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Capitolo 1 La
politica nellantichit
greca e romana
Sommario Z 1. Atene e la nascita della politica come scienza. - 2. Le critiche alla de-
Il modello della democrazia ateniese cui i pensatori politici dei secoli successivi fanno costantemente riferimento quello stabilito dalle riforme di Clistene, sul finire del VI secolo a.C.,
proseguite poi da Pericle alla met di quello successivo.
Secondo tale organizzazione, la sovranit politica si incarna nellAssemblea (ecclesia) che riunisce tutti i cittadini di pieno diritto, cio i cittadini maggiorenni, maschi e di condizione
libera. Nellecclesia supremo organo legislativo e di governo tutti possono prendere la parola e le decisioni di interesse pubblico vengono sempre prese a maggioranza.
Un consiglio ristretto, cio il Consiglio dei Cinquecento (bul), invece incaricato di affrontare le questioni di carattere pi strettamente amministrativo.
Molte delle principali cariche di governo vengono assegnate per sorteggio.
Il modello ateniese istituisce quindi una democrazia diretta e partecipativa allinterno della
quale assumono un ruolo fondamentale il confronto delle opinioni e la discussione pubblica.
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duo , contrariamente a quanto affermato dagli altri interlocutori, lunico modo per impedire divisioni allinterno del governo e facilitare il processo decisionale.
Ci sono altri due elementi che spingono a considerare in qualche modo postuma la
fortuna della democrazia ateniese:
innanzitutto, le opere politiche di maggiore importanza dellet classica la Repubblica, il Politico e Le Leggi, di Platone; la Politica di Aristotele sono tutte
schierate a sostegno del governo delle lites (dunque del governo oligarchico);
in secondo luogo, e non a caso, tali opere nascono in un momento storico che
vede la democrazia ateniese sconfitta dalloligarchica Sparta al termine delle
guerre del Peloponneso.
Il gi ricordato Tucidide, che quei conflitti ci ha tramandato, annovera tra le cause
della sconfitta di Atene proprio il suo sistema politico che, basato sul sorteggio delle cariche pubbliche e sulla possibilit per tutti di accedere al governo, aveva consentito ad alcuni demagoghi, sostenitori di iniziative non ben ponderate, di ottenere il consenso popolare, trascinando, cos, la citt alla rovina.
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una sorta di epos del mondo contadino e trova nellidea di giustizia la caratteristica
principale dellessere umano.
La necessit di far venir meno la concezione della giustizia fondata sullordine divino si afferma decisamente con Eschilo. Il carattere paradossale dellidea di giustizia divina rappresentato nellOrestea, un ciclo di tragedie che narra del ritorno in patria di Agamennone e si conclude
con listituzione di un tribunale umano laeropago che lascia prevalere la saggezza giuridico-politica della citt sulla giustizia divina.
Lo scopo di Eschilo quello di magnificare le istituzioni politiche di Atene e mostrare come esse,
pur essendo di natura laica, avessero origine divina.
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5. Platone
Le principali linee di sviluppo della politica greca, associate alla visione della crisi
della polis, vengono mirabilmente sintetizzate nella filosofia di Platone (428-347 a.C.).
La riflessione di Platone spazia in tutti i campi filosofici dalla politica allestetica, alla
metafisica e alla morale. Il suo scopo quello di opporsi al relativismo dei Sofisti ripristinando la misura della giustizia su basi certe.
Lo strumento in grado di raggiungere questo scopo la filosofia che si oggettiva nella conoscenza dellEssere e nella contemplazione delle idee, ovvero di valori saldi
e universali che fungono da modelli tanto per la conoscenza, quanto per lagire morale e il giudizio estetico sulla realt.
Alla base della teoria politica di Platone si identificano due assunti:
la filosofia larte principale e guida la politica. La condotta politica trova i suoi
principi nella metafisica, nella contemplazione dellidea immutabile e unitaria rappresentata dal Sommo Bene;
la politica in s solo una disciplina tecnica, unancella della filosofia, ovvero
unarte che applica nella realt i risultati dei saperi pi nobili.
Caratteri fondamentali della filosofia platonica: la dottrina delle idee
Il cuore della filosofia platonica la celebre dottrina delle idee. Le idee rappresentano un fondamento oggettivo per la scienza e per la vita politica.
I presupposti della teoria platonica sono:
a) lintenzione di portare alla luce lordine universale sul quale dovr fondarsi sia la vita
politica che quella filosofica;
b) questo ordine pu essere conquistato tramite la conoscenza interiore di ciascun individuo
nel senso specifico di reminiscenza (anmnesis), cio di ricordo dei contenuti universali presenti nellanimo. La nostra anima, prima di essere calata nel corpo, ha gi contemplato le essenze eterne della realt, definite idee (dal greco idos, che significa contemporaneamente visione, forma, modello).
Discesa successivamente nel corpo, e divenutane prigioniera, lanima le ha temporaneamente
dimenticate, ma non perdute e cos recuperare le idee innate attraverso la reminiscenza, un procedimento maieutico che contemporaneamente logico, etico e psicologico.
Oggetto della vera conoscenza, secondo Platone, non dunque ci che pu essere conosciuto attraverso i sensi, la realt sensibile mutevole e imperfetta, ma solo le idee.
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Mentre il termine idea designa nel linguaggio corrente una rappresentazione o un prodotto
concettuale della nostra mente, Platone intende linsieme delle idee come entit supreme immutabili e perfette che esistono in una dimensione diversa dalla nostra, definita metaforicamente Iperuranio (in greco, letteralmente, oltre il cielo).
Lo scopo della filosofia, cio della scienza pi alta tra le scienze, quindi la contemplazione
di tale dimensione superiore che coincide con lidea del Bene.
A) La Repubblica
I due presupposti della filosofia politica di Platone vengono coerentemente sviluppati
nella Repubblica, dialogo composto fra il 389 a.C.-369 a.C. e nel quale in un immaginario contraddittorio con i sofisti, il filosofo ateniese, espone la sua teoria di giustizia.
La politica deve vagliare i suoi effetti alla luce delle conduzione politica di una citt: tanto pi il governo di una citt giusto, tanto pi la giustizia sar chiara ed evidente ai cittadini.
Quindi in Platone la definizione della giustizia coincide con la definizione della forma migliore di governo di una citt: una repubblica di tipo social-comunista in cui
lo Stato costituisce un uomo in grande in cui le varie parti del corpo sono rappresentate dalle singole classi. Tale dottrina viene esposta attraverso Socrate, che costituisce
il personaggio principale dei dialoghi platonici.
Cos come un essere umano sano quando desiderio, aggressivit e ragione sono in armonia tra
loro, allo stesso modo un governo della citt giusto quando esiste una armonia tra le tre diverse classi rappresentate da:
chi produce e soddisfa i bisogni dei singoli (desiderio = commercianti etc.);
chi preserva lunit della citt da attacchi esterni (aggressivit = militari);
chi governa (ragione = filosofi).
I governanti (cio i filosofi e i guerrieri) non sono eletti su base popolare, ma scelti tra i custodi,
sottoposti, al contrario delle altre classi, ad una educazione collettiva rigida in comunione di
beni e di donne: essi cio, al fine di impedire che le loro cariche si trasferiscano di padre in figlio,
sono privati di ogni forma di propriet individuale compreso il matrimonio.
La citt deve dunque essere guidata da un ceto cui appartengono le due ultime classi e che vengono scelti, generazione dopo generazione, tra gli aristoi, cio tra i migliori guardiani-filosofi, senza nessuna influenza derivante da parentele o appartenenza.
Lanalogia tra istituzione politica e struttura dellessere umano consente anche di giudicare le altre forme di governo.
Tali forme per Platone sono:
la democrazia, dominata dal desiderio di possesso e di appagamento collettivo dei bisogni individuali;
la tirannide, che porta il singolo a prevalere sugli altri grazie alla propria aggressivit;
la timocrazia (governo in base al censo), che sceglie per governare chi pi ricco e non
chi pi capace;
loligarchia viene istituita quando i migliori si lasciano sedurre e corrompere dal fascino
dei beni terreni e diventano preda dei loro desideri, dimenticando di perseguire il bene collettivo.
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Queste quattro forme si reiterano nel corso della storia portando dalla oligarchia alla
timocrazia, alla democrazia e, infine, alla tirannide.
Il governo propugnato da Platone retto dai guardiani-filosofi , invece, razionale perch stabilito in funzione di un possesso esclusivo e reale dellidea del vero, che per
Platone coincide con lidea del bene di cui sono portatori in massimo grado gli aristoi, cio i migliori.
Il processo di acquisizione della verit rappresentato da Platone nel mito della caverna. Solo i filosofi sono in grado di liberarsi dalle catene che tengono prigionieri tutti gli uomini, condannati a prendere per vere non le cose, ma le ombre delle cose proiettate sul fondo di una caverna.
Solo il filosofo riesce a liberarsi dalle catene e a volgere le spalle alla caverna, guardare dapprima le cose riflesse nellacqua di uno stagno e, poi, illuminate direttamente dalla luce del sole e, infine, il sole stesso. Una volta ritornato nella caverna il filosofo vorr comunicare ai suoi compagni la vera realt esteriore, ma questi ultimi, ormai assuefatti alloscurit della caverna, non gli crederanno, lo allontaneranno e lo isoleranno.
Il mito della caverna, che costituisce uno dei momenti fondanti della filosofia occidentale, al contempo una metafora della vita di Platone (esposta nella celebre Lettera
VII) e del percorso che la ragione deve compiere per liberarsi dagli errori in cui cade
il mondo dei sensi.
B) Il Politico e le Leggi
Il modello sostanzialmente utopico proposto da Platone subisce una profonda revisione nei dialoghi successivi.
Nella Repubblica il tema della legge non trova spazio: se il governo della citt guidato dalla ragione non necessario stabilire un sistema di norme in quanto nella citt
regner sempre armonia e equilibro tra le diverse componenti sociali. Anche nel Politico Platone insiste su questo punto arrivando a sostenere che non si devono legare
le mani a coloro i quali, esperti nelle tecniche di governo, sono essi stessi leggi viventi.
Una svolta radicale avviene nelle Leggi (nomoi), lultimo e sofferto dialogo in cui Platone tenta di trovare una forma di governo che abbia elementi sia della monarchia
persiana che della democrazia ateniese.
Le leggi sono utili a colmare la fragilit strutturale di un ordinamento politico.
Per questo le Leggi trattano di un modello politico, non perfetto, ma di secondo grado (in quanto
riflesso dellidea di giustizia), allinterno del quale Platone riconosce esplicitamente la necessit
di contemperare il principio di autorit con quello della libert.
Diviene, cos, decisivo riflettere su problemi come la partecipazione e il consenso; cos come
necessario che un governo scenda a patti con il sistema consolidato di valori allinterno del quale si trova ad operare. Cos Platone arriva ad accettare ci che nella Repubblica aveva escluso
per gli appartenenti alle classi al potere: i concetti di famiglia e propriet privata.
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La fortuna filosofica
Il pensiero politico di Platone ha influenzato il pensiero dei pensatori di tutti i tempi.
Particolare effetto ebbe su Tommaso Moro ed Erasmo, sul genere letterario utopico (es.: Citt del Sole di Campanella) e su Vico e Marx.
Persino Hegel ne subiva linfluenza nella formulazione del concetto di eticit immediata della plis.
Le idee contenute nella Repubblica ispirate dalla forma di governo di Sparta, anche se di tendenza social comunista, sono state mutuate da filosofi di tutte le correnti ideologiche e piegate ai loro fini.
Cos Stenzel ne trae un modello di educazione di ordine politico, cos come Hildebrand ne
vede una prefigurazione dello Stato Socialista, e Popper che considera la Repubblica
un pericolo per le societ aperte.
Numerosi altri filosofi (Strauss, Heidegger e Arent), infine, considerano i modelli platonici fonti di ispirazione inesauribili sulle quali dobbligo riflettere (Ingravalle).
6. Aristotele
Aristotele (384-322 a.C.) fu allievo di Platone e precettore di Alessandro Magno.
Anche per il pensatore di Stagira, come per Platone, la politica lambito spaziale
allinterno del quale si espande il concetto di giustizia.
La politica, dunque, rappresenta una scienza applicata che muove dallanalisi della
vita associata: questa, (al contrario delle scienze teoretiche o conoscitive che teorizzano ci che eterno e immutabile) presuppone la prassi che stimola lagire umano
verso il piacere, lonore, la virt e la felicit.
Nella politica due sono i punti sui quali la filosofia di Aristotele e quella di Platone
divergono:
Aristotele non mira alla ricerca di un governo assoluto valido per sempre e dovunque, ma ricerca la forma ottimale da applicare a ogni singola citt;
per il filosofo di Stagira non esiste un modello assoluto e ottimale di Stato, ma
differenti opzioni politiche per realizzare la migliore forma di convivenza in ciascuna compagine umana (eu zen).
A) LEtica Nicomachea
NellEtica Nicomachea Aristotele analizza il concetto di etica e in particolare, il
concetto di giustizia.
Sul piano etico, Aristotele si pone in maniera antitetica rispetto allidea astratta di
Platone secondo cui il sommo bene che determina le azioni umane.
Il sommo bene, secondo Aristotele risiede nella volont individuale, appartiene alla
logica dellazione, non piantato in cielo (nellIperuranio), ma si trova nel cuore
degli uomini.
In questo senso, Aristotele concepisce unetica fondata sulla coscienza dellindividuo. Pertanto, il sommo bene non costituisce loggetto di fredda conoscenza intellettuale per cui chi conosce il bene non pu non operare il bene.
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Per operare il bene occorre che luomo senta la validit del bene nella sua coscienza e cio
in quanto produce leudaimonia, cio la felicit (Socrate). Lidea del bene, dunque, si sviluppa
attraverso il sentimento e si traduce in azione rappresentando la condizione essenziale per il raggiungimento della felicit: solo chi opera il bene felice (eudemonismo etico).
I tre gradi della felicit
In relazione alla felicit Aristotele distingue tre gradi:
1. lapolausticos bios, ossia la vita del godimento, quella che garantisce una felicit primitiva
e fallace;
2. il politicos bios, ossia la vita di relazione (che per i Greci coincide con la vita politica), in grado di garantire una forma pi alta di felicit rispetto al godimento materiale e il cui vertice
rappresentato dalla filia, lamicizia;
3. il teoreticos bios, riservato a pochi eletti, capace di assicurare la forma pi alta di felicit.
Attraverso la conoscenza luomo in grado di essere realmente felice.
La vita vissuta secondo ragione propria solo dei saggi, cio di coloro che sono capaci di distaccarsi dai beni terreni.
In base ai tre gradi di felicit, la virt si fonda sul criterio della mediet: la virt,
cio, sta nel giusto mezzo, fra due estremi, leccesso e il difetto.
Dal punto di vista politico i due estremi sono leccessiva ricchezza di pochi e la miseria della massa.
In tal modo Aristotele giunge alla distinzione fra virt etiche e virt dianoetiche. Le
prime sono quelle per cui il giusto mezzo si raggiunge tramite lesercizio della prudenza, le seconde attraverso la conoscenza.
Dallequilibrio di tali virt emerge il concetto di giustizia intesa come virt che guida il
comportamento del singolo uomo che per sua natura considerato unanimale politico.
Tuttavia, il concetto di giustizia non si esaurisce solo nel singolo individuo ma riguarda anche i rapporti intersoggettivi (virtus ad alterum) e pu intendersi sia come legittimit sia come uguaglianza nellambito della plis.
Aristotele accoglie il primo significato, ossia giustizia come conformit alle leggi,
dal momento che le leggi mirano sempre allutilit comune. La giustizia, pertanto, precede tutte le virt e costituisce la pi importante fra esse.
B) La Politica
La tesi secondo la quale la giustizia non riflette unidea astratta e immutabile, ma le
diverse possibilit in cui pu concretizzarsi lo sviluppo della ragione, viene trattata
nella Politica.
Questo scritto pu essere analizzato seguendo quattro tematiche di fondo:
lanalisi della koinomia, cio della vita associata. Una comunit il prodotto organico di una stratificazione umana e di una rete complessa di relazioni sociali.
Il potere politico, cio la sfera pubblica della vita associata, deve perci differenziarsi dalla sfera privata, che Aristotele identifica nella oikos (la famiglia) sede in
cui i rapporti parentali non rispondono al concetto del do ut des (cio di tipo economico-retributivo), ma sono dettati dallamore reciproco dei suoi componenti;
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lanalisi del potere pubblico come comando su individui liberi ed eguali. La citt
ha radici pluralistiche che devono essere rispettate. La sfera privata della famiglia
e della propriet devono essere garantite. Il legame politico per eccellenza diviene
fila (amicizia), intesa come principio di armonia e concordia tra i singoli cittadini;
la definizione delle forme di governo viene classificata in base al numero dei detentori del potere e in rapporto alla sfera del loro interesse (pubblico e privato). Alle
tre forme di governo sane, monarchia, aristocrazia, politeia, Aristotele fa corrispondere tre forme di governo degenerate: tirannide, oligarchia, demagogia.
Queste forme di governo non si susseguono con regolarit, ma sono il risultato di
progressivi rivolgimenti, spesso anche improvvisi (rivoluzioni, colpi di Stato etc.);
il tema della costituzione ottimale, definita in termini di stabilit, durata e, quindi, in rapporto a un ideale di vita perfettibile e a un sistema di valori riconosciuto
come migliore. La partecipazione effettiva e lefficacia allinterno di questo orizzonte determina la costituzione migliore, cio la pi adatta forma di governo in riferimento a un determinato momento storico.
Altro elemento significativo della riflessione politica aristotelica la necessit di studiare, come avviene nella Costituzione degli ateniesi, il processo storico di ogni singolo Stato che porta alla successiva formazione della costituzione che ne rispecchia
i valori fondanti.
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Il diritto romano, in particolare, oper la distinzione tra ius pubblicum e ius privatum.
Il primo riguarda lorganizzazione della citt intera, il secondo abbraccia uninsieme
di norme attraverso le quali gli individui regolano i loro rapporti privati.
Lo ius pubblicum concerne la sfera della lex, valida per tutti i sudditi.
Lo ius privatum riguarda la sfera dei singoli che non interferiscono con lordine pubblico.
Linsieme delle norme prodotte nel corso dei secoli nel diritto romano, le cui basi sono marcatamente filosofiche, vengono successivamente ordinate e selezionate nel Digesto (533) per volont dellimperatore Giustiniano, che raccoglie e sintetizza il pensiero dei migliori e pi noti giuristi
dellepoca classica, e che diverr il testo base dei principali istituti giuridici moderni, nonch strumento per la formazione di molti intellettuali nellepoca medioevale e moderna utilizzato in tutte le
universit delleuropa continentale che su di essa fonderanno il sistema di civil law.
La codificazione di Giustiniano
Giustiniano, come i suoi predecessori, volle predisporre una legislazione conforme alle esigenze dei suoi tempi e, tuttavia, cos aderente alla tradizione romana da presentarsi come il coronamento e il completamento dellopera della giurisprudenza classica.
La grandiosa opera di compilazione il cui risultato fu il Corpus Iuris Civilis ebbe inizio
con una raccolta di leggi progettata da Giustiniano e dal suo ministro Triboniano.
Nel 528 Giustiniano nomin una commissione con il compito di compilare un nuovo codice,
che condensasse la sapienza giuridica antica e offrisse una solida base normativa allimpero.
Lopera fu compiuta in brevissimo tempo e il codice venne pubblicato il 7 aprile del 529.
Nel 530 Giustiniano ordin una compilazione dei digesta o pandectae: brani degli scritti dei
giureconsulti romani muniti di ius respondendi e necessari per la comprensione dellordinamento giuridico romano.
Giustiniano ordin inoltre la stesura di un trattato elementare di diritto ad uso scolastico da
sostituire alle Istituzioni di Gaio. Mentre il primo codice di Giustiniano non giunto fino a noi,
possiamo disporre del Novus Iustinianus codex repetitae praelectionis, che rappresenta una
riforma del primo codice e, promulgato nel novembre del 534, e diviso in dodici libri, a loro
volta suddivisi in rubriche.
Giustiniano non si limit solo alla pubblicazione di compilazioni giuridiche, ma eman numerose fonti autonome di diritto: fondamentali furono quelle che disciplinavano le successioni
legittime e i matrimoni.
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demagogia), ma pu costituire una forma di governo mista che sintetizza diverse forme di governo (1);
3. il trapasso da una forma allaltra di costituzione corrisponde quasi ad un naturale
ciclo di degenerazione delle forme politiche consolidatasi nel tempo, che spingono
alla scelta di unaltro sistema di governo che coinvolge una diversa base politica.
Tuttavia, la pi compiuta espressione di pensiero politico romano certamente quella
elaborata da Marco Tullio Cicerone (106 a.C. - 43 d.C.) autore tra laltro della Respublica, i cui maggiori contributi sono:
limpegno politico come complemento alla mera saggezza contemplativa stratificata nel corso dei secoli;
la giuridicizzazione della politica.
Il diritto, in particolare, viene inteso come sintesi di iustum (giustizia) e iussum (legalit): cio riflesso dellidea di giustizia e oggetto di comando positivo.
A differenza di quanto sosteneva Aristotele, lo spazio della vita pubblica non regolato dalla phila ma dal diritto, che fondamentalmente coercizione e, dunque, potere effettivo di chi governa.
Legge e potere, i due volti del diritto, scandiscono il ritmo della vita politica e le sue
gerarchie:
la legge, che rappresenta ci che deve essere applicato;
il potere, che lo strumento per lapplicazione concreta della legge.
La sfera del diritto riflette una legge suprema, la legge di natura che diretta incarnazione della giustizia.
Ma la giustizia nella Respublica ha un forte valore pragmatico ed definita come fedelt ai patti.
Come per Polibio, anche per Cicerone il diritto e la sua autorit hanno radici storiche che si concentrano principalmente nella consuetudine (usus), negli usi e nelle tradizioni del senato, il cui
operato risulta necessario a limitare le possibili degenerazioni insite in una forma di governo solo
di carattere assembleare.
Entrambi i pensatori attingono a piene mani dalla cultura giuridica della Grecia che, pur essendo
stata conquistata militarmente da Roma, lha successivamente riconquistata con la sua civilt e cultura delle istituzioni politiche.
Anche le successive correnti filosofiche e politiche, affermatesi come lEpicureismo e lo Stoicismo
affermatesi a Roma, traggono le loro origini e la loro forza dallhomus della cultura ellenica.
(1) Si pensi, ad esempio, alla Roma repubblicana in cui erano previste cariche pubbliche temporanee (due consoli che duravano in carica un anno) o eccezionali (dux, per fronteggiare situazioni di guerra, che durava in carica sei mesi) vicine alla monarchia, altre vicine allaristocrazia (senato), altre, infine, di carattere democratico
(assemblee popolari) comprendendo, cos, in un solo ordinamento tutte le forme di governo.
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ma celeste, se intellettuali, sar angelo, e si raccoglier nel centro della sua unit, fatto uno spirito solo con Dio
Il modello dellintellettuale impegnato, che si preoccupa dellinteresse e del benessere della citt favorendo il dispiegarsi della libert il momento centrale del pensiero e dellattivit di Coluccio Salutati (1331-1406) e Leonardo Bruni (1370-1444).
Entrambi si sforzarono di ricercare una forma di ordinamento che potesse porsi come
alternativa, ed eventualmente resistere, allo strapotere principesco.
Firenze, in particolare, si trasforma in una fucina in cui emerge la concezione democratica delluomo fondata sulla virt del singolo di agire oltre linteresse individuale
e a vantaggio della comunit.
La ritrovata atmosfera di armonia politico-ideologica che domina le concezioni degli umanisti pone, per, due ordini di problemi che si aggravano quando, agli inizi
del XVI sec. si profilano, anche nella stessa Firenze, tendenze politiche autoritarie:
la scissione tra pubblico e privato. Gli ideali dellumanesimo, validi nella vita
privata, sono messi in discussione nel momento in cui vengono traslati nella vita
pubblica fiorentina;
lalternativa tra Bruto e Cesare, cio il contrasto irrisolto tra chi va contro
le leggi di un ordine costituito per garantire gli ideali della repubblica, e chi, anche
se in veste di tiranno, si fa garante della sola prosperit dello Stato.
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A questultimo problema dedicato il De tyramno (1400) di Coluccio Salutati. Sebbene la tirannide sia una forma di governo inammissibile, tuttavia necessario valutarne la legittimit anche in base al consenso tributato dal popolo al tiranno. Cesare, ad esempio, viene chiamato legittimamente ai vertici delle cariche pubbliche
dellantica Roma e, anche se vi eccede nella sua permanenza (ricoprendo per molti
anni consecutivi il consolato che era una carica annuale e duale), non pu essere, secondo tale corrente di pensiero, considerato un tiranno.
Questa la via che porter i due pi grandi pensatori dellepoca, Machiavelli e Guicciardini, a confrontarsi su due questioni fondamentali della scienza politica:
il rapporto del principe con i sudditi e con la repubblica o il principato.
il rapporto tra definizione della vita politica ideale e la contingenza delle vicende
storiche di ogni singolo Paese.
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A ogni motivo di tipo morale, religioso, ma anche giuridico, in questepoca viene sempre anteposto linteresse dinastico a conservare il potere, denominato dagli scrittori
del Cinquecento e del Seicento ragion di Stato.
B) Lo Stato moderno
La formazione dello Stato rappresenta un processo fondamentale per la storia dellEuropa moderna caratterizzata da una diversa organizzazione del potere, che da spazio
allaffermarsi di contrastanti interessi di classe ove la funzione mediatrice tra le stesse viene esercitata normalmente dagli intellettuali, siano essi giuristi, uomini politici
o filosofi politici.
Proprio nellEuropa di quegli anni, passando attraverso aspre lotte di potere e religiose, si definirono i contorni delle istituzioni e si precisarono i concetti e le formule politiche che sono alla base dellattuale civilt giuridico-politica europea.
Le organizzazioni statali del Medioevo avevano molto poco a che fare con la concezione dello Stato che si andr affermando solo nei secoli seguenti.
Il processo che condusse alla formazione dei vari ordinamenti politici present notevoli differenze nei diversi Paesi europei, in primis Spagna, Francia e Inghilterra.
Le premesse dello Stato moderno vanno ricercate in specifiche circostanze storiche:
da un lato, la concezione universalistica della Respublica Christiana, che implicava lobbligo di riconoscere il primato della sfera spirituale su quella temporale, fu affermata con
tale forza dal Papa (e messa in pratica con la lotta per le investiture negli anni tra il 1057
ed il 1122) da provocare una definitiva, insanabile rottura dei rapporti del Papato con limperatore e, dunque, dellunit politico-religiosa dellOccidente;
dallaltro, tale rottura sanc definitivamente lautonomia della politica dalla religione, e
consent alla figura del singolo principe di affrancarsi dal potere tanto del Papa, quanto
dellImperatore (si ebbe, cos, il tramonto dei due soli citati nel De Monarchia di Dante).
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Fanno da sfondo dellopera (ispirato allesempio dei crudeli delitti del Valentino, pseudomino
utilizzato per identificare Cesare Borgia) cos come avviene anche per i Discorsi (caratterizzati, al contrario, da un approccio pi idealistico) le vicende politiche dellItalia del tempo.
Dopo la pace di Lodi (1454) gli Stati italiani avevano vissuto un periodo di relativa stabilit interna e di concordia nelle relazioni reciproche.
A partire dal 1492 tuttavia, cio dopo la morte di Lorenzo il Magnifico, principale artefice della
politica dellequilibrio, la situazione cambia radicalmente. La discesa di Carlo VIII nella penisola,
nel 1494, mostr da un lato la fragilit dei piccoli Stati italiani di fronte alle potenze straniere, dallaltro apr per la penisola un periodo di radicale subalternit alla Francia e alla Spagna che terminer solo alla met del secolo successivo.
Lopera di Machiavelli nasce dunque dalla amara contemplazione della ruina dItalia e dal conseguente desiderio di elaborare un progetto politico in grado di porvi rimedio.
Per Machiavelli che si contrappone allutopismo imperante (Il Principe fu scritto nel
1513, lUtopia nel 1516) tre sono i paradigmi sui quali poggiare le fondamento dello Stato:
la disponibilit di milizie proprie e non mercenarie;
la tutela della religione, considerata non tanto nella sua dimensione spirituale
quanto piuttosto per la sua tendenza a rendere la popolazione ubbidiente e unita. A questo proposito, la preferenza di Machiavelli va alla religione pagana, che
pi del cristianesimo celebra valori pi sentiti dallindividuo come leroismo, la
dedizione alla patria, lattivismo;
il terzo deriva da una qualit del principe, e cio dalla capacit di pensare e vivere la politica in una dimensione totalmente autonoma rispetto alla morale per
un efficace e duraturo governo del paese.
La famosa massima il fine giustifica i mezzi va intesa allinterno di questultima considerazione. Se il fine della politica e delluomo di governo la saldezza dello Stato,
allora tutti i suoi comportamenti vanno valutati in relazione al raggiungimento di tale
fine senza tener conto dei valori trascendenti, morali o religiosi in base ad una semplice considerazione: se il fine buono anche i mezzi utilizzati per raggiungerlo lo sono.
In ci risiede il realismo politico di Machiavelli, che costituisce il tratto originale caratterizzante della sua opera e del suo pensiero che sollever nel pensiero che segue (cd.
Machiavellismo v. infra) polemiche infinite che ancora oggi sono di grande attualit.
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La virt consiste, come detto, nella capacit di far fronte con prontezza alle diverse
occasioni che la fortuna propone, scegliendo il comportamento pi adatto al raggiungimento dei propri fini, compreso quello di dichiarare guerra, senza lasciarsi condizionare da considerazioni diverse da quelle strettamente politiche.
Il tema della guerra su cui incentrato il suo dialogo Dellarte della guerra (in sette libri)
per il pensatore fiorentino fondamentale perch traduce le energie civili (del principe) nella
virt della guerra e diventa cos epifania (rappresentazione) della tragicit della politica e
della vita umana (Barbato).
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In questottica, egli pu essere considerato un costituzionalista, essendo la sua attenzione rivolta specialmente allanalisi:
delle competenze delle varie istituzioni;
del loro reciproco rapporto e bilanciamento;
dalla valorizzazione dellesperienza degli ottimati, cio dei migliori chiamati a
governare un Paese.
Dati questi elementi alcuni studiosi hanno definito la teoria politica di Guicciardini un
vero e proprio disegno di ingegneria costituzionale.
Dopo il 1494, cacciata la potente famiglia dei Medici, a Firenze viene istituita una Repubblica, il
cui organo principale il Consiglio Maggiore.
Rispetto alla situazione passata il Consiglio composto da unampia parte della popolazione che
comprende, oltre le famiglie di antica nobilt, tradizionalmente demandate al governo della citt,
anche numerosi esponenti degli emergenti ceti borghesi e commerciali.
I primi anni della Repubblica sono, quindi, caratterizzati da forti tensioni tra le diverse fazioni presenti in Consiglio: laristocrazia tradizionale, infatti, si opponeva alle aperture democratiche proposte
dai nuovi ceti. Il conflitto reso ancora pi aspro dal fatto che al Consiglio era demandato il delicato compito di eleggere tutte le magistrature cittadine, ovvero le cariche titolari del potere esecutivo.
Per far fronte a questa situazione nel 1502 una moderata riforma istituzionale istituisce la carica
di Gonfaloniere a vita, suprema magistratura stabilita per assicurare una certa stabilit al governo che le leggi sulla rotazione delle cariche mettevano costantemente in discussione.
dalla riflessione sulle realt del suo tempo che nasce il pensiero politico di Guicciardini che, scagliandosi contro ambizioni e molliziedella classe al potere, mira a elaborare un congegno di governo che nel rispetto del particulare sia in grado di comporre i conflitti sociali, al fine di evitare che la lotta per il potere si trasformi in un
evento distruttivo dellordine sociale e politico.
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In conclusione, la dottrina politica di Guicciardini anticipa quelle forme di separazione e bilanciamento dei poteri che saranno rielaborate in seguito con anche maggiore chiarezza (Montesquieu) e che troveranno compiuta espressione nelle costituzioni
democratiche successive alla rivoluzione francese.
Sommario Z 1. Lo Stato moderno, la borghesia e il contrattualismo. - 2. La teoria della sovranit in Thomas Hobbes. - 3. Il contratto liberale di John Locke. 4. Baruch Spinoza.
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Questa classe emergente, infatti, per la sua presenza attiva nelleconomia del paese, si
fa portavoce di esigenze nuove come la tutela della libert del singolo e, soprattutto,
lintangibilit delle sue propriet, spesso gravate, durante il medioevo e gli esordi
dellet moderna, da corve a servit pubbliche, nonch obblighi di conferimento di
beni, denaro e derrate alla corona che ne svilivano il contenuto.
La dottrina politica di questi anni, a cavallo tra lassolutismo e la rivoluzione, si concentra, dunque, sulla difficile conciliazione tra le esigenze di centralizzazione del potere statale e tutela degli interessi delle nascenti borghesie presenti sulla scena economica e sociale europea.
A) Il soggetto borghese
La dinamica politico-filosofica che si instaura tra lindividuo e lo Stato in questi secoli potrebbe essere definita di attrazione e repulsione: da un lato, infatti, il nuovo borghese ha bisogno dello Stato al fine di vedere politicamente riconosciuti una serie di
nuovi diritti da cui il suo ceto escluso; dallaltro, ha la necessit di difendersi dallo
Stato, al fine di mantenere autonomo sia lambito della libert privata, sia un proprio
spazio nella societ, per poter esercitare le proprie libert.
Tale complessa dinamica trova la sua espressione dottrinale nella teoria del patto, e
in quelle, ad essa legate, della sovranit, della rappresentanza e dei limiti del potere.
B) Il patto
Al fine di garantire la sicurezza e lordine auspicati dalla borghesia, si afferma la dottrina del razionalismo filosofico moderno che tende a ricondurre la politica a un ambito terreno, sottratto, cio, allordine divino, e costruito dalluomo per il raggiungimento dei propri fini.
Per tale motivo, anche se con implicazioni diverse, per Hobbes e Locke, per Rousseau e Kant, lo Stato nasce da un patto (o da un contratto) tra gli individui, che si associano al fine di uscire dallo stato di natura ed entrare in una dimensione politica. Ci perch nello stato di natura alcuni diritti naturali non sono tutelati (come
in Hobbes e Spinoza) o non lo sono in maniera adeguata (come in Locke e Rousseau).
Tali diritti, dunque, allinterno della dimensione statuale, da semplici e non delineati
diritti naturali, si trasformano in diritti civili e politici.
C) La sovranit e la rappresentanza
Il concetto di sovranit, carattere peculiare dello Stato, in questi secoli, finisce con
lidentificarsi con le istituzioni statuali.
Il leame Stato-Sovranit riconosciuto da molti filosofi, sebbene ciascuno, pur partendo dalla medesima premessa, giunga a esiti diversi: in Hobbes essa conduce allassolutismo, in Locke al liberalismo, in Rousseau e in Spinoza alla democrazia e in Kant
allo Stato costituzionale di diritto.
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Tali esiti dipendono dal diverso grado di energia politica che viene concessa ai governanti una volta riconosciuto lesercizio esclusivo della sovranit allo Stato.
Sorge, infine, il problema della rappresentanza politica attraverso la quale i sudditi
partecipano alla vita delle istituzioni.
La destrutturazione della socialit naturale di Aristotele rappresenta in effetti il negativo delle due tesi principali di Hobbes, tra loro strettamente connesse:
la naturale eguaglianza tra gli uomini (che impedisce loro di accettare spontaneamente rapporti gerarchici) e che degenera in diseguaglianza;
la spontanea conflittualit e insocevolezza degli individui (che impedisce loro
di convivere pacificamente a meno che non vi siano costretti da istituzioni artificiali dotate di potere coercitivo): questo aspetto rimanda a Machiavelli il cui punto di partenza deriva proprio dalla constatazione dellegoismo e della smania di
potere del principe e della voglia di sicurezza del popolo.
Il clima storico politico dei tempi di Hobbes
Hobbes costituisce un pilastro nella storia delle dottrine politiche soprattutto in virt del suo
Leviatano, pubblicato nel 1651 ma composto negli anni precedenti a Parigi, dove lautore era
stato costretto a rifugiarsi in seguito alla pubblicazione di unaltra sua opera, del 1640, gli Elements of Law, Natural and Politics.
Hobbes vive in prima persona gli anni drammatici della rivoluzione inglese che porteranno,
nel gennaio del 1649, alla decapitazione del re Carlo I Stuart, accusato di aver tradito lordinamento fondamentale del regno e di essere, cos, venuto meno alla sua missione divina.
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A) La teoria delluguaglianza
Hobbes dimostra, con argomenti semplici ma efficaci, che nello stato di natura gli uomini sono eguali e che quindi non plausibile n legittimo spacciare come naturale un qualsiasi rapporto gerarchico tra di essi.
Esempi dallargomentazione hobbesiana:
quanto alla forza fisica, gli uomini possono anche differire, ma si tratta di differenze non
dirimenti perch, infine, anche il pi debole ha abbastanza forza per uccidere, magari con
lastuzia o a tradimento, il pi forte;
quanto alle facolt mentali, la prudenza si acquista con lesperienza, che ovviamente
alla portata di tutti.
I sostenitori della ineguaglianza dovrebbero spiegare perch, se gli uomini sono ineguali
quanto alle facolt dello spirito, accade che ognuno ritiene intimamente di essere pi saggio degli altri: non c segno pi grande di egual distribuzione di qualcosa, del fatto che
ogni uomo contento della propria parte.
Gli uomini, dunque, sono e si pensano eguali, nel senso che anche le disuguaglianze che pur sussistono nella realt non alterano questo fondamentale status di parit, e
quindi, non potrebbero mai giustificare qualsiasi naturale e spontanea sottomissione
degli uni agli altri.
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ra una legge comune condivisa, ognuno il solo giudice di ci che necessario alla propria
autoconservazione.
Si pu dire, perci, che finch non vige una legge comune, ognuno ha diritto a tutto; ma,
poich tutti hanno diritto a tutto, questi diritti entrano necessariamente in conflitto, e la conseguenza che gli uomini si ritrovano a vivere in uno stato permanente di conflitto dove nessun
diritto riconosciuto e garantito.
La radice pi profonda del conflitto, sta proprio nel riconoscimento della fondamentale eguaglianza tra gli uomini che della teoria hobbesiana costituisce lassunto di
partenza: poich gli uomini sono eguali, nessuno accetter naturalmente di sottomettersi a un altro. E quindi il conflitto potr nascere in ogni momento, finch gli individui non avranno trovato il modo di istituire, riconoscere e affidarsi a un potere
superiore comune cui obbedire.
Lo stato prepolitico, o stato di natura, caratterizzato dalla mancanza di un potere superiore comune, non pu essere pertanto che uno stato di guerra di tutti contro tutti (stato che Hobbes indica con lespressione latina homo homini lupus).
In quanto conflittuale, lo stato di natura apporta pericolo, insicurezza e morte da cui
gli individui desiderano uscire: ci spiega una delle note ed eloquenti espressioni di
Hobbes: nello stato di natura, la vita delluomo solitaria, misera, sgradevole, brutale e breve.
C) Le leggi di natura
Sono le regole di condotta seguite da tutti e che assicurano la pacifica convivenza.
La legge di natura, infatti, una regola generale, scoperta dalla ragione, che vieta a
un uomo di fare ci che lesivo della sua vita: perch qualsiasi torto nei confronti degli
altri, scatenerebbe la guerra e, dunque, metterebbe a repentaglio lautoconservazione.
Nello stato di natura i comandi non sono veramente vincolanti nei confronti dei singoli.
In assenza di un potere superiore, infatti, nessuno pu avere garanzie del fatto che gli altri non gli
faranno torto, non lo aggrediranno, non gli sottrarranno le sue cose, non lo uccideranno, non gli mancheranno di parola: in sostanza, nessun uomo pu razionalmente attenersi senza sospetto a ci che
la legge di natura gli prescrive. Anzi, per ragioni di razionale prudenza, ciascuno deve essere sempre pronto ad attaccare per primo, a non mantenere la parola data, a fare agli altri quei torti che deve
temere da essi. Questo lunico comportamento razionale in una situazione dove non esiste alcun
ordine pubblico e dove ognuno deve pensare in primo luogo a salvaguardare se stesso.
D) Il Leviatano
Per liberarsi da questa situazione, gli individui hanno davanti a s una sola via duscita: stringere tra loro un patto in forza del quale ciascuno rinuncia a tutti i diritti di cui
titolare nello stato di natura e li trasferisce a un sovrano, sotto limperio del quale
tutti potranno vivere sicuri.
La formula di questo contratto sono da Hobbes cosi esposte: Io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso a questuomo o a questa assemblea di uomini, a questa condizio-
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ne, che tu gli ceda il tuo diritto, e autorizzi tutte le sue azioni in maniera simile. Fatto ci, la moltitudine cos unita in una persona viene chiamata uno stato, in latino civitas. Questa la generazione di quel grande Leviatano o piuttosto di quel Dio mortale, al quale noi dobbiamo, sotto
il Dio immortale, la nostra pace e la nostra difesa.
Attraverso tale patto, quindi, gli individui istituiscono un potere sovrano, in modo
da poter vivere in un ordinamento di pace e di giustizia; la legge naturale viene sostituita dalla legge che il sovrano riterr opportuno emanare.
Il potere che gli individui, spogliandosi del diritto a governare se stessi, hanno conferito, al sovrano, rappresenta un potere assoluto in quanto, per poter esercitare le proprie funzioni, tale potere non pu essere soggetto ai limiti di altri poteri.
Tale potere trascende anche le leggi di natura sostituite dalle leggi positive, poste
dal sovrano e in quanto tali vincolanti solo per i sudditi; il sovrano per Hobbes a legibus solutus, ovvero dispensato dallobbligo di obbedienza alle leggi ( proprio da
questa espressione che deriva il termine italiano assoluto).
Lo Stato, dunque, per il filosofo inglese prende la forma immaginifica del Leviatano
una creatura marina biblica con il viso femminile e ricoperto di squame (rappresentati dai cittadini che ad esso si attaccano per vincere le paure della sopraffazione degli altri
individui) che governa i sudditi e mette ordine in caso di bellum omnium contra omnes.
La libert dei sudditi in Hobbes
Nonostante il carattere assoluto del potere sovrano, la teoria di Hobbes conserva per i sudditi
un residuo margine di giusta libert. Per Hobbes, come per i teorici della cosiddetta libert
negativa, libert significa essenzialmente assenza di impedimenti, e quindi vi sempre libert finch lindividuo pu disporre di spazi dazione nei quali muoversi a piacimento senza esserne impedito: la libert dei sudditi, dunque, si esplica in tutte quelle azioni che il sovrano
omette di regolare, come per esempio la libert di comprare, di vendere e di fare altri contratti luno con laltro, di scegliere la propria dimora, il proprio cibo, il proprio modo di vita, di
istruire i figli nel modo che pensano sia idoneo e di fare altre cose simili.
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Ci spiega la fortuna dei testi sulla politica di Locke in Inghilterra, in Francia (ove ha ispirato Montesquieu che ha sviluppato il principio della separazione dei poteri) e negli Stati Uniti ove i suoi testi hanno contribuito in alcuna parte a fondare la dottrina dei diritti delluomo.
A) Lo stato di natura
Nei due Trattati sul governo civile (1690) il filosofo nazionalista britannico si dedica,
come tutti i contrattualisti, alla ricostruzione teorica del cammino che ha condotto luomo dalloriginario stato di natura alla dimensione politica.
Come Hobbes, anche Locke sostiene che lo stato originario caratterizzato da una
sostanziale uguaglianza tra gli individui.
Tale tesi risponde, tra laltro, a unesigenza polemica nei confronti di Robert Filmer, che nella
sua opera Il Patriarca o il potere naturale dei re, aveva sostenuto lidentit tra il potere monarchico e il potere di derivazione biblica attribuito appunto al patriarca sulla propria famiglia.
La tesi di Filmer costituiva un tentativo di edificare la legittimazione del potere assoluto degli
Stuart basandosi sul fondamento delle Sacre Scritture.
Per Locke, come per Hobbes, non vi sono rapporti di subordinazione o di soggezione
per natura e il potere monarchico non deriva n da quello divino n assimilabile a
quello paterno. Se Locke condivide col suo illustre predecessore il punto di partenza
delleguaglianza originaria, ben diversa la concezione che egli sviluppa sullo stato
di natura.
Poich gli uomini sono eguali e indipendenti, la ragione di ognuno afferma il precetto secondo il quale nessuno deve ledere gli altri nella vita, nella salute, nella libert
o negli averi in netta antitesi con la legge di natura hobbesiana.
La legge di natura , come in Hobbes, la regola: la pace e la sopravvivenza di tutto il genere
umano; dove per Locke si discosta dallautore del Leviatano, nella tesi per cui la legge di natura per tutti vincolante in quanto obbliga lindividuo in modo pieno, e non solo in foro interno,
come invece aveva sostenuto Hobbes.
La legge di natura in Locke vincolante perch, anche nello stato di natura, esistono modi per punire i trasgressori: anche in assenza di un potere costituito che determini e applichi le sanzioni, infatti, ognuno davanti alla comunit cui appartiene pu
punire coloro che attentanto alla legge, violando, cio, le norme dettate dalla ragione
e dalla giustizia.
Luscita dallo stato di natura attraverso il patto che d vita allo Stato non si giustifica quindi, per Locke, con lesigenza di istituire un potere coercitivo che obblighi i
singoli individui a rispettare le leggi.
Tale esigenza si giustifica invece con la necessit di tutelare gli uomini dalle potenzialit distruttive dello stato di guerra che pu scatenarsi da un momento allaltro poich gli uomini, oltre che dalla ragione, sono spesso guidati dallistinto e dalle passioni, che li pongono in conflitto tra loro.
Ruolo dello Stato non , dunque quello delloppressore, ma quello di un giudice imparziale in grado di dirimere pacificamente le controversie tra i sudditi.
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Nella concezione di Locke necessario distinguere tra stato di natura e stato di guerra.
Lo stato di guerra caratterizzato da inimicizia, malvagit, violenza e reciproco sterminio e
pu essere sia il risultato della degenerazione dello stato pacifico di natura, sia linterruzione
che si verifica dentro lo stato civile, quando qualcuno vuole sottometterne un altro con la forza.
Lo stato di natura, invece, uno stato di pace, benevolenza, assistenza e difesa reciproca,
quando gli uomini vivono insieme secondo ragione, senza un sovrano, col potere di giudicarsi tra loro. Tuttavia, c sempre il rischio che lo stato di natura possa degenerare nello stato di
guerra che pu anche durare ininterrottamente. Per evitare ci gli uomini devono associarsi tra
loro e istituire un potere sovrano lo Stato e un giudice comune in grado di risolvere le
controversie in modo imparziale.
B) La propriet
Lo Stato civile ha unaltra fondamentale funzione in Locke: la tutela del diritto di
propriet del singolo.
Per Locke la propriet rientra tra i diritti naturali delluomo, tra i diritti cio che
precedono la formazione della societ politica. Anzi, limportanza storica del liberalismo di Locke sta proprio nellaver stabilito uno stretto legame tra propriet privata e libert individuale.
Questo punto di vista cos centrale nellideologia di Locke che talvolta il filosofo denomina propriet tutti quei beni che lo Stato deve assicurare alluomo: vita, libert e averi.
Su questo punto la teoria lockiana della propriet si distingue tanto da quella di Hobbes
quanto da quella di Grozio e Pufendorf.
Per Hobbes la propriet viene solo dopo listituzione dello Stato (nello stato di natura tutti hanno diritto a tutto); lo Stato che decide cosa lindividuo possa considerare come sua propriet privata, e nessuno se ne deve lamentare.
Per Grozio e Pufendorf la propriet possibile anche prima dello Stato, ma a condizione che
vi sia il tacito consenso degli altri uomini.
Per Locke invece la propriet privata precede lo Stato, e lindividuo la acquisisce legittimamente facendo tutto da solo, cio senza bisogno di passare per il consenso dei suoi simili.
Ma come si legittima nello stato di natura, caratterizzato da una fondamentale uguaglianza, lappropriazione privata di un bene che, per definizione, appartiene a tutti, cio
la terra?
Sul punto largomentazione di Locke parte da un assunto di fondo che esalta il fattore umano: bench la terra sia comune a tutti gli uomini, ciascuno proprietario della
sua persona. E se luomo proprietario della sua persona, anche proprietario del proprio lavoro e di ci che con esso produce.
Il diritto allappropriazione privata non , per, illimitato. Ognuno pu appropriarsi dei frutti della natura, tanto quanto pu consumare; sarebbe contrario alla legge di natura, invece, raccogliere
frutta o pescare pesce sottraendolo alla potenziale raccolta da parte di altri, per lasciarlo marcire.
Lo stesso discorso vale per la propriet della terra: Quanto terreno un uomo zappa, semina, migliora e coltiva, e di quanto pu usare il prodotto, tanto di propriet sua.
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Con una brillante anticipazione del pensiero economico successivo, Locke introduce la nozione di valore-lavoro e lidea che la produttivit individuale contribuisca, di per s, al benessere comune (idea che sar sviluppata con la teoria della mano invisibile da Adam Smith, padre del liberismo moderno, nel suo La ricchezza delle nazioni del 1776).
Chi lavora la terra, infatti, ne incrementa la produttivit e quindi contribuisce allaccrescimento dei beni che lumanit ha a sua disposizione. Perci, chi si appropria della terra e ne fa un
uso produttivo deve considerarsi un benemerito dellumanit.
Si pu per porre ancora unaltra questione: perch il diritto allappropriazione privata che
viene dal lavoro prevale sulloriginario diritto di propriet in comune?
La risposta di Locke molto interessante: il valore dei beni dato molto pi dal lavoro che
non dalla materia prima, e, quindi, chi ha impiegato il suo lavoro ha molto pi diritto su un
bene rispetto al proprietario della materia prima.
proprio in virt della giustificazione teorica della appropriazione privata delle risorse naturali e del capitalismo inteso come accumulazione illimitata e fine a se stessa che Locke considerato il padre del pensiero liberale.
D) La monarchia costituzionale
Lintento fondamentale per cui gli uomini si assoggettano a un governo, la salvaguardia della loro propriet.
Ci avviene non solo attribuendo allo Stato il ruolo di giudice imparziale, ma anche il
compito di stabilire regole di condotta comuni (funzione legislativa), al fine di creare
condizioni di sicurezza, benessere e prosperit dei consociati. La funzione legislativa
incontra alcuni limiti invalicabili: il rispetto delle leggi di natura; il rispetto dei diritti inviolabili degli individui, primi fra tutti il diritto alla vita e il diritto di propriet.
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Le diverse funzioni dello Stato, inoltre devono articolarsi in modo da impedire la prevalenza delluna sullaltra.
La distinzione tra potere legislativo e esecutivo consente al primo di riunirsi, solo periodicamente
e non in permanenza, per legiferare, mentre il secondo deve assicurare costantemente e coattivamente lobbedienza dei cittadini alle leggi. Chi dispone della coazione non dispone della legge,
e ad essa anzi vincolato; chi legifera, in compenso, non ha alcun potere diretto di coazione. Il
legislativo il potere supremo, ma la coazione spetta a quello esecutivo, subordinato al primo.
Il modello di riferimento di Locke la monarchia costituzionale inglese quale risulta dalla
Gloriosa rivoluzione del 1688-89, i cui principi fondamentali sono contenuti nel Bill of Rights
del 1689. In tale sistema il supremo organo di governo il King in Parliament, ovvero il re allinterno del Parlamento (Camera dei Comuni), col quale condivide la responsabilit legislativa,
mentre il potere giudiziario affidato alla camera dei Lords e ai giudici.
E) Il diritto di resistenza
In linea con la sua concezione del carattere non assoluto del potere sovrano, Locke teorizza, a differenza di Hobbes, il principio del diritto di resistenza da parte dei sudditi.
Il diritto di resistenza si fonda sulla legge naturale, che superiore alla stessa legge
positiva.
Tale diritto, tuttavia, non prevede forme di rivoluzione violenta, se non in ultima istanza. Mancando un giudice superiore cui appellarsi nei confronti di un legislativo che lo
voglia rendere schiavo, il popolo ha diritto di appellarsi al cielo, ovvero a una legge
superiore alla legge positiva che lo autorizza a rovesciare quel governo che venga
meno al suo mandato.
La teoria del diritto di resistenza, per, incorre in alcune contraddizioni che pi tardi
Kant metter meglio in risalto: non essendoci un giudice superiore in grado di dirimere le controversie tra popolo e sovrano, col diritto di resistenza si pu correre il rischio
di ricadere nello stato di natura, n pi n meno di quanto accade nel caso dellesercizio del potere dispotico.
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Lesempio dei pesci spiega la condizione umana nello stato naturale. Anche tra gli uomini, infatti, vige la regola che il grosso mangia il pi piccolo. In questo senso, la
visione della stato naturale di Spinoza appare addirittura una radicalizzazione del homo
homini lupus di Hobbes.
Infatti, se gli uomini fossero tutti saggi, e vivessero tutti unicamente sotto la guida della ragione, ognuno eserciterebbe il suo diritto senza recare alcun danno agli altri.
La saggezza, per, non la condizione normale degli uomini: per lo pi essi sono
soggetti agli affetti e alle passioni, che spingono ciascuno a ricercare il proprio utile
anche se questo dovesse recare danno agli altri. Anzi, in questa ricerca dellutile ciascuno non esita a ingannare e tradire pur di raggiungere il proprio scopo.
Se gli individui permanessero nello stato di natura, essi sarebbero condannati a vivere in mezzo
alle inimicizie e agli odi, a danneggiarsi gli uni con gli altri, a non poter godere di una vita tranquilla e sicura, alla quale comunque tutti aspirano.
Ne deriva che, se gli uomini vogliono raggiungere il loro utile e la loro sicurezza, devono venir fuori dallo stato naturale, rinunciare al diritto su tutto e cederlo alla
collettivit, stringendo con gli altri un patto sociale. Col patto gli individui rinunciano al loro diritto di natura e lo cedono alla collettivit dando, cos, vita ad una comunit politica denominata Stato.
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La contrapposizione tra assolutismo e democrazia, che caratterizza le dottrine di Hobbes e Spinoza, si giustifica anche con le differenti realt politiche in cui i due filosofi
erano calati.
Hobbes, come gi sappiamo, vive la guerra civile inglese convincendosi della necessit di un ritorno del potere forte degli Stuart, mentre Spinoza vive e opera in quella Repubblica delle Province Unite che, ottenuta lindipendenza dalla Spagna, si afferm anche a livello internazionale, grazie al protagonismo dei ceti mercantili, lindipendenza dalla Chiesa e un sistema di governo relativamente rappresentativo e aperto per i suoi tempi.
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Il primo di questi diritti inalienabili per Spinoza la libert di pensiero (e non la propriet come affermava Locke).
Lo Stato pu vietare determinati modi di agire; ma non pu e non deve far nulla
contro la libert di pensiero, di parola e di insegnamento (salvo nel caso estremo in
cui queste costituissero un pericolo immediato per lesistenza dello Stato stesso).
Ogni cittadino ha diritto al libero esercizio della sua ragione, anche nel caso in cui
dovesse servirsene per criticare le norme emanate dallo Stato; ci che allo Stato deve
interessare il comportamento del cittadino, non le sue idee che sono intangibili.
Quella di Spinoza dunque una versione del modello contrattualista che pone laccento sulla valorizzazione della forma di governo democratica e lirrevocabile affermazione di diritti cui gli
individui non potrebbero rinunciare neanche se lo volessero, perch in contrasto con la stessa natura umana.
Il diritto come pratica sociale
Le teorie tradizionali sul fondamento dellordinamento giuridico del diritto cristallizzate nel tempo si caratterizzano per una neutrale operazione conoscitiva sulla realt giuridica che il legislatore, in primis, impone ai sudditi.
Da ci deriva il carattere meramente descrittivo dellinterpretazione giuridica che si limita a descrivere loggetto, e, in tal modo, il diritto, secondo Weber, si caratterizza per una sua estraneit alla vita e ai suoi accadimenti concreti che rappresentano, invece, il diritto vivente.
Tuttavia, partendo dalla concezione di Alf Ross del diritto come pratica sociale o momento o espressione della cultura giuridica e delle ideologie normative di un determinato Paese,
lindagine del giurista si dirige verso una concezione statica e amorfa del diritto.
Manca del tutto in tale approccio un confronto con una realt metagiuridica che ha come fine
il bene comune o interessi collettivi o volont generale e che spinge linterprete a valutare il diritto come dover essere, frutto cio dellinterazione tra lagire umano e la volont collettiva
che la pi genuina espressione della comunit sovrana titolare del potere dimperio.
Secondo questa logica, le relazioni di potere e gli schemi comportamentali (es.: le prassi costituzionali) devono riflettere i valori e la solidariet di norme socialmente condivise che non
pi mera descrizione del diritto, ma si risolve in una stimolante proposizione di nuovi modelli
dagire di natura pratica e non teorica che si rifanno al contesto sociale globale.
In questa prospettiva si pu anche leggere in senso positivo la teoria di Carl Schmitt del diritto inteso come regola o decisione che deve discendere da un ordinamento ideale e condiviso che esprime, con metodo persuasivo, una verit generale.
La sovranit, dunque, lascia spazio allindagine sociologica cui aspira per dar vita al diritto vivente (Ehrlich).
Occorre, dunque, abbandonare qualsiasi dottrina meramente formale del diritto e ricorrendo al
principio delleffettivit, aprirsi agli orientamenti politici e culturali condivisi, nonch alle dinamiche concrete dei fatti normativi al fine di mirare al conseguimento di regole giuste ed
eque come fattore fondamentale di dialogo nella corretta interazione tra cittadini e Stato.
Il benessere collettivo, espressione pi genuina della sovranit del popolo, deve essere sempre considerato prioritario dinanzi a interessi di parte o di politicanti che tendono alla affermazione di poteri personali o di casta, dimenticando che in tutti gli ordinamenti democratici
la sovranit appartiene solo ed esclusivamente al popolo.
Sommario Z 1. Lo Stato sociale (Welfare State). - 2. Critica e crisi dello Stato sociale. - 3. Sinistra e destra davanti alla crisi dello Stato sociale. - 4. Rawls,
Dworkin, Nozick, Rothbard, Giddens.
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A questi temi si collegano quelli relativi alla centralit della dimensione sociale
dello Stato, collegata al sorgere di una societ opulenta, con la conseguente crescita del ceto medio e dei problemi legati allintegrazione tra le classi come alternativa al
superamento degli antagonismi della lotta di classe (J.K. Galbraith).
Sulla dimensione negativa del concetto di classe insiste, invece, Ralf Dahrendorf
(1929-2009) che nota come anche nella societ attuale, fatta di arrivisti e falsi profeti, non si possa fare a meno di elogiare una serie di intellettuali (da Erasmo a Moro,
fino ai recenti Aron, Popper e Berlin) che non si fanno comprare dal sistema escludendo dal loro pensiero ogni forma di servilismo, dogmatismo e opportunismo per obbedire solo alla ragione, dignit e libert e che consentono, a chi li rispetta, di camminare a testa alta e con la schiena dritta.
Dopo un serrato confronto con le teorie di Marx e unanalisi della societ industriale
(un genere di cui il capitalismo solo una specie), Dahrendorf definisce la societ attuale considerandola post-capitalistica.
In polemica con i teorici dellintegrazione, il pensatore rivaluta la necessit del conflitto di classe, considerato come motore dialettico dello sviluppo sociale. Ci, in particolare, presuppone una concezione dello Stato inteso come protagonista della vita economica di una nazione e non come semplice arbitro nei contrasti tra capitale e lavoro.
Questa visione, implicita nelle teorie keynesiane degli anni Trenta, caratterizza le scelte di politica economica degli Stati occidentali.
Z 217
Il pensiero di von Hayek riassume tutte le forme di neoconservatorismo del Novecento (e anche quella di Augusto Del Noce), cio di quelle linee di pensiero che vedono nello Stato sociale il frutto del dissolvimento di valori etici della libert economica, criticando dalle fondamenta il pensiero socialista, malato di costruttivismo
che consiste nellautorizzata pianificazione dellattivit economica e sociale dello
Stato.
Lalternativa non per la proposta di un nuovo insieme di valori, ma una riflessione
sul concetto di autorit ancorata a presupposti metafisici o, pi in generale, sostanziali.
Centrale in queste linee di pensiero fortemente neo-conservatrici il rischio che lo
Stato sociale possa dare spazio a quel dispotismo della maggioranza teorizzato da
Tocqueville.
Dal punto di vista politico von Hayek sostiene la cd. demarchia cio una forma di
governo affidato a due assemblee, una legislativa e laltra governativa, che regolino
lordinamento.
Pi genericamente si parla, cio, del tramonto del senso di responsabilit (Riesmann),
del livellamento conformistico dei comportamenti individuali (Schelsky), dellaffermarsi della tecnocrazia (Freyer, Heidegger), fino a giungere a un gruppo di teorie relative alla decomposizione dello Stato (Fohrsthoff, Gehlen).
(1) Grave difetto dello Stato sociale il fatto che il suo operato subordina lindividuo a un insieme di norme
astratte (e fortemente connotate sul piano etico e politico) sulle quali non mai possibile raggiungere un accordo unanime. Ogni teoria della pianificazione e del bene comune per von Hayek cela in realt un insieme di interessi particolari e tende a conseguire e conservare posizioni di privilegio.
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D) LItalia
La politica italiana degli anni Sessanta fortemente influenzata dalle teorie socialiste
che si affermano nel movimento operaio.
Si tratta di teorie che non si arrestano alla sola critica del mondo capitalistico, ma tendono a mostrare in positivo come, nel quadro delle societ capitalistiche, il movimento
operaio abbia sempre assunto una funzione dinamica tesa a rallentare lo scoppio delle contraddizioni dellet borghese preconizzate da Marx, grazie a una accorta politica sociale e di tutela di lavoratori (v., ad esempio, lo Statuto dei lavoratori del 70).
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Nella societ attuale sono presenti le condizioni che esprimono una concezione ottimistica del futuro, in contrapposizione al momento attuale che ricerca la sola verit
per cui lindividuo deve imparare a sperare (cos fu per Eraclito, nelleros platonico
e nella potenza insita nella materia di Aristotele).
Questo, in sintesi, ci che Bloch definisce Principio di speranza asserendo che
dove c speranza, c religione.
Su questo stesso fronte, ma critico nei confronti di Bloch, si muove Hans Jonas (19031993) che, nel corso della riflessione sullo sviluppo tecnico e sul principio di responsabilit collettiva, tenta di rivalutare la storicit concreta dellessere umano in alternativa allutopia di Bloch.
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fi per favorire, in primis, gli scambi per poi aprirsi allintegrazione politica (esempio:
il MERCOSUR nellAmerica latina).
Si tratta di concezioni derivanti dallidea di federalismo europeo che si rif a Luigi Einaudi (1874-1961) che si concentrano maggiormente sul problema della crisi
dello Stato sovrano, al quale viene sostituita una visione della societ come sistema
complesso, multinazionale e globale.
Queste concezioni vengono ulteriormente consolidate dalla riflessone di Jean Monnet che propone la formazione su scala continentale di istituzioni che, inizialmente
prive di valore politico, presentano per una forte connotazione tecnica e controllano,
con ladozione di una politica economica comune degli Stati membri, alcuni settori
strategici (esempio: siderurgia, sviluppo delle centrali atomiche etc.) pi rilevanti nel
contesto europeo.
In questo periodo, oltre al tramonto del colonialismo si deve segnalare un radicale mutamento della concezione della guerra.
Prerogativa di una sola nazione dominante (gli USA), la guerra si sgancia da motivazioni reali e assume diversi significati e ruoli, come guerra di contenimento, guerra preventiva, azione di polizia internazionale nei confronti di un nuovo nemico globale: il comunismo sovietico, cinese e cubano.
La riflessione sulla geopolitica, che trova il suo capostipite in Schmitt, diviene con Raymond Aron
(1905-1983) motivo di comprensione storica delle radici culturali dellEuropa, dellavvento dei totalitarismi e dellaffermazione del modello pluralistico-costituzionale rappresentato, in primis,
dagli USA.
La formulazione di unetica della saggezza improntata alla moderazione e alla prudenza conduce Aron alla concezione secondo la quale la pace impossibile, ma la guerra improbabile.
La guerra, cio, uno strumento della politica considerata lunica via per limitare la distruzione reciproca che potrebbe scaturire dallo scoppio di una guerra atomica totale.
Lapocalisse nucleare che avrebbe potuto coinvolgere, in primis Usa, URSS e Cina comunista, ha condizionato le riflessioni filosofiche-politiche della seconda met del Novecento e in particolare quella di Gunther Anders (1902-1992) che vede nella minaccia
atomica lo strumento per laprirsi di un territorio sconosciuto della nostra esistenza.
Luomo, liberatosi dalle potenze arcane e delle suggestioni mitologiche, fa oggi lesperienza di sentirsi onnipotente, considerando s stesso il creatore o distruttore del
mondo. Ma alla potenza positiva della creazione si sostituisce la potestas annihilationis (il potere dellannichilazione) che si concentra nelle mani di coloro che posseggono i mezzi potenzialmente in grado di scatenare una guerra atomica, biologica e chimica.
A queste riflessioni si accompagnano altri importanti fattori e correnti di pensiero
che condizionano lesistenza delluomo attuale:
il sorgere dellecologismo, del pacifismo e dei movimenti antinucleari, che si accompagna alla politica del disarmo progressivo delle grandi potenze atomiche
allinsegna del principio universalmente riconosciuto della coesistenza pacifica;
la formulazione della Dichiarazione universale dei Diritti dellUomo, adottata
dallONU nel 1948, in cui si condanna severamente la guerra atomica e si rivalutano i diritti (con la dichiarazione United for peace) del singolo dinnanzi allo Stato;
Z 221
un rinnovamento dei principi della Chiesa cattolica (Concilio Vaticano II) che incrementa la sua funzione sociale abbandonando la sua neutralit politica e intervenendo fattivamente nel processo di decolonizzazione dei Paesi del terzo mondo.
A) Decolonizzazione e imperialismo
Uno dei fenomeni pi significativi della politica internazionale rappresentata dalla
decolonizzazione, promossa dal movimento dei Paesi non allineati capeggiati dalla
ex Jugoslavia del defunto presidente Tito, che prende vita nella Conferenza internazionale di Bandung.
Tra il 1945 e il 1983 questo processo causa lo scoppio di numerose guerre civili.
Le pi importanti varianti teoriche che si diffondono nei Paesi del terzo mondo sono:
la teoria della ngritude del senegalese L.S. Senghor;
quella del panafricanismo del ghanese K. Nkrumah;
la dottrina della non violenza di M.K. Gandhi.
Queste concezioni non possono essere ridotte alla mera riscoperta di tradizioni ancestrali, ma si contrappongono alla crescente occidentalizzazione del mondo rispondendo al nuovo con la valorizzazione di elementi tradizionali allinterno di progetti politici di sviluppo le cui caratteristiche, senza correttivi adeguati, si dimostrano
inattuabili nei Paesi del Terzo Mondo.
Si noti che quello che viene definito Terzo Mondo riguarda un insieme diversificato di territori in
cui le situazioni politiche, economiche e sociali sono eterogenee e nei confronti delle quali non
pu essere adottata una soluzione politica unitaria per la riuscita della cooperazione internazionale e lo sviluppo.
222
Capitolo 15
Indicativo in questo senso il pensiero di F. Fanon, che propone una teoria della liberazione
dei colonizzatori attraverso la violenza, compresa la liberazione, dagli stereotipi propri dellimmagine dei popoli colonizzati, in favore della restaurazione di una presunta autenticit tribale africana.
Ispirandosi alla dialettica servo e padrone di Hegel, Fanon ritiene che le colonie sono dominate da una radicale asimmetria, che trova il suo apice nei concetti di razzismo e apartheid in Sudafrica e in Zimbawe (ex Rodesia del Sud).
Il sistema coloniale viene meno una volta che si afferma a livello planetario il principio di
uguaglianza, per cui il colonizzato comprende che la sua vita e i suoi diritti non possono essere diversi di quella di chi lo colonizza.
Lirruzione nella storia della parit di diritti naturali tra dominatori e dominati innesca il processo di decolonizzazione che smaschera la fallace tendenza di processo graduale di ammodernamento orchestrato dalle potenze colonizzatrici, mettendo in luce la prosecuzione in
forme diverse di un rapporto di dominio degli Stati occidentali nei territori delle ex-colonie.
La soggettivit dei dominati la spinta delle aspirazioni nazionali che fungono da Starter
della lotta per lindipendenza.
2) Lascesa della Cina. La funzione delle masse rurali, e pi in generale della massa popolare, accomuna anche la visione della decolonizzazione che maturano in
estremo oriente.
Di stampo marxista, tali teorie possono essere sintetizzate con limmagine della
campagna che accerchia la citt, secondo la riflessione del dirigente comunista cinese Lin Piao (1907-1971) e di Mao Zedong (1893-1976).
Lintervento attivo delle masse, la rivoluzione culturale e una graduale tendenza alla tecnicizzazione dellamministrazione rappresentavano i caratteri fondanti della Repubblica Popolare Cinese, nata nel 1949.
Dal punto di vista politico il pensiero di Mao, leader storico della Cina Comunista, presenta tre
caratteristiche:
1) il primato del politico;
2) la linea della massa;
3) la centralit delle zone di campagna nel processo rivoluzionario.
Questi elementi portano alla realizzazione del marxismo in una societ che versava in una condizione molto diversa da quella ipotizzata da Marx. Centrali sono
in questo senso anche la funzione del singolo individuo della rivoluzione e luso
dellinchiesta sulle trasformazioni che intervengono nella struttura sociale cinese.
Z 223
A questi movimenti si affiancano anche quelle concezioni filo-marxiste che considerano la decolonizzazione come il prodotto di una guerra di popolo, come nel caso della guerra di
guerriglia condotta da Ernesto Che Guevara. La sua visione politica (sintetizzata
nellespressionepatria o morte) dimostra sul campo la possibilit che le forze popolari possano sconfiggere gli eserciti regolari (pi attrezzati, ma meno motivati al combattimento) e che
la rivoluzione pu essere portata a termine anche quando non siano ancora mature le condizioni. Il teatro di scontro rivoluzionario in America Latina definito fochismo e abbraccia
quellinsieme di dottrine che verranno successivamente applicate in molte esperienze di guerriglia nel Sudamerica.
B) La rivoluzione in occidente
1) Il Sessantotto. I conflitti del Terzo mondo, e in particolare quello del Vietnam avvenuto fra il 1964 e 1969 (conclusasi con una clamorosa disfatta dellimbattuto
esercito degli Stati Uniti) condizionano la situazione politica delloccidente non
solo per la crescente quantit dei movimenti pacifisti sorti dapprima in USA e poi
nel resto del mondo occidentale contro la guerra di oppressione perpetrata nel VietNam, ma anche perch i conflitti scoppiati nelle diverse parti del mondo radicalizzano la contrapposizione tra mondo capitalista e mondo comunista.
Nella Storia della follia, ad esempio Foucault mostra come la ragione, per costruire la propria
identit, avesse avuto bisogno di costruire anche il suo altro da s: il pazzo, che, al contrario, in et contemporanea viene considerato un malato di mente, entit dissociata costrui
ta dal dispositivo di oggettivazione della scienza medica.
Questa archeologia delle scienze umane mette a nudo limpianto antiumanistico del pensiero di Foucault che, tuttavia, non perde di vista la questione del soggetto. Anzi, lesperien-
224
Capitolo 15
za del Sessantotto mostra come ogni aspetto della vita quotidiana abbia la sua valenza politica, essendo, cio, riconducibile a rapporti con le strutture di potere.
Foucault afferma lesistenza di un mezzo indissolubile tra forme del sapere e diagramma
del potere che solleva lesigenza di operare unanatomia della politica, che metta in luce
come questultima non sia riducibile alla dialettica marxista tra struttura e sovrastruttura, ma
una microfisica del potere che mostri come gli autentici luoghi dellesercizio del potere si
sottraggano alla sfera pubblica della cultura, ma vadano rintracciati nelle istituzioni tecniche
(fabbriche, caserme, scuole, ospedali, prigioni, etc.) e nei saperi che sono loro connessi.
Dalla stretta relazione tra forme di sapere e rapporti di potere deriva la regressione dei concetti di sovranit e consenso in quelli di dominazione e assoggettamento, mentre lobiettivo della conquista del potere diviene resistenza allantagonista che delle relazioni di potere membro ineliminabile.
Foucault, infine, concepisce negli ultimi anni della sua riflessione il concetto di biopolitica che mette a nudo la suddivisione tra governanti e governati, proponendo una visione della cittadinanza
come corpo della popolazione, nei confronti della quale la politica esercita una funzione di regolazione il cui fine ultimo di lasciar vivere o lasciar morire il corpo stesso (v. cap. seguente).
3) Il femminismo. Il pensiero di Foucault sulla dimensione politica del quotidiano rappresenta una prospettiva feconda per lo sviluppo di movimenti a tutela delle minoranze e dei soggetti biologicamente pi deboli, e, su tutti, del movimento femminista.
La dominazione di genere viene vista come lo sfondo delle grandi narrazioni filosofico-politiche, dei rapporti sociali e interpersonali, che devono essere messi
in discussione nella misura in cui pretendono di stabilire, una volta per tutte, i confini e i limiti della politica.
4) I movimenti afro-americani. Sempre dal Sessantotto, e a partire da una riflessione sulluguaglianza come pensiero della differenza, prendono le mosse le proteste afroamericane dei neri in America.
Dopo lassassinio di Martin Luther King (1968) le rivolte dei neri dAmerica dilagano a macchia dolio e anche la pratica della protesta non violenta, da lui teorizzata, viene duramente repressa dalla istituzioni pubbliche americane.
Per M.L. King la restituzione dei diritti fondamentali agli afroamericani non costituisce la conseguenza spontanea del processo di integrazione, ma la risultante di
un pi profondo mivimento (a diversi livelli) di ricostruzione dellintera societ.
Pi radicali sono figure come quello di Malcolm X e di M. Gervey, che arrivano a stabilire una
interrelazione tra capitalismo e razzismo da una parte, e socialismo, superiorit razziale dei
neri e restaurazione islamica dallaltra.
Z 225
Lidea della conquista di un potere autonomo da parte degli afroamericani (black power) coincide infine con la formazione del Partito della Pantera Nera, che degenera successivamente in movimenti terroristici alcuni dei quali probabilmente provocati ed enfatizzati dagli
stessi sistemi capitalisti.
Laffermazione di avanzati e intangibili principi, per, non deve indurre a ritenere che il diritto allo sviluppo sia un diritto collettivo tout court, la cui titolarit pienamente riconosciuta a tutti i popoli, ma la sua dimensione collettiva va pi correttamente circoscritta al fatto che i popoli sono allo stesso tempo:
beneficiari dello sviluppo, nella misura in cui il diritto allo sviluppo, garantito
al singolo individuo attraverso la promozione dei diritti civili, politici, economici,
sociali e culturali, possa generare ricadute positive sullintera collettivit e non favorisce solo le classi al potere;
attori dello sviluppo, essendo titolari del diritto di disporre delle proprie ricchezze e risorse naturali corollario del pi ampio diritto allautodeterminazione.
Anche il problema dellambiente affonda le radici nel passato. Non solo Rousseau a identificare per primo la stato di natura definendolo lambiente ove vive luomo che non necessita della madiazione di niente e di nessuno, in quanto consente a ciascuno di vivere di pesca
e di caccia senza affannarsi in accumulazioni di nessun genere.
Anche Marx vede nellaccumulazione capitalistica una forma di distruzione della natura che
il comunismo deve ristabilire.
Cos Heiddeger critica lo Stato, colpevole, principalmente della creazione di grandi infrastrutture, esercitando una forma di violenza alla natura e allambiente.
La critica dellideologia della crescita, che coincide con la messa in evidenza delle debolezze
dello Stato sociale si trasforma in critica alle idee di sviluppo e di progresso, in dibattito sul rapporto tra uomo e natura, nella definizione delle strategie per tutelare lecosistema di fronte alla
spregiudicata manipolazione tecnica e aggressione ecologica della terra soprattutto da
parte dei Paesi industrializzati.
Tutti questi temi sono legati alla definizione dei limiti dello sviluppo economico e tecnologico, alla riflessione sulla catastrofe ecologica alla quale va senza indugi posto un argine prima che da essa daranno conseguenze negative e irriversibili per il pianeta.
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Capitolo 15
B) LItalia
La discussione marxista sullo Stato interessa in particolare lItalia, teatro di una forte
conflittualit sociale caratterizzata da un forte aumento del terrorismo di matrice non
chiara, che vede i cd. poteri deviati dello Stato vestire poco credibilmente i panni
sia della sinistra che della destra extraparlamentare.
Sul piano politico, la situazione italiana assiste a una irreversibile spaccatura tra il partito comunista e la sinistra extraparlamentare, tra Eurocomunismo sostenuto da Enrico Berlinguer e le posizioni pi intransigenti dei gruppi del Manifesto e di Lotta
Continua e altre formazioni extraparlamentari.
Sul fronte della critica al marxismo si assiste alla discussione sulla valenza politica
delle teorie di Marx da parte di Norberto Bobbio (1909-2004) vicino al normativismo
di Kelsen. Come Bobbio, anche Mario Tronti (1931) sostiene la separazione tra la
sfera della politica e quella dello sviluppo del mondo operaio.
Z 227
In alternativa a questa concezione si pone la riflessione di Antonio Negri che individua nel farsi Stato della classe operaia, un processo che costituisce il filo rosso della politica del Novecento e anche il motivo dominante della crisi dello Stato contemporaneo.
La crisi di questultimo deve essere evidenziata attraverso unenfatizzazione dellantagonismo proletario che, ponendosi come entit autonoma, tenta di gettare le basi
per una nuova rivoluzione di stampo marxista.
Superamento del principio di rappresentanza politica e invenzioni del governo tecnico
Alla fine del 2011 in Italia, i maggiori partiti di destra e di sinistra hanno inventato unanomala forma di governo non rappresentativo che fosse in grado di imporre alla nazione, per risanare il bilancio pubblico, una serie di sacrifici e di scelte politiche impopolari (che avrebbero ridimensionato il consenso e i voti di un governo politico che li avesse adottati) per traghettare il Paese nel periodo di crisi e poi riconsegnarlo allelettorato alla scadenza naturale delle
Camere (primavera 2013).
cos sorto dal nulla il salvifico, quanto impopolare, Governo Monti.
Il triennio del Governo Berlusconi IV (2008-2011) ha portato avanti una politica disorganica e
confusa che, complice anche la grave crisi mondiale delleconomia, ha trascinato lItalia nel baratro sia a livello interno che internazionale.
Cos, il capo del governo in carica, prima di arrivare al voto di sfiducia ha passato la
mano, con la complicit di parte delle minoranze, ed ha favorito la nascita di un governo
tecnico guidato da Mario Monti e affidato a Ministri potenzialmente dotati di capacit adeguate e di conclamate competenze specialistiche per governare il Paese.
A prescindere da ogni considerazione di merito sulla legittimit costituzionale di un governo
tecnico, tale governo atipico (gi in passato sperimentato col governo Dini) suscita diverse perplessit:
sia perch non rappresenta il popolo, ma lespressione di un non chiaro compromesso
tra le forze politiche che, dovendo ricorrere alladozione di misure impopolari, per non perdere una parte del proprio elettorato, demandano a terzi la responsabilit di scelte politiche inevitabilmente dolorose, ma necessarie;
sia perch un siffatto governo, voluto fortemente dal Capo dello Stato e da lui sponsorizzato (anche preceduto da una inaspettata nomina a Monti a senatore a vita), pu riportare lItalia a una forma di parlamentarismo dualistico. Tale forma di governo, tipico della monarchia costituzionale pura, ammette la possibilit che il Presidente della Repubblica possa imporre (e non suggerire) la nomina del primo ministro assumendo in tal modo la veste
di organo politico (che mal si concilia con il nostro sistema parlamentare che prevede una
figura presidenziale neutrale in considerazione anche del fatto che allo stesso Capo dello Stato riconosciuto il potere di sciogliere le Camere).
Se tale situazione di emergenza dovesse trasformarsi in prassi consolidata, per laccumulo
di poteri determinatosi nelle mani del Capo dello Stato, si instaurerebbe un super-presidenzialismo (espediente pericoloso), che potrebbe aprire le porte anche a forme pi o meno latenti di dittatura.
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Capitolo 15
Proprio la crisi economica nei principali Paesi del mondo consente ai liberisti di
mettere in luce le insufficienze del Welfare State e di proporre soluzioni diverse e alternative.
La spirale dellingovernabilit che mina le basi dello Stato sociale, e che viene riscontrata da Crozier, Huntington e Watanuki nel rapporto sulla governabilit delle democrazie alla commissione trilaterale (1975), pu essere evitata attraverso un ridimensionamento dei compiti dello Stato
sociale, una contrazione della sua azione entro i suoi limiti strutturali e tramite un nuovo impulso
alleconomia di mercato attraverso lintroduzione di criteri di differenziazione sociale e di un progressivo decentramento politico-amministrativo.
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Laccordo originario tra gli individui (contratto) indice di una radicale simmetria,
scandita da due principi:
il primo riguarda i diritti fondamentali garantiti dalla tradizione liberale e si concentra sulla proclamazione del primato delle libert sulluguaglianza;
il secondo principio il perseguimento del fine della giustizia sociale, che si raggiunge, nei Paesi capitalisti, con una politica fiscale orientata a criteri di progressivit e proporzionalit in grado di realizzare equi interventi redistributivi di reddito e ricchezza al fine di mitigare le inevitabili disuguaglianze sociali derivanti
dalla sfrenata libert economica che esaspera il concetto di iniziativa privata arricchendo alcune classi sociali e impoverendone altre.
In conclusione nella visione di Rawls leguale distribuzione dei diritti di libert porta automaticamente alleguaglianza e alla moralit collettiva in una societ in cui il
concetto di giusto prevale su quello di benessere.
Viene, cos, superato, in nome dellequit e della giustizia distributiva, il concetto
di appartenenza ad una determinata classe giungendo, con laffermazione del principio generale di cooperazione globale, cio di tutti (a prescindere dalle diseguaglianze sociali e reddituali), a beneficio sia della societ che dei singoli.
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Capitolo 15
Nella sua opera del 1999, The law of peoples, infine, estende la sua teoria della giustizia anche allordinamento internazionale che deriverebbe dallincontro, a livello planetario, tra i popoli ragionevoli in grado di rispettare i principi naturali e lequit nei
rapporti tra i singoli Stati.
B) Dworkin e il neogiusnaturalismo
La riflessione di Rawls d impulso a un nuovo dibattito sui diritti che viene portato
avanti da Ronald Dworkin (1931), che si rif alla teoria giusnaturalistica e che esalta i diritti individuali preesistenti alla codificazione e derivanti dalla recta ratio.
Il diritto per Dworkin si divide in tre macrocategorie a seconda se sia basata su:
obiettivi;
diritti;
doveri.
Questa teoria si propone di conciliare la teoria dei diritti fondamentali con le istanze
inviolabili e assistenzialistiche dello Stato sociale.
Anche in questo caso assume notevole importanza il problema della redistribuzione
del carico fiscale che permette il finanziamento e lampliamento dei compiti dello Stato, che culmina in una proposta di tassazione progressiva sul reddito per finanziare
sussidi sociali, sanitari e disoccupazione.
Z 231
teoria come liberista, proponendo una forma di associazionismo e di mutua protezione tra gli individui per superare gli inconvenienti interni e esterni derivanti
da chi titolare del potere delluso della forza.
Il docente statunitense si arrocca su tali posizioni neoliberaliste estreme dal momento che prende atto delle lacerazioni strutturali presenti nella trama della cooperazione sociale che, anche
nei Paesi pi evoluti, non stata mai attuata completamente (si pensi al problema dellassistenza sanitaria ancora parzialmente irrisolto in un Paese pur progredito come gli USA motore
dellespansione economica mondiale).
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Capitolo 15
comunit, tale formazione sociale non si deve intendere come recupero di forme perdute di solidariet locale, ma come forma di associazione di volontariato,
imprenditorialit sociale, banca del tempo, progetti di microcredito, organizzazione non governativa, ed altri gruppi. Ulteriori forme importanti di cosmopolitismo
provengono, infine, dal basso (Greenpeace, Amnesty International etc.).
Esiste, dunque, nellimmaginario collettivo, uno spazio globale depoliticizzato
che, secondo lAutore, richiede regolamentazione, nonch lintroduzione di nuovi diritti e obblighi;
welfare positivo: dove welfare assume connotazioni negative (mirato essenzialmente al sostentamento dei poveri, come negli Stati Uniti), causando inique le divisioni sociali; i programmi contro la povert vanno sostituiti con diverse forme
solidali fondate sulla comunit: Chiesa, famiglia e amici sono le fonti principali della solidariet sociale per cui lo Stato dovrebbe intervenire soltanto quando
queste istituzioni non arrivano ad adempiere pienamente i propri obblighi.
Fondamentale linvestimento pubblico nellistruzione, che costituisce loccasione per redistribuire possibilit di crescita intellettiva ed economica, nonch la protezione della famiglia soprattutto favorendo linserimento delle donne nei nuovi
luoghi e tipi di di lavoro come, ad esempio, il telelavoro.
Quanto detto introduce il tema della sostituzione del welfare state da parte della welfare society: gli organismi del terzo settore sono dunque, chiamati a svolgere un ruolo piu importante come fornitori di servizi di welfare positivo al di sopra degli ambiti nazionali, anche se vi sono tuttavia ambiti nei quali i movimenti sociali, le ONG (organizzazioni non governative) ed anche i mercati non possono sostituirsi al governo.
La denominazione terza via non va confusa con altre terze vie del passato (come
nel caso del fascismo che si poneva come terza via prendendo le distanze sia dal
liberalismo che dal socialismo), giacch quella proposta da Giddens definita terza in quanto nuova rispetto alla socialdemocrazia classica e al neoliberismo.
Il welfare state della socialdemocrazia classica, secondo lAutore, oggi crea quasi
tanti problemi quanti ne risolve. Inoltre, la separazione socialismo-capitalismo assume molto meno rilievo rispetto ai contrasti libertario-autoritario e moderno-tradizionalista.
Capitolo 16 Attuali
- 3. Dopo l11 settembre. - 4. Le possibili soluzioni attuali. - 5. Biopolitica: la nuova questione sociale tra fenomeno migratorio e neo-schiavismo. - 6. La politica dellimpero tra presente e futuro. - 7. Il punto sul
passato, presente e futuro dellecologismo sociale.
1. Quadro generale
A) Generalit
La societ del benessere si trasforma, sul finire degli anni Settanta, in una rete di conflittualit o, secondo la definizione conservatrice di Urlich Beck (1944), in una societ del rischio.
Sul piano internazionale le politiche finanziarie e monetarie attuate in USA generano
una situazione economica mondiale instabile che assegna una progressiva preminenza
del ruolo della moneta pi forte (il dollaro) che si trasforma in principale strumento di pagamento internazionale e la conseguente crescita dei generali capitali finanziari che determinano la competitivit (ma anche una nuova linea politica a livello
multinazionale, prima che nazionale).
I risultati del processo di decolonizzazione portano, inoltre, allaffermarsi di una visione multinazionale e delocalizzata della ricerca di mercati ove il minor costo dei
fattori produttivi garantisca pi alti profitti.
Questo processo irreversibile inizia gi alla fine degli anni Ottanta quando, dopo la
caduta del muro di Berlino, prende il via il processo di smantellamento del socialismo
reale a partire dalla Jugoslavia e via via, fino alla frantumazione dellURSS in una
moltitudine di repubbliche indipendenti che hanno perso la forza di costituire, accanto
alla Cina, un unitario blocco che si contrappone agli Stati Uniti.
Il decennio che porta dalla fine degli anni Settanta alla caduta del muro molto denso
di riflessioni politiche, tutte consapevoli del fatto che uno sviluppo indiscriminato
delleconomia capitalistica guidata da una sola superpotenza porterebbe a una situazione che Francis Fukuyama non ha esitato a definire fine della storia, cio a una
uniformazione ed omologazione delle tendenze politiche e sociali del pianeta, tutte
indirizzate sul modello del capitalismo U.S.A., alla spasmodica ricerca del profitto,
esasperando, cos, le contraddizioni gi presenti nella societ contemporanea.
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Capitolo 16
Proprio per questo motivo la filosofia politica contemporanea viene posta di fronte a
nuove realt e sfide di cui si dir a breve.
B) Il dibattito filosofico-politico
La crisi generalizzata che investe il pianeta si pone alla base della rinascita della filosofia politica che si spinge ben oltre il recinto delle istituzioni accademiche nelle
quali per molto tempo era stata confinata.
Il dibattito che ha per oggetto i temi relativi ai rapporti tra politica e societ contemporanea, dal punto di vista metodologico non pu prescindere dalla consolidata diversit tra filosofia analitica, filosofica e continentale.
Analitici e continentalisti tra filosofia e scienza
Nel Novecento si sono delineati due orientamenti filosofici che, pur condividendo lidea che
il linguaggio sia il tema primario della filosofia, si sono sviluppati lungo percorsi teoretici
diversi, fino a determinare un contrasto, ritenuto da molti insanabile, tra due modi di fare e di
essere, di concepire la filosofia.
Questi due orientamenti prendono comunemente il nome di filosofia analitica e filosofia
continentale.
La ricostruzione delle tesi che hanno contraddistinto la filosofia analitica e quella continentale investe la discussione su alcuni argomenti-chiave comuni a entrambe le prospettive, tra i quali: il problema del significato, il problema della tradizione, il metodo che contraddistingue la filosofia dalla scienza.
Gli esponenti di questi due orientamenti costituiscono altrettanti punti di riferimento della filosofia del Novecento: per il movimento analitico, Frege, Wittgenstein, Carnap e Quine;
mentre, per quanto riguarda la filosofia continentale, Heidegger e Gadamer.
Nel suo complesso, la distinzione tra le due correnti pu essere ricondotta a una differenza di
stile nellesercizio del filosofare in quanto la filosofia analitica basata su unanalisi scientifica e razionale che si concentra sui dettagli, mentre la filosofia continentale studia prevalentemente i grandi concetti nella loro totalit (ad es. il senso della vita) e dei rapporti interpersonali (il rapporto con lAltro, il ruolo dellUomo nella societ) assicurando un atteggiamento pi scettico riguardo ai problemi relativi alle capacit conoscitive della scienza.
Z 235
agire fondato che deve aprirsi ad una macroetica planetaria che deve estendersi a
tutti gli ordinamenti in un dialogo ampio, libero e non coatto.
Per il filosofo di Dsseldorf, dunque, la comunicazione comporta il ricorso a norme immutabili e universali che costituiscono le quattro pretese universali di verit che rappresentano letica del discorso e che sono:
la comprensione dellargomentazione;
la verit generale del discorso;
la sincerit e la persuasivit di ci che si argomenta;
la giustezza (e correttezza) delle ragioni argomentative.
D) Stati Uniti
Negli USA concentrato sul dibattito sulle teorie di Rawls sui concetti di giustizia,
legittimit e consenso.
Il lavoro di M. J. Sandel, inaugura anche poi la riflessione sul comunitarismo che contrappone
alle astrattezze della visione rawlsiana del soggetto (che Sandel interpreta come soggetto minimo), una concezione dellindividuo come risultante di una rete di credenze, appartenenze, finalit, legami comunitari.
Si tratta di una concezione che mette in luce il carattere dinamico della soggettivit e della sua
continua autointerpretazione della realt come alternativa alla conservazione dello status quo.
236
Capitolo 16
La conseguenza una enfatizzazione del soggetto in s considerato come prezioso ed esclusivo titolare di una ragione critica che precede la politica e ne orienta gli sviluppi. Ne consegue la
riflessione sul nascere di una nuova religione civile fondata su questi assunti (come nel caso di
R. Taylor).
Si rende allora necessario rivedere la teoria della giustizia di Rawls sotto almeno tre
profili fondamentali:
radicamento dellio e sua appartenenza a un contesto;
problema della tolleranza;
questione delle minoranze e della non esclusione di esse dallo spazio democratico.
Questi tre problemi sono affrontati da Richard Rorty (1931-2007) ormai consapevole, anche sulla scorta del pensiero di Nietzsche e di Heidegger, che vano rivolgersi a una sola immagine dellio fondata filosoficamente.
A quella di Rorty, che pu essere definita come una forma di liberalismo borghese
postmoderno, si oppone il paradigma del pensiero americano-repubblicano il
quale, pi orientato allosservazione della prassi politica, trova le sue istanze fondamentali in concetti come virt, partecipazione e libert, intese come assenza di dominio e nel patriottismo costituzionale, inteso come adesione dei cittadini allinsieme di valori universalmente riconosciuti nella civilt occidentale.
Secondo Lyotard leffetto di lungo periodo del capitalismo quello di rendere impossibile una rappresentazione del mondo come immagine coerente dotata di una univoca identit.
Questa impossibilit viene posta anche al centro delle discussioni politiche e filosofiche
del Novecento, interpretate come grandi e sovrabbondanti rcits (cio racconti,
narrazioni), prive di fondamento unitario e riflesso, o piuttosto di particolari giochi
linguistici, la cui unica regola quella della efficacia tecnica di convincimento e della
sua performativit.
La fine dellepoca delle grandi narrazioni comporta la fine dei loro presupposti: limmagine
cartesiana dellunit dellio sostituita da una concezione dellio come entit frammentaria e
Z 237
plurale; la concezione della societ come totalit organica sostituita da una atomizzazione del
sociale costituita da una rete elastica di giochi linguistici. Esempio concreto di questa frantumazione sono i grandi drammi del XX secolo, e in particolare la Shoah, determinata dal primato
della rappresentazione e dalla ossessione dellunit degli ebrei.
In questo stesso contesto si colloca la riflessione dellalgerino Jacques Derrida (19302004) nota come decostruzionismo.
Punto di partenza del decostruzionismo per Heidegger la critica allessere che da Parmenide e Nietzsche non stato mai riferito alle condizioni storiche del tempo in cui viene studiato,
ma sempre legato a concetti metafisici universali che formano gerarchie concettuali che, invece, per effetto dellesistenzialismo, vanno rovesciate, distrutte o decostruite.
Per Derrida tale decostruzione deve partire dal linguaggio dei testi, a cominciare da quelli filosofici nei quali la valenza di indizi e spie testuali (come parole, richiami e fasi) ci fanno scoprire una nuova e differente gerarchia di concetti e di significati che fanno venir meno le certezze
assolute su cui si basa lindagine metafisica: per il decostruzionismo, dunque la metafisica
morta!
Il decostruzionismo applicato alla politica, travolgendo le gerarchie concettuali tradizionali
dalle regole giuridiche, creano premesse nuove con cui ogni ordinamento, specialmente se democratico copre gli occhi sulle incostrazioni storiche derivanti dal credo politico e ribaltando,
cos, principi, interessi e regole tradizionali che da secoli calpestano i singoli e i loro diritti naturali.
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Capitolo 16
Dal punto di vista politico si consolida una terza via tra socialdemocrazia e liberalismo, viene gradatamente meno la rete assistenziale dello Stato sociale e, dal punto di
vista ideologico, il pluralismo (sole della democrazia) si trasforma nella uniformit del pensiero unico.
Un tema di capitale importanza nellepoca della globalizzazione quello del lavoro.
La caduta dello Stato sociale provoca un aumento della disoccupazione strutturale, la
diffusione di lavori atipici, la flessibilit occupazionale, la deterritorializzazione e la
smaterializzazione di numerosi processi produttivi.
Il dibattito sul multiculturalismo assume un ruolo centrale e per i pensatori che si
collocano entro i margini della tradizione liberale (Taylor, Kymlicka), i quali, pur
ponendosi il problema della coesistenza di diversi gruppi allinterno di un unico orizzonte sociale, osservano che i processi di integrazione non tengono nel dovuto conto
della dinamica, dei processi di identit e di cultura e delle contraddizioni derivanti dalla continua contaminazione culturale.
La fine del bipolarismo e la formazione di un sistema internazionale poi fonte di una radicale
conflittualit che si esplicita nelle numerose guerre etniche (ex Jugoslavia), territoriali (ex
URSS, guerra in Cecenia) e motivate da contrasti religiosi (Medioriente).
Emerge il discutibile e unilaterale concetto di guerra giusta e diviene sempre pi difficile, a livello internazionale, discernere lintervento umanitario dallintervento di polizia e di guerra preventiva.
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Capitolo 16
Dal punto di vista dello scontro ideologico tra civilt, cultura e religione, Derrida
sostiene che l11 settembre rappresenta lapice di uno scontro tra due teologie politiche sorte da uno stesso ceppo abramico.
Tale scontro, enfatizzato dai media occidentali che surrettiziamente identificano lislamico con il terrorista, creando esemplari figure negative del mondo islamico.
Questa distorsione mediatica dovrebbe essere evitata soprattutto dellopea delle organizzazioni internazionali, unici soggetti capaci di rendere presente una democrazia
a venire in grado di esprimere una tensione ideale tra presente e futuro che
miri alla pace e alla giustizia delle Nazioni.
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Capitolo 16
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Tale problema va risolto a livello internazionale urgentemente, soprattutto nei Paesi ad economia
matura ove le condizioni di welfare globale aggravano il gap tra cittadini e migranti capovolgendo le premesse ideologiche della Polizeiwissenschaft (felicit di tutti i sudditi per il mantenimento
della coesione sociale) e di biopolitica affermatesi gi dai tempi di Maria Teresa dAsburgo nel
regno Austro-Ungarico (XXVIII secolo).
B) I protagonisti
Al vertice dellimpero figurano, accanto alle multinazionali, le grandi potenze
economiche: in primis gli Stati Uniti, poi lUnione europea, la Cina, la Russia, il
(1) Non sar concesso, dunque, ai posteri un nuovo abbattimento della Bastiglia che oggi costituisce il
palazzo che non visibile tanto che i vari G7, G8 G20 cercano rifugi nascosti e sempre diversi per sfuggire agli strali della contestazione globale.
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Capitolo 16
Giappone, a cui si vanno aggiungendo il Brasile e altri Stati emergenti caratterizzati da un forte tasso di sviluppo (Corea del Sud, India etc.).
Il cuore di questa anomala forma di governo mondiale , comunque, rappresentato
dagli Stati Uniti che si pongono in affianco o, talvolta, al di sopra delle Nazioni Unite,
e si sono autoproclamati paladini della sicurezza, della pace e dellordine mondiale.
Accanto agli Stati pi forti cercano di far sentire la loro voce (a livello globale) numerose organizzazioni internazionali (locali e sovranazionali, con finalit generali, filantropiche o particolari): la principale a fini universali senza dubbio lONU che, al
momento, appare non pi in grado di perseguire quei fini universalistici che inizialmente si era proposta, perch altre istituzioni internazionali Banca Mondiale, FMI, BIRS
(Banca per la ricostruzione e lo sviluppo) etc. hanno creato una propria autonoma
governance senza passare pi per il vaglio n del Consiglio di Sicurezza n dellAssemblea Generale delle Nazioni Unite, ponendosi, anzi, spesso in concorrenza con essi.
Attualmente numerose convenzioni internazionali stipulate direttamente da singoli Stati si sono sostituite allattivit delle istituzioni sovranazionali, privandole sia
della loro leadership ideale, sia, soprattutto, del loro controllo istituzionale sullapplicazione di accordi gi raggiunti. Cos gli Stati trattano direttamente della distruzione degli arsenali nucleari, delluso delle armi batteriologiche etc.
Secondo molti commentatori, dunque, il mondo di oggi dominato in maniera crescente da poteri incogniti e oscuri che perseguono fini malefici per impadronirsi del governo del pianeta al di sopra della volont degli Stati e delle organizzazioni
internazionali e a scapito dei diritti e delle libert dei singoli.
Ci trova conferma nel fatto che la globalizzazione ha creato, a livello planetario,
unanarchia di potere che non consente ad alcuna forza politica di far valere una
trasparente volont di pace, sicurezza, solidariet e giustizia nel mondo.
Una situazione che appare foriera di un futuro privo di regole, che certo non potr
produrre alcunch di positivo per lumanit!
Il marcato disequilibrio politico-economico e lanarchia dei poteri provocano le attuali minacce allo sviluppo democratico che pesano sul presente e sul futuro dellintera umanit. Il rischio che il caos che domina il mondo potrebbe portare fatalmente a
una richiesta collettiva di ordine di tipo totalitario per allontanare tali minacce.
C) Le ideologie ambientaliste
Un ruolo importante sar quello giocato dalla crescente ideologia ambientalista che
si va affermando alla luce degli effetti dellincontrollata industrializzazione sulle condizioni di salute del pianeta destinate a breve a manifestarsi in maniera sempre pi
evidente e irreversibile, rivelandosi ben pi gravi di quelli provocate da uno tsunami
o da analoghe catastrofi.
Il quadro politico-economico e ambientale del mondo attuale necessita urgentemente
di una decisa inversione di rotta della politica mondiale che peraltro teoricamente
ancora possibile, potendo le attuali competenze tecnologiche e le risorse finanziarie
interrompere lormai incombente disastro ambientale.
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Una tale svolta potrebbe favorire, in ogni area del globo, condizioni sociali sostenibili, nel rispetto dei diritti e delle libert dei singoli, che il pensiero politico ambientalista attuale ha posto come fondamenta indispensabile per la sopravvivenza di
tutta lumanit.
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Capitolo 16
Oggi la questione ambientale, che mette a nudo tutti i rischi irreversibili di una
disordinata espansione industriale senza precedenti, resta ineludibilmente aperta ed
allordine del giorno in tutte le agende di produzione e sviluppo dei singoli Stati e
delle organizzazioni internazionali, essendo divenuta oggetto sia della mentalit
collettiva del mondo che dei programmi politici dei Paesi che vogliono salvare
il pianeta da una sicura e irreversibile catastrofe ambientale.