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Kasparhauser Rivista di cultura filosofica Anno 4, Numero 11

Civilt della vertigine. A partire da Roger Caillois


ire da Roger Caillois

Estasi addomesticate.
La vertigine nellepoca della sua produzione tecnicizzata

di Marco Tabacchini

Gli emblemi ritornano come merci.


Walter Benjamin, Parco centrale

1. Per una di quelle rare e felici coincidenze che ogni


volta permettono, a chi ne sa fare tesoro, di rigiocare
differentemente la leggibilit della storia, la data del 1903
non corrisponde soltanto al primo volo dei fratelli Wright,
al disastroso incendio della metropolitana di Parigi o al
colpo di stato militare che segner il destino della Serbia.
A questo breve quanto arbitrario elenco, infatti, andrebbe
per lo meno aggiunta linaugurazione del nuovo Luna
Park di Coney Island, il quale, con la sua straordinaria
architettura di meccanismi e spettacoli, costituir per
molto tempo linsuperabile modello per ogni futuro
commercio di sensazioni1. Leccentricit dei divertimenti
raggruppati in uno spazio tanto ristretto, sorta di parodia
della recente esposizione universale, era tale da poter
gareggiare con il pi caotico quartiere delle metropoli
reali, tanto da poter sembrare nullaltro che uno specchio
fedele della fantasmagoria della merce. Allo stesso modo,
e con buona pace di ogni fede troppo lineare nel
cammino progressivo della civilt contemporanea2, le
linee curve con cui lattrazione simbolo dellarea
newyorkese, il Loop the Loop, prometteva ai suoi

1
Cfr. V. Codeluppi, Lo spettacolo della merce. I luoghi del consumo
dai passages a Disney World, Bompiani, Milano 2000, p. 152; in
particolare, sulla valorizzazione della vertigine nei parchi giochi, si
rimanda alle pp. 151, 161 e 182.
2
G. Berri, C. Hanau, L esposizione mondiale del 1900 in Parigi ,
Vallardi, Milano 1900, p. 32.

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visitatori lesperienza della vertigine, avrebbero benissimo


potuto sovrapporsi alle linee di visibilit di unintera
epoca, il cui carattere inconfondibile doveva molto alla
seduzione dello slancio e della tensione. Qui a Coney
Island, infatti, come del resto in altri coevi templi del
divertimento, quel che a prima vista sembrava costituire
un tentativo organizzato di evasione di massa, di fronte
allinconscio disagio prodotto dallo sviluppo delle grandi
citt3, ben presto si dimostr essere una delle tecniche di
contenimento di una nuova forma quotidiana di vertigine,
la quale, lungi dallessere scomparsa a seguito dei progressi
della civilt, era stata, a detta dei suoi accorti finanziatori,
semplicemente addomesticata. Il che significava, come
accade tanto per le sensazioni quanto per gli animali:
messa sapientemente a profitto.
Illuminante, in tal senso, resta ancora oggi uno scritto
di Georg Simmel, pubblicato nello stesso anno in cui il
Luna Park americano si preparava ad accogliere i suoi
primi clienti. Recante il titolo Le metropoli e la vita dello
spirito, il breve saggio si distingue per la perentoriet con
cui la vita moderna descritta quale debitrice, nella sua
forma, allo choc costituito dallintensificazione della vita
nervosa, che prodotta dal rapido e ininterrotto
avvicendarsi di impressioni esteriori e interiori4. Il ritmo
delle metropoli, con la sua concentrazione di uomini e di
cose che eccita lindividuo alle massime prestazioni
nervose5, avrebbe favorito il sorgere di due differenti
modalit di convivenza con la vertigine: da un lato,
lindividuo rinchiuso in un comportamento blas e
caratterizzato dalla sensibilit irreparabilmente attutita;
dallaltro, linarrestabile agitazione di chi si vede costretto a
fornire, di fronte ai molteplici stimoli e subendo perfino
3
W. Benjamin, Opere complete. IX. I passages di Parigi , Einaudi,
Torino 2000, p. 566.
4
G. Simmel, Le metropoli e la vita dello spirito, Armando, Roma
1995, p. 36 (corsivo dellautore).
5
Ivi, p. 44.

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la velocit e la contraddittoriet del loro alternarsi, delle


risposte tanto violente da sbatacchiarlo per cos dire di qua
e di l, in modo tale da mobilitare anche le sue ultime
riserve vitali6. Non tuttavia difficile riconoscere come sia
il moderno anestetizzato che la frenesia nevrastenica non
siano altro che simmetriche modalit di subire
incondizionatamente gli stimoli dovuti a una medesima
vertigine. Se il secondo si abbandona in maniera quasi
sonnambolica alla sua attrazione, la forma disincantata e
annoiata con cui il primo attraversa lesistenza non altro
che una sorta di difesa posta in atto di fronte alla
possibilit di un coinvolgimento. In entrambi i casi, uno
stesso processo di adattamento, una stessa capacit o
meglio: una stessa forza di adeguazione rispetto al
ritmo imposto dalla modernit trionfante.
forse per questo che la fin de sicle vide il diffondersi
e lo strepitoso successo dei parchi giochi, chiamati a
risolvere il problema posto dai moderni anestetizzati,
riluttanti a reagire di fronte allinattesa seduzione del
mondo, e dagli agitati incapaci di contenere la propria
costitutiva esposizione a questultimo, mediante la
somministrazione di smarrimento meccanizzato ad alta
intensit, pi vicino allo spasmo che al divertimento7. Le
mirabolanti attrazioni ludiche avrebbero cos avuto il
compito dinnescare uno stato paradossale di liberazione
dalla vertigine, la sua abreazione valorizzata e controllata,
ricorrendo alla vendita al dettaglio di esperienza
vertiginosa entro tempi e spazi rigorosamente delimitati,
permettendo cos che altrove il venire alla presenza del
mondo potesse condursi in maniera pressoch
impercettibile.

6
Ivi, p. 42.
7
R. Caillois, I giochi e gli uomini , Bompiani, Milano 2004, p. 44.

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2. Il moderno connubio tra tecnica e vertigine, quale i


parchi di divertimento potevano mostrare, certo non era
sfuggito a un osservatore come Caillois, il quale non aveva
esitato a riconoscere nelle attrazioni meccaniche
uninaudita capacit di intensificazione del gioco: Per
dare a questo tipo di sensazione lintensit e la violenza
capace di stordire gli adulti, si sono dovute inventare
macchine potenti. Non c dunque da stupirsi se si
dovuta aspettare let industriale perch la vertigine
diventasse realmente una categoria del gioco. Essa ormai
dispensata a una massa avida per mezzo di una quantit di
meccanismi infernali, collocati nelle fiere e nei luna-park8.
tuttavia singolare il fatto che proprio lutilizzo di nuove
tecniche nella produzione di vertigine abbia comportato la
possibilit stessa della sua declinazione ludica. Singolare
anzitutto perch la teoria del progresso esposta in I giochi
e gli uomini aveva categoricamente affermato la reciproca
esclusione di civilt e vertigine, con la sostanziale
regressione della seconda, ridotta a ruoli modesti o perfino
clandestini, a seguito del sopravanzare della prima
(unesclusione reciproca che, daltra parte, inviterebbe
ogni volta a ritrovare, proprio nellinsistente fascinazione
per la vertigine, il tratto costante che smorza ogni ipotesi di
progresso)9. Non solo: oltre a essere considerata estranea
alla moderna cultura del gioco, e dunque alla cultura tout
court, mero retaggio di un passato estatico, la vertigine non
pu che presentarsi nellimpossibilit stessa di conciliarsi
con la vita quotidiana, l dove le altre forme del gioco non
cessano invece di intrattenere con questa una qualche
complicit. E cos, scrive Caillois, La competizione una
legge della vita ordinaria. Il caso, anchesso, non
contraddice la realt. Limitazione vi trova posto, come
possiamo vedere con i truffatori, le spie e i fuggiaschi. In
cambio, la vertigine ne praticamente bandita, a meno

8
Ivi, p. 43.
9
Cfr. ivi, p. 117.

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che non si prendano in considerazione alcune rare


professioni in cui la bravura di chi le pratica consiste
comunque nel dominarla10. Stupisce allora la facilit con
cui la tecnica sia stata posta al servizio dellesperienza
vertiginosa. In tal senso, lequivalente moderno e
tecnicamente assistito dei giochi di vertigine, identificabile
con le attrazioni da parco dei divertimenti,
rappresenterebbe dunque il pi audace compromesso che
la civilt possa siglare con lattrazione della vertigine e il
pericolo mortale che ne deriva. Un pericolo, questo,
ormai mitigato dalla sistematica eliminazione di ogni
rischio, tanto che la ricerca del travolgimento della
coscienza o della perdita della percezione, per espandersi
nella vita quotidiana, deve assumere delle forme molto
diverse da quelle che la vediamo prendere sulle varie
macchine rotanti, montagne russe, ottovolanti, ecc.,
inventati per suscitare la vertigine nelluniverso chiuso e
protetto del gioco11. Quali rudimentali antesignani
dellodierno marketing estetico ed esperienziale, simili
eterotopie ludiche hanno riproposto la formula di uno
spazio tanto delimitato quanto separato e protetto, ma che
nello stesso tempo si propone come meta ideale per la
ricerca del massimo scatenamento di massa. E questo in
opposizione a tutto quanto sembrava inquietare la vita
quotidiana: se in essa lincertezza e lesposizione allaltro
convivono con una monotona assenza di stimoli, il parco a
tema propone la simultanea presenza di eccitazioni in
stato di sicurezza, di minacce e scatenamenti simulati, di
rischio calcolato nei minimi dettagli. Si tratta, tutto
sommato, di incursioni protette e discontinue, il cui
disorientamento transitorio pare quanto di pi lontano sia
dallabbandono che da sempre accompagna la vertigine,
cos come da ogni ripercussione sulla vita quotidiana. Esse
infatti cessano con larresto della macchina e non

10
Ivi, p. 68.
11
Ibidem.

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lasciano, nel cultore di questi divertimenti, che un


fuggevole senso di stordimento prima di restituirlo al suo
stato normale12. Solo con il ricorso allalcol e alla droga,
dunque solo con lebbrezza della vita e non del gioco,
alluomo moderno sarebbe ancora permesso soddisfare il
proprio gusto per la vertigine. E tuttavia, acconsentire alla
ricerca di questa soddisfazione significa anzitutto ripudiare
il carattere fittizio del gioco, carattere che costituisce una
delle qualit imprescindibili dellattivit ludica.

3. Da qualunque parte si affrontino le cose, scriveva


Caillois nel 1938, il problema ultimo risulta in fin dei
conti essere quello della distinzione: distinzione del reale e
dellimmaginario, della veglia e del sonno, dellignoranza e
della conoscenza, ecc.13. Si sarebbe potuta aggiungere
anche la distinzione, pi volte accennata, tra gioco e realt,
se questa separazione non si rivelasse ogni volta labile e
precaria, perfino ogni volta gi compromessa dallintima
natura del gioco stesso, i cui principi cos meticolosamente
codificati e difesi si trovano sempre passibili di sconfinare
in ambiti tendenzialmente indifferenti o irrispettosi verso
ogni sorta di convenzione. Se proprio una simile
distinzione a garantire la specificit del gioco, tanto che
ogni contaminazione con la vita normale rischia di
corrompere e guastare la sua stessa natura14, non vi
questione pi urgente di quella riguardante il destino del
gioco una volta che questo si trova inscritto entro il
perimetro insidioso e opaco dellesistenza quotidiana.
Daltra parte, se i giochi disciplinano gli istinti e

12
Ivi, p. 69.
13
R. Caillois, Il mito e l uomo, Bollati Boringhieri, Torino 1998, p.
48.
14
Id., I giochi e gli uomini , cit., S&IU,G*LRFRHVDFUR>@
in Id., L uomo e il sacro, Bollati Boringhieri, Torino 2001, p. 153:
Insomma, buon giocatore chi abbastanza equanime da non
confondere gli ambiti del gioco e della vita.

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impongono loro unesistenza istituzionale15, nulla


impedisce che questi istinti, una volta allentate o cadute le
maglie del disciplinamento ludico, trovino altri campi
entro i quali dare libero corso alla propria frenesia.
Caso esemplare di tale torsione, nota Caillois, quello
che listinto di competizione, lagon, passibile di subire
ovunque il suo scatenamento sia subordinato
allimperativo del successo, obbligando cos il principio
ludico a retrocedere al rango di mezzo in vista del
conseguimento di un fine di ben altro valore. L dove
lagonismo si svincola dalle rigide delimitazioni del campo
da gioco, quale terreno comune in cui lo sforzo pi
intenso paradossalmente coincide con il massimo distacco,
eccolo presto piegato agli imperativi della pretesa realt, a
TXHL JLRFKL GL SRWHUH FKH SL QXOOD KDQQR GL OXGLFR LQ
quanto il minimo gesto comporta conseguenze ineluttabili.
In altri termini: eccolo piegato agli imperativi della guerra.
Una volta confiscato lagon entro un regime di utilit,
infatti, alle nazioni pare legittimo, se non meritorio,
condurre la guerra in modo spietato e senza limiti16,
sfidandola cos a spingersi fino al proprio eccesso, fino a
scatenare quel movimento di ascesa allestremo che per
Caillois decide della sua stessa forma contemporanea.
Soltanto allora, e in maniera irreversibile, la guerra si
allontana dal torneo cavalleresco, dal duello, in una parola
dal combattimento regolato in campo chiuso, per trovare
la sua forma totalizzante nelle distruzioni massicce e nei
massacri di intere popolazioni.17
Sar proprio il nuovo aspetto sregolato e illimitato della
competizione a spingere la guerra moderna entro lambito
separato del sacro, per il quale fanatismo e dismisura18
decidono ogni forma di partecipazione. Ma la

15
Id., I giochi e gli uomini , cit., p. 73.
16
Ivi, p. 72.
17
Ibidem.
18
Id., La vertigine della guerra , casa di marrani, Brescia 2014, p. 107.

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sacralizzazione della guerra, a seguito dello sconfinamento


dellagon nella vita quotidiana, non costituisce lunica
conseguenza della sua ascesa allestremo: come la schiera
di scrittori e letterati individuata da Caillois non cessa di
mostrare, essa finisce per accompagnarsi a una nuova
sensazione di vertigine, che afferra chiunque abbia saggiato
o anche solo immaginato il corso iperbolico della guerra
moderna. Cos, dopo aver incluso entro i propri ranghi le
forze dellagon, la guerra si appresta ad avvalersi anche di
quelle garantite dallilinx, secondo nuove e incalcolabili
combinazioni in seno alle quali la guerra stessa a dover
mutare natura; chiaro, infatti, che la vertigine non pu
trovarsi associata alla rivalit regolata senza
immediatamente snaturarla. La paralisi che lilinx provoca,
come del resto il cieco furore che mette in moto in altri
casi, costituiscono la negazione rigorosa di uno sforzo
controllato19. Resta allora da chiedersi che cosa accada
qualora la vertigine finisca per associarsi a una rivalit gi
spinta al suo estremo, a una competizione ormai
compromessa con ben altri principi, come quella di cui la
moderna guerra totale si impadronita. A differenza di
altri ambiti e forme del conflitto, dai quali sembra
apparentemente bandita ogni compiacenza alla vertigine,
qui essa, lungi dal venire combattuta come un ostacolo al
proprio compito disciplinato, si rivela essere la risorsa pi
rapida per laccesso a una nuova e pi appropriata
condizione, situata a met strada tra il godimento estatico
(nonch estetico) e una sovrana padronanza delle proprie
azioni. quella particolare forma di estasi a cui Jnger
dedica le pagine centrali del suo La battaglia come
esperienza interiore, un tale entusiasmo da far ribollire il
sangue nelle vene, da farlo spumeggiare nel cuore.
unebbrezza superiore a qualsiasi ebbrezza, uno

19
Id., I giochi e gli uomini , cit., p. 90.

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scatenamento che spezza ogni vincolo20, che fuga ogni


scrupolo e deride ogni esitazione di fronte al proprio
compito omicida (essendo ogni accenno di distacco o di
consapevolezza nei confronti della vertigine nullaltro che
altrettante concessioni allesitazione, la quale turba
linfallibilit ipnotica e compromette il funzionamento di
un meccanismo la cui estrema precisione non consente
dubbi n pentimenti21). Lesperienza vertiginosa sembra
essersi cos installata al cuore stesso della competizione,
decidendone a un tempo sia lillimitatezza della posta in
gioco, il carattere assoluto della lotta, sia laltrettanto
illimitata disponibilit dei suoi entusiasti sostenitori: esse
VRQR WDOL FKH OR VWHVVR WHUPLQH SRVWD LQ JLRFR VHPEUD
ormai inadeguato, avendo fagocitato ogni distinzione e
ogni ambito della vita. Finendo insomma per sovrapporsi
allesistenza stessa.

4. Numerose sono le pagine dedicate da Caillois


allintima connessione tra la moderna vertigine della
guerra e il trionfo della totalit nazionale come nuova e
imperante struttura collettiva; esse si dimostrano infatti
sorrette da una medesima mitologia, si presentano
entrambe come il pi autentico dei destini, si alimentano
degli stessi discorsi sacrificali, fanno esplicito richiamo a
virt e doveri perfettamente compatibili, tanto che
allinasprirsi della prima corrisponde giocoforza
lintensificazione della seconda. La questione posta da un
simile legame non risiede solo nella complicit che ogni
dimensione nazionale sembra intrattenere con una guerra
tendenzialmente senza limiti. Qui si tratta, piuttosto, di
indagare quel particolare utilizzo di cui la vertigine
passibile ogni qualvolta si cercato di far marciare

20
E. Jnger, La battaglia come esperienza interiore , Piano B, Prato
2014, p. 73. Cfr. inoltre ivi, pp. 103 e 119-121.
21
R. Caillois, I giochi e gli uomini , cit., p. 161.

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allunisono milioni di individui. Certamente una tale


marcia non nasconde le sue parentele con quellaltra
forma di mobilitazione totale, pi propriamente
economica, che negli stessi anni ha dato origine ai
moderni parchi dei divertimenti: una stessa tensione, una
stessa ricerca sembra accomunare le due masse. Ma se in
un caso la vertigine non era che una sensazione fugace,
puntualmente separata dallesistenza quotidiana, per gli
entusiasti volontari della guerra, partiti per il fronte agli
albori del Novecento, essa ha costituito per lunghi anni la
sola atmosfera propriamente respirabile. Come stato
possibile tecnicizzare fino a questo punto la vertigine?
Sottoporla a una vera e propria tecnica di produzione?
Catturarne la particolare esperienza in vista di un preciso
scopo? forse questo lobiettivo che ha animato i
propagandisti allalba della prima guerra mondiale, i quali
hanno saputo intuire come non ci si potesse accontentare
di conquistare alla causa della guerra la rivoluzione
industriale e il suo potenziale produttivo, ma che ci fosse
inoltre bisogno di un esercito a sua volta illimitato tanto
nel numero quanto nelle ambizioni. Per porsi allaltezza
della guerra a venire non sarebbe allora bastato
lincessante perfezionamento delle armi, n tanto meno
larruolamento di massa; a questi si sarebbe dovuta
aggiungere la tensione allestremo di ogni singolo
partecipante: Ci vuole in pi il fanatismo della nazione
armata.22
E cos, allo stabile monopolio della violenza fisica da
parte dello Stato, impostosi in tutte le societ occidentali,
presto si accompagna il monopolio della vertigine e della
sua passione, nelle differenti versioni nazionaliste proposte
allalba del Novecento. Daltra parte, lo stesso clima di
militarizzazione della vita civile, che di l a poco sarebbe
sfociato nella Grande Guerra, mai avrebbe potuto

22
Id., La vertigine della guerra , cit., p. 119.

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assurgere a una simile estensione senza la presenza


congiunta di una disciplina accuratamente organizzata
dagli Stati europei nonch di una diffusa esaltazione della
QD]LRQH LQ DUPL RVVLD GHOOD PRELOLWD]LRQH YRORQWDULD H
gloriosa a difesa della propria patria23. Cosa sarebbero,
infatti, questi due monopoli, senza la loro efficace
inscrizione entro un unico mito della Nazione, questa
creazione anonima che possiede forza coercitiva, e alla
quale viene attribuita una certa credibilit24? Come
garantire altrimenti listituzione di un esercito allaltezza
della guerra totale, se non offrendo la promessa di
unappartenenza, di unappropriatezza e di una
padronanza, per compensare e ricompensare la dedizione
di ogni soldato verso il proprio ruolo, il quale non
consiste che nel tenere fino alla fine il proprio posto di
minuscolo ingranaggio sostituibile in un immenso
meccanismo in movimento25. Se, seguendo la proposta di
Simmel, possibile individuare la vertigine pienamente
moderna nello scoprirsi a tutti gli effetti ridotto ad una
quantit ngligeable, ad un granello di sabbia di fronte a
unorganizzazione immensa di cose e di forze26, la
macchina mitologica nazionalista sar allora quella
particolare macchina volta a contro-effettuare e recuperare
tale sensazione ai fini del mantenimento di unaltra
vertigine, quella di sentirsi parte di un nuovo sforzo
collettivo la guerra volto a dare senso a questa
immensit organizzata. grazie ai suoi prodotti che la
guerra diventa qualcosa in pi di un pauroso rimedio in
cui le nazioni sono talora costrette a cercare la salvezza.
23
Cfr. ivi, pp. 153-160; E. Gentile, L apocalisse della modernit. La
Grande Guerra per l uomo nuovo, Mondadori, Milano 2008, pp. 106-
134.
24
R. &DLOORLV &RQYHUVD]LRQH FRQ -HDQQLQH :RUPV, Riga , n. 23,
Marcos y Marcos, Milano 2004, p. 101.
25
Id., La vertigine della guerra , cit., p. 138. Cfr. E. Jnger, La
battaglia come esperienza interiore, cit., p. 105: Le personalit si
alternano impercettibilmente occupando un ruolo fisso.
26
G. Simmel, Le metropoli e la vita dello spirito, cit., p. 54.

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la loro ragione dessere. Serve persino a definirle: la


nazione linsieme degli uomini che fanno la guerra
fianco a fianco27 in altre parole: che fanno della
vertigine collettiva il punto culminante e aggregante
dellesistenza pubblica.28
come se la rapida diffusione dei sogni di lotta e
vittoria avesse trovato il proprio vettore di propagazione
nellesplicita promessa che lattraversamento di una simile
SURYD FRVWLWXLUj WDQWR SHU LO VLQJROR FKH SHU OD VXD
nazione, il cammino privilegiato per una trasfigurazione
della vita quotidiana. Qui la marca nazionalista non altro
che la garanzia della qualit del prodotto esperienziale
fruibile in seno alla guerra: come considerare altrimenti il
catalogo discorsivo eterofobo con il quale, da un capo
allaltro dellEuropa, si provveduto ad animare le
entusiastiche manifestazioni di sciovinismo, irredentismo,
ultranazionalismo e revanchismo allalba del primo
conflitto mondiale29? Gli stessi discorsi che hanno
contribuito alla produzione sistematica di quellatmosfera
nazionalizzata e satura di tensioni la quale ha comportato
limmersione di intere popolazioni in climi
strategicamente elaborati. Per lunghi decenni, infatti, la
macchina mitologica nazionalista stata libera di secernere
unepica della marca e della merce politica al tempo della
passione imperialista, tanto che numerosi furono gli
scrittori, particolarmente sensibili allatmosfera del tempo,
che non tardarono a registrare nelle loro opere i primi
effetti di una simile circolazione. Tra questi va certamente

27
R. Caillois, Gioco e sacro, cit., p. 166.
28
Ivi, p. 106.
29
Per unesaustiva rassegna di simili posizioni, in apparenza cos
diverse e tuttavia cos speculari, perfino cos sovrapponibili e
compatibili tra loro, basterebbe consultare il recente lavoro di Clark
C., I sonna mbuli. Come l Europa arriv alla Grande Guerra , Laterza,
Roma-Bari 2013. Nonostante un eccessivo interesse verso le singole
responsabilit di tale o talaltro governo europeo, il lavoro di Clark
presenta il pregio di mostrare la rapida propagazione e imposizione,
sulla scala di un intero continente, del discorso nazionalista.

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annoverato Ernst Toller, al tempo arruolatosi volontario,


ma che pochi anni pi tardi non si esimer dal confessare:
S, viviamo in una specie di ebbrezza. Le parole
Germania, patria, guerra hanno una potenza magica:
quando le pronunciamo non si volatilizzano, ma
rimangono nellaria, girano su se stesse, sinfiammano e
cinfiammano30. Nella moderna guerra di materiali, anche
le parole divengono, quali accessori bellici
dellimmaginazione umana, altrettanti combustibili in vista
dello stordimento generalizzato...
Certo possibile che, lungi dal costituirne la causa
scatenante, la macchina mitologica nazionalista si sia
limitata a tradurre in discorsi esaltati e accesi la specifica
forza di attrazione quasi una sorta di forza di gravit,
scrive Caillois che la guerra detiene nei confronti della
societ. E tuttavia la meticolosa costruzione di una mistica
della guerra, lelevazione di questa a grandioso destino e
prova decisiva tanto dei singoli quanto delle nazioni, anche
nel caso in cui non sia direttamente interessata a una sua
messa a profitto, non potrebbero che tradire un gesto di
abdicazione di fronte a questa nuova e tecnicizzata
sensazione di vertigine. Daltra parte, nel 1943, proprio
quando la guerra civile mondiale stava per giungere al suo
parossismo, Caillois affida al breve testo Vertigini la pi
incisiva condanna verso ogni gesto di condiscendenza nei
confronti della vertigine: proprio come se le cose,
lasciate a se stesse, precipitassero verso la guerra; come se
fosse sempre necessario opporre una resistenza per
evitarla31. Come pensare allora unetica della resistenza
nei confronti della vertigine? Come opporsi alla sua
seduzione, alla tentazione del proprio abbandono? Come

30
E. Toller, Una giovinezza in Germania , Einaudi, Torino 1972, p. 58.
31
5 &DLOORLV 9HUWLJLQL [1943], in Id., La comunione dei forti ,
Bollati Boringhieri, Torino 2007, p. 65. Vale la pensa segnalare che
proprio in questo testo il sintagma vertigine della guerra fa la sua
prima comparsa, quasi un decennio prima, dunque, del saggio
omonimo.

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introdurre uno scarto, un tratto, una qualche esitazione l


dove un ritmo irresistibile sembra imporre il proprio
movimento? Rispondere a simili questioni significa forse
tentare un primo, timido gesto per dissodare
quellimmaginario che ancora oggi non cessa di farci
precipitare.

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