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Giuseppe Del Nobile

Alla Luce dellArcangelo


Siamo stati testimoni di fatti prodigiosi

Questo libro, dedicato alla memoria di Peppino Sansone,


racconta la vita semplice e prodigiosa di un sant'uomo che ha
vissuto a pochi passi dal santuario dell'Arcangelo Michele di
Monte SantAngelo, un uomo che la veggente di Medjugorje, Vi-
cka, ha definito il Faro del Gargano e che centinaia di perso-
ne paragonano a padre Pio da Pietrelcina.

E: N E !
Editore: Nessuno Editore !
Alla Luce dellArcangelo 3
La presente opera protetta dalle

leggi internazionali sul diritto dautore

La riproduzione, in qualunque forma anche parziale


ottenuta senza lautorizzazione scritta e firmata
dellautore, perseguibile secondo le leggi vigenti.

Prima edizione stampata: Luglio 2016

Lautore desidera ringraziare quanti hanno voluto


fornire la loro testimonianza, ma anche tutti quelli
che non hanno voluto farlo.

Nota importante
Niente dovuto per il presente libro poich le spese di stampa
e di diffusione sono interamente a carico dellautore.
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Preambolo

Il libro che vi apprestate a leggere non unopera convenzio-


nale, cos come non convenzionale il personaggio di cui si par-
la. Largomento trattato, la struttura scelta e la modalit espressi-
va del libro sono stati adottati per favorire un sentimento di fami-
liarit tra chi legge e chi riporta, quasi a voler ricreare le situa-
zioni che lautore ha vissuto con il personaggio di cui si racconta.
Le pagine si snodano tra i ricordi personali, le confidenze fat-
te dal protagonista allautore (puntualmente annotate e autorizza-
te), le conferme delle previsioni fatte soprattutto quelle che ri-
guardano accadimenti ritenuti impossibili o irrealizzabili e invece
visti accadere e le considerazioni sul mondo sottile e sublime
(il mondo spirituale e delle creature elevate) che un santuomo
come Peppino Sansone, con i suoi rari carismi, invita a fare.
Visto il tema trattato e il livello di elevazione spirituale del
protagonista del libro, preparatevi a fare unimmersione nel
mondo delle cose ultraterrene e a comprendere come la santit
quella vera sempre legata ad altre doti come la fede, la bont
danimo, lumilt, la capacit di perdonare e la dedizione totale
alla propria missione. Sar una passeggiata tra i ricordi di perso-
ne che hanno avuto il privilegio di conoscere questa creatura che,
pur vivendo nel mondo della materia, era capace di transitare a-
gilmente in quel mondo sottile che non pi retto dalle regole e
dalle leggi consuete del mondo fisico e in cui il tempo e lo spazio
sembrano subordinati alle capacit spirituali della creatura porta-
trice dei doni divini.
I mistici orientali da millenni sostengono che la materia su-
bordinata alla mente e questa allo spirito di ogni creatura. me-
raviglioso, poi, rendersi conto che tutti i grandi mistici e i santi
tra questi sono portatori della fede incrollabile nellunico Dio
esistente che per noi cristiani ha nel Cristo, il Messia, la sua in-
carnazione salvifica.
Ripercorrendo le vicende che hanno riguardato Peppino San-
sone e le persone che hanno messo a disposizione la loro testi-
Alla Luce dellArcangelo 5
monianza, ho notato, in qualche episodio raccontato, lievi discre-
panze nella ricostruzione fatta da diversi protagonisti di uno stes-
so accadimento. Generalmente si tratta di differenze frutto di un
diverso peso dato alle varie componenti e ai vari attori presenti
negli episodi, talvolta anche qualche differenza non sostanziale
di parole pronunciate. Lautore ha scelto la ricostruzione ritenuta
pi attendibile, ferma restando la corrispondenza al fatto narrato.
Fin da ora chiedo scusa per queste tre scelte che ho fatto nella
stesura del libro e che elenco:
Lomissione dei nomi di alcuni protagonisti che mi hanno au-
torizzato a riportare il proprio nome nel testo. Non avendo io pre-
so sempre appunti sul desiderio del testimone intervistato di far
apporre il proprio nome, ho preferito talvolta non mettere la fonte
oppure modificarne il nome per rendere la testimonianza non ri-
conducibile al protagonista della vicenda stessa.
Il mancato inserimento di testimonianze che ho raccolto e che
non ho potuto redigere per motivi di tempo. Per sei mesi ho atte-
so che le testimonianze caldeggiate giungessero e, proprio quan-
do avevo perso le speranze di ricevere i racconti attesi, come se
fosse giunto un segnale dallalto, sono iniziate ad arrivare le tele-
fonate di persone desiderose di raccontare la propria storia vissu-
ta con Peppino Sansone. Queste omissioni hanno inciso sulla ric-
chezza di aneddoti che sarebbe stato possibile riportare, ma in
ogni caso il libro davvero uno spaccato perfetto delle opere e
della vita di questo nostro mirabile amico e fratello maggiore in
Cristo.
Infine, la questione pi spinosa: ho chiamato sovente santo
e non santuomo il protagonista di questo libro e per questo mi
scuso con tutti quelli che potrebbero provare un risentimento.

legittimo, e lo comprendo in pieno, provare un disagio di


fronte a questa parola associata a una persona sconosciuta a mol-
ti. Come cristiano conosco e rispetto profondamente le tradizioni,
le regole e la logica della Chiesa e per questo ho soppesato que-
sta scelta a lungo, ma, conoscendo sufficientemente la creatura di
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cui parlo, credo onestamente che avrei fatto altrettanto torto alla
verit omettendo quellappellativo allapparenza cos impegnati-
vo, che pu apparire forzato o quantomeno precoce. Sapremo in
seguito se ho esagerato nel dire oppure se ho intuito correttamen-
te la dimensione spirituale di questo santuomo che, esattamente
come padre Pio, diceva che avrebbe fatto pi rumore da morto
che da vivo.

Un santo, per coloro che non sono avvezzi alle definizioni e


che vanno per le spicce, un uomo capace di fare miracoli. Padre
Pio da Pietrelcina ammoniva quelli che dicevano che lui faceva
miracoli con queste parole: I miracoli li pu fare solo Dio!. In
effetti il santo pu chiederli al Padre e, grazie alla sua profonda
fede, ottenerli per intercessione. Ecco, infatti, cosa dice Ges:

Il miracolo sulle carni potenza divina. La redenzione degli


spiriti lopera di Ges Cristo, il Salvatore e Redentore.

Unaltra definizione di santo appannaggio di quelli che cre-


dono alla reincarnazione e alle discipline arcane; per costoro il
santo una creatura alla sua ultima incarnazione e, per questo,
avendo egli percorso una lunga serie di esperienze, e avendo
questi maturato molta crescita spirituale, ha maturato anche dei
carismi tali da permettergli di compiere atti e intercessioni che
sono impossibili agli umani non ancora spiritualmente maturi o,
quantomeno, non consapevoli di essere spiritualmente maturati.

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La santit vista da vicino

Viveva sul Gargano, fino a pochissimo tempo fa, un uomo


che ha dedicato lintera sua vita allaiuto degli altri. Costui non
era un uomo qualunque, ma un santo. Quanti non sono a cono-
scenza della grandezza delluomo di cui qui si parler e che sono
restii a credere alla santit di un uomo sprovvisto di sacri panni,
possono accontentarsi di saperlo uomo assai carismatico e bene-
detto.
Leggere della vita di un santo , anche per chi credente,
unemozione non da poco. Osservare un santo allopera
unesperienza che pu cambiarti la vita. Moltissimi di quelli che
leggono hanno sicuramente potuto vedere in vecchi filmati tele-
visivi il santo frate da Pietrelcina san Pio e sono ancora in vi-
ta molte delle persone che lo hanno conosciuto personalmente.

Essere amico intimo di un santuomo, privilegio che alcuni di


noi hanno avuto per essere stati a contatto con Peppino Sansone,
senza dubbio lesperienza pi ricca che la vita pu riservare a
una creatura normale. Non oso immaginare di pi per non smi-
nuire il dono che il Signore ci ha fatto, ma non dimentico
lesperienza suprema per una creatura umana, che quella di tro-
varsi al cospetto del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo o della
Vergine Maria.

Quanto ho scritto tratta della mia esperienza personale con


Peppino Sansone ed forse il caso che io vi prepari perch legge-
rete di una persona schietta e divertente, amabile e tenera, sincera
e devota, che ha dedicato la propria vita al servizio dei suoi doni
divini con i quali ha aiutato migliaia di persone in ogni angolo
del mondo.

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Peppino Sansone

Peppino Sansone nasceva a Monte SantAngelo il 25 marzo


del 1939 in una famiglia poverissima e numerosa il cui sopran-
nome, fondamentale da queste parti se si vuole individuare con
precisione la giusta persona, ucchiarjind, che nel dialetto locale
significa occhi dargento. Era il figlio pi piccolo di otto fratel-
li. Alcuni aneddoti molto rilevanti, di cui racconteremo, si riferi-
scono alla sua poverissima infanzia, ma laccadimento fonda-
mentale, quello da cui partiremo per descrivere questo meravi-
glioso cristiano, avvenne quando Peppino, allora di soli otto anni,
si ammal di una malattia sconosciuta che al medico del paese
aveva fatto pensare alla contagiosa tubercolosi perch anche un
vicino di casa era morto, poche settimane prima, a causa di quel-
la terribile malattia. A quellepoca la tubercolosi mieteva molte
vittime, soprattutto tra i bambini, i quali hanno sistemi immunita-
ri ancora immaturi, e per questo era assai temuta.

Ma la tisi non era la sola malattia dei polmoni a destare pre-


occupazione. Il paese di Monte SantAngelo, situato a circa 850
metri di quota, dinverno assai freddo e se non si dispone di un
sistema di riscaldamento adeguato, si rischia di ammalarsi anche
di altre pericolose malattie polmonari che in unepoca di scarsit
di medicine efficaci, poteva fare strage.
Gli anziani del paese raccontano di inverni rigidissimi e di
nevicate che bloccavano le strade con muri di neve alti anche pi
di un metro che costringevano allisolamento anche per settimane
lintera comunit montanara.
Temendo la presenza in casa della terribile malattia, Peppino
fu tenuto in una minuscola stanzetta (la stessa nella quale poi ha
dormito per tutta la vita) della piccola casa dei genitori per isolar-
lo dagli altri fratelli nella speranza della guarigione.

Una visione

Era una mattina fredda e il piccolo Peppino stava davanti alla


porta di casa in attesa dei genitori con i quali prendere lautobus
e partire alla volta di Foggia. Nel capoluogo dauno, infatti, esi-
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steva (ed esiste ancora adesso) un ospedale il Col. DAvanzo
in grado di trattare tutte le malattie polmonari. I genitori di Pep-
pino non erano ancora usciti sulla strada (si erano forse attardati
a prendere le ultime cose per il viaggio) quando il ragazzino vide
una specie di bolla luminosa al centro della quale risplendeva di
luce vivissima una giovane donna. Chi fosse quella meravigliosa
creatura di luce lo disse Lei stessa al piccolo Peppino rapito in
estasi.
Sono Maria Santissima delle Grazie

disse la Madonna.

Metti tutte le tue preghiere nel mio cuore


immacolato e io le esaudir!

Fu la prima delle apparizioni mariane avute dal nostro Peppi-


no; dopo di quella, molte altre volte la santa Vergine gli apparve.
Non fu unapparizione proprio inspiegabile, quella, poich
Peppino, temendo che la sua malattia avrebbe potuto causare il
contagio e la morte dei fratelli, aveva iniziato a pregare accora-
tamente la Madonna chiedendole insistentemente di farlo morire.
Morto lui, pensava Peppino, il problema del contagio si sarebbe
risolto e i fratelli avrebbero potuto contribuire alla sopravvivenza
economica della famiglia, ma quanto da Peppino chiesto alla
Madre celeste non accadde perch la stessa meravigliosa creatura
invocata da Peppino gli apparve per rassicurarlo.
In quella occasione la visione della Madre di Ges avvenne di
mattina, ma unaltra volta la visione lebbe di notte. Doveva es-
sere passata la mezzanotte da poche ore quando, dopo un fortis-
simo rumore, come di tuono, una luce di straordinaria luminosit
entr dalla minuscola finestra con le sbarre che permetteva
laerazione e lilluminazione della stanzetta in cui dormiva. At-
traverso la piccola grata, oltre a quella luce intensissima, giunse
anche la pi luminosa e la pi dolce delle creature: la Madonna.

La profonda dolcezza della visione che Peppino ebbe la si po-


teva vedere sul suo viso tutte le volte che raccontava questo epi-
sodio della sua infanzia. Egli raccontava questa storia fissando lo
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sguardo nel vuoto e ripetendo sempre commosso le parole che la
Madonna gli aveva detto. Raccontava Peppino: Da quella luce si
fece avanti la Madonna che poggiava i piedi su due rose e io, fol-
gorato da quella straordinaria visione, avevo allungato la mano
nel tentativo di toccarle un piede, ma la Signora splendente si era
allontanata di un po e io non riuscii a toccarla. Nonostante
quel forte rumore, quella notte si era svegliato solo Peppino.
Descriveva cos quella visione: Era giovanissima, come una
ragazza alla prima comunione, e aveva una veste di un colore
grigio azzurro. Era di una bellezza indescrivibile e aveva un dia-
dema sulla testa fatto da tre corone distanti circa venti centimetri
una dall'altra.
In un'altra occasione Peppino mi descrisse lapparizione della
santa Vergine come la si pu vedere rappresentata in certe im-
magini tipiche delliconografia popolare: con un cuore umano
vivo che le batteva fuori dal petto. Dentro di me avevo sempre
sospeso il giudizio sulle immagini sacre; pensavo che gli artisti
dipingevano e disegnavano le figure sante con delle caratteristi-
che immaginate dalla loro ardente fede. Immaginavo che, s, ci
fosse una volont di narrazione degli accadimenti relativi a ogni
figura della letteratura cristiana, ma non avevo mai fatto caso che
gli artisti di figure religiose non avevano una loro immaginazione
propria. Non per nulla consueto per gli artisti uniformarsi e ri-
nunciare alla propria creativit, semmai la vera arte pretende il
contrario. Per un fatto che non comprendevo gli artisti nei secoli
hanno sempre creano immagini sante nelle stesse fondamentali
versioni. Per fare un esempio, la lama discoidale di luce dorata
disegnata sul capo di un personaggio segnala, nelliconografia
cristiana, che si tratta di un santo. Per altri, coloro che seguono le
dottrine orientali, rappresenta invece il chakra della corona e de-
nota lenergia radiante promanante dalla sommit del capo. Quel-
la stessa aureola che per i cristiani denota la santit e che per altri
il chakra coronale, in ambedue i casi rende la creatura in que-
stione capace di connettersi con la divinit.
Un altro esempio tipico il cuore con le spine della Madre
Celeste, cuore che mostrato fuori dal corpo della Madonna e
che, adesso capisco, genuino e appannaggio delle apparizioni
dei veggenti e non immaginazione fervida di artisti strepitosa-
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mente creativi. Sarete daccordo con me che giungere a ipotizza-
re di propria iniziativa che la Vergine abbia il cuore fuori dal
proprio corpo e circondato di spine davvero al di l delle cose
immaginabili, per quanto un artista possa essere riccamente dota-
to di immaginazione e creativit.
Vorrei aggiungere un aneddoto del quale sono venuto a cono-
scenza mentre sono nella fase terminale della stesura di questo
libro. Una signora di Monte SantAngelo che frequentava assi-
duamente la casa di Peppino, un giorno aveva portato con s la
sua figliola che a un certo punto, immersa nel gioco della scoper-
ta dei posti pi reconditi della casa dellospite, si era intrufolata
in uno stanzino. Attraverso lo specchio dellarmadio che riusciva
a far scorgere la ragazza in perlustrazione allinterno dello sga-
buzzino, la madre vide a un certo punto che quella figliola stava
accarezzando il quadro di Ges che Peppino teneva in quel ripo-
stiglio. Limmagine del quadro era una di quelle che rappresen-
tano il Maestro con il cuore allesterno del proprio petto. Quando
la madre e la ragazza lasciarono la casa di Peppino, la signora
chiese alla figlia perch accarezzava quel quadro. La figlia le ri-
spose, candidamente, che le piaceva accarezzare il cuore di Ges
perch era caldo.

A quelle iniziali, brevi e intense esperienze infantili di Peppi-


no ne sono seguite molte altre, e in due casi anche in presenza di
chi raccoglie queste note. Di questo parleremo pi avanti, ma per
il momento, per completare la premessa, diciamo che nella casa
di questuomo profondamente umile e sofferente nel corpo, per
pi di cinquantanni sono passate ogni settimana decine di perso-
ne e che ad ognuna di queste stato dato aiuto in tutte le forme
possibili e sono state aperte le porte del mondo dello Spirito.
Molti hanno ricevuto aiuto materiale, tanti hanno ricevuto aiuto
psicologico, tutti quelli che hanno voluto hanno potuto contare su
di un aiuto spirituale che solo i santi o le creature molto evolute
possono dare. Chiunque abbia incontrato quest'uomo ha avuto la
possibilit concreta di cambiare in profondit il proprio modo
dessere. Molti hanno cambiato la loro condotta e si sono rigene-
rati spiritualmente, e anche quelli che riferiscono attraverso di me
possono testimoniare che la loro vita cambiata radicalmente.
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Alcuni, tra cui lautore, hanno trovato le motivazioni pi forti e
profonde per credere nellesistenza dellOnnipotente.

Di questa umile e meravigliosa creatura e delle sue opere di


bene questo libro parla, ma prima facciamo un po di Storia.

Monte SantAngelo

Questo posto speciale, basta poco per capirlo. un paese


del Gargano a cinquanta chilometri da Foggia, a meno di venti da
Manfredonia e ad altrettanta distanza da San Giovanni Rotondo.
Di San Giovanni Rotondo moltissimi sanno perch nel suo con-
vento, il Convento dei Cappuccini dedicato a Santa Maria delle
Grazie, ha predicato, celebrato messa, confessato e fatto mirabili
e incredibili cose un umile frate, ora santo, che il mondo intero
conosce col nome di padre Pio da Pietrelcina. Un santo della no-
stra epoca, uno dei pochissimi santi-mistici di cui abbiamo testi-
monianze dirette, immagini filmate e una lunga serie di biografie,
comprese quelle di incauti detrattori che di questioni dello Spirito
e del mondo divino conoscono poco o niente.

Di padre Pio si sanno, proprio il caso di dirlo, la vita, la


morte e i miracoli, e di lui il mondo conosce anche la sua grande
opera materiale nella quale anche chi scrive ha potuto essere pi
volte curato: il grande ospedale Casa Sollievo della Sofferenza.

Se il paese di San Giovanni Rotondo famoso da quasi un se-


colo per aver ospitato il santo del Gargano, Monte SantAngelo
famoso da quindici secoli perch ritenuto la residenza terrena
dellArcangelo Michele, il principale tra quelli pi noti che sono:
Mont Saint-Michel, in Francia, la Sacra di San Michele, in Pie-
monte e, appunto, Monte SantAngelo, in Puglia. Tre luoghi mi-
caelici che sono praticamente allineati sulla cosiddetta via Miche-
lita, la congiungente che parte dalla Bassa Normandia e giunge
sul Gargano.

Alla Luce dellArcangelo 13


LArcangelo sul Gargano

La storia vuole che nellanno 490 un toro di un ricco allevato-


re del Gargano si comportasse in modo assai inconsueto. Questa
bestia entr in una grotta naturale posta in prossimit della cima
della montagna garganica e si inginocchi come se fosse al co-
spetto di qualcosa di invisibile. Dopo alcuni giorni di ricerca
lallevatore individu il nascondiglio del suo toro e cerc in tutti
i modi di farlo venir fuori senza per riuscirci. Alla fine, esaspe-
rato da quella situazione di stallo, lallevatore incocc una freccia
nel suo arco e la lanci verso lanimale per abbatterlo. Incredi-
bilmente, la freccia non colp il toro ma ritorn indietro e colp lo
stesso allevatore. Costui, scosso dalla vicenda che aveva assunto
tutte le caratteristiche di una faccenda soprannaturale, si rec dal
vescovo di Siponto per raccontare quella storia cos inaudita. Il
vescovo, compresa la possibilit che quanto quellallevatore rac-
contava fosse davvero un accadimento di ordine soprannaturale,
dichiar tre giorni di preghiere e di penitenze, poi si rec nella
grotta in cui il toro si era inoltrato e trov che era ancora ingi-
nocchiato. Proprio allo scadere dei tre giorni di preghiere il ve-
scovo ebbe lapparizione di una figura che si present con queste
parole:

Io sono lArcangelo Michele e sto sempre alla presenza di


Dio. Questa caverna a me sacra e io stesso ne sono il vigile
custode. L dove si spalanca la roccia possono essere perdo-
nati i peccati degli uomini. Quel che sar qui chiesto nella
preghiera sar esaudito. Va, perci, sulla montagna e dedica
la grotta al culto cristiano.

Purtroppo il vescovo esit a fare come lArcangelo aveva


chiesto, forse perch quello stesso luogo era anche un posto dove
avvenivano culti pagani e quindi il vescovo si era sentito poco
propenso a spartire un luogo con altri culti che non riconosceva-
no un unico Dio, fatto sta che lArcangelo dovette aspettare un
po prima di essere esaudito nella sua richiesta.
Qualche anno dopo (la data indicata quella del 492, ma, se-
condo fonti pi recenti potrebbe essere addirittura di qualche se-
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colo dopo, nel 662, quando una importante battaglia tra Greci e
Longobardi fu vinta dai Longobardi e attribuita allintercessione
decisiva dellArcangelo Michele), tocc al vescovo Lorenzo
Maiorano (diventato poi santo) chiedere allArcangelo di aiutare
il popolo Sipontino che era sotto lassedio dei nemici. Ancora
una volta, per tre giorni la gente del luogo, su richiesta del ve-
scovo, fece penitenza e preg per uscire da quella terribile situa-
zione di assedio. LArcangelo comparve al vescovo e gli predisse
la vittoria nella battaglia che ci sarebbe stata di l a breve. I Si-
pontini, udite dal vescovo le parole dellArcangelo, uscirono in
armi contro lassediante e sbaragliarono il nemico. Si racconta
che durante la battaglia ci furono scosse di terremoto e folgori di
cos terrificante violenza che il nemico fu spaventato a morte e
costretto alla capitolazione.
Nel 493 lArcangelo apparve ancora. Sembra che il vescovo
avesse finalmente deciso di fare come gli era stato chiesto tre an-
ni prima. Avendo egli fatto sapere al santo padre, Gelasio I, quel-
lo che stava accadendo dalle parti del Gargano, e avendo ricevuto
dal Papa un sostanziale nulla osta alla consacrazione della grotta
al culto cristiano, il monsignore ricevette la visita
dellArcangelo che gli disse pi o meno cos:

Io stesso ho consacrato la grotta e lho dedicata al culto cristiano

A quel punto il vescovo di Siponto comprese la portata degli


avvenimenti, testimoniata anche dallazione protettiva del-
lArcangelo a favore della popolazione della zona, e decise di
onorare Michele organizzando una solenne processione con tutta
la citt e per loccasione invit altri sette vescovi della Puglia.
Il giorno 29 settembre (giorno che ancora adesso rimasto
quello scelto per la celebrazione della festa dellArcangelo Mi-
chele e che, fino a pochi decenni fa, vedeva laffluire di migliaia
di pellegrini in processione da ogni parte del territorio. In
quellepoca, e fino a pochi decenni fa, verano pellegrini che,
partendo da Vieste, attraversavano nottetempo la foresta umbra
con fiaccole e stendardi) la solenne processione si diresse verso
la sommit della montagna per giungere nei pressi della grotta
ora, finalmente, considerata sacra da tutti.
Alla Luce dellArcangelo 15
Durante la marcia della processione accadde un fatto sopran-
naturale: delle aquile si misero a volteggiare sopra i vescovi of-
frendo loro riparo dagli intensi raggi del sole. Si deve tener conto
che il percorso della processione di almeno venti chilometri du-
rante il quale si deve scalare un dislivello di pi di ottocento me-
tri. Allarrivo nei pressi della grotta le genti in processione si tro-
varono davanti a un altare con tanto di crocifisso che nessuno a-
veva provveduto a erigere. Da quel momento la grotta
dellArcangelo, divenuta luogo di culto cristiano e in seguito ba-
silica, stata lunico luogo non consacrato dalluomo, bens dalla
potenza dellArcangelo Michele, ed per questo che spesso si
cita questa chiesa con il nome di Celeste Basilica.
Attorno alla grotta crebbe quindi il paese di Monte
SantAngelo che nel nome stesso ricorda la devozione delle genti
del luogo allArcangelo di Dio.

Le apparizioni dellArcangelo continuarono. Quelle pi signi-


ficative, considerate quattro, continuarono con questultima,
quella del 1656, anno in cui in tutta lItalia del sud si scaten una
micidiale epidemia di peste. Questa volta tocc allArcivescovo
Alfonso Puccinelli invocare lArcangelo che, dopo le rituali pre-
ghiere di penitenza e i digiuni chiesti alla popolazione, apparve.
LArcangelo disse al vescovo Puccinelli di benedire i sassi e-
stratti dalla grotta che Lui stesso aveva consacrato. LArcangelo
promise che sarebbero risultati immuni dalla piaga pestilenziale
tutti coloro che avessero tenuto con la debita devozione una di
quelle pietre benedette nel suo nome. La promessa di Michele fu
mantenuta e la peste spar da quei luoghi e da tutte le case dove
la fede dei pellegrini nellArcangelo Michele aveva fatto prende-
re una di quelle pietre miracolose. Da allora, e ancora adesso,
quando si costruiscono le case a Monte SantAngelo si usa ce-
mentare insieme alla struttura dellabitazione una pietra estratta
dalla santa Grotta.

Per ricordare quella quarta apparizione dellArcangelo Miche-


le, proprio di fronte alla finestra della stanza del palazzo in cui
Puccinelli ebbe la visione, lo stesso vescovo fece erigere una co-
lonna con sopra una statua del principe delle milizie celesti.
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Quella statua sulla colonna ancora adesso ben tenuta e imme-
diatamente visibile dai pellegrini e dagli abitanti perch la strada
principale del paese la costeggia.

Le apparizioni catalogate ufficialmente terminano con quella


dellarcivescovo Puccinelli, ma accanto a queste voglio riportare
la testimonianza raccolta da me nellestate del 2012, e registrata
su un nastro, di una giovane mamma che mi ha confidato di aver
visto lArcangelo in un mattino di una bella giornata.
Era una creatura meravigliosa, racconta questa donna, era
gigantesca, addirittura titanica, tanto grande da riuscire a coprire
tutta la montagna dove posto il paese di Monte SantAngelo.
LArcangelo sorgeva da dietro la montagna come se fosse posto
a guardia del paese e della montagna stessa e aveva una spada
fiammeggiante nella mano, pi o meno come riportato nelle
statue e nelle icone che lo raffigurano.
Mentre quella donna mi raccontava di questa visione mi veni-
va alla mente un altro racconto, letto su un libro di una sensitiva
italiana, in cui descriveva la visione dellArcangelo che protegge
le isole Canarie. Anche in quel caso la sensitiva riportava la vi-
sione di una creatura gigantesca che sembrava stendere le sue ali
a protezione di tutta quella zona del pianeta. Per alcuni le isole
Canarie sono le cime delle montagne pi alte di un continente
scomparso di cui tutti conoscono il nome Atlantide anche se
di questo continente ormai esiste solo la leggenda cui la maggior
parte dei viventi nemmeno crede pi. Nonostante questo scettici-
smo circa questa antica civilt ormai perduta, forse fidandosi del-
la testimonianza di Platone che in due suoi libri racconta di que-
sta antica terra scomparsa durante unecatombe marina circa do-
dicimila anni fa, diversi esploratori e scienziati proseguono pro-
prio in quella zona del mondo le ricerche delle vestigia di quella
meravigliosa civilt che ha dato il nome alloceano dal quale
poi stata sommersa.

Anche la scrittrice e giornalista Grazia Francescato, gi depu-


tata al Parlamento italiano, fino a poco tempo fa responsabile na-
zionale del WWF e da decenni attivista di rilievo internazionale

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nelle questioni ambientali (e non solo), racconta in due bellissimi
libri la sua esperienza e il suo legame con lArcangelo Michele.
Nel suo primo libro: In viaggio con lArcangelo, la Francesca-
to ripercorre la sua vicenda mistica che lha portata, attraverso il
suo inconsapevole pellegrinaggio nei luoghi dellArcangelo e
quindi anche a Monte SantAngelo a credere nellesistenza di
Michael e a comprendere la sua fortissima energia di protezione
e il suo ruolo nei tempi attuali. In particolare, uno dei compiti
dellArcangelo Michele, quello connesso alla salvaguardia
dellambiente poich la Natura una delle forme del Creato e
quindi uno degli aspetti visibili del Creatore. Maltrattare, dan-
neggiare o addirittura mortificare la Natura significa trattare con
disprezzo i doni divini concessi agli uomini dal Padre.
lepoca, questa, oltre che della crescita a un livello maturo
della consapevolezza spirituale generale del pianeta, anche della
presa di coscienza collettiva dellimportanza della Natura intesa
come madre che nutre i suoi figli e come padre che li protegge. I
figli: le creature abitanti il mondo e, tra queste, anche gli esseri
umani, finora artefici dello sfruttamento indisciplinato e spesso
anche insensato, saranno dora in poi gli artefici della restaura-
zione del rapporto filiale consapevole. Non un caso che la se-
conda enciclica di Papa Francesco, pubblicata nel giugno del
2015, tratti di questo tema. Gi dal nome: Laudato Si (parole ri-
petute pi volte da san Francesco nel suo Cantico delle Creature
in segno di ringraziamento al Signore per il dono del Creato) ci si
pu rendere conto del tema trattato. Abituiamoci, quindi, a vede-
re lArcangelo Michele anche come protettore del Creato fisico e
quindi come protettore della Natura, e aiutiamolo a compiere
lOpera.
Grazia Francescato per non la sola persona che racconta di
avvertire la presenza dellangelica creatura. risaputo che padre
Pio raccomandasse a tutti quelli che andavano a fargli visita di
passare sempre prima dalla grotta di San Michele e poi, semmai,
giungere a far visita a lui allora in servizio presso il convento
dei Cappuccini di San Giovanni Rotondo.

Lo stesso santo patrono dItalia, san Francesco dAssisi, giun-


to allingresso della grotta dellArcangelo, avvertendo la purezza
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del luogo, si ritenne indegno di entrare e riusc solo a offrire la
sua umile testimonianza di quella visita incidendo su una pietra
la lettera greca (tau). In seguito quella pietra stata inglobata in
un piccolo altare eretto proprio alla destra dellentrata della Basi-
lica. Quella lettera ormai nota anche come tau francescana e da
allora diventata il simbolo di tutti coloro che al santo patrono
dItalia si riferiscono, compresi gli Scout.

Alcuni sensitivi, dico questo per coloro che credono alle pos-
sibilit di alcune persone dotate di particolari poteri o carismi,
riportano di riuscire a percepire vibrazioni spirituali di altissi-
mo livello. Non voglio entrare nei dettagli, ma mi fa piacere se-
gnalare che anche su questi temi esiste una sufficiente letteratura
che appassiona molti studiosi e moltissimi genuini ricercatori spi-
rituali. Vorrei per esortare coloro che si addentrano su questi
temi di non abboccare alle moltissime invenzioni concepite solo
per traviare gli ingenui e i creduloni e per spillare denaro e affi-
liazioni giacch le cose dello Spirito sono cose sante e quindi per
esse vale sempre la frase del Vangelo:

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.

Pellegrini nella Grotta

Nei secoli, moltissimi personaggi importanti e famosi sono


giunti alla grotta dellArcangelo in segno di profonda devozione.
Nobiluomini, re, regine, governanti, capi di Stato, cardinali e pa-
pi. Negli anni recenti, il 24 maggio 1987, il santo Giovanni Paolo
II giunse alla grotta in una visita molto attesa.

Questo paese quindi da secoli teatro di vicende e accadi-


menti legati allapparizione e alla presenza dellArcangelo Mi-
chele, ma la pi importante, a mio avviso, tra tutte le cose che ri-
guardano quella grotta benedetta senza dubbio il fatto che ogni
notte l si celebra la Messa degli Angeli.

Ho vaghi ricordi di questi racconti ascoltati negli anni, segno


che a tali storie non avevo dato sufficiente credito, almeno fino al
Alla Luce dellArcangelo 19
Natale del 2014 quando Peppino mi raccont che quella stessa
notte si era potuto trovare a partecipare a quella straordinaria
funzione. Nonostante fosse quasi impossibilitato a parlare flui-
damente a causa della sua malattia, compresi bene che si era tro-
vato ad assistere alla famosa messa di cui conoscevo il mito e che
ignoravo fosse accadimento veritiero. Con occhi trasognati Pep-
pino cercava di descrivere i colori e la consistenza delle ali degli
angeli, e ne magnificava la bellezza nel tentativo di descrivere
lindescrivibile.
Dal giorno in cui ho sentito il racconto dalla voce di Peppino
ho prestato molta attenzione alle varie versioni che circolano sul-
la storia e che io credevo fole. Quella pi avvincente, da non
scartare a priori come avevo fatto io anni fa solo perch appare
sensazionale, questa: i tre Arcangeli Michele, Raffaele e Ga-
briele, insieme alle altre gerarchie di angeli, celebrano una messa
notturna alla quale gli uomini non sufficientemente puri e santi
non possono partecipare e che, del resto, non potrebbero nemme-
no vedere. Si racconta che una notte un contadino, passando ac-
canto a una delle uscite della Celeste Basilica, udisse dei sublimi
e magnetici suoni tipici delle messe cantate. Costui si accost
meglio che pot allingresso chiuso e comprese che davvero nella
basilica si stava celebrando una messa solenne. Non era Natale e
nemmeno una festivit, e al contadino sembr strana quella fun-
zione notturna. Il giorno dopo la curiosit di quel contadino lo
port a chiedere al padre superiore della basilica il perch di
quella messa cos inusuale. Non potendo mentire, il sacerdote
spieg a quelluomo che ogni notte gli angeli celebravano la loro
messa cantando lodi al Signore e che anche la notte di Natale,
giorno in cui la basilica aperta fino a notte fonda, gli angeli
svolgono la loro messa in concomitanza con quella degli uomini.

Ci sono altri aneddoti che testimoniano della santit di questi


luoghi. Pi avanti ne racconter altri, ma senza entrare nei detta-
gli pi minuti poich non questo lo scopo di questo libro e an-
che perch questi si possono trovare in molti documenti ufficiali.
per importante citare almeno quanto stata importante la
grotta dellArcangelo durante tutta lepoca delle Crociate.

20
Le Crociate

Durante il periodo delle Crociate, nel cammino di attraversa-


mento del territorio italico, si racconta che i soldati cristiani fa-
cessero immancabilmente tappa al santuario dellArcangelo Mi-
chele prima di giungere a Brindisi per imbarcarsi alla volta della
Terra Santa.
Si recavano, prima di raggiungere la Palestina, proprio alla
grotta dellArcangelo per pregare. Cera chi pregava per chiedere
di far ritorno, chi per avere la forza di comportarsi con onore, chi
perch potesse ritenersi slegato da una promessa o da un voto,
chi semplicemente per chiedere di ricevere il perdono per aver
commesso un peccato o perch si riteneva appesantito da una
colpa. Era nella grotta dellArcangelo che queste schiere di uo-
mini darme andavano a chiedere aiuto al potente Arcangelo di
Dio. Coloro che avevano la fortuna di far ritorno dalla Terra San-
ta, nel viaggio verso le proprie case o terre, transitavano ugual-
mente nella grotta dellArcangelo per ringraziare lAltissimo e
per apporre un segno sulle sue pareti per quei compagni darme
caduti per la difesa o la conquista del Santo Sepolcro, e ancora
adesso sono visibili i segni di queste mani incisi sulle pareti della
scalinata che porta allantro dellArcangelo.

Vi starete chiedendo perch racconto queste cose che sembra-


no non essere strettamente attinenti il tema del libro. In realt tut-
to quello che ho scritto mi permette di far comprendere che i luo-
ghi di cui parliamo, i grandi santuari, i luoghi santi come il Santo
Sepolcro di Ges e altri ancora, anche quelli appartenenti ad altre
religioni, sono presidiati da creature particolari. Peppino Sansone
stato un guardiano del luogo santo, una creatura che ha presi-
diato il paese di Monte SantAngelo e i paesi vicini, cio quei
territori che alcuni chiamano Le terre dellArcangelo.
Probabilmente lo stesso padre Pio era una di queste creature.
Si racconta, infatti, che dopo la seconda guerra mondiale un pilo-
ta americano, che durante la guerra era stato incaricato di bom-
bardare con la sua squadriglia la zona del Gargano in cui posto
Monte SantAngelo, si fosse presentato al cospetto di padre Pio e
nel vederlo lavesse riconosciuto come il frate che, comparso in
Alla Luce dellArcangelo 21
cielo mentre lui pilotava il suo bombardiere, glimpediva di
sganciare le bombe.
Mi raccontava mio padre che, durante tutta la seconda guerra
mondiale, una sola bomba cadde nella zona del triangolo Man-
fredonia - San Giovanni Rotondo - Monte SantAngelo distrug-
gendo la casa di una persona di cui mi aveva anche detto il so-
prannome.
Con questa tesi del guardiano o custode non voglio dire
che lArcangelo Michele abbia bisogno di un guardiano o di un
assistente, ma occorre tener presente che le creature umane, pur
vivendo non di rado esperienze riconducibili facilmente a feno-
meni soprannaturali, a stento credono alle cose spirituali. Nasce
quindi assai spesso la necessit della presenza di una creatura e-
voluta ma simile a noi per far comprendere il soprannaturale ai
ciechi spirituali. Chi non crede, imbattendosi in Peppino, gra-
zie ai suoi molteplici doni e carismi, ha avuto la possibilit di i-
niziare a comprendere alcuni aspetti del lato spirituale e mistico
della vita e, magari, stato portato a credere in Dio. In fondo
questo il vero scopo di tutti i servitori dellAssoluto: far com-
prendere la Verit e la sua Fonte.

La famiglia

La famiglia di Peppino era composta da dieci persone: madre,


padre e otto figli. Il primo figlio nato in questa famiglia era una
femmina di nome Angela e quando questa creatura nacque, il pa-
dre di Peppino, assai scontento, imprec contro san Francesco
perch voleva un maschio. Padre Pio, che a quellepoca era gi
molto conosciuto per i suoi doni, visitato dal padre di Peppino,
rimprover aspramente quelluomo. Il frate, che senza necessit
di ascoltare e guardare, sapeva e vedeva tutto, fu molto severo
nei toni e dopo poco tempo quella prima figlia femmina mor.
Dopo di lei nacquero otto fratelli, tutti maschi.

Il ricordo di una bambina

Tra le vicende che riguardano Peppino Sansone ce n una


che intenerisce pi delle altre e che si riferisce alla sua infanzia;
22
lho udita dalle labbra di una suora (suor Agatina) che transitava
davanti alla porta della casa di Peppino e che si era fermata per
un breve saluto un giorno destate.
Da quelle parti, destate, si usa sedere davanti alluscio per
non dover subire il caldo intenso accumulato allinterno delle ca-
se. Si passa cos buona parte del tardo pomeriggio e della sera
chiacchierando con chi si vuole fermare a scambiare qualche pa-
rola. Si creano cos dei piccoli salotti estemporanei allaperto
composti da persone che sostano per qualche minuto o per tutto il
pomeriggio ripetendo cose gi dette decine di volte oppure appe-
na accadute e ridette in maniere diverse a seconda della fonte,
della confidenza che si ha con linterlocutore e delle circostanze.
Sono racconti spesso arricchiti di ingredienti personali o di
pettegolezzi sentiti dire e talvolta impronunciabili o, addirittura,
inventati di sana pianta, ma che permettono, se ci si sa districare
tra le verit, le quasi verit e le palesi falsit, di conoscere molte
delle cose che accadono nel paese senza doversi muovere dalla
propria abitazione o, addirittura, dalla propria sedia.

Un pomeriggio, davanti alluscio di casa Sansone, stavamo


seduti a chiacchierare con Peppino quando questa suora, che da
bambina andava a pregare con lui davanti al crocifisso di un po-
sto chiamato La Madonna degli Angeli, si ferm per ricordargli
un aneddoto risalente alla loro infanzia. Ti ricordi, Peppino
disse la suora che aveva gi pi di sessantanni e che tentava di
far ricordare a Peppino un avvenimento di tanti anni prima igno-
rando che chi vive momenti di rapimento nellestasi non sempre
ricorda quello che compie perch con la consapevolezza in
unaltra dimensione. La suora chiedeva a Peppino se si ricordava
che da piccolo, quando si recavano a pregare davanti a quel cro-
cifisso, si sollevava da terra. Peppino rispose che non se lo ricor-
dava. Ma la suora parlando agli altri confermava annuendo e sor-
ridendo quanto aveva appena tentato di ricordare a Peppino.
Quando suor Agatina se ne fu andata, Peppino risfoder il sorriso
e aggiunse: Ora, tutti quei bambini sono diventati dei pezzi
grossi, ma meglio di lei non andato nessuno. Lei sta in pace; io
invece, non ho pace dalla mattina alla sera; sapeste quante perso-
ne mi vengono a trovare
Alla Luce dellArcangelo 23
La ricostruzione che ho potuto fare questa: da ragazzino
Peppino era solito riunire un gruppo di amichetti per andare a
pregare ai piedi di un crocifisso posto appena fuori del paese in
una zona chiamata, come detto, La Madonna degli Angeli. Un
giorno, durante queste preghiere, una di queste personcine che
pregavano con lui, la ragazzina che in seguito si fatta suora, vi-
de Peppino sollevarsi da terra mentre era intento a pregare.
Ecco che adesso appare pi chiara lorigine di quella maniera
di dire che si usa quando un fervente devoto prega. Si eleva, si
dice comunemente in tali casi. Lelevazione pu essere sia di tipo
spirituale, e questo nella maggioranza dei casi, talvolta per an-
che fisica, ma questo riservato a creature davvero elevate.
Per gli scettici, o per quelli che credono che questo tipo di co-
se siano solo circoscritte ai santoni o ai fachiri delle leggende,
aggiungo che nella letteratura riguardante i mistici e i santi non
raro trovare testimonianze che riportano di creature assorte in
meditazione o in preghiera che, entrando in una fase di estrania-
mento totale, perdono il contatto con la realt materiale per con-
nettersi con la realt spirituale superiore. Durante queste espe-
rienze possono accadere alcune cose trascendentali tra le quali
quella che noi chiamiamo levitazione fisica.
San Giuseppe da Copertino, per esempio. Era monaco nato in
provincia di Lecce, vissuto in diversi conventi, morto nel 1663
dopo aver subito lincomprensione da parte della quasi totalit
dei suoi confratelli ed essere passato al severo vaglio della Santa
Inquisizione che per questa sua stravaganza di volare lo confi-
n in un convento di Pietrarubbia. Raccontano diverse fonti che
San Giuseppe aveva questo dono della levitazione cos pronun-
ciato che lui stesso, a differenza di altri santi (Peppino non si
rendeva conto della levitazione), ne era totalmente consapevole e
purtroppo anche molto addolorato. San Giuseppe levitava cos
spesso che la cosa turbava non poco i fedeli e i confratelli e per
questo il suo vescovo aveva ordinato al santo di non uscire dalla
sua cella o dal convento. Quel santo era come un uccello chiuso
in gabbia. Si racconta che talvolta alla vista di una statua di un
santo, san Giuseppe decollasse letteralmente e che i confratelli
non gli lasciassero mai servire a mensa per il timore che il loro
pasto volasse prima per aria insieme al santo e dopo si sparpa-
24
gliasse sul pavimento. Talvolta anche il semplice ascolto del no-
me della Vergine o di quello di Ges bastava a farlo elevare dal
suolo. Molti furono i conventi che dovette girare per gli sposta-
menti a cui era comandato poich con lui nei paraggi ne succe-
devano di tutti i colori.
Si dice anche che una persona non ha i piedi per terra o che ha
la testa tra le nuvole; ecco, per i santi di questa categoria, questa
descrizione rappresenta letteralmente una verit.
Altri santi capaci della levitazione erano santAgnese da Mon-
tepulciano, una santa cattolica morta nel 1317; santa Caterina da
Siena, compatrona dItalia insieme a san Francesco dAssisi e
come lui stigmatizzata morta nel 1380 e santa Teresa dAvila,
chiamata anche Teresa di Ges, la santa spagnola morta nel
1582. Santa Teresa sub la trasverberazione (un accadimento a-
nalogo allassalto del Serafino subito da padre Pio da Pietrelcina
con il quale il frate ottenne le stigmate) che si risolse con
lapertura di cinque ferite al cuore che sono tuttora osservabili
dai fedeli poich tale organo conservato in una teca ed visibi-
le nella cattedrale di Alba de Tormes in Spagna).
Si dice che dopo le levitazioni la santa tornasse a terra con il
mantello coperto di una specie di manna.
Anche santa Teresa, come san Giuseppe da Copertino, rima-
neva sconcertata da queste elevazioni fisiche e che, pur tentando,
non sapeva evitare.

Ci sono, nella storia dei santi, molti casi di doni che hanno
fruttato ai loro detentori delle limitazione e quindi gravi ingiusti-
zie. Anche padre Pio, sicuramente molti dei lettori lo ricorderan-
no, venne confinato nella sua cella del convento di San Giovanni
Rotondo, privato della parte pi preziosa della sua missione: la
confessione, e addirittura spiato con luso di registratori a nastro.
Meno male a Peppino questo dono non caus molti problemi.

Padre Pio

Padre Pio, del resto, lo aveva predetto ai genitori di Peppino


che quel bimbo sarebbe stato speciale quando portarono il fi-
glio, da poco nato, a farlo benedire dal santo. Si usava fare cos a
Alla Luce dellArcangelo 25
Monte SantAngelo e in tutti i paesi nelle vicinanze di San Gio-
vanni Rotondo, da quando si era sparsa la voce che nel convento
dei Cappuccini cera quel frate cos meraviglioso. Anche Peppi-
no, quindi, fu portato da padre Pio che, appena vedutolo, disse ai
genitori: Tenetelo nellovatta questo bambino perch quando
sar grande sar lui che vi confesser.

Madre Speranza

Una volta, quando Peppino aveva circa otto anni, i suoi geni-
tori lo portarono a Colle Valenza da una suora mistica, madre
Speranza, gi da allora in odore di santit. Tanta gente andava a
trovare quella beata, e tra tutta quella gente quel giorno cerano i
genitori di Peppino con il loro piccolo. Madre Speranza salutava
i fedeli con il fazzoletto bianco dalla finestra e a un certo punto
chiam quei due signori col bambino e li fece avvicinare per dire
loro che quel bambino un giorno avrebbe fatto prodigi.

Peppino sacerdote

Molto spesso Peppino parlava di padre Pio e di quanto fosse


stato importante per la sua vita. Chiesi una volta a Peppino quan-
te volte si era incontrato col santo e lui mi rispose che lo aveva
incontrato tante volte. In una testimonianza raccolta tra le ultime
si afferma che Peppino lo conobbe personalmente (dopo la sua
presentazione in fasce) a tredici anni. A lui, Peppino, da giovane,
confidava di voler diventare sacerdote aggiungendo che, a causa
della situazione della sua famiglia, non poteva. risaputo che
anche padre Pio, quandebbe espresso la volont di diventare sa-
cerdote ai genitori, li mise un po in crisi e questa necessit del
piccolo santo costrinse il padre del futuro san Pio ad allontanarsi
dal proprio paese per guadagnare tanto da consentire al figlio di
studiare per diventare frate.
Molti ricorderanno, anche per aver visto le due serie televisive
trasmesse dalle reti nazionali, che Francesco Forgione, da bam-
bino, era stato molto colpito da un frate con la barba.
Potrai fare moltissimo anche da secolare! diceva padre Pio
a Peppino quando il giovane gli manifestava il desiderio di farsi
26
sacerdote e, nello stesso tempo, la grave difficolt economica
della famiglia che gli impediva di seguire quella strada.
In unaltra occasione padre Pio lo esort ad essere forte e gli
predisse che avrebbe dovuto combattere contro il Male. Gli disse
cos: Combatterai tanto, figlio mio, vedrai quanto!.

La povert di Peppino

Quando parlo di povert di una famiglia italiana degli anni


quaranta in una zona della Puglia come lo era la Capitanata e, in
particolare, del Gargano, negli anni attorno allepoca della se-
conda guerra mondiale, non dovete credere che si tratti di una
mancanza di denaro tale da obbligare a rinunciare a qualcosa di
rinunciabile. Quando parlo di quella povert dovete avere ben
presente cosa significhi. La povert di una famiglia di un paese di
montagna in cui si viveva di pastorizia, di vendita di carbone e di
legna da ardere la possono immaginare solo quelli che apparten-
gono a una generazione di quellepoca e di quel tipo di luoghi.
Poich ho necessit di farvi comprendere appieno di quale li-
vello di povert stiamo parlando, vi racconto questa vicenda che
mi ha raccontato lo stesso Peppino.

Da ragazzo, andando a scuola, Peppino usava portare una


vecchia bisaccia di tela. Un amico chiese una volta a Peppino co-
sa mai contenesse quella bisaccia che sembrava piuttosto pesante
e che Peppino non apriva mai. Quando tutti si fermavano per
mangiare un tozzo di pane o qualcosa per la colazione, Peppino
non apriva mai la sua pesante bisaccia. Per rispondere al suo
buon amico che insisteva a chiedere cosa contenesse quella bi-
saccia, Peppino confid che dentro la bisaccia non cera niente e
poich la bisaccia appariva piena e pesante Peppino, incalzato
dallamico curioso, lapr per mostrarne il contenuto.
Pietre. Nella bisaccia cerano delle pietre che davano a chi la
guardava limpressione di un contenuto che altrimenti sarebbe
stato indecorosamente assente. Quando lamico alz la faccia per
guardare in viso Peppino lui gli confid che faceva cos perch si
vergognava di portare la bisaccia vuota non avendo niente da po-
ter mettere al suo interno. La bisaccia di Peppino era piena di
Alla Luce dellArcangelo 27
pietre per simulare un contenuto che lui non poteva mettere per-
ch era poverissimo. Scoperto questo triste segreto, quellamico,
la sera stessa, port a casa di Peppino due grossi pani in quelle
forme che dalle nostre parti si chiamano pagnotte e che erano,
talvolta, anche se indurite o, peggio ancora, ammuffite, lunico
cibo a disposizione di intere famiglie povere.
A distanza di pi di cinquantanni da quellepisodio, quando
raccontava questa storia, Peppino si commuoveva fino alle la-
crime e benediceva quel suo amico che gli aveva regalato quei
pani.
Una povert spaventosa, quindi; una povert tale che, anche
dinverno, costringeva lui e i suoi fratelli ad andare vestiti cos
miseramente da rischiare di morire dal freddo.
Il paese di Monte S. Angelo, alto pi di ottocento metri sul li-
vello del mare, era famoso in tutto il Gargano per il freddo inten-
so e per le bufere di neve che lasciavano sui tetti e sulle strade
anche un metro di neve. Le foto dei decenni dellinizio del secolo
scorso si possono guardare su molti libri di storia patria di quel
comune, e tra quelle foto ce ne sono molte che mostrano quale
livello raggiungeva la coltre di neve. Ancora oggi si racconta di
nevicate che bloccavano il paese e che lo isolavano per settima-
ne. E pensate che con quella neve alcuni montanari, non avendo
altro, riuscivano a sbarcare il lunario facendo commercio di
ghiaccio, quel ghiaccio che riuscivano a immagazzinare nei mesi
invernali nelle cisterne e che durava fino a tutto il periodo estivo.
Monte SantAngelo tuttora un posto freddo, ma quando gli
anziani e i vecchi, parlando con i giovani, ai quali tutto sembra
allucinante, megagalattico o da paura, paragonano il feddo
di questi ultimi anni con quello degli inverni di molti decenni ad-
dietro sorridono amabilmente mostrando quella tipica espressio-
ne che indica a chi sta ascoltando una differenza abissale e di un
paragone impossibile.
In quel freddo e in quella totale povert Peppino Sansone ha
vissuto la sua infanzia in una famiglia composta da dieci persone
abitando una piccola casa a pianterreno, a trecento metri dalla
grotta dellArcangelo Michele, a Monte SantAngelo.

28
Gli appunti

Gli appunti per questo libro li prendo da circa quindici anni.


Cominciai a segnarmi le molte cose che osservavo stando in
compagnia di Peppino gi dopo pochi mesi che lo conoscevo.
Ogni volta che andavo a trovarlo me ne tornavo sempre con
qualcosa di straordinario da aggiungere al mio archivio di aned-
doti, anche se a quellepoca non sapevo cosa ne avrei fatto di
quelle note. Anche negli ultimi tempi, quando gi la malattia
(morbo di Parkinson) aveva reso Peppino quasi incapace di par-
lare, riuscivo ancora ad arricchire il mio fascicolo. Ogni giorno
passato con lui era unavventura umana e spirituale degna di
grande riflessione e talvolta non facile da decodificare, almeno
nellimmediato, per la sua portata. Cose arcane e cose delicate;
episodi bizzarri e avvenimenti semplici; incontri fondamentali e
conoscenze da non replicare, ma sempre molto significative sul
versante della conoscenza del mondo e degli uomini.
Quando ne ho avuto la possibilit ho appuntato le date in cui
sono accadute le vicende che mi hanno colpito maggiormente,
ma Peppino, quando non faceva fatica a parlare, raccontava cos
volentieri e cos dolcemente che si stava ore ad ascoltarlo. Passa-
va da un racconto allaltro e quasi non si riusciva a stargli dietro.
Anche dopo che avevo ricevuto la sua autorizzazione a scrive-
re su di lui, sceglievo di non scrivere allistante perch questo a-
vrebbe comportato delle interruzioni tali da far perdere il flusso
del racconto e reso meno spontanea la ricostruzione che avveniva
nella sua mente. A rileggere gli appunti che prendevo quando, a
sera, tornavo a casa ero sempre in imbarazzo per la quantit di
cose che dovevo scrivere. Anche adesso, rileggendo tutte le sto-
rie, le versioni provenienti da chi mi riporta un diverso punto di
vista, e gli intrecci di eventi, devo fare una selezione piuttosto
severa, quindi mi sono persuaso a raccontare solo quegli aneddoti
pi chiaramente decodificabili da chi non ha potuto vivere
lemozionante occasione della sua conoscenza.
Mentre faccio la scelta del materiale da inserire mi viene da
pensare che in tanti anni di amicizia, con poco pi di una dozzina
di visite allanno, posso testimoniare direttamente molti avveni-
menti ma, calcoli alla mano, questi sono solo una frazione misera
Alla Luce dellArcangelo 29
di quanto accaduto in una vita spesa al servizio del prossimo.
Sappiate infatti che giorno dopo giorno, per almeno cinque de-
cenni, la casa di Peppino stata visitata da una sterminata quanti-
t di persone che hanno fatto anche la fila per poterlo incontrare e
chiedere aiuto, o anche solo per ricevere una parola di conforto.
Da ogni parte dItalia e talvolta anche dallestero sono
giunte persone con la necessit di parlare con questuomo cos
meraviglioso. Da ogni parte dItalia sono giunte telefonate e let-
tere per chiedere aiuto e intercessione. La corrispondenza giunta
a Peppino ammonta sicuramente a molte migliaia di lettere e car-
toline che sono state tutte da lui bruciate. Ogni volta che andavo
a trovare Peppino, vedevo sul tavolo un piccolo cumulo di lettere
che talvolta (poche volte), se la faccenda trattata non era da tene-
re in riservatezza, Peppino mi faceva leggere. Lui aveva molto a
cuore la discrezione e la riservatezza e mai mi ha permesso di
leggere le lettere pi confidenziali, anche se talvolta mi accenna-
va al tipo di intervento che veniva richiesto lasciando anonima la
persona che richiedeva laiuto. In quelle lettere si raccontavano le
vicende di creature provate dalla vita, di uomini e donne caricati
da problemi incredibilmente complessi, di donne con situazioni
familiari inconfessabili, di madri e padri sconvolti da perdite o da
malattie che si erano scatenate sui loro figli o sui loro cari.

La casa di Peppino a Monte SantAngelo stata per decenni


un porto salvifico per quelle navicelle umane non pi in grado di
attraversare il mare della vita diventato agitato o addirittura in
tempesta. Uomini e donne, ma anche ragazzi e bambini, sono
giunti in tutti questi anni al cospetto di Peppino portando sulle
spalle situazioni gravi e apparentemente insormontabili. E come
quel santuomo di Cirene, Simone, prese su di s il carico della
croce di Ges lungo il tragitto per giungere in cima al Calvario,
cos Peppino prendeva il fardello di queste creature sofferenti e
lo alleggeriva fino al punto da farlo diventare lieve o sopportabi-
le, aggiungendo spesso un ingrediente preziosissimo, indispensa-
bile per chi vuol comprendere il senso della vita, ma non sempre
facile da accogliere: la comprensione di un accadimento.
Perch a me?. A questa domanda, pi volte nella nostra vi-
ta, siamo tutti invitati a trovare la risposta. Senza quella risposta
30
la sofferenza patita non porta a un guadagno, ma a uno sterile
struggimento. Chi ha perso un figlio, un congiunto o una persona
sommamente amata, senza la comprensione sar tentato di cre-
dersi vittima di unatroce ingiustizia o di una maledizione. Cos
non , e solo la comprensione del disegno divino, non sempre al-
la portata di tutti, pu far placare il giudizio severo sulla divinit
o, in altri casi, la negazione della presenza del Padre nelle nostre
vite. Sempre Dio con noi. Sarebbe sciocco addebitargli le no-
stre sofferenze e le credute ingiustizie senza almeno aver tentato
di comprendere il senso degli avvenimenti che ci accadono. Chi
pu mai affermare che una creatura defunta o scomparsa dalla
nostra vita sia perduta per sempre? Chi pu, con certezza, affer-
mare che una perdita sia davvero una sciagura, se la creatura che
si addormentata nel sonno della morte ha avuto finalmente ri-
poso dalla sofferenza della malattia? Chi pu dire che la morte
sia tragedia? Non forse eterna, la vita? Non ci stato insegnato
questo? Si aspetti, quindi, ad emettere un giudizio sulla bont e
giustizia dellOnnipotente, e perfino sulla sua esistenza, prima di
avere almeno tentato di comprendere il senso di un avvenimento,
per terribile che possa apparire. Si quantomeno superficiali se
ci si inoltra con una mente poco attenta e senza umilt di giudi-
zio nellaffermare che stato colpito o maltrattato dal Padre
perch una creatura amata gli stata tolta giacch nessuno vera-
mente amato si distacca mai da noi. Mai questo avviene perch il
legame damore eterno, come la vita stessa. Chi non crede
misero e per questo deve essere maggiormente amato e deve es-
sere aiutato a comprendere. La frase I massimi servano i mini-
mi detto da Ges vuol dire anche questo.

Chi giungeva a conoscere Peppino (e chi giunger a conoscer-


lo attraverso questo libro) poteva ottenere quantomeno un barlu-
me di questa comprensione. prerogativa dei santi e delle crea-
ture della Luce dischiudere le porte della conoscenza del divino,
ma tocca al singolo attraversare la soglia. La Luce non si impone
mai al singolo. Dio non obbliga nessuno a riconoscerlo come Pa-
dre. Ma Dio Padre, e deve giungere il tempo in cui le Sue crea-
ture devono ritornare a Lui.

Alla Luce dellArcangelo 31


Non vi attardate, quindi, fate lo sforzo delicato di aprire la
mente e il cuore alla divinit. Non c perdita di dignit
nellammettere lesistenza di Dio. Non c perdita di indivi-
dualit nellaccettare di essere figli di una creatura cos su-
blime. LOnnipotente , esiste, a prescindere dalla convinzio-
ne di ognuno di noi; si faccia quindi quel misero sforzo neces-
sario per accettare la Realt per quella che .
Ostinarsi a non credere significa giudicarsi superiori ai santi
e agli illuminati del Signore. Non sia questo il vostro sbaglio.
Sbagliate, semmai, nel credervi migliori nel voler comprende-
re, ma non superiori. Considerate poi questultima cosa:
i santi hanno conosciuto Dio perch hanno creduto; quelli che
non hanno creduto, e che non credono, come possono cono-
scerlo se lo negano in se stessi? Pu mai uno che non vuole
guardare e ascoltare, vedere e udire?
Le parole del Maestro sono utili anche a questo:

Beati quelli che senza vedere hanno creduto.

I miracoli

Come diceva padre Pio, e come hanno sempre detto tutti i


santi, non corretto dire che una creatura, per quanto evoluta spi-
ritualmente, fa i miracoli; corretto invece dire che i santi chie-
dono i miracoli al Padre e che Dio, ascoltatore immancabile e at-
tento delle richieste accorate dei figli, esaudisce le richieste. Nes-
suno, infatti, tranne il Padre, pu sovvertire lesistenza delle crea-
ture fino al punto da modificarne il percorso di vita. I santi pos-
sono, per la loro incrollabile fede, ottenere le grazie che ad altri,
dotati di fede anche forte ma non incrollabile, sono precluse.
Non solo questa la differenza tra gli uomini normali e i
santi, ma questa una differenza fondamentale: la fede incrolla-
bile. Di fronte a qualunque esperienza che la vita porta alle crea-
ture; di fronte a qualunque avvenimento la vita imponga di af-
frontare, ecco che la fede di un santo non solo non vacilla, ma

32
addirittura si rafforza, semmai si possa rafforzare qualcosa che ha
gi la massima graniticit.
Un santo sente distintamente cosa sentono le creature che
ha di fronte e che ha avuto il compito di aiutare. Un dolore fisico,
una malattia, un disagio, una preoccupazione, una perversione,
una possessione; un santo sente questo particolare squilibrio nella
creatura con cui in contatto. Un santo sente o avverte una soffe-
renza o una semplice perturbazione dellanimo umano cos come
la sentirebbe se la vicenda accadesse a lui. E ci vogliono spalle
forti per sopportare queste ondate di sofferenza e queste bordate
destabilizzanti.

Tra le situazioni pi impegnative che ho dedotto dai racconti


di Peppino, senza dubbio ci sono quelle relative ai casi di posses-
sione. Avere di fronte una persona posseduta unesperienza che
Peppino ha affrontato pi volte. Lo scontro con lAvversario cre-
do siano le sole esperienze che abbiano turbato Peppino. Talvolta
lho visto amareggiato, pi o meno profondamente; altre volte
disgustato; moltissime altre volte commosso, ma non scosso e
turbato come quando si parlava di questi interventi. Leggete cosa
dice Cristo a Giuda di Keriot: Io, che sono il Cristo, prego co-
stantemente per avere forza contro Satana.

Una volta, ricordo, Peppino chiese a Giovannino, allora circa


ventenne, di stare con lui mentre doveva esorcizzare una persona.
Io mi offrii volontario, ma poi, alla fine, Peppino scelse di fare da
solo perch Giovannino gli disse che non se la sentiva e di me
come aiutante forse non sapeva cosa farsene. Il turbamento si
percepiva anche dopo aver praticato lesorcismo, anche se dopo
la lotta con lAvversario, quando ci raccontava questi episodi,
finiva sempre con una frase che mi piaceva molto sentire: An-
che questa volta sono stato vincitore io!.
Una notte, a Monopoli, anche quella volta in compagnia del
fidato Giovannino, Peppino fu attaccato dallAvversario che spa-
lanc le porte della stanza dove dormivano e sollev le lenzuola
a mezzaria. Si udirono urla in lingue sconosciute e Peppino sub
percosse e graffi tanto che al mattino le lenzuola erano tutte mac-
chiate di sangue.
Alla Luce dellArcangelo 33
Da Peppino mi piaceva sentir dire unaltra frase che gli ho
sentito pronunciare due o tre volte:
Se i tuoi occhi potessero vedere quello che vedo io
La prima volta che lho udita sapevo gi cosa volesse dire.
Avevo gi studiato per conto mio, prima ancora di conoscere
Peppino, e da fonti notevoli e attendibili, il tema dei sensi astrali
e dei doni spirituali di certe creature. Si deve sapere che, oltre ai
sensi fisici, tutti noi disponiamo di altri sensi collocati su altri
piani di esistenza che non sono pi quello fisico, cio del corpo
di carne e ossa. prerogativa delle persone spiritualmente evolu-
te avere i sensi astrali aperti, cio attivi. Le persone meno evolu-
te, invece, si devono limitare alle informazioni raccolte dal mon-
do fisico circostante attraverso i sensi fisici consueti: udito, tatto,
olfatto, vista e gusto. Si usa dire, delle persone con delle capacit
maggiori delle normali, che sono dotate del sesto senso. Ebbene,
esistono molti pi sensi di quelli che si possono immaginare, ed
esiste anche lintuizione che, per definizione, laccesso a una
verit superiore. Chi ha il senso dellintuizione (per maggiore
precisione, qui non si parla di quellintuito che si riconosce a chi
ha la buona sorte di azzeccare una previsione fatta in precedenza)
istantaneamente percepisce una verit messa a disposizione della
creatura. Pu capitare a tutti di percepire, talvolta, per intuito; in
questi casi si ha accesso alla verit proveniente dalle sfere spiri-
tuali pi elevate. Lintuito una specie di contatto con la verit
assoluta. La cosa intuita Vera, e chi la intuisce lo sa con certez-
za, sebbene non lo sappia giustificare e nemmeno spiegare.
Spiegare come questo contatto con la Verit avviene assai
difficile, ricadendo questo genere di cose nella sfera delle attivit
spirituali pi sublimi.

La vista dei santi

Cosa vedono o come vedono gli occhi di Peppino e di chi


ha questi sensi astrali attivi posso cercare di farlo comprendere
raccontando un paio di episodi presi dai racconti che riguardano
me, il primo dei quali risale al giorno in cui ho conosciuto Peppi-
no. Questa la storia.

34
Avevo quarantanni e attraversavo un periodo di notevoli dif-
ficolt su diversi fronti, non ultimi quelli economici e sentimen-
tali. Stavo male. Cos dice una persona giunta a un bivio in cui
deve fare il conto con una parte della propria vita che stata sod-
disfacente ma che non ha colmato le richieste mute che la stessa
vita ha fatto. Dapprima delicatamente, poi con sempre maggiore
insistenza, la vita pone le creature che non hanno mai voluto af-
frontare le questioni importanti, o perch scomode da trattare, o
perch giuste ma che porterebbero verso una vita meno gradevo-
le, davanti al disagio, prima, e al cospetto della sofferenza, dopo.
In molti casi la comparsa di quelle malattie chiamate psicosoma-
tiche rappresenta un chiaro campanello dallarme di una situa-
zione insostenibile. Alla fine, gonfiate dallattesa e dalla man-
canza di decisioni appropriate, ecco che la vita ti presenta il con-
to da saldare. Pi si attende e pi il conto diventa salato. A qua-
rantanni il mio conto non era diventato salato solo perch in
fondo sono sempre stato una persona corretta e perbene, salvo
una vicenda sentimentale in cui avevo trascurato una parte essen-
ziale di cui non mi sono mai perdonato e che non mi faceva sen-
tire bene. Avevo, in breve, maltrattato sentimentalmente una ra-
gazza a me legata e la ricaduta di quel periodo in cui ero stato in-
giusto mi aveva reso infelice. Insomma, stavo vivendo un mo-
mento veramente difficile.
Prima di questo terribile periodo avevo vissuto successi in
ogni campo e avevo trascurato totalmente le cose dello spirito.
Ero, per dirla con un po di ironia, un non credente in comoda
attesa di decidere, ma siccome le cose andavano bene, non mi
decidevo e mi godevo i successi. Dormire sugli allori non mai
da saggi, questo per lo si dice sempre e solo quando il cuscino
di foglie di lauro si tramuta in rovi appuntiti. Le faccende dello
spirito aspettano con pazienza, ma non mai il caso di prenderse-
la con troppa comodit e io ero giunto in quel periodo in cui le
cose dello spirito mi stavano reclamando. I segnali cerano, e
chiari anche, ma io mi ostinavo a non prestare loro attenzione.
Loro per continuavano a segnalare che erano l ad aspettarmi.
Le letture che mi attraevano e che facevo avidamente me lo
stavano anticipando, ma distogliermi dalla pigra comodit della
vita felice e spensierata mi sembrava una vera e propria scioc-
Alla Luce dellArcangelo 35
chezza. Perch avrei dovuto cambiare vita se avevo tutto per es-
sere felice? Cambiare vita quando le cose ti vanno bene diffici-
lissimo e io non ero il tipo che avrebbe cambiato la squadra che
stava vincendo.
Insomma, anche se non avevo fatto granch di sbagliato ero
infelice. Per chi come me la felicit se la ritrova accanto gi dal
momento in cui apre gli occhi al mattino; quella felicit che si
sveglia con te e procede via via durante la giornata come una si-
gnorina che ti tiene a braccetto, e viene a letto con te rimboccan-
doti le coperte e dandoti anche il bacio della buonanotte; per chi
sa che la felicit sar sempre con te, qualunque cosa accada,
terribile vivere momenti in cui ti accorgi che quella stessa felicit
ti guarda come se gli avessi fatto un torto e chiede solo di essere
ascoltata per ritornare a sorriderti. A tutto questo si erano aggiun-
ti anche dei problemi fisici ai quali non avevo mai dato peso e
che nella difficolt psicologica della situazione erano cresciuti e
infine esplosi.
Conoscendo la mia situazione, mia sorella, che vive a Monte
SantAngelo, decise di portarmi da Peppino. Lei lo aveva gi co-
nosciuto e poich ne conosceva i carismi, un giorno, con mia
madre, inventandosi una scusa, mi chiese se avevo voglia di an-
dare da questo santuomo. Per essere certa che avrei abboccato
allamo mi disse meno dello stretto necessario, la formula infalli-
bile per catturare una preda curiosa di sapere, come io sono sem-
pre stato. Probabilmente, anche se mi avesse detto dei carismi di
quelluomo, io non le avrei dato retta perch a quellepoca io non
ero credente e le cose che leggevo a tutto spiano non maspettavo
di ritrovarmele cos prossime a me, praticamente a portata di ma-
no. Quando non credi a Dio, come puoi credere alla Provvidenza
che attestazione della Sua presenza?
A quarantanni, una vita fa, ricordo bene, oltre a non credere,
ero anche contento di essere comero, e mi ricordo che difendevo
sempre con dovizia di argomenti il mio punto di vista in intermi-
nabili discussioni con un mio caro amico di universit, Rocco,
che invece credente lo era sul serio. Ma le cose cambiano, e
cambiano proprio perch tu possa fare le esperienze che ti porte-
ranno alla necessit di fare una scelta di crescita spirituale perch
la vita quello : un percorso di crescita spirituale.
36
Scegliere se credere o non credere, ovviamente con consape-
volezza, una di quelle cose che distinguono una vita ben vissuta
da una vita sommariamente spesa. A prescindere dalla decisione
presa, se uno nella vita ha dovuto affrontare seriamente il tema
dellesistenza di Dio, allora ha avuto la sua occasione e se lha
sciupata solo colpa sua, ma non potr mai dire che non lha a-
vuta perch in ogni esistenza ci sono molteplici occasioni di af-
frontare questo cruciale argomento che, se risolto positivamente,
capace di dare un senso a tutto.

Giuseppe Prezzolini, un grande filosofo ancora in vita fino a


pochi decenni fa, ha speso pi di ottantanni ( morto allet di
cento anni) per cercare di comprendere questa verit e decidere
se credere o meno allesistenza di Dio. Esiste o non esiste? Per
tutti quegli anni questo illustre filosofo, di rara profondit cultu-
rale e umana, si posto questa fondamentale domanda. Purtrop-
po lui cercava Dio solo con la ragione mentre Dio va cercato con
la mente e con il cuore, contemporaneamente. Cosa non proprio
facile, questa, si deve ammettere, ma nemmeno proibitiva.

Io ero alla vigilia della mia prova di scelta. Ricordo bene quel
giorno perch avevo detto di no a quellinvito di mia sorella, ma
poi me ne stavo ad aspettarla senza fare nulla in un posto da dove
si vedeva passeggiare la gente del paese. Aspettavo che mia so-
rella tornasse da quella visita e mi chiedevo se avevo fatto bene
ad essere cos orgoglioso e a rifiutare quellinvito. Ci stavo pro-
prio pensando e mi stavo cominciando a sentire pentito di aver
detto cos orgogliosamente e scioccamente di no.
Che mi costava? Cos mi sentivo rimproverare nella mente da
una parte di me, quella parte saggia che pure avevo e che tenevo
imbavagliata quando si trattava di argomentare su Dio. Fu allora
che passarono mia madre e mia sorella. Si tenevano a braccetto e
mi videro l, su quella balconata, ad aspettare senza fare niente.
Fu un molto strano che girassero la testa verso quella balcona-
ta e mi scorgessero al primo colpo, ma lo fecero, e ricordo che
rimasi stupito perch erano riuscite a scorgermi in quel posto cos
defilato al solo girare della testa. Mi fecero segno di scendere e
di accompagnarle e io scesi perch pensavo che stavano tornando
Alla Luce dellArcangelo 37
da quellincontro. Ero incuriosito e volevo chiedere qualche noti-
zia di quella visita. Non feci caso al fatto che la direzione in cui
stavano andando era quella sbagliata. Se avessi fatto pi atten-
zione avrei dovuto capire che non stavano tornando dalla visita
fatta a Peppino, ma che ci stavano andando! Io mi affiancai a mia
madre e mi ritrovai ad andare con loro senza sapere dove mi por-
tavano. Quando domandai comera andata la visita, candidamen-
te mi dissero che ci stavano andando proprio allora. Ero stato
fregato, ma mi sentii contento perch cos quella sensazione di
pentimento era stata rimangiata; in parte per ero ferito
nellorgoglio perch non stavo rispettando il mio proposito ini-
ziale di non andare. Tenere il punto, per alcuni, fondamentale
per sentirsi dun pezzo e alimentare il proprio stupido orgoglio.
Certe volte, per, e non raramente, tenere il punto da scemi.

La casa di Peppino era vicina; Monte SantAngelo un paese


di circa quindicimila abitanti e quasi tutto, almeno la parte vec-
chia del paese, pi o meno alla distanza di una passeggiata.
Entrammo in quel pianterreno, la casa di Peppino, e ci se-
demmo. Non ebbi unemozione forte per lincontro con Peppino,
ma il meglio doveva venire. Dopo pochi convenevoli Peppino mi
chiese di denudarmi un braccio. Io feci come mi aveva chiesto di
fare senza comprendere a cosa servisse. Eravamo in piedi e Pep-
pino mi disse di tenere il braccio disteso davanti a me. Mise le
sue mani aperte da una parte e dallaltra del braccio, distanti dalla
pelle alcuni centimetri, e le fece scorrere lungo tutta la lunghezza
del braccio, dal polso allascella. Ogni tanto mi diceva tieni drit-
to il braccio perch io inavvertitamente lo abbassavo. Non ero
un cattivo paziente, ero solo un paziente che cercava di decodi-
ficare il medico al posto di fare attenzione a quello che il me-
dico faceva e diceva. In effetti quella situazione a me sembrava
un po bizzarra. Pensavo a cosa ci facessi io l e non a quello che
quelluomo potesse fare per me. Peppino complet quellesame
medico di stranezza assoluta e disse che non cera nulla che non
andasse. Ci sedemmo e parlammo un po, ma di quella chiacchie-
rata non ricordo molto. Ricordo tutta la scena, ma non ricordo
cosa ci dicemmo. Io non dissi molto perch stavo cercando di ca-
pire chi fosse quelluomo e cosa aveva cercato di fare esaminan-
38
domi in quella strana maniera. Andai via interdetto, ma chiesi se
potevo tornare a trovarlo e cos un po di tempo dopo ritornai.

I doni

Un po alla volta cominciai a capire che razza di creatura era


Peppino, e ancora adesso, a distanza di tanti anni, sono certo che
quello che Peppino era () mi ancora per gran parte ignoto.
Compresi tempo dopo che Peppino mi aveva fatto una visita
medica in cui con le mani scansionava linterno del mio corpo
alla ricerca di organi che non funzionavano bene o di malattie in
progresso. Lo compresi quando vidi rifare quella stessa manovra
sul braccio di unaltra persona. Lo guardai in viso mentre faceva
scorrere le sue mani lungo il braccio. Vidi gli occhi che non
guardavano il braccio, ma fissavano il vuoto. Ora so che era con
la consapevolezza in unaltra dimensione. Stava guardando
linterno del corpo di quelluomo cos come quella volta aveva
guardato allinterno del mio corpo. Per chiunque sarebbe stato
difficile accettare quella possibilit, ma in quei mesi, per cercare
di comprendere quello che dovevo fare della mia vita, mi capita-
rono tra le mani alcuni libri che lessi molto avidamente. Uno di
quei libri parlava di padre Pio. In quel momento non avrei mai
pensato che mi sarei trovato al cospetto di una figura che fosse
della stessa qualit, seppure con le dovute ampie differenze,
del santo del Gargano, e nemmeno voglio dire che Peppino ha la
levatura del frate di Pietrelcina; sto solo dicendo che queste due
figure hanno dei poteri che li rendono molto diversi dalle creatu-
re normali quali noi siamo, ma della stessa categoria.
Padre Pio un santo con dei carismi riconosciuti dal mondo
intero e, anche se non mi piace fare le classifiche dei santi, devo
ammettere che difficile da raggiungere. Padre Pio una delle
creature pi sublimi e pi dotate di carismi, di doni e di pi alta
levatura spirituale che siano mai nate sulla Terra. La quantit di
doni spirituali e di carismi di padre Pio lo pongono a ridosso del-
le entit pi alte della storia dellumanit. Cito espressamente
Giovanni Battista per dire che padre Pio a ridosso della statura
spirituale del Battista di cui Ges dice: Nessuno tra gli uomini,
tra i nati da donna, pi grande di Giovanni. E il Battista dice di
Alla Luce dellArcangelo 39
Ges: io vi battezzo con lacqua, ma dopo di me viene Colui
al quale io non sono degno di slegare i lacci dei sandali e che vi
battezzer in Spirito Santo e fuoco.

Nella storia ci sono state molte persone dotate di carismi di


elevatissima caratura. Limitandoci alla nostra epoca, possiamo
citare senza dubbio Natuzza Evolo di Paravati con la quale Pep-
pino, come ho scoperto indagando per completare le testimo-
nianze utili a questo libro, era in contatto spirituale.
Non voglio nemmeno accennare alla quantit di cose che era-
no normali per padre Pio; moltissimi di quelli che leggono queste
righe conoscono i suoi carismi, e sicuramente sono ancora in vita
migliaia di persone che lo hanno conosciuto direttamente e che
possono testimoniare, ma vi dico che credere anche a un mille-
simo di quello che questo umile frate poteva fare psicologica-
mente impegnativo anche per i credenti. E figuratevi quindi per i
non credenti!

Peppino Sansone appartiene a quella stessa categoria di crea-


ture anche se io non me la sento di dire che avesse poteri cos va-
sti come quelli di padre Pio. La bilocazione, spessimmo esercita-
ta dal padre di Pietrelcina e citata nei tanti libri che raccontano
delle sue prerogative, era anche nelle possibilit di Peppino.
A questo proposito racconto di quella volta in cui Peppino,
durante una visita a dei ragazzi che stavano trascorrendo il giorno
del luned dellAngelo in una casa di Monte SantAngelo, nel bel
mezzo di una chiacchierata, si zitt e divenne inerte, freddo e
bianco in volto, come se si fosse spento. Dopo alcuni minuti
riprese tranquillamente a parlare e raccont che era dovuto inter-
venire al fianco di Vicka, una delle veggenti di Medjugorje, per-
ch aveva avuto un malore.
Anche la lettura del pensiero e la possibilit di prevedere il fu-
turo erano tra le cose che Peppino poteva fare e di cui racconter.
Poi, come detto, la possibilit di guardare nel corpo umano
delle persone. Questultima cosa la poteva fare anche a distanza,
e di questo posso dare testimonianza io stesso.
La lotta con lAvversario, capitava di farla anche a Peppino,
uscendone vittorioso e anche ammaccato. A padre Pio succe-
40
deva molto spesso di lottare e anche di prenderle fisicamente
dallAvversario, e se quella non fosse una creatura temibilissima
su tutti i piani, ci sarebbe da sorridere per i risvolti citati nei rac-
conti e per le scene da essi tratte e portate nei film prodotti che
raccontano queste vicende.
Peppino poteva leggere nella mente e poteva anche parlare
nella mente. Cito infine i viaggi fuori del proprio corpo, che sono
una cosa diversa dalla bilocazione, e che Peppino, anche davanti
a noi, faceva spesso.
Poich tra non molto andremo a indagare queste possibilit
anche dal punto di vista della scienza ufficiale, e solo per far
comprendere la rarit e il valore spirituale di creature di questa
categoria, voglio aprire una breve parentesi su uno dei personag-
gi molto differente da Peppino e da padre Pio di cui si par-
lato moltissimo nel corso dei decenni passati (e di cui si parla an-
cora). Gustavo Rol, vissuto a Torino e morto pochi anni fa, ha
stupito e incuriosto il mondo intero con i suoi doni che metteva a
disposizione, oltre che di chi aveva bisogno, anche di chi era in-
teressato a comprendere il trascendente. Rol stato uno di quelli
che aveva i doni spirituali di cui parliamo e che a questo livello
di potenza sono davvero rarissimi. Di lui stesso Rol, definito da
molti studiosi uno dei pi grandi sensitivi del ventesimo secolo,
diceva: Se non mi piacessero le donne, sarei un santo.
La bilocazione, i viaggi astrali, la lettura del futuro, la possibi-
lit di vedere a distanza e nel corpo delle persone, lo sposta-
mento di oggetti sono testimoniati da moltissimi e sono docu-
mentati ampiamente. Famosa quella volta che davanti a Federi-
co Fellini, di cui era fraterno amico, compil la schedina del to-
tocalcio e insieme la sigillarono in una cassaforte per scoprire il
luned mattina che Rol aveva azzeccato tutti i risultati. E quando
Fellini, folgorato da quella inaudita riuscita, gli chiese perch
non avessero giocato quella schedina per ricavarne denaro da do-
nare ai poveri, Rol rispose che non era quella la maniera di aiuta-
re le persone.
Rol aveva ragione, laiuto alle creature si fa col proprio dena-
ro, se davvero si vuole, o mettendo a disposizione di chi ha ve-
ramente bisogno e senza lucrare i doni avuti dal Cielo.

Alla Luce dellArcangelo 41


E lui di aiuto ne dava tanto; aiutava sempre e, come devono
fare queste meravigliose creature, con assoluto disinteresse e
senza sosta.
Gustavo Rol era spesso richiesto presso un ospedale di Torino
per presenziare a certi interventi chirurgici di grande difficolt.
Era il suo amico primario del reparto di Chirurgia che non si ver-
gognava di chiamarlo quando comprendeva che laiuto di uno
come Rol poteva fare la differenza. La scienza, la grande e auste-
ra scienza, si fletteva e richiedeva lassistenza delle creature do-
tate di doni celesti che la moltitudine nemmeno ammette che esi-
stano. Ma quel dottore era un caso raro perch la quasi totalit
della gente di scienza (o che si ritiene tale) ha orrore di avere a
che fare con questi personaggi, e ancor di pi di comprendere
come il mondo dei mistici cio il mondo spirituale funzio-
ni. Ed paradossale che molta gente di scienza sia credente e
contemporaneamente neghi queste manifestazioni della divinit
attraverso le Sue creature pi degne.
Fu uno che di scienza ne ha divulgata in maniera davvero
massiccia a dare a Rol un grandissimo dispiacere, se non una ve-
ra e propria mortificazione: Piero Angela. Le possibilit di Rol
furono messe in dubbio severamente in un suo libro del 1978 in
cui indagava sul paranormale e altri, quelli del CICAP (un sedi-
cente ente di controllo sui fenomeni del paranormale fondato,
tra gli altri, anche da Piero Angela che molto credono di sapere
di cose trascendentali e che invece poco capiscono), aggiunsero
anche delle altre bizzarre argomentazioni a detrimento del grande
sensitivo piemontese. E fu cos che mentre molti personaggi di
attendibilit e onest intellettuale riconosciute, oltre a scienziati e
illuminati (medici, professori e personaggi famosissimi, tra i qua-
li lo stesso, grandissimo, Albert Einstein) si lasciavano estasiare
dagli esperimenti di Rol, frutto di questi doni spirituali, e si inter-
rogavano su come fosse possibile esercitare il potere della mente
sulla materia e sul tempo, e su come fosse possibile prevedere gli
avvenimenti futuri, ecco che persone grette e poco obiettive mi-
navano alla base lattendibilit di questuomo circa il possesso di
questi prodigiosi doni spirituali.
Solo per completare le possibilit del Rol mistico (lo abbiamo
preso ad esempio solo perch su di lui esiste una copiosa lettera-
42
tura), e senza volere con questo mischiare il tema del libro e del
Sacro con le possibilit dei sensitivi, almeno di quelli genuini,
racconto di quando Benito Mussolini, avendo sentito parlare del-
le capacit di predire il futuro di Gustavo Rol, allora capitano de-
gli Alpini, lo fece chiamare e gli domand come sarebbe finito il
conflitto. Rol rispose, senza mezzi termini: Duce, la guerra
perduta. Mussolini si irrigid e lo conged bruscamente con uno
stizzito Lo vedremo!. C solo da fare una essenziale precisa-
zione: in quel momento storico la guerra era in una fase positiva
per le potenze dellAsse ed era quindi molto difficile (e anche as-
sai rischioso) fare quella temeraria previsione davanti al Duce.

Molte delle cose che Peppino poteva fare hanno avuto me


stesso come testimone diretto; altre me le ha raccontate lui e altre
ancora, moltissime, me le hanno raccontate le persone che lo
hanno conosciuto. Io ho intervistato, in particolare, le persone
che frequentavano casa sua, e si tratta di creature buone, discrete,
piacevoli e di intelligenza e fede spiccata.

Torniamo alle cose che Peppino faceva per il bene del pros-
simo, quelle che ai fini di questa testimonianza hanno veramente
importanza. Ricorderete che allinizio del libro sostenevo che
certe creature, cos come i santi, hanno la possibilit di vedere
nel corpo di altri; Peppino non solo riusciva a vedere in pre-
senza, cio con la persona da visitare posta di fronte a lui, ma lo
poteva fare anche a distanza. Per dimostrare questa possibilit vi
racconto questo aneddoto che mi riguarda direttamente.
Avevo avuto un problema fisico di cui non volevo parlare a
nessuno. Io non mi fido totalmente dei medici (e credetemi,
nemmeno moltissimi di loro si fidano ciecamente dei loro colle-
ghi), anche se devo ammettere che ce ne sono di molto bravi; in-
fatti, non sono quelli bravi che mi preoccupano e, immagino che
anche voi, senza alcun dubbio, sarete daccordo con me su questa
questione. Di questo problema, poich non era tanto urgente, non
avevo intenzione di parlare a nessuno. Tentavo di capirlo da solo,
il mio problema, ma poich non riuscivo a venirne a capo e sic-
come temevo che passasse nella zona delle cose da fare con cal-
ma e che quindi avrei solennemente accantonato, avendone la
Alla Luce dellArcangelo 43
possibilit, ho chiamato Peppino al telefono e gli ho detto: Ciao
Peppino, sono Giuseppe, mi succede questo fatto che non riesco
proprio a spiegarmi. Cosa pu mai essere? Con la solita genti-
lezza, lui mi disse: Ciao Peppe, aspetta che mi siedo e cos ve-
diamo. Non voglio entrare nel dettaglio della questione, ma la
precisione che us per descrivere il problema fisico che mi stava
preoccupando fu tale che io stesso rimasi di stucco perch mi ri-
tornarono in mente alcuni dettagli del momento in cui si era ma-
nifestata la patologia. Io sono abituato alla precisione di Peppino,
ma nonostante questo rimasi meravigliato perch la sua descri-
zione della patologia fu addirittura ineccepibile, quasi quella pa-
tologia lavesse subta lui stesso. Sebbene non sia molto rilevan-
te; lo dico solo per la chiarezza: io telefonavo da Milano.
Anche in unaltra circostanza riguardante la mia salute fisica
Peppino fu altrettanto preciso. Fu quando mi dovetti ricoverare
allospedale di San Giovanni Rotondo (s, proprio nellospedale
di Padre Pio, la Casa Sollievo della Sofferenza, in cui io ero gi
stato da bambino perch tormentato dai reumatismi articolari a-
cuti per mesi). Avevo circa quarantacinque anni e soffrivo di
qualcosa che non si riusciva a comprendere. Mi faceva conti-
nuamente male il fianco destro e, nonostante mangiassi in ab-
bondanza e cinque volte al giorno, dimagrivo quasi a vista
docchio. Sulla lingua era comparsa una patina biancastra e ave-
vo molto spesso mal di testa. La debolezza fisica era ormai una
costante. Il mio medico voleva che mi ricoverassi per degli ac-
certamenti, ma io volevo sentire prima Peppino. Dopo avermi vi-
sitato, mi disse che durante gli esami che il medico mi aveva or-
dinato di fare (e che non avevo ancora fatto) avrebbero trovato
nel mio intestino due infiammazioni e che in seguito sarebbero
guarite perfettamente.
Ovviamente ebbe ragione Peppino. Dopo cinque giorni di ri-
covero, una gastroscopia, una colonscopia e chiss cosaltro che
ora non ricordo, le indagini endoscopiche rilevarono due zone
dellintestino infiammate in modo cronico: una patologia destina-
ta a non guarire mai.
Aggiungo che Peppino mi aveva promesso che mi sarebbe
stato accanto anche in ospedale, ma io, a differenza di alcune
persone che citer anonimamente nel libro, non ho il dono di ve-
44
dere le entit in forma spirituale o astrale e quindi non posso te-
stimoniare la sua presenza, anche se dentro di me sono certo che
lui sia stato accanto a me durante la degenza e durante le indagini
cliniche. Ancora una cosa mi disse Peppino, che le due infiam-
mazioni sarebbero scomparse e che sarei stato bene. Vi confermo
che il mio intestino tornato a funzionare a dovere e solo quando
mangio cibi verso i quali sono intollerante (difetti scoperti do-
po) mi presenta il conto di un dolorino che dura un paio di giorni.

Non che da allora io non abbia avuto altri problemi fisici.


Let non giovanissima porta ogni tanto la necessit di fare una
capatina in ospedale. Se poi uno affetto da qualche tara fisica
(nel mio caso il cuore), ancora di pi si deve mettere in conto un
check-up sulla salute fisica ogni paio di anni.
Alcuni anni dopo questa storia dellintestino, per unaltra cau-
sa, il mio cuore dava i numeri e faceva i capricci pompando
quando voleva e se voleva. Anche le gambe si erano gonfiate in-
spiegabilmente. Insomma, finii nello stesso ospedale e poich i
medici non riuscivano a capire il problema, dovetti sottopormi a
una moltitudine di esami clinici, compreso laccertamento di una
possibile positivit al virus dellAIDS. Alla fine, poich non ve-
niva a galla niente di niente, mi rifecero anche lispezione
dellintestino per comprendere da dove derivasse quella situazio-
ne che sembrava inspiegabile perch tutti gli altri esami non da-
vano evidenze. Lintestino a posto! mi disse il medico: era lo
stesso medico della volta precedente, quello delle infiammazioni
croniche. Non credo si sia sbagliato lui, credo piuttosto che
Peppino abbia agito a mio vantaggio senza che io lo sapessi.
Giusto per dare una spiegazione conclusiva alla storiella: tutto
era dipeso dallintolleranza allorzo che io non sapevo di avere e
che ho scoperto per conto mio dopo essere tornato a Milano.

Lori

Anche in unaltra occasione Peppino dimostr di possedere il


dono della vista allinterno dellorganismo altrui a distanza.
Prima di partire da Milano alla volta della Puglia per qualche
giorno di vacanza, avevo raccolto la preoccupazione della mia
Alla Luce dellArcangelo 45
amica Lori che, come me, vive nel capoluogo lombardo. Questa
donna viveva da molti anni con una vertebra spostata e secondo i
medici doveva operarsi al pi presto. Loperazione era molto im-
pegnativa e con il gravissimo rischio che la lasciasse con le gam-
be paralizzate. Avevo invitato Lori a venire in Puglia di persona
per incontrare e parlare con Peppino, ma cerano dei problemi
con il suo lavoro. Le avevo suggerito allora di telefonare a una
certa ora di un sabato (era il 3 ottobre del 2004) poich ero sicuro
di poter essere presente alla telefonata. Avevo, infatti, calcolato
la mia visita a casa di Peppino in modo tale da far giungere la te-
lefonata quando ero in sua compagnia. In una telefonata prece-
dente avevo istruito telefonicamente la mia amica e le avevo rac-
comandato di ascoltare con attenzione e di parlare da una stanza
senza rumori perch Peppino aveva un tono di voce basso e negli
ultimi tempi, a causa del morbo di Parkinson, aveva difficolt a
parlare.
Quando Lori chiam, Peppino le chiese quanti anni avesse.
Lori disse di avere 39 anni e subito dopo si sent descrivere, pri-
ma che potesse dire altro, una serie di sintomi che realmente lei,
in quel preciso momento, aveva. Le descrisse anche un dolore al
coccige e uno alla gamba. Quei dolori non erano quelli che senti-
va di consueto e per i quali avevamo deciso di organizzare il con-
sulto telefonico. Nemmeno io avrei potuto raccontare a Peppino,
se anche avessi voluto, quei dolori che si erano presentati in quel
momento e per la prima volta. Alla fine della telefonata Peppino
le sugger di non operarsi perch lintervento era troppo rischio-
so, ma subito dopo cambi idea e le disse di operarsi solo in mani
particolarmente esperte e fece dei nomi: quello di un primario
dellistituto Rizzoli di Bologna, quello di un professore di Kiev e,
se ricordo bene, un terzo del Niguarda. Quella telefonata, per,
non termin dopo i consigli dati da Peppino alla mia amica per-
ch lei si era riservata, a mia insaputa, una domanda per lei im-
portantissima. Da quel momento la telefonata prese inaspettata-
mente unaltra piega. Successe questo: Lori desiderava avere un
figlio e poich mi sentiva spesso dire che Peppino era stato arte-
fice della predizione di molte gravidanze e di nascite insperate o,
addirittura, per la scienza, credute impossibili, subito dopo aver
sistemato la questione delle domande sullintervento alla colonna
46
vertebrale, chiese, quasi brutalmente, se poteva avere dei figli. Io
stavo accanto a Peppino per intervenire nel caso Lori non riuscis-
se a capire le parole del mio amico, e ci misi un po a compren-
dere che il tema della telefonata era completamente cambiato.
Me ne accorsi quando Peppino disse energicamente a Lori, quasi
arrabbiato, che certamente poteva avere dei figli. Quando udii
che Lori chiedeva quelle cose quasi trasalii perch avevo pregato
la mia amica che per quella volta non doveva chiedere altro.
In quegli anni la mia amica viveva un profondo disagio per-
ch credeva che i suoi 39 anni fossero gi troppi e sentiva di es-
sersi attardata a concepire un figlio. Insomma, Peppino aveva in-
tuito che per lei era pi importante quellaltra storia piuttosto che
il rischio di rimanere paralizzata e si era un po arrabbiato perch
senza la salute derivante dalla perfetta riuscita di quellintervento
di certo anche la gravidanza sarebbe stata impensabile o quanto-
meno inopportuna. In quella circostanza imparammo tutti e due
che non si deve mai abusare delle possibilit dei santi e Lori im-
par che la salute ha una priorit pi alta di molte altre questioni.

Numeri e lotterie

Non sono stati pochi quelli che hanno cercato di estorcere a


Peppino, accampando difficolt economiche o disastri familiari,
numeri vincenti, vittorie alle lotterie o altre informazioni che a-
vrebbero fatto la fortuna di ogni giocatore incallito. Come avete
letto prima, quando citavo le parole di quel mistico piemontese,
le creature portatrici di doni divini hanno alcune tassative regole,
non dette, da rispettare assolutamente: non usare mai i doni per
procurarsi denaro o vantaggi e non mortificare i doni ricevuti u-
sandoli maldestramente e, peggio ancora, compiendo sacrilegio
per averli sprecati o usati insensatamente. In questo sta la diffe-
renza tra le creature al servizio dello Spirito e quelle al servizio
delle tenebre. Chi serve lo Spirito non maledice, non predice a
vanvera, non prende soldi e non mortifica i doni di Dio con una
condotta men che limpida e men che onesta.
Vi prego di meditare su queste parole. Se una creatura deve
vivere momenti di difficolt economica, anche gravissimi, vuol
dire che niente deve interferire con il piano divino che ha stabili-
Alla Luce dellArcangelo 47
to questo andamento delle cose. Se Dio, che ascolta e vede ogni
cosa, anche le pi minute e apparentemente celate, volesse far
giungere un aiuto a una delle sue creature, avrebbe migliaia di
modi per farlo. La maniera che il Signore predilige quella che
valorizza il prossimo. Laiuto che viene fatto giungere attraverso
il prossimo (un familiare, un lontano parente, un collega di lavo-
ro, il datore di lavoro, uno sconosciuto benestante, ecc.) assai
pi valevole, sul piano spirituale, rispetto allaiuto anonimo come
possono esserlo un lavoro extra ben pagato, un lascito inatteso,
una vincita alla lotteria ecc.). Cos facendo il Padre mette in con-
tatto le sue creature e le lega attraverso i vincoli della Bont e
della Carit che sono assai fruttuose in termini di riconoscenza e
di ritrovato slancio verso il prossimo.
Dio si cela costantemente dietro il prossimo e cede volen-
tieri il merito del suo intervento a una creatura che, di fatto, ha
svolto solo un ruolo assegnato da Lui stesso nella Sua commedia
umana: Il Grande Piano Divino.

Le ciliegie sotto spirito di Peppino

Questo aneddoto ha a che fare con le ciliegie. Dei cari amici


di Peppino hanno degli alberi di ciliegie di una qualit superlati-
va e ogni anno inviavano a Peppino una bella quantit di queste.
Quando giungevano le ciliegie, Peppino organizzava la fabbrica
dei vasetti, cio chiamava a raccolta dei volontari (Raffaele e i
ragazzi che frequentavano casa sua) e insieme a loro preparava le
ciliegie conservate con lo spirito. Peppino dirigeva le operazioni
ma il tocco finale, quello pi importante, lo doveva dare lui: ver-
sare lo spirito nei vasetti e sigillarli. Non ho scritto alcol ma spi-
rito e non a caso perch questa operazione era densa di significa-
to spirituale. Quello che testimoniato da tanti il potere che
avevano (e che hanno ancora adesso) quelle ciliegie. Quando
qualche donna desiderosa di concepire un figlio giungeva nella
casa di Peppino con la desolazione di non riuscere a rimanere in-
cinta, lui faceva tirar fuori uno di questi vasetti con le ciliegie
sotto spirito e le faceva servire per lo scopo suddetto. Tre volte
sono capitato mentre stavano avendo luogo queste buffe scenette
e non vi nascondo che quando Peppino diceva ai suoi ragazzi (i
48
giovani che lo assistevano quando arrivavano persone a fargli vi-
sita per ottenere conforto o grazie) di prendere le ciliegie, si
accendeva una certa allegria e nascevano dei sorrisini sulle boc-
che di tutti i presenti che gi erano al corrente della finalit
dellofferta.
Era bellissimo assistere a queste cerimonie di offerta (do-
vrei dire di somministrazione) delle ciliegie di Peppino perch
quelle erano delle occasioni in cui le visite non riguardavano ma-
lattie o questioni tragiche. Se vi state chiedendo se le ciliegie di
Peppino Sansone funzionavano, la risposta : S, funzionavano.
Anzi, posso proprio dire che funzionavano alla grande. Non
saprei dire la statistica delle gravidanze che le ciliegie hanno
prodotto, ma quello che so che moltissime donne sono state e-
saudite e hanno concepito un figlio. No, certo, ovviamente non
solo con le ciliegie. Le ciliegie hanno avuto la loro parte di meri-
to, ma i mariti delle donne hanno certamente avuto unaltra note-
vole parte! State tranquilli, non si trattava di divina concezione,
si trattava solo di dare una benedizione in forma spiritosa alla
buona sorte. Potete chiedere tranquillamente a chi ha conosciuto
Peppino, di donne che hanno concepito e che sono diventate
mamme dopo aver assaggiato quelle benedette ciliegie ce ne so-
no una discreta quantit (non parliamo di centinaia, ma sicura-
mente di decine). E se chiedevate a Peppino qual era la cosa che
faceva arrabbiare maggiormente lAvversario, lui rispondeva che
quellIndividuo non vuole che si procrei. I bambini, infatti, sono
la potentissima fornace che suscita lamore materno, paterno e
delle famiglie (Ges lo chiama amore di seconda potenza, se-
condo solo a quello per il Padre Santo) e sono motivo di grande
dispiacere per lAvversario.

Maria Jos

Questo un aneddoto molto carino che non ha a che fare con


la sofferenza ma con i fiori: sette rose gialle olandesi che nell'a-
gosto del 2004 portai a Peppino affinch le deponesse davanti al-
la piccola statua della Madonna che nella camera dingresso di
casa sua. Conoscevo da poco Peppino, ma gia sapevo che amava
molto i fiori, cos quel giorno gli portai quel mazzo di rose. Il
Alla Luce dellArcangelo 49
giorno prima eravamo andati a mangiare la pizza in un locale di
Mattinata, il Tio Pepe, un risorante di gente amica dove siamo
accolti sempre molto cordialmente. Mentre magiavamo la pizza,
a Peppino venne in mente una sua giovane amica, Maria Jos,
una ragazza spagnola che gli era stata presentata da una sua ami-
ca milanese di nome Elettra. Peppino mi chiese se volevo cono-
scere Maria Jos e aggiunse che era una bella ragazza che le scri-
veva sempre delle belle lettere. Disse anche che quelle lettere
non le distruggeva mai, a differenza delle altre (che per precau-
zione bruciava per evitare finissero poi in mani indelicate) perch
erano talmente carine che sembrava di riceverle da una fidanzata.
Io dissi subito che mi avrebbe fatto molto piacere conoscere que-
sta ragazza. Dopo questa piccola parentesi per tutta la serata la
discussione di tutta la tavolata di amici si concentr su di me.
Molti sorrisi, molte battute, molte illazioni e anche molte scom-
messe (ovviamente non vere e proprie scommesse con i soldi, ma
con i gettoni con sopra scritto: io dico che) su cosa sarebbe acca-
duto. Peppino non batteva ciglio. E a quanti gli chiedevano di di-
re cosa sarebbe stato, perch pensavano che gi lui sapesse
dellesito di quellincontro, lui rispondeva, come sempre in que-
sti casi: Se sono rose, fioriranno.
Sulle faccende sentimentali mai Peppino, per tutti gli anni in
cui lho frequentato, si sbilanciato; aveva sempre un forte riser-
bo per tutte quelle vicende la cui predizione poteva interferire
con le scelte individuali. La serata fu bella e divertente, persino
per me che avevo ricevuto tutta quella serie di pacche sulle spalle
e ammiccamenti, e tutti andammo a casa molto contenti. Del re-
sto quando si aveva la fortuna di avere Peppino come ospite a ta-
vola gli eventi prendevano sempre una piega tale da far diventare
quel momento un momento indimenticabile.
Tornando al giorno dopo, quello delle rose gialle, Peppino
prese i fiori e li mise davanti al quadro dellArcangelo. Poich
era estate, anche quella sera andammo in pizzeria e andammo
nello stesso locale di Mattinata dove eravamo stati la sera prece-
dente. Inevitabilmente la discussione torn sull'argomento delle
due ragazze. Mentre tutti mi prendevano bonariamente in giro,
Peppino si lasci sfuggire una frase che parve a tutti molto stra-
na, tranne a me. Disse: Ora ti faccio vedere che fine fanno le tue
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rose, te le mando via satellite in Spagna!. Non ho potuto accer-
tare se Peppino avesse davvero recapitato quelle rose in Spagna,
ma la prossima volta che incontro quella ragazza le chieder se
ha memoria di una cosa cos straordinaria come la comparsa dal
nulla di un mazzo di rose gialle.
Rimanendo agli aneddoti che riguardano la ragazza spagnola,
Peppino predisse diverse cose. Allepoca in cui la conobbi io,
Maria Jos era una laureata in lingue straniere e aveva fatto da
poco la domanda per entrare alluniversit del capoluogo abruz-
zese. Era poco pi che un suo desiderio che Peppino le rivel che
sarebbe stato esaudito. Credo che tutti quelli che sanno anche un
minimo di cosa sia ununiversit, sia come studenti che come ge-
nitori di studenti, sappiano bene che entrare a far parte della
schiera dei docenti di una universit italiana davvero una fac-
cenda difficile. Per fare un paragone scherzosamente allusivo,
dico che pi facile finire nella Guardia di Finanza che iniziare
a insegnare in una universit italiana (ed essere pagati), ma Pep-
pino mi confid che la carriera di Maria Jos sarebbe stata parti-
colarmente fruttuosa.
A distanza di tutti questi anni, cercando lindirizzo elettronico
di Maria Jos sul motore di ricerca per darle la notizia della mor-
te di Peppino, mi sono imbattuto nel suo curriculum che
luniversit tenuta a rendere pubblico. Era davvero impressio-
nante: un curriculum sterminato e punteggiato da una ricca lista
di pubblicazioni e di libri, soprattutto di poesia. E in quel curricu-
lum cera anche la conferma che era diventata non solo docente
alluniversit dellAquila e coordinatrice di dipartimento, ma an-
che scrittrice e poetessa.

Elettra

Prima di conoscere Maria Jos era toccato alla sua migliore


amica di fare la conoscenza di Peppino. In occasione di un pelle-
grinaggio in pullman (non ricordo bene presso quale santuario o
localit di culto), in quella fase che precede la partenza e che
viene passata a discorrere con i futuri compagni di viaggio, Pep-
pino si era fermato a salutare tutti tranne che una ragazza nuova,
Elettra, che lo conosceva attraverso i racconti della nonna. Quella
Alla Luce dellArcangelo 51
ragazza era rimasta un po intristita per non avere avuto la possi-
bilit di parlare con Peppino di cui aveva saputo attraverso alcuni
racconti fattigli dalla sua nonna, ma Peppino, avendo letto nel
cuore di quella giovane, di punto in bianco laveva rassicurata
dicendole: con te parler dopo. Elettra ci teneva davvero tanto
a parlare con quel santuomo e, mortificata, si chiedeva: come
potr mai parlare con me se adesso tutti si accalcheranno vicino
al suo sedile per continuare a fargli domande? Elettra scelse un
posto e si accomod sul pullman senza far caso al fatto che il se-
dile accanto a quello suo era rimasto libero. Avete capito, vero?
Proprio su quel sedile and a sedersi Peppino. Grande meraviglia
per Elettra e, finalmente, la possibilit di parlare con Peppino,
come lo stesso le aveva anticipato.

Un piccolo rosario

Era sera ed eravamo appena entrati in casa di Peppino dopo


essere stati a San Giovanni Rotondo a visitare la nuova chiesa di
padre Pio, quella che Renzo Piano, ormai sfinito, aveva accettato
di progettare per i frati cappuccini dopo che questi lo avevano
lavorato ai fianchi per chissa quanti mesi con benedizioni gior-
naliere. Lucrezia si avvicin al tavolo e vide, deposto sul bordo
del tavolo della cucina, un rosario. Era di quelli piccoli che si in-
filano all'indice e che si girano con il pollice per numerare le Ave
Maria dette. Era strana la presenza sul tavolo di quelloggetto
perch nessuno di noi ce laveva messo e nemmeno poteva essere
stato posto da qualcuno entrato in casa dal momento che le due
chiavi, le uniche due chiavi di casa, le aveva Peppino. Ci se-
demmo per dire qualche parola ancora e mentre parlavamo di
questo strano fatto riparlammo della visione che Peppino aveva
avuto a San Giovanni Rotondo una dozzina di giorni prima. Era
apparsa a Peppino la Madonna di Fatima (Peppino la chiamava
Fatima senza anteporre altro davanti) mentre scendevamo lungo
la grande spianata in discesa che dalla strada porta agli ingressi
dellenorme chiesa. Io ero proprio accanto a lui e quindi fui il
primo al quale Peppino disse di aver visto la Madonna. Mi ero
accorto che era successo qualcosa di importante perch gli cam-
minavo accanto e lavevo visto cambiato. Ormai non era pi dif-
52
ficile per me comprendere che era accaduto qualcosa di partico-
lare e infatti, quando mi disse cosa gli era appena capitato, seppi.
Mi spieg con quella dolcezza che gli era propria, ma quella vol-
ta aumentata ancora di pi perch Peppino quando parlava della
Madonna trasmetteva agli altri quell'amore che la dolcissima
Madre riusciva sempre a trasmettere a lui. In quello stesso istante
la luce cambi tono e divenne pi rosata, poi, dopo alcuni secon-
di, torn normale. Rimanemmo di stucco, e pi di tutti Lucrezia,
che si impression un po. Mi ricordo che toccai la mano di Lu-
crezia per rassicurarla e le dissi: non ti sei ancora abituata alle
cose prodigiose che accadono in questa casa?. Andammo via
dalla casa di Peppino contentissimi e consapevoli delle cose pro-
digiose che in quei giorni erano accadute. Nei giorni seguenti
quel rosario fu donato a una delle ragazze che frequentavano la
casa di Peppino.

Una telefonata sbagliata

Michele lavorava come cameriere al Tio Pepe di Mattinata. Il


Tio Pepe un bel locale a poca distanza dal paese di propriet di
amici di Peppino dove destate si pu cenare su una grande ve-
randa affacciata su un giardino. Accadde che una sera, alla pre-
senza di Peppino, Michele rovesci sul tavolo una coppa della
macedonia che stava servendo attirando cos lattenzione di Pep-
pino che, vedendolo contrito, lo chiam e gli disse di non preoc-
cuparsi per quellincidente; poi aggiunse anche che, a distanza di
una decina di giorni, avrebbe ricevuto una bellissima notizia.
Passati quei giorni, una sera tornammo allo stesso locale per
mangiare una pizza in compagnia. Ovviamente anchio, e pi di
tutti gli altri, ero curioso di sapere quale fosse quella notizia che
sarebbe dovuta arrivare e rimasi per tutta la serata allerta per
trovarmi preparato a carpire quella rivelazione.
Michele aveva mandato il proprio curriculum per chiedere
impiego ad alcune banche e giusto una decina di giorni dopo il
piccolo accidente della macedonia ricevette una telefonata dalla
direzione dellUnicredit di Milano con la quale lo si informava di
non aver superato la prova dammissione alla fase successiva
delliter per essere assunto. Il suo colloquio di lavoro, insomma,
Alla Luce dellArcangelo 53
era andato male. Una cosa normale quella di non superare una
prova, specie in un posto ambito come quello in una importante
banca. Se cercano uno e si presentano in cento allora la statistica
induce a convincere il candidato che non ce la far. Una cosa non
proprio normale quella di ricevere una telefonata in cui ti avvi-
sano che non ce lhai fatta. In Italia raro che chi ti ha fatto un
esame di selezione ti chiami per avvisarti di non avercela fatta. E
non per limbarazzo, per il costo: non perdono nemmeno il
tempo per la telefonata. Unico, invece, quanto accadde a Mi-
chele. Fu richiamato dopo pochissimi minuti dalla stessa segrete-
ria della banca che laveva chiamato prima per scusarsi che cera
stato un madornale errore nella telefonata precedente e che il col-
loquio di ammissione si era svolto con successo. Michele si trov
in quattro e quattrotto con la valigia in mano e in partenza per
Milano alla volta di una delle due pi grandi banche italiane, non
prima per di farsi dire, sempre dalla stessa persona, Peppino,
pochi giorni dopo e nello stesso locale, che avrebbe fatto carriera
proprio in quella stessa banca. Potenza della macedonia spiattel-
lata sulla tovaglia alla presenza di Peppino Sansone, ma soprat-
tutto della bont di quel ragazzo che, nonostante la laurea, con
umilt si arrangiava guadagnandosi da vivere facendo il camerie-
re. Qualche giorno dopo seppi anche che Peppino aveva regalato
a Michele un angelo in porcellana dicendogli che se avesse avuto
bisogno di aiuto non doveva fare altro che sussurrare a quel putto
una richiesta e che lui cos lavrebbe presto saputo.

Il testamento cambiato

Quando Peppino andava in viaggio, cio usciva dal suo


corpo per entrare nel mondo astrale e recarsi in qualche posto
con la sua parte spirituale, non sempre ci si accorgeva di quello
che stava accadendo. Si poteva notare, se uno era attento, un di-
stacco temporaneo dalla discussione in corso. Se toccavi un brac-
cio o una mano di Peppino potevi constatare che era diventato
freddo, ma se non eri con gli occhi su di lui avresti potuto addirit-
tura non accorgerti di niente.
Una volta, Raffaele di Milano, molto amico di Peppino e che
a differenza mia, che ho sempre fatto attenzione a non chiedere
54
troppo (non sapete quanto mi sia pentito per questo mio ritegno)
circa i suoi doni trascendentali, e pi intraprendente di me nel
proporsi, chiese a Peppino di dargli una dimostrazione e di farsi
vedere quando usciva fuori dal suo corpo. Lo accontent subito e
lo fece addirittura parlando e mentre noi altri presenti, poco di-
stanti da lui e da Raffaele, stavamo seduti a chiacchierare del pi
e del meno senza renderci conto che era in corso una formidabile
dimostrazione di quello che i pi classificano con le parole sem-
plificative di fenomeno paranormale e che gli studiosi di doni
mistici conoscono come viaggio astrale e, in taluni casi, come
bilocazione (che per una possibilit molto pi rara da trovare
nei mistici rispetto al semplice viaggio). Ora sto uscendo e
sto rientrando; cos disse Peppino allamico. E cos ci ripet
Raffaele, con tutto lentusiasmo di cui era capace, pochi secondi
dopo, al termine di quella dimostrazione alla quale io, da molto
tempo, speravo di assistere. Conoscevo Peppino da pochi anni e
non sentivo di poter chiedere quelle stesse cose, anche se, a ben
considerare, adesso ne sono sicuro, Peppino non me le avrebbe
negate perch gi lui sapeva che io avrei scritto un libro su di lui,
anche se lidea del libro mi venne in seguito e nella mia mente
doveva servire a spingere a credere in Dio quelli pi tiepidi o,
come ero stato io anni addietro, non credenti ma disposti a crede-
re. In seguito mi pentii anche di non aver spinto per registrare la
sua voce e, soprattutto, una preghiera e una benedizione per voi
che leggete. Mi sono deciso troppo tardi, quando la voce di Pep-
pino era ormai assai fioca e spesso impedita dalla malattia.
Una volta in cui mi aveva detto di essere appena andato in vi-
aggio astrale, ebbi il coraggio di chiedere dove era andato. Pep-
pino, con molta semplicit ma con amarezza, mi rispose che era
intervenuto presso un notaio in Sicilia perch nel suo studio sta-
vano falsificando un documento importante ai fini di una eredit.

La moltiplicazione dei pesci

Una mattina Peppino fu invitato dalla famiglia Borgia che u-


sava passare alcuni giorni di vacanza a Mattinata dove ogni esta-
te si trasferiva. I Borgia di Manfredonia sono stati come una se-
conda famiglia per Peppino che aveva una speciale predilezione
Alla Luce dellArcangelo 55
per tutti i suoi componenti. Dello spostamento di Peppino, che
non ha mai posseduto unautomobile, da Monte SantAngelo a
Mattinata si incaric Vincenzo che con la moglie quel giorno an-
d a prendere Peppino a casa sua.
La famiglia Borgia molto numerosa, ma anche sparsa in
diverse localit italiane e quella volta Peppino, forse perch non
era ancora periodo di ferie piene, pens che a pranzo ci fossero
solo il capofamiglia, la sua consorte e Vincenzo con la moglie, e
siccome aveva detto che voleva portare del pesce (Peppino era
ghiotto di pesce in tutte le sue variet e modalit di preparazione,
e inoltre era un eccellente cuoco, soprattutto di zuppe di pesce),
aveva comprato del pesce nella quantit adatta per il numero di
commensali di cui era a conoscenza. Peppino non immaginava
che ci sarebbe stato un passaparola che avrebbe fatto giungere in
quella casa una discreta parte della famiglia. Era una consuetudi-
ne, nel caso di presenza del loro Beniamino, di andare a salutarlo.
Allinsaputa di Peppino, quindi, attorno al tavolo per il pranzo ci
sarebbero state molte pi persone (secondo Vincenzo, che era
presente e che mi ha confermato laneddoto, i commensali erano
tra le dieci e le quindici persone).
Nellattesa della partenza, poich Peppino stava chiudendo a
chiave la porta di casa, Vincenzo aveva guardato nella pentolina
che Peppino gli aveva affidato perch la depositasse in macchina.
Per curiosit voleva conoscerne il contenuto e aveva visto che
cerano dei pesci. La quantit di pesce che Peppino aveva com-
prato, dovendo servire pochi ospiti (almeno nelle sue previsioni),
era assai inferiore a quella che si sarebbe poi rivelata necessaria.
In effetti in quella pentolina di circa venti o venticinque centime-
tri, racconta Vincenzo, cerano tre o quattro pesci in tutto.
Giunto a destinazione, Peppino era rimasto desolato perch il
pesce che aveva portato non sarebbe bastato per tutti i commen-
sali presenti. Dopo quei primi istanti di smarrimento Peppino si
rianim e chiese alla Madonna di aiutarlo.
Peppino era molto attento allospitalit, e sebbene di certo non
mancava da mangiare (in una casa con molti figli e nipoti c
sempre cibo in grande abbondanza), lui cera rimasto male per
aver portato pesce largamente insufficiente alle necessita di quel-
la tavolata e aveva detto ai suoi ospiti che ci avrebbe pensato lui
56
a preparare il pesce e a riempire i piatti. Erano davvero troppi i
presenti per il pesce portato, ma Peppino riemp lo stesso i piatti
con una porzione sufficiente e rassicur chi gli stava accanto per
aiutarlo nelle operazioni di riempimento dei piatti che il pesce
sarebbe bastato per tutti. Commensale dopo commensale, Peppi-
no serv tutti e con i piatti riempiti adeguatamente. Alla fine del
giro tutti i commensali ebbero la loro porzione e nella pentola in
cui erano stati cucinati avanzarono ancora alcuni pesci.

Non devo ricordare al lettore attento a quale episo-


dio del Vangelo si pu far riferimento. E credo si
debba lasciare libero chi legge di credere o non cre-
dere a tale racconto che, se si vuole, come ho fatto
io, si pu far confermare facilmente dai commensali
allora presenti, stante lalto numero di essi.

Unernia asintomatica

Mentre mi confermava lepisodio dei pesci, a Vincenzo Bor-


gia venne in mente un altro episodio: quello di quando Peppino
gli aveva detto, di punto in bianco, che aveva unernia. Hai una
punta dernia, gli disse Peppino. Vincenzo disse che non sentiva
nessun dolore e la cosa pass in secondo piano. Se i problemi fi-
sici non sono dolorosi, succede a molti, si tende a dimenticarli.
Quella volta passarono circa tre mesi prima di andare dal medico
e sentirsi dire che in effetti cera unernia asintomatica e che sa-
rebbe stato il caso di risolvere la questione con un intervento.
Vorrei aggiungere che era una consuetudine di Peppino, men-
tre ti intratteneva con amabili chiacchierate in una maniera che io
definivo scherzosamente (usando un termine che di solito si usa
nellinformatica) multitasking perch si passava ininterrotta-
mente da un tema allaltro e da un episodio della sua vita a
unaltro, di farti il check-up fisico. In quella maniera si accertava
che le persone che andavano a trovarlo avessero una buona salu-
te. Se non cerano problemi, non diceva nulla e lospite non
saccorgeva di niente; se cera qualche inconveniente, allora te lo
diceva, entrando nel dettaglio con una precisione, si pu davvero
dire, chirurgica.
Alla Luce dellArcangelo 57
Lolio e il mulino dellabbondanza

A casa di Peppino giungevano sistematicamente doni di ogni


genere. Giungeva di tutto; a parte le ciliegie, di cui abbiamo gi
parlato, arrivava pesce, formaggio, mandorle, vino (una volta so-
no giunte diverse casse di vino tutte insieme) e ogni altro ben di
Dio (nel vero senso della parola!). E poi olio doliva. Per chi
pugliese non ho bisogno di dire quanto importante sia il buon o-
lio che si produce da queste parti. Qui non accenno alla dieta
mediterranea e ai suoi vantaggi sulla salute, affermo limportanza
dellolio doliva (extravergine e genuino, ovviamente) nella no-
stra cultura. Lolio sulla tavola e nella cucina garganica (e pu-
gliese in generale) pi che un alimento: esso rappresenta non
solo il benessere della famiglia perch simboleggia la possibilit
di poter cucinare senza doversi arrangiare, ma sottolinea anche la
condizione di sussistenza della famiglia. Sul Gargano, negli anni
della grande povert, chi aveva lolio in cucina aveva sicuramen-
te qualcosa di prezioso, a prescindere dal valore intrinseco
dellalimento. Lolio era molto pi importante del vino. per
questo che se accadeva di rovesciare il vino sulla tavola imbandi-
ta si riteneva (ancora adesso si convinti di questo) che portasse
buona sorte, mentre, se accadeva di rovesciare lolio, era un se-
gno sfavorevole. Avere una certa quantit dolio nella propria di-
spensa poteva essere un buon motivo per ritenersi non troppo po-
veri. Tutto questo ben di Dio che giungeva a casa di Peppino
veniva poi distribuito a chi aveva bisogno e a chi capitava, con
questa considerazione da parte del padrone di casa: Se io non
regalassi quanto in questa casa giunge, si fermerebbe il mulino.
Il mulino era, nellintenzione di Peppino, la rappresentazione
di questo movimento ciclico dei doni che per arrivare (ed essere
ridistribuiti) dovevano prima essere donati. La generosit, quindi,
si alimentava di altra generosit. Di tutto quanto arrivava in do-
no, per lui stesso, Peppino tratteneva quasi niente perch il suo
stile di vita era assai sobrio. Malato di diabete, di morbo di Par-
kinson e delle conseguenze nefaste derivanti da un pugno che
uno sciagurato a lui prossimo gli aveva dato sulla tempia (e che
lui aveva perdonato), Peppino mangiava pochissimo. Quasi mai,
quando andavamo in pizzeria, mangiava tutta la sua pizza; ne
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mangiava circa la met e quella che non mangiava la donava a
me. Ero sicuro che in parte lo facesse apposta perch quel cibo
toccato da un santo non era pi una semplice pizza o un semplice
piatto di pasta, ma aveva acquisito una qualit ultraterrena che mi
aiutava a guarire dalle mie patologie.
Tornando allolio e ai doni ricevuti, questo mulino della ge-
nerosit, quindi, non finiva mai. Accanto a questo mulino e a
valle dellaneddoto della moltiplicazione dei pesci vorrei aggiun-
gere la presenza in casa di Peppino di una pentola di terracotta
che lui chiamava la pentola dellabbondanza. Si trattava di una
terrina che aveva il potere di soddisfare le necessit, anche rile-
vanti, degli arrivi intempestivi di ospiti oppure di inviti
dellultimo momento che Peppino faceva quando giungevano
persone in prossimit dellora dei pasti. Lui invitava sempre le
persone a sedersi a tavola e a mangiare con lui. Almeno la met
delle volte che sono andato a trovarlo mi sono fermato a pranzo o
a cena con lui, e laltra met non ho mangiato a casa sua solo
perch ho declinato lofferta per pudore o per timore di essere
sfacciato.
Vorrei aggiungere una considerazione personale a questa che
potrebbe sembrare una libera interpretazione della valenza e della
conseguenza della generosit. Ges diceva ai suoi discepoli che
chi donava senza badare a come e a quanto regalava avrebbe ri-
cevuto in cambio cento volte tanto. Credetemi (ovviamente ades-
so mi rivolgo ai tiepidi e agli scettici) quando dico che questa af-
fermazione di Ges assolutamente vera e che la mia personale
esperienza la conferma in pieno. Del resto chi cristiano crede
alle parole del Maestro e lo avr gi verificato di persona. Peppi-
no diceva, usando parole diverse per dire la stessa cosa: Fai il
bene e buttalo in mare, ovvero, non badare a quanto doni e a chi
il beneficato, ma dimentica latto stesso di donare. E io aggiun-
go: Sappi che quando sarai tu ad aver veramente bisogno, sarai
aiutato.

Mentre scrivo mi viene in mente un episodio che si incasella


bene in questo contesto. Riguarda un trasloco che feci per passa-
re nella casa in cui abito adesso. Decisi di lasciare gli elettrodo-
mestici che possedevo in regalo alla donna che aveva comprato
Alla Luce dellArcangelo 59
la casa. Si trattava della lavatrice, del frigorifero, del televisore e
di poche altre cose minori. Ebbene, quando giunsi nella casa che
avevo preso in affitto, la persona che labitava prima di me mi
lasci la lavatrice, il frigorifero e il televisore. Mi disse, scusan-
dosi, che temeva che il televisore avesse smesso di funzionare.
Era vero, ma uno o due giorni dopo ricevetti la telefonata di Ila-
ria, la donna a cui avevo regalato gli elettrodomestici: mi diceva
che sua zia le aveva regalato un televisore nuovo e che se volevo
potevo riprendermi quello che le avevo regalato io.

Pioggia per tutti

Ecco un episodio riferitomi dalle ragazze che frequentavano


casa di Peppino e in seguito confermatomi dal ristoratore cui
lavvenimento si riferisce. Era dagosto, nel 2004, in una pizzeria
all'aperto posta al centro di Monte SantAngelo in cui Peppino e i
suoi amici stavano mangiando. Inizi a piovere e tutti gli altri
clienti, per non bagnarsi, si erano spostati al coperto. Peppino e i
suoi commensali continuavano a mangiare e nessuno di loro si
bagnava. Tutti quelli che si erano alzati e messi al riparo guarda-
vano e non capivano perch i componenti di quel gruppo con
quel signore anziano al centro non si erano preoccupati di ripa-
rarsi e invece continuavano a mangiare la pizza come se non pio-
vesse affatto. In effetti pioveva dappertutto, tranne che sugli ami-
ci di Peppino. Era stato lui stesso a dire ai suoi commensali di
non muoversi dalle sedie perch nessuno si sarebbe bagnato.
In unaltra circostanza, e questa volta fui testimone oculare, si
verific lo stesso fenomeno, ma in termini pi pronunciati. Fu a
Mattinata, durante una gita al mare, anche quella volta era
destate. Peppino era seduto su una sedia da regista, di quelle
pieghevoli fatte di metallo e tela. Il tempo prometteva pioggia,
ma Peppino aveva detto che non ci dovevamo preoccupare e che
ci potevamo anche fare il bagno; solo a Giovannino aveva detto
di non bagnarsi perch cerano nei suoi polmoni ancora delle
tracce della bronchite che gli stava dando problemi da mesi. Fino
a mezzogiorno la giornata fu sufficientemente buona; ma dopo
quellora il cielo si arricch di nuvole scure e iniziarono a cadere
alcune goccioline di pioggia davvero poco consistenti e meno
60
ancora fitte. Peppino non si mosse dalla sua posizione. Io chiesi a
Peppino se non era il caso di mettersi al riparo pur ricordando le
sue parole della mattina. Peppino mi disse, senza muoversi, che
quelle poche goccioline erano una benedizione e che non ci sa-
rebbe stata pioggia su di noi. Cos fu, almeno per alcune centi-
naia di metri attorno a noi, mentre su tutta la zona circostante e
su Mattinata, venimmo a sapere in serata, cera stato un violento
temporale proprio durante quella nostra serena gita.

Una festa di matrimonio

Una cosa del genere si verific anche durante il ricevimento


per il matrimonio della figlia di un caro amico di Peppino. Sul
locale dove si teneva il ricevimento si stavano addensando delle
nuvole che promettevano pioggia e i camerieri stavano per to-
gliere il rinfresco dai tavoli allaperto per portarlo allinterno del
ristorante, ma Peppino disse loro che non dovevano spostare nul-
la perch non sarebbe piovuta dal cielo nemmeno una goccia. Su
disposizione del padre della sposa, i camerieri obbedirono. Ov-
viamente tutti rimasero molto stupiti quando, in serata, si resero
conto che, come aveva predetto Peppino, nemmeno una goccia di
pioggia era caduta sul ricevimento.

Non fu lunica cosa speciale che accadde durante i giorni in


cui Peppino si ferm nella localit dove si era tenuto quel rice-
vimento. Uno degli aneddoti di quei giorni (ce ne furono diversi)
riguarda un inconsapevole asinello (non so spiegarvi cosa ci fa-
cesse un asinello in quellalbergo) che rimase ipnotizzato da
Peppino davanti agli occhi increduli di tutti i presenti che non
riuscivano a capacitarsi del comportamento cos anomalo di quel-
la bestia. E ancora, ci fu il siparietto che riguard un dottore ame-
ricano al quale Peppino diede degli schiaffetti affettuosi per rin-
vigorire la sua fede (approfondir pi avanti questo argomento
degli schiaffi di Peppino). Il dottore, assolutamente sconosciuto a
Peppino, si mise a ridere e accett di buon grado quello strava-
gante e inusitato comportamento di quellospite cos particolare
che senza saper parlare una sola parola della sua lingua
(lamericano non parlava italiano cos come Peppino non parlava
Alla Luce dellArcangelo 61
inglese, ma i due si capirono lo stesso alla perfezione) riusc a
comunicargli il significato spirituale di quel gesto che altrimenti
si poteva ritenere oltremodo offensivo.

Ci fu poi lincontro con una professoressa di matematica, pure


lei invitata al matrimonio, assai scettica sulle cose che aveva vi-
sto fare a Peppino fino a quel momento, e ancora pi scettica nel
campo della fede. Incredula, s, ma solo fino a quando, poche ore
dopo, Peppino non le fece una rivelazione assai personale che
nessuno allinfuori di lei poteva conoscere. La professoressa ri-
mase sbalordita da quanto le aveva detto Peppino e fu costretta
a credere ai suoi doni e ad aprirsi al trascendente.

Centoquarantatr

Durante quella stessa vacanza, mi raccont Peppino, un dotto-


re, cliente dellalbergo nel quale Peppino veniva invitato spesso
da un suo caro amico, aveva notato che uno dei camerieri serviva
con particolare devozione Peppino e si era incuriosito tanto da
chiedere al padrone dellalbergo chi fosse quello strano signore
che veniva trattato con quella speciale riverenza.
Non so bene cosa il padrone dellalbergo rispose, ma Peppino
si accorse immediatamente che stavano parlando di lui. Non ab-
bastanza soddisfatto della risposta, o forse ancora pi incuriosito
da quello che il padrone gli aveva detto, quel dottore si avvicin
a Peppino e gli chiese direttamente di cosa si occupasse, maniera
molto elegante di chiedere quale mestiere facesse (o, con mag-
giore onest dialettica, per chiedergli: chi accidenti sei?). Pep-
pino rispose che era un semplice impiegato dei telefoni ma, per
soddisfare un poco la curiosit di quelluomo e per fargli capire
un dettaglio delle sue prerogative, aggiunse: Tu invece sei un
chirurgo dei bambini, hai operato in 143 interventi, alcuni dei
quali non sono andati bene. Ma ora ti dovr dire una cosa che
non ti piacer molto di sentire. Tra sei mesi ti separerai da tua
moglie. Il dottore rimase incredulo, ma nonostante quella incre-
dulit tutto quanto predetto da Peppino accadde.

62
Un sacerdote mancato

Peppino avrebbe voluto indossare la tonaca di sacerdote o il


saio di frate, ma non pot farlo perch altrimenti avrebbe lasciato
sola la mamma bisognosa di cure. A quellepoca tutti i fratelli di
Peppino erano sposati o vivevano in altri paesi, e uno di loro era
emigrato in Belgio.
Tu ti farai sacerdote al posto mio e viaggerai moltissimo!
disse un giorno Peppino al figlio di suoi cari amici, quando era
ancora uno studente di giurisprudenza.
Pur conoscendo la fama di uomo santo di Peppino, questo
giovane replicava che la sua paura di volare gli permetteva di as-
sicurargli che quello che gli stava anticipando, soprattutto il det-
taglio dei viaggi in aereo, non sarebbe potuto mai succedere.
Peppino per replicava, sicuro di quanto aveva gi previsto, e
aggiungeva: Tu prenderai moltissimi aerei e farai carriera nella
Chiesa!.
Intervistando le persone che conoscevano Peppino per la ste-
sura di questo libro ho scoperto che sono stati in molti, oltre a
me, a raccogliere questa confidenza, cio quella che il personag-
gio in questione sarebbe diventato monsignore e che avrebbe fat-
to una straordinaria carriera nella Chiesa. Quando Peppino mi
rivel questa previsione, che mi ha poi ridetto almeno unaltro
paio di volte, ricordo che pensai: Cosa avr voluto dire con le
parole fare carriera; anche nella Chiesa si usa fare carriera?
Poi capii che era solo un modo di dire e che non cera da temere
scalate o cose del genere poich lo Spirito Santo amministra al
meglio questo genere di cose.
Non serve farla tanto lunga perch quanto predetto da Peppi-
no si gi verificato. La vita di questo giovane ha finalmente
preso con decisione la strada che Peppino aveva profeticamente
anticipato.

Una gita nella foresta

La foresta umbra non in Umbria, sebbene il nome possa


confondere il lettore che non risiede dalle nostre parti, ma un
vasto bosco ampio diverse decine di chilometri quadrati a poca
Alla Luce dellArcangelo 63
distanza da Monte SantAngelo in cui si usa fare scampagnate tra
una fitta vegetazione di faggi e rovi tra i quali trovano ancora a-
desso rifugio caprioli e cinghiali.
Prima della seconda guerra mondiale la fauna di questa fore-
sta era ricchissima. Cinghiali e caprioli, soprattutto, si potevano
avvistare molto frequentemente. Io stesso ho sentito i racconti di
un cacciatore (un bracconiere, in effetti, perch anche a quei
tempi la caccia in quel bosco era limitata) che aveva visto i tede-
schi divertirsi a falciare i caprioli con i loro mitra. Adesso i ca-
prioli allo stato selvatico sono diventati piuttosto rari e alcuni di
loro sono mantenuti semiliberi in recinti costruiti dalle guardie
del Parco del Gargano a beneficio di villeggianti e scolaresche. I
poveri caprioli sono stati decimati perch, sconsideratamente fi-
duciosi degli uomini, erano facili da abbattere; i cinghiali, invece,
che sono animali pi furbi e anche pi pericolosi a causa della
loro innata aggressivit, sono riusciti a mantenersi numerosi.
Di quella scampagnata nella foresta umbra ho un bellissimo
ricordo. Organizz tutto Peppino. Partimmo con cinque automo-
bili da Monte SantAngelo dove erano confluiti vari gruppi fami-
liari provenienti anche da Manfredonia e da Mattinata. Quel
giorno fu memorabile anche perch riuscii a trascinare mio cugi-
no, Francesco, persona schiva e refrattaria a tutte le sollecitazio-
ni, che da anni passava un periodo di fortissima depressione e
che, non riuscendo io a fare nulla per tirarlo fuori da quello stato,
avevo affidato alle preghiere e alle cure di Peppino.

Di Francesco parler dopo perch Peppino si occup di lui per


anni e riusc a portarlo a uno stato di sufficiente benessere.

Durante quella gita accaddero un paio di cose degne di nota.


Una vicenda era legata alla tesi di laurea di un ragazzo, figlio di
una signora che trascorreva quella giornata con noi. Quella si-
gnora aveva prestato la tesi di laurea del figlio, allinsaputa del
figlio e in buona fede, a qualcuno che, diceva Peppino, non ne
aveva fatto un uso corretto, ed era stato molto opportuno che la
madre di quel giovane laureando gliel'avesse portata affinch po-
tesse lui risolvere quella situazione di pericolo. Se state pensando
a unazione di plagio vi state sbagliando, si trattava di azioni ma-
64
lefiche contro quel giovane che, molto invidiato per la sua bel-
lezza, per la sua intelligenza e per la sua bont, aveva attirato una
forte gelosia su di s. Nelludire queste cose da Peppino la
mamma di quel ragazzo si colpevolizz moltissimo, ma Peppino
la tranquillizz perch la cosa era stata da lui risolta.

So bene che alcuni dei lettori non credono a queste cose, ma


un fatto che il male e le persone votate al male esistono, ed al-
tres un fatto che esistono le creature che possono distruggere
lazione malefica con i loro doni spirituali. Peppino era una di
queste creature. Detto questo vi esorto a non andare mai da nes-
suno e a pregare il Signore per essere sempre nella Grazia.
Il nocciolo della questione questo: se farete o augurerete il
male ad altre creature allora il male vi aggredir perch questo
il senso della giustizia divina: se farete (o augurerete) il male, ri-
ceverete il male; se farete (o augurerete sinceramente il bene),
riceverete il bene. Non dimenticate quello che faceva Ges quan-
do entrava in un luogo; diceva: Pace a questa casa! e racco-
mandava ai suoi apostoli di fare lo stesso e di ritirare laugurio
fatto qualora fossero stati disprezzati mentre erano ospitati.
Potrebbe sembrare troppo banale, ma la Realt, contrariamen-
te a chi simmagina un Creato assurdamente complicato, que-
sta. Il mondo difficile da comprendere se si ragiona in termini
di immediatezza. Dio aspetta che le creature si destino ed pron-
tissimo a perdonare, ma le creature pretendono che il perdono
avvenga nellistante in cui hanno pensato di essere figli degni, e
non quando hanno maturato la dignit di Figli. Quindi: mai il ma-
le vi potr colpire se siete nel Bene e nella Grazia. E non dimen-
ticate il supremo lottatore contro il Male: lArcangelo Michele.

Chi, se non lui? Anche a Michele potete fare le richieste di prote-


zione contro il Maligno.

Dopo la scampagnata, quello stesso giorno, al ritorno dalla fo-


resta umbra accadde questo: Peppino era nella macchina con me
e con Francesco mentre nella macchina che ci seguiva c'era la si-
gnora di cui parlavo prima. Allarrivo a Monte SantAngelo,
quando la comitiva si doveva sciogliere per permettere ad ogni
Alla Luce dellArcangelo 65
gruppo di tornare al paese di provenienza, quella donna ci rac-
cont di aver udito nella sua testa la voce di Peppino che la tran-
quillizzava. Disse anche che aveva sentito, contemporaneamente
a quella voce, un profumo di fiori molto intenso che nessun altro
nella stessa automobile sentiva. Aggiungo adesso, dopo la morte
di Peppino, che lo stesso giorno della sua dipartita, nei minuti in
cui lui saliva al Cielo, sentii un forte profumo. Ricordo che ero
seduto a scrivere al computer, solo, appoggiato al tavolo della
cucina nella casa dei mei genitori, e che mi alzai per guardare
fuori dal balcone per capire da dove venisse quel profumo. Pen-
sai subito che qualche vicina si fosse affacciata e avesse sparso
quel buon odore, ma le imposte del balcone accanto al mio erano
chiuse e nelle vicinanze, per via del caldo intenso di agosto, non
cera anima viva. Seppi in serata, da un messaggio del nipote An-
tonio, che Peppino non era pi in vita.

Sentire il profumo dettaglio ricorrente nei racconti di chi ha


conosciuto un santo o di chi ha avuto una grazia per intercessione
di un santo. Il profumo di Peppino, sentito da tante persone in
molte circostanze, si palesato anche recentemente, e dopo la
decisione di pubblicare il libro si sono ripetuti sogni premonitori
e altri segni.
Uno dei segni pi recenti questo: la signora di cui si parla in
questa parte del libro mi aveva chiesto una fotografia per man-
darmi la sua testimonianza ma io tardavo a mandarla. Il giorno
dopo ci pens il caso (per quelli che proprio non possono fare a
meno di credere al caso) a far trovare una busta con la foto di me
e Peppino insieme. Quella signora trov una busta con le vecchie
foto della gita alla foresta aprendo un cassetto mentre cercava
delle forbici da giardinaggio. Di quelle immagini, vecchie di cir-
ca quindici anni, io non sapevo niente perch nemmeno sapevo
di essere stato fotografato. Di me e di Peppino insieme ci saranno
in tutto sei o sette foto. Non tutto. Trovate le foto, la signora mi
telefon immediatamente e mentre parlavamo dei ricordi di quel
giorno passato alla foresta umbra e mi rilasciava la testimonianza
telefonicamente, Peppino, nella fotografia, apriva e chiudeva gli
occhi.

66
Il crocifisso di Cagnano Varano

Una ragazza di Manfredonia era affetta da un tumore maligno


e Peppino organizz una gita per raggiungere il famoso crocifis-
so di Cagnano Varano passando prima per la grotta di san Miche-
le, sempre a Cagnano. Questa grotta un posto dove sgorga una
fonte dacqua pura e dove, assicurava Peppino, cera stata una
delle apparizioni dellArcangelo. Nella chiesetta che si erge sulla
sponda del lago di Varano c questo crocifisso ligneo. un cro-
cifisso tanto caro a Peppino perch con quel Cristo in croce egli
dialogava. Peppino disse a tutti i suoi accompagnatori di fare
attenzione perch quando avrebbero chiesto la grazia al Signore
il crocifisso avrebbe risposto illuminandosi. Accadde proprio co-
s: nel momento in cui i presenti chiesero la grazia per quella
giovane le luci della teca del crocifisso iniziarono a lampeggiare.
Ma la storia non era ancora terminata perch poco dopo, messisi
in automobile per raggiungere Rodi Garganico, i pellegrini che
stavano nellauto con Peppino, tra cui la stessa signora dei rac-
conti di pocanzi, sentirono un intensissimo profumo. La signora
si sent togliere il respiro anche perch era certa che quello era il
profumo di padre Pio. Il profumo dur per diversi minuti e nono-
stante i finestrini aperti. Peppino seraficamente conferm che
quel profumo era dovuto alla presenza di padre Pio e testimonia-
va che il buon frate aveva concesso la grazia chiesta.

Peppino Sansone aveva una speciale devozione per quel cro-


cifisso della chiesetta di Cagnano Varano. Ci sono diversi aned-
doti che mi sono stati raccontati da lui e che si riferiscono a quel-
la chiesetta. Ci sono poi delle testimonianze dirette, fatte da per-
sone che sono ancora in vita e che io ho raccolto. In un primo
racconto i protagonisti sono stati Raffaele, Patrizia, Ezia, Matteo
e, ovviamente, Peppino. Quella volta nella chiesetta non cerano
altre persone, tranne quelli nominati. I cinque si sedettero ognuno
in un posto diverso e iniziarono a recitare preghiere per conto
proprio quando Raffaele (che mi ha raccontato lepisodio) si ac-
corse che il Cristo crocifisso respirava, trasudava e aveva il cuore
che pulsava. A Raffaele il corpo di Ges in croce appariva vivo!

Alla Luce dellArcangelo 67


Raffaele non disse niente e aspett per raccontare quella vi-
sione. Dopo essere usciti dalla chiesetta, i cinque pellegrini si se-
dettero su una panchina e, con grande sorpresa di Raffaele, tutti
confermarono la stessa cosa, compreso Matteo che era giovanis-
simo (forse appena dodicenne). Peppino non diede spiegazioni di
quanto anche lui aveva visto, ma chiese a tutti di guardare in alto
perch avrebbero visto qualcosa di straordinario. Tutti sollevaro-
no lo sguardo al sole e videro lastro roteare.
In un altro episodio, del tutto analogo al precedente, Peppino
raccont di aver dialogato con Ges attraverso il ritmico illumi-
narsi delle luci della teca contenente il crocifisso. In quella occa-
sione Peppino non era solo e sorridendo disse a chi gli stava vici-
no e che lo vedeva impegnato in quel dialogo con la rappresen-
tazione del Cristo in croce che gli sembrava di essere alla Festa
della Madonna (n.d.a.: La Madonna di Siponto Patrona della
citt di Manfredonia una Vergine con la pelle scura, molto
venerata anche dai montanari e, in particolare, da Peppino San-
sone). Conclusa quella chiacchierata col Signore, uscirono dal-
la chiesetta e Peppino vide un pastore che si avvicinava con un
gregge di pecore. Quel pastore aveva addosso un giacchino di
pelliccia, di quelle che si fanno i pastori con la pelliccia degli a-
gnelli. Ges! disse Peppino mentre il Maestro si avvicinava a
lui con il gregge. Nessuna delle altre persone presenti aveva visto
niente.

Un giorno destate, mentre eravamo in visita alla stessa chie-


setta (la chiesetta era chiusa ma ci fermammo a pregare fuori),
facemmo tappa presso un ristorante sul lago di Varano gestito da
una signora con cinque figli. Una delle figlie di questa signora
lamentava a Peppino di non poter avere figli, ma Peppino le disse
di non temere perch ne avrebbe avuti. Quando lasciammo quella
famiglia, Peppino raccont che in una delle sue visite a quelle
stesse persone a lui care aveva incrociato un pescatore che si la-
mentava di non aver pescato niente. Impietositosi per il lamento
di quelluomo, Peppino gli disse di lanciare di nuovo le reti. Il
pescatore ascolt lesortazione di Peppino e lanci le reti. And a
casa tutto contento perch grazie a quel consiglio aveva potuto
fare una pesca abbondante.
68
Tre giorni alla seconda Medjugorje

Continuo a parlare della signora del racconto precedente per-


ch costei una delle persone che pi hanno frequentato casa di
Peppino e che si sono a lui affidate. Anche i suoi tre figli sono
stati molto ben voluti da Peppino e a uno di questi si riferisce un
altro aneddoto importante per comprendere le possibilit del
santuomo di Monte SantAngelo. Questo giovane, quando era
studente alluniversit, soffriva di quella fastidiosissima patolo-
gia che si chiama malattia da reflusso gastroesofageo. Senza ap-
profondire, per evitare che vi sorgano bruciori di stomaco indotti
dalla lettura, posso dire che a volte, se in forma acuta (come in
questo caso), pu essere una malattia pesantemente invalidante e
talvolta addirittura mortale. Disperato per gli effetti di questi aci-
di che gli stavano ustionando anche le mucose interne del naso e
delle orecchie, il ragazzo chiese aiuto a Peppino il quale organiz-
z un gruppo di fedeli, nel quale cerano anche questo giovane e
sua madre, e li port presso quella localit della valle di Carbona-
ra in cui gli era apparsa pi volte la Madonna e nella quale a-
vrebbe in seguito fatto erigere un piccolo monumento alla Vergi-
ne (nello stesso luogo, nei prossimi anni, ci saranno altre appari-
zioni e per questo sar chiamato la seconda Medjugorje).
La madre del giovane implor Peppino di intercedere presso
la Santa Madre affinch suo figlio fosse salvato da quella malat-
tia e si offr per prendere su di s quella insidiosa patologia. Pep-
pino allora prese a braccetto il giovane e chiese a tutti di incam-
minarsi verso una certa direzione. Allimprovviso un dolore acu-
to attravers lo sterno del malato che sent come se qualcuno gli
lacerasse la zona del corpo che va dallo stomaco fino al petto.
Era un dolore molto intenso accompagnato da un abbassamento
della temperatura corporea tale da farlo diventare freddo come un
pezzo di ghiaccio. Il dolore atroce, il sudore freddo e il corpo di
ghiaccio: una sensazione terribile! Passata quella fase impressio-
nante, Peppino chiese a tutti di esprimere la propria richiesta di
una grazia prima che la Madonna andasse via.
Il giorno dopo il giovanotto si svegli prestissimo e and a
svegliare la mamma gridandole che non sentiva pi alcun dolore.
Sono guarito! gridava quel giovane nel cuore dellalba.
Alla Luce dellArcangelo 69
Non vi nascondo che nelludire questo racconto dalla voce di
quella mamma in lacrime mi sono commosso anchio perch di
quella malattia soffro io stesso.
Quel giorno stesso mamma e figlio si recarono a Monte
SantAngelo per ringraziare Peppino e lui conferm: Ti ho ope-
rato io; lacido ti stava bruciando tutto fino alle orecchie e se non
intervenivo saresti morto. Era quello il dolore allo sterno del
giorno prima: lintervento subto. In quella occasione, per tre
giorni di seguito, Peppino port pellegrini al cospetto della Ver-
gine Celeste alla seconda Medjugorje operando intercessioni per
ottenere miracoli dalla Madonna.

Il crocifisso di padre Pio

Un altro episodio vede coinvolta la stessa amica e devota di


Peppino. Questa donna cercava casa a Monte SantAngelo per
trascorrere le vacanze estive in montagna e vicino al suo amico
santo. Cerc e trov presso una conoscente una casa che sarebbe
stata in una buona posizione. Laccordo era quasi fatto quando la
stessa notte la nostra amica sogn un uomo che si era accomoda-
to al suo fianco e, subito dopo, un gigantesco serpente, spuntato
da sotto la sedia, che la minacciava. Nel sogno per comparve
Peppino che le disse cripticamente: Tutto si svolger alle
17:30. La signora, impressionata da quel terribile sogno (nono-
stante faccia spesso sogni premonitori), si svegli di colpo e cor-
se da Peppino per farsi spiegare il significato di quel brutto so-
gno. Peppino prese il suo crocifisso dargento (di cui parler tra
poco) e con quello in mano la rassicur confermandole che alle
cinque e mezza tutta la faccenda si sarebbe conclusa. Proprio alle
cinque e mezza arriv la telefonta di quella donna che le diceva
di non poterle cedere in affitto la casa. Dopo questo, Peppino le
spieg che se fosse andata ad abitare in quel posto sarebbe finita
in una trappola e sarebbe stata abusata.
Perch aveva impugnato quel crocifisso? Con quelloggetto
Peppino diceva che poteva trovarsi in qualunque posto, per peri-
coloso che fosse, e sarebbe stato sempre protetto. Attraverso pa-
dre Pellegrino, un confratello di padre Pio, Peppino, un giorno di
moltissimi anni fa, invi al frate di Pietrelcina il crocifisso
70
dargento che aveva acquistato in un negozio di Monte
SantAngelo perch lo benedicesse. Quel crocifisso aveva attratto
Peppino che per non poteva comprarselo poich non gli basta-
vano i soldi necessari. Il negozio dove si vendevano cose sacre
era di propriet di due sorelle molto devote al Padre e molto affe-
zionate a Peppino. Le stesse donne avevano esortato Peppino af-
finch lo prendesse e poich lui non poteva comprarlo, loro glie-
lo avevano, pi che venduto, regalato. Peppino era attratto da
quel crocifisso, ma il motivo di quellattrazione nemmeno lui lo
sapeva spiegare. Padre Pio lo tenne per due giorni nel suo con-
fessionale (saprete sicuramente che la maggior parte del suo
tempo padre Pio la passava nel confessionale ad assolvere e a
salvare anime dal peccato) e poi lo restitu a Peppino.
Padre Pio sapeva bene chi sarebbe diventato quel Peppino
Sansone. Gi da piccolissimo, quando il padre e la madre lo por-
tarono, ancora in fasce, a San Giovanni Rotondo dal santo, il pa-
dre cappuccino raccomandava cos ai suoi genitori: Tenetelo
nellovatta questo bambino perch un giorno sar lui a confes-
sarvi. Cosa abbia fatto di speciale padre Pio a quel crocifisso
non lo so, ma so che se doveva fare un esorcismo Peppino San-
sone agiva sempre con quello in mano, e in tutti i suoi interventi
pi delicati lo aveva nella mano.

A proposito di malefici, la stessa signora di prima mi raccont


che avendo subto un attacco malefico da un tizio dedito alle o-
scure pratiche, aveva rimediato un atroce mal di testa che nessun
farmaco poteva annullare. And da Peppino che la fece accomo-
dare e le pass prima la mano sulla testa. Proprio quando era sul-
la nuca si ud un rumore di schiocco e subito dopo Peppino pass
su quella zona il crocifisso di cui dicevamo prima. A quel punto
il mal di testa si attenu e dopo qualche ora pass definitivamen-
te. Peppino le disse che quellazione malefica era stata molto po-
tente e che avrebbe potuto ucciderla.

La fioritura di un albero in pieno inverno

Accadde a Macerata. Peppino era andato ad assistere in ospe-


dale una persona che si era affidata a lui. Costui doveva essere
Alla Luce dellArcangelo 71
sottoposto a un intervento chirurgico nel nosocomio di quel pae-
se. Lintervento, unoperazione delicata, and bene e Peppino
stava per allontanarsi da quella zona dellospedale quando fu no-
tato da una persona che aveva allertato la vigilanza. C'era stato
un piccolo battibecco fra Peppino e il personale di vigilanza che
presidiava la zona riservata dellospedale, per il fatto che nessuno
di questi lo aveva visto entrare. Costoro insistevano per sapere da
Peppino la maniera in cui era riuscito ad entrare e si erano inca-
poniti su quello. Peppino non il tipo che dice bugie e aveva det-
to loro che era entrato dalla porta principale. Quelli invece soste-
nevano che la porta era presidiata e che quindi da l non poteva
essere entrato. Peppino ribadiva quello che aveva fatto e i vigi-
lanti si ostinavano a rintuzzare la sua tesi. Accertata la fase di
stallo nella contesa, alla fine lo fecero uscire.
Peppino aveva detto in precedenza ai parenti della persona ri-
coverata che ci sarebbe stata una grazia e che questa grazia sa-
rebbe stata annunciata dalla fioritura in pieno inverno di un albe-
ro nel giardino di quellospedale.
Ci sono due versioni lievemente discordanti su questo aned-
doto; nella prima si parla della fioritura dellalbero intero mentre
nella seconda si racconta solo di un ramo dello stesso albero. La
pianta di cui parliamo aveva un ramo che poggiava sulla spalla di
una statua di padre Pio che era stata messa allinterno del recinto
dellospedale. Comunque, a parte il corretto numero di rami che
fiorirono, il miracoloso avvenimento fu ripreso e pubblicato su
un giornale con tanto di fotografia dellalbero fiorito in pieno in-
verno. Ovviamente ci fu anche la grazia alla persona che Peppino
era andata ad assistere, ma questo piccolo dettaglio sul giornale
non fu menzionato perch il giornalista non era stato avvisato.

Maschio o femmina?

In questepoca, quasi sempre, i genitori, almeno quelli che de-


siderano saperlo, sanno in anticipo il sesso di un bimbo anche
molto prima che nasca. Lindagine ecografica, soprattutto quella
fatta con le strumentazioni pi moderne, permette di predire con
certezza il sesso del nascituro, soprattutto quando la gravidanza
in uno stadio avanzato. Talvolta per il bimbo in una posizione
72
tale da non permettere a chi esegue lindagine di vedere bene le
caratteristiche sessuali del piccolo passeggero. Se capita che il
bimbo cresca poco, allora lincertezza pu aumentare. Vi starete
chiedendo cosa centra Peppino in tutta questa storia che sembra
tirata fuori da un trattato di ginecologia e ostetricia. La storia
quella di un bimbo nato prematuramente e sottopeso (solo 750
grammi) a San Giovanni Rotondo. Per questa condizione estre-
mamente sfavorevole il neonato non aveva gli organi sessuali
perfettamente sviluppati e quindi inizialmente fu creduto femmi-
na. In seguito, come aveva predetto Peppino, fu riconosciuto per
quello che realmente era: un maschietto.
una storia finita anche sui giornali, ma non nella parte che
riguarda Peppino che, contro tutti i resoconti clinici, anche dopo
la nascita continuava a sostenere la sua tesi. Fu dopo alcuni gior-
ni dalla nascita che i medici e i genitori furono in grado di stabili-
re correttamente il sesso del bimbo e di cambiare radicalmente
idea. Sar ormai chiaro che si era trattato di uno di quei casi, rari
per fortuna, in cui il sesso del bimbo appena nato non era nelle
normali condizioni.

Un verdetto ingiusto

Anche nelle vicende giudiziarie Peppino poteva predire come


sarebbero andate le cose, e sapeva anche riconoscere chi avrebbe
fatto una falsa testimonianza e chi avrebbe detto il vero nelle de-
posizioni. Un ispettore e quattro agenti di polizia furono accusati
e incriminati da un giudice di un reato di cui non conosco i detta-
gli. Queste cinque persone fecero appello per vedersi riconoscere
la loro innocenza e dovettero passare quattro anni di sofferenza
nellattesa del giudizio dappello. Durante quegli anni di trava-
glio quellispettore si rec da Peppino per avere conforto e per
chiedere assistenza e preghiere. Da subito Peppino disse
allispettore che il giudizio della sentenza d'appello avrebbe ri-
baltato la sentenza di primo grado e che lui e i suoi agenti sareb-
bero stati assolti. Peppino per and oltre e aggiunse anche che il
giudice che li aveva condannati in primo grado sarebbe stato a
sua volta incriminato e condannato. Nel luglio 2004 ci fu la sen-
tenza che, come aveva anticipato Peppino, ribalt il giudizio di
Alla Luce dellArcangelo 73
primo grado consentendo cos all'ispettore e ai suoi agenti di riot-
tenere l'onore e il lavoro. Per quattro anni quellispettore e i suoi
agenti erano stati senza stipendio e con l'onore macchiato ma,
come aveva predetto Peppino, quel dramma era finito e la loro
dignit di uomini corretti era stata ristabilita.
In unaltra circostanza, il direttore di un istituto, caro amico di
Peppino, sub un processo per aver aiutato un lavoratore inadem-
piente. Questo poveretto aveva una seria patologia che
glimpediva di svolgere bene il suo compito (era uno di quei la-
voratori che attualmente sarebbero chiamati appartenenti alle ca-
tegorie protette), ma, nonostante questo, il direttore fu chiamato
a dare conto in tribunale. Il giudice comprese le ragioni della di-
fesa e in sede di giudizio finale assolse limputato.
Cosa centrava Peppino in questa storia? Senza aver ricevuto
informazioni da quel suo amico e immediatamente dopo la sen-
tenza, Peppino si fece vivo attraverso una telefonata a casa.
andato tutto bene! disse alla figlia che seppe in tempo reale
lesito del processo. La figlia telefon quindi ai genitori che sta-
vano tornando dal tribunale e disse della chiamata di Peppino la-
sciando di stucco il pap che si era limitato a chiedere di pregare
per lui senza aggiungere altro.

Madre generale

Non era mai accaduto prima di allora che una persona fosse
eletta per la seconda volta alla carica di Madre Generale in un
ordine di suore con il quale Peppino era in contatto. Peppino an-
ticip questo risultato e previde anche il nome della suora che sa-
rebbe diventata la successiva Madre Generale: suor Antonietta.

Quello il dottore che mi ha operato!

Ecco, quello il dottore che mi ha operato! disse, e aveva


indicato Peppino. Gravissima affermazione, questa, se uno, sa-
pendo che costui non un chirurgo, non conoscesse le possibilit
di Peppino e saccertasse che stato da lui operato. Peppino, in-
fatti, non mai stato un dottore anche se conosceva pi cose di
molti medici poich, come detto, lui vedeva linterno del corpo
74
umano meglio di chi deve fare affidamento su una TAC o su di
una risonanza magnetica. Peppino, in effetti, non aveva bisogno
di strumenti perch vedeva le cose con i suoi sensi spirituali che
sono infinitamente pi sensibili dei sensi fisici. Per accorgersi
che un organo non funzionava bene a causa di una malattia, di
una massa tumorale o di altra patologia, Peppino non doveva fare
altro che avvicinare la sua mano destra alla persona sofferente.
Talvolta anche avvicinare la mano era superfluo perch pote-
va riuscire a fare una diagnosi corretta anche a distanza. Fu lo
stesso Peppino a rivelarmi questo. Un giorno mi confid che si
accorgeva della patologia in una persona perch la sua mano de-
stra iniziava a subire dei tremiti. Subito dopo, avendo messo a
fuoco la persona malata, riusciva a centrare il problema che af-
fliggeva quella creatura. Mi disse anche che i suoi poteri si am-
plificavano verso mezzogiorno.

Nel tempo e nello spazio

Per anni la casa di Peppino stata frequentata da alcune per-


sone di fiducia. Tra queste persone cera una ragazza alla quale
Peppino aveva detto, da quando era bimba, che avrebbe cono-
sciuto il fidanzato sotto un ombrellone. Passarono anni e questa
ragazza and alluniversit. Un giorno capitai in casa di Peppino
e chiacchierai con questa ragazza che doveva sostenere un esame
di Fisica che le dava qualche preoccupazione. Nonostante fosse
estate e volessi farmi le vacanze in santa pace, invitai questa gio-
vane a Manfredonia a prendere lezioni di Fisica. Io non conosce-
vo la previsione fatta anni prima e candidamente invitai la ragaz-
za sotto lombrellone che la mia famiglia affitta da anni in uno
stabilimento balneare. Chi avvezzo a frequentare il mare di
primo mattino sa che si al fresco e si pu leggere, discorrere e
studiare benissimo, e con pochissimi altri bagnanti attorno. Fu
cos che, un giorno in cui la studentessa era venuta a prendere le-
zioni di Fisica sotto il mio ombrellone, capit anche mio nipote.
Non ci volle tanto per far conoscere i due, e non pass molto
tempo perch Peppino Sansone invitasse a pranzo, oltre a me,
anche mio nipote e questa ragazza. Quel pranzo me lo ricordo
bene perch io ci tenevo a far fare bella figura a mio nipote, che
Alla Luce dellArcangelo 75
una persona meravigliosa, ma Peppino quasi non mi fece aprire
bocca perch subito disse: Ho gi visto tutto, Giuseppe caro, ho
inquadrato tuo nipote nel tempo e nello spazio!. Detto quello,
pass a elencare le doti di quel ragazzo che cos si trov catapul-
tato, da un giorno allaltro, in quella dimensione magica in cui
vivono le persone come Peppino che, sebbene tu non le abbia
mai viste, ti sanno dire con precisione chi tu sia, e meglio di
quanto tu possa dire di te stesso.

Il San Michele trafugato

Durante una delle mie visite a casa di Peppino avevo saputo


da Maria Lucia che il quadro dellArcangelo Michele che Peppi-
no tiene sulla parete della sala da pranzo, proprio in primo piano,
era lo stesso trafugato anni prima da alcuni giovanotti in una
chiesa di Monte Sant'Angelo. un quadro con molte parti dorate
che possono sembrare di vero oro e cos i ragazzi mariuoli ave-
vano creduto di guadagnare un bel gruzzolo rubandolo e riven-
dendo gli ori a qualche ricettatore. Avevano quindi organizzato il
colpo e lavevano portato a compimento. Successivamente, per,
si erano accorti che quello del quadro non era oro ma solo della
bigiotteria di buona fattura. Accortisi dellerrore, avevano buttato
il prezioso quadro tra le ortiche, letteralmente.
Peppino, che leggeva nel cuore e nella mente delle persone,
seppe che uno degli autori del furto era un giovanotto di Monte
SantAngelo e un giorno lavvicin per farsi dire dove avevano
messo il quadro sottratto. Spaventatissimo per essere stato sco-
perto, ma subito tranquillizzato da Peppino sulla segretezza che
lui avrebbe usato per tutta quella faccenda, il ragazzo disse che
avevano buttato il quadro in un campo di ortiche vicino al paese
e indic con precisione quel posto. Peppino and nel campetto di
ortiche ma trov solo alcuni pezzi del quadro; davvero poca cosa
rispetto al tutto. Occorre ora sapere che il padre di quel ragazzo
faceva il fotografo e per riconoscenza verso Peppino per non aver
denunciato il figlio alle autorit gli regal una foto antica e rara:
la prima che aveva scattato da fotografo, in giovent. Nemmeno
a farlo apposta (che combinazione, diranno in molti), quella fo-
tografia era unimmagine dellArcangelo Michele.
76
I montanari sono devotissimi allArcangelo e per loro il mas-
simo della riconoscenza verso una persona, almeno per quelli
dellepoca mia, consiste nel donare una statua dellArcangelo che
da queste parti praticamente tutti hanno in casa e assai spesso an-
che sul frontespizio delle proprie abitazioni. Inoltre, quasi tutte le
case di questo paese hanno tra le pietre che sono servite
alledificazione, una pietra estratta dallo scavo della grotta
dellArcangelo per il motivo spiegato allinizio di questo libro.
Quel fotografo aveva scattato la sua prima fotografia impor-
tante alla statua dellArcangelo nella grotta dove apparve centi-
naia di anni fa e quella stessa foto quell'uomo regal a Peppino
per riconoscenza. Peppino stava per conservare quella foto nel
ripostiglio, ma mentre la guardava lArcangelo della foto apr gli
occhi per due volte. Peppino comprese che lArcangelo, seppure
solo in fotografia, non poteva essere messo in una cassapanca a
stagionare e che sarebbe stato quantomeno opportuno porlo in
una migliore posizione nella casa. Con i pezzi del vecchio quadro
dellArcangelo ritrovati tra le ortiche dei campi, e con quella foto
ricevuta in dono, Peppino fece costruire un quadro nuovo al cui
centro mise la foto di San Michele posta in risalto e arricchita
con addobbi doro. Alcune collanine doro vero pendono adesso
dal collo della fotografia dellArcangelo incorniciato.
Il quadro appeso alla parete che sta di fronte alla porta d'in-
gresso nella casa di Peppino e nell'agosto del 2004
quellimmagine riapr gli occhi per la terza volta. Quellevento,
visto da alcune persone presenti, disse Peppino, era legato alla
visita di una persona malata di un tumore al cervello, una ragaz-
za, che era l giunta per chiedere aiuto. Fu proprio quella ragazza
che, mentre stava concludendo la visita a Peppino, alzando gli
occhi verso quellimmagine di San Michele, vide gli occhi
dellArcangelo aprirsi e lo disse agli altri nella stanza. Anche
Annalisa e Peppino alzarono lo sguardo verso limmagine e pote-
rono vedere lArcangelo in fotografia che apriva e chiudeva gli
occhi. Peppino interpret quel segno e disse alla ragazza che sa-
rebbe guarita da quel tumore alla testa.

Giusto per scoraggiare eventuali altri ladri, aggiungo che loro


che Peppino possedeva (collanine, soprattutto) non pi in casa
Alla Luce dellArcangelo 77
sua, ma stato donato dallo stesso alla Madonna di Pompei qual-
che anno fa alla presenza di alcuni suoi amici che lo accompa-
gnarono per compiere quel gesto di carit.

Vicini di ombrellone

Un giorno destate ce ne andammo tutti al mare a Mattinata.


Piantammo lombrellone sulla spiaggia di ciottoli e sotto
lombrellone mettemmo la sedia pieghevole di Peppino, una di
quelle che usano i registi sul set cinematografico. Tra un bagno e
laltro Peppino mi raccont che pochi minuti prima, senza alzarsi
dalla propria sedia, aveva visitato una bambina che se ne stava
sotto un ombrellone a poca distanza dal nostro e che aveva un
tumore alla testa.

La ragazza col tumore al seno

Sempre a Mattinata, una sera, andammo con Lucrezia e Raf-


faele a mangiare la pizza in un locale con la veranda che
saffaccia sul corso principale. Il giorno prima ero uscito dall'o-
spedale di San Giovanni Rotondo per uno dei miei problemi di
salute e quel pomeriggio volli andare a trovare Peppino per rin-
graziarlo della sua presenza costante al mio fianco anche durante
la degenza. In pizzeria, a un tavolo a poca distanza dal nostro,
c'erano tre ragazze e un ragazzo. Peppino mi indic una di quelle
ragazze che poteva avere circa venticinque anni e mi disse
sottovoce che aveva un tumore al seno. Poi aggiunse, mostran-
domi la sua mano destra, che percepiva delle vibrazioni che gli
facevano tremare la mano e che lo avvisavano della presenza di
qualche persona con patologie nei paraggi. Conoscevo Peppino
da poco e rimasi colpito e investito dallurgenza di avvisare quel-
la sfortunata giovane e quindi chiesi a Peppino come e con quali
parole avrei potuto avvisare quella poverina senza turbarla, ma
Peppino disse di non dire niente, lasciandomi assai interdetto.
Ovviamente obbedii, ma per giorni ripensai a quella scelta di
Peppino e finalmente una delle tessere della comprensione di tut-
te le faccende che io studio da anni, le cose dello Spirito, per dire
con semplicit, and a posto.
78
Studio i fenomeni soprannaturali, le vite dei mistici e le scrit-
ture sacre da molto tempo e mi sono reso conto ma in realt le
mie Guide me lo avevano detto e ridetto negli anni che talvolta
la sofferenza non pu essere evitata perch fa parte del piano di-
vino per la crescita spirituale delle creature. Quando la sofferenza
pu essere annullata, e questo avviene quando una creatura ha
maturato linsegnamento connesso con quella specifica sofferen-
za (gli orientali dicono: ha scontato il karma per il quale quella
sofferenza era stata assegnata), allora interviene una entit o una
creatura (per esempio un santo) capace di eseguire il compito,
che a volte viene chiamato miracolo. Non sempre un santo pu
agire, quindi, pur conoscendo la fonte e la causa della sofferenza
di una creatura. Se non fosse cos, i santi e le persone dotate dei
doni divini di cui stiamo parlando, creature che sanno sempre co-
sa accade nel corpo e nella mente delle persone che le circonda-
no, dovrebbero guarire tutti rendendo inutile la sofferenza che
una misura necessaria per la crescita spirituale della maggior par-
te delle creature. Si badi bene che qui non si sostiene che per e-
volversi spiritualmente si deve scegliere di soffrire volontaria-
mente, si dice, invece, che per molte creature, a causa della loro
difficolt nel comprendere (talvolta vera e propria ostinazione nel
non voler comprendere), la sofferenza lunica strada percorribi-
le per giungere alla comprensione di una Verit e quindi per ele-
varsi. Quando tutte le altre strade sono inutili, ecco che giunge la
sofferenza che in ogni caso non per sempre. Anche la sofferen-
za pi atroce ha la sua durata. Pu durare anche tutta una vita, ma
se la creatura che porta il fardello del dolore pronta a compren-
dere, ecco che la sofferenza pu cessare nel mezzo della durata di
unesistenza. Quando il momento della guarigione giunto
(stiamo parlando di guarigioni inspiegabili), chi si prende il meri-
to della grazia una persona dotata di carismi che intercede pres-
so Ges, presso la Vergine Santa o direttamente presso la divini-
t. Messaggeri di questi accadimenti cos particolari possono es-
sere santi, angeli, cari defunti o anche creature apparentemente
incontrate per caso. Siate certi, per, che alla radice di qualunque
guarigione della carne, come afferma chiaramente Ges, c
sempre Dio. Le creature dette possono intercedere presso il Pa-
dre, ma sempre lOnnipotente che compie il miracolo.
Alla Luce dellArcangelo 79
Nel caso in cui mi sono imbattuto io, Peppino sapeva che
quella malattia doveva andare ancora avanti, magari per poco an-
cora o magari per tanto tempo, e sapeva chiaramente che non si
poteva intervenire. A chi non si lascia convincere da queste paro-
le (chi soffre non sente ragioni: soffre e vuole solo che la soffe-
renza cessi) baster porsi la domanda seguente: se Dio onnipo-
tente e onnisciente (e molto altro ancora), pu mai non sapere
che una delle sue creature soffre e il motivo di quella sofferenza?
E se lo sa, perch non agisce per sollevare la creatura sofferente
dal male?
Ogni bene e ogni male permesso da Dio, cos come pu-
re dalla Creatura Assoluta viene la Vita stessa. E ognuna di que-
ste cose ha un motivo perfettamente comprensibile, se si dispo-
sti a comprendere come Dio agisce. Una cosa occorre sempre te-
ner presente: lobiettivo finale della vita delle creature la cresci-
ta spirituale, non la felicit o il benessere fisico o, peggio, il suc-
cesso mondano. Chi si attarda sulla via della materia credendo
che accumulare materia, cio soldi, conquiste, amanti, beni mate-
riali, cariche importanti o amicizie influenti sulla strada sba-
gliata e quella creatura si avvicina sempre di pi alla sofferenza
che deriva dalleccesso di vita mondana. La vita nel mondo della
materia deve essere amministrata e vissuta con la consapevolezza
che di essa sono importanti le esperienze e i frutti da queste ad-
dotti alla parte spirituale dellindividuo, non altro, ed ecco che
nella vita fisica delle creature sono importanti i rapporti tra per-
sone, ovvero le relazioni, che andando dallodio allamore, pas-
sando per laffetto, la simpatia, lantipatia, linsofferenza e altre,
portano le creature a comprendere che lunico sentimento che
avvicina al traguardo finale il sentimento dellamore che niente
chiede allamato. Man mano che si vive e si cresce (spiritualmen-
te) si impara che occorre amare senza aspettarsi di essere amati, e
si comprende linsegnamento di Ges che va anche sotto il nome
di undicesimo Comandamento o Comandamento dellAmore
che dice: amatevi gli uni gli altri, cos come Io vi ho amati.
Ges aggiunge: Se amate solo quelli che vi amano, quale merito
avete?. Maturando lamore disinteressato si comprende anche la
necessit del Perdono e si scopre di non essere nemmeno pi in-
teressati a se stessi. Attraverso questo percorso che passa talvolta
80
per la sofferenza, lIo viene sublimato e infine annullato per
permettere il ricongiungimento dellanima purificata dai vincoli
terreni con lAssoluto. A questo punto la creatura spiritualmen-
te matura e non ha pi bisogno dellesperienza della carne. Ed
ecco che la morte diventa necessaria per troncare il legame con la
carne e con il mondo della materia, ma rimanendo ancora e per
sempre nel seno del Padre come creature di puro spirito immor-
tale.

Vicka, la veggente di Medjugorje

A Medjugorje Peppino ci era andato diverse volte. In una di


quelle volte era con Vicka, una delle veggenti mariane, alla quale
voleva molto bene, e si apprestava a salire sulla montagna pietro-
sa dellapparizione. Erano in ritardo e Peppino, piuttosto preciso
in tutte le sue cose, era molto dispiaciuto. Vedendolo cos preoc-
cupato e affannato, Vicka lo rassicur dicendogli: Caro Peppino
non preoccuparti, se non arriviamo noi la Madonna non compa-
re. Non appena giunsero in cima alla montagnola, la Madonna
apparve loro. A ben pensarci, come poteva la Madonna, che ama
tanto Peppino e Vicka, far perdere loro la sua apparizione? Era
per questo che Vicka lo aveva rassicurato. Ricordo che fu proprio
Vicka a chiamare Peppino il faro del Gargano. Ora che Peppi-
no non c pi sono pentito di non aver mai fatto quel viaggio in-
sieme a lui.

Un tumore al viso

Ancora un aneddoto che ha riguardato una persona con un


tumore, questa volta al viso; un tipo di tumore che non si poteva
vedere se non con apparecchiature ed esami adatti. Quelluomo
era andato dal professor Veronesi, il famoso oncologo di Milano,
che gli disse che aveva solo sei mesi di vita. Al ritorno dalla visi-
ta lo visit Peppino che gli disse che avrebbe avuto da vivere al-
meno altri due anni. Non scrivo questo per dire male del grande
oncologo che ha salvato migliaia di vite (io stesso ne conosco al-
cune), ma solo per rimarcare i doni spirituali che Peppino aveva.

Alla Luce dellArcangelo 81


Un brodino di pesce

La moglie del professor S., un signore di Monte Sant'Angelo,


doveva partorire il suo primo figlio. Partorire, lo dicono le donne,
unesperienza meravigliosa, io ovviamente non ne posso sapere
niente, se non riportare le loro testimonianze. Per alcune donne,
per, il primo parto pu rappresentare anche unesperienza temi-
bile per i dolori connessi al travaglio di cui tantissime mamme
raccontano. Questa aspirante mamma era andata a confidare a
Peppino le sue paure e Peppino, poich era ora di cena, invit la
signora a fermarsi a mangiare con lui. Ovviamente lobiettivo di
Peppino non era di offrire alla signora del cibo, ma quello di
tranquillizzarla e operare su di lei qualche azione benefica men-
tre erano seduti a mangiare. Peppino aveva preparato un brodino
di pesce e condivise quello con la sua ospite. Non ricordo bene se
la nascita avvenne quella stessa notte o il giorno dopo, comunque
la signora S. partor il suo bimbo con un travaglio praticamente
senza dolori.
Anni dopo, anche il parto del terzogenito della stessa signora
avvenne in maniera praticamente indolore e in pi, prima di par-
torire, la donna sent un profumo di fiori e avvert la presenza di
padre Pio.
Diverse volte mi sono seduto a tavola con Peppino, sia a casa
sua che in pizzeria o al ristorante, e tutte le volte ho avuto la net-
tissima percezione che lui agisse su di me in modo da beneficar-
mi. Quasi sempre mi faceva mangiare un pezzo della sua pizza o
qualcosa dal suo piatto sia perch lui mangiava poco e sia perch,
appunto, aveva questa attenta delicatezza nei miei confronti.

Fave, cicorie e terracotta

Tutti quelli che hanno avuto, come lho avuta io, la fortuna di
gustare la cucina di Peppino, saranno daccordo con me nel giu-
dicarla eccellente. Qui non si tratta di dire bene per laffetto pro-
vato verso una persona cara e scomparsa, qui si tratta di ricono-
scere le qualit culinarie di questuomo che anche in cucina sa-
peva il fatto suo. Ovviamente accanto ai fornelli si faceva aiutare,
ma la direzione e la scelta degli ingredienti, cos come le fasi del-
82
la cottura e le delicate operazioni di speziatura, erano suo compi-
to esclusivo. Molte volte sono stato invitato a pranzo da lui, e
tante volte mi sono fermato a cenare con lui, anche solo per
mangiare un boccone insieme. Chiunque si trovasse allora di ce-
na o di pranzo veniva invitato a sedere e a mangiare, ma ovvia-
mente chi era del paese, sia per la delicatezza e sia per lattesa
della famiglia, decideva di tornare a casa. Io ricevevo linvito
perch abitavo fuori Monte e perch Peppino intuiva che andavo
a trovarlo per un grande affetto che mi univa a lui. A differenza
di altre persone, per, io limitavo le mie visite. Anche quando
potevo, decidevo di non andare perch capivo che quando Peppi-
no mi accoglieva si dedicava molto a me e quindi altri, che pure
avevano da parlare con lui, non trovandolo libero, si ritraevano.
Non sempre le persone possono dire i fatti loro, spesso delicatis-
simi, alla presenza di uno sconosciuto. Sebbene talvolta sia stato
invitato a rimanere e ad ascoltare le confidenze e i problemi dei
visitatori dallo stesso Peppino, io ero solito alzarmi ed uscire dal-
la casa per il giusto rispetto verso altri ospiti in attesa di essere
aiutati. Quando Peppino decideva che la faccenda non era troppo
intima, allora mi invitava a rimanere comunicando alla persona
giunta per il consulto che ero degno di ascoltare e che potevano
contare sulla mia discrezione.

Tornando al cibo; una volta, una sera dinverno, poich era


ora di cena, Peppino mi disse di mangiare con lui. Aveva prepa-
rato delle fave con cicorie e patate e voleva condividerle con me.
Fece mettere in una terrina questa pietanza e, dopo averla fatta
riscaldare, la serv. Una sola terrina per noi due. Imbarazzo e-
norme per me perch Peppino, potendo mangiare poco, gustava
lentamente le pietanze, mentre io sono piuttosto veloce (e vorace)
e dopo gli anni delluniversit quella velocit era addirittura au-
mentata perch mi ero abituato a risparmiare il tempo anche du-
rante i pasti. Per non apparire un affamato del terzo mondo, do-
vevo quindi calibrare il ritmo delle mie cucchiaiate con quello
delle cucchiaiate di Peppino, altrimenti avrei davvero fatto la fi-
gura dellingordo. Cera per un problema. Un notevole proble-
ma, in effetti. La squisitezza di quelle fave e cicorie. Chi pu mai
raccontare a parole quanto una pietanza pu essere buona?
Alla Luce dellArcangelo 83
Nemmeno ci provo. So gi che non ci riuscirei. Solo nella mia
memoria posso rievocare quella delizia, e sarebbe comunque solo
un ricordo. Cerano, in quelle fave, oltre a delle gustosissime ci-
corie di montagna sicuramente raccolte il giorno stesso delle
erbe profumate che davano un aroma indescrivibile. Come pote-
vo non mangiare velocemente, pur volendo andar lento? E come
potevo andar lento se dentro di me desideravo gustare allinfinito
quel cibo dallaroma cos favoloso? And a finire che Peppino,
dopo sei o sette cucchiaiate, disse: finiscile tu. Voi credete che
io mi sia messo a dire a Peppino frasi del tipo tutte? o mangia
ancora qualche cucchiaiata oppure ma sono troppe!? No. Stet-
ti zitto. O meglio, feci peggio, continuai a dire a bassa voce che
buone che buone, e pur con un bel senso di colpa nel cuore,
mi ripulii la scodella, sapendo che Peppino se la stava ridendo
sotto i baffi guardando quellaffamato venuto da Milano che si
mangiava il suo gi striminzito pasto.

Un medico mancato.

Un pomeriggio giunsi a casa di Peppino mentre stava parlan-


do con un giovane laureando in medicina. Era il figlio di amici
suoi al quale stava dicendo che non gli consigliava di svolgere la
professione di medico. Lo udii dare quel consiglio con una certa
determinazione e non appena quel giovane usc da casa sua, Pep-
pino mi confid che quel suggerimento era per il suo bene. Mi
disse che quel ragazzo aveva scelto la facolt di medicina per vo-
lere dei suoi genitori, ma che la sua aspirazione era diversa. So-
prattutto, aggiunse che se avesse svolto la professione medica a-
vrebbe fatto sicuramente dei danni ai suoi pazienti.

Donazioni

Peppino non prendeva soldi da nessuno per i consigli che da-


va e per gli interventi fatti, sebbene ricevesse delle donazioni da
persone a lui molto vicine che intuivano delle necessit straordi-
narie dovute a circostanze che riguardavano persone che a Pep-
pino si rivolgevano. Erano casi rari, e sempre finalizzati a un aiu-
to specifico. Peppino amava dire che se avesse preso soldi da tut-
84
te le persone che a lui si rivolgevano sarebbe diventato ricchissi-
mo. Diceva proprio cos: Se accettassi soldi, potrei portare in
banca tanto denaro da riempire i sacchi dellimmondizia.
Soldi e immondizia, che strano accostamento! Come detto da
Ges nel Vangelo, a ben ricordare.

Un aneddoto riguardante i soldi e le donazioni, che ho udito


dalla stessa bocca di Peppino nellestate del 2004, si riferisce a
un signore di un paese della Puglia che aveva chiesto e ottenuto
aiuto da lui e che non sapendo come ricambiare senza offendere
la sensibilit di Peppino gli aveva detto, consegnandogli cento
euro, date questi cento euro ai poveri. Peppino, rifiutando i
soldi, gli aveva risposto: Perch? Al vostro paese non ci sono
poveri?. Peppino non prendeva nulla, ma talvolta donava dolla-
ri. Per lui donare i dollari aveva un significato notevole. Ci sono
molte persone che mantengono nel proprio portafoglio una ban-
conota da dieci dollari o da venti dollari donata da Peppino. Il
consiglio che posso dare a queste persone di tenere quelle ban-
conote sempre con s e di essere fiduciose dellaiuto di quei tali-
smani color verde e con la faccia severa o corrucciata di qualche
presidente americano stampata sopra.

Mansuetudine

Un giorno, Peppino, Raffaele e Ezia si stavano recando a Ca-


gnano Varano per portare dei gladoli rossi al crocifisso della
chiesetta del paese, ma, poich la chiesetta era chiusa, decisero di
dirigersi a Rodi Garganico per deporre quei fiori sullaltare della
Madonna nel duomo di quel paese. A Rodi, proprio vicino al
duomo, esisteva una stazione di servizio con un chiosco-bar e
Peppino disse allautista di parcheggiare in quello spazio di pro-
priet di un energumeno ostile e irascibile. Quelluomo tratt ma-
lissimo Raffaele che per primo era sceso dalla macchina nella
speranza di ottenere il permesso di parcheggiare. Quando Peppi-
no si offr di parlare con quelluomo per spiegare la loro necessi-
t, Raffaele gli consigli caldamente di non avvicinarsi a quel ti-
paccio per la sua stessa incolumit. Ma Peppino non sent ragioni
e si avvicin allenergumeno che tratt Peppino con tale mansue-
Alla Luce dellArcangelo 85
tudine e deferenza che Raffaele (che era rimasto a guardare da
lontano) rimase di stucco. Quando poi quella stessa persona si
offr di fare spazio allauto degli ospiti nella zona riservata alla
sua auto per farla parcheggiare meglio, Raffaele riusc a stento a
credere ai suoi occhi e non pot fare altro che scoppiare a ridere.
Non era tutto, per, perch, proprio vicino alla stazione di servi-
zio, davanti al chiosco-bar, stava seduta a un tavolino la moglie
dellenergumeno. Peppino, allontanandosi dalla macchina, disse
che stava per andare a parlare con quella signora perch sapeva
che lei aveva bisogno di parlare per confidarsi e perci disse ai
suoi accompagnatori, per non farli aspettare e per avere pi riser-
vatezza, di andare a portare i fiori alla Madonna. Prima di in-
camminarsi per esaudire la richiesta di Peppino, i suoi compagni
di viaggio fecero in tempo a vedere che anche quellomaccione
burbero, diventato nel frattempo agnellino mansueto, si era ac-
comodato con Peppino per il desiderio di parlare con lui.

La storia di Germano

Molti anni fa, Peppino lavorava a Bari nellazienda dei telefo-


ni e quindi era costretto a fare il pendolare fra Monte
SantAngelo e Bari. La vita del pendolare su questo tipo di di-
stanze, molti lo sanno (sono pi di centoventi chilometri di strada
e quindi si tratta di percorrere quasi duecentocinquanta chilome-
tri ogni giorno), costringe le persone a scomodissimi e massa-
cranti viaggi con partenze dal paese sempre di mattino prestissi-
mo e spesso prima dellalba. Durante uno di questi viaggi Peppi-
no incontr sul treno un uomo di nome Germano (il nome fitti-
zio e serve a nascondere quello del vero personaggio del raccon-
to). I due, soli nello scompartimento del treno, si guardavano e si
scrutavano, come sempre accade quando si incontrano compagni
di viaggio sconosciuti e soprattutto nei viaggi in cui si deve com-
prendere se ci si pu fidare abbastanza per potersi addormentare
con tranquillit. In particolare, Peppino aveva notato due cose del
suo giovane compagno di viaggio: un tatuaggio sul braccio e i
suoi occhi. Germano aveva due meravigliosi occhi azzurri che lo
colpirono profondamente. A parte gli occhi, laspetto del giovane
era assai equivoco. Cera poi quel tatuaggio. Attualmente i ta-
86
tuaggi sono assai diffusi, ma una volta erano spesso un marchio
che i detenuti si facevano fare per ricordare la detenzione.
Quel tizio rendeva inquieto Peppino. Non era certo per i soldi
che Peppino si preoccupava perch di quelli non si era mai pre-
occupato troppo; era piuttosto per la collanina doro che portava
al collo: una collanina doro di enorme valore affettivo (credo
fosse un dono della madre). Prima di adagiarsi sul sedile del tre-
no per mettersi a dormire, Peppino si abbotton la maglietta per
nascondere la collanina alla vista del giovane e poi si lasci an-
dare al sonno. Al risveglio Peppino ritrov il giovane dagli occhi
azzurri che lo guardava con inquietudine e con un irrefrenabile
desiderio di parlare. Sbott e confess a Peppino che era sul pun-
to di rubargli la collanina che era fuoriuscita dal colletto della
maglietta. Germano non riusciva a tenersi dentro quella stranis-
sima esperienza che aveva vissuto poco prima. Raccont a Pep-
pino che era appena uscito dal carcere e che, avendo bisogno di
soldi, voleva rubargli la collanina, ma quando avvicinava la sua
mano per prendere la collanina, le sue dita diventavano nere e
non poteva fare a meno di ritirare la mano. Pi volte aveva pro-
vato ad avvicinarsi alla collanina e tutte le volte questo misterio-
so fatto accadeva. Avendo dovuto rinunciare alla collanina, Ger-
mano, approfittando del fatto che nel sonno Peppino si era girato
di schiena e che mostrava la tasca dei pantaloni, aveva deciso di
puntare al portafoglio. Ancora una volta, quando Germano allun-
gava il braccio per sfilare il portafoglio a Peppino, la sua mano
diventava nera e non riusciva pi ad avvicinarla allobiettivo.
Germano si stava lamentando con la sua mancata vittima, ma
in effetti si stava soprtattutto confidando. Chiese a Peppino che
razza di persona poteva mai essere se era capace di fare quelle
cose. Sei forse uno stregone o, peggio, un extraterrestre? gli
chiese. Peppino rassicur Germano dicendogli che era un sem-
plice impiegato dellazienda dei telefoni e riusc a dirgli alcune
cose che erano gi accadute nella sua vita e a predirgli fatti che
gli sarebbero accaduti in seguito.
Lo stupore di Germano cresceva sempre di pi man mano che
Peppino gli raccontava la sua stessa vita con tutti gli errori che in
quella aveva fatto. In particolare, gli disse Peppino, c un uomo
che fa il macellaio che ti sta dando rifugio. Germano conferm a
Alla Luce dellArcangelo 87
Peppino che quel macellaio era la persona presso la quale dormi-
va. Peppino gli disse che doveva andare via da quelluomo per-
ch lo sfruttava. Poi gli disse che cerano stati tempi durante i
quali per la povert era costretto non solo a rubare, ma addirittura
a prostituirsi. Man mano che Peppino raccontava a Germano la
storia della sua stessa vita, soprattutto la parte pi dolorosa e tri-
ste, quella che aveva vissuto da ragazzo, il giovane si commuo-
veva. Come poteva quelluomo sapere tutte le cose che lui a nes-
suno aveva mai prima di allora rivelato? Germano fin per met-
tersi a piangere. Intanto il viaggio era quasi finito e Peppino disse
a Germano di alzarsi il bordo della maglietta perch doveva fare
una cosa che non gli poteva spiegare. Germano, stravolto dalle
cose che aveva sentito, senza opporre giudizio, sollev la ma-
glietta e permise a Peppino di dargli un bacio sullombelico.
Quando Germano smise di piangere, Peppino gli disse che a-
vrebbe avuto bisogno di soldi perch doveva abbandonare quel
macellaio che lo sfruttava. Gli diede quindici delle venticinque-
mila lire che aveva nel portafoglio. Germano disse che gli sareb-
be bastata una cifra inferiore e Peppino gli disse che lui non po-
teva ancora saperlo e che gli sarebbero servite proprio tutte le
quindicimila lire. Germano prese quei soldi e con la ferma inten-
zione di cambiare vita salut Peppino.
Di quello che accadde in seguito Peppino ebbe la conferma
molti anni dopo, quando capit con degli amici in un bar di un
certo paese dove la comitiva con la quale viaggiava si era ferma-
ta a prendere il caff. Tutti i suoi amici pretendevano, per burla,
che pagasse lui lintero conto, ma Peppino non disponeva di tutti
i soldi necessari e si avvicin alla cassa del bar per pagare la pro-
pria consumazione. Purtroppo anche il signore che stava seduto
alla cassa si mise seriamente a sostenere che doveva pagare lui
tutta la consumazione fatta dallintero gruppo. La cosa stava per
seccare molto Peppino quando quel signore alla cassa si mise a
ridere chiedendo a Peppino se lo aveva riconosciuto. Peppino
guard meglio in viso quelluomo e riconobbe gli occhi azzurri
di Germano. Lo stava fissando e sorrideva aspettando di essere
riconosciuto. Germano lasci la cassa per abbracciare Peppino e
poi si sedette al tavolino con lui. Addirittura chiam gli amici per

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raccontare a tutti la bizzarra storia che avete letto e la sua conti-
nuazione che adesso vi racconter.
Negli anni seguenti al loro primo incontro, era accaduto que-
sto: Germano and dal macellaio che lo sfruttava e gli disse che
quel giorno non sarebbe andato a lavorare da lui perch non stava
bene. Sentendo quelle parole il macellaio comprese lantifona, si
arrabbi e disse a Germano che era meglio che si trovava un altro
lavoro. Germano approfitt immediatamente di quelloccasione
per troncare quel rapporto e trov subito un altro lavoro, proprio
come gli aveva predetto Peppino. In seguito incontr una bella
ragazza, se ne innamor e la spos. Quella ragazza era la figlia
adottiva di una bravissima persona che possedeva il bar in cui e-
rano seduti loro in quel momento.
Germano era diventato una brava persona e Peppino aveva
fatto da innesco a quel cambiamento. La Provvidenza aveva mes-
so sulla strada di Germano quelluomo cos straordinario e lui
aveva capito che doveva approfittare di quella grande occasione
per risorgere e vivere una vita pi onesta.

Un bacio sul petto

Peppino aveva lasciato un bel po perplesso il marito di Rosa


e sicuramente anche di pi la stessa Rosa quando gli aveva
chiesto di togliersi la camicia perch doveva dargli un bacio sul
petto. Ci avranno pensato e persino discusso anche durante il vi-
aggio per tornare a casa, ma poi, come tutte le cose, quella strana
richiesta sar passata nella parte in ombra della mente e i due non
ci avranno pi pensato. Ma fu nel viaggio fatto qualche tempo
dopo (era linverno del 2006) che quel ricordo ritorn prepoten-
temente alla mente dei due coniugi: un serio incidente nel quale
il marito di Rosa sub un forte urto proprio in corrispondenza del
punto del petto che Peppino aveva baciato e che non port a nes-
suna conseguenza sulla salute di quelluomo.

Una storia che apre i cuori

Questa storia forse la pi toccante fra quelle che ho udito da


Peppino, e tutte le volte che Peppino la raccontava gli diventava-
Alla Luce dellArcangelo 89
no lucidi gli occhi. Conoscevo gi questa storia, ma il 3 ottobre
del 2004, durante un pranzo a casa sua, la raccont di nuovo da-
vanti ad altre persone.
Molti anni prima, parliamo forse degli anni ottanta, da Peppi-
no si present una ragazza incinta e disperata perch non sposata
e nemmeno fidanzata. Vivere una condizione di quel tipo in un
piccolo paese qual Monte SantAngelo, soprattutto in quegli
anni, significava essere nei guai a causa del giudizio che i com-
paesani inevitabilmente avrebbero appioppato alla povera ragaz-
za caduta nellerrore e creduta persona non seria. Angosciate dal-
la paura di un tale severo giudizio, le ragazze in queste condizio-
ni spesso decidono di ricorrere allaborto. Peppino non si sarebbe
mai sognato di avallare una scelta del genere, ma la disperazione
della giovane era tanta e i motivi che la ragazza adduceva molto
gravi, tanto gravi che costrinsero Peppino a desistere dal tentare
di indurla alla ragione. La faccenda era davvero della massima
delicatezza, anche perch qualcuno avrebbe potuto sospettare che
fosse Peppino stesso ad essere coinvolto direttamente nella gra-
vidanza della ragazza.
Peppino non sposato e le volte che raccontava di quando era
giovanotto, del suo quasi fidanzamento e del bacio che stava per
dare a una ragazza che portava un apparecchio biomedicale con-
tenente del mercurio, si faceva e ci faceva fare delle grasse risate.
Senza entrare inutilmente nel dettaglio della complicata situa-
zione di quella sfortunata ragazza, Peppino forn una somma alla
ragazza e con quella la giovane si rec in una clinica privata dove
si praticavano gli aborti. La sera prima dellintervento, mentre
percorreva in solitudine il corridoio di quella clinica, la giovane
incontr un vecchio monaco con la barba che con poche parole
sante la convinse a desistere da quel terribile proposito. Quel
vecchio monaco con la barba era proprio Peppino che aveva e-
scogitato un piano per far cambiare idea a quella ragazza che,
non avendolo ascoltato, poteva convincersi solo incontrando
qualcuno pi convincente di lui.
Peppino non porta la barba e a quellepoca era abbastanza
giovane, ma era successo che aveva potuto trasformarsi in quel
vecchio con la barba per poter dissuadere la giovane dal portare a
compimento la terribile scelta.
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Quel bimbo che aveva rischiato di essere buttato via ora cre-
sciuto ed diventato un uomo alto e bellissimo e Peppino lo por-
ta con s nel cuore poich se non gli fosse stato consentito di in-
tercedere in suo favore ora non sarebbe nemmeno pi il vago ri-
cordo di una donna che aveva deciso di abortire. Da una situa-
zione terribile potuta nascere una vicenda meravigliosa di rin-
novamento per la madre e di salvezza per un figlio.
Non era la prima volta che Peppino si bilocava per comparire
vestito da frate. Non bisogna dimenticare che il suo desiderio
giovanile era proprio quello di diventare sacerdote.
Durante quel pranzo avvenne anche un altro prodigio.
Allimprovviso, una raggio di sole entr dalla portafinestra che fa
da porta dingresso della casa a pianterreno di Via Manfredi in
cui abitava Peppino. Quel raggio di sole illumin la tavola im-
bandita e in quel momento Peppino disse: Ecco, Maria Grazia
ha partorito. femmina ed andato tutto bene! Maria Grazia
la moglie di un ristoratore di Mattinata. una famiglia alla quale
Peppino molto legato ed il posto dove andavamo spesso a
mangiare la pizza.

Uno scherzo genuino

Si present un giorno da Peppino una signora anziana che gli


doveva chiedere un consiglio, ottenutolo la donna chiese quanto
doveva dargli per ripagarlo dellaiuto. Peppino rimase un po
perplesso perch nel suo paese tutti sanno che la sua porta sem-
pre aperta e che non c da dare niente per laiuto ottenuto. Forse
quella persona veniva da un altro paese e non sapeva questo, co-
munque Peppino non si lasci sfuggire loccasione per fare un
piccolo scherzo. Disse alla donna: dammi centomila lire. A
quellepoca quella somma non era tanto piccola e la signora, che
non aveva capito che Peppino stava scherzando, disse senza bat-
tere ciglio che aveva solo cinquantamila lire e prontamente tir
fuori dal borsellino la somma scusandosi per il fatto che non a-
vesse con s altro denaro. Aggiunse che sarebbe passata a dare il
resto non appena avesse preso la pensione. Questa volta fu Pep-
pino a rimanere sbalordito per il candore di quella signora pen-
sando a quanto facilmente ci si poteva approfittare della gente
Alla Luce dellArcangelo 91
semplice. Peppino cess di ridere sotto i baffi e, dismettendo la
sua aria fintamente solenne, disse alla donna che poteva tenere i
suoi soldi perch nella sua vita non aveva mai preso soldi da nes-
suno. Per di pi, poich Peppino aveva appena ricevuto in dono
delle bottiglie di vino genuino, regal alla donna una di quelle.

Il fenomeno del sole

Fu Francesco a raccontarmi questo episodio che accadde ver-


so le sei di sera del 24 Maggio del 2005. Peppino, Francesco,
Raffaele, Ezia e Giovannino erano andati a fare una passeggiata
presso il posto che dai montanari viene chiamato Santa Maria
degli Angeli. L esiste una chiesetta dedicata alla Madonna che
Peppino ama molto raggiungere e presso la quale porta volentieri
persone amiche. I cinque avevano da poco raggiunto la chiesetta
quando accadde un fenomeno che i fedeli della Madonna cono-
scono per averlo spesso sentito raccontare da chi si recato a
Medjugorje: il sole cambi colore, diventando di tonalit viola-
cea e si mise a pulsare. La cosa incredibile era, per, soprattutto,
che nessuno sentiva il bisogno di schermare gli occhi e tutti pote-
rono guardare il fenomeno senza subire abbagliamenti e danni
agli occhi.

La visita di Papa Giovanni Paolo II

Durante la visita di papa Wojtyla a Monte Sant'Angelo il cor-


teo papale pass vicinissimo alla porta di Peppino davanti alla
quale Peppino aveva messo, in onore del papa polacco, il quadro
della Madonna nera di Czestochowa. Alla morte di papa Wojtyla,
Peppino aveva una gran voglia di andare a Roma per la comme-
morazione di una cos formidabile persona. Si deve sapere che
papa Giovanni Paolo II stato un testimone assai importante del
santuario dellArcangelo ed stato anche lartefice della scelta di
religiosi polacchi (i padri micaeliti) a presidio del santuario.
Per quellavvenimento furono milioni i fedeli che si recarono
a Roma, e con essi giunsero capi di Stato e di governo da ogni
parte del mondo. Le esequie del futuro san Giovanni Paolo II fu-
rono senza dubbio il pi grande evento della storia recente. Pep-
92
pino non riusc ad andarci, soprattutto per motivi di salute. Due
giorni dopo le esequie Peppino sogn il Papa defunto che gli di-
ceva: "Hai visto, Peppino, tu non sei potuto venire a Roma e allo-
ra sono venuto io da te!".

Un dolore al calcagno

Un giorno di maggio del 2005, Raffaele accus un dolore al


calcagno: una piccola escrescenza dura si era formata sul calca-
gno proprio dove insisteva il bordo della sua scarpa. Chi ha mai
avuto delle scarpe nuove non ben fatte sa che le vesciche sono
abbastanza fastidiose, se non addirittura dolorose. Quella escre-
scenza dura, che sembrava venuta fuori da un giorno allaltro, era
nata proprio in corrispondenza del tendine di Achille e stava pro-
curando a Raffaele un intenso dolore. Peppino, interpellato per
un consulto estemporaneo, chiese a Raffaele di mostrargli la par-
te dolorante del piede, pose il suo dito indice sull'escrescenza e
fece pressione su di essa. Raffaele sent dapprima l'escrescenza
diventare fredda, ma subito dopo sent come se avvenisse un'e-
splosione di calore in corrispondenza della parte dolorante. Il do-
lore fu tanto forte che Raffaele si dovette appoggiare a Peppino.
Un vulcano che eruttava, cos lo defin Raffaele, ma che si spen-
se presto perch dopo un po' di tempo di quell'escrescenza non
c'era pi traccia.

Un miliardario in fasce

Quando andavo da Peppino le prime volte, acquistavo delle


rose gialle i fiori preferiti da Peppino che poi lui metteva da-
vanti allimmagine dellArcangelo o per ornare la statua della
Madonna che aveva in casa da un bravo commerciante la cui
famiglia abitava nella casa accanto a quella di Peppino. Moltis-
simi anni fa, mi raccont una volta Peppino, durante una visita
a quella famiglia, vedendo quel bimbo sdraiato sul letto, ne com-
presi il futuro e, rivolto ai suoi genitori, dissi: Questo bambino
diventer miliardario!. Non sono a conoscenza del conto in ban-
ca di quelluomo, ma quel bambino diventato un affermato e
stimato commerciante di fiori della zona.
Alla Luce dellArcangelo 93
Un ladro

Un giorno Peppino chiam un ragazzo che passava davanti al-


la sua abitazione. Si diceva fosse drogato e che per comprarsi la
droga rubasse nelle case dei suoi compaesani. Peppino lo invit a
entrare e a sedere per mangiare qualcosa con lui. Mentre man-
giavano, Peppino cominci a fargli capire che sapeva che era un
ladro. Man mano che parlavano e mangiavano, Peppino aggiun-
geva altre cose fino a rivelare al giovane ladro anche i posti e le
case in cui aveva rubato. Alla fine della chiacchierata il giovane
era terrorizzato e Peppino gli dissi di togliersi la maglietta perch
avrebbe cominciato a purificarlo togliendogli tutti i nei che aveva
sulla schiena. Da quel momento il giovane ladro inizi un per-
corso che lo port a indossare il saio di frate.

Il pap di Matteo

Un signore di Mattinata, Matteo, port il padre da Peppino per


farlo visitare perch da un po di tempo non stava bene. Peppino
trov che i bronchi di quelluomo erano infiammati e aggiunse
che vedeva una macchia piccolissima nei polmoni. Sugger di far
sottoporre il malato a degli esami specialistici perch era certo
che quella macchia era un tumore maligno e si doveva quindi a-
sportare al pi presto. Peppino disse al malato che dopo
lintervento sarebbe stato benissimo. Matteo port il padre in un
ospedale e dopo ben due mesi di approfondite indagini cliniche,
finalmente, i medici trovarono quello che Peppino aveva gi vi-
sto in anteprima.

Una fidanzata impegnativa

Era il 23 luglio del 2005, un sabato pomeriggio. Peppino ci


raccont di un ingegnere che era andato a trovarlo con la sua fi-
danzata, una ragazza di colore. Nonostante Peppino avesse detto
allingegnere, riservatamente, che quella ragazza non era adatta a
lui, su invito dei due giovani accett di trascorrere la serata in-
sieme a loro e, per terminare in bellezza erano andati a mangiare
la pizza in un locale di Monte SantAngelo. Fu in quella pizzeria
94
che si verific un segno inquietante: durante lassenza di quella
ragazza (che era andata in bagno), mentre un cameriere portava i
piatti al tavolo, questi piatti saltarono letteralmente dalle mani
del cameriere e piombarono a terra senza che per nessuno dei
presenti venisse sporcato. Un brutto segno aveva subito detto
Peppino al giovane ingegnere ribadendogli il suggerimento di la-
sciare quella ragazza. Dopo qualche tempo lingegnere and a
trovare nuovamente Peppino e questa volta la sua fidanzata non
era pi quella della volta precedente. Lingegnere raccont che
Peppino aveva avuto ragione e che la ragazza con la quale era
andato a trovarlo la volta precedente si era dimostrata veramente
non adatta; infatti quella persona faceva parte di una setta che per
lasciarlo libero aveva preteso 24 milioni di lire che lingegnere,
per paura di subire danni, aveva pagato. Il malcapitato adesso era
certo dellamore di quella nuova fidanzata, e Peppino che aveva
letto nel cuore di quella giovane una grande bont, aveva dato
allingegnere un segno di approvazione.

Mamma

Sempre quella volta, Peppino raccont la storia di un musici-


sta di Monopoli che suon dicendo al pubblico che quella sareb-
be stata la sua ultima esibizione. Quel musicista aveva da poco
saputo dellesito di unindagine medica attraverso la quale gli era
stato diagnosticato un carcinoma alla vescica. Chiaramente
questultima cosa quel musicista non la disse al pubblico, ma
Peppino, che era presente alla serata musicale, vide nel corpo del
musicista e seppe di quel carcinoma maligno, e vide anche che il
male era circoscritto e che sarebbe stato asportato con facilit.
Lultimo brano che quel musicista suon prima di cessare per
sempre (almeno secondo quanto poteva saperne lui) la sua carrie-
ra, fu proprio la canzone Mamma che a Peppino piaceva moltis-
simo poich lassociava alla sua mamma. Commosso, Peppino si
fece avanti per parlare a quel musicista anticipandogli quello che
sapeva sulla sua malattia, ma non si ferm a quello perch poi
and a trovarlo in ospedale subito dopo lintervento. Peppino non
sapeva che il musicista aveva gi raccontato al dottore che lo a-
veva operato quello che gli era stato rivelato.
Alla Luce dellArcangelo 95
Il chirurgo dellospedale, saputo che il veggente era
nellospedale, aveva voluto incontrarlo. Il dottore chiese come
faceva a sapere cos bene quelle cose di medicina e a poter dire
con cos grande precisione le cose che lui, chirurgo, avrebbe tro-
vato. Peppino rispose che lui era una persona normale e che lui
sapeva quelle cose perch le poteva vedere direttamente
allinterno del corpo.

Loperazione della signora

Una signora amica di Peppino doveva essere operata ai pol-


moni. Poco prima dellintervento aveva visto, tra i medici che di
l a poco lavrebbero operata, un signore senza camice. Molto
stupita per quella presenza che stonava palesemente con il grup-
po dei chirurghi, la paziente si tranquillizz quando in
quelluomo riconobbe Peppino che si era presentato in bilocazio-
ne al suo capezzale per assistere allintervento. Non dovrebbe es-
sere necessario aggiungere che in realt Peppino non si era spo-
stato da casa sua a Monte SantAngelo e che lintervento and
bene.

Le maglie intime del santo

Luned 25 luglio 2005. Oggi Peppino mi ha rivelato che da al-


cuni anni, in certe giornate, indossa delle maglie intime pulite (a
girocollo, specificano le mie fonti attuali) che in seguito fa giun-
gere a un caro amico malato di un linfoma che, indossandole a
sua volta, riesce a mantenersi in vita e a guarire lentamente.
Questo linfoma, anno dopo anno, regred fino a scomparire.
La testimonianza della persona direttamente coinvolta nella vi-
cenda mi permette di riferire che Peppino agiva anche, anzi so-
prattutto, confortando il malato e rassicurandolo che tutto sareb-
be andato bene.

La storia del Ges bambino preso in Terrasanta

Alla vigilia di un viaggio in Terrasanta, Peppino aveva ricevu-


to lincarico di comprare dei giornali in lingua ebraica da un caro
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amico. Al ritorno, nellaeroporto israeliano, Peppino si stava ac-
cingendo al controllo pre-imbarco e portava con s i bagagli nei
quali cerano i giornali in lingua ebraica destinati allamico e una
statuina raffigurante un Ges bambino che aveva acquistato sul
posto. Era una di quelle statue del Bambinello che si pongono nel
presepio a Natale, ma di dimensioni maggiori, allincirca trenta-
cinque centimetri di altezza. Lallarme dellaeroporto si mise i-
naspettatamente a suonare mettendo in allerta il personale dello
scalo e facendo rimanere Peppino esterrefatto. Il pensiero di Pep-
pino and immediatamente ai giornali che gli erano stati com-
missionati e dentro di s, disorientato, Peppino si inquiet e si
disse che non avrebbe dovuto accettare di fare quel piacere
allamico.
La poliziotta dallaeroporto cominci a fare domande a Pep-
pino e si fece mostrare linterno dei bagagli per perquisirli. Dopo
gli accertamenti e il rischio del fermo si comprese che lallarme
scattava perch allinterno della statuina erano inserite delle stec-
che di metallo per irrobustire le braccine aperte e le gambine del
Bambinello che altrimenti si sarebbero potute spezzare. Dopo lo
spavento iniziale lallarme cess e Peppino si pot imbarcare
senza altri inconvenienti, ma non and tanto bene alla poliziotta
che si era dimostrata intransigente e marziale.
Allarrivo del suo superiore, la poliziotta dovette far fronte a
un severo rimprovero; infatti cerano stati gi cinque casi di quel
tipo di allarme e la poliziotta avrebbe dovuto saperlo.

Una lettura del pensiero

Dovete sapere che Peppino era una creatura molto precisa.


Niente veniva lasciato al caso. In cucina, poi, era impeccabile su
ogni dettaglio. La cura delligiene della casa, inoltre, era assolu-
ta. Pensate che ogni mattina Peppino lavava il pavimento. Preci-
sione e cura dei particolari, quindi. Questa premessa necessaria
perch allinizio della mia amicizia con Peppino, poco attento al-
le cose che mi circondavano perch attratto dalle possibilit spiri-
tuali delluomo, mi ero disinteressato di tutto il resto per concen-
trarmi sui suoi doni. Quel giorno (non mi sono appuntato la da-
ta), dopo una bella mattinata dal mare, fui invitato a pranzare a
Alla Luce dellArcangelo 97
casa di Peppino. Il mio ospite aveva ricevuto un coniglio da una
conoscente e delle orecchiette da una signora del vicinato. Col
coniglio aveva preparato un rag per condire quelle orecchiette.
Nella mia famiglia, da bravi pugliesi, siamo abituati a fare il
rag abbondante per poter poi intingere il pane nel sugo onoran-
do lantica usanza che mirava a non far avanzare niente nel piatto
per non incorrere nella reprimenda dei genitori. Peppino, pi e-
sperto di cose raffinate, aveva servito le orecchiette con quel de-
lizioso sughetto ristretto in modo da non affogarle e lasciarle per-
fettamente gustabili con la giusta dose di rag.
Tra me pensavo che avrei voluto ricevere un po pi di quel
delizioso sughetto per inzupparci il buonissimo pane di Monte
SantAngelo (che tra laltro abbastanza famoso anche a Mila-
no). Tutto questo io pensavo, ma senza assolutamente proferire
parola alcuna. Arriv a tavola il coniglio e insieme a quello giun-
se una buona dose di sugo ristretto. A quel punto Peppino, senza
far trasparire la bench minima sfumatura di rimprovero, mi dis-
se: Ora ti puoi bagnare il pane!. Mi sentii come quando, da
piccoli, si viene sorpresi con la mano nel barattolo delle caramel-
le. Dentro di me un po mi vergognavo e un po ridevo perch
conoscevo la benevolenza di Peppino. Non appena il mio pensie-
ro si acquiet mi ripetei un salutare: Ben mi st!.
Sapevo gi che Peppino era in grado di leggere nella mente, e
del resto ci sono moltissimi casi (provati) di lettura del pensiero.
Esiste anche una sufficiente letteratura in cui si descrive questo
dono tipico delle creature evolute.

Annoto anche questa frase che Peppino disse una volta in mia
presenza per ammonire alcune persone che frequentavano casa
sua e che testimonia implicitamente la sua capacit di leggere
nella mente: Non mi dite mai bugie, mai, perch me ne accorgo
immediatamente!. E questo era il motivo per cui non tollerava
volentieri la visita di gente menzognera.

La neve ad agosto

Il cielo era azzurro e terso, ma soprattutto era un giorno


dagosto. Era il 1998 o il 1999 e Peppino, Ezia e Raffaele viag-
98
giavano in auto alla volta della valle di Carbonara. Passando da-
vanti alla chiesa di san Giuseppe, a Monte SantAngelo, Peppino
disse: Pu nevicare anche in agosto e Raffaele storse la bocca
per sottolineare la infinitesimale probabilit che quanto ipotizza-
to da Peppino potesse accadere. Passarono solo pochi minuti e
alcuni fiocchi di neve si depositarono sul parabrezza dellauto
lasciando impressionati i due scettici passeggeri.

Ancora una tempesta evitata

Di nuovo a Mattinata, paese che ci ha visti molte volte in


compagnia di Peppino. Era il 3 agosto del 2005, un giorno con
una promessa di pioggia nellaria. Alle 12.15, mentre eravamo in
spiaggia, Peppino ci chiese cosa volessimo fare e io dissi, a nome
di tutti, che avremmo fatto come lui ci suggeriva. Peppino ci fece
restare perch aveva capito che ci avrebbe fatto piacere rimanere.
A un certo punto, senza che ci fossero chiare avvisaglie di mal-
tempo imminente, Peppino ci disse di raccogliere le nostre cose e
di spostarci al riparo del tendone del bar del lido Saraceno. Dopo
aver salutato gli amici del bar ci spostammo al ristorante Tio Pe-
pe che dista poche centinaia di metri dal lido. Venimmo accolti
come sempre con la massima cortesia e ci venne chiesto se gra-
divamo accomodarci allesterno o allinterno. Peppino disse im-
mediatamente e senza incertezze che dovevamo sederci dentro.
Ci sedemmo per pranzare. Dopo meno di mezzora si scaten
un acquazzone cos violento che, sapemmo dopo, in certe zone
della spiaggia aveva preso la forma di una tromba daria.
Torn il sereno dopo circa unora. Al nostro tavolo venne a
salutarci quel giovane che aveva rovesciato la macedonia sul ta-
volo e che era adesso un impiegato del Credito Italiano, come
Peppino aveva predetto. Peppino gli sorrise e disse: Ecco chi
dovevo vedere; sapevo che dovevo incontrare qualcuno, ma non
sapevo ancora che eri tu!. Peppino ci raccont che poco prima,
in spiaggia, in un vortice di luce, aveva avuto una visione di Fa-
tima. Cos la chiamava sempre Peppino: Fatima.
Dopo il pranzo, poich il tempo si era rimesso al bello, tor-
nammo in spiaggia dove solo due o tre ombrelloni erano aperti.
Quasi tutti facemmo il bagno nellacqua calda di un mare appena
Alla Luce dellArcangelo 99
increspato e di un colore verde bellissimo. Dopo il bagno ci se-
demmo attorno a Peppino e lui rievoc la vicenda che accadde in
sua presenza quando con altri due viaggiatori tent di visitare un
monastero greco. Un monaco burbero, messo a guardia del por-
tone di quel santuario, non faceva entrare nessuno. Ci and lui,
raccont Peppino, a parlare con quel frate terribile dopo aver det-
to ai suoi due amici di starsene lontani. Peppino parl a tu per tu
con quellanziano monaco e dopo aver cominciato la conversa-
zione in italiano fece dei gesti che indicavano il cuore del frate
volendo significare che quel frate aveva avuto un cuore grande.
Fece anche dei gesti che indicavano chiaramente latto di sparare
con la mitragliatrice. Gli disse: Tu durante la guerra hai salvato
dei soldati italiani che venivano mitragliati dai tedeschi proprio
da queste rocce, poi li hai portati nel santuario, li hai nascosti e
cos li hai salvati!. Il monaco comprese tutto e si sciolse in la-
crime di commozione, poi abbracci Peppino e fece accomodare
i tre italiani per fargli visitare il monastero.
Peppino aveva riportato alla memoria del monaco greco un
tragico avvenimento di cui era stato protagonista, facendogli an-
che capire chi lui fosse.
Era accaduto moltissimi anni prima, al tempo della seconda
guerra mondiale, durante il periodo in cui i soldati tedeschi si e-
rano rivoltati contro i soldati italiani perch lItalia aveva firmato
larmistizio con gli Alleati. Il monaco aveva salvato dalle mitra-
gliatrici tedesche molti soldati italiani durante una violenta batta-
glia in cui i tedeschi sparavano dallalto delle rocce addosso ai
poveri militi ormai divenuti nemici.
Lemozione del racconto che ci stava facendo non cess, ma
si rinnov quando Peppino, parlando, cambi aspetto e disse:
Sono in Grecia!. Fissava lorizzonte e diceva, continuando il
racconto: Sono di nuovo su quelle rocce; c un sole bellissi-
mo!
Avevo gi assistito alla trasformazione di Peppino in occasio-
ne di uno dei suoi viaggi astrali quando eravamo in visita alla
nuova chiesa di San Giovanni Rotondo, quella di Renzo Piano.
Anche in quelloccasione Peppino aveva fissato lorizzonte e a-
veva detto di vedere la Madonna. Sapevo che quella maniera di
fissare lorizzonte ma sarebbe pi corretto dire che Peppino, in
100
quelle occasioni, non guardava niente corrispondeva a
unassenza per una bilocazione o per una visita astrale, ma quella
volta laveva detto proprio mentre accadeva il suo viaggio.
Peppino fin di raccontare quella visita in Grecia e disse: Ec-
co, tutto compiuto!. Mi accorsi che era tornato perch batt le
palpebre e il suo sguardo torn normale. una cosa incredibi-
le, disse, ero in Grecia, al monastero, ed ero visibile. C un
sole bellissimo, adesso, proprio come quando ci siamo andati
laltra volta. Poi ci disse che quel monaco aveva un tumore.
Credo molto probabile che il Signore lo avesse inviato presso
quel monaco malato per assisterlo, ma di questo non ho riscontri.

Il Faro del Gargano

Al cospetto di Peppino si present un giorno un frate che ave-


va svolto il suo ministero di sacerdote per pi di ventanni ma
senza la necessaria convinzione e dedizione; era un frate di cui si
poteva dire che aveva una fede tiepida. Peppino lo aveva capito
immediatamente, a prima vista, e aveva fatto notare al frate che
avrebbe dovuto amministrare col cuore i sacramenti e non in mo-
do superficiale, come aveva sempre fatto. Questo frate aveva ri-
conosciuto che quello che Peppino gli stava dicendo era vero e
cos Peppino lo aveva mandato (forse per penitenza, o forse per
fargli comprendere cosa significasse avere veramente fede e de-
dicare la propria vita al prossimo) a Medjugorje dalla sua amica
Vicka, una delle veggenti che il 24 giugno del 1981 avevano ini-
ziato ad avere le apparizioni mariane.
Quando, a Medjugorje, Vicka lo aveva chiamato con
laltoparlante tra le migliaia di persone presenti, questo frate non
credeva alle sue orecchie. Ti ha mandato Peppino, il faro del
Gargano, cos disse Vicka accogliendo calorosamente quel frate
sbalordito da tutto quello che gli stava succedendo. Forse me-
glio specificare che Peppino non aveva avuto necessit di parlare
o telefonare alla sua amica Vicka. Tra veggenti questo tipo di
comunicazioni superfluo; e questo spiega anche il perch Pep-
pino diceva di conoscere anche Natuzza Evolo senza essere mai
stato a Paravati. Cos, del resto, la Comunione dei Santi se non
(anche) questo?
Alla Luce dellArcangelo 101
I nei dalla schiena di Michele

Chi si intende un po di chirurgia sa che per togliere un neo,


gi da parecchi anni, ci si deve sottoporre a un semplice interven-
to che consiste nel dirigere un fascio laser di piccolissima poten-
za sul neo stesso e, diciamo cos, bruciarlo. Sulla schiena di
Michele, un giovane di Monte SantAngelo, di questi nei ce
nerano un bel po e Peppino aveva detto al giovane che se aves-
se tolto quello pi grande in breve tempo sarebbero caduti tutti,
cio spariti. Il giovane disse che voleva toglierseli e Peppino, con
una semplice passata della mano sulla schiena, e senza ricorrere
al laser, in breve tempo fece scomparire tutti i nei dalla pelle del
ragazzo.

Uno che indovina

La suocera di Raffaele era una donna originaria di Monte


SantAngelo; un giorno disse al genero che gli voleva far cono-
scere uno che indovina. Raffaele pens subito che sua suocera
volesse portarlo da unimbroglione e oppose gentilmente un ri-
fiuto. Ma la suocera insistette e dopo alcune volte Raffaele, per
non essere scortese con la mamma della moglie, cedette e and a
conoscere questo indovino (che era Peppino Sansone) ripro-
mettendosi di stare molto attento a qualunque richiesta di denaro.
Al massimo, pens Raffaele, se proprio ci prende, mi faccio
dare tre numeri e me li gioco al lotto.
Raffaele fece visita a Peppino e lo ascolt con la gentilezza
che sempre si deve a una persona pi grande mantenendosi per
sul guardingo. Piano piano per comprese che quelluomo non
era un ciarlatano o la persona che pensava di incontrare, quella
persona aveva davvero qualcosa di speciale, come gli aveva detto
la suocera. Peppino gli chiese quanti figli avesse e Raffaele ri-
spose che aveva due figli. Su di uno Peppino si sbilanci e disse:
Questo tuo ragazzo pi diventer grande e pi sar fortunato.
Alla fine della chiacchierata, quando Peppino gli disse che lui si
sarebbe comprato un buco di casa a Monte SantAngelo e che
questo buco di casa si sarebbe allargato sempre di pi, Raffaele
rimase assai scettico, per non dire incredulo. Un buco di casa, nel
102
gergo delle nostre parti, una casa molto piccola, di quelle che i
neo-sposi molto giovani acquistano in mancanza di denaro e nel-
la speranza che le cose migliorino. Nelludire queste parole Raf-
faele, che viveva a Milano in una bella casa e campava benissimo
con il suo lavoro e la sua famiglia, sorrise perch non aveva nes-
suna intenzione di comprare una casa a Monte SantAngelo, so-
prattutto se questa sarebbe stata, a voler credere alle parole di
quello sconosciuto, di microscopiche dimensioni. E a maggior
ragione se si adduceva il motivo che lui, la moglie e il figlio pic-
colo venivano a Monte SantAngelo giusto per qualche settimana
allanno per le vacanze e per visitare la famiglia. Insomma, una
casa non gli sarebbe stata di nessun aiuto. Raffaele, inoltre, come
tutti i milanesi, abituato alla grande citt e invece Monte
SantAngelo un posto che al pi conta 15.000 anime e che ol-
tretutto dinverno ha un clima assai severo. Se avesse dovuto tra-
sferirsi a Monte SantAngelo per il resto della sua vita allora ci
sarebbe stato da ragionarci, ma come poteva uno che abita a due
passi dal Naviglio Grande e dalla Darsena di Milano trasferirsi
per lintera vita in un posto freddo e piccolo come lo Monte
SantAngelo? Quello che diceva Peppino era davvero impossibi-
le da diventar vero. Bellindovino doveva essere quel tizio, ra-
gionava dentro di s Raffaele, e aggiungeva, non senza un velo di
benigno rimprovero, alla suocera: ma dove mi hai portato?

Una casa

Pass un anno. Un signore, che Raffaele conosceva appena,


disse al milanese cresciuto sul Naviglio: Vieni Raffaele che ti
devo far vedere una casa nel centro storico di Monte
SantAngelo. Raffaele disse che non era interessato, e a nulla
serviva che quelluomo gli sottolineasse il prezzo assai vantag-
gioso. Pens Raffaele: Ma qui tutti vogliono che io mi compri
una casa, non hanno capito che io sto bene dove sto?.
Quella persona non si demoralizz e gli propose lacquisto
della casa talmente tante volte che alla fine Raffaele, per toglier-
selo di torno, acconsent a vedere quella famosa casa che era, a
detta dellinsistente personaggio, anche comparsa su una pubbli-
cazione del Parco Nazionale del Gargano. Raffaele chiese, prima
Alla Luce dellArcangelo 103
di tutto, il prezzo della casa e quando lo seppe rimase sbalorditito
perch era veramente molto basso. Costava meno di un garage a
Milano aggiunse Raffaele mentre mi raccontava la storia.
Raffaele rifer a Peppino, del quale nel frattempo era diventa-
to amico, e gli descrisse la casa e il posto dove era situata. Peppi-
no disse che voleva vederla ma, aggiunse, che lo sapeva gi che
era buona. Nei giorni successivi andarono a vedere quella casetta
in compagnia di Peppino e, sebbene fosse in condizioni davvero
pietose, Peppino disse a Raffaele: Prendila, se non te la compri
tu, la comprer io stesso, per me. Disse cos per spingere
lamico a fare un passo che altrimenti non avrebbe fatto.
Durante quella prima visita accadde per qualcosa di straordi-
nario che segn una differenza. La casa era piccolissima, ma
questo Raffaele lo sapeva gi, quello che non si aspettava era di
trovarla anche in condizioni fatiscenti. In fondo, ragion Raffaele
un po deluso, era per questo che costava cos poco. Nonostante
fosse diventato pi scettico sulla possibilit di fare lacquisto, si
inoltr (si fa per dire, vista la dimensione del posto) allinterno
della casetta. Accadde in un istante. Raffaele fu proiettato nel fu-
turo e pot vedere uno sprazzo di come sarebbe stata la casa una
volta aggiustata. Quando andai al piano di sopra racconta Raf-
faele, era tutto buio e non vedevo nulla, ma dimprovviso ebbi
una visione. Vidi nel buio come sarebbe venuta la casa una volta
finita e arredata. Scesi gi e ne parlai con mia moglie dicendole
che avevo visto la casa come sarebbe stata nel futuro. Cos mi
disse Raffaele che era rimasto di stucco, e aggiunse: Pensai den-
tro di me che chi vendeva non sapeva cosa stava vendendo e a un
cos piccolo prezzo. Quando la visione cess e Raffaele si rese
conto che si era fatto un viaggetto nel tempo, usc senza dire
niente a nessuno e rifer quella visione solo alla moglie e a Pep-
pino.
La casetta, vista come sarebbe stata in futuro, era bella e Raf-
faele non voleva perdere quella possibilit, per non disponeva
dei soldi per acquistarla e diceva a Peppino che non poteva fare
quella spesa perch gli mancava il contante necessario, ma Pep-
pino gli diceva di prenderla e aggiungeva che sarebbe riuscito a
comprare lo stesso quella casa. Pur scettico, Raffaele fece come
Peppino gli aveva consigliato e diede la caparra di un milione di
104
lire al proprietario prima di far ritorno a Milano. Nel frattempo
cominci a racimolare il resto dei soldi per completare lacquisto.
Raffaele giocava ogni tanto ai cavalli e al Lotto. Quella volta
gioc la corsa TRIS e, per la prima volta, vinse dieci milioni di
lire che corrispondevano a una buona parte di quello che costava
la casetta di Monte SantAngelo. Con quella cifra riusc ad ac-
quistare quella che sarebbe diventata in seguito la casa dove si
trasfer qualche anno dopo con la moglie e il figlio piccolo.
Raffaele continua a raccontare: Poi Peppino mi convinse a
prendere anche laltra casa, quella confinante, pi piccola. Ci fu
per una complicazione. La signora che vendeva, una signora
che abitava in Belgio, nonostante avesse promessa a noi la casa,
ci ripens e mise fuori il cartello di vendita e stava quasi per
venderla ad altri. Misi in allerta Peppino che venne e si fece dare
il numero di telefono di quelle persone del belgio, i proprietari.
Chiamai io per primo, per fare un ultimo tentativo. La proprieta-
ria, nelludire la mia voce, si adir molto perch, disse, aveva de-
ciso di non venderla pi. Molto probabilmente aveva dato la sua
parola ad altri e dicendo cos pensava di liberarsi di noi, ma Pep-
pino mi disse: Dammi il numero che la chiamo io. La stessa si-
gnora che un minuto prima si era molto arrabbiata, nelludire la
voce di Peppino, cambi immediatamente idea e cos potemmo
comprare anche quella casetta confinante. Il buco di casa era
diventato un po alla volta, come aveva anticipato Peppino, una
casa vera e propria.

Matteo

Questa la storia di Matteo, il nipote di Raffaele, che dopo un


anno di impiego presso la Ferrari Motor SpA (proprio quella del
cavallino rampante di Francesco Baracca e delle automobili di
Formula 1), mor in un incidente stradale, insieme ad un amico e
collega, proprio nel giorno in cui era stato promosso, a soli 26
anni, nellufficio della direzione del marketing della prestigiosa
ditta di Maranello.
Ogni anno la Ferrari organizza una festa per tutti i dipendenti
e quellanno a quella festa ci andarono anche questi due giovani.
Dopo la fine della festa, in piena notte (erano le 3:40 e lauto dei
Alla Luce dellArcangelo 105
due giovani transitava vicino Carpi), unauto tagli la strada alla
loro vettura causandone luscita di strada. Lamico venne scara-
ventato dallauto e fin schiacciato da un autotreno. Matteo mor
dopo essere stato scagliato in un prato.
Questo triste epilogo della vicenda terrena di Matteo era stato
anticipato da Peppino a Raffaele dopo una telefonata di Matteo a
Peppino. Subito dopo la telefonata del giovane, non appena ebbe
riagganciato il ricevitore, Peppino divenne serio e guard Raffae-
le con sguardo pieno di apprensione e gli disse che per Matteo
sarebbe stata dura. Dopo un anno accadde lincidente.
Sapendo quindi in anticipo che questo ragazzo sarebbe morto
(a quellepoca il giovane stava terminando gli studi di economia
e commercio presso luniversit di Bari e Peppino lo conosceva
da poco), Peppino lo volle con s per fargli passare una vacanza
in Grecia presso un suo facoltoso amico che possedeva
unimportante stazione balneare su unisola greca. Matteo rimase
molto sorpreso quando Peppino lo invit a fare quella vacanza,
ma siccome ai giovani la parola vacanza non disturba mai, Mat-
teo si lasci convincere senza indagare oltre sul motivo che ave-
va spinto Peppino a volerlo con s.
Il tragico evento che avrebbe offuscato il futuro della famiglia
di quel ragazzo lo conosceva solo Peppino che ovviamente non
lo disse a nessuno fino a quando la cosa non si comp.
Fu una vacanza particolarmente bella per Matteo, ma non tan-
to per Peppino perch consapevole dellineluttabilit del destino
del bravo giovane e addolorato per le conseguenze che quel lutto
avrebbe avuto sulla sua famiglia. Probabilmente Peppino lo ave-
va portato con s perch voleva avere un ricordo di spensieratez-
za quando avrebbe ricordato quel giovane che di l a poco avreb-
be lasciato la vita sul piano fisico.

L'angiolo di bronzo

La vicenda di Matteo ebbe uno strascico assolutamente im-


prevedibile in cui Peppino non ha parte. Mi fa piacere riportarla,
nonostante non abbia direttamente a che fare con la persona a cui
questo libro dedicato, perch rappresenta un aneddoto che tratta
le cose della parte spirituale delle creature.
106
Occorre ricordare al lettore che Raffaele, che a Monte
SantAngelo chiamano talvolta il milanese, cio lo zio del ra-
gazzo morto nellincidente stradale, ha a sua volta delle possibili-
t di quelle che normalmente si chiamano extrasensoriali. Spiego
meglio: Raffaele ha la possibilit di udire nella sua mente il pen-
siero di altre creature e di vedere sprazzi di mondo ultraterreno.
Qualche pagina prima, ricorderete, ho descritto la sua visione
futura della casa che Peppino gli voleva far comprare. Ebbene,
una mattina, pochi giorni dopo la morte del nipote, Raffaele rice-
vette una chiamata dallaltra dimensione, quella dei defunti.
Matteo era appena morto (era il 30 settembre del 2001) e Raf-
faele era in viaggio, in treno, quando Raffaele ud nella sua testa
la voce di Matteo che lo avvisava di far stare la madre serena e di
raccomandarle di non piangere perch lui stava bene. Matteo, i-
noltre, sempre parlando direttamente nella mente dello zio, chie-
deva esplicitamente di farsi suo portavoce presso la sua famiglia,
lui che poteva ascoltarlo, per convincerli a non mettesse sulla sua
tomba quellangioletto di marmo che stavano per comprare.
Quella scultura non era di suo gradimento e al posto di quella
chiedeva di metterne una di bronzo.
Raffaele era perplesso per quel messaggio. Senza entrare nel
merito del perch un defunto debba mettere bocca (astrale) su
una faccenda che riguarda la sua tomba, Raffaele era titubante se
dire quel messaggio alla sorella, la madre di Matteo, oppure no.
Non era perch non credeva alle sue orecchie (astrali), infatti gi
gli era successo di ascoltare la voce del suocero (e di vederlo e
addirittura di parlarci mentre si celebravano le sue esequie), ma
perch non sapeva come fare a dire una cosa cos fuori del nor-
male alla sorella che gi stava vivendo lo straziante dolore della
scomparsa del figlio. Era opportuno parlare alla mamma di un
defunto che gli aveva parlato nella mente?
Raffaele immaginava di arrecare non solo scombussolamento
alla sorella, ma anche di farsi deridere. Non sono cose banali e
facili da far credere, queste, comunque la richiesta di Matteo era
l e doveva trovare qualcuno che lesaudisse. Come si pu non
onorare la richiesta di un defunto che attraversa le dimensioni per
venire a dirti una cosa? Puoi non esaudire una cos tenera richie-
sta? Raffaele si fece coraggio e dopo averci pensato per qualche
Alla Luce dellArcangelo 107
giorno si decise a parlare con la sorella. Timidamente Raffaele
disse quel fatto dellangioletto di marmo non gradito e la sorella,
scossa per la coincidenza e non per lincredibile comunicazione
giunta dal figlio, disse che proprio poco prima aveva mandato il
marito a ordinare una figura di marmo che rappresentava un an-
gelo che intendeva posare sulla tomba del figlio. Bast una tele-
fonata per risolvere la questione e per accontentare Matteo che si
rifece vivo con una seconda comunicazione, sempre nella men-
te di Raffaele.
In quella nuova circostanza, per nulla impressionato da quella
incredibile (per gli altri) comunicazione, Raffaele (che, come det-
to, non era nuovo a queste comunicazioni mentali) ebbe la pron-
tezza di chiedere al nipote quando sarebbe toccato a lui il trapas-
so. Insperatamente e senza indugiare il giovane da poco de-
ceduto gli diede la data della sua morte. Questa data, insieme ad
altre riportate nel libro, possono essere usate per stabilire la ge-
nuinit di quanto viene scritto.

La collanina doro di Peppino

Durante quella vacanza in Grecia con Matteo, Peppino smarr


la sua collanina doro nel mare del lido. Dopo poche settimane, a
Monte SantAngelo, a mille chilometri di distanza dal punto in
cui era stata smarrita, una coppia di turisti olandesi riconsegnaro-
no a Peppino la collanina da loro ritrovata nel mare.

Diario di un viaggio astrale di Peppino in pi tappe

Era il 17 agosto del 2005. Raffaele a raccontare. La casa di


Peppino ha tre porte: una porta posteriore che affaccia su una via
poco trafficata e due porte che affacciano su via Manfredi. Quel
giorno accadde che dimprovviso si venne a creare un vortice che
Raffaele imput allapertura delle porte. Convinto di quella spie-
gazione chiuse una delle porte e torn a sedersi per continuare a
chiacchierare con Peppino, ma si accorse che il suo amico era di-
ventato pallido in viso. Raffaele aveva gi vissuto momenti di
quel tipo e riconobbe quella che si pu chiamare situazione di
Peppino in viaggio. La conferma di quel viaggio astrale gli
108
venne dallo stesso Peppino che gli dett il giornale di bordo di
quella gita, aggiornato in tempo reale dalla sua voce resa flebi-
le da quella sua paradossale presenza-assenza. Peppino raccont
di una puntatina in Canada (dove diceva di vedere delle cascate e
cinque pullman); poi raccont di essere andato a Los Angeles;
poi torn in Europa (non disse dove); rientr in Italia portandosi
a Macerata (dove risiedono dei suoi cari amici) e poi, ancora,
pass per Manfredonia; infine ritorn nel suo corpo consentendo
a Raffaele di vederlo rientrare.
Alcuni ricorderanno che a padre Pio, esperto pilota di viag-
gi di questo tipo, un confratello del convento di San Giovanni
Rotondo tutte le sere augurava buon viaggio al posto della con-
sueta buona notte.

Ancora una testimonianza di un viaggio astrale

Durante una gita alla foresta umbra, Peppino raccont di esse-


re intervenuto in fretta e furia presso una delle nipoti di un amico
avvocato di Manfredonia, una ragazzina che viveva a Bologna.
Era successo non molto tempo prima. Peppino era stato
proiettato fuori dal suo corpo allimprovviso per evitare un inci-
dente gravissimo a questa ragazzina che uscendo da scuola stava
transitando sotto un palazzo circondato da unimpalcatura. Forse
la presenza del ponteggio aveva costretto la ragazzina a scendere
dal marciapiede e a proseguire il percorso sul ciglio della strada.
Allimprovviso unauto aveva avuto uno scarto (o era uscita
di strada) e aveva investito la ragazzina che per fu parzialmente
protetta dalla presenza di un palo dacciaio piantato provviden-
zialmente sul ciglio della strada, proprio sotto il ponteggio. Per
quanto possa sembrare assurdo, Peppino si era istantaneamente
recato a Bologna e trasformato, suo malgrado, nel palo d'acciaio
conficcato nel pavimento della strada e fu cos in grado di frenare
la corsa di quellauto che altrimenti avrebbe ucciso la ragazza. La
giovane riport comunque delle fratture alla gamba e fu portata
allospedale ortopedico Rizzoli dove le venne fatto il gesso e fu
tenuta in osservazione clinica per lintera notte. Durante
quellattesa la mamma della ragazza telefon a Peppino per farsi
rassicurare e Peppino le disse di essere al corrente dellaccaduto
Alla Luce dellArcangelo 109
e le descrisse la scena nei dettagli. Del ruolo di Peppino nella vi-
cenda, almeno fino a quando non ho richiesto la conferma telefo-
nica dellaccaduto, ero a conoscenza solo io.

Alenia

La sera del 25 dicembre del 2005 andai a trovare Peppino per


dare gli auguri di Natale. Parlando di mio nipote, ingegnere ge-
stionale che aveva da poco fatto un colloquio presso l'Alenia
lindustria che produce sistemi aerospaziali e di avionica a livello
mondiale gli chiesi se secondo lui ce lavrebbe fatta ad ottenere
quel posto di lavoro. Peppino mi rivel che era vero quello che
intuivo anchio e mi disse anche una data: tra il 13 gennaio e il
14 gennaio (del 2006). Mi disse anche che in quella selezione sa-
rebbero state prese solo due persone. Quando si giunse in pros-
simit di quella data io mandai un messaggio a mio nipote per
sapere come erano andate le cose e lui mi rispose che aveva ap-
pena saputo lesito con questo messaggio: S, zio, andr a firma-
re la lettera di assunzione luned 16 gennaio. Meno male. Luned
stesso ti far sapere. A presto!.
Per quelli che si scoraggiano facilmente e che non credono al-
la Provvidenza, aggiungo che mio nipote avrebbe voluto conti-
nuare a lavorare presso la ditta nella quale aveva fatto lo stage
pre-laurea, ma siccome quelli non gli avevano fatto sapere le loro
intenzioni lui si era sentito deluso. Una sera a cena a casa dei
suoi genitori gli dissi che era molto meglio cos e che non si do-
veva sentire triste per non aver avuto quel posto perch non sa-
rebbe stata quella la ditta presso la quale avrebbe lavorato. Do-
veva aver pazienza, gli dissi, perch avrebbe lavorato in
unazienda nella quale si sarebbe trovato benissimo. Non replic,
ma non mi sembr molto convinto, e comunque gli raccomandai
di non firmare nulla almeno fino alla met di gennaio. Ovvia-
mente io ero forte dei miei argomenti perch sapevo gi i dettagli
temporali che Peppino mi aveva rivelato.
Questo mio nipote adesso lavora ancora allAlenia, nulla a
che vedere con quella piccola azienda in cui avrebbe inizialmente
desiderato lavorare. A volte la Provvidenza si deve prendere cura
di noi, perfino contro la nostra volont.
110
La ragazza dei dolci

Quella stessa sera di Natale del 2005 arriv a casa di Peppino


una ragazza che mi colp molto per lo sguardo luminoso ma sof-
ferente che aveva. Appariva, ai miei, occhi una persona che stava
sostenendo una grave lotta per conquistare l'amore. Quella ragaz-
za ci abbracci tutti con grande calore. Sebbene non sia molto
frequente che una persona saluti degli sconosciuti con tanto calo-
re, in casa di Peppino dove sono tutti fratelli nel momento stes-
so in cui mettono piede in casa questo accadeva molto spesso.
La ragazza si sedette con noi e mentre lei parlava con Peppino
io la guardavo percependo in lei una grande bont di cuore. Pep-
pino mi descrisse le qualit di quella persona, confermando quan-
to io avevo avvertito nellabbraccio iniziale, e le predisse delle
cose. Le parl anche delle difficolt dell'uomo che amava e che
ormai da sette anni si era allontanato da lei.
Mentre raccontava la sua sfortunata vicenda sentimentale mi
sembr triste, ma anche molto determinata a difendere il suo a-
more e a mantenerlo vivo e palpitante. Quel sentimento cos in-
tenso si sentiva distintamente ad ogni parola che lei pronunciava.
In cuor mio continuavo ad augurare a quella persona che la sua
speranza d'amore sereno si realizzasse il pi presto possibile.
Quando le chiesi quale mestiere facesse lei mi disse che pre-
parava dolciumi in un laboratorio di dolci tradizionali del Garga-
no, e mi disse una cosa che risuon forte nel mio cuore perch io
la sostenevo da tempo senza riuscire a farmi credere. Disse cos:
Io preparo dolci, e li preparo con amore perch credo che con
l'amore vengano pi buoni. Poich in uno dei miei romanzi ho
fatto girare lintera vicenda narrativa attorno a un personaggio
come lei, ho il forte sospetto, adesso che sono in grado di ricolle-
gare le due vicende, che quella frase mi abbia influenzato.

La cresima con padre Pio

Il 27 agosto 2006 fui invitato alla cresima di Giovanni e An-


nalisa, due dei ragazzi che frequentavano la casa di Peppino San-
sone. La messa fu celebrata nella cattedrale di Manfredonia
dallarcivescovo della diocesi. Alla fine della funzione, alluscita
Alla Luce dellArcangelo 111
dalla chiesa, Peppino disse testualmente: Questa messa stata
celebrata da padre Pio!. Al sentire il nome di padre Pio (non so
resistere al desiderio di ascoltare tutti i fatti riguardanti questo
santo) mi avvicinai poich conosco il legame profondo che uni-
sce il frate cappuccino stigmatizzato a Peppino e volevo quindi
udire con assoluta sicurezza quanto Peppino stava dicendo. Chie-
si a Peppino di ripetere e lui disse: Ho visto padre Pio che cele-
brava la messa!. Giovanni e Annalisa, seduti in prima fila e ac-
canto a Peppino, padrino dello loro cresima, testimoniarono di
aver visto Peppino commuoversi fino alle lacrime mentre si
svolgeva la funzione. Dopo la cerimonia andammo a pranzare al
Tio Pepe di Mattinata per festeggiare. Alla fine del pranzo, Pep-
pino ci pass il suo crocifisso dargento per stabilire una comu-
nione tra tutti i presenti. Ognuno di noi si fece il segno della cro-
ce e baci quel crocifisso. Quelloggetto, di cui avevo sentito dire
molte volte senza averlo mai visto, un crocifisso grande quanto
quei grossi quaderni di scuola dal quale Peppino non si separava
mai perch rappresentava un legame tra lui e il frate di Pietrelci-
na. Di quelloggetto Peppino gelosissimo perch la sua devo-
zione per quel grande santo che lui ha avuto modo di conoscere
personalmente immensa. Sono certo di non esagerare quando
affermo che solo padre Pio, grande mistico e santo, stato in
grado di comprendere appieno i meravigliosi doni di cui Peppino
portatore. Condividere con noi quella piccola ma grandissima
cerimonia del passaggio di quel santo crocifisso, intuisco, stato
come un grande abbraccio fra tutti noi, Peppino e padre Pio stes-
so che ci aveva onorato della sua presenza nella cattedrale di
Manfredonia.

Le lettere

Sono state migliaia le lettere giunte a Peppino nel corso di


questi decenni; alcune quelle meno intime mi sono state con-
cesse in lettura dal destinatario, probabilmente perch Peppino
sapeva gi che io avrei scritto questo libro su di lui. Questa storia
del libro laveva gi rivelata a Debora in una chiacchierata e io
lho appresa nel passaggio di unintervista. Non escluso che ci
possa essere anche un secondo libro poich, come me, ci sono
112
altre persone interessate alla figura e allopera di questo meravi-
glioso cristiano. In particolare, c un insegnante di Monte
SantAngelo che da tempo ha iniziato la scrittura di un suo libro
su Peppino Sansone.
Io non ho mai rivelato a nessuno il contenuto di quelle lettere
(e non lo far mai), ma il succo, se cos posso dire, era sempre un
sentimento di profonda riconoscenza, quando la lettera era scritta
a valle di un intervento di Peppino; oppure una preghiera accora-
ta di intercessione, se era scritta per chiedere un intervento a fa-
vore. Nella maggior parte dei casi le lettere di richiesta erano re-
lative a interventi sulla salute; meno spesso sulle questioni sen-
timentali o economiche. Mi preme dire che nessuna delle lettere
(almeno che io sappia) stata lasciata in circolazione. Peppino
usava bruciare le lettere, soprattutto quelle pi personali o confi-
denziali. Una volta chiesi a Peppino, se lo riteneva fattibile ed
esente da problemi di riservatezza, di lasciarmi qualche lettera di
quelle meno delicate affinch potessi io testimoniare i suoi cari-
smi a valle della sua scomparsa. Non mi rispose allora e nemme-
no ebbi mai la risposta. Credo sia stata la scelta pi saggia, vista
la delicatezza della questione. Le lettere, infatti, possono dimo-
strare anche a distanza di anni una valenza tale da influire sulla
vita delle persone, se queste finiscono nelle mani sbagliate. Del
resto di testimonianze, come vedete, ce ne sono talmente tante
che io stesso ho dovuto fare una scelta.
Ho ragione di credere che le testimonianze fino ad ora giunte
a me siano solo una minima parte di quelle che giungeranno in
un prossimo futuro, quando le persone avranno compreso lo sco-
po di questo libro che non solo un insieme di aneddoti sulle
bizzarre doti di mago di un essere particolare, ma una chiara
testimonianza di santit che la stessa Chiesa, prima o poi, dovr
prendere in considerazione. Dal canto mio, io offro la mia testi-
monianza e metto a disposizione il mio archivio riservato per gli
scopi che la Chiesa decider di perseguire.

Venerd e sabato santi del 2007

Anche oggi sono stato testimone di fatti meravigliosi e quasi


incredibili. Dovevo andare a Monte SantAngelo per pranzare da
Alla Luce dellArcangelo 113
Peppino e, nelle stesse ore, dovevano giungere a casa di Peppino,
per una benedizione speciale, anche due ragazze vittime di una
azione malefica. Tutto doveva essere fatto in un certo modo poi-
ch quelle povere ragazze dovevano essere liberate una volta per
sempre. Ci dovevamo recare, partendo dalla casa di Peppino,
presso una localit chiamata dai montanari Purgatorio nella
valle di Carbonara (quale notevole coincidenza toponomastica!)
che una valle posta proprio dietro al paese di Monte
SantAngelo quando lo si guarda con le spalle al mare.
Prima di raccontare cosa accadde in tale posto vi racconter
che appena giunti a casa di Peppino io e la persona che mi ac-
compagnava abbiamo sentito un forte profumo di rose. A casa di
Peppino le rose non mancano mai, e proprio il giorno prima, gio-
ved santo, erano stati comprati due mazzi di rose bellissime che
avevamo preparato per adornare il quadro della Vergine e quello
dellArcangelo Michele. Quel profumo per non proveniva da
quelle rose. Altre volte persone entrate in quella casa avevano
sentito quello stesso profumo, ma per me era la prima volta, an-
che se per diverse decine di volte sono stato a far visita a Peppi-
no. Sicuramente sapete, se avete letto le storie della vita di padre
Pio e di altri santi, che il profumo di fiori, anche se non c nes-
sun fiore in tutto il circondario, segnala la presenza di qualche
entit elevatissima come, nel nostro caso, la Madonna. Quel pro-
fumo, si intuiva, era foriero di accadimenti di tipo sopannaturale.
Quel giorno giunsero anche altre tre ragazze, nostre care amiche
di un paese vicino, e insieme ci recammo presso questo Purga-
torio. Giunti sul posto ci mettemmo attorno a Peppino per reci-
tare un rosario e alla fine delle preghiere lui fece delle invocazio-
ni alla Madonna affinch venissero concesse delle grazie, tra le
quali quella di cui dicevamo prima e una grazia speciale per un
signore di Rodi Garganico che era scivolato su uno scoglio men-
tre raccoglieva dei frutti di mare e aveva battuto la testa. Lurto
con lo scoglio gli aveva procurato una concussione fortissima e
tale da farlo rimanere in coma per mesi.
Avevamo fatto visita a quel signore proprio il giorno prima.
Era ricoverato allospedale di San Giovanni Rotondo perch era
ridotto cos male da aver bisogno di assistenza in tutto e per farlo
spostare lo tenevano su una sedia a rotelle . Per quel trauma, quel
114
povero amico nemmeno poteva parlare ed era ridotto pelle e os-
sa. Anche la moglie era distrutta dalla sofferenza che pativa per
quel suo marito totalmente impossibilitato. Durante tutto il tempo
in cui rimanemmo a fare quella visita la povera donna ebbe le la-
crime agli occhi.
A Carbonara, dopo le preghiere, Peppino esort ognuno di noi
a chiedere una grazia per una persona che ci stava a cuore e poi
ci rimettemmo nelle auto per tornare a Monte SantAngelo.
Allarrivo le ragazze di Mattinata raccontarono che nella loro
auto, durante il percorso, avevano sentito un fortissimo profumo
di rose che giungeva a ondate. Anche Peppino aveva raccontato
di aver sentito quel forte profumo; era come se una brezza pro-
fumatissima investisse lauto. Nella nostra auto invece nessuno
aveva sentito nulla di simile. Non ricordo bene se fu quella stessa
sera che Peppino ci rivel di aver visto la Madonna mentre era
intento a recitare il rosario con noi. Ricordo bene, per, che il
giorno dopo (era sabato santo) ci confid che ogni sabato verso
le undici e mezza le appariva la Madonna ormai da moltissimi
anni. Ci rivel anche che la stessa santa Madre le aveva detto che
sarebbe apparsa ogni volta che lui ne avesse avuto necessit.
Per completare quel sabato santo, Peppino raccont che una
signora che aspettava un bimbo laveva chiamato in preda alla
disperazione. Aveva telefonato perch in una ecografia i medici
avevano riscontrato una menomazione fetale. La donna era di-
strutta da quella notizia e aveva deciso di chiamare Peppino. Il
bimbo nascer sano, le disse Peppino senza alcuna incertezza.
La potenza di quelle parole fecero calmare la donna che ringrazi
lamico. Alla fine della gestazione la signora diede alla luce un
bimbo di quattro chili, perfettamente sano, come le aveva antici-
pato Peppino.

Lincidente di Vincenza

Vincenza, una delle ragazze che frequentavano la casa di


Peppino, pedalava sulla sua bicicletta in un viale di Modena, la
citt dove studiava. Sbucando da una traversa, unauto la inves
in pieno e la scaravent a terra. Quanti erano giunti per soccorre-
re Vincenza, guardando la bicicletta deformata dallurto, pensa-
Alla Luce dellArcangelo 115
rono che la ciclista doveva essere rimasta gravemente ferita, ma
quando videro che la vittima non aveva subito alcun danno, tran-
ne qualche lieve escoriazione, rimasero esterrefatti. Tutti i pre-
senti non smettevano di guardare lei e la bicicletta distrutta e di
dire: Ma come ha fatto quella ragazza a rimanere viva dopo
quellurto?.
Per ringraziare la Madonna, Peppino e quella giovane, insie-
me ad altri componenti della famiglia di lei, si recarono in pelle-
grinaggio a Medjugorje. In quelloccasione Peppino incontr Vi-
cka, la dolcissima veggente della Vergine che apparve a tutti as-
sai sciupata rispetto alle foto che comparivano sulla stampa: era
malata di un male noto anche a Peppino che, mettendoci a parte
di quel segreto, ci chiese di custodire la notizia e di pregare la
dolcissima Madre santa affinch la nostra amica di Medjugorje
potesse guarire presto.

Una vacanza movimentata

Un giorno Peppino mi raccont una vicenda davvero diverten-


te. Era in vacanza con la madre e un amico di Monte
SantAngelo. Poich la madre era stanca di camminare, i due a-
mici se ne andarono a zonzo e si fermarono a prendere un caff.
Entrarono in un bar e Peppino not ai piedi di un tavolino una
borsa che, poich non cera nessuno nei paraggi, era stata molto
probabilmente dimenticata dal padrone. Lamico sugger a Pep-
pino di aprire la borsa per controllarne il contenuto, ma Peppino
temeva che nella borsa ci potesse essere una bomba e tergiversa-
va. Lamico continu a insistere fino a quando Peppino non si
decise ad aprire la borsa. Allinterno di quella cartella trovarono
una serie di documenti il cui significato Peppino non riusc a
comprendere. Cosa dicessero quelle carte a Peppino non fu chia-
ro, ma nello stesso tempo egli intuiva fossero dei documenti di
grande valore. Dopo aver parlottato per decidere il da farsi, i due
chiamarono la polizia e consegnarono la borsa. Ovviamente la
polizia volle fare delle domanda ai due che avevano trovato la
borsa, ma poich Peppino aveva la madre che lo aspettava, cerc
di svincolarsi da quella situazione.

116
Ridendo, mentre raccontava a noi, Peppino disse che temeva
soprattutto di essere incolpato di qualcosa che non aveva fatto.
In breve tempo, dalla lettura dei documenti contenuti nella
borsa, il commissario della stazione della polizia di quel paese
aveva rintracciato i proprietari della borsa e aveva ricevuto da es-
si la richiesta di incontrare colui che laveva ritrovata. Il commis-
sario, raggiunti i due nel bar, voleva portare Peppino e il suo a-
mico in commissariato per farli incontrare con chi aveva smarrito
i documenti. A Peppino venne una gran paura. Chi lo poteva ras-
sicurare che il commissario non usasse quel pretesto per portare i
due alla stazione di polizia per indagarli di un reato che non ave-
vano commesso? Chi me lo ha fatto fare!, pensava dentro di s
Peppino, ma alla fine il commissario riusc a convincerli.
Alla stazione di polizia Peppino incontr i proprietari della
borsa che ebbero cos la possibilit di spiegare cosa era contenuto
in quella cartella. Erano valori, in forma di travelers cheques, di
una societ che organizzava viaggi in tutto il mondo. Il valore
contenuto in quella borsa era equivalente a centinaia di viaggi e
quindi corrispondeva a una enorme somma di denaro. I proprieta-
ri della borsa (a questo punto dovrei dire, pi correttamente, i cu-
stodi), che dovevano essere degli alti dirigenti di quella societ,
chiesero a Peppino quale localit avrebbe scelto se avesse voluto
fare viaggio, ma Peppino aveva in mente solo di raggiungere la
madre per tranquillizzarla e anche per togliersi da quella situa-
zione che continuava ad diventare sempre pi imbarazzante. Pre-
occupato comera per la madre in attesa da tempo, non aveva an-
cora capito che quei signori stavano cercando di regalargli un vi-
aggio in segno di riconoscenza per aver ritrovato la loro preziosa
borsa. Alla fine Peppino cap lintenzione ma decise di rifiutare il
dono. Dopo molta insistenza quelle due brave persone riuscirono
a convincere Peppino ad accettare un viaggio in America. Un vi-
aggio bellissimo di ben quaranta giorni nei migliori alberghi di
tutta lAmerica; da Las Vegas a New York; dalla California alla
Florida, un viaggio che Peppino nominava sempre, anche se
dellAmerica diceva che come una grande e bella scatola ma,
purtroppo, vuota. S, nonostante la sua notevole bellezza,
allAmerica Peppino preferiva sempre lEuropa, e soprattutto
lItalia.
Alla Luce dellArcangelo 117
Due medici e una storia triste

Due medici, marito e moglie, andarono a trovare Peppino per


un consulto. Peppino comprese immediatamente che qualcosa
nella salute della signora non andava. Con estrema precisione
Peppino disse alla dottoressa che sarebbe dovuta andare il pi
presto possibile a fare un esame al seno perch aveva un male in-
curabile. Dopo pochi mesi la signora mor a causa di quel male.

Lo schiaffo e la carezza

Una volta Peppino mi disse: Ti devo dare uno schiaffo. Io


non battei ciglio e dissi: va bene!.
Avevo gi visto quella cerimonia. Peppino mi diede una ca-
rezza molto tenera, niente a che vedere con lo schiaffo che uno
poteva pensare di ricevere. Non escludo che a qualcuno Peppino
avesse, negli anni, dato veramente uno schiaffo, ma a me diede
uno schiaffo travestito da delicata carezza.
Il significato di quello schiaffo era notevole; dal momento
in cui lo si riceveva, ho capito nel tempo, si era come depurati.
Era come ricevere una sferzata sulla coscienza, e da quel mo-
mento la persona che aveva ricevuto quella penitenza-dono, o
trattamento, se si vuol chiamare cos, poteva cambiare vita e
buttarsi alle spalle i suoi errori per ricominciare una nuova vita.
Ho sentito dire che alcuni, dopo quello schiaffo, hanno pianto
e quasi tutti hanno saputo dare una svolta poderosa alla propria
esistenza. Io avevo cambiato la mia mente ancora prima di quella
specie di battesimo, perch avevo avuto anche altri Istruttori
divini (tra cui padre Pio, attraverso i libri che parlavano di lui).
Ora io dico sempre di avere avuto una Guida nel piano fisico,
cio Peppino, ma di avere anche altre Guide, sui piani spirituali,
che mi hanno aperto le porte della fede matura.
A queste Guide, a padre Pio e a Peppino (oltre che a Dio, a
Suo Figlio e alla Vergine, ovviamente) ho consegnato la mia e-
terna riconoscenza per avermi portato a credere in modo definiti-
vo e maturo.

118
Credere da grandi

Non facile per una persona di quarantanni, di formazione


scientifica, cambiare fino a diventare credente, ma, potete cre-
dermi, se lasciate appena appena aperta la mente e il cuore al tra-
scendente, allora vedrete accadere gli eventi che vi porteranno a
credere. Comincerete a incontrare le persone che vi diranno delle
cose; troverete i libri dove sono scritte le risposte alle domande
che via via si affacceranno alla vostra mente; finirete in posti do-
ve sono accaduti eventi che vi faranno riflettere e, soprattutto,
comincerete a capire in profondit le parole delle Sacre Scritture
perch le sentirete con orecchi rinnovati. Quello che dovete fare
semplicemente lasciare aperta la porta del cuore e non permet-
tere alla mente vecchia di bollare subito come impossibili le
cose che udirete e leggerete.
Non vi si sta dicendo che dovete credere a tutto quello che vi
si racconta, ma solamente di dare alla vostra coscienza il tempo
di capire che le cose vere hanno un suono diverso da tutte le al-
tre. Un po alla volta diventerete capaci di discriminare le cose
vere, anche se apparentemente incredibili, dalle cose false.
Non vi vergognate di chiedere mentalmente laiuto di Dio. In
fondo, pensate, quale persona pu commiserarvi o giudicarvi se
nel vostro intimo fate questa richiesta senza mettere in piazza o
confessare questa genuina voglia di sapere. Se avrete il coraggio
e lumilt di fare questa richiesta alla divinit allora la limpidezza
mentale si far in voi come se si accendesse nella vostra mente
una lampada di luce purissima. E man mano che imparerete a pa-
droneggiare questa tecnica di riconoscimento della Verit acca-
dranno sempre pi eventi che vi porteranno a credere con cogni-
zione di causa e non come persone cieche e credulone.
La fede non per forza dogma, ma pu benissimo essere ba-
sata sulla comprensione e sulla logica. E se dogma, lo solo
temporaneamente, fino a quando la mente, non ancora sufficien-
temente capace, non diviene dilatata e pronta ad accogliere le
meravigliose verit cercate da tutti e, per superficialit, non atte-
se nella loro lenta maturazione. infatti logico credere che tutto
questo meraviglioso mondo fisico in cui siamo immersi abbia
una finalit e che funzionante come un meccanismo perfetto.
Alla Luce dellArcangelo 119
Man mano che approfondirete la logica del Creato capirete
che anche le guerre pi sanguinose e le catastrofi naturali peggio-
ri hanno una loro perfetta ragione per accadere, poich sono sca-
tenate dalla miseria spirituale degli uomini e desiderate da co-
loro che non hanno compreso i messaggi di richiamo alla Pace.
Queste sciagure colpiscono soprattutto coloro che devono
comprendere e che si sono attardati a farlo.

Cominciare a credere pu coincidere anche, per le menti pi


speculative, con il ricevere risposte a domande fondamentali.
Comincerete, iniziando il percorso del credente che si appresta a
possedere una fede matura, a capire che la giustizia divina esiste,
e che Dio che Padre non pu (come molti vorrebbero) fol-
gorare allistante chi commette un delitto solo perch hanno nel
cuore il sentimento di vendetta e lo hanno artificialmente am-
mantato di una, secondo loro, santa necessit di ottenere giusti-
zia. Chi sbaglia e chi pecca deve avere il tempo di capire il pec-
cato commesso e lerrore fatto. Comincerete a capire che perdo-
nare il prossimo fondamentale per procedere pi velocemente
sulla strada dellevoluzione spirituale. Capirete che qualunque
cosa vi sia stata fatta, dovete trovare la forza o, se volete, il co-
raggio per perdonare. Pi avanti sulla strada del progresso spi-
rituale capirete che tutto quello che vi viene fatto porta con s do-
lore, ma anche (e soprattutto!) la comprensione di altre parti di
Realt. questo il motivo che porta i santi ad accettare di buon
grado la sofferenza fisica. In loro c accettazione, che arrende-
volezza alla volont divina, perch sanno che la strada della sof-
ferenza una strada che porta alla santit, sebbene non sia
lunica. Non dimenticate che quella strada cos terribile, la stra-
da percorsa anche dal Maestro. Se lha percorsa Lui, e se lhanno
percorsa tutti i suoi apostoli e molti dei suoi discepoli, c da fi-
darsi: una strada che porta lontano nel progresso spirituale, una
strada che porta a casa: nella casa del Padre.

Un bimbo malato

A una giovane coppia di Agrigento era nato un figlio polio-


mielitico presso lospedale del Bambino Ges di Roma. Il giova-
120
ne padre chiam Peppino al telefono e tra le lacrime e i singhioz-
zi raccont la sua triste vicenda. Peppino gli disse che avrebbe
pregato per quel figlioletto suo affinch lo si potesse veder guari-
to. Quella notte Peppino non riusciva a dormire per il pensiero di
quel bimbo appena nato e cos sfortunato quando gli venne in
mente Santa Rita da Cascia (che, per chi non lo sa, ritenuta la
santa delle grazie impossibili) e inizi a pregare la santa di Rocca
Porena. Quando il giovane padre torn a telefonare a Peppino
raccont che quella stessa sera una signora sconosciuta aveva at-
traversato il corridoio dellospedale e gli aveva consegnato una
piccola immagine di Santa Rita da Cascia. Il mattino seguente il
bimbo malato si era attaccato al seno della mamma e mostrava
segni evidenti di miglioramento. Tra lo stupore e la riconoscenza
dei giovani genitori il bimbo stava guarendo.

Una telefonata imbarazzante

Mentre raccontava queste cose Peppino si interruppe e disse


ai presenti di percepire Annalisa (una delle ragazze che frequen-
tavano la casa di Peppino) mentre stava terminando bene lesame
che era programmato per quello stesso giorno. Desiderosi di
complimentarci con Annalisa per lesito dellesame, tentammo
immediatamente di telefonarle, ma per due volte Annalisa rifiut
la telefonata. Alla terza e quarta volta il cellulare della ragazza
risult spento. Infine, dopo una quindicina di minuti, Annalisa ci
chiam e ridendo ci spieg che lavevamo messa in imbarazzo
davanti al suo esaminatore perch il suo esame era allepilogo ma
non era ancora terminato del tutto e lei aveva dimenticato di spe-
gnere il telefono cellulare che si ostinava a squillare nella sua
borsa. A margine di quella telefonata densa di risate per effetto
dellimpertinenza degli squilli telefonici, Annalisa ci comunic
che lesame era andato bene.

Corf

Una delle storie che Peppino mi raccont nellestate del 2008


fra le pi importanti che io abbia sentito dalla sua voce. Credo

Alla Luce dellArcangelo 121


che, per far comprendere il pi possibile il rapporto con i soldi
dei mistici e dei santi, questa storia sia tra le pi adatte.
Un vecchio amico di Peppino, un professore universitario
greco, possedeva tante ricchezze e soprattutto possedeva un
grande stabilimento balneare (o addirittura unintera piccola iso-
la, ma di questo non sono certo) vicino allisola di Corf. Una
grande tristezza per attanagliava luomo che non aveva pi un
buon rapporto con la moglie e con le sue due figlie. Alla fine,
stabilito che le controversie con le figlie erano diventate insana-
bili, il professore decise di privarle delleredit e stabil nel te-
stamento di donare tutta la sua ricchezza di cui era proprietario a
Peppino. Saputolo, Peppino rimase di stucco per quel gesto dav-
vero di enorme valore sia umano che economico.
Peppino sapeva bene che si sarebbe attirato lacredine, se non
addirittura lodio, delle due figlie del suo amico e convoc le due
ragazze per riconsegnare quella ricchezza alle originarie destina-
tarie. S, avete letto bene, Peppino riconsegn alle due figlie del
suo amico qualcosa di enorme valore commerciale, ma soprattut-
to, capirete, pot ridare al suo amico la possibilit di essere ri-
considerato agli occhi delle sue stesse figlie. Sosteneva Peppino
che un gesto del genere avrebbe scosso talmente tanto le due ra-
gazze che infine avrebbero compreso una formidabile lezione.
Non era per la prima volta che a Peppino venivano affidati
dei possedimenti. Unaltra volta, molti anni prima, capit una co-
sa analoga a un amico che aveva un bar in compropriet con il
fratello; costui sospettava da molto tempo che questo suo fratello
lo derubasse. Questo amico chiese allora aiuto a Peppino e dal
momento che Peppino gli ispirava totale fiducia lo preg di di-
ventare affidatario di una cifra che a quellepoca poteva servire
per comprare una piccola casa.
Peppino cerc di scansare quella situazione imbarazzante, ma
quellamico lo preg talmente tanto che riusc a convincerlo ad
accettare e a fargli quellimbarazzante piacere. Senza andare nei
dettagli, grazie a quel gesto, quelluomo non cadde in miseria per
causa del fratello ladro che lo aveva derubato per anni e pot,
dopo molti anni di duro lavoro, comprarsi unabitazione.
E ancora: un congiunto di Peppino, che aveva lavorato tutta la
vita e che per questo aveva messo da parte una grossa somma,
122
non avendo avuto eredi, volle donare tutti i suoi averi a lui susci-
tando una forte invidia nelle altre persone titolari dei diritti di e-
redit.
Di fronte a queste cose Peppino cercava sempre di tirarsi e-
nergicamente indietro. Non lo faceva perch temeva di cedere
alla tentazione o di potersi approfittare della fiducia degli altri
ma, al contrario, perch sapeva bene che avendo a che fare con i
soldi si deve prima o poi avere a che fare con delle rogne e tal-
volta con la violenza di coloro che ai soldi sono legati per avidit
o per malsana dipendenza. Dove ci sono molti soldi, potete veri-
ficare, ci sono anche, inevitabilmente, le cattive persone. Non
un caso che i criminali peggiori si trovino dove si pratica
lestorsione, lusura, la prostituzione, il commercio di droga e il
gioco dazzardo, oltre ai luoghi dove ci sono le attivit illecite
pi clamorose come la finanza perversa, il commercio interna-
zionale di armi e la tratta degli uomini.

Le interviste e le coincidenze

Sono passati otto giorni dalla morte di Peppino. Mi sono deci-


so a cominciare la tornata di interviste che mi ero ripromesso di
fare alle persone che ritengo, dalle chiacchierate fatte con Peppi-
no stesso, persone attendibili e affidabili. Per fare le prime inter-
viste mi devo recare a Monte SantAngelo e quindi prendo
lautobus che da Manfredonia mi deve portare a destinazione.
Allaprirsi delle porte vedo Raffaele Dileo (il milanese che si
trasferito con la moglie a Monte SantAngelo): sta tornando a ca-
sa. Sono contento di incontrarlo, ma anche un po sorpreso per
quella coincidenza, poi per penso che Monte SantAngelo
un piccolo paese e che quellincontro nellordine delle cose
probabili. Spiego a Raffaele che sto andando a Monte per fare le
interviste per il libro sul nostro comune caro amico e, gi che ci
sono, chiedo se mi vuole rilasciare unintervista. Raffaele cono-
sce moltissime cose della vita di Peppino e, di buon grado, accet-
ta. Registro per una ventina di minuti e gli chiedo se posso fargli
ancora altre domande in un giorno in cui disponibile e lui ac-
consente con gioia, felice di essermi utile e per la riconoscenza
che prova verso Peppino.
Alla Luce dellArcangelo 123
Quello stesso pomeriggio mi reco allappuntamento con Ma-
rio nel bar-torrefazione in cui deve aver luogo lintervista, giran-
domi per salutare un amico, mi trovo davanti la ragazza che ave-
vo visto alle esequie di Peppino e che aveva letto un toccante
pensiero di commemorazione. Capisco allistante che non devo
farmi sfuggire loccasione per intervistarla. Le lascio il mio bi-
glietto da visita e le chiedo di contattarmi nel caso volesse con-
cedermi unintervista su Peppino. Lei mi dice che ci penser.
Nel pomeriggio vado allappuntamento con Mario Maratea
che mi rilascia una consistente intervista e, alla fine, mi riaccom-
pagna davanti alla casa di Peppino dove ci salutiamo calorosa-
mente. Mi avvio per prendere il pullman per ritornare a Manfre-
donia e reincontro Raffaele. Un nuovo caso? Tiro fuori il regi-
stratore e riprendo da dove avevamo lasciato lintervista fatta e-
stemporaneamente sullautobus qualche ora prima.
Alla fine del pomeriggio, a pochissimi minuti dalla partenza
dellautobus che mi deve riportare a casa, incontro il nipote di
Peppino, Antonio, cio la persona che ha coordinato lassistenza
dello zio durante il suo ultimo periodo di vita. A lui dico che so-
no stato a Monte per raccogliere le interviste per un libro che par-
ler di suo zio. Antonio mi dice che mi fornir altri contatti per
aggiungere testimonianze al libro. E quindi ecco altre interviste
pronte da raccogliere.
In uno stesso pomeriggio ho incontrato ben cinque persone
disposte a rilasciare interviste e tutte perfettamente sincronizzate.
Mentre viaggio verso casa penso alle probabilit che tutti quegli
incontri cos ben concatenati potessero accadere. Certo, mi dico,
non esistono valori certi, e forse sto amplificando una semplice
serie di coincidenze, per a me continua a sembrare strano tutto
quel sincronismo. Sulla sincronicit anche Carl Gustav Jung a-
veva scritto un bel libro. A me parso chiaro che quella concate-
nazione di incontri fosse fatta apposta per unire in un nucleo ini-
ziale quella parte della rete delle amicizie di Peppino. Se volete,
voi potete chiamarle col generico nome di coincidenze; io le
chiamer con il loro vero nome che rivela quanto lintuizione del
grande psicanalista svizzero fosse corretta: sincronicit pilotate
dalle entit che ci guidano.

124
Mario

Mario e Peppino si sono conosciuti nel 1999 allospedale di


Monte SantAngelo perch ambedue ricoverati presso quel noso-
comio nella stessa camera. Mario, pur essendo di Monte, non sa-
peva nulla dei doni di Peppino ma, passeggiando al suo fianco
nei corridoi dellospedale cominciava a rendersi conto delle sue
particolarit. Peppino disse a Mario che la sua situazione clinica
si sarebbe chiarita presto e che sarebbe uscito dallospedale senza
conseguenze. I due non si conoscevano, ma Peppino conosceva il
pap di Mario e a lui, tempo addietro, aveva detto che il figlio gli
avrebbe un giorno salvato la vita, cosa che puntualmente avvenne
e che Mario gli conferm. Durante quel ricovero, racconta Mario,
Peppino, guardando un vecchietto moribondo che sembrava do-
vesse morire in quei minuti sulla barella dellospedale, disse: non
morir adesso, si riprender, ma morir tra qualche giorno. Mario
rimaneva scettico sulle doti di Peppino, ma appena tornato al la-
voro sent il bisogno di cercarlo e di capire di pi di quelluomo
cos affabile e che sembrava indovinare tutto. In effetti Peppi-
no attraeva Mario, cos come attraeva tanta gente di buon cuore o
in cerca di una dimensione spirituale che nel mondo di oggi si fa
fatica a trovare. Cos Mario si present a casa di Peppino per far-
gli un saluto e per stringere ancora di pi quellamicizia. Peppino
cominci a raccontargli aneddoti che servivano a fargli capire in
quale dimensione spirituale si sarebbe trovato.
Un episodio della vita di Mario che vede protagonista Peppi-
no con i suoi poteri spirituali accadde a Cagnano Varano. Dove
Mario lavorava a quellepoca subentr un nuovo superiore che si
dimostr severo con tutti e soprattutto con lui. Mario si confid
con Peppino che lo rassicur dicendogli che a lui non poteva
nuocere e che nessuno avrebbe potuto fargli del male. Guai a
chi ti fa del male! disse Peppino a Mario un giorno. E questa
frase glielha ripetuta spesso negli anni. Pi di una volta chi si
incaponiva contro Mario ebbe a pagare conseguenze derivanti dal
suo atteggiamento. Bisogna dire che Mario una persona molto
mansueta, una specie di gigante buono, ma Peppino sapeva che
contro le persone mansuete si possono addensare delle gelosie.
Pi di una volta, racconta lo stesso Mario, si era trovato di fronte
Alla Luce dellArcangelo 125
a situazioni sgradevoli che, come Peppino anticipava sempre, si
sarebbero risolte senza che a Mario fosse fatto il minimo male.
Un giorno Peppino anticip a Mario che sarebbe stato trasferi-
to a San Giovanni Rotondo e dopo poco tempo cos accadde. An-
che nella nuova sede di lavoro alcuni colleghi ebbero da ridire
contro Mario e Peppino anticip che questi avrebbero avuto dei
problemi di salute e che sarebbero poi andati via.
Un giorno al pap di Mario diagnosticarono la presenza di un
nodulo al polmone, ma Peppino rincuor Mario e gli disse che il
suo pap avrebbe vissuto bene e che quel brutto periodo sarebbe
stato presto superato.
Un giorno Mario vide sulla terrazza del luogo dove lavorava
un collega che sembrava in difficolt e che passeggiava nervo-
samente; sembrava che potesse compiere un gesto estremo e but-
tarsi dabbasso. Immagin che portandolo da Peppino si sarebbe
potuto scoprire se in quelluomo cera qualcosa che non andava
ed eventualmente fare qualcosa in suo favore. Mario present il
suo collega a Peppino che in privato gli conferm che la sua intu-
izione era corretta e che quelluomo stava per suicidarsi. Se Ma-
rio non lo avesse condotto a Monte SantAngelo quel poverino si
sarebbe ucciso.
Anche Mario racconta dei viaggi astrali di Peppino ai quali
aveva avuto il privilegio di assistere. Ecco, vedi, io ora sto viag-
giando, gli diceva talvolta Peppino, e mentre viaggiava, se si
toccava il suo corpo, questo appariva freddo come il marmo e a
guardarlo sembrava spento e con lo sguardo assente.
Mario raccont di un fatto accaduto a un signore di nome Raf-
faele. Peppino aveva detto a costui di non mettersi in viaggio
perch avrebbe fatto un incidente. Qualche giorno dopo, quando
il viaggio che doveva fare si era gi compiuto, ma senza Raffaele
come passeggero, Peppino aveva segnalato a Raffaele e a Mario
lincidente che era avvenuto.
Racconta ancora Mario che Peppino gli aveva rivelato che
quando cera la presenza di malattie o di specifiche parti del cor-
po malate nei suoi pazienti, lui osservava delle aree di oscurit.
Anche Mario mi ha confermato quella storia dellalbero secco
che in pieno inverno fior. Accadde nel recinto dellospedale di
Macerata, vicino alla statua di padre Pio.
126
Fertile come la buona terra

Ecco un aneddoto che riguarda padre Pio. Mario mi riport le


parole che il frate di Pietrelcina aveva riservato a Peppino: Sei
fertile come la buona terra!, gli aveva detto un giorno il frate
santo. A me, invece, Peppino aveva raccontato una volta che da
giovane si era recato a San Giovanni Rotondo al cospetto del pa-
dre di Pietrelcina per farsi confessare dal santo e non aveva
nemmeno dovuto fare la fila per confessarsi perch padre Pio lo
aveva individuato allistante e gli aveva detto: Guagli, vattene
a casa che tu non hai bisogno di confessarti!.

La suora malata

Una suora di un convento di Lioni in provincia di Avellino,


suor Margherita, era in fin di vita per un tumore al seno. Peppino,
saputo che una persona di sua fiducia (Michele il restauratore)
era, per lavoro, da quelle parti, lo incaric di andare a trovare la
suora moribonda che era ormai gi in coma. In seguito Peppino
con lo stesso Michele fece visita di persona alla suora miracolata
e in quelloccasione Peppino regal a suor Margherita una sta-
tuetta della Madonna. In segno di riconoscimento e per ricambia-
re il dono, suor Margherita regal a Peppino un rosario.
Nella sua testimonianza Michele racconta anche la concita-
zione e la contentezza delle suore di quel convento al solo veder
arrivare Peppino, e del desiderio di essere da lui ascoltate.

Il tendine di Raffaele

Una giorno Raffele si lament con Peppino per un dolore al


tendine di Achille sul quale si era formata unescrescenza dura
delle dimensioni di un cece. Peppino prese tra lindice e il pollice
questa escrescenza e Raffaele sent un calore intensissimo pro-
prio in quel punto. Dopo pochi giorni lescrescenza spar comple-
tamente.
In unaltra occasione sul viso di Raffaele era comparso un neo
che si espandeva molto velocemente. Nel giro di una decina di
giorni il neo era diventato dellestensione di alcuni centimetri,
Alla Luce dellArcangelo 127
allincirca come una moneta da due euro. In una visita a casa sua,
Peppino disse a Raffaele di mostrargli la guancia sinistra dove
quel neo si stava allargando quasi a vista docchio e vi mise un
dito. Disse anche che doveva andare presto in ospedale a farselo
togliere. Appena tornato a Milano Raffaele telefon allospedale
Niguarda per fissare lappuntamento per bruciare il neo, ma pri-
ma che potesse fissare la data dellintervento quello cominci a
cadere a pezzi come se si stesse sfaldando. Da quel momento la
pelle torn completamente normale e solo facendo molta atten-
zione si pu scorgere un assai vago alone di diverso colore ri-
spetto allincarnato circostante.

Mario Maratea

Peppino lho conosciuto circa ventuno anni fa, nel 1994. Io


ero giovanotto ed ero un autentico scapestrato. Peppino mi man-
d a Medjugorje quando io non sapevo nemmeno cosa e dove
fosse, ma lui mi diceva che la Madonna mi stava aspettando. Io
ero perplesso e, nel dubbio, chiesi informazioni su quella perso-
na.
Dopo quel viaggio la mia vita cambi radicalmente. Io chiesi
alla Madonna il perch di quella chiamata. Mi misi col ginocchio
a terra e chiesi. Finalmente compresi che la mia vita dissoluta era
completamente sbagliata. I miei divertimenti sfrenati erano solo
un modo di riempire un mio vuoto interiore che via via si appro-
fondiva.
Anche i miei amici avevano notato il mio profondo cambia-
mento. Nel frattempo mi ero fidanzato con Valeria, che sarebbe
in seguito diventata mia moglie. Avevo gi un figlio con unaltra
donna con la quale le cose erano andate male. Del primo bambi-
no che della mia prima moglie, Peppino mi disse che sarebbe
stato lui stesso a venire da me, e cos stato: mio figlio venne da
me! Fu una cosa che io desideravo tanto, e adesso questo giova-
notto lavora con me.

Peppino mi predisse che io mi sarei sposato con Valeria, la


mia attuale moglie, e cos fu, e con lei ho avuto cinque figli.

128
New York

Mario doveva andare a New York per partecipare a una im-


portante fiera espositiva. Peppino gli disse che sarebbe stato ospi-
tato da un amico e gli disse addirittura la via e il numero civico
del posto in cui avrebbe alloggiato. Mario replic dicendo che
non poteva mai essere perch in tutta lAmerica non conosceva
nessuno e, per di pi, non aveva mai preso laereo, di cui aveva
terrore. Peppino per insisteva e aggiunse che avrebbe alloggiato
a Brooklyn ripetendo via e numero civico del luogo dellalloggio.
Quella prima volta a New York, in fiera, incontr un esposito-
re di Margherita di Savoia, Mario pens che fosse quella la pro-
fezia fatta da Peppino, quindi non proprio corretta ma pi o meno
azzeccata. Fu per alla fiera dellanno successivo che quanto pro-
fetizzato da Peppino si avver. Mario chiese a padre Riccardo, un
sacerdote amico, se conosceva un traduttore che potesse accom-
pagnarlo a New York in occasione della fiera e lui disse che pro-
prio a New York cera padre Claudio, un altro sacerdote che Ma-
rio conosce bene e che stima moltissimo. Padre Riccardo sugger
a Mario di andare ad alloggiare da lui. Padre Claudio faceva par-
te della chiesa dedicata alla Visitazione e, come aveva detto Pep-
pino, lo ospit in casa che, cera da aspettarselo, era proprio po-
sta allindirizzo preciso detto da Peppino un anno prima.
A Brooklyn, girando per il quartiere, Mario si ritrov davanti
alla chiesa dedicata allArcangelo Michele. Per uno di Monte
SantAngelo trovarsi davanti a una chiesa dedicata allArcangelo,
a ottomila chilometri di distanza dal santuario principale che si
ha dietro casa, fa un certo effetto. Quellevento, classificato im-
possibile da Mario un anno prima, aveva trovato una risposta
netta: le cose andarono proprio come aveva previsto Peppino.

Peppino salva il figlio di Mario

Per le vacanze estive del 2013, Mario aveva affittato una casa
a Vieste per portarvi la famiglia: un appartamento posto al quarto
piano di uno stabile della bella cittadina posta al vertice del pro-
montorio del Gargano. Nellattesa di Mario, che si era recato in
pellegrinaggio a Medjugorje, la moglie con i figli e la nonna vi si
Alla Luce dellArcangelo 129
erano trasferiti. Il dramma accadde durante un gioco. Uno dei
bambini di Mario era salito sul cornicione e si era sporto nel vuo-
to, forse per vivere lebbrezza della trasgressione. Purtroppo in
quella circostanza si era sporto pi di quanto dovesse e si era sbi-
lanciato. Stava per cadere quando la madre di Mario, con una
mossa quasi incredibile, riusc ad afferrarlo allultimo istante.
Mario non sapeva nulla di tutto questo, ma dopo essere torna-
to dalla Bosnia-Erzegovina, circa una settimana dopo il fatto,
Peppino gli disse che aveva salvato suo figlio. Mario non aveva
ben compreso la consistenza di quellaffermazione e quindi si fe-
ce ripetere quella frase. Peppino gli disse di nuovo che mentre lui
era a Medjugorje aveva salvato il figlio che stava cadendo dal
cornicione della casa di Vieste sostituendosi temporaneamente
alla madre e afferrando il figlio in procinto di cadere nel vuoto.
Mario rimase molto scosso da quella rivelazione e quando torn
a Vieste chiese alla moglie e alla madre di raccontargli
laccaduto. La madre fu inizialmente reticente, ma quando Mario
cominci a raccontare tutti i dettagli di quellavvenimento cos
poco gradevole con i particolari descrittigli da Peppino, fu co-
stretta a raccontare e a confermare laccaduto.

Alla guida di un furgone

A Mandrione, una localit sulla strada per Vieste, Mario era


nel suo furgone e tornava a casa dopo aver fatto le consegne di
merce che lobbligano a fare il tragitto Monte SantAngelo
Vieste quasi ogni giorno. Allimprovviso, forse per la stanchez-
za, Mario ebbe una mancanza di lucidit, come una perdita di
conoscenza, e fece involontariamente sbandare il furgone. Senza
sapere come aveva fatto riusc a tenere la traiettoria e a evitare
luscita di strada e la sciagura. Superata quella fase difficile in
cui ci si ferma per rendersi conto della gravit di quanto stava per
accadere, Mario si rimise in viaggio, ma di quel mancato inciden-
te non disse niente a nessuno, convinto di avercela fatta grazie
alla sua prontezza di riflessi.
Dopo qualche mese, durante uno dei viaggi a Medjugorje con
Peppino Sansone, Mario sent lamico raccontargli in ogni detta-
glio quella vicenda che lui non aveva mai rivelato a nessuno,
130
nemmeno alla propria famiglia. Peppino gli rivel che, in quella
circostanza, lui stesso si era messo alla guida del furgone al posto
di Mario per salvarlo dallincidente.
Anchio ero al corrente di questa vicenda. Me laveva raccon-
tata lo stesso Peppino nei giorni in cui era accaduta, senza per
sapere chi fosse la persona beneficata da quel suo intervento.

Una gravidanza ritenuta impossibile

A Rodi, proprio a poche decine di metri dal mare, sulla spiag-


gia, c un ristorante di propriet di un caro amico di Peppino. In
quella occasione, durante un pranzo con un amico assai intimo,
Mario raccolse una triste confidenza: la moglie di quellamico
non poteva avere figli. Molto dispiaciuto per la triste sorte di quel
suo buon amico e per la sua signora, Mario chiese aiuto a Peppi-
no. Senza conoscere direttamente le persone Peppino disse che
quella donna aveva lutero retroflesso e che per questa particola-
re morfologia dellutero, non poteva concepire. Quando Mario
confid al suo amico quella cos dettagliata diagnosi quello rima-
se sconvolto perch quella particolare patologia non era stata ri-
levata loro nemmeno dai medici.
Un giorno quella signora and a fare una visita specialistica
presso lospedale di padre Pio, quello di San Giovanni Rotondo,
dove esercitava il prof. Pavone (uno dei dottori pi noti di
quellospedale) che conferm la patologia che Peppino aveva ri-
velato per primo. Peppino per quella volta non si era limitato a
far riferire a quella signora la sfavorevole conformazione del suo
utero, ma aveva aggiunto anche che avrebbe comunque concepi-
to e portato a termine una gravidanza. E cos accadde. Gli amici
di Mario, ai quali un po di tempo prima era stato detto che non
avrebbero potuto avere figli, ebbero finalmente un figlio.

Uno spavento terribile

In una terribile circostanza, la bambina di Mario e Valeria,


una bimba di soli quattro mesi, vomit sangue. Immediatamente,
Mario e sua moglie, disperati, si misero in viaggio per portare la
bimba allospedale di San Giovanni Rotondo, ma decisero di
Alla Luce dellArcangelo 131
passare prima da Peppino, a Monte SantAngelo, per un consulto.
Peppino a quellora dormiva, ma vista la delicatezza della que-
stione Mario decise che lavrebbe svegliato perch ai suoi occhi
la situazione era estremamente grave. Peppino si alz, appoggi
le mani sulla bambina e disse che non era niente di grave perch
la bambina aveva succhiato sangue dalla mammella della mam-
ma attraverso una ragade quasi invisibile. Allospedale di San
Giovanni Rotondo, dopo unindagine di due ore, una dottoressa
conferm quello che il buon Peppino aveva anticipato.

Uno sconosciuto in pena per un esame clinico

Peppino e Mario stavano transitando con lautomobile davanti


allospedale di San Giovanni Rotondo. Peppino vide un uomo su
un furgone e disse a Mario di chiamarlo e di farlo avvicinare.
Mario si vergognava perch Peppino non gli aveva voluto spie-
gare la ragione di quella richiesta, ma lui insistette e Mario do-
vette cedere e andare a chiamare quello sconosciuto. Luomo si
lasci convincere e si avvicin a Peppino che gli disse che
loperazione alla quale si era sottoposto e gli esami che aveva
fatto avrebbero dato risultato buoni e che quindi non si doveva
preoccupare. Luomo si illumin in viso e scoppi in lacrime, poi
ringrazi Peppino per il conforto che gli aveva procurato e gli
baci le mani.

I numeri, una volta tanto

Con Peppino in macchina, Mario Maratea stava percorrendo


la strada per Zapponeta. Allimprovviso Peppino fece fermare
lauto e dal finestrino chiam un uomo (mai visto prima) al quale
disse di giocare due numeri al Lotto. Quelluomo ringrazi e ub-
bid. Si venne a sapere dopo che con quella giocata quel tizio
sconosciuto aveva vinto settecento euro. Aveva molto bisogno
disse Peppino a Mario quando gli fece quella caratteristica faccia
con la quale si chiede il perch di una cosa inconsueta.
Io so bene che sono stati in tanti a chiedere a Peppino i nu-
meri da giocare, e in qualche occasione mi sono trovato ad assi-
stere a queste tristi scene. Tutte le volte, per, lui rispondeva con
132
fastidio e negandosi alla richiesta. Mica sono un indovino! di-
ceva, seccato, intendendo con questa frase che le sue letture del
futuro non erano da assimilare a quelle che con scarsissime pro-
babilit potevano (forse) fare gli imbonitori che si possono vede-
re allopera in televisione e che promettono quello che nessun se-
rio servitore del Cielo farebbe mai. Peppino aiutava il prossimo
con i consigli, con le guarigioni (che chiedeva alla Madonna, sua
protettrice) e con lesempio. La sua poderosa fede, soprattutto,
era, secondo me, motivo per riporre una grande fiducia nel suo
intervento.
Peppino non si arrabbiava solo per queste richieste di bassa
lega, ma anche per quelle telefonate misere di persone che a lui si
rivolgevano per questioni effimere o di scarsa consistenza spiri-
tuale. Una volta gli ho sentito dire, rispondendo al telefono, que-
sta frase: Non mi dovete disturbare con queste cose di poco con-
to, sono cose troppo semplici!. Quando, contrariato e amareg-
giato, dopo aver chiuso la telefonata, mi parl, mi disse: mi
chiamano per queste cose: il mal di testa, lesame del figlio.
In effetti cerano volte in cui rinunciava a rispondere al telefono.
Con quel sono cose troppo semplici, per, non voleva dire che
lui era di maggior potenza e quindi ignorava la sofferenza o i casi
minori, ma voleva sottolineare che non si doveva interpellarlo
per delle questioni che si potevano risolvere con unaspirina o
con lo studio.
Peppino rinunciava spesso anche al gi risicatissimo riposo
pur di aiutare il prossimo, ma lo feriva essere interpellato per
bazzecole risolvibili da chiunque altro o sopportabili con un mi-
nimo di pazienza. La sua missione iniziava al mattino (si sve-
gliava alle cinque) e terminava alla sera, tutti i (santi) giorni. E
siccome molto spesso invitava a mangiare le persone che capita-
vano allora di pranzo, in quei giorni non sinterrompeva nem-
meno per il pranzo. Faceva solo un riposino dopo il pranzo per
riprendere le forze.

Lincensiera e il piccolo santuario alla Madonna di Carbonara

Lincensiera con la quale Peppino aveva purificato e benedet-


to il monumentino che fa da piccolo santuario alla Madonna di
Alla Luce dellArcangelo 133
Carbonara il luogo nella valle alle spalle del paese di Monte
SantAngelo in cui comparve tante volte a Peppino la Vergine
Maria laveva comprata Mario. Cosa accidenti ci devi fare con
unincensiera? chiese divertito padre Teddy (la guida spirituale
di Mario che opera nella basilica dellArcangelo Michele), al suo
guidato quando gli chiese dove avrebbe potuto comprare
quelloggetto cos particolare. Mario spieg a padre Teddy quan-
to era necessario sapere e cos il religioso non pot pi dirgli di
no. In breve: gli disse che serviva a Peppino Sansone e lui lo ac-
content subito.
Dopo aver completato il monumentino con le pietre e le pian-
tine portarono la statua della Madonna che Peppino aveva com-
prato in precedenza. Subito dopo aver posto la statua della Ver-
gine sul basamento di pietre venne un acquazzone fortissimo che
Peppino giudic una benedizione del Cielo.
Questa un parte della testimonianza di Mario Maratea che
descrive la nascita del piccolo santuario dedicato alla Madonna
nella valle di Carbonara L, ha predetto Peppino, ci sar la se-
conda Medjugorje e ci saranno altre apparizioni. Aggiunse an-
che che quel luogo sarebbe diventato in futuro meta di moltissimi
fedeli per pregare la Vergine Santa tanto amata da Peppino.
Voglio aggiungere un piccolo aneddoto, poco rilevante, ma
divertente, che riguarda me. Un mattino andammo con Peppino e
con altre tre persone per incensare il monumentino alla Madonna
e per pregare. Portammo loccorrente: incensiera, incenso, fiam-
miferi e carta per innescare laccensione dellincenso. Quel gior-
no per cera molto vento e laccensione risult assai complicata.
A causa del vento la carta bruciava per troppo breve tempo e non
riusciva a far bruciare lincenso. Ben presto tutta la carta portata
per quello scopo si esaur. In mancanza daltro materiale combu-
stibile iniziai a strappare i fogli del quadernetto che porto sempre
con me sul quale prendo gli appunti per i miei libri. Cerano delle
pagine bianche e cominciai a strappare quelle, poi tocc alla co-
pertina. Ero sul punto di sacrificare le pagine scritte con gli ap-
punti. Era una cosa molto penosa per me perch quelle idee sa-
rebbero andate perdute per sempre, ma lo feci di buon grado
chiedendo per mentalmente che quellultima copertina, il tenta-
tivo finale prima dei fogli appuntati, suscitasse la combustione
134
dellincenso. Fui esaudito. Lincenso bruci e il sublime aroma
della resina si sparse nellaria attorno alla statua della Madonna.
Ringraziai mentalmente Dio per avermi permesso di salvare quei
fogliettini per me cos preziosi.

La febbre scomparsa

Il figlio di Mario, Cristian, ebbe per quattro giorni la febbre


altissima. La moglie, temendo qualche grave malattia, aveva e-
sortato Mario a portare il piccolo in ospedale. Interpellato, come
sempre facevano Mario e la moglie Valeria in casi preoccupanti,
Peppino disse che non sarebbe servito a nulla portare il bambino
in ospedale perch la febbre sarebbe scomparsa in breve tempo.
Nonostante questo parere, la moglie convinse il marito ad andare
lo stesso in ospedale. Peppino annui, ma disse che la febbre sa-
rebbe sparita non appena avessero messo piede in ospedale. Ac-
cadde proprio come Peppino aveva predetto: la febbre spar pri-
ma ancora di sottoporre il bambino al consulto dei medici.

Le ciliegie miracolose

Anche la moglie di Mario non poteva avere figli. Dopo sette


anni di matrimonio Valeria non riusciva a rimanere incinta e cos
Mario la port da Peppino che le fece mangiare le famose cilie-
gie di cui si parla anche in altre parti del libro. Dopo poche setti-
mane Valeria era, finalmente, in dolce attesa.

Lazienda di Mario

Quando Mario compr il terreno sul quale avrebbe poi edifi-


cato la sua azienda, vi port Peppino affinch benedisse il luogo.
Peppino disse a Mario, facendo un ampio gesto con la mano, che
lazienda sarebbe andata molto bene.

Un negozio a New York

Peppino rivel a Mario che un giorno la sua azienda avrebbe


aperto un negozio anche a New York. Fu ancora prima di parte-
Alla Luce dellArcangelo 135
cipare alle due fiere di cui si detto in precedenza e siccome Ma-
rio aveva paura di salire sugli aerei, disse a Peppino che sarebbe
stato impossibile. Andare a New York? Io? Non ci potevo cre-
dere! mi disse Mario durante lintervista squadernando una fac-
cia da perfetto incredulo. Peppino glielo disse e glielo riconferm
pi di una volta giacch Mario opponeva sempre la stessa incre-
dulit. Peppino gli disse anche che avrebbe viaggiato per tutto il
mondo e che la sua azienda sarebbe andata molto bene.

Carcinoma allintestino

Il suocero di Mario aveva i linfonodi talmente ingrossati che


erano diventati giganteschi. Peppino, portato a conoscenza di
quella pericolosa situazione di salute del pap di Valeria, si fece
portare il malato, mise la sua mano sui linfonodi gonfi e disse
che lesame istologico che avrebbero fatto in ospedale dopo il
prelievo del campione, sarebbe stato negativo e che quelluomo
sarebbe stato bene. Trovarono ventisette nuclei di carcinoma
allinterno dellintestino (riporto le parole di Mario). I medici
dissero che il malato non ce lavrebbe fatta perch lintestino era
troppo pieno di cellule cancerose. Peppino conferm quanto ave-
va detto in precedenza e disse che non si dovevano preoccupare
perch al padre di Valeria ci avrebbe pensato lui e anticip di
nuovo lesito dellesame istologico affermando che sarebbe stato
favorevole.

La testimonianza di Mariano

Mariano lavora con Mario Maratea da quattordici anni come


suo dipendente. Rischi di morire per ben due volte, ma Peppino
gli disse che la Madonna lavrebbe salvato. Quella che segue la
sua testimonianza.
La mia conoscenza con Peppino ebbe inizio nel 2001. Lo
conobbi attraverso un comune amico, Mario.
Attraversavo un momento molto buio della mia vita in cui il
mio unico desiderio era quello di morire. Avevo un cancro diffi-
cilissimo da battere: quello della droga. Da cinque anni quel can-
cro mi paralizzava la vita. Non credevo in niente e tanto meno
136
nell esistenza di Dio. Come per incanto, per, un giorno tutto
cambi. Con il mio amico Mario mi recai nella casa di Peppino
Sansone, quella che dopo quel giorno io presi a definire La grotta
di Betlemme perch dal momento in cui vi entrai presi a respirare
quella semplicit soave che riempie di pace qualunque cuore. Fu
cos che io ebbi finalmente pace nel cuore e quiete nella mente.
Dopo esserci salutati e presentati, rimasi stupito dal silenzio
di Peppino e pensai che non fossi capitato al momento giusto per
incontrarlo. Ma mentre stavo facendo quel pensiero il disagio di-
venne speranza, perch Peppino mi fiss negli occhi e mi disse:
Un giorno la Madonna ti far un grande regalo. Nelludire que-
ste parole mi commossi profondamente; mi sentii confortato dal-
la presenza di qualcuno che dal Cielo mi accompagnava, mi se-
guiva e che, ora sapevo, non mi aveva lasciato solo.
Fu cos che si riaccese la Speranza nella mia vita. Dopo quel-
la frase, ci fu ancora un tempo di silenzio. Io pensai che avesse
terminato di parlarmi, invece lui continu e disse: non preoccu-
parti per quei nei che hai, sono benigni. Nelludire tali parole
rimasi incredulo perch quella era una mia preoccupazione di
quei giorni che solo io potevo conoscere. Lo salutai e andai via
con un senso di serenit e di speranza finalmente ritrovati dopo
molto, troppo tempo. Uscendo da quella casa ebbi in cuor mio la
certezza che la mia vita sarebbe cambiata. Trovai lo slancio della
fiducia ritrovata; lincoraggiamento a far emergere la mia volon-
t, quella fino ad allora debole volont che era presente in me,
ma che era rimasta soffocata fino allincontro con Peppino.
Ringrazio Dio per avermi fatto incontrare Peppino, il mio ca-
ro amico e padre, il mio angelo custode. Da quel giorno ebbi la
fortuna di averlo sempre vicino. Mi faceva compagnia nei miei
viaggi di lavoro, quando potevamo trascorrere del tempo insieme
durante il quale mi arricchiva trasmettendomi una moltitudine di
insegnamenti.
Una delle cose che pi mi ha colpito di lui stata la carit
verso la gente, anche sconosciuta. A chiunque Peppino sapeva
donare parole di speranza e, in particolare, rimanevo sempre
spiazzato dalla sua grande fede. Dove io manifestavo pessimismo
e non vedevo via duscita, lui con la sua ferma fiducia nella
Provvidenza di Dio dava possenti martellate alla mia incredulit
Alla Luce dellArcangelo 137
e cos facendo costruiva in me quella fiducia in Dio che la fede
vera porta sempre con s.
Voglio raccontare una vicenda che trovo rilevante per spie-
gare cosa significhi la fede nella Provvidenza cos come Peppino
me lha insegnata. Un giorno dovevo fare una consegna impor-
tante presso un cliente, ma ero in ritardo e siccome avevo il cel-
lulare scarico e non potevo accertarmi se il cliente avrebbe potuto
aspettarmi, pensai che fosse ormai inutile andare a fare la conse-
gna. Peppino mi disse: Abbi fiducia, andiamo, perch lui l!.
Io risposi che non valeva la pena di mettersi in viaggio perch
ormai era tardi e certamente non avremmo trovato nessuno, ma
lui insistette e mi sollecit ad avviarci per fare la consegna. Arri-
vati sul posto, vidi che il cliente era l, ad aspettare, come aveva
profetizzato Peppino. Io pensai che fosse una pura coincidenza,
ma Peppino, intuito il mio pensiero mi disse: Ho mandato il mio
angelo a intrattenerlo ancora un po.
Per quanto riguarda le altre cose prodigiose alle quali io stes-
so ho assistito, ve n una che riguarda lultimo periodo della vita
di Peppino. Risale al tempo dellultima volta che sono rimasto a
pranzo da lui. Mentre stavamo per pranzare, allimprovviso, arri-
varono degli amici. Io subito mi preoccupai che il cibo non ba-
stasse per tutti, ma lui mi guard e disse: Non ti preoccupare, si
sazieranno tutti. Cosi avvenne. Tutti mangiarono il cibo di quel-
la pentola che poteva contenere il preparato per tre persone. Il
contenuto si moltiplic per sette e ci fu anche una rimanenza. Si
saziarono tutti, proprio come aveva detto Peppino, ma questo
solo uno dei tanti episodi prodigiosi di cui sono stato testimone.
Peppino per me ha rappresentato il faro della vita nuova. Il
suo amore stato una costante. E costante stata anche la sua
amicizia nei miei confronti, cos come il suo esempio.
Nulla Peppino voleva in cambio, nulla pretendeva, lui dona-
va e basta, e questo ha favorito in me la rinascita della fiducia e
della fede viva. Peppino mi ha insegnato che per vivere appieno
la vita non necessario possedere ricchezze materiali. I beni del
mondo, anche tutti insieme, non possono essere paragonati alla
bellezza della semplicit. Io con lui ho vissuto la condivisione
della gioia nella semplicit di vita e per questo gli rimarr sem-
pre affezionato e riconoscente.
138
Avrete notato che anche in questo caso, come
nellepisodio raccontatomi da Vincenzo Borgia,
si ricava che la Provvidenza, unita a una fede
possente, porta alla realizzazione di prodigi che
lasciano sbalordite le creature poco avvezze alle
cose dello Spirito.

Il pap di Mariano

Il pap di Mariano, lavorava a Viste e, secondo i medici, stava


morendo. Peppin, che era presente a quella infausta comunica-
zione, disse che sarebbe andato lui (in spirito) dal malato. Quan-
do Peppino torn dal suo viaggio astrale disse che le cose si era-
no aggiustate e che il malato si sarebbe rimesso.

Operazione a distanza

Era il 2004, in una domenica di un mese estivo. Raffaele ed


Ezia erano a casa, a Monte SantAngelo, a preparare il pranzo
domenicale che quel giorno consisteva di pasta con sugo di sep-
pia. Dopo aver pranzato normalmente, nel tardo pomeriggio,
Raffaele incominci ad avere un forte mal di pancia. Prov a di-
stendersi sul letto nella speranza di far attenuare il dolore, ma
quello non diminuiva e, anzi, man mano che le ore passavano la
situazione peggiorava. Preoccupato per quel dolore che era di-
ventato assai forte e giunto cos allimprovviso Raffaele guard il
quadro dellArcangelo Michele e preg Dio che tutto passasse.
Allimprovviso, dentro di s, cio nella sua mente, Raffaele
sent la voce di Peppino che diceva: Mario, vieni qui, ma nien-
te accadde. Dopo qualche secondo Peppino chiam di nuovo con
un tono pi deciso: Mario vieni qui! e in quel momento Raf-
faele sent un rumore di passi e di nuovo la voce di Peppino che
diceva: Adesso ti opero io. Raffaele sent dei rumori metallici e
il rumore di qualcosa che risuonava proprio come se dei ferri da
intervento chirurgico venissero messi in una bacinella metallica.
Davvero Raffaele aveva limpressione sonora di essere in una sa-
la operatoria e di essere sotto i ferri dei chirurghi.

Alla Luce dellArcangelo 139


Dopo qualche ora Raffaele incominci a sentirsi meglio e la
mattina seguente lui e sua moglie Ezia andarono a casa di Peppi-
no per raccontargli quel bizzarro episodio. Era circa mezzogiorno
e cera il sole. Peppino fece sedere Raffaele su una sedia che era
di fronte alla cucina, proprio dove il sole entrava in casa, e avvi-
cin la mano al suo fianco, vicino al fegato, senza toccarlo. Gli
chiese: Era qui che ti faceva male?. In quel momento, rac-
conta Raffaele sentii fresco sulla parte dolorante. Poi dissi a
Peppino che avevo sentito la sua voce dentro di me che diceva
Mario vieni qui, e dopo un po, ancora, adesso ti opero io!.
Peppino mi guard e mi fece un sorriso rassicurante, poi ag-
giunse: Io non mi sono mosso da casa!.
Un paio di giorni dopo, Peppino intervenne ancora per toglie-
re i punti della sutura fatta durante lintervento, e ancora una vol-
ta Raffaele sent la voce di Peppino che gli diceva proprio cos:
Ti sto togliendo i punti.
Dopo qualche settimana, quando la situazione della salute di
Raffaele si era stabilizzata, Peppino ritorn sullaccaduto e rivel
al suo paziente: Quella volta ti ho asportato un tumore al fe-
gato, era grande quanto un piccolo pugno ed era maligno.

Poche settimane dopo la morte di Peppino ho raccontato a


Mario questo episodio e gli ho chiesto se ricordava di aver avuto
qualche richiesta mentale da parte di Peppino che collimasse con
questo racconto. Mario mi disse che anche a lui Peppino aveva
raccontato questa storia ma che lui non ricordava di aver mai a-
vuto una richiesta di aiuto di un tale tipo da parte di Peppino.
Nella stessa telefonata Mario mi raccont che alcuni giorni
prima doveva essere il 4 settembre del 2015 e Peppino era mor-
to da circa tre settimane Peppino, in sogno, gli raccont che il
luogo dove era in quel momento, dopo la morte, era un mondo
assai diverso dal nostro. Disse anche che stava bene e lo stesso
Mario lo descriveva in ottima forma fisica.

Questa storia del rumore di ferri chirurgici non unica. Ho


raccolto questaltra testimonianza: Una donna di Mattinata che
con la madre era in visita da Peppino, mi ha raccontato di aver
assisitito a una bilocazione durante la quale Peppino aveva chie-
140
sto loro di aspettare con pazienza perch si sarebbe dovuto assen-
tare. Spieg che doveva raggiungere lospedale di Bari dove a-
vrebbe assistito i dottori durante unintervento molto delicato.
Per diversi minuti le due donne videro Peppino rimanere immo-
bile, cambiare colorito e mantenere lo sguardo fisso.
La cosa pi impressionante, mi stato riferito dalla signora
intervistata, fu quella di udire i rumori dei ferri chirurgici e, so-
prattutto, di percepire distintamente latmosfera particolarissima
di una sala operatoria, compreso lodore. Le due donne erano
concordi nel riferire di sentirsi inequivocabilmente in una sala
operatoria. Quando Peppino torn dalla missione disse alle due
signore che aveva chiesto alla Madonna di permettere loro di
sentire quanto avevano in effetti percepito.

Una bella notizia da Peppino

Racconta Michele, un amico di vecchia data di Peppino San-


sone, che a distanza di quasi due mesi dalla sua morte (la data pi
probabile dovrebbe essere quella del 7 ottobre 2015), Peppino si
fece vivo in sogno. Fu sua nipote di Mattinata a sognarlo.

Questa donna, madre di tre figli, si lamentava da un paio di


giorni per un dolore alla pancia e mentalmente chiedeva aiuto al
caro Peppino che conosceva da tempo. Peppino, nonostante fosse
beatamente nellaltra dimensione, non si era fatto attendere:
Maria (il nome di fantasia), ti devo dare una notizia, disse
Peppino alla donna, quel dolore che hai alla pancia ti passer
subito, ma non dovuto a un male, bens a una bella notizia, per-
ch sei incinta. Credendo a quello che Peppino le aveva detto in
sogno, la signora si rec a fare le opportune analisi e scopr che
davvero aspettava un bambino. Ma le notizie per Maria non era-
no finite perch in occasione del secondo mese dalla morte di
Peppino, quando una trentina di suoi amici si erano riuniti in via
Manfredi (nella casa dove Peppino abitava) per commemorarlo,
Giovanna, una delle persone pi vicine spiritualmente a Peppino
e da lui pi amate, aggiunse che a Maria sarebbe nato un ma-
schietto.

Alla Luce dellArcangelo 141


Il ricordo di un soggiorno di Peppino

Quello che racconter fu un soggiorno speciale. Peppino era


venuto altre volte a trovarci, anche quando la mia mamma era
ancora con noi. Fu proprio grazie alle quotidiane telefonate di
mia madre che Peppino era entrato nella nostra vita.
Era venuto ospite di mio fratello per passare qualche giorno
in tranquillit; lo aveva accompagnato linseparabile Giovanni,
un ragazzino premuroso e attento che non si staccava un attimo
da lui. Era fine estate e si andava ancora al mare. Io con i miei tre
figli, anche se eravamo a casa mia, trascorrevamo spesso intere
giornate nella villa di mio fratello. Avevo tanto parlato di Peppi-
no a conoscenti e amici che quella mattina erano in tanti, tutti l
ad aspettarlo, ansiosi di conoscere quella persona tanto speciale.
In molti conoscevano anche la storia della nostra grande e
profonda amicizia fatta di stima, di spiritualit condivisa, di sere-
nit e di conforto reciproco. Durante quei giorni, tutti i ragazzi
una nuvola di ragazzi! erano sempre intorno al grande e vec-
chio tavolo quadrato, quello che aveva visto crescere noi e che
adesso vedeva crescere i nostri figli. Accanto al tavolo cera
Peppino e tutti ascoltavano incantati le storie che lui raccontava.
Con quella voce calma, quel grazioso accento pugliese,
quellamabile sorrisetto che lo faceva apparire divertito dal suo
stesso racconto, come se fosse un bambino saggio tra altri bam-
bini. Straordinariamente, anche se io spingevo i ragazzi ad alzarsi
per andare al mare (perch volevo che Peppino si riposasse), nes-
suno di loro si muoveva. Erano tutti cos felici di ascoltare le sto-
rie che sembravano quasi avvolti in un incantesimo.
Durante quella vacanza accadde un fatto molto rilevante. Era
successo che il giorno prima il vecchio avvocato Antonio S., o-
spite con la figlia Ausilia e il nipote Vanni, era stato ricoverato
allospedale con i sintomi di un infarto. Ausilia mi aveva pregato
di far andare Peppino all'ospedale dal padre che aveva espressa-
mente chiesto di lui. Peppino, senza sapere nulla di quello che
era accaduto (o meglio, senza che nessuno di noi gli avesse detto
niente), espresse il desiderio di passare dallospedale. Vanni si
offr di accompagnarlo dal nonno e cos Peppino con Giovanni e
Vanni si recarono allospedale dove trovarono Ausilia che li gui-
142
d verso la stanza del padre. Nella stanza cerano due letti. Pep-
pino confort e rassicur Antonio dicendogli: Tornerai presto a
casa e in buona salute!. Dopo aver svolto quel compito si scus
con i presenti e, strabiliando tutti, aggiunse: Gi da stanotte sa-
pevo di dover venire qui, ma non per Antonio. Si gir di spalle e
si rivolse al paziente dellaltro letto. Costui, da poco operato al
fegato per un male molto grave e con leffetto dellanestesia in
via di diradamento, aveva gli occhi chiusi. Peppino gli prese la
mano e lammalato schiuse gli occhi. Non parlava, lo fissava e
basta. Dopo un lungo silenzio, con un filo di voce, disse: Ma chi
sei? Io ti conosco, eri vestito da monaco, stanotte in sogno, ma
com possibile? Io non ti ho mai visto prima. Quel monaco di
stanotte mi ha rassicurato e mi ha detto che sarei guarito e che
sarebbe venuto a trovarmi. E come vedi, sono venuto, gli disse
Peppino. Stanotte in sogno anchio ti ho incontrato e ti ho pro-
messo che sarei venuto da te. Io abito a Monte SantAngelo e
anchio di persona ti vedo per la prima volta; sono venuto per as-
sicurarti che ritornerai presto a casa guarito. Tu continua a prega-
re e a ringraziare la Madonna. Allontanandosi dalla camera, una
folla tra infermieri, medici e pazienti lo aspettavano nellatrio
perch la notizia aveva gi fatto il giro dellospedale e da l il gi-
ro di tutta lisola!
Da quel giorno la nostra villa divent meta di pellegrinaggio.
La gente veniva a chiedere benedizioni e a chiedere di essere vi-
sitata. Portavano doni. Cesti di fichi, formaggi e frutta di ogni
genere. Peppino diceva a tutti noi che la tavola deve essere sem-
pre piena. Diceva: Se viene una persona bisognosa, gli si deve
regalare qualcosa presa dalla tavola. Diceva queste cose sorri-
dendo e aggiungeva: Se la tavola si svuota verr qualcuno a ri-
empire quel vuoto. Non passava che poco tempo e subito squil-
lava il campanello di casa con qualcuno che portava altri doni.
Dopo qualche giorno Peppino era pi stanco di quando era
arrivato, cos lo portammo in un posto tranquillo, dove riusc a
godersi sole e mare in meritata serenit e tranquillit.
Levento pi emozionante per me fu il commiato di Peppino
da quel nostro folto gruppo di amici e familiari che in pochi gior-
ni avevano imparato ad ammirare quelluomo cos semplice e
nello stesso tempo cos straordinario. Il giorno della partenza
Alla Luce dellArcangelo 143
Peppino usc dalla camera, attravers il corridoio e si sofferm in
cucina. Io lo stavo guardando per poterlo salutare quando, a un
tratto, si ferm a fissare la parete sul camino. In quel momento il
suo viso divent di pietra e gli occhi si fissarono, sembrava stesse
per svenire. Recit delle preghiere con tutti noi e poi bened i
presenti. Un profumo di rose si diffuse per tutta la casa e lui ci
disse che gli era apparsa la Madonna. Il ricordo di quel momento
di me che scoppio in un pianto irrefrenabile; degli altri non so.
Non tutti avevano sentito il profumo che io avevo sentito. Ricor-
do solo che girandomi avevo visto che tanta gente aveva affollato
lingresso del giardino della villa e che non cera un fiore dentro
e fuori tutta la casa.
Mi piace terminare la mia testimonianza con questa preghie-
ra: se vorrete portare dei fiori sulla sua tomba, sappiate che Pep-
pino amava tantissimo le rose gialle. Quando conobbe Tom me
ne port di bellissime. Lui defin Tom un Angelo cui mancano
solo le ali. In quelloccasione Tom mi scatt una foto con Pep-
pino; guardando quella foto, ogni mattina, uscendo dalla mia ca-
mera, lo saluto e gli dico anche di salutarmi mamma e pap.

Giovanna

Giovanna una gentile signora di Acerra. Ha conosciuto Pep-


pino Sansone circa venti anni fa e da allora diventata, nonostan-
te la lontananza chilometrica, una delle persone a lui pi care e
spiritualmente pi vicine. lei la persona che ha raccolto la sua
eredit spirituale nel senso che la creatura che continua la sua
missione al servizio di chi soffre.
Giovanna ha sviluppato molti dei poteri di Peppino, e da
quando Peppino passato nella Luce ha come ereditato da lui al-
cune sue prerogative di guaritore di anime e di corpi. Giovanna
dice spesso di sentire che Peppino con lei, anche se avverte for-
te la sofferenza per non averlo pi accanto fisicamente. Lo stesso
Peppino le aveva predetto, anni fa, che sarebbe stata lei a conti-
nuare la sua opera. E fu sempre Peppino che allora le disse che
un giorno avrebbe visto la Madonna e che avrebbe potuto guarire
le persone bisognose.

144
La sua storia di persona mistica e dotata di sensibilit spiritua-
li inizia nel 1983. A quellepoca, di notte, aveva delle visioni du-
rante le quali liberava persone che venivano attaccate dal Male.
Ricordo che una notte ho liberato dai lacci del Male un uomo
che non riusciva ad avere rapporti con la moglie; ricordo che
mentre aiutavo questa persona mio figlio Antonio ebbe paura
perch la mia voce era diventata maschile, racconta Giovanna in
uno degli aneddoti che la riguardano. Parlavo con le persone,
continua Giovanna, e si avveravano le cose che anticipavo loro,
spesso anche dopo molto tempo che le avevo previste. E ancora:
Un giorno arriv una donna che mi diede della pazza perch le
avevo detto che si sarebbe sposata entro poco tempo e che per
avrebbe anche divorziato. Nonostante quella mi avesse conside-
rato uninvasata farneticante, accadde proprio quello che avevo
predetto. Un giorno, dopo due mesi che quella donna era andata
via di casa, alla madre arriv una sua telefonata. Quella povera
madre, impaurita, mi chiam e io la tranquillizzai dicendo che la
figlia era andata in Germania e che non si doveva preoccupare.
Quando la figlia le ritelefon e le conferm che era davvero an-
data in Germania, mi chiam e mi disse che veramente stava l,
in Germania e io allora le dissi che la giovane avrebbe trovato un
bravo ragazzo, che si sarebbe sposata e che avrebbe avuto un fi-
glio maschio. Cos accadde, ma prima di avere la gravidanza
quella ragazza mi chiam intristita dal fatto di non riuscire a ri-
manere incinta. Io la rassicurai e qualche tempo dopo, finalmen-
te, ebbe un bimbo.
Le confidenze fattemi da Giovanna sono tante, ma lei non le
dice volentieri perch una persona riservata; soprattutto non
vuole che si confonda la grandezza spirituale di Peppino, sua
Guida e suo angelo benefattore, con le sue possibilit e i suoi
carismi il cui approfondimento lei ritiene una conseguenza
dellopera di Peppino.
Giovanna continua il racconto delle sue vicende: Una notte
vidi in sogno il mio cortile pieno di persone. Cerano anche i ca-
rabinieri e tra la folla c'era un monaco che mi parlava e diceva:
Tra poco ti arriver un bimbo con nove linfonodi ingrossati e tu
lo guarirai. E cos fu. Accadde proprio quello che mi era stato
dato di vedere in sogno. Alla mamma del bimbo malato dissi che
Alla Luce dellArcangelo 145
il figlio sarebbe guarito, ma quella rimase incredula. Venne da
me per ben nove giorni consecutivi. Prima di decidersi a credere
lei voleva aspettare i risultati degli esami medici. Quando arriva-
rono i referti e confermarono quanto le avevo predetto, le dissi
che doveva andare a San Giovanni Rotondo per ringraziare san
Pio. Lei per non and a San Giovanni Rotondo e and a Pietrel-
cina, forse perch quel posto era pi vicino. A Pietrelcina non a-
scolt nemmeno la messa poich, disse, il bimbo, proprio quel
bimbo che era stato guarito, piangeva. Quando mi raccont que-
sta storia per lindignazione la cacciai via da casa mia.
Allinizio, quasi trentanni fa, non comprendevo ci che mi
stava succedendo e arrivai a pensare di essere pazza. Per due anni
ho vissuto in uno stato di depressione. Piangevo sempre; restavo
a letto a cercare di capire quello che mi stava accadendo, senza
riuscire a comprendere. Ma le cose della mia vita presero una
piega inaspettata quando mia sorella fece la prima comunione e
con la famiglia andammo a pranzare al ristorante. In quella occa-
sione incontrai un mio cugino che stava a San Giovanni Rotondo.
Per me fu una gioia immensa perch non vedevo questo mio pa-
rente da molti anni. Parlammo per molto tempo e in quella lunga
chiacchierata mi raccont che conosceva una persona speciale
che era in grado di leggerti completamente dalla testa ai piedi.
Affascinata da questa cosa io dissi a mio cugino che volevo co-
noscere al pi presto quella persona cos speciale. Riuscimmo a
fissare un appuntamento per andare a trovare questo signore, cos
speciale e in una bella mattina di luglio io, Mimmo mio marito
Gelsomina e le mie due figlie gemelle, Carla e Luisa, dopo una
iniziale indecisione dovuta al fatto che a mio marito era venuto
un fortissimo mal di testa, partimmo per Monte Sant'Angelo, il
paese della Puglia dove viveva questo straordinario personaggio.
L'appuntamento era per mezzogiorno. Arrivati davanti alla casa
di Peppino scendemmo dallautomobile solo io e Gelsomina per-
ch le gemelline non volevano scendere. Entrammo. Non appena
mettemmo piede in casa di Peppino egli mi disse: Ti sei presen-
tata, finalmente, ti stavo aspettando!. Io rimasi di stucco. Quel
Ti sei presentata! che sembrava un rimprovero mi fece effetto.
Peppino ci fece accomodare, ma dopo un po mi chiese di alzar-
mi in piedi e di dirigermi verso la TV; poi mi chiese di stendere
146
la mano sinistra. Dopo tutte queste strane manovre di cui io non
comprendevo la finalit, mi disse che al seno sinistro avevo un
accumulo di latte ma che non dovevo avere paura. Io rimasi in-
credula, per Gelsomina mi ricord che avevo fatto l'ecografia al
seno e che nel referto era scritto proprio quanto Peppino mi ave-
va appena detto. Dopo quella rivelazione che mi riguardava e che
nemmeno io stessa ricordavo, ancora pi sbigottita guardavo
quelluomo che mi sorrideva amabilmente. Poi Peppino aggiun-
se: Cara figlia, quante persone un giorno arriveranno a casa tua!
A quel punto, dopo tutte quelle strane cose, io non capivo quasi
pi nulla di ci che Peppino mi andava dicendo. Ero sospesa tra
lincredulit e lo stupore. Ad un certo punto mi disse di chiamare
il malato che era fuori. E io, ancora una volta, non capii.
Mi spieg che mio marito, che stava fuori ad aspettarmi in
macchina, quella stessa mattina aveva avuto un forte mal di testa
e che per quella circostanza stavamo per rinunciare al viaggio.
Disse che mio marito aveva un infarto in atto e che lo dovevo far
entrare al pi presto. Io chiamai subito mio marito e quando lui
entr, Peppino gli stese la mano davanti al corpo, ma senza
nemmeno toccarlo, e cos lo visit. Poi disse: Il rischio infarto
passato; se tu dovessi avere di nuovo dolore non aver paura per-
ch vedrai che ti passer subito. Io ero sempre pi sbalordita per
tutto quello che stava accadendo davanti ai miei occhi. Peppino
continu a parlare dicendomi che un bel giorno avrei visto la
Madonna e che avrei guarito tante persone. Ancora una volta
nellascoltare tutte quelle cose che a me sembravano assurde ri-
masi totalmente incredula.
Diventammo molto amici, io e Peppino, e ci sentivamo spes-
so per telefono. In ogni nostra conversazione telefonica lui mi
passava allapparecchio tante persone che mi confermavano le
cose che gi mi aveva detto lui. Compresi che tutto quello servi-
va a rassicurare altre persone che, come me allinizio, erano in-
credule.
Un bel giorno, mentre a casa mia pregavo davanti a un qua-
dro di Ges, vidi due volti giovani che non avevo mai visto pri-
ma. Erano nel quadro e io li vedevo, ma per la particolarit di
quanto vedevo, mi domandavo lo stesso: Me lo sto immaginan-
do oppure sono veri?. Dentro di me sapevo bene di vederli ve-
Alla Luce dellArcangelo 147
ramente, ma non comprendevo con precisione cosa e chi avevo
visto. La visione era perfettamente nitida, ma io non mi volevo
convincere. Decisi di chiamare Peppino che mi rassicur senza
per spiegarmi nulla. Io volevo capire, ma non riuscivo. All'im-
provviso mi sono ritrovata a terra, nella tipica posizione delle
suore quando prendono i voti. Dopo un po' di tempo Peppino mi
disse di andare da lui, a Monte Sant'Angelo.
Ci andai con mia figlia Gerarda e con mio marito e restai a
dormire l. Il giorno dopo partimmo per Bitonto quasi senza sa-
pere perch ci andavamo e senza sapere come arrivarci. Se-
guimmo le insegne stradali e arrivammo a Bitonto. Eravamo io,
Annalisa, Gerarda, Peppino e Giovanni e finimmo per entrare in
una splendida cattedrale. Io mi incamminai lungo la navata della
chiesa e mi sedetti. Quando dopo un po alzai gli occhi, vidi quei
due volti che avevo visto nel quadro a casa mia: erano San Cosi-
mo e San Damiano. Compresi che era stata una visione che aveva
lo scopo di avvisarmi di qualcosa. In seguito seppi che riguarda-
va mia figlia Gerarda che era affetta da un tumore al seno. Era un
tumore benigno che gli stessi due santi le avevano tolto in modi
cui la medicina umana tradizionale non ha accesso. Molti sanno
che san Cosimo e san Damiano, per questo genere di interventi,
vengono chiamati dai fedeli e dai loro devoti i santi medici di Bi-
tonto; da quel giorno so anchio con questi nomi cosa si vuole
intendere.
Giovanna aggiunge unultima cosa: Quella volta che li vidi
nel quadro mi avevano fatto un cenno con la testa per farmi com-
prendere questo miracolo. Ho capito cos, in quel momento, che
quel viaggio cos strano e nemmeno studiato era servito alla gua-
rigione di Gerarda. Per la forte emozione io piangevo e guardavo
Peppino per avere unulteriore conferma di quanto era accaduto.
Non facile accettare simili avvenimenti, nemmeno per chi
come me aperto al soprannaturale per predisposizione .

Unaltra testimonianza

Ho conosciuto Peppino nel 2007. Una sera mio fratello par-


lava di un uomo di Monte SantAngelo che aveva conosciuto
tramite i suoceri e che aveva detto cose particolari della sua vita
148
che nessuno poteva sapere. Ascoltando il suo racconto mi incu-
riosii. Per la curiosit che avevo manifestato forse avevo dato a
mio fratello unimpressione sbagliata rispetto a quanto provavo
in quel momento e lui immediatamente mi avvert di non pensare
che quelluomo fosse un santone o un indovino, che dalle nostre
parti significa connotare con una certa aura di negativit i carismi
quando non sono pienamente riconosciuti aderenti alle cose dello
spirito. Mio fratello quindi si sent in dovere di aggiungere che
quelluomo aveva qualcosa che doveva per forza venire dal Cie-
lo, dei doni speciali insomma. Io per non riuscivo a credere che
ci potesse essere una persona cos particolare e nello stesso tem-
po cos vicina a noi. Dopo qualche mese, in un pomeriggio del
giugno 2007, andai a conoscere questuomo. Non faccio fatica ad
ammettere che io ero scettica, oltre che curiosa, e che soprattutto
avevo una fede tiepida, di circostanza, potrei dire, se non addirit-
tura di convenienza. Anche se mi fa male dire questo di me stes-
sa, era questa la verit della mia situazione spirituale di quel pe-
riodo. Ero, insomma, una credente come tante persone che si di-
chiarano fedeli di Dio ma che di credente hanno solo una parven-
za e un concetto astratto e sommario. Avevo per unet in cui
certe domande, come quelle che riguardano la Vita, lAmore, la
Felicit, il Peccato e il grande mistero della Morte non lasciano
respirare a pieni polmoni e non ti permettono di dormire serena-
mente. In me cera, latente e assopita, la necessit di sapere, anzi
di comprendere, le cose della vita. Quando entrai in casa di Pep-
pino lui mi fece subito sedere accanto a lui e, guardandomi negli
occhi, mi disse con tono scherzoso (ma temo anche un po serio):
Tu sei un po monella!. Non ci misi molto a cominciare a pian-
gere. Non lo so perch reagii cos, forse dentro di me qualcosa si
era accorto che ero davanti a una creatura molto speciale ma, no-
nostante quel pianto, io non avevo ancora aperto il mio cuore.
Da quel giorno in poi lo incontrai tante altre volte, ma resta-
vo comunque sempre un po scettica. Non riuscivo a pensare che
quella creatura, che era l, proprio davanti a me, potesse essere un
dono del Cielo. Con il passare del tempo per, tante erano le sto-
rie e le testimonianze che ascoltavo su di lui che il ghiaccio del
mio giudizio piano piano cominci a sciogliersi. Col tempo, a-
scoltando le sue parole e la sua voce, e guardando nei suoi mera-
Alla Luce dellArcangelo 149
vigliosi occhi che sapevano di cielo, sentii che potevo fidarmi di
lui. S, compresi che non era un uomo di quelli che imbrogliano
la gente. Compresi definitivamente che era genuino e che potevo
non solo fidarmi, ma che potevo addirittura affidarmi a lui.
Non ci volle molto per capire che, dopo aver deposto lo scet-
ticismo di partenza, a differenza di quelli che si approfittavano
della povera gente, lui le persone le aiutava. Peppino aiutava tut-
ti, e non solo con la benedizione, ma anche materialmente. Era
generoso, oltre che misericordioso. Quando veniva da noi (la mia
famiglia ha unattivit commerciale), per rispetto, non gli per-
mettevamo di pagare, ma lui si arrabbiava. Visto che nemmeno
insistendo poteva pagare ci diceva, sorridendo, quasi volesse be-
nevolmente minacciarci, che cos facendo avremmo guadagnato
tre volte di pi. E cos capitava. Quelle parole erano come una
benedizione perch davvero arrivava tanta gente e noi, stupiti,
restavamo a cercare di capire come tutto quello che accadeva
fosse possibile.
Sempre ci fermavamo a pensare alla grandezza di quel pic-
colo, straordinario uomo santo. E cos io mi innamoravo sempre
di pi di quelluomo dal cuore grandissimo e dai grandi carismi
che potevano venire solo dal Cielo.
Nel 2012, dopo un periodo un po triste e particolare della
mia vita, decisi di andare in pellegrinaggio a Medjugorje. Qual-
che giorno prima di partire incontrai per caso (dico cos, per di-
re), proprio Peppino che mi disse: Vai tranquillamente a Medju-
gorje e non preoccuparti di niente perch io da qui ti protegger
con le mie preghiere e aggiunse: La veggente di Medjugorje mi
ha detto che sono il Faro del Gargano e che vi illumino tutti con
le mie preghiere e con la mia fede. Poi aggiunse ancora: tu non
sarai sola, vai e vedrai che troverai tanta pace. Ebbe ragione, an-
cora una volta, perch Medjugorje fu la mia oasi di pace; fu il
mio Paradiso in terra, e fu il luogo dove ho finalmente incontrato
il Cristo risorto.
Tante sono le testimonianze che potrei dare, se penso alle
esperienze vissute a Medjugorje. E tante sono quelle che si sono
intrecciate con la mia amicizia con Peppino. Vi racconto solo
lultima di queste: Nel novembre del 2014, quando ormai cono-
scevo abbastanza bene Peppino (tanto da ammirarlo e amarlo
150
quale grandissimo dono del Cielo), una sera mi chiam unamica
che si era fatta suo tramite. Mi disse che Peppino non stava bene
a causa della sua malattia, e mi disse che aveva una cosa impor-
tante da dirmi. Attraverso dialoghi e visioni ( cos che Ges e la
Vergine si sono sempre manifestati a lui, parlandogli e comuni-
candogli che qualcuno era in difficolt oppure che poteva guari-
re, o anche che era il caso che si affidasse a delle cure mediche),
mi disse che presto qualcuno a me molto caro sarebbe morto.
Aggiunse subito che io, fidando nella mia fede, non dovevo
piangere. In quel momento mi spaventai molto, tanto da mettermi
a tremare come una foglia, perch Peppino non aveva detto mai
prima dallora una cosa del genere. Infatti avevo gi vissuto
unaltra bruttissima esperienza, ma in quellaltra occasione non
mi aveva detto la verit completa. Per spirito di Carit mi aveva
detto solo che avrei dovuto pregare molto. Quella volta invece fu
esplicito e allora io mi chiesi perch avesse detto una cosa cos
forte. Volevo capire quanto severo sarebbe stato il nuovo colpo;
mi chiedevo se stava per arrivare un dolore ancora pi intenso
della volta precedente.
Fu grazie a quellavviso di Peppino, alla mia fede adesso in-
crollabile e alla preghiera costante che, ancora una volta, superai
un nuovo, grande dolore. Due mesi dopo quellavviso, una caris-
sima persona, una creatura a me molto vicina, mor. Piansi. Ma
per via di quella promessa che avevo fatto a Peppino, riuscii a far
diventare presto quel pianto che la debolezza umana aveva con-
sentito prendesse il sopravvento, in preghiera e alla fine in pace e
in forza. Fu importante perch accadde che quella pace e quella
forza lacquisirono anche altri che mi stavano vicino.
Purtroppo la forza che Peppino mi aveva chiesto di generare
non era necessaria solo per quellevento, ma anche per la perdita
che di l a poco avrebbe colpito tutti i suoi amici e figli spirituali:
la perdita di lui stesso. L11 agosto del 2015 anche Peppino se
n andato. Il rimpianto che ho di non aver avuto loccasione di
salutarlo n in vita n di rendergli omaggio per lultimo saluto. Il
lavoro e la distanza me lo hanno impedito, ma sapevo che dove-
vo mantenere quella promessa: di non piangere. E non dovevo
piangere nemmeno per un altro lutto che mi colp subito dopo.

Alla Luce dellArcangelo 151


Appena dopo un mese dalla morte di Peppino mor unaltra per-
sona per me importante.
Dolori su dolori dovetti vivere in cos breve tempo. Ora
comprendo perch quella volta Peppino si sent in dovere di av-
visarmi, anche a costo di rendermi triste e inquieta, ma io ho im-
parato a essere forte. Grazie a lui e grazie a Ges e alla Madre
Celeste, da sempre accanto a Peppino, io ho potuto essere capace
di sollevarmi da queste dolorose perdite. Ringrazio Dio per a-
vermi fatto questo dono cos grande. Peppino sar sempre nel
mio cuore. Che Dio lo benedica e lo custodisca sempre.

Da Tonia di Monopoli

Prima di raccontare la mia storia sento il dovere di ringrazia-


re il Signore per il dono che mi ha fatto, quello di farmi incontra-
re Peppino Sansone. Ringrazio profondamente questo santuomo
per l'affetto che mi ha sempre dimostrato e per quello che ha fatto
per me, per la mia famiglia e per tante altre persone a me care.
Peppino stato e sar per me e per noi un punto di riferimento
fondamentale. Nel mio cammino cristiano questo ricordo mi ac-
compagner per tutta la vita. Un grazie di cuore a Peppino che ci
ha sempre dimostrato gratuita generosit.
Ecco la mia storia. Mi chiamo Tonia, ho quarantotto anni,
sono di Monopoli, in provincia di Bari, e sono sposata con Flavio
da diciassette anni e mezzo. Abbiamo una figlia stupenda di no-
me Emanuela che ha dodici anni e mezzo. Circa ventitr anni fa
ho incontrato per la prima volta Peppino e fin da subito capii che
era una persona molto speciale. Peppino riusciva con la sua paro-
la e la sua preghiera a fare amare Ges e ad aiutare tantissima
gente. Uno dei ricordi pi intensi che lega la mia famiglia a Pep-
pino accadde il 25 marzo del 2003. Quel giorno, che non dimen-
ticher mai (era anche il giorno del suo compleanno), lo chiamai
telefonicamente per fargli gli auguri, ma lui, ringraziandomi, mi
disse cos: non sei tu che devi fare gli auguri a me, ma sono io
che devo farli a te. Auguri!. Io non capii e risposi: Non mica
il mio compleanno, gli dissi, ma lui mi spieg: hai appena ini-
ziato una bellissima gravidanza!. Ovviamente rimasi assai sor-
presa perch Peppino non poteva sapere della mia gravidanza
152
semplicemente perch io nemmeno sapevo ancora di essere in-
cinta. Ricordo che non potevo proprio sospettarlo perch non a-
vevo sintomi o fastidi di alcun tipo. Questa notizia mi riemp di
gioia e il giorno successivo mi recai dal ginecologo. Il dottore mi
visit, mi fece l'ecografia e vide che Emanuela, come aveva detto
Peppino, cera gi. Il cuoricino di mia figlia batteva in me e io
potevo vederlo sul monitor del dottore. Fu un momento meravi-
glioso. Emanuela aveva gi due mesi e io non lo sapevo ancora,
ma Peppino s.

Ida

Ho conosciuto Peppino Sansone alcuni anni fa grazie a una


mia amica con cui uscivo quando ero ragazza. Questa amica me
ne parlava spesso, anche se io allora ero molto scettica quando
mi raccontava le vicende mirabolanti di questuomo.
Poco tempo dopo aver sentito parlare di Peppino, mio padre
si ammal di pancreatite acuta biliare ed io, disperata, chiesi aiu-
to e pregai la mia amica di contattare questo personaggio di
Monte SantAngelo. Lei lo fece subito. Contatt suo zio, France-
sco Perricci, che venne a casa dei miei a spiegare chi era questo
signore di cui tanto sua figlia mi aveva parlato. Raccont che a-
veva tanto carisma e noi gli chiedemmo di contattarlo per fargli
sapere la nostra triste vicenda. Peppino fu chiamato al telefono e,
senza che avesse mai visto o conosciuto mio padre, sapeva che
stava male e anche che lui pregava poco. Poi disse una cosa che
ci sembr strana; disse di portarlo via dallospedale in cui era ri-
coverato e di pregare tanto. Seguimmo i suoi consigli e trasfe-
rimmo mio padre in unaltra struttura di cura dove trovammo e ci
affidammo a un bravissimo chirurgo che oper mio padre.
Dopo lintervento mio padre guar. Un po di tempo dopo i
miei genitori andarono a trovare Peppino a Monte SantAngelo
accompagnati dalla famiglia Perricci e rimasero stupiti nel cono-
scerlo di persona. Furono colpiti dalla sua serenit, dalla forza
danimo che riusciva a trasmettere e dalla capacit di leggere nel
cuore della gente. Approfittando di quella occasione, mio padre
chiese unaiuto per me. Io avevo quasi trentanni e mio padre de-

Alla Luce dellArcangelo 153


siderava vedermi sistemata. Peppino disse a mio padre che non si
doveva preoccupare per me.
Dopo un po di tempo anchio ebbi modo di conoscere Pep-
pino; ricordo mi sembra accaduto solo ieri che provai una
grande gioia nel fare quella attesa conoscenza. Poi conobbi
luomo che sarebbe diventato mio marito. Portai anche lui a co-
noscere Peppino e di lui mi disse: Hai visto che brava persona
hai incontrato? Anche la tua mamma felice!. Riusc a tranquil-
lizzare anche mio padre che in quel periodo era molto ostile.
Passarono alcuni anni e tornammo a trovarlo. Lui ci port in
un posto dove aveva pregato la prima volta per noi, un posto
molto simile a Medjugorje.
Lo chiamavo spesso, e quando la sua salute lo permetteva,
lui rispondeva. Era sempre molto disponibile ad aiutarmi. Con i
suoi consigli sapeva sempre rassicurarmi e ben indirizzarmi.

Il destino ha voluto che anche mio marito si ammalasse di


pancreatite acuta. In casa abbiamo, su una mensola del soggior-
no, una foto di Peppino e io ho osservato a lungo quellimmagine
di Peppino con il suo sguardo rassicurante. Non so ben descrive-
re la sensazione provata. stato come se Peppino mi dicesse con
quegli occhi sereni: Dai, non ti scoraggiare, vedrai che andr tut-
to bene!. Mi ha dato un gran conforto. Sentivo dentro di me che
era presente.
Peppino mi manca tantissimo. Mi sarebbe bastato poter a-
scoltare la sua voce al telefono anche per un solo attimo. Quando
lo salutavo al telefono, concludendo la conversazione, io dicevo
sempre: Peppino ti voglio bene! e lui, sempre con estremo gar-
bo, mi rispondeva: Ciao bella, anchio!.
Era una persona davvero straordinaria, che dava molto senza
chiedere nulla in cambio. Bastava vederlo per essere contagiati
dalla sua fede e dal suo amore per la Mamma Celeste. Riusciva a
donare tanta tranquillit, tanta gioia e tanta speranza, e soprattut-
to, quella grande forza che sempre serve per affrontare le avver-
sit della vita.
Sono sicura che abbiamo un angelo che dal Cielo continuer
a starci accanto.

154
Da Francesco di Monopoli

Un giorno, per volere del Signore, mi sono imbattuto in una


persona meravigliosa che mi ha guarito spiritualmente e moral-
mente. Parlo di Peppino Sansone di Monte SantAngelo, una cre-
atura con la quale, se potessi, passerei il resto della mia vita, per-
ch quando sto con lui mi sento sereno, cos come tutte le volte
che mi reco a San Giovanni Rotondo a far visita a san Pio.
Comincio col dire che ho conosciuto Peppino tramite mio
nipote che circa dodici anni fa fece un viaggio con lui da Roma a
Foggia. Mio nipote tornava a Bari perch aveva la fidanzata am-
malata. Quel singolare viaggiatore disse a mio nipote che avreb-
be trovato la sua ragazza ad aspettarlo alla stazione. Mio nipote
disse a Peppino che quanto lui diceva era impossibile perch
quella ragazza, come gli aveva gi detto in precedenza, stava ma-
le. Quando il viaggio termin e mio nipote giunse alla stazione di
Bari trov veramente la sua fidanzata ad aspettarlo. Fu quindi
questo mio nipote a parlarmi di Peppino e cosi un giorno siamo
andati a Monte SantAngelo a trovarlo. Entrammo in casa sua e
Peppino ci disse che padre Pio, proprio in quel momento, era con
noi. Io rimasi stupefatto, ma sentii davvero un profumo di rose.
Tutti sanno che la presenza del frate di Pietrelcina, cos come la
presenza della Vergine, accompagnata da un profumo di rose.
Sono stato tante altre volte da Peppino a Monte SantAngelo, ma
quel profumo non l'ho mai pi sentito.
Peppino era sempre disponibile e dava incessantemente con-
sigli a tutti. Per il matrimonio di mia figlia era tra gli invitati spe-
ciali. Grazie a lui passammo una giornata meravigliosa. Quel
giorno fu memorabile anche perch ci furono molti avvenimenti
e perfino guarigioni.
Un giorno, parlando con una persona di Milano che aveva
sul viso un neo di una certa grandezza e che stava aspettando per
farselo togliere, diede questo consiglio: Il neo deve essere tolto,
ma aspetta qualche giorno. Quella persona aspett qualche gior-
no, come Peppino gli aveva raccomandato, e dopo quel tempo il
neo si cominci a seccare fino a cadere senza l'aiuto
dellintervento dei chirurghi e dei bisturi. Accadde una cosa ana-
loga anche a me. Mentre un giorno Peppino stava a casa mia
Alla Luce dellArcangelo 155
(stavamo pranzando e io stavo di fronte a lui), mi ricordai che
anche io avevo un neo sul viso e gli dissi che quando mi radevo
questo neo mi dava fastidio. Mentre spiegavo questo a Peppino e
gli dicevo di aver gi prenotato una visita medica per il sabato
successivo per farmelo togliere lui mi rassicur dicendo che non
dovevo preoccuparmi. Dopo tre giorni il neo cominci a seccare
e una quindicina di giorni dopo non se ne vedeva neanche pi
l'ombra.
In un'altra occasione ero stato a letto con l'influenza per circa
una settimana. Nel fine settimana la febbre mi era passata, ma il
lunedi sera mi ritorn. Preoccupato per quel riacutizzarsi della
malattia chiamai Peppino e gli spiegai che ero stato a letto con la
febbre e tutto il resto. Lui mi disse che non dovevo preoccuparmi
di niente e dopo una decina di minuti, inspiegabilmente, la febbre
scomparve.
Fatti come questi sono accaduti altre volte, e con lo stesso ri-
sultato. Vorrei precisare che Peppino non prende soldi da nessu-
no, anzi egli una persona molto generosa e tutto questo lo fa so-
lo per operare il bene. Due anni fa gli portai delle ciliegie e lui, in
quelle poche ore della durata del mio viaggio per fare ritorno a
Monopoli dopo avergli consegnato quelle ciliegie, prima ancora
che io facessi ritorno a casa, le aveva gi distribuite.
Peppino mi ha insegnato a pregare ogni giorno. In famiglia
diciamo il Santo Rosario e andiamo a Messa tutte le domeniche;
cos come ogni domenica ci comunichiamo prendendo lostia
consacrata di Ges Eucaristico. Quando possiamo lo facciamo
anche nei giorni della settimana. Adesso vorrei descrivere alcune
guarigioni di cui siamo stati testimoni.
La madre di una mia parente mor tanti anni fa a causa di un
tumore. La figlia, da quando ne ho memoria, non mai stata be-
ne, forse perch aveva avuto un tumore al seno. Era figlia unica,
era sposata e aveva due figli. Come se non bastasse, quattro anni
fa ebbe anche un tumore al cervello ritenuto non operabile. Una
storia davvero molto triste e toccante. Ogni tanto incontravo il
padre di questa donna e questo poveruomo, distrutto da questa
brutta situazione, finiva sempre per mettersi a piangere come un
bambino. Una mattina, mentre Peppino era a casa mia a Monopo-
li, mi disse che dovevamo fare una missione: dovevamo andare a
156
trovare una persona che non stava bene. Io ne approfittai per dir-
gli che anche noi avevamo una parente malata ma che non sape-
vo bene dove abitasse perch ero stato a casa sua solo una volta.
Dissi a Peppino che non sapevo se sarei stato capace di riuscire a
trovare la casa di quella donna con il tumore, ma Peppino disse
che non mi dovevo preoccupare perch lavremmo trovata lo
stesso. Inspiegabilmente, riuscimmo a trovare la casa di quella
povera donna. In quel momento era sola. Entrando a casa sua io
mi spaventai nel vedere in quali condizioni era ridotta. Aveva
fatto da qualche giorno la chemioterapia e si reggeva a malapena
in piedi. Durante la chiacchierata ci disse che stava raccogliendo
i soldi per comprare una statua di padre Pio per donarla alla sua
parrocchia. Quando ci rimettemmo in macchina per tornare a ca-
sa dissi a Peppino che la vicenda di quella persona mi addolorava
molto e aggiunsi che sicuramente soffriva tantissimo e che l'uni-
ca cosa che l'aiutava era una fede grande.
Alcuni giorni dopo, lei e il marito compirono il venticinque-
simo anno di matrimonio e in quelloccasione celebrarono la san-
ta messa per quellavvenimento. Lei quasi non si reggeva in piedi
e commosse tutti gli ospiti della cerimonia perch nel ringraziare
tutti i presenti, disse che se era l con noi era perch la Madonna
la stava sorreggendo.
Per un po di tempo non la vidi pi, ma ero sempre informa-
to sulle sue condizioni di salute. Sapevo da altre persone che ogni
giorno che passava la sua salute migliorava. Ebbi conferma di
questo quando andai alla benedizione di quella statua di san Pio
che lei aveva poi donato alla sua parrocchia. Sorprendentemente
la malata stava tanto bene che sembrava un'altra persona. Ascolt
addirittura la messa in piedi. Suo marito ci disse che era stata mi-
racolata. Aggiunse che in sessanta casi come il suo, lei era stata
l'unica a sopravvivere, e che dopo tutti i controlli si era ormai
certi della sua guarigione.

Conosco ancora una vicenda che riguarda Peppino (e padre


Pio!): Due anni fa mia nipote non stava bene. Tossiva, aveva do-
lore alla spalla e al petto e aveva una febbre che non le passava.
Dopo la prima radiografia risult che aveva una cicatrice al pol-
mone e per approfondire le indagini le consigliarono una TAC
Alla Luce dellArcangelo 157
urgente. Quando la ragazza ritir lesito dellesame, la dottoressa
le conferm quello che avevano gi ipotizzato vedendo la radio-
grafia. Si trattava di un tumore al polmone. Udendo quelle parole
mia nipote si mise a urlare. Per fortuna laccompagnava mia fi-
glia che pens di telefonare immediatamente a Peppino. Lui le
disse di pregare perch sarebbe guarita.
Quella sera, saputo di quanto era accaduto e della telefonata
a Peppino, presi un libro di padre Pio e con mia moglie andammo
a casa di mia nipote. Trovammo lei con i suoi due bambini in la-
crime. Le donai il libro che avevo portato e quando noi andammo
via lei inizi a leggerlo. Ci raccont in seguito che mentre lo leg-
geva sentiva un bruciore dalla spalla al petto. Ci disse che sentiva
un calore cos intenso che era come se su quelle parti avessero
messo del peperoncino. Il giorno dopo chiamai Peppino che mi
disse che stava sempre a pregare e che la ragazza stava facendo
una meravigliosa guarigione. Concluse la telefonata assicuran-
domi che al controllo non sarebbe risultato pi nessun male.
And proprio come aveva predetto Peppino. Alla visita di
controllo la stessa dottoressa che le aveva fatto la TAC le diede la
bellissima notizia: era guarita. Mia nipote mi preg di accompa-
gnarla a San Giovanni Rotondo per ringraziare san Pio e dopo
passammo per Monte SantAngelo per salutare Peppino Sansone.
Sono passati due anni da quella brutta faccenda e mia nipote ora
sta benissimo.

Ancora una guarigione per intercessione di padre Pio.

Nel dicembre del 2002, era prima di Natale, a due conoscenti


che avevano il tumore al pancreas (uno era grave mentre l'altro
non era malato cos gravemente), regalai il libro di padre Pio. A
quello con la patologia pi grave il libro fu portato dalla moglie
direttamente in ospedale e lui lo lesse tutto, senza mai lasciare la
lettura, prima di stare bene. In poco tempo la malattia spar e fui
io stesso ad accompagnarlo a San Giovanni Rotondo per fargli
ringraziare il santo di Pietrelcina. Invece, il conoscente con la pa-
tologia meno grave, che non pregava e non credeva, cos come
non pregavano per lui i suoi cari, dopo qualche mese mor.

158
In verit sono a conoscenza di tanti altri casi come questi, e
forse non basterebbe un libro intero per raccontarli tutti. Termino
questa mia testimonianza dicendo che sono Francesco Perricci di
Monopoli. Ho sessantasei anni, sono felicemente sposato da qua-
rantanni, ho cinque figli e cinque nipoti. Grazie a Dio, ora siamo
tutti in buona salute. Voglio solo aggiungere che Peppino spesso
mi diceva che senza preghiera non si va da nessuna parte.

Barbara

Si scriver un libro su di me, questo mi confid in una del-


le nostre chiacchierate quotidiane. Io ero seduta al piccolo sga-
bello a capo del letto, stringendo la sua mano. Oggi mi ritrovo
dinanzi a dei fogli bianchi, da inserire in quel libro da lui profe-
tizzato, su cui trascrivere quanto quelluomo ha impresso nel mio
cuore e nella mia vita.
Sentii parlare tanto del carisma di Peppino e cercavo qualcu-
no che mi permettesse di avvicinarlo, di poter, almeno per pochi
minuti, incrociare quello sguardo da tutti definito penetrante. Ci
riuscii, ma qualcuno prima di me lo aveva gi incontrato, per ca-
so: il mio fidanzato, Luigi, che era reduce da un incidente. Con
un suo amico, un giorno si ferm a salutare Peppino che gli disse
che tutto sarebbe andato bene e che non doveva preoccuparsi. La
preoccupazione di cui Peppino parlava era legata a un intervento
con applicazione probabile di protesi e conseguenti disagi fisici
permanenti nello svolgimento delle attivit quotidiane. Invece
tutto avvenne come aveva predetto Peppino e oggi Luigi in
buone condizioni fisiche, senza aver subito il temuto intervento
di applicazione della protesi.
Luigi non sapeva chi fosse quelluomo che, con quelle sem-
plici ma fondamentali parole, era riuscito a tranquillizzarlo.
La sera stessa dellincontro, il mio ragazzo mi raccont di a-
ver fatto quella conoscenza cos speciale e mi chiese se avevo
mai sentito parlare di lui. Io gli dissi che ne avevo sentito parlare
da mia nonna e che di lui si diceva che era un uomo con doni di-
vini, e aggiunsi anche: hai avuto una grande fortuna a conoscer-
lo, io lo cerco da tanto e tu, senza sapere niente di lui, lo hai in-
contrato!.
Alla Luce dellArcangelo 159
Successivamente, attraverso un altro amico, riuscii a incon-
trare Peppino e misi nelle sue mani la preghiera di ringraziamen-
to e la richiesta di protezione di Maria e dellArcangelo Michele
per i miei cari. Da quellincontro si cre un legame profondo di
amore spirituale. Ero l, nella casa dellAmore divino, quando
accorreva gente per richiedere aiuto. Ero l, a testimoniare il dono
fatto a chi cercava aiuto e consolazione e che Peppino elargiva
attraverso lintercessione di Maria e dellArcangelo Michele.
La commozione di Peppino esplodeva al solo pronunciare la
parola Medjugorje. Quello era il luogo in cui tante volte era an-
dato per onorare la Vergine. Un giorno mi disse: Andrai a Me-
djugorje e io ti dar un messaggio da portare. Io non gli chiesi
nulla. Avevo una fiducia totale che non mi faceva aggiungere al-
tro a quanto da lui gi detto.
Era solito assentarsi durante le nostre conversazioni.
Allimprovviso andava in riposo dello Spirito durante il quale
non sentiva pi niente di quello che accadeva attorno al suo cor-
po fisico; in quelle estasi il suo sguardo era immerso altrove, fis-
so su altri mondi, i mondi dello Spirito, e le sue mani diventava-
no lisce e bianche. Era attirato a rivolgere tutto il suo essere al
Cielo, alla dolce Mamma Celeste davanti alla quale poneva tutte
le preghiere a lui affidate dalla gente che lo interpellava e che gli
chiedeva aiuto.
Vorrei tanto poterti far vedere la bellezza di quanto io vedo.
Quanto lo vorrei!. Cos mi diceva talvolta, a valle di una di quel-
le estasi in cui viaggiava in altri posti del mondo o in altri mondi.
Gli incontri con la Vergine, li aveva sia nella sua umile e ca-
lorosa casa, ma anche in un luogo a pochi chilometri da Monte
SantAngelo, in una piccola radura pietrosa ricca di erba e di fiori
di campo dove Peppino aveva ultimamente fatto collocare una
statua della Madonna di Mediugorje rivolta verso la montagna
dellArcangelo. Questa diventer la seconda Medjugorje!, cos
diceva quando eravamo in questo luogo che , nello stesso tem-
po, brullo e bellissimo, posto nella valle di Carbonara. Tante a-
nime l hanno ricevuto grazie, tanti i cuori illuminati e scaldati
dal calore di quel raggio di sole, di quella potente presenza della
Mamma Celeste, la presenza della Vergine Maria tanto cara a

160
Peppino e che lui non mancava di portare in ogni luogo da lui vi-
sitato.

Ecco un altro episodio della mia personale esperienza: Il lu-


ned dellAngelo del 2014, io con la mia comitiva di amici era-
vamo riuniti per festeggiare insieme la Pasqua. Al gruppo com-
pleto mancava un amico, Carlo, e noi lo chiamammo al cellulare.
Carlo ci disse che sarebbe arrivato con un po di ritardo perch
era in compagnia di Peppino e che doveva accompagnarlo a casa
prima di poterci raggiungere. Sentendo quelle parole, dissi nella
mia mente che mi sarebbe tanto piaciuto che Peppino venisse a
salutarci e a stare un po con noi. Era Pasquetta e sarebbe stata
una vera gioia averlo tra noi e far giungere una benedizione su
tutti i miei amici. Ma aggiunsi anche, sempre nel mio pensiero,
senza parlare, che forse non era giusto farlo venire perch sareb-
be stato faticoso per lui che da anni non era pi in buone condi-
zioni fisiche. Mezzora dopo vidi entrare Carlo in compagnia di
Peppino. Mi ha detto che voleva venire anche lui qui da voi, ed
eccoci qua! disse candidamente Carlo. Peppino benedisse tutti
noi nel nome del Signore. Poco dopo, improvvisamente, si assen-
t con la coscienza. Non rispondeva pi alle nostre parole. Si ca-
piva che era da unaltra parte. Passati alcuni minuti ritorn con la
consapevolezza da noi e disse che Vicka (una delle veggenti di
Medjugorje) aveva avuto un malore (se non sbaglio, specific un
infarto) e che era stato l da lei. Qualche tempo prima Vicka lo
aveva definito il Faro del Gargano. Dalla sua tasca poi Peppino
tir fuori una coroncina e disse: per un bimbo di Mattinata, e
poi aggiunse: avr una grazia!. Si commosse e piangendo ag-
giunse una profezia: Il figlio dei miei amici diventer monsigno-
re e far carriera in Vaticano!.
Anche quando cadde il silenzio a causa della sua malattia e
fino ai giorni dellagonia, io ero l con lui. Il suo sguardo di dol-
cezza disarmante era sempre rivolto al Cielo per ogni occupazio-
ne dAmore.

La notte prima che ritornasse alla casa del Padre, mentre sof-
friva, straziato dalla pesantezza della malattia, abbiamo pregato
con le parole dei Salmi:
Alla Luce dellArcangelo 161
Mia forza il Signore. Anche se andassi per valle oscura non
temerei alcun male perch Tu sei con me. Il Tuo bastone e il Tuo
vincastro mi danno sicurezza. Beato luomo che trova il suo rifu-
gio in Lui. Nulla manca a coloro che Lo temono.

La fede in Cristo stata la sua forza, il suo sostegno e la sua


serenit mentre affrontava la sofferenza. Tutto se stesso ha dona-
to a chiunque a lui si rivolgeva con angoscia o sofferenza. Nono-
stante la sua malattia, donava anche quel tempo che avrebbe po-
tuto dedicare a se stesso. Era sempre pronto a donarsi, per orien-
tare, consigliare, sostenere ogni uomo nel percorso della vita. Si
fece compagno di vita per ognuno. stato una forte testimonian-
za di fede, di amore, di perdono e di generosit per amici, cono-
scenti e per quanti nemmeno conosceva.
Era instancabile nelloffrirsi a tutti i cuori. Tiepidi o affamati
di speranza; lontani e smarriti nelle difficolt della vita, Peppino
conduceva tutti alla sorgente dellacqua viva. Con la preghiera e
il suo essere testimonianza di vita in Cristo.
Dedic la sua vita al servizio del prossimo, non cercando
mai i propri interessi. Mirava al bene delluomo. Speriment il
Cristo sofferente in ogni uomo. Diceva: Tutto pongo ai piedi di
Ges. Come figlio fedele, riponeva il suo giorno terreno nelle
mani della tanto amata Mamma Celeste e allombra delle ali del
potente Arcangelo Michele.
Sono nato per questo: Dio me lo ha dato, diceva. guai a me
se non lo mettessi a disposizione degli altri. Peppino cosi am
Dio. La sua passione per il Padre era passione per luomo.
Dopo il primo incontro con Luigi, Peppino voleva che lui
passasse tutti i giorni a salutarlo. E Luigi lo faceva con spirito di
gratitudine e di amicizia profondi. Peppino aggiungeva: Hai un
cuore grande.
Un pomeriggio, mentre era disteso a letto, Peppino disse a
Luigi di lavargli i piedi. La badante si sorprese perch proprio lei
aveva fatto il bagno al suo assistito quella stessa mattina e aveva
creduto di essere stata poco attenta, ma Peppino ripet a Luigi:
Lavami i piedi. Luigi chiese a me di fare quel lavaggio perch
in queste cose le donne sono molto pi pratiche, ma Peppino ri-
pet quella richiesta a Luigi per lennesima volta. Voleva che
162
fosse lui a fare quel gesto e non altri, e cos Luigi prese una baci-
nella e un telo e lav i piedi a Peppino che al termine gli disse
cos: Questo un dono prezioso che ricorderai per tutta la vita.
Grazie. Ti voglio bene.
Gli incontri con Peppino continuavano nei sogni. Quello era
il nostro luogo di incontri extra. Una mattina lo sognai e nel so-
gno mi disse: Vieni a trovarmi e mi sentii scuotere il braccio.
Quel sussulto mi svegli e io non persi tempo a passare a salutar-
lo. Era seduto allingresso perch sapeva che sarei giunta e mi
aspettava.
In unaltra circostanza accadde la stessa cosa. Lo sognai e lui
mi disse che stava per uscire dallospedale (era forse la penultima
volta che and in ospedale) e che mi aspettava a casa sua. Al ri-
sveglio mi chiam Antonio, suo nipote, e mi dissi che Peppino
sarebbe stato dimesso. Io aggiunsi di esserne a conoscenza e An-
tonio rimase stupito perch di solito era lui a darmi le notizie e
mi chiese chi mi avesse avvisato. Io candidamente gli dissi che
era stato suo zio. Poche ore dopo andai a casa di Peppino e potei
abbracciarlo: era appena uscito dallospedale.
Una volta, a casa mia, mentre mia madre e mia sorella stava-
no conversando, videro un signore con una maglia celeste e un
pantalone blu che transitava da una stanza allaltra, camminando
senza toccare terra con i piedi. Si allarmarono molto perch era-
no certe che qualcuno era entrato abusivamente in casa, per do-
po tutti i controlli non trovarono nessuno. Io non ero presente,
ma quando rientrai mi raccontarono lepisodio. Le rassicurai e,
certa, dissi che era Peppino che, come altre volte, era venuto a
trovarci e che dovevano essere contente per quella sua visita.
Quando, poco tempo dopo, andai a casa di Peppino, gli raccontai
dellaccaduto e lui, che era a letto vestito esattamente come lo
avevano descritto mia madre e mia sorella (maglia celeste e pan-
talone blu) mi conferm, dicendo che lo avevo capito da molto
tempo. Ci facemmo un sacco di risate perch gli raccontai che
dopo averlo avvistato lo avevano cercato anche sotto i letti.
Unaltra volta, mentre ero a casa di Peppino, risposi a una
chiamata di mia sorella sul cellulare. Mentre io le parlavo, mia
sorella sentiva attraverso il telefono un canto celestiale. Chiusi la
telefonata e chiesi a Peppino un ragguaglio; lui mi conferm di
Alla Luce dellArcangelo 163
essere sempre in compagnia degli angeli e di udire sempre la loro
musica celestiale.

Questa vuole essere la mia testimonianza di aver vissuto nel-


la quotidianit di Peppino, lo sguardo di Ges che si pone su ogni
suo figlio, di aver vissuto il suo carisma, ma anche il comanda-
mento al quale il Cristo chiama ogni uomo: Ama il prossimo tuo
come te stesso. La sofferenza di Peppino stata il suo inchino
allAmore divino per donare Amore e Misericordia ai suoi pros-
simi sofferenti. Lui sapeva senza sapere, era ovunque senza
muoversi. Le virt della chiaroveggenza e della bilocazione han-
no delineato la parte umanamente comprensibile del suo carisma.
Il suo talento spirituale non ha tenuto nascosto, ma gratuitamente
aveva ricevuto e gratuitamente donava.

Grazie Peppino per avermi donato oggi, qui, su questa terra,


quanto di piu prezioso possedevi: labbraccio dellEternit. Ag-
giungo, per concludere la mia testimonianza per Peppino Sanso-
ne, questo piccolo passo tratto dai Libri:

Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato

La testimonianza di una ragazza di Monte SantAngelo

Allinizio del libro ho riportato la testimonianza della madre


di una ragazza che aveva accarezzato il cuore vivo di Ges su di
un quadro in casa di Peppino. Dopo qualche tempo ho avuto mo-
do di intervistare direttamente la ragazza. Questo il racconto di
quellintervista:
Un giorno questa ragazza, a quellepoca circa quindicenne,
che aveva accompagnato la madre da Peppino per una visita di
cortesia, venne attratta da un quadro rappresentante limmagine
di Ges che Peppino conservava allinterno di una stanzetta.
Mentre la madre parlava con Peppino, lei si sent attratta da
quellimmagine che sembrava osservarla. Era come se si fosse
stabilito un dialogo con limmagine sacra, e quellimmagine le
chiedeva di mettere la mano sul cuore del Cristo rappresentato.
La ragazza cos fece. Il cuore di Ges era caldo, come se fosse
164
vivo. Dopo un po dagli occhi di Ges uscirono delle lacrime e a
quel punto anche lei si mise a piangere attirando lattenzione di
Peppino e della madre che, accorsi, le chiesero cosa fosse acca-
duto. La ragazza raccont quanto aveva visto, ma dopo tanti anni
non si ricorda la spiegazione di quellavvenimento datale da
Peppino. Durante lintervista telefonica la stessa ragazza mi ha
confidato che quella riportata non era la prima volta che vedeva
Ges. Della seguente visione, a parte il suo fratellino che era pre-
sente, nemmeno la madre sapeva, prima dora, questa storia.
La ragazza che mi affida la sua testimonianza e suo fratello
giocavano sul terrazzo di casa (avevano circa dieci anni) quando
dal cielo comparve, ai soli occhi della ragazza, Ges che allarg
le braccia e la guard. Non disse nulla, ma la descrizione che la
testimone fa di un Ges vestito di bianco, sospeso a mezzaria e
avvolto da un alone di luce. Lei chiese al fratellino: Lo vedi an-
che tu?, ma il ragazzo non riusciva a scorgere nullaltro che il
cielo. In unaltra occasione, la ragazza (forse dodicenne) vide,
questa volta in sogno, Ges scendere dal crocifisso e avvicinarsi
a lei per curarle una brutta malattia delle unghie (molto proba-
bilmente una micosi) che non passava nonostante venisse curata
con dei cerotti medicali. Ges, sceso dalla croce e sedutosi ac-
canto a lei, le disse di appoggiare la mano su un suo ginocchio e
le disse che non doveva pi mettere quei cerotti perch erano
dannosi. Al risveglio la malattia era scomparsa.

Luciana

Una donna che conosceva Peppino da molti anni e che aveva


fatto insieme a lui dei pellegrinaggi a Medjugorje e al santuario
di santa Rita di Cascia si rivolse a lui per la difficolt a procreare
della nipote che da pi di sette anni non riusciva a rimanere in-
cinta. Peppino le diede le ciliegie di cui abbiamo gi detto e rac-
comand di farle mangiare ai coniugi che volevano il figlio. La
gravidanza ci fu, ma ci furono anche delle precoci complicazioni
che portarono a un aborto spontaneo. Quando Lucia torn da
Peppino per raccontare laccaduto lui la rimprover perch a-
vrebbe dovuto fargli sapere che la gravidanza stava avendo pro-
blemi. Comunque diede loro altre ciliegie e questa volta tutto an-
Alla Luce dellArcangelo 165
d benissimo. La donna concep una bimba e la Madonna di Me-
djugorje guid la gravidanza attraverso i sogni.

Durante un viaggio a Medjugorje con questa signora Luciana


vi era una donna l giunta per chiedere la grazia alla Madonna
perch nella sua famiglia cera una situazione disastrosa. Il mari-
to della donna era profondamente depresso; il figlio sposato
si era allontanato dalla casa paterna; con la figlia litigavano pe-
santemente ogni giorno. Insomma in quella casa cera la tragedia.
Quando tornarono in Italia, Luciana volle portare questa famiglia
a Monte SantAngelo. Il marito, non credente, non sarebbe mai
entrato nella Grotta dellArcangelo, pens Luciana, e quindi scel-
se di portarli direttamente da Peppino. Ci riusc a stento, e non
senza fortissimi litigi. Quando marito, moglie e figlia entrarono a
casa sua, Peppino disse alla donna che era troppo legata ai soldi e
che era anche per quel motivo che il figlio si era allontanato da
loro. Ma non era tutto, perch il peggio di tutta la situazione sta-
va per essere rivelato. Peppino si fece mostrare la foto della nuo-
ra e guardando quellimmagine venne fuori che quella sciagurata
aveva fatto fare unazione malefica nei confronti di tutta la loro
famiglia. Peppino aggiunse, per essere creduto, la descrizione di
ogni dettaglio del carattere di quella donna che aveva ordinato
quella raccapricciante azione. Tutti rimasero stupefatti. Al marito
depresso e non credente Peppino disse che doveva pregare e che
doveva andare in chiesa, ma lui, aderendo alle pi meschine tra-
dizioni di scambio, perse in partenza quando si ha a che fare con
i santi, rispose che lo avrebbe fatto e che sarebbe diventato cre-
dente quando e solo se il figlio fosse tornato a casa da loro. Ag-
giunse che sarebbe andato anche ogni giorno in chiesa se quella
profezia si fosse avverata. Peppino rispose che quel figlio sareb-
be tornato da loro dopo un mese, ma che la famiglia non avrebbe
avuto la totale felicit, perch a quella sarebbe mancata una cosa
che Peppino non rivel. Il mese pass e quel figlio perduto, esat-
tamente come aveva predetto Peppino, torn a trovare i genitori.
Accadde anche dellaltro, inaspettatamente, almeno per la fami-
glia, ma non per Peppino. Forse per un voto fatto segretamente (
unipotesi dellautore), la figlia si dimise dallospedale in cui la-
vorava con il ruolo di caposala, don la sua casa al fratello, diede
166
ogni suo avere in beneficenza e scelse la vita religiosa diventan-
do suora eremita.

Un figlio lontano

Ancora una testimonianza. Il figlio di una signora di cui non


voglio fare il nome era andato via dalla casa paterna e di lui non
si sapeva pi niente. Quella mamma, disperata, chiese insisten-
temente a Peppino di sapere dove fosse finito quel figlio di cui
non aveva pi notizie. Alla fine Peppino (che probabilmente gi
sapeva), intenerito per quelle accorate richieste e dalla sofferenza
di quella mamma, capitol e intraprese un viaggio astrale per
raggiungere quel giovane. Si assent dal suo corpo e cominci a
raccontare. Sto respirando la sua aria, inizi a dire, tuo figlio
sta bene e non ha bisogno di nulla. La mamma inizi a piangere
e chiese, se gli mancasse qualcosa e, in particolare, se aveva da
mangiare. Peppino rispose con decisione: a tuo figlio non manca
niente e sta benissimo!. La mamma chiese dove si trovava e
Peppino disse che si trovava in Svizzera. Le domande della
mamma incalzavano Peppino. Quando torner? chiese. Quan-
do e se vuole il Signore disse Peppino che per alla fine della
chiacchierata, dopo essere tornato dal viaggio astrale, aggiun-
se: Un giorno tuo figlio torner e te lo troverai dietro la porta di
casa.

Il viaggio della Madonna di Loreto

Dal racconto di una testimone diretta trascrivo il resoconto di


una visione di Peppino mentre, stando in estasi, vede la Madonna
di Loreto. Ecco cosa disse Peppino: partita adesso da Loreto,
con uno stuolo di angeli che la seguono vestita doro. Adesso
alla Grotta dellArcangelo. Ha posato cinque rose bianche
sullaltare di san Michele. Ecco, ora giunta qui. In quel mo-
mento la stanza della casa di Peppino si illumin di una luce do-
rata proveniente dallesterno, come se fuori fosse uscito il sole,
sebbene su Monte SantAngelo ci fosse una fitta nebbia e la
giornata era quindi assai buia. Mentre diceva della presenza della
Madonna, Peppino inizi a piangere. La signora che mi riporta
Alla Luce dellArcangelo 167
questo episodio, vedendo Peppino con le lacrime agli occhi, tent
di asciugargliele, ma Peppino le blocc la mano per evitare di
farsi togliere le lacrime dagli occhi. Il racconto si conclude cos:
Ecco, adesso andata via. Nella stanza cess la luce dorata,
tutto torn alla normalit e Peppino aggiunse che la Madonna si
presentava con un abito diverso man mano che giungeva nei po-
sti di cui aveva raccontato nella visione.

Laereo caduto

Questa una testimonianza che ho raccolto io stesso dalla vo-


ce di Peppino e che mi stata confermata anche da altre persone.
Riguarda la caduta di un aereo sul quale doveva viaggiare anche
un caro amico di Peppino che doveva partecipare a un convegno.
Quellamico, avvisato di non partire, dapprima riluttante, si fece
infine convincere a non prendere quel volo.
molto probabile, secondo la ricostruzione che abbiamo fat-
to, che fosse laereo ATR 42 precipitato il 15 ottobre del 1987 a
Conca di Crezzo, a causa della formazione di ghiaccio sullala. In
quella sciagura morirono 37 persone.

Anche questa testimonianza, insieme a molte altre riportate in


questo libro, accertabile (o confutabile) perch sicuramente ne-
gli archivi ci sono gli elenchi delle prenotazioni cui far corri-
spondere i nomi dei deceduti e, per confronto, di chi non ha preso
il volo che da Milano-Linate doveva giungere a Colonia.

La testimonianza di una coppia di sposi

Da anni pregavo per la conversione di mio marito che tratta-


va male sia me che le nostre figlie. Chiedevo la sua conversione
andando in pellegrinaggio e pregando continuamente.
Ci eravamo innamorati e sposati quando eravamo molto gio-
vani, ma lui, forse per la sua et, era sempre distratto e faceva
soffrire me e le nostre figlie. La mia vita coniugale e familiare
era infarcita di bugie e inganni e pi volte avevo seriamente pen-
sato di lasciare mio marito, ma quando ne ebbi la concreta occa-
sione, ricevetti una sua telefonata. Mi chiedeva di incontrare un
168
vecchietto. Quel signore era Peppino Sansone, ma io non lo co-
noscevo e non lo volevo conoscere, per poi quando ci parlai mi
disse che la mia famiglia era circondata da serpenti e da persone
che tramavano contro di noi. Mi disse anche delle cose che solo
noi potevamo sapere. Udendo quelle cose cos private scoppiai in
un pianto: avevo capito che le preghiere che avevo fatto erano
state ascoltate. Pensavo da tempo, infatti, che cerano delle per-
sone malvagie che ci stavano facendo del male. Tornai a casa fe-
licissima per quellincontro. Quello stesso pomeriggio Peppino ci
diede un appuntamento presso la statua della Madonnina che a-
veva fatto mettere nella valle di Carbonara e quando vi giun-
gemmo ci disse che la vallata intera era inondata da petali di rosa
che scendevano dal cielo. Noi non vedevamo niente, ma senti-
vamo un forte profumo di rose. Eravamo in pace, finalmente.
Peppino ci disse che se volevamo veramente salvare il nostro ma-
trimonio dovevamo fare un pellegrinaggio a Medjugorje tutti in-
sieme. Fu in quel posto e in quel momento che mio marito inizi
il suo percorso di conversione. Peppino aveva una parola di con-
forto per ogni nostro bisogno. Ho solo il rammarico di averlo co-
nosciuto troppo tardi.

Il marito di questa signora racconta che ogni giorno Peppino


era solito andare a salutarlo dove svolgeva la sua attivit. Un
giorno gli consigli addirittura di cambiare attivit e di rivedere
le sue amicizie. Ecco cosa testimonia:
Col tempo compresi che era una persona molto speciale e
quando mi chiamava per accompagnarlo da qualche parte io ri-
spondevo sempre di s. In quelle richieste cera, ho compreso col
tempo, la possibilit di stare in sua compagnia e la possibilit di
convertirmi piano a piano a Cristo. Era questo lo scopo. Cos mi
guid delicatamente verso la fede.
Un giorno, mentre percorrevamo la strada che da Monte va
verso Macchia, lo vidi gesticolare e parlare mentre guardava ver-
so il cielo. Mi disse che era in unimmensa foresta. A me, ini-
zialmente, pareva tutto assai strano, ma piano piano compresi. In
unaltra occasione eravamo io, Peppino e Mario fece fermare
la macchina per sollecitarci a chiedere tutto quello che avremmo
voluto sapere. Io gli risposi che non volevo sapere niente, ma
Alla Luce dellArcangelo 169
Mario non si lasci sfuggire quelloccasione e gli fece diverse
domande. Quando ebbe le risposte, Mario chiese a Peppino come
faceva a sapere tutte quelle cose e ne rimase sconvolto tanto da
aver bisogno di scendere dalla macchina. Mentre eravamo soli io
e lui mi disse delle cose che solo io potevo sapere e quindi tocc
a me rimanere sconvolto. Ripartimmo, in silenzio.
Una domenica, mentre rientravamo da Mattinata, mi chiese
di fermare la macchina e mi disse: Ton, ho appena salvato un
bambino. Io non riuscivo a capire quello che aveva detto o fatto,
ma la risposta venne il giorno dopo. Mi chiam per andarlo a
prendere e quando giunsi da lui vidi che cera una donna che a-
spettava per parlargli. Entrai in casa di Peppino e lui mi chiese di
riferire a quella signora che aspettava di seguirci con la sua mac-
china fino alla Madonnina della valle di Carbonara.
Quando giungemmo sul posto e lo feci scendere, mi disse di
rientrare in auto. Dopo pochi minuti di colloquio con quella si-
gnora, dallauto vidi la donna che si era messa a piangere. Peppi-
no mi chiam e io scesi dallautomobile. Mi disse: Cosa ti avevo
detto ieri? Io non riuscivo a ricordare, ma quando mi ridisse il
fatto del bambino, mi ricordai. Quella signora era la mamma del
bambino che Peppino aveva salvato.
Quel ragazzo, giocando al pallone, era caduto e, stando a ter-
ra, altri ragazzi erano caduti o si erano lanciati addosso a lui pro-
curandogli uno schiacciamento delle vertebre. I medici avevano
detto che il ragazzo stava per rimanere paralizzato. Lei era appe-
na tornata dallospedale di San Giovanni Rotondo e per questo
stava ad aspettarlo dietro la sua porta.

Un giorno a casa sua vidi che un giovane gli baciava le mani.


Peppino mi disse: E un sacerdote, un giorno quel giovane sar.
Unaltra volta mi disse di andare a Medjugorje e siccome un
nostro comune amico organizzava questo tipo di pellegrinaggi, ci
andai. Da quando sono tornato da quel viaggio benedetto inco-
minciata una vita nuova per me.
Ringrazio ancora una volta Peppino che mi ha promesso di
proteggermi sempre con le sue preghiere.

170
Una visita non gradita

A San Severo, in provincia di Foggia, nella chiesa di san Mat-


teo, esercita un famoso prete esorcista: padre Cipriano De Meo.
La chiesa dove egli pratica la sua opera frequentata da moltis-
simi bisognosi di cure e un giorno Peppino giunse, inatteso e
sconosciuto anche al padre esorcista, in quella chiesa. Peppino,
Francesco (che rende la testimonianza) e una terza persona di
nome Raffaele si sedettero nei banchi della chiesa nellattesa di
essere ricevuti dal sacerdote per poterlo conoscere.
Mentre tutto sembrava tranquillo, una ragazza (sconosciuta) si
gir verso Peppino (che fino a quel momento nessuno conosceva,
nemmeno il sacerdote) e inizi a gridare: Peppino, Michele ti ha
mandato! Ma che sei venuto a fare? Ti ha mandato Michele, sei
venuto a disturbarci!. Nelludire queste urla e nel vedere lo
sguardo di quella ragazza posseduta Peppino si turb, ma fortu-
natamente dopo poco giunse il suo turno di andare in sacrestia
per parlare con padre Cipriano e la situazione si calm. Quando
usc dal colloquio Peppino disse ai suoi amici che dovevano an-
darsene subito perch la situazione poteva degenerare da un mo-
mento allaltro.

Non dovrebbe essere necessario aggiungere che il Michele in


questione era il principe delle schiere degli angeli che combatto-
no i demoni, lArcangelo, Colui che combatte e vince il Maligno.

A questo punto desidero ricordare un episodio evangelico,


quello in cui Aggeo di Malachia, un posseduto, viene portato al
cospetto di Ges nella sinagoga di Cafarnao. L, davanti al Mes-
sia, il Maligno si rivela cos: Ges di Nazaret? Perch sei venuto
a tormentarci? Perch a sterminarci, Tu, Padrone del Cielo e del-
la Terra? So chi sei: il Santo di Dio. Nessuno, nella carne, fu pi
grande di Te, perch nella tua carne duomo chiuso lo Spirito
del Vincitore eterno. Gi mi hai vinto in

In unaltra occasione, racconta sempre Francesco, Peppino e


altre quattro persone si recarono al santuario dellIncoronata, vi-
cino Foggia. Alla fine della messa Peppino volle acquistare delle
Alla Luce dellArcangelo 171
mandorle in una delle bancarelle poste attorno alla chiesa. Per
lacquisto scelse proprio lultima delle bancarelle, quella gestita
da un signore e dalla moglie. Quando fu il momento di pagare,
Peppino ricevette dalla signora cinquanta euro in pi del resto
dovuto. Ovviamente Peppino restitu ai due commercianti il resto
in eccesso e quelli rimasero colpiti da quel gesto. Peppino disse
loro, alzando lindice al cielo, che se non avesse restituito quel
denaro quelli da lass gli avrebbero chiuso il rubinetto. Poi
aggiunse, parlando con il marito, che il padre di lui gli era sem-
pre accanto, anche in quel momento. Luomo inizi a piangere e
raccont che il padre era morto da una settimana. Peppino disse
che lo sapeva e che riusciva a vederlo perch era proprio accanto
a loro e che lo era sempre stato da quando era morto. Aggiunse
che quelluomo sarebbe sempre stato con loro e disse anche che
stava bene. Tutti, compreso lo stesso Peppino, piansero e quei
due signori si chiesero chi fosse quelluomo in grado di parlare
con i trapassati. Gli amici di Peppino dissero loro che quelluomo
abitava a Monte SantAngelo e che aveva doni mistici.

Larcobaleno

Questo il racconto di Annamaria, una mamma di Mattinata


il cui figlio dodicenne un brutto giorno era tornato da scuola con
il viso deformato da una paresi facciale. Su pronto consiglio di
unamica, Annamaria port il ragazzo da Peppino che in breve
organizz una trasferta nella vicina valle di Carbonara, presso
quel luogo che, adesso sappiamo, diventer come una seconda
Medjugorje. Era una giornata di pioggia; giunti sul luogo Peppi-
no inizi a pregare la Vergine affinch concedesse il miracolo
per la guarigione del giovane e pose la mano sulla testa del ra-
gazzo. Dopo poco il ragazzo sent come se il viso gli andasse a
fuoco. In breve la pioggia smise di cadere per far posto a un me-
raviglioso arcobaleno. Il miracolo era compiuto e Peppino, che
aveva visto la sua amata Madre Celeste alla quale aveva chiesto
la guarigione, raccomand al giovane di andare a Lourdes in pel-
legrinaggio. Di quella faccia deformata, conseguenza della pare-
si, il ragazzo, gi da quello stesso istante, non ebbe pi nessun
segno. Quanto riporto accaduto circa tre anni fa.
172
Lella

Una donna di Mattinata, amica e collega di lavoro di Peppino


per quasi cinquantanni, racconta di come Peppino labbia aiutata
in uno dei momenti pi difficili della sua vita. Lella non una
donna fragile poich ha dovuto attraversare diversi periodi com-
plicati e aspri per via della sua salute. Lavorando alle Poste e nel-
le filiali di una banca, ha subito per quattro volte rapine e in ben
due occasioni i rapinatori le puntarono la pistola alla testa per
farle aprire la cassaforte e la trattennero in ostaggio. Quegli ac-
cadimenti sono stati terribili e le sono costati danni irreparabili
sul piano psicologico e fisico, ma Lella si sempre rialzata poi-
ch ha potuto contare sullamore del marito e sulla presenza co-
stante di Peppino.
Lella conosceva gi Peppino perch era suo collega alle poste
di San Giovanni Rotondo (era lanno della morte di padre Pio e i
due erano stati assunti per un semestre alle poste di quel paese),
ma quella volta del 1993, quando nessuno sapeva che lei era ri-
coverata allospedale Gemelli di Roma e per quale motivo, com-
prese chi veramente fosse quel suo amabile e spiritoso collega.
In quelloccasione Peppino le mand una persona che aveva il
compito di dirle che il 13 maggio avrebbe sentito il profumo di
padre Pio. Accadde esattamente come aveva detto Peppino.
Alle sette del mattino il professore che laveva in cura giunse
per dire a Lella che delle metastasi del male incurabile che in due
mesi lavrebbe dovuta uccidere non cerano pi tracce. Poco do-
po aver udito quella meravigliosa notizia, sia lei che il marito
unici in tutta la camerata sentirono il profumo del santo. Ma
non era tutto perch poco dopo giunse la caposala del reparto ad
avvisare che cera una telefonata per lei. Era Peppino, puntuale
come solo chi sa nel dettaglio cosa sta accadendo, che le voleva
dire che durante tutta la sua degenza non si era mai distratto da
lei e che laveva seguita passo per passo. Centoquattro giorni di
degenza al Gemelli conclusi con quel fragrante e liberatorio pro-
fumo di fiori e di santit.

Colmo la mancanza di informazioni riguar-


danti Peppino aggiungendo questa breve nota
Alla Luce dellArcangelo 173
squisitamente biografica: dopo quel semestre
alle poste di San Giovanni Rotondo Peppino
and a lavorare a Bari presso la societ dei te-
lefoni di Stato.

Ancora un caso di possessione

Per otto anni sono stato alle prese con la malattia di mio fi-
glio al quale erano stati diagnosticati dei disturbi psicologici e
psichiatrici che erano nati di punto in bianco. Nessun dottore riu-
sciva a capire il problema di questo ragazzo che continuava a
peggiorare col tempo. La diagnosi era disturbo ossessivo-
compulsivo con anoressia. Purtroppo la realt era ben diversa. E
peggiore!
Attraverso delle amicizie fui indirizzato verso Peppino San-
sone di Monte SantAngelo. Lui per inizi a curare me senza
che io lavessi chiesto. Mi cur la spalla sinistra che da 37 anni
era lesionata irreparabilmente per via di un incidente sportivo di
giovent; poi mi cur dalla possessione diabolica che mi perse-
guitava da anni.
La malattia di mio figlio si rivel, anche quella, una posses-
sione. Io lavevo presa a causa di alcune sedute spiritiche che a-
vevo fatto per gioco quando avevo circa ventanni. Facevo quella
sciocca cosa del bicchiere sul cartone con dei miei coetanei e di
certo non potevamo sospettare che rappresentava un pericolo cos
grande. Mi infettai di possessione demoniaca. Negli ultimi anni
notte e giorno delle voci diaboliche mi parlavano nella testa e
quando andai a trovare Peppino, dopo chebbi raccontato questo
problema, lui ebbe un segno dallimmagine dellArcangelo che
teneva in una cornice appesa al muro. Mi chiese se anche io a-
vessi visto, ma io non ero stato attento e dissi che non avevo vi-
sto nulla. Poi Peppino accese le luci del quadro che stavano at-
torno allimmagine dellArcangelo e mi disse di recitare con lui
una preghiera a san Michele. Terminata questa preghiera mi disse
che sarei dovuto andare alla messa nella grotta della Basilica e
mi raccomand di fare la comunione. Cos feci, e dal giorno do-
po io non udii pi nessuna voce. Dopo anni ero finalmente libero.

174
Il mio ragazzo invece non aveva mai fatto nessuna cosa di quel
tipo e ciononostante sub una possessione che laveva portato da-
gli psichiatri e allanoressia.
Prima di giungere da Peppino tentammo di tutto. Ricorrem-
mo a diversi carismatici come don Michele Pio Cardone della
parrocchia san Nicola di Rodi Garganico che ha il dono della
preghiera di guarigione. Don Michele vide che mio figlio aveva
accanto lo spirito di una ragazza morta giovane che il mio ragaz-
zo chiamava (e chiama) Angelica; lo spirito di una brava ragaz-
za che gli sta accanto amorevolmente e che laiuta a tornare alla
Luce. Un giorno vidi in una visione che lArcangelo Michele lo
teneva per mano e lo proteggeva. Purtroppo per la guarigione to-
tale da queste cose occorre molto tempo. Adesso guarito quasi
del tutto, ma occorrono ancora due ultime cose per la liberazione
definitiva: la confessione e la comunione. Prima di giungere a
questo punto quasi terminale, una volta che portammo il giovane
nella grotta della Basilica, lui fugg a gambe levate salendo a tre
a tre i gradini della lunghissima scalinata che portano alla chiesa.
Adesso riesce anche a seguire tutta la messa, ma non riesce
ancora a fare quellultimo passo della comunione.
Poich il Signore mi parla nello spirito, so che questo mo-
mento vicino e per questo lo ringrazio.

Francesco

Un mio caro cugino viveva in quegli anni una situazione di


profondo disagio fisico e psichico. Era profondamente depresso e
mi aveva chiesto aiuto. Non riuscendo a far breccia nella sua
mente per fargli comprendere che a lui non mancava niente e che
aveva tutto per essere felice, lo avevo portato da Peppino Sanso-
ne. La depressione, mi aveva detto Peppino una volta, una
delle patologie pi difficili da curare. Ed proprio cos, perch
togliendoti la voglia di vivere, la depressione ti toglie anche la
volont di combattere e quella di guarire cosicch niente riesce a
curarti. La depressione porta infatti allabbattimento della volon-
t di risorgere e, nei casi peggiori, il desiderio della morte per
annullare la sofferenza.

Alla Luce dellArcangelo 175


Francesco stava sprofondando in quel pantano e niente riusci-
va a farlo venir fuori. Peppino, pensai io, avrebbe sicuramente
potuto fare qualcosa. Cera per un punto interrogativo di grandi
dimensioni: la diffidenza tipica di chi gi uomo di chiesa e sen-
te parlare di persone con carismi.
saggio, soppesando tutto, diffidare di quelli che offrono so-
luzioni miracolistiche ai mali degli altri, per anche poco sag-
gio, quando si ben armati di fede, ignorare che Dio ti sta forse
offrendo aiuto attraverso una sua creatura benedetta. I doni spiri-
tuali e mistici sono dati da Dio e diffidare di tutti, senza discer-
nimento, significa ignorare anche laiuto divino invocato e, quin-
di, essere indotti a pensare che Dio non ti ascolta o, peggio, che ti
ha abbandonato.
Queste creature benedette, i santi uomini di cui Peppino un
esemplare genuino, sono tra noi, cos come purtroppo sono
tra noi gli spacciatori abusivi di falsi miracoli e di falsi credi. I-
gnorare tutto e tutti significa essere sordi anche allaiuto divino e
significa decidere di non vedere la mano del Signore che giunge
a te per esaudire le tue preghiere. Certamente occorre essere vigi-
li e giudiziosi nei confronti di chi accampa poteri e carismi, cos
come occorre essere attenti anche agli uomini che indossano
panni sacri, se non permeati internamente di santa e profonda fe-
de. Non si deve dimenticare quello che stato fatto a padre Pio
dallillustre padre Agostino Gemelli (sicuramente in buona fede
poich padre Gemelli era un uomo di scienza prima che di fede e
il suo occhio pi attento quello di scienziato si era appropria-
to della prerogativa di giudicare chiunque con lo stesso metro) e
del fatto che proprio la Chiesa ha proibito per molti mesi al frate
di Pietrelcina, che pure profumava abbondantemente di santo in
vita, di confessare e quindi di assolvere dai peccati le creature in-
catenate dal Male. Sono errori ai quali la Chiesa ha saputo rime-
diare, ma non si possono dimenticare le amarezze degli uomini
santi colpiti mentre esercitavano lopera assegnata loro attraverso
lelargizione dei divini doni. Nemmeno, per, si possono dimen-
ticare le moltitudini di cristiani (volendo rimanere nei paraggi
della nostra Chiesa) che si avvalgono di santoni, cartomanti e af-
fini e per questo forse la Chiesa fa bene ad essere guardinga,
fermo restando che la stessa Chiesa deve imparare a separare
176
meglio il buon grano dalla gramigna e a non fare di tutta lerba
un solo fascio.
Ci sono tra noi, lo ripeto, persone di provata fede e con cari-
smi anche notevoli. Forse toccato a me di incontrarne pi di al-
tri per la mia possibilit di giungere a molti attraverso il dono
della scrittura. La regola sempre quella, semplicissima: chi aiu-
ta con spirito di carit e senza chiedere nulla in cambio (assolu-
tamente nulla!), allora viene da Dio; degli altri diffidate profon-
damente. Ricordate solo un paio di cose: a chi sono stati dati ca-
rismi, Dio d quanto basta per vivere e di quel tanto queste crea-
ture si sentono ricche e paghe. Inoltre, chi ha doni divini chiede
sempre di pregare e di ringraziare Dio. sempre Dio che fa i mi-
racoli della carne e quindi ringraziate Dio, sempre. Chiedere alla
Vergine e ai santi corretto purch si comprenda che si chiede la
loro intercessione presso Dio.

Riporto queste parole di Ges per esortare tutti a fare uno


sforzo per penetrare con lintuizione la Magnificenza e la Poten-
za del Padre santo.

Ma che dunque Dio? chiede Simone Zelote a Ges che


cos risponde:

Dio e l'irraggiungibile Perfezione, Dio e la compiuta


Bellezza, Dio l'infinita Potenza, Dio lincomprensibile
Essenza, Dio e l'insuperabile Bont, Dio l'indistruttibile
Compassione, Dio limmisurabile Sapienza, Dio l'A-
more divenuto Dio. l'Amore! l'Amore! Tu dici che pi
conosci Dio nella sua perfezione pi ti pare di salire o
immergerti in due profondit senza confine, di azzurro
senzombre... Ma, quando tu capirai cosa l'Amore di-
venuto Dio, non salirai, non ti immergerai pi nell'azzur-
ro, ma in un gorgo incandescente di fiamme, e sarai a-
spirato verso una beatitudine che ti sar morte e vita.
Dio lo avrai, con completo possesso, quando, per la tua
volont, sarai riuscito a comprenderlo e a meritarlo. Al-
lora ti fisserai nella sua perfezione.

Alla Luce dellArcangelo 177


Ma torniamo a Francesco. La sua diffidenza era un ostacolo.
Peppino per fu capace di conquistare la sua fiducia e di inizare
un lungo lavoro di ricostruzione basato sia sulle preghiere alla
Vergine che sulla psiche del malato. Passarono anni prima di
ottenere risultati tangibili, ma alla fine Francesco riusc a solle-
varsi e a camminare con le proprie gambe. In quegli anni accad-
dero alcune cose importanti; ne riporto solo un paio.
Francesco si era innamorato di una ragazza che frequentava la
sua stessa parrocchia. Per la troppa attesa, avendo lui il problema
detto che lo frenava, quella si era fidanzata con un altro.
Quellattesa gli fece perdere loccasione propizia e cos un gior-
no and da Peppino per raccontargli la sua tristezza per aver sco-
perto che quella ragazza che a lui piaceva molto si era gi fidan-
zata. Sarebbe stata quella, in effetti, una grande spinta per uscire
dalla palude della depressione e Francesco se ne fece una colpa e
addit la sfortuna. Ma Peppino gli disse che quella stessa ragazza
avrebbe rotto il fidanzamento con il ragazzo con il quale era le-
gata e che sarebbe andata lei stessa da lui. Francesco era total-
mente scettico, non vedendo lui che la sua sfortuna e la sua ma-
lattia. Peppino per aggiunse anche altro; gli disse che in seguito
si sarebbe sposato con quella stessa ragazza e che con lei avrebbe
avuto un figlio. Lincredulit di Francesco era al colmo, ma per
laffetto che Peppino si era conquistato, mio cugino apr una pos-
sibilit nella sua mente a favore di quella previsione. Chi ha se-
guito finora le vicende di Peppino Sansone si sar ormai abituato
allepilogo delle sue previsioni. La storia di Francesco and esat-
tamente come aveva predetto Peppino.
Di quellintenso periodo ricordo un meraviglioso giro del
Gargano di noi due con Peppino. E poi ricordo due aneddoti.
Nel primo, allinizio del periodo in cui Francesco frequentava
con me la casa di Peppino, successe questo: avevo regalato a mio
cugino, come amuleto, una tau francescana in legno dulivo e a-
vevo chiesto a Peppino di benedirla. Tornati a Manfredonia ci
accorgemmo che la sua tau era scomparsa. La cercammo ovun-
que. Frugammo ogni angolino dellautomobile pensando fosse
caduta sui sedili o sui tappetini ma la tau non spunt. Francesco
era molto dispiaciuto perch quello era un mio regalo per la sua
guarigione e, soprattutto, perch era stato benedetto da Peppino.
178
Dopo aver perlustrato tutto ed esserci rassegnati, siccome era se-
ra, ce ne andammo a passeggio lungo il corso principale di Man-
fredonia. Parlavamo ancora di quel piccolo crocifisso e inspiega-
bilmente, di punto in bianco, mi fermai. Mi arrestai l, proprio in
mezzo al corso, e abbassai la testa. Appoggiata al bordo della
mia scarpa, tra un lastrone di basalto e la punta della scarpa cera
la piccola bustina di plastica con la tau di Francesco allinterno.
La mia era nella mia tasca e quindi non poteva che essere la sua.
Rimanemmo di stucco. Recuperammo la piccola croce france-
scana e finalmente Francesco pot rasserenarsi.
In unaltra occasione Francesco aveva dimeticato il borsello
di pelle in cui aveva documenti, patente e portafoglio. Se ne ac-
corse a casa di Peppino e cominci ad agitarsi pensando al posto
dove lo aveva potuto perdere. Peppino comprese la sua agitazio-
ne e disse: Aspetta, vediamo non lhai perso, lo hai lasciato a
casa tua. Era cos, il borsello era a casa di Francesco perch u-
scendo di casa non lo aveva proprio preso.

Le ultime testimonianze

Nellultimo periodo, Peppino, a causa delle sue patologie, a-


veva costante bisogno di assistenza. Una delle persone che lo ha
assistito mi ha fatto pervenire questa testimonianza.
Gi dal primo giorno in cui ho messo piede in casa sua, Pep-
pino mi rivel (senza che io ne avessi mai parlato) la mia storia
sentimentale e familiare. Io non conoscevo niente di lui, ma poi-
ch arrivavano molte telefonate, cominciai a comprendere che mi
trovavo al cospetto di un uomo con dei carismi. Allora mi decisi
a chiedere qualcosa di me, ma lui mi rispose cos: E mica sono il
mago del futuro!, poi aggiunse: un giorno, quando mi sar per-
messo, sar io stesso a dirti qualcosa che riguarda te.
Dopo qualche tempo mi ritrovai a dover fare delle analisi e
delle visite mediche. Una di queste visite dette un riscontro terri-
bile: menopausa precoce. Lendocrinologo mi disse chiaramente
che la ghiandola surrenale era malata e non produceva gli ormoni
che avrebbe dovuto. Mi prescrisse una cura, ma io chiesi per si-
curezza a Peppino se dovevo farla oppure no. Peppino mi disse
che se avessi preso quel farmaco avrei sistemato una cosa e ne
Alla Luce dellArcangelo 179
avrei guastata unaltra. Io risposi che volevo fare di tutto per ave-
re un figlio e lui mi rispose che non dovevo preoccuparmi perch
un giorno avrei avuto dei figli. Smisi di andare a lavorare da lui e
passarono alcuni mesi senza vederlo. Non sapevo che era ricove-
rato in ospedale. La notte del 10 agosto 2015 lo sognai e in sogno
mi disse: Vienimi a trovare. La mattina seguente, mentre mi
stavo preparando per andare da Peppino, ricevetti la telefonata di
mio marito. Gli dissi che, avendo sognato Peppino, stavo andan-
do a trovarlo, ma lui mi diede la triste notizia della morte di Pep-
pino. Ero sconvolta, non mi restava altro che la consolazione di
dargli lultimo saluto nel pomeriggio.
A settembre 2015, dopo circa un mese dalla morte di Peppi-
no, ho saputo di essere incinta: una gravidanza appena iniziata,
appena un mese! Due giorni prima di dare questa testimonianza,
Peppino mi comparso di nuovo in sogno. Era sorridente e mi ha
chiesto della mia bimba. Poi le ha fatto un segno della croce, lha
benedetta e ha detto una preghiera in latino. Oggi, quando guardo
la mia bimba, con grande gioia, penso a lei come a un regalo di-
vino ricevuto attraverso le preghiere di Peppino Sansone.

Senza nome 2

I miei colleghi parlavano spesso di una persona che sapeva


aiutare e siccome sapevano dei molti miei problemi e del periodo
assai difficile che stavo attraversando, mi esortavano a fargli visi-
ta. Io non volevo andarci perch temevo di aggiungere altre pre-
occupazioni alle tante che avevo. Pensavo che se mi avesse detto
cose spiacevoli mi sarei abbattuta definitivamente e non mi sarei
pi rialzata. Un giorno un mio collega disse che sarebbe andato a
trovare questo Peppino Sansone e quella volta, nemmeno so dire
perch, decisi di chiedere se potevo andarci anchio. Il mio colle-
ga fu sorpreso e contento di quella richiesta e si affrett ad avvi-
sare Peppino. Quando andai a casa sua (era una domenica) cera
gente e lui mi fece accomodare e disse ai presenti che io avevo
un grande cuore e tanta fede. Io scoppia a piangere e lui, senza
che io gli potessi dire niente, disse a me cosa mi angosciava. Mi
disse che la mia famiglia andava avanti grazie alle mie preghiere;
mi disse dei problemi di mio marito e mi disse di continuare a
180
pregare come stavo facendo. Poi gli feci vedere la foto della mia
famiglia e lui mi disse che dovevo portare quanto prima mio ma-
rito da lui perch era malato. Sapevamo che aveva dei problemi
alla colonna vertebrale e che rischiava di rimanere paralizzato,
ma non sapevamo che avesse una malattia rara e che gli rimane-
vano pochi mesi di vita. Peppino aggiunse che la Madonna lo po-
teva aiutare. Mi disse che a nulla sarebbe servito sottoporsi ad
analisi per diagnosticare quella malattia rara perch nessuno
lavrebbe potuta individuare. Lo devi portare da me!, disse, e
aggiunse anche: prima che sia troppo tardi. Io gli dissi che mio
marito non mi avrebbe creduta e che sarebbe stato complicato
portarlo da lui. Poi Peppino indic sulla fotografia la mia mam-
ma e disse che quella donna aveva lavorato tanto. Io replicai che
mamma non aveva mai lavorato e lui mi spieg che aveva molto
lavorato spiritualmente e cos facendo aveva costruito una grande
fede. Aggiunse anche che mia madre aveva un problema al petto
e che si doveva sottoporre a delle analisi. Anche a me fece una
raccomandazione importante che riguardava la salute; disse che
mi dovevo operare perch avevo dei seri problemi alla tiroide e
che non dovevo perdere tempo altrimenti non avrei pi potuto
respirare. Aggiunse che lintervento sarebbe andato bene, ma che
dovevo operarmi entro la fine di quellanno.
Andai via da quellincontro sconvolta. Erano tante cose nuo-
ve, e tutte insieme. E poi cera la questione di mio marito. Promi-
si a Peppino che sarei tornata con tutta la famiglia, ma temevo
che mio marito non mi avrebbe ascoltata e che non sarebbe venu-
to a parlare con Peppino. Appena giunta a casa dissi tutto a mio
marito e senza dargli il tempo di parlare gli dissi che aveva solo
pochi mesi di vita e che doveva scegliere cosa fare. Lui rimase
sconvolto, ma insperatamente accett di venire a casa di Peppino.
Tornammo dopo pochissimi giorni e Peppino disse a mio
marito: Figlio mio, tu sei molto dubbioso, ma lui neg. Peppino
disse di nuovo, questa volta con un po di rassegnazione: Tu sei
molto dubbioso. Poi, dopo aver detto le stesse cose che aveva
rivelato a me, gli disse che doveva andare a Medjugorje perch
solo la Madonna, a Medjugorje, lo poteva salvare. Dopo, Peppi-
no chiam mio marito in unangolo e gli parl in modo riservato.

Alla Luce dellArcangelo 181


Ci invit ad andare insieme alla Madonnina di Carbonara, un
posto dove non eravamo mai stati e dove Peppino aveva fatto
mettere una statua della Madonna. Giunti sul posto, lui e mio ma-
rito si misero a camminare davanti a noi, a qualche metro di di-
stanza, e guardavano verso lalto. Io e mia figlia non sentivamo
niente, ma poco dopo vedemmo mio marito scoppiare in lacrime.
Peppino si rivolse a tutti e disse che qualcuno di noi avrebbe sen-
tito un forte profumo di fiori. Accadde proprio cos: poco dopo io
e mia figlia sentimmo un intenso profumo di rose.
Finita quella straordinaria visita alla Madonna di Carbonara,
quando stavamo tornando a Monte SantAngelo, Peppino mi dis-
se che avrei fatto un incidente con lauto e che non avrei subito
conseguenze. Accadde esattamente come aveva predetto Peppi-
no. Dieci giorni dopo ebbi un incidente dauto dal quale uscii il-
lesa.
Era giunto finalmente il momento del pellegrinaggio a Me-
djugorje. Io volevo andare con mia figlia, ma Peppino mi disse
che ci doveva venire anche mio marito perch solo l mio marito
avrebbe trovato la fede e sarebbe guarito. Anche quella profezia
si avver e al ritorno da quel benedetto pellegrinaggio mio marito
non aveva pi i dolori alla schiena ed era finalmente diventato
credente.
Per quanto riguardava la mia tiroide, feci esattamente come
mi aveva raccomandato Peppino. Mi sottoposi allintervento e
quando giunsero i risultati della biopsia, il dottore che aveva ope-
rato disse che dovevo accendere ben tre ceri a san Michele. Il
primo lo devi accendere per te stessa, il secondo per me e il terzo
vedi tu per conto di chi lo devi accendere, mi disse, spiegandomi
il motivo di quanto diceva. Infatti, durante loperazione aveva
trovato e asportato una massa tumorale di un tipo assai virulento
che lui aveva potuto togliere senza che ci fossero conseguenze o
metastasi.
Da allora, Peppino, profeta illuminato dalla luce divina, mi
sempre stato accanto e confortato nelle situazioni difficili della
mia vita. Lo ringrazio anche per aver guidato i cuori dei miei cari
alla piena fede attraverso lintercessione della Vergine Maria.

182
Peppino mi disse anche unultima cosa: Vai dalla Madonna,
a Carbonara, a dire il rosario, e io da allora vado alla Madonnina
a pregare per tutte le famiglie.

La spada di San Michele

Conoscevo Peppino da tanti anni e mi aveva sempre aiutato


alleviando le mie preoccupazioni, ma un giorno ci fu un fatto
molto grave: scoprii che mio figlio si drogava. Carmine era sem-
pre stato un bravo ragazzo e quindi per me fu una vera tragedia.
Facemmo di tutto per sottrarlo alla droga, anche mandarlo in
una comunit per tossicodipendenti, ma non riuscivamo a farlo
venire fuori da quellincubo.
Un giorno mi decisi a chiedere aiuto a Peppino che mi disse
di portarlo da lui. Cos feci. Una mattina ci recammo a Monte
SanAngelo e insieme a lui andammo alla Madonnina di Carbo-
nara. Ricordo che pioveva forte e che quando giungemmo su
quel luogo di apparizioni Peppino inizi a pregare. A un tratto la
pioggia cess e la luce del sole ci inond. Peppino guardava in
quella luce. Tornammo a Monte e a casa sua lui bened mio figlio
con la spada dellArcangelo Michele che custodiva per le occa-
sioni in cui doveva fare una guarigione. Disse che ci sarebbe vo-
luto del tempo ma mi assicur che Carmine sarebbe uscito dal
calvario della tossicodipendenza.
Carmine ha incontrato Peppino pi di una volta e finalmente
la predizione di Peppino si compiuta. Adesso posso dire che
mio figlio rinato. Da pi di un anno vive e lavora allestero, e
anche se lavora molto e sopporta tanti sacrifici, so che felice e
sereno. Anche il rapporto con noi genitori tornato bellissimo.
Voglio ringraziare Peppino per averci sempre aiutato.
Caro Peppino, sei e sarai sempre la luce del nostro cuore.
Che Dio ti benedica sempre.

Senza nome 2

Conobbi Peppino nel luglio del 1997, a Corf. Ero in vacan-


za con mio marito e non stavo molto bene psicologicamente per-
ch non potevo avere figli. Un pomeriggio mi sentii toccare il
Alla Luce dellArcangelo 183
gomito e un uomo mi chiese se eravamo italiani. Lui era con suo
nipote. Incominciammo a parlare e lui mi disse: Sei una brava
moglie e tuo marito ti ama tanto. Io rimasi stupita e mi venne da
dirgli: Ma lei un santone?. Rispose suo nipote, dicendo che
suo zio era un carismatico religioso. Immediatamente gli chiesi
scusa. Fatta quella conoscenza, con mio marito decidemmo di
passare un po di tempo insieme con questo Peppino Sansone e
con suo nipote. Mentre parlavamo sentii di potergli fare una do-
manda e lui mi disse che sapeva gi cosa avrei voluto chiedere e
aggiunse: Tu sarai una grande madre anche senza avere figli
tuoi, e se decidessi di fare tentativi per avere figli tuoi compro-
metteresti la tua salute. Erano le identiche parole che mi aveva
detto il mio ginecologo! Peppino tocco il punto pi vivo del mio
dolore che mi tormentava da tempo e scoppiai in un forte pianto.
Poi Peppino aggiunse: Non ti preoccupare. Perch siete qui? Per
il Casin? Non ci andate perche non vincerete mai. Accadde che
per varie circostanze io e mio marito non riuscimmo mai ad en-
trare al Casin per giocare. Eravamo esterrefatti e nello stesso
rapiti da quanto precise erano le cose che Peppino ci aveva detto,
dal suo carisma e anche dal modo in cui raccontava le sue storie.
Peppino trasmetteva serenit ed era un vero piacere ascoltarlo.
Dopo due giorni mangiammo insieme e lui mi disse: Sai,
laltro giorno mi sono avvicinato a te non per sapere se eravate
italiani, ma perch padre Pio mi aveva detto che ti dovevo ferma-
re perch tu avevi bisogno di me e anche che ti dovevo confessa-
re. Era vero! Infatti ho compreso che avevo bisogno di lui.
Intanto, poich non potevo avere figli miei, mantenevo nel
cuore il desiderio di adottare una bambina e lo dissi a Peppino,
che mi rispose: Non ti preoccupare, vedrai che si presenter una
circostanza favorevole e potrai adottare una bella bambina. Io,
ingenua, risposi prontamente: S, la trovo fuori del portone di
casa!. Peppino mi guard e mi disse: Poi vedrai.
NellAgosto del 2005 ricevetti una telefonata di una mia pa-
rente che mi voleva raccontare la sua esperienza dellaccoglienza
estiva. In quel modo aveva potuto accogliere una bambina della
Bielorussia. Mi feci avanti e chiesi come si doveva procedere per
fare lo stesso. Cos preparai i documenti necessari, li consegnai,
ma quando avevo gi inoltrato i documenti per richiedere una
184
bambina, sopraggiunsero dei problemi di famiglia e dovemmo
retrocedere. Limpiegato addetto alla procedura per mi disse
che non era pi possibile bloccare laccoglienza perch ormai
cera gi una bambina a noi assegnata. Fummo quindi costretti
ad accogliere questa bambina e un giorno la portammo da Peppi-
no, a Monte SantAngelo, perch lui ci aveva fatto sapere che vo-
leva conoscere la bimba a noi assegnata. Quando la vide, Peppi-
no ci disse che quella ragazzina ci voleva molto bene e che un
giorno sarebbe diventata nostra figlia. And proprio come Peppi-
no ci aveva predetto: questanno quella bambina ci stata data in
adozione. Per concludere, voglio dire che questa solo una delle
tante storie che abbiamo vissuto con Peppino, e per tutto questo
diciamo sempre: Grazie Peppino!.

Senza nome 3

Ho conosciuto Peppino circa dieci anni fa. Era un periodo


difficilissimo per la mia famiglia, avevo soprattutto problemi con
mia figlia che non mangiava pi. Con lei non sapevo pi cosa fa-
re. Alcuni amici ci raccontarono di Peppino e ce lo fecero incon-
trare. Quando vide mio marito gli disse: Sei buono e sei forte; tu
dai forza a me e io aiuto te. Poi disse: Prendi quella lettera e
leggila. Mio marito inizi a leggere, ma forse senza molta con-
vinzione e Peppino gli disse che doveva continuare perch aveva
capito che era scettico. Gli disse cos: Tu la devi leggere perch
sei scettico su Medjugorje. Dopo la lettura mio marito scoppi a
piangere. La lettera parlava di un miracolo accaduto a Medjugor-
je. A un certo punto, durante la lettura, io nella mia mente dicevo
a Peppino ti prego aiutaci, non voglio piu sognare il diavolo.
Peppino interruppe la lettura e disse: Avvicina il capo e mi po-
s le sue mani sulla testa. Poi aggiunse: Tutto quello che mi stai
chiedendo sar esaudito e quei sogni non li farai pi. Poi vide
mio figlio e disse: Mamma mia! Vieni qui, quanto sei bravo e
buono tu farai del bene! Quante persone aiuterai!. A mia figlia,
poi, diede tre rose rosse e disse: Vai a casa, starai bene, tutto si
risolvera. E studia quello che vuoi perch qualunque cosa sce-
glierai di studiare ti andr bene. Dopo essere ritornati a casa, mi-
racolosamente, mia figlia riprese a mangiare.
Alla Luce dellArcangelo 185
Una delle volte che andammo a trovarlo insieme ai miei cu-
gini ci porto al posto dove cera la Madonna. Era nuvoloso e
Peppino disse: Guardate, st arrivando la Madonna! Rima-
nemmo impietriti perch si squarci il cielo nuvoloso e attraverso
le nuvole si apr unapertura attraverso la quale passava un raggio
di luce solare e contemporaneamente sentimmo un forte profumo
di rose. Peppino aggiunse che la Madonna stava facendo una
strada con i petali delle rose.

Senza nome 4

Ho conosciuto Peppino Sansone tramite una ragazza. Pur-


troppo lho potuto incontrare solo una volta, ma di quellunica
volta posso raccontare questo: Era circa mezzogiorno e guardan-
do mia figlia le disse: Quando eri bambina tu sei stata malata
specificando la malattia che laveva colpita. Poi le pass le mani
lungo la schiena, sui reni e sul ventre. Le disse che proprio in
quei giorni lei accusava dei dolori al ventre. Mia figlia glielo
conferm. Dalla porta entr una luce su di lui e su mia figlia e
per pochi minuti il suo sguardo rimase fisso. Non parlava pi, era
come se si fosse assentato. Poi disse che alla Madonna aveva fat-
to una richiesta per noi e proprio in quel momento la stanza fu
invasa da un intenso profumo di rose. Inizialmente pensammo
che fosse la badante, invece la ragazza ci disse di non sentire
nessun profumo e di non usare profumi. Pensammo allora che
quel profumo era forse un segno per noi. Peppino chiese alla ra-
gazza di accendere lo stereo con la musica di Natale; dopo ci fece
baciare la statuina del bambino Ges e accese le luci del quadro
dellArcangelo Michele.
Mia figlia aveva un grave problema di salute e Peppino le
disse di non preoccuparsi perch la Madonna era sempre con lei.
Ci disse anche che dovevamo andare alla grotta dellArcangelo.
Poi, rivolgendosi a me, disse quale problema avevo agli occhi e
aggiunse anche che avevo dolori alla cervicale. Metti sempre un
foulard!, mi raccomand. Infine, mise le sue mani sui miei occhi
e sul mio capo e disse che non dovevo preoccuparmi.
Non so proprio come sapesse tutte quelle cose. Prima di allo-
ra non sapeva niente di noi e non poteva mai sapere della malat-
186
tia di mia figlia da bambina. Alcuni giorni dopo mia figlia sogn
la Madonna che le disse: Non preoccuparti sono sempre vicino a
te; fu una netta conferma di quanto ci aveva detto Peppino a ca-
sa sua. Peppino ci hai lasciato il cuore pieno damore e di conso-
lazione divina e noi lo ringraziamo per le sue preghiere a Maria!

Senza nome 5

Loccasione di conoscere Peppino si present quando il mio


collega che lo conosceva mi rifer che cera un signore di Monte
SantAngelo che necessitava della visita di un neurologo di Mo-
nopoli e che bisognava accompagnarlo a Monte SantAngelo.
Mio figlio si fece avanti per accompagnarci, e cos la sottoscritta,
il neurologo, il mio collega e mio figlio ci avviammo per andare
da questo Peppino Sansone. Arrivati a casa sua, io e mio figlio,
per discrezione, restammo fuori. Terminata la visita, senza sapere
della nostra presenza, Peppino chiese ai due che erano entrati di
far entrare in casa anche noi. Appena vide mio figlio disse che
nei suoi occhi vedeva la Madonna e si commosse. Disse: Ragaz-
zo, tu hai la Madonna vicino; nel percorso della vita ascolta sem-
pre il tuo cuore. Hai ricevuto un grande miracolo dalla Madon-
na. Mio figlio scoppio in pianto perch aveva capito che si trat-
tava della sua piaga. Da anni, infatti, mio figlio aveva su di s
una grave malattia e quella era la conferma dellaiuto divino. Il
medico neurologo stesso, che era con noi, era testimone di quan-
to stava accadendo. Poi Peppino bened mio figlio e si rivolse a
me. Mise la sua mano sul mio orecchio dove ero stata operata
due volte per tumore. Mi disse di stare calma perch col tempo
tutto sarebbe passato. Aveva letto in me la paura di una madre
che temeva di dover abbandonare il figlio, ma anche il dolore
straziante di vedere un figlio consumato dalla malattia. Da quel
momento ho assaporato la serenit. La sua mano aveva messo
fine alle mie palpitazioni dovute allansia e totalmente immersa
nella tranquillit tornai a casa. Un anno fa, a fine settembre, sa-
pendo che un nipote di una mia collega era malato di leucemia,
pregai Peppino e la Madonna. Dopo un po di tempo seppi che il
ragazzino era talmente migliorato che gli fu consentito di uscire
dallospedale. Purtroppo dopo cinque mesi ebbe un peggiora-
Alla Luce dellArcangelo 187
mento e ricominci la cura. Quando reincontrai la mia collega,
mi racconto quanto stava accadendo e io, con fermezza e fede, le
dissi di continuare a pregare Peppino perch ero certa che la salu-
te del bambino sarebbe migliorata. Dopo un mese quella collega
mi incontr e quasi mi url di dirle perch sapevo che il figlio
sarebbe migliorato e cosa avevo fatto, e aggiunse che anche i
medici erano increduli. I genitori del ragazzo mi chiesero chi do-
vevano ringraziare e io dissi che dovevano andare a Monte a rin-
graziare Peppino e la Madonnina di Carbonara e loro mi hanno
garantito che andranno a ringraziare e a pregare. Ora il bambino
sta molto meglio perch finalmente il suo midollo spinale produ-
ce cellule buone.

Malefici

Il veleno di cui qui si parla non era un veleno di tipo tradizio-


nale, n fu messo accidentalmente. La vittima doveva essere il
figlio di una donna che dopo questa vicenda divenne una cara
amica di Peppino. Il giovane, di diciotto anni, lo chiameremo
Giacinto per non esporlo alla notoriet.
In una delle sale adiacenti una chiesa di Manfredonia, una di
quelle sale che le parrocchie mettono a disposizione dei giovani,
si organizz una festicciola. Fu una bella serata tra i giovani
che gravitavano intorno alla comunit parrocchiale. Solo per
Giacinto la serata non fu tanto gradevole perch se ne torn a ca-
sa con un mal di testa e qualche lineetta di febbre. Doveva essere
un po di influenza, ma la stranezza era che quella febbricola a-
veva portato Giacinto a perdere mezzo chilo di peso al giorno e
non se ne voleva andare. Preoccupazioni, analisi mediche di tutti
i tipi, ma niente di malato si evidenziava, mentre il calo di peso e
la febbricola continuavano.
A quellepoca non conoscevamo ancora Peppino, dice la
mamma di Giacinto, che racconta la vicenda. Nemmeno dopo il
ricovero in ospedale i medici riuscivano a scoprire di cosa si po-
teva trattare. Un giorno il collega di mio marito, avendo ricevuto
aiuto per la figlia da un signore di Monte SantAngelo, ci indiriz-
z verso quel personaggio che era Peppino Sansone. Era il giu-
gno del 1996. Noi non ci volevamo fidare perch proprio in que-
188
gli anni, a Manfredonia, cera stata una truffa a causa della quale
molte persone erano state raggirate da un santone che diceva di
vedere la Madonna. Tra i truffati cera anche mia sorella che a-
veva perduto tutti i suoi risparmi ed infine, forse per le conse-
guenze di quella truffa, era morta. La situazione del malato appa-
riva senza via duscita e decidemmo di andare a trovare questo
Peppino Sansone per cercare di comprendere la possibilit di sal-
vare Giacinto da questo male invisibile che si stava a poco a poco
succhiando la vita di quel povero nostro ragazzo.
Giungemmo davanti alla porta della casa di Peppino. Erava-
no tutti in automobile e nessuno voleva scendere per andare a
saggiare la genuinit di questo signore di cui avevamo sentito di-
re cose strabilianti. Alla fine si decise mio marito che usc dalla
macchina borbottando.
Appena mio marito entr da Peppino, senza nemmeno fare in
tempo ad aprire la bocca, si prese un bel rimbrotto. Peppino gli
disse: Io non sono un mago! Vai a chiamare tua moglie e falla
entrare. Dille che qua non ci sono maghi!. Mio marito se ne usc
con la coda tra le gambe e venne a chiamarmi. Io mi feci corag-
gio ed entrai. Peppino ascolt il nostro problema e ci disse che
dovevamo portare immediatamente Giacinto da lui perch era
stato a una festa e in quella occasione gli avevano messo nel bic-
chiere un intruglio che mirava a farlo morire lentamente. Erava-
mo stupefatti! Peppino spieg che quella sostanza non era un ve-
leno chimico, ma una pozione costruita con arti magiche oscure.
Per gelosia il nostro ragazzo era stato contaminato da qualcuno
che frequentava quella stessa parrocchia. Portammo Giacinto da
Peppino e mentre lui ridiceva queste cose faceva scivolare lungo
il corpo del ragazzo la sua mano che non smetteva di tremare,
segno di qualcosa di cattivo, spiegava, che il corpo di Giacinto
aveva subto. Paragon quel filtro velenoso a un coltello senza
manico che era penetrato nel suo corpo e di cui non appariva
traccia dallesterno. La raccomandazione fu di lavarsi il corpo
ogni giorno con dei limoni freschi tagliati a met. La cosa strana
fu che dopo aver seguito la raccomandazione di Peppino, Giacin-
to recuperava peso al ritmo di mezzo chilo al giorno, esattamente
lo stesso peso di cui giornalmente diminuiva. Dopo quella cura,
finalmente, il ragazzo stette bene.
Alla Luce dellArcangelo 189
Peppino salv anche mio fratello, aggiunge questa signora.
Anche lui fu vittima di un sortilegio: una fattura damore di una
ragazza che si era invaghita di lui. Allospedale di San Giovanni
Rotondo, dopo ogni tipo di analisi, non avevano trovato niente e
lui era diventato magrissimo e, addirittura, non aveva nemmeno
pi la forza di parlare.
La signora port una fotografia di suo fratello a Peppino che
la guard e disse che dovevano portare immediatamente
quelluomo da lui perch se non glielo portavano entro le dicias-
sette sarebbe morto. Presi mio fratello quasi di peso e lo feci u-
scire dallospedale per portarlo da Peppino, addirittura contro la
volont della moglie. Peppino lo visit e disse subito che una ra-
gazza le aveva fatto un maleficio perch era stata rifiutata, poi
pass la mano lungo tutto il corpo e lo liber da quel maleficio.
Il fratello della signora che mi ha rilasciato questa testimonianza,
un uomo sposato e con tre figli, ora sta bene.

190
In punta di piedi

Chiss se anche a voi la lettura di questo libro far lo stesso


effetto, ma ho la netta impressione che attraverso questa serie di
racconti e testimonianze la figura di Peppino Sansone abbia as-
sunto una duplice dimensione. Rileggendo le pagine scritte, Pep-
pino appare ancora pi sublime, per via della sua profonda fede e
della totale dedizione alla sua missione e nello stesso tempo
pi umano, per la naturalezza con cui accoglieva nel suo mondo
spirituale chiunque capitava alla sua presenza.
Se faccio uno sforzo di memoria e torno ai primi tempi, quelli
in cui iniziai a conoscerlo, non posso fare a meno di ricordarmelo
allegro, gioviale e straordinariamente affettuoso e disponibile
allaiuto. Era un secondo padre, e senza esagerare, ma non solo
per me.
Una volta feci inavvertitamente ingelosire proprio mio padre
perch gli chiesi di comprare del pesce e gli feci la forte racco-
mandazione di scegliere il pesce migliore che cera al mercatino
di Manfredonia. Gli diedi dei soldi e gli dissi di non badare a
quanto avrebbe speso facendo inorridire quel povero pap mio
che avendo allevato con mia madre nove figli con il solo suo sti-
pendio non aveva mai ragionato in termini cos larghi.
Nonostante la sua riluttanza, mio padre fece come gli avevo
chiesto e torn con del pesce di qualit eccezionale ma scontento
per aver dovuto spendere molti soldi. Fu anche meno felice
quando seppe che avrei portato quei pesci a Monte SantAngelo e
che li avrei donati a Peppino. Qualcosa di quel mio comporta-
mento non gli piaceva. Dovevo essere impazzito. Era logico che
fosse quella la spiegazione di quella spesa vista come un inutile
sperpero di denaro.
Mio padre inizi a tentare di comprendere cosa mi stava acca-
dendo. Quel religioso rispetto, affetto e considerazione che avevo
per un altro adulto lo scombussolava. Era lui mio padre eppure io
davo il meglio del mio affetto a un altro. Era uno scandalo. A
nulla serviva far trapelare a tavola che quel Peppino Sansone era
uno come padre Pio (facendo, come ho detto allinizio del libro,
le dovute distinzioni) e che non doveva essere confuso con un
qualsiasi amico o conoscente.
Alla Luce dellArcangelo 191
Peppino non era una persona altolocata di cui ottenere
lamicizia per averne un vantaggio materiale, come avrebbe ra-
gionato mio padre e come ragionano molti dei miei amici umani.
In questo genere di scelte, in effetti, gli amici canini ( solo un
esempio, ma se vi allarmate posso usare gli equini) fanno molte
meno distinzioni e amano indiscriminatamente i propri padroni
senza badare a quanto sono ricchi, potenti o altolocati.
Mio padre non riusciva a convincersi che potesse esserci una
persona cos preziosa e degna e si ostinava a considerare Peppino
solo come un vecchio saggio di cui avere rispetto e nulla di pi.
Un vecchio saggio ce ne fossero! pensai io quando mi
accorsi di quel grossolano errore di giudizio del mio pap (e non
solo suo). Non avevo nemmeno aggiunto le parole spirituale,
carismatico e mistico perch a quel livello di dettaglio mio
padre (e la maggior parte delle persone che conosco) non mi a-
vrebbe pi nemmeno seguito. Ma la parola santo, quella s, la
poteva comprendere.
No. Non era ammissibile, per mio padre, che esistesse un san-
to dalle nostre parti, dopo padre Pio. I santi, per una strana logi-
ca, non potevano essere n vicini, n amici e men che meno po-
tevano essere vivi. I santi, per il mio pap, erano solo quelli del
calendario e basta; al pi quelli dei quadri e delle statue nelle
chiese. E poi dovevano essere morti (possibilmente da molto
tempo) e provenienti da qualche altra parte del mondo.
Un san Nicola poteva essere un santo; un santAmbrogio po-
teva essere un santo; santAntonio e san Gennaro pure; insomma
quelli delle immagini sacre, delle preghiere e dei santini, gli
altri dovevano essere per forza dei ciarlatani. Uno di Monte,
poi Ma dai! Era una situazione simile a quella che ebbe a vive-
re Ges. Di lui i suoi contemporanei dicevano: Cosa mai pu
venire di buono da Nazaret? Figuratevi il Messia!. Noi siamo
cos, tutti, e mio padre non rappresentava uneccezione. La stessa
famiglia di Peppino ignorava quei suoi sublimi doni spirituali, e
chissa cosa pensavano di noi che andavamo a trovarlo, che pen-
devamo dalle sue labbra e che gustavamo instancabilmente la sua
benedetta amicizia. E anche qui si deve citare il Maestro:

Nessuno profeta in patria!.


192
Niente da fare, quindi; accettare Peppino per quello che era
veramente, comprenderlo cio in tutta la sua meravigliosa com-
plessit e levatura spirituale era cosa ardua per tutti. Ecco allora
che un libro che raccolga una (piccola) parte di quanto Peppino
ha fatto in tutti questi decenni pu aiutare tutti noi, anche quelli
che lo hanno conosciuto per primi, a comprendere questa straor-
dinaria creatura mandataci da Dio.

Perch Dio ci ha donato (anche) Peppino? Non bastavano


lArcangelo, la Madre Celeste e Ges, il Messia, il Santo di Dio?
Lho detto prima, ma il caso di ripeterlo: noi umani siamo tena-
cemente sordi, ciechi e duri di comprendonio, tanto da ignorare
che Dio ci accanto costantemente, in continuo ascolto, in rispet-
toso silenzio e perfetta presenza, in attesa di essere riscoperto e
riconosciuto come Padre che ci ama infinitamente. Peccato che la
sordit, la cecit, la durezza di cuore e le tendenza al peccato sia-
no in noi talmente comuni e ampi da richiedere la presenza nel
mondo fisico anche di creature come Peppino, cio di esseri in
carne ed ossa ma spiritualmente molto evoluti, capaci di far
comprendere a tutti, con lesempio e con le opere, cosa sia la Re-
alt e quale sia la Verit e cio che Dio e che noi siamo suoi
amati figli che si stanno attardando troppo a prendere la via del
ritorno nel suo seno, una via fatta unicamente di bont, di giusti-
zia, di amore e di fede in Lui.

Concludo questo libro con le parole che la Madre Celeste u-


sava dire a Peppino, suo protetto:

Vi amo tanto, figli miei, mettete tutte le vostre


preoccupazioni nel mio cuore!

e con le parole che Ges, il Messia del Signore, usava dire quan-
do entrava in una casa, giungeva in un luogo e quando incontrava
altre persone:

Pace a voi!

Alla Luce dellArcangelo 193


194
Le immagini alle quali si fa riferimento nel libro

Il quadro dellArcangelo di cui si parla a pag. 80 con le immancabili rose.

La stanzetta in cui Peppino Sansone dormiva.

Alla Luce dellArcangelo 195


Il monumento dedicato alla Vergine Maria fatto erigere da Peppino
Sansone. In questo luogo, posto nella valle di Carbonara, apparsa la
Madonna e si sono verificati molti prodigi.

Peppino Sansone (a sinistra) con lautore. Raramente Peppino si lascia-


va fotografare. Questa foto stata ritrovata per caso in un cassetto
dopo che una signora molto devota a Peppino aveva iniziato a rilasciare
la sua testimonianza per il libro. Peppino apr e chiuse gli occhi pi vol-
te mentre al telefono la signora rilasciava la sua testimonianza.

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Il quadro di una Madonna bizantina fotografato in casa di Peppino Sansone.

Alla Luce dellArcangelo 197


Il crocifisso della chiesetta di Cagnano Varano.

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La camera in cui Peppino Sansone riceveva le visite. In alto a destra il
quadro dellArcangelo Michele illuminato.

Alla Luce dellArcangelo 199


La statuina di Ges Bambino che Peppino Sansone aveva comprato a Ge-
rusalemme.

Lautore contattabile allindirizzo elettronico seguente: ciak777@gmail.com

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INDICE

Preambolo .. pag. 7
La santit vista da vicino pag. 11
Peppino Sansone pag. 11
Una visione pag. 12
Monte SantAngelo e lArcangelo pag. 16
Pellegrini nella Grotta pag. 22
Le Crociate .. pag. 23
La famiglia pag. 25
Il ricordo di una bambina pag. 25
Padre Pio pag. 28
Madre Speranza pag. 29
Peppino sacerdote pag. 29
La povert di Peppino pag. 30
Gli appunti pag. 31
I miracoli pag. 35
La vista dei santi pag. 37
I doni ... pag. 41
Lori pag. 48
Numeri e lotterie pag. 50
Le ciliegie di Peppino pag. 51
Maria Jos ed Elettra pag. 53
Un piccolo rosario .. pag. 55
Una telefonata sbagliata pag. 56
Il testamento cambiato pag. 57
La moltiplicazione dei pesci ... pag. 58
Unernia asintomatica pag. 60
Lolio e il mulino dellabbondanza pag. 60
Pioggia per tutti pag. 63
Una festa di matrimonio pag. 64
Centoquarantatr pag. 65
Sacerdote mancato pag. 65
Una gita nella foresta .. pag. 66
Il crocifisso di Cagnano Varano pag. 69
Tre giorni alla seconda Medjugorje . pag. 71
Il crocifisso di padre Pio pag. 73
La fioritura di un albero in pieno inverno . pag. 74
Maschio o femmina? pag. 75
Un verdetto ingiusto pag. 76
Madre generale .. pag. 77
Quello il dottore che mi ha operato! . pag. 77
Nel tempo e nello spazio . pag. 78
Il San Michele trafugato.. ... pag. 79
Vicini di ombrellone ... pag. 81
La ragazza col tumore al seno ... pag. 81

Alla Luce dellArcangelo 201


Vicka, la veggente di Medjugorje pag. 84
Un tumore al viso .. pag. 84
Un brodino di pesce . pag. 85
Fave, cicorie e terracotta . pag. 85
Un medico mancato . pag. 87
Donazioni pag. 87
Mansuetudine . pag. 88
La storia di Germano .. pag. 89
Un bacio sul petto pag. 92
Una storia che apre i cuori . pag. 92
Uno scherzo genuino .. pag. 94
Il fenomeno del sole . pag. 95
La visita di Papa Giovanni Paolo II .. pag. 95
Un dolore al calcagno .. pag. 96
Un miliardario in fasce . pag. 96
Un ladro pag. 97
Il pap di Matteo . pag. 97
Una fidanzata impegnativa ... pag. 97
Mamma pag. 98
Loperazione della signora pag. 99
Le maglie intime del santo pag. 99
La storia del Ges bambino preso in Terrasanta . pag. 100
Una lettura del pensiero . pag. 100
La neve ad agosto pag. 102
Ancora una tempesta evitata pag. 102
Il Faro del Gargano.... pag. 104
I nei dalla schiena di Michele . pag. 105
Uno che indovina .. pag. 105
Una casa . pag. 106
Matteo .. pag. 108
L'angiolo di bronzo pag. 110
La collanina doro di Peppino pag. 111
Diario di un viaggio astrale di Peppino in pi tappe pag. 111
Ancora una testimonianza di un viaggio astrale pag. 112
Alenia pag. 113
La ragazza dei dolci . pag. 114
La cresima con padre Pio pag. 115
Le lettere . pag. 116
Venerd e sabato santi del 2007 . pag. 117
Lincidente di Vincenza .. pag. 119
Una vacanza movimentata .. pag. 119
Due medici e una storia triste pag. 121
Lo schiaffo e la carezza .. pag. 121
Credere da grandi .. pag. 122
Un bimbo malato . pag. 124
Una telefonata imbarazzante pag. 124

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Corf .. pag. 125
Le interviste e le coincidenze . pag. 126
Mario pag. 128
Fertile come la buona terra . pag. 130
La suora malata . pag. 130
Il tendine di Raffaele .. pag. 131
Mario Maratea . pag. 131
New York . pag. 132
Peppino salva il figlio di Mario pag. 133
Alla guida di un furgone .. pag. 133
Una gravidanza ritenuta impossibile .. pag. 134
Uno spavento terribile .. pag. 135
Uno sconosciuto in pena per un esame clinico pag. 135
I numeri, una volta tanto .. pag. 135
Lincensiera e il santuario alla Madonna di Carbonara pag. 137
La febbre scomparsa . pag. 138
Le ciliegie miracolose . pag. 138
Lazienda di Mario . pag. 139
Un negozio a New York . pag. 139
Carcinoma allintestino . pag. 139
La testimonianza di Mariano pag. 140
Il pap di Mariano .. pag. 142
Operazione a distanza . pag. 142
Una bella notizia da Peppino pag. 144
Il ricordo di un soggiorno di Peppino ... pag. 145
Giovanna pag. 148
Unaltra testimonianza . pag. 152
Da Tonia di Monopoli .. pag. 155
Ida . pag. 156
Da Francesco di Monopoli . pag. 158
Ancora una guarigione per intercessione di padre Pio pag. 162
Barbara pag. 162
La testimonianza di una ragazza di Monte SantAngelo pag. 168
Luciana pag. 169
Un figlio lontano . pag. 171
Il viaggio della Madonna di Loreto pag. 171
Laereo caduto pag. 172
La testimonianza di una coppia di sposi .. pag. 173
Una visita non gradita .. pag. 175
Larcobaleno pag. 176
Lella .. pag. 177
Ancora un caso di possessione pag. 178
Francesco pag. 179
Le ultime testimonianze . pag. 183
Senza nome pag. 184
In punta di piedi pag. 186

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ISBN: 9788890477065

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