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Collana di Studi Internazionali di Scienze Filosofiche e Pedagogiche
Studi Filosofici
Numero 2/2006

Michele Borrelli

APORIA E NICHILISMO NEL PENSIERO OCCIDENTALE

A Giorgio Penzo
Ora capisco: hai varcato la soglia sconosciuta
dei confini che separano lessere e il nulla e al
tuo faticar incessante il pensiero ha dischiuso le
porte della verit per offrirti quel riposo eterno
ch riservato solo a quei pochi buoni e giusti
come Te.
Tratto da Poesie di Michele Borrelli
di prossima pubblicazione

Vorrei accennare, in via del tutto sommaria e senza grandi pretese, ad un


presupposto che ritengo fondamentale per laporia e il susseguente nichilismo del
pensiero occidentale qui oggetto di riflessione. Qual questo presupposto? un
presupposto, penso, dato col pensiero occidentale stesso. Un presupposto, quindi,
sempre presente nel nostro modo di comprendere e del nostro dire. Oserei
lespressione che pu sembrare forse a ragione alquanto dogmatica: un presupposto
della struttura stessa del nostro modo di pensare. Un modo di pensare che, se
diamo ascolto allassunto qui avanzato, definirei appunto aporetico in s. Questa
aporia ci accompagna da sempre e permane attuale oggi ancora e spiega, forse, le
radicalizzazioni scettiche articolate non solo nel pensiero a partire dalle sue stesse
origini, ma anche via via nella modernit fino alla sinistra hegeliana (Stirner), e poi
successivamente in pensatori, per esempio, come Nietzsche e Heidegger.
Il presupposto qui in discussione e a cui vorrei dedicare per un momento
lattenzione il modo dualistico della nostra prospettiva di conoscenza che situa poi
la comprensione e, in ultima analisi, la verit su un piano di astrazione trascendente
o trascendentale; una prospettiva che tanto pi contribuisce allindebolimento della
presa soggettivistica del pensiero o svalutazione del soggetto tanto pi pare
sprofondare nel nichilismo, il che ovviamente tutto da dimostrare. Intanto, qualche
esempio che denota la nostra prospettiva dualistica del comprendere: anima/corpo,
verit/falsit, idea/fatto, mondo intelligibile/mondo sensibile, Io/non Io,
soggetto/oggetto.
Un breve cenno retrospettivo valga a chiarire questa aporia strutturale del
nostro modo di pensare e il susseguente nichilismo.

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Partiamo in modo esemplificativo da Platone. In Platone le realt conoscitive


sono due: luna domina sul genere e sul mondo intelligibile, laltra sul mondo
sensibile. Per risolvere laporia che il pensiero genera al suo interno, Platone deve
inventarsi una terza istanza, la cui astrattezza non ha pari. Ecco la soluzione: al di
sopra delle due forme di conoscenza menzionate, Platone pone il Bene. Il Bene, egli
scrive superiore, (in dignit e potere) alla verit, alla scienza e allo stesso
essere, da cui consegue: il Bene fornisce la verit alle cose conosciute e al
conoscente la facolt di conoscerle1. Detto diversamente: l idea lessere che
veramente . Posto in questi termini, il procedere dialettico culmina nella
contemplazione della realt che d luce ad ogni cosa2. Si pu notare, senza ombra
di dubbio, che la verit tutta situata nel mondo intelligibile o soprasensibile ed
esterna al soggetto. Ci spiega non solo il fatto che il mondo ideale contrapposto
al mondo sensibile, ma anche che il primo il mondo della verit, il secondo il
mondo delle apparenze.
Come risponde il pensiero successivo alla spaccatura tra due mondi diversi?

La rivoluzione del modo di pensare: Immanuel Kant

Passiamo anche in questo caso, in modo esemplificativo, alloriginale idea di


Kant: alla rivoluzione del modo di pensare o kopernicanische Wende. Si potrebbe
dire che in Kant il procedere dialettico (che in Platone culminava nella
contemplazione della realt che, come abbiamo messo in evidenza, d luce ad ogni
cosa) sostituito dallintelletto trascendentale. Ci provoca, effettivamente, una
rivoluzione nellambito della conoscenza. Questultima, ecco la svolta geniale, non
situata esternamente al soggetto, ma, addirittura, costruita dal soggetto. In altri
termini: Il soggetto kantiano non si limita a riflettere o contemplare la struttura del
mondo esterno, ma sviluppa da s i princpi o le condizioni di possibilit che gli
consentono di conoscere la realt. In questa nuova prospettiva, non solo il mondo
come tale esiste in rapporto al pensiero conoscente, ma anche le forme in cui esso
appare sono in dipendenza dallattivit del soggetto. Si potrebbe pensare, almeno a
prima vista, che con Kant siamo di fronte alla dissoluzione dellaporia di cui dicevo
allinizio o di quel dogmatismo ontologico o dogmatico che riguardava il mondo come
esistente indipendentemente da noi, in una forma fissa e definitiva come scrisse K.

1
Platone, Repubblica, in G. Reale (a cura di), Platone. Tutti gli scritti, Rusconi, Milano 1981, p. 1235.
2
Ivi, p. 1261.

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Mannheim3, separato, cio, dal mondo sensibile, fenomenico e dellapparenza. A


prima vista si potrebbe pensare che Kant sia riuscito a riunificare quanto Platone
nella distinzione radicale di due mondi aveva separato. Riunificare cio i due mondi
nel soggetto a partire dal soggetto. In verit il superamento della rottura e quindi la
riunificazione dei due mondi non avviene affatto, tant vero che alla Critica della
ragion pura Kant ha dovuto far seguire la Critica della ragion pratica e a questa
(come poteva essere diversamente?), la Critica del giudizio. Anche in questo caso si
trattava di sciogliere laporia creata dal dualismo, cio laporia creata con le diverse
forme della ragione, per esempio mediante il dualismo tra ragione teoretica e
ragione pratica. E pi precisamente: laporia creata con le distinzioni tra fenomeno e
noumeno, Io empirico e Io trascendentale, legge universale e legge empirica, a priori
e a posteriori. Cos separate e distinte le ragioni, la mediazione della realt in Kant
non era pi posta su un piano teorico, ma su un piano pratico. Ci forniva
apparentemente una soluzione allaporia generata da pi usi della ragione, ma non
risolveva effettivamente laporia intrinseca al modo anche nuovo di pensare per cui
Kant ha dovuto sviluppare tutta una serie di acrobazie in cui concetti distinti si
trasformano in identit. Il problema della realt muta, per esempio, in problema di
libert e autonomia del soggetto razionale. Potremmo anche dire: autonomia della
ragione. Questa, infatti, in quanto causa di s, libert, autodeterminazione. Ma
ancora libert del soggetto empirico? La risposta negativa. Per cui, laporia non
dissolta per niente. Ne prova il fatto che Kant costretto ad appellarsi ad una
ragione astratta e ai compiti che essa dovrebbe assegnare a se stessa e che
dovrebbe assolvere a partire da se stessa. Qualche esempio: nella Fondazione della
metafisica dei costumi, si parte dal seguente presupposto: ogni ente razionale deve
agire come se fosse sempre per le sue massime un partecipante al regno universale
dei fini, ovverosia un partecipante alla legge universale. Si pone subito la domanda:
ma cos questa legge universale se non quella istanza unificatrice astratta (per
esempio il Bene platonico) che risolve le antitesi create dal pensiero dualistico
stesso allinterno delle sue distinzioni inconciliabili? Che cos questa legge se non
una riproposizione di due mondi, in questo caso della priori della ragione come
mondo noumenico che va a contrapporsi al mondo sensibile o della natura per poi
risolvere, non si sa in verit come, le aporie che genera al suo interno? In questa
logica di separazione, non solo comprensibile, ma non c altra scelta per Kant che
assegnare ad ogni essere ragionevole lobbligo di considerare se stesso e gli altri
sempre anche come fine in s. E il gioco, tuttaltro che logico, diventa in questa
prospettiva convincente, anzi pu kantianamente continuare nel senso che ognuno
3
Ideologia e utopia, Il Mulino, Bologna 1957, p. 50.

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(ogni essere razionale ovviamente), in via di principio, legislatore, in quanto


ognuno come ogni altro assoggettato alla legge universale (ti pareva!), alla legge
data a se stessi in autonomia e in volont di tale autonomia. Per cui, come non
poteva essere diversamente, qui la volont non quella empirica, fenomenica: una
volont che essendo capace di autosottomettersi ad una legge universale essa
stessa legislatrice universale. Ma attenzione che i giochi sono ancora tuttaltro che
fatti: questa volont come fa ad essere universale? C subito la risposta: essa potr
essere universale se prescinde da motivi di interesse ed utilit e si presenta, quindi,
come volont autonoma affrancata dalla natura; in quanto tale: non avr nessun
fondamento eteronomo. Altro che conciliazioni! Qui siamo in presenza di unistanza
che il soggetto deve far sua in quanto essere razionale che ancora per non : se
fosse gi essere razionale, il problema nemmeno si porrebbe. Ma andiamo ancora
un po avanti: nel gioco kantiano, libero colui che nel senso razionale prima
enunciato si sottopone agli imperativi morali. Questa sottomissione, a dir poco
geniale cos com pensata, fa di ognuno destinatario e soggetto allo stesso tempo,
talch sottomissione e partecipazione avanzano ad unit inseparabili, idealmente a
due istanze di autogoverno. Apparentemente siamo di nuovo nella conciliazione, ma
chiaro che la conciliazione artificiale, posta su un piano di dover-essere non di
essere. Tant vero che Kant non pu non sottolineare che la legge, per essere
valida, devessere in via di principio accettabile da tutti, deve elevarsi, cio, a legge
universale o per meglio dire a legge della ragione. Attenzione per: legge della
ragione, non legge del soggetto. Legge, allora, che il soggetto razionale dovrebbe far
sua e ad essa attenersi, ovverosia: legge che in quanto essere razionale dovrebbe
presupporre.
Se seguiamo linterpretazione suggerita da Habermas relativamente al
contesto qui in discussione, ognuno sarebbe costretto a riflettere, da un lato,
autonomamente, come colui che si d la legge, dallaltro, ognuno dovrebbe riflettere
da prospettiva intersoggettiva, come colui che deve tener conto se una determinata
norma sia generalizzabile dal punto di vista di ogni altro. Ma non poi proprio cos,
perch in Kant non si tratta di universalizzabilit come prodotto intersoggettivo nel
senso habermasiano. In Kant, luniversalit data col soggetto razionale stesso. Si
tratta dellessere razionale ed a partire dallessere razionale che la logica
delluniversalizzazione della legge appare consona a se stessa. Non a caso,
lautolegislazione vale nello stesso tempo e ovunque se ognuno, in quanto essere
razionale, lega, di per s, la sua autonomia ad una moralit universalizzabile. Il
discorso in verit tautologico, dal momento che dire essere razionale o di ragione
equivale in Kant a moralit. In questo senso, e solo in questo senso, autonomia e

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universalit della legge, volont e ragione, morale e ragione formano una unit. Ma
come facile constatare, lunit situata nel soggetto trascendentale e non nel
soggetto empirico. Ci provato non da ultimo dal fatto che Kant chiama libert solo
quella volont (=autonomia) determinata dalla ragione, tenendo fermo ovviamente il
presupposto che ragione = moralit = libert = universalit.
Non vi sono dubbi, allora, sul fatto che solo lIo razionale ha la facolt di agire
secondo la rappresentazione di leggi (universali), secondo princpi o secondo
volont in senso kantiano. Ma, come si rilevato, con volont non dobbiamo
intendere la soggettivit o il volere particolare del soggetto (lunicit dellIo di cui
parla, per esempio, Stirner), piuttosto lapplicazione della ragione. In altri termini:
lautonomia attribuita alla volont libera dellIo trascendentale, al regno dei fini,
separato dallIo empirico che, come sappiamo, situato nel regno sensibile,
fenomenico o delle apparenze. Analogamente: la libert non pu essere situata se
non nel mondo noumenico della ragion pratica, essendo essa per sua natura, di
principio, legata allintelligibile in un modo che sfugge completamente ad ogni
determinismo fenomenico. Ne consegue che la libert del volere non si d mai con
la realt fenomenica, n mai da essa deducibile, ma si ha nella realt della legge
morale e, in quanto tale, non ha rapporto alcuno con il mondo sensibile o
fenomenico.
Spero di essermi almeno approssimativamente avvicinato al tema oggetto di
questo contributo, nel senso di un chiarimento preliminare dellaporia che genera i
dualismi del pensiero occidentale, in questo caso: il dualismo tra Io trascendentale
ed Io empirico. Passiamo cos al tentativo hegeliano.

La rivoluzione hegeliana: la ricomposizione dellunitariet della ragione

Hegel ha ben riconosciuto laporia presente nel pensiero di filosofi come Kant
(vale altrettanto per filosofi come Jacobi e Fichte). Quellaporia determinata da un
lato dalla dicotomia ontologica di due mondi, separati e distinti, e dallaltro dalla
subordinazione del mondo sensibile al mondo intelligibile o ad una idea o fissazione
(come dir poi Stirner) che sovrasta addirittura le antitesi su cui laporia si basa.
incontestabile che laporia, qui in discussione, prova della frantumazione della
ragione (in Kant distinta in ragione teoretica, ragione pratica e ragione estetica),
ovverosia prova della rottura tra ragione e realt che Hegel cerca di ricondurre a tutti
i costi nuovamente allunit in termini kantiani si potrebbe dire: allautosintonia
(Selbsteinstimmigkeit) o autointeresse della ragione (Selbstinteresse der Vernunft)

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con una mossa che non ha precedenti nella storia del pensiero occidentale per la
sua totale radicalit non solo rispetto al tentativo kantiano, ma rispetto a tutta la
filosofia tradizionale. Questa mossa tutta nella formula: identit di ragione e storia,
di ragione e realt, di esperienza e filosofia. Hegel pensa di poter risolvere nel
pensiero4 la separazione dei due mondi, quello sensibile e quello intelligibile, in
ultima analisi, la divisione dellessere, riunificando, cio, finito e infinito. Ma qual il
prezzo che il soggetto costretto a pagare per questa inaudita operazione? Il prezzo
spogliare di ogni senso e significazione tanto il soggetto trascendentale, se
vogliamo la persona morale (lessere razionale), in cui per Kant consisteva la dignit
umana pi alta, quanto il singolo individuo, il particolare, lempirico. Conclusa
loperazione di smantellamento radicale del soggetto, non rimaneva che attribuire
senso e significato esclusivamente alluniversale. Senonch luniversale non pi,
kantianamente, lessere razionale e quindi morale, ma lo Stato. Nellidea di Stato
confluisce, per Hegel, letica quanto la morale, la giustizia quanto il bene, la verit
quanto il senso dellessere. Non cos, quindi, che i concetti e le distinzioni test
formulati scompaiano veramente anche nel caso hegeliano; essi trovano solo
unaltra collocazione o si celano sotto altre sembianze. Qualche esempio: la libert
concetto fondamentale e costitutivo anche nel filosofare hegeliano, ma non si
realizza pi, come nel filosofare kantiano, nel soggetto trascendentale, bens nello
Stato, come libert dello spirito. Ed nello Stato e non nella interiorit morale
dellindividuo che luomo si apre allesistenza razionale e allagire secondo una
volont universale: a quella oggettivit che in definitiva lo spirito universale stesso.
E la volont, che la libert come espressione e compito della moralit-universalit,
non sar pi attributo di una moralit situata allinterno dellessere razionale, ma
espressione delluniversale Stato.

Dissoluzione della metafisica e nichilismo: la rivoluzione di Max Stirner

Ora, se si tiene conto della delineazione di queste brevissime tracce che da


Platone portano ad Hegel via Kant, si possono notare i punti di riferimento di una
tradizione filosofica che Stirner porta a totale dissoluzione. Riporto alla memoria

4
Scrive Stirner a proposito: In Hegel viene finalmente alla luce la nostalgia struggente che proprio luomo pi
colto prova per le cose e la ripugnanza che nutre per ogni vuota teoria. E allora al pensiero deve corrispondere
perfettamente la realt, il mondo delle cose, e nessun concetto devessere privo di realt. Per questo il sistema
hegeliano fu considerato il pi oggettivo, come se in esso pensiero e cosa celebrassero la loro unione. Ma non si
trattava per lappunto che dellestrema violenza del pensiero, della sua tirannia assoluta, del suo dominio
esclusivo, del trionfo dello spirito e, con esso, del trionfo della filosofia (M. Stirner, Der Einzige und sein
Eigentum, tr. it. di L. Amoroso, Lunico e la sua propriet, Adelphi, 1999, 2a ed. 2002, pp. 82-83).

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alcuni di questi punti senza pretese di sistematicit e solo con lo scopo di far
emergere lassoluto distaccamento da essi da parte di Stirner.
Nella tradizione filosofica, da Platone ad Hegel, il soggetto (in quanto Io
empirico) o il sensibile gioca un ruolo di subordinazione o di assoggettamento
rispetto allIo trascendentale o al sovrasensibile. Quel che conta il mondo
intelligibile, noumenico. La verit tutta collocata nel mondo sovrasensibile o
sovrastorico o sovraindividuale, nellimpersonale, in ultima istanza: nel mondo
concettuale5, nel pensiero6 (puro, assoluto), nellidea o per meglio dire nelle idee o
negli ideali, o, nella terminologia devastante di Stirner: nelle fissazioni o
divinizzazioni che si concretizzano di volta in volta in spirito (ovviamente quello
generale, il puro spirito7), uomo, umanit, Stato8, bene, autocoscienza, verit, Dio,
patria, essere superiore (non essere particolare), moralit, legge, cosa in s,
essenza (non la parvenza)9, princpi, immortalit, anima (ovviamente non corpo,
inferiore rispetto allanima), ragione10 ecc.
Unanalisi anche approssimativa mostra che per la tradizione filosofica
occidentale conoscenza e verit non sono pensate a partire dal mondo empirico e
dal particolare, ma dal mondo noumenico e impersonale11. Il mondo da cui attingere
conoscenza e verit, senso e significato non quello individuale, ma il
sovraindividuale a cui, come mette in luce Stirner, tutto deve sottostare, essere
orientato, sacrificato, tant vero che lIo, il soggetto, il singolo sono se stessi o

5
Gli uomini spirituali si sono messi in testa qualcosa che deve essere realizzato. Essi hanno concetti
dellamore, del bene, ecc., e li vorrebbero veder realizzati; per questo vogliono costruire sulla terra un regno
dellamore, in cui nessuno agisca pi per interesse personale, ma tutti, invece, per amore (ivi, p. 83). E
ancora: I concetti devono decidere in ogni cosa, i concetti devono regolare la vita, i concetti devono dominare.
Questo il mondo religioso a cui Hegel ha dato unespressione sistematica, portando un metodo nellassurdo e
perfezionando lordine dei concetti in una dogmatica dalle solide fondamenta e ben costruita. Tutto diventa una
cantilena di concetti e luomo reale costretto, cio io sono costretto a vivere secondo queste leggi concettuali
(ivi, p. 104).
6
Si pensi al cogito, ergo sum di Descartes e alla critica che Stirner riserva a questo cogito: Qui si afferma che
il pensare il mio essere, la mia vita: solo se io vivo spiritualmente, vivo davvero; solo come spirito sono reale,
Ma la vita spirituale vive solo di pensieri e perci non pi un vivere, ma un pensare (ivi, p. 31).
7
il puro spirito, lo spirito come tale, non pu essere che fuori degli uomini, al di l del mondo umano, non in
terra, ma in cielo (ivi, p. 41).
8
Lo Stato devessere una comunit di uomini liberi e uguali e ognuno deve dedicarsi al bene comune,
disciogliersi nello Stato, fare dello Stato il proprio fine e il proprio ideale. Stato! Stato!: ecco il grido di tutti
(ivi, p. 107).
9
Dietro il mondo esistente cercano la cosa in s, lessenza, e dietro la cosa, la non-cosa, lassurdo (ivi, p.
49).
10
Si vuol vedere realizzato dappertutto ci che razionale.Ma, se domina la ragione, soccombe la
persona (ivi, p. 113). Stirner commenta: Non si vuole che la persona, cio che io abbia libert di movimenti e
valore autonomo: questi sono riservati alla ragione e si proclama appunto il dominio della ragione, che un
dominio come un altro (ivi, p. 114).
11
Chi crede ai fantasmi ammette lesistenza di un mondo superiore che sinsinua nel nostro, ma esattamente
lo stesso vale anche per chi crede allo spirito: entrambi ricercano, dietro al mondo sensibile, un mondo
soprasensibile.. (ivi, p. 79).

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realizzano se stessi se vivono nel o del sovraindividuale, se formano una unit col
sovraindividuale (o soprasensibile, intelligibile, universale ecc..)12 .
Ora, alla prospettiva di annullamento radicale dellindivual-empirico, costitutiva
per la tradizione ontologico-metafisica del pensiero occidentale, Stirner fa seguire
lannullamento radicale della prospettiva individual-sovraempirica.
Prima di valutare la portata nichilistica di questa originalissima operazione,
in cui al posto della prospettiva sovraindividual-filosofica subentra la prospettiva
individual-empirica o dellunico, sarebbe necessario riflettere sul significato di questo
rovesciamento di prospettiva della conoscenza, della comprensione e della verit in
chiave, per esempio, sociologica, antropologica, pedagogica, politica, economica,
psicoanalitica o di critica ideologica. Queste sono oltretutto solo alcune delle voci
che riterrei utili sottoporre ad analisi specifiche tenendo conto del rovesciamento di
prospettiva proposto da Stirner, ma sono voci che richiederebbero studi particolari e
differenziati e che non trovano in questa sede possibilit di tematizzazione. Per cui,
non rimane che cercare di tematizzare almeno la svolta o il passaggio Io-
trascendentale/Io-empirico, e chiederci: ma quale tipo di nichilismo consegue dal
dualismo della nostra ragione ed a monte delle riflessioni, per esempio, di Stirner?
Ma poi si tratta per davvero di un pensiero nichilista? Ma Stirner non riconduce ad un
fondamento nuovo lesistenza umana o annulla davvero ogni fondamento umano? O
meglio: la demolizione di tutti i sistemi filosofici, politici, economici e pi
specificamente: la razionalit e la ragione, la metafisica, la concettualit, il pensiero,
non ha alla base quellIo veramente empirico, nudo e crudo, non pi coglibile
concettualmente, quellunico, ormai non pi essere, non pi essenza, non pi
sostanza, quindi quellirriducibilit che in quanto tale solo se stessa e proprio in
ragione di ci volont e libert (ma come si potuto rilevare non in senso kantiano
o nel senso della tradizione filosofica occidentale in base a cui, in ultima istanza,
libert e volont diventano moralit o sacralit ecc.)13? In breve: il rovesciamento di
Stirner non mira a rimettere in piedi un mondo gi rovesciato, allo stesso modo in cui
Marx ha tentato di rimettere sui piedi la filosofia hegeliana che egli riteneva
camminasse sulla testa? Il rovesciamento di Stirner non ha come oggetto la
riproposizione di quella libert e volont a partire da se stesse, non pi deducibili da

12
Il valore di me stesso non potr mai essere stimato abbastanza finch il duro diamante del non-Io continuer
ad avere un prezzo altissimo, come gi a suo tempo Dio e il mondo (ivi, p. 76). In altro luogo, Stirner scrive:
Lo Stato, la religione, la coscienza, questi tiranni, mi rendono schiavo e la loro libert la mia schiavit (ivi,
p. 115).
13
Stirner scrive: Ma se la libert veramente il fine a cui tendete, allora sviscerate fino in fondo i compiti che
essa pone. Chi deve liberarsi? Tu, io, noi. E da che cosa? Da tutto ci che non sei tu, che non sono io, che non
siamo noi. Io sono dunque il nocciolo che devesser liberato da ogni involucro, da ogni guscio limitante. Che
cosa rimarr se io sar liberato da tutto ci che io non sono? Soltanto io e nientaltro che io (ivi, p. 173).

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determinazione esterna, da concatenazioni sovraindividuali, sovrastoriche, da un in


s o trascendenza che sovrastano e anzi dominano e annientano la loro
irriducibilit? E allora si pu chiedere di nuovo: in che cosa consiste il nichilismo se il
senso delle riflessioni di Stirner riposa sulla messa allo scoperto di quel fondamento
esistenziale e di quella unicit irriducibile non concettualizzabile devastati dalla corsa
e rincorsa di concetti, di un pensiero, di una razionalit che scardinano lirriducibilit
dellirriducibile?
Se di nichilismo vogliamo parlare, trattasi di un nichilismo il cui fondamento
14
nulla . Ma cos questo nulla se prescindiamo da un nulla come trascendenza o
come sconfinamento nel sacro o sua consumazione? Nulla quellindicibile (ma non
per questo metafisico, anzi proprio per questo indicibile) da cui Stirner parte e a
partire da cui tutto fonda, anzi a partire da cui tutto gi fondato e non ha bisogno di
fondazione di nessun tipo. Per cui questo nulla a fare emergere una serie di
interrogativi: Cos luomo? Ovviamente luomo non pi una categoria metafisica,
ma si pone in termini di quellirriducibilit di cui si parlava sopra. Qual il suo senso?
E ancora: Chi decide il suo senso? Ma cos posti, gli interrogativi sono ancora
metafisici, in quanto dire luomo, il senso ecc. significa porsi su un piano sempre
ancora quasi-antropologico di Gattung, o del soprasensibile, del sovrastorico, dellin
s, o dellessenza generalizzabile, piano opposto allimpostazione di Stirner. Gli
interrogativi sono legati dicevo a nulla che non significa volere-nulla o, come in
Nietzsche, preferire il nulla al non-volere (Genealogia della morale) o, come in
Heidegger, nulla come esperienza fondamentale di pensiero, di modo che il pensiero
possa riconoscere la necessit del ci dellesser-ci (il da del Dasein).15 Fondare su
nulla significa, in Stirner, porsi su quel piano di totale e radicale unicit a partire dalla
quale, lunico . Anzi lunico ed se stesso, soggetto alla sua libert, alla sua
volont, alla sua ragione. Fondare su nulla non allora un no alla vita o apertura al
baratro di un destino condannato alla sua nientificazione, al non-senso che si
consuma nella negativit del niente, piuttosto la forza individuale16 finalmente libera

14
Stirner chiude il suo lavoro, Lunico e la sua propriet, con la frase: Io ho fondato la mia causa su nulla, ivi,
p. 381.
15
Nella Prolusione a Was ist Metaphysik (10a ed., Klostermann, Frankfurt, 1969), tr. it., Che cos metafisica,
(tr. it. di H.Knkler, A. Martone, G. Raio), Libreria Tullio Pironti, Napoli, 1982, Heidegger pone la domanda
che ne del nulla? e risponde: Solo sul fondo delloriginaria manifestazione del nulla, lesserci umano pu
dirigersi verso lessente e interessarsi a esso. Ma dato che lesserci secondo la sua essenza si rapporta allessente
che non e a quellessente che esso medesimo, proprio allora esso proviene dal nulla resosi aperto. Esserci
significa: essere lanciato e trattenuto nel nullaSenza questa originaria manifestazione del nulla non vi pu
essere n ipseit e neppure libert (tr. it., p. 34).
16
Io salvaguardo la mia libert nei confronti del mondo nella misura in cui mi approprio del mondo, cio Io
conquisto e ne prendo possesso facendo valere qualsiasi forza o potenza: la persuasione, la preghiera, la
richiesta categorica, anzi perfino lipocrisia, linganno ecc (M. Stirner, Lunico e la sua propriet, cit., p.
176), e altrove Stirner precisa: La mia libert veramente perfetta quando diventa il mio potere; ma grazie a

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da autocostrizioni o costrizioni esterne al soggetto: quella forza, libera da costrizioni


eteronome che come tale (e anche in Nietzsche) pu veramente darsi alla libert
intrinseca al singolo s, ad ogni singolo soggetto, ovverosia allunicit che costituisce
ogni Io. Fondare lesistenza su nulla significa che tutto quello che dallesterno si
impone sullunico, non realizza lunico ma lo annulla privandolo della sua
irriducibilit, della sua vera vita. L esterno non affatto verit oggettiva, valore
universale o essere trascendente superiore come vuole la tradizione metafisica
occidentale, ma il contrario: la nientificazione di quella unicit che fondamento
unico ed ultimo della verit dellIo. Lassoluto solo lunico stesso. Solo a partire da
questo se stesso si pu pensare in termini di verit dellesistenza e di fuoriuscita dal
baratro autodistruttivo in cui ogni unico nichilisticamente sprofondato. La proposta
che qui si avanza che la fuoriuscita dal nichilismo trova la sua possibilit di
attuazione nella sostituzione di un essere assoluto astratto con un essere tutto
situato nellirriducibile unicit del singolo Io e nella sua forza creativa. Da questa
prospettiva si potrebbe pensare non ad un Stirner nichilista, ma ad un Stirner che ha
percepito, e forse stato lunico a percepire con chiarezza, prima e con pi rigore di
Nietzsche, il senso devastante del nichilismo, intrinseco alla cultura europea: la
distinzione-contrapposizione tra Io empirico ed Io trascendentale, fenomeno e
noumeno, sensibile e intelligibile, ovverosia la contrapposizione tra trascendentale
ed empirico, in ultima analisi la subordinazione o lannientamento o negazione
dellempirico attraverso una ragione che trascende, ovverosia immola tutto ci che
empirico, storico, singolare di volta in volta allidea, al concetto: Dio, Chiesa, Stato,
Morale, Legge ecc..
In questo senso, lunico ripresenta o ripropone quella irriducibilit originaria
che costituisce lunicit indiscutibile, inconfutabile propria di ognuno17, socialmente
distrutta. Ma questa unicit, proprio perch tale, non un Sollen e non ha bisogno,

questo io smetto di essere semplicemente libero e divento un individuo proprio (ivi, p. 177). In contrasto con
Fichte, Stirner argomenta: Quando Fichte dice: Lio tutto, pu sembrare che questo concordi pienamente
con le mie tesi. Ma lio non tutto, bens distrugge tutto e solo lio che si dissolve, lio che non arriva mai ad
essere, lio finito e realmente io. Fichte parla dellio assoluto, io, invece, parlo di me, parlo di me, dellio
caduco (ivi, p. 192). In contrasto con Feuerbach, Stirner precisa: Pare anche che uomo e io significhino la
stessa cosa e invece lespressione uomo significa, come si vede per esempio in Feuerbach, lio assoluto, il
genere, non lio singolo, caduco (ivi, p. 192). In altro luogo si legge: La storia va in cerca delluomo, ma egli
me, te, noi. Cercato come un essere misterioso, come il divino, prima come il Dio, poi come luomo
(lumanit, il genere umano, il carattere umano), egli viene trovato come il singolo, il finito, lunico (ivi, p.
256).
17
Si creduto di dovermi dare una destinazione al di fuori di me, cosicch alla fine si pretese che io
rivendicassi lumano perch sono uomo. Questo il cerchio magico del cristianesimo. Anche lio di Fichte
la stessa essenza al di fuori di me, perch io ciascuno e, se solo questo io ad avere diritti, lio , non sono
io. Ma io non sono un io accanto ad altri io, bens lio esclusivo: io sono unicoio non mi sviluppo in quanto
uomo e non sviluppo luomo, ma, in quanto sono io, sviluppo me stesso (ivi, p. 375). Stirner conclude:
Questo il senso dell unico ( ibidem).

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come mette in chiaro Stirner, di una morale, di unidea ecc.. Lunicit . Si tratta gi e
da sempre di un Sein, come unicit irriducibile. Direi allora e per concludere: se
Stirner devasta il Sollen della tradizione metafisica, lo fa per rispondere (similmente
ad Heidegger anche se pone laccento su un piano completamente diverso) alla
devastazione del Sein18, dovuta a tale tradizione. Tanto pi Stirner devasta quel
Sollen metafisico, tanto pi d voce al devastato Sein, allirriducibile ego-ismo. Pi
che concettualizzazione del nichilismo, Stirner concettualizza la fuoriuscita dal
nichilismo. In questa fuoriuscita, per, se per un verso laporia intrinseca al pensiero
metafisico-tradizionale (dei due mondi o delle contrapposizioni: Io-empirico/Io-
trascendentale, terreno-divino, ecc.) trova soluzione nel concetto di unico (da
intendere nella irriducibilit di ogni singolo), per altro verso si genera una nuova
aporia: come conciliare, cio, linconciliabilit dei diversi singoli Io, data appunto la
loro specifica irriducibilit ed essendo questultima lunica verit e lunico fondamento
vero dellIo? O dobbiamo intendere la convivenza umana come lotta dellunico
contro lunico?

Dissoluzione della metafisica e nichilismo: la rivoluzione di Martin


Heidegger

Se cerchiamo di cogliere, anche solo schematicamente, almeno qualche


elemento di fondo che possa dar voce sempre ancora allattualit e alleredit del
pensiero di Martin Heidegger, penso non esistano dubbi sul fatto che con Heidegger
si porta, innanzitutto, a compimento il processo di fine della metafisica, quel
processo di nichilismo negativo intrinseco al pensiero Occidentale messo allo
scoperto, anche se da angolazioni diverse, gi da pensatori come Max Stirner e
Friedrich Nietzsche. La fine della metafisica sta qui per perdita della credenza di
potersi basare su una verit oggettiva: definitiva e inconfutabile. In questo processo
di dissoluzione del fondamento veritativo e quindi di ogni pretesa di fondazione

18
Feuerbach insiste in continuazione, nei Principi della filosofia dellavvenire, sullessere. Ma a questo modo
egli rimane allinterno dellastrazione, nonostante la sua polemica contro Hegel e la filosofia assoluta; lessere,
infatti, astrazione, come pure lio . Ma io sono non soltanto astrazione, bens il tutto in tutto, quindi anche
lastrazione o il niente, io sono tutto e niente, io non sono un puro pensiero, ma sono per pieno di pensieri, un
mondo di pensieri. Hegel condanna ci che mi proprio, ci che mio personale l opinione. Il pensiero
assoluto quel pensiero che dimentica di essere mio, dimentica che sono io a pensare e che esso esiste solo
attraverso di meFeuerbach pensa di battere il pensiero assoluto di Hegel con lessere, che non si pu
superare. Ma lessere viene superato, in me, esattamente come il pensiero. mio cos come il pensiero mio
(ivi, p. 354).

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universale e oggettiva ha giocato in Occidente un ruolo decisivo la categoria del


nulla19 o del niente e soprattutto la contrapposizione essere e nulla.
Il nulla una categoria reclamata da pi parti come problema di fondo e della
significazione o negazione della cultura Occidentale o della storia della metafisica o
dellessere. Ma, reclamare il nulla ha, non a caso, una molteplicit di significati. Si
va, per esempio, dalla negazione radicale di ogni categoria sovraindividuale o
sovrastorica, quindi dalla negazione dei concetti o del pensiero o della ragione in
generale, in quanto ritenuti luoghi di distruzione del fondamento dellesistenza e
dellautenticit umana, alla devastazione del Dio morale o della divinizzazione
delluomo per ridare nuovamente, singolarit, differenza e unicit ad ognuno,
basandosi appunto su nulla ( il caso di Stirner), al nulla come possibile nuova
trascendenza dopo la morte di Dio (del Dio morale ovviamente20: il caso di
Nietzsche) o allapertura allessere come evento o accadimento (Ereignis), come
contrapposizione ad ogni forma di ontologia metafisica ( il caso soprattutto di
Heidegger). Dal regno metafisico dei fini (di Kant) al regno metafisico della libert (di
Marx), impossibile, da prospettiva stirneriana, nietzscheana e heideggeriana,
pensare in termini di telos o mediazione spirituale fra ragione e esperienza storica, o
in termini di continuit storica come quel processo sensato di una ragione storica o
di una ragione in generale che si impone, hegelianamente, nella storia.
Se per Stirner il nulla quellistanza positiva a partire dalla quale lunico21 pu
dare nuovamente fondamento a se stesso e senso alla vita, il nulla di Nietzsche,
invece, quellistanza negativa che solo accogliendola come destino22 la si pu
superare conferendo fondamento e senso alla vita e risposta alla dissoluzione di
ogni valore e allo sprofondare delluomo appunto negli abissi del nulla. In termini
nietzscheani: preferire il nulla al non volere nulla23, come punto dinizio e dapprodo
per fuoriuscire dallabisso del nichilismo.
Con Heidegger spostiamo lattenzione su una prospettiva un po diversa di
consumazione o superamento del nichilismo. Intanto la stessa filosofia della
tradizione occidentale, come ontologia metafisica, a manifestare, secondo

19
Pensiamo questo pensiero nella sua forma pi terribile: lesistenza, cos com, senza senso e scopo, ma che
ritorna ineluttabilmente senza un finale nel nulla: leterno ritorno. questa la forma estrema del nichilismo: il
nulla (il non senso) eterno!, cos Nietzsche, in Der europische Nihilismus, tr. it. di S. Giametta, Il nichilismo
europeo. Frammento di Lenzerheide, Adelphi, Milano, 2006, pp. 13-14.
20
Nietzsche scrive testualmente: In fondo solo il Dio morale infatti superato, ivi, p. 14.
21
M. Stirner, Lunico e la sua propriet, cit.
22
In Il nichilismo europeo, cit., pp. 18-19, Nietzsche scrive: La specie duomo pi malsana dEuropa () il
terreno di questo nichilismo: essa considerer la fede nelleterno ritorno una maledizione. Quando si colpiti da
questa, non si arretra pi di fronte a nessuna azione: non estinguersi passivamente, ma fare estinguere tutto ci
che a tal punto privo di senso e di scopo.
23
K. Lwith, Il nichilismo europeo, a cura di C. Galli, Laterza, Roma-Bari, 1999, p. 47.

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Heidegger, il suo essere nulla, costituendosi, infatti, sul nulla ed in questo senso,
irreparabilmente, in vista del nulla24. In chiave di lettura filosofica, si pu, allora,
superare il nichilismo? Ovverosia, ha senso superarlo o parlarne? Perch non
fondare la propria esistenza vivendo per il nichilismo, ovverosia vivendo il nichilismo
fino in fondo, come propone, per esempio, Vattimo25? Per quel che riguarda il
problema del nichilismo, cos come posto da Heidegger, pi che rispondere alle
domande messe qui in gioco , anzitutto e primariamente, necessario cogliere
lessenza del nichilismo, ovverosia rispondere al senso o non-senso del nichilismo a
partire da ci che Heidegger definisce essenza stessa del nichilismo. Ora, partendo
proprio dalla domanda sullessenza del nichilismo bisogna dire che, per Heidegger, il
nichilismo non fenomeno a cui ci si pu avvicinare dallesterno, ma accadimento
(interno) che appartiene alla storia stessa dellessere e quindi al darsi e ritrarsi
dellessere nelle diverse aperture storico-epocali della metafisica26. Visto da questa
angolazione, il nichilismo, allora, destino epocale legato al pensiero dellessere,
ma di quellessere, per, in cui heideggerianamente dellessere non pi niente. Di
qui, intanto, la necessit heideggeriana di ripensare il destino metafisico come
erranza che non solo da riferire al soggetto in quanto singolarit, ma alla storia
dellessere in generale. Per rispondere alla domanda sopra avanzata: se ne va

24
Heidegger scrive: Il senza senso significa il senza verit: il rimanere assente della radura dellessere. La
mancanza di senso si compie con il fatto che questo rimanere assente persiste nellinconoscibilit e con essa
lessere scompare nella dimenticata dimenticanza. Essere vale a pena ancora come la parola pi universale non
problematica del pi vuoto e del pi universale, lente ha preminenza senza perplessit. Esso si manifesta e si
afferma nella pretesa di essere senzaltro fattibile e di conseguenza pianificabile e calcolabile. Offrendosi in tal
modo lente ottiene con la forza nelluomo il privilegio esclusivo della fattura. Linarrestabile delle sue aperture
illimitate pone un incantesimo nellumanit, in virt del quale per essa lente sempre solo fattibile tutto.
Essere abbandono dellessere compimento della mancanza di senso. Quando la mancanza di senso si
compie, i valori (i valori vitali e culturali) vengono proclamati i pi alti scopi e forme degli scopi delluomo. I
valori sono sempre solo la traduzione occulta dellessere senza verit nei meri titoli di ci che considerato
stimabile e calcolabile nellunica cerchia della fattibilit. il valutare della trasvalutazione di tutti i valori, non
importa in quale direzione essa si possa attuare, il definitivo ripudio nella compiuta mancanza di senso (M.
Heidegger, Il comunismo e il destino dellessere, vol. 69 ed. completa degli scritti, tr. it. di L.P.Capano, per il
passo citato vedi MicroMega 4/99, pp. 286-287).
25
Scrive Vattimo in Filosofia al presente, Garzanti, Milano 1990, pp. 26-27: La nostra una civilt
nichilistica, ed per questo che proviamo quello che Sigmund Freud chiamava il disagio della civilt: nel
mondo moderno, che il mondo della scienza e, soprattutto, della tecnica dispiegata, luomo ha perduto punti di
riferimento, sicurezze, valori stabili, e si trova in quella situazione che nel vocabolario del pensiero di
derivazione hegeliana e marxista stata definita di alienazione. La mia tesi sar in generale che oggi noi non
siamo a disagio perch siamo nichilisti, ma piuttosto perch siamo ancora troppo poco nichilisti, perch non
sappiamo vivere sino in fondo lesperienza della dissoluzione dellessere: da qui quellinsieme di sensazioni di
frustrazioni e di disagio che si chiama alienazione. A p. 28, si pu leggere: Io proporrei una definizione di
nichilista diversa , una definizione in cui mi riconosco quando mi dichiaro nichilista e sostengo che dobbiamo
diventare nichilisti in maniera pi profonda. E a p. 28, ibidem, si pu leggere: Pensoche una concezione
praticabile, ed anche positiva, di nichilismo nella nostra cultura sia quella secondo cui, affinch lesistenza abbia
un senso, lessere non deve avere quei caratteri di stabilit, immutabilit, definitivit che, a parere mio, e a
parere di autorit filosofiche maggiori di me, il tradizionale pensiero metafisico gli ha conferito, dalla filosofia
dei greci in avanti.

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dellessere nella sua storia, ha certamente senso, come mette in luce Heidegger,
porsi filosoficamente la domanda sullessenza del nichilismo e ripensare il destino
metafisico in termini di (superamento) berwindung o meglio di consumazione
interna della metafisica (Verwindung der Metaphysik) della soggettivit. In questa
consumazione interna, si tratta di andare alle radici del processo nichilistico che
Heidegger riconduce al mutamento dellessenza della verit iniziato con Platone.
Mutamento di una verit, intesa originariamente come svelatezza o discoprimento
(aletheia/Unverborgenheit) dellessere, quindi costitutivamente come essenza stessa
dellessere, che per con Platone, e successivamente a lui, assume, da prospettiva
heideggeriana, il carattere nudo e crudo di soggettivit o meglio soggettit
(Subiektitt), questo il termine di Heidegger. Verit come soggettivit e non verit
come essere. la soggettivit che a partire da Platone il punto (metafisico) di
riferimento o dinizio di rovesciamento della verit dellessere. , infatti, ormai la
soggettivit listanza che pretende di cogliere lessere nel suo essere e dimporsi o
volersi imporre sullessere. Ma, allora, limporsi del dominio dellente in cui lessere,
gioco forza, si detrae e cade in oblio. Se seguiamo Heidegger, con lavanzata del
primato della soggettivit o soggettit non siamo pi nella storia dellessere, anzi
completamente e irreparabilmente fuori dal dominio dellessere e quindi fuori dal
dominio della verit. Siamo entrati appunto nella storia della metafisica del soggetto.
Detto diversamente: siamo entrati nella storia della dimenticanza dellessere
(Seinsvergessenheit) che Heidegger, con grande lucidit, identifica nel mondo
contemporaneo col tema o problema della tecnica dispiegata o Gestell. Ovverosia:
con la messa a fuoco dellessenza della tecnica, legata alla storia della metafisica
proprio in termini di oblio dellessere. La tecnica si configura come impero o dominio
a partire dallimporsi della Subjektitt, ecco perch, per Heidegger, le sue tracce
portano lontano, indietro nel tempo, gi al pensiero di Platone in cui lente ha priorit
sullessere: di qui loblio o dimenticanza dellessere. Come dire, lessenza della
tecnica si configura, per un verso, come destino della metafisica del soggetto, per
altro verso come lautocompiersi ed esaurirsi di questa metafisica. Ma in prospettiva
heideggeriana, la tecnica, come si pu notare, non il prodotto del caso, piuttosto
destino metafisico che incluso, come si diceva sopra, nel darsi e sottrarsi epocale
dellessere. In questo senso, lessenza della tecnica rappresenta lesperienza
epocale che , s, abbandono dellessere, nello stesso tempo essa offre, per, la
possibilit di comprendere la storia della metafisica nella sua essenza compiuta e
quindi nella sua dissoluzione. Comprendere, cio, quella storia ch dominio
dellente sullessere, nichilismo appunto, essendo questo la storia nella quale,
heideggerianamente, dellessere non niente.

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Come rispondere (filosoficamente) allora al nichilismo se la sua storia storia


dellessere, ovverosia la storia nella quale ormai dellessere non pi niente?
Rispondere alla domanda significa ricostituire lessere come verit o meglio
ricostituire lessere nella sua verit, ci significa per un ritorno inaggirabile
allessere27. Un ritornare, cio, intanto, al punto di partenza che ha dato avvio a quel
mutamento dellessenza della verit il cui risultato nichilismo o il niente. Qual
questo punto di partenza, quale linizio? Linizio del mutamento della verit si ha
allorch, a partire da Platone, alla svelatezza originaria dellessere, si fatto
corrispondere lo sguardo ontico dellente-uomo, allorch la verit non stata pi
intesa come discoprimento (aletheia), ma come corrispondenza tra rappresentazione
e rappresentato. A partire da questo mutamento, che ha travolto lessenza della
verit, non pi lessere a spiegarsi alluomo, ma luomo a spiegarsi lessere e pi
precisamente: luomo a spiegare lessere nel suo essere. Se seguiamo le linee
tracciate da Heidegger, anche Kant non ha fatto molto meglio per superare la
dimenticanza dellessere. Infatti, vero che Kant non desume pi la conoscenza
dalla corrispondenza tra rappresentazione e rappresentato, piuttosto dalla
corrispondenza della conoscenza a regole, ovverosia seguendo le linee che sono
gi tracciate nella struttura dellintelletto, ma pi che superare la dimenticanza
dellessere passa da una verit come teoria della corrispondenza ad una verit come
teoria delloggettivit del rapporto di rappresentazione28 e niente pi. Il primato
dellontico non viene affatto meno. Tuttaltro, tant che la verit intesa sempre
ancora e comunque come qualcosa che si pu riconoscere o di cui si pu disporre
se si ha la possibilit di una sua fondazione o di un logos valido universalmente la
cui vincolativit riconosciuta o riconoscibile da tutti29. Nellottica della metafisica
tradizionale, punto di riferimento della verit diventa la determinata realt che, di
volta in volta, viene assunta come logos, storia, ragione, sacro, divino, ecc.,
ovverosia come categoria che rappresenta lessenza vera delluomo e a cui luomo
obbligato e in cui luomo deve riconoscersi se vuole giungere alla sua vera essenza
o al suo vero s (si veda in questo contesto la critica devastante ai concetti formulata
da Stirner). La metafisica della presenza (Metaphysik der Anwesenheit) di cui parla
Heidegger, tutta dispiegata gi qui, in un concetto di verit in cui si cerca, di volta
27
Scrive Heidegger: Ma lessere che cos lessere? Esso lui stesso. Questo quanto il pensiero futuro
deve imparare a esperire e a di re. Lessere non n Dio n un fondamento del mondo. Lessere
essenzialmente pi lontano di ogni ente e nondimeno pi vicino alluomo di qualunque ente, sia questo una
roccia, un animale, unopera darte, una macchina, un angelo o Dio (M. Heidegger, Brief ber den
Humanismus, Klostermann, Frankfurt a.M., 1976; trad. it. Lettera sull umanismo, a cura di F. Volpi,
Adelphi, Milano 1995, pp. 56-57).
28
Vedi sul contesto, R. Rorty, Heidegger wider die Pragmatisten, in Wirkungen Heideggers, neu hefte fr
philosophie, 23, Vandenhoeck & Ruprecht, 1984, p. 2.
29
Ivi, p. 4.

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in volta, il criterio, il punto metafisico di fondazione ultimo per la verit e la


conoscenza30.
Heidegger rovescia tutta la storia del pensiero occidentale proprio con la
domanda: perch crediamo che la verit sia qualcosa che abbia bisogno di un
criterio?31. In questa domanda si trova uno dei punti di partenza fondamentali per
discorrere del concetto di verit in Heidegger e di eredit heideggeriana, il fatto, cio,
che alla costrizione, se vogliamo, autogiustificativa o meglio alla fissazione (come
direbbe Max Stirner) nella ricerca di un criterio sovrastorico come fondamento della
verit, indipendentemente dal linguaggio, dalle regole e dalle forme di vita di una
determinata comunit, Heidegger abbia voluto contrapporre le sue grandi scoperte:
la temporalit e storicit dellessere, quindi linaggirabile prestruttura del
comprendere o il circolo ermeneutico, in ultima analisi e fondamentalmente: la
ricerca di un nuovo linguaggio capace di dire lessere32. Ricerca che ha contribuito
non poco alla svolta linguistica in filosofia, ad un nuovo modo di filosofare o meglio di
pensare con tutti gli effetti anche dirritazione che ha causato e causa lintraducibilit
che tutti noi conosciamo del linguaggio heideggeriano. Come sempre vogliamo
valutare questa svolta verso un nuovo linguaggio, tutto possiamo fare, ma non
scindere il pensiero di Heidegger dalla ricerca linguistica, dallossessione di creare
un nuovo linguaggio che corrisponda al linguaggio dellessere o della verit e uscire,
in definitiva, dal linguaggio metafisico. Ma qual il linguaggio della verit e quindi
non metafisico? Sappiamo che Heidegger ha fatto ricorso, in un primo momento, al
concetto di Unverborgenheit (aletheia). Nel saggio Dellessenza della verit (Vom
30
Il rifiuto di ogni criterio tale in Heidegger che la sua interpretazione della Critica della ragion pura di Kant
lo costrinse, in un primo momento, ad una forzatura a dir poco altamente paradossale. Interpretando, infatti, la
Critica della ragion pura come fenomenologia, la (questione normativa o) quaestio iuris , per Heidegger: solo
la formula per il compito di una analitica della trascendenza, vale a dire di una pura fenomenologia della
soggettivit del soggetto e cio quella di un [soggetto] finito. La forzatura non ha bisogno di alcuno sforzo
ermeneutico se si parte dal presupposto che eccetto la fenomenologia trascendentale di Husserl, non c
fenomenologia che non sia per sua natura ontologia e quindi sempre anche modo di vedere completamente
esterno e contrapposto ad ogni deduzione trascendentale come quaestio iuris. Ne prova il fatto che lo stesso
Heidegger, in ultima analisi, abbia successivamente dovuto rifiutare anche la deduzione trascendentale perch
non conciliabile con lontologia. Cfr. U. Claesges, Heidegger und das Problem der Kopernikanischen Wende,
in neue hefte fr philosophie, 23, Wirkungen Heideggers, Vandenhoeck & Ruprecht, Gttingen, 1984, pp. 75-
112. Vedi soprattutto, pp. 91 e 99. Cfr. Anche K.-O. Apel, Auseinandersetzungen In Erprobung des
transzendentalpragmatischen Ansatzes, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1998, soprattutto il paragrafo Heideggers
Beitrag zu einer Transformation der Transzendentalphilosophie, der letztlich auf eine Destruktion hinausluft,
pp. 513-536. Scrive Heidegger: Die transzendentale Deduktion ist fast durchgngig unhaltbar, doch gibt Kant
gleichwohl in ihrem Verlauf philosophische Anstsse, die man nur in der rechten Weise aufangen und in die
rechte Bahn lenken muss.
31
Per il contesto vedi anche R. Rorty, Heidegger wider die Pragmatisten, in Wirkungen Heideggers, neue
hefte fr philosophie, 23, Vandenhoeck & Ruprecht, Gttingen, 1984, pp.1-22.
32
Scrive Heidegger: Lespressione qui usata portare al linguaggio ora da assumere nel suo senso
assolutamente letterale. Lessere, aprendosi nella radura, viene al linguaggio. A sua volta, il pensiero e-sistente,
nel suo dire, porta al linguaggio questo adveniente. Cos il linguaggio viene elevato a sua volta nella radura
dellessere (M. Heidegger, Lettera sull umanismo, cit., p. 100).

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Wesen der Wahrheit del 1930, pubblicato nel 1943), egli dice: verit die
Offenstndigkeit des Verhaltens. Ovverosia, se seguiamo la versione offerta
dallottima interpretazione di Rorty33: verit ci che accade nellatto originario della
creazione di un linguaggio. Parlare di nuovo linguaggio, per Heidegger, non significa
allora corrispondere a criteri (gi esistenti o elaborare concetti da far corrispondere
agli oggetti nel senso tradizional-metafisico di adaequatio), ma aprirsi al processo di
creazione di nuove possibilit dellessere. (Negli sforzi linguistici di Derrida si nota,
penso, con chiarezza questa eredit heideggeriana). Il linguaggio della verit
veramente tale, allora, se apertura/radura (Lichtung). In questa prospettiva, se
partiamo dallassunto che non possiamo disporre di nessun criterio assoluto o
oggettivo, anche e soprattutto per la determinazione degli stessi criteri, si comprende
facilmente che per lesattezza o la giustezza (Richtigkeit) di proposizioni, o per la
verit, in generale, viene a mancare quel punto dosservazione intoccabile che si
riteneva ancora possibile nellontologia metafisica tradizionale o nella metafisica, che
Heidegger, definisce della presenza (Metaphysik der Anwesenheit). Detratta alla
metafisica, la verit situata ora, invece, nellaccadere del linguaggio34 stesso e pi
precisamente: in quelle (nuove) forme di linguaggio che sono discoprimento
dellessere. Sotto questo punto di vista, dire linguaggio significa dire allo stesso
tempo e primariamente rientro nellessere35. Si tratta, in termini heideggeriani, del
passaggio o di quella svolta (o Kehre), come Heidegger stesso la definisce, che noi
possiamo riassumere con le parole: il passaggio dal carattere trascendente
dellesserci alla temporalit quale orizzonte proprio dellessere o pi precisamente: il
passaggio dallontologia fondamentale, in cui si parte ancora dallesserci ovverosia
dalla capacit progettuale delluomo, allevento, allaccadimento (Ereignis)
dellessere. Nel saggio gi citato Dellessenza della verit, Heidegger dir: il salto
nella svolta da intendersi come una svolta entro la storia dellessere (Seyn)36. La
svolta, precisa Heidegger, non un cambiamento del punto di vista di Essere e
Tempo, in essa il pensiero che l veniva tentato, raggiunge per la prima volta il luogo
della dimensione a partire dalla quale era stata fatta lesperienza di Essere e tempo,
come esperienza fondamentale delloblio dellessere37. importante notare che con

33
Cfr. R. Rorty, Heidegger wider die Pragmatisten, cit., pp. 1-22.
34
Il pensiero a venire non pi filosofia perch pensa in modo pi originario della metafisica, termine che
indica la stessa identica cosaPi precisamente: Il pensiero raccoglie il linguaggio nel dire semplice.
(Lettera sull umanismo, cit., p. 103).
35
Heidegger afferma: Ma luomo non solo un essere vivente che, accanto ad altre facolt, possiede anche il
linguaggio. Piuttosto il linguaggio la casa dellessere, abitando la quale luomo e-iste, appartenendo alla verit
dellessere e custodendola (Lettera sull umanismo, cit., pp. 60-61.
36
HGA IX, p. 201, tr. it. di F. Volpi, Segnavia, Adelphi, Milano, 1987, p. 156.
37
M. Heidegger, Lettera sull umanismo, cit., p. 52. Esperire in modo sufficiente e partecipare a questo
pensiero diverso, che abbandona la soggettivit, reso peraltro pi difficile dal fatto che con la pubblicazione di

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la svolta, il problema della verit non si pone pi sul piano dellesserci, ma sul piano
della radura, quindi sul piano stesso dellessere38. Luogo della verit la svelatezza,
il discoprimento e non pi lapertura (Erschlossenheit): appunto lEreignis. Ma che
cos lessere come evento o accadimento?

Il passaggio dal primo inizio all altro inizio39

Certo, alla domanda cos lessere ognuno cerca risposta da quando c un


filosofare. E Heidegger col centrare tutto sullessere, sulla verit dellessere e sul
senso della verit dellessere sembra suggerire di poter dare una risposta definitiva a
questi interrogativi. Effettivamente, per, Heidegger pi che risolvere gli interrogativi
dati con lessere40, si limita a farci entrare nel tema della verit, ma non nel tema
della verit cos come situato nella tradizione metafisica: la contrapposizione tra
essere e nulla; piuttosto nel tema della verit a partire da un concetto di essere i cui
caratteri non sono pi, come nella metafisica tradizionale, quelli dellassolutezza,
dellimmutabilit o definitivit, ma quelli della temporalit o storicit, o nella
terminologia di Vattimo quelli della complicit di essere e tempo41. Essere e tempo,
cos lopera ritenuta fondamentale di Heidegger, fa chiarezza sul modo
completamente nuovo di rapportarsi allessere. Nella contrapposizione tradizionale di
essere e nulla, nellaver assegnato tradizionalmente allessere un senso di
immutabilit e non di storicit e finitudine, si dispiegano per Heidegger tanto
labbandono dellessere (Seinsverlassenheit) quanto la dimenticanza dellessere

Sein und Zeit la terza sezione della prima parte, Zeit und Sein, non fu pubblicata () Qui il tutto si capovolge.
La sezione in questione non fu pubblicata perch il pensiero non riusciva a dire in modo adeguato questa svolta
(Kehre) e non ne veniva a capo con laiuto del linguaggio della metafisica.
38
solo finch la radura dellessere avviene lessere si trasmette in propriet alluomo. Ma che il ci, la
radura della verit dellessere stesso, avvenga, la distinazione dellessere stesso. Lessere il destino della
radura (Lettera sullumanismo, cit., p. 65).
39
O. Pggeler nel suo libro Der Denkweg Martin Heidegger, riporta il seguente passo di Heidegger che K.
Tsujimura considera la struttura di base del pensiero del tardo Heidegger: Was gesagt wird, ist gefragt und
gedacht im Zuspiel des ersten und des anderen Anfangs aus dem Anklang des Seyns in der Not der
Seinsvergessenheit fr den Sprung in das Seyn zur Grndung seiner Wahrheit als Vorbereitung der
Zuknftigen des letzten Gottes . Vedi K. Tsujimura, Zur Bedeutung von Heideggers bergnglichen
Denken fr die gegenwrtige Welt, in neue hefte fr philosophie, 23, Vandenhoeck & Ruprecht, 1984, pp. 46-
58, cit., p. 46. Heidegger scrive: Nel primo inizio lessere dispiega la propria essenza come schiudimento;
nellaltro inizio lessere dispiega la sua essenza come evento. (Cfr. M. Heidegger, Il comunismo e il destino
dellessere, trad. it., cit., p. 295).
40
Rorty si chiede: Perch Heidegger pone sempre di nuovo la domanda sullessere, senza mai dare una
risposta? Suppongo che la risposta sia: perch lessere un buon esempio per qualcosa per cui noi non
possediamo criterio alcuno per rispondergli (R. Rorty, Heidegger wider die Pragmatisten, cit., p. 13).
41
Interpretando Heidegger, Vattimo testualmente: lessere in quanto prima e dopo, tempo, in Idem,
Filosofia al Presente, cit., p. 29.

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(Seinsvergessenheit). Lessere, cos Heidegger, ha abbandonato il modo di essere


dellessente per cui lessere rimane nascosto, impensato e ininterrogato nella sua
verit. chiaro che qui si pu subito sollevare la domanda: come fa Heidegger a
parlare di essere, se lessere nella sua verit occultato, impensato, ininterrogato?
Ora, se vogliamo avvicinarci alla soluzione di questa (apparente o vera) aporia
dobbiamo passare dal primo al secondo Heidegger, similmente al salto (Sprung) che
costituisce e costruisce la svolta (Kehre) nello stesso Heidegger. Fare, cio, il salto
nel Sein che in Essere e tempo mancava. In che cosa consiste questo salto o
Sprung? Il salto nel Seyn per Heidegger il salto dal primo inizio42 (linizio della
filosofia occidentale, lontologia metafisica) allaltro inizio, allinizio non pi metafisico
(allinizio, cio, che da venire, se verr, si dovrebbe forse aggiungere ed io sono
scettico su questo verr). Per Heidegger, si tratta per non di un salto qualunque,
ma del salto nellessere. Anche in questo caso si presenta qualche domanda e forse
anche qualche ulteriore aporia: intanto si ha limpressione che lessere non sia cos
astratto come a prima vista potrebbe sembrare. Sembra anzi, che Heidegger sappia
che cos lessere, tant che lui parla di salto in. Ma la domanda non meno centrale
: su quali presupposti evitare dimenticanza e abbandono dellessere? Heidegger
risolve il problema premettendo che il salto nellessere lapertura dellessere. Come
si pu notare non si tratta, allora e semplicemente, di un oltrepassamento dalluno
allaltro inizio (dalla dimenticanza alla manifestativit dellessere), per esempio, per il
tramite della mediazione del pensiero e per processo di riflessione. A dire il vero,
laltro inizio (cio linizio postmetafisico) sta a significare, invece, che luomo
dovrebbe trasformare la sua essenza. Si potrebbe subito aggiungere: solo dopo
questa trasformazione, lente-uomo entrerebbe nella possibilit della domanda circa
lessere. Ma questo non nemmeno il punto. Quel che Heidegger richiede il
mutamento o passaggio da uomo razionale metafisico a uomo custodia dellessere.
In questo caso e solo in questo caso si tratterebbe del salto giusto: di un salto come
inizio ancora pi originario, di un inizio iniziale a monte del primo inizio, in altri
termini, dellinizio di un pensiero nuovo, dellinizio che apre una nuova storia, di un
inizio che non pi quello metafisico o linizio del niente o dello sprofondare nel
nichilismo, ma il manifestarsi dellessere: si tratterebbe dunque di essere nellessere,
di vivere nellessere, con lessere. Di un inizio appunto vero, dunque, nuovo, se
vogliamo appunto postmetafisico, cos come teoretizzato, anche se da prospettive
certamente diverse, da nichilisti come sopra menzionati, per esempio da Stirner e

42
Cfr. Koichi Tsujimura, Zur Bedeutung von Heideggers bergnglichem Denken fr die gegenwrtige
Welt, in neue hefte fr philosophie, 23, Wirkungen Heideggers, Vandenhoeck & Ruprecht, Gttingen, 1984,
pp. 46-35.

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Nietzsche. Ma diversamente da Stirner e Nietzsche, ed in modo pi radicale,


Heidegger solleva qui un problema di grande attualit e portata teorica: il problema
del fondamento o della fondazione della verit stessa. Se vogliamo: il problema della
conoscenza e della scienza. E qui Heidegger rivoluziona una volta in pi non luno o
laltro indirizzo scientifico o di pensiero, ma tutto il pensiero metafisico occidentale.
Quindi: tutte le categorie della conoscenza e della scienza. Perch qui ne va del
pensiero stesso e del suo senso e della sua verit. E nulla rimane in piedi delle
procedure e dei metodi delle scienze e della logica dei criteri delle scienze e del loro
fondamento. Non da ultimo, questo spiega lespressione heideggeriana: la scienza
non pensa. La scienza, infatti, per Heidegger non coglie la verit. Col che non si
apre necessariamente al sacro o al divino, anche se una lettura del pensiero di
Heidegger in chiave teologica sarebbe non poco interessante come dimostra per
esempio uno studio molto accurato di Jngel e Trowitzsch43. Ma torniamo al
problema del pensiero che come si diceva sopra, a questo punto, non n mio n
tuo n nostro, ma dellessere stesso. Infatti, ci di cui si parla come pensiero e
interrogazione nei passaggi che intercorrono tra il primo e laltro inizio, avviene, per
Heidegger, non per facolt del soggetto, ma dallintonazione (Einklang) dellessere,
nella necessit della dimenticanza dellessere, come salto, quindi, nellessere per la
fondazione della sua verit come preparazione a quelli che in futuro sono (in mezzo
o) tra uomo e Dio44. Si pu notare: nel pensiero cos pensato nulla rimane della
scienza e di scientifico. E allora poniamo la domanda: ma che cosa dobbiamo
intendere con in mezzo o tra (zwischen)? La risposta heideggeriana : quel in mezzo
o tra proprio la verit dellessere (Seyn), la radura (Lichtung) dellessere che si
avvera non come procedura di scienza, ma come accadimento, non per volont del
soggetto, ma per apertura dellessere. A questo accadimento luomo pu certo
appartenere, ma non come soggetto dellaccadere o come scienziato o possessore
di verit, piuttosto come colui che nellaccadimento usato45. Certo, anche qui i
termini heideggeriani sono esposti al gioco linguistico di cui lui , allo stesso tempo,
maestro e artefice unico. Usato (gebraucht) da intendere nel senso che luomo
riportato a ci che proprio suo ed in esso luomo , come tale, appunto, mantenuto

43
Rinvio per questo contesto allinteressante contributo di E. Jngel e M. Trowitzsch, Provozierendes Denken
Bemerkungen zur theologischen Anstssigkeit der Denkwege Martin Heideggers, i. neue hefte fr
philosophie, 22, Vandenhoeck & Ruprecht, Gttingen, 1984, pp. 59-74.
44
A pagina 144 del libro Der Denkweg Martin Heidegger di O. Poggeler si trova il seguente passo di M.
Heidegger: Was gesagt wird, ist gefragt und gedacht im Zuspiel des ersten und des anderen Anfangs aus dem
Anklang des Seyns in der Not der Seinsvergessenheit fr den Sprung in das Seyn zur Grndung seiner
Wahrheit als Vorbereitung der Zuknftigen des letzten Gottes . Vedi a riguardo K.TsuJimura/Kyoto, Zur
Bedeutung von Heideggers bergnglichem Denken fr die gegenwrtige Welt, in Wirkungen Heideggers,
neue hefte fr philosophie, 23, cit., pp.46-58.
45
Cfr. K.TsuJimura/Kyoto, Zur Bedeutung con Heideggers, cit., p. 51.

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o trattenuto. Cosa dicono di nuovo questi concetti? Non dimentichiamo il passaggio


dal primo allaltro inizio (e cio: dal primo filosofare, quello metafisico allaltro
filosofare, quello del manifestarsi dellessere). Per cogliere il senso di questo essere
usato delluomo, dobbiamo tener presente, allora, che luomo un essere usato
nellaccadimento della verit, per cui rientriamo nuovamente nel tema
dellabbandono e della dimenticanza dellessere. Nella necessit, cio, a partire
dallessere: non come necessit a partire dal mio essere. Certo, nella necessit del
pensiero, ma, come dicevo sopra, non nella necessit del mio pensiero. Di quale
pensiero? Di quale essere allora? In termini metafisici, la domanda tradizionale
dellessere si pone nei termini: Was ist das Seiende? (Cos lessente?). la
domanda-chiave della tradizione metafisica e corrisponde, in termini heideggeriani,
al primo inizio (erster Anfang), allinizio di quel pensiero metafisico che, a partire da
Platone, ha determinato tutta la storia dellOccidente e lo sprofondare nella non-
verit e nel nichilismo e a cui Heidegger vorrebbe far seguire laltro inizio: linizio
dellessere e della verit. Ma per questo mutamento o nuovo inizio, alla domanda
Was ist das Seieinde (Cos lessente) deve seguire unaltra domanda; la domanda
che apre allaltro inizio, al nuovo inizio appunto. La domanda: Was ist Sein? (Cos
essere?), come domanda di fondo (Grundfrage) della metafisica. Questa domanda
di fondo o Grundfrage per cosa (Sache)46 di un pensiero diverso, di un pensiero
non pi metafisico, non di verit delle proposizioni o di verit proposizionale, in
generale, nel senso di un pensiero, per cos dire, scientifico, ma, e come si
accennava sopra, domanda di un pensiero che il fatto stesso della verit
dellessere. A tale proposito, nel saggio, Lettera sullumanismo Heidegger scrive: Il
pensiero, detto semplicemente, il pensiero dellessere. Il genitivo vuol dire due
cose. Il pensiero dellessere in quanto, fatto avvenire dallessere, allessere
appartiene. Il pensiero nello stesso tempo pensiero dellessere, in quanto,
appartenendo allessere, allascolto dellessere47. Indubbiamente, possiamo
chiederci fino a che punto Heidegger riesca a sciogliere le aporie che crea intorno al
concetto essere. Nella quarta edizione alla prolusione (del 1943) di Cos metafisica
(Was ist Metaphysik), Heidegger, per esempio, precisa: appartiene alla verit
dellessere che, s, lessere essenzialmente senza lente, ma che mai invece lente
senza essere. Nelledizione del 1949, si pu invece leggere: appartiene alla
verit dellessere che mai lessere sia essenzialmente senza lente, e che mai un
ente senza lessere. In qualche modo, la difficolt data con la differenza di essere

46
Heidegger precisa: La questione dellessere (Seinsfrage) non ancora assolutamente la domanda dellessere
(Frage nach dem Sein) (Lettera sullumanismo, cit., p. 57).
47
M. Heidegger, ivi, p. 35.

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e ente (di ontologico e ontico) e del loro rapporto di interdipendenza o interrelazione


o di dipendenza dellontico dallontologico48, rimane un problema di fondo irrisolto del
pensiero heideggeriano. Tant che lessere ovverosia laccadimento o levento, in
altri termini lEreignis se da un lato se stesso, dallaltro pensato come rapporto di
co-appartenenza allente-uomo. Non facile uscire dallaporia e il gioco linguistico
potrebbe continuare in infinitum, visto che Heidegger in Identit e differenza
(Identitt und Differenz) del 1957 riprendendo il discorso del rapporto di co-
apparteneza precisa: La differenza di essere ed ente in quanto dif-ferenza di
trasmissione e avvento la composizione di entrambi che svela e vela49. A
prescindere dalla soluzione o meno dellaporia o altre aporie di cui sopra si parlava,
rimane una interpretazione di fondo senza orma di dubbio il voler sottrarre lessere
alluomo in quanto lessere cosa fondamentalmente dellessere stesso, appunto
sempre e comunque Ereignis indipendente dalluomo; daltra parte lessere
heideggeriano ha un rapporto particolare con luomo: , s, se stesso, ma nello
stesso tempo ha sempre e comunque un rapporto come si diceva di co-
appartenenza o, per meglio dire, essenziale, con lente-uomo, in quanto nellapertura
o radura dellessere situato il Dasein dellumano. Ora chi cerca la verit,
indipendentemente dallaporeticit o meno dellimpostazione heideggeriana, non pu
fare a meno che partire dal fatto che lente-uomo situato non nellassolutezza dello
spirito hegeliano o nellIo trascendentale di Kant, ma nella temporalit del Dasein.
Temporalit che costituisce il Dasein. N c, daltro canto, come ci insegna
Heidegger, una linearit o un susseguirsi progressivo (un imporsi hegelianamente
della ragione nella storia, un logos, una provvidenza, un Dio) che progressivamente
illuminano sempre meglio e sempre di pi il cammino umano tortuoso dallignoranza
alla conoscenza, il passaggio dal male al bene ecc.. La verit heideggeriana, che
non ha nulla da condividere col procedere delle scienze e con i criteri di esse, non
un prodotto del soggetto e della sua metafisica, tuttaltro come abbiamo pi volte
messo in evidenza. Dal momento che lessere pu darsi come sottrarsi, anche la
verit pu svelarsi o velarsi. La verit non delluomo50 n della sua intenzione e

48
Commentando linterpretazione heideggeriana della Critica della ragion pura di Kant, Claesges si chiede:
Kann die apriorische Erkenntnis bei Kant als ontologische Erkenntnis in dem Sinn verstanden werden, dass sie
die Offenbarkeit des Seienden ermglicht, die fr die aposteriorische (ontische) Erkenntnis notwending
vorauszusetzen ist?, cfr. U. Claesges, Heidegger und das Problem der Kopernikanischen Wende, in neue
hefte fr philosophie, 23, Wirkungen Heideggers, Vandenhoeck & Ruprecht, Gttingen, 1984, p. 94. Sarebbe
anche interessante mettere a fuoco in che senso si pu veramente parlare di due tipi di verit o di conoscenza:
conoscenza ontica e conoscenza ontologica.
49
Die Differenz von Sein und Seiendem ist als der Unter-schied con Ueber-kommis und Ankunft der
entbergernd-bergende Austrag beider, Neschke, Pfullingen, 1957, p. 57.
50
Heidegger specifica: Lessere si apre come radura alluomo nel progetto estatico. Ma questo progetto non
crea lessere. Il progetto, del resto, essenzialmente un progetto gettato. Nel progettare, chi getta non luomo,

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intuizione: essa della storia dellessere, movimento a partire dellessere, per cui,
per Heidegger, nella verit si o non si . Col che, ovviamente, anche la radicale
confutazione della metafisica finisce per assumere un significato diverso e forse
ambiguo. Il pensiero dellessere certo pensiero non metafisico se cosa
dellessere e della sua verit, ma, e daltra parte, la metafisica sembra essere, allo
stesso tempo, allinterno della storia dellessere e tale da velare lessere stesso. Ci
spiegherebbe anche il darsi e sottrarsi (epocale) dellessere e della verit (nonch la
ricerca di termini che spiegano un superamento della metafisica e quindi un
superamento delloblio dellessere): si va non a caso, come detto inizialmente, dalla
berwindung alla Verwindung della metafisica, dallimpossibilit, quindi, quasi di
sottrarsi al suo destino, ad una consumazione interna a se stessa della metafisica,
ovverosia una consumazione della metafisica allinterno dellessere che porta alla
luce una paradossalit interna allessere stesso, se linterpretazione qui avanzata
regge quanto implicitamente supposto. La consumazione della metafisica, allinterno
dellessere, porta per a compimento anche lavverarsi del destino metafisico. Laltro
inizio che dovrebbe susseguire al primo inizio (che costituisce quello metafisico)
dovrebbe essere, infatti, quel nuovo inizio oltre-metafisico, libero ormai dal velarsi
dellessere perch espressione dellessere: quellapertura postmetafisica che
simpone dallintonazione (aus dem Anklang) dellessere nella necessit, a cui sopra
accennavo e direi ormai estrema, dovuta alla dimenticanza e allabbandono
dellessere51, in cui il destino metafisico che ha raggiunto con la tecnica il suo
culmine consuma anche i suoi ultimi resti e apre cos, a partire dallaltro inizio, la
verit dellessere e pu finalmente porsi da sfondo a quelle figure umane dell ultimo
Dio che linizio della storia futura52 .
La risposta heideggeriana al nichilismo creato dal consumarsi irrimediabile
del destino metafisico e della sua compiuta mancanza di senso questo altro inizio
che lascia dietro di s il primo inizio della storia del pensiero Occidentale53. laprirsi

ma lessere stesso, il quale destina luomo nelle-sistenza dellesser-ci come sua essenza. Questo destino
avviene come radura dellessere e come tale radura esso (Lettera sullumanismo, cit., pp. 66-67).
51
Loblio dellessere si manifesta indirettamente nel fatto che luomo osserva e lavora sempre solo lente.
Poich nel fare questo luomo non pu evitare di avere una rappresentazione dellessere, anche lesseere viene
spiegato soltanto o come ci che pi generale e quindi abbraccia lente, o come una creazione dellente
infinito, o come il prodotto di un soggetto finito (Lettera sullumanismo, cit., p. 69).
52
Cfr. O. Pggeler, Der Denkweg Martin Heidegger, cit., p. 264.
53
Scrive Heidegger: Il pericolo verso cui finora lEuropa sospinta in modo sempre pi chiaro consiste
presumibilmente nel fatto che innanzitutto il suo pensiero, che un tempo era la sua grandezza, resti indietro
rispetto al corso essenziale del destino mondiale che comincia; e ancora: Di fronte allessenziale spaesatezza
delluomo il suo futuro destino si mostra al pensiero che pensa la storia dellessere nel fatto che egli trovi una
via verso la verit dellessere e si metta in cammino verso questa scoperta( Lettera sullumanismo, cit., p. 72).

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ad un nuovo inizio di pensiero54, scrollandosi di dosso il carico, direi anche e


soprattutto nichilistico a cui il pensiero soggiaceva, quel niente assoluto, cio, che lo
costituiva, essendo il nichilismo, come si diceva allinizio, la storia in cui dellessere
non pi niente.
Un messaggio senzaltro il pensiero interrogante (das fragende Denken) che
qui alla base del superamento del niente metafisico e nichilistico. In altri termini:
alla base dellapertura allinizio della verit dellessere, a quel nuovo radicale della
storia dellesistenza umana che pu solo ergersi sulle rovine55 dellesaurirsi del
vecchio mondo metafisico e quindi sorgere, appunto, dalla necessit e come
necessit dellintonazione (Anklang) dellessere o verit, per non pi come un altro
nuovo logos (definitivo), sia esso divino o umano, ma logos non pi logos:
temporalit, storicit, finitudine.

54
Di recuperare, quindi, la vicinanza allessere in cui si compie se mai si compie, la decisione intorno a se e
come Dio e gli di si neghino e resti la notte, se e come il giorno del sacro albeggi, se e come nellalbeggiare del
sacro possano cominciare di nuovo ad apparire Dio e gli di. Ma il sacro, che solo lo spazio essenziale della
divinit, che sola a sua volta concede la dimensione per gli di e per Dio, viene alla luce solo se prima, dopo
lunga preparazione, lessere stesso si aperto nella radura ed esperito nella sua verit. Solo cos comincia, a
partire dallessere, il superamento di quella spaesatezza in cui non solo gli uomini, ma lessenza delluomo
stanno vagando (Lettera sullumanismo, cit., p. 68).
55
Heidegger era convinto, per quanto ci possa far inorridire, che la storia dellessere dovesse passare
attraverso la devastazione. Sulla problematicit politica di questa supposizione ci sarebbe molto da dire e non
questione che pu essere affrontata in questa sede. Mi limito a riportare uno dei tanti passi problematici di
Heidegger. In Il comunismo e il destino dellessere, vol. 69, p. 94 (delledizione completa degli scritti di M.
Heidegger) egli scrive per esempio: Se mancasse quindi la devastazione effettiva, ci rappresenterebbe, dal
punto di vista della storia dellessere la vera e propria catastrofe. Sarebbe lirrigidimento nello status quo. (Cfr.
per la citazione, MicroMega 4/99, p. 282). Lessere in quanto evento porta anche nel suo abisso e in quanto tale
unessenza mutata del lasco di spazio e di tempo originariamente unito, l la storia assume il suo futuro (ivi, p.
295).

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