requisiti necessari per meritarsi lattenzione e la stima degli
studiosi dellApocalisse.
Senza togliere nulla alla valutazione positiva del commentario, termino
segnalando alcuni errori o sviste che dovrebbero essere eliminati in una eventuale ristampa: lordine alfabetico sbagliato: p. 427 (Chapa), p. 429 (De
Villapadierna), p. 440 (Zanker); i nomi vanno messi dopo: p. 427 (Bosetti,
Chapa); manca la data: p. 429 (Ellul), p. 430 (Friesen), p. 434 (Marconcini);
manca la casa editrice: p. 439 (Wengst), inoltre a p. 436 (Zwingly in Rissi
invece di Zwingli); le sigle sbagliate o non comprese fra le Abbreviazioni:
p. 424 (ANRW in Alzinger) e p. 426 (ANRW in Bcher), p. 425 (DBS in Barclay invece di DSB), p. 428 (ABD in Collins invece di AnchBD; lo stesso in
Hanson a p. 431), p. 428 (BT in Comblin), p. 429 (PSV in Doglio invece di
PSpV), p. 431 (SBLAM in Gundry; lo stesso in Stuckenbruck a p. 438), p. 431
(IDB.S in Hanson), p. 433 (HzNT in Kraft invece di HNT), p. 435 (SBFLA
in Prigent), p. 436 (CNT in Prigent; lo stesso a p. 59 nota 9); la divisione
della sigla AJBI a p. 437 (Satake) perlomeno curiosa. Tutti questi errori (qui
limitati alla sola Bibliograa) si riscontrano anche nelle note del testo.
Lesaw Daniel Chrupcaa, ofm
Lenzi Giovanni, Il Targum Yonathan. I: Isaia. Traduzione a confronto con il
testo masoretico, Marietti, Genova - Milano 2004, lvi-290 pp., 38

LENZI G. IL TARGUM YONATHAN

673

Limportanza della letteratura targumica evidente: la somiglianza linguistica


consente un confronto parola per parola fra Testo Masoretico (TM) e traduzione aramaica; inoltre il carattere parafrastico del Targum (Tg) veicola una
quantit ragguardevole di informazioni sul mondo religioso nel quale furono
prodotti (p. IX). Lo scopo di questopera, frutto di accurata ricerca e primo
volume di una mini-serie dedicata ai Profeti maggiori, proprio quello di
fare comprendere limportanza e lutilit di questo genere letterario.
la prima volta che viene offerta la traduzione italiana del Tg di un intero
libro biblico lungo. Fino ad ora gli unici libri tradotti dalla parafrasi aramaica
erano i seguenti: Cantico dei Cantici (U. Neri), i Dodici Profeti minori (S.P.
Carbone - G. Rizzi) peraltro non ancora completati, Giona (G. Lenzi) e Rut
(E. Poli). A questi si aggiungano traduzioni parziali dai Salmi (U. Neri; G.
Lenzi); si veda in proposito la nota 3 a p. IX. Dunque la novit evidente e
nutriamo fondata speranza che presto vengano pubblicate anche le traduzioni
del Tg dei libri di Geremia e di Ezechiele (questultimo in preparazione a cura
di E. Poli).
Trovo pregevoli le pagine introduttive (IX-LVI) nelle quali lA., usufruendo della bibliograa specialistica in materia, compresa quella assai preziosa in
lingua ebraica, fornisce una dettagliata introduzione al Tg in genere e al Targum
Yonathan (TY) in particolare, in s e in rapporto al TM e agli altri targumim (o
targumin come preferisce chiamarli lA.). Merita la nostra attenzione la rassegna
dei temi teologici presenti nel TY di Isaia (pp. XXXI-XLIII), ad esempio: la
Dimora, il tempio, i padri e le madri di Israele, la Torah, il Messia.
Le questioni introduttive dominano questa parte, in particolare lattribuzione a Yonathan Ben Uzziel secondo quanto affermato nel Talmud di Babilonia.
Pi a lungo lA. si sofferma sulle questioni inerenti epoca e luogo di origine
(p. XIVss) cercando di trovare una conciliazione fra gli opposti: Palestina del I
secolo, oppure Babilonia del VII secolo. Con molta prudenza lA. rimane in una
posizione intermedia presentando per le posizioni dei diversi studiosi e le loro
ragioni con continui rimandi alle loro opere. Lodevole lo sforzo di individuare
criteri interni o esterni al testo per la datazione. Fra le indicazioni interne il tema
dominante quello dellesilio seguito alla duplice distruzione di Gerusalemme
da parte dei Romani (70 e 135 d.C.). Tali indicazioni si possono dedurre dal Tg
di Isaia in diversi passi (ad es. 3,6; 28,1; 34,9; 54,1; 64,11; 65,4), ma soprattutto
nel quarto canto del Servo (Is 52,1353,12). La conclusione a cui perviene lA.
che almeno una prima redazione dellintera versione aramaica dei Profeti
stata realizzata in questepoca [cio lepoca di Bar Kokwa] (p. XVII). Dopo
unulteriore indagine di carattere halachico (corrispondenza della halakah con
quella della scuola di Rabbi Aqiva) e linguistico (confronto con la lingua aramaica attestata a Qumran nellApocrifo della Genesi e nel Tg di Giobbe) lA.
precisa: Sotto questo prolo una datazione tra il I e il III sec. d.C. del tutto
accettabile (p. XIX). E, poco pi avanti, aggiunge: Se la composizione del
TgYon da collocare con ogni probabilit nella Palestina degli inizi del II sec.,

674

RECENSIONI

la sua redazione nale stata realizzata verosimilmente in Babilonia tra la ne


del III e gli inizi del IV sec. d.C. (p. XXI).
Veniamo ora alla parte centrale del lavoro, la traduzione del testo biblico e
del testo targumico che occupa le pagine 3-256. Il testo tradotto disposto su
due colonne per pagina. Nella colonna di sinistra scorre la traduzione del TM e,
appaiato al suo anco, quella del testo targumico. A fondo pagina sono sistemate
le numerose note per entrambi i testi, le quali danno ragione delle varianti riscontrate e contribuiscono in maniera notevole alla retta comprensione dello scritto.
Mi pare molto felice la disposizione in parallelo dei due testi in quanto questo
espediente fa risaltare subito la differente lunghezza dei versetti e permette, quindi, di notare i frequenti ampliamenti testuali del Tg. Questo particolarmente
evidente, ad es., alle pp. 47-48 (Is 10,32), p. 105 (Is 20,10), p. 106 (Is 20,13), p.
130 (Is 33,22-24) e, in maniera meno accentuata, in molti altri luoghi.
Lultima parte del volume contiene la bibliograa delle opere citate (pp.
257-265) e sei indici (delle citazioni bibliche sia del TM che di altre versioni
antiche; della letteratura rabbinica e altre opere antiche; dei vocaboli in lingue
straniere; dei nomi propri di persona; degli autori moderni; un indice tematico). Questultimo (pp. 284-290) piuttosto dettagliato ed stato organizzato
attorno alle maggiori problematiche riscontrate nel corso dellopera.
Il libro ha una graca semplice e, allo stesso tempo, attraente: ben stampato e invoglia alla lettura; inoltre la materia contenuta viene resa accessibile
ad un pubblico relativamente numeroso e non solo agli specialisti in materia.
Da parte nostra incoraggiamo il progetto nella speranza di vedere presto i
restanti volumi della serie.
Massimo Pazzini, ofm
Efrem il Siro, Inni sul Paradiso. Introduzione, traduzione e note a cura di
Ignazio De Francesco, Paoline Editoriale Libri, Milano 2006, 361 pp., 36.
Questo volume fa seguito agli altri due, pubblicati da De Francesco nella stessa
collana, contenenti gli Inni pasquali (2001) e quelli Sulla Nativit e SullEpifania (2003).
Lopera si divide in due grandi parti: una di carattere introduttivo (no a
p. 134) e una dedicata ai testi (pp. 137-320). Seguono tre appendici (I. La vita
futura secondo lIslam; II. Efrem visto da Sozomeno; III. Mappa della Mesopotamia e dei luoghi fondanti della Chiesa siriaca) e gli indici: scritturistico
(pp. 337-340), onomastico (nomi antichi: 341-344; nomi degli autori moderni:
345-348), analitico/tematico (pp. 349-358), indice generale.
La prima parte divisa in due capitoli. Il primo vuole indagare e descrivere
il concetto di vita beata presso gli antichi. Vengono qui presentate, nellordine, le concezioni del mondo greco-romano (p. 16), Egitto e Vicino Oriente

EFREM IL SIRO INNI SUL PARADISO

675

(p. 20), Mesopotamia e Iran (p. 23), India (p. 27) e lambiente dei misteri
ellenistici (p. 32).
Nella sezione successiva del primo capitolo viene presentata leredit giudaica con i suoi fondamenti biblici (p. 39) e il complesso mondo della letteratura apocalittica e rabbinica (p. 44).
La terza sezione di questo primo capitolo tratta dellambiente della predicazione cristiana in prospettiva storica: i primi due secoli (p. 59), let dei
Concili (p. 72) e i dintorni di Efrem (p. 81), cio gli autori pi direttamente
collegati al mondo del Padre siro.
Il secondo capitolo (pp. 88-121) ci mostra Efrem in viaggio verso il paradiso e allinterno di esso. Molto suggestivo (e anche molto appropriato) mi
pare il titolo del paragrafo a p. 91: In viaggio a bordo del libro dal quale si
percepisce che la Bibbia, come sempre, la fonte principale dispirazione di
uno dei massimi poeti della cristianit, il veicolo sicuro del suo volo.
Una volta imbarcato Efrem ci mostra la terra vista dallalto (p. 93) e
la topograa del paradiso (p. 96); segue la descrizione di alcuni particolari:
la cinta (p. 98), le gioie paradisiache (p. 101), la visione beatica (p. 102), il
paradiso tempio (p. 104), gli abitanti del paradiso (p. 105) e gli abitanti dellinferno (p. 106). Gli inni Sul paradiso possono essere letti anche come una
biograa di Adamo che il grande e incontrastato protagonista dellintera
raccolta (p. 107).
Le ultime pagine di questa prima parte presentano una bibliograa sintetica
e strutturata per temi che spazia dalle assai tecniche rassegne bibliograche
efremiane e dalle fonti in lingua siriaca no a studi di pi ampio respiro.
Il corpo del volume (la seconda parte), che contiene la traduzione italiana
degli inni, abbraccia le pagine 135-320. Il testo tradotto in italiano, corredato
di numerose note esplicative, viene riportato in strofe per rendere la divisione
del testo originale. Facciamo assaggiare qualche stralcio di questi quindici
inni.
Nel primo inno (strofa 4) troviamo, fra laltro, una descrizione del monte
del paradiso: Con locchio della mente / ho visto il paradiso / e le vette di tutti
i monti / poste sotto la sua vetta. / Soltanto ai suoi calcagni giunse / la cresta
del diluvio; / prostrato ne baci i piedi, / volgendosi poi / a scalare, calpestare
la cima / di monti e vette. / Baci i calcagni di quello / e umili la cima di tutti
gli altri (p. 139). Strofa 8: E poich lontana / la visione del paradiso / e locchio non pu distendersi tanto / da raggiungerlo, / ne ho fatto una descrizione
semplicata, / azzardando un poco. / In quellalone della luna, / che si forma, /
vediamo il paradiso, / poich anchesso cos circolare, / e il mare e la terra / vi
sono inclusi (pp. 141-142).
Dal secondo inno (strofa 6): La cima del paradiso inespugnabile / per
quelli di fuori / mentre si piega tutta, / allinterno, per quelli che salgono. /
Tutto intero, allinterno, volge gioiosamente / lo sguardo verso i giusti. / Lui
stesso lega i anchi / del mondo, / cinge limmenso mare. / il vicino dei ce-

676

RECENSIONI

lesti, / amico per quelli di dentro, / nemico per quelli di fuori (p. 153). Strofa
7: Ho visto sulla sua cinta / i chi silenziosi, / le cui corone furono belle /
per il primo peccatore. / Ed come se le loro foglie / arrossiscano di chi
nudo: / sono necessarie / a chi ha perduto i propri abiti / e pur coprendolo /
provocano in lui vergogna e compunzione, / poich nel luogo della purezza
/ ci si vergogna di chi nudo (pp. 153-154). La strofa 9 ci mostra che ci
che di positivo la terra offre ai suoi abitanti un riesso attenuato dei beni
del paradiso: Quella volont divina / alla quale tutto facile, / ha costretto
le fonti / libere del paradiso, / imprigionandole sulla terra / a mo di canali, /
chiamandole a uscire / verso di noi, / cos come ha legato le acque / nel ventre
delle sue nubi, / ed esse sono inviate nellaria / a un cenno della sua volont
(pp. 154-155). Poco dopo (strofa 11) descrive i diversi gradi di beatitudine:
Quando i giusti saliranno / i suoi gradini per prendervi eredit, / ciascuno sar
esaltato in corrispondenza / alla propria fatica, con giustizia. / Ciascuno verr
stabilito / nel gradino di cui degno. / I suoi gradini sono sufcienti / a tutti:
/ a terra i penitenti, / a met i giusti, / la sua cima per i trionfatori / e il suo
vertice per la ekinah (p. 156).
Nel decimo inno vediamo linteresse di Efrem per i meccanismi della
natura, interesse cos tipico nelle sue diverse raccolte: Le variazioni della
luna / producono variazioni tra i ori: / allinizio dei mesi si aprono / i grembi
dei rami, / raggiungono la pienezza con la luna piena / distendendosi in ogni
direzione, / contraendosi / di nuovo alla ne del mese. / Si immergono con la
sua ne / e spuntano con il suo inizio. / Essa la chiave dei loro grembi, / che
apre e poi chiude (p. 257).
Nel quattordicesimo inno (strofa 3) Efrem biasima leccessivo attaccamento del cristiano alla vita terrena: Gettarono Geremia / nella beneca fossa, / e
sebbene la sua ricompensa si accrescesse moltissimo / non desider rimanervi a
lungo. / Noi, invece, la cui dimora terrena / mescolata a ogni genere di mali, /
preghiamo di esservi / lasciati, / non percependo / dove siamo affogati. / Dacci,
mio Signore, di conoscere / dove siamo prigionieri (pp. 300-301).
Concludiamo questa rassegna con lultima strofa degli inni (inno XV, strofa 17): Queste e simili cose, / insieme a tutte quelle lette, / hanno rappresentato nella mia mente / il giardino della vita. / Beato chi sar degno / di giungere
alla sua delizia. / Il Clemente mi conduca / ai suoi frutti: / sia il loro sapore a
ravvivarmi, / o il loro profumo a colpirmi, / o il loro splendore a raggiungermi,
/ o la loro rugiada a bagnarmi! (p. 320).
Efrem conduce il suo ascoltatore ad ammirare la cinta del paradiso, la sua
vegetazione lussureggiante, gli attendamenti dei beati, e percorre trepidante
con lui la salita verso la vetta tenendolo per mano. A questa meta, con laiuto
di Dio e con la guida sicura di Efrem, potremo pervenire anche noi. Cos sia,
amen, amen.
Massimo Pazzini, ofm

PEPI L. - SERAFINI F. CORSO DI EBRAICO BIBLICO

677

Pepi Luciana - Serani Filippo, Corso di ebraico biblico: con Cd-audio per
apprendere la pronuncia dellebraico, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo
(MI) 2006, 320 pp., 19.50; Serani Filippo, Esercizi per il Corso di ebraico
biblico, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2006, 352 pp., 19.50
Il presente Corso di ebraico biblico formato da due volumi, tra loro complementari. Il primo, frutto della collaborazione dei due docenti, presenta un
corso completo, suddiviso in 45 lezioni; il secondo volume, curato interamente
da Serani, propone una serie di esercizi, unitamente alle loro soluzioni, onde
favorire una verica, in particolare agli autodidatti. Grazie al CD-audio allegato
ai due volumi vengono favoriti lapprendimento e il miglioramento della propria
pronuncia e della lettura. La parte nale del secondo volume comprende un
breve vocabolario di ebraico biblico.
Questo Corso si propone, come sottolineano gli autori, di offrire uno
strumento di facile uso sia a coloro che desiderano apprendere lebraico biblico
attraverso un regolare corso accademico, sia a coloro che vogliono accedere ai
testi originali dellAntico Testamento da autodidatti. Infatti la materia viene
spiegata in maniera elementare con la preoccupazione costante di condurre lo
studente passo a passo.
Fra i pregi dellopera annoveriamo: 1) I molti testi biblici sono desunti
dai programmi biblici per computer; in questo modo gli errori, cos frequenti
in questo genere di sussidi (soprattutto nella prima edizione), sono quasi del
tutto assenti. 2) I volumi sono stampati bene, i caratteri ebraici sono grandi e
chiaramente leggibili. 3) Le parole oggetto di trattazione vengono evidenziate
in un diverso stile tipograco. 4) Abbondanza di testi in ebraico: vi sono molti
esempi o, meglio, molte frasi prese integralmente dalla Bibbia. 5) Si tratta di
una grammatica propedeutica nel vero senso della parola (puoi avvertire la
presenza del professore che ti segue da vicino e dialoga con te). 6) Gli esercizi sono abbondanti e completano, integrandola, la teoria esposta nella prima
parte. 7) La sezione Impariamo dagli errori e ripassiamo!, che si trova nella
seconda parte del volume degli esercizi, di grande utilit in particolare per
chi studia la materia da solo.
Fra le cose che si possono migliorare segnaliamo: 1) Linizio dello studio
troppo complesso e manca, a mio avviso, di analisi elementare e gradualit; in
questo senso mi pare discutibile la scelta di proporre n dallinizio versetti integrali della Bibbia. 2) Manca (per scelta degli autori) una trattazione sistematica
delle begadkefat, la qual cosa si riette sulla loro trascrizione in caratteri latini e,
talvolta, sulla loro pronuncia (mi pare che la materia sia, in questo caso, troppo
semplicata). 3) Larticolo (come pure altri argomenti complessi) trattato,
certo per una precisa scelta degli autori, in diverse parti del libro (pp. 20-22 +
156-157); la trattazione pu risultare, perci, un poco dispersiva. 4) Il glossario
posto alla ne del secondo volume incompleto in riferimento allintero lavoro.
5) Qualche piccola svista si pu trovare nelle parole non prese dal programma di

678

RECENSIONI

computer, come: hN:heb (per hN:heB;; p. 30, nota 9), rb;D (per rb'D; p. 54), rEa, (per
r<a,; p. 54), hn:b]tok]Ti (per hn:b]Tok]Ti; p. 66 x 2), hn:b]Tok] (per hn:b]toK]; p. 66), bTok] (per
btoK]; p. 78), bteko e btok; (per bteKo e btoK;; p. 82), ecc.
Nonostante queste osservazioni, delle quali si potrebbe tenere conto nella preparazione di una eventuale seconda edizione, concordo con gli editori
dellopera che con questo prezioso sussidio, laccesso allAntico Testamento
in lingua originale, non pi privilegio di pochi, ma unopportunit offerta a
tutti. Auguro, quindi, un buono studio ai volenterosi che si accingono allapprendimento dellebraico tramite questo manuale!
Massimo Pazzini, ofm
Charlesworth James H. (ed.), Jesus and Archaeology, William B. Eerdmans
Publishing Company, Grand Rapids MI - Cambridge, U.K. 2006, xxv-740 pp.
This important volume edited by J.H. Charlesworth presents 25 lectures that
archaeologists and biblical scholars presented at a meeting in Jerusalem to
celebrate the new millennium. The volume is divided into two parts: the rst
one deals with archeological studies, while the second discusses problems of
archaeology and theology. Many contributors of the rst part wanted to share
their recent discoveries in places like Bethsaida, Sepphoris, Qana, Mount Zion,
and Ein Gedi, focusing on the question How do new archaeological discoveries
clarify the world of Jesus from Nazareth?. There is no need to remember that
Archaeology and history are illuminating the background of the New Testament.
Readers of this book will gain many new insights into the life and times of
Jesus, the Galilean Jew who changed the world.
The volume, published in 2006 by Eerdmans Publishing Company, must
be updated since recent excavations have revealed other important places for
the New Testament scholars, such as the Siloam Pool, the new Mosaic Floor of
Meggido and the roman city of Tiberias. Some articles have a very loose link
with archaeology, such as the study of B. Chilton: Recovering Jesus Mamzerut. A selected bibliography concludes this illustrated volume. An index of
Scripture and other ancient texts will help the reader to nd immediately the
passage he is looking for.
Since it is impossible to summarize each lecture, we present only the
titles with the names of the authors of this very rich volume: Preface (J.H.
Charlesworth); Introduction: What is Biblical Archaeology? (A. Biran); Jesus
Research and Archaeology: A New Perspective (J.H. Charlesworth); Archaeology and the Historical Jesus (S. Freyne); Recovering Jesus Mamzerut (B.
Chilton); Did Antipas Build the Sepphoris Theater? (R.A. Batey); Khirbet
Qana (and Other Villages) as a Context for Jesus (P. Richardson); Bethsaida
(R. Arav); Mount Tabor (F. Manns); Jesus the Exorcist in Light of Epigraphic

DEZ FERNNDEZ F. EL CALVARIO Y LA CUEVA DE ADN

679

Sources (E. Eshel); Reections on Jesus Eschatology in Light of Qumran


(H.W.M. Rietz); Did Jesus Attend the Synagogue? (J.D.G. Dunn); Synagogues and Spirituality: The Case of Beth Alfa (B.T. Viviano); The Theodotos
Synagogue Inscription and the Problem of First-Century Synagogue Buildings (J.S. Kloppenborg); Jesus and the Theater in Jerusalem (A. Lichtenberger); Jesus and the Herodian Temple Mount (D. Bahat); Mount Zion, Jesus,
and Archaeology (B. Pixner); Excavating Caiaphas, Pilate, and Simon of
Cyrene: Assessing the Literary and Archaeological Evidence (C.A. Evans);
Stone House, Birah, and Antonia during the Time of Jesus (D.R. Schwartz); Miracles, Malecium, and Maiestas in the Trial of Jesus (J.W. Welch);
Ramat Hanadiv and Ein Gedi: Property versus Poverty in Judea before 70
(Y. Hirschfeld); Between Jerusalem and the Galilee: Samaria in the Time of
Jesus (J. Zangenberg); The Sanctuaries of the Baptism on the East Bank of
the Jordan River (M. Piccirillo); The Cemeteries of Qumran and Celibacy:
Confusion Laid to Rest? (J.E. Zias); Essene Community Houses and Jesus
Early Community (B.J. Capper); Judas and Jesus: A Message on a Drinking
Vessel of the Second Temple Period (W. Klassen).
Frdric Manns, ofm
Dez Fernndez F., El Calvario y la Cueva de Adn. El resultado de las ltimas excavaciones en la baslica del Santo Sepulcro, Estella 2004, 373 pp.
Ringraziando padre Jess Gutierriz per il dono del volume, con vero interesse
salutiamo la pubblicazione dei risultati dellindagine archeologica condotta
nella Basilica del Santo Sepolcro circa trenta anni fa da un suo confratello
alunno dello Studium Biblicum Franciscanum, mentre era ospite della nostra
casa negli anni scolastici 1975 e 1976. Laccuratezza dellindagine e il tempo
di riessione trascorso tra lo scavo e la pubblicazione a studiare e precisare i
dati venuti alla luce sono una garanzia per le conclusioni che aggiungono un
tassello importante al mosaico della conoscenza di questo monumento caro ai
cristiani del mondo.
La presenza di diverse comunit monastiche allinterno della basilica
allorigine anche dei vari interventi di indagine non sempre coordinati che riguardano il monumento. Durante i lavori di restauro iniziati nel 1961 la presenza della Joint Commission che raggruppava tre architetti rappresentanti delle
tre comunit maggiori assicur anche una supervisione archeologica unitaria
per lo studio degli occasionali saggi di scavo effettuati nel pavimeno della
basilica afdata al padre Virgilio Corbo che ne pubblic i risultati nellopera
in tre volumi della Collectio Maior dello Studium (V. Corbo, Il Santo Sepolcro
di Gerusalemme, Vol. I: Testo; Vol. II: Piani; Vol. III: Documentazione fotograca, Jerusalem 1981-1982).

680

RECENSIONI

Con lo scioglimento della Joint Commission, le Comunit si sentirono


libere di afdare alluno o allaltro archeologo delle diverse Scuole di Gerusalemme la supervisione dei loro lavori che in qualche caso furono anche di
scavo. Una prassi che continua no ai nostri giorni. Cos nel settore armeno
(Settore E I del volume che presentiamo) troviamo gli archeologi A. Walls e
S. Helms della British School of Archaeology, invitati dal responsabile del
Patriarcato Armeno a seguire lo sterro dellambiente che si trova a ridosso
dellabside della Cappella di SantElena. Lavoro che, per fortuna, nel 1975 fu
afdato a padre Florentino, il quale lo port a termine con la perizia e la precisione tecnica di cui d anche prova in questo volume nella pubblicazione dei
dati venuti alla luce. Malgrado il lavoro fosse stato afdato a padre Florentino,
due archeologi del Dipartimento delle Antichit continuarono a visitare e a
seguire i lavori, tanto che M. Broshi (con G. Barkay) si sent libero di pubblicare diversi articoli sullargomento, come si pu controllare nella dettagliata
bibliograa in fondo al volume (pp. 355-363).
Una prassi, forse non raccomandabile per il bene del monumento, alla quale, nella strana orescenza di interesse per i santuari cristiani di Terra Santa, si
devono anche alcune pubblicazioni recenti come Sh. Gibson - J. Taylor, Beneath the Church of the Holy Sepulchre in Jerusalem. The Archaeology and Early
History of Traditional Golgotha, London 1994 (a seguito della dissacrante e
un po ingenua tesi di J. Taylor, Christians and the Holy Places. The Myth of
Jewish-Christian origins, Oxford 1993. Cf. Piccirillo, La ricerca archeologica
e la geograa del Vangelo, in Il Contributo delle scienze storiche allo studio
del Nuovo Testamento, Citt del Vaticano 2002, 185-196) e su un piano diverso
M. Biddle, The Tomb of Christ, Stroud 1999, diventato nella traduzione italiana
Il mistero della Tomba di Cristo. Lunico libro mai pubblicato sulla vera storia
della tomba di Cristo dalle origini ai giorni nostri, Roma 2000).
In questa libert un po anarchica si inserisce anche il lungo studio di padre
E. Testa, Il Golgota, porto della quiete, in Studia Hierosolymitana in onore di
P. Bellarmino Bagatti. Vol. I: Studi Archeologici, Jerusalem 1976, 197-244) nel
quale, con il permesso dei Padri Armeni, si pubblica la copia a colori eseguita
sul posto della barca e delliscrizione latina pitturata su una pietra di un muro riportato alla luce nel settore E I durante i primi lavori di sterro, nave ed iscrizione
che sono anche allorigine della prima visita di padre Florentino allambiente,
come egli stesso racconta nellintroduzione (p. 15). Dallo studio del padre Testa
e dalle successive scoperte dello stesso padre Florentino nel settore del Golgota
dove operava, come studente dello Studium Biblicum e a conto dei Padri Greci
e dellArch. C. Katsimbinis, nacque anche il volumetto che ipotizz una prima
interpretazione dello scavo a ridosso del Calvario con la scoperta della grotticella
(B. Bagatti - E. Testa, Il Golgota e la Croce. Ricerche storico-archeologiche,
Jerusalem 1978) alla luce dellapocrifo che era in corso di preparazione (A.
Battista - B. Bagatti, La caverna dei tesori. Testo arabo con traduzione italiana
e commento, Jerusalem 1979). Ipotesi che vengono pienamente e con troppo

DEZ FERNNDEZ F. EL CALVARIO Y LA CUEVA DE ADN

681

entusiasmo accettate nel volume che presentiamo, andando, secondo noi, oltre
le premesse di una critica prudente sempre buona regola per un archeologo.
Tra tutti questi interventi, lo studio di padre Florentino, per seriet e precisione dei dati, si pone in continuazione diretta con i volumi di padre Corbo,
che per primo pubblic la pianta schematica del monumento costantiniano (Pl.
1 in parte modicata), chiarendo e precisando una stratigraa che sicura per
i due saggi di scavo (nellambiente E I restrostante SantElena e nellambiente C retrostante la Roccia del Calvario) ma che con buona probabilit si pu
estendere a tutta la basilica e perci anche ai saggi di scavo seguiti da padre
Corbo, correggendone la stratigraa proposta.
Con il Cap. I e II (El Calvario y el Santo Sepulcro vistos por la crtica de los ltimos 170 anos, pp. 19-52) il saggio di scavo viene inserito
in un contesto pi generale di studio del santuario che riguarda il problema dellautenticit inserito nella discussione pi generale della topograa
di Gerusalemme, partendo da C.R. Conder (1883) no agli scavi moderni
nellarea del Muristan eseguiti da K.M. Kenyon e da U. Lux, quelli nel Santo
Sepolcro e nellarea di Porta di Damasco. In realt, mi permetto di aggiungere che questo un problema discusso con seri argomenti e con risultati
convincenti basati sulle fonti storiche e sulla conoscenza del territorio dai
Palestinologi Francescani del XVI-XVII secolo, ai quali dobbiamo la linea
ipotetica del percorso del muro di epoca erodiana (padre Gian Francesco
della Salandra), il primo rilievo architettonico del monumento (padre Bernardino Amico), laccurata descrizione (padre Francesco Quaresmi), e la prima
Pianta della Gerusalemme moderna (padre Antonino De Angelis da Lecce,
Roma 1578) eseguita proprio per rispondere adeguatamente alla domanda
posta dai pellegrini sullubicazione del Santo Sepolcro fuori o dentro le mura
di Gerusalemme (cf. M. Piccirillo, La Gerusalemme francescana, in Una
Gerusalemme toscana sullo sfondo di due Giubilei 1500-1525, Firenze Montaione 2004, 94-118).
La pubblicazione dello scavo inizia con il Cap. III dedicato allArea E,
gli ambienti dietro la cappella di SantElena (pp. 53-99), seguito dallo scavo
nellArea C del Calvario (Cap. IV, pp. 101-144) sulla quale, sulla scia aperta
dai padri Bagatti e Testa, si fermer lattenzione dellarcheologo nei capitoli
successivi (Cap. V: La Cueva del Glgota, pp. 145-184 e Cap. VI: La cueva
del Calvario en la literatura apcrifa de los primeros siglos de la era cristiana,
pp. 185-200). Dopo la pubblicazione dei materiali di scavo con la collaborazione di diversi studiosi delle istituzioni scientiche spagnole, tipologie ceramiche
a cominciare dal periodo del Ferro II, stampi della Legio X Fretensis, monete
e resto ossei umani (pp. 201-314), vengono date le conclusioni in spagnolo e
in inglese (pp. 315-321), seguite dalle 71 tavole di foto e dalle piante di scavo
fuori testo (I-VI).
Giustamente nel libro lA. insiste sulla stratigraa che la novit maggiore del lavoro e bisogna essergli grati per i graci puntigliosi di documen-

682

RECENSIONI

tazione stampati nel testo e nelle tavole fuori testo a ne volume. Il problema
principale riguarda la datazione della cava di pietra che si trova nel sottosuolo
della basilica nora datata al periodo del Ferro II basandosi sui frammenti
di ceramica di quel periodo venuti alla luce nello sterro (pp. 70ss per lArea
E I). Dallo scavo stratigraco accurato seguito da padre Florentino sotto il
pavimento non ancora manomesso risulta che nella riempitura di scaglie a
contatto con la roccia della cava si trova solo ceramica del periodo Romano
non pi tardiva degli inizi del II sec. d.C. (p. 72). I resti ceramici di epoca
pi antica trovati mescolati con tipologie di epoca romana provengono dalla
riempitura successiva allutilizzo della cava (un livellamento/terraplenado
che si estese anche alla vicina area del Muristan che sotto la Chiesa del Redentore raggiunse gli 8 metri di spessore!) in preparazione della costruzione
nellarea di alcuni edici da datare al tempo di Aelia Capitolina. Una riempitura, secondo lA., storicamente da mettere in relazione con la decisione di
costruire nellarea un tempio pagano, riempitura a cui fa riferimento Eusebio
di Cesarea (Vita Constantini III,26,2), da non confondere con la possibilit di
alcune sacche di terra rossa con materiale del periodo del Ferro preesistenti
nellarea.
Un problema a parte costituito dalla datazione del disegno della barca
con liscrizione latina su una lastra che fa parte del muro di un edicio di
epoca romana. LA. non esclude che potrebbe essere stato eseguito durante la
costruzione della Basilica costantiniana, quando il livello del muro di fondazione raggiunse la quota del muro preesistente, prima della messa in opera del
pavimento che copr tutto (pp. 76-78).
Il settore del Calvario (Area C) suddiviso in quattro Aree, I-III ad est e
IV ad ovest dello spuntone di roccia consevato e inglobato nella cappella. I
lavori condotti dal Patriarcato Greco-Ortodosso a cominciare dal 1970 erano
stati in parte pubblicati dallArch. Christos Katsimbinis (The Uncovering
of the Eastern Side of the Hill of Calvary, LA 27 [1977] 197-208). Larea
orientale tagliata in due (CI e II) dalla costruzione del muro in direzione nord-sud che separa la Roccia dallarea interna. Su invito dellArchitetto
Katsimbinis, padre Florentino prosegu lindagine di scavo in profondit dal
maggio allagosto 1977 tra la Roccia e il muro in un settore molto limitato
nei movimenti, con partenza dalla quota raggiunta dagli interventi precedenti
che si erano fermati a livello del pavimento della grotticella. Praticamente,
lindagine precedente era stata interrotta a livello di una riempitura, nella quale erano stati gettati con materiale ttile anche elementi architettonici e unara
pagana, che copriva un forno inzeppato di tegole in relazione con un muretto
entrambi decapitati. Ad una certa profondit ricompariva la riempitura con
ceramica mista del periodo del Ferro e romana in relazione con la copertura della cava al tempo della costruzione degli edici di Aelia Capitolina,
ai quali sarebbe da attribuire la parte inferiore del muro divisorio nord sud
con alloggiamento sulla roccia, mentre la parte superiore sarebbe di epoca

DEZ FERNNDEZ F. EL CALVARIO Y LA CUEVA DE ADN

683

costantiniana al cui rivestimento in marmo rimanderebbero i fori delle grappe


visibili sulla facciata occidentale. Su questa parete si apriva la porta che metteva in comunicazione una delle due navate sud della basilica con la Roccia
del Calvario (da identicare con il Post Crucem ricordato da Egeria, anche se
restano delle difcolt per ambientare lo svolgimento della venerazione della
Santa Croce descritta dalla pellegrina).
Con il Cap. V si entra nella grotticella (di 3.50 m di lunghezza x 2.30 m
di larghezza x 1.80 m di altezza con ingresso spostato verso nord) esistente
sulla parte occidentale della Roccia del Calvario la cui cima sarebbe a 758,95
m. sul livello del mare. Tenendo presenti le quote dei muri ritrovati, la grotticella in periodo bizantino era gi stata occultata, mentre sul lato occidentale
restava visibile la Roccia per unaltezza di circa tre metri. In periodo crociato
linterno della grotta fu irrobustito con due muretti a secco datati grazie a due
monete dellepoca, una delle quali coniata nel 1187 anno della presa della
citt da parte di Saladino. Al di sotto di un secondo livello di riempimento
del pavimento con tipologie ttili di epoca erodiana e tardo romana, venne
alla luce una fenditura della roccia di alcuni cm che continuava in profondit
verso ovest, forse la stessa visibile nellabside della cappella di Adamo ad
ovest. A sua volta questo copriva un livello di distruzione con ceramica del
II-III sec. d.C., parallela a quella trovata nei pressi del forno allesterno della
grotticella. In un quarto livello restavano tracce di intonaci di calce e cenere
provenienti dalle pareti della stessa grotta. Seguiva un pavimento di calce e
cenere su un battuto di terra rossa che era stato in gran parte manomesso e
che doveva essere il pavimento originario della grotta quando era stata intonacata. Il pavimento era stato messo in opera su una riempitura di terra rossa
portata da fuori con presenza di frammenti della solita ceramica di diversi
periodi non oltre il periodo erodiano. Dallo scavo risultava che la grotticella
era stata utilizzata per un certo periodo previo adattamento e intonaco sulle
pareti.
Sul fondo della grotticella risultava che il muretto posticcio era stato costruito sopra un banco tagliato nella roccia della parete ovest che era stato
intonacato nello stesso tempo del pavimento descritto prima. Nel fondo della
grotta a sud dove la roccia era sagomata in una specie di abside restava un
blocco di pietra di circa 88 cm di altezza sbozzato su sei lati irregolari con
tracce di intonaco e con due lati piani in alto e in basso.
La grotticella, senza escluderne lorigine come tomba (per la presenza di
ossa umane), dopo essere stata danneggiata da un terremoto nella prima met
del I sec. d.C., fu trasformata e intonacata verso la met dello stesso per essere
poi manomessa nella prima met del II secolo in relazione con la costruzione
del tempio pagano e dopo aver subito danni dallo sfruttamento a cava di pietra
dellarea circostante che ne danneggi la parete orientale (p. 183).
Il meticoloso e n troppo preciso rapporto di scavo, nelle conclusioni dellA., porta ad una possibile conclusione: Hasta las recientes excavaciones

684

RECENSIONI

todo ha sido un profundo silencio. Silencio que prcticamente se extiende


desde principios del siglo II d.C. hasta la reciente excavacin Ha sido un
silencio u olvido de 19 largos siglos y, sin embargo, podramos estar ante el
primer santuario devocional de la fe cristiana (p. 185).
Ci che lA. cerca di spiegare nel Cap. VI alla luce della letteratura giudeo
cristiana riletta dai Padri della Chiesa orientali (tra i quali il gerosolimitano
Giulio Africano e Origene) e occidentali (Tertulliano, Cipriano, Ambrogio),
di cui qui da noi padre Bagatti e padre Testa si sono fatti i propagatori, non
pensando di trovare in padre Florentino unaccoglienza cos puntuale ed
entusiasta.
Segn el Combate de Adn, se trata de una cueva situada en la cima (o
junto a la cima) de la montana santa. Esta montana santa, llamada Glgota,
para el autor cristiano es el centro de la tierra, donde se realizara la redencin
del mundo. Es una cueva rupestre, angosta y oscura. El mismo autor, en
cierto momento, establece un paralelo entre este cueva y la tumba de Cristo
por lo angosto y oscuro de ambas. Las dos estn cerca, y el autor del Combate
parece conocerlas. Recordemos que la cueva del Calvario fue probabilmente
una tumba y, aunque algo transformada, sigue conservando algunas caractersticas de las antiguas tumbas. Podra ser que esta circunstancia no sea ajena a
la idea del autor de hacer de ella la mansin sepulcral colectiva de los antiguos
patriarcas que, segn la leyenda, Jess visit en su descenso a los inernos
(1 Pe 3,19) a raz de su muerte (p. 189).
Chi scrive pensa di aver esaurito il suo compito nel presentare al lettore
un libro di archeologia riguardante due aree della Basilica del Santo Sepolcro
denso e documentato e complimentarsi con lautore per uno sforzo analitico
notevole ma sempre scienticamente controllato nel presentare i risultati. Debbo per candidamente confessare che lascio a lui le conclusioni, a mio parere
un po entusiastiche dellultimo capitolo, che lo portano a calare nei dettagli
dello scavo purtroppo anonimo, se non per il fatto che la grotta si trova nella
Roccia del Calvario (un fatto di per s importante!), il testo giudeo-cristiano
e fare della grotta non soltanto una possibile memoria della discesa agli inferi
ma anche identicare in una pietra malamente sbozzata un altare di una liturgia elemental con la quale si ricordava e celebrava la morte e la resurrezione
di Cristo (p. 193) di cui si trova il tipo nella liturgia di Melchisedech, come
raccontato nellapocrifo.
Mi limito a far presenti alcuni refusi o sviste del testo (absit inuria verbis)
a testimonianza di aver letto con attenzione il testo piuttosto denso che prende
il volo liberatorio nelle ultime pagine in fase di interpretazione dei dati. A p.
153 viene citato un oggetto del nostro Museo che non una lucerna ma una
ampolla eulogia trovata nello scavo del Sion, il cui disegno fu stampato da
padre Bagatti sulla copertina della Guida al Museo (Gerusalemme 1939, p. 85,
n. 126). A p. 194 si cita Origene In Johannem 6,29 che devessere 1,28 dove
si dice: Dopo esserci recati sui luoghi alla ricerca delle tracce di Ges, dei

FONTANA M.V. LA COLLEZIONE TONIZZA

685

suoi discepoli e e dei profeti. Principio programmatico che resta anche oggi
la linea conduttrice per molti archeologi di Terra Santa.
Michele Piccirillo
Fontana M.V. (a cura di), La Collezione Tonizza nel Museo della Chiesa Nuova di Assisi. Le monete partiche, sasanidi e islamiche, Istituto Italiano di Numismatica, Roma 2001, 119 pp., 15 tavole
La formazione della collezione nusmimatica conservata dai Frati Minori nella
Chiesa Nuova di Assisi, come si spiega nellIntroduzione, fu donata dal loro confratello Giacinto Tonizza (1866-1935) che laveva messa insieme nei primi decenni
del secolo scorso. Collezione che comprendeva un lotto di monete alessandrine,
e altre non specicate che sarebbero state donate al Re dItalia, come risulta dal
discorso del Sindaco di Assisi in una lettera che autorizzava la tumulazione della
salma nella Chiesa Nuova di Assisi: La complessa personalit di Mons. Tonizza
tale da imporsi non solo nellambito religioso, ma anche nel settore dellarte,
della cultura e della scienza. Una prova tangibile la si ebbe alla Mostra Universale
di Arte Sacra a Torino, cui Mons. Tonizza partecip, guadagnandosi la Medaglia
doro. Lillustrazione delle monete raccolte e poi donate a Casa Savoia sbalord
per la competenza storica, archeologica e numismatica.
Di fatto, il padre Tonizza fu, come soldato di leva prima in Eritrea, e
poi per molti anni missionario della Custodia dellAlto Egitto e al servizio
dei Luoghi Santi come frate della Custodia di Terra Santa (dal 1892), con
inizio al Cairo e nelloasi del Fayum, lo troviamo nel 1896 a Gerusalemme e
a Betlemme, per poi tornare al Cairo nel 1897, dal 1898-1900 ad Aleppo in
Siria, nel 1901 di nuovo in Egitto ad Alessandretta, dal 1905 a Beirut, nel 1912
di nuovo ad Alessandretta, nel 1918, dopo una parentesi a Vienna durante la
guerra, fu inviato a Costantinopoli, e nel 1919 fu eletto Vescovo di Tripolitania dove rest no al 1935 anno di morte (notizie raccolte da Padre Angelo
Niccacci in Mons. Giacinto Tonizza, Vescovo Titolare di Paretonio e Vicario
Apostolico della Libia 6-7-1866 - 16-4-1935, manoscritto).
Nel Museo dello Studium Biblicum a Gerusalemme si conserva, a disposizione degli studiosi ma non ancora pubblicata, la cospicua collezione di monete alessandrine, e il catalogo (manoscritto) delle monete islamiche, scritto da
padre Tonizza al quale hanno fatto sempre riferimento gli studiosi che si sono
interessati di questo settore. Non siamo nora riusciti a comprendere il motivo
per cui padre Tonizza smembr la sua collezione tra Gerusalemme, Assisi e
Torino, se risulta realt il dono fatto al re.
Ringraziamo la Profssa Fontana e i colleghi che lhanno aiutata per aver ricordato con questa pubblicazione di alcuni lotti di monete conservate ad Assisi un
francescano benemerito del Medio Oriente anche nel campo numismatico.
Michele Piccirillo

686

RECENSIONI

Fedalto G., Hierarchia Ecclesiastica Orientalis, Vol. III, Supplementum,


Messaggero, Padova 2006, 557 pp.
Fedalto G., La Chiesa Latina in Oriente, Vol. II, Seconda Edizione, Hierarchia Latina Orientis, Casa Editrice Mazziana, Verona 2006, 300 pp.
Riceviamo e segnaliamo questi due volumi, frutto dellimpegno di ricerca costante dellA. sempre pronto a raccogliere ed accogliere suggerimenti e nuove
scoperte per rendere un servizio preciso e il pi aggiornato allo studioso interessato. Una materia in continua uttuazione dipendente dalla crescita delle chiese
locali in epoca moderna in tutte le regioni del mondo, e, per quanto riguarda i
periodi pi antichi, dipendente dalla pubblicazione di nuovi documenti e dalle
scoperte archeologiche.
Con soddisfazione e plauso per il lavoro svolto in un tempo relativamente
breve facciamo notare le aggiunte da noi suggerite nella presentazione dei
due volumi precedenti della Hierarchia Ecclesiastica Orientalis, Vol. I e II,
Padova 1988 (cf. LA 47 [1997] 531-532) riguardanti in particolare le diocesi
della Provincia Arabia nel Patriarchatus Antiochenus, dove le nuove scoperte
sono state puntualmente inserite (Supplementum, pp. 276-281). Per quanto
riguarda il Patriarchatus Hierosolymitanus, lultima novit riguarda la diocesi
di Zoara - Ghor al-Safy (p. 428), dove il ritrovamento di una povera e semplice stela funeraria ha conservato il nome del vescovo Apses morto nel 369
(Y.E. Meimaris - K.I. Kritikakou, Inscriptions from Palaestina Tertia. Vol. I:
The Greek Inscriptions from Ghor es-Sa (Byzantine Zoora), Athens 2005; cf.
M. Piccirillo, Aggiornamento delle liste episcopali delle diocesi in territorio
transgiordanico, LA 55 [2005] 377-394).
Per un contributo allaggiornamento dei vescovi della gerarchia latina nellarea mediorientale, segnaliamo lopera appena pubblicata giuntaci da Baghdad scritta da un Vescovo coraggioso durante un periodo non certo tranquillo
in Iraq: F. Filoni, Dalla Diocesi di Babilonia dei Latini e Delegazione Apostolica di Mesopotamia, Kurdistan e Armenia Minore alla Nunziatura Apostolica
in Iraq, Baghdad 2006.
Michele Piccirillo
Ligato G., La Croce in catene. Prigionieri e ostaggi cristiani nelle guerre di
Saladino (1169-1193), Fondazione Centro Italiano di Studi sullalto medioevo,
Spoleto 2005, xi-699 pp.
Ligato G., Sibilla regina crociata. Guerra, amore e diplomazia per il trono di
Gerusalemme, Mondadori, Milano 2005, 276 pp.
La mostra recentemente dedicata al Saladino a Mannheim e in altre due
citt tedesche (Saladin und die Kreuzfahren, Mnchen, 2006) dimostra lin-

LIGATO G. LA CROCE IN CATENE

687

teresse che ancora suscita il sultano ayyubida nel mondo occidentale. Sulla
scia dei cronisti medievali contemporanei come Guglielmo di Tiro che, pur
presentandolo come il nemico numero uno del Regno Latino (bisogna fare
ogni sforzo per resistere a questo uomo magnico che passa di vittoria in
vittoria verso la vetta del potere), purtuttavia lo descrisse prima della vittoria
di Hattin come un uomo di mente ne, attivo in guerra e generoso oltre
ogni giusta misura, il potentissimus princeps fu gi idealizzato nel secolo
successivo no a diventare protagonista di leggende eroiche. Noto lepisodio
che si legge nellanonimo Estoires dOutremer et de la naissance Salehadin,
dove si racconta che il sultano, sul letto di morte, chiam il califfo di Baghdad, il patriarca di Gerusalemme e il pi saggio degli Ebrei dellarea di
Gerusalemme, perch desiderava capire quale legge fosse la migliore e non
trovandola, decise di dividere il suo regno in tre parti, la migliore ai cristiani,
la seconda ai Saraceni e la terza agli Ebrei. Racconto ripreso da Boccaccio
nel Decamerone e poi da Lessing in Nathan der Weise, mentre la gura di
Saladino fu contrapposta da Walter Scott a quella di Riccardo Cuor di Leone
a favore del musulmano. Malgrado i tentativi di demitizzazione moderni, la
gura resiste sul suo piedistallo nellimmaginario collettivo (cf. C. Hillenbrands, The Evolution of the Saladin Legend in the West, Mlanges de
lUniversit Saint-Joseph 58 [2005] 497-510).
Con la gura di Saladino si cimentato il giovane studioso dellUniversit Cattolica di Milano approfondendo nel volume che presentiamo un
aspetto collaterale ma di grande attualit oggi davanti alla prigione americana
di Guantanamo che non pu lasciare indifferenti: come venivano trattati i
prigionieri al tempo di Saladino e come tratt il sultano i prigionieri cristiani?
In generale, non risultando una politica costante basata su una norma, lA.
si basa sui fatti accertabili e accertati da entrambe le parti, quella cristiana
e quella musulmana, per giungere ad una conclusione storica di comportamento dettato dallopportunit politica contingente pi che da principi. Una
conclusione che salva solo in parte il Saladino della leggenda. Si va dal
prigioniero ucciso (no allindegna mattanza permessa da Saladino del dopo
Hattin dei cavalieri dellOspedale e del Tempio), a quello maltrattato, a quello
tenuto in considerazione come merce di scambio o di futuro riscatto oneroso
di sicuro protto (nel caso del re Guido di Lusignano per ricordare il caso
pi famoso) in episodi che riguardano il captivus che poteva affrontare casi
di cattura, incatenamento, deportazione, trattamento pi o meno clemente o
crudele, lavoro coatto, uccisione o liberazione per atto di generosit o pagamento del riscatto (p. IX).
Il secondo volumetto molto pi agile dedicato a Sibilla, una coprotagonista del periodo di Saladino, la giovane principessa glia della regina
Melisenda, che con le sue scelte di valore pubblico e privato, che lA. segue
con una certa simpatia e compartecipazione nella lettura delle fonti contemporanee (come si pu dedurre dal sottotitolo), ebbe un ruolo non secondario

688

RECENSIONI

nella tragedia annunciata del Regno Latino di Gerusalemme, per sua scelta
forse pi di donna che di regina, afdata ad un parvenu, Guido di Lusignano,
venuto a cercare fortuna in terra dOriente.
Michele Piccirillo
Guidobaldi A. Guiglia - Barsanti C., Santa Soa di Costantinopoli. Larredo
marmoreo della Grande Chiesa giustinianea (Studi di Antichit Cristiana 60),
Citt del Vaticano 2004, 893 pp.
Organismo architettonico che n dalle sue origini ha incarnato la concezione
simbolica delledicio sacro, il maestoso tempio constantinopolitano intitolato
alla Divina Sapienza, emblema tanto della citt cristiana quanto della capitale ottomana, riunisce attorno a s un patrimonio storiograco assai rilevante,
manifestazione di un interesse scientico che ha visto dal Novecento ad oggi
lapporto di eccellenti studi volti a ricostruire in profondit gli aspetti storicocostruttivi della fabbrica giustinianea. Negli ultimi decenni, anzi, la rinnovata
attenzione critica verso il monumento ha prodotto indagini sistematiche su temi
specici, in particolar modo mirate allarchitettura e ai sistemi strutturali, ma
anche volte a focalizzare aspetti concernenti i programmi decorativi, le vicende legate ai restauri, le relazioni tra architettura e liturgia attraverso iniziative
editoriali e da ultimo anche espositive che offrono valide e convincenti
informazioni sul complesso sistema di forme che ledicio tramanda.
Si pu far conto dunque su una abbondante bibliograa specialistica, ma
non possono dirsi vagliati in tutte le loro implicazioni gli argomenti che vertono sulla ricostruzione della facies giustinianea attraverso lo studio analitico
di tutte le tipologie di materiali. Permane la convinzione che il tanto celebre
monumento sia in fondo ancora solo parzialmente edito, cos come dichiarano
esplicitamente e mettono in luce con il loro lavoro Alessandra Guiglia
Guidobaldi e Claudia Barsanti, curatrici del volume che presentiamo: frutto di
un lavoro collettivo, che si avvale della collaborazione di Roberta Flaminio,
Asnu Bilban Yalin, Andrea Paribeni e Mauro della Valle, e che impostato
sulla complementariet di una ricerca volta alla sottile indagine di argomenti
sinora poco approfonditi in senso storico e lologico.
Lassetto originario della Grande Chiesa, malgrado gli eventi traumatici e le
trasformazioni subite, non stato alterato o modicato nella sostanza, sebbene
siano da ricordare la totale perdita, durante la presa di Costantinopili da parte del
latini, nel 1204, degli arredi liturgici che conosciamo dalla descrizione di Paolo
Silenziarlo (ciborio, recinto presbiteriale, solea, ambone) e la scomparsa dei
tesori di inaudita ricchezza che gremivano ledicio. Ma, in misura preponderante, era ed il marmo a connotare loriginario progetto decorativo delledicio,
impiegato in quantit eccezionale anche nei dettagli della struttura, dalle grandi

GUIDOBALDI GUIGLIA A. - BARSANTI C. SANTA SOFIA DI COSTANTINOPOLI

689

lastre marmoree sul suolo ai marmi variegati e colorati per i rivestimenti parietali, alle cornici, ai colonnati, allingente complesso di manufatti lapidei in opera
per schermare gallerie e nestrati. Nel suo complesso quindi, proprio linsieme
dei marmi dislocati nella Santa Soa, per consistenza e qualit, a rappresentare
la testimonianza pi eloquente e vistosa delleredit culturale e artistica dellet
giustinianea. Ne danno esatto rilievo le ispirate parole di Procopio (in proposito
segnaliamo la nuova traduzione commentata da M.L. Fobelli, Un tempio per
Giustiniano. Santa Soa di Costantinopoli e la Descrizione di Paolo Silenziarlo,
ed. Viella, Roma 2005) e ne daranno conto per primi in Occidente eruditi e umanisti che nel descrivere la sontuosa architettura imperiale riveleranno un interesse preminente per i materiali e in modo particolare per la qualit e le suggestive
combinazioni dei marmi utilizzati. Ebbene, mentre lambito di elaborazione
artistica pi originale, ovvero la plastica architettonica, ha ricevuto valutazioni
complessive nellambito di trattazioni specialistiche, e sebbene lastre e transenne
non siano sfuggite a citazioni o acuti approfondimenti, assai pi generiche sono
infatti le nostre informazioni circa lintero corpus dei materiali marmorei eccezionalmente ancora in opera e sinora solo episodicamente e frammentariamente
presi in considerazione. Fissata lattenzione su questo dato, la verica stata
impostata in maniera comparata, prendendo pi direzioni di indagine.
La monograa che presentiamo il risultato di quasi un decennio di lavoro
coordinato da Alessandra Guiglia Guidobaldi e Claudia Barsanti, quale esito
ultimo dellinteresse costante che le due curatrici da tempo rivolgono allo specico indirizzo di studi della scultura proto e medio bizantina. Il volume, che
riunisce e sviluppa diversi contributi preliminari apparsi in sedi specialistiche,
maturato nel contesto di una missione archeologica svolta a partire dal 1999
con lautorizzazione del Ministero della Cultura della Repubblica di Turchia
e in accordo con lAyasofya Mzesi di Istanbul, sostenuta in Italia dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, dal Ministero della Universit e della Ricerca
Scientica e Tecnologica e dal Ministero degli Affari Esteri.
Esclusi i capitelli e i decori parietali; escluse le cornici dei piani architettonici e quelle in stucco, la raccolta di saggi prende in esame le 102 lastre in
opera nelle gallerie 52 in funzione di parapetto delle nestre e 50 incassate
negli intercolumni con relative cimase e basamenti; i 16 softti degli architravi in opera nelle nestre delle gallerie sud e nord e i 26 privi invece di decorazione gli architravi della galleria occidentale. Vengono messe in evidenza
le caratteristiche dei telai marmorei dei nestrati e delle monumentali griglie
che li schermano; sono prese in considerazione le dodici grandi lastre collocate
sotto la nestra della galleria occidentale e il gruppo delle transenne in opera
con funzione di parapetti nei vani dei pilastri nord e sud ai lati del bema, al
piano delle gallerie e quelle in opera nella loggia del Sultano al pianoterreno.
Un contributo del tutto nuovo allo studio dei materiali della Megle Ekklesa
quello relativo allindividuazione di spolia; mentre la sezione dedicata ai
marchi di ofcina che siglano per la gran parte gli elementi marmorei amplia il

690

RECENSIONI

punto dosservazione anche sullorganizzazione del grande cantiere costantinopolitano, prevalentemente organizzato attorno allestrazione dalle cave di Marmara Adasi. La storia dei marmi della Santa Soa seguita no alle vicende
posteriori al 1453, vale a dire agli interventi di un certo rilievo commissionati
dai sultani nel tardo XVI secolo e poi nel XVIII, messi a fuoco nel capitolo
nale che ripercorre analiticamente le fasi degli interventi di restauro realizzati
dai fratelli Fossati nel 1847-1849.
Per lorganica e denitiva presentazione del materiale Alessandra Guiglia
Guidobaldi e Claudia Barsanti hanno seguito un impeccabile e ormai collaudato modello di analisi (ricordiamo il contributo Gli elementi della recinzione liturgica ed altri frammenti minori nellambito della produzione scultorea
protobizantina, in F. Guidobaldi - C. Barsanti - A. Guiglia Guidobaldi, San
Clemente. La scultura del VI secolo [San Clemente Miscellany IV/2], Roma
1992): ad ognuno dei cinque capitoli stata conferita autonomia, come una
sorta di sezione monograca sul tema trattato; lanalisi dei materiali affrontata attraverso una trattazione premessa o un commento nale e nella catalogazione vera e propria, che consente un pi solido inquadramento degli elementi
sottraendoli alle incertezze della passata storiograa. Tutti i contributi che
compongono il volume procedono di pari passo con la lettura archeologica,
lo scavo darchivio o nella letteratura critica e lanalisi tecnica, nellinteresse
preminente di sviluppare considerazioni complessive. Lapparato illustrativo
si giova di numerose riprese fotograche che offrono vedute generali e in dettaglio in larga parte inedite e degli accuratissimi, preziosi rilievi della Santa
Soa, realizzati da Robert Van Nice a partire dal 1937 e in seguito pubblicati
tra 1965 e 1986. Esposta con ricchezza di riferimenti, dati, notizie e bibliograa, la materia che costituisce ogni saggio fonde risultati che possono dirsi
gi acquisiti ad una imponente quantit di nuove informazioni, ottenute per il
tramite dellinterrogazione diretta delle strutture attraverso la pratica (irrinunciabile) della perlustrazione sul campo, unita a tutte le metodiche di ricerca
disponibili. La manifestazione saliente di questa attenzione rappresentata da
alcune nuove acquisizioni: ricerche in aree meno note perch non agibili o di
facile accesso hanno infatti portato al recupero di sparsi materiali apparentemente minori e al primo rilevamento scienticamente completo di nuclei di
marmi per lo pi ancora inediti.
Nel capitolo introduttivo A.G. Guidobaldi rileva la carenza della documentazione graca e fotograca, e soprattutto la mancanza di adeguata valorizzazione di insieme, anche negli studi pi recenti, dellingente materiale costituito
dalle centodue lastre in opera dal VI secolo e dalla serie dei softti darchitrave
che rappresentano un unicum nel panorama dellarchitettura bizantina. Pochi,
pressoch inesistenti, i riferimenti ai plutei in opera negli intercolumni e nelle nestre del piano delle gallerie. Lautrice ricerca i rimandi ai rivestimenti
marmorei della Grande Chiesa nelle testimonianze delle fonti documentarie,
a partire dalle prime brevi descrizioni nei prodotti artistici det rinascimen-

GUIDOBALDI GUIGLIA A. - BARSANTI C. SANTA SOFIA DI COSTANTINOPOLI

691

tale per giungere ai ben pi analitici documenti graci, soprattutto utili per la
perduta decorazione musiva, realizzati nellOttocento. Il capitolo illustra le
vicende relative alla scoperta del monumento dovuta allinteresse dimostrato
da generazioni di archeologici e studiosi di diverse discipline e di tutti i paesi
europei, i quali portarono il monumento allattenzione del mondo scientico
attraverso meritevoli descrizioni spesso corredate da suggestive ricostruzioni
grache. Degna di particolare menzione lopera di Wilhelm Salzenberg, che
si accostato al monumento con sensibilit scientica nuova, realizzando anche alcuni rilievi particolareggiati (datati 1854) dei materiali marmorei. Dopo
il suo, lapproccio pi ravvicinato al monumento sar di un costantinopolitano,
Eugnios Antoniades, astronomo autore di pregevoli studi sullastronomia greca antica e di fedelissimi disegni sui pianeti osservabili. La sua opera stata
ed utilissima per le precise annotazioni raccolte nel corso di un ventennio di
ricerche e di un sopralluogo protrattosi per mesi grazie alla concessione del
sultano Abdlhamid II nel 1904, dal quale scaturiranno, tra laltro, sezioni di
entrambi i lati dei plutei in opera negli intercolumni; e un repertorio completo
degli ornati scolpiti sul lato verso la galleria.
Lo studio dei materiali si apre con il capitolo dedicato da A.G. Guidobaldi
ai nestrati che nelle gallerie minori inglobano la met dei plutei ancora in
opera e tutti i softti di architrave. Il sistema delle complesse intelaiature si
articola in tre grandi trifore a doppio registro e in nestre a singole arcate
divise in gruppi di tre, garantendo la migliore funzionalit (ricordiamo che al
sistema di diffusione della luce, derivante dalle fonti naturali oltre che dalle
lampade, a somiglianza del cielo, lekphrasis di Procopio signicativamente
dedica ben centoquindici versi). Si riscontrano due diversi tipi a telai e griglie
marmorei coordinati da pilastri. Nella galleria meridionale sono superstiti parti
del rafnato sistema ornamentale dei sottarchi delle nestre a lastrine alternate
a pavonazzetto e cipollino rosso tagliate allo scopo da poter congiungere le
venature in forme speculari. Un tipo di decorazione, sottolinea lautrice, sopravvissuto nei sottarchi del San Demetrio di Salonicco, mentre i precedenti di
una simile articolazione modulare sono rintracciabili in alcuni esempi di edilizia civile depoca imperiale: e con ci si sottolinea anche limportanza per gli
studi paralleli, di antichistica, che trovano nel complesso della S. Soa lesito
nale. Ai telai impiegati nei nestrati del pianterreno e delle gallerie dedica
un approfondimento R. Flaminio. Si tratta di manufatti ricavati in marmo proconnesio e siglati nelle stesse ofcine di provenienza delle lastre e dei softti,
a ulteriore dimostrazione, afferma anche lautrice, dellunitariet del progetto
della Grande Chiesa. Come categoria di materiali essi possono forse trovare
precedenti tipologici negli esemplari metallici il cui impiego conosciuto nellarchitettura romana ma ancora poco noto negli edici di culto.
Ben 52 lastre cingono su tre lati il perimetro delle gallerie in funzione di
parapetti; decorate su entrambi i lati con schemi decorativi uniformi e una certa
disomogeneit di resa, in parte siglate. A.G. Guidobaldii ricostruisce lam-

692

RECENSIONI

pio quadro di riferimenti del motivo disco-croce che impronta le lastre sul
lato esterno verso la galleria, studiato nellambito di trattazioni sulla scultura
costantinopolitana del VI secolo. Assai meno noto no ad ora il repertorio
decorativo del lato delle lastre rivolto verso linterno, i cui problemi di ripresa
fotograca sono oggi stati superati dallutilizzo di apparecchi digitali e da opportuni raddrizzamenti (descritti nellAppendice al volume). Si tratta di schemi
geometrici a rombi o quadrati posti diagonalmente e campiti da ornati di natura
vegetale e animale o da schemi ternari che prevedono al centro la croce, sistematicamente abrasi o comunque, fatta eccezione per alcuni casi, sottoposti ad
interventi di cancellazione parziale del motivo. Per quanto concerne i softti
architravati che scandiscono in due ordini le ampie trifore delle gallerie, ventisei sono in opera nei nestrati della galleria occidentale; disadorni ma con
incise le sigle di lavorazione che sono assenti invece nei softti decorati. A.G.
Guidobaldi ne ipotizza, con buona verosimiglianza, una antica nitura pittorica, forse dovuta ad interventi depoca mediobizantina. Il catalogo completo
degli architravi con softti decorati con un uniforme schema articolato in tre
specchiature, quadrangolari o rettangolari, contenenti gure geometriche e generalmente ornati vegetali (con la riproposizione in scala minore del decoro
dei plutei) viene offerto da Asnu Bilban Yalin. Questa categoria di manufatti
testimonia la continuit duso di un sistema architettonico utilizzato n dalla
prima et classica per architravi e lacunari, di cui proprio lAsia Minore tramanda gli esempi artisticamente pi elaborati, per esuberanza ornamentale e
maestria tecnica. Passando in rassegna i precedenti localizzati in area greca
e romana, lautrice non manca di illustrare lesempio dei softti cassettonati
del protiro della S. Soa consacrata nel 415 da Teodosio II e gli esempi della
trabeazione ancora in opera nel San Giovanni di Studio. Testimoniano il legame con lantichit anche le membrature di San Polieucto e dei Santi Sergio e
Bacco, queste ultime costituenti lesempio pi signicativo per la prossimit
cronologica e stilistica. Lautrice inserisce un ampio commento su questo tipo
di membrature spesso di natura erratica e in stato di estrema frammentariet, e non di rado impiegate anche per incorniciature di porte o architravi di
dimensioni ridotte, ad esempio di templa giusticato dalle afnit che esse
mostrano con la lanaloga tipologia di marmi nelle chiese bizantine di Costantinopoli, Izmit-Nicomedia, Salonicco, ecc. Il repertorio decorativo del resto
comune alla produzione scultorea del VI secolo e rintracciabile su manufatti
di categorie diverse, ma lautrice giustamente sottolinea lomogeneit iconograca dellintera ornamentazione della Grande Chiesa giustinianea, dove per
lo pi dominano temi di natura vegetale intercalati a inserti simbolici, quali
croci, cornucopie, kantharoi, che si sseranno nellorizzonte artistico orientale
quale fonte di riproposizione continua.
la croce, tuttavia, vertice simbolico ed iconograco, la protagonista assoluta dellintero programma ornamentale della chiesa di Giustiniano (del resto, essa connota anche tanta parte della plastica architettonica e degli arredi

GUIDOBALDI GUIGLIA A. - BARSANTI C. SANTA SOFIA DI COSTANTINOPOLI

693

marmorei del battistero della chiesa del Concilio a Efeso, e del San Polieucto).
Il simbolo intenzionalmente prescelto ed esaltato anche nel sistema di schermatura della monumentale nestra semicircolare alla sommit del prospetto
occidentale, nella paratattica sequenza di croci sul globo distribuita lungo le
cornici. Il grande vano luce a griglie marmoree viene descritto da A.G. Guidobaldi: sostenuto da dodici grandi lastre di rivestimento della sottostante
parete sul lato interno, nella zona superiore del naos, tra le gallerie e la base
della cupola, e si eleva a trenta metri da terra. Ogni elemento contrassegnato
da una sigla, cos globi e pilastrini che scandiscono lalternarsi delle lastre, cos
cimase e fasce inferiori delle due colonne di proconnesio che scandiscono in
tre luci la grande nestra e le griglie.
Il corpus dei plutei distribuiti negli intercolumni delle gallerie analizzato da C. Barsanti comprende 22 lastre nella galleria nord, 21 a sud e 7 ad
ovest, ma in origine il numero complessivo raggiungeva presumibilmente le
57 unit. Alcuni elementi recano segni riconducibili agli interventi di restauro
effettuati nella prima met dellOttocento dai fratelli Fossati, diretti arteci
di alcune lastre dipinte ad imitazione degli originari plutei inseriti negli intercolumni obliterati. Direttamente ssate su uno stilobate o al pavimento le
lastre sono sormontate da una cimasa modanata. Nella trattazione vengono
rigorosamente fornite circostanziate informazioni relative ai dati dimensionali,
ai principi di distribuzione, agli schemi e del repertorio decorativo e ai criteri
del loro abbinamento. Il lato verso la galleria mostra lo schema formato da
specchiature afancate o isolate: un motivo geometrico a rombo o quadrato
posto diagonalmente o ancora la stella a otto punte formata da due quadrati
intrecciati, nel cui interno prendono risalto ornati per lo pi tomor. I campi
decorativi risultano abrasi (nella fattispecie, risultano scalpellate le croci sul
globo presenti su trentacinque lastre), a seguito di un intervento riferibile dopo
linizio del XVIII secolo e prima della met del XIX che pu dirsi sistematico
solo nella galleria ovest e parziale invece nelle altre. Nel suo studio lautrice
distingue diverse mani di esecutori e una articolazione degli apparati ornamentali riconducibile in schemi semplici o ternari, ad aggetto contenuto, sul lato
rivolto verso la galleria e in schemi a modanature complesse, con soluzioni
fortemente plastiche e chiaroscurate, sul lato esposto verso il naos, anche se nel
complesso, suggerisce C. Barsanti, linsieme appare improntato ad un concetto
di intenzionale variet stilistica iconograca e di libera associazione distributiva. Di entrambe le tipologie compositive viene offerto un ampio quadro di
riferimenti, attraverso un censimento di analoghi materiali che spaziano dai
contemporanei prodotti della capitale e dellAsia Minore a manufatti dambito
occidentale. Almeno per quanto riguarda gli schemi a modanature complesse,
essi sembra possano dirsi esportati in qualit di modello, riette lautrice, pi
che come prodotti niti.
C. Barsanti fornisce inoltre una valutazione tipologica di insieme anche
delle cimase di coronamento delle lastra in opera negli intercolumni e nelle

694

RECENSIONI

nestre delle gallerie. Un complesso di quasi centocinquanta pezzi attribuibili ad una unica manifattura, eccezionalmente integri e in opera, a differenza
dellingente mole di pezzi analoghi generalmente presenti nei contesti archeologici dellintera area di inuenza bizantina, frammentari ed erratici e, per le
loro caratteristiche eminentemente funzionali, di solito scarsamente considerati
negli studi sulla scultura.
Sono sei le transenne in opera nella S. Soa, alle quali vanno aggiunte tre
analoghi elementi utilizzati nella c.d. loggia imperiale ottomana, no ad ora
cos ben mimetizzate tra le altre appositamente realizzate dai fratelli Fossati
che soltanto allesame ravvicinato sono risultate identicabili con dei marmi
antichi. Lo studio delle transenne della S. Soa consente allautrice di offrire
un ampio quadro delle caratteristiche di questo rafnato ambito della produzione scultorea costantinopolitana det giustinianea, con una estesa panoramica
sugli elementi delle pi varie regioni dellImpero.
Il capitolo dedicato al reimpiego vede la minuziosa analisi da parte di R.
Flaminio di marmi interi o in frammenti di recuperati in varie parti del complesso ma per lo pi inseriti nella pavimentazione, censiti l dove lo consentivano le aree ispezionabili e altrimenti vericate sulla documentazione prodotta
dal Van Nice relativamente allarredo dellex-moschea. Si tratta in gran parte
di plutei, tra interi e frammentari; pilastrini; segmenti di cimase e di telai di
nestre, una mensa in pavonazzetto e a seguire elementi di pi incerta identicazione, con buona probabilit appartenenti alloriginario arredo della chiesa
giustinianea. I restauri alla pavimentazione sono ritenuti probabili dallautrice
gi nel periodo bizantino, forse nelle ultime fasi di vita delledicio come
chiesa. Un approfondito commento dedicato alla storia dellepigrafe funeraria
di Enrico Dandolo, nel 1204 alla guida dei latini impegnati nella conquista di
Costantinopoli nel corso della IV Crociata. Il doge mor nella capitale sul Bosforo e venne sepolto con tutti gli onori nella S. Soa; R. Flaminio ripercorre
analiticamente la vicenda critica relativa allidenticazione del sepolcro e ai
vari spostamenti da esso subito, avanzando lipotesi di un probabile assetto
originario in forma di sepolcro parietale collocato in una galleria. Un ulteriore spunto di interesse fornito dallindagine compiuta sulle ante di marmo
proconnesio in opera nella galleria meridionale, quale ingresso alla parte pi
riservata delle gallerie: anche in questo caso si trattato di porre laccento su
un manufatto certamente noto agli specialisti, la cui oscillante attribuzione cronologica per i calzanti confronti istituibili con gli altri materiali marmorei pu
ora con buona verosimiglianza ssarsi allinterno del programma decorativo
della S. Soa di Giustiniano.
Gi Antoniades, con sensibilit archeologica, ebbe cura di riprodurre scritte
e segni grafti connotanti i marmi della S. Soa. Manifestazione tangibile dellorganizzazione del cantiere che nel corso di cinque anni port a compimento
il grandioso disegno di patrocinio imperiale, le sigle dei marmorari da A.
Paribeni censite e studiate alla luce dei consistenti dati di confronto portati

GUIDOBALDI GUIGLIA A. - BARSANTI C. SANTA SOFIA DI COSTANTINOPOLI

695

ormai allattenzione degli specialisti spiccano su plutei, cimase, softti, telai,


formando un consistende catalogo che pu essere integrato al censimento realizzato dal Butler nel 1990 prendendo in esame anche le cornici, mentre per le sigle
che punteggiano le lastre pavimentali offrono un valido riferimento le tavole del
Van Nice. Come dichiarato dal lautore, lintento stato quello di fornire una
registrazione sistematica dei marchi che ricorrono su sequenze omogenee di
materiali, dalle quali poteva scaturire una campionatura utile allindagine sulla
loro distribuzione e sullorganizzazione del cantiere. La stima numerica si attesta
ora sulle centosettantadue unit tipologiche (numero che comprende varianti e
forme derivate, avverte Paribeni), con quattordici sigle nuove, identicate nel
corso del lavoro. Due iscrizioni runiche sulle cimase di due lastre.
A conclusione del libro, la vicenda relativa agli interventi occorsi alla
Ayasofya Camii dopo il 1453 analizzata da M. della Valle nel capitolo incentrato sulle iniziative con le quali il sultano Abdlmecid I (1839-1861) si fece
carico del recupero sico di un monumento provato da saccheggi, terremoti e
guasti derivanti dallusura. Lepisodio cardine dellintera iniziativa rappresentato dallampio e coscienzioso progetto di restauro statico delle strutture e
di ridecorazione degli interni afdato ai fratelli ticinesi Giuseppe e Gaspare
Fossati, che nel volgere di pochi anni, tra il 1847-1849, misero mano ad una
impresa di restauro la cui doviziosa documentazione progettuale scritta e graca custodita presso lArchivio Cantonale di Bellinzona. Ai Fossati dobbiamo
per altro le celebri cromolitograe che hanno schiuso agli europei lo scenario
abesco del grande edicio, sorta di anticamera dellOriente. I due ticinesi
sono forse maggiormente noti per la scoperta dei mosaici originari, sotto gli
scialbi che li avrebbero nuovamente ricoperti, pi che per il loro maggiore
impegno, e cio lopera di consolidamento delledicio sotto il prolo statico e
di ripulitura e ridecorarazione cui essi attesero per diretto incarico del sultano.
Della Valle ricostruisce le vicende relative ai tre plutei delle gallerie (nord, sud
e della loggia imperiale ovest) e a due pseudotransenne in opera: materiali
non antichi, realizzati per lappunto nellOttocento, che tuttavia si rivelano tali
solo ad un esame tanto ravvicinato da far emergere ad un occhio esperto certa
durezza di intaglio e qualche semplicazione dello schema. I Fossati inoltre,
oltre a mascherare le croci musive pi vistose e forse, ipotizza lautore, anche
le croci sulle lastre, sono gli arteci delle lastre dipinte negli intercolumni e
nei vani tamponati aperti in tre dei quattro pilastri allaltezza delle gallerie,
che ripetono col mezzo della pittura lo schema a doppia vecchiatura dei plutei
giustinianei.
Nella sua interezza il libro raggiunge lobiettivo di una procedura di ricerca
funzionalmente interdisciplinare, condotta secondo rodati percorsi metodologici. La lettura dei singoli contributi consente di incrociare i dati documentari
storici, archeologici, iconograci, archivistici in modo da far emergere una
riessione sul tema di fondo articolata in nuclei tematici omogenei e caratterizzanti. Ne emerge una visuale inedita, che restituisce segmenti della materialit

696

RECENSIONI

antica del monumento e che consente di valutare in pieno la potenzialit delle


informazioni derivanti dallosservazione diretta e ravvicinata delle strutture. Va
sottolineato, e il libro consente ormai di farlo con decisione, che lossatura
marmorea della Grande Chiesa conserva lassetto denito nel VI secolo, perdurato senza evidenti manomissioni o alterazioni, fatta eccezione per le abrasioni
delle croci sulle lastre per altro parziali e non ha esaurito con il trascorrere
dei secoli la sua vitalit. Uno degli spunti di maggiore interesse risiede a nostro parere nel risalto che nel volume assume limmenso lascito della produzione seriale, non subordinata quanto ad originalit propositiva ad operazioni
di maggior respiro (tali potrebbero essere considerati, ad esempio, linsieme
degli arredi liturgici). La scala del prodotto in serie, rispetto allesemplare
raro e magari unico, non soltanto segn lo svolgimento di tecniche e valori
dellartigianato bizantino e della direzione economica dei cantieri, ma rappresent anche la via per luniformit (di gusto) degli apparati decorativi negli
edici di culto. Dunque, loperazione di valorizzazione del vasto insieme della documentazione archeologica del maggior edicio costantinopolitano det
giustinianea rappresenta in primo luogo un aggiornato strumento interpretativo, necessario per linquadramento dellintera produzione scultorea dambito
mediterraneo ed occidentale nellet protobizantina. Con laffondo critico su
argomenti legati agli ambiti della produzione artigiana, ai procedimenti tecnici,
ai valori formativi del linguaggio artistico bizantino tra retaggio del mondo
antico e cultura in formazione, lo studio incrementa la vasta riserva dei dati
gi di nostra conoscenza contribuendo, con il portato di una giusta valutazione
dei principi di creativit e impegno estetico, a porre in risalto lelevato tono di
ricerca intellettuale e tecnica su cui si fonda in ogni suo particolare lassetto
ambientale, magniloquente e celebrativo, della S. Soa.
Alessandra Acconci

LIBRI RICEVUTI
Aranda Gonzalo - Caballero Juan Luis (edd.), La Sagrada Escritura, palabra
actual. XXV Simposio Internacional de la Universidad de Navarra (Simposios
Internacionales de Teologa 25), Servicio de Publicaciones de la Universidad
de Navarra, Pamplona 2005, 95 pp.
Awad Wadi, Catalogue des Manuscrits du Sminaire Copte Catholique, Le
Caire - Maadi, Patriarcat Copte Catholique Facult des Sciences Humaines
et Thologiques, Le Caire 2006, 95 pp.
Backes Burkhard, Das altgyptische Zweiwegebuch. Studien zu den SargtextSprchen 1029-1130 (gyptologische Abhandlungen 69), Harrassowitz Verlag,
Wiesbaden 2005, X-466 pp., 98.
Basola Moseh, A Sion e a Gerusalemme. Viaggio in Terra Santa (15211523). Introduzione e note di Avraham David. Versione italiana di Alessandra
Veronese, Giuntina, Firenze 2003, 127 pp., 13.
Bauckham Richard, Jesus and the eyewitnesses. The Gospel as eyewitness
testimony, William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids MI Cambridge, U.K. 2006, XIII-538 pp.
Berger Klaus, Ges, Queriniana, Brescia 2006, 672 pp.
Blenkinsopp Joseph, Opening the sealed book. Interpretations of the Book
of Isaiah in late antiquity, William B. Eerdmans Publishing Company, Grand
Rapids MI - Cambridge, U.K. 2006, XX-315 pp., $ 25.
Breynaert Franoise, Larbre de la vie, symbole central de la thologie de Saint
Louis-Marie de Montfort (Dissertationes ad lauream in Ponticia Facultate
Teologica Marianum 89), Parole et Silence, Paris 2005, 381 pp., 30.
Broccardo Carlo, La fede emarginata. Analisi narrativa di Luca 4-9 (Studi e
ricerche), Cittadella Editrice, Assisi 2006, 358 pp., 18.
Carbajosa Ignacio, Las caractersticas de la versin siraca de los Salmos
(Sal 90-150 de la Peshitta) (Analecta biblica 162), PIB, Roma 2006, 466 pp.
Casula L. - Mele Giampaolo - Piras Antonio, Per longa maris intervalla.
Gregorio Magno e lOccidente mediterraneo fra tardoantico e altomedioevo.
Atti del Convegno Internazionale di Studi Cagliari 17-18 dicembre 2004 (Studi

698

LIBRI RICEVUTI

e Ricerche di Cultura Religiosa. Nuova Serie IV), Ponticia Facolt Teologica


della Sardegna, Cagliari 2006, VIII+458 pp.
Chapa Juan (ed.), Signum et testimonium. Estudios ofrecidos al Profesor
Antonio Garca-Moreno en su 70 cumpleaos (Biblioteca de Teologa), EunsaEdiciones Universidad de Navarra, Pamplona 2003, 340 pp.
Charlesworth James H., Jesus and Archaeology, William B. Eerdmans
Publishing Company, Grand Rapids MI - Cambridge, U.K. 2006, XXV+740
pp., $ 50.
Chatelard Graldine - de Tarragon Jean-Michel, The empire and the kingdom
= Lempire et le royaume. Jordan as seen by the cole biblique et archologique
franaise de Jrusalem (1893-1935) = La Jordanie vue par lcole biblique et
archologique franaise de Jrusalem (1893-1935), Centre culturel franais,
Amman 2006, 176 pp.
Collins John J., The Bible after Babel. Historical Criticism in a Postmodern
Age, William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids MI - Cambridge,
U.K. 2005, X+201 pp., $ 18.00.
Davids Peter H., The Letters of 2 Peter and Jude (The Pillar New Testament
Commentary), William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids MI
- Cambridge, U.K. 2006, XXXII+348 pp.
Devillers Luc, La saga de Silo. Jsus et la fte des Tentes (Jean 7,1-10,21)
(Lire la Bible 143), Les ditions du Cerf, Paris 2005, 224 pp., 17.
Dez Fernndez Florentino, El Calvario y la Cueva de Adn. El resultado de
las ltimas excavaciones en la baslica del Santo Sepulcro (Instituto Bblico
y Oriental, 1), Instituto Bblico y Oriental Editorial Verbo Divino, Estella
(Navarra) 2004, 373 pp.
Egea Vivancos Alejandro, Eufratense et Osrhoene: poblamiento romano en el
alto ufrates sirio (Antigedad y Cristianismo. Monografas histricas sobre la
antigedad tarda XXII), Universidad de Murcia Servicio de publicaciones,
Murcia 2005, 791 pp.
Estrada Bernardo, Lieti nella speranza. La gioia nel Nuovo Testamento
(Studi di Teologia 8), Edizioni Universit della Santa Croce, Roma 2001, 328
pp., 24.79.
Fowl E. Stephen, Philippians (The Two Horizons New Testament commentary),

LIBRI RICEVUTI

699

William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids MI - Cambridge,


U.K. 2005, 264 pp., $ 20.
Franco Martnez Csar Augusto, La pasin de Jess segn san Juan. Escenas
con cuestiones disputadas (Studia Semitica Novi Testamenti XIV), Ediciones
Encuentro S.A. Fundacin San Justino, Madrid 2005, 265 pp.
Gamba Giuseppe Giovanni, Vangelo di san Matteo. La proclamazione del
regno dei Cieli: la fase della semina (Mt 4,17-13,52) (Biblioteca di scienze
religiose 195), LAS, Roma 2006, 573 pp., 35.
Garca Urea Lourdes, La metfora de la gestacin y del parto al servicio
de la analoga (Dissertationes Series Theologica X), Edizioni Universit della
Santa Croce, Roma 2003, 280 pp., 20.
Gensini Sergio (ed.), Fedi a confronto. Ebrei, Cristiani e Musulmani fra X
e XIII secolo. Atti del Convegno di Studi San Vivaldo - Montaione, 22-24
settembre 2004 (La Gerusalemme in Occidente 2), Comune di Montaione Edizioni Polistampa, Firenze 2006, XVIII-310 pp., 18.
Gonzlez Echegaray Joaqun, Pisando tus umbrales, Jerusaln. Historia
Antigua de la ciudad, Editorial Verbo Divino, Estella (Navarra) 2005, 412
pp., 28.85.
Grn Anselm, La vostra gioia sia piena. Il messaggio di Paolo ai cristiani di
Filippi (Itinerari biblici), Queriniana, Brescia 2006, 92 pp., 8.
Gunkel Herman, Creation and Chaos in the Primeval Era and the Eschaton.
A Religio-Historical Study of Genesis 1 and Revelation 12 (The Biblical
Resources Series),William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids
MI - Cambridge, U.K. 2006, XLII-442 pp., $ 36.
Hamilton Gordon J., The Origins of the West Semitic Alphabet in Egyptian
Scripts (The Catholic Biblical Quarterly Monograph Series 40), The Catholic
Biblical Association of America, Washington D.C. 2006, XXVI+433 pp., $ 18.
Hirschfeld Yizhar (ed.), Ein Gedi A Very Large Village of Jews, Hecht
Museum, University of Haifa, Haifa 2006, 74+82 pp.
Hurtado Larry W., How on Earth did Jesus become God. Historical Questions
about Earliest Devotion to Jesus, William B. Eerdmans Publishing Company,
Grand Rapids MI - Cambridge, U.K. 2005, XII-234 pp., $ 20.

700

LIBRI RICEVUTI

Jaro Karl (ed.), Das Neue Testament nach den altsten griechischen
Handschriften, Verlag Franz Philipp Ritzen Echter Verlag, CD-ROM,
Ruhpolding, Mainz - Wien - Wrzburg 2006, 5163 pp., 58.
Kizhakkeyil Sebastian, St. Paul. His Apostolate, Vision and Theology, Isa
Darsan Kendra, Ujjain 2001, 127 pp.
Kizhakkeyil Sebastian, Liberative Prophetic Roles, Ruhalaya Publications,
Ruhalaya, Ujjain 2002, 160 pp.
Kizhakkeyil Sebastian (ed.), In the Footsteps of Jesus, Ruhalaya Publications,
Ruhalaya, Ujjain 2003, 176 pp.
Kizhakkeyil Sebastian - Ammanathukunnel Kurian, Guide to Biblical
Studies, Ruhalaya Publications, Ruhalaya, Ujjain 2003, 312 pp.
Kizhakkeyil Sebastian, The Pentateuch. An Interpretative Study of the First
Five Books of the Bible, Ruhalaya Publications, Ruhalaya, Ujjain 2004,
312 pp.
Kizhakkeyil Sebastian, The Psalms. The Prayerbook of the Bible, Ruhalaya
Publications, Ruhalaya, Ujjain 2005, 492 pp.
Kizhakkeyil Sebastian, Bible Quiz The Pentateuch, Ruhalaya Publications,
Ruhalaya, Ujjain 2006, 112 pp.
Lauriola Giovanni (ed.), Da Cristo la Chiesa (Centro Studi Personalistici
Quaderno 23), Editrice AGA, Alberobello 2006, 290 pp.
Lefort Jacques - Morrisson Ccile - Sodini Jean-Pierre (eds.), Les Villages
dans lEmpire byzantin (IVe-XVe sicle) (Ralits Byzantines 11), Lethielleux,
Paris 2005, 591 pp., 39.
Lning Karl - Zenger Erich, In principio Dio cre. Teologie bibliche della
creazione (Giornale di teologia 321), Queriniana, Brescia 2006, 287 pp.
Luneau Ren, Il glio prodigo (Itinerari biblici), Queriniana, Brescia 2006,
156 pp., 13.
Luz Ulrich, Studies in Matthew, William B. Eerdmans Publishing Company
The Paternoster Press, Grand Rapids MI - Cambridge, U.K. - Bletchley 2005,
XII+385 pp., $ 30.

LIBRI RICEVUTI

701

Magris Aldo - Cacitti Remo et alii, Antiche vie delleternit. Colloquium


internazionale sugli aspetti dellascesi nei primi secoli del cristianesimo (I
Gelsi), Paolo Gaspari Editore, Udine 2006, 227 pp.
Malina Artur, Gli scribi nel Vangelo di Marco. Studio del loro ruolo nella sua
narrazione e teologia, Wydawnictwo Uniwersytetu lskiego, Katowice 2002,
322 pp., Polish z. 35.
Manns Frdric, Les racines juives du christianisme, Presses de la Renaissance,
Paris 2006, 307 pp., 22.
Marchadour Alain, Lazzaro (Itinerari biblici), Queriniana, Brescia 2006, 138
pp., 10.50.
Marcus David, Introduction and commentaries on Ezra and Nehemiah (Biblia
Hebraica Quinta 20), Deutsche Bibelgesellschaft, Stuttgart 2006, XXXII-8352* pp.
Mariotti Scevola, Scritti di lologia classica, Salerno Editrice, Roma 2000,
X-810 pp.
Martin Aldo, La tipologia adamica nella Lettera agli Efesini (Analecta biblica
159), PIB, Roma, 2005, 408 pp.
Massignon Louis, Ishkaliyat al Ard al Muqaddassa. Maqalat 1948-1954
(= Problemi della Terra Santa. Articoli 1948-1954), Oula, Damascus 2005,
232 pp.
Mesters Carlos, Far ardere il cuore. Introduzione alla lettura orante della
Parola (Rotem 1), Edizioni Messaggero, Padova 2003, 159 pp., 8.
Mies Franoise, Lesprance de Job (Bibliotheca Ephemeridum Theologicarum
Lovaniensium 193), Peeters Dudley, Leuven - Paris 2006, XXIV-654[9] pp.
Nolland John, The Gospel of Matthew. A Commentary on the Greek Text
(The New International Greek Testament Commentary), William B. Eerdmans
Publishing Company The Paternoster Press, Grand Rapids MI - Cambridge,
U.K. - Bletchley 2005, XCVIII+1481 pp., $ 80.
Orlando Luigi, LApocalisse di san Giovanni. Lettura teologica (Collana
Gradini), Associazione Onlus Puntopace, Taranto 2005, 206 pp., 20.

702

LIBRI RICEVUTI

Passoni dellAcqua Anna (a cura di), Il vostro frutto rimanga Gv 16,16.


Miscellanea per il LXX compleanno di Giuseppe Ghiberti (Supplementi alla
Rivista Biblica 46), Edizioni Dehoniane, Bologna 2005, 395 pp., 35.
Pepi Luciana - Serani Filippo, Corso di ebraico biblico. Con CD-audio per
apprendere la pronuncia dellebraico (Guida alla Bibbia), San Paolo, Cinisello
Balsamo 2006, X-316 pp., 19.50.
Pieraccini Paolo, Il ristabilimento del Patriarcato Latino di Gerusalemme
e la Custodia di Terra Santa. La dialettica istituzionale al tempo del primo
patriarca Mons. Giuseppe Valerga (1847-1872) (Studia Orientalia Christiana
Monographiae 15), The Franciscan Centre of Christian Oriental Studies
Franciscan Printing Press, Cairo - Jerusalem 2006, XIV+677 pp.
Porter Stanley E. (ed.), Hearing the Old Testament in the New Testament,
William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids MI - Cambridge,
U.K. 2006, XIII+316 pp., $ 29.
Puig i Trrech Armand (ed.), Imatge de Du (Scripta Biblica 7), Associaci
bblica de Catalunya, Abadia de Montserrat 2006, 336 pp.
Rizzi Giovanni, Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide.
Uno studio sulle edizioni della Bibbia presso la Biblioteca della Ponticia
Universit Urbaniana, vol. I: Edizioni nelle lingue constitutive della Bibbia,
1-334 pp.; vol. II: Il continente europeo, 335-1015 pp.: vol. III: Asia, Oceania,
Africa, Continente americano, 1017-1500 pp., Urbaniana University Press,
Roma 2006, 90.
Roncaglia Martiniano Pellegrino, In the footsteps of Jesus, the Messiah, in
Phoenicia/Lebanon. Cana al-Jalil, Tyre, Sarepta, Sidon, Caesarea Philippi and
Mount Hermon (A.D. 28-30), The Arab Institute for East and West Studies,
Beirut 2004, XXXI-543 pp.
Sanguineti Corrado, La funzione retorica e teologica di Romani 9 nel contesto
della sezione Rm 9-11 (Dissertationes Series Theologica XVII), Edizioni
Universit della Santa Croce, Roma 2005, 390 pp., 30.
Scaglioni Germano, E la terra trem. I prodigi della morte di Ges in Matteo
27,51b-53 (Studi e Ricerche), Cittadella Editrice, Assisi 2006, 301 pp., 18.
Schmitt Hatto H. - Vogt Ernst (edd.), Lexicon des Hellenismus, Harrassowitz
Verlag, Wiesbaden 2005, XII-1232 pp., 99.

LIBRI RICEVUTI

703

Secondin Bruno, Il profumo di Betania. La vita consacrata come mistica


profezia terapia. Guida alla lettura dellesortazione apostolica Vita
consecrata (Supplemento a Testimoni n.5 del 15.03.1997), Centro Editoriale
Dehoniano, Bologna 1997, 139 pp.
Secondin Bruno, Abitare gli orizzonti. Simboli, modelli e sde della vita
consacrata (Sentinelle di frontiera 1), Paoline Editoriale Libri, Milano 2002,
283 pp., 12.91.
Secondin Bruno, La lettura orante della parola. Lectio divina in comunit e
in parrocchia, vol. II, Edizioni Messaggero, Padova 2002, 367 pp., 20.
Secondin Bruno Augruso Antonietta, Il Signore guarda il cuore. Esperienze
di cambiamento alla luce della Parola (Rotem 4), Edizioni Messaggero, Padova
2004, 160 pp., 8.
Secondin Bruno, La parola di Dio non incatenata. Lectio divina su Atti degli
Apostoli e Lettere di Paolo (Rotem 5), Edizioni Messaggero, Padova 2004,
239 pp., 14.20.
Secondin Bruno, Fammi sentire la tua voce. Lectio divina su testi dellAntico
Testamento (Scrutate le Scritture 3), Paoline, Milano 2004, 155 pp., 9.
Secondin Bruno - Augruso Antonietta, Se tu non rinasci dallalto Lectio
divina su testi di Giovanni (Rotem 8), Edizioni Messaggero, Padova 2005,
197 pp., 12.50.
Simposio Simone Assemani sulla monetazione islamica/Simone Assemani
Symposium on Islamic Coinage. Padova, II Congresso Internazionale
di Numismatica e di Storia Monetale/The 2nd International Congress on
Numismatic and Monetary History. Padova 17 maggio 2003 (Numismatica
Patavina 7), Esedra editrice, Padova 2005, 253 pp., 34.
Serani Filippo, Esercizi per il Corso di ebraico biblico (Guida alla Bibbia),
San Paolo, Cinisello Balsamo 2006, 351 pp., 19.
Sztuk Dariusz, y dla Boga wedug witego Pawa. Studium egzegetyczno
teologiczne formu dotyczcych proegzystencji chrzecijanina (Rozprawy
i Studia Biblijne 21), Ocyna Wydawnicza Vocatio, Warszawa 2006,
258 pp.
Tbet Michelangelo, Teologia della Bibbia. Studi su ispirazione ed ermeneutica
biblica (Studi di Teologia 7), Armando Editore, Roma 1998, 267 pp., 35.

704

LIBRI RICEVUTI

Tbet Michelangelo - De Virgilio Giuseppe, Introduzione alla lettura dei libri


poetici e sapienziali dellAntico Testamento (Biblioteca Scienze Religiose),
Apollinare Studi, Roma 2000, IX+212 pp., 15.49.
Tbet Michelangelo, Il secondo libro di Samuele (Guide spirituali allAntico
Testamento), Citt Nuova, Roma 2002, 143 pp., 10.
Tbet Miguel ngel, Introduccin General a la Biblia (Pelcano), Ediciones
Palabra, Madrid 2003, 717 pp.
Tbet Miguel ngel, Introduccin al Antiguo Testamento. I. Pentateuco y
Libros Histricos (Pelcano), Ediciones Palabra, Madrid 2004, 501 pp.
Tbet Michelangelo, Bibbia e storia della salvezza (Biblioteca Scienze
Religiose), Edizioni Universit della Santa Croce, Roma 2004, 358 pp.,
20.
Taccone Fernando (ed.), Quale volto di Dio rivela il Crocisso? (Appunti di
teologia 6), Edizioni OCD, Roma Morena 2006, 246 pp., 14.
Taha Hamdan - Pol Arent - van der Kooij Gerrit, A hoard of silver coins at
Qabatiya, Palestine (Khirbet Balama Archaeological Project. Report of the
1996-2000 excavations and survey 4), Ministry of Tourism and Antiquities
Department of Antiquities and Cultural Heritage, Ramallah 2006, 80 pp.
Thompson Marianne Meye, Colossians and Philemon (The Two Horizons
New Testament commentary), William B. Eerdmans Publishing Company,
Grand Rapids MI - Cambridge, U.K. 2005, 297 pp., $ 20.
Volgger David, Der Opferkalender der Tempelrolle. Eine Untersuchung zu
11Q19 Kolumne 13-30 (Arbeiten zu Text und Sprache im Alten Testament 79),
EOS Verlag, St. Ottilien 2006, V+196 pp.
Witherington III Ben, 1 and 2 Thessalonians. A socio-rhetorical commentary,
William B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids Michigan /
Cambridge, U.K. 2006, XXXI-288 pp., $ 30.
Windus-Staginsky Elka, Der gyptische Knig im Alten Reich. Terminologie
und Phraseologie (Philippika. Marburger altertumskundliche Abhandlungen
14), Harrassowitz Verlag, Wiesbaden 2006, 281 pp.

Studium Biblicum Franciscanum


Anno Accademico 2005-2006

LA 56 (2006) 705-719

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM


ANNO ACCADEMICO 2005-2006

I. STUDENTI
Si registrato un incremento nel numero degli iscritti allo SBF che questanno
sono stati 101: 42 alla Licenza, 12 alla Laurea, 7 al Diploma di Formazione
biblica, 27 straordinari e 13 uditori. I licenziati sono stati 11: 10 in Scienze
bibliche e Archeologia, 1 in Teologia con specializzazione biblica. Sono state
discusse due tesi di Laurea: una in Scienze Bibliche e Archeologia, unaltra
in Teologia con specializzazione biblica.
Tesi di Licenza in Scienze bibliche e Archeologia
LUCA M., Il dono del Risorto. Analisi esegetica e teologia biblica di Gv 20,1923, pp. 92 (moderatore: G. Bissoli).
OLICKAL M., God sent me before you. A Narrative Analysis of Gen 45,1-8,
pp. 93 (moderatore: P. Kaswalder).
GOH Y.C.L., Wisdom to rule and build. Wis. 9,1-18 as an afterlife of a text,
pp. 122 (moderatore: F. Manns).
LUNA MIRANDA R., Il senso degli anni della vita. Studio esegetico del Salmo
90, pp. 86 (moderatore: A. Mello).
TINAJ G., Charis kai aletheia nel prologo di Giovanni, unendiadi rivelatoria,
pp. 125 (moderatore: F. Manns).
PANIAGUA E.J., The Behavior of Agape. An Exegetical Analysis of 1 Cor
13:4-7, pp. 98 (moderatore: A. M. Buscemi).
TOCZYSKI A., Analisi sintattico-testuale e narrativa di Es 14, pp. 84
(moderatore: G. Geiger).
ROSTOM MADERNA S., La diosa Asherah en Os 2,4-5a.6-7.10-14. Estudio
histrico-exegtico, pp. 124 (moderatore: A. Niccacci).
DE ANDRADE SOUZA E.M., Il ruolo della sapienza nella creazione di Dio: sfondo biblico-giudaico di Col 1,15-18A, pp. 110 (moderatore: A. M. Buscemi).

708

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

BOER G., Analisi esegetico-teologica di Cantico dei Cantici 8,6-7. Lamore


delluomo e lamore di Dio: dal senso letterale al senso pieno, pp. 144
(moderatore: A. Niccacci).
Tesi di Licenza in Teologia biblica
ELIAS Hana, Il valore salvico della sofferenza. Studio letterario, esegetico e
teologico di Is 52,13-53,12, pp. 116 (moderatore: A. Niccacci).
Tesi di Laurea in Scienze bibliche e Archeologia
TRBA Blaej, Take off your sandals from your feet!. An exegetical study
of Josh 5,13-15, pp. 374 (moderatore: P. Kaswalder; correlatore: L. J. Hoppe;
censori: T. Vuk e M. Pazzini).
This thesis deals with the text of Josh 5,13-15. This exegetical study aims to propose an understanding of this short narrative in its own proximate (Josh 16) but
also larger (GenJosh) context. The present investigation consists of three major
parts. The rst part treats the basic issues such as the history of research (Chapter
1) and a treatment of the methodology used and the examination of the text Josh
5,13-15 itself (Chapter 2). The second part, which consists also of two chapters,
examines the issue of the transmission of authority to Joshua (Chapter 3) and the
question of the prophet like Moses of Deut 34,9-12 (Chapter 4). The results of
these two chapters provide exegetical key for the understanding of the role of Joshua, the successor of Moses. The third part consists of the only one chapter, Chapter
5. In this chapter Josh 5,13-15 is examined primarily via narrative analysis.
Chapter 3 consists of the analysis of three texts Num 27,22-23; Deut 31,78 and 31,23 and deals with the installation of Joshua into his leading role. A
proposal has been made that Joshua is introduced to his role at the three different moments by three different persons.
In Num 27,23 it is Eleazar, the priest, who imposes hands on Joshua and
installs him. Only in Deut 31,7-8 Moses installs Joshua in the sight of all Israel
and thus gives him some of his authority (cf. Num 27,19.20). This Mosaic installation and is of greater importance, since the old leader introduces a new one and
lays upon him two charges i.e. to go with the people (into) the land and to
apportion it. The third installation takes place during the revelation of Yahweh
to the two leaders in the tent and Yahweh himself charges Joshua (Deut 31,23).
The Lord commands Joshua directly, in the presence of Moses, to undertake the
unique function of leading the people into the Promised Land. The people are
unaware of this last, divine installation and only the reader may see the following
links. This task of leading into the Promised Land is an explicit continuation of

ANNO ACCADEMICO 2005-2006

709

Yahwehs decision at his very rst theophany to Moses in the burning bush (Exod
3,8). Yahweh came down to deliver his people from Egypt and to bring them to
the good land. To Moses, he entrusted the rst part of his plan the deliverance
of the Israelites from Egypt (v. 10), but Joshua alone is the human agent of the
second part commissioned precisely in Deut 31,23 to bring the people into
the Land. Yahweh promised to both of them his own assistance I will be with
you (M;[i hy<h]a,), to Moses in Exod 3,12 and to Joshua in Deut 31,23, principally
for this salvic plan. In this light, it was not within the remit of Moses to give to
Joshua authority in the matter of leadership into the land, because he had never
received it from Yahweh. Moses could give to Joshua only some of his authority
(31,7-8; cf. Num 27,20a). Joshua received the full authority, i.e., equal to Moses
one, uniquely from the Lord alone in the tent (Deut 31,23). Thus Joshua is not
only a competent leader as was Moses and thus his real successor, but also the
true and the only executor of the second half of Yahwehs initial intention. It is
this latter that makes his role at least as important as that of Moses. The initial
intention of Yahweh as evidenced by his rst theophany continues through the
commissioning of the new leader and it will be completed only after the entrance
into Land, as the narrative of the Jordan crossing conrms.
Before Moses death the new competent leader is ready and after the 30 days
of mourning for Moses (34,8b), the narrator states for the reader alone that the new
leader Joshua is the only guide equal to Moses. The assumption that after Joshua
there was never another man like Joshua with the same authority as Moses became
a working hypothesis for the following chapter The prophet like Moses.
Chapter 4 analyses the last four verses of Pentateuch, Deut 34,9-12. V. 9
presents Joshua, full of the spirit of wisdom and alludes also to his future task
in the crossing of the Jordan. Vv. 10-12 present a prophet like Moses who is
characterized by face-to-face contact with Yahweh (v. 10b) and as miracle
worker at the event of exodus and crossing of the Reed Sea (vv. 11-12). The
literary analysis has shown that vv. 9-12 form an unbreakable unity and that
to cut v. 10 (hv,moK] laer:c]yIB] dw[ aybin: q:Aalw; v. 10a) off from v. 9 appears to be
a serious neglect of the Hebrew syntax and of the narrative coherence. Thus
the object of vv. 9-12 is Joshua and his role, which extend far beyond the end
of Deuteronomy. These verses are the basis for a proposal that Joshua is the
prophet like Moses and only the reader is aware of that.
V. 9 recalls the Mosaic installation via Moses imposition of the hands on
Joshua and recalls also the divine installation where Joshua received the spirit
of wisdom from the Lord. Thus it makes an indivisible link for the reader
between the Mosaic and divine installations and afrms the importance of the
last, divine installation. Since both Moses and Joshua share an equal dignity
obtained from Yahweh, then vv. 9-10 can legitimately be explained as the
qualication of Joshua as the prophet like Moses. Indeed, since then there
has not arisen a prophet like Moses, because he stood already ready there
on the spot Joshua. This conclusion is the most challenging one. Now, v. 9b

710

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

alludes to the crossing of the Jordan and vv. 11-12, which depend on v. 10,
evoke the Exodus miracle. Thus this prophet equal to Moses is characterized
by the Exodus attributes and then vv. 9-12 make an unbreakable link between
the narratives of the crossing of the Reed Sea and of the Jordan.
Vv. 9-12 recall the strong linkage between Exod 3,8-12 and Deut 31,23
and thus the link between the Books of ExodusDeuteronomy and the Book of
Joshua is without comparison in the Hebrew Bible. The theme, which starts in
Exod 34 and is being completed in Josh 34, employs Deut 34,9-12 (linked
to 31,23) as necessary to convey an important statement for the reader, that
Eisodos has an equal value to that of Exodus. Since vv. 9-12 form a strong
link between the books of Deut and Josh, it is erroneous to speak about such
a Pentateuchal redaction, which apparently would have marked a division between the Pentateuch on the one hand and Joshua on the other.
Since vv. 9-10 form a literary unity, the division of vv. 7-9 from vv. 10-12
fails to recognize the principles of the text as literature. A diachronic proposal
that overlooks both the syntactical structure (of vv. 9-10a) and the narrative coherence is lacking a solid basis. Thus any diachronic analysis which separates
v. 9 from vv. 10-12 on the literary basis, must be revisited at least.
Chapter 5 analyses the short narrative Josh 5,13-15. Joshua, the prophet
like Moses, after he led the people into the Promised Land, encounters that
unknown. The encounter as such terminates with the speech of Yahweh in 6,25. In fact, the syntactical analysis conrmed that 5,136,5 describes one single
encounter between Joshua and Yahweh. However, the text of 5,13-15 has been
proven to be cohesive and to have a self-subsistent narrative. It functions as
an introduction to the second part of the encounter. The plot of theophany has
been identied in this whole narrative unit (5,136,5).
Since the rst salvic era that Yahweh inaugurated in Exod 3,8 was fullled
with the crossing of the Jordan (Josh 34) and, as recalled by several narrative
notes in Josh 5, the reader may expect a new revelation of God. Indeed, the
comparative study of Joshuas encounter with the commander (vv. 13-15) with
four other theophanies to Abraham (Gen 18,1-15), to Jacob (ch. 32,25-32),
to Moses (Exod 3,1-12) and to Balaam (Num 22,20-35) conrmed that this
encounter inaugurates a new theophany of Yahweh. The narrator of Joshuas
encounter evokes remarkably via the phrase taking off sandals the reiteration of the revelation to Moses and its actualisation through the liberation of
Yahwehs people from Egypt and through their entry into the good land. On the
other hand, through the intended links to the theophanies to Abraham and Jacob,
the narrator evokes the fullment of the old, and most important, promise of the
land for the patriarchs and for their posterity. Thus these narrative devices function as a support for the proposal of the equal importance of a new theophany
in Josh 5,13-15(6,5) with the three theophanies mentioned above. In this new
theophany, Yahweh revealed himself to Joshua with the military connotations
and with the decision to be a protagonist of the future for his people.

ANNO ACCADEMICO 2005-2006

711

Today it is accepted that the biblical authors utilized the imaginative and
conventional religious language familiar to them from their Syro-Palestine
background and freely applied it to Yahweh, often to demonstrate his superiority over other deities. The monotheistic orientation however tended to present
Yahweh also with more sophisticated attributes and with the unshakeable human-divine relation which was the basis of a presentation of Yahweh that was
more symbolically than realistically military. It seems to be that the postexilic
theological reconsideration must have penetrated some chief texts treating the
promise of the land from the Book of Exodus to the Book of Joshua at least
and created a rm hope of the gift of land. The same theologians have presented a new revelation of Yahweh with a decision to give the land into the
hand of the Israelites. Evidently, their God will be the protagonist of such an
invasion of the land and by no means the Israelites alone.
Our investigation has shown that the second chief theophany of Yahweh
in Josh 5,136,5 does not empower Joshua for a military campaign but rather,
evoking in the reader the past important revelations and events of the history
of the Israelites, it raises the hopes for the life in the Promised Land. Thus the
narratives about the ritual destruction of the nations are not conceived on the
literary level as of the primary importance and their interpretation, which often
recalled as problematic, are evidently relativised and they should not constitute
the most important theological problem of the Book of Joshua. Indeed, the
chief role of Joshua was to accomplish Yahwehs decision to lead the people
into the Promised Land and then to apportion it, but not to conquer it. His
leadership therefore is not a model of leadership in the conquest but a model
of leading home, into the land. Our text therefore narrates a new revelation of
Yahweh who himself, under the military vestments, will be the protagonist of
the proximate future of Israel. Moreover, the narrator of Josh 5,13-15 recalls
the past events and the fullment of the faithfulness of Yahweh to his greatest Promise of the Land and thus the reader may expect that new salvic era,
opened by this theophany, will be marked again by Yahwehs faithfulness and
a positive outcome for his people in the Promised Land. (.B.)
Tesi di Laurea in Teologia biblica
MAZUR Roman, La retorica della Lettera agli Efesini, pp. 451 (moderatore:
A. M. Buscemi; correlatore: G. C. Bottini; censore: R. Pierri).
La funzione di questa parte, secondo la retorica classica, coincide parzialmente con
lo scopo della conclusione del lavoro scientico: ratio posita in rebus, si tratta cio
di ricordare in maniera concisa i punti pi importanti ai quali la ricerca arrivata
(Cf. QUINTILIANUS, Linstituzione oratoria, VI.1.1, in riferimento alla peroratio =
conclusio. Cf. anche LAUSBERG, Handbook of Literary Rhetoric, 431-435.)

712

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

La ricerca iniziata partendo da unindagine preliminare, che mi ha permesso di conoscere la molteplicit degli studi fatti sulla Lettera agli Efesini, i
loro punti di arrivo come anche il buon livello da essi raggiunto e il contributo
specico che essi hanno offerto per il mio tema di ricerca sulla struttura retorica della Lettera agli Efesini. Ad essi, in qualche modo mi sento debitore.
Rileggendo per criticamente gli studi che mi hanno preceduto, mi sembrato bene colmare due lacune principali: 1) la prima riguarda lapplicazione
del metodo storico-critico a tutta la Lettera, specialmente nella parte letteraria,
dove gli aspetti sintattici e strutturali delle varie pericopi spesso sono stati
trascurati dai commentatori, per offrire unesegesi pi concettuale che testuale
e concettuale insieme; 2) la seconda lacuna riguarda lapplicazione sistematica
delle regole della retorica al testo della Lettera. La maggioranza degli studi, da
me esaminati, sono commentari e, quindi, si spiega il fatto che gli autori hanno
fatto uso della retorica solo in maniera sporadica, non tanto per individuare
la inventio della Lettera, ma per servirsi di qualche gura della elocutio che
poteva in qualche modo caratterizzare certe parti della Lettera. I pochi autori,
che hanno trattato la Lettera o parti di essa sotto laspetto retorico, mostrano
una sensibilit maggiore ai problemi retorici, anche se a mio avviso hanno un
difetto di fondo: manca in essi una ricerca letteraria, sintattica e strutturale, di
base che sostenga la ricerca della struttura retorica della Lettera; mancano in
altre parole di quel recte dicendi modus della Lettera agli Efesini. Tutto ci,
pertanto, mi sembra che sia dovuto, in un modo e in un altro, ad una carenza
di metodo nella ricerca: un metodo che non prescinda dalla critica storico-letteraria del testo n di quella propria delle regole retoriche.
Conscio di tutto ci e che unanalisi solamente retorica, che trascuri la
retta elocutio o la areth thv le/xew, non si giustichi, mi sembrato bene
di stabilire un metodo di ricerca che unisca sia laspetto letterario che quello
retorico. Cos, ho iniziato, in primo luogo, dallanalisi sintattico-letteraria del
testo secondo le tappe del metodo storico-critico: dopo aver esaminato il testo
secondo la critica textus, abbiamo cercato di individuare, mediante la sintassi
e altri dettagli stilistici, tutti quegli elementi di unit e di suddivisione che
aiutavano a scoprire sia la micro-struttura della Lettera agli Efesini che la sua
macro-struttura. In tal modo, si potuto ricostruire il tessuto (textus) della
Lettera, cos da avere una prima comprensione del suo messaggio. La seconda
fase del lavoro stato quello di capire tale messaggio alla luce dellanalisi retorica, in modo da comprendere a fondo la dispositio o inventio della Lettera,
cio quellordinamento pratico del procedimento argomentativo retorico, applicato per ottenere il massimo della comprensione del lettore o per esprimerci
in termini retorici: attentum, docilem, benevolum auditorem parare.
Chiarito il metodo della ricerca, nella Prima Parte del mio lavoro, ho
stabilito una stretta analisi letteraria di ogni pericope, basata su tre traiettorie
importanti: i limiti delle pericopi, in cui stata inserita anche la critica textus,
il genere letterario, lo sviluppo formale-contenutistico. In base a tale ricerca,

ANNO ACCADEMICO 2005-2006

713

credo che si possono stabilire alcune conclusioni: a) la struttura generale della


Lettera agli Efesini, la sua grammatica e sintassi non si discostano molto dallo
stile delle lettere paoline; anche luso della pleroforia, per quanto sia abbastanza accentuato, non ha nulla che differisca da altre lettere paoline come Romani
e 2 Corinzi; b) il contenuto della Lettera basato su una teologia trinitaria
con al centro la cristologia, su una parenesi epidittica che cerca di mostrare la
coerenza tra il vivere quotidiano e la professione della propria fede: indicativo
e imperativo della salvezza sono amalgamati in una visione di unit della Chiesa, su unescatologia realizzata e realizzantesi comune al resto dellepistolario
paolino che trova soprattutto nel campo dellecclesiologia il terreno propizio
per vivere la propria fede non solo in termini personali, ma soprattutto in termini di comunione fraterna.
Con ci non si vuole negare la specicit teologica della Lettera agli Efesini, ma si vuole affermare che, pur nella diversit dovuta a circostanze diverse,
essa mostra non solo afnit con il pensiero paolino, ma che in essa si pu
leggere il pensiero autentico dellapostolo. Di pi: tale pensiero, e la nostra
analisi retorica lo pone in rilievo, mostra una forza interna di convincimento che
troviamo solo nelle lettere autentiche di Paolo: non si tratta di imitazione, ma di
immedesimazione nella problematica di una comunit vivente, a cui Paolo d in
maniera originale orientamenti di dottrina e di vita, che investono gli aspetti della
vita personale dei credenti, gli aspetti sociali in cui essi sono inseriti: famiglia e
societ, gli aspetti comunitari in cui essi vivono la loro esperienza di fede; il tutto
riletto nella prospettiva dellunit: interiore personale, socio-familiare, ecclesiale e
soprattutto in quella visione cristologica, tanto cara a Paolo, della ricapitolazione
di tutto nella Chiesa: divenire un solo uomo nuovo in lui.
Prima di iniziare lanalisi retorica, mi sembrato bene inserire un breve prospetto metodologico sul procedimento retorico nelle sue linee essenziali: a) la
ricerca del genus rhetoricus: genere giudiziario to\ dikanikon geno, genere
deliberativo to\ sumbouleutikon geno, genere epidittico to\ epideiktikon
geno e la loro storia nella manualistica classica; b) il modello del genere epidittico con i suoi tre momenti essenziali: lintellectio (nohsi), cio la comprensione
della materia da trattare, linventio (euresi), la capacit di sapere trovare gli
argomenti giusti per trattare una determinata questione, e la dispositio, il modo
(taxi) di impostare i propri argomenti perch risultino utili (prepon, utilitas) al
proprio uditorio; c) i momenti essenziali della dispositio: lexordium (prooi/mion
= prooemium), la narratio (dih/ghsi) o la proqesi, la probatio (pi/sti) o la
refutatio, la peroratio (epi/logo); inne, la elocutio (o le/xi, frasi), che traduce in linguaggio (verba) le idee (res) trovate mediante linventio e organizzate
nella dispositio; di essa soprattutto abbiamo messo in rilievo le gure retoriche, le
funzioni grammaticali e sintattiche dell Ellhnismo/, in quanto esse mettono in
rilievo, pi che lo stile personale del discorso di Paolo, la perspicuitas, lornatus
e laptum del bene dicendi modus usato da Paolo per esprimere le sue convinzioni
di fede.

714

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

Una volta stabilito tale modo di procedere, sono passato dalla micro-struttura dellanalisi letteraria della Prima Parte alla macro-struttura dellanalisi
retorica: in altre parole ho stabilito la dispositio della Lettera agli Efesini nella sua globalit. Essa si presenta: a) come un discorso inserito in una veste
epistolograca: avente, quindi, un praescriptum, un corpus, un postscriptum;
b) il suo genus rhetoricus quello dellargumentatio epidittica: cio quello
di una istruzione sul bene da fare e il male da evitare, avente come punto di
riferimento il messaggio cristiano nel suo insieme, sia nella sua caratterizzazione dottrinale che in quella parenetica, ma ancor di pi avendo come centro
portante la cristologia; c) la dispositio concreta della Lettera si svolge in modo
regolare: dopo lexordium di Ef 1: praescriptum + eulogia + ringraziamento
(unito alla petitio), segue la narratio di Ef 2,1-10, alla quale succede largumentatio o probatio di Ef 2,11-6,9, e inne la peroratio di Ef 6,10-20 ed il
postscriptum di Ef 6,21-24; d) la lunga argumentatio di Ef 2,11-6,9 ha due
propositiones: una principale in Ef 2,8-10 e una secondaria o sub-propositio
in Ef 4,1-3, entrambe illustrano epiditticamente il messaggio principale della
Lettera: la salvezza, offerta come grazia ai credenti e che essi sono chiamati a
mantenerla, come un solo uomo nuovo, nellunit ecclesiale.
In base alla nostra analisi sintattica e letteraria, la struttura della Lettera si
presenta nel modo seguente:
Ef 1,1-2 praescriptum
Ef 1,3-14 eulogia
Ef 1,15-23 ringraziamento e preghiera dintercessione
Ef 2,1-6,20 corpus della Lettera
Ef 2,1-3,21 parte dogmatica o dottrinale o teologica
Ef 2,1-10 narratio
Ef 2,11-22 argumentatio
Ef 3,1-13 argumentatio
Ef 3,14-21 lintercessione (Ef 3,14-19) e la dossologia (Ef
3,20-21)
Ef 4,1-6,20 parte parenetica
Ef 4,1-16 propositio: unit (Ef 4,1-3) e carismi ecclesiali
(Ef 4,7-16)
Ef 4,17-24 esortazione a vivere secondo luomo nuovo
Ef 4,25-5,2 esortazione a vivere secondo lamore
Ef 5,3-14 esortazione a non vivere secondo i vizi ma
secondo le virt
Ef 5,15-20 esortazione a vivere da saggi
Ef 5,21-6,9 Haustafel
Ef 6,10-20 ultima esortazione - peroratio
Ef 6,21-24 postscriptum

ANNO ACCADEMICO 2005-2006

715

Il quadro generale della dispositio della Lettera agli Efesini, secondo lanalisi
retorica svolta, si presenta nella maniera seguente:
Ef 1,1-23
Ef 2,1-10
Ef 2,8-10
Ef 2,11-3,13
Ef 2,11-22
Ef 3,1-13
Ef 3,14-21
Ef 4,1-6
Ef 4,7-6,9
Ef 4,7-16
Ef 4,17-24
Ef 4,25-5,2
Ef 5,3-20
Ef 5,3-14
Ef 5,15-20
Ef 5,21-6,9
Ef 6,10-20
Ef 6,21-24

exordium
narratio
propositio
argumentatio
prima probatio
secunda probatio
peroratio
propositio (Ef 4,1-3) con adiectio (Ef 4,4-6)
argumentatio
prima probatio
secunda probatio
amplicatio dellargumentatio con una digressio
due amplicationes
amplicatio con catalogo dei vizi e delle virt
amplicatio sulla vita da saggi
argumentatio sulla vita della famiglia cristiana (Haustafel)
peroratio
postscriptum

Come si pu notare dal confronto delle due strutture, gli elementi essenziali
della Lettera concordano tra loro, tranne in alcune parti; le differenze sono dovute
soprattutto al genere letterario misto della Lettera: epistolograco e retorico insieme. Cos, la prima differenza si nota gi allinizio, dove lexordium della Lettera
pi esteso del solito e include tre generi letterari: il praescriptum, la eulogia e il
ringraziamento, che nellanalisi letteraria vengono svolte in tre pericopi distinte.
In effetti, per, le tre pericopi di Ef 1 contengono elementi caratteristici di un
exordium.
Anche la narratio di Ef 2,1-10 prepara la continuit del discorso e nella
sua parte nale, attraverso la propositio di Ef 2,8-10, introduce il tema principale della Lettera: la salvezza un dono di Dio e gli uomini la ottengono
per lamore misericordioso di Dio e mediante le opere buone a cui sono stati
predisposti nel Cristo Ges (Ef 2,10).
Largumentatio di Ef 2,11-3,13 la pi/sti o probatio, che in Ef 2,11-22 e
Ef 3,1-13 vuole mettere in risalto (docere) sia la differenza tra leijko/ del passato dei credenti e quello presente e, inoltre, il ruolo ministeriale di Paolo nel
rivelare agli Efesini il mistero di Cristo, soprattutto ai credenti provenienti dal
paganesimo. Entrambe le pi/stei contengono elementi emotivi atti a suscitare
il pathos, afnch lauditorium segua il contenuto del docere.
In Ef 3,14-21, si ha la peroratio, che, attraverso il suo tipico elemento di
ricapitulatio o ajnakefalai/wsi, riprende brevemente le idee n qui presenta-

716

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

te, e mediante la conquestio, per mezzo della preghiera dintercessione, cerca


di suscitare laffectus dellauditorium; con tale peroratio Paolo termina efcacemente lesposizione dogmatica, contenente elementi di teologia, cristologia,
pneumatologia ed ecclesiologia e concernenti leijko/ della vita cristiana della
comunit dei credenti di Efeso.
Lo stile, come gi si accennato, alquanto pleroforico, ricco di gure
retoriche e non privo di un certo ritmo, ma realizza perfettamente quel pre/pon
o aptum, che conferisce al discorso di Paolo unefcacia straordinaria e realizza quellutilitas dellauditorium efesino che lapostolo voleve raggiungere
con il suo docere.
Con la propositio di Ef 4,1-3 inizia la seconda parte, pi orientata alla
prassi, avente tenore esortativo. La presenza di una nuova propositio, dopo
la peroratio, non risulta n strana n tanto meno impossibile. Ci si capisce
meglio se si tiene conto del cambio di prospettiva nel docere: dalla spiegazione
dogmatica sullessere un solo uomo nuovo nel Cristo Ges si passa allesortazione a realizzare tale unit nella prassi del vivere quotidiano.
Largumentatio, in Ef 4,7- 6,9, svolta mediante diverse pi/stei o probationes, che ogni tanto, a causa dellutilitas, sono intercalate in Ef 4,25-5,20
da alcune amplicationes. Essa svolta in tre momenti: la pi/sti che si trova
in Ef 4,7-16 riguarda la realt e necessit dei diversi carismi che servono per
mantenere lunit ecclesiale; quella di Ef 4,17-24, si riferisce alla necessit di
agire secondo luomo nuovo che partecipa alla vita di Dio; a questa seconda
probatio, Paolo fa seguire tre amplicationes: una in Ef 4,25-5,2, sotto forma
di di digressio, nella quale esorta ad imitare Dio da gli da lui amati, mentre
nella seconda in Ef 5,3-14 insiste sul tema complementare del vivere da gli
della luce, inne nella terza amplicatio di Ef 5,15-20 esorta a riempirsi dello
Spirito in modo da condurre una vita sapiente e rendendo grazie a Dio con
salmi, inni e cantici spirituali.
La pi/sti nale di Ef 5,21-6,9, servendosi del codice familiare, esorta
i membri della famiglia cristiana a sottomettersi gli uni gli altri nel timore
di Cristo, in modo da edicarsi vicendevolmente nel Signore e nellamore
reciproco.
La peroratio di Ef 6,10-20 ha uno svolgimento tipico: a) si serve della
ricapitulatio o ajnakefalai/wsi per richiamare brevemente i temi trattati precedentemente nella Lettera; b) cerca di conquistare i credenti di Efeso prima
mediante la indignatio, basata sul locus ab adversariorum persona, il diavolo
e i suoi emissari: i principati, le potenze, i dominatori di questo mondo di
tenebra e gli spiriti del male che operano nelle sfere celesti, essi sono estremamente pericolosi e vanno combattuti rivestendosi delle armi spirituali; poi,
mediante la conquestio, basata sul locus a persona: quello degli uditori, per
incoraggiarli ad assumere responsabilmente degli atteggiamenti coerenti con
la loro fede cristiana per non soccombere en thv hJmera thv ponhra; inne, la
conquestio si trasforma in un locus a persona che si intreccia con il locus a

ANNO ACCADEMICO 2005-2006

717

causa, per chiedere a Dio che la Parola del vangelo possa essere proclamata
con franchezza a tutti gli uomini e la salvezza possa investirli attraverso lazione apostolica di Paolo.
Il postscriptum di Ef 6,21-24 fa ritorno al genere epistolare e conclude la Lettera
in modo regolare o comune alle altre Lettere paoline con piccole modicazioni.
Al termine di questa conclusione generale, mi sembra che la ricerca non nisca
con il mio presente lavoro, ma che vi siano ancora delle prospettive di ricerca. In
primo luogo, vi ancora da lavorare nel campo specico della retorica. vero che
ho cercato di individuare inventio, dispositio e elocutio, ma questultimo campo
della elocutio molto vasto e complesso e in qualche modo andava oltre i limiti del
mio lavoro. Infatti, il campo della elocutio non si interessa soltanto delle gurae
elocutionis e delle gurae sententiae, a cui noi abbiamo fatto riferimento e che
sono molto importanti per lesegesi dei testi, ma anche della compositio soprattutto della sententia e del periodus. Ogni retore usava una colometria specica,
che rendeva il proprio discorso non solo sapido, ma anche armonioso allascolto.
Tale studio potrebbe essere di aiuto in certi casi, non tanto per lesegesi contenutistica dei testi, quanto per lesegesi formale che si interessa della divisione e
suddivisione del testo. Potrebbe avere una certa utilit anche per coloro che si
dedicano a rilevare i brani poetici del testo, come in qualche modo ho accennato
per la eulogia di Ef 1,3-14 e linno di di Ef 2,14-18.
Mi sono interessato anche dellaspetto contenutistico del brano, ma chiaro che la Lettera sotto questa dimensione presenta prospettive molto vaste nel
campo della teologia, della cristologia, della pneumatologia, dellecclesiologia
e del loro rapporto vicendevole. Tutto ci non era chiaramente nel nostro scopo,
ma elaborando questa ricerca, man mano che procedevo, mi sono reso conto che
essa non era altro che un campo ristretto nel campo immenso della investigazione
sulla Lettera agli Efesini. Gli studi su questo punto non mancano; ci che manca
in essi, per, la base solida dellapprofondimento della ricerca sul testo.
Il presente lavoro vuole fornire a tali studi un fondamento pi sicuro:
quello di una ricerca che tiene conto degli aspetti formali letterari sintattici
e strutturali e di quelli funzionali della retorica. Sotto questo aspetto, la mia
ricerca potrebbe essere utile anche ai commentatori di Efesini, in quanto non
vi pu essere nessun buon commento che non tenga conto degli aspetti formali
e funzionali di questa Lettera, pi che di ogni altra lettera paolina. Spesso,
infatti, si sente affermare che la Lettera agli Efesini ha poca partecipazione
emotiva. Questo non vero e lo studio sulluso della retorica in questa Lettera
ci ha convinto che quellaffermazione un locus communis sine fundamento
in re. Paolo rivela tutto il suo essere in questa Lettera, sia con i toni evocativi
della eulogia di Ef 1,3-14, sia nel ricordare ai credenti di Efeso il suo impegno
per manifestare ad essi il mistero di Cristo (Ef 2,1-22), ma soprattutto nella
parenesi di Ef 4,1-6,20, dove il cuore di Paolo vibra nellesortare a vivere in
maniera degna della vocazione a cui si chiamati, in maniera da contribuire
con i propri carismi alledicazione della Chiesa, a riempirsi dello Spirito per

718

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM

cantare a Dio con salmi, inni e cantici spirituali, per vivere in armonia nella
famiglia e a rivestirsi dellarmatura spirituale per essere pronti a resistere alle
insidie del diavolo, ma specialmente a rivestirsi di Cristo per essere un solo
uomo nuovo con lui. (R.M.)
II. NOTE DI CRONACA
5 ottobre 2005. Nella chiesa di S. Salvatore si svolta la celebrazione eucaristica per linaugurazione dellanno accademico 2005-2006. La celebrazione
stata presieduta da Mons. Pietro Sambi, Nunzio Apostolico. Per la prima volta si
sono uniti alla celebrazione anche docenti e studenti dello Studium Theologicum
Salesianum. Sotto la presidenza del Decano si svolta la prima assemblea degli
studenti ordinari dei tre cicli della Facolt, per lelezione del loro rappresentante
al Consiglio.
11 ottobre 2005. Gli studenti dello SBF hanno eletto come loro rappresentante
al CD Giuseppe Berardi.
30 ottobre 2005. Riceviamo una lettera di ringraziamento dellarcivescovo
Mons. Leonardo Sandri, Sostituto della Segreteria di Stato del Vaticano - Affari
Generali. Il papa Benedetto XVI esprime gratitudine per il dono ricevuto in occasione del Congresso Internazionale indetto dalla Federazione Biblica Cattolica
per il XL anniversario della Dei Verbum.
18 novembre 2005. Nellaula Bellarmino Bagatti, p. Adrian Schenker, op,
tiene una conferenza sulla Biblia Hebraica Quinta.
14-29 novembre 2005. Si svolge il IX corso per animatori di pellegrinaggi in
Terra Santa.
8 dicembre 2005. Visita allo SBF e al Museo di Don Arto Antonio sdb, direttore
dellIstituto di Psicologia dellUPS di Roma e di p. Giancarlo Lato ofm.
10 dicembre 2005. Su invito di p. Alviero Niccacci il prof. Bruno Chiesa ha
tenuto una conferenza presso lo SBF dal titolo I Karaiti del X sec. come prodotto
della simbiosi giudaico - cristiano - musulmana.
17 dicembre 2005. P. Claudio Bottini (moderatore della prima sessione) e p.
Frdric Manns (relatore) hanno partecipato alla giornata di studio Il Concilio
Vaticano II: 40 anni dopo presso il Centro Notre Dame di Gerusalemme.
11 gennaio 2006. S. Em. il Cardinale Tarcisio Bertone, Arcivescovo di Genova,
ci onora di una sua visita e si ferma alla Flagellazione come ospite.
1-14 febbraio 2006. Si svolge lescursione in Egitto guidata da p. A. Niccacci.
9 febbraio 2006. Visitano lo SBF e sono nostri ospiti Julio Trebolle, biblista
spagnolo, Pablo Turrijano.
14 febbraio 2006. Giungono alla Flagellazione Mons. Giuseppe Segalla e p.
Marco Nobile. Il primo terr un corso di Teologia biblica (NT), il secondo un
corso di Teologia e uno di Esegesi (AT).

ANNO ACCADEMICO 2005-2006

719

14 marzo 2006. Mons. Giuseppe Segalla, professore invitato di Teologia biblica


del NT, in serata tiene una conversazione sulla sua recente pubblicazione Teologia
del NT. Tra memoria escatologica di Ges e promessa del futuro segno di Dio.
18-21 aprile 2006. Nellaula Bellarmino Bagatti si svolge il corso di Aggiornamento Biblico-Teologico Bibbia e Vita consacrata a 40 anni dal Concilio.
3-10 maggio 2006. Gli studenti dello SBF prendono parte allescursione in
Giordania organizzata e guidata da p. P. Kaswalder.
Dalla Curia Generale ci giunge il decreto di nomina a professori straordinari
di Giovanni Bissoli e Tomislav Vuk.
6 giugno 2006. Sono nostri ospiti Mons. Alberto Terreira, Arcivescovo di
Palmas (Brasile), lo accompagna don Luciano Zilli; don Vincenzo Lopasso, che
ha insegnato allo STJ nel secondo semestre; fr. Lionel Goh che, in questi giorni,
sta guidando un gruppo di pellegrini in Terra Santa.
11 giugno 2006. La Fraternit della Flagellazione e la Comunit accademica
festeggiano il 50 di ordinazione presbiterale di p. Stanislao Loffreda e si congratulano con i docenti fr. Giovanni Bissoli e fr. Tomislav Vuk promossi a professori
straordinari.
Per loccasione il Nunzio Apostolico, Mons. Antonio Franco, presiede nel
santuario della Flagellazione la concelebrazione eucaristica.
24 giugno 2006. Lascia la Flagellazione per tornare in Italia il prof. Bruno
Kalleger. Era arrivato il 9 giugno. Durante il suo soggiorno alla Flagellazione ha
svolto la sua ricerca sul materiale numismatico di Carfarnao.
10-31 luglio 2006. Il prof. Giuseppe Ligato, ospite presso il Terra Sancta College, viene alla Flagellazione per prestare un servizio di volontariato in biblioteca
e fare ricerche.
4 settembre 2006. Inizia il corso di Palestinologia tenuto da P. Kaswalder e
E. Alliata per conto del PIB.

TAVOLE

M. Piccirillo
C. Pappalardo
B. Hamarneh
Y. Zelinger
L. Di Segni
A. Egea Vivancos
G. Cravinho
S. Amorai-Stark
M. Piccirillo
G.C. Bottini
M. Piccirillo

La Chiesa del Reliquiario a Umm al-Rasas


1 - 14
Ceramica e piccoli oggetti dallo scavo della
chiesa del Reliquiario ad Umm al-Rasas
15 - 16
Relazione dello scavo del complesso ecclesiale
di Nitl. Stratigraa e ceramica
17 - 22
A Fourth-Century Church near Lod (Diospolis) 23 - 24
Monasterios cristianos primitivos en el Alto
ufrates Sirio
25 - 32
A Jewish Intaglio from Roman Ammaia,
Lusitania

33 - 36

Se stai per presentare la tua offerta allaltare...


La testimonianza di una iscrizione palestinese 37 - 38
Ricerca in Giordania XXVI 2006
39 - 70

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 1 Umm al-Rasas. Gli edifici allesterno del muro nord del castrum
prima dello scavo.

Foto 2 Gli stessi edifici nel settembre del 2005.

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 3 La chiesa del Reliquario negli anni settanta.

Foto 4 La chiesa nella prima fase dello scavo.

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 5 La chiesa del Reliquario al termine dellindagine di scavo vista da


est.

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 6 La chiesa del Reliquario vista da ovest.

Foto 7 Frammenti degli arredi liturgici.

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 8-9 Colonna di ciborio con croce.

Foto 10 Base di capitello con un volatile inciso.

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 11, a.b.c.d.e Capitello


restaurato.
Foto 12 Elemento in pietra con
lettere graffite.

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 13 Il mosaico del presbiterio.


Foto 14 Il contenitore del reliquario sotto laltare.

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 15 a-b Lastra di alabastro e lastra di marmo.

Foto 16 Lastra di pietra forata e elementi architettonici.

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 17 La tomba sulla testata


orientale della navata nord.

Foto 18

Fibbia dalla tomba sud.

Foto 19 La tomba durante lo scavo.

10

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 20

La tomba sulla testata occidentale della navata sud.

Foto 21

Resti di calzature dalla tomba sud.

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

11

Foto 22 Trasportatore e lepre che mangia luva Dettaglio del mosaico del
presbiterio.
Foto 23 Testa di
volatile Dettaglio
del mosaico del
presbiterio.

Foto 24 Dettaglio
del mosaico del
presbiterio.

12

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 25 Il mosaico nella navata centrale con due fenici.

Foto 26 Fenice. Dettaglio del


mosaico nella navata centrale.

Foto 27 Pavone. Dettaglio della fascia nei


pressi della porta.

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 28 Liscrizione del presbiterio.

Foto 29 Liscrizione nella navata.

13

14

M. PICCIRILLO

LA CHIESA DEL RELIQUIARIO A UMM AL-RASAS

Foto 30 Angolo di nord


est del tappeto della navata
centrale con liscrizione
dedicatoria.

Foto 31 La parte finale


delliscrizione dedicatoria.

C. PAPPALARDO

Foto 1 Coperchio
R 21285 dalla
riempitura sul
mosaico in
R 1502.

Foto 2 Frammenti
di lucerne dallo
scavo della chiesa.

OGGETTI DALLA CHIESA DEL RELIQUIARIO

15

16

C. PAPPALARDO

OGGETTI DALLA CHIESA DEL RELIQUIARIO

Foto 3 Ago crinale dalla tomba sud.

Foto 4 Oggetti del corredo funerario della tomba sud.

B. HAMARNEH

LO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

Foto 1 Veduta aerea del villaggio di Nitl da Google Earth.

17

18

B. HAMARNEH

LO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

Foto 2 Il complesso ecclesiale di Nitl durante la campagna del 1998.

Foto 3 Il nartece del complesso.

B. HAMARNEH

LO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

Foto 4-8 Elementi di scultura


architettonica rinvenuti nello
scavo del complesso.

19

20

B. HAMARNEH

LO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

Foto 9 Veduta della navata di S. Sergio con il crollo delle lastre del tetto in
situ.

Foto 10 Nicchia con lastra marmorea alloggiata e decorata con croce incisa.

B. HAMARNEH

LO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

Foto 11 Frammenti di
intonaco dipinto trovati
presso la facciata interna di
S. Sergio.
Foto 12 Ceramica di epoca
mamelucca trovata nello
scavo del complesso.
Foto 13 Lucerna N 7052
datata allepoca mamelucca.

21

22

B. HAMARNEH

LO SCAVO DEL COMPLESSO ECCLESIALE DI NITL

Foto 14 Ceramica di epoca omayyade ed abbaside rinvenuta negli strati


relativi allabbandono della chiesa di S. Sergio.

Foto 15 Frammenti di epoca omayyade con iscrizioni in arabo.

Y. ZELINGER - L. DI SEGNI

A FOURTH-CENTURY CHURCH

Photo 1. The bema (Y. Zelinger).

Photo 2. The cruciform baptismal font (Y. Zelinger).

23

24

Y. ZELINGER - L. DI SEGNI

A FOURTH-CENTURY CHURCH

Photo 3b. Holes for a metal


cross (C. Amit, Courtesy of
the IAA).

Photo 4. Hexagonal base


of ambo pillar (C. Amit,
Courtesy of the IAA).

Photo 3a. Marble


pillar (C. Amit,
Courtesy of the
Israel Antiquities
Authority).

Photo 5. The trapezoid panel of the


Ambos staircase
(C. Amit, Courtesy
of the IAA).

Photo 6. The
inscription near the
bema (N. Davidov.
Courtesy of the
IAA).

A. EGEA VIVANCOS

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS

25

Figura 1 Mapa de Siria en la que sombreamos el rea prospectada por la


Misin Arqueolgica espaola de la Universidad de Murcia.

Figura 2 Mapa parcial del Alto ufrates sirio con indicacin de algunos de
los yacimientos mencionados en el texto.

26

A. EGEA VIVANCOS

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS

Figura 3 Planta de MS/1. Posible hospedera. Magra Sarasat. Siria.

Figura 4 Planta de MS/5-MS/7. Probable hospedera y capilla anexa.


Magra Sarasat. Siria.

A. EGEA VIVANCOS

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS

Figura 5 Cruz griega y oquedad circular talladas en el camino que une


la zona de las hospederas con los hipogeos. Magra Sarasat. Siria.

27

28

A. EGEA VIVANCOS

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS

Figura 6 MS/15. Monasterio en altura, a modo de las lauras palestinas.


Los nmeros indican los diferentes espacios identificados. 1. Acceso al
edificio principal. 2. Edificio Principal. 3-4. Eremitorios. Magra Sarasat.
Siria.

Figura 7 Planta de MS/15. H=Hornacinas. Magra Sarasat. Siria.

A. EGEA VIVANCOS

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS

29

Figura 8 Planta de MS/17.


H=Hornacinas. G=Grafitos. L=Lucernarios.

Figura 9 Vista de la fachada de MS/17. Magra Sarasat. Siria.

30

A. EGEA VIVANCOS

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS

Figura 10 Crismn grabado en el dintel del acceso a la celda n 6 de MS/17.


Magra Sarasat. Siria.

Figura 11 Vista de la escalinata rupestre que une MS/17 con MS/19. Magra
Sarasat. Siria.

A. EGEA VIVANCOS

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS

Figura 12 Planta de MS/19. Magra Sarasat. Siria.

Figura 13 Vista del bside de MS/19. Magra Sarasat. Siria.

31

32

A. EGEA VIVANCOS

MONASTERIOS CRISTIANOS PRIMITIVOS

Figura 14 Vista del patio de JIR/1 con los accesos a las diferentes celdas
del eremitorio. Al Jirba. Siria.

Figura 15 Vista del interior


de una de las celdas de JIR/1.
Al fondo se observa la apertura
cuadrada que serva para
establecer comunicacin entre
esta celda y un espacio anexo.
Al Jirba. Siria.

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

Fig. 1a-b The Menorah


Jewish intaglio from
Ammaia (Portugal).

Fig. 2a-b Gem with a


musical instrument from
Ammaia (Portugal).

A JEWISH INTAGLIO

33

34

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

A JEWISH INTAGLIO

Map 1 Civitas Ammaeensis (Carneiro 2002: 138).

Fig. 3 Percentages of glyptic stones by sites and regions.

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

A JEWISH INTAGLIO

Map 2 Ammaeensibus iugis (Pereira 2002: 180).

Map 3 Road system of Roman Ammaia (Carvalho 2002: 74).

35

36

G. CRAVINHO - S. AMORAI-STARK

A JEWISH INTAGLIO

Map 4 Porto da Espada, on the right of the map


(Almeida 2002: 191).

Fig. 4 A gem with engraved symbol (ear of corn)


from Ammaia (Portugal).

M. PICCIRILLO - G. C. BOTTINI

Foto 1-5 Frammenti di uniscrizione


cristiana palestinese.

SE STAI PER PRESENTARE

37

38

M. PICCIRILLO - G. C. BOTTINI

SE STAI PER PRESENTARE

Foto 6-7 Gli stessi frammenti ricomposti al computer da C. Pappalardo.

RICERCA IN GIORDANIA

AYL TO RAS EN-NAQB

Fig. 1 Kh. Umm Qasir, Way Station along Khatt Shabib.

Fig. 2 Site 322, Farm.

39

40

RICERCA IN GIORDANIA

AYL TO RAS EN-NAQB

Fig. 3 Topographical Zones and Random Squares of the ARNAS project


(Scale 1:250,000).

Fig. 4 Cultural-Temporal units represented at ARNAS Phase 2 (2006)


Random-Sample Units.

Fig. 5 Cultural-Temporal Units represented at ARNAS Phase 2 (2006) Sites.

RICERCA IN GIORDANIA

ATH-THAMAD

Fig. 1 Khirbat al-Mudayna in the Wadi ath-Thamad.

Fig. 2 Khirbat al-Mudayna seen from the wadi.

41

42

RICERCA IN GIORDANIA

ATH-THAMAD

Fig. 3 Retaining walls and silos on the north slope in front of Gate 100.

Fig. 4 The Industrial buildings in Field B.

RICERCA IN GIORDANIA

ATH-THAMAD

Fig. 5 Oven and working platform with basalt saddle quern (left) in
Building 400.

Fig. 6 Sounding in the gate at the castellum of az-Zona.

43

44

RICERCA IN GIORDANIA

UMM AL RASAS

Fig. 1 Umm al-Rasas. The Palace after the 2006 excavations seen from the
west.

Fig. 2 The southern wing of the Palace seen from the north.

RICERCA IN GIORDANIA

UMM AL RASAS

45

Fig. 3 Umm al-Rasas. The Palace. The vaulted room of the sourthern wing.

Fig. 4 Umm al-Rasas. A room outside the Palace.

46

RICERCA IN GIORDANIA

UMM AL RASAS

Fig. 5 Umm al-Rasas.The Palace. Plan of the excavations 2005-2006 (Dr.


by E. Ferri).

RICERCA IN GIORDANIA

NITL

47

Fig. 1 Nitl. The destruction of the ecclesiastical complex seen from the
martyrial chapel.

Fig. 2 Nitl. The facade of the Ottoman Mosque after the recent destruction.

48

RICERCA IN GIORDANIA

NITL

Fig. 3 Nitl. The mihrab of the Ottoman mosque after the destruction.

Fig. 4 Nitl. The column found in the south west corner of the presbytery of
the North Church.

RICERCA IN GIORDANIA

NITL

Fig. 5 The excavations in the western courtyard.

Fig. 6 The small basin and the water channel on the right side.

49

50

RICERCA IN GIORDANIA

NITL

Fig. 7 Nitl. Plan of the 2006 summer excavation campaign (Dr. by E. Ferri).

RICERCA IN GIORDANIA

PETRA WADI MUSA

Fig. 1 Petra. The restored Mosaic A exposed in the Petra Museum.

Fig. 2 Petra.
Reconstruction
drawing of the
mosaic floor
(Dr. by Q.
Twissi).

51

52

RICERCA IN GIORDANIA

PETRA WADI MUSA

Fig. 3 Fragment
of Mosaic B.

Fig. 4 Nabatean
Mosaic C from
Wadi Musa .

Fig. 5 The newly


discovered
Mosaic D.

RICERCA IN GIORDANIA

VARIA ARABICA

53

Fig. 1 Rihab. The Church of St. Constantine (In the centre, Dr.A.al-Husan
with the students of the Madaba Mosaic School).

Fig. 2 Rihab. The disfigured mosaic panel with the two letters TM added
during the restoration.

54

RICERCA IN GIORDANIA

VARIA ARABICA

Fig. 3 Mar Liyas - Ajlun. Inscription in a side room of the monastic


complex.

Fig. 4 Gerasa. The iscription in the portico in front of the macellum.

RICERCA IN GIORDANIA

VARIA ARABICA

55

Fig. 5 Hesban. The stone lintel found on the northern slope of the acropolis.

Fig. 6 Madaba. The Church of the Holy Martyrs excavated by Dr. G.


Bisheh. The inscription in front of the main entrance.

56

RICERCA IN GIORDANIA

VARIA ARABICA

Fig. 7 Rashidiyah. The central inscription in the Church of the Virgin Mary
excavated by the Department of Antiquities of Jordan.

Fig. 8 The Phaino inscription published by A.Alt (ZDPV 58, p.68).

RICERCA IN GIORDANIA

ZIZIA

57

2a

2b
Fig. 1 Jizia/Zizia. Stele funeraria
con iscrizione.
Fig. 2 a. b. c Jizia/Zizia. Stele
funeraria con croce in rilievo
dal cimitero di est.

2c

58

RICERCA IN GIORDANIA

ZIZIA

Fig. 4

Fig. 5

Fig. 3 Jizia/Zizia. Stela


funeraria dal cimitero di
est.

Fig. 7
Fig. 6

Fig. 8

RICERCA IN GIORDANIA

ZIZIA

Fig. 10

Fig. 9 Jizia/Zizia. Stela


funeraria dal cimitero
di est.

Fig. 11

Fig. 13
Fig. 12

Fig. 14

59

60

RICERCA IN GIORDANIA

ZIZIA

Fig. 15 Jizia/Zizia. Stela funeraria dal cimitero di est, con aggiunta in arabo.

Fig. 16

Fig. 17

RICERCA IN GIORDANIA

NITL ARCHAEOLOGICAL PARK

61

Fig. 1 Nitl Archaeological Park. Visiting Tour Project (Dr. by A. Roncalli-E.


Ferri).

Fig. 2 Nitl
Archaeological
Park. View of
the St. Sergius
Shelter (Dr. by
A. Roncalli-E.
Ferri).

62

RICERCA IN GIORDANIA

NITL ARCHAEOLOGICAL PARK

Fig. 3 Nitl Archaeological Park. View of the St. Sergius Shelter


(Dr. by A. Roncalli - E. Ferri).

Fig. 4 Nitl Archaeological Park. View of the St. Sergius Shelter


(Dr. by A. Roncalli-E. Ferri).

RICERCA IN GIORDANIA

MONTE NEBO SIYAGHA

Fig. 1 Monte Nebo. Il nuovo progetto di copertura (R. Sabelli-M.


Piccirillo).

Fig. 2 Monte Nebo. Veduta aerea del progetto da ovest (Rendering di G.


Micalizzi e C. Puglisi).

63

64

RICERCA IN GIORDANIA

MONTE NEBO SIYAGHA

Fig. 3 Monte Nebo. Veduta aerea del progetto da est (Rendering di G.


Micalizzi e C. Puglisi).

RICERCA IN GIORDANIA

AL RIYASHI

65

Fig. 1 Lisola di Dayr al-Riyashi alla confluenza tra il Wadi Heidan con il
Wadi Moujib/Arnon prima di riversarsi nel Mar Morto (Google Earth).

Fig. 2 Dayr al-Riyashi. Dettaglio della foto precedente (Google Earth).

66

RICERCA IN GIORDANIA

AL RIYASHI

Fig. 3 Dayr al-Riyashi (sulla sinistra), a sud di Ayn Qusayb nellansa del
Wadi Heidan.

Fig. 4 Dayr al-Riyashi. Cerchi di pietre sulla prima terrazza.

RICERCA IN GIORDANIA

AL RIYASHI

67

Fig. 5 Il promontorio di Qasr al-Riyashi con le rovine messe a soqquadro dai


tombaroli. In primo piano la traccia di un canale per la raccolta dellacqua.

Fig. 6 Qasr al-Riyashi. La roccia emergente al centro delle rovine.

68

RICERCA IN GIORDANIA

MOUNT NEBO

Fig. 1 The poster to remind the 30 years from the discovery of the mosaic
floor in the old diakonikon of the Memorial of Moses (by J. Abela - C.
Pappalardo).

Fig. 2 The exhibition of the upper mosaic floor of the Priest John Chapel.

RICERCA IN GIORDANIA

MOUNT NEBO

69

Fig. 3 H.R. Highness Prince Hassan visiting the exhibition. accompanied by


Princess Sarwat.

Fig. 4 Visit of H. Beatitude Theophilos III Greek Orthodox Patriarch of


Jerusalem.

70

RICERCA IN GIORDANIA

MOUNT NEBO

Fig. 5 The dedicatory inscription at the arrival


from the exhibition in Europe.

Fig. 6 How it was


collected.

Fig. 7 The restored upper mosaic floor of the Priest John Chapel on Mount
Nebo (by A. Vaccalluzzo and F. Sciorilli).

Vous aimerez peut-être aussi