Dal 1993, il giornale di strada di Bologna fondato dalle persone senza dimora

Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 ( conv. in L27/02/2004 N.46) ART. comma 2 DCB - Bo (Num. 3) per Poste Spa

sfratto
matto
06/2010
PRODURRE QUESTO GIORNALE COSTA 0,75 EURO • QUELLO CHE DATE IN PIù è IL GUADAGNO DEL DIFFUSORE
QUALSIASI RICHIESTA AL DI Là DELL’OFFERTA LIBERA NON è AUTORIZZATA
 Abbonati a Piazza grande
Per abbonarsi basta un versamento sul c/c postale n. 54400320, intestato all’Associazione Ami-
ci di Piazza Grande Onlus. Causale: “Abbonamento giornale”. Potete anche telefonare allo 051
342328 dalle 9 alle 13. Per i privati la quota indicativa di sottoscrizione è di 31 euro annue. Per
enti, biblioteche e associazioni 51 euro.
I nostri strilloni
NICO
Ho 28 anni, sono rumeno. Vivo a Bolo-
gna da 8 anni con la mia ragazza e un
bimbo appena nato, per due anni ho
fatto il muratore poi ho sempre venduto
Piazza Grande. Non ho perso la speran-
za di trovare un lavoro a Bologna, intan-
to vendo il giornale. Il mio luogo prefe-
rito è piazza Martiri, se non mi vedete
chiedete di Nico, mi conoscono tutti.
Editoriale/
Adesso serve
un nuovo welfare
p leonardo tancredi
In copertina
Il volto in prima pagina è quel-
lo di Sabrina, una ragazza ma-
dre, con tre figli. Attualmente è
senza casa e vive e nelle scuole
Mazzini occupate dalle famiglie
di sfrattati italiani e stranieri.
Storie come la sua sono raccon-
tate nell’articolo di apertura
dell’inchiesta “Sfratto matto”.
L’autore della foto è Massi-
miliano Orlando del gruppo
fotografico di Bandiera Gialla
(www.bandieragialla.it).
fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff
gerenza
06
10
Guarda chi legge
VALERIU
Vengo da Braşciov, Romania. Ho 32 anni, Q| Fotografia di Emiliano Facchinelli
da sei sono in Italia, e da allora sono dif-
Anche il giornalista di Anno Zero e della Stampa Sandro Ruotolo è stato
fusore di Piazza Grande. A casa lavoravo
“pizzicato” a leggere il primo numero di Piazza Grande nella versione
come muratore, ma mi sono rovinato
colorata. Cosa starà pensando? Invidia? Apprezzamento? O starà
una mano in un incidente sul lavoro (in
facendo le pulci agli articoli? A giudicare dall’espressione l’interesse
nero). Ho una moglie, a cui mando i soldi
è innegabile, se dovessero arrivare commenti vi informeremo. Intanto
che riesco a guadagnare come diffusore.
i nostri fotografi continueranno a setacciare il pianeta alla ricerca di
Mi trovate principalmente alla Coop di
lettori vip.
via Saffi. Vivo tuttora all’addiaccio.
lA
peregrinazione delle famiglie di sfrattati dalle loro case alla tendopoli di piazza
Liber Paradisius e poi alle scuole Mazzini di Borgo Panigale ha guadagnato già da
qualche settimana le pagine dei giornali bolognesi. Pensiamo sia un bene che se
ne parli, nonostante abbia tenuto banco il dibattito sulla liceità dell’occupazione come pratica
per superare un sistema di assegnazione di case popolari evidentemente inefficace. Per giunta,
in quest’ultimo caso, la scuola occupata doveva essere destinata a una biblioteca sull’handicap
e a sede di un gruppo di associazioni operanti da anni nel quartiere. Ma non è per entrare nella
polemica che abbiamo scelto anche noi di dedicare a questo tema l’inchiesta del mese.
L’importanza di quanto sta avvenendo in questi giorni a Bologna sta nel fatto che emerge, for-
se per la prima volta così chiaramente, un fenomeno che Piazza Grande ha annunciato più volte.
Come potrete leggere nel pezzo di apertura dell’inchiesta, le storie delle persone sfrattate e
occupanti sono quelle di lavoratori, italiani e migranti, che guadagnano troppo poco per pa-
gare un affitto (anche basso di una casa popolare) o che hanno perso il lavoro e non hanno
altro reddito. Non arrivare a fine mese per loro ha significato non avere più una casa. le nuove
povertà, da categoria astratta e a volte abusata, prendono nomi e volti di persone che compon-
gono una realtà cittadina in crescita. Il rischio di scivolare nella condizione di senza dimora
per queste persone è concreto. 3000 gli sfrattati nella provincia di Bologna, di cui il 90% per
morosità, solo nei primi 4 mesi del 2010. Gli stessi Avvocati di strada di Bologna, che difendono
gratuitamente i senza dimora, ci dicono che le cause per sfratto o per problemi di affitto sono
passate da 63 nel 2008 a 119 nell’anno successivo. Mentre registriamo questi dati la Consulta
comunale permanente contro l’esclusione sociale ha scritto una lettera aperta al Commissa-
rio Annamaria Cancellieri e alla città. Dopo aver denunciato lo stato di anarchia e l’inefficacia
degli sportelli sociali di quartiere e il rischio di chiusura di alcuni servizi (per ultimi i labora-
tori artistico e informatico del Centro diurno di via del Porto), le 70 associazioni riunite nella
Consulta hanno posto una domanda al Commissario e ai cittadini: “Non capiamo più quale sia il
modello di welfare che la città si vuole dare. Qual è la strategia e chi la dirige?” Questo inter-
rogativo è anche il nostro. (leonardotancredi@piazzagrande.it)
Piazza Grande In redazione Bologna, giugno 2010, anno XVII, numero 165
Giornale di strada di Bologna fondato dalle persone senza dimora Giuseppe Mele, Ilaria Giupponi, Erika Casali, Eva Brugnettini, Stampa Tipografia Moderna
“Tendere un giornale è meglio che tendere una mano”
Direttore editoriale Leonardo Tancredi
Direttore responsabile Bruno Pizzica
Simone Jacca, Chiara Gregoris, Giulio Centamore, Salvatore Pio,
Mauro Sarti, Camille Maccali, Olga Massari. Progetto grafico Fabio Bolognini
Caporedattori Jacopo Fiorentino, Pietro Scarnera Hanno collaborato a questo numero Impaginazione Exploit Bologna
Associazione interculturale Eks&tra, gruppo fotografico Bandiera Gialla,
Redazione Marco Guidi, Paolo Lambertini, Laura Marongiu, Gianluca Morozzi, Chiuso in tipografia il 4 giugno 2010 / Stampa 5000 copie
Via Corazza 7/8 40128 Bologna, tel. 051 342328, fax 0513370669 Nancy Poltronieri, redazione Bandiera Gialla, Massimiliano Orlando,
www.piazzagrande.it | redazione@piazzagrande.it redazione Sottobosco.info, Simone Sabattini, Donato Ungaro, Distribuzione
Simona Vinci, Francesca Gavio, Raffaele, Marco Guerzoni, Redazione Piazza Grande
Consulenza editoriale Agenda (www.agendanet.it) Ernesto Gelonesi, Emiliano Facchinelli. Registrato presso il Tribunale di Bologna il 15/09/1995 n°6474
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Raffaele è siciliano, “Chi vince gli appalti sia obbligato ad assumere gli homeless”
ha 60 anni ed è a
Bologna da 15.
Oggi si ritrova in
strada senza lavoro.
E ha una proposta
da fare p raffaele
S
ono disoccupato da due anni, da
quando a marzo 2008 la ditta in
cui lavoravo non mi ha rinnovato
il contratto di 6 mesi. Da allora ho fatto
qualche lavoretto saltuario, venduto la
macchina per tirare avanti. Finché né i
risparmi, né gli aiuti dei miei mi sono ba-
stati più. E sono finito in strada.
A dicembre 2008 sono entrato al dormi-
torio in via Sabatucci, con l’emergenza
freddo. Eravamo 40 persone in un capan-
none, dovevamo uscire alle 8 di mattina,
e tornare presto la sera. Per fortuna si è
liberato un posto in via del Gomito. Allora
sono entrato in contatto con gli assisten-
ti sociali e con questo sistema che non
funziona. Con le borse lavoro uno non
può reinserirsi nella società. Ti prendono
da una strada e quando esci sei di nuovo
per la strada. Ti danno 300 o 500 euro, e
cosa ci fai? Si vive in agonia. Le aziende
finché hai la borsa lavoro ti tengono, e
poi? Non ti assumono più. Il mio assisten-
te sociale mi aveva parlato di una borsa
fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff
Mumolo: “Appalti a chi Niente domiciliari
assume disoccupati” per i senza dimora
p jacopo fiorentino
L avoratori in cassa integrazione e
disoccupati si trovano improvvi-
samente senza un tetto. Per superare
la nuova emergenza creata dalla cri-
si, bisogna ripartire dal reddito asse-
gnando una quota di lavori pubblici
alle aziende che assumono licenziati.
Questa è la proposta di Antonio Mumo-
lo, fondatore di Piazza Grande, Presiden-
te dell’Associazione Avvocato di strada e
neoconsigliere regionale dell’Emilia Ro-
magna “Sempre più persone - dice Mu-
molo - si rivolgono ad Avvocato di stra-
da perchè si trovano senza casa dopo
aver perso il lavoro. Se non si hanno i
soldi per pagare l’affitto in un tempo
che varia dai tre ai sei mesi arriva l’uf-
giornalismo d’asfalto
Non si esce
dal dormitorio
lavoro, ma io gli ho detto cosa ne pensa-
vo, e ci sono stati i primi battibecchi. Poi
mi volevano mandare all’ufficio invali-
di, per l’infarto che ho avuto a 48 anni.
E ci sono stati altri battibecchi perché
l’assistente sociale mi ha detto “O segui
il nostro programma oppure devi uscire”.
È un ricatto psicologico. “Allora esco”. E
insomma dal 18 luglio ero fuori da via del
Gomito.
Ancora in strada fino all’emergenza fred-
do. Cinque mesi a dormire in stazione,
a girare per la città. E poi a dicembre
ancora via del Gomito, e avevo un altro
appuntamento con l’assistente sociale, a
maggio. L’unica cosa certa è che avevo un
letto fino a marzo, poi di nuovo a spas-
so. A maggio l’assistente mi ha detto che
dovevo aspettare che mi chiamassero dai
dormitori quando si sarebbe liberato un
posto. Può essere una o due settimane. O
mesi. Il prossimo appuntamento ce l’ho a
giugno, con un altro assistente, che ades-
so li stanno cambiando tutti.
ficiale giudiziario che esegue lo sfratto”.
Per evitare gli sfratti secondo Mumolo bi-
sogna intervenire a monte. “La mia pro-
posta è semplice, prosegue l’avvocato: il
Comune dovrebbe stabilire una quota di
appalti, che potrebbe essere il 20%, da as-
segnare tramite bando a imprese o socie-
tà cooperative che assumono dipendenti
che nell’ultimo anno e mezzo sono stati
licenziati, non hanno ottenuto il rinnovo
del contratto o hanno chiuso la partita iva.
Se tutti i Comuni stabilissero di attribuire
punteggi maggiori a questo tipo di impre-
se, ci sarebbe una risposta immediata al
problema. E il costo sarebbe pari a zero”.
(jacopofiorentino@piazzagrande.it)
Q| Il vecchio dormitorio “Carracci”. Foto di Carola Giordano
Intanto sono andato all’ufficio invalidi,
ho lasciato i miei dati. E adesso aspet-
to. Il mio ufficio è piazza Maggiore, nel
pomeriggio vado in Sala Borsa e leggo
Platone, Pitagora e i filosofi greci. Questo
meccanismo è tutto sbagliato. Dentro i
dormitori c’è di tutto, non solo chi è sen-
za lavoro, anche tossici e matti. È un covo
di serpenti, la gente impazzisce lì dentro.
p erika casali
I senza fissa dimora non potranno avere
la possibilità di scontare l’ultimo anno
di detenzione fuori dal carcere. È quanto
previsto da un emendamento al decreto
“svuota-carceri” approvato a maggio dal-
la commissione Giustizia della Camera. Si
potrà infatti usufruire dei domiciliari solo
presso la propria abitazione di residenza.
L’emendamento è stato condannato dal-
la fio.Psd (Federazione italiana organismi
per le persone senza dimora), che si augu-
ra che la decisione possa essere “capovol-
ta nei successivi passaggi parlamentari”,
come spiega il presidente Paolo Pezzana.
In passato i detenuti senza fissa dimora
potevano scontare gli arresti domiciliari
presso luoghi pubblici o privati che aves-
Ci vuole un po’ di selezione. E comunque
con questo sistema uno in dormitorio ci
resta 20 anni. Ci vuole l’appoggio del Co-
mune, sia per il lavoro che per l’abitazio-
ne. Il Comune dovrebbe dare gli appalti
alle ditte con l’obbligo di assumere una
percentuale di persone dai dormitori, se
no chi li prende? E non con una borsa la-
voro, ma con uno stipendio pieno, come
tutti.
sero funzione di cura, assistenza e acco-
glienza; dopo l’approvazione dell’emen-
damento, questo non sarà più possibile.
Alla difficoltà costituita dalla mancanza
di una dimora, che spesso è all’origine
del crimine commesso e quindi della de-
tenzione, si aggiunge un’ulteriore discri-
minazione che può aggravare e confer-
mare lo status di criminale. “Ancora una
volta - sostiene la fio.Psd - si discute di
scelte che determinano l’esclusione e la
marginalizzazione di soggetti vulnerabili
e poco integrati nel tessuto sociale, ren-
dendo il loro inserimento ancora più diffi-
cile e improbabile”.
(erikacasali@piazzagrande.it)
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inchiesta

sfratto
matto
Chi sono le persone colpite dall’emergenza casa a Bologna? Che siano
stranieri o italiani, famiglie o single, sono tutti vittime della crisi econo-
mica e di un sistema di edilizia popolare che non regge più

N
p eva brugnettini elle 15 aule della scuola di Borgo Panigale ci sono 25 bambini. Con loro madri, padri, cugini. Al
fotografie di chiara gregoris posto dei banchi, materassi per terra. Niente lavagne, ma un televisore, alle volte, recuperato
dal rusco. Alle porte un numero e un lucchetto. L’aula degli insegnanti è un cucinino comune,
l’atrio un salotto sgombro. È la scuola occupata dall’Associazione inquilini e assegnatari, Asia-RdB.
La scuola era abbandonata da un paio di anni e dal 25 aprile ci vivono circa 35 famiglie. Ma sono in aumento. Qui
sono arrivati gli sfrattati che non rientrano nelle graduatorie per le case popolari, e quelli che aspettano si liberi
un posto. Sul corridoio si aprono le aule trasformate in camere. Nelle rientranze, dei letti per le prossime famiglie.
Da una parte, un filo separa da una serie di tappeti: è una mini-moschea. Gli inquilini si sono organizzati. Hanno
stabilito dei turni di guardia notturni sul tetto “per ladri e carabinieri, così se provano lo sgombero di notte resi-
steremo”, dicono Paolo e Kadem, le “guide”. Ci sono cinque responsabili, per sicurezza, cassa, pulizie, cucina e
materassi. “È come una comunità, ci vogliono degli orari, un’organizzazione. Se ognuno facesse per sé sarebbe il
caos”, spiegano. Kadem ha un assegno di disoccupazione, ma con un affitto di 800 euro più spese non ce la fa.
A novembre ha lasciato la famiglia a Tunisi dai genitori. “Quando ci hanno sfrattato hanno messo mia moglie e
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“Le case popolari sono sempre
meno rispetto alla domanda.
Le graduatorie non reggono di
fronte a gente che vive in un
furgone da anni”
i figli in una struttura per donne, a me hanno detto di arrangiarmi”. Nella stanza di
Paolo Fregni, 46 anni, “bolognese doc da quattro generazioni”, ci sono quattro mate-
rassi per terra. Per un 52enne che fa lavoretti da mattina a sera, uno studente croato
con una borsa di studio con cui non poteva pagare l’affitto, e due sorelle bolognesi
con 4 bambini. Paolo è in cassa integrazione. Ha assistito la madre malata di Alzhei-
mer per 9 anni, finché non è peggiorata tanto da aver bisogno di un’assistenza che
non potevano pagare. Ha “tormentato” l’assessore per 3 anni, presentandosi al suo
ufficio ogni venerdì mattina per una casa popolare e una soluzione per la madre.
Finché, nel 2003, si sono legati di fronte a Palazzo D’Accursio. Da allora lei è in una
casa protetta, Paolo in una casa popolare. Almeno fino a 6 settimane fa. Con 650
euro al mese non riusciva a pagare affitto e bollette. Una mattina è andato al lavoro
e al ritorno non poteva più rientrare: l’avevano sfrattato e cambiato la serratura. Per
una settimana ha dormito dalla madre, dagli amici, su una panchina. Poi ha letto
inchiesta
della tendopoli organizzata da Asia in piazza Liber Paradisus, e si è trasferito nella
scuola occupata.
“È un’emergenza abitativa a lungo termine a cui i servizi sociali possono dare solo
soluzioni provvisorie perché non ci sono alloggi” dice Federico Orlandini di Asia. Il
sindacato propone la gestione pubblica dell’edilizia, affitti in base al salario, recu-
pero degli edifici sfitti e integrazione dei salari. “Il Commissario Cancellieri ha detto
che non tollererà occupazioni, che non è giusto scavalcare le graduatorie. Ma le case
popolari sono sempre meno rispetto alla domanda. Le graduatorie non reggono di
fronte a gente che vive in un furgone da anni”. Come una donna con tre figli che nel
furgone ci ha vissuto per tre anni, e ora abita nella scuola occupata. O Kadem che ha
dormito in macchina per un po’ di tempo con moglie e figli. O ancora Hassan, che
dopo lo sfratto è stato 7 mesi in un furgone con la famiglia, anche lui nella scuola oc-
cupata insieme al cugino Abderrahim Gourich, che aveva minacciato di buttarsi giù
dal balcone durante lo sfratto di via Colindri.
“Le posizioni di Asia sono ampiamente condivisibili – dice la responsabile del Set-
tore Casa del Comune, Maria Adele Mimmi –, sull’incremento dell’edilizia pubblica
siamo tutti d’accordo. È chiaro che tra la lista di 8.535 nuclei familiari in graduatoria
e l’assegnazione di 400 alloggi all’anno c’è un divario enorme. Ma gli alloggi non si
costruiscono senza soldi e lo Stato taglia i fondi. Stiamo elaborando col Commissario
misure anti-crisi. Gli alloggi non saranno mai abbastanza di fronte a 2.000 sfratti per
morosità”. Mimmi aggiunge che 138 famiglie hanno già avuto un contributo, sono sta-
ti stanziati 1.200.000 euro per il ripristino di alloggi vuoti (altri 300mila a fine anno)
e che stanno allestendo “alloggi parcheggio” di 28 mq per “uso temporaneo”. “Ma
l’occupazione è una soluzione che non condivido,” - prosegue la responsabile - la scuola a
Borgo Panigale è stata ripristinata per diventare una biblioteca per portatori di handicap”.
Intanto il piano del Prefetto, non ancora operativo, prevede il blocco di un anno degli sfratti
per morosità: il proprietario di casa, se d’accordo, abbassa del 20% il prezzo dell’affitto, e le
banche coprono un altro 30%, con un prestito di un anno, garantito dalla Regione in caso di
insolvenza. Ma secondo Orlandini “è un accordo che non risolve il problema, l’ha ammes-
so anche il Prefetto”. Quando Paolo torna a “casa” da lavoro prende un tè alla menta con
i suoi coinquilini, i bambini corrono per i corridoi, le donne fanno salotto nell’atrio. La mi-
naccia dello sgombero, su cui la Cancellieri non si è espressa, non turba la pace domestica.
(evabrugnettini@piazzagrande.it)
f
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inchiesta Come uscire dall’emergenza? Il parere di Valerio Monteventi

“Senza investimenti
il sistema non regge”
p simone jacca

C
onsigliere a Palazzo d’Accursio dal
1993 al 2008, presidente della Com-
missione consiliare politiche sociali
e abitative negli ultimi quattro anni, Valerio
Monteventi ci spiega la storia, le criticità at-
tuali e gli sbocchi futuri dell’emergenza abi-
tativa sotto le Due Torri.
A Bologna la casa è un problema at-
tuale o storico?
“Se volessimo trovare un punto d’inizio direi
a metà degli anni Novanta, con i primi ricon-
giungimenti familiari dei migranti che hanno
intensificato drasticamente la domanda di
abitazioni e quindi anche di case popolari.
Da lì in poi è tutto un dramma, che ora, se
possibile, è anche peggiorato”.
Il peggioramento è dovuto più alla
crisi o a un cattivo servizio pubblico?
“A entrambe le cose. Bologna nel 2009 ha
stanziato 1,5 milioni di euro per le politiche
abitative, contro gli 8 milioni di Reggio Emi-
lia. Il problema è che le ristrutturazioni e le
nuove costruzioni si fanno con gli introiti de-
gli affitti, che però sono sempre più bassi
perché seguono la tendenza dei redditi”.
Su quali regole si fonda l’assegnazio-
ne delle case popolari?
“C’è una soglia di reddito per fare domanda.
Poi, una volta iscritto in graduatoria, l’utente
riceve un punteggio a seconda delle sue pro-
blematiche. Per esempio il sovraffollamento
abitativo, l’anti-igienicità, la presenza di an-
ziani o disabili sono indici che aumentano
il punteggio. Lo stesso vale per lo sfratto, che
però ha valore solo se è in corso, se è già av-
venuto non conta”.
Qual è la criticità più evidente di que-
sto sistema?
“Ci sono delle contraddizioni. Se non hai la-
voro non puoi accedere alle graduatorie per-
ché non puoi dimostrare di poter pagare il ca-
none. E questo è molto grave. Ma in generale
il metodo è trasparente, funzionerebbe bene,
se solo ci fossero i mezzi e le risorse finan-
ziarie. Ci sono delle lungaggini burocratiche,
ma è fisiologico. Se anche fosse tutto perfet-
to non cambierebbe molto. Quando hai circa
400 posti disponibili su 7.500 richieste ti ren-
di conto che il problema è a monte”.
Una via d’uscita?
“La prima cosa da fare è creare un fondo
esterno, una cassa svincolata dal sistema in-
troiti/investimenti, che possa sostenere delle
politiche abitative serie. L’ultimo piano inte-
ressante a livello nazionale risale al ’79… Poi
ci sarebbero altre alternative possibili, come
il ripristino delle case collettive per i lavora-
tori o delle proprietà indivise. Un altro per-
corso importante sarebbe quello delle case
a canone calmierato, per la fascia d’utenti
intermedia,appena sopra la soglia. Ma serve
la volontà da parte delle istituzioni, o meglio
ancora, i soldi”.
(simonejacca@piazzagrande.it)

Uno sguardo agli annunci immobiliari per capire il mercato

Geopolitica dell’affitto
p marco guerzoni (urbanista)

Un linguaggio tutto da
decifrare, dai garage
venduti come monolocali
alle irraggiungibili
“trattative riservate”
P| Fonte “Flickr”

“A
diacenze Sant’Isaia, ristrutturato e signorile,
grazioso monolocale metri quadrati trenta-
cinque, offresi a referenziatissimi, euro cin-
quecento mensili”.
Sei in cerca di casa a Bologna. Sfogli il giornaletto degli an-
nunci. Ti passano tra le mani i fogli leggeri di carta riciclata,
e subito corri a guardare le parti basse delle offerte. Tutti i
giornali di annunci costruiscono una graduatoria di offer-
te. Dall’affitto più economico al più incredibilmente costo-
so, con una ripartizione per zone e quartieri. Geopolitica
dell’affitto. In questa classifica delle offerte si parte dagli in-
trusi. I garage. S’intrufolano nella lista “affitti residenziali”,
per tranquillizzarti. Con 300 euro al mese – che è il costo
medio di un posto auto coperto in centro storico – hai la
certezza di avere comunque un tetto. In pieno spirito egua-
litaristico uomo-merce, il mercato degli affitti propone un
garage allo stesso prezzo – al metro quadro – di un mono-
locale. A te la scelta.
Scorri col dito. Speri di arrivare in fretta all’annuncio giu-
sto. Dove il prezzo è compatibile col tuo budget e i metri
quadrati si discostino sensibilmente dall’ampiezza di un
posto auto (circa 20 mq). Trentacinque possono andar
bene? Fai due conti. Sai che un monolocale, per norma,
varia tra 28 e 38 mq. Trentacinque è un ibrido. Puoi eli-
minare l’armadio in cambio di un letto comodo per due.
Ridurre l’angolo cottura a semplice fornello e mini frigo-
rifero. E se c’è l’altezza, magari soppalcare e ricavare ad-
dirittura uno studiolo. Per soli 500 euro al mese. Il 45%
del tuo mensile. Un rapporto che farebbe rabbrividire un
bancario addetto alla concessione mutui e prestiti. Il dito
scorre, l’occhio è attirato da un irresistibile francesismo:
“affittasi Bologna centro ‘garçonniere’ con servizio, euro
400”. Poesia pura. Esterofilia melliflua che spinge il pen-
siero verso spazi aristocratici, magioni sconfinate. La fan-
tasia prende il largo e imprudentemente lasci scivolare il
dito verso le parti proibite della classifica: “lussuosissimo
vista colli mansardato, di recente particolare ristruttura-
zione design, offresi a professionista, trattative riservate”.
E per un secondo ti vedi, tu professionista referenziato a
trattare riservatamente una casa da sogno, dall’affitto in-
dicibile. Ma l’attimo si chiude in fretta. Torni giù col dito, a
fare i conti con la realtà. Ovvero con un mercato sguaiato
che non prova vergogna nel mettere in pubblico serragli ca-
riati, bugigattoli malsani, catapecchie indecenti. Qui come
altrove, ci vorrebbe più pudore nel mostrare le parti basse.
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Studenti in cerca Inchiesta

di alloggio
p francesca gavio

Qualunque universitario
fuorisede lo sa: cercare
casa a Bologna è una
vera odissea. Ma esiste
un’alternativa
Q| Fonte “Flickr”

A
Bologna sono circa 1.400 gli studenti che usufrui-
scono degli alloggi dell’Er.Go, l’Azienda regionale
per il diritto agli studi superiori (ex Arstud). Ma
come si fa a ottenere un alloggio? Ce lo spiegano Sabrina
Mondin, responsabile della sede di Bologna e Romagna, e
Maria Cristina Scarazzini, responsabile dei Servizi agli stu-
denti. “Secondo la legge regionale 15/2007, il primo anno gli
studenti possono accedere al servizio presentando solamen-
te l’Isee, mentre negli anni successivi di corso, oltre al fattore
economico, l’Er.Go valuta anche il merito, ovvero il numero
di esami sostenuti e la rispettiva votazione”.
Tra le condizioni per l’assegnazione degli alloggi, lo studente
che dichiara di non vivere presso il proprio nucleo familiare
deve dimostrare che la casa dove risiede non è di proprietà
della famiglia e che vi risiede da almeno 2 anni. Inoltre deve
avere un reddito annuo non superiore a 7.255 euro. Per aggi-
rare le truffe, l’Er.Go compie controlli a campione ogni anno,
da un lato attraverso l’Isee, dall’altro verificando all’anagrafe
tributaria i casi di difformità dalle norme stabilite.
Con questi requisiti si può entrare in uno dei 16 studentati
attualmenti presenti in città. Negli anni scorsi solamente il
“Galotti” è stato dismesso, mentre il “Carducci” ha riaperto
dopo una ristrutturazione, sovvenzionata anche con denaro
statale. Ha riaperto anche lo studentato “Cleto Tomba”.
Già da un po’, inoltre, si parla di un complesso in via del
Lazzaretto, attualmente gestito dall’Università, che Er.Go
dovrebbe acquisire tra un paio d’anni. “Oggi l’ospitalità ne-
gli studentati – spiega Sabrina Mondin - è caratterizzata da
flessibilità temporale: si sono moltiplicati i progetti all’estero
e aumenta il turn over degli studenti, che non si fermano
più nella stessa città universitaria per 5 anni e spesso nep-
pure per il triennio”. Per gli alloggi che per qualsiasi motivo
rimangono vacanti, Er.Go ha attivato il servizio telematico
“Borsino on line”: in questo caso possono usufruire degli
appartamenti (per brevi periodi di tempo a tariffe non age-
volate) anche quegli studenti che, secondo il bando, non ne
avrebbero diritto.
In altre città dell’Emilia Romagna, intanto, si stanno speri-
mentando nuove soluzioni per l’alloggio degli studenti. È il
caso di “Mo-Re for students”, che a Modena e Reggio Emilia
prevede l’ospitalità degli studenti universitari da parte di
anziani per una cifra di 180 euro, comprese le utenze, per le
quali lo studente può usufruire del posto letto, del bagno e
della cucina. Può funzionare anche a Bologna? “Il nume-
ro di studenti che ne ha usufruito è stato esiguo – spiega la
Mondin – e in una città come Bologna sarebbe complesso
trovare famiglie anziane disposte a offrire la propria casa agli
studenti”.

Un’altra casa è possibile

i dati
degli C omplice la crisi tra il 2009 e l’inizio del 2010
il problema case è diventato più gravoso che
p laura marongiu

Affitti accessibili, appartamenti costruiti o ristrutturati con materiali

sfratti
mai. Ecco qualche dato per avere un’idea della
situazione. Secondo i sindacati, da inizio anno
ad aprile, sono stati circa 3000 gli sfrattati nella
p Olga massari
provincia di Bologna, di cui il 90% per morosità.
Un’inversione di tendenza totale. L’anno scorso
le proporzioni si presentavano completamente diverse: i morosi erano circa il 30/40%,
mentre gli sfrattati per finita locazione pari al 60%. Anche il Tribunale di Bologna risen-
te dell’emergenza casa. Negli ultimi mesi sono state programmate circa 30-35 udienze a
settimana, tutte per sfratto e in maggior parte per morosità. Quello in corso è il picco più
alto da quando è iniziata la crisi. Il ministero degli Interni ha pubblicato nei giorni scorsi i
dati ufficiali degli sfratti del 2009 e i numeri non dicono davvero nulla di buono. In tota-
le i provvedimenti di sfratto emessi in provincia sono stati 1566 (il 12,3% in più rispetto
all’anno precedente), di cui 680 a Bologna. Le richieste di esecuzione presentate dall’uffi-
ciale giudiziario sono aumentate del 35,2%, pari a 3.020. E anche gli sfratti eseguiti regi-
strano un segno drammaticamente positivo: 890, praticamente il 40% in più se si guarda
al 2008. La conseguenza di tutto ciò è prevedibile: la richiesta di alloggi di edilizia popo-
lare. A fine aprile le domande erano circa 8.535, di cui 936 negli ultimi sei mesi e 898 le
integrazioni fatte alle richieste precedenti, dopo un aggravamento delle condizioni abitati-
ve. Fino al 4 marzo le domande per un alloggio a canone calmierato erano 2.027, mentre
nel 2009 a chiedere un aiuto per l’affitto, attraverso il fondo sociale, sono stati 7.782. Ma
l’offerta non è sufficiente a coprire un bisogno che per i sindacati è diventato il problema
numero uno a Bologna. (olgamassari@piazzagrande.it)
ecologicamente compatibili e prestito sociale. Sono queste le op-
portunità offerte da Risanamento, la storica cooperativa bolognese
che, dal 1884, anno della sua fondazione, mette a disposizione dei
lavoratori un bene reso sempre più raro da crisi economica e spe-
culazione: la casa. Ma come funziona, precisamente? “Si diventa
soci – spiega il presidente dell’associazione Sergio Mantovani - ver-
sando, al momento dell’iscrizione, una quota una tantum. Dopo tre
mesi la condizione di socio permette ai lavoratori di partecipare ai
bandi che vengono pubblicati mensilmente per l’assegnazione degli
alloggi. Il criterio di selezione è trasparente: si basa sull’anzianità di
associazione”. La difficoltà di trovare affitti ragionevoli per il proprio
reddito e stare lontani dalle speculazioni colpisce tutti, soprattutto
le giovani generazioni che vanno incontro a problemi sin dal loro
primo approccio con il mondo abitativo. A questo problema la coo-
perativa Risanamento tenta di porre rimedio “istituendo – continua
il presidente – un bando ad hoc per giovani coppie che hanno inten-
zione di sposarsi o sono sposate da due anni”. Ad oggi, con il suo
patrimonio immobiliare pari a 2.223 appartamenti (di cui 32 loca-
lizzati a Casalecchio di Reno) e un centinaio di locali ad uso com-
merciale, è la maggiore cooperativa a proprietà indivisa in Italia e,
negli ultimi anni, si sta impegnando anche nella causa ambientale.
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cercolavoro f ff fff
Lavoro Cuoca Carpentiere
in campagna Ragazza italiana 29 anni esperienza imbianchino, gruista
28 anni, lunga esperienza di lavoro di lavoro nel settore alberghiero e Mansi Enrico, nato il 06.02.60
in agricoltura e in allevamento di ristorazione cerca lavoro come cuoca, residente a Bologna. Cittadino italiano,
bestiame. Esperienza di lavoro anche in barista, cameriera presso locali o con esperienza pluriennale come
edilizia come manovale. mense. Disponibile a trasferirsi fuori carpentiere, muratore, imbianchino,
Cerco lavoro in entrambi i settori, Bologna. munito di patentino da gruista,
disponibile anche a trasferimento fuori Monica disponibile sin d’ora a lavorare.
Bologna. Cell. 3661963295 Munito di patente B.
Nico Enrico
Cell. 3270025569 Cell. 3477213378

La Cooperativa Sociale FAREMONDI e il Bicicentro presentano

DEMETRA ecobike
“Non inquina, non consuma, non sfigura”
Demetra è il nuovo modello di bici elettrica TC Mobility, creato da Fare Mondi per chi tiene ad aiutare l’am-
biente. Demetra è realizzata grazie al lavoro di persone in difficoltà che, tramite la Cooperativa Sociale Fare
Mondi di Piazza Grande di Bologna, tentano di reinserirsi sul mercato del lavoro. Viene assemblata con i pezzi
Bicicentro della gamma Dinghi ed ha gli stessi standard di qualità e di garanzia delle cu-
di Piazza Grande: gine prodotte a Bolzano. È ideale per tutte le età, la dea dell’ambiente ci farà
respirare aria migliore, ci farà sentire meno rumore e darà un’opportunità a chi
via Libia, 69
ne ha bisogno. Le biciclette possono essere provate presso l’officina Bicicentro
tel.051 349383 di Via Libia 69 nei seguenti orari: da lunedì a venerdì:
9-12.30/14-18 / sabato: 9.30-12.30
info@faremondi.it bicicentro@piazzagrande.it

p | Demetra, la dea dell’ambiente

In allegato Questo mese, insieme alle prime mille copie di Piazza

Grande, i lettori troveranno allegato “Non solo carcere”, giornale
realizzato dalle associazioni di volontariato dell’Emilia Romagna che
lavorano nei luoghi di detenzione per sostenere l’utilizzo di misure
alternative al carcere. Informazioni su www.nonsolocarcere.it
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Gli stranieri La città che cambia

che fecero
l’impresa
p Simone Sabattini

C’è
una Bologna che cala e una
che cresce. Una Bologna
che lascia Bologna e una
I numeri parlano
che la popola sempre di più. La prima è quel-
la degli “autoctoni”, la seconda è variopinta
chiaro: i migranti
e multiforme. E viene da fuori. È la Bologna
degli imprenditori stranieri, che aumentano
che aprono
in tutta la provincia al ritmo di 400 all’an-
no e tengono in piedi – almeno nei numeri –
un’azienda in città
un settore altrimenti destinato a impoverirsi.
Spesso si parla dei lavoratori dipendenti co-
sono in costante
munitari e non. Di come la crisi si sia scari-
cata anche sulle già notevoli difficoltà di chi
crescita. Ecco la
è arrivato a cercar fortuna. Dello sfruttamen-
to nei cantieri edili, della “terra di mezzo”
nuova linfa che
dei contratti semi-inesistenti, del fenomeno
badanti. Ci si occupa meno di chi si assu-
sostiene l’economia
me il rischio d’impresa e tenta di navigare
nel mare aperto di un’economia instabile.
di Bologna
Eppure gli imprenditori stranieri in provincia
di Bologna erano poco più di 5.000 nel 2000
e ora superano i 12.000 (dati della Camera stani”. Ma sarebbe un abbaglio pensare di denti storici, a reggere le statistiche sono an- bambina-soldato e ora ha aperto a Bolo-
di Commercio), con una crescita del 171% e aver esaurito così l’argomento. A conti fatti, il cora loro, i “nuovi acquisti”: negli ultimi 15 gna la sua impresa di pulizie con tre dipen-
un’incidenza delle imprese individuali (qua- commercio copre solo il 10% del fenomeno. anni sono cresciuti al ritmo di 500 all’anno. denti, ognuno di una nazionalità diversa.
si la metà del totale) del 9% sul complesso Nella graduatoria vengono prima il mani- Nella classifica delle nazionalità più “im- C’è il restauratore brasiliano Marcos Eugenio
delle attività. Basta guardare le curve. Negli fatturiero e le costruzioni. Nelle tendenze, prenditoriali” vincono il Marocco (18%) e la Fiorillo, che dal Brasile è venuto a studiare a
ultimi 10 anni sono sparite circa 3.000 azien- aumenta molto velocemente l’intermedia- Cina (15%), poi l’Albania (in forte crescita), la Firenze, ma poi ha scelto Bologna dove ha ri-
de individuali, ma quelle gestite da stranie- zione finanziaria. E se il grosso della pro- Tunisia, il Pakistan, il Bangladesh, la Serbia. messo in sesto i Musei dell’Università. Sono
ri sono cresciute dello stesso numero. Chi duzione sta in provincia, fuori dai confi- Ci sono i numeri e ci sono le storie, rac- anche loro a sorreggere un’economia ancora
passeggia per il centro ne vede un buon nu- ni delle mura, le attività dei nuovi cittadini contate puntualmente dai quotidiani cit- solida, ma più sfilacciata e in crisi d’identità.
mero dietro le cassette di pomodori e le luci nascono per due terzi all’ombra di Palazzo tadini. Come quella di Azeb Gebrewahid, Bologna ha bisogno di cambiare. Talvolta an-
al neon degli alimentari. I cosiddetti “paki- d’Accursio. Se il centro si spopola di resi- che nell’Etiopia della guerra civile era una che solo per restare la stessa.

La storia di A rrivo in una casa della periferia di Bologna e trovo ad aspettarmi un “gigante” pieno di energia. Mi invita calorosamente a sedere alla
sua tavola: pesce di fiume affumicato ed ottimo vino moldavo. È la mia prima visita domiciliare. Sokos non ha mai avuto pazienti con

V., che non questa necessità. Ma V. è un caso particolare: nonostante il vigore e la gioia di vivere, porta dentro si sé un male terribile. Immune al vitti-
mismo, nonostante il suo doppio dramma di malato “a tempo molto determinato” e di clandestino a “tempo inesorabilmente indetermina-

aveva il to”, V. si è organizzato. Per qualsiasi problema si presenta dove è stato operato anni prima. Fosse nato in Italia ce la racconterebbe lui la sua
storia, col sorriso sulle labbra, come sempre. Ma in Moldavia la sanità costa troppo, anche per un ingegnere come lui. In Italia ha lavorato

permesso come operaio, per regalare una vita migliore ai propri cari e, raramente, a se stesso. Per quel sogno, chiamato “permesso di soggiorno”, V.
ha sudato parecchio. Col tempo si è dovuto arrendere all’inesorabile avanzare del suo male. Ha perso il lavoro e quel sogno di carta. Ora è

di curarsi “clandestino”. Riusciamo ad attivare l’Ant, che garantisce assistenza gratuita ai malati di tumore, e V. trova anche un lavoro come “badan-
te” di un vecchietto che così può vivere gli ultimi mesi di vita a casa propria. Qualche mese dopo, finito il mio turno in ospedale, sento scan-
dire ad alta voce il nome di V. È stato ricoverato proprio nel “mio” reparto. Ci abbracciamo. Non è più lui, stravolto dal dolore alle ossa, non
p Ernesto gelonesi (sokos) si regge neanche in piedi. Per la prima volta capisco come il dolore possa strappare la dignità a un uomo e come per un medico sia un ob-
bligo eliminarlo o, almeno, alleviarlo. Piano piano V. riprende il sorriso e la forza sufficiente a stare almeno in sedia a rotelle. In reparto si fa
ben volere da tutti. Lega in particolare con un paziente siciliano, che lo porta a spasso con la carrozzina. Li guardo e, sorridendo penso: “Que-
sto sì che è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina!”. Già, perché è impossibile avere il permesso di soggiorno per motivi di salute.
L’Italia ha bisogno solo di braccia giovani e possenti, non di malati terminali. A Natale abbracciamo V. per l’ultima volta. Torna in Moldavia,
senza più dolore ma con la certezza di morire a casa propria. Poche settimane dopo, riceviamo la telefonata che sapevamo sarebbe arrivata.

SOKOS è un’associazione di medici volontari attivi a Bologna dal 1993 e che si occupa di assistenza a emarginati e migranti.
Sito web: www.sokos.it
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“Si può capire
il potere dalla
sua assenza”.
Così ci insegna
la studiosa della
globalizzazione
p eva brugnettini
Saskia Sassen ha coniato il termine “città
globali” per descrivere metropoli come
Tokyo, San Paolo, Pechino, Londra, New
York, più simili tra loro che ai territori cui
appartengono. I suoi ultimi libri usciti in
Italia sono “Territorio, autorità, diritti”
(Bruno Mondadori) e “Una sociologia
della globalizzazione” (Einaudi). L’abbia-
mo incontrata a maggio in occasione del
festival Transeuropa.
Lei sostiene che la globalizzazio-
ne economica ha creato una forte
diseguaglianza sociale, contrap-
ponendo un’élite sempre più ric-
ca a una fascia di popolazione
“debole”, sempre più povera ed
emarginata. Secondo lei gli esclu-
si possono fare qualcosa per op-
porsi a questo processo?
“Questo capitalismo è incapace di
rispondere ai bisogni reali perché do-
minato da una logica orientata solo al
sistema finanziario. Bisogna recuperare
Il ruolo degli spazi urbani secondo la sociologa olandese
Saskia Sassen:
“Il cambiamento
parte dalle città”
parti dell’economia e farle nostre, loca-
lizzare. Vale anche per la classe media.
Si assorbirebbero i lavoratori disponibi-
li e si sposterebbe l’economia verso gli
svantaggiati”.
Lo sfondo delle sue ricerche è la
città, come “spazio civilizzante”
e “weak regime” (regime debole).
Può spiegarci cosa intende?
“Ho parlato dell’indifferenza della gente
urbana. Può vedere qualcuno che soffre
ma continua a camminare e passa oltre.
A un livello più remoto però bisogna
pensare ai 120 morti dell’attacco terrori-
stico di Mumbai, ai 300 morti di Madrid,
alle migliaia di uccisioni nei bombarda-
menti di Israele, e poi i morti a Bali, a
Casablanca, a Lahore… La morte milita-
rizzata in città ci causa orrore. Molto più
orrore dei 7 milioni di morti nella guerra
in Congo, o i milioni di bambini che
muoiono di malaria ogni anno. In quel
senso lo spazio urbano civico è una for-
l’intervista
ma di resistenza ai conflitti militari”.
Lei però fa una distinzione tra vio-
lenza e criminalità urbana…
“La seconda riguarda scippi, rapine, omi-
cidi ed è diversa dalla ‘violenza urbana’
di Atene e Bangkok, o delle banlieues.
Questo tipo di violenza ha in sé qual-
cosa di positivo, è una forma politica
povera, dei non ascoltati. Tuttavia non
è l’unico modo di reagire: anche Piazza
Grande, così come il Tour senza fissa
dimora, sono modi per ‘fare ponte’, per
far nascere un movimento complesso
che può essere l’inizio di un cambiamen-
to. La particolarità della città è l’enorme
differenza al suo interno, dove negozia-
re è inevitabile. Se voglio costruire un
rifugio per senzatetto in campagna, lo
posso fare da sola. In città devo negozia-
re con persone, istituzioni, etc. E la sfida
per le città oggi è proprio questo: il ‘fare
sociale’”.
(evabrugnettini@piazzagrande.it)

Sempreverdi
Puliti noi, pulito l’ambiente
p Lou del bello (www.Sottobosco.info)
Si sa, il prezzo delle nostre lenzuola candide è alto soprattutto per l’ambiente.
Tensioattivi che inquinano l’acqua, flaconi di plastica usa e getta in quantità.
Che fare per ridurre l’impatto del bucato? Per cominciare, scopriamo i detersi-
vi alla spina. Basta portare la propria bottiglia e spillare il sapone direttamen-
te dal grande fusto di metallo del rivenditore. Il prezzo è buono, il detersivo
concentrato così ne occorre meno. Inoltre, le composizioni sono esenti da ele-
menti chimici dannosi o allergogeni. A Bologna i punti vendita di detersivi alla
spina sono 9, a Casalecchio 2. Sotto le Due Torri potete trovarli in via Altabella,
in via Del Borgo, via Oberdan e via Galliera, ma per una mappa completa vi
consigliamo di guardare su Washmaps.com. In questi negozi si trovano tanti
tipi di detersivi, da quelli per l’igiene personale a quelli per la casa e per i pan-
ni. Unico neo: trasportare i fusti, pieni all’andata e vuoti al ritorno, comporta
forti spese ed emissioni di gas serra. Possiamo però assicurarci dal rivenditore
che i produttori dei detersivi risiedano in zona, e usare la stessa bottiglia per
più di 5 volte, la quantità di refill necessaria per rendere il sistema davvero so-
stenibile. In alternativa, si può comprare un prodotto in confezione usa e getta
riciclata al 100%. Ma la soluzione più efficiente, in fin dei conti, resta quella
di ridurre gli sprechi: dosare attentamente il sapone, diluire lo shampo in una
tazza con acqua in modo da distribuirlo meglio e usarne meno, lavare i vestiti
solo quando sono davvero sporchi e non solo un po’ spiegazzati.
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Non parlate al conducente

La carta stampata? Se i passeggeri

A Bologna resiste diventano inqulini
p MARCO GUIDI p Donato Ungaro (autista Atc)

C
’è ancora gente che legge i giornali dai 30 anni in giù non sentono più il fascino

al bar e c’è ancora (tanta) gente che
li compra in edicola. Ma il trend,
come dicono quelli che se ne intendono, è
in calo. Non solo a Bologna, intendiamoci,
ma in tutta Italia. I responsabili? Certamente
la televisione, certamente la free press. Ma la
causa maggiore del calo di vendite e, quin-
di, di pubblicità è un’altra, si chiama com-
puter, si chiama internet. Siamo di fronte a
una rivoluzione epocale, l’elettronica sta so-
stituendo la carta e lo fa con ovvi vantaggi (e
si prepara a farlo anche con i libri). Primo di
tutti l’immediatezza, un fatto avviene e pochi
minuti dopo è già in rete. E poi la consulta-
zione è gratuita e disponibile in casa, a qual-
siasi ora. È una frattura generazionale: quelli
dell’oggetto giornale, della carta da sfogliare,
dell’odore. Per loro ad avere maggiore attra-
zione è lo schermo del pc. Così i lettori sono
sempre e solo quelli di una certa età, man-
ca il ricambio. E da qualche tempo manca-
no anche i soldi. Per chi vede ridursi i mezzi
di sopravvivenza anche 30-36 euro al mese
possono fare la differenza. Con tutto questo i
quotidiani a Bologna hanno ancora un buon
seguito. Primo di tutti è il Resto del Carlino, il
vecchio Carlino che festeggia
125 anni di vita. Segue, di-
stanziata di un bel po’, la Re-
pubblica, ormai affermatasi
come una testata storica cit-
tadina. Poi c’è il Corriere di
Bologna, figlio della volontà
del Corriere della Sera di do-
tarsi anche in città di una te-
stata locale. Seguono l’Unità
che, dopo una lunga assen-
za, ha ripreso da qualche
anno le cronache cittadine
e l’Informazione di Bologna.
Un prodotto, questo, vicino
alla Curia, nato dall’acqui-
sizione del Domani, che fu
un tentativo sbagliato nella
grafica, nei modi, nelle pre-
visioni delle Cooperative di
dotarsi di un loro quotidia-
no. Esattamente come suc-
cesse alla Tv, ai “rossi” sono
subentrati i “bianchi”. Esistono poi le crona-
che locali della free press: Il Bologna (il più
corposo), Leggo, City e Metro. Come si vede,
malgrado la contrazione del mercato e un fu-
turo incerto, da leggere ce n’è (ancora).
Un
“foglio” di lamiera come tetto e sei ruote per
fondamenta: spesso è l’autobus la casa di chi
una casa non ce l’ha, di coloro che non avendo
a disposizione salotti, camere e bagni si improvvisano abitanti
dei “luoghi comuni”. E l’autobus è il “luogo comune” per ec-
cellenza: un pezzo di territorio che si muove per la città, con le
sue caratteristiche, i suoi personaggi. Ed ecco a bordo del mio
bus anche coloro che ci vivono, sul bestione arancione, da un
capolinea all’altro, in un “coast to coast” da Casteldebole a San
Lazzaro. Noi tranvieri impariamo presto a riconoscerli, trovan-
doceli all’improvviso sui seggiolini della corriera quando pen-
siamo di essere ormai gli unici a
bordo, tra l’ultima fermata della
corsa e il capolinea.
Potrei descriverne alcuni, ma
non sarebbe giusto; loro si mi-
metizzano e si fanno riconosce-
re solo da chi ha occhi per ve-
derli. Non disturbano, parlano
poco e qualche volta da soli;
quando noi scendiamo dal posto guida per sgranchirci le gam-
be loro chiedono timidamente qualcosa, come per ottenere un
abbraccio dagli occhi del loro interlocutore. Vestono normal-
mente, hanno facce di persone qualsiasi; potrebbero essere mio
zio, mia sorella, mio cugino. Alle volte potrei essere addirittura
io, se non avessi una casa, un tetto, la certezza di pranzo e cena:
sarei disperato. Loro non lo sembrano, anzi sembrano padroni
della loro condizione, sereni nel viaggiare sulle linee lunghe,
così da poter ascoltare le chiacchiere della gente “normale”,
così da poter vedere dal finestrino panorami diversi. Qualche
volte rimangono sui bus anche di notte, su linee che corrono
tra centro e periferie a caricare nottambuli e turnisti. Prendono
il caldo d’inverno e il fresco d’estate, e sono divenuti silenziosi
e discreti osservatori del mondo che li circonda nell’intercalare
delle fermate, quasi custodi del bus.
Potrei descriverli, chiamarli per nome; ma non sarebbe giusto.
Loro non vogliono farsi riconoscere, anche se noi li abbiamo da-
vanti agli occhi tutti i giorni e molto spesso non li vediamo.
(donatoungaro@piazzagrande.it)

la posta degli altri

La redazione di Piazza Grande risponde alle lettere pubblicate sui quotidiani bolognesi

Appello per un Crescentone accessibile
Lettera pubblicata su La Repubblica del 6 maggio 2010
Critico aspramente l’organizzazione della manifestazione del 1° maggio svolta-
si in piazza Maggiore a Bologna per la mancanza di uno scivolo per accedere
al “crescentone” […]. La tecnologia aiuta la disabilità con carrozzelle elettriche
che si rendono autonome, senza accompagnatore, ma le barriere architettoniche
costituiscono un problema maggiore quando ci si dimentica dei disabili. È ora
di finirla.
Chi è abituato ad attraversare piazza Maggiore sulle proprie gambe probabil-
mente non ha mai pensato che il marciapiede costruito lì in mezzo, il Crescento-
ne potesse costituire un problema. Invece quel gradino rende uno dei luoghi più
simbolici della città inaccessibile a chi è in carrozzina. Per farci spiegare bene
l’entità del problema abbiamo contattato direttamente l’autore della lettera: è Giu-
seppe Marchetti, presidente dell’associazione Officina di sostegno, nata nel 2008
per aiutare le persone con disabilità. “Il divieto di accesso al Crescentone – spie-
ga Marchetti – è particolarmente grave quando in piazza c’è qualche manife-
stazione: gli organizzatori dovrebbero essere sempre obbligati ad allestire una
rampa d’accesso per i disabili”. E una rampa permanente? “Forse farebbe na-
scere dei problemi con la Soprintendenza – dice Marchetti –, che per esempio ha
vietato che se ne installasse una nella chiesa di Santa Maria della Pietà”. Nel caso
del Crescentone, però, il valore storico e artistico non dovrebbe essere così “in-
superabile”: in fondo la sua costruzione risale al 1934, non all’alba dei tempi.
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Ogni mese un viaggio alla (ri)scoperta di
Bologna con due guide eccellenti:
Carlo Lucarelli e Simona Vinci
una domenica
p Simona Vinci
alla
La
prima volta che ci sono venuta,
da queste parti, facevo la quar-
ta ginnasio e una mia com-
pagna di classe mi aveva invitata a studiare
a casa sua. Ho un ricordo confuso di un lun-
ghissimo viaggio in autobus attraverso zone
agricole e cantieri, una landa desolata sopra
la quale come funghi atomici erano esplosi
chissà quando palazzi che somigliavano ad
astronavi aliene. Da una parte c’era il fiume
Reno, dall’altra i tralicci dell’alta tensione e
questa edilizia popolare, così diversa da tutto
quello che conoscevo: venivo dalla campagna
di Budrio e il mio orizzonte erano campi piatti
e nebbiosi, al limite i muri incombenti oltre
le finestre del liceo Galvani in via Castiglione,
pieno centro storico.
Qui, a Santa Viola, quartiere Barca-Reno, alla
me 14enne e digiuna anco-
ra di viaggi e metro-
poli, sembrava di
essere atterrata
in un’altra città,
un altro Paese,
un altro Mondo. E la
stessa sensazione in effetti ce l’ho
anche oggi, meno straniante però, per-
ché nel frattempo gli spazi vuoti verdi e
marroni si sono riempiti: di palazzi, di
giardini pubblici. E di gente che oggi,
domenica d’aprile d’elezioni, affolla i
cortili delle scuole trasformate in seggi,
sfoggiando alternativamente mise d’al-
ta moda e tute sformate; e poi, già che
è dovuta uscire per votare, lascia che
corpo e polmoni prendano aria, magari
un gelato, due passi con il cane e i bam-
bini. Anche per me è stato un sollievo uscire
dall’asfittico centro storico, tutto ripiegato sui
propri intestini rossorosa di portici, e ritrovar-
si fuori. Lungo i viali, al posto delle solite file
di suv c’erano scooter e ragazzini in magliet-
ta che filavano verso i colli per andare a stra-
vaccarsi su un prato. Al quartiere Reno-Barca,
ogni cortile e ogni giardino, pubblico o privato,
sono fioriti.
Forse la domenica non è il giorno giusto per
barca
capire: le attività abituali sono sospese, la gen-
te, finalmente libera, esce per andare a fare
quello che gli pare e non quel che è costretta a
fare. Ci sono meno auto e molte più biciclette
e l’atmosfera è respirabile. Allora, forse, il gior-
no sbagliato è il giorno giusto. Perché è alla do-
menica che capisci come la gente usa gli spazi
nel tempo vero, quello che si può finalmente
dedicare a se stessi.
Davanti ai portici del “Treno” - 250 metri di
cemento disegnato dall’architetto Vaccaro e
edificato dallo Iacp negli anni ’60 - c’è un mer-
catino domenicale fitto così di gente. Ti ci butti
in mezzo lasciandoti trascinare dalla folla e
guardi i banchetti di pentole, bianche-
ria per la casa, le monta-
gne di calzini
a un euro e ascolti le chiacchiere della gente.
E la vera sorpresa è che l’arabo si mescola al
dialetto bolognese. La sorpresa è che un vendi-
tore di scarpe da ginnastica cerca di spiegarsi
a una donna in niqab e nessuno sembra farci
minimamente caso. I cachet azzurrini o violet-
ti delle ‘sdaure’ si mescolano allegramente ai
veli integrali, e gomito a gomito, donne di cul-
ture lontanissime e teoricamente incompatibi-
li, frugano nei cesti di mutande mentre i mariti
fumano distratti. Al bar, una fauna eterogenea dell’accoglienza. Lo è sempre stata, lo è anco-
si fa servire caffè e aperitivi da una coppia di ra e sempre lo sarà, dicono. La più antica uni-
giovanissimi camerieri orientali. I più vecchi si versità d’Italia, orde di studenti da ogni parte
appassionano in discussioni politiche che io, d’Europa. I bolognesi, gente ospitale, genero-
ormai forzata habitué dei bar del centro fre- sa e aperta. Sarà. Forse, ci crederai di nuovo
quentati dagli universitari, credevo perdute per davvero quando nei sotterranei della Certosa
sempre. Chiuse a tripla mandata come le anti- spunterà una lapide simile a quella che ora
che sezioni di campagna del Pci. D’altra parte, stai contemplando con due lacrimucce all’an-
è qui che pulsa il cuore popolare di Bologna. È golo degli occhi: “Il 6 febbraio 1935 spirava nel-
qui che sono nate le prime fabbriche bologne- le braccia del signore Ersilia Venturi, di anni 69,
si e dunque le prime cooperative. È qui che si fu domestica fedele e onesta per 41 anni pres-
sono riversati gli immigrati dal Sud negli anni so la nobile Casa Masetti ove dedicò con zelo
‘60. E dove vuoi che tutta la sua vita e fu da loro contraccambia-
an- ta con le più amorose cure”. Ci sarà un nome
come Catarina o Slavenka, e la foto di una
donna con gli occhi di ghiaccio che
tiene tra le sue mani robuste quel-
la diafana di una vecchia si-
gnora bologne-
se.
Fuori, nella
luce rosata del
tramonto, la
gente passa da
sola, in coppia
o in comitiva.
Italiani e stra-
nieri e stranie-
ri italiani (ché
ci sono anche
loro e sono tan-
ti). Molti forse
si domandano
quale sarà l’esi-
to delle elezioni,
Q| Illustrazione di Nancy Poltronieri domani matti-
na. Io allargo an-
dassero i nuovi immigrati, che sempre dal Sud cora la domanda, e mi chiedo quale sarà l’ani-
vengono anche se è un Sud più lontano? ma di questa città, domani mattina; e poi tra
Nei giardinetti davanti al cimitero della Certo- un mese e tra 10 anni. E mi viene da essere
sa, fotografi una vecchia signora dalle mani languida e fiduciosa - almeno per una volta,
diafane insaccata su una carrozzina spinta da almeno per 5 minuti - e da pensare che que-
una robusta, bionda e impassibile badante sta città, con giusto un pelo di sforzo in più
col muso duro e l’ipod nelle orecchie. Forse dei suoi prossimi governanti e dei suoi cittadi-
la signora parla da sola e non si aspetta nes- ni, originari o acquisiti, quegli aggettivi là, tipo
suna risposta dal mondo, figuriamoci da una “generosa”, “aperta”, “ospitale”, se li merita e
badante straniera. Eppure, questa è la città se li meriterà ancora. (©2010)
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Aprile 1999,
Bologna e Olympi-
A Marsiglia, spalle alla porta

que Marsiglia si nella tana del nemico

contendono la fina-
p camille maccali
le della coppa Uefa, Eric Roy e di Fabrizio Ravanelli. Mi è sembra- tras, gli Yankees, i Dodgers, i Forevers e gli 7 di mattina e fare quattro ore di fila, incro-

vincono i francesi e to che la curva fosse presa da una follia col-

lettiva, il rumore, i colori, la gioia provata mi
Mtp (“Marseille trop puissant”, ovvero “Mar-
siglia troppo potente”). Io faccio parte degli
ciando le dita e sperando che ci sia un posto
per te”.
Chi organizza le corografie?
tra le due squadre hanno fatto amare subito questo club”.
Qual è stata la tua più bella esperien-
Yankees. È un gruppo molto giovane e an-
che uno dei più turbolenti. Ci troviamo nella “Le corografie sono gestite da un comitato di
za in curva?
nasce una rivalità “Devo ammettere che non è legata a una vit-
parte bassa della curva, dove l’atmosfera si
fa più bollente. Ma sopra di noi si trova una
rappresentanti delle curve che lavorano tutta
la settimana. I canti sono lanciati solo dagli

mai sopita toria ma piuttosto a un momento di tensione

Q| Foto. Lo stadio “Velodrome” di Marsiglia
La vita in curva Bulgarelli è così diversa da
quella al Velodrome, il mitico catino mar-
sigliese? Lo chiediamo a Dimitri tifoso
dell’Olympique dalla più tenera età.
Quando hai iniziato ad andare allo
stadio?
“Erano i primi anni ‘90, io avevo circa 4 anni.
Ormai sono abbonato da 12 anni ma ricordo
ancora la prima partita. Era Olympique Mar-
siglia-Nantes, abbiamo vinto 2-0 con i gol di
e brividi. È stato quest’anno, durante la par-
tita contro il Milan. Aspettavo da tempo che
il Marsiglia giocasse contro una squadra di
questo livello e quando Heinze ha segnato
il gol del pareggio, la curva stava quasi per
crollare per quanto eravamo tutti impazziti.
Ma non è durata... ci siamo dovuti arrende-
re”.
In curva ci sono vari gruppi di tifosi.
Qual è il tuo?
“I gruppi più importanti rimangono gli Ul-
tifoseria particolare fatta solo da persone an-
ziane, si chiamano “les Amis de l’om” e sono
quelli che non riescono ad abbandonare lo
stadio e stare a casa per guardare la partita
in Tv. Questa varietà è la nostra ricchezza”.
Chi frequenta la curva?
“Sono principalmente persone poco abbien-
ti, perché il posto in curva ha un prezzo basso
(10 euro). A Marsiglia vivono tanti immigrati
dal Nord Africa. I tifosi dell’Mtp, ad esempio,
sono molto interessati all’integrazione. Così,
quelli che solitamente disturberebbero gli
umori di certi abitanti sono ben accolti allo
stadio. Lì dimentichiamo tutte le differenze,
lo stato sociale, il colore della pelle, le ori-
gini. Anche le donne si stanno conquistan-
do sempre più spazio in curva, senza parlare
dei bambini portati dalle famiglie. Inoltre, la
maggior parte dei seggiolini è stata adattata
per i disabili”.
Chi gestisce l’organizzazione della
curva? Esiste una gerarchia?
“La gerarchia non esiste, tranne quella
dell’età. Tutti i giovani ascoltano e rispettano
i più anziani. Dal ‘98, poi, le curve sono com-
poste solo di tifosi con l’abbonamento, e la
maggior parte continua a rinnovarlo. Così i
posti liberi sono pochi: il giorno in cui si deci-
de l’attribuzione dei posti bisogna alzarsi alle
speakers che girano le spalle alla partita e
stanno lì solo per motivare la folla. Lo spea-
ker è l’unica figura per cui esiste una selezio-
ne, perché diventerà un punto di riferimento
per tutti. Ad esempio. nella curva degli Yan-
kees, da quando sono andati in pensione
i ‘fratelli Tonini’ nessuno è ancora riuscito a
trovare un degno sostituto”.
A Marsiglia, in passato, l’estrema
destra di Le Pen ha avuto successo,
mentre al Velodrome c’è aria di sini-
stra, come te lo spieghi?
“Purtroppo i risultati importanti del Front Na-
tional sono dovuti al numero considerevole
di immigrati e al conseguente sentimento
di insicurezza della città. Ma allo stadio non
ho mai sentito insulti razzisti. Ci sono an-
che dei sostenitori di Sarkozy, che perà non
si ‘dichiarano’ all’interno della curva. Non
si viene allo stadio per fare politica ma per
condividere un momento. L’unica forma di
politica che ho visto dentro lo stadio è quella
dei Winners, gruppo di tifosi che si dichia-
ra indipendente e sventola bandiere di Che
Guevara.
Chi va allo stadio si dice marsigliese prima di
essere francese e quindi questo sentimento è
comune a tutti”.
(camillemaccali@piazzagrande.it)

Cronaca delle partite precedenti

lo stellone del mese di maggio
p Gianluca morozzi
Sapete che suono fa la seconda salvezza consecutiva? Fa così: MadaiaaaAAARGH! Che sembra un suono animalesco e disumano, uscito dalla gola di una creatura de-
gli inferi. Invece è uscito dalla mia, di gola. Io, Gianluca Morozzi, di anni trentanove, di cui ventisei passati a perdere i capelli dietro al Bologna, professione scrittore, in
piedi sulle gradinate del settore ospiti dello stadio di Bergamo, in un giorno grigio di pioggerellina fastidiosa. Atalanta-Bologna era: Lo Scontro Salvezza. L’Atalanta stava
dietro di cinque punti. Vincendo sarebbe salita a meno due, con centoottanta minuti ancora da giocare. Il Bologna, vincendo sarebbe stato salvo. Pareggiando, quasi.
Altrimenti: panico. L’Atalanta non doveva sbagliare niente, il Bologna il meno possibile. Siamo tutti a Bergamo, noi tifosi duri e puri del Bologna, con i tifosi nerazzurri
infuocati nella loro curva sotto le montagne, a guardare un Bologna in maglia bianca passivo e inesistente. Rigore per l’Atalanta, dopo tredici minuti. Andiamo già sotto
uno a zero? No: Viviano para di piede, d’istinto. E’ il segnale, ci diciamo tutti esultando, è fatta, si vince. Infatti: dieci minuti dopo, forse ancora gasato dal rigore parato,
Viviano sbaglia il piazzamento e prende un gol da pollo da Guarente. Ecco, perfetto. Uno a zero per loro. Di Vaio e Zalayeta non prendono un pallone, Mutarelli nel mez-
zo cammina, in pratica, e rischia l’espulsione. Ma l’espulsione, invece, se la prende Pellegrino all’ultimo minuto del primo tempo. In un modo assurdo: Modesto calcia
un angolo, Pellegrino trattiene Portanova, l’arbitro fischia il rigore, Pellegrino insulta l’arbitro, l’arbitro lo caccia. Poi nota il guardalinee, che gli sta dicendo da mezz’ora
che la palla calciata da Modesto è uscita sul fondo. Annulla il rigore per il Bologna, quindi, ma l’espulsione no. Quella ormai è scolpita nella pietra. Secondo tempo: esce
Mutarelli per Casarini, poi entra Adailton, ma non succede niente. Il Bologna non tira in porta, l’Atalanta sfiora il raddoppio due volte. Tutti quanti vorremmo Gimenez, che
almeno crea il caos. Entra Gimenez, finalmente. Troppo tardi, forse. Mancano pochi minuti alla drammatica fine, quando Modesto recupera un pallone, lo passa a Gime-
nez, che si destreggia in area e tira. Finalmente, qualcuno del Bologna che tira. Non un gran tiro, in verità. Un tirettino fiacco, che il portiere potrebbe provare a bloccare.
Ma non ha nessuna maglia bianca davanti, in agguato, e allora respinge corto. Ma daaaiii! sto urlando rivolto a Gimenez e al suo tirettino fiacco, ma in quel momento sul
Bologna si accende il solito stellone di maggio. Che un anno fa si chiamava Milito, quest’anno Peluso, difensore dell’Atalanta. Che su quel pallone respinto corto dal por-
tiere arriva scoordinatissimo, preoccupato. Lo tocca per sbaglio, tanto da spingerlo verso la propria porta...E a quel punto, quando il pallone varca la linea e smorza la
corsa in fondo alla rete, sotto la nostra curva, il Ma daaai! diventa uno scomposto Aaaaargh! Perché con quell’autogol, con Peluso in lacrime, la paura è finita. L’Atalanta è
retrocessa, il Bologna tira un sospiro di sollievo grande come le montagne sopra Bergamo. Delle ultime due partite di campionato non vale neppure la pena di parlare.
Ci vediamo a settembre. In serie A.
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Demop ha in mano dal preside della scuola media Alessandro

Volta. Come ci racconta Pazo, la realizzazio-
un foglio con un ne del “pezzo” (in gergo, lavoro pittorico a
spray su un muro) è stata preceduta da 4
ingrandimento delle
ex 10.000 lire, e
lezioni con gli studenti della scuola e dal-
la progettazione delle bozze su carta. “Ogni
ragazzo ha fatto dei progetti calligrafici pen-
riproduce la faccia
sando al nome della scuola, agganciando-
si al personaggio Alessandro Volta, quindi
fulmini, energia elettrica eccetera”. Demop
di Alessandro Volta ha 22 anni e ha imparato da solo, soprat-
tutto guardando le scritte dei grandi, “di chi
su un muro con una ne sa di più di lettering”. Per un writer la
lettera è un’ossessione artistica che richie-
bomboletta spray de uno studio continuo, l’assimilazione e
rielaborazione di stili e culture diverse. “La
Cultura
L’etica
dei writer
p Leonardo tancredi
festarsi, con tutto quello che ne consegue
in termini di conflitti con chi dello stesso
luogo ha altre percezioni. “Questa roba si
è sviluppata dove il territorio ha impattato
su una comunità – sostiene Moe –, le città
diventavano grandi e povere ai bordi e scri-
vere sui muri voleva dire marcare il proprio
territorio, prendersi i propri spazi. Quando
c’era meno urbanizzazione, chi si vedeva
la natura intorno pensava che il cemento
sporcasse l’erba, allora io penso che se una
multinazionale si prende uno spazio di 100
mq su un palazzone e io mi prendo uno
spazio di 10 mq sullo stesso palazzone,
qual è la discriminante? I quattrini che la
multinazionale sgancia per prenderli o la
qualità del messaggio?”. I writer hanno un
codice deontologico, poche regole ma effi-
caci: non copiare perché se no sei un “toy”,
uno scarso, e non rovinare l’arte altrui.
Tutta l’arte, compresi i portoni e i muri dei
palazzi storici. “Un qualsiasi muro grigio
che magari ha una svastica sopra – dice
Erik - sono ben felice di colorarlo e scriverci
il mio nome. In città come Bologna, Firen-
ze o Roma dove ci sono palazzi che hanno
mille anni di storia non lo farei mai, i wri-
ter amano l’arte e non ci pensano proprio
a deturpare il patrimonio artistico naziona-
le”. Erik, Moe, Demop e Pazo hanno dai 20
ai 30 anni, come tanti loro coetanei han-
no un lavoro precario e una casa che costa
buona parte del loro mensile. “Siamo pro-
prio sicuri che i muri sporchi siano il primo
problema di questa città?”.
(leonardotancredi@piazzagrande.it)

Q| Foto di Emiliano Facchinelli Kartole torna in libreria

Kartole è un libro di storie, ed è un libro con una storia. Kartole

È
giovane, si fa chiamare Demop. Po-
trebbe essere l’identikit del nemi-
co pubblico, portatore di degrado,
combattuto a suon di ordinanze da molti
sindaci d’Italia. A Bologna dal Commissa-
rio. Il Piano anti graffiti, varato dal sinda-
co breve Delbono, prevede uno sforzo di
160.000 euro e la collaborazione di Comu-
ne, Camera di Commercio, Fondazioni ban-
carie, Soprintendenze e Università. Partito
ad aprile, ha festeggiato qualche giorno
fa il primo muro pulito. Eppure l’opera di
Demop, e di quella dei suoi colleghi wri-
ter Pazo, Erik e Moe è stata commissionata
generazione precedente alla mia è stata più
influenzata dalla cultura hip hop, dalla stra-
da - dice Demop -, negli anni ’80-‘90 era
più facile fare gruppo tra breaker, rapper e
writer perché erano tutte culture di strada.
I ragazzi della mia età hanno ricevuto an-
che influenze grafiche che non c’entrano
niente col graffito”. Vent’anni fa, Bologna
guardava a New York, a Parigi, a Berlino,
spazi urbani dove lasciare il proprio segno
sulle metropolitane, sui treni, sui tetti. Con
lo stesso approccio il writing o l’aerosol art
è arrivata in Italia: arte che nasce in strada
e che ha bisogno del territorio per mani-
è Davide Fraccon, autore postumo, è la Bologna anni ’70 e ’80, è
una dichiarazione d’amore alla città, è la “balotta” e le osterie, è
l’eroina in stazione, è anche un vocabolario italiano-bolognese.
Kartole è prima di tutto l’ultimo omaggio ad un amico scompar-
so. Davide è morto il primo aprile del 2009: se lo sono portati
via piano piano una vita difficile, la droga, la malattia. Prima di
andarsene, ha lasciato i suoi manoscritti ad un amico. Li aveva
raccolti BandieraGialla, con l’aiuto di Auser, una cinquantina di
pagine per ricordare Davide e ringraziarlo di tutte le volte che si
era impegnato a dare una mano. Un successo, da cui è nata l’edizione a cura di Morel-
lini Editore, arricchita dalla prefazione dello scrittore Ugo Riccarelli, vincitore del premio
Strega. Come spiega Mauro Morellini, direttore della casa editrice che in questi giorni sta
distribuendo il libro in tutta Italia: “La scelta di pubblicare Kartole nasce dalla nostalgia:
quella di un editore, che è un bolognese doc transfuga a Milano, per una Bologna che
non c’è più, una Bologna più umana e solidale, una Bologna migliore”.
(jacopo frenquellucci)

Quando gli italiani non fanno l’italia

p rosa manrique (eks&tra)
Ogni giorno sempre c’è qualcosa o qualcuno che ti fa ricordare che sei straniero. Che la tua casa, i tuoi amici, la tua famiglia non sono lì. Perché l’esotico
è bello da vedere nei safari, allo zoo, nei musei, nei documentari. Ma non a casa tua. Gli stranieri la deturpano, la rendono pericolosa. Come puoi integrar-
ti in un posto che rifiuta l’essere diverso? Io vorrei sentirmi a casa, ogni giorno: non è questo il segnale più forte di integrazione? Aspettai per un momen-
to in silenzio guardando i mille volti diversi, chiusi gli occhi e ripensai a tanti episodi che non dimenticherò mai, come quando ero sull’autobus in direzione
del lavoro. I controllori salirono chiedendo i biglietti ai passeggeri, ma controllarono solo gli stranieri. Per tale stranezza intervenne uno con una bella tunica
colorata. Chiese che venissero controllati tutti i biglietti; i controllori si rifiutarono. Iniziarono le proteste. L’autista si vide obbligato a intervenire per il troppo
disordine. Per calmare la situazione, si cominciò a controllare tutti. Risultato: sette italiani senza biglietto. Addirittura i controllori volevano fermare l’autobus
per farglielo comprare; che scandalo! Nuovamente iniziarono le proteste. Alla mia fermata scesi indignata per la discriminazione, ma contenta di essere sta-
ta partecipe della protesta. Perché se l’Italia non la fanno gli italiani, l’Italia la facciamo noi. A scuola mi avevano detto che le razze non esistono, che la razza
viene usata spregevolmente solo per manifestare razzismo. “Ma se il razzismo c’è, le razze pure” avevo ascoltato altre volte. Chi se ne frega! Se non fosse
perché gli spagnoli arrivarono in America io non sarei qui, e sono fiera di esserci.
Tratto dal racconto “… i miei, i tuoi e di tutti gli altri”. La versione integrale è su www.eksetra.net
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on the road
15 giugno
ore 21
Etno Jazz
Pan Orchestra
Teatro Auditorium Manzoni
Via De’ Monari 1/2
Biglietto: 10 €
Il Teatro Auditorium Man-
zoni chiude la sua stagione
2009-2010 martedì 15 giu-
gno alle ore 21 con il secon-
do appuntamento dell’Etno
Jazz Pan Orchestra, dedicato
al continente da cui hanno
origine tutte le civiltà e le
culture artistiche: l’Africa.
Il viaggio dell’Etno Jazz Pan
Orchestra esplora per que-
sta occasione le tradizioni
musicali delle antiche civiltà
a nord e a sud del deserto
del Sahara.
21 maggio
10 giugno
ore 21.15
In scena i saggi
dei laboratori
Teatri di Vita
Via Emilia Ponente 485
www.teatridi vita.it
Biglietto: 7 €
Quattro saggi-spettacolo
concludono il laboratorio di-
dattico condotto da France-
sca Ballico nei mesi scorsi.
Gli allievi dei quattro corsi
(di base e avanzati) hanno
lavorato in modo creativo
su autori della drammatur-
gia contemporanea.
Fino al
13 giugno
Libri bianchi
in musica
Museo della Musica
Strada Maggiore 34
Ingresso libero
Fino a domenica 13 giugno
si tiene “Libri Bianchi”,
mostra di Lorenzo Perrone.
Sono storie, racconti senza
parole. Non c’è un titolo, un
autore, un segno che com-
paia. Solo il bianco estremo
assoluto. Allestiti nelle ve-
trine del museo, sono veri
e propri libri anonimi, che
l’artista-scultore ha spo-
gliato, privato in toto del
contenuto. Per questo pro-
cedimento Perrone ha usato
una serie di strumenti, da
sempre considerati acerrimi
nemici del libro, cioè la col-
la, il gesso, la vernice bian-
ca, i fili di metallo.
Dal 1 al 16
giugno
Chi semina vento...
Urban Center
Piazza Nettuno 3
Ingresso libero
A Bologna una mostra mul-
timediale sul futuro del
pianeta. Quali sono i peri-
coli che si corrono con la
perdita delle foreste? Cosa
può fare un cittadino attivo
per salvaguardare questo
patrimonio comune? A que-
sti interrogativi proverà a
rispondere la mostra “Chi
semina vento...”, destinata
a stimolare i cinque sensi
dei visitatori, grazie a un
allestimento botanico e
all’uso di suggestive imma-
gini e musiche.
11 giugno
ore 18.30
Festa Orfeonica
Via Broccaindosso 50
Ingresso libero
Festa di apertura dell’Arena
Orfeonica. Alle 18.30 asta
giocosa di locandine e ma-
nifesti cinematografici ori-
ginali anni 1955-1978 dalla
collezione di Pier Paolo Ron-
chetti. Banditore d’eccezio-
appuntamenti del mese
ne: Andrea Trombini. Dalle
19.30 musica tradizionale
con la compagnia Altovento.
Sarà offerto un aperitivo.
Dal 12
giugno
Arena Puccini
Via Serlio 25/2
www.cinetecadibologna.it
Come di consueto l’Arena
Puccini, lo storico “cine-
ma sotto le stelle” molto
caro al pubblico bolognese,
propone un cartellone che
raccoglie il meglio della pro-
duzione italiana e interna-
zionale uscita nelle sale dal-
lo scorso settembre a oggi,
con incontri e ospiti.
Dal 21
giugno
Cinema all’aperto
a Casalecchio
Via Marylin Monroe, 2
Casalecchio di Reno
www.cinetecadibologna.it
Anche quest’anno l’are-
na del centro commerciale
Shopville di Casalecchio
organizza la rassegna estiva,
programmata dalla Cineteca
di Bologna, con i titoli più
importanti della recente
stagione. Per la serata di
inaugurazione, “Il sorpas-
so” di Dino Risi, a ingresso
gratuito. Tra gli altri film in
programma, “Il concerto” di
Radu Mihaileanu, “L’ uomo
che verrà” di Giorgio Diritti,
“L’uomo nell’ombra” di Ro-
man Polanski. Ad agosto un
omaggio alla commedia con
brevi spezzoni di classici del
genere e una panoramica
sull’ultima produzione ita-
liana di corti d’animazione.
Dal 26
giugno
al 3 luglio
Il Cinema Ritrovato
Luoghi vari
www.cinetecadibologna.it
Biglietti: da 3 a 6 €
Ricco programma per l’edi-
zione 2010 di “Il cinema
ritrovato”. John Ford muto e
sonoro, “Singin’ in the Rain”
e tanto altro di Stanley
Donen, gli anni difficili del
dopoguerra (da “Roma città
libera” a “Caccia tragica”),
“Il gattopardo” restaurato, il
cinema del 1910, un omag-
gio a Robert Florey, dossier
su Godard, Fellini e Pasoli-
ni. Tra cinema Lumière, Ar-
lecchino e Piazza Maggiore,
torna la rassegna dedicata
al grande cinema del passa-
to, ritrovato e ristaurato dal-
la Cineteca di Bologna.
28 giugno
Bear City
Teatri di Vita
Via Emilia Ponente 485
www.teatridivita.it
è l’evento dell’anno per la
scena gay newyorkese: il
film “Bear City” di Douglas
Langway verrà presentato in
prima mondiale l’11 giugno
e due settimane dopo sarà
a Bologna. Una commedia
spigliata e divertente di un
gruppo di amici tra sesso e
sentimento. Per “orsi”, per
gay e per tutti!
Dal 9 al 14
giugno
Biografilm
Festival 2010
Luoghi vari
www.biografilm.it
Il primo festival internaziona-
le interamente dedicato alle
biografie e ai racconti di vita.
Ogni anno Biografilm pre-
senta anteprime, approfondi-
mento, retrospettive e sezioni
tematiche.
L’agenda “On the Road”, a
cura di Giuseppe Mele, vie-
ne chiusa in redazione il 25
di ogni mese. Per segnalare
eventi:
redazione@piazzagrande.it
051 342328.