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Cesare Davini 1
2 maggio 2012
1
Dipartimento di Ingegneria Civile ed Architettura, Via del Cotonificio 114, 33100 Udine,
Italy, email: davini@uniud.it
Indice
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INDICE
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4 Le travature rigido-elastiche
119
4.1 Molle estensionali e molle di rotazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
4.2 Problemi di equilibrio per strutture rigido-elastiche: alcuni esempi . . 121
4.3 La teoria lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123
4.4 Il teorema dei lavori virtuali per le travature rigido-elastiche . . . . . 124
4.5 Applicazioni del teorema dei lavori virtuali: il metodo delle forze . . . 127
4.6 Applicazioni del teorema dei lavori virtuali: il metodo degli spostamenti 131
4.7 Altre applicazioni del teorema dei lavori virtuali: il calcolo delle deformazioni; cedimenti vincolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138
5 Le travature elastiche
5.1 Il modello mono dimensionale della trave . . . . . . .
5.2 Cinematica della deformazione . . . . . . . . . . . . .
5.3 Le equazioni della linea elastica . . . . . . . . . . . .
5.4 Alcuni esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.5 Linfluenza della deformabilit`a al taglio . . . . . . . .
5.6 Lequazione della linea elastica nella teoria flessionale
5.7 Altri esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.8 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.9 Il Teorema dei Lavori Virtuali per travi deformabili . .
5.10 Dimostrazione del TLV in versione statica . . . . . . .
5.11 Il metodo delle forze e le equazioni di Muller Breslau
5.12 Alcune applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.13 Sistemi con pi`u gradi di iperstaticit`a . . . . . . . . . .
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INDICE
Introduzione
Finalit`a del corso e struttura della disciplina
In questo corso presenteremo i fondamenti della meccanica di continui deformabili
soggetti a forze assegnate. La nostra attenzione sar`a rivolta alla descrizione delle deformazioni ed alla determinazione degli sforzi che nascono sotto lazione dei carichi.
Il primo aspetto e` connesso con lo studio dei cambiamenti di configurazione dei corpi
nello spazio fisico, il secondo con il problema della resistenza strutturale, cio`e, della
capacit`a del sistema in esame di sopportare i carichi di servizio per cui e` stato concepito. Il nostro obiettivo finale e` di ridurre al calcolo la progettazione dei componenti
strutturali.
Linteresse per la descrizione delle configurazioni di un corpo o del regime degli
sforzi in esso agenti e` variamente motivato nei differenti contesti. Ad esempio, in
meccanica dei fluidi lo studio del moto e` importante quando si vuole determinare il
deflusso di un liquido in un canale ovvero trovare le linee di corrente ed il campo
di velocit`a intorno ad un profilo. In meccanica strutturale la descrizione del moto e`
essenziale nello studio di strutture ed organi di macchina soggetti a carichi rapidamente
variabili, come nel caso dei carichi sismici o di quelli derivanti da masse rotanti, e nei
problemi di vibrazioni urti propagazione di onde, eccetera.
Nel corso ci limiteremo a considerare problemi di equilibrio, ma quanto diremo si
estende naturalmente e senza difficolt`a allo studio dei problemi dinamici. La trattazione
sar`a dedicata prevalentemente ai corpi solidi.
In molti problemi dellingegneria strutturale lo studio delle deformazioni e degli
sforzi e` finalizzato alla determinazione delle condizioni di collasso strutturale. Con
questo termine si intende la perdita di capacit`a portante di una struttura, cio`e, della sua
adeguatezza ad assolvere i compiti per i quali era stata progettata. Il collasso strutturale pu`o prodursi essenzialmente per due cause: perche gli sforzi interni superano
certi valori limite del materiale, determinando linsorgere di deformazioni permanenti
o addirittura la rottura; ovvero, perche si determinano condizioni che portano ad una
perdita della forma della struttura, come avviene nel fenomeno dellinstabilit`a. Come
vedremo, in questo ultimo caso concorrono tanto le deformazioni che gli sforzi presenti. Fornire gli strumenti per determinare le condizioni di collasso strutturale costituisce
lobiettivo centrale del nostro corso. Nel fare ci`o, comunque, cercheremo di porre laccento sul metodo attraverso cui si arriva a schematizzare i problemi, e sugli aspetti
generali dei risultati che lungo il nostro percorso incontreremo.
7
INTRODUZIONE
Per quanto sviluppato in modo pi`u ampio, il corso e` rivolto principalmente allo
studio dei corpi snelli (comunemente indicati come travi) in regime elastico. Altri
argomenti di interesse strutturale sono lo studio dei corpi sottili, quali le cosiddette
membrane, piastre e gusci, e quello del comportamento di materiali e strutture in regime di sforzo eccedente il limite elastico. Tali argomenti saranno oggetto di corsi
successivi ed, in particolare, del corso di Teoria delle Strutture. Sono anche oggetto
di corsi del quarto e quinto anno lo sviluppo della teoria del cemento armato, che e`
un materiale fondamentale per le costruzioni civili, nonche lo studio delle molte problematiche progettuali e costruttive riguardanti le varie tipologie delle costruzioni di
carattere civile.
Il termine Scienza delle Costruzioni sta ad indicare in un modo un po enfatico e
tutto Italiano che la disciplina sviluppa una teoria di modelli matematici, nello spirito di
quel metodo scientifico introdotto dagli scienziati del periodo alessandrino ed in gran
parte dimenticato per diciotto secoli, fino alla sua riscoperta in epoca rinascimentale ad
opera di Galileo e Newton.
Essenzialmente, sviluppare una teoria di modelli significa tre cose:
1. separare il piano reale delle osservazioni dalla rappresentazione ideale che se ne
fa;
2. costruire una teoria rigorosamente deduttiva partendo da pochi enunciati fondamentali riguardanti certi enti caratteristici della teoria, e deducendone un certo numero di conseguenze, i teoremi, secondo uno schema logico unitario e
universalmente accettato;
CENNI STORICI
(natura meccanica)
1. grandezze
(natura geometrica)
derivate
(natura meccanica)
(
geometrico(relazioni cinematiche)
bilancio
meccanico(e.g.
equazionidiequilibrio)
2. equazioni
Cenni storici
Ovviamente il problema della resistenza meccanica dei materiali deve essere stato sentito da sempre nella storia dellumanit`a ed affrontato in modo pi`u o meno grossolano,
come testimoniano le opere di ingegneria che ci sono giunte dalle civilt`a passate. Il
primo uomo di scienza, nel senso moderno, ad occuparsi di esso e` comunque Galileo
(1638).
Galileo si pose il problema di determinare la resistenza di una trave orizzontale
murata in una parete ad unestremit`a e soggetta al proprio peso e ad un carico verticale
applicato allestremit`a libera. Galileo non svilupp`o alcuna teoria generale: non propose alcuna equazione di bilancio meccanico, ne tent`o di inserire nel problema alcuna
propriet`a specifica del materiale costituente la colonna. Il suo contributo rimane pertanto puramente descrittivo. La sua importanza, per`o, consiste nellaver formulato con
chiarezza il problema della resistenza strutturale e nellaver fissato lattenzione su un
corpo di geometria particolarmente semplice. Due direzioni di indagine rigorosamente
seguite dai matematici del secolo successivo.
Una seconda tappa importante nello sviluppo della disciplina e` segnata da Hooke
(1678), al quale si deve la formulazione della prima equazione costitutiva della teoria
dellelasticit`a. Stabilendo che forza e deformazione sono tra loro proporzionali, egli
introduce nella teoria due elementi di rilievo: da un lato collega tra loro in modo quantitativo la forza (causa) con la deformazione prodotta (effetto), dallaltro formalizza in
una legge matematica unosservazione sperimentale. Di questa relazione Hooke non
fa alcun uso pratico. Essa venne invece ripresa da Mariotte (1686) che osserv`o che
la resistenza alla flessione in una trave deriva dallestensione e contrazione delle fibre
longitudinali. Con riferimento al problema di Galieo, egli assunse che met`a delle fibre
fossero tese e met`a compresse, concludendo che la posizione dellasse intorno a cui de-
10
INTRODUZIONE
ve ruotare la trave, come richiesto dalla soluzione del problema, doveva essere a met`a
della sezione di incastro.
Nel 1705 J. Bernoulli utilizz`o la legge di Hooke per ricavare il legame tra momento
necessario a flettere una trave e curvatura da questa assunta. Riprendendo le considerazioni di Mariotte, egli postul`o la proporzionalit`a tra le due quantit`a introducendo cos`
unassunzione che e` centrale in tutto il successivo lavoro di Eulero.
Il percorso tracciato sopra e` una sommaria ricostruzione del periodo pionieristico,
per cos` dire, della teoria dellelasticit`a. Si tratta di un passaggio faticoso e difficile in
cui si raccolgono le osservazioni, si mettono a fuoco le nozioni rilevanti, si cerca di dar
loro una formalizzazione in termini matematici. I fondamenti della teoria dellelasticit`a
nella loro generalit`a e chiarezza sono posti nel secolo XVIII e nei primi decenni del
XIX. Sopra tutti gli altri emergono i contributi di Eulero (1744-) e Cauchy (1822-).
Sebbene Eulero si sia limitato a trattare i corpi snelli e, solo in parte, quelli sottili,
egli formul`o chiaramente i principi della meccanica dei continui. In particolare, nei
suoi lavori si trovano le nozioni di sforzo, inteso come misura dellinterazione tra parti
contigue di uno stesso corpo, e di equazione costitutiva. Eulero intraprese uno studio
sistematico delle travi inflesse e delle relative connessioni con il calcolo delle variazioni
e invent`o, nel vero senso del termine, il problema della stabilit`a dellequilibrio. Propose
infine un modello per lo studio dei corpi sottili (piastre e gusci), con specifico riguardo
al loro comportamento dinamico (studio delle vibrazioni di una campana in De sonu
campanarum).
A parte la generalit`a delle idee, come gi`a J. Bernoulli, Eulero descrive la trave come
un corpo monodimensionale.
Il primo a tentare una descrizione dellequilibrio e delle vibrazioni di solidi tridimensionali e` Navier (1821). Egli ricorre al punto di vista molecolare per procurarsi
equazioni costitutive per il modello tridimensionale: lega le forze agenti su una molecola al suo spostamento rispetto alle vicine, calcola successivamente lespressione del
lavoro complessivamente svolto e ne deduce le equazioni differenziali del moto. Se il
punto di partenza di Navier e` particellare, questo e` successivamente superato sostituendo alle sommatorie degli integrali e giungendo di fatto ad una teoria fenomenologica
vera e propria. Lapproccio di Navier verr`a criticato in quanto gli sviluppi analitici che
portano dal discreto al continuo non sono giustificati da un punto di vista matematico,
ma segna il decisivo passaggio tra lo studio dei modelli strutturali pi`u semplici e quello
dei corpi intesi come continui tridimensionali.
Il fondatore della moderna meccanica dei continui e` Cauchy (1822), che supera
brillantemente la necessit`a di ricorrere a modelli molecolari attraverso lintroduzione
diretta di alcune nozioni fondamentali. A lui si devono la nozione di stato di tensione
e di stato di deformazione in punti di un corpo continuo e le relative misure tensoriali
che li descrivono.
Nella seconda met`a dell800 e fino ai giorni nostri si sviluppa lo studio dei problemi differenziali al contorno che descrivono lequilibrio dei continui deformabili.
Lattenzione e` quasi esclusivamente rivolta allelasticit`a lineare. Si ricercano soluzioni
di particolari problemi al contorno e si avvia uno studio sistematico, sia dei metodi
matematici adatti allo scopo, che delle propriet`a generali dei problemi di equilibrio. In
questo periodo si colloca lopera di De St. Venant che con i suoi studi sulla flessione e
sulla torsione dei corpi cilindrici allungati getta le basi per la teoria tecnica delle travi
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
11
ed apre la strada allutilizzo nei problemi strutturali di una serie di risultati generali
trovati per solidi cilindrici caricati sulle basi. In generale, si pu`o dire che in questo periodo linterazione con la matematica, soprattutto lanalisi, e` particolarmente intensa, e
che molti nuovi campi della matematica classica e moderna si sono sviluppati proprio
in relazione ai problemi posti dalla teoria dellelasticit`a.
Dopo il 19451950 c`e infine una ripresa dellinteresse per i fondamenti della meccanica e una risistemazione critica dei concetti generali ad opera di Truesdell e della
scuola americana. In particolare, c`e una rivalutazione della problematica non lineare.
Considerazioni conclusive
La storia tracciata sopra riguarda essenzialmente la Teoria dellElasticit`a, che costituisce la parte pi`u nota e prestigiosa della meccanica dei continui. Sebbene i risultati
conseguiti in questambito abbiano unutilit`a pratica immediata, le persone che si sono
occupate della materia nel periodo esaminato sono state guidate pi`u da interesse speculativo che tecnico, con lattenzione rivolta alla comprensione e alla modellazione dei
fenomeni pi`u che alluso pragmatico dei risultati. Una conseguenza di questo atteggiamento sono state la profondit`a con cui sono stati affrontati i problemi di fondamento ed
il livello di chiarezza raggiunto, tanto che si pu`o affermare che la teoria dellelasticit`a
e` servita come paradigma per lo sviluppo di molte altre discipline. In aggiunta a ci`o,
la teoria e` generosa di risultati immediatamente spendibili, il cui primo beneficiario e`
lingegnere, con il suo mondo imperfetto e complesso quando non lo si osservi con
sobriet`a adeguata agli scopi che ci si prefiggono. Mi sembra allora opportuno chiudere
questa breve introduzione citando le parole di A.E.H. Love: ...il fatto che molte delle
acquisizioni pratiche siano il prodotto indiretto di un lavoro svolto con questo spirito
non e` senza significato..
La Scienza delle Costruzioni si identifica in gran parte con la teoria generale dellelasticit`a, ma si concentra esplicitamente su quei problemi e quei risultati che sono di
immediata utilit`a nei pi`u comuni problemi strutturali.
12
INTRODUZIONE
Capitolo 1
Preliminari geometrici ed
elementi di calcolo vettoriale
1.1 Lo spazio euclideo 3-dimensionale e lo spazio delle
traslazioni V
Il modello che si sceglie per rappresentare lambiente in cui si svolgono i fenomeni
fisici della meccanica classica e` lo spazio Euclideo tridimensionale. Esso e` un insieme
di punti E = {X, Y, ...} in cui sono assegnate due famiglie infinite di sottoinsiemi, le rette
e i piani, soddisfacenti gli assiomi della geometria Euclidea, ed una distanza
d : (X, Y) E E +
d(X, Y) = d(Y, X) X, Y E,
d(X, Y) = 0 X = Y,
d(X, Y) d(X, Z) + d(Z, Y) X, Y, Z E,
(1.1)
si assume anche che la distanza tra gli estremi di lati opposti di ogni parallelogramma
sia uguale, cf. Fig. 1.1:
d(X, Y) = d(Z, W),
(1.2)
d(X, Z) = d(Y, W),
e che la disuguaglianza triangolare si riduca ad uneguaglianza se e solo se i punti sono
allineati e in ordine progressivo
d(X, Y) = d(X, Z) + d(Z, Y)
(1.3)
(1.4)
14
= , se = 0 ovvero se = ,
:= ()1 , se < 0,
si verifica che il prodotto per scalare e` distributivo rispetto alla somma di scalari ed alla
15
composizione di traslazioni:
(1 2 ) = 1 2 ,
(1 + 2 ) = 1 2 .
(1.6)
Segue che il gruppo delle traslazioni dotato delle operazioni di composizione e di prodotto per scalare e` uno spazio vettoriale reale. Esso e` indicato come spazio delle
traslazioni su E.
Lo spazio Euclideo tridimensionale e` caratterizzato dalla propriet`a che il suo spazio delle traslazioni ha dimensione tre, cio`e, che ogni traslazione pu`o ottenersi dalla composizione di opportuni multipli di tre traslazioni elementari, in direzioni non
complanari, che formano una base di T .
E espressivo rappresentare le traslazioni con i segmenti orientati (le frecce) che
uniscono punti corrispondenti, scrivendo convenzionalmente
u = (X) X
(1.7)
(1.8)
(1.9)
16
hu, vi := |u||v|cos,
(1.10)
u V
hu, ui = 0 u = 0.
(1.11)
17
|w| = |u||v|sin.
Loperazione si dice prodotto vettoriale. Si dimostra facilmente che essa e` lineare in u
e v, ed e` alternante: u v = v u. Si riconosce anche che il modulo di u v esprime
larea del parallelogramma che ha u e v per lati, cf. Figura 1.5.
18
(1.13)
(1.15)
Inoltre, osservato che il prodotto scalare e` lineare in ciascuno dei fattori e che
ei e j = i j ,
(1.16)
(1.17)
19
i jk
di (1, 2, 3),
1,
se la terna ordinata (i, j, k) e` una permutazione ciclica
:=
di (2, 1, 3),
0, altrimenti,
(1.18)
ed osservato che
e j ek = i jk ei ,
(1.19)
u v = i jk u j vk ei .
(1.20)
i, j = 1, 2, 3
(1.22)
ha colonne che contengono le componenti (i coseni direttori) dei versori della vecchia base nella nuova e si dice matrice dei coseni direttori relativi al cambiamento di
riferimento. Con la posizione (1.22) la legge di trasformazione cercata diventa
u j = Q j i ui .
(1.23)
1.4 Tensori su V
Un tensore su V e` unapplicazione lineare da V in V. Nel nostro corso incontreremo
varie nozioni descritte da tensori. Tra queste, le principali sono: lo stato di inerzia di
unassegnata distribuzioni di scalari (masse) relativo ad un punto, gi`a familiare dalla
20
A(u + v) = Au + Av , , .
(1.24)
Sui tensori sono definite in modo naturale la somma e il prodotto per uno scalare
secondo
(A + B)u := (Au + Bu),
(A)u := (Au) , u V.
Con queste operazioni linsieme dei tensori risulta essere uno spazio vettoriale che
indicheremo nel seguito con Lin(V).
Oltre alla somma e al prodotto per scalare, e` definita infine la composizione tra
tensori:
(AB)u := A(Bu).
Per la linearit`a, ogni tensore e` ben definito quando si conosca come opera sui vettori di una base di V. Infatti, se v = Au e {ei } e` la base, per linearit`a di A e la
rappresentazione di u in componenti: u = u j e j , si ha
v = u j (Ae j ).
Le componenti di v sono allora date da
vi = (ei Ae j )u j .
Gli scalari
Ai j ei Ae j
si dicono componenti del tensore A nella base {ei }. Naturalmente, la rappresentazione
di A varia al variare della base secondo una ben precisa legge che determineremo in
seguito. Con lintroduzione di una base, ogni tensore e` univocamente individuato dalla
tabella Ai j delle sue componenti e tutte le operazioni definite sopra possono esprimersi
mediante le regole del calcolo matriciale:
vi = A i j u j ,
(A + B)i j = Ai j + Bi j ,
(AB)i j = Aik Bk j .
Una diade e` un tensore costruito a partire da una coppia di vettori e definito dalla
propriet`a:
u, v V, (u v)w := (v w)u w V.
(1.25)
Il simbolo si dice prodotto tensoriale. In particolare, le componenti di una diade
sono date da
(u v)i j = ui v j .
(1.26)
1.4. TENSORI SU V
21
E immediato verificare che ogni tensore si pu`o esprimere attraverso la tabella delle
componenti nella forma
A = A i j ei e j .
(1.27)
Si definisce trasposto di un tensore A lapplicazione AT : v w tale che
w u = v Au u V.
(1.28)
Intanto occorre provare che la condizione (1.28) definisce univocamente w per ogni
v V. Scegliendo u = ei con i = 1, 2, 3, successivamente, si trova che il vettore w
deve avere componenti wi = v Aei . Con questa scelta segue immediatamente che w
soddisfa lEq. (1.28):
w u = wi ui = v Aei ui = v Au u V.
Cos`, la condizione definisce effettivamente unapplicazione AT : V 7 V. Inoltre, per
la linearit`a di A, AT e` un tensore.
Sostituendo w = AT v nella (1.28), la propriet`a caratterizzante di AT risulta essere:
AT v u = v Au u, v V.
(1.29)
(1.30)
A = AT .
(1.31)
ed emisimmetrico se
Indicheremo con S ym(V) e S kw(V) rispettivamente gli insiemi dei tensori simmetrici
ed emisimmetrici. Questi insiemi sono chiusi rispetto alle operazioni di somma e prodotto per scalare e dunque risultano sottospazi vettoriali di Lin(V). Inoltre, Lin(V) e`
somma diretta di S ym(V) e S kw(V)
Lin(V) = S ym(V) S kw(V),
(1.32)
22
cio`e, ogni tensore A pu`o esprimersi in modo unico come somma di un tensore simmetrico e di uno emisimmetrico:
A Lin(V),
A=
1
1
(A + AT ) + (A AT ).
2
2
0
3 2
0
1 ,
(1.33)
[] = 3
2 1
0
dove le i sono le componenti di un vettore che e` caratterizzato dalla propriet`a
u = u u V.
(1.34)
(1.35)
(1.36)
In particolare, ogni tensore invertibile deve essere iniettivo e dunque, per un teorema
di algebra sulle applicazioni lineari tra spazi vettoriali di dimensione finita, surgettivo.
Segue che A1 e` definito su tutto V. Ponendo v = Au ed applicando A dai due lati
della (1.36), si ottiene
AA1 v = v v V
e, dunque, che A1 e` anche inverso destro di A. Riassumendo, si e` provato che
A1 A = AA1 = 1.
(1.37)
(1.38)
23
u, v V.
(1.39)
In particolare, esso conserva il modulo dei vettori e langolo mutuo tra una qualunque
coppia di essi. Segue che definisce una trasformazione rigida dello spazio V in se.
Tale propriet`a e` definitoria. Si pu`o far vedere che ci sono sostanzialmente due tipi
di trasformazioni con la propriet`a (1.39): le rotazioni proprie e le riflessioni. Queste
ultime si possono ottenere combinando una rotazione propria con la riflessione rispetto
allorigine: 1. Come indicato nellEsercizio 1.2.12, il determinante di un tensore
ortogonale pu`o assumere solo i valori 1; le rotazioni proprie sono rappresentate dai
tensori ortogonali con determinante uguale ad 1. Si indica con Orth+ il loro insieme
Orth+ = {Q Orth : det Q = 1} .
(1.40)
Non e` difficile vedere che Orth+ e` un sottogruppo, cio`e, che contiene lidentit`a, che la
composizione di rotazioni proprie e` una rotazione propria e che, per ogni Q Orth+ ,
QT Orth+ .
Dalla definizione, le componenti cartesiane dellidentit`a in un qualunque riferimento Cartesiano sono le delta di Kronecker
[1]i j = ei 1e j = i j .
(1.41)
Segue dalla(1.37) che la tabella delle componenti di un tensore ortogonale e` una matrice ortogonale:
Qri Qr j = Qir Q jr = i j .
(1.42)
Nel seguito sar`a utile rappresentare la trasformazione lineare su
n oV che manda
unassegnata terna ortonormale {ei } in una nuova terna ortonormale ei , mantenendo
lordine delle terne. Il tensore associato e` allora definito dalla richiesta
R : ei ei
i = 1, 2, 3
(1.43)
(1.44)
(1.45)
24
Per fare un esempio, nel caso piano in Figura 1.6 la matrice delle componenti di R
nel riferimento {ei } e`
"
#
cos sin
[Ri j ] =
.
sin
cos
(1.46)
da cui, calcolando le nuove componenti per le espressioni dalle due parti del segno di
eguaglianza,
Ai j = Ai j (e i ei )(e j e j )
Ovvero,
Ai j = Qi i Q j j Ai j ,
Qi i (e i ei )
(1.47)
con Qi i la matrice dei coseni direttori del cambiamento di riferimento, cf. (1.22).
La legge di trasformazione (1.47) caratterizza i tensori, nel senso che ogni grandezza descritta da matrici di componenti che varino col riferimento con tale legge ha
natura tensoriale. Lesempio pi`u familiare di quantit`a che variano con la legge precedente e` costituito dai momenti del secondo ordine di unassegnata distribuzione di
masse rispetto ad una coppia di rette di un fascio. Il teorema di Steiner stabilisce infatti
che tali momenti si trasformano in accordo con la legge (1.47), provando quindi che lo
stato di inerzia della distribuzione di masse rispetto alle rette del fascio e` descritto da
un tensore.
Da sottolineare che, a dispetto della somiglianza tra la definizione di Qi i in (1.47)
e quella di Ri j nella (1.45), qui le Qi i non sono da interpretare come le componenti
del tensore associato alla rotazione che porta la base {ei } nella {e i }, e che la formula
(1.47) esprime il fatto che le matrici Ai j e Ai j rappresentano lo stesso tensore nei due
25
(1.48)
Se interpretiamo le Ai j e Ai j Qi i Q j j Ai j come componenti di un tensore A in differenti riferimenti, linvarianza (1.48) permette di riguardare la f come una funzione
definita sui tensori. Analogamente, se f : M M 7 e` invariante rispetto alla
trasformazione (1.47):
f (Ai j , Bi j) = f (Qi i Q j j Ai j , Qi i Q j j Bi j )
(1.49)
[Ai j ], [Bi j] M e [Qi i ] M :
Qi i Qi j = i j ,
si pu`o riguardare f come una funzione a valori scalari definita su LinV LinV.
Attraverso funzioni invarianti si introducono sullo spazio dei tensori alcune operazioni importanti per quanto segue.
Immaginiamo assegnato un riferimento {ei } e definiamo loperazione
hA, Bi := Ai j Bi j .
(1.50)
|A| = A A,
e di angolo tra tensori
cos() =
AB
|A||B|
0 .
26
(1.52)
(1.53)
Linvariante terzo si chiama anche determinante del tensore A e si indica con det[A].
Linvarianza sotto le trasformazioni (1.47) delle espressioni a destra e` facilmente verificata. In particolare, quella della (1.53)2 segue dal teorema di Binet sul determinante
di un prodotto di matrici e dallosservazione che il determinante di matrici ortogonali
e` uguale ad 1.
Gli invarianti possono anche scriversi in termini assoluti, cio`e senza ricorrere allespressione in componenti. Sono di immediata verifica le seguenti relazioni:
1. trA = A 1,
2. IIA := 21 [(tr(A))2 tr(A2 )],
3. det[A] =
Au Av Aw
,
uvw
E` anche di immediata verifica che gli invarianti dei tensori A e QAQT , con Q
Orth, coincidono
f (A) = f (QAQT ) Q Orth.
Sono, cio`e, quelle che si chiamano funzioni isotrope su LinV
Esercizi 1.2 Provare le seguenti proposizioni:
1. trA = trAT
2. trAB = trBA
3. A B = trAT B
4. A BC = BT A C
5. A B = 0
B S ym(V) A S kw(V)
8. A B = 0
B S kw(V) A S ym(V)
27
(1.54)
i = 1, 2, 3,
(1.55)
(1.56)
(1.57)
la definizione introdotta al paragrafo precedenti si potrebbe anzi scrivere P() = det(A 1).
28
(1.58)
passando ai complessi coniugati dei termini che appaiono nelle equazioni precedenti e
tenendo conto che gli A jk sono reali, segue che
(r)
A jk u (r)
j
k = r u
29
(r)
Moltiplicando le equazioni del primo sistema per u (r)
j e le seconde per u j e sommando
su j rispettivamente nei due gruppi di equazioni, si ottiene
(r) (r)
j ,
A jk u(r)
(r)
j = r u j u
k u
(r) (r)
(r) (r)
A jk u k u j = r u j u j ,
30
dunque sempre possibile ammettere che lautovalore del caso in esame sia diverso da
se necessario.
zero, eventualmente passando allo studio del problema per il tensore A,
Sia , 0 tale autovalore e z un autovettore associato di modulo unitario. Si noti
che lequazione secolare assume la forma ( + )3 = 0 e gli invarianti di A valgono:
IA = 3, IIA = 32 , IIIA = 3 . Si definisca il tensore:
A = A z z.
(1.59)
X
r u(r) u(r) u(s) = Au(s)
s = 1, 2, 3.
i
(r)
(r)
s = 1, 2, 3.
r u u u(s) = s u(s) = Au(s)
i
0
0
0
2
0
0
0
3
31
r = 1, 2, 3.
(1.60)
In particolare il segno degli autovalori dipende dal carattere della forma quadratica.
Dimostrazione. Un vettore w appartiene alla sfera unitaria se: w w = 1. Differenziando questa equazione di vincolo in un punto u si ottiene
u v = 0.
Dunque la condizione di stazionariet`a della forma quadratica sulla sfera di raggio
unitario si scrive
u B(1), Au v = 0 v : u v = 0.
(1.61)
Segue che Au ed u devono essere proporzionali:
u B(1),
Au = u,
(1.62)
(1.63)
0 1 1
A = 1 0 1 .
1 1 0
(1.64)
32
Capitolo 2
X B
(2.1)
X, Y B .
(2.2)
34
Figura 2.1:
cos` solidale col corpo rigido. Poiche le componenti del vettore posizione di ogni punto
materiale rispetto allorigine dei due sistemi di assi restano inalterate, il piazzamento
di un generico punto risulta determinato dal piazzamento dellorigine del riferimento
solidale e dalla rotazione che porta i versori {i } nei versori {i }:
x = xP + Q(X XP )
con Q ortogonale.
(2.3)
(2.4)
(2.6)
35
che prende il nome di seconda formula fondamentale della cinematica rigida. si dice
velocit`a angolare del moto rigido.
T e` emisimmetrico.
Esercizio 2.1 Provare che QQ
T
Da QQ = 1 differenziando si ottiene
T + QQ
T = 0.
QQ
T )T = QQ
T.
La tesi segue osservando che (QQ
(2.7)
(2.8)
(2.9)
36
Esercizio 2.2 Si mostri che in un atto di moto rigido le distanze tra i punti rimangono
immutate al primo ordine.
Si consideri un atto di moto rigido e il conseguente spostamento virtuale di due
generici punti x e y. Le nuove posizioni dei due punti sono allora (x + x) e (y + y) e
la distanza e` data da
|(x + x) (y + y)|2 = |(x y)|2 + 2(x y) (x y) + |x y|2 .
Ricordando che (xy) = (xy), segue che il prodotto scalare a secondo membro
e` nullo. Cos`, la precedente formula diventa |(x + x) (y + y)|2 = |(x y)|2 + |x y|2,
da cui segue
s
|(x + x) (y + y)| = |(x y)|
1+
|x y|2
.
|(x y)|2
(2.11)
e risulta una rotazione rigida attorno ad un punto C nel piano del moto, detto centro di
istantanea rotazione.
Infatti, se cerchiamo un punto C tale che xC = 0, dalla (2.11) si ottiene
0 = xP + e3 (xC xP ),
37
(2.12)
Quindi, se latto di moto non e` una traslazione, cio`e se e` diverso da zero, il punto C
e` determinato dalla formula:
(xC xP ) =
e3 xP
.
(2.13)
(2.14)
38
e, differenziando, si trova
cos
[Qi j ] = sin
sin
cos
0
[Q ir Q jr ] = 1
-1
0
0
0
0
1
0
0
0
= e
3.
(2.18)
Lo studio dei piccoli moti si fa, per convenzione, trascurando i termini di ordine
superiore al primo in H, con H definito da
H Q 1.
La condizione di ortogonalit`a per Q si scrive allora
(1 + H)T (1 + H) = 1 + H + HT + HT H = 1
e trascurando i termini di ordine superiore al primo si trova che H e` un tensore emisimmetrico. Pertanto la (2.17) al primo ordine diventa
u = uP + h (X XP )
(2.19)
39
(2.20)
Le (2.19) e (2.20) sono le formule fondamentali usate per trattare i problemi di statica
e di dinamica lineare dei sistemi rigidi.
(2.21)
nelle qi i = 1, .., 6. Esempi di vincoli della forma (2.21) per il caso piano sono riportati
nella Figura 2.3.
40
I vincoli del tipo (2.21) si dicono vincoli olonomi, perche coinvolgono in forma finita le coordinate generalizzate qi , e bilateri perche se qi e` un atto di moto compatibile
anche il suo opposto qi lo e` .
Nei casi correnti, potranno essere imposti pi`u vincoli olonomi al corpo e lanalisi
precedente dovr`a tener conto di un sistema di equazioni del tipo (2.22). In particolare,
gli atti di moto compatibili con i vincoli sono le soluzioni di un sistema di equazioni
lineari del tipo (2.24).
La Figura 2.4 riporta esempi di vincoli olonomi bilateri piani.
Il vincolo indicato in (a) si chiama appoggio semplice e impone al punto A di
rimanere sulla curva di supporto tratteggiata. Esso pertanto consente atti di moto sulla
retta tangente:
xA n = 0.
(2.25)
Il vincolo in (b) e` detto cerniera e fissa la posizione del punto A, cosicche gli atti di
moto devono soddisfare le due equazioni:
xA = yA = 0.
(2.26)
Il vincolo in (c) e` detto bipendolo o incastro scorrevole e impone al punto A di mantenersi sulla curva di supporto e impedisce la rotazione locale; gli atti di moto devono
allora soddisfare le due equazioni:
xA n = 0,
A = 0.
(2.27)
41
(2.29)
42
(2.30)
Cos`, poiche la matrice dei coefficienti risulta invertibile, non ci sono atti di moto compatibili con i vincoli, come riconosciuto nellanalisi precedente.
Il legame tra le variazioni delle variabili generalizzate q = (xA , yA , ) e le variazioni delle quantit`a vincolate qV (xA , yA , yB) pu`o essere espresso in forma
matriciale:
qV i = Ci j q j
i = 1, 2, 3
con
h i 1
Ci j = 0
0
1
1
0
0
l
(2.31)
43
(2.32)
(2.33)
(2.34)
dove con gli apici r ed s si indicano i corpi cui appartiene il punto considerato. Le
prime esprimono leffetto di vincoli imposti dallesterno (vincoli esterni o vincoli a
terra), gi`a presentati nel paragrafo precedente, le seconde il collegamento esistente tra
parti del sistema (vincoli interni), vedi Figura 2.6. In entrambi i casi si tratta di vincoli
olonomi bilateri.
La Figura 2.6 riporta esempi di vincoli interni nel caso piano. Il vincolo indicato
in (a) si chiama pendolo semplice (di asse n) e impone che lo spostamento relativo in
direzione n sia nullo:
[[xA ]] n = 0.
(2.35)
Qui e nel seguito, il simbolo [[A ]] indica la differenza della quantit`a A calcolata per
le due parti rigide collegate nel punto A. Il vincolo in (b) e` detto cerniera e impedisce
spostamenti relativi tra le parti:
[[xA ]] = 0,
[[yA ]] = 0.
(2.36)
(2.37)
44
Generalizzando, consideriamo un sistema piano di M corpi rigidi descritto dal vettore delle coordinate q = (q1 , ..., qm), con m = 3M, e soggetto ad n vincoli olonomi
bilateri. Le configurazioni ammissibili sono pertanto quelle che corrispondono a vettori
q soddisfacenti le n condizioni:
qV j l j (q) = 0
j = 1, ..., n,
(2.38)
ciascuna esprimente lannullarsi di qualche grandezza cinematica qV j relativa a punti del sistema. Assumiamo che esista una configurazione q0 che soddisfa il sistema
(2.38), cosicche i vincoli assegnati non sono tra loro incompatibili. E` naturale chiedersi se essi sono sufficienti a definire univocamente la configurazione del sistema e, in
caso contrario, cercare di rappresentare linsieme delle configurazioni ammissibili in
un intorno di q0 .
Il problema nella sua generalit`a e` coperto dalla teoria delle funzioni implicite. Risulta che se le funzioni l j sono derivabili con continuit`a e il rango r della matrice
l j
` uguale al numero delle equazioni n, linsieme delle soluzioni di (2.38) e` una
qi (q0 ) e
ipersuperficie di dimensione m r e pu`o essere rappresentato in forma parametrica
q = q() in funzione di un certo numero di variabili indipendenti = (1 , ..., mr ), con
appartenente ad un intorno aperto di 0 , tali che:
q0 = q(0 ),
l j (q()) = 0 per D(0 )
j = 1, ..., n.
(2.39)
45
Le i sono dette coordinate lagrangiane del sistema ed mr sono i suoi gradi di libert`a.
Il caso in cui r < n e` pi`u complicato e si rimanda ai trattati di analisi o di teoria delle
biforcazioni per un esame pi`u approfondito.
j = 1, ..., n.
(2.40)
l j
(q0 )
qi
j = 1, ..., n,
i = 1, ..., m
(2.41)
46
47
(2.42)
1
0
h i 0
Ci j =
0
-1
0
1
0
0
0
-1
0
0
1
0
1
0
0
0
0
1
0
1
0
0
0
0
h
-l
0
0
0
0
-h
-l
(2.43)
(2.44)
i = 1, 2, ...6.
(2.45)
Esempio 2.6 Per vedere che lanalisi dei vincoli sulla base delle equazioni linearizzate pu`o non essere equivalente a quella finita, si consideri il sistema in Figura 2.8. La
rigidit`a delle aste impone che il punto B appartenga contemporaneamente alle due circonferenze di raggio l e centri in A e C. Cos`, lunica configurazione compatibile con i
vincoli e` quella con le aste allineate. Indicati con xB e yB le coordinate del punto B, in
termini analitici le condizioni di vincolo in forma finita si scrivono
x2B + y2B = l2 ,
(xB 2l)2 + y2B = l2 .
(2.46)
(2.47)
48
yB arbitrario
che corrispondono a rotazioni virtuali arbitrarie delle due aste intorno alle cerniere di
estremit`a. Si noti che rango della matrice cinematica
h i " 0 2l #
Ci j =
0 2l
e` r = 1, mentre m = 2. Cos` il sistema e` labile ed ha un grado di libert`a infinitesima.
49
1
3
l 2 . Da cui,
2 = 3 1 ,
e dunque
B = l 1 ,
xC = 2 l 1 .
50
xB = 0,
1
xC = xD e3 (xC xO ).
l
51
Esempio 2.10 Il sistema in figura 2.13 ha un solo grado di libert`a, essendo la configurazione definita univocamente dallangolo cha AB forma con lasse orizzontale. Inoltre,
il centro di istantanea rotazione di BC e` in A, punto di incontro delle rette per AB e
CD. Pertanto uguagliando le espressioni dello spostamento verso il basso del punto C
calcolato per gli atti di moto di BC e CD, rispettivamente, si trova
= 2 .
Dunque,
xB = e3 (xB xA ),
xC = e3 (xC xA ).
Esempio 2.11 Nel sistema ad aste incrociate in figura il centro di istantanea rotazione
dellasta CB e` in E, punto di incontro delle rette per AB e DC. Inoltre EC = 13 d, d
essendo la lunghezza delle aste AB e DC. Indicati con C e B gli spostamenti dei punti
C e B, si ha
1
C = B = d BC .
3
Inoltre,
C = d 2 , C = d 1 .
52
1
BC .
3
Si consideri adesso la classificazione cinematica delle seguenti strutture. Procederemo in modo analitico, secondo quanto visto in forma generale nel paragrafo precedente. Per semplificare lo studio e` opportuno scegliere le variabili generalizzate per
ciascuna componente rigida in modo da tener conto direttamente di alcuni dei vincoli
imposti, riducendo cos` il numero delle componenti della lista q e delle equazioni di
vincolo da scrivere.
Esempio 2.12 Gli atti di moto del sistema sono descritti dalla lista q = (1 , 2 ) e il
vincolo in B richiede che siano soddisfatte le equazioni
([[B ]] =) 2 1 = 0,
([[xB ]] =) h 2 + h 1 = 0.
(2.48)
-1
h
1
-h
53
"
-1
h
1
0
(2.50)
-1
0
0
1
-1
0
-l
0
0
-l
54
(2.51)
Dalla definizione mP0 non varia se f e` trasportata lungo la sua retta dazione. Inoltre,
al variare del polo il momento della forza si trasforma con la legge:
mP = mP0 + (xP0 xP0 ) f.
0
(2.52)
55
(2.53)
(2.54)
Si vede in particolare che le coppie non entrano nellespressione della risultante e che
il loro contributo al momento e` indipendente dal loro punto di applicazione. Inoltre, la
legge di trasporto del momento risulta essere
MP := MP0 + (xP0 xP0 ) R.
(2.55)
n
o
S = {f(i ) , Pi }, i = 1, ..., N f ; {c( j ) , Qj }, j = 1, ..., Nc
56
i
X
i
f(i) =
f(i ) ,
X
j
c( j) =
X
i
c( j ) .
(2.56)
E` immediato dalla (2.55) che se due sistemi di forze verificano le (2.56)1,2 per un
qualche polo P0 , essi hanno lo stesso momento rispetto ad un qualunque altro polo P0 .
Cos`, lequivalenza statica e` una propriet`a che non dipende dalla scelta di P0 . E` anche
immediato verificare che la condizione (2.56) e` una relazione di equivalenza, in quanto
gode delle propriet`a riflessiva, simmetrica e transitiva. Scriveremo S S .
La nozione di equivalenza statica ha una natura puramente geometrica nel senso che
non e` detto, in generale, che sistemi di forze-coppie staticamente equivalenti agenti su
un dato sistema producano gli stessi effetti meccanici. Tuttavia in alcune situazioni, come ad esempio nella statica del corpo rigido, il sistema di forze-coppie interviene nelle
equazioni cardinali solo attraverso la risultante e il momento risultante, e la nozione
di equivalenza statica assume un significato meccanico poiche sistemi di forze staticamente equivalenti producono gli stessi effetti. In questo spirito diventa di interesse
la riduzione di sistemi di forze-coppie a sistemi staticamente equivalenti, ma di forma pi`u semplice. Le seguenti sono operazioni elementari sulle forze che mantengono
lequivalenza statica, vedi Figura 2.19:
. traslazione di una forza lungo la sua retta di azione;
57
S = {{f1 + f2 , P}} .
e` riducibile ad un sistema costituito da una forza pari alla risultante del sistema dato
X
R=
f(i)
i
58
Quindi,
S S = {{R, O}; {c, O}} .
In particolare, ci sono casi in cui si pu`o scegliere il polo in modo che il sistema S
si riduca ad una sola forza. Ricordando la legge di trasporto del momento rispetto al
polo:
MC = MO + (xO xC ) R,
(2.57)
segue che la componente nella direzione della risultante e` un invariante del sistema di
forze:
MC R = MO R.
(2.58)
Allora, se R , 0, ha senso cercare i punti rispetto ai quali il momento e` parallelo alla
risultante delle forze, cio`e,
[MO + (xO xC ) R] R = 0.
Sviluppando i calcoli si trova:
MO R = |R|2 (xO xC ) (R (xO xC ))R,
(2.59)
59
MO R
.
|R|2
(2.60)
Cos` il luogo cercato e` una retta parallela ad R passante per il punto definito dalla (2.60)
che si chiama asse centrale del sistema di forze.
Se
MC R = 0,
(2.61)
il momento del sistema rispetto ai punti dellasse centrale e` nullo e il sistema e` equivalente alla risultante applicata lungo lasse. Questo si verifica in particolare nel caso
di un sistema di forze parallele e in quello di un sistema piano di forze, per i quali la
(2.61) e` banalmente soddisfatta.
Finora abbiamo fatto riferimento a sistemi di forze e coppie di tipo concentrato.
Nelle applicazioni si incontrano sistemi di forze e coppie distribuite su curve, superfici o regioni tridimensionali. Le nozioni di risultante, momento, equivalenza statica si
estendono in modo naturale. Trattando a titolo di esempio il caso di forze distribuite
lungo una curva L immersa nel corpo, dette s la lunghezza darco e p(s), c(s) rispettivamente la forza e la coppia per unit`a di lunghezza agenti lungo la curva, la risultante
e` data da
Z
p(s) ds,
R=
L
60
(2.62)
61
per unit`a di area esercitata dal fluido su un punto della superficie che delimita il corpo
dipende dalla profondit`a a cui il punto si trova ed ha la direzione della normale a tale
superficie nella configurazione considerata.
Per quanto riguarda le forze da considerare nelle (2.62), si devono distinguere le
forze in due classi: le forze reattive, che rappresentano lazione esercitata dai vincoli
cui e` soggetto il corpo, e quelle che chiameremo forze attive. La principale distinzione
tra le due e` che le seconde sono dati del problema, mentre le forze reattive sono incognite da determinare. Descritto il sistema e le forze attive agenti su di esso, il problema
centrale della statica consiste allora nella determinazione della configurazione e delle
reazioni vincolari allequilibrio. In alcuni casi ci troveremo di fronte a problemi in cui
la configurazione di equilibrio e` assegnata e le uniche incognite da determinare sono le
reazioni vincolari.
Espresse in componenti le equazioni cardinali sono sei, come i gradi di libert`a del
corpo rigido. Per il caso piano in cui le forze hanno una stessa giacitura, diciamo
quella del piano {x1 , x2 }, e le coppie sono parallele al versore e3 , le equazioni cardinali
si riducono a tre:
R = 0
= 1, 2,
(2.63)
MP0 3 = 0,
le altre essendo banalmente verificate.
La nozione di equilibrio si estende naturalmente ai sistemi di corpi rigidi. In particolare e` naturale ammettere che lequilibrio di ciascuna componente rigida sia governato dalle equazioni cardinali scritte per il sistema di forze agenti sulla componente
considerata. Cos`, per la componente r-ima il problema si scrive:
R(r) = 0,
M(r)
P0 = 0.
(2.64)
In questo caso, accanto alle reazioni dei vincoli esterni direttamente agenti sulla parte considerata, si dovr`a tener conto delle forze esercitate dalle altre parti del sistema
collegate con essa. Tali interazioni sono incognite e devono classificarsi come forze di
tipo reattivo poiche nascono per mantenere il rispetto del collegamento imposto. Esse
dipendono dalla natura meccanica del collegamento, come vedremo nel prossimo paragrafo, ma si postula che il complesso delle forze scambiate tra due qualunque parti in
contatto costituisca un sistema di forze a risultante e momento risultante nulli, secondo
quanto richiesto dal principio di azione e reazione.
62
(2.65)
Diremo che il vincolo e` liscio se il lavoro virtuale delle reazioni sugli spostamenti
virtuali compatibili con il vincolo e` nullo:
L = 0
(2.66)
La caratterizzazione cinematica dei vincoli data nel paragrafo 2.1.3 determina allora una corrispondente caratterizzazione della reazione che il vincolo pu`o esercitare. In
particolare, con riferimento alla Figura 2.21 e indicate con HA VA le componenti della
reazione fA secondo gli assi, per un appoggio semplice risulta:
HA = C A = 0;
per un bipendolo:
HA = 0;
per una cerniera:
C A = 0;
per un doppio bipendolo:
HA = VA = 0.
Per un incastro, infine, possono essere presenti tutte tre componenti della reazione.
Per quanto riguarda la caratterizzazione delle interazioni tra parti di un sistema rigido in contatto tra loro si procede in modon analogo. oSia A il punto di connessione tra
le componenti r-esima ed s-esima, e siano fA(r,s) , C A(r,s) la risultante e il momento risultante delle forze che la porzione s-ima esercita sulla r-ima attraverso A. Ricordando
che le interazioni sono un sistema di forze autoequilibrato:
fA(r,s) = fA(s,r) ,
C A(r,s) = C A(s,r) ,
63
(2.67)
si scrive
(r,s)
L = fA(r,s) [[x(r,s)
[[(r,s)
(2.68)
A ]] + C A
A ]],
dove col simbolo [[ ()(r,s) ]] si e` indicata la differenza ()(r) ()(s) . La sconnessione e`
liscia se il lavoro virtuale delle reazioni e` nullo per tutti gli atti di moto relativo tra le
parti r ed s permessi:
(r,s)
fA(r,s) [[ x(r,s)
[[ (r,s)
A ]] + C A
A ]] = 0
(2.69)
(r,s)
([[ x(r,s)
A ]], [[A ]]) compatibile con la sconnessione.
Per i vari tipi di sconnessione risultano allora le reazioni illustrate nella Figura 2.22.
In particolare, con riferimento alla Figura 2.22, se indichiamo per semplicit`a con C A ,
HA , VA coppia e componenti della forza che la parte a sinistra esercita su quella a destra,
e con [[ xA ]] e [[A ]] lo spostamento e la rotazione relativi, rispettivamente, si trova:
per una biella:
HA = C A = 0;
per un doppio bipendolo:
HA = VA = 0;
64
P
.
2F
Un secondo tipo di problemi ricorrenti nella pratica riguarda casi in cui la configurazione di presunto equilibrio e` assegnata e si richiede la determinazione delle sole
reazioni vincolari ed eventuali interazioni tra le parti. Si consideri, a titolo di esempio,
il problema illustrato in Figura 2.24. Indicate con HA VA e VB le reazioni vincolari, le
65
= 0,
= pl,
pl2
,
=
2
(2.70)
(2.71)
66
HA = HB = HC =
pl2
,
2h
VB = 0.
(2.72)
Il secondo tipo di problemi e` quello che si incontra pi`u frequentemente nello studio
delle strutture e ad esso rivolgeremo lattenzione nel seguito. E` importante osservare
che in questi casi si possono incontrare problemi in cui lequilibrio non e` possibile nella
configurazione assegnata perche non esistono reazioni che soddisfino le equazioni cardinali, vedi Figura 2.26(a), e casi in cui i vincoli sono sovrabbondanti, cosicche esistono pi`u combinazioni di reazioni in grado di garantire lequilibrio, vedi Figura 2.26(b).
Tratteremo questa situazione nel paragrafo successivo.
(2.73)
dove S e` una matrice m n detta matrice statica della struttura. Come noto, la risolubilit`a del sistema (2.73) e` coperta dal teorema di Rouche Capelli:
67
68
69
interazione tra le aste di destra e di sinistra, le equazioni di equilibrio per le due porzioni
si scrivono
HA HB = 0,
VA VB = pl,
HC + HB = 0,
VB + VC = pl,
(2.74)
pl2
,
lVB =
2 2
pl
lVB = ,
2
La matrice statica scritta rispetto alla lista fV = (HA , VA , HC , VC , HB , VB ) e` allora
1 0 0 0 -1 0
0 1 0 0 0 -1
h i 0 0 1 0 1
0
S i j =
(2.75)
1
0 0 0 1 0
0 0 0 0 0 -l
0 0 0 0 0 -l
= 0,
= pl,
pl2
.
=
2
lVB + MA
(2.76)
h i 1
S i j = 0
0
1
0
0
0
1
0
1
l
VA = VA0 + XVA1 ,
MA = MA0 + XMA1 ,
VB = X.
(2.77)
La reazione VB prende il nome di incognita iperstatica e la struttura che corrisponde alleliminazione del grado di vincolo responsabile dellinsorgere della reazione VB
si chiama sistema principale. Le HA0 , HA1 , ecc., sono le reazioni nel sistema principale sottoposto successivamente ai carichi esterni e allincognita iperstatica di intensit`a
unitaria. I valori di HA0 , HA1 , ecc., sono quelli riportati in figura.
70
0
0
0
1
0
0
0
1
1
0
0
0
0
1
(2.78)
71
1 0
0 1
0 0
0 0
0 0
0 0
0
0
1
0
0
0
1
1
l
h
1
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
1
0
(2.79)
0
0
0
0
0
1
72
Esempio 2.17 La struttura in Fig. 2.30 differisce da quella dellesercizio precedente per
la condizione di vincolo in B che ora reagisce solo con una forza verticale e per il carico
applicato. Dunque,
fV = (HA , VA , C A , VB , HD , VD )
e le equazioni di equilibrio sono
HA = 0,
VA + VB = pl,
2
l VB + C A = pl2 ,
0 = 0,
HD = 0,
VB + VD = 0,
(2.80)
73
1
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
1
l
0
1
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
1
F h
2 ,
(2.81)
74
1
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
1
(l + a)
a
1
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
1
0 0 l
(2.82)
` STATICO-CINEMATICA
2.4. DUALITA
75
h i
S i j =
1
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
1
0
0
-1
0
1
0
h
-h
0
-1
0
1
-l
-l
(2.83)
per il caso del portale con cerniera in chiave, cf. Eq. (2.71). Dallanalisi cinematica
riportata negli Esempi 2.4 e 2.5 si trova rispettivamente
q = (xA , yA , ),
qV = (xA , yA , yB ),
h i 1
Ci j = 0
0
1
1
0
0
l
(2.84)
q = (xA , yA , xC , yC , 1 , 2 ),
qV = (xA , yA , xC , yC , [[xB ]], [[yB ]]),
h i
Ci j =
1
0
0
0
-1
0
0
1
0
0
0
-1
0
0
1
0
1
0
0
0
0
1
0
1
0
0
0
0
h
-l
0
0
0
0
-h
-l
(2.85)
(2.86)
La (2.86) si chiama relazione di dualit`a statico-cinematica. La relazione e` ovviamente fragile, nel senso che e` facilmente distrutta ordinando in modo diverso le
equazioni di equilibrio o scegliendo un equivalente sistema di equazioni di equilibrio,
ordinando diversamente quelle di compatibilit`a, ecc.. In altre parole, la sua validit`a
dipende dalla scelta delle variabili cinematiche e meccaniche e dallordine delle liste
(f, fV ) e (q, qV ). Diremo che le variabili (f, fV ) e (q, qV ) sono scelte in modo duale
se il lavoro virtuale delle forze descritte dalla prima lista sugli atti di moto descritti
dalla seconda si scrive
L = f q + fV qV .
(2.87)
76
Si dimostra che quando (f, fV ) e (q, qV ) sono scelte in modo duale vale la relazione di
dualit`a. Cos`, si pu`o dire che la (2.86) e` sistematica e riflette una precisa corrispondenza
tra le relazioni fondamentali della cinematica rigida e le equazioni cardinali che ha
rilevanti conseguenze per la teoria. La pi`u immediata e` che le classificazioni statica e
cinematica sono equivalenti, essendo il rango di una matrice e quello della sua trasposta
coincidenti.
La radice della dualit`a statico cinematica per sistemi rigidi sta nella sua validit`a per
il singolo corpo rigido. Si consideri pertanto questo caso per primo.
Sia il corpo rigido soggetto ad un sistema di forze attive di risultante R(a) e momento risultante M(a)
P , rispetto ad un polo P, e soggetto in A ad un qualche vincolo
(r)
con reazioni di risultante R(r)
A e momento risultante MA rispetto ad A. Le equazioni di
equilibrio sono
(a)
= 0,
R(r)
A +R
(r)
(a)
(xA xP ) R(r)
A + MA + MP = 0,
o in forma matriciale,
"
i j
ik j (xAk xPk )
#
(r)
RA j
MA(r)j
0
i j
(a)
Rj
+
MP(a)j
risulta
S ij =
"
= 0.
(r)
fV = (R(r)
A j , MA j )
i j
ik j (xAk xPk )
0
i j
(2.88)
(2.89)
xAi
Ai
"
i j
0
i jk (xAk xPk )
i j
#(
xP j
j
h i " i j
Ci j =
0
qV = (xAi , Ai )
i jk (xAk xPk )
i j
(2.90)
(2.91)
e la relazione di dualit`a e` dimostrata. Si noti che le (f, q) e fV , qV sono coppie di
variabili duali perche il lavoro virtuale delle forze attive e delle reazioni in A si scrive
f q e fV qV , rispettivamente.
` STATICO-CINEMATICA
2.4. DUALITA
77
ora due
Si considerino
corpi rigidi descritti ciascuno dalle liste di variabili duali
f () , q() e fV() , q()
con = 1, 2. I vincoli di rigidit`a e le equazioni di equilibrio
V
si scrivono allora nella forma
n
o
h in o n o
in
o h
()
()
q()
e
S() fV() + f () = {0}
q
=
C
(2.92)
V
dove
C()
iT
h i
= S()
(2.93)
per la dualit`a.
Complessivamente il sistema e` descritto dalle liste:
n
o
n (1) (2) o
qV qV , qV , {q} q(1) , q(2) ,
n (1) (2) o
fV fV , fV ,
n
o
{f} f (1) , f (2)
"
"
C(1)
0
0
S(2)
#(
qV =
S(1)
0
0
C(2)
fV(1)
fV(2)
#(
q(1)
q(2)
f (1)
f (2)
(2.94)
(2.95)
= 0.
(2.96)
o
qV = [A] qV .
(2.97)
n o
fV = [A]T fV .
qV = [A]
"
C(1)
0
e dunque che
(2.98)
C [A]
"
0
C(2)
C(1)
0
#(
0
C(2)
(2.99)
q(1)
q(2)
#
(2.100)
(2.101)
78
S(1)
0
0
S(2)
n o ( f (1) )
[A]T fV +
= 0.
f (2)
(2.102)
(2.103)
"
S(1)
0
0
S(2)
T
= S .
[A]T .
(2.104)
Esempio 2.19 Per vedere in concreto quanto illustrato nel caso generale si consideri la
struttura in figura. Come abbiamo visto nellEsercizio 2.4, le aste 1 e 2 singolarmente
` STATICO-CINEMATICA
2.4. DUALITA
Per lasta 1:
79
n
o
q(1) = {xA , yA , A } ,
o
n
o n
q(1)
= xA , yA , y(1)
B ,
V
h
i 1 0
C(1) = 0 1
0 1
con
0 ,
n
o
in
o h
q(1)
= C(1) q(1) .
V
(2.105)
(2.106)
o
o n
fV(1) = HA , VA , VB(1) ,
h i 1 0
S(1) = 0 1
0 0
con
1 ,
h in o n o
S(1) fV(1) + f (1) = 0.
con
E per le forze:
(2.107)
(2.108)
o
q(2) = {xC , yC , C } ,
o
o n
q(2)
= xC , yC , y(2)
B ,
V
h
i 1 0
C(2) = 0 1
0 1
0
0
b
n
o h
in
o
(2)
(2)
q(2)
=
C
q
.
V
(2.109)
(2.110)
o
o n
(2)
(2)
f (2) = R(2)
x , Ry , MC ,
o
o n
fV(2) = HC , VC , VB(2) ,
h i 1 0
S(2) = 0 1
0 0
1 ,
(2.111)
80
con
h in o n o
S(2) fV(2) + f (2) = 0.
(2.112)
n
o n
o
In particolare le q() , q()
e f () , fV() sono coppie di variabili duali e vale la relazioV
ne di dualit`a tra le rispettive matrici statiche e cinematiche, come risulta esplicitamente
dalle formule precedenti.
Se esprimiamo il vincolo che le aste sono collegate in B da una biella e le corrispondenti condizioni sulle forze di interazione, si trova
(1)
[[yB ]] y(2)
B y B = 0,
(1)
(2)
VB VB = VB .
(2.113)
(2.114)
xA
yA
|yB|
xC
yC
HA
VA
VB(1)
HC
VC
VB(2)
1
0
0
0
0
0
1
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
-1
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
-1
0
0
1
0
0
0
1
0
0
0
0
0
1
0
0
0
1
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
1
0
HA
VA
VB
HC
VC
n o
n
o
qV = [A] q(1)
, q(2)
,
V
V
n
[A]
0
1
0
0
0
0
0
-1
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
1
(2.115)
n o
o
fV(1) , fV(2) = [A]T fV ,
1
0
0
0
0
xA
yA
y(1)
B
xC
yC
y(2)
B
(2.116)
0
0
1
0
0
(2.117)
81
" (1)
n o
C
S
"
S(1)
0
0
S(2)
0
C(2)
#n
o
q(1)
, q(2)
e
V
V
[A]T .
0
S(2)
(2.118)
(2.119)
[A]T = S ,
(2.120)
i,
(2.121)
82
E` allora facile verificare che sulla classe degli spostamenti congruenti il lavoro virtuale
assume lespressione notevole
L = R xP + MP ,
(2.123)
(2.125)
R = MP = 0,
(2.126)
Allora,
cio`e, il sistema di forze e` equilibrato.
Cos` in modo perfettamente equivalente si pu`o caratterizzare lequilibrio di un
sistema di forze attraverso le equazioni cardinali
R = MP = 0,
ovvero attraverso la condizione (2.125)
L = 0
K congruente.
Nel primo caso si parte dalle equazioni cardinali e si ottiene la (2.125) come teorema;
nel secondo, si parte dalla (2.125) intesa come assioma di equilibrio e si deducono
le equazioni cardinali come teorema. In questo secondo caso, la (2.125) si chiama il
Principio dei Lavori Virtuali.
Fondare la statica sul principio dei lavori virtuali anziche sulle equazioni cardinali offre un certo numero di vantaggi. Prima di tutto sul piano delleleganza formale,
perche e` possibile trattare lequilibrio di una larga classe di modelli meccanici deducendolo in modo sistematico da un unico principio generale. La specificit`a del modello
si riflette nella scelta dellespressione del lavoro virtuale, ma questa e` fatta in modo
del tutto naturale, sia per i casi classici, che per modelli pi`u speciali, quali quelli introdotti per descrivere certe specificit`a microscopiche dei materiali nel contesto di una
rappresentazione sostanzialmente macroscopica della realt`a. E` il caso ad esempio dei
cristalli liquidi, noti per il loro impiego nel campo dei sistemi di visualizzazione, dei
materiali dielettrici o magnetici, dei mezzi granulari, dei modelli usati per rappresentare in modo diretto corpi sottili o snelli, ecc. In tutti questi casi il modello richiede di
mettere in conto una cinematica pi`u ricca di quanto siamo abituati a fare, e costruire
una teoria dellequilibrio e` tuttaltro che banale. Il ricorso ad un principio dei lavori
virtuali ha costituito spesso una sorta di filo conduttore per la formulazione della teoria
83
meccanica. Cos`, il vantaggio di partire da un principio dei lavori virtuali non e` solo
estetico.
Ci sono poi anche vantaggi di carattere pratico. Ad esempio, la possibilit`a di risolvere i problemi di equilibrio ignorando le reazioni vincolari quando i vincoli siano
lisci, e la possibilit`a di impostare i problemi facendo riferimento a una quantit`a scalare
piuttosto che vettoriale. Infine, la possibilit`a di introdurre tecniche di approssimazione
della soluzione per sistemi pi`u complessi dei sistemi rigidi considerati fin qui.
Partendo da un principio dei lavori virtuali, per converso, il concetto di forza cos`
come ci viene trasmesso dalla fisica sperimentale perde evidenza ed importanza, per
assumere il ruolo abbastanza astratto di un coefficiente moltiplicativo dello spostamento nellespressione del lavoro virtuale. E` invece il lavoro virtuale che diventa la nozione
primitiva della teoria.
Nella nostra impostazione noi partiamo dalle equazioni di equilibrio e quindi guarderemo allannullarsi del lavoro virtuale delle forze come una conseguenza di quelle equazioni e di condizioni di compatibilit`a geometrica. Nondimeno, faremo ampio
uso del TLV nelle sue varie forme per la risoluzione di un certo numero di problemi
importanti nello studio delle strutture.
Prima di passare alla generalizzazione della trattazione precedente ai sistemi rigidi,
completiamo lanalisi delle relazioni che intercorrono tra equilibrio, congruenza con il
vincolo di rigidit`a e lannullarsi del lavoro virtuale di un sistema di forze su un sistema
di spostamenti virtuali.
Schematicamente, si possono leggere i due teoremi precedenti nella forma:
S equilibrato e K congruente L = 0;
(2.127)
L = 0 K congruente S equilibrato.
E` possibile mostrare che vale anche la terza implicazione:
L = 0 S equilibrato K congruente.
(2.128)
Cos`, lassunzione di due qualunque delle tre propriet`a implica la terza. La (2.128) e`
sancita dal seguente teorema, che costituisce la terza versione del TLV.
Teorema 2.4 (TLV statico) Sia dato un sistema di spostamenti K tale che
L = 0
S equilibrato.
(2.129)
Allora, K e` congruente.
Dimostrazione. Si consideri assegnato sul corpo rigido di Figura 2.33 un sistema di
spostamenti K che soddisfa la propriet`a (2.129). Scelti due qualunque punti Qk e Q j ,
si immagini agente un sistema di forze consistente di coppie opposte, c, applicate in
Qk e Q j . Tale sistema e` equilibrato, qualunque sia c, e dunque deve valere
L = c (Qk Q j ) = 0
c.
(2.130)
84
Figura 2.33:
Scelto poi tra i punti in cui sono assegnati gli spostamenti un polo P, si pensi
applicato un sistema di forze equilibrato costituito da due forze f applicate P e in
uno qualunque degli altri punti Pi , rispettivamente, e da una coppia c = (xP xPi ) f.
Dallannullarsi del lavoro virtuale corrispondente
segue che
L = f xPi xP (xPi xP ) = 0 f
xPi = xP + (xPi xP )
(2.131)
Analogamente, un sistema di spostamenti K = q, qV si dir`a congruente se
qV = Cq.
(2.132)
(2.133)
85
Figura 2.34:
Qui S e C sono le matrici statica e cinematica, rispettivamente, e vale la relazione
di dualit`a: S = CT . Inoltre, il lavoro virtuale di S su K si scrive
L = f q + fV qV .
Seguono immediatamente le tre versioni del teorema dei lavori virtuali.
TLV diretto. Se S e` equilibrato e K e` congruente, allora
L = 0.
Infatti, tenuto conto della (2.133), dalla (2.134) si trova
L = f q + fV qV = f + CT fV q
da cui segue
L = 0,
essendo f + CT fV = 0 per la dualit`a statico-cinematica e per la (2.132).
L = 0
allora S e` equilibrato.
K congruente,
(2.134)
86
Infatti, dalla
L = f q + fV qV = 0
segue che
(qV , q) : qV = Cq,
L = f + CT fV q = 0
q.
L = 0
(2.135)
S equilibrato,
allora K e` congruente.
Infatti, dalla
L = f q + fV qV = 0
(fV , f) : SfV + f = 0,
fV .
qV Cq = 0.
(2.136)
(2.137)
(h, ) congruenti.
r
,
sin
(2.138)
87
r cos
.
sin 2
(2.139)
Pr cos
2k) = 0 .
sin 2
(2.140)
(2.141)
Esempio 2.21 Si consideri il disco pesante in contatto di puro rotolamento con la guida
circolare in figura, soggetto ad una coppia M. Si vuol determinare la posizione di
equilibrio.
Se si indica con h la quota del punto O1 misurata da O, la relazione tra h e e`
data da
h = (r r1 ) sin ,
(2.142)
88
(h, 1) congruenti.
(2.144)
!
r r1
P(r r1 ) sin = 0
r1
(2.145)
Esempio 2.22 Si voglia calcolare il momento di incastro nella mensola in Figura 2.37,
usando il metodo degli spostamenti.
89
Segue che
MA =
pl2
.
2
(2.147)
(2.148)
M=
2
p(l + r sin )r sin .
3
90
(2.150)
2l
F, la condizione che il lavoro virtuale dei carichi esplorativi in un
cio`e, tali che P = 3h
atto di moto si annulli e`
FyB PxC = 0.
(2.151)
Da cui,
yB =
2l
xC .
3h
91
(2.152)
(2.153)
risulta
xB = 2yA .
La precedente e` la relazione cinematica che si scriverebbe tenendo conto che il
centro di istantanea rotazione dellasta AB e` in C.
92
Capitolo 3
HA HB + F = 0,
VA VB = 0,
hHA lVA = 0,
HB + HC = 0,
VC + VB F = 0,
hVC + hHC l/2F = 0.
(3.1)
HA + HC + F = 0,
VA + VC F = 0,
hHA lVA = 0,
lVC + hHC l/2F = 0,
93
(3.2)
94
HA + HC + F = 0,
VA + VC F = 0,
hHA lVA + lVC + hHC l/2F = 0,
lVC + hHC l/2F = 0.
(3.3)
Le prime tre equazioni del sistema (3.3) descrivono lequilibrio del portale nel suo
complesso, lultima e` lequazione di equilibrio alla rotazione della parte BC intorno al
polo B. Le forze di interazione non compaiono nelle prime, in quanto forze autoequilibrate, ne nellultima perche hanno braccio nullo rispetto al polo. E` stato cos` possibile
esprimere lequilibrio della struttura senza far intervenire le forze incognite VB ed HB .
E` naturalmente possibile ricavare VB ed HB dalle equazioni di equilibrio alla traslazione verticale ed orizzontale della componente BC, cf. (3.1)1,4, una volta determinate le
reazioni in A e C.
Quanto detto sopra e` generale. Infatti, come abbiamo visto nel Capitolo 2, in un
sistema soggetto a sconnessioni lisce si annullano alcune componenti delle forze di
interazione tra le parti. Cos`, le corrispondenti equazioni di equilibrio parziale non
introducono nuove incognite e possono essere usate per completare la descrizione del
problema di equilibrio. Le equazioni di questo tipo si dicono equazioni ausiliarie. La
(3.3)4 dellesempio precedente e` appunto unequazione ausiliaria.
95
Risolvendo, si trova
HA + HC + HE + F = 0,
VA + VC F = 0,
3lVC 2hHE hF 2lF = 0,
HC + HE = 0,
hHE = 0.
HC = HE = 0,
HA = F,
VC = (h+2l)
3l F,
VA = F h+2l
3l F =
lh
3l F.
(3.4)
96
Non e` difficile verificare che la matrice statica della travatura ha rango r = 5, pari al
numero delle equazioni e a quello delle incognite. La struttura e` pertanto isostatica.
Esempio 3.2 Si consideri la struttura di Figura 3.3. Imposto lequilibrio alla rotazione
HA + HC = 0,
VA + VC F = 0,
hHC (l + h)VC + (h + 2l )F = 0,
lVC l F = 0.
(3.5)
Da cui
VA = VC = 12 F,
HC = 21 F,
HA = 12 F.
97
Figura 3.4:
VA + VE q2a = 0,
HE + HD = 0,
C A + C D + 2aVE 2aHE 2a2 q = 0,
C A aVA + 21 qa2 = 0,
HD = 0,
(3.6)
VA = 0,
HA + HC= 0,
3a
3a
(3.7)
2 VA 2 HA = 0,
3a
X
=
0,
C
3a XC + a VA 3a HA = 0.
2
2
2
1 Si
98
99
e` dunque invertibile. Segue che le soluzioni del problema di equilibrio hanno la forma
fV = S1 (S fV + f),
(3.9)
H + HB = 0,
A
V
A + V B lp = 0,
lV + C C 1 l2 p = 0.
B
A
B
2
(3.10)
1 0 0 1 0 0
S = 0 1 1 0 0 0 ,
(3.11)
0 0 l 0 1 -1
e la struttura e` tre volte iperstatica. Si possono scegliere come incognite iperstatiche i
momenti di incastro e la reazione orizzontale in B. In altre parole, fV = (HA , VA , VB ) e
100
fV = (HB , C A , C B ). Segue che
S = 0
0
1
0
0
1
l
S = 0
0
0
1
0
0
-1
101
Esempio 3.7 La struttura in figura risulta tre volte iperstatica e pu`o essere resa isostatica introducendo cerniere in corrispondenza dei vertici B, C e D, ad esempio. La
soluzione si ottiene per sovrapposizione degli effetti in funzione dei valori degli sforzi
di sconnessione.
102
103
R(s) 3 (s),
R(s) (s) = 1, 2 ,
M(s) (s) = 1, 2 ,
M(s) 3 (s).
(3.13)
c = c1 .
(3.14)
M = Me1
(3.15)
Segue che
R = T 2 + N3 ;
104
Si usa riportare il diagramma delle funzioni T = T (s), etc., direttamente sui disegni, con laccortezza di disegnare N, M dalla parte di 2 , se positivi, e T dalla parte
opposta, nella stessa ipotesi. Si noti che questa e` una convenzione grafica e non ha
nessun significato meccanico. Con tale scelta, comunque, il diagramma di M si trova
sempre dalla parte delle fibre tese e questa e` una convenzione universalmente seguita
che, come sar`a pi`u chiaro dal corso di Tecnica delle Costruzioni, ha il vantaggio di
indicare a colpo docchio al tecnico da quale parte della sezione devono essere disposte le armature. Unaltra convenzione generalmente accettata riguarda il segno dello
sforzo normale. Con la definizione data, la N > 0 corrisponde a trazione e N < 0 a
compressione.
Esempio 3.8 Si consideri la trave appoggiata sotto un carico concentrato in un punto
intermedio C. Orientata la trave da sinistra a destra, i diagrammi di sollecitazione sono
quelli indicati in figura. In particolare il momento flettente risulta continuo, mentre il
taglio ha una discontinuit`a, come richiesto dallequilibrio di un concio infinitesimo a
cavallo del punto C:
[|T |] + P = 0.
(3.16)
105
M
,
l
(3.17)
Esempio 3.10 Si consideri la trave appoggiata con sbalzi caricata alle estremit`a. Momento e taglio sono allora quelli indicati in figura.
Esempio 3.11 Si consideri la struttura in Figura 3.14. Le equazioni di equilibrio
VA + VB = 0,
HC = 0,
2aVB + M = 0
(3.18)
106
MD+ MD + M = 0.
Esempio 3.12 Si consideri il portale di Figura 3.15. Le equazioni di equilibrio
VA + VB = P,
HA HB + F = 0,
2aVB hHB aP hF = 0,
VB P = 0
danno VA = 0, VB = P, HA = ah P 2F, HB =
in figura.
aPhF
h
(3.19)
107
108
M perche ogni porzione della trave sia in equilibrio. Con riferimento alla figura seguente, considerato un generico tratto (s1 , s2 ) della trave che non presenti singolarit`a
R s2
s1
(x f + c) ds = 0,
(3.20)
(s1 , s2 ).
s2
s1
dM
ds
d
ds (x
R) + x f + c ds = 0,
(s1 , s2 ).
Da cui, se gli integrandi sono funzioni continue, per larbitrariet`a degli estremi di
integrazione devono annullarsi gli integrandi che compaiono nelle due equazioni.3
3 Si pu`
o mostrare che questo segue dal teorema di permanenza del segno e dalla monotonia delloperatore
di integrazione, vedi Esercizio 3.13.
109
Ovvero,
dR
ds
+ f = 0,
dM
ds
(3.21)
d
ds (x
R) + x f + c = 0.
Le (3.20) sono le equazioni di equilibrio delle travature in forma finita (di Eulero);
le (3.21) sono le equazioni indefinite di equilibrio (di Cauchy). Le seconde rappresentano in forma differenziale la condizione che deve essere soddisfatta punto per punto
dai carichi e dalle caratteristiche di sollecitazione perche lassegnata configurazione sia
di equilibrio. Si noti che le equazioni sono scritte per la configurazione di equilibrio e
che le posizioni x(s) dei punti della trave sono allora quelle attuali.
Svolgendo la derivata del secondo termine in (3.21)2 e ricordando che dx
ds = 3 , le
precedenti diventano
dR
ds + f = 0,
(3.22)
dM
+
R
+
c
=
0,
3
ds
avendo tenuto conto della prima equazione nella seconda. Le proiezioni di queste
equazioni sulla terna {i } conduce ad un sistema di sei equazioni differenziali nelle sei
caratteristiche di sollecitazione T , M , N ed M3 .
Si consideri ora il caso piano. Dalle formule di Serret-Frenet risultano:
d3
ds
d2
ds
= 1 2 ,
=
d
ds (3
(3.23)
e1 ) =
1 (2
e1 ) =
1
3 ,
dove e` il raggio di curvatura della trave. Tenuto conto delle (3.15) e proiettando le
(3.22) sulla terna locale si ottengono le tre equazioni scalari
dN
ds
+ 1 T + q = 0,
dT
ds
1 N + p = 0,
dM
ds
T + c = 0,
(3.24)
e laccoppiamento scompare.
dN
ds
+ q = 0,
dT
ds
+ p = 0,
dM
ds
T + c = 0,
(3.25)
110
c=
dM
ds
T + c = 0.
111
Osservazione 3.2 Nella deduzione delle equazioni indefinite lipotesi di rigidezza e` intervenuta soltanto attraverso le equazioni cardinali, e non in relazione ad unintrinseca
indeformabilit`a della trave. E` invece stato essenziale il fatto che la configurazione considerata e` quella di equilibrio sotto i carichi assegnati. Poiche anche la statica dei corpi
deformabili e` basata sulle equazioni cardinali, segue che le equazioni indefinite nella
forma vista valgono anche per travi deformabili, purche si intenda che la configurazione considerata e` quella corrente. In questo caso, comunque, la lunghezza darco s (e
conseguentemente i carichi per unit`a di lunghezza p q e c) e la curvatura diventano
esse stesse incognite da determinare in funzione dei carichi agenti. Vedremo pi`u avanti nel nostro corso che le equazioni precedenti, o pi`u precisamente una loro versione
linearizzata, sono il punto di partenza della cosiddetta teoria Euleriana della stabilit`a
elastica.
Esercizio 3.13 Il passaggio delle equazioni di equilibrio dalla forma di Eulero (3.20) a
quella di Cauchy (3.21) e` una conseguenza della seguente propriet`a che dimostreremo
per completezza.
Proposizione R3.1 Se g e` una funzione continua (a valori reali) su un intervallo (a, b),
x2
la condizione x g dx = 0 (x1 , x2 ) (a, b) implica che g 0.
1
Supponiamo infatti che esista x0 (a, b) tale che g(x0 ) > 0. Per la continuit`a,
> 0,
> 0 :
x (x0 , x0 + ).
Cio`e,
g(x0 ) + > g(x) > g(x0 )
x (x0 , x0 + ).
x0
112
113
1
cos .
d/ds
(3.26)
(3.27)
Lintegrazione della precedente equazione comporta due costanti arbitrarie che dovranno essere determinate in modo che la luce coperta sia pari a 2a e che le quote dei
114
La curva e` allora una catenaria e in un sistema dassi come in Figura 3.19 e` descritta
dallequazione
x
y = cosh( ) + ,
con
a
= cosh( ),
r
Z a
a
x
2 x
cosh( ) dx = 2 sinh( ).
1 + sinh ( ) dx =
,
a
l =
l
,
a
x
a
x =
y =
y
a
la precedente diventa
l = 2 sinh(
1
)
da cui si ricava
= (l ).
Lequazione cartesiana della catenaria risulta allora
!
x
1
y = cosh( ) cosh( ) .
(3.31)
115
in
Pb
,
a+b
=T
M(0) = 0,
[|M|](a) = 0.
Da cui,
M(s) =
M(s) =
Pb
a+b s
Pa
a+b (a
+ b s)
in
in
(0, a),
(a, a + b).
(3.32)
Esempio 3.17 Si consideri la trave di figura 3.20, detta trave Gerber, in cui le reazioni
vincolari hanno il valore indicato. Per integrazione dellequazione indefinita, con il
valore del taglio in A pari alla reazione, si trova
T = VA ps
s (0, a).
s (a, 3a + b).
116
117
118
Capitolo 4
Le travature rigido-elastiche
4.1 Molle estensionali e molle di rotazione
I problemi di statica relativi ai sistemi meccanici che abbiamo studiato nei capitoli precedenti hanno caratteri abbastanza speciali. Infatti ci si trova sostanzialmente di fronte
a due possibilit`a: sistemi non sufficientemente vincolati, per cui lequilibrio e` impossibile sotto particolari condizioni di carico (sistemi labili), ovvero, sistemi vincolati
abbastanza da ammettere ununica configurazione possibile (sistemi isostatici e sistemi iperstatici), per i quali rimangono da determinare solo reazioni e sforzi. In entrambi
i casi nel problema statico e` assente ogni accenno alla ricerca della configurazione di
equilibrio.
In effetti, sotto un carico assegnato, un sistema poco vincolato andr`a a cercarsi una
qualche configurazione di equilibrio ed un sistema eccessivamente vincolato selezioner`a una particolare combinazione di reazioni, tra le tante in grado di far equilibrio ai
carichi, deformandosi in modo adeguato. In altre parole, nella realt`a si ha a che fare
con strutture deformabili e la determinazione della configurazione di equilibrio, od anche solo il considerare la deformabilit`a per il calcolo di sforzi e reazioni, diventa un
ingrediente essenziale del problema da studiare.
Nella realt`a si ha sempre a che fare con strutture deformabili con continuit`a. Come
vedremo, per`o, considerare una deformabilit`a diffusa porta a studiare problemi di tipo
differenziale, anziche algebrico, cambiando sostanzialmente il contesto matematico in
cui si deve operare. Nello spirito di arricchire progressivamente i modelli strutturali
con cui si intende rappresentare la realt`a, una via intermedia e` costituita dalla considerazione di sistemi rigido-elastici, sistemi in cui si immagina la deformabilit`a della
struttura concentrata in certi punti e si assume che siano presenti dispositivi meccanici in grado di contrastare con opportune azioni le deformazioni relative tra le varie
componenti rigide.
Per definire compiutamente la nuova classe di modelli occorre descrivere il modo
di operare degli elementi di collegamento tra le varie parti sotto il profilo cinematico,
meccanico e costitutivo. Nel seguito rappresenteremo con molle i dispositivi meccanici
119
120
LE TRAVATURE RIGIDO-ELASTICHE
(4.1)
(4.2)
121
LE TRAVATURE RIGIDO-ELASTICHE
122
1
k
Fl
.
4k
(4.5)
Nei problemi strutturali si ha in genere a che fare con strutture molto rigide. Cos`,
la (4.5) d`a una buona approssimazione della deformata della travatura.
123
equazioni
VB 2l sin( 2 ) = MA ,
Fl cos( 2 ) VB l sin( 2 ) = MC ,
= 2,
MA = k[[]],
MC = k[[]],
(4.6)
che esprimono rispettivamente gli equilibri parziali dei sottosistemi CB e ACB, la relazione geometrica tra gli angoli e , e le equazioni costitutive delle molle. Qui,
[[]] = 0 e [[]] = 0 .
Poiche la (4.6)3 comporta che [[]] = 2[[]], risolvendo in si trova
VB 2l sin = k[[]],
VB l sin = Fl cos 2k[[]].
(4.7)
Da cui,
[[]] =
2Fl
cos .
5k
(4.8)
Anche in questo caso [[]] e` infinitesimo del primo ordine in 1k . Essendo = 0 +[[]],
espandendo in serie di Taylor il secondo membro della (4.8) si trova
[[]] =
Segue che al primo ordine in
1
k
2Fl
(cos 0 sin 0 [[]] + ...) .
5k
la configurazione deformata e` descritta da
[[]] =
2Fl
cos 0 .
5k
(4.9)
LE TRAVATURE RIGIDO-ELASTICHE
124
ha il vantaggio di condurre a problemi lineari che possono essere risolti con metodi elementari. A parte il capitolo sulla stabilit`a, tutta la Scienza delle Costruzioni e` costruita
sulla base delle assunzioni precedenti.
Vediamo, a titolo di esempio, come si formulano i problemi studiati nel paragrafo
precedente nel contesto della teoria lineare dellequilibrio.
Si consideri il caso della Fig. 4.2. Se si impone lequilibrio nella configurazione
indeformata il sistema (4.3) diventa
1
2 Fl
= MC ,
[[]] = 2,
MC = k[[]],
(4.10)
(4.12)
Qui si sono rappresentate le coppie esercitate dalle molle con il loro comune valore MA
ed MC . Indicheremo S come un sistema di forze-sforzi agenti nella struttura.
125
(4.13)
dove si e` indicato con A la rotazione del supporto in A, che lavora con la coppia di
reazione C A , e con [[A ]] e [[C ]] le rotazioni relative delle sezioni in cui si innestano
le molle, quantit`a che compaiono nel lavoro virtuale delle coppie esercitate dalle molle
stesse. [[A ]] e [[C ]] sono anche gli angoli di apertura delle molle rispetto alla configurazione di riposo, cio`e descrivono la loro deformazione. Chiameremo pertanto K
un sistema di spostamenti-deformazioni virtuali assegnati sulla struttura.
Il lavoro virtuale di S sul sistema K assume la forma
L = FyC + VA yA + C A A + VB yB MA [[A ]] + MC [[C ]] .
(4.14)
Il termine che appare nella prima parentesi a destra del segno di uguaglianza rappresenta il lavoro virtuale delle forze esterne e verr`a indicato con la notazione Lest , quello
racchiuso nella seconda parentesi rappresenta (a meno del segno) il lavoro delle coppie
esercitate dalle molle e verr`a indicato come lavoro virtuale degli sforzi interni, Lint .
Ovviamente, la condizione L = 0 si scrive, in modo equivalente, nella forma
Lest = Lint ,
(4.15)
e con questa modifica si riscrivono le tre versioni del teorema dei lavori virtuali per le
travature rigido-elastiche.
LE TRAVATURE RIGIDO-ELASTICHE
126
A titolo di esempio, sulla struttura in figura verifichiamo che lequilibrio del sistema
S e la congruenza del sistema K implicano la (4.15), secondo quanto stabilito dalla
versione diretta del teorema dei lavori virtuali.
Scelto il sistema principale indicato in Fig. 4.5, il sistema S e` equilibrato se
(4.16)
(4.17)
(4.18)
127
4.5 Applicazioni del teorema dei lavori virtuali: il metodo delle forze
Come annunciato, il TLV pu`o essere impiegato nelle versioni statica e cinematica
per risolvere problemi iperstatici. Vediamo in questo paragrafo luso del teorema in
versione statica (metodo delle forze).
Si consideri la trave del paragrafo precedente. Tenuto conto che il pi`u generale stato
di forze-sforzi equilibrato e` dato dalla sovrapposizione delle soluzioni del problema
di equilibrio per il sistema principale soggetto successivamente ai carichi applicati,
problema (o sistema) S(0) , e alla reazione iperstatica unitaria, problema (o sistema)
S(1) , cf. Fig. 4.5, il sistema di spostamenti-deformazioni nella configurazione effettiva
ha la forma
)
(
1 0
1 1
1
0
ef f
(4.19)
K
= yC , yA = A = yB = 0; (MA + XMA ), (MC + XMC ) ,
k
k
dove i valori dei momenti nelle molle sono quelli indicati in figura e yC e` lo spostamento (incognito) del punto C nella configurazione deformata. Assunto allora il
sistema di forze-sforzi di S(1)
n
o
S(1) = 0, VA1 = 1, C A1 = 2l, VB1 = 1; MA1 = 2l, MC1 = l
(4.20)
come sistema equilibrato, dal teorema dei lavori virtuali deve essere
0=
1
1 0
(MA + XMA1 )MA1 + (MC0 + XMC1 )MC1 ,
k
k
(4.21)
LE TRAVATURE RIGIDO-ELASTICHE
128
a sinistra avendo scritto il lavoro virtuale delle forze di S(1) per gli spostamenti effettivi
ed a sinistra quello degli sforzi di S(1) per le deformazioni effettive.
Lequazione (4.21) pu`o scriversi nella forma
0 = 0 + X1 ,
(4.22)
dove
0 :=
1 :=
1 0
k MA
1 1
k MA
MA1 +
MA1
1 0
k MC
1 1
k MC
MC1 ,
(4.23)
MC1 .
Segue che
X=
0
1
(4.24)
2
F.
5
(4.25)
1
0
k (MD
X1 MD1
X2 MD2 ), 1k (ME0
X1 ME1
X2 ME2 )
(4.26)
,
129
dove MA0 , MA1 , ..., etc. sono i momenti nelle molle nelle strutture S0 , S1 e S2 di Fig. 4.8.
Applicando allora successivamente i sistemi di forze-sforzi equilibrati
n
S1 = p1 () 0, VA1 = 1, C A1 = 23 l,
VB1 = 1, VC1 = 0;
n
S2 = p2 () 0, VA2 = 1, C A2 = 3l,
VB2 = 0, VC2 = 1;
MA1 = 23 l,
MA2 = 3l,
o
MD1 = 21 l, ME1 = 0 ,
(4.27)
o
MD2 = 2l, ME2 = l ,
LE TRAVATURE RIGIDO-ELASTICHE
130
j
1
k MA
MAi +
j
1
k MD
MDi +
j
1
k ME
MEi
i = 1, 2,
(4.29)
i, j = 1, 2.
X2 =
1
pl.
2
(4.31)
131
I diagrammi del momento e del taglio effettivi nella struttura sono rappresentati in
Fig. 4.9. Si noti che la simmetria dei diagrammi, in particolare lannullarsi del momento flettente nelle cerniere elastiche, e` puramente accidentale ed e` una conseguenza
della scelta delle lunghezze dei singoli elementi di cui la travatura e` composta e della
condizione di carico.
4.6 Applicazioni del teorema dei lavori virtuali: il metodo degli spostamenti
Per la risoluzione dei problemi iperstatici il TLV pu`o anche essere usato nella versione
cinematica e, in questo caso, il metodo si chiama metodo degli spostamenti. Si vedono
nel seguito alcuni esempi illustrativi.
Si consideri la figura 4.10 dove, insieme alla struttura da studiare, si e` rappresentata
anche la configurazione deformata sotto il carico applicato.Indicando solo le forze che
danno un contributo al lavoro virtuale, il sistema delle forze-sforzi effettivo ha la forma
n
o
Se f f = F; MC = k h , MD+ = k h , MD = k h .
(4.32)
LE TRAVATURE RIGIDO-ELASTICHE
132
k
.
h2
(4.34)
Fh2
.
3k
Fh
.
3l
133
(4.35)
j
j Y j [[B2 ]],
MB3 = MA3 =
MB2 = MA2
k
j
j Y j [[B3 ]]
(4.36)
.
LE TRAVATURE RIGIDO-ELASTICHE
134
Qui le quantit`a [[Bl ]] indicano gli angoli di apertura delle molle nei nodi Bl nella
deformata j-esima e si e` inteso che gli angoli di apertura delle molle in Al e Bl sono di
segno opposto.
Combinando Se f f successivamente con i sistemi di spostamenti-deformazioni corrispondenti alle configurazioni di Si , i = 1, 2, 3:
o
n
K 1 = 1, 0, 0; [[1B1 ]] = 1h , [[1B2 ]] = 1h , [[1B3 ]] = 0 ,
n
o
K 2 = 0, 1, 0; [[2B1 ]] = 0, [[2B2 ]] = 1h , [[2B3 ]] = h1 ,
(4.37)
o
n
K 3 = 0, 0, 1; [[3B1 ]] = 0, [[3B2 ]] = 0, [[3B3 ]] = 1h
con [[Aj l ]] = [[Bj l ]] nei tre casi, rispettivamente, dalluguaglianza dei lavori esterno
ed interno si ottiene il sistema di equazioni lineari nelle ampiezze Y j
F 1 = 2k
X
j
Yj
X
l
[[Bl ]][[iBl ]]
i = 1, 2, 3.
(4.38)
135
2k
4k
Y1 2 Y2
2
h
h
= F,
2k
4k
2k
Y1 + 2 Y2 2 Y3
h2
h
h
= F,
2k
2k
Y2 + 2 Y3
h2
h
= F,
(4.39)
che fornisce
5h2
3h2
3h2
F, Y2 =
F, Y3 =
F.
2k
2k
k
In forma generale la (4.38) si scrive
X
F1=
Y j Ki j i = 1, 2, 3
Y1 =
(4.40)
P
dove Ki j := l 2k[[Bj l ]][[iBl ]] rappresenta il lavoro degli sforzi presenti nella struttura
S j per le deformazioni nella struttura Si , cf. sistema spostamenti-deformazioni K i , cio`e
la forza RBj i che si deve applicare al nodo i-esimo per ottenere la deformazione j-esima.
Daltra parte, la forza che si dovrebbe esercitare al nodo i-esimo in una struttura S0
idealmente vincolata nei punti Bl in modo da impedirne gli spostamenti vale R0Bi = F.
LE TRAVATURE RIGIDO-ELASTICHE
136
(4.41)
137
ma la classe delle deformate possibili dipende dal solo abbassamento del nodo G1 ,
cf. Fig. 4.15. Si applichi il metodo degli spostamenti con
)
(
2
2
,
Se f f = p(); MG1 = MG3 = MG5 = k , MG2 = MG4 = k
l
l
e
)
2
2
K = v (); [[G1 ]] = [[G3 ]] = [[G5 ]] = , [[G2 ]] = [[G4 ]] = .
l
l
1
1 pl3
l2
=
.
20k 20 k
138
LE TRAVATURE RIGIDO-ELASTICHE
Fl
5k ,
[[C ]] =
2Fl
5k
(4.42)
.
139
n
S(a) = P = 1, VA(a) = 21 ,
MA(a)
C A(a) = 0, VB(a) = 12 ;
MC(a)
= 0,
dal TLV si ha
l
2
(4.43)
(4.44)
l 2Fl Fl2
=
.
2 5k
5k
(4.45)
Si osservi che al sistema ausiliario si e` richiesto solo di essere equilibrato. In particolare quello scelto non corrisponde alla soluzione del problema per la mensola appoggiata in estremit`a sotto un carico unitario in mezzeria. Era possibile fare una scelta
differente, ad esempio, quella che corrisponde alla mensola libera allestremo B, utilizzata come sistema principale nella risoluzione del paragrafo 4.5. In tal caso, cf.
Fig. 4.16(b), detto
n
MA(a ) = l, MC(a ) = 0
il sistema ausiliario, lapplicazione del TLV d`a
Fl Fl2
=
,
(4.47)
5k
5k
che coincide, ovviamente, con lo spostamento calcolato usando il sistema ausiliario
S(a) .
In molti problemi strutturali i cambiamenti di configurazione possono essere prodotti, oltre che dai carichi applicati, anche da cedimenti dei vincoli. In particolare,
nelle strutture iperstatiche ladeguamento della configurazione agli spostamenti imposti dai cedimenti vincolari d`a luogo a sollecitazioni che possono essere importanti dal
punto di vista strutturale. Il modo di affrontare questi problemi non e` diverso da quello
visto nei paragrafi precedenti e pu`o essere fatto utilizzando il TLV nella versione pi`u
conveniente. Vediamo un esempio affrontato col metodo delle forze.
Si riconsideri la mensola appoggiata in estremit`a della Fig. 4.7, caricata in mezzeria, e si supponga che lappoggio in B subisca un cedimento verso il basso di entit`a B .
Il sistema degli spostamenti-deformazioni effettive diventa cos`
)
(
1 0
1 1
1
ef f
0
K
= yC , yA = A = 0, yB = B; (MA + XMA ), (MC + XMC ) . (4.48)
k
k
yC = l
LE TRAVATURE RIGIDO-ELASTICHE
140
k
0 + B 2
= F 2 B .
1
5
5l
(4.50)
Capitolo 5
Le travature elastiche
5.1 Il modello mono dimensionale della trave
Nei capitoli precedenti abbiamo considerato travature composte da parti rigide e tenuto
conto della deformabilit`a pensandola concentrata in particolari sezioni della travatura. Si tratta di una semplificazione di comodo che intende dare conto dei sistemi reali
in modo piuttosto schematico. In effetti i sistemi strutturali presentano una deformabilit`a diffusa di cui e` possibile dare una descrizione meno grossolana, mantenendo la
semplificazione di avere a che fare con un modello monodimensionale.
In questo capitolo introdurremo la nozione di trave deformabile. Una trave e` un
corpo tridimensionale che pu`o pensarsi generato dallo scorrimento di unareola piana,
la sezione della trave, lungo una curva passante per il suo baricentro ed ortogonale alla
sezione, lasse della trave. La sezione pu`o avere forma e dimensioni variabili lungo
lasse, ma supporremo che il suo diametro sia piccolo rispetto alla lunghezza della
curva, cosicche il solido generato dallo scorrimento della sezione lungo lasse presenta
un carattere di snellezza. La trave e` supposta deformabile. Data la limitata estensione
delle sezioni, assumeremo che esse si mantengano piane e di forma inalterata durante
la deformazione. Le configurazioni della trave saranno pertanto descritte attraverso il
piazzamento dei baricentri delle sezioni, che costituiranno lasse della trave deformata,
e dalla rotazione rigida delle sezioni.
Per semplicit`a, considereremo nel seguito il caso di travi rettilinee soggette a piccole deformazioni in un piano preassegnato. Assumeremo, cio`e, che in assenza di carichi
la trave assuma una configurazione naturale in cui lasse e` rettilineo e le sezioni sono
ortogonali ad esso. Scelto un sistema di riferimento come in figura, tale configurazione
e` descritta da
z (0, l),
X = z e3
0,
(5.1)
142
z (0, l)
(5.2)
Il nostro obiettivo e` quello di scrivere per la trave il problema di equilibrio e determinare la nuova configurazione. Nel fare questo, assumeremo il punto di vista dellelasticit`a lineare adottato nei capitoli precedenti. Cio`e, tenuto conto della piccolezza
delle deformazioni, faremo uso di relazioni cinematiche linearizzate e ignoreremo la
variazione di geometria nello scrivere le equazioni di equilibrio.
v = v(z)
= (z).
(5.3)
(1 + w )2 + v2 dz.
(5.4)
|dx| = (1 + w ) dz.
Da cui si trova che lallungamento per unit`a di lunghezza dellasse indeformato vale
:=
|dx| dz
= w .
dz
143
(5.5)
(5.6)
Le equazioni indefinite di equilibrio della trave sono state dedotte nel Capitolo 3.
Tenendo conto che stiamo considerando il caso piano e che la configurazione su cui si
impone lequilibrio e` rettilinea, le equazioni indefinite sono, cf. (3.25):
144
dN
dz
+ q = 0,
dT
dz
+ p = 0,
dM
dz
T + c = 0,
(5.8)
GA
(5.9)
M = E I .
Le costanti a secondo membro sono, rispettivamente, la rigidezza estensionale (o a forza normale) E A , la rigidezza allo scorrimento (o a taglio) GA e la rigidezza flessionale
(o a momento flettente) E I . Ognuna di queste rigidezze e` il prodotto di una costante
elastica, specifica del materiale di cui la trave e` costituita, e di una grandezza relativa
a una propriet`a geometrica della sezione: A e` larea della sezione trasversale, I il momento di inerzia rispetto allasse e1 e un fattore dipendente dalla forma. Le costanti
E e G sono il modulo di Young e il modulo di elasticit`a tangenziale del materialeq di
cui vedremo meglio nel seguito.
Sostituendo le precedenti e le (5.5) (5.7) nelle equazioni indefinite di equilibrio
si trovano le equazioni della linea elastica, che sono
(EAw ) + q = 0,
( GA
(v + )) + p = 0,
(EI )
GA
(v
(5.10)
+ ) + c = 0.
Le (5.10) descrivono il problema di equilibrio in termini delle componenti di spostamento e della rotazione. Si tratta di un sistema di tre equazioni differenziali del secondo
ordine, accoppiate, la cui integrazione fa comparire sei costanti di integrazione. Pertanto, la completa formulazione del problema richiede lassegnazione di condizioni
agli estremi della trave che specifichino forze o vincoli imposti. Ci`o corrisponde al
fatto, pienamente naturale dal punto di vista meccanico, che tali azioni influenzano la
configurazione assunta dalla trave allequilibrio.
145
Le condizioni al contorno da imporre sono tre per ogni estremo e devono precisare
le forze e la coppia applicate ovvero le quantit`a cinematiche ad essi coniugate. Cio`e,
si deve assegnare in modo mutuamente esclusivo una delle grandezze che figurano in
ciascuna delle seguenti coppie
N
ovvero w,
ovvero v,
ovvero .
Quando si abbia a che fare con sistemi di travi, le equazioni della linea elastica si
intendono valere in parti della tarvatura che escludono singolarit`a geometriche (punti
angolosi) ovvero punti di applicazione di carichi concentrati. In questo caso lintegrazione del sistema di equazioni deve essere fatta tratto per tratto e comporta sei costanti
di integrazione per ogni tratto. Cos`, la determinazione delle costanti richiede lassegnazione di condizioni di raccordo tra un tratto e laltro, che deve essere fatta secondo
il criterio generale descritto sopra.
Gli esempi che seguono illustrano il modo di operare.
v = 0,
w = 0,
= 0,
(5.11)
Le (5.12)2,3 sono dette condizioni meccaniche, perche esprimono uninformazione sulle forze, le altre condizioni geometriche, perche descrivono un vincolo sulle
configurazioni che la trave pu`o assumere.
Tenuto conto delle (5.11) e (5.12), il problema si disaccoppia nei due problemi
differenziali al contorno
(
(EAw ) + q = 0,
(5.13)
w(A) = 0 e w (B) = 0,
146
e
GA
( (v + )) + p = 0,
GA
(EI ) (v + ) + c = 0,
(5.14)
(5.15)
Esempio 5.2 Si consideri la trave continua in Figura 5.4. La presenza dellappoggio intermedio far`a intervenire una reazione di tipo concentrato, pertanto la trave e` costituita
da due tratti regolari che vanno opportunamente raccordati.
v(C) = (C) = 0.
(5.17)
147
Le condizioni di raccordo in B,
v(B ) = v(B+ ) = 0
(5.18)
le prime tre sono condizioni geometriche, lultima esprime la continuit`a del momento
flettente attraverso la sezione di mezzeria, cio`e, lequilibrio alla rotazione del concio
elementare a cavallo della mezzeria. Si noti che la reazione verticale non interviene nelle condizioni di raccordo: la si potr`a calcolare dalla soluzione del problema attraverso
lequazione di equilibrio alla traslazione verticale del concio:
VB = ~
GA
(v + )(B).
(5.19)
Esempio 5.3 Si consideri il caso della Figura 5.5. Le condizioni agli estremi sono
v(A) = (A) = 0
GA
(v + )](C) = P,
EI (C) = 0,
(5.20)
~EI (B) = 0.
(5.21)
mentre quelle in B
v(B) = v(B+) = 0,
~(B) = 0
Esempio 5.4 Si consideri il caso illustrato nella Figura 5.6. Le condizioni agli estremi
sono
v(A) = (A) = 0
v(C) = (C) = 0,
(5.22)
GA
(v + )(B) + P = 0.
(5.23)
mentre quelle in B
~(B) = 0,
~EI (B) = 0
148
Il prossimo esempio illustra il caso di una travatura con una singolarit`a geometrica.
IL caso e` interessante, perche per effetto della discontinuit`a della direzione dellasse i
problemi estensionale e trasversale risultano accoppiati.
Esempio 5.5 Si consideri il portale in Figura 5.71 e per i due tratti rettilinei si orientino
gli assi come indicato, continuando per ciascuno ad indicare con v e w le componenti
trasversale ed assiale dello spostamento. Le condizioni agli estremi sono
(5.24)
149
geometriche sono
v(B ) = w(B+ ),
w(B ) = v(B+)
(B) = (B+ ),
(5.25)
mentre, tenuto conto delle convenzioni sul verso delle forze assiali e di taglio, quelle
meccaniche si scrivono
GA
(v + )(B) = EA w (B+),
EI (B) = EI (B+ ).
EA w (B) =
GA
(v + )(B+)
e
(5.26)
Si vede che laccoppiamento dei problemi assiale e trasversale e` una conseguenza delle
condizioni di raccordo.
(v + ) + p = 0,
GA
EI (v + ) = 0,
(5.27)
1
p.
EI
Da cui, integrando,
1
p z3
(
+ a z2 + b z + c)
EI
6
dove le costanti di integrazione valgono
=
(5.28)
c = 0,
(da (0) = 0)
2
b = ( p2l 2 a l). (da (l) = 0)
(5.29)
con GEAIl2 .
150
Segue che
v(z) = d +
( l2 ) dz
(5.30)
con d una costante di integrazione. Sostituendo dalla (5.28) e tenendo conto delle
(5.29), dallimposizione delle condizioni al contorno: v(0) = 0 e v(l) = 0 si ottengono
per le costanti di integrazione d ed a i valori
d=0
a=
5
12
+ 32
+
2
pl
.
2
(5.31)
Questi, sostituiti nelle formule (5.29) (5.28) e (5.30), danno infine la soluzione del
problema.
Calcoliamo in particolare il valore delle reazioni allincastro. Il momento vale
M(0) = EI (0) (= b) =
1
p l2
3 + 1 8
(5.32)
e il taglio
T (0) =
GA
12 + 5 p l
(v (0) + (0))(= 2a) =
.
3 + 1 8
(5.33)
M(0) = 18 p l2 ,
T (0) = 85 p l
(5.34)
Landamento qualitativo della deformata e le reazioni sono riassunte nella Figura 5.8 (a).
. (Trave tozza):
M(0) = 0,
T (0) = 12 p l.
(5.35)
1.
T = T (0) = 123 +1
+1
5
Cos`, gli scostamenti percentuali delle due quantit`a tendono a zero con .
Dalla definizione, pu`o scriversi nella forma
=(
E 2
) ,
G l2
dove e` il raggio di inerzia della sezione. Nella formula il primo fattore e` dellordine
dellunit`a, il secondo e` uguale allinverso del quadrato della snellezza della trave definita come l . Per le travi in acciaio, ad esempio, la snellezza si aggira intorno a
100. Cos`, 104 . Allora, dalla (5.36) si calcola che
M, T 3 104 ,
uno scostamento da cui risulta che nelle travi ordinarie il contributo della deformabilit`a
da taglio e` trascurabile rispetto a quello flessionale.
(5.37)
In questo caso le sezioni si mantengono ortogonali alla linea dasse e le sole funzioni v
e w sono sufficienti a descrivere le configurazioni della trave. Una conseguenza dellassunzione (5.37) e` che il taglio T deve essere riguardato come una reazione interna, che
nasce per contrastare uno scorrimento che e` impedito, e non e` pi`u dato da unequazione
costitutiva.
Poiche anche in questo caso lequilibrio alle forze assiali, se la trave e` rettilinea,
risulta disaccoppiato da quello flessionale, nel seguito ci concentriamo su questultimo.
152
(5.40)
Si pu`o far vedere che v e` la curvatura della linea dasse. Cos`, lequazione stabilisce
la proporzionalit`a tra il momento flettente e la curvatura, una relazione suggerita da
Bernoulli e che sta alla base della teoria dellelastica di Eulero. Segue che il problema
di equilibrio si scrive
(EI v ) = p + c ,
(5.41)
+ cond. cont..
La (5.41)1 e` lequazione della linea elastica della teoria flessionale.
(5.42)
Osservazione 5.1 Il modello di trave descritto nel paragrafo 5.3 e` detto di Timoshenko.
Quello che segue dallassunzione (5.37) e` il modello di Eulero-Bernoulli; la relativa
teoria e` detta flessionale.
153
Esempio 5.6 Si consideri il caso illustrato nella Figura 5.9. Le condizioni agli estremi
sono
v(A) = v (A) = 0
v(C) = v (C) = 0,
(5.43)
mentre quelle in B
~v(B) = 0,
~v (B) = 0
~EI v (B) = 0,
~(EI v ) (B) + P = 0.
(5.44)
Esempio 5.7 Si consideri il portale zoppo illustrato nella Figura 5.10 e si scelgano gli
assi di riferimento nei vari tratti come indicato. Assumiamo per semplicit`a che le
travi siano assialmente rigide, cosicche lo spostamento del punto B e` impedito. Le
condizioni agli estremi sono
v(A) = v (A) = 0
v(C) = v (C) = 0.
(5.45)
In sommit`a del ritto si deve imporre la congruenza degli spostamenti e lequilibrio delle
forze portate da ritto e traverso. Si noti, che per la rigidit`a assiale delle travi, i relativi
sforzi normali non sono esprimibili in termini di equazioni costitutive e dunque sono a
priori indeterminati. Le condizioni di raccordo sono pertanto
v(B) = v(B+) = 0,
~v (B) = 0
~EI v (B) = 0.
(5.46)
Gli sforzi normali si calcolano a posteriori in funzione dei tagli portati da ritto e
traverso, imponendo lequilibrio alla traslazione del concio a cavallo del punto B.
Lesempio che segue illustra infine il caso di travature in cui siano presenti parti rigide. Come vedremo, per queste non sono disponibili equazioni costitutive che
154
Esempio 5.8 Si consideri la trave continua su tre appoggi in Figura 5.11 e si assuma
che la seconda met`a della campata di destra sia rigida.
Le equazioni della linea elastica si potranno scrivere solo per i tratti AB e BC e
la loro soluzione dipender`a da otto costanti di integrazione da determinare attraverso
altrettante condizioni al contorno e/o di raccordo. Le condizioni nellestremo A e in
B sono le stesse viste nellEsempio 5.2. Per quanto riguarda il punto C, avremo la
continuit`a della deformazione, i. e. dello spostamento e della sua derivata, e quella di
taglio e momento flettente. Poiche in CD la trave si mantiene rettilinea, dalla prima
segue che
v(C) + v (C) l/2 = 0,
(5.47)
(5.48)
5.8. ESERCIZI
155
5.8 Esercizi
Di seguito si propongono alcuni esercizi che aiutano a prendere confidenza con luso
del metodo della linea elastica nella risoluzione dei problemi strutturali. Negli esercizi
5.8-5.10 si immagina di tagliare la trave in corrispondenza della sezione indicata e di
inserire un elemento di collegamento delle dimensioni indicate tra i due spezzoni. Agli
schemi proposti negli esercizi si possono ricondurre gli effetti di errori di montaggio o
quelli di uno scostamento tra la struttura reale e la geometria di progetto, come ilustrato
nei riquadri in basso nelle figure.
Esercizio 5.1
Esercizio 5.2
156
Esercizio 5.3
Esercizio 5.4
Esercizio 5.5
5.8. ESERCIZI
157
Esercizio 5.6
Esercizio 5.7
Esercizio 5.8
158
Esercizio 5.9
Esercizio 5.10
159
w
v
bA
C
b
VA
p
q
bA c
H
bB
C
b
VB
bB
H
(5.50)
N(l) = H B
T (l) = V B ,
M(l) = C B .
(5.51)
160
(5.52)
(5.53)
e quelle ai limiti
w(0) = w A ,
v(0) = v A ,
(0) = A ,
w(l) = w B ,
w(l) = v B ,
(l) = B .
(5.54)
Le prime esprimono la compatibilit`a tra i campi di spostamento e le misure di deformazione assegnati (equazioni indefinite di congruenza), le seconde quella tra i valori
assunti al bordo dalle funzioni di spostamento assegnate allinterno della trave e gli
spostamenti imposti alle estremit`a (equazioni di congruenza ai limiti).
Vale allora il seguente teorema.
Teorema 5.1 (Teorema dei Lavori Virtuali diretto) Se S e` un sistema di forze-tensioni
equilibrato e K un sistema di spostamenti-deformazioni congruente, allora vale luguaglianza
Z
(q w + p v + c ) dz + H A w A + V A v A + C A A +
Z l
(N + T + M ) dz.
HB w B + VB v B + C B B =
(5.55)
(N + q) w + (T + p) v + (M T + c) ) dz = 0.
l N w dz,
N
w
dz
=
N
w
0 R l 0
R0l
T v dz = T v l0 0 T v dz
R l
R0l
M dz = M l0 0 M dz .
0
Rl
(5.56)
161
(5.57)
e da qui, tenendo conto delle equazioni ai limiti (5.51) e (5.54) e delle equazioni
indefinite di congruenza (5.53), segue immediatamente la tesi.
Le due espressioni a destra e sinistra del segno di uguaglianza in (5.55) rappresentano il lavoro virtuale delle forze e quello degli sforzi di S, rispettivamente, sugli
spostamenti e le deformazioni di K:
Z l
(q w + p v + c ) dz + H A w A + V A v A
Lest [S, K] =
0
+C A A + H B w B + V B v B + C B B ,
Lint [S, K] =
(5.58)
l
(N + T + M ) dz.
(5.59)
Il lavoro virtuale interno e` in effetti un lavoro fatto contro le forze interne presenti
nella trave. Tenuto conto di questo, alla quantit`a L Lest [S, K] Lint [S, K]
si pu`o dare il nome di lavoro virtuale complessivamente fatto dalle forze interne ed
esterne per effetto del cambiamento virtuale di configurazione descritto da K. L
e` unespressione bilineare nelle forze-sforzi e negli spostamenti-deformazioni, come
richiesto per parlare di dualit`a tra i due insiemi di grandezze.
Osservazione 5.3 Come osservato allinizio di questa sezione, nel Teorema dei Lavori Virtuali diretto intervengono le speciali strutture delle equazioni di equilibrio e di
congruenza e non le propriet`a costitutive della trave. In particolare, non e` necessario
pensare che K descriva una variazione di configurazione prodotta dalle forze di S.
162
Come per il caso dei sistemi rigidi, del teorema dei lavori virtuali si possono dare versioni differenti che forniscono caratterizzazioni alternative delle condizioni di
equilibrio e di congruenza, rispettivamente. Pi`u precisamente valgono le due versioni
cinematica e statica seguenti.
Teorema 5.2 (Teorema dei Lavori Virtuali cinematico) Se il sistema di forze-sforzi
S e` tale che
Lest [S, K] = Lint [S, K]
K congruente,
allora S e` equilibrato.
Teorema 5.3 (Teorema dei Lavori Virtuali statico) Se il sistema di spostamenti-deformazioni
K e` tale che
Lest [S, K] = Lint [S, K]
S equilibrato,
allora K e` congruente.
I due teoremi sono alla base di due importanti metodi di risoluzione dei problemi di equilibrio per travature iperstatiche che vanno sotto il nome di metodo degli
spostamenti e metodo delle forze, rispettivamente.
g dz = 0
C0 ((0, l)),
(5.60)
k
>0
2
z (z0 , z0 + ).
(5.61)
163
0,
dz = 1,
supp (z0 , z0 + ).
(5.62)
contro lipotesi del teorema. Si conclude che non pu`o esistere un punto z0 in cui g(z0 ) ,
0.
Procediamo alla dimostrazione del teorema statico.
Dimostrazione. Sia K un assegnato sistema di spostamenti-deformazioni tale che
Lest [S, K] = Lint [S, K]
to.
S equilibrato.
(5.63)
Sia N(z) una distribuzione di sforzo normale, con N C ([0, l]), e i carichi assiali
q, H A e H B definiti da:
q
= N ,
H A = N(0),
(5.64)
H B =
N(l).
Siano poi le altre forze e sforzi dati da
p = c = 0,
V A = V B = C A = C B = 0,
T = M = 0.
(5.65)
E immediato verificare che S e` un sistema di forze-sforzi equilibrato. In particolare, la condizione (5.63) si scrive
Z l
Z l
q w dz + HA w A + HB w B =
N dz.
0
N w dz.
+
N w dz = N w z=l
q w dz =
z=0
0
0
0
N C ([0, l]).
164
N (w ) dz = 0
N C0 ((0, l))
che implica
= w
(5.66)
w(l) = w B .
(5.67)
In modo analogo, si procede per provare che valgono le altre condizioni di congruenza. Si prenda, ad esempio, una distribuzione dello sforzo di taglio T C ([0, l]),
e siano le forze p, V A e V B definite da:
p
c
V A
V B
=
=
=
=
T ,
T,
T (0),
T (l).
(5.68)
(5.69)
e la (5.63) diventa
Z
(T v + T ) dz + V A v A + V B v B =
T dz.
A v A + V B v B =
T v z=l
T dz .
T
(v
+
)
dz
+
V
+
z=0
0
0
T C ([0, l]).
5.11 LE EQUAZIONI DI MULLER
BRESLAU
165
=
v(0) =
v(l) =
v + ,
v A
v B.
(5.70)
In modo analogo si procede infine per provare la validit`a delle ultime condizioni di
compatibilit`a:
= ,
(0) = A ,
(5.71)
(l) = B .
Breslau
Si consideri la struttura iperstatica in figura e si rappresenti la classe delle soluzioni
equilibrate sovrapponendo gli effetti dei carichi e dellincognita iperstatica sul sistema
principale adottato.
p
B
1
S0
A
S1
p 2
2
Indichiamo con M0 (z), T 0 (z), N0 (z) ed M1 (z), T 1 (z), N1 (z) le caratteristiche di sollecitazione nei sistemi S 0 e S 1 , rispettivamente. Per trovare la soluzione, si cerca il
valore X delliperstatica che rende il sistema di spostamenti deformazioni
(
)
N0 + X N1 T 0 + X T 1 M0 + X M1
K = w, v, , w A = v A = A = v B = 0;
,
,
EA
GA/
EI
congruente. Per far questo, si usa il Teorema dei Lavori Virtuali in versione statica per
opportune scelte del sistema di forze-sforzi equilibrato (sistemi ausiliari).
166
I lavori virtuali delle forze-sforzi del sistema S1 sugli spostamenti deformazioni del
sistema K sono rispettivamente:
Lest = R0,
Lint = AB N1
N0 +X N1
EA
+ T1
T 0 +X T 1
GA/
+ M1
M0 +X M1
EI
dz.
(5.72)
.
1 v1B = AB N1 EA
11
EI
Le (5.74) illustrano che i coefficienti di flessibilit`a rappresentano lo spostamento del
punto B, nella direzione delliperstatica, prodotto dal carico applicato e dalliperstatica
unitaria, rispettivamente, nel sistema principale. In particolare, lequazione di Muller
Breslau si scrive
(5.75)
v0B + X v1B = 0,
dove, per la sovrapposizione degli effetti, lespressione al primo membro d`a lo spostamento complessivamente prodotto sulla struttura principale dal carico applicato e
dalliperstatica. Il valore assunto, X, e` appunto quello che rende lo spostamento complessivo compatibile con il vincolo in B.
167
p 2
2
M0 (z) =
p z2
2
S0
A
p
p 2
2
in AC,
in BC,
(5.76)
e
B
1
S1
M1 (z) =
A
in AC,
in BC.
(5.77)
Segue che
10 = EI1
11 =
1
EI
Da cui,
X=
Rh
0
Rh
0
( p2 ) dz
2 dz +
1
EI
R
0
1
EI
R
0
(/4 + h),
z ( p2z ) dz = 2pEI
z2 dz =
2
3 EI (
+ 3h).
p 3
2
3( + 4h)
(/4 + h)/
( + 3 h) =
p .
2 EI
3 EI
8( + 3h)
168
p
A
p
p
2
S0
S1
B 1
M0 (z) = p2z ,
M1 (z) = z,
(5.78)
Da cui,
1
EI
R
0
z2 dz =
3
3 EI .
3
p .
8
Il risultato e` quello gi`a ottenuto integrando il problema della linea elastica della teoria
flessionale.
X=
Esempio 5.13 [Calcolo di spostamenti]
Il teorema dei lavori virtuali, questa volta usato in forma diretta, pu`o essere impiegato
anche per il calcolo delle deformazioni prodotte in una struttura. Si consideri in particolare il caso della mensola dellesempio precedente e si chieda di calcolare la freccia
in mezzeria. Poiche le reazioni sono state calcolate, si conoscono le caratteristiche di
sollecitazione e le deformazioni lungo la trave. Limitandoci ad indicare le componenti
di interesse, il sistema spostamenti deformazioni effettivo (e quindi congruente) sar`a
(
)
M
1
p z2 3
K e f f = C ;
=
(
+ p l z) ,
EI EI
2
8
dove C e` lo spostamento cercato del punto C e z misura la distanza dallestremo B.
Si scelga un sistema equilibrato di forze-sforzi corrispondente ad un carico unitario
applicato in C, che chiameremo (sistema esplorativo), ad esempio:
Sexpl = {PC = 1; M(z) = z
/2 z
M(z) = 0 0 z /2} ,
169
Kg
Per una mensola in acciaio (E = 2.1 106 cm2f ) di lunghezza = 600 cm e un carico
Kg
p = 50 cmf , realizzata con una doppia T della serie HEA 280 (I = 13673cm4 ), si trova
C = 1.76cm
1
.
340
Un valore piccolo rispetto alle dimensioni della struttura, come richiesto dallipotesi
che sta alla base della teoria lineare dellelasticit`a.
Esempio 5.14 [Cedimenti vincolari] Si consideri il caso della trave continua su tre appoggi in figura soggetta ad un cedimento dellappoggio centrale. Liperstaticit`a della
struttura non le consente di adattarsi alle nuove condizioni di vincolo senza che nascano
deformazioni e sforzi al suo interno e reazioni dei supporti.
1
1
1
2
Poiche nella deformazione effettiva le coppie non compiono lavoro in quanto non
c`e una rotazione relativa delle sezioni in corrispondenza della sconnessione introdotta,
il lavoro virtuale esterno e` dato da
Da cui
Lest = 2 ,
R
Lint = 2 X EI1 0 ( z )2 dz =
X=
2
3 EI
X.
3 EI
.
2
Esempio 5.15 [Calcolo di rotazione] A completamento del problema studiato nellesempio proponiamoci di calcolare la rotazione della sezione di mezzeria della trave.
170
A
1
1
z 1 3 EI
1
( ) ( 3 z) dz = ,
EI
da cui
= 0.
B
p
2
X1
1
p
1
X2
1
p
2
171
AB
Nj
EA
Ni
+ Ti
Tj
GA/
+ Mi
M0
EI
Mj
EI
dz,
(5.80)
dz.
1
EI
21 = 12 =
1
EI
R
0
R
0
( z )2 dz =
(5.81)
2
3 EI ,
( z ) (1 z ) dz =
6 EI .
p 2
.
10
Per concludere, e` opportuno discutere alcuni aspetti di carattere generale del sistema di equazioni di Muller Breslau a cui si perviene nel caso di strutture con n volte
iperstatiche.
Il sistema ha la forma
i0 + i j X j = 0
i = 1, . . . , n
(5.82)
dove i coefficienti di flessibilit`a i0 ed i j continuano ad avere il significato di spostamenti corrispondenti alli-esimo grado di vincolo eliminato nel passare al sistema principale (spostamenti generalizzati) prodotti in esso rispettivamente dal carico
e dallincognita j-esima unitaria.
Dalla definizione (5.80), per i coefficienti di flessibilit`a i j valgono le relazioni di
simmetria
i j = ji
e, in particolare, la forma quadratica ad essi associata pu`o scriversi nella forma
!
P
P
P
Z
( i Xi Ni )2 ( i Xi T i )2 ( i Xi Mi )2
dz,
(5.83)
+
+
i j Xi X j =
EA
GA/
EI
AB
come e` facile verificare. Segue che essa e` sempre semidefinita positiva
i j Xi X j 0
{Xi }.
172
Capitolo 6
X B
(6.1)
174
e 1 () C 1 ,
(6.2)
e che la matrice Jacobiana della trasformazione sia non degenere o, pi`u in particolare,
che
xi
>0
in B .1
(6.3)
det
X J
E` solo il caso di osservare che per il teorema del Dini la disuguaglianza (6.3) e`
condizione sufficiente per linvertibilit`a locale della e garantisce, in particolare, la
conservazione dellorientamento. Essa non e` invece sufficiente e neppure necessaria
per linvertibilit`a in grande. Tuttavia, per convenienza e` solitamente assunta in sostituzione della richiesta invertibilit`a globale dei cambiamenti di configurazione, che
risulterebbe molto pi`u complessa da gestire nella trattazione.
1 Sebbene per rappresentare il piazzamento attuale e quello di riferimento si usi uno stesso sistema (Cartesiano) di riferimento, per evidenziare la distinzione tra le due configurazioni nel seguito indicheremo con
lettere maiuscole le componenti del vettore posizione X.
175
176
differenziabile e
dX
d
dX d.
d
(6.4)
` la lunghezza dellelemento di curva corrente e la lunghezza
Al primo ordine, dX
d d e
totale si ottiene sommando quella dei vari elementi che la costituiscono.
Con riferimento, quindi, alla possibilit`a di risalire dalla descrizione locale ad una
estesa attraverso le regole del calcolo, e con lobiettivo di costruire un modello locale
del corpo continuo, studiamo le variazioni di geometria di elementi materiali infinitesimi uscenti da un generico punto materiale, o, come si dice, di un suo intorno del primo
ordine.
xi
dX J + o(|dX|)
X J
i = 1, 2, 3,
(6.5)
dove o(|dX|) indica una quantit`a infinitesima di ordine superiore al primo in |dX|. Il
vettore di componenti
xi
dxi :=
dX J
(6.6)
X J
si chiama immagine di dX e rappresenta al primo ordine la differenza (x x).
177
xi
x
ei e J ,
=
X X J
(6.7)
dove il tensore F e` detto gradiente di deformazione. Esso descrive punto per punto una
corrispondenza lineare tra i vettori dellintorno materiale di X nelle configurazioni di
riferimento ed attuale, rispettivamente. Dalla (6.7), le componenti di F sono
FiJ =
xi
,
X J
(6.8)
(6.9)
|dx|
= n FT Fn.
(6.10)
|dX|
La quantit`a
|dx| |dX|
= n FT Fn 1.
(6.11)
|dX|
si chiama allungamento per unit`a di lunghezza nella direzione di n. Dallequazione (6.10), o equivalentemente dalla (6.11), si ricava per integrazione la variazione di
lunghezza di unassegnata curva materiale, cf. Esempi 6.2 e 6.3.
Oltre a una variazione di lunghezza, si pu`o avere una variazione dellangolo formato da coppie di elementi materiali uscenti da uno stesso punto. Detti dX e dY due
elementi materiali che scoccano da X, dalla definizione di prodotto scalare langolo
formato da essi formato dopo la deformazione e` dato da
cos =
dx dy
.
|dx||dy|
n FT Fn m FT Fm
che determina langolo formato dopo la deformazione in termini del gradiente di deformazione e dei versori n e m che rappresentano le direzioni materiali nella configurazione di riferimento.
Si consideri adesso la variazione di area di una superficie materiale assegnata nel
corpo. Sia S : X = X(u, v), con la coppia (u, v) variabile in un qualche dominio
178
(6.13)
u
v
Larea della superficie e` allora
A =
Z
X X du dv.
v
D u
(6.14)
A=
Z
F X F X du dv.
u
v
D
(6.16)
179
Esercizio 6.1 Provare che la variazione di area per unit`a di area pu`o esprimersi nella
forma
X
T X
dA
u
v
.
= (det F) F X
(6.19)
dA
u X
v
180
u
v
Si osservi che la quantit`a n := X
e` la normale alla superficie S nella confi| u X
v |
gurazione di riferimento. Quindi la (6.19) pu`o scriversi nella forma
dA
= det F FT n .
dA
(6.20)
p
Da |FT n | = FT n FT n , e ricordando la propriet`a della trasposizione di un
tensore e il fatto che F1 FT = (FT F)1 , segue che
p
dA
= det F n (FT F)1 n .
dA
(6.21)
V =
(6.22)
e pu`o essere visto come la somma dei volumi dei parallelepipedi elementari di spigoli
dX1 e1 , dX2 e2 , dX3 e3 :
dV = dX1 e1 dX2 e2 dX3 e3 .
(6.23)
Dopo la deformazione il piazzamento della porzione materiale diventa P : x =
(X) X P . I parallelepipedi elementari si deformano allora in elementi di spigoli
181
(6.24)
(6.25)
(6.26)
182
equazione
X1 = () cos ,
X2 = () sin ,
,
X3 = R 2
(6.27)
con
q
q
R
(6.28)
() = R2 X32 =
42 2 .
2
Si supponga che la semisfera subisca una deformazione descritta dalle equazioni
x1 = f (X1 ),
x2 = f (X2 ),
x3 = X 3
(6.29)
con f > 0 in (R, R) 2 . Si vuol calcolare lequazione della curva dopo la deformazione
e la sua variazione di lunghezza.
Ricordando la (6.4), la lunghezza del generico elemento di curva prima della deformazione e` data dalla formula
s
!2
!2
!2
dX2
dX3
dX1
dl =
+
+
d.
d
d
d
Eseguendo i calcoli,
dl =
d
+
d
!2
R2
d.
42
(6.30)
(6.31)
Nel cambiamento di configurazione le sezioni della semisfera con piani ortogonali allasse e3 si mantengono nel loro piano e subiscono una deformazione, in generale non
omogenea, descritta dalla funzione f (). Ricordando la (6.27), lequazione parametrica
della curva dopo la deformazione e` data da
x1 = f (() cos ),
x2 = f (() sin ),
x3 = R 2
.
La lunghezza dellelemento di curva e`
s
!2
!2
!2
dx2
dx3
dx1
dl =
+
+
d
d
d
d
e la lunghezza totale si ottiene per integrazione.
2 Questa
(6.32)
183
f (() cos )
0
0
0
f (() sin ) 0 .
F =
(6.33)
0
0
1
Inoltre, il versore tangente lungo lelica e` dato da
n=
dove
1 X
,
| X
|
(6.34)
!
!
!
X
dX2
dX3
dX1
e1 +
e2 +
e3
=
d
d
d
d
+
d
!2
R2
.
42
(6.35)
Esempio 6.3 Si consideri un cilindro di raggio R ed altezza h soggetto alla deformazione (6.29) e su di esso lelica di equazioni
X1 = R cos ,
X2 = R sin ,
.
X3 = h 2
Se ne calcoli la nuova lunghezza.
In questo caso il versore tangente e`
n=
1
h
(R sin , R cos , )
k
2
con
h2
.
42
Lelemento di curva deformata ha lunghezza
k=
R2 +
dl = |F n| k d,
(6.36)
184
f (R cos )
0
F =
0
f (R sin )
0
l=
0
0
1
(6.37)
2
0
|F n| k d.
Esempio 6.4 Si consideri un corpo soggetto ad una deformazione e si fissi lattenzione su una superficie materiale piana, Sk , originariamente ortogonale allasse e3 , cf.
Fig. 6.9. Se ne descriva la variazione darea per unit`a di area.
Indicato con F il gradiente di deformazione e scelta su Sk una rete di linee parallele
agli assi coordinati, dalla (6.15) segue che
dA = |Fe1 Fe2 | dX1 dX2 .
(6.38)
Ricordando che Fe1 = Fi1 e1 e Fe2 = Fi2 e1 e che (Fe1 Fe2 )k = ki j Fi1 F j2 , si trova
|Fe1 Fe2 | =
(6.39)
q
(F11 F22 F21 F12 )2 + (F21 F32 F31 F22 )2 + (F31 F12 F11 F32 )2 .
185
X X
d d.
dA =
(6.42)
(6.43)
186
(6.44)
Si valuti adesso larea della calotta dopo la deformazione (6.29). La rappresentazione parametrica della superficie nella configurazione deformata e`
x1 = f (X1 (, )),
x2 = f (X2 (, )),
x3 = X3 (, )
e lelemento darea e` dato da
x x
d d.
dA =
(6.45)
(6.46)
X2
1
= f (X1 ) X
e1 + f (X2 ) e2 +
X2
1
= f (X1 ) X
e1 + f (X2 ) e2 .
X1
e3 ,
Da cui,
x x
187
x x d d.
(6.47)
Esempio 6.6 Si valuti la variazione di volume del cono in Fig. 6.11 sotto la deformazione descritta dalle Eq. 6.29.
X1 = cos ,
X2 = sin ,
X3 = .
(6.48)
X X X
d d d = d d d.
(6.49)
188
Dalle (6.29) e (6.24) si trova
dV = f ( cos ) f ( sin ) d d d
e, per integrazione,
V=
1 h R
f ( cos ) f ( sin ) d.
(6.50)
(6.53)
(2) C(1)
= 0.
u2 u1
(6.54)
3 La positivit`
a di C e` conseguenza della definizione. Infatti, dalla (6.51) e dalla propriet`a della trasposizione segue che v Cv = v FT Fv = |Fv|2 > 0 v , 0. In particolare, u2i = (i) C(i) >
0.
189
Segue che = 2 , cosicche le due direzioni si mantengono ortogonali. Cos`, un cubo elementare con gli spigoli orientati secondo le direzioni principali del tensore di
Cauchy-Green si deforma in un parallelepipedo rettangolo con spigoli di lunghezza
descritta dai relativi stretches.
Il tensore definito da
U := ui (i) (i)
(6.55)
si chiama tensore di stretch (destro); ui e (i) sono gli stretch principali e le direzioni
principali di stretch, rispettivamente.
Dalla definizione (6.55) e dalla (6.52) segue che
U2 = C FT F.
(6.56)
(6.57)
190
x = X + u(X)
(6.58)
Segue che
u
,
(6.59)
X
u
dove il tensore H := X
si dice gradiente di spostamento.
Nel seguito consideriamo il caso delle piccole deformazioni. Assumeremo, cio`e,
che gli spostamenti siano piccoli rispetto alle dimensioni del corpo e che le loro derivate
siano piccole rispetto allunit`a. Indicate con
F=1+
Hi j =
ui
ui , j
X j
(6.60)
(6.61)
In queste ipotesi ha senso procedere ad unanalisi linearizzata della deformazione, ricavando dalle formule trovate nei paragrafi precedenti le espressioni delle variazioni di
lunghezza, area, etc., troncate al primo ordine nelle derivate degli spostamenti. Nello
stesso spirito, per semplificare la notazione, nella (6.60) si sono usate lettere minuscole
anche per il secondo indice perche, come vedremo, non e` pi`u necessario distinguere tra
configurazione attuale e configurazione di riferimento nel descrivere i campi che intervengono nella teoria. Nella stessa formula si e` indicato con la virgola la derivazione
parziale, una notazione che useremo sistematicamente nel resto di queste lezioni.
Dalla (6.51) e la (6.59) risulta
C = (1 + H)T (1 + H) = 1 + (H + HT ) + HT H 1 + (H + HT ).
Il tensore
1
(H + HT )
(6.62)
2
si dice tensore di deformazione infinitesima e, nel riferimento {ei }, ha componenti
E :=
Ei j := ei Ee j =
1
(ui , j +u j ,i ).
2
(6.63)
(6.64)
|dx|
= n (1 + 2E)n = 1 + 2n En,
|dX|
191
1 + 1 + 12 , segue
|dx|
= 1 + n En = 1 + Enn ,
|dX|
(6.65)
(6.66)
Cos`, Enn e` una misura dellallungamento per unit`a di lunghezza nella direzione n.
Analogamente, cf. Eq. (6.12), langolo tra i vettori materiali dX = |dX|n, dY =
|dY|m e` dato da
m (1 + 2E)n
cos =
.
1 + 2n En 1 + 2m Em
2m En
cos =
2mEn(1nEn)(1nEn) 2mEn. (6.67)
1 + 2n En 1 + 2m Em
In particolare, se indichiamo con la variazione dellangolo tra le due direzioni: =
(6.68)
Cos` la componente Emn del tensore di deformazione infinitesima e` pari alla met`a della
variazione dellangolo, cambiata di segno.
La quantit`a
mn := 2Emn
(6.69)
e` detta scorrimento tra le direzioni n ed m.
Le formule (6.66) e (6.68) illustrano il significato geometrico delle componenti Enn
ed Emn secondo due direzioni generiche. In particolare, esso si applica alle componenti
Ei j del tensore di deformazione infinitesima nel riferimento cartesiano scelto. Quelle ad
indici uguali rappresentano allungamenti per unit`a di lunghezza di elementi materiali
diretti come gli assi coordinati; quelle ad indici diversi la met`a degli scorrimenti mutui.
Si consideri ora la variazione darea per unit`a di area di unassegnata superficie
materiale. Siano dX = dXn, dY = dYm due elementi materiali nel piano tangente
alla superficie nel piazzamento di riferimento, mutuamente ortogonali tra loro. Dalla
(6.15) e tenuto conto della (6.17), larea del corrispondente elemento di superficie dopo
la deformazione e`
dA = |Fn Fm| dX dY = (1 + Enn ) (1 + Emm ) sin dX dY.
192
(6.70)
(6.71)
e risulta essere la somma degli allungamenti per unit`a di lunghezza misurati nelle direzioni n ed m. Si noti che la condizione che le direzioni sono ortogonali e` essenziale
perche la variazione darea sia espressa dalla formula (6.71). Daltra parte, non e` invece importante la scelta di una particolare coppia di direzioni mutuamente ortogonali
nel piano tangente, perche la variazione darea e` specifica della superficie materiale
considerata.5
Per quanto riguarda infine la variazione di volume, cf. Eq. (6.24), osservato che
det F = det(i j + ui , j ) 1 + ui ,i , si deduce che al primo ordine nelle derivate degli
spostamenti si ha
dV
= 1 + u i ,i .
dV
5 Cos`, si conclude in particolare che la quantit`
a Enn + Emm e` invariante con la scelta di n ed m nel piano
tangente.
193
(6.72)
1
(H HT ),
2
(6.73)
di componenti
1
(ui , j u j ,i ),
2
d`a invece luogo ad una rotazione rigida infinitesima locale.
Infatti, essendo
Wi j =
1
1
F = 1 + (H + HT ) + (H HT ) = (1 + E) + W,
2
2
(6.74)
(6.75)
(6.76)
dove il termine dX rappresenta appunto una rotazione rigida infinitesima. Ricordando la definizione, cf. paragrafo 1.4, e la (6.74), le sue componenti sono
1
2
3
=
=
=
21 (u2 ,3 u3 ,2 ),
1
2 (u1 ,3 u3 ,1 ),
21 (u1 ,2 u2 ,1 ).
(6.77)
La (6.76) prova che anche in piccole deformazioni vale una decomposizione, questa
volta additiva, del gradiente di deformazione in una quota (1 + E) che comporta distorsioni dellintorno materiale, ed una, W, portatrice di variazioni banali del piazzamento
locale.
194
1 0
0
[E]{(i) } = 0 2 0
(6.78)
0
0 3
Come gi`a visto in precedenza, i e (i) sono rispettivamente autovalori e autovettori di E. Le i si chiamano deformazioni principali e i (i) direzioni principali di
deformazione.
In termini meccanici il fatto che nel riferimento principale siano nulle le componenti di deformazione ad indici distinti significa che non ci sono scorrimenti mutui tra
vettori materiali paralleli alle direzioni principali.
Nel riferimento principale gli invarianti di E assumono la forma notevole
IE
1 + 2 + 3 ,
IIE
IIIE
=
=
1 2 + 2 3 + 3 1 ,
1 2 3 .
(6.79)
Osservazione 6.1 Un ruolo importante per i nostri scopi e` svolto dalla nozione di stati
di deformazione che differiscono per una rotazione. A titolo di esempio, si considerino
le deformazioni descritte dai tensori E = e1 e1 e E = e2 e2 . Essi rappresentano
ovviamente stati di pura estensione di pari entit`a, ma lungo direzioni materiali differenti. Rispettivamente, nelle direzioni di e1 ed e2 . Si tratta di stati deformativi ruotati
di 2 intorno allasse e3 rispetto allelemento materiale. Se ad esempio il materiale ha
195
propriet`a differenti nelle due direzioni, ci si aspetta che i due stati producano effetti
meccanici diversi e in generale non confrontabili.
La nozione pu`o essere generalizzata. Siano E = i j ei e j e E = i j ei ej due stati
di deformazione caratterizzati dalle stesse componenti, ma in riferimenti diversi, e sia
Q la rotazione che manda gli ei negli ei :
ei = Qei .
Allora, risulta immediatamente che
E = Q EQT .
(6.80)
Diremo che i tensori E ed E sono ruotati luno rispetto allaltro se sono legati dalla
precedente relazione per qualche tensore ortogonale Q. Come vedremo, la nozione e`
rilevante in sede costitutiva, perche e` interessante confrontare le risposte prodotte da
stati deformativi ruotati luno rispetto allaltro, per scoprire eventuali identit`a nelle
propriet`a meccaniche del materiale in differenti direzioni. Cio`e, lesistenza di quelle
che si chiamano le simmetrie materiali.
(6.81)
E immediato vedere che uno stato di pura estensione si realizza in un corpo soggetto al
campo di spostamenti
u1 (X) = X1 , u2 = u3 0.
Si dice che uno stato di deformazione e` di puro scorrimento (lungo le direzioni e1
e2 ) se
1
(6.82)
E = (e1 e2 + e2 e1 ).
2
E immediato vedere che uno stato di puro scorrimento si realizza in un corpo soggetto
al campo di spostamenti, cf. Figura 6.13
u1 (X) = X2 ,
u1 = u3 0.
(6.83)
(6.84)
Uno stato di dilatazione pura corrisponde ad un campo di spostamenti, cf. Figura 6.14
ui (X) = Xi , i = 1, 2, 3.
196
(6.85)
197
Cio`e,
e = ( sin , cos , 0),
e = (cos cos , cos sin , sin ).
(6.87)
0 0
E = 0 0 ,
0 0 0
(6.88)
E = cos2 ,
E = .
Cos`, dalla formula (6.70) si ha
dA = (1 + E + E )dA = (1 + (cos2 + 1))dA ,
198
2,
A = 2R2 (1 +
4
).
3
Esempio 6.8 Sulla semisfera dellEsempio 6.2 si consideri lelica di equazioni (6.27):
X1 = () cos ,
X2 = () sin ,
X3 = R 2
,
con () dato dalla (6.28):
q
R
42 2 ,
2
vedi Fig. 6.7. Si vuole valutare la sua variazione di lunghezza nella deformazione
dellesempio precedente.
Il versore tangente allelica ha coseni direttori
i
h d
cos sin ,
n1 = 1k d
() =
h d
n2 =
1
k
n3 =
1 R
k 2 ,
i
sin + cos ,
199
(6.89)
1 ,
2
(6.90)
lallungamento percentuale e`
3
(X2 + X1 ).
2
3
(1 + 3t) 2 dt =
l=
2 a.
a + 1
2
0
0 t ae
(6.91)
Esempio 6.10 Si calcoli larea della sezione del cubo unitario in Figura 6.16 con un
piano passante per due lati opposti, dopo la deformazione infinitesima descritta dai
campi di spostamento
u1 = u2 = X12 ,
(6.92)
u3 = X3 X1
|| 1.
La sezione, di equazione X1 = X3 , ha la rappresentazione parametrica
X1 = u,
X2 = v,
X3 = u,
(6.93)
200
2X1
E = X1
1
2 X3
si trova che
X1
0
0
1
2
X3
0
X1
(6.94)
(3X1 + X3 )
2
Evv = 0.
Euu =
dv
(1 + 2u)
2 du = (1 + ) 2.
(6.95)
Esempio 6.11 Si trovi la variazione di volume del cono in Figura 6.11 sotto la deformazione infinitesima
u1 = u2 = (X2 + X3 )2
u3 = 0.
|| 1h ,
(6.96)
201
0
(X2 + X3 ) (X2 + X3 )
(X2 + X3 ) (X2 + X3 )
0
la variazione di volume per unit`a di volume e`
(6.97)
dV dV
= trE = 2(X2 + X3 ).
dV
Cos`, tenuto conto che lelemento di volume in coordinate cilindriche e` dV = ddd,
con 0 R(1 h ), e che X2 = sin , si trova
V =
R(1 h )
2( sin + )d
1
R2 h2 .
6
(6.98)
202
discusso in questo corso, i suoi risvolti pratici sono rilevanti. Esso interviene, ad esempio, nello studio degli stati di sforzo generati da variazioni termiche imposte dallesterno, ovvero, dallinsorgere di distorsioni permanenti conseguenti a un comportamento
plastico del materiale.
Il problema riguarda la compatibilit`a di un assegnato campo di deformazioni nel
corpo. Si considerino le equazioni (6.63) che scriviamo nella forma
1
(ui , j +u j ,i ) = Ei j
2
i, j = 1, 2, 3 ,
(6.99)
(6.101)
6 Per una dimostrazione si veda I.S. Sokolnikov, Mathematical Theory of Elasticity, Mc Graw Hill, 1956,
che riproduce sostanzialmente quella di E. Cesaro nei Rendiconti dellaccademia delle scienze fisiche e
matematiche della Societ`a Reale di Napoli, 1906.
Capitolo 7
203
204
esercitato da parti del corpo non in diretto contatto con la porzione considerata (effetti di autogravitazione), ma si ritengono tali effetti trascurabili rispetto agli altri in
gioco. Cos`, le forze a distanza finiscono per riassumere leffetto, sulle varie parti,
dellambiente circostante il corpo nel suo complesso.
Dal punto di vista del ruolo svolto nella teoria le forze a distanza sono un dato del
problema, nel senso che si conoscono esplicitamente ovvero attraverso la legge (nota)
con cui dipendono dalla configurazione.
Le forze di contatto rappresentano linterazione tra parti del corpo a contatto tra
loro esercitata attraverso la frontiera comune. Esse riassumono leffetto delle forze
interatomiche tra atomi che si trovano dalle due parti di unideale superficie di separazione (detta sezione di Eulero) che attraversa il corpo per un assegnato punto. Poiche
tali forze hanno raggio dazione molto piccolo rispetto alla scala delle lunghezze caratteristica della descrizione continua, allinterazione finiscono per contribuire i soli
strati atomici pi`u vicini alla superficie considerata, giustificando cos` lassunzione che
la relativa azione abbia carattere superficiale. A differenza delle precedenti, le forze a
contatto non sono note e la loro determinazione sar`a uno dei principali obiettivi nella
risoluzione del problema di equilibrio.
Per procedere nella modellazione e` necessario introdurre ipotesi pi`u specifiche sulle
forze in gioco.
Per semplicit`a supporremo che le forze siano descritte da campi sufficientemente
regolari, escludendo dalla trattazione forze di tipo concentrato. Scelta una generica
porzione del corpo nella configurazione attuale, ed indicato con x un punto interno
ad essa, indicheremo con Rv () e Mvx () la risultante e il momento risultante, rispetto
ad x, delle forze a distanza che agiscono su . Assumeremo che tali grandezze siano
funzioni assolutamente continue del volume di (di seguito indicato con ||) e, pi`u
precisamente, assumeremo che
Rv ()
= b(x),
||0 ||
lim
Mv ()
lim x
= 0,
||0
||
(7.1)
con x .
La prima e` una semplice ipotesi di regolarit`a: vogliamo che le forze di volume
ammettano una densit`a b(x) che descrive la forza agente per unit`a di volume; la seconda
ha un carattere meccanico pi`u specifico, in quanto esclude che linterazione a distanza
possa comportare coppie distribuite. Questultima circostanza e` adeguata per quelli che
si chiamano continui ordinari (o non polari), ma non sarebbe adeguata per altri, quali i
dielettrici, dove la presenza di una struttura microscopica polarizzata pu`o dar luogo ad
azioni a distanza che implicano coppie elementari per unit`a di volume.
Unipotesi simile alle precedenti si fa per le forze di contatto. Si assume, cio`e,
che queste provengano da una distribuzione di forze elementari agenti sulla sezione
di Eulero considerata. Si consideri, nella configurazione attuale, un generico punto
x e per esso unassegnata superficie di Eulero orientata attraverso la scelta di un
versore normale n, vedi Fig. 7.2. Sia poi una generica porzione di , con x , ed
indichiamo con Rc ( ) e Mcx ( ) la risultante e il momento risultante rispetto ad x delle
205
Mcx ( )
lim
= 0.
| |0
| |
(7.2)
(7.3)
206
207
x b dV +
(7.5)
x t dA = 0.
Le (7.5) sono la prima e la seconda equazione di equilibrio della meccanica dei continui nella forma di Eulero. Esse garantiscono in particolare lequilibrio delle singole
parti rispetto ad un comportamento rigido; la novit`a e` che si assume che lannullarsi
di risultante e momento risultante su ogni porzione del corpo sia condizione necessaria e sufficiente (sotto le opportune condizioni iniziali) per la permanenza del corpo in
equilibrio nella configurazione considerata.
E` possibile dedurre dalle precedenti due tipi di risultati. Il primo relativo al regime
delle tensioni nellintorno di un generico punto (in altri termini, la dipendenza del-
208
(7.6)
Th
Th
b(y) dV +
Sn
t(y, n) dA +
3 Z
X
i=1
Si
t(y, ei) dA = 0
(7.7)
NellaR (7.7) si esprimano gli integrali attraverso i valori medi, qui indicati con il
simbolo:
Z
Z
Z
3
X
1
|Sn |h b(y) dV + |Sn | t(y, n) dA +
|Si | t(y, ei) dA = 0.
3
Th
Sn
Si
i=1
(7.8)
209
Si
3
X
i=1
t(x, ei) ni = 0.
(7.9)
La precedente e` valida per ogni n. Allora, nellipotesi che la tensione dipenda con
continuit`a dalla normale alla giacitura, facendo tendere n alliesimo versore degli assi
coordinati si deduce per continuit`a dalla (7.9) che
t(x, ei) = t(x, ei).
(7.10)
Questa relazione esprime il principio di azione e reazione: la forza per unit`a di area
esercitata su Si dalla porzione di corpo che sta dalla parte di ei e` uguale e contraria a
210
quella esercitata su Si dalla porzione che sta dal lato di ei . Segue in particolare la
relazione
3
X
t(x, n) =
t(x, ei ) ni
(7.11)
i=1
T(x) := T ji (x) e j ei
(7.14)
bi dV +
i = 1, 2, 3,
che devono valere per ogni regione B. Perche ci`o avvenga e` necessario che siano
soddisfatte identicamente in B le equazioni
T i j , j +bi = 0
i = 1, 2, 3,
(7.16)
211
i jk T k j dV = 0
i = 1, 2, 3.
Allora, per larbitrariet`a del dominio di integrazione, si conclude che in ogni punto di
B si deve avere
T k j = T jk .
(7.17)
Cos`, lequilibrio alla rotazione richiede che il tensore degli sforzi di Cauchy sia simmetrico.
212
x B.
(7.18)
213
componenti tangenziali sono nulle, ovvero, il vettore tensione e` normale alla giacitura
stessa. In termini algebrici, sono giaciture principali quelle la cui normale e` un
autovettore di T
T = .
(7.19)
Il corrispondente autovalore misura la tensione normale sulla giacitura ed e` detto
tensione principale relativa a .
La simmetria del tensore degli sforzi garantisce lesistenza di una terna mutuamente
ortogonale di direzioni principali (i) , cui corrispondono tensioni principali i . Inoltre,
vale il teorema di rappresentazione spettrale
T (i) = i (i) (i) ,
(7.20)
1
0
0
0 .
[T]{(i) } = 0 2
(7.21)
0
0 3
1 + 2 + 3 ,
IIT
IIIT
=
=
1 2 + 2 3 + 3 1 ,
1 2 3 .
(7.22)
Per la forma particolarmente semplice della rappresentazione del tensore nel riferimento principale, ed anche perch`e tra le tensioni principali sono da ricercare i valori
estremi delle tensioni che agiscono sulle giaciture della stella di giaciture per un punto, la ricerca delle tensioni principali e delle relative direzioni per un assegnato stato
di tensione e` importante. E` utile per questo scopo unelegante costruzione geometrica
introdotta da Mohr.
Si immagini di conoscere una direzione principale e si voglia descrivere lo stato di
tensione nel fascio di giaciture che hanno la retta con quella direzione come sostegno.
Detta 3 tale direzione, si scelga un riferimento con e3 = 3 . Il tensore degli sforzi
assume cos` la forma
T 11 T 12
0
0 .
[T] = T 21 T 22
(7.23)
0
0
T 33
E` immediato verificare che il vettore tensione su una generica giacitura del fascio risulta
avere componente secondo e3 nulla. Indicati con n = (cos , sin , 0) la normale alla
giacitura e con = ( sin , cos , 0) il versore ad essa tangente nel piano ortogonale
ad e3 , cf. Fig. 7.6, le sue componenti sono
T nn (= n T n) =
T 11 +T 22
2
T 11 T 22
2
T n (= T n) = T 12 cos 2 +
cos 2 + T 12 sin 2,
(7.24)
T 22 T 11
2
sin 2.
214
Ponendo
T 11 T 22
2
(7.25)
2T 12
T 11 T 22 ,
(7.26)
T 11 +T 22
2
T 11 +T 22
2
+ A,
A.
(7.27)
2 .
22
22 2
( T 11 +T
, 0) e il raggio A = ( T 11 T
) + T 12
2
2
E` possibile dare alla costruzione un ulteriore supporto grafico. Osservato che il
segno meno nella (7.26)2 darebbe versi di rotazione opposti per le giaciture e i punti
rappresentativi della tensione, se gli assi coordinati nel piano di Mohr e nel piano fisico
avessero orientamento concorde, si scelga una coppia di assi sinistrorsa nel piano rappresentativo e si orienti lasse delle tensioni normali come lasse e1 , vedi Figura 7.6.
Allora, man mano che la normale n ruota in senso antiorario di un angolo nel piano
fisico, il corrispondente punto rappresentativo percorre in senso antiorario un angolo
doppio: per = 0 il punto rappresentativo e` Pe1 = (T 11 , T 12 ), quando = 0 il punto
22
corrispondente e` P1 = ( T 11 +T
+ A, 0). Poiche langolo alla circonferenza e` la met`a
2
dellangolo al centro che insiste sullo stesso arco, la direzione principale 1 si ottiene
tracciando nel piano fisico la parallela al raggio che proietta P1 dal punto Q di coordinate (T 22 , T 12 ). Pi`u in generale, per ogni giacitura il punto corrispondente sul cerchio
di Mohr si ottiene intersecando il cerchio con una retta passante per Q e parallela alla
normale alla giacitura.
215
(7.28)
Cos`, e` possibile esplicitare le n2i in funzione delle variabili ed , tenuto conto della
condizione di normalizzazione
X
n2i = 1.
i
216
2 +(2 )(3 )
(1 2 )(1 3 ) ,
n22 =
2 +(3 )(1 )
(2 3 )(2 1 ) ,
n23 =
2 +(1 )(2 )
(3 1 )(3 2 ) .
(7.29)
Le quantit`a a primo membro devono ovviamente essere non negative. Cos`, tenuto
conto dei segni dei denominatori quali seguono dallordinamento assunto per le i , le
coordinate (, ) dei punti rappresentativi devono soddisfare le disuguaglianze
2 + ( 2 )( 3 ) 0,
2 + ( 3 )( 1 ) 0,
(7.30)
2 + ( 1 )( 2 ) 0.
La seconda individua i punti interni al semicerchio di raggio massimo, le altre quelli
esterni ai due cerchi pi`u piccoli, cosicche i punti rappresentativi delle tensioni sulle giaciture della stella considerata sono quelli dellarea tratteggiata in figura. In particolare,
la massima tensione tangenziale vale
max =
1 3
2
(7.31)
217
e si realizza sulla giacitura del fascio che ha per sostegno 2 e forma un angolo di
quarantacinque gradi con le altre due direzioni principali: n2 = 0, n21 = n23 = 21 . La
tensione normale sulla stessa giacitura vale poi
1 + 3
.
(7.32)
=
2
(7.33)
218
le tensioni principali valgono
3 = 0,
1,2 =
(7.35)
[T]{(i) }
= 0
0
0
0
(7.37)
Si dice infine che uno stato di tensione e` idrostatico se le tre tensioni principali
sono uguali. In particolare, come abbiamo gi`a visto, il tensore ha la forma
T = ei ei
(sommato su i)
(7.38)
che risulta essere la stessa in ogni riferimento. Cos` su ogni giacitura si esercita una
trazione di entit`a pari a .
Lo stato di tensione idrostatico e` caratteristico dei fluidi in quiete. In quel caso la
e` negativa perche sulle varie giaciture agisce una forza di compressione per unit`a di
area, la cosiddetta pressione idrostatica, misurata dalla quantit`a p .
219
Posto J = det F, le
b := Jb,
dA
t := t dA
(7.40)
sono le densit`a delle forze e tensioni per unit`a di volume e di area nella configurazione
di riferimento. Esse si dicono nominali perche non sono le densit`a che si misurano nelle
condizioni attuali, ma sono comunque correlate a quelle effettive perche descrivono in
modo diverso le forze agenti allistante presente. In particolare, la risultante delle forze
di contatto su una stessa porzione di superficie materiale, di normale n ed n nei due
piazzamenti, e` espressa indifferentemente dalle due espressioni
t dA = t dA.
(7.41)
dA
,
dA
(7.42)
vedi Esercizio 7.1, si ottiene che la tensione nominale dipende linearmente dalla normale alla giacitura nella configurazione di riferimento
t = T n .
(7.43)
(7.44)
220
o, in componenti,
Z
Z
bi dV +
T iJ n J dA = 0
(7.45)
i = 1, 2, 3 B .
(7.46)
Nelle precedenti gli integrandi sono pensati come funzioni definite su B . Inoltre,
poiche il tensore di Piola-Kirchhoff opera su normali a superfici nel piazzamento di
riferimento, si e` seguito la convenzione corrente di indicare con indici maiuscoli le
relative componenti di T ed n .
Applicando in (7.46) la formula di Gauss-Green si ottengono le equazioni indefinite
di equilibrio
T iJ , J + bi = 0
i = 1, 2, 3 x B ,
(7.47)
iJ
dove T iJ , J sta per T
X J , essendo il campo di stress pensato definito sulla configurazione di riferimento.
Si noti che a differenza del tensore degli sforzi di Cauchy il tensore di PiolaKirchhoff non e` simmetrico. La condizione di equilibrio alla rotazione discende direttamente dalla (7.44) tenendo conto della simmetria di T:
T FT = FTT .
(7.48)
221
In componenti,
T iK F jK = FiK T jK .
(7.49)
i = 1, 2, 3 X B .
(7.50)
Le equazioni (7.16) (7.17) (7.18) e le (7.47) (7.49) (7.50) sono descrizioni perfettamente equivalenti dellequilibrio locale e corrispondono al punto di vista Euleriano e
a quello Lagrangiano, rispettivamente. Il primo e` pi`u comune in meccanica dei fluidi,
perche la configurazione di riferimento e` spesso non nota e comunque linteresse e` per
la descrizione di campi quali la velocit`a la densit`a la pressione in unassegnata regione,
piuttosto che per la deformazione subita dai domini materiali. Il secondo e` correntemente usato in meccanica dei solidi, dove la nozione di configurazione di riferimento e`
pi`u naturale (e in generale nota) e la descrizione della deformazione subita dalle varie
parti del corpo e` di primaria importanza per le applicazioni.
Esercizio 7.1 Provare la formula di Nanson.
La formula (7.42) indica che la normale ad una superficie materiale non si trasforma come una direzione materiale. Non e` difficile convincersi di questo se si pensa
che nella deformazione langolo tra curve materiali non si conserva, in generale. Ad
esempio, nella deformazione di puro scorrimento illustrata in Fig. 6.13 le fibre inizialmente normali alle superfici materiali X2 = cost. seguono lo spostamento del materiale in direzione e1 e si inclinano rispetto ad esse, che invece scorrono mantenendosi
orizzontali.
Sia pertanto S una superficie materiale ed eu , ev due versori distinti tangenti a
curve materiali su S per il punto considerato. La normale ad S e` allora
eu ev
.
(7.51)
n =
|eu ev |
Inoltre, poiche le immagini di questi sono vettori del piano tangente alla superficie
deformata S, la nuova normale e` data da
n=
Feu Fev
.
|Feu Fev |
dA
dA
|eu ev |
|Feu Fev |
eu ev |eu ev |
.
|eu ev | |Feu Fev |
(7.52)
222
!
b
u + ... (1 + O()) b (X).
x |u =0
Cio`e, che al primo ordine non c`e differenza tra le forze di volume nominali e quelle
reali. Inoltre, le forze di volume b si possono pensare applicate nella regione B .
Analogamente non c`e differenza tra le trazioni nominali e quelle reali
t (X) = t (X + u ) d A (X) t (X)
d A
X B .
223
i = 1, 2, 3
X B
T i j = T ji ,
e le equazioni ai limiti si scrivono
T i j n j = ti
X B .
Nelle precedenti si e` omesso di indicare la dipendenza da dei vari campi e rinunciato ad usare differenti caratteri per i vari indici, essendo tutti i campi definiti sul
piazzamento di riferimento. Trattando le piccole deformazioni, nel seguito ometteremo anche di usare il pedice e intenderemo con B la regione occupata dal corpo nella
configurazione di riferimento.
224
Capitolo 8
225
226
Cauchy e gli altri trattarono essenzialmente il caso dei materiali cosiddetti elastici, dei materiali, cio`e, in cui la tensione e` determinata dalla deformazione attuale. Ci
sono comportamenti pi`u complessi quali la viscosit`a, la viscoelasticit`a, lelastoplasticit`a, ecc., che a partire dalla seconda met`a dell800 sono stati oggetto di trattazioni
specifiche e dettagliate. Il problema costitutivo nei suoi termini generali e` stato trattato
nel secolo scorso da Truesdell e la sua scuola a partire dagli anni 50. In particolare a Noll si deve attribuire il merito di aver formulato i principi generali che devono
soddisfare le equazioni costitutive ed anche quello di aver offerto una notazione moderna ed adeguata per affrontare la questione nel contesto della meccanica delle grandi
deformazioni.
Con riferimento ad un contesto puramente meccanico concentriamo lattenzione
sul caso in cui la risposta e` lo stato di sforzo, descritto dal tensore degli sforzi (di
Cauchy), e la variabile di controllo e` il processo deformativo rispetto ad un assegnato
piazzamento di riferimento. Secondo limpostazione assiomatica di Noll unequazione
costitutiva deve rispettare:
. il principio di determinismo,
. il principio di azione locale,
. il principio di obiettivit`a (o indifferenza materiale).
Il principio di determinismo e` la richiesta che lo stato di sforzo sia determinato dalle
vicende deformative fino allistante presente. Sia x = (X, t) il piazzamento attuale
misurato dalla configurazione di riferimento B e si indichi con t (X, ) la storia della
deformazione fino allistante presente, definita da
t (X, ) := (X, t )
[0, ).
(8.1)
(8.2)
dove G indica una funzione definita sulle storie (o come si dice, un funzionale) che,
nella forma (8.2), e` previsto possa dipendere dal punto materiale X, in quanto il corpo
potrebbe avere propriet`a costitutive differenti da punto a punto, e dal tempo t perche
tali propriet`a potrebbero evolvere nel tempo, ad esempio, per progressivo degrado.
Il principio di azione locale riflette il pregiudizio che la risposta meccanica sia
influenzata dalle vicende dei soli punti che sono prossimi ad X. In formula, se t1 e t2
sono due storie che coincidono in qualche intorno U del punto X
t1 (Z, ) = t2 (Z, ) Z U(X),
si chiede che lo sforzo da esse indotto sia lo stesso
G t1 ; X, t = G t2 ; X, t .
[0, ),
(8.3)
(8.4)
Il terzo assioma costitutivo riflette infine quella che potremmo chiamare la propriet`a
di omogeneit`a ed isotropia dello spazio fisico e riguarda la risposta attesa per processi
227
deformativi che differiscano per una congruenza rigida. Si considerino due processi
e tali che
(X, t ) = c(t ) + Q(t )(X, t )
t (, t]
(8.5)
con Q(t ) Orth+ e c(t ) V t . Si assume che lo stato di sforzo allistante presente t
Figura 8.1: Tensioni su una stessa giacitura materiale in due moti sincroni congruenti
sia sostanzialmente lo stesso, cio`e, che le componenti di tensione su superfici materiali
corrispondenti siano le stesse. Perche questo avvenga e` necessario che i vettori tensione
e le normali si trasformino con la stessa legge:
n = Q(t) n
t = Q(t) t.
Cos`, deve essere
T n = Q(t) T n,
ovvero,
T Q(t) n = Q(t) T n
n.
Segue che il tensore degli sforzi di Cauchy si deve trasformare come una grandezza
obiettiva, cio`e, secondo la legge
T = Q(t) T Q(t)T .
La (8.6) richiede che il funzionale di risposta abbia la seguente propriet`a:
G t ; X, t = Q(t) G t ; X, t Q(t)T ,
(8.6)
(8.7)
228
che deve valere per tutte le storie equivalenti nel senso stabilito dalla (8.5):
t (X, ) = ct () + Qt ()t (X, )
[0, +).
(8.8)
229
(8.9)
dove ora F indica una funzione del gradiente di deformazione rispetto alla configurazione di riferimento . Ovviamente, in questo caso la funzione di risposta e` specifica
della configurazione di riferimento scelta.
Unequazione costitutiva come la (8.9) soddisfa banalmente i requisiti di determinismo e di azione locale, ma la richiesta di indifferenza materiale pone su F restrizioni
che e` importante ricavare e commentare.
Si considerino due processi di deformazione equivalenti ai sensi della (8.5) e si
indichi semplicemente con Q Orth+ la rotazione che connette i due piazzamenti
allistante presente. I rispettivi gradienti attuali di deformazione saranno F e Q F, e il
230
requisito di obiettivit`a (8.7) si scrive
F (Q F) = Q F (F) QT .
Da cui,
F (F) = QT F (Q F) Q
(8.10)
(8.12)
(8.13)
R = 1 + W,
U = 1 + E.
(8.14)
Da cui risulta
4 O,
231
Ricordando che W e` emisimmetrico, la formula ridotta (8.11) d`a per il tensore degli
sforzi lespressione
T = (1 + W) F (1 + E) (1 W).
Linearizzando,
!
F
(1) E (1 W)
T = (1 + W) F (1) +
U
= T0 + W T0 T0 W + C E
(8.15)
dove
T0 := F (1)
(8.16)
F
(1)
U
(8.17)
e` unapplicazione lineare dallo spazio dei tensori simmetrici in se. C e` quello che si
chiama un tensore del quarto ordine ed e` detto tensore di elasticit`a del materiale.
Se assumiamo che la configurazione di riferimento sia non stressata, la (8.15)
diventa
T = CE
(8.18)
o, in componenti,
T i j = Ci jhk Ehk .
(8.19)
(8.20)
(8.21)
232
(8.22)
In conseguenza della deformazione imposta nascer`a uno stato di tensione che supponiamo del tipo
T = T(E)
= e1 e1
(8.23)
e che corrisponde allapplicazione di trazioni di intensit`a sulle facce ortogonali
allasse e1 .
Supponiamo ora di imporre invece unestensione di pari intensit`a ma in direzione
e2 :
E = e2 e2 .
(8.24)
Per lovvia simmetria del problema sar`a necessario applicare ancora una trazione di intensit`a , ma questa volta sulle facce di normale e2 . Il corrispondente stato di tensione
sar`a allora
) = e2 e2 .
T = T(E
(8.25)
233
e1 7 e2 ,
e2 7 e1 ,
e3 7 e3 ,
risulta
E = Qe3 (/2) E Qe3 (/2)T ,
(8.26)
(8.27)
ed anche,
Cio`e, tanto la deformazione imposta che la risposta sono ruotati nella stessa misura
rispetto allelemento materiale. In particolare, mettendo insieme le Eq.ni (8.25), (8.26),
(8.27) e (8.23), si trova
(8.30)
ma con
,
perche la differente rigidezza delle fibre rispetto alla matrice obbligher`a ad esercitare
una trazione differente dai casi precedenti per ottenere lo stesso allungamento.
Se consideriamo una rotazione di /2 intorno ad e2
Qe2 (/2) :
e1 7 e3 ,
e3 7 e1 ,
e2 7 e2 ,
sar`a ancora
E = Qe2 (/2) E Qe2 (/2)T ,
(8.31)
ma
(8.32)
Cos`, da una prova di questo tipo sarebbe immediatamente chiaro che la deformazione
imposta E ha un orientamento rispetto allelemento materiale differente da quello della
deformazione E considerata sopra.
Sebbene limitarsi a considerare la risposta a deformazioni di sola estensione non
sia sufficiente per concludere che il materiale ha le stesse propriet`a meccaniche nelle
direzioni e1 ed e2 , lesempio illustra che possono esserci orientamenti differenti rispetto
ad un elemento materiale che sono meccanicamente indistinguibili, almeno sulla base
di certe deformazioni imposte. In generale, il termine simmetria materiale si applica a
234
quelle rotazioni che caratterizzano orientamenti meccanicamente indistinguibili rispetto a tutte le possibili deformazioni imposte. La nozione pu`o essere formalizzata nel
seguente modo.
Per un assegnato materiale6 diremo che Q Orth+ e` una simmetria materiale7 se
vale la propriet`a:
QT
E S ym,
(8.33)
T Q E QT = Q T(E)
cio`e, se una rotazione Q della deformazione applicata produce uno sforzo che risulta
ruotato nella stessa misura rispetto allelemento materiale. Ricordando che due tensori
A e Q A QT hanno le stesse componenti in due riferimenti i cui assi si ottengono gli uni
dagli altri attraverso la rotazione Q, come osservato alla conclusione del paragrafo 6.7,
si pu`o interpretare la (8.33) come la condizione perche due sperimentatori diversamente
orientati rispetto allelemento materiale, applicando deformazioni descritte nello stesso
modo nei rispettivi riferimenti, leggano risposte pure descritte nello stesso modo. In
altre parole, come la condizione perche due tali osservatori non possano dedurre da puri
esperimenti meccanici di essere diversamente orientati rispetto allelemento materiale.
Per unassegnata equazione costitutiva la collezione delle simmetrie materiali e`
data da
n
o
Q E QT = Q T(E)
G = Q Orth+ : T
QT
E S ym, .
(8.34)
Non e` difficile vedere che G contiene lidentit`a 1; che per ogni Q G il suo inverso
QT appartiene a G; e che, se Q1 e Q2 appartengono a G, allora Q1 Q2 appartiene a
G. Linsieme G ha cos` le propriet`a di un gruppo (nel senso dellalgebra) rispetto alla
composizione dei tensori ed e` detto gruppo di simmetria del materiale.
Osservazione 8.1 Poiche i due termini a destra e sinistra del segno di uguaglianza
sono quadratici in Q, la relazione (8.33) e` banalmente soddisfatta dalla riflessione rispetto allorigine: Q = 1. Cos`, la simmetria materiale pu`o essere equivalentemente
descritta attraverso linvarianza rispetto a un sottogruppo G di rotazioni proprie o al
corrispondente sottogruppo
o
n
e = Q Orth : T Q E QT = Q T(E)
QT
E S ym,
(8.35)
G
delle trasformazioni ortogonali. Questultimo e` il gruppo generato da {G, 1}.
235
distinte del tensore di elasticit`a. Gli esercizi seguenti danno la forma del tensore di elasticit`a in alcuni casi notevoli e illustrano come derivare dalla definizione le restrizioni
sulle costanti costitutive.
Esercizio 8.1 Si consideri un materiale rinforzato con fibre di eguale rigidezza distribuite con identica densit`a nelle direzioni degli assi e1 ed e2 , come mostrato in Figura 8.4. Evidentemente le due direzioni sono meccanicamente indistinguibili e il gruppo
0 1 0
Qe3 (/2) = 1 0 0 .
0 0 1
E S ym.
(8.36)
236
(8.37)
Per i diversi valori delle coppie (l, m) e (i, j) nella (8.37) si trovano le restrizioni
sulle costanti elastiche che derivano dalla simmetria materiale. Per l = m = 1, ad
esempio, dalla Eq. (8.36) le uniche componenti di Q diverse da zero nel termine al
primo membro sono quelle con h = k = 2 e la precedente fornisce
Ci j22 = Chk11 Qe3 (/2)ih Qe3 (/2) jk .
(8.38)
Tenendo conto della Eq. (8.36), per i diversi valori della coppia (i, j) la precedente
fornisce
C2222 = C1111
C1122 = C2211
C1322 = C2311 ,
C2322 = C1311 ,
etc..
Nel trattare le conseguenze delle simmetrie materiali si devono considerare tutte
le trasformazioni del gruppo di simmetria, ma, poiche la (8.33) e` chiusa rispetto alla
composizione di trasformazioni di simmetria, e` sufficiente considerare solo quelle di
e a
una famiglia di generatori del gruppo. In particolare, e` possibile riferirsi a G, o G,
seconda della convenienza.
1
0 0
Qe3 () = 0 1 0 .
0
0 1
1 0
0
0 ,
Qe3 = 0 1
(8.39)
0 0 1
E S ym.
237
Da cui, se rinominiamo gli indici muti a secondo membro in modo da farvi comparire
il termine Elm e teniamo conto che luguaglianza deve valere per ogni Elm , si ottiene
Ci jhk Qe3 hl Qe3 km = Qe3 ih Chklm Qe3 jk
(l, m, i, j).
non sommato su lm e i j.
(8.40)
1
1
0 0
0
0
0 ,
Qe3 () = 0 1 0 ,
Qe1 () = 0 1
0
0 1
0
0 1
1 0
0
0 .
Qe2 () = 0 1
(8.41)
0 0 1
Non e` difficile vedere che Qe3 () Qe1 () = Qe2 (), cosicche in effetti le prime due
rotazioni sono sufficienti a generare il gruppo.
e e` il gruppo generato dalle riflessioni rispetto ai piani coordiEquivalentemente, G
nati:
1 0
1 0 0
0
0 ,
Qe3 = 0 1
Qe1 = 0 1 0 ,
0 0 1
0 0 1
1
0 0
Qe2 = 0 1 0 ,
(8.42)
0
0 1
238
(8.43)
cos sin 0
e
e
3
3
0
0
1
239
(8.45)
Per le simmetrie minori i termini ai due lati delluguaglianza sono banalmente simmetrici nelle coppie lm ed i j, una propriet`a che riduce il numero dei casi da esaminare. E
facile vedere che per l = m = 3 e l = , m = 3 le (8.45) comportano
C1233 = 0,
C1133 = C2233 ,
(8.46)
e
C3232 = C3131 ,
(8.47)
C3232 = C3312 = 0.
(8.48)
C3231 = C3132 = 0,
rispettivamente; e per i = j = 3,
C3311 = C3322 ,
Infine, per (lmi j) = (), si trova
().
Questultima esprime lisotropia della giacitura 1 2 e, con analisi simile a quella data
nel successivo paragrafo (8.7), comporta la dipendenza delle C da due sole costanti
costitutive, e , dette costanti di Lame:
(8.49)
C = + + .
240
2 T 22 ,
3 T 33 ,
4 T 23 ,
5 T 31 ,
6 T 12 ,
e1 E11 ,
e2 E22 ,
e3 E33 ,
e4 E23 ,
e5 E31 ,
e6 E12 ,
e
e scrivendo lequazione costitutiva nella forma
i = Ci j e j ,
con j sommato da 1 a 6. Nei tre casi visti sopra il tensore delle elasticit`a assume la
forma:
Materiale simmetrico rispetto alla giacitura 1 2:
a b c 0 0
e f g 0 0
i l m 0 0
[Ci j ] =
0 0 0 o p
0 0 0 q r
s t u 0 0
d
h
n
0
0
v
Materiale ortotropo:
[Ci j ] =
a
e
i
0
0
0
b
f
l
0
0
0
c
g
m
0
0
0
+ 2
+2
b
b
[Ci j ] =
0
0
0
0
0
0
0
0
0
o
0
0
0
0
0
0
r
0
a 0
a 0
c 0
0 d
0 0
0 0
0
0
0
0
0
v
0
0
0
0
d
0
(8.50)
(8.51)
0
0
0
0
0
2
(8.52)
241
Esercizio 8.5 Si trovino le costanti elastiche per un materiale in cui le direzioni dei
tre assi sono meccanicamente indistinguibili, ad esempio un cubetto costituito da una
matrice amorfa con una distribuzione uniforme di fibre uguali orientate secondo le
direzioni degli assi coordinati, vedi Figura 8.5.
(8.54)
(8.55)
Cos`, lo stato di sforzo e` anche idrostatico, cio`e, tale che su ogni giacitura agisce una
tensione puramente normale di intensit`a = (3 + 2 ) .
Ricordando che la variazione percentuale di volume vale trEidr = 3, il rapporto
!
3+ 2
(8.56)
=
3
3
misura il grado di comprimibilit`a del materiale. Esso sar`a tanto pi`u grande quanto
maggiore e` la tensione che si deve applicare per produrre unassegnata variazione specifica di volume. La costante si dice modulo di elasticit`a volumetrica del materiale.
E` ragionevole aspettarsi che per ottenere una contrazione del volume, < 0, sia necessario applicare una pressione, < 0, e viceversa che ad aumenti di volume > 0
corrispondano forze di trazione > 0, vedi Figura 8.7. Dalla (8.56), questo richiede
che
3 + 2 > 0.
(8.57)
242
0 /2 0
[E s ] = /2 0 0 .
0
0 0
Il corrispondente tensore degli sforzi e` dato da
[T s ] = 0
0
0
0
0
0
e rappresenta uno stato di pura tensione tangenziale nel piano 1 2. La tensione tangenziale agente sulle giaciture normali ad e1 o e2 e` = , come rappresentato in
figura.
La costante
=
(8.58)
(8.59)
243
QT
E S ym.
(8.60)
T Q E QT = Q T(E)
244
T(E)
= ,
(8.61)
cio`e, e` una direzione principale di tensione.
La dimostrazione segue osservando che, se Q e` una simmetria materiale associata
a , QEQ = E. Cos`, la (8.60) comporta che
T
QT(E)Q
= T(E).
QT(E)
= T(E)
T(E)
= g() + h1 () (1 1 ) + h2 () (2 2 ),
dove g, h1 ed h2 sono funzioni costitutive, ovviamente lineari omogenee in , eventualmente dipendenti da e da 1 e 2 .
Se assumiamo in aggiunta che sia asse di ortotropia, cio`e che G contenga le
rotazioni di /2 intorno a , usando la (8.60) si prova facilmente che le due funzioni
costitutive h1 () e h2 () devono coincidere cosicche le corrispondenti tensioni principali
sono uguali tra loro. In particolare, ogni direzione nella giacitura ortogonale a e`
T(E)
= g() + h()(1 1 + 2 2 ),
dove 1 e 2 sono due qualunque versori mutuamente ortogonali nel piano ortogonale
a . Le funzioni costitutive g ed h sono eventualmente dipendenti da .
Se il materiale e` infine isotropo, il reiterato uso della (8.60) comporta che g ed h
sono in effetti indipendenti da . Cos`, tenuto conto della linearit`a del legame costitutivo, per una deformazione generica, vista come la somma di estensioni pure lungo le
direzioni principali di deformazione
E = i i i ,
(8.62)
T(E)
= (g(1 ) + h(2 ) + h(3 )) 1 1
+ (g(2 ) + h(3 ) + h(1 )) 2 2 + (g(3 ) + h(1 ) + h(2 )) 3 3 .
La precedente prova che
(8.63)
245
con 3 := .
(8.64)
Il significato meccanico della formula (8.64) e` stato illustrato nel paragrafo 8.6, vedi
Figura 8.7.
Unaltra conseguenza della (8.63) e` che la risposta ad uno stato di puro scorrimento
e` uno stato di pura tensione tangenziale (con le stesse direzioni principali).
Ricordando la definizione, cf. (6.82), uno stato di puro scorrimento e` uno stato in
cui due deformazioni principali hanno valori opposti e la terza e` nulla. Indicate allora
con 1 = 2 = 2 e 3 = 0 le deformazioni principali, e con 1 e 2 le direzioni
principali, il generico stato di puro scorrimento ha la forma
Es =
(1 1 2 2 )
2
(8.65)
Sostituendo nella (8.63) e tenendo conto della linearit`a delle funzioni costitutive g ed
h, si trova
s ) = g( ) h( ) (1 1 2 2 ) .
T(E
2
2
Da cui,
s ) = (1 1 2 2 ) ,
T(E
con := g( 2 ) h( 2 ) .
La formula precedente si scrive anche nella forma
s ) = 2 Es
T(E
con := .
(8.66)
Linterpretazione meccanica della (8.66) e della costante elastica che vi compare sono
illustrate dalla Figura 8.8 e commentate nel paragrafo precedente.
Siamo ora in grado di provare la formula di Lame per i materiali isotropi. Sia E un
generico tensore di deformazione ed introduciamo la decomposizione di E:
E = Eidr + Edev
246
(8.67)
La quota idrostatica descrive una dilatazione uniforme in ogni direzione, a cui sono
associate quindi variazioni specifiche di volume; la quota deviatorica, che ha per definizione traccia nulla, produce invece una deformazione dellintorno materiale senza
variazioni di volume (isocorica). Per questo, si dice che la deformazione associata a
Edev e` relativa ad una mera variazione di forma dellintorno materiale.
Per la linearit`a possiamo trattare separatamente la risposta a queste due quote deformative. Tenendo conto della (8.64) e della (8.67),
idr ) = k tr(E)1.
T(E
(8.68)
Dette dev
e i le deformazioni e direzioni principali della quota deviatorica, dal
i
teorema di decomposizione spettrale si ha che
Edev = dev
i i i .
dev
dev
Osservato che dev
e la traccia di Edev e` nulla, si pu`o scrivere
1 + 2 + 3 = 0 perch
dev
Edev = dev
1 (1 1 3 3 ) + 2 (2 2 3 3 )
s
dev
dove E1s = dev
1 (1 1 3 3 ) e E2 = 2 (2 2 3 3 ) sono deformazioni di
puro scorrimento. Segue da (8.66) che
dev ) = 2 (E s + E s ) = 2 Edev .
T(E
2
1
Mettendo insieme la (8.68) e la (8.69) si trova
!
2
T(E)
=
tr(E)1 + 2 E,
3
(8.69)
(8.70)
(8.71)
247
facili da realizzare e dunque sono quelli comunemente impiegati. Per quanto riguarda le equazioni costitutive, comunque, far riferimento ad esperimenti in controllo di
forza impone una modifica dellimpostazione fin qui seguita, perche lo stato di sforzo
deve essere riguardato come variabile di controllo e la deformazione come variabile
controllata. Si deve cio`e scrivere il legame costitutivo in una forma invertita.
Linvertibilit`a del legame costitutivo non e` scontata.8 Ma per materiali elastici isotropi essa e` garantita se valgono le disuguaglianze costitutive (8.57) (8.59). Infatti,
dalla (8.53) segue che
tr(T) = (3 + 2) tr(E).
(8.72)
Da cui, sostituendo nella (8.53) e risolvendo in E si trova
!
1
T
(trT) 1 .
E=
2
3 + 2
(8.73)
Ovvero, in componenti,
Ei j =
!
1
Ti j
(T rr ) i j .
2
3 + 2
(8.74)
1 0 0
[T] = 0 0 0
0 0 0
a cui corrisponde uno stato di deformazione
1 0
[E] = 0 2
0 0
0
0
3
Qui 1 = P/A e` il rapporto tra il carico applicato e larea della sezione del provino nel
tratto centrale.
Dalla (8.74),
+
1 .
1 =
(3 + 2 )
248
(8.75)
(3 + 2 )
+
(8.76)
E
e` una costante che vale
E=
1 .
2 (3 + 2 )
Essendo le due deformazioni principali uguali, tale contrazione e` la stessa per ogni
direzione ortoganale ad e1 . Il rapporto
2
3
=
=
1
1
2 ( + )
(8.78)
249
=
=
=
=
=
=
1
E [T 11
1
E [T 22
1
E [T 33
1
2 G T 12 ,
1
2 G T 23 ,
1
2 G T 31 .
(T 22 + T 33 )] ,
(T 33 + T 11 )] ,
(T 11 + T 22 )] ,
(8.81)
Per concludere e` istruttivo riportare i valori delle costanti elastiche dei materiali da
costruzione pi`u comuni, si veda [?, ]:
Acciaio:
Calcestruzzo:
E = 2.1 1011
N/m2
11
E = 0.2 0.4 10 N/m2
= 0.3 ,
= 0.08 0.16 .
Poiche le tensioni di lavoro (ad esempio, negli acciai) sono dellordine di 108 N/m2 ,
dalla (8.75) segue che le corrispondenti componenti di deformazione sono dellordine di 103 104 . Esse sono cos` quantit`a molto minori di 1 e risultano dunque
ampiamente verificate le condizioni di piccolezza che stanno alla base della teoria
lineare.
250
e non e` necessario fare riferimento ad un corpo con estensione finita, ma ci`o rende
pi`u facile la comprensione della nozione di lavoro fatto dagli sforzi interni durante un
processo di deformazione. Pensiamo perci`o ad un corpo omogeneo 9 a cui sia imposto
un processo deformativo omogeneo che porta il materiale dalla deformazione E(0 ) ad
una deformazione finale E(1 ), lungo una curva : E = E() (0 , 1 ) assegnata
nello spazio a 6 componenti dei tensori simmetrici, cf. Figura 8.10.
sforzo e t = T()n le forze necessarie applicate al contorno del corpo. Il lavoro delle
forze applicate alla frontiera lungo il processo vale allora
Z 1 Z
T()n u(X,
) dA d.
(8.82)
L[] =
0
re simmetrico. Inoltre,
9 In
u
X (X, )
1
u T
u
e T e` un tenso2 T() X (X, ) + X (X, ) , perch
u
e X e sono variabili indipendenti.
X (X, ) perch
251
T() E dV d.
Lespressione
l[]
(8.83)
E(0 )
E(1 )
E(0 )
T(E) dE
(8.84)
rappresenta il lavoro per unit`a di volume fatto dagli sforzi durante il processo deformativo e in generale, a parit`a di deformazioni estreme, dipende dal cammino seguito.
Un materiale si dice iperelastico se tale lavoro dipende solo dai valori estremi della
deformazione.
Come si sa dallanalisi, questo si verifica se e solo se lintegrando e` un differenziale
esatto, cio`e, se esiste un potenziale w = w(Ei j ), detto densit`a di energia potenziale
elastica, 10 tale che
(T dE =) T i j dEi j = dw,
(8.85)
ovvero che
Ti j =
w
Ei j
i, j = 1, 2, 3.
i, j, h, k = 1, 2, 3.
(8.86)
i, j, h, k = 1, 2, 3.
(8.87)
che sono dette simmetrie maggiori del tensore di elasticit`a. A differenza delle simmetrie minori, le simmetrie maggiori valgono per i soli materiali iperelastici, per definizione. In particolare, esse riducono il numero delle costanti elastiche indipendenti a
21.
E` immediato verificare che in un materiale iperelastico lineare la densit`a di energia
potenziale elastica e`
1
w(E) = Ci jhk Ei j Ehk .
(8.88)
2
10 La funzione densit`
a di energia potenziale elastica fu introdotta da George Green in Transaction of the
Cambridge Mathematical Society, vol. 7 (1839), pag. 121. In suo onore i materiali iperelastici sono anche
detti materiali elastici secondo Green.
252
In notazione assoluta,
1
1
T E = C E E.
(8.89)
2
2
Come ogni potenziale, la densit`a di energia potenziale elastica e` definita a meno di
una costante. Qui, si e` scelto la costante in modo che lenergia dello stato indeformato
E = 0 sia nulla:
w(0) = 0.
w(E) =
Ci jhk = i j hk + 2 ih jk .
(8.90)
1
(3 + 2 )|Eidr |2 + 2 |Edev |2 ,
2
(8.91)
dove Eidr e Edev sono le parti idrostatica e deviatorica del tensore di deformazione
E. Le disuguaglianze costitutive , 3 + 2 > 0 sono allora necessarie e sufficienti
perche lenergia di deformazione sia strettamente definita positiva, cio`e, perche lo stato
indeformato corrisponda ad un minimo isolato della funzione w(E).