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Note per le lezioni su Husserl, Ricerche Logiche

A) Note introduttive
La prima opera importante di Husserl la Filosofia dellAritmetica del 1891 che cercava di ricavare
i concetti fondamentali dellaritmetica e della logica da principi psicologici ossia dalle operazioni di
attenzione della mente che si dirige su una certa molteplicit di oggetti, un aggregato, dal quale poi
ricava per astrazione il concetto generale di aggregato; laggregato scomposto in unit e le unit
vengono contate. Dalloperazione del contare nasce il concetto di numero. Il progetto venne
abbandonato anche a seguito di una recensione negativa di Frege del 1894.
Le Ricerche Logiche del 1900-1901, in particolare il primo volume, ossia i Prolegomeni a una
logica pura, sono diretti contro lo psicologismo, ossia la tendenza a fondare laritmetica e la logica
su premesse psicologiche. Un bersaglio polemico di spicco John Stuart Mill che aveva affermato
che la logica, nella misura in cui una scienza, deriva interamente i suoi fondamenti teorici dalla
psicologia (An Examination of Sir William Hamiltons Philosophy, 1865). Lobiezione di Husserl a
questa impostazione che le leggi psicologiche sono soltanto generalizzazioni induttive e in quanto
tali sono soggette a correzione alla luce dellesperienza futura. Ma i principi logici e matematici
sono necessari, nel senso che devono necessariamente essere veri, e dunque non possono essere
fondati su premesse induttive. Husserl convinto, al contrario, che laritmetica discende dalla
logica e intende preservare la necessit delle leggi logico-matematiche. Per farlo vuole costruire una
logica pura, garantita a priori da ogni forma di errore, perch liberata da premesse empiriche e
psicologiche. Un progetto analogo era stato intrapreso dalla logica simbolica, ad esempio in
Germania da Schroeder.
[Ernst Schroeder, 1841-1902, matematico e studioso di fondamenti della matematica. Per quanto riguarda
la logica privilegi gli aspetti tecnici a scapito di quelli filosofici e intese la logica come una branca del
calcolo algebrico. Fu autore di Lezioni di algebra della logica (1890-1905).]

Husserl era un matematico di formazione, avendo studiato a Berlino con matematici del calibro di
Kronecker e di Weierstrass, e ci si poteva aspettare che collaborasse con i logici simbolici. Questo
per non accadde. Husserl si indirizza verso una logica filosofica o una filosofia della logica, perch
ritiene che la logica formale di carattere simbolico abbia un difetto molto grave, quello di operare
con concetti che non esamina mai; si tratta di una logica insufficientemente critica, se vogliamo
adottare il punto di vista kantiano, perch non esamina i fondamenti delle sue operazioni. La logica
simbolica pu offrire qualche utile tecnica di calcolo su problemi particolari, ma non attinge mai il
piano della logica pura che una teoria universale che deve riguardare ogni possibile tipo di
ragionamento.
Questa critica di Husserl alla logica simbolica uno degli aspetti pi apprezzabili della sua opera,
perch rivela la concezione radicalmente zetetica della sua filosofia e manifesta la consapevolezza
del nesso indispensabile tra logica formale e logica trascendentale. Chiunque abbia una qualche
nozione anche superficiale della logica formale e non sia privo di apertura filosofica ossia
chiunque non riponga una fiducia acritica nella tecnica di calcolo - pu rendersi conto di come la
logica formale abbia bisogno di una fondazione trascendentale pena la sua perdita di significato, il
suo isterilirsi in una vacuit semiotica e convenzionalistica. Purtroppo la logica contemporanea si
specializzata in maniera da accantonare le questioni filosofiche fondative. Si noti, a titolo di
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esempio, che unopera come le Ricerche logiche di Husserl non viene neppure ricordata nella Storia
della logica dei coniugi Kneale1.
Husserl aveva dinanzi a s la fondazione psicologica di Mill, che ovviamente toglieva alla logica
simbolica la sua vacua astrattezza radicandola nei processi mentali; ma neppure questa la strada
che sceglie. Husserl vuole che la logica sia un sistema autosufficiente e fondato sulla propria
autonomia teoretica; questa autonomia teoretica deve per essere ricca di pregnanza filosofica e non
riducibile a una pura tecnica di calcolo. A ispirare Husserl semmai il pensiero di Lotze secondo il
quale la logica presenta un ideale di pensiero al quale ogni indagine scientifica tende ad
approssimarsi.
[Rudolf Hermann Lotze, 1817-1881, filosofo tedesco, docente a Gottinga e Berlino. La sua opera pi
famosa Microcosmo. Idee sulla storia naturale e sulla storia dellumanit, 1856-64, opera di ampio respiro
che vuole tenere assieme idealismo e scienze naturali, leggi meccaniche e finalit ordinata del cosmo. Qui
non ci intereressa il suo evoluzionismo spiritualistico, quanto il suo concetto di valore che emerge nella
Logica del 1874. Per Lotze nei termini logici validit e significato si identificano. Oggetto della logica sono
le proposizioni che, insieme con i concetti e le relazioni, godono di uno statuto atemporale, di una validit
ideale appunto, e non devono essere confuse con le sostanze che durano nel tempo e con gli eventi che
accadono nel tempo.]

Analogamente a Lotze, Husserl definisce la logica come il sistema scientifico di teorie ideali che
sono basate puramente nei concetti fondamentali che sono la provincia comune di tutte le scienze,
perch essi determinano nella maniera pi generale ci che fa di una scienza una scienza. Per
questa ragione la logica non calcolo (come volevano Schroeder e i logici simbolici) e non
neppure descrizione di procedure della scienza empirica (come volevano Mill e gli induttivisti). La
fondazione di una logica pura che vuole tenere insieme certezza e generalit del punto di vista
fondativo richiede un nuovo metodo, che sar il metodo fenomenologico. La fenomenologia non
una psicologia descrittiva di tipo empirico (alla maniera di Brentano che fu maestro di Husserl),
perch scopo della fenomenologia e trovare lambito di una teoria pura che non dipende da nessuna
scienza naturale di fatti empirici contingenti.
[Franz Brentano, 1838-1917, filosofo tedesco, autore della Psicologia dal punto di vista empirico, 1874, e
teorico della intenzionalit secondo la quale tutti i fenomeni psichici hanno la caratteristica di riferirsi a un
oggetto immanente, che si manifesta alla coscienza nel presente e del quale abbiamo percezione evidente.]

Non sorprende che una impostazione come questa di Husserl entri in polemica vigorosa con lo
storicismo per il suo relativismo culturale e la sua riduzione della verit a un dato storico-epocale in
trasformazione. Husserl denuncia laporia semantica dello scetticismo e del relativismo, che vuole
negare verit assolute e nel far ci erige la verit assoluta della relativizzazione.
Laltro grande nemico del progetto husserliano lempirismo, per il quale noi abbiamo conoscenza
diretta solo di esistenze particolari e costruiamo il generale mediante una schematizzazione basata
sui fatti particolari. Per lempirismo una teoria non empirica del generale una pura fabbricazione
fittizia, sconnessa dai fatti. Husserl denuncia il presupposto empirista per il quale noi siamo
coscienti solo di particolari. Come scriver in Ideen (1913): ognuno vede idee, essenze, e le vede
continuamente; tutti operano con le essenze quando pensano e quando formulano giudizi su di
1

William & Martha Kneale, The Development of Logic (1962): tr. it. Storia della logica, tr. it., Einaudi, Torino, 1972.

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esse. Il punto che le negano quando assumono un punto di vista teoretico che non allaltezza
della effettiva procedura conoscitiva della coscienza.
Nella prima ricerca logica su esperienza e significato Husserl critica la teoria empiristica degli
enunciati; in un enunciato si sommano due aspetti: a) lenunciato un evento nella vita di una
persona particolare, ma pu anche essere b) ci che quella persona intende dire, ossia il significato
dellenunciato. Due persone possono formulare lo stesso significato mediante due enunciati, anche
se i due enunciati, intesi come eventi particolari, restano tra loro diversi per intonazione, enfasi,
circostanze, caratteristiche fonetiche e cos via. Come possono gli empiristi spiegare che pi
enunciati hanno lo stesso significato? Devono ricorrere alla nozione di somiglianza. Ma se
adottiamo il punto di vista della somiglianza, possiamo solo fermarci alle caratteristiche empiriche
degli eventi particolari considerate tra loro simili e non coglieremo mai lidentit del significato,
che non ricavabile per comparazione. Il significato comune deve essere intuito direttamente.
Lempirista non ha alcuna teoria coerente del significato perch il suo unico modo di accesso alla
conoscenza la comparazione di esperienze particolari. Ma senza significati, ossia senza contenuti
proposizionali, che devono essere tenuti ben distinti dagli enunciati come avvenimenti empirici, non
c alcuna scienza.
La logica pura la chiarificazione del dominio delle essenze fondamentali che costituiscono le
identit di significato proposizionale. Queste essenze sono colte con evidenza intuitiva. Senza la
certezza immediata dellintuizione evidente non possibile fondare alcuna scienza. Le essenze sono
quelle unit ideali che danno significato a insiemi di entit singole: il rosso a tutte le cose rosse, la
proposizione a tutti gli enunciati e cos via. La loro dimensione ideale tale che non ha senso
secondo Husserl domandarsi se esistono nella mente o fuori della mente nel mondo esterno, perch
per loro natura non sono enti che possano essere collocati nella sfera psichica o fisica.
Laccesso fenomenologico alle essenze, ossia il fatto che esse si danno al pensiero, perch noi
pensiamo mediante i significati eidetici e non intorno a essi, riassumibile in questa formula:
"Appearance" is the key to "reality," not a wall eternally shutting us off from "reality." (Dallas
Willard). La conoscibilit di una sfera eidetica indipendente dal pensiero eidetico pu apparire
strana. Ma dove sta la stranezza? Nellaccesso diretto del pensiero ai suoi oggetti oppure nellidea
che il pensiero deforma la natura dei suoi oggetti?
When one thinks that Husserl's view of how thought etc. contacts existentially and qualitatively independent
objects is strange, weigh the "strangeness" in the balance with that of the "contribution" view of mind and
language. When I do so I am unable to discover an excess of the "strange" or the "mysterious" on Husserl's
side. How thought (or language)--being what it is--could by itself do anything to the entities with which it
deals--being what they are (cows, trees, numbers, symphonies)--is surely very strange and mysterious, in
spite of all the attempts since Locke and Hume to explain it. (Dallas Willard2)

B) Prolegomeni: commento3
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D. Willard, The Significance of Husserls Logical Investigations, paper presentato a The Society for the Study of
Husserl's Philosophy at the APA meetings in Albuquerque, April 7, 2000. Co-Symposiasts: Dagfinn Follesdal and Barry
Smith. Disponibile online.
3

Edmund Husserl, Ricerche logiche (1900-1901), vol. I: Prolegomeni a una Logica pura, trad. it. a c. di G. Piana, Il
Saggiatore, Milano, 1988.

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1. Il numero come specie ideale


P. 179, saltare la prima frase e iniziare la lettura del testo da Come sicuro motivo-guida....
Senza operazioni non si pu 'far vedere' ('mostrare', 'portare alla luce') che cosa siano i numeri; le
operazioni del contare, del sommare, del moltiplicare ecc. sono indubbiamente atti mentali;
nondimeno questa condizione di illustrazione dell'aritmetica non significa che le leggi logiche e
matematiche siano di carattere psicologico. L'origine psicologica dei concetti aritmetici non incide
sulla loro essenza, perch si tratta di un'origine per noi, non di una creazione dei concetti in se
stessi. La psicologia si occupa di fatti collocati nell'esperienza temporale (gli atti psichici), ma la
matematica si occupa di specie ideali. Nel mondo dei numeri non si ha a che fare n con
determinatezze temporali n con fatti individuali. Gli atti psichici del contare ecc. sono accidentali,
perch possono avvenire o non avvenire, ma i numeri non hanno alcuna caratteristica accidentale,
bens sono vincolati da necessit ideali.
Un numero non equivale n al corrispondente atto del contare n alla rappresentazione che vi si
accompagna (ad esempio l'immagine di una collettivit di oggetti particolari); esso piuttosto una
specie ideale che si pu trovare esemplificata in una serie di casi concreti. Ogni singolo numero
una specie-forma ideale unica, che indipendente dalla accidentalit e transitoriet degli atti
mentali nei quali quel numero si singolarizza in tanti casi individuali. Comprendere un numero
significa svolgere una astrazione che porta alla intuizione della forma ideale di quel numero.
Husserl parla di singolarit ideale del numero; ogni numero una singolarit, perch diverso da
un altro; ma tale singolarit non un dato empirico, temporale e accidentale, ma ideale, perch il
numero non si esaurisce in nessuna esemplificazione concreta e individuale della sua forma di
articolazione (p. 180). Inoltre il numero non mai un concetto di carattere empirico, ossia una
generalizzazione o classe empirica, ma una essenza ideale; infatti per sua natura non si riferisce
alla realt concreta n degli atti del numerare n dei casi singoli in cui lo si rappresenta o al quale lo
si applica.
[Avvertenza terminologica: Husserl oppone i concetti autenticamente generali la cui estensione composta
di singolarit ideali o specie autentiche ai concetti meramente universali, la cui estensione empirica, ossia
si applica a singolarit fattuali: p. 182 e soprattutto inizio 49. Luso husserliano capovolge quello pi
diffuso secondo il quale si usa universale per definire lapriori e generale per definire lastrazione
empirica a posteriori che sorge dalla generalizzazione induttiva.]

Vediamo con pi precisione in che consiste quella astrazione che ci porta a intuire il numero come
specie ideale:
gli atti del contare hanno di volta in volta un oggetto e questo oggetto un 'collettivo' ossia una
molteplicit data. Il primo grado di astrazione consiste nel rappresentarsi la particolare forma di
articolazione di un numero (ad esempio il cinque), prescindendo dalle caratteristiche degli oggetti
particolari ('oggetti qualsiasi'). Occorre cio riuscire a rappresentarsi la forma di articolazione (il tre,
il cinque ecc.). Ad esempio: vediamo tre mele e intuiamo il loro essere un terzetto, prescindendo
dalle altre loro caratteristiche. La forma cos intuita ancora colta in un caso singolo e non
indipendente dagli oggetti dati. Occorre dunque una seconda astrazione, quella che ci porta a
cogliere l'idea generale di quel numero, ossia a intuire la forma del tre o del cinque in generale. In
questa seconda e compiuta astrazione la coscienza non intenziona pi un caso singolo (non il
complesso delle tre mele, n la forma del loro essere tre inseparabile dal caso concreto), bens
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intenziona la forma ideale del numero che separata da ogni concretezza empirica. I numeri stanno
infatti in una regione intoccabile dall'empiria. Essi sono oggetto delle proposizioni aritmetiche che
non sono n proposizioni in cui si parla dei numeri in relazione agli oggetti concreti delle scienze,
n proposizioni che riguardano i processi psicologici del numerare. Inoltre tali proposizioni non
sono rappresentazioni, perch non riguardano come ci raffiguriamo mentalmente i numeri ossia ci
che Husserl chiama il 'vissuto psichico', bens riguardano "le connessioni numeriche in astratta
purezza e idealit" (p. 181).
Il livello massimo di astrazione si ottiene quando si coglie l'idea generale di 'numero', sotto la quale
ricadono le singolarit ideali di ciascun numero specifico (il due, il tre, eccetera). I singoli numeri
non sono individualit empiriche, ma singole specie ideali del genus numero. Abbiamo dunque
proposizioni generali che riguardano il numero come tale (la nomologia aritmetica o teoria dei
numeri) e proposizioni che riguardano i singoli numeri (l'aritmetica numerosa). Tra questi due
ambiti c' un piano intermedio di astrazione che dato dall'algebra, nella quale le proposizioni
riguardano tutti i possibili numeri, ma non l'idea di numero in quanto tale.
2. La definizione della logica come scienza delle scienze
La logica definita come tecnologia della conoscenza scientifica (p. 181 ultime righe). Per
interpretare questa formula si veda quanto Husserl aveva scritto nella Introduzione ai Prolegomeni:
il risultato della nostra ricerca sar lindividuazione di una nuova scienza puramente teoretica, che
formi il pi rilevante fondamento di ogni tecnologia della conoscenza scientifica e possegga il
carattere di una scienza a priori e puramente dimostrativa. Si tratta di quella scienza a cui tendevano
Kant e gli altri sostenitori di una logica formale o pura, ma che non stata da loro correttamente
definita e compresa nel suo contenuto e nel suo ambito4. Con questo indirizzo la logica si
differenzia dalla concezione psicologica, ma anche da quelle dei logici formali e simbolici che
lavevano sviluppata come una scienza di calcolo delle inferenze proposizionali (si pensi allalgebra
di Boole o alla logica formale di De Morgan). In un certo senso si pu anche dire che questa idea di
logica conforme alla concezione positivistica della logica come metodologia generale delle
scienze positive particolari. Ma occorre considerare che non si tratta di una metodologia
procedurale, bens di una teoria fondativa in base alla quale si enucleano le strutture logiche delle
scienze secondo lideale di un sapere apodittico, sicuro, oggettivo, incontrovertibile, intuitivamente
evidente ( questa lidea della scienza rigorosa che sar formulata nel celebre saggio husserliano La
filosofia come scienza rigorosa, comparso nel 1911).
3. La logica non la teoria psicologica delle rappresentazioni
Gli elementi logici non vanno confusi con l'aspetto psicologico della rappresentazione. Riferimento
critico alla teoria elementare delle rappresentazioni psicologiche a p. 182:
Il riferimento allelementismo o elementarismo dello psicologo tedesco Wilhelm Wundt (1832-1920)
fondatore della psicologia scientifica e creatore di un laboratorio sperimentale di psicologia alluniversit
di Lipsia. Wundt autore dei Lineamenti di psicologia fisiologica in tre volumi (1873-74), che uno
studio sperimentale dellesperienza immediata. Si parla di elementismo perch era convinzione di
Wundt e della sua scuola che la psiche fosse una realt complessa riducibile a strutture elementari come
la sensazione e i sentimenti, che sono due tipi di costituenti primari. Tutte le altre manifestazioni
pscichiche sono configurazioni che scaturiscono dagli elementi basilari. Wundt teorizzava che il metodo
4

Husserl, Ricerche logiche, cit., vol. I, p. 28.

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per studiare gli elementi psichici fosse lintrospezione sottoposta a controlli sperimentali (misurazioni di
laboratorio). Nel laboratorio, al soggetto, che veniva precedentemente addestrato allintrospezione, era
presentato uno stimolo controllabile e misurabile e il soggetto stesso doveva descrivere con esattezza e
ricchezza di particolari tutto ci che provava (sensazioni, immagini, stati mentali). In tal modo si
volevano studiare i meccanismi della mente umana divisa nei suoi elementi costitutivi.
Le sensazioni venivano classificate e ordinate in base a modalit distinte (visiva, uditiva, cinestetica,
olfattiva e gustativa) e a dimensioni specifiche (durata, estensione, intensit, ecc.). Inoltre il soggetto, a
contatto con la stimolazione, poteva provare delle emozioni e/o sentimenti classificati in base alle
seguenti variabili: tensione-distensione, eccitamento-acquietamento, piacere-dolore. I vari elementi,
combinati fra loro, formavano, secondo gli studiosi di questa scuola, gli stati di coscienza complessi.
Lelementismo di Wundt talvolta designato anche come atomismo psichico 5.
Due difficolt si rilevano nella teoria psicologica di Wundt: la prima riguarda lintrospezione, che per sua
natura pu essere deformante. Gli allievi di Wundt, che si sottoponevano ai suoi studi sperimentali, si resero
ben presto conto della difficolt di descrivere e ancor pi di interpretare i loro stati soggettivi. La seconda
difficolt, di natura teorica, fu formulata dalla Gestaltpsychologie e riguarda la negazione stessa
dellelementismo, in quanto si ritiene che la coscienza non sia un aggregato composto di unit elementari
semplici, bens sia una forma che va considerata nella sua interezza secondo il noto principio che il tutto
pi della somma delle singole parti.

Husserl a p. 183 mostra che la logica non psicologia rappresentazionale. I rapporti logico-formali
che si instaurano tra le rappresentazioni esulano dal loro carattere psicologico empirico: ad esempio
la distinzione tra rappr. singolare e rappr. generale; tra rappr. attributiva e non-attributiva; le
connessioni di rappr. (congiuntiva, disgiuntiva ecc.); i rapporti di estensione e contenuto tra le rappr.
che sono rapporti di inclusione concettuale ('figura' include 'triangolo'). Qui non sono in questione i
vissuti soggettivi di singoli fenomeni di coscienza, ma le specie ideali.

4. Giudizio e proposizione
Lo stesso ragionamento vale per la interpretazione del giudizio come proposizione di cui a p. 184.
Nella logica tradizionale pre-fregeana, fino al termine dell'Ottocento, si usa il termine giudizio per
designare enunciati che invece da Frege in poi saranno definiti proposizioni. Si pensi alla
distinzione kantiana tra giudizi analitici e sintetici. Il termine 'giudizio' rimanda alla facolt del
giudicare, ossia alle forme come apparato del soggetto ragionante; la sua sostituzione con
'proposizione' intende spostare l'accento sul contenuto dell'enunciato e fa parte di quel movimento
verso l'oggettivit che stiamo studiando.
Definizione kantiana di giudizio: "Il giudizio non altro che il modo di ricondurre conoscenze date
all'unit oggettiva dell'appercezione" (Critica della Ragion Pura 19). Il giudizio "la
rappresentazione dell'unit della coscienza di rappresentazioni distinte; o la rappresentazione delle
relazioni tra queste rappresentazioni in quanto costituiscono un unico concetto" (Logica 17).
L'unit tra le rappresentazioni oggettiva perch non fondata su associazioni psicologiche, ma
sull'appercezione trascendentale ossia sulla funzione logica unificatrice della coscienza in generale
che la coscienza comune di tutti gli esseri pensanti. Il giudizio dunque una operazione soggettiva
(compiuta da un soggetto) che ha per valore oggettivo perch assolta non dall'io empirico, ma
dall'io trascendentale ossia dalla ragione comune a tutti gli uomini. Lo spostamento terminologico
5

Vedi Eleonora Bilotta, docente di Psicologia cognitiva allUniversit della Calabria, Wundt e la
psicologia scientifica, testo online,

galileo.cincom.unical.it/corsi/ps_gen07/body_file/.../2_Cenni_storici.ppt

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da giudizio a proposizione indica che linteresse logico non verso la rappresentazione


soggettiva o intersoggettiva, ma verso le pure determinazioni dei contenuti oggettivi. Un precedente
ottocentesco di questa considerazione della proposizione Bolzano.
Il filosofo austriaco Bernard Bolzano (1781-1848) nella sua Wissenschaftslehre (4 voll., 1837) aveva
distinto tra le rappresentazioni per noi (ossia tra i pensieri che hanno gli esseri umani) e le rappresentazioni
in s (Vorstellungen-an-sich) che costituiscono le componenti elementari delle cosiddette proposizioni in s
(Stze-an-sich), pi o meno come gli enunciati si compongono di parole. La rappresentazione in s tutto
ci che pu presentarsi come elemento costitutivo in una proposizione, ma che per s solo non costituisce
una proposizione (Wissenschaftslehre 48). Le rappresentazioni in s sono dunque definite indirettamente,
ossia con riferimento alle proposizioni in s. Le rappresentazioni in s sono idee, ma questo non significa che
siano termini mentali di una proposizione mentale. Esse sono accessibili alla mente, ma sussistono
indipendentemente dai nostri giudizi, dalle nostre credenze e dai nostri pensieri. Per Bolzano le
rappresentazioni in s non esistono n come entit mentali n come entit empiriche, sensibili e spaziotemporale; sono piuttosto contenuti ideali sussistenti oggettivamente che non necessitano di alcun soggetto
che le rappresenti. Queste idee obiettive ricordano gli universali affermati dai filosofi realisti medievali. Pi
direttamente Bolzano si ricollega a Leibniz, che nei Nuovi Saggi, II, I, 1 aveva affermato che le idee sono
oggetto del pensiero e questo significa che le idee non sono tanto articolazioni del pensare quanto espressioni
della natura o qualit delle cose: Se lidea fosse la forma del pensiero, nascerebbe e cesserebbe con i
corrispondenti pensieri in atto, ma poich un oggetto, pu essere anteriore e posteriore ai pensieri.
Bolzano, riprendendo Leibniz in senso antikantiano, aveva insistito su una forma di oggettivismo logico che
ha al centro lidea di in s, ossia di qualcosa che sussiste indipendentemente dal fatto di essere pensato o di
essere in qualche modo presente alla mente e che al tempo stesso non condivide lo statuto ontologico delle
cose realmente esistenti. Bolzano si preoccupa innanzi tutto di stabilire che esiste (o meglio sussiste)
qualcosa come una verit in s: cio che si danno proposizioni le quali enunciano che qualcosa come
, senza per questo implicare che una siffatta proposizione sia gi stata o possa in futuro essere
effettivamente pensata o enunciata da qualcuno [Wissenschaftslehre, I, 112]. Tutte le verit in s sono
pertanto proposizioni in s e non hanno alcuna esistenza reale, ossia non sussistono in alcun luogo o in
alcun tempo. Il fatto di essere pensate o di essere enunciate linguisticamente non influisce sul loro statuto di
verit, cos come la conoscibilit della verit da parte di un essere pensante ininfluente sul sussistere o
meno di tale verit: verit in s e verit conosciuta vanno tenute rigorosamente distinte [ibidem, I, 77-78,
116], tanto che Bolzano riserva a una successiva parte della Wissenschaftslehre la trattazione della dottrina
della conoscenza, ossia delle condizioni della conoscibilit soggettiva della verit.

Husserl insiste nel dire che il giudizio non deve essere inteso come atto soggettivo del giudicare e
come vissuto psichico, ma come proposizione oggettiva che connette unit ideali di significato.
Nella logica non in questione l'atto del credere o del tener per vero, bens sono in questione le
leggi oggettive dei contenuti. La psicologia elabora concetti di classe che hanno come estensione gli
atti empirici del giudicare; la logica coglie i nessi ideali tra le unit di significato: "Non vengono
analizzati fenomeni individuali, ma forme di unit intenzionali, non i vissuti dell'inferire, ma le
inferenze" (p. 184). Che il giudizio non debba essere inteso soggettivamente (come vissuto psichico
o assunzione di credenza) lo si scorge bene quando si considerano i principi della logica come il
principio di non contraddizione, che spesso definito un giudizio sui giudizi. Esso non costituisce
una legge degli atti del giudizio, ma una legge sui contenuti del giudicare. Sono i contenuti di due
proposizioni contraddittorie a essere incompatibili e questo il significato ideale del principio di
non contraddizione; non contano gli atti del giudizio come atti reali ossia come atti che avvengono
empiricamente a opera dei soggetti conoscenti.
5. Concetti di classe ed essenze ideali

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Nel 48 (pp. 186-187), Husserl distingue i concetti universali (concetti di classe empirici) da
quelli generali (le essenze o unit ideali). Questa terminologia si giustifica con il fatto che
luniversalit intesa come uniformit fattuale, mentre la generalit intesa nel senso del concetto
logico di genere. Luniversalit empirica solo una collezione induttiva di dati di fatto (secondo il
modello della induzione di Mill), mentre il significato generale offerto dalla intuizione delle
essenze che si celano nei semplici dati di fatto e che ne danno il significato. Le essenze sono i
contenuti puri dei vissuti della coscienza. Nellastrazione empiristica si mette in evidenza un
contenuto parziale che appartiene sempre a casi particolari; nellastrazione ideante husserliana la
coscienza ha di mira una unit di significato e la coglie su base intuitiva. Nelle teorie empiristiche il
significato non viene mai colto e ci si ferma solo alla procedura della mente, alla sua attenzione che
separa dal contesto particolare una propriet simile e comune; quel che conta, per la scienza, per
il significato intenzionato la cui essenza intrinseca sfugge agli empiristi. Lastrazione non una
separazione che improverisce la concretezza della complessa percezione sensibile per ottenere
schemi di comprensione semplificati; lastrazione una modalit di conoscenza che ha oggetti suoi
propri, le specie ideali, le essenze.
6. I nessi di conoscenza
Sempre nel 48 Husserl distingue tre tipi di nessi che si possono ravvisare in ogni ambito di
conoscenza (quindi nelle scienze non meno che nella logica che una teoria di forme razionali
proprie di ogni scienza concreta). 1. Il nesso psicologico dei vissuti della conoscenza:
rappresentazioni, supposizioni, congetture, interrogazioni, insomma tutto ci che riguarda l'aspetto
soggettivo della nostra esperienza conoscitiva. 2. Il nesso dei contenuti propri di ciascuna scienza,
ossia le cose indagate in quella scienza che costituiscono il suo campo di sapere proprio. 3. Il
nesso delle forme ideali o nesso logico che conferisce unit alle verit accertate in ogni disciplina
scientifica. I contenuti di una disciplina vengono infatti trattati secondo la forma ideale propria di
quella disciplina (ad esempio la meccanica razionale, l'ottica, la biologia e cos via). La forma
logica riguarda il tipo di connessioni che esistono tra i contenuti: connessioni probabilistiche,
deduttive, congetturali e cos via. Ad esempio se esamino una proposizione della fisica, non solo
apprendo il particolare nesso tra grandezze che la proposizione enuncia, ma anche il tipo di nesso
(pensiamo a quante leggi fisiche hanno la forma di una eguaglianza oppure di una proporzionalit
diretta o inversa o di una condizionalit di causa ed effetto). Esiste insomma una articolazione
formale delle conoscenze che data dai nessi logici.
Questa triplice distinzione vale anche per la logica, ma in questo caso occorre un'avvertenza
particolare: nella logica, diversamente che nella fisica, i contenuti non sono fatti e cose reali, ma
specie ideali. Perci nella logica abbiamo che i suoi contenuti (ossia il suo campo di sapere)
esibisce quelle stesse leggi che sono i principi formali della logica. In altri termini il nesso di tipo 2
e di tipo 3 si identificano o, se vogliamo tracciare una distinzione, il nesso di tipo 2 un caso
esemplificativo dei nessi di tipo 3 ossia nelle leggi formali della logica. Questo non accade nelle
altre scienze perch in queste i nessi di tipo 2 sono puramente contenutistici e riguardano il campo
peculiare di ogni scienza. Al contrario il nesso di tipo 3 un tipo logico generale che si applica a
questo o a quel campo scientifico e che dunque non vincolato a nessuna scienza in particolare. Per
usare una formula semplificante possiamo dire che nella logica i contenuti sono dati dagli stessi
nessi formali e che mentre nelle altre scienze sono i principi logici a fungere da regole di verit dei
loro contenuti, la logica regola se stessa e dunque le regole fungono anche da contenuti.
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7. La teoria dell'evidenza ( 49)


Anche in questo caso Husserl intende respingere la teoria psicologica dell'evidenza secondo la quale
l'evidenza un sentimento soggettivo che dovrebbe garantire la verit di un contenuto di coscienza.
Vedi la definizione a p. 188: "La parola 'evidenza' indica - si dice - un carattere psichico particolare,
ed a chiunque ben noto ecc....". Se cos fosse, la logica dovrebbe occuparsi delle condizioni
psicologiche dalle quali dipende la presenza o assenza del sentimento di evidenza. Le leggi logiche
sarebbero regole del pensare soggettivo miranti a farci attingere lo stato privilegiato dell'evidenza.
Seguono gli esempi in diversi autori, da Mill a Wundt a altri, di questa interpretazione psicologica
dell'evidenza.
Husserl, partendo dall'assunto che le leggi logiche in se stesse esprimono solo nessi concettuali
oggettivi indipendenti dai vissuti di evidenza, vuole per mostrare che esse possono venire
riformulate in maniera da esibire i princpi o le condizioni dell'evidenza; in tal caso per l'evidenza
perder il suo carattere soggettivo e psicologico e assumer il carattere apriorico delle leggi logiche.
Esempi di nessi logici formulabili in termini di evidenza: a p. 190.
Tale equivalenza si esprime in una maniera generale in questo modo: "A vero" = "E' possibile che
qualcuno giudichi con evidenza che A sia". Si noti che l'equivalenza concerne la possibilit
dell'evidenza, non il suo attuarsi effettivo che non garantito (vi sono innumerevoli verit che non
affiorano mai all'evidenza ossia che l'uomo non conosce). Per quanto le due proposizioni siano
equivalenti, esse non hanno lo stesso senso perch la prop. "A vero" "non parla di un giudizio
pronunciato da qualcuno, anzi non parla assolutamente di qualcuno" (p. 191). Esempio ricavato
dalla proposizone matematica a + b = b + a, il cui significato ideale non ha nulla a che fare con la
somma e con la numerazione operate da qualcuno, ma indica soltanto che il valore della somma di
due numeri indipendente dalla loro posizione. In concreto, ossia nella realt empirica, non ci sono
numeri senza soggetti che psichicamente attuano le operazioni del numerare, ma il piano della
possibilit ideale non va confuso con quello della possibilit empirica. Infatti " indubbio che ci
che psicologicamente impossibile possa venire espresso idealmente" (p. 191).
Prestare attenzione al passo di p. 191 fino a p. 192 seconda riga. la soluzione del problema
generalizzato dei tre corpi etc. Il problema dei tre corpi: un celebre problema della meccanica
classica che consiste nel calcolare linterazione gravitazionale tra tre o pi masse.
Husserl considera l'equivalenza tra verit ed evidenza supponendo possibilit conoscitive superiori
a quelle umane: laddove c' una verit logica, l per principio sempre possibile in senso ideale una
esperienza di evidenza. Il rapporto tra verit ed evidenza va capovolto: non l'evidenza psicologica
reale a garantire in alcun modo la verit, ma sono le leggi dell'esser vero a condizionare le
esperienze concrete dell'evidenza, perch "non possibile nessun calcolo e nessuna numerazione
empirica, nessun atto empirico di trasformazione algebrica e di costruzione geometrica, che
contraddica le leggi ideali della matematica" (p. 192). Come interpretare questo passo? E' chiaro
che Husserl non considera l'errore empiricamente possibile, altrimenti la sua frase equivarrebbe ad
affermare che ogni operazione matematica dev'essere perci stesso esatta. Perci il senso della frase
che in concreto nessuna operazione pu avvenire correttamente se incompatibile con le leggi
astratte della matematica: che questa sia la corretta interpretazione lo si intuisce dalla precisazione
"nessun atto empirico di trasformazione algebrica e di costruzione geometrica"; in effetti, quando si

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commette un errore non si pu ottenere una trasformazione algebrica e neppure una costruzione
geometrica, perch non si trasforma e non si costruisce alcunch.
La psicologia si occupa dell'evidenza solo dal punto di vista delle condizioni naturali di atti psichici
in cui si manifesta l'evidenza: essa si occupa cio di condizioni empiriche come la concentrazione,
l'esercizio, la vivacit intellettuale e cos via. Le condizioni ideali della verit riguardano per le
leggi logiche degli oggetti ideali che noi cogliamo come correlati degli atti psichici. Le condizioni
empiriche dell'evidenza riguardano la psiche umana e possiamo conoscerle solo come concetti
empirici vaghi; le condizioni ideali sono invece 'valide per ogni coscienza possibile'. Husserl
suppone dunque esperienze di evidenza superiori a quelle umane.
Husserl non ha ancora affermato con chiarezza in questa sezione la tesi che tutte le evidenze
psicologiche dipendono da evidenze ideali e non possono esserci evidenze psicologiche senza base
nelle leggi del mondo ideale. Una falsa evidenza psicologica sarebbe dunque impossibile. L'errore
in tal caso non sarebbe mai accompagnato dall'evidenza. Questa era una tesi cartesiana. Husserl
torner sul tema a p. 195.
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Antecedenti storici degli oggetti ideali. la distinzione tra materie di fatto e relazioni di idee in Hume
e tra verit di ragione e verit di fatto in Leibniz. Prestare particolare attenzione al passo di p. 194
"La questione fondamentale se gli oggetti..." Il dilemma questo: o ci si ferma al concetto di
classe degli empiristi o, se la gnoseologia empirista insostenibile, si accoglie la teoria degli oggetti
ideali: di qui si comprende che la teoria degli oggetti ideali la versione moderna del realismo degli
universali.
Ancora sul tema dell'evidenza: le concezioni psicologiche che cercano di fondare la teoria
dell'evidenza sulla intersoggetivit normale non si rendono conto che "anche il ricorso alla
normalit non porta a coincidenza l'estensione dei giudizi evidenti con quella dei giudizi conformi a
verit. Nessuno negher che la maggior parte dei possibili giudizi giusti sono privi di evidenza
anche quando vengano pronunciati da persone normali in circostanze normali"(p. 195).
Ma dopo aver detto che la verit eccede l'evidenza, Husserl afferma che l'evidenza 'il vissuto della
verit'; l'evidenza non dunque un sentimento accidentale che pu accompagnare o non
accompagnare un giudizio evidente, ma il modo di avvertire nell'atto reale una verit ideale. Nel
vissuto dell'evidenza si manifesta una datit originaria che viene percepita adeguatamente
(l'intenzionare ottiene il suo riempimento intuitivo). Ovviamente la mancanza di evidenza non
significa non-verit; ma la presenza di evidenza significa verit. "Ci che vissuto come vero,
assolutamente vero, non pu essere falso" (p. 197). L'evidenza il vissuto ossia l'esperienza
dell'accordo tra una intenzione e uno stato di cose, ossia la consapevolezza che all'enunciato
corrisponde un oggetto. Ma ovviamente tale accordo non dipende dal vissuto temporale, ma dalla
validit dei nessi ideali. E' l'idealit della verit che produce la sua oggettivit. Secondo Husserl non
pu esserci un conflitto di evidenze, perch il sentimento di evidenza ha come condizione
preliminare essenziale la verit del contenuto sul quale si giudicato.
Conclude Husserl: leggere l'ultima frase di p. 197 "Infatti, com' ovvio che...".

C) Prima ricerca: atto, contenuto e oggetto intenzionale

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Conosciamo gi la distinzione nella coscienza tra latto soggettivo psichico e il contenuto di


questatto che qualcosa di oggettivo e ideale e che si presenta come unit intenzionale identica
in molteplici vissuti possibili del pensiero e che, nella considerazione oggettivo-ideale che
caratterizza ogni pensare, ci sta di fronte con evidenza come qualcosa di unico e identico (p. 312).
Se l'atto di pensiero appartiene alla psicologia della conoscenza, il contenuto unitario e identico,
intenzionato dalla coscienza, di pertinenza della logica ed ci verso cui la coscienza si dirige
nelle sue diverse modalit intenzionali (conoscitive, congetturali, interrogative, percettive,
desideranti, volitive ecc.).
Ricordiamo che l'intenzionalit per Husserl, come gi per Brentano, caratterizza ogni attivit
mentale ed ha dunque un significato assai pi vasto di quello che annettiamo correntemente al
termine 'intenzione' come proposito di compiere un'azione. Questo significato volitivo e pratico
rientra nella fenomenologia della coscienza intenzionale, ma solo uno dei tanti modi
dell'intenzionalit. Per Husserl la coscienza intenziona un oggetto (ossia ha di mira un oggetto)
anche nei modi puramente conoscitivi oppure nei modi emozionali, nella percezione interna o
esterna e cos via.
Assodata in linea generale la distinzione tra atto e oggetto, occorre introdurre una seconda
distinzione, quella tra contenuto d'atto e oggetto intenzionato. Nei brani della prima ricerca che ho
selezionato questa seconda distinzione si profila in relazione al linguaggio e al rapporto pensierolinguaggio e si presenta come distinzione tra significato e oggetto. Il significato il contenuto d'atto
ed veicolato da una espressione. Espressione termine generico che pu indicare sia un
enunciato sia una parola. In ogni caso perch ci sia 'espressione' deve esserci una significato
espresso. In assenza di significato, un'espressione solo una sequenza di segni (vedi p. 320).
La distinzione tra atto, contenuto d'atto (significato) e oggetto si comprende all'interno di una
seconda distinzione, tipicamente husserliana, quella tra atti 'donatori di senso' e atti che
'riempiono il senso'. I primi esprimono un contenuto secondo un certo modo della coscienza
intenzionante, mentre i secondi, quando ci sono, consistono nellintuizione che riempie di senso la
coscienza intenzionante. Faccio un esempio per illustrare questa distinzione: un soggetto alle sette
del mattino pu pensare che la sera ci sar un bellissimo tramonto con nubi rosee nel cielo. Ho
usato volutamente il termine generico 'pensare', ma questo atto di pensiero, pu assumere vari
caratteri: il soggetto pu 'supporre' che avverr quel tramonto, oppure pu soltanto 'immaginarlo'
oppure pu anche 'affermarlo con certezza', o infine pu 'interrogarsi' se quel tramonto avverr; si
tratta di diverse modalit dell'atto o caratteri di atto. Siamo qui in presenza di un atto donatore di
senso, di una intenzione significante ossia di una intenzione che elabora un significato (quello del
tramonto concepito secondo certe propriet), ma che una intenzione ancora vuota, perch quello
stato di cose soltanto contemplato senza che ancora possa darsi una intuizione empirica evidente
della sua presenza. Latto donatore di senso pu dunque avvenire anche in assenza di un atto di
riempimento di senso. Ma quando lo stesso soggetto quella sera osserver il tramonto direttamente,
allora la sua intenzione significante o verr riempita nell'intuizione, se l'intuizione dell'oggetto reale
corrisponder alla rappresentazione mentale che era stata formulata, oppure non verr riempita, se
non ci sar corrispondenza. Nell'esempio dato, l'esperienza percettiva di un tramonto con quelle
caratteristiche un atto che riempie di senso la mia coscienza intenzionale precedente perch ho la
diretta esperienza conoscitiva del significato che avevo intenzionato al mattino.
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La distinzione tra atti donatori di senso e atti di riempimento di senso mette in luce che c
differenza tra senso o significato (due termini che Husserl usa sinonimicamente: cfr. p. 318) e
oggetto. Il senso o significato il contenuto di unespressione e va sempre distinto dalloggetto al
quale quel contenuto si riferisce. Ogni espressione non vuole dire soltanto qualcosa, ma dice anche
su qualche cosa; oltre ad avere un significato, si riferisce anche ad oggetti di genere qualsiasi. In
certi casi la stessa espressione pu avere molteplici riferimenti. Ma in nessun caso loggetto
coincide con il significato (p. 313). Insomma il significato ci che lespressione (lenunciato)
vuol dire, e loggetto ci su cui essa dice qualcosa. Questa distinzione va sempre mantenuta sia
che gli oggetti siano materiali sia che non lo siano. Il risultato di questa distinzione che
molteplici espressioni possono avere lo stesso significato, ma oggetti diversi, oppure diversi
significati ma il medesimo oggetto(p. 313). Illustriamo le due possibilit con esempi adeguati: A)
lespressione ha lo stesso significato ma oggetti diversi; questo accade ogni qual volta usiamo un
nome comune che ha sempre lo stesso significato, ma si riferisce a oggetti diversi poich il
medesimo concetto ha una estensione molteplice. Ad esempio, dice Husserl, in un calcolo uno ha
sempre lo stesso significato, ma non designa sempre lo stesso oggetto, perch non tutti gli uni
hanno lo stesso valore. B) lespressione ha significati diversi, ma lo stesso oggetto. Questo
evidente nel caso delle denominazioni, perch se dico il vincitore di Jena e il vinto di Waterloo
ho due significati diversi per designare lo stesso oggetto ossia Napoleone. Ma la stessa cosa accade
anche con definizioni concettuali coestensive ossia che si riferiscono allo stesso insieme di oggetti
pur avendo significato diverso, come il triangolo equilatero e il triangolo equiangolo. Gli oggetti
che ricadono sotto i due concetti sono esattamente gli stessi, ma i concetti, ossia i modi di riferirsi
ad essi, sono diversi. Questa distinzione si pu applicare non solo ai termini e alle definizioni, ma
anche agli enunciati, nel qual caso loggetto viene inteso come stato di cose ossia come la
situazione che lenunciato descrive. Se ad esempio dico a maggiore di b e b minore di a ho
due significati distinti non solo due espressioni grammaticalmente distinte, ma due significati
concettuali diversi perch luno esprime una relazione di maggioranza e laltro di minoranza - i
quali per descrivono lo stesso stato di cose. Abbiamo cos la duplice possibilit che il significato
vari mentre la direzione verso loggetto resti la medesima, oppure che un solo significato abbia una
estensione di oggetti molteplici. In questo secondo caso diciamo che nellessenza di quel significato
c lindeterminatezza ossia il suo riferirsi a una sfera di possibile riempimento e non a un unico
oggetto.
Va rimarcata l'importanza della distinzione tra atti di donazione di senso e atti di
riempimento di senso ossia tra l'intenzione significante e l'oggettualit effettivamente data che
riempie di senso l'intenzione significante. Husserl usa una metafora: l'intenzione significante come
una cambiale che verr pagata solo quando avremo l'intuizione che realizza l'intenzione. Il
cosiddetto riempimento intuitivo la realizzazione di quel riferimento all'oggetto che appartiene a
ogni espressione dotata di significato. Anche nel caso del riempimento intuitivo si deve per
distinguere l'oggetto dal significato che in questo caso il senso riempiente. Anche nella datit
intuitiva presente un significato che va tenuto distinto dall'oggetto: tale significato il modo di
darsi dell'oggetto all'intuizione, che distinto dal modo in cui intendiamo l'oggetto quando non lo
abbiamo ancora dinanzi nell'intuizione. Husserl esprime cos questa ulteriore distinzione: "In altre
parole, quando l'intenzione significante si riempie sulla base dell'intuizione corrispondente, quando
cio l'espressione si riferisce all'oggetto dato in una denominazione attuale, l'oggetto si costituisce
come 'dato' in certo atti, e ci dato precisamente in essi - in quanto l'espressione si adegua
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effettivamente a ci che dato intuitivamente - nello stesso modo in cui inteso dal significato" (p.
317). Si notino i due momenti correlati: da un lato e dapprima l'intenzione significante, dall'altro e
in seguito l'intuizione che porta a compimento quella intenzione ossia che la riempie di senso. Si
noti poi la corrispondenza tra significato intenzionato e significato intuito (ovvero senso riempiente
dell'intuizione). Quando si esperisce la corrispondenza, si vive l'unit di coincidenza tra oggetto
'intenzionato' e oggetto 'dato'. Gli atti di riempimento "sono gli atti attraverso i quali l'oggettualit
significazionalmente intenzionata si presenta intuitivamente dinanzi a noi proprio nel modo in cui
intenzionata"(p. 317). Si noti come questa teoria della corrispondenza abbia un riscontro sul piano
linguistico in quanto adeguazione dell'espressione al dato intuitivo. Infine si consideri che la
distinzione tra oggetto e senso riempiente ci indica che impossibile attingere l'oggetto in s;
perch si possa attingerlo, l'oggetto deve 'darsi' a noi, deve diventare un dato. Il modo del suo
offrirsi all'intuizione il suo significato nell'atto di riempimento. Contenuto e oggetto si devono
sempre tenere distinti in linea di principio: in altri termini l'oggetto comparendo alla coscienza dell'oggetto in assenza di coscienza nulla sapremmo - si d come contenuto di coscienza. Ogni
oggetto sempre pensato in un certo modo, si presenta secondo una prospettiva, e non si offre
simpliciter, in assenza di qualificazioni caratterizzanti che ci permettono di descriverlo. Se vedo la
luna, non percepisco la luna tout court, ma la percepisco comunque come 'bianca' o 'luminosa' o
'piena' oppure 'alta sull'orizzonte', o 'rossa' e 'bassa sull'orizzonte' e cos via. Perci oggetto e
contenuto d'atto, cio oggetto e significato sono sempre distinguibili.
Si tenga infine conto del fatto che i riempimenti intuitivi possono essere parziali, perch "le
espressioni vengono spesso accompagnate, quando lo sono, da intuizioni molto lontane o solo
parzialmente illustrative" (p. 322).
La distinzione tra significato e oggetto non toglie che tra essi ci sia un nesso molto stretto: chiaro
che tra questi due aspetti che vanno distinti in ogni espressione sussiste un nesso molto stretto;
unespressione, cio, acquista un riferimento alloggetto per il solo fatto che essa significa, e quindi
si dice giustamente che lespressione designa (denomina) loggetto per mezzo del suo significato
ovvero che latto del significare il modo determinato di intendere loggetto in questione (p. 315).
In una formula stringata: "nel significato [e solo nel significato] si costituisce il riferimento
all'oggetto". E ancora: "l'espressione si riferisce a un oggetto in quanto ha un significato" (p. 320).
Si presenta per qui una questione che, come vedremo, avr importanza nella riflessione di
Meinong, quella degli oggetti irreali, siano essi fittizi ('montagna d'oro') o impossibili ('cerchio
quadrato'). Se intendiamo la formula che "l'espressione si riferisce a un oggetto in quanto ha un
significato" in senso stretto come implicante l'esistenza dell'oggetto, allora ogni espressione che si
riferisce a oggetti irreali diventa priva di significato. Viceversa se si adotta un criterio pi largo,
allora un'espressione che designa un oggetto irreale comunque dotata di senso, come d'altronde
mostrerebbe il fatto che non una sequenza inintelligibile di segni. Ma in questo secondo caso
dovremmo forse dire che l'oggetto non altro che il significato? Parrebbe di no, perch se usiamo
l'espressione 'montagna d'oro' (oggetto fittizio) abbiamo un significato e non abbiamo un oggetto,
che pure sarebbe concretamente possibile; ossia l'assenza dell'oggetto non coincide con l'assenza del
significato. Ma che dire di espressioni come "il cerchio quadrato" (oggetto impossibile)? In questo
caso non solo manca l'oggetto, ma mancherebbe anche il senso, perch il cerchio quadrato
impensabile, trattandosi di espressione contraddittoria. Ma neppure il 'cerchio quadrato'
un'espressione inintelligibile come sarebbe una sequenza segnica del tipo 'blictri' ossia una parola
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senza senso. Per di pi si danno proposizioni come "non vi alcun cerchio quadrato" che
risulterebbero insignificanti se l'espressione 'cerchio quadrato' fosse insignificante. Husserl riporta
favorevolmente la posizione espressa in merito da Anton Marty, filosofo del linguaggio svizzero,
docente a Praga e allievo e amico di Brentano, che aveva affermato: "Se queste parole fossero senza
senso, come potremmo comprendere la domanda se esista qualcosa di simile e rispondere
negativamente ad essa? Proprio per poterla rifiutare, dobbiamo in qualche modo rappresentarci
questa materia contraddittoria" (p. 321). Husserl approva questa posizione e risolve il problema in
base alla sua distinzione tra significato intenzionale e senso riempiente: l'espressione 'cerchio
quadrato' ha un significato intenzionale al quale viene poi a mancare un riempimento per
l'impossibilit a priori di un senso riempiente ossia di una intuizione unitaria del cerchio e del
quadrato. Noi facciamo esperienza della " 'incompatibilit' dei significati parziali nella unit
intenzionata di riempimento" (p. 321). In breve ci prospettiamo un riempimento e scorgiamo con
evidenza la sua impossibilit. La distinzione tra contenuto o significato intenzionale e oggetto
intenzionale permette a Husserl di render ragione di quei casi per i quali Meinong postula invece
una categoria speciale di oggetti.
In queste riflessioni Husserl riprende temi che Frege aveva esposto nel suo famoso saggio del 1892
ber Sinn und Bedeutung. La posizione di Frege, Meinong e Husserl sugli oggetti irreali si pu
riassumere cos:
Frege distingueva in un enunciato il senso (in termini husserliani il significato) dal riferimento (o
denotazione) ossia dall'oggetto al quale il senso rimanda in un certo modo. In virt di questa
distinzione per Frege i termini non denotanti (l'ippogrifo o il cerchio quadrato) hanno senso, ma non
hanno riferimento e quindi gli enunciati in cui compaiono non hanno valore logico, poich gli
enunciati logici si riferiscono a quei due macro-oggetti che sono per Frege il Vero e il Falso. Al
contrario Meinong pone una categoria speciale di oggetti, gli oggetti non esistenti, ma sussistenti,
come oggetti intenzionali dei pensieri ad essi rivolti. Per Husserl si tratta invece di casi in cui un
atto intenzionale possiede un contenuto intenzionato, al quale per non corrispondente alcun
oggetto reale che possa fungere da riempimento intuitivo del significato intenzionato.
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Leggere per intero 29 che si connette a quanto abbiamo gi esposto nei Prolegomeni circa le
scienze e i loro contenuti (che sono significati ideali stabili e non vanno confusi con le fluttuazioni
soggettive del significare) e circa la logica come teoria delle scienze (o 'scienza delle scienze' o
'nomologia delle scienze').
Leggere inoltre per intero 31, sulla differenza tra statuto psicologico e statuto logico di una
espressione o proposizione; in questa sezione particolarmente importante il passo alle pp. 368-69
per comprendere il distacco del platonismo logico di Husserl dal platonismo metafisico: Ora,
questa vera identit, qui asserita, non altro che... [fino al termine della sezione].
Come le specie ideali di oggetti empirici esistenti vengono esemplificate nelle loro particolari
realizzazioni - il rosso in questo o quel rosso - cos i significati ideali vengono esemplificati nei
contenuti dei singoli atti di pensiero. Mentre Frege spiegava il fatto che un individuo pu avere lo
stesso pensiero in momenti diversi e che diversi individui possono pensare la stessa cosa in ogni
momento ponendo un singolo oggetto ideale unitario che lo stesso per tutti i soggetti pensanti che
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lo colgono, Husserl concepisce i particolari contenuti ideali degli atti di pensiero come esempi
singolari di una specie ideale di significato. Perci due soggetti hanno lo stesso pensiero in quanto i
loro pensieri sono casi esemplificativi pressoch identici di un contenuto ideale che la specie
comune di tutti i significati mentalmente concepiti. Questo schema di comprensione del rapporto
tra specie ideale e casi individuali proprio della tradizione ontologica platonica (secondo lo
schema archetipo/copia), anche se Husserl lo spoglia di ogni riferimento alla metafisica platonica
propriamente detto: ad esempio non si pone la questione del rapporto tra archetipo e 'copia' in
termini di mimesi o di metessi o di chorisms. La tesi husserliana assimilabile alla distinzione
oggi invalsa in ambito analitico tra type e token, ossia tra il tipo ideale generale e i casi particolari
concreti che lo esemplificano. Husserl utilizza una distinzione categoriale di carattere logico e non
ontologico: quel che conta "il rapporto primitivo tra specie e caso singolo" che permette di
"cogliere comparativamente nel loro complesso molteplici casi singoli ed eventualmente di
enunciare con evidenza giudizi come questi: in tutti i vari casi il momento individuale diverso, ma
in ognuno di essi si realizza la stessa specie; questo rosso lo stesso di quel rosso cio, dal punto
di vista della specie, si tratta del medesimo colore e tuttavia luno diverso dallaltro cio dal
punto di vista individuale si tratta di singoli elementi oggettuali diversi. Come tutte le distinzioni
logiche fondamentali, anche questa categoriale. Essa appartiene alla forma pura di possibili
oggettualit di coscienza come tali (Seconda ricerca, ed. cit., p. 380).
Leggere infine per intero 35 sulla eccedenza del mondo degli oggetti ideali rispetto al pensiero
umano e quindi alla esprimibilit linguistica e proposizionale dei significati stessi.

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