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PREVENIRE E MEGLIO CHE CURARE: DALLA PREVEZIONE DEL TERRORISMO A

QUELLA DELLA RADICALIZZAZIONE


Le ricadute sullEuropa del drammatico scenario di guerre e conseguenti flussi migratori dalle zone di
conflitto e di instabilit sono sotto gli occhi di tutti e prendono le forme e i nomi di una serie di rischi diversi:
la stessa tenuta dellUnione Europea e dei suoi valori comuni; la coesione sociale dei singoli Stati membri,
minacciata da xenofobia, nazionalismi e populismi che raggiungono sempre pi alti livelli politici; e la
minaccia terroristica che negli ultimi mesi tornata prepotentemente sulle prime pagine dei giornali,
portando con s unisteria collettiva che fa riecheggiare i fantasmi dello scontro di civilt.
Nellaprile 2015 le Nazioni Unite hanno stimato che, con lescalation del conflitto siriano, lafflusso totale di
combattenti stranieri sia aumentato da 700-1.400 a met del 2012 a 22.000 nei primi mesi del 2015, di cui
circa 4.000 dallEuropa occidentale, ma sono pi di 100 i Paesi da cui sono partire reclute per le
organizzazioni jihadiste in Siria e in Iraq. Il Medio Oriente rimane la principale fonte di combattenti
stranieri: ben 11.000 di cui 3.000 tunisini, 2.500 sauditi e 1.500 giordani, ma anche gli stati dellEuropa
occidentale hanno visto importanti flussi di combattenti. Francia, Regno Unito e Germania hanno prodotto il
numero pi grande di foreign fighters, mentre rispetto alla dimensione della popolazione, i Paesi europei pi
colpiti dal fenomeno sono il Belgio, la Svezia, la Norvegia e la Danimarca. Per lItalia si parla di circa un
centinaio di persone.
Oltre a coloro che partono, ci sono poi anche coloro che si radicalizzano e rimangono in Europa sia con
lintenzione di preparare e compiere attentati sia diventando, a loro volta, reclutatori e fornendo supporto e
sostegno logistico a coloro che decidono di partire, o di tornare, da aree di conflitto, come lo Stato Islamico.
Con lindebolimento e le perdite sul campo in Iraq e in Siria la strategia di ISIS sembra quella di potenziare
questa presenza in Europa, attraverso attacchi coordinati o, semplicemente, ispirati che permettono di
distogliere lattenzione e le forze dal conflitto in Medio Oriente e mantengono viva la loro strategia del loro
brand del terrore.
E' per importante segnalare che esistono diverse matrici di terrorismo che agiscono sullo scenario nazionale
ed internazionale contemporaneo: in alcuni paesi del Nord e dell'Est Europa, infatti, non sono pochi i gruppi
che si richiamano alle ideologie dellestrema destra, xenofoba e neonazista; mentre la recente Relazione sulla
Politica dellinformazione sulla Sicurezza1 della Presidenza del Consiglio dei Ministri segnala la consistenza
della scena anarco-insurrezionalista nel nostro Paese e in altri, come la Grecia.
Ma cosa vuol dire radicalizzarsi e quali sono le cause della radicalizzazione? Gli esperti concordano sul fatto
che la radicalizzazione sia un processo molto complesso ed individualizzato. Il concetto di radicalizzazione
nato dopo gli attacchi dell11 settembre 2001, quando sono iniziate a comparire ricerche e analisi delle
biografie dei terroristi da cui sono stati tratti dei modelli che ci descrivono la pluralit di concause e gli stadi
successivi per cui un soggetto si radicalizza fino a giungere ad unirsi ad un gruppo terrorista: quello che
viene definito il processo di radicalizzazione violenta. Fino a qualche anno fa terrorismo e radicalizzazione,
che fossero in ambito jihadista o neonazista, erano trattati in unottica securitaria e repressiva. Nellultimo
decennio, per, emerso con forza, se non un cambio di prospettiva, un nuovo approccio che affianca gli
strumenti tradizioni di lotta al terrorismo: quello che prende il nome di politiche di prevenzione e contrasto
dellestremismo violento (P/CVE).
Nella lotta al terrorismo infatti, il significato di prevenzione stato quasi sempre associato alla repressione
dellatto eversivo in una delle fasi che precedono la sua attuazione concreta di attentato: dunque una prassi
esclusiva degli organi di polizia ed intelligence, se non militare. Il presupposto di partenza delle politiche di
contrasto allestremismo violento, invece, ben esplicitato al Summit on CVE alla Casa Bianca del Febbraio
2015, che l'intelligence, la forza militare e l'applicazione della legge da sole non risolvono - e quando
abusate possono invece esacerbare - il problema dell'estremismo violento"2.

1
http://www.governo.it/articolo/relazione-annuale-sulla-politica-dell-informazione-la-sicurezza/6791
2
https://sputniknews.com/military/201502201018511553/
I tre pilastri delle sue azioni sono:
- Disseminare sensibilizzazione sui processi di radicalizzazione violenza e di reclutamento;
- Contrastare le narrazioni estremiste, come la propaganda jihadista, con la promozione on-line di contro-
narrazioni promosse dalla societ civile;
- Valorizzare gli sforzi delle comunit locali che intervengono consentendo di interrompere il processo di
radicalizzazione prima che un individuo si impegni in attivit criminali.
Lattualit e limpatto dei recenti attentati in Francia, Germania, Belgio e Inghilterra hanno spinto il governo
italiano e, in particolare, il Ministero dellInterno, prima con il Ministro Alfano e ora con il Ministro Minniti,
ad intraprendere ed accelerare una serie di iniziative, non solo di lotta al terrorismo, ma anche di contrasto
alla radicalizzazione e allestremismo violenti. Ugualmente, circa un anno e mezzo fa, in Parlamento stata
presentata ed attualmente in discussione la proposta di legge Dambruoso-Manciulli Misure per la
prevenzione della radicalizzazione e dellestremismo jihadista. Entrambe queste iniziative dimostrano
lattenzione e lesigenza ormai riconosciuta dallItalia di uniformarsi al contesto europeo per quanto riguarda
le strategie e le pratiche di CVE.
Fin dal 2011 la Commissione Europea ha costituito la rete RAN, Radicalization Awareness Network (RAN),
proprio con la finalit di promuovere politiche e programmi di prevenzione e contrasto dal basso che
favorissero la resilienza delle comunit verso il fenomeno, coinvolgendo nei suoi gruppi di lavoro i diversi
operatori attivi nei territori coi soggetti a rischio di radicalizzazione violenta. Cos, sia la relazione
consegnata lo scorso gennaio al governo italiano dalla Commissione di studio sul fenomeno della
radicalizzazione e dell'estremismo jihadista, presieduta dal Prof. Lorenzo Vidino, sia la proposta di legge
Dambruoso-Manciulli in discussione in Parlamento, mettono proprio al centro limportanza di un livello non
solo nazionale, ma anche regionale e locale, di attenzione al fenomeno attraverso il coinvolgimento di tutti
quei soggetti e di tutti quegli attori che a diverso titolo possono, o meglio devono, essere coinvolte nelle
pratiche di prevenzione: dalla scuola ai leader politici e religiosi, dalle forze dellordine ai servizi socio-
assistenziali, dagli esperti alle organizzazioni della societ civile.
Il presente convegno vuole dunque essere loccasione per fare il punto sulla situazione in Europa, in Italia e
in Piemonte attraverso la presentazione dell'attivit della RAN, della relazione elaborata dalla Commissione
di studio sul fenomeno della radicalizzazione e dellestremismo jihadista e della proposta di legge
Dambruoso-Manciulli. Verranno inoltre portate allattenzione degli esperti e delle istituzioni una serie di
buone pratiche gi attivate sul territorio piemontese. Il Piemonte infatti una delle prime regioni ad essersi
attivata in questo campo grazie alla sensibilit delle sue istituzioni e alla dinamicit della sua societ civile
che fin dal 2012 ha attivato progetti pilota e tavoli di lavoro cittadini. Da ultimo, la parola verr lasciata agli
enti e alle istituzioni chiamati ad implementare a livello locale i suggerimenti della Commissione e della
legge in discussione.
Il risultato di queste politiche che intervengono sul pensiero critico dei giovani di fronte alla propaganda su
Internet, sulla resilienza delle comunit multi-religiose e multi-etniche delle nostre citt, sullinformazione
alle famiglie che temono per i propri figli in partenza verso scenari di guerra, o sulle prigioni per evitare che
siano fucine di terroristi, oltre a prevenire e contrastare la radicalizzazione, siamo certi possano produrre
benefici indiretti per gli altri due rischi esposti in apertura: rafforzano la coesione sociale del nostro Paese e
diffondono i valori comuni europei di cittadinanza attiva, democratica, plurale e non-violenta.

Torino, 10 Aprile 2017


Viviana Premazzi e Luca Guglielminetti, ideatori e promotori del convegno

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