Académique Documents
Professionnel Documents
Culture Documents
1
Americani, dittatori, terremoti Renzi cambia 47 articoli della
Quaderni Vicentini 3 Costituzione in un colpo solo
Fulvio Rebesani 119
A G O R Referendum: ANPI, CGIL,
Zagrebelsky, Rodot dicono NO
Tribunale colabrodo: leggi alle voci Fulvio Rebesani 126
Hllweck, Variati, Maltauro 5 Aldo Moro, centanni dalla nascita
Giorgio Marenghi Luomo che credeva nella politica
Fine della Fiera: matrimonio Mario Pavan 135
islamico con Rimini Luomo, la caccia, la cucina,
Pino Dato 13 la storia
Fiera, bilancio 2015: piccoli indizi Alfredo Pelle 139
di grande sofferenza La caccia oggi: inquinamento
Vittorio Cabe 18 da piombo?
Fiera:un esposto, tanti conflitti Gianni Padrin 149
dinteresse La caccia oggi: il bollettino di
Quaderni Vicentini 20 guerra
28 ottobre 2016: marcia su Rimini Gianni Padrin 150
di allegri vicentini per svenderla
Quaderni Vicentini 23 R A D I C I
La mafia a Vicenza. La cattura di
Madonia a Longare nel 1992 Addio a Dante Caneva: il pi
Giorgio Marenghi 27 vecchio dei Piccoli Maestri
Piddu a chiacchera, 24 anni Roberto Pellizzaro 153
di carcere, una cupola di cemento Storia di Boso Roi: lultimo
Giorgio Marenghi 39 mecenate, lultimo marchese
Bacino di Caldogno insufficiente. Carmelo Conti 155
Il rischio idraulico continua La dinastia delle cucine: i Fortuna
Giovanni Baldisserotto 44 Pino Contin 177
Pfas e i suoi fratelli: gli inquinatori Dopo un secolo di storia il divano
veneti e i loro protettori si mangia la cucina
Gianni Padrin 51 Pino Dato 194
Popolare. Lultimo boomerang Era il 17 Floral. Restano
di Zonin prima del disastro abolite le tasse
Quaderni Vicentini 60 Vittorio Cabe 196
Gli Americani a Vicenza. Ferruccio Manea e Ferrer Visentini
La giustizia filologica esiste due antifascisti della nostra storia
Pino Dato 69 Gianni Sartori 198
Trentanni senza Parise II
Il ritorno definitivo nel suo Veneto
Pino Dato
LAmerica e il Colosseo di plastica
73 M N E M O S I N E
Goffredo Parise 87
La tassa sui sentimenti Gino Rossi: il grande pittore
Vittorio Cabe che lItalia volle postumo
88
Giangiacomo Gabin 206
L y C E U M Cecilia Bartoli a Ginevra
Il sogno di Canova Alberto Milesi 215
Lucio Panozzo 90 I pontili galleggianti di Christo
Di sana pianta Keti Candotti 223
Beppa Rigoni 105 Cuba, Mercedes: fiera del mio Paese
Loic Seron, un francese Mario Pavan 225
innamorato dellAltopiano Metti, una sera al cinema estivo
Beppa Rigoni 109 sotto una volta di stelle
Sulla illegittima formulazione Toto Cacciato 229
del quesito referendario Gli americani lo fanno meglio?
Giuseppe DElia 113 Pino Dato 233
Quaderni Vicentini
2 Rivista bimestrale 4/2016. Numero di Luglio Agosto 2016
Registrazione del Tribunale di Vicenza n. 2154/13 del 9 settembre 2013
Stampa: ATENA NET - Grisignano (Vicenza).
Numero uscite per anno: 6 (sei).
Scadenze: 20 marzo (gennaio/febbraio), 20 maggio (marzo/aprile),
20 luglio (maggio/giugno), 20 settembre (luglio/agosto), 20 novembre
(settembre/ottobre), 20 gennaio (novembre/dicembre).
Prezzo di un fascicolo (Iva assolta): 12 (dodici) Euro.
Numeri arretrati il doppio.
Abbonamento annuale (6 numeri): 50 (cinquanta) Euro.
- Versamento tramite bonifico bancario.
IBAN IT92 X057 2811 8100 1057 0528 228 - beneficiario Dato Dedalus Libri
(specificare causale: Abbonamento Quaderni Vicentini). L'abbonamento partir
dal primo numero successivo al versamento. Specificare il proprio indirizzo.
Informazioni su abbonamenti con spedizione postale: telefono 3355483041,
email: redazione@quadernivicentini.it oppure pinodato@gmail.com
Distribuzione: librerie e principali edicole.
Editore: Dedalus Libri, contr Vittorio Veneto, 13 36100 Vicenza.
Direttore Responsabile: Pino Dato
Vice Direttori: Beppa Rigoni, Lucio Panozzo
Comitato tecnico-scientifico: Ciro ASPROSO, Daniele BERNARDINI,
Giovanni BERTACCHE, Adriano CANCELLARI, Carmelo CONTI,
Emilio FRANZINA, Giangiacomo GABIN, Alfredo PELLE,
Roberto PELLIZZARO, Fulvio REBESANI
Autori e Collaboratori
Franca ARDI Giovanni BALDISSEROTTO Federico BAUCE Sara BELPINA-
TI Giuseppe BERNARDINI Giuseppe BERTONCIN Valentina BOSCAGLIA
Vittorio CABE Toto CACCIATO Renato CAMURRI Gianfranco CANDIOLLO
Keti CANDOTTI Beppe CAROLLO Carmine CARRISI Fiorenza CONTI Pino
CONTIN Sonia DADAM Sandro DAL FIOR Franco DALLA POZZA Simo-
ne DATO Stefano DATO Giuseppe DELIA Simona DE SIMONI Valentina
DOVIGO Stefano FERRIO Giordano FRANCHINI Rino GENTILE Claudio
GIRARDI Elisa LO MONACO Antonio MANCINI Giorgio MARENGHI Paolo
MARINELLO Alberto MILESI Massimo NICOLI Matteo NICOLIN P. Ser-
gio M. PACHERA Gianni PADRIN Gaetano PALERMO Virgilio PANOZZO
Mario PAVAN Luigi POLETTO Carla PONCINA Giuseppe PUPILLO Ro-
berto RECH Sonia RESIDORI Sereno SALION Francesca SANSON Gianni
SARTORI Amanda SEPE Maria A. SERRA Ronny SPAGNOLO P. Giorgio
M. VASINA Antonio VIGO Andrea VOLLMAN
4
ca, non usciamo in Occidente: e penso anche al prossimo referendum
confermativo di una modifica costituzionale italiana voluta dal capo del
governo Renzi: una cosa che nessun paese del mondo avrebbe consentito.
Non si tratta qui di essere equanimi verso il s e verso il no. Il s alla riforma
un non-senso. Per il metodo e poi per il merito. Il s non ha ragioni che
si possano ammettere pur votando no. Mentre il no ha solidissime ragioni
che anche chi vota s deve ammettere. Il s un non-senso logico e politico.
Che ragioni pu avere un non-senso?
6
di Vicenza, Borgo Berga. La
scorciatoia del Piruea ne fece
decollare il progetto contro
qualsiasi logica pianificatrice.
Arrivarono i soldi pubblici
e questo scaten la corsa degli
avidi e degli incoscienti
(pubblici)
Larea fra due fiumi, in bilico sul greto, stata sequestrata su disposizione della
Procura di Vicenza. Loperazione di sequestro (particolare significativo) stata
effettuata dalla Guardia Forestale. Latto conseguente allazione giudiziaria che
vede indagato, per abuso dufficio e per danno erariale a favore di privati conta-
bilizzato in 11 milioni di euro, il direttore generale del Comune di Vicenza, Anto-
nio Bortoli, a suo tempo direttore dellUrbanistica.
Riprendo gli esiti del rapporto redatto da Sel e Mov. Cinquestelle per
ricordare sommariamente un po di questioni:
1) Il Piano dArea dei Monti Berici considerava il complesso industria-
le dellex Cotonificio Rossi manufatto di archeologia industriale
da conservare e tutelare, ma il primo PIRUEA fu adottato in contrasto
con tali norme.
2) Gli standard a verde pubblico previsti dal DM 1444/68 e dalle
Leggi Regionali 61/85 e 11/04 devono essere fruibili dai cittadini.
10
Vicenza, a causa dello scempio di Borgo Berga, ma non solo, nellocchio del ciclo-
ne a livello nazionale. Qui sopra un servizio di Repubblica.it
12
minacce (vaghe) alle prove
dintesa con i costruttori.
Mai nominati.
N dal sindaco n dal
quotidiano di riferimento.
Eppure Codelfa accusa il
comune di incuria
di ostruzione delle
tubature.
Codelfa si sempre
difesa dalle accuse so-
stenendo che la causa
di tutto lincuria del Comune e che, se per 6 anni non si sono mai
eseguite le manutenzioni, il minimo che possa accadere di osservare
delle criticit nella funzionalit degli impianti.
PINO DATO
I NUMERI CHIAVE
DELLA DOTE DELLA FIERA DI VICENZA
21
Umberto Lago,quando era
assessore al bilancio, con Variati,
al comune di Vicenza
22 Rimini. Ragioniamo: ci vuole semplicemente dire che non ci sono due parti
che dialogano alla pari; la parte una, la societ incorporante, il marito
islamico. La Rimini Congressi S.r.L., socio di Rimini Fiere, controllata da
Provincia e Camera di Commercio di Rimini, chiama la KPMG, la Rimini
Fiere, casa madre, soggetto principale dellincorporazione, nomina come
advisor la Banca Popolare di Vicenza, la quale a sua volta socia e creditri-
ce (soprattutto creditrice) di Fiera di Vicenza per un grosso investimento
strutturale. Non solo: KPMG stata anche societ di revisione in BpVi. I
conflitti di interessi sono tanti ed evidenti. Che advisor uno che creditore
di 45 milioni di euro del soggetto in questione? Inoltre: cos autorevole
Banca Popolare di Vicenza come advisor?
Non basta: assessore della giunta del comune di Rimini Eugenia Rossi
di Schio, figlia di Alvise, in tempi recenti consigliere di amministrazione
di Banca Popolare di Vicenza, poi dimessosi.
Ancora: fino allanno scorso amministratore unico di Rimini Holding, la
finanziaria del comune di Rimini (socio, accanto a Rimini Congressi srl, di
Rimini Fiera), era un vicentino, Umberto Lago, poi dimessosi. Lago stato
a suo tempo assessore al bilancio del comune di Vicenza, ed considerato
un po larchitetto di questa operazione.
Tutti questi vicentini in campo sembrerebbero portare acqua al mulino di
Vicenza e della sua Fiera. solo apparenza. Certo, la denuncia di questi
intrecci fa pensare a qualcosa di poco chiaro e non spiegato. Ma la sostanza
delloperazione, al di l degli esposti e dei misteri, resta. Rimini si man-
giata Vicenza ad un prezzo conveniente (gli cede solo il 19% della nuova
compagine) e lo ha fatto utilizzando la leva del grosso debito che la fiera
vicentina si porta in dote.
Conflitti dinteresse a parte, la presenza di Banca Popolare di Vicenza,
in questi tempi bui, come creditore ed advisor di unoperazione cos delicata
(e perdente per la citt di Vicenza) fa pensare a come, a volte, sia grottesca
la vita.
ALLA FINE DELLA FIERA
Il giorno dopo Silvis incontra nel suo ufficio il dottor Caldarozzi dello
SCO che mette a conoscenza il collega vicentino che lo SCO in zona
per una cosa grossa. roba riservata. E comunque gli accertamenti
dobbiamo farli da soli.
Imbarazzo. Senza il nostro supporto?. Dopo un po di secondi che
sembravano uneternit Caldarozzi mette a conoscenza Piernicola
Silvis che in corso una operazione estremamente delicata, cos
delicata che ad un certo punto il nuovo venuto compone un numero
sul cellulare e chiama Manganelli a Roma.
Devo dirgli proprio tutto?
S, tutto.
Passi cauti...
31
La trovata di Annarumma...
36
Madonia nella Mercedes
O adesso o mai pi
Guglielmini (dalla Renault dietro alla Dedra): Capo, siamo vicini alla
villetta. Se non li fermiamo adesso non li becchiamo pi!
Caldarozzi (Golf guidata da Silvis con la Mercedes di Madonia dietro):
Ok. Allora si interviene.La Renault schizza in avanti, sgomma e
supera la Dedra. La Golf si blocca ma la Mercedes non tampona e si
ferma in tempo. Tutti fuori, polizia! Scendete con le mani alzate!
La collega dello Sco alla radio: Siamo intervenuti, abbiamo bloccato
le auto! Correte tutti, a Longare, a Longare tutti!
Fuori! Mani dietro la nuca!
Gli uomini scendono, sono tranquilli. Sono obbligati a stendersi per
terra. Intanto si sentono le sirene che urlano e le gomme che stridono
sullasfalto. Macchine e agenti riempiono la strada ma ormai non serve
pi brandire le armi. Vengono ammanettati tre uomini, la ragazza
che era assieme a Salvatore Galleria sulla Dedra viene lasciata stare.
Sia Silvis che Gilberto Caldarozzi si avvicinano e squadrano Madonia.
Un uomo massiccio, aspetto distinto, mostra una cinquantina danni,
guarda perplesso con unaria spaesata.
37
38 Gli accertamenti fatti nella villetta danno la conferma che il boss aveva
alloggiato nella casa di Salvatore Galleria. Viene trovata una valigia
con effetti personali e quaranta milioni di lire e un telefono cellulare.
La Mercedes viene sequestrata e si appura che era intestata ad una
societ di leasing milanese. A Vicenza la notizia di dominio pubblico
e si raduna una folla di giornalisti di molte testate, locali e nazionali.
Tutto il sangue versato nella zona di Gela ebbe il suo motivo criminale
nei grossi interessi che giravano attorno alla costruzione della diga
del Disueri. Un malloppone di 220 miliardi che Piddu, arrivato in
un baleno con le sue aziende e con i suoi killer di professione, dovette
contendere agli Stiddari, mafiosi non organici a Cosa Nostra, ade-
renti alla Stidda, la Stella, una compagnia agguerrita e non meno
feroce di assassini.
Unimmagine
recente
di Giuseppe Madonia
GIOVANNI BALDISSEROTTO
46 (iv) - quelli ai quali (criceti neri in mezzo a torme di criceti bianchi bel-
lissimi ma stupidi che credono di correre ed invece non sanno di essere
fermi perche il Sistema che fa girare la ruota) le future sorti
del Gioiello palladiano stanno veramente a cuore ( specie assai rara, al
di fuori del Mondo Accademico).
quello di valle. Una volta colmo anche questo (ossia solamente cinque
ore dopo lapertura delle paratoie) parte dei 3.800.000 mc. provvi-
soriamente trattenuti dovranno essere necessariamente sfiorati nell
alveo del torrente tramite una seconda diga in corso di costruzione a
circa un chilometro e mezzo a valle dellOpera di presa. Con il Torrente
in piena come ci sia possibile lo sanno solo quelli di Beta Studio,
sovrannaturali progettisti regionali (si legga la loro relazione digitando
Bacino di Caldogno).
A questo punto per capire cosa (prima o poi) succeder bisogna anzitutto
sapere che la piena del Timonchio in Caldogno-Capovilla nel novembre
del 2010 dur circa cinque giorni perch tanti furono quelli necessari
alla Impresa CO.I.MA chiamata durgenza dal locale Genio Civile per
chiudere la seconda rotta per far fronte alla potenza di una piena che
fu allora di 200 mc/s .
Logica vuole che, dato che nelle carte della Regione oggi prevista una
piena doppia di quella (mc/s 400=2x200) non possiamo che dedurre
che essa durer pi di cinque giorni, non vi pare? Il che significa che per
giorni allinterno del Bacino resteranno immagazzinati circa 4.000.000
di metri cubi dacqua non proprio limpida da scaricare solo dopo che
la piena sar sicuramente passata (evidenzio sicuramenteperch
potrebbe sopraggiungere una seconda ondata entro le successive 36-48
ore...ossia una flash-flood).
Dobbiamo chiederci: ma...in una simile situazione cosa potr accadere in
Capovilla? R: come rappresentato sullallegato avverr che sotto il peso
di una colonna liquida alta mediamente 6 metri si svilupperebbero
le seguenti forze :
(i) una spinta idrodinamica di kg 18000 per ogni metro lineare
di lunghezza (ton/ml) della diga est in direzione del Sito europeo
soggiacente immediatamente a valle. 49
(ii) una pressione idrostatica sui fondi cassa di kg/mq 6000
ovvero di kg/cmq 0.60 .... valore questo intollerabile per delle terre di
quel genere (limose e sature). Un genere di suoli estremamente delicati
che subirebbero dei cedimenti non certo modesti (fra laltro non
uniformemente distribuiti) causati dalla differenza tra i sovraccarichi sui
fondi-cassa compressi dalle acque invasate e quelli delle terre pressate
sotto il peso proprio dei rilevati arginali.
(iii) un valore differenziale di kg/mq (12.000 - 6000 ) che porrebbe
la linea teorica di deformazione al di fuori di ogni limite di sicurezza.
Conseguenze?
(iv) sicura formazione di tubi-di-flusso al di sotto delle dighe (in ger-
go sifonamenti) che naturalmente impaluderanno i piani sui quali
attualmente posano tutti i rilevati facendo esplodere (chiss dove)
dei fontanazzi: forse sulle stesse scarpate e/o forse nelle campagne
circostanti.
(v) in corso dopera essendo stati stesi su tali piani, per mezzo chilo-
metro quadrato di superficie, parecchi rotoli di geotessuto-stradale
su ordine del D.LL. della Regione (certo sig. Coccato Massimo di Beta
Studio), ordine prontamente eseguito da parte dellappaltatore (tale si-
gnor Schiavo Luigi, noto impresario edile) certo che tali strati, fatti
di materiale sintetico, diventino degli ottimi piani di separazione e
quindi di scivolamento sui sottostanti tubi di flusso. Per intenderci,
come se queste montagne di terra poggiassero su dei pattini-a-rotelle.
La differenza
fra Opere idrauliche generiche e Dighe
Circa due chilometri e duecento metri di rilevati (lati est e sudest della
Cassa di valle nellangolo dei due scarichi di fondo ) dapprima si fessure-
ranno indi collasseranno. Circa 4.000.000 di tonnellate di acqua-sporca
(1 mc di acqua pesa 1 tonnellata) se ne andranno per i fatti loro in tutte
le direzioni, naturalmente secondo gli incisi e lorografia delle campagne
circostanti. E per lintera capacit del Bacino perch probabile che lo
sbarramento che separa le due Casse non solo sar sormontato ma pure
scalzato perch stato costruito come fosse un rilevato arginale,
esattamente uguale agli altri, solo in un secondo tempo rivestito di
calcestruzzo (tra laltro di cemento non pozzolanico come prescrive la
norma per costruzioni di questo genere).
Si spiega tutto: le tre imprese esecutrici (Idrabuilding di Schiavo & C di
GIANNI PADRIN
52
da idrocarburi
- Che non
fanno bene
lo sappiamo
benissimo or-
mai, e queste
tre brevi parole
indicano una
sola cosa: fan-
no malissimo
anche a bassis-
sime concentrazioni, visto che sono decenni che ce le mangiano e
beviamo!
Non siamo malati di Alzheimer (una delle tante malattie provocate
da quasi tutti i composti chimici non naturali): non c bisogno di
un dottore, per farci capire quanto male siamo messi.
53
La nostra Giustizia? Sorda e muta
54 disastro ambientale?
3) Dottor Nardone, nel mese di mag-
gio alcuni giornali riportarono la no-
tizia che la Miteni aveva predisposto
un progetto di bonifica che riguardava
larea della fabbrica, dal costo di ben
30 milioni di euro. A che punto
questo progetto? Si stanno ottenendo
dei risultati?
4) Dottor Nardone, i gestori degli
acquedotti stanno utilizzando ingenti
risorse per i filtri a carbone per far
rientrare lacqua nei limiti previsti per
le famiglie dei Pfas. Acque Veronesi
Antonio Nardone, AD Miteni
ha pure costruito una enorme vasca di
diluizione dal costo di 500.000 euro +
altrettanti per i filtri a carbone. Non crede che anche Miteni dovrebbe
perlomeno concorrere a queste spese e alle spese future anche del
biomonitoraggio su alimenti e umani in corso, visto che linquina-
mento da Pfas soprattutto legato alla produzione della ditta Miteni?
5) Dottor Nardone,il caso dellinquinamento Dupont, con lo studio
che dimostra la probabile correlazione tra presenza di Pfas e linsor-
genza di gravi patologie (studio che viene ripreso anche dallIstituto
Superiore di Sanit), va dal 2009 al 2012, ben prima che queste
sostanze fossero trovate nelle nostre acque: le chiedo quindi, come
produttori delle stesse sostanze della Dupont, perch avete atteso
cos a lungo per attuare un piano di contrasto alla diffusione di queste
sostanze nelle nostre fonti idriche?
6) Dottor Nardone, lo Studio Costa dimostra che nel sangue della
maggioranza dei vostri operai i Pfas sono di gran lunga pi presenti
rispetto ai non esposti; sappiamo anche che nel sangue di questi
stessi operai vi un aumento significativo del colesterolo, che oltre a
essere un sicuro fattore di rischio, in molti studi viene associato alla
presenza dei perfluoroalchilici nellorganismo. Dottor Nardone pu,
in tutta franchezza, esser certo che le sostanze prodotte e lavorate
dalla vostra azienda non presentino alcun tipo di rischio sanitario?
7) Dottor Nardone, nel 1977 lallora Rimar aveva inquinato le falde
di Creazzo e Sovizzo con i precursori degli attuali Pfas, costringen-
do i due comuni a cambiare le fonti di approvvigionamento degli
acquedotti pubblici: crede che i perfluoroalchilici presenti oggi in
falda e negli acquedotti di oltre 20 comuni siano meno pericolosi?
Sono domande molto semplici, vedremo se le risposte saranno cor-
rette, evasive o cialtronesche.
55
Loasi di Casale
56 lazzino ai Tropici con i nostri soldi e alla faccia della nostra salute!
La cosa principale da fare, invece, non si fa:
- chiudere per sempre le fabbriche che producono, direttamente o
indirettamente, gravi residui cancerogeni, come la Miteni. Fabbriche
di questo tipo
non producono
quei veleni che
servono per mi-
gliaia di tipolo-
gie di prodotti,
e anche per le
armi?
Come ho gi
scritto, ci sar
un aumen-
to di circa
10.000 mor-
ti nella fascia
inquinata dai
Pfas, come lo sar per altri 10.000 per il PCB di Brescia e 10.000 per
il CVM di Marghera, sempre che si chiudano le fabbriche assassine,
altrimenti saranno molti di pi in futuro.
Gianni Zonin
Il Presidente
Cav. Lav. Dott. Gianni Zonin
Il boomerang
Premessa
La lettura attenta di questa comunicazione sociale di Zonin ai soci
molto istruttiva. Infatti, a parte le singole osservazioni su fatti spe-
cifici che esaminiamo nelle note qui sotto, non pu sfuggire il tono
complessivo della comunicazione. Anche se il periodo non lo avreb-
be potuto n dovuto suggerire - essendo oggettivamente di chiara
difficolt per tutti e per la sua banca pi di tutti - il cavaliere del
lavoro Gianni Zonin non rinuncia al suo stile, che sostanzialmen-
te Quello di un approccio aggressivo di tipo trionfalistico. Non lo
ha inventato lui, questo stile. piuttosto tipico di una mentalit
marketing-oriented molto in voga fin dagli anni Novanta, che 65
spendeva lottimismo come volano per la vendita e, in estrema sin-
tesi, la crescita. Silvio Berlusconi stato un vate di questa filoso-
fia ma lui era un imprenditore e poi, da politico, ha tentato di appli-
care le stesse coordinate con alterni successi. Il banchiere-venditore
non era molto diffuso. Forse i furbetti del quartierino lo erano stati.
Zonin senzaltro un epigono del ruolo. Daltra parte, se chiama le
filiali e gli sportelli punti vendita e definisce lattivit della banca
unattivit di vendita una ragione (non so quanto freudiana) c. Del
resto, come i fatti e le indagini successive hanno dimostrato, Zonin
doveva vendere tre cose: 1. La fiducia nella banca, 2. Le azioni degli
aumenti di capitale, 3. Le obbligazioni. A qualunque costo. Per ven-
dere, doveva istillare ottimismo. Trionfalismo. Essere la tredicesima
banca in Italia era per lui un motivo di orgoglio e lo spendeva con
generosit verbale, questo orgoglio, verso i suoi clienti (li chiama lui
stesso cos). Da questa filosofia, seguita ostinatamente per raggiun-
gere gli obiettivi di crescita prefissati, nato il disastro. Una banca
non una salumeria. E neanche un beauty shop.
(5) IL PREZZO SONO IO. Non stata una azzeccata scelta strate-
gica, ma una scelta di opportunit. Meglio valutarselo da soli il valo-
re del titolo che farlo valutare ad altri. Zonin non aveva ancora capito
che i tempi erano gi cambiati. La regoletta dellautodeterminazione
del prezzo su basi incontrollabili (cooperative) a questi livelli era
ormai insostenibile. Al primo vero controllo esterno (i controlli in-
terni, sindaci e revisori, non sono mai esistiti, il vero controller di se
stesso sempre stato Zonin) il castello di carte crollato. C da sor-
prendersi, a guardare le cose con occhi disincantati e aldil dei gravi
danni e drammi che ha procurato, che sia durato cos tanto tempo.
70
Cortesia e competenza di Ilaria Crotti mi regalarono unopportunit che
non potevo mancare.
Mi disse: Il documento originale. E adesso lei non pu sottrarsi. Poich
ci sono delle varianti e lei deve laurearsi in lettere, studi il caso. E poi ci
rivediamo. Studiai il caso e feci la tesi sul manoscritto ritrovato del mio
amato concittadino Goffredo.
Nel frattempo decisi di donare il documento originale alla Biblioteca Ber-
toliana: mi sembrava il luogo naturale di conservazione di un documento
significativo del pi illustre vicentino della letteratura italiana del 900 (con
tutto il rispetto per gli altri: ma solo la mia opinione).
La vicenda, da semplice storia di filologia in movimento (come ce ne sono
tante) mont, perch informai del ritrovamento e della donazione Gian-
franco Candiollo, mio caro amico, allora capo redattore della cultura al
Giornale di Vicenza, il quale and subito, da buon giornalista, al nocciolo
della questione. Il documento non era solo un ottimo (e imperdibile) au-
tografo, era molto di pi. Perch conteneva alcune pagine interne, scritte e
corrette come tutte le altre da Parise, che avevano per in sovrimpressione
a matita, dei segni grossi in diagonale che indicavano evidentemente un
taglio, perch allinizio del primo di questi segni cera la scritta: riprende
con la cartella 31 (scritta per la quale non era usata la stessa macchina da
scrivere di Parise).
Il lavoro filologico fu lungo e mi costrinse a confrontare il documento ritro-
vato con altri due testi de Gli Americani a Vicenza editi molti anni prima,
da Illustrazione Italiana nel 1958 e da Scheiwiller in plaquette nel 1966 (il
libretto pi conosciuto).
Perch dico che la storia mont pubblicamente ben al di l del suo essere un
problema filologico? Perch siamo a Vicenza, piccola citt ai piedi dei Berici,
perch Parise a Vicenza poco letto ma molto conosciuto e fa sempre no-
tizia, e perch allepoca del ritrovamento e della pubblicazione del capitolo
tagliato (lo pubblicarono per intero Il Giornale di Vicenza e Il Giornale
di Feltri) tutti i vicentini che lo conobbero bene furono interpellati per
sentire qual era la loro opinione sulla vicenda.
La storia tenne banco per un po. Le opinioni furono le pi disparate e, come
scrissi, buffamente interessate. Ognuno pretendeva di saperne a suo modo
una pi del diavolo (che in questo caso ero io).
Il caso mont al punto che Ilaria Crotti un giorno mi chiam dopo una
sua lezione e mi disse: Senta, Dato, aumenti le pagine della tesi oltre il
massimo consentito. La autorizzo. Divida la tesi in due parti: nella prima
1
Citer solo i pi rilevanti dei suoi studi su Parise: - Ilaria CROTTI (2005),Wunderkammern. Il
Novecento di Comisso e Parise, Venezia, Marsilio - Ilaria CROTTI (1994),Tre voci sospette. Buz-
zati, Piovene, Parise, Milano, Mursia - Ilaria, CROTTI (2002),1955: Goffredo Parise reporter a
Parigi (con due racconti), Padova, Il Poligrafo. - Ilaria CROTTI I (2008),Ho un debole per le sem-
plificazioni fulminanti: Parise lettore di Zanzottoin QUADERNI VENETI, vol. 47-48, pp. 299-
318.- Ilaria, CROTTI (2015),Dalla prima lettera dei Sillabari di Goffredo Parise: le voci alterne
della poesia,. Studi in onore di Giancarlo Quiriconi, Firenze, Franco Cesati Editore, pp. 289-303
faccia la cronaca delle reazioni ricevute, nella seconda il lavoro filologico sui
testi. Cos pi completa.
71
Aveva ragione. Le due parti erano interdipendenti. E cos feci. Alla fine la
pubblicai in un libro al quale diedi un titolo che mi parve corretto, Vicen-
tinit, con un sottotitolo lungo Il manoscritto ritrovato, Goffredo Parise,
gli americani a Vicenza.
Il ritrovamento del dattiloscritto, con lepisodio dellamericano innamora-
to di un seminarista, della Chevrolet, del Seminario vescovile, era la cosa
pi importante del mio lavoro (troppo bello quel capitolo 7 per restare nel
chiuso di un cassetto) e il libro lo nobilitava, credo. Ma le reazioni ricevute
dallillustre vicentinit erano un prologo ineludibile. Si sarebbe divertito
anche Goffredo a leggerle.
72
Quando usc il libro da Scheiwiller gli chiesi che fine avevano fatto quegli
appunti ma fu evasivo alquanto.
2*
I l manifesto di Goffredo Parise sulla vicentinit e la visio-
ne della Vicenza palladiana come un fondale - dopo la straordinaria
esternazione del maggio 1963 nella nuova libreria del caro amico Vir-
gilio Scapin per presentare il libro dellaltro grande amico vicentino
Guido Piovene, Le Furie si precisano entrambi meglio (manife-
sto e visione) nel corso degli anni successivi e ricevono nutrimento,
dopo essersi affermati in quel contesto fantastico-razionalistico mai
smentito, da alcune situazioni e circostanze precise della sua vita:
- Levoluzione di uno stato di salute personale pi precario;
- Una scelta decisa della sua poetica verso il sentimento, la semplicit,
il mistero (I Sillabari);
- Il desiderio di ritornare nel Veneto con la scoperta di Ponte di Piave
e di Salgareda.
74
presenta Le Furie. alla sua destra
lautore Guido Piovene, alla sua
sinistra un giovanissimo Bandini
75
quinte teatrali che si riassumono infatti meravigliosamente nel Teatro
Olimpico di Andrea Palladio, che per di legno ed un teatro. Anche
Vicenza lo , e non stata per me una citt ma appunto un teatro senza
nome, in tutte le sue vie, grandi e piccole, grigie, umide e leggermen-
te muschiose. In questo teatro ho ambientato cinque miei romanzi,
senza mai far riconoscere direttamente la citt perch appunto la
vedevo e la ricordo come un teatro in cui si pu cambiare commedia
ma non scenografia. fatta di scorci, di angoli, di improvvise colonne
bianco-grigie, lievemente funerarie e grosse come alberi tropicali. Non
gentile, graziosa e fantastica come Venezia, ma sempre fitta e alle
volte solenne come appunto le foreste tropicali. Il resto, la parte per
cos dire umile, invece campagnola.
77
bruciate di nicotina, i bombardamenti, la potente solidariet umana fra
disgraziati (lo eravamo tutti), la povert, la fame, il primo carro armato
americano con stella e il dopo, il lungo dopo che si protrae ancor oggi.
Linutile sarabanda del dopo.
82
Omaira Rorato
e Ida Wanda Bertoli,
madre di Parise
dellarea trevigiana
molto sapeva, scrive
sulla sua cronologia10:
Le tensioni prodotte
dalla nuova esperienza
sentimentale, e dai con-
tinui spostamenti fra Roma e Salgareda, intaccano ulteriormente la
sua fibra: emergono gravi problemi circolatori e coronarici.
Ancora una volta, i sentimenti e la salute lo posseggono fino a rischiare
di distruggerlo. Nel luglio 1979 ricoverato allOspedale Gemelli
di Roma dove colpito da un infarto acuto. Lo tengono per un mese
nellunit coronarica. Attorno a lui, scrive Callegher, due persone: Gio-
setta Fioroni e Omaira Rorato. Si delinea cos quella che diventer
la sua famiglia Il virgolettato di famiglia dello stesso Callegher.
giosi della grande editoria italiana: a vario titolo e livello ha scritto e colla-
borato con Longanesi, Garzanti, Feltrinelli, Einaudi, Mondadori.
Segno di instabilit ma anche di estremo successo. Come ho scritto altre
volte, stato un alieno conteso e corteggiato da tutti.
- Aceto sulle ferite, Il Borghese, a. IV, n. 20, 15 ottobre 1953, pp. 620-621.
Poi confluito in Gli Americani a Vicenza, Milano, Adelphi, 2015.
- Il prete bello, Milano, Garzanti, 1954; Torino, Einaudi, 1975; Milano, Mon-
dadori, 1983; Milano, Oscar Mondadori, 1992; Milano, Adelphi, 2010.
- Un sogno improbabile, Vicenza, Libreria Due Ruote, luglio 1963. Poi confluito in
Un sogno improbabile: Comisso, Gadda, Piovene, Milano Scheiwiller, 1991.
- Cara Cina, Milano, Longanesi, 1966; Torino, Einaudi, 1972; Milano, Oscar
Mondadori, 1992.
- Guerre politiche. Vietnam, Biafra, Laos, Cile. Torino, Einaudi, 1976; Milano,
Oscar Mondadori, 1992; Milano, Adelphi, 2007.
- Il fondale di Vicenza dietro Guido Piovene, Corriere della Sera, 19 dicembre 1976.
- New York, Venezia, Edizioni del Ruzante, 1977. Poi riproposto in Odore
dAmerica, Milano, Mondadori, 1990; e infine in New York (a cura di Silvio
Perrella), Milano, Rizzoli, 2001.
- Il mio Veneto, Corriere della Sera, 7 febbraio 1982. Poi confluito in Veneto barba-
ro di muschi e nebbie, a cura di Nico Naldini, Nuova alfa Editoriale, Bologna, 1987.
- Lontano (a cura di Silvio Perrella), Cava dei Tirreni, Avagliano Editore, 2002;
Milano, Piccola Biblioteca Adelphi, 2015.
LAmerica 87
e il Colosseo di plastica
GOFFREDO PARISE
LUCIO PANOZZO
PREMESSA
Q
uando, piccolino in et scolare, la mamma mi mandava a
comperare il latte con un bidoncino pi grande di me,
pesantissimo (a quel tempo il latte veniva venduto sfuso, ci si portava da
casa la bottiglia o, appunto, nel nostro caso di famiglia numerosa, un bidon-
cino in alluminio, leggero di per s, ma provate ad alzarlo quando pieno
e avete solo sette anni), mi attardavo per la strada attratto dalle curiosit
che possono affascinare a quellet, buone o cattive che fossero. Lattardarsi
consentiva anche di posare quel peso che trascinava verso terra ora il braccio
sinistro, ora il destro, in unalternanza che mi permetteva di riequilibrare
la muscolatura della schiena che poi, dopo tanti anni, mi trad ugualmente
nonostante questi miei piccoli accorgimenti inconsapevoli. Incontravo gli
amici, i compagni di scuola, il cappellano, una volta anche il mio maestro
Antonio Novello (detto il Picchiatore), il quale volle provare di persona
a portare il bidoncino, caso mai fosse stato troppo pesante per me. Mi lasci
non prima di aver verificato mediante un pizzicotto al mio maglione se fossi
coperto a sufficienza, dato che sera dinverno, e anche verso il tramonto.
Fu proprio in una di quelle occasioni che decisi di non tornare attraverso
la Porta di Santa Lucia, ma di proseguire per via Zambeccari fino al borgo
Scroffa (abitavo alle Fontanelle, e la latteria si trovava appunto in via Zam-
beccari). Traversai e mi trovai dinnanzi alla bottega del lapicida Cingano
(parente dellaltro Cingano, scultore, che aveva villa e laboratorio in corso
Padova, dove adesso, dopo aver demolito la villa e utilizzando il parco, hanno
costruito dei condomini con negozi, in puro stile palladiano).
91
Unocchiata dentro al portone e allantro che cera oltre, la davo sempre
volentieri. Forse presagio del fascino che esercita su di me oggi la scultura
in genere. Ma questa non era vera e propria scultura, pi che altro in quella
bottega venivano squadrate le lapidi, che poi ricevevano le scritte in bei
caratteri secondo le ordinazioni dei clienti, per finire poi a far compagnia
ai defunti e abbellirne le tombe. Per vedere uno scultore vero non dovevo
far altro che proseguire per via IV Novembre e fermarmi un po prima del
collegio Farina, dove, dietro un altro grande portone, aveva sede il laborato-
rio di Aldo Giaretta, il quale volentieri mi parlava di arte, ma anche della
caccia (qualche anno dopo, durante le gite in montagna con la compagnia che
frequentavo assieme alle sue figlie, ebbe modo di dirmi che a caccia andava
ancora e anche col fucile, ma ci andava solo per sentire il cinguettio degli
uccellini; non mi sarei aspettato di meno, da un artista amante della natura).
Cera anche unaltra bottega darte scultorea, in zona, quella di Giuseppe
Giordani, pap del mio amico Paolo, a un tiro di schioppo da casa mia, in
viale Ferdinando Rodolfi.
Ma torniamo a Cingano. Mi incuriosiva il fatto, raccontatomi dalla mamma,
delle sue avventure matrimoniali: sposato tre volte e tre volte vedovo. Dopo
la terza volta aveva tentato ancora (provaci ancora, Cingano!), ma in tempi
di superstizione non aveva trovato nessuna donna disposta ad arrischiare
una morte precoce, anche se oramai a quellet che aveva lui, uneventuale
lei avrebbe potuto essere pi di l che di qua. Ma in generale lamore per la
vita pi saldo quando la morte pi vicina. Quindi il nostro aveva dovuto
arrivare al termine della sua vita con la scritta stato civile vedovo sulla
carta didentit.
92
gridando: anca stavolta ghe la go fata!.
Anche se di traffico ce nera poco, rischia oggi, rischia domani, il fatto pur-
troppo era accaduto, e pochissimo lontano da Porta S. Lucia, per giunta. Mi
raccont ancora, il pap, anzi ci raccont, perch ci eravamo nel frattempo
messi a tavola, della particolare abilit manuale di Otello, il quale portava
sempre in tasca un gran blocco di stucco e di questo si serviva per meravi-
gliare bambini o donne o altri passanti, modellandolo velocissimamente con
le sembianze del duce, del re o di qualche altro personaggio conosciuto. In
questo caso il pap dette anche una spiegazione di questa abilit: la paren-
tela col grande scultore Antonio Canova di Possagno. Non potendo
verificare storicamente la cosa, noi ragazzi la digerimmo cos, un po supi-
namente. Comunque ero stato testimone anchio, alcune volte, dellabilit
di Otello. Era veramente stupefacente la sua manualit.
Passati gli anni, una mia sorella si spos, e sua suocera si chiamava Canova,
perch era sorella di Otello. Ebbene, mia sorella, dopo la visita alla mostra
sul Canova del 2004 a Bassano del Grappa, sostiene molto seriamente che
i vari ritratti dello scultore Antonio somigliano sorprendentemente alle fat-
tezze della sua defunta suocera (a me, che ho la mania delle somiglianze, non
sembra proprio, per pu darsi che mia sorella sia un tantino condizionata).
Ora noi sappiamo che il povero Canova non pot godere le gioie del santo
matrimonio e quindi sappiamo anche, e con certezza, che non ebbe figli,
almeno legittimi. E allora dove possiamo noi cercare una parentela con
Otello e sua sorella? Mission impossible, secondo me, a meno che non en-
triamo nel campo delle ipotesi. Per esempio si potrebbe pensare al padre
di Antonio, Pietro e al nonno Pasino, entrambi lapicidi e scultori. Siccome
Antonio era figlio unico, poteva avere altri figli Pasino? Facile che s. Ecco
che allora unipotesi possibile potrebbe prendere forma: il sangue non
acqua, e quando trapassa da una generazione allaltra pu portare con s il
buono e il cattivo in eredit (sono testimone della bont di mio cognato e
di sua mamma. Lui ha dalla sua di avermi insegnato ad usare il computer,
operazione piuttosto difficoltosa, ma niente in confronto allo spirito di
sopportazione per aver sposato mia sorella, per il quale sacrificio gli porter
eterna riconoscenza, e fra molti anni ricever il premio eterno mia sorella
non so).
Niente di pi facile che, attraverso e per mezzo dei cromosomi, Otello abbia
avuto in dono la facolt di dar forma alla materia. Chiss cosa poteva venirne
fuori se, ben consigliato negli studi e ben seguito dagli insegnanti, avesse
potuto sviluppare e migliorare le sue qualit. Non voglio accarezzare ipotesi
di tipo reincarnatorio, faccio gi fatica a credere nella vita eterna lass e a
sopportare una vita sola quaggi...
Di questo passo potrei azzardare una parentela acquisita, lontana quanto
si vuole, ma reale, col grande Antonio: parente di parenti di parenti di pa-
93
renti... Perch non finita con i contatti tra la mia famiglia e i Canova. Il
nonno di mio nonno paterno (cio mio trisavolo), Giovanni detto Camparo,
di Bortolo quondam Giovanni e di Santa quondam Francesco Zanini, nato
a Vicenza in parrocchia di S. Lucia
in Araceli l11 dicembre 1797 ad ore
9 circa di mattina e morto a Vicenza
in parrocchia di S. Pietro Apostolo il
2 febbraio 1873, calzolaio, vetturale
(sui certificati vitturale) e infine
fabbricatore di zolfanelli, sposa in
primo voto Anna Canova, morta
il 2 luglio 1834. Nellatto del se-
condo matrimonio (ce ne fu anche
un terzo! A quei tempi gli uomini
consumavano le donne, ai nostri
tempi purtroppo le parti si sono
invertite, bont loro), celebrato a
S. Lucia in Araceli in data 21 giugno
1835 con Anna Dessen di Pietro e
della fu Bortola Piazzon, nata in parrocchia dei Carmini il 27 gennaio 1809,
fra i testimoni appare un Giuseppe Canova fu Pietro di S. Lucia (sempre
in parrocchia di Araceli). Parente della prima moglie? Possibilissimo. Pos-
sibile anche la mia parentela con Antonio? Possibilit flebile, considerando
la diffusione del cognome Canova1 che, si badi bene, un cognome che ha
senzaltro origini diverse, sicuramente non di uno stesso ceppo. Canova
si origina sicuramente da Ca Nova, casa nuova. Pu essere appioppato a
chiunque si faccia una casa nuova, dando origine cos a infiniti ceppi non
collegati tra di loro. Se ci fossero i collegamenti di cui ho parlato, sarebbe
un caso paragonabile alla vincita del Jackpot da 200 milioni di euro al
Superenalotto in quanto a probabilit. Ma per quello di cui voglio parlare
assolutamente ininfluente che Antonio ed io siamo parenti. Ma gli porto
molta simpatia, penso che questo si sia gi capito.
94
Daphne e Apollo, capolavoro di
Gianlorenzo Bernini
Spionaggio amoroso
95
parlo e che cercher di illustrare in poche parole. Se qualcuno ne sente il
desiderio, pu anche andarsi a vedere i vari artisti che, nelluso della propria
arte, mettono in evidenza forti richiami di unarte che non la loro: esempio
principe, il Cristo morto del Mantegna, dipinto che conserva struttural-
mente unevidenza scultorea. Spero di
essermi spiegato (il grande artista
aveva avuto una prima formazione
come scultore e probabilmente aveva
voluto sottolineare questa sua qualit
nellopera immortale citata).
Il film di cui parliamo (non ricordo il
titolo, si tratta comunque di un reso-
conto di uno dei tanti oceanici raduni
ai quali il Fhrer partecipava in questa
o quella citt della Germania) comin-
cia con uninquadratura quanto mai
inusuale. La ripresa viene effettuata
dalla cabina di guida dellaereo presi-
denziale (meglio dire dittatoriale) con
in primo piano la nuca del Fhrer.
Eccellente panorama quello che si pu
ammirare attraverso i vetri: una citt
con relativi cattedrale e monumenti
vari, il tutto a tratti nascosto dalle
nubi, probabilmente sovrapposte artificialmente. Lo spettatore non siede in
poltrona al cinema, ma si trova in cabina di guida, in volo, a osservare il pa-
norama con sotto gli occhi, in modo da non poterla evitare, la testa di Hitler.
Il capolavoro della Riefenstahl in questa scena il silenzio. Infatti tutta la
lunga scena girata in muto. Leffetto non si pu spiegare, bisogna vedere.
Io ci provo, ma non posso presentare la scena completamente muta. Il
lettore (in questo caso spettatore) avvertir un respiro pesante, ansimante,
affaticato, ritmato sul passo di una persona che stia sopportando una fatica
quasi superiore alle sue forze. La scena che vedremo sar una strada della
Roma ottocentesca, ma osservata attraverso una fessura. Il tutto sar in
movimento altalenante, misurato sui passi del fornaio che sta portando
Antonio Canova nella gerla appesa alle sue spalle, la gerla del pane. Locchio
vigile dellartista, in questo momento solo uomo, e anche un po disperato,
cerca tra i rari passanti di quellora mattutina la figura della sua fidanzata
fedifraga, che lo tradisce con un altro uomo: dramma della gelosia. Noi
siamo dietro di lui, e la sua nuca occupa una buona met del nostro campo
visuale, che non ampio, a forma di mezzaluna tra il coperchio che va su e
gi e il bordo della gerla.
Sopra: una bella immagine di Helena Bertha Amalie Riefenstahl, detta Leni.
Non si sa come and a finire lepisodio di legittimo spionaggio, si sa solo che
il fidanzamento non funzion e fin in nulla. Domenica Volpato, figlia del
96
suo amico Giovanni2, incisore, non fu mai sua moglie.
Il periodo romano
2
Giovanni Trevisan detto Volpato (cognome della nonna), nasce ad Angarano
nel 1735 ca. e muore a Roma nel 1803. Grande collezionista di antichit (finanzia-
va gli scavi archeologici) e commerciante, ebbe unimportante bottega di cerami-
che (arte importata da Nove). Frequent un elevato livello di societ, fu amico di
Canova, il quale fu in grado di fare conoscenze importanti grazie a lui, frequentan-
do la sua casa.
Il Tempio Canoviano
di Possagno,
97
detto il Tempietto
Canova, lamore
e Paolina Bonaparte
3
Lacqua di rota quella che si raccoglie in una bacinella che sta sotto alla rota (cio ruota) di
gres che serve per affilare gli scalpelli. La ruota deve sempre e essere bagnata da un continuo
sgocciolare. I finissimi residui di ferro finiscono per colorare lacqua di ruggine, ed questo
colore che rimane sul marmo dopo che ne viene spruzzato e massaggiato ripetutamente.
Amore e Psiche
giacenti, particolare
99
drammatico. Il bacio
mai dato.
Non avendo potuto seguire studi regolari, la parte di cultura al di fuori della
sua arte riusc a farsela sfruttando ingegnosamente le ore di lavoro. Essen-
do gran lavoratore, riusciva a dedicarsi alla sua arte dalle 12 alle 14 ore al
giorno. Aveva capito che usare mani e occhi non escludeva di poter usare
le orecchie per ascoltare un aiutante culturale che gli leggesse i classici,
oppure gli insegnasse una lingua, o altro. Si scelse i suoi lettori, tra cui ri-
100
cordiamo il fratellastro Sartori. Per un uomo della sua levatura, in contatto
con le cancellerie di tutta Europa, era essenziale presentarsi come uomo
di cultura, oltrech come artista. Penso per che questa sua scelta, oltre a
tornare utile per i suoi rapporti, dipendesse anche dalla sua inclinazione,
dalla sua volont di allargare gli orizzonti. Fu anche manager di se stesso,
istituendo uno show room di tutto rispetto e unorganizzazione di marketing
da fare invidia ai dirigenti di vendita dei nostri tempi. Inviava cataloghi coi
disegni delle sue opere in tutta Europa e, per chi visitava il suo studio,
aveva provveduto ad una piattaforma girevole perch le sue opere potessero
essere ammirate da tutti i punti di vista.
Lemballeur
101
del Louvre
Il testamento nuncupativo
Non c notizia di altre opere del Canova sul nostro territorio, a meno che
qualcosa non si trovi nei caveau segreti di qualche nababbo. Si tratta della
stele che orna il sepolcro di Ottavio Trento presso lIstituto fondato a sue
spese, dove ebbe il permesso di essere sepolto. In questo modo si venne meno
5
Come? Voi dite ambasciatore? No, signore, voi siete solo un imballatore
Il conte Ottavio Trento
Chi ha avuto la fortuna di allietare let scolare con letture davventura, non
pu non aver conosciuto le opere di Emilio Salgari. Ovviamente parlo dei
nati verso la met del secolo scorso, pi o meno. Tra gli episodi del grande
romanziere risalta la storia dei Thugs indiani. Terribili assassini, facevano
Il sepolcro di Antonio
Canova ai Frari di
Venezia, dove sepolto
solo il cuore, il resto del
corpo giace a Possagno.
E stato realizzato dagli
allievi seguendo un vec-
chio progetto di Canova
per la tomba di Tiziano
mai realizzata. Si tratta
di unopera che riporta
molti simboli massonici
(Canova Massone? Niente
di pi facile)
parte di una setta che aveva come riferimento la multibrachiale dea Kal.
Questi assassini avevano varie tecniche per ammazzare le loro vittime, tra
103
le quali le pi sfortunate venivano solo fatte
prigioniere e in seguito sacrificate alla san-
guinaria e sedicente dea allinterno dei templi
a lei dedicati. La tecnica preferita era quella
di avvolgere al collo delle vittime un grande
fazzoletto e strangolarle. Per fare questo,
tenevano in mano un capo del fazzoletto,
mentre allaltro capo si attaccava qualcosa
di pesante perch loperazione di avvolgere
il collo avvenisse pi velocemente. Bene, la
notizia proprio questa, anche se priva di
spiegazione. Un ricercatore o collezionista di
medaglie ne ha trovato una commemorativa
di Canova, che veniva utilizzata per questo
macabro scopo. un mistero, ma cos. Dal-
tra parte ogni oggetto destinato a cambiare
di mano, quindi se la medaglia con leffige
di Canova era stata coniata in varie copie, La dea Kal
avr avuto anche un suo commercio. E, come si sa, la sede del commercio
il mondo, perch il mondo stesso si dice che sia met da vendere e met
da comprare.
BEPPA RIGONI
Il gufo
nascosto
Il coccodrillo appisolato
cupati e lasciati, che genti han coltivato e abbandonato, che soldati
han combattuto e son morti. Continuo a trovarne i segni.
107
Mitragliatrici italiane, incisioni austro-ungariche
108 Giro naso allaria per la maggior parte del tempo senza meta, a gusta-
re il diaframma fra vetta e cielo, ma accade a volte di guardare dove
metto i piedi, cos ho cominciato ad osservare, oltre a rami, pigne e
squarci di cielo, le radici nella loro multiforme contorsione, cos affini
ad altre forme viventi: animali, vegetali, umane.
una sorta di reincanazione, di passaggio ad un livello superiore?
Chiss...
La scalinata
di radici
L'ALTOPIANO cos VICINO, COS LONTANO 109
LOIC SERON:
UN FRANCESE
INNAMORATO
DELLALTOPIANO
Un lavoro straordinario, quello di Loic Seron, unispirazione
che sposa mirabilmente arte fotografica e letteratura.
Amore dellopera di Mario Rigoni Stern, il suo, al quale il
fotografo francese ha dedicato molteplici attenzioni e la sua
splendida poesia per immagini, fotografando i luoghi di
unaltra poesia, quella di Mario. Ne uscito un libro e una
mostra, Altipiano, memorabile: nella suggestiva cornice
delle carceri di Asiago, che chiuder solo a fine novembre
BEPPA RIGONI
112 attraverso immagini e parole, la poetica del padre, nessuno gli si era
avvicinato tanto nel sentire, nel vedere, nellesprimere.
Altipiano:
escursioni nellopera e nel paesaggio
di Mario Rigoni Stern
Con sentenza del 20.10.2016, n. 10445, il Tar del Lazio ha dichiarato inam-
missibile per difetto assoluto di giurisdizione un ricorso proposto per
limpugnazione del D.P.R. 27 settembre 2016 di convocazione dei comizi re-
ferendari per il prossimo 4 dicembre 2016, nella parte in cui formula in modo
erroneo il quesito concernente lapprovazione della riforma Renzi-Boschi.
La decisione lascia perplessi per due ragioni: perche priva di tutela giurisdi-
zionale il diritto di voto nelle procedure di revisione costituzionale; e perche,
implicitamente, ammette che la procedura posta dagli organi coinvolti (Uf-
ficio centrale per il referendum, Presidente della Repubblica e Governo) si
* Per gentile concessione del periodico ilcaso.it. Giuseppe DElia Patrocinante in Cassazio-
ne e professore di ruolo in Diritto Pubblico allUniversit degli Studi dellInsubria.
sarebbe svolta in modo regolare, quindi trascurando levidente violazione
degli artt. 3 e 16 della legge 25 maggio 1970, n. 352.
114
2. La legge di revisione della Costituzione
non e una qualunque altra legge costituzionale.
116 e deve altresi citare la data della sua approvazione finale da parte delle
Camere, la data e il numero della Gazzetta Ufficiale nella quale e stata
pubblicata.
A sua volta, lUfficio Centrale per il Referendum, ai sensi dellart. 12 della
citata legge n. 352 del 1970, verifica che la richiesta di referendum sia
conforme alle norme dellart. 138 della Costituzione e della legge: ancora
una volta, la richiesta e non il quesito.
Nei citati artt. 4 e 12 non ce una parola con riguardo al quesito referendario,
ne come onere di formulazione da parte dei richiedenti ne come competenza
dellUfficio Centrale per il Referendum.
Sembrerebbe, piuttosto, che il Tribunale abbia confuso il referendum costi-
tuzionale con quello abrogativo. Infatti, e solo per questultimo che spetta ai
promotori, secondo lart. 27 della legge n. 352 del 1970, la formulazione del
quesito: Al fine di raccogliere le firme dei 500.000 elettori necessari per il
referendum previsto dallarticolo 75 della Costituzione, nei fogli vidimati
dal funzionario, di cui allarticolo 7, si devono indicare i termini del
quesito che si intende sottoporre alla votazione popolare, e la legge o latto
avente forza di legge dei quali si propone labrogazione, completando la
formula volete che sia abrogata ... con la data, il numero e il titolo della
legge o dellatto avente valore di legge sul quale il referendum sia richiesto;
indicazione ripetuta nel successivo art. 29 per la richiesta di referendum
abrogativo proveniente dai cinque consigli regionali.
Ancora. Lart. 35 della legge n. 352 del 1970, nel prescrivere la scheda per il
referendum abrogativo, al comma 2, afferma: Esse contengono il quesito
formulato nella richiesta di referendum, letteralmente riprodotto a
caratteri chiaramente leggibili. Mentre, le schede per il referendum costi-
tuzionale sono disciplinate dallart. 20, comma 2, della legge n. 352 del 1970,
che non rinvia al quesito formulato nella richiesta di referendum, ma
prescrive che Esse contengono il quesito formulato a termini dellar-
ticolo 16, letteralmente riprodotto a caratteri chiaramente leggibili.
Nel referendum costituzionale, dunque, il quesito e formulato, ai sensi
dellart. 16 della legge n. 352 del 1970, con lo stesso decreto del Presidente
della Repubblica di indizione dei comizi, adottato, su deliberazione del
Consiglio dei Ministri, ai sensi dellart. 15 della legge n. 352 del 1970.
Un atto, dunque, senzaltro soggetto alla giurisdizione (almeno) del giudice
amministrativo, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V, ord.
19 aprile 2011, n. 1736, che cita una inedita sez. VI, ord. 19 maggio 2000, n.
2413), conforme ad un orientamento del giudice delle leggi, secondo cui: il
sindacato giurisdizionale sugli atti immediatamente lesivi relativi al proce-
dimento preparatorio alle elezioni rappresenta una garanzia fondamentale
per tutti i cittadini. In un ordinamento democratico, infatti, la regola di
diritto deve essere applicata anche a tali procedimenti e, a questo fine, e
essenziale assicurare una tutela giurisdizionale piena e tempestiva, nel
rispetto degli artt. 24 e 113 Cost. (Corte cost., sent. 7 luglio 2010, n. 236). 117
Daltro canto, anche con riguardo agli atti e provvedimenti emanati dal
Governo nellesercizio del potere politico (cfr. art. 7 c.p.a.), per i quali e
storicamente avvertito un bisogno di insindacabilita, e altresi pacifico che
cio nondimeno, gli spazi della discrezionalita politica trovano i loro
confini nei principi di natura giuridica posti dallordinamento, tanto a
livello costituzionale quanto a livello legislativo; e quando il legislatore
predetermina canoni di legalita, ad essi la politica deve attenersi, in os-
sequio ai fondamentali princpi dello Stato di diritto. Nella misura in cui
lambito di estensione del potere discrezionale, anche quello amplissimo
che connota unazione di governo, e circoscritto da vincoli posti da norme
giuridiche che ne segnano i confini o ne indirizzano lesercizio, il rispetto
di tali vincoli costituisce un requisito di legittimita e di validita dellatto,
sindacabile nelle sedi appropriate (Corte cost., sent. 5 aprile 2012, n. 81).
Q
ualcuno potr criticarmi per la mia posizione sul Referendum
costituzionale dinizio dicembre favorevole al No, perch
dovrei essere un po di qua ed un po di l: dovrei cio in teoria esporre
sia le ragioni del No che quelle del S.
Come chiunque scrive su questa rivista, espongo il mio modo di vedere.
Per non si pu ignorare che le ragioni del S hanno abbondante pro-
pagazione attraverso i giornali allapparenza indipendenti, e soprattutto
grazie alla Rai nella quale, addirittura, si sono sostituiti in tempo utile
giornalisti di alta professionalit ma non di fede renziana. Mi riferisco ad
episodi noti, che bene ricordare: la sostituzione di Bianca Berlinguer
nella direzione del TG3 e la rimozione di Massimo Giannini (gi vice
direttore di Repubblica) dalla conduzione di Ballar (sempre Rete 3
della Rai).
bene dire che la AgCom1 si sta rifiutando di consegnare ai parlamentari
i dati di accesso dei vari personaggi nelle trasmissioni Rai; forse perch
risulterebbe la presenza del presidente del Consiglio preponderante in
modo imbarazzante nelle principali trasmissioni. Presenza nella quale,
a prescindere dal luogo o dalle ragioni, lo stesso non si fa scrupolo di
parlare del referendum.
La mia voce dunque un modesto tentativo di far sentire la ragioni del
No che, in una democrazia compiuta, avrebbero i medesimi spazi ed
orari di quelle del S in tutte le trasmissioni della Tv di Stato ovunque
si affrontasse largomento.
In questo articolo riferisco di questioni precedentemente non trattate circa
il sistema di elezione del nuovo Senato e la concessione dellimmunit.
Quindi, riprendo alcune prese di posizione autorevoli e qualificate per in-
1
Autorit per la Garanzia nelle Comunicazioni unautorit italiana di regolazione e
garanzia,con il compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato
e di tutelare il pluralismo e le libert fondamentali dei cittadini nel settore delle comunica-
zioni, delleditoria, dei mezzi di comunicazione, delle poste.
120 Bianca Berlinguer, direttore
del TG3 da sette anni, epurata
da Renzi in persona a pochi mesi
dal referendum.
Il suo telegiornale era
criticato dai renziani di ferro e
dal premier in particolare.
Andandosene, disse: Me ne
vado con la malinconia tipica di
ogni separazione dolorosa.
121
in considerazione del grave vizio di costituzionalit di escludere i cittadini
dallelezione dei senatori, nonostante che, come ha sottolineato la Corte
Costituzionale nella sentenza sul Porcellum (n.1/2014): il voto costituisca
il principale strumento di manifestazione della sovranit popolare.
Aggiunge Pace che si tratta di un principio desumibile dallart.1 della nostra
Costituzione che pacificamente costituisce dei principi costituzionali supre-
mi che nemmeno una legge di revisione pu modificare. Potrebbe dunque
essere considerata incostituzionale qualsiasi legge approvata da un Senato
eletto da soggetti (i consiglieri regionali, provinciali per Valle dAosta e
Trentino A.A.) che secondo la Costituzione non avrebbero potuto farlo.
Nel nostro sistema si eletti, oppure nominati. Nel primo caso lo fa il po-
polo che sceglie la persona e il partito. Elezioni che esprimono la sovranit
popolare. In sede di discussione parlamentare sul DdL di controriforma
costituzionale la maggioranza respinse un emendamento che stabiliva
lelezione diretta e popolare del nuovo Senato. Perch?
mia opinione che il progetto di depotenziare il nuovo Senato sia incom-
patibile con una investitura popolare, come la Camera. Inoltre, laggancio
della Camera Alta al territorio rende poco agevole lapplicazione del nuovo
sistema elettorale maggioritario (Italicum) e quindi per gli ideatori della
controriforma si sarebbe potuto non avere la netta prevalenza in entrambe le
Camere. Non mi sembra sostenibile che la scelta dei futuri senatori da parte
dei consiglieri regionali possa qualificarsi come elezione, in quanto i primi
non sarebbero titolari della sovranit popolare ma solo delegati ad esercitarla
in un ambito ben circoscritto: una determinata Regione e i relativi problemi.
Invece la sovranit ha respiro nazionale come territorio e problematiche ed
la medesima quando si eleggono le Camere, le Regioni, i Comuni.
Appare piuttosto contraddittorio che soggetti (consiglieri regionali/sindaci)
eletti con mandato circoscritto alle questioni di un ben delimitato territorio
(Regione/comune) possano nominare dei senatori i cui poteri spaziano
sia nella legislazione nazionale, che nella modifica costituzionale, che nei
trattati internazionali e nelle disposizioni e provvedimenti UE.
Il nuovo art. 57 stabilisce, fra laltro, al comma sei, che con legge appro-
vata da entrambe le Camere sono regolate le modalit di attribuzione dei
2
(Lanciano, 1935), cattedra di diritto pubblico alla Sapienza di Roma (Scienze Politiche),
autore di oltre 200 pubblicazioni.
seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri
e i sindaci, nonch quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla
122
carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti
espressi e della composizione di ciascun Consiglio.
In attesa della approvazione di una legge apposita per la elezione (meglio,
la nomina) dei futuri senatori, per la quale non prevista una tempistica
certa, vige la normativa provvisoria, in specie il nuovo art. 39 (disposizioni
transitorie) che, in estrema sintesi, prevede:
1 formazione di singole liste di consiglieri regionali e sindaci;
2 la singola lista pu non riflettere il colore politico dei gruppi consiliari;
3 la nomina dei senatori avviene con criteri proporzionali, sulla base dei
voti espressi dai consiglieri regionali per le singole liste.
Italicum o morte
Per la prima volta nella storia parlamentare italiana la legge elettorale stata
approvata con un voto di fiducia. Ci significa che il Governo non era
disposto ad accettare alcuna modifica del suo testo, nemmeno se proveniente
dallinterno del Pd, e che esso riteneva quella proposta essenziale per s.
Come credere alle promesse di modifiche fatte da Renzi in ottobre 2016?
Sembrano pi che altro strumentali per togliere argomenti alle tesi del No.
Comunque, nel caso di vittoria del S ragionevole ritenere che non ci sar
alcun cambiamento.
3
Il termine parco buoi di uso nelle borse ed indica un insieme molto vasto di investitori
principianti e non preparati sufficientemente in materia. Senza saperlo, essi fanno felici gli
speculatori pi esperti, quelli che da anni operano nel settore e la sanno lunga su quali mer-
cati prendere in considerazione.
Tuttavia si trovarono le mediazioni giuste anche con le altre forze - in pri-
mis il PSI ed i partiti cosiddetti laici - per accompagnare la nuova e prima
124
Costituzione repubblicana ed antifascista con il massimo di unit, anche
per farla sentire propria dagli italiani.
Oggi invece non si partiti da un testo parlamentare, come fu nel 19464,
ma da una proposta del Governo, che di per s esprime una parte politica.
Nelliter approvativo non si cercato seriamente di trovare - attraverso le
necessarie mediazioni e modifiche - un testo di ampia condivisione. Nem-
meno allinterno del Pd, come stiamo vedendo quasi ogni giorno, fu trovata
unintesa sostanziale oltre quella di facciata per cui si vota pi per disciplina
di partito che per convinzione.
Se la Costituzione non sentita come un bene basilare di tutti gli italiani
possibile che una maggioranza diversa da quella attuale cerchi di mutarla
facendola cos diventare ostaggio delle forze politiche contrapposte e non
la legge fondamentale e fondante per tutti.
Come nel XVI e XVII secolo anche oggi i governanti italiani hanno bisogno
di essere supportati dalle forze straniere. Ovviamente non si tratta di eser-
citi che valicano le Alpi ma di interventi autorevoli che, attraverso i mezzi
di comunicazione, superano ogni confine e giungono a tutti i cittadini. Nel
numero precedente di QV ho informato sulla pesante intromissione della
finanza internazionale; ora abbiamo linterferenza dei governi forestieri.
La prima met di settembre, quando se ne ignorava la data, vi fu uno scatena-
mento di interventi forestieri sul referendum costituzionale: tutti per il S.
Come cinque secoli fa lavvio viene dallItalia: Renzi magnifica la
riforma costituzionale nel corso della riunione dei G20 a Hangzou (Cina)
allinizio di settembre per provocare il consenso altrui.
A margine dellincontro gli addetti stampa della Casa Bianca lasciano tra-
pelare lidea che anche Obama ritenga negativa la vittoria del No perch
metterebbe in crisi non solo la politica italiana ma addirittura quella europea
creando instabilit politica.
Lambasciatore USA in Italia (evidentemente ritenuta il giardino di casa)
se ne era uscito un paio di giorni prima affermando che uneventuale vittoria
del No rappresenterebbe un passo indietro e un rischio per gli investi-
menti stranieri in Italia. Dagli Stati Uniti, ha aggiunto Phillips nel corso di
un convegno, si sta seguendo con attenzione la campagna elettorale in vista
della consultazione e, ha spiegato, in molti sperano che la riforma passi,
perch lItalia deve garantire di avere una stabilit di governo in quanto
63 governi in 63 anni non danno garanzie.
Questo argomento dei 63 governi fa parte della propaganda renziana
che, evidentemente, ha istruito adeguatasmente il diplomatico. Per di pi si
4
Elezione dellAssemblea Costituente 2 giugno 1946.
tratta di un dato tendenzioso perch negli ultimi quindici anni vi sono stati
cinque Presidenti del Consiglio. La durata breve dei Governi appartiene a
125
tempi lontani.
In quel contesto si fa sentire anche la Merkel: ovviamente non spetta al
governo tedesco esprimersi su referendum che si tengono in altri Paesi,
ammette il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert Ma Angela Mer-
kel appoggia Matteo Renzi nelle sue diverse attivit di politica interna e le
riforme che il premier ha avviato. Come tedeschi abbiamo un forte interesse
per unItalia prospera economicamente, che possa essere una forte parte
dellEuropa. Per questo, come governo federale, appoggiamo le riforme
che il presidente del Consiglio Renzi ha avviato in questa direzione, ad
esempio nel mercato del lavoro.
Meno male che abbiamo un Presidente della Repubblica. Egli con poche
parole ma di alta autorevolezza - parlando da Sofia dovera in visita di Stato
- ricord agli stranieri che la sovranit degli elettori.
Con questa presa di posizione gli interventi forestieri avrebbero dovuto
cessare venendo rimandati ai rispettivi mittenti. Per larbitrio di libera
caccia in Italia stato consentito per troppi anni. Cos, allinizio di ottobre il
Wall Street Journal si schiera con il No ed il commissario UE alleconomia
Pierre Moscovici - con contorcimenti diplomatici - per il S.
Credo che la vittoria del No sar anche laffermazione dellindipendenza e
libert dellItalia da quanti presumono di poter intromettersi nelle nostre
questioni interne.
REFERENDUM COSTITUZIONALE
127
correzione di parti della Legge elettorale Italicum in tutti i luoghi in cui
lANPI ha una sede, dintesa con lARCI e con le altre Associazioni che hanno
aderito ai Comitati per il NO alla Riforma del Senato e per la correzione
della Legge elettorale, adottando tutte le misure necessarie perch la raccolta
delle firme si concluda tempestivamente e con esito positivo, invitando tutti
gli iscritti a dedicare ogni impegno affinch si realizzi unampia e completa
informazione di tutti i cittadini sulle ragioni del NO e sui contenuti della
riforma in discussione;
- di non accettare provocazioni e dunque di non intervenire in dibattiti e
polemiche che non riguardino i contenuti dei referendum;
- deplorando la inaccettabile campagna introdotta contro lANPI, perfino
tentando discriminazioni fra i partigiani e respingendo altrettanto vergo-
gnosi avvicinamenti ad organizzazioni di stampo fascista, di invitare tutti,
Governo, Partiti, Associazioni, cittadini, a mantenere la campagna referen-
daria nei confini della democrazia e della correttezza, dando assoluto ed
esclusivo primato ai contenuti;
- invita la stampa a dar conto di tutte le posizioni, senza preferenze n di-
stinzioni ed, in particolare, radio e televisione ad aprire spazi adeguati anche
ai sostenitori del NO, come finora non avvenuto;
- richiama lattenzione del Garante delle Comunicazioni a fare il possibile
per garantire che linformazione nella campagna referendaria sia ampia
ed equilibrata, si abbassino i toni, si privilegino le discussioni pacate e le
riflessioni. Il referendum un diritto dei cittadini e delle cittadine ed uno
strumento di democrazia (...). LANPI tutta impegnata a garantire che
questo importante esercizio di democrazia si svolga con estrema correttezza
e parit di condizioni, in modo che davvero la parola sia libera.
25 gennaio 2016
[Approvato con venti voti a favore e tre astensioni]
128
Zagrebelsky
sostanza alle
decisioni pre-
cedenti; che
assolutamente
lecito e norma-
le che vi siano,
allANPI, anche
opinioni dis-
senzienti, ma
che il dissen-
so deve essere
mantenuto nei
limiti della circolare del 5 marzo 2016 (...),
Decide:
- di intensificare la Campagna per il NO alla riforma del Senato e per il S
alla correzione di parti della Legge elettorale Italicum in tutti i luoghi in
cui lANPI ha una sede, dintesa con lARCI e con le altre Associazioni che
hanno aderito ai Comitati per il NO alla Riforma del Senato e per la corre-
zione della Legge elettorale (...);
- di non accettare provocazioni e dunque di non intervenire in di-
battiti e polemiche che non riguardino i contenuti dei referendum;
- deplorando la inaccettabile campagna introdotta contro lANPI, perfino
tentando discriminazioni fra i partigiani e respingendo altrettanto vergo-
gnosi avvicinamenti ad organizzazioni di stampo fascista (...);
- invita la stampa a dar conto di tutte le posizioni (...);
- richiama lattenzione del Garante delle Comunicazioni (...). LANPI tutta
impegnata a garantire che questo importante esercizio di democrazia si
svolga con estrema correttezza e parit di condizioni, in modo che davvero
la parola conclusiva spetti al popolo.
Roma, 24 maggio 2016
129
democrazia a vantaggio di ristrette oligarchie. Per ora le forme della de-
mocrazia reggono, ma si svuotano. Si parla di post-democrazia e, se suben-
tra lautoritarismo, di democratura. Ripeto: non c da preoccuparsi?.
I problemi di fondo, obietta lintervistatore, vanno oltre il referendum. Sono
in discussione lo stato sociale, leconomia sociale di mercato. Il profesore
daccordo e rileva che al di l del Referendum/Italicum, troviamo ...Il
sogno di ogni oligarchia: lumiliazione della politica a favore di un misto
di interessi che trovano i loro equilibri non nei Parlamenti, ma nelle tecno-
crazie burocratiche. La conseguenza che viviamo in un continuo presente.
Il motto non ci sono alternative, e cos il pensiero messo fuori gioco.
Zagrebelsky vede nella democrazia, non nella tecnica economica la
strada per uscire dalle attuali difficolt con ... un grande discorso
democratico, franco, sincero, che non nasconda le difficolt e chia-
mi tutti a uno sforzo di responsabilit, ciascuno secondo le proprie
possibilit, mobilitando le energie civili del Paese e recuperando so-
vranit, non condannando i deboli allimpotenza e allirrilevanza.
Tornando alla controriforma costituzionale lo Zagrebelsky costituziona-
lista, la giudica scritta malissimo, illeggibile, talora incomprensibile.
E non questione di forma ... perch una costituzione democratica ha
innanzitutto lobbligo della chiarezza. Il linguaggio dei riformatori
rivela due difetti: semplificazione e radicalit, brutalit e ingenuit.
Fondamentale il concetto espresso che il cambiamento della Costituzione
non pu essere accompagnato dallo slogan per cui...la sera delle elezioni
si sapr chi ha vinto. Ci non rivela una mentalit al tempo stesso sbri-
gativa e ingenua? In quel giorno ci saranno vincitori e vinti e vae victis!
(guai ai vinti! NdR).
130
Ancora: Un tempo cera una garanzia: i partiti e una legge elettorale
proporzionale con le preferenze ed i cittadini il cui voto pesava totalmen-
te. Oggi i partiti sono dei monoliti, col solo compito di sostenere il Capo.
E, di nuovo, tutto si tiene: con la legge elettorale vigente in Parlamento
siederanno i fedelissimi.
Zagrebelsky premette che anchegli per il superamento del bicameralismo,
ma in modo verace, non in questo modo.
La via maestra
Il documento in difesa della Costituzione firmato da Lorenza Carlassare,
Don Luigi Ciotti, Maurizio Landini, Stefano Rodot, GustavoZagrebelsky.
Lorenza Carlassare
Stefano Rodot
133
tanto maggiore quanto pi procede il tentativo di cambiare la Costituzione
in senso meramente efficientistico-aziendalistico (il presidenzialismo di
fatto la punta delliceberg!), lesigenza di raccogliere, coordinare e po-
tenziare il bisogno e la volont di Costituzione che sono diffusi, consape-
volmente e, spesso, inconsapevolmente, nel nostro Paese, alle prese con la
crisi politica ed economica e con la devastazione sociale che ne consegue.
Anche noi abbiamo le nostre ineludibili riforme. Ma, sono quelle che
servono per attuare la Costituzione, non per cambiarla.
134
di limiti quantitativi e qualitativi (salvo lesclusione di alcune materie), attri-
buisce al Governo un eccesso di potere in materia legislativa compensato
solo parzialmente dallintroduzione di limitazioni alla decretazione durgenza
e dalla previsione della determinazione di diritti per le minoranze e di uno
statuto delle opposizioni, la cui definizione, per, rinviata, senza alcuna
certezza, al Regolamento della Camera stessa.
Tale eccesso di potere non trova compensazione nelle disposizio-
ni relative agli altri livelli istituzionali la cui capacit di incide-
re nel procedimento legislativo limitata, ne nella parteci-
pazione diretta dei cittadini ne in quella delle formazioni sociali.
La semplificazione del procedimento legislativo che si voleva otte-
nere, con il superamento del bicameralismo perfetto, vanificata
dalla moltiplicazione dei procedimenti previsti a seconda della natu-
ra del provvedimento in esame. Una moltiplicazione che richiedera
il consolidamento di una prassi e rischia di rendere lo stesso iter
delle leggi oggetto di contenzioso davanti la Corte costituzionale.
I nuovi criteri, infine, per lelezione degli organi di garanzia Pre-
sidente della Repubblica, Giudici della Corte costituzionale di nomina
parlamentare, componenti laici del CSM rischiano di essere subor-
dinati alla legge elettorale, facendo cos venir meno la certezza del
bilanciamento dei poteri di cui la Costituzione deve essere garante, con
la possibilita di determinare un restringimento del pluralismo e della
rappresentanza delle minoranze.
La Cgil, dunque, valuta la modifica costituzionale da una parte unoccasione
persa per introdurre quei necessari cambiamenti atti a semplificare, raffor-
zandole, le istituzioni. E, dallaltra, giudica negativamente quanto dispo-
sto da tale modifica perch introduce, senza migliorare la governabilit ne
il processo democratico, un rischio evidente di concentrazione dei po-
teri e delle decisioni: dal Parlamento al Governo, dalle Regioni allo Stato
centrale. Ferma restando la liberta di posizioni individuali diverse di iscritti e
dirigenti, trattandosi di questioni costituzionali, dopo questi mesi di discus-
sione sul merito della riforma, lAssemblea generale della Cgil invita a
votare NO in occasione del prossimo Referendum costituzionale.
LAssemblea generale impegna tutte le strutture a diffondere queste va-
lutazioni. La CGIL e tutte le sue Strutture, nel preservare la propria auto-
nomia, non aderiscono ad alcun Comitato e considerano, come sempre,
fondamentale la partecipazione al voto e sono impegnate a promuoverla e
favorirla tra le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati, i giovani
e i cittadini tutti.
QV ANNIVERSARI 135
ALDO MORO, CENTANNI
DALLA NASCITA:
LUOMO CHE CREDEVA
NELLA POLITICA
Nel 1996 usciva un libretto bianco della Locusta del
grande vicentino Rienzo Colla su Aldo Moro, con scritti
del poeta Mario Luzi e del teologo Italo Mancini. una
testimonianza, pi pregnante di qualunque saggio, sulla
vita esemplare di Aldo Moro e sul significato dei tragici
misteri che lhanno accompagnata
MARIO PAVAN
138 La prima opera di papa Paolo VI, che port con s, fino alla tomba,
il tormento interiore per il suo discepolo e amico Aldo e la secon-
da, quella gridata (alla maniera di un salmo dellantico testamento)
dalla moglie Eleonora, ai funerali dellamato marito e tenutisi nella
basilica pontificia di San Giovanni in Laterano, l11 maggio del 1978.
A Vicenza Aldo Moro lasci veri eredi? difficile dirlo oggi in un mo-
mento di coma profondo dei partiti e della scomparsa del gusto
per una vera Politica. arduo tentare di stendere un bilancio serio
guardando indietro ad unepoca in cui la Dc era soprattutto una conta
numerica e di potere tra vecchi dorotei(quelli di Mariano Rumor e
anche dello stesso Aldo Moro, allinizio della sua militanza politica) e
la componente dei cosiddetti nuovi dorotei di Antonio Bisaglia, che
stava emergendo a colpi di tessere (pi o meno gonfiate) e iscritti
dellultima ora.
Questa, purtroppo, unaltra storia. Ci che resta lesempio di Aldo
Moro. Al di l di tutto: di esaltazioni o celebrazioni. Egli resta un po-
litico lungimirante nelle sue prospettive: un uomo serio, preparato e
che studiava i segni dei tempi. E che, prima di tutto, stato un
marito amorevole, un padre orgoglioso dei suoi figli e un
nonno affettuoso, come si evince anche dalle sue ultime lettere dal
covo dovera segregato e scritte prima della sua bestiale esecuzione.
questo, infatti, crediamo, il primo distintivo che dovrebbe carat-
terizzare chi dice (donna o uomo che sia) di mettersi al servizio del
Paese.
LUOMO, LA CACCIA, 139
LA CUCINA, LA STORIA
Gli australopitechi erano vegetariani. Ma dallHomo
erectus fino alla Rivoluzione Francese la caccia stata una
fonte di sopravvivenza, alimentazione, potere.
Dal Medioevo stata uno strumento di potere in mano
alla classe egemone, i nobili, che lhanno trasformata in un
gioco (sempre di potere). Con la Rivoluzione francese la
caccia passata in mano pi ampie: della borghesia alta
e media. Fino ai nostri giorni: oggi la civilt industriale e
urbana occidentale non lama. Tuttavia...
ALFREDO PELLE
Caccia inutile
Er vecchio cacciatore co lo schioppo
Guarda per aria e vede un usignolo
Che gorgheggia un asslo
Tra li rami dun pioppo.
tutta quanta unarmonia damore
Imbevuta de sole e de turchino
Che d la pace e timbandiera er core
Come lo chiameremo un cacciatore
Che spara su quel povero piumino?
141
appostamenti, la furia e la concitazione degli attacchi alla preda, lemozione
e lorgoglio della vittoria, la presenza della morte, la gioia del pasto comune
a festeggiare la vittoria. questo un frammento del racconto della storia
delluomo che va avvicinato con rispetto.
142
zione basata principalmente sui cereali, mentre appare sempre pi evidente
che la parte orticola e luso delle terre incolte aveva una funzione importan-
tissima. Di conseguenza la caccia era parte essenziale per lalimentazione,
non fosse altro perch risolveva il bisogno di proteine.
Una copiosa letteratura parla della caccia dei nobili e di come fosse incon-
cepibile ed indecoroso che un servo potesse cacciare meglio del padrone. Il ch
obbligava il nobile a cercare le prede pi difficili da cacciare, in quanto la prova
143
di valore nello stanare e nellaffrontare rendevano la caccia pi esaltante.
Si arriv, nei paesi nordici, a preferire la caccia in autunno perch i
selvatici (cinghiale in primis) sono nella stagione degli amori e perci pi
aggressivi e violenti, e i terreni, a causa delle prime piogge, erano pi diffi-
coltosi e rischiosi, il che sbilanciava al massimo la caccia verso la dimensione
guerriera. Nella caccia, pertanto, il signore aveva loccasione di dispiegare
abilit, coraggio, potenza, magnificenza, con il banchetto che seguiva, e infine
ospitalit e generosit. Da qui ne derivava il fatto che la caccia da singolo
era pochissimo praticata e la caccia con larco allontanava da quei valori
ricercati perch non esponeva al rischio del combattimento.
Fra i selvatici, di grande importanza era il cinghiale, aggressivo, tenace, diffi-
cile da vincere, armato di zanne assimilabili alla spada e si credeva dotato, in
una parte del corpo, di una protezione assimilabile allo scudo del guerriero.
I contadini, per contro, cacciavano con reti e trappole. Gli scavi archeolo-
gici condotti in abitazioni rurali medievali hanno portato alla luce antiche
punte di freccia e coltelli anche se le fonti scritte (pensate per un pubblico
aristocratico) parlavano di contadini che impugnano bastoni.
E il giudizio si faceva ancor pi pesante se rapportato alle ragioni per cui i
contadini uccidevano i selvatici: per alimentarsene!
Inoltre la caccia dei nobili, come dicevamo, era rivolta ad animali feroci ed
aggressivi, cosa completamente ignorata dal volgoe contemplava queste
componenti per un cacciatore: il falco, il cavallo, il levriero, la spada.
Al tempo di Roma la caccia era res nullius, esclusa cio dal diritto privato
e la selvaggina apparteneva a chi la trovava. La caccia era libera come la
raccolta dei prodotti selvatici.
Levoluzione del diritto venatorio medievale limit la libert di caccia
escludendo le propriet regie ed obbligando a segnalare (nelle leggi ger-
maniche) la presenza di trappole, fossi, lacci,archi automatici, tagliuole. Si
arriv successivamente allappropriazione dei privilegi venatori da parte
della nobilt. La caccia, attivit come dicevamo assai diffusa tra i contadini
dellAltomedioevo, si riduce lentamente a partire dal 1100 a causa del pro-
gredire dei dissodamenti e della conseguente diminuzione dellincolto nei
secoli successivi. Nacquero cos i parchi signorili.
I contadini riducono il consumo di conigli selvatici, lepri e pernici, uccella-
gione minuta e beccacce via via che il fuoco e la scure distruggono le foreste.
Al restringimento delle aree boschive segue, logicamente, la progressiva
privatizzazione dei diritti duso sulle stesse e questo determina, per i con-
tadini una minore incidenza nel bilancio familiare di tutte le componenti in
qualche modo legate al libero sfruttamento delle terre comuni.
145
ed altri attrezzi. E non erano sconosciuti neppure i richiami, vivi o artificiali
o, in alcuni casi , i recinti.
anche cacce. Tutta la Toscana diviene una enorme riserva di caccia per ospiti,
tanto che Boniforte di Abbiate, stambecchiere del duca di Milano nelle
campagne pisane, cacci un centinaio di cervi per il suo signore: era il 1474.
I Medici stessi erano validissimi ed accaniti cacciatori, anche i cardinali
come Ferdinando I o Carlo dei Medici ci hanno lasciato testimonianze scritte
delle loro gesta.
Con il finire della dinastia si ebbero molte revoche delle riserve e suona come
una beffa che, a fronte del disinteresse dellultimo Granduca Gian Gastone,
la moglie, Anna Maria Francesca di Sassonia, passasse la giornata a tirare
alle lepri e la sorella Anna Maria Luisa, appassionata cacciatrice di cervi, si
facesse riprendere in tenuta di amazzone, con i cani!
Del resto la presenza di donne alla caccia non era formale. Si hanno regine o
dame importanti che cacciano, anchesse per manifestare il potere. Caterina
de Medici ebbe una concorrente in Diana de Poitiers, Elisabetta I cacciava con
passione e cos era Anna di Danimarca, moglie di Giacomo I dInghilterra.
La regina di Sassonia e Polonia, alla fine del Settecento, nella riserva di
Bialowiecza spar a venti visoni ed anche Isabella dEste divideva la passione
per la caccia. A Napoli nel 1739 la principessa Maria Luisa Caracciolo era
cacciatrice valente.
Allinizio del Settecento, nel Nord Europa, era abitudine dei cacciatori
presentarsi alle dame con il coltello sporco di sangue usato per sgozzare i
cervi. Ma non vi era ritrosia verso il sangue, tanto che le dame ritenevano
che bagnarsi le mani con il sangue della selvaggina contribuisse a tenere la
pelle bianca (non dimentichiamo che labbronzatura era cosa da bifolchi).
Arriviamo alla fine del Settecento: in Francia la rivoluzione diede vita ad
una serie di cambiamenti epocali in molti settori della vita, compreso quello
venatorio.
147
Lintroduzione della licenza di caccia democratizz la pratica venatoria,
subordinandola per al pagamento di una tassa. Sostanzialmente il potere
modific i propri diritti sulla caccia, conservandolo per come un privilegio
dato ai cacciatori. Si registr un incremento enorme del numero dei caccia-
tori, e fu linizio della fine delle cacce reali. Ma la caccia di frodo rimase viva
e se le cacce aristocratiche andarono scemando (assieme a molti selvatici
quali il cervo, lorso, il lupo) la ricca borghesia venne ad occupare gli spazi
lasciati liberi dalla decadente aristocrazia.
I poveri continuarono a pensare alla caccia come ad un prelievo festoso
in opposizione ai tempi e ai luoghi del lavoro produttivo.
Nel frattempo si modific anche il modo di cacciare: fucile e cani e non pi
cavallo e poca caccia di postazione con i selvatici portati al tiro.
Rest la caccia alla volpe con cavallo e cani e, a dimostrazione di uno status
sociale elevato, si inaugur la caccia in luoghi lontani. Fu cos che zanne
delefante, corna di rinoceronte, teste di antilopi e tigri cominciarono a fare
bella mostra sulle pareti di casa.
Nell800 la cucina di caccia era entrata nel mondo della borghesia ed in
Toscana, in particolare, in quel mondo di campagnoli, cos radicati nel
paesaggio agrario, era divenuta un fulcro della tavola. Cos fattorie con
paretai o ragnaie per catturare uccelli, in un habitat ideale per starne, qua-
glie e lepri, con un mondo, dalle coste marine alle paludi maremmane, agli
acquitrini, diventato il regno degli acquatici di passo.
E nacque anche lallevamento di uccelletti da fare allo spiedo e a Firenze i
mercati cittadini avevano una straordinaria abbondanza di selvaggina, anzi
di uccelli, come si pu rilevare dal fatto che i dazi che il Comune ne ricavava
erano molto consistenti
Basta pensare allarrivo di migliaia di famiglie con Sirene come capitale:
politici, giornalisti, portaborse, segretari e tutta la compagnia di giro diven-
nero utenti importantissimi : di questo periodo la lepre in dolce e forte.
148
violenza e superfluo e quindi essere considerata una stortura del sistema
di civilt occidentale.
C un atteggiamento inevitabilmente contraddittorio, in questi tempi, e
stridente fra la pratica venatoria e le problematiche ecologiche delle associa-
zioni di cacciatori. Le riviste di caccia pubblicano con regolarit articoli nei
quali si sottolinea la perfetta compatibilit fra caccia ed ecologia. Si rileva,
sia pure sotto traccia, una certa tensione fra inviti a rispettare le sempre
pi limitate norme legislative e la nostalgia del tempo nel quale la caccia si
chiudeva da sola.
Ma questo argomento esula dal mio intervento e lo lasciamo al dibattito
che seguir.
Bibliografia
Paolo Galloni
Storia e cultura della caccia
Editori Laterza 2000
Massimo Montanari
Lalimentazione contadina
Nellalto Medioevo
Liguori Editore 1979
Boroni Bossini
Brescia e la civilt dello spiedo
Massetti Rodella editori 2002
152
Le assicurazioni cercano sempre mille appigli per non pagare e ci sono
cause che vanno avanti davvero per troppo tempo, con costi da sostenere e
anticipare, e a discapito di chi gi ha avuto una disgrazia e stress enormi.
Questa una vera ingiustizia.
E allora, di cosa ci meravigliamo? Che sia morto lennesimo ragazzo
innocente, questa volta nellopulento, laborioso e onesto Nord Est invece
che in qualche sventurato e arretrato paesino del Sud Italia, di cui non ce
ne frega niente?
N.B. : i cacciatori oltre che sparare alle persone che hanno attorno, sono
Veleniferi verso lambiente e quindi verso gli uomini, in quanto sparano
piombo, un elemento notoriamente considerato veleno. Ce lo ritroviamo
nelle colture agricole, nellacqua dellacquedotto, nelle sorgenti, nelle falde,
nei pozzi. Poi quando troviamo del piombo nellacqua, improvvisamente
qualche intelligente si sorprende, poi nellarticolo dei giornalini quotidiani
si legge: I tecnici dicono che il quantitativo di fondo, dovuto alle rocce
di queste montagne. Peccato che per loro tutte le montagne siano uguali,
mentre geologicamente sono diversissime.
Un articolo del Giornale di Vicenza di 10 anni fa riportava che un abitante
pedemontano, ogni anno doveva con la sessola (paletta a sezione
tondeggiante per farine) fare il giro delle grondaie di casa, per raccogliere
alcuni kg di pallini di piombo che centinaia di sparatori rilasciavano
nellambiente. La foto dimostrava la veridicit della denuncia. Questo
piombo entra direttamente nelle falde profonde.
Una direttiva dellUnione Europea nel prossimo anno vieter luso di
pallini di piombo, mentre da vari anni molti paesi europei si sono gi
adeguati alluso del ferro. Noi sempre come il terzo mondo. Anzi si pu ben
dire che mentre i Cacciatori Raccoglitori Sapiens e neolitici, usavano la caccia
per vivere, oggi si sfogano per i loro problemi psicosociali; peccato per che
tirino sempre dentro nelle loro angosce esistenziali anche altri abitanti di
questo pianeta inquinato.
Riferimenti:
[1] Michele Favaron http://www.vittimedellacaccia.org
[2] http://www.vittimedellacaccia.org/component/content/article/42-dossier/3036-i-
dossiers-vittime-della-caccia-i-dati.html
[3] http://www.vittimedellacaccia.org/ultimissime/3150-csvittime-caccia-84-persone-fucilate-
a-veneto-e-lombardia-la-maglia-nera.html
[4] http://www.ambientediritto.it/Dossier/2002/Caccia_Lavoro.htm
[5] http://www.carloconsiglio.it/divietodicaccia.htm
[6] http://www.faunalibera.it/approfondimenti/caccia_uccide_uomini.pdf
[7] art. 7, comma 5 3-bis e 3-ter Legge 28/12/2015 n 221, G.U. 18/01/2016 Collegato
ambientale alla Legge di Stabilit 2016: le nuove norme sulla green economy http://www.
altalex.com/documents/news/2016/01/07/collegato-ambientale-approvato-dalla-camera
Addio a Dante Caneva, 153
il pi vecchio
dei Piccoli Maestri
ROBERTO PELLIZZARO
CARMELO CONTI
Villa - Roi - Fogazzaro Colbachini, Montegalda (Vicenza)
Progetto di riforma della villa (1846) dell'architetto Antonio Caregaro Negrin.
1910, FORNI DI TONEZZA DEL CIMONE(m.1030), Colonia Alpina Umberto I.
La sede estiva della Colonia Alpina Umberto I nei primi anni di funzionamento, tutta
dipinta a righe verticali rosse e bianche. Era presieduta dal senatore Co. Guardino Colleoni e
ospitava fanciulli poveri del comune di Vicenza per cura climatica.
La colonia sar ampliata negli anni trenta dal presidente march. Gino Giuseppe Roi.
degli anni cinquanta, quando lo vidi per la prima volta, il marchese dottor
Giuseppe Roi era un mito e lo sarebbe stato per oltre mezzo secolo. Spon-
158
taneo e naturale chiedersi: Perch tanta riconoscenza e tanta riverenza?
Il marchese, figlio secondogenito di Giuseppe Gino ed Antonia Lonigo di
San Martino, nasce l11 febbraio 1924 in contr San Marco nel palazzo
del XVI secolo gi dei Thiene (civ. 35 e 37), dallarchitettura ben lontana
dallo stile palladiano e decisamente lombarda nellimpostazione dei fori di
facciata, delle decorazioni e delle coloriture di fondo. Ledificio era attiguo
alla chiesa di S. Marco, una delle sette cappelle di citt, consacrata nel 1119
e demolita nel 1814 in quanto, prossima al fiume Bacchiglione e soggetta a
frequenti allagamenti, era diventata inagibile e inadatta sia alle celebrazio-
ni quotidiane sia a quelle solenni che la citt effettuava qui per celebrare
levangelista Marco patrono della Serenissima Repubblica Veneta.
Mentre la parrocchia veniva trasferita nellattuale chiesa di San Girolamo
degli Scalzi, edificata dai Carmelitani su precedente chiesa dei Gesuiti, la vec-
chia chiesa di S. Marco veniva venduta per 2.670 lire e, una volta acquistata,
subito abbattuta: altari e statue vennero ceduti ad altre chiese, mentre una
consistente parte del materiale lapideo and riutilizzata nella costruzione
di un edificio di fronte. Il sedime liberato fu acquistato dalle contesse Ot-
tavia e Valeria Scroffa, perch non venisse adoperato ad uso profano; lo
tengono fino al 1839, quindi per testamento Ottavia lo lascia, assieme alla
casa, ai Padri Filippini; infine questi nel 1866 vendono immobile e terreno a
Giuseppe Roi, che trasforma il tutto in giardino e boschetto a godimento
del suo palazzo. Lattigua piazzetta San Marco, un tempo camposanto della
cappella, oggi area di parcheggio.
159
alluniversit di Ferrara, la pi frequentata tra le libere universit italiane.
162
il barone Uberto de Morpurgo, il marchese Gilberto Porro Lambertenghi e
il conte Alberto Bonacossa. A Torino, ospite degli Agnelli, nella tenuta
La Mandria poteva incontrare imprenditori e professionisti che, con idee
innovatrici, si apprestavano a programmare il rilancio delle citt. Quando
rientrava a Vicenza le figure di riferimento e confronto che poteva incon-
trare, in villa, erano sempre i fratelli Marzotto, i Valmarana, i Rossi.
Negli anni 60 il marchese, indole particolarmente insoddisfatta, cerca nuovi
orizzonti fino a desiderare la conoscenza delle civilt pi lontane, quelle eso-
tiche. Per questo affronta viaggi importanti: nel 1962 va in Egitto, nel 1966
visita la Libia; nel 67 e nel 72 in Russia e a Mosca; si porta in Afghanistan
nel 68. Visita prima Hong Kong e poi Cancn nel 1985.
Ovviamente ogni viaggio sar contrassegnato dallacquisto di opere
darte che andranno ora nel suo arredamento personale ora in apprezzati
regali. Oltre a questo, fin da ventenne aveva preso a frequentare le pi im-
portanti gallerie darte, quelle italiane: dalla Galleria dellObelisco di Roma
al Naviglio di Milano, al Cavallino di Venezia e quelle straniere: francesi,
svizzere ed inglesi. In alcuni casi non manc di acquistare direttamente alla
Biennale di Venezia.
Il marchese Roi era solito marcare la sua nobilt legandola anche alla
unicit degli abiti, che per indossava senza ostentazione, con lo stile di chi
ama assecondare i propri gusti e scegliere quello che li valorizza fino in fondo.
Dal canto suo il signor Federico Ceschi a Santa Croce gestisce a Milano
una sartoria per gentlemen con la presunzione che La vera eleganza non
si vede, ma si sa che c, per cui nel secolo scorso e fino agli anni 60, in-
dossare un completo firmato N.H Sartoria, dove le lettere N e H stanno per
Nobil Homo, significava prediligere uno stile; perseguire lunicit dellabito
confezionato a mano e su misura significava voler dare completezza alla
vera nobilt. Chi poi per i propri abiti si adoperava nella ricerca di tessuti
pregiati o di dettagli, anche nascosti, esaltava se stesso, assecondava la
propria personalit e i modi di pensare e di agire.
Bene, agevolato dal fatto di avere un tale sarto proprio in famiglia, infatti
era consanguineo di Leonida Leopoldo conte Ceschi a Santa Croce
(Haasberg, 1918 - Vicenza, 2010) che nel 1950 a Montegalda aveva sposato
la marchesa Maria Teresa (Mimina) Roi sorella di Boso, di certo il
nostro marchese, andando a Milano, non tralasci di frequentare tale sar-
toria. Avviene cos che il sarto asseconda il marchese e questi viene subito
definito il dandy vicentino. Per molti anni sar pure indicato tra gli uomini
pi eleganti dItalia. La convinzione che Leleganza non farsi vedere ma
farsi ricordare, dettata in tempi recenti dallo stilista Armani, lui laveva
gi fatta sua e con risultati sorprendenti e indiscutibili.
164
darte e protettore dei beni culturali, anchegli partecipe alle operazioni di
quellimportante recupero architettonico in particolare e alle lotte per la
salvaguardia di Venezia in generale.
165
guida della societ il giovane Boso, neppure trentenne, non si sia rifiuta-
to, dal momento che, fra le passioni culturali da lui coltivate, quella per la
musica era la pi sentita.
Tale presenza, condotta come presidente fino alla stagione 1959-60 e pro-
trattasi fino al 1970 come consigliere, costitu il periodo pi importante
dellassociazione, malgrado le difficolt vissute dalla citt nellallestire
concerti, dal momento che il conflitto mondiale aveva distrutto i pochi spazi
teatrali esistenti.
Alla sua direzione resta legata la chiamata in citt di molte delle star
internazionali del momento: Kempff, Grumiaux, Clara Haskil, Isaac
Stern, Geza Anda, Friedrich Gulda, Milstein, Rubinstein, Pierre
Fournier, Szeryng. Con il passare degli anni e delle esigenze seppe trasfe-
rire in modo coerente listituzione dalle presidenze culturali (come quella
del fondatore), o nobili (come la sua) fino alle presidenze imprenditoriali
degli ultimi anni: quella dei Trivellato, Caoduro e Pigato. Promosse
pure la fusione della gloriosa associazione con la pi giovane Amici della
Musica e questo aiut a mantenere vicino alla cultura musicale cittadina
un Boso Roi sempre deciso.
Filippo Lovato ricordando i cento anni della Societ del Quartetto scrive:
( ) E forse neanche Antonio Fogazzaro, Filippo Sacchi e tutti quelli
che fondarono la Societ del Quartetto di Vicenza avrebbero scommesso
che una piccola associazione musicale di una citt di provincia avrebbe
festeggiato un secolo di vita.( ) E anche se sono scoppiate due guerre
mondiali e due bombe atomiche, ( ), gli amanti della musica classica
hanno continuato a rinnovare labbonamento e ad assistere ai concerti,
lo Stato e i privati a offrire contributi.
A sua volta Cesare Galla, rifacendo la storia del sodalizio, puntualizza: Gli
anni Cinquanta videro una crescita molto rapida dellattivit del Quar-
tetto, presieduto prima da Angelo Lampertico e poi, a partire dalla met
del decennio, dal nemmeno trentenne Giuseppe Roi, che avrebbe guidato
il sodalizio fino ai primi anni 60, partecipando poi alla sua vita (come
consigliere) fino al 70.
Nellanno 1935 per celebrare il venticinquennale la Societ del Quartetto
ospit uno dei pianisti sacri del XX secolo, Wilhelm Backhaus, allapice
della carriera. Per il cinquantenario, nel 1960, il presidente Boso Roi invit
il Quartetto di Budapest, mito della musica da camera, mai prima (n
dopo) a Vicenza. Per festeggiare i cento anni del Quartetto si volle un concerto
insieme simbolico e beneaugurante, legato alla tradizione ma pure rivolto al
futuro: la riproposizione dello storico concerto del 20 gennaio 1910.
Unaltra conquista musicaledel marchese Roi: convinto dei valori di bel-
lezza e di utilit resi possibili utilizzando i patrimoni costituiti dalle chiese
cittadine, nel 1957 affronta il raffinato vescovo Carlo Zinato per chiedere
il nullaosta a tenere il primo concerto nella basilica dei santi Felice e For-
tunato: doveva risuonare musica dedicata a Lorenzo Pergolesi diretta
dallascetico mons. Giuseppe Biella. Dopo un garbato ma fermo braccio
di ferro Boso riusc a convincere il prelato, che partecip pure come ospite
166
donore e nei preamboli di presentazione, con rispetto, lo chiam Signor
Marchese.
Grazie a quella breccia, ormai da decenni si danno concerti nelle chiese
e nelle basiliche della citt; da allora, con successi crescenti, quelli offerti
alla citt dalla Societ del Quartetto e Amici della Musica sono stati ben 71.
Come ci ricordava ancora Giorgio Sala: In citt, erano registrati e resi
indimenticabili i dopo-teatro gestiti dal Marchese in occasione delle prime
degli spettacoli classici allOlimpico e pure al teatro Canneti: quando le
automobili accostavano ai portoni prelevavano i maestri e gli attori e li
portavano in villa a Montegalda. Attorno la gente: cera chi applaudiva
ma anche chi fischiava, chiss perch!
Ma, a parte la nobile sensibilit, qualche visibile perch cera senzaltro.
Alla fine del conflitto mondiale, dal 1945 in avanti, gli edifici che formavano
le quinte della citt presentavano danni ingenti e le strade principali erano
segnate dalle buche delle bombe e dei cingoli dei carri armati. Nella piazza
grande lo spazio, gi mutilato negli anni 30 dalle demolizioni delle case Ore-
fice a lato della loggia Bernarda, risultava inesorabilmente colpito anche sul
lato est dove, al posto del palazzo dei Tribunali, cerano cumuli di macerie.
Nel marzo del 1948 sulle pagine del Il Giornale di Vicenza il professor
Renato Cevese lancia la proposta di portare il loggiato della Basilica
palladiana alla condizione descritta nei Quattro Libri1, dove limpianto
rappresentato su un piedestallo di tre gradini. In effetti il Palazzo era rialzato
di un solo gradone.
Da quel momento per Vicenza i tre gradini della Basilica diverranno un
problema non facilmente risolvibile e largomento coinvolger lo stesso
Consiglio Comunale (seduta del 25 ottobre 1948). Mentre la proposta di
mettere il monumento nelle condizioni ideate da Palladio viene messa in
discussione dai risultati di alcuni sondaggi, largomento susciter interes-
samenti nazionali: a favore dello stilobate2 saranno gli studiosi di Palladio
e gli organi di tutela (Soprintendenza, Direzione Generale delle Antichit e
Belle Arti e Commissione dOrnato); contraria per lo pi la gente capeggiata
dal sindaco, il notaio Giuseppe Zampieri, e dallo storico e studioso del
Palladio G. Zorzi. Anche alla posizione di Mariano Rumor poco pre-
parato nel campo dellarchitettura che addirittura proponeva di portare a
cinque il numero dei gradini per dare pi maest al monumento, si oppone
1 I Quattro libri dellArchitettura sono un trattato in quattro tomi pubblicato nel 1570 dallarchi-
tetto Andrea Palladio (1508-1580). Il trattato ispir lo stile detto palladianesimo.
2
Nellarchitettura greca, i blocchi che costituiscono il basamento delle colonne; estens., tutta
la gradinata dei templi.
in maniera esplicita il sindaco. Dopo mesi di trattative e due sedute (il 31
gennaio e il 12 febbraio 1949) il Consiglio Comunale con un solo voto di
167
differenza deliber il mantenimento dello status quo.
Ma oltre alla pavimentazione, era in gioco la completa riconfigurazione della
Piazza dei Signori e larea relativa al distrutto Palazzo dei Tribunali, per la cui
ricostruzione i Ministeri delle Opere Pubbliche e dellIstruzione e lo stesso
Comune avevano avanzato la proposta di indire un concorso. In particolare
il sindaco, per accelerare i lavori e per motivi di sicurezza pubblica, aveva
fatto demolire le poche parti della fabbrica non collassate. Ancora una volta
fu il Soprintendente Forlati ad assumere la posizione contraria per la
riconfigurazione della piazza; si pose in sintonia con quanto affermato da
De Angelis dOssat e dallo stesso Pane: cos neg la possibilit di avviare
nel cuore della citt nuove avventure edilizie.
La riconfigurazione da dare al centro della citt senzaltro uno degli argo-
menti che la gente vorrebbe dibattere assieme ai nuovi strumenti urbanistici
e sociali. Le richieste che gli uomini di cultura pongono ai personaggi politici
che vanno a gestire la rinascita sono chiare: Quali valori monumentali de-
vono continuare a contraddistingue Vicenza e la piazza dei Signori? Quale
relazione dovrebbe esserci tra tale spazio e ledificio dominante, il Palazzo
della Ragione? Come affrontare la realizzazione di un moderno selciato di
piazza? Quale ricostruzione effettuare del palazzo dei Tribunali?
Possiamo dire che i tutori di questi impegni, i veri protagonisti furono prin-
cipalmente due: il prof. Renato Cevese ed il marchese Giuseppe Roi.
Entrambi affrontano e vivono le problematiche della ricostruzione e della
rifondazione della citt schierandosi in prima linea, affiancando e spesso
sostituendosi ai soprintendenti delle Belle Arti in trasferta da Venezia.
Entrambi concentrano i propri interventi sulla tutela di due entit chiave:
prima i patrimoni monumentali e quelli minori di citt e provincia; dopo
le ville venete.
Avvertita per la necessit di affrontare tali problemi avendo al seguito
anche i cittadini, nel 1949 il prof. Renato Cevese e lavv. Antonio Bardella
promuovono la costituzione della Associazione degli Amici dei Monumenti
dei Musei e del Paesaggio per la citt e la provincia di Vicenza e tengono
il primo Consiglio Direttivo l11 giugno 1949. Il primo Presidente sar il
principe don Carlos Gonzaga, il secondo lavv. Bardella, terzo il prof. Cevese
ed il quarto il marchese Giuseppe Roi, che da subito aveva dettato le finalit
e condiviso la necessit di agire.
Nellanno 1948, in occasione del IV centenario dallavvio del cantiere delle
Logge palladiane, Vicenza, grazie a quei signori, aveva gi dato vita ad una
serie di importanti eventi culturali: nel salone del restituito Palazzo della
Ragione era stata allestita la Mostra del Restauro, una prima carrellata su
quanto gi risanato nelle Tre Venezie, mentre nelle stanze del Museo Civico
veniva esposto per la prima volta un nucleo di disegni palladiani conservati
al Royal Institute of British Architects.
A settembre si era svolto il IV Congresso Nazionale di Storia dellArchitettu-
ra, con la partecipazione di molti studiosi di spicco nel panorama culturale
nazionale, dove si avanz la proposta di creare un organismo specifico per la
valorizzazione delle architetture venete, quello che nel volgere di un decennio
168
si concretizzer con il Centro Internazionale di Studi di Architettura
Andrea Palladio (CISA).
Tra gli anni 50 e 60 il marchese Roi, sempre in viaggio per lItalia, quando
soggiorna a Roma non pu non prestare attenzione allo slogan che l ser-
peggiava da tempo: affrettatevi a visitare lItalia, prima che gli italiani
labbiano distrutta . Del resto, condividendo gi il pensiero e le azioni che le
nobildonne veneziane e amiche, Anna Maria Cicogna e Teresa Foscari,
avevano intrapreso a salvaguardia di Venezia e della sua laguna, non fatica
ad orientare meglio i suoi intendimenti avvicinando nella capitale uomini
e studiosi come Zanotti-Bianco, Caracciolo, Bagatti Valsecchi, Pasolini
dallOnda e Bassani, che nel 1955 avevano fondato lassociazione nazionale
Italia Nostra con il fermo presupposto di tutelare il patrimonio storico
romano prima e quello nazionale dopo.
Di certo, nel 1965, se non qualche anno prima, Roi si fa socio e viene subito
eletto in quel Consiglio Direttivo con votazione plebiscitaria (ottenne un
voto meno di Giorgio Bassani che poi venne nominato presidente). Convinto
dellimportanza dellazione intrapresa a Roma, tra il 1964 ed i primi mesi del
65 vuole riproporla anche a Vicenza, per cui assieme al prof. Cevese ed agli
iscritti allassociazione Amici dei Monumenti chiede al direttivo romano di
Italia Nostra di poter fondare la sezione vicentina. Lassenso gli garantito
169
e la delibera del riconoscimento porta la data 18 maggio 1965. Effettuata
la prima elezione, la prima presidenza poteva andare solo al promotore, il
marchese Giuseppe Roi, a cui venne confermata fino al 1969; vice presi-
dente fu nominato Renato Cevese e Remo Schiavo segretario.
Gli atti e le delibere della gestione associativa sono tutti da studiare, ma
significativo il ricordo del professor Remo Schiavo, che inizi a seguire Boso
Roi ora nella sede della associazione (la prima in piazza Duomo presso lEnte
Provinciale del Turismo), ora in villa a Montegalda, ora nel palazzo Roi di
San Marco. Il suo giudizio sulla persona chiaro: Come presidente di Italia
Nostra era decisionista perfetto ed intransigente. Con lui arrivammo a ben
seicento soci, una sezione tra le pi numerose dItalia. ( ) Memorabili le
visite concesse ai soci alla villa di Montegalda e ad Oria ( ). I soci di Italia
Nostra non avevano il blasone culturale di quelli del CISA ma il marchese
era superiore a queste piccole cose: tutta la servit delle varie case era a
disposizione degli ospiti per il ricevimento e la visita in giardino.
A proposito di Boso c unaltra annotazione di Remo Schiavo in merito
allinvito da lui ricevuto nella residenza di San Marco espressamente per
proporgli di dargli del tu. Grande il suo imbarazzo nelliniziare un discorso:
() Pi difficile era invece come chiamarlo. Pensavo a marchese, dottore
o altri titoli fino a signor Giuseppe: meglio, disse lui, Boso. Il nome che
era usato dalle persone che onorava con la sua amicizia.
Negli anni 50 60, cogliendo le sensazioni provate dai cittadini e pure lui
- il marchese giustamente disturbato dal diffuso grigiore delle pietre
di Piovene e della pietra tenera che, con continuit, marcava le facciate dei
palazzi cittadini mai restaurati, non esit a proporre, sul modello di molte
citt europee, il concorso Citt fiorita, studiato per ingentilire le archi-
tetture con scorci pi gradevoli.
La manifestazione, oggigiorno sovvenzionata dalla Fondazione che porta il
nome Roi, per il 2016 prevede di premiare tre classi di concorso: abitazioni
private, esercizi pubblici e la via pi fiorita.
Negli anni 60 il Direttore Roi, volendo dare nuovi impulsi anche alle ville
venete minori, quelle presenti nella feconda campagna vicentina, programma
un Raid Internazionale delle Ville Vicentine da effettuarsi annual-
mente con auto depoca prevedendo relative soste e feste nelle residenze
punti di tappa. La manifestazione ottiene subito il dovuto successo, da allora
viene ripetuta annualmente e soprattutto sar ripresa da molte altre citt
italiane e straniere.
171
1980, i Concerti in Villa
172
ciali delle province di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Udine, Verona,
Venezia, Vicenza. Da quel momento allente andarono i compiti specifici sia
di tutela con lintervento economico (concessione di mutui e contributi), sia
di competenza, come la salvaguardia delle propriet e dei luoghi.
A Giuseppe Roi, suo primo e insostituibile sostenitore assieme al prof. Re-
nato Cevese, fu assegnata la prima presidenza, la pi impegnativa date le
situazioni allora incombenti sullintero patrimonio. Lincarico and dal 1960
al 1970. Nel 1978, anno di scadenza naturale dellente, per non interrom-
pere la continuit delle attivit conservative e degli impegni promozionali
programmati, venne trasformato in Istituto Regionale delle Ville Venete
con sede istituzionale in Villa Contarini a Piazzola sul Brenta.
173
adottate, specialmente per quanto riguarda lItalia, sono stati frutto del suo
lavoro creativo ed organizzativo.
Si pu dire che il marchese Roi sia stato una delle colonne portanti dellAc-
cademia Olimpica dove venne iscritto nel 1965 come Accademico Olimpico
alla Classe di Diritto ed Economia per passare successivamente alla Classe
di Lettere ed Arti. Fu Accademico Olimpico fino allanno 2007 e, mentre era
in vita e pure nelle proprie disposizioni testamentarie, volle concretizzare il
suo riconoscimento e lattaccamento verso il mondo culturale costituito in
associazione attraverso la donazione a quella Biblioteca di una importante
serie di opere di carattere teatrale. Si tratta di testi, studi e rassegne critiche,
che una volta catalogati saranno patrimonio vivo degli studiosi.
Nel 1979 la Regione Veneto e la Regione Friuli Venezia Giulia diedero vita
allIstituto Regionale che, da allora, risulta impegnato nella promozione
della conoscenza e del miglior utilizzo della Villa Veneta.
Fra laltro sono stati catalogati ben 4.238 edifici, di cui 3.803 in Veneto e
435 in Friuli Venezia Giulia. Il 14% delle ville di propriet pubblica o di
enti ecclesiastici e l86% di propriet privata
Consapevole dei valori culturali di cui era custode Vicenza in forza dei
suoi palazzi e delle ville palladiane, il marchese Giuseppe Roi sale subito a
capofila dei cittadini disposti a chiedere allUNESCO il riconoscimento di
patrimonio della umanit: lo considera il massimo onore per la citt e
per i suoi cittadini ma ne avverte e ne segnala anche il peso. Infatti ecco come
il marchese usava ricordare ai notabili ed ai politici che lo interrogavano in
quel periodo: ( ) Attenti perch cos come entrata pu anche uscirne,
se non cura il suo patrimonio.
A dicembre del 1994, la citt di Vicenza viene inserita nella World Heritage
List (Lista Patrimonio Mondiale) dellUNESCO. Saranno fautori convinti e
decisi: il marchese Giuseppe Roi, come Presidente del Comitato, il sindaco
di Vicenza Achille Variati, il commissario straordinario dellAzienda di
Promozione Turistica Vladimiro Riva e poi tutti i componenti il consiglio
scientifico che formalizzarono la schedatura di 23 palazzi palladiani inseriti
174
Cavazzale.
Il canapificio
Roi
in aperta
campagna
Cavazzale.
Operaie del
canapificio Roi.
Il 75% della
forza lavoro
era costituito
da donne.
Sono passati oltre 150 anni dal giorno in cui la famiglia Roi, proveniente
dalla Carnia, si era insediata prima a Bassano e poi a Sandrigo, dove Giu-
seppe senior avviava unattivit di commercio della canapa. Progredendo,
nel 1855 era arrivato a Vicenza, dove nella cosiddetta casa del Palladio
aveva avviato un altro negozio sempre con lavorazione della canapa e poi
nel 1857 il suo primo impianto industriale negli ex molini delle Chioare,
in contr San Marco. Sono ormai lontani gli anni 1871, quando inaugura-
va il canapificio per la tessitura in quel di Vivaro, e il 1875 quando faceva
partire le macchine nellimpianto di Cavazzale ed ancora il 1884 quando
completava lo stabilimento di filatura a Debba.
Ebbene, anche per i canapifici Roi, che fino alla met del 900 avevano visto
il numero di operai aumentare vertiginosamente (dai 270 del 1890 erano
passati a 1.200 nel 1940) nei primi anni 50, causa la produzione e il
diffuso impiego delle fibre sintetiche, si materializz la caduta degli ordini
e di conseguenza delle produzioni. Tanto che nel 55 le maestranze risul-
tavano essere di sole 800 unit, e gli stabilimenti in parte chiusi, in parte
impegnati in altre produzioni.
Se tale e tanta riduzione di posti di lavoro fu un collasso per quella classe
operaia non fu certo indolore per lultimo dei marchesi Roi, Boso, che
di giorno in giorno fu impegnato e costretto a gestirla. Magari con capacit
imprenditoriali non sempre lucide, accorte e allaltezza delle situazioni,
quanto invece erano quelle umane (purtroppo insufficienti per risolvere
una situazione economica cos complicata).
Arrivano i giorni delle battute finali. I giornali del 12 settembre 1955 pub-
blicavano: ( ) A Cavazzale di Monticello Conte Otto (Vicenza), ingenti
forze di polizia assediano il canapificio Roi presidiato dai lavoratori in
lotta contro 339 licenziamenti e respingono familiari ed amici che cercano
di portare loro del cibo. Nella notte la polizia irrompe nello stabilimento
e lo sgombera. La popolazione solidale con i lavoratori e la direzione
sar costretta ad aprire una trattativa che porter ad una riduzione dei
licenziamenti programmati. ( )
Mentre le trattative fra operai, sindacati, amministratori comunali e proprie-
tario Roi si conducevano senza risultati, per cui lopificio nel 1957 dovette
fermare definitivamente le macchine e chiudere i portoni, nel campo opposto
i 191 lavoratori che nel settembre 1955 a Cavazzale avevano occupato il ca-
napificio erano stati messi sotto processo e mandati al giudizio del tribunale.
176
E quando venne celebrato quel processo fece epoca per svariati motivi.
LA DINASTIA
DELLE CUCINE: I FORTUNA
Radicata a Caldogno, terra ideale per gli insediamenti
industriali, la dinastia dei Fortuna ha creato, in un secolo,
un marchio che tra i pi conosciuti in Europa e nel mondo
nel settore delle cucine e dellarredamento componibile
di alta gamma. I Fortuna hanno fondato un modus
riconoscibile di produzione e uno stile.
Il loro marchio, Arc Linea, ha fatto storia.
PINO CONTIN
La famiglia Fortuna
Silvio Fortuna, fondatore dellomonima falegnameria nel 1925, non
aveva avuto allinizio una vita facile: orfano di madre a cinque anni, aveva
presto dovuto affrontare il problema del lavoro. Per imparare il mestiere di
falegname, allora, si recava assieme al fratello Angelo in un laboratorio di
Calstelnovo, a piedi dal paese, e, inoltre, la domenica frequentava in citt
la Scuola dArte e Mestieri per apprendere il disegno.
Un anno dopo il matrimonio con Leonilda Trevisan, celebrato nel 1911,
emigra in Svizzera dove trova occupazione in una falegnameria del Canton
di San Gallo, nelle vicinanze del Lago di Costanza; per dovr rientrare in
patria nel 1915, espulso a causa dellentrata in guerra dellItalia nel Primo
conflitto mondiale.
Inviati al fronte, sia Silvio che Angelo Fortuna prenderanno parte ad azioni
belliche e in una di queste Angelo, che aveva rimpiazzato il proprio capitano
morto in battaglia, rimarr ucciso durante un assalto nellagosto del 1917:
verr insignito di medaglia dargento al valore e il comune di Caldogno gli
dedicher la piazza antistante il Municipio.
In questi anni il loro padre, Bortolo, gestiva con la famiglia la Trattoria
Alla Vittoria di via Roma mentre la moglie di Silvio conduceva quella
denominata Osteria nova in localit Pozzetto.
A guerra finita Silvio rientra a Caldogno dove si fa apprezzare per la sua abi-
lit di cuoco. Contemporaneamente, si presta per lavori in legno, serramenti
e mobili, da effettuare direttamente nelle abitazioni delle famiglie dei clienti.
Lattivit economica principale della famiglia rimaneva, comunque, quella
della trattoria, che i Bosco (soprannome con cui erano conosciuti in loco)
179
sapevano gestire bene disponendo anche di una corte da bocce. A quel tempo
era certamente un ritrovo molto frequentato: la gente usava uscire la sera
per andare a giocare a carte e non erano pochi gli avventori che provenivano
dalle frazioni e, specie per il gioco delle bocce, anche dai paesi vicini come
Castelnovo e Isola Vicentina.
181
Infine, lelenco dei poveri del 1936, conservato nellArchivio comunale,
riporta 301 nominativi di capifamiglia per un totale di 1.467 persone consi-
derate bisognose: ci significa che il 37% della popolazione complessiva
versava in condizioni tali da dover ricorrere allassistenza pubblica.
I dati, insomma, parlano da soli...
183
Commercio, inoltre, lindustria delle costruzioni edilizie non ha registrato
uneffettiva crescita a causa dellelevato costo dei materiali da costruzione
e della mano dopera e ci continuer anche nel biennio successivo.
Tuttavia, nel 1948, grazie anche agli aiuti americani con il piano ERP, le
attivit industriali sono molto cresciute tanto che in quello stesso anno il loro
ritmo di lavoro sar ormai pari al 90% circa del livello antecedente la guerra.
In questa fase di intensa ripresa economica, in ogni caso, la ditta Fortuna
ottiene importanti commesse dalla Provincia e dal Genio Civile e procede,
pertanto, a nuove assunzioni di personale. Nel medesimo tempo, si orienta
progressivamente alla produzione di mobili darredo tralasciando quella di
serramenti, che era stata fino allora lattivit principale.
Il trend positivo si conferma pure nei primi anni Cinquanta attestato, tra
laltro, dalla crescita delle iscrizioni al Registro delle Ditte della Camera
nello stesso ramo del legno.
Cos, una relazione sullandamento delleconomia vicentina del 1953 affer-
ma che ledilizia, privata e pubblica, ha segnato ancora un considerevole
incremento ed ha fatto partecipare al suo moto tutte le varie attivit ad essa
collegate: calce, cemento, laterizi, carpenteria, falegnameria, ecc..
Ma occorre far presente che sono questi ancora anni in cui in paese scarseg-
giano alquanto le opportunit di lavoro per cui, oltre allattivit agricola, che
pure richiedeva mano dopera in prevalenza in certi periodi, altri impieghi
venivano cercati dai lavoratori in citt e nei paesi vicini. Per le donne, poi, la
situazione era ancora peggiore: alcune andavano a servizio presso famiglie
benestanti del paese o a Vicenza; qualche altra si occupava nelle filande di
Malo o nel Canapificio Roi di Cavazzale.
Al riguardo, provvidenziale era stata la costituzione del Laboratorio Tessile,
per opera dellArciprete don Emilio Menegazzo nel 1946, che assicurava
in quel periodo a pi di duecento di loro unentrata con cui arrotondare il
reddito familiare spesso assai modesto. Ci nonostante, i Fortuna sono pie-
namente inseriti nel processo di ricostruzione, ottengono lavori nei nuovi
edifici di viale Milano (i grattacieli di Vicenza) e cominciano a pensare a
qualcosa che li faccia progredire ulteriormente.
Pertanto nel 1959, deciso il passaggio dallartigianato allindustria, realizzano le
prime cucine componibili in legno laccato a mano, appunto per i palazzi di
viale Milano in unepoca in cui erano le cucine di ferro ad andare di moda. Ne
vengono, per, richieste alcune da unazienda americana e ci d lopportunit
ad Almerino Fortuna di studiare i cataloghi americani: intuisce, insieme ai
fratelli, che arrivato il momento di puntare, per i materiali, decisamente su
legno, poliestere e formica (il laminato plastico odierno). Conseguentemente,
essi cominciano a produrre e a vendere in proprio tali tipi di cucine, lanciano
la prima in teak, Thea, anche se il mercato non ancora aperto al nuovo e
nemmeno gli architetti consultati esprimono entusiasmo per tali scelte.
184 Almerino
Fortuna ritira
a Roma un
prestigioso
premio
185
zione dei nuovi fornelli a gas da incassare nelle cucine: la cosa tuttaltro
che semplice dal punto di vista tecnico, tanto che alcune importanti case
produttrici di elettrodomestici non accolgono lofferta di collaborazione. Si
tratta, cio, di adattare il piano del fornello per renderlo funzionale al nuovo
modello di cucina e lo stesso Almerino si applicher con impegno al progetto.
Ne uscir il modello Claudia, che ha incorporato anche il frigo, la cui
porta rivestita con lo stesso legno della cucina: presentata al Salone del
Mobile di Milano, ottiene un grande successo rendendo famosa Arc Linea
e rappresentando unottima base per il suo successivo sviluppo. in effetti
la prima cucina del genere prodotta in Italia.
Ci incoraggia i fratelli Fortuna a proiettarsi su una scala pi vasta ma i
loro progetti non trovano, sulle prime, il necessario sostegno dal sistema
bancario locale. Senonch, proprio durante la Fiera milanese, avviene un
fatto decisivo: dei delegati della Rinascente propongono di creare per loro
un modello di cucina in esclusiva. Da qui nascer Giorgia, frutto appunto
di alcune modifiche richieste espressamente dalla committente.
Lena, riandando a questi momenti esaltanti, riferisce che, in previsione
dellaffare, si precipit felice di corsa al telefono, situato lontano dallo stand
che conduceva, intimando ad Almerino: Corri subito a Milano, abbiamo
fatto bingo!.
economica delle altre ma sempre della stessa qualit per quanto attiene ai
materiali e alle finiture: si cerca con tale modello di interessare nuove fasce di
mercato, con minori disponibilit economiche, specie giovani, ma desiderose
di entrare a pieno titolo nel nuovo modo di intendere e di vivere la cucina.
Un prestigioso riconoscimento, intanto, era giunto nel 1969 con lassegna-
zione del premio europeo Mercurio doro ad Arc Linea per leccellenza
dei propri prodotti, tra le aziende del made in Italy.
187
ricordati Giuseppe Spigolon, per la prima fase, appunto Menara per la
lavorazione vera e propria, Bruno Saugo per la lucidatura, Franco Pe-
savento per il montaggio, ultimo passaggio. Altro dipendente storico fu
pure Antonio Cor, che seguiva la impiallacciatura assieme a Rino Biasi.
Per lintelligente impegno nonch la forte dedizione allazienda, bisogna
citare inoltre Daniele Scalabrin, assunto a 15 anni quando, per poter
lavorare alle presse, doveva salire su uno sgabello; dopo varie esperienze
arriver a dirigere il reparto fuori serie, che produceva cio cucine su
disegno per soddisfare le particolari esigenze della clientela.
Il numero complessivo dei dipendenti, che si aggirava sulla sessantina
allinizio degli anni Sessanta and progressivamente crescendo in relazione
allespansione dellazienda, raggiungendo nel 1968 le 130 unit e, nello stesso
periodo, gli uffici impiegavano non pi di 4/5 persone, quasi tutte donne. Il
personale femminile, al riguardo, costituiva circa il 20% del totale venendo
utilizzato soprattutto nellimballaggio, nella verniciatura e, in misura mi-
nore, nelle linee di produzione. Molto nota era Renata Meneguzzo, che,
per il suo ruolo di centralinista, era conosciuta da clienti e fornitori.
A capo dellazienda familiare erano collocati, come detto, i tre figli di Silvio
che si erano ripartite, in base alle loro propensioni, le diverse funzioni stra-
tegiche, che cerchiamo di tratteggiare di seguito.
Almerino, persona geniale, piuttosto impulsivo nel carattere, impostava
i lavori, si occupava della gestione, interveniva attivamente nella proget-
tazione dei modelli. Si era formato nel laboratorio paterno facendo anche
tesoro di alcune visite a importanti stabilimenti italiani ed esteri del settore.
Con terminologia sportiva, si potrebbe dire che aveva un ruolo universale.
Angelo, maggiore di qualche anno, calmo, affabile, dirigeva lo stabilimento
e sovrintendeva al buon funzionamento della produzione, tenendo quindi i
rapporti con gli operai. Aveva alle spalle alcuni anni di frequenza allIstituto
Rossi di Vicenza quindi era il referente, sul piano tecnico, per tutti i problemi
che potevano sorgere nelle linee.
Lena, la pi giovane, era responsabile del settore commerciale, per cui trat-
tava con la clientela, teneva i rapporti con i rappresentanti e inoltre curava la
pubblicit. In sostanza la si potrebbe definire la personificazione dellimma-
gine dellArc Linea allesterno, che per dava pure un significativo apporto
nelle scelte di stile dei prodotti, come ad esempio la decisione dei colori da
usare per i vari modelli di cucine, che venivano proposte nelle varie Fiere.
Tenendo presente che le donne, allora, nelle aziende italiane non avevano
in generale compiti molto rilevanti, si pu senzaltro affermare che Lena
Fortuna abbia rappresentato in modo eccellente una rottura con la tradi-
zione ricoprendo, con competenza, creativit e il necessario carattere, un
ruolo decisamente di grande responsabilit nellaffermazione dellazienda.
Le relazioni che i titolari intrattenevano con i dipendenti erano senza
dubbio buone, quasi fraterne secondo una testimonianza, cosicch essi
riuscivano sempre ad ottenere la loro pi ampia disponibilit ad impegni
straordinari, magari anche in giornate festive, quando bisognava ultimare
certe consegne o prestarsi per incombenze non rinviabili. Poi, a volte, si
andava tutti a cena insieme...
188
Il sindacato, in tale situazione, non trovava terreno favorevole e solo molto
pi avanti si registrer una qualche adesione tra i lavoratori allinterno
dellazienda.
Vi era, in effetti, un certo orgoglio nel prestare il proprio servizio in una
realt imprenditoriale allavanguardia, divenuta un modello invidiato nel
suo comparto, che cresceva di anno in anno, ampliando la propria quota
di mercato anche verso lestero e il cui marchio era sinonimo di affidabilit
e qualit. Del resto era riconosciuta lattenzione dellazienda ad assicurare
condizioni di lavoro confortevoli, in relazione ai tempi, dimostrata anche
dallessere stata tra le prime, in Italia, ad attrezzare pi avanti i propri sta-
bilimenti con limpianto di aria condizionata.
Un accenno va fatto sulla modalit di consegna delle cucine che uscivano
dalla fabbrica. Negli anni iniziali della fase industriale erano, in genere, gli
stessi clienti che provvedevano a ritirare direttamente o tramite autotra-
sportatori incaricati i propri acquisti.
In seguito, essendosi diffusa la clientela su gran parte del territorio nazio-
nale e creata progressivamente la rete dei rivenditori esclusivi, Arc Linea
si attrezz con dei propri camion per il trasporto delle cucine. Per si serv
spesso di autisti, divenuti collaboratori fissi, cui forniva il mezzo di trasporto
per fidelizzarli.
189
portunit di sviluppo lanciandosi in uninedita avventura. Lobiettivo
trasformare Marilleva, piccolo centro del Trentino, in Val di Sole, in un
centro turistico davanguardia. Assieme ad altre societ immobiliari e ad
alcuni architetti rinomati, si progetta cos un grosso complesso disegnato
secondo i concetti dellarchitettura razionale, che tende ad armonizzare
lestetica con la funzionalit. Per seguire i lavori di costruzione, Almerino si
trasferir l con la moglie per tre anni: tutte le cucine e larredamento, con
moquette Lanerossi, sono prodotti a Caldogno.
Linaugurazione avviene a fine 1977 e un paio di mesi dopo viene organizzato
un grande convegno, che accoglier alcune centinaia di ospiti, tra clienti e
giornalisti. Liniziativa pubblicitaria ha un significativo successo ed ac-
compagnata, su ispirazione di Lena, dalla pubblicazione di un particolare
ricettario: un insieme di piatti, che rappresentano i gusti e i sapori della
tradizionale cucina italiana, proposti dagli stessi partecipanti.
Mario Soldati, famoso intellettuale e scrittore, scrive la prefazione al
manuale Cucina in cucina, che verr accolto con molto favore dal pubblico.
Il meeting vede la partecipazione di un gruppo di relatori assai noti nei
loro settori come larchitetto Achille Castiglioni e lo psicologo Antonio
Miotto. il caso, forse, di osservare che la matrice famigliare (la trattoria,
le rinomate cene...) continua ad alimentare, per nuove strade, la creativit
dei Fortuna.
Questi sono anche gli anni del precoce ingresso in azienda di Silvio, studente
universitario, figlio di Angelo, che affiancher gradualmente la zia, trovatasi
gravata di nuove incombenze per la forzata lontananza di Almerino, nella
gestione delle problematiche aziendali .
Alla fine del decennio, intanto, inizia la collaborazione di Arc Linea con
prestigiosi nomi del design italiano per la realizzazione di modelli al passo,
e spesso anticipatori, delle nuove tendenze socio-culturali, che si registrano
nella societ dei consumi, la affluent society, teorizzata dalleconomista
americano John K. Galbraith e che aveva avuto nel sociologo Francesco Al-
beroni uno dei pi attenti studiosi delle trasformazioni italiane. Tra di loro
vanno ricordati Lucci e Orlandini, Carlo Bartoli e Roberto Pamio.
Va detto, per completezza, che i lusinghieri risultati raggiunti dallazienda,
nella fase appena delineata, sono in netta controtendenza rispetto a quanto
avviene a livello, ad esempio, provinciale, per il quale la Camera di Commer-
cio annotava una situazione di crisi nellindustria, iniziata a met degli anni
Settanta, e che per il comparto delledilizia, del legno e del mobilio si sono
registrate situazioni non favorevoli che si protrarranno almeno fino al 1985.
190
scrittore Mario Soldati
nel 1977
a Marilleva
191
con conseguenti fatturati impensabili per la fase piuttosto difficile che ca-
ratterizzava leconomia.
Viene creato il marchio Aiko, che avr di mira la classe media e i potenziali
clienti giovani con minori possibilit di spesa: si occuper di produrre cucine
di dimensioni pi contenute ma ugualmente complete di tutto e con finiture
della consueta e rinomata qualit. In questi anni, intanto, entusiasmo e nuove
energie entrano in azienda con la terza generazione Fortuna in quanto
a Silvio si aggiungono dapprima Marilina, figlia di Almerino, e di seguito
Walter, fratello pi giovane di Silvio con suo cugino Gianni.
Ancora, Arc Linea si lega nel 1985 ad uno dei pi noti architetti italiani,
Antonio Citterio, il quale dopo aver lavorato inizialmente per la linea Aiko,
disegner lanno seguente la cucina Italia pensata per per la gamma alta,
trasferendo in ambiente domestico i concetti e la funzionalit della cucina
professionale. Il modello, che negli anni sar oggetto di alcune evoluzioni
per assecondare i mutamenti nel gusto dei consumatori, avr un ottimo
ritorno commerciale e costituir per molto tempo la base per lespansione
a livello internazionale dellazienda.
192
e linflazione registra un discreto calo. Altri eventi che, nella seconda met
del periodo, segnalano un indubbio miglioramento sono, ad esempio, il
riacquisto da parte della Fiat della quota azionaria in possesso della Libia
e il ritorno allattivo dellIRI, che cede allazienda automobilistica torinese
lAlfa Romeo. Ora anche Ciampi, Governatore della banca dItalia, esprime
ottimismo per il futuro. Arc Linea Spa, che ha saputo inserirsi positivamen-
te nellonda favorevole, pu dunque esprimere comprensibilmente la sua
soddisfazione festeggiando nel 1990 i trentanni di qualit forte anche nei
rapporti umani, orgogliosa di sentirsi nella piena maturit di unazienda
che diventata leader nel settore dellarredamento della cucina e della casa.
I dipendenti assommano a 213, cui vanno aggiunti gli architetti-designers,
gli agenti Italia ed estero e, inoltre, altre figure di collaboratori come i com-
ponenti le squadre di montaggio e gli autisti.
193
della storia dei primi sessantanni di vita dellazienda, si sar intuita la sua
grande importanza per la crescita complessiva di Caldogno e si compren-
der, credo, il senso di sincera riconoscenza che tuttora molte persone in
paese provano per coloro che lhanno creata e guidata pure tra difficolt che,
successivamente al periodo considerato, non sono mancate.
Oggi, si deve riconoscere che il marchio Arc Linea dovunque sinonimo di
alta qualit, di tecnologie davanguardia, eleganza di stile e funzionalit. E
che, pertanto, lazienda della famiglia Fortuna, la cui produzione collocata
per il 70% circa allestero (specialmente in America e Asia) inserita a pieno
titolo tra quelle che meglio esprimono il made in Italy, su cui puntata
gran parte delle speranze di sviluppo del nostro Paese.
Fonti
Arc linea di S. Fortuna & C. snc, Premio europeo Mercurio doro 1969, s.d.
Arc linea, come e perch, Caldogno, 1980
Arclinea, Lazienda oggi, brochure s.d.
L. Fortuna, La Storia di Arclinea dagli inizi agli anni 80, Vicenza, 2014
Arclinea magazine, anno 7, n. 8, 2015
In cucina come in salotto in Il Corriere della Sera, 25.5.1969
Una lunga storia di cucine. Dal legno alla tecnologia in Il Corriere della Sera,
31.1.2012
Scompare lindustriale Fortuna in Il Giornale di Vicenza, 11.8.2012
1960.90 Arc linea. Trentanni di qualit forte. Anche nella qualit dei rapporti
umani, ultima pagina di Nuova Vicenza, 29/9/1990
Giovanni L. Fontana (a cura di), Lindustria vicentina dal Medioevo a oggi, Vicenza 2004
Cons. Prov. dellEconomia Corporativa, Lattivit economica in Provincia di Vicenza
nellanno 1936, Vicenza, 1936
Relazioni della Camera di Comm. Ind. e Artigianato di Vicenza sulleconomia pro-
vinciale relative al decennio 1937-46, al biennio 1947-48 e allanno 1953.
Dati e commenti della Camera di Comm. Ind. Artig. e Agricoltura di Vicenza sulleco-
nomia provinciale riguardanti i periodi 1964-69 e 1966-1971.
Camera di Comm. Ind. Artig. e Agricoltura di Vicenza, Relazione sullo stato delleco-
nomia vicentina nel 2000. Confronto 1995-2000, Vicenza, 2001
Interviste a Lena Fortuna, febbraio 2015, e a Silvio Fortuna, aprile 2015
Interviste ad alcuni dipendenti storici di Arclinea, febbraio-marzo 2015
ACQUISIZIONI & MODERNIT
G
li articoli, con poche differenze semantiche, sono pressoch tutti
uguali. Non possono, ovviamente, raccontare una storia per
unaltra. I titoli, invece,
cambiano. Mutamenti
sottili, a volte perfino
grossolani, che stanno
a indicare i sentimen-
ti diversi di chi scrive
e vogliono indicare, a
chi legge, una verit che
pu apparire soft, hard,
o semplicemente asciutta.
Noi abbiamo scelto il titolo pi asciutto, come vedete, con qualche con-
cessione alle metafore (che nellanalisi giornalistica pagano sempre). Ma
vediamo gli altri.
Sul sito di B&B Italia si legge: B&B Italia socio di maggioranza
di Arclinea. Merita loscar dellasciuttezza. Vi si legge tutto. Soprat-
tutto: chi comander da domani in Arclinea? Il socio di maggioranza:
cio B&B. Non servono altre
illustrazioni.
Sul sito di Arclinea si legge:
Arclinea annuncia la
partnership strategica
con B&B Italia. Si proteg-
ge la radice. Non una bugia,
anche perch Silvio Fortuna
rester amministratore de-
legato della societ (come
logico). Ma la partnership
strategica la vuole e la fa Sopra: una recente creazione B&B, la
B&B, che ha 500 dipendenti, poltrona Husk, e una creazione Arclinea
7 flagship store nelle capitali del mondo e ben 40 monobrand. B&B che
distribuir da oggi Arclinea nel mondo. Da sola Arclinea non ce lavrebbe
fatta. E B&B non aveva, tra i suoi brand, una divisione come Arclinea.
Il Sole 24 Ore titola: Shopping nel Made in Italy. A B&B Italia il 195
70% di Arclinea.
La chiave tutta l: la maggioranza ampia di Arclinea stata venduta dalla
famiglia Fortuna a Investindustrial, un fondo dinvestimento che fa capo
ad Andrea Bonomi e che possiede B&B Italia. Il prezzo, scrive Il Sole,
non stato comunicato.
un prezzo finale. Lo scopo dellim-
presa, dice la cultura della gestione
capitalistica, rendere liquido il pa-
trimonio. Paradossalmente, limpre-
sa non ha una vita infinita. Produce
reddito, che si accumula e diventa
patrimonio netto. Alla fine chi de-
tiene le leve del comando (nel caso
Arclinea la famiglia Fortuna) rende
liquido il patrimonio accumulato
che il valore cartaceo delle azioni
Silvio Fortuna, AD di Arclinea non rappresenta. Incassa lesito su-
premo di un secolo di lavoro e di
accumulazione. Paga Investindustrial di Bonomi. Quanto? Affari privati.
Quel che conta che Arclinea, diretta ancora formalmente da Silvio For-
tuna ma capitalisticamente da Giorgio Busnelli, amministratore delegato
di B&B Italia, continuer la sua vita. Probabilmente (ma nulla sicuro nel
capitalismo) rester a Caldogno. Probabilmente accrescer la mano dopera.
Aumenter il fatturato perch potr contare su un parquet distributivo nel
mondo di eccellenza e molto pi grande di quello attuale.
Tutti ci hanno guadagnato, stavolta. La B&B perch apprezza la tecnologia
e la professionalit Arclinea, Arclinea stessa perch aumenter il volume
daffari, e la famiglia Fortuna perch ha reso liquidi il lavoro, i sacrifici, il
capitalismo familiare dimpresa di un intero secolo (e perch, sia pure in
minoranza, continueranno a vivere professionalmente allinterno della loro
creatura).
Una soluzione da manuale. Ora la parola va al mercato, dio laico di tutti
(credenti e non credenti).
Perle rare di buona amministrazione vicentina
196 Restano abolite le tasse
VITTORIO CABE
Q
GIANNI SARTORI
199
gr di Schio mentre Ferrer Visentini era stato
ricordato nella storica Loggia del Capitanio, in
piazza dei Signori. Le note dellInternazionale
e di Bella ciao avevano accompagnato lultimo
viaggio di entrambi.
Ferruccio Manea,
nome di battaglia TAR
200
nere (tipo CNT e USI). Ne sventolava anche una in odor deresia: rossa con
lA cerchiata nera. Ferma nella memoria lespressione intensa del Tar, col
volto tirato, livido. Conclusa lorazione funebre per il Borela, nel silenzio
totale pronunciava quasi un ordine: Saluto, compagni!. E decine di pugni
chiusi si alzarono, ecumenicamente, senza distinzioni ideologiche, mentre
la bara del vecchio Ardito del popolo scendeva nella terra.
Un altro ricordo, risalente al marzo 1985: il Tar al corteo di Padova indetto
per protestare contro luccisione a Trieste di un esponente dellAutonomia
padovana (Pedro a cui venne poi intitolato uno dei pi noti Centri sociali del
nord-est). In seguito lo incontrai a Bassano (dove avevo portato una mostra
contro lapartheid, mi pare nel 1987) in occasione dellincontro-dibattito
con un responsabile in esilio del Pan African Congress (PAC, organizzazione
dei Neri del Sudafrica, seconda solo a quella di Mandela, lAfrican National
Congress, ANC). Da qualche parte dovrei conservare ancora i negativi delle
foto che immortalavano il vecchio combattente antifascista insieme a due
esponenti della lotta contro il razzismo istituzionalizzato di Pretoria, non a
caso denominato Quarto Reich. Una continuit e un passaggio del testi-
mone non soltanto ideali. Lo rividi ancora, sempre nel 1987, ai funerali del
partigiano Alberto Sartori, Carlo. Una scena che non avrebbe sfigurato
nella Piazza Rossa, tra decine di bandiere rosse mentre cadeva la neve im-
biancando sia la bara che il colbacco del Tar. In seguito mi ero ripromesso
di tornare a intervistarlo, di telefonargli, ma come spesso accade, rinviai la
cosa di mese in mese, di anno in anno e non lo rividi pi.
Invece nei primi anni Settanta capitavo spesso a casa sua (e solitamente
senza preavviso, forse anche in modo inopportuno, ma mai che mi abbia
mandato a quel paese). Prima a Malo, poi nella casa colonica in aperta
campagna dove si era trasferito. Passavo in bici, talvolta in moto, magari
dopo unarrampicata in Pasubio o unescursione in Val dAstico, Rio Freddo,
Posina. Sempre ospitale, davanti a un bicchiere di rosso, se interpellato il
Tar riandava volentieri alle sue avventure partigiane tra gli stessi monti. Del
Pasubio mi resta la intensa descrizione di un cruento scontro a fuoco tra il
Palon e il Dente austriaco. Ma soprattutto il fatto che Ferruccio, a guerra
finita, fosse ritornato decine di volte tra quelle pietraie sfregiate dalle trincee
per ritrovare e recuperare i corpi dei compagni caduti.
Altre volte ci avvinceva descrivendo in dettaglio i mille espedienti messi
in atto per sopravvivere durante le gelide notti, soprattutto quelle passate
in gran parte alladdiaccio durante il primo inverno. Con una tecnica che
ricordava il film Corvo Rosso non avrai il mio scalpo (Jeremy Johnson) met-
tevano grosse pietre a riscaldare sul fuoco e poi le seppellivano ricoprendole
con uno strato di terra. Si stendevano quindi a dormire e, se il lavoro era
stato ben eseguito, potevano sperare di dormire fino al mattino successivo
mentre le pietre rilasciavano lentamente il calore accumulato. Accadeva
201
talora che lo strato di terra fosse troppo sottile e in questo caso rischiavano
bruciature, ustioni o un principio di combustione degli abiti. Se invece lo
strato era troppo spesso, il calore finiva rapidamente e ci si risvegliava in-
dolenziti e tremanti per il freddo nel cuore della notte.
Questo avveniva per esempio in Val dAssa, destinata a diventare tristemente
celebre per leccidio di Pedescala e di Forni, operato dai nazifascisti nel 45.
Sempre in Val dAssa (sinistra orografica della Val dAstico) si svolse un
episodio che il Tar ricordava con rabbia. Si trovava in ricognizione con altri
due partigiani e si era allontanato da solo per controllare un sentiero quando
il silenzio del bosco venne infranto da grida e lamenti. Provenivano dalla
radura dove aveva lasciato i compagni. Arrivato sul posto trov uno dei due
agonizzante; rantolando pronunci le sue ultime parole: Tar, tradimento!
e indic la direzione verso cui laltro (evidentemente una spia, un infiltrato)
si era dileguato. Ferruccio si pose allinseguimento e, ormai allo sbocco della
valle, scorse il fuggitivo in lontananza. Forse fu il dolore per il compagno
vilmente assassinato, forse il desiderio di vendicarlo (sembra che Tar,
nome conferitogli da Alberto Sartori, significasse proprio Vendetta),
fatto sta che nonostante la distanza, riusc a colpire, ma solo con il secondo
colpo, linfame. Dopo questo fatto, temendo di essere stati ormai indivi-
duati, il gruppo decise di trasferirsi verso Posina (destra orografica della
Val dAstico). Si accinsero quindi ad attraversare nottetempo la vallata che
separa le pendici dellAltopiano dei 7 Comuni da quello di Tonezza, dal Pria
for, dal Summano...Nonostante ogni accorgimento, i loro movimenti non
sfuggirono ai numerosi cani presenti nelle contrade tra Cogollo e Arsiero e
nella notte si levarono ripetutamente ululati e latrati che avrebbero potuto
mettere sullavviso i fascisti. Riuscirono comunque ad arrivare (a passo di
marcia) indenni prima dellalba a Castana e da qui a Posina.
202
di un possibile pericolo.
La vita non era mai stata tenera con il Tar, un operaio autodidatta che aveva
cominciato a lavorare duramente in tenera et. Fu perseguitato dal fascismo
e perse il fratello maggiore, Ismene, in circostanze drammatiche.
Ismene Manea, muratore comunista emigrato in Francia, aveva combat-
tuto in Spagna con le Brigate Internazionali fin dal 1936, prima nella forma-
zione Picelli e poi nella Garibaldi. Venne fatto prigioniero dai franchisti
nella battaglia dellEbro (settembre 1938) e da questi consegnato alla
polizia italiana. Inviato al confino a Ventotene, dopo la caduta del fascismo
dallautunno 1943 partecip attivamente allorganizzazione del movimen-
to partigiano nel Veneto. Il 6 luglio 1944 venne catturato da un gruppo di
ucraini al servizio dei tedeschi. Torturato in maniera orribile, sar fucilato
il 12 luglio insieme a Giovanni Penazzato.
Esistono le immagini, riprese coraggiosamente da un improvvisato opera-
tore nascosto nel palazzo di fronte, del trasferimento dalla Caserma Cella
di Schio al luogo dellesecuzione. Appena saputo della cattura di Ismene, il
Tar cerc invano di organizzare una formazione abbastanza numerosa da
poter assalire la caserma dove il fratello era rinchiuso. Purtroppo era ap-
pena arrivato lordine di sganciarsi e di trasferirsi altrove in piccoli gruppi;
quindi, la maggior parte dei partigiani scledensi si trovava nellimpossibilit
di essere allertata. La formazione fu in grado di ricostituirsi soltanto dopo
alcuni giorni, troppo tardi per liberare i prigionieri.
Successivamente la Brigata del Tar venne denominata Brigata Ismene.
A questo dolore si aggiunse, proprio nei giorni della Liberazione, la morte
prematura del figlio. Un solo rimpianto: non aver preso il mitra per procu-
rarsi, armi alla mano, le indispensabili medicine dove si trovavano in abbon-
danza, nellinfermeria dellesercito statunitense a cui si era rivolto invano.2
2
ah la liberazione: fu un giorno tremendo.Non potendo comprare la penicellina mio fi-
glio lho visto morire mentre chi aveva il denaro quelli hanno sopravvissuto, mentre mio
figlio venuto a morire, il mio primo figlio, che aveva gi sofferto scappando qua e l. Mai
potr perdonare questa infame societio, ero pieno di miseria, tanto vero che quando
morto mio figlio alla Liberazione non avevo neanche quelle 20 mila lire da prendere la
penicellina che veniva venduta al mercato nero, cos chi che gavea denaro, i figli dei ricchi
oppure anche i vecchi che oramai avevano fatto una esistenza, avevano la possibilit di
prendere la penicellina e hanno protratto la loro vita ancora per altri mesi o qualche anno,
mio figlio invece che era nel fiore della vita perch non avevo una manciata di vile denaro
da comprare questa penicellina, mi morto proprio alla Liberazione, subito dopo, quando
tutti inneggiavano alla libert ed erano tutti felici,alla vittoria insomma, io purtroppo ho
conosciuto una delle pi grandi amarezze, per non avere questo denaro per comprare la
penicellina. Cos voglio dire che non perdoner mai a questa societ.
(dai ricordi del Tar registrati da A. Galeotto)
Ferrer Visentini era nato a Trieste nel 1910. Il padre Ulderico, un calzolaio
prima socialista e poi tra i fondatori del Partito comunista a Trieste, venne
assassinato dai fascisti nel 1922. Gli aveva dato questo nome in memoria di
Francisco Ferrer i Guardia, famoso pedagogista anarchico catalano fucilato
lanno prima, il 13 ottobre 1909 a Barcellona. Nativo di Trieste, si considerava
ormai pienamente vicentino avendo vissuto nella nostra citt per molti anni
in qualit di membro dirigente del Pci prima e del Pds poi.
In anni ormai lontani lo avevo intravisto nellantica sede comunista vicen-
tina (anche insieme a Sartori Antonio, altro operaio comunista volontario
in Spagna) e poi meglio conosciuto alla presentazione di una sua preziosa
pubblicazione sui volontari vicentini nella Guerra civile spagnola (In Spagna
per la libert, Ed. ANPI , Vicenza). Fu in quella occasione che parlammo di
Ismene Manea la cui foto segnaletica riprodotta a pagina 48.
Tra i partecipanti, il poeta Fernando Bandini, autore della prefazione,
Eugenio Magri, giovanissimo gappista durante la Resistenza, Gino
Morellato che dopo aver combattuto nelle Brigate internazionali parte-
cip alla Resistenza francese raggiungendo il grado di capitano dei F.T.P.
(Francs-tireurs et partisans, il movimento di resistenza interna francese
creato ancora nel 1941 dal PCF).
Lo reincontrai un paio di volte verso la met degli anni Novanta riportandone
204
questa intervista. Troppo breve per riassumere in modo esauriente una
vita tanto avventurosa, ma forse in grado di delineare la personalit di un
rivoluzionario di professione del secolo scorso.
205
trasporto immediato verso la Catalogna di tutti gli organici dei centri di ad-
destramento delle formazioni internazionali che si trovavano nella provincia
di Albacete. Ci ricongiungemmo con le rispettive unit militari ed assieme
ad altre unit spagnole prendemmo posizione lungo lEbro. La situazione
era molto grave: lesercito repubblicano era diviso in due tronconi. Inoltre
eravamo nettamente inferiori nellaviazione, nellartiglieria pesante e leggera
e nei carri armati; potevamo competere solo nellarmamento leggero. Fu una
battaglia durissima. Noi della Brigata Garibaldi entrammo in azione il
3 settembre, prendendo posizione sulla Sierra Caballs3 dove rimanemmo
fino al 24 settembre. Furono 24 giorni di duri e continui combattimenti con
gravissime perdite che raggiunsero lottanta per cento degli effettivi. Com-
plessivamente la battaglia dellEbro dur tre mesi e mezzo, dal 25 luglio al
16 novembre con perdite complessive, calcolando entrambi gli schieramenti,
di oltre 250 mila tra morti, dispersi e feriti.
3
Sierra Caballs e Pandols, una catena collinare, costituirono quel fronte di Gandesa ricorda-
to in una versione della famosa canzone repubblicana:
Si me quieres escribir
ya sabes mi paradero:
en el frente de Gandesa,
primera lnea de fuego
4
Da ricerche successive fatte penso di poter affermare che Visentini ebbe modo di collabora-
re con il MOI (Main-doeuvre immigre, organizzazione sindacale dei lavoratori immigrati
della CGTU - Confdration gnral du travail unitaire) che aveva attivamente sostenuto la
Repubblica spagnola (anche con la partecipazione di suoi membri alle Brigate Intenazionali)
e forse anche con il primo FTP-MOI (Francs-tireurs et partisans-Main-doeuvre immigre)
sorto nel 1941. Del FTP-MOI nota la vicenda dellAffiche rouge, un manifesto stampato
dai nazisti nel 1943 con le foto di 23 membri del FTP-MOI poi fucilati. Il gruppo era quello
guidato dal poeta armeno Missak Manouchian. I nazisti cercavano, peraltro invano, di
alimentare lostilit dei francesi nei confronti della Resistenza mostrando come a questa par-
tecipassero molti stranieri immigrati (italiani, spagnoli, armeni...) e molti ebrei.
206 QV LARTE, LA STORIA
GINO ROSSI: VITA
E OPERE DI UN GRANDE
PITTORE CHE LITALIA
VOLLE POSTUMO
C
GIANGIACOMO GABIN
207
Un ritratto
208
stomaco, per cercare di mitigare, andando poi avanti con il racconto, la
tristezza che mi assale ogni qualvolta mi viene in mente quanto sto per
scrivere. Siamo alla fine della vicenda terrena di Gino Rossi.
210
Nel 1916 viene richiamato alle armi ed assegnato dapprima ad Arzignano
nell VIII Reggimento Bersaglieri e successivamente trasferito a San Pietro
Incariano di Verona. Del passaggio di Gino Rossi nel nostro territorio re-
stano alcune tracce. In particolare ha del sensazionale (ma gli studi vanno
approfonditi) lintuizione del pittore siciliano Alessandro Finocchiaro
nell aver individuato, nelle sbiadite tracce di pittura affioranti in una delle
pareti della sagrestia della Chiesa di San Silvestro a Vicenza niente meno che
la mano di Gino Rossi (Il Giornale di Vicenza dell11.3.2014: San Silvestro,
Gino Rossi dipinse qui).
Vale quindi la pena entrare nella Chiesa di San Silvestro, farsi il segno della
croce, che fa sempre bene, girare in fondo a destra, entrare quindi nella
sagrestia ed ammirare questo affresco, credo ahim in precarie condizioni.
Ma ritorniamo alla vita del nostro pittore.
Nel 1917 parte per il fronte e viene fatto prigioniero. Soffre la fame pi nera
e gli vengono affidati i compiti pi duri ed umilianti per una persona dalla
superiore sensibilit come la sua. Racconta Giovanni Comisso nel roman-
zo I due compagni ispirato in parte alla vita di Rossi: Gli diedero del colore
nero, un pennello ed una lunghissima lista di nomi ogni giorno. Le bianche
croci di legno fresco riempivano il magazzino. Prese la prima volta tra le
dita il pennello e la mano gli trem: egli era quello che una volta dipingeva
quadri accolto da giovani con entusiasmo. Laspro comando di un soldato
di guardia che gli imponeva di mettersi al lavoro gli scacci langoscia che lo
premeva. Nel 1918 torna dalla prigionia. Dopo varie vicissitudini dolorose
si rifugia sulle colline asolane dove, pur vivendo in completa ed assoluta
povert, dipinger quadri bellissimi.
C una lettera nel 1925 del pittore a Giovanna Bialetto che riassume e
concentra tutto il suo dolore: Giovanna mia questa vita non finisce pi,
mi par di essere uno straccio e tante volte mi par dimpazzire. Cammino
attraverso i campi, sento suonare le ore e i grilli cantare, dov Ciano? E la
nostra casa? Quando la sera tornavo col cavalletto ed il telaio dal lavoro
e la cena era pronta e intanto scherzavo con Maria. Come sono lontani
quei giorni e quanto ho sofferto e soffrir ancora maggiormente! C un
merlo che fischia. Mi par di vedere il giro del Piave, l, vicino alla casa
con lo sfondo dei monti. Questo il paesaggio che vedo qui adesso (Gino
Rossi - mostra a cura di Marco Goldin Linea dombra - 2004).
Quel mi pare dimpazzire sembra essere il triste presagio del tempo che
seguir. Nel giugno del 1926, infatti, su segnalazione del medico condotto
di Crocetta del Montello dove Rossi viveva da anni in completa ed isolata
povert, venne ricoverato in Ospedale Psichiatrico, dapprima a Venezia,
San Servolo, successivamente a Mogliano e infine a Treviso S. Artemio, dove
211
Certo, la mia esposizione sulla vita di Gino Rossi apparir agli esperti in-
completa e lacunosa ma il mio intento era solo quello di proporre una traccia
lasciando a chi vuole approfondire largomento consultare le fonti opportune.
Ma veniamo finalmente a quel magico incontro cui accennavo allinizio:
lincontro con la fanciulla del fiore.
212
Mi trovavo, era la fine di ottobre del 2006, quale infiltrato, non avendo
alcun titolo per esserci, allallestimento di una mostra indimenticabile:
Venezia 900 da Boccioni a Vedova, allinterno della Casa dei Carraresi
di Treviso e, per puro caso entro nella stanza dove, di l a poco, si sarebbe
verificato il miracolo. Arrivarono quindi gli inservienti, muniti di guanti
bianchi, con una cassa che aprirono con estrema cura. Da quellinvolucro
usc il quadro di Gino Rossi la fanciulla del fiore. Venne appeso alla parete,
nella giusta collocazione. Poi i tecnici delle luci proseguirono ed ultimarono
il loro prezioso lavoro. Io ero l, per mia fortuna, ignorato da tutti. Poi rimasi
solo nella stanza, io e la fanciulla del fiore. La guardai intensamente con
tutto il candido e puro amore che una persona non pi giovane pu sentire
per una fanciulla.
Adesso qualcuno, leggendo queste righe penser che chi le scrive sia un pazzo
ed probabile che abbia colto nel segno ma vi assicuro che la fanciulla in
questione non resse al mio sguardo ed arross. Allora feci finta di andarmene
ma sbirciando dalla porta socchiusa osservai che il rossore delle sue guance si
era attenuato ma appena mi riaffacciai nella stanza il rossore torn evidente.
Questa situazione and avanti per qualche minuto e poi decisi di andarmene
per non turbare lanimo di quella fanciulla. Il mio era colmo di gioia.
Ho raccontato ad alcune persone questa vicenda; i pi hanno scosso la te-
sta lasciandomi intuire il loro pensiero, altri, quelli pi generosi, mi hanno
riferito di certi giochi cromatici dovuti alle luci che potrebbero aver deter-
minato le mie impressioni. Io comunque preferisco pensare che la fanciulla
sia veramente arrossita per la mia presenza. Dimenticavo di dire che mentre
me ne stavo andando incrociai una gentile signora che mi chiese se il quadro
mi fosse piaciuto e se ne conoscevo lautore. Di fronte al mio entusiastico
fervore, credo si sia commossa dicendo: Deve sapere che io sono la pro-
prietaria di quel quadro. Vi lascio immaginare il mio stupore e la mia gioia
per quella inaspettata conoscenza che poi, nel corso degli anni diventata
preziosa e sincera amicizia. Ma la cosa stupefacente fu che la signora in
questione, proprietaria fra laltro di altri quadri importanti, appreso il fatto
che anche io dipingevo, volle mettermi alla prova commissionandomi un
quadro per il figlio che ricordasse il nome del figlio stesso. Dipinsi quindi un
grande quadro dal titolo: il martin pescatore che pesca una stella. Lidea
mi venne in mente durante il mio abituale girovagare, allimbrunire, sulle
sponde del nostro bel laghetto di Fimon che, per chi ha lo sguardo attento,
offre sempre ed in ogni stagione delle belle sorprese.
Mi capit in una di queste occasioni di vedere un martin pescatore che, prima
di raggiungere il nido, avendo ancora un po di fame, decise di tuffarsi per
agguantare lultimo pesciolino. Pensai allora che il martin pescatore fosse
ingannato dal riflesso di una stella e rimase quindi a becco asciutto. Si
trattava indubbiamente di una immagine poetica ma di non facile realizza-
zione. Non vi dico la fatica: secondo una prima stesura, il martin pescatore
sembrava pi un fagiano colpito in volo da una fucilata e non rendeva certo
Una lettera
Caro Barbantini, non ho una stufa per
riscaldarmi, non ho vestiti, non ho denaro... 213
Nino Eugenio Barbantini fu un critico
darte di altissimo valore, che a Venezia
lanci Ca Pesaro, collabor alla Biennale,
lanci molti giovani pittori, fra i quali Gino
Rossi. Nel secondo dopoguerra organizz
a Ca Pesaro una retrospettiva delle opere
di Gino Rossi. Pubblichiamo questa lettera
(peraltro non molto nota) del pittore a
Barbantini perch ci pare particolarmente
significativa.
214
ziana e veneta. Dopo essere stato presente con dipinti difficili da identificare
alle precedenti edizioni della Fondazione Bevilacqua, a palazzo Pesaro, Gino
Rossi dichiarava esplicitamente, con il dipinto qui in esame - unanimemente
considerato il capolavoro giovanile e il simbolo della Secessione capesari-
na - la sua adesione ai canoni estetici del postimpressionismo francese di
ascendenza gauguiniana e serusieriana: campiture plat, forme sigillate ,co-
stumi esotici sono ingredienti e modi del tutto nuovi nella Venezia (e Italia)
del tempo, che ebbero di conseguenza difficolt ad essere riconosciutiLa
fortuna critica dellopera tutta postuma, nessuno nella stampa veneziana
si accorse del dipinto nellaprile 1910 quando fu esposto per la prima volta.
CECILIA BARTOLI
A LUCERNA
Una delle pi suggestive citt della Svizzera - Paese
straordinario e non sempre apprezzato per le sue molte
qualit - giustifica un viaggio per andare a sentire una
parimenti straordinaria Cecilia Bartoli impegnata in un
concerto che un anno fa fu costretta ad annullare a Milano.
Loccasione ci permette di rivisitare le virt di una cantante
che come il Paese che la ospita: adorata e ostacolata,
apprezzata e discussa. Comunque grande
ALBERTO MILESI
1
Rosetta Loy, Cioccolata da Hanselmann, Einaudi Editore, Torino.
Cecilia Bartoli
(Roma, 1966)
216
un mezzosopra-
no italiano
naturalizzato
svizzero. Ha
lavorato con
importanti
direttori
dorchestra,
tra i quali
Giovanni
Antonini,
Herbert von
Karajan, Daniel
Barenboim,
Nikolaus
Harnoncourt
e presso le pi
importanti sale
da concerto
e teatri del
mondo
Cera tempo magnifico e tutte le richieste di altri amici per avere il secondo
biglietto erano state respinte perch con Paoletto stranamente non ero riu-
scito a polemizzare su almeno una delle infinite cose che compongono due
visioni del mondo assolutamente agli antipodi. Questo essere umano che
molti miei lettori conoscono non solo per la sua incredibile ossessivit, ma
anche per la sua impermeabilit a qualsiasi suggestione di carattere cultu-
rale, non si sa perch, apprezza molto gli strabilianti gorgheggi della Bartoli,
metabolizzati soprattutto durante la pubblicit della Coop. Pur dotato di
una fascia gessata dovuta ad uno strappo al muscolo gemello rimediato
al tennis che lo costringeva alluso delle stampelle, egli volle essere della
partita anche perch gli fu promesso che il vitto avrebbe previsto generose
porzioni di fonduta allEmmentaler; in subordine al Kirsch; in estremo
subordine di raclette al Gruviera.
Pepe invece, per accompagnare me e linfortunato, pretese, come ha sentito
dire una volta da un garbato relatore di non ricordo quale convegno solo
un albergo onorevole vista lago e unadeguata scorta delle sue tradizionali
crocchette della Royal Canin.
Dunque, caricato a fatica Paoletto sulla Terios (invero Pepe nonostante
le sua quattro zampe motrici poteva far poco per alleviare i problemi di
mobilit dellamico) il viaggio poteva incominciare sulla colonna sonora
del CD che venne realizzato durante il recital che Cecilia Bartoli tenne nel
rovente giugno del 1998 a Vicenza, nato dal desiderio di esibirsi in uno dei
pi importanti monumenti italiani: il Teatro Olimpico, monumento in cui
secondo Sir Nikolaus Pevsner, la gravitas di Roma si sposa con la solare
liberalit dellItalia settentrionale, con una facilit originalissima, inegua-
gliata nei suoi contemporanei.
La casa discografica Decca prov per settimane la ripresa e il montaggio
delle due performance gemelle da cui venne tratto appunto Live in Italy,
CD tuttora facilmente reperibile al pari del DVD (visibile su youtube) che
documenta anche lincredibile Mi Bemolle (nota sopracuta da soprano leg-
gero) che Cecilia emette a conclusione dellaria rossiniana Riedi al soglio.
Sar interessante constatare il trionfo che laccaldato pubblico vicentino
decret allartista romana, dopo il suo cavallo di battaglia Agitata dai due
venti dalla Griselda di Vivaldi, che scaten fragorosi applausi e ovazioni
interminabili tanto che la direzione del teatro propag, attraverso il grac-
chiante impianto di amplificazione, un memorabile quanto insolito annun-
cio: Siamo lieti del vostro apprezzamento, ma per favore non battete anche
i piedi altrimenti farete scattare lallarme!
218
Dieci milioni di dischi venduti nel mondo
Cecilia Bartoli, il giorno dopo, si disse onorata di essere stata fischiata alla
Scala giacch lo furono per esempio la Callas, la Caball, la Scotto o Pavarotti 219
e Bergonzi, ma probabile che non abbia apprezzato il comportamento di
quella minoranza di falchi in un contesto di colombe vestite di gala, cos
che alla successiva occasione, nellottobre del 2015, al concerto di chiusura
dellExpo, si diede indisposta e, causa limprovviso forfait, lasci a bocca
asciutta tutti i tipi di pennuti che si erano dati appuntamento per celebrare
la fine dellesposizione universale milanese.
Ma torniamo al presente: esaurito il mio bonus di ri-ascolto bartoliano, i
cantanti che fecero da colonna sonora al granito delle montagne, al bianco
dei ghiacciai e al verde di pascoli e pini cembri furono, Emma Marrone, i
Negramaro e, peggio ancora (ma meglio del Volo) i Mod. Il viaggio fu senza
intoppi e tra la ricerca dellalbergo sulla collina dellHimmelrich e qualche
formalit burocratica, vi fu il tempo per un riposino e per le opportune
cure tese ad evitare lamputazione dellarto inferiore sinistro al compagno
di viaggio. Non il tempo per un bidet giacch, come negli altri venticinque
cantoni, quasi tutti gli alberghi ne sono sprovvisti.
Venne finalmente il momento di scendere al KKL (acronimo di Kultur-
Kongress-Luzern), dove inserita la Concert Hall, unimmenso auditorium
progettato in riva al lago dallarchitetto Jean Nouvel (lautore, per inten-
derci, della torre senza fine parigina o del chilometro rosso a lato del
tratto autostradale Bergamo-Milano), che evoca spargimento di modernit
e tecnologia ad alto peso specifico e la possibilit di lasciare comodamente
un piccolo grande invalido sulla soglia dellingresso prima della discesa nel
parcheggio sotterraneo.
Restava ancora il tempo di sbagliare trancio di torta e tipo di caff per lamico
immobilizzato e di subire i brontolii del barboncino che, scocciato per la
lunga attesa del padrone, mi rimproverava di non intendermene di code,
per ritrovare la Bartoli in perfetta forma, una volta raggiunte in ascensore
le due comode poltroncine al quarto piano.
La sua parsimonia nellesibirsi (da quindici anni una decina di recite operi-
stiche allanno e una trentina di recital) le ha ad oggi consentito di mantenere
in perfetto stato il suo prezioso organo vocale. Prezioso e piccolo come le
contestano in tanti (ma spesso il vino buono non sta nelle botti grandi) ma
talmente flessibile e pirotecnico capace, a mio avviso, di evocare lepopea
220
222 co di mela non fu delle migliori e provoc ai corpi dei viandanti (non del
quadrupede, che si astenne dal consumarlo) una situazione paragonabile a
quella poco prima vissuta dalla batteria della Terios.
Al distributore di Andermatt il serbatoio della benzina era ancora mezzo
pieno e si soprassedette ad ogni tipo di sosta per imboccare al pi presto la
galleria del Gottardo. Galleria che leccellenza italiana di cui vi ho raccontato,
presto la Bartoli percorrer per tornare in Italia. Il 27 gennaio prossimo
previsto infatti un concerto a Roma nella sala Santa Cecilia della Casa della
Musica ideata da Renzo Piano, che pure non favorisce lascolto di una voce
soave e delicata, ancorch agilissima, come quella della Bartoli. Non tutto
il male viene per per nuocere, e proprio grazie alle dimensioni dellaudi-
torium ancora possibile trovare qualche biglietto per chi fosse interessato
al suo ascolto dal vivo.
The Floating Piers
223
I pontili galleggianti
di Christo
KETI CANDOTTI
1
Alcuni progetti furono rifiutati per anni prima che gli artisti (Christo e la moglie Jeanne
Claude) potessero vederli realizzati: 32 anni per Wrapped Trees (1966-1998), 26 anni per
The Gates (1979-2005), 24 anni per Wrapped Reichstag (1971-1995), dieci anni per The
Pont Neuf Wrapped (1975-1985), cinque per Running Fence (1972-1976), ecc.
2
Dopo il 3 luglio lintera struttura di The Floating Piers stata smontata e riciclata attra-
verso un processo industriale
Christo coltiva un sogno immateriale, rendendolo praticabile solo
per alcune settimane. Poi tutto, allapparenza, torna come prima.
224 Il sogno ha un inizio e una fine. Non crea legami e impatti durevoli.
Christo chiede al visitatore di abbandonare ogni pensiero razionale e
utilitaristico. Le passerelle sono inutili e impossibili, a livello di razio-
nalit urbanistica, e ciporta allirrazionalit onirica e alla necessit
della partecipazione fisica del pubblico che entra nellopera e diviene
esso stesso opera in simbiosi con lacqua, il vento, il sole. Ogni scelta
di Christo finalizzata a realizzare un progetto di bellezza, a partire
dalle dimensioni e dalle lunghezze della passerelle, per giungere poi
al modo in cui si snodano sulla superficie del lago, fino alla scelta
del colore giallo oro-arancio, che muta con la luce e con lacqua. E di
questa espressione di bellezza ciascuno diventa parte e protagonista.
Dal punto di vista economico e finanziario Christo a sostenere
totalmente i costi relativi alla realizzazione di The Floating Piers,
come di tutte le sue opere, a partire dalla richiesta dei permessi, per
poi continuare con la costruzione, linstallazione e lo smontaggio del
progetto. Con un investimento personale elevatissimo - 15 milioni di
dollari tutto viene pagato con i proventi della vendita degli studi
preparatori e di altre opere degli anni 1950 e 1960. LArtista non
accetta finanziamenti o sponsorizzazioni di nessun genere, come
pure non accetta che i visitatori paghino il biglietto per accedere al
progetto, non mette in vendita n cartoline, n manifesti o fotografie
e non incassa i diritti dautore sulla vendita di tale materiale, n sui
libri o sui filmati che riguardano i progetti suoi e di Jeanne-Claude.
Christo fermamente convinto che rifiutare contributi in denaro
gli consente di lavorare in totale libert e di non dover rispondere a
nessuno (a parte i numerosi vincoli imposti dalle Soprintendenze o
3
dagli enti preposti alla sicurezza).
Di contro, si stima che lopera di Christo abbia prodotto nellimme-
diato una ricchezza di circa 80 milioni di euro e il lancio definitivo del
lago dIseo. Lopera darte ha moltiplicato il lavoro e il guadagno per
decine di migliaia di persone, e investimenti, legati allaccoglienza,
sono stati compiuti da moltissimi operatori locali, dimostrando che
larte non solo fondamentale per la crescita culturale e umana, ma
pu essere unoccasione di economia virtuosa.
Niente male per una semplice passeggiata.*
3
Diceva Jeanne-Claude: Tutti i nostri progetti sono decisi da noi, vengono dal nostro cuore
e dalla nostra testa. Non accettiamo commissioni. Vogliamo lavorare in totale libert; fare ci
che desideriamo, come e quando lo vogliamo. Questo il motivo per cui rifiutiamo gli sponsor.
Abbiamo autofinanziato tutte le nostre opere darte. I nostri soldi provengono dai disegni pre-
paratori e dai collage che vendiamo a collezionisti privati, galleristi e musei del mondo intero.
A
MARIO PAVAN
230
Gary Cooper, Hedy Lamarr,
Tyrone Power
Duello al sole,
Sangue e Arena
231
Riso amaro (1949), di Giuseppe
De Santis, nella straordinaria
immagine rimasta nella storia del
cinema mondiale: icona sexy in
tempi di oscurantismo clericale.
La Chiesa di Pio XII cerc in tutti i
modi, ma per fortuna inutilmente,
di fermare il film.
Il cinema allaperto era un sito magico e costituisce uno dei pi bei ricordi
di quegli anni Cinquanta, molti cinema poi sono scomparsi per fare posto
ai palazzoni delledilizia speculativa, portatrice di malaffare e di stupidit.
La scomparsa delle arene estive stata come una ferita nei quartieri e pe-
riferie delle citt, perch venuta meno lazione culturale e ricreativa, un
apporto alla formazione e alla visione del mondo contemporaneo.
Il cinema stato, anche, un luogo di bellezza immaginativa, dinamica, ricco
di quel fascino e del mistero che nasce dal fantastico sortilegio del virtuale
sullo schermo, e che svanisce di colpo con la parola fine.
La parola fine mandava tutti a casa, e al sonoro cinematografico si alternava
di colpo il silenzio della notte nel chiarore vago della volta stellata sulla
citt. La luna gi alta navigava nel cielo di cobalto. Riaprivamo gli occhi
sulla realt. Ma anche il sogno le apparteneva ormai.
.
CINEMA, IMMAGINI, MATERIA, MODUS
spesso brutti sul piano estetico). Il problema non questo. In ogni caso
sono portatori di una materialit frontale che riguarda gli stili di vita dei
personaggi, i loro vestiti, il loro modo di muoversi, le cose che comprano,
che guardano, che usano, le case che costruiscono, gli arredamenti dinterni
che prediligono (spesso e volentieri italiani). Il modo in cui parlano.
Attenzione: noi assistiamo a questi modus, impariamo questi vezzi,
ammirati. Loro sanno esprimerli e trasformarli in immagini che restano
stampate sulla rtina. Noi, no. Non creiamo alcuna concorrenza materiale
e frontale con i nostri film, i nostri modus, i nostri personaggi. Non siamo
neanche capaci, anche volendolo, di imitarli. Creiamo i Boldi, i De Sica,
nel migliore dei casi Montalbano, Checco Zalone, Lino Banfi. Onesti
professionisti, onesti personaggi, onesti rappresentanti di italianit (la
migliore, la peggiore?). Ma restano l. Non trasmettono una materialit
immediatamente percepibile e quindi da assorbire. Non attirano imitazioni.
Se gli arredamenti dinterni dei film americani sono di designer italiani,
loro (i designer) sono contenti che li diffondano gli americani. Cos entrano
nei cervelli, si stampano sulle rtine, fanno cultura.
solo perch lAmerica potente, il suo capitalismo effervescente e
dominante, Wall Street pi forte e pi grande di Piazza Affari?
235
profondo di quello che diamo noi. Non significa che loro siano materialisti
e noi spiritualisti. Loro pensano che le apparenze siano la proiezione
dellinteriorit di ciascuno. Sono intimamente impregnati dello spirito del
protestantesimo anche se sono cattolici o quaccheri o ebraici. Inoltre,
essendo il cinema unindustria potente e redditizia, la simbiosi con la societ
civile totale. Il cinema proiezione della societ civile, anche (e soprattutto)
con tutte le sue falsit e le sue deviazioni morali. Tra cinema americano e
societ americana persiste un sistema di vasi comunicanti eccellente.
Tutto ci non esiste nel cinema italiano, perch abbiamo una sconfinata
fiducia nel nostro provincialismo (sud, nord, Toscana, Napoli, eccetera)
anche se le vicende della storia lo hanno impoverito e ridotto ai minimi
termini estetici e morali. Questo si traduce in povert di simboli e di
immagini da anni e decenni. Ed tuttora verificabile.
Ultima questione (ma questa unidea mia, forse sbagliata, ma da
approfondire): in Italia c una decadenza sotto gli occhi di tutti, quella
della borghesia (media o alta che sia). La decadenza una brutta bestia.
Non ti riconosci pi, non hai pi simboli da esibire. Che film di attualit,
che sia una testimonianza durevole, vai a fare con questa borghesia delle
banche e dei Mose, e dellExpo? Non manca solo lestetica, manca proprio
lo spirito. Gli anni 60, di Rocco, di Riso amaro, della Dolce Vita (borghesia
riconoscibile) non tornano pi.
KETI CANDOTTI, nata a Latisana (UD) e residente a Portogruaro. Titolare di uno studio di
Dottore Commercialista e Revisore dei Conti a San Michele in Tagliamento. Componente di di-
verse commissioni di studio nazionali dellUnione Giovani Dottori Commercialisti. Collabora da
alcuni anni a Il Commercialista Veneto. E amante dellArte, di Antiquariato, di Collezionismo.
Toto Cacciato nato ad Agrigento, dove attualmente vive, ha vissuto oltre trentanni
a Vicenza, dove ha insegnato materie artistiche. Giornalista pubblicista, ha collaborato con
quotidiani e riviste a tiratura e distribuzione nazionali. Si dedica alla pittura praticamente
da sempre. La sua attivit espositiva ha acquistato rilevanza dagli anni 70, con allestimenti
in personali e in qualificate collettive e pubbliche istituzioni. Periodicamente ritorna alla
fotografia: sua la mostra Architettura e Paesaggio nella Valle dei Templi. Attualmente si
dedica alla video-arte e ai documentari Pirandello di Girgenti.
Carmelo Conti. Architetto, libero professionista. Promotore della ricerca, del rilievo e
del restauro delle Edicole Religiose del centro storico per conto del Comune di Vicenza. Rilievi
cinta muraria e bastioni di Verona, rilievo Arche scaligere di Verona, rilievi mastio e ponte diga
visconteo di Valeggio sul Mincio per conto della Sopr. BB. AA. AA. di Verona. Rilievo, inter-
venti salvaguardia e definizione sito archeologico (pareti graffite) Val dAssa, per conto della
Sopr. Archeologica per il Veneto, Padova. Pubblicazioni: Edicole religiose nel centro storico di
Vicenza. Comune di Vicenza, 1990; Chiesa di San Pietro Apostolo in Vicenza. Storia Fede Arte.
AA.VV. Vicenza,1996; Chiesa di San Giacomo Maggiore detta dei Carmini in Vicenza, AA.VV.
Vicenza, 2007. Il Giardino Salvi di Vicenza. Il patrimonio scultoreo del Giardino Valmarana-
Salvi, AA.VV. Comune di Vicenza, 2013. In elaborazione (p.c. Associazione Industriali Vicenza,
sez. Edili): Storia delledilizia e degli edili vicentini dal 1500 ad oggi.
PINO CONTIN, (Caldogno, 1948) vive a Vicenza. Ha pubblicato nel 1992 la ricerca su Realt
cattolica e Democrazia Cristiana. Vicenza 1960-1970. Recentemente ha svolto alcune indagini
archivistiche su avvenimenti contemporanei, pubblicate su periodici vicentini. Nel 2007 ha
curato la ricostruzione storica della di don Emilio Menegazzo (1876-1957), importante Arciprete
della Diocesi Vicentina nella fase preconciliare. Nel 2008 la Biblioteca Bertoliana ha pubblicato
la sua ricerca Democristiani a Vicenza. Il partito cattolico in area berica (1944-1953). Nel
2009 uscito Tracce di comunit. Caldogno 1955-1970. Nel 2011 ha pubblicato La Democrazia
Cristiana vicentina dopo De Gasperi (1954-1968). Il partito di M. Rumor.
Pino Dato. laureato in economia, lettere, filologia e letteratura italiana, a Ca' Foscari.
Pubblicista dal 1973, ha fondato e diretto per oltre 35 anni "Il Sospiro del Tifoso". Ha pub-
blicato molti libri, fra i quali Dimenticare Vicenza? (due edizioni, 1983, 2011), Un laccio al
cuore (romanzo), Quasi erotica (poesie), Onisto, un vescovo pastore nella sacrestia dItalia
(con Fulvio Rebesani), Vicenza, la citt incompiuta (con Fulvio Rebesani), Vicentinit (il ma-
noscritto ritrovato), Lultimo antiamericano (Goffredo Parise e gli Usa, dal mito al conflitto).
GIUSEPPE DELIA un giurista, professore associato di Diritto pubblico, presso il Dipar-
237
timento di economia dellUniversit degli Studi dellInsubria (Varese-Como), e avvocato cas-
sazionista iscritto nellAlbo di Milano.
autore di diverse pubblicazioni, nel campo del diritto pubblico e privato, in riviste di settore
e dei seguenti volumi: Statuti ordinari e legge regionale. Contributo allo studio del giusto
procedimento legislativo (con L. Panzeri), FrancoAngeli 2012; Diritto costituzionale (con M.
DAmico), FrancoAngeli 2012; Teoria e pratica delle fonti del diritto (con A. Renteria Diaz),
Carocci 2008; Magistratura, polizia giudiziaria e Costituzione, Giuffr 2002.
Giangiacomo Gabin, nato a Precenicco (UD) nel 1939, riceve i primi insegnamenti
di tecnica pittorica dal Maestro Otello De Maria nei primi anni settanta. Prosegue poi la sua
formazione artistica frequentando i corsi di pittura allAccademia di Belle Arti G.B. Cignaroli
di Verona tenuti dal Maestro Silvio Lacasella e quelli della Scuola Libera del Nudo allAcca-
demia di Belle Arti di Venezia. Predilige la pittura en plein air dopo il fortunato incontro
con il Maestro Romano Lotto. Nel suo studio invece dipinge i suoi sogni sempre ispirati alla
natura. Esercita inoltre lattivit di scultura frequentando lo Studio del Maestro Ceramista
Cesare Sartori di Nove. Vive a lavora a Vicenza.
GIORGIO MARENGHI. Nato a Vicenza nel 1948. Laureato in scienze Politiche, indirizzo
storico. Dopo il 1968 e relative importanti, movimentate esperienze, ha scelto la strada del gior-
nalismo. Attualmente cura il sito www.storiavicentina.it con un occhio di riguardo alle inchieste
sul terrorismo veneto e alla politica americana nella citt del Palladio e di Mariano Rumor.
Alberto Milesi ha due passioni: lOpera e Vicenza; proprio per questo stato felice di
scrivere per QV la cronaca di qualche evento che cadenza la sua intensa vita teatrale. Anche
se nato nelle Prealpi lombarde in un paese equidistante da Bergamo e Brescia, dal 1986
risiede a Vicenza, dove arriv per far pratica legale nello studio di un leggendario avvocato
vicentino. Innamorato appunto di Vicenza, a cui ritiene di essere debitore della sua fortuna
professionale, intrattiene intensi contatti con il mondo artistico e culturale vicentino al quale
riconosce un respiro tuttaltro che provinciale seppure poco valorizzato rispetto alle risorse
economiche del territorio. Laureato in giurisprudenza a Pavia. orgogliosamente un ex ufficiale
di complemento degli Alpini.
GIANNI PADRIN. Vive a Marola. Esperto di geologia e idrografia antica e recente. Si oc-
cupa da molti anni, anche a livello politico-amministrativo, di problemi idrografici e di falde,
inquinamento, alluvioni.
Lucio Panozzo. Ha al suo attivo molte pubblicazioni (ricordi, racconti, romanzi), tra le
quali spicca, per qualit e impegno Saga Longobarda, una fiaba a sfondo storico verosimile, e
documentato. Ha collaborato a Il Sospiro del Tifoso. Attivo nel mondo dellassociazionismo
vicentino (Italia Nostra, UAAR, Cenacolo dei Poeti dialettali, Compagnia degli Autori Vicen-
tini, CAI). La sua formazione culturale nel solco dei Lumi e del Darwinismo. Altre opere: Il
venticinquesimo libro dellOdissea, Azoto liquido, Anni dargento.
ALFREDO PELLE, nato a Firenze, residente a Vicenza, giornalista pubblicista, lavora per
LEspresso e collabora a Guida ai ristoranti come coordinatore regionale. Per molti anni
direttore di banca alla Comit e poi alla Popolare di Vicenza. Esperto riconosciuto di gastronomia.
Accademico italiano della cucina, membro della Venerabile Confraternita del Bacal e della
Fraglia del Torcolato di Breganze. Come Accademico segretario del Centro Studi Nazionale
Franco Marenghi e Direttore Territoriale del Centro Studi di Toscana. Tiene corsi di Storia
della Gastronomia per lAIS (Associazione Italiana Sommelier) nel Veneto. Insegna Storia della
Gastronomia ed evoluzione della cucina allIstituto Alberghiero di Stato di Recoaro. Scrive
per riviste specializzate (Taste Vin, Convivium 2000. Zafferano, Progetto Nord-Est) dopo
aver scritto per molti anni per Il Giornale di Vicenza. Autore di un volume sulle Tradizioni
sulla tavola delle comunit delle valli del Chiampo, Agno, Leogra, Posina e Astico e tre volumi
sul fagiolo, sulla patata, sul formaggio (editore Terranova). Coautore di Cucina di bordo per
238
lAccademia Navale di Livorno.
Gianni Sartori nato nel 1951, giornalista pubblicista, ha collaborato con varie testate,
sia a livello locale (Nuova Vicenza, La Voce dei Berici...) che nazionale (Umana Avventura,
Etnie, Frigidaire, Narcomafie, Senza Confini...) realizzando interviste, reportage, servizi foto-
grafici riguardanti la tutela dei Diritti Umani, la difesa delle minoranze, i Diritti dei popoli e
la salvaguardia dellambiente.