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I SEMI DELLA LIBERAZIONE NAZIONALE.

Una recensione di I bolscevichi e la questione nazionale,19171923, di Jeremy Smith (Macmillan 1999).

Dave Crouch

Da quando lUnione sovietica ha smesso di essere ununione circa dieci anni fa, gli storici si
interessarono di pi alle origini delle forze che lacerarono il pi grande stato al mondo. Come sono
riusciti i bolscevichi a risolvere le tensioni nazionali? Cera mai qualche speranza che lUrss potesse
sopravvivere come una stabile unione multinazionale? O i semi del proprio collasso erano presenti
fin dallinizio? Quale era il significato del disaccordo tra i bolscevichi, in particolare, tra Lenin e
Stalin, sulla questione nazionale? Dopo un decennio che ha visto spaventosi massacri di un gruppo
nazionale contro un altro in Yugoslavia, Ruanda, Kurdistan e Timor Est, e durante il quale governi
come quello di Tony Blair sono ricorsi alla denigrazione razzista degli immigrati ed i richiedenti
asilo, queste domande non hanno perso nulla della loro pertinenza.
Per quasi cinquantanni lopera di riferimento su questo aspetto della storia sovietica stata La
formazione dellunione sovietica di Richard Pipes. Pipes analizz una vasta quantit di letteratura
in lingua russa di questo periodo, ed il suo libro ancora un valido riferimento. Ma Pipes aveva
cominciato una carriera come principale storico della Urss durante la guerra fredda. La sua tesi era
che la parola dordine di Lenin del diritto delle nazioni allautodecisione,era nientaltro che
unesca con cui attirare le popolazioni non russe, un espediente tattico intenzionale per
convincere le minoranze. Non appena il regime si fosse sentito sufficientemente stabile, secondo
Pipes, si sarebbe mosso a riconquistare i confini e a non mantenere le proprie promesse alle
minoranze. La formazione dellUnione sovietica nel dicembre del 1922 fu una svolta decisiva nella
resurrezione dellimpero russo: Pipes interpreta lestremo sciovinismo russo del periodo tardo
staliniano quale derivazione diretta dellottobre 1917. Tuttavia, il libro contiene un elemento di
ambiguit. Esaminando lattacco di Lenin a Stalin, contenuto nel suo testamento, Pipes giunge a
dire che, se fosse vissuto Lenin,il suo atteggiamento conciliativo verso il nazionalismo dissidente
nelle repubbliche, avrebbe significato che la struttura definitiva dellUrss sarebbe stata
completamente differente da quella che Stalin in definitiva costitu.Unanaloga osservazione fa
Moshe Lewin in Lultima battaglia di Lenin, sostenendo che la disputa di Lenin con Stalin sulla
questione nazionale nel 1922 era la prova di una profonda divisione tra gli scopi libertari della
Rivoluzione bolscevica e quelli conservatori della reazione stalinista. Il libro di Pipes si concentra
quasi esclusivamente sugli aspetti politici della politica nazionale bolscevica, escludendo la cultura
e gli aspetti economici. La storica francese Hlene Carrre dEncausse tent di colmare questa
lacuna, ed significativo che rifiuti linterpretazione machiavellica avanzata da Pipes. Per Carrre
dEncausse, Lenin non era n uno sciovinista n unimperialista - i suoi principi politici erano
chiari e coerenti, e nei suoi primi anni il regime bolscevico fece dei tentativi genuini per ristabilire
i diritti nazionali e punire i crimini del colonialismo zarista. Sebbene le sue intenzioni fossero state
buone, le teorie di Lenin non sopravvissero alla prova degli eventi concreti : le sue iniziali

(precedenti lOttobre, N.d.T.) convinzioni si sgretolarono di fronte ad una realt che non poteva
essere ignorata. Come Pipes, Carrre dEncausse vede una contraddizione tra il centralismo di
Lenin, da una parte, e la sua difesa dei diritti nazionali dallaltra - alla fine il centralismo fu
inevitabilmente dominante. Focalizzando lanalisi sulla politica culturale ed economica, comunque,
Carrre dEncausse inizi a svelare un quadro molto differente dalla semplice conquista
imperialista proposta da Pipes. Anche studiosi pi recenti, sono stati impressionati dai successi
bolscevichi nella sfera nazionale durante gli anni 20.Yuri Slezkine, specialista russo allUniversit
della California, Berkeley, ad esempio, sostiene che la politica sovietica delle nazionalit fu
escogitata e realizzata dai nazionalisti non russi, mentre lo storico di Harvard Terry Martin
definisce lUrss come un impero ad azione affermativa. Questa storia era nascosta agli stessi
Russi: il fatto che i sovietici occultarono lampiezza della costruzione nazionale prestalinista e
della sua spinta antirussa prova quanto i leaders del partito considerassero politicamente esplosiva
la riscoperta di come furono veramente gli anni 20 (T. Martin per ampiezza della costruzione
nazionale pre-stalinista intende le realizzazioni bolsceviche dei diritti delle nazioni oppresse dallo
zarismo). Nonostante Stalin, come commissario alle nazionalit, sia stato il ministro del governo
responsabile per la politica nazionale fino al 1923, i suoi biografi (ad eccezione di Trotskij) sono
stati stranamente silenziosi sui risultati dei bolscevichi nella questione nazionale. Uno storico lha
chiamata la miopia della sovietologia professionale nel considerare la questione della nazionalit.
E in questo contesto che il libro di Jeremy Smith I bolscevichi e la questione nazionale, 19171923 , un contributo gradito alla riscoperta delleredit leninista in questo settore. Basatosi su
una copiosa ricerca darchivio, Smith si ripropone di mettere in dubbio molte ipotesi di Pipes.
Questa recensione ricorrer alle sue ricerche per aiutare a definire un ampio quadro della politica
nazionale bolscevica dopo la rivoluzione. Poi si esamineranno velocemente le sue pi importanti e
controverse conclusioni.

Autonomia e indipendenza
Limpero zarista si estendeva dalla Finlandia, agli stati baltici e lUcraina attraverso il Caucaso e
lAsia centrale fino alle trib nomadi dellestremo nord. La conquista imperiale aveva creato uno
stato multinazionale in cui i russi costituivano giusto il 43% della popolazione. Loppressione
nazionale delle popolazioni non russe era cos estrema, da dare alla questione nazionale una
gigantesca forza esplosiva. Per Lenin questo era il secondo pi importante problema dei marxisti
dopo la questione agraria.
Verso la fine della Prima guerra mondiale vi furono esempi straordinari del potenziale
rivoluzionario dei movimenti che chiedevano i diritti nazionali, evidenziati dalle parole di Trotskij
che il loro nazionalismo era il guscio esterno di un immaturo bolscevismo. Nellestate del 1916 la
rivolta del Kazakhistan-Kirghizistan contro la coscrizione fu una massiccia e violenta espressione
dellindisposizione contro il regime zarista. Nel maggio 1917 i musulmani russi furono i primi al
mondo attraverso libere elezioni ad abolire le restrizioni restrizioni alle quali le donne erano
state tradizionalmente soggette nelle societ islamiche. A Kiev e in numerose altre citt ucraine i
nazionalisti aiutarono i bolscevichi ad abbattere il governo Kerensky nellottobre 17. Ma per tutto
limpero i russi erano temuti in quanto colonizzatori ed oppressori. In questo contesto come il
nuovo governo sovietico avrebbe stabilito relazioni di fiducia con le popolazioni non russe? Nella

sua Dichiarazione dei Diritti il nuovo governo invit ogni nazione dellex impero zarista a decidere
indipendentemente dal suo proprio plenipotenziario congresso sovietico se e su quali basi
partecipare al governo federale. La costituzione adottata nel luglio 1918 chiar che i distretti
sovietici distinti da un particolare modo di vita e dalla composizione nazionale avrebbero potuto
unirsi e scegliere se entrare a far parte della Repubblica Sovietica Federativa Socialista
Russa(RSFSR). Durante lattivit istituzionale di formalizzazione di quei diritti, le minoranze
nazionali godevano di una rappresentanza nel governo centrale e di una certa quantit di potere
decisionale attraverso lappena costituito Commissariato del Popolo per gli Affari delle Nazionalit,
o Narkomnats in forma abbreviata. Qui i rappresentanti nazionali potevano esaminare i decreti
centrali, e fare le proprie osservazioni e proposte direttamente al governo. Il Narkomnats perci
aveva un duplice ruolo come un organismo esecutivo del governo, da una parte, e come organo
rappresentativo delle minoranze, dallaltra. Il Narkomnats comprendeva commissariati subordinati
per ciascuna delle principali minoranze nazionali non-russe. Smith commenta:

organizzato in modo veramente ad hoc, e lasciato in gran parte ai suoi propri dispositivi dagli
organi pi alti del potere sovietico sebbene, esclusivamente, sotto la libera sovrintendenza del
Collegium del Narkomnats, e frequentemente provvisto di personale dai nazionalisti che avevano
aderito in ritardo al bolscevismo, vi era una considerevole capacit di questi dipartimenti di
svolgere un ruolo maggiore nellevoluzione della politica nazionale. Essi apparivano come la
direzione politica di una porzione importante della popolazione sovietica che guidava il cammino
verso lautonomia nazionale.

Tra il 1917 ed il 1923 circa 17 regioni autonome e repubbliche si erano create allinterno della
Federazione russa, e cinque repubbliche indipendenti fuori di essa. Il successo dellautonomia
dipese dallaver posto lautorit nelle mani dei rappresentanti delle popolazioni locali. Ma il regime
dovette affrontare un immediato problema -molte minoranze nazionali erano sottorappresentate nel
Partito Comunista e nei soviet. Fuori dal cuore della Russia i soviet erano per la maggior parte in
schiacciante maggioranza composti di russi, e spesso mostravano unostilit razzista verso e
popolazioni autoctone. I leaders autoctoni erano nel complesso inesperti e di solito venivano da
posizioni estremamente opposte: conservatori religiosi o radicali nazionalisti e nessuna delle due si
accordava agevolmente con le aspirazioni dei bolscevichi. Due possibili direzioni per lazione si
offrivano ai bolscevichi per risolvere queste contraddizioni: lasciar governare i soviet dominati dai
russi in nome delle minoranze nazionali, con una forte supervisione di Mosca per assicurare un
corretto approccio alla questione nazionale, oppure riconoscere lautorit della leadership nazionale
su quella dei soviet, allinterno di limiti negoziati. Il primo approccio riguard il Turkesan, il
secondo la Baskiria. Nel Turkestan -un vasto territorio sud-orientale confinante con
lAfghanistan, lIran, la Cina e la Mongolia -lautonomia territoriale nazionale stata imposta
da Mosca come una mossa esplicitamene concepita per sostenere i musulmani autoctoni
contro lo sciovinismo dei coloni russi. In molte regioni periferiche dellimpero lorganizzazione
bolscevica era di fatto inesistente. Nel Dicembre 1917 la cellula bolscevica di Tashkent, capitale del
Turkestan, annoverava solo 64 membri. Inoltre, i pochi operai in questarea erano spesso russi
profondamente pervasi da atteggiamenti colonialisti. Per loro la parola dordine bolscevica della
dittatura del proletariato poteva essere comodamente usata contro la schiacciante maggioranza
rurale della popolazione auctotona. Di conseguenza, larga parte dei coloni si schierarono dalla parte

dei bolscevichi in Turkestan dopo lOttobre ed esclusero espressamente i Musulmani dagli organi
del potere sovietico. Secondo un osservatore bolscevico del tempo, il potere sovietico a Tashkent,
nel 1917 e agli inizi del 1918, era largamente in mano di avventurieri, carrieristi ed elementi
criminali conclamati decisi a preservare la posizione privilegiata goduta dai colonizzatori russi.
Ci indusse a un vigoroso intervento della direzione bolscevica per riparare la situazione -un
commissario straordinario e altri quadri dirigenti furono inviati per mettere da parte gli
sciovinisti. Secondo le parole di Smith, nella primavera del 1918 lautonomia fu fatta scendere
lungo le gole del Turkestan da Mosca come un primo passo per minare i colonizzatori. Il Turkestan
venne poi isolato da Mosca dalla guerra civile, dopo che Lenin era intervenuto ancora una volta
risolutamente per stroncare gli sciovinisti russi. Per converso, in Bashkiria -un piccolo territorio
negli Urali occidentali- il sentimento nazionale tra la popolazione locale era molto sviluppato, la
politica bolscevica si concentr dialetticamente sui nazionalisti locali e riconobbe loro poteri molto
estesi. Il leader dei baskiri Zeki Validov ed il suo Consiglio nazionale baskiro si schier con i
Bianchi durante la guerra civile. Ma lostilit dellammiraglio Kolcak verso i baschiri condusse
Validov ad unire le sue forze -65.000 uomini- nel febbraio 1919 ai Rossi, mutando la situazione
strategica in questa parte del fronte decisamente a favore di bolscevichi. In cambio Mosca negozi
la creazione dellAutonoma Repubblica Sovietica di Baskiria. Ci significava avere pieni poteri
sulla regione -ad eccezione delle principali installazioni economiche come le ferrovie, le fabbriche e
le miniere-, sue proprie forze armate(subordinate al comando dellArmata rossa)e una piena
amnistia per i capi baschiri, che governavano la repubblica attraverso il Comitato Rivoluzionario
Bashkir o Bashrevkom. Dallinizio, comunque, vi furono tensioni tra il Bashrevkom ed i
bolscevichi locali: Era generalmente riconosciuto che, se non fosse stato per linfluenza di Mosca,
i bolscevichi locali avrebbero abolito del tutto lautonomia bashkira. Nel Marzo 1920 Trotskij
tenne parecchie conferenze nella capitale bashkira, Ufa, nelle quali condann le interferenze dei
bolscevichi locali negli affari bashkiri e sostenne il Bashrevkom. Con il potere nelle mani dei
nazionalisti bashkiri, comunque, cera il pericolo che una crisi di relazioni tra Ufa e Mosca potesse
portare a una controrivoluzione baskira. Malgrado il vigoroso intervento del centro, i comunisti
russi locali continuarono a causare problemi, e ci faceva crescere a Mosca la preoccupazione su
possibili implicazioni militari. Nellestate del 1920 queste paure spinsero Mosca a ridurre
lautonomia bashkira, che a sua volta provoc una feroce rivolta .Tuttavia, la creazione della
Repubblica Bashkir stabil saldamente il principio dellautonomia delle nazionalit non russe. Dal
1920 al 1922 fu costituita una nuova serie di repubbliche e regioni autonome nella federazione
russa: la repubblica di Karelia, la repubblica dei Ciuvasci, la repubblica dei Kirghisi, la repubblica
dei Tartari, la repubblica dei Calmucchi,la repubblica dei Mari, le repubbliche del nord Caucaso.
Smith rileva che : La creazione di territori autonomi era generalmente accompagnata da una
ampia ricerca e discussione sullo status delle nazionalit coinvolte. Questo, in particolare, era il
caso di gruppi meno conosciuti come gli Yakuts, di cui una definizione come distinto gruppo
nazionale non fu mai completamente stabilita. Delle otto repubbliche autonome esistenti dalla fine
del 1922 tutte, eccetto una, avevano popolazioni non russe, quasi completamente di religione
musulmana -segno che i bolscevichi erano particolarmente sensibili alle istanze delle popolazioni
di tradizione islamica, che avevano subito un trattamento terribile sotto gli zar. Mosca era,
pienamente, consapevole dellimpatto internazionale delle sue politiche nazionali sui movimenti
anticoloniali dellest e desiderava essere vista dalla parte delle colonie nella loro lotta contro
limperialismo europeo. Minare il locale sciovinismo russo era un importante fattore
dincoraggiamento di Mosca a costituire forme dautonomia locale. In ogni caso, comunque, i
fattori materiali concreti e soggettivi determinarono le relazioni tra il centro e la periferia. Ad

esempio, quando nel 1920 un appassionato, esperto ed energico compagno finlandese, arriv a
Mosca, convinto della necessit della autonomia della Karelia, che fosse sufficiente per Lenin dare
il benestare. La dettagliata esposizione di Smith sulla discussione intorno alle regioni autonome di
Karbakh, Nakhichevan e Zangezur in Azerbaigian e in Armenia, in ogni modo, mostra quanto
complessa potesse essere lequazione politica. I fattori comprendevano una storia recente di
massacri razziali, relazioni diplomatiche con la Turchia, la maturazione della rivoluzione in
Armenia, considerazioni economiche e la situazione internazionale ed il bisogno di creare dei punti
di riferimento per i musulmani dellest. La creazione delle repubbliche significava lunghe e
polemiche discussioni sui confini, in particolare nel caso di popoli nomadi come i kirghisi-kazaki.
La separazione della repubblica socialista autonoma sovietica di Kyrgyzia (la base dellattuale
Kazakistan) dal Turkestan nellagosto 1920 fu il primo passo verso la divisione della popolazione
dellAsia centrale nei maggiori gruppi nazionali, ciascuno con la sua propria lingua e territorio.
Questo processo port nel 1924 alla fine del Turkestan e alla costituzione dellautonomia uzbeka,
turkmena, tajika e kyrgyza. Diversi autori hanno accusato i bolscevichi di separare artificialmente i
popoli dellAsia centrale con una deliberata politica del divide et impera mirata a minare le
aspirazioni pan-islamiche e pan-turche nella regione. Smith nota, comunque, che le idee di ununit
islamica o turca avessero poca influenza al di fuori dei circoli intellettuali. Inoltre, la sua
esposizione chiarisce che la delimitazione del 1924 si accompagnava in modo accuratamente
scientificoal risultato del lavoro sulla lingua e la cultura che cominci subito dopo la rivoluzione e
si rivolse ugualmente alle piccole nazionalit che non costituivano una minaccia alla direzione
bolscevica. In effetti, piuttosto che rafforzare lunit slava, come ci si sarebbe aspettati se i
bolscevichi fossero stati realmente percepiti come un pericolo per lIslam e Mosca, alla svelta, si
affrett a stabilire una identit nazionale bielorussa distinta dalla Russia. Nel 1919 , ammisero,
addirittura, la nostalgia dei nazionalisti per il Granducato di Lituania per fondere la repubblica
sovietica di Bielorussia con quella di Lituania.Pochi mesi dopo, fu posto fine a questo breve
esperimento unitario bielorusso-lituano dallinvasione polacca(23). Gli stati nazionali che
muovevano i primi passi erano supportati dalla politica dincoraggiamento del Narkomnats verso le
vittime delle deportazioni zariste, e ai profughi della guerra e delle carestie, a stabilirsi nelle regioni
dove la loro presenza avrebbe rafforzato le nazionalit non russe. Un fattore concomitante di questa
politica di spontanea emigrazione erano le misure per rimuovere vigorosamente i russi o gli altri
colonialisti slavi dalle terre di cui si erano impadroniti. Nel nord Caucaso, la popolazione locale,
con il supporto dei bolscevichi, condusse una accanita campagna per sfrattare sessantaciquemila
coloni cosacchi, e trasferire la loro terra, il bestiame e le case ai ceceni ed agli ingusci. Come Pipes
nota, questa divenne la pietra angolare della politica bolscevica nella regione per molti anni a
venire: Ci spiegava la fedelt mostrata dal popolo ceceno e inguscio verso i comunisti durante la
guerra civile. In Crimea e nellAsia centrale, comunque, i nativi non erano abbastanza forti da
sfrattare i kulaki russi (contadini benestanti) senza il sostegno dello stato centrale russo. Nel marzo
1921 il Politburo di Mosca deliber di sfrattare gli importuni coloni russi dal Turkestan, e port
avanti una politica pi generale di rovesciamento delle colonizzazioni, e rimozione dei kulaki russi
dalla regione. A causa della carestia e dei rischi politici insiti in quella politica, gli sfratti forzati
erano piuttosto limitati.Nel 1921-1922, ad esempio, settemila famiglie native si trasferirono nella
precedente terra kulaka in Turkestan. Smith si sforza di far notare che, a differenza delle
deportazioni di Stalin negli anni trenta e quaranta, queste migrazioni obbligatorie non erano
punitive come quelle zariste e quelle staliniste, ma erano viste come un modo per riparare le
ingiustizie passate e promuovere la pace nazionale a lungo termine. I bolscevichi cominciarono a
porre rimedio alla relativa arretratezza economica delle regioni di confine della Russia : I soviet

intrapresero un massiccio programma di sviluppo industriale nelle regioni non russe, attraverso il
trasferimento di intere imprese dalle regioni della Russia centrale. In tal modo, secondo le fonti
sovietiche, nellAsia centrale tra il 1918 e il 1923 furono prese le seguenti misure: nel 1918 furono
stanziati cinquanta milioni di rubli per la bonifica della steppa di Golodniy e 502 milioni per il
ripristino dellindustria cotoniera in Turkestan; nel 1922 una fabbrica di articoli di cancelleria e una
fabbrica tessile, fabbriche per la lavorazione della pelle e del sapone furono trasferite a Bukhara , e
una fabbrica di materiali di cancelleria e cellulosa in Turkestan; anche due grandi fabbriche furono
trasferite dalla regione di Mosca in Turkestan; nel 1918 fu edificato un nuovo stabilimento di soda a
Tashkent, e 1918 furono costruite, pure, una fabbrica siderurgica, una fabbrica meccanica per i
trasporti e una fonderia Questi progetti erano sproporzionati rispetto al livello generale
dellinvestimento industriale nella RSFSR per questo periodo. Un evidente effetto di questa
politica di urbanizzazione delle nazioni era di incrementare il numero di operai a favore
delle popolazioni native e a scapito dei colonizzatori russi, che predominavano pressoch
ovunque prima della rivoluzione. Perci, ad esempio, prima del 1914 gli ucraini impiegati
nellindustria erano una piccola minoranza, ma intorno alla fine degli anni 20 eguagliavano
quasi i russi (41% e 42% di lavoratori salariati rispettivamente).

LE LEADERSHIPS COMUNISTE NAZIONALI


Lesistenza di territori autonomi nazionali non poteva continuare senza frizione finch la direzione
politica ed amministrativa rimaneva nelle mani dei russi. Gli avvenimenti in Turkestan
dimostravano a che cosa ci poteva portare, mentre la Bashkiria mostrava i rischi dellaffidare il
potere ai nazionalisti. Fuori dalla zona centrale della Russia i bolscevichi erano generalmente
deboli, e perci, la necessit di reclutare i nativi nellapparato di stato sovietico e di costruire una
direzione nazionale non russa, divenne un tema ricorrente nei rapporti bolscevichi sulla questione
nazionale dopo il 1919. Questa era la politica della Korenizatsiia, o indigenizzazione. Smith
dimostra che i bolscevichi portarono avanti una deliberata strategia di lungo termine per porre la
direzione politica e specialmente culturale nelle mani di non-russi locali. I partiti socialisti ebraici
furono i primi a mostrare la propria propensione a cooperare con i bolscevichi e a procedere verso
una piena unit con loro. Sebbene allinizio si oppose ad unorganizzazione ebraica separata
allinterno del partito bolscevico, nel gennaio 1918 Lenin si preoccup della distanza tra la
minoranza di ebrei assimilatisi nel partito comunista russo e la massa dei non assimilati. Di
conseguenza la sezione ebraica del partito comunista russo fu creata per quelli che parlavano
yiddish, per i quali la lingua era un ostacolo allattiva partecipazione alla militanza nel partito.
Sebbene gli storici ebrei occidentali si concentrarono sulla parte avuta dai pogrom nella spinta degli
ebrei verso i bolscevichi, Smith fa notare che vi erano pure molte ragioni positive per il popolo
ebraico a diventare bolscevico. Ad esempio, le organizzazioni socialiste ebraiche, come Poale
-Tzion e il Bund, continuarono ad operare apertamente. La sezione ebraica concentr la sua critica
sul partito sionista e lala destra del Partito ebraico, non sugli ebrei socialisti (una chiara
differenza con latteggiamento dei bolscevichi verso i partiti socialisti russi). Gli ebrei non
bolscevichi giocarono un ruolo maggiore nel Narkomnats. Del collegio di sei membri del
Commissariato ebraico del Narkomnats, solo uno era bolscevico. Ad una conferenza del
commissariato ebraico e della sezione ebraica, nel 1918, quasi met dei delegati erano non
bolscevichi di educazione yiddish. Dei 15 membri del comitato centrale del Bund nellaprile 1917,
sette si erano uniti ai comunisti e dal 1920 due furono nellUfficio Centrale della sezione ebraica. In

Ucraina il Bund si divise e la frazione di sinistra si un al Partito Comunista di Ucraina nel 1919,
dove domin la nuova Sezione ebraica. Smith sottolinea che nei primi partiti comunisti non russi,
gli ebrei occuparono a lungo posizioni importanti. In Ucraina i bolscevichi non russi erano molto
scarsi. Disaccordi sulla questioni nazionale ed agraria, combinati allintensit della guerra civile in
Ucraina portarono a spaccature tra i bolscevichi e ad un significativo conflitto con i nazionalisti
ucraini, spingendo Lenin a esigere un netto cambiamento di politica nel 1919. I bolscevichi ucraini,
comunque, avevano marciato fianco a fianco con i nazionalisti nel 1917, ed i secondi li avevano
aiutati a rovesciare il Governo Provvisorio in Ucraina. Nel 1918 e nel 1919 i leaders anarchici degli
eserciti contadini dellUcraina, Makhno e Hrihoriev, combatterono a fianco dei Rossi. I borotbisti
erano lequivalente ucraino dei Socialisti Rivoluzionari di sinistra in Russia-un partito contadino
che aveva appoggiato la Rivoluzione dOttobre. Unampia parte dei borotbisti era pi che pronta a
dare il proprio appoggio ai bolscevichi, rivelando che erano molto di pi le cose che univano le due
parti che quelle che le dividevano. Estremamente fiduciosi della loro legittimit come
organizzazione autenticamente ucraina, nellaprile 1919 i borotbisti fecero domanda di ammissione
separata al Comintern, sostennero il proprio diritto ad essere il principale partito della Rivoluzione
Ucraina. Nel Marzo 1919 i borotbisti di Kiev invitarono il loro comitato centrale ad attivarsi per
unirsi con il Partito comunista Ucraino (PCU), e cos il mese successivo il loro congresso vot per
la fusione. Dopo lunghi ed intensi negoziati con i borotbisti, il PCU accett la fusione nel marzo
1920 ( 4000 su 5000 borobtisti entrarono a far parte del PCU, e due furono designati al comitato
centrale). Smith confronta la politica in questo caso con il disastro del Bashrevkom. In Asia centrale
i bolscevichi riuscirono a fare alleanze contro i Bianchi con una serie di gruppi nazionalisti: il
gruppo panislamico kazako, lUsh-Zhuz che si un al Partito Comunista nel 1920; i radicali tartari di
Crimea del Mili Firqa; il Persian, le guerriglie pan-islamiche nel Jengelis, che combatterono con
lArmata Rossa e il Partito Comunista dellIran; i Vaisiti, una confraternita di mistici Sufi. La pi
significativa di queste alleanze fu con Enver Pasha, leader del precedente governo Giovane Turco,
che nel 1920 sostenne i bolscevichi sulla base dellopposizione allimperialismo occidentale. La sua
svolta verso i guerriglieri basmachi nel novembre 1921 fu una seria battuta darresto per la ricerca
da parte di Mosca di alleati nazionalisti. In queste regioni dove lIslam era la religione dominante
gli equivalenti del Bund e dei borotbisti erano il partito socialista musulmano, lHummet, e il
Partito Comunista Persiano, o Adelet, in Azerbaigian. Nel 1920 questo si fuse con i comunisti di
Baku per divenire il nucleo del Partito Comunista Azero, con 4000 iscritti ed una rete
organizzativa, assai diffusa, tra sindacati, clubs operai e cooperative. Il primo governo comunista
dAzerbaijan era composto, quasi interamente, da azeri delle frazioni di sinistra dellHummet e
dellAdelet. Ci fu uno spostamento a sinistra nellIslam russo dopo il 1917, e dal 1920 i bolscevichi
si erano assicurati la neutralit o il sostegno della maggior parte delle lites radicali nellest
musulmano. Nel Narkomnats, la leaderships del Commissariato Musulmano, o Muskom, era in gran
parte nelle mani di musulmani non bolscevichi. Smith annota : il Muskom fu provvisto di
personale quasi interamente costituito da ex jadadisti pieni di dedizione (una corrente di intellettuali
musulmani) ed esercitava una reale autorit, che fu sostenuta il pi delle volte dalla direzione
bolscevica ogni qualvolta entrava in conflitto con il vertici del Narkomnats. Oltre al Muskom,
furono assicurate ai musulmani, con poche credenziali comuniste, posizioni preminenti nei
dipartimenti e sezioni del Narkomnats per la Kyrgyzia, per gli abitanti degli altipiani caucasici, per
il Turkestan, e cos via .Vi furono strenui sforzi per coinvolgere le popolazioni native nei soviet
locali e nelle organizzazioni di partito. In quelle nazioni dove lIslam era la religione principale, la
proporzione dei membri di partito fra i locali aumentava dunque straordinariamente. I bolscevichi si
proposero pure di preparare una nuova generazione di comunisti delle nazionalit non russe

attraverso la rete di scuole di partito ed universit : gli europei non russi ricevettero una maggiore
formazione nelle scuole di partito dei russi.Chiaramente fu fatto uno sforzo intensivo per formare
quadri comunisti in Ucraina, Bielorussia e Transcaucasia. Le universit comuniste produssero
anche un numero significativo di quadri provenienti dalle nazioni musulmane. A Mosca nel 1921
una maggioranza di posti era riservata a elementi provenienti dallAsia centrale. Di dieci universit
comuniste nel 1924, cinque erano nazionali: lUniversit dellAsia centrale (creata nel 1920);
lUniversit comunista dei lavoratori dellEst(1921); lUniversit comunista dei lavoratori delle
nazionalit non russe dellOvest (1921); lUniversit Comunista Tartara (1921); e lUniversit
Transcaucasica (1921). Dal 1924, di 6073 studenti frequentanti le Universit Comuniste, oltre la
met erano in queste cinque. Questo corrispondeva alla proporzione dei non russi nella popolazione,
ma era al tempo in cui il 65% dei membri del partito erano russi. Da 1933 le Universit Comuniste
furono aperte per unintera lista di nazionalit non russe. La formazione era generale e tecnica
piuttosto che politica, e solo una piccola parte del personale docente era comunista. Ad esempio, a
Kazan, la capitale della Repubblica Autonoma Tartara, nel 1924 solo il 19% era comunista. Smith
scrive : le Universit si erano proposte di fornire il partito di comunisti delle nazionalit non russe
che avevano bisogno sia di conoscenze tecnico-scientifiche sia letterarie per dirigere le
amministrazioni nazionali sovietiche, della necessaria conoscenza delle proprie culture nazionali, e
un modo di vedere sufficientemente comunista internazionalista in modo da assicurare unagevole
realizzazione dei principi socialisti nelle repubbliche nazionali non russe. I bolscevichi non fecero
nessuno sforzo per bolscevizzare le loro reclute provenienti dai movimenti nazionalisti,
contando piuttosto sullo sviluppo a lungo termine di una nuova generazione di comunisti fra le
nazionalit non russe. Smith traccia un quadro dettagliato, evidenziando lelevata percentuale di
nativi nei partiti comunisti non russi dalla met degli anni 20, specialmente, in posizioni dirigenti .
Sebbene i russi erano ancora sovrarappresentati nel Partito Comunista dellUnione Sovietica nel
1926, il loro predominio era di gran lunga inferiore a quello che era stato nel 1917. Questi dirigenti
comunisti delle nazioni non russe furono fatti assassinare quasi tutti da Stalin negli anni 30.

EDUCAZIONE E LINGUA
Leducazione era centrale per elevare il livello culturale della popolazione, e i bolscevichi si
proposero di assicurare, dove possibile, che leducazione dei non russi avesse luogo nella lingua di
loro scelta. La riflessione dietro questa impostazione era riassunta da un delegato al primo
Congresso Panrusso sulla Educazione prescolastica nellestate 1919 : Uno spirito internazionalista
non si consegue raggruppando tutti i bambini che non si comprendono lun laltro, ma piuttosto
introducendo nella lingua nativa lo spirito della rivoluzione mondiale. Nellottobre 1918 il
Narkomnats pubblica le sue proposte sulle scuole per le nazionalit non russe, cio che 25 alunni
per ciascuna e gruppi di ogni et erano sufficienti a garantire una scuola in lingua nativa. In queste
scuole si sarebbe pure studiata la lingua della principale popolazione locale, sebbene in questa fase
non si possono fare considerazioni sulla possibilit di soddisfare i bisogni dei differenti gruppi
nazionali dentro la stessa scuola. Smith dichiara che il numero di alunni educati in due lingue dal
1927 era ancora molto basso. Ma lorganizzazione di scuole in lingua nativa era flessibile e
dipendeva da fattori locali, quali : la compattezza dei gruppi nazionali o il loro grado di
assimilazione, cos cerano solo poche scuole in lingua nativa ucraina e bielorussa nella RSFSR; la
corrente politica delle direzioni repubblicane (es. linfluenza dei Socialisti Rivoluzionari e del Bund
in Ucraina); e considerazioni tattiche riguardanti come meglio neutralizzare i nazionalisti ottusi,

allontanandoli dalle strutture politiche ed economiche pi importanti. Le stesse politiche furono


adottate in altre repubbliche. In Ucraina, dopo uniniziale calo, il numero delle scuole in lingua
ucraina si elev dopo la nomina del borotbista, Shumskii, a commissario delleducazione nel 1921:
Da appena qualche insegnante in lingua ucraina nel 1917, a partire dal 1923, gli insegnanti
raggiunsero il numero di 45000 su 100mila ritenuti necessari, e la tiratura dei libri di testo in lingua
ucraina aument nettamente dal 1924 in poi. Nel 1925 in Armenia l80% degli insegnanti della
scuola elementare e di tutti quelli che insegnavano al settimo anno o scuole secondarie erano
armeni. Nel 1923 il Politburo a Mosca autorizz scuole spirituali Musulmane, allentando la
separazione di chiesa e stato allo scopo di incoraggiare i genitori musulmani ad educare i propri
figli. Un problema importante era latteggiamento dei funzionari locali, simboleggiato da
Dimanshtein, capo del commissariato ebraico del Narkomnats e anche principale portavoce della
nazionalit russa sulleducazione, che sosteneva che le scuole in lingua nazionale avrebbero minato
linternazionalismo proletario. Listruzione superiore in lingua nazionale fu ritardata pi a lungo,a
causa, del predominio dei conservatori russi nelle posizioni accademiche pi elevate. LIstituto di
Studi Orientali, istituito a Mosca nel 1920, fu in gran parte un tentativo per combattere questi
atteggiamenti e coinvolgere di pi i non russi nelleducazione superiore. Malgrado ci, e le carenze
di risorse finanziarie e di insegnanti, il regime dei soviet fece progressi sorprendenti nella
realizzazione delleducazione in lingua nazionale. Dal 1927 leducazione in lingua nazionale per le
nazionalit non russe fuori dalla propria repubblica o regione fu assai diffusa, mentre nella loro
repubblica era pressoch totale. Smith riassume questo risultato: Data la dimensione del compito, i
successi dei comunisti nellistruzione in lingua nazionale furono davvero straordinari. Il risultato
fu una massiccia espansione del sapere. Secondo Hlene Carrre dEncausse, le statistiche
dimostrano una nuova realt culturale: il diritto allistruzione, non pi privilegio di una minoranza,
era un diritto valido per tutti, senza distinzioni come, per esempio, lorigine nazionale. La
diffusione delleducazione in lingua nazionale sarebbe stata impossibile, senza lenorme espansione
della stampa e delleditoria nelle differenti lingue nazionali non russe. Dal 1924, nellUnione
Sovietica, 250 differenti lingue furono riconosciute come lingue nazionali, salendo a 34 lanno
seguente e a 44 nel 1927. Sotto limpero zarista molti gruppi di lingue furono suddivise in dialetti,
alcuni vicini, altri pi differenziati, e molte lingue, ancora, non avevano forma scritta. Se i bambini
erano stati educati nelle loro lingue nazionali, allora laccordo si poteva raggiungere su una versione
standard di una lingua che poteva avere molti dialetti. Questa scelta fu spesso problematica .Tale
che con lUzbek, ad esempio, dove inizialmente un dialetto rurale fu preferito come base per una
lingua standard, ma fu poi lasciata cadere a favore del dialetto delle aree urbane centrali. In
generale, comunque, la ragione della scelta di un dialetto non era tanto lestensione del suo uso
parlato, quanto la sua funzione nelle tradizioni letterarie della lingua scritta, o nel caso di lingue in
precedenza non scritte la loro idoneit ad adattarsi a una forma scritta. Intimamente connesso alla
lingua era il problema in quale alfabeto si dovesse stampare. Gli studiosi del regime zarista
avevano adattato lalfabeto cirillico russo alle lingue dellimpero. Molti riformatori nazionalisti, con
il sostegno dei leaders religiosi musulmani cercarono di ristabilire il sistema di scrittura arabo,
mentre i riformatori rivali credevano che lalfabeto latino fosse pi democratico e pi efficace per
insegnare o per leggere e per scrivere, e che linvenzione di nuovi alfabeti basati sul latino avrebbe
aiutato le loro nazioni a muoversi sul piano economico e culturale internazionale. Queste questioni
furono discusse a fondo in un ambiente di dibattiti febbrili fra scuole linguistiche rivali sul futuro
della lingua in generale:come le nazioni socialiste avrebbero potuto progredire rapidamente verso
una lingua ibrida universale? Come potevano essere liberate lingue e alfabeti dallinfluenza della
societ di classe? Sia Lenin che Lunacharskj, ad esempio, erano favorevoli ad una eventuale

latinizzazione della lingua russa. Sfortunatamente, lesposizione che fa Smith della pianificazione
bolscevica della lingua e dellalfabeto breve e le sue conclusioni -che queste politiche erano
idealistiche, utopiche e persino bizzarre, e che la soluzione pi pratica sarebbe stata luso
universale del russo -sono a stento sostenute dai fatti. Come leccellente Lingua e potere nella
creazione dellUrss di Michael Smith chiarisce, ladozione di un nuovo alfabeto basato sul latino
senza maiuscole o punteggiatura adottato dal popolo Yakut in Siberia dopo il 1917 fu un cosciente
atto di liberazione nazionale. Gli Yakut furono seguiti durante la guerra civile da numerosi popoli
del nord Caucaso, ma fu lAzerbaijian sovietico che vide il pi forte movimento per ladozione dell
alfabeto latino. I comunisti azeri erano alla testa del movimento di latinizzazione tra le popolazioni
che parlano il turkic, guidandolo nel pi celebre caso della conversione, coronata dal successo,
allalfabeto latino della repubblica turca di Kemal Ataturk dopo il 1928. Per Michael Smith, nel
corso di questi anni , tra la guerra civile ed il suo lascito, le autorit a Mosca erano contente di
lasciare il problema di una riforma dellalfabeto alle stesse nazionalit. Questo relativo distacco
derivava dal loro sforzo di allearsi con lintellighenzia progressiva nazionale contro i chierici
reazionari della gerarchia musulmana ufficiale. I bolscevichi non potevano permettersi di
alienarsi i loro alleati nazionalisti..I pi eminenti bolscevichi russi evitarono largomento per
paura di istigare lopposizione tra i musulmani devoti. E solo dopo gli anni venti, quando la
reazione stalinista era in pieno svolgimento, che la latinizzazione divenne un segno pubblico
tangibile di lealt al regime stalinista. La russificazione universale forzata cominci nella prima
met degli anni trenta.

TEORIA E PRATICA

Latteggiamento sprezzante di Jeremy Smith verso le politiche linguistiche dei bolscevichi


sintomatico nella sua interpretazione dellapproccio di Lenin alla questione nazionale, le cui
conseguenze affiorano continuamente per tutto il libro. Di conseguenza J. Smith opera una dubbia
distinzione tra gli internazionalisti, che si opponevano alleducazione in lingua nativa come
perpetuazione delle divisioni nazionali, e i nazionalistiche erano favorevoli a ci. Egli accusa
frequentemente Lenin ed i bolscevichi di abbandonare le loro posizioni precedenti per lasciare
spazio al nazionalismo. Cos Lenin, egli dice, era originariamente favorevole a che il russo
divenisse la lingua universale ,per cambiare, purtroppo (per J. Smith), a sostegno delleducazione
nella lingua nazionale. Inoltre J. Smith giudica quasi come prove, alcune concessioni al sentimento
nazionale delle nazionalit non russe, che i bolscevichi stavano adottando latteggiamento degli
austromarxisti contro cui Lenin aveva polemizzato tanto accanitamente e a lungo. Cos secondo J.
Smith la creazione del Narkomnats fu una soluzione austromarxista, come lo fu lammissione dei
borotbisti e del Bund nel Partito comunista ucraino nel 1921. Qui J. Smith segue Hlene Carrre
dEncausse, per la quale riconoscere il diritto di una nazionalit ad usare la propria lingua
equivaleva a respingere lidea dellautonomia culturale extraterritoriale. Dal momento che
incapace a caratterizzare laustromarxismo J. Smith sostiene che le varie soluzioni alla questione
nazionale adottate per differenti scopi e in differenti tempi, mostra, semplicemente, che la politica
nazionale bolscevica si basava di fatto su teorie ambigue e frequentemente contraddittorie, non
era n prevista n pianificata, confusa ed incoerente, il risultato di decisioni affrettate e ad

hoc. La politica bolscevica sullo status dei territori nazionali si sviluppava in modo improvvisato,
influenzato da diversi fattori che includevano non solo lideologia marxista e le convinzioni della
direzione del Partito comunista, ma pure fattori sul campo. Ma non capisce proprio questo: la
dottrina marxista sulla questione nazionale proprio questa che la politica deve prendere in
considerazione gli esatti fattori sul campo. Partendo dal fine della cosciente e volontaria unit
degli operai di differenti nazioni, Lenin sostiene che necessariamente gli operai delle nazioni
oppressive devono difendere i diritti nazionali delle nazioni oppresse. Ma egli non elevava i diritti
nazionaliad un principio sovrastorico -erano subordinati e dialetticamente intrecciati con la
necessit dellunit internazionale degli operai. Sostenere che la politica bolscevica era confusa
uninfelice concessione a Pipes, per il quale, Lenin sceglieva e preferiva qualunque politica a
dispetto dei principi. Ad esempio, Pipes sostiene che malgrado le sue polemiche contro il
federalismo Lenin fu svelto a liberarsi dalla sua retorica passata : Prima del novembre 1917 i
bolscevichi, come i menscevichi, erano contrari allidea federale, ma ora che lo stato era andato in
pezzi, gli argomenti svolti prima della rivoluzione dOttobre contro questo concetto non erano pi
validi. Il federalismo divenne lo strumento per saldare insieme le parti sparse dellex impero. Per
questa ragione i bolscevichi rovesciarono la loro vecchia posizione e fecero proprio il programma
dei Socialisti Rivoluzionari di una Russia federata. Al contrario, facile dimostrare che il
federalismo concepito da Lenin era un mezzo e non un fine. Dato il carattere estremamente
transitorio della R.S.F.S.R. e della situazione mondiale, il federalismo avrebbe permesso alla
R.S.F.S.R. di resistere in attesa della rivoluzione mondiale. La federazione era una fase necessaria
sulla via dellunit e del superamento delle differenze nazionali. Lenin ritorn frequentemente sul
suo orientamento di base. La federazione delle nazioni, scrisse nel marzo 1918, uno stadio
verso una cosciente e pi stretta unit degli operai, che avranno imparato spontaneamente a elevarsi
oltre i contrasti nazionali. Successivamente si rifer alla Federazione come una fase sulla via di
una fusione volontaria. Come Carrre dEncausse giustamente osserva, La Federazione era vista
da Lenin soprattutto come uno strumento pedagogico, una scuola dinternazionalismo. In altre
parole, uno pu sostenere che Lenin fosse incoerente nel suo atteggiamento verso il federalismo, se
uno valuta senza riguardo al contesto in cui i suoi argomenti furono elaborati. In modo analogo,
riguardo alleducazione in lingua nazionale, una distorsione dei punti di vista di Lenin citare
osservazioni generali sulla lingua in un futuro comunista senza classi come se fossero applicabili ad
una societ ancora alle prese con la rivoluzione e con la guerra civile. Gli austromarxisti credevano
che le nazioni fossero permanenti e positive, e che il socialismo potesse raffinare e sviluppare al
massimo le differenze nazionali. Il loro punto di vista era popolare in Russia e minacciava di
dividere il movimento operaio accentuando e rafforzando le distinzioni nazionali. Le polemiche di
Lenin, prima del 1917, contro di loro, dunque, si concentravano sulla natura temporanea, transitoria
e storica della cultura nazionale, e sul bisogno per i socialisti di insistere sullunit operaia oltre i
confini nazionali. Ma piuttosto unaltra cosa ritenere che il riconoscimento da parte dei
bolscevichi dei diritti delle nazionalit non russe ad amministrare i problemi delleducazione, della
lingua e della cultura fosse una concessione allAustromarxismo. Ad esempio, nel 1913, Lenin
affermava : Sarebbe imperdonabile dimenticare che sostenendo il centralismo noi proponiamo
esclusivamente il centralismo democraticoLungi dal precludere lautogoverno locale, con
lautonomia per le regioni aventi condizioni economiche e sociali speciali, una distinta
composizione nazionale della popolazione, e cos via, il centralismo democratico richiede ambedue.
E fuori dogni dubbio che per eliminare ogni oppressione nazionale molto importante creare aree
autonome, anche se piccole, con popolazioni completamente omogenee, verso cui i membri delle
rispettive nazionalit sparsesi in tutto il paese, o persino in tutto il mondo, potrebbero essere attratti,

o con le quali potrebbero entrare in relazione e intraprendere libere associazioni di ogni genere.
Sostenere un governo autonomo o indipendente, creare una leadership nazionale, accrescere
leconomia e rafforzare la cultura e lidentit nazionale tra i popoli non russi dellex impero -queste
non erano politiche nazionalistiche, ma tentativi di concreta applicazione del principio
internazionalista di Lenin che il diritto allautodeterminazione implica il massimo di democrazia
ed il minimo di nazionalismo. Come esattamente questo principio fu applicato dipese da una
moltitudine di fattori caratteristici dei popoli in questione. Lo sviluppo del capitalismo e il livello
generale di cultura era spesso pi elevato nelle regioni della frontiera non russa che nel centro, e
cos i movimenti nazionali pi forti. A queste nazioni fu concesso un pieno status repubblicano e la
massima indipendenza dalla Russia - riflesso soprattutto nel fatto che nominalmente avevano
ministri degli esteri indipendenti. In altre zone di confine e allinterno della stessa federazione russa,
accordi sullampiezza ed i limiti dellautonomia furono negoziati con Mosca alla luce della storia
dei differenti popoli sotto limpero; della forza dei movimenti nazionali; della dimensione delle
forze comuniste sul campo e delle conseguenze per la politica internazionale bolscevica e per la
guerra civile. Per i primi quattro anni della rivoluzione lultimo di questi fu frequentemente
dominante. Come dice Carr, la scelta non era tra dipendenza e indipendenza, ma tra dipendenza da
Mosca o dipendenza dai governi borghesi del mondo capitalista.dovunque, e qualunque fosse
laspetto esteriore in cui la battaglia era combattuta la vera questione era la vita o la morte della
rivoluzione. E fuori discussione che errori furono fatti dai bolscevichi nellapplicare i principi
internazionalisti alle popolazioni non russe, e che vi fu una profonda divisione dentro il partito su
questa questione -di cui pi sotto. Ma come lesposizione precedente ha dimostrato, pure
indiscutibile, che coerenti con la loro politica di rovesciamento e di risarcimento delloppressione
zarista i bolscevichi fecero di tutto per proteggere, nutrire e celebrare importanti aspetti della cultura
nazionale nelle ex colonie russe, e che giudicavano ci come necessario primo passo verso la
costruzione della fiducia ed il rafforzamento dellunit tra le ex colonie ed il centro. Queste
politiche diedero i loro frutti con la fioritura della cultura nazionale nelle zone di confine dellUrss
che muovevano i loro primi passi. Come rileva J. Smith, mentre il Proletkult e altri movimenti
storici ed artistici (nella Russia vera e propria) stavano tentando di creare unaperta rottura con il
passato a Mosca, al contrario, nelle regioni non russe la tendenza era diretta alla promozione delle
radici storiche nazionali. Gli storici ostili ai bolscevichi hanno commentato sul netto contrasto tra
la brutale russificazione dei tardi anni trenta ed il liberalismo nazionale degli anni venti. Questo
era, in particolar, il caso dell Ucraina. Gli anni venti furono un periodo straordinario di sviluppo,
innovazione e fermento nella cultura ucraina. Alcuni storici, addirittura, fanno riferimento a questo
come un periodo di rivoluzione culturale e di rinascimento. Altrove, in Kyrgyzia, gli anni venti
pure videro linizio di una letteratura veramente nazionale, basata in primo luogo sulle ricche
tradizione della poesia epica kyrgyza e sulla formazione di una lingua nazionale standard. In
Armenia, larte e la cultura armene furono promosse, e ancora nei tardi anni venti i comunisti
mostrarono molta cautela nelle loro relazioni con la Chiesa armena. NellAsia centrale nel 1922
Mosca introdusse riforme su vasta scala: le terre del Waafq (associazione caritatevole
musulmana) furono restituite alle moschee, le scuole religiose furono riaperte ed i tribunali
della shariat reintrodotti. Lo storico ceceno Abdurahmon Autorkhanov paragona il genocidio di
Stalin e Zdanov contro le nazioni musulmane del Caucaso negli anni 40 con la pi prudente e
flessibile politica portata avanti dai bolscevichi nel periodo 1921-1928, che fu un periodo di
massima pace politica ed armonia tra le varie nazioni del Caucaso e di popolarit del governo
sovietico ; tutto fu fatto per rafforzare la fiducia dei nord-caucasici che loro avrebbero
conseguito la loro indipendenza, tanto a lungo desiderata . Rileva Hlne Carrre dEncausse, ai

confini pi lontani della Russia i linguisti e gli etnologi russi furono di valido aiuto nella creazione
nel 1922 di istituzioni promosse per proteggere, piuttosto che distruggere o assimilare, gli aborigeni
dellestremo nord
e dellestremo est..La politica sovietica rifiut lalternativa della
russificazione, consentendo loro di preservare le loro identit ed il loro folklore. Dopo la vittoria
della controrivoluzione capitalista di stato nel corso dei piani quinquennali, Stalin fece il suo
meglio per eliminare ogni memoria del sentimento nazionale sotto il peso di una monolitica,
burocratica cultura russa. Lindipendenza delle Repubbliche nel 1991 e la stupefacente resistenza in
Cecenia sono le prove che quella politica di Stalin non ha avuto successo. La disgregazione
dellUrss non dovrebbe essere vista come il fallimento della politica nazionale di Lenin -questa
stata decisamente sconfitta molte decadi fa. Le radici della resistenza alloppressione nazionale
stalinista furono profonde, comunque, e si irrobustirono con Lenin ed i suoi seguaci durante i brevi
anni della rivoluzione.

LULTIMA BATTAGLIA DI LENIN


A meno di 10 anni dalla morte di Lenin la sua eredit sulla lotta per la liberazione nazionale va in
rovina. Per tutta la seconda parte degli anni venti gli attacchi contro le repubbliche non russe
divennero sempre pi stridenti, e ogni richiesta di autonomia nella sfera culturale, linguistica o
economica veniva bollata come una deviazione nazionalista. Comunque, ci vollero alcuni anni,
dopo la decisiva rottura con il regime dellOttobre -il grande balzo in avanti del primo piano
quinquennale e dellindustrializzazione forzata per poter reintegrare il nazionalismo Grande russo
come ideologia dominante. Gerhard Simon rileva che, durante questi anni di crisi nei primi anni
30, Stalin manovr per non creare un altro fronte contro i popoli non russi. Sebbene le azioni
politiche e poliziesche contro i comunisti di primo piano delle nazioni non russe dellUrss, si fecero
pi frequenti dagli ultimi anni 20, la linea del partito sulla questione nazionale non cambi fino al
1933 -dopo la conclusione della collettivizzazione forzata. Tra il 1930 e il 1934 ci furono persino
processi locali, a scopo dimostrativo, contro operai ed ufficiali accusati di sciovinismo russo.
Quando la sanguinosa lotta contro i contadini fu vinta, e la solidariet degli operai minata, la
burocrazia scopr, che un nazionalismo russo che sottolineasse la continuit tra stalinismo e
zarismo, era un potente strumento ideologico per cementare il consenso degli operai del principale
gruppo nazionale (il russo) al regime, e per le sue nuove, non prive di sangue, conquiste imperiali
delle repubbliche non russe. Le lites delle repubbliche non russe furono brutalmente purgate, i
loro alfabeti furono ritrasformati in cirillico, e la russificazione forzata prese il posto nelle scuole,
nella cultura e in ogni sfera della vita pubblica. Un uomo presiedette alla politica nazionale
bolscevica dal 1917 in poi -Joseph Stalin, prima come commissario alle nazionalit dal 1917 al
1923 e poi come segretario generale del Partito ComunistaComunque, fu pure sulla
questione nazionale che Lenin cominci un aspro attacco contro Stalin negli ultimi mesi della
sua vita politica. Moshe Lewin dipinge un quadro vivido della lotta disperata tra i due uomini,
svoltasi sulle questioni dello status dei territori non russi allinterno dellUrss e sullorientamento da
assumere verso i comunisti in Georgia. Questa lotta raggiunse il suo acme negli ultimi giorni prima
che il terzo colpo apoplettico allontanasse Lenin dalla scena politica nel marzo 1923. Il dodicesimo
congresso del partito nellaprile di quellanno ed il successivo processo ed espulsione dal partito del
pi eminente comunista tartaro Mir Said Sultan Galiev nellestate, stato citato di solito come una
prova che Stalin avesse vinto e compiuto un decisivo cambiamento nella politica nazionale contro i
non russi. Grazie alla consultazione degli archivi, J. Smith ha rivisto questa storia,negli ultimi due

capitoli del suo libro. Il suo racconto ben scritto e pieno di particolari affascinanti. La sua prova
che le politiche descritte sopra non furono rovesciate drasticamente nel 1923, unutile
spiegazione dellassenza di purghe su larga scala dopo laffare Sultan Galiev, e un necessario
correttivo per quelli che speravano di chiudere in fretta la storia sui campi, la calcolata carestia, e le
deportazioni nazionali di massa -nel 1923 cera ancora politicamente una grande distanza dagli anni
trenta. Comunque, sottolineando gli elementi di continuit nella politica bolscevica negli anni
venti, J. Smith trascura i segnali di pericolo che indicarono a Lenin e ad altri che i diritti nazionali
erano ancora a rischio. Come altri autori recenti che riconoscono la coerenza e la correttezza
della politica bolscevica sulle nazionalit negli anni venti, J. Smith minimizza lampiezza del
dissenso tra Lenin e Stalin nel 1922-1923. Riguardo lattacco di Lenin al piano di Stalin di far
diventare le repubbliche indipendenti parti della Federazione russa, J. Smith scrive gli approcci
differenti di Lenin e di Stalin furono ritenuti essere faccende di dettaglio piuttosto che profonde
questioni di principio..Non erano in gioco principi importanti. Yuri Slezikine, pure, vede la
disputa come solamente unaltra faccenda astiosamente inutile, mentre Terry Martin conclude
una cosa spero, noi possiamo infine lasciare stare il mito, coltivato da Khrushchev e approvato da
Lewin, che Lenin e Stalin promuovessero politiche nazionali, nel 1922, profondamente divergenti.
Queste conclusioni, comunque, si basano su una discutibile erudizione. In primo luogo, J. Smith
costantemente si riferisce alle idee di Lenin e Stalin, come se Stalin condividesse la stessa
condizione di pensatore su questo problema. Ma errato supporre che Lenin e Stalin
condividessero un unico complesso di idee sulla questione nazionale. Lunico lavoro teorico di
Stalin sulla questione nazionale fu un articolo scritto nel1913 -questo fu elogiato da Lenin in due
occasioni in quello stesso anno, ma dopo sembra non lo menzion mai pi. Limpostazione
dellarticolo sulla questione nazionale differisce profondamente da quella di Lenin, prendendo in
prestito, ironicamente, dagli austromarxisti ci che attaccava primariamente. Per Lenin, cio, era
utile avere un ariete non russo nella sua lotta contro Renner, Bauer e il Bund, ma larticolo
aveva poco significato aldil dellesigenza tattica. Anzi i commenti di Stalin sulla questione
prima del 1917 erano favorevoli solo a parole allinsistenza di Lenin sul diritto delle nazioni a
separarsi. Inoltre nelle discussioni chiave sulla questione nazionale fra i bolscevichi dopo il 1917,
Stalin gioc un ruolo chiave non secondario a nessuno. La sua relazione sulla questione nazionale
ad una conferenza del partito nel marzo 1917 e alla settima conferenza del partito in aprile,..
sosteneva che loppressione nazionale era il primo e principale prodotto del feudalesimo
piuttosto che dellimperialismo. Proprio cinque settimane dopo la Rivoluzione dOttobre ridusse
la popolazione che poteva avere diritto ad esercitare lautodeterminazione ai soli operai. Mentre
questo punto veniva sollevato da Bukharin e sostenuto accanitamente contro Lenin allottavo
congresso del partito nel marzo 1918, Stalin stette zitto -e pi tardi rimosse il riferimento al suo
nome dal discorso di Bukharin, quando venne pubblicato sul giornale del Narkomnats. Dentro il
collegium del Narkomnats Stalin era una figura isolata incapace di convincere i suoi pi stretti
colleghi. Nei suoi articoli, rapporti e negoziazioni egli commise gravi errori ed incongruenze, e
spesso dovette essere corretto da Lenin. Finch il suo articolo del 1913 non fu ripubblicato nel 1922
-quasi cinque anni dopo la rivoluzione- egli era sconosciuto fuori dalla Russia. Il carattere ostinato,
caparbio di Stalin, la sua scaltrezza nelle negoziazioni, e anche la sua spregiudicatezza, erano
qualit che Lenin trovava utili per portare avanti la rivoluzione ma in nessun senso Stalin fu una
figura indipendente nello sviluppo e nella realizzazione della politica bolscevica sulle
nazionalit. In secondo luogo, non si pu comprendere il significato del disaccordo tra Lenin e
Stalin sulla questione nazionale nel 1922-23, semplicemente analizzando ci che scritto e detto
allepoca -noi dobbiamo vederlo dentro lampio contesto della rivoluzione. Questo il

principale punto debole del libro di J.Smith, che discute la politica delle nazionalit in un
isolamento quasi ermetico dalla societ prerivoluzionaria, dal 1917, dalla guerra civile e dalla
controrivoluzione stalinista. Lanno 1921 trov il regime bolscevico isolato ed esaurito da sette anni
di guerra. Numericamente la classe operaia si ridusse ad una piccola frazione della sua dimensione
precedente, appena capace di alimentare se stessa, mentre i suoi capi politici restarono morti nei
campi di battaglia della guerra civile. In tutto lapparato di stato i bolscevichi dipendevano dagli ex
funzionari del regime zarista, la cui influenza cresceva con ogni concessione ai contadini e ad ogni
battuta darresto della rivoluzione mondiale. I nazionalisti russi rialzarono la cresta -gli emigrati
antibolscevichi osservavano levoluzione del regime e speravano che Santa Madre Russia si
riaffermasse dopo il caos della rivoluzione. Non c dubbio che linfinitesima percentuale di soviet
ed operai sovietizzati affogher nellondata della marmaglia sciovinista Grande- russa, come una
mosca nel latte, disse Lenin nel dicembre 1922 . Gli sforzi bolscevichi per combattere lo
sciovinismo Grande-russo furono indeboliti dalle profonde divisioni sulla questione nazionale
allinterno delle loro file. Mentre londata rivoluzionaria era in piena questi disaccordi furono
sommersi dalla corrente degli eventi, ma quando il riflusso incominci la loro importanza ritorn in
superficie. La rivoluzione trov il partito in gran parte inesperto sugli argomenti di Lenin in merito
alla questione nazionale. Intervenendo nellanimato dibattito sulla questione nazionale alla settima
conferenza di partito nellaprile 1917, lesperto bolscevico georgiano Filipp Makharadze mise in
guardia il partito a non decidere affrettatamente: La questione nazionale un problema
serio, ma anche estremamente complesso e poco chiaro. Sfortunatamente devo dire che la
conferenza non ha avuto lopportunit di chiarire sufficientemente questa questioneNel
modo in cui stato posto dai compagni Lenin e Zinoviev, il problema non stato ancora
discusso nella stampa legale. In modo analogo, nel marzo 1919, il marxista di lunga data, il russo
Riazanov disse allottavo congresso del partito: il nostro partito completamente impreparato
a risolvere il problema del diritto delle nazioni allautodeterminazione. Io propongo di aprire
una discussione su questa questione nel partito e chiariamo tutti i disaccordi che ci sono
statiAbbiamo fatto cos poco politicamente che, con un improvviso attacco su questo tema,
noi stiamo correndo un rischio non solo sul piano internazionale ma anche internamente in
Russia. Un grande numero di bolscevichi, inclusi i membri del Politburo, del comitato centrale e
quelli in posizioni dirigenti nel Narkomnat, ragionavano come segue: loppressione nazionale
solamente un aspetto delloppressione degli operai da parte della classe dominante; la rivoluzione
dottobre ha rovesciato la classe dominante perci non c bisogno di fondare repubbliche nazionali
o territori autonomi in Russia; la divisione territoriale dovrebbe essere sulla base dellefficienza
economica; ogni autonomia territoriale una concessione al nazionalismo piccolo borghese. Questi
compagni non facevano distinzione tra il nazionalismo degli oppressori e quello degli
oppressi. Cos il bolscevico polacco Dzerzhinskii diceva, nellaprile del 1917, se il compagno
Lenin accusa i compagni di sciovinismo russo, poi io potrei accusare lui di condividere la stessa
posizione dello sciovinismo polacco, ucraino e di tutti gli altri sciovinismi. Non so quale sia il
migliore . Lautonomia statale o lindipendenza non erano nientaltro che un ostacolo alla
centralizzazione economica come il dirigente bolscevico Piatakov affermava nel Marzo 1919: Dato
che noi ci stiamo unendo economicamente tutta questa famigerata autodeterminazione non vale
un uovo marcio. Noi dobbiamo metterci saldamente sulla strada della rigorosa centralizzazione e
unit proletaria . I sostenitori di questa posizione ritenevano di subordinare gli interessi di ogni
nazione a quelli del proletariato mondiale nel suo complesso, e consideravano stupido riconoscere i
diritti nazionali per la borghesia, e ammettevano limpossibilit dellindipendenza nellepoca
dellimperialismo. Lenin, al contrario, dimostr, che questa astratta opposizione ai diritti nazionali,

in nome della subordinazione agli interessi del proletariato internazionale, colludeva con lo
sciovinismo grande-russo. Gratta un comunista russo-diceva Lenin -e potrai trovare uno sciovinista
russo. In Ucraina, ad esempio, nei primi due anni della rivoluzione, il risultato del rifiuto, assai
diffuso, della posizione di Lenin da parte dei dirigenti bolscevichi fu disastroso. Questo era il
contesto nel quale Lenin e Stalin nel 1923 si scontrarono sulla questione nazionale. Il piano di
Stalin -sostenuto da quasi tutti i leaders repubblicani -di espandere la RSFSR fino ad includere tutte
le repubbliche indipendenti trascurava completamente il pericolo dello sciovinismo grande-russo.
La crisi in Georgia, dove il seguace di Stalin, Ordzhonikidze, era arrivato al punto di prendere a
calci un sostenitore dellindipendenza georgiana, accese una luce luminosa sullampiezza di quali
atteggiamenti sciovinisti russi avessero messo piede nellapparato statale, aiutato dagli
atteggiamenti di ultrasinistrismo di molti bolscevichi. La disputa tra Lenin e Stalin sulla natura
dellUrss non fu perci un disaccordo di tattica sottile se ci dovesse essere un podi pi o un podi
meno di centralismo nelle relazioni tra Mosca e le repubbliche. Era su un principio politico
chiave. In pratica, la posizione di Stalin -che se ne rendesse conto oppure no- era quella di un
centralismo fondato sulla dominazione dei russi nellUrss. Quella di Lenin, al contrario,
vedeva il centralismo fondato sulla democrazia, che esigeva la nuova Russia sovietica non si
imponesse sulle ex colonie. La chiave della questione era la seguente: erano le concessioni dei
diritti nazionali ad alimentare i fuochi del nazionalismo non russo, o era il nazionalismo una
reazione difensiva allo sciovinismo grande-russo, che stava crescendo ancora pi forte poich
la reazione cominciava? Nei dibattiti sulla questione nazionale al XII congresso del partito nel
Marzo 1923, e, ancora ad un meeting di dirigenti operai del partito delle repubbliche a giugno, i
sostenitori di severe misure per combattere le deviazioni nazionali nelle repubbliche, trascuravano
ripetutamente il problema dello sciovinismo grande-russo! I sostenitori di Lenin, Trotskij e i
comunisti georgiani, dallaltra parte insistevano sul nazionalismo russo come la principale minaccia
al potere sovietico. Il dibattito era visto, da molti dei partecipanti come una questione di principio
fondamentale. Lenin diceva : Io dichiaro guerra fino alla morte allo sciovinismo grande-russo.
Nel suo Testamento parlava di una campagna di vero sciovinismo grande-russo, di cui Stalin e
Dzerzhinskii erano i responsabili, e chiedeva che Ordzhonikidze fosse espulso dal partito. Trotskij
chiedeva che i georgiani non venissero etichettati come deviazionisti, e Kamenev, attacc,
dicendo che sulla questione nazionale la risoluzione di Stalin non serve a niente. Pone la dispotica
ed insolente oppressione della nazione dominante sullo stesso livello della protesta e della
resistenza delle piccole, deboli e sottosviluppate nazionalit. Il dirigente bolscevico bulgaro
Christian Rakovskii diceva che le proposte di Stalin avrebbero segnato una svolta decisiva
sullintera politica delle nazionalit del nostro partito, paragonandola alla Nuova Politica
Economica -cio alla maggiore ritirata dai principi comunisti. Il vecchio bolscevico Mdivani
metteva in guardia che una certa parte del comitato centrale nega direttamente lesistenza della
questione nazionale ed completamente infettata da tendenze al Grande Potere Russo. Stalin,
dallaltra parte, accusava Lenin di liberalismo nazionale e di cadere sotto linfluenza di un pugno
di menscevichi georgiani. La storia ha dimostrato che i terribili ammonimenti di Lenin nel 1922-23
erano giusti. Un cambiamento qualitativo cominci a farsi strada nel partito appena Stalin e la
burocrazia consolidarono il loro potere. Dopo esser stato un docile portavoce delle politiche
nazionali di Lenin nei primi anni della rivoluzione, Stalin divenne il portavoce della burocrazia che
cominciava a liberarsi dal controllo operaio. Le divisioni nelle file bolsceviche sulla questione
nazionale lo aiutarono ad effettuare una graduale transizione da difensore dei diritti nazionali a
campione dello sciovinismo grande-russo.

CONCLUSIONI
La politica di Lenin sulla questione nazionale pu essere riassunta come segue. Dove lo
desideravano le popolazioni, che avevano sofferto sotto lo zarismo, ottenevano il riconoscimento
dellautonomia territoriale da Mosca ampiamente estesa: dai soviet locali in su, fino a comprendere
lindipendenza politica dalla Russia ad un livello statale fin dove era possibile nelle condizioni
dellintervento straniero e della guerra rivoluzionaria internazionale. Le terre furono confiscate ai
colonialisti russi e restituite alle popolazioni autoctone, mentre ai profughi costretti a lasciare il
proprio paese dalle espulsioni zariste, dalla repressione e dalla guerra fu concessa unautentica
possibilit di scelta di ritornare a casa. Gli individui appartenenti ai residui avamposti coloniali russi
furono privati dei diritti civili e politici e, quando necessario, repressi. Di conseguenza, questi
territori autonomi e indipendenti furono capaci di spiegare le proprie ali culturali e soddisfare la pi
completa libert possibile di parlare le loro proprie lingue, scrivere negli alfabeti da loro scelti,
venerare il proprio dio e celebrare il proprio patrimonio culturale. Sulla base di questa fiducia,
Mosca si sforz di rafforzare una sincera unit democratica tra gli operai di queste nazioni e gli
operai russi formando quadri comunisti locali, diffondendo leducazione delle masse, accrescendo,
strutturalmente, attraverso lindustrializzazione, la classe operaia nei centri urbani, minando il
potere e linfluenza dei religiosi reazionari e dei leaders politici, incoraggiando la formazione di
reparti locali dellArmata rossa per condurre la guerra civile contro le proprie borghesie, e
additando le ex colonie liberatesi dalloppressione, attraverso la rivoluzione socialista, come un
esempio per i popoli colonizzati di tutto il mondo. Queste politiche furono attuate a differenti gradi
e con differente successo. Esse incontrarono ostacoli sotto forma dellintervento straniero su larga
scala, promosso dalle potenze imperialiste, del persistente sciovinismo, della debolezza dei quadri
comunisti e delle divisioni tra i ranghi bolscevichi sulla politica delle nazionalit. Le maggiori
difficolt furono riscontrate nelle aree pi lontane tagliate dai collegamenti con Mosca, dove i
bolscevichi erano pochi di numero e privi desperienza. Dopo alcuni anni, gli audaci inizi di Lenin
naufragarono sugli scogli dellisolamento della rivoluzione in un paese arretrato e dal risorgere
dello sciovinismo nellideologia controrivoluzionaria dello stalinismo. Il libro di J. Smith fornisce
molto materiale grezzo dal quale emerge un quadro fedele della politica nazionale rivoluzionaria.
Un quadro molto differente da quello dipinto dai sovietologi della guerra fredda. Sulla base delle
ricerche di J. Smith noi possiamo fiduciosamente concludere che decine di milioni di operai e
contadini non russi si raccolsero sotto le bandiere bolsceviche non perch furono astutamente
ingannati o perch lo vedevano solamente come il minore di due mali, ma perch la politica
bolscevica offriva reali e positivi benefici alle vittime del razzismo e del colonialismoQualsiasi
discussione sui bolscevichi e la questione nazionale incompleta senza un confronto delle politiche
bolsceviche con quelle degli zar e dello stalinismo. I successi bolscevichi risaltano in netto
contrasto con lo sfondo del dispotismo zarista, ma ci possono sfuggire completamente se non sono
confrontati con lestensione della reazione stalinista. La politica nazionale dei bolscevichi deve pure
essere giudicata nel contesto della guerra civile e della battaglia di Lenin per estendere la
Rivoluzione allestero.... I documenti dei dibattiti bolscevichi e della loro politica per le nazionalit
oppresse sono una ricca sorgente da cui i rivoluzionari possono attingere. Offrono la visione
realistica di un futuro per lumanit libera dalla divisione e dal pregiudizio nazionale.

( trad. di Gianmarco Satta )

Nota
Non condividiamo la teoria dellUrss quale societ a capitalismo di stato. Per noi vale la teoria
presentata da Trotskij nel suo libro La rivoluzione tradita.

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