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ESSERI DI PAROLA
Sul monolinguismo della giustizia
1. 'LXQDJLXVWL]LDJLRFDWDQHOOLQJXDJJLR
In un passo di /D SHUVRQQH HW OH VDFUp, Simone Weil si sofferma sul-
le cause che inchiodano lespressione della sventura al rango di semplice
grido, unica modalit in cui questa riesca a ottenere un qualche ascolto.
Se gli oppressi, con le loro suppliche inarticolate, non chiedono altro che
qualcuno in grado di fornire loro parole per esprimersi, ben si comprende
il motivo della responsabilit accordata ai professionisti della parola, ai
privilegiati che detengono il monopolio del linguaggio2, una responsa-
bilit che consiste precisamente nel loro non potersi sottrarre al compito di
comunicare tale condizione. E tuttavia, proprio a causa della sua traduzione
nel linguaggio del diritto o dei valori, tale richiesta si trova costantemente
esposta al rischio di permanere non solo inascoltata bens inascoltabile,
come se le formule di rivendicazione faticassero a preservarne il carattere
disperato. Se questo dovesse invece accadere, se la sventura riuscisse a ren-
GHUVLQDOPHQWHXGLELOHHWUDGXFLELOHLQSDUROHFLzVDUHEEHVRORLQIDYRUH
del felice intervento di un gesto poetico: grazie alla poesia, la narrazione
confonde i propri caratteri letterari con le prime timide linee di una giusti-
]LDLPSUHYLVWDSHUGHLOVXRFDUDWWHUHGLQ]LRQHSHUDVVXPHUHLWUDWWLGHOOR
specchio della sofferenza umana, rispetto alla quale il destino cieco e non
conosce elezione alcuna.
La responsabilit attribuita ai poeti da Weil dipende dalla chiara intuizio-
QHFKHODSRHVLDQRQVLDPHURHVHUFL]LRVRJJHWWLYREHQVuLOJHVWRVSHFLFR
di colui che capta o che attraversato da una condizione comune, una con-
dizione che forse non ha personalmente vissuto e che malgrado ci insiste
in lui. E questo non per libera scelta, n tanto meno per vocazione perso-
nale, quanto piuttosto per unesposizione radicale al mondo che chiede di
risuonare nel nostro essere parlanti: l che qualcosa come unesigenza di
giustizia inizia a farsi timidamente sentire, pur nella forma di qualcosa che
sfugge a un sapere per rifugiarsi ai margini del campo linguistico, come un
resto inespresso che chiede di prendere voce. Contro una tradizione che ha
fatto della riparazione la base di ogni giustizia immaginabile, la posizione
singolare di Weil non cessa di ricordare come ogni esigenza di giustizia sia
attraversata dalla categoria dellirreparabile, l dove la ferita e il torto subi-
ti non cessano di sfuggire ad ogni possibile rappresentazione. Come pensa-
re allora una giustizia che accolga la traccia delle vite sventurate senza per
questo limitarsi a esigere una forma di compensazione? Come pensare una
giustizia che non compensi alcunch, una giustizia che, senza cancellare
semplicemente il torto, si faccia di questo tradizione?
Se tali sono le questioni che assillano lidea occidentale di giustizia,
tanto pi singolare che questa, nellimbarazzo provato di fronte a risposte
sempre parziali, labili o precarie, abbia preferito risolvere le aporie che vi
si annidano ricorrendo a una precisa sintassi del vivente. Sorda rispetto ad
ogni richiesta inarticolata, la cultura occidentale si infatti proposta come
quella cultura che ha preferito elevare lindividuo il suo riconoscimento
cos come quello dei suoi diritti al centro dei propri valori portanti, con-
sentendo a ciascuno di perorare la propria richiesta di giustizia in quanto
rappresentante di se stesso; si preferito, in altri termini, declinare lanelito
di giustizia secondo una modalit di inclusione del mondo nella sfera de-
limitata del diritto, accordando alla parola un ben diverso statuto rispetto
a quello suggerito da Weil. Quale lidea di fondo di un simile progetto,
fautore del divenire-diritto della giustizia stessa? Non si tratta forse della
GXFLDLQXQDSDURODSDGURQHJJLDWDHFKHSHUTXHVWRqLQJUDGRGLSDGUR-
neggiare il mondo? Una parola, dunque, che tutti sono chiamati a dire,
pensa lesclusione da ogni forma di comunit e giustizia, da ogni forma di
giusta comunit o di giustizia comune. Qui la parola si ritrovata portatrice
di una forza vincolante, con la quale poter anzitutto associare ciascuno alla
SURSULDYRORQWjGLULSDUD]LRQHRSUHYHQ]LRQH9LQFRORVXOTXDOHHGLFDUH
M. Tabacchini - (VVHULGLSDUROD 69
XQDQXRYDFRPXQLWjQDOPHQWHDIIUDQFDWDHULVFDWWDWDGDRJQLPDQFDQ]DR
ODELOLWjHVVDDOORUDVLSURSRQHFRPHHIFDFHGLVSRVLWLYRGLJLXVWL]LDPDDO
prezzo di cancellarne in tal modo la sua stessa esigenza, la sua stessa do-
PDQGD'DOWUDSDUWHQRQqIRUVHTXHVWDODSUHVWD]LRQHVSHFLFDGHOGLULWWR
quale pratica discorsiva che, bench sia solo una delle molteplici declina-
zioni della potenza del linguaggio, non cessa di presentarsi unica nella sua
HIFDFLDSHUIRUPDWLYD"3
Torna qui alla memoria la formula con la quale Antoine Loysel volle
dare una testimonianza inequivocabile della missione civilizzatrice che il
diritto non cessa di riconoscere ai propri istituti. Formula la cui celebrit
non certo gratuita, vista la puntuale chiarezza con cui insiste sulla doppia
funzione del linguaggio, a un tempo luogo di unione e associazione, vero
e proprio legame, ma anche laccio e obbligazione reciproca entro i termini
statuiti da un vincolo contrattuale: ricordando come si legano i buoi per le
corna e gli uomini per le parole4, anchegli si inserisce a giusto titolo nella
folta schiera di artisti e artigiani della ragione, saltimbanchi della parola la
cui maestria nella manipolazione del linguaggio ha contribuito in maniera
decisiva ad alimentare il mistero del contratto, il quale si cos trovato
VDSLHQWHPHQWHGHVFULWWRVRWWRODOXFHGLXQDSUHVXQWDHIFDFLDLQXQPHGH-
simo tempo riparativa e fondativa.
2. 'DOFRPXQHDOSURSULR
da comuni valori culturali ha trovato il proprio freno nel ricorso alla di-
mensione giuridica. Se, come aveva intuito Antonio Negri, la storia delle
LVWLWX]LRQL JLXULGLFKH GLYLHQH OD VWRULD GHOOD VFRQWWD GHOOH XWRSLH5, non
si potr tacere su quale sia la precisa storia a cui appartiene il tentativo di
DQFRUDUHRJQLIRUPDGLJLXVWL]LDDOODGXFLDULSRVWDQHOGLULWWRHLQSULPR
luogo nella sua promessa di affrancare, attraverso un percorso diriconosci-
mento reciproco, tutti coloro che se ne rendono soggetti. Una storia in cui
il naufragio delle utopie comunitarie ha aperto la strada alla possibilit di
equiparare il fare giustizia alla fondazione giuridica di un mondo in comu-
ne, come se il tratto irrealizzabile proprio di ogni comunit potesse essere
neutralizzato mediante una mera opera di appropriazione della vita, entro
XQYLQFRORJLXULGLFRLQJUDGRGLVDOGDUHGHQLWLYDPHQWHWUDORURLVRJJHWWL
che accomuna.
daltra parte nel solco di una nostalgia di comunit che sinstalla la
promessa a cui il contratto non cessa di alludere. Che tale nostalgia non sia
esente da qualcosa come un certo rancore e una certa atmosfera di colpe-
volezza, imputabili a un progetto comunitario che non si lasciato intrave-
dere se non l dove la sua istituzione si giocoforza infranta sul suo stesso
fallimento, ci ben testimoniato dallaccordo, pressoch unanime, nei
confronti di una modalit di concepire una comunit svuotata dalla dimen-
sione inappropriabile del comune. Accompagnata dal tentativo di riaffer-
mare ad ogni istante la sua prossimit categoriale verso ideali di propriet,
DSSURSULD]LRQH R DSSDUWHQHQ]D WDOH PRGDOLWj DYUHEEH QLWR SHU GHULYDUH
XQDWHRULDGHOODJLXVWL]LDDSDUWLUHGDXQDPHWDVLFDGHOOLQGLYLGXRLFXL
caratteri di sovranit e presenza a se stesso attesterebbero inequivocabil-
mente la sua elezione a supporto originario di ogni altra successiva proprie-
t fosse anche quella della comunit stessa.
nella prospettiva fornita da un simile orizzonte che occorre situare il
netto passaggio dal regime del comune a quello del proprio6, nel corso
GHO TXDOH OLVWLWXWR GHO FRQWUDWWR FRPH JXUD SULQFLSH GHO GLULWWR SULYDWR
e individuale, si estesa e generalizzata in concomitanza con la fortuna
riscossa nella societ dalla categoria del libero proprietario, i cui esponen-
ti hanno presto compreso con buona pace di ogni libera volont la
necessit di riconoscersi e contrattare per potersi mantenere tali. In altri
termini, si cercato di opporre alla cifra esorbitante del PXQXV intesa
10 Ivi, p. 27.
11 Esposito, &RPXQLWjHYLROHQ]D, cit., p. 258.
12 Sul rapporto tra dispositivi di individuazione e propriet, si veda inoltre il recente
libro di P. Godani, 6HQ]DSDGUL(FRQRPLDGHOGHVLGHULRHFRQGL]LRQLGLOLEHUWj
QHO FDSLWDOLVPR FRQWHPSRUDQHR, DeriveApprodi, Roma 2014, secondo il quale
la retorica individualistica nasce nella modernit, nel contesto dello sviluppo del
capitalismo, proprio quando la modernit capitalistica al lavoro per produrre
individualit interamente sociali (ivi, pp. 17-18), in grado cio di bilanciare la
valorizzazione di unindividualit proprietaria e concorrenziale con la sua inclu-
sione entro un regime omogeneo e diffuso di dispositivi di soggettivazione.
13 R. Esposito, &RPPXQLWDV 2ULJLQH H GHVWLQR GHOOD FRPXQLWj, Einaudi, Torino
2006, p. XXI.
14 P. Legendre, *RGHUH GHO SRWHUH (1976), casa di marrani, Brescia 2014, p. 173.
Sullinsistenza con cui la macchina giuridica non cessa di istituire le vite entro
M. Tabacchini - (VVHULGLSDUROD 73
ODUPRGRLOVRJJHWWRGLGLULWWLVHQRQFRPHTXHOODQ]LRQHFKHVWDWXLVFHOD
possibilit di disporre di s e della propria volont, e che proprio in ragione
di ci pretende di incarnare la propriet di e su se stesso?
Il termine contratto indica cos latto giuridico per mezzo del quale dei
soggetti si legano davanti al diritto, nel suo nome, impegnandosi gli uni nei
confronti degli altri, affermandosi gli uni e gli altri, e confermando gli uni
GLIURQWHDJOLDOWULLQVHQRDTXHOODUWLFLRVWRULFRFKHTXDOHRSHUDWRUHGL
IHWLFL]]D]LRQHJLXULGLFDGHOOHLGHQWLFD]LRQLQHJDUDQWLVFHLOULFRQRVFLPHQ-
to, la padronanza e lappropriatezza entro lordine del discorso in cui essi
HPHUJRQR$IQFKpXQFRQWUDWWRVLDJLXULGLFDPHQWHULOHYDQWHqQHFHVVDULR
che questo presenti allora tre condizioni: il riconoscimento della libera vo-
ORQWjGHLFRQWUDHQWLOREEOLJD]LRQHFKHUHQGHLOFRQWUDWWRXQDIRUPXODHI-
cace; la presenza di unistanza garante tanto della sua validit quanto della
sua promessa. Solitamente presentato come la forma normale di legame
che si instaura tra soggetti di diritto, il contratto andrebbe pi propriamen-
te inteso come quellatto giuridico che sancisce la normalizzazione di un
soggetto altrimenti anonimo e anomalo mediante il suo riconoscimen-
to. Si tratta, in altri termini, di un processo di soggettivazione mediante il
quale un soggetto VLFRVWLWXLVFHnel suo passaggio al diritto, linstaurarsi di
precisi rapporti di potere per mezzo di parole che legano ciascuno allal-
tro, e che reciprocamente legano laltro alla parola giurata o scambiata.
Capitale qui la determinazione dei contraenti a farsi soggetti riconosciuti
e dunque a riconoscersi come soggetti, dotati di identit e di voce, esseri
di parola imputabili e responsabili. Larcheologia del diritto, daltra parte,
QRQKDIDWLFDWRDULWURYDUHDOORULJLQHGHOFRQWUDWWRDOFXQHJXUHEHQQRWH
DOOHWQRJUDDFRPHLULWXDOLGLDOOHDQ]DHGLSDUHQWHODDUWLFLDOHSURQWHD
ricordare come in seno al diritto statutario dei gruppi che ha origine il
diritto contrattuale.15 Questultimo non ha fatto altro che adattarsi a una
le forme di soggettivit che solo in tal modo trovano la ragione della propria esi-
stenza, si rimanda alle considerazioni di F. Migliorino, ,OFRUSRFRPHWHVWR6WRULH
del diritto, Bollati Boringhieri, Torino 2008, pp. 65-66: Siamo in presenza di
XQDWHFQRORJLDGHOULFRQRVFLPHQWRFKHLGHQWLFDFRQWUROODQGRHFRQWUROODLGHQWL-
FDQGR8QDPDFFKLQDDVWUDWWDche, incurante della fatica e dellusura, sindustria
VHQ]DVRVWDDFODVVLFDUHHUDFFRJOLHUHJOLLQGLYLGXLFKHFRQFUHWDPHQWHsono utili
DOVXRIXQ]LRQDPHQWR4XHOOLFKHUHVWDQRSUHVLVRQRXQSDOOLGRULHVVRGLWXWWLJOL
altri la maggioranza , che alloccorrenza sono gi pronti a essere radunati e
JRYHUQDWL8QSRUWHQWRVRFRQJHJQRFKHGHOLPLWDLQFLGHVHJQDPDUFDGHQLVFH
quello spazio che intanto disposto ad accogliere alcuni in quanto esclude tutti gli
altri.
15 G. Davy, /DIRLMXUpHeWXGHVRFLRORJLTXHGXSUREOqPHGXFRQWUDW/DIRUPDWLRQ
GXOLHQFRQWUDFWXHO, Flix Alcan, Paris 1922, p. 6, trad. mia. necessario comun-
74 )DUHJLXVWL]LD1HROLEHULVPRHGLVHJXDJOLDQ]H
TXHVHJQDODUHFRPHWDOHOLD]LRQHQRQQDVFRQGHDOFXQHGLYHUJHQ]H&RQWUDWWRH
alleanza presentano certamente in comune la capacit di istituire un rapporto di
obbligazione in grado di imbrigliare lalea del futuro, ma la seconda non pu che
presentarsi come forma in cavo dal contenuto necessariamente indeterminato, de-
clinato di volta in volta sulle tracce degli eventi, laddove con il contratto la forma
gi colmata pienamente dal riconoscimento delle reciproche volont e posizioni,
mentre levento compreso solo nella forma della sua anticipazione. Su questo
punto si veda A. Supiot, +RPRMXULGLFXV6DJJLRVXOODIXQ]LRQHDQWURSRORJLFDGHO
'LULWWR, Bruno Mondadori, Milano 2006, pp. 105 e sgg.
16 J. Carbonnier, 6RFLRORJLHGXFRQWUDW, in Id., eFULWV, PUF, Paris 2008, p. 592, trad.
mia. Sul rapporto tra contratto e giuramento quale base del patto politico nella
VWRULDGHOO2FFLGHQWHVLYHGDODPRQRJUDDGL33URGL,OVDFUDPHQWRGHOSRWHUH
,OJLXUDPHQWRSROLWLFRQHOODVWRULDFRVWLWX]LRQDOHGHOO2FFLGHQWH, il Mulino, Bolo-
gna 1992, pp. 11 e sgg.
17 Davy, /DIRLMXUpH, cit., p. 6, trad. mia. Si veda inoltre pi avanti, a p. 7: Cos
FRVWLWXLWRLOFRQWUDWWRGLYHQWHUjTXHVWRVWUXPHQWRHVVLELOHHSULYLOHJLDWRSHUPH]-
zo del quale la volont individuale giunge ultimo progresso a esercitarsi e a
disciplinarsi.
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3. ,PLVWHULGHOFRQWUDWWR
4. 6RJJHWWLHSRUWDYRFHGHOGLULWWR
4XHOODFKHDSULPDYLVWDSDUHYDFRQJXUDUVLTXDOHIHOLFHDOWHUQDWLYDVH
QRQULPHGLRRSHUQRRSSRVL]LRQHULVSHWWRDOODVWUDRUGLQDULDIUDJLOLWjH
LQDIGDELOLWjGHOOHIDFFHQGHVWUHWWDPHQWHXPDQH27, si presto rivelata es-
sere nientaltro che una nuova modalit di controllo delle esistenze, situata
allintersezione tra i pi disparati rapporti di forza. Una modalit sancita
da quello che stato suggestivamente chiamato il dio Contratto28, la cui
espansione inarrestabile entro le maglie del capitalismo contemporaneo si
qHVWHVDQRDLQJOREDUHQHOOHSURSULHGLQDPLFKHJOL6WDWLVWHVVLGLSHQGHQWL
ormai dal contratto non solo in termini formali di legittimit, bens per
questioni di mera sopravvivenza. Ormai rassegnati allidea che nulla so-
VWLHQHOHGLFLRSROLWLFRVHQRQODFRQWLQXDULGHQL]LRQHGHOODFFRUGRWUDL
contraenti29, il contratto si presto liberato dalla sua prima formulazione
WHFQLFDQHQGRSHULPSRUVLFRPHOLPPDJLQDULRIRQGDPHQWDOHXOWLPRVX
cui risposa lordine della societ30 e al quale ognuno concede il proprio
credito al quale ognuno VLconcede, riconducendo in tal modo la dimen-
sione della giustizia a una questione di fede, nel momento in cui non trala-
VFLDGLULFKLHGHUHWDQWRGXFLDTXDQWRFUHGHQ]D
0DYHUVRFRVDVLSUHVWDGXFLD"9HUVRFKLqLQGLUL]]DWRLOSURSULRFUHGR"
Verso i rispettivi contraenti o verso il contratto stesso? Si visto come,
attraverso il contratto, i contraenti impegnano il futuro stesso, aprendo a
XQDWHPSRUDOLWjFHUWRFRQGLYLVDPDDOWUHWWDQWRFRQWUROODWDSHUQRDGGRPH-
VWLFDWDQHLWHUPLQLGLXQDPRGDOLWjQRUPDWLYDLOIXWXURqFRVuSUHVHQWLFDWR
DWWUDYHUVROHIFDFLDGHOORUGLQHQRUPDWLYRVWHVVRFDULFDWRQRDOODVDWXUD-
]LRQHGLXQVXSSOHPHQWRGLQRUPDWLYLWj6RUJHTXLLOVRVSHWWRFKHODGXFLD
DFFRUGDWDDLFRQWUDHQWLQRQVLDDOWURFKHLOPHURULHVVRGLTXHOODDFFRUGDWD
al contratto stesso, quale garante o emblema di un intero sistema, di un
preciso ordinamento. Vi cos in gioco unoperazione del diritto in grado
di prendere in carico delle potenze anonime e anomiche assoggettandole a
Nel farsi dispositivo del contratto, la forma si autonomizza dai suoi con-
tenuti, permettendo cos linscrizione nel diritto, quali tasselli di un mede-
simo testo giuridico, dei comportamenti e dei discorsi di ciascun indivi-
duo: ecco allora i contraenti sparire entro il testo del contratto, catturati nel
bando di un dispositivo ormai compiutamente elevato a metro e argine di
ogni relazione. Sembra cos compiersi quella tendenza che, secondo Davy,
aveva da sempre costituito laporia di ogni contratto: sviluppatosi per lega-
re tra loro le volont individuali, e al contempo per garantire alle stesse il
UXRORGLGHWHQWULFLHEHQHFLDULHGHOOHJDPHLVWLWXLWRLOFRQWUDWWRQRQFHVVD
di esporre la sua carica soggiogante e manifestare cos la sua origine di
dispositivo di assoggettamento e marchiatura, rispondente anzitutto alle
strategie con cui le comunit chiuse famiglia, fratrie, qualsiasi organiz-
zazione sociale alla quale tutti gli individui sono sottomessi33 e da cui il
contratto sarebbe a poco a poco emerso governavano la loro reciproca
JXHUUDGLLGHQWLWj6LJQLFDWLYRTXLqLOUXRORVWHVVRULYHVWLWRGDWDOLLGHQWLWj
le quali, daltronde, valgono solo in quanto gi da sempre conformi sia alla
referenza e poco importa, in questa sede, se essa prende il nome di Dio
o di Stato che vige a garanzia di tale dispositivo, sia allorganizzazione
che ad essa fa capo.
Si tratta, in altri termini, di legare volont gi incluse, singolarit gi
assoggettate a quel discorso che garantisce loro un qualche riconoscimento
e che solo permette la formulazione stessa della volont di legarsi. In tal
senso, lungi dal testimoniare il lento e felice progresso da una condizione
di rigido formalismo alla spontanea libert dei contraenti, il fatto che il
FRQWUDWWR GHWWR FRQVHQVXDOH QRQ VLD VWDWR UDWLFDWR FRPH REEOLJDWRULR VH
non a malapena e molto tardivamente34 esprime senza indugi la compiuta
e perfetta sovrapposizione, ottenuta procedendo per incarnazioni e interio-
rizzazioni dellautorit diffusa entro il gruppo, della sovranit legislativa
imperante sulla societ e sui suoi membri. Il contratto dunque, non fa che
esporre e manifestare linclinazione stessa dellassociazione politica da
cui trae la propria legittimit e a cui non cessa di rinviare, e che anzi non
cessa di rinforzare ogni qualvolta unesigenza di giustizia spinta a pren-
GHUH YRFH VROR SDVVDQGR DWWUDYHUVR TXHO GLVSRVLWLYR GL FHUWLFD]LRQH GHO
33 Davy, /DIRLMXUpH, cit., p. 7, trad. mia. Su questo punto, inerente al rischio di una
rifeudalizzazione dello spazio pubblico, si rimanda a Supiot, +RPRMXULGLFXV, cit.,
p. 133, secondo il quale, lungi dal designare la vittoria del contratto sulla legge,
la contrattualizzazione della societ piuttosto il sintomo di un processo di
ibridazione fra legge e contratto e di una riattivazione delle modalit feudali di
legame sociale.
34 Davy, /DIRLMXUpH, cit., p. 12, trad. mia.
M. Tabacchini - (VVHULGLSDUROD 81
5. 6XOODJLXVWL]LDGLXQDOLQJXDDYHQLUH
Sembra cos che listituzione di una societ del contratto muova con-
tro lopacit radicale delle esistenze non ancora irretite nella sanzione del
riconoscimento. Rispetto a tale opacit costitutiva, essa si trova cos in
intima complicit con la mobilitazione totalizzante propria al capitalismo
contemporaneo, nel momento in cui entrambe oppongono alla vita qual-
cosa come un eccesso di trasparenza. In altri termini, nel momento in cui
entrambe tentano di irretire le vite mediante la proliferazione dei disposi-
tivi di individuazione, con la conseguente estensione a perdita docchio
delle transazioni quali linee di visibilit di attraversamenti e singolarit,
TXDOLOLQHHGLUHJLVWUD]LRQHGLJHVWLHLGHQWLFD]LRQLVVDQGRDOFRQWHPSR
luoghi e tempi di qualcosa altrimenti votato alloblio. Ma la luce che ad
essi in tal modo prestata, la modalit con cui tutto ci sembra trascinato a
nuova visibilit, non tarda a mostrare il rovescio poliziesco di ogni retorica
del riconoscimento, l dove un simile paradigma rassicurante mostra senza
pudore il suo versante securitario. Vi daltra parte qualcosa riguardante
loblio e il segreto nellorbita di una simile cattura giuridica, l dove delle
vite si ritrovano ad appartenere e agire entro simili dispositivi solo assecon-
dando la tendenziale sovrapposizione tra soggetti di parola e soggetti del
diritto. O meglio: tra soggetti di parola e soggetti alla parola che il diritto
LQFDULFDWRGLFXVWRGLUHHSHUQRGLWUDVPHWWHUHPHGLDQWHLFRUSLGLFLDVFXQR
e ciascuna. Da qui la necessit, su cui Pierre Legendre ha in pi occasioni
insistito, di riposizionare lintero discorso giuridico e dunque politico a
partire dalla provocatoria constatazione che il soggetto del diritto non
un soggetto, non pu essere il soggetto della parola, infatti risuona di un
discorso che non il proprio; non parla, risuona, testualmente38 di quel
testo che, bench prometta incessantemente la traduzione giuridica di une-
sigenza di giustizia, non potrebbe certo permettersi di fare spazio ad alcun
discorso altro, n di ospitare alcuna voce aliena rispetto alla propria. Come
non tenere conto del fatto che lingresso in tale spazio, ordinato e istituito
secondo precise e inospitali coordinate, situa i soggetti della parola su un
piano di costruzione politica in cui le loro singolarit anteriori sono rese
FDGXFKHSRLFKpVLWUDWWDLQTXHVWRFDVRGHOODORURTXDOLFD]LRQHJLXULGLFD
e non della loro esistenza prima di essa?39 Il permanere di tale esistenza,
TXDQWRPDLODELOHDIURQWHGHOODVXDFDWWXUDQHOODVIHUDGHOGLULWWRVLFRQ-
gurer come un resto, tanto semplice quanto ingombrante, forse un residuo
40 %HQVLFRPSUHQGHSHUFKpLOUDSSRUWRWUDUHLFD]LRQHHULFRQRVFLPHQWRPDJLVWUDO-
mente trattato da Axel Honneth, debba tuttavia subire una rilevante torsione, in
grado di rendere conto di come ogni forma di riconoscimento comporti, QHOORVWHV-
VRPRPHQWRLQFXLTXHVWDVLFRPSLHODVXDFRQWURSDUWHGLUHLFD]LRQHQHFHVVDULD-
mente legata alla riproduzione legittimata del QRVWURmondo della vita sociale. Se,
FRPHDYHYDJLjDVVHULWR$GRUQRRJQLUHLFD]LRQHqXQGLPHQWLFDUHFLzFROSLVFH
anzitutto quel che in ogni vita permane estraneo o residuale rispetto alla dimensio-
ne riconosciuta della persona. Una teoria del riconoscimento allaltezza di simili
implicazioni dovrebbe, da un lato, affrancarsi dallonnipresente riferimento alla
dimensione della persona e delle sue presunte qualit costitutive, mentre dallaltro
necessiterebbe di inscriversi in un orizzonte diverso da quello della mera ri-
SURGX]LRQHGHOOLGHQWLWjFROOHWWLYD6RORLQWDOPRGRLOIHQRPHQRGLUHLFD]LRQH
(trattato per lo pi in termini di osservazione e contemplazione) sarebbe resti-
tuito alla sua dimensione propriamente pratica e formatrice di mondo. Si tratta,
del resto, di un percorso gi delineato dallo stesso Honneth, l dove propone di
LQGLYLGXDUHGHWHUPLQDWHGLVSRVL]LRQLUHLFDQWLDOFURFHYLDWUDOHSUDWLFKHVRFLDOL
contemporanee e la necessit di autorappresentazione dei soggetti. Andrebbero
dunque riletti secondo questa prospettiva i passi presentati in A. Honneth, Lotta
SHULOULFRQRVFLPHQWR3URSRVWHSHUXQHWLFDGHOFRQLWWR(1992), il Saggiatore,
Milano 2002, pp. 89-166; Id., 5HLFD]LRQH 8QR VWXGLR LQ FKLDYH GL WHRULD GHO
ULFRQRVFLPHQWR, Meltemi, Roma 2007, pp. 51-75.
84 )DUHJLXVWL]LD1HROLEHULVPRHGLVHJXDJOLDQ]H
SDUROHOjGRYHTXHVWHXOWLPHVRQRVWDWHFRQVFDWHGDTXHOGLVFRUVRVWHVVR
che le ha perdute.
forse una simile evidenza che ha portato Foucault ad accogliere, entro
XQDVFULWWXUDFKHQRQqSLSRVVLELOHGHQLUHSURSULDTXHJOLXRPLQLLQIDPL
le cui voci risuonano solo nella vibrazione che ancora oggi prov[iamo]
TXDQGR >FL@ FDSLWD GLPEDWWHU>FL@ LQ TXHVWH YLWH LQPH41, alla stregua di
intermittenti tracce di creaturalit che baluginano per un istante grazie
allospitalit del nostro linguaggio. Esseri non di parola, dunque, bens di
grido inarticolato, come gli apolidi, gli sventurati, i senzanome, senzapar-
te e senzamondo, come tutte le esistenze clandestine in cerca di rifugio e
TXHOOHULJHWWDWHFRPHLQGHJQHGLYLWDHSHUQRGLOXWWR4XDOLGHWHQWRULGL
una richiesta straniera, la loro voce non cessa di metterci in questione, e
di mettere in questione un linguaggio giuridico che, pur nella volont di
rispondere alla sventura, si spesso limitato ad approntare doveri, norme
e codici: tutta una polizia delle vite e dei corpi ancora immune da qualsiasi
revisione critica ancora restia a constatare limpossibilit di una piena ac-
coglienza della vita nel diritto. La rivendicazione di una giustizia a venire
non potr che cimentarsi, allora, nel compito di custodire le tracce di questa
sventura. Si tratta, ancora una volta, di reperire o inventare quelle modalit
JUD]LHDOOHTXDOLHVVDSRVVDUHQGHUVLQDOPHQWHXGLELOHSRVVDULVXRQDUHWUD
gli interstizi e i vuoti del discorso, accompagnata da una parola non pi
promessa e giurata bens, pi semplicemente, accudita.