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Educare alla politica in tempo di liquidit

Carlo Nanni

(NPG 2009-02-25)

1. Credo che anzitutto importante stare attenti alle generalizzazioni. Molti giovani sono distanti
e disaffezionati dalla politica. Ma ci sono giovani che la politica la fanno, come c una nuova
leva di giovani imprenditori. Ministri giovani nel governo italiano e in quello di altre nazioni non
sono solo un fiore allocchiello o uno specchietto per le allodole da parte dei capi politici, da
parte di Berlusconi o di Veltroni o di Sarkozy o Zapatero o di Obama. Forse troppo poco. Ma
giovani che fanno politica ci sono. Non magari tra gli adolescenti, messi in una condizione vitale
di essere fin troppo distanti dallingresso nel mondo adulto. Ma in barba alla giovinezza
allungata e alla dilazione forzosa nel mondo delle professioni e della vita adulta, tra i giovani
di fine scuola secondaria e specialmente di fine periodo universitario, ci sono (e come!), alcuni
che entrano nella (e fanno) politica professionistica. Certo la contestazione dellOnda,
contro la Gelmini non uguale alla contestazione sessantottesca. Ma una politica
cultural-scolastica intendono farla. I giovani che protestano ad Atene contro una democrazia
oligarchica e oppressiva e che mettono in ginocchio il governo di Costas Caramanlis, forse
stanno facendo di pi che una semplice contestazione per la morte di un sedicenne anarchico.
E per quanto si possa insinuare circa le lobby che forse stanno dietro Barack Obama, non vuol
dire nulla la scelta di lui rispetto al vecchio McCain da parte di una popolazione USA, che,
rispetto al passato, appare pi attiva politicamente, specie tra i giovani?
La disaffezione piuttosto per un certo modo di far politica che non fa decollare una seconda
repubblica, ma perpetua le peggio movenze della prima. la corruzione dilagante, la questione
morale che alla fin fine provoca il disgusto di tanti giovani per questa politica non pi partitica
ma di schieramento, non pi ideologica ma di interesse, non pi di idealit politica ma di
accaparramento e di gestione del potere pubblico, non pi di rappresentanti degli elettori ma di
liste pre-confezionate, non pi parlamentare ma di parte politica

Politica in tempo di globalizzazione

2. C da dire invero che la politica stessa ad essere radicalmente cambiata con il prepotente

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avvento della globalizzazione (che rende difficile a tutti far politica, anche a chi pi consumato
e smaliziato).
La crisi finanziaria che ha trascinato nel suo terremoto la grande e la piccola industria
produttiva, ha ridato spazio allintervento politico, che da circa quindici anni era in totale balia
delle predeterminazioni e delle volont dellimprenditoria economico-finanziaria e del mercato
mondializzato. Lo spazio politico era veramente ridotto. Che poi il ritornare in primo piano della
politica sia pi per parare il tracollo finanziario e per sostenere la grande industria (e forse meno
la piccola e loccupazione dei pi), dice quanto ancora sia difficile far politica ad altezza di
persona: che invece era e resta lorizzonte atteso dalla gran parte dei giovani e degli adulti di
questa et post-moderna e globalizzata (che tanto esalta i diritti e il benessere soggettivo,
lefficienza e lefficacia, magari mettendo in ombra la liberazione, lequit, lo sviluppo sostenibile
di tutti e ciascuno).
Ma certo non pi la politica del piccolo mondo antico, occidental-moderno. Il sopravvenire
alla ribalta mondiale del continente Cin-India e di tante altre nazioni (tra cui la nuova Russia
putiniana e il Brasile di Lula, lAustralia, lArabia saudita, solo per citarne alcune) ha costretto ad
andare oltre il G8 e passare al G20 per favorire linternazionalit economica e la concertazione,
tenendo conto delle nuove economie in sviluppo. E cosa succeder quando lAfrica riuscir a
liberarsi dal neo-colonialismo e dai governi fantoccio che non sanno (o non vogliono) superare il
tribalismo politico? E non sono un segnale ambivalente i nuovi pirati del mare somalo e del
golfo? Per non parlare modi politici, spesso terroristici e quasi sempre fondamentalistici,
legati alla Jiad Islamica

3. Ma la globalizzazione ha portato molto in l punti di crisi e di innovazione che erano venuti


emergendo gi ai tempi dei difficili anni Settanta: prime tra tutte una nuova esperienza e idea di
soggettivit e di cittadinanza. Lincontro/scontro di popoli e culture fa andare molto pi in l del
pluralismo democratico auspicato dopo la seconda guerra mondiale. La globalizzazione ha
messo in evidenza la nudit del Re-Occidente. La modernit occidentale (e i suoi ideali di
libert, fraternit, democrazia, uguaglianza, equit) chiaramente apparsa un modo (non il
modo) di pensare e di volere la vita, la storia, la civilt, il mondo, lumanit, la politica.
inderogabile arrivare a pensare glocalmente (cio allo stesso tempo globalmente e
localmente). Antropologicamente sar da arrivare a prospettarsi un uomo planetario che
integri e renda concepibili le molteplici interdipendenze che si manifestano nellesistenza umana
attuale: tra locale e globale, tra reale e virtuale, tra identit e differenza, tra empiricit e
interiorit, tra novit e perennit, ecc. E parallelamente appare necessario arrivare allidea di un
essere umano veramente integrale, capace cio di concentrare nella singolarit del microcosmo
personale i molteplici aspetti del macrocosmo umano.
Ma altrettanto da dire dellidea di polis e di civitas, vale a dire della convivenza civile,
della cittadinanza: in modo tale che si possa essere al contempo, seppure differenziatamente,
cittadini di una citt, di una nazione, di un continente, del mondo (e cristianamente della citt
celeste).
Si comprende che un discorso simile chiede di essere esteso anche allidea di bene comune.
Infatti, alla consumazione della separazione (se non del divorzio) tra soggettivo e
oggettivo, tra privato e pubblico, tra individualit e comunitariet (che si attuata in questi ultimi
decenni, soprattutto in Occidente), corrisponde lo sdoppiamento tra bene soggettivo, personale,
individuale o di parte e bene generale, di tutti, comunitario, umano. Chiedere come affermava
J.F. Kennedy meno io e pi noi diventa oggi pi che mai ostico.

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Laicit e liquidit sociale

4. Un altro punto da approfondire quello del modo di intendere i rapporti dei cittadini allinterno
della vita civile e politica. Negli stati moderni occidentali, ha sempre pi preso piede un
concezione della vita sociale pubblica sotto il segno della laicit La religione, ma al contempo
anche le ideologie, vengono ad essere confinate nellambito del privato e della coscienza
individuale. La vita civile si vorrebbe basata su una visione a-religiosa della vita, del pensiero e
della morale. Lintervento pubblico delle chiese sulle prospettive ideali e di valore o sui
comportamenti individuali o sociali visto come ingerenza politica indebita. Ma lequiparazione
tra laicit e neutralit valoriale, rende difficile giustificare limpegno di tutti e ciascuno per la
ricerca della buona qualit della vita, del bene comune, di uno sviluppo equo e solidale, della
medesima legalit democratica. La razionalit laica si dimostra come debolezza valoriale e
motivazionale della vita pubblica. In reazione a ci molti cittadini fanno privatamente ricorso a
agenzie di senso particolari o cercano il sostegno di offerte valoriali private o si affidano a
guru sociali, come ad ultime ancore di salvezza, o invocano brutalmente interventi e misure
coercitive contro chi delinque dalla condotta socialmente approvata, o fanno quadrato ad
oltranza attorno alla identit culturale locale o tradizionale o arrivano a forme di
fondamentalismo religioso (o alle forme surrogate del laicismo di Stato).

5. Ma vorrei venire ad un punto pi vicino al modo di essere, esistere e crescere di tutti e delle
nuove generazioni in particolare, che influenza la formazione e lidentit politica delle nuove
generazioni.
Se come si accennato negli anni Sessanta e Settanta si assistito ad una rivoluzione
silenziosa di pensiero e di costume (come ha messo bene in luce R. Inglehart, nel suo volume
del 1977, intitolato appunto Silent Revolution), oggi ci troviamo di fronte ad una rivoluzione
liquida, per dirla con Z. Bauman, degli strumenti e dei modi di comunicare. di esperienza
comune la profonda incidenza che hanno i telefonini, i computer, internet e in genere le nuove
tecnologie informatizzate sulla vita di tutti, ma soprattutto dei teenager, vale a dire di coloro
che hanno tra i dieci e i venti anni (fanciulli, preadolescenti, adolescenti e prima giovinezza,
maschie e femmine). Al punto che il 9 Rapporto Eurispes-Telefono Azzurro) li chiama
tecno-ager piuttosto che teenager. E questo non solo per la costruzione della identit
personale, ma anche e proprio per la socializzazione e la identit socio-culturale.
Certamente si di fronte a nuove forme di apprendere notevolmente diverse da quelle delle
generazioni passate, anche di quelle immediatamente prossime alla presente. La
frequentazione della Rete, favorisce, infatti, modalit di conoscenza pi per immagini che per
concetti, pi attenta al concreto che a ci che appare astratto, pi secondo logiche informatiche
(binarie e sequenziali) che razionali di diverso tipo (teorico, scientifico, pratico, estetico), pi
selezionando ci che appare utile e funzionale che ci che vero e bello in s e per s.
A sua volta, se da un lato la Rete d spazio allo scambio, alla conoscenza, allincontro, daltro
lato, lo stare delle persone sole davanti al proprio personal computer o al display del telefonino,

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rischia di favorire una socializzazione solitaria. Non per nulla si parla anche di bed-room
generation. Ma forse c da dire che i nuovi media e la Rete stanno forgiando anche una
nuova leva di cittadini. Essendo, infatti come attestano tutte le ricerche sui giovani diffidenti
nei confronti dei mezzi di comunicazione tradizionali, o meglio nei confronti dei contenuti da essi
proposti (si pensi ai telegiornali della TV pubblica), i teenager trasformatisi sempre pi in
tecnoager trovano o ricercano, nel mondo del Web, fonti e modi alternativi per la formazione
della loro mentalit personale e civile. Dalla piazza si passa alla rete. Essa diventa la nuova e
vera agor virtuale, dove si discute, ci si scambia opinioni, si forma la mentalit personale e
di gruppo, ci si mette nella prospettiva di essere e agire secondo nuove modalit di
cittadinanza, pi centrate sul comunitario che sul societario, pi fondate su una socialit
ristretta (di amici che la pensano come me) che non su una socialit civile legalitaria (=
societ del diritto e dei principi costituzionali).
abbastanza facile ipotizzare che si possa rischiare di rimanere vittime di gruppi di pressione
reticolare o di prospettarsi una vita civile molto esposta a forme mafiose o di amici degli
amici) o di dare aggio ad una immensa schizofrenia tra esistenza in Rete e esistenza in re,
vale a dire nella concretezza dei rapporti materiali di produzione e di convivenza collettiva.

Ricentramento educativo

6. Come educare queste tendenze generazionali in presenza di tali contesti globali?


Io credo che lorizzonte prassico e la strategia-base, educativo-pastorale, possano essere
ancora riprese dalla vecchia Gaudium et Spes, che fin dallinizio afferma: Le gioie e le
speranze, le tristezze e le angosce degli uomini doggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro
che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e
nulla vi di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore (GS,1); e che, al n.11,
precisa: Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del
Signore che riempie luniverso, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle
aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri
segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e
svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale delluomo, orientando cos lo spirito verso
soluzioni pienamente umane (GS, 11).
Condivisione, discernimento e tenuta dellorizzonte profetico evangelico, mi appaiono gli
atteggiamenti di fondo per vivere da cittadini-cristiani oggi, nella citt di tutti (non avendo citt
proprie, ma essendo anima di esse, come prospetta lantica Lettera a Diogneto, al cap. 6),
ma anche per abitare il nostro tempo e educare al bene comune in questa multiculturale e
globalizzata esistenza cittadina.
Ne sarebbero lesatto contrario la chiusura nella cittadella cristiana (o comunque di parte o
generazionale), la distanziazione e laccusa indiscriminata verso la cultura sociale (o quella dei
giovani), la difesa del potere sociale acquisito (in particolare come adulti sui giovani): cosa che
purtroppo mi pare si pratichi da molte parti, civili e ecclesiali.

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7. Cos pure penso che una certa conversione tecnologica sia necessaria a tutti, anche se
non si fa grande uso delle nuove tecnologie (almeno non quanto i giovani, per cui sono pane
quotidiano e parte integrante del loro DNA, a differenza di noi adulti). Vale anche in questa
sede il principio educativo di don Bosco dellamare ci che i giovani amano, per far loro amare
il vero, il bello, il giusto, ... il santo. Spesso si accusano le nuove tecnologie di creare
dispersione di pensieri e di vita nelle nuove generazioni. Ma pure spesso lammonizione degli
adulti nelluso di tali nuove tecnologie pi di condanna o di pura proibizione, che di
discernimento, di formazione e di stimolazione alla dilatazione della criticit e della creativit
personale e vitale, di occasione di incontro e di dialogo educativo. E forse questo un luogo
classico dello scarico delle angosce o paure irrisolte o desideri non esauditi di noi adulti sulle
generazioni in crescita; anche e in specie per ci che riguarda la vita e la convivenza civile e la
partecipazione attiva socio-politica. Dar fiducia e aver fiducia basilare in ogni azione
educativa. Lo anche non far respirare troppa angoscia ai figli e agli alunni, essere forti e
coraggiosi, sapere affrontare (e non lasciarsi prendere da) i problemi, avere un pizzico di
fondata e fiduciosa speranza, umana e cristiana. Ed assolutamente indispensabile non solo
nei confronti delle nuove tecnologie ma della complessit globalizzata dellesistenza
promuovere la partecipazione dei giovani alle decisioni che li riguardano, valorizzando i loro
pensieri, la loro capacit di trovare delle soluzioni e di agire con comportamenti positivi, validi,
efficienti e efficaci. E magari stimolare comportamenti fuori dal coro, vale a dire capaci di
andare oltre e elevarsi al di sopra della diffusa propensione allomologazione.
Nella Lettera a una professoressa, i ragazzi di Barbiana, guidati da don Lorenzo Milani,
ricordano che nella loro scuola avevano imparato ad affrontare i problemi e aiutarsi a vicenda
per risolverli. Coi vostri ragazzi fate meno. Non gli chiedete nulla. Li invitate solo a farsi
strada (Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina,
1967, p. 14).
Baden Powell, da quelleducatore pratico e pragmatico che era, nel suo testamento ha invitato
gli scout di ogni tempo di lasciare il mondo un po meglio di come lo si trovato.
In ogni caso anche in questa sede educativa vale il principio medice, cura te ipsum.

8. Nel documento della Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo


che cambia (2001) che contiene gli orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il primo
decennio del 2000 si invita con forza tutti i cristiani del nostro paese a riscoprire, insieme a
tutti gli uomini e le donne di buona volont, i fili invisibili della vita, per cui nulla si perde nella
storia e ogni cosa pu essere riscattata e acquisire un senso (n. 2). Di questi fili invisibili della
vita, mi sembra centrale anzitutto il senso di una vita nel tempo e nello spazio, nel mondo e
nella storia: senza coscienza della continuit spazio-temporale dellesistenza propria e altrui, la
vita stessa (ma se ne pu ancora parlare?) si ridurrebbe a un complesso (ma lo si pu dire?) di
sensazioni slegate, a emozioni e fuoriuscite di bisogni e di desideri senza direzioni o altra mta
che il loro immediato e isolato esaudimento. Ma lo pure la coscienza della intrinseca
relazionalit, co-esistenza e con-libert del vivere umano individuale e collettivo: senza il senso
della comune umanit e al contempo della differenziata e personalizzata esistenza umana,
senza il senso della dignit umana o quello dellalterit, dellaltro (e dellAltro che Dio) il rischio
della caduta nel soggettivismo, e anzi nel narcisismo, diventa veramente alto; e altrettanto lo
diventa la pratica dellabuso, della violenza, della dominazione e dellespropriazione di persone,

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cose, culture, popoli, generazioni o la fuga per la tangente della droga, dellalcolismo,
dellesotico, del virtuale (per cui c ci parla di internet addiction, vale a dire di dipendenza
patologica da internet.
Allultima Settimana Sociale dei Cattolici dellottobre 2006, si invoc per leducazione di tutti
(non solo delle nuove generazioni) una sorta di alfabetizzazione (o ri-alfabetizzazione)
dellessere e del bene, fondamento della vita e della pace, pilastri irrinunciabili della
convivenza umana attuale e habitat di ogni impegno educativo umanamente degno. E al
contempo si accenn al valore maieutico e liberante, che, rispetto alleducazione
socio-politica, pu avere la testimonianza di una vita che profuma di Vangelo. La pretesa
dei cristiani, infatti, che la profezia delle beatitudini dei miti e dei costruttori di pace (che
lottano per la giustizia e ledificazione del Regno, gi qui, nella storia, ma con la fiduciosa
speranza di un oltre e di un di pi di essa, nella piena comunione con Dio) possa dire qualcosa
ancora oggi per una cittadinanza e uno sviluppo umanamente degno per tutti e per ciascuno. A
sua volta, per tutti, credenti e non credenti, la cultura dei diritti umani e ambientali pu costituire,
oggi, quella sorta di bibbia laica condivisibile idealmente e su cui convergere operativamente
(pure nella differenziazione delle giustificazioni e nella coscienza della necessit del dialogo, del
confronto, della discussione di fronte al nuovo, al di pi, allimprevisto, al conflittuale).

Il compito dei luoghi educativi istituzionali

9. Concretamente ai luoghi tradizionali resta il compito di aiutare a riflettere, sistematizzare,


integrare, vedere il senso umano, personale e comunitario di quanto si conosce e si sperimenta
nei non luoghi e nelluso-frequentazione delle nuove tecnologie informatizzate. In alleanza (e
non nella demonizzazione di essi), continuano ad avere senso forme di educazione sistematica
e/o momenti formativi (a scuola, nella catechesi, nelle associazioni e nei movimenti, magari
attraverso luso dei nuovi media) di educazione alla legalit, alla convivenza civile, alla
cittadinanza attiva e responsabile, e in genere a quelle che, una decina di anni fa, si dicevano
nuove educazioni: vale a dire ad esempio leducazione ambientale, leducazione
interculturale, leducazione alla pace e alla non violenza, leducazione allo sviluppo sostenibile e
leducazione alla mondialit. Esse possono essere ancora molto interessanti per leducazione al
bene comune, per il formarsi di una mentalit e di comportamenti veramente glocali, cio
insieme locali e globali; per una visione e una prospettiva non solo inter-nazionale ma
veramente mondiale e umana. E peraltro esse possono toccare e risultare significative per il
consolidamento dellinteriorit soggettiva, della vita personale, delle relazioni interpersonali, ma
anche in vista della partecipazione societaria, a tutti i livelli (locale, nazionale, internazionale,
mondiale): perch ultimamente collocabili nellorizzonte della comune liberazione e promozione
di ogni umanit, di tutte e di tutta lumanit: passata, presente e futura, storica e trascendente.
Che poi lorizzonte supremo di senso della politica.

10. SantAgostino afferma che i confini della Citt di Dio e della Citt degli uomini passano per

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il cuore delluomo. A sua volta quel grande pensatore che ha ispirato il Concilio Vaticano II,
Romano Guardini, ripigliando santAgostino, nellultima delle sue lettere contenute nel suo libro
sullauto-formazione, ricorda che lo Stato dentro di noi, non solo fuori.
Ma certo che ben poco pu limpegno educativo se non sostenuto o accompagnato, o
almeno un po seguito, dal miglioramento delle strutture di vita, da politiche che attuano i diritti
di tutti sotto ogni cielo, che non frustrano i giovani impedendo loro lingresso nel mondo adulto o
rendendolo conseguente allabdicazione della loro dignit personale e umana
Leducatore non un politico di professione, ma non pu non fare politica: ha da essere
maestro, ma anche politico nel senso pi nobile del termine, vale a dire costruttore di citt:
di citt a misura di bambini, di ragazzi, di giovani.
Quel grande educatore che fu don Lorenzo Milani, nella Lettera ai giudici del 18 ottobre 1965,
scriveva: il maestro deve essere, per quanto pu, profeta, scrutare i segni dei tempi,
indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi
vediamo solo in confuso. E cercare di attuarle.
Don Bosco, diceva che la sua era la politica del Padre nostro: ma politica era! E la praticava,
a favore dei giovani.

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