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Lepisodio di Egeo nella Medea di Euripide stato per lungo tempo oggetto di discussione tra i critici, impegnati a rispondere alle questioni sollevate da un famoso passo di Aristotele, Poet. 25, 1461b 19 ss.:
ojrqh; d ejpitivmhsi~ kai; ajlogiva/ kai; mocqhriva,/ o{tan mh; ajnavgkh~ ou[sh~ mhqe;n
crhvshtai tw`/ ajlovgw/, w{sper Eujripivdh~ tw`/ Aijgei`, h] th/` ponhriva/ w{sper ejn Orevsth/, tou` Menelavou.
Il passo aristotelico stato perlopi considerato una critica allentrata di Egeo, che sarebbe stata troppo debolmente collegata col resto
della trama della Medea; come spiega bene Mastronarde 2002, p. 282:
More likely, Aristotle had in mind the fact that not only is there no
preparation whatever for the entrance of Aegeus in particular, but Aegeus journey is not intrinsically related either to Corinth or to Medea
[] and he departs with his ignorance uncured [] Since the plot of
Medea is otherwise concentrated and single, Aegeus arrival stands out
sharply1 . Queste sono le difficolt di interpretazione che, sulla base
1
SCHMID 1940, pp. 365366 e n. 9, riferendosi a Egeo, parlava di mangelhafte Begrndung seines Auftretens, osservando come questa difficolt fosse stata sentita e risolta dagli autori successivi che si ispirarono a Euripide. Infatti, Neofrone (poeta tragico, probabilmente del
IV sec. a. C., autore di una Medea; vd. SNELL, KANNICHT 1986, pp. 92 ss.) porta Egeo a Corinto apposta per interrogare Medea sulloracolo; notevole che, mentre la maggior parte degli
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gedia a cui esso appartiene, a meno che i due nomi non coincidano,
oppure lassociazione del personaggio (o della situazione in cui esso si
trova) con un determinato dramma non sia talmente caratteristica da
rendere inutili ulteriori specificazioni, o, infine, che la citazione non sia
talmente estesa da non lasciare spazio a dubbi3 . Luso del semplice tw/`
Aijgei` da parte di Aristotele farebbe quindi pensare che egli si riferisca
allEgeo, citando il nome del personaggio che contemporaneamente d
il titolo al dramma; se lespressione non si intende cos, bisogna ammettere perlomeno che ambigua, il che sembra in contrasto con la
precisione, pur relativa, dimostrata dal filosofo nelle altre citazioni. In
che senso egli potesse parlare di ajlogiva nellEgeo di Euripide, non
chiaro, perch la tragedia ci giunta in forma frammentaria. Anche se i
critici ritengono generalmente che per ajlogiva Aristotele intendesse una
mancanza di logicit sul piano strutturale della tragedia, non cos sicuro che il termine non potesse riferirsi anche alla caratterizzazione di
un personaggio, cio al suo modo di comportarsi. Aristotele infatti appaia Egeo con Menelao, che viene evidentemente criticato come personaggio, per la sua malvagit4 ; inoltre, il filosofo ha appena parlato
del modo in cui dipingeva i personaggi Zeuxi (25, 1461b 1214) e,
ancor prima (15, 1454a 33 ss.), ha spiegato che anche nella costruzione
dei personaggi bisogna ricercare lajnagkai`on o leijkov~ 5 . In 25, 1461b
20 ss., Aristotele rimprovera appunto a Euripide di essersi servito
della[logon con Egeo mh; ajnavgkh~ ou[sh~, senza una vera necessit poetica. Viceversa, se c un valido fine poetico, il tragediografo pu servirsi anche della[logon, come Aristotele ha spiegato a 24, 1460a 1114:
3
In base a questi criteri si spiegano casi come: a) 11, 1452b 38: si parla del riconoscimento tra Ifigenia e Oreste, avvenuto per mezzo della lettera: che si tratti dellIfigenia Taurica di
Euripide si evince dal fatto che la lettera solo in questo dramma; b) 14, 1453b 2730: come
esempio degli antichi poeti, citato Euripide, per aver portato in scena Medea che uccide i
propri figli: la tragedia evidentemente la Medea; c) 16, 1455a 2629: lassociazione tra il nome del tragediografo, Carcino, e lazione compiuta dal personaggio, Anfiarao che usciva fuori
dal tempio, doveva essere sufficiente a indicare al lettore di quale tragedia si trattasse (senza
contare la possibilit che il dramma si intitolasse per lappunto Anfiarao). La menzione del riconoscimento tra Oreste e Ifigenia in Poliido (16, 1455a 68) di difficile interpretazione, in
quanto sappiamo che Poliido era ditirambografo, ma che abbia scritto anche tragedie risulta
solo da questa testimonianza di Aristotele (vd. SNELL, KANNICHT 1986, pp. 2489).
4
Questa osservazione si trova gi in BUTTREY 1958, p. 1.
5
crh; de; kai; ejn toi`~ h[q esin oJmoivw~, w{sper kai; ejn th/` tw`n pragmavtwn sustavsei, ajei; zhtei`n h]
to; ajnagkai`on h] to; eijkov~
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dei` me;n ou\n ejn tai`~ tragw//divai~ poiei`n to; a[logon, di o} sumbaivnei mavlista to; qaumastovn Se, dunque, a 25, 1461b 19 ss. to; a[logon va rife-
Cos traduce ajlogiva GALLAVOTTI 1999, p. 259, nellindice dei termini tecnici, ma non
nel testo.
7
Su questaspetto insistono P AGE 1964, p. XXIX e ad v. 663 e SCHLESINGER 1966, pp.
46 ss. (ma cfr. anche MASTRONARDE 2002, p. 283).
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sulla centralit del ruolo dei bambini8 . Invece, fuor di dubbio che
lintervento del re di Atene risolva il problema di Medea, da lei formulato ai vv. 38688, circa la necessit di trovare un luogo dove rifugiarsi
una volta compiuta la vendetta. Il pubblico conosceva, probabilmente, una versione del mito in cui Medea, dopo linfanticidio, si trasferiva
ad Atene e sposava Egeo (a proposito di questa tradizione, cfr. infra),
ma lincontro a Corinto tra Egeo e Medea non attestato prima della
nostra tragedia, per cui si ritiene generalmente che esso sia uninvenzione di Euripide9 . Euripide non era dunque obbligato a includere Egeo
nelle vicende di Corinto, tanto pi attraverso una soluzione drammaturgicamente azzardata come quella che ha scelto10 . Anche la volont
di tessere le lodi di Atene poteva costituire, in vista di questa scelta,
una motivazione senzaltro importante, ma non certo lunica11 . Pi significativo invece il fatto che Egeo costituisca un modello positivo rispetto ad alcuni aspetti del comportamento di Giasone, come stato
giustamente rilevato sia da Dunkle e Kovacs, che pongono in rilievo alcuni parallelismi tra i due personaggi, sia da Mastronarde, che sottolinea come Egeo, a differenza di Giasone, rispetti i giuramenti12 . Questa
linea di interpretazione non stata per adeguatamente sviluppata. Da
unanalisi pi puntuale del testo emerge infatti che il re di Atene rappresentato in modo tale da costituire lesatto contrario di Giasone, sotto tutti i punti di vista. Esaminiamo gli elementi che dovevano indurre
il pubblico a recepire questa contrapposizione.
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Che il rapporto di filiva che lega Medea e Egeo sia ambiguo e passibile di essere interpretato tanto come amicizia quanto come legame matrimoniale ha notato MLLER 2001, pp.
48790. La studiosa indica anche alcuni aspetti sotto i quali Egeo complementare a Giasone: malgrado non abbia figli dalla moglie, le resta fedele e cerca laiuto delloracolo di Delfi,
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d) Egeo, mentre si mostra corretto verso i fivloi, contemporaneamente presentato come scrupoloso verso il diritto dei supplici e le
leggi dellospitalit, al contrario di Giasone, che come ospite, in Colchide, ha dato pessima prova di s, portando via la figlia del re (vv.
256 e 483) e meritandosi perci di essere definito da Medea xeinapavth~, ingannatore degli ospiti (v. 1392). Egeo invece lospite ideale, non solo nel dare, ma anche nel ricevere ospitalit: promette infatti di proteggere Medea una volta che sia giunta ad Atene, ma prima,
per non offendere i propri ospiti, vuole assicurarsi che la donna si allontani con mezzi suoi da Corinto. Questa richiesta viene solitamente
interpretata come una spia del carattere in fondo pusillanime di Egeo,
ma a ben vedere motivata dalla situazione drammatica nella quale
inserita. Il re di Atene si trova in terra straniera, quindi sotto la giurisdizione altrui, e sta promettendo aiuto alla supplice Medea, che a questa
giurisdizione desidera sottrarsi. Egli sa che la donna invisa alla casa
reale, tanto da essere stata bandita da Corinto. Ma, fintanto che Medea
rimane nella citt, ella soggetta alle leggi e al potere regale di Corinto,
rispetto ai quali Egeo, ospite della povli e quindi di Creonte che ne il
sovrano, non vuole mostrarsi in opposizione. una situazione analoga
a quelle che si incontrano in altre tragedie di supplica, dove di solito
gli araldi pretendono di strappare con la forza i supplici dalla citt che
ha accettato di accoglierli e detiene quindi lautorit su di loro: quanto accade, per esempio, nelle Supplici di Eschilo, nellEdipo a Colono
di Sofocle e negli Eraclidi e nelle Supplici di Euripide. Proprio in
Soph. OC 92428, Teseo, opponendosi al tentativo di Creonte di ricondurre Edipo a Tebe contro la sua volont, afferma che egli stesso,
se si trovasse a Tebe, non porterebbe via le persone, ma si comporterebbe da ospite corretto. Nella Medea, dunque, Egeo si preoccupa di
non violare le prerogative del potere costituito di Corinto, infrangendo
cos la legge dellospitalit. Viceversa, Medea, dal canto suo, richiede
tante garanzie perch Egeo, una volta che lei si trovi ad Atene, abbia
buoni argomenti da opporre alle richieste dei suoi nemici. Egeo ha infatti appena biasimato il comportamento di uno straniero che pretenda di intervenire negli affari di una povli che non la sua (e Medea,
fintanto che si trova a Corinto, affare di questa citt e del suo re, Creonte). Medea prospetta la situazione opposta: il re di una determinata
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citt riceve la richiesta, da parte di un altro re, di consegnargli un nemico rifugiatosi presso di lui (esattamente come avviene nelle tragedie
che abbiamo prima citato). In questi casi, il re straniero invia il suo araldo a reclamare la restituzione del ricercato (Medea teme infatti
che Egeo ceda agli ejpikhrukeuvmata di Creonte o dei familiari di Pelia), mentre il re che offre asilo rifiuta di consegnare il suo protetto,
perch lo ha accettato come supplice. Normalmente, questo accade
perch il supplice ha fatto leva su un legame di parentela, sullobbligo
di restituire una cavri~, o anche sulla legge divina. Medea ha gi supplicato, con successo, Egeo: non potendo vantare vincoli di sangue con
lui, n chiedergli di ricambiarle una cavri~, si appellata alla sua compassione e gli ha promesso, come contraccambio, filtri contro la sterilit. Ma questi argomenti non sono da lei ritenuti abbastanza forti, il che
si spiega anche e soprattutto alla luce delle azioni cruente che ha compiuto e sta per compiere (lassassinio di Pelia, di Creonte, della sposa
di Giasone e dei propri figli) e che potrebbero causare, in futuro, la richiesta di vendetta da parte dei suoi nemici. Medea si appella allora alla legge divina, coinvolgendo gli di come garanti del comportamento
del suo futuro ospite e dunque richiedendogli un giuramento16 .
Dallaltra parte, Egeo sembra condividere implicitamente questo ragionamento, quando risponde a Medea che il giuramento vantaggioso per entrambi: per la donna, perch la sua posizione diviene pi salda, e per lui stesso, che ottiene un valido pretesto per non restituirla. A
maggior ragione, quindi, il re di Atene appare pronto a difendere,
quando sar il momento, la sua supplice e ospite.
Oltre a tutti questi richiami terminologici e drammatici, per cui appare chiaro che Egeo praticamente un antiGiasone, vanno considerati altri elementi, che precisano questa contrapposizione, estendendola
anche al di l del tempo della tragedia, quando Medea sposer Egeo.
In questo senso, Egeo contrapposto a Giasone, ma gli anche omologo. Infatti, come abbiamo detto, esisteva a Atene una tradizione per
cui Medea, rifugiatasi presso Egeo, ne diveniva la sposa e gli dava an16
Mi sembra che il giuramento sia pienamente motivato alla luce di queste ragioni e non si
debba quindi spiegare solo con la tendenza di Medea a legare a s tramite giuramenti i personaggi maschili con i quali si confronta, per affermare la sua superiorit su di loro, come ritiene,
semplificando la questione, MASTRONARDE 2002, p. 283.
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che un figlio. Euripide stesso aveva portato in scena questo mito nel
suo Egeo, dove Medea, moglie (o concubina) del re di Atene, cercava
di impedire il riconoscimento tra questi e il figlio Teseo, attentando alla vita del giovane17 . possibile che questa tragedia sia anteriore alla
Medea, ma la questione della priorit delluna o dellaltra, allo stato attuale delle nostre conoscenze, irresolubile18 . Comunque stiano le cose,
che Euripide si autocitasse o meno, egli alludeva con ogni probabilit a
un patrimonio mitico noto al suo pubblico (v. n. 14). In questa direzione indirizzano anche due termini che il poeta fa pronunciare a Medea. Al momento di supplicare Egeo, Medea chiede di essere da lui
accolta dovmoi~ ejfevstion (v. 713); ejfevstio~ un termine normalmente
utilizzato per definire il supplice che chiede asilo sedendo presso il focolare della casa dellospite19 . Ma, nel caso di Medea, il termine si presta ad assumere implicazioni ulteriori. La donna greca, infatti, al momento del matrimonio si configurava come una straniera che doveva
essere accettata nella casa del marito e questo passaggio veniva sanzionato per lappunto presso il focolare della casa20 . jEfevstio~ potrebbe
17
SullEgeo di Euripide, vd. SCHMID 1940, pp. 37576; WEBSTER 1967, pp. 7780;
ALION 1986, pp. 22122; JOUAN, VAN LOOY 1998, pp. 113. possibile, ma non certo,
che nella versione euripidea fosse incluso il figlio che alcune fonti attribuiscono a Medea e a
Egeo, Medos, il quale, dopo la cacciata di Medea da Atene, la avrebbe seguita in esilio nella
terra dei Medi, che proprio da lui avrebbero tratto il loro nome (v. ps. Apollodoro, Bibl. I 9,
28; Pausania, II 3, 8; Igino, fab. 275).
18
Quanto alla data di rappresentazione del dramma, si ritiene generalmente che lEgeo sia
anteriore alla Medea, sulla scia di Webster, che lo datava al 450 a. C. circa (WEBSTER 1965,
pp. 51920; 1966, pp. 11220; 1967, pp. 7980). Diversamente, sulla base di una serie di
raffigurazioni iconografiche, SHEFTON 1956, pp. 15963, ha proposto una data intorno al
430; infine, i risultati dellanalisi metricologica di CROPP, FICK 1985 non permettono una datazione pi precisa, indicando un lasso di tempo che va dal 455 al 430 a. C. Verso la data pi
alta farebbe propendere losservazione di SERVADEI 2005, p. 65, per cui nelle raffigurazioni
vascolari della I met del V sec. lattenzione dei ceramografi concentrata sullincontro tra
padre e figlio, per focalizzarsi in seguito, dopo il 450, su altri elementi: questo lascerebbe pensare per quanto possa valere una considerazione del genere che, se un qualche collegamento pu istituirsi tra le raffigurazioni iconografiche e la rappresentazione della tragedia euripidea, esso debba risalire piuttosto a unepoca in cui era particolarmente enfatizzato il riconoscimento tra padre e figlio, fulcro, a quanto ne sappiamo, dellEgeo di Euripide.
19
Per es. in Hdt. I 35; Aesch. Eum. 577 e Suppl. 365 e 503; Soph. OT 32; cfr. LSJ s. v. I.
20
Cfr. GOULD 1973, pp. 9798, che sottolinea come le condizioni di straniero e supplice
(cio xeniva e iJketeiva) spesso vengano a coincidere, in quanto entrambe permettono a qualcuno esterno a un determinato gruppo di esservi accettato, creando un legame di reciprocit
(cavri~) tra le persone coinvolte. quello che succede a Medea, che supplica Egeo e gli offre,
in cambio della xeniva richiesta, il suo aiuto per procreare dei figli.
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HUNTER 1989, ad vv. 111517, nota appunto che Apollonio ricorda da vicino il passo
della Medea (vv. 446626) dove leroina rimprovera a Giasone il tradimento delle promesse
fatte in Colchide.
22
LSJ s. v., 2; LACEY 1968, p. 110 (dove si rinvia a Polluce, 3, 44); VERNANT 1981, p.
52. Per quanto riguarda Medea, questa implicazione stata segnalata anche da MASTRONARDE 2002, p. 384.
103
Questa funzione di Egeo stata espressamente richiamata da ERBSE 1966, pp. 120
133, e da SFYROERAS 1994, pp. 12542, che discute per lappunto gli aspetti tragicamente
ironici dellintervento di Egeo; di Egeo come saviour king parla DUNKLE 1969, pp. 105
106, che evidenzia per la diversit di comportamento tra questo re e quelli che agiscono da
salvatori in altre tragedie di Euripide. GARZYA 1962, p. 46, ritiene Egeo un salvatore non
allaltezza del ruolo e adduce a riprova i vv. 79899, dai quali, a suo avviso, emergerebbe che
Medea non pu aspettarsi nulla dalle promesse di Egeo. KOVACS 1993, pp. 58 ss., considera
Egeo soprattutto nella sua veste di salvatore, ritenendo Zeus responsabile del suo arrivo, in risposta alle invocazioni di Medea (un possibile coinvolgimento degli di non escluso da MASTRONARDE 2002, p. 282).
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Questa traduzione presuppone che a v. 64 si conservi la lectio tradita pauvsh/ (lett. cesserai) come fa la maggior parte degli editori, a eccezione di Diggle, che accoglie invece
lemendamento di Schmidt, peivsh/ (obbedirai).
25
Secondo HALLERAN 1985, pp. 56 s., invece, Euripide intendeva rafforzare lattesa creata dalla profezia di Apollo preparando implicitamente lingresso di Eracle attraverso il canto
corale che lo precede (in particolare, i vv. 45559); Halleran (pp. 57 s.) ritiene di poter rilevare una preparazione implicita di questo tipo anche per larrivo di Egeo nella Medea, suggerito
dallo stasimo precedente (vv. 655662). Sembra significativo, tuttavia, che Euripide usi in
questi casi proprio forme di preparazione implicite e non altre, che pure aveva a disposizione. In questo senso, le analogie fra lAlcesti e la Medea sono senza dubbio rafforzate.
26
Come accade di frequente, queste informazioni sono fornite durante una sticomitia.
KOPPERSCHMIDT 1967, p. 133, sottolinea come esista un pattern comune a diverse tragedie
105
iter verso una meta diversa dalla citt dove ambientata la tragedia,
per cui il personaggio soltanto un viaggiatore di passaggio: Eracle si
sta dirigendo in Tracia da Diomede per compiere una delle sue fatiche
(Alc. 6667 e 483), mentre Egeo si reca da Pitteo a Trezene per interpellarlo circa linterpretazione delloracolo ricevuto da Apollo (Med.
68385). NellAndromaca, Oreste, anche se alla fine della scena si scoprir che la sua reale intenzione era portar via Ermione per poi sposarla, al momento del suo arrivo spiega al Coro di essere in viaggio verso
Dodona per consultare loracolo di Zeus e di essersi fermato a Ftia per
salutare la cugina (vv. 88490).
c) Segue una scena di supplica, in cui un altro personaggio implora
quello appena giunto di intervenire in suo soccorso (Bittrhesis): nella
Medea, la protagonista prega Egeo di offrirle rifugio e protezione
quando partir in esilio da Corinto (vv. 709 ss.); nellAndromaca Ermione chiede a Oreste di portarla via da Ftia, per timore dellira di
Neottolemo (vv. 891 ss.). La situazione dellAlcesti in parte diversa,
perch Eracle decide autonomamente di salvare Alcesti, non appena
apprende della sua morte (vv. 837 ss.). Ancora una volta, si nota come
la struttura dellAlcesti tenda al rinvio dello scioglimento del nodo tragico: infatti, ai vv. 509550 Admeto interrompe il dialogo con Eracle,
invitando lospite a entrare in casa (v. 546) e facendo slittare lavvio
dellazione soterica al dialogo tra Eracle e il Servo, ai vv. 840 ss.27
euripidee, per cui allentrata del salvatore segue una sticomitia, interrotta da una Bittrhesis
(che viene introdotta da ajllav, perch di solito il nuovo arrivato nota la faccia triste dellaltro:
cos per es. in Alc. 512); la preghiera porta poi allazione di salvazione. Kopperschmidt (p. 133
n. 7) cita a esempio Med. 663 ss., Andr. 906 ss., Hec. 725 ss. (Ecuba e Agamennone), Suppl.
113 ss. (Adrasto e Teseo), Or. 380 ss. (Oreste e Menelao), IA 897 ss. (Clitemestra e Achille) e
HF 1229 ss. (Eracle e Teseo). Secondo HAMILTON 1978, p. 295 n. 49, questa struttura sarebbe riscontrabile solo negli interventi dei cosiddetti thirdparty saviours, quindi non nelle azione soteriche di Eracle nellEracle, Peleo nellAndromaca, Pilade nellOreste, giacch tutti questi salvatori sono coinvolti in prima persona nella vicenda drammatica.
27
Cfr. KOPPERSCHMIDT 1967, p. 133 n. 7. HAMILTON 1978, p. 295 n. 49, osserva che
solo nellAlcesti mancano Bittrhesis e conseguente azione salvifica, ma Kopperschmidt (p.
144) spiega questo col fatto che la swthriva non pu ancora aver luogo, perch il salvatore
non informato dei fatti. Hamilton, inoltre, osserva che il pubblico doveva essere indotto, sia
dallarrivo del salvatore che dalla faccia triste di Admeto, ad aspettarsi la Bittrhesis e il salvataggio di Alcesti, per cui le sue attese venivano parzialmente frustrate (questo assunto poggia
per sul presupposto, indimostrabile, che prima dellAlcesti lo schema della supplica individuato da Kopperschmidt fosse gi stato utilizzato).
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lemo, il quale muore vittima delle trame di Oreste senza mai essersi
trovato faccia a faccia con lui; Eracle, infine, si scontra s con Thanatos,
ma non in una contesa verbale, bens a livello fisico e dunque, ovviamente, non sulla scena. A tutto questo si pu aggiungere che, nelle nostre tre tragedie, il nemico non un cattivo, quale si incontra in altri
drammi, euripidei e non (per esempio, un Euristeo o un Lico). Non si
pu infatti inserire in un simile novero Creonte, che agisce per tutelare
gli interessi suoi e della figlia (a ragion veduta, come appare dagli esiti
del dramma), ma neppure Giasone, perch, se vero che nella prima
parte della Medea siamo portati a provare antipatia per lui, egli non
tuttavia uno spietato persecutore della protagonista, quanto piuttosto
un cinico egoista, che avrebbe voluto, in un primo momento, far rimanere Medea a Corinto, presumibilmente come amica (vv. 45556), e
poi, quando ella viene cacciata dalla citt, le offre dei contrassegni da
presentare ai suoi ospiti per trovare rifugio (vv. 610 ss.). Anche
nellAndromaca, Neottolemo, bench il suo ritorno sia tanto temuto
da Ermione (vv. 8089, 85657, 91920, 92528 e 990), non solo non
torner vivo a Ftia, ma non pu essere certamente considerato un acerrimo nemico della moglie29 . Ancora una volta, lAlcesti sembra costituire un caso a s, dato il modo in cui viene rappresentato Thanatos,
freddo e spietato; tuttavia, non si deve dimenticare che egli un dio,
quindi non includibile sic et simpliciter nella categoria dei malvagi, e
soprattutto svolge la funzione di rappresentare scenicamente la necessit tragica che si abbatte su Admeto.
Oltre allassenza di un cattivo nei nostri drammi, bisogna sottolineare il fatto che in Medea e Andromaca la scena di supplica che segue
lingresso del salvatore di passaggio corrisponde a una scena analoga occorsa in precedenza: nella Medea la supplica della protagonista a Creonte
perch la lasci rimanere a Corinto un giorno ancora (vv. 340 ss.),
nellAndromaca quella dellinfelice eroina nei confronti di Peleo, perch
sottragga lei e suo figlio allira di Ermione e Menelao (vv. 572 ss.).
NellAlcesti, pur trovando, come abbiamo gi osservato, unazione sal29
Ermione cade in preda al terrore del ritorno del marito, una volta fallito il tentativo di
eliminare Andromaca e Molosso, ma la sua paura ingiustificata, come sottolineato anche
dalla Nutrice, che a pi riprese cerca di sedare lestrema agitazione della sua pupilla, rassicurandola sul fatto che il marito la perdoner certamente (vv. 840 e 86973).
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vifica non preceduta da supplica, abbiamo ugualmente una reduplicazione nelle scene EracleAdmeto/EracleServo (vv. 476605 e 747860)30 .
Daltra parte, il pattern si presenta relativamente lasco, soggetto a
variazioni: le sue realizzazioni sono determinate dai diversi contesti
drammatici e presentano tra loro una serie di differenze. Da un punto
di vista funzionale, esso marca innanzitutto uno snodo cruciale nella vicenda tragica. Non a caso, lintervento del salvatore di passaggio ha
luogo sempre intorno alla met del dramma. In particolare, a proposito dellepisodio di Egeo stato sottolineato come anche la sua collocazione alla met della tragedia (nel III episodio) indichi che esso costituisce un punto di svolta: dopo il suo arrivo, infatti, Medea passa
allattuazione della sua vendetta31 . NellAlcesti le due scene con Eracle
30
La duplicazione della scena di supplica nella Medea risponde evidentemente
allesigenza di stabilire una simmetria nella successione delle strategie poste in atto da Medea
per assicurare il compimento della sua vendetta, nonch alla volont di Euripide di rappresentarla in posizione di superiorit intellettuale di fronte ai personaggi maschili con i quali entra
in contatto (dato sottolineato da MASTRONARDE 2002, p. 283). NellAndromaca, la seconda
scena di supplicasalvazione, se non da ritenere proprio una sorta di parodia della prima,
come vuole LLOYD 1994, p. 5, costituisce sicuramente una controparte ironica della scena
AndromacaPeleo, come suggeriscono alcuni echi linguistici tra i due passi (57273/892,
74849/891) e come, pi generalmente, si evince dalla struttura stessa della tragedia, giocata
su un complesso intrico di parallelismi e contrasti, spesso allinsegna dellironia tragica; cfr., oltre a LLOYD 1994, p. 5, VELLACOTT 1975, pp. 32 ss. (soprattutto pp. 3840, anche se
lanalisi delle implicazioni ironiche della scena OresteErmione lascia spazio a alcune perplessit); LEE 1975, pp. 416; BURNETT 1971, cap. 6, passim; STROHM 1957, pp. 11113. La
polarit supplicepersecutore ritenuta il filo conduttore della tragedia da KOPPERSCHMIDT
1967, pp. 17478, che dunque considera la supplica di Ermione a Oreste come lo specchio
dellinversione dei ruoli di vincitore e vinto: Ermione, che perseguitava Andromaca, schiava
della stirpe dei Troiani sconfitti, adesso si trova a supplicare essa stessa per la propria salvezza,
poich convinta che la posizione di Andromaca sia divenuta pi salda della sua. BURNETT
1971, pp. 144 ss., nota che, seppur siamo nellambito di una scena di salvazione, a fronte della normale disperazione delleroina, manca una vera ed estesa definizione della violenza che la
minaccia; inoltre, il cattivo, che non si vede in scena, cio Neottolemo, ha un carattere nobile e giusto, e questo significa che il salvataggio di Ermione da lui si configura gi in partenza
come unoperazione vana, sia eticamente che drammaticamente; infine, Oreste sa gi che Neottolemo morto o sta morendo, potrebbe rassicurare Ermione, ma non lo fa, lasciandosi
supplicare da lei, mentre in realt non ce n alcun bisogno. Il fatto che Neottolemo non sia
un vero malvagio emerge bene anche dal confronto con la prima scena di supplica, dove, a
differenza che nella seconda, troviamo due veri cattivi, Menelao e la stessa Ermione.
31
BUTTREY 1958, pp. 510, sottolineava la struttura tripartita della Medea, nella quale la
scena di Egeo funge da cerniera: al principio c una parte statica, nella quale le sofferenze di
Medea aumentano man mano, inducendo Coro e spettatori a provare simpatia per lei; al centro si trova lepisodio di Egeo; la terza parte dinamica ed caratterizzata dalle azioni violente
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Euripide siano comparsi la paternit divina di Ione e con essa lambientazione a Delfi e gli
elementi che con tale ambientazione sono connessi, in particolare il ruolo della Pizia
nellallevare il trovatello e nel permetterne il riconoscimento da parte di Creusa. Cfr. OWEN
1939, pp. IX ss., e P ELLEGRINO 2003, in particolare pp. 9396.
38
Nel caso dellAndromaca, sia il passaggio di Oreste per Ftia, che il suo coinvolgimento
nella morte di Neottolemo hanno ottime possibilit di essere uninvenzione di Euripide: nella
tradizione precedente (ma anche nellOreste euripideo, v. 1656), infatti, Neottolemo muore
per mano degli abitanti di Delfi, presso loracolo di Apollo, al quale era andato a chiedere
conto della morte del padre; a proposito del suo soggiorno a Ftia, inoltre, lo scolio a Andr.
885 ci avverte che, secondo Didimo, questa circostanza era falsa e non credibile: cfr. ALLAN
2000, pp. 24 ss.; LLOYD 1994, p. 2; S TEPHANOPOULOS 1980, pp. 6567; BURNETT 1971,
p. 145 (dove la studiosa osserva che Euripide ha reso la scena Ermione/Oreste persino fuori
dei contesti mitici stabiliti).
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Questa deduzione appare motivata dai riferimenti allepisodio presenti sia in Aesch.
Eum. 723 ss. sia in Eur. Alc. 12, in entrambi i casi accenni cursori, che fanno pensare a una
storia gi nota al pubblico ateniese.
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Lidia Di Giuseppe
Il frammento viene di solito interpretato come parte di una descrizione dello scontro tra Eracle e Thanatos, che dunque sarebbe stato
presente anche in Frinico40 : tuttavia, questo assunto basato solo sul
paragone con Euripide, come gi in passato alcuni critici hanno segnalato41 . Del mito prima di Euripide sappiamo poco, ma Lesky 1925
(un lavoro rimasto fondamentale) ha spiegato come la storia di Alcesti
derivi da un motivo favolisticopopolare, diffuso anche presso popoli
non greci e tuttora attestato in canti popolari, nella Germania del nord,
a Trapezunte e in Armenia: nel mito originario, la Morte si presentava
il giorno delle nozze a reclamare lo sposo, ma la sposa, per salvarlo, offriva la sua vita; allora, lo sposo combatteva con la Morte e recuperava
la sua amata. Il coinvolgimento di un terzo personaggio, Eracle, come
salvatore, uninnovazione successiva, ma non affatto certo che essa
fosse presente gi nellAlcesti di Frinico, su cui sappiamo cos poco da
dubitare anche se non fosse un dramma satiresco. Proprio le osservazioni condotte sinora a proposito del pattern del salvatore di passaggio sembrano costituire un elemento in favore della tesi che appunto
con Euripide il coinvolgimento di Eracle sia divenuto parte integrante
del mito. Se ipotizziamo, infatti, che, almeno per quanto riguarda la
tragedia, prima di Euripide Eracle non fosse coinvolto nella storia di
Admeto e Alcesti, troviamo una spiegazione non solo per lutilizzo del
pattern di cui abbiamo parlato, come modo per attirare lattenzione
del pubblico sullimportanza data al personaggio e al suo ruolo nella
vicenda, ma anche per la particolare impostazione della tragedia, dove
tanta parte ha la legge della necessit che si abbatte su Admeto, che
pu agire su di lui in modo pienamente tragico solo in quanto egli beneficia del sacrificio di Alcesti e non pu fare altro che accettarlo passivamente: Admeto non pu intervenire direttamente per salvare la mo40
Infatti, interpretando ajqambev~ come ajnaidev~, deduciamo che a portare lattacco deve
essere Eracle, che compie unazione simile a quella prospettata in Eur. Alc. 846 ss.; cfr. SNELL,
KANNICHT 1986, p. 73. Di questo parere la maggior parte dei critici, per es. WILAMOWITZ
1921, p. 93; D ALE 1954, pp. XIIXIV; LESKY 1956, p. 46; S TEPHANOPOULOS 1980, pp.
4748; BRILLANTE 2005, pp. 10 ss.
41
BERGK 1884, p. 498; EBELING 1898, pp. 7477; CONACHER 1967, pp. 332333 e
1988, pp. 30 ss.; KAPSOMENOS 1963, pp. 3536 nota che Euripide preannuncia lintervento
di Eracle nel prologo, attraverso lallusione di Apollo (vv. 65 ss.), come se fosse una soluzione
della vicenda nuova per gli spettatori.
113
glie, come lo sposo della fiaba originaria; perci, perch Alcesti venga
salvata, necessario lintervento di un altro personaggio, che risolva la
vicenda e contemporaneamente permetta a Euripide di caratterizzare
Admeto secondo i suoi desideri42 . Nel buio quasi totale in cui ci muoviamo a proposito del trattamento del mito di Alcesti prima di Euripide, queste non possono che rimanere supposizioni, tuttavia in qualche misura confortate dallosservazione condotta sulla struttura delle
scene di supplica e sulla funzione drammatica, di primo piano, che Euripide sembra aver voluto riservare alla figura che abbiamo definito
salvatore di passaggio.
42
114
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