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DCSS Training

Perchè la spina è curva? Parte 4


Faccio sempre un sacco di fatica quando si tratta di affrontare problemi di Statica non elementare
perché all’Università non inserii nel piano di studi l’esame di Scienza delle Costruzioni per
ingegneri elettronici.
Andava di moda, allora, il detto “non puoi essere un ingegnere se non passi Scienza delle
Costruzioni”. Regolarmente, se c’è un atteggiamento che mi fa incazzare è proprio il “come puoi
non farlo, lo fanno tutti, si è sempre fatto così ed è giusto che sia così!”.
Quando già nelle università estere i corsi erano snelli e specifici, noi avevamo una struttura
universitaria stile anni ’50 quando l’ingegnere era quello civile o, forse, meccanico. Perciò…
nemmeno sotto tortura avrei fatto quel cazzo di esame che con “elettronica” c’entrava quanto lo
step con il powerlifting.
E’ come un arco…
Per dare un’idea di come la spina si comporti sotto carico molto spesso trovate scritto “è come un
arco”, “si comporta come un arco”. Vediamolo, allora, come si comporta questo (beep) di arco!

Ecco una bella trave che sostiene un carico, indicato dalle frecce blu (perché sono di altezza
differente? Semplice, perché prima ho fatto i conti per l’arco, poi ho disegnato questa roba… vabbè,
tanto è un esempio, no?).
Non occorre essere laureati in ingegneria aerospaziale supergalattica per capire che la trave è
soggetta a delle tensioni interne che aumentano con l’allontanarsi dei plinti di sostegno: provate a
salire su una trave di legno messa in obliquo, vedrete che più è lunga e più flette a parità del vostro
peso.
Nel disegno la trave è composta da blocchi elementari che devono necessariamente essere
agganciati fra loro, in caso contrario verrebbero giù di schianto. Se il carico sovrastante supera i
limiti di resistenza della trave si ha un bel cedimento strutturale: in questo tipo di strutture il carico è
sostenuto esclusivamente dalle proprietà del materiale con cui sono composte.

1
Carichi
distribuiti

Curva delle
pressioni

Reazione
vincolari

Stabile!

Ecco un bell’arco a carico simmetrico composto da elementi, detti conci, a sezione rettangolare: le
frecce di carico precedenti sono speculari rispetto all’asse verticale dell’arco. La linea rossa è la
curva delle pressioni, che può essere determinata graficamente anche se di sicuro il procedimento
esula da questa trattazione.
L’arco è una struttura affascinante: scarica le forze sopra di lui sui plinti laterali, detti piedritti, la
curva delle pressioni indica come avviene questa redistribuzione. In pratica, più le forze del carico
sono sopra il centro dell’arco e più vengono “deformate” di lato per “convogliarle” sui plinti. Il
prezzo da pagare, molto poco per il risultato finale, è che su ogni plinto si scarica più della somma
delle forze del carico.

Superficie di contatto P
fra componenti
dell’arco

Asse
dell’arco
Forza perpendicolare
alla superficie di
contatto

La reazione vincolare
compensa totalmente
la forza incidente

2
La curva delle pressioni è un indice della stabilità dell’arco: per essere completamente stabile l’asse
dell’arco, la linea indicata nel disegno a sinistra, deve sovrapporsi alla curva delle pressioni. A
destra il motivo: i materiali edili resistono molto bene a forze puramente compressive, cioè
direzionate perpendicolarmente alla superficie di contatto dei conci. Se questo accade, l’arco sta su
da solo senza dover unire i singoli blocchi!
Mi ricordo che da piccolo il mio babbo mi portò ad una di quelle mostre scientifiche educative, e
c’era una zona in cui si poteva costruire un arco con delle costruzioni di plastica giganti che però
non avevano nessun sistema di aggancio. Era un po’ un casino per montarlo, ci volevano tre
bambini, ma appena veniva piazzato l’elemento più in alto sulla volta… magia, era come se si
irrigidisse tutto e ci si poteva camminare sopra.
A differenza di una trave, perciò, l’arco sostiene il carico grazie alla sua forma oltre che per la sua
composizione: è la sua geometria che gli fornisce stabilità!

Nemmeno
questo, ma
non glielo
Questo non è dico
stabile!

Due disegni di archi non stabili: più l’arco si discosta dalla forma della curva delle pressioni e più è
simile ad una trave, soggetto pertanto a stress tensivi tanto più elevati quanto maggiore è lo
scostamento.
Forza non
perpendicolare alla
superficie di contatto

P
Pc Pc

Pc
Pt Pt Crack!
P
Pt
La reazione vincolare
compensa solo la
componente
perpendicolare della
forza incidente

Nel dettaglio quello che accade:


 Un elemento dell’arco trasmette il carico all’elemento inferiore con una forza P non
perpendicolare alla superficie di contatto fra i due.
 Questa forza può essere scomposta in una componente compressiva, Pc, e una di taglio, Pt.
 La forza compressiva è compensata senza problemi dalla reazione dell’elemento inferiore, la
forza di taglio mette in tensione il punto di contatto fra gli elementi, “tirandoli” verso il basso.
 Solo le proprietà chimico-fisiche del materiale con cui è costruito l’arco impedisce a questo di
rompersi, ma la tensione è costante poiché non eliminabile. Se questa tensione è troppo elevata,
l’arco è soggetto a rotture.
E la spina dorsale?

3
Bene: la spina dorsale non è un arco! Semmai, sono più archi, perciò dire “è come un arco” è una
espressione usata per sottintendere “la spina dorsale ridistribuisce in altra maniera le forze esterne
che agiscono su di essa”, frase che, sebbene sia corretta, non è che poi aggiunga molto…
Ciak, si gira!

P1

P1

P0 P1 ?

Compressione e forze
Il comportamento finale di taglio anteriori
della spina dipende da
fattori aleatori

P1

Equilibrio Perturbazione P1

Compressione e forze
di taglio posteriori
Una ipotetica spina dorsale completamente dritta che sostiene un peso dato dalla forza Po: se ci
pensate, questa è la miglior struttura per sostenere una forza compressiva dato che gli elementi della
spina contrastano perfettamente l’azione del carico soprastante, senza nemmeno aver bisogno delle
forze muscolari.
Il problema, però, è che nel mondo reale accade un po’ di tutto e la vita sarebbe un tantino noiosa se
la forza P fosse eternamente costante… Ad un certo punto accade un qualche evento emozionante e
si ha una improvvisa perturbazione: la forza Po aumenta di botto e diventa P1
In qualche maniera la spina assorbirà l’urto deformandosi ma… come? Si piegherà a destra o a
sinistra? E’ impossibile stabilirlo a priori poiché idealmente questa struttura è perfettamente
verticale, ma di sicuro se non si piega da una parte si deformerà verticalmente schiacciandosi. Il
comportamento è determinato dalle piccole deviazioni rispetto alla verticalità, elementi aleatori che
dipendono da come è stata costruita la struttura, dalle tolleranze, dall’invecchiamento che ha
alterato le forme, dall’umore delle vertebre, dalla Voce di Dio sussurrata alle nostre orecchie…

4
P0
P1 P1

La struttura assorbe la
perturbazione
seguendo la sua
E’ incredibile!!!
curvatura!
Ma… che vuol dire?

Equilibrio Perturbazione Perturbazione


Facciamo invece una cosa ganza: deformiamo volontariamente la spina dorsale dritta per farla
diventare una specie di drago come nel disegno, in modo che in condizioni di equilibrio sia proprio
curva e poi schiacciamola di botto verso il basso.
La spina in questo caso si deformerà seguendo la forma delle sue curvature, sempre allo stesso
modo! La curvatura della spina rende il suo comportamento sotto carico prevedibile.
La forza
verticale…

… deforma la struttura
P0 facendo ruotare le vertebre
Muscolo segmentato
secondo la loro naturale
intervertebrale
(es. Semispinale) P1 fisiologia…

… la parte superiore del tronco


si sposta a sinistra…
… i processi
spinosi e trasversi
si allontanano fra
loro…
Muscolo segmentato
origine-inserzione … i muscoli si … la parte inferiore del tronco
(es. Ileocostale) contraggono per si sposta a destra…
impedirlo

… i muscoli si
contraggono per
impedirlo

Ogni muscolo della spina dorsale è segmentato, nel senso che è composto da più fasci che si
agganciano in punti diversi. Se analizziamo la disposizione di questi fasci possiamo classificare i
muscoli, con tutte le eccezioni del caso, in due macrocategorie: muscoli che connettono due o più
vertebre come il semispinale e muscoli che si originano dalla cresta iliaca e terminano sulle vertebre
o sulle costole, come riportato nel disegno a sinistra.
A destra ciò che succede quando aumento di botto il carico sulla spina:
 La spina si deforma a causa della rotazione, il cui verso è predeterminato, delle singole vertebre.
 Ruotando, le vertebre determinerebbero il collasso dell’intera struttura.
 I muscoli spinali intervengono: riavvicinano fra loro i processi spinosi e trasversi facendo contro
ruotare le vertebre, impediscono gli spostamenti sul piano frontale “tirando” indietro le vertebre.
La spina dorsale si comporta perciò come una molla, assorbendo al suo interno tutte le variazioni di
carico attraverso un meccanismo che posso definire “eccezionalmente geniale”: oltre alle proprietà
del materiale con cui è fatta, oltre alle geometrie dei costituenti elementari, è la sua intera forma che
determina il miglior comportamento possibile sotto carico! E’ per questo che la nostra spina dorsale
può sopperire a carichi impensabili quando i singoli pezzi sarebbero andati in frantumi da tempo!

5
Piano del corpo
Asse vertebrale
Asse
della longitudinale
forza della vertebra
P P
= = Zona a forze di
taglio anteriori

Zona a forze di
taglio posteriori

= = Zona a forze di
taglio anteriori

A sinistra, una rappresentazione di come la forza verticale che agisce sulla spina si trasmetta
attraverso le vertebre. Questo comportamento è il risultato dell’interazione fra forza, vertebre e
muscoli: il motivo di questa forma richiede una conoscenza abbastanza spinta della Statica, perciò
vi prego di fidarvi. Con un linguaggio poco scientifico ma molto colloquiale: poiché la forza deve
in qualche modo “curvare” ci saranno momenti in cui si troverà davanti alle vertebre e altri in cui si
troverà dietro, come visibile nel disegno a destra.
Al centro, il passaggio dai triangolini matematici alle vertebre fisiche: in maniera un po’ più
tecnica, in generale la forza non si propaga lungo l’asse longitudinale delle vertebre, pertanto è
possibile una scomposizione nelle due componenti compressiva e di taglio. Se la forza è “davanti”
alla vertebra, la forza di taglio sarà anteriore, se è “dietro” la forza di taglio sarà invece posteriore.
A destra un nuovo passaggio ai triangolini evidenziando queste due componenti per ogni vertebra: a
causa della forma a due C invertita esistono sempre tre zone ognuna relativa al verso delle forze di
taglio. Questo accade perché la spina è prima piegata in avanti, poi indietro, poi nuovamente in
avanti.
Come nel caso dell’arco, se la forza si propagasse perfettamente lungo gli assi longitudinali delle
vertebre non sarebbero presenti forze di taglio con conseguente minor impegno per le strutture
vertebrali. Chiaramente, ciò è non è impossibile ma solo altamente improbabile: la spina si deve
adattare a milioni di situazioni differenti mentre esiste solo una configurazione a forze di taglio
nulle… un po’ poco perché sia utile, no?
Dobbiamo ciucciarci un po’ di forze di taglio se vogliamo che la spina sia curva, uno scambio in cui
sicuramente ci guadagnamo se rimaniamo all’interno delle specifiche di progetto, altrimenti i pregi
si tramuteranno in difetti: la nostra spina è capace di sorreggere carichi enormi grazie alla sua
forma, perciò anche piccole alterazioni di questa a causa di “usura per uso improprio” determina un
degrado spropositato rispetto all’alterazione stessa.
In altre parole, piccoli squilibri muscolari, piccole compressioni, lievi alterazione degli assetti di
funzionamento possono causare un indebolimento enorme e i carichi che normalmente sollevereste
chiacchierando con l’amico diventano di colpo troppo elevati: voi però non lo sapete e continuate a
chiacchierare… crack! Frittata! Non è mia intenzione fare del terrorismo psicologico ma è ad
esempio da coglioni disintegrare una meraviglia del genere per una sboronata da complessati…
Un po’ di numerelli!

6
1 0

Compressione su vertebre - Taglio e compressione Forze muscolari


11,0 7,00
9

T1 10,0
8

T2 9,0 6,00

7
T3 8,0
T4 5,00
7,0
6

T5
6,0
5
T6 4,00
5,0
T7
4
4,0
L1 3,00
3,0
3

L2
2,0 2,00
2
L3
1,0
L4
1

0,0 1,00
L5

-1,0
L5 L4 L3 L2 L1 T7 T6 T5 T4 T3 T2 T1
-

-2 -1 - 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0

-
Ft 0,7 0,7 0,7 0,7 0,7 0,7 0,7 0,7 0,7 0,7 0,7 0,7 IC-L4 IC-L2 IC-T3 IC-T1 SS-L5 SS-L2 SS-L1 SS-T7 SS-T6 SS-T5 SS-T3
-1

Fc 3,5 8,5 7,8 7,1 6,4 5,7 4,9 4,2 3,5 2,8 2,1 1,4 F 0,71 0,71 0,71 0,71 4,95 4,24 3,54 2,83 2,12 1,41 0,71
-2

1 0

Compressione su vertebre - Taglio e compressione Forze muscolari


11,0 7,00
T1
9

10,0
T2
8

9,0 6,00
T3
7 8,0
T4 5,00
7,0
6

T5 6,0
5
4,00
T6 5,0

4
4,0
T7 3,00
3,0
3

L1
2,0 2,00
2
L2
1,0
L3
L4
L5 1

0,0 1,00

-1,0
L5 L4 L3 L2 L1 T7 T6 T5 T4 T3 T2 T1
-

-2 -1 - 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0

-
Ft 1,9 0,8 -0,4 -0,0 -0,5 -0,2 0,0 0,3 0,7 1,0 1,3 1,3 IC-L4 IC-L2 IC-T3 IC-T1 SS-L5 SS-L2 SS-L1 SS-T7 SS-T6 SS-T5 SS-T3
-1

Fc 2,9 5,7 4,7 4,0 4,0 4,2 4,3 4,4 4,2 3,7 2,6 1,3 F 1,09 -0,04 0,89 1,01 2,43 1,31 1,46 1,64 1,70 1,53 1,11
-2

Un paio di simulazioni con il mio modello della spina: questo ha valenza esclusivamente didattica e
non ha certo la pretesa di fornire risultati quantitativi. Per fare questo molte ipotesi che ho utilizzato
andrebbero verificate con dati sperimentali ma poiché il comportamento atteso è aderente a quanto
ho trovato nei vari studi che ho letto, è comunque una buona base di studio e mi è stato utile per
capire meglio questo enorme casino che è la spina dorsale.
In questo modello la spina ha:
 5 vertebre lombari, 7 vertebre toraciche. Le vertebre cervicali non sono state inserite in quanto
non sono utilizzate nello squat.
 Un ileocostale (IC) composto da 4 fasci muscolari che originano da un punto che rappresenta il
bacino, più in basso di L5, e si inseriscono su L4, L2, T3, T1.
 Un semispinato (SS) composto da 7 fasci muscolari fra L5 e L3, L3 e L1, L1 e T7, T7 e T6, T6
e T5, T5 e T4, T4 e T2.
Ho scelto questa configurazione dopo molte prove, sulla base dei risultati fisicamente più realistici:
a fronte di uno schema generale, le prove sperimentali servono proprio a scegliere il modello
migliore.
Ad esempio, le inserzioni sulle vertebre dell’ileocostale si alternano con quelle del semispinato:
utilizzando un ileocostale per la parte lombare e un semispinato per la parte toracica ho un brusco
incremento della forza sulle vertebre al passaggio da un muscolo all’altro, mentre alternandoli si
ottengono andamenti molto più graduali. Sarebbe interessante verificare l’ipotesi che il fitto
intersecamento dei fasci muscolari dei muscoli spinali serva proprio per ottenere distribuzioni di
forze “dolci” ed omogenee sulle strutture connettive.
Nella mia prossima reincarnazione voglio nascere ricercatore di queste cose. Anzi, ricercatrice…
una donna, strafica e che mantiene la coscienza dell’essere stata uomo. Perché se è vero che gli
uomini non capiranno mai le donne, le donne pensano di aver capito tutto degli uomini quando,
invece, nemmeno lontanamente riescono ad afferrare la semplice e lineare ottusità maschile:
stimolo, reazione, stimolo, reazione. Se una donna comprendesse questo avrebbe il dominio totale
del mondo. Invece… ci cascano sempre!
Ok, che dicono quei grafici lassù? La prima strisciata è relativa al caso di una spina dritta che viene
flessa a 45°.

7
 Notate come le forze di compressione aumentino scendendo da T1 fino alle lombari: il fatto che
L5 subisca più compressione di L5 è dovuto alla scelta del modello, ma non cambia il senso
della trattazione. Le forze di taglio sono anteriori e costanti.
 Le forze muscolari hanno un comportamento differente fra ileocostale e semispinato: i fasci
dell’ileocostale “tirano” tutti con uguale intensità, mentre quelli del semispinato devono
contrarsi ad intensità crescente dal cranio all’osso sacro.
 Questo comportamento è dovuto al fatto che l’ileocostale agisce per tenere l’intera struttura
inclinata, mentre il semispinato mantiene la forma rettilinea della spina, pertanto più le vertebre
sono lontane dal peso e più la leva che questo esercita è lunga, forzandole a flettersi.
Un click (eh eh eh, autocompiacimento stupido per il mio software) e la spina si incurva rimanendo
complessivamente flessa a 45° e regalandoci la strisciata di grafici in basso. Le leve differenti
determinano una configurazione delle forze diversa ed interessante:
 Le forze di compressione, da T1 a L5 prima aumentano più rapidamente del caso “dritto”, per
poi diminuire e tornare ad incrementare: complessivamente, però, i valori in gioco sono
complessivamente molto più bassi della versione “dritta”, con diminuzioni fino al 40% nella
zona lombare, quella soggetta a carichi maggiori.
 A fronte della precedente diminuzione le forze di taglio, sebbene sulle vertebre centrali siano
inferiori in valore assoluto al caso di prima, sono più intense sulle prime toraciche e sulle
lombari dove l’incremento è considerevole essendo pari al 250% dell’altro valore.
 Le forze muscolari si livellano molto rispetto al caso precedente, abbassandosi drasticamente sui
fasci lombari del semispinato: i valori si dimezzano e scendono anche quasi ad un terzo.
L’ileocostale complessivamente mantiene il suo ruolo di “ancora” al bacino a contrazione dei
fasci abbastanza omogenea, un fascio è praticamente scarico.
 Per correttezza, il valore leggermente negativo di questo fascio implica che non sono più
rispettate le ipotesi: un muscolo può solo accorciarsi, non allungarsi! In questo caso il modello
andrebbe integrato con altri muscoli, ipotesi del tutto lecita in quanto il numero enorme di fasci
muscolari presenti sicuramente ha la funzione di ottimizzare la contrazione complessiva della
schiena. A seconda del movimento delle vertebre si attiveranno o si disattiveranno fasci più o
meno utili in un dato punto della traiettoria.
La spiegazione in dettaglio di questo comportamento è abbastanza complicata in quanto si tratta di
spezzettare su ogni vertebra le forze in gioco, in generale è possibile dire che tutto questo accade
(del resto ce lo aspettavamo) perché la curvatura della spina determina leve migliori per ottenere lo
stesso risultato: tenere la spina in una data posizione minimizzando le forze in gioco.
La compressione sulle vertebre è determinata infatti sia dal carico esterno ma anche dalle forze
muscolari interne che devono mantenere la forma della spina ad una data inclinazione: più queste
devono essere elevate per trattenere e non far ruotare le vertebre, più forze compressive verranno ad
agire sui dischi intervertebrali.
“E se invece incurvo la schiena?” Voilà!

8
1 0

Compressione su vertebre - Taglio e compressione Forze muscolari


11,0 7,00
9

T1
10,0
T2
8

9,0 6,00
T3
7
T4 8,0
5,00
T5 7,0
6

T6 6,0
5 4,00
T7 5,0
L1
4

4,0
3,00
L2
3
3,0

L3 2,0 2,00
2

L4 1,0

1,00
1

0,0
L5
-
-1,0
-2 -1 - 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0

L5 L4 L3 L2 L1 T7 T6 T5 T4 T3 T2 T1
-
-1
Ft -0,2 0,4 1,6 1,2 1,3 0,8 1,0 1,1 1,2 1,3 1,2 1,2 IC-L4 IC-L2 IC-T3 IC-T1 SS-L5 SS-L2 SS-L1 SS-T7 SS-T6 SS-T5 SS-T3
Fc 4,2 10,4 9,9 9,5 8,5 7,6 6,8 5,8 4,8 3,6 2,5 1,4 F 0,39 0,99 1,07 0,94 6,21 5,78 4,91 4,07 3,18 2,19 1,11
-2

In questo caso si ha un aumento generalizzato delle forze in gioco: dal 40% al 100% in più rispetto
al caso a curvatura opposta, quella “giusta”. La perdita della curvatura fisiologica determina una
configurazione delle leve molto più sfavorevole, costringendo i muscoli a contrarsi con più forza e
incrementando così la conseguente compressione sulle vertebre.
Abbiamo detto in precedenza che la compressione sulle vertebre aumenta la stabilità dei giunti e la
resistenza alle forze di taglio, ma ciò non significa che a schiena curva questa maggior
compressione sia benefica! Una postura corretta durante un esercizio pesante è quella che
minimizza le forze in gioco necessarie a tenere la schiena in posizione, poi sta all’atleta
incrementare volontariamente la contrazione muscolare per aumentare la stabilità della spina.
1 0
1 0

T1
9
9

T1
T2 T2
8
8

T3 T3
7
T4 7
T4

T5 T5
6
6

T6 T6
5
5

T7 T7

4
L1 4
L1

L2 L2
3
3

L3 L3
2
2

L4 L4
1
1

-2
L5

-1

-1
-

- 1 2 3 4 5 6 7

30
8 9 1 0

4,0 -2
L5

-1
-

- 1 2 3 4 5 6 12 7 8 9 1 0 1,0
-1

-2
-2

0,9
3,5
25 10
0,8
3,0
0,7
20 8
2,5
1 0
1 0
0,6
9

T1
T1
8

T2
T2
8

6
T4
T3
15 2,0 7

T5
T4
T3

6 0,5
T5
5 T6
5
T6
T7
T7 4

L1
L1
L2

0,4
3

L2
L3

1,5
2
L3 2

L4
L4
1

1
L5
L5

-2 -1
-

- 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0

10 -2 -1
-

- 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0

4
0,3
-1

-1

1 0

1 0

-2

-2

T1
9

T1
9

1,0
T2
T2 8

T3
T3 7

T4
T4

0,2
6

T5
T5
5

5 2
5

T6
T6
4

T7
T7

0,5
3

3 L1
L1
L2

0,1
2

2 L2
L3
L3 L4
L4 L5 1

L5 1

-2 -1 - 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0
-

-2 -1 - 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0

-1

-1

-2

0 - - -
-2

-80 -75 -70 -65 -60 -55 -50 -45 -40 -35 -30 -25 -20 -80 -75 -70 -65 -60 -55 -50 -45 -40 -35 -30 -25 -20

SS IC Fc L4 Ft L4

Una sintesi rappresentativa dei dati che abbiamo descritto: a sinistra l’andamento delle forze
muscolati della somma dei fasci per ogni muscolo, a destra le forze compressive e di taglio su L4
Alcuni valori reali
Dopo tutta questa trattazione con valori astratti, necessaria per comprendere le dinamiche di questo
incredibile mezzo, alcuni dati reali: uno dei tanti studi che quantificano le forze sulla spina per vari
esercizi.
Un gruppo di sollevatori olimpici è stato testato in vari esercizi mentre gli atleti venivano ripresi
avendo appiccicati addosso dei marker riflettenti: i punti sono stati digitalizzati ed inseriti in un
modello matematico.
Il grafico seuente riporta i valori medi delle grandezze di picco rilevate ha lo scopo di dare una
percezione delle forze in gioco: i muscoli devono produrre tantissima forza a causa delle leve
svantaggiose!
L’aspetto interessante di questo studio è che il modello utilizzato per la spina è più semplice di
questo, ma la differenza sta nei dati dei movimenti realmente misurati. Ho in progetto qualcosa di
simile anche io, se va in porto il libro: un sistema per riprendersi e recuperare le coordinate dei
movimenti durante lo squat.

9
1.200

1.000

800
Forza (KgEq)

600

400

200

0
Stacco
Girata Strappo Rematore Stacco Good Morning
rumeno
Carico 129 110 125 74 183 68
Fm 760 589 581 700 846 605
Fc L5/S1 874 716 684 784 1.003 685
Ft L5/S1 120 73 70 80 102 70

Conclusioni
Questo è sicuramente l’articolo più complicato della serie e, credo, che abbia mai scritto. Spero di
essere riuscito a far comprendere perché sia assolutamente necessario mantenere la schiena “tesa”,
cioè alla sua naturale curvatura fisiologica magari anche un po’ accentuata, durante tutta la
traiettoria del bilanciere durante lo squat e lo stacco.
Una schiena inarcata, dura e compatta permette di sfruttare al meglio tutti i vantaggi meccanici,
geometrici e biologici della meravigliosa opera di ingegneria evolutiva quale è la colonna
vertebrale.
I prossimi due articoli completeranno la serie, ma si tratta di minutaglie sebbene credo interessanti:
come funziona la cintura da powerlifting e il “test della scatola” per imparare a tenere la schiena
nel giusto assetto.

10

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