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I PROBLEMI DELLA SOCIOLOGIA

a cura di Luciano Pellicani e Paolo De Nardis

La collana ha anzitutto lo scopo di offrire al pubblico italiano degli


specialisti testi di teoria sociale stranieri, classici e contemporanei,
ancora inediti in Italia o comunque, se editi, oggi rari e non pi repe-
ribili. In secondo luogo vuole promuovere lanalisi di temi epistemo-
logici, teorici ed empirici particolarmente interessanti nel dibattito
nazionale e internazionale sulle scienze sociali, con particolare riguar-
do ai rapporti tra sociologia, storia e cultura, anche attraverso la
nuove presentazione di autori italiani spesso trascurati e che invece si
ritengono fondamentali dal punto di vista della storia del pensiero
sociologico e della fondazione delle scienze sociali nel nostro Paese.
Niklas Luhmann

OSSERVAZIONI
SUL MODERNO

ARMANDO
EDITORE
LUHMANN, Niklas
Osservazioni sul moderno / Niklas Luhmann
Roma : Armando, c 1995
136 p. ; 22 cm. - (Sociologia)

ISBN 88-7144-522-8

1. Societ moderna

CDD 301

Titolo originale
Beobachtungen der Moderne
1992 Westdeutscher Verlag GmbH, Opladen

Traduzione di Francesco Pistola

Armando Armando s.r.l.


Viale Trastevere, 236 - 00153 Roma
Direzione - Ufficio Stampa 06/5894525
Direzione editoriale e Redazione 06/5817245
Amministrazione - Ufficio Abbonamenti 06/5806420

02-01-078

I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qual-


siasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i
paesi.
Sommario

Prefazione

I. Il Moderno della societ moderna

II. La razionalit europea

III. La contingenza come valore proprio della societ moderna

IV. La descrizione del futuro

V. Lecologia del non-sapere


Prefazione

La proclamazione del Postmoderno ha avuto quantomeno un meri-


to. Essa ha reso noto che la societ moderna non crede pi di saper forni-
re descrizioni corrette di se stessa. Anche queste ammettono altre possi-
bilit. Anche queste sono diventate contingenti. Come nel mondo
rischioso della metropolitana newyorchese, coloro che vogliono parlarne
si affollano, pigiandosi, nei posti a ci delegati, sotto le luci dei rifletto-
ri e davanti alle telecamere. Tutto ci assomiglia a una sorta di lotta per
la sopravvivenza intellettuale. Apparentemente, ne va solo di questo. E
nel frattempo succede quello che succede, e la societ si evolve allonta-
nandosi da ci che ha raggiunto, verso un futuro sconosciuto.
Forse il termine Postmoderno voleva fornire solo una delle varie
descrizioni del Moderno, capace di concepire la propria unit solo in senso
negativo, come impossibilit di un metaracconto. Ma questa sarebbe forse
una rinuncia esagerata, di fronte alle numerose e palesi urgenze attuali. Noi
concediamo volentieri che non vi sia una rappresentazione obbligata della
societ nella societ. Ma questa non sarebbe la fine, bens linizio di una
riflessione sulla forma delle auto-osservazioni e auto-descrizioni di un
sistema, che debbono venire proposte e imposte nellambito di un proces-
so, il quale a sua volta viene osservato e descritto.
I testi qui pubblicati si fondano sulla convinzione che su tutto questo
possa essere detto qualcosa, cio che sono gi disponibili materiali teori-
ci e che basta inserirli in questo tema delle osservazioni del Moderno.
Osservazioni sul Moderno: il titolo volutamente ambiguo, poich si
tratta di osservazioni della societ moderna attraverso la societ moderna.
Non vi alcun metaracconto, poich non vi alcun osservatore esterno.
Se noi ci serviamo della comunicazione e come potremmo fare altri-
menti? noi operiamo sempre allinterno della societ. Ma proprio
questo determina strutture e conseguenze particolari, che debbono venire
chiarite. Proprio questo intento comune alle riflessioni che seguono.
Si tratta di rielaborazioni di conferenze tenute senza una base testuale

7
fissa. Su Il Moderno della societ moderna ho tenuto a Francoforte nel
1990 una conferenza in occasione del Congresso dei Sociologi. La ver-
sione qui pubblicata contiene solo poche varianti rispetto a quella pub-
blicata negli atti del Congresso dei Sociologi. La razionalit europea
era il tema di un convegno su Reason and Imagination, organizzato
nellagosto 1991 a Melbourne dagli editori della rivista Thesis Eleven
senza megalomaniche pretese, credo. Nello stesso periodo fui invitato
dalla Monash University a tenere una conferenza con Agnes Heller. Il
mio contributo rifletteva il titolo del convegno: Contingenza e
Moderno. La conferenza La descrizione del futuro venne tenuta nel
1991 a Lecce, in occasione della fondazione di un istituto di ricerca, il
quale ha il compito di occuparsi dei problemi complessi del sud
dellItalia. Il saggio conclusivo su Lecologia del non-sapere delinea
prospettive di ricerca per un finanziatore non ancora identificato.
Non ho modificato le ripetizioni di contenuto tra un testo e laltro.
Esse possono servire anche a chiarire dei nessi, che non possibile inse-
rire in una rappresentazione gerarchica o lineare.

Bielefeld, novembre 1991 NIKLAS LUHMANN

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I. Il Moderno della societ moderna

Inizio la presente e diffusa analisi del Moderno della societ moderna con
la distinzione tra struttura sociale e semantica. La mia preferenza per questo
inizio una preferenza la cui giustificabilit non appare evidente fin dal
primo momento pu dar luogo a confusione, poich questa distinzione
contiene se stessa. Essa stessa una distinzione semantica. Parimenti, la
distinzione tra operazione e osservazione, da cui essa deriva, la distinzione
di un osservatore. Debbo limitarmi a fornire questa indicazione e ad affer-
mare, semplicemente, che questa forma logica la base della fecondit delle
analisi che sviluppano la loro paradossalit (1). Inoltre questo punto di par-
tenza implica sostanzialmente gi tutta la teoria del Moderno. Lanalisi
infatti inizia non con il riconoscimento di leggi naturali note, e nemmeno
con principi di ragione o fatti gi assodati o indiscussi. Essa inizia con una
paradossia che va risolta in un qualche modo, se si vogliono ridurre le infi-
nite informazioni ad una quantit finita. Con ci lanalisi reclama per se
stessa le caratteristiche del proprio oggetto: il Moderno.
Se si inizia con la distinzione tra struttura sociale e semantica, il
sociologo non pu non rendersi conto che il discorso sul Moderno viene
condotto costantemente a livello semantico (2). Da quando ogni discorso
sulla societ capitalistica richiede dei chiarimenti e la discussione sulla

(1) Questa presunzione corrisponde al calcolo delle forme di George Spencer


Brown, che inizia con una paradossia nascosta, cio con lindicazione di porre una
distinction che consista in distinction e indication, ma che sia da trattarsi come
unico operatore; tutto ci conduce alla paradossia evidente di un reentry della
distinzione in ci che distinto. Cfr. Laws of Form (1569), ristampa New York
1979.
(2) Si veda come esempio noto: Jrgen Habermas, Die Moderne - ein unv ollen-
detes Projek t, in Habermas J., Kleine politische Schriften I-IV, Frankfurt 1981,
pp. 444-464; oppure Stephen Toulmin, Cosmopolis: The Hidden Agenda of
Modernity , New York 1990.

9
differenziazione ristagna, perch troppo impegnativa, manca una descri-
zione strutturale adeguata delle caratteristiche del Moderno. Il concetto di
Moderno attraversa un momento critico anche a causa di uno spostamen-
to di attenzione dalleconomia alla cultura, su cui anche andrebbero forni-
ti chiarimenti. E cos i tentativi di caratterizzare il Moderno portano ad
indicare elementi propri delle autodescrizioni sociali. Questo vale ad
esempio per lassociazione del concetto di Moderno con le idee proprie
dellilluminismo della ragione. Lo stesso avviene quando si afferma che
il Moderno della societ dato dallimportanza che essa attribuisce
allautodeterminazione individuale. In ambedue i sensi si denunciano lun-
ghe serie di delusioni. Jacques Derrida ha parlato di recente di un got de
fin sinon de mort di questo discours traditionnel de la modernit (3).
Altrettanto agilmente si trasferisce la descrizione del Moderno al
Postmoderno. Cos muta la concezione del futuro. Mentre il Moderno,
diciamo, classico collocava nel futuro la realizzazione delle sue aspettati-
ve e grazie al non ancora del futuro poteva accantonare i problemi rela-
tivi allautoosservazione e allautodescrizione della societ, un discorso
del Postmoderno un discorso senza futuro. Di conseguenza lo stesso
problema della paradossia della descrizione del sistema compiuta
allinterno del sistema (e quindi della descrizione che concorre a descrive-
re se stessa), deve essere risolto diversamente; e questo accade, come
vediamo, nella forma del pluralismo, se non dellanything goes.
Le analisi fondate meramente sui concetti storici, per quanto istrutti-
ve possano essere nel singolo caso, prese di per s non conducono
sostanzialmente al di l di questo stato di cose. Anche se ci si riferisce,
come fa Quentin Skinner, a situazioni sociali e politiche che andrebbero
affrontate con dei concetti innovativi (4), le cose non cambiano; lo stesso
accade se si interpretano le modifiche nelluso dei termini o
lintroduzione di nuovi termini sulla base dei sovvertimenti storico-
sociali, come fanno Otto Brunner, Joachim R itter o R einhart
Koselleck(5). Per il gusto dei sociologi vi sono, alla base di questa opera-
zione, rappresentazioni della societ o troppo dettagliate (nel caso di
Skinner) o troppo generiche (nel caso di Brunner, Ritter e Koselleck).

(3) Cfr. Laut re cap , Li b er 5 (1 9 9 0 ), p p . 1 1 -1 3 , ci t . da Le Mo n de ,


29.9.1990.
(4) Si veda la discussione in Terence Ball/James Farr/Russell L. Hanson (a cura
di), Political Innov ation and Conceptual Change, Cambridge England 1989.
(5) Si confronti in questottica il dizionario dei termini storici fondamentali,
Historisches Lex ik on zur politisch-sozialen Sprache in Deutschland, Stuttgart dal
1972; inoltre Joachim Ritter, Metaphy sik und Politik : Studien zu Aristoteles und
Hegel, Frankfurt 1969.

10
Per quanto riguarda la storia del termine modernus, si pu ravvisare
con chiarezza un suo uso retorico nellantichit e nel Medioevo. La
distinzione antiqui/moderni serviva allora solo per distribuire lode e bia-
simo, mentre lattribuzione a questo o a quello veniva lasciata allautore
e ai suoi intenti retorici. noto che le cose cambiarono con la stampa e
con una maggiore presa di coscienza delle trasformazioni sociali, al pi
tardi nel Seicento, e che da allora la distinzione venne riferita alla societ
o a parti importanti di essa, soprattutto alle scienze e alle arti. Ma questa
constatazione non ci dice molto di pi del fatto che la societ, che si
chiamer poi moderna, tenta di risolvere i suoi problemi di autodescri-
zione seguendo uno schema temporale. Essa non ancora in grado di
capire se stessa in maniera sufficiente, e quindi caratterizza la propria
novit bollando il vecchio e nascondendo al contempo limbarazzo di
non sapere cosa stia esattamente succedendo.
Quando la societ moderna definisce se stessa moderna, si identifica
servendosi di un rapporto di differenza nei confronti del passato. Essa si
identifica nella dimensione temporale. In questo non c innanzitutto
niente di particolare. Ciascun sistema autopoietico, anche ad esempio
quello della coscienza del singolo, pu costruirsi unidentit solo richia-
mandosi costantemente al proprio passato, vale a dire distinguendo
lautoreferenza dalleteroreferenza (6). Questo richiamo oggi avviene tutta-
via non solo tramite lidentificazione, bens tramite la de-identificazione,
la differenza. Che lo vogliamo o no: noi non siamo pi quelli che erava-
mo, e non saremo pi quello che siamo. Tutto questo poi distrugge tutte
le caratteristiche del Moderno, poich anche le caratteristiche del
Moderno di oggi non sono quelle di ieri e nemmeno quelle di domani, e
proprio in questo consiste la loro modernit (7). I problemi della societ
moderna non vengono considerati come problemi della preservazione
delle origini n nelleducazione, n in altri campi. Si tratta piuttosto
di una costante creazione della diversit. Sono dunque necessari dei criteri
per questa diversit, non ancora definita per la mancanza di una identit.
(6) Si v eda s p eci al men t e p er l a co s ci en za, Wern er Berg man n / Gi s b ert
Hoffmann, Selbstreferenz und Zeit: Die dy namische Stabilitt des Bewutseins, in
Husserl Studies, 6 (1989), pp. 155-175 (166 e segg.).
(7) In questo senso Franz-Xaver Kaufmann, Religion und Modernitt, in
Johannes Berger (a cura di), Die Moderne - Kontinuitten und Zsuren, Soziale
Welt, in Sonderband 4, Gttingen 1986, pp. 283-307 (292), pu dire: I rapporti
sociali sono moderni nei limiti in cui la loro mutabilit e conseguentemente la
loro transitoriet implicita nella loro definizione. Ma questa formulazione non
si spinge ancora sufficientemente lontano. Essa va trasformata in senso autolo-
gico, cio riferita anche alle caratteristiche dello stesso Moderno. Anche a questo
proposito va considerato che domani lodierno apparterr a ieri.

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Ed necessario un livello pi alto cui collocare lidentit del non-identi-
co. E cos continuiamo a richiamarci allumanit o alla ragione, ma non
pi nel senso in cui la tradizione viene naturalmente intesa, nella distin-
zione che viene posta tra luomo e le scimmie o i serpenti, bens nel
senso pi sfumato di una concettualizzazione di valori che ci consenta di
condannare il diverso.
facile vedere, da come questi valori vengono concretamente applica-
ti, quanto poco essi siano adatti a fornire le basi per un giudizio sulla
societ moderna, o anche solo a descriverne la complessit. Lapparato
semantico della vecchia Europa non costituisce pi una ricchezza cultura-
le da tutti considerata come intoccabile; tuttavia da essa non ci si vuole
distaccare in maniera risoluta. La distanza temporale nei confronti della
tradizione indiscussa e inaccettabile. Si dovrebbe poter indicare in
che punti la societ moderna si distingue sul piano strutturale e semanti-
co da quelle che lhanno preceduta; a tale scopo sarebbe per necessaria
una teoria sociale che indichi in che senso questa differenza storica distin-
gua sistemi, i quali per per certi versi sono dello stesso tipo o forse
persino identici, proprio in quanto sistemi sociali.
La sociologia, prescindendo dagli scrittori di stampo sociologico, ha
preso poco parte alla discussione sui criteri del Moderno. In questo vi
un parallelo con la letteratura e le arti figurative, che considerano il
Moderno come liberazione dellindividualit e ricerca (anche disperata),
su questa base, di una possibile autenticit. Questo impulso di modernit
in questi casi talmente profondo, che senza di esso linterazione tra pro-
duzione e teoria artistica nella sua tipica forma attuale non sarebbe nem-
meno lontanamente pensabile (8).
In confronto allintensit con cui vengono vissuti e rappresentati in
questo contesto la speranza e il bisogno, lavanguardismo e il sopravvis-
suto, e rispetto anche al modo in cui la societ moderna cerca in questo
ambito di descrivere se stessa, la sociologia ha prodotto poco. Gli slo-
gans di concetti non il caso di parlare che essa produce, hanno
tutti le caratteristiche di una unilateralit forzata. Si pensi solo a societ
dei rischi o a societ dellinformazione. Manca, se si prescinde dai
vecchi temi quali la differenziazione e la complessit, unidea delle carat-
teristiche strutturali che palesemente a lungo termine e non solo per
il momento distinguono la societ moderna dalle formazioni sociali
anteriori.
(8) Si veda ad esempio Peter Brger, Prosa der Moderne, Frankfurt 1988. Cfr. a
proposito dellorigine di questo specifico stile del Moderno nel Settecento anche
Siegfried J. Schmidt, Die Selbstorganisation des Sozialsy stems Literatur im 18.
Jahrhundert, Frankfurt 1989.

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Proprio la sociologia per, tenuto conto della sua lunga tradizione spe-
cialistica, non pu rinunciare ad unanalisi del rapporto tra struttura sociale e
semantica. La continuit sul piano degli sviluppi della struttura sociale (eco-
nomia monetaria, politica organizzata dallo Stato, ricerca mirante a cambia-
menti nella conoscenza, mass-media, Stato di diritto, istruzione scolastica
per tutti ecc. tutti fenomeni specifici dei tempi moderni) evidente, e con
il tempo aumentano le possibilit che essa offre e i problemi che essa com-
porta. Discontinuit possono esservi solo nella descrizione di questi fenome-
ni e delle ambizioni e dei rischi che essi comportano. Con il protrarsi
dellevoluzione della struttura sociale si ha dunque una discontinuit, una,
diciamo pure spaventosa discontinuit semantica. Ma per questi fenomeni
manca una teoria adeguata, una semantica del rapporto tra struttura e seman-
tica, una teoria dellautodescrizione della societ che si riproduce in strutture
(9). La proposta forse pi interessante si trova nella pubblicazione pi recente

(allepoca del Congresso dei Sociologi del 1990) di Anthony Giddens (10).
Giddens ravvisa il tratto caratteristico del Moderno in una time-space-distan-
ciation: i legami reciproci di spazio e tempo si sarebbero ridotti, diventando
contingenti, fondandosi dunque su accordi; e il reflexive monitoring of
action, cio lintrecciarsi di decisioni operative con altre azioni o possibilit
di azione, delle condizioni in cui tutto ci avviene e delle conseguenze che
ci comporta, fanno s che questa trasformazione abbia effetti globali su
tutto lambito dellagire. Lo stile di vita determinato sempre meno da fatti
locali. Le conseguenze riguarderebbero le strutture e le semantiche. Ma rima-
ne da stabilire quali fattori abbiano provocato questa riduzione del legame di
spazio e tempo (11). Manca una teoria sociale che sia anche solo parzialmente
adeguata e non sia moderna nel senso che domani sia gi superata.
Questa carenza ha forse soprattutto ragioni metodologiche. La sociolo-
gia vuole infatti essere prevalentemente una scienza empirica, intendendo
per poi il concetto di empirico in senso molto ristretto, come propri

(9) A questo proposito si veda anche Niklas Luhmann, General Theory and
American Sociology , in Herbert J. Gans (a cura di), Sociology in America,
Newbury Park Cal 1990, pp. 253-264.
(10) Vedi The Consequences of Modernity , Stanford Cal. 1990.
(11) Dal momento che Giddens respinge uninterpretazione della differenzia-
zione funzionale, ponendo il concetto di societ sul piano dello Stato nazionale e
verosimilmente non ritenendo che il reflexive monitoring of action debba, in
base ad una sorta di legge storica, avere questa conseguenza, rimane invero solo
uninterpretazione fondata sullo sviluppo delle tecniche di comunicazione a lungo
raggio. In questo caso per il passaggio allepoca moderna inizierebbe con
linvenzione della scrittura, e il suo primo risultato sarebbe la coscienza della
molteplicit dei popoli, sorta nel secondo millennio prima di Cristo in Egitto e in
Asia anteriore.

13
rilevamento e valutazione di dati, e dunque come interpretazione di una
realt che ci si costruita da soli. La possibilit di descrivere fatti indi-
scussi con concetti teorici diversi, di presentarli diversamente ponendo
altre distinzioni, non presa in considerazione. Proprio questo metodo,
che invero presupporrebbe una considerevole preparazione teorico-speciali-
stica, potrebbe essere il pi fecondo per il tema in questione.
Propongo di mettere in pratica, con degli esempi, questo metodo della
variazione teorica.

II

Tra le descrizioni della societ moderna che la sociologia preferisce, la


critica del sistema economico capitalista di Karl Marx occupava un posto
di rilievo. Ci pu sorprendere, se si tiene conto dei numerosi anacroni-
smi, e fare leffetto di unevocazione di fantasmi; sarebbe infatti difficile
pensare di risuscitare la muscolosa metafisica del materialismo. Anche il
sostrato umanistico marxista oggi appare problematico, se non come
idea guida di politica sociale, quantomeno nel suo riferimento empirico.
Ad esempio, lalienazione. Si tratta in questo caso, se non si affronta-
no le cose in maniera antropologica, bens sociologica, della tecnica
finanziaria delleconomia sia aziendale che politica, cio della possibilit
di calcolare i costi materiali, il costo del credito e quello del lavoro, e su
questa base determinare, a livello di contabilit sia aziendale che naziona-
le, quali imprese sono economicamente redditizie e quali no.
evidente che in questo contesto si prescinde dal fatto che i materiali
e le persone lavorano in un senso del tutto diverso. Evidente pure il
fatto che a questo livello non importa cosa rappresenti il lavoro per il
lavoratore. evidente infine anche che un conto economico non pu che
venire effettuato in questo modo, se il lavoro viene compensato con il
denaro o con altre prestazioni che hanno carattere economico, cio se i
lavoratori vivono a carico delleconomia.
Si tratta dunque di un prescindere intrinsecamente necessario! Nello
stesso senso andr intesa la critica husserliana dello stile economico
galileiano (12). Anche qui si tratta di prescindere da ci che in concreto
motiva la coscienza del singolo a fornire prestazioni. Anche qui vi una
discrepanza di prospettive tra la tecnica e lindividualit umana.

(12) In Edmund Husserl, Die Krisis der europischen Wissenschaften und die
transzendentale Phnomenologie, in Husserliana, Vol. VI, Den Haag 1954, tr. it.
La crisi della scienza europea e la fenomenologia trascendentale, Milano 1961.

14
Il confronto tra Marx e Husserl possibile solo basandosi su un concet-
to di tecnica pi astratto. Non si tratta ovviamente di macchine con moda-
lit di lavoro meccaniche o elettroniche. Non si tratta nemmeno di produrre
semplicemente effetti voluti. Tali concezioni causal-tecnologiche finirebbe-
ro per arenarsi nelle secche della critica degli scopi e nella pretesa della
sostituzione di altri scopi, come accadde a Starnberg quando si apr il dibat-
tito sulla finalizzazione. Non si tratta affatto di una critica della societ che
in questo senso abbia valenza politica. La tecnica, in senso lato, semplifi-
cazione funzionante, una forma della riduzione della complessit, costrui-
bile e realizzabile, nonostante che non si conosca il mondo e la societ in
cui ci avviene: la tecnica viene verificata su se stessa. Lemancipazione
degli individui si noti bene: anche degli individui non ragionevoli
un effetto collaterale inevitabile di questa tecnicizzazione.
Solo un concetto di tecnica cos lato pu pretendere di contribuire
allautodescrizione della societ moderna. Esso rende comprensibile
laccantonamento di punti di vista e riguardi. Parimenti, esso definisce il
prescindere dagli effetti sulla psicologia individuale e sullambiente.
Esso illumina laspetto tecnico della scienza, in maniera del tutto indi-
pendente dalle applicazioni delle conoscenze scientifiche ai processi di
produzione (13). Esso rende comprensibile il fatto che la societ moderna
sia incline ad esercitare unautocritica di tipo umanistico ed ecologico,
ma anche che essa, come reazione a ci, pu servirsi solo della tecnica,
nel momento in cui per esempio i problemi umani ed ecologici vengono
considerati sotto laspetto finanziario.
Cos mutano anche gli imperativi sociali per lindividualit.
Linterrogativo non pi: cosa si deve essere?, ma :come si deve
essere?. Se lindividuo viene posto ai margini dalla tecnica, egli acqui-
sta la distanza necessaria per osservare il proprio osservare. Egli non sa
pi solamente di s. Egli non attribuisce pi solo a se stesso un nome,
un corpo e una collocazione sociale. In tutto questo si sente minacciato.
E in luogo di questo acquista la possibilit di unosservazione di secondo
livello. Lindividuo nel senso moderno colui che in grado di osservare
il proprio osservare. E chi non ci arriva, o non vi viene condotto dal pro-
prio terapeuta, ha la possibilit di leggere romanzi e di proiettarsi su se
stesso, come uno, nessuno e centomila (14).

(13) Sul rapporto tra tecnica e restrictedness nel sistema economico si veda
Arie Rip, The Dev elopment of Restrictedness in the Sciences, in Norbert Elias et
al. (a cura di), Scientific Establishments and Hierarchies, in Sociology of the
Sciences Vol. VI, Dordrecht 1982, pp. 219-238.
(14) Cfr. lomonima opera di Pirandello, la quale tratta dellosservazione, in
Opere, Milano 1986, vol. 2.

15
Questa diagnosi non andrebbe respinta troppo rapidamente in quanto
pessimistica. La si pu considerare in ogni caso come indicazione della
possibilit della verifica di sempre nuove combinazioni, di sempre nuove
distinzioni, per cui le semplificazioni funzionanti costituiscono un pre-
supposto imprescindibile.

III

Laccentuazione del binomio tecnica-individualit, con il quale noi ci


inoltriamo nella nebbia del futuro, non deve continuare ad essere la sola
descrizione del Moderno. Questa semplificazione possiamo in ogni caso
evitarla. Possiamo, finch si voglia prestare attenzione alla coerenza del
design teorico, scoprire ulteriori caratteristiche; e anche in questo senso
pu valere come punto di partenza un Marx inteso in senso non marxi-
sta.
Quello che rimane di considerevole nella critica di Marx
alleconomia-politica dei suoi tempi, il trasferimento, in un contesto
sociale, di un sapere che prima giustificava se stesso con riferimento alla
natura. Lordine economico del capitalismo, secondo Marx, non segue la
natura dellagire economico e la sua tendenza intrinseca alla razionalit
individuale e collettiva. Si tratta piuttosto di una costruzione sociale. Il
riferimento alla natura viene rappresentato come reificazione, e analiz-
zato quindi come momento della costruzione sociale. Alla teoria econo-
mica viene contestata la pretesa di rappresentare unoggettivit extraso-
ciale. Essa riflette solo la logica di una costruzione sociale.
Anche se si desidera abbandonare tutto il resto, questo andrebbe preser-
vato e condotto al di l di Marx. Nelle scienze cognitive empiriche della
seconda met di questo secolo questa tesi viene sostenuta cos general-
mente, che essa smette di costituire un fenomeno specificamente econo-
mico o anche uno ideologico, condizionato da interessi. Ogni cognizio-
ne costruzione, proprio in quanto cognizione. Che la teoria economica
serva gli interessi dei capitalisti, intesi come classe sociale, cosa di
cui si pu dubitare; altrettanto dicasi della versione pi recente, secondo
cui loggettivit apparente della teoria economica serve a nascondere i rap-
porti di forza reali fondati sullo Stato e sul diritto. Su questo piano si pu
controbattere chiedendo quali interessi si servano lasciando oscuri gli
aspetti fondamentali e le prospettive per il futuro. Tali controversie si
possono continuare o arrestare. Tuttavia non si dovrebbe rinunciare a
comprendere il fatto fondamentale che leconomia capitalistica non si basa
su unoggettivit extrasociale, ma su se stessa, e che tutti i riferimenti ad

16
interessi, ai bisogni, alla natura delle cose o ai vantaggi della razionalit,
sono riferimenti interni a fatti esterni; essi sono e rimangono dunque
dipendenti dalla logica delleconomia monetaria.
Questo vale evidentemente anche e innanzitutto per la nuova discus-
sione suscitata da Coase (15) sui costi di transazione e la loro minimizza-
zione, per la problematica dellesternalizzazione dei costi come condizio-
ne del calcolo della redditivit, per luso di un concetto non precisato di
costi di opportunit nel contesto dei calcoli del rischio (16) e in molti casi
analoghi. La stessa concezione viene per formulata anche in riferimento
ad altri sistemi funzionali. In questo senso, a proposito del sistema eco-
nomico, si legge in Steve Fuller (17) that reference fixing is a social
fact, as in the case of a contract or a promise.
Anche se oggi ci si accontenta di giustificare la societ capitalistica non
in riferimento alla natura, ma sulla base del successo, rimane lelemento
portante della teoria marxista e ci che la distingue dalle teorie economiche
ordinarie: lidea che leconomia elabori da s la propria autodescrizione, si
rappresenti nella propria teoria e sulla base di questa regoli i riferimenti
interni ed esterni. Il disastro delle economie socialiste insegna solo che non
vi sono eccezioni a questo. La rivoluzione proletaria, che Marx vedeva
avanzare, sia come azione parallela su base materiale rispetto al Geist hege-
liano, sia legalmente, sia dialetticamente, sia con o senza unattivit elitaria
che stimolasse la coscienza, ha dimostrato, in una sorta di costoso esperi-
mento gigantesco, che non vi alcuna via di ritorno verso rapporti pi
umani. Ci che economico pu prodursi solo nelleconomia. Se la politi-
ca vuole assumere informazioni a proposito, deve consentire alleconomia
di compiere il suo lavoro; in caso contrario essa vede solo, come in uno
specchio, se i propri piani economici sono stati realizzati oppure no, e pu
poi in ogni caso cercare ancora cause e colpevoli.

IV

Una delle obiezioni pi solide alla teoria sociale marxista sostiene


che questa sopravvaluta leconomia, e per questo, come si vede oggi, la
sottovaluta. Versioni pi morbide, come quelle di Gramsci e di

(15) I saggi determinanti sono raccolti in Ronald H. Coase, The Firm, the
Mark et and the Law, Chicago 1988.
(16) Si veda solo Aaron Wildavsky, Searching for Safety , New Brunswick
1988.
(17) Social Epistemology , Bloomington Ind. 1988, p. 81.

17
Althusser, non hanno cambiato la questione. Per il fatto che tutta la
societ viene intesa prevalentemente sotto lottica delleconomia, manca
una comprensione sufficiente della dinamica propria delleconomia e dei
suoi effetti su altri ambiti funzionali e sulle condizioni ecologiche
dellevoluzione sociale. Soprattutto per manca una comprensione ade-
guata di fenomeni paralleli in altri ambiti funzionali e quindi una base
per comparare i sistemi e poterne ricavare le caratteristiche astratte del
Moderno rintracciabili pi o meno in tutti i sistemi funzionali.
Vorrei dimostrare questo in relazione ad un problema profondo, in cui
confluiscono condizioni strutturali e conseguenze semantiche.
Se si descrive la societ moderna, secondo la tradizione sociologica,
strutturalmente come un sistema di funzioni differenziate, ne consegue
che i sistemi funzionali articolati mediante differenziazione, divenuti
autonomi, si distinguono (allinterno e allesterno della societ) dal loro
ambiente. Una tale differenza diventa operativa attraverso la pura conti-
nuazione delle proprie operazioni. Ma queste operazioni possono essere,
allinterno del sistema, solo controllate, catalogate, osservate, se il siste-
ma e ciascun sistema in modo diverso dispone di distinzione tra
autoreferenza ed eteroreferenza. Ci possibile solo sotto forma di distin-
zione propria del sistema, poich altrimenti le definizioni di auto ed
etero perderebbero senso. La distinzione impedisce che il sistema si
confonda costantemente con lambiente circostante. Essa impedisce
anche che il sistema confonda la propria carta geografica con il territorio
o tenti di tracciare la propria carta, come ha ipotizzato Borges, in manie-
ra cos complessa da corrispondere punto per punto al territorio. Se tutta-
via attraverso la distinzione ci viene impedito, come va concepita
lunit di questa distinzione tra autoreferenza e eteroreferenza? Essa viene
applicata operativamente come unit, senza essere osservabile come
unit. Il sistema pu oscillare tra autoreferenza ed eteroreferenza e mante-
nersi cos aperto laccesso allaltra delle due distinzioni. Ma lunit della
distinzione rimane in ci presupposta come unit dello spazio immagi-
nario delle sue possibilit di combinazione (18). Essa non viene definita
tale, ma utilizzata ciecamente come condizione della possibilit di
osservare e definire qualcosa con il suo aiuto (19). Non vi , in altri ter-

(18) Si veda, a partire dalla ricerca sulla schizofrenia, anche Jacques Miermont,
Les conditiones formelles de ltat autonome, in Revue international de systmi-
que, 3 (1989), pp. 295-314.
(19) Sia la filosofia trascendentale che la teoria dialettica dello spirito oggettivo
o della materia, sia Kant che Hegel e Marx avevano esattamente a questo proposito
speranze che oggi non condividerebbe nessuno tra coloro che comprenda i nessi

18
mini, alcun problema di referenza che sia risolvibile indipendentemente
da una radicale separazione tra autoreferenza ed eteroreferenza. O, in ter-
mini ancora diversi: non vi alcun atteggiamento comune (corretto, che
corrisponda alloggetto) nei confronti di un mondo dato a priori.
Anche se sul piano operativo inevitabile differenziare interno da
esterno, una teoria (per cui ci in ogni caso inevitabile) pu tuttavia
esprimere il fatto che in ambedue i casi si tratta di referenza, dunque di
osservazione. Se si vuol dire questo, bisogna operare (sottolineo: opera-
re!) a livello di osservazione di secondo ordine. Ci richiede specifiche
misure logiche, del tipo di cui si discute oggi nella second order cyberne-
tics (20). Lunit della distinzione tra autoreferenza ed eteroreferenza consi-
ste perci nella specificit delle condizioni della possibilit di
unosservazione di secondo ordine.
Da questottica si vede anche il profitto combinatorio che ne risulta,
in quanto le operazioni del sistema osservato sono costantemente aperte
a due diverse fonti di informazioni, interne e esterne (21). E cos si pu
rilevare dallinterno una maggiore irritabilit. Si pensi alle operazioni del
sistema economico connesse a pagamenti e a prestazioni materiali,
esempio questo sul quale torneremo.
In tutto ci rimane impossibile discutere lunit della forma bilaterale
di una distinzione nel momento in cui ci si serve di essa. Essa resta il
terzo estraneo, escluso dalla distinzione. Tuttavia si possono distinguere
le distinzioni. In luogo di un impossibile controeffetto sullultima unit
sia questa la societ o il mondo nel sistema funzionale della
societ moderna subentra la distinzione fra referenza e codificazione; rife-
rimento nel senso di distinzione tra autoreferenza ed eteroreferenza, codi-
ficazione nel senso di distinzione tra valore del codice positivo e valore
della teoria. La coscienza altissima e insuperata dellarchitettura teorica che si trova
in Kant ed Hegel, mostra tra laltro che nellepoca di stravolgimenti attorno al 1800
non si poteva in ogni caso pi argomentare in maniera ingenuamente ontologica,
ma che daltra parte non si era nemmeno pronti a rinunciare alla speranza di una
metafisica che si riferisse ad un mondo. Le ricostruzioni transclassiche della filo-
sofia dialettica di Gotthard Gnther aderiscono ancora ad una stretta corrispondenza
di ontologia e logica ed esigono proprio per questo una logica polivalente per
unadeguata comprensione di tempo e socialit. Vedi Gotthard Gnther, Beitrge zur
Grundlegung einer operationsfhigen Dialek tik , 3 Voll. Hamburg 1976-1980.
(20) Ci limitiamo ad osservare che non si tratta qui pi della gerarchia logica dei
tipi, che aveva introdotto le proprie distinzioni sul piano operativo (e non
dellosservazione), ma di uneterarchia dellosservare di secondo ordine con uno
scambio delle distinzioni su cui ci si basa rispettivamente.
(21) Si veda a proposito il capitolo Vielfltige Versionen der Welt in Gregory
Bateson, Natur und Geist: Eine notwendige Einheit, trad. tedesca Frankfurt 1982,
pp. 86 e segg.

19
del codice negativo. Ambedue le distinzioni dipendono logicamente luna
dallaltra. Si pongono, come si pu anche dire, in maniera ortogonale
luna rispetto allaltra. Questo significa che ambedue le parti della distin-
zione referenziale sono accessibili per ambedue i valori del codice. I valo-
ri del codice servono cio come schematismi universali binari e al con-
tempo specifici, che collaborano ad identificare un sistema funzionale, e
al contempo sono per anche autoreferenziali ed eteroreferenziali, appli-
cabili sia al sistema che al suo ambiente. Anche in questo caso lunit
del codice rimane unastrazione non capace di operare. Lapplicazione del
codice a se stesso conduce a dei paradossi. Il mondo pu essere identifica-
to solo attraverso paradossi, quale che sia il codice dal quale si parte, cio
solo come massa di informazioni logicamente infinita (22). E anche in
questo caso, un distinguere tra distinzioni, cio tra codificazione e refe-
renza, tuttavia possibile. Di questa possibilit, e dello spazio che que-
sta apre alla combinazione, la societ deve accontentarsi. Essa non pu
pi riferirsi ad unidea conclusiva, ad ununit capace di referenza, ad un
metaracconto (Lyotard), che le prescriva forma e misura. E proprio in
questo senso fallita la semantica classica del Moderno.
Queste sono innanzitutto solo asserzioni audaci e non immediatamen-
te evidenti in un ambito in cui la sociologia non abituata ad astrarre.
Come si pu convalidarle? Come si pu motivatamente asserire che esse
ci aiutano a fornire una descrizione adeguata del Moderno del sistema
sociale della nostra epoca?
Che essa corrisponda alla logica del sistema della differenziazione fun-
zionale, cosa cui ho accennato. In questo senso si tratta di una riformula-
zione estensiva del concetto di autonomia di sistemi parziali aventi funzio-
ni specifiche, la quale alla base di tutte le distinzioni che vengono appli-
cate in questi sistemi. Con questo lonere della prova viene solo trasferito
alla questione dibattuta se si possa intendere la differenziazione funzionale
davvero come organizzazione di sistemi parziali autonomi, operativamente
chiusi, anzich, come si faceva prima, come vantaggio della ripartizione

(22) Le moderne analisi teoriche dellinformazione considerano proprio questa


infinit come punto di partenza per delle limitazioni che hanno effetti creativi,
ma che sono anche instabili nel tempo. Vedi Klaus Krippendorf, Paradox und
In f o rm at i o n , i n Bren da Derwi n / Mel v i n J . Vo i g t (a cura di ), Pro g res s i n
Communication Sciences vol. 5, Norwood N. J. 1984, pp. 45-71. Per quanto
riguarda il tema dellacquisizione strutturale dato dallimpossibilit di distinguere
vedi anche Robert Platt, Reflex iv ity , Recursion and Social Life: Elements for a
Postmodern Sociology , in The Sociological Review, 37 (1989), pp. 636-667.
Unaltra possibilit di distinguere, in tutti i sistemi funzionali, le codificazioni
che danno luogo allidentit e la programmazione per una corretta ripartizione dei
valori del codice con valore vincolante limitato nel tempo.

20
del lavoro con effetti positivi limitati. Invece di continuare a puntare su
tale questione, vorrei proporre di analizzare la rilevanza di questa distinzio-
ne tra referenza e codificazione per le discussioni teoriche attuali, le quali
procedono parallelamente, a causa degli schemi delle discipline accademi-
che e della distinzione tra sistemi funzionali, cui sono subordinate.
Procedendo in questo modo si diventa presto produttivi.
Per quanto riguarda innanzitutto la conoscenza in generale e il siste-
ma scientifico in particolare, il problema del riferimento si trova oggi al
centro della discussione. Persino di semiotica si parla nel frattempo in
un senso che non presuppone pi rapporti fissi, in senso temporale e
intersoggettivo, tra segno e referente (23). Si sposta cos tendenzialmente
il punto di partenza dalle teorie della corrispondenza alle teorie costrutti-
vistiche. Il nesso di definizione, valido per il positivismo, tra
(etero)riferimento, senso e verit stato messo in crisi dallefficace criti-
ca di Quine (24). Con ci si pu considerare fallito un (temporaneamente)
ultimo tentativo di far coincidere per tutti senso ed essere. Ma come con-
seguenza ci si inizialmente gettati nella controversia teorica priva di
senso tra teorie realiste e costruttiviste. La solita tiepida risposta ad
un problema mal posto poi che il costruttivismo non possibile se
non contemperato dal realismo. Questa controversia sbagliata gi
solo in base al fatto che nessun costruttivista n i rappresentanti dello
strong programme di Edimburgo, n Piaget o von Glaserfeld, n la teoria
evoluzionistica della conoscenza di provenienza biologica o non biologi-
ca, n la second order cybernetics di Heinz von Foerster metterebbe in
discussione il fatto che le costruzioni debbano venire realizzate attraverso
operazioni concrete che si adattino allambiente. Di queste operazioni
fanno parte nel sistema scientifico soprattutto le pubblicazioni; la realiz-
zazione di queste pubblicazioni gi stata analizzata in modo pi preci-
so, ed stata persino definita come making reference (25).
(23) Cfr. ad es. Dean MacCannell / Juliet F. MacCannell, The Time of the Sign,
Bloomington Ind. 1982. Una rappresentazione pi nota di questa erosione di ogni
referenza (o rappresentazione) Richard Rorty, Philosophy and the Mirror of
Nature, Princeton 1979; tr. it. La filosofia e lo specchio della natura, Milano 1986.
(24) Vedi in particolare linfluente saggio The Two Dogmas of Empiricism
(1951), ristampato in Willard van O. Quine, From a logical Point of View, 2a ediz.
Cambridge Mass. 1961, pp. 20-46. Il parallelo francese nella linguistica di
Saussure, che esclude risolutamente ogni eterorerefenza, e nelle radicalizzazioni di
Derrida.
(25) Charles Bazerman, Shaping Written Knowledge: The Genre and Activ ity of
the Ex perimental Article in Science, Madison Wisc. 1988, p. 187 e segg.. Questa
analisi che muove dalla retorica, che riferisce del riferire e si considera pertanto
testo (p. 291), apre anche laccesso alla ricerca sociologica parallela.

21
Non appena si distingue tra problemi di referenza e problemi di codi-
ce, i rapporti si ridefiniscono in un nuovo ordine. La distinzione tra
verit analitiche e sintetiche deve essere abbandonata, come ha gi pro-
posto Quine (26). Essa pu direttamente essere sostituita da autoreferenza
(=analitico) ed eteroreferenza (=sintetico). Solo cos la distinzione tra
referenza e codificazione pu generare effetti, e si vede che i valori posi-
tivi/negativi del codice sono applicabili come vero/falso sia ai contenuti
materiali intesi come eteroreferenziali, che a quelli intesi come autorefe-
renziali. Queste verit che hanno solo senso come analitiche non sono
solo il risultato di unimpostazione strumentale, non sono solo un
modo di arrivare ad una prova, di creare un modello ecc., prima di ini-
ziare con una ricerca vera e propria, cio empirica. Esse sono piuttosto
lambito in cui lautoriflessione del sistema pu riconoscere la propria
base paradossale e risolverla con laiuto dellasimmetria tra sistema e
ambiente, nel senso di autoreferenza ed eteroreferenza. Nel contesto
dellautoreferenza si pu riflettere che anche la distinzione tra autorefe-
renza ed eteroreferenza costituisce ancora una distinzione propria del
sistema, distinzione che noi abbiamo sotto gli occhi come conseguenza
dello sviluppo mediante differenziazione e della chiusura del sistema. Da
un punto di vista logico ci conduce alla problematica, nota da Gdel in
poi, dellimpossibilit di garantire a se stessi di non cadere in contraddi-
zione. Da un punto di vista di teoria del sistema, questo conduce alla
prova di Ashby, secondo cui lautoorganizzazione non possibile senza
ambiente (27). In matematica ci spinge a pensare di riferire tutte le
forme matematiche ad ununit originaria di autoriferimento e distinzio-
ne (e dunque alla condizione della possibilit dellosservare) (28). Ma
anche senza un tale impiego di argomentazioni, innanzitutto ragione-
vole pensare che lautoreferenza sia possibile come forma se vi ancora
qual cosal t ro da cui esso possa veni re di st i nt o, ci o appunt o
dalleteroreferenza.
Queste riflessioni liberano infine il codice binario della verit dal
suo essere ancorato a sicurezze preconstruttivistiche, siano queste le pre-
sunzioni sulla natura o sulla natura delluomo (idee), oppure le teorie

(26) Ibidem.
(27) Vedi W.Ross Ashby, Principles of the Self-Organizing Sy stem, in Heinz
von Foerster / George W. Zopf (a cura di), Principles of Self-Organization, New
York 1962, pp. 255-278; ristampato in Walter Buckley (a cura di), Modern
Sy stems Research for the Behav ioral Scientist: A Sourcebook , Chicago 1968, pp.
108-118.
(28) Vedi Louis Kauffmann, Self-reference and Recursiv e Forms, in Journal of
Social and Biological Structures, 10 (1987), pp. 53-72.

22
linguistiche, razionalistiche o consensualistiche che da esse derivano(29).
La verit dunque nientaltro che il valore positivo, il valore di desi-
gnazione di un codice, il cui valore negativo (valore di riflessione) la
falsit. La peculiarit della conoscenza scientifica consiste allora nel
sottoporre tutte le osservazioni, che hanno la pretesa di trasmettere
sapere, ad una seconda osservazione, con lausilio appunto di questo
codice binario e nellintegrare i risultati nel sistema, nei limiti in cui
questo possibile (il che significa solamente: sottoporre a reciproche
limitazioni). Con questo tutto ci che pu essere vero e falso viene tra-
sportato sul piano dellosservazione delle osservazioni, e su questo
piano riformulato. A ulteriori garanzie si pu rinunciare, cos come
anche leconomia ha imparato a tutelare il denaro non pi con qualsivo-
glia riferimenti esterni, bens solo con il controllo (a sua volta moneta-
rio, influente sul prezzo del denaro) della quantit di denaro attraverso la
Banca Centrale.
Se noi ora volgiamo lo sguardo verso altri sistemi funzionali, notia-
mo problemi del tutto simili. Nel sistema giuridico si discute
dallinizio del secolo su una contrapposizione tra giurisprudenza dei
concetti e giurisprudenza degli interessi, come se la teoria del diritto
dovesse scegliere tra luna e laltra delle due versioni. Nel frattempo
questo quadro stato rivisto in molti modi. Si sa che questa messa in
contrasto e la tesi di una svolta storica non soddisfa i criticati giuristi
dei concetti (30). Si sa che una concettualit specificamente giuridica
imprescindibile nella prassi della giurisprudenza per pervenire ad astra-
zioni, a possibilit di confronto dei casi, a regole e a distinzioni giuridi-
camente rilevanti. Altrettanto chiaro oggi che una giurisprudenza degli
interessi che si fondi su se stessa non tutela affatto tutti gli interessi
nella stessa misura, ma solo gli interessi meritevoli di tutela. Ad una
prassi che si orienta unilateralmente verso gli interessi resta allora solo
la tautologia, per cui solo gli interessi giuridicamente meritevoli di

(29) In particolare su questo sviluppo Ian Hacking, Why Does Language Matter
to Philosophy , Cambridge Engl. 1975. Di questo contesto fanno parte anche i
tentativi di indebolire criteri di verit razionalistici o consensualistici combinan-
doli nel modo da renderli razionalmente accettabili. Si veda ad esempio Hillary
Putnam, Vernunft, Wahrheit und Geschichte, Frankfurt 1982, oppure Jrgen
Habermas, Theorie des k ommunik ativ en Handelns, 2 voll., Frankfurt 1981; tr. it.,
Teoria dellagire comunicativ o, Bologna 1986.
(30) Cfr. ad esempio Ulrich Falk, Ein Gelehrter wie Windscheid: Erk undungen
auf den Feldern der sogenannten Begriffsjurisprudenz, Frankfurt 1989, oppure, per
le controversie del nostro secolo, la polemica di Eduard Picker, Richterrecht oder
Rechtsdogmatik - Alternativ en der Rechtsgewinnung?, in Juristenzeitung, 43
(1988), pp. 1-12, 67-75.

23
tutela godono della tutela giuridica (31). E corrispondentemente resta la
forma consueta della ponderazione di interessi priva di un programma
che consenta di valutare giuridicamente.
Per noi ora semplice vedere che abbiamo sotto gli occhi la versio-
ne giuridica specifica della distinzione tra autoreferenza ed eteroreferenza
(32) . Lorientamento verso i concetti rappresenta lautoreferenza,

lorientamento sulleffetto di concetti giuridici, costruzioni giuridiche e


decisioni concrete in merito ad interessi rappresenta leteroreferenza del
sistema. Come nel caso della distinzione tra concetto di verit analitica
e sintetica, ci si pu limitare ad una tale distinzione, come se si potesse
scegliere tra una parte e laltra. Sono in gioco piuttosto ambedue le
parti, e conseguentemente il codice lecito/illecito applicabile in un
contesto tanto etero quanto autoreferenziale.
Avevamo gi visto che vi sono interessi conformi al diritto e interes-
si non conformi al diritto. I rapporti sono pi complicati nel contesto
dellautoriferimento del sistema. Sarebbe inusuale parlare di concetti
conformi e non conformi al diritto. La ragione che i concetti giuridici
debbono collaborare a fornire un fondamento alle decisioni conformi al
diritto circa il lecito e lillecito. Essi rendono operativa lapplicazione, in
definitiva paradossale, del codice giuridico su se stesso; il sistema infatti
ritiene lecito (e non illecito) il poter decidere tra ci che lecito e ci che
illecito. Proprio a causa di questa necessit di rendere invisibile la para-
dossia e di fornire unimmagine positiva, rimane non chiarito lo stato
giuridico dei concetti giuridici (33). Senza dubbio essi costituiscono uno
strumento imprescindibile quando si tratta di organizzare la coerenza del

(31) Uno dei maggiori rappresentanti della giurisprudenza degli interessi,


Roscoe Pound, si avvicina spesso pericolosamente a questa tautologia. Nella sua
opera principale Jurisprudence, 5 voll., St. Paul Minn. 1959, si dice ad esempio:
A legal system attains the ends of the legal order (1) by recognizing certain inte-
rests, individual, public and social; (2) by defining the limits within which those
interests shall be recognised and given effect through legal precepts and applied
by the judicial (and today the administrative) process according to an authoritative
tecnique; and (3) by endeavouring to secure the interests so recognized within defi-
ned limits (Vol. 3, p. 16). Evidentemente per i criteri per il riconoscimento o il
non-riconoscimento che hanno peso decisivo in giurisprudenza non possono
essere di nuovo desunti dagli stessi interessi. La societ produce interessi che non
sono gi a priori divisi in base a questa distinzione. Il sistema giuridico deve quin-
di offrire di pi di una semplice registrazione di interessi. Ma da dove viene questo
di pi?
(32) Su ques t o v edi p i det t ag l i at amen t e Ni k l as Luh man n , In t eres s e un d
Interessenjurisprudenz im Spannungsfeld v on Gesetzgebung und Rechtsprechung,
in Zeitschrift fr Neuere Rechtsgeschichte, 12 (1990), pp. 1-13.
(33) Sostengo questo, nonostante dallOttocento vi siano delle tendenze ad

24
decidere e con questa la legittimit del distinguere tra lecito e illecito. La
loro funzione dovrebbe essere quella di garantire la coerenza delluso della
distinzione tra lecito e illecito in casi diversi.
Qualora si distinguesse coerentemente tra referenza e codificazione,
ci avrebbe conseguenze di ampia portata per il sistema giuridico e la
teoria del diritto. Come nella teoria della scienza, la struttura comples-
sa sarebbe pi evidente di un ordine autoreferenziale che sviluppa la
paradossia di base; da questo poi si capirebbe anche meglio, in base a
quali interni prerequisiti e autolimitazioni il sistema in condizione di
distinguere nel contatto con lesterno tra interessi legittimi e illegitti-
mi.
Un ultimo esempio verr preso dal sistema economico. La discussio-
ne pi recente dominata dal concetto di transazione (34). naturale vede-
re nelle transazioni le ultime, non pi scomponibili unit del sistema
economico (35). Ma il concetto della transazione a sua volta un concetto
complesso, e se si osserva meglio si vede che esso presuppone la separa-
zione tra referenza e codificazione.
I riferimenti sono, come sempre, distinti in autoriferimento ed etero-
riferimento. Lautoriferimento viene riprodotto attraverso il pagamento
in denaro. La procedura di pagamento trasporta la capacit e lincapacit
di pagare del sistema. Essa garantisce che nel momento successivo vi sia
di nuovo la capacit di pagare e la necessit di denaro, anche se volta per
volta in mani diverse. Il pagamento in tal senso realizza lautopoiesis del
sistema, la possibilit infinita di ulteriori operazioni dello stesso
sistema(36). Con il medium del denaro e con le forme in esso inserite
attribuire lo status di fonte giuridica anche alla dogmatica giuridica formulata con-
cettualmente. Vedi ad esempio Neil MacCormick, Legal Reasoning and Legal
Theory , Oxford 1978, p. 61; Michel van de Kerchove / Franois Ost, Le sy stme
juridique entre ordre et dsordre, Paris 1988, pp. 128 e segg.. Sarebbe forse meglio
mettersi daccordo e stabilire che il sistema giuridico stesso, solo nella fattualit
del suo operare come fonte di diritto, da considerarsi tale.
(34) Ci in realt prevalentemente solo in relazione a delle differenze nei costi
della transazione e senza un chiarimento sufficiente della concettualit implicita
(denaro, necessit, temporalit, dipendenza dal codice ecc.)
(35) Cos ad esempio Michael Hutter, Die Produk tion v on Recht: Eine selbstre-
f eren t i el l e Th eo ri e der W i rt s ch af t , an g ewan dt auf den Fal l des
Arzneimittelpatentrechts, Tbingen 1989, p. 131. A mo di chiarimento vi scrit-
to: Le transazioni sono, viste dallinterno, comunicazioni (pagamenti), viste dal
di fuori trasferimenti di prestazioni. Con ci, quello che noi trattiamo come pro-
blema del riferimento, viene rappresentato come problema di un osservatore, che
pu oscillare tra prospettiva interna ed esterna. E questosservatore pu anche
essere lo stesso sistema economico.
(36) Su ques t o p i det t ag l iat amen t e Ni k l as Luh man n , Di e W i rt s ch af t der
Gesellschaft, Frankfurt 1988.

25
(prezzi), il sistema rinvia a se stesso. Laltra parte della transazione
muove prestazioni in beni o in servizi. Qui si tratta della soddisfazione
di bisogni. E quindi di autoreferenza. I bisogni infatti debbono essere
situati allesterno del sistema economico, anche se la stessa economia
crea costantemente nuovi bisogni, ad esempio di investimenti per
lindustria. La transazione sempre, nelle sue due parti, un procedimento
economico completamente interno e non qualcosa che potrebbe venire
effettuato per met fuori e per met dentro. Essa per non sarebbe possi-
bile (come tutte le operazioni in sistemi autoreferenziali chiusi), se non
costruisse ambiente, se non rinviasse allambiente. Come negli altri
casi, si tratta di una costruzione che dar risultati buoni o non buoni
allinterno del sistema. Se i bisogni sono stati valutati adeguatamente o
inadeguatamente, risulta nella contabilit economica interna, a livello sia
aziendale che nazionale e internazionale. Ma si resta ad un controllo delle
proprie valutazioni attraverso i propri risultati. Un sistema non apprende
mai che cosa i bisogni siano veramente.
Questa associazione di riferimenti interni ed esterni funziona solo in
quanto il sistema dispone di un codice binario. Oggi si discute di questo
spesso sotto il punto di vista dei property rights. In parole pi sempli-
ci, si tratta del fatto che si pu prendere parte a una transazione solo se
qualcosa si ha (cio denaro o beni), e qualcosaltro non si ha (cio beni o
denaro). Questo codice di avere/non avere ortogonale rispetto alla
distinzione dei riferimenti. Il sistema, come facile comprendere, potreb-
be facilmente non funzionare, se attribuisse lavere a se stesso e il non
avere allambiente. La sua prestazione dordine si fonda, come nei casi
discussi finora, sulla differenza tra le due distinzioni. Solo attraverso ci
si acquista quello spazio combinatorio, inserendosi nel quale il sistema
pu evolvere e costruire o disfare ordini complessi. E come anche negli
altri casi, non viene fornita cos alcuna garanzia di razionalit, di pro-
gresso, anche solo per un definitivo bilancio globale positivo del benes-
sere sociale.
Queste analisi hanno conseguenze considerevoli per ci che nella
societ moderna si riesce a concepire come razionalit. I concetti di razio-
nalit della tradizione vivevano di significati dati a priori dallesterno,
perch basati o su una riproduzione delle leggi naturali, o su scopi indi-
cati a priori o su valutazioni per la scelta degli scopi anchesse aprioristi-
camente fondate. Con la secolarizzazione della concezione religiosa del
mondo e con la perdita di rappresentativit delle impostazioni che detene-
vano il monopolio del giusto, questi apriorismi perdono il loro fonda-
mento. I giudizi sulla razionalit debbono pertanto essere svincolati dai
significati dati a priori dallesterno, e venire applicati a una unit di auto-

26
referenza ed eteroreferenza producibile sempre solo allinterno del sistema.
Qui, se non prima, diventano chiari i collegamenti con le analisi che
vengono attualmente condotte sotto linfelice pseudonimo di
Postmoderno. Secondo un giudizio errato, che si continua a sentire,
alimentato da alcuni punti deboli della discussione, si arriverebbe cos
allarbitrariet. Gli esempi tratti da singoli sistemi funzionali dovrebbero
per bastare, per respingere questa previsione (37). E proprio allanalisi
sociologica non dovrebbe risultare difficile dimostrare che nella realt
non possibile vi sia arbitrariet.
Balza necessariamente allocchio il fatto che lanalisi che precede trat-
ta di sistemi funzionali molto diversi, la cui autonomia rispetta la chiu-
sura operativa e la diversit specifica, e tuttavia scopre punti di conver-
genza nelle strutture di base. Nonostante ogni differenza, i sistemi fun-
zionali rimangono comparabili. Ci si spiega solo in quanto si tratta di
sottosistemi di un sistema sociale, che ricevono la loro forma propria
attraverso la forma di differenziazione di questi. Da ci possiamo dunque
desumere una peculiarit costante della societ moderna, anche se e pro-
prio perch questa pecularit dimostrabile solo nei sistemi funzionali.

Se si osservano nellinsieme i risultati di queste analisi, si nota che


essi tolgono fondamento al contrasto tra Moderno e Postmoderno. Sul
piano strutturale non si pu parlare semplicemente di una tale cesura. Si
pu dire tuttal pi che quelle conquiste dellevoluzione, che distinguono
la societ moderna da tutte le societ che lhanno preceduta, vale a dire il
pieno sviluppo dei media della comunicazione e la differenziazione fun-
zionale, partendo da modesti inizi hanno raggiunto dimensioni che pon-
gono la societ moderna su un piano di irreversibilit. Essa oggi dipen-
de, quasi senza via di uscita, da se stessa.
Da ci consegue, sul piano semantico, un bisogno di recupero. Se per
Postmoderno si intende la mancanza di una descrizione del mondo unitaria,
di una ragione che vincoli tutti o anche solo un modo di porsi nei confron-
ti del mondo e della societ da tutti considerato come giusto, questo pro-
prio il risultato delle condizioni strutturali, alla merc delle quali la societ
pone se stessa. Essa non tollera alcuna idea definitiva, e pertanto non tolle-

(37) Anche Giddens, ibidem (1990), in particolare a pag. 149 e segg., oppone al
co n cet t o di Po s t mo dern o un co n cet t o di Mo dern o radi cal i zzat o e o p t a p er
questultimo.

27
ra alcuna autorit. Essa non conosce posizioni dalle quali la societ potreb-
be essere descritta in maniera vincolante per altri allinterno della societ.
Non si tratta pertanto di una emancipazione verso la ragione, bens di una
emancipazione dalla ragione, e questa emancipazione non deve essere per-
seguita, bens gi avvenuta. Chi si ritiene sempre ragionevole e lo dice,
viene osservato e decostruito. Ma anche ad una sociologia che dicesse la
stessa cosa capiterebbe lo stesso. Quindi ci si pu solamente chiedere, se
nel corso di una tale osservazione dellosservare si determinano situazioni
peculiari stabili, che nelle condizioni date non mutano pi.
Ma in luogo delluno subentrano semplicemente i molti? Lunit del
mondo e lunit della societ si dissolvono irreversibilmente in una mol-
teplicit di sistemi e discorsi? Il relativismo, lo storicismo, il plurali-
smo, costituiscono le risposte definitive, quelle a cui si pensava quando
si parlava ancora di libert? E questo proprio nel momento storico in cui
lunit della societ mondiale diventata inevitabile, al punto che questa
non tollera pi due diversi ordini economici, il capitalista e il socialista?
Forse si pu sviluppare questo paradosso, e risolverlo, distinguendo
tra operazione e osservazione (38). Loperazione della comunicazione
sociale produce lunit del sistema sociale, rifacendosi ad altre comunica-
zioni sociali o anticipandole, e dando cos luogo a una differenza tra
sistema e ambiente. Essa, eseguendo losservazione la quale deve
distinguere questa comunicazione da altre o dal sistema del proprio
ambiente riprodotto attraverso essa esegue unoperazione, che a sua
volta si espone a unosservazione, e cos via. Latto di osservare deve e
pu scegliere delle distinzioni, e pu essere osservato in rapporto alle
distinzioni scelte o anche in rapporto a quelle che evita di scegliere(39).
(38) Che con questo si risolva una unit di fondo, ma proprio per questo para-
dossale, verr spiegato solo sotto forma di annotazione. Quando infatti si tratta di
sistemi sociali, e quindi di comunicazione, ogni operazione al contempo osser-
v azione (in relazione alla distinzione tra informazione, atto del comunicare e com-
prensione) e come esecuzione osservabile dellosservazione operazione. Simili
rapporti concettuali si trovano nel calcolo delle forme di George Spencer Brown,
Laws of Form ristampa New York 1979 nel rapporto tra distinction e indica-
tion. In questo caso il calcolo mostra anche che e come il paradosso, che allinizio
rimaneva non preso in considerazione, possa venire recuperato a un livello ade-
guato di complessit del calcolo e accolto nella forma con la figura del re-entry
nella forma. Per lapplicazione di questidea nel contesto terapeutico, nel quale da
molto tempo ci si interessa alla ricostruzione dei paradossi, vedi Fritz B. Simon,
Unterschiede, die Unterschiede machen: Klinische Epistemologie: Grundlage einer
sy stemischen Psy chiatrie und Psy chosomatik , Berlin 1988. Cfr. anche Jacques
Miermont, Les conditions formelles de ltat autonome, in Revue international
de systmique, 3 (1989), pp. 295-314.
(39) Cfr. in merito Jacques Derrida, De lesprit: Heidegger et la question, Paris

28
Questa la fonte del relativismo. Ogni osservazione rimane dipendente
dalla distinzione, mentre la distinzione non pu essere osservata
nelluso. (Essa non possiede una determinazione locale, dice Gregory
Bateson (40); essa serve allosservazione come un punto cieco, dice Heinz
von Foerster (41); essa non si trova n dalla sua parte, n da unaltra
parte, dunque non si trova da nessuna parte che potrebbe essere utilizzata
per unoperazione di richiamo). E poich sono disponibili distinzioni in
gran numero e la stessa cosa pu essere distinta in modi molto diversi,
non vi una realt indipendente dallosservazione data a priori (42). Per
questo abbiamo dovuto distinguere dovuto distinguere! tra proble-
mi di referenza e di codice (problemi di definizione e di distinzione).
Pertanto rimane, se si vuole comprendere quale sia il caso, solo la
possibilit di attenersi allesecuzione operativa delle osservazioni, cio di
osservare gli osservatori considerando di quali distinzioni essi si servono
e quale parte delle loro distinzioni essi contrassegnano (43), per iniziare da
l (e non dallaltra parte) ulteriori operazioni. Quello che viene costruito
come realt in definitiva garantito solo dallosservabilit delle osserva-
zioni. Si tratta di una garanzia solida, poich anche le osservazioni sono
osservazioni solo quando vengono eseguite come operazioni; ed esse non
lo sono, se non vengono eseguite. La modernit specifica di questa
osservazione di secondo ordine consiste solo nel fatto che essa non
dipende pi da un mondo comune, non pi predisposta ontologicamen-
te, bens si chiede, anche se non prioritariamente, cosa possa vedere e
cosa non possa vedere un osservatore con le sue distinzioni (44). Ci tro-

1987; tr. it. Dello spirito. Heidegger e la questione, Milano 1989; e anche il modo
piuttosto semplicistico con cui i marxisti ancora poco tempo fa dicevano di essere
stupefatti del fatto che le teorie borghesi non ammettono che essi optano per il
capitalismo.
(40) Cfr. Gregory Bateson, Geist und Natur: Eine notwendige Einheit, Frankfurt
1982, p. 122.
(41) Vedi Heinz von Foerster, Sicht und Einsicht: Versuche zu einer operativ en
Erk enntnisstheorie, Braunschweig 1985.
(42) Cfr. anche Niklas Luhmann, Erk enntnis als Konstruk tion, Bern 1988;
dello stesso autore, Die Wissenschaft der Gesellschaft, Frankfurt 1990.
(43) Riferito alla distinzione linguistica tra contrassegnato e non contrasse-
gnato. Vedi ad es. John Lyons, Semantics Bd. 1, Cambridge Engl. 1977, p. 305 e
segg..
(44) Si tratta, come facile vedere, di un interesse autologico, che coinvolge
se stesso. Infatti anche la distinzione poter-vedere/non-poter-vedere una distin-
zione con la quale si esclude ci che con essa non si pu vedere. (Ci sia detto con-
tro la frettolosa speranza di una liberazione totale attraverso una presa di coscien-
za del non-poter-vedere, dunque in un contesto psicologico: chiedendosi quale sia
leffetto terapeutico).

29
viamo nel paese del sospetto del motivo, del romanzo, della critica ideo-
logica, della psicoterapia. Ci troviamo cos anche, a prescindere da questi
casi particolari gi verificati, nellambito di quel meccanismo con cui la
societ moderna esperimenta quelle forme che in queste condizioni pos-
sono affermarsi.
Quali forme potrebbero essere queste? Anche se lautodescrizione
della societ si nutre ormai solo di una rete di ricorsi dellosservazione di
osservazioni, ci sarebbe da attendersi che effettuando queste operazioni
emergano valori peculiari, cio posizioni, che in un ulteriore atto di
osservare losservazione non mutano pi, ma restano stabili (45). Questi
valori peculiari nella societ moderna non sono tuttavia pi oggetti
dellosservazione diretta. Essi non possono essere presentati come iden-
tit di cose, poich un altro osservatore pu sempre vedere in maniera
diversa. Non li si trova a maggior ragione nemmeno negli ultimi postu-
lati normativi (ragionevolmente motivabili); infatti anche la lista di tali
postulati lascia sempre aperto lo spazio al quesito critico di un altro
osservatore: Chi dice questo? Al servizio di quali interessi sono? Chi ne
ha bisogno? NellOttocento era stato nullificato il vecchio concetto di
natura con la distinzione tra essere e validit. Ma questa distinzione nel
nostro caso non ci aiuta ulteriormente, poich in ambedue gli ambiti noi
esperimentiamo che sul piano dellosservazione di secondo ordine tutte le
asserzioni diventano contingenti; e che ci si pu chiedere, per ogni osser-
vazione, anche per quelle di secondo ordine, quale distinzione essa appli-
chi e cosa, in conseguenza di ci, resti per lei invisibile. Ci lascia sup-
porre che i valori peculiari della societ moderna debbano essere formula-
ti nella forma modale della contingenza (46).
Quello che resta un minimo di ordine negentropico, cio un ordi-
ne con alternative collegate. I valori di questo si trovano in punti o
anche in funzioni, che vengono occupati in modi sempre diversi, ma
non arbitrariamente. La stabilit viene poi garantita dal fatto che per
qualsiasi cosa noi troviamo vi sono solo limitate possibilit di sostitu-
zione. Si pu traslocare, ma solo se si trovato un altro appartamento.
Se non pi possibile o non pi consentito luso individuale
dellauto, occorre sostituirla con altri mezzi di trasporto. Non ci si pu
accontentare, in sostituzione, di sedie a dondolo. Analogamente risulta

(45) Vedi con osservazioni prese dalla matematica Heinz von Forster, ibidem,
in particolare p. 207 e segg.. Circa lapplicazione al sistema scientifico cfr. anche
Wolfgang Krohn / Gnter Kppers, Die Selbstorganisation der Wissenschaft,
Frankfurt 1989, p. 46 e segg., 134 e segg..
(46) Vedi in merito La contingenza come valore proprio della societ moder-
na, infra.

30
difficile immaginarci la nostra societ senza Stato, senza leggi, senza
denaro, senza ricerca, senza comunicazione di massa. Le funzioni di que-
sta portata giustificano ordini autosostitutivi. Ed difficile immaginarsi
un ordine sociale del tutto privo di sistemi funzionali sviluppati median-
te differenziazione, vale a dire trovare unalternativa alla funzione della
differenziazione funzionale.
In via di principio possibile ovviamente pensare anche a valori
peculiari che costituiscano punti di appoggio solo temporanei in questa
complessa e profonda situazione. Ma la loro eliminazione condurrebbe ad
una catastrofe: catastrofe nel senso stretto della teoria del sistema,
come passaggio brusco ad altre forme di stabilit. Tra i modi peculiari
della societ moderna vi anche il poter pensare e comunicare tutto que-
sto. Ma in tal caso non si tratterebbe solo di equivalenti funzionali,
bens di una societ alternativa, in un ambito immaginario privo della
forza di gravit, in cui tutte le distinzioni sono eliminate e lunit del
sistema riposa in se stessa senza differenza nei confronti dellambiente.
La societ moderna del tipo che noi conosciamo deve la propria dina-
mica alla forma dei suoi valori peculiari. Tutto ci che lei pone come
identit serve a predisporre possibilit di scambio e di sostituzione, ad
attendere opportunit. Di ci fa parte anche il poter scambiare i fonda-
menti, nelle descrizioni del mondo e nelle autodescrizioni della societ,
ad esempio sostituendo il concetto di sostanza con quello di funzione, o
lidea di un apriori come parametro determinante con dei processi storici
di autovincolo temporaneo dei sistemi. La conseguenza inevitabile che,
come ha insegnato il Romanticismo, non ci si pu pi fidare della tea-
tralit del mondo. Questo si intromette in maniera diabolica negli eventi
ancora cos razionali (48). Il sistema referenziale della poesia assegna a se
stesso la priorit rispetto a qualsiasi eteroreferenza, ma solo per lasciarla
emergere nella sua ambiguit. E questa a sua volta fu la soluzione di un
altro problema, di un problema di tempo. Del futuro infatti si pu solo
sapere che sar diverso dal passato. Pertanto ogni induzione insufficien-
te, tutte le forme recano un indice temporale, e il presente diventa un
valore limite, che portatore dellunit della differenza tra passato e futu-
ro, e proprio per questo nel tempo funge da terzo escluso e non pu pi
venire localizzato. E tutto questo si sa, senza che lo sappia la sociologia,
da duecento anni. Noi proveniamo si legge in Novalis dal tempo
delle forme sempre valide (49).

(48) Cfr. E.T.A. Hoffmann,


Klein Zaches, genannt Zinnober.
(49) Frammen t o n . 2 1 6 7
s eco n do l a n umerazi o n e del l edi zi o n e di Ewal d
Wasmuth, Fragmente II, Heidelberg 1957.

31
II. La razionalit europea

Quale che sia il giudizio che si vuole dare della situazione culturale
della societ odierna, certo che ci che appare specificamente moderno
stato plasmato dalle tradizioni europee. A livello strutturale si pu dubi-
tare per molte ragioni se e fino a che punto sia stato realizzato il cambia-
mento da una differenziazione del sistema sociale da primariamente strati-
ficato a primariamente funzionale. Lo sviluppo in questa direzione per
partito dallEuropa. A livello semantico si possono valutare in maniera
diversa la resistenza delle culture antiche, il loro futuro, la loro capacit
di risorgere e di imporsi contro la pretesa di essere moderne in senso
europeo. Ma solo lEuropa ha fornito delle descrizioni del mondo e della
societ che tengono conto dellesperienza di un totale rifacimento struttu-
rale della societ dal tardo Medioevo.
Letichetta geografica Europa ovviamente una denominazione deri-
vante dallimbarazzo. Inoltre essa simula unitariet, laddove a prima
vista si vedono solo differenze. Lo sguardo si ferma cos solo alla super-
ficie delle manifestazioni. Si tenter qui dunque di mostrare lunit
distinta della tradizione europea sul tema della razionalit. Si tratta
innanzitutto dellunit dello sviluppo storico-semantico che ha accompa-
gnato il passaggio allepoca moderna. Questo processo commenta se
stesso e oscilla tra autosostituzione (via via con definizioni quali critica,
nichilismo, Postmoderno) e rinnovamento utopistico. Ma anche questa
scissione pu ancora essere considerata come unit, vale a dire come
processo di apprendimento sul fenomeno non compreso della societ
moderna. E per noi unit al contempo unit distinta, in quanto essa si
distingue da ci che ancora oggi rientra in concetti di razionalit di origi-
ne extraeuropea.
Riprendendo questa autovalutazione, che ancora da chiarire, si
potrebbe arrivare a sostenere che la razionalit europea si distingue da

33
altre semantiche ad essa paragonabili per la sua familiarit con le distin-
zioni. Ci pu condurre ad una rielaborazione della propria storia, nel
senso ad esempio della logica e della teoria della storia di Hegel, ed anche
ad una molteplicit di altre distinzioni, che spaccano la razionalit stessa
o la distinguono da altri orientamenti verso il mondo del sentimento o
dellimmaginazione parimenti legittimi. Questo conduce infine alla tesi
secondo cui solo partendo da questa razionalit conscia della distinzione
si pu osservare e descrivere la differenza della semantica europea rispetto
alle altre semantiche del mondo. Lammirazione per la Cina nel secolo
dei lumi non sarebbe dunque stata un caso. E il vantaggio della riflessio-
ne della razionalit europea non dovrebbe significare che la riflessione
conduce ad una superiorit di cui ci si vuole autoilludere, ad un eurocen-
trismo che si autovaluta. Sarebbe pensabile anche il contrario, ad esem-
pio come ammirazione per lingenuit e autenticit di descrizioni del
mondo di altra origine a noi ormai precluse (1).
Tutte queste sono tuttavia innanzitutto solo vaghe supposizioni.
Molto dipende quindi dal fatto di riuscire o meno, e in che modo, a
descrivere concettualmente in maniera pi precisa questa caratteristica
specifica di una razionalit che si orienta verso la distinzione.

II

La storia della razionalit europea pu essere descritta come storia


della disgregazione di un continuum di razionalit, il quale aveva collega-
to losservatore nel mondo con il mondo. Se losservatore viene visto
come essere pensante (animal rationale), si tratta allora della convergenza
di pensiero ed essere. Se egli viene visto come essere agente, si tratta
della convergenza tra agire e natura, e dunque di scopi dati dalla natura. In
ogni caso linsieme delle cose e dei punti finali dei movimenti (tle)
regge ci che accade al mondo. Lattivit dellintelligenza mira, secondo
linsegnamento aristotelico-tomistico, ad rem, e termina l. E la possibi-
lit di intendere come ordine visibile ci che e accade, o di ricondurlo

(1) Un aspetto di questa necessit (di ripristino) dellautenticit trattato da


Dean MacCannell, Staged Authenticity : Arrangements of Social Space in Tourist
Settings, in American Journal of Sociology, 79 (1973), pp. 589-603. Ma qui si
possono includere anche gli sforzi artistici di raggiungere lautenticit, la sponta-
neit dellespressione, la non-riflessione del venire osservato, gli happenings, le
performances, le installazioni ecc. . Cfr. ad esempio le rappresentazioni di
Frederick Bunsen in Niklas Luhmann / Frederick D. Bunsen / Dirk Baecker,
Unbeobachtbare Welt: ber Kunst und Architek tur, Bielefeld 1990, p. 46 e segg..

34
secondo la fede cristiana al sapere e alla volont del Creatore, consente di
dichiarare giusta la convergenza. Ens et verum et bonum convertuntur,
come si diceva nella dottrina della trascendenza.
Secondo un antico insegnamento non solo lessere, ma anche la natu-
ra contiene elementi la cui essenza consiste nel poter riflettere il proprio
essere e la propria natura. Ci non richiede alcun punto di vista al di
fuori dellessere o della natura. A questo si riferiva lattribuzione della
razionalit. facile vedere che con ci stato descritto un ordine sociale
che attribuisce migliori possibilit di razionalit a parti della societ, alla
vita di citt o a quella dei nobili. Questo riconducibile, sia tramite ana-
logie che tramite unarchitettura gerarchica del mondo, ad un quadro
generale, nel quale alla ragione spettata la rappresentazione del tutto nel
tutto.
La disgregazione di questordine inizia forse gi col nominalismo del
tardo Medioevo, in ogni caso nel diciassettesimo secolo (2). La crescente
complessit strutturale della societ condusse, attraverso le spinte ad una
maggiore coerenza causate dalla stampa dei libri, a dei dissensi nella
descrizione, a delle guerre di verit (3), o anche ad uno scetticismo
umano, che intendeva lasciare direttamente aperta la questione della
verit. Tuttavia non si poteva lasciare irrisolta la definizione del ruolo
della razionalit che doveva essere vincolante per tutti (4). Rorty non era

(2) Sottolineo: la disgregazione. La rielaborazione del concetto di razionalit


nel 17esimo secolo, soprattutto ad opera di Cartesio, era gi reazione, vale a dire
riconsolidamento sulla base della differenza. Perci non posso ritenere decisiva la
differenza tra il 16esimo e il 17esimo secolo su cui tanto insiste Stephen Toulmin
in Cosmopolis, The Hidden Agenda of Modernity , New York 1990. Non ovvia-
mente contestabile il fatto che le guerre civili e lo scetticismo filosofico del
16esimo secolo resero evidente il bisogno di riconsolidamento, e dalla met del
secolo lo avviarono anche, pure se inizialmente non con una nuova concezione
della razionalit. Si pensi al Concilio di Trento, allopera didattica dei gesuiti, alle
riforme della giustizia francesi, alla revisione della semantica nobiliare, che inizia
in Italia, al lavoro di raffinamento dei concetti giuridici per raggiungere una mag-
giore eleganza e semplificazione o alla dottrina della ratio status e della sovranit
dei centri decisionali dello Stato.
(3) Questa formulazione si trova in Herschel Baker, The Wars of Truth: Studies
i n t h e Decay o f Ch ri s t i an Hum an i s m i n t h e Earl i er S ev en t een t h Cen t ury ,
Cambridge Mass. 1952, ristampa Gloucester 1969.
(4) Tra le proposte pi interessanti in merito alla struttura, ma inascoltata e non
rintracciabile quasi nemmeno pi nelle biblioteche, vi quella di Emeric Cruc, Le
nouv eau Cy ne ou Discours dEstat, Paris 1623, cit. in base alla nuova edizione di
Filadelfia 1909: lumanit pi importante della spiegazione dei misteri della reli-
gione, si dovrebbe credere in Dio ma non alle norme di fede; e si dovrebbe far s
che la nobilt si occupi di economia, anzich di far valere le proprie ambizioni e di
pensare alle guerre.

35
ancora nato. I tentativi di ricostruzione si susseguivano. Dal 17esimo
secolo si parla (con coscienza critica del problema) di ontologia (5).
Pensiero ed essere appaiono allinizio separatamente sotto forma di onto-
logie condotte parallelamente, cos che il pensiero pu occuparsi di idee
vere e false: del loro essere vere o false, io penso! Gli scopi vengono
pensati come selezionabili, cos che ci si debba chiedere quali siano i
motivi e gli interessi e la natura venga ridotta a parametri esteriori. La
fede nella ragione del 18esimo secolo si fonda gi su delle differenze.
Lilluminismo vede se stesso in un mondo da illuminare. Esso rende
irrazionale tutto ci che gli si contrappone. Accanto alla ragione vi la
storia, accanto a Newton Mnchhausen, accanto alla razionalit il piace-
re, accanto alla modernit caratterizzata dal lavoro, dalla lingua e dalla
scienza, vi la fantasia del Romanticismo, che rappresenta lunit del
mondo solo come teatralit, come incantesimo, del quale si presuppone
che ad esso non si creda. La definizione di razionalit passa a manifesta-
zioni di razionalit ad alto livello, che coprono ancora solo fenomeni
parziali, che orientano solo sistemi funzionali della societ, ad esempio
la razionalit delleconomia nel rapporto tra scopi e mezzi o la raziona-
lit scientifica dellapplicazione corretta delle leggi naturali, o la raziona-
lit giuridica della decisione in base a delle leggi, o di esperienze di deci-
sioni concrete fissate in concetti affinch restino. Infine si creano diversi
tipi di razionalit ad esempio, la razionalit dello scopo e la raziona-
lit del valore senza neppure porsi linterrogativo in base a quali crite-
ri di razionalit ambedue gli aspetti di queste e simili distinzioni meriti-
no la definizione di razionalit. Siamo a Max Weber e a Jrgen
Habermas. Anche in questo caso viene posta alla base, come schema
dellimpostazione del problema, la tradizionale distinzione di soggetto e
oggetto o la distinzione della fattualit dellagire e delle pretese normati-
ve. E anzich dubitarne, si preferisce accettare una pluralit delle forme
della razionalit.
Sempre pi, dallOttocento in poi, ci si abituati a lavorare con distin-
zioni, senza porsi linterrogativo circa lunit della stessa distinzione. Il
narratore mette in scena il racconto sia romanzo, sia storia del mondo
nel quale egli stesso non appare pi e, come si pu osservare nel caso
di Hegel, non pu pi apparire (6). Parimenti il fisico nellunivers auto-

(5) Vedi documentazione in U. Wolf, alla voce Ontologie in Historisches


Wrterbuch der Philosophie, vol. 6, Basel 1984, col. 1189-1200.
(6) Vedi Dietrich Schwanitz, Rhetorik , Roman und die inneren Grenzen der
Ko m m un i k at i o n : Zur s y s t em t h eo ret i s ch en B es ch rei b un g ei n er
Problemk onstellation der sensibility , in Rhetorik, 9 (1990), pp. 52-67.
noto che, dopo la parodia di questa nuova apparizione nel testo di Tristram

36
mate (7) della fisica classica non ha pi posto; fisicamente non appare pi,
n come osservatore, n come attore. Innumerevoli distinzioni esplicite,
quali materia e spirito, Stato e societ, societ e comunit, individuo e col-
lettivit, capitale e lavoro, servono come strumenti di analisi, con
lopzione lasciata aperta (o derivante apertamente o velatamente) in favore
di una delle due parti. Le distinzioni politicizzate basate sul programma
della Rivoluzione Francese o del movimento socialista usano lo stesso
stile delloccultamento della questione dellunit. Lolismo diventa
unopzione intellettuale (8). In questo contesto anche la stessa razionalit
pu essere fatta diventare la componente di una distinzione, il cui rovescio
della medaglia deve essere qualcosa di irrazionale, ad esempio il piacere, la
fantasia, limmaginazione (9). Ma forse che lirrazionale serve solo come
difesa di un inadeguato concetto di razionalit (10)?
Lunilateralit dellattribuzione di razionalit, cos come la rinuncia a
chiedersi cosa sia dunque lunit delle distinzioni usate volta per volta,
riflettono lincapacit della societ moderna di riflettere la propria unit.
Questo pu dipendere dalla forma della differenziazione, riferita alle funzio-
ni, la quale non consente pi alcun punto di riferimento fisso per la descri-
zione della societ nella societ. Alla fine del nostro secolo queste soluzio-
ni intermedie, continuamente scambiate, non soddisfano pi. Si parla in
termini generalissimi di una erosion of the validity of former cultural
oppositions e si richiede corrispondentemente un passaggio da quesiti
circa il cosa a quelli circa il come (11). E cos non interessa solo ci
Shandy, soprattutto Jean Paul non ha inteso rinunciare a questa possibilit, a
discapito della fluidit della narrazione del romanzo; o anche, nella Loggia invi-
sibile, con la conseguenza dellimpossibilit di concludere.
(7) Cos Ilya Prigogine, La lecture du complex e, in Le genre Humain, 7/8
(1983), pp. 221-233 (223). In maniera pi dettagliata, sulla critica a questa classi-
ca concezione del mondo senza fisici Ilya Prigogine / Isabelle Stengers, La nou-
v elle alliance, Paris 1979.
(8) Esso diventa unopzione che al contempo viene per lo pi consigliata
come la migliore. Vedi a titolo di esempio Friedrich Schlegel, Signatur des
Zeitalters (1823), cit. da Dichtungen und Aufstze (a cura di Wolfdietrich Rasch),
Mnchen 1984, pp. 593-728.
(9) Si tratta di temi ai quali si interessa Michel Maffesoli. Si veda ad esempio
Lombre de Diony sos: Contribution une sociologie de lorgie, Paris 1982; dello
stesso autore La connaissance ordinaire: Prcis de sociologie comprhensiv e, Paris
1985.
(10) Irrationality tends to be invoked to protect the too narrow definition of
rationality, afferma anche Mary Douglas, Risk Acceptability According to the
Social Sciences, New York 1985, p. 3.
(11) Cos nel contesto di una semiotica considerata da un punto di vista interdi-
sciplinare Dean Mac Cannell, The Time of the Sign: A Semiotic Interpretation of
Modern Culture, Bloomington Ind. 1982, citaz. p. 18.

37
che viene distinto, ma primariamente come viene distinto e chi distingue.
In ogni caso, nella misura in cui la riflessivit sociale, il mettersi nei
panni degli altri, il riguardo per le loro forme di reazione, diventano com-
ponenti della decisione in merito allagire, lidea di una ragione che possa
garantire lunit e la certezza della visione del mondo ne risulta sepolta (12).
Che fine ha fatto dunque losservatore? il narratore? il poeta in un
mondo gi suddiviso? colui che descrive? colui che usa la distinzione per
distinguere e definire qualcosa? colui, al quale si potrebbe chiedere: per-
ch cos, perch non in un altro modo?
Una possibilit il definirlo come soggetto extramondano. Ci con-
duce per solo allinterrogativo su chi lo possa osservare e come lo si
possa osservare, se egli non appare nel mondo. Unaltra possibilit di
ignorarlo, poich evidente che tutti gli osservatori debbano osservare
nello stesso modo, in ogni caso se il loro pensiero corretto e se il loro
agire deve essere ragionevole. Questo conduce alla famosa e oggi quasi
non pi accettata congruenza di referenza, senso e verit, come da ultimo
lha rappresentata lempirismo logico. Con ci si presuppone che il
mondo sia lo stesso per tutti gli osservatori e che esso sia determinabile
(e non ad esempio che esso, nei limiti in cui determinabile, ogni
volta un mondo diverso per osservatori diversi e, nei limiti in cui esso
lo stesso mondo, rimane indeterminabile). Per Husserl vi ancora un
nesso tra la trascendentalit della coscienza come soggetto e la determina-
bilit del mondo (13), sia che il soggetto garantisca questa determinabilit
come aspetto delle prestazioni della sua coscienza, sia che il fenomeno
della determinabilit universalmente data consenta linduzione nei con-
fronti della trascendentalit della coscienza.
Il tentativo forse pi importante di costruzione postontologica
dellosservatore pu essere descritta come filosofia dellimmediatezza.
Essa va dal take off della logica hegeliana, alla tesi di unautorelazione
diretta (non riflessa), fino alla filosofia della vita (14), alla filosofia

(12) ... the reflexivity of modernity actually subverts reason, at any rate where
reason is understood as the gaining of certain knowledge, dice anche Anthony
Giddens, The Consequences of Modernity , Stanford Cal. 1990, p. 39.
(13) Lindeterminatezza significa necessariamente determinabilit di uno stile
rigidamente prescritto, si legge in Edmund Husserl, Ideen zu einer reinen
Ph n o m en o l o g i e un d p h n o m en o l o g en i s ch en Ph i l o s o p h i e, v o l . 1 , i n
Husserliana, vol. III, Den Haag 1950, p. 100 (corsivo di Husserl); tr. it. Idee per
una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, Torino 1965, p. 94.
(14) Se intende rappresentare limmediatezza del rapporto esistenziale, la filo-
sofia della vita non pu pi partire dalla distinzione vita/morte, bens si mette alla
ricerca di altri concetti opposti come la meccanica, il sistema, eventualmente
anche la razionalit.

38
dellesistenza, allanalitica del Dasein di Heidegger, fino alla filosofia del
segno, che cerca nella diretta comprensione dei segni la soluzione solo
temporaneamente possibile dallinfinito rinvio ad altri segni (15).
Dapprima la critica radicale di Derrida alle premesse della presenza tenta
di introdurre un superamento di questa tradizione. Con qualche pretesa in
meno ci si pu anche chiedere se limmediatezza stessa non venga
espressa gi sempre tramite la distinzione diretto/indiretto e allosservare
(allesperimentare, al comprendere) diversamente non pu avvenire.
Una possibilit ulteriore il compromesso pi facile: mettersi
daccordo sul pluralismo. Cos si inizia, e si evita, la decostruzione
della distinzione tra soggetto e oggetto. A ogni soggetto viene concesso
il proprio punto di vista, la propria visione del mondo, la propria inter-
pretazione come fa Wolfgang Iser ma solo nei limiti concessi dal
mondo, dal testo ecc., altrettanto oggettivi (16). Analogamente la nuova
epistemologia, cedendo a considerazioni inevitabili, consente il costrutti-
vismo, ma non senza un certo riguardo nei confronti della realt (17).
Nella teoria del diritto Ronald Dworkin afferma che i problemi giuridici,
anche in hard cases, possono avere ununica soluzione giusta volta per
volta, e fonda su questa tesi il ricorso nel diritto a principi morali (18).
Come si poi visto, questo non deve significare, ad esempio, che questa
correttezza della soluzione possa essere provata (19). dunque evidente
solamente che un giurista, che prenda sul serio il diritto, debba avere il
dono di una sufficiente incomprensione per le opinioni altrui.
Difficilmente il razionalismo occidentale, nella sua fase finale, pu mette-
re a nudo le proprie debolezze in maniera pi evidente.
Infine, una volta messo in dubbio tutto questo, si pu arrivare a pen-
sare che losservatore non vada osservato. Losservatore deve definire
quello che egli osserva, cio distinguerlo da tutto il resto, che rimane
fuori come unmarked space. Egli stesso scompare cos in un
unmarked space, o, per dirla con altre parole, egli pu osservare solo
dallunmarked space, nel momento in cui egli distingue ci che osser-
(15) Cos Josef Simon, Philosophie des Zeichens, Berlin 1989.
(16) Vedi in merito Stanley Fish, Why no Ones afraid of Wolfgang Iser, in
Stanley F., Doing What Comes Naturally : Change, Rhetoric, and the Practice of
Theory in Literary and Legal Studies, Oxford 1989, pp. 68-86.
(17) Vedi tra i molti Mary Hesse, Rev olutions and Reconstructions in the
Philosophy of Science, Brighton 1980.
(18) Vedi Ronald Dworkin, No Right Answer? in P.M.S. Hacker / J. Raz. (a cura
di), Law, Morality , and Society : Essay s in Honor of H.L.A. Hart, Oxford 1977, pp.
58-84.
(19) Ronald Dworkin, The Laws Empire, Cambridge Mass. 1986, pp. VIII e
segg..

39
va da tutto il resto, e dunque anche da se stesso. Non diversamente acca-
drebbe se egli indicasse in se stesso loggetto della propria osservazione.
Ci vale almeno nel caso in cui losservare disponga solo di una
logica bivalente. Infatti, in questo caso ambedue i valori logici di cui
dispone losservatore, vengono consumati dal semplice fatto che egli con
essi definisca luna o laltra parte della distinzione. Per la definizione
della distinzione stessa e a partire dalla definizione di ci che essa usa,
mancano allora le possibilit logiche (20). Si debbono quindi trattare le
distinzioni e losservatore come semplici oggetti, che da parte loro ven-
gono distinti con lausilio di distinzioni non esplicabili. Ma se si voles-
se osservare e descrivere come una distinzione viene applicata in quanto
distinzione o come un osservatore in quanto osservatore definisca una e
non laltra parte di una distinzione (anche se potrebbe farlo in maniera
diversa), si avrebbe bisogno di un insieme di strumenti logici fortemente
strutturati. E fino a questo momento tale insieme non disponibile, o in
ogni caso non lo in senso estremamente formale.
Comunque sia: alla fine del nostro secolo si pu formulare il proble-
ma in maniera pi precisa di quanto sia stato possibile finora (21).
Storicamente si vede una chiara corrispondenza tra la supposizione tradi-
zionale di un mondo descrivibile ontologicamente cio con lausilio
della distinzione tra Essere e Non-essere e di uno strumentario logico
solo bivalente. Ci presuppone una societ in cui le differenze tra le
descrizioni del mondo e della societ non siano troppo grandi e in cui vi
siano dei punti fissi indiscutibili ai vertici o al centro del sistema
dai quali si possano emettere decisioni vincolanti. Il resto dunque cor-
ruzione, errore, abbaglio. Materialmente si vede che nel frattempo si
sono sviluppate delle possibilit per cui non vi ancora una logica, e
nemmeno unepistemologia riconosciuta. Si tratta di possibilit di osser-
vazione di osservatori, possibilit della cibernetica di secondo ordine.
Se si rinuncia alla supposizione di un punto di osservazione parallelo
su di un mondo comune, ci si deve innanzitutto chiedere se possibile
che qualcuno agisca razionalmente quando viene osservato (22). Per
losservatore dellosservatore dovrebbero esserci limitazioni delle sue

(20)Questo il tema di Elena Esposito, Loperazione di osserv azione: Teoria


della distinzione e teoria dei sistemi sociali, tesi, Bielefeld 1990.
(21) Si veda in particolare George Spencer Brown, Laws of Form, ristampa New
York 1979; Heinz von Foerster, Observ ing Sy stems, Seaside Cal. 1981; Gotthard
Gnther, Beitrge zur Grundlegung einer operationsfhigen Dialek tik , 3 voll.,
Hamburg 1976-1980.
(22) Cfr. s u quest o di b at t ut i s s imo p ro b l ema Nig l e Ho ward, Paradox es of
Rationality : Theory of Metagames and Political Behav ior, Cambridge Mass. 1971.

40
modalit di reazione, che losservatore di primo ordine con ambizioni
razionali possa mettere in conto. In relazione a questo problema la razio-
nalit dipender da segni istituzionali o da garantirsi tramite contrattazio-
ne, la cui razionalit propria (metarazionalit) difficilmente potr per
trovarsi nella razionalit che essa rende possibile.
A ci si aggiungono problemi assai pi radicali, che non hanno a che
vedere solo con la divergenza di interessi e scopi, bens con la struttura
dello stesso osservare. Un osservatore pu osservare un altro osservatore
(che pu essere egli stesso) in relazione a ci che egli pu vedere e a ci
che egli non pu vedere. Riferito agli strumenti di osservazione, cio
alle distinzioni di cui si serve un osservatore per definire ci che egli
osserva, si perviene cos ad un relativismo teorico della differenza. Si
vede ci che si pu definire con determinate distinzioni, le quali specifi-
cano ambedue gli aspetti (ad esempio buono/cattivo; pi/meno;
prima/dopo; manifesto/latente). Non si vede ci che nel contesto del
distinguere non funge n dalluno n dallaltro aspetto, bens da terzo
escluso. Losservatore stesso sempre il terzo escluso. Egli , come dice
Michel Serres (23), il parassita delle sue osservazioni. Ma proprio questo
pu essere visto e definito a sua volta da un altro osservatore (un critico
dellideologia, uno psicoanalista, in breve: un terapeuta), anche se sem-
pre come ulteriore osservatore, che vede solo quello che vede, e non vede
quello che non vede (24). In questo modo si possono tematizzare anche i
danni della razionalit, il male che nasce proprio dal calcolo razionale e
dalle migliori intenzioni; il rational fool (25) o, per dirla con Paul
Valry: la mchancet de celui qui a raison (26).
Finora non si riusciti a far s che questo interesse allosservazione
di ci che un osservatore non pu osservare venga fatto oggetto di studio
di teoria della conoscenza. La cosiddetta disputa per la sociologia del
sapere venne condotta dietro il presupposto di cui si era gi discusso a
suo tempo nel Teeteto: che vi possa essere solo una verit, cos che le
asserzioni, che le asserzioni vere definiscono false, non danno luogo a
due verit, ma potrebbero contribuire in ogni caso a chiarire gli errori.

(23) Le Parasite, Paris 1980.


(24) In merito anche Niklas Luhmann, Wie lassen sich latente Struk turen beo-
bachten? in Paul Watzlawick / Peter Krieg (a cura di), Das Auge des Betrachters -
Beitrge zum Konstruk tiv ismus: Festschrift fr Heinz v on Foerster, Mnchen
1991, pp. 61-74.
(25) Amartya K. Sen, Rational Fools: A Critique of the Behav ioral Foundations
of Economic Theory , in Philosophy and Public Affairs, 6 (1976-77), pp. 317-
344.
(26) Da Mlange, cit. da Oeuv res, Vol. 1, Paris (d. de la Pliade) 1957, p. 329.

41
Anche la psicoanalisi non mai stata riconosciuta come teoria della
conoscenza, ma nel migliore dei casi come scienza di una prassi terapeu-
tica. Corrispondentemente sono considerati meritevoli di critica il relati-
vismo, lo storicismo ecc., e la molteplicit postmoderna (in verit
per: moderna) dei discorsi, il deconstruttivismo e lanything goes
possono attirare lattenzione solo come gaia scienza, e stilizzarsi anche
come tale. Comunque queste forme di rappresentazione nel frattempo
sono cos diffuse che ci si pu chiedere se il problema non sia piuttosto
dalla parte della teoria della conoscenza e dei suoi strumenti logici, allor-
ch queste manifestazioni vengono ancora trattate come devianti.

III

Forse vi sono dei blocchi epistemologici derivanti dalla tradizione che


impediscono si vada avanti (27). Di questi potrebbero far parte le seguenti
supposizioni:
1. che la conoscenza in s sia razionale;
2. che lapprendere lo stato del sistema insegni ci, e migliori il suo
adattamento allambiente, e non lo peggiori;
3. che pi comunicazione e comunicazione socialmente riflessa (ad
esempio nel contesto ampio di dinamica di gruppo) contribuisca
allaccordo, anzich avere leffetto opposto;
4. che la razionalit potrebbe venire concepita sotto forma di un pro-
gramma, ad esempio come massimizzazione dellutile o come accordo
ragionevole.
Gi la nota problematica dellaggregazione sociale delle preferenze
individuali fa apparire opinabili queste tesi. Lo stesso vale se si conside-
rano le ristrette condizioni della quasi-decomponibilit (near-decompo-
sability), cio, secondo la pi recente terminologia, la reconstructabi-
lity dei sistemi (28). Pu darsi che ci leghi a queste premesse un senso di
razionalit non ancora sviluppato. Ma cosa si dovrebbe fare allora quando
la discrepanza nei confronti delle moderne strutture della societ fa s che
da queste premesse ricaviamo sempre pi delusioni?
Se il conoscere, lapprendere, il comunicare costituiscono volta per
volta un operare con le distinzioni, e dunque secondo la nostra terminolo-
gia un osservare, si potrebbero compiere progressi esigendo razionalit in
(27) Il concetto di ostacles pistmologiques deriva da Gaston Bachelard, La
formation scientifique: Contribution une Psy choanaly se de la connaissance
objectiv e, Paris 1938, ristampa 1947, p. 13 e segg..
(28) Vedi in merito il n. 1 vol. 4 (1990) della Revue international de systmique.

42
particolare a proposito delle distinzioni. Ci muoviamo pertanto non da
una specifica forma di programma (v. sopra n. 4), per la quale non posso-
no essere fornite ragioni ulteriori che conducano allevidenza (29), bens
dalla collocazione dellosservare a un livello di secondo ordine.
Iniziamo lanalisi tornando di nuovo al vecchio continuum della razio-
nalit europea. Lo avevamo caratterizzato in relazione a due distinzioni:
come armonia tra pensare ed essere e tra agire e natura. Finch il mondo
viene presupposto come ordine, come ksmos, come creazione, come
armonia, lattenzione si rivolge allarmonia e al suo eventuale insuccesso,
che va poi trattato come errore o come difetto. Pensare e agire sono poi
volta per volta oggetti di una logica a doppio valore, che osserva il proprio
oggetto con laiuto della distinzione tra valore positivo e valore negativo.
Se invece si osserva la distinzione tra pensare ed essere o tra agire e natura,
ideata per la convergenza (e per ideata per la convergenza dice che non si
pu trattare della distinzione tra un valore positivo e uno negativo), si nota
qualcosa di sorprendente. Per raggiungere la convergenza con lessere, il
pensare stesso deve essere. Esso non deve volatilizzarsi nella pura autorefe-
renza di un soggetto extramondano, ma deve lasciarsi condizionare. E
lazione, per raggiungere la convergenza con la natura, deve essere essa stes-
sa natura, cio deve realizzare la sua propria natura e non solo la volont,
che vuole qualsiasi cosa essa voglia. La parte riferibile alluomo di queste
distinzioni principali, il pensare o rispettivamente lagire, era privilegiata
rispetto allaltra parte: essa stessa era ci da cui essa si doveva distinguere.
Nonostante tutta laccentuazione dellunit del mondo come natura o come
creazione e nonostante tutte le teorie che hanno cercato di realizzarla, vale a
dire le teorie della rappresentazione dellessere nel pensare o dellimitazione
della natura nellatto artistico, nella vecchia concezione del mondo europea
era insita una rottura della simmetria. Per losservatore era prevista una
posizione privilegiata. Il continuum della razionalit era pensato come
asimmetrico. La posizione preferita per, che contiene se stessa e il proprio
opposto, era quella delluomo intento a costruire il mondo. In tal senso la
vecchia tradizione europea ha ragione a considerarsi umanistica.
Questo osservabile anche da un punto di vista di teoria del sistema.
Le perdite di simmetria nellattuale teoria dei sistemi sono notoriamente
considerate come condizioni della costruzione evolutiva di strutture
sistemiche complesse (30). Da un punto di vista della teoria della distin-
zione ci significa che la distinzione nel distinto pu esservi di nuovo,

(29) Unobiezione contro questo concetto di razionalit pu essere vista anche


nel fatto che esso ha dato luogo a due diverse versioni: massimizzazione dellutile
e intesa ragionevole, tra le quali non vi ponte possibile.

43
e precisamente dalluna, ma non dallaltra parte. La distinzione rientra
in se stessa. Essa compie, nella concettualit del calcolo delle forme di
George Spencer Brown, un re-entry della forma nella forma (31).
Anche la semiotica pi recente si trova proprio in questa situazione.
Essa si fonda sulla distinzione tra segno e significato. Ma essa sa anche,
da Saussure in poi, che questa distinzione non ha alcuna referenza ester-
na, bens descrive solo il modo di funzionare della lingua, il modo di ela-
borare le distinzioni. Ma si deve in base a questo accettare larbitrariet di
trattare retoricamente i segni privi di referenza? Oppure la soluzione con-
siste nel fatto che proprio la distinzione tra segno e significato pu esse-
re adoperata solo con le necessarie ridondanze e a seconda delle tradizioni?
(32) Ma allora si dovrebbe poter definire lunit di questa distinzione come

temporalmente e materialmente non applicabile. Questo ci conduce alla


forma, per noi nel frattempo divenuta usuale, della definizione di segno
come differenza tra segno e significato. Anche il segno costituirebbe per-
tanto una distinzione, che riappare di nuovo in se stessa (33). Da ci ora
si desume un potenziale autocritico, autodecostruttivo di una tale second
semiotic, che costretta ad applicare a se stessa la sua distinzione prin-
cipale, altrimenti non potrebbe definire la propria forma (34).

(30)Vedi in merito allirreversibilit come rottura della simmetria tra passato e


futuro Ilya Prigogine, Vom Sein zum Werden: Zeit und Komplex itt in den
Naturwissenschaften, trad. tedesca, Mnchen 1979; dello stesso autore, Order out
of Chaos, in Paisley Livingston (a cura di), Disorder and Order: Proceedings of the
Stanford International Sy mposium (Sept. 14-16 1981), Saratoga Cal. 1984, p.
41-60.
(31) Vedi ibidem (1979), p. 56 e seg., 69 e segg.. In Spencer Brown invero la
portata di questo concetto non del tutto visibile. Ulteriori usi diventano possibili
se ci si rende conto che lautoreferenza determinato dal distinguere, cos come al
contrario il poter distinguere determinato dallautoreferenza. Poi si pu dimostrare
che il copiare la forma nella forma alla base anche del fenomeno della simmetria e
del fenomeno della ripetizione e quindi di ogni infinito ordinato, se cio il processo
circolare viene ripetuto sufficientemente spesso, in modo che i percorsi perdano la
loro distinguibilit. Vedi Louis H. Kaufmann, Selfreference and Recursiv e Forms,
in Journal of Social and Biological Structures, 10 (1987), pp. 53-72.
(32) Vedi le obiezioni a Saussure di Roman Jakobson, Zeichen und Sy stem der
Sprache (1962), cit. da Roman Jakobson, Semiotik : Ausgewhlte Tex te 1919-
1982, Frankfurt 1988, pp. 427-436; tr. it. Segno e sistema del linguaggio in,
dello stesso autore, Lo sv iluppo della semiotica, Milano 1987, pp. 99-109.
(33) Dal punto di vista della formulazione tecnica questo si pu evitare ma
con ci il problema non risolto, ma reso solo invisibile se si definisce il
segno come distinzione tra significante e significato (signe, signifiant, signifi)
(34) Vedi Dean MacCannell / Juliet F. MacCannell, The Time of the Sign: A
Semiotic Interpretation of Modern Culture, Bloomington Ind. 1982. Similmente gi
Julia Kristeva, Semeiotik : Recherches pour une Smanaly se, Paris 1969, ad es. p.

44
Sono dati sorprendenti, enigmatici, che dissolvono tutte le categorie
con cui la tradizione ha lavorato su una supposta base ontologica, in
quanto le leggono come distinzioni (35). Il pensare, che deve distinguersi
dallessere, per poterlo osservare e definire, esso stesso la distinzione
tra pensare ed essere. Esso pensare. E lagire, che la natura confron-
ta con un procedimento, il quale senza lintervento di unazione non
potrebbe avvenire, e quindi mira alla devianza, determina esso stesso la
distinzione tra agire e natura. Potrebbe darsi che in questa figura del re-
entry della forma nella forma si nasconda il problema centrale della razio-
nalit europea e al contempo la ragione, in base alla quale la distinzione
dovette diventare riflessiva e pertanto instabile nella sua parte di
re-entry, e abbia portato infine alla luce quelle figure assolutistiche del
pensiero e della volont in cui la semantica europea del soggetto compie
la rottura con la propria tradizione e al contempo conferma a se stessa
che cos non pu andare.
Ma cos esattamente che non ha funzionato?
Forse solo lumanesimo di questa tradizione, il suo essere legato a
concetti antropologici, che non sopporta limpulso del re-entry. Forse il
pensare e lagire sono inadatti a sopportare in s il ritorno di ci da cui
dovrebbero distinguersi. Forse solo lindividualismo antropologico,
acuitosi dal Settecento in poi, che fa apparire incomprensibile come
qualcuno possa agire razionalmente, dovendo presupporre che altri segua-
no la stessa regola, per i quali proprio la violazione della regola dovrebbe
essere razionale (36). E forse solo la plausibilit in via di sparizione
delle descrizioni umanistiche del mondo e della societ che ci ha condotti
in questa strettoia. Forse luomo esplode solo nella presunzione di essere
soggetto del mondo, e poi lascia dietro di s miliardi di individui concreti
che come tali vanno di nuovo presi sul serio. E forse stata lultima

19, 21 e segg., 278, allo scopo di superare la struttura del segno con una smanaly-
se orientata verso la sua pratica (il suo lavoro) operativa(o), senza con questo rinun-
ciare ad essa.
(35) Che vi siano tentativi di restituzione fondati sullargomentazione secondo
cui proprio questo renderebbe visibile che non si pu fare a meno di metafisica, un
fatto di cui si deve tener conto. Vedi solo per il caso del segno Josef Simon, ibi-
dem (1989); o con riferimento alla filosofia trascendentale Gerhard Schnrich,
Zeichenhandeln: Untersuchungen zum Begriff einer semiotischen Vernunft im
Ausgang von Ch.S. Peirce, Frankfurt 1990.
(36) Qui anche le teorie dettate dallimbarazzo pongono un istinto sociale natu-
rale, una simpatia naturale, unadesione alle regole coordinata e garantita
dallimmaginazione, con cui Hutcheson, Hume e Smith cercarono di fornire una
spiegazione. Una volta di pi si vede qui quali sforzi debbano venire compiuti per
sostenere un concetto di razionalit fin dallinizio insufficiente.

45
pretesa esterna nei confronti delluomo, quella di essere emancipato, il
che presuppone che lo si veda come schiavo e non nella sua
individualit.
Osserviamo innanzitutto il calcolo delle forme, dal quale prendiamo la
figura del re-entry. Spencer Brown usa (e ci consente lintegrazione di
aritmetica e algebra) un solo operatore, il mark. Questo definisce lunit
operativa di distinction e indication, cio lunit di una distinzione, in cui
la stessa distinzione costituisce una parte. Ma questo viene introdotto
solo con largomento: We take as given the idea of distinction and the
idea of indication, and that we cannot make an indication without drawing
a distinction (37). Solo alla fine del calcolo viene formulato il concetto di
re-entry, il quale include anche questo inizio. Il calcolo modella quindi un
sistema operativo chiuso, che conduce un re-entry latente in un re-entry
palese, ove n allinizio, n alla fine lo stesso re-entry diviene oggetto del
calcolo. Infatti inizio e fine sono distinzioni che non possono venire
distinte nel sistema che inizia e che si conclude, come anche non possi-
bile farlo per luniversalit della applicazione e lelementarit delle opera-
zioni (38). Dipende nientaltro che dallautospiegazione del distinguere
nella costruzione della complessit. E la distinzione perfect continen-
ce, cio corrisponde alla chiusura del sistema. Non c nessun al di
fuori, nessuna dipendenza esterna, nessun mondo portante, salvo che
come componenti della distinzione tra dentro e fuori. La marginalizzazio-
ne di ambedue i re-entries sembra servire a mantenere il calcolo stesso
scevro di paradossi e tuttavia a riconoscere che ogni distinzione parte dai
paradossi, non appena si rompe linterscambiabilit simmetrica di ambe-
due le parti (o laccessibilit reciproca di ciascuna parte nellaltra) attraver-
so un re-entry in una delle due parti.
Queste riflessioni diventano pi concrete se le si spiega con lausilio
della concettualit della teoria sistemica. La nuova teoria sistemica
rinuncia ad ogni sorta di olismi, e con questo anche allo schema distinti-
vo di tutto e parte, e cos anche a forme del re-entry, le quali necessaria-
mente sottintendono che le parti rappresentano il tutto o sono definite da
ologrammi, con i quali il tutto si incide nelle parti. Invece di ci essa
parte dalla distinzione tra sistema e ambiente. Essa non descrive dunque
oggetti determinati, detti sistemi, ma orienta losservazione del mondo

(37) Ibidem, p. 1.
(38) Cfr. an ch e
J o s ep h A. Go g uen / Fran ci s co J . Varel a, S y s t em s an d
Distinctions: Duality and Complementarity , in International Journal of General
Systems, 5 (1979), S. 31-43; Ranulph Glanville / Francisco Varela, Your Inside
is Out and Your Outside is In (Beatles 1968), in G.E. Lasker (a cura di), Applied
Sy stems and Cy bernetics, vol. II, New York 1981, pp. 638-641.

46
nel senso di una determinata distinzione (e di nessunaltra), appunto quel-
la tra sistema e ambiente (39). Ci obbliga a servirsi di concetti costante-
mente autologici, in quanto anche losservatore, finch compie operati-
vamente delle osservazioni e si ricollega ad esse facendovi ricorso, deve
riconoscere di essere egli stesso un sistema-in-un-ambiente. Il narratore
appare in prima persona in ci che egli stesso racconta. Egli, come
osservatore, osservabile. Egli costituisce se stesso nel proprio campo,
e conseguentemente nel modo della contingenza, cio tenendo anche
conto di altre possibilit.
Anche la forma del re-entry segue questo design teorico. Essa vale
solo per la parte del sistema, non per la parte dellambiente della distin-
zione di partenza e descrive il reingresso della distinzione tra sistema e
ambiente nel sistema. Essa acquista cos la forma della distinzione tra
autoreferenza ed eteroreferenza, presupponendo con ci che per ogni siste-
ma, nel modo proprio a ciascuno, chiaro a cosa si riferisca la differenza
tra auto ed etero, vale a dire a se stesso. In caso di necessit il re-
entry ripetibile in seno alla distinzione tra autoreferenza ed eteroreferen-
za. Il s si pone allora come osservatore di secondo ordine, il quale
osserva come egli stesso divida in due il mondo attraverso lo schema di
autoreferenza ed eteroreferenza. Ci conduce da una parte ad una visione
del mondo costruttivistica, per la quale lunit del mondo e la sua
determinabilit attraverso unosservazione distintiva non coincidono pi;
e daltra parte allaccettazione della certezza che ogni osservazione nel
mondo rende il mondo visibile, e invisibile.
Losservazione di quelle operazioni che realizzano il re-entry di primo
o di secondo ordine, conduce allosservazione della produzione e dello
sviluppo di una paradossia. Lesterno accessibile solo dentro.
Losservazione osserva loperazione dellosservazione; essa osserva se
stessa come oggetto e come distinzione o, secondo la concezione del
Romanticismo, come sosia o, resa asimmetrica, come maschera, allo
specchio, da dentro e da fuori (40), ma sempre con operazioni proprie,
dunque fortemente individuali. La loro rappresentazione matematica
richiederebbe uno spazio immaginario, inventato solo per questo
scopo. In ogni caso non basterebbe aggirare il problema introducendo

(39) Vedi pi dettagliatamente Niklas Luhmann, Soziale Sy steme: Grundri


einer allgemeinen Theorie, Frankfurt 1984, p. 15 e segg.; tr. it. I sistemi sociali.
Fondamenti di una teoria generale, Bologna 1990.
(40) Si legga ad esempio La principessa Brambilla di E.T.A. Hoffmann. Cfr.
anche Winfried Menninghaus, Unendliche Verdopplung: Die frhromantische
Grundlegung der Kunsttheorie im Begriff absoluter Selbstreflex ion, Frankfurt
1987.

47
una gerarchia per tipi, che non porta a niente di pi che a un offusca-
mento della paradossia con una distinzione tra livelli escogitata a que-
sto scopo.
Si pu cercare la razionalit in questo mondo di magia e ironia, di
immaginazione e di matematica, di schizofrenia e di individualizzazione
attraverso un osservare-se-stesso-come-osservatore? Certamente no, se si
pretende di poter descrivere cos il mondo come esso realmente e, par-
tendo da qui, di comunicare ad altri come essi debbano correttamente pen-
sare e agire. Non vi alcun concetto logico di distinzione razionale che
possa ricondurre a questa posizione di unit ed autorit. Mai pi la ragio-
ne! Ma possibile immaginarsi che la regola osserva losservatore, e
lo sviluppo degli strumenti formali a ci adatti facciano uscire dalla pura
rassegnazione nei confronti di idee obsolete.
Si pu infatti osservare ci che altri osservatori non possono osserva-
re, e si pu osservare che si viene osservati se stessi in questo modo.
Formalmente ci riconduce ad una forma autoreferenziale (41). Un osser-
vatore pu pertanto anche osservare come un sistema generi paradossi
attraverso le distinzioni di cui si serve; e quali distinzioni esso usi, per
sviluppare questi paradossi, decomporli in identit distinguibili e con
ci risolverli (42). Vi sono, in altri termini, sempre delle distinzioni con
cui un sistema si identifica, in quanto occulta i paradossi di questo, al
fine di evitare altri paradossi della distinzione (43). Questa condizione
descritta dal calcolo delle forme di Spencer Brown con lingiunzione ini-
ziale: draw a distinction!, ove con distinction si intende lunit della
distinzione tra distinction e indication, che ha gi effettuato il proprio re-
entry senza poterlo osservare.

IV

Queste riflessioni possono essere condensate in un concetto di razio-


nalit del sistema basato sulla teoria della differenza (44). Esso dovrebbe
(41) Si veda, in collegamento con Spencer Brown, Jacques Miermont, Les con-
ditions formelles de ltat autonome, in Revue international de systmique, 3
(1989), pp. 295-314, in particolare 303 e segg..
(42) Che questa sia la procedura consueta dei sistemi filosofici lo dimostra
Ni ch o l as Res ch er, Th e S t ri f e o f S y s t em s : A n Es s ay o n t h e Gro un ds an d
Implications of Philosophical Div ersity , Pittsburgh 1985.
(43) Per lapplicazione a temi della storia del diritto cfr. Niklas Luhmann, The
Third Question: The Creativ e of Paradox es in Law and Legal History , in Journal
of Law and Society, 15 (1988), pp. 153-165.
(44) Con ci non si intendono escludere i concetti di razionalit astratta, che si

48
muovere dal fatto che un sistema si esclude operativamente dallam-bien-
te e si rinchiude in s osservando, nel porre la differenza nei confronti
dellambiente, come distinzione tra autoreferenza ed eteroreferenza, alla
base delle osservazioni proprie del sistema. Ci significherebbe che il
sistema, tramite un processo di differenziazione, diventa assolutamente
indifferente nei confronti di ci che accade nellambiente, ma usa questa
indifferenza come uno scudo protettivo per costruire la propria comples-
sit, la quale poi pu essere ipersensibile nei confronti di irritazioni cau-
sate dallambiente, nei limiti in cui queste possono venire notate interna-
mente e sotto forma di informazioni. La razionalit potrebbe quindi
significare: riflettere nel sistema lunit della differenza tra sistema e
ambiente. Ma ci non pu avvenire dialetticamente come eliminazione
della differenza, e nemmeno come rinvio ad un sistema a pi ampio rag-
gio, ad un sistema pi alto, ad un ecosistema. Nella tradizione questa
estensione al tutto era stata ricollegata ad idee di dominio. Ambedue le
cose contrassegnano le realt strutturali della societ moderna. Ci che
resta la possibilit di continuare la propria autopoiesis in queste condi-
zioni ancora intensificabili, sempre pi improbabili, finch possibile.
Ma che cosa ci sarebbe in questo di specificamente europeo? Che cosa
avrebbe questo a che fare con le strutture specificamente moderne di una
societ mondiale che, muovendo dallEuropa, si sviluppata in sistema
di comunicazione globale?
Innanzitutto sono opportune alcune delimitazioni in rapporto a ci
che non pu entrarci. Non centra chiaramente la continuazione pervicace
di un tlos razionale della storia europea, del tipo di quello vagheggiato
da Husserl nella sua opera tarda (45). Non centra la persistenza di un
punto di vista della ragione, a partire dal quale ci che ad essa non corri-
sponde pu essere definito irragionevole; infatti anche la distinzione
ragionevole/irragionevole (razionale/irrazionale) solo una distinzione, a
proposito della quale occorre osservare chi la usa e a che scopo. Non
centrano paragoni culturali di qualsivoglia sorta, che o offrono solo
associazioni o presuppongono un punto di vista esterno che non pu
esserci. Non centrano infine fusioni alla moda di misticismo e raziona-
riusciti a determinare sulla stessa base ad esempio un concetto di razionalit
della forma, che definisce e delimita in maniera del tutto astratta il re-entry della
forma.
(45) Si v eda s o p rat t ut t o Edmun d Hus s erl , Di e Kri s i s der euro p i s ch en
Wissenschaften und die transzendentale Phnomenologie, in Husserliana, vol. VI,
Den Haag 1954; tr. it. La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascen-
dentale, Milano 1961. Dobbiamo aggiungere che si pu ben comprendere e rico-
noscere lattrazione esercitata da questa idea allepoca dellespansione territoriale
del fascismo e nellimmediato dopoguerra.

49
lit che confondono il patrimonio di pensiero dellestremo oriente con
quello europeo (46). Non dobbiamo escludere apoditticamente un ritorno a
tali figure, le quali per restano esplicitamente allinterno della tradizione
del concetto di razionalit europeo, la quale distingue, dissolve e rico-
struisce se stessa.
Se, chi vive allinterno di questa tradizione, legge testi sul mondo,
sulla societ, sulla politica ecc. che gli vengono spediti da un collega
cinese o indiano, li trova elaborati per categorie. Questo significa che
essi usano concetti (come si faceva una volta nella tradizione europea
con le categorie), per suddividere linguisticamente la realt (47). I concetti
distinguono ci che essi definiscono (oppure cos ci sembra), ma non
spiegano perch vengano scelte determinate distinzioni e non altre. Nella
concettualit o nella sua traduzione pu confluire qualcosa del patrimo-
nio di pensiero europeo, ma essa viene applicata nella prospettiva di un
osservatore di primo ordine, come se potesse definire qualcosa, che
cos, come essa la definisce. Le generalizzazioni possono portare
allambiguit, forse anche a contraddizioni. Ma questo non viene notato
o in ogni caso non viene avvertito come causa di disturbo, e non modifi-
ca affatto lintenzione di descrivere direttamente il mondo o alcuni dei
suoi fatti.
Tuttavia non dobbiamo troppo semplificare le cose. Anche questa tra-
dizione conosce gi molto bene lautoreferenzialit del sapere, cos come
conosce anche segni autoreferenziali, cio simboli. Le forme del sapere
autoreferenziale vengono comunicate come saggezza (48). La saggezza
esattamente ci che appare, quando il sapere del sapere, dunque il sapere
autoreferenziale, si sviluppa a livello dellosservazione di primo ordine e
non abbandona questo livello. Gli inizi possono aver avuto luogo nella
pratica divinatoria, sia del vicino oriente che della Cina; successivamente
nella loro messa per iscritto in testi e nella riflessione sui difetti del

(46) Per la critica sufficiente rinviare a Henri Atlan, A tort et raison:


Intercritique de la science et du my the, Paris 1986.
(47) In merito alla questione della peculiarit della tradizione europea (greca), in
questo contesto delluso della lingua per la spiegazione dellessere, cfr. Jacques
Derrida, Le supplment de copule: La philosophie dev ant la linguistique, in dello
stesso autore, Marges de la philosophie, Paris 1972, pp. 209-246. Per Derrida
anche qui decisiva la decostruzione di forme, la cui marca indica qualcosa di
assente. Ma questo allora non pi qualcosa di specificamente europeo.
(48) Si veda in merito linteressante testo di Alois Hahn, Zur Soziologie der
Weisheit, in Aleida Assmann (a cura di), Weisheit: Archologie der literarischen
Kommunikation III, Mnchen 1991, pp. 47-57. Sono daccordo sotto molti punti di
vista con questanalisi e aggiungo solo la distinzione (per me in verit decisiva) tra
osservazione di primo e di secondo ordine e con ci una maggiore storicizzazione.

50
materiale semantico primario. Non vogliamo per escludere altri impul-
si. In ogni caso nel risultato si trovano elementi di un patrimonio di
sapere, di cui ci si pu servire solo riferendoli ad una situazione (come i
proverbi) e i quali, come a compenso di questi difetti, obbligano lo stes-
so saggio a comportarsi nella sua condotta di vita secondo la sua saggez-
za (49). Mancano sforzi per compensare le contraddizioni (cio sforzi di
sistematizzazione), poich il saggio osserva se stesso, mette in pratica in
prima persona la sua saggezza e non tenta di armonizzarsi con i punti di
vista di altri o con le altrui potenzialit di consapevolezza. E se questo
esatto, ne consegue, rovesciando le conclusioni, che le sistematizzazioni
si correlano con un passaggio allosservazione di secondo ordine. Sia nel
diritto che nella sociologia si arriva alla rinuncia alla saggezza, non
appena nei gi molti testi disponibili emergono contraddizioni che danno
lo spunto per problematizzare ermeneuticamente (come poi si dice) la
modalit di osservazione, presupponendo una costanza dei testi di cui
volta per volta si tratta. La filosofia trascendentale e con essa la figura
del soggetto autonomo stata forse lultimo tentativo europeo di acqui-
sire un ordine del sapere ritornando alla soggettivit e ai suoi fatti di
coscienza e obbligare, tramite detto ordine, in senso cognitivo, etico ed
estetico.
Parallelamente rispetto a questo la stampa dei libri facilita il passag-
gio ad una tecnica di sapere molto pi volgare rispetto alla saggezza, tec-
nica che ora si fonda completamente sulla scrittura e conduce gi
allosservazione di secondo ordine. Nel formato tipico degli scientific
papers occidentali si parte dal punto in cui la ricerca arrivata. Anche
questo risparmia una riflessione ad ampio spettro. Si deve solo offrire
qualcosa di nuovo in rapporto a ci che disponibile nel campo delle
pubblicazioni (50). Una pedanteria che sfiora la buffoneria, controllata da
redazioni ed esperti, sostituisce ogni riflessione. Anche questo pu essere
ancora praticato come osservazione del mondo di primo ordine. Maturana
direbbe: come osservazione della propria nicchia, con la quale il sistema
interagisce (51). Ma la forma scelta in modo tale da essere compatibile
(49) Si veda nella tradizione europea ad esempio il precetto della purezza nel
Cratilo 396 E-397 di Platone come presupposto per la comprensione del nesso tra
cose e nomi.
(50) Sulla storia di questa forma come risultato della stampa dei libri e del pro-
cesso di differenziazione della scienza cfr. Charles Bazerman, Shaping Written
Knowledge: The Genre and the Activ ity of the Ex perimental Article in Science,
Madison Wisc. 1988.
(51) Cfr. Humberto R. Maturana, Erk ennen: Die Organisation und Verk rperung
v on Wirk lichk eit: Ausgewhlte Arbeiten zur biologischen Epistemologie,
Braunschweig 1982, p. 35 e segg..

51
con la contingenza di tutte le descrizioni del mondo; essa ricava la pro-
pria legittimazione solo dallo stato momentaneo della ricerca, da una
situazione storica concreta che deve essere cambiata attraverso se stessa.
Senza essere previsto in questo modo, il testo di per s del tutto privo di
ambizioni realizza una descrizione del mondo che trasforma ci che
descrive attraverso la descrizione. Esso realizza lautopoiesis del sistema
scientifico e con esso del sistema sociale, senza doverlo riflettere per
poter compiere loperazione. Della riflessione responsabile un altro
livello che si distingue, in quanto teoria scientifica, (o in senso pi lato:
in quanto teoria della conoscenza), dalloggetto immediato della ricerca e
da parte sua spiega, in riferimento allo stato momentaneo delle sue ricer-
che, ci che di nuovo, in quanto ricerca, ha da offrire alla ricerca (52). La
filosofia dunque, da Hegel in poi, la sua stessa storia; ma al di l di
Hegel fissata per un osservatore, che pu giudicare a proposito in
maniera diversa e proporre altre distinzioni.
Si pubblica, non per insegnare, ma per essere osservati. Il sistema
scientifico articolato mediante differenziazione su un livello di osserva-
zione di secondo ordine. Lo stesso vale per il sistema economico di mer-
cato (53), per la politica che deve orientarsi verso lopinione pubblica
(54), per larte (55), presumibilmente per tutti i sistemi funzionali articola-

ti mediante differenziazione. E i sistemi funzionali, non la societ in


quanto unit, sono gli esecutori operativi della razionalit della societ
moderna. Quello che ci si aspetta dalla razionalit deve pertanto essere
sintonizzato con formazioni sistemiche che debbono garantire la loro
autopoiesis anche sul piano dellosservazione di secondo ordine, anzi in
prima analisi a questo livello, ad esempio della razionalit concorrenziale
(detta concorrenza) nelleconomia e nella politica, o dellosservazione
costante degli osservatori nello schema vecchio/nuovo nella scienza e
nellarte.
Si notato che il razionalismo, anche in queste condizioni, lascia che
emergano i problemi attraverso la situazione storica, cio si comporta in

Proseguendo non a caso e in ogni modo con articoli in riviste. Uno dei
(52)
grandi esempi di questo secolo Willard van O. Quine, The Two Dogmas of
Empiricism, cit. in base alla ristampa in, stesso autore, From a Logical Point of
View, 2a ed. Cambridge Mass. 1961, pp. 20-46.
(53) Vedi Di rk Baeck er, In f o rm at i on un d R i s i k o i n der M ark t wi rt s ch af t,
Frankfurt 1988.
(54) Vedi Niklas Luhmann, Gesellschaftliche Komplex itt und ffentliche
Meinung, in: dello stesso autore, Soziologische Aufk lrung, vol. 5, Opladen
1990, pp. 170-182.
(55) Vedi Niklas Luhmann, Weltk unst, in Niklas Luhmann / Frederick D.
Bunsen / Dirk Baecker, Unbeobachtbare Welt, Bielefeld 1990.

52
maniera tradizionale, bench sia sorto nel diciassettesimo/diciottesimo
secolo rifiutando i vincoli tradizionali e cerchi ancora oggi di mettersi in
evidenza attraverso la critica del tradizionalismo. In rapporto ai problemi
che esso stesso solleva, il razionalismo si comporta ancora in maniera
cieca (56). un fatto indiscutibile e insuperabile anche sul piano
dellosservazione di secondo ordine. Piuttosto losservatore ripropone a
questo livello il problema allosservazione, e con ci anche a se stesso.
Infatti non si pu vedere ci che non si vede, ma forse si pu vedere
almeno, che non si vede ci che non si vede.
Una teoria che accolga queste riflessioni pu essere una teoria della
societ, deve per essere ben ancorata al sistema scientifico e accontentarsi
di essere solo una teoria sociale. Essa determiner un concetto costruttivi-
stico di realt, che tenga conto del fatto che gli osservatori di primo ordine
non hanno a che fare con costruzioni, bens con oggetti. Essa non ricono-
scer pi rappresentazioni vincolanti, bens ritrover se stessa e non
solo, anche gli altri! in un mondo costituito in maniera polistrutturale.
Essa, quanto pi riflette la propria costruttura, dovr sopportare di essere
vittima del proprio autodisinteressamento, compensato dalla certezza, di
cui si tiene contemporaneamente conto, che vi sono altri punti di partenza
per la razionalit e per losservazione di secondo ordine.
Anche questo concetto costruttivistico, policontestuale, di razionalit,
deve essere diversamente non lo si potrebbe descrivere un momen-
to di una distinzione. usuale porre storicamente questa distinzione,
cio in rapporto con la vecchia Europa o con altre culture del mondo
antico. Ci lascia aperta tuttavia ogni possibilit per lautocomprensione
del Moderno, il quale dipende da noi e conduce nel migliore dei casi al
vocabolo, di cui nel frattempo si abusato, di Postmoderno. Forse
possibile concepire idee concretamente pi precise in merito allaltra
faccia della realt, del tipo, ad esempio, di quelle che potrebbero essere
definite con le semantiche dei paradossi, dello spazio immaginario, del
punto cieco di tutte le osservazioni, dei parassiti che sono parassiti di se

(56) Cos Terry Winograd / Fernando Flores, Understanding Computers and


Cognition: A New Foundation for Design, Reading Mass. 1987, in particolare p.
77: ...the rationalistic tradition... tends to grant problems some kind of objecti-
ve existence, failing to take account of the blindness inherent in the way pro-
blems are formulated. Cfr. anche p. 97 e segg.. Analogamente la pensa Klaus
Peter Japp, Das Risik o der Rationalitt fr technisch-k ologische Sy steme, in
Jost Halfmann / Klaus Peter Japp (a cura di), Risk ante Entscheidungen und
Kat as t ro p h en p o t en t i al e: El em en t e ei n er s o z i o l o g i s ch en R i s i k o f o rs ch un g ,
Opladen 1990, pp. 34-60, nellincompetenza congenita, poter tener conto di
effetti non-razionali di decisioni razionali (51), il rischio della preferenza per le
decisioni razionali.

53
stessi, del caso o del caos, del re-entry o della necessit di esternalizzare
in direzione di un unmarked state. Queste sarebbero allora idee che deb-
bono il loro profilo esclusivamente alla precisione, con la quale si fissa
la razionalit, e che vanno infine in direzione di unautodefinizione indi-
retta del razionale. Ma anche allopposto: proprio la comprensibilit del
mondo diventa incomprensibile e lo sbigottimento di fronte al funziona-
mento della tecnica diventa tanto pi grande quanto pi si sa come essa
funziona.

In concl us i one ri t orni am o al l e ques t i oni di form a, ci o


allinterrogativo sul come si distingua la razionalit. Dovrebbe essere
chiaro che non pu trattarsi di un autoaccertamento cartesiano della
razionalit che, una volta accertata, pu servirsi di se stessa come
punto di partenza per le distinzioni (ad esempio tra vero e falso).
Lautoaccertamento della razionalit presuppone piuttosto gi una
distinzione, nel caso in cui essa non possa proporsi come tema.
Tuttavia questo era il risultato delle nostre analisi del capitolo II
non si pu presupporre nessuna distinzione, senza sollevare
linterrogativo circa quale osservatore la usi, con quali limitazioni di
scelta per lui tipiche, con quale punto cieco e a che scopo. Non esiste
distinzione che si possa sottrarre ad una osservazione di secondo ordi-
ne, nemmeno la distinzione di Spencer Brown tra distinzione e defini-
zione.
Ma ci non deve significare che questa possa diventare lultima via di
uscita di una rinuncia forzata a segni stabili, e che ora si trovi questo
increscioso. Ci non deve neppure significare che ora si festeggi questo
esito come vittoria della retorica sullontologia e che la malattia, essendo
diventata universale, si spacci per salute (57). Ci pu condurre sulla strada
giusta, ma ci che manca la riflessione della forma, e solo questo
potrebbe legittimare il mantenimento del titolo di razionalit, evitando di
parlare semplicemente, vincendo limbarazzo, di postrazionale (58).
Presupposto di ogni razionalit una distinzione che ritorna di nuovo
in se stessa. Avevamo illustrato ci a proposito del caso del calcolo delle

(57) Cos interpreto (interpreto) io (io) Stanley Fish, ibidem.


(58) Cos ad esempio MacCannell, ibidem (1982), p. 121 per una riflessione
molto prossima: The postrational perspective differs from the rational by being
that position that cannot honor absolutely the fundamental claims Reason makes
as to the necessity of its divisions; it knows them to be arbitrary.

54
forme di Spencer Brown (distinction/indication), adducendo lesempio
della teoria dei sistemi (sistema/ambiente) e lesempio della distinzione
tra segno e significato, scegliendo questi esempi per abbracciare campi
quanto pi possibile complessi e noti dellintellettualit moderna (mate-
matica, teoria dei sistemi, semiotica), con tutte le loro insicurezze deter-
minate dal riguardo nei confronti della tradizione. Si trovano facilmente
esempi ulteriori, una volta che si ha di fronte agli occhi questa forma
autoimplicantesi, quale, ad esempio, la distinzione tra osservazione e
operazione, la quale implica che losservazione stessa sia unoperazione e
che la distinzione stessa sia uno strumento dellosservazione; o la distin-
zione tra medium e forma, che si pu reggere solo come forma in un
medium (59).
Comune a tutti questi casi non solo la forma del rientro della distin-
zione nella distinzione, ma al contempo anche un riferimento implicito
al contesto storico, in cui essi sono formulati, allesperienza della
societ moderna. Essi negano esplicitamente un orientamento verso
segni ontologici, anche a quelli della filosofia trascendentale. Essi cerca-
no il loro ultimo punto di riferimento in una differenza e osservano di
conseguenza ogni ricerca di unit anche, ad esempio, negli atomi
della fisica moderna (60) come desiderio (senza speranza) di ritornare
allo stato di natura o addirittura in paradiso (61). Essi osservano con la
distanza di un osservatore di secondo ordine coloro che tentano di riuscir-
ci e sanno gi che non ci riusciranno.
Ma la forma dellingresso della distinzione nella distinzione pu esse-
re considerata razionale solo perch essa rende possibile questo disaccop-
piamento? Non si tratta solo di una specificazione storica, che non con-
serva niente di pi che il fallimento di tutti i concetti di razionalit
dipendenti dal riferimento? La forma garantisce chiusura, perfect conti-

(59) Come punto di partenza di questa concettualit poco nota vedi Fritz Heider,
Ding und Medium, in Sy mposion 1 (1926), pp. 109-157. Cfr, inoltre Niklas
Luhmann, Das Medium der Kunst, in Delfin, 4 (1986), pp. 6-15; anche in
Frederick D. Bunsen (a cura di), ohne Titel: Neue Orientierungen in der Kunst,
Wrzburg 1988, pp. 61-71.
(60) Concretamente qui si intende David Bohm. Vedi, ad esempio, Fragmentie-
rung und Ganzheit, in Hans-Peter Drr (a cura di), Phy sik und Transzendenz: Die
groen Phy sik er unseres Jahrhunderts ber ihre Begegnung mit dem Wunderbaren,
Bern, 1986, pp. 263-293. Cfr. anche Ken Wilber (a cura di), Das holographische
Weltbild, Bern 1986.
(61) Anche MacCannell / MacCannell ibidem (1982), P. 149, la vedono cos
con le limitazioni (?) che derivano dalla seguente citazione: Assumptions of
unity at the level of the individual or the community are based on a desire to return
to a state of nature.

55
nence, per dirla di nuovo con Spencer Brown (62). Ma essa deve ci ad
una paradossia inizialmente nascosta, poi da scoprirsi, che consiste nel
fatto che la distinzione che rientra in s la stessa e non la stessa.
Evidentemente la paradossia simboleggia (ma si pu dire simboleg-
gia?) il mondo. Esso blocca losservatore prima che questi cominci a
dire qualcosa sul mondo, cosa che potrebbe condurre solo al sottrarsi del
mondo alla asserzione. La paradossia della forma sarebbe, visto cos, una
rappresentazione del mondo nel modo della inosservabilit, ma con la
sollecitazione di sciogliere la paradossia con le distinzioni che gli si addi-
cono, a svilupparlo attraverso lidentificazione della distinzione. Laltra
faccia della forma del razionale, che deve essere esclusa (anche se potreb-
be venire definita), la paradossia della forma.
Ma anche definizioni come mondo o paradossia sono solo (ma
dobbiamo dire solo? e cosa perdiamo, se diciamo solo?) componenti
di una distinzione. Con ci la dipendenza della definizione dalla distinzio-
ne sembra essere quel problema che ha avviato lo sviluppo europeo
verso unosservazione di secondo ordine. Quando ci viene formulato,
emerge che la mistica dellestremo oriente (ammesso che questo termine
europeo sia adatto) reagisce diversamente, vale a dire con un rigetto diret-
to del distinguere, nella forma particolarmente drastica della pratica
comunicativa del koan nel buddismo zen (63). Laspettativa di una rispo-
sta specifica contenuta in una domanda, che, in quanto definizione di un
qualcosa, deve attualizzare una distinzione e condurre con s unaltra
parte, viene distrutta in quanto aspettativa, verbalmente o anche brutal-
mente. Ci non conduce ad una paradossia che da parte sua, in quanto
forma specifica di un su e gi senza via duscita, di nuovo una forma, e
dunque ha un altro aspetto, vale a dire la necessit di uno sviluppo della
paradossia, attraverso trasposizione in distinzioni praticabili (prototipo:
distinzione in tipi o livelli). Lesperienza viene piuttosto riferita diretta-
mente al non distinto, e ci nella prospettiva di un osservatore di primo
ordine. Quale che sia il risultato cui si arriva in tal modo: non si tratta di
elaborazione sociale delle differenze, bens di liberazione dal dover distin-
guere.
Gli europei sono abituati a trasformare le culture straniere
dallincomprensibile al comprensibile. La comunicazione su scala mon-
diale li ha costretti a questo, soprattutto dopo la scoperta delle Americhe,
che fu contemporanea allinvenzione della stampa. Disponiamo di esperti

(62) Laws of Form, ibidem, p. 1.


(63) Cfr. , a ques t o p ro p o s i t o ,
Ni k l as Luh man n / Pet er Fuch s , R eden un d
Schweigen, Frankfurt 1989, p. 46 e segg..

56
in questi campi: etnologi, orientalisti, studiosi delle religioni, psicoanali-
sti. E siamo anche abituati, come lettori di romanzi e di critiche ideologi-
che, a vedere che altri non vedono ci che non vedono. Ma la razionalit
potrebbe, se si vuole mantenere il vecchio riferimento universale del con-
cetto e non si desidera pi partecipare alle perturbazioni dellera moderna,
essere di nuovo riconquistata, solo se si smussano quelle abitudini con
una conclusione autologica, se la si applica anche a quella che essa pratica
e la si pone cos come universale. Si tratterebbe allora di comprendere che
non si capisce ci che non si capisce, e provare delle semantiche che ne
vengano a capo.
Nella tradizione questo veniva definito religione. Ma se si deve conti-
nuare a servirsi di questo concetto, si dovrebbero scambiare aspettative
corrispondenti. Si tratterebbe allora non di un potenziale per la sicurezza,
bens di un potenziale per linsicurezza. E non di vincolo, bens di
libert: si tratterebbe della sede dellarbitrio, che non trova in nessun
luogo un posto, e quindi di immaginazione.

57
III. La contingenza come valore proprio della
societ moderna

Tra le descrizioni pi frequenti della societ moderna si trova costan-


temente il rinvio ad una quantit di contingenza fuori dallordinario.
Esso si riferisce alle strutture della societ, ad esempio al diritto positi-
vo, al governo volta per volta in carica, al capitale investito
nelleconomia e, almeno da Boutroux (1) in poi, anche alle leggi natura-
li, sulle quali tutte le tecnologie debbono poter far conto, e persino allo
stesso uso dei segni (2). Il concetto di cultura dellera moderna implica
sia riflessivit nel senso di autoanalisi, che il sapere che esistono altre
cul t ure, e dunque l essere consapevol i del l a cont i ngenza
dellappartenenza di determinati elementi a determinate culture. Ci che
sempre avviene limpegno nel contesto della contingenza, e il passa-
to, anche se esso stesso non pi contingente, viene ricostruito attra-
verso la filosofia della storia dal Settecento in poi, e dalla teoria
dellevoluzione dallOttocento in poi, in maniera tale che ci si rende
conto che anchesso stato contingente.
Lattenzione al contingente cos esercitata, che essa accompagna
ogni ricerca del necessario, di validit a priori, di valori inattaccabili e
nella contingenza di questo sforzo (che diventa visibile in quanto sforzo)
trasforma gli esiti in qualcosa di contingente, loro di Mida del
Moderno. Questo pu essere documentato sia nella storia della teoria della
scienza che nel concetto di norma nella giurisprudenza. The most corro-
sive message of legal history is the message of contingency, si dice in

(1) Vedi Emile Boutroux, De la contingence des lois de nature (1874), cit.
dall8 ediz., Paris 1915.
(2) Vedi, anche se il concetto di contingenza non vi messo in particolare evi-
denza, Josef Simon, Philosophie des Zeichens, Berlin 1989.

59
un trattato dei Critical Legal Studies (3). La teoria sociologica di Talcott
Parsons, nellaffrontare il quesito posto in merito a come sia possibile
lordine sociale, muove dal problema della contingenza e cerca la risposta
non nelle necessit residue di una natura sociale, bens
nellinsostenibilit di situazioni caratterizzate da doppia contingenza, inte-
sa come reciproca dipendenza di aspettative complementari (non uguali!)
(4). La teoria della conoscenza ha trovato nel costruttivismo radicale (per

quanto cangiante e controverso sia questo concetto (5)) un rapporto con la


propria contingenza, in cui essa non esclude pi la circolarit. Cos viene
anche superata limpostazione del problema del vecchio scetticismo.
Questo infatti aveva solo messo in dubbio la possibilit di un rapporto
fisso tra conoscenza e realt, che fosse tale da condurre alla verit, poich
tutto pu sempre essere diverso; oggi si vede invece che un tale rapporto
non pu proprio sussistere, poich condurrebbe ad un sovraccarico di
informazioni ed escluderebbe cos la conoscenza.
Daltro canto anche corrente limpressione che il singolo sia espo-
sto al sistema sociale quasi senza scampo, e persino che la societ si sia
essa stessa esposta senza scampo e che continuer senza sosta ad autodi-
struggersi secondo una propria logica, se non in modo capitalistico, in
ogni caso ecologico. A che giova allora la tanta contingenza, se non la
si pu organizzare, non si pu servirsene, per condurre su altri binari
levoluzione della societ?

(3) Cito Elisabeth Mensch, The History of Mainstream Legal Thought, in


David Kairys (a cura di), The Politics of Law: A Progressiv e Critique, New York
1982, pp. 18-39 (18).
(4) Vedi il General Statement in Talcott Parsons/Edward A. Shils (a cura di),
Towards a General Theory of Action, Cambridge Mass. 1951, p. 14 e segg.. Cfr.
anche James Olds, The Growth and Structure of Motiv es: Psy cological Studies in
The Theory of Action, Glencoe Ill. 1956, in part. p. 198 e segg.. Sul concetto di
contingenza di Parson vedi anche Niklas Luhmann, Generalized Media and the
Problem of Contingency , in Jan J. Loubser et al. (a cura di), Ex plorations in
General Theory in Social Science: Essay s in Honor of Talcott Parsons, New York
1976, vol. 2, pp. 507-532. Un problema quasi identico era stato trattato in prece-
denza sotto la voce amor di s (lordine nonostante lamor di s attraverso
lamor di s). Vedi il Trait de la charit et de lamour propre, in Pierre Nicole,
Essais de Morale, vol. III, 3a ediz. Paris 1682, in particolare il cap. II (Comment
lamour propre a p unir les hommes dans une mesme societ). Secondo questo
autore, ciascuno vede lamor di s, e con ci la minaccia allordine, anche
nellaltro, e si deve autodisciplinare, per potersi mantenere; ma questo natural-
mente non ci che la religione richiede come charit. Il punto di partenza di
questordine non sarebbe naturalmente il diritto naturale, come viene esplicita-
mente obiettato contro Hobbes (p. 149), bens il peccato.
(5) Vedi i testi in Siegfried J. Schmidt (a cura di), Der Disk urs des Radik alen
Konstruk tiv ismus, Frankfurt 1987.

60
Un quesito di tale portata al di l delle intenzioni delle riflessioni
che seguono. Noi ci poniamo uno scopo pi limitato. Indurremo a riflet-
tere circa cosa si pu intendere quando si parla di contingenza nella
societ moderna.
Allinterno dellapparato della concettualizzazione logico-modale, il
concetto di contingenza definito in maniera rapida e univoca.
Contingente tutto ci che non n necessario, n impossibile (6). Il
concetto viene dunque ricavato dalla negazione della necessit e
dellimpossibilit (7). Il problema qui che queste due negazioni non si
lasciano ridurre ad una sola. Non sarebbe poi peggio, se si dovesse tratta-
re la negazione come operatore identico e applicare questo ad affermazio-
ni diverse. Qui per viene costituito un concetto attraverso due negazio-
ni, che poi debbono venire trattate come unit nellapplicazione ulteriore
del concetto. Questo gi nel Medioevo ha indotto a pensare che i proble-
mi della contingenza non possano essere adeguatamente trattati con una
logica bivalente riferita allontologia (essere/non-essere) (8), bens richie-
de un terzo valore di indeterminatezza. Nel contesto teologico questo
pot ricondurre al mistero della creazione e alle qualit inspiegabili del
creatore (lAltissimo possiede sempre qualit inspiegabili), e dunque ad
un lasciare aperto il quesito circa perch Dio abbia creato il mondo e per-
ch lo abbia creato cos come , bench avrebbe potuto non crearlo pro-
prio o crearlo diversamente. Solo nellepoca pi recente iniziata siste-
maticamente la ricerca di una logica polivalente. Basti citare qui il nome
di Gotthard Gnther (9), o anche rinviare alla possibilit di una presenta-
zione a mo di matrice di una maggioranza di valori logici.
Considerevole rimane il fatto che la contingenza costituisca, in rap-
porto alla necessit e allimpossibilit, una generalizzazione dai deboli

(6) Queste definizioni vengono attribuite ad Aristotele, per quanto si possano


avere opinioni disparate sullautenticit delle parti rilevanti del testo. Vedi per i
di v ers i s i g n i fi cat i di en dech men o n A. P. Bro g an , A ri s t o t l es Lo g i c o f
Statements about Contingency , Mind 76 (1967), pp. 49-61.
(7) Al fine di semplificare, supponiamo che necessit e impossibilit siano
concetti univoci, ben sapendo, che nel ductus della tecnica kantiana di porre quesi-
ti, questa univocit si potrebbe dissolvere e ci si potrebbe interrogare circa le con-
dizioni della necessit o dellimpossibilit, e dunque rendere contingenti gli stessi
concetti teorico-modali.
(8) Per un tale tentativo vedi Aristotele, Peri hermeneias 12 e 13. La negazione
di contingente come non-contingente diventa polisemica, poich pu significare
non solo necessaria, ma anche impossibile.
(9) Vedi Idee und Grundri einer nicht-Aristotelischen Logik , Hamburg 1959;
Beitrge zur Grundlegung einer operationsfhigen Dialek tik , 3 voll., Hamburg
1976-1980.

61
presupposti, e proprio per questo (?) richieda il complesso apparato
logico, come se perdite di univocit del mondo dovessero essere com-
pensate con mezzi logici. Questo potrebbe anche chiarire che le ricerche
di una logica polivalente o di una logica modale con molteplici forme
di negazione (che riguardano la cosa stessa e la sua modalit) conducono
a formalismi che sono difficili da interpretare. Per una comprensione
della societ moderna ci non direttamente fruttuoso. Questo ci porta
a seguire una traccia diversa. Senza voler contestare il valore di tali
ricerche e i risultati che tramite di esse si possono raggiungere in termi-
ni di comprensione della complessit strutturale, proviamo a chiederci
innanzitutto: esiste una teoria che possa applicare il concetto di contin-
genza?

II

Nelle pagine seguenti tentiamo di interpretare il concetto di contin-


genza attraverso il concetto di osservazione, per pervenire in tal modo ad
una teoria che sia in grado di fornire una comprensione della societ
moderna (10).
Per raggiungere questo scopo, dobbiamo formulare il concetto
dellosservazione in maniera inusuale, poich solo cos ci si pu ricolle-
gare al concetto teorico-modale della contingenza. Osservazione deve
dirsi ogni tipo di operazione che realizza una distinzione, per definirne
una parte (e non laltra). Con la dipendenza della definizione da una
distinzione, la definizione stessa resa contingente, poich con unaltra
distinzione la stessa cosa definita riceverebbe un altro senso (anche se
esso avrebbe lo stesso nome).
Per il concetto astratto di osservazione non conta chi leffettua, e
nemmeno come essa venga effettuata, finch siano realizzate le caratteri-
stiche del distinguere e del definire, e dunque vengono abbracciate con
una occhiata le due parti al contempo (11). Il concetto comprende cos
distinzioni (distinzioni!) classiche; e precisamente sia la distinzione tra
esperire e agire, che la distinzione tra operazioni puramente psichiche, in
cui presente lattenzione; e operazioni sociali, le quali effettuano la

(10) Vedi anche la tesi, ispirata a George Spencer Brown e a Gotthard Gnther,
di Elena Esposito, Loperazione di osserv azione: Teoria della distinzione e teoria
dei sistemi sociali, Bielefeld 1990.
(11) Pi dettagliatamente Niklas Luhmann, Die Wissenschaft der Gesellschaft,
Frankfurt 1990, cap. 2.

62
comunicazione. Anche lagire finalizzato allo scopo dunque un osserva-
re in base alla distinzione tra la situazione caratterizzata secondo lo scopo
e la situazione che si manifesta secondo altre caratteristiche; e anche il
comunicare un osservare con la definizione di informazione, a differen-
za di ci che altrimenti avrebbe potuto essere possibile. La teoria
dellosservazione copre cos un problema che era risolvibile nel concetto
classico di soggetto e oggetto solo separando i rapporti con il mondo in
cognitivi e volitivi, cio con la possibilit di rendere vere delle afferma-
zioni presentando uno stato inizialmente descritto in maniera falsa. Per
la teoria dellosservazione in ci vi semplicemente una concatenazione
circolare di attivit diverse (diciamo sensomotorie).
Solo le osservazioni di secondo ordine danno modo di intendere al
contempo la contingenza ed eventualmente di rifletterla concettualmente.
Le osservazioni di secondo ordine sono osservazioni di osservazioni. Si
pu trattare di osservazioni di altri osservatori o di osservazioni di uno
stesso osservatore in un momento diverso. A seconda di queste varianti
si distinguono nella produzione del senso la dimensione sociale e la
dimensione temporale. Ci rende possibile il dire che la contingenza
una forma che assume la dimensione materiale del medium senso, allor-
ch la dimensione sociale e quella temporale rendono divergenti le osser-
vazioni (13). Oppure, detto altrimenti: tutto diventa contingente, se ci
che viene osservato dipende da chi viene osservato (14). Questa scelta
include infatti anche la scelta tra lauto-osservazione (osservazione inter-
na) e letero-osservazione (osservazione esterna).
Losservare di secondo ordine si fonda su una brusca riduzione della
complessit del mondo delle osservazioni possibili: viene osservato solo
losservare, e solo attraverso questa mediazione si perviene al mondo,
che poi dato nella differenza tra uguaglianza e diversit delle osservazio-
ni (di primo e di secondo ordine). Come molto spesso accade, anche qui
la riduzione della complessit il mezzo per la costruzione della com-
plessit. La chiusura operativa (per il ricorso ad osservazioni solo di
osservazioni) esige indifferenza nei confronti di tutto il resto, per cui pu

(12) Secondo la terminologia di George Spencer Brown, Laws of Form, ristam-


pa New York 1979.
(13) Sulla distinzione di queste dimensioni di senso e sullevoluzione della loro
differenziazione cfr. Niklas Luhmann, Soziale Sy steme: Grundri einer allgemei-
nen Theorie, Frankfurt 1984, in particolare p. 127 e segg.; tr. it. I sistemi sociali.
Fondamenti di una teoria sociale, Bologna 1990.
(14) Determinante la formulazione: chi v iene osservato. Non si tratta dunque
di una nuova versione del noto problema del soggettivismo, secondo cui tutto
dipenderebbe da chi osserva.

63
concentrarsi e conduce cos alla costruzione di sistemi che osservano la
propria complessit, cos come questa si manifesta tra laltro nella diffe-
renziazione delle dimensioni di senso e nei suddetti problemi di logica
delle modalit.
Le osservazioni di secondo ordine si tratta di un ulteriore esempio
di incremento della complessit lasciano aperta la scelta se si debbano
attribuire determinate definizioni allosservatore osservato e cos caratte-
rizzato o se le si considera come elementi caratteristici di ci che egli
osserva. Ambedue le attribuzioni, lattribuzione dellosservatore e
delloggetto, rimangono possibili; i loro risultati possono pertanto esse-
re considerati contingenti. Essi possono essere del tutto combinati, quan-
do ad esempio si considera materialmente giusta unosservazione, ma
tuttavia ci si chiede perch losservatore osservato si interessi proprio a
quella, anzich a unaltra.
Nel mondo moderno allosservatore che sempre pi, o quantomeno
in molti casi, si fanno attribuzioni. Questo pu valere come sintomo del
divenire contingente di tutte le esperienze del mondo. Al di l del dubbio
sempre possibile che un altro definisca qualcosa in modo giusto o sba-
gliato, losservazione del proprio osservare viene usata per osservare
laltro stesso, per caratterizzarlo, per comprenderlo. Una tendenza
allattribuzione allosservatore osservato sorge in particolare quando
losservazione di secondo ordine rivolta alle strutture e funzioni latenti,
e dunque lavora (in senso psicoanalitico, di critica ideologica, di scienza
della sociologia, o anche semplicemente sulla base di osservazioni quodi-
tiane divenute nel frattempo consuete) con lo schema manifesto/latente.
Infatti, che un osservatore non veda qualcosa o addirittura non possa
vederla, non si spiega con un difetto delle circostanze, bens questo pu
dipendere solo da lui. Intenzioni di svelare qualcosa, degli intenti terapeu-
tici, la psicologizzazione e socializzazione del sapere quoditiano hanno
effetti in tal senso, rafforzano se stessi e costituiscono al contempo una
forma assai moderna del rapporto con le contingenze, la quale in definiti-
va pu rinunciare a chiedersi di nuovo se il definito esista oppure
no(15).
Losservazione di secondo ordine mantiene completamente la peculia-
rit operativa di ogni osservazione, vale a dire lunit del distinguere e
definire, il duale del mark (Spencer Brown) o del pointer (Kauf-fman),
composto da una forma di separazione (| o -) e da una forma di direzione (
(15) In meri t o Ni k l as Luh man n , W i e l as s en s i ch l at en t e S t ruk t uren
beobachten?, in Paul Watzlawick/Peter Krieg (a cura di), Das Auge des Betrachters:
Beitrge zum Konstruk tiv ismus, Festschrift fr Heinz v on Foerster, Mnchen
1991, pp. 61-74.

64
oppure >) (16). Il concetto dellosservare rimane invariato per il primo e il
secondo ordine e non considera nemmeno alcuna altra lingua (metalin-
gua). La forma di esecuzione delloperare rimane uniforme dal punto di
vista del sistema. E proprio per questo si perviene a particolari confronti e
a ricorsi riflessivi delle osservazioni cos accoppiate. Il sistema ha un
solo livello operativo, ma ci che vale per laltro osservatore (o per lo
stesso in un momento diverso), vale anche per losservatore di questo. O
quantomento lo irrita e lo induce a ritornare su se stesso. Proprio per que-
sta ragione balza allocchio la diversit delle distinzioni e delle definizioni
usate. Un riconoscimento della contingenza (pu anche essere diversa-
mente) appare allora essere la forma in cui si riesce a risolvere la para-
dossia delleguaglianza e della diversit, della self-diversity.
Laccoppiamento recursivo di osservazioni a osservazioni produce valori
peculiari, che restano poi stabili, ammesso che il sistema di questa pras-
si si conservi (17), e la contingenza appare essere almeno una forma di que-
sti valori propri. Il sistema, se e nei limiti in cui si fonda su osservazioni
di secondo ordine, diventa un valore proprio, con pochi presupposti (in
rapporto al necessario e allimpossibile).

III

Dopo queste analisi introduttive non dovrebbe risultare casuale il


fatto che i nessi tra contingenze supposte e osservazioni di secondo ordi-
ne siano verificabili anche storicamente. Tra i testi dellantichit traman-
datici, il Peri hermeneias (de interpretatione) di Aristotele costituisce la
prima documentazione chiara. Esso rompe con la teoria platonica secon-
do cui la conoscenza presentata come un subire unimpressione prove-
niente dallesterno e come un ricordo di forme perfette (idee) precedente-
mente conosciute. Questo concetto viene non abbandonato in quanto rap-
presentazione del rapporto nei confronti del mondo esterno, ma conside-
revolmente modificato, inserendo nei rapporti di osservazione differenze
sociali e temporali. Mentre in Platone il ricordo delle idee era servito
come parametro per risolvere conflitti concernenti la verit, le differenze

(16) Vedi George Spencer Brown, ibidem; Louis H. Kauffman, Self-reference and
recursiv e forms, in Journal of Social and Biological Structures, 10 (1987), pp.
53-72.
(17) Vedi il contributo di Heinz von Foerster, Objects: Tok ens for (Eigen-
)behav iors, in, dello stesso autore, Observ ing Sy stems, Seaside Cal. 1981, pp.
274-285.

65
sociali e temporali vengono ora considerate ovvie e inserite in una termi-
nologia modale pi complessa. Lendechmenon usato qui viene suc-
cessivamente tradotto con contingens.
Che il testo non sia redatto secondo la concettualit dellosservazione
di secondo ordine ovvio, ma materialmente il problema presente. Non
possibile, si dice nel 9 libro, classificare gi adesso come vere o non
vere le affermazioni circa eventi contingenti del futuro (18), poich adesso
non ancora possibile osservare quello che si potr osservare poi; e que-
sto non-poter-osservare pu essere osservato gi oggi. La vasta discussio-
ne medievale de futuris contingentibus ha avuto qui il suo spunto. In essa
si trattava per sempre di eventi futuri singoli, non di forme, di esseri, di
modi o generi, cio non si trattava di costanti naturali (19).
Anche linterrogativo circa la dimensione sociale: come uno possa
ritenere vero ci che un altro ritiene falso, si ripropone ai margini
della logica. Esso presuppone che si possa osservare, sul piano pura-
mente fattuale, in un modo o in un altro. Questo presupposto contrad-
dice tuttavia la supposizione precedente, in base alla quale ogni cono-
scenza consiste nel subire unimpressione che proviene dallesterno,
anche se deformata dallo stato di corruzione della relativa anima.
Nemmeno Aristotele abbandona questa supposizione, ma la contraddi-
zione, data dal fatto empirico evidente dei conflitti di verit, richiede
una soluzione innovativa. Questa consiste in una modifica della tesi
della passivit della conoscenza. Le conoscenze sono ora non pi solo
pathmata, anche se lo sono ancora. Lanima, attraverso la lingua e la
scrittura, ha in ci una parte palesemente attiva, la quale deve venire
controllata (20).

(18)In merito esiste un gran numero di ricostruzioni del procedimento di pen-


siero e di analisi moderne del problema. Si veda ad esempio Dorothea Frede,
Aristoteles und die Seeschlacht: Das Problem des Contingentia Futura in De
Interpretatione 9, Gttingen 1970.
(19) Cfr. ad esempio Konstanty Michalski, Le problme de la v olont Ox ford
et Paris au XIVme sicle, in Studia Philosophica, 2 (1937), pp. 233-365
(285 e segg.); Philotheus Boehner (a cura di), The tractatus de praedestinatione et
de p res ci en t i a Dei et de f ut uri s co n t i n g en t i b us o f W i l l i am Ock h am , St .
Bonaventura N.Y. 1945; Lon Baudry (a cura di), La querelle des futurs contingents
(Louv ain 1465-1475), Paris 1950; Guy Thomas, Matire, contingence et indter-
minisme chez Saint Thomas, in Laval Thologique et Philosophique, 22
(1966), pp. 197-233. evidente che in questo vi una delle radici della tesi
dellinconoscibilit della volont futura di Dio, che Max Weber ritiene cos
importante per la nascita dellelemento paradigmatico del Moderno capitalistico.
Vi ritorneremo pi tardi.
(20) Vedi Peri hermeneias 16a 3 e segg..

66
Questo problema conduce innanzitutto al quesito circa i criteri di verit
che assorbono la contingenza, i quali furono considerati da Heidegger uno
dei motivi della corruzione della metafisica occidentale, come passaggio
alla determinazione dellente non attraverso lessere, bens attraverso la cor-
rettezza (orthtes) dellimmaginare. Tali criteri di verit debbono essere fis-
sati canonicamente (anche se questi regolano solo losservare), poich in
caso diverso tutto losservabile dovrebbe valere come contingente. La pre-
sunzione di tale contingenza universale avrebbe per contraddetto tutto il
concetto portante della natura (delles-sere e del conoscere). E questa pre-
sunzione apparve inizialmente come imprescindibile, poich essa garanti-
sce lessere e il divenire delle cose (nel senso ampio di res).
La situazione cambia radicalmente nel senso della contingenza univer-
sale attraverso linvenzione giudaico-cristiana del Dio creatore. In base a
questa esiste solo un Dio (anche se triplice). Dio osserva il mondo senza
venirne influenzato. Pertanto il mondo pu essere contingente per lui,
mentre noi soffriamo di necessit e impossibilit. E proprio per questo
la liberazione dal mondo per noi consiste nellosservare losservatore Dio
e nel vedere che dipende solo da lui (e non dal mondo).
Dio losservatore per antonomasia, il quale ha creato tutto, e crea
(dunque mantiene) tutto continuamente nella forma della creatio conti-
nua, e vede tutto contemporaneamente e sa tutto. Dal punto di vista della
religione ci significa: Dio una persona con proprio queste qualit.
Questo si deve credere. Si pu per al contrario anche supporre che
lattribuzione della personalit e della potenza serva a farne losservatore
di tutto il mondo. Chiunque ci creda si sa osservato sotto ogni punto di
vista e non solo come violazione della sua sfera privata, per cos dire
senza tutela dei dati, ma anche in tutto ci che lo circonda e che potrebbe
motivarlo. Dio sa dunque gi adesso, lo sapeva gi prima, quando si sba-
glia, e lo consente! Egli conosce quindi anche i futura contingentia(21).
Lassolutezza della visione non costituisce una intromissione e indi-
screzione dellosservatore, essa anche la conseguenza necessaria della
sua funzione di creatore. Essa costituisce il motivo per cui qualcosa ,
anzich non essere niente. Luomo pu solo osservare Dio, poich
luomo esiste, ed egli esiste solo, poich Dio lo osserva (22). Cos Dio

(21) Tommaso dAquino, Summa Theologiae I, q. 14 a. 13. Questo naturalmente


non pu escludere che Dio sia causa necessaria anche del contingente. Il che pu
an ch e s i g n i fi care ch e i l s en s o del co n t i n g en t e p o s s a es s ere s v el at o s o l o
nellosservazione di Dio.
(22) Et cum videre tuum sit esse tuum, ideo ego sum, quia tu me respicis, si
legge in Nicol Cusano, De v isione Dei IV, cit. da Philosophisch-theologische
Schriften, vol. III, Wien 1967, pp. 93-219 (104).

67
offre, con il suo osservare, la possibilit di osservarlo, anche se solo
come Deus absconditus, come Dio non osservabile (23); e non come
necessit, bens solo come possibilit da cogliersi liberamente, come
bene contingente. Lessere osservato reso possibile dallessere osserva-
to. Al di fuori di questa situazione non c alcuna esistenza Visio enim
praestat esse quia est essentia tua (24). E pertanto, diversamente dalla
situazione immaginata da Aristotele, tutto ci che , contingente, poi-
ch determinato dalla creazione. Questa poi non pu naturalmente essere
una qualit ontologicamente di minor valore del valore pieno dellessere,
bens deve essere considerata come aspetto positivo della creazione:
dico, dice Duns Scoto, quod contingentia non est tantum privatio vel
defectus entitatis (sicut est deformitas in actu illo qui est peccatum),
immo contingentia est modus positivus entis (sicut necessitas est alius
modus), et esse positivum (25).
Si ricorda che il concetto dellosservare comprende lesperire e lagire.
Losservazione tramite Dio la creazione e la conoscenza del mondo in
uno. In Dio si ritrovano insieme le qualit della ragione e della volont,
che nelluomo sono separate (26). La competenza universale di Dio non
consente la loro separazione (la quale possibile solo sotto il manto
dellignoranza). Dio pertanto non ha nemmeno il problema di controllare
le proprie passioni secondo ragione. Ci che egli compie ragionevole,
al di l di quanto possano comprendere gli uomini.
Da ci derivano problemi per gli uomini per quanto riguarda
losservazione di Dio. La filosofia antica aveva pensato a dei filosofi che
avevano osato osservare la luce pi chiara (27). Soprattutto per ci si rite-
neva e ci si ritiene ancor oggi, in questo compito dellosservare

(23) Videndo me das te a me videri, qui es Deus absconditus cos Cusano,


ibidem, vedi p. 108.
(24) Cusano, ibidem, XII, p. 142.
(25) Ordinatio I, dist. 39, q. 1-5, Ad argumenta pro tertia opinione, cit. in base
ad Opera Omnia, vol. VI, Civitas Vaticana 1963, p. 444. Le riflessioni che seguo-
no si riferiscono alla causa prima, con largomento che la contingenza non pu
essere ricondotta, come fosse una deformazione, a una causa secunda. La contin-
genza deve dunque essere considerata come direttamente correlata al sapere di Dio.
(26) oportetin Deo esse volutatem, cum sit in eo intellectus. Et sicut suum
intelligere est suum esse, ita suum velle, si legge in Tommaso dAquino, Summa
Theologiae, I q. 19 a. 1. Ci si pu naturalmente chiedere a che scopo venga mante-
nuta questa distinzione.
(27) Platone, Sofista 254 A - B tocca il tema dellosservazione di secondo ordi-
ne, allorch dice che i filosofi sarebbero difficili da osservare, proprio perch il
loro punto di osservazione richiederebbe il massimo di illuminazione (di t lam-
prn a ts chras oudams eupets ophthnai).

68
losservazione di Dio, teologi. Questi condividono tale compito con il
diavolo Satana (o Iblis), con larcangelo, che per amore di Dio non pu
resistere alla tentazione di osservare Dio, e pertanto deve porre un limite
tra s e Dio, soccombendo alla tentazione di conoscerlo meglio; ponen-
dosi dalla parte opposta rispetto al Bene, pu realizzare per s solo il
Male(28) . Assumendosi questo stesso compito dellosservazione
dellosservazione di Dio, i teologi si avvicinano pericolosamente al dia-
volo, e pertanto debbono prendere le distanze da questo. Ci avviene
secondo i valori della nobilt con la distinzione ribelle/umile, dichiaran-
do di conoscere il proprio posto, o con varianti popolari attraverso la
demonizzazione del diavolo, in breve attraverso un osservare
losservatore dellosservazione di Dio.
Ma anche se ci si distingue dal diavolo, quale osservatore di Dio
t roppo st ravagant e, e ci si accontent a del l a doct a i gnorant i a,
lambizione di osservare losservazione di Dio conduce la teologia a
porsi domande difficili, scomode, ad esempio, se Dio pu osservare
senza distinguere (29); e se s, se allora tutto il suo osservare non diven-
ti auto-osservazione; se Dio possa avere unidea di se stesso (un pro-
blema che egli forse risolve rendendosi trino); se la creazione non sia
creazione di se stesso, il peccato peccato contro se stesso, il peccato
originale un practical joke con se stesso e la morte in croce una conse-
guenza; o, i n caso cont rari o, se non vi si a una l i m i t azi one
dellonnipotenza e dellonniscienza, la quale rende possibile a Dio di
distinguere tra autoreferenza ed eteroreferenza, al prezzo per di una
netta e incurabile spaccatura di se stesso.
Tali domande non andrebbero per poste. Dal momento che luomo si
sa osservato da Dio, dipende da lui losservare da parte sua losservatore
che lo osserva, e precisamente, come gli raccomanda Cusano: attentissi-
me (30). Ma al contempo ci gli assolutamente impossibile, a causa
della condizione terrena della contractio. Per quanto riguarda Dio,
luomo pu, al di l del proprio sapere, solo andare verso loscurit. Egli
pu tuttavia sapere che solo egli sa, poich sa di non sapere (31). Egli pu

(28) In maniera meno decisa gli arcangeli di Mark Twain, che scuotono la testa
rassegnati dovrebbe saperlo, non cosa per noi. Vedi Mark Twain, Letters from
the Earth, pubblicato postumo solo nel 1938. Ledizione usata quella di New
York 1962.
(29) Anche viceversa ogni distinzione ovviamente legata ad un autoriferimen-
to, quantomeno secondo il modo di vedere odierno. ... self-reference and the idea
of distinctio n are in s ep arab le (h en ce co n cep tually identical), si legge in
Kauffman, ibidem (1987), p. 53.
(30) Ibidem, IV, p. 106.

69
dunque solo vedere la paradossia, che viene percepita come soddisfazione
massima, allorch si capisce che non possibile capire.
La teologia ha per in serbo per gli uomini (e per il proprio sollievo)
una seconda soluzione. Dio ha disposto il mondo in maniera tale, che in
tutto il contingente si trova qualcosa di necessario (32). Ci limita il
potenziale di sorpresa della creazione e fa parte cos della sua sensata
disposizione. Di tanto in tanto vi sono miracoli che infrangono questa
regola, ma solo per ricordare agli uomini che Dio avrebbe potuto dispor-
re anche questa diversamente.
Si vede quanto la teologia eviti i suoi problemi propri, nellattribuire,
se cos si pu dire, umanit a Dio. Il modo di osservare di Dio viene
interpretato, secondo una tradizione che persiste ancor oggi, come amore.
Videre tuum est amare (33). Con ci ovviamente i problemi logici
dellidea di Dio cui si fatto riferimento non vengono risolti. Essi vengo-
no lasciati alla speculazione teologica. Noi dobbiamo solo evitare di cede-
re alla tentazione di porci tali quesiti, lasciando questa tentazione alla teo-
logia e consentirle di risolverli con il mistero della Trinit. Nel contesto
di uno studio sociologico sulla genesi e il significato della semantica
della contingenza della societ moderna pu bastare, come punto di par-
tenza, che sullidea di Dio sia stata disposta unosservazione di secondo
ordine e che sia stata utilizzata come principio universale di costruzione
del mondo. In ci gli attributi di Dio assumono la funzione di garantire
stabilit e aspettative certe ad un tale mondo dellosservazione di secondo
ordine, nonostante la persistente contingenza. Ancora Cartesio si affida ad
essi, poich il cogito ergo sum pu trovare conferma in concezioni vere e
false. Dio ha avuto buone intenzioni, anche se noi lo sappiamo solo per-
ch la nostra idea di Dio esclude tutte le altre. Ma se poi la nostra idea
di Dio, il nostro concetto, la nostra coscienza, allora tutta la costruzione
dellosservazione di secondo ordine non una nostra costruzione? Non
possiamo osservare anche che dobbiamo pensare cos, se noi tentiamo di
concepire Dio come privo di contraddizioni. E se cos, non potremmo
optare altrettanto giustamente per laltro aspetto di questa forma?
In ogni caso in questo punto lordine pu essere invertito. Si tratta

(31) Et hoc scio solum, quia scio me nescire, ibidem XIII, p. 146. Cito le ver-
sioni latine, per evitare errori di traduzione. Nella traduzione tedesca a fronte, si
legge in questo caso: Ich wei allein, da ich wei, da ich nicht wei [So
solo, che so di non sapere] (Il corsivo mio, N.L.). Ma il particolare interessan-
te e anche il parallelismo rispetto al costruttivismo moderno nel poich (quia).
(32) nihil enim est adeo contingens, qui in se aliquid necessarium habet, si
legge nella Summa Theologiae I q. 86 a. 3 di Tommaso.
(33) Cusano, ibidem, IV, p. 104.

70
solo dellinterrogativo antico, riproposto nel 17esimo secolo sotto il
nome di Teodicea, sul perch Dio permetta il male e ne consenta le
libert corrispondenti (34). Si tratta della questione del male assoluto (del
male per il male, indipendentemente da tutti i condizionamenti) e pertan-
to in definitiva dellinterrogativo, se e come si possa distinguere se il
mondo sia stato approntato per il bene o per il male; e poi anche della
domanda successiva: perch il tutto dipenda da questo.
Gi nel 16esimo e 17esimo secolo si comincia a cercare nel concetto
di natura una tutela nei confronti degli effetti indiretti delle controversie
teologiche (35). La natura sembra convincere proprio le scienze avanzate,
come avviene per il diritto naturale, in maniera naturale (36). La sua inter-
pretazione, latrice di certezza, non ha bisogno di alcuna deviazione verso
losservazione di secondo ordine. In questo vi , visto retrospettivamente,
solo un dato provvisorio, il quale consente ai sistemi funzionali di creare
a modo loro forme molto diverse dellosservazione di secondo ordine.
Per fortuna o sfortuna levoluzione della societ non dipende dalla
risposta a tali quesiti di teologia morale o di diritto naturale. Essa tenta
una strada propria, realizzando la differenziazione funzionale attraverso
forme diverse, per ogni sistema, dellosservazione di secondo ordine.
Retrospettivamente sembra dunque come se la societ si fosse solo alle-
nata sullidea di Dio, con leffetto collaterale non previsto di prepararsi
semanticamente allingresso nel mondo moderno. Si tratta, si potrebbe
dire, di sviluppi a priori, di preadaptive advances (37) come se ancora
(34) Si veda ad esempio come questo interrogativo venga aggirato da Anselmo
di Canterbury, De casu diaboli, cit. secondo Opera Omnia, Seckau - Roma -
Edinburgh 1938 e segg., ristampa Stuttgart - Bad Cannstatt 1968, Vol. 1, pp.
233-272, con un procedimento accuratamente circolare: non viene dato, perch
non viene accolto; e questo in definitiva, poich langelo, che diventa diavolo,
tenta di osservare Dio, per essere simile a Dio e non solo, come affermano i teolo-
gi, per obbedire a Dio. Ma solo una nobilt pu condannare e sanzionare cos
pesantemente un tale voler essere simile. Potremmo chiedere: e perch no?
(35) Cfr. in merito Benjamin Nelson, Der Ursprung der Moderne: Vergleichende
Studien zum Ziv ilisationsproze, Frankfurt 1977.
(36) Il diritto naturale e internazionale sarebbe sorto senza alcuna riflessione e
senza prender esemplo luna dallaltra (cio, delle nazioni), si legge ancora in
Giambattista Vico, La scienza nuov a lib. I, II, CV, cit. dalledizione di Milano
1982, p. 225 . Ma qui s i tratta g i di un o s s erv azio n e di s econdo ordine di
unosservazione di primo ordine interessata alla storia.
(37) Cfr. in merito alla discussione in seno alla teoria evolutiva Eve-Marie
En g el s , Erk en n t n i s al s A n p as s un g ? Ei n e S t udi e z ur ev o l ut i o n ren
Erk enntnistheorie, Frankfurt 1989, p. 187 e segg.. Qui si parte solitamente da un
cambio di funzione delle conquiste, poste in unottica nuova, evolutiva, che emer-
gono in un contesto specifico (in questo caso della riflessione teologica sulla reli-
gione), per poi rivelarsi utilizzabili anche in altri contesti.

71
nellambito della societ tradizionale ci si fosse riadattati alle contingen-
ze di cui si sarebbe avuto successivo bisogno con laiuto della religione,
cio allinterno di un mondo tutelato da Dio. Anche il parallelismo tra
vedere e fare, immaginare e produrre, ricerca e sviluppo della tecnologia
pot essere previsto fino al punto da non avere noi pi problemi di prin-
cipio nella societ moderna, tranne quelli di una realizzazione che riesce.
Perci rimaneva solo da accettare che luniversalit della contingenza sia
collegata alla specificazione dei sistemi funzionali (38) e alle forme pro-
prie, diverse da caso a caso, dellosservazione di secondo ordine, laddove
proprio questo poi possa valere anche per il sistema funzionale della reli-
gione.
Tutto sommato una descrizione del mondo ancora unitaria viene rag-
giunta con un notevole superamento dellincoerenza. La diversitas rien-
tra nelle intenzioni di Dio, proprio una caratteristica della perfezione. E
solo linvenzione della stampa drammatizza lesperienza di quanto forte-
mente questa incoerenza si ripercuota anche sullinsegnamento divino,
anche sul piano dellosservazione di secondo ordine.

IV

Il tentativo pi noto di spiegare il passaggio al Moderno, nella speci-


ficit delle sue condizioni, attraverso la religione secondo una determina-
ta impostazione teologica, ancora quello di Max Weber. La particolare
affinit dellindirizzo economico capitalistico con la teologia puritana
(Weber parla, significativamente, di etica), viene vista nello spiegare i
motivi che in caso diverso sarebbero rimasti socialmente sospetti (39).
Alla base di questo vi un modello teorico di azione. Ci significa
innanzitutto: il fatto che lagire ha sempre bisogno di motivi (attribuzio-
ni di intenti, giustificazioni, accounts), deve essere comprensibile
rispettando il senso. Il quesito, se non si tratti anche in questo caso di
(38) Usiamo qui i pattern variables di Talcott Parsons, Pattern Variables
Rev isited, in American Sociological Rewiev, 25 (1960), pp. 467-483.
(39) Cfr. sullo stesso tema, indipendente nella concezione di Weber, Benjamin
Nelson, The Idea of Usury : From Tribal Brotherhood to Univ ersal Otherhood,
Chicago 1949. Nel frattempo sono state presentate, anche in relazione a quesiti
etici, forti tesi di continuit, che si ricollegano meno alla religione che non alla
tradizione etico-politica della tradizione della civilt umanistica. Si veda John
G.A. Pocock, The Machiav ellian Moment: Florentine Political Thought and the
A t l an t i c R ep ub l i can Tradi t i o n , Pri n cet o n N. J . 1 9 7 5 ; Is t v an Ho n t / Mi ch ael
Ignatieff (a cura di), Wealth and Virtue: The Shaping of Political Economy in the
Scottish Enlightenment, Cambridge England 1983.

72
un fenomeno dipendente dalla cultura e i motivi sorgano solo se debbono
essere giustificati o in ogni caso presentati, non viene accettato dalla teo-
ria (40). Pertanto anche la contingenza (la necessit di giustificazione)
degli scopi gi prevista come postulato teorico. Senza motivi non vi
sono scopi. Che tutta la tradizione aristotelica abbia insegnato diversa-
mente non pu essere preso in considerazione dalla teoria dellazione,
come lo stesso Weber dovrebbe aver sempre pensato (41). Per la teoria
dellazione semplice postulare per le strutture delleconomia capitalisti-
ca ad essa note un corrispondente bisogno di motivi sul piano
dellazione, vale a dire passare dalla macroanalisi alla microanalisi. Ma
essa pu anche di contro spiegare macrosviluppi muovendo da
microcondizioni conformi allazione, ad esempio il nascere di investi-
menti sufficientemente grandi e produttivi su mercati che lo giustifichi-
no, o lo sviluppo di tecniche economiche capitalistiche (doppia contabi-
lit, strumenti finanziari, banche di depositi ecc.)? (42).
Le riflessioni proposte nel paragrafo precedente, a causa di queste ina-
deguatezze dellapparato teorico, passano da premesse di teoria dellazione
a premesse di teoria dei sistemi. Loperazione osservazione (con la quale
si pu perfettamente intendere lazione), si distingue in base ad una
obbligatoriet che costruisce il sistema (anzich avente fondamento sog-
gettivo). Oppure, per esprimerla in modo migliore: essa si occupa solo
con un reticolo recursivo del tempo e con esso della differenza rispetto
allambiente. Osservazione e sistema sono concetti che si condizio-
nano reciprocamente e alternativamente. Losservazione, intesa come
operazione, significa che tali processi consistono solo in eventi prodotti
per via di autopoiesis, e che quindi continuano, se e finch possano veni-

(40) Si veda per C. Wright Mills, Situated Actions and Vocabularies of


Motiv e, in American Sociological Review, 5 (1940), pp. 904-913, e soprattut-
to lopera, rimasta sconosciuta alla sociologia, di Kenneth Burke, in particolare A
Grammar of Motiv es (1945) e A Rhetoric of Motiv es (1950), edizione unica
Cleveland 1962.
(41) Lopera , proprio nel caso di Weber, molto pi ricca di quanto la teoria,
sviluppata su un lavoro di definizione, consenta. Nella teoria vengono sottovalu-
tati soprattutto i problemi di complessit, e Weber lo ha probabilmente intuito,
come si pu desumere dalle molte clausole risolutrici di alcuni scritti e in generale
del metodo basato sui tipi ideali.
(42) Cfr. su questo punto James S. Coleman, Microfoundations and Macrosocial
Behav ior, in Jeffrey C. Alexander et al. (a cura di), The Micro-Mak ro Link ,
Berkeley 1987, pp. 153-173. Lo stesso Weber occulta questo problema rinviando
alle abituali interpretazioni, che si attengono al tipico. Ma ci conduce ad una
nuova formulazione dellinterrogativo circa le condizioni socio-strutturali e gli
effetti sociali di tali tipizzazioni.

73
re prodotti degli eventi di collegamento. E il termine sistema dice che
nonostante questa autolimitazione, o proprio a causa di essa, raggiun-
gibile unalta complessit strutturale.
Unanalisi fondata su questi concetti fornisce un nuovo profilo anche
alla rappresentazione che Weber fa delle conseguenze delletica prote-
stante. Nel 16esimo/17esimo secolo non si trattato di forme nuove,
adeguate alle tendenze della giustificazione di motivi, bens di una nuova
necessit di motivi, di nuove spinte esercitate da motivi, da nuovi
sospetti di motivi (43). Lazione viene normalmente spostata su fonda-
menti motivazionali, e ci non significa altro che tematizzarla nel conte-
sto dellosservazione di secondo ordine. Ma questo, per quanto rimanga
importante, solo un momento di uno spostamento verso
unosservazione di secondo ordine, il quale ha un ambito molto pi
ampio e si riflette su tutta la societ.
Infatti losservazione di secondo ordine la base operativa per
larticolazione strutturale mediante differenziazione di particolari sistemi
funzionali sociali. Ovviamente il tutto rimane dipendente dal processo
operativo di differenziazione attraverso la comunicazione del sistema glo-
bale costituito dalla societ. Ci significa che la societ pu attivare le
osservazioni solo nella forma della comunicazione, e dunque non nella
forma di operazioni interne alla coscienza, e soprattutto non nella forma
di percezioni. Se ora viene spostata sul modo dellosservazione di secon-
do ordine non solo la percezione della percezione degli altri, o
lattenzione consapevole per il (supposto) pensiero degli altri, bens
anche la comunicazione, si arriva ad un accrescimento immenso della
complessit di cui si dispone nella societ. In questo senso
losservazione di secondo ordine, con la sua semantica, in termini
metodologici, una variabile che interviene, la quale spiega che la societ
pu passare ad una forma di differenziazione orientata verso le funzioni.

(43) Tra i molti ambiti, in cui sarebbe possibile dimostrarlo, si consideri solo il
passaggio dalle rappresentazioni teatrali del Medioevo, che si tenevano allaperto,
al teatro fornito di palcoscenico del 16esimo secolo; inoltre la discrepanza emersa
nei romanzi tra scopo e motivo (ad esempio: Don Chisciotte). Anche la distinzione
tra virt vera e falsa, e il divieto di ricercare perch in tal senso motivati il
successo e il rispetto automaticamente scaturenti dallazione virtuosa e abile, fanno
parte di questo contesto. Labilit, nei limiti in cui viene osservata, deve rivelarsi
come ingenua, naturale, spontanea, autentica, veritiera, e dunque rimanere solo sul
piano dellosservazione di primo ordine. Ma ci viene formulato solo in riferimen-
to al fatto che essa esposta allosservazione di secondo ordine.

74
V

Lelaborazione di questo approccio di ricerca richiederebbe un vasto e


approfondito lavoro, sia sotto il punto di vista della teoria formale, che
empirico, per ogni singolo sistema funzionale. Nellambito di una breve
trattazione, e persino nellambito di un solo libro, ci non pu venire
effettuato. Ci dobbiamo accontentare di alcuni brevi statements, che indi-
cano le direzioni della ricerca e al contempo sono formulati in maniera
tale da chiarire il contesto storico dello spostamento nel 18esimo secolo.

1. Il sistema scientifico si sposta sullosservazione di secondo ordine


demolendo ogni tipo di autorit che avesse il potere di annunciare la
verit, e sostituendola con il medium delle pubblicazioni. Le pubblica-
zioni diventano, quali che siano le basi di conoscenza, cos elaborate, che
possibile osservare la maggiore conoscenza cui si mira, e dunque
possibile osservare come si osservato. Nella dottrina della scienza clas-
sica, ci si attendeva questo risultato dallimposizione di una disciplina
metodica e delleliminazione di interferenze soggettive. Le pi recenti
ricerche hanno nel frattempo dimostrato che, a fronte di ci, alla prepara-
zione di pubblicazioni va attribuito un significato molto indipendente,
selettivo, persino stilizzante. La produzione e la presentazione
dellaumento della conoscenza si disfanno, e mentre il ricercatore nel
corso della ricerca rimane osservatore di primo ordine, e vede dunque
direttamente ci che gli si mostra, egli deve mostrare, nel medium della
pubblicazione, di tener conto dello stato della ricerca, e dunque di osser-
vare quello che altri hanno osservato, e che egli stesso mette insieme la
sua presentazione con una cura tale da rendere possibile agli altri di
osservare meglio possibile ci che egli ha osservato e nel modo in cui
egli ha osservato (44).
2. Al pi tardi dallinizio del 19esimo secolo anche il sistema
dellarte si spostato verso unosservazione di secondo ordine. Lidea di
una resa (imitatio) di qualcosa che al di fuori del sistema dellarte,
viene abbandonata, e sostituita dallaccentuazione delle forme (distin-
zioni) realizzate nellopera darte, che coordinano losservazione che
deve essere prodotta e osservata. I confronti con lesterno vengono
(44) Come letteratura relativa si veda, ad esempio, Karin Knorr-Cetina, Die
Fabrik ation v on Erk enntnis: Zur Anthropologie der Naturwissenschaft, Frankfurt
1984; Rudolf Stichweh, Die Autopoiesis der Wissenschaft, in Dirk Baecker et al.
(a cura di), Theorie als Passion, Frankfurt 1987, pp. 447-481; Charles Bazerman,
Shaping Written, Knowledge: The Genre und Activ ity of the Ex perimental Article,
Madison Wisc. 1988.

75
sostituiti dalleffettuazione di distinzioni interne (opposizioni, contrasti
ecc.). Lambito dellaccessibile per larte si espande e viene limitato
solo dai parametri propri dellelaborazione artistica. Lautonomia
dellarte consiste allora nel limitarsi unicamente da sola. Lultimo cri-
terio rimane: verificare se allosservazione riesca di invogliare ad osser-
vare. Il sistema usa infatti nella poesia parole, nellarte figurativa
materiali, nella danza corpi, che appaiono anche in altri contesti, e
costruisce cos riferimenti esterni; ma esso si disciplina attraverso
lapplicazione interna, organizzata al fine di rendere possibile
l osservazi one del l e form e, e si t rova dunque al servi zi o
dellosservazione di secondo ordine (45).

3. Nelluso linguistico della teoria politica continuano infatti a venire


usati i termini riferentisi al potere (democrazia, sovranit, altezza ecc.).
Concretamente per questo sistema si coordinato allosservazione di
secondo ordine al pi tardi dallOttocento, e precisamente mettendosi
regolarmente e continuativamente in sintonia con la pubblica opinione.
Ci non vuol dire affatto che la pubblica opinione costituisca il vero
potere allinterno dello Stato, come si credeva negli ultimi decenni del
Settecento; per vero che essa agisce come uno specchio, in cui il poli-
tico pu vedere, sulla base di specifiche issues, come egli stesso e altri
vengono giudicati (46); e le elezioni politiche, che a loro volta non costi-
tuiscono affatto uno strumento di potere, danno forza a questa impostazio-
ne, proprio perch non ancora certo che essa sar determinante. Quindi
loccupazione del livello pi alto della gerarchia statale viene posta come
contingente, anche se tutto dipende dal potere di quello; solo cos infatti
si garantisce agli occhi del pubblico la centralit dellopinione pubblica e
la costante osservazione reciproca tra governo e opposizione.
4. Il sistema economico si orienta secondo il modo dellosservazione
di secondo ordine, nellosservare i prezzi e registrare se con i prezzi volta
per volta fissati si possano effettuare transazioni oppure no, se i concor-
renti offrano altri prezzi e quali tendenze di mutamento dei prezzi si pos-
sano osservare (47). Pertanto la formazione dei prezzi non pu essere

(45) Eccezione considerevole la musica. Essa si serve di toni che vi sono solo
n el l a mus i ca e n o n al t ro v e. Ci s emb ra av ere l a fun zi o n e di co n cen t rare
leteroriferimento dato sullesperienza del tempo.
(46) In merito Niklas Luhmann, Gesellschaftliche Komplex itt und ffentliche
Meinung, in, dello stesso autore, Soziologische Aufk lrung, Vol. 5, Opladen
1990, pp. 170-182.
(47) Vedi Di rk Baeck er, In f o rm at i on un d R i s i k o i n der M ark t wi rt s ch af t,
Frankfurt 1988.

76
giusta, poich ogni parametro esterno impedirebbe losservazione
dellosservazione di altri o la spingerebbe verso percorsi tortuosi e meno
efficaci; il prezzo di mercato non pu nemmeno essere condizionato da
dati di aggregazione o da intenti di politica economica, poich anche que-
sto complicherebbe la funzione di rendere possibile losservazione di
osservazioni, e talvolta la bloccherebbe. Anche in questo caso facil-
mente riconoscibile il nesso tra osservazione di secondo ordine, contin-
genza dei prezzi, chiusura del sistema nei confronti dellambiente e auto-
nomia nel senso dellautolimitazione.

5. Nel sistema giuridico il passo decisivo nel senso dellevoluzione


nella totale positivizzazione del diritto, praticamente nella sostituzione
della distinzione diritto naturale/diritto positivo, con la distinzione diritto
costituzionale/diritto normale, avvenuta alla fine del Settecento. Ci fa s
che il diritto venga osservato tenendo presente linterrogativo quanto sia
stato deciso o come si decida. Linterpretazione e la prognosi sono forme
della produzione di testi da testi, e pertanto forme dellosservazione di
secondo ordine. Questo non conduce affatto allarbitrio, come sostiene la
critica di decisionismo, ma di nuovo ad autolimitazione. Infatti larbitrio
non potrebbe essere interpretato o previsto.

6. Tra i sistemi pi influenti nei quali ha luogo losservazione di


secondo ordine, e di cui si pu fare esperienza diretta, vi la famiglia
moderna (48). Il medium dellamore, usato nella comunicazione per la
costituzione della famiglia, fa s che (qualunque cosa si voglia pensare
delle realizzazioni psichiche) ciascun membro debba fare attenzione a
come viene osservato dagli altri (49). Lindifferenza in merito un sinto-
mo evidente di mancanza damore, mentre lamore stesso si abbandona al
circolo della doppia contingenza e quindi inevitabilmente si aliena,
cio si fissa sui simboli dello sviluppo di questo circolo, alla messa in
parentesi di punti difficili o anche alla comunicazione paradossale. Come
spesso avviene nella comunicazione di secondo ordine, ci non significa
affatto che il consenso (e anche se si tratta solo dello sforzo di trovare

(48) Vedi Niklas Luhmann, Sozialsy stem Familie, Soziologische Aufk lrung
Vol. 5 ibidem, pp. 196-217. Cfr. anche lo scritto successivo Glck und Unglck
der Kommunik ation in Familien: Zur Genese v on Pathologien.
(49) Che questa osservazione fisica di osservazioni pu essere condotta al falli-
men t o p ro p ri o at t rav erso l a co mun i cazi on e, ch e v i en e i n v ece o s s erv at a,
unesperienza quotidiana nota, ma anche un tema gi trattato in letteratura attorno al
1800. Vedi ad esempio Siebenk s (per i mariti) o Flegeljahre (per i fratelli
gemelli) di Jean Paul.

77
consenso) sia prescritto e funga da testo. Lamore si mostra piuttosto
nella misura della capacit di lasciar essere gli altri come sono, e a sinto-
nizzare il proprio modo di osservare, e soprattutto di agire, sulla alterit
osservata delle osservazioni dellaltro. In ogni caso la singola famiglia
trova il proprio limite di sistema nellinclusione di persone in questo
modo di osservazione di secondo ordine, per cui vi pu essere solo un
gran numero di famiglie, ma non un sistema collettivo della famiglia
sociale.

7 Per il sistema educativo ci si orienta sulla migliore delle invenzio-


ni semantiche del bambino, laddove discusso fino a che punto essa
debba essere attribuita al 17esimo oppure al 18esimo secolo (50). Mentre
in precedenza il bambino veniva considerato come fenomeno naturale
della specie uomo, come essere umano ancora piccolo, non ancora pron-
to, e si pensava che leducazione ne dovesse accompagnare levoluzione,
la dovesse completare, o anche prevenire le potenziali corruzioni, ora
losservazione del bambino viene osservata per poterne trarre conclusio-
ni al fine di educarlo adeguatamente. Per leducazione familiare questo
pu essere realizzabile. Facilmente dalleducazione nelle classi scolasti-
che si pretender troppo; ma anchessa esige, sotto il profilo metodico
(didattico), che si parta dalle possibilit di comprensione del bambino.
Con tutte le diversit evidenti, derivanti dalle diverse funzioni e
codificazioni di questi sistemi, si evidenziano sorprendenti punti in
comune, che sono al contempo strutture profonde della societ
moderna. Che con i mezzi teorici si possa accrescere la confrontabilit
del diverso, noto. Qui si tratta inoltre di unaffermazione sulla societ
moderna. Questo tipo di societ si realizza non pi attraverso premi-
nenze di ambiti singoli della nobilt o della citt. La caratterizzazione
data dal contesto sociale si mostra molto di pi nelle conseguenze non
arbitrarie dellautonomia dei sistemi funzionali. Questi si rivelano pro-
prio per questa ragione, pur con tutte le diversit, come simili (e in
questo senso specifico dunque moderni), poich essi hanno realizzato
una chiusura operativa e unautonomia autopoietica: cio non funziona
in un modo qualsiasi, bens solo nella forma di adattamenti, che preve-
dono tra laltro unosservazione di secondo ordine come operazione nor-
male portante del sistema. Questo ci spiega il dato sorprendente che
questa societ si affida come nessuna prima di essa alle contingenze.

(50) Vedi
Philippe Aris, Lenfant et la v ie familiale sous lancien rgime, Paris
1960, e George Snyders, La Pdagogie en France aux XVIIme et XVIIIme sicles,
Paris 1965.

78
I suoi sistemi funzionali non hanno bisogno per le loro operazioni di
alcun sussidio religioso. Le coincidenze con la religione, coincidenze, ad
esempio, di attacchi etici e religiosi ad una data formazione statale, pos-
sono venire liquidate come caso o particolarit regionale. Ci vale tra
laltro anche per la fine del 16esimo e linizio del 17esimo secolo, per i
nessi tra riforma della chiesa, consolidamento dello stato territoriale,
riforme della giustizia e forzatura di una specifica semantica nobiliare.
Fenomeni passeggeri di questo tipo non durano e le particolarit regiona-
li non sono universalizzabili a livello di societ mondiale.
I sistemi funzionali lavorano, in altri termini, secolarizzati; o in ogni
caso questo il concetto con cui questo fenomeno viene descritto dal
punto di vista del sistema religioso. In considerazione dellimportanza
storica della religione cristiana per luniversalizzazione della semantica
della contingenza, la secolarizzazione al contempo una definizione
storica (specificamente dellera moderna), un concetto di politica delle
idee. In questo contesto tuttavia i sistemi funzionali hanno formato
rispettivamente forme proprie dellosservazione di secondo ordine e dun-
que diverse esperienze di contingenza. Corrispondentemente la societ
consente al singolo individuo, se lo desidera, di vivere anche senza reli-
gione, e di vivere bene.
Solamente: le semantiche della contingenza dei sistemi funzionali
sono aperte al futuro. Esse non escludono che tutto ci che volta per
volta stato supposto, potrebbe essere anche diversamente e venire ride-
finito attraverso la comunicazione. La loro propria autopoiesis esige
limpiego di operazioni senza certezza sullesito definitivo, solo sulla
base di ci che al momento sembra ovvio e convince, o viene assunto
come fatto come i valori di borsa del giorno, limpossibilit di rivolge-
re la parola al coniuge o il successo spettacolare di acrobazie intellettua-
li. Questo pu dipendere anche, se si vuole momentaneamente riprende-
re lidea di Durkheim dellintegrazione sociale attraverso la religione,
dal fatto che non ci sono pi forme socialmente necessarie per la coe-
sione sociale dei sistemi funzionali, per la loro reciproca limitazione.
La stessa sociologia pertanto ritiene limitate nel tempo le sue diagnosi
del presente, caratterizzate da discontinuit, le quali vanno accantonate o
sostenute (51).
Anche la religione non cambia nulla di questo stato di cose. Essa non
determina quali prezzi siano politicamente opportuni o giusti e contri-

(51) Si v eda i n meri t o p art i co l armen t e Kl aus Li ch t b l au, S o z i o l o g i e un d


Zeitdiagnose: Oder: Die Moderne im Selbstbezug, in Stefan Mller-Doohm (a cura
di), Jenseits der Utopie: Theoriek ritik der Gegenwart, Frankfurt 1991, pp. 15-47.

79
buiscano alla felicit familiare o quali teorie possano venire usate mili-
tarmente o industrialmente o siano adatte a rendere interessante la didatti-
ca educativa. Tutto questo deve essere lasciato alle coincidenze del
momento. Altrimenti infatti lautonomia e la dinamica propria autopoie-
tica verrebbero ristrette troppo fortemente, perderebbero efficacia e ver-
rebbero infine corrotte nel vecchio senso del termine. Necessit e impos-
sibilit non rappresentano pi oggi la struttura dordine del mondo. Esse
sono ancora solamente modalit, che vanno accettate per ragioni di
tempo.
Proprio per questo anche la religione, in conformit a questo modello
e alle sue strutture profonde, possiede la sua funzione non integrabile,
con cui pu non determinare altri sistemi, ma a seconda delle circostanze
integrarli. Solo religiosamente si pu comunicare lessere convinti, e
dunque condurre al di fuori della ostinazione meramente individuale.
Nessun altro sistema funzionale della societ pu trasmettere e rendere
comunicabile la convinzione che ci che si fa in definitiva bene, si
tratti di attivit terroristiche o della gestione di un albergo, della costru-
zione di nuove armi o di nuove teorie o di unefficace retorica per pro-
grammi politici, di influenza sulleducazione dei propri figli o della ricer-
ca disperata e sconosciuta al mondo del proprio stile artistico.
E anche questo rientra nel contesto della societ moderna, che in tal
modo ci si opponga alla contingenza del proprio agire e non ci si lasci
confondere dal fatto che la propria osservazione venga osservata.

80
IV. La descrizione del futuro

I
La formulazione della mia tesi pu suonare un po insolita. Quando
si parla di futuro, si pensa normalmente ad una previsione. Si cerca di
prevedere e predire quello che verr. Questo desiderio vecchio come la
Mesopotamia. Oppure si vede il futuro sotto il punto di vista degli
effetti in atto. Si vorrebbe poter produrre determinate situazioni che da
sole non si produrrebbero. Nellun caso si ha nel presente il problema
della vera conoscenza di possibilit di regolarit, nellaltro il problema
dei mezzi e dei costi. Ma perch si deve descrivere il futuro? E come si
pu farlo, se nel presente non ancora visibile ci che si dovrebbe
descrivere?
Proprio questo il problema che va trattato qui. Al contempo in esso
vi una distanza voluta rispetto alle prospettive del sapere e del volere.
Torniamo un passo indietro con linterrogativo su come descrivere il
futuro, e chiediamoci innanzitutto: come possiamo sapere quello che
accadr in futuro? E come possiamo volere qualcosa di determinato in
merito al futuro, che non ancora afferrabile? O in altri termini: in quali
forme il futuro si presenta nel presente?
Parto dalla considerazione che non vi una risposta valida una volta
per tutte a questa domanda. Tutte le affermazioni sul tempo dipendono
dalla societ in cui vengono formulate. I concetti di tempo sono concetti
storicamente connotati. un fatto incontestato tra gli storici, gli etnolo-
gi e i sociologi. Oggi dobbiamo vivere con prospettive future molto
incerte, e lincertezza non si fonda sul piano divino di salvezza, bens nel
sistema sociale, che deve rendere conto di se stesso. Metaforicamente si
parla in ogni caso ancora di prospettive apocalittiche il sole calante
della teologia proietta lunghe ombre ma noi sappiamo molto bene
che il futuro della societ un problema che pu essere formulato solo
nella societ e su cui solo nella societ si pu decidere a priori in un
modo o nellaltro.

81
II

Una possibilit di comprendere la situazione attuale di confrontarla


con forme pi vecchie di descrizione del futuro. Certamente non che il
futuro sia uninvenzione dellera moderna, anche se una volta si parlava
piuttosto delle cose a venire de futuris al plurale, piuttosto che di
futuro al singolare. Ma la misura della variabilit si accresciuta con la
complessit del sistema sociale, e questo determina le forme semantiche
che vanno prese in considerazione per una descrizione del futuro.
Fino allera moderna inoltrata si percep la vita sociale in un cosmo
di essenze, il quale garantiva la costanza delle forme e degli elementi, e
cos anche gli ordini di grandezza. Si poteva descrivere questo cosmo
come natura o come creazione di Dio (e in ogni caso solo le autorit reli-
giose potevano disporre delle essenze e delle sostanze). La natura preve-
deva il futuro come forma finale di movimenti, come perfezione della
natura, e ogni insicurezza veniva riferita a possibili corruzioni, a eventi
casuali o ad un margine di variazione non necessariamente esistente per
natura, ma naturale (1), e dunque non alle sostanze, ma agli accidenti.
Nonostante tutta la costanza delle forme, si aveva a che fare con la varia-
zione sul piano degli eventi. La morte precoce era esperienza quotidiana,
che non riguardava per lessere degli uomini. Quello che in questo
mondo ci si proponeva, poteva fallire. Ci si vedeva esposti alla fortuna o
alla sventura. La vita veniva percepita come esposta al pericolo. Non
nella sostanza, ma nellaccidente si doveva far conto della storia.
Tuttavia, tenuto conto della costanza delle forme degli esseri e dei buoni
scopi, si poteva imparare dalla storia e ripiegarsi, per rimanere saldi nel
giusto, (proprio inizio dellera moderna) in concetti di virt che suggeri-
vano stoicismo, forza, atarassia. Le insicurezze del futuro restavano
nellambito di una armonia di principio del mondo e dellinsieme delle
cose invisibili e visibili. Non si poteva dubitare dellharmonia mundi.
Questo modello di partenza non reggeva pi nellepoca moderna, di
fronte alle conseguenze dellaccresciuta complessit della societ e del
suo sapere. Fenomeni di corrosione e di critica si possono osservare fin
dalla fine del Settecento. Come ha illustrato Arthur Lovejoy in una
famosa monografia (2), lordine gerarchico degli esseri viene rovesciato e
temporalizzato. Per ragioni di logica materiale il mondo pu essere sorto
solo in una lunga successione storica, alla quale dovette adattarsi Dio

(1) Cos ad esempio Aristotele, De interpretatione 9.


(2) The Great Chain of Being: A Study of the History of an Idea, Cambridge
Mass. 1936.

82
stesso come creatore, ed essa pertanto non affatto conclusa. Pertanto si
pass dalla perfezione alla perfettibilit con una sicurezza molto minore
rispetto allinterrogativo se la perfezione sarebbe stata anche veramente
raggiunta. LEmile di Rousseau, gli enormi sforzi delleducazione in un
solo caso, ne costituirono il modello per il futuro.
Contemporaneamente la fiducia rispetto al futuro venne concepita in
maniera diversa. Lagire umano venne concepito come costruzione paral-
lela nei confronti della creazione con gli stessi archetipi, ma con esiti
migliori. La rigida struttura della creazione venne messa in movimento
dallidea di progresso e dal criterio dellutile. Nellepoca tra John Locke e
Jeremy Bentham lo stesso principio dellutile venne secolarizzato e per-
tanto riscritto in conformit a preferenze storicamente variabili. La storia
venne infine ricostruita come evoluzione, con la conseguenza che si pot
spiegare solo il sostanziale attraverso laccidentale, sfruttando gli eventi
casuali. La saggezza della common law si vede nel contesto di una lunga
storia di decisioni su casi singoli da Coke attraverso Hale fino a
Hume e non in principi o in rigide forme. I concetti di sostanza ven-
gono sostituiti dai concetti di funzione (un processo, che spiega se stes-
so come scambio di funzione). Il concetto di umanit come specie di
natura viene dissolto da una doppia concettualit, che in ambedue le
varianti offriva maggior spazio per lindividualit, attraverso il concetto
di soggetto, che si adatta al mondo secondo il modo a s pi congeniale,
e attraverso il concetto di popolazione, che migliora sul piano individua-
le attraverso il procedimento della selezione confermatrice, con la conse-
guenza che solo i pi forti, i pi belli, i meglio adattatisi hanno speran-
ze per il futuro.
Di fronte a questo quadro comprensibile che la societ moderna
allinizio della propria percezione di s, potesse far conto sul futuro.
Essa non era pi la societ divisa in classi della tradizione, essa non era
per ancora quella che sarebbe diventata in futuro. Si trovava in una
situazione di oscillazione tra il non pi e il non ancora. Il Romantico
esprimeva questo in poesia. La teoria politica pone speranze corrispon-
denti nella teoria costituzionale, nella liberazione della libert. La teoria
economica crede di poter determinare le condizioni del crescente benesse-
re. Nel complesso si ha limpressione che attorno al 1800,
limpossibilit di descrivere con esattezza materiale le nuove strutture
della societ moderna venga compensata dalle proiezioni future. Fin nel
nostro secolo inoltrato si parla del progetto non concluso del Moderno e
si richiede maggiore democrazia, maggiore emancipazione, maggiori
possibilit di autorealizzazione, ma anche maggiore e migliore tecnica,
in breve, di pi di tutto quello che era stato promesso come futuro. Sia

83
nellambito tecnico che in quello umano la societ si descrive attraverso
la proiezione del proprio futuro.
Ma questo Moderno ancora il nostro Moderno? Lo ancora il
moderno di Habermas? Questa societ, che ha approfittato dellimbarazzo
di non sapersi autodescrivere per proiettarsi nel futuro, ancora la nostra
societ? Possiamo e ci si potrebbe chiedere: dobbiamo conservare
una tale immagine del futuro, poich non sapremmo come proporne
unaltra, poich non sappiamo chi siamo e dove ci troviamo?
Dopo pi di duecento anni in cui si occupata di se stessa, la societ
moderna dispone di mezzi di autodescrizione molto migliori, pi adegua-
ti alla realt. In ogni caso essa pu percepire sempre pi effetti struttura-
li che essa deve attribuire a se stessa, poich sono connessi in maniera
inscindibile con le istituzioni dalle quali dipende la continuazione della
riproduzione sociale al livello raggiunto. Tutto iniziato con
losservazione delle conseguenze della rivoluzione industriale: pi ric-
chezza e pi povert di prima, nota gi Hegel nelle sue lezioni sulla filo-
sofia del diritto (3); e gi prima della Rivoluzione Francese il ministro
Necker, esperto di cose pratiche, aveva sostenuto che, data questa situa-
zione, lidea classico-stabile della giustizia non funziona (4). La fanatizza-
zione dellassoluto di nuovo tipo che segu la Rivoluzione Francese
come punto di vista del partito e la corrispondente disgregazione di qua-
lunque unit semantica nelle ideologie una conseguenza altrettanto pre-
cocemente notata, come anche la legittimazione del crimine disinteressa-
to; manifestazioni che riportano un Friedrich Schlegel nelle braccia della
religione che sola rende beati (la sola che d la pace) (5). Ma nel frattem-
po sono emerse interpretazioni di questo tipo assai pi irritanti. Si pensi
agli oneri per leconomia e il diritto rappresentati dallo Stato assistenzia-
le, pur tanto ispirato a buone intenzioni, e politicamente inevitabile.
Oppure oggi, cosa che mette in ombra tutto il resto, alle conseguenze
ecologiche della tecnica.
Ci troviamo oggi pertanto in una situazione completamente diver-
sa rispetto allepoca dellilluminismo, della Rivoluzione Francese o
(3) Vedi Geo rg e Fri edri ch Wi l h el m Heg el , Ph i l o s o p h i e des R ech t s : Di e
Vorlesung in einer Nachschrift v on 1819/20, a cura di Dieter Henrich, Frankfurt
1983, p. 193 e segg..
(4) Il ne suffit plus dtre juste, quand les lois de propriet rduisent un troit
ncessaire le plus grand nombre des hommes, in Jacques Necker, De limportance
des opinions religieuses, London-Lyon 1788, cit. in base a Oeuv res compltes,
vol. 12, Paris 1821, p. 80 e segg..
(5) Mi riferisco qui al trattato Signatur des Zeitalters, citato da Friedrich
Schlegel, Dichtungen und Aufstze (a cura di Wolfdietrich Rasch), Mnchen 1984,
pp. 593-728.

84
del neoumanesimo prussiano. Possiamo descrivere la societ presente
meglio nelle sue conseguenze, anche se non disponiamo di una teoria
sociale adeguata, e per questo abbiamo delle preoccupazioni in merito
al futuro. Ci non riguarda solamente il singolo nelle sue abitudini di
vita, nelle sue pretese di godere di una pensione, o allopposto: nei
motivi di profonda disperazione che la maggior parte degli uomini
deve affrontare. Ma noi ci poniamo delle domande, e la pubblica opi-
nione ci spinge a rispondere al quesito: che ne sar dellumanit, che
ne sar della societ? Quali condizioni di vita troveranno le genera-
zioni future, di cui gi adesso si parla tanto, supponendo che si trat-
ter ancora di uomini paragonabili a noi e non di umanoidi trasformati
dalla tecnologia genetica, standardizzati e programmati in maniera dif-
ferenziata?
Come mai in precedenza stata spezzata nella nostra epoca la conti-
nuit tra passato e futuro. Gi Novalis aveva definito il presente come
il differenziale della funzione di futuro e passato(6), e conseguentemen-
te la poesia del Romanticismo aveva impiegato metafore e finzioni di
cui poteva essere sicuro che nessuno avrebbe creduto ad essi. Lattualit
odierna, in particolare del primo Romanticismo, pu essere spiegata
cos. Ma le finzioni che rinviano alla trascendenza non ci aiutano pi, e
nemmeno la poesia, cio: la fiducia nella parola, nella lingua, in un
senso determinabile. Noi possiamo solo essere sicuri che non possiamo
essere sicuri, che qualcosa di ci che noi ricordiamo come passato, in
futuro rester comera.
Ma questo non tutto. Noi sappiamo inoltre che molto di ci che nei
futuri presenti sar, dipende da decisioni che noi dobbiamo prendere ades-
so. E ambedue le cose sono evidentemente interdipendenti: la dipendenza
decisionale delle situazioni future e la frattura della continuit di essere
tra passato e futuro. Infatti si pu decidere solo e fino al punto in cui
non determinato ci che accadr.
Questa connessione che ci condiziona, che ci lascia nel vago, pu
essere spiegato con uno sguardo retrospettivo al mondo antico. E il con-
trasto evidente: anche Aristotele aveva osservato in un testo famoso
(De Interpretatione 9) che egli non poteva sapere se una battaglia navale
futura avrebbe avuto luogo oppure no. Questo fu il punto di partenza
della lunga e complessa discussione medievale de futuris contingentibus.
Ma Aristotele non vi aveva visto un qualche particolare problema di
decisione, egli non aveva riferito affatto il problema ad una qualche

(6) Cos il frammento 417 secondo la numerazione delledizione di Ewald


Wasmuth, Fragmente, vol. I, Heidelberg 1957, p. 129.

85
dipendenza da decisioni (7), bens solamente alla possibilit di definire
delle affermazioni vere o false. E il suo consiglio pertanto non era di non
correre rischi con le battaglie navali, ma di riservarsi il giudizio. Cos
come se fosse ora gi deciso che la battaglia navale avr luogo o non
avr luogo, ma non lo si potesse ancora sapere. Ma il nostro problema
sarebbe se dobbiamo rischiare di intraprendere una battaglia navale oppu-
re no.

III

Se per una descrizione del futuro si cercano appigli che permettano di


individuare ci che intellettualmente la mode e appare accettabile o,
rispettivamente, inaccettabile, una strategia possibile consiste nel distin-
guere tra una dimensione del senso materiale, una sociale e una tempora-
le. Sotto il profilo materiale balza allocchio che la referenza di ogni uso
del segno, di ogni uso linguistico, di ogni elaborazione dellinformazione
diventato un problema. Ci iniziato alla fine del Settecento, quando la
vecchia dottrina delle idee venne sostituita dalla teoria linguistica, e appa-
re nella realt fittizia del Romanticismo, nella linguistica di Saussure,
nella critica dellempirismo logico di Quine, nel gioco della semiotica
priva di referenza, ad esempio in Roland Barthes (8), ma anche nella teoria
dei sistemi operativamente chiusi e al contempo cognitivi, come
nellepistemologia biologica di Humberto Maturana. La realt non viene
cio affatto negata, e nessun rappresentante di questa tendenza intende rica-
dere nei vecchi errori del solipsismo. Tuttavia la garanzia della realt si
trova ora esclusivamente nelle operazioni del sistema, che debbono atte-
nersi a ci che ad esse riesce, finch questo funziona. Allinterno si pu
distinguere tra autoreferenza e eteroreferenza, ma solo allinterno, solo a
mo di differenza-guida per operazioni interne, e conseguentemente in

(7) Vedi in merito Charles Larmore, Logik und Zeit bei Aristoteles, in Enno
Rudolphe (a cura di), Studien zur Zeitabhandlung des Aristoteles, Stuttgart 1988,
pp. 97-108. Si veda per la frase 18b 31-32, che fa riferimento al fatto che nel
caso di pura necessit non avrebbero senso n la riflessione (bouleesthai), n la
sollecitudine (pragmateesthai).
(8) Si veda ora anche Josef Simon, Philosophie des Zeichens, Berlin 1989, che
parimenti esclude il ricorso allesterno e conosce solo lalternativa di comprende-
re direttamente i segni (cio senza badare alla differenza tra significante e signifi-
cato) o di interpretarli tramite segni ulteriori. E su questa differenza si pu solo
distinguere v olta per v olta nel presente, senza con ci fissare nulla di vincolante
per il futuro.

86
modo diverso per ciascun sistema. Con il concetto qui pertinente
dellautopoiesis si rinuncia radicalmente ad ogni prospettiva futura teleo-
logica, sia naturale che mentale. Intenzioni e scopi sono ormai solo auto-
semplificazioni dei sistemi. E la discrepanza con la realt si evidenzia pre-
sto negli effetti collaterali inattesi e non pianificabili tra i costi.
Funziona, finch funziona. Questo il messaggio. E il consiglio tecnico
tiene conto della variazione delle preferenze.
Nella dimensione sociale noi troviamo qualcosa di simile sotto forma
di una perdita di autorit. Con autorit si intende qui la capacit di rap-
presentare il mondo nel mondo e di convincerne altri. Lautorit poteva
fondarsi sul sapere o sul potere, sulla conoscenza del futuro o sulla capa-
cit di produrlo secondo il proprio desiderio; in ogni caso dunque
lautorit si fondava sul futuro. Questo per si vede solo quando al futu-
ro viene sottratta la sicurezza che va al di l del presente. Finch
lautorit vale ancora, essa efficace, per riprendere una formulazione di
Carl Joachim Friedrich, come imputazione di una capacity for reasoned
elaboration (9). Di questo rimane ora solo il procedimento razionale
dellargomentazione, che forse maggiormente considerato, e di certo lo
in determinate cerchie. Ma lautorit consisteva proprio nel fatto che ci
si poteva risparmiare la fatica di argomentare, facendo leva sul sapere o
sul potere.
In luogo dellautorit sembra manifestarsi qualcosa che potrebbe defi-
nirsi come politica delle intese (10). Le intese sono frutti provvisori ai
quali ci si pu richiamare per un certo periodo di tempo. Esse non richie-
dono n consenso, n costituiscono soluzioni ragionevoli o anche solo
corrette ai problemi. Esse fissano solo i punti di riferimento sottratti alla
disputa per ulteriori controversie, in occasione delle quali le coalizioni e
le contrapposizioni possono mutare nella loro composizione. Nei con-
fronti di qualsiasi ricorso allautorit le intese presentano un grande van-
taggio: esse non possono essere screditate, debbono solo essere ristipula-
te in continuazione. Il loro valore non cresce con il passare del tempo,
bens diminuisce. E anche questo fa percepire che il vero problema del
Moderno nella dimensione temporale.
Nella dimensione temporale il presente viene riferito ad un futuro,
che si presenta ancora come modus del probabile o dellimprobabile. In

(9) Si veda Authority , Reason and Discretion, in Carl J. Friedrich (a cura di),
Authority (Nomos I), New York 1958.
(10) Cfr. Alois Hahn, Verstndigung als Strategie, in Max Haller et al. (a cura
di), Kultur und Gesellschaft: Verhandlungen des 24. Deutschen Soziologentags
etc. Zrich 1988, Frankfurt 1989, pp. 346-359. Cfr. inoltre anche Simon, ibidem,
in particolare p. 177 e segg..

87
altri termini: la forma del futuro la forma della probabilit, che a sua
volta orienta losservazione nel senso di forma bilaterale: come pi o
meno probabile o pi o meno improbabile, ripartendo queste modalit su
tutto ci che pu accadere. Per lappunto il Moderno ha tempestivamente
inventato il calcolo delle probabilit, per potersi adeguare ad una realt
fittiziamente costruita e raddoppiata. Cos il presente pu calcolare un
futuro che pu sempre avvenire in modo diverso, mantenendo la possibi-
lit di sostenere di aver calcolato giusto, anche se gli eventi poi sono
diversi. Ci presuppone che si possa distinguere tra futuro (o prospettive
future) del presente come regno del probabile/improbabile e presenti
futuri, che saranno sempre come saranno, e mai diversamente. Questa
frattura tra futuro presente e presenti futuri non esclude necessariamente
le previsioni. Il valore di queste tuttavia nella rapidit con cui possi-
bile correggerle e nel fatto di sapere da cosa ci dipende. Esiste dunque
solo la previsione provvisoria, il cui valore non nella sicurezza che
essa garantisce, bens nelladattamento rapido e specifico ad una realt
che si svolge diversamente da come ci si aspettava.
Al momento presente si pu decidere pertanto solo tenendo conto del
probabile/improbabile, anche se si sa che ci che avviene avviene come
avviene e non altrimenti. Espresso di nuovo nella dimensione sociale ci
significa che pur con tutti i tentativi di raggiungere intese, si deve partire
dallinsicurezza dellaltro. Se questi la nega, possibile dimostrargliela.
Le intese hanno quindi lo scopo di accrescere le insicurezze dellaltro, in
modo che non rimanga altro da fare che mettersi daccordo. A questo cor-
risponde il tipo moderno dellesperto, cio dello specialista, al quale si
possono rivolgere delle domande, cui egli non in grado di rispondere,
per poterlo parimenti ricondurre al modo dellinsicurezza. A ci corri-
sponde anche la figura moderna della catastrofe, cio del caso che non si
vorrebbe mai, e riguardo al quale non si accettano n calcoli della proba-
bilit, n valutazioni preventive del rischio. Invero questa soglia della
catastrofe sempre socialmente definita, e le catastrofi delluno non sono
anche le catastrofi di tutti gli altri.

IV

Tutte queste riflessioni si riassumono nella formula conclusiva di


rischio (11). La societ moderna vive il suo futuro sotto forma di rischio

(11) Su quanto segue vedi pi dettagliatamente Niklas Luhmann, Soziologie des


Risik os, Berlin 1991.

88
implicito nelle decisioni. Per poter formulare questo occorre invero rita-
gliare in maniera appropriata il concetto di rischio e conferirgli una pre-
cisione che nellambito ampio dellattuale ricerca sul rischio non viene
raggiunta, oppure viene raggiunta di rado.
Soprattutto va sottolineato il riferimento alle decisioni e con questo
al presente. Un rischio un aspetto delle decisioni, e le decisioni posso-
no essere prese solo nel presente. Si pu ovviamente parlare di decisioni
passate e dei relativi rischi, e anche delle decisioni future. Ma in questi
casi ci si riferisce a presenti passati o futuri e non ai passati presenti o al
futuro presente, che non sono pi attuali o non lo sono ancora. Il rischio
pertanto una forma delle descrizioni presenti del futuro, sotto il profilo
della possibilit di decidere per luna o laltra alternativa in merito ai
rischi.
I rischi riguardano danni possibili, ma non ancora determinati, anzi
improbabili, che derivano da una decisione, che possono essere causati da
essa, e che decisioni diverse non comporterebbero. Di rischi si parla dun-
que solo e nei limiti in cui si attribuiscono delle conseguenze a delle
decisioni. Ci ha indotto allidea che si potrebbero evitare i rischi e pog-
giare su delle sicurezze, qualora si decidesse diversamente, cio per esem-
pio non si installassero impianti nucleari. Tuttavia si tratta di un errore.
Ogni decisione pu determinare conseguenze indesiderate. Solo la riparti-
zione di vantaggi e svantaggi, come di probabilit e improbabilit avvie-
ne in maniera diversa, a seconda di come si decide.
Finch delle situazioni si discute sotto il profilo della decisione e del
rischio, non c via duscita. La logica della definizione della situazione
si estende a tutte le alternative. In tal senso si tratta di un principio uni-
versale di tematizzazione del tempo e del futuro, che consente ancora
delle riflessioni sulle dimensioni dei danni e sulla loro probabilit,
appunto il consueto calcolo dei rischi.
Nella misura in cui la societ presuppone decisioni e la corrisponden-
te mobilit, non vi sono nemmeno pi pericoli che possano venire
imputati solo a ci che esterno. Si colpiti dalle catastrofi naturali,
ma si sarebbe potuto trasferirsi dalla zona minacciata o assicurare la pro-
priet che si possiede. Esporsi ad un pericolo anche un rischio. Noi
non siamo tenuti a prendere laereo, anche se vi sono molte ragioni per
farlo; in definitiva siamo mammiferi, e come tali possiamo vivere senza
volare.
Il concetto di rischio tiene inoltre anche conto di una differenza tem-
porale, vale a dire della differenza tra la valutazione prima e dopo
levento dannoso. E tale concetto considera proprio questa differenza.
Rischiose sono solo le decisioni di cui ci si rammaricherebbe nel caso

89
accadesse qualcosa di dannoso. Nella scienza del management si parla di
postdecisional regret. Non si tratta qui solo di crescita dei costi, la quale
da sola non fa s che ci si rammarichi della decisione stessa. Il concetto
mira piuttosto proprio alla paradossia della contraddizione nel giudizio
prima e dopo levento. Anche nel linguaggio del Romanticismo venne
formulata questa anticipazione di un mutamento della valutazione a
posteriori. Egli pose il suo luminoso presente nel profondo delle ombre
di un passato futuro, si legge nel Titan di Jean Paul a proposito di
Albano (12). Per il Romanticismo ci costitu occasione di riflessione, di
meditazione, persino di tristezza. I nostri contemporanei fotografano.
Comunque si voglia intendere ora questa paradossia della contempora-
neit di modi di vedere opposti, la paradossia si sviluppa nel tempo,
come dicono i logici, cio viene risolta con il tempo, con la conseguen-
za che in ogni momento vi solo un giudizio plausibile. Il concetto di
rischio per fa applicare a ritroso questa tecnica vitale del succedersi di
giudizi diversi. Esso richiama la contraddizione nel presente, fa ricompa-
rire la paradossia e la risolve diversamente, cio con un risk management
razionale. Se accade limprobabile, si pu replicare ai rimproveri con
largomento di aver agito nonostante tutto in maniera giusta, cio valu-
tando il rischio razionalmente.
Vediamo cos che nel concetto di rischio viene definito un problema
pluridimensionale, complesso gi sotto il punto di vista logico, che non
pu essere adeguatamente affrontato con i mezzi relativamente semplici
della classica logica bivalente, bens richiede logiche strutturalmente pi
ricche. Questo lo ha dimostrato Elena Esposito (13). La conseguenza pra-
tica che i rischi possono essere osservati in maniere molto diverse, a
seconda di quali distinzioni si considerino e di come queste vengano
valutate. Il problema rientra cos nella dimensione sociale, nella societ
e infine nella politica. E diversamente che nel mondo degli osservatori
volanti di Einstein, non si dispone di una matematica della conversione
per passare da una prospettiva allaltra.
Vi sono molti spunti perch la societ moderna percepisca il suo
futuro effettivamente sotto forma di rischio presente. Basti pensare alla
possibilit di assicurarsi contro tutta una serie di eventi negativi. Le
assicurazioni non offrono alcuna sicurezza che gli incidenti non avvenga-
no. Esse garantiscono solo che la situazione finanziaria della persona
colpita non cambi. Leconomia offre la possibilit di assicurarsi. Per
bisogna decidere se farlo. Con lassicurazione tutti i pericoli nei confron-
(12) Citato da Jean Paul, Werk e (a cura di Norbert Miller), 4a ed., Mnchen
1986, vol. II, p. 322.
(13) Vedi Rischio e osserv azione, manoscritto 1991.

90
ti dei quali ci si pu assicurare vengono trasformati in rischi. Il rischio
rientra nella decisione di assicurarsi oppure no.
Altri problemi legati al rischio derivano dalla partecipazione di tutti
alleconomia. Tra entrate e uscite di denaro vi sono, diversamente che
nello scambio diretto, distanze temporali, sia perch il denaro si pu
spendere solo dopo averlo ricevuto, sia perch si investe il denaro nella
speranza di ricavarne dei profitti. Nella societ moderna una parte di que-
sti rischi viene assunta dalle banche, ma anche nella vita quotidiana vi
un rischio economico, coperto solo dal fatto che rimane a lungo indefini-
to quali bisogni e desideri potrebbero essere soddisfatti dal denaro, una
volta ricevutolo.
Un ultimo esempio lo prendiamo dalla politica. Nelle societ del pas-
sato si considerava la differenza tra sovrani e sudditi come corrispondente
allordine naturale, e lo si supponeva, poich la natura non consente il
casuale, escludendo il puro arbitrio. Oppure si credeva che il sovrano
fosse insediato da Dio, e che non rimanesse, nelle situazioni peggiori, di
alzare occhi supplici al cielo. Oggi invece lattribuzione di tutti gli inca-
richi, compresi quelli pi elevati, dipende da una decisione. E ci rende
rischiosi labuso di potere e gli errori nelle decisioni politiche.
La conversione di pericoli in rischi , come mostrano questi esempi,
il senso controintuitivo, non voluto, di molte istituzioni della societ
moderna, concepite per scopi del tutto diversi.
La forma di tematizzazione del rischio riguarda situazioni concrete
molto diverse. Nella loro complessit logica e nellunit in definitiva
paradossale del rischio si riflette, si potrebbe pensare, la complessit
della societ moderna, che pu e daltra parte non pu descrivere il
proprio futuro solo nel presente. Forse che per noi la semantica del
rischio sostituisce il calcolo che delle societ passate tentavano di fare
sulle intenzioni di Dio?
Una tale conclusione ci impedita da un costatazione conclusiva, che
riguarda anche i limiti della semantica del rischio. Nei contesti ecologici
ci troviamo oggi di fronte ad una complessit che si sottrae ad imputa-
zioni di decisioni. Noi certo sappiamo, o possiamo supporre, che aspetti
biologicamente importanti dellecologia possono venire mutati
dallimpiego della tecnica e dei suoi prodotti, con la possibilit di provo-
care danni ingenti. Ma non possiamo pensare di risolvere questo proble-
ma con delle decisioni singole, poich le complicatissime concatenazioni
causali di numerosi fattori e la lunga durata dei processi biologici non
consentono attribuzioni precise. Il fascino della sindrome tecni-
ca/decisione/rischio tale, che noi tentiamo di comprendere questa situa-
zione ancora con questa semantica. Noi ricerchiamo imperterriti decisio-

91
ni, anche politiche, per far fronte a questo problema, oppure per aggirar-
lo, o ridurlo o rinviarne la soluzione. Definiamo rischio il non fare qual-
cosa che potrebbe migliorare la situazione. Sarebbe infatti incomprensi-
bile, irresponsabile, non tentare il possibile, anche se questo pu solo
consistere in una diversa ripartizione del rischio. Nulla lo vieta e tutto lo
raccomanda.
E tuttavia siamo consapevoli dellinadeguatezza di tutti i tentativi di
risolvere questi problemi modificando le preferenze allatto della decisio-
ne. Levoluzione sociale si decide sui futuri presenti, e forse questa pro-
spettiva di un destino di cui non possiamo disporre che nutre quella
preoccupazione di fondo che noi possiamo diminuire a priori solo pren-
dendo coscienza del rischio e comunicandolo. Noi non facciamo pi parte
di quella stirpe degli eroi tragici, i quali, a posteriori in ogni caso,
apprendevano di aver predisposto essi stessi il loro destino. Noi lo sap-
piamo gi a priori.

92
V. Lecologia del non-sapere

Una cosa si sa oggi di certo: levoluzione ha sempre agito in gran


parte in maniera autodistruttiva. A breve e a lungo termine. Poco di
quello che essa ha creato rimasto. Questo vale per la maggior parte
degli esseri viventi. E parimenti sono scomparse quasi tutte le culture
che hanno dato unimpronta alla vita umana. Il senso che hanno avuto
per le persone che sono vissute con esse oggi solo molto limitatamen-
te comprensibile, per quanto raffinato sia il grado di ricerca e di valuta-
zione archeologica, di antropologia culturale e storica che abbiamo oggi
raggiunto. Le mentalit che una volta erano attuali oggi non sono pi
applicabili, o lo sono in maniera estremamente artificiosa. Con queste
culture passate oggi ci possibile stabilire un rapporto quasi turistico.
Lo stesso accadr agli aspetti per noi ovvii e alle forme culturali del
mondo della vita della nostra societ attuale. Nessuno pu avere seri
dubbi in proposito.
Non si pu escludere, ed anzi, a pensarci bene, probabile, che gli
uomini, in quanto esseri viventi, spariranno, cos come sono apparsi una
volta. Forse rimpiazzeranno se stessi con umanoidi geneticamente pi
evoluti. Forse decimeranno o estingueranno la loro stirpe provocando
catastrofi. Oppure arriveranno ad un tal punto di distruzione dei mezzi
tecnici che ci aiutano a vivere, che saranno possibili solo forme di vita
molto elementari. Come sempre, le societ future, ammesso che ve ne
siano in grado di comunicare in maniera sensata, vivranno in ogni caso
in un altro mondo, baseranno la loro vita su altre prospettive e su altre
preferenze, e considereranno le nostre preoccupazioni e i nostri passatem-
pi come stranezze poco divertenti, finch di questi rimangano tracce e si
sia in grado di interpretarle.
Un tale futuro ci appare inaccettabile, uno scenario da horror, che pu
piacerci solo sotto forma di fiction, poich supponiamo che non sar

93
cos. Chi considera ci che verr senza manifestare terrore viene bollato
come cinico. Nella comunicazione questa prospettiva sembra essere stata
inventata per turbare gli altri e per godere della loro collera. Chi si butta
dalla torre Eiffel non pu veramente godersi la scena del suo precipitare,
poich sa come andr a finire.
Completamente diverso, e tuttavia simile, il caso delle catastrofi
provocate con la tecnica, che se avvengono, avvengono senza preavviso.
A questo proposito, allinterrogativo: dove ci stiamo precipitando? si
riceve la risposta tranquillizzante: precipitarsi non serve pi. Perci
chiaro che tutto il problema viene rimosso. Allevento catastrofico la
popolazione preparata dal suo non-sapere, e i ministeri da documenti
cifrati segretissimi. Ci vale per il caso di guerra, ma anche per cata-
strofi di altro genere. Il problema viene cos trattato come problema a
lungo termine, considerando che la catastrofe possibile in ogni
momento, ma altamente improbabile che avvenga gi domani.
Si deve dunque mettere in guardia e prendere provvedimenti preventi-
vi? Negli antichi insegnamenti di saggezza vi era sempre una figura che
dimostrava come colui che cerca di sfuggire ad una profezia, proprio cos
facendo la realizza (1). La chiarificazione divinatoria del futuro richiedeva,
per evitare questo, una reintroduzione di oscurit nella sentenza
delloracolo. Anche allora esistevano gi i dubbi. Pindaro invoca la dea
della fortuna e del caso, Tiche; nessun dio infatti d un segno sicuro ai
mortali (2). Ma questo appartiene ad un mondo oggi scomparso. Noi cer-
chiamo con tutte le forze di salvarci, quando si profila qualcosa di negati-
vo. Evidentemente ci lasciamo guidare da un altro rapporto con il tempo
e con le nostre proprie capacit. Questo non ci libera per dalla parados-
sia dellammonimento che, se ha successo, impedisce che si accerti se
sarebbe veramente accaduto ci nei confronti di cui si ammonisce. E gi
lammonimento (forse inutile) d luogo ai costi e alle conseguenze
impreviste dellaver evitato quel dato comportamento.
La sociologia, in quanto scienza con le sue relative pretese, ha
mostrato poca inclinazione per la saggezza. Essa non oscura le sue previ-
sioni. Dal momento che la percentuale di esattezza delle sue previsioni
comunque bassa, questo potrebbe venirle perdonato. Riguardo al com-
plesso delle minacce ecologiche e dei rischi tecnologici, essa ha soprat-

(1) Nella nostra tradizione pensiamo allesempio ammonitore di Edipo. Una tale
figura appare tuttavia essere molto diffusa, in un certo senso correlata al rischio
della predizione. Si veda per la Cina Jacques Gernet, Petits carts et grands carts:
Chine, in Jean-Pierre Vernant et al., Div ination et rationalit, Paris 1974, pp. 52-
69 (74 e segg.).
(2) XII ode olimpica, versi 1 e 6-10.

94
tutto espresso ammonimenti. Lurgenza dei problemi, aumentata da chi
vuole contestarla, giustifica la rinuncia a riflettere la propria attivit di
ammonimento (3) e anche la consapevole esagerazione dei mezzi retorici.
Questa sociologia critica la societ, come dabitudine (4). Essa pretende
maggiore attenzione per le conseguenze della tecnica, per i rischi e i peri-
coli. Chiede che le risorse vengano dirette in maniera diversa. Ma essa,
con questa fosca previsione, ha dimenticato un momento importante
della propria tradizione, anzi proprio uno dei suoi motivi portanti, vale a
dire linterrogativo: che cosa c dietro?
Da Marx in poi, in una certa misura, ha sempre fatto parte anche
della riflessione sociologica losservare il mondo dei fenomeni sociali
non dalla prospettiva di un osservatore di primo ordine, che parte del
fenomeno, bens dalla prospettiva dellosservatore di questo osservatore.
Ci ha origine nella sofistica dellOttocento (5), ma si propone nello
stesso tempo come parte importante nella formazione della teoria. Marx
spiega quindi la formazione delle classi con il tipo di economia capitali-
stica e in particolare attraverso la forma dellorganizzazione della fabbri-
ca. Analogamente Durkheim spiega i problemi che abbiamo con la soli-
dariet sociale e la morale con la differenziazione funzionale (allora detta
ancora divisione del lavoro) della societ moderna. Ma si trattava ogni
volta di problemi interni al sistema sociale: la giustizia distributiva e la
solidariet nonostante la differenziazione. I problemi ecologici che oggi
ci preoccupano hanno unaltra dimensione. Essi si collocano nel rappor-
to tra il sistema sociale e il suo ambiente. A maggior ragione sarebbe
anche qui pertinente la domanda di rito: che cosa c dietro?
In un senso molto generale si pu anche qui rispondere: la forma
della differenziazione della societ moderna, cio la differenziazione fun-
zionale. In ogni caso facile supporre che con questa forma della specifi-
cazione funzionale si accrescano gli effetti della comunicazione sociale
sullambiente, mentre invece le possibilit di reagire a ci internamente
non aumentano con lo stesso ritmo, poich in questo ordine i problemi
non vengono rielaborati l ove si creano, bens nel sistema funzionale
relativo (6). Se questo esatto, se ne dovrebbe desumere quali forme
assume la comunicazione nella societ moderna sui problemi ecologici.
(3)Una rara eccezione Lars Clausen/Wolf R. Dombrowsky, Warnprax is und
Warnlogik , in Zeitschrift fr Soziologie, 13 (1984), pp. 293-307.
(4) Si veda Ulrich Beck, Gegengifte: Die organisierte Unv erantwortlichk eit,
Frankfurt 1988.
(5) Vedi Kenneth Burke, Permanence and Change, New York 1935.
(6) In meri t o p i det t ag l i at amen t e Ni k l as Luh man n , k o l o g i s ch e
Ko m m un i k at i o n : Kan n di e m o dern e Ges el l s ch af t s i ch auf k o l o g i s ch e
Gefhrdungen einstellen?, Opladen 1986.

95
Essenzialmente dalla logica di questa differenziazione consegue che si
sviluppano forme di pretesa e appelli indirizzati ad altri, cio ai sistemi
che si suppone siano in grado di rielaborarli. Alcune cose vengono pre-
sentate sotto la veste di etica. Ma se si parte dal fatto che coloro che
pretendono non sono essi stessi in condizione di fornire aiuto, viene a
mancare un momento essenziale di ogni ordine etico, vale a dire
lapplicazione della norma a se stessi o il divieto di esentare se stessi
dallobbedire ad essa. Letica della responsabilit pensata solo per gli
altri. C i si pu sottomettere ad essa in senso formale, ma
lautoapplicazione, per mancanza di unefficace competenza dellazione,
non viene comunque presa in considerazione.
Queste riflessioni restano tuttavia superficiali. Le analisi seguenti ten-
tano di spingersi oltre su un terreno cos picchettato. La domanda: che
cosa c dietro? va precisata con la seguente: che atteggiamento si assume
nei confronti del non-sapere? La retorica dellallarme da una parte e la resi-
stenza nei confronti delle esigenze dallaltra si fondano ambedue su un
supposto sapere. Ma lo stile risoluto, spesso chiuso alla comprensione,
delle controversie, rivela che questo sapere si fonda su presupposti non
sicuri. relativamente facile rendersene conto. Cos per si mostra assai
plausibile lipotesi che la comunicazione ecologica debba la propria inten-
sit al non-sapere. Che non si possa conoscere il futuro cosa che nel
presente viene espressa sotto forma di comunicazione. La societ si
mostra irritata. Per reagire allirritazione essa dispone per solo della pro-
pria modalit operativa, cio appunto della comunicazione.

II

In una prima fase, che ci permetter di inoltrarci nel discorso, ci occu-


peremo dellinterrogativo circa cosa implichi e cosa ci si debba attendere
quando dei temi ecologici si inseriscono nella descrizione della societ
moderna. Alcune particolarit che si evidenziano nella discussione attuale
e alle quali si alluso nel capitolo precedente, si comprendono meglio se
ci si rende ben conto di due cose: (1) che ogni descrizione della societ
deve aver luogo nella societ, e quindi esposta allosservazione e, alme-
no oggi, la riflette; e (2) che ogni descrizione legata alla struttura fonda-
mentale delloperazione di osservazione e che non pu andare al di l dei
limiti che questo fatto pone. Il tutto considerato nellinsieme rende gi
comprensibile perch lecologia del non-sapere venga proposta come eco-
logia del sapere (chiaramente controverso).
Di osservazione e, quando vengono redatti dei testi, di descrizione, si

96
deve sempre parlare, quando ci si serve di distinzioni, per definire qualco-
sa (e niente altro). Determinante non deve essere il come questa operazio-
ne di osservazione venga realizzata, se con una disposizione consapevole
e attenta a livello, ad esempio, del processo di percezione o di azione,
oppure attraverso la comunicazione su temi determinati, o anche even-
tualmente con operazioni effettuate da macchine elettroniche. La struttura
di base in questi casi sempre la stessa, ed essa ci basta per procedere
con la discussione del nostro tema.
Ogni osservazione fa s che una parte di una distinzione venga defini-
ta e laltra di conseguenza rimanga priva di contrassegno (7). Il mondo
viene diviso in un ambito contrassegnato e un ambito privo di contrasse-
gno. Se si dispone di tempo, si pu tracciare questo limite (la forma del
mark), ma solo se si contrassegna, cio si distingue e definisce qualco-
sa dallaltra parte, costituendo cos di nuovo un unmarked space.
Inoltre la stessa operazione del distinguere rimane priva di contrassegno.
Essa stessa infatti non pu porsi da una delle sue due parti, e si pone
dunque nellambito non contrassegnato, operando per cos dire
dallambito non contrassegnato, in cui resta lo stesso osservatore (8).
Losservatore linosservabile, poich egli non pu ritrovare se stesso
come momento della propria distinzione come una delle sue parti.
Quando si parla di teorie sociali, ci serviamo normalmente di una ter-
minologia non cos astratta. Per lepoca precedente alla Rivoluzione
Francese parliamo di semantica storica (ad esempio: della vecchia
Europa), per lOttocento di ideologie, ove secondo Koselleck la stessa
possibilit di ideologizzare le espressioni ha rappresentato una svolta
anche nella semantica storica (9). Comunque, semantica e ideologia sono
espressioni di un osservatore di secondo ordine che descrive come e cosa
osserva un osservatore di primo ordine. Losservatore di primo ordine
distingue e definisce direttamente ci a cui intende riferirsi. Egli dice

(7) Questa concettualizzazione si trova in George Spencer Brown, Laws of


Form, ristampa New York 1979, in definizioni come distintion, indication, mark ,
unmark ed space. La si trova anche in testi di semantica linguistica sotto marked-
ness.
(8) Per prudenza si noti per che pu esserci anche unoperazione enigmatica di
re-entry (Spencer Brown) o di self-indication (Varela), che appare essere parados-
sale e comunque non pu venire trattata con il normale calcolo matematico e nem-
meno con una logica solo bivalente. Essa condurrebbe invero allesito sorpren-
dente della comparsa dellosservatore stesso nella forma dellosservato: come
mark . Ritorneremo su questo nel capitolo IX sotto 8).
(9) Vedi Reinhardt Koselleck, Einleitung, Geschichtliche Grundbegriffe:
Historisches Lex ik on zur politisch-sozialen Sprache in Deutschland, vol. 1,
Stuttgart 1972, pp. XIII-XXVII (XVII e segg.).

97
come ritiene che stiano le cose, e quando parla delle ideologie di un altro
osservatore, lo fa proprio perch per lui un dato di fatto che gli altri
percepiscano e agiscano secondo parametri ideologici. (Lo stesso sarebbe
anche se si arrivasse a universalizzare il sospetto nei confronti
dellideologia e alla diciamo angelizzazione dellosservatore di
secondo ordine quale intelligenza alata.)
Lastrazione che noi compiamo con concetti quali losservare e il
descrivere e conseguentemente con il concetto di autodescrizione del siste-
ma sociale, presenta soprattutto il vantaggio di renderci indipendenti dai
condizionamenti storici e da specifiche situazioni sociali (classi sociali,
punti di vista posizioni sociali, interessi sociali). Ogni osservatore,
dovendo distinguere per poter definire, costituisce un mondo per lui invi-
sibile, un unmarked space, a partire dal quale egli opera e del quale egli
con la sua operazione fa parte. Come tale si tratta di un problema storica-
mente non relativo (finch non si intenda osservare la possibilit delle
operazioni di osservazione come un prodotto dellevoluzione), bens per
cos dire lapriori di tutti i relativismi. Che le semantiche storiche e le
ideologie possano venire analizzate cos, non cosa che si pu dimostrare
qui nel dettaglio. Quello che ci interessa il rapporto tra marked e
unmarked in una descrizione ecologica del sistema sociale.
Per la prima volta nella storia delle teorie sociali, con la descrizione
ecologica della societ viene posta alla base una distinzione chiara tra
sistema e ambiente, proprio perch tutto dipende da interdipendenze cau-
sali che non si potrebbero rappresentare, se non si distinguesse. La
societ interviene, cos si dice, sul suo ambiente in un modo che condu-
ce a mutamenti delle condizioni di riproduzione ecologica che hanno con-
seguenze importanti, le quali a loro volta si ripercuotono sulla societ.
Si tratta di una distinzione che determina la collocazione della distinzio-
ne. Ma dove si trova lunmarked space di questa?
Dal momento che si tratta di una descrizione della societ, lunmark-
ed space si trova nellambiente del sistema sociale. Noi accumuliamo
infatti sempre pi sapere ecologico. Proprio questo conduce al non-sape-
re circa i rapporti tra la societ e il suo ambiente ecologico. Noi ci aiu-
tiamo con scenari e modelli di simulazione, solo per trovarci di fronte,
dopo aver irrealisticamente ridotto la complessit, allimpossibilit di
prevedere. Noi cataloghiamo gli inconvenienti come errori, come se
avessimo solo mancato di raggiungere un sapere corretto o di applicar-
lo(10). Ci limitiamo ad asserzioni su probabilit e improbabilit, i cui

(10) Uno dei molti esempi Jens Rasmussen/Keith Duncan/Jacques Leplat (a


cura di), New Technology and Human Error, Chichester 1987.

98
fondamenti di calcolo restano discutibili e debbono venire corretti ogni
momento. Possiamo prevedere grandi distruzioni e anche provocarle, ad
esempio con le guerre o con le catastrofi tecniche, causate da serie, rico-
noscibili a posteriori, di circostanze e negligenze (11). Ma la distruzione
non la vogliamo, se il sapere stesso a tal fine sufficiente.
Questo non-sapere non lo stesso unmarked space. Esso innanzi-
tutto solo laltra faccia della forma del sapere, che porta ad un accavalla-
mento di confini e stimola cos sforzi per sapere di pi in un senso o
laltro (che sia in grado di fornire definizioni). Il sapere del non-sapere
copre da parte sua, come la docta ignorantia di Cusano, lambito al di l
di tutte le distinzioni. Lunmarked state che si sottrae ad ogni osserva-
zione rimane inaccessibile attraverso laccessibilit nel modus sape-
re/non-sapere delle condizioni di riproduzione con un costante e massic-
cio intervento sugli equilibri ecologici che levoluzione ha mantenuto.
Ma mentre una volta nelle descrizioni del ksmos o della creazione della
natura vi stato un inspiegabile momento di ordine che fa s appun-
to che questo ordine vi sia e ha coperto linosservabile dellunit di
tutte le distinzioni (allora: ripartizioni), oggi il non-sapere per cos
dire laltra faccia del sapere. E mentre una volta ci si poteva tranquilliz-
zare con supposizioni sulluguaglianza naturale tra mondo cosmico e
mondo umano, con analogie sullessere ecc., oggi ci si tranquillizza con
linutilit dei tentativi di chiarire il rapporto tra sistema sociale e
ambiente. Oggi infatti bisogna partire dal presupposto che la societ,
anche e proprio quando prende sul serio i suoi problemi ecologici, non
si fissa in forme, in possibilit e impossibilit, modi e generi, bens
procede verso il cambiamento, e deve cambiare, se si vuole che le cose
vadano bene.
Laltra situazione richiede un altro osservatore. Non cambia niente, se
anche questo osservatore nelloperazione di osservare e descrivere non
pu osservare se stesso. Il quesito dunque: come egli osserva, se non
pu catalogare la sua propria osservazione delle distinzioni di cui si

(11) Che si perverr a tali catastrofi con relativa normalit, diventato nel frat-
tempo un sapere di cui disponiamo, anche se non propriamente un sapere che
t ran qui l l i zzi . Vedi a p ro p o s i t o l i n ev i t ab i l e Ch arl es Perro w, No rm al e
Katastrophen: Die unv ermeidlichen Risik en der Grotechnik , trad. tedesca
Frankfurt 1987, oltre ad una gran massa di commenti. La sottigliezza di questa ana-
lisi consiste nel mostrare che lasimmetria tra produzione difficile e distruzione
facile inscindibile dalla struttura della tecnica, cio della differenza tra abbina-
mento rigido e abbinamento libero (imprescindibile per la stabilit ecologica).
Questa distinzione definisce (e copre) per al contempo la distinzione che ci inte-
ressa tra sapere e non-sapere.

99
serve, bens deve esprimersi come se egli potesse osservare dallesterno,
dallunmarked space.
Evidentemente la descrizione ecologica della societ tende, almeno
fino ad oggi, verso inasprimenti binari, che a loro volta non possono
definire lunit della loro distinzione. Ci vale innanzitutto per la netta
alternativa tra sopravvivenza o sparizione. Per la prima volta nella storia
si sente dire che tutta la popolazione mondiale, anzi tutta la vita sul
globo terrestre, pu essere distrutta da un momento allaltro; da questo si
deduce che ci va impedito. Evidentemente questo giusto!
Allinasprimento dei contenuti, che viene ripetuto anche in merito a
temi di minore portata, segue linasprimento morale. Questa seleziona i
buoni, che sono contro il disastro ecologico, dai cattivi, che, se pure non
lo vogliono, lo lasciano accadere. Il compito viene poi identificato nel
mettere in guardia circa le conseguenze del continuare ad agire cos, e di
nuovo con linasprimento binario: occorre ascoltare chi ammonisce,
oppure si provoca inevitabilmente la catastrofe ecologica. Vi anche la
tendenza a segnalare che i fatti sono noti da lungo tempo, ma che niente
(o in ogni caso niente di determinante) accade. Si pu senzaltro ricono-
scere che gli ammonitori hanno ragione, e tuttavia chiedersi quello che
essi non vedono, allorch descrivono la societ in questo modo.
E questo tanto banale quanto giusto: essi non possono vedere
lunit delle loro distinzioni, cio n lunit di distruzione e sopravviven-
za, n lunit di interessati buoni e cattivi. Essi non riescono nemmeno
a vedere, che lammonire unattivit complessa, la cui rappresentazione
e quantificazione richiede una logica polivalente (che non esiste, o in
ogni caso non c sotto forma di tavole della verit) (12). Non riuscire a
vedere lunit significa non poter respingere la distinzione corrispondente
e sostituirla con altre. Gli osservatori non possono, per dirla con
Gotthardt Gnther, passare al livello transgiunzionale (da distinguere
dal congiunzionale e dal disgiunzionale) (13). Evidentemente vi dunque
una connessione diretta tra mondo, osservazione e il fatto che da ambe-
due le parti lunm ark ed space debba scomparire, per consentire
losservazione.
Questa non una critica morale o politica delle relative descrizioni.
Ogni critica provocherebbe lo stesso problema, e in effetti non si pos-
sono giudicare diversamente le reazioni alle violazioni alla politica eco-

(12) Vedi in merito Clausen/Dombrowsky, ibidem (1984).


(13) Vedi in merito Cy bernetic Ontology and Transjunctional Operations, in
Gotthardt Gnther, Beitrge zur Grundlegung einer operationsfhigen Dialek tik
vol. 1, Hamburg 1976, pp. 249-328.

100
logica. La descrizione della societ che ne risulta assume la forma di
una controversia di nuovo quindi una distinzione, che non pu riflettere
la propria unit. Vi sono degli elementi che lasciano pensare che questa
controversia abbia delle possibilit di succedere alla controversia da
lungo tempo obsoleta tra capitalismo e socialismo. Ci potrebbe esse-
re politicamente auspicabile, anche se difficile valutare se al sistema
dei partiti e delle votazioni politiche riuscir di ricavare da questa
nuova contrapposizione tematiche politiche su cui si possano trarre
decisioni.
La prova di ci che rimane invisibile tuttavia in ci che attraverso
questo pu essere reso visibile. valsa la pena, valutando dai risultati
fino a questo momento, di coprire sia il non-sapere che la bivalenza radi-
cale? Il giudizio deve essere chiaramente negativo, e solo cos possiamo
pervenire ad una critica.
Il turbamento ecologico della societ viene trasmessa dallessere tur-
bato dei corpi umani, cui eventualmente si aggiungono percezioni e anti-
cipazioni, dunque meccanismi psichici. Quando si pensa alla fine, non
ha senso pensare agli esseri umani e alla societ in maniera separata. La
distruzione delle possibilit di comunicazione pu condurre alla morte di
molti. Si pensi al crollo dei sistemi di trasporto, delleconomia moneta-
ria o anche della fornitura di medicamenti. Lestinzione di tutta la vita
umana significa in ogni caso: interruzione delle trasmissioni, fine di
ogni comunicazione, fine della societ. In una tale ottica non si possono
separare i sistemi organici dagli psichici, dai sociali. Pi ancora di ogni
tradizione umanistica, la prospettiva ecologica riunisce oggi societ e
uomini, se non in un unico concetto, in una comunit soggetta ad un
medesimo destino. A coloro che pongono la societ al di sopra
dellecologia non viene in mente di descrivere la societ come un sistema
che ha a che fare con due ambienti incastrati luno nellaltro: con esseri
umani forniti di coscienza e con altre condizioni psichico-chimico-orga-
niche. E ci, bench si riconosca del tutto quale ruolo svolga la demo-
grafia per lirreversibilit dello sviluppo verso una societ tecnotropica.
Il contesto in cui si pone la descrizione ecologica limita di conse-
guenza le possibilit teoriche. Ci significa anche che gli sviluppi teori-
ci corrono il rischio di finire nelle biforcazioni della descrizione ecologi-
ca e di venire trattate secondo il principio: chi non con noi contro di
noi. Questo tuttavia proprio quello che non pu permettersi una
societ che si trova in evidenti crisi di struttura, e sia strutturalmente che
dal punto di vista semantico non pu vivere pi di ci che la tradizione
le offre. Forse pertanto consigliabile partire innanzitutto, anche senza
grandi progetti teorici, da unecologia del non-sapere, orientando dunque

101
la descrizione verso la forma, dietro la quale attualmente si trova
lunmarked space.
III

Nella loro forma pi generale i problemi ecologici hanno a che vedere


con il rapporto spazio-tempo. Essi riguardano solo sistemi che si pongo-
no limiti di spazio. Ed essi riguardano questi sistemi solo in dimensioni
di tempo, dunque non chiss quando prima o dopo. Ma come vengono
intesi spazio e tempo, in modo tale per cui i contenuti ecologici concreti
possano venire osservati e descritti?
Se si va a ritroso nella nostra storia solo di due o tre secoli, ci si
trova in un mondo il cui spazio comprende gi tutto il globo terrestre,
ma ancora popolato di cose tangibili. Vi sono gi telescopi e microsco-
pi, ma essi servono solo a verificare meglio, a conoscere meglio ci che
viene proposto ancora secondo il vecchio modo di presentare le cose.
Anche per questo in una tradizione che va da Bacone a Locke, passando
per Vico, ci si pu immaginare il conoscere come un produrre (si inten-
de: le cose). I limiti delle possibilit sono dati (solo) dal fatto che si deb-
bano in questo osservare le leggi naturali, per evitare sviste (o sbagli).
Il mondo vecchio solo alcuni millenni, come la societ (che Dio ha
creato solo alcuni giorni dopo). Essa pu durare, a seconda delle intenzioni
di Dio, solo alcuni altri millenni, ma pu perire forse anche tra poco (cos
si temeva soprattutto attorno al 1600) di fronte ad evidenti fenomeni di dis-
solvimento all coherence gone (14). Linizio e la fine sono nelle mani
di Dio, e in questo vi anche la sicurezza che non possa venire disposto
per il male. Solo attorno alla met del Settecento gli orizzonti temporali si
ampliano considerevolmente, e solo da allora si pu arrivare allidea che di
fronte a fatti cos complessi anche Dio abbia bisogno di tempo e forse sia
ancora intento a creare il mondo (15). Questo giustifica laspettativa di un
progresso, e nel secolo delleducazione i pedagoghi trasformano questa
prospettiva in un proprio compito: da una generazione allaltra uomini
migliori, dunque educazione migliore, dunque uomini migliori.

(14) Cos si lamenta John Donne (An Anatomy of the World, The Complete
English Poems, Harmondsworth, Middlesex UK 1971, pp. 270-283, 276), nei
versi spesso citati (213-214)
Tis all in pieces, all coherence gone;
All just supply, and all relation:
(15) In merito a questi mutamenti di concezione riguardo al tempo, vedi pi det-
tagliatamente Niklas Luhmann, Temporalisierung v on Komplex itt: Zur Semantik
neuzeitlicher Zeitbegriffe, in, dello stesso autore, Gesellschaftsstruk tur und
Semantik vol. 1, Frankfurt 1980, pp. 235-300.

102
Ma anche questo mondo scomparso. Una nuova matematica e una
nuova fisica lo hanno dissolto. I rapporti di spazio e di tempo sono visti
oggi come dipendenti dalla variabile che costituisce il loro nesso, vale a
dire dalla rapidit dellosservatore e dalla sua accellerazione o dal suo ral-
lentamento. Nel mondo di Einstein erano ancora previste possibilit di
conversione matematica, che oltre ai limiti fisici estremi della velocit
costituiscono una specie di punto fermo per il sapere oggettivo. Ma la
fisica nel frattempo ha problematizzato anche questo con interrogativi
assai pi radicali circa le possibilit di un mondo impostato sullauto-
osservazione.
Gli osservatori, con il cui ausilio il mondo pu autodescriversi, sono
certamente i fisici, o, per essere pi esatti: apparecchiature fisiche com-
plesse, che presuppongono che vi siano fisici (viventi), che contribuisca-
no a progettare la loro costruzione e che possano interpretare i loro dati.
Ma come viene a sapere il mondo che si sta auto-osservando, se non tra-
mite la comunicazione? La sociologia pertanto modificher ancora questa
teoria di un mondo che si auto-osserva e si chieder come losservazione
venga comunicata nel mondo.
Si sa che anche la comunicazione aumentata in volume, complessit,
capacit di immagazzinamento dati e ritmo, e proprio per la ragione che
anche il sapere pu invecchiare pi rapidamente. Si sa che la telecomunica-
zione fa tendere verso lo zero limportanza dello spazio, anche se sulla terra
come prima continuano ad esserci giorno e notte, a seconda di dove ci si
trovi e dove di conseguenza si sveglino le persone nel cuore della notte, per
non aver riflettuto prima di telefonare. Anthony Giddens (16) ha visto in
questo quasi totale disaccoppiamento di spazio e tempo una caratteristica
importante, addirittura unica del Moderno, ed uno dei pochi che sottolinei
cos decisamente questo aspetto nella sua portata sociale (17). Ci che deve
irritare ancor maggiormente tuttavia il fatto che questi mutamenti spazio-
temporali non siano correlati nella comunicazione sociale, o in ogni caso
non lo siano direttamente, con limmensa estensione del mondo oggi
immaginabile. Nel tempo e nello spazio vengono colte differenze minima-
lissime (comunque invisibili) insieme con enormi distanze e movimenti di
lungo periodo, i quali parimenti sono deducibili solo in maniera indiretta. I

(16) Vedi The Consequences of Modernity , Stanford Cal. 1990, in particolare p.


17 e segg..
(17) Senza invero trarre la conseguenza che perci vi un unico sistema della
societ a livello mondiale, in cui le notizie notturne del putsch di Mosca (intendo
quelle dellagosto, non del dicembre 1991) sono state ricevute in Australia la sera,
tra le notizie dellora di prima colazione della BBC, suscitando tuttavia a Mosca
limpressione che tutto il mondo stesse osservando nello stesso momento.

103
problemi ecologici causati dalla tecnica, e la misurabilit delle loro varia-
zioni hanno non da ultimo condotto ad una immensa estensione
dellorizzonte spazio/tempo nel grande e nel piccolo. Le catastrofi non sono
pi limitabili temporalmente e spazialmente come il crollo di una costru-
zione, lesplosione di una caldaia a vapore, la caduta di un aereo o la rottura
di una diga. Tali eventi dannosi vengono matenuti entro certi limiti dal
loose coupling della natura. Quello che oggi preoccupa e che rappresenta
una vera catastrofe in senso ecologico sono i mutamenti, rapidi o lenti, che
hanno luogo in misura minuscola o gigantesca a livello spazio-temporale,
e spesso al contempo in misura minuscola e gigantesca. Essi modificano
totalmente i concetti di realt impostati sulle cose e sulle loro cause del sin-
golo e della prassi comunicativa (linguistica) della societ. Essi non posso-
no pi venire ricondotti nellambito di un sapere manipolabile, collegabile,
anche se esistono calcoli, valutazioni a met del processo ecc..
Evidentemente i cambiamenti nelle tecnologie di comunicazione non
servono a rappresentare meglio il mondo divenuto poco rassicurante a
livello spazio-temporale. Loperazione di comunicazione, che riproduce
la societ, segue una propria evoluzione, che non va ricondotta ai cam-
biamenti dellestensione della dimensione spazio-temporale del sapere
mondiale, che questa societ al contempo produce.
La descrizione di spazio e tempo pu seguire questi mutamenti, se
modifica la propria strumentazione fondamentalmente da suddivisioni
(dellessere, del mondo) in distinzioni (di un osservatore). La tradizione da
Aristotele ad Hegel aveva tentato di presentare il tempo servendosi della
distinzione tra essere e non-essere, scontrandosi cos per proprio contro
lunit di questa distinzione (18), contro la sua paradossia. Anche la suddi-
visione del tutto in parti fall per le peculiarit del tempo. Si doveva per
gi sapere che cosa fosse il tempo, per formulare come paradossia la
distinzione tra essere e non-essere e far fallire le suddivisioni del tempo
sul non-essere delladesso. Le vie duscita passavano, com noto, per
concetti quali movimento, processo, dialettica, essendo consapevoli che
anche queste definizioni non sono adatte per esprimere il tempo stesso.
Questo pot dunque essere definito solo come qualcosa che, per dirla con
Derrida, rimaneva assente in fenomeni ad esso affini (19). Non venne pi
posto linterrogativo perch un osservatore inizi proprio con la distinzio-
ne tra essere e non-essere, perch si serva delle particolarit del fenomeno

(18) Cfr. la Phy sik v orlesung IV, 10 di G.W.F. Hegel e la sua Ency k lopdie der
philosophischen Wissenschaften, 258; tr. it. Enciclopedia delle scienze filoso-
fiche in compendio, Bari 1983, 258, pp. 233-5.
(19) Cfr. in particolare il saggio: Ousia et gramm: note sur une note de Sein
und Zeit, in Jacques Derrida, Marges de la philosophie, Paris 1972, pp. 31-78.

104
tempo per sabotare questa distinzione, per ridurla a paradossia e perch
egli poi cerchi concetti che lo salvino come quello del movimento, dei
quali sa che non sono adatti alla descrizione del tempo.
S e noi, in considerazione di queste conseguenze evidenti di
unimpostazione ostinatamente improntata allontologia, supponiamo
nellosservare la met t physika, siamo costretti a trasformare la moda-
lit dellosservazione dalla suddivisione alla distinzione. Infatti solo cos
losservazione pu riflettere se stessa come operazione. Ci significa tra
laltro che occorre rinunciare ad una decomposizione in categorie del
mondo attraverso le dimensioni da essa date a priori; le categorie sono
infatti, rimanendo aderenti alla terminologia aristotelica, suddivisioni
dellessere. Con ci anche il concetto di visione diventa opinabile, in quan-
to suggerisce che si possano comprendere queste dimensioni con uno
sguardo (anche se solo parzialmente e non nella loro infinit). La distinzio-
ne finito/infinito potr conseguentemente essere lasciata da parte. In luogo
di questa, nel distinguere tutto dipende dal modo come viene posta una
cesura che separa due parti (appunto: la distinzione). Da presente funge
dunque quella parte che rende possibile distinguere passato e futuro. Da
punto spaziale funge quella parte che consente di distinguere direzioni e
distanze. La scelta della parte che fornisce la distinzione dipende
dallosservatore. Se si vuole sapere come tale scelta viene compiuta, biso-
gna osservare losservatore. In luogo di ci che veniva sostenuto essere
visione, subentra la possibilit di definire qualcosa (distinguendola da
altro), e dunque un luogo alla distanza di...., una strada in direzione di....,
un evento come passato o, rispettivamente, futuro, se visto dalloggi (ma
anche visto da un punto nel tempo oggi trascorso o futuro). Il mondo non
privilegia alcuna di queste cesure. Per un osservatore esse possono essere
pi o meno utili. Ma non pi dato sapere che il mondo si esprime su
spazio e tempo e come ci avvenga. Si pu solo osservare che la scelta di
distinzioni e definizioni, di presenti e luoghi spaziali, ha conseguenze per
ci che pu venire osservato o non osservato da quel dato punto. In ogni
caso spazio e tempo stessi sono solo dei media di possibili distinzioni,
media di possibili osservazioni, ma da parte loro sono altrettanto inosser-
vabili come il mondo in quanto mondo (20).
Dal punto di vista tradizionale una tale concezione pu essere definita
relativismo completo. Ma in questo caso si tratta di un relativismo n
oggettivo, n soggettivo, e in ogni caso di un relativismo che smarrisce

(20) Rinunciamo qui ovviamente anche allidea di un soggetto trascendentale


del mondo, a cui restava pur sempre la possibilit di osservare se stesso nei fatti
della propria coscienza.

105
il suo concetto opposto. Allora questa stessa definizione non dice nem-
meno pi, non potendolo indicare, quello che esclude (sia pure, in senso
puramente storico, la metafisica ontologica). Si pu decidere di prendere
o non prendere parte a queste querelles. Dal punto di vista della socio-
logia sarebbe pi importante chiedersi se, in conseguenza di ci, il rap-
porto tra sapere e non-sapere non debba venire ridefinito.

IV

Dalla prospettiva di quale presente si deve determinare ci che non


pu pi essere modificato e ci che ancora lontano nel futuro? Quale
punto dello spazio determina lessere turbato? Cosa lontano e cosa
vicino nello spazio e nel tempo? Fino a che punto dobbiamo badare
adesso che ci che facciamo ora sia in futuro passato e poi non pi
modificabile, se noi nel presente non sappiamo ancora e non possiamo
sapere quali potenziali di cambiamento un futuro oggi ancora celato
abbia in serbo? E come possiamo prendere provvedimenti preventivi in
modo da non impedire adesso che vengano intrapresi i relativi lavori pre-
paratori per ci che potrebbe accadere? Chi che deve prendere le decisio-
ni in proposito? La natura tace. Gli osservatori litigano.
La ritirata del sapere dalla sfera dello spazio e del tempo Giddens
ha parlato di disembedding, per definire le conseguenze dello svuotarsi
dello spazio e del tempo (21) difficilmente riconducibile alle tecnolo-
gie elettroniche della comunicazione. Piuttosto ci si dovr chiedere se vi
siano ancora posizioni sociali, dalle quali il sapere possa essere adeguata-
mente rappresentato e comunicato con unautorit corrispondente. Si
penser alla scienza moderna. E si tratta in effetti del primo riferimento.
Contro di ci il supposto sapere non pu reggere, per quanto di tanto in
tanto anche le fonti di sapere parascientifiche invitano i ricercatori alla
riflessione (22). Questa rilevanza dei verdetti scientifici si riferisce a fal-

(21) Ibidem (1990), p. 20 e segg..


(22) Alla delimitazione viene tuttavia attribuito valore, anche se non si pu
negare di principio questa possibilit (e come si potrebbe farlo con lapertura
della scienza ai futuri sviluppi). Vedi a proposito ad esempio Michael D. Gordon,
How Socially Distinctiv e is Cognitiv e Dev iance in an Emergent Science: The
Case of Parapsy chology , in Social Studies of Science, 12 (1982), pp. 151-
1 6 5 ; Harry M. Co l l i n s / Trev o r J . Pi n ch , Fram es o f M ean i n g : Th e S o ci al
Co n s t ruct i o n o f Ex t rao rdi n ary S ci en ce, Lo n do n 1 9 8 2 ; Ral f Twen h fel ,
Thesigraphie: Ein Fall nicht anerk annten Wissens - Zur Wissenschaftssoziologie
des Scheiterns, in Zeitschrift fr Soziologie, 19 (1990), pp. 166-178.

106
sit provate. Il sapere scientifico stesso viene rappresentato quindi solo
come ipoteticamente valido. Ci d non solo alla ragione, come pensava
Kant (23), ma anche alla comunicazione la libert di verificare spiegazioni
alternative. La scienza inoltre non riuscita a conquistare veramente altri
sistemi funzionali, a volte li ha persino temporaneamente respinti e
indotti a processi di autoscoperta (24). I primi socialisti avevano invero
proposto di considerare il sapere come fattore della produzione, ma nella
teoria economica questo non mai stato veramente accolto, poich il
sapere non pu essere oggetto di propriet e quindi non pu prendere
parte alla ripartizione del plusvalore. La politica e la giurisprudenza cer-
cano consiglio nella scienza, ma non si pu parlare di determinazione
nella decisione tramite la scienza (25). Si tratta in questo non solo di
rifiuto di un sapere inutilizzabile da parte di altri sistemi funzionali,
ma anche di un singolare accrescimento di pretese e riserbo da parte della
stessa scienza. Solo sotto pressione lo scienziato si presenta davanti al
giudice su temi ecologici o relativi allo sviluppo di nuove tecnologie o
di nuovi esseri viventi per rispondere di ci che va oltre alla sua respon-
sabilit in senso strettamente scientifico. Ci sono talk shows non solo
in televisione; ma allora si tratta, in modo pi o meno riconoscibile, di
una vendita a saldo del sapere.
Con poco pi di astrazione si vede che gli stessi fenomeni si manife-
stano anche in altri sistemi funzionali. Non appena si perviene allo svi-
luppo mediante differenziazione di sistemi funzionali, in ciascuno di que-
sti sistemi luniversalit e la specificazione vanno di pari passo; univer-
salit della competenza per la funzione propria di ciascuno e specificazio-
ne del riferimento del sistema e delle condizioni che nel proprio sistema
si ritengono adeguate ad una comunicazione accettabile. Se per cos in

(23) Critica della ragion pura B 215-216 (concerne qui, in maniera piuttosto
accidentalmente lo spazio come mezzo per affrontare ipotesi diverse a spiegazione
delle diverse concentrazioni).
(24) Ad esempio gli sforzi nel Cinquecento e Seicento per conquistare un diritto
alla rappresentazione artistica nei confronti del pronunciato razionalismo gali-
leiano del nuovo movimento scientifico matematico-empirico. Vedi in merito
Gerhart Schrder, Logos und List: Zur Entwick lung der sthetik in der frhen
Neuzeit, Knigstein/Ts 1985.
(25) E se mai, allora nel contesto di programmi giuridici condizionali, i quali
prescrivono al sistema giuridico che dai fatti, che vanno determinati eventualmen-
te servendosi di conoscenze scientifiche, debbano essere tratte conclusioni corri-
spondenti. Ma dai fatti! Non dalle verit! Ci infatti non si accorderebbe con il
di v i et o g i uri di co del n eg are g i us t i zi a. A ri g uardo , p er i det t ag l i , Ro g er
Smith/Brian Wynne (a cura di), Ex pert Ev idence: Interpreting Science in the Law,
London 1989.

107
tutti i sistemi funzionali (o anche solo nei pi importanti), si pu presu-
mere che questo modello di strutture di comunicazione (nella teoria di
Parsons si chiamano corrispondentemente pattern variables), sia diret-
tamente collegata alla differenziazione funzionale, e quindi con la struttu-
ra della societ moderna.
Tradotto nelle forme della comunicazione ci significa che non vi
pi alcuna rappresentazione dellordine dellordine delle forme essen-
ziali del mondo e, corrispondentemente, dellordine del comportamento
umano in giusto e sbagliato. Rappresentazione ha il doppio senso di:
poter rappresentare e rendere presente. Dal concetto vengono escluse
ambedue le interpretazioni, quando (1) non vi sono pi posizioni dovute
allo status e legittimate senza concorrenza a parlare per lessere, a tradur-
re res in verba; e quando (2) le strutture temporali della comunicazione
sociale mutano in modo tale che il presente non offre pi possibilit di
essere presenti, bens le considera solo come differenza di passato e futu-
ro.
Con le possibilit della rappresentazione viene meno il ricorso
allautorit. Lautorit la capacit di moltiplicare, di far crescere
(augere) i fondamenti della convinzione nella comunicazione. James
March e Herbert Simon hanno parlato di uncertainty absorption (26).
Con ci si intende un fenomeno strettamente collegato alla specializza-
zione: che si supponga che la comunicazione di uno specialista o di un
responsabile titolare di un posto sia verificata accuratamente, poich
altrimenti si dovrebbe procedere alla verifica. Non si risale alle fonti di
informazione di costui e non si torna sulle sue conclusioni, bens si
parte dalla sua comunicazione come da un fatto, come condensazione di
informazione di cui si dispone. In corrispondenza di ci si arriva ad un
accoppiamento di responsabilit (= assorbimento dellinsicurezza) e
allautorit, autorit intesa come capacity for reasoned elaboration (27).
Nella comunicazione ulteriore si suppone che una comunicazione fornita
di autorit potrebbe essere spiegata e motivata; si trascura per la doman-
da con cui si dovrebbe replicare, perch manca il tempo, o la competenza
per la formulazione della domanda, o anche il coraggio.
Per un sabotaggio costante dellassorbimento dellinsicurezza manca-
no di conseguenza i motivi. Inoltre quellunit di autorit e responsabi-
lit era subordinata al fatto che chi aveva la responsabilit non era reso

(26) Cfr. James G. March/Herbert A. Simon, Organisations, New York 1958, p.


164 e segg..
(27) Cfr. Carl J. Friedrich, Authority , Reason and Discretion, in, dello stesso
autore (a cura di), Authority (Nomos I), New York 1958.

108
anche responsabile di ogni errore, per non parlare poi delle conseguenze.
Egli era tutelato, prescindendo da casi critici, dal suo status. Non si
poteva comunicare contro di lui, comunque non in uninterazione tra
presenti.
Tra le condizioni della struttura sociale indicate questunit comunica-
tiva di autorit e responsabilit va in frantumi. Va in frantumi per la
disgregazione dellordine degli status (presupposto indiscutibile) e soprat-
tutto per la tensione tra universalismo e specificazione. Nelle organizza-
zioni formali viene ricostruito a fatica e con uninsita fragilit. Finch si
deve ricorrere a fonti di autorit sociali, questo non riesce pi. N let,
n il rango sociale aiutano. In luogo di ci ecco la tesi rilevante per il
nostro tema viene legittimata la comunicazione del non-sapere (nelle
organizzazioni: la comunicazione della non competenza).
Non basta, potremmo riassumere, che la societ delegittimi la rappre-
sentanza e di conseguenza lautorit. In altre parole, non basta lasciar
sfogare la critica e la protesta. La societ deve essere inoltre in condizio-
ne di reggere la comunicazione del non-sapere. Se per lassorbimento
dellinsicurezza ha una funzione: come pu essere svolta questa funzione
in un modo diverso? Tollerando linsicurezza? E quali forme sociali ci si
dovrebbe immaginare, se la comunicazione mira sempre pi ad aumenta-
re linsicurezza del destinatario di essa?
Linterrogativo diventa pi scottante se si considera innanzitutto che
sia nel caso del sistema sociale, che in quello dei sistemi organizza-
tivi, che la societ rende possibili per s si tratta di sistemi operati-
vamente chiusi. Tutti i problemi che emergono nella comunicazione,
possono essere ulteriormente trattati solo attraverso la comunicazione e
trasformati in problemi ulteriori, per i quali vale la stessa cosa.
Nonostante quello che dice Gdel, non vi sono risorse esterne. Vi
solo la possibilit di risolvere problemi interni (ad esempio quelli
della logica) allinterno con lesternalizzazione, cosa che per pu avere
come conseguenza che lesternalizzazione stessa diventi un problema
(28). Lautorit dunque sempre un prodotto aggiuntivo interno al siste-

ma per la comunicazione che procede comunque. Essa recluta in una


certa misura fonti esterne, quando un tale riferimento (ad esempio rela-
tivo alla nobilt o allet) viene trasportato internamente. Essa in
grado di produrre saggezza, allorch ad esempio la condotta di vita del

(28) Ci, espresso con la terminologia introdotta sopra sotto II, ha a che fare
con il fatto che leteroreferenza non pu direttamente attualizzare lunmarked
space del mondo esterno, ma deve definire qualcosa come qualcosa, e pu cos
essere osservato e criticato allinterno del sistema.

109
saggio oppure rimarchevoli forme di comunicazione dimostrano che
egli tale(29). Ma come minimo dal Seicento tali eteroreferenze della
comunicazione, che erano stati in grado di aprirsi uno spazio, incontra-
no difficolt. Il saggio deve badare a non risultare ridicolo, deve dunque
riflettere la comunicazione. Il nobile pu ancora per qualche tempo
essere nobile, ma non lo pu pi manifestare nella comunicazione (30).
Ci sono in definitiva molti anziani, che il pagamento delle loro pen-
sioni costituisce motivo di preoccupazione, ma i pensionati non hanno
autorit.
Per spiegare questi cambiamenti ci si pu solo rifare ai mutamenti di
struttura della societ. Sia i fenomeni che le teorie che vengono proposte
per spiegarli, sono e restano prodotti interni alla societ, il cui significa-
to consiste esclusivamente nelle possibilit di comunicazione che offro-
no o che impediscono. E il nostro problema pertanto, ripetiamolo,
come la societ risolve di porsi nei confronti di unautorit che dimi-
nuita per causa propria e di una comunicazione di non-sapere che ha
vaste conseguenze.

La comunicazione del non-sapere esime dalla responsabilit (31). Chi


comunica il sapere, assorbe insicurezza e deve di conseguenza assumersi
la responsabilit che il suo sapere sia autentico. Chi comunica non-sape-

(29) Si veda in merito Alois Hahn, Zur Soziologie der Weisheit, in Aleida
Assmann (a cura di), Weisheit: Archologie der literarischen Kommunik ation III,
Mnchen 1991, pp. 47-57.
(30) Qui ci si riferisce al mondo dei salotti e delle accademie della fine del
Seicento e del Settecento, mentre ancora Pascal, consapevole, aveva affermato che
lalta nobilt doveva sottolineare nella comunicazione la propria posizione,
senza per credere in essa. Si vedano soprattutto i Trois Discours sur la Condition
des Grands, cit. da LOeuv re de Pascal, d. de la Pliade, Paris 1950, pp. 386-392.
Ma gi questo mostra quanto poco cambiamento nella struttura sociale fosse
necessario per capovolgere questa versione.
(31) Lo stesso vale, mutatis mutandis, per la comunicazione dellincompetenza.
Nelle organizzazioni dovrebbe esserci in verit un ufficio che si occupi della com-
petenza della competenza (Odo Marquard direbbe: competenza della compensazio-
ne dellincompetenza). Ma questo ufficio, come mostra lesperienza, non facile
da trovare, non facile da avvicinare, non facile da attivare. In tal senso si pu
partire da un parallelo tra la legittimazione sociale della comunicazione del non-
sapere e la legittimazione organizzativa della comunicazione di incompetenza.
Noi non continueremo tuttavia a seguire questa linea parallela, anche se sarebbe
interessante riflettere sulletica dellorganizzazione del ricorso allincompetenza.

110
re ne viene, per il fatto stesso di comunicarlo, scusato. Forse lo si pu
rispedire alle fonti del sapere e incaricarlo di informarsi accuratamente o
di fare ricerche. Ma ci ha solo senso, se colui che fa questo, sa gi quel-
lo che si deve sapere. Gli incarichi di compiere ricerche o di informarsi,
se si vuole evitare di farli apparire superflui, debbono quindi essere for-
mulati come se venissero dati a vanvera e se esprimessero solo la neces-
sit di sapere, solo il bisogno di assorbire insicurezza. Anche essi rien-
trano dunque nel capitolo generale della comunicazione di non-sapere.
Se ci si guarda intorno, per capire come la societ oggi si orienta in
un tale reticolo recursivo della comunicazione del non-sapere, si vede che
il problema viene formulato come problema etico. Esso viene cos spo-
stato da un contesto cognitivo ad un contesto normativo. Se ciascuno
desidera comunicare la propria non conoscenza e al contempo svelare la
pretesa conoscenza di altri, in modo che la non-conoscenza rimanga
come esito della comunicazione, questo non viene accettato, ma in luogo
di ci si invita ad assumersi la responsabilit delle conseguenze. Visto
con un certo distacco, si tratta di una manovra semantica davvero sor-
prendente: la necessit non fa virt, bens provoca un appello alla virt
altrui. Il destino sono gli altri.
Anche in questo caso, per assumere distacco, pu aiutare un confron-
to storico. Con letica della vecchia Europa questo evidentemente non ha
pi niente a che vedere, anche se oggi si torna a pensare utopisticamente
ad una societ civile etico-politica. Questa tradizione finita nel
Seicento, al pi tardi nel Settecento (32). Nella stessa epoca termina la
rivalit nella comunicazione tra la filosofia e la retorica (o anche: tra la
storiografia e la poesia), che aveva concesso ad ambedue le rivali lo sche-
ma vero/falso e pertanto doveva servirsi dei problemi della comunicazio-
ne per giustificare come mai la retorica e la poesia dovessero lavorare
con inganni velati o palesi (33). Mentre allora si trattava di amplificazio-
ne, noi abbiamo introdotto sopra il concetto di assorbimento
dellinsicurezza. Il mondo di queste premesse della comunicazione
sopravvissuto tuttavia a se stesso sotto ogni punto di vista. Niente di

(32) In meri t o p i det t ag l i at amen t e cfr. Ni k l as Luh man n , Et h i k al s


Reflex ionstheorie der Moral, in dello stesso autore, Gesellschaftsstruk tur und
Semantik vol. 3, Frankfurt 1989, pp. 358-447.
(33) Come teste principale dellacuirsi di questa differenza e della fine che le si
prospettava possiamo considerare Baltasar Gracin anche e proprio nella sua
ricezione a livello europeo. In lui si trova tutto il problema del vero/falso tradotto
in una teoria per i suoi tempi insolitamente razionale, che riflette i problemi della
comunicazione e fa saltare il vecchio contesto sia delletica che della retorica,
affascinando proprio per questo i contemporanei.

111
esso oggi direttamente rilevante, ed ogni tentativo di riattualizzazione
viene sospettato di voler produrre funzioni compensative.
Nelletica questa trasformazione avviene nella seconda met del
Settecento, allorch la morale venne adattata alle trasformazioni sociali.
Da una dottrina del comportamento si svilupp una teoria dei giudizi
morali. Il riferimento alle buone maniere e della bella apparenza, ancora
presente nel Seicento, and persa, e cos anche il riferimento alla stratifi-
cazione sociale. Letica e lestetica si separarono, e ambedue le discipline
si separarono dalle Prudenzie del classico sapere professionale della teo-
logia, della giurisprudenza, della retorica politica e del commercio. Fece
sentire i suoi effetti la pretesa autonomia dei sistemi funzionali determi-
nata dalla differenziazione funzionale. Questi mutamenti debbono essere
valutati come sociologicamente irreversibili, anche allorch la differen-
ziazione funzionale non mantiene ci che ci si ripromessi da essa, e
non si pu pi parlare di progresso. Proprio in quanto si deve prendere
atto di questa perdita di direzione in ogni senso (34) e, come noi pensia-
mo, si correla con la comunicabilit del non-sapere, non ci si pu pi
richiamare ad un pensiero che era strettamente collegato ad una rigida
struttura cosmica di necessit e impossibilit.
Per la stessa ragione unetica che fondi i giudizi morali rimane vitti-
ma dei propri problemi, e soprattutto al problema della fondazione dei
principi. Per definire questo si usa oggi il termine (assolutamente bor-
ghese) di proceduralizzazione. Cos si perviene allosservazione di
secondo ordine. Allorch non si sa pi cosa siano delle buone ragioni, si
vorr quantomeno poter dire come si pu verificare se le buone ragioni
siano buone ragioni, nella stessa comunicazione (a ci specializzata).
Cos abbiamo un tipo di comunicazione predisposto proprio per que-
sto, come medium nel quale si potrebbero contrassegnare le forme che
vincolano le possibilit del medium per un certo tempo. I punti di riferi-
mento vengono chiamati dalla seconda met dellOttocento valori.
Corrispondentemente viene proclamata unetica di valori materiali. Sotto
il profilo della filosofia specialistica questo da lungo tempo non convin-
ce pi, ma nella comunicazione sociale il riferimento ai valori continua
ad essere dominante, poich evidentemente da parte sua offre particolari
vantaggi comunicativi, vale a dire un originale collegamento tra costante
riferimento ai valori e non riferimento, per il solo caso che interessi,
quello in cui vi sia un conflitto di valori. Soprattutto una comprensione
normativa (da un punto di vista semantico tuttaltro che ovvia) dei valori

(34) Si veda Zygmunt Bauman, A Sociological Theory of Postmodernity ,


Thesis Eleven (1991), pp. 33-46.

112
(=preferenze) serve a permettere ad unetica di avanzare pretese morali
rispetto al comportamento di altri, pretese che possano essere mantenute
ferme anche e proprio di fronte a costanti delusioni.
Evidentemente questa moralizzazione di valori risponde ad una forte
esigenza di orientamento. In ci negli ultimi decenni sono stati fonda-
mentali le conseguenze della tecnica e i problemi ecologici. Non se ne
viene fuori senza risalire alle cause di questi problemi e ogni variazione
che si pu proporre fa unimpressione troppo contenuta. Non si possono
per nemmeno accettare le conseguenze. E se a ci si aggiunge il fatto
che il sapere, in questo caso, si trasforma in non-sapere (come il burocra-
te quando non competente), chiaro limbarazzo.
Da questo stato di grave necessit, con grande successo pubblicistico,
Hans Jonas ha pertanto potuto rivolgere un appello alla virt (35). Il mes-
saggio questo: ci si dovrebbe assumere la responsabilit per le conse-
guenze che si provocano con la tecnica o in altro modo. Non c nulla da
dire in contrario. Tuttavia, se colui che provoca determinate conseguenze
(colui, cio, che osa agire), non sa e non pu sapere quali conseguenze
scateni, e se gli viene consentito di dirlo, chiaro il dilemma: o non
agire (ma chi si prende poi la responsabilit della negligenza?) o farlo
con tutta lincertezza. Ci troviamo in un mondo in cui la coscienza del
rischio va accettata, e per questo letica, almeno fino a questo momento,
non ha potuto offrire alcun criterio (36). Nicholas Rescher afferma:
Morally speaking, an agent is only entitled to run a calculated risk on
his own account but not for others (37). Ma questo non che un calco
della vecchia teoria liberale che ammetteva linteresse personale, purch
ci non danneggiasse nessuno (di coloro che non si fossero dichiarati
daccordo). Lambito di applicazione di tali massime tende, oggi lo si sa,
a zero. E ci dimostra una volta di pi che letica in questo pratica un
doping non consentito.

(35) Cfr. Hans Jonas, Das Prinzip Verantwortung: Versuch einer Ethik fr die
technologische Ziv ilisation, Frankfurt 1979; tr. it. Il principio speranza.
Unetica per la civ ilt tecnologica, Torino 1990.
(36) Cfr. Niklas Luhmann, Soziologie des Risik os, Berlin 1991, in particolare
p. 168 e segg.. Vi sono invero criteri formali come ad esempio questo: che non
consentito tutto quello che si pu fare. Ma tali informazioni soffrono della debo-
lezza di tutte le etiche fondative: che da esse non si possono desumere istruzioni
per il caso concreto. Si sente solo dire che bisogna decidere situazione per situa-
zione. Ma questo lo si sa anche senza bisogno delletica, anche senza sapere quale
sar poi la decisione o chi riuscir ad avere la meglio nella situazione concreta.
(37) Vedi Nicholas Rescher, Risk : A Philosophical Introduction to the Theory
of Risk Ev aluation and Management, Washington 1983, p. 161 (corsivo origina-
le).

113
Si continua a puntare, nei grandi atti di rilevanza mondiale (38) fino
alle analisi minuziose della rational choice, sullazione orientata verso lo
scopo. Si agisce per ottenere situazioni che in casi diversi non si verifi-
cherebbero. Che ci accada, che accada su scala enorme e che accada con
successo, non cosa che possa essere contestata. Ovviamente non pu
nemmeno essere che alla societ si proibisca di agire, anche se le conse-
guenze dellazione, considerate nel loro complesso, diano motivo di
preoccupazione. Ci si pu per comunque chiedere come lagire venga
comunicato e come una semantica dellazione possa convincere, se con-
temporaneamente aumenta la comunicabilit del non-sapere.
La teoria dellazione si ribella, allorch distingue il complesso
scopo/mezzo/costi dellazione dalle conseguenze impreviste. La distin-
zione vecchia (39). In sociologia stata scoperta e rinnovata soprattutto
da Merton (40). Nella distinzione stessa vi unammissione di non-sape-
re. Linterrogativo quindi se vi siano condizioni che modifichino il rap-
porto tra sapere e non-sapere forse fino al punto in cui il non-sapere
diventi la risorsa pi importante dellagire (41). Lhomme ne peut agir
que parce que il peut ignorer, et se contenter dune partie de cette con-
naissance qui est sa bizarrerie particulire (42).

(38) Ad esempio come fa Alein Touraine, Le retour del lacteur, Paris 1984, Vedi
anche, pi moderato, Paisley Livingston, Le retour au sujet: Subjects, Agents, and
Rationality , in Stanford French Review, 15 (1991), pp. 207-223.
(39) Si veda per il suo contesto religioso originario ad esempio Pierre Nicole,
Essais de Morale, vol. I (1671), citato sulla base della 6a ediz, Paris 1682, p. 33 e
segg.: Lignoranza, tutelata dalla non conoscenza dellignoranza, servirebbe a
prevenire unautoconsapevolezza mortificatoria e come tale (in quanto funzionale
alla persona), disfunzionale in senso religioso, per esprimerla con dei concetti
attuali.
(40) Vedi Robert K. Merton, The Unanticipated Consequences of Purpositiv e
Social Action, in American Sociological Review, 1 (1936), pp. 894-904.
(41) Anche questo i sociologi lo hanno sempre visto e detto anche senza con
questo riuscire a influenzare le preferenze teoriche della scienza. Vedi Wilbert E.
Moore/Melvin M. Tumin, Some Social Functions of Ignorance, in American
Sociological Review, 14 (1949), pp. 787-795; Wilbert E. Moore, The Utility of
Utopias, in American Sociological Review, 31 (1966), pp. 765-772; Louis
Schneider, The Role of the Category of Ignorance in Sociological Theory , in
American Sociological Review, 27 (1962), pp. 492-508; Heinrich Popitz, ber
die Prv entiv wirk ung des Nichtwissens: Dunk elziffer, Norm und Strafe, Tbingen
1968. Per analisi pi recenti di una discrepanza tra ricerca di maggior sapere
(razionalizzazione) e motivazione allazione vedi Nils Brunsson, The Irrational
Organization: Irrationality as a Basis for Organizational Action and Change,
Chichester 1985.
(42) Cos dice Socrate in un dialogo di Paul Valry, Eupalinos ou larchitecte,
cit. da Paul Valry, Oeuv res vol. II, d. de la Pliade, Paris 1960, p. 79-147 (126).

114
Evidentemente il rapporto tra le conseguenze dellazione previste e
quelle impreviste dipende dagli orizzonti temporali che vengono conside-
rati al momento dellazione. Quanto pi si guarda al futuro lontano,
tanto pi probabile la prevalenza delle conseguenze non previste.
Lampiezza dellorizzonte futuro rilevante essa stessa una variabile. Da
una parte nella societ oggi le strutture cambiano pi rapidamente di
prima (43); dallaltra la soglia di imprevedibilit del futuro si avvicina al
presente. Materialmente e temporalmente limportanza del non-sapere
aumenta proprio e in particolare in scenari concepiti come rilevanti per
lazione. Ma come si pu rendere plausibile per gli altri la propria azio-
ne, non sapendo quali saranno i risultati di essa?
La teoria dellazione (compresa la teoria del controllo) agisce in que-
sta situazione come un manifesto con il quale si tenta di resistere alle
tendenze. E un argomento importante parla a favore di essa: senza com-
petenza ad agire la societ sarebbe davvero perduta. Solo lecito chie-
dersi, come gi avvenne negli anni 60, se la distinzione tra conseguen-
ze previste e non previste, prodotta dalla necessit di porre degli obiet-
tivi, sia sufficiente per la teoria per comprendere il problema (44). Essa
infatti riproduce in toto la prospettiva di un osservatore di primo ordi-
ne, cio proprio dellagente, e gli consiglia di subordinare linteresse
alla razionalit. A ci si possono aggiungere anche ulteriori limitazio-
ni sotto forma di imperativi etici. Linterrogativo solo se ci sia suf-
ficiente, qualora si voglia inoltre tener conto del fatto che lagente
viene osservato, che tutti i sistemi funzionali operano a livello di
osservazione di secondo ordine e che per la distinzione tra sapere e non-

(43) Solo un esempio: nel campo della moda negli ultimi anni (e solo negli ulti-
mi anni), le grandi ditte, con capitali consistenti, che producono per un pubblico
di massa, copiano le idee di aziende pi piccole e maggiormente innovatrici cos
rapidamente, da essere sul mercato prima degli ideatori, e il pubblico che desidera
lesclusiva non ha pi la possibilit di trovare modelli che non siano contempora-
neamente, o addirittura siano gi, in vendita nei grandi magazzini; inoltre, con il
passaggio da una generazione allaltra sta diminuendo anche linteresse ad un
abbigliamento esclusivo e manifestamente caro. La conseguenza una totale
ristrutturazione del mercato e il drastico venir meno di una cultura prima possibi-
le. Una pietra di mosaico per il tema: conseguenze dellaccellerazione, anche e
proprio l ove era fondamentale la novit e lessere innovativi.
(44) Vedi Dan i el Kat z/ Ro b ert L. Kah n , Th e S o ci al Ps y ch o l o g y o f
Organisations, New York 1966, p. 16, in relazione a migliori possibilit della
teoria dei sistemi (allora: analisi dellinput/output). Anche lanalisi funzionale
allora dominante si era raccomandata con un refusal to take purposes at their face
value, come dice Kingsley Davis, The My th of Functional Analy sis as a Special
Method in Sociology and Antropology , in American Sociological Review, 24
(1959), pp. 757-772 (765).

115
sapere non vi pi alcun punto di vista (ad esempio quello religioso)
unanimemente e costantemente condiviso.

VI

Sul futuro si pu parlare, nelle condizioni attuali, praticamente solo


nel modus di probabile o improbabile, cio nel modus di una realt vista
in senso fittizio (disciplinata da finzioni). Si sa di conseguenza che i pre-
senti futuri porteranno altre cose, rispetto a ci che porta il futuro pre-
sente, e proprio questa discrepanza viene espressa col dire che si tratta
solo sulle probabilit o sulle improbabilit, allorch si parla del futuro.
Chi afferma di essere sicuro, si espone alla decostruzione e pu aspettarsi
appoggio solo da compagni di fede. I molteplici giudizi che sono alla
base di ciascuna comprensione di questo tipo, possono mutare in ogni
momento. Vi sono intese che funzionano su grande scala, ma non vi
sono dati fondamentali a priori che possano assicurare che queste intese
(o almeno alcune di esse) valgano in futuro per sempre (45).
Questa situazione non tocca lintero ambito del dovere che uno impo-
ne a se stesso. Quello che si promette, bisogna mantenerlo. La fides
degli antichi romani sembra essere ancora attuale. Ci si potrebbe dunque
attendere che almeno con i contratti si possa offrire ancora sicurezza,
anche se queste sicurezze navigano in un mare di non-sapere. La compli-
cata struttura del diritto contrattuale romano, che distingueva tra inganni
riconoscibili e occulti (46), continua a valere e determina lo svolgersi di
vincoli sinallagmatici entrati in una fase critica. Comunque occorre
chiedersi fino a che punto questa tecnica contrattuale, una delle massime
trovate civilizzatrici del mondo antico, offra ancora oggi la forma sociale
con la quale noi tramutiamo lincertezza del futuro in una certezza gi
oggi garantita.
Lepoca moderna aveva di nuovo puntato sulla figura del contratto
daffari per eliminare le incertezze sorte dal crollo della fiducia in un ordi-
ne naturale del comportamento umano. Anche in questo caso si trattato
di un passaggio da garanzie cognitive a garanzie normative. Questo ha
retto solo per i cento anni abbondanti da Hobbes a Rousseau. Il liberali-
smo, che fece fiorire la libert contrattuale, ha assunto gi unaltra posi-

(45) Si veda anche, basato su analisi semiotiche Josef Simon, Philosophie des
Zeichens, Berlin 1989, p. 177 e segg..
(46) Per le fonti vedi D.4.3 e per la spaccatura tra luso giuridico e quello quoti-
diano Antonio Carcaterra, Dolus bonus/dolus malus: Esegesi di D. 4. 3. 1. 2-3,
Napoli 1970.

116
zione; con la semantica di individuo, libert, uguaglianza e contratto
intendeva rompere solo con il vecchio ordine, per affidarsi al nuovo. La
societ pu essere il frutto della violenza o della storia: dipende da ci
che essa ricava da queste sue cause. Gli inizi non interessano pi, le pos-
sibilit si collocano nel futuro. Ma proprio per questo il contratto appare
nella societ imprescindibile come strumento di vincolo. Il problema
nel rapporto tra le persone, alle quali deve essere consentito di creare vin-
coli (illibert) e disuguaglianze, finch ci avviene sulla base di libert e
uguaglianza.
La figura giuridica del contratto, indispensabile nel diritto,
nelleconomia e in altri ambiti, trova la propria garanzia, dopo la rinun-
cia al diritto di natura, nellidea di una costituzione giuridico-politica che
conferisca il diritto e di conseguenza la libert contrattuale, senza voler
essere essa stessa il risultato della conclusione di un contratto. (Si sareb-
be saggiamente potuto evitare questo, per non andarsi a cacciare nei ben
noti problemi di impugnazione, rescissione, diritto di resistenza ecc..
Come scappatoia ci si serv dellimbarazzante costruzione di un popolo
che si d da solo una costituzione). Ciononostante si continua a porre
la garanzia di certezza su delle norme vigenti, che possono venire modifi-
cate. Contemporaneamente nella riflessione sullarte si ritorna alla perce-
zione sia di testi, sia di opere figurative, sia di rappresentazioni teatra-
li. La teoria dellarte viene rifondata come estetica (47), dopo che i giu-
dizi su cui prima si era in disaccordo venivano attribuiti al gusto.
Discutibili pretese di singoli vengono riconosciute sui piani sia del dirit-
to che dellarte, come interessi e sensibilit e al contempo neutraliz-
zati tramite una liberale poesia dellindifferenza (48). E ambedue le cose
non richiedono un sapere sicuro sulla societ (moderna). Il sapere neces-
sario per orientarsi si trova nel concetto di stati moderni (cio: costitu-
zionali) e nellestetica della riflessione. La societ viene intesa, in
questottica, come economia.
Ma i contratti non offrono amplissime sicurezze, nemmeno per gli
individui. Contratti illimitati e non rescindibili non sono comunque

(47) Un primo quadro serio si trova nelle lezioni universitarie di August


Wilhelm Schegel su belle lettere e arte (1801). Molto citato anche Charles
Baudelaire, Le Peintre de la Vie moderne, cit. da Oeuv res compltes, d. de la
Pliade, Paris 1954, pp. 881-922, ove larte lascia gi (ma solo) la met dei suoi
compiti alla moda. Fino ad oggi le opere darte e le teorie artistiche hanno offerto
gli impulsi pi rilevanti alla comprensione del Moderno, senza doverli basare sul
sapere.
(48) Cfr. Stephen Holmes, Poesie der Indifferenz, in Dirk Baecker et al. ,
Theorie als Passion, Frankfurt 1987, pp. 15-45.

117
accettati dal diritto e inoltre i contratti garantiscono solo la pretesa, ma
non ladempimento della pretesa. Anche larte sabota la promessa di
sicurezza che potrebbe esservi nella percezione, proprio col riconoscere
nuove opere darte come opere darte. Il fatto che noi abbiamo approfon-
dito il quesito se nella normativa o nelle forme di percezione predispo-
ste artificiosamente vi possano essere degli equivalenti della sicurezza,
avr gi sorpreso il lettore. Il sapere non pu essere rimpiazzato in que-
sto modo, anche se lo stesso sapere si svaluta e un maggior sapere
necessariamente conduce ad un maggior non-sapere.
Soprattutto per tutta la base di questa argomentazione che viene
intaccata dal fatto che laltro individuo non sia pi la fonte primaria
dellinsicurezza sociale, bens il contesto ecologico in cui la societ
evolve. Tutte le forme sociali sono ora rese pi complicate anche
dallinsicurezza che non si possa pi sapere (o in ogni caso non abba-
stanza) quali effetti la comunicazione sociale avr sullambiente socia-
le e tramite questo indirettamente sulle possibilit di continuazione
della comunicazione sociale. Per contro non ci si pu assicurare con
dei contratti. Come prima, si tratta di voler prevenire inganni o errori
o cambiamenti di opinione da parte di altri. Come prima, si tratta
ancora di insicurezze risultanti dallambiente umano del sistema socia-
le. E anche in relazione a questo, vi sono mutamenti che lasciano
apparire opinabile il poter contare ancora sulle tecniche sociali classi-
che (per esempio nel rapporto reciproco tra generazioni). A ci si
aggiunge tuttavia ancora una problematica, risultante dalle interdipen-
denze dellecologia sociale e che forza la societ a riguardi finora sco-
nosciuti.
La comunicazione sociale ha ricavato da tutto questo dei temi in
maniera sorprendentemente rapida e con sorprendente successo.
Attraverso le tematizzazioni si apprende per, soprattutto, che non si sa
quello che succeder, se si mutano, oppure non si mutano, i comporta-
menti. Il non-sapere si cristallizza su dei temi. Questa risposta riconduce
dunque al nostro problema del rapporto della societ con il non-sapere, e
al contempo lascia irrisolto linterrogativo circa quale merito vi sia stato
nellaver scoperto e tematizzato i problemi ecologici. Forse il merito
soprattutto nellaver reso la societ insicura, e di averla costretta di con-
seguenza in qualche modo allazione.
Come lordine venga in essere anche senza il sapere viene talvolta
spiegato con il concetto di imitazione. In questo ambito Gabriel Tarde
il classico cui fare riferimento e Ren Girard lo studioso attualmente pi
autorevole. Anche nella teoria economica corrispondentemente si medita
di trasformare la non possibilit di decidere in possibilit di decidere

118
attraverso limitazione (49). Il quesito solo: chi o cosa viene imitato? Si
penser dapprima allautorit o al rango sociale, ma questo rinvierebbe la
teoria al vecchio ordine. La ricerca sui mass-media parla di gate-kee-
pers, lasciando aperto come siano occupate queste posizioni informali.
Un passo oltre conduce lanalisi del fenomeno della moda. Se ci si libera
dai presupposti della classe sociale, rimane un fenomeno tipico di rifles-
sione dellimitazione. La moda nasce, quando la non-imitazione (cio la
devianza) viene studiata e imitata sullimitazione. Quando poi il cambio
della moda avviene frequentemente, come avviene oggi non solo nel
campo dellabbigliamento, bens anche nelle mode intellettuali, nelle
mode stilistiche dellarte, o in tutto ci che viene proposto con i prefissi
come post-, neo-, bio-, eco- ecc., si deve tener conto del fatto che
limitazione e la non-imitazione sono indicate al contempo (o come si
dice con un verbo alla moda: annunciate). La comunicazione dipendente
dalla moda diventa poi medium per cambiare tema, per temporalizzare la
complessit, per accrescere lirritabilit della comunicazione. E
nellambiente si notano le singole persone che vivono troppo a lungo e
troppo lentamente, per poter reggere il passo (50). Esse si presentano con
i loro atteggiamenti e preferenze, con la loro biografia raccontabile
secondo la moda; anche quello che esse sottacciono, non interessa da
tempo pi a nessuno, e daltra parte ci che esse dicono determina
improvvisamente imbarazzo (come ad esempio quando oggi si parla di
negri). Pu quindi esservi dello stile nel provenire dalla moda e allon-
tanarsene visibilmente. Lo stile stesso consiste nel mostrare alla moda
che essa solo moda. Ma anche questo ora solo una forma, che rende
possibile la tendenza dominante del cambio e dellimitazione della non-
imitazione, o della non-imitazione dellimitazione (51).
La disponibilit necessaria nella comunicazione ad accettare le sele-
zioni, a trasmettere ulteriormente assorbimenti di insicurezza, non pu

(49) Si veda, come ricollegantesi a Keynes Jean Pierre Dupuy, Zur Selbst-
Dek onstruk tion v on Konv entionen, in Paul Watzlawick/Peter Krieg (a cura di),
Das Auge des Betrachters - Beitrge zum Konstruk tiv ismus: Festschrift fr Heinz
v on Foerster, Mnchen 1991, pp. 85-100 (98 e segg.).
(50) Questo si vedeva gi nel Seicento: Un homme la mode dure peu, car les
modes passent; sil est par hazard homme de mrite, il nest pas ananti, et il sub-
siste ancore par quelques endroits; egalement estimable, il est seulment moins
estim nota Jean del la Bruyre, Les caractres ou les moeurs de ce sicle, 8a ed.
(1694), cit. da Oeuv res compltes, d. de la Pliade, Paris 1951, pp. 59-478 (392).
(51) Anche questo un vecchio topos: Il y auroit de laffectation ne pas faire
ce que tout le monde fait; ce seroit un air de singularit pour se faire regard
scriveva Jean Baptiste Morvan, Abb de Bellegarde, Rflex ions sur le ridicule et
les moy ens de lev iter, 4a ed. Paris 1699, p. 125.

119
pi assumere in queste condizioni la forma del vincolo di capacit psichi-
che. Se per consenso si intende questo, il consenso non n possibile,
n sensato. Si porrebbe subito linterrogativo: come si fa a liberarsene e
quanto duri sarebbero i sacrifici? Nella comunicazione bisogna piuttosto
accontentarsi di intese, che non impegnano, bens specificano a che con-
dizioni esse valgano e quali mutamenti coinvolgerebbero il fondamento
dellaffare. Ci fa parte di uno stile sociale, il quale pratica la discrezio-
ne e non tenta affatto prima di distogliere dalle loro convinzioni coloro
che debbono intendersi, oppure di convertirli o di modificarne in qualche
modo le posizioni (52). Comunque i presenti non sono presenti in quanto
se stessi, essi agiscono come funzionari, inviati, rappresentanti e si deb-
bono solo preoccupare che coloro che raggiungono un accordo si intenda-
no grazie alle intese. Quando sono in gioco interessi contrastanti, si trat-
ta solo di una tregua. Si tratta di ordini del giorno e di punti sui quali si
pu raggiungere un accordo forse proprio perch comunque nessuno
dispone del sapere che gli consentirebbe di costringere gli altri ad essere
daccordo. Si tratta di un elaborare la comunicazione sulla base delle
informazioni di cui al momento si dispone e delle previsioni che lascia-
no riconoscere quali ulteriori informazioni consentirebbero la loro revi-
sione.
Soprattutto dovrebbe poter rientrare nellaccordo il lasciar perdere i
moralismi, dunque non inserire nella comunicazione condizioni di consi-
derazione per s e per gli altri(53). Lattenzione sempre un indicatore
dellinclusione morale della persona nella societ e al contempo anche
della sua esclusione, allorch lattenzione viene negata. Ci presuppone
(52) La discussione consueta, mirante ad una intesa, non distingue in verit
cos nettamente tra sistemi sociali e psichici e sovraccarica pertanto il concetto di
intesa con unopera di convincimento. Il problema riecheggia nelle relazioni di un
convegno del Gottlieb Duttweiler Insitut, Rschlikon, pubblicato con il titolo
Das Problem der Verstndigung: k ologische Kommunik ation und Risik odisk urs:
Neue Strategien der Unternehmensk ultur 1991.
(53) Su questo concetto puramente empirico di morale vedi pi dettagliatamente
Niklas Luhmann, Soziologie der Moral, in Niklas Luhmann/Stephan H. Pfrtner (a
cura di), Theorietechnik und Moral, Frankfurt 1978, pp. 8-116. Questo concetto di
morale non esclude, bens include che ogni comunicazione, ogni agire possa esse-
re osservato in base ad uno schema morale. Nellottica di un osservatore di secon-
do ordine, allorch questi usa il codice morale come distinzione, essere moralmen-
te bene o male valutare moralmente o fare a meno del giudizio morale, laddove
secondo i moralisti sarebbe opportuno. Unetica potrebbe essere allaltezza delle
esigenze di distinzione cos poste, solo se disponesse di criteri in base ai quali si
potesse decidere dellaccettazione o del rigetto del codice morale. In merito anche
Niklas Luhmann, Paradigm lost: ber die ethische Reflex ion der Moral, Frankfurt
1990, p. 40 e segg..

120
che singole posizioni od azioni possano veramente avere il valore di un
tale indicatore. Occorre non escludere in via di principio questa stessa
cosa per la societ moderna, ma si pu presumere che sia diventato sem-
pre pi difficile intendersi in generale su questo. A maggior ragione la
comunicazione a fini di accordo deve evitare di procedere sul piano della
morale, richiamandosi alla morale solo quando si vuole veramente inter-
rompere la comunicazione. Con la comunicazione morale lo schema
inclusione/esclusione viene attualizzato. Finch si ricercano intese o le
si ritengono possibili, bisogna partire dallinclusione. Dopo per
conforme allo scopo non rendere pi pesante la comunicazione ponendo
questa alternativa.
Attualmente questi confini non sono chiari. Ci significa anche che
le questioni cognitive e morali si mischiano spesso e che le opinioni sul
probabile o improbabile vengono trattate come obblighi morali. Con la
morale ci si immunizza contro levidenza del non-sapere, poich
lopinione moralmente migliore si conferma con i suoi propri argomen-
ti. Impianti industriali vengono dichiarati sicuri e descritti da altri
come insicuri, bench si sappia di non sapere se e in quale spazio di
tempo accadr un evento importante e quali saranno le conseguenze. La
cessazione della produzione dellenergia atomica viene definita
unovviet morale, il che indica che lautore di questa definizione non
pu essere indotto ad un accordo(54). La morale nella comunicazione
costringe allesagerazione, e lesagerazione fa rapidamente apparire
impossibile un accordo. Con quelli non si pu parlare, si dice allora,
poich non possibile indurre quelli ad accettare il proprio modo di
vedere le cose.
Una comunicazione che miri allaccordo deve pertanto innanzitutto
accrescere linsicurezza e preoccuparsi del comune sapere di non sapere.
Dal momento che di non-sapere c abbondanza, ci non dovrebbe essere
particolarmente difficile.

(54) Cosa questa che oltretutto implica un verdetto morale sulla democrazia, che
a livello mondiale consente lenergia atomica. Si pu riconoscere allautore che
egli forse non intende dire quello che dice; ma linaccuratezza o lesagerazione ter-
minologica non nemmeno propriamente un segno di disponibilit a raggiungere
un accordo. In merito: Hans Peter Dreitzel, Introduzione, in stesso autore e Horst
Stenger (a cura di), Ungewollte Selbstzerstrung, Reflex ionen ber den Umgang
mit k atastrophalen Entwick lungen, Frankfurt 1990, pp. 7-21 (11, cfr. anche 9). Si
noti inoltre anche lo spostamento di senso nel sottotitolo di questo libro ammo-
nitore: Aus Entwick lungen, die zu Katastrophen fhren k nnen, werden k ata-
strophale Entwick lungen [Da sv iluppi che possono condurre a catastrofi, deriv ano
sv iluppi catastrofici]. Cos non si tiene retoricamente conto della differenza tra
non-sapere e sapere.

121
VII

Ci che rimane, appare essere cultura, in ogni caso negli ultimi anni
di questo millennio. Evidentemente il concetto di cultura adatto per
riassumere ogni eterogeneit. sempre stato poco chiaro e discusso che
cosa questo concetto volesse dire che cosa esso includesse e che cosa
escludesse. Gli studiosi di antropologia culturale sembra preferiscano
altri temi, rispetto agli studiosi di antropologia sociale. Anche nella teo-
ria generale dellazione di Parson si trova una distinzione corrispondente,
limitata per ad un riferimento che dovrebbe rendere chiaro proprio il
fatto che nessuna azione pu venire in essere senza riferimenti, al senso,
sociali e culturali. Dalla fine del Settecento il concetto di cultura contie-
ne una componente riflessiva. In ogni applicazione esso afferma che pos-
sono esserci anche altre culture. Questo obbliga a praticare ogni volta
una distinzione doppia, vale a dire le diverse culture da una parte e ci
che cultura significa in opposizione a non-cultura. A tal fine ci si ser-
viti di mezzi ausiliari segreti, che nel frattempo sono per scomparsi ad
esempio la coscienza della variet dei popoli del mondo antico o la pos-
sibilit di distinguere cultura da civilt o da natura, o da tecnica. Il con-
cetto poteva comprendere suddivisioni e contemporaneamente lasciare
aperto ci che volesse veramente significare attraverso una variet di con-
troconcetti.
Dalla fine dellOttocento vi stata una seconda fase di ampliamenti
notevoli, in particolare verso il basso. Muovendo dalla cultura si scopre
che vi sono culture anche pi in basso. Di culture indigene si parlava gi
da tempo. A ci si aggiunse linteresse per le culture operaie. (Non pu
essere un fatto cos estremo, cos grave, se anche essi hanno una cultu-
ra). Oggi vi anche una cultura della droga o qualcosa di simile (55).
Lastrazione funzionale del concetto non consente pi limiti inferiori, si
parla persino di cultura del corpo, e non solo nella pubblicit.
Tuttavia il concetto, cosa che sembra spiegare la tendenza verso il
basso, guarda verso lalto. Esso promette qualcosa di meglio, fosse
anche un palliativo. Come ha ampiamente documentato Bourdieu, esso
compie una legittimazione delle distinzioni. , oppure stato in ogni
caso fino a poco tempo fa, un concetto della classe media. Anche questa
limitazione immanente tramite connotazioni gerarchiche potrebbe cio-
nonostante essere in via di disgregazione. Essa presuppone infatti delle

(55) Vedi in applicazione della concettualit di Parsons ad esempio Dean R.


Gerstein, Cultural Action and Heroin Addiction, in Sociological Inquiry, 51
(1981), pp. 355-370.

122
standardizzazioni, ad esempio del curriculum tipico o del-lambiente
limitato, che vengono progressivamente meno. La cultura in senso tra-
dizionale deve poter provare sorpresa. Essa trova il proprio limite, e il
proprio stimolo, in questesperienza del questo no/questo neppure. La
cultura intende essere infatti cultura di individui, ma ci implica anche
che gli individui debbano disciplinarsi corrispondentemente.
Sar difficile rinunciare del tutto a questo, per cui lordine sociale e
lattendibilit reciproca deve rimanere possibile. Ma la tendenza sembra
essere nel senso dellindividualizzazione delle frames, che ciascuno
accoglie su se stesso per se stesso (56).
In questo senso si ricerca identit, identit alternativa, identit nella
protesta fino allidentificazione con la mancanza di funzione; o anche
ogni sorta di identit nel piccolo, che una societ complessa offre ovun-
que. La cultura non pi solo capace di sorprese e di rimanere stabili di
fronte ad esse, essa causa da parte sua shocks da sorpresa. La legittima-
zione di questo modo di procedere entrata nel movimento culturale uffi-
ciale e, in tal senso, senza dubbio non si tratta di una cultura. La si trova
oggi per le strade, nella sfera estetica, e anche nella politica (57). Per la
cultura sufficiente farlo intenzionalmente. E in qualche modo la libert
che ci si prende e che si fa valere per il self-framing individuale, esprime
che nellinsieme le cose stanno cos.
Avevamo gi asserito, con riflessioni molto teoriche (self-framing?),
che losservatore e il mondo sono separati da ci che viene distinto e
definito, bench ambedue, losservatore e il mondo, restino inosservabi-
li. La cultura lo strumento adatto per questo? La cultura non dunque
chiusa dietro un muro eretto contro il non-sapere? E pu e deve essere
detto questo, quando le frames vengono sempre pi ritagliate individual-
mente?
Portata al concetto estremo, la cultura tutto ci che serve allo svi-
luppo delle paradossie, contro le quali un osservatore si scontra, allor-
ch egli chiede dellunit della distinzione di cui si serve sia della distin-
zione tra sistema e ambiente, sia della distinzione tra sapere e non-sape-
re, sia della distinzione tra osservatore e osservato. Sviluppo della para-
dossia significa reintroduzione di identit, le quali consentono un ulte-

(56) frames nel senso di Erving Goffman, Frame Analy sis: An Essay on the
Organization of Ex perience, New York 1974.
(57) In apparenza, possiamo annotarlo qui solo come supposizione, anche il
neonazismo ha avuto una ripresa innanzitutto come possibile shock culturale.
Naturalmente, ci non esclude il pericolo che la politica consegni motivi politici
ad un tale movimento.

123
riore operare. Ci non pu avvenire logicamente, poich la paradossia
si trova al di fuori dei limiti della logica, che da parte loro un tipo di
cultura, cio un tipo di sviluppo della paradossia al fine di dar luogo a
calcoli. N dallessere, n dal pensiero provengono istruzioni chiare in
merito. Lo sviluppo della paradossia pu avvenire solo a balzi, solo
creativamente (il che non significa arbitrariamente). E la cultura sembra
essere il mezzo in cui le forme dello sviluppo della paradossia possono
assumere unidentit stabile e plausibile per il loro tempo. La cultura
la borsa, alla quale vengono trattate le opzioni per lo sviluppo della
paradossia.
In analisi che hanno suscitato molta attenzione, Ulrich Beck ha sco-
perto dei nessi tra la percezione di rischi indotti dalla societ e un nuovo
individualismo (58). Anche il nuovo dei nuovi movimenti sociali
potrebbe consistere nel fatto che essi debbono partire da situazioni indi-
viduali mutate, oppure debbono proprio ad essi, vale a dire agli indivi-
dui, che individualmente sono alla ricerca di unidentit in massa e tutta-
via ciascuno per s. Helmuth Berking ha aggiunto una diagnosi parados-
sale: Individualizzazione... significa concretamente apprendere ad affron-
tare supposizioni paradossali di comportamento. Individualizzazione
significa infatti al contempo accrescimento dello spazio soggettivo di
libert e perfetta dipendenza dal mercato, soggettivizzazione e standardiz-
zazione del comportamento espressivo, accresciuta riflessione su di s e
superiore controllo esterno (59). E si potrebbe ancora aggiungere: amare
laltro nel suo essere altro, dunque evitare una degenerazione dellamore
in terapia e quanto meno mantenere questa distinzione.
Tali domande vanno poste alla societ e alla sua cultura. I sistemi
psichici sono straordinariamente robusti, persino nei casi di patologie
croniche, e lo stesso vale anche per il sistema della vita organica. Anche
per questo vi sono descrizioni culturali, ad esempio quadri clinici. Ma la
societ moderna crea se stessa con la preoccupazione dellidentit, che
essa attribuisce agli individui sotto forma di paradossia nascosta, un pro-
blema proprio, un problema altrettanto fondamentale e che probabilmen-
te si pone sullo stesso piano del problema della sua ecologia. Vi sono,
in altri termini, forme culturali per problemi e motivi, che debbono
essere individualmente capaci di acquisizione. La copertura del non-sapere

(58) Vedi Ul ri ch Beck , R i s i k o g es el l s ch af t : A uf dem W eg i n ei n e an dere


Moderne, Frankfurt 1986.
(59) Helmuth Berking, Die neuen Protestbewegungen als ziv ilisatorische
Instanz im Modernisierungsproze?, in Hans Peter Dreitzel/Horst Stenger, ibidem
(1990), p. 47-61 ( 5 3 ) .

124
in questioni ecologiche sembra essere uno di questi problemi. I motivi
posti per questo non sono pi da tempo quello che lestablishment uffi-
ciale si immagina. Sono motivi di preoccupazione, di ammonimento, di
protesta, i quali in un modo o nellaltro possono consolidarsi in movi-
menti sociali o anche solo in dichiarazioni ai mass-media.
I movimenti di protesta non necessariamente intendono affermare un
proprio sapere. Essi risultano dalla trasformazione di non-sapere in impa-
zienza. Essi rimpiazzano il non-sapere con il sapere che non possiamo in
ogni caso pi permetterci di aspettare, poich il sapere, se pure dovesse
arrivare, arriverebbe troppo tardi. In questa riflessivit essi sono superiori
a tutto ci che ad essi si oppone. Ma proprio da questo risulta una
imprecisione che pu sfociare in irresponsabilit. Noi abbiamo gi una
cultura dellinquietudine che cerca scopi, per non dire dellansia coltivata.
Se noi riusciremo a trasformarla in una cultura dellaccordo non convin-
to, cosa che al momento rimane da vedere.

VIII

Con le riflessioni precedenti siamo rimasti sul piano del sistema


sociale. Se per vi sono aspettative di poter affrontare i problemi ecolo-
gici con efficacia, queste aspettative nella nostra societ vengono indiriz-
zate a delle organizzazioni. Le organizzazioni, cos si suppone, posseg-
gono una tecnologia interna di assorbimento dellinsicurezza (60). Esse
sono specializzate nelle possibilit di fattorizzare i fatti sconosciuti; o
quantomeno le organizzazioni che sono in grado di fare questo dispongo-
no di migliori speranze di sopravvivenza (61). Un senso della distinzione
tra sistemi sociali e sistemi di organizzazione potrebbe consistere nel
fatto che la societ, creando organizzazioni, si mette in condizione di
compiere qualcosa che in altri casi non sarebbe in grado di effettuare,
vale a dire di assorbire linsicurezza.
Non vi necessit di mettere in dubbio questo; ci si pu invece chie-
dere come le organizzazioni affrontino qualcosa che esse non possono
conoscere. Un ambito della ricerca gi consolidato riguarda le organizza-
zioni a fini educativi e terapeutici, cio le organizzazioni che si occupano
della trasformazione normale o anormale, in casi definiti patologici, della

(60) Ci riferiamo di
nuovo a March/Simon, ibidem, (1958), p. 164 e segg..
(61) March/Simon, ibidem, p. 192 e segg.. Cfr. anche Herbert A. Simon, Birth
of an Organization: The Economic Cooperation Administration, in Public
Administration Review, 13 (1953), pp. 227-236.

125
persona. La teoria generale dellorganizzazione non ha fatto molto per
questo, limitandosi a creare solo un tipo speciale per particolari situazio-
ni problematiche: per le organizzazioni senza tecnologia funzionante.
Inoltre si ricorre allausilio dello spostamento delle aspettative di solu-
zione dei problemi dalle organizzazioni ai professionisti, vale a dire con-
siderando limpossibilit di conoscere come specifico sapere di compe-
tenza degli esperti, e come questione di motivazione e di impegno del
singolo (62). Nel caso di problemi ecologici questa strategia di sposta-
mento dei problemi non dovrebbe essere utilizzabile. Come alternativa
sembra esservi solo la criticatissima ideologia end-of-the-pipe che si
limita a migliorare i propri scarti dal punto di vista ecologico (63). In un
contesto che presenta il problema in maniera estremamente sintetica non
si possono ovviamente analizzare le proposte organizzative. Si pu per
porre linterrogativo circa cosa la teoria dellorganizzazione, e in partico-
lare la sociologia dellorganizzazione abbiano da offrire, allorch si pone
loro il quesito scottante relativo al modo di agire allinterno di organizza-
zioni in cui presente il non-sapere.
La teoria dellorganizzazione classica aveva presentato un modello che
pu essere descritto a posteriori come modello di macchina o macchina
triviale o modello input-transformation-output, o anche con il concetto
del tight coupling. La premessa che obiettivi dati (outputs) vengono
raggiunti sulla base di regole (programmi) determinate, allorch si
disponga degli inputs necessari e il processo non venga disturbato. Si
progetta una fabbrica di automobili, la si costruisce, si avvia la produ-
zione, e alla fine le macchine pronte per la vendita escono dalla fabbrica.
Non irrealistico supporre che le cose vadano cos.
La teoria sociologica dellorganizzazione, sviluppata in parallelo,
concentrava le sue preoccupazioni su fatti collaterali (ad esempio la
motivazione a produrre), subordinandosi cos al modello primario, anche
se parlava di human relations. Da un punto di vista economico e
umano le cose non funzionano cos perfettamente come il modello

(62) Per il suo sapere anche una professione gi minacciata si rafforza, anche
se rinunciando allintegrazione teorica. Per un quadro rappresentativo e attuale
vedi Jrgen Oelkers/H.-Elmar Tenorth (a cura di), Pdagogisches Wissen, 27esimo
allegato a Zeitschrift fr Pdagogik , Weinheim 1991.
(63) Che questo sia sensato e che gi con questa limitazione crei i pi complica-
ti problemi tecnici, economici e organizzativi, ovviamente cosa che non si pu
discutere. Che sforzi su questo piano possano avere successo, lo dimostrano con-
fronti tra una regione e laltra. Lunica cosa che questo non fornisce la risposta al
nostro problema dellapproccio organizzato allimpenetrabilit delle connessioni
ecologiche.

126
richiede (64). Nel frattempo per la critica si rafforzata, radicalizzandosi,
e ha incluso questa supposizione di tecnologia interna di assorbimento
dellinsicurezza in un contromodello. Non si dubita nemmeno in questo
caso che le automobili vengano prodotte secondo un programma, e resta-
no attuali le esigenze connesse di maggiore considerazione per le persone
e di maggiore flessibilit strutturale. Ma linterrogativo circa il modo di
rapportarsi a livello organizzativo con il non-sapere apre prospettive del
tutto diverse. Gli aspetti teorici pi importanti dicono sostanzialmente
quanto segue:

(1) Le organizzazioni non sono sistemi che realizzano gli obiettivi,


bens sistemi che li cercano (65). Esse si occupano di interpretare
(osservare) costantemente le loro stesse operazioni e cercano
obiettivi, eventualmente nuovi obiettivi, che rendano comprensi-
bile ci che accade o accaduto e consentano di prendere decisio-
ni. La pianificazione la costante elaborazione delle memorie del
sistema.
(2) Ogni pianificazione, programmazione, orientamento consiste in
operazioni che debbono venire compiute allinterno del sistema, e
che quindi vengono anche osservate nel sistema. Quello che
avviene in funzione delle pianificazioni non risulta dalla pianifi-
cazione stessa, bens dallosservazione della pianificazione, e
eventualmente dallosservazione dellessere osservata della pianifi-
cazione. La realt opera secondo il modello della second order
cybernetics. Le organizzazioni sono osservazioni di sistemi che
osservano (66).
(3) Le organizzazioni non sono macchine banali, vale a dire macchi-
ne che reagiscono solo al loro output proprio o al loro stato
momentaneo e pertanto funzionano in maniera poco affidabile.
Esse forse si basano su una tecnologia triviale, che trasforma gli
inputs in outputs, ma determinano limpiego di questa tecnologia
secondo parametri basati su processi autoreferenziali, dunque
tenendo conto anche della loro posizione momentanea; in questo
senso sono macchine storiche, che ogni momento si costruiscono

(64) Vedi per i limiti gi abbastanza estesi Richard M. Cyert/James G. March, A


Behav ioral Theory of the Firm, Englewood Cliffs N.J. 1963.
(65) Cfr. J ames G. March / J o h an P. Ol s en , A m b i g ui t y an d Ch o i ce i n
Organizations, Bergen 1976.
(66) Ob s erv i n g s y s t ems n el s en s o di Hei n z v o n Fo ers t er, Ob s erv i n g
Sy stems, Seaside Cal. 1981.

127
come una nuova macchina il che naturalmente non esclude
affatto che esse facciano sempre la stessa cosa, che funzionino in
maniera affidabile e che proprio per questo non sfruttino la possi-
bilit di cui dispongono di cercare obiettivi (67).
(4) I sistemi complessi raggiungono la stabilit solo attraverso il
disaccoppiamento degli effetti reciproci. La vecchia cibernetica
aveva parlato di funzioni scalari e di ultrastabilit (68). Herbert
Simon aveva sottolineato limportanza della differenziazione ver-
ticale dei livelli (formazione della gerarchia) per il disaccoppia-
mento orizzontale delle operazioni (69). Oggi si preferisce il termi-
ne loose coupling contrapposto a tight coupling (70) .
Laccoppiamento libero rintraccia difetti, isola problemi, previene
problemi con efficacia. Daltra parte la ricerca, partendo da grandi
catastrofi tecniche, ha dimostrato che essa poco adatta a com-
pensare la realt indotta dalla tecnica, vale a dire a farla avviare in
se stessa (71); infatti proprio questo richiederebbe la sicurezza del
funzionamento in casi specifici (ma rari) in condizioni sconosciu-
te. Su di un soddisfacente containment organizzativo di tecnolo-
gie rischiose non si pu contare, proprio a causa di questa diffe-
renza tra loose e tight coupling.
(5) La pianificazione e orientamento in organizzazioni non banali
(autoreferenziali) non possono determinare a priori gli stati futuri
del sistema, e nemmeno i rapporti futuri tra il sistema e
lambiente. Lorientamento piuttosto un processo di riduzione
delle differenze, che viene contrassegnato da obiettivi, vale a dire
che cerca di ridurre la differenza tra obiettivo e realt. Il risultato
non n prevedibile, n controllabile nel sistema, ma influen-

(67) Vedi in merito Heinz von Foerster, Principles of Self- Organization - In a


Socio-Managerial Contex t, in Hans Ulrich/Gilbert J.B. Probst (a cura di ), Self-
Organization and Management of Social Sy stems: Insights, Promises, Doubts and
Questions, Berlin 1984, pp. 2-24.
(68) Vedi W. Ro s s As h b y , Des i g n f o r a B rai n : Th e Ori g i n o f A dap t i v e
B eh av i o ur, 2 a ed. , Lo n do n 1 9 6 0 , p . 6 8 e s eg g . ; del l o s t es s o aut o re, A n
Introduction to Cy bernetics, New York 1956, p. 82 e segg..
(69) Vedi The Organization of Complex Sy stems, in Howard H. Pattee (a cura
di), Hierarchy Theory : The Challenge of Complex Sy stems, New York 1973, pp.
3-27 (15 e segg.).
(70) Vedi ad esempio Karl E. Weick, Der Proze des Organisierens, trad. tedesca
Frankfurt 1985, in particolare p. 163 e segg..
(71) Vedi oltre a Perrow ibidem anche Jost Halfmann/Klaus Peter Japp (a cura
di), Risk ante Entscheidungen und Katastrophenpotentiale: Elemente einer sozio-
logischen Risik oforschung, Opladen 1990.

128
zabile con un continuo riorientamento, vale a dire contrassegnan-
do altre differenze. La pianificazione un going concern, e le pre-
visioni ne specificano i punti di vista della sua correzione conti-
nua.
(6) Le organizzazioni sono sistemi autopoietici che si basano su
decisioni. Le operazioni sono per esse rilevanti solo sotto forma
di decisioni, poich solo cos sono collegabili allinterno del
sistema (72). Tutto lo sviluppo delle strutture dipende dallo svi-
luppo dellautopoiesis. Come alternativa c solo la disgregazio-
ne, la distruzione. La tipizzazione strutturale basata su questo
identifica le premesse delle decisioni sulla base degli organi com-
petenti che rendono possibile un cambiamento sia
dellattribuzione organizzativa che delle decisioni programmate,
che del fatto che questi organi competenti sono costituiti da per-
sone. In funzione del numero degli uffici raggiungibile una
notevolissima, incontrollabile complessit dei collegamenti tra le
decisioni, senza che, per dirlo ancora una volta, lo stato del siste-
ma possa venire determinato da un organo.

La teoria alternativa dellorganizzazione, qui delineata solo in sintesi,


non sorta durante la ricerca di una soluzione ai problemi ecologici. Si
tratta nellinsieme piuttosto di un richiamo a risolvere i problemi attra-
verso la non-soluzione, vale a dire a mantenerli come momento
dellautopoiesis del sistema continuando costantemente a ricercare gli
obiettivi e riorientando le strutture (gli ottimisti dicono: imparando).
Quanto pi un problema insolubile, tanto maggiore il suo valore di
riproduzione. Cos si sabota innanzitutto la speranza di riuscire a trasferi-
re i problemi ecologici nellagenda dei compiti da svolgere delle organiz-
zazioni, facendo s in questo modo che la questione venga opportuna-
mente aggirata. Si tratta piuttosto, nelle riflessioni proposte, di una
decostruzione delle pretese classiche di razionalit delle organizzazioni e
al contempo di una nuova versione dellaltrettanto classica critica della
burocrazia.
Ma, se noi dobbiamo comunque muovere da unecologia del non-
sapere, si dovrebbe mirare ad una teoria dellorganizzazione che tenga
conto, meglio della teoria classica, di queste condizioni. Ci che nel
modello della soluzione razionale dei problemi appare come un difetto,

(72) Cfr. Niklas Luhmann, Organization, in Willi Kpper/Gnther Ortmann (a


cura di), Mik ropolitik : Rationalitt, Macht und Spiele in Organisationen, Opladen
1988, pp. 165-185.

129
potrebbe cedere il posto di fronte ad unanalisi pi realistica (73). Si
dovrebbe poter osservare pi liberamente come vengono affrontati nelle
organizzazioni i problemi ecologici, quali forme essi assumano, quanto
siano stabili, cio resistenti al cambiamento, come possano essere osser-
vati come programmi capaci di pronunciarsi internamente e come
lorganizzazione si organizza nel complesso perch non le succeda nien-
te, nel caso succeda qualcosa.
La questione del modo di affrontare il non-sapere costituisce anche per
la teoria dellorganizzazione un tipo nuovo di problema. Comprensi-bil-
mente i dirigenti, i consulenti e gli scienziati dellorganizzazione riten-
gono importante mostrare e migliorare ci che sono in grado di fare. Ma
lessere-in-grado-di-fare solo una faccia di una forma, la cui altra faccia
il non-essere-in-grado-di-fare. Se si considerano le organizzazioni come
dei sistemi autopoietici, si chiarisce la loro robustezza straordinaria, la
loro resistenza in un mondo che non in grado di conoscersi. La teoria
dellautopoiesis stata valutata finora solo sotto il profilo della teoria
della conoscenza (74). Ci ha condotto ad una discussione sul costruttivi-
smo della teoria della conoscenza che, se cos si pu dire, diventata una
controversia. La limitazione ai problemi della teoria della conoscenza
classica occulta per anche la portata di questa avventura teoretica.
Concetti come chiusura operativa o anche il rinviare tutti i problemi
allinterrogativo circa losservatore, indicano mutamenti di atteggiamen-
to che lasciano intuire che la coscienza-di-essere-in-grado (75) europea
comincia a prendere coscienza della propria improbabilit.
Ma questo ovviamente pu venire formulato solo nella societ, e, qualo-

(73) Vedi per riflessioni analoghe, maggiormente riferite a decisioni giuridi-


che, Karl-Heinz Ladeur, Die Ak zeptanz v on Ungewissheit: Ein Schritt auf dem Weg
zu einem k ologischen Rechtsk onzept, in Rdiger Voigt (a cura di), Recht als
Instrument der Politik , Opladen 1986, pp. 60-85; dello stesso autore, Jenseits
v on Regulierung und k onomisierung der Umwelt: Bearbeitung v on Ungewissheit
durch (selbst-)organisierte Lernfhigk eit, in Zeitschrift fr Umweltpolitik und
Umwel t rech t , 1 0 (1 9 8 7 ), p p . 1 -2 2 ; i n o l t re Kl aus Pet er J ap p , Prev en t i v e
Planning - A strategy with Loss of Purpose, in Gnter Albrecht/Hans-UweOtto (a
cura di), Social Prev ention and the Social Sciences: Theoretical Controv ersies,
Research Problems and Ev aluation Strategies, Berlin 1991, pp. 81-94.
(74) E cio estendendo straordinariamente il concetto di cognizione. Vedi
Humberto R. Maturana, Erk ennen: Die Organisation und Verk rperung v on
W i rk l i ch k ei t : A us g ewh l t e A rb ei t en z ur b i o l o g i s ch en Ep i s t em o l o g i e,
Braunschweig 1982; Humberto R. Maturana/Francisco J. Varela, Der Baum der
Erk enntnis: Die biologischen Wurzeln des menschlichen Erk ennens, Bern 1987.
(75) Su questa formulazione e sulle radici cristiane cfr. Christian Meier, Die
Entstehung des Politischen bei den Griechen, Frankfurt 1980, p. 435 e segg..

130
ra debba divenire rilevante per le decisioni, nelle sue organizzazioni. Nella
situazione odierna ci si pu attendere meno di prima che la natura aiuti a
livello fisico o che lessere aiuti a livello metafisico. La societ pu aiutarsi
solo con le proprie operazioni, cio attraverso la comunicazione. Ogni criti-
ca va a vuoto, se essa lavora senza ulteriore verifica supponendo che si
potrebbe, se solo si volesse, e pertanto ricorre al bastone dellammonimento
morale. Forse per questo consigliabile lasciar iniziare la comunicazione
con la comunicazione del non-sapere, anzich vincolarla allinterno e
allesterno delle organizzazioni al mantenimento di una illusion of con-
trol(76).
IX

In conclusione ci si dovr chiedere se c una ragione per queste consta-


tazioni effettuate con il tono del rincrescimento. E in effetti, se si osserva-
no attentamente gli attuali sviluppi teorici ponendosi questo interrogativo,
si possono scoprire diverse cose. Delineiamo in conclusione alcuni design
teorici, che sono oggi oggetto di discussione, ponendoli insieme sotto
lottica del principio che la trasparenza sarebbe improduttiva. Il nostro
argomento sociologico in merito che vi sono pochissimi o molto limi-
tati spunti reciproci che potrebbero chiarire che determinate disponibilit di
pensiero si diffondono. Sembra piuttosto che vi sia, come dicono i teorici
dellevoluzione, un processo equifinale, che muovendo da punti di partenza
diversi (77) conduce ad un risultato che annulla la metafisica ontologica tra-
dizionale. E la supposizione dei sociologi allora che la societ moderna
abbia iniziato ad esperimentare un pensiero ad essa adeguato.
1) La teoria dei sistemi mostra la tendenza a trasformarsi in una teo-
ria dei sistemi operativamente chiusi (78). Determinanti in questo
senso sono state non da ultimo le ricerche empiriche, e soprattutto
quelle sulle cellule e sulla neurofisiologia, che dimostrano che
proprio i sistemi capaci di grandi prestazioni (prevalentemente i
sistemi nervosi) non possono mantenere sul piano delle proprie
operazioni alcun contatto con il loro ambiente. Essi non possono,

(76) Come gli psicologi lhanno chiamata. Vedi Ellen J. Langer, The Illusion
of Control, in Journal of Personality and Social Psychology, 32 (1975), pp.
311-328. La trasformazione delle variabili rilevanti per lillusion of control,
qual i : f am i l i ari t y i n v o l v m en t , co m p et i t i o n , ch o i ce n el l a ri cerca
dellorganizzazione non dovrebbe risultare difficile.
(77) Per dimostrare questo daremo qui di seguito solo poche indicazioni biblio-
grafiche, scelte per secondo criteri della massima eterogeneit possibile.
(78) Vedi ad es. Francisco J. Varela, Principles of Biological Autonomy , New
York 1979.

131
nemmeno un po, operare nel loro ambiente, e dunque nemmeno
prolungare operazioni interne che poi si trasferiscono nellam-
biente; e dunque nemmeno controllare le causalit che avviano
nellambiente con le loro stesse operazioni.
2) Un avvio strettamente operativo della teoria dei sistemi (ma
anche di ogni teoria dellapplicazione dei segni, ad esempio della
lingua) conduce alla supposizione che tutto ci che succede, suc-
ceda contemporaneamente (79). Nessuna operazione pu presup-
porre che, mentre essa stessa si attualizza, qualcosaltro si svolga
ancora nel suo passato o gi nel suo futuro. La contemporaneit
in effetti non ancora tempo vero e proprio, ma la base per situa-
re ci che man mano presente; ed cos la base per ogni osser-
vazione del tempo che lavori con distinzioni quali prima di/dopo
di o passato/futuro. E contemporaneit di ogni evento significa:
impossibilit di controllare ogni evento.
3) La semiotica, richiamandosi a Saussure, ha ritenuto di essere
costretta a rinunziare alla vecchia distinzione verba/res, sostituen-
dola con la distinzione signifiant/signifi, che viene creata
nelluso stesso dei segni. Tutte le differenze sono solo differenze
tra segni. Le diversit tra di essi possono essere usate sul piano
operativo. Ma come si arriva ai segni? Si pu applicare la semio-
tica in modo riflessivo, usando quindi lo stesso concetto di segno
come segno (80). In maniera pi radicale si chiede Ralph Glanville
se questo segno dei segni potrebbe essere lultimo di tutti i segni,
e risponde immediatamente: no (81). Un segno deve in prima e
(79) Vedi Niklas Luhmann, Gleichzeitigk eit und Sy nchronisation, in, dello
stesso autore, Soziologische Aufk lrung vol. 5, Opladen 1990, pp. 95-130.
(80) Su una tale second semiotics riflessiva, e in questo senso critica, vedi Dean
MacCanell/Juliet F. MacCannell, The Time of The Sign: A Semiotic Interpretation
of Modern Culture, Bloomington Ind. 1982. Anche Julia Kristeva si avvicinata a
questa concezione, allorch ha caratterizzato luso del segno non attraverso il riferi-
mento, bens come lavoro, e dunque come produzione. Vedi Semiotik , Paris 1969.
(81) Vedi Ranulph Glanville, Distinguished and Ex act Lies (e lies nel doppio
s en s o di men zo g n a e s i t uazi o n e, n . d. N. L. ), i n Ro b ert Trap p l (a cura di ),
Cy bernetics and Sy stem Research 2, Amsterdam 1984, pp. 655-662, e vale al
pena di citare: When the final distinction is drawn (i.e. the ultimate) there has
already been drawn another, in either intension or extension, namely the distinc-
tion that the final distinction is NOT the final distinction since it requires in both
cases (identical in form) that there is another distinction drawn; i.e., there is a for-
mal identity that adds up to re-entry (657). Ritorniamo al re-entry. Vedi anche
Ranulph Glanville/Francisco Varela, Your Inside is Out and Your Outside is In
(Beatles 1968), in G.E. Lasker (a cura di), Applied Sy stems and Cy bernetics, vol.
II, New York 1981, pp. 638-641.

132
ultima istanza distinguersi da tutto ci che non pu venire defini-
to dal vuoto, dallo spazio non contrassegnato, dal bianco della
carta, dal silenzio, che viene presupposto in ogni percezione di
suoni. E ci vale anche e in particolare allorch un segno deve
essere nientaltro che la distinzione tra significante e significato.
4) Nel tentativo di ricostruire matematicamente la connessione tra
laritmetica e lalgebra di Boole, George Spencer Brown (82) insi-
ste col dire che come garanzia del nesso possa essere usato un
unico operatore, il mark. Questo definisce una distinzione che
da parte sua pu essere usata solo come definizione delluno e
non dellaltro lato. Ma come si perviene allora a quella distinzio-
ne, che la prima e lultima di tutte: la distinzione tra distinzione
e definizione? Spencer Brown propone per questo la forma del re-
entry della forma nella forma (della distinzione nel distinto). Ma
questo re-entry non pu esso stesso venire incluso nel calcolo,
contrassegnandone sia linizio che la fine. Esso genera, se si
vuole, in uno spazio immaginario (nellunmarked space) la
possibilit di escludere da s forme, asimmetrie, ripetizioni infi-
nite e re-entries (83).
5) La forma del re-entry, con tutta la sua enigmaticit, pu servire a
chiarire ulteriormente i problemi aperti della teoria dei sistemi
operativi chiusi e delluso autoreferenziale dei segni. Se a livello
delle operazioni non vi contatto con lambiente e se nessun
segno fornisce una referenza alle cose, allora proprio questa situa-
zione pu essere internamente simulata tramite un re-entry cio
attraverso la distinzione di autorerefenza ed eteroreferenza. Il siste-
ma riproduce la differenza tra sistema e ambiente allinterno di s
e la usa come premessa delle proprie operazioni. E il segno ripro-
duce in s la cosa, che esso pu solo definire, come distinzione
tra signifiant e signifi. Un mezzo di fortuna, sembrerebbe. Ma
forse, se pensiamo cos, non ci confonde un pregiudizio della tra-
dizione europea?
6) La stessa struttura la troviamo inoltre anche nel soggetto trascen-
dentale, nellinterpretazione della fenomenologia trascendentale di
Husserl. Lunit del soggetto la differenza tra luso operativa-
mente identico di noesis e noema, e lautoreferenza ed eterorefe-
renza, cio il re-entry del mondo nel soggetto sotto forma di una

(82) George Spencer Brown, Laws of Form, ristampa New York 1979.
(83) Cfr. Louis Kauffman, Self-reference and Recursiv e Forms, in Journal of
Social and Biological Structures, 10 (1987), pp. 53-72.

133
distinzione che si pone a disposizione delloperazione solo da una
parte, solo nel soggetto. Insieme a molti altri, Merleau-Ponty
ha tentato di trovare una soluzione facendo ricorso al corpo del
soggetto (84). Ma ci si limita a riproporre il problema su un
altro piano, e questo lo si vede interrogando non la mistificazione
corporea dei filosofi, bens i neurofisiologi (85).
7) Anche Jacques Derrida aveva preso spunto da questa enigmaticit
della referenza soggettiva. Leggendo Husserl e Heidegger aveva
notato che il segno nella sua caratteristica di forma (sia ousa, o
edos, o morph) presupponeva la presenza di ci che veniva cos
portato alla luce (86). Ma questa unit di forma e di struttura che si
manifesta, non cela innanzitutto unoperazione di separazione,
che determina la differenza che poi viene presentata come unit? E
la diffrence non innanzitutto diffrance (87), cio operazione nel
tempo? Dunque unoperazione del trasporto della differenza senza
inizio n fine, che non tollera presenze, n ne ha bisogno, bens
si iscrive in qualcosa di indefinibile?
8) Tutto questo pu condurre al quesito: chi colui che dice tutto
questo? Chi losservatore? Questo interrogativo contiene una
tendenza alla responsabilit di s, alla collocazione del fondamen-
to nellautoreferenza, alla conclusione autologica. Osservatore
colui che come osservatore viene osservato. Questo ci di cui ci
informa la second order cybernetics (88). Osservare possibile
solo in un reticolo recursivo dellosservazione di osservazioni,
dunque non sotto forma di atto singolare, spontaneo, soggetti-
vo. Losservazione ha il suo fondamento non in competenze par-
ticolari secondo il modello di ragione, intelletto, sentimento,
capacit di immaginazione, volont. (Poich losservatore chiede

(84) Si veda soprattutto la pubblicazione postuma di Maurice Merleau-Ponty, Le


Visible et lInv isible, Paris 1964.
(85) O gli immunologi. Vedi in merito N.M. Vaz/F.J. Varela, Self and Non-
S en s e: A n Org an i s m -Cen t ered A p p ro ach t o Im m un o l o g y , i n Medi cal
Hypotheses, 4 (1978), pp. 231-267; Francisco J. Varela, Der Krper denk t: Das
Im m un s y s t em un d der Pro z e der K rp er-In di v i dui erun g , i n Han s Ul ri ch
Gumb rech t / K. Ludwi g Pfei ffer (a cura di ), Parado x i en , Di s s o n an z en ,
Zusammenbrche: Situationen offener Epistemologie, Frankfurt 1991, pp. 727-
743; tr. it. Il v isibile e linv isibile, Milano, 1968.
(86) Vedi ad esempio Marges de la philosophie, Paris 1972, in particolare p. 31
e segg., 185 e segg..
(87) Ibidem, pp. 1 e segg..
(88) Vedi ad esempio Heinz von Foerster, Observ ing Sy stems, Seaside Cal.
1981.

134
naturalmente subito: chi losservatore che distingue in questo
modo, e perch cos e non in altro modo?). Osservare distingue-
re definendo, e per lautogiustificazione si pu considerare solo
lautoosservazione, dunque il re-entry della distinzione nel
distinto. E cos constata anche Spencer Brown al termine delle
sue ricerche, ove egli, commentando linizio, dice: An observer,
since he distinguishes the space he occupies, is also a mark....We
see now that the first distinction, the mark, and the observer are
not only interchangeable, but, in the form, identical. (89)
9) Una cosa invero deve evitare losservatore: di voler vedere se
stesso e il mondo. Egli deve poter rispettare la non-trasparenza.
Michel Serres lo ha descritto come un parassita (90). Di cosa il
parassita, accanto a che cosa giace? La figura di colui che giace
accanto sostituisce la figura di colui che giace sotto. Il parassita
rimpiazza il soggetto. Ma luso di questa metafora in definitiva
non aiuta molto, nemmeno come riferimento ad un problema.
Losservatore deve applicare una distinzione come distinzione,
per descrivere quindi un lato e non laltro. C i esclude
losservazione dellunit della distinzione stessa anche se si
volesse ricorrere allausilio di unaltra distinzione. Ogni strategia
che si allontani da questa viene punita dal fatto che si pu poi
solo osservare lunit del distinto e la non-distinzione del distin-
to. Ci viola un privilegio di Dio, se si vuole accogliere ci che
dice Nicol Cusano. Per ciascun osservatore diverso, una tale
intenzione produce una paradossia. Nella tradizione ci era stato
trattato come segnale di errore e in particolare anche e proprio
nella sua dottrina delle idee (91) e naturalmente nella sua logica.
Si consentiva solo il rendere paradossale la retorica, la quale non
mirava alla verit, bens alleffetto. E quindi forse alla produtti-
vit?

Come sempre, il paradosso stato riscoperto tramite Nietzsche e


Heidegger e anche tramite il fallimento delle ricette logiche per evitare il
paradosso (92). Proprio perch il paradosso paralizza losservazione, pu
essere inteso come spunto, anzi spinta coercitiva allo sviluppo. Ci
significa: come incitamento alla ricostruzione con lausilio delle distin-
zioni, che rendono possibili identificazioni stabili. A posteriori ci si

(89) Ibidem, p. 76.


(90) Le Parasite, Paris 1980.
(91) Cfr. Platone, Sofista 253 D.

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chiede allora: la filosofia non aveva sempre cercato concetti, o quantome-
no metafore, che consentissero questo? (93) E mentre i logici e i linguisti
sperano ancora nello sviluppo tramite differenziazione dei livelli,
finalmente divenuto chiaro che distinzioni molto diverse possono svol-
gere questa funzione, a patto che le si usino in maniera plausibile e pro-
duttiva e che si possa evitare linterrogativo circa la loro unit.
Noi qui non dobbiamo verificare la correttezza di tutte queste rifles-
sioni, e tanto meno provarle. S ociologicamente significa che
nellosservazione dellosservazione della societ ci che interessa che
esse vengano formulate. E si potrebbe, reinserendosi nel ductus consueto
delle spiegazioni scientifiche, dedurre da ci che la societ sviluppa figu-
re di pensiero, con le quali essa possa tollerare linosservabilit del
mondo e far diventare produttiva la non-trasparenza.

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