Vous êtes sur la page 1sur 65

Edizioni Simone - Vol.

33/5 Compendio di Storia delle Dottrine politiche

Capitolo 1 La

politica nellantichit
greca e romana

Sommario Z 1. Atene e la nascita della politica come scienza. - 2. Le critiche alla de-

mocrazia e il logos tripolitiks. - 3. Dalleroe alla giustizia. - 4. Legge e


natura nei Tragici e sofisti. - 5. Platone. - 6. Aristotele. - 7. Il pensiero
politico nellantica Roma

1. Atene e la nascita della politica come scienza


Il pensiero politico della civilt occidentale nasce nellantica Grecia nel periodo compreso tra il VII e il VI secolo a.C., quando lorganizzazione della citt-stato (la polis)
si sostituisce progressivamente alle forme tradizionali, regali e sacrali di esercizio della sovranit.
un passaggio in virt del quale il potere abbandona i palazzi aristocratici in cui era
stato esercitato per secoli per trasferirsi nello spazio pubblico per eccellenza, lagor,
la piazza che vede i cittadini protagonisti della vita politica.
Tale passaggio si verifica per la prima volta ad Atene, che rester il riferimento ideale di organizzazione democratica, intesa come partecipazione diretta dei cittadini alle
decisioni comuni, nonch alla scelta dei titolari delle cariche di governo.
I Sofisti

Il modello della democrazia ateniese cui i pensatori politici dei secoli successivi fanno costantemente riferimento quello stabilito dalle riforme di Clistene, sul finire del VI secolo a.C.,
proseguite poi da Pericle alla met di quello successivo.
Secondo tale organizzazione, la sovranit politica si incarna nellAssemblea (ecclesia) che riunisce tutti i cittadini di pieno diritto, cio i cittadini maggiorenni, maschi e di condizione
libera. Nellecclesia supremo organo legislativo e di governo tutti possono prendere la parola e le decisioni di interesse pubblico vengono sempre prese a maggioranza.
Un consiglio ristretto, cio il Consiglio dei Cinquecento (bul), invece incaricato di affrontare le questioni di carattere pi strettamente amministrativo.
Molte delle principali cariche di governo vengono assegnate per sorteggio.
Il modello ateniese istituisce quindi una democrazia diretta e partecipativa allinterno della
quale assumono un ruolo fondamentale il confronto delle opinioni e la discussione pubblica.

Capitolo 1

2. Le critiche alla democrazia e il logos tripolitiks


A) Le contraddizioni della democrazia ateniese
La fortuna teorica del modello ateniese testimoniata dai numerosi richiami dei
pensatori dei secoli successivi contrasta curiosamente con le critiche alla democrazia presenti in larga misura nei pensatori politici dellantichit.
Si tratta di un paradosso solo apparente: la societ e, in primis, quella ateniese, infatti, era comunque fondata sui privilegi degli aristocratici e dei proprietari terrieri, almeno dal punto di vista economico.
Lapertura della sfera politica (con la conseguente affermazione del principio della
isonomia, in base al quale tutti i cittadini sono soggetti alle medesime leggi, pur essendo in aperto contrasto con tali premesse ideologiche) non cambia questo stato di cose.
La democrazia in Atene, infatti, si esercita solo allinterno di una ristretta lite di uomini liberi, restandone esclusi gli schiavi, le donne e i meteci (gli stranieri cui era concesso lesercizio di attivit commerciali e artigianali).
Lo storico Tucidide, narrando lo sterminio dei Melii da parte degli ateniesi durante le guerre del
Peloponneso (431-404 a.C.), ricordava che, al di l dellorganizzazione formale dello Stato, a governare i rapporti tra gli uomini sempre la legge della forza.
Nello scritto anonimo La costituzione degli ateniesi, il cui autore si inserisce nella corrente di pensiero aristocratica e oligarchica, la democrazia addirittura presentata come il regime che porta
la canaglia al governo della citt, consentendole di prevaricare sia i possidenti sia le citt vicine.
Una concezione non diversa sar espressa in maniera molto pi compiuta da Platone nella Repubblica (vedi infra).

B) Il logos tripolitikos e la fortuna della democrazia ateniese


Sin dai primordi, una delle principali questioni dei politologi stata quella relativa alla
migliore tra le forme di governo (o il giusto ordine politico).
, infatti, gi nelle Storie di Erodoto che trova la sua prima formulazione la tripartizione delle forme di governo che, sebbene variamente articolata, accompagna la riflessione politica dallantichit ai giorni nostri (il logos tripolitikos):
il governo di uno (monarchia),
il governo di pochi (oligarchia),
il governo di molti (democrazia).
La storia che Erodoto racconta si svolge in Persia, allindomani delluccisione di un mago che aveva usurpato il trono del re legittimo. Lautore riporta le diverse opinioni che si confrontano allinterno del Consiglio dei Sette circa il nuovo assetto da dare allo stato.
Otane, il primo a intervenire, celebra i vantaggi del governo del popolo, che si presenta come il
migliore in quanto riduce i rischi della prepotenza, viene esercitato a turno e sottoposto allapprovazione dellassemblea.
Un secondo sostiene invece le ragioni del governo dei pochi, che egli chiama aristocrazia, in
quanto si configura come il governo dei migliori (in greco ristoi).
Lultimo che interviene Dario che sostiene le ragioni della monarchia, il governo di uno solo,
purch questuno sia il migliore tra gli uomini della collettivit. Affidare il potere ad un solo indivi-

La politica nellantichit greca e romana

Z7

duo , contrariamente a quanto affermato dagli altri interlocutori, lunico modo per impedire divisioni allinterno del governo e facilitare il processo decisionale.

Ci sono altri due elementi che spingono a considerare in qualche modo postuma la
fortuna della democrazia ateniese:
innanzitutto, le opere politiche di maggiore importanza dellet classica la Repubblica, il Politico e Le Leggi, di Platone; la Politica di Aristotele sono tutte
schierate a sostegno del governo delle lites (dunque del governo oligarchico);
in secondo luogo, e non a caso, tali opere nascono in un momento storico che
vede la democrazia ateniese sconfitta dalloligarchica Sparta al termine delle
guerre del Peloponneso.
Il gi ricordato Tucidide, che quei conflitti ci ha tramandato, annovera tra le cause
della sconfitta di Atene proprio il suo sistema politico che, basato sul sorteggio delle cariche pubbliche e sulla possibilit per tutti di accedere al governo, aveva consentito ad alcuni demagoghi, sostenitori di iniziative non ben ponderate, di ottenere il consenso popolare, trascinando, cos, la citt alla rovina.

3. Dalleroe alla giustizia


A) Le virt degli eroi omerici
I modelli di virt presenti nella Grecia antica vengono espressi per la prima volta da Omero. LIliade e lOdissea, infatti, costituiscono due strumenti privilegiati per leducazione dei giovani e presentano una didattica etica basata sulla nobilt danimo e sulla virt universale dei singoli protagonisti, a prescindere dalla loro appartenenza politica.
I due poemi descrivono, per, anche un sistema di valori complesso e fragile.
La morale eroica, fondata sulla forza fisica, astuzia e onore, risulta inconciliabile
con il concetto di razionalit del diritto e dello Stato.
Una prima risposta alla contrapposizione tra la forza del singolo eroe e la virt razionale si trova
nel lento e graduale affermarsi dellidea di giustizia.
Themis (giustizia) incarna un ordine, una regola comune sia al macrocosmo che al microcosmo
ed esprime un ordine giuridico che nello stesso tempo divino e religioso.
Questa visione, ancora mitologica, viene progressivamente sostituita da una concezione della
giustizia come dike: ragione oggettiva, sapere consolidato nella memoria collettiva (cio comune a tutti gli esseri umani) in grado di risolvere i conflitti attraverso un compromesso tra posizioni contrastanti.
La laicizzazione dellidea di giustizia si accompagna al sorgere dellidea di colpa individuale.
Non dovendo pi farsi carico dei destini di tutta la sua stirpe, il singolo individuo responsabile solo di s e delle sue azioni, venendo cos meno la concezione dello ftonos ton ton in
base alla quale, spesso, i figli nella vita terrena scontavano la colpa degli antenati.

B) Lideale di giustizia da Esiodo a Solone


Un definitivo abbandono della morale eroica si trova in Esiodo. Il sistema di valori
proposto nelle Opere e i giorni, esalta la funzione etica delle attivit produttive, forma

Capitolo 1

una sorta di epos del mondo contadino e trova nellidea di giustizia la caratteristica
principale dellessere umano.
La necessit di far venir meno la concezione della giustizia fondata sullordine divino si afferma decisamente con Eschilo. Il carattere paradossale dellidea di giustizia divina rappresentato nellOrestea, un ciclo di tragedie che narra del ritorno in patria di Agamennone e si conclude
con listituzione di un tribunale umano laeropago che lascia prevalere la saggezza giuridico-politica della citt sulla giustizia divina.
Lo scopo di Eschilo quello di magnificare le istituzioni politiche di Atene e mostrare come esse,
pur essendo di natura laica, avessero origine divina.

Lidea di Eschilo si conferma nellordinamento politico della citt di Atene proposto


da uno dei sette sapienti: Solone, arconte nellanno 594 a.C.
Lo statista, noto per le sue coraggiose scelte legislative democratiche, rappresenta
lalfiere della cosiddetta eunomia (buon governo), in cui la legge (nomos) di Atene
viene definita buona (eu) perch, pur presentandosi come legge umana, somigliante a quella naturale o divina.
Lo scopo dellordinamento di Solone la concordia cio conciliare gli interessi e le
posizioni contrastanti tra le classi sociali evitando in tal modo la guerra civile e le
continue lotte tra aristocrazia e popolo (demos).
Solone, dunque, oscilla tra un mantenimento dello status quo e una serie di riforme che tutelano gli strati pi bassi della comunit: liberazione della terra, abolizione della schiavit e abolizione delle ipoteche per debiti.
Il governo di Solone spinge i membri della citt a riconoscere la supremazia impersonale di
una legge ed evidenzia il problema della pluralit delle forme di governo e quello della scelta della forma ottimale per governare una citt.

4. Legge e natura nei Tragici e sofisti


La dimensione autonoma della legge umana e il suo conflitto con la legge divina
alla base di due correnti di pensiero elaborate dai Tragici e dai Sofisti:
nella tragedia Antigone di Sofocle la legge della citt prevale su quella dettata dagli dei e dai costumi di un popolo (legge non scritta);
nella sofistica la legge umana si identifica con lutile del pi forte. Il presupposto
di tale concezione quello del relativismo assoluto. I Dssoi Logi, unopera in cui
sono proposte in relazione al medesimo tema argomentazioni contrastanti, mostrano che la verit come principio assoluto non esiste e che ogni punto di vista pu essere ritenuto vero se sostenuto da una adeguata argomentazione. Secondo i sofisti
(Gorgia, Protagora, Ippia, Crizia) larte politica scade a mera arte del persuadere, per la formazione del consenso e la perorazione dellinteresse personale.
La riflessione di Tucidide porta a compimento il processo di laicizzazione della legge. Le vicende politiche della citt vengono, infatti, ricondotte a cause ben definite e
interpretate come il prodotto di una necessit logica e storica. Non il caso (tyche), ma

La politica nellantichit greca e romana

Z9

la volont di potenza e la conquista dellutile sono il motore principale dellazione


politica.
Posizione differente assume Senofonte il quale, nella Ciropedia (scritta per leducazione del Principe Persiano Ciro il Giovane), propone una visione che al contempo autoritaria e irenica della politica: il governante deve essere paragonato a un padre di famiglia, allo stesso modo in cui
il grande re persiano Ciro lo fu con i suoi sudditi. Solo in veste di dominatore assoluto il sovrano pu dedicare tutte le sue forze alla realizzazione del bene pubblico, manifestando cos anche la propria magnanimit e la propria benevolenza verso i propri sudditi.

5. Platone
Le principali linee di sviluppo della politica greca, associate alla visione della crisi
della polis, vengono mirabilmente sintetizzate nella filosofia di Platone (428-347 a.C.).
La riflessione di Platone spazia in tutti i campi filosofici dalla politica allestetica, alla
metafisica e alla morale. Il suo scopo quello di opporsi al relativismo dei Sofisti ripristinando la misura della giustizia su basi certe.
Lo strumento in grado di raggiungere questo scopo la filosofia che si oggettiva nella conoscenza dellEssere e nella contemplazione delle idee, ovvero di valori saldi
e universali che fungono da modelli tanto per la conoscenza, quanto per lagire morale e il giudizio estetico sulla realt.
Alla base della teoria politica di Platone si identificano due assunti:
la filosofia larte principale e guida la politica. La condotta politica trova i suoi
principi nella metafisica, nella contemplazione dellidea immutabile e unitaria rappresentata dal Sommo Bene;
la politica in s solo una disciplina tecnica, unancella della filosofia, ovvero
unarte che applica nella realt i risultati dei saperi pi nobili.
Caratteri fondamentali della filosofia platonica: la dottrina delle idee

Il cuore della filosofia platonica la celebre dottrina delle idee. Le idee rappresentano un fondamento oggettivo per la scienza e per la vita politica.
I presupposti della teoria platonica sono:
a) lintenzione di portare alla luce lordine universale sul quale dovr fondarsi sia la vita
politica che quella filosofica;
b) questo ordine pu essere conquistato tramite la conoscenza interiore di ciascun individuo
nel senso specifico di reminiscenza (anmnesis), cio di ricordo dei contenuti universali presenti nellanimo. La nostra anima, prima di essere calata nel corpo, ha gi contemplato le essenze eterne della realt, definite idee (dal greco idos, che significa contemporaneamente visione, forma, modello).
Discesa successivamente nel corpo, e divenutane prigioniera, lanima le ha temporaneamente
dimenticate, ma non perdute e cos recuperare le idee innate attraverso la reminiscenza, un procedimento maieutico che contemporaneamente logico, etico e psicologico.
Oggetto della vera conoscenza, secondo Platone, non dunque ci che pu essere conosciuto attraverso i sensi, la realt sensibile mutevole e imperfetta, ma solo le idee.

10

Capitolo 1

Mentre il termine idea designa nel linguaggio corrente una rappresentazione o un prodotto
concettuale della nostra mente, Platone intende linsieme delle idee come entit supreme immutabili e perfette che esistono in una dimensione diversa dalla nostra, definita metaforicamente Iperuranio (in greco, letteralmente, oltre il cielo).
Lo scopo della filosofia, cio della scienza pi alta tra le scienze, quindi la contemplazione
di tale dimensione superiore che coincide con lidea del Bene.

A) La Repubblica
I due presupposti della filosofia politica di Platone vengono coerentemente sviluppati
nella Repubblica, dialogo composto fra il 389 a.C.-369 a.C. e nel quale in un immaginario contraddittorio con i sofisti, il filosofo ateniese, espone la sua teoria di giustizia.
La politica deve vagliare i suoi effetti alla luce delle conduzione politica di una citt: tanto pi il governo di una citt giusto, tanto pi la giustizia sar chiara ed evidente ai cittadini.
Quindi in Platone la definizione della giustizia coincide con la definizione della forma migliore di governo di una citt: una repubblica di tipo social-comunista in cui
lo Stato costituisce un uomo in grande in cui le varie parti del corpo sono rappresentate dalle singole classi. Tale dottrina viene esposta attraverso Socrate, che costituisce
il personaggio principale dei dialoghi platonici.
Cos come un essere umano sano quando desiderio, aggressivit e ragione sono in armonia tra
loro, allo stesso modo un governo della citt giusto quando esiste una armonia tra le tre diverse classi rappresentate da:
chi produce e soddisfa i bisogni dei singoli (desiderio = commercianti etc.);
chi preserva lunit della citt da attacchi esterni (aggressivit = militari);
chi governa (ragione = filosofi).
I governanti (cio i filosofi e i guerrieri) non sono eletti su base popolare, ma scelti tra i custodi,
sottoposti, al contrario delle altre classi, ad una educazione collettiva rigida in comunione di
beni e di donne: essi cio, al fine di impedire che le loro cariche si trasferiscano di padre in figlio,
sono privati di ogni forma di propriet individuale compreso il matrimonio.
La citt deve dunque essere guidata da un ceto cui appartengono le due ultime classi e che vengono scelti, generazione dopo generazione, tra gli aristoi, cio tra i migliori guardiani-filosofi, senza nessuna influenza derivante da parentele o appartenenza.

Lanalogia tra istituzione politica e struttura dellessere umano consente anche di giudicare le altre forme di governo.
Tali forme per Platone sono:
la democrazia, dominata dal desiderio di possesso e di appagamento collettivo dei bisogni individuali;
la tirannide, che porta il singolo a prevalere sugli altri grazie alla propria aggressivit;
la timocrazia (governo in base al censo), che sceglie per governare chi pi ricco e non
chi pi capace;
loligarchia viene istituita quando i migliori si lasciano sedurre e corrompere dal fascino
dei beni terreni e diventano preda dei loro desideri, dimenticando di perseguire il bene collettivo.

La politica nellantichit greca e romana

Z 11

Queste quattro forme si reiterano nel corso della storia portando dalla oligarchia alla
timocrazia, alla democrazia e, infine, alla tirannide.
Il governo propugnato da Platone retto dai guardiani-filosofi , invece, razionale perch stabilito in funzione di un possesso esclusivo e reale dellidea del vero, che per
Platone coincide con lidea del bene di cui sono portatori in massimo grado gli aristoi, cio i migliori.
Il processo di acquisizione della verit rappresentato da Platone nel mito della caverna. Solo i filosofi sono in grado di liberarsi dalle catene che tengono prigionieri tutti gli uomini, condannati a prendere per vere non le cose, ma le ombre delle cose proiettate sul fondo di una caverna.
Solo il filosofo riesce a liberarsi dalle catene e a volgere le spalle alla caverna, guardare dapprima le cose riflesse nellacqua di uno stagno e, poi, illuminate direttamente dalla luce del sole e, infine, il sole stesso. Una volta ritornato nella caverna il filosofo vorr comunicare ai suoi compagni la vera realt esteriore, ma questi ultimi, ormai assuefatti alloscurit della caverna, non gli crederanno, lo allontaneranno e lo isoleranno.
Il mito della caverna, che costituisce uno dei momenti fondanti della filosofia occidentale, al contempo una metafora della vita di Platone (esposta nella celebre Lettera
VII) e del percorso che la ragione deve compiere per liberarsi dagli errori in cui cade
il mondo dei sensi.

B) Il Politico e le Leggi
Il modello sostanzialmente utopico proposto da Platone subisce una profonda revisione nei dialoghi successivi.
Nella Repubblica il tema della legge non trova spazio: se il governo della citt guidato dalla ragione non necessario stabilire un sistema di norme in quanto nella citt
regner sempre armonia e equilibro tra le diverse componenti sociali. Anche nel Politico Platone insiste su questo punto arrivando a sostenere che non si devono legare
le mani a coloro i quali, esperti nelle tecniche di governo, sono essi stessi leggi viventi.
Una svolta radicale avviene nelle Leggi (nomoi), lultimo e sofferto dialogo in cui Platone tenta di trovare una forma di governo che abbia elementi sia della monarchia
persiana che della democrazia ateniese.
Le leggi sono utili a colmare la fragilit strutturale di un ordinamento politico.
Per questo le Leggi trattano di un modello politico, non perfetto, ma di secondo grado (in quanto
riflesso dellidea di giustizia), allinterno del quale Platone riconosce esplicitamente la necessit
di contemperare il principio di autorit con quello della libert.
Diviene, cos, decisivo riflettere su problemi come la partecipazione e il consenso; cos come
necessario che un governo scenda a patti con il sistema consolidato di valori allinterno del quale si trova ad operare. Cos Platone arriva ad accettare ci che nella Repubblica aveva escluso
per gli appartenenti alle classi al potere: i concetti di famiglia e propriet privata.

12

Capitolo 1

La fortuna filosofica
Il pensiero politico di Platone ha influenzato il pensiero dei pensatori di tutti i tempi.
Particolare effetto ebbe su Tommaso Moro ed Erasmo, sul genere letterario utopico (es.: Citt del Sole di Campanella) e su Vico e Marx.
Persino Hegel ne subiva linfluenza nella formulazione del concetto di eticit immediata della plis.
Le idee contenute nella Repubblica ispirate dalla forma di governo di Sparta, anche se di tendenza social comunista, sono state mutuate da filosofi di tutte le correnti ideologiche e piegate ai loro fini.
Cos Stenzel ne trae un modello di educazione di ordine politico, cos come Hildebrand ne
vede una prefigurazione dello Stato Socialista, e Popper che considera la Repubblica
un pericolo per le societ aperte.
Numerosi altri filosofi (Strauss, Heidegger e Arent), infine, considerano i modelli platonici fonti di ispirazione inesauribili sulle quali dobbligo riflettere (Ingravalle).

6. Aristotele
Aristotele (384-322 a.C.) fu allievo di Platone e precettore di Alessandro Magno.
Anche per il pensatore di Stagira, come per Platone, la politica lambito spaziale
allinterno del quale si espande il concetto di giustizia.
La politica, dunque, rappresenta una scienza applicata che muove dallanalisi della
vita associata: questa, (al contrario delle scienze teoretiche o conoscitive che teorizzano ci che eterno e immutabile) presuppone la prassi che stimola lagire umano
verso il piacere, lonore, la virt e la felicit.
Nella politica due sono i punti sui quali la filosofia di Aristotele e quella di Platone
divergono:
Aristotele non mira alla ricerca di un governo assoluto valido per sempre e dovunque, ma ricerca la forma ottimale da applicare a ogni singola citt;
per il filosofo di Stagira non esiste un modello assoluto e ottimale di Stato, ma
differenti opzioni politiche per realizzare la migliore forma di convivenza in ciascuna compagine umana (eu zen).

A) LEtica Nicomachea
NellEtica Nicomachea Aristotele analizza il concetto di etica e in particolare, il
concetto di giustizia.
Sul piano etico, Aristotele si pone in maniera antitetica rispetto allidea astratta di
Platone secondo cui il sommo bene che determina le azioni umane.
Il sommo bene, secondo Aristotele risiede nella volont individuale, appartiene alla
logica dellazione, non piantato in cielo (nellIperuranio), ma si trova nel cuore
degli uomini.
In questo senso, Aristotele concepisce unetica fondata sulla coscienza dellindividuo. Pertanto, il sommo bene non costituisce loggetto di fredda conoscenza intellettuale per cui chi conosce il bene non pu non operare il bene.

La politica nellantichit greca e romana

Z 13

Per operare il bene occorre che luomo senta la validit del bene nella sua coscienza e cio
in quanto produce leudaimonia, cio la felicit (Socrate). Lidea del bene, dunque, si sviluppa
attraverso il sentimento e si traduce in azione rappresentando la condizione essenziale per il raggiungimento della felicit: solo chi opera il bene felice (eudemonismo etico).
I tre gradi della felicit
In relazione alla felicit Aristotele distingue tre gradi:
1. lapolausticos bios, ossia la vita del godimento, quella che garantisce una felicit primitiva
e fallace;
2. il politicos bios, ossia la vita di relazione (che per i Greci coincide con la vita politica), in grado di garantire una forma pi alta di felicit rispetto al godimento materiale e il cui vertice
rappresentato dalla filia, lamicizia;
3. il teoreticos bios, riservato a pochi eletti, capace di assicurare la forma pi alta di felicit.
Attraverso la conoscenza luomo in grado di essere realmente felice.
La vita vissuta secondo ragione propria solo dei saggi, cio di coloro che sono capaci di distaccarsi dai beni terreni.

In base ai tre gradi di felicit, la virt si fonda sul criterio della mediet: la virt,
cio, sta nel giusto mezzo, fra due estremi, leccesso e il difetto.
Dal punto di vista politico i due estremi sono leccessiva ricchezza di pochi e la miseria della massa.
In tal modo Aristotele giunge alla distinzione fra virt etiche e virt dianoetiche. Le
prime sono quelle per cui il giusto mezzo si raggiunge tramite lesercizio della prudenza, le seconde attraverso la conoscenza.
Dallequilibrio di tali virt emerge il concetto di giustizia intesa come virt che guida il
comportamento del singolo uomo che per sua natura considerato unanimale politico.
Tuttavia, il concetto di giustizia non si esaurisce solo nel singolo individuo ma riguarda anche i rapporti intersoggettivi (virtus ad alterum) e pu intendersi sia come legittimit sia come uguaglianza nellambito della plis.
Aristotele accoglie il primo significato, ossia giustizia come conformit alle leggi,
dal momento che le leggi mirano sempre allutilit comune. La giustizia, pertanto, precede tutte le virt e costituisce la pi importante fra esse.

B) La Politica
La tesi secondo la quale la giustizia non riflette unidea astratta e immutabile, ma le
diverse possibilit in cui pu concretizzarsi lo sviluppo della ragione, viene trattata
nella Politica.
Questo scritto pu essere analizzato seguendo quattro tematiche di fondo:
lanalisi della koinomia, cio della vita associata. Una comunit il prodotto organico di una stratificazione umana e di una rete complessa di relazioni sociali.
Il potere politico, cio la sfera pubblica della vita associata, deve perci differenziarsi dalla sfera privata, che Aristotele identifica nella oikos (la famiglia) sede in
cui i rapporti parentali non rispondono al concetto del do ut des (cio di tipo economico-retributivo), ma sono dettati dallamore reciproco dei suoi componenti;

14

Capitolo 1

lanalisi del potere pubblico come comando su individui liberi ed eguali. La citt
ha radici pluralistiche che devono essere rispettate. La sfera privata della famiglia
e della propriet devono essere garantite. Il legame politico per eccellenza diviene
fila (amicizia), intesa come principio di armonia e concordia tra i singoli cittadini;
la definizione delle forme di governo viene classificata in base al numero dei detentori del potere e in rapporto alla sfera del loro interesse (pubblico e privato). Alle
tre forme di governo sane, monarchia, aristocrazia, politeia, Aristotele fa corrispondere tre forme di governo degenerate: tirannide, oligarchia, demagogia.
Queste forme di governo non si susseguono con regolarit, ma sono il risultato di
progressivi rivolgimenti, spesso anche improvvisi (rivoluzioni, colpi di Stato etc.);
il tema della costituzione ottimale, definita in termini di stabilit, durata e, quindi, in rapporto a un ideale di vita perfettibile e a un sistema di valori riconosciuto
come migliore. La partecipazione effettiva e lefficacia allinterno di questo orizzonte determina la costituzione migliore, cio la pi adatta forma di governo in riferimento a un determinato momento storico.
Altro elemento significativo della riflessione politica aristotelica la necessit di studiare, come avviene nella Costituzione degli ateniesi, il processo storico di ogni singolo Stato che porta alla successiva formazione della costituzione che ne rispecchia
i valori fondanti.

7. Il pensiero politico nellantica Roma


A) La giuridizzazione della politica
Gi nel 509 a.C. Roma, cacciando Tarquinio il Superbo, passa dalla monarchia a una
forma di repubblica oligarchica retta prevalentemente dal senato.
Il senato raccoglie i capi della nobilt e rappresenta il vertice della carriera istituzionale dei patrizi che (in contrapposizione ai plebei) appartenevano alla classe (equites)
dei cavalieri e che godevano nellUrbe di una serie di privilegi giuridici ed economici.
Le forme di autorit esercitate dal senato erano sostanzialmente due:
auctoritas: una funzione di guida e orientamento del popolo sulla base della storia e della tradizione, garantite principalmente dalla saggezza e dallautorevolezza
dei suoi componenti;
potestas: il potere politico vero e proprio che regola la vita quotidiana.
Il senato, perci, costituisce un insostituibile guida nella fase repubblicana, mentre in
et imperiale conserv solo una presenza formale nel diverso assetto istituzionale di
Roma.
Il contributo della civilt romana alla storia della politica deriva dalla sua originale e
efficiente organizzazione giuridica, che ha costituito, nelle diverse epoche storiche, un
insuperato modello di ordinamento giuridico.

La politica nellantichit greca e romana

Z 15

Il diritto romano, in particolare, oper la distinzione tra ius pubblicum e ius privatum.
Il primo riguarda lorganizzazione della citt intera, il secondo abbraccia uninsieme
di norme attraverso le quali gli individui regolano i loro rapporti privati.
Lo ius pubblicum concerne la sfera della lex, valida per tutti i sudditi.
Lo ius privatum riguarda la sfera dei singoli che non interferiscono con lordine pubblico.
Linsieme delle norme prodotte nel corso dei secoli nel diritto romano, le cui basi sono marcatamente filosofiche, vengono successivamente ordinate e selezionate nel Digesto (533) per volont dellimperatore Giustiniano, che raccoglie e sintetizza il pensiero dei migliori e pi noti giuristi
dellepoca classica, e che diverr il testo base dei principali istituti giuridici moderni, nonch strumento per la formazione di molti intellettuali nellepoca medioevale e moderna utilizzato in tutte le
universit delleuropa continentale che su di essa fonderanno il sistema di civil law.

La codificazione di Giustiniano

Giustiniano, come i suoi predecessori, volle predisporre una legislazione conforme alle esigenze dei suoi tempi e, tuttavia, cos aderente alla tradizione romana da presentarsi come il coronamento e il completamento dellopera della giurisprudenza classica.
La grandiosa opera di compilazione il cui risultato fu il Corpus Iuris Civilis ebbe inizio
con una raccolta di leggi progettata da Giustiniano e dal suo ministro Triboniano.
Nel 528 Giustiniano nomin una commissione con il compito di compilare un nuovo codice,
che condensasse la sapienza giuridica antica e offrisse una solida base normativa allimpero.
Lopera fu compiuta in brevissimo tempo e il codice venne pubblicato il 7 aprile del 529.
Nel 530 Giustiniano ordin una compilazione dei digesta o pandectae: brani degli scritti dei
giureconsulti romani muniti di ius respondendi e necessari per la comprensione dellordinamento giuridico romano.
Giustiniano ordin inoltre la stesura di un trattato elementare di diritto ad uso scolastico da
sostituire alle Istituzioni di Gaio. Mentre il primo codice di Giustiniano non giunto fino a noi,
possiamo disporre del Novus Iustinianus codex repetitae praelectionis, che rappresenta una
riforma del primo codice e, promulgato nel novembre del 534, e diviso in dodici libri, a loro
volta suddivisi in rubriche.
Giustiniano non si limit solo alla pubblicazione di compilazioni giuridiche, ma eman numerose fonti autonome di diritto: fondamentali furono quelle che disciplinavano le successioni
legittime e i matrimoni.

B) Lo sviluppo delle idee politiche (legge e potere)


Le basi filosofiche del diritto romano possono essere fatte risalire allo storico di origine greca Polibio (200-118 a.C.) autore di Storiae che descrive gli eventi politici
dellUrbe dal 264 al 146 a.C. nel quale esporre, rifacendosi a canoni aristotelici, le
vicende della coesistenza di diverse forme di governo che caratterizzarono la vita della respublica.
Il merito fondamentale del consigliere di Scipione lAfricano consiste nellaver compreso che:
1. la storia lo strumento migliore per comprendere lattivit politica;
2. la costituzione di una citt non pu essere ricondotta a un modello ideale (monarchia, aristocrazia, repubblica), n a una sua degenerazione (tirannide, oligarchia,

16

Capitolo 1

demagogia), ma pu costituire una forma di governo mista che sintetizza diverse forme di governo (1);
3. il trapasso da una forma allaltra di costituzione corrisponde quasi ad un naturale
ciclo di degenerazione delle forme politiche consolidatasi nel tempo, che spingono
alla scelta di unaltro sistema di governo che coinvolge una diversa base politica.
Tuttavia, la pi compiuta espressione di pensiero politico romano certamente quella
elaborata da Marco Tullio Cicerone (106 a.C. - 43 d.C.) autore tra laltro della Respublica, i cui maggiori contributi sono:
limpegno politico come complemento alla mera saggezza contemplativa stratificata nel corso dei secoli;
la giuridicizzazione della politica.
Il diritto, in particolare, viene inteso come sintesi di iustum (giustizia) e iussum (legalit): cio riflesso dellidea di giustizia e oggetto di comando positivo.
A differenza di quanto sosteneva Aristotele, lo spazio della vita pubblica non regolato dalla phila ma dal diritto, che fondamentalmente coercizione e, dunque, potere effettivo di chi governa.
Legge e potere, i due volti del diritto, scandiscono il ritmo della vita politica e le sue
gerarchie:
la legge, che rappresenta ci che deve essere applicato;
il potere, che lo strumento per lapplicazione concreta della legge.
La sfera del diritto riflette una legge suprema, la legge di natura che diretta incarnazione della giustizia.
Ma la giustizia nella Respublica ha un forte valore pragmatico ed definita come fedelt ai patti.
Come per Polibio, anche per Cicerone il diritto e la sua autorit hanno radici storiche che si concentrano principalmente nella consuetudine (usus), negli usi e nelle tradizioni del senato, il cui
operato risulta necessario a limitare le possibili degenerazioni insite in una forma di governo solo
di carattere assembleare.
Entrambi i pensatori attingono a piene mani dalla cultura giuridica della Grecia che, pur essendo
stata conquistata militarmente da Roma, lha successivamente riconquistata con la sua civilt e cultura delle istituzioni politiche.
Anche le successive correnti filosofiche e politiche, affermatesi come lEpicureismo e lo Stoicismo
affermatesi a Roma, traggono le loro origini e la loro forza dallhomus della cultura ellenica.

(1) Si pensi, ad esempio, alla Roma repubblicana in cui erano previste cariche pubbliche temporanee (due consoli che duravano in carica un anno) o eccezionali (dux, per fronteggiare situazioni di guerra, che durava in carica sei mesi) vicine alla monarchia, altre vicine allaristocrazia (senato), altre, infine, di carattere democratico
(assemblee popolari) comprendendo, cos, in un solo ordinamento tutte le forme di governo.

Gli albori della politica moderna dallUmanesimo a Guicciardini

Z 37

ma celeste, se intellettuali, sar angelo, e si raccoglier nel centro della sua unit, fatto uno spirito solo con Dio

3. Il concetto di politica nellUmanesimo


Lavvento delle Signorie, che seguirono ai Comuni, contribuisce allo sviluppo
dellUmanesimo per almeno due ragioni:
le Signorie, organismi territoriali pi estesi di quelli comunali, erano dotati di un
pi ampio apparato burocratico-amministrativo e diplomatico, nonch di corti
in cui ferveva un dibattito culturale e politico, cui facevano riferimento artisti, pensatori, letterati e personalit di rilievo che stimolarono la crescita del sapere e la
nascita di scuole e accademie istituite presso le singole corti;
il processo di formazione dei Comuni e delle Signorie favor lascesa dei ceti borghesi e commerciali, anche se non riusc a trovare una idonea giustificazione di
tipo etico-politico, filosofico-morale al loro accresciuto potere.
appunto dal mondo antico che lItalia umanistica delle Signorie trarr gli spunti e gli esempi pi
significativi relative alle virt civili, di gloria militare, di eroismo personale, di autocontrollo delle
passioni, di raffinato gusto estetico che le serviranno per legittimare la propria originale identit e,
cos, discostarsi dal pensiero del Medioevo.
Gli intellettuali umanisti, spesso al servizio di una corte signorile, sono artisti e pensatori eruditi
che studiano in maniera filologica i testi antichi, al fine di stabilirne lautenticit, la provenienza,
la storicit (cos, ad esempio, Lorenzo Valla dimostr che la Donazione di Costantino fu un falso
medievale dellVIII sec. elaborato artatamente per giustificare le pretese temporali del papato).

Il modello dellintellettuale impegnato, che si preoccupa dellinteresse e del benessere della citt favorendo il dispiegarsi della libert il momento centrale del pensiero e dellattivit di Coluccio Salutati (1331-1406) e Leonardo Bruni (1370-1444).
Entrambi si sforzarono di ricercare una forma di ordinamento che potesse porsi come
alternativa, ed eventualmente resistere, allo strapotere principesco.
Firenze, in particolare, si trasforma in una fucina in cui emerge la concezione democratica delluomo fondata sulla virt del singolo di agire oltre linteresse individuale
e a vantaggio della comunit.
La ritrovata atmosfera di armonia politico-ideologica che domina le concezioni degli umanisti pone, per, due ordini di problemi che si aggravano quando, agli inizi
del XVI sec. si profilano, anche nella stessa Firenze, tendenze politiche autoritarie:
la scissione tra pubblico e privato. Gli ideali dellumanesimo, validi nella vita
privata, sono messi in discussione nel momento in cui vengono traslati nella vita
pubblica fiorentina;
lalternativa tra Bruto e Cesare, cio il contrasto irrisolto tra chi va contro
le leggi di un ordine costituito per garantire gli ideali della repubblica, e chi, anche
se in veste di tiranno, si fa garante della sola prosperit dello Stato.

38

Capitolo 3

A questultimo problema dedicato il De tyramno (1400) di Coluccio Salutati. Sebbene la tirannide sia una forma di governo inammissibile, tuttavia necessario valutarne la legittimit anche in base al consenso tributato dal popolo al tiranno. Cesare, ad esempio, viene chiamato legittimamente ai vertici delle cariche pubbliche
dellantica Roma e, anche se vi eccede nella sua permanenza (ricoprendo per molti
anni consecutivi il consolato che era una carica annuale e duale), non pu essere, secondo tale corrente di pensiero, considerato un tiranno.
Questa la via che porter i due pi grandi pensatori dellepoca, Machiavelli e Guicciardini, a confrontarsi su due questioni fondamentali della scienza politica:
il rapporto del principe con i sudditi e con la repubblica o il principato.
il rapporto tra definizione della vita politica ideale e la contingenza delle vicende
storiche di ogni singolo Paese.

4. LUmanesimo giuridico di Andrea Alciato (1492-1550)


Giurista italiano di Alzate (Milano), studi diritto presso le Universit di Pavia e Bologna
e si laure nel 1516 a Ferrara. Insegn ad Avignone, Pavia, Bologna, Bourges e Ferrara.
A lui si deve il merito di aver inaugurato una nuova fase dello studio del diritto, che
segn il momento ufficiale dellingresso delle correnti umanistiche nella scienza giuridica (umanesimo giuridico).
Dalla ricostruzione del diritto romano secondo un metodo (storico e comparativo)
che, dal luogo ove lo applic (Bourges) stato poi definito francese, si profil il problema di stabilire la natura della legge, considerata diretta emanazione della volont dellimperatore, al quale il popolo avrebbe delegato ab immemorabili il potere di
legiferare.
Limperium del princeps sul proprio territorio, infatti, per il giurista milanese non trae
origine da uninvestitura divina, bens dal consolidato consenso del popolo.
A differenza del tiranno, il principe giusto vede limitati i propri poteri da una serie
di vincoli di diritto naturale, di equit, di ius gentium e dallobbligo di rispettare i patti con i propri sudditi, nonch quelli con lautorit imperiale considerata originaria e
prevalente rispetto ai poteri dei regnanti territoriali.

5. LEuropa del Cinquecento: lalba dello Stato moderno


A) Laicizzazione dello stato e ragion di Stato
Gi nel Trecento la possibile forma politica di Stato destinata a prevalere in Europa
era costituita dallo Stato nazionale.
La legittimit del potere, in questa fase, pu derivare, per, ancora da una investitura dinastico-divina anche se laicizzata in quanto lautorit dei sovrani era ormai
sciolta dalla precedente dipendenza nei confronti dellautorit ecclesiastica.

Gli albori della politica moderna dallUmanesimo a Guicciardini

Z 39

A ogni motivo di tipo morale, religioso, ma anche giuridico, in questepoca viene sempre anteposto linteresse dinastico a conservare il potere, denominato dagli scrittori
del Cinquecento e del Seicento ragion di Stato.

B) Lo Stato moderno
La formazione dello Stato rappresenta un processo fondamentale per la storia dellEuropa moderna caratterizzata da una diversa organizzazione del potere, che da spazio
allaffermarsi di contrastanti interessi di classe ove la funzione mediatrice tra le stesse viene esercitata normalmente dagli intellettuali, siano essi giuristi, uomini politici
o filosofi politici.
Proprio nellEuropa di quegli anni, passando attraverso aspre lotte di potere e religiose, si definirono i contorni delle istituzioni e si precisarono i concetti e le formule politiche che sono alla base dellattuale civilt giuridico-politica europea.
Le organizzazioni statali del Medioevo avevano molto poco a che fare con la concezione dello Stato che si andr affermando solo nei secoli seguenti.
Il processo che condusse alla formazione dei vari ordinamenti politici present notevoli differenze nei diversi Paesi europei, in primis Spagna, Francia e Inghilterra.
Le premesse dello Stato moderno vanno ricercate in specifiche circostanze storiche:
da un lato, la concezione universalistica della Respublica Christiana, che implicava lobbligo di riconoscere il primato della sfera spirituale su quella temporale, fu affermata con
tale forza dal Papa (e messa in pratica con la lotta per le investiture negli anni tra il 1057
ed il 1122) da provocare una definitiva, insanabile rottura dei rapporti del Papato con limperatore e, dunque, dellunit politico-religiosa dellOccidente;
dallaltro, tale rottura sanc definitivamente lautonomia della politica dalla religione, e
consent alla figura del singolo principe di affrancarsi dal potere tanto del Papa, quanto
dellImperatore (si ebbe, cos, il tramonto dei due soli citati nel De Monarchia di Dante).

6. Niccol Machiavelli (1469-1531)


Con Machiavelli inizia una nuova epoca del pensiero politico che tende a staccarsi
dalla tradizionale indagine speculativa, etica e religiosa per concentrarsi su metodiche
effettuali e principi originali autonomi (iuxta propria principia).
Nato a Firenze nel 1469, Niccol Machiavelli ricopre la carica di Segretario della Repubblica fiorentina per quattordici anni, dal 1498 al 1512, data in cui costretto ad abbandonare il suo incarico a causa del ritorno in citt della famiglia dei Medici e dellinstaurazione di un nuovo regime signorile a lui ostile. Da quel momento egli sar esiliato per sempre da Firenze e non eserciter
mai pi quegli incarichi diplomatici e di governo che sentiva come propria autentica vocazione.
Proprio agli anni dellesilio risalgono le sue opere pi importanti, i Discorsi sopra la prima Decade
di Tito Livio (1513-1519 ca.) e il Principe (1513).

40

Capitolo 3

A) Il distacco tra etica e politica


Il segretario fiorentino nellanalizzare la mutevolezza dellanimo umano si rende conto che libert e necessit, virt e fortuna, politica e morale, passioni e ragioni, sono
sempre in contraddizione e non possono essere in alcun modo composti in una definitiva e universale sintesi conciliativa (Barbato); dalla verit effettuale non pu
nascere nessuna scienza politica in quanto qualsiasi scienza deve essere fondata
su leggi immutabili.
Istinti, sentimenti e ragione nella natura umana sono mutevoli e, quindi, non riducibili in schemi universalistici quando si tratta soprattutto dellagire politico.
La politica, dunque, non una scienza, ma una tecnica utilizzata per regolare e comporre i conflitti individuali e sociali. Machiavelli, dunque, nega categoricamente qualsiasi forma di connubio tra etica e politica, e riconosce limportanza o lindipendenza della politica in quanto determina il destino delluomo.
Dalla propria esperienza politica e personale, cos come dalla lettura degli autori classici da cui si distacca ideologicamente, Machiavelli matura alcune convinzioni fondamentali che esaltano il suo realismo politico e che influenzeranno tutti i suoi successivi studi di scienza politica:
la natura fondamentalmente malvagia delluomo (pessimismo antropologico);
la sostanziale immutabilit di tale natura;
linconciliabilit tra politica ed etica, in ragione dellinsanabile scissione dellessere con il dover essere;
il concetto di virt del principe in antitesi con quello tradizionale;
il rapporto dinamico e imprevedibile tra libert e fortuna in quanto le vicende
umane per met dipendono dalluna e met dallaltra.
Nel Principe si legge infatti che necessario a chi dispone una repubblica e ordina
leggi in quella presupporre tutti gli uomini rei, e che usano la malvagit dellanimo
loro, qualunque volta ne abbiano libera occasione; e ancora, nei Discorsi, che gli
uomini nacquero vissero e morirono sempre con un medesimo ordine.
Tali convinzioni inducono Machiavelli a negare nella politica sia lesistenza di regole generali perennemente valide, sia limportanza dello studio del passato al fine di
trarre insegnamenti validi per orientare la condotta politica del presente.
Le opere di Machiavelli offrono non solo spunti di riflessione sulla teoria politica,
ma costituiscono anche veri e propri manuali pratici per luomo di governo, cui suggeriscono i pi idonei comportamenti da tenere e degli errori da evitare per guidare gli
Stati.

B) Il Principe, lo Stato e il realismo politico


Il Principe opera caratterizzata da un brutale e schietto realismo politico, il cui
tema principale pu essere individuato nella costruzione dello Stato.

Gli albori della politica moderna dallUmanesimo a Guicciardini

Z 41

Fanno da sfondo dellopera (ispirato allesempio dei crudeli delitti del Valentino, pseudomino
utilizzato per identificare Cesare Borgia) cos come avviene anche per i Discorsi (caratterizzati, al contrario, da un approccio pi idealistico) le vicende politiche dellItalia del tempo.
Dopo la pace di Lodi (1454) gli Stati italiani avevano vissuto un periodo di relativa stabilit interna e di concordia nelle relazioni reciproche.
A partire dal 1492 tuttavia, cio dopo la morte di Lorenzo il Magnifico, principale artefice della
politica dellequilibrio, la situazione cambia radicalmente. La discesa di Carlo VIII nella penisola,
nel 1494, mostr da un lato la fragilit dei piccoli Stati italiani di fronte alle potenze straniere, dallaltro apr per la penisola un periodo di radicale subalternit alla Francia e alla Spagna che terminer solo alla met del secolo successivo.
Lopera di Machiavelli nasce dunque dalla amara contemplazione della ruina dItalia e dal conseguente desiderio di elaborare un progetto politico in grado di porvi rimedio.

Per Machiavelli che si contrappone allutopismo imperante (Il Principe fu scritto nel
1513, lUtopia nel 1516) tre sono i paradigmi sui quali poggiare le fondamento dello Stato:
la disponibilit di milizie proprie e non mercenarie;
la tutela della religione, considerata non tanto nella sua dimensione spirituale
quanto piuttosto per la sua tendenza a rendere la popolazione ubbidiente e unita. A questo proposito, la preferenza di Machiavelli va alla religione pagana, che
pi del cristianesimo celebra valori pi sentiti dallindividuo come leroismo, la
dedizione alla patria, lattivismo;
il terzo deriva da una qualit del principe, e cio dalla capacit di pensare e vivere la politica in una dimensione totalmente autonoma rispetto alla morale per
un efficace e duraturo governo del paese.
La famosa massima il fine giustifica i mezzi va intesa allinterno di questultima considerazione. Se il fine della politica e delluomo di governo la saldezza dello Stato,
allora tutti i suoi comportamenti vanno valutati in relazione al raggiungimento di tale
fine senza tener conto dei valori trascendenti, morali o religiosi in base ad una semplice considerazione: se il fine buono anche i mezzi utilizzati per raggiungerlo lo sono.
In ci risiede il realismo politico di Machiavelli, che costituisce il tratto originale caratterizzante della sua opera e del suo pensiero che sollever nel pensiero che segue (cd.
Machiavellismo v. infra) polemiche infinite che ancora oggi sono di grande attualit.

C) Il confronto tra Virt e Fortuna


Altro aspetto originale della dottrina politica di Machiavelli riguarda il rapporto tra
Virt (che deriva dal latino vir, cio uomo e che esprime, cos, il concetto di astuzia
e risolutezza dellindividuo) e Fortuna (che in latino significa sorte), tema ampiamente dibattuto nel Quattrocento.
Innanzitutto, entrambi i concetti vanno intesi in senso laico.
La fortuna , dunque, linsieme degli elementi e dei fatti imprevedibili capricciosi e
mutevoli che luomo si trova ad affrontare e ai quali chiamato a dare una risposta
facendo ricorso alle sue qualit virili.

42

Capitolo 3

La virt consiste, come detto, nella capacit di far fronte con prontezza alle diverse
occasioni che la fortuna propone, scegliendo il comportamento pi adatto al raggiungimento dei propri fini, compreso quello di dichiarare guerra, senza lasciarsi condizionare da considerazioni diverse da quelle strettamente politiche.
Il tema della guerra su cui incentrato il suo dialogo Dellarte della guerra (in sette libri)
per il pensatore fiorentino fondamentale perch traduce le energie civili (del principe) nella
virt della guerra e diventa cos epifania (rappresentazione) della tragicit della politica e
della vita umana (Barbato).

Unapparente contraddizione interna alla dottrina politica di Machiavelli riguarda la


questione relativa alla migliore forma di governo, se, cio, sia preferibile la repubblica o il principato.
Anche in questo caso il diplomatico toscano procede seguendo un rigoroso realismo
politico, slegato da schemi etici prefissati e pronto ad adattarsi a contesti sociali e politici diversi che dipendono dalla necessit del momento storico.
Se, infatti, nei Discorsi egli sembra preferire il regime repubblicano (in specie della
Roma repubblicana fondato sulla libert e sui buoni costumi), la forma di governo celebrata nel Principe , naturalmente, il principato.
In realt, ci che interessa a Machiavelli, ci che egli considera urgente per porre fine
alla rovina dItalia, la creazione di uno Stato, di unorganizzazione politicamente
e militarmente forte, guidata con fermezza. La forma istituzionale di tale Stato sembra essere indifferente proprio in considerazione del pragmatismo che connota il pensiero politico dellillustre politologo.

7. Francesco Guicciardini (1483-1540)


A) Intellettuale e costituzionalista ante-litteram
Francesco Guicciardini rientra in una categoria di intellettuali sempre pi diffusa tra
Quattro e Cinquecento, quella dellintellettuale funzionario.
A differenza di quella di Machiavelli, la carriera politica di Guicciardini segnata dal
successo in quanto riveste importanti incarichi presso la Repubblica fiorentina, poi
presso i Medici e, infine, presso il Papa.
La visione politica del pensatore spazia tra due poli: la crisi (politica o bellica) che devasta gli Stati e lordine che viene imposto da chi governa e che anestetizza le convulsioni sociali e le crisi (in particolare liberare lItalia dallinvasione dei barbari e la
penisola dalla tirannia dei preti).
Guicciardini , quindi, un tecnico che non teorizza nessuna forma di Stato perfetta, ma mette a disposizione la sua competenza per garantire funzionalit ed efficienza alla gestione della cosa pubblica.

Gli albori della politica moderna dallUmanesimo a Guicciardini

Z 43

In questottica, egli pu essere considerato un costituzionalista, essendo la sua attenzione rivolta specialmente allanalisi:
delle competenze delle varie istituzioni;
del loro reciproco rapporto e bilanciamento;
dalla valorizzazione dellesperienza degli ottimati, cio dei migliori chiamati a
governare un Paese.
Dati questi elementi alcuni studiosi hanno definito la teoria politica di Guicciardini un
vero e proprio disegno di ingegneria costituzionale.
Dopo il 1494, cacciata la potente famiglia dei Medici, a Firenze viene istituita una Repubblica, il
cui organo principale il Consiglio Maggiore.
Rispetto alla situazione passata il Consiglio composto da unampia parte della popolazione che
comprende, oltre le famiglie di antica nobilt, tradizionalmente demandate al governo della citt,
anche numerosi esponenti degli emergenti ceti borghesi e commerciali.
I primi anni della Repubblica sono, quindi, caratterizzati da forti tensioni tra le diverse fazioni presenti in Consiglio: laristocrazia tradizionale, infatti, si opponeva alle aperture democratiche proposte
dai nuovi ceti. Il conflitto reso ancora pi aspro dal fatto che al Consiglio era demandato il delicato compito di eleggere tutte le magistrature cittadine, ovvero le cariche titolari del potere esecutivo.
Per far fronte a questa situazione nel 1502 una moderata riforma istituzionale istituisce la carica
di Gonfaloniere a vita, suprema magistratura stabilita per assicurare una certa stabilit al governo che le leggi sulla rotazione delle cariche mettevano costantemente in discussione.

dalla riflessione sulle realt del suo tempo che nasce il pensiero politico di Guicciardini che, scagliandosi contro ambizioni e molliziedella classe al potere, mira a elaborare un congegno di governo che nel rispetto del particulare sia in grado di comporre i conflitti sociali, al fine di evitare che la lotta per il potere si trasformi in un
evento distruttivo dellordine sociale e politico.

B) Obiettivi politici ed equilibrio tra i poteri


La conservazione dellordine costituito pu essere raggiunta soltanto attraverso:
la creazione di un equilibrio tra i poteri che dia ordine alla repubblica;
la scrupolosa definizione delle competenze di ciascun organo di governo;
la sovranit della legge sugli interessi dei singoli, dal momento che, come lautore afferma nel suo Discorso di Logrogno, n altro la libert che uno prevalere la legge e ordini pubblici allo appetito delli uomini particulari;
la liberazione sia dai barbari invasori del territorio nazionale che dalla tirannia dei principi.
La peculiarit introdotta dal pensiero di Guicciardini la presenza di un terzo organo,
accanto al Consiglio maggiore e al Gonfolaniere, in grado di svolgere funzioni di raccordo tra i due: il Senato, composto da uomini particolarmente maturi ed esperti nellarte del governo.

44

Capitolo 3

Guicciardini loda lassetto repubblicano di Firenze il vivere popolare, cio la democrazia ma


intende tale democrazia soprattutto come libert da forme di governo dispotiche, libert che deve
essere garantita a tutti i cittadini.
Tuttavia, in merito alla partecipazione effettiva allattivit di governo, Guicciardini resta ancorato
alla tradizionale visione oligarchica del governo dei migliori. Per governare infatti occorrono
capacit, competenza ed esperienza, per cui lautore pu sostenere che le citt bench siano libere, se sono ben ordinate, sono sostenute dal consiglio e dalla virt di pochi.

In conclusione, la dottrina politica di Guicciardini anticipa quelle forme di separazione e bilanciamento dei poteri che saranno rielaborate in seguito con anche maggiore chiarezza (Montesquieu) e che troveranno compiuta espressione nelle costituzioni
democratiche successive alla rivoluzione francese.

Edizioni Simone - Vol. 33/5 Compendio di Storia delle Dottrine politiche

Capitolo 7 Lesaltazione dellindividuo

e la nascita dello Stato


moderno

Sommario Z 1. Lo Stato moderno, la borghesia e il contrattualismo. - 2. La teoria della sovranit in Thomas Hobbes. - 3. Il contratto liberale di John Locke. 4. Baruch Spinoza.

1. Lo Stato moderno, la borghesia e il contrattualismo


A partire dalla fine della guerra dei trentanni (Pace di Westfalia, 1648) protagonista
assoluta della scena politica europea diviene un unico soggetto: lo Stato inteso in senso moderno come entit sovrana, autonoma e superiorem non recognoscens.
Lo Stato, dunque, impegnato in uno sforzo di centralizzazione e razionalizzazione,
sconosciuto ai secoli precedenti, teso ad acquisire progressivamente il monopolio della politica a scapito della pluralit di soggetti territoriali divenuti con il feudalesimo
protagonisti del medioevo e della prima et moderna: in primis la Chiesa e lImpero.
Per quanto impegnato nel recupero di alcune prerogative sovrane come la centralizzazione dei poteri, la tutela dellordine pubblico, la monopolizzazione della guerra
lo Stato si base sempre sullordine naturale tradizionale di derivazione divina.
Il fondamento teocratico del potere terreno nellet moderna, comunque, non mette
mai in discussione lalleanza tra trono e altare.
In linea con questa concezione lo Stato moderno deve considerarsi razionale quanto al suo esercizio e ai suoi fini (che coincidono con la potenza e il benessere dello Stato stesso), ma profondamente tradizionale quanto alla sua origine.
La persistenza del concetto di ordine naturale legittima inoltre, sul piano della struttura sociale, disuguaglianze e gerarchie che determinano la supremazia dei ceti privilegiati, cio il clero
e laristocrazia.
In tale clima, lopera riformatrice dello Stato, non pu che essere prudente ed estremamente moderata fino al momento del rovesciamento radicale portato dalle idee illuministiche e dalla rivoluzione francese.

Tuttavia, se a livello istituzionale il soggetto politico di riferimento in questi secoli


lo Stato, sul piano sociale va delineandosi con sempre maggiore chiarezza un secondo protagonista, che finir con il diventare linterlocutore principale dello Stato, e cio
la borghesia.

72

Capitolo 7

Questa classe emergente, infatti, per la sua presenza attiva nelleconomia del paese, si
fa portavoce di esigenze nuove come la tutela della libert del singolo e, soprattutto,
lintangibilit delle sue propriet, spesso gravate, durante il medioevo e gli esordi
dellet moderna, da corve a servit pubbliche, nonch obblighi di conferimento di
beni, denaro e derrate alla corona che ne svilivano il contenuto.
La dottrina politica di questi anni, a cavallo tra lassolutismo e la rivoluzione, si concentra, dunque, sulla difficile conciliazione tra le esigenze di centralizzazione del potere statale e tutela degli interessi delle nascenti borghesie presenti sulla scena economica e sociale europea.

A) Il soggetto borghese
La dinamica politico-filosofica che si instaura tra lindividuo e lo Stato in questi secoli potrebbe essere definita di attrazione e repulsione: da un lato, infatti, il nuovo borghese ha bisogno dello Stato al fine di vedere politicamente riconosciuti una serie di
nuovi diritti da cui il suo ceto escluso; dallaltro, ha la necessit di difendersi dallo
Stato, al fine di mantenere autonomo sia lambito della libert privata, sia un proprio
spazio nella societ, per poter esercitare le proprie libert.
Tale complessa dinamica trova la sua espressione dottrinale nella teoria del patto, e
in quelle, ad essa legate, della sovranit, della rappresentanza e dei limiti del potere.

B) Il patto
Al fine di garantire la sicurezza e lordine auspicati dalla borghesia, si afferma la dottrina del razionalismo filosofico moderno che tende a ricondurre la politica a un ambito terreno, sottratto, cio, allordine divino, e costruito dalluomo per il raggiungimento dei propri fini.
Per tale motivo, anche se con implicazioni diverse, per Hobbes e Locke, per Rousseau e Kant, lo Stato nasce da un patto (o da un contratto) tra gli individui, che si associano al fine di uscire dallo stato di natura ed entrare in una dimensione politica. Ci perch nello stato di natura alcuni diritti naturali non sono tutelati (come
in Hobbes e Spinoza) o non lo sono in maniera adeguata (come in Locke e Rousseau).
Tali diritti, dunque, allinterno della dimensione statuale, da semplici e non delineati
diritti naturali, si trasformano in diritti civili e politici.

C) La sovranit e la rappresentanza
Il concetto di sovranit, carattere peculiare dello Stato, in questi secoli, finisce con
lidentificarsi con le istituzioni statuali.
Il leame Stato-Sovranit riconosciuto da molti filosofi, sebbene ciascuno, pur partendo dalla medesima premessa, giunga a esiti diversi: in Hobbes essa conduce allassolutismo, in Locke al liberalismo, in Rousseau e in Spinoza alla democrazia e in Kant
allo Stato costituzionale di diritto.

Lesaltazione dellindividuo e la nascita dello Stato moderno

Z 73

Tali esiti dipendono dal diverso grado di energia politica che viene concessa ai governanti una volta riconosciuto lesercizio esclusivo della sovranit allo Stato.
Sorge, infine, il problema della rappresentanza politica attraverso la quale i sudditi
partecipano alla vita delle istituzioni.

2. La teoria della sovranit in Thomas Hobbes


Thomas Hobbes (1588-1679), oltre a essere stato un importante filosofo, storico, scienziato e cultore della classicit, stato riconosciuto come il padre della filosofia politica moderna per la fermezza con la quale egli prende le distanze dal modo classico
di pensare la socialit e la politicit delluomo, cos come era stato tramandato nella
Politica di Aristotele.
Mentre nella visione aristotelica la tendenza degli uomini a organizzarsi in rapporti di
convivenza gerarchicamente ordinata rappresenta un processo naturale e spontaneo,
nella visione hobbesiana la nascita della societ politica il frutto di un accordo
artificiale dettato dalla paura e necessit dei singoli.
La presa di distanza di Hobbes da Aristotele parte dalla considerazione dellinesistenza di ragioni naturali in forza delle quali alcuni uomini siano, per cos dire, destinati a comandare e altri a
obbedire. Hobbes sa bene, e lo ricorda nel Leviatano, che Aristotele, nel primo libro della Politica, ha sostenuto che vi sono uomini pi saggi, predestinati dalla natura a comandare, e altri
meno dotati, fatti per ubbidire. Luomo non presenta, da questo punto di vista, le caratteristiche
di certe ordinate societ di insetti, come le api e le formiche, le quali sottostanno per naturale predisposizione a un ordine gerarchico preciso, essendo portato per sua natura a una costante competizione con gli altri e a essere gratificato quando si dimostra superiore ai propri simili.

La destrutturazione della socialit naturale di Aristotele rappresenta in effetti il negativo delle due tesi principali di Hobbes, tra loro strettamente connesse:
la naturale eguaglianza tra gli uomini (che impedisce loro di accettare spontaneamente rapporti gerarchici) e che degenera in diseguaglianza;
la spontanea conflittualit e insocevolezza degli individui (che impedisce loro
di convivere pacificamente a meno che non vi siano costretti da istituzioni artificiali dotate di potere coercitivo): questo aspetto rimanda a Machiavelli il cui punto di partenza deriva proprio dalla constatazione dellegoismo e della smania di
potere del principe e della voglia di sicurezza del popolo.
Il clima storico politico dei tempi di Hobbes

Hobbes costituisce un pilastro nella storia delle dottrine politiche soprattutto in virt del suo
Leviatano, pubblicato nel 1651 ma composto negli anni precedenti a Parigi, dove lautore era
stato costretto a rifugiarsi in seguito alla pubblicazione di unaltra sua opera, del 1640, gli Elements of Law, Natural and Politics.
Hobbes vive in prima persona gli anni drammatici della rivoluzione inglese che porteranno,
nel gennaio del 1649, alla decapitazione del re Carlo I Stuart, accusato di aver tradito lordinamento fondamentale del regno e di essere, cos, venuto meno alla sua missione divina.

74

Capitolo 7

In realt, il conflitto tra le forze parlamentari, sostenitrici del costituzionalismo tradizionale


inglese, e quelle monarchiche, schierate per lassolutismo degli Stuart, responsabile di alcune delle pagine pi violente della storia inglese; il clima di conflitto permanente, di costante minaccia alla vita e agli averi in cui gli inglesi vissero negli anni tra il 1641 e il 1660, anno della
temporanea restaurazione degli Stuart, contribu non poco a determinare le convinzioni di Hobbes circa la natura feroce degli uomini e del conseguente comportamento aggressivo spontaneo degli individui, in assenza di un potere costituito che ne freni gli istinti di sopraffazione.

A) La teoria delluguaglianza
Hobbes dimostra, con argomenti semplici ma efficaci, che nello stato di natura gli uomini sono eguali e che quindi non plausibile n legittimo spacciare come naturale un qualsiasi rapporto gerarchico tra di essi.
Esempi dallargomentazione hobbesiana:
quanto alla forza fisica, gli uomini possono anche differire, ma si tratta di differenze non
dirimenti perch, infine, anche il pi debole ha abbastanza forza per uccidere, magari con
lastuzia o a tradimento, il pi forte;
quanto alle facolt mentali, la prudenza si acquista con lesperienza, che ovviamente
alla portata di tutti.
I sostenitori della ineguaglianza dovrebbero spiegare perch, se gli uomini sono ineguali
quanto alle facolt dello spirito, accade che ognuno ritiene intimamente di essere pi saggio degli altri: non c segno pi grande di egual distribuzione di qualcosa, del fatto che
ogni uomo contento della propria parte.

Gli uomini, dunque, sono e si pensano eguali, nel senso che anche le disuguaglianze che pur sussistono nella realt non alterano questo fondamentale status di parit, e
quindi, non potrebbero mai giustificare qualsiasi naturale e spontanea sottomissione
degli uni agli altri.

B) La conflittualit: homo hominis lupus


Luguaglianza, tuttavia, non la sola condizione che caratterizza lo stato di natura.
Ad essa si affianca una spontanea conflittualit.
Le linee di ragionamento che spingono Hobbes a sostenere tale tesi sono due:
in primo luogo, gli individui che si trovassero a vivere in uno stato di natura entrerebbero in conflitto per diffidenza: non potendo nessuno essere certo di non venir aggredito e ucciso dagli altri, ciascuno dovrebbe a sua volta aggredire e uccidere in anticipo onde evitare di fare la stessa fine;
in secondo luogo, gli uomini entrano in conflitto perch animati da quella passione che Hobbes chiama la gloria: la maggior soddisfazione, il piacere pi ambito, gli uomini lo provano
nel compararsi con gli altri e scoprirsi superiori a loro; ma se ognuno aspira alla superiorit, il confronto non potr che trasformarsi in conflitto.
Hobbes teorizza, inoltre, anche una visione della necessit del conflitto di taglio pi propriamente giuridico: se si ammette che ogni uomo ha per natura diritto ad autoconservarsi e di
usare tutti i mezzi atti a tale scopo, allora ne consegue che, non essendoci nello stato di natu-

Lesaltazione dellindividuo e la nascita dello Stato moderno

Z 75

ra una legge comune condivisa, ognuno il solo giudice di ci che necessario alla propria
autoconservazione.
Si pu dire, perci, che finch non vige una legge comune, ognuno ha diritto a tutto; ma,
poich tutti hanno diritto a tutto, questi diritti entrano necessariamente in conflitto, e la conseguenza che gli uomini si ritrovano a vivere in uno stato permanente di conflitto dove nessun
diritto riconosciuto e garantito.

La radice pi profonda del conflitto, sta proprio nel riconoscimento della fondamentale eguaglianza tra gli uomini che della teoria hobbesiana costituisce lassunto di
partenza: poich gli uomini sono eguali, nessuno accetter naturalmente di sottomettersi a un altro. E quindi il conflitto potr nascere in ogni momento, finch gli individui non avranno trovato il modo di istituire, riconoscere e affidarsi a un potere
superiore comune cui obbedire.
Lo stato prepolitico, o stato di natura, caratterizzato dalla mancanza di un potere superiore comune, non pu essere pertanto che uno stato di guerra di tutti contro tutti (stato che Hobbes indica con lespressione latina homo homini lupus).
In quanto conflittuale, lo stato di natura apporta pericolo, insicurezza e morte da cui
gli individui desiderano uscire: ci spiega una delle note ed eloquenti espressioni di
Hobbes: nello stato di natura, la vita delluomo solitaria, misera, sgradevole, brutale e breve.

C) Le leggi di natura
Sono le regole di condotta seguite da tutti e che assicurano la pacifica convivenza.
La legge di natura, infatti, una regola generale, scoperta dalla ragione, che vieta a
un uomo di fare ci che lesivo della sua vita: perch qualsiasi torto nei confronti degli
altri, scatenerebbe la guerra e, dunque, metterebbe a repentaglio lautoconservazione.
Nello stato di natura i comandi non sono veramente vincolanti nei confronti dei singoli.
In assenza di un potere superiore, infatti, nessuno pu avere garanzie del fatto che gli altri non gli
faranno torto, non lo aggrediranno, non gli sottrarranno le sue cose, non lo uccideranno, non gli mancheranno di parola: in sostanza, nessun uomo pu razionalmente attenersi senza sospetto a ci che
la legge di natura gli prescrive. Anzi, per ragioni di razionale prudenza, ciascuno deve essere sempre pronto ad attaccare per primo, a non mantenere la parola data, a fare agli altri quei torti che deve
temere da essi. Questo lunico comportamento razionale in una situazione dove non esiste alcun
ordine pubblico e dove ognuno deve pensare in primo luogo a salvaguardare se stesso.

D) Il Leviatano
Per liberarsi da questa situazione, gli individui hanno davanti a s una sola via duscita: stringere tra loro un patto in forza del quale ciascuno rinuncia a tutti i diritti di cui
titolare nello stato di natura e li trasferisce a un sovrano, sotto limperio del quale
tutti potranno vivere sicuri.
La formula di questo contratto sono da Hobbes cosi esposte: Io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso a questuomo o a questa assemblea di uomini, a questa condizio-

76

Capitolo 7

ne, che tu gli ceda il tuo diritto, e autorizzi tutte le sue azioni in maniera simile. Fatto ci, la moltitudine cos unita in una persona viene chiamata uno stato, in latino civitas. Questa la generazione di quel grande Leviatano o piuttosto di quel Dio mortale, al quale noi dobbiamo, sotto
il Dio immortale, la nostra pace e la nostra difesa.

Attraverso tale patto, quindi, gli individui istituiscono un potere sovrano, in modo
da poter vivere in un ordinamento di pace e di giustizia; la legge naturale viene sostituita dalla legge che il sovrano riterr opportuno emanare.
Il potere che gli individui, spogliandosi del diritto a governare se stessi, hanno conferito, al sovrano, rappresenta un potere assoluto in quanto, per poter esercitare le proprie funzioni, tale potere non pu essere soggetto ai limiti di altri poteri.
Tale potere trascende anche le leggi di natura sostituite dalle leggi positive, poste
dal sovrano e in quanto tali vincolanti solo per i sudditi; il sovrano per Hobbes a legibus solutus, ovvero dispensato dallobbligo di obbedienza alle leggi ( proprio da
questa espressione che deriva il termine italiano assoluto).
Lo Stato, dunque, per il filosofo inglese prende la forma immaginifica del Leviatano
una creatura marina biblica con il viso femminile e ricoperto di squame (rappresentati dai cittadini che ad esso si attaccano per vincere le paure della sopraffazione degli altri
individui) che governa i sudditi e mette ordine in caso di bellum omnium contra omnes.
La libert dei sudditi in Hobbes

Nonostante il carattere assoluto del potere sovrano, la teoria di Hobbes conserva per i sudditi
un residuo margine di giusta libert. Per Hobbes, come per i teorici della cosiddetta libert
negativa, libert significa essenzialmente assenza di impedimenti, e quindi vi sempre libert finch lindividuo pu disporre di spazi dazione nei quali muoversi a piacimento senza esserne impedito: la libert dei sudditi, dunque, si esplica in tutte quelle azioni che il sovrano
omette di regolare, come per esempio la libert di comprare, di vendere e di fare altri contratti luno con laltro, di scegliere la propria dimora, il proprio cibo, il proprio modo di vita, di
istruire i figli nel modo che pensano sia idoneo e di fare altre cose simili.

3. Il contratto liberale di John Locke


John Locke (1632-1704) (1) affronta i due temi centrali della scienza politica del 600
e sistematizza:la dottrina dei diritti naturali a quello del patto sociale, costruendo,
per, una teoria dello Stato opposta a quella hobbesiana.
Locke, infatti, pu essere considerato infatti il fondatore del contrattualismo liberale, in cui un ruolo centrale svolgono il tema dei diritti naturali e quello dei limiti che
da tali diritti impongono al potere costituito, in particolare lintangibilit del diritto
di propriet, il cui carattere sacro e inviolabile costituisce un punto fermo del liberalismo ottocentesco.
(1) Studioso britannico nato per i suoi Escay on the Law of Nature, rimase a lungo inediti, fece parte del mondo politico londinese finch non fugg, accusato di cospirazione, in Francia e poi in Olanda ove scrisse i famosi due trattati del governo e il saggio sullintelletto umano (1690) nonch versetti scritti sulla tolleranza religiosa.

Lesaltazione dellindividuo e la nascita dello Stato moderno

Z 77

Ci spiega la fortuna dei testi sulla politica di Locke in Inghilterra, in Francia (ove ha ispirato Montesquieu che ha sviluppato il principio della separazione dei poteri) e negli Stati Uniti ove i suoi testi hanno contribuito in alcuna parte a fondare la dottrina dei diritti delluomo.

A) Lo stato di natura
Nei due Trattati sul governo civile (1690) il filosofo nazionalista britannico si dedica,
come tutti i contrattualisti, alla ricostruzione teorica del cammino che ha condotto luomo dalloriginario stato di natura alla dimensione politica.
Come Hobbes, anche Locke sostiene che lo stato originario caratterizzato da una
sostanziale uguaglianza tra gli individui.
Tale tesi risponde, tra laltro, a unesigenza polemica nei confronti di Robert Filmer, che nella
sua opera Il Patriarca o il potere naturale dei re, aveva sostenuto lidentit tra il potere monarchico e il potere di derivazione biblica attribuito appunto al patriarca sulla propria famiglia.
La tesi di Filmer costituiva un tentativo di edificare la legittimazione del potere assoluto degli
Stuart basandosi sul fondamento delle Sacre Scritture.

Per Locke, come per Hobbes, non vi sono rapporti di subordinazione o di soggezione
per natura e il potere monarchico non deriva n da quello divino n assimilabile a
quello paterno. Se Locke condivide col suo illustre predecessore il punto di partenza
delleguaglianza originaria, ben diversa la concezione che egli sviluppa sullo stato
di natura.
Poich gli uomini sono eguali e indipendenti, la ragione di ognuno afferma il precetto secondo il quale nessuno deve ledere gli altri nella vita, nella salute, nella libert
o negli averi in netta antitesi con la legge di natura hobbesiana.
La legge di natura , come in Hobbes, la regola: la pace e la sopravvivenza di tutto il genere
umano; dove per Locke si discosta dallautore del Leviatano, nella tesi per cui la legge di natura per tutti vincolante in quanto obbliga lindividuo in modo pieno, e non solo in foro interno,
come invece aveva sostenuto Hobbes.

La legge di natura in Locke vincolante perch, anche nello stato di natura, esistono modi per punire i trasgressori: anche in assenza di un potere costituito che determini e applichi le sanzioni, infatti, ognuno davanti alla comunit cui appartiene pu
punire coloro che attentanto alla legge, violando, cio, le norme dettate dalla ragione
e dalla giustizia.
Luscita dallo stato di natura attraverso il patto che d vita allo Stato non si giustifica quindi, per Locke, con lesigenza di istituire un potere coercitivo che obblighi i
singoli individui a rispettare le leggi.
Tale esigenza si giustifica invece con la necessit di tutelare gli uomini dalle potenzialit distruttive dello stato di guerra che pu scatenarsi da un momento allaltro poich gli uomini, oltre che dalla ragione, sono spesso guidati dallistinto e dalle passioni, che li pongono in conflitto tra loro.
Ruolo dello Stato non , dunque quello delloppressore, ma quello di un giudice imparziale in grado di dirimere pacificamente le controversie tra i sudditi.

78

Capitolo 7

Stato di natura e stato di guerra in Locke

Nella concezione di Locke necessario distinguere tra stato di natura e stato di guerra.
Lo stato di guerra caratterizzato da inimicizia, malvagit, violenza e reciproco sterminio e
pu essere sia il risultato della degenerazione dello stato pacifico di natura, sia linterruzione
che si verifica dentro lo stato civile, quando qualcuno vuole sottometterne un altro con la forza.
Lo stato di natura, invece, uno stato di pace, benevolenza, assistenza e difesa reciproca,
quando gli uomini vivono insieme secondo ragione, senza un sovrano, col potere di giudicarsi tra loro. Tuttavia, c sempre il rischio che lo stato di natura possa degenerare nello stato di
guerra che pu anche durare ininterrottamente. Per evitare ci gli uomini devono associarsi tra
loro e istituire un potere sovrano lo Stato e un giudice comune in grado di risolvere le
controversie in modo imparziale.

B) La propriet
Lo Stato civile ha unaltra fondamentale funzione in Locke: la tutela del diritto di
propriet del singolo.
Per Locke la propriet rientra tra i diritti naturali delluomo, tra i diritti cio che
precedono la formazione della societ politica. Anzi, limportanza storica del liberalismo di Locke sta proprio nellaver stabilito uno stretto legame tra propriet privata e libert individuale.
Questo punto di vista cos centrale nellideologia di Locke che talvolta il filosofo denomina propriet tutti quei beni che lo Stato deve assicurare alluomo: vita, libert e averi.
Su questo punto la teoria lockiana della propriet si distingue tanto da quella di Hobbes
quanto da quella di Grozio e Pufendorf.
Per Hobbes la propriet viene solo dopo listituzione dello Stato (nello stato di natura tutti hanno diritto a tutto); lo Stato che decide cosa lindividuo possa considerare come sua propriet privata, e nessuno se ne deve lamentare.
Per Grozio e Pufendorf la propriet possibile anche prima dello Stato, ma a condizione che
vi sia il tacito consenso degli altri uomini.
Per Locke invece la propriet privata precede lo Stato, e lindividuo la acquisisce legittimamente facendo tutto da solo, cio senza bisogno di passare per il consenso dei suoi simili.

Ma come si legittima nello stato di natura, caratterizzato da una fondamentale uguaglianza, lappropriazione privata di un bene che, per definizione, appartiene a tutti, cio
la terra?
Sul punto largomentazione di Locke parte da un assunto di fondo che esalta il fattore umano: bench la terra sia comune a tutti gli uomini, ciascuno proprietario della
sua persona. E se luomo proprietario della sua persona, anche proprietario del proprio lavoro e di ci che con esso produce.
Il diritto allappropriazione privata non , per, illimitato. Ognuno pu appropriarsi dei frutti della natura, tanto quanto pu consumare; sarebbe contrario alla legge di natura, invece, raccogliere
frutta o pescare pesce sottraendolo alla potenziale raccolta da parte di altri, per lasciarlo marcire.
Lo stesso discorso vale per la propriet della terra: Quanto terreno un uomo zappa, semina, migliora e coltiva, e di quanto pu usare il prodotto, tanto di propriet sua.

Lesaltazione dellindividuo e la nascita dello Stato moderno

Z 79

Valore della produttivit e valore delle risorse

Con una brillante anticipazione del pensiero economico successivo, Locke introduce la nozione di valore-lavoro e lidea che la produttivit individuale contribuisca, di per s, al benessere comune (idea che sar sviluppata con la teoria della mano invisibile da Adam Smith, padre del liberismo moderno, nel suo La ricchezza delle nazioni del 1776).
Chi lavora la terra, infatti, ne incrementa la produttivit e quindi contribuisce allaccrescimento dei beni che lumanit ha a sua disposizione. Perci, chi si appropria della terra e ne fa un
uso produttivo deve considerarsi un benemerito dellumanit.
Si pu per porre ancora unaltra questione: perch il diritto allappropriazione privata che
viene dal lavoro prevale sulloriginario diritto di propriet in comune?
La risposta di Locke molto interessante: il valore dei beni dato molto pi dal lavoro che
non dalla materia prima, e, quindi, chi ha impiegato il suo lavoro ha molto pi diritto su un
bene rispetto al proprietario della materia prima.

C) Laccumulazione e i fondamenti del liberismo


Lo stato di natura teorizzato da Locke si configura, a ben vedere, come una comunit
di coltivatori diretti, piccoli proprietari terrieri.
Il tempo nel quale vive Locke , al contrario, una realt segnata da profonde differenze patrimoniali e sociali, dove la distribuzione della propriet e della ricchezza sono
tuttaltro che eque.
Come si giustifica allora questa evidente differenza tra stato di natura e stato civile e,
soprattutto, si tratta di una differenza legittima?
La risposta per Locke legata allintroduzione del denaro come intermediario di
scambio. Finch non cera il denaro, i beni non potevano essere pi di tanto accumulati, dal momento che la maggior parte di essi erano deperibili. Il denaro, invece, crea
le premesse di unaccumulazione illimitata: diventa possibile, per esempio, comprare, grazie allaccumulazione, grandi estensioni di terra e poi venderne i prodotti.
La legittimit di questa evidente disuguaglianza poggia sul fatto che gli uomini hanno concluso
un tacito accordo circa luso del denaro, accordo dimostrato dal fatto che tutti accettano il denaro
e lo scambiano anche se laccettazione del denaro equivale allaccettazione del principio dellaccumulazione illimitata.

proprio in virt della giustificazione teorica della appropriazione privata delle risorse naturali e del capitalismo inteso come accumulazione illimitata e fine a se stessa che Locke considerato il padre del pensiero liberale.

D) La monarchia costituzionale
Lintento fondamentale per cui gli uomini si assoggettano a un governo, la salvaguardia della loro propriet.
Ci avviene non solo attribuendo allo Stato il ruolo di giudice imparziale, ma anche il
compito di stabilire regole di condotta comuni (funzione legislativa), al fine di creare
condizioni di sicurezza, benessere e prosperit dei consociati. La funzione legislativa
incontra alcuni limiti invalicabili: il rispetto delle leggi di natura; il rispetto dei diritti inviolabili degli individui, primi fra tutti il diritto alla vita e il diritto di propriet.

80

Capitolo 7

Le diverse funzioni dello Stato, inoltre devono articolarsi in modo da impedire la prevalenza delluna sullaltra.
La distinzione tra potere legislativo e esecutivo consente al primo di riunirsi, solo periodicamente
e non in permanenza, per legiferare, mentre il secondo deve assicurare costantemente e coattivamente lobbedienza dei cittadini alle leggi. Chi dispone della coazione non dispone della legge,
e ad essa anzi vincolato; chi legifera, in compenso, non ha alcun potere diretto di coazione. Il
legislativo il potere supremo, ma la coazione spetta a quello esecutivo, subordinato al primo.
Il modello di riferimento di Locke la monarchia costituzionale inglese quale risulta dalla
Gloriosa rivoluzione del 1688-89, i cui principi fondamentali sono contenuti nel Bill of Rights
del 1689. In tale sistema il supremo organo di governo il King in Parliament, ovvero il re allinterno del Parlamento (Camera dei Comuni), col quale condivide la responsabilit legislativa,
mentre il potere giudiziario affidato alla camera dei Lords e ai giudici.

E) Il diritto di resistenza
In linea con la sua concezione del carattere non assoluto del potere sovrano, Locke teorizza, a differenza di Hobbes, il principio del diritto di resistenza da parte dei sudditi.
Il diritto di resistenza si fonda sulla legge naturale, che superiore alla stessa legge
positiva.
Tale diritto, tuttavia, non prevede forme di rivoluzione violenta, se non in ultima istanza. Mancando un giudice superiore cui appellarsi nei confronti di un legislativo che lo
voglia rendere schiavo, il popolo ha diritto di appellarsi al cielo, ovvero a una legge
superiore alla legge positiva che lo autorizza a rovesciare quel governo che venga
meno al suo mandato.
La teoria del diritto di resistenza, per, incorre in alcune contraddizioni che pi tardi
Kant metter meglio in risalto: non essendoci un giudice superiore in grado di dirimere le controversie tra popolo e sovrano, col diritto di resistenza si pu correre il rischio
di ricadere nello stato di natura, n pi n meno di quanto accade nel caso dellesercizio del potere dispotico.

4. Baruch Spinoza (2)


Le premesse da cui parte lanalisi politica di Spinoza sono le stesse di Hobbes: anche
per il filosofo olandese, infatti, la costruzione dello Stato deriva dalla necessit di porre fine alla condizione di incertezza e precariet della vita umana che caratterizza loriginario stato di natura.
Le conclusioni, tuttavia, rispetto ad Hobbes sono radicalmente diverse.
(2) Olandese di famiglia ebraica, Baruch Spinoza (1632-1677) fu espulso dalla comunit israelitica di Amsterdam, dove viveva, nel 1652 in seguito allaccusa di eresia mossagli per la sua interpretazione eterodossa delle Sacre Scritture. Per tutta la vita egli si guadagn da vivere come levigatore di lenti per microscopi.
Le opere che interessano la storia delle dottrine politiche sono il Trattato teologico-politico, pubblicato nel
1670, e il Trattato politico, rimasto incompiuto al momento della morte dellautore.

Lesaltazione dellindividuo e la nascita dello Stato moderno

Z 81

A) Stato di natura, saggezza umana e patto sociale


Lo stato di natura in Spinoza uno stato in cui il diritto di ognuno si estende fin dove
arriva la sua potenza. Ciascun individuo ha cio pieno diritto a tutto ci che in suo
potere, e in particolare a conservare se stesso e a perseguire il proprio utile nella misura che la sua potenza gli consente.
Tale concezione nasce allinterno di una visione generale, spiccatamente panteistica, secondo
la quale Dio e la natura coincidono (secondo la celebre formula spinoziana Deus sive natura).
Cos come la potenza di Dio pu dispiegarsi in piena libert, altrettanto pu fare la potenza della natura, allinterno della quale compreso luomo con il suo carico inscindibile di razionalit e passioni.
Si legge nel Trattato teologico-politico: per diritto e istituto di natura io non intendo se non
le regole di natura di ciascun individuo, secondo le quali noi concepiamo che ciascuna cosa
naturalmente determinata ad esistere ed operare in un certo modo: per esempio, i pesci sono
determinati dalla natura a nuotare, e quelli grossi a mangiare i pi piccoli; e perci i pesci per
supremo diritto naturale dispongono dellacqua, e i grossi mangiano i pi piccoli.
certo infatti che la natura ha diritto a tutto ci che essa pu, cio che il diritto della natura si
estende fino l dove si estende la potenza di essa: perch la potenza della natura la potenza stessa di Dio.

Lesempio dei pesci spiega la condizione umana nello stato naturale. Anche tra gli uomini, infatti, vige la regola che il grosso mangia il pi piccolo. In questo senso, la
visione della stato naturale di Spinoza appare addirittura una radicalizzazione del homo
homini lupus di Hobbes.
Infatti, se gli uomini fossero tutti saggi, e vivessero tutti unicamente sotto la guida della ragione, ognuno eserciterebbe il suo diritto senza recare alcun danno agli altri.
La saggezza, per, non la condizione normale degli uomini: per lo pi essi sono
soggetti agli affetti e alle passioni, che spingono ciascuno a ricercare il proprio utile
anche se questo dovesse recare danno agli altri. Anzi, in questa ricerca dellutile ciascuno non esita a ingannare e tradire pur di raggiungere il proprio scopo.
Se gli individui permanessero nello stato di natura, essi sarebbero condannati a vivere in mezzo
alle inimicizie e agli odi, a danneggiarsi gli uni con gli altri, a non poter godere di una vita tranquilla e sicura, alla quale comunque tutti aspirano.

Ne deriva che, se gli uomini vogliono raggiungere il loro utile e la loro sicurezza, devono venir fuori dallo stato naturale, rinunciare al diritto su tutto e cederlo alla
collettivit, stringendo con gli altri un patto sociale. Col patto gli individui rinunciano al loro diritto di natura e lo cedono alla collettivit dando, cos, vita ad una comunit politica denominata Stato.

B) Funzioni e organizzazione dello Stato: la democrazia


Lo Stato nasce, per Spinoza, con due compiti fondamentali: imporre le leggi e punire
i trasgressori in quanto la minaccia della sanzione la modalit pi sicura per convincere i singoli ad astenersi dal danneggiare ingiustamente gli altri, trasgredendo la legge.

82

Capitolo 7

Ma come devessere organizzato lo Stato?


La risposta di Spinoza segna una decisa inversione di tendenza rispetto a Hobbes. Mentre questultimo prediligeva, infatti, la forma monarchica, Spinoza sostiene invece che
la miglior forma di governo quella democratica. Nella democrazia, infatti, il diritto
di cui ognuno godeva nello stato di natura non viene trasferito a un individuo particolare (il sovrano), ma ripartito tra tutti coloro che hanno sottoscritto il patto sociale.
Lordinamento democratico quello che maggiormente rispetta la libert che la natura ha
concesso a ognuno: in esso infatti nessuno trasferisce ad altri il proprio naturale diritto in modo
cos definitivo da non essere poi pi consultato; ma lo deferisce alla maggior parte dellintera
societ, di cui membro, e per questo motivo tutti continuano ad essere uguali come erano
nel precedente stato di natura.
Cos formulata, la teoria di Spinoza fa coincidere la sovranit con quella che Rousseau, un
secolo pi tardi, richiamandosi esplicitamente al filosofo olandese, chiamer la volont generale, cio la volont espressa dallinsieme degli individui che hanno sottoscritto il patto.

La contrapposizione tra assolutismo e democrazia, che caratterizza le dottrine di Hobbes e Spinoza, si giustifica anche con le differenti realt politiche in cui i due filosofi
erano calati.
Hobbes, come gi sappiamo, vive la guerra civile inglese convincendosi della necessit di un ritorno del potere forte degli Stuart, mentre Spinoza vive e opera in quella Repubblica delle Province Unite che, ottenuta lindipendenza dalla Spagna, si afferm anche a livello internazionale, grazie al protagonismo dei ceti mercantili, lindipendenza dalla Chiesa e un sistema di governo relativamente rappresentativo e aperto per i suoi tempi.

C) Revocabilit del patto sociale e libert di pensiero


Vi anche un ulteriore aspetto per il quale la concezione di Spinoza si distingue da
quella di Hobbes.
Nella prospettiva spinoziana, infatti, il patto sociale, una volta sottoscritto, non irrevocabile. Gli uomini che lo hanno sottoscritto, lo hanno fatto per meglio garantire
il proprio utile individuale; ma se la societ non riesce a realizzare lutilit comune
che il fondamento del patto, esso non ha pi alcun motivo di esistere, e dunque tale
accordo pu anche essere cancellato e riscritto.
Proprio perch la ragion dessere del patto la comune utilit, lautorit sovrana che
col patto viene istituita non ha potere assoluto sui sudditi: nessuno individuo, aderendo al patto sociale, si spoglia dei suoi diritti al punto da rinunciare a ci che caratterizza la sua natura di uomo. Per cui ragionevole ammettere che ciascuno si riservi
quei diritti che, di conseguenza, dipendono dalla sua volont e non da quella di altri.
La rinuncia ai diritti naturali, insomma, non pu essere n totale n illimitata perch in contrasto con la sacralit di quei diritti cui luomo non pu rinunciare senza
cessare di essere tale.

Lesaltazione dellindividuo e la nascita dello Stato moderno

Z 83

Il primo di questi diritti inalienabili per Spinoza la libert di pensiero (e non la propriet come affermava Locke).
Lo Stato pu vietare determinati modi di agire; ma non pu e non deve far nulla
contro la libert di pensiero, di parola e di insegnamento (salvo nel caso estremo in
cui queste costituissero un pericolo immediato per lesistenza dello Stato stesso).
Ogni cittadino ha diritto al libero esercizio della sua ragione, anche nel caso in cui
dovesse servirsene per criticare le norme emanate dallo Stato; ci che allo Stato deve
interessare il comportamento del cittadino, non le sue idee che sono intangibili.
Quella di Spinoza dunque una versione del modello contrattualista che pone laccento sulla valorizzazione della forma di governo democratica e lirrevocabile affermazione di diritti cui gli
individui non potrebbero rinunciare neanche se lo volessero, perch in contrasto con la stessa natura umana.
Il diritto come pratica sociale
Le teorie tradizionali sul fondamento dellordinamento giuridico del diritto cristallizzate nel tempo si caratterizzano per una neutrale operazione conoscitiva sulla realt giuridica che il legislatore, in primis, impone ai sudditi.
Da ci deriva il carattere meramente descrittivo dellinterpretazione giuridica che si limita a descrivere loggetto, e, in tal modo, il diritto, secondo Weber, si caratterizza per una sua estraneit alla vita e ai suoi accadimenti concreti che rappresentano, invece, il diritto vivente.
Tuttavia, partendo dalla concezione di Alf Ross del diritto come pratica sociale o momento o espressione della cultura giuridica e delle ideologie normative di un determinato Paese,
lindagine del giurista si dirige verso una concezione statica e amorfa del diritto.
Manca del tutto in tale approccio un confronto con una realt metagiuridica che ha come fine
il bene comune o interessi collettivi o volont generale e che spinge linterprete a valutare il diritto come dover essere, frutto cio dellinterazione tra lagire umano e la volont collettiva
che la pi genuina espressione della comunit sovrana titolare del potere dimperio.
Secondo questa logica, le relazioni di potere e gli schemi comportamentali (es.: le prassi costituzionali) devono riflettere i valori e la solidariet di norme socialmente condivise che non
pi mera descrizione del diritto, ma si risolve in una stimolante proposizione di nuovi modelli
dagire di natura pratica e non teorica che si rifanno al contesto sociale globale.
In questa prospettiva si pu anche leggere in senso positivo la teoria di Carl Schmitt del diritto inteso come regola o decisione che deve discendere da un ordinamento ideale e condiviso che esprime, con metodo persuasivo, una verit generale.
La sovranit, dunque, lascia spazio allindagine sociologica cui aspira per dar vita al diritto vivente (Ehrlich).
Occorre, dunque, abbandonare qualsiasi dottrina meramente formale del diritto e ricorrendo al
principio delleffettivit, aprirsi agli orientamenti politici e culturali condivisi, nonch alle dinamiche concrete dei fatti normativi al fine di mirare al conseguimento di regole giuste ed
eque come fattore fondamentale di dialogo nella corretta interazione tra cittadini e Stato.
Il benessere collettivo, espressione pi genuina della sovranit del popolo, deve essere sempre considerato prioritario dinanzi a interessi di parte o di politicanti che tendono alla affermazione di poteri personali o di casta, dimenticando che in tutti gli ordinamenti democratici
la sovranit appartiene solo ed esclusivamente al popolo.

Edizioni Simone - Vol. 33/5 Compendio di Storia delle Dottrine politiche

Capitolo 15 Lo Stato sociale e la crisi

del nuovo secolo

Sommario Z 1. Lo Stato sociale (Welfare State). - 2. Critica e crisi dello Stato sociale. - 3. Sinistra e destra davanti alla crisi dello Stato sociale. - 4. Rawls,
Dworkin, Nozick, Rothbard, Giddens.

1. Lo Stato sociale (Welfare State)


La riflessione politica del secondo dopoguerra si concentra su un problema di fondo:
la connessione tra Stato sociale e cittadinanza, che implica laffermarsi del principio della necessit e delluniversalit delle prestazioni sociali indispensabili che devono essere erogate dallo Stato (sanit, scuola etc.) e il formarsi, su questa base, della cittadinanza come valore democratico dello Stato sociale.
A questo fenomeno sono collegati altri due:
il progressivo espandersi dei compiti dello Stato, la cui azione coinvolge lintera vita dei cittadini senza, per, assumere lentit, lo spirito e la pressione dello
Stato totalitario;
la possibilit di estendere la propria visione politica oltre i limiti del potere assoluto dello Stato e la tutela dei diritti intangibili degli individui che, a prescindere dalla loro cittadinanza, condividono le stesse garanzie in relazione ad essi.
La formazione dello Stato sociale connessa con un ampliamento dello Stato di diritto che nasce dalla Costituzione la quale riconosce a tutti gli individui i diritti di
uguaglianza e libert che, per, senza i correttivi e le regole imposte dallo Stato sociale, non possono trovare effettiva applicazione.
Le Costituzioni assumono, cos, le dimensioni di veri e propri contenitori di programmi per governare lo Stato e disciplinano la complessa rete di rapporti tra Stato e cittadini.
Cos, per quanto i caratteri dello Stato sociale (che esalta il terzo principio enunciato
dalla rivoluzione francese: la fraternit, che oggi viene chiamata solidariet) siano da
rintracciarsi gi nella politica di Bismarck (seconda met dellOttocento), le costituzioni del 900 sanciscono un insieme di misure che fanno parte delle politiche sociali.
Si tratta dunque di un modello che tende a superare i limiti formalistici dello Stato
con lo scopo di realizzare una Great Society, sullesempio di quella americana di
Kennedy e Johnson (principio presente anche nella politica sociale del centro-sinistra
italiano degli anni 70 -80).

216

Capitolo 15

A) Cittadinanza e classi sociali


Il paradigma di questa concezione si riscontra nel sistema britannico degli anni Cinquanta, epoca caratterizzata da un modello di politica consociativa, a tutela dei diritti intangibili delluomo, che accomuna conservatori e progressisti.
Esponente di spicco di questa concezione T.H. Marshall (1893-1981) secondo il
quale il compito fondamentale dello Stato il riconoscimento generalizzato di tutti
i principi e le norme sottesi ai diritti sociali.
Ci comporta una modifica del concetto di cittadinanza, non solo in senso giuridico, ma in un significato pi ampio che tende allequiparazione dello status di tutti gli
esseri umani (in ossequio soprattutto al principio di uguaglianza di fronte alla legge).
In et contemporanea, infatti, scompare il concetto di status come causa genetica di
disuguaglianze, anche se si ancora lontani dalla condizione di un concetto di cittadinanza universale completamente paritaria.
La cittadinanza viene distinta in tre dimensioni: civile, politica e sociale.
A ciascuna corrispondono specifici diritti fondamentali: dalla libert di pensiero e di parola allinsieme dei diritti civili.
Anche per quanto riguarda i diritti politici, Marshall postula una radicale estensione, mentre per
i diritti sociali auspica la fondazione di istituzioni statali nuove come il sistema scolastico e i servizi sociali per assicurare il benessere collettivo.
Il pensiero di Marshall, comunque, non prevede una societ senza classi o una generica forma di
socialismo, bens una societ che legittima, nel rispetto dei diritti umani, le differenze di classe.

A questi temi si collegano quelli relativi alla centralit della dimensione sociale
dello Stato, collegata al sorgere di una societ opulenta, con la conseguente crescita del ceto medio e dei problemi legati allintegrazione tra le classi come alternativa al
superamento degli antagonismi della lotta di classe (J.K. Galbraith).
Sulla dimensione negativa del concetto di classe insiste, invece, Ralf Dahrendorf
(1929-2009) che nota come anche nella societ attuale, fatta di arrivisti e falsi profeti, non si possa fare a meno di elogiare una serie di intellettuali (da Erasmo a Moro,
fino ai recenti Aron, Popper e Berlin) che non si fanno comprare dal sistema escludendo dal loro pensiero ogni forma di servilismo, dogmatismo e opportunismo per obbedire solo alla ragione, dignit e libert e che consentono, a chi li rispetta, di camminare a testa alta e con la schiena dritta.
Dopo un serrato confronto con le teorie di Marx e unanalisi della societ industriale
(un genere di cui il capitalismo solo una specie), Dahrendorf definisce la societ attuale considerandola post-capitalistica.
In polemica con i teorici dellintegrazione, il pensatore rivaluta la necessit del conflitto di classe, considerato come motore dialettico dello sviluppo sociale. Ci, in particolare, presuppone una concezione dello Stato inteso come protagonista della vita economica di una nazione e non come semplice arbitro nei contrasti tra capitale e lavoro.
Questa visione, implicita nelle teorie keynesiane degli anni Trenta, caratterizza le scelte di politica economica degli Stati occidentali.

Lo Stato sociale e la crisi del nuovo secolo

Z 217

B) Le critiche liberali e conservatrici


Tutte queste teorie confermano la teoria di Daniel Bell (1919-2011) secondo cui la politica del secondo dopoguerra segnata dalla fine delle ideologie e dallabbandono del
marxismo a favore delle istanze liberaldemocratiche e rivaluta lindividualismo metodologico del singolo e le sue opinioni motivanti dinnanzi al sistema.
La riqualificazione del liberalismo emerge nella riflessione di Friederich August von
Hayek (1899-1992) che, ignorando gli eventi del 1929, anticipa le critiche di stampo
neoliberale mosse allo Stato sociale e propugna una politica liberista ispirata al laissez
faire come garanzia di fronte al proliferare di nuove ideologie e totalitarismi (1).
La giustizia sociale per il filosofo viennese, noto avversario di Keynes, deve essere considerata
un miraggio e deve essere sostituita da una complessiva riforma della liberaldemocrazia che
deve ripristinare la sovranit del diritto e le regole spontanee che governano il mercato.
Lo Stato sociale rappresenta un blocco al dinamismo della societ e il momento iniziale di una
burocratizzazione ipertrofica. La concezione di Hayek si regge sul presupposto della superiorit
del mercato su ogni altra forma di meccanismo sociale. Se vero che la casualit delle regole
del mercato genera disuguaglianza, anche vero che proprio il fatto che le sue regole non siano
predeterminate rende possibile che la disuguaglianza non colpisca un insieme determinato di persone. Proprio perch non risponde a una intenzione, ma a una dinamica impersonale, la disuguaglianza, generata dal mercato, non ingiusta.

Il pensiero di von Hayek riassume tutte le forme di neoconservatorismo del Novecento (e anche quella di Augusto Del Noce), cio di quelle linee di pensiero che vedono nello Stato sociale il frutto del dissolvimento di valori etici della libert economica, criticando dalle fondamenta il pensiero socialista, malato di costruttivismo
che consiste nellautorizzata pianificazione dellattivit economica e sociale dello
Stato.
Lalternativa non per la proposta di un nuovo insieme di valori, ma una riflessione
sul concetto di autorit ancorata a presupposti metafisici o, pi in generale, sostanziali.
Centrale in queste linee di pensiero fortemente neo-conservatrici il rischio che lo
Stato sociale possa dare spazio a quel dispotismo della maggioranza teorizzato da
Tocqueville.
Dal punto di vista politico von Hayek sostiene la cd. demarchia cio una forma di
governo affidato a due assemblee, una legislativa e laltra governativa, che regolino
lordinamento.
Pi genericamente si parla, cio, del tramonto del senso di responsabilit (Riesmann),
del livellamento conformistico dei comportamenti individuali (Schelsky), dellaffermarsi della tecnocrazia (Freyer, Heidegger), fino a giungere a un gruppo di teorie relative alla decomposizione dello Stato (Fohrsthoff, Gehlen).
(1) Grave difetto dello Stato sociale il fatto che il suo operato subordina lindividuo a un insieme di norme
astratte (e fortemente connotate sul piano etico e politico) sulle quali non mai possibile raggiungere un accordo unanime. Ogni teoria della pianificazione e del bene comune per von Hayek cela in realt un insieme di interessi particolari e tende a conseguire e conservare posizioni di privilegio.

218

Capitolo 15

C) Le critiche di sinistra degli anni 60


Negli anni che seguono la fine della guerra il boom economico allontan ancora di pi
lEuropa dal socialismo: nacquero diverse forme sociali, formate prevalentemente dal
ceto medio che non si identificarono con le istanze del socialismo.
Sebbene la questione sociale fosse rimasta ancora viva, il persistere delle disuguaglianze venne risolto attraverso un patto sociale tra Stato e cittadini.
Si afferm, cos, una forma di economia mista (disciplinata dalla Costituzione Repubblicana agli artt. 41-54) nella quale coesistono imprenditori pubblici (nelle industrie di base) e privati (nelle industrie satelliti), che rappresentano un compromesso
tra capitalismo e teorie socialiste, sostenute anche (ma non solo) da partiti di sinistra
che in alcuni Stati (Italia, Francia) costituiscono forze di opposizione, che come tali,
non contribuirono attivamente a determinare il corso politico, economico e sociale
dello Stato.
Lidea socialista perde adepti nei Paesi occidentali in seguito al degenerare della dittatura del
proletariato dellUnione Sovietica, dove permase una forma di totalitarismo sancita dalla repressione della rivolta ungherese del 1956.
La cd. dittatura del proletariato che non mai riuscita a conseguire integralmente il progetto comunista mette in luce il disagio globale (di destra e sinistra) della societ bellica. Tale disagio si riscontra in Jean Paul Sartre (1905-1980).
Sebbene il marxismo venga assunto da Sartre in una fase iniziale del suo pensiero come esempio di rivoluzione permanente a livello politico le sue posizioni sono critiche nei confronti del
presunto comunismo, sia di stampo sovietico, sia di quello del partito comunista francese.
In una direzione diversa agiscono le critiche di O. Kirchheimer che, ispirandosi alle teorie della
Scuola di Francoforte, sottolinea come il vero fattore di integrazione nella societ contemporanea
sia il consumo e considera il lavoro non come espressione di un valore ma come condizione che
lo allontana da qualsiasi forma di struttura collettiva (Stato, cittadinanza, sindacato).

D) LItalia
La politica italiana degli anni Sessanta fortemente influenzata dalle teorie socialiste
che si affermano nel movimento operaio.
Si tratta di teorie che non si arrestano alla sola critica del mondo capitalistico, ma tendono a mostrare in positivo come, nel quadro delle societ capitalistiche, il movimento
operaio abbia sempre assunto una funzione dinamica tesa a rallentare lo scoppio delle contraddizioni dellet borghese preconizzate da Marx, grazie a una accorta politica sociale e di tutela di lavoratori (v., ad esempio, lo Statuto dei lavoratori del 70).

E) La Germania (la filosofia del futuro di Bloch)


Particolarmente importante la componente utopistica del marxismo, che si sviluppa
nella filosofia tedesca e fa capo al pensatore, di origine ebraica, Ernst Bloch (18851977) concentrato a individuare la matrice teologica della carica rivoluzionaria implicita nel marxismo considerato una filosofia rivolta al futuro che, invece di contemplare il mondo, cerca di trasformarlo.

Lo Stato sociale e la crisi del nuovo secolo

Z 219

Nella societ attuale sono presenti le condizioni che esprimono una concezione ottimistica del futuro, in contrapposizione al momento attuale che ricerca la sola verit
per cui lindividuo deve imparare a sperare (cos fu per Eraclito, nelleros platonico
e nella potenza insita nella materia di Aristotele).
Questo, in sintesi, ci che Bloch definisce Principio di speranza asserendo che
dove c speranza, c religione.
Su questo stesso fronte, ma critico nei confronti di Bloch, si muove Hans Jonas (19031993) che, nel corso della riflessione sullo sviluppo tecnico e sul principio di responsabilit collettiva, tenta di rivalutare la storicit concreta dellessere umano in alternativa allutopia di Bloch.

F) La Francia e il terzo mondo


Una svolta per la cultura marxista lavvento dello strutturalismo e il confronto con
la psicanalisi.
Una sintesi di questi orientamenti data da Luis Althusser (1918-1990) il quale punta su una rifondazione del materialismo storico inteso come concezione scientifica,
che si afferma dopo la cesura epistemologica operata da Marx nei confronti dellumanesimo e dellhegelismo.
Per il filosofo di origine algerina la principale distinzione non tra scienza borghese
e scienza proletaria, ma tra scienza e ideologia: lideologia marxista, per Althusser, antiumanistica (il capitale e non luomo, il vero protagonista del marxismo).
Il rifiuto di uninterpretazione umanista del marxismo privilegia lindagine di certe dinamiche sociali indipendenti dai soggetti che le incarnano e, dunque, dei rapporti di
sfruttamento, di produzione etc. (che costituivano il nocciolo della riflessione matura
di Marx) e che sono le strutture che muovono il mondo (questo, in sintesi, lo spirito dello Strutturalismo).
Un ultimo gruppo di critiche allo Stato sociale riguarda il cosiddetto Terzo mondo
sfruttato dai Paesi democratici e capitalisti sulla base dei concetti di sviluppo e
sottosviluppo, dipendenza e scambio ineguale (soprattutto nei Paesi monoculturali,
come Cuba, concentrata nella prevalente produzione di canna da zucchero).

G) La geopolitica, le organizzazioni interregionali, regionali e il problema della guerra


La condizione politica del dopoguerra (1945) segna la fine della moderna concezione
del diritto internazionale considerato come interazione paritaria tra Stati sovrani.
Questa concezione gi presente in Kelsen, ma lavvento della guerra fredda e il conseguente ordine mondiale bipolare (cd. mondo diviso in due blocchi) nel pensiero del
maestro viennese inaugura un nuovo tipo di rapporti di equilibrio tra macrosfere di influenza determinate da un punto di vista politico e geografico.
Questa contrapposizione stimola, tra laltro, la formazione di un organismo sovranazionale europeo (Le Comunit europee oggi sostituite dallUnione europea) e di
altre organizzazioni regionali mondiali che aggregano diversi soggetti politici limitro-

220

Capitolo 15

fi per favorire, in primis, gli scambi per poi aprirsi allintegrazione politica (esempio:
il MERCOSUR nellAmerica latina).
Si tratta di concezioni derivanti dallidea di federalismo europeo che si rif a Luigi Einaudi (1874-1961) che si concentrano maggiormente sul problema della crisi
dello Stato sovrano, al quale viene sostituita una visione della societ come sistema
complesso, multinazionale e globale.
Queste concezioni vengono ulteriormente consolidate dalla riflessone di Jean Monnet che propone la formazione su scala continentale di istituzioni che, inizialmente
prive di valore politico, presentano per una forte connotazione tecnica e controllano,
con ladozione di una politica economica comune degli Stati membri, alcuni settori
strategici (esempio: siderurgia, sviluppo delle centrali atomiche etc.) pi rilevanti nel
contesto europeo.
In questo periodo, oltre al tramonto del colonialismo si deve segnalare un radicale mutamento della concezione della guerra.
Prerogativa di una sola nazione dominante (gli USA), la guerra si sgancia da motivazioni reali e assume diversi significati e ruoli, come guerra di contenimento, guerra preventiva, azione di polizia internazionale nei confronti di un nuovo nemico globale: il comunismo sovietico, cinese e cubano.
La riflessione sulla geopolitica, che trova il suo capostipite in Schmitt, diviene con Raymond Aron
(1905-1983) motivo di comprensione storica delle radici culturali dellEuropa, dellavvento dei totalitarismi e dellaffermazione del modello pluralistico-costituzionale rappresentato, in primis,
dagli USA.
La formulazione di unetica della saggezza improntata alla moderazione e alla prudenza conduce Aron alla concezione secondo la quale la pace impossibile, ma la guerra improbabile.
La guerra, cio, uno strumento della politica considerata lunica via per limitare la distruzione reciproca che potrebbe scaturire dallo scoppio di una guerra atomica totale.

Lapocalisse nucleare che avrebbe potuto coinvolgere, in primis Usa, URSS e Cina comunista, ha condizionato le riflessioni filosofiche-politiche della seconda met del Novecento e in particolare quella di Gunther Anders (1902-1992) che vede nella minaccia
atomica lo strumento per laprirsi di un territorio sconosciuto della nostra esistenza.
Luomo, liberatosi dalle potenze arcane e delle suggestioni mitologiche, fa oggi lesperienza di sentirsi onnipotente, considerando s stesso il creatore o distruttore del
mondo. Ma alla potenza positiva della creazione si sostituisce la potestas annihilationis (il potere dellannichilazione) che si concentra nelle mani di coloro che posseggono i mezzi potenzialmente in grado di scatenare una guerra atomica, biologica e chimica.
A queste riflessioni si accompagnano altri importanti fattori e correnti di pensiero
che condizionano lesistenza delluomo attuale:
il sorgere dellecologismo, del pacifismo e dei movimenti antinucleari, che si accompagna alla politica del disarmo progressivo delle grandi potenze atomiche
allinsegna del principio universalmente riconosciuto della coesistenza pacifica;
la formulazione della Dichiarazione universale dei Diritti dellUomo, adottata
dallONU nel 1948, in cui si condanna severamente la guerra atomica e si rivalutano i diritti (con la dichiarazione United for peace) del singolo dinnanzi allo Stato;

Lo Stato sociale e la crisi del nuovo secolo

Z 221

un rinnovamento dei principi della Chiesa cattolica (Concilio Vaticano II) che incrementa la sua funzione sociale abbandonando la sua neutralit politica e intervenendo fattivamente nel processo di decolonizzazione dei Paesi del terzo mondo.

2. Critica e crisi dello Stato sociale


Gli anni Sessanta, stagione di grandi esperienze politiche, non possono essere considerati un periodo di pace.
Pur attenuandosi la tensione politica e militare tra Est e Ovest stato inevitabile il sorgere di nuove contraddizioni, sia allinterno dei singoli Stati, sia allinterno dei grandi blocchi geopolitici.
In questi anni matura la situazione politica che aprir successivamente il nuovo millennio.

A) Decolonizzazione e imperialismo
Uno dei fenomeni pi significativi della politica internazionale rappresentata dalla
decolonizzazione, promossa dal movimento dei Paesi non allineati capeggiati dalla
ex Jugoslavia del defunto presidente Tito, che prende vita nella Conferenza internazionale di Bandung.
Tra il 1945 e il 1983 questo processo causa lo scoppio di numerose guerre civili.
Le pi importanti varianti teoriche che si diffondono nei Paesi del terzo mondo sono:
la teoria della ngritude del senegalese L.S. Senghor;
quella del panafricanismo del ghanese K. Nkrumah;
la dottrina della non violenza di M.K. Gandhi.
Queste concezioni non possono essere ridotte alla mera riscoperta di tradizioni ancestrali, ma si contrappongono alla crescente occidentalizzazione del mondo rispondendo al nuovo con la valorizzazione di elementi tradizionali allinterno di progetti politici di sviluppo le cui caratteristiche, senza correttivi adeguati, si dimostrano
inattuabili nei Paesi del Terzo Mondo.
Si noti che quello che viene definito Terzo Mondo riguarda un insieme diversificato di territori in
cui le situazioni politiche, economiche e sociali sono eterogenee e nei confronti delle quali non
pu essere adottata una soluzione politica unitaria per la riuscita della cooperazione internazionale e lo sviluppo.

Momenti topici di questepoca possono essere considerati:


1) La decolonizzazione in Africa. Una delle pi significative contraddizioni interne
alla politica nei Paesi del Terzo Mondo relativa alla impossibilit di esportazione tout court del sistema di valori occidentale in alcuni Paesi arretrati come quelli dellAfrica Nera.

222

Capitolo 15

Indicativo in questo senso il pensiero di F. Fanon, che propone una teoria della liberazione
dei colonizzatori attraverso la violenza, compresa la liberazione, dagli stereotipi propri dellimmagine dei popoli colonizzati, in favore della restaurazione di una presunta autenticit tribale africana.
Ispirandosi alla dialettica servo e padrone di Hegel, Fanon ritiene che le colonie sono dominate da una radicale asimmetria, che trova il suo apice nei concetti di razzismo e apartheid in Sudafrica e in Zimbawe (ex Rodesia del Sud).
Il sistema coloniale viene meno una volta che si afferma a livello planetario il principio di
uguaglianza, per cui il colonizzato comprende che la sua vita e i suoi diritti non possono essere diversi di quella di chi lo colonizza.
Lirruzione nella storia della parit di diritti naturali tra dominatori e dominati innesca il processo di decolonizzazione che smaschera la fallace tendenza di processo graduale di ammodernamento orchestrato dalle potenze colonizzatrici, mettendo in luce la prosecuzione in
forme diverse di un rapporto di dominio degli Stati occidentali nei territori delle ex-colonie.
La soggettivit dei dominati la spinta delle aspirazioni nazionali che fungono da Starter
della lotta per lindipendenza.

2) Lascesa della Cina. La funzione delle masse rurali, e pi in generale della massa popolare, accomuna anche la visione della decolonizzazione che maturano in
estremo oriente.
Di stampo marxista, tali teorie possono essere sintetizzate con limmagine della
campagna che accerchia la citt, secondo la riflessione del dirigente comunista cinese Lin Piao (1907-1971) e di Mao Zedong (1893-1976).
Lintervento attivo delle masse, la rivoluzione culturale e una graduale tendenza alla tecnicizzazione dellamministrazione rappresentavano i caratteri fondanti della Repubblica Popolare Cinese, nata nel 1949.
Dal punto di vista politico il pensiero di Mao, leader storico della Cina Comunista, presenta tre
caratteristiche:
1) il primato del politico;
2) la linea della massa;
3) la centralit delle zone di campagna nel processo rivoluzionario.

Questi elementi portano alla realizzazione del marxismo in una societ che versava in una condizione molto diversa da quella ipotizzata da Marx. Centrali sono
in questo senso anche la funzione del singolo individuo della rivoluzione e luso
dellinchiesta sulle trasformazioni che intervengono nella struttura sociale cinese.

3) La decolonizzazione come momento di affermazione dei diritti intangibili dei


popoli. Lesperienza cinese indica una linea di tendenza che tende a valorizzare il
concetto di popolo che precorre il processo di decolonizzazione di alcuni paesi del
Medioriente (es. lEgitto di Gamal Abdel Nasser) o del Sudamerica (es. il populismo giustizialista di J.D. Peron in Argentina), o ancora dellestremo oriente (il
Vietnam di Ho Chi Minh) in cui il consenso del popolo (comunque raggiunto) rappresenta un momento fondamentale della vita politica.

Lo Stato sociale e la crisi del nuovo secolo

Z 223

A questi movimenti si affiancano anche quelle concezioni filo-marxiste che considerano la decolonizzazione come il prodotto di una guerra di popolo, come nel caso della guerra di
guerriglia condotta da Ernesto Che Guevara. La sua visione politica (sintetizzata
nellespressionepatria o morte) dimostra sul campo la possibilit che le forze popolari possano sconfiggere gli eserciti regolari (pi attrezzati, ma meno motivati al combattimento) e che
la rivoluzione pu essere portata a termine anche quando non siano ancora mature le condizioni. Il teatro di scontro rivoluzionario in America Latina definito fochismo e abbraccia
quellinsieme di dottrine che verranno successivamente applicate in molte esperienze di guerriglia nel Sudamerica.

B) La rivoluzione in occidente
1) Il Sessantotto. I conflitti del Terzo mondo, e in particolare quello del Vietnam avvenuto fra il 1964 e 1969 (conclusasi con una clamorosa disfatta dellimbattuto
esercito degli Stati Uniti) condizionano la situazione politica delloccidente non
solo per la crescente quantit dei movimenti pacifisti sorti dapprima in USA e poi
nel resto del mondo occidentale contro la guerra di oppressione perpetrata nel VietNam, ma anche perch i conflitti scoppiati nelle diverse parti del mondo radicalizzano la contrapposizione tra mondo capitalista e mondo comunista.

In questa nuova dimensione globale si spiega il fenomeno complesso del Sessantotto.


Al di l delle diverse chiavi interpretative di questa esperienza cruciale per let contemporanea, infatti, i movimenti che nascono alla fine degli anni Sessanta hanno come punto in comune la critica al bipolarismo USA-URSS, e, come conseguenza, la messa in discussione
della concettualit della politica e in particolare dei concetti di potere e di soggetto.
Questi sono i tratti rintracciabili nella rivolta studentesca, nella ripresa delle lotte operaie, nella critica alla societ del benessere e al modello della produzione di massa.
I presupposti filosofici e culturali che accompagnano questi fenomeni sono riscontrabili non
solo nellortodossia marxista, che torna nuovamente di attualit per il suo potenziale critico,
ma anche nelle teorie critiche della Scuola di Francoforte (e in particolare quelle di Marcuse), oltre che allo sviluppo della psicanalisi, intesa come strumento per reagire alla repressione della sessualit e al ruolo conservatore del costume della societ borghese.
Lanalisi di Marcuse (vedi ante), soprattutto nella celebre opera Luomo a una dimensione,
critica la tendenza totalitaria della societ capitalistica che fagocita la libert e i desideri individuali a favore di una presunta superiorit della tecnocrazia.

2) Foucault. Su un piano parallelo, anche se diverso, si pone il pensiero del francese


Michel Foucault (1926-1984). Nel clima di crescente diffusione dello strutturalismo, (vedi ante) Foucault focalizza la sua attenzione sui processi di soggettivazione del soggetto. La soggettivit non una funzione naturale, per cos dire innata del soggetto, ma il risultato di dinamiche che si evidenziano in rapporti di sapere e di potere determinati.

Nella Storia della follia, ad esempio Foucault mostra come la ragione, per costruire la propria
identit, avesse avuto bisogno di costruire anche il suo altro da s: il pazzo, che, al contrario, in et contemporanea viene considerato un malato di mente, entit dissociata costrui
ta dal dispositivo di oggettivazione della scienza medica.
Questa archeologia delle scienze umane mette a nudo limpianto antiumanistico del pensiero di Foucault che, tuttavia, non perde di vista la questione del soggetto. Anzi, lesperien-

224

Capitolo 15

za del Sessantotto mostra come ogni aspetto della vita quotidiana abbia la sua valenza politica, essendo, cio, riconducibile a rapporti con le strutture di potere.
Foucault afferma lesistenza di un mezzo indissolubile tra forme del sapere e diagramma
del potere che solleva lesigenza di operare unanatomia della politica, che metta in luce
come questultima non sia riducibile alla dialettica marxista tra struttura e sovrastruttura, ma
una microfisica del potere che mostri come gli autentici luoghi dellesercizio del potere si
sottraggano alla sfera pubblica della cultura, ma vadano rintracciati nelle istituzioni tecniche
(fabbriche, caserme, scuole, ospedali, prigioni, etc.) e nei saperi che sono loro connessi.
Dalla stretta relazione tra forme di sapere e rapporti di potere deriva la regressione dei concetti di sovranit e consenso in quelli di dominazione e assoggettamento, mentre lobiettivo della conquista del potere diviene resistenza allantagonista che delle relazioni di potere membro ineliminabile.
Foucault, infine, concepisce negli ultimi anni della sua riflessione il concetto di biopolitica che mette a nudo la suddivisione tra governanti e governati, proponendo una visione della cittadinanza
come corpo della popolazione, nei confronti della quale la politica esercita una funzione di regolazione il cui fine ultimo di lasciar vivere o lasciar morire il corpo stesso (v. cap. seguente).

3) Il femminismo. Il pensiero di Foucault sulla dimensione politica del quotidiano rappresenta una prospettiva feconda per lo sviluppo di movimenti a tutela delle minoranze e dei soggetti biologicamente pi deboli, e, su tutti, del movimento femminista.
La dominazione di genere viene vista come lo sfondo delle grandi narrazioni filosofico-politiche, dei rapporti sociali e interpersonali, che devono essere messi
in discussione nella misura in cui pretendono di stabilire, una volta per tutte, i confini e i limiti della politica.

La critica femminista apre un confronto tra uguaglianza e differenza. Il compimento dellidea


moderna di uguaglianza, infatti, deve essere cercato nella legittimazione di una differenza che
non pu essere assorbita da un modello che pone una visione esclusivamente maschilista.
In questa direzione sono significative le riflessioni di Betty Friedan, di Simone de Bouvoir
e, in anni recenti, di Luce Irigaray, che accusa Freud di aver rimosso lassassinio della donna-madre dalla scena del parricidio fondatore della civilt.
Il pensiero al femminile della differenza deve essere contrapposto a quello essenzialmente maschile della identit.
Pi in generale gli sviluppi del pensiero femminista hanno dato un forte impulso ai gender
studies, che mostrano il forte limpatto della cultura femminista in tutti i campi del sapere.

4) I movimenti afro-americani. Sempre dal Sessantotto, e a partire da una riflessione sulluguaglianza come pensiero della differenza, prendono le mosse le proteste afroamericane dei neri in America.
Dopo lassassinio di Martin Luther King (1968) le rivolte dei neri dAmerica dilagano a macchia dolio e anche la pratica della protesta non violenta, da lui teorizzata, viene duramente repressa dalla istituzioni pubbliche americane.
Per M.L. King la restituzione dei diritti fondamentali agli afroamericani non costituisce la conseguenza spontanea del processo di integrazione, ma la risultante di
un pi profondo mivimento (a diversi livelli) di ricostruzione dellintera societ.

Pi radicali sono figure come quello di Malcolm X e di M. Gervey, che arrivano a stabilire una
interrelazione tra capitalismo e razzismo da una parte, e socialismo, superiorit razziale dei
neri e restaurazione islamica dallaltra.

Lo Stato sociale e la crisi del nuovo secolo

Z 225

Lidea della conquista di un potere autonomo da parte degli afroamericani (black power) coincide infine con la formazione del Partito della Pantera Nera, che degenera successivamente in movimenti terroristici alcuni dei quali probabilmente provocati ed enfatizzati dagli
stessi sistemi capitalisti.

C) Diritto allo sviluppo individuale e collettivo


Il diritto allo sviluppo costituisce un nuovo diritto individuale recentemente riferibile agli esseri umani considerati nella loro individualit nel rispetto del principio di non discriminazione.
La Dichiarazione sul diritto allo sviluppo del 1986 emanata, nellambito della politica delle Nazioni Unite, attribuisce ad esso una dimensione anche collettiva: lart. 1, infatti, riconosce il diritto allo sviluppo come diritto inalienabile delluomo in virt del quale tutti i popoli hanno il diritto di partecipare e di contribuire ad uno sviluppo economico, sociale, culturale e politico (par.
1), [ed afferma che il suo godimento] presuppone altres la piena realizzazione del diritto dei
popoli allautodeterminazione, che comprende lesercizio del loro diritto inalienabile alla piena sovranit su ogni loro ricchezza e risorsa naturale (par. 2); [ancora, il successivo art. 2, par.
2 pone in capo a tutti gli esseri umani] la responsabilit dello sviluppo su un piano sia individuale, sia collettivo.

Laffermazione di avanzati e intangibili principi, per, non deve indurre a ritenere che il diritto allo sviluppo sia un diritto collettivo tout court, la cui titolarit pienamente riconosciuta a tutti i popoli, ma la sua dimensione collettiva va pi correttamente circoscritta al fatto che i popoli sono allo stesso tempo:
beneficiari dello sviluppo, nella misura in cui il diritto allo sviluppo, garantito
al singolo individuo attraverso la promozione dei diritti civili, politici, economici,
sociali e culturali, possa generare ricadute positive sullintera collettivit e non favorisce solo le classi al potere;
attori dello sviluppo, essendo titolari del diritto di disporre delle proprie ricchezze e risorse naturali corollario del pi ampio diritto allautodeterminazione.
Anche il problema dellambiente affonda le radici nel passato. Non solo Rousseau a identificare per primo la stato di natura definendolo lambiente ove vive luomo che non necessita della madiazione di niente e di nessuno, in quanto consente a ciascuno di vivere di pesca
e di caccia senza affannarsi in accumulazioni di nessun genere.
Anche Marx vede nellaccumulazione capitalistica una forma di distruzione della natura che
il comunismo deve ristabilire.
Cos Heiddeger critica lo Stato, colpevole, principalmente della creazione di grandi infrastrutture, esercitando una forma di violenza alla natura e allambiente.
La critica dellideologia della crescita, che coincide con la messa in evidenza delle debolezze
dello Stato sociale si trasforma in critica alle idee di sviluppo e di progresso, in dibattito sul rapporto tra uomo e natura, nella definizione delle strategie per tutelare lecosistema di fronte alla
spregiudicata manipolazione tecnica e aggressione ecologica della terra soprattutto da
parte dei Paesi industrializzati.
Tutti questi temi sono legati alla definizione dei limiti dello sviluppo economico e tecnologico, alla riflessione sulla catastrofe ecologica alla quale va senza indugi posto un argine prima che da essa daranno conseguenze negative e irriversibili per il pianeta.

226

Capitolo 15

Secondo B. Commoner, allattuale et dello spreco seguir unet di crescita zero.


Luomo, dunque, allo stesso tempo protagonista e vittima delle violenze ambientali denunciate anche dalla scienza e dalla religione (in primis, buddismo e induismo). Oggi, pertanto, nelle varie legislazioni nazionali e Convenzioni internazionali il diritto allambiente e
alla difesa del territorio rientra tra i diritti primari, insopprimibili, naturali, imprescrittibili a
tutela dellindividuo e della comunit planetaria.

3. Sinistra e destra davanti alla crisi dello Stato sociale


A) Caratteri generali
Nel 1973 si assiste a una grave crisi petrolifera che pone fine allespansione economica dellepoca post-bellica (1946-1973).
Prende, cos, il via una fase di incertezza economica, politica e sociale che, come detto, trova nel Sessantotto uno dei suoi momenti topici.
Listituzione che va in crisi per prima quella dello Stato assistenziale, vittima delle
contraddizioni nate dallaccumulazione propria del capitalismo e le sue istanze di legittimazione filosofica, economica e ideologica.
Secondo leconomista J. OConnor tale contraddizione culmina nellaffermarsi nelle masse popolari di una nuova consapevolezza dei propri diritti e, soprattutto, del diritto alla sopravvivenza materiale che si unisce alla rivendicazione dei diritti delle
donne e delle categorie pi deboli, e alle lotte delle minoranze e dei vari gruppi di opposizione.
Diviene cos improcrastinabile ladozione di nuove politiche sociali che mirano a una
pi equa redistribuzione della ricchezza e della spesa pubblica.
Laumento della pressione fiscale non , infatti, sufficiente a risollevare, da sola, la
situazione economica di un Paese, per cui ritorna di attualit una prospettiva di organizzazione di tipo socialista dello Stato.

B) LItalia
La discussione marxista sullo Stato interessa in particolare lItalia, teatro di una forte
conflittualit sociale caratterizzata da un forte aumento del terrorismo di matrice non
chiara, che vede i cd. poteri deviati dello Stato vestire poco credibilmente i panni
sia della sinistra che della destra extraparlamentare.
Sul piano politico, la situazione italiana assiste a una irreversibile spaccatura tra il partito comunista e la sinistra extraparlamentare, tra Eurocomunismo sostenuto da Enrico Berlinguer e le posizioni pi intransigenti dei gruppi del Manifesto e di Lotta
Continua e altre formazioni extraparlamentari.
Sul fronte della critica al marxismo si assiste alla discussione sulla valenza politica
delle teorie di Marx da parte di Norberto Bobbio (1909-2004) vicino al normativismo
di Kelsen. Come Bobbio, anche Mario Tronti (1931) sostiene la separazione tra la
sfera della politica e quella dello sviluppo del mondo operaio.

Lo Stato sociale e la crisi del nuovo secolo

Z 227

In alternativa a questa concezione si pone la riflessione di Antonio Negri che individua nel farsi Stato della classe operaia, un processo che costituisce il filo rosso della politica del Novecento e anche il motivo dominante della crisi dello Stato contemporaneo.
La crisi di questultimo deve essere evidenziata attraverso unenfatizzazione dellantagonismo proletario che, ponendosi come entit autonoma, tenta di gettare le basi
per una nuova rivoluzione di stampo marxista.
Superamento del principio di rappresentanza politica e invenzioni del governo tecnico
Alla fine del 2011 in Italia, i maggiori partiti di destra e di sinistra hanno inventato unanomala forma di governo non rappresentativo che fosse in grado di imporre alla nazione, per risanare il bilancio pubblico, una serie di sacrifici e di scelte politiche impopolari (che avrebbero ridimensionato il consenso e i voti di un governo politico che li avesse adottati) per traghettare il Paese nel periodo di crisi e poi riconsegnarlo allelettorato alla scadenza naturale delle
Camere (primavera 2013).
cos sorto dal nulla il salvifico, quanto impopolare, Governo Monti.
Il triennio del Governo Berlusconi IV (2008-2011) ha portato avanti una politica disorganica e
confusa che, complice anche la grave crisi mondiale delleconomia, ha trascinato lItalia nel baratro sia a livello interno che internazionale.
Cos, il capo del governo in carica, prima di arrivare al voto di sfiducia ha passato la
mano, con la complicit di parte delle minoranze, ed ha favorito la nascita di un governo
tecnico guidato da Mario Monti e affidato a Ministri potenzialmente dotati di capacit adeguate e di conclamate competenze specialistiche per governare il Paese.
A prescindere da ogni considerazione di merito sulla legittimit costituzionale di un governo
tecnico, tale governo atipico (gi in passato sperimentato col governo Dini) suscita diverse perplessit:
sia perch non rappresenta il popolo, ma lespressione di un non chiaro compromesso
tra le forze politiche che, dovendo ricorrere alladozione di misure impopolari, per non perdere una parte del proprio elettorato, demandano a terzi la responsabilit di scelte politiche inevitabilmente dolorose, ma necessarie;
sia perch un siffatto governo, voluto fortemente dal Capo dello Stato e da lui sponsorizzato (anche preceduto da una inaspettata nomina a Monti a senatore a vita), pu riportare lItalia a una forma di parlamentarismo dualistico. Tale forma di governo, tipico della monarchia costituzionale pura, ammette la possibilit che il Presidente della Repubblica possa imporre (e non suggerire) la nomina del primo ministro assumendo in tal modo la veste
di organo politico (che mal si concilia con il nostro sistema parlamentare che prevede una
figura presidenziale neutrale in considerazione anche del fatto che allo stesso Capo dello Stato riconosciuto il potere di sciogliere le Camere).
Se tale situazione di emergenza dovesse trasformarsi in prassi consolidata, per laccumulo
di poteri determinatosi nelle mani del Capo dello Stato, si instaurerebbe un super-presidenzialismo (espediente pericoloso), che potrebbe aprire le porte anche a forme pi o meno latenti di dittatura.

C) Le matrici neoconservatrici e neoliberiste del mondo anglosassone


Con la caduta dellimpero sovietico il dibattito sulla politica si allontana dalla riflessione sul marxismo e si riscontra nella cultura mondiale e occidentale laffermarsi di dottrine economiche e politiche di matrice neoconservatrici e neoliberiste.

228

Capitolo 15

Proprio la crisi economica nei principali Paesi del mondo consente ai liberisti di
mettere in luce le insufficienze del Welfare State e di proporre soluzioni diverse e alternative.
La spirale dellingovernabilit che mina le basi dello Stato sociale, e che viene riscontrata da Crozier, Huntington e Watanuki nel rapporto sulla governabilit delle democrazie alla commissione trilaterale (1975), pu essere evitata attraverso un ridimensionamento dei compiti dello Stato
sociale, una contrazione della sua azione entro i suoi limiti strutturali e tramite un nuovo impulso
alleconomia di mercato attraverso lintroduzione di criteri di differenziazione sociale e di un progressivo decentramento politico-amministrativo.

Queste teorie si accompagnano al monetarismo di Friedman e Phelps, che mette in


evidenza il carattere utopico dello Stato sociale e, attraverso la proposta di una politica economica orientata a una regolazione verticistica da parte dello Stato dei flussi
monetari, giunge a teorizzare alcune pratiche come quella della privatizzazione delle istituzioni pubbliche (sanit, scuola, gestione delle opere pubbliche) e quella della
deregulation, che influenzano la politica di Ronald Reagan (in USA) e di Margareth
Thatcher (in Gran Bretagna).
Da un altro punto di vista la politica delle potenze occidentali caratterizzata da una
ripresa del costituzionalismo che evidenzia i limiti dellesercizio di ogni forma di potere (Friedrich), anche di quello democratico, e che nella pratica si risolve in un calcolo razionale delle aspettative di ogni singolo individuo, nonch delle modalit di aggregazione delle scelte individuali di base (Buchanan, Tullock).

D) La Germania e la complessit sociale di N. Luhmann


Le teorie neoliberiste si avvalgono dei risultati della sociologia contemporanea per
descrivere il rapporto tra Stato e individuo organizzato sulla base di interessi comuni.
Questo modello, detto neocorporativismo (Lehmbruch, Winkler, Schmitter), si affianca alla teoria di Niklas Luhmann (1927-1998) che considera (Scienza della societ: 1990) lintera societ come sistema il cui funzionamento assicurato da quattro fattori fondanti (mezzi comunicativi): il sapere scientifico (verit); lapparato
burocratico-amministrativo (potere); leconomia (il denaro); la riproduzione (cessione).
Aspetto centrale del pensiero di Luhmann la complessit sociale, che mette in discussione i concetti cardine della politica moderna (Stato, sovranit) attraverso lassolutizzazione delle dinamiche interne a ogni sistema sociale che mettono in luce la
capacit di autorganizzarsi e di auto-poiesi (cio di produzione interna degli elementi che lo compongono) non riconducibile a nessuna dimensione soggettiv individuale.
Questa processualit immanente ai sistemi sociali, fonte di una ipertrofica burocratizzazione degli apparati sociali e di partito, pu essere limitata attraverso lesercizio
delle procedure formalizzate del sistema politico (voto elettorale, procedimento amministrativo e giudiziario), con cui lindividuo rappresenta parte attiva ed elemento di
stabilit del sistema politico.

Lo Stato sociale e la crisi del nuovo secolo

Z 229

4. Rawls, Dworkin, Nozick, Rothbard, Giddens


A) Rawls: contrattualismo, giustizia sociale e collaborazione globale
Allinizio degli anni Sessanta si registra negli Stati Uniti una nuova dottrina politica,
inaugurata da Una teoria della giustizia di stampo kantiano del pensatore statunitense John Rawls (1922-2002), tesa a consentire la convivenza pluralistica di differenti ideologie, nel rispetto, per, dei diritti fondamentali che costituiscono la struttura di base di ogni societ democratica.
In questa opera Rawls tenta un recupero della tradizione contrattualistica che emerge in situazioni di crisi generale per riformulare, in termini pi attuali, un nuovo patto sociale.
Contro le teorie utilitaristiche che hanno spesso reso non governabili gli Stati, Rawls
oppone una sintesi tra i concetti fondamentali del liberismo e le critiche rivolte dal socialismo che sfociano nel trionfo della socialdemocrazia nella quale convivono sia gli
interventi pubblici delleconomia (tipici del socialismo) che la diseguaglianza sociale generata dalla leggi del mercato (tipiche del capitalismo).
La teoria del contrattualismo viene riconfigurata tenendo conto delle teorie relative
alle scelte pubbliche e alle decisioni razionali dei governanti.
Il contrattualismo, infatti, rappresenta una scelta razionale perch solo una condotta politica,
garantita da fattori di razionalit, pu risolvere il problema della giustizia sociale che mira alla
creazione di uno Stato giusto.
La sua teoria, infatti, pi che legittimare il potere politico, si pone come baluardo dellequit per
costruire una societ pi giusta.

Laccordo originario tra gli individui (contratto) indice di una radicale simmetria,
scandita da due principi:
il primo riguarda i diritti fondamentali garantiti dalla tradizione liberale e si concentra sulla proclamazione del primato delle libert sulluguaglianza;
il secondo principio il perseguimento del fine della giustizia sociale, che si raggiunge, nei Paesi capitalisti, con una politica fiscale orientata a criteri di progressivit e proporzionalit in grado di realizzare equi interventi redistributivi di reddito e ricchezza al fine di mitigare le inevitabili disuguaglianze sociali derivanti
dalla sfrenata libert economica che esaspera il concetto di iniziativa privata arricchendo alcune classi sociali e impoverendone altre.
In conclusione nella visione di Rawls leguale distribuzione dei diritti di libert porta automaticamente alleguaglianza e alla moralit collettiva in una societ in cui il
concetto di giusto prevale su quello di benessere.
Viene, cos, superato, in nome dellequit e della giustizia distributiva, il concetto
di appartenenza ad una determinata classe giungendo, con laffermazione del principio generale di cooperazione globale, cio di tutti (a prescindere dalle diseguaglianze sociali e reddituali), a beneficio sia della societ che dei singoli.

230

Capitolo 15

Nella sua opera del 1999, The law of peoples, infine, estende la sua teoria della giustizia anche allordinamento internazionale che deriverebbe dallincontro, a livello planetario, tra i popoli ragionevoli in grado di rispettare i principi naturali e lequit nei
rapporti tra i singoli Stati.

B) Dworkin e il neogiusnaturalismo
La riflessione di Rawls d impulso a un nuovo dibattito sui diritti che viene portato
avanti da Ronald Dworkin (1931), che si rif alla teoria giusnaturalistica e che esalta i diritti individuali preesistenti alla codificazione e derivanti dalla recta ratio.
Il diritto per Dworkin si divide in tre macrocategorie a seconda se sia basata su:
obiettivi;
diritti;
doveri.
Questa teoria si propone di conciliare la teoria dei diritti fondamentali con le istanze
inviolabili e assistenzialistiche dello Stato sociale.
Anche in questo caso assume notevole importanza il problema della redistribuzione
del carico fiscale che permette il finanziamento e lampliamento dei compiti dello Stato, che culmina in una proposta di tassazione progressiva sul reddito per finanziare
sussidi sociali, sanitari e disoccupazione.

C) Nozick (teoria dello Stato minimo)


Uno dei critici pi aspri e reazionari della teoria di Rawls, Robert Nozick ebreo russo nato a Brooklybn (1938-2002) docente delluniversit di Harward, che nel suo saggio Anarchia, Stato e Utopia, pur ammirando il vigore della teoria della giustizia, oppone una prospettiva liberale dello Stato minimo (unica forma di Stato moralmente
legittimo e tollerabile) fondato sulle leggi mercato, libera iniziativa privata e meritocrazia, teso a limitare leccessiva ingerenza dello Stato-persona (governo, Pubblica
amministrazione, etc.) sullo Stato-comunit.
Prioritaria appare, dunque, la meritocrazia (di stampo calvinista) contrapposta al potenziale appiattimento dello Stato sociale prefigurato dagli esiti neoliberisti di Friedmann, di cui si gi detto.
Nozick prende le mosse dalla teoria della propriet di Locke, considerata come la unica fonte valida dei diritti, per arrivare a sostenere che solo il libero scambio in grado di realizzare la vera giustizia redistributiva.
Lo Stato sociale, per Nozick, implica lo scivolamento da una concezione della libert
come propriet su se stessi (questa lidea di Locke) a una concezione della libert
come propriet su altri tanto che paragona le funzioni dello Stato minimo a quelle di un guardino notturno.
Contro tale presunta violenza esercitata dallo Stato sociale, contrapponendo forza contro forza, Nozick riabilita il capitalismo nella sua purezza e qualifica la sua

Lo Stato sociale e la crisi del nuovo secolo

Z 231

teoria come liberista, proponendo una forma di associazionismo e di mutua protezione tra gli individui per superare gli inconvenienti interni e esterni derivanti
da chi titolare del potere delluso della forza.
Il docente statunitense si arrocca su tali posizioni neoliberaliste estreme dal momento che prende atto delle lacerazioni strutturali presenti nella trama della cooperazione sociale che, anche
nei Paesi pi evoluti, non stata mai attuata completamente (si pensi al problema dellassistenza sanitaria ancora parzialmente irrisolto in un Paese pur progredito come gli USA motore
dellespansione economica mondiale).

D) Il libertarismo di Murray Newton Rothbard


Il filosofo statunitense di origine ebraica rappresenta il massimo difensore della visione libertaria che, sulla scia di Locke, si batte per eliminare ogni forma di violenza che
parte proprio dalla violenza istituzionalizzata che lo Stato opera direttamente sui cittadini.
In tal modo lo Stato nega ai singoli i diritti naturali: cos istituzionalizza lomicidio di massa definendolo guerra, la schiavit ricorrendo alla coscrizione dei militari, la rapina con la pressione fiscale supportata dal consenso collettivo estorto anche
attraverso luso dei media.
Appoggiano luso surrettizio di questi mezzi fraudolenti una classe di intellettuali di
corte che giustificano il potere statuale mistificandolo come benessere sociale e dimenticando lesitenza di una legge naturale che ci fa capire, con lausilio della ragione, ci che meglio per luomo in un dato momento storico: ci perch ciascun individuo posto dalla natura in condizione di pensare, valutare, agire, imparare e sviluppare le proprie capacit.
Lintereferenza forzata e violenta dello Stato , dunque, da considerarsi anti-umana e
anti-sociale.

E) La terza via di Anthony Giddens: welfare positivo e nuova socialdemocrazia


Giddens distingue la socialdemocrazia classica, caratterizzata dal welfare state generalista (che protegge i cittadini dalla culla alla tomba), dalla cd. terza via (rispetto al liberalismo e alla socialdemocrazia) la quale si caratterizza per alcune importanti novit che si possono cos riassumere:
democrazia cosmopolita: sia le identit nazionali che quelle etniche sono artificiali perch nessun individuo pu considerarsi biologicamente un purosangue,
a causa delle mescolanze genetiche derivanti dallimmigrazione, che di solito si dimostra vantaggiosa per il Paese ospite (nazionalismo cosmopolita) che vede, cos,
incrementata la sua forza lavoro;
governo mondiale: sia il rischio ecologico che la riduzione dellineguaglianza
mondiale non possono essere risolti a livello locale; nellet dellinformazione il
territorio non pi cos importante per gli stati-nazione come in passato, le conoscenze individuali e le capacit competitive contano molto di pi delle risorse naturali;

232

Capitolo 15

comunit, tale formazione sociale non si deve intendere come recupero di forme perdute di solidariet locale, ma come forma di associazione di volontariato,
imprenditorialit sociale, banca del tempo, progetti di microcredito, organizzazione non governativa, ed altri gruppi. Ulteriori forme importanti di cosmopolitismo
provengono, infine, dal basso (Greenpeace, Amnesty International etc.).
Esiste, dunque, nellimmaginario collettivo, uno spazio globale depoliticizzato
che, secondo lAutore, richiede regolamentazione, nonch lintroduzione di nuovi diritti e obblighi;
welfare positivo: dove welfare assume connotazioni negative (mirato essenzialmente al sostentamento dei poveri, come negli Stati Uniti), causando inique le divisioni sociali; i programmi contro la povert vanno sostituiti con diverse forme
solidali fondate sulla comunit: Chiesa, famiglia e amici sono le fonti principali della solidariet sociale per cui lo Stato dovrebbe intervenire soltanto quando
queste istituzioni non arrivano ad adempiere pienamente i propri obblighi.
Fondamentale linvestimento pubblico nellistruzione, che costituisce loccasione per redistribuire possibilit di crescita intellettiva ed economica, nonch la protezione della famiglia soprattutto favorendo linserimento delle donne nei nuovi
luoghi e tipi di di lavoro come, ad esempio, il telelavoro.
Quanto detto introduce il tema della sostituzione del welfare state da parte della welfare society: gli organismi del terzo settore sono dunque, chiamati a svolgere un ruolo piu importante come fornitori di servizi di welfare positivo al di sopra degli ambiti nazionali, anche se vi sono tuttavia ambiti nei quali i movimenti sociali, le ONG (organizzazioni non governative) ed anche i mercati non possono sostituirsi al governo.
La denominazione terza via non va confusa con altre terze vie del passato (come
nel caso del fascismo che si poneva come terza via prendendo le distanze sia dal
liberalismo che dal socialismo), giacch quella proposta da Giddens definita terza in quanto nuova rispetto alla socialdemocrazia classica e al neoliberismo.
Il welfare state della socialdemocrazia classica, secondo lAutore, oggi crea quasi
tanti problemi quanti ne risolve. Inoltre, la separazione socialismo-capitalismo assume molto meno rilievo rispetto ai contrasti libertario-autoritario e moderno-tradizionalista.

Edizioni Simone - Vol. 33/5 Compendio di Storia delle Dottrine politiche

Capitolo 16 Attuali

sfide della politica contemporanea

Sommario Z 1. Quadro generale. - 2. La globalizzazione e il nuovo scenario mondiale.

- 3. Dopo l11 settembre. - 4. Le possibili soluzioni attuali. - 5. Biopolitica: la nuova questione sociale tra fenomeno migratorio e neo-schiavismo. - 6. La politica dellimpero tra presente e futuro. - 7. Il punto sul
passato, presente e futuro dellecologismo sociale.

1. Quadro generale
A) Generalit
La societ del benessere si trasforma, sul finire degli anni Settanta, in una rete di conflittualit o, secondo la definizione conservatrice di Urlich Beck (1944), in una societ del rischio.
Sul piano internazionale le politiche finanziarie e monetarie attuate in USA generano
una situazione economica mondiale instabile che assegna una progressiva preminenza
del ruolo della moneta pi forte (il dollaro) che si trasforma in principale strumento di pagamento internazionale e la conseguente crescita dei generali capitali finanziari che determinano la competitivit (ma anche una nuova linea politica a livello
multinazionale, prima che nazionale).
I risultati del processo di decolonizzazione portano, inoltre, allaffermarsi di una visione multinazionale e delocalizzata della ricerca di mercati ove il minor costo dei
fattori produttivi garantisca pi alti profitti.
Questo processo irreversibile inizia gi alla fine degli anni Ottanta quando, dopo la
caduta del muro di Berlino, prende il via il processo di smantellamento del socialismo
reale a partire dalla Jugoslavia e via via, fino alla frantumazione dellURSS in una
moltitudine di repubbliche indipendenti che hanno perso la forza di costituire, accanto
alla Cina, un unitario blocco che si contrappone agli Stati Uniti.
Il decennio che porta dalla fine degli anni Settanta alla caduta del muro molto denso
di riflessioni politiche, tutte consapevoli del fatto che uno sviluppo indiscriminato
delleconomia capitalistica guidata da una sola superpotenza porterebbe a una situazione che Francis Fukuyama non ha esitato a definire fine della storia, cio a una
uniformazione ed omologazione delle tendenze politiche e sociali del pianeta, tutte
indirizzate sul modello del capitalismo U.S.A., alla spasmodica ricerca del profitto,
esasperando, cos, le contraddizioni gi presenti nella societ contemporanea.

234

Capitolo 16

Proprio per questo motivo la filosofia politica contemporanea viene posta di fronte a
nuove realt e sfide di cui si dir a breve.

B) Il dibattito filosofico-politico
La crisi generalizzata che investe il pianeta si pone alla base della rinascita della filosofia politica che si spinge ben oltre il recinto delle istituzioni accademiche nelle
quali per molto tempo era stata confinata.
Il dibattito che ha per oggetto i temi relativi ai rapporti tra politica e societ contemporanea, dal punto di vista metodologico non pu prescindere dalla consolidata diversit tra filosofia analitica, filosofica e continentale.
Analitici e continentalisti tra filosofia e scienza

Nel Novecento si sono delineati due orientamenti filosofici che, pur condividendo lidea che
il linguaggio sia il tema primario della filosofia, si sono sviluppati lungo percorsi teoretici
diversi, fino a determinare un contrasto, ritenuto da molti insanabile, tra due modi di fare e di
essere, di concepire la filosofia.
Questi due orientamenti prendono comunemente il nome di filosofia analitica e filosofia
continentale.
La ricostruzione delle tesi che hanno contraddistinto la filosofia analitica e quella continentale investe la discussione su alcuni argomenti-chiave comuni a entrambe le prospettive, tra i quali: il problema del significato, il problema della tradizione, il metodo che contraddistingue la filosofia dalla scienza.
Gli esponenti di questi due orientamenti costituiscono altrettanti punti di riferimento della filosofia del Novecento: per il movimento analitico, Frege, Wittgenstein, Carnap e Quine;
mentre, per quanto riguarda la filosofia continentale, Heidegger e Gadamer.
Nel suo complesso, la distinzione tra le due correnti pu essere ricondotta a una differenza di
stile nellesercizio del filosofare in quanto la filosofia analitica basata su unanalisi scientifica e razionale che si concentra sui dettagli, mentre la filosofia continentale studia prevalentemente i grandi concetti nella loro totalit (ad es. il senso della vita) e dei rapporti interpersonali (il rapporto con lAltro, il ruolo dellUomo nella societ) assicurando un atteggiamento pi scettico riguardo ai problemi relativi alle capacit conoscitive della scienza.

C) Germania: la critica alla strumentalizzazione della comunicazione di massa


Il dibattito tedesco esaltato dalle teorie dellagire comunicativo di Jrgen Habermas
(1929) e di Karl Otto Apel (1922) che, sebbene con accenti diversi, sviluppano una
vera e propria teoria discorsiva della ragione e della politica attraverso il linguaggio
e lagire comunicativo che consente di rifondare la razionalit nei suoi aspetti filosofici, etici e politici partendo da un trascentalismo linguistico e sociale che connota
sia le scienze empirico-analitiche, che storico-ermeneutiche che critica riflessiva come
le scienze sociali.
Comune a entrambi gli autori la critica allagire strumentale della tecnica di comunicazione di massa e la presa di coscienza dellesistenza di una crisi di legittimit della societ e degli ordinamenti democratici.
Ma la pragmatica trascendentale di Appel dominata dallesigenza di pervenire a
una scoperta ultima della verit e, di conseguenza, delletica come risultante di un

Attuali sfide della politica contemporanea

Z 235

agire fondato che deve aprirsi ad una macroetica planetaria che deve estendersi a
tutti gli ordinamenti in un dialogo ampio, libero e non coatto.
Per il filosofo di Dsseldorf, dunque, la comunicazione comporta il ricorso a norme immutabili e universali che costituiscono le quattro pretese universali di verit che rappresentano letica del discorso e che sono:



la comprensione dellargomentazione;
la verit generale del discorso;
la sincerit e la persuasivit di ci che si argomenta;
la giustezza (e correttezza) delle ragioni argomentative.

Colui che argomenta deve misurarsi con due tipi di comunit:


la comunit reale di cui fa attualmente parte;
la comunit ideale composta da coloro che sono in grado di comprendere i suoi argomenti che illimitata sia nello spazio che nel tempo.
Apel si ispira al principio aristotelico di non contraddizione per individuare una norma primaria in grado di definire la natura etica di unazione.
Nel caso di Habermas, invece, laccento viene posto sulla natura dinamica delle relazioni sociali, a partire dalla comunicazione linguistica, condotta con unoriginaria intenzione di entrare in
reciproco accordo tra i soggetti.
Tale intenzione trae origine dal mondo della vita, la quale non ancora sottoposta a una razionalizzazione concettuale e a una istituzionalizzazione della societ che si riflette nella formazione di sistemi e sottosistemi sociali. Questa contrapposizione tra fatti e norme (mondo della vita
e istituzioni) mette in evidenza anche la relazione che Habermas stabilisce tra diritto e morale.

La condizione fondamentale per la vita della democrazia la sua nuova e strutturale


apertura al vaglio critico della societ civile, che attualmente viene fortemente condizionata dallo sviluppo dei media detentori del potere comunicativo e che invece
deve basarsi su una ricerca scientifica senza fini politici specifici e, soprattutto, senza
alcuna forma di oppressione.
Unaltra direzione significativa del dibattito tedesco, che oscilla tra la posizione di Apel
e di Habermas quella della riabilitazione della filosofia pratica (Riedel, Ritter, Ilting),
che si pone come obiettivo quello di riflettere sulla dimensione etica della politica a
partire da una ripresa delletica classica e in particolare dei concetti di prudenza e
saggezza (phronesis) come alternativa alla crisi di valori e al proliferare dello scetticismo e del relativismo.

D) Stati Uniti
Negli USA concentrato sul dibattito sulle teorie di Rawls sui concetti di giustizia,
legittimit e consenso.
Il lavoro di M. J. Sandel, inaugura anche poi la riflessione sul comunitarismo che contrappone
alle astrattezze della visione rawlsiana del soggetto (che Sandel interpreta come soggetto minimo), una concezione dellindividuo come risultante di una rete di credenze, appartenenze, finalit, legami comunitari.
Si tratta di una concezione che mette in luce il carattere dinamico della soggettivit e della sua
continua autointerpretazione della realt come alternativa alla conservazione dello status quo.

236

Capitolo 16

La conseguenza una enfatizzazione del soggetto in s considerato come prezioso ed esclusivo titolare di una ragione critica che precede la politica e ne orienta gli sviluppi. Ne consegue la
riflessione sul nascere di una nuova religione civile fondata su questi assunti (come nel caso di
R. Taylor).

Si rende allora necessario rivedere la teoria della giustizia di Rawls sotto almeno tre
profili fondamentali:
radicamento dellio e sua appartenenza a un contesto;
problema della tolleranza;
questione delle minoranze e della non esclusione di esse dallo spazio democratico.
Questi tre problemi sono affrontati da Richard Rorty (1931-2007) ormai consapevole, anche sulla scorta del pensiero di Nietzsche e di Heidegger, che vano rivolgersi a una sola immagine dellio fondata filosoficamente.
A quella di Rorty, che pu essere definita come una forma di liberalismo borghese
postmoderno, si oppone il paradigma del pensiero americano-repubblicano il
quale, pi orientato allosservazione della prassi politica, trova le sue istanze fondamentali in concetti come virt, partecipazione e libert, intese come assenza di dominio e nel patriottismo costituzionale, inteso come adesione dei cittadini allinsieme di valori universalmente riconosciuti nella civilt occidentale.

E) Francia (destrutturazione e decostruzionismo)


La destrutturazione di ogni forma di identit stabile del soggetto, cos come il
pensiero della differenza, del differimento, dello scarto a partire dal quale si forma la
ragione occidentale, sono il principale momento della riflessione filosofica francese.
La presa datto della crisi della ragione unita alla crisi della politica, al centro
della definizione della condizione postmoderna da parte del filosofo di Versailles
Jean-Franois Lyotard (1924-1998).
Mentre il moderno si concentra sulle grandi narrazioni derivanti da giochi linguistici finalizzati ad una pluralit di scopi imposti dalla convivenza umana da cui scaturiscono metaracconti che perdono ogni giorno di credibilit, il postmoderno si impone sia per abattere il moderno
e la sua volont progettuale che per combattere ogni tentativo di totalizzazione e accentuare,
cos, lelemento spirituale e inventivo della libert (Reale-Antiseri).

Secondo Lyotard leffetto di lungo periodo del capitalismo quello di rendere impossibile una rappresentazione del mondo come immagine coerente dotata di una univoca identit.
Questa impossibilit viene posta anche al centro delle discussioni politiche e filosofiche
del Novecento, interpretate come grandi e sovrabbondanti rcits (cio racconti,
narrazioni), prive di fondamento unitario e riflesso, o piuttosto di particolari giochi
linguistici, la cui unica regola quella della efficacia tecnica di convincimento e della
sua performativit.
La fine dellepoca delle grandi narrazioni comporta la fine dei loro presupposti: limmagine
cartesiana dellunit dellio sostituita da una concezione dellio come entit frammentaria e

Attuali sfide della politica contemporanea

Z 237

plurale; la concezione della societ come totalit organica sostituita da una atomizzazione del
sociale costituita da una rete elastica di giochi linguistici. Esempio concreto di questa frantumazione sono i grandi drammi del XX secolo, e in particolare la Shoah, determinata dal primato
della rappresentazione e dalla ossessione dellunit degli ebrei.

In questo stesso contesto si colloca la riflessione dellalgerino Jacques Derrida (19302004) nota come decostruzionismo.
Punto di partenza del decostruzionismo per Heidegger la critica allessere che da Parmenide e Nietzsche non stato mai riferito alle condizioni storiche del tempo in cui viene studiato,
ma sempre legato a concetti metafisici universali che formano gerarchie concettuali che, invece, per effetto dellesistenzialismo, vanno rovesciate, distrutte o decostruite.
Per Derrida tale decostruzione deve partire dal linguaggio dei testi, a cominciare da quelli filosofici nei quali la valenza di indizi e spie testuali (come parole, richiami e fasi) ci fanno scoprire una nuova e differente gerarchia di concetti e di significati che fanno venir meno le certezze
assolute su cui si basa lindagine metafisica: per il decostruzionismo, dunque la metafisica
morta!
Il decostruzionismo applicato alla politica, travolgendo le gerarchie concettuali tradizionali
dalle regole giuridiche, creano premesse nuove con cui ogni ordinamento, specialmente se democratico copre gli occhi sulle incostrazioni storiche derivanti dal credo politico e ribaltando,
cos, principi, interessi e regole tradizionali che da secoli calpestano i singoli e i loro diritti naturali.

Caratteri del decostruzionismo, dunque, sono:


la critica al logocentrismo che non pi da considerarsi, cio, assoluto e infallibile;
la decostruzione (cio la scomposizione storico-critica) della storia e in particolare della storia dellontologia , cio, dellattitudine propria della metafisica
occidentale di fondare la molteplicit degli enti sullunit dellessere.
Sul piano politico questi presupposti portano a una concezione votata allapertura
allaltro, alla legittimazione delle differenze, alla tolleranza sociale e religiosa e alla
fondazione di una teoria del cosmopolitismo sganciato dalla idea tradizionale di di
Stato e sovranit la quale deve essere sostituita da una politica dellospitalit.
Il tema della differenza sviluppato, infine, da Gilles Deleuze (1925-1995) e Felix
Guattari (1930-1992) che sviluppano una concezione della filosofia come arte di
inventare e libera creazione di concetti. Da qui una concezione della politica orientata al pluralismo e alla destrutturazione degli ordinamenti politici imposti dalla
storia e della funzione di controllo da loro effettuata in favore di una concezione del
nomadismo come riflesso dellimpossibilit di sistematizzare i diversi territori del
sapere e dellagire.

2. La globalizzazione e il nuovo scenario mondiale


La crisi dei modelli classici di fare filosofia politica trova conferma nella discussione sullordine politico, economico e sociale che accompagna il mondo nel nuovo
millennio e che si soliti definire globalizzazione.

238

Capitolo 16

Con questo termine si intende un fenomeno complesso caratterizzato dalla:


fine del bipolarismo tra capitalismo e comunismo che finisce per consegnare in toto
il mondo alla maggiore superpotenza mondiale, gli U.S.A., e alle multinazionali;
deregulation, che liberalizza la circolazione mondiale dei capitali, favorisce la finanziarizzazione delleconomia e la delocalizzazione produttiva con la conseguenza che molte industrie dei Paesi pi progrediti, a causa dellalto costo della
manodopera, sono costrette a chiudere, mettendo cos in crisi la classe dei lavoratori di tali Paesi.
La geografia politica cos, viene trasformata in un orizzonte uniforme di produzione di merci e smaltimento di scorie, mentre dal punto di vista sociale la pi ampia
apertura delle frontiere tra gli Stati provoca nuovi movimenti migratori e una conseguente omologazione culturale globale.
I processi di globalizzazione sono contraddittori e multidimensionali, oltre che effettivamente
percepibili, nella misura in cui il mondo appare pi unificato che mai. Le entit statali non sono
pi gli unici protagonisti della vita politica, che ora regolata da organismi sopranazionali (Nazioni Unite, Unione europea, Fondo monetario internazionale, Banca mondiale etc.). Di conseguenza, anche leconomia delle nazioni rappresenta un orizzonte di sempre pi difficile definizione.

Dal punto di vista politico si consolida una terza via tra socialdemocrazia e liberalismo, viene gradatamente meno la rete assistenziale dello Stato sociale e, dal punto di
vista ideologico, il pluralismo (sole della democrazia) si trasforma nella uniformit del pensiero unico.
Un tema di capitale importanza nellepoca della globalizzazione quello del lavoro.
La caduta dello Stato sociale provoca un aumento della disoccupazione strutturale, la
diffusione di lavori atipici, la flessibilit occupazionale, la deterritorializzazione e la
smaterializzazione di numerosi processi produttivi.
Il dibattito sul multiculturalismo assume un ruolo centrale e per i pensatori che si
collocano entro i margini della tradizione liberale (Taylor, Kymlicka), i quali, pur
ponendosi il problema della coesistenza di diversi gruppi allinterno di un unico orizzonte sociale, osservano che i processi di integrazione non tengono nel dovuto conto
della dinamica, dei processi di identit e di cultura e delle contraddizioni derivanti dalla continua contaminazione culturale.
La fine del bipolarismo e la formazione di un sistema internazionale poi fonte di una radicale
conflittualit che si esplicita nelle numerose guerre etniche (ex Jugoslavia), territoriali (ex
URSS, guerra in Cecenia) e motivate da contrasti religiosi (Medioriente).
Emerge il discutibile e unilaterale concetto di guerra giusta e diviene sempre pi difficile, a livello internazionale, discernere lintervento umanitario dallintervento di polizia e di guerra preventiva.

Restano comunque aperte le alternative tra la progressiva omologazione della cultura


e il diritto a legittimare una particolare identit etnica, culturale, nazionale e, dunque,
politica. Tanto che S.P. Huddington, in Lo scontro delle civilt e il nuovo ordine
mondiale (1996), ha messo in discussione la possibilit di separare la definizione dei
confini geopolitici da quelli dello sviluppo di una determinata civilt.

Attuali sfide della politica contemporanea

Z 239

In merito alla concezione degli effetti complessivi della globalizzazione si registra


infine la dialettica tra due posizioni:
la prima incarnata nel pensiero di D. J. Elazar opta per una soluzione costituzionale ai problemi della globalizzazione e arriva a ipotizzare una confederazione tra
Stati sottomessi a organismi sovrastatali, o poststatuali, come lUnione europea etc.;
laltra, fortemente critica (e impersonata da M. Hardt e A. Negri) definisce la
globalizzazione in termini imperialistici e la considera come il prodotto dellestensione delleconomia capitalistica a tutto il pianeta. Lalternativa di tale dottrina
una politica della moltitudine che libera limpero dal comando capitalistico e
riorganizzi le forze sociali in nuove e pi democratiche forme di cooperazione e
integrazione fra gli Stati.

3. Dopo l11 settembre


Lattentato alle torri gemelle di New York, portato a termine l11 settembre del
2001 segna una netta cesura nella vita politica internazionale e inaugura una stagione di guerre globali che investono la comunit internazionale governate da dinamiche
molto diverse da quelle del Novecento.
Si tratta di uno stravolgimento delle categorie della politica mondiale (amico o nemico) che tuttora in atto, ma i cui effetti possono gi essere messi, anche se solo parzialmente, a fuoco.

A) Il dialogo Habermas-Derrida e lo scontro tra le teologie politiche


Una delle pi feconde reazioni agli attentati dell11 settembre rappresentata dal
dialogo tra Jrgen Habermas (Gommersbach 1929) e Derrida, pubblicato in Filosofia del terrore. Dialoghi con Jrgen Habermas e Jacques Derrida (2003).
Habermas parla dell11 settembre come momento in cui ha luogo il primo evento
storico-mondiale del nuovo millennio, condizionato dalla politica unilaterale degli
Stati Uniti e dallaccrescersi del fondamentalismo islamico, espresso in una forma di
terrorismo globale che genera impotenza a chi lo combatte perch rivolto a un
nemico che con i metodi tradizionali non pu essere sconfitto.
Per la soluzione di tale conflitto si deve riorganizzare la scena mondiale puntando su
una riabilitazione della democrazia come comunicazione razionale, rispetto alla
quale il terrorismo non che una deformazione.
Derrida definisce la strategia degli attentati come atto immunitario, cio come
una forma di suicidio mediante il quale la potenza americana combatte ci che ha
creato avendo fornito essa stessa gli strumenti tecnici per portare a termine lattacco
terroristico (addestramento ai piloti e formazione militare dei terroristi).
Da qui Derrida desume che le conseguenze di questo atto autoimmunitario non sono
ancora pienamente dispiegate e che il peggio potrebbe ancora venire ritorcendosi
proprio verso chi lo ha provocato.

240

Capitolo 16

Dal punto di vista dello scontro ideologico tra civilt, cultura e religione, Derrida
sostiene che l11 settembre rappresenta lapice di uno scontro tra due teologie politiche sorte da uno stesso ceppo abramico.
Tale scontro, enfatizzato dai media occidentali che surrettiziamente identificano lislamico con il terrorista, creando esemplari figure negative del mondo islamico.
Questa distorsione mediatica dovrebbe essere evitata soprattutto dellopea delle organizzazioni internazionali, unici soggetti capaci di rendere presente una democrazia
a venire in grado di esprimere una tensione ideale tra presente e futuro che
miri alla pace e alla giustizia delle Nazioni.

B) I problemi della politica attuale


La situazione che si crea dopo l11 settembre apre una diversa fenomenologia dei
problemi della politica attuale chiamata a sciogliere i seguenti nodi:
definizione del ruolo della religione che non pu essere considerata strumento
politico e base per la proliferazione di fondamentalismi eversivi;
la funzione degli organismi sovrastatali, in un momento in cui, dopo la dichiarazione di guerra degli USA allIraq, lONU, contraria a tale intervento, non stata
in grado di impedirne lattuazione, perdendo di credibilit ed entrando, cos, in
crisi di credibilit;
la definizione del concetto di guerra globale: una guerra, cio, che non ha confini,
ma che si dispiega su scala mondiale e si pone come conflitto tra visioni del mondo, scale di valori, istanze culturali;
la regressione dello Stato sociale, che tutela e protegge la cittadinanza, a Stato
penale, incentrato sul controllo e la repressione delle diverse devianze.

4. Le possibili soluzioni attuali


I tentativi di soluzione dei primi anni duemila mirano a controllare le dinamiche e
tensioni mondiali e a ipotizzare la costruzione di un ordine politico alternativo in
grado di tener loro testa.
Tra le tesi pi significative di questi ultimi anni possono essere annoverate:
le ipotesi conservatrici, che derivano dal realismo politico che connota la politica USA e che accentuando la funzione politica della guerra preventiva, mirano a
estendere su scala mondiale i valori del liberismo americano e quelli della destra
protestante.
Sostenitore di questa ipotesi il gruppo dei neo-conservatori americani (Wolfowitz,
Perle, Kagan, Bush);
le riprese del progetto moderno che mira a proteggere il mondo dalla impotenza della potenza (Badie) per favorire linstaurazione di una governance globale fondata sulla pace mondiale e sulla cooperazione in grado di riabilitare la

Attuali sfide della politica contemporanea

Z 241

contraddittoria funzione equilibratice dellONU e, cos, di assicurare un ripristino


della legalit anche su scala transnazionale. Sostengono questa ipotesi pensatori
come O. Hffe, A. Sen e M. Nussbaum;
lorizzonte della biopolitica (Foucault, Agamben, Esposito) (vedi par. seguente).
Prende le mosse dal pensiero di Foucault e tende a svincolare lorizzonte della politica
dallorizzonte giuridico del rapporto tra individuo e Stato per riproporre una microfisica del potere in termini foucaultiani: (cio di benessere e felicit globale) in quanto il Potere non va studiato solo su opere teoriche ma soprattutto nelle stanze
oscure di chi lo detiene e che lo esercita nelle singole scelte politiche del quotidiano.
Per raggiungere tali obiettivi criptati il Potere si serve delluso spregiudicato
e fuorviante dei media (detto, appunto, quarto potere) per cui vanno attentamente analizzati i rapporti tra forme di sapere e rapporti di potere nellottica
della possibile connivenza per il dominio delle menti.
A questo punto la lotta politica di chi resiste al potere si trasforma nella vigilante
resistenza alla diffusione surrettizia di qualsiasi forma di sapere (dal notiziario a
tutte le altre manifestazioni ed espressioni dei media) per lasciare libero il fruitore
dei media di non uniformarsi passivamente al sapere imposto dalla videocrazia
(e altre forme mediatiche). Il singolo, cio nellaffermare la sua identit, deve
contrastare tale forma di dominio per tentare di destabilizzare i meccanismi di
potere che, per come sono strutturati, non gli lasciano alcuna possibilit di autoaffacciarsi non solo sulla via della libert di pensiero, ma anche di agire liberamente per vivere a pieno la propria individualit.
Il rapporto tra politica e vita, cos, ha assunto una dimensione importante e fondante: i conflitti politici interessano la sua vita economica del singolo che le
questioni sociali vitali (aborto, fecondazione assistita, omosessualit).
Il nesso politica-vita-societ assume un carattere liberatorio nella misura in cui
rende possibile una produzione di norme che parta dalla vita concreta e non sovrasti lindividuo affinch conservi la sua identit.

5. Biopolitica: la nuova questione sociale tra fenomeno migratorio


e neo-schiavismo
A) Crescita e felicit dei sudditi
Questa dottrina teorizzata da Foucault era inizialmente gi nota come Polizeiwissenschaft (stato di polizia) affermatasi gi nel XVIII secolo in Austria.
Con essa lo Stato, per accrescere il suo peso e la sua potenza militare ed economica,
cercava di acquisire il maggior numero di sudditi possibile facendo il miglior uso
della sua forza sia per mantenere lordine, che per offrire ad essi le migliori condizioni di vita e convivenza in vista del raggiungimento della felicit comune e, per
raggiungere tali scopi, stimolava la crescita del clima collaborativo della forza-lavoro
e, quindi, la produzione nazionale.

242

Capitolo 16

La Polizeiwissenschaf prevedeva ladozione di una serie di misure che portassero alla


crescita canalizzata della ricchezza dei singoli per assicurare un maggiore vantaggio
collettivo dello Stato.
Ci perch lo Stato-persona si rende conto che la popolazione una risorsa fondamentale: considerazione che in passato aveva un grande valore diplomatico-militare
in quanto accresceva il numero dei sudditi soldati da addestrare per essere meglio in
grado di affrontare le conquiste territoriali e lespansione coloniale.
Successivamente tale legame si polarizzato sul binomio popolazione e ricchezza
per accrescere il benessere soprattutto delle classi detentrici delle leve economiche.
Lindividuo costituisce un importante fattore produttivo, la forza lavoro: ci accresce
linteresse dei poteri costituiti verso la risorsa umana che, attraverso una mirata
politica sanitaria e sociale, va mantenuta in efficienza per consentirle di produrre
di pi e nelle migliori condizioni possibili (Santoro).

B) Flussi migratori e neo-schiavismo


In questottica si comprendono le attuali finalit della regolamentazione dei flussi
migratori che consentono allo Stato ospitante di accrescere il suo potenziale produttivo anche con lausilio (e lo sfruttamento) degli immigrati che versano quasi sempre
in condizioni di sudditanza sia giuridica (perch non godono degli stessi diritti dei
cittadini) che economica (percepiscono salari pi bassi e le somme cos risparmiate
retribuiscono meglio gli altri fattori produttivi: in primis capitale e capacit imprenditoriale), facilitando, cos, laccumulazione capitalistica.
Questo processo stato in molti Paesi, compresa lItalia e gli Stati dellUnione europea,
accompagnato da un programma politico che pi che mirare allintegrazione, talvolta porta alla criminalizzazione dei migranti.
Questa politica ha generato, soprattutto con le destre al potere, una normativa che,
sfruttando o limitando lingresso regolare per motivi di lavoro, ha creato una condizione giuridica, psicologica e sociale di inferiorit per tutti i migranti clandestini
la cui presenza illegale sul territorio ne criminalizza lo status.
A questa situazione ha fatto da controaltare la lentezza e le eccessive burocratizzazioni supportate da una xenofobia manifesta di molti cittadini per laccesso alla
cittadinanza anche per i migranti gi integrati nella societ e regolarmente muniti di
permesso di soggiorno.
Ecco perch indispensabile (ma nessuna organizzazione internazionale fino ad oggi
se ne fatto seriamente carico) che siano rese trasparenti e pi agili le normative
nazionali per laccesso alla cittadinanza al fine di raggiungere labolizione di una
inaccettabile e costituzionalmente illegittima situazione di discriminazione tra cittadini e immigrati che, di fatto, perpetua le condizioni di schiavit abolita ufficialmente
a livello internazionale gi ai tempi del congresso di Vienna (1815).
La regolamentazione dellimmigrazione, dunque, fa da rubinetto per lingresso di forza lavoro e crea problemi di politica economica per le numerose implicazioni giuridiche, economiche e
sociali derivanti e costituendo una delle principali questioni sociali.

Attuali sfide della politica contemporanea

Z 243

Tale problema va risolto a livello internazionale urgentemente, soprattutto nei Paesi ad economia
matura ove le condizioni di welfare globale aggravano il gap tra cittadini e migranti capovolgendo le premesse ideologiche della Polizeiwissenschaft (felicit di tutti i sudditi per il mantenimento
della coesione sociale) e di biopolitica affermatesi gi dai tempi di Maria Teresa dAsburgo nel
regno Austro-Ungarico (XXVIII secolo).

Grazie alla biopolitica e alla conseguente migrazione (che sono lo strumento pi


agile e conveniente per laccumulazione umana) gli Stati pi forti possono, manipolando a loro piacimento i flussi di forza-lavoro, accrescere/decrescere a loro piacimento lo sfruttamento delle risorse umane a fini produttivi.
Nasce cos la visione del neo-schiavismo che ha caratterizzato lo sviluppo economico
degli ultimi due secoli e che ha spostato lattenzione della politica nazionale alla progettazione dellespansione della forza della coesione sociale nellottica di favorire la
maggioranza autoctona che detiene le leve del potere creando una classe ufficiale di schiavi, composta prevalentemente da emigrati che, pur contribuendo al benessere economico del Paese, versano in una condizione giuridica palesemente discriminatoria rispetto ai cittadini in quanto non fruiscono dei diritti civici, in primis il diritto
al voto.

6. La politica dellimpero tra presente e futuro


A) Concetto di impero
Limpero costituito dalle multinazionali e dalloligopolio delle grandi potenze
mondiali (NEGRI) ha creato un governo del mondo di particolare complessit che ha
profondamente modificato i concetti di Stato e di sovranit, cancellando il Welfare
State e, con esso, mettendo in pericolo i diritti e le libert degli individui.
Il nuovo governo del pianeta, come afferma J. Attali (Domani, chi governer il mondo?, 2012), non ha punti di riferimento, n identit statuale, n edifici identificabili
come palazzi di potere (1), ma soprattutto non ha coscienza di s e delle proprie
devastanti e irreversibili potenzialit, avendo abbandonato ogni speculazione filosofica basata sui principi essenziali della convivenza civile e della forma di Stato.
Limpero si condensa in una serie di poteri diffusi e non conoscibili che hanno un
solo fine comune: accumulare ricchezza a vantaggio di pochi e a spese di tutti, attuando una politica dissennata che finisce per cancellare il welfare state nei Paesi ricchi
e rendere ancora pi insostenibili le gi precarie condizioni di vita dei Paesi pi poveri.

B) I protagonisti
Al vertice dellimpero figurano, accanto alle multinazionali, le grandi potenze
economiche: in primis gli Stati Uniti, poi lUnione europea, la Cina, la Russia, il
(1) Non sar concesso, dunque, ai posteri un nuovo abbattimento della Bastiglia che oggi costituisce il
palazzo che non visibile tanto che i vari G7, G8 G20 cercano rifugi nascosti e sempre diversi per sfuggire agli strali della contestazione globale.

244

Capitolo 16

Giappone, a cui si vanno aggiungendo il Brasile e altri Stati emergenti caratterizzati da un forte tasso di sviluppo (Corea del Sud, India etc.).
Il cuore di questa anomala forma di governo mondiale , comunque, rappresentato
dagli Stati Uniti che si pongono in affianco o, talvolta, al di sopra delle Nazioni Unite,
e si sono autoproclamati paladini della sicurezza, della pace e dellordine mondiale.
Accanto agli Stati pi forti cercano di far sentire la loro voce (a livello globale) numerose organizzazioni internazionali (locali e sovranazionali, con finalit generali, filantropiche o particolari): la principale a fini universali senza dubbio lONU che, al
momento, appare non pi in grado di perseguire quei fini universalistici che inizialmente si era proposta, perch altre istituzioni internazionali Banca Mondiale, FMI, BIRS
(Banca per la ricostruzione e lo sviluppo) etc. hanno creato una propria autonoma
governance senza passare pi per il vaglio n del Consiglio di Sicurezza n dellAssemblea Generale delle Nazioni Unite, ponendosi, anzi, spesso in concorrenza con essi.
Attualmente numerose convenzioni internazionali stipulate direttamente da singoli Stati si sono sostituite allattivit delle istituzioni sovranazionali, privandole sia
della loro leadership ideale, sia, soprattutto, del loro controllo istituzionale sullapplicazione di accordi gi raggiunti. Cos gli Stati trattano direttamente della distruzione degli arsenali nucleari, delluso delle armi batteriologiche etc.
Secondo molti commentatori, dunque, il mondo di oggi dominato in maniera crescente da poteri incogniti e oscuri che perseguono fini malefici per impadronirsi del governo del pianeta al di sopra della volont degli Stati e delle organizzazioni
internazionali e a scapito dei diritti e delle libert dei singoli.
Ci trova conferma nel fatto che la globalizzazione ha creato, a livello planetario,
unanarchia di potere che non consente ad alcuna forza politica di far valere una
trasparente volont di pace, sicurezza, solidariet e giustizia nel mondo.
Una situazione che appare foriera di un futuro privo di regole, che certo non potr
produrre alcunch di positivo per lumanit!
Il marcato disequilibrio politico-economico e lanarchia dei poteri provocano le attuali minacce allo sviluppo democratico che pesano sul presente e sul futuro dellintera umanit. Il rischio che il caos che domina il mondo potrebbe portare fatalmente a
una richiesta collettiva di ordine di tipo totalitario per allontanare tali minacce.

C) Le ideologie ambientaliste
Un ruolo importante sar quello giocato dalla crescente ideologia ambientalista che
si va affermando alla luce degli effetti dellincontrollata industrializzazione sulle condizioni di salute del pianeta destinate a breve a manifestarsi in maniera sempre pi
evidente e irreversibile, rivelandosi ben pi gravi di quelli provocate da uno tsunami
o da analoghe catastrofi.
Il quadro politico-economico e ambientale del mondo attuale necessita urgentemente
di una decisa inversione di rotta della politica mondiale che peraltro teoricamente
ancora possibile, potendo le attuali competenze tecnologiche e le risorse finanziarie
interrompere lormai incombente disastro ambientale.

Attuali sfide della politica contemporanea

Z 245

Una tale svolta potrebbe favorire, in ogni area del globo, condizioni sociali sostenibili, nel rispetto dei diritti e delle libert dei singoli, che il pensiero politico ambientalista attuale ha posto come fondamenta indispensabile per la sopravvivenza di
tutta lumanit.

7. Il punto sul passato, presente e futuro dellecologismo sociale


A) Gli sviluppi della disciplina
Al politologo lecologia non interessa come scienza pura, ma come corrente eticopolitica che vede Dio proiettato nel mondo (Deus, sive natura: Spinoza) e che
porta allaffermarsi di una nuova filosofia: lecosofia (Arne Nss), cio la saggezza ecologica che si collega ad una ecologia profonda ispirata alla rivalutazione
delle culture arcaiche che nella natura colgono le radici ultime comuni a tutti gli
esseri viventi.
Oggi i cultori dellecosofia si denominano verdi noti per il motto non siamo n di
destra n di sinistra siamo avanti!
A partire dalle stragi ecologiche di Hiroshima e Nagasaki (1945) e di altri gravi
esperimenti nucleari avvenuti successivamente, lecologia, grazie allopera di Rachel
Carson (contro il pesticidio) e di Barry Commoner (battutosi per spiegare allopinione pubblica i rischi della radioattivit) fa numerosi passi avanti, ma si afferma con
vigore con lecomarxismo di O Connor che affianca ai rapporti di produzione
anche lo studio delle condizioni (ecologiche) di produzione (che determinano le
relazioni tra economia e ambiente) a tutela dellHabitat in cui vive luomo.
Laustro-americano Fritjof Capra (maggior ecologista contemporaneo) nel volume
Tao della fisica (1975) si fa precursore e paladino dello sfruttamento prioritario
delle energie rinnovabili (solare, eolica e marina) per la salvaguardia della salute
del mondo schierandosi contro il nucleare (energia non rinnovabile) e allo stesso
tempo considerato unanimemente il fondatore di una nuova mentalit collettiva
ecologista.

B) La presenza dei Verdi come movimento politico


Questo movimento, nato in Germania (patria del panteismo filosofico di Goethe e
Humboldt e dellidealismo soggettivo estetico di Shelling) e riscoperto nello spirito
dionisiaco di Nietzsche trova le sue pi illustri origini.
Fu nel 68 che lideologia dei verdi inizi a prendere piede come movimento rivoluzionario e antisistema (scaduto talvolta anche in atteggiamenti fondamentalisti) di
matrice anti-americana e anti-capitalista.
Successivamente i verdi hanno costituito lavanguardia del federalismo europeo
per poi affermarsi come nuovo e importante movimento politico-ecologico in tutto il
mondo (Livorsi).

246

Capitolo 16

Oggi la questione ambientale, che mette a nudo tutti i rischi irreversibili di una
disordinata espansione industriale senza precedenti, resta ineludibilmente aperta ed
allordine del giorno in tutte le agende di produzione e sviluppo dei singoli Stati e
delle organizzazioni internazionali, essendo divenuta oggetto sia della mentalit
collettiva del mondo che dei programmi politici dei Paesi che vogliono salvare
il pianeta da una sicura e irreversibile catastrofe ambientale.

Vous aimerez peut-être aussi