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La bocca dell'essere
tra Freud e tielde:ggt:r
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cio che la presenza sempre la mia, la tua, la nostra presenza (<<[H.] dass das
nes, je deines, unseres ist).
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Ibidem.
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bile, l'esigenza della loro comunicazione o della loro comunanza, e insieme alla constatazione della fratrura dell'essere la necessit della sua ricomposizione
o della sua rammemorazione sub specie unitatis. Che il filo rosso che attraversa quella vicenda come il rovescio del dualismo sia quello della natura, dello
spazio interstiziale, del residuo ingovernabile, della "spazzatura del sistema'>e
in ogni senso, fino a Freud, del "basso", non fa che confermare l'ipotesi' di
Binswanger. L'antologia di Freud, se ce n' una, o l'antologia "per" Freud, se
sar possibile tratteggiarla, andr cercata in questa direzione. Ma non , questo del "terzo", un nome adatto anche per quella regione instabile ed eveniente che Heidegger indicava parlando dell'essere?
3. Il corpo cavo
Binswanger rinvia, a chiusura delle sue annotazioni sul "corpo zonale"
freudiano, ad altri due testi in cui si occupato della medesima tematica: un
celebre saggio come Sogno ed esistenza, del 1930, e un suggestivo contributo
intitolato Sulla psicoterapia, del 1934.
Conviene riprendere da quest'ultimo lo stralcio di una storia clinica che
Binswanger riassume accentuando in modo particolarmente incisivo il "motivo" del corpo e il significato di alcune sue "zone" rispetto alla malattia che egli si trova ad affrontare. Una ragazza gli si presenta un giorno, racconta lo
psichiatra svizzero, afflitta da sintomi che si esprimono principalmente nella
perdita della voce e nel persistere di un fastidioso singhiozzo. Una prima esperienza traumatica, poi una seconda, avevano causato nella paziente, al
tempo dell'infanzia, un episodio di afonia ormai lontano. Ma pi di recente
quelle manifestazioni si erano ripetute. Tutto era cominciato, racconta
Binswanger, quando la madre le aveva proibito di partecipare ad un ballo
dove la nostra paziente sperava di incontrare il giovane che amava. Comparvero dapprima l'insonnia e l'inappetenza, poi vaghe tendenze suicide, poi la
sensazione di doversi ammalare gravemente da un momento all'altro, infine il
desiderio di vedere, al proprio letto di morte, per l'ultima volta l'amato8.
In seguito i sintomi si erano concentrati su ci che la psicoanalisi freudiana non esiterebbe a indicare come la "zona orale" del corpo della paziente. li
singhiozzo, il rifiuto del cibo, i crampi allo stomaco divengono l'espressione
pi caratteristica del males3ere della giovane donna. <<Dopo che "tutto il resto" "stato ucciso", commenta Binswanger, dopo che gli altri e il mondo
circostante sono diventati senza senso, senza scopo, cio appunto inanimati,
la corporeit diventa il vero e proprio rifugio del nostro essere. un rifugio
che non desta per in noi sentimenti di intimit e di familiarit, ma che anzi,
8 L. Binswanger, Ober Psychotherapie (1922), trad. it. di E. Filippini, Sulla psicoterapia, in
Per un'antropologia fenomenologica, cit., p. 152.
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lVle:neaU-yoJ[l'[V, Phnomnologie de la perception (1945), trad. it. di A. Bonomi, Fede'tlaper'cezione, Bompiani, Milano, 2003, p, 232.
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lavoro dci dicembre 1960, dopo aver enunciato l'appartenenza dcila speculazione freudiana a una "filosofia della carne" piuttosto che a una "filosofia dci
corpo", poteva concludere che ci che awiene in ciascuna fase e attraverso il
transitorio privilegio di ciascuna zona non che la fissazione di un "carattere" grazie a un investimento dell'apertura all'essere in un singolo ente18. Le
feci, per il bambino impegnato nella fase anale dci suo sviluppo, sono, come
l'acqua per Talete, la parte totale nel cui segno e nella cui direzione di senso
l'intero mondo si d a frequentare e a manipolare e a significare. Il capezzolo
materno, o il dito che lo sostituisce nei momenti in cui la madre indisponibile, sono, per il bambino immerso nell'oralit delle sue prime fasi di vita, esattamente come il fuoco per Eraclito, il medio e la via attraverso cui incontrare
ci che lo circonda nel segno di una gigantesca anamorfosi, che nulla risparmia e che tutto ristruttura e traduce nci proprio linguaggio.
Comprendiamo allora in tutta la sua pregnanza la definizione che nci saggio su La concezione freudiana dell'uomo Binswanger dava dci carattere orale
o anale, fallico o vaginale del corpo libidinale freudiano. L'oralit, l'analit
sarebbero dei "motivi", diceva lo psichiatra svizzero. Dei "motivi zonali",
precisava. La potenza del corpo ogni volta tutta raccolta in ciascuna delle
sue "zone", e ogni volta ciascuna zona , nella fase corrispondente, tutto il
corpo, "motivo" dominante di un'intera vita vivente. "Motivo" dice quindi
esattamente, in Binswanger, ci in Merleau-Ponty dice la parola" carattere".
Quella anale, quella fallica, quella orale non sono solo regioni di un corpo
consegnato alle classificazioni di un atlante di anatomia e alle necessit di una
funzione una volta per tutte definita, n sono regioni corrispettive del mondo
che si offre al bambino o all'adulto in forma di oggetti una volta per tutte definiti e circoscritti da una connotazione univoca. Il corpo e il mondo si inseguono di volta in volta nella luce mutevole di un "carattere" prevalente e ininterrottamente fluente nei suoi effetti di senso. Zone diverse del corpo e oggetti diversi del mondo possono di volta in volta esprimere un dato "motivo" o
lasciarlo in ombra, prestarlo a zone del corpo e a cose dci mondo correlate o
cancellarlo a favore di un altro carattere e di un altro motivo.
Esattamente questa era stata una delle scoperte pi caratteristiche di
Freud. Un medesimo carattere, ad esempio quello fallico, pu, in certe condizioni non necessariamente psicopatologiche, migrare dal luogo che letteralmente gli pertiene a quello che metaforicamente pu corrispondergli, in
un'incessante riformulazione dell'anatomia che solo l'astrazione di un manuale di medicina pu fissare in un insieme di sensi "proprio" per differenza dal
quale ricavare il territorio infinito dei sensi "impropri", dunque delle patologie della fisiologia o della psicologia. Vi sono zone erogene predestinate,
scrive Freud nei Tre saggi sulla teoria sessuale, come dimostra l'esempio del18
:;'
Ivi, p. 324.
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la suzione. Ma lo stesso esempio insegna anche che qualsiasi altro punto della
pelle o della mucosa pu assumersi i servigi delle zone erogene [... J. Una
dislocabilit [VerschiebbarketJ del tutto analoga ritorna poi nella sintomatologia isterica19. Sicch il corpo desiderante ogni volta tutto in ciascuna zona, e insieme eccede ogni volta i confini di quella zona come una potenza
interamente attuata in quella singola direzione, resta ancora e sempre da attuare in ciascuna delle altre. Le zone sono eventi e non regioni anatomiche, e
cos gli oggetti del desiderio orale o anale e le mete del relativo investimento
libidico.
Non un'ontologia, scoprono per questa via Freud, Binswanger, MerleauPonty, ma una kairologia. Carne, natura, corpo, zonalit non dicono altro che
l'aver luogo di parti ogni volta totali, l'accadere di potenze ogni volta interamente attuate e ogni volta interamente inattuabili, il dispiegarsi di mondi ogni
volta assolutamente compiuti, mancanti di nulla, perfetti nella loro tonalit, e
ogni volta assolutamente manchevoli,
da parte a parte dalla riserva
dell'inesauribile, bucati dal vuoto di ci
resta ancora e sempre da fare e
da desiderare, da costituire e da consumare.
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rivo
I. Kant, Kritik der reinen Vernunft (1781), trad. it. di G. Gentile e G. Giovanni Radice,
Mathieu, Critica della
Laterza, Roma-Bari
132.
F. Holderlin, Urteil und
trad. it. di R. Ruschi,
ed essere, in Id.,
a cura di R.
SE, H ........U,.' ,,"v'v
M. Merleau-Ponty, Il visibile e l'invisibile, cit., p. 161.
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Ivi, p. 157; su questo che il senso secondo e pi profondo del narcisismo, cfr. p. 155.
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ra? E quale soggetto, per la precisione, viene restituito all'integrit di un intero che propriamente non c' mai se non come parte e come effetto di partizione, come zona e come evento, come dislocazione di un essere che,
quanto a s, non possiede alcun luogo naturale se non quello della Ver-
schiebung?
La prima circostanza notevole che, per esprimerci fin troppo grossolanamente, Binswanger non presenta, qui, la malattia come una "diminuzione"
della salute. L'essere della vita, se si sta alla lettera del testo binswangeriano,
, anzi, altrettanto pienamente presente nell'una come nell'altra situazione,
cos come l'esistenza della paziente interamente consegnata alla forza "diabolicamente perturbante" della sofferenza quanto alla "fame d'aria" e alla
"fame d'amore" che Binswanger rawiva con il suo intervento. In questo senso Binswanger pu definire come forza "vitale" tanto il perturbamento della
malattia quanto la potenza capace di farvi fronte. La mossa , peraltro, caratteristica di tutto Binswanger e si estende, con un coraggio che all'epoca pochi
seppero condividere, anche al dominio della psicosi, a sua volta pensata come
un modo d'essere nel mondo non minore e non inferiore, ma semplicemente
diverso da quello che vale "anzitutto e per lo pi". chiaro, d'altra parte, che
questa movenza del tutto congenere con quella che regola, nelIa lettura merleau-pontyana, la dislocabilit freudiana e binswangeriana della vita pulsionale attraverso le diverse "zone" del corpo, il suo essere tutta in tutte le sue espressioni, per dire cos, senza mai ridursi a nessuno di questi investimenti e
senza smettere di giocare al margine di ciascuna espressione come ci che
"resta", come ci che si presenta in assenza, come ci che si d in un'essenziale non-coincidenza.
Se cos , salute e malattia sono, per Binswanger, del tutto omologhe alle
differenti vedute e prospettive della citt di cui parlava Leibniz in un celebre
passaggio della Monadologia 3o . Ogni monade una piega dell'essere, ogni
prospettiva sulla citt una linea o un movimento lungo il quale la stoffa o la
carne del mondo si incurva, awolgendosi in una singolarit che nell'oscurit
delle sue pi lontane propaggini racchiude il tutto del mondo e coincide infine con esso. Coincide con esso, ma nella sua differenza, nella sua prospettiva,
nella singolarit di quella piega che non nessun'altra piega sebbene sia fatta
della stoffa di ogni altra piega. Ciascuna prospettiva W1a prospettiva integrale della citt o della vita. Tutta Roma vista dalla Cupola di San Pietro, tutta
Roma vista dai giardini di Villa Borghese. Nulla fuori campo, se non la pos30 G. \'1/. Leibniz, Les principes de la philorophie ou la Monadologie (1714), trad. it. e cura
di S. Cariati, Monadologia, Bompiani, Milano 2001, 57, p. 85: E cosi come una medesima
citt, se guardata da punti di vista differenti, appare sempre diversa ed come moltiplicata
prospetticamente, allo stesso modo, per via della moltitudine infinita delle sostanze semplici
[scil.: delle monadil, ci sono come altrettanti universi differenti, i quali tuttavia sono soltanto
prospettive di un unico universo secondo il differente punto di vista di ciascuna monade.
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sibilit di altre prospettive, dunque di altri infiniti universi; sicch nulla e tutto, in effetti, fuori campo in ogni campo. Ogni parte una parte ed una
parte totale. Ogni piega una piega ed tutta la stoffa. Ogni zona un elemento della natura, un suo motivo, ed la natura stessa. Binswanger, con il
suo gesto improvviso, non pu dunque avere restituito la vita "diminuita" di
una paziente nevrotica alla pienezza di una salute finalmente integra. La salute non che una figura della vita, non la vita stessa. La restituzione non pu
andare dall'una all'altra, ma, per dire cos e per usare ancora una volta questa
espressione, dall'una e dall'altra in direzione di un che di "terzo". Come intendere quest'ultimo?
Ricapitoliamo. Proprio perch integrale, ciascuna prospettiva incompossibile con ciascun'altra. Si pu godere dell'una "o" dell'altra vista, non
dell'una "e" dell'altra, dato che si "" quel punto di vista, e non semplicemente lo si "ha", al modo di quel tardivo trascendere che Heidegger imputava a Binswanger. Salvo che dal punto di vista di Dio, per dire cos. Salvo
che dal punto di vista della monade di tutte le monadi, della prospettiva di
tutte le prospettive, che non una prospettiva e non un punto di vista, e
che perci si vede offerta la citt di tutte le citt, che non nulla di simile a
una citt ma , come diceva Leibniz, il suo geometrale. Proprio questo effetto d'apoteosi, allora, sembra avere realizzato Binswanger con la sua "trovata". Proprio questo tragitto incarna quella restituzione della vita sana e
della vita malata a una vita "terza" che ne il geometrale, l'essere segreto,
l'attivo nulla sempre fungente al fondo. Egli ha per cos dire costruito, con
la sua trovata, la scena in cui potevano sfiorarsi, nel brusco attrito di pochi
secondi, dimensioni che mai si erano trovate e mai si sarebbero potute trovare fianco a fianco, le potenze che per definizione dovevano restare incompossibili, la vita nella "prospettiva" della salute e la vita nella "prospettiva" della malattia, l'esistenza pienamente raccolta nel motivo o nel carattere del benessere e l'esistenza integralmente espressa nel motivo o nel carattere del malessere, l'esperienza in figura di bocca che desidera e l'esperienza
in figura di bocca che rifiuta, di oralit che ha fame e di oralit che si chiude
singhiozzando. Nell'istante di una vertiginosa coincidenza degli opposti,
l'una si trovata alla presenza dell'altra e l'una e l'altra si sono trovate alla
presenza di ci che non dell'ordine della presenza, la citt stessa, la vita
indec1inabile che giace al fondo di ogni declinazione, la totalit che non se
non nelle parti e come ci che manca alle parti.
Una simile esperienza non poteva che essere contrassegnata dallo stigma
di un'essenziale subitaneit (<<Ricordo che d'improvviso mi venne una "trovata" o, se si vuole, un'ispirazione [Ich erinnere mich nun, \Vie mir plotzlich
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und Au/satze, Francke,
Bern, 1947,
it.
traduce gustaJnetlte,
nell'edizione
citata,
con
, ma il termine
altrettanto
all'irruzione dell'accadimento inatteso, all'evento imprevedibile, all'improvviso precipitare dei fatti.
PREFAZIONE
di
Alfredo Civita
IL PRISMA BINSWANGER
PREFAZIONE
la
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IL PRISMA BINSWANGER
Lasciamo volentieri al lettore lo studio del testo di Paracchini, per limitarci a citarne un brano conclusivo. per noi
interessante capire che cosa pensa l'autore circa la correttezza epistemologica del pensiero di Binswanger. Facendo riferimento a Delirio, dove Binswanger riconduce la genesi del
delirio a un'alterazione nella costituzione dell'oggetto, Paracchini scrive: si deve riconoscere che il percorso avviato da
Binswanger ben lontano dal potersi considerare positivamente concluso. E ci a causa di una domanda legittima, che
riapre l'intero discorso: a che cosa dobbiamo addebitare le
alterazioni psicopatologiche delle regole che presiedono al
buon funzionamento delle sintesi trascendentali? In Delirio,
questa domanda non solo non trova risposta, ma non viene
neppure formulata. E non si tratta di una questione di poco
conto, che possa essere trascurata. Anzi, proprio le difficolt
che essa solleva evidenziano quelli che sembrano essere i limiti di fondo dell'impostazione di Binswanger, in quanto il
fare ricorso al soggetto delle facolt trascendentali, come al
principio esplicativo ultimo, comporta il ricadere su una soluzione non meno enigmatica di quelle in cui si postula, all'origine del delirio, una non meglio precisata "trasformazione
del significato".
Una piena comprensione di questo brano presuppone la
conoscenza dell'intero saggio dell'autore (parlando di trasformazione del significato, per esempio, Paracchini fa riferimento all'interpretazione del delirio fornita da H. W. Gruhle e da K. Jaspers, un'interpretazione che Binswanger, in Delirio, sottopone a una dura critica, di cui Paracchini nel suo
saggio d ampiamente conto). Noi ci limiteremo a un breve
commento relativo alla questione del rapporto tra filosofia e
psichiatria, la quale ovviamente una scienza empirica, nonch una pratica clinica. Nel brano citato, Paracchini osserva
che il ricorso al concetto di soggetto trascendentale conduce
a una soluzione enigmatica del problema dell'origine delle alterazioni delle sintesi trascendentali. La ragione di questa
critica fondamentale e pu essere cos riassunta: Binswanger interpreta la prospettiva trascendentale in chiave sogget-
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tivistica, precludendosi in tal modo l'opportunit di utilizzarla fruttuosamente per una rigorosa comprensione della genesi e della natura delle forme psicopatologiche.
Eccoci dunque di fronte a un sostanziale fraintendimento,
da parte di Binswanger, di un importante e complesso concetto filosofico, un fraintendimento che, secondo Paracchini,
non pu portare a nulla di buono.
Fraschini affronta un ponderoso testo di Binswanger, mai
tradotto in italiano, che si colloca nel pieno della fase heideggeriana del suo pensiero: Grundformen und Erkenntnis menschlichen Daseins (1942)5. Nell'ambito della produzione di
Binswanger, Grundformen un'opera atipica. Le tematichE
psicopatologiche e psicoterapeutiche restano sullo sfondo:
mentre in primo piano campeggia l'interesse antropologicc
verso la conoscenza della natura umana e delle sue forme basilari - prima fra tutte la forma dell' amore. Lo scritto di Fra
schini ha dunque un primo notevole merito: fornisce al lettorE
italiano un'informazione essenziale intorno a questa opere
fondamentale di Binswanger. Heidegger, nei Seminari di zoz.
likon (1965)6, la critic aspramente, parlando di un grossolano fraintendimento del proprio pensiero; Binswanger replic osservando che si trattava s di un fraintendimento, mc
di un fraintendimento produttivo.
Il saggio di Fraschini affronta inoltre fino in fondo la do
manda sull'inafferrabile identit intellettuale e disciplinan
del discorso di Binswanger, ed il suo secondo merito. An
che questa volta non ci soffermeremo sul testo di Fraschin
che, al pari di quello di Paracchini, molto denso ma altret
tanto limpido: Binswanger opera una commistione di no
zioni e paradigmi eterogenei, effettivamente difficile da gesti
re sul piano epistemologico. Da quanto emerge, il discorse
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