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to, con Ermete Trismegisto, furono degli antichi sapienti persiani che, possedendo
una conoscenza esoterica dellunit del principio divino, costituirono una tradizione
nascosta allinterno della comunit zoroastriana. Peraltro, Sohravard mutu, dallo
zoroastrismo, langelologia e il dualismo luce-tenebra che a fondamento della sua
ontologia [...] Secondo la visione israq [...] Dio avrebbe rivelato la teosofia a
Idrs-Hermes, il quale lavrebbe comunicata agli uomini. La scuola ermetica si sarebbe in seguito divisa in due branche: quella persiana e quella egiziana.
Lermetismo egiziano pass alla Grecia (ma i greci avrebbero preso solo la parte
corrotta del pensiero originario, perch non ne avrebbero saputo interpretare la
scrittura simbolica). LIslm avrebbe dunque assunto la teosofia sia dalla Persia
che dalla Grecia.
5 Nel XIII secolo, il filosofo bizantino Gemisto Pletone (Costantinopoli, 1355
ca - Mistra, Sparta, 1452) associ i nomi di Zarathustra e Platone. Gemisto Pletone fond a Mistra una scuola filosofica in cui si affermava la superiorit del pensiero platonico su quello aristotelico. Cfr. G. GEMISTO PLETONE, Delle differenze fra Platone ed Aristotele, tr. it. di M. Neri, Rimini 2001.
6 Cfr. CORBIN, LHomme et son ange, Paris 1983, p. 41 ss.
7 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Prologue, p. 88.
8 Cfr. SOHRAVARDI, Il libro del verbo del sufismo, in ID., LArcangelo purpureo, tr. it. di P. Favoni, Milano 1990, p. 110: Presso gli antichi Persiani, esisteva una
comunit i cui membri erano guidati dal Vero, in grazia del quale praticavan
lequit (7, 159): Saggi eminenti, da non confondere coi Magi [Majus]. Praticavano
una filosofia della Luce, di cui testimonia Platone, e ancor pi gli antichi Maestri che
abbiam fatto rivivere nel nostro Libro della Teosofia orientale. Ed certo che non ho
predecessori in unopera come questa.
9 Cfr. CORBIN, LIran e la filosofia, tr. it. di P. Venuta, Napoli 1992, p. 118.
10 SOHRAVARDI, op. cit., Prologue, p. 89.
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della
luce sulle tenebre, grazie alla quale pu risplendere la fonte orientale, la Luce di gloria che lAvesta18 designa come Xvarnah (persiano
Khorrah).19
steso, lisraq il disgelarsi del mondo celeste intelligibile nellanima del saggio
che si trasforma in sapere che orienta: laurora [...] Questa conoscenza non dipende
dal discorso dialettico o dalle norme della logica, ma da unalba illuminativa che
permette che la sapienza sorga per se stessa nellanima. Si stabilisce cos un circolo chiuso dalle caratteristiche estatiche e magiche: se lanima non si rende presente
a se stessa non le pu essere presentato il sapere trascendentale; ma se questo
non albeggiasse sullanima, questa non potrebbe autoscoprirsi per ci che realmente . A questo fine luomo ha la possibilit di offrire un suo contributo: dovr liberarsi dallesilio occidentale [sc. dal mondo della materia].
18 LAvesta il testo sacro dello zoroastrismo, composto in lingua anticoiranica, che rappresenta soltanto una parte della raccolta originaria, tramandata oralmente per molti secoli. Il termine Avesta la traslitterazione del pahlavico apastak (ci che fissato, stabilito, definito). Cfr. Avesta, tr. it. di A. Alberti, Torino
2004. Per quanto riguarda la storia dellAvesta cfr. G. FILORAMO, Storia delle religioni 1. Le religioni antiche, Roma-Bari 1994, p. 499 ss.
19 Cfr. H.C. PUECH, Storia delle religioni 2. Da Babilonia a Zoroastro, tr. it. di
M.N. Pierini, Roma-Bari 1977, p. 121: lo xvarenah, emanazione del sole; questa
gloria risiede nelle acque altrici e risale di l nelle piante, negli animali, negli uomini, specialmente nella testa, da cui emana luce in forma di aureola, origine
dellaureola dei santi del buddismo, del cristianesimo, dellislam. Si veda in particolare SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 151: Forse allora gli accadr, in unestasi,
di vedere la luce che si diffonde nel mondo del Gabarut, e vedr gli angeli del
Malakut e le luci che hanno contemplato Ermete e Platone, gli sfavillii celesti, sorgenti della Luce di Gloria (khorrah). quella di cui ci informa Zoroastro; cfr. anche
SOHRAVARDI, Il libro delle tavolette dedicate allEmiro Imadoddn, in SOHRAVARDI,
LArcangelo purpureo, cit., p. 83: Tale Luce consolatrice detta, in antico persiano, Khorrah [sc. Luce di Gloria, avestica Xvarnah]. Sul tema della Xvarnah si vedano le considerazioni di J. RIES, Esperienza della luce e condizione umana, in AA.VV., Simbolismo ed esperienza della luce nelle grandi religioni, op. cit., p. 272:
Khvarenah il termine avestico utilizzato per designare lo splendore, la gloria, la
brillantezza, la luce, una delle nozioni caratteristiche dellantica religione iranica.
Questa nozione rappresentata dallaureola della regalit e assumer
unimportanza specifica sotto limpero degli Achemenidi, ma Khvarenah supera il
cerchio reale e le frontiere dellIran a partire dallepoca ellenistica, durante la quale
trova corrispondenza nella nozione di doxa. In Iran Khvarenah rappresenta una forza luminosa e raggiante, un fluido incandescente e solare legato allhaoma, lelisir
magico estratto da una pianta delle montagne e utilizzato durante la celebrazione
del culto. Al riguardo si pu anche richiamare CRUZ HERNNDEZ, op. cit. (1999, I),
p. 380: Cos la xvarenah, sommo principio datore di luce, la cui apparizione dovuta, secondo la tradizione, a Zarathustra, la radice illuminativa della realt e Sohravard sviluppa questo tema lungo tre dialettiche essenziali: la metafisica della
luce, la visione cosmica delle luci e lesilio delluomo. Si veda anche CORBIN, op.
cit. (1986), p. 44: Questa Luce di gloria, che la Forma immaginale dellanima
mazdea, infatti lorgano attraverso il quale essa opera inizialmente e direttamente
la trasmutazione dei dati fisici [...] questa stessa Forma immaginale che lanima
proietta negli esseri e nelle cose, portandoli allincandescenza di quel Fuoco vittoria-
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cui saranno risuscitati; 25:53 lui che lascia libero corso ai due mari, uno composto di acqua dolce, laltro salato e amaro; lui che frappone tra i due una barriera
invalicabile in una zona intermedia; 55:19, 20 Lasci liberi i due mari, essi si incontrano ma non oltrepassano il diaframma collocato tra i due. A proposito delle
Intelligenze celesti necessario ricordare ARISTOTELE, Metafisica, tr. it. di G. Reale,
Milano 2000, L 8, 1073 a 25-1074 a 10, p. 569 ss.: Il Principio e il primo degli esseri immobile e assolutamente e relativamente, e produce il movimento primo,
eterno ed uno. E poich necessario che ci che mosso sia mosso da qualcosa,
e che il Motore primo sia essenzialmente immobile, e che il movimento eterno sia
prodotto da un essere eterno e che il movimento che unico sia prodotto da un essere unico; e poich, daltro canto, vediamo che accanto al movimento semplice del
Tutto il quale diciamo prodotto dalla sostanza prima e immobile ci sono anche
altri movimenti di traslazione eterni, ossia quelli dei pianeti (infatti, eterno e continuo
il moto del corpo che si muove circolarmente; e, questo, stato dimostrato nei
libri di Fisica), necessario che anche ciascuno di questi movimenti sia prodotto da
una sostanza immobile ed eterna [...] Tuttavia necessario, se tutte le sfere insieme devono rendere conto di ci che a noi appare, che per ciascuno dei pianeti ci
siano altrettante sfere meno una, le quali ruotino a ritroso e riportino sempre nella
medesima posizione la prima sfera dellastro che di volta in volta situato immediatamente al di sotto. Solo in questo modo, infatti, possibile che tutte insieme producano il movimento degli astri. Poich, dunque, le sfere in cui gli astri si muovono
sono otto per i primi due, e venticinque per gli altri, e di queste, non devono essere
fatte tornare a ritroso solo quelle in cui si muove il pianeta che collocato allultimo
posto, quelle che dovranno produrre il movimento a ritroso per i primi due pianeti
saranno sei, e, per i quattro pianeti seguenti, sedici; il numero complessivo delle
sfere, di quelle che muovono in senso normale e di quelle che girano a ritroso, sar
di cinquantacinque. (E se al sole e alla luna non si vorranno aggiungere i movimenti
di cui ora abbiamo detto, quarantasette sar il numero complessivo delle sfere).
23 Per maggiori approfondimenti su questargomento cfr. W. BEIERWALTES,
Pensare lUno. Studi sulla filosofia neoplatonica e sulla storia dei suoi influssi, tr. it. di
M.L. Gatti, Milano 1991, p. 46 ss., Ed anche ID., Plotino. Un cammino di liberazione
verso linteriorit, lo Spirito e lUno, tr. it. di E. Peroli, Milano 1993.
24 Cfr. SOHRAVARDI, Strofe liturgiche e offici divini, in SOHRAVARDI, op. cit., p.
233: Sii benvenuta, Luce che ti levi ad Oriente [ishraq], e gloria a Dio, Luce delle
luci.
25 Corano 24:35.
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26 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 135: Le luci arcangeliche riflettono
la luce le une sulle altre, in modo che ogni luce superiore illumini quella che inferiore ad essa per grado, e che ogni luce inferiore riceva lirradiazione della luce delle
luci tramite lintermediario che gli superiore in grado. In tal modo, la seconda luce
arcangelica riceve due volte una luce accidentale dalla luce delle luci: una prima
volta direttamente dalla luce delle luci, senza intermediari; una seconda volta essa
la riceve a causa della luce del pi alto rango. La terza luce riceve quattro volte
[lilluminazione emanata dalla luce delle luci]: la doppia illuminazione ricevuta dalla
sua compagna si riflette su essa; c inoltre, ci che essa riceve dalla luce delle luci
senza intermediario. La quarta luce la riceve otto volte: quattro volte per il riflesso
su di essa della sua compagna, due volte per la doppia illuminazione della seconda
luce; essa ne riceve una dalla luce del pi alto rango e, senza intermediario, una
dalla Luce delle luci. A proposito del concetto di emanazione nella filosofia islamica e, in particolare in al-Farab (Abu Nas|r Muh|ammad b. Muh|ammad b. Tarhan b. Ozlag al-Farab, Wasig, Uzbekistan 259/872 Damasco 339/950) e
in Avicenna, cfr. A. STRAFACE, Lorigine del mondo nel pensiero islamico dei secc. XXI, Napoli 1996, p. 46 ss: Lemanatismo (fayd|) di al-Farab si pone dunque tra
la visione eternalista, propria del pensiero greco, e quella creazionista propugnata
dallortodossia islamica. E questo perch, se da un lato occorreva evitare
laffermazione delleternit del mondo, in quanto compromettente il principio del
tawh|d, dallaltro fissare un inizio per il mondo avrebbe supposto lesistenza del
tempo, e quindi di una successione temporale alla quale Dio sarebbe stato, se non
sottoposto, in un certo senso almeno collegato. Fu dunque la necessit di evitare
ogni tipo di rapporto e di eventuale coincidenza tra leterno e il contingente a fare
dellemanazione ci che meglio poteva rappresentare il rapporto tra lUno e il molteplice, poich lemanazione non solo non presuppone alcuna premeditazione (al
contrario della creazione, che espressione della volont divina), ma, essendo un
processo di natura intellettiva, non richiede neanche alcuna successione di tempo
inteso in senso cronologico. Si tratta in definitiva di un processo spontaneo attraverso cui Dio, per sovrabbondanza intrinseca di potenza, emana da S lessere, indipendentemente dalla Sua volont. Inoltre, il concetto di emanazione, per sua
stessa natura, sembrava in grado di ovviare al pericolo che il molteplice, per la
stretta vicinanza al Creatore presupposta dalla soluzione creazionistica, potesse
contaminare questultimo con la sua molteplicit. Al contrario, il processo emanativo costituito da al-Farab fa in modo che il rapporto tra Dio e il mondo sublunare avvenga e passi attraverso il livello degli intellegibili. Da questa autoconsapevolezza procede il primo emanato, cio la prima Intelligenza, possibile per sua natura, ma necessaria per il primo Essere. E la prima Intelligenza a questo punto opera
una duplice intellezione: una sul proprio essere necessario per altro, e una sul proprio essere possibile per s. Dalla prima intellezione procede unaltra Intelligenza, e
dalla seconda un corpo celeste, o Cielo. Dalle intellezioni che a sua volta operer la
seconda Intelligenza procederanno poi la terza Intelligenza con un nuovo Cielo. Gli
atti intellettivi, cause di nuove Intelligenze e rispettivi Cieli, si ripeteranno esaurendosi a livello della decima Intelligenza, dalla quale proceder il cosiddetto Intelletto
Agente (al-aql al-faal), dator formarum, nonch demiurgo del mondo sublunare in
cui si genera e si corrompe il molteplice. Lemanazione dunque si configura come
unazione necessaria, quindi eterna, da non confondere con la creazione, halq,
propria di tutto ci che ha inizio e fine. Ma oltre ad essere necessaria, lemanazione
anche e soprattutto unazione spontanea, frutto dellintelletto e della scienza divina che in Dio sono, per lappunto, necessari e spontanei. Con lemanazione dun-
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que Dio conferisce lesistenza senza che questo comporti una diminuzione della
Sua potenza. Infine, lordine che gerarchicamente lUno ha emanato, assegnando
ad ogni successivo ente il proprio grado in fatto di precedenza e/o di posteriorit,
diventa sinonimo di giustizia divina [...] fermo restando il debito avicenniano alla
distinzione farabiana tra necessario e possibile, nonch al concetto di emanazione, indubbia loriginalit della sua rielaborazione neoplatonica in direzione
angelologica. Ibn Sna, infatti, costituir una gerarchia di intelletti cherubinici, che
rivestiranno un importante ruolo tanto a livello intelligibile quanto a livello sensibile, e alla quale corrisponder una gerarchia di anime che, dotate di energia motrice, saranno causa delle rivoluzioni cosmiche. Conformemente alla tradizione tolemaica, il sistema cosmologico avicenniano prevede dunque dieci Intelletti o Arcangeli, di cui nove apparterrebbero al mondo celeste, e uno, identificato con
lArcangelo Gabriele, a quello sublunare di cui sarebbe lordinatore, nonch depositario della scienza e destinato a proiettare sulle anime umane le forme delle conoscenze da esso possedute [] Pur avendo attestato leternit della creazione, Ibn
Sna si allontan notevolmente dallinsegnamento aristotelico, privilegiando il
pensiero neoplatonico per quanto riguarda sia il carattere trascendente dellEssere
necessario, sia il concetto di emanazione. Cfr. anche M. CAMPANINI, Introduzione
alla filosofia islamica, Roma-Bari 2004, p. 90 ss. e anche AL-FARABI, La citt virtuosa, tr. it. di M. Campanini, Milano 1996, p. 91 ss.
27 PLOTINO, Enn., tr. it. di G. Faggin, Milano 1992 (Enn.), III 8, 10, pp. 524525.
28 Sulla nozione di emanazione cfr. J.M. RIST , Plotino. La via verso la realt,
tr. it. P. Graffigna, Genova 1995, p. 110, il quale afferma che il linguaggio
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dellemanazione metaforico e che attraverso di esso non si pu affermare la natura dellUno nella sua completezza. Al riguardo si pu richiamare M.L. GATTI, Plotino e la metafisica della contemplazione, Milano 1996, p. 54: Alcuni studiosi, infatti,
prendendo alla lettera le immagini plotiniane, hanno definito erroneamente la derivazione del molteplice dallUno emanazione. Rist ha giustamente osservato che vi
un abisso infinito tra lUno e tutte la cose, per il quale le metafore possono dare
indicazioni solo vaghe. Cfr. anche sullargomento G. REALE, I fondamenti della metafisica di Plotino e la struttura della processione, in Graceful Reason: Essays in Ancient and Medieval Philosophy Presented to Joseph Owens, CSSR, ed. Lloyd P.
Gerson, Toronto 1983, p. 154: Riteniamo che sia giunta lora di abbandonare definitivamente lidea che la metafisica plotiniana sia una forma di emanazionismo.
Riteniamo, anzi, che, lette in modo adeguato, le Enneadi sembrino presentare una
dottrina che , per molti rispetti, la netta antitesi dellemanazionismo, ossia una dottrina che fa perno su una processione che si struttura secondo un ritmo ternario.
29 PLOTINO, Enn., V 1, 6, pp. 802-803: Tutti gli esseri, finch sussistono,
producono necessariamente dal fondo della loro essenza, intorno a s e fuori di s,
una certa esistenza, congiunta alla loro attuale virt, che come unimmagine degli
archetipi dai quali nata: il fuoco effonde da s il suo calore, e la neve non conserva il freddo soltanto dentro di s; unottima prova di ci che stiamo dicendo la danno le sostanze odorose, dalle quali, finch sono efficienti, deriva qualcosa
tuttintorno, di cui gode chi gli sta vicino.
30 Al riguardo cfr. M. ISNARDI PARENTE, Introduzione a Plotino, Roma-Bari
1984, pp. 100-101. Cfr. M. DI PASQUALE BARBANTI, La metafora in Plotino, Catania
1981, p. 152: Il simbolismo del termine luce dato dal significato che esso suggerisce: la luce significa il bene, la vita; le anime, infatti, traggono la vita dalla luce
dello Spirito, e lo Spirito quello che in virt della prima luce.
31 Cfr. PLOTINO, Enn., VI 4, 7, pp. 1126-1127: Se immagini come centro (kevntron) una piccola massa luminosa e poni intorno ad essa un corpo pi grande, sferico e trasparente, in modo che la luce (to; fw`") che v dentro si diffonda in tutta la
sfera, senza che nessunaltra luce dallesterno la illumini, dobbiamo riconoscere che
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renza fra lUno, che persevera nella sua immobilit, e i suoi derivati:
Allo stesso modo la luce, che ha origine da un unico punto luminoso, immobile in se stesso, si diffonde nello spazio: la luce cos diffusa solo unimmagine di quella sorgente che la Luce vera [...].32
I testi neoplatonici, e in particolare quelli di Plotino e di Proclo,33 costituirono una base di appoggio per raggiungere il meraviglioso ordine cosmico architettato da Avicenna34 e da Sohravard.
Cos Sohravard applic lo schema tratto dallemanatismo
neoplatonico alle nuove entit metafisiche, le luci, prospettando un
universo composto da monadi, da unit di luce gerarchizzate secondo il grado di autarchia. In tal modo si giunse fino alla determinazio
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ne di quattro mondi,35 inseriti in un sistema complesso e plurifunzionale composto da molteplici cristalli di luce: si assiste a una doppia
espansione della luce che segue due direzioni.
Le luci dominatrici primordiali, procedendo le une dalle altre,
formano una gerarchia discendente, che Sohravard definisce ordine longitudinale (t\abaqat al-t\ul), mondo delle madri (ummahat).36
La gerarchia del mondo arcangelico delle madri genera un duplice ordine di eventi: le relazioni damore fra le luci producono un
ordine latitudinale (t\abaqat al-ard|),37 un ordine di arcangeli, signori delle icone o delle specie (arbab al-anwa), legati da un
rapporto di uguaglianza reciproca;38 invece le dimensioni intelligibili
negative, quali la dipendenza, lilluminazione passiva e lamore come
bisogno, producono il cielo delle stelle fisse che comune.
Il primo ordine di luci composto da monadi produttrici di altre
unit, mentre il secondo ordine composto dallinsieme degli archetipi eterni delle specie viventi, dove presente anche langelo
dellumanit, lo Spirito Santo, Gabriele,39 nonch lIntelligenza agen
Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre V, p. 215: Da parte mia, io ho delle esperienze autentiche che mi attestano che i mondi sono quattro: in primo luogo, ci sono
le luci arcangeliche, poi ci sono le luci reggenti, quindi c il mondo doppio dei
barazih. Ci sono infine le forme in sospeso, tenebrose o luminose. Nel racconto Il simbolo di fede dei filosofi, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 37, si attesta che: Secondo i filosofi, gli universi son tre: il mondo delle Intelligenze [Angeli intellectuales]
o Jabarut; il mondo delle Anime [Angeli caelestes] o Malakut; Mulk, invece, il
reame dei corpi materiali [alam al-shahada, mondo visibile o dei fenomeni sensibili].
36 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre III, p. 170: Infatti, tra le luci arcangeliche,
ci sono anche delle sorgenti longitudinali, che hanno pochi mediatori di irradiazioni
e di sostanze. Queste sono chiamate le Madri.
37 Ib.: Daltra parte, ci sono, tra le luci arcangeliche, le sorgenti di un ordine
latitudinale, che deriva dalle illuminazioni dellordine longitudinale superiore , illuminazioni mediate da molteplici gradi.
38 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 138: Daltra parte, secondo le associazioni delle irradiazioni con la dimensione dellautarchia, della dominazione e
dellamore e attraverso le associazioni meravigliosamente proporzionate tra le irradiazioni intense e perfette e le altre, procedono le luci arcangeliche che sono i Signori delle Icone (arbab al-anwa) delle specie celesti, teurghi delle nature semplici e dei composti elementari e di tutto ci che esiste al di sotto della sfera delle
Fisse. Le luci arcangeliche formano lordine longitudinale emanando le une dalle
altre, senza che derivi da esse nessuna specie di corpi, a causa dellintensit della
loro luminescenza, della loro vicinanza alla luce delle luci. Il termine teurgia di
origine greca e designa unarte magica applicata a fini religiosi. Il primo autore che
si autodefin teurgo fu Giuliano il Caldeo (sec. II d.C.), autore presunto degli Oracoli
caldaici; la teurgia fu per valorizzata da Porfirio, Giamblico (Dei misteri) e Proclo
(Della tecnica ieratica).
39 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre IV, p. 190: Da una di queste luci arcangeliche procede quella che larcangelo teurgo della specie, cio Gabriele, nostro
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te dei falasifa (filosofi). Ma resta da considerare che tra questo secondo ordine e gli individui necessaria una mediazione, quella delle anime, o luci reggenti, arcangeli delle teurgie.40 Sohravard le
designa es|pahbad, (anwar is|fahbad, avestico spadapati,
pahlavi spahbat),41 comandanti dellesercito, termine utilizzato
dallantica cavalleria iranica.
Il barzah,42 lAhriman mazdaico (avestico Angra Mainyu),43
pura
negativit, lintermediario del terzo mondo, tra il mondo delle sfere
celesti e quello degli elementi sublunari. Infine troviamo il quarto
mondo, il mundus imaginalis, mondo intermedio tra quello intelligibile
e quello sensibile.44
Ma la processione dellessere, pur letta in chiave neoplatonica,
diviene in Sohravard principalmente una teofania:45 la luce delle
luci una luce epifanica, il sole del mondo dellintelletto che regna
su ogni cosa; essa si auto-percepisce avendo di s una conoscenza
illuminatrice integrale:46 Essa la luce sostanziatrice, eternamente
sussistente. La luce sacrosanta, la sublime e suprema luce, essa
parente diretto tra tutti gli arcangeli della gerarchia delle potenze arcangeliche, il
Donatore delle anime, lo Spirito Santo.
40 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 142: Le dimensioni dindigenza delle luci primordiali si manifestano ugualmente anche negli angeli delle teurgie tramite
la dimensione di indigenza che consiste in una diminuzione del loro grado di luce.
41 Ib.: Cos dunque, la luce che le governa una luce immateriale. ci
che noi chiamiamo luce es|pahbad. Cfr. Q. SIRAZI, Commentaires, in
SOHRAVARDI, op. cit., p. 322: Perch in lingua pahlavi, il capo dellesercito e la
sua guida. Lanima pensante il capo dei corpi e delle facolt riunite in esso, per
cui essa les|pahbad dei corpi. Q. Sraz nacque a Sraz nel
634/1237 e mor a Tabrz nel 710/1311. Fu matematico, astronomo, filosofo e sufi
ed ebbe rinomati maestri tra cui Nas|r al-Dn T|us. Ha composto una quindicina di opere, fra cui unenciclopedia filosofica in persiano Durrat al-Tag (La perla
della corona) e un commento magistrale al Kitab h|ikmat al-israq di Sohravard.
42 Cfr. n. 22.
43 Si veda sopra n. 20.
44 Questultimo il mundus imaginalis (alam al-mital), definito cos da
Corbin (cfr. CORBIN, op. cit. (1992), p. 109) per evitare di confondere questo mondo
con limmaginario e lillusorio. il mondo intermedio fra il sensibile e lintelligibile,
pieno di forme ed immagini sussistenti alla soglia del Malakut, il mondo
dellanima. Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre V, p. 229: Ma tutti questi, sono avvenimenti propri delle condizioni dellottavo clima, quello in cui si trovano le citt di
Gabalqa, Gabarsa e Hurqalya, ricche di meraviglia.
45 Cfr. CORBIN, Il paradosso del monoteismo, tr. it. di G. Ribecchi, Casale
Monferrato 1986, p. 9.
46 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Introduction, p. 14. Secondo la tesi, riportata
nellintroduzione al testo da C. Jambet, la luce delle luci al posto dellUno che i
neoplatonici situano in eccesso di ogni serie di essenti, lUno ineffabile, fuori da ogni essenza o da ogni esistenza.
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la luce sempre vittoriosa.47 Essa lessere necessario (wagib alwugud), di cui parla Sohravard nei suoi racconti,48 che domina
linsieme delle luci a causa del suo estremo splendore e dellintensit
del suo scintillio. il punto luminoso, immobile, plotiniano, volont
purissima e principio dellessenza da cui origina quella luce che si
diffonde tuttintorno.49
Attraverso il testo plotiniano si pu sottolineare la questione
nodale dellunicit del principio primo: ecco un passo decisivo in cui
viene chiarito che Egli soltanto Uno (movnon); se fosse tutto, farebbe parte degli esseri. Perci Egli non nulla di ci che
nellIntelligenza, ma da Lui derivano tutte le cose [...].50
Questo principio unico plotiniano trova una sua fedele lettura
nellunit di Sohravard: la luce delle luci immateriale, autarchica
e unica [...] tutto ci che al di sotto di essa, ha bisogno di essa e
prende da essa la sua esistenza [...] la luce delle luci una e unica
(wah|dan), la sua essenza non sottomessa ad alcuna condizione e tutto ci che altro da essa sotto la sua dipendenza.51
Altri due passi sohravardiani mostrano la concordanza armoniosa e lanalogia con la visione plotiniana del principio: a) Questa
luce delle luci quella che basta assolutamente a se stessa, poich
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Le luci hanno una costante attitudine a ricevere, mentre la loro perfezione e la loro debolezza possono variare a causa della loro sorgente. In quanto alle perfezioni delle luci immateriali, non necessarie, esse sono causate e hanno bisogno di un fattore di individuazione, di un principio di unificazione58 che il loro esistenziatore.59 La
luce delle luci invece non ha ricettacolo a causa della sua sussistenza e della sua sostanzialit.60
Mettendo insieme tutto ci che si sino ad ora rilevato, sar
senzaltro chiaro che la perfezione assoluta appartiene soltanto al
principio, che ha nella sua stessa essenza la propria ragione
dessere. Dal testo plotiniano emerge chiaramente che il principio si
volge a se stesso e ama se stesso: Egli amabile ed , Egli stesso, amore e amore di s (auJtou` e[rw"), poich non pu trovare la
sua bellezza se non da s e in s.61
Questo passo fornisce una scenografia che sembra avere la
stessa tonalit dellisraq tanto che, si pu richiamare e confrontare
il testo di Sohravard: Essa (Luce delle luci) non ha amore che per
se stessa. Essa si ama, perch la sua perfezione le manifesta ed
il pi bello, il pi perfetto degli esseri [...] cos che la luce delle
luci amante di se stessa, e niente pi; ma essa al tempo stesso
amata da se stessa e dagli altri.62 Infatti tutte le irradiazioni che nascono dallilluminazione della luce delle luci e le irradiazioni delle irradiazioni hanno bisogno di essa e prendono da essa la loro esistenza. La sorgente luminosa avvolge la totalit delle luci, ma pos
cerchio: luce da luce (fw`" ejk fwtov"). Oltre a questi, il nuovo cerchio non pi un
cerchio di luce perch manca di luce propria, e perci ha bisogno di luce estranea:
esso piuttosto come una ruota o meglio come una sfera che dal terzo posto riceva
poich gli contigua tutta la luce che da esso emana. La grande luce, irraggiando, resta immobile, e lo splendore che da essa emana si effonde secondo ragione; ma le altre luci irraggiano insieme e in parte stanno ferme, in parte sono attratte dallo splendore di ci che viene illuminato.
58 Cfr. PLOTINO, Enn., III 9, 4, pp. 530-533: Come il molteplice (plh`qo") deriva dallUno (ejx eJno;")? Perch <lUno> ovunque, n c luogo ovesso non sia.
Egli riempie tutto. Perci esso riempie il molteplice, o meglio il Tutto. Segli fosse
soltanto ovunque, sarebbe il Tutto, ma poich egli anche non in nessun luogo, il
Tutto diviene per lui, poich egli ovunque, ed diverso da lui perch egli non in
alcun luogo. E perch egli non soltanto ovunque, ma anche non in nessun luogo? Perch necessario che lUno sia prima del Tutto. necessario che egli riempia e produca tutto, ma non sia il Tutto che egli produce.
59 Cfr. SIRAZI, Commentaires, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 293: Questo
non altro che il loro esistenziatore, principio della loro emanazione, il loro responsabile dal non-essere allessere.
60 Cfr. SIRAZI, Commentaires, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 292: A causa
della sussistenza per se stessa e della sua sostanzialit.
61 PLOTINO, Enn., VI 8, 15, pp. 1322-1323.
62 SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 130.
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Ivana Panzeca
degli Amahraspandan.69
Lirradiazione che si effonde pi perfetta sulla prima emanata, che una luce immateriale unica,70 ci che i neoplatonici chiamavano Intelligenza delluniverso (nou`").71
Ugualmente dallUno plotiniano procede una materia indeterminata che si volge alla prima ipostasi ricevendone forma e determinazione. LEssere cos generato volge lo sguardo verso il principio
assoluto e prova desiderio ardente per esso. Anche in questo caso il
confronto di Sohravard con Plotino interessante oltre che ineludibile: Ogni luce inferiore prova desiderio e amore (sawq waisq)
per la luce di un rango pi elevato.72
In un passo analogo Plotino aveva precisato che: Tutte le cose infatti tendono a Lui (ejkeivnou) e lo desiderano per necessit naturale, come se presagissero che senza di Lui non possono essere.73 Egli per rimane in se stesso e i molti amanti dellUno che lo
amano tuttintero, lo posseggono interamente quando lo possegga
[essere] prodotto dalla luce delle luci unico. la luce pi vicina, la luce sublime,
quella che alcuni antichi Persiani chiamano Bahman. Cfr. anche SOHRAVARDI,
Strofe liturgiche e offici divini, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 235: Io celebro la liturgia
del servitore di Dio, Velo sublime, Luce maggiore, Sua creazione suprema, Immagine primordiale, il Santissimo, il Prossimo, re degli Angeli, principe delle Luci vittoriali, padrone di casa del Paradiso: Bahman-Luce [Bahman-Nur]. Cfr. SIRAZI,
Commentaires, in SOHRAVARDI, op. cit., p. 293: Il saggio, leminente Zoroastro, dice che il primo degli esseri creati Bahman.
68 SOHRAVARDI, Strofe liturgiche e offici divini, in SOHRAVARDI, op. cit., pp.
235-242. Cfr. anche CORBIN, op. cit. (1986), p. 39: Dei tre Arcangeli maschili: Vohu
Manah (Pensiero eccellente, pahlavi Vohuman, persiano Bahman) si riservato la
protezione di tutta la creazione animale.
69 Cfr. CORBIN, op. cit. (1986), p. 38: Queste Sette Potenze sono chiamate
Amahraspand (avestico Amerta Spenta), nome che correntemente si traduce con i
Santi Immortali, intendendo per santit non un attributo canonico, ma una Energia
transitiva, attiva e attivante che comunica lessere, lo conferma e lo fa traboccare in
tutti gli esseri. Queste Sette Potenze sono indicate anche col nome di Arcangeli zoroastriani.
70 Cfr. SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 118.
71 Cfr. SOHRAVARDI, Il libro delle tavolette dedicate allEmiro Imadoddn, in
SOHRAVARDI, op. cit., p. 78: Colui che i filosofi chiamano Intelligenza Agente e la
teologia nomina Spirito Santo. in rapporto con lintelletto come il Sole con la vista;
dimora in Dio. Cfr. PLOTINO, Enn., V 5, 3, pp. 866-867: Questi (lUno) troneggia e
siede al di sopra dellIntelligenza come sopra un bel piedistallo che a Lui sospeso.
Se Egli deve incedere, deve incedere non sopra qualcosa di inanimato, e nemmeno
direttamente sullAnima, ma non pu non avere unimmensa bellezza davanti a Lui,
cos come davanti a un grande re procedono, nei cortei, anzitutto i personaggi minori e poi, di seguito, quelli maggiori e, dopo di loro, i dignitari pi importanti e quelli
che, essendo pi vicini al re, sono in un certo senso pi regali, e infine coloro che il
re onora [...].
72 SOHRAVARDI, op. cit., Livre II, p. 130.
73 PLOTINO, Enn., V 5, 12, pp. 882-883.
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