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02/01/2009
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Battesimo del Signore Anno B In quel tempo, Giovanni proclamava: Viene dopo di me
colui che pi forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi
sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzer in Spirito Santo. Ed ecco, in
quei giorni, Ges venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E,
subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come
una colomba. E venne una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il
mio compiacimento. Ges il figlio che si fa fratello, che si immerge solidale non tanto
nel Giordano, quanto nel fiume dell'umanit, che sempre scorre a rischio sul confine tra
deserto e terra promessa, tra fallimento e fecondit della vita. Lo fa perch ogni fratello
possa diventare figlio. Il cuore del Vangelo di Marco in questa parola: Tu sei mio figlio
amato. La lieta notizia una calda voce di padre che ti chiama figlio. Sostanza di ogni
battesimo: ognuno il figlio prediletto di Dio. Dio preferisce ciascuno. Uscendo dall'acqua
vide i cieli aprirsi. Il mondo nuovo si presenta come una apertura del cielo: il cielo si apre,
vita ne entra, vita ne esce. Si apre e accoglie, come quando si aprono le braccia agli amici,
ai figli, ai poveri, all'amato. Il cielo si apre, sotto l'urgenza dell'amore di Dio, l'impazienza
di Adamo, l'assedio dei poveri, e nessuno lo richiuder pi. Si apre e dona. Su ogni figlio
scende una colomba simbolo dello Spirito, respiro di Dio. Questa immagine del cielo
aperto continua a indicare la nostra vocazione: alzare gli occhi su pensieri altri, su vie alte
che sovrastano le nostre vie; sentire che nella nostra vita sono in gioco forze pi grandi di
noi; che dipendiamo da energie che vengono da altrove, da una fonte fedele e che non
viene meno, che alimenta la nostra vita; che non abbiamo in noi la sorgente di ci che
siamo. Con questa fede possiamo anche noi aprire spazi di cielo sereno, da cui si affacci la
giustizia per la nostra terra, dono che diventa conquista. Possiamo aprire speranza, abitare
la terra con quella parte di cielo che la compone. Allora ti prende come una nostalgia, un
desiderio di fare qualcosa che assomigli a ci che detto di Ges: Pass facendo del
bene, guarendo la vita da ogni sorta di male (At 10); sintesi ultima, essenziale, struggente
e bellissima della vicenda di Ges, ma anche di ognuna delle nostre vite. Passare facendo
del bene il senso del nostro pellegrinaggio sulla terra. Passare fra le cose e le persone
senza prendere, solamente amando, donando, perdonando, accendendo, aprendo spazi di
cielo sereno. Lo far ricordando che Dio non spegner uno stoppino dalla fiamma
smorta (Is 42) che a Lui basta un po' di fumo, lo lavora, lo circonda di cure e di speranza,
gli alita sopra (cf Gn 2, 7) fino a che ne sgorghi di nuovo la fiamma. L'uomo non mai
finito per sempre. Ricordando il Dio dell'umile presagio di fuoco, Dio della nostra fragilit,
Signore della debole fiamma e della grande speranza! (Letture: Isaia 55,1-11; da Isaia 12; 1
Giovanni 5,1-9; Marco 1,7-11).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
15/01/2009
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per primo suo fratello Simone e gli disse: Abbiamo trovato il Messia " che si traduce
Cristo " e lo condusse da Ges. Fissando lo sguardo su di lui, Ges disse: Tu sei Simone,
il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa " che significa Pietro. Avere gli occhi di
Giovanni. Vedere Ges venire verso di noi. Riuscire a scorgerlo mentre viene sempre pi
vicino: Dio in cerca di noi, braccia inevitabili. Sentirsi desiderato e cercato, solo questo
che salva le malattie dell'anima. La missione di Ges condensata da Giovanni in una
frase sola: Ecco l'agnello di Dio. Parole folgoranti che a ogni Eucaristia noi rilanciamo
verso i cieli e verso un piccolo pane. Ecco l'agnello, ecco l'animale dei sacrifici, l'ultimo
nato del gregge, il sangue versato, il grido innocente che riempie ogni sera il tempio
nell'ora dei sacrifici. Ecco l'ultima vittima, immolata perch non ci siano pi vittime.
L'ultimo ucciso perch nessuno sia pi ucciso. Dio non chiede a noi sacrifici, si sacrifica
per noi. Non chiede offerte, invece lui che offre se stesso in olocausto. Ecco l'agnello di
Dio: ecco la morte di Dio perch non ci sia pi morte. E noi possiamo solo affacciarci, con
un senso di vertigine, ai bordi di questo abisso. Come i due discepoli di Giovanni che
iniziano a seguire Ges. Che cosa cercate?: prime parole del Ges storico, prime parole del
Cristo Risorto: Donna, chi cerchi? Domande. La storia del rapporto tra Dio e l'uomo una
storia di domande e di ricerca. Entrambi cercatori: uno d'amore, ed l'uomo; l'altro
d'amore, ed Dio. Con questa domanda Ges si rivolge ai nostri desideri profondi, fa
appello non all'intelligenza, non alla volont, non alle emozioni o alle scelte, ma a qualcosa
di pi vitale e profondo ancora, fa appello al cuore. Cuore incompiuto. Ges, maestro del
desiderio, ti chiede di comprendere te stesso: che cosa ti manca, di che cosa hai fame,
quale sete urge. Solo avviando queste risposte, troverai la tua identit, incompiuta e
incamminata. Ogni cuore d'uomo porta scritto: pi in l! Ges non chiede innanzitutto
sacrifici, rinunce, impegni e sforzi. Ti chiede di entrare dentro te stesso, di conoscere il tuo
cuore, di pellegrinare verso il tuo intimo, per capire che cosa ti appaga profondamente, che
cosa sazia le profondit della tua vita, e ti d gioia veramente. Inizio del Vangelo di Ges.
E di ogni cammino spirituale. Dove abiti, Signore? L'esperienza cristiana esperienza
d'incontro, di relazione e poi di fedelt. Si fermarono fino a sera: anch'io lo incontrer solo
se mi fermer, se mi prender del tempo per l'ascolto del cuore, per l'ascolto di quelle
domande che fanno viva finalmente la vita. (Letture: 1 Samuele 3,3-10.19; Salmo 39; 1
Corinzi 6,13-15.17-20; Giovanni 1,35-42).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
22/01/2009
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Che colpa avevano quei diciotto uccisi dalla della torre di Siloe? E i tremila delle Torri
gemelle? E i siriani, le vittime e i malati, sono forse pi peccatori degli altri? La risposta di
Ges netta: smettila di immaginare l'esistenza come un'aula di tribunale. Non c' rapporto
alcuno tra colpa e disgrazia, tra peccato e malattia. La mano di Dio non semina morte, non
spreca la sua potenza in castighi.
Ma se non vi convertirete, perirete tutti. tutta una societ che si deve salvare. Non serve
fare la conta dei buoni e dei cattivi, bisogna riconoscere che tutto un mondo che non va,
se la convivenza non si edifica su altre fondamenta, e non la disonest eretta a sistema, la
violenza del pi forte, la prepotenza del pi ricco.
Mai come oggi capiamo che tutto nel mondo in stretta connessione: se ci sono milioni di
poveri senza dignit n istruzione, sar tutto il mondo ad essere privato del loro contributo,
della loro intelligenza; se la natura sofferente, soffre e muore anche l'uomo.
Su tutti scende l'appello accorato e totale di Ges: Amatevi, altrimenti vi distruggerete. Il
Vangelo tutto qui. Senza questo non ci sar futuro. Alla seriet di queste parole fa da
contrappunto la fiducia nel futuro nella parabola del fico: da tre anni il padrone attende
invano dei frutti, e allora far tagliare l'albero. Invece il contadino sapiente, che un
futuro di cuore, dice: Ancora un anno di lavoro e gusteremo il frutto. Dio cos:
ancora un anno, ancora un giorno, ancora sole pioggia cure perch quest'albero buono;
quest'albero, che sono io, dar frutto.
Dio contadino, chino su di me, su questo mio piccolo campo, in cui ha seminato cos tanto
per tirar su cos poco. Eppure lascia un altro anno ai miei tre anni di inutilit; e invia germi
vitali, sole, pioggia, fiducia. Per lui il frutto possibile domani conta pi della mia inutilit
di oggi.
Vedremo, forse l'anno prossimo porter frutto. In questo forse c' il miracolo della fede
di Dio in noi. Lui crede in me prima ancora che io dica s. Il tempo di Dio l'anticipo, il
suo amore preveniente, la sua misericordia anticipa il pentimento, la pecora perduta
trovata e raccolta mentre ancora lontana e non sta tornando, il padre abbraccia il figlio
prodigo e lo perdona prima ancora che apra bocca.
Dio ama per primo, ama in perdita, ama senza condizioni. Amore che conforta e incalza:
Ti ama davvero chi ti obbliga a diventare il meglio di ci che puoi diventare (R. M.
Rilke). La sua fiducia verso di me come una vela che mi sospinge in avanti, verso la
profezia di un'estate felice di frutti: se ritarda attendila, perch ci che tarda di certo verr
(Ab. 2,3).
(Letture: Esodo 3,1-8.13-15; Salmo 102; 1 Corinzi 10,1-6.10-12; Luca 13,1-9).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
05/02/2009
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cercano!. Egli disse loro: Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perch io predichi
anche l; per questo infatti sono venuto!. In tre quadri rapidissimi Marco delinea i tratti
del volto di Ges: un uomo che guarisce, prega e annuncia. Nella vita datore di vita; nella
notte cercatore di Dio; nel giorno memoria di Dio agli uomini, e memoria degli uomini a
Dio. Ricordati, supplica Giobbe, che questa vita un soffio, un soffio amaro. Davanti a
Dio non c' altro merito che essere piccoli; un alito basta per essere amati. Ges a Cafarnao
assediato dal soffio del male. C' un crescendo turbinoso di malattie e demoni, e alla sera
la porta della citt scoppia di folla e di dolore. E poi di vita ritrovata. Un giorno e una sera
per pensare all'uomo, una notte e un'alba per pensare a Dio. E poi la vita si diramer verso
altri villaggi, verso un altrove di dolori e di attese. La suocera di Simone era a letto con la
febbre. Miracolo cos povero di apparato, cos poco vistoso, dove Ges neppure parla. Ma
parlano i suoi gesti. Gli parlarono di lei. Ges ha un cuore che ascolta, quel cuore da re che
Salomone aveva chiesto, incantando il Signore. Primo culto a Dio e all'uomo, primo
servizio: l'ascolto. Ges si avvicin. Va verso il dolore, non lo evita, nessuna paura, si
immerge negli occhi della donna. E la prese per mano. La mano nella mano forza
trasmessa a chi stanco, fiducia di ogni figlio bambino verso il padre, desiderio di calore.
Prende la tua mano chi ha amore, la stringe forte chi ha cuore per te. La rialz: Ges eleva
la donna, la riconsegna all'andatura eretta, alla statura alta, alla fierezza dell'andare e del
fare. Mano di Dio quotidiana, quando un volto, un incontro, una parola, un messaggio, una
carezza riaccendono in me la speranza e la strada. E si mise a servire. La guarigione del
corpo ha come scopo la guarigione del cuore, il servizio amoroso a ogni vita. La mano che
ti solleva riaccende la fretta dell'amore e dice: guarisci altri e guarir la tua vita. Andiamo
altrove. Ges cerca ancora terre di dolore, cerca le frontiere del male per farle arretrare.
Altrove, a sollevare altre vite, alzare creature, stringere mani. Lui che ha bisogno di
guarire la vita, Lui che ama ricordarsi di me, Lui che deve andare in cerca delle mie
febbri. Poi per sta a me coltivare la vita risorta, nel coraggio del servizio. A volte pu
bastare molto poco per sollevare una vita: ascoltare, avvicinarsi, prendere la mano. Ed
appoggiando cos una fragilit sull'altra che si sostiene il mondo. (Letture: Giobbe 7,1-4. 67; Salmo 146; 1 Corinzi 9,16-19.22-23; Marco 1, 29-39)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
12/02/2009
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in quella teologia Dio assente. La fede del lebbroso invece palpita: Dio il Dio della
compassione o non ! Cosa vuoi per me? Quello che dicono gli scribi o vuoi guarirmi? La
svolta del racconto non contenuta in una riflessione, ma in un verbo che indica l'essere
preso allo stomaco, dice di una mano che ti stringe le viscere: prov compassione. Per i
sacerdoti il lebbroso un caso, per Ges una lama nella carne. Per gli scribi un
teorema, per lui un fremito, che muove e genera gesti, che fa quasi violenza alla mano, la
fa stendere, la fa toccare. La mano parla prima della voce, le dita sono pi eloquenti delle
parole: Ges rompe i tab, toccare il lebbroso diventare impuro per la legge. Ma per lui
l'uomo sempre puro e vale pi della legge. Una carezza pi della legge. l'eloquenza di
toccare il male tremendo: da troppo tempo nessuno toccava pi il lebbroso, per paura, per
ribrezzo, per obbedienza alla legge. E la sua carne moriva di solitudine, il suo cuore moriva
di assenze. La guarigione comincia quando qualcuno si avvicina e mi tocca con amore, mi
parla da vicino, non ha paura, patisce con me. Il dolore non domanda spiegazioni, vuole
partecipazione. Sentirsi toccati una delle esperienze pi belle e vitali. Chi sa toccarti
davvero, chi sa sfiorare il tuo intimo di luce o di piaga, questi solo lascia tracce di vita, il
tuo guaritore. La parola, una voce per esistere dentro il vuoto, viene dopo: lo voglio,
guarisci! Eternamente Dio vuole figli guariti. A me, a Lazzaro, alla figlia di Giairo, alla
suocera di Simone ripete: lo voglio, alzati, guarisci. Dio guarigione. Dal male di vivere.
Non ne conosco tutti i modi concreti, ma so per certo che non accadr moltiplicando
interventi miracolosi. Non conosco i tempi, ma so che egli rinnover battito su battito il
cuore, stella su stella la notte. Con la compassione, con un gesto, con una voce " che
toccano " una carezza " l'abisso del dolore. (Letture: Levitico 13,1-2.45-46; Salmo 31; 1
Corinzi 10,31-11,1; Marco1,40-45).
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l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
19/02/2009
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rimasto senza parole, forse deluso: ma non questo il mio problema. Dammi le mie
gambe! Tutto qui un gioco di simboli: il perdono e la guarigione del paralitico, il peccato
allontanato e il lettuccio sollevato come un fuscello, non sono due fatti in successione, ma
un unico evento. Il peccato raccontato come una paralisi, un fallimento che ti blocca, uno
sbaglio che ti pesa addosso. Il perdono detto con un verbo di moto che annuncia partenze,
il salpare della nave, l'avviarsi della carovana, che porta scritto "pi in l". Strano perdono:
che non domandato; ma la carne immobile che domanda cammini, estasi, sentieri nel
sole; non c' accusa dei peccati, ma la supplica silenziosa contro un peso che aderisce a te e
ti paralizza; non c' espiazione della colpa, non penitenza, ma prendere su il lettuccio,
quella prigione odiata, e andarsene libero nel sole; non c' merito alcuno, solo saper
accogliere il dono; nessuna condizione, solo la gioia di chi ritrova la strada della vita. E
questo scandalizza i benpensanti di sempre. Se basta cos poco per essere perdonati, se il
perdono dato gratuitamente, sempre, allora come si fa a ritenere importanti le regole? Ma
le regole non sono un debito da pagare a Dio, sono ci che permette all'uomo di camminare
verso la pienezza; via della vita per muovere verso il proprio fine; ritrovarle ritrovare una
vita verticale e una strada nel sole, la strada di Dio. (Letture: Isaia 43,18-19.21-22.24-25;
Salmo 40; 2 Corinzi 1,18-22; Marco 2,1-12)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
26/02/2009
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per te, per l'uomo sfigurato che pesa forse sulla tua memoria. E sento la pressante dolcezza
di questa preghiera: riparti da una buona notizia, Dio qui e guarisce la vita. La buona
notizia che Ges annuncia l'amore. Credi; vale a dire: fidati dell'amore, abbi fiducia
nell'amore in tutte le sue forme, come forma della storia, come forma del vivere, come
forma di Dio. Non fidarti di altre cose, non della forza, dell'intelligenza, del denaro, ma
fondati sull'amore. I cristiani altro non sono che coloro che hanno creduto all'amore (1 Gv
4,16). (Letture: Genesi 9,8-15; Salmo 24; 1 Pietro 3,18-22; Marco 1,12-15)
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l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
05/03/2009
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
12/03/2009
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19/03/2009
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sabactni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perch mi hai abbandonato?. Udendo
questo, alcuni dei presenti dicevano: Ecco, chiama Elia!. Uno corse a inzuppare di aceto
una spugna, la fiss su una canna e gli dava da bere, dicendo: Aspettate, vediamo se viene
Elia a farlo scendere. Ma Ges, dando un forte grido, spir. Il velo del tempio si squarci
in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare
in quel modo, disse: Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!. Ecco l'uomo! Appare al
balcone dell'universo il volto di Ges intriso di sangue. Il dolore sotto cui vacilla il dolore
di tutti gli uomini: molte volte ho visto il volto di Dio cosparso di sangue lungo le strade
della vita sempre uguale, nei sentieri indifesi della storia dell'uomo, e non ho saputo
avvicinarmi. Ecco il Figlio di Dio! Ci che appare non lo splendore dell'eterno, ma il
patire di un Dio appassionato. Dio prima pat e poi si incarn. Pat vedendo la condizione
dell'uomo. Pat perch l'amore passione. Caritas est passio (Origene). Amare significa
patire e appassionarsi. E chi ama di pi si prepari a patire di pi (sant'Agostino). Lo vedo
in Cristo, come le donne al Calvario, che stavano ad osservare da lontano. Ges non ha
avuto nemici tra le donne, solo fra loro non aveva nemici. Le donne, ultimo nucleo fedele,
sono con Ges, non possono staccare gli occhi da lui, si immergono in lui. Primo nucleo di
Chiesa, guardano Ges con lo stesso sguardo di passione con cui Dio guarda l'uomo. La
Chiesa nasce, oggi come allora, dalla contemplazione del volto del crocifisso. A fare il
cristiano non sono i riti religiosi, ma il partecipare alla sofferenza di Dio (Dietrich
Bonhoffer). Veramente quest'uomo era Figlio di Dio! Quando la Parola di Dio diventata
grido, poi diventata muta, ecco la prima parola di un uomo, un soldato esperto di morte.
Che cosa ha visto nell'agonia di un morente da fargli pronunciare il primo atto di fede
cristiano? L'esperto di morte in quella morte ha visto Dio. L'ha visto nella morte, non nella
risurrezione. Morire cos cosa da Dio, rivelazione del cuore di Dio. Scendi dalla croce,
gridavano. Ma se scende non Dio, ancora la logica umana che vince, quella del pi
forte. Solo un Dio non scende dal legno. Si consegna alla Notte, si abbandono all'Altro per
gli altri, e passa dall'abbandono di Dio (perch mi hai abbandonato?) all'abbandono a
Dio (nelle tue mani...), rappresentandoci tutti nei nostri abbandoni, nelle desolazioni,
nelle notti. Io so che non capir mai la croce, l'uomo non regge questo amore, troppo
limpido, ma Cristo non venuto perch lo comprendessimo, ma perch ci aggrappassimo
alla sua croce, lasciandoci semplicemente sollevare da lui. La fede abbandonarsi
all'abbandonato amore. Ogni grido, ogni abbandono, pu sembrare una sconfitta. Ma se
affidato al Padre, ha il potere, senza che noi lo sappiamo, di far tremare la pietra di ogni
nostro sepolcro. (Letture: Isaia 50,4-7; Salmo 21; Filippesi 2,6-11; Marco 14,1-15,47).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
09/04/2009
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anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non
avevano ancora compreso la Scrittura, che cio egli doveva risorgere dai morti. Pasqua il
tema pi arduo e pi bello di tutta la Bibbia. Arduo perch va contro ogni evidenza e ogni
logica, bello perch la vita si riaccende di vita, se credo. Pasqua non porta solo la
salvezza, che il tirarci fuori dalla perdizione, dalle acque che ci minacciano, ma la
redenzione, che molto di pi, che trasformare la debolezza in forza, la maledizione in
benedizione, la croce in gloria, il tradimento di Pietro in atto di fede, il mio difetto in
energia nuova, la fuga in una corsa trepida. Maria corse da Simone e dall'altro discepolo,
che Ges amava... correvano insieme Pietro e Giovanni. Perch tutti corrono nel mattino di
Pasqua? Che bisogno c'era di correre? Tutto ci che riguarda Ges non sopporta
mediocrit, merita la fretta dell'amore: l'amore ha sempre fretta, chi ama sempre in
ritardo sulla fame di abbracci. Corrono, sospinti da un cuore in tumulto, perch hanno
ansia di luce, e la vita ha fretta di rotolare via i macigni dall'imboccatura del cuore. L'altro
discepolo, quello che Ges amava, corse pi veloce. Giovanni arriva prima di Pietro, arriva
per primo a capire il significato della risurrezione, e a credere in essa. L'amato ha
intelletto d'amore (Dante), l'intelligenza del cuore. Un detto medievale afferma: i
sapienti camminano, i giusti corrono, solo gli innamorati volano. Chi ama o amato
capisce di pi, capisce prima, capisce pi a fondo. Vide i teli posati l. Giovanni entr, vide
e credette. Anche di Pietro detto che vide, ma non che credette. Giovanni crede perch i
segni sono eloquenti solo per il cuore che sa leggerli. Giovanni ha il cuore pronto a
bruciare la distanza tra Gerusalemme e il giardino, tra i segni e il loro significato, tra i teli
posati l e il corpo assente. pronto perch amato: ti vedr nell'amore avuto e dato./ Ma
se altro il tuo cielo,/ non ti vedr Signore (C.Cremonesi). Il primo segno di Pasqua il
sepolcro vuoto, il corpo assente. Nella storia umana manca un corpo per chiudere in
pareggio il conto degli uccisi. Manca un corpo alla contabilit della morte, i suoi conti
sono in perdita. Manca un corpo al bilancio della violenza, il suo bilancio in deficit.
Pasqua solleva la nostra terra, questo pianeta di tombe, verso un mondo nuovo, dove il
male non vince, dove il carnefice non ha ragione della sua vittima in eterno, dove le piaghe
della vita possono distillare guarigione. Pasqua: Il buon profumo di Cristo odore di vita
per la vita (2 Cor 2,16). (Letture: Atti degli Apostoli 10,34a.37-43; Salmo 117; Colossesi
3,1-4; Giovanni 20, 1-9)
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(...) Aria di paura in quella casa. Paura dei Giudei, certo, ma anche e soprattutto paura di se
stessi, della propria vilt, di come si erano comportati nella notte del tradimento. Eppure
Ges viene, nonostante il loro cuore inaffidabile e il mio cuore lento: venne Ges e stette in
mezzo a loro. La fede non nata dal ricordo di Ges. Il ricordo, per quanto vivo, non basta
a rendere viva una persona, al massimo pu far nascere una scuola. La Chiesa nata da
una presenza, non da una rievocazione. Stette in mezzo a loro: Ges si fa presenza. Dentro
una comunit che per otto giorni contiene e porta anche l'incredulit di uno dei suoi
membri migliori. Tommaso non crede, eppure non se ne va, rimane l con il gruppo, che a
sua volta non lo esclude: comunit, luogo della fede. Cos tu quando debole la tua fede,
non sentirti escluso, resta qui, altri ti porteranno, altri saranno testimoni e memoria viva,
paziente di segni e di pace, per te. Mi conforta pensare che, se trova chiuso, Ges non se ne
va; se tardo ad aprire otto giorni dopo ancora l, rispettoso perfino delle nostre paure:
venne Ges ancora a porte chiuse... e disse a Tommaso... Ges viene, attento ai dubbi dei
suoi amici, cos come il mattino di Pasqua alle lacrime di Maria. Viene, e non per essere
acclamato, ma per andare in cerca proprio dell'agnello smarrito nel piccolo gregge degli
undici. Lascia gli altri dieci al sicuro e si avvicina a colui che dubita: metti qua il tuo dito,
tendi la tua mano. A Tommaso basta questo gesto: colui che si mette nelle tue mani, voce
che non giudica ma incoraggia, corpo offerto ai dubbi e alle paure dei suoi amici, Ges,
non ti puoi sbagliare. E lo stesso fa anche con me, nei giorni del dubbio, quando credere
solo desiderio di credere: si propone di nuovo. Tommaso si arrende, non si dice che abbia
toccato; si arrende all'amore che ha scritto il suo racconto sul corpo di Ges con l'alfabeto
delle ferite, indelebili come l'amore di Dio. E passa dall'incredulit all'estasi: Mio Signore
e mio Dio. Voglio custodire in me questo aggettivo come una riserva di coraggio per la
mia fede: Mio Signore! Piccola parola che cambia tutto, che non evoca il Dio dei libri, il
Dio degli altri, ma il Dio intrecciato con la mia vita, assenza e poi pi ardente presenza.
Tommaso, come l'amata del Cantico dice: Il mio amato per me e io sono per Lui. Mio
perch parte di me. Mio come lo il cuore e, senza, non sarei. Mio come lo il respiro e,
senza, non vivrei. (Letture: Atti 4,32-35; Salmo 117; 1 Giovanni 5,1-6; Giovanni 20,1931).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
23/04/2009
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pane, di bicchieri d'acqua, di briciole; a un Dio che ha deciso di farsi carne e ossa, carezza
e sudore, un Dio capace di piangere. Il primo gesto del Signore , sempre, una offerta di
comunione: toccatemi, guardate. Ma dove oggi toccare il Signore? Forse lo tocco
quando Lui mi tocca: con il bruciore del cuore, con una gioia eccessiva, con una gioia
umilissima, con le piaghe della terra, con il dolore o la carezza di una creatura. La gente
il corpo di Dio, l lo posso toccare. Avete qualcosa da mangiare?. Mangiare il segno
della vita; farlo insieme il segno pi eloquente di un legame rifatto, di una comunione
ritrovata, il gesto quotidiano della vita che va e continua. Lui l'amico che d sapore al
pane. E mi assicura che la mia salvezza non sta nei miei digiuni per lui, ma nel suo
mangiare con me pane e sogni; la sua vicinanza un contagio di vita. Lo conoscevano
bene Ges, dopo tre anni di strade, di olivi, di pesci, di villaggi, di occhi negli occhi,
eppure ora non lo riconoscono. Perch la Risurrezione non semplicemente ritornare alla
vita di prima: trasformazione. Ges lo stesso ed diverso, il medesimo ed
trasformato, quello di prima ed altro. Apr loro la mente per comprendere le
Scritture. E il respiro stretto del cuore entra nel respiro largo del cielo, se ti fai mendicante
affamato di senso, se leggi con passione e intelligenza la Parola. Perch finora abbiamo
capito solo ci che ci faceva comodo. Siamo stati capaci di conciliare il Vangelo con tutto:
con la logica della guerra, con l'idolo dell'economia, con gli istinti. Nel suo nome saranno
predicati a tutte le genti la conversione e il perdono. Il perdono la certezza che nulla e
nessuno definitivamente perduto, il trionfo della vita, riaccensione del cuore spento,
offerta mai revocata e irrevocabile di comunione. Cristo non un fantasma, vestito di
umanit, sangue vivo dei giorni, il sangue della primavera del mondo. Ha braccia anche
per me, per toccare e farsi toccare; capace, tornando, di rendere la mia speranza amore.
(Letture: Atti degli Apostoli 3,13-15.17-19; Salmo 4; 1 Giovanni 2,1-5a; Luca 24,35-48)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
30/04/2009
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vita: offrire la vita non significa per prima cosa morire, perch se il pastore muore le
pecore sono abbandonate e il lupo rapisce, uccide, vince. Dare la vita qui inteso nel senso
primo, come hanno compreso gli apostoli: della vite che d linfa al tralcio (Giovanni);
dell'ulivo innestato che trasmette potenza buona al ramo selvatico (Paolo); di uno che
essendo l'autore della vita (Pietro), l'ha inventata ma soprattutto la scrive, in questo
momento, sillaba per sillaba, sulle tavole di carne che sono io. Linfa divina che ci fa
vivere, che respira in ogni mio respiro, nostro pane che ci fa quotidianamente dipendenti
dal cielo. Come passeri abbiamo il nido nelle sue mani. Le mani di Dio: mani di pastore
contro i lupi, mani impigliate nel folto della vita, mani che proteggono la fiammella
smorta, mani sugli occhi del cieco, mani che scrivono nella polvere e non scagliano pietre,
mai, mani trafitte offerte a Tommaso. Da quelle mani nessuno mi rapir mai, mani di
pastore, il solo che per i cieli mi fa camminare (Turoldo). Il Vangelo si chiude con una
frase solenne: questo il comando che ho ricevuto dal Padre mio. Non un comando ma il
comando, quello che ti fa pastore bello e fa bella la tua vita: il comando di offrire, donare.
Dare la vita innanzitutto offrire il segreto della vita. Questo ho imparato da Ges, che la
vita dono, che il segreto della vita dare, che l'asse della storia il dono, che ogni uomo
per stare bene deve dare. Ma perch per stare bene ogni uomo deve dare? Perch questa
la legge della vita. Perch cos fa Dio. Se non dai vita attorno a te, entri nella malattia. Se
non dai amore, un'ombra invecchia il cuore. La felicit di questa nostra vita ha a che fare
con il dono. E con il diventare pastori buoni, belli, di un piccolo, minimo gregge affidato
alle nostre cure. (Letture: At 4,8-12; Sal 117; 1 Gv 3,1-2; Gv 10,11-18)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
07/05/2009
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vene d'amore, frutti buoni. C' una linfa che sale dalla radice del mondo, ad un misterioso
segnale della terra e del sole, e in alto apre la corteccia che sembrava secca e morta e la
incide di fiori e di foglie. E per un miracolo, che neppure arriva pi a stupirci, trasforma il
calore del sole in profumo e il buio della terra in colore. Quella linfa, quella goccia
d'amore, che tante volte ho visto tremare sulla punta del tralcio, umile immagine di Dio,
dice che un amore percorre il mondo, sale lungo i ceppi di tutte le vigne, di tutte le vite. E
perfino le mie spine ha fatto rifiorire. Viene da prima di me e va oltre me. Viene da Dio, e
dice a questo piccolo tralcio: Ho bisogno di te per una vendemmia di sole e di miele. Ho
bisogno di te, anche di un grappolo solo, perch senza i vostri tralci la vite sterile. Parole
centrale oggi: rimanete in me, noi siamo gi in Dio, Dio gi in noi, siamo percorsi da
Lui, non c' da cercarlo lontano, qui, dentro, scorre nelle vene dell'essere. E poi
portare frutto, il nome nuovo della morale evangelica non sacrificio ma fecondit, non
ubbidienza ma espansione, non rinuncia ma centuplo. Non di penitenze c' bisogno, ma di
frutti con dentro un buon sapore di vita, a dissetare l'arsura delle cose. Nessun albero
consuma i propri frutti, nessuna vite; essi sono portati, sono offerti per la gioia e l'alimento
delle altre creature. Questa la perfezione: maturare e dimenticarsi nel dono. (Letture: Atti
degli Apostoli 9,26-31; 1 Giovanni 3,18-24; Giovanni 15,1-8)
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ci distruggiamo. Non dice neanche: amate gli altri con la misura con cui amate voi stessi.
Conosco gli sbandamenti del cuore, i testacoda della volont, io non sono misura a
nessuno. Dice invece: amatevi come io vi ho amato. E diventa Dio la misura dell'amore.
Ma poi ecco che Lui ad assumere un nostro modo di amare, l'amicizia, lui a vestirsi di
una misura umana (voi siete miei amici). L'amicizia un mettersi alla pari, dentro il
gruppo e non al di sopra, dice uguaglianza e gioia. L'amicizia umanissimo strumento di
rivelazione: tutto ho fatto conoscere a voi: il tutto di una vita non si impara da lezioni o da
comandi, ma solo per comunione ed empatia d'amico. E poi di nuovo la misura assoluta
dell'amore, dentro un verbo brevissimo, che spiega tutto: dare. Nel Vangelo il verbo amare
sempre tradotto con il verbo dare (non c' amore pi grande che dare la vita); non gi
sentire o emozionarsi, ma dare; quasi un affare di mani, di pane, di acqua, di veste, di
tempo donato, di porte varcate, di strade condivise. Dare la vita, cio tutto, perch l'unica
misura dell'amore amare senza misura. Amore che non protegge, ma espone; amore che ti
assedia ed a sua volta assediato, come lampada nel buio, come agnello tra i lupi.
Minacciato amore, sottile come il respiro, possente come le grandi acque, da me custodito
e che mi custodisce, materia di cui fatto Dio e respiro dell'uomo. (Letture: Atti 10, 25-27.
34-35. 44-48; Salmo 97; 1 Giovanni 4, 7-10; Giovanni 15, 9-17)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
21/05/2009
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Ges. Di una missione che ricevono, e io con loro: Annunciate. Niente altro. Non dice:
organizzate, occupate i posti chiave, emanate leggi, ma semplicemente: Annunciate. Che
cosa? Il Vangelo. Non le mie idee pi belle, non la soluzione di tutti i problemi, non una
politica o una teologia migliori: solo il Vangelo, la storia di Cristo. E mi sembra persino
facile, quando lo amo e lo respiro! L'ultimo versetto chiude il Vangelo di Marco e al
contempo apre il mio: Il Signore operava insieme con loro. Il verbo greco suona cos: Il
Signore era la loro energia. Cristo, il Vicino-lontano, forza del cuore, sinergia degli amori.
Una famosa preghiera dice: Cristo non ha mani se non le nostre mani; non ha piedi se non
i nostri piedi. Vorrei capovolgere questa preghiera e dire: Sono io che non ho mani se non
sono le mani di Cristo. Io che non ho voce, non ho parole, non desideri o sogni veri, se non
sono quelli venuti dal Vangelo. Non ho un mio amore se non sinergia con l'amore di Dio.
(Letture: Atti degli Apostoli 1,1-11; Salmo 46; Efesini 4,1-13; Marco 16,15-20)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
28/05/2009
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venuto perch tutti gli uomini si scoprano figli e vivano da fratelli; di un crocifisso amore
che toglie il peccato del mondo: Vi do il potere di togliere i peccati. Ges conferisce
all'uomo spirituale un potere anteriore a tutti i riti della penitenza, pi profondo di tutte le
formule di assoluzione. Se vivi il progetto di Cristo anche tu togli il male, purifichi, liberi,
fai avanzare; anche tu strada e vento, come lo Spirito, per le vele del mondo. (Letture: Atti
2,1-11; Salmo 103; Galati 5,16-25; Giovanni 15,26-27; 16,12-15.)
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l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
11/06/2009
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Se riuscir anche solo a toccare le sue vesti, sar salvata. E subito le si ferm il flusso di
sangue e sent nel suo corpo che era guarita dal male (...) Il Vangelo racconta di due donne
guarite, una potenza che esce da Ges, una mano che ti prende per mano. Per riportare nel
mondo la speranza promessa dalla prima lettura: le creature del mondo sono portatrici di
salvezza, in esse non c' veleno di morte (Sap 1, 13-15). Nel breve tragitto tra la sponda del
lago e la casa di Giiro come se Ges fosse ancora sulla barca in bala della burrasca,
assediato da una folla che porta il veleno della malattia e della morte. Dalla tempesta sul
lago alla tempesta della vita: la gente che preme, il vento della disperazione, le onde della
sofferenza. Il cuore, sorretto dalla parola di Dio, dice vita, l'esperienza risponde morte.
Eppure nelle creature del mondo c' salvezza: germoglio che deve ancora fiorire, seme da
cui germoglier l'albero grande. Riprendiamo a sillabare lo stupore dell'esistenza: tu, mio
familiare, mio amico; tu, fratello sconosciuto, tu porti salvezza. Dio ti ha fatto buono e
sano, senza radice di veleno: tu doni salute all'anima. Davanti a te Dio ha gridato: Come
sei bello, figlio mio!. Figlia mia dir Ges alla donna guarita, con una parola
dolcissima. Adesso s sei figlia, ora s guarita e libera, ora che il cuore impaurito di felicit
ode Dio che ti chiama per specchiarsi nei tuoi occhi. Ora a tua volta darai salute. Il
racconto per due volte parla di fede. Quella della donna quasi superstizione, quella di
Giiro fede sopraffatta d'amore per la figlia. Forse poca cosa, eppure a Dio basta. E noi
dovremmo, come Ges, godere di ogni segno minimo di fede, di ogni appartenenza
parziale, essere amici della fede a frammenti di ogni creatura. Fragile fede, che per questo
ha ancora pi bisogno di Lui. Ciascuno di noi quella fanciulla di dodici anni nella casa
del pianto. Ciascuno ha qualcosa di morto dentro, per ciascuno Ges ripete: Talit kum!,
giovane vita, alzati! Riprendi la gioia, la lotta, la scoperta, l'amore. La fanciulla che dorme
la speranza, virt bambina che occorre svegliare ogni giorno, farla alzare, rimettere in
cammino. Ges dice: lzati, verbo di ogni nostro mattino, quando ogni giorno come il
giorno di Pasqua. L dove l'uomo si fermato, Dio fa ripartire, rid bellezza a ci che
appassito, verticalit a ci che stanco. Su ogni creatura, su ogni fiore, su ogni uomo
scende la benedizione delle antiche parole: tu sei portatore di salvezza! Talit kum:
alzati, rivivi, risplendi! (Letture: Sapienza 1,13-15; 2,23-24; Salmo 29; 2 Corinzi 8,7.9.1315; Marco 5,21-43)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
25/06/2009
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mondo la speranza promessa dalla prima lettura: le creature del mondo sono portatrici di
salvezza, in esse non c' veleno di morte (Sap 1, 13-15). Nel breve tragitto tra la sponda del
lago e la casa di Giiro come se Ges fosse ancora sulla barca in bala della burrasca,
assediato da una folla che porta il veleno della malattia e della morte. Dalla tempesta sul
lago alla tempesta della vita: la gente che preme, il vento della disperazione, le onde della
sofferenza. Il cuore, sorretto dalla parola di Dio, dice vita, l'esperienza risponde morte.
Eppure nelle creature del mondo c' salvezza: germoglio che deve ancora fiorire, seme da
cui germoglier l'albero grande. Riprendiamo a sillabare lo stupore dell'esistenza: tu, mio
familiare, mio amico; tu, fratello sconosciuto, tu porti salvezza. Dio ti ha fatto buono e
sano, senza radice di veleno: tu doni salute all'anima. Davanti a te Dio ha gridato: Come
sei bello, figlio mio!. Figlia mia dir Ges alla donna guarita, con una parola
dolcissima. Adesso s sei figlia, ora s guarita e libera, ora che il cuore impaurito di felicit
ode Dio che ti chiama per specchiarsi nei tuoi occhi. Ora a tua volta darai salute. Il
racconto per due volte parla di fede. Quella della donna quasi superstizione, quella di
Giiro fede sopraffatta d'amore per la figlia. Forse poca cosa, eppure a Dio basta. E noi
dovremmo, come Ges, godere di ogni segno minimo di fede, di ogni appartenenza
parziale, essere amici della fede a frammenti di ogni creatura. Fragile fede, che per questo
ha ancora pi bisogno di Lui. Ciascuno di noi quella fanciulla di dodici anni nella casa
del pianto. Ciascuno ha qualcosa di morto dentro, per ciascuno Ges ripete: Talit kum!,
giovane vita, alzati! Riprendi la gioia, la lotta, la scoperta, l'amore. La fanciulla che dorme
la speranza, virt bambina che occorre svegliare ogni giorno, farla alzare, rimettere in
cammino. Ges dice: lzati, verbo di ogni nostro mattino, quando ogni giorno come il
giorno di Pasqua. L dove l'uomo si fermato, Dio fa ripartire, rid bellezza a ci che
appassito, verticalit a ci che stanco. Su ogni creatura, su ogni fiore, su ogni uomo
scende la benedizione delle antiche parole: tu sei portatore di salvezza! Talit kum:
alzati, rivivi, risplendi! (Letture: Sapienza 1,13-15; 2,23-24; Salmo 29; 2 Corinzi 8,7.9.1315; Marco 5,21-43)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
02/07/2009
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straniero in patria perch le sue parole vengono da un mondo altro. Allora si apre il
conflitto tra Nazaret e questo "altrove", tra il quotidiano e l'oltre. A Nazaret tutto dice: hai
qui il tuo clan, una madre, fratelli e sorelle; questo il mondo, non ce n' un altro. Hai un
lavoro, la sinagoga e il Libro, questo basta a dare senso alla vita. Cosa vai cercando con il
cuore fra le nuvole? E invece il giovane rabbi spiazzava figli e genitori, lavoratori e
contabili: amate i vostri nemici; lascia i morti seppellire i loro morti, tu vieni e seguimi;
felici i poveri, sono i principi del Regno; guardate i fiori del campo e non preoccupatevi;
guai a voi farisei che imponete agli altri pesi che non toccate con un dito; se non
diventerete come bambini... Come gli abitanti di Nazaret, anche noi siamo una generazione
che ha sprecato i suoi profeti, ha dissipato i suoi uomini di Dio. Come loro livelliamo tutto
verso il basso: solo un falegname, il fratello di Ioses, lo conosco bene, conosco i suoi
difetti uno per uno. Di un uomo cogliamo solo la linea d'ombra, e cos ci precludiamo lo
splendore di epifania del quotidiano, l'eterno che si insinua nell'istante e nella creatura.
Salviamo almeno lo stupore! Il brano si chiude con la sorpresa di Ges, la meraviglia
dolente dell'amante respinto che per continua ad amare, a inventare gesti, anche minimi,
per dire che di noi non stanco. E l non poteva compiere nessun prodigio, dice Marco; ma
subito si corregge: Solo impose le mani a pochi malati e li guar. L'amore respinto continua
ad amare, il Dio rifiutato si fa ancora guarigione. L'amore non stanco, solo stupito; ma
non nutre rancori. Gi lo aveva capito Ezechiele, profeta di profezie respinte: ascoltino o
non ascoltino, sapranno almeno che un profeta in mezzo a loro. Dio ha deciso di farsi
compagnia del suo popolo, ha deciso di essere nel quotidiano di ciascuno, oggi come in
esilio e un giorno, forse gi domani, come stupore, seme di fuoco in mezzo al cuore.
(Letture: Ezechiele 2,2-5; Salmo 122; 2 Corinzi 12,7-10; Marco 6,1-6)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
09/07/2009
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cose. Perch vivrai dipendente dal cielo e dagli altri, di pane condiviso e di fiducia. Perch
l'abbondanza di mezzi non spenga la tua creativit e la fiducia nella potenza della Parola.
L'annunciatore deve essere cos: infinitamente piccolo, solo allora l'annuncio sar
infinitamente grande. Tutto in noi domanda la vicinanza di un amico. Niente in noi postula
questa nudit di croce, Vangelo che consola e poi sgomenta: non portate nulla. Come Ges,
povero di tutto, ma non di amici; senza un luogo dove posare il capo, ma non senza case
amiche dove confortare il cuore. Entrati in una casa l rimanete. Il punto di arrivo la casa,
non la sinagoga o il tempio. Nella casa, dove naturale la sincerit del cuore, l Dio ti
sfiora, ti tocca. Lo fa in un giorno di festa, quando dici a chi ami parole stupefatte e che si
vorrebbero eterne. Lo fa in un giorno di lacrime, quando l'amarezza soffoca la speranza. Il
cristianesimo deve essere significativo l, nella casa, nei giorni della festa e in quelli del
dramma, nei figli prodighi, quando Caino si alza di nuovo, quando l'amore sembra finito e
ci si separa, quando l'anziano perde il senno o la salute. L dove la vita celebra la sua festa
e piange le sue lacrime, scende come pane e come sale, sta come roccia la Parola di Dio.
L'annuncio fatto di poche parole e di molto stile di vita. Per farsi credere il Vangelo ha
bisogno ancora oggi di un anticipo di corpo, di un capitale di incarnazione: lo stile dei
testimoni e dei martiri, una Parola scritta su tavole di carne. (Letture: Amos 7,12-15; Salmo
84; Efesini 1,3-14; Marco 6,7-13)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
16/07/2009
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essere riempiti della sua Presenza, per innamorarsi di nuovo. Ne scelse Dodici, scrive
Marco, perch stessero con Lui. Stare con lui il primo lavoro di ogni inviato. Solo
dopo, dopo aver accolto la sua persona prima ancora che il suo messaggio, solo dopo quel
contagio di luce, li mander a predicare. Sbarcando, vide molta folla ed ebbe compassione
di loro. Ges preso in un dilemma fra la stanchezza degli amici e lo smarrimento della
folla. Partito con un programma importante, ora pronto a cambiarlo. Partiti per restare
soli e riposare, i Dodici imparano ad essere a disposizione dell'uomo, sempre. A non
appartenere a se stessi, ma al dolore e all'ansia di luce della terra. La prima cosa che i
discepoli imparano da Ges quella di semplicemente, divinamente commuoversi. Il
tesoro che porteranno con s dalla riva del lago il ricordo dello sguardo di Ges che si
commuove. Lo stesso tesoro che i cristiani devono salvare oggi: il miracolo della
compassione. (Letture: Geremia 23,1-6; Salmo 22; Efesini 2,13-18; Marco 6,30-34)
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condividerlo basterebbe per tutti (David Maria Turoldo). Ges rifiuta di essere fatto re ma
non rifiuta l'acclamazione a profeta. La profezia gli si addice: bocca di Dio e bocca dei
poveri. Ma dal potere, da tutto ci che circonda il nome di re, fugge lontano. Non il potere,
dunque, ma la profezia per me cristiano, per l'intera Chiesa: essere bocca di Dio e voce dei
poveri il lievito buono che il cristiano fornisce al mondo. (Letture: 2 Re 4,42-44; Salmo
144; Efesini 4,1-6; Giovanni 6,1-15)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
30/07/2009
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
06/08/2009
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discepoli, rimprover Pietro e disse: Va' dietro a me, Satana! Perch tu non pensi secondo
Dio, ma secondo gli uomini. (...) La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo? Dicono
che sei un profeta: una creatura di fuoco e roccia, di fuoco e luce, come Elia, come il
Battista; dicono che sei voce di Dio e suo respiro. Ges non si sofferma oltre su ci che
dice la gente. Lui sa che la verit non risiede nei sondaggi d'opinione. E pone la grande
domanda, quella che fa vivere la fede: E voi, chi dite che io sia? Una domanda da custodire
e amare, perch il Signore ci educa alla fede attraverso domande: tu, con il tuo cuore, la tua
storia, il tuo peccato e la tua gioia, tu, cosa dici di Ges? Ora non servono pi libri o
formule di catechismo; ognuno uscito dalle mani di Dio, ognuno caduto e risorto, affamato
e incamminato deve dare la sua risposta. La Bibbia piena di nomi di Dio - pastore,
sorgente, fuoco, rugiada, vino, amante, braccio forte, carezza -: a Dio si addicono tutti i
nomi. Un salmo lo chiama roccia e nido (84,4); un altro sole e scudo (5, 13), ma
ancora ci che la gente dice, anche se con parole sante. C' un ultimo nome, il nome che
gli d il mio patire e il mio gioire, che contiene il mio sapore di Dio, che viene dall'averlo
molto cercato, qualche volta sentito, in qualche modo sfiorato con le dita dell'anima: tu sei
il Cristo. Non una persona di ieri, come Elia o il Battista, non un ricordo, niente sei tra le
cose passate. Ma Cristo cos' per me? Per me vivere Cristo, ha detto Paolo; per me,
adesso, Cristo significa vivere. Gi solo nominarlo equivale a confortare e intensificare la
vita, pi Cristo equivale a pi io. E cominci a insegnare loro che il figlio dell'uomo
doveva molto soffrire. Pietro si ribella, come mi ribello anch'io. Un Dio di molto patire non
ci che mi attendevo. Posso seguire le indicazioni spirituali di Ges, le sue regole morali
mi convincono, mi seduce un Ges guaritore e camminatore, accogliente e amicale, libero
come nessuno, posso avere gli stessi suoi sentimenti. Ma la croce! La croce l'impensabile
di Dio, il mezzo pi scandalosamente povero, ma anche l'abisso dove Dio diviene
l'amante, amore fino alla fine, senza inganno alcuno, Dio affidabile. Solo allora i discepoli
capiranno chi Ges: disarmato amore, crocifisso amore, e per questo vincente. Se
qualcuno vuol venire dietro di me, prenda su di s una vita che sia simile alla mia, che sia
croce e dono, non per patire di pi, ma per far fiorire di pi la zolla di terra del cuore, e poi
essere nella vita datore di vita. Come Lui. (Letture: Isaia 50,5-9a; Salmo 114; Giacomo
2,14-18; Marco 8,27-35).
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Per paura non lo interrogano, per vergogna non gli rispondono, si isolano da lui: meglio il
buio che la luce. Nei Dodici si esprime la mentalit che si dirama ovunque in tutte le vene
del mondo: competere, primeggiare, imporsi, chi il pi grande?. A questa voglia di
potere, che principio di distruzione della convivenza umana, Ges contrappone il suo
mondo nuovo: Se uno vuol essere il primo sia il servitore di tutti. Servo non per
rinuncia, ma per prodigio di coraggio. Servire: verbo dolce e pauroso insieme, perch il
nostro piacere prendere, accumulare, comandare, non certo essere servi. Invece servizio
il nome nuovo della storia, il nome segreto della civilt. Ma questo non basta, c' un
secondo passaggio: Servitore di tutti dice Ges, senza limiti di gruppo, di famiglia, di
etna, di chi lo meriti o non lo meriti, senza porre condizioni. Ma non basta ancora, c' un
terzo gradino: prese un bambino e lo mise in mezzo il pi inerme e disarmato, il pi
indifeso e senza diritti, il pi debole tra gli ultimi! Se non sarete cos...Parole mai dette
prima, mai pensate prima, scandalo per i giudei, follia per i greci, ma parole finalmente
liberate come uccelli, come angeli, a raggiungere i confini del cuore. Diventate come
bambini che vivono solo perch sono amati. Ges abbraccia il pi piccolo perch nessuno
sia perduto, non una briciola di pane, non un agnello del gregge, non due spiccioli di un
tesoro. Neppure un capello del vostro capo andr perduto, neppure un passero cade a
terra e come potrebbe andare perduto un bambino? Da l parte il Signore Ges,
dall'infinitamente piccolo inizia la sua cura perch nessuno si senta escluso. Dio e l'uomo
hanno oggi nomi inusuali: servitore, bambino, ultimo! Il servitore di tutti, il bambino per
cui il solo fatto di esistere estasi, l'ultimo. Sono quelle parole abissali: o ti conquistano o
le cancelli per paura che siano loro ad abbattere il tuo sistema di vita. Il mondo nuovo, il
mondo altronasce da un verbo ripetuto quattro volte nell'ultima riga del Vangelo: Chi
accoglie uno solo di questi bambini, accoglie me; chi accoglie me non accoglie me ma
Colui che mi ha mandato. La vulnerabilit della vita nella sua fragilit il luogo da cui
prende le mosse l'etica condivisa (Ricoeur). La Chiesa o accogliente o non . Accogliere
un bambino accogliere Dio. Il volto di Dio inizia dal volto dell'altro (Levinass). (Letture:
Sapienza 2,12.17-20; Salmo 53; Giacomo 3,16-4,3; Marco 9,30-37)
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della verit. La risposta di Ges, l'uomo senza barriere, di quelle che possono segnare una
svolta della storia: gli uomini sono tutti dei nostri, come noi siamo di tutti. Prima di tutto
l'uomo. Quando un uomo muore, non domandarti per chi suona la campana: essa suona
sempre un poco anche per te (John Donne). Tutti sono dei nostri. Tutti siamo "uno" in
Cristo Ges. Anzi, si pu essere di Cristo anche senza appartenere alla sua istituzione,
perch la Chiesa strumento del Regno, ma non coincide con il Regno di Dio, che ha altri
confini. Compito dei discepoli non classificare l'altro, ma ascoltarlo. Profeta chi ascolta
il soffio della primavera dello Spirito, che non sai da dove viene, che non conosce la
polvere degli scaffali, la polvere delle frasi gi fatte, delle musiche gi imparate. Ascoltare
la sinfonia del gemito di un bambino: anche questa profezia. Imparare a sentire e a
lasciarsi ferire dal grido dei mietitori defraudati (Gc 5,4): anche questa profezia.
Ascoltare il mondo e ridargli parola, perch tutto ci che riguarda l'avventura umana
riguarda me: sono un uomo e nulla di ci che umano mi estraneo (Terenzio). Ma
l'annuncio di Ges ancora pi coraggioso: ti porta dal semplice non sentirti estraneo al
gettarti dentro: dentro il grido dei mietitori, dentro lo Spirito dei profeti. Ti porta a vivere
molte vite, storie d'altri come fossero le tue. Ti dar cento fratelli, dice, cento cuori su cui
riposare, cento labbra da dissetare, cento bocche che non sanno gridare, di cui sarai voce. Il
Vangelo termina con parole dure: Se la tua mano, il tuo piede, il tuo occhio ti
scandalizzano, tagliali, gettali via. Vangelo delle cicatrici, ma luminose, perch le parole
di Ges non sono l'invito a un'inutile automutilazione, sono invece un linguaggio figurato,
incisivo, per trasmettere la seriet con cui si deve pensare alle cose essenziali. Anche
perdere ci che ti prezioso, come la mano e l'occhio, non paragonabile al danno che
deriva dall'aver sbagliato la vita. Ci invita il Signore a temere di pi una vita fallita che non
le ferite dolorose della vita. (Letture: Numeri 11,25-29; Salmo 18; Giacomo 5,1-6; Marco
9,38-43.45.47-48)
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obbedienza a norme. Ci porta a respirare un sogno, l'aria degli inizi: in principio, prima
della durezza del cuore, non fu cos; a respirare con il respiro di Dio, che non pu essere
ridotto a norma, e che riparte da parole folgoranti: non bene che l'uomo sia solo! Nel
regno della bellezza e della gratuit, nel cuore dell'Eden, Dio scopre un non-bene, una
mancanza che precede la colpa originale, un male pi antico del peccato: la solitudine, il
primo nemico della vita. Neanche Dio pu stare solo (Turoldo). Dio contro la
solitudine, in se stesso relazione, estasi, esodo, comunione. In principio, il legame.
Costitutivo della vita stessa di Dio, Trinit. A Lui interessa che nessuno sia soffocato dalle
spire della solitudine: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile. Aiuto parola
bellissima che riempie i salmi, che deborda dalle profezie, gridata nel pericolo, invocata
nel pianto, molto pi di un supplemento di forza o di speranza, indica una salvezza
possibile e vicina. Eva e Adamo sono l'uno per l'altro aiuto simile, salvezza che
cammina a fianco, una carne sola. In principio, prima della durezza del cuore, era cos.
L'uomo non divida quello che Dio ha congiunto. Non contaminare il sogno di Dio, ecco
l'imperativo. Ma questo non avviene a causa di una sanzione giuridica che ratifica la fine di
un patto nuziale, ma accade a monte, per cento eventi, per quei comportamenti che
producono l'indurimento del cuore e non sanno mantenere vivo l'amore: l'infedelt, la
mancanza di rispetto, l'offesa alla dignit, l'essere l'uno per l'altro non causa di vita ma di
morte quotidiana... Un matrimonio che non si divide non una norma difficile da
osservare, vangelo, lieta notizia che l'amore possibile, che pu durare oltre, che il
cuore tenero capace di un sogno che non svanisce all'alba, e che secondo il cuore di
Dio, Lui il molto-tenero... (Letture: Genesi 2,18-24; Salmo 127; Ebrei 2,9-11; Marco
10,2-16)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
08/10/2009
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Il giovane ricco dice no al tesoro in cielo Triste la vita dell'osservante senza amore
XXVIII Domenica del Tempo Ordinario Anno B In quel tempo, mentre Ges andava per la
strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domand:
Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredit la vita eterna?. Ges gli disse:
Perch mi chiami buono? Nessuno buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti:
"Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non
frodare, onora tuo padre e tua madre". Egli allora gli disse: Maestro, tutte queste cose le
ho osservate fin dalla mia giovinezza. Allora Ges fiss lo sguardo su di lui, lo am e gli
disse: Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro
in cielo; e vieni! Seguimi!. Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne and
rattristato; possedeva infatti molti beni. Ges, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi
discepoli: Quanto difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di
Dio!. (...) Una grande domanda, quella dell'uomo ricco e senza nome: Maestro buono,
cosa devo fare per trovare la vita? La risposta di Ges appare solenne, eppure quasi
deludente: elenca cinque comandamenti che riguardano il prossimo, e ne aggiunge un
sesto, non frodare. Ma l'uomo ricco non soddisfatto: tutto questo l'ho sempre osservato.
Dovrei essere in pace e invece mi manca qualcosa. Cosa c' di meglio del dovere
compiuto, tutto e sempre? Eppure all'uomo non basta. Inquietudine divina, tarlo luminoso
che rode le false paci dell'anima e fa nascere i cercatori di tesori. Ges lo fissa, dice Marco,
come se prima non l'avesse neppure visto, e vede apparire, farsi largo, avanzare un
cercatore di vita. E lo ama. Poi parla: vendi tutto, dona ai poveri, segui me. L'uomo si
spaventa e si rattrista per quelle tre parole. Marco usa un verbo come per il cielo che
diventa cupo: il suo volto si oscura. Era arrivato correndo, se ne va camminando. L'uomo
che fioriva di domande se ne va muto. Il ribelle si arreso, il cercatore si spaventato: la
vetta troppo lontana, ci vuole troppo coraggio. E non capisce che la felicit dipende non
dal possesso ma dal dono, che il cuore pieno dipende non dai beni (Luca 12,15) ma dai
volti, che la sicurezza non nel denaro, ma nelle mani del Pastore grande. E per tutta la
vita rester cos, onesto e triste, osservante e cupo. Quanti cristiani sono come lui, onesti e
infelici. Osservano tutti i comandamenti, tutti i giorni, come lui, e non hanno la gioia: lo
fanno per ottenere qualcosa, per avere e non per essere, lo fanno come dentro un universo
carcerario dove quasi tutto proibito e il resto obbligatorio. Tutto sanzionato da premio o
castigo. E il cuore assente, una morale senza amori. Ges propone all'uomo ricco la
comunione, cento fratelli, ma egli preferisce la solitudine; propone un tesoro di persone,
egli ne preferisce uno di cose. Propone se stesso: segui me, la mia vita sorgente di vita
buona, bella e beata. Ma l'uomo segue il denaro. Tutto finito? No, a conclusione ecco un
sussulto di speranza in una delle parole pi belle di Ges: tutto possibile presso Dio. La
passione di Dio moltiplicare per cento quel poco che hai, quel nulla che sei e riempirti la
vita di affetti e di luce: ti dar un tesoro di volti, non possederai nulla eppure godrai del
mondo intero, sarai povero e signore, come me. Seguirti, Signore, stato il migliore
affare della mia vita. (Letture: Sapienza 7,7-11; Salmo 89; Ebrei 4,12-13; Marco 10,17-30).
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tutto ci che sappiamo dell'amore / che l'amore tutto (E.Dickinson). Sono venuto per
essere servo. La pi spiazzante di tutte le definizioni di Dio. Parole da vertigine: Dio mio
servitore! Dio non tiene il mondo ai suoi piedi, inginocchiato Lui ai piedi delle sue
creature. I grandi della storia erigono troni al proprio ego smisurato, Dio non ha troni,
cinge un asciugamano e vorrebbe fasciare le ferite della terra con bende di luce. Non
cercarlo al di sopra dei cieli disceso e si dirama nelle vene del mondo, non sopra di te ma
in basso, il pi vicino possibile alla tua piccolezza. Perch essere sopra l'altro la massima
distanza dall'altro. L'Onnipotente pu solo ci che l'amore pu: servire ogni respiro, invece
di mietere le nostre povere messi seminare ancora ad ogni stagione. Capovolgimento,
punto di rottura dei vecchi pensieri su Dio e sull'uomo. Appare un tutt'altro modo di essere
da cui germina la parola di Ges: Tra voi non sia cos!. Tra voi cose di cielo! Tra voi un
altro mondo! Tra voi una storia altra, un altro cuore! E farai cos, perch cos fa Dio. Ma io
tremo se penso alla brocca e all'asciugamano. cos duro servire ogni giorno, custodire
germogli, vegliare sui primi passi della luce, benedire ci che nasce. Il cuore subito
stanco. Non resta che lasciarsi abitare da lui, irradiare di vangelo. Se Dio nostro servitore,
servizio il nome nuovo della storia, il nome segreto della civilt. (Letture: Isaia
53,2a.3a.10-11; Salmo 32; Ebrei 4.14-16; Marco 10,35-45)
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espressione Marco ci offre una delle sintesi pi belle di cosa sia l'azione pastorale, non
compito di esperti ma missione di ogni discepolo: coraggio, alzati, ti chiama. Ed ecco che
si libera tutta una energia compressa, l'energia della vita, tutto sembra improvvisamente
eccessivo, esagerato. Bartimeo non parla, grida; non si toglie il mantello: lo getta; non si
alza in piedi, balza. La fede moltiplicazione di vita, un eccesso illogico e bello, vita in
pienezza. Anche noi, mendicanti di luce, almeno una volta, dietro ad una parola del
Vangelo, abbiamo lasciato i nostri angoli bui, la vita seduta, le vecchie strade e forse,
quando ci siamo buttati nel volo, si sono aperte strade nel sole, ali che non sapevamo di
avere. (Letture: Geremia 31,7-9; Salmo 125; Ebrei 5,1-6; Marco 10,46-52).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
29/10/2009
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percorso, a partire da me ma non per me, per un mondo che ha bisogno di esempi
raccontabili, di storie del bene che contrastino le storie del male, di cuori puri e liberi che si
occupino della felicit di qualcuno. E Dio si occuper della loro: Beati voi!. (Letture:
Apocalisse 7,2-4.9-14; Salmo 23; 1 Giovanni 3,1-3; Matteo 5,1-12a)
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19/11/2009
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I Domenica di Avvento Anno C In quel tempo, Ges disse ai suoi discepoli: Vi saranno
segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il
fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ci
che dovr accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora
vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. [...] State
attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e
affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso [...]. Vegliate in
ogni momento pregando, perch abbiate la forza di sfuggire a tutto ci che sta per
accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo. Avvento parola la cui radice latina
significa: venire accanto, farsi vicino. il tempo in cui tutto si fa pi vicino: Dio all'uomo,
l'altro a me, io al mio cuore. sempre tempo d'Avvento, allora, sempre tempo di
abbreviare distanze, di conquistare vicinanza. Avvento quel tempo magnifico che sta tra il
gemito delle cose e la venuta di Cristo, lunga ora tra doglie e parto, di cui ci parla il
drammatico Vangelo di Luca. Dio ha giudicato il mondo e l'ha trovato lontano. Ma invece
di sdegnarsi, lui stesso che si carica della distanza, s'incarica di tutti i passi. Dio ha
giudicato l'uomo e l'ha trovato lontano. E invece di condannarlo, si pone in cammino a
ricucire i lembi della lontananza. Il Signore giudica me e mi trova con il cuore appesantito,
e viene pi vicino, lui l'unico che parla al cuore. Quando avverr tutto questo? Ges invece
di rispondere quando avverranno le cose ultime, indica come attenderle nel tempo
intermedio. Il quando avverranno adesso: il cristiano non evade, abita il quotidiano,
intercede, letteralmente cammina in mezzo, medicando le piaghe, curando i germogli. E
anche il germe divino, quel piccolo Dio che ha da fiorire in ognuno di noi. Attesa e
attenzione sono le due parole tipiche dell'Avvento. Attesa di Dio, Colui-che-viene,
eternamente incamminato verso di me. Attesa come di madre: la donna sa nel suo corpo, da
dentro, cosa significa attendere; il tempo pi sacro, pi creatore, pi felice. Attendere,
infinito del verbo amare. Tutte le creature attendono, anche il grano attende, e le pietre e la
notte, tutta la creazione attende un Dio che viene, che ha sempre da nascere. State attenti
che i vostri cuori non si appesantiscano. Vivere con attenzione, perch la pi grave
epidemia moderna la superficialit (R. Panikkar). Vivere attenti al cuore, prima di tutto,
perch la casa della vita, la porta di Dio. L'incarnazione non finita, accade
continuamente. Dio nasce perch io nasca. L'uomo non mai nato del tutto, e deve
affrontare la fatica di generarsi di nuovo, o sperare di essere generato... la speranza fame
di nascere del tutto, di portare a compimento ci che custodiamo in noi. Verr sulle nubi,
ma gi viene: nei piccoli gesti dei cuori puri, nella luce intima che indica la via, in una
delicatezza inattesa, viene attraverso le persone che amo e che ho accanto, come talenti.
Sono il suo linguaggio, la mano dei suoi doni. Ogni carne intrisa di Dio. (Letture:
Geremia 33,14-16; Salmo 24; 1 Tessalonicesi 3,12-4,2; Luca 21,25-28,34-36)
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sommi sacerdoti Anna e Cifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccara, nel
deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di
conversione per il perdono dei peccati, com' scritto nel libro degli oracoli del profeta
Isaa: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi
sentieri! Ogni burrone sar riempito, ogni monte e ogni colle sar abbassato; le vie tortuose
diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedr la salvezza di Dio!. Il
Vangelo chiama a confronto storia e profezia. La grande storia riassunta da Luca
nell'elenco iniziale di sette nomi propri che tracciano la mappa del potere politico e
religioso. Sono sette, a simboleggiarne la pienezza e a convocare tutto il potere di ogni
tempo e di ogni luogo. Alla geografia dei potenti sfuggono per un deserto, un uomo, una
parola. Il quasi-nulla, quanto basta tuttavia a mutare la direzione della storia: mentre a
Roma si decidevano le sorti dei popoli, mentre Pilato, Erode, Anna e Caifa si spartivano il
potere su quella terra assolata e passionale, su questo meccanismo perfettamente oliato,
cade un granello di sabbia del deserto, un granello di profezia: la Parola discese, a volo
d'aquila, sopra la sua preda, Giovanni, figlio di Zaccaria e figlio del miracolo, nel deserto.
La nuova capitale del mondo il deserto di Giuda. Lontano dalle capitali e dagli imperi, da
templi e da palazzi, la profezia l'estasi di una storia che non basta a se stessa. Nel deserto,
dove un uomo vale quanto vale il suo cuore, dove senza maschere e senza paure, solo nel
deserto la goccia di fuoco della profezia pu dare il suo frutto. La Parola fu su Giovanni.
In cinque semplicissimi termini racchiusa la mia e la tua vocazione. Chiamati ad essere
profeti: metto il mio nome al posto di quello del profeta, e so che molte volte ormai la
Parola venuta sopra di me, e non mi ha trovato. Ma so che deve venire, verr, perch di
me non stanca. Ha bisogno non di grandi profeti, ma di piccoli e quotidiani che, l dove
vivono, incarnino un progetto senza inganno o violenza, facciano risuonare parole pi
profonde, orizzonti chiari, lealt, coerenza, giustizia. E la misteriosa e mai revocata scelta
di Dio: fare storia con chi non ha storia, scegliere la via della periferia, entrare nel mondo
dal punto pi basso, da dove l'uomo soffre. Ciascuno di noi pu diventare voce di una
Parola, di una sillaba di Dio. Ma prima deve essere raggiunto, afferrato, conquistato da
Cristo. Per questo: Preparate le vie del Signore, inventate vie attraverso le quali la Parola
giunga fino al cuore; moltiplicate le strade della seduzione di Dio, date ogni giorno un po'
di tempo e un po' di cuore alla lettura del Vangelo, lasciatevi affascinare. E poi, nel tuo
eremo interiore, con perseveranza, rendi continuo come il respiro, normale come il pane, il
dialogo del cielo. (Letture: Baruc 5,1-9; Salmo 125; Filippesi 1,4-6.8-11; Luca 3,1-6)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
10/12/2009
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parole del profeta, Dio danza di gioia per l'uomo. Sofonia racconta un Dio felice il cui
grido di festa attraversa questo tempo d'avvento e ogni tempo dell'uomo e ripete, a me, a te,
ad ogni creatura: tu mi fai felice. Tu, festa di Dio. Dio seduce proprio perch parla il
linguaggio della gioia, perch il problema della vita coincide con quello della felicit
(Nietzsche). Mai nella Bibbia Dio aveva gridato. Aveva parlato, sussurrato, tuonato, aveva
la voce dei sogni; solo qui, solo per amore Dio grida. Non per minacciare, solo per amare.
Mentre il profeta intuisce la danza dei cieli e intona il canto dell'amore felice, il Battista
risponde alla domanda pi feriale, che sa di mani e di fatica e incide nei giorni: che cosa
dobbiamo fare?. E l'uomo che non possiede nemmeno una veste degna di questo nome,
risponde: chi ha due vestiti ne dia uno a chi non ce l'ha. Colui che si nutre del nulla che
offre il deserto, cavallette e miele selvatico, risponde: chi ha da mangiare ne dia a chi non
ne ha. Nell'ingranaggio del mondo Giovanni getta un verbo forte, dare. Il primo verbo
di un futuro nuovo. In tutto il Vangelo il verbo amare si traduce con il verbo dare (non c'
amore pi grande che dare la vita; chiunque avr dato anche solo un bicchiere d'acqua
fresca; c' pi gioia nel dare che nel ricevere"). legge della vita: per stare bene l'uomo
deve dare. Vengono pubblicani e soldati, pilastri del potere: e noi che cosa faremo?.
Non prendete, non estorcete nulla, non accumulate. Tre risposte per un programma
unico: tessere il mondo della fraternit, costruire una terra da cui salga giustizia. Il profeta
sa che Dio si trasmette attraverso un atteggiamento di rispetto e di venerazione verso tutti
gli uomini, e si trasmette come energia liberatrice dalle ombre della paura che invecchiano
il cuore. L'amore rinnova (Sofonia), la paura invecchia il cuore. E io, che cosa devo
fare?. Non di grandi profeti abbiamo bisogno ma di tanti piccoli profeti, che l dove sono
chiamati a vivere, anche non visti, giorno per giorno, siano generosi di giustizia, di pace, di
onest, che sappiano dialogare con l'essenza dell'uomo, portando se non la Parola di Dio
almeno il suo respiro alto dentro le cose di ogni giorno. Allora, a cominciare da te, si
riprende a tessere il tessuto buono del mondo. (Letture: Sofonia 3,14-18; Isaia 12; Filippesi
4,4-7; Luca 3,10-18).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
17/12/2009
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deposte ogni giorno. Dio viene come abbraccio. La preghiera di Maria non nasce nella
solitudine, ma nell'abbraccio di due donne, in uno spazio di affetto. Dio viene nelle mie
relazioni, mediato da persone, da incontri, da dialoghi, da abbracci. Le mie braccia
allargate sono appena l'inizio del cerchio. Un Amore pi vasto lo compir (M. Guidacci).
Benedetta tu fra le donne! La prima parola di Elisabetta una benedizione che da Maria
discende su tutte le donne. Benedetta sei tu fra le donne che sono, tutte, benedette. Ad ogni
frammento, ad ogni atomo di Maria, sparso nel mondo e che ha nome donna (G. Vannucci)
vorrei ripetere la profezia di Elisabetta: che tu sia benedetta, che benefico agli umani sia il
frutto dell'intera tua vita. Ogni prima parola tra gli uomini dovrebbe avere il primato della
benedizione. Dire a qualcuno ti benedico! significa vedere il bene in lui, prima di tutto
il bene e la luce, e il buon grano, con uno sguardo di stupore, senza rivalit, senza invidia.
Se non imparo a benedire chi ho accanto, la vita, non potr mai essere felice. Ogni prima
parola con Dio abbia il primato del ringraziamento. Come fa Maria con il suo Magnificat,
che il suo Vangelo: la lieta notizia dell'innamoramento di Dio, che ha posto le sue mani
nel folto della vita. Per dieci volte Maria ripete: lui, lui che guarda, lui che innalza,
lui che riempie, lui. Il centro del cristianesimo ci che Dio fa per me, non ci che io
faccio per Dio. Anch'io abiter la vita con tutta la mia complessit, con la parte di Zaccaria
che fatica a credere, di Elisabetta che sa benedire, con la parte di Maria che sa lodare, di
Giovanni che sa danzare, portando in molti modi il Signore nel mondo. E forse verr
pronunciata anche per me la parola: Benedetto sei tu perch porti il Signore, come Maria.
(Letture: Michea 5,1-4a; Salmo 79; Ebrei 10,5-10; Luca 1,39-45)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
24/12/2009
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nuovo e diverso. La sua nascita vuole la mia nascita. Ges non venuto a portare un
elenco di verit, ma vita da vivere; non ci ha comunicato una teoria religiosa, ma una forza
di vita. Ha dato il potere, afferma Giovanni, non la semplice opportunit o l'occasione di
diventare figli di Dio, ma il potere, la forza, l'energia, la vitalit per spalancare le porte, per
varcare le soglie. Il Verbo come forza in noi. In questa carne Cristo , in questi dubbi, in
questi abbandoni, in questa fatica di credere, in questa gioia di credere. in noi per dirci:
amo la tua solitudine, il tuo cercare, amo le tue lacrime, anche la tua debolezza. Non c'
nulla della tua vita che mi lasci indifferente. Tu mi interessi, con la storia del tuo cuore, con
la storia della tua casa. Voglio essere in te come luce e come sole, come strada e come
pane, come roccia e come nido. A quanti l'hanno accolto. Dio non si merita, si accoglie.
L'uomo diventa ci che accoglie in s, ci che lo abita. Vita vera essere abitati da Dio.
Ecco la profondit ultima del Natale: Dio nell'uomo. Se appena percepiamo qualcosa del
significato oceanico di queste due termini, Dio e uomo, intravediamo il dramma immenso
del Natale (Paolo VI). (Letture: Sircide 24, 1-4.12-16; Salmo 147; Efesini 1, 3-6.15-18;
Giovanni 1, 1-18)
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