aD attualita
srafologica
Trimestrale dell’Associazione Grafologica Italiana
Anno XXV n. 3 Lugli e 200 ini
uglio-Settembr
100
e lallane Spa Sped. In abb, post, D.. 9532003 (Con nL. 27.02.2008 N. 46 at. 2 B Ancona
ISSN 0394-3747
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Taxe pergue Tassa riscossa CMPP AN |LETTERE
Psicometria e grafologia
Caro Presidente,
come tu ben sai, nell’ambito dell’Associazione Grafologica Italiana il mio
ruolo & proboviro-revisore dei conti, una specie di cane da guardia che con-
trolla il corretto comportamento di tutti sia all’interno della struttura, sia
dall‘interno verso I’esterno.
Una cosa che manca, né vedo come potrebbe essere presente, @ un con-
trollo dall’esterno verso interno, in modo che i grafologi, singolarmente o
nel loro insieme, potessero non essere danneggiati da comportamenti sba-
gliati di altri, che comunque succedono e che ti sollecitano una difesa.
E difficilmente sopportabile di essere trattati da ciarlatani e, a tutela della
verita mi suggerisco alcune considerazioni. La rivista Psicologia contempora-
nea di settembre-ottobre 2006, n°197, alle pagine 52-58 con un articolo dal
titolo La grafologia é una scienza?, tratta in modo impreciso un argomento
che, peccato, avrebbe potuto svilupparsi con altri toni di dialogo.
Gli autori Carla Dazzi e Luigi Pedrabissi, dopo una descrizione di cosa sia €
di cosa non sia la grafologia secondo loro, raccontano di un esperimento
tendente a validarne o no I’attendibilita. Si tratta di confrontare i risultati
delle analisi di personalita di due grafologi con i risultati di un test psicometrico
denominato Big Five: si considerano 102 soggetti con uno stesso testo mira
to da analizzare. Fin qui (quasi) tutto bene, si sarebbe potuto lasciare a loro
Ie loro opinioni, ma entrando nel dettaglio, ci si accorge che quei signori, un
ricercatore e un docente dell‘Universita di Padova, potevano risparmiarsi
qualche pesante inesattezza. "Psicometria e validazione” si legge all’occhiel-
Jo che precede il titolo. Validazione di cosa? Quando ci si mette in alternativa,
non mi pare giusto che una stessa persona possa fungere da arbitro e con-
temporaneamente partecipare al confronto.
Perché confronto? Riporto le motivazioni che hanno spinto i due autori:
“perché anche in Italia si sta indebitamente espandendo |'intervento dei
grafologi in ambiti che sono di competenza dello psicologo”.
Forse gli autori non conoscono le parole di apertura di Girolamo Moretti sul
testo La passione predominante che riporto pari pari: «La vera psicologia
non deve contentarsi di classificare, ma deve arrivare a mettere a nudo le
particolarita personali dell’individuo, deve trovare conclusivamente quelle
qualita che sono individualizzanti in modo che, dal suo lavoro ne esca I’indi-
viduo. La psicologia moderna finora non vi é riuscita e non riesce a farlo, per
cui ho ragione di affermare che la vera psicologia non é ancora nata>.
Parole pesanti su un libro del 1962, ma, visto che il mezzo psicometrico
usato per I’esperimento che ci contesta, ritiene validi i risultati misurando
numericamente ancora oggi, forse grandi passi in avanti da allora in psicolo-
gia non se ne sono visti. La grafologia invece, mi si consenta, passi ne ha
fatti non pochi da allora. Recita ancora I'articolo: «La grafologia non si pre-
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senta in modo unitario e monolitico ma @ formata da molteplici scuole e
correnti di pensiero». Strana affermazione, il confronto mi pare un vantag-
gio, é forse un danno? Forse che la psicologia é unitaria e monolitica? Psico-
logia dell’orientamento di Guichard e Huteau (Cortina editore) é I'ultimo libro
di psicologia che ho letto e per mia consolazione descrive decine di metodi
diversi per orientare. Una docente di Psicologia delle Risorse Umane presso
Universita di Urbino, il giorno 29 settembre 2006 spiegava che non esiste la
psicologia ma le psicologie e mi par logico. Risparmio al lettore di queste
note aicune nuove amenita come la datazione del Trattato de! Moretti all’an-
no 1980 0 altre frivolezze. Non gli risparmio questa: nel servizio in oggetto
vengono riportate le scritture di quattro personaggi storici famosi tra cui
Vincent Van Gogh e Charles Darwin spiegando: «come dire che, qualora
analizzassero i manoscritti che riportiamo in queste pagine, a puro titolo di
curiosita, i grafologi potrebbero inferire, per ognuno dei loro autori, il profilo
di personalita». Questo dubbio mi lascia perplesso “a puro titolo di curiosi-
ta”: cosa pud fare un grafologo davanti ad un manoscritto, se non ricercare
il profilo di personalité oppure una verifica peritale sull’autore?
Passando alle cose sostanziali, ad un certo punto il servizio giornalistico
riscontra che «il coefficiente medio di attendibilita dei grafologi é risultato
pari a .779, cioé molto alta». Non lo dubitavo, ma ecco il “colpo di scena” con
/ risultati che vanno azzerati perché i due grafologi hanno lavorato in coppia,
cioé insieme. Non so “se” e da chi gli psicologi siano obbligati ad operare da
soli, ma ricordo perfettamente che il professor Lamberto Torbidoni, eminen-
za nella grafologia in Italia, insisteva che ogni volta possibile si doveva lavo-
rare in compagnia. Allora il problema é questo: la grafologia italiana sarebbe
ora che andasse avanti con le proprie forze e con i propri sistemi, senza
complessi d’inferiorita, senza i! desiderio di diventare un‘ala della psicologia
solo per averne un indiretto riconoscimento.
Esiste poi un altro imperdonabile errore di sostanza.
I termini del paragone sono questi: da una parte il Big Five che comunque
dovrebbe essere attendibile e che in fiducia si suppone veritiero, dall’altra
due grafologi e 102 scritture da esaminare, ma, attenzione, il problema &
rovesciato! Se sotto esame é la grafologia, dall‘altra parte del Big Five avrem-
mo dovuto avere 102 grafologi e tutti ad esaminare due scritture, non if
contrario! Infine, per punire i due grafologi che avevano lavorato insieme, le
102 scritture furono assegnate ad altri due grafologi impegnati a lavorare da
soli, con risultati stavolta deludenti, quindi i! responso “la grafologia non &
attendibile neppure valida”. Non si sa chi siano né con quale criterio sia stata
scelta la seconda coppia di grafologi, ma mi frulla un pensiero: se per fare
una analisi di personalita ben fatta certe volte sono necessari alcuni giorni
(anche 15), per quanto tempo questi ultimi avranno lavorato forse gratis e
per la gloria della psicologia? Che non sla mai venuta loro una sensazione di
incongruenza 0 di stanchezza e soprattutto la voglia di finire in fretta?
Emilio Mazzai
Carissimo Emilio,
capisco il risentimento per una lettura, quella dell’articolo di Dazzi-Pedrabissi
nel numero di settembre della rivista Psicologia contemporanea, dal titolo La
grafologia & una scienza? che ha caratterizzato questa gia difficile ripresaautunnale, dove fra finanziarie e contributi ail’equilibrio dei conti dello stato,
come grafologi sembra ci tocchi dare anche un contributo all’equilibrio del
dibattito scientifico.
Fra le letture estive fate, consiglio un bel libro di due formatori, Luciano
Ballabio e Daniela Paronetto Personaleprofessionale, sottotitolo Formare ben-
essere e bell-essere nelle nostre persone e nell’organizzazione, che andreb-
be consigliata anche agli estensori dell’articolo in questione. I due autori
approcciano con strumenti psicologici la trasformazione culturale della so-
cieté attuale e Domenico De Masi nella sua prefazione all’opera afferma:
«Benché sociologo, mi guardo bene dal negare I’importanza che possono
avere la forza d’animo, la consapevolezza, la tenacia, la creativita nel supe-
rare i vincoli che la natura e la cultura hanno piantato nel nostro inconscio».
Questo @ un buon colloquio fra scienze dirimpettaie, come la psicologia e la
sociologia, dove ciascuno riconosce i! punto di vista dell’altro e fa della diver-
sit una ricchezza. Altra cosa @ certamente I’articolo in questione, che con la
pretesa di poter liquidare in poche righe la complessita della materia
grafologica e il suo rapporto con le teorie della personalita e con le scienze
psicologiche giunge ad affermazioni e assunti davvero sconcertanti.
Il problema delia misurazione e dell’oggettivita si pone sempre in maniera
relativa, immaginiamo una scala dove gli strumenti di misurazione vanno dai
piu “oggettivi” ai pil “soggettivi’: si parte dai test o reattivi psicodiagnostici
che misurano un’abilita (numerica o verbale), alle scale di autovalutazione
(sono io che rispondo ai quesiti), ai questionari di autovalutazione di perso-
nalita come il Big Five Questionnaire (dove rispondendo a 132 descrizioni del
tipo Mi sembra di essere una persona attiva e vigorosa su una scala da 1
(assolutamente vero) a 5 (assolutamente falso) si perviene alla descrizione
di 5 tratti e 10 sottodimensioni di personalita), ai test proiettivi, al colloquio
psico-dinamico, strumenti questi ultimi ad alta soggettivita, poiché passano
attraverso il vaglio di un esperto professionista.
Lanalisi grafologica é un test? E sulla scala dell’oggettivita e soggettivita
di valutazione di ogni strumento di misura che ho sentito magistralmente
illustrare dal Prof. Pedrabissi dove si colloca? Non é sicuramente un questio-
nario di autovalutazione, chi scrive “fa il proprio ritratto” affermava Pulver,
caposcuola svizzero della grafologia, esponente della scuola fenomenologica
e psicoanalitica, anche questo non a caso dimenticato dalla ricercatrice in
questione. Ma il ritratto lo fa con gesto automatizzato, la scrittura nel suo
movimento, che é l'oggetto di studio vero della grafologia, @ il non verbale
scritto ed ha modalita subcoscienti e individuali di esecuzione
Dunque pit un test proiettivo che un questionario di personalita o un test
di autovalutazione, si potrebbe sostenere.
E come “test proiettivo” e strumento psicodiagnostico la grafologia pre-
senta alcuni vantaggi:
- la visione globale della personalita in termini biotipologici, caratterologici
e delle esperienze vissute;
- il non dovere sollecitare il soggetto a dare delle risposte rischiando come
in altri test di provocare reazioni emotive;
- la possibilita di effettuare un’analisi comparativa di scritti di diversi perio-
di, unita alla possibilita di analizzare la scrittura di una persona anche
senza la sua presenza fisica.
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E dunque che cosa si confronta per correlare, da un lato abbiamo dei valori
espressi in punti T (B.F.Q.) e dall’altro un profilo di personalita o una valuta-
zione di tratti di personalita, che derivano da un complesso di segni e di
combinazioni che non sono il risultato di un‘elaborazione statistica, da cui
deriva il profilo Big Five.
Il problema di metodologia della ricerca mi sembra piuttosto complesso
nell’impostazione iniziale, tale da richiedere una definizione dei parametri su
cui valutare anche secondo il metodo grafologico i tratti definiti dal Big Five.
Richiede quindi ben pili che una riunione di impostazione metodologica fra
due grafologi!
Il Big Five si rif ad una teoria della personalita, tema piuttosto problema-
tico in psicologia ed anche plurale, dalla teoria dei tratti a quella psicoanalitica,
alla dinamica, alla socio-cognitivista, a quella umanistica é tutto un dibatte-
re nel mondo scientifico, ma questa é la ricchezza delle scienze umane,
all'interno delle quali si inserisce anche la grafologia, come scienza dell’espres-
sione e della comunicazione scritta.
Capisco 'amarezza, per come superficialmente e con \’esclusiva preoccu-
pazione di tracciare steccati si sia affrontato I’argomento della validita scien-
tifica della grafologia, perdendo una buona occasione, ma uso le parole di un
mio maestro, Enzo Spaltro, caposcuola della psicologia del lavoro in Italia, a
proposito degli interventi pit: recenti dell‘ordine degli psicologi: «ci si rende
conto che dietro il gran polverone delle leggi dei riconoscimenti pi. o meno
legittimi, dell'impedire agli altri di fare quello che vorremmo fare solo noi, si
nasconde solo i! vuoto. Una professione non pud essere fatta solo dai rego-
lamenti». Il titolo dell‘editoriale del numero 139 di Psicologia e lavoro & No,
cara piccina no, cosi non va ed é rivolta ad una psicologia_prevalentemente
tesa alla cura e solo sanitaria, che dunque stenta a dare un contributo tangi-
bile al benessere.
Resto convinta che il dibattito interdisciplinare deve proseguire, anche se
faticoso, non sempre limpido e scientifico, come in questo caso, quindi dico
pid che mai no al settarismo, le conoscenze necessarie ad una societa mo-
derna sono infinite e tutte preziose. Spero che le nostre riviste vedano un
ricco dibattito svilupparsi su questi temi. Grazie Emilio del tuo contributo e
della tua passione.
Anna Castelli