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Il diritto civile
ragionato
100 lezioni ragionate per agevolare
la preparazione agli esami/concorsi
Sesta edizione
Indice
Prefazione Pag. 7
6 Usucapione 49
8 Iura in re aliena 58
9 Lonere della prova nellazione di rivendicazione 64
10 In facultativis non datur praescriptio 67
11 La prova nellambito dellazione di regolamento di confini 68
12 Le servit prediali 69
13 Comunione 74
14 (Continuazione) Condominio di edifici 84
Sezione prima : Interesse dello Stato a che i beni costituenti la ricchezza nazionale
vengano al massimo valorizzati.
Sezione seconda :Interesse dello Stato che i beni costituenti la ricchezza nazionale
siano gestiti dalle persone pi oneste ( ancorch meno capaci )
19- La rescissione del contratto per lesioneo perch concluso
in stato di pericolo
20 Annullamento del contratto quando il consenso stato carpito
con dolo
21- Annullamento del contratto quando il consenso stato estorto
con violenza
Sezione terza : Interesse dello Stato che eventuali perdite di beni costituenti la
ricchezza nazionale siano ripianate gravando sul patrimonio di chi l'ha provocate
o di chi, in relazione ad esse, si arricchito.
22 - I principi che reggono il risarcimento da fatto illecito
23 Cenni sui vari tipi di responsabilit da fatto illecito.
24 - Arricchimento senza giusta causa
Sezione seconda: Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio 284
Lezione V: Gli obblighi, alla fedelt, allassistenza, alla collaborazione,
alla coabitazione 284
Lezione VI. Lobbligo di contribuzione 296
Il libro, che con le presenti righe offro alla lettura, deriva, si pu dire al ottanta per
cento, dal compattamento di alcuni miei altri precedenti libri, che sono stati
pubblicati in un arco di tempo che va dal 2011 al 2014, ma che io, in questa quinta
edizione, ho cercato di aggiornare tenendo conto delle modifiche intervenute in sede
legislativa fino ad oggi.
Da qui la diversit di stile che caratterizza le diverse parti del libro: alcune sono
dialogate, altre, no; alcune sono fornite di note, altre, no.
La mia ambizione era di fare unOpera che facilitasse, con una esposizione
semplice e chiara, la comprensione dellardua materia civilistica. Mi sarebbe piaciuto
a tal fine intercalare nel discorso anche disegni (e addirittura filmini: scandalo!!!). Di
questa idea il lettore trover nella parte VII un principio di attuazione, limitato alle
distanze e alle parti comuni di un edificio condominiale; avevo anche raccolto
disegni e fotografie per illustrare, come si costruisce un contratto per atto pubblico,
come si fa una ricerca ai registri immobiliari, come si presenta una visura, un
certificato catastale, una mappa, ma poi, preso da stanchezza, ho lasciato perdere.
La mia speranza che uno Studioso, non conformista e dotato di spirito
innovatore, accetti di sobbarcarsi il compito di ultimare lOpera lasciata da me
incompiuta. Se tale Studioso esiste, mi contatti (la mia email :
lmsanguineti@gmail.com). La mia intenzione sarebbe di fare un passo indietro e di
lasciare il volenteroso libero di completare lOpera come meglio crede; e,
naturalmente, di accettarlo come coautore e di dividere con lui gli utili.
LIBRO I
Doc. Il perch che due poteri assoluti di disposizione su una stessa cosa si
bloccherebbero e paralizzerebbero a vicenda: Tizio vuole coltivare il campo a grano,
Caio lo vuole coltivare a segala: il campo rimane incolto.
Doc. S, non che il diritto di propriet quello che d al suo titolare tutti i possibili e
immaginabili poteri sulla res; no, esso semplicemente quel diritto che d al suo
titolare il massimo di poteri su una res, che il legislatore ritiene di conferire a una
persona. Il diritto di propriet semplicemente tra gli iura in re (i vari tipi di diritti di
disposizione e godimento di una cosa che, come ci riserviamo di vedere meglio in
seguito, lo Stato ritiene possibili) quello che conferisce al suo titolare i maggiori
poteri.
Disc. Ma i limiti che il legislatore pone ai poteri del proprietario da che cosa sono
dettati.
Doc. Possono essere dettati dalle pi varie considerazioni (alla volont del legislatore,
almeno alla volont del legislatore costituzionale, non si possono mettere restrizioni).
Ma qui riteniamo opportuno far notare che la massima parte di tali limiti sono posti
nellinteresse della stessa classe dei proprietari. Mi spiego meglio con un esempio: il
legislatore fa obbligo al proprietario Tizio di permettere laccesso nel suo fondo al
vicino, Caio, che ne abbia necessit per riparare un muro (vedi meglio lart. 843), e
questo senzaltro un limite posto a Tizio nel godimento del bene; per un limite
che giova anche a Tizio, dato che anche questi pu trovarsi, per compiere delle
riparazioni al suo fondo, nella necessit di accedere in quello del vicino.
Disc. Tu hai detto che il legislatore conferisce a una persona, a Tizio, la libera
disponibilit di un bene (meglio, la pi libera disponibilit compatibile con linteresse
pubblico), nella speranza che questi renda al massimo produttivo un bene; ma se
questa speranza mal riposta, se Tizio per nulla si occupa del bene, per nulla lo rende
produttivo?
Doc. A questa domanda Ti risponde larticolo 838, che recita: (..) quando il
proprietario abbandona la conservazione, la coltivazione o lesercizio di beni che
interessano la produzione nazionale, in modo da nuocere gravemente alle esigenze
della produzione stessa, pu farsi luogo allespropriazione dei beni da parte
dellautorit amministrativa, premesso il pagamento di una giusta indennit.
Doc. Bravissimo, ma meno bravo del legislatore il quale si fa carico non solo di
escludere una responsabilit penale o civile del gestore (tale la veste giuridica che
verrebbe a rivestire il Caio del tuo esempio) in base agli articoli da te con tanta
encomiabile precisione citati, non solo si fa carico (nellarticolo 2031, che subito
andremo a leggere) di tenere indenne il gestore dalle spese, ma, pensando al caso che
il gestore abbia stipulato dei contratti per ben gestire laffare dello interessato o
gerito come si preferisca chiamarlo, insomma di Tizio, fa obbligo a questi di
adempiere le obbligazioni che Caio con il contratto ha assunte.
Disc. Ma perch mai il gestore dovrebbe trovarsi nella necessit di stipulare dei
contratti?
Doc. No, hai capito male. A che il gestore abbia diritto al rimborso delle spese ecc.
basta lutiliter coeptum, cio che al momento in cui gli atti gestori furono compiuti
essi apparissero utili: Caio ha cercato di spegnere lincendio, ma non c riuscito:
poco importa, ha diritto al rimborso delle spese, se cerano buone probabilit che
lopera di spegnimento desse buon risultato.
Disc. Dunque Caio che, visto il tetto di Tizio che fa piovere in casa, incarica una ditta
di ripararlo, ha diritto di essere rimborsato di quanto, a tale ditta, pagato. Ma se Caio,
non ha dato lappalto, ma, volendo fare economia, ha provveduto di persona alle
riparazioni? Non avr diritto oltre al rimborso delle spese (per calce e piastrelle ecc.),
anche a vedersi pagate le ore spese per fare le riparazioni?
Doc. La logica vorrebbe una risposta positiva alla tua domanda, ma secondo alcuni
Studiosi ne impone invece una negativa la necessit di evitare il pericolo delle cos
dette spese imposte: Tizio fa il muratore e si trova disoccupato, se vede la facciata
della casa di Tizio che avrebbe bisogno di una bella imbiancatura, sarebbe
probabilmente tentato di mettersi, lui, a darle il bianco, qualora sapesse che la sua
fatica troverebbe una renumerazione, ma ci penserebbe due volte, qualora non avesse
a sperare altro che il rimborso delle spese.
Doc. E cos; ed effettivamente ulteriori limiti vanno apposti alla gestione di affari
altrui, - limiti ricavabili, con una interpretazione sistematica, basata soprattutto sul
primo comma dellarticolo 2028 e sul secondo comma dellarticolo 2031 del Codice
Civile, ma anche sullarticolo 54 Cod. Pen., 48 Cod.Civ., 54 Cod.Civ.
E io ritengo che, a conclusione di tale lavorio interpretativo, si possa dire che
presupposti di una valida gestione daffari altrui sono i seguenti:
I - Primo presupposto: il difetto di un divieto, esplicito o implicito, dello
interessato. Tale presupposto si argomenta dal secondo comma dellarticolo 2031,
che recita: Questa disposizione (idest, la disposizione contenuta nel primo comma
dellarticolo, che d diritto al gestore di ottenere un rimborso spese ecc.) non si
applica agli atti di gestione eseguiti contro il divieto dellinteressato, eccetto che tale
divieto sia contrario alla legge, allordine pubblico o al buon costume. E vero che la
disposizione or ora riportata si limita, presa alla lettera, solamente ad escludere il
diritto al rimborso delle spese, ma essa va chiaramente interpretata in senso estensivo,
nel senso cio che escluda tout court il diritto di gestire un affare altrui contro il
divieto dellinteressato (con la conseguenza che Caio, il quale, contro il divieto del
dominus Sempronio di potare gli alberi del suo giardino, in questo entra lo stesso, non
solo non avr diritto a un rimborso delle spese incontrate nella potatura, ma sar
responsabile dei reati e degli illeciti civili che, per eseguire la potatura, fosse venuto a
commettere (si pensi al reato di violazione di domicilio art, 614 C.P per essere
entrato nelle appartenenze di un luogo di privata dimora, cos com considerato un
giardino).
II- Secondo presupposto: la c.d. absentia domini, intesa per in senso lato, come
impossibilit dellinteressato a gestire laffare (metti perch malato o allestero).
Questo presupposto si argomenta dal primo comma dellarticolo 2028, che recita:
Chi, senza esservi obbligato, assume scientemente la gestione di un affare altrui,
tenuto a continuarla e a condurla a termine finch linteressato non sia in grado di
provvedervi da se stesso.
III -Terzo presupposto: la attualit della gestione, nel senso che questa, se
procrastinata, potrebbe non risultare pi utile. In altre parole, fino a che si pu sperare
che la cessazione della absentia dellinteressato avvenga in tempo per permettergli di
decidere, lui direttamente, sullopportunit di gestire laffare, la gestione del terzo
inammissibile. Questo presupposto si argomenta (sia pure facendo un po di violenza
alla logica) dal primo comma dellarticolo 51, che recita: Non punibile chi ha
commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessit di difendere un diritto
proprio od altrui contro il pericolo attuale di unoffesa ingiusta ().
IV- Quarto presupposto: la gestione deve apparire utile. Questo presupposto, come
abbiamo gi avuto occasione di vedere, risulta dallincipit del primo comma art.
2031.
V Quinto presupposto: la gestione deve mirare solo alla conservazione del
patrimonio (o, naturalmente, della vita dellinteressato o di un suo parente verso cui
questi ha un obbligo di assistenza: sua moglie, suo figlio). Caio non ha diritto a
provvedere nella absentia di Tizio a costruire nel giardino di questi una piscina
(ancorch lesistenza di una piscina possa valorizzare il giardino e quindi possa
considerarsi come utile), ma ha, questo s, diritto a riparare il tetto (della villa di
Tizio) che rischia di andare in rovina. Questo presupposto si ricava dalla parte finale
dellarticolo 48 C.C., che, in caso di scomparsa di una persona (e, bada, il caso
della scomparsa di una persona , rispetto ai casi previsti dallart. 2028, un caso pi
grave e che di per s autorizzerebbe una pi forte ingerenza nei suoi affari), d, s,
allautorit giudiziaria il potere di adottare provvedimenti nellinteresse dello
scomparso, ma solo se necessari alla conservazione del patrimonio dello
scomparso.
Va da s che, essendo vietate le gestioni non miranti alla conservazione del
patrimonio dello scomparso, sono con ci stesso vietati gli atti di alienazione dei
suoi beni (atti che vengono autorizzati, ma con particolari cautele, solo nel caso di
uno scomparso di cui sia dichiarata la assenza - vedi meglio lart. 49 e lart. 54).
VI- Sesto presupposto: la scientia aliena negotia gerendi, la consapevolezza cio di
stare gerendo un affare altrui e nellinteresse altrui (se Caio si mette a riparare il tetto
della casa sapendo che questa la casa, non sua, ma di Tizio, per fa questo solo
perch, preso possesso (abusivo) della casa, vuole dormirci senza che vi piova dentro,
non si rientra nellipotesi che sto facendo). Questo presupposto (della scientia aliena
negotia gerendi) si ricava dallincipit dellarticolo 2028, e d la giustificazione di
due, diciamo cos, vantaggi che il legislatore concede al gestore: il vantaggio di
essere rimborsato delle spese (vedi meglio, il primo comma art.2031) anche nel caso
che la gestione iniziata utilmente, alla fine non si riveli utile e il vantaggio di vedere
moderato il risarcimento dei danni (vedi il secondo comma dellart. 2030)
conseguenti a un difetto di quella diligenza che, come detto prima, il dominus negotii
avrebbe avuto diritto di pretendere da un suo mandatario.
Disc. Quindi non vero che il gestore, come prima tu hai detto, esentato dal
risarcimento dei danni, da lui provocati durante la sua gestione.
Doc. Effettivamente avrei dovuto chiarire. Bisogna distinguere: il gestore esente dal
risarcimento di quei danni che qualsiasi mandatario, ancorch diligente, avrebbe
causato nel contesto della gestione dellaffare (Caio per arrivare prima dove si
sviluppato lincendio, calpesta unaiuola di fiori). Mentre tenuto al risarcimento dei
danni, che un diligente mandatario non avrebbe causato (Caio nel potare un ramo che
minaccia di cadere, calpesta per distrazione i fiori). In questo secondo caso, per, il
giudice pu moderare lammontare del risarcimento da lui dovuto.
Disc. Dalla citazione del primo comma dellarticolo 2028, che tu prima hai fatta,
sembrerebbe doversi dedurre che dalla gestione di affari altrui derivano, non solo
diritti, ma anche obblighi.
Doc. E cos. Dalla gestione deriva, non solo, come abbiamo or ora visto, un
obbligo di eseguirla con la stessa diligenza che si richiede a un mandatario, ma anche
lobbligo di condurla a termine finch linteressato non sia in grado di provvedervi
da se stesso.
Doc. Ma perch certe volte una buona azione, se non continuata, rischia di
trasformarsi in una....cattiva azione. Io vedo Sempronio sanguinante sullasfalto e mi
fermo per dargli assistenza: Caio, un altro utente, della strada che, se avesse visto
Sempronio bisognoso di assistenza si sarebbe fermato, vedendolo assistito tira dritto.
Di conseguenza se a un certo punto io, guardo lorologio, vedo che faccio tardi a un
appuntamento e .. pianto in asso il povero Sempronio, si pu ben dire che io,
assumendo in un primo momento lassistenza di questo, ho fatto, non il suo
vantaggio, ma il suo danno. Un danno che dovr risarcire. Vi inoltre da considerare
che Caio, che subentrasse a Tizio che ha iniziata la gestione, per bene svolgere questa
dovrebbe sapere cose che solo Tizio sa (ad esempio, lesatto contenuto del contratto
di appalto da lui stipulato). Anche questo non un buon motivo per escludere....la
staffetta nel corso della gestione? per far quindi obbligo, a chi lha iniziata, di
continuarla?
Disc. Torniamo un poco indietro. Tu prima hai detto che, presupposto di una lecita
gestione, il difetto di una prohibitio domini; ma, dallultima parte del secondo
comma art.2031, risulta che, allesistenza di tale presupposto, prevista
uneccezione.
Doc. S, e leccezione prevista data dai casi in cui la prohibitio contraria alla
legge, allordine pubblico o al buon costume (comma 2 art. 2031).
Si rientra in tale eccezione, ad esempio, nel caso che il proprietario di un muro, che
minaccia di crollare sulla pubblica via, fa divieto di ripararlo (col rischio che il muro
crolli e uccida dei passanti); sempre in tale eccezione si rientra, nel caso che un padre
snaturato, non solo lasci il figlioletto privo del necessario per vivere, ma faccia anche
divieto a terzi di alimentarlo e soccorrerlo.
La ragione delleccezione de qua intuitiva: il legislatore lascia decidere al dominus
negotii lopportunit di compiere, o no, un atto di gestione, perch parte del
presupposto che, la decisione di chi il pi interessato alla migliore gestione di un
affare, sia anche quella che pi corrisponde allinteresse pubblico. Ma tale
presupposto si dimostra fallace in tutti i casi, in cui il dominus negotii non vuole
compiere un atto, che lui, il legislatore, ha ritenuto conforme allinteresse pubblico
(tanto da fare obbligo di compierlo). Ecco perch in un tale caso il legislatore fa una
deroga al principio dellilliceit degli atti gestori compiuti contro la volont del
dominus.
Disc. Un altro passo indietro. Abbiamo visto quali sono i presupposti per la liceit
della gestione; e quindi per avere il diritto: a un rimborso delle spese che questa
comporta, a una esclusione del risarcimento dei danni causati senza colpa (ancorch
tali danni non si sarebbero verificati, se la gestione non fosse avvenuta), a una
riduzione del risarcimento nel caso di danni causati con colpa. E tra tali presupposti
tu hai indicato la scientia aliena negotii gerendi. Ma allora, Caio che ha riparato il
tetto della casa di Tizio, credendo che fosse la propria casa (metti, perch egli credeva
che la vecchia zia fosse morta senza fare testamento, lasciandolo cos erede legittimo,
mentre invece lo aveva fatto, diseredandolo a favore di Tizio) o Sempronio che, s, in
mala fede ha preso possesso della casa, per compiendovi delle riparazioni e
addirittura dei miglioramenti, non possono pretendere nessun rimorso delle spese
fatte?
Doc. S, anche nei casi da te citati - casi che rientrano nella c.d gestione impropriao
anomala - il gestore (anomalo) potrebbe aver diritto a un indennizzo, ma in base a
presupposti diversi da quelli prima da noi considerati. Vedremo ci trattando
dellistituto dello arricchimento senza giusta causa. Per va sottolineato gi da
adesso, che il gestore anomalo non avr diritto a un rimborso delle spese fatte per la
gestione, se questa, non si conclusa utilmente (quindi non sar per lui sufficiente
dimostrare lo utiliter coeptum per vantare un diritto a tale rimborso) e non avr
comunque diritto a quella moderazione dellammontare del risarcimento prevista
dal secondo comma art.2030.
Disc. Quale la ragione di tale diversit di disciplina?
Disc. Ma quello che tu chiami gestore anomalo dovr risarcire i danni compiuti
durante la gestione?
Doc. Se ritiene di gestire un affare proprio ( il caso di Tizio che si crede erede ab
intestato, mentre in realt erede stato nominato Sempronio), no: ognuno delle sue
cose padrone di fare quel che vuole, anche di distruggerle a martellate. Potrebbe
per discutersi se egli sia tenuto a un obbligo di risarcimento nei casi in cui riteneva,
s, di gestire un affare proprio, ma per ignoranza colpevole. Mutatis mutandis merita
la stessa risposta il caso del gestore anomalo che, dopo aver iniziata una gestione, non
la porta a termine, causando cos dei danni.
Disc. Da quanto hai detto consegue che, chi causa dei danni gestendo un affare altrui
sapendo che altrui (ma agendo nel proprio interesse esclusivo) tenuto al loro
risarcimento. Ma tenuto a tale risarcimento, anche chi gestisce un affare altrui,
sapendo che altrui, ma anche nel proprio interesse (sto pensando la caso del vicino
che interviene per impedire che il fuoco si propaghi al suo fondo)? A me tale
soluzione sembrerebbe ingiusta e penso che si debba evitarla applicando lart. 2045
sullo stato di necessit.
Note
(1) Art. 54 Cod. Pen.: Non punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
necessit di salvare s od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (.).
(2)Art. 51 C.P.: Lesercizio di un diritto o ladempimento id un dovere imposto da una norma
giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorit, esclude la punibilit
(3) Art. 2043 Cod Civ.: Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno
ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
3 Cenni sulla dichiarazione di assenza e di morte presunta.
Doc. Abbiamo visto come il Legislatore cerca di favorire la gestione di affari altrui
(durante la absentia domini); e ne abbiamo visto anche il perch: perch vuole
impedire che ci che costituisce la ricchezza dello Stato (in primis, certo, la vita e la
salute dei cittadini, ma anche i beni mobili e immobili nel Paese disponibili) resti
improduttivo o addirittura si deteriori o perisca.
Senonch chi pur, in via di massima, sarebbe intenzionato ad attivarsi per compiere
atti gestori a favore di una persona, trova precise remore a farlo (S, se io dovr
sostenere delle spese, linteressato avr lobbligo di rimborsarmele, ma egli adempir
veramente a questo obbligo? meglio che sia un altro ad attivarsi) e dei precisi limiti
(egli, certo. pu assumere delle obbligazioni in nome dellinteressato
obbligazioni che questi vincolato, dal primo comma dellart. 2031, ad adempiere, -
ma non facile trovare un terzo, che accetti di mettere la sua firma a un contratto, la
cui efficacia per lassente potrebbe essere resa dubbia da cavilli e discussioni; certo, il
gestore pu compiere degli atti conservativi di questo o quel bene, che gli risulta in
pericolo, per non pu compiere atti di alienazione eppure la salvaguardia del
valore di un patrimonio richiederebbe che un bene fosse venduto, quando la sua
esistenza si rivelasse un peso morto o quando potesse essere scambiato con soldi o un
altro bene, che fossero di maggior valore).
La consapevolezza di tali remore e di tali limiti, spinge il legislatore a intervenire con
pi decisione nei casi in cui la absentia domini diventa chiaramente patologica (il
dominus negotii non pi solo assente, non pi solo impossibilitato a intervenire
per la gestione di questo o quel suo bene, ma scomparso, cio si tratta di una
persona che, come recita lincipit dellarticolo 48, non pi comparsa nel luogo del
suo ultimo domicilio e dellultima residenza e non se ne hanno pi notizie); e a
intervenire concedendo sempre pi ampi poteri gestori, quanto maggiore il tempo
che passato dalla scomparsa del dominus.
Allinizio gli interventi hanno carattere settoriale: qualcuno (di solito un famigliare)
segnala con un ricorso la necessit di questo o di quello atto gestorio al tribunale e
questi nomina un curatore a che (con le spalle coperte dalla decisione del tribunale
e sicuro di non rimetterci le spese), tale atto gestorio, compia.
Per alla reale salvaguardia di un patrimonio non bastano interventi settoriali (che
permettono di riparare il tetto della casa di via Roma, ma che si dimenticano di
riscuotere quanto dovuto dagli inquilini di via Garibaldi o si dimenticano di seminare
il campo della valle del Chianti): occorre che vi sia chi gestisca tutto il patrimonio o
almeno tutto un settore del patrimonio pungolato a una buona gestione dalla
speranza di farne suoi i frutti, e, col passare di un certo numero di anni, di diventare
proprietario dei beni stessi.
In considerazione di ci il legislatore trascorsi due anni dal giorno in cui risale
lultima notizia dello scomparso, ne dichiara lassenza e immette, nel possesso
temporaneo dei beni di questi, i presumili eredi (vedi meglio gli artt. 49, 50).
Disc. Certo per i limiti, di cui ancora soffre la gestione, non ne possono non limitare
la efficacia.
Doc. Comporta che coloro che ottennero limmissione nel possesso temporaneo dei
beni dellassente () possono disporne liberamente (e che il coniuge pu
contrarre nuovo matrimonio - vedi meglio gli artt.63 e 65).
4. Perch il legislatore tutela il possesso.
Prima noterella-
Tizio stanco di rompersi la schiena dando di vanga sul campo, un bel giorno, senza
neanche chiudere la porta, se ne va a cercar fortuna in citt. Renzi , bravo lavoratore
disoccupato, vede la casa disabitata, il campo incolto, ha bisogno di pane e di
companatico, e decide : Prendo la vanga, che Tizio ha lasciata inutilizzata, e mi
metto io a coltivare il campo, ricavandone del buon grano da vendere al mercato.
Domanda : farebbe bene , o no, lo Stato a incoraggiare Renzi nella decisione che ha
presa ?
Risposta ovvia : certo che s : la societ ha bisogno che i mercati siano ricchi e ben
forniti a che la gente, sazia, faccia funzionare fabbriche e uffici. Quindi lo Stato non
pu permettersi che un campo, cos come del resto nessun altro bene, resti
inutilizzato.
E vari sono i modi con cui lo Stato pu incoraggiare il bravo Renzi a utilizzare il
campo lasciato in abbandono : in primo luogo, pu proteggerlo contro chi vorrebbe
di questo spogliarlo o molestarlo nella sua utilizzazione ( confronta gli artt. 1168
ss.sulle cos dette azioni possessorie, naturalmente, ci intratterremo in seguito
diffusamente ); in secondo luogo, pu dargli la speranza che, se continuer nel
possesso del campo, ne potrebbe venire col tempo proprietario ( confronta gli artt.
1158 ss. sull'usucapione anche su questa ci intratterremo a dire diffusamente in
seguito ); in terzo luogo, pu rassicurarlo che, anche se il proprietario torner a farsi
vivo e riotterr il possesso del campo, egli ( idest, Renzi ), se ne avesse tratto dei
frutti, se li potrebbe tenere, se avesse fatto spese per riparazioni, se le vedrebbe
rimborsate e se avesse fatti dei miglioramenti, avrebbe diritto di avere, per essi
un'indennit ( confronta, ponendo attenzione ai punti in cui il nostro diritto positivo si
discosta parzialmente da quanto ora detto, gli artt. 1148 ss).
Seconda noterella
Ma a tutti quelli che entrano nel campo, lasciato abbandonato dal proprietario, per
goderne e in qualche modo utilizzarlo ( metti, coltivandolo o semplicemente
cogliendovi frutta e legna o ancor pi semplicemente.... giocandoci al pallone), lo
Stato concede i benefici e le tutele di cui si parlato nella precedente noterella ?
Certamente, no : tali tutele e tali benefici li dar solo a chi vede animato da un serio
proposito ( di utilizzare il campo ).
L'ideale sarebbe che lo Stato, una volta che sa che un bene in stato di abbandono,
facesse un bel concorso e, tra i vari concorrenti, scegliesse, per attribuirgli il potere
di utilizzare tale bene, quello che desse pi garanzie di, tale potere, effettivamente
esercitare.
Chiaro che per si tratta di un ideale irrealizzabile. Per questo il legislatore non pu
che limitarsi a dare ai suoi magistrati dei criteri sul come individuare, tra le varie
persone che potrebbero pretendere i poteri e le tutele di cui si parlato, quella che pi
li merita ( li merita perch? perch d pi affidamento di utilizzare, nell'interesse, s,
suo, ma anche della societ, il bene in stato di abbandono ).
Terza noterella-
Diciamolo pure, l'articolo 1140 un po' un....abacadabra. Certe cose che dice non si
capiscono : ad esempio, perch definire il possesso come un potere sulla cosa.
Evidentemente con ci il legislatore si riferisce , non a un potere giuridico, ma a un
potere di fatto; se nonch per uno Stato non esistono dei poteri di fatto ( cio dei
poteri da lui non concessi) ma solo dei fatti ( da prendere in considerazione per
concedere certi poteri giuridici ).
Tuttavia una paziente lettura dell'articolo ci permette di cavare, dalle nebbie che lo
avvolgono, alcune conclusioni abbastanza certe sulle condizioni che debbono
sussistere perch il nostro Renzi , entrato cos volenterosamente a dar di zappa nel
campo da Tizio abbandonato, se ne possa considerare possessore ( e quindi possa
godere dei diritti e delle tutele che, al possessore, il legislatore concede ) .
Quarta noterella.
Abbiamo visto nella precedente noterella la prima condizione necessaria a che a una
persona, al Renzi, il protagonista dei nostri esempi, venga riconosciuta la qualit di
possessore: la possessio corpore ( o quella che si potrebbe chiamare una quasi
possessio corpore e con questo termine ci riferiamo all'ipotesi di Renzi che d in
affitto a Bianchi il campo in cui si era immesso ma , per semplicit di esposizione,
in prosieguo ci dimenticheremo di tale ipotesi e ci riferiremo solo al caso di una
detenzione diretta : Renzi non d in affitto il campo, ma lo coltiva direttamente ).
Tanto premesso, passiamo a dire della seconda condizione necessaria a che a una
persona, al nostro Renzi, venga riconosciuta la qualit di possessore.
Seconda condizione. Renzi non solo deve avere la disponibilit materiale del campo,
non solo deve detenerlo, deve anche utilizzarlo : da che risulta ci ? Risulta dal primo
comma dell'articolo 1140, l'articolo che stiamo cercando di interpretare : per tale
comma possessore chi compie sul bene detenuto le attivit corrispondenti
all'esercizio della propriet o di altro diritto reale .
Ma da che cosa risulter questo programma di ampio respiro del detentore? Dalle
attivit dirette all'utilizzazione del bene ? Ci potr avvenire, ma solo in casi
rarissimi, dato che gli atti con cui l'affittuario utilizza un fondo, solo in casi
eccezionali si distinguono da quelli con cui il proprietario lo utilizza ( per tali casi
eccezionali si pu pensare al taglio di un albero di alto fusto, taglio che non
consentito all'affittuario ). Il programma di ampio respiro in parola, piuttosto risulter
dalle opere fatte dal detentore del bene per salvaguardare la sua detenzione
( pensiamo alla recinzione del campo con filo spinato...) o da spese che si
giustificano solo con una sua intenzione di una lunga permanenza nel campo
( riparazione del tetto, semina del campo, acquisto di una mucca...).
Quinta noterella -
Abbiamo detto che il Legislatore concede dei poteri e delle tutele al possessore. Ora
dobbiamo aggiungere che li concede per gradi.
Una volta che Renzi ha acquisita la detenzione del campo, lo possiede corpore ( il
che non significa che egli debba stare tutte le 24 ore di un giorno o tutti i sette giorni
della settimana nel campo, basta che non lo perda d'occhio - come il viaggiatore in
treno, che pu anche lasciare il suo posto, ma mettendoci capello cio stando attento
che altri non lo occupi ); una volta che ha svolto attivit sul campo che dimostrano
che egli vuole utilizzarlo a 360 gradi; una volta cio che, sia con la detenzione del
campo sia con l'ampiezza della attivit da lui nel campo svolta, ha dimostrato di non
essere un barbone che entra nel campo solo per prendervi la legna o la frutta e
magari anche per dormirci, ma pensando di andarsene dopo pochi giorni o anche
dopo pochi mesi ; allora il legislatore comincia a tutelare Renzi : come ? Impedendo
ad altri di ostacolarlo nella utilizzazione del campo ( dove utilizzazione del campo
= apprensione delle utilit che il campo pu dare con ci volendoci noi riferire sia
alle utilit che Renzi potr offrire in un domani sul mercato per riceverne dei soldi ,
come le mele e il grano che dal campo pu ricavare, sia alle utilit che egli
direttamente pu godere, come il dormire in un buon letto nella casa annessa al
campo ).
Nasceranno in Renzi dal suo possesso del campo anche dei diritti verso il suo vicino ?
Certo: nasceranno quei diritti il cui esercizio non ostacola la produttivit del campo
del vicino : Renzi, se gli vola il capello nel campo del vicino potr andare a
riprenderselo ( art. 843 ), se il vicino fa noiose immissioni di fumo potr vietargliele (
art. 844 ), se il vicino non si preoccupa di evitare che dal suo campo derivino danni a
quello da lui ( idest, da Renzi ) occupato ( si pensi al muro di Caio che minaccia di
franare, all'albero di Caio che minaccia di cadere ), egli ( idest, sempre Renzi ) potr
tutelare il suo bene con l'esercizio delle c.d. azioni nunciatorie, azione di danno
temuto e di nuova opera ( artt. 1171, 1172 ).
Sesta noterella -
Potr Renzi, il possessore del campo, impedire - oltre alle attivit del vicino Caio
indicate nella precedente noterella - anche quelle attivit del vicino che sono,s,
dei pesi per il suo fondo ( idest, per il fondo di Renzi ), ma rappresentano utilit per
il fondo del vicino ( perch permettono al suo possessore di prendere l'acqua
necessaria per le sue bestie, di portare al mercato le mele e il grano da lui raccolti
) ? Bisogna distinguere. Non lo potr fino a che, il suo perseverare nel possesso
almeno per un tempo apprezzabile ( un anno ), non avr dimostrata la seriet dei suoi
propositi nell'utilizzazione del fondo. E non lo potr per i seguenti due buoni motivi:
Secondo motivo : e' vero che il peso imposto da Caio sul fondo di Renzi ne
diminuisce la produttivit, ma chi pu escludere che il Renzi dopo aver impedito a
Caio di prendere acqua dal suo fondo, di passare con il suo autocarro nel suo fondo
(.) - poi lasci baracca e burattini, per tornarsene in citt ? In tal caso la societ
avrebbe perso il beneficio dato dall'aumento di produttivit del fondo di Caio, senza
avere, in compenso, il beneficio di un aumento di produttivit del fondo di Renzi.
Solo quando Renz perseverando nel possesso almeno per un anno avr
dimostrata la seriet dei suoi propositi, solo allora gli si potr concedere il diritto di
impedire al vicino la costituzione di servit sul suo fondo. Ma, metti che Caio abbia
iniziato il suo possesso di una servit nell'agosto 2016 e Renzi abbia maturato un
anno di possesso nel novembre 2017, Renzi potr impedire a Caio di proseguire nel
possesso della servit nel 2017 e negli altri anni futuri ? No : egli potr solo impedire
di iniziare il possesso di una servit a partire dal dicembre 2017 .
5. La tutela giudiziaria del possesso : la azione di reintegrazione e la azione
di manutenzione.
Settima noterella-
Art. 1168 : Chi stato violentemente od occultamente spogliato del possesso pu,
entro l'anno del sofferto spoglio, chiedere contro l'autore di esso la reintegrazione
del possesso medesimo. - L'azione altres concessa a chi ha la detenzione della
cosa, tranne il caso che l'abbia per ragioni di servizio o di ospitalit. Se lo spoglio
clandestino, il termine per chiedere la reintegrazione decorre dal giorno della
scoperta dello spoglio. - La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice
notoriet del fatto senza dilazione.
L'azione data quando il possessore spogliato del possesso cio impedito nella
utilizzazione ( anche nella utilizzazione parziale e il perch lo abbiamo detto in una
precedente noterella ) del bene posseduto.
Ottava noterella
L'articolo 1168 ammette all'esercizio dell'azione di reintegra , non solo il possessore,
ma anche il c.d. detentore qualificato. Che deve intendersi per detentore
qualificato ? Per tale deve intendersi chi ha un interesse suo proprio alla detenzione,
come il locatario, l'affittuario e, anche, il mandatario ; quindi, non detentore
qualificato, chi nella detenzione per ragioni di servizio o per ragioni di ospitalit .
Nona noterella-
Art. 1170 : Chi stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale
sopra un immobile o di una universalit di mobili pu, entro l'anno della turbativa,
chiedere la manutenzione del possesso medesimo. -
L'azione data se il possesso dura da oltre un anno, continuo e non interrotto, e non
stato acquistato violentemente o clandestinamente. Qualora il possesso sia stato
acquistato in modo violento o clandestino, l'azione pu nondimeno esercitarsi
decorso un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinit cessata.-
Anche colui che ha subito uno spoglio non violento o clandestino pu chiedere di
essere rimesso nel possesso, se ricorrono le condizioni indicate nel comma
precedente.
Due esempi di una mancanza dell'animus spoliandi nello spoliator . Primo esempio:
Renzi se ne parte dal fondo posseduto, per un lungo viaggio. Sempronio vede sempre
le finestre chiuse, nessuna anima viva che entra e esce: pensa che la casa sia
disabitata, entra e si immette nel possesso ( in nessun modo pensando di stare ledendo
il possesso altrui ). Secondo esempio : Renzi vende il fondo posseduto a Sempronio,
che naturalmente si immette nel suo possesso. Il contratto per un qualche vizio viene
annullato.
In tali casi Renzi , per rientrare nel possesso, non potrebbe utilizzare l'azione di
reintegra : infatti Sempronio si immesso nel possesso della casa in perfetta buona
fede e senza nessunissimo animus spoliandi. Per, Renzi pu recuperare il possesso
con l'azione di manutenzione
6 Usucapione.
Doc. No, egli a ci mosso anche dalla necessit di evitare - a chi costretto a
rivendicare, davanti a un giudice, la sua titolarit di un diritto reale - quella
probatio diabolica, che diverrebbe la prova di questo suo diritto, se egli non potesse
giovarsi dellistituto dellusucapione.
Disc. Capisco, potendosene giovare, baster al rivendicante, per vedere accolta la sua
rivendica, provare, che egli ha posseduto per un certo numero di anni tal diritto.
Doc. In ci, aggiungi, essendo agevolato dalla possibilit, datagli dalarticolo 1146, di
sommare, al tempo del suo possesso, quello del suo dante causa.
Disc. Proprio vero che la vita un gioco di prestigio! Ma torniamo a quello che mi
sembra lo scopo primario dellistituto della usucapione: lincentivazione a conservare
e migliorare i beni, che costituiscono la ricchezza nazionale. Mi pare che tale scopo
dovrebbe indurre il legislatore a ridurre al massimo il tempo necessario per usucapire.
Doc. Certo che s; ma senza esagerare, perch se esagerasse (nel ridurre il tempo
necessario a usucapire), finirebbe per scoraggiare la classe dei proprietari; e Mastro
don Gesualdo, se avesse a temere che, nellarco di due o tre anni, solo che le
circostanze della vita lo costringessero a trascurare un bene, rischierebbe di perderlo,
non vivrebbe sonni tranquilli e soprattutto non spenderebbe tempo e fatica per
acquisire dei beni e per conservarli e migliorarli.
Il fatto che listituto, che stiamo studiando, come Giano Bifronte: una sua faccia
data dalla prescrizione acquisitiva, laltra da quella estintiva. E se Sempronio in base
alla prescrizione acquisitiva (alias, usucapione) acquisisce la propriet sul fondo A,
Mastro Don Gesualdo, in forza della prescrizione estintiva automaticamente perde la
propriet, che aveva sullo stesso fondo A.
Doc. Dalle stesse disposizioni che regolano la prescrizione estintiva (forse che
prescrizione estintiva e acquisitiva non sono aspetti diversi dello stesso fenomeno
giuridico?).
Ci risulta dallart. 1165, che recita:
Applicazione di norme sulla prescrizione Le disposizioni generali sulla
prescrizione, quelle relative alle cause di sospensione e dinterruzione e al computo
dei termini si osservano in quanto applicabili, rispetto allusucapione.
Quindi la usucapione potr essere interrotta da parte del dominus con una domanda
giudiziale (vedi meglio lart. 2943); con leffetto di dare inizio a un nuovo periodo di
prescrizione acquisitiva (art. 2945). E sar sospesa in considerazione dei rapporti che
intercorrono tra parte usucapente e dominus (art. 2941) o della incapacit
(interdizione, minore et...) o impossibilit, dovuta al servizio militare, del dominus
(vedi meglio larticolo 2942).
Disc. Ma risulta, dallo stesso articolo 1166 da te riportato, che vi possono essere
disposizioni dettate per la prescrizione estintiva, che non sono applicabili per quella
acquisitiva.
Disc. Queste, da te ora dette, sono le uniche diversit di disciplina tra usucapione e
prescrizione estintiva?
Disc. Forza, passa ad altri articoli, che contemplano una deroga alle disposizioni sulla
prescrizione estintiva dei crediti-
Doc. Riporter il secondo comma dellarticolo 1141 e larticolo 1164.
Art. 1141 comma 2: Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non pu
acquistare il possesso finch il titolo non venga ad essere mutato per causa
proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore.
Ci vale anche per i successori a titolo universale
Art.1164: Interversione del possesso Chi ha il possesso corrispondente
allesercizio di un diritto reale su cosa altrui non pu usucapire la propriet della
cosa stessa, se il titolo del suo possesso non mutato per causa proveniente da un
terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del proprietario. Il tempo
necessario per lusucapione decorre dalla data in cui il titolo del possesso stato
mutato.
Con le disposizioni sopra riportate il legislatore vuole impedire che unusucapione si
compia senza che il dominus, ancorch bonus pater familias, sia posto in grado di
avvertirla. Quindi, lo dico subito, le disposizioni de quibus hanno la stessa ratio, che
va attribuita allarticolo 1163, che, come vedremo subito, non permette lusucapione
al possessore clandestino.
Disc. Ma com possibile che il dominus non si accorga, che hanno iniziato a
esercitare il loro possesso come se fossero proprietari, Sempronio che detiene il bene
solo come affittuario o Cornelio che lo detiene solo come usufruttuario (e mi
permetto di qualificare Cornelio come detentore, ancorch sia usufruttuario, perch
mi pare che egli effettivamente, rispetto al dominus, vada considerato come
detentore)?
Doc. Hai fatto benissimo a qualificare Cornelio come detentore perch tale
effettivamente egli (per cui il legislatore invece di due norme avrebbe potuto
limitarsi a formularne una sola). Ma chiudo la parentesi e vengo alla risposta alla tua
domanda. Il dominus, Sempronio, non pu accorgersi che Caio e Cornelio hanno
iniziato a possedere come proprietari, per la semplice ragione che, la pi parte degli
atti di gestione di un bene, che pu compiere un proprietario, li pu compiere anche
laffittuario Sempronio e lusufruttuario Caio (per riferirmi agli esempi da te fatti).
Pertanto occorre che la mutatio animi (nel possesso o nella detenzione) risulti al
dominus da un atto diverso da quelli con cui pu venire gestito il bene da parte di un
affittuario o usufruttuario - atto diverso che sia incompatibile col diritto dal
dominus concesso e sia al dominus portato a conoscenza.
Disc. Ma perch non dovrebbe bastare un atto di gestione incompatibile col diritto
detenuto: metti lusufruttuario non rispetta la destinazione economica del bene (art.
981) oppure taglia alberi di alto fusto (art. 990) -?
Doc. Non pu bastare, dato che c pericolo che tale atto (di abusiva gestione) possa
sfuggire, anche per lungo tempo, allattenzione pure di un bonus pater familias (dato
che non si pu pretendere, neppure da un bonus pater familias, che stia sempre con
gli occhi addosso al usufruttuario o allaffittuario di un suo bene, per controllare che
non abusi del diritto concessogli)
Nel condominio, in cui tale pericolo non c (in quanto si suppone che non possa non
cadere sotto gli occhi di un condomino quel che nel condominio accade), pu in
effetti bastare, a mutare il titolo del possesso del comunista (pur in assenza di una sua
opposizione formale al diritto degli altri partecipanti alla comunione), anche un suo
atto di gestione, che ecceda chiaramente i suoi poteri: e infatti il secondo comma
dellarticolo 1102 si limita a dire che Il partecipante non pu estendere il suo diritto
sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare
il titolo del suo possesso.
Disc. Passa a unaltra norma, che deroga alle disposizioni sulla prescrizione estintiva
dei crediti.
Doc. Articolo 1144, che recita: Atti di tolleranza Gli atti compiuti con laltrui
tolleranza non possono servire di fondamento allacquisto del possesso.
Disc. Un articolo strano quello da te ora riportato, perch sembra considerare a favore
del dominus, quella tolleranza del possesso altrui, che invece ritenevo fosse la
giustificazione della spogliazione del dominus a favore del possessore tollerato.
onsiderazione dallart. 1144, a tutela del dominus tollerante. Tutela contro che cosa?
Anche qui, come nei due articoli precedentemente esaminati, contro il pericolo che si
attui a danno del dominus una usucapione clandestina: Caio che fino ad allora
passato sul terreno di Sempronio con la sua tolleranza, decide di usucapire il diritto di
passo e comincia a transitare sul terreno di Sempronio con lanimus possidendi. S,
ma come fa Sempronio a saperlo? Caio infatti transita ora come transitava prima, solo
lanimus mutato, ma. ..solus deus est scrutator cordium.
Doc. Certamente, e in tal caso non si potr pi dire chegli passa sul sentiero grazie
alla tolleranza di Sempronio ed egli potr usucapire il diritto di passo.
Doc. Larticolo 1163, che recita: Vizi del possesso Il possesso acquistato in modo
violento e clandestino non giova per lusucapione, se non dal momento in cui la
violenza e la clandestinit cessata.
Disc. Perch mai tale articolo deroga alle disposizioni di cui agli articoli 2934 e ss.?
Doc. Perch per nessuno di tali articoli il decorso della prescrizione impedito dalla
violenza, intesa a impedire la interruzione della prescrizione, o dalla clandestinit,
diciamo cos, del diritto di credito. Caio minaccia il suo creditore Sempronio di
ucciderlo, se oser chiedere al giudice la sua condanna al pagamento del debito? La
prescrizione corre lo stesso, anche se la violenza subita impedisce a Sempronio di
esercitare il suo diritto (certo per Caio dovr risarcire i danni conseguenti al suo atto
e tra tali danni ci sar il mancato realizzo del credito) . Cornelia addirittura sottrae al
suo creditore il documento che prova il suo credito? Idem come sopra, la prescrizione
corre lo stesso.
Doc. Quando il possessore dopo essersi spogliato del possesso lo riprende. In tal caso
con la nuova adprehensio si ha un nuovo possesso; che potrebbe essere caratterizzato
in modo diverso dal primo (possesso): il primo potrebbe essere possesso di buona
fede e il secondo di mala fede. Metti, Sempronio, quando ha acquistato e preso
possesso di quel tale immobile, era in buona fede, perch credeva di stare acquistando
a domino - e quindi va considerato, come vedremo, possessore in buona fede; al
momento, invece, della seconda adprehensio, sa che chi gli ha venduto non era il
dominus, quindi in mala fede e come in mala fede va considerato.
Doc. Quando il possessore viene privato del possesso (co.1 art. 1167).
(Ma linterruzione si ha come non avvenuta se stata proposta lazione diretta a
ricuperare il possesso e questo stato recuperato - co. 2 sempre art. 1167).
Linterruzione prevista dallart. 1167 si dice naturale, e si distingue dalla
interruzione civile prevista dallarticolo 2943, perch, mentre questa incide sul tempo
necessario a usucapire (che deve riprendere ex novo), quella influisce sulla qualit
(buona o mala fede) del possesso (per il che possiamo rinviare a quanto detto poco
sopra a proposito della discontinuit del possesso).
Disc. Della pacificit e della pubblicit (dove pubblicit del possesso non che il
contrario di clandestinit del possesso) abbiamo gi parlato a commento
dellarticolo 1163. Quindi possiamo passare subito a parlare della durata del
possesso.
Doc. La durata pi lunga dellusucapione di venti anni (vedi art.1158,co.1, art. 1160
c.1 art.1161co.2), la pi breve di tre anni (vedi comma 1 art. 1162). Tra luno e
laltro estremo si situa una usucapione di durata pari a dieci anni (v. art.1160 c.2,
art.1161c.1, art. 1162 c.2).
Lusucapione che si compie in venti anni si chiama ordinaria, le altre si chiamano
abbreviate.
Doc. Dipende dal tipo di bene posseduto (bene immobile, universalit di mobili, bene
mobile registrato, bene mobile non registrato) e dallesistenza o meno dei seguenti
elementi: buona fede, astratta idoneit del titolo a trasferire il diritto usucapito,
trascrizione del titolo.
Doc. In due casi: 1) quando il titolo non idoneo a trasferire il diritto oggetto
dellusucapione (ad esempio, nel titolo si trasferiva un diritto di usufrutto mentre il
diritto posseduto, la propriet); 2) quando il titolo nullo.
Doc. Perch sarebbe illogico che il legislatore, da una parte, stabilisse la nullit del
titolo per impedirgli di produrre effetti giuridici, e in primis lacquisto del diritto (che
ne oggetto) da una delle parti, e, dallaltra, agevolasse tale acquisto abbreviando i
tempi dellusucapione.
Disc. Perch subordinare labbreviazione del termine alla trascrizione del titolo?
Doc. Naturalmente per pungolare le parti alla trascrizione; e questo, a sua volta,
perch la trascrizione pu servire a permettere al terzo proprietario (il vero
proprietario! ) di aver conoscenza (con un po di fortuna), dellusucapione in corso.
In altre parole, il subordinare, labbreviazione del termine ad usucapionem. alla
trascrizione, rientra nella politica del legislatore di ammettere lusucapione solo
quando lo svolgersi di questa percepibile dal pubblico (del resto non sempre per
questa politica che il legislatore dichiara inusucapibili vedi art. 1061 - le servit non
apparenti? ).
7 : Prescrizione estintiva
Doc.- Poniamo che Tizio sia debitore di centomila euro a Caio ; questi potrebbe
esigere il pagamento da subito, ma non si fa vivo. E cos passano i giorni e i mesi e
gli anni. Tizio nel timore che Caio un bel giorno si faccia vivo e gli chieda i
centomila euro, se li tiene in cassaforte pronto a darli a Caio. Il quale per continua a
non farsi vivo. Certo Tizio potrebbe , farsi avanti, bussare alla porta di Caio e
...pagarlo ( oppure metterlo in mora, vedi l'art.1206 e seguenti ).Per non ...tanto
stupido da fare ci ( non gli stato sempre insegnato che non bisogna destare il can
che dorme ? ).
Risultato : centomila euro che potrebbero essere utilmente impiegati, metti, per un
opera edilizia o comunque per dar del lavoro a tante braccia, che un lavoro
l'aspettano e invece sono lasciate inoperose , giacciono inutilizzati in una cassaforte.
Pu uno Stato tollerare questo ?
Certamente, no. Per questo lo Stato, dopo un certo periodo di tempo che il creditore
non ha esercitato il suo diritto, lo estingue.
Doc. Dall'art. 2934 che recita nel suo primo comma : Ogni diritto si estingue per
prescrizione quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge.
Disc.- Ma il diritto si prescrive anche se, prima del termine indicato dal legislatore,
Caio, il creditore, ha iniziato un giudizio per avere i suoi soldi ?
Doc- Naturalmente in tal caso il termine fissato dal legislatore per la prescrizione si
considera interrotto. Infatti la prescrizione del diritto giustificata agli occhi del
legislatore dall'inerzia del creditore ( Se Caio non chiede i soldi significa che egli
non saprebbe come utilizzarli : lasciamo allora che a utilizzarli pensi il suo debitore,
Tizio ). Quindi se il creditore compie un atto che dimostra la sua seria volont di
riscuotere i soldi ( una domanda giudiziaria, come tu hai detto, ma anche un qualsiasi
altro atto che valga a costituire in mora il suo debitore v. art. 2943 ) o se il debitore
riconosce formalmente e chiaramente il diritto del suo creditore ( ci che fa pensare a
un accordo tra quello e questo per prorogare la scadenza del debito ) il Legislatore
considera interrotto il tempo stabilito per la prescrizione : questo tempo era di dieci
anni e Caio ha notificata la sua domanda giudiziaria il 10 settembre ? Ebbene dal 10
settembre ricominciano a decorrere i dieci anni.
Vi da aggiungere che il legislatore prevede anche dei casi in cui la prescrizione
sospesa ( in considerazione della difficolt, anche solo psicologica, che ha il creditore
ad esercitare il suo diritto ) ( v. art. 2941 ).
Disc.- Questo vale per ogni caso in cui il mancato esercizio di un diritto nel tempo
determinato dal legislatore determina la sua estinzione ?
Doc.- No, questo vale solo nei casi in cui l'estinzione del diritto mira a sbloccare soldi
ed energie che invece il persistere del diritto lascerebbe inutilizzati.
Vi sono casi per in cui l'estinzione del diritto, se non esercitato entro il termine dato
dal legislatore, non mira a sbloccare soldi ed energie, ma a permettere il tempestivo
compimento di operazioni ( che fatte oltre un certo tempo perderebbero di validit o
comunque diventerebbero ingiustamente pi onerose : si pensi al termine dato
dall'art. 1495 al compratore per denunziare i vizi della cosa : questo termine ha la sua
ragion d'essere nel fatto che un'operazione di verifica fatta oltre un certo tempo non
potrebbe pi stabilire se i vizi sono imputabili al venditore o al mal uso della cosa
fatto dal compratore ). In tali casi ( casi che nella terminologia del codice sono detti
di decadenza, e non di prescrizione vedi l'art. 2964 e segg. ) naturalmente non
avrebbe senso riconoscere al titolare del diritto il potere di rinviare la scadenza del
termine con un suo atto ( interruttivo di questo termine ).
8- Iura in re aliena
(N.B. Le note sono in calce al capitolo)
Doc. Con le parole iura in re aliena io intendo riferirmi non solo a quei diritti che
pacificamente sono considerati diritti reali (1): diritto di enfiteusi (art. 957 e segg.),
di usufrutto (art.978 e segg.), di uso (art. 1021 e segg.), di abitazione (art. 1022 e
segg.), di servit (art. 1027 segg.) - ma anche al diritto di locazione (art. 1571 e segg.)
e, in genere, a tutti quegli altri diritti che possono nascere dal fatto che, il proprietario
di una cosa, rinuncia o trasferisce alcuni dei poteri, che formano il contenuto del suo
diritto, a favore di unaltra persona (che viene cos ad acquistare, su quella stessa
cosa, dei poteri).
La facolt del proprietario di costituire dei iura in re aliena (ancorch non scevra di
inconvenienti) presenta il vantaggio di consentire il coordinato e razionale
sfruttamento di pi fondi appartenenti a diversi proprietari (cos come accade nel caso
di una servit, altius non tollendi, non aedificandi, di acquaeductus....) e lintegrale
sfruttamento di un patrimonio (Tizio ha due fondi: uno in grado di coltivarlo subito,
per laltro dovrebbe aspettare che il figlio cresca e gli dia una mano: invece di
lasciarlo inutilizzato, nel frattempo lo dar in usufrutto; oppure, ha la fortuna di avere
nel suo terreno una fonte che getta dieci ettolitri al giorno, mentre a lui ne
basterebbero cinque: invece di lasciare sprecare gli altri cinque ettolitri, conceder al
vicino, che di acqua ha penuria, una servitus acquae haustus).
Disc. Per la coesistenza, su uno stesso bene, del diritto di propriet e di uno (o pi)
diritti minori, di cui tu prima hai parlato, penso che far sorgere dei problemi.
Doc. Nascono dal fatto che mentre linteresse della Societ quello che tutti i beni
siano al massimo resi produttivi - i limiti che sono connaturati allo ius in re aliena,
tolgono al suo titolare la possibilit e lincentivo ad attivarsi per vaste e radicali opere
di miglioramento della cosa.
Doc. Cerca di evitarlo limitando nel tempo la durata dello ius in re aliena. E cos
vediamo nel nostro codice un articolo 1573, per cui la locazione non pu stipularsi
per un tempo eccedente i trenta anni, e un art. 979 per cui la durata dellusufrutto
non pu eccedere la vita dellusufruttuario.
Doc. No, da tale limite esenta, lenfiteusi, le servit e il diritto di superficie. Ma per
tale esenzione c una ragione. Lenfiteusi pu essere perpetua (v. art. 958) senza
determinare una stagnazione delle iniziative migliorative, data lampiezza dei poteri
ad essa connaturata e la concessione (art. 971) allenfiteuta del potere di
affrancazione (che gli d la possibilit di godere dei frutti delle sue iniziative). La
perpetuit (peraltro solo eventuale) delle servit, se pu anche frenare la produttivit
del fondo servente (in alcuni limitati casi), senzaltro incrementa quella del fondo
dominante. E, mutatis mutandis, quel che ho detto ora per le servit pu ripetersi per
il diritto di superficie.
Disc. Tu hai parlato di problemi che nascono da possibili iniziative del titolare dello
ius in re aliena intese a modificare la res.
Doc. E infatti tali iniziative potrebbero comportare una modifica in peius del valore
che la res avr per il proprietario (rispetto a quello che per lui aveva al momento della
costituzione del ius in re aliena).
Doc. Te lo spiego con un esempio. Sempronio costituisce sul suo aranceto un diritto
di usufrutto a favore di Caio. Se questi trasforma il fondo ricevuto, da aranceto in
uliveto, pu anche, cos facendo aumentarne il valore commerciale. Ma rischia di
diminuire il valore che esso ha per il suo proprietario, per Sempronio.
Disc. Perch?
Doc. Perch questi sa come si trattano gli aranci e dove si trovano i loro compratori
allingrosso, ma nulla sa sul commercio degli ulivi e quindi non saprebbe sfruttare
adeguatamente un uliveto. - il che come dire che, restituendoglielo trasformato in
uliveto, Caio gli restituirebbe il fondo diminuito di valore.
Questo spiega perch il legislatore - dopo aver detto, nellart. 981, che
lusufruttuario ha diritto di godere della cosa - continua dicendo ma deve
rispettarne la destinazione economica Vedi anche per unaltra applicazione del
principio sopra enunciato, lart. 1587, che impone al conduttore di prendere in
consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene
per luso determinato nel contratto o per luso che pu altrimenti presumersi dalle
circostanze: vedi ancora lart. 1102, che chiaramente non riguarda un ius in re
aliena. ma che mi piace qui citare perch in definitiva costituisce anchesso pur
sempre unapplicazione del principio sopra detto, l dove, dopo aver dichiarato che
ciascun partecipante (alla comunione) pu servirsi della cosa comune, aggiunge
purch non ne alteri la destinazione.
Disc. E veniamo al problema che nasce dalla necessit di riparazioni alla res.
Disc. Perch? perch difficile individuare il criterio a cui ispirarsi, nei casi in cui si
tratta di stabilire chi gravare (il proprietario o il titolare dello ius in re aliena) delle
spese necessarie per le riparazioni?
Doc. In teoria tale criterio potrebbe essere individuato. E la sua applicazione pratica
che diventa impossibile.
Doc. Sarebbe quello che permetta il raggiungimento dei tre seguenti scopi: primo,
creare una dissuasione al eventuale negligente uso della res da parte del titolare dello
ius in re aliena; secondo, non venire, per, a gravare troppo questi (dato che questi,
per il fatto stesso di non essere economicamente in grado di comprarsi la res, va
considerato la parte debole del rapporto), cosa per cui dovrebbe essere sollevato dalle
spese che dovrebbero presumersi per lui particolarmente pesanti, in base al tipo, pi o
meno ricco della res, e del reddito che questa produce (a meno che tali spese
fossero da lui prevedibili); terzo, evitare un arricchimento del proprietario (il che si
avrebbe qualora, la cosa riparata, continuasse ad essere utilizzabile per lungo tempo,
dopo la estinzione dello ius in re aliena).
Nota
(1) Per il concetto di diritti reali rinviamo allo studioso al capitolo ad hoc che si
trova inserito nel Libro terzo
Note.
(1) Infatti presumere che B contesti e disconosca il diritto di propriet di C significherebbe
presumere la sua malafede al momento dellacquisto di C, in quanto solo un uomo di mala fede
disposto a comprare da chi sa non essere il proprietario. Questo mentre invece la buona fede va
sempre presunta.
(2) In definitiva, nella fattispecie in esame (diverso il discorso per la fattispecie che dopo
esamineremo), non si fa altro che applicare il principio processuale che solleva lattore dalla prova
dei fatti, dal convenuto, non contestati.
Nella dottrina e nella giurisprudenza francese ha buona accoglienza la c.d. doctrine du droit
meilleur secondo cui ragioni pratiche ed equitative convincono in certi casi ad attenuare il rigore
della prova e a ritenere che on ne puisse rclamer du revendiquant que la preuve dun droit
meilleur ou plus probabile que celui du defendeur.
In Italia tale teoria rifiutata. E anche noi, lo vogliamo chiarire scanso di equivoci, condividiamo
le affermazioni giurisprudenziali che lattore ha lonere di provare il suo diritto di propriet
anche se il convenuto non vanti su di essa (idest, sulla cosa) un proprio diritto e che neppure se il
convenuto abbia invocato un proprio diritto sulla cosa e la sua prova sia fallita vien meno lonere
dellattore di provare il diritto domenicale- cfr su tali citazioni S. Ferrari (Rivendicazione, dir.
Vig., in Enc. Dir., p. 56).
Per si deve riconoscere che in nessuno dei casi ora citati (a differenza del caso esemplificato nel
testo) vi una ammissione, neppure implicita, del convenuto sulla esistenza del diritto del dante
causa (proprio e dellattore). Per tale ipotesi (per lipotesi cio che il convenuto riconosca il diritto
di propriet del comune dante causa) acquista invece rilievo linsegnamento giurisprudenziale che,
il rigore dellonere probatorio nellazione di rivendica, va commisurato alle concrete particolarit
della singola controversia, dovendo il giudice tenere conto delle ammissioni del convenuto (Cass.
24 Dicembre 1977 n. 5669) e che lintensit e lestensione dellonere probatorio del rivendicante
devono () subire opportuni temperamenti a seconda della linea difensiva del convenuto (cfr.
Cass. 10 Marzo 1969 n. 771).
Nella Dottrina, il Martino (Della Propriet, in Commentario Scialoja-Branca, 1964, p. 415) ritiene
che qualora il convenuto eccepisca un titolo di acquisto, che non contrasti con la propriet del
dante causa dellattore, questi non tenuto a provare il dominio del suo attore e giustifica tale
soluzione cos: Si tratta di un limite logico dellonere della prova, che deve essere valutato sempre
in relazione alle pretese delle parti.
(3) Caso in cui, a dire il vero, non ci si trova pi in unipotesi di azione di rivendicazione, ma di
accertamento.
(4) E non lo graver se egli riuscir a dimostrare semplicemente di avere le droit meilleur: egli
ha, ad esempio, acquistato in buona fede, mentre B era in mala fede.
(5) E questo perch noi riteniamo che lazione di accertamento (cio lazione volta a far dichiarare
il diritto di propriet nei confronti di chi non n possessore n detentore del bene) necessiti di una
minor prova che lazione di rivendica.
Ci che il linea col principio, secondo cui lo Stato, per accogliere la domanda dellattore, deve
chiedergli una prova tanto pi rigorosa, quanto pi pesanti sono i danni che, dallaccoglimento di
tale domanda, deriverebbero al convenuto. Ora appunto, una sentenza che accolga una rivendica,
risulta pi pesante per il convenuto di una sentenza che accolga unazione di accertamento: nel
primo caso infatti si ha uno spossessamento del convenuto, nel secondo no.
Sul fatto che lazione di accertamento necessiti di prova meno rigorosa vedi Silvia Ferrari
(Rivendicazione, p. 56) con numerose citazioni di Autori pro e contro. Vero che molti Autori
accolgono la tesi del minor rigore di prova per il fatto che lattore pu vantare in caso si azione di
accertamento una presunzione di propriet fondata sul possesso, ci che impedisce a noi di
giovarci della loro autorit nellesempio fatto nel testo (in cui si suppone che n lattore n il
convenuto abbiano ancora conseguito il possesso della res).
(6) Tale alternativa consentita dallattore- spiega Silvia Ferrari (Rivendicazione, p. 52) trova
la sua ragione dessere nello scopo di sollevare lattore dalla necessit di specificare
preventivamente la natura della relazione di disponibilit materiale del convenuto nei confronti
della cosa rivendicata.
Tale possibilit concessa allattore (dal codice), controbilanciata dalla possibilit, riconosciuta
(dalla giurisprudenza) al detentore convenuto in giudizio, di effettuare la c.d. laudatio actoris: il
detentore pu ottenere di essere estromesso dal giudizio indicando il soggetto in nome del quale
detiene.
Le ragioni della concessione al detentore di tale possibilit consistono, da un lato, nelleconomia
dei giudizi cos realizzata evitando allattore di doversi procurare un nuovo titolo esecutivo nei
confronti del possessore mediato, ove questi abbia ottenuto la restituzione del bene, dallaltro,
nellinteresse del detentore a sottrarsi al giudizio e al rischio di dover risarcire al proprio autore,
nel casi di soccombenza, il danno per la perdita del bene sul punto cfr. Silvia Ferrari
(Rivendicazione, cit., p.53).
(1) Perch si abbia il possesso di un fondo, ai fini dellusucapione, non necessario compiere atti
di possesso su ogni punto di esso, ma sufficiente tenerlo come proprio nella sua completa
individualit, con la possibilit di esercitarvi il potere di fatto su ogni parte, sempre che lo si
voglia (Cass. civ., 28 marzo 1958, n. 7077, in Giur.it. Rep., 1958, v. Usucapione, n.6).
12 Le servit prediali
(N.B- Le note sono in calce )
Che cosa deve intendersi per servit? Ce lo dice larticolo 1027, che recita: La
servit prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per lutilit di un altro
fondo appartenente a diverso proprietario.
Quindi, perch ci si trovi di fronte a una servit occorre che la limitazione dei poteri
di disposizione e di godimento imposta al proprietario di un fondo (il peso
impostogli, per usare il termine legislativo) abbia i requisiti della: I, predialit; II,
alterit; III, utilitas.
Predialit. Tale requisito ha i tre seguenti significati:
Primo significato: le limitazioni (di cui abbiamo parlato sopra) debbono riguardare
i poteri di disposizione e di godimento su un predio, su un fondo. Se il proprietario
del fondo A si obbliga a recarsi ogni giorno ad innaffiare i fiori del vicino, egli senza
dubbio accetta con ci una limitazione dei suoi poteri di disposizione, ma sulla sua
persona (e non sul suo predio!) e pertanto non ci troviamo di fronte ad una servit
prediale.
Secondo significato: se A vende il fondo a M su cui ha costituita una servit, questa
continua a sussistere, solo che grava non pi lui ma chi ha acquistata la propriet da
lui. Cos come se fosse una qualit (negativa) inerente al fondo (non diversa
dallessere questo argilloso, franoso, da pascolo ).
Terzo significato: il peso (per usare il termine legislativo) imposto dal fondo (c.d.
servente) deve ridondare a vantaggio di un altro fondo (ma - si domander lo studioso
i fondi posso avere dei vantaggi? No, di certo, i fondi, come tutte le cose inerti e
insensibili, non possono avere dei vantaggi, ma dire che il peso imposto al fondo
servente melius al proprietario del fondo servente - deve ridondare a vantaggio di
un altro fondo, un modo immaginifico e un po suggestivo, comunque
tradizionalmente accettato, per significare che i vantaggi che ridondano sul
proprietario del fondo dominante debbono presentare le caratteristiche che . se lo
studioso ha un po di pazienza gli diremo subito.
Fermiamoci un po su questo punto perch il punto nodale in subiecta materia: non
hanno diritto di cittadinanza nel nostro diritto le servit personali (1): il mobilificio
Fabris potr acquistare dal proprietario del fondo A il diritto di cavarvi il marmo, che
gli necessita per adornare i suoi mobili, ma tale diritto (salve le migliori precisazioni
che daremo in seguito) non potr assurgere alla dignit di diritto reale: se il
proprietario del fondo A vender questo ad un terzo, tale terzo non sar obbligato a
permettere al mobilificio di continuare a cavare marmo dal fondo. Perch questo?
perch questa caratteristica della predialit? Perch le limitazioni imposte a un
fondo, da una parte, potrebbero non essere particolarmente vantaggiose per chi ne
beneficia, dallaltra, potrebbero rivelarsi un grave intralcio allo sviluppo economico:
Caio ha acquistato il diritto di fare footing ogni mattina nel fondo vicino: bene, ma
non sarebbe assurdo che lesistenza di tale diritto impedisse lacquisto del fondo
(servente) da parte del cavalier Rossi, che vi vorrebbe costruire un supermercato?
Chiaramente, s: linteresse di Caio alla corsetta mattutina deve soccombere di fronte
allinteresse della collettivit ad avere il supermercato. Quindi il legislatore disposto
a riconoscere il carattere della realit (nel senso spiegato nel nono paragrafo) a un
diritto che implica limitazioni (di disposizione, di godimento) su chi possiede un
fondo (il fondo servente), solo quando la sua esistenza corrisponde a una
particolarmente forte utilitas del suo titolare. E siccome la valutazione della forza,
della intensit che deve avere tale utilitas (per riconoscere il carattere della realit,
ecc.ecc.) il legislatore non la pu rimettere alla discrezionalit dellAutorit
Giudiziaria (dato che ogni potenziale acquirente di un fondo vuole sapere con
sicurezza se esso gode o gravato da una servit), Egli, (idest, il Legislatore) cerca
di dare un criterio - e particolarmente chiaro e sicuro (ancorch in alcune marginali
fattispecie possa comportare delle irrazionalit) per determinare quando tale forte
utilitas ci sia (alias, quando ci sia una servit prediale) e quando, no. E tale criterio
(netto e sicuro) Egli lo trova nel fatto che, la limitazione ai poteri del proprietario del
fondo servente (il peso imposto al fondo servente), soddisfa un interesse legato al
possesso di un altro fondo: con ci volendosi intendere che. il venir meno della tutela
di tale interesse, verrebbe anche a vanificare o a ridurre in modo apprezzabile
lutilitas, dal possesso di tale secondo fondo, ricavabile.
Qualche esempio. Io sono proprietario di un fondo, bello ma intercluso (oppure,
mancante dacqua ): costituisco una servitus itineris (una servitus acquaedoctus)
a carico del fondo limitrofo: nessun dubbio che tale servit abbia il carattere della
predialit: infatti, se venisse meno la tutela al mio interesse a passare sul fondo
vicino, verrebbe meno (o almeno scemerebbe moltissimo) anche ogni utilit che il
fondo potrebbe dare (a me e a chiunque acquistasse da me il fondo!): che valore pu
avere un fondo in cui ci si pu recare solo con lelicottero?!?
Altro esempio (che ricaviamo da un famoso frammento del Digesto) (2): Nigerio nel
suo fondo A raccoglie frutta e prepara marmellate che vende in vasetto dargilla (da
lui fabbricati). Lindustria di Nigerio attiva in quanto e solo in quanto egli pu
prendere la materia prima dei vasetti (largilla) nel terreno limitrofo di Sempronio:
c anche il terreno di Cornelio che argilloso, ma una decina di chilometri e il
costo di un trasporto da cos lontano si mangerebbe tutti i guadagni. Nigerio, quindi,
da uomo prudente, prima di impiantare lindustria conserviera (e spendere il soldi per
i relativi macchinari), si assicurato dal vicino il diritto di prendere argilla: pu
essere qualificato, tale diritto, come servit prediale? Senzaltro, se vero che, venuta
meno la possibilit di prendere largilla dal vicino, verrebbe meno per Nigerio (e per
chiunque altro acquistasse da lui il fondo e la fabbrica da lui costruita sul fondo!)
anche lutilit di esercitare lindustria conserviera (e quindi lutilit di possedere il
fondo su cui tale industria impiantata). (3)
A questo punto pu essere utile per lo studioso porre a confronto questultimo
esempio con quello (introdotto allinizio) del mobilificio Fabris che, pur avendo sede
in Bologna, si procura i marmi in quel di Carrara, nel fondo A del Bianchi. Il venire
meno della possibilit di cavar marmi dal fondo di A, non incide per nulla sullutilit,
o meno, del mantenere la sede del mobilificio dovera prima: se la sede in via
Pastolozzi di Bologna ci stava bene prima, ci star bene anche ora: non cambiando
sede che il mobilificio risolve il problema economico creatogli dallimpossibilit di
continuare la cava nel fondo A: egli pu pensare di risolvere tale problema solo
acquistando un altro diritto di cava da un altro fondo carrarese. Invece, il venire meno
della possibilit di cavar argilla, pone effettivamente a Nigerio il problema della
convenienza, o no, di sbaraccare: quale indice pi chiaro che, nel primo caso, ci
troviamo ad una servit personale e, nel secondo, ad una servit prediale?
Dagli esempi ora portati, risulta (implicitamente) che non un requisito essenziale
delle servit la vicinitas (forse che Nigerio non potrebbe avere interesse a cavar
largilla tanto necessaria alla sua industria, da un fondo distante anche un chilometro?
Forse che pure in tale ipotesi il venir meno della cava non potrebbe vanificare o
ridurre lutilitas di conservare lindustria e il fondo su cui impiantata?!)(4).
Oltre alla predilit sono invece, come gi si accennato, ulteriori requisiti della
servit: la utilitas e la alterit del fondo.
Alterit del fondo. Questo requisito viene tradizionalmente espresso col brocardo
Nemini res sua servit; e sembra essere il corollario pi di una legge logica che di
una legge giuridica: logico che nessuno possa chiedere una tutela giuridica contro
se stesso!
Per sulla portata di questo principio bisogna intendersi: nulla impedisce a Caio,
proprietario di due fondi finitimi, A e B, di costituire su B un diritto di enfiteusi a
favore di Cornelio, nello stesso tempo costituendo, sempre su B ma a favore del
fondo di cui conserva la piena propriet, una servit (metti di passo, di presa
dacqua).
Utilitas. Gi gli antichi giureconsulti ritenevano che tale requisito dovesse intendersi
in senso lato, comprensivo dellamoenitas; e la chiara lettera dellart. 1028 (5) toglie
ora ogni possibile dubbio sul punto (6).
Discutibile, invece, se lutilitas debba essere di entit apprezzabile o se basti, invece,
per ritenere lesistenza di una servit, chessa arrechi una qualsiasi utilit, anche
minima, al fondo dominante. Noi riteniamo valida la prima alternativa (la servit
deve arrecare unapprezzabile utilit): Tizio ama fare il footing e il suo giardino
troppo piccolo per dar sfogo alle sue energie: egli acquista dal vicino Cornelio il
diritto di correre nel suo fondo. Certamente si pu dire che il venir meno di questo
diritto diminuirebbe per Tizio il gusto e il piacere del viver nel suo fondo (idest,
lutilitas di questo), tuttavia noi negheremmo a una tale diritto la qualit di realit
(7) (alias, che sia un diritto di servit).
invece pacifico che non sia un requisito della servit la c.d. perpetua causa(8):
certamente un diritto di servit pu essere costituito ad tempus (per soli 30,40 anni,
metti) e in risposta ad un bisogno transeunte del fondo dominante (9).
Note.
(1) Il Branca (Delle servit prediali, in Commentario Scalja-Branca, Bologna, 19547, p. 292) nota
che linammissibilit di servit personali in cui si esprime il principio del favor libertatis dei
fondi si spiega con la considerazione lutilizzazione parziale del fondo importa un
frazionamento irrazionale dei poteri (con residui di godimento e di suo a favore del proprietario)
cosa che la societ non pu vedere di buon occhio almeno nellambito dei rapporti con vincolo
erga omnes.
(2) D.8.3.6. pr. citato anche dal Branca (Delle servit.cit.,p.299).
(3) Per il capoversi dellart. 1029, lutilit che la servit diretta a procurare- pu essere
inerente alla destinazione industriale del fondo.
Da questa formulazione (a dir vero un po confusa) della legge, si vuole dedurre che, per
lesistenza della servit, non basta che essa miri a rendere economicamente vantaggiosa
unindustria esercitata in un fondo, ma occorre pure che, ai fini dellesercizio dellindustria, siano
state fatte opere od eseguire delle modifiche nel fondo (alias, ai fini dellesercizio dellindustria si
siano investiti nel fondo, pochi o tanti, dei capitali).
Ma meglio che qui noi lasciamo la parla al gi citato, Cod. civ. ann. a cura del Perlingieri (sub
art. 1028, p. 330), che cos sintetizza il prevalente orientamento giurisprudenziale e dottrinale sul
punto: Per destinazione industriale sintende lesistenza o la predisposizione nel fondo dominante
di quei mezzi particolari che consentono lesercizio dellindustria.
Le servit di cui stanno parlando vengono chiamate servit industriali, nel gruppo di tali servit
sono fatte rientrare le servit di non concorrenza, consistenti ad es. nel divieto di costruire sul
fondo servente uno stabilimento che produca cose eguali o simili a quelle prodotte nello
stabilimento del fondo dominante.
Si distinguono dalle servit industriali e non hanno diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento
le cc.dd. servit aziendali, nelle quali il vantaggio va esclusivamente allindustria e non al
fondo.
Sui punti in questione vedi lottimo Perlingieri (Op.cit. p. 330 e 331) che, come sopra, fornisce
numerosissimi riferimenti giurisprudenziali e dottrinali. Noi crediamo che, se lo studioso seguir
criteri da noi dati nel testo, approder alla giusta soluzione dei casi che la Professione gli
presenter (senza arenarsi nelle secche di distinzioni bizantine: quando mai si pu dire che un
vantaggio va al fondo e non allindustria?!).
(4) Sul punto che n la vicinitas n tanto meno la contiguit dei fondi siano requisiti essenziali per
la costituizione della servit, sono unanimi la dottrina e la giurisprudenza. Confronta per tutti,
Grosso e Deiana, Le Servit prediali, Torino, 1963,I,p.202.
(5) Larticolo 1028 recita: (Nozione dellutilit) La utilit pu consistere anche nella maggiore
comodit o amenit del fondo dominante. Pu del pari essere inerente alla destinazione industriale
del fondo.
In base alla formulazione dellart. 1028 si ritiene che con la costituzione di una servit possa
essere soddisfatto qualunque bisogno del fondo dominante, da quello che assicura una maggiore
amenit, abitabilit, comodit () a quello di evitare rumori o esalazioni o esercizi che abbiano
una destinazione spiacevole o fastidiosa sul punto gi citato il Cod.civ.ann., sub art. 1028, p.
329, con ivi citazioni dottrinali e giurisprudenziali.
La formulazione dellart. 1027 (dove si parla della servit come di un peso imposto ad un fondo
per lutilit di un altro fondo) parrebbe suggerire lidea di un carattere oggettivo dellutilitas: in
altri termini perch a un ius in re aliena possa attribuirsi lefficacia erga omnes (la qualificazione
di servit) occorrerebbe che lutilitas, che mira ad assicurare, possa essere apprezzata come tale,
non solo da chi, lo ius in re aliena, ha costituito, ma anche da qualsiasi altra persona, in
particolare da un eventuale acquirente del fondo (dominante). Per ci stesso, la costituzione di una
servit dovrebbe comportare un aumento del valore del fondo (dominante, naturalmente).
Certamente noi escluderemmo che la qualifica di un diritto come servit possa dipendere solo
dallarbitraria decisione di Caio proprietario del fono servente (decisione che, si badi, verrebbe
a vincolare anche Sempronio che, putacaso, acquistasse da lui il fondo!). Per il fatto che, come
vedremo, una servit si possa costituire anche in risposta ad un bisogno non permanente del fondo,
ci porta a non escludere che la regola, valida come criterio di massima, che la servit per essere
tale deve essere tale da comportare un vantaggio anche per un eventuale acquirente del fondo
(dominante), possa avere delle eccezioni: quel che veramente importa che lutilitas che d la
servit al fondo dominante sia tale da giustificare che sia assoggettato al suo vincolo anche un
eventuale acquirente del fondo servente.
Eguali perplessit ci sembra avere il Branca, il quale osserva come laumento stesso de valore di
un fondo come conseguenza dellattribuzione di un diritto al proprietario di questo, non un
criterio universalmente sicuro per concludere che si tratti di servit (Delle servit, cit..p.298).
(7) Confortati in tale sede dal ben noto cifr. Latino (D.8.1.8.) in cui il Giurista precisa che coglier
frutta, passeggiare, pranzare nel terreno altrui, non possono essere il contenuto di una servit. E
questo, non perch, come dice il Branca (Delle servit, cit.,p..297), in tali casi lutilit
normalmente personale. Non c diritto (e a ci quelli di servit non fanno di certo eccezione!)
che non miri ad assicurare una utilit personale. Per in alcuni casi essa talmente
apprezzabile da far attribuire al diritto il carattere della realit, e in altri (come quelli esemplificati
nel citato frammento), no.
(8) Branca (Delle servit.cit.,p..297) ritiene ammissibile la servit quando c un sanatorio o un
albergo, a vantaggio dei quali sono stato assicurati i diritti di camminare, passeggiare ecc, in
alieno. Il che ci trova pienamente consenzienti; qui lutilitas del fondo dominante veramente
apprezzabile.
(9) Confronta sul punto, per tutti: Lucchese, Il requisito della perpetua causa e le servit irregolari,
in Vita notarile, 1975,p.85 ss.
(10) Si fa per giustamente osservare che il bisogno del fondo dominante, pur non dovendo essere
permanente, deve avere una certa stabilit e durevolezza (Albano, Della propriet, in Commentario
al codice civile; UTET, 1968,II,p,294).
14 - Comunione
(N.B. Le note sono in calce )
Per larticolo 1102 Ciascun partecipante pu servirsi della cosa comune purch non
ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso
secondo il loro diritto.
Limportante principio che stabilisce questo articolo, che B, C (gli altri comunisti),
non hanno diritto di proibire al comunista A un dato uso della res communis, se
questo uso non impedisce loro di usare della stessa (scilicet, non solo nelle stesse
forme di A, ma anche in forme diverse)(5). Quindi mentre i comproprietari B e C (per
rifarci allesempio prima introdotto) potrebbero dire a un terzo qualsiasi, che volesse
venire a zappare e a cogliere i frutti nel fondo da loro lasciato in abbandono, Si,
vero, noi non coltiveremmo n in altra maniera useremmo del terreno, ma ci nulla
significa; se vuoi zapparci, se vuoi coglierne i frutti tu devi darci tot di soldi; tale
discorso essi non potrebbero ripetere a C (il terzo comproprietario): egli potrebbe
benissimo totalmente usare della res, se totalmente gli altri comproprietari non la
usassero (5bis): Voi, B e C, non volete usare dellappartamento comprato insieme?
Ebbene io vado a dormirci tutti i giorni.
Non forse questa una soluzione naturale, una soluzione corrispondente allinteresse
dello Stato a che tutti i beni costituenti la ricchezza nazionale siano al massimo
utilizzati? Certamente, si!
Ma diverso il caso in cui luso, che della res communis faccia un comunista,
impedisca agli altri comunisti di usarne loro: A e B, comproprietari di un cavallo,
vogliono montarlo nello stesso giorno e nella stessa ora. In tal caso linteresse di A e
quello di B hanno pari dignit e pari diritto alla tutela dello Stato: si tratter per
Questi (idest, per lo Stato) di trovare il criterio pi adatto per arbitrare e risolvere il
conflitto (insorto tra A e B) - e di ci parleremo in seguito.
Il comunista, come deve astenersi da quei comportamenti che impediscono un uso
(un uso qualsiasi), che della res un altro comunista intende fare, cos anche deve
astenersi da quei comportamenti che semplicemente rischiano di impedire un uso,
che altro comunista potrebbe in futuro voler fare. E ci spiega il divieto di alterare la
destinazione della res (che lart. 1102 impone). Infatti, se A trasforma laranceto,
acquistato con B e C, ma lasciato in abbandono da B e C, in un uliveto, non potrebbe
certo dirsi che con ci impedisca a B e C di farne sul momento uso (dato che B e C
sul momento sono in citt presi in tutti altri pensieri che la coltivazione del campo),
per potrebbe ben dirsi che con ci rischia di impedire il possibile uso che B e C
potrebbero in futuro voler fare del campo: B e C hanno comprato laranceto perch,
commercianti in agrumi, si riservano un domani di cavarne arance da vendere al
mercato: ora, che uso essi potranno fare del campo, una volta che stato trasformato
in uliveto? Essi conoscono il mercato delle arance e non delle ulive. A, mutando la
primitiva destinazione del campo, in pratica ha impedito loro di farne (in un domani)
uso.
Pi in generale si pu dire che il partecipe alla comunione deve astenersi da un uso
della cosa sia che tale uso assuma le forme di un uti vero e proprio (passeggiare,
cavalcare, abitarenella cosa comune) o di un frui (cogliere le arance dellaranceto,
riscuotere e far esclusivamente proprio il canone dellappartamento locato) - tutte
le volte in cui possibile che il suo comportamento contrasti col programma di
utilizzazione della res di un altro partecipante: tu, A, comproprietario dellaranceto
vuoi cogliere le arance? Non puoi farlo, a meno che non vi sia il consenso espresso o
tacito degli altri partecipanti. Ma le arance sono mature: tu, le giudichi mature, B e
C potrebbero ritenerle ancora acerbe; Ma io mi prendo solo un terzo; Dici tu che
ti prendi un terzo, B e C potrebbero ritenere che prendi di pi.
Questa regola, a ben guardare, corrisponde a quellelementare principio del diritto
che fa divieto a una persona di farsi ragione da s: bisogna che sia un terzo a dire se
essa ha veramente ragione o ha invece ragione chi vuole tenere un comportamento
col suo contrastante.
E questo terzo in una comunione non pu che essere la maggioranza dei comunisti
riunita in assemblea (o quella sorta di mandatario di tale maggioranza, che
lamministratore)(6).
Nel dirimere i conflitti insorti sulluso della res communis, lassemblea non dovr
proporsi di tutelare un interesse sacrificando lopposto, ma di trovare un modus
vivendi, unarmonizzazione tra gli interessi in conflitto (modus vivendi che consister
di solito in una divisione nello spazio (7) o nel tempo (8) del godimento). In ogni
caso lassemblea dovr osservanza a quanto dispone il capoverso dellart. 1101: il
concorso dei partecipanti, tanto dei vantaggi quanto nei pesi della comunione, dovr
essere in proporzione delle rispettive quote: se A, in caso di scioglimento della
comunione, avrebbe diritto a met della res (9), pure a met dei vantaggi che questa
arreca (durante lo stato dindivisione) egli avr diritto: e ci significa, non solo che,
se si vota, il voto A varr quanto quello di B e C messi insieme, ma, per quel che pi
interessa, che nel godimento del bene egli avr diritto a quanto B e C messi insieme
hanno diritto (se sono disponibili 4 posti macchina nel parcheggio, due ne
toccheranno a lui, e gli altri due a B e C insieme) (10).
II. Limiti al potere di amministrazione della res communis.
Lamministrazione di una comunione pone dei problemi la cui soluzione non facile
e finisce per creare tensioni, anche forti, tra i comunisti: communio mater
discordarum; tanto pi che spesso la comunione non volontaria: pertanto i
comunisti non si sono scelti, come i soci, intuitus personae, non vi insomma tra di
loro quellaffectio che permette ai soci di superare i conflitti.
Si comprende quindi che il diritto (v. art. 1111) riconosce sempre a ciascuno dei
partecipanti il potere di domandate lo scioglimento della comunione: in comunione
nemo compellitur invitus deteneri.
Note.
(1) Eguali almeno qualitativamente; mentre quantitativamente, vedremo, che potrebbero essere
diverso.
(2) Dal momento che il diritto di propriet consiste nel diritto di godere e di disporre delle cose in
modo pieno ed esclusivo- v. art. 832.
(3) Di solito, frequenti e usuranti: di immensae contentiones parlavano i giuristi dellantica Roma
(Paul.D.8,2,26) cfr. G. Branca, Della Comunione, in Commentario Scialoja-Branca, cit., p.62.
(4) Ancorch si possono ipotizzare, non solo comunioni (alias, coesistenze su uno stesso bene) di
diritti reali, ma anche di altri diritti (A,B,C acquistano con un contratto di locazione un comune
diritto di conduzione su un appartamento), il codice, con gli articoli citati si propone di disciplinare
solo i casi in cui la propriet o altro diritto reale spetta in comune a pi persone (v. art.1100).
Sul punto che anche taluni diritti di obbligazione e pi precisamente quelli che si usa chiamare
diritti (relativi) di godimento sono interessati allistituto della comunione, cfr. Guarini
(Comunione dir. Civ., in Enc. Dir., VIII, 1961,p.246).
(5) E pertanto B e C potranno vantare un ius prohibendi, contro il fatto che A usi dellimmobile per
fare dellequitazione, anche se tale fatto non impedisca loro di fare dellequitazione, ma di coltivare
il terreno.
(5bis) Stando questa possibilit che ha un comunista A, di usare, nellinerzia i nella tolleranza
degli altri compartecipi, B e C, della res communis nel modo pi ampio, si determina il pericolo del
sorgere di un pericoloso equivoco: metti, A usa della res intendendone usucapire la solitaria
propriet (o anche, una quota o poteri maggiori di quelli a lui concessi dal titolo) e gli altri
comunisti credono che egli si stia giovando solo della loro tolleranza, ma senza tendere o diminuire
il loro diritto. Per impedire tale equivoco il 2 co dellart.1102 stabilisce che Il partecipante non
pu estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti
idonei a mutare il titolo del suo possesso.
Insegna Branca (Della comunione, cit., p. 94) che al comunista per usucapire il diritto di
propriet esclusiva su tutta la cosa, occorre comportarsi rispetto a questa come padrone; ma non
sono sufficienti ad invertire il titolo, atti di mera gestione
(per es. il raccolto di tutti i prodotti, ecc.), non basta per quel contegno che permetterebbe
allestraneo di usucapire la propriet: occorre invece qualcosa che sia incompatibile col
permanere del compossesso degli altri () necessario che il possesso apparisca esclusivo nei
loro confronti; ma non ne senso rigido dellart. 1141, e non necessario che degli atti di possesso
gli altri siamo venuti a conoscenza: ad es. la presunzione di tolleranza non si regge facilmente se
per venti anni un compartecipe ha, non soltanto raccolto lui solo, ma anche preso e utilizzato per
s ogni provento della cosa comune.
(6) Previsto per la comunione dallart. 1106, che recita: Con la maggioranza calcolata nel modo
indicato dallarticolo precedente, pu essere formato un regolamento per lordinaria
amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune. Nello stesso modo
lamministrazione pu essere delegata ad uno o pi partecipanti, o anche a un estraneo,
determinandosi i poteri e gli obblighi dellamministratore.
Lamministratore, previsto solo come un optional per le semplici comunioni, imposto come un
obbligo per i condomini con pi di quattro partecipanti (v.art.1129).
Allamministratore, lart. 1130 n.2 affida il compito (tra laltro) di disciplinare luso della cosa
comune.
(11) Il partecipe ad una comunione, come non vuole essere trascinato in spese eccessive, cos a
maggior ragione, non vuole essere esposto a grossi rischi economici; il che inevitabilmente
accadrebbe se, da membro di una comunione, si vedesse trasformato in membro di una societ. Il
che per pu avvenire, perch lamministrazione di una comunione tende certe volte a evolvere in
attivit caratterizzate da tale dinamismo e da tale rischio imprenditoriale da far apparire
opportuno riferirsi alle norme sulla societ, non solo per la disciplina della rappresentanza (A,B,C,
i comproprietari del bene che supporta lattivit, non debbono pi prendere le decisioni relative a
questa in assemblea, ma possono prenderle individualmente, come individualmente possono
assumere impegni verso terzi v. communis artt. 2257 ss, 2266 ss.), ma anche per la disciplina
della responsabilit per i debiti contratti per la res communis (A non pu pi liberarsi della
responsabilit patrimoniale per tali debiti semplicemente rinunziando al diritto di propriet v.
art. 1104 co.1 ma a salvaguardia del suo patrimonio individuale, conserva solo un limitato
beneficium escussionis v. art. 2268).
Per meglio rendersi conto di come gradualmente i comunisti possono passare da una
amministrazione diciamo statica e di scarso rischio economico, ad una, invece, dinamica e di
elevato rischio economico, consideriamo il caso di A, B, C comproprietari di un terreno,
In prima ipotesi, essi possono limitarsi a usare e godere direttamente del terreno (vi passeggiano,
vi colgono i frutti chessi consumano): in questa ipotesi il rischio economico praticamente
ridotto a zero.
Facciamo un passo avanti e mettiamoci nella ipotesi II: A,B,C decidono di coltivare il terreno per
vendere a terzi i suoi frutti: in tal caso senza dubbio vanno incontro ad un certo rischio economico:
essi potrebbero spendere tot per sementi e paghe ai braccianti e una grandinata potrebbe mandare
in malora il raccolto; spese tante, utile niente.
Ancora un passo avanti: ipotesi III: A,B,C decidono di comprare delle sedie, un telone, una
macchina da proiezione, di pagare chi faccia questa funzionare edi aprire un cinema a cielo
scoperto: in tal caso ci troviamo chiaramente di fronte ad unattivit che richiede pronte decisioni
(cosa che non sarebbe semplice se tali decisioni dovessero essere prese da A,B,C riuniti in
assemblea) e che comporta un notevole rischio economico (rischio per A, B,C, ma anche per terzi
che fanno affari con loro, per cui parrebbe opportuno, a garanzia della seriet delle decisioni, che
tale rischio assumono, non concedere pi a A,B,C, disvicolare dalle loro responsabilit
semplicemente rinunciando al diritto di compropriet della res communis).
Problema: quale disciplina adottare per tali tre diverse ipotesi? Noi crediamo che la soluzione
giusta al problema, non solo per lipotesi II ma anche per lipotesi III (e, in genere, per ogni altra
ipotesi in cui i comunisti decidono di compiere unattivit a carattere speculativo: si fa una spesa
per ricavarne da terzi un utile) sia quella di ritenere la coesistenza, accanto a una comunione (la
comunione della res che supporta lattivit economica; nellesempio, del terreno), di una societ
(che, negli esempi, avrebbe ad oggetto unattivit commerciale- ipotesi III e unattivit agricola
ipotesi II); non diversamente di quanto accadrebbe se A,B,C avessero dato in locazione il loro bene
a una societ terza (metti la societ Buona terra o la societ Filmica). Con la conseguenza
che per alcune decisioni e per alcuni atti (dei comproprietari-soci) si adotterebbero norme sulla
comunione (ad esempio, per le decisioni relative alla riparazione della res communis), per altre
decisione e per altri atti (ad esempio per decidere sul licenziamento di un operaio) si
applicherebbero le norme sulla societ.
Pu essere utile chiudere largomento con la seguente decisione giurisprudenziale (ancorch da
noi non completamente condivisa) riportata sub art. 1100 dal Codice Civile commentato a cura
di Trabucchi: In tema di differenza tra societ e comunione, in cui si verifica comunque un
conferimento di beni o il fenomeno di una massa di beni in comune, rileva la prevalenza della
comunione dellelemento statico e nella societ di quello dinamico, nel senso che i beni sui quali
cade il condominio sino direttamente oggetto di godimento secondo la destinazione loro propria,
mentre nella societ sono strumento per il compimento di unattivit, i cui utili saranno
impartiti fra le parti, senza che ad escludere lesistenza di una societ (occasionale) sia
sufficiente lunicit dellaffare (82/4446).
(12) Ed inoltre per le innovazioni si richieder che siano dirette al miglioramento della cosa a
renderne pi comodo o redditizio il godimento, non pregiudichino il godimento di alcuno dei
partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa v. il co.1 art. 1108, v. anche
lart. 1121.
Pu chiarire il concetto di innovazione la seguente citazione giurisprudenziale (tratta dal Codice
civile, annotato dal Trabucchi, p.806). Compie uninnovazione ai sensi dellart. 1108 il
partecipante alla comunione che. per fare migliore uso della cosa comune, compia su questa delle
opere che ne importino un mutamento della materialit e della forma (69/2514).
(13) Chiaro, per, che lassemblea potr deliberare di agire giudizialmente contro A, ai sensi
dellart. 844, se ne sussisteranno gli estremi.
Il problema delle interferenze (sulla propriet privata) dellorgano amministratore della comunione
(assemblea o amministratore) si pone sopratutto nellambito dei condomini, E non sempre facile
stabilire quando del condominio interferisca con lattivit intra moenia (e pertanto insindacabile)
del condominio. Ad esempio: il condominio pu imporre il silenzio oltre una certa ora di notte?
Sembrerebbe di no, salvo sempre lapplicabilit dellart. 844. Il condominio pu imporre di non
esercitare una certa attivit? Sembrerebbe di si, per alcune attivit (ad esempio, per quelle
mediche, dato che le persone malate, per entrare nellappartamento del medico, debbono pur
passare dalle scale ed esporre quindi gli altri comunisti al pericolo d contagio). Il condominio pu
proibire di esporre il bucato dalle finestre? Sembrerebbe di si, dato che la biancheria viene ad
utilizzare (per deturpandola) una parte comune delledificio.
(14) Cos recita il 1 co. art. 1137 (che in materia condominiale, ma che sul punto pu essere
considerato di carattere generale).
(15) Arg. dallincipit del 2 co. art. 1137.
(16) Lart.1109 recita: Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente pu impugnare
davanti allautorit giudiziaria le deliberazioni della maggioranza:1) nel caso previsto dal secondo
comma dellarticolo 1105, se la deliberazione gravemente pregiudizievole alla cosa comune;2) se
non stata osservata la disposizione del terzo comma dellarticolo 1105;3) se la deliberazione
relativa a innovazioni o ad altri atti eccedenti lordinaria amministrazione in contrasto con le
norme del primo e del secondo comma dellarticolo 1108 - Limpugnazione deve essere proposta,
sotto pena di decadenza, entro trenta giorni dalla deliberazione. Per gli assenti il termine decorre
dal giorno in cui stata loro comunicata la deliberazione. In pendenza del giudizio, lautorit
giudiziaria pu ordinare la sospensione del provvedimento deliberato.
Lart. 1137 co. 2 recita: Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di
condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto pu adire lautorit giudiziaria
chiedendone lannullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della
deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli
assenti.
Come lo studioso avr notato, lart. 1109 sembra ammettere il ricorso in limiti pi ristretti che
lart. 1137, ma ci non pu essere e non : semplicemente che il legislatore nel caso della
comunione, la cui disciplina caratterizzata da maggiore semplicit rispetto a quella del
condominio ha ritenuto opportuno individuare i possibili casi di delibera in contrasto con la
legge e non limitarsi al generico riferimento di cui al co. 2 art. 1137.
(17) La giurisprudenza non sembra seguire criteri univoci per distinguere tra delibere annullabili e
delibere nulle. Di seguito facciamo, comunque, qualche citazione (traendola dal Codice civile
annotato a cura di P. Rescigno, Giuffr, 2001,p.1060).
Sono state ritenute nulle: le deliberazioni prese con maggioranze inferiori a quelle prescritte dalla
legge (CC.8 agosto 2009/10427: CC.16 novembre 1992/12281); le deliberazioni che dispongono
innovazioni lesive dei diritti di un condomino alle cose e servizi comuni e su quelle di propriet
esclusiva (CC.9 aprile 1980/2288); le deliberazioni adottate a maggioranza, con le quali si deroghi
ai criteri legali di ripartizione delle spese (CC.5 maggio 1980/2928); le deliberazioni con cui sia
stato approvato un nuovo regolamento che indebitamente riduca le parti comuni delledificio
(CC.12 gennaio 1965/1197); le deliberazioni di approvazione delle tabelle millesimali adottate
senza il consenso unanime dei condomini (CC.1 dicembre 1999/14037).
Nel paragrafo precedente ci siamo riferiti, nei nostri esempi, solo ai casi di
comunione volontarie; ma accanto a quelle volontarie, esistono le comunioni forzose
(1) e di esse il principale esempio dato proprio dai condomini negli edifici.
Questo tipo di comunione nasce dal fatto che alcuni beni (gli appartamenti (2) A,B,C
siti nelledificio), passibili di propriet individua, hanno bisogno, per bene svolgere la
loro funzione, degli stessi beni M,N,O,P (nel senso che M, si pensi alle scale o ai
muri perimetrali delledificio, destinato a servire sia lappartamento A, che gli
appartamenti B e C, N di nuovo serve sia ad A che a B e C e cos via). Con la
conseguenza che chi proprietario di un bene (metti, dellappartamento A), bon gr
mal gr costretto ad avere in comune con gli altri proprietari (i proprietari degli
appartamenti B e C) un certo numero di beni (appunto i beni M,N,O. P: le scale, i
muri perimetrali, landrone, il tetto.delledificio). Come si pu ben intuire i
principali problemi che pone la situazione sono due: A) determinazione delle cose
effettivamente comuni; B) determinazione dei pesi che sopportano e dei vantaggi di
cui godono, rispetto queste cose in comune, i singoli proprietari.
A) Determinazione delle cose in comune. Lart. 1117 cerca di farne un elenco
esauriente (3), ma pacifico che tale tentativo non riuscito: lelenco dellart. 1117
non deve considerarsi tassativo (4).
Comunque, passando in rassegna le parti comuni, dal legislatore, elencate, si vede
che accanto a parti necessariamente comuni, in quanto mancando di esse i singoli
appartamenti non servirebbe alluso cui sono destinati (forse che la stessa struttura
dei vari appartamenti si reggerebbe senza muri maestri e i tetti? forse che gli
appartamenti sarebbero abitabili senza gli impianti idrici e fognari?), vi sono parti
che, invece, non possono considerarsi necessariamente comuni, in quanto, anche in
loro mancanza, i singoli appartamenti sarebbero abitabili (forse che lesistenza, di
locali per la portineria o di una lavanderia, indispensabile per labitabilit di un
appartamento?).
Ora, mentre il primo tipo di parti e di opere (i muri maestri, gli impianti idrici)
non potr cadere in comunione, a prescindere da quel che dica o non dica il
titolo(5), il secondo tipo di parti (locali della portineria, lavanderia) si presume,
s, in comunione, solo per se il contrario non risulta dal titolo) (6).
B) Determinazione dei pesi e dei vantaggi relativi alle cose comuni. I criteri per la
ripartizione dei pesi sono indicati dallart. 1123 (7) e in teoria sono ineccepibili.
ineccepibile, ad esempio, che le spese di conservazione di un muro maestro gravino
sui proprietari dei tre appartamenti A,B,C di cui formato un edificio, in proporzione
del loro valore (v. co.1 articolo citato): infatti, se, metti, gli appartamenti B e C
valgono ciascuno 300, mentre lappartamento A vale 600 cio il doppio, chi pu
dubitare che il proprietario di A debba sostenere il doppio della spesa, dal momento
che, dal crollo delledificio, subirebbe il doppio del danno?
Ed ancora ineccepibile (v. co2 articolo citato) che, se crollato il lastrico solare, da
cui tutti i proprietari degli appartamenti traevano leguale utile di averne la copertura
delledificio, ma da cui il proprietario di un appartamento traeva lulteriore utile di
usarne in maniera solitaria per passeggiarvi e stendervi la roba, questultimo
proprietario debba contribuire per la ricostruzione del lastrico con un quid pluris.
Dunque, si ripete, ineccepibili sono i criteri indicati dallarticolo 1123; la loro
applicazione alle situazioni concrete che diventa tormentata e difficile. Ad esempio,
come quantificare quel quid pluris, che, chi ha luso del lastrico solare, deve,
rispetto al quantum dovuto dagli altri comproprietari? Lart. 1126 lo stabilisce, ma
inevitabilmente in maniera arbitraria. E il discorso va ripetuto mutatis per la
ripartizione delle spese che il legislatore fa per le scale (art. 1124), per i soffitti, le
volte e i solai (art. 1125).
E passiamo ai vantaggi che ciascun singolo proprietario pu trarre dalle cose comuni.
La misura di tali vantaggi indicata nellart. 1118, che recita: Il diritto di ciascun
condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti,
proporzionale al valore dellunit immobiliare che gli appartiene. - Il condomino non
pu rinunziare al suo diritto sulle parti comuni. - Il condomino non pu sottrarsi
allobbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche
modificando la destinazione duso della propria unit immobiliare, salvo quanto
disposto da leggi speciali.().
Cuius commoda, eius incommoda: se il proprietario A deve contribuire il doppio nelle
spese necessarie per tenere in piedi ledificio, anche giusto che tragga il doppio dei
vantaggi dallesistenza delledificio.
Note.
(1) Sui diversi tipi possibili di comunione (volontaria, incidentale, forzosa) v. A. Guarino,
Comunione, cit.,p. 253).
(3)Lart. 1117 recita: Sono oggetto di propriet comune dei proprietari delle singole unit
immobiliari delledificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario
dal titolo:1) tutte le parti delledificio necessarie alluso comune, come il suolo su cui sorge
ledificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale,
i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; 2) le aree destinate a
parcheggio nonch i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso lalloggio del
portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e
funzionali, alluso comune; 3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati
alluso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi
centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per lenergia elettrica, per il
riscaldamento ed il condizionamento dellaria, per la ricezione radiotelevisiva e per laccesso a
qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti
fino al punto di diramazione ai locali di propriet individuale dei singoli condomini, ovvero, in
caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in
materia di reti pubbliche.
(4) Cfr. F.A. Marina. Giacobbe (Condominio degli edifici, Enc. Dir., p. 283).
(5) Con questa denominazione si deve intendere il particolare negozio giuridico inter vivos o mortis
causa (ma in ogni caso consacrato per iscritto) da cui hanno avuto origine concreta i diritti dei
proprietari di singoli piani o frazioni di piano in un determinato edificio ed in cui, nel contempo,
sono state stabilite norme specifiche per luso ed il godimento di cose destiate a restare in
comunione pro indiviso e, perci, fonte preminente nella disciplina dei rapporti di condominio,
alla quale la legge subentra solo in via sussidiaria cos Federico Alessandro Marina e Giovanni
Giacobbe (in Condominio negli edifici, cit., p. 824).
(6) E, pertanto, se la ditta costruttrice del fabbricato, nellatto con cui ha venduto il primo
appartamento, ha specificato A Giobatta vendo lappartamento A con annessi locali di
portineria, questi locali non saranno pi di propriet comune, ma di propriet di Giobatta, anche
se naturalmente nulla impedir al condomino di prendere in affitto tali locali per farne sede della
portineria.
(7) Larticolo 1123 recita: Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti
comuni delledificio per la prestazione dei servizi nellinteresse comune e per le innovazioni
deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della
propriet di ciascuno, salvo diversa convenzione.
Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in
proporzione delluso che ciascuno pu farne.
Qualora un edificio abbia pi scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una
parte dellintero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di
condomini che ne trae utilit.
LIBRO secondo
Dei vari tipi di obbligazione
(Per tipografo :
Libro da inserie prelevandolo
da altro file )
Libro Terzo
Contratti Risarcimento da fatto
illecito - Arricchimento senza giusta causa
Sezione prima : Interesse dello Stato a che le utilit, che possono dare i beni
costituenti la ricchezza nazionale, vengano al massimo valorizzate.
Doc.- Mettiamo il caso : Tizio ha nel suo magazzino novanta quintali di grano : trenta
di troppo, perch sessanta basterebbero a sfamarlo ; ma nella sua scuderia non ha
quel cavallo da corsa, che desidera tanto. Gonzalez, invece, ha tredici cavalli : uno di
troppo, perch dodici gli basterebbero, ma, ahim, non ha nessun sacco di grano per
sfamarsi.
La cosa pi logica sarebbe che Tizio desse a Gonzalez quei trenta sacchi di grano, che
per lui hanno una utilit zero, e Gonzalez desse a Tizio uno dei suo tredici cavalli.
E Tizio avrebbe desiderio di fare questo scambio, ma a ci non si decide per timore
che l'altra parte, Gonzalez, ricevuto il grano, non gli dia il cavallo e, mutatis
mutandis, identico timore ha Gonzalez.
E' a questo punto che interviene lo Stato, dando a Tizio e Gonzalez la sua solenne
garanzia : Coraggio, promettetevi, di dare, l'uno, i sacchi di grano e, l'altro, il
cavallo, e io vi d questa garanzia : se uno di voi non manterr la sua promessa, io
user tutto il mio potere di coercizione per far s che, quanto promesso, bon gr mal
gr, sia mantenuto.
Doc.- Perch suo interesse che la ricchezza nazionale aumenti, e lo scambio dei
beni tra Tizio e Gonzalez la fa appunto aumentare.
Disc.- A me non sembra : prima dello scambio, ci sono novanta sacchi di grano e,
dopo lo scambio, ce ne saranno ancora novanta e, prima, ci sono tredici cavalli e,
dopo, ce ne saranno ancora tredici.
Doc.- S, vero, ma la ricchezza di una nazione non data dalla quantit di beni che
ha, ma dalla somma delle utilit che tali beni sono in grado di dare : prima ( dello
scambio ) le utilit che danno i beni in possesso di Tizio sono quattro ( mettiamo che
appunto quattro siano le utilit che potrebbero dare i sessanta sacchi di grano in
possesso a Tizio ) + zero ( perch zero sono le utilit che danno i residui trenta
sacchi) ; e similmente, prima ( dello scambio ), sono quattro le utilit che danno i
beni posseduti da Gonzalez ( mettiamo che appunto quattro siano le utilit che
danno i dodici cavalli in possesso a Gonzalez ) + zero ( perch zero l'utilit che d a
Gonzalez il residuo tredicesimo cavallo ). Quindi, prima ( dello scambio ), la somma
delle utilit che danno i beni posseduti da Tizio e Gonzalez otto. Dopo lo scambio,
le utilit che daranno il grano e il cavallo in possesso di Tizio saranno 4 + 2
( mettendo che due siano le utilit che darebbe a Tizio il suo nuovo acquisto, il
cavallo ) e, mutatis mutandis, le utilit che daranno i cavalli e il grano in possesso di
Gonzalez sarnno 4 + 2 ( mettendo che due siano le utilit che darebbero a Gonzalez
i trenta sacchi acquistati da Trizio ) : quindi la nazione, dopo lo scambio, si trover ad
avere beni che danno utilit dodici, mentre prima ( dello scambio ) aveva beni danti
solo utilit otto.
Disc.- Capisco. E penso che le parti, Tizio e Gonzalez, una volta che avranno ottenuta
dallo Stato quella solenne garanzia di cui sopra si detto, non esiteranno pi a
stipulare il contratto, perch completamente tranquillizzate.
Doc.- Tranquillizzate, invece, fino a un certo punto, perch tale garanzia non elimina
per loro totalmente il rischio contrattuale.
Disc.- Ma che rischio corre, che cosa ha ad temere, per esempio, Gonzalez, dopo la
solenne promessa dello Stato ?
Doc.- Abbiamo visto che gli scambi ( di beni con beni, di beni con servizi.....) sono
tutelati dal legislatore in quanto ritenuti favorevoli al benessere sociale. Si suppone
che Tizio, ricevendo da Caio, in cambio del suo sacco di riso , un sacco di grano, veda
aumentare le utilit ( la ofelimit ) che il suo patrimonio pu dare. Tale supposizione
ovviamente si fonda sul presupposto che le parti abbiano ben calcolata la
convenienza dello scambio da loro fatto.
Vi sono per dei casi in cui la supposizione che questo sia veramente avvenuto, che
la parte abbia veramente fatto un buon calcolo sulla convenienza del contratto,
viene a cadere, risultando che tale calcolo basato su un errore ( spontaneo o
causato da un comportamento doloso altrui ) . Vi sono, poi, degli altri casi in cui
risulta , che la parte ha operato il suo calcolo, s, su elementi da lei esattamente
conosciuti, per, diciamo cos, anomali : Caio punta la rivoltella contro Tizio e lo
minaccia O mi vendi la tua villa per cento o ci rimetti la vita : Tizio fa il calcolo che
meglio tenersi la vita che ottenere il giusto prezzo della villa e con ci calcola
giustamente la convenienza del baratto propostogli da Caio ( la vita contro la villa ),
ma ci non giustifica di certo la supposizione che sia conveniente per Tizio ( idest,
aumenti le utilit che pu dare il patrimonio di Tizio ) il contratto (vendita della villa
per cento ) a cui questi appone la sua firma. Infine vi sono dei casi in cui, la
supposizione che il contratto stipulato da una parte, da Tizio, aumenti le utilit che il
suo patrimonio pu dare, viene a mancare di ogni fondamento per la incapacit di
Tizio a fare un calcolo di convenienza serio o fiondato incapacit in alcuni casi
presunta ( come nel caso di contratto stipulato da persona interdetta ) e in altri casi
addirittura provata ( casi di cos detta incapacit naturale art. 428).
Disc. E allora ?
Disc.- Io direi che il legislatore dovrebbe far ricadere i danni sulla parte che con colpa
o dolo ha causato il contratto-pasticcio.
( riposto nella validit del contratto da uno dei contraenti ). Ma tutto questo lo
vedremo meglio parlando appunto dei vizi del consenso.
Disc. Tu hai detto che in via generale il legislatore non tiene conto della colpevolezza
dell'errore, in cui una parte sia caduta.
Doc. S, perch, in via eccezionale, egli invece ne tiene conto in materia di
compravendita ( vedi l'art. 1490 e, sopratutto, l'ultima parte dell'articolo 1491 ).
Ora per dobbiamo cominciare a parlare della disciplina data in via generale dal
legislatore ai vizi del consenso ( dato alla stipula di un contratto ) . Non prima per
di aver dati alcuni cenni sul problema dell'esistenza , o no, di un obbligo delle parti di
avvisare le controparti degli errori in cui stessero per cadere . E infatti, l'inesistenza
di un tale obbligo rileva per escludere la rilevanza della riconoscibilit dell'errore
E, ancor prima di ci e cio subito, sar opportuno dare lettura di due articoli chiave
in subiecta materia, l'articolo 1425 e l'art. 1427 ( entrambi posti all'inizio del capo XII
intitolato Dell'annullabilit del contratto) e questo perch la loro conoscenza
permetter allo studioso di meglio inquadrare i discorsi che andremo a fare.
Art. 1425 ( che porta la rubrica Incapacit delle parti) : Il contratto annullabile
se una delle parti era legalmente incapace di contrattare. - E' parimenti annullabile,
quando ricorrono le condizioni stabilite dall'art. 428, il contratto stipulato da
persona incapace d'intendere o di volere.
Art. 1427 ( che porta la rubrica Errore, violenza o dolo ): Il contraente il cui
consenso fu dato per errore, estorto con violenza o carpito con dolo, pu chiedere
l'annullamento del contratto secondo le disposizioni seguenti.
Doc. Perch quel contratto, non conveniente, al momento della stipula, per Tizio ( la
parte, che ha espresso un consenso viziato ), potrebbe per lui dimostrarsi
conveniente in seguito: Tizio ha, s, venduta la sua splendida villa solo per cento in
quanto Caio , con la pistola lo minacciava di bruciargli le cervella, ma ora quella villa,
che prima valeva duecento ora vale solo cinquanta : quello che appariva un cattivo
contratto, si rivela un ottimo affare : allora perch dichiararlo invalido ? Per
avvantaggiare quel farabutto di Caio che ora sarebbe ben contento se il contratto
venisse annullato ? Chiaro, poi, che la decisione, sull'annullabilit o meno, deve
essere rimessa alla volont di Tizio, dato che lui, alla fin fine, il miglior giudice della
convenienza o meno di tenere in vita o no il contratto.
3 : Obbligo di informare la controparte degli errori in cui sta per cadere.
Disc.- Rossi che nel corso delle trattative contrattuali si avvede che la controparte
Bianchi caduta in un errore ( rilevante per lei al fine di decidere sulla convenienza
del contratto ) deve di ci avvisarla ?
Doc.- In via di principio, s. A questa risposta conducono due articoli, l'articolo 1338
e l'articolo 1337.
L'articolo 1338 ci consente di dire ( in via di principio, ripeto ) che Rossi deve
avvisare Bianchi di quegli errori che giustificherebbero l'annullamento del contratto.
Disc.- Per a me sembra che ci sia un differenza, sia pur sottile, tra errore sulla
validit del contratto ed errore che giustifica la invalidit del contratto.
Doc. Forse s, forse hai ragione; per anche se l'art. 1338 si riferisse direttamente solo
ai casi di errori cadenti sulla validit del contratto, nulla impedirebbe di applicarlo
( in base a un'interpretazione estensiva) anche agli errori che giustificherebbe
l'invalidit del contratto.
E vengo al secondo articolo a cui prima mi sono riferito, l'articolo 1337. Questo
articolo ci permette di dire che la controparte va avvertita anche degli errori che non
giustificherebbero un annullamento del contratto. Infatti l'articolo 1337 recita : Le
parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono
comportarsi secondo buona fede. E non si pu dubitare che sia contrario a buona
fede, il non avvisare la parte, con cui si sta trattando, di un errore in cui essa sia
caduta - questo anche se tale errore non giustificherebbe l'annullamento del contratto
( Rossi si accorge che la controparte si appresta a firmare il contratto credendo che la
cosa vendutale le sar consegnata a domicilio, mentre nel contratto scritto che
invece dovr essere lei ad andare a prenderla come vedremo tale errore non pu
considerarsi essenziale e quindi giustificare l'annullamento, ci nonostante.....)
Disc.- Per tu prima hai detto che solo in via di principio tali articoli portano a dire
che la parte deve avvisare la controparte degli errori in cui sta per cadere; e ci mi fa
pensare che tale principio subisca delle deroghe.
Distinguere tra errore sul fatto ed errore sul ragionamento importante perch certi
studiosi facendo d'ogni erba un fascio escludono dagli errori che giustificano
l'annullamento ( errori che come vedremo si chiamano essenziali ) quelli che
cadono sui motivi ( a stipulare il contratto ). No, un motivo non altro che un
ragionamento ( o se preferiamo, un calcolo ) basato su di un fatto : se l'errore cade
sul fatto su cui si basa il ragionamento ( il calcolo ) pu benissimo giustificare,
sussistendo le altre condizioni che poi vedremo, l'annullamento. Prova ne che molti
errori che pacificamente giustificano l'annullamento come, ad esempio, l'errore
sulla qualit ,sono fatti che hanno motivato la parte a stipulare il contratto in base
a un ragionamento.
4. L'errore-vizio del contratto . Individuazione della parte che ha diritto che il
contratto abbia il contenuto da lei voluto-
Insomma, l'errore delle parti crea un bel imbroglio. Vediamo le istruzioni che il
legislatore d al giudice per dipanarlo.
I- Per prima cosa , tu, giudice, devi ( con la cosiddetta attivit interpretativa del
contratto ) determinare qual' stata la reale volont di ciascuno dei due contraenti., di
Tizio e di Gonzales.
II - Come seconda cosa, devi stabilire quale volont una persona di media
intelligenza avrebbe attribuito a Tizio e Gonzalez ( in base alle parole da loro usate e
al comportamento da loro tenuto v. art 1362 ).
III- A questo punto, se ti accorgi che le due volont divergono, sono diverse ci che
significa che entrambe le parti sono cadute in errore : Gonzalex attribuendo a Tizio la
volont di prendere il cavallo tredici e Tizio attribuendo a Conzalez la volont di dare
il cavallo tre devi verificare se una delle due volont coincide con quella sub II (la
volont che l'uomo di media intelligenza avrebbe attribuito alle parti) Se il contenuto
A voluto da una delle parti, coincide col contenuto al contratto attribuito come sub II
( da una persona di media intelligenza ), ebbene il contenuto A sar quello che tu
giudice dovrai attribuire al contratto.
E' evidente che, nell'esempio fatto, il contenuto da attribuire al contratto sar quello
voluto da Gonzalez, dato che ogni persona di media intelligenza avrebbe interpretato
le parole dette da Tizio come espressione di volere affittare il cavallo tredici.
Chiaro che le cose non saranno sempre cos semplici come nell'esempio fatto.
Potranno darsi dei casi in cui nessuna delle due volont delle parti coincide con
quella ricostruita come sub II: Tizio dice di volere il cavallo tre, Gonzales vuole dare
il cavallo sedici e ciascuna persona di media intelligenza avrebbe capito che oggetto
del contratto era il cavallo tredici.
Oppure le parole usate dalle parti sono un abacadabra, non si capisce assolutamente
quale sia stata la loro volont.
No, perch ci avvenga occorre che l'errore di Tizio non fosse stato riconoscibile da
Gonzalez.
Disc.- Ritenendo la validit del contratto, nel caso che l'errore non sia riconoscibile,
come se il legislatore dicesse a Gonzales Tranquillo Gonzalez, firma il contratto : se
non c' nessun elemento che indichi che la tua controparte caduta in errore, nessuno
ti metter nei guai chiedendo, del contratto, l'annullamento : in buona sostanza,
quindi, con gli articoli da te citati, il legislatore vuole tutelare l'affidamento delle
parti. Giusto ?
Doc. Giustissimo. Ma se Gonzalez in colpa , perch poteva riconoscere l'errore di
Tizio o, peggio, l'ha riconosciuto, allora cessa ogni ragione di tutela di Gonzalez.
Salvo quanto diremo a proposito dell'errore essenziale, trattando del quale per
distingueremo il caso in cui Tizio non ha riconosciuto l'errore, sia pure per colpa, dal
caso in cui l'ha riconosciuto.
Disc.- Ma che c'entra l'errore essenziale col discorso che stiamo facendo ?
Disc- Quel che mi chiaro, nonostante la tortuosit della tua esposizione, che ci
sono dei casi in cui il legislatore ritiene la validit del contratto tra Tizio e Gonzales
nonostante che l'errore di Tizio fosse da Gonzalez riconoscibile. Ma come si
giustifica ci ?
Doc.- No, questo sarebbe troppo : forse che il legislatore non deve preoccuparsi
anche degli interessi di Tizio, della parte che caduta in errore ? certo, cadendovi
presumibilmente per colpa, ma forse che in colpa non caduto anche Gonzalez, la
sua controparte ?
Disc.- E allora ?
Doc.- Allora il legislatore mantiene la validit del contratto solo quando l'errore non
sia essenziale.
Doc. La logica vorrebbe che il legislatore , nel valutare l'essenzialit dell'errore che
vizia un contratto - il che, in pratica, come dire, nel valutare se annullare il
contratto o mantenerlo valido - comparasse la gravit delle conseguenze che
comporterebbe l'esecuzione del contratto per la parte ( Tizio ) caduta in errore sul suo
contenuto e la gravit delle conseguenze dell'annullamento del contratto per la parte
(Gonzalez ) caduta in colpa per non aver riconosciuto tale errore ; e poi optasse, per
l'annullabilit, se le conseguenze di questa risultassero meno gravi delle conseguenze
di un esecuzione del contratto; e viceversa.
Esempio di errore che cade sulla natura del contratto : Tizio ritiene erroneamente di
stipulare un contratto di locazione, mentre invece sta stipulando una compravendita.
Esempio di errore che cade sull'oggetto del contratto : Tizio crede di acquistare
l'appartamento di via Roma, mentre sta acquistando l'appartamento di via Garibaldi.
Errore sulle qualit dell'altro contraente : Tizio crede di stare assumendo, per dirigere
il suo ufficio contabile, un diplomato in ragioneria, mentre sta assumendo un laureato
in belle lettere.
Doc.-Io credo che sia tassativo. Anche se con ci si finisce per ammettere la validit
di contratti effettivamente molto pregiudizievoli per la parte caduta in errore . Si
pensi a questi casi : nel contratto il termine fissato, per il pagamento del prezzo di
vendita, a Tizio indicato nel 15 settembre 2018, mentre Tizio, credendo che il
termine scadesse il 15 dicembre 2017, per l'ottobre del 2017 aveva assunto con terzi
obbligazioni, contando di adempierle col prezzo ricavato dalla vendita ; e ancora :
Tizio compra un cavallo nel Texas credendo che gli sarebbe consegnato in Italia,
mentre invece deve andarselo a prendere nel Texas ( con i rilevanti costi che ci
comporta per lui ); e ancora: Tizio crede che il pagamento, che deve fare del prezzo,
sia subordinato alla condizione sospensiva, che egli venda un altro suo terreno,
mentre cos non .
Disc.- Domanda : il codice trattando dell' errore ( come vizio del consenso )
contempla il caso di chi stipula, s, un contratto per errore essenziale ( stipula
l'acquisto dell'appartamento di via Roma mentre era sua intenzione comprare quello
di via Napoli), ma l'avrebbe stipulato lo stesso, per a condizioni diverse, anche se
non fosse caduto in errore ( Tizio ha acquistato l'appartamento di via Roma per
cento, che lui era disposto a pagare solo per quello di via Napoli, per sarebbe stato
disposto ad acquistare anche l'appartamento di via Roma, se, invece che a cento, gli
fosse stato venduto a cinquanta) ?
Doc.- No, il legislatore contempla la fattispecie da te prospettata solo nella disciplina
che d al caso del consenso carpito con dolo. Ma io credo che la normativa sul punto,
anche se direttamente si riferisce solo a casi in cui la parte stipula il contratto perch
indotta in errore con dolo, sia applicabile ( e a maggior ragione ) anche a casi in cui
la parte stipula perch caduta in errore spontaneo ( infatti tale normativa
sfavorevole alla parte errante, ora, se il legislatore disposto a sacrificare l'interesse
della parte errante nei casi in cui essa, essendo vittima del dolo della controparte, ci si
aspetterebbe che fosse con particolare forza tutelata, da pensare che egli, idest il
legislatore, a maggior ragione sar disposto a sacrificare tale interesse in caso di
errore spontaneo, in cui essa non potrebbe vantare diritto a una particolare tutela ).
Doc.- S, hai capito bene: il legislatore riconosce alla parte errante solo un diritto
all'annullamento del contratto ( e al risarcimento del danno ).
Disc. L'art. 1442, sotto la rubrica Mantenimento del contratto rettificato, recita :
La parte in errore non pu domandare l'annullamento se, prima che ad essa possa
derivarne pregiudizio, l'altra offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle
modalit del contratto che quella intendeva concludere.
Quindi se le parti sono d'accordo, il contratto voluto dalla parte caduta in errore,
viene convalidato.
Il primo, che l'articolo 1432 non fa per nulla l'ipotesi che le due parti siano
d'accordo. Se Caio offre di eseguire il contratto che Tizio, la parte caduta in errore,
aveva intenzione di concludere, e questa ha un ripensamento e dice di non voler pi
il contratto che prima voleva, ci non importa : si esegue lo stesso il contratto che
essa prima voleva.
Doc.- Perch, a prescindere che la convalida un negozio che proviene dalla parte
caduta in errore, da Tizio e non da Caio, quello che viene confermato con essa, non
il contratto voluto dal convalidante ( che avrebbe potuto chiedere l'annullamento ),
ma il contratto voluto dalla sua controparte, da Caio.
E con ci mi riferisco alla problematica relativa alla tutela dei terzi in buona fede.
Infatti, con la convalida Tizio conferma il contenuto del contratto come appare ai
terzi : egli dice di voler comprare, non pi il cavallo tre, ma il cavallo uno e i terzi che
leggono il contratto ( come da Tizio e Caio stipulato illo tempore ) vi vedono scritto
effettivamente che Tizio aveva dichiarato di comprare il cavallo uno
Con la rettifica, invece, si conferma un contenuto del contratto diverso da quello che
appare ai terzi : dal contratto come rettificato risulta che Caio vende a Tizio il cavallo
tre, mentre nel contratto stipulato illo tempore sta scritto che Caio vende a Tizio il
cavallo uno.
Doc. No, la soluzione va tratta dall'art. 1445, che indica gli effetti dell'annullamento
nei confronti dei terzi.
8 - Dellinterpretazione del contratto
Doc. A rigore per interpretazione del contratto dovrebbe intendersi lattivit volta ad
accertare sia quale contratto ciascuna delle parti aveva intenzione di stipulare,sia
quale contratto apparirebbe come voluto dalle parti, a un terzo di normale intelligenza
che interrogasse le parole (o le lettere) da esse usate per esprimere la loro intenzione.
La prima attivit serve a stabilire se le parti avevano, per usare le parole del
legislatore, una comune intenzione, cio volevano un contratto dello stesso
contenuto.
Doc. Serve a stabilire, in caso di constata divergenza delle intenzioni delle parti, se il
contratto, da una di esse voluto, corrisponde a quello che apparirebbe come, da
entrambe le parti, voluto a quel terzo di normale intelligenza di cui si fatta ora
parola.
Doc. Certo che importante! Infatti se risulta una divergenza nelle volont delle
parti, Tizio ha voluto il contratto A mentre Caio, invece, ha voluto il contratto B,
se questo contratto B corrisponde a quello che apparirebbe (come voluto da entrambe
le parti) al terzo, questo contratto B viene, per cos dire, privilegiato.
Doc. Nel senso che, se lerrore di Tizio, sulla esistenza di una comune intenzione
contrattuale tra lui e Caio, non era riconoscibile (art. 1428) si dar esecuzione al
contratto voluto da Caio.
Disc. Ho capito: anche se vero che, se Tizio caduto in errore sulla esistenza di una
comune intenzione contrattuale tra lui e la controparte, anche Caio in identico
errore caduto, viene privilegiata la volont contrattuale di Caio, perch corrisponde
a quella volont che risulta dalla lettera del contratto.
Doc. S, il legislatore d una sorta di premio alla parte che, nelle trattative contrattuali
e nella conclusione del contratto, ha dimostrata competenza e diligenza. E perch dia
questo premio lo abbiamo visto nella lezione dedicata ai vizi del consenso.
Disc. Ma se Tizio vuole il contratto A e Caio il contratto B e dalla lettera, con cui si
sono espresse le due volont, risulterebbe come voluto il contratto C?
Disc. Con ci tu hai detto cosa dovrebbe intendersi per interpretazione secondo te.
Ma cosa deve intendersi per interpretazione secondo il legislatore?
Doc. Perch esplicitamente il legislatore dice solo, nella seconda parte dellarticolo,
che linterprete non deve limitarsi al senso letterale delle parole. Ma naturalmente,
se linterprete non deve limitarsi a tenere conto del senso letterale delle parole, ci
significa che, del senso letterale delle parole, deve tenere conto.
Pi precisamente larticolo 1362, sotto la rubrica Intenzione dei contraenti nel suo
primo comma recita: Nellinterpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la
comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole.
Disc. Per, mentre tu dici che linterprete deve indagare quale stata la intenzione di
ciascuna parte, il legislatore, invece, dice che linterprete deve indagare la comune
intenzione delle parti.
Doc. S, per la comune intenzione delle parti, ci pu essere oppure no, mentre la
intenzione, che ciascuna delle parti ha avuto nel concludere il contratto, non pu non
esserci. In realt il legislatore, se ben avesse conosciuta larte sua, avrebbe dovuto
formulare il primo comma dellarticolo 1362 cos: Nellinterpretare il contratto si
deve indagare la intenzione delle parti al fine di verificare se al momento della sua
conclusione era comune. Questo il primo comma, che avrebbe dovuto essere seguito
da un secondo comma pi o meno cos formulato: Ai fini del primo comma, si deve
tenere conto sia del senso letterale delle parole usate dalle parti nella conclusione del
contratto sia del loro comportamento continuando poi come detto nellattuale
secondo comma dellarticolo in questione.
Doc. Daccordo. Tale secondo comma recita: Per determinare la comune intenzione
delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla
conclusione del contratto.
E quello, offertoci da secondo comma dellart.1362, un criterio che si basa
evidentemente sulla aspettativa che le parti abbiano tenuto, sia al momento della
conclusione del contratto sia nella loro condotta anteriore e posteriore a tale
momento, un comportamento coerente: se Tizio, prima di firmare il contratto di
acquisto con Caio, commerciante in cavalli, si preoccup di montare il cavallo B
senza degnare di uno sguardo il cavallo A, chiaro che, anche se firm un contratto
in cui appariva venduto il cavallo A, egli voleva comprare il cavallo B.
Disc. Passiamo al terzo elemento che linterprete deve tenere in conto per individuare
la volont delle parti.
Doc. Questo elemento lo indica o meglio pretende di indicarlo larticolo 1363, che,
sotto la rubrica, Interpretazione complessiva delle clausole, recita: Le clausole del
contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso
che risulta dal complesso dellatto.
La prima parte dellarticolo offre un criterio (Si deve interpretare la clausola A
tenendo conto di quel che dice la clausola B e cos via) che, come gi abbiamo visto
essere per il criterio offerto dal secondo comma dellarticolo 1362, si basa
sullaspettativa di una coerenza nel comportamento delle parti, pi particolarmente di
una coerenza nella soluzione delle varie questioni che la materia disciplinata dal
contratto presentava.
Disc. Questo per quel che riguarda la prima parte dellarticolo e per quel che riguarda
la seconda? A me questa seconda parte francamente sembra ripetitiva della prima:
infatti,siccome il complesso dellatto dato dalla somma delle clausole nellatto
stesso contenute, chiaro che, quando hai detto che il senso di una clausola va
stabilito tenendo conto del senso risultante dalle altre clausole, hai anche detto che il
senso di una clausola va stabilito tenendo conto del senso risultante dal complesso
dellatto.
Doc. Ci evidente. Per cui, per escludere il difetto di una inammissibile ripetitivit
nella seconda parte dellarticolo 1363, bisogna interpretare questa come se dicesse
che, nel dare, a una questione, una soluzione soluzione che le parti hanno omessa o
hanno data in maniera non chiara - bisogna tenere conto, di un quid, che il legislatore
non esplicita, ma che a noi sembra ragionevole ravvisare nello scopo pratico
perseguito dalle parti; quid risultante (non gi dal complesso dellatto cio da tutte
le clausole il che sarebbe assurdo, ma) da questa o quella clausola contrattuale o
anche da elementi extracontrattuali.
Faccio un esempio: se Tizio vende a Caio delle mucche e risulta (non
necessariamente dal contratto, ma anche da prove aliunde ricavate) che il campo di
Caio privo di un pozzo a cui abbeverare le mucche, siccome chiaro che Caio,
comprando le mucche, voleva fare un allevamento di mucche, anche chiaro che la
questione se Tizio deve o no lasciare abbeverare le mucche nel suo pozzo va risulta
positivamente per Caio.
Doc. Questo articolo enuncia un principio di assoluta ovviet: chiaro che chi ha lo
scopo di accertare la volont delle parti (alias, linterprete) pu, s, utilizzare la
lettera del contratto, come strumento per realizzare tale scopo, ma una volta che,
utilizzando strumenti esegetici diversi, giunto ad accertare tale volont, non deve
cadere nellassurdit di concludere che essa... non come gli appare, ma come risulta
dalla lettera del contratto.
Doc. Direi che lenunciato dellarticolo 1365, pi che ovvio tautologico: se un caso
portato come esempio dellapplicazione di un patto ovvio che ci non esclude ma
anzi, per definizione, presuppone che tale patto sia applicabile ad altri casi.
Disc. Passiamo allarticolo 1366 che, sotto la rubrica Interpretazione di buona fede,
recita: Il contratto deve essere interpretato secondo buona fede -
Doc. Siccome le norme, che stiamo esaminando, sono rivolte, s, anche alle parti,
ma soprattutto sono rivolte al giudice (a cui spetta il compito, nel disaccordo delle
parti, di dare linterpretazione del contratto), evidente che larticolo in esame non
vuol dire che chi interpreta il contratto lo deve interpretare in buona fede: infatti la
buona fede del giudice un dato scontato nellapplicazione di qualsiasi norma
del codice (civile).
Se cos , larticolo in esame non pu che significare, che il contratto va interpretato
partendo dal presupposto che le parti, nelle trattative precontrattuali e al momento di
concludere il contratto, si siano comportate secondo buona fede.
Disc. Ma il giudice deve partire da tale presupposto e attribuire a una parte, a Tizio,
un comportamento secondo buona fede, anche quando aliunde risulta che un
autentico farabutto?
Doc. Io ritengo di s. Ritengo infatti che con larticolo in esame si compia un salto
qualitativo: dagli articoli con cui il legislatore si propone di dare allinterprete criteri
per accertare la reale volont contrattuale delle parti, si passa agli articoli con cui il
legislatore mira ad attribuire al contratto quel contenuto che egli ritiene pi giusto e
opportuno se del caso facendo violenza alla reale volont delle parti.
Attribuendo a Tizio quel comportamento in buona fede su cui la controparte Caio
aveva ragione di confidare, il legislatore vuole premiare il bonus civis a scapito del
malus civis; daltra parte non forse interesse della societ che, i beni costituenti la
ricchezza nazionale. vadano nei patrimoni dei buoni e non dei malvagi?
Disc. Passiamo allarticolo 1367, che, sotto la rubrica Conservazione del contratto,
recita: Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in
cui possono avere qualche effetto, anzich in quello secondo cui non ne avrebbero
alcuno. Anche per questo articolo si pu dire che, pur in presenza di elementi
maggioritari che imporrebbero di ritenere la nullit (o anche, perch no? la
annullabilit) di una clausola o di tutto intero il contratto, a quella o a questo si deve
attribuire, invece, il senso che la nullit (o annullabilit) porti ad escludere?
Doc. Io direi di no. Certo ha un buon fondamento la presunzione che le parti non
abbiano voluto dare a una clausola o al contratto un contenuto, che porterebbe alla
loro nullit - questo, se non altro, perch di solito le persone non gettano via il loro
tempo per fare qualche cosa (che nel caso sarebbe il contratto o la clausola) che sar
poi gettato nel nulla. E di tale presunzione si deve tenere conto. Per, se pur tenendo
conto di tale presunzione e di eventuali altri elementi che depongono per una validit
della clausola (o del contratto), altri elementi pi consistenti e forti depongono in
senso contrario, cio per la nullit, la calusola (o il contratto) dovranno essere
considerati nulli. Solo quando una clausola ambigua, cio quando gli elementi, che
depongono per un senso (quello che porterebbe a ritenerne la validit), sono
controbilanciati, da elementi che deporrebbero in senso contrario (quello che
porterebbe a ritenerne la nullit), si deve dare la preferenza ai primi.
A tale soluzione conduce, sia la lettera dellarticolo, che parla di dubbio(e parlare di
dubbio non sarebbe il caso quando la maggior parte degli elementi convince per la
nullit), sia il criterio esegetico, che vuole che si possa attribuire al legislatore la
volont di fare eccezione a un principio (nel caso al principio del rispetto della
volont delle parti contraenti). solo quando tale volont chiaramente risulta.
Disc. Passiamo ora allarticolo 1368, che, sotto la rubrica Pratiche generali
interpretative, recita: Le clausole ambigue sinterpretano secondo ci che si pratica
generalmente nel luogo in cui il contratto stato concluso.
Nei contratti in cui una delle parti imprenditore, le clausole ambigue sinterpretano
secondo ci che si pratica generalmente nel luogo in cui la sede dellimpresa.
Disc. Passiamo allarticolo 1369 che, sotto la rubrica Espressioni con pi sensi,
recita: Le espressioni che possono avere pi sensi devono nel dubbio essere intese nel
senso pi conveniente alla natura e alloggetto del contratto.
Disc. Abbiamo visto nelle precedenti lezioni che laccordo delle parti per lo scambio
di beni e servizi tutelato dallo Stato in quanto ritenuto utile ad aumentare la
ofelimit della ricchezza nazionale (Caio ha tre quintali di grano, di cui per due sono
per lui superflui, dato che un solo sacco basta alle sue necessit, e allora d il secondo
sacco a Mevio, che nei suoi magazzini non ha del grano ma un eccesso di mele, per
avere un quintale di queste, e d laltro sacco a Sempronio, che ha un eccesso di
formaggi, per avere un quintale di questi; e tutti e tre, Caio, Mevio, Cornelio vivono
meglio).
Per questo risultato (di una maggiore ofelimit della ricchezza nazionale) si
raggiunge, se le scelte operate da Caio, Mevio, Sempronio sono oculate: se Caio d
via tutti i suoi tre quintali di grano per avere due quintali di formaggio e un quintale
di mele, lasciando cos vuoti i suoi magazzini del prezioso cereale....i conti non
tornano: il benessere della societ non aumenta, ma diminuisce.
La decisione errata di Caio pu essere semplicemente dovuta al fatto, che egli ha
operato il suo calcolo economico credendo erroneamente, che esistessero circostanze
ed elementi invece inesistenti (Caio per errore credeva di stare acquistando un sacco
di mele mentre invece il sacco, datogli in cambio del suo grano, era pieno di pere, di
cui nulla avrebbe saputo che fare). In tal caso il legislatore a certe condizioni (quelle
condizioni di cui abbiamo parlato studiando i vizi del consenso), disposto ad
annullare il contratto stipulato da Caio.
Senonch la scelta di Caio potrebbe essere sbagliata, non perch egli ha basato i suoi
calcoli su falsi elementi, ma semplicemente perch....non stato capace di calcolare.
In tal caso si presenta per il legislatore il (grosso) problema: merita tutela il
patrimonio dellincapace? E se si, come attuare tale tutela? Tu, a questo problema,
che soluzione daresti?
Disc. La soluzione pi conforme allinteresse della societ - interesse che vuole che i
beni costituenti la ricchezza nazionale siano gestiti da persone capaci e non da
persone superficiali o fannullone. Quindi non annullerei i contratti stipulati
rovinosamente da Caio, ma guarderei con simpatia, in quanto in definitiva cosa utile
alla societ, al travaso di beni dal patrimonio dellimbelle Caio a quello dellabile don
Gesualdo.
Doc. Non per detto che, chi abile, sia anche onesto e corretto amministratore, e
linteresse della societ potrebbe portare a preferire, allabile ma disonesto don
Gesualdo, il meno abile ma pi onesto Repetto. Ma a prescindere da ci, devono
rendere cauto il legislatore, nella tutela dellinteresse da te segnalato, due
considerazioni.
La prima, viene in rilievo quando la incapacit prevedibilmente destinata a cessare
in un breve lasso di tempo. E il caso di Francesco che, avendo troppo libato a Bacco,
ha sottoscritto un contratto disastroso, ma che gi lindomani, ritornato sobrio, si
dimostrer quellottimo e sagace uomo daffari, che sempre stato.
E il caso ancora di Franceschino che, s, ora, dalla giovane et, reso inesperto e
incapace, ma che in un domani, raggiunta la maggiore et, si riveler buon
amministratore del suo patrimonio. In entrambi i casi non c ragione per dire che, i
beni del patrimonio di Francesco e di Franceschino, sarebbero meglio amministrati,
se si trovassero nel patrimonio dellabile ma senza troppi scrupoli don Gesualdo. Pi
giusto appare annullare il contratto stipulato sotto i fumi del vino da Francesco, e
nominare una persona che temporaneamente sostituisca Franceschino
nellamministrazione del suo patrimonio. Ci lo vedremo meglio parlando della
incapacit naturale, della responsabilit genitoriale e della tutela dei minori.
La seconda considerazione che, anche in caso di incapacit destinata a durare
indefinitamente nel tempo, contrastano con linteresse, da te segnalato e che
porterebbe alla dispersione del patrimonio dellincapace, un interesse della famiglia e
un interesse dello Stato, che appaiono del tutto meritevoli di tutela e che premono per
la conservazione del patrimonio dellincapace.
Disc. Perch la dispersione del patrimonio di Caio nuoce alla sua famiglia.?
Doc. Perch vi sono persone che dipendono economicamente da Caio, lincapace: la
moglie di Caio ha diritto ad avere da lui un assegno di mantenimento: se Caio si
impoverisce non glielo pu pi corrispondere. I figli di Caio hanno laspettativa di
ereditare parte dei beni, che compongono il patrimonio ora in propriet del loro
padre: prospettiva legittima dato che tali beni, non sono solo frutto del lavoro di Caio,
ma anche di quello dei suoi antenati (Caio ha ereditato il campo, in cui ha seminato il
frumento, da suo padre che lha acquistato a prezzo di dure fatiche e risparmi e lha
trasmesso a Caio perch egli a sua volta lo trasmettesse ai suoi figli). Se il patrimonio
di cui ora titolare Caio si disperde, i figli nulla erediteranno.
Disc. Mettiamo che sulla bilancia del legislatore pesino pi i due interessi da te ora
detti, che quello che vorrebbe dar via libera ai meccanismi economici, che
porterebbero allimpoverimento dellincapace. Come pu operare, quali strumenti
pu usare il legislatore per impedire questa dispersione?
Doc. Nei casi che lincapacit sia destinata a durare nel tempo, di certo non si pu
pensare di risolvere il problema della tutela del patrimonio dellincapace, verificando
di volta in volta se i contratti da questi posti in essere sono, o no, economicamente
convenienti, per poi annullarli se non lo sono.
Lunico strumento che lo Stato pu utilizzare quello dellincapacitazione. Dove per
incapacitazione di una persona deve intendersi che, tutti i negozi, tutti i contratti da
questa persona posti in essere, possono essere annullati, senza necessit di provare
che sono contrari allinteresse dellincapace.
Doc. Certo che s, certo che dovr preoccuparsi della persona dellincapace; ma ci ai
fini del discorso che ora facciamo e che limitato alla tutela del patrimonio, non
interessa.
Doc. Abbiamo visto come lincapacit (di intendere e di volere) e i vizi della volont
giustifichino lannullamento del contratto, solo che in tal senso sia presentata nel
(breve) termine stabilito dalla Legge e senza che prima sia intervenuta convalida del
contratto una richiesta dalla parte (la cui volont, al momento della stipula, era
viziata o che era incapace).
Ora cercheremo di vedere ci che pu giustificare (non lannullamento, ma) la
dichiarazione di nullit di un contratto.
Disc. S, benissimo, ma prima dimmi che cosa si intende per contratto nullo. Nullo
il contratto che il Legislatore considera mai esistito, tamquam non esset?
Doc. No, dire questo non sarebbe esatto: che Tizio abbia stipulato un contratto
(ancorch nullo) una realt ed una realt su cui il Legislatore non pu chiudere gli
occhi.
Disc. Ad esempio?
Doc. In forza dellarticolo 1424, che recita: Il contratto nullo pu produrre gli effetti
di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora,
avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero
voluto se avessero conosciuto la nullit.
Disc. Quindi la nullit non pu essere fatta valere da quivis de populo, ma solo da chi
vi ha interesse.
Disc. Fai ora un esempio di persona, il cui interesse a far valere la nullit, tutelato
dal Legislatore.
Doc. Pensa al fideiussore, che ha interesse a far dichiarare nullo il contratto, da cui
deriva lobbligazione principale (dato che ci lo libererebbe dal suo obbligo di
garanzia).
Doc. La seconda, ovviamente si giustifica col fatto che la convalida non sarebbe altro
che la ripetizione dellatto nullo (e quindi nulla anchessa), la prima (idest, la
imprescrittibilit dellazione) si giustifica col fatto che, quando il Legislatore
stabilisce la nullit di un contratto lo fa per togliere alle parti la speranza di potersi
valere della forza dello Stato per raggiungere lo scopo pratico a cui col contratto
mirano e tale dissuasione riesce tanto pi forte e recisa se le parti sanno di non poter
sperare in una prescrizione dellazione volta a dichiarare la nullit.
Disc. E se un qualsiasi Pinco Pallino ha acquistato da Caio, una delle parti del
contratto nullo, un diritto, metti quel diritto di propriet che Caio aveva a sua volta
acquistato da Sempronio, laltro contraente? anche il contratto tra Pinco Pallino e
Caio si considerer nullo? Oppure, come abbiamo visto accadere per il contratto
annullabile (art. 1445) linteresse di Pinco Pallino a non vedere pregiudicato il suo
acquisto dalla invalidit del contratto stipulato dal suo dante causa, verr tutelato,
almeno nel caso che egli sia in buona fede e il contratto sia a titolo oneroso?
Doc. No, non verr tutelato, nel senso che Pinco Pallino non acquisir la propriet
della res a lui, da Caio, trasferita; con tutto ci, bada, commetteresti un errore nel
considerare il contratto da lui stipulato con Caio come nullo, si tratterebbe infatti di
un contratto perfettamente valido, anhce se risolubile (vedi melius lart. 1478).
Disc. E tuttavia se il contratto stipulato da Caio, il suo dante causa, fosse stato
annullabile, non nullo, Pinco Pallini avrebbe acquistato (se in buona fede ecc.) la
propriet del bene, da Caio, alienatogli. Come si giustifica questa diversit di
disciplina?
Doc. Si giustifica col fatto che mentre nel caso di un contratto annullabile potrebbe
essere difficile per un terzo accorgesi della causa di annullabilit, (come potrebbe il
nostro Pinco Pallino sapere se la controparte di Caio, il suo dante causa, era caduta in
errore, se questo errore era riconoscibile ecc.ecc.) - invece, nel caso di contratto
nullo, non poteva non balzare agli occhi di Pinco Pallino, solo che fosse stato tanto
diligente e prudente di recarsi alla Conservatoria dei Registri Immobiliari per leggersi
il contratto stipulato da Caio, la nullit del contratto da questi stipulato (da tale
contratto risultava che per acquistare limmobile Caio si era obbligato a compiere un
atto illecito? siccome in tal caso, come vedremo, il contratto nullo, a Pinco Pallino,
non poteva non apparire chiara la nullit del contratto stipulato da Caio).
12 - Possibili cause della nullit di un contratto
(illiceit della causa, dello oggetto...).
Disc. Abbiamo visto che cosa deve intendersi per nullit di un contratto; vediamo ora
da che cosa pu essere, la nullit, giustificata.
Disc. Per dal momento che la nullit di un contratto viene dichiarata a prescindere
da una richiesta delle parti che lo hanno stipulato (e quindi anche contro la loro
volont e presumibilmente contro il loro interesse) il Giurista almeno potr dire che la
nullit (al contrario dellannullabilit) di un contratto viene, dal Legislatore, ritenuta
per tutelare interessi confliggenti o almeno estranei a quelli delle parti del contratto.
Doc. Di massima pu dirlo; ma solo di massima, dato che in alcuni casi la nullit
viene ritenuta dal Legislatore proprio a tutela delle parti che lhanno stipulato.
Disc. Comincia a portare i principali casi in cui la nullit viene ritenuta a tutela di
interessi confliggenti o almeno estranei a quelli delle parti.
Doc. Daccordo, comincer a portare dei casi in cui il comportamento a cui una parte
vorrebbe vincolarsi col contratto frustra un interesse che il legislatore tutela.
Primo caso: illiceit delloggetto del contratto-
Esempio: Sparafucile si obbliga a uccidere il duca di Mantova e Rigoletto si obbliga a
dargli tot.
Doc. Certo, e, non una, ma due sono le norme da cui si evince tale nullit: larticolo
1346 e larticolo 1418.
Doc. Larticolo 1346 recita: Loggetto del contratto deve essere possibile, lecito,
determinato o determinabile.
Doc. Larticolo 1418 stabilisce la nullit di un contratto quando il suo oggetto manca
di uno dei requisiti stabiliti dallarticolo 1346 (larticolo sopra riportato).
Pi precisamente larticolo 1418 (sotto la rubrica Cause di nullit del contratto)
recita: Il contratto nullo quando contrario a norme imperative, salvo che la legge
disponga altrimenti. - Producono nullit del contratto la mancanza di uno dei requisiti
indicati dallarticolo 1325, lilliceit della causa, la illiceit dei motivi nel caso
indicato dallarticolo 1345 e la mancanza nelloggetto dei requisiti stabiliti
dallarticolo 1346.- Il contratto altres nullo negli altri casi stabiliti dalla legge.
Disc. Hai fatto un caso di contratto ritenuto dal Legislatore nullo per la ragione che il
comportamento a cui si vincolerebbe con esso una parte frustra un interesse tutelato
dal legislatore, fanne un secondo
Doc. Ecco un secondo caso: lilliceit dei motivi che hanno convinto le parti a
concludere il contratto.
Esempio: Rigoletto si obbliga a vendere un coltello a Sparafucile, il quale si obbliga a
dare tot, coltivando (ecco il punto!) il proposito di usare il coltello per uccidere il
povero duca.
Qui di per s, nessuno dei due comportamenti a cui si obbligano le parti illecito,
per chiaro che anche qui il Legislatore verrebbe a darsi la...zappa sui piedi
ritenendo la validit del contratto, dato che vincolare giuridicamente Rigoletto a dare
il coltello a Sparafucile significherebbe agevolare questi in un comportamento
(luccisione del duca) che lede un interesse tutelato da una norma.
Disc. Quindi il legislatore ritiene senzaltro la nullit del contratto tra Rigoletto e
sparafucile.
Doc. E invece, no. Egli fa dei distinguo. Precisamente larticolo 1345 (che porta la
rubrica motivo illecito e, val la pena di notarlo inserito nella sezione seconda
intitolata Della causa del contratto) recita: Il contratto illecito quando le parti si
sono determinate a concluderlo per un motivo illecito comune ad entrambe.
Disc. Ho capito: perch il contratto tra Rigoletto e Sparafucile sia considerato illecito,
non basta che Sparafucile lo concluda per un motivo illecito, occorre che Rigoletto
sappia del motivo (illecito) che spinge Sparafucile a concludere il contratto. E del
resto questo logico, la minaccia dello Stato a Rigoletto Attento se vendi a
Sparafucile il coltello che questi si propone di usare per uccidere, io, poi, non ti
aiuter a farti pagare il prezzo di tale coltello, ha senso ed acquista efficacia
intimidatoria solo se Rigoletto sa che Sparafucile intende usare il coltello per
uccidere.
Doc. S, cos. Per bada, perch lo Stato rifiuti la validit del contratto non basta il
sospetto che Rigoletto sapesse: occorre la certezza che egli sapesse. E siccome la
prova certa che Rigoletto sapesse, in pratica, data dal fatto che egli si avvantaggi
oltre lusuale nella vendita (chiese cento per un coltello che normalmente si vende a
dieci), si pu comprendere come da molti Studiosi si sostenga che, per ritenere
lilliceit del contratto (e, quindi, come vedremo subito, la sua nullit), non basti che
la controparte (Rigoletto) sapesse, ma occorre un quid pluris: cio che si avvantaggi
del fatto che la controparte era mossa da un motivo illecito.
Disc. Tu hai parlato di nullit del contratto se la parte conosce il motivo illecito
ecc.ecc.. Per a leggerlo bene larticolo 1345 si limita a parlare di illiceit del
contratto.
Doc. S, ma larticolo 1345 va letto in relazione allarticolo 1418, che elenca tra le
cause di nullit anche la illiceit dei motivi nel caso indicato dallarticolo 1345.
Disc. Giusto. Passiamo a un terzo caso di nullit del contratto per la ragione che la
parte vorrebbe con esso vincolarsi a un comportamento lesivo di un interesse dal
Legislatore tutelato.
Doc.Ah, questo il legislatore non lo dice, per la semplice ragione che discusso e non
chiaro tra gli Studiosi che cosa, la causa, sia. Tuttavia la maggior parte degli
Studiosi ritiene che per causa di un contratto debba intendersi la sua funzione
economica-sociale; per cui, ad esempio, la causa di un contratto di compravendita
sarebbe il trasferimento della propriet di un bene verso il corrispettivo di un prezzo,
la causa di un contratto di locazione, sarebbe lattribuzione del godimento di una cosa
verso un corrispettivo, e cos via.
Siccome parlare di illecita funzione economica e sociale di un contratto ha tutta
laria di un inammissibile ossimoro, tu, ai fini del discorso che ora facciamo, limitati
a fare molto semplicemente lequazione: causa = tipo di scambio di beni e servizi che
le parti di un contratto si propongono.
Disc. Far cos, ma almeno dammi un esempio di causa illecita in quanto contraria a
norme imperative.
Doc. Lesatto significato di questi due concetti dibattuto tra gli Studiosi.
Personalmente ritengo che la distinzione tra ordine pubblico e buon costume sia
artificiosa e che si possa tout court parlare solamente di ordine pubblico. Operata
questa prima semplificazione, ritengo poi che si debba ritenere contrario allordine
pubblico (ordine pubblico interno, contrapposto allordine pubblico internazionale)
ogni tipo di scambio di beni e servizi, che venga a ledere una di quelle idee-forza che,
secondo il Legislatore, consentono lordinato e armonioso svolgersi del vivere
sociale.
Doc. Certamente, pochine ma ne ha, pensa alle idee: la donna pari alluomo i
genitori debbono lasciare liberi i figli di scegliere la loro strada una persona ha
diritto di disporre liberamente della sua vita sessuale.
Ora, continuando il discorso, chiaro che le idee-forza perdono sempre pi, scusa il
bisticcio di parole, la loro forza, quanto pi si verificano nella societ comportamenti
che le contraddicono: ad esempio, se in una societ patriarcale aumenta il numero
delle donne che girano per le strade con i calzoni, lidea-forza, secondo cui le donne
debbono distinguersi nel vestire dagli uomini, si affievolisce.
Ora, questo affievolimento delle idee-forza (su cui si basa la societ), sentito come
un danno dal Legislatore, il quale pertanto (con il combinato disposto degli articoli
1343 e 1418 co.2) rifiuta di considerare validi quei contratti (idest, rifiuta di mettere
la sua forza al servizio di quei contratti) con cui le parti si vincolano a un
comportamento lesivo di tali idee.
Disc. Fai qualche esempio di contratto nullo perch la sua causa illecita in quanto
contraria allordine pubblico.
Doc. Pensa al contratto con cui Tizio si obbliga a non divorziare; pensa ancora al
contratto con cui Tizio si obbliga a vendere un suo occhio.
Doc. Pensa allinosservanza della forma, quando risulta che prescritta dalla legge
sotto pena di nullit (vedi il combinato disposto art.1325n4 e 1418).Caso di nullit
di cui lesempio pi importante dato dallarticolo 1350 (larticolo secondo cui
Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata sotto pena di nullit: 1) i
contratti che trasferiscono la propriet di beni immobili;2) i contratti che
costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto ecc.ecc. ecc.).
Doc. Questo scopo nel Legislatore senza dubbio esiste, ma coesiste con esso lo scopo
di rendere, il pi possibile chiaro e soprattutto certo, il contenuto del contratto,
stipulato tra Caio e Sempronio, ai loro futuri aventi causa. Insomma il Legislatore
vuole che Tizio, che vuole acquistare da Caio quel fondo Corneliano, da questi, a sua
volta, acquistato da Sempronio, possa sapere con certezza (con quella certezza che
solo gli pu dare la lettura di un contratto messo per iscritto), se Semprono nel
vendere a Caio si riservato, metti, qualche servit sul fondo venduto.
Proprio perch il legislatore, imponendo una data forma a un contratto vuole, s,
tutelare le parti di questo (Caio e Sempronio), ma anche e soprattutto vuole tutelare
gli interessi dei loro futuri aventi causa, si spiega perch Egli stabilisca per il difetto
di forma, non lannullamento (cosa per cui, passato un certo tempo, prescrittasi la
relativa azione,il contratto dovrebbe considerarsi valido), ma la sua nullit.
Disc. Abbiamo visto esempi di casi in cui il contratto viene ritenuto nullo in quanto
lesivo di un interesse generale o di terzi; ma tu hai detto che il Legislatore pu
ritenere nullo un contratto anche in quanto lesivo di un interesse delle parti stesse.
Doc. S, tali casi esistono, e sono ricavabili dal combinato disposto degli articoli 1418
e 1325.
Larticolo 1418 ci dice che produce nullit del contratto la mancanza di uno dei
requisiti dallarticolo 1325. A sua volta lart. 1325, recita: I requisiti del contratto
sono: 1) laccordo delle parti;2) la causa; 3) loggetto; 4)la forma, quando risulta che
prescritta dalla legge a pen di nullit.
Ora esempi di casi, in cui la nullit stabilita dal Legislatore a tutela delle parti del
contratto, si possono ricavare dal difetto dei requisiti indicati (dallart.1325) nel
numero 1), accordo delle parti, e nel numero 2), causa (del contratto).
Disc. Parlando di difetto di accordo delle parti, penso che il Legislatore si riferisca,
non a un semplice loro disaccordo sul contenuto del contratto (come lo abbiamo
studiato parlando dellannullabilit del contratto: Caio vuole vendere A e Sempronio
capisce che voglia vendere B), ma a una vera e radicale mancanza di accordo: ad
esempio,laccettazione di Caio alla proposta fatta da Sempronio giunge quando gi
questi lha revocata.
Doc. E cos.
Disc. Allora facile capire perch, la nullit di un contratto per difetto di accordo tra
le parti, dettata a tutela dellinteresse di queste: infatti ben si comprende come
sarebbe contrario allinteresse di Sempronio lessere vincolato da un contratto che
egli mai si sognato di stipulare; meno comprensibile perch il legislatore non
provveda a tutelare questo interesse (di Sempronio) semplicemente condendogli di
annullare il contratto (quando venisse a sapere della sua esistenza).
Doc. Per comprendere quando avvenga questo, tu devi ricordare quanto da noi detto
nei discorsi fatti allinizio della trattazione sul contratto stesso. Ricordi, vero, che noi
si era detto che il Legislatore, riconosce una utile funzione economico-sociale ai
contratti e quindi li ritiene validi (giuridicamente), in quanto, lo scambio di beni e
servizi tra le persone, viene ad aumentare, di tali beni e servizi, la utilit?
Disc. Quindi, nel caso, lapplicazione di tale combinato disposto, avrebbe la funzione
della matta nel gioco di carte o di un passe-partout capace di aprire le porte che una
lacuna della normativa lascerebbe chiuse.
Doc. E cos.
Disc. Abbiamo visto dei casi in cui il contratto viene ritenuto nullo perch lesivo di
un interesse dello Stato o di terzi, abbiamo visto dei casi in cui il contratto viene
ritenuto nullo perch lesivo degli interessi delle parti, ma ci sono dei casi in cui il
contratto viene ritenuto nullo, non perch lede qualche interesse, ma perch una
cosa inutile, un ingombrante assurdo giuridico?
Doc. S, ci sono anche tali casi. E si possono ricavare, alcuni, dal combinato disposto
degli articoli 1418 e 1346, altri dal combinato disposto degli articoli 1418 e 1325 n.3.
Infatti da tali articoli risulta che il contratto nullo quando il suo oggetto manca o
impossibile o indeterminato o indeterminabile.
Ora chiaro che un contratto con oggetto impossibile o indeterminato o
assolutamente indeterminabile, non potendo essere eseguito, neanche pu ledere
linteresse di qualcuno: come una macchina che non pu partire e, non potendo
partire, non pu investire nessuno.
Doc. In tal caso, il contratto sempre nullo (per un interessante raffronto vedi quanto
detta il Legislatore nellarticolo 1355 a proposito della condizione meramente
potestativa), dovrebbe considerarsi tale, non per vizio dello oggetto, ma della
causa.
Caio II, anche lui, come Caio I, ha necessit di avere dei bulloni e propone a
Sempronio di vendergliene dieci quintali , anche lui, come Caio I, per il 10
settembre, ma pronto a pagare,non cento come Caio I, ma duecento. Sempronio -
siccome la sua fabbrica non ce la fa a produrre 20 quintali per la data richiesta sia da
Caio I che da Caio II - deve scegliere e sceglie di accettare la proposta di Caio II : il
contratto cos stipulato tra Caio II e Sempronio, valido, o no, ecco il problema.
Mi porterebbe a dire di no, quel che si detto nel precedente capitolo sul perch
della nullit del contratto avente oggetto illecito : e infatti il legislatore - se, dopo
aver promesso a Caio I Io, Stato, mi impegno a costringere Sempronio ad adempiere
il contratto con te stipulato, quindi a darti dieci sacchi di bulloni, a Caio II ancora
promettesse Io, Stato italiano, mi impegno a costringere Sempronio a darti dieci
sacchi di bulloni - chiaramente cadrebbe in contraddizione ( in quanto, costringere
Sempronio a dare dieci sacchi a CaioII, significherebbe impedirgli di dare dieci sacchi
a Caio I). D'altra parte, indubbiamente interesse del legislatore che i dieci sacchi di
bulloni siano dati a chi, di questi, user per produrre le cose pi utili alla gente, e il
fatto che Caio II sia disposto a pagare i bulloni il doppio , fa presumere che user di
questi per fare cose, che la gente disposta a pagare il doppio, in quanto a lei
doppiamente utili rispetto a quelle altre cose che, con i bulloni, intende fare Caio I.
Tu che ne pensi? tu pensi che sia valido un contratto, quando l'adempimento di una
delle obbligazioni, che alle parti ne derivano, costringe all'inadempimento di altra
obbligazione verso un terzo?
Per , come tu hai bene osservato, non sempre, costringere il debitore ad adempiere
alle sue obbligazioni, utile alla societ. Il caso da te fatto, di ci un esempio.
Volendone aggiungere un altro, si pu pensare al caso seguente : Sempronio avendo
nella sua villa una fonte molto salutifera si obbligato a permettere a Caio I di
attingervi quando vuole. Metti ora che un grosso imprenditore, Caio II, volendo
costruire un grattacielo sul terreno di Sempronio, gli proponga : Vendimi la tua villa
e ti dar un milione. Chiaro che, non solo Sempronio, ma la societ tutta, ha
interesse che il contratto tra Sempronio e Caio II si concluda e che il grattacielo si
faccia, dando cos lavoro e una abitazione a centinaia di persone.
Disc. E allora ? D qualcosa di preciso. Nel caso che una persona abbia stipulato,
prima, il contratto A, e, dopo, il contratto B, la cui esecuzione comporta la violazione
del contratto A, il legislatore ritiene valido tale contratto posteriore B ?
Doc. La cosa non liquet, non chiaro il pensiero del legislatore sul punto.
Per si pu dire che ci sono dei casi in cui indubbiamente, almeno a mio parere, il
legislatore ritiene la validit del contratto posteriore B e, bada, a prescindere che chi
l'ha stipulato sapesse o no del precedente contratto A.
Doc.- Ecco quel che dice : Se con successivi contratti, una persona concede a diversi
contraenti un diritto personale di godimento relativo alla stessa cosa, il godimento
spetta al contraente che per primo l'ha conseguito.
Ti faccio un altro caso ( in cui risulta la volont del legislatore di ritenere valido ed
efficace il contratto posteriore ). Sempronio, dopo aver venduto il suo appartamento
a Caio I, lo vende a Caio II ( naturalmente perch questi gli ha fatta una migliore
offerta ). Orbene, se Caio II, pur sapendo della precedente vendita, pi lesto di Caio I,
prima di lui trascrive nei Registri Immobiliari il suo contratto , metti trascrive il 10
settembre mentre Caio I trascrive il 20 settembre, il legislatore , a lui ( idest, a Caio
II ) e non a Caio I , che attribuisce la propriet dell'appartamento ( e
questo,evidentemente, perch considera perfettamente valido il contratto tra Caio II
e Sempronio).
Doc.- Dal secondo comma dell'articolo 2644, che di seguito ti riporto ( ma tu,
leggendo, tieni presente che le parole tra parentesi sono mie e non del legislatore ) :
Seguita la trascrizione ( di un contratto, meglio di uno dei contratti previsti
dall'articolo 2643 ) non pu avere effetto contro colui che ha trascritto ( nel nostro
esempio, Caio II ) alcuna trascrizione o iscrizione di diritti acquistati verso il suo
autore ( tale nel nostro esempio sarebbe Sempronio ), quantunque l'acquisto ( di
Caio I, nel nostro esempio ) risalga a data anteriore.
Doc. Succeder che si considerer valido il contratto stipulato tra Sempronio e Caio
II, anche se con ci si verr a dare a Caio II il potere di escludere Caio I dalla
possibilit di attingere alla fontana.
Disc - Ma perch si verrebbe a dare a Caio II tale ius excludendi ? A me, invece,
parrebbe che si dovrebbe applicare nel caso il principio Prior in tempore potior in
iure . Infatti vero che Caio II ha acquistato da Sempronio il diritto di propriet , pi
precisamente e concretamente il fascio di diritti che il legislatore ricollega al diritto
di propriet, ma ha acquistato tale fascio di diritti dopo che Sempronio gi ne aveva
dato via uno di questi : precisamente il diritto di vietare ( ius excludendi ) a Caio I di
attingere dalla fontanella.
Infatti il nostro Ordinamento giuridico conosce tutta una serie di diritti , denominati
diritti reali - ( che precisamente sono : il diritto di propriet, il diritto di enfiteusi, il
diritto di usufrutto, di superficie, di uso, di abitazione , di servit, e qui mi fermo,
anche se alcuni allungano la lista con il diritto di ipoteca e di pegno e, altri ancora,
con il diritto di locazione ) - i quali sono, per cos dire, dei super-diritti o, se pi ti
piace, dei diritti privilegiati.
Ora uno dei privilegi di un diritto reale che, chi lo acquista, con il suo acquisto,
certe volte comprime e certe altre volte addirittura azzera i precedenti diritti da altri
acquistati ( che potrebbero, all'esercizio del diritto reale da lui acquistato, essere di
ostacolo ).
Doc- Certamente, s. Mettiamoci nel caso che il nostro Caio I voglia acquistare il
diritto di passare nel fondo finitimo di Sempronio ( metti, per poter pi facilmente
accedere alla strada comunale ) e, naturalmente, Sempronio consenta a concedere
tale diritto. In questo caso, pacifico che Caio I e Sempronio potrebbero rivestire
tale diritto del carattere della realit ( in linguaggio leguleio, pacifico che Caio I e
Sempronio potrebbero costituire un diritto di servit e precisamente il diritto di
servit di passo ). Per nulla vieta che Sempronio conceda a Caio II il diritto di passo
con la clausola che, se mai vender il suo fondo, il suo acquirente non sar obbligato
a permettere il passo.
Disc.- In quali casi il legislatore concede alle parti di rivestire un diritto del carattere
della realit ?
14 La condizione
Doc. E cos. Per il Legislatore offre a Caio un modo molto semplice di liberarsi da
tale alea.
Disc. Quale?
Doc. Convenire con la controparte che gli effetti del contratto si verificheranno solo
se si verificher levento A (siccit in Argentina) o anche stabilire che gli effetti del
contratto verranno meno se tale evento A non si sar verificato.
Doc. Risulta dallarticolo 1353, che (sotto la rubrica Contratto condizionale) cos
recita: Le parti possono subordinare lefficacia o la risoluzione di un contratto o di
un singolo patto a un avvenimento futuro o incerto.
Quando la produzione degli effetti giuridici del contratto subordinata al verificarsi,
o no di un evento, si parla di condizione sospensiva, quando invece subordinata, al
verificarsi (o no) di un evento, la cessazione di tali effetti, si parla di condizione
risolutiva.
Disc. Per larticolo 1353 solleva Caio solo dallalea connessa al verificarsi, o no, di
un avvenimento futuro e incerto; mentre Caio potrebbe subire lalea di un
avvenimento passato ma per lui, soggettivamente, incerto (Io, Caio, avrei la
convenienza ad acquistare il grano in Italia per rivenderlo in Argentina, se questo
Paese fosse stato colpito dalla siccit, ma purtroppo non so se tale siccit ci sia stata o
no realmente).
Doc. Ma il Legislatore non intende con il disposto dellarticolo 1353 togliere a Caio
la possibilit di evitare lalea, connessa a un evento passato ma per lui incerto,
inserendo nel contratto una clausola che ne subordini lefficacia o ne stabilisca la
risoluzione a seconda che si sia verificato, o no, quellevento. La possibilit di
inserire tale clausola a Caio nessuno la contesta. Semplicemente tale clausola non si
chiama condizione ma supposizione o condizione impropria e a lei non si
applicano alcune norme che, alla condizione propria, si applicano e stando che la
individuazione delle norme che si applicano alla condizione propria e non a quella
impropria intuitiva, io neanche mi preoccuper di indicartele e proseguir il mio
discorso con riferimento unicamente alla clausola etichettata condizione.
Disc. Limitiamoci allora a parlare solo della condizione propriamente detta: da quel
che capisco Caio potr realizzare il suo scopo pratico di sollevarsi dallalea connessa
allevento siccit in Argentina, sia inserendo nel contratto una condizione
sospensiva (Il contratto avr efficacia solo se si sar verificata la siccit) che
risolutiva (Il contratto perder efficacia se la siccit non si sar verificata)
Doc. E cos: la differenza sar solo che, nel primo caso (condizione sospensiva),
Caio potr aspettare di pagare il prezzo e Sempronio potr aspettare di dare la merce
fino al realizzarsi della condizione; nel secondo (condizione risolutiva), Caio e
Sempronio dovranno subito adempiere le loro obbligazioni, ma con lobbligo, nel
caso si verifichi la condizione (risolutiva), di dover restituire, il primo (Caio), il grano
e, il secondo (Sempronio), i soldi.
Disc. Le parti possono convenire che lefficacia del contratto sia subordinata al
verificarsi di qualsiasi tipo di evento?
Doc. A questa tua domanda risponde larticolo 1354, che (sotto la rubrica
Condizioni illecite o impossibili), nei suoi due primi commi recita: E nullo il
contratto al quale apposta una condizione, sospensiva o risolutiva, contraria a
norme imperative, allordine pubblico o al buon costume. - La condizione impossibile
rende nullo il contratto se sospensiva; se risolutiva, si ha come non apposta.
Potrai meglio comprendere, quando si abbia una condizione contraria allordine
pubblico o al buon costume, ricordando quanto detto a proposito di questi concetti
parlando della nullit del contratto dovuta a causa illecita (art. 1343) e potrai
meglio comprendere, quando si abbia una condizione contraria a norme imperative,
tenendo presente che tale non solo quella condizione, che una norma proibisce di
inserire in un contratto, ma altres quella (condizione) che subordina lefficacia o la
risoluzione di un contratto a un comportamento illecito (insomma, il legislatore,
parlando nellarticolo in esame di condizione contraria a norme imperative, vuole
esprimere un concetto comprensivo sia della causa illecita in quanto contraria norme
imperativa di cui parla larticolo 1343, sia dello oggetto illecito del contratto, di
cui parla nellarticolo 1346).
Disc. Quindi sarebbe nullo il contratto a cui fosse apposta ad esempio la condizione
Se il capo dello Stato sar ucciso, io, Caio, mi obbligher a dare a te, Sempronio,
tot, e tu. Sempronio, mi venderei limmobile A.
Doc. No, in tal caso il contratto non sar per niente nullo.
Infatti la ratio dellarticolo 1354 quella di ritenere inammissibili le condizioni che
possano sollecitare una delle parti (quella interessata allavveramento della
condizione) a un comportamento contrario alla legge, allordine pubblico o al buon
costume.
Disc. Quanto alla condizione impossibile, mi pare chiaro il perch essa renda nullo il
contratto, se sospensiva (il contratto in tal caso come una macchina senza motore
che va...rottamata) e il perch vada, invece, considerata come non apposta, se
risolutiva (condizione risolutiva che non potr mai avverarsi = a macchina che
sicuramente nella sua futura marcia non incontrer intoppi, e allora perch mettere su
tale macchina il cartello Attenzione: possibilit che non si arrivi al capolinea, ch
tale il messaggio che viene a dare la condizione risolutiva a chi la legge?)
Pertanto passo a unaltra domanda: dovrebbero considerarsi validi dei contratti cos
condizionati: Il contratto con cui, io, Caio, compro da te,Sempronio, il fondo A
sar efficace a condizione che io nel futuro tale lo dichiari, La compravendita con
cui io, Caio, acquisto da te, Sempronio, la casa A, sar valida a condizione che tu dia
il bianco alle sue facciate?
Doc. No, tali contratti dovrebbero considerarsi invalidi, ai sensi dellarticolo 1355,
che (sotto la rubrica Condizione meramente potestativa) recita: E nulla
lalienazione di un diritto o lassunzione di un obbligo subordinata a una condizione
sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volont dellalienante o,
rispettivamente, da quella del debitore.
Doc. La spiegazione che viene pi spontanea in quanto suggerita dal fatto che
linvalidamento del contratto assume la forma, non dellannullamento, ma della
dichiarazione di nullit che questa nullit, dal Legislatore, sia stabilia a tutela
dellinteresse, non delle parti, ma di un terzo. E infatti ben potrebbe il contratto
sottoposto a condizione meramente potestativa ledere, di un terzo, gli interessi.
Disc. Perch?
Doc. Perch una parte del contratto, Caio, per la prima parte dellarticolo 1357 (che
recita Chi ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva pu
disporne in pendenza di questa) potrebbe, ancorch sia ancora pendente la
condizione, disporre dellimmobile A acquistato dalla controparte, Sempronio,
vendendolo a Flavio; e perch, per la seconda parte dello stesso articolo 1357 (che
recita ma gli effetti di ogni atto di disposizione sono subordinati alla stessa
condizione) la condizione meramente potestativa verrebbe, in tal caso,
automaticamente a gravare anche il secondo contratto (quello stipulato da Caio con
Flavio).
Disc. Ma questa possibile lesione degli interessi del terzo si verifica, non solo in caso
di condizione meramente potestativa, ma in ogni caso che una condizione venga
apposta a un contratto: se Caio e Sempronio avessero apposto, al contratto da loro
stipulato, la condizione semplice, non potestativa, il contratto diventer efficace solo
se la nave partita dal Brasile toccher i porti italiani, ebbene anche in tale caso
Flavio correrebbe il rischio, comprando limmobile A da Caio, di vedere il suo
contratto gravato da tale clausola. Evidentemente la nullit del contratto non
disposta dal Legislatore per tutelare leventuale affidamento del terzo, di Flavio; e del
resto questi, se vuole tutelarsi contro il pericolo che, il contratto che sta per stipulare
con Caio, sia gravato da una condizione (da lui non desiderata), non ha che da andare
allufficio dei Registri Immobiliari e leggersi il contratto stipulato da Caio con
Sempronio.
In conclusione a me sembra pi ragionevole spiegare la nullit del contratto
sottoposto a condizione meramente potestativa, col fatto che il Legislatore ritiene
inammissibile che la efficacia di un contratto dipenda dalla mera volont di una parte.
Doc. Neanche questa spiegazione soddisfacente, perch risulta da alcuni articoli del
Codice, che il Legislatore, di fronte ad accordi delle parti che fanno dipendere dalla
mera volont di una parte lesistenza di un contratto o, pi riduttivamente,
ladempimento di una obbligazione nascente da un contratto, non reagisce
dichiarando la nullit dellaccordo, ma semplicemente si limita a vincolare a un
termine lespressione di tale volont; e cos il legislatore non dichiara la nullit del
contratto a cui sia apposta la clausola cum voluero (art. 1183) e in particolare non
dichiara la nullit del patto di opzione, del patto cio che disciplinato dallart. 1331,
il quale recita: Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla
propria dichiarazione e laltra abbia facolt di accettarla o meno, la dichiarazione
della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dallart.
1329. - Se per laccettazione non stato fissato un termine, questo pu essere
stabilito dal giudice.
Proprio in considerazione di tutto questo, io ritengo che la migliore spiegazione della
nullit del contratto subordinato a condizione meramente potestativa, sia che il
Legislatore non ritenga ammissibile subordinare lefficacia di un contratto al
verificarsi di un quid (la dichiarazione della volont di una parte di volere o non
volere lefficacia del contratto) che, potendo (appunto perch dipende dalla mera
volont di una parte), realizzarsi subito o in un determinato e ragionevole lasso di
tempo, viene invece lasciato, nel tempo, indeterminato.
Disc. Per, se il legislatore veramente volesse che un contratto non sottostasse per un
tempo indeterminato alla spada di Damocle del verificarsi di un futuro evento,
dovrebbe...eliminare listituto della condizione, dato che buona parte delle
condizioni, forse la maggior parte di esse, sono incerte, non solo nel an, ma altres nel
quando.
Doc. Ma una persona pu rassegnarsi a un inconveniente quando non lo pu evitare,
e invece evitarlo quando lo pu. Voglio dire, il legislatore pu rassegnarsi
allinconveniente che lefficacia del contratto dipenda da un quid il cui verificarsi sia
indeterminato nel tempo, se eliminare tale inconveniente non gli possibile, se non
sacrificando laspettativa di una parte allefficacia del contratto (laspettativa di Caio
allefficacia della compravendita e quindi allacquisto dellimmobile A, nellesempio
prima fatto); mentre pu decidere di eliminare tale inconveniente, se ci gli
possibile.
Doc. Gli possibile, dichiarando la nullit del contratto e convertendo (ai sensi
dellarticolo 1424) il contratto (cos reso nullo) in un patto di opzione (con la
conseguenza che il termine alla parte, a che dichiari la sua volont, sar apposto dal
giudice ai sensi del secondo comma art. 1331).
Doc. No, ritengo valido solo il primo. Infatti, solo nel caso del primo esempio, manca
quella possibilit di fissare un ben determinato dies entro il quale, la parte interessata
allefficacia del contratto (nellesempio, Caio), possa finalmente sapere se tale suo
interesse ha avuto soddisfazione o no.. Possibilit, che viene ad evitare al legislatore
la scelta secca: dichiaro nullo (ma senza conversione in patto di opzione, cio si
sarebbe tentati di dire dichiaro assolutamente nullo) il contratto, sacrificando le
aspettative della parte che sarebbe interessata a che il contratto acquisti i suoi effetti
(tanto interessata da tollerare il peso di una lunga e forse inutile attesa: Caio che nella
speranza di acquisire limmobile A sarebbe disposto anche ad aspettare per un
lunghissimo tempo le decisioni di Sempronio), oppure, pur di non sacrificare tali
aspettative della parte, ritengo valido il contratto?
Disc. Scelta secca che, mi pare di capire, il Legislatore non pu non risolvere che nel
senso della validit del contratto.
Disc. E mi pare di comprendere che, nel caso di cui allesempio, lapplicazione di tale
comma non conseguirebbe tale scopo.
Doc. No, non lo conseguirebbe; ed chiaro perch: perch il giudice potrebbe porre,
s, un termine a Sempronio perch presenti la domanda di licenza, ma certo non
potrebbe porre un termine al Comune perch decida se concedere o no la licenza.
Doc. Non nego che avendo, la decisione di Sempronio di optare per la inefficacia del
contratto, un costo (il costo del pagamento della penale), Sempronio abbia anche
delle remore a prenderla - remore che possono rendere pi improbabile e in definitiva
pi rara tale decisione.
Ci per non esclude linconveniente dellindeterminatezza, perdurante nel tempo,
sulla decisione di Sempronio. E quindi lopportunit di eliminare tale inconveniente
(dichiarando la nullit del contratto, convertendo poi questo in patto di opzione
ecc.ecc.), cosa che si pu fare solo ritenendo, la condizione la condizione de qua,
meramente potestativa.
Doc. La maggior parte degli Studiosi lo nega argomentando, sia dal fatto che
larticolo 1355 si riferisce solo alle condizioni sospensive sia dal fatto che il nostro
Ordinamento offre lesempio di condizioni risolutive meramente potestative, che per
non rendono nullo il contratto (e con ci gli Studiosi si riferiscono soprattutto alla c.d.
caparra penitenziale, che concede un diritto di recesso per chi la presta vedi
larticolo 1386).
Doc. No. Le parti non sono obbligate a ci, a meno che un loro attivarsi tenendo un
dato comportamento (dato, nellesempio, dalla presentazione della domanda di
licenza da parte di Sempronio) sia conditio sine qua non per il realizzarsi della
condizione.
Cos vanno secondo me interpretati gli articoli 1358 e 1359, che recitano:
il primo (larticolo 1359): Colui che si obbligato o che ha alienato un diritto sotto
condizione sospensiva ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in
pendenza della condizione, comportarsi secondo buona fede per conservare integre le
ragioni dellaltra parte;
il secondo (larticolo 1359): La condizione si considera avverata qualora sia mancata
per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario allavveramento di
essa.
Disc. Non che ti capisca molto; e per capirti meglio, ora far un caso concreto e tu,
poi, mi dirai che cosa vuole lesigenza di certezza delle parti e che cosa vuole la loro
esigenza di sicurezza. Caio vuol comprare da Sempronio il terreno A per edificarvi e
naturalmente Sempronio, per stabilire il prezzo, si basa sullutile che Caio potrebbe
ricavare dallacquisto: pi questo utile alto, pi alto sar il prezzo che pretender:
tu, Caio, se ottenessi la concessione ad edificare ricaveresti dal terreno un reddito Tot
= seicento, e, se non la ottenessi, ricaveresti un reddito pari solo alla met di Tot. cio
a trecento? Allora il prezzo sar oscillante tra trecento e seicento (e la sua fissazione
dipender dallabilit delle parti nel condurre le trattative).
Mettiamo ora che Sempronio, abile e furbo uomo daffari, spunti il prezzo di
seicento: dimmi tu,cosa pretenderebbe la sua esigenza di certezza?
Disc. E in effetti di questa esigenza di Sempronio noi, studiando il vizio del consenso
indotto da errore, abbiamo gi parlato; e abbiamo visto che tutelata dal combinato
disposto degli articoli 1429 e 1431: tu. Caio, hai errato nel calcolo della convenienza
per te del contratto (hai commesso un errore sui motivi)? peggio per te, anche se tale
errore era da Sempronio conosciuto, tu non potrai chiedere lannullamento del
contratto. Questo perch Caio e Sempronio hanno diritto di concentrarsi ciascuno a
fare il suo compitino, a calcolare la sua convenienza nel contratto: anche se
Sempronio si accorto che nei tuoi calcoli tu, Caio, non tenevi conto della possibilit
che si verificasse il fatto A, egli non era tenuto a rompersi la testa per stabilire se,
verificandosi il fatto A, il contratto non era per te conveniente: egli insomma non era
tenuto a spendere tempo e fatica per studiare al tuo posto la convenienza per te del
contratto.
Chiarito quel che vuole la esigenza di certezza di Sempronio, dimmi per adesso cosa
pretenderebbe la esigenza di sicurezza di Caio.
Disc. Io non sarei cos pessimista: Caio e Sempronio potrebbero pur sempre salvare
capra e cavoli stabilendo il prezzo a seicento, ma subordinando lefficacia del
contratto alla condizione che la licenza fosse concessa.
Doc. Ma, no, anche in questo caso la esigenza di certezza di Sempronio sarebbe lesa:
egli infatti potrebbe essere, s, certo che, una volta verificatasi la condizione, il suo
diritto al prezzo di seicento non gli potrebbe essere pi contestato, ma non potrebbe
essere certo che la condizione si verificher, che, quindi, il contratto avr efficacia o
no. E bada questa incertezza non sarebbe priva per lui di un danno economico: il
Comune potrebbe aspettare mesi se non anni a decidere se dare o no la concessione, e
durante questo tempo potrebbe bussare, alla porta di Sempronio un terzo, Flavio, per
proporre per lacquisto del terreno Tot - proposta che Sempronio dovrebbe rifiutare
(bada, rifiutare col rischio che la condizione non si realizzi, e vada in fumo sia il
contratto con Caio che quello con Flavio); ancora, sempre nellincertezza che il
contratto si faccia, Sempronio, s, potrebbe coltivare il terreno, ma dovrebbe
rinunciare a quelle migliorie che ne aumenterebbero il reddito (dato che, se la licenza
fosse concessa, di tale maggiore reddito finirebbe per godere solo Caio). Come vedi
tutti questi inconvenienti (e altri ce ne potrebbero essere) si traducono in soldi, soldi
che Sempronio perde.
Disc. Mi rendo conto che linserimento della condizione, di cui prima ho detto, si
risolverebbe in un rischio e quindi in un costo per Sempronio, ma tale costo potrebbe
essere compensato da una maggiorazione del prezzo: questo, invece di essere fissato
in seicento, potrebbe essere fissato in settecento.
Doc. La disciplina del contratto dappalto in sintesi (ma tu vedi melius gli articoli
1664 e 1660) prevede che qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano
verificati aumenti e diminuzioni nel costo dei materiali o della mano dopera, tali da
determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo
complessivo convenuto, lappaltatore o il committente possono chiedere una
revisione del prezzo medesimo e che se nel corso dellopera si manifestino
difficolt di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste
dalle parti, che rendano notevolmente pi onerosa la prestazione dellappaltatore,
questi ha diritto a un equo compenso; questo nellarticolo 1664, nellarticolo 1660
poi prevede che se per lesecuzione dellopera a regola darte necessario apportare
variazioni al progetto e le parti non si accordano, spetta al giudice di determinare le
variazioni da introdurre e le correlative variazioni del prezzo.
Doc. Larticolo 1467 (che ha la sua sede nella sezione terza intitolata Delleccessiva
onerosit e ha per rubrica Contratto con prestazioni corrispettive) cos recita:
Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la
prestazione di una delle parti divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di
avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione pu
domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dallart. 1458. - La
risoluzione non pu essere domandata se la sopravvenuta onerosit rientra nellalea
normale del contratto.- La parte contro la quale domandata la risoluzione pu
evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.
Disc. Un breve commento per ciascuno di tali presupposti cominciando dal primo:
quando pu considerarsi eccessivamente onerosa la prestazione?
Doc. Non detto. Ma questo lo vedremo meglio quando parleremo del terzo comma
dellarticolo in esame.
Doc. No, il legislatore non intende dare, con larticolo 1467, la possibilit a Caio di
risolvere il contratto nel caso di un calo di utilit della controprestazione. Ci si
ricava facilmente dallarticolo 1465. In base a tale articolo, se Sempronio, in cambio
dei tappeti si obbligato a dare a Caio quel certo quadro che adorna la sua casa e
questo quadro (dopo la stipula del contratto) perde di valore, metti perch
deterioratosi o addirittura viene distrutto, Caio non pu chiedere la risoluzione del
contratto perch lutilit della controprestazione si per lui ridotta (anche
grandemente!) o addirittura si azzerata. Del resto non mi risulta che qualcuno
sostenga che, essendosi Sempronio obbligato a dare duecento euro ed essendosi
svalutato leuro metti del cento per cento, Caio possa chiedere la risoluzione del
contratto, dal momento che il valore della controprestazione (la capacit di acquisto
degli euro) si ridotto alla met.
Disc. Passiamo al secondo presupposto, che deve esistere a che Caio possa
domandare la risoluzione: il non avere Sempronio offerto di modificare equamente
le condizioni del contratto.
Doc. Anche se la cosa pu essere discutibile, io ritengo che Sempronio sia tenuto a
elevare la sua prestazione solo fino a creare il giusto equilibrio (cio fino al livello di
quattrocento) e non fino a ricreare il precedente equilibrio, quello esistente al momento
della stipula. A tale conclusione mi porta la considerazione: 1) che nel terzo comma in
esame, si parla di modifica equa del contratto; 2) che, il fatto che, in tale terzo
comma, si parli di modifica delle condizioni (e non semplicemente della
controprestazione), fa pensare che, quello che si chiede al giudice, non un semplice
calcolo matematico (la onerosit aumentata del quadruplo, quindi, io, giudice,
aumento del quadruplo la prestazione di Sempronio), ma un riesame condotto funditus
delle precedenti condizioni contrattuali riesame che mancherebbe di ragion sufficiente
se mirasse solo a ritoccare la controprestazione di Sempronio; 3) dal fatto che negli
articoli 1660 e 1664 (gi riportati), s, laumento di onerosit della prestazione
dellappaltatore, viene misurato in una percentuale del prezzo (dellappalto), ma,
laumento della prestazione del committente (lappalto). viene, invece, determinato con
riferimento allequit; 4) che pare giusto che il Legislatore non si faccia complice di C
nel perpetuare una prepotenza (economica), ma approfitti della domanda di risoluzione
per eliminare (il pi possibile) tale prepotenza.
Disc. Passiamo ora allesame del terzo presupposto: lessere dovuta leccessivit
dellonere gravante a Caio ad avvenimenti straordinari e imprevedibili.
Doc. Che la risoluzione del contratto, a Caio, sia concessa solo quando era da lui
imprevedibile lavvenimento, che ha causato laumento dellonerosit della sua
prestazione, giustificato dal fatto che, sia la risoluzione, sia la modifica del contratto
per riequilibrare le prestazioni, comportano un danno per Sempronio (infatti, se il
contratto risolto, Sempronio perde la possibilit di conseguire quei vantaggi, che,
col contratto, si era proposto, se, invece,il contratto non risolto ma la sua
prestazione viene modifica in aumento, Sempronio vede scombussolato il calcolo
economico da lui fatto). Subordinare la risoluzione allimprevedibilit
dellavvenimento significa pungolare Caio ad operare il calcolo di convenienza con
diligenza.
Disc. S, ma con quale diligenza? Con una super-diligenza, cos come porterebbe a
credere la endiade (avvenimenti straordinari e imprevedibili) o con la diligenza del
buon padre di famiglia?
Doc. Con la diligenza che si pretende dalloperatore medio nel settore di commercio
a cui si riferisce il contratto: se si tratta di un contratto di appalto, con la diligenza di
un buon appaltatore.
Laggettivo straordinari, infatti, non deve essere considerato un rafforzativo
dellaggettivo imprevedibili; se non altro perch lespressione lavvenimento A
straordinario di per s non significa che l avvenimento A sia molto probabile, ma
solo che non si verificato secondo il suo normale ordine di probabilit: se leruzione
del Vulcano A avviene normalmente una volta ogni decennio, qualora tale eruzione
avvenga due volte in un decennio, la seconda eruzione si qualificher come evento
straordinario, anche se, in definitiva, era poco probabile che si verificasse.
Doc. Certamente s; e infatti il legislatore prevede tale ipotesi nellarticolo 1468 che
(sotto la rubrica Contratto con obbligazioni di una sola parte) recita: Nellipotesi
prevista nellarticolo precedente, se si tratta di un contratto nel quale una sola delle
parti ha assunto obbligazioni, questa pu chiedere una riduzione della sua prestazione
ovvero una modificazione nelle modalit di esecuzione, sufficienti per ricondurla ad
equit.
Disc. Per larticolo 1468 non concede alla parte onerata, a Caio, il diritto di
domandare la risoluzione, perch?
Disc. Ora ti faccio due casi e tu mi dici se rispetto ad essi applicabile larticolo
1467.
Primo caso. Caio vende a Sempronio limmobile A per cento prezzo che sarebbe
spropositato se sia Caio che Sempronio non partissero dal presupposto che il Comune
rilascer la licenza edilizia. Per invece accade proprio questo: il Comune non
rilascia la licenza.
Secondo caso: Caio prende in locazione da Sempronio un appartamento su una via di
Londra per cento al mese prezzo che sarebbe spropositato se sia Caio che
Sempronio non partissero dal presupposto che proprio per tale via passer nel giorno
tal dei tali il corteo della Regina Purtroppo il giorno tal dei tali la Regina si
prende... linfluenza e il corteo non si fa.
Domanda: pu applicarsi nei due casi ora riportati larticolo 1497?
Doc. Chiaramente, no. Infatti abbiamo visto che una parte non pu chiedere la
risoluzione per il fatto che diminuita per lei lutilit della controprestazione (e nei
casi da te fatti, la domanda di risoluzione avrebbe la sua ragione, nel primo, nella
diminuita utilit del terreno, in quanto non pi edificabile e, nel secondo, nella
diminuita utilit dellappartamento, in quanto da esso non si pu pi vedere passare il
corteo).
Disc. Per, a prescindere da una applicabilit dellarticolo 1467, il fatto che il prezzo
(troppo alto) si giustifichi solo con il fatto che entrambe le parti presupponevano
ecc.ecc.. non rileva per ritenere la risolubilit del contratto?
Doc. Effettivamente non pochi Studiosi ritengono che questo fatto (il fatto cio che le
parti abbiano deciso di stipulare il contratto solo sul presupposto dellesistenza di una
data circostanza di fatto o di diritto) giustifichi (se la circostanza poi non si verifica)
la risoluzione del contratto stesso; e pertanto tali Studiosi si sono fatti propugnatori di
una teoria detta appunto della Presupposizione.
Doc. Ti rispondo con le seguenti parole (da me lette nel vol. III, pag. 519, di
Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale- opera diretta da. G.Alpa
e M. Bessone): Con massima pressoch costante la giurisprudenza afferma che si ha
presupposizione quando una determinata situazione di fatto o di diritto, desumibile
dal contenuto del negozio pur in mancanza di un espresso riferimento, di cui le parti
hanno tenuto conto in modo da costituire il presupposto obiettivo del negozio, risulta
difforme da quella sopravvenuta indipendentemente dalla loro volont.
Doc.Io non la ritengo tale. Infatti. O tu desumi da una norma di diritto che il contratto
risolubile quando le parti hanno consentito al contratto nel presupposto ecc.ecc
ma io non conosco nessuna norma da cui ci si possa argomentare, oppure lo desumi
dalla volont delle parti - beninteso, per, da una volont delle parti di subordinare
lefficacia del contratto alla condizione che un dato fatto (il fatto presupposto) non
si verifichi.
Disc. E tu ritieni che negli esempi fatti, non avendo le parti espressamente subordinata
lefficacia del contratto al non verificarsi di tale fatto, cio essendo la condizione, da
esse voluta, rimasta implicita e non espressa, di tale condizione non si possa tenere
conto?
Doc. No, io non dico che di una condizione non si possa tenere conto quando solo
implicita. Al contrario ritengo che, se, in via di interpretazione, si accerta che le parti
hanno voluta una certa condizione, di essa debba tenersi conto, anche se non
espressa (a patto, per, che per il contratto, a cui dovrebbe accedere la condizione,
non sia imposta la forma scritta, com nel primo caso da te portato; perch in tal
ipotesi, la necessit della forma scritta prevista per il contratto, sussisterebbe anche
per la clausola che esprime la condizione). Dico solo che di una condizione si pu
tenere conto solo se realmente...una condizione. E perch si possa parlare di
contratto condizionato al verificarsi del fatto A, non basta che Caio e Sempronio, le
parti del contratto, abbiano fissato un dato prezzo nel presupposto che tale fatto A
sopravvenga, no assolutamente: occorre che le parti abbiano voluto subordinare al
verificarsi di tale fatto il contratto, ci che va provato e non pu certo considerarsi
provato dal semplice fatto che le parti avevano stipulato il contratto nel presupposto
che si verificasse il fatto A, dato che io, Caio, posso benissimo accettare il prezzo di
cento nel presupposto (e, sarebbe meglio dire, nella speranza) che si verifichi il fatto
A, ma senza volere con ci apporre una condizione che subordini lefficacia del
contratto al verificarsi del fatto A (metti, perch, come abbiamo visto, lapposizione
di una condizione, ha un prezzo, che a me Caio non piace pagare).
Doc. Certo che s, perch significa ad esempio che se, il debitore Sempronio, ha
ricevuto in pagamento da Caio il fondo A e ne ha colti i frutti, egli (se in buona fede)
dovr restituire i frutti solo percepiti dal giorno della domanda (art. 2033) e se ha
ricevuto, metti ancora, un autoveicolo che si deteriorato, egli, se in buona fede, non
risponder di tale deterioramento, anche se dovuto a fatto proprio. (vedi co. 3 art.
2037).
Mentre nel secondo caso (impossibilit dovuta a fatto del debitore) Sempronio, il
debitore, dovr rimborsare Caio secondo le regole sul risarcimento del danno di cui
allarticolo 1223; ci che significa che, dovendosi considerare il mancato
recepimento dei frutti e il deterioramento dellauto, rientranti nel danno emergente
subito da Caio, Sempronio, di tale danno dovr risarcire Caio, poco importando che
fosse, quando lha causato, in buona o mala fede.
Doc. S, hai ragione, anche in questo caso lobbligazione si estingue; per dando
origine al sorgere di altre obbligazioni (in primis, lobbligazione di risarcire i danni);
per cui il legislatore meglio avrebbe detto, se invece di parlare di obbligazione che si
estingue, avesse parlato di obbligazione che si trasforma.
Doc. Primo esempio: il tenore Caruso ha la faringe infiammata, per cui non pu
andare a cantare alla Scala di Milano. Secondo esempio: Sempronio si obbligato a
consegnare per il giorno 15 una torta nuziale allHotel Cime bianche, che sta sulla
cima di una montagna e a cui si pu arrivare solo passando su un ponte: questo cade
il giorno quattordici, quando Sempronio non pi in grado di noleggiare un
elicottero, che lo faccia giungere in cima alla montagna.
Doc. Sempronio il giorno 14 ha avuta la balzana idea di passare sul ponte, di cui
allesempio precedente, con un carrarmato e lo ha fatto crollare.
Disc. E chiaro che il Legislatore, dando rilievo alla circostanza che limpossibilit
della prestazione sia o no dovuta al fatto del debitore, intende fare applicazione del
principio Causa causae est causa causati. Per la logica vuole che la causa causae,
possa essere considerata causa causati solo se ha la stessa, diciamo cos,
qualificazione soggettiva della causa (la causa dellevento dannoso): se io uccido una
persona guidando lauto mentre sono in stato di incapacit di intendere, rispondo di
omicidio doloso o colposo, secondo i casi, solo se nello stato di incapacit di
intendere mi sono messo io stesso colposamente o dolosamente. Logica quindi
vorrebbe che, dellinadempimento di una prestazione, Sempronio, il debitore, fosse
considerato responsabile, solo qualora di tale inadempimento fosse chiamato a
rispondere oggettivamente, mentre se invece fosse chiamato a risponderne solo per
colpa, del fatto causativo dellimpossibilit dovrebbe essere chiamato a rispondere
solo se tale fatto causativo, tale causa causae fosse dovuto a sua colpa.
Doc. Bravissimo, il tuo ragionamento non fa una grinza; e va pertanto ritenuto che il
Legislatore, quando (negli articoli 1218, 1256...) si limita a parlare di causa non
imputabile al debitore, dicit minus quam voluit.
Disc. Unaltra lacuna mi pare sia addebitabile al dettato legislativo: esso prevede il
caso dellintervenuta impossibilit della prestazione, ma non quello, diciamo cos
limitrofo ma non identico, del sopravvenuto sorgere di una difficolt allesecuzione
della prestazione, difficolt superabile solo con un maggior onere del debitore
(maggiore onere, in termini di tempo, fatica, soldi...). Faccio qualche esempio. Primo
esempio: Sempronio, si obbligato a dare il bianco in casa di Caio per mille euro, ma
si rotto un braccio: egli non pu pi dare il bianco, ma lo potrebbe dare il suo
collega Cornelio, che per pretende mille euro. Chiaro che, la rottura del braccio,
comporta per Sempronio un aumento degli oneri connessi alladempimento. Secondo
esempio: Sempronio si obbligato a consegnare la torta nuziale per il giorno 15 (mi
sto rifacendo a un esempio prima fatto). Crolla il ponte, ma lHotel sarebbe pur
sempre raggiungibile pagando un elicottero. Cosa che per aumenterebbe gli oneri
connessi alladempimento, e non di molto, ma di moltissimo.
Concludo: in tutti questi casi, Sempronio, il debitore, si considererebbe inadempiente
se si rifiutasse di accollarsi i maggiori oneri (pagando il collega, noleggiando
lelicottero...)?
Doc. E discutibile e discusso quale sia la risposta da dare alla tua domanda; io per
ritengo che essa richieda una risposta positiva: quando si verifica un aumento degli
oneri connessi alladempimento di una obbligazione, al Legislatore si pone il
problema, se addossare al debitore lo svantaggio di sostenere tali oneri o se addossare
al creditore lo svantaggio a lui derivante da una risoluzione del contratto; e, parlando
dellarticolo 1467, abbiamo visto, che il Legislatore sottopone a rigorosi limiti la
risoluzione del contratto per lintervento di eventi, che rendono la prestazione pi
onerosa di quanto programmato dal debitore): il contratto risolubile solo se, la
sopravvenuta sua maggiore onerosit eccessiva, solo se non era previsto o
prevedibile levento che lha causata e, dulcis in fundo, solo se riguarda tutta una
categoria di operatori economici. Oltre a tali limiti non si pu andare.
Doc. Dura lex sed lex: ogni persona che mette la sua firma sotto un contratto sa di
esporsi a dei rischi. Metti che Sempronio si fosse obbligato a consegnare il giorno
quindici, non la torta, ma cento quintali di soia: il giorno quattordici il suo magazzino
prende fuoco, della soia non resta pi che la cenere e Sempronio deve comprare
altrettanti sacchi di soia e consegnarli al creditore, se non vuole essere considerato
inadempiente. E nessun Studioso, che io sappia, sostiene che Sempronio possa
domandare la risoluzione del contratto, lamentando la sua sopravvenuta, maggiore
onerosit.
Daltronde non mancano a Sempronio, il debitore, gli strumenti giuridici per sottrarsi
al peso, divenuto per lui eccessivo, delladempimento dellobbligazione, o, almeno.
della sua esecuzione in forma specifica.
Disc. A questo punto possiamo, penso, passare allesame dellarticolo 1464 che (sotto
la rubrica Impossibilit parziale) recita: Quando la prestazione di una parte
divenuta solo parzialmente impossibile, laltra parte ha diritto a una corrispondente
riduzione della prestazione da essa dovuta, e pu anche recedere dal contratto qualora
non abbia un interesse apprezzabile alladempimento parziale
Quindi, in caso di impossibilit parziale della prestazione dovuta da Sempronio, il
creditore Caio pu scegliere se chiedere laltra (parziale) prestazione, ovviamente con
una proporzionale riduzione della sua prestazione, oppure se recedere dal contratto.
Doc. S, per tieni presente che la sua non pu essere una scelta arbitraria, non pu
costituire un comodo espediente per liberarsi da dei vincoli contrattuali diventati
troppo pesanti: se Sempronio si era obbligato a dare dieci canarini e uno ha pensato
bene di sfuggire dalla gabbia e rendersi uccel di bosco, Caio, il creditore, non potr
recedere dal contratto. Lo potr se invece, avendo chiesto due orecchini, ne potrebbe
avere solo uno, perch laltro andato smarrito.
Ti pu essere utile confrontare gi da ora larticolo in esame con gli articoli 1455 e
1181, di cui ci riserviamo di parlare in una delle prossime lezioni.
Doc. No
17- La diligenza nelladempimento.
Doc. Significa che la prestazione stata eseguita senza la dovuta diligenza e senza
rispettare il termine fissato per la sua esecuzione.
Questo almeno il significato con cui viene usato dal Legislatore lavverbio
esattamente nellarticolo 1218, che (sotto la rubrica Responsabilit del debitore)
recita: Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta tenuto al
risarcimento del danno, se non prova che linadempimento o il ritardo stato
determinato da impossibilit della prestazione derivante da causa a lui non
imputabile.
Entrando pi funditus nellesame dellarticolo sopra riportato, e volendo basarci sulla
sua formulazione letterale, dobbiamo concludere a contrario sensu che le cose che il
Legislatore ci vuole con tale articolo comunicare sono le seguenti:
1) che la totale o parziale inesecuzione della prestazione dovuta a impossibilit della
prestazione,non costituisce inadempimento, se deriva da causa estranea, cio non
imputabile al debitore;
2) che per la prova di tale impossibilit e che essa non dovuta a fatto imputabile al
debitore incombe al debitore stesso;
3) che, non solo la esecuzione fatta con la dovuta diligenza e nel rispetto dovuto dei
termini, esclude la responsabilit del debitore, ma la esclude altres la esecuzione non
conforme alla diligenza e non rispettosa dei termini, quando la non conformit alla
diligenza e il mancato rispetto dei termini dovuto a causa non imputabile al
debitore;
4) che per la prova dellimpossibilit sub 3 (idest limpossibilit ad osservare la
dovuta diligenza nellesecuzione e i termini dovuti) incombe al debitore.
Disc. Insomma si pu dire che con larticolo 1218 il legislatore ha voluto dirci un
mucchio di cose cose che per meglio avrebbe fatto ad esprimere in articoli
separati. E per di pi ripetendo cose che gi risultavano da altri articoli; e con ci mi
riferisco a quanto detto sub 1) che gi risulta dal disposto dellarticolo 1256.
Doc. Cosa a dir il vero questa perdonabile in quanto dellarticolo 1256 risulta, s,
quanto sub 1; ma non quanto sub 2, che cio la prova dellimpossibilit e del fatto che
essa non deriva da causa imputabile al debitore va provata dal debitore.
Vero che, se perdonabile lerrore per eccesso commesso dal legislatore, pi
difficilmente perdonabile lerrore da lui commesso per difetto.
Doc. Sarebbe dato dal fatto che egli fa riferimento nellarticolo 1218 a uno solo dei
tre diritti che, come vedremo studiando larticolo 1453, nascono, nel creditore,
dallinadempimento: il diritto al risarcimento; dimenticandosi cos il Legislatore degli
altri due diritti: il diritto allesecuzione coatta e alla risoluzione: forse che per tali
diritti non vale la regola che essi nascono in caso di inesecuzione della prestazione o
di inesecuzione inesatta della prestazione, se il debitore non prova che tale
inesecuzione dovuta a impossibilit ecc,ecc.?
Disc. Non guardiamo il pelo nelluovo. Piuttosto dimmi perch il legislatore invece di
dire il debitore che non esegue esattamente la prestazione non dice pi chiaramente
il debitore che non esegue con la dovuta diligenza la prestazione?
Doc. Qui il legislatore fa benissimo, infatti dal momento che, oggetto della
obbligazione, , per larticolo 1176, la prestazione eseguita con la diligenza del buon
padre di famiglia (o del buon professionista), se egli avesse detto che la prestazione
deve essere eseguita con diligenza, sarebbe caduto in una sorta di tautologia, perch
sarebbe venuto a dire che la prestazione eseguita usando della diligenza del buon
padre di famiglia deve essere...eseguita diligentemente.
Disc. Ho capito, ma per capire meglio vediamo che cosa dice larticolo 1176.
Doc. Larticolo 1176 (sotto la rubrica Diligenza nelladempimento recita):
Nelladempiere lobbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di
famiglia.
Nelladempimento delle obbligazioni inerenti allesercizio di unattivit
professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dellattivit
esercitata.
Disc. Sembrerebbe, dalla lettura del primo comma, che se Caio, metti perch in vena
di risparmio, ha dato lincarico di dare il bianco alla sua casa, non a un valente
imbianchino, ma a un improvvisato imbianchino come Sempronio, e questi, comera
prevedibile ha...pasticciato, Caio possa accusare Sempronio di inadempienza. A me
questo pare assurdo.
Doc. E tale infatti sarebbe, se il Legislatore non desse la possibilit alle parti di fare
tra loro laccordo che la diligenza nellesecuzione della prestazione sar valutata con
riferimento, non a quella del buon padre di famiglia, ma a quella che si pu
pretendere da una persona, che ha le cognizioni e le abilit della parte (Sempronio)
che deve eseguire la prestazione.
E venendo al tuo esempio, il fatto che Caio abbia dato lincarico di imbiancare la sua
casa a Sempronio, cio a persona di cui conosceva le defaillances, induce a
concludere che, seppure tacitamente, tra le parti esistesse tale accordo (derogativo al
disposto dellarticolo 1176)
Disc. Passiamo al secondo comma, che riguarda il caso che Caio si rivolga a
Sempronio nella sua qualit di professionista (ch, se Caio si rivolgesse a Sempronio
per richiederlo di unattivit professionale, sapendo che non un professionista, si
dovrebbe di nuovo tornare ai discorsi da noi fatti a proposito del primo comma).
Doc. Lo dico io perch logico e vero; e ti spiego perch non lo dice il Legislatore,
perch egli si limita a dire che la diligenza, nel caso che lobbligazione sia inerente a
unattivit professionale, deve valutarsi con riguardo alla natura dellattivit
professionale
Questo perch sta in questo: che il Legislatore, nel dettare il secondo comma
dellarticolo 1176, aveva soprattutto presente un problema che nasce dalla natura di
certe professioni (pensa alla professione del medico, dellavvocato). Lesercizio di
tali professioni pone, si pu dire continuamente, al professionista dei problemi la cui
soluzione inevitabilmente opinabile (e quindi molto probabilmente opinata,in
senso contrario a quello adottato dal professionista, da un cliente scottato dal danno
che la soluzione, adottata dal professionista, gli ha causato), dando cos esca a un
continuo, stressante (per il professionista) contenzioso davanti al tribunale. Cosa per
cui il professionista sarebbe portato ad astenersi dallesercitar tali professioni, mentre
la societ ha, invece, interesse che tali professioni siano esercitate (ha bisogno di
medici, di avvocati...).
Ecco, questo probabilmente il problema che il Legislatore aveva in mente dettando
il secondo comma dellarticolo 1176.
Doc. Lo risolve, per, o almeno tenta di risolverlo, larticolo 2236, il quale (sotto la
rubrica Responsabilit del prestatore dopera) recita: Se la prestazione implica la
soluzione di problemi tecnici di speciale difficolt, il prestatore dopera non risponde
dei danni, se non in caso di dolo o colpa grave.
Disc. Abbiamo visto che larticolo 1218 fa dipendere linadempimento, dalla colpa
nellesecuzione della prestazione (anche se expressis verbis alla colpa non fa
riferimento). Per le parti non potrebbe concordare tra di loro che linadempimento
venga ritenuto a prescindere dallaccertamento di una colpa del debitore
Disc. In tal caso Sempronio dovrebbe essere disposto ad assumersi un rischio (di
inadempimento), che secondo le regole generali non gli spetterebbe.
Doc. Cos risulta effettivamente dalla lettera dellarticolo 1218, per non cos che
tale articolo va interpretato; dato che sarebbe illogico stabilire linversione dellonere
probatorio, quando la prova verte sullimpossibilit della prestazione esatta, e non
stabilire tale inversione, quando la prova verte sulla esattezza della prestazione. E
tanto pi illogico in quanto proprio in questa seconda ipotesi maggiormente sentita
la necessit di uninversione dellonere probatorio.
Doc. Trae origine dalla difficolt, che il creditore incontra, nellaccertare lesistenza,
o meno, di una colpa nel comportamento del debitore: Tu, Sempronio, mi vieni a
dire che hai guidato bene e che lincidente si verificato solo per colpa dellaltro
utente della strada, ma io sul luogo dellincidente non cero, come posso dire che
cos, o no, come posso individuare le persone che possano testimoniare che cos o
no? E tale difficolt del creditore ancora maggiore quando egli, per sindacare la
diligenza o meno del debitore, dovrebbe avere quelle conoscenze tecniche, che il
debitore ha: come faccio io, Caio, a stabilire se il medico ha fatto bene o male a dare
quel farmaco al mio parente infortunato, se io, non avendo mai studiato medicina,
non so se e in quali circostanze quel farmaco doveva essere dato? .
18 : I rimedi dati contro linadempimento.
Doc. Risulta dallarticolo 1453, che (sotto la rubrica Risolubilit del contratto per
inadempimento) recita: Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei
contraenti non adempie le sue obbligazioni, laltro pu a sua scelta chiedere
ladempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del
danno.
Doc. La risposta alla tua domanda, cos come lhai formulata, , s (questo per le
ragioni dette nella precedente lezione). Se invece mi domandi, se, in una causa
tendente alladempimento o alla risoluzione o al risarcimento, si deve accertare
lesistenza di una colpa in ademplendo del debitore, io ti rispondo: certe volte, s,
certe volte, no.
Doc. Non detto: alcune volte,lo sar, altre, no. Se, per esempio, Tizio, che ti deve
dare il giorno quindici un milione, il giorno quindici si rende uccel di bosco e non ti
d un bel nulla, egli obbligato a risarcirti della sua inadempienza, anche se questa
incolpevole (metti, perch dei malvagi rapinatori lhanno lasciato senza un euro in
tasca: come avrebbe potuto pagarti?).
Tieni presente che pure la regola che la domanda di adempimento e di risoluzione
vanno accolte, a prescindere dellaccertamento di una colpa del debitore, nel caso la
obbligazione inadempiuta sia di risultato, ha le sue eccezioni.
Disc. Ma al creditore sar sempre concesso di utilizzare tutti e tre rimedi (sia pure
con lonere di optare o per la domanda di adempimento o per quella di risoluzione)?
Doc. In realt ci potremo limitare allesame del rimedio dato dalla risoluzione del
contratto. Infatti al risarcimento del danno sar bene riservare una lezione ad hoc; e
sulla domanda di adempimento c poco da dire.
Disc. D allora, per prima cosa, quali sono le conseguenze, che comporta la
risoluzione del contratto: Caio e Sempronio hanno stipulato un contratto di appalto e
Caio ne ha ottenuta la risoluzione: cosa comporta ci, sia per Caio sia per
Sempronio?
Doc. Caio sar liberato dallobbligo di pagare il prezzo dellappalto (effetto
liberatorio della risoluzione); anche Sempronio sar liberato dalla sua obbligazione,
ma potr essere gravato sia da un obbligo restitutorio (se avesse ricevuto un quid avr
lobbligo di restituirlo - e abbiamo gi visto in una precedente lezione che a tale
obbligo non si applicano le norme sulla restituzione dellindebito) sia da un obbligo
ripristinatorio (qualora Sempronio avesse cominciato ad alzare un piano delledificio
costruendo, dovrebbe demolirlo e liberare dai residui il terreno).
Doc. Ma tu vorresti sostenere che il committente deve tollerare sul suo terreno
quellaborto di costruzione fatto da Sempronio? Non sarebbe ci contrario alla ratio
dellarticolo 1453, che mira a sollevare il creditore di tutte le conseguenze negative
dellinadempimento? Chiaro, che s. E il fatto che lobbligo ripristinatorio si pone in
contraddizione allart. 636, ci dimostra solo che semplicistico dire, che i diritti e gli
obblighi delle parti nascenti dalla risoluzione, vanno determinati nel presupposto che
tra esse non ci fosse stato mai un contratto. Questo invece c stato e bisogna tenerne
conto (altrimenti neanche lobbligo risarcitorio del debitore avrebbe senso: perch
mai addossare a Sempronio lobbligo di risarcimento, se si deve partire dal
presupposto che nessun contratto vi stato tra Sempronio e Caio? Se non vi stato
nessun contratto, non vi stato neanche nessun inadempimento e quindi non vi pu
essere nessun obbligo nascente dallinadempimento).
Disc. Per parecchio pesanti possono diventare le conseguenze di una risoluzione del
contratto per il debitore.
Doc. Proprio per questo il legislatore pone un limite generale alla risolubilit dei
contratti. Limite espresso dallarticolo 1455, che (sotto la rubrica Importanza
dellinadempimento) recita: Il contratto non si pu risolvere se linadempimento di
una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo allinteresse dellaltra.
Doc. S. E in tal caso, come risulta dallarticolo 1457, la risoluzione si verifica anche
se la parte interessata non ha dichiarato di volersi valere della clausola, che stabiliva
la essenzialit del termine.
Sezione seconda:Lo Stato ha interesse che i beni costituenti la ricchezza della
Nazione siano gestiti dalle persone pi corrette ( anche se meno capaci )
19: La rescissione del contratto per lesione o perch concluso n stato di pericolo.
Doc.- Il nostro codice prevede sia una azione generale di rescissione per lesione sia
una azione di rescissione del contratto concluso in stato di pericolo.
Parliamo per prima cosa della azione generale di rescissione.
Essa prevista dall'art. 1448, che recita :
Se vi sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dellaltra, e la
sproporzione dipesa dallo stato di bisogno di una parte, del quale laltra ha
approfittato per trarne vantaggio, la parte danneggiata pu domandare la
rescissione del contratto.
Lazione non ammissibile se la lesione non eccede la met del valore che la
prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al tempo del
contratto.
La lesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda proposta.(.....).
Risulta chiaramente, dallarticolo appena letto, che tre sono i presupposti di una
domanda di rescissione.
Primo: una sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dellaltra.
Secondo: lessere tale sproporzione dipesa dallo stato di bisogno di una parte.
Terzo : Laver approfittato la controparte di tale stato di bisogno per trarne
vantaggio.
Doc-. Te lo spiego con un esempio. Un disgraziato fulmine picchia contro delle balle
di fieno e il fuoco che cos si sviluppa minaccia di distruggere la villa di Sempronio.
Per bloccare lincendio occorrerebbe un estintore, ma a Sempronio, per procurarselo
andando al supermercato, occorrerebbe troppo tempo: Sempronio lo chiede al vicino
Caio e si sente rispondere: Te lo vendo se ti mi dai centomila euro. Il prezzo
richiesto da Caio del tutto sproporzionato rispetto a quello che chiederebbe il
supermercato (massimo, diecimila euro); ma Sempronio, messo, su un piatto della
bilancia, i centomila euro richiesti da Caio e, nellaltro piatto, il milione che
perderebbe se la villa andasse distrutta, accetta. E chi pu dargli torto? Chi pu
negare che il contratto (estintore contro centomila euro) sia conveniente, s, per Caio,
ma anche per Sempronio?
Disc. Effettivamente non vedo dove stia nel caso la sproporzione di cui parla il
Legislatore.
Disc.- Daccordo il motivo per cui il Legislatore dispone la rescissione del contratto
tra Caio e Sempronio non la pretesa ingiustizia del contratto. Ma allora, qual la
ratio dellarticolo 1448, qual il motivo che spinge il Legislatore a stabilire la
rescindibilit del contratto tra Caio e Sempronio?
Doc. La volont di impedire l'arricchimento di una persona disonesta ; che pertanto
sospetta di utilizzare i beni acquisiti col contratto, non per giovare, ma per
danneggiare la societ.
Doc.- Certo non quando Sempronio un turista ricco sfondato a cui, pagare cento
quel che costa dieci, non fa n caldo n freddo. Di solito, lo stato di bisogno di
Sempronio, si verificher quando questi si trovi impossibilitato a ricorrere alle
prestazioni e ai beni offerti dal mercato ( notte, nevica e l'unico tassista nel raggio di
dieci chilometri mi chiede un prezzo esorbitante ).
Disc- A me sembra che tra lart. 1447 e lart. 1448 passi quello stesso rapporto che
passa tra una species e un genus; dove naturalmente la species sarebbe larticolo 1447
(melius, la fattispecie contemplata dallart. 1447) e il genus lart. 1448 (melius, la
fattispecie, in questo art. 1448, contemplata) e lelemento specificante sarebbe la
qualit del bene, per salvare il quale la parte svantaggiata ebbe a decidersi al contratto
bene costituito dalla persona sua o di altri.
Ma il codice penale non punisce chi omette di prestare soccorso a una persona in
pericolo ?
Doc.- Certo che s Pi precisamente il secondo comma dell'art. 593 punisce chi
trovando (.....) una persona ferita o altrimenti in pericolo omette di prestare
l'assistenza occorrente o di darne immediato avviso all'Autorit..
Disc.- Quindi, chi trova una persona in pericolo, obbligato ad attivarsi per
soccorrerla a prescindere dalla stipula di un contratto. Cosa per cui potrebbe dubitarsi
della validit di un contratto con cui una persona si obbliga a soccorrere una
persona..... a cui gi per legge tenuta a dare soccorso.
Doc.- E cos. E forse questo spiega perch, nel secondo comma dell'articolo in
esame, il legislatore non dia al soccorritore esoso, la possibilit che invece d alla
parte profittatrice dello stato di bisogno (v. art. 1450 ) - di evitare la rescissione,
offrendo una modificazione del contratto sufficiente a ricondurlo a equit, ma si
limiti a rimettere alla discrezione del giudice l'assegnazione di un equo compenso
Disc. A questo punto sar opportuno indicare sia pure brevemente i requisiti che
debbono esistere a che Sempronio possa domandare, ai sensi dellarticolo 1447, la
rescissione del contratto, da lui concluso con Caio.
Doc. Essi sono:
1) lavere Sempronio assunto con il contratto unobbligazione a condizioni inique;
2) lavere Sempronio assunto tale obbligazione per la necessit di salvare s o altri da
un pericolo;
3) lessere tale pericolo attuale;
4) riguardare tale pericolo un danno grave alla persona;
5) lesser noto a Caio, la controparte, che Sempronio assumeva lobbligazione sub 1,
nelle condizioni risultanti da sub 2,3,4.
A proposito di tutti i sopraelencati requisiti possono essere ripetute, mutatis mutandis,
le osservazioni gi fatte a proposito dei requisiti di esperibilit dellazione di
rescissione prevista dallart. 1348.
Merita solo di essere chiarito, riguardando un requisito non contemplato nellarticolo
1438, che il pericolo di un danno va considerato attuale quando Caio, rifiutando la
stipula del contratto e quindi la prestazione a lui richiesta, fa sorgere o rende
(apprezzabilmente) maggiore il pericolo del grave danno alla persona.
Quindi il contratto di trasporto allospedale ancorch stipulato da Sempronia in
stato di gravidanza e a esose condizioni - non sarebbe rescindibile ai sensi
dellarticolo 1347 (salva pur sempre lapplicabilit dellarticolo 1348 sussistendone le
condizioni), se Sempronia allospedale doveva recarsi per una visita di controllo;
mentre sarebbe rescindibile se allospedale Sempronia doveva recarsi per sgravarsi.
20- Annullamento del contratto quando il consenso stato carpito con dolo.
Doc. L'articolo 1427 d alla parte, il cui consenso fu carpito con dolo, la facolt
di chiedere l'annullamento del contratto. L'articolo 1439, poi, specifica le
condizioni a cui subordinato l'accoglimento di tale richiesta cos recitando:
Art. 1439 :Il dolo causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da
uno dei contraenti sono stati tali che senza di essi laltra parte non avrebbe
contrattato.- Quando i raggiri sono stati usati da un terzo, il contratto annullabile
se essi erano noti al contraente che ne ha tratto vantaggio.
Doc. A dir il vero si discute se, accanto a un dolo comissivo, possa esistere anche un
dolo omissivo.
Contro la configurabilit di un dolo puramente omissivo depone il primo comma
dellarticolo 1439, l dove parla di raggiri (il dolo causa di annullamento del
contratto quando i raggiri ecc.ecc. - cos recita lincipit dellarticolo in esame). Ma a
me pare chiaro che il secondo comma deponga in maniera inequivocabile sul fatto
che, lannullabilit di un contratto per dolo, pu seguire anche ad un semplice
comportamento omissivo.
Vi anche da considerare che - mentre comprensibile che il legislatore penale,
configurando nellarticolo 640 del Codice penale il delitto di truffa, pretenda che
linduzione in errore, operata dal deceptante sul deceptato, si qualifichi per lesistenza
di raggiri (pi precisamente di artifici e raggiri) - mal si comprenderebbe perch,
questa particolare qualificazione dellinduzione in errore, il legislatore civile
dovrebbe pretendere.
Doc.- Voglio dire che comprensibile pretendere che linduzione in errore sia
qualificata da quegli artifici e raggiri, che denotano una notevole capacit a
delinquere, quando da essa (idest, dallinduzione in errore) si fanno derivare delle
conseguenze gravissime (la reclusione fino a tre anni!). Mentre molto meno
comprensibile che linduzione in errore sia qualificata dai raggiri, quando, le
conseguenze che da essa si fanno derivare, si riducono solo allannullamento di un
contratto e a un obbligo risarcitorio.
Disc.- Abbiamo visto parlando dell'errore spontaneo che esso, per causare l'
annullamento del contratto, deve essere essenziale e riconoscibile. E' chiaro che
non avrebbe senso qui domandarsi se, anche l'errore indotto dai raggiri, debba
essere riconoscibile : esso deve essere qualche cosa di pi : deve essere conosciuto ( e
nella maggior parte dei casi sar ancora di pi : sar conosciuto e indotto ). Ma, ecco
la domanda che invece ti voglio porre : tale errore deve essere essenziale ?
Doc.- No. E qui sta la fondamentale differenza tra annullamento per errore spontaneo
e annullamento per errore indotto ( con i raggiri ) : nel caso di questo secondo errore,
il contratto annullabile anche se non essenziale, cio anche se non cade su uno
degli elementi elencati nell'articolo 1429 ( natura del contratto, oggetto del contratto,
identit o qualit della persona dell'altro contraente eccetera ). Deve per essere
determinante, nel senso che, se la parte non fosse caduta in errore, non avrebbe
stipulato il contratto.
Doc. No : in questo caso - per cui noi giuristi parliamo, non di dolo determinante, ma
di dolo incidente - non si procede all'annullamento, ma si riconosce, alla parte
indotta in errore, solo il diritto a un risarcimento,.
Doc. No, perch potrebbe essere che, il prezzo che Caio era disposto a dare, fosse
troppo basso rispetto al valore del terreno. E il legislatore non vuole penalizzare il
deceptante costringendolo ad accettare un prezzo iniquo. Il legislatore pertanto vuole
che sia il giudice a stabilire ( indirettamente ) il giusto prezzo nel momento in cui
quantifica il risarcimento.
Disc. Unultima domanda : che cosa si deve intendere per dolus bonus?.
Doc. In tal caso il dolo renderebbe il contratto annullabile. Infatti per il nostro diritto
non rileva che il deceptato sia caduto in errore per sua colpa anche grave.
21- Annullamento del contratto quando il consenso stato estorto con violenza
Disc.- Il sig. Corleone, dopo aver posata la pistola sul tavolo, fa al ragionier Bianchi
la proposta di un contratto - proposta di tal natura che...... questi non pu rifiutare .
Ecco la proposta: (A) io mi obbligo a omettere di far saltare in aria con la dinamite la
tua villa e tu ti obblighi a firmare il contratto che segue: (B) io ragionier Bianchi
vendo la mia villa per cento al sig. Corleone.
Perch il legislatore, con l'articolo 1427, ritiene annullabile il contratto sub B?
Doc.- Tu non devi concentrare la tua attenzione sul contratto sub B, ma sul contratto
sub A, che chiaramente nullo e la cui nullit provoca di riflesso la invalidit del
contratto sub B.
Disc.- Ma il sig. Corleone potrebbe gestire il bene ( la villa ) con tanta audacia e
determinazione acquistato, molto meglio del (timido e pauroso ) ragionier Bianchi,
determinando cos un aumento della ricchezza nazionale.
G. Potrebbe, ma non detto che cos sia. Ma se anche cos fosse, ben
presumibile che non gestirebbe il bene ( acquistato dal Bianchi ) nell'interesse della
societ ( probabilmente vi installerebbe una casa da gioco); con conseguente
disordine e degrado anche dell'economia ( dato che al degrado morale della societ
non pu non seguire quello dell'economia : il dollaro, diceva Emerson, vale tanto
meno quanto pi aumentano gli uomini d'affari disonesti).
Disc.- Fatta questa premessa , diamo lettura dell'articolo 1434 - il quale recita : La
violenza causa di annullamento del contratto anche se esercitata da un terzo.
Giustissimo, se Corleone sa della violenza, ma se non ne sa nulla? A me sembrerebbe
che il principio della tutela dell'affidamento vorrebbe che il contratto fosse ritenuto
valido; cos come valido ritenuto ( art.1439 ) il contratto stipulato in conseguenza
dei raggiri usati da un terzo, quando la parte, avvantaggiata da tali raggiri, nulla
sapeva.
Disc.- A me sembra che, l'unica cosa che avrebbe dovuto importare al legislatore,
avrebbe dovuto essere questa : il ragionier Bianchi si determinato a stipulare la
vendita della sua villa in seguito alle minacce del sig. Corleone, oppure no ? Se s,
poco importa che un'altra persona al posto del (pavido ) ragioniere non si sarebbe
lasciata intimidire. Del resto, forse che l'articolo 1439 ( sul dolo ) esclude
l'annullamento di un contratto, quando la parte caduta in errore solo per la sua
straordinaria credulit ?
Disc.-A richiedere per la violenza i requisiti, di cui agli articoli appena letti, il
legislatore mosso da due considerazioni
La prima considerazione questa: lannullamento del contratto produce effetti, non
solo per le parti che l'hanno stipulato , ma anche per i terzi che da loro hanno
acquistati diritti ( art. 1445 ). Ora, se per la parte che ha usata violenza, si pu anche
fare il ragionamento: peggio per lei se la sua controparte stata tanto pavida da
lasciarsi intimorire da una minaccia leggerissima: se non voleva correre il rischio
dellannullamento, doveva semplicemente astenersi da ogni minaccia; tale
ragionamento non si pu ripetere per i terzi (che nessuna minaccia hanno proferita):
essi non debbono essere danneggiati dalla particolare pavidit di Caio.
La seconda considerazione, muove dalla necessit di evitare che, il richiamo alla
violenza subita, dia un facile pretesto alla sua vittima per liberarsi da un contratto
rivelatosi per lei svantaggioso.
Disc.- Sono considerazioni che il legislatore avrebbe potuto fare anche a proposito
dellerrore e del dolo; ma che n per questo n per quello ha fatte.
Doc.- Forse perch il legislatore, nella disciplina dei vizi del consenso, si lasciato
troppo condizionare dalla tradizione, a scapito della razionalit del sistema.
Disc.- Tra i requisiti che l'articolo 1435 menziona, vi l'ingiustizia del male
minacciato: quand' che il male minacciato pu considerarsi ingiusto ?
Disc. Quindi la minaccia di far valere un diritto non potr mai essere considerata
minaccia di un male ingiusto.
Doc. Non potr esserlo nel caso in cui il diritto, di cui si minaccia lesercizio per
ottenere una vantaggio di natura economica, sia anchesso di natura economica, come
il caso, nellesempio prima fatto, di Tizio che minaccia di non tollerare pi il
passaggio di Sempronio sul suo fondo, se questi non gli vende la villa.
Quello che, invece, potr essere considerato come diretto a conseguire vantaggi
ingiusti, sar lesercizio di un diritto di natura non economica per ottenere un
vantaggio economico. Esempio, Tizio minaccia di richiedere il divorzio se la moglie
non gli vende la sua villa.
Con questi limiti va interpretato larticolo 1418 che, sotto la rubrica Minaccia di far
valere un diritto, recita: La minaccia di far valere un diritto pu essere causa di
annullamento del contratto solo quando diretta a conseguire vantaggi ingiusti.
Sezione terza : Lo Stato ha interesse che, eventuali perdite di beni costituenti la
ricchezza nazionale, siano ripianate gravando sul patrimonio di chi le ha
provocate o di chi , in relazione ad esse, si arricchito
Premessa Nel trattare la non facile materia dei principi che regolano il risarcimento
da fatto illecito, ci sembrato, pi facile per noi, e pi utile per il lettore, procedere
con brevi noterelle, in cui, partendo da una caso concreto, passiamo a fare brevi
osservazioni ( si spera utili a chi ci legge ).
Prima noterella Rossi alla guida della sua autovettura investe quella del ragionier
Bianchi e la rende un rottame. Un bene componente la ricchezza nazione andato
perduto e occorre ricostituirlo spendendo, ahim, dei soldi, metti, diecimila euro.
Prima domanda : questi soldi dovranno uscir fuori dal portafoglio dell'investitore
Rossi o da quello dell'investito Bianchi ? Risposta, che tutti, nel caso, sapremmo
dare: ad essere salassato dovr essere il portafoglio di Rossi, il quale, presi diecimila
euro, li dovr passare a Bianchi - cos che di conseguenza il patrimonio di Rossi
subir una contrazione ( pi o meno dolorosa ) mentre quello di Bianchi ( non
aumenter certo, ma almeno) sar riportato al livello ante-incidente .
Primo motivo: perch su Bianchi grava il sospetto ( e molte volte la prova ) di aver
causato l'incidente tenendo un comportamento ( metti, caratterizzato da
imprudenza, guida a velocit eccessiva ) che lo qualifica, non solo come cattivo
guidatore, ma anche come cattivo amministratore del suo patrimonio ( patrimonio
che, non solo lui, ma anche lo Stato ha interesse sia ben gestito ). Ora lo Stato ,
dovendo necessariamente prodursi la diminuzione di un patrimonio ( quello di
Bianchi o quello di Rossi ) , quale sar il patrimonio che avr interesse a veder
diminuito ( a preferenza dell'altro) ? Ovviamente quello di Rossi su cui grava il
sospetto di essere un cattivo amministratore, e non quello di Bianchi che ( cos si
spera fino a prova contraria! ) un buon amministratore.
Seconda noterella Nella prima noterella ci siamo messi nel caso in cui chi ha
causato un danno obbligato al suo risarcimento. Ma tutti i danni vanno risarciti ?
Facciamo questo caso : Bianchi, un bel giorno ha un'idea : costruire in quel tal suo
terreno, su cui ora nascono solo sterpaglie, un grattacielo. Buona l'idea per Bianchi,
che vedr elevarsi insieme al grattacielo la quantit di soldi che ha nel portafoglio,
ma apportatrice di grave danno al vicino, Rossi : questi, che ogni mattina , alzatosi da
letto, poteva bearsi della stupenda vista del golfo di Genova, una volta costruito il
grattacielo, dovr rassegnarsi a guardare solo dell'arido cemento. Domanda : Rossi
per il danno che riceve pu ottenere un risarcimento ? No, perch si ha diritto al
risarcimento, non per ogni danno ( subito ), ma solo per i danni consistenti nella
lesione di un interesse che il legislatore tutela imponendo, a chi lo lede, un obbligo
risarcitorio ( ci si perdoni la tautologia ). Quindi , perch esista un obbligo
risarcitorio non basta che sia leso un interesse tutelato giuridicamente, occorre che
tale interesse sia tutelato con l'imposizione di un obbligo risarcitorio. E' importante
rilevare ci perch ci sono interessi che sicuramente il legislatore ritiene meritevoli
di tutela, ma che non tutela imponendo un obbligo risarcitorio a chi li lede.
Esempio : la autovettura di Bianchi viene ridotta a un rottame da quel cattivo e
spericolato conducente che Rossi . Naturalmente ci viene a creare non pochi
disagi a Bianchi ( scrivere all'assicurazione, andare in ufficio nella ressa di un treno
regionale anzich comodamente nella sua auto...) - e chiaramente tutto ci rende
rabbioso, verso Rossi, Bianchi ( che ben volentieri, se il codice penale non glielo
impedisse, darebbe una legnata a Rossi ) : insomma con il suo comportamento
colposo Bianchi venuto a ledere, non solo un interesse patrimoniale di Bianchi, la
perdita dell'auto ( creando cos un danno che senza dubbio dovr risarcire ), ma
anche suoi interessi non patrimoniali e in particolare il suo interesse a condurre una
vita serena e non rosa dalla rabbia e dai litigi. Questi interessi non patrimoniali sono
ritenuti meritevoli di tutela dal legislatore ? Senza dubbio, s , e tanto vero che, se
Bianchi avesse distrutto l'auto di Rossi, non colposamente ma dolosamente, il
giudice lo avrebbe condannato a risarcirli. E tuttavia, nel caso che la loro lesione
avvenga colposamente, risarciti non sono. Vedremo poi il perch . Ora ci basta aver
fatto rilevare l'erroneit dell'assunto che vuol fare derivare, dal semplice fatto che
una norma costituzionale ritenga meritevole di tutela un interesse ( metti, l'interesse
alla libert ), la conclusione che il Legislatore ( addirittura il Legislatore costituzionale
) voglia obbligare al risarcimento chi , tale interesse, lede.
Terza noterella- Il laborioso Bianchi nel compiere una delle sue attivit ha omesso un
quid. Qualsiasi buon cittadino ( qualsiasi bonus pater familias, per usare
un'espressione inflazionata nel parlare di noi giuristi ) sarebbe caduto nella stessa
omissione, dato che in fondo c'erano solo tre probabilit su mille che da essa un
qualche danno derivasse. Il diavolo ci mette la cosa, e dall'omissione un danno si
verifica. E' giusto condannare Bianchi al risarcimento anche se ogni bonus pater
familias si sarebbe, come lui, comportato? Io rispondo di s. Ma, mi si pu
contestare, non eccessivo obbligare a un risarcimento, che potrebbe essere molto
gravoso, chi ha commessa, s, un'omissione, ma quando questa aveva solo tre
probabilit su mille di causare un danno ?
Risposta a tale obiezione, che parrebbe dettata dal buon senso ( e che invece solo
dettata da un superficiale sentimentalismo ) : no, non eccessivo : tale pu apparire
solo quando si ponga mente al momento della applicazione delle pena e non a
quello della sua minaccia : infatti la minaccia rivolta dal legislatore a Bianchi Se tieni
il comportamento A ci sono tre probabilit su mille che ti obblighi al risarcimento ,
perfettamente congrua col fatto che vi sono tre probabilit su mille che dal
comportamento A derivi un danno: forse che la severit di una sanzione ( se come
tale vogliamo considerare il risarcimento ) non dipende, s, dal quantum di pena
minacciato, ma anche dalle probabilit che tale quantum di pena sia affettivamente
applicato ?!
Questa osservazione, valida per il penale, ancor pi valida per il civile : Rossi ha
causato un danno di centomila a Bianchi con un comportamento che aveva tre
probabilit su mille di provocare tale danno : si tratta di stabilire, se, del peso di tale
danno, va gravato il patrimonio di Rossi o quello di Bianchi. Si dice : ingiusto
gravare quello di Bianchi perch vi erano solo tre probabilit su cento che il danno si
verificasse ; bene, si pu rispondere, ma questo un buono motivo per lasciare il
danno sulla gobba di Bianchi ? Quando i piatti di una bilancia sono in perfetto
equilibrio, basta aggiungere una piuma su un suo piatto per farla pendere dal lato di
quel piatto ; e la piuma, in subiecta materia, che, chi era nella posizione migliore
per evitare il danno, volere o volare, era Rossi e non Bianchi. E' per questo che gli
antichi giureconsulti insegnavano In lege aquilia ( cio in materia di risarcimento di
un danno causato da fatto illecito) etiam levisissima culpa venit.
A questo punto chi ci legge sar curioso di sapere quel che dice il codice . Ecco quel
che dice ( nell'art. 2043 ) : Qualunque fatto doloso o colposo , che cagiona ad altri
un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
Quindi, quel che ha scritto il legislatore nel codice, sembrerebbe rigettare la
soluzione da noi proposta . Ma che importa quel che ha scritto un legislatore nella
cui testa si riflette tutta la confusione presente in quella di coloro che dovrebbero
guidargli la penna, i giuristi ?!
Quarta noterella- Rossi guidando la sua auto a eccessiva velocit, 90 Km/h, cozza
contro quella di Bianchi, anche lui procedente a eccessiva velocit, 60 Km/h.
Sempronio, che si trovava nell'auto di Bianchi subisce in seguito all'incidente danni,
metti, pari a cento. L'incidente addebitabile sia al comportamento imprudente di
Rossi sia a quello di Bianchi: chi dei due tirer fuori dal suo portafoglio i soldi
necessari per risarcire Sempronio? Rossi, Bianchi o tutti e due?
Se fosse vero, cos com' vero, che, in caso di distruzione di un bene costituente la
ricchezza nazionale, il Legislatore ritiene giusto accollare il relativo danno a chi,
cagionandolo, si comportato colposamente, in quanto ravvisa in tale suo
comportamento colposo un indice della sua incapacit ad amministrare con la
dovuta diligenza un patrimonio (nell'interesse suo e della societ tutta), ebbene, se
questo fosse vero, ci si dovrebbe aspettare a rigor di logica che il legislatore accolli
tutto il risarcimento solo a quello, dei due concausanti l'incidente, che ha tenuta la
condotta pi colposa: a Rossi, quindi, che andando a 90 Km/h (mentre Bianchi
andava a solo 60 Km/h) ha dimostrata maggiore imprudenza ( e quindi minore
capacit ad amministrare ) di Bianchi. E infatti, cos ci si dovrebbe aspettare, in prima
battuta, il Legislatore dovrebbe giungere a questa conclusione: preferibile che io,
legislatore, accolli il danno, non a Sempronio, ma a Rossi e Bianchi; e, in seconda
battuta, dovrebbe giungere a quest'altra conclusione: dovendo scegliere se accollare
il risarcimento in parte al Rossi e in parte al Bianchi oppure se accollare al Rossi
anche la parte di risarcimento spettante al Bianchi, io, legislatore scelgo la seconda
soluzione e accollo tutto il risarcimento al Rossi , e infatti meglio sottrarre il pi
possibile beni al patrimonio del Rossi che presumibilmente un peggiore
amministratore del Bianchi e lasciare integro il patrimonio del Bianchi, che
presumibilmente un migliore amministratore del Rossi. Invece il legislatore obbliga al
risarcimento sia Rossi che Bianchi, sia pure in proporzione delle rispettive colpe.
Questo con l'art. 2055 cod. civ., che recita : Se il fatto dannoso imputabile a pi
persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. - Colui che ha
risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata
dalla gravit della rispettiva colpa e dall'entit delle conseguenze che ne sono
derivate. - Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.
Come nel caso studiato nella precedente noterella, anche qui vi un concorso di
colpa nella causazione del danno. La particolarit che, uno dei concorrenti nella
causazione del danno, quello stesso che l'ha subito: in altre parole, Bianchi si
autodanneggiato.
Nel caso, il legislatore mette a carico anche di Bianchi una parte del risarcimento
(cosa che in pratica ottiene riducendo l'obbligo risarcitorio di Rossi). Infatti il primo
comma dell'art. 1227 cod. civ. recita : Se il fatto colposo del creditore (nell'esempio,
Bianchi) ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento diminuito secondo la
gravit della colpa e l'entit delle conseguenze che ne sono derivate.
Prima cosa, vediamo qual' il danno che effettivamente si risarcisce e cosa significa
risarcirlo, partendo dall'esame dei seguenti due casi.
Rossi I, guidando spericolatamente ha fatto vil rottame della splendida fuoriserie di
Bianchi I. Rossi II, sempre guidando spericolatamente ha mandato all'ospedale
Bianchi II, da cui questi, entrato con due gambe, ne uscito con una gamba sola,
l'altra essendogli stata imputata.
Tanto premesso, domandiamoci qual' il danno che ha subito Rossi I. Si dir, il suo
danno di aver persa la sua bella autovettura. No, la perdita dell'autovettura solo
la perdita di uno strumento, la vera perdita quella delle cose utili e belle, che il
Rossi realizzava usando tal strumento. Prima, avendo la macchina, poteva alla
domenica andare al mare, fare dei bellissimi tuffi, di giorno, di notte andare a
ballare, poteva nei giorni feriali andare al lavoro per guadagnarsi il suo bel stipendio
e frequentare quel club in cui poteva fare conoscenze utili per aumentare ancor pi
tale stipendio e....potremmo continuare ma qui pensiamo di poterci firmare. E infatti
a questo punto facile dire qual' il vero danno subito da Rossi I : il non poter pi
andare al mare, non poter pi andare in ufficio, non poter pi andare al club (.).
Passiamo ora al secondo caso da noi preso in esame e poniamo che Bianchi II avesse
gli stessi gusti e gli stessi interessi di Bianchi I : anche lui alla domenica se ne andava
al mare, anche lui nei giorni feriali se ne andava in ufficio e al club eccetera eccetera.
Se ora domandiamo a chi ci segue, quali sono i veri danni subiti da Bianchi II , egli, in
base a quanto detto prima, senz'altro dir : i veri danni subiti da Bianchi II , non sono
dati dalla perdita della gamba in se e per s : la gamba era semplicemente uno
strumento, i veri danni sono dati dalla perdita delle cose utili e belle che Bianchi II si
procurava utilizzando tale strumento : fare dei bei tuffi e ballare, la domenica, recarsi
al club nei giorni feriali ecc.ecc.
Se tale risposta fosse giusta e lo , noi dovremmo concludere che i danni subiti da
Rossi I sono ( almeno in gran parte ) dello stesso tipo di quelli subiti da Rossi I. Giunti
a tale conclusione, poniamoci le seguenti due domande.
Prima domanda : cosa significa dire che Bianchi I e BianchiII hanno subito un danno?
Dovendo andare funditus ( e non rimanere alla superficie del problema ), a tale
domanda dobbiamo rispondere: significa dire che, in seguito all'incidente di cui sono
stati vittime Bianchi I e Bianchi II, il loro stato di bene essere si abbassato ( non
potendo pi fare i tuffi, andare al club...). Seconda domanda : e che cosa significa
risarcire Bianchi I I e Bianchi II ? Significa ripristinare lo stato di ben essere che
prima avevano.
Il che facile nel caso di Bianchi I : nel suo caso non occorrer neanche domandarsi
quali cose belle e utili egli poteva procurarsi quando aveva la macchina, per poi
industriarsi a procurargliene di altrettante. No, baster comprargli un'altra macchina
( o dargli i soldi perch se la compri da s ). Fatto questo si sar ridato a Bianchi I lo
strumento perch possa procurarsi da s le cose che, prima dell'incidente, gli erano
utili o lo facevano felice. Questo tipo di risarcimento che di facile attuazione e non
d adito al pericolo che si elevi, s, il benessere di Bianchi ( dalla bassura in cui era
caduto in seguito all'incidente ), ma a un livello inferiore a quello che aveva al
momento dell'incidente ( o, perch no? a un livello superiore ) si chiama
risarcimento patrimoniale . Perch, patrimoniale? Perch molto semplicemente si
ottiene ricostituendo il patrimonio di Bianchi I al livello quo ante : ricostituendo il
patrimonio di Bianchi a tale livello si riporta sicuramente anche il suo livello di ben
essere al livello quo ante.
Settima noterella- Torniamo a parlare del povero Bianchi II, che, nell'incidente
causato dalla imprudenza di Rossi II, ha perso una gamba. E vediamo, pi
analiticamente di quanto ci stato possibile fare nella precedente noterella, i
danni che ha subito. Con qualche piccola imprecisione, che il lettore ci perdoner
data la natura del presente lavoro , essi si possono cos elencare:
I- Perdita della serenit psicologica, dovuta alla frustrazione e alla rabbia, da lui
provata per il torto subito ( Che rabbia vedersi cos ridotto dalla imprudenza di un
cretino!);
II- Perdita della serenit psicologica dovuta all'angoscia per il futuro problematico
che l'aspetta ( Che altri dolori mi attendono ? riuscir a superare le difficolt che la
mutilazione mi arreca?);
IV- Rinuncia a varie cose belle della vita ( farsi una bella nuotata, ballare....);
V- Rinuncia a varie cose utili della vita ( quella frequenza al club che gli procurava
amicizie utili per avanzamenti in carriera....);
VI- Rinuncia a quel suo lavoro che gli procurava un bel stipendio mensile di euro
duemila, grazie al quale poteva, procurarsi le belle cose A e B ( una crociera? un
pranzo sontuoso?...) e allontanare le brutte cose C e D ( un mal di denti ? il gelo di un
inverno rigido?...).
Danni sub VI- Essi sono senz'altro facilmente risarcibili , con la stessa tecnica vista
nella precedente noterella : quanto guadagnava Bianchi II prima dell'incidente ?
cento al mese ? Ebbene gli si d ogni mese cento ( o, pi sbrigativamente, gli si d la
somma, che rappresenta la capitalizzazione di cento misurata sulla sua presumibile
vita lavorativa , in modo che, investendola, Bianchi II possa avere il reddito mensile
di cento ) e con quei cento Bianchi II ritorner ad avere la possibilit di procurarsi le
benefiche cose A e B e di allontanare le malefiche cose C e D. Chiaramente i calcoli
cos fatti presenteranno un margine pi o meno ampio di discrezionalit : le
statistiche dicono che a Bianchi II sarebbero rimasti venti anni di vita lavorativa, ma
pur vero che la vita lavorativa di Bianchi II potrebbe essere minore ( metti a causa
di un licenziamento o di un nuovo incidente, questa volta mortale ); sempre secondo
le statistiche, lo stipendio di Bianchi II sarebbe aumentato dopo dieci anni di altri
cento, ma come si pu escludere che tale aumento di stipendio Bianchi II , grazie alla
sua straordinaria efficienza, lo avrebbe raggiunto dopo soli cinque anni ? Peraltro
questa possibilit di errori limitata dai metodi di calcolo, particolarmente
sofisticati, oggi usati dagli esperti in infortunistica.
Danni sub V Per i danni a Bianchi II dipendenti da quegli aumenti di stipendio che,
le utili frequentazioni del club, gli avrebbero potuto procurare, si far il calcolo di
probabilit del loro effettivo realizzarsi e, come visto prima commentando i danni
sub VI. mutatis mutandis, si dar a Bianchi II, a tacitazione di tali danni, una somma
di denaro.
Danni sub IV, III,II,I . Ahim qui si palesano tutti i limiti che incontra il giurista nel
risarcire un danno. Egli ha come strumento per fare ci solo dei soldi. Ma questo
strumento valido solo quando una persona stata privata ( dal comportamento
colposo o doloso di un'altra ) di soldi ( o di cose che si possono tramutare in soldi o
che si possono acquistare con i soldi ). Ma dimmi tu, come risarcisci Bianchi II del
piacere che d una bella nuotata o un tenero ballo sotto il chiaro di Luna? Dimmi tu,
come ripaghi i dolori fisici e psichici che Bianchi II ha subito in seguito con
l'incidente ? Con i soldi?!
Si dir , ma si possono dare a Bianchi II tanti soldi che egli possa fare o procurarsi
cose, che gli diano piaceri equivalenti a quelli che ha perduto o che lo ripaghino dei
dolori subiti, non vero che chiodo scaccia chiodo ? S, vero (o almeno si pu
fingere che sia vero). Per non c' chi non veda l'arbitrio in cui pu cadere un
giudice nel calcolare, in una siffatta maniera, le somme da dare a Bianchi II per
risarcirlo dei danni di cui stiamo ora parlando. Come pu, il giudice, sapere quanto
( in felicit, in piacere ) rappresentava per Bianchi il fare questo o quello ? Come egli
pu sapere quanto ( in felicit, in piacere ) possono per lui rappresentare quelle cose
che, con i soldi datigli in risarcimento, egli si potrebbe procurare ? Dall'inevitabile
arbitrariet di un calcolo del risarcimento siffatto, c' ben da aspettarsi l'ingiustizia di
una sentenza che dia troppo o troppo poco e l'ingiustizia insita in due sentenze che
risarciscono con somme differenti identici danni.
.Ver che, in materia di danni alla persona, almeno questa seconda forma di
ingiustizia viene eliminata dalla tecnica risarcitoria adottata dai nostri giudici. In che
consiste tale tecnica ? Detto in estrema sintesi consiste in questo. Si attribuisce
all'integrit fisica e alla salute un dato valore, metti un milione. Poi si attribuisce
( pi o meno arbitrariamente ) a questo o a quel organo del corpo umano una
percentuale che la percentuale con cui la malattia o la perdita di quel organo
diminuisce l'integrit o la salute di una persona. A questo punto il calcolo diventa
semplice : tu, Bianchi II, hai, in seguito all'incidente, persa una gamba ? qual' la
percentuale attri
buita alla perdita di una gamba? il dieci per cento ? Allora ti tocca in risarcimento un
milione diviso cento moltiplicato per dieci. Si tratta senz'altro di una tecnica che
riduce il pericolo di una contraddittoriet delle sentenze ( dato che il valore da darsi,
alla salute e ai vari tipi di lesione che la possono diminuire, scritto in tabelle a cui
tutti i giudici debbono uniformarsi) e che anche molto.......democratica, ma si tratta
anche di una tecnica risarcitoria molto rozza: dal momento che il risarcimento ha la
funzione di riportare il danneggiato allo stato di ben esser che aveva prima
dell'incidente, nel calcolarlo si dovrebbe tenere conto dei suoi gusti, dei suoi
interessi, e, perch no? della sua ricchezza (s, anche di questa : se io d centomila,
come risarcimento della gamba amputatigli, a Lazzaro che abituato a dormire sotto
i ponti e a mangiare fagioli e patate, egli si sentir al settimo cielo e perfino potrebbe
spingersi a dire grazie a chi lo ha investito, se li d a un miliardario, questi ci sputer
sopra ).
Ottava noterella Abbiamo visto in una precedente noterella come Rossi, che ha
causato un danno a Bianchi, veda ridotto il suo obbligo risarcitorio in caso di
concorso di colpa di Bianchi. Ricadono per nella previsione legislativa anche casi in
cui Rossi, il danneggiante, vede, nel caso di concorso di colpa del Bianchi, il
danneggiato, non solo ridotto, ma addirittura azzerato il suo obbligo risarcitorio.
Questo risulta dal capoverso dell'art. 1227, che recita : Il risarcimento non dovuto
per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.
Il caso classico di applicazione di tale capoverso il seguente : Bianchi vede che nel
suo appartamento vi un'infiltrazione di acqua partente dal piano superiore :
evidentemente il vicino, Rossi, si dimenticato di chiudere il rubinetto della sua
vasca da bagno. L'infiltrazione potrebbe danneggiare preziosi dipinti appesi alle
pareti : per evitare ci bisognerebbe traslocare in una camera asciutta questi dipinti.
Bianchi non lo fa: i dipinti sono danneggiati. Ora i casi sono due .
Primo caso ( di dolo ): Bianchi non interviene, non fa nulla per salvare i dipinti,
perch fa il ( perverso) ragionamento : Che i dipinti vadano pure in malora, tanto ci
penser il Rossi a ricomprarmene dei migliori. In tale caso, all'azzeramento di ogni
obbligo risarcitorio del Bianchi, si arriverebbe gi con l'applicazione del capoverso
dell'articolo 2055 ( da noi gi richiamato nella precedente notterella sei e ) che,
come si ricorder, stabilisce che, i concorrenti nella causazione di un danno,
debbono risarcirlo in proporzione della loro colpa : nel caso, la colpa ( pi
precisamente, il dolo ) di Bianchi sarebbe tale da rendere insignificante il
risarcimento di Rossi , cosa per cui pi pratico azzerarlo.
Secondo caso ( veramente, di colpa ) : Bianchi rimane inerte, perch non si rende
conto che l'umidit pu danneggiare i dipinti. Come spiegare in questo caso
l'azzeramento dell'obbligo risarcitorio del Rossi ? Non cosa facile. La spiegazione
pi accolta questa : si deve fare carico a Bianchi di tutto il danno ( escludendo del
tutto un obbligo risarcitorio del Rossi ) perch egli ( idest, il Bianchi ) aveva l'obbligo
di correttezza di impedire il danno. A noi questa sembra la classica spiegazione
che....va spiegata. Posto che l'inadempimento di un obbligo pu essere doloso o
colposo, perch mai l'inadempimento colposo di un obbligo, che concorre con il
comportamento colposo di un terzo, deve portare a soluzioni diverse, da quelle
accolte per il caso di un qualsiasi comportamento colposo che concorra con altro
comportamento colposo di un terzo ( soluzioni che, come abbiamo visto,
comportano la ripartizione del risarcimento tra i due autori dei due comportamenti )
? Non si capisce. Il capoverso dell'art. 1227, bisogna riconoscerlo, un vero busillis!
Si applica il primo comma dell'articolo 1227 ( che riduce, ma non annulla, il diritto al
risarcimento del danneggiato in colpa ) nei casi in cui il Bianchi (futuro danneggiato)
si potuto rendere conto del comportamento colposo del Rossi ( questi andava a
velocit eccessiva ) quando, per il suo comportamento colposo ( anche lui andava a
velocit eccessiva ), non poteva porre in essere un comportamento che evitasse il
danno.
Si applica il secondo comma ( che azzera il risarcimento ) nei casi in cui il Bianchi,
dopo essersi reso conto del possibile verificarsi del danno, avrebbe avuto tempo di
adottare un comportamento idoneo a impedirlo, e non l'ha adottato.
Nona noterella - Bianchi, guidando in via Garibaldi a 55 km.h, non riesce ad evitare
quell'investimento di un passante, che invece avrebbe potuto evitare se fosse andato
alla velocit regolamentare di cinquanta km.h. : obbligato a un risarcimento, metti,
di centomila euro.
In via Mazzini, nella stessa ora dello stesso giorno. Rossi guida alla velocit pazzesca
di 100 km.h : ha fortuna, non investe nessuno, nessun risarcimento deve pagare.
Non stride questa soluzione ? Non sembrerebbe giusto che a pagare i centomila euro
fosse il Rossi e non il Bianchi ?
Un altro giorno ma nella stessa via Garibaldi ( dato che ci piaciuto prendere questa
via come teatro dei nostri esempi ) il sig. Lazzaro mal guidando cagiona al sig. Verdi
un danno di un milione; il cui risarcimento la vittima ben difficilmente riscuoter
( Lazzaro, il nome dice tutto, , ahim! nullatenente ).
In via Mazzini, nello stesso giorno e nella stessa ora, il sig. Epulone, anche lui mal
guidando, cagiona il danno di cento al signor Viola, il quale ben sicuro di vedersi
risarcito ( Epulano un miliardario ).
Non stride questa soluzione ? Non sembrerebbe giusto che a Verdi fosse assegnato
come debitore il sig Epulone e a Viola il sig. Lazzaro ?
Nella societ di utopia ( di cui la nostra societ non che una caricatura ) lo Stato,
durante l'anno, prenderebbe buona nota, da una parte, di tutti i comportamenti
negligenti o imprudenti potenzialmente produttivi di un danno e, dall'altra parte, di
tutti i danni verificatisi ; e poi condannerebbe, gli autori dei comportamenti pi
gravemente imprudenti o negligenti, a risarcire i danni, assegnando, ai danneggiati
pi gravemente, i colpevoli pi ricchi e, ai danneggiati meno gravemente, i colpevoli
meno ricchi.
Invece, scesi con i piedi in terra, cosa vediamo ? Vediamo che lo Stato individua,
quelli, tra gli autori di comportamenti imprudenti o negligenti, da condannare al
risarcimento, in base al criterio dell'esistenza di un nesso di causalit tra il loro
comportamento e il danno verificatosi; e che assegna come debitore del
risarcimento di un danno colui che tale danno ha provocato.
E' questo, lo abbiamo visto negli esempi prima fatti, un criterio ben rozzo . Non
meno rozzo di una individuazione mediante sorteggio delle persone da condannare
al risarcimento ( e del resto, forse non che, per pura sorte, Bianchi viene
condannato al risarcimento e Rossi no ? forse non che, per pura sorte, al sig Viola,
che ha subito un danno gravissimo, viene assegnato come debitore un
nullatenente ? ).
Per questo criterio viene preferito (da tutti i legislatori, non solo dal nostro ) al
sorteggio, perch presenta due vantaggi.
Nella prossima noterella vedremo le critiche che, all'adozione del criterio del nesso
di causalit, sono state mosse
Decima noterella - Da quel che abbiamo detto nella precedente noterella risulta
che il giudice pu pervenire alla condanna, mettiamo di Rossi, al risarcimento dei
danni patiti, mettiamo da Bianchi, in base a questo semplice ragionamento : Io,
giudice, condanno Rossi al risarcimento, perch ho accertato : I- che Rossi ha tenuto
il comportamento A; II- che l'ha tenuto con colpa o dolo; III- che vi un nesso di
causalit tra il comportamento di Rossi e l'evento dannoso che ha colpito Bianchi
( dove per nesso di causalit si intende quel che si intende nel parlare comune, in cui
si afferma che, un dato comportamento ha causato un dato evento, quando,
mancando tale comportamento, sarebbe mancato anche tale evento ).
Non pochi Studiosi per ritengono viziato tale ragionamento e ne trovano la prova
nel fatto che in certi casi pu portare a condanne ( secondo loro ) inique. E il vizio
che tali studiosi trovano nel ragionamento sopra riportato, non starebbe nel
concetto di colpa o dolo ( di cui sub II ) , ma nel concetto di nesso di causalit (di cui
sub III ): occorre pertanto sostituire essi sostengono - il concetto di causalit
naturale
( cos essi si riferiscono al concetto di cui sub III) con altri concetti ( di nesso di
causalit ).
A questo punto vediamo due degli esempi, che tali Studiosi danno, per dimostrare la
fondatezza della loro critica ( al concetto di causalit naturale ).
Secondo esempio : Sempre il solito Rossi investe il solito Bianchi, sempre causandogli
lievissime lesioni. Ci nonostante Bianchi va trasportato all'ospedale : purtroppo
durante il tragitto l'autoambulanza viene investita da Tizio, e Bianchi viene ucciso.
In entrambi i casi gli Studiosi di cui sopra pongono la domanda ( retorica) : non
iniquo condannare il Rossi a un risarcimento milionario per aver tenuto un
comportamento, che non era assolutamente prevedibile potesse causare cos gravi
danni ? E, a tale domanda rispondendo positivamente, sostengono che il giudice,
non deve limitarsi a constatare l'esistenza di un nesso di causalit naturale tra un
dato comportamento e il danno, ma deve altres accertare che, in base alle
statistiche ( criterio proposto dai seguaci della teoria della causalit adeguata ) o
in base alle cognizioni scientifiche pi avanzate ( criterio proposto dai seguaci della
causalit scientifica e accolto dalla Corte Suprema di Cassazione ), nessuno potesse
prevedere la possibilit che, dal comportamento del Rossi, sortisse il danno poi
effettivamente verificatosi.
Che cosa si pu contestare alle teorie sopra indicate ( della causalit adeguata e della
causalit scientifica ) ?
Primo, che tali teorie, non vengono a eliminare la necessit di servirsi del criterio
della causalit naturale per stabilire l'esistenza di un obbligo risarcitorio : vengono
semplicemente ad aggiungere a tale criterio un altro criterio - ma con ci, a dir il
vero, non veniamo a fare una contestazione, ma solo un chiarimento, che ci pare,
per, utile per sgombrare il tavolo della discussione da elementi che potrebbero
ingenerare confusione ( confusione gi di per s creata dal nome di nesso di
causalit dato a quel quid pluris perch non chiamarlo Pinco Pallino?! - che, per
arrivare a una condanna, dovrebbe aggiungersi al nesso di causalit vero e proprio )
A questo punto, va notato che, negli esempi portati a dimostrazione della necessit
di liberare Rossi da ogni responsabilit ( per l'iniquit ecc.ecc. ), c' sempre di
mezzo ( queste parole sono usate a ragion veduta ) un terzo su cui accollare il
risarcimento ( il chirurgo maldestro, l'autista che investe l'autoambulanza ). Ed
chiaro il perch : se, per riferirci al secondo esempio, l'autoambulanza fosse stata
distrutta, non da un'altra auto, ma, metti, da una bomba sganciata da un aereo
nemico, per cui liberare Rossi ( il ciclista maldestro ) dall'obbligo risarcitorio,
significherebbe lasciare l'infortunato Bianchi senza risarcimento, la pretesa iniquit
di obbligare Rossi a risarcire apparirebbe ancora ? Noi pensiamo di no.
Questa osservazione ci spinge a domandarci se l'equa soluzione dei casi, proposti dai
fautori delle teorie della causalit adeguata e della causalit scientifica, non vada
basata su una intelligente interpretazione, dell'ultima parte dell'articolo 1223 e del
capoverso dell'articolo 1226. Anche di ci parleremo nella prossima noterella.
Undicesima noterella- Ben pu essere che un evento dannoso, una volta verificatosi,
a sua volta provochi un altro evento dannoso ( che, rispetto all'azione causativa del
primo evento, pu giustamente qualificarsi come danno indiretto ). Esempio : Rossi
versa della stricnina nel vino di propriet di Bianchi rendendolo imbevibile primo
evento dannoso; Bianchi beve il vino avvelenato e muore secondo evento dannoso
(danno indiretto). Altro esempio : Rossi danneggia l'auto di Bianchi primo evento
dannoso; non potendo utilizzare l'auto per recarsi a un convegno d'affari, Bianchi
perde un milione secondo evento ( danno indiretto ) . Altro esempio ancora :
Rossi uccide Bianchi, primo evento dannoso; la moglie di Bianchi e l'amante di
Bianchi, non ricevendo pi l'assegno alimentare, che prima il Bianchi loro passava,
cadono in miseria secondo evento ( danno indiretto ).
A questo punto leggiamo, facendo soprattutto attenzione alla sua ultima parte,
l'articolo 1223 il quale recita : Il risarcimento del danno (..) deve comprendere
cos la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano
conseguenza immediata e diretta.
La ratio di tale articolo viene generalmente rinvenuta, o nella volont del legislatore
di evitare che, chi ha tenuto un comportamento colposo o doloso, venga costretto a
risarcimenti troppo gravosi ( essendo il danno verificatosi troppo grande ) o nella
difficile prevedibilit dei danni indiretti. Ma entrambe le interpretazioni mancano di
un serio fondamento.
A noi sembra che bastino queste poche osservazioni per convincere che l'articolo
1223, senza una radicale opera di correzione da parte dell'interprete, non
applicabile ( e infatti, la stessa Corte Suprema di Cassazione a dire che l'articolo
1223 interpretato alla lettera non applicabile ).
Allora in che senso dovrebbe essere corretto tale articolo ? Secondo noi nel senso
che preveda il caso che, dopo che il comportamento colposo ( o doloso ) di Primus
ha provocato un evento dannoso , vi sia l'intervento di Secundus, che col suo
comportamento potrebbe eliminare o al contrario aggravare il danno gi
verificatosi : si pensi al caso proposto dai fautori della teoria della causalit
adeguata e dai noi riportato nella noterella decima : dopo che Rossi gli ha
provocato lievi lesioni ( evento primo e diretto ) , Bianchi portato all'ospedale
dove deve essere operato dal chirurgo Verdi . Chiaramente il legislatore, in un tal
caso, deve fare il massimo di pressione sul chirurgo Verdi , per spingerlo a fare
l'operazione con la dovuta diligenza. Ora tale pressione sarebbe, non irrobustita, ma
indebolita dalla previsione di un obbligo solidale di Rossi a risarcire il danno
derivante dal fallimento dell'operazione : infatti un obbligo solidale di Rossi
significherebbe riduzione del risarcimento, che il chirurgo dovrebbe dare in caso di
fallimento dell'operazione. Questa non potrebbe essere stata considerata dal
legislatore una buona ragione per esentare, l'autore del primo evento dannoso ( il
Rossi ), dal risarcimento del secondo ( e indiretto ) evento dannoso ( la morte sotto i
ferri di Bianchi ) ? Noi diremmo di s.
Disc. A questo punto, penso che noi si possa passare a una rapida rassegna degli
articoli in cui il Legislatore contempla varie specie di comportamenti colposi.
Cominciamo dallarticolo 2050, il quale (sotto la rubrica Responsabilit per
lesercizio di attivit pericolose) recita: Chiunque cagiona danno ad altri nello
svolgimento di unattivit pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi
adoperati, tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure
idonee a evitare il danno.
Ma a quali attivit pericolose si riferisce il legislatore con larticolo ora riportato?
Dico questo perch ben raro che unattivit non presenti un certo pericolo: solo che
io mi limiti a mettere la mia valigia nella reticella del treno, ecco che ho posto in
essere unattivit pericolosa, dato che la valigia potrebbe cascare in testa ad un altro
viaggiatore.
Doc. Il Legislatore non lo dice; ma sembra chiaro che egli, dettando larticolo in
esame, aveva soprattutto in mente quelle attivit portate dal progresso tecnico, che,
pur provocando dei danni, sono tollerate nel presupposto che le utilit, che danno alla
societ, siano superiori a tali danni.
Disc. Ma, la fondatezza di tale presupposto, si pu verificare solo dopo che, per un
certo periodo di tempo, tali attivit sono esercitate: se, le somme ricavate dal loro
esercizio (e rappresentative delle utilit, di cui il pubblico per il loro esercizio ha
beneficiato), superano le somme dovute a titolo di risarcimento per tutti i danni, da
tali attivit arrecati, solo allora si potr dire che lesercizio di tali attivit
vantaggiosa per la societ.
Ma il legislatore impone allAutorit tale verifica?
Doc. Direi di no: egli sembra affidarsi alla legge del mercato. E in effetti, se
veramente, tutti i danni causati dallattivit (pericolosa), fossero risarciti, qualora
lammontare di tali risarcimenti superasse i ricavi, chi esercita lattivit sarebbe
costretto a dichiarare fallimento, a chiudere.
Disc. Questo per se effettivamente egli fosse obbligato a risarcire tutti i danni. E
cos per larticolo 2050?
Doc. No, non cos. Infatti, dalla lettura di tale articolo, risulta che il Legislatore
esenta dal risarcimento: 1) i danni contro il cui verificarsi la tecnica non offre misure
idonee; 2) i danni che si verificano nonostante ladozione delle misure offerte dalla
tecnica, in quanto esse si limitano a ridurre la probabilit che si verifichi il danno, ma
non lo escludono.
Disc. Quindi risulta dallarticolo 2050, che il legislatore permette lesercizio anche di
attivit la cui utilit per il pubblico inferiore ai danni che esse gli arrecano. Perch
questo?
Doc. Il perch pu essere il pi vario: perch lattivit utile alla difesa nazionale,
perch utile alla salute pubblica, perch si spera che lo stesso esercizio dellattivit
porti a scoprire le misure idonee ad evitare i danni che provoca.
Disc. Quindi i danni non risarciti verranno a essere, in tal caso, una sorta di imposta;
anomala, per, perch viene a gravare, non su tutta la popolazione, ma solo su quella
sua parte, che ha subito tali danni.
Doc. E cos.
Doc. Per nulla. Infatti secondo i principi il danneggiato non ha che da provare che
lesercizio della attivit causativa del danno era pericolosa (alias, che esercitandola
era prevedibile che il danno si sarebbe verificato). Non deve provare che non sono
state adottate misure destinate a ridurre le probabilit che questo si verificasse.
Come che sia, bisogna riconoscere che lonere, imposto a chi esercita unattivit
pericolosa, di dar la prova di aver adottato le misure idonee a evitare il danno, pi
che opportuno. Infatti, gravare di tale onere il danneggiato, significherebbe gravarlo,
il pi delle volte, di un onere, se non impossibile, almeno di difficilissimo
adempimento per lui, in quanto solo chi ha delle cognizioni specialistiche pu, il pi
delle volte, sapere che esistono misure per evitare i danni, che una certa attivit
provoca.
Doc. S, la dico subito, per premettendo che bisogna distinguere tra il caso che il
danno derivi da uno scontro tra veicoli o no.
Nel caso che non derivi da un scontro tra veicoli, va applicato il primo comma
dellart. 2054, che recita: Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie
obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del
veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno
Quindi tu, ragionier Parodi, se hai investito con la tua auto un pedone, per esimerti da
responsabilit, non basta che provi di aver adottato le misure imposte dalla legge,
metti, di essere andato, nel centro abitato, a 50 Km.h., occorre che tu provi che,
andando a tale velocit, non era possibile, a un automobilista perito e attento,
bloccare lauto prima del punto durto.
Disc. Passiamo al caso che il danno derivi da uno scontro tra veicoli.
Doc. Allora va applicato il secondo comma dellarticolo 2054, che recita: Nel caso
di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti
abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli
Se tu, rag. Parodi, ti sei scontrato con lauto del ragionier Brambilla, e la tua auto ha
avuto danneggiato un parafango, spesa per ripararlo, mille, e quella del ragionier
Brambilla ha avuto danni al motore, spesa per ripararli tre mila, siccome si presume
che la tua colpa sia stata uguale a quella del Brambilla, tu dovrai dare
millecinquecento euro a Brambilla e questi dovr dare cinquecento euro a te.
Disc. E se il danno derivato dallincidente non fosse alle cose ma alla persona, metti
se nellincidente il Brambilla si fosse rotto un braccio?
Doc. Allora, si applica il primo comma e il Brambilla avr diritto di aver risarcito
integralmente dal Parodi il danno relativo alla rottura del braccio, se il Parodi non
prova di aver fatto tutto il possibile per evitarlo.
Disc. Metti che lincidente si verifichi mentre alla guida, non il proprietario, il
ragionier Brambilla, ma il figlio. Il ragionier Brambilla risponde dei danni?
Doc. S, a meno che non provi che il figlio si messo alla guida contro la sua volont
(e non basterebbe lespressione solo verbis della volont che lauto non sia usata,
occorrerebbe che il Brambilla avesse adottate le cautele necessarie per impedire luso
dellauto contro la sua volont).
Cos mi pare debba essere interpretato il terzo comma dellarticolo in esame, che
recita: Il proprietario del veicolo,o, in sua vece, lusufruttuario o lacquirente con
patto di riservato dominio, responsabile in solido col conducente, se non prova che
la circolazione del veicolo avvenuta contro la sua volont.
Doc. Ma vedremo che ancor pi severo negli articoli 2051 e 2052, che escludono la
responsabilit del custode salvo che provi il caso fortuito.
Doc. No. Il proprietario non esentato da responsabilit, non solo nel caso di un
difetto di manutenzione, e questo naturale, ma neanche nel caso di un vizio di
costruzione, e questo, bada, anche se tale vizio non era da lui conosciuto o
conoscibile. E questa severa disposizione estesa anche al conducente che
proprietario non , pretendendosi dal legislatore che, chiunque si mette alla guida di
un veicolo, prima accuratamente controlli la sua buona funzionalit
Tutto questo risulta dal quarto comma che recita: In ogni caso le persone indicate dai
commi precedenti sono responsabili dei danni derivanti da vizi di costruzione o da
difetto di manutenzione del veicolo.
Peraltro va notato che la responsabilit per danni, dovuti a vizio di costruzione o di
manutenzione, del proprietario di un veicolo, trova una perfetta corrispondenza
nellarticolo 2053, che prevede una uguale responsabilit per il proprietario di un
edificio.
Disc. Metti questo caso: ledificio di propriet del Brambilla senza vizi e ben
tenuto, per sopravviene una furiosa tempesta che svelle un comignolo e lo
scaraventa sulla strada colpendo un passante: il Brambilla deve rispondere del danno
subito dal passante?
Doc. Tale articolo ci dice (sotto la rubrica Danno cagionato da cose in custodia) che
Ciascuno responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che
provi il caso fortuito.
Doc. Significa che il custode risponde dei danni cagionati dalla cosa custodita, a
meno che questi danni (ancorch astrattamente prevedibili) fossero poco probabili
tanto poco probabili da non imporre a un buon padre di famiglia ladozione di misure
cautelative contro il loro verificarsi.
Disc. Sarebbe giusto dire che nellarticolo in esame il Legislatore adotta il principio
Cuius commoda eius incommoda?
Disc. Va inteso che sia custode solo chi debba custodire la res per un vincolo
giuridico?
Disc. Mi pare chiaro che il Legislatore, nel ritenere la responsabilit del custode
anche per il caso di fuga o smarrimento dellanimale, non fa che applicare il principio
Causa causae est causa causati: certo non si pu pretendere che tu, custode,
impedisca allanimale che rechi danno, dopo che fuggito o si smarrito, per si
poteva pretendere che tu ne impedissi la fuga o lo smarrimento, e per questo rispondi
dei danni da lui provocati.
Disc. La custodia di una res o di un animale, in certi casi, utile alla societ (penso
alla custodia di una mucca che d il latte, che poi troviamo al mercato), in altri casi,
risponde solo a un capriccio del custode (penso a chi detiene leoncini o tigrotti):
linterprete deve tenere conto di ci per valutare pi o meno severamente la
responsabilit del custode?
Doc. Io direi di s. E mi sento confortato in questa risposta positiva dal dettato degli
articoli 2047 e 2048. Si pu dire, sia pure un po semplificando, che tali articoli
riguardano chi ha in custodia, un incapace (articolo 2047), dei minori non
emancipati, delle persone soggette a tutela e degli allievi e apprendisti(art. 2048);
ebbene, in tutti questi casi il custode si pu liberare della responsabilit dando la
prova di non aver potuto impedire levento.
Doc. Certamente non una prova facile a darsi, ma non neanche una prova
impossibile, dato che la formula legislativa va interpretata restrittivamente.
Infatti, il custode dellincapace (art. 2047), per provare di non aver potuto impedire
il fatto, non dovr provare di aver tenuto sempre sottocchio lincapace, baster che
provi di non aver mai creato o lasciato permanere situazioni in cui la incapacit del
custodito potesse dar luogo a danni.
Lo stesso pu ripetersi per il precettore (art. 2048 co.2): questi, per esonerarsi da
responsabilit, non dovr provare la sua continua presenza nel luogo in cui sono gli
allievi, baster che provi di aver adottate, per impedire il verificarsi di eventi dannosi,
le misure disciplinari e organizzative rese opportune dalla maturit dimostrata dagli
allievi (anche, anzi soprattutto, in base a comportamenti da loro precedentemente
tenuti).
I genitori e il tutore (art. 2048 co. 1), a loro volta, si libereranno dalla responsabilit
provando di aver data una buona educazione (se non lavessero data sarebbero
responsabili per culpa in educando) e di aver vigilato sul minore, per nei limiti di cui
si ora detto a proposito della responsabilit del precettore (se non lavessero fatto
incorrerebbero nella c.d. culpa in vigilando).
Disc. Perch larticolo 2048 non prevede, come fa invece larticolo 2047 nel suo
secondo comma, una responsabilit sussidiaria del minore o dellallievo () per il
caso che colui che deve rispondere del suo comportamento illecito, non abbia
provveduto al risarcimento del danno.
Doc. Perch larticolo 2048 si riferisce al caso in cui il minore (lallievo...), sia
capace di intendere e di volere e quindi sia tenuto a rispondere (in solido, col
genitore, col tutore, col percettore....) al risarcimento.
Nel caso invece il minore () fosse incapace, allora si applicherebbe larticolo 2046
(e il minore sarebbe tenuto al risarcimento melius a una equa indennit - nel caso
appunto previsto dal secondo comma dellarticolo 2047.
Disc. Abbiamo finora contemplato il caso che lincapace sia sotto la sorveglianza di
una persona (o di una istituzione, penso alla struttura sanitaria in cui linfermo di
mente ricoverato); ma se lincapace non ha nessuno che sia obbligato a
sorvegliarlo?
Doc. La risposta te la d larticolo 2046, che (sotto la rubrica Imputabilit del fatto
dannoso), recita: Non risponde delle conseguenze del fatto dannoso chi non aveva
la capacit di intendere e di volere al momento in cui lo ha commesso, a meno che lo
stato di incapacit derivi da sua colpa.
Disc. Un chiarimento utile per meglio comprendere, non solo larticolo 2046, ma
anche larticolo 2047: chi va considerato incapace? linterdetto? linabilitato?
Doc. Non per culpa in vigilando, ma per culpa in eligendo; per, s, Parodi ne
risponder (solidalmente) con Bacciccia per il disposto dellarticolo 2049, che (sotto
la rubrica Responsabilit dei padroni e dei committenti) recita: I padroni e i
committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici
e commessi nellesercizio delle incombenze a cui sono adibiti.
Disc. Bianchi viene aggredito da Rossi e per difendersi lo ferisce: Bianchi deve un
risarcimento a Rossi?
Doc.- Il caso di chi si arricchito senza giusta causa previsto e disciplinato, in via
generale, dagli articoli 2041 e 2042; numerose norme poi contemplano e disciplinano
casi particolari di arricchimento senza giusta causa.
Larticolo 2041 - sotto la rubrica Azione generale di arricchimento - recita:
Chi, senza una giusta causa, si arricchito a danno di unaltra persona tenuto,
nei limiti dellarricchimento, a indennizzare questultima della correlativa
diminuzione patrimoniale.
Qualora larricchimento abbia per oggetto una cosa determinata,colui che lha
ricevuta tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda.
A sua volta larticolo 2042 cos chiarisce: Lazione di arricchimento non
proponibile quando il danneggiato pu esercitare unaltra azione per farsi
indennizzare del pregiudizio subito.
Disc.- Veniamo al dunque, quali sono i presupposti a che Caio possa agire contro
Tizio con lazione di arricchimento generale?
Disc. Tanto basta a che Caio possa chiedere a Tizio di essere indennizzato del danno
subito?
Doc.- S, tanto basta. Ma Caio dovr tenere presente che potr chiedere un indennizzo
a Tizio solo nei limiti dellarricchimento da questi avuto: se il danno di sei e Tizio
ha avuto un arricchimento solo di cinque, Caio potr chiedere solo cinque.
Ancora, Caio dovr tenere presente che larricchimento riportato da Tizio dovr
essere valutato con riferimento al momento in cui verr proposta la domanda di
indennizzo: se lincremento di valore del campo di Tizio in seguito allaggiunta
dellappezzamento di terreno avulso doveva, al momento dellavulsione, essere
valutato in cinquemila, ma, per il peggiorare del mercato immobiliare, al momento in
cui lazione proposta va valutato in tremila, Caio pu chiedere solo tremila.
Infine, Caio dovr tenere presente che a Tizio potr chiedere un indennizzo solo nei
limiti dellarricchimento di questi esistente al momento della domanda: se il fiume,
capriccioso, dopo aver incrementato il campo di Caio dellappezzamento avulso al
campo di Tizio, con una nuova ondata si riprende tale appezzamento per portarlo
chiss dove, cosa per cui al momento della domanda il campo di Tizio da nulla risulta
incrementato, Caio potr chiedere a Tizio......nulla.
Disc. Mi sembra di aver capito, ma fammi vedere se ho capito bene. Mettiamoci nel
caso che Marieto, spendendo 150 (centocinquanta), abbia messo s un bel night club:
il night ha successo, e dei bei soldi entrano nel portafoglio del nostro Marieto, ma
ecco il punto, dei bei soldi entrano anche nella saccoccia della Beppa, che ha una
pizzeria a cinquanta metri dal night, pizzeria in cui entra a frotte la gente dopo aver
ballato nel night di Marieto: da quel che ho capito, Marieto potr dire alla Beppa, tu
ora guadagni di pi perch io prima ho tolto dal mio portafoglio centocinquanta per
creare il night, quindi tu, che ti stai arricchendo a mie spese, devi rimborsarmi parte
di quei centocinquanta da me spesi. Sbaglio?
Disc-. Ma se non lavesse avuto, tale incremento, mentre invece la Beppa, lei, s,
lavesse avuto? Mi spiego con un altro esempio forse pi chiaro: il produttore di un
film inserisce in questo una scena in cui il protagonista chiede al bar un certo, preciso
tipo di birra. Il film non fa cassetta, il produttore in passivo; per la fabbrica di
quella birra ha visto, in seguito al film, incrementare le sue vendite: non ti pare
giusto che questa indennizzi (naturalmente nei limiti del suo arricchimento) il
produttore del film?
Doc-. Se il produttore del film riesce a provare che effettivamente lincremento delle
vendite di birra dovuto a questo (e non, metti, a un miglioramento della qualit della
birra, o a un particolare exploit dei suoi piazzisti).........
Disc. A questo punto fai qualche esempio meno romanzesco di danneggiato, che pu
valersi del disposto dellart. 2041, per ottenere un indennizzo.
Disc. A patto che il valore della villa risulti superiore allammontare delle spese. Il
che potrebbe anche non darsi: metti che Tizio, illo tempore miliardario, avesse avuto
lo sghiribizzo di fare costruire la villa in cima a una montagna: ben difficile che si
trovi qualcuno disposto ad acquistare una villa a cui tanto difficile arrivare. Cosa
per cui il valore di questa verr ad essere inferiore alle spese fatte per costruirla.
Doc. Sarebbe una delle tante situazioni in cui noi giuristi dobbiamo dire al
cliente....porti pazienza. Ma lasciami portare un secondo esempio, costruito, non da
me, ma da un autorevole Studioso della materia (dico ci per rassicurarti sulla sua
seriet). In questo esempio entra in ballo larticolo 535 (apri il codice e dacci
unocchiata, ti servir per comprendere meglio il discorso che passo a farti).
Poniamo, ecco lesempio, che Tizio, credendosi in buona fede erede, venda la casa
che apparteneva al de cuius: per larticolo 535 egli, il prezzo, lo deve restituire
allerede ed cosa senzaltro giusta. Ma le spese da lui sostenute al momento di fare
la compravendita (spese per la agenzia immobiliare, spese per lavvocato...)? ce le
deve rimettere? No, si risponde autorevolmente, potr chiedere il loro rimborso
allerede, se sar in grado di provare che la casa si venduta sovraprezzo grazie alla
sua abilit nel trattare laffare.
Disc. Finora abbiamo costruito, noi, dei casi in cui limpoverito ha diritto a un
indennizzo e li abbiamo costruiti in vista di unapplicazione dellarticolo 2041 (che
la norma che, come abbiamo gi visto, in via sussidiaria prevede un diritto di
indennizzo per limpoverito). Mi pare interessante, per, vedere anche dei casi in cui
il legislatore con una norma ad hoc stabilisce (o nega), all'impoverito, il diritto
allindennizzo (per cui larticolo 2041 non entra pi in gioco).
Prima per ti vorrei rivolgere ancora tre domande, soprattutto per chiarire il differente
ambito di applicazione degli istituti della negotiorum gestio e dellarricchimento
senza giusta causa.
Prima domanda: parlando delle negotiorum gestio tu hai detto che il grosso pericolo,
che presenta la sua ammissibilit quello delle c.d. spese imposte: Tizio, il
dominus, viene costretto a rimborsare cento al gestore per la riparazione fatta da
questi al tetto, mentre egli avrebbe ritenuto pi urgente spendere quelle cento per
riparare il muro di cinta, che minaccia di crollare: tale pericolo (delle spese
imposte) non sussiste anche concedendo a Caio, limpoverito, il diritto di chiedere a
Tizio, larricchito, un indennizzo?
Doc. No, non sussiste. E vero che Tizio, aprendo il portafoglio per pagare
lindennizzo, si priva di quei cento, che avrebbe potuto pi utilmente spendere in
altro modo. Quel che importa per che il pagamento dellindennizzo, essendo
limitato allarricchimento, non incide sul budget programmato prima: Tizio, prima di
avere larricchimento, aveva programmato di spendere tot per A e tot per B e continua
ad avere la possibilit di fare tali spese, anche se indennizza Caio.
Disc. Ed ecco la seconda domanda: abbiamo visto, parlando della negotiorum gestio,
che il legislatore fa obbligo al gerito di rimborsare le spese al gestore, anche se
laffare, prima, utiliter coeptum, poi, si rivela di nessuna utilit. Perch identica
soluzione non adottata anche in materia di azione ex art. 2041?
Doc. Perch allora effettivamente, il pericolo per una persona di essere coinvolta in
spese inconsulte dalliniziativa di un terzo, ci sarebbe, eccome! Pensa al caso di
Marieto, che vuole fare il commerciante (senza averne la stoffa) e spende fior di
quattrini per aprire un night, che poi non d soldi: forse giusto che la Beppa venga
coinolta nelliniziativa pazzoide di Marieto e debba sopportare parte delle spese da
questi ideate, solo perch. ..se liniziativa avesse avuto successo anche lei si sarebbe
arricchita?!
Disc. Terza e ultima domanda. Per quale ragione il legislatore dovrebbe preoccuparsi
che limpoverito sia indennizzato dallarricchito, se il danno del primo non causato
dalla colpa del secondo? Per rifarci allesempio da te prima fatto, perch il legislatore
dovrebbe preoccuparsi che Caio, il quale ha subito un danno dallonda di piena del
fiume, sia indennizzato da Tizio a cui, londa di piena, verso di lui tanto benefica
quanto malefica era stata verso Caio, ha regalato (senza un suo pur minimo
intervento, senza sua colpa) un appezzamento di terreno (sia pure lo stesso
appezzamento di terreno rubato a Caio)?
Doc. Io mi rendo conto delle tue perplessit: si comprende che il legislatore, come
abbiamo visto, obblighi il gerito al rimborso delle spese che sono state necessarie per la
gestione (spese che sono altrettanti danni per il gestore): infatti questo un modo per
pungolare una persona a intraprendere quella gestione che eviter il deterioramento o la
perdita di uno dei beni costituenti la ricchezza nazionale. Si comprende ancora che il
legislatore, come vedremo trattando la materia del risarcimento del danno (art.2043
ess), obblighi Tizio, che ha causato per colpa un danno di cento a Caio, a risarcire
questo, dandogli cento: infatti la societ ha beneficio se il portafoglio delle persone, che,
come Caio, fino a prova contrario sono da considerarsi diligenti amministratori dei beni
loro affidati (dalla societ), di tanto si ingrossa quanto dimagra quello delle persone,
che, come Tizio, si sono dimostrate negligenti (e tali si dimostreranno presumibilmente
ancora nellamministrazione dei beni loro, dalla societ, affidati). Ma perch, riprendo
la tua domanda, il legislatore dovrebbe costringere Tizio (larricchito) a indennizzare
Caio (limpoverito), dato che quello non ha nessuna colpa dellimpoverimento di
questo?
Ebbene non c ununica risposta a questa tua domanda, ma ce ne sono varie, cos
come sono vari i casi dellarricchimento di una persona conseguente
allimpoverimento di unaltra. E queste risposte sono certe volte facili, certe altre
volte difficili, com difficile quella relativa al caso, a cui tu ti sei, poco prima,
riferito.
Disc. Ebbene comincia a dare la risposta pi difficile : perch, in caso di avulsione
(art. 944), Tizio, larricchito, deve indennizzare Caio, limpoverito.
Doc. Io penso che questo perch vada visto nel fatto che il legislatore sente come
un danno per la societ la destrutturazione di un patrimonio destrutturazione che
pu verificarsi a seguito di un improvviso danno, dal dominus, subito.
Doc. Pensa a Caio, che fa lagricoltore: per rimediare allo shock di un danno subito,
deve vendere il trattore; ma, vendendo il trattore, mangia per quellanno, e poi, non
potendo pi coltivare la terra, lanno venturo, per procurarsi pane e companatico,
costretto a vendere il suo fondo a Cornelio, che, al contrario di lui, non fa il contadino
ma lavvocato. Senonch questo fondo ha unorganizzazione (il pollaio, la conigliera,
il capannone per gli attrezzi) che, utile per un agricoltore, non utile per lacquirente-
avvocato, che pertanto la spazza via (ci che comporta distruzione di beni - il pollaio,
la conigliera ecc. - beni costituenti la ricchezza nazionale). Ecco cosa intendo per
destrutturazione di un patrimonio. Stando cos le cose si comprende perch il
legislatore cerchi, quando pu farlo, di evitarla. E, per venire al punto che qui ci
interessa, il legislatore ritiene di poterlo fare, nei casi in cui pu eliminare o alleviare
limpoverimento di una persona, prelevando in modo indolore i necessari soldi da un
altro patrimonio; cos com nel caso dellesempio da te fatto: Tizio, che si
arricchito in seguito allavulsione, portato a non lamentarsi (troppo), se, la parte dei
beni di cui si arricchito, gli tolta per eliminare limpoverimento di Caio: perch?
ma perch su tali beni non si era abituato a fare conto e quindi ne pu fare a meno
senza sofferenza.
Doc. Una risposta molto pi facile si pu dare al perch il dominus, arricchitosi per
i miglioramenti apportati al bene dal suo possessore (in buona o mala fede, poco
importa), deve indennizzare questi dalle spese sostenute per farli.
Doc. Il perch dato dalla volont di incentivare il possessore alla migliore gestione
del bene posseduto: Tranquillo Caio, fai del tuo meglio per aumentare il valore e la
produttivit del bene, sapendo che, se il dominus si far vivo, tu non avrai lavorato
per niente: avrai pur sempre diritto a un indennizzo per i miglioramenti fatti.
E, la prova del nove che, la ratio dellobbligo di indennizzo, quella che ho detto, la
trovi nel fatto che, invece, il locatario, se fa dei miglioramenti, non ha diritto a un
indennizzo (v. art. 1592): il locatario non ha diritto a un indennizzo perch egli ha gi
il suo incentivo a compiere i miglioramenti, nel fatto che sicuro che, per tanti anni
quanti sono quelli corrispondenti alla durata della locazione, egli, tali miglioramenti,
potr goderseli.
Disc. Torniamo a Caio-possessore. Quindi egli sa che qualunque opera costruisca sul
fondo da lui posseduto, metti una strada, metti addirittura una casa, per mal che vada,
sar sempre indennizzato delle spese fatte.
Doc. Questo non lho detto; e non lho detto perch non sempre unopera costituisce,
dal punto di vista del dominus (punto di vista che lunico che conta) un
miglioramento; metti che Caio abbia costruita la casa di cui al tuo discorso, ma che
Tizio, il proprietario, abbia in progetto di costruire un grattacielo nello stesso posto in
cui la casa si trova: in questa ipotesi, la casa non potrebbe essere considerata da lui un
miglioramento, ma un ostacolo da eliminare.
Disc. E allora? Come si risolve nel caso la controversia tra Caio, che vorrebbe
lindennizzo per le spese fatte per costruire la casa, e Tizio, che, invece, lo nega?
Doc. Si risolve come indicato nellarticolo 936: spetta a Tizio decidere se la casa per
lui costituisce un miglioramento o no. Se la considera un miglioramento e pertanto
decide di ritenerla, potr farlo o pagando il valore dei materiali e il prezzo della
mano dopera o pagando laumento di valore recato al fondo - e naturalmente
sceglier questa seconda alternativa quando laumento di valore del fondo (idest, il
suo arricchimento) inferiore al valore delle spese sostenute per la sua costruzione
(idest, al impoverimento di Caio). Come vedi, nel punto, larticolo 936
praticamente in linea col disposto dellarticolo 2041.
Disc. Mettiamoci ora in un caso, per cui mi pare pi difficile trovare una spiegazione:
Caio d a Tizio cento credendosi debitore verso di lui di cento, mentre, invece, Tizio
non pu vantare nessun credito (di cento) n verso di lui n verso qualsiasi altra
persona ; oppure anche, mettiamoci nel caso che Caio dia cento a Tizio credendosi
debitore verso di lui di cento, mentre il reale debitore Sempronio. E chiaro e
intuitivo che in entrambi i casi va riconosciuto il diritto di Tizio a riavere indietro i
soldi erroneamente dati; pi difficile giustificare razionalmente tale soluzione.
Doc. E chiaro fino a un certo punto che Tizio debba restituire lindebito ricevuto.
Infatti, sia nel primo caso (caso cos detto di indebito oggettivo) sia nel secondo
(caso cos detto di indebito soggettivo) potrebbero intervenire delle complicazioni,
che potrebbero rendere dubbia quella soluzione che tu vedi tanto chiara.
Doc. Nel primo caso potrebbe accadere che, chi ha ricevuto il pagamento indebito,
ritenendolo dovuto, abbia speso i soldi, cos ricevuti, per spese, di cui altrimenti si
sarebbe astenuto: Tizio ha venduto il cavallo C a Caio e realizza, con i soldi cos
ricevuti, un sogno da lungo tempo coltivato: un viaggio nella favolosa India. Per il
contratto aveva un vizio che ne provoca lannullamento. Pertanto ex post, il credito,
che Tizio credeva di avere verso Caio, non c pi: giusto in un tal caso obbligare
Tizio a risputare tutti i soldi ricevuti? La risposta a questo quesito (che il legislatore
saggiamente rifiuta di dare) potrebbe ben essere dubbia. (4)
Doc. Io tale ratio la vedrei nellinteresse dello Stato a scegliere, nelle soluzioni che
d alle controversie, quella meno dolorosa; in quanto, tale soluzione meno
dolorosa, anche quella che determina la minore tendenza alla ribellione, in chi
la subisce e quindi pone meno in pericolo lordine pubblico. Ora la soluzione meno
dolorosa quella di obbligare alla restituzione chi ha ricevuto il pagamento, in
quanto, cos facendo, egli non deve che rinunciare ad un arricchimento - e tale
rinuncia meno dolorosa del sopportare un impoverimento - quellimpoverimento
che dovrebbe sopportare chi ha pagato lindebito, se non avesse diritto alla
restituzione del pagato.
Note
(1) Val la pena di notare, per la precisione, che, quel che determina laumento di valore del campo
di Tizio, la volont legislativa di attribuire a questi la propriet dellappezzamento di terreno,
non, in s e per s, levento naturalistico dellavulsione dellappezzamento di terreno e il suo
trasporto nel fondo di Tizio.
(2) Questo linsegnamento della Giurisprudenza. Ma, in realt, non sempre cos. Si pensi a
questo caso: Caio, credendosi erede, vende un bene rientrante nellasse ereditario, sostenendo
spese per pagare lagenzia immobiliare. Si fa vivo il vero erede e a lui, per il secondo comma
dellarticolo 535, Caio deve restituire il prezzo ricavato dalla vendita. Nessuno pu dubitare, per,
che Caio abbia diritto ad essere indennizzato delle spese sostenute per questa, se grazie alla sua
abilit nel trattare laffare ha spuntato un prezzo superiore a quello che offriva il mercato
(sovraprezzo che costituisce larricchimento senza giusta causa dellerede). Tuttavia, come si pu
facilmente constatare, il fatto che ha determinato il danno per Caio (pagamento dellagenzia)
diverso dal fatto che ha determinato larricchimento dellerede (fatto che, si ripete, da vedersi
nella vendita a sovraprezzo del bene).
3)A ben guardare, quel che esclude un diritto di Caio allindennizzo (per il suo impoverimento
conseguente al trasferimento del diritto di propriet sul bene donato da lui a Tizio), sic et
simpliciter....la volont legislativa di escludere lindennizzo. Volont legislativa che si argomenta
dal semplice fatto, che, se il legislatore concedesse al donante un diritto di indennizzo, con ci
stesso renderebbe un non-senso la donazione.
4) E, per dare la risposta giusta, occorrerebbe operare delle distinzioni. Prima di tutto,
bisognerebbe distinguere il caso di chi ha ricevuto il pagamento in buona fede, dal caso di chi lo ha
ricevuto in mala fede. E chiaro che, chi ha ricevuto in mala fede, deve restituire tutto quanto ha
ricevuto. Se, invece, era in buona fede, bisogner distinguere ancora il caso in cui il vizio era
dovuto a colpa di chi ha effettuato il pagamento, da quello in cui invece era dovuto a colpa della
sua controparte.
5) La soluzione da darsi al caso la d larticolo 2036 disponendo, nel suo primo comma, che la
ripetizione non ammessa, e nel suo terzo comma, che quando la ripetizione non ammessa
colui che ha pagato, subentra nei diritti del creditore.
6) La soluzione, in caso di perimento o deterioramento, data dallarticolo 2037, nei suoi commi 2
e 3, che recitano: Se la cosa perita, anche per caso fortuito, chi lha ricevuta in mala fede
tenuto a corrisponderne il valore; se la cosa soltanto deteriorata, colui che lha data pu
chiedere lequivalente, oppure la restituzione e unindennit per la diminuzione del valore Chi ha
ricevuto la cosa in buona fede non risponde del perimento o del deterioramento di essa, ancorch
dipenda da fatto proprio, se non nei limiti del suo arricchimento.
7)La soluzione del caso data dallarticolo 2038, che recita: Chi avendo ricevuta la cosa in
buona fede, lha alienata prima di conoscere lobbligo di restituirla tenuto a restituire il
corrispettivo conseguito. Se questo ancora dovuto, colui che ha pagato lindebito subentra nel
diritto dellalienante. Nel caso di alienazione a titolo gratuito, il terzo acquirente obbligato, nei
limiti del suo arricchimento, verso colui che ha pagato lindebito. - Chi ha alienato la cosa ricevuta
in mala fede, o dopo aver conosciuto lobbligo di restituirla, obbligato a restituirla in natura o a
corrisponderne il valore. Colui che ha pagato lindebito pu per esigere il corrispettivo
dellalienazione e pu anche agire direttamente per conseguirlo. Se lalienazione stata fatta a
titolo gratuito, lacquirente, qualora lalienante sia stato inutilmente escusso, obbligato, nei limiti
dellarricchimento, verso colui che ha pagato lindebito.
LIBRO QUARTO
Diritto di famiglia
Doc. Io ti rispondo a mia volta con una domanda: interesse della Societ che i suoi
membri non vivano ciascuno separatamente dallaltro, ciascuno nel suo
appartamentino, con la sua televisione, il suo cucinotto ecc.ecc. - ma si aggreghino e
coabitino insieme?
Doc. Altra domanda: interesse della Societ che Caio e Caia, non solo coabitino, ma
si aiutino vicendevolmente: ad esempio, se luno malato, laltro gli procuri il cibo,
gli compri le medicine, gli chiami il dottore ecc.?
Disc. Certo che interesse della Societ che ci avvenga: perch se non avvenisse,
toccherebbe alla Societ, o meglio alla sua espressione, lo Stato, provvedere a Caia (o
a Caio) quando cadono malati, quando insomma si trovano in stato di bisogno
(pagando un infermiere, una badante, comprando il cibo di cui necessitano e che non
si possono procurare....).
Doc. Unultima domanda: interesse della Societ, dello Stato, che le culle non
rimangano vuote, che nuove generazioni, nuove energie, vengano a sostituire le
vecchie generazioni, le energie ormai usurate; vengano a sostituirle,voglio dire, nel
lavoro produttivo, nellideazione, insomma nellattivit propulsiva del progresso
umano? ed ancora, interesse dello Stato che vi sia chi allevi ed educhi la prole?
Disc. Certamente, s.
Doc. Ebbene, rispondendo s alle tre domande che ti ho fatto, ti sei dato anche la
spiegazione del perch lo Stato abbia interesse ad invogliare luomo e la donna a
instaurare, come dicono i canonisti, un consortium omnis vitae, cio, come vedremo
meglio in seguito, un rapporto personale che implichi la disponibilit di ciascuno di
loro a soccorrere laltro nello stato di bisogno e crei loccasione per la nascita di
nuovi cittadini.
Disc. A questo punto mi devi spiegare cosa lo Stato pu fare per invogliare Caio e
Caia a costituire questo famoso consortium totius vitae: garantire loro un aiuto nel
reperimento di un alloggio, dare loro delle agevolazioni fiscali?
Doc. Certamente si, anche questa tutela, che definirei esterna, della coppia serve ad
invogliare Caio e Caia a formare una famiglia; e dir di pi: trattasi di una tutela
doverosa, perch, come abbiamo visto, il formarsi di una famiglia solleva lo Stato
di numerose spese. Per la pi importante, non questa tutela esterna, ma quella
interna.
Doc. La tutela dellinteresse che Caia (o, viceversa, Caio) ha che il partner, una volta
che la famiglia si costituita, tenga certi comportamenti: Caio dice a te, Caia, che
una volta che starai con lui non ti far mancare il pane e il companatico, non ti
tradir, ecc; e tu, Caia, titubi temendo che siano promesse scritte nel vento, promesse
destinate a volatilizzarsi dopo qualche anno (o qualche giorno...) di convivenza?
Ebbene, non temere, non titubare, ci sono qua, io, Stato italiano, pronto ad usare la
forza di coazione di cui dispongo per costringere Caio a mantenere le sue promesse:
gli impegni morali che ora lui prende, io li trasformer in obblighi giuridici.
A questo tipo di garanzia io, grosso modo, intendo riferirmi quando parlo di
tutelainterna, che lo Stato pu assicurare a chi vuole fondare una famiglia: lo
vedremo meglio, quando approfondiremo gli obblighi giuridici che dal matrimonio,
ai coniugi, derivano.
Disc. S, certo, minacciare Caio (o Caia) di una sanzione giuridica, se non tengono
questo o quel comportamento, pu servire; ma non molto, se nella Societ sono
presenti forti spinte in senso contrario: tu, Legislatore, imponi fai A e tutto nella
Societ spinge perch Caio non faccia A.
Doc. Comprendo quel che vuoi dire, la tutela della famiglia implica la tutela della
morale famigliare. E i buoni Legislatori bene lo sanno (chi non ha in mente lAra
pacis con il pio Augusto che con tutta la famiglia va a rendere onore agli Dei?!). E
anche il nostro Legislatore lo sa. E non mi riferisco solo al Legislatore del Codice
Penale (al Legislatore del reato di Violazione degli obblighi di assistenza, art. 570
C.P., del reato di maltrattamenti, art. 572 C.P. ecc.), ma anche al Legislatore del
nostro Codice Civile, il Codice che qui soprattutto ci interessa: noi vedremo, parlando
degli impedimenti alla celebrazione del matrimonio, che alcuni di essi (in specie, gli
impedimenti derivanti dalla consanguineit, da delitto) mirano ad evitare la
formazione di famiglie, che diano scandalo, offendano e ledano cio la morale
famigliare.
Disc. Tutto giusto, tutto bene quel che dici; ma a me pare che il principale in questa
materia che Caio e Caia si vogliano bene, stiano bene insieme.
Doc. Certamente s; ed per questo che il consenso di Caio e Caia al formarsi della
famiglia per lo Stato fondamentale: per dirla con i canonisti, Matrimonium facit
consensus partium.
E non solo lo Stato vuole che gli interessati diano il loro consenso al formarsi della
famiglia, ma vuole che lo diano in forma solenne: il matrimonio non un contratto
che si firma davanti al notaio, ma un atto che si celebra davanti a un pubblico
ufficiale, il Sindaco, seguendo un dato rituale, quello che si trova descritto negli
articoli 106, 107; questo, non solo per rendere i nubendi consapevoli dellimportanza
degli obblighi che vanno ad assumere, ma anche proprio per circondare la famiglia
legale di un alone di particolare rispetto.
Disc. Hai citato gli articoli 106, 107: non meglio leggerli?
Doc. Certo. Larticolo 106 recita: Luogo della celebrazione Il matrimonio deve
essere celebrato pubblicamente nella casa comunale davanti allufficiale di stato
civile al quale fu fatta la richiesta di pubblicazione.
Ed ecco come suona lart. 107: Forma della celebrazione - Nel giorno indicato dalle
parti lufficiale di dello stato civile, alla presenza di due testimoni, anche se parenti,
d lettura agli sposi degli articoli 143, 144, e 147; riceve da ciascuna delle parti
personalmente, luna dopo laltra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere
rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in
matrimonio.
Latto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione.
Disc. Tu prima avevi detto che la famiglia legale si costituisce in forza del consenso
degli interessati; ma non questo risulta dallarticolo 107 che hai letto: infatti tale
articolo richiede solo il consenso dei nubendi, di Caio e di Caia, mentre il matrimonio
di Caio e di Caia produce effetti giuridici anche nei confronti di terzi (che sono quindi
interessati al suo compimento): ad esempio risulta dallart. 433 che il padre di Caio
diventer con il matrimonio obbligato agli alimenti verso Caia, diventata sua nuora;
e, per fare un altro esempio, dallarticolo 582 risulta che il fratello di Caia (o di Caio)
vedr ridursi la sua quota di eredit, in caso di premorienza della sorella Caia, in
seguito al concorso di Caio, diventato suo cognato.
Tutto questo mi sembra che faccia a pugni col principio espresso dal capoverso
dellarticolo 1372, che recita: Il contratto non produce effetto rispetto a terzi (....).
Doc. Tu non hai torto; e se anche un Professore universitario potrebbe obiettarti che,
larticolo da te citato, si riferisce ai contratti, mentre il matrimonio tale non
considerato, io capisco quel che vuoi dire: ingiusto che Caio e Caia con un loro atto
di volont facciano nascere obblighi in capo a terzi. E ingiusto lo davvero, ma
uningiustizia inevitabile; se non altro perch, il numero degli interessati a un
matrimonio (in quanto toccati dai suoi effetti), pu essere tale da rendere
praticamente impossibile la richiesta del consenso di tutti loro.
Disc. Si potrebbe per almeno chiedere il consenso del capo della famiglia.
Doc. Un tempo era cos: il consenso del padre degli sposi era ancora richiesto dal
Codice Napoleone e anche dal Codice italiano del 65. E ancora per lungo tempo il
costume sociale stigmatizz chi si sposava contro il consenso dei genitori. Ora,
chiaro, tutto cambiato.
Disc. E del resto non sarebbe giusto impedire a Caia e a Caio di sposarsi solo perch
il padre e la madre si oppongono al loro matrimonio.
Disc. Tu hai presa finora in considerazione nei tuoi esempi una coppia eterosessuale:
Caio, un uomo, Caia, una donna. Questo come se fosse inconcepibile che lo Stato
desse a una coppia omosessuale quella stessa tutela che d alla coppia eterosessuale.
A me pare, invece, che il rifiutare tale tutela sia assurdo e ingiusto: forse che
quellaiuto reciproco, di cui tu prima parlavi, non si pu attuare tra persone dello
stesso sesso? forse che oggigiorno le tecniche di procreazione assistita non
permettono a due persone dello stesso sesso di avere dei figli? forse che tali persone
non possono prendersi cura dei figli cos nati?
Disc. Per altri, e sempre pi numerosi la pensano per fortuna in modo differente e
non temono la perdita del piacere che d leros: forse che un uso intelligente delle
droghe non potr sostituirlo?! Ma non perdiamoci in questi discorsi: non siamo
moralisti ma giuristi: a noi interessa di una questione solo la soluzione che ne d il
legislatore: il legislatore equipara nella sua tutela la coppia eterosessuale e la coppia
omosessuale, in altre parole, d modo anche alla coppia omosessuale di formare una
famiglia legale?
Doc. Sul punto, come ti dicevo, aperta una discussione che verte soprattutto
sullinterpretazione da darsi al primo comma dellarticolo 29.
Disc. Dalla tua lettura sembrerebbe che, secondo i nostri Padri Costituenti, la famiglia
abbia dei diritti diritti che non derivano dallo Stato. Il che mi sembra inficiato da un
triplice errore: primo, lerrore di personificare la famiglia, che di per s solo
unastrazione concettuale; secondo, lerrore di attribuire alla famiglia dei diritti,
mentre, se mai, dei diritti possono competere solo alle persone che la compongono;
terzo, lerrore di ritenere che tali diritti non derivino dallo Stato, mentre ogni diritto
non pu che derivare dallo Stato, come unica Organizzazione della forza capace di
imporre coattivamente le condotte, necessarie alla tutela dei vari interessi in conflitto
nella societ.
Doc. Quel che dici giustissimo: tali errori ci sono, ma sono comuni un po a tutte le
Costituzioni, che amano usare nei loro articoli parole immaginose e roboanti che
sembrano dir tutto e...non dicono nulla; permettendo cos ai loro interpreti, se cos
vogliamo chiamarli, di dar loro quei contenuti che pi loro aggrada.
Comunque sembrerebbe di capire che i Padri Costituenti volessero, con la
disposizione in oggetto, ammonire il Legislatore ordinario a non immutare o a
immutare solo in via eccezionale e con grande prudenza i poteri e i diritti che la
Legge ben sintende, la Legge vigente illo tempore - attribuiva ai vari membri della
famiglia. Questo sotto linflusso del consiglio, che un grande matrimonialista aveva
dato: e cio che lattivit del Legislatore dovesse arrestarsi rispettosa....sulla soglia
del diritto di famiglia.
Non , per, questo il senso che alcuni interpreti della Costituzione, se cos vogliamo
chiamarli, attribuiscono al comma in oggetto.
Essi infatti partano dal presupposto che non esista solo uno, ma pi tipi di famiglie.
Doc. Sia nel senso che diversi possono essere i soggetti che tra di loro si aggregano
impegnandosi a un aiuto reciproco: possono essere, un uomo e una donna; due
uomini; due donne. Sia nel senso che diversa pu essere lentit dellimpegno che tali
soggetti sono disposti ad assumere: laiuto che sono disposti a darsi, il tempo per cui
sono disposti a impegnarsi a darlo
Disc. Quindi il massimo comune denominatore di tali aggregati, quello che dovrebbe
permettere di riconoscere in ciascuno di essi una famiglia, sarebbe limpegno dei
loro componenti a un aiuto reciproco.
Disc. S, a questo si riduce per tali interpreti il consortium omnis vitae di cui parlano i
canonisti! Comunque, per giungere rapidamente alla conclusione del nostro discorso,
diciamo che, partendo dal presupposto che esistono vari tipi di famiglie, tali interpreti
attribuiscono alla Costituzione, la volont di tutelare, non il tipo di famiglia esistente
nellormai lontano 1948, ma ogni e qualsiasi tipo di famiglia, cio la famiglia in s.
Altro articolo a cui si richiamano, i fautori dellequiparazione della coppia
eterosessuale alla coppia omosessuale, larticolo 2, che recita: La Repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili delluomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalit, e richiede ladempimento dei
doveri inderogabili di solidariet politica, economica e sociale.
Doc. Questa effettivamente una cosa pi seria. E infatti nulla vieta al Legislatore di
graduare la tutela di una coppia a seconda della seriet dellimpegno, che disposta
ad assumersi. Tu, Caia, sei disposta a convivere con Caio natural vita durante (salvo
situazioni che rendano veramente insopportabile la convivenza), sei disposta ad
essergli fedele ecc.ecc.? Se cos, io, legislatore, ti riconosco il diritto: al
mantenimento vita natural durante, a una quota A di successione, agli alimenti dal
padre di Caio ecc. ecc. Tu, Caia, invece, non Ti senti di impegnarti troppo a lungo nel
tempo? Se cos ti riconosco solo il diritto al mantenimento per anni tot, alla quota B
di successione, e...basta. Chiaro che, quel che ho fatto, un esempio di fantasia,
valido solo per mostrarti la possibile logicit di una tutela della c.d. famiglia di fatto,
che lasci inalterato lalone di rispetto e di privilegio, che deve avere la coppia
disposta a un consortium omnis vitae
Disc. Ma di questa tutela di grado inferiore gode gi la famiglia di fatto?
Doc. - Lesigenza di formarsi una famiglia tanto radicata nelluomo, che il negarla a
una persona pu bloccare larmonioso evolversi della sua personalit. Per questo i
canonisti ad essa si riferiscono come a un ius connubi.
E tuttavia lo Stato ritiene che vi siano motivi tanto gravi da giustificare il rifiuto di
tale diritto naturale delluomo.
Disc. Quindi lo Stato non interviene solo per dichiarare la nullit di un matrimonio,
ma prende delle misure a che a un matrimonio nullo non si arrivi.
Disc. A questo punto direi che opportuno passare, sia pure rapidamente, in rassegna
i vari impedimenti. Cominciamo da quelli che mirano a garantire la seriet del
consenso.
Doc. E allora parliamo dellimpedimento legato allet dei nubendi. Per il primo
comma dellart. 84 i minori di et non possono contrarre matrimonio. Possono
contrarlo i sedicenni solo per gravi motivi e solo se viene accertata dallAutorit
giudiziaria la loro maturit psico-fisica.
E evidente il perch del limite dellet: si presume che il minore di diciotto anni non
abbia la capacit (la habilitas direbbero i canonisti) necessaria: primo, per
comprendere (in forza della cultura acquisita e dello sviluppo intellettuale raggiunto)
la natura degli obblighi che, col matrimonio, va assumere; secondo, per valutare la
seriet dei suoi sentimenti e il suo possesso delle forze psichiche e di carattere per
sopportare le prove, che il matrimonio pu apportare (i canonisti parlerebbero al
proposito di possesso della necessaria discretio); terzo, per disciplinare e dominare
quegli impulsi che potrebbero portare a decisioni infauste (la libertas dei canonisti,
che non si limita solo alla libertas ab extrinseco, cio alla capacit di resistere alle
pressioni e ai condizionamenti esterni, ma comprende anche la libertas ab intrinseco,
cio la capacit di dominare i propri impulsi).
Disc. Non detto che chi ha raggiunto i diciottanni abbia tutta quella habilitas di cui
tu parli.
Doc. E lo dimostra il numero dei matrimoni che va a rotoli; daltra parte lo Stato non
ha la possibilit di operare sul punto i necessari controlli.
Disc. Non ha questa possibilit ex ante; ma la potrebbe avere ex post, qualora fosse
chiamato a decidere sulla validit di un matrimonio.
Doc. No, neanche ex post ce lha; o almeno Egli ritiene di non averla, data la
complessitt e la sottigliezza delle questioni, che la valutazione della maturit
psichica di una persona comporta: vedremo, studiando larticolo 122, che lo Stato
dichiara la nullit del matrimonio, solo se uno degli sposi ha dato il suo consenso
privo di quella libertas ab extrinseco, a cui prima ho accennato (non rilevando la
libertas ab intrinseco) e solo in quanto indotto da alcuni errori, per di pi
tassativamente indicati (e in cui non viene fatto rientrare neanche quello errore di
diritto- che nella nostra materia potrebbe ravvisarsi nellerrore sulla natura degli
obblighi, che dal matrimonio derivano - che per larticolo 1429 giustifica
lannullamento di un contratto qualsiasi).
Veniamo ora allaltro impedimento alla celebrazione del matrimonio: linterdizione.
Esso previsto dallart. 85 che recita. Non pu contrarre matrimonio linterdetto per
infermit di mente.
Disc. A me sembra che le critiche che tu muovi al legislatore siano in gran parte
rese infondate dallistituto dellamministrazione di sostegno: infatti, il risultato da
te auspicato (cio, la possibilit per linterdetto di sposarsi), si pu ottenere molto
semplicemente chiedendo la revoca dellinterdizione e la sua sostituzione con la
amministrazione controllata: ai sensi del comma quattro dellart. 411 il giudice
tutelare nel provvedimento con il quale nomina lamministratore di sostegno o
successivamente pu disporre che (soli) determinati effetti limitazioni o decadenze
previsti da disposizioni di legge per linterdetto...si estendano al beneficiario
dellamministrazione di sostegno: quindi pu disporre che lex-interdetto decida
liberamente se vuole sposarsi e con chi.
Piuttosto, quid iuris nel caso il provvedimento di nomina dell amministratore di
sostegno estenda al beneficiario la incapacit, propria dellinterdetto, a contrarre
matrimonio? sorge da ci per il beneficiario un impedimento alle nozze?
Disc. Comincio a leggere lart. 87: Non possono contrarre matrimonio tra loro:1) gli
ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali; 2)i fratelli o le sorelle
germani, consanguinei o uterini; 3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote; 4)gli affini in
linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui laffinit deriva da matrimonio
dichiarato nullo o sciolto o per il quale stata pronunziata la cessazione degli effetti
civili; 5)gli affini in linea collaterale in secondo grado; 6)ladottante, ladottato e i
suoi discendenti; 7) i figli adottivi della stessa persona; 8) ladottato e i figli
delladottante, 9) ladottato e il coniuge delladottante, ladottante e il coniuge
delladottato.
Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio,
sentito il pubblico ministero, pu autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai
numeri 3 e 5,, anche se si tratti di affiliazione.
Lautorizzazione pu essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4, quando
laffinit derivava da matrimonio dichiarato nullo (.).
Domanda: ma perch tutti questi divieti, tutti questi limiti al diritto di sposarsi?
Doc. Perch lincesto rompe un tab: quello che rappresenta come cosa nefanda gli
atti sessuali tra i membri della stessa famiglia.
Tab questo estremamente utile alla salvaguardia dellunit e dellarmonia della
famiglia stessa. Perch se si intrufolasse, metti, nella testa di Caio, che non c nessun
male (che non cosa nefanda) avere rapporti sessuali con la figlia adottiva ti sto
facendo un esempio tra i tanti che si possono fare ebbene egli sarebbe tentato di
avere tali rapporti tanto pi che, la propinquitas della persona concupita, li
renderebbe estremamente facili. E ci creerebbe un intuitivo turbamento nella vita
famigliare: i rapporti tra Caio e la figlia adottiva perderebbero quella seriet che, il
compito educativo del primo nei confronti della seconda, richiede; in Caia, la moglie
di Caio, il semplice pensiero che il marito attratto dalla figlia adottiva, le farebbe
sentire questa come una rivale e distruggerebbe lamore che invece dovrebbe portarle
e cos via.
Disc. Non quindi per ragioni eugenetiche, cio per impedire il nascere di una
figliolanza tarata, che il Legislatore pone i divieti di cui stiamo discorrendo.
Doc. No, perch se cos fosse non si spiegherebbe lesistenza di tali divieti anche nei
confronti di persone a cui non vi un legame di sangue (affini, figli
adottivi).
Disc. Penso di poter passare a leggere larticolo 88, che recita: Non possono
contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali luna stata condannata per
omicidio consumato o tentato sul coniuge dellaltra (..).
Mi pare evidente che limpedimento alle nozze stabilito da questo articolo mira a
disincentivare il coniugicidio.
Doc. Questa la interpretazione prevalente; che forse sarebbe valida per il diritto
canonico, dove per limpedimentum formulato in maniera diversa che nellarticolo
da te ora letto; precisamente formulato cos: Qui intuitu matrimonii cum certa
persona ....huius coniugi vel proprio coniugi mortem intulerit, invalide hoc
matrimonio attentat (Chi al fine di contrarre matrimonio con una data persona, il
coniuge di questa o il proprio coniuge uccide, non ha diritto a contrarre tale
matrimonio).
La formulazione,invece, dellarticolo 88 non conforta per nulla tale interpretazione.
Infatti, se essa fosse giusta, si dovrebbe pensare che limpedimento sussiste solo se il
gesto omicida fu compiuto con lintenzione di contrarre matrimonio col coniuge della
persona che si o si cercato di uccidere (e non quando il gesto omicida fu
compiuto, metti, con lintenzione di compiere una rapina). Il che dallarticolo 88 non
risulta. Ancora, se fosse valida questa interpretazione (idest, limpedimento stabilito
per disincentivare il coniugicidio ecc) ci si dovrebbe aspettare che anche lomicidio
del proprio coniuge (Caio non uccide il coniuge di Caia, ma la propria moglie)
dovrebbe costituire un impedimento al matrimonio. Il che dallart. 88 non risulta.
Disc. E allora?
Disc. Da che deriva il divieto della poligamia, che larticolo 86 sancisce? Dalla
sessuofobia, che per lungo tempo caratterizz la Religione venuta a predominare in
Occidente: il matrimonio deve essere solo un remedium concupiscientiae, quindi mal
si concilia con la poligamia considerata come un modo per moltiplicare le possibilit
di lussuria?
Doc.Direi di no, dato che anche nellantica Roma la poligamia era vietata.
Probabilmente la monogamia si giustifica con ragioni, diciamo cos politiche: il
primo matrimonio crea una sorta di alleanza tra le famiglie dei due sposi: alleanza
che un secondo matrimonio (una seconda alleanza con unaltra famiglia) potrebbe
turbare e contraddire.
Disc. Leggo ora larticolo 108, che per collocato, non pi nella sezione intitolata a
Le condizioni necessarie per contrarre matrimonio (idest, agli impedimenti), ma
nella sezione quarta intitolata Della celebrazione del matrimonio: evidentemente il
Legislatore non considera lelemento, di cui andiamo a parlare, come un
impedimento.
Doc. S, non lo considera tale; ma tale invece , e noi tale lo consideriamo. Leggi.
Disc. Non pu contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo
scioglimento, dallannullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente
matrimonio
Disc. Abbiamo visto cos quali sono gli impedimenti alla celebrazione del
matrimonio. Ma se il matrimonio, nonostante tutto viene celebrato, esso sar sempre,
necessariamente da considerarsi nullo?
Doc. No, non sempre cos. E tradizionalmente gli impedimenti si distinguono, in
quelli che, in caso di celebrazione del matrimonio, si trasformano in cause di nullit
(c.d. impedimenti dirimenti) e in quelli che, in cause di nullit, non si trasformano
(c.d. impedimenti semplici). Esempio di impedimento semplice - lunico esempio
per che nel nostro Ordinamento si pu portare, se non erro quello previsto
dallart. 89: se la donna si sposa prima del trascorrere dei 300 giorni, il matrimonio
nonostante che sia stato celebrato eludendo un preciso della Legge, valido.
Il fatto che lannullamento di un matrimonio, come gi ho avuto modo di rilevare,
presenta varie conseguenze negative; cosa per cui il nostro Legislatore cerca in ogni
modo di evitarlo.
Disc. Quali sono i modi con cui il Legislatore evita lannullamento del matrimonio?
Doc. No; almeno non in egual misura. In alcuni casi questa limitazione massima:
sono i casi previsti dagli articoli: 120 (matrimonio celebrato in stato di incapacit
naturale di intendere e di volere), 121 (matrimonio celebrato per errore o violenza),
123 (matrimonio simulato): in tali casi la legittimazione a proporre limpugnazione
riservata solo ai diretti interessati: allincapace di intendere (art. 120), al coniuge che
ha subito violenza o caduto in errore (art. 121), ai coniugi simulatori (art. 123).
Disc. Questa limitazione della legittimazione, la capisco nei casi previsti dagli articoli
120, 121: se Caio, che ha celebrato il matrimonio ubriaco fradicio, passata la sbornia
si accorge che Bacco in fondo lo consigli bene; se Caia, che celebr il matrimonio
con Caio per paura di essere riempita di botte dai fratelli, passata la paura deve
convenire che in fondo i fratelli maneschi furono saggi nella scelta del marito,
ebbene...contenti loro, contento il mondo.
Non capisco per la limitazione stabilita dallarticolo 123, la limitazione della
legittimazione ai soli coniugi simulatori: a me sembrerebbe in tal caso pi opportuno
che fosse data almeno al pubblico ministero la possibilit di smascherare la
simulazione.
Disc. Pu essere che tu abbia ragione: vediamo ora i casi in cui la limitazione della
legittimazione minima.
Doc. Sono i casi previsti dagli articoli 117 (matrimonio del minore, del bigamo,
dellincestuoso, dellattentatore alla vita del coniuge dellaltro) e 118 (matrimonio
dellinterdetto): sono, questi, casi in cui limpugnazione viene concessa anche al
pubblico ministero, al tutore (in caso di interdizione), allaltro coniuge, a parenti (che
gli articoli 117 e 119 individuano un po diversamente a seconda delle diverse cause
di nullit), e (salvo il caso di nullit dovuta a minore et) a tutti coloro che abbiano
alla impugnazione un interesse legittimo e attuale (vedi melius lart. 119).
Disc. Tale estensione della legittimazione ben si comprende nel caso dellinterdetto e
del minore: se, prima, si ritiene Caio incapace di comprendere lerrore che sta
facendo sposandosi e sposandosi con Caia, poi, si deve anche ritenere Caio incapace
di comprendere di aver fatto un errore a sposare Caia (a ogni errante, ben si sa,
lerrore sembra verit!): di conseguenza altri debbono essere messi in grado di
provvedere per lui.
Ma perch, tale estensione della legittimazione, in caso del matrimonio del bigamo,
dellincestuoso, dellattentatore alla vita del coniuge dellaltro?
Doc. Perch interesse pubblico far cessare al pi presto loffesa ai boni mores o
allordine pubblico, che il perdurare di tali matrimoni rappresenta.
Disc. Andiamo avanti: passa a un altro dei modi usati dal Legislatore per evitare
lannullamento di un matrimonio.
Doc. Terzo modo per evitare lannullamento del matrimonio: la sanatoria della
nullit.
Sanatoria - che ovviamente esclusa nei casi in cui il perdurare del matrimonio
offenderebbe i boni mores o lordine pubblico (matrimonio, dellincestuoso, del
bigamo, dellattentatore al coniuge dellaltro) - sia pure a condizioni diverse
ammessa in tutti gli altri casi.
Doc. Cos solo in due casi eccezionali, di cui subito ti dir. Nella maggior parte dei
casi, per, a giustificare il venir meno dello ius impugnandi o , come nel caso della
simulazione, la semplice convivenza come coniugi dopo la celebrazione, nulla
importando il tempo in cui durata (vedi il co.2 art.123) oppure la coabitazione
(non pi convivenza) protrattasi, questa s, per un certo periodo di tempo,
precisamente per un anno, cos come nel caso, di nullit dovuta a interdizione (vedi
co.2 art. 119), di nullit dovuta a incapacit naturale (vedi il secondo comma art.
120), di nullit dovuta a violenza ed errore (vedi comma due art. 122).
Disc. E i due casi eccezionali, di cui dicevi, in cui basta a estinguere lo ius
impugnandi solo il decorso del tempo?
Doc. Riguardano il caso della nullit per minore et (al minore, una volta diventato
maggiorenne, e quindi unico titolare dello ius impugnandi, concesso solo un anno
per esercitarlo vedi co. 2 art.117) e il caso della nullit per simulazione (al coniuge
simulatore concesso solo un anno per impugnare e neanche quello, come abbiamo
gi detto, se inizia una convivenza more uxorio con laltro coniuge simulatore vedi
co. 2 art. 123).
Doc. E infatti non cos: non vero che il Legislatore nega lo ius impugnandi a Caio
e a Caia, che hanno coabitato per un anno, perch pensa che, il protrarsi di una
coabitazione per cos lungo tempo, dimostri che essi hanno raggiunto il tacito accordo
di convivere come marito e moglie. E vero invece che il Legislatore minaccia a Caio
e Caia di privarli dello ius impugnandi se la loro coabitazione superer lanno: e
infatti, quanto pi si protrae la coabitazione di Caio e Caia, tanto pi aumenta la
possibilit di quelle complicazioni (si pensi solo al concepimento di un figlio), che
ancor pi aggroviglierebbero la gi aggrovigliata matassa generata dalla nullit del
loro matrimonio.
Disc. Perch Caio I e Caia I, che hanno contratto un matrimonio viziato da errore o
violenza, se non coabitano, possono anche aspettare pi anni a chiedere
lannullamento; mentre Caio II e Caia II, che hanno contratto un matrimonio
simulato, anche se non coabitano debbono debbono esercitare a pena di decadenza lo
ius impugnandi entro un anno? e perch il Legislatore parla nellarticolo 123 (che
riguarda la simulazione) di convivenza e nellarticolo 122 (come del resto negli
articoli 120 e 119) parla di coabitazione?
Disc. Prima di passare a commentare, sia pure brevemente, gli articoli che prevedono
le varie cause di nullit, dimmi, a proposito del matrimonio, si ha da parlare di
nullit o di annullabilit?
Doc. In certi casi si deve parlare di annullabilit (ad esempio in caso di matrimonio
celebrato in stato di incapacit naturale di un coniuge, o per un errore di cui questi sia
rimasto vittima), in altri casi di nullit (ad esempio nel caso del matrimonio del
bigamo e in genere in tutti i casi di matrimonio celebrato con violazione degli
impedimenti posti a tutela dei boni mores e dellordine pubblico), in altri ancora si
deve addirittura parlare di inesistenza (ad esempio in caso di matrimonio celebrato
davanti a un ufficiale di stato civile falso e di cui i coniugi conoscono la falsit ch
se non la conoscessero il matrimonio sarebbe perfettamente valido - v. melius
lart.113).
Disc. Ma hanno rilievo pratico tali distinzioni tra annullabilit, nullit e inesistenza
del matrimonio?
Doc. Come subito balza agli occhi, larticolo distingue le ipotesi di matrimonio
contratto per violazione degli articoli, 86 (matrimonio del bigamo), 87 (matrimonio
incestuoso), 88 (matrimonio dellattentatore alla vita del coniuge dellaltra),
dallipotesi di cui allart.84 (matrimonio del minore). E infatti, nelle prime tre ipotesi
(tutte relative a violazione di impedimenti posti a tutela dei boni mores e
dellordine pubblico) diversa che nella quarta la natura dellinvalidit (che quella
della nullit nelle tre prime, e della annullabilit nella quarta) e, in particolare, la
legittimazione a farla valere.
Disc. E infatti vedo che, s, tanto nelle prime tre ipotesi quanto nella quarta
concessa la legittimazione (a impugnare) ai coniugi e al pubblico ministero, ma poi,
ecco la diversit, mentre nelle prime tre ipotesi, la legittimazione concessa anche
agli ascendenti e a tutti coloro che abbiano per impugnare un interesse legittimo e
attuale, nella quarta ipotesi, la legittimazione viene riconosciuta solo ai genitori (e
non si parla pi di ascendenti e di persone che abbiano ad impugnare un interesse ecc.
ecc.).
Ecco, allora, la prima domanda che ti voglio porre: chi pu dire di avere un interesse
legittimo e attuale allimpugnazione?
Doc. Io direi che pu dirlo chi, dallesistenza del matrimonio, vede affermato un suo
obbligo o negato un suo diritto, quando delladempimento dellobbligo gi stata
avanzata pretesa e dellesercizio del diritto sono gi attuali i presupposti.
Disc. Abacadabra: fai chiarezza con un esempio.
Doc. Il matrimonio di Caio e Caia nullo perch incestuoso: Caio muore e Caia
chiede di concorrere alleredit in danno dei fratelli di Caio: a questi va riconosciuto
lo ius impugnandi.
Disc. Ma tale tua interpretazione davvero molto restrittiva: in base ad essa, i figli
del primo matrimonio, non potrebbero (almeno prima che divenga attuale un loro
diritto alla successione o agli alimenti) impugnare il secondo matrimonio del bigamo:
quindi dovrebbero assistere impotenti allo scandalo del padre, che si creato una
nuova famiglia. E lo stesso pu ripetersi per la moglie, ben sintende, la moglie del
primo matrimonio
Doc. Nulla impedisce ai figli di fare un esposto al pubblico ministero che, se lo riterr
fondato, potr, lui, s, proporre impugnazione. Quanto alla moglie, essa senzaltro ha
diritto allimpugnazione; e, anche a prescindere dal dettato dellarticolo 124 (che
espressamente gliela riconosce) lavrebbe anche adottando linterpretazione del
comma primo da me proposta: infatti il secondo matrimonio nega e offende il suo
diritto alla fedelt di Caio nei suoi confronti.
Disc. Leggo nel secondo comma che la azione di annullamento pu essere proposta
personalmente dal minore non oltre un anno dal raggiungimento della maggiore et.
La domanda, proposta dal genitore o dal pubblico ministero, deve essere respinta ove,
anche in pendenza del giudizio, il minore abbia raggiunto la maggiore et ovvero vi
sia stato concepimento o procreazione e in ogni caso sia stata accertata la volont del
minore di mantenere in vita il vincolo matrimoniale.
Ora, io comprendo che il Legislatore possa non ritenere pi opportuno, rimettere ai
genitori e al pubblico ministero la decisione sullannullamento del matrimonio,
quando vi sia stato concepimento o procreazione: tali eventi infatti creano problemi
di cos grande delicatezza, che necessariamente essi vanno rimessi solo alla decisione
del coniuge per,ecco il punto, il coniuge, non minorenne, ma che ha raggiunto la
maturit necessaria per affrontare tali problemi delicati. Pi in genere mi pare assurdo
rimettere la decisione, sulla proponibilit e/o proseguibilit dellazione di
annullamento di un matrimonio, a chi si ritenuto tanto immaturo da non poter
decidere se contrarlo: infatti mi pare che occorra lo stesso grado di maturit sia per
decidere se fare un atto sia per decidere se disfare un atto: per cui se Caio ritenuto
immaturo per la prima decisione, deve essere ritenuto immaturo anche per la seconda
decisione.
Disc. E allora?
Doc. Allora, sia pure forzando la lettera della legge, si deve ritenere che il giudice,
adito dal p.m. e dai genitori, non chiuda il processo (con una sentenza di rigetto) una
volta che intervenuta la dichiarazione del minorenne (o il concepimento ecc.), ma
semplicemente lo sospenda, conservando nonostante tale sospensione il potere di
ordinare la separazione dei coniugi.
Disc. Passiamo ora allarticolo 119, che recita: Il matrimonio di chi stato interdetto
per infermit di mente pu essere impugnato dal tutore, dal pubblico ministero e da
tutti coloro che abbiano un interesse legittimo se, al tempo del matrimonio, vi era gi
sentenza di interdizione passata in giudicato, ovvero se la interdizione stata
pronunciata posteriormente ma linfermit esisteva al tempo del matrimonio. Pu
essere impugnato, dopo revocata linterdizione, anche dalla persona che era
interdetta.
Lazione non pu essere proposta se, dopo aver revocata linterdizione, vi stata
coabitazione per un anno.
Doc. Quindi, la nullit del matrimonio pu essere dichiarata per infermit mentale,
solo se vi sia stata una sentenza che abbia dichiarata, per tale infermit, linterdizione;
poco importa che tale sentenza sia stata pronunciata prima o dopo il matrimonio.
Doc. In tal caso riterrei che occorra vedere se il giudice tutelare che per lart.411
co.4 pu disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da
disposizione di legge per linterdetto si estendano al beneficiario - abbia ritenuto, o
no, di escludere in questi il potere di contrarre matrimonio: se s, il matrimonio dovr
considerarsi nullo.
Doc. Non lo capisci perch parti da un presupposto erroneo, che cio lomissione del
riferimento allattualit dellinteresse sia semplicemente dovuta ad un lapsus: non
cos: tale omissione si deve invece ritenere voluta dal legislatore, proprio per
controbilanciare lesclusione dei genitori e degli ascendenti dalle persone a cui
espressamente riconosciuto lo ius postulandi: io, legislatore, non attribuisco
espressamente a te, genitore, a te, ascendente, lo ius postulandi, ma in compenso vi
tolgo, quellimpedimento allesercizio di tale diritto, rappresentato da lattualit
dellinteresse a impugnare.
Disc. Ci evidente: un vecchio detto suona: se le famiglie sono felici, le citt sono
felici, se le citt sono felici, tutta la nazione felice.
Doc. Non per nulla cos, ma nel nostro mondo occidentale queste sono le idee che
sono venute a predominare e da cui il legislatore si lascia condizionare. Tale essendo
il ragionamento, che ispira la nostra Legge, diventa logico che Essa ritenga invalido il
matrimonio quando le facolt dei nubendi e mi riferisco non solo alle facolt di
raziocinio, ma anche a quelle del sentimento e della volont sono gravemente
turbate e alterate. Caio e Caia diventano allora come un barometro guasto, che non d
pi affidamento di segnare il tempo giusto: che abbiano detto s allufficiale di stato
civile, non pi indice di una riuscita del loro matrimonio: questo pertanto viene dal
Legislatore ritenuto nullo e, bada, tale viene ritenuto, anche se non provato che
Caio e Caia abbiano commesso un qualche errore sposandosi. Questo punto
interessante. Infatti vedremo, commentando larticolo 122, che solo eccezionalmente
il Legislatore d rilievo agli errori in cui i nubendi siano caduti: se Caio si lamenta
Ho sbagliato: credevo di sposare un santa e ho sposata una donnaccia, il
Legislatore gli risponde Peggio per te: lhai sposata e te la tieni, ma se Caio si
lamenta Povero me, ero ubriaco e ho sposato una donnaccia o anche si limita a
lamentarsi Povero me, ero ubriaco, il Legislatore gli annulla il matrimonio, e glielo
annulla senza chiedergli nessuna prova, che, la sua incapacit di intendere, lha
condotto a compiere un errore!
Disc. Ma quanto deve essere grave la turbatio di cui sono vittime Caio e Caia (o il
solo Caio o la sola Caia) per dare luogo allannullamento?
Doc. Il legislatore non lo dice; ma la logica vuole che tale turbatio, per portare
allannullamento, sia talmente grave da escludere che il s, pronunciato da Caio, sia
attribuibile alla sua personalit (da escludere la suitas dellatto, direbbe un penalista):
Caio, vero, ha detto s, ma quel s non gli appartiene, perch lha pronunciato
sotto linflusso di Bacco: chi ha pronunciato quel s, non il vero Caio, impiegato
perfetto, assennato nelle sue decisioni ecc.ecc., ma un altro Caio, un Caio impulsivo,
senza freni, pasticcione, che porta lo stesso nome ma non corrisponde al vero Caio:
giusto quindi che questi non resti vincolato da tale si.
Disc. Lincapacit di Caio quindi non va misurata con un metro oggettivo, non va
misurata con riferimento alla capacit del bonus pater familias.
Doc. Perch, ritenere la rilevanza dellerrore sulle qualit, anche se dettato dalla
logica, sconsigliato dalla difficolt di accertare, di tale errore, lesistenza: Caio
sostiene di aver sposato Caia perch, e solo perch, la riteneva una buona casalinga:
s, ma, per cominciare, non facile, e comunque prenderebbe una enorme quantit di
tempo ai nostri gi oberati tribunali, accertare se Caia o no una buona casalinga; e
soprattutto tuttaltro che facile accertare, se lerrore, che lamenta Caio stato
veramente causam dans (perch ci richiederebbe unindagine nel foro interno di
Caio, e come si fa?! solus Deus est scrutator cordium!).
Doc. Questo vero, ma anche vero che lerrore sullidentit , s, un errore sulle
qualit, ma, prima di tutto, un errore sulle qualit che, facendo eccezione alla
regola, di solito accertabile con indagini che non investono il foro interno (dato che
tale errore risulta di solito da scambi epistolari, fotografie et similia); in secondo
luogo, un errore che riguarda, non una sola qualit, ma un fascio, una molteplicit
di qualit: Caia voleva sposare Rossi Luigi, perch alto di statura, ama la musica
classica, gli piace far passeggiate, e si trova sposata con Rossi Carlo, che bassotto di
statura, ama il jazz, odia camminare ecc.: un uomo tutto diverso da quello che voleva
sposare!
Disc. Ma tu, che citi cos spesso i canonisti, perch non dici qual la soluzione da
essi adottata?
Doc. Il diritto canonico d rilevanza, oltre che allerror in persona, anche allerror
qualitatis, purch questo sia redundans in personam; e, se sono riuscito a ben
comprendere i ragionamenti sottili dei nostri cugini canonisti, perch tale possa
essere considerato, lerrore, non solo deve essere causam dans (esempio di error
causam dans dato da S. Alfonso de Liguori: voglio sposare una nobile, quale reputo
esser Tizia - trasposto ai nostri tempi: Voglio sposare un cittadino italiano, e per
questo sposo Caio); ma, oltre a questo, deve rispondere ad altri requisiti, che, da
quel che ho compreso, mirano soprattutto a facilitare laccertamento della effettiva
principalit dellerrore: ci mi pare soprattutto risultare evidente nel primo dei
requisiti pretesi da S. Alfonso de Liguori: che cio, la qualit erroneamente ritenuta,
sia stata apposta quale conditio sine qua non: chiaro che, quando la richiesta di una
certa qualit viene espressa (cio, non pi nel cor celata), la sua prova non
richiede pi unindagine nel foro interno del coniuge, quindi di molto facilitata.
Doc. Quel che dici sostanzialmente vero, e pu spiegare perch il diritto canonico
ritenga (col canone 1098) la nullit del matrimonio di chi matrimonium init
deceptus dolo, ad obtinendum consensum patrato, circa aliquam alterius partis
qualitatem, quae suapte natura consortium vitae coniugalis graviter perturbare
potest (di chi celebra il matrimonio, raggirato con dolo ordito per ottenere il
consenso, circa una qualit dellaltra parte, che per sua natura pu perturbare
gravemente la comunit di vita coniugale). Col risultato di dare indirettamente
rilevanza anche ad errori diversi da quello in persona (i canonisti citano come esempi
di tali errori, diversi da quello in persona, anche se pur sempre capaci di graviter
perturbare consortium vitae coniugalis, quelli vertenti su: lo stato di gravidanza
ab alio, una malattia contagiosa, la tossicodipendenza, la commissione di certi delitti)
Doc. Questo probabilmente per sgombrare le nostre aule di giustizia delle troppo
sottili questioni, che affaticano quelle dei tribunali ecclesiastici. Peraltro, come
vedremo parlando della separazione personale dei coniugi, molti di quegli errores in
qualitate ritenuti irrilevanti per lannullamento del matrimonio, riacquistano rilevanza
per il nostro Ordinamento, se causati dal comportamento doloso dellaltro coniuge,
come causa di addebito della separazione (art. 151 co.2).
Disc. Come dire che, ci che si cacciato dalla porta, lo si fa rientrare dalla finestra.
Doc. Non proprio, perch al coniuge (in buona fede), in caso di nullit, vengono
riconosciuti diritti molto minori, di quelli riconosciuti al coniuge, a cui la separazione
non va addebitata: lo vedremo meglio parlando del matrimonio putativo.
Disc. Ma ritorniamo allarticolo 122: non poi vero che il nostro legislatore chiuda
assolutamente la porta a tutti gli errores in qualitate: egli infatti, nel secondo comma
dellarticolo in esame, riconosce limpugnabilit del matrimonio per effetto non
solo di errore sullidentit della persona ma altres di errore essenziale su qualit
personali dellaltro coniuge; e, nel successivo comma tre, elenca (sia pure in
maniera chiaramente tassativa) ben cinque diversi tipi di errores in qualitate: li
vogliamo conoscere meglio di quel che permette una frettolosa lettura dellarticolo?
Doc. Certo, per prima dobbiamo premettere due osservazioni di carattere generale:
Prima osservazione: la rilevanza dellerrore va esclusa se (vedi lincipit del terzo
comma) tenute presenti le condizioni dellaltro coniuge (idest, del coniuge in errore)
si accerti che (egli) non avrebbe prestato il suo consenso, se le avesse esattamente
conosciute: come vedremo, un coniuge pu chiedere lannullamento, se ignorava
che laltro era stato condannato per delitti particolarmente gravi, ma, metti che Caio
sia stato condannato per un delitto politico e Caia abbia le sue stesse idee politiche,
Caia non potrebbe impugnare il matrimonio, perch si dovrebbe ritenere accertato
che Caia, anche se avesse conosciuto della condanna, avrebbe dato il suo consenso
(questo, almeno se la condanna fosse stata gi scontata; pi discutibile diventerebbe il
caso, se si trattasse di una condanna a molti anni ancora da scontare).
Seconda osservazione: nulla rileva, che lerrore sia stato o no indotto da un
comportamento colposo o doloso dellaltro coniuge: anche se Caio non ha fatto nulla
per nascondere la sua malattia, ma questa comunque era ignorata da Caia, il
matrimonio annullabile. E cos, nulla rileva il comportamento doloso o colposo del
coniuge in difetto: anche se qualsiasi altra persona si sarebbe accorta del difetto di
Caio, e lei, no, Caia pu chiedere lannullamento.
Tanto premesso possiamo davvero cominciare lesame dei vari errores in qualitate; e
naturalmente cominciamo da quello indicato nel numero 1: lerrore sulla esistenza di
una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali da
impedire lo svolgimento della vita coniugale.
Disc. Quindi se Caia scopre che Caio impotente (tanto per citare unanomalia
sessuale) o omosessuale (tanto per citare una deviazione sessuale) oppure
schizofrenico o diabetico (tanto per citare delle vere e proprie malattie) pu
impugnare il matrimonio?
Doc. Non detto. Perch il matrimonio sia impugnabile infatti occorrono i seguenti
tre presupposti:
che lhandicap, diciamo cos, dellaltro coniuge esistesse gi al momento della
celebrazione del matrimonio;
che lhandicap fosse grave tenendo per presente che, per essere considerato tale,
non occorre che fosse tale da impedire la vita in comune, basta che fosse tale da
renderla intollerabile (e senza dare a tale aggettivo una interpretazione meno
elastica e benevola di quella che gli si d nellambito dellarticolo 151 sulla
separazione giudiziale semmai il contrario: quel che pu essere considerato
doverosamente tollerabile nel caso di una convivenza che ha gi dato luogo ad
unintimit forse protrattasi per anni, pu essere ritenuto intollerabile nel caso tra i
due coniugi non si sia ancora instaurata una consuetudo vitae). La gravit
dellhandicap va poi esclusa quando esso eliminabile con cure non pericolose per la
salute e il cui esito positivo rientri nella normalit (ma se il coniuge handicappato si
rifiuta a tali cure laltro coniuge ha diritto alla separazione con addebito).
Che, come gi si detto, si accerti che, non solo il coniuge (che vuole impugnare)
abbia al momento della celebrazione ignorato lhandicap dellaltro, ma che non
avrebbe prestato il suo consenso al matrimonio se lo avesse esattamente conosciuto.
Quindi il matrimonio tra Caia e Caio perfettamente valido anche se questo affetto
da impotenza o omosessuale, se Caia era a conoscenza di tale anomalia o
deviazione sessuale: per il nostro Ordinamento il bonum prolis non rientra tra i bona
del matrimonio. Tutto al contrario per il diritto canonico, limpotenza, anche se
conosciuta e accettata al momento della celebrazione, determina la nullit del
matrimonio, poich nei bona di questo vien fatto rientrare - oltre che il bonum fidei (il
bene della fedelt) e il bonum sacramenti (il bene dellindissolubilit) - appunto
anche il bonum prolis.
Doc. Daccordo, possiamo fare ununica trattazione di tali errores. Dove per non
sono daccordo con te, nel ritenere che la ratio della nullit, indotta da essi, sia da
ravvisarsi nel pericolo che corre il coniuge che ne stato vittima: e infatti che
pericolo corre Caia, se Caio stato condannato, s, a cinque anni, ma per un delitto
politico?! La ratio della nullit piuttosto la ravviserei nel fatto che il marchio di
infamia, che i precedenti penali imprimono nel coniuge pregiudicato, potrebbe
essere fonte di imbarazzo e addirittura di difficolt nella vita sociale per laltro
coniuge.
Disc. Comunque sia, mi pare interessante che, per escludere la nullit, non basti la
possibilit anche forte che il coniuge pregiudicato ottenga nel tempo la riabilitazione,
ma occorre che questa gi risulti ottenuta al momento della celebrazione:
evidentemente il legislatore non ritiene giusto addossare, al coniuge in errore, il
rischio di una mancata concessione della riabilitazione. E ci conforta la tesi, da te
avanzata a proposito dellerrore sullesistenza, diciamo cos, di un handicap, che il
semplice fatto della sua eliminabilit non esclude la nullit, a meno che la sua
eliminazione non dipenda da altro che dalla buona volont del coniuge handicappato.
Ovvio, poi, mi pare che il matrimonio non sia impugnabile fino a che la sentenza non
sia passato in giudicato: fino a che non si certi che Caio sia colpevole, giusto che
Caia sia vincolata dal matrimonio.
Doc. Non direi che, fino a che la sentenza non passata in giudicato, Caia sia
vincolata dal matrimonio. Proprio il fatto che il Legislatore fa lipotesi di una
sentenza di condanna non ancora passata in giudicato, fa pensare che la nullit (e
quindi la cessazione del vincolo) si abbia come conseguenza della semplice pendenza
del processo al momento della celebrazione del matrimonio, se esso si conclude con
una sentenza passata in giudicato. E ci significa che il matrimonio ha da considerarsi
invalido fin dal momento della celebrazione del matrimonio, anche se, da tale
momento fino al passaggio in giudicato della sentenza, si crea una situazione di
incertezza sulla sua validit (situazione che abbiamo del resto gi incontrata nel caso
in cui il coniuge-bigamo, convenuto per la nullit del secondo matrimonio, opponga
la invalidit del primo e quindi occorra, per accertare la validit del secondo
matrimonio, aspettare che passi in giudicato la sentenza che decide sulla invalidit del
primo).
Disc. A questo punto ci rimane da dire sullerror in qualitate previsto dal numero 5
che recita (lerrore sulle qualit essenziale purch riguardi) lo stato di gravidanza
causato da persona diversa dal soggetto caduto in errore in errore, purch vi sia stato
disconoscimento ai sensi dellarticolo 233, se la gravidanza stata portata a termine.
Primo dubbio: il coniuge impugnante deve ignorare lo stato di gravidanza oppure che
tale stato deriva ab alio.
Disc. Secondo dubbio: si deve intendere che Caio pu impugnare il matrimonio, sia
che la gravidanza non sia stata portata a termine sia che sia stata portata a termine (in
questo secondo caso per occorrendo il disconoscimento) oppure si deve intendere
che Caio pu impugnare solo se la gravidanza stata portata a termine e lui ha
effettuato il disconoscimento?
Disc. Dobbiamo ora passare a trattare dellaltro vizio della volont, che pu
invalidare il matrimonio: la violenza. Larticolo 122 contempla questo vizio nel suo
primo comma recitando: Il matrimonio pu essere impugnato da quello dei coniugi
il cui consenso stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale
gravit derivante da cause esterne allo sposo.
Nulla quaestio a proposito del consenso estorto con violenza. Con tale espressione
il legislatore si riferisce chiaramente ai casi di violenza fisica - casi tanto facili a
immaginarsi in teoria, quanto difficili a verificarsi in pratica; (e tuttavia un esempio di
vis phisica si pu trarre da un fatto storico: Margherita di Valois, interrogata dal
celebrante se vuole sposarsi tituba - perch, innamorata del principe di Cond, non
vuole andare sposa a Enrico IV -, il fratello se ne accorge e le d sulla nuca un
energico colpo che le fa abbassare la testa, ci che viene interpretato dal compiacente
celebrante come un segno di assenso). E chiaro che ben difficile che un celebrante
non si accorga di una violenza fisica e che accorgendosene non si rifiuti di celebrare
il matrimonio.
Passiamo pertanto a parlare del consenso determinato da timore di eccezionale
gravit derivante da cause esterne allo sposo.
La determinazione degli esatti confini in cui va contenuto questo secondo tipo di
violenza fa nascere non pochi problemi: perch? Perch, dire che Caio ha dato il suo
consenso per timore di un male, significa alla fin fine dire che Caio ha dato il suo
consenso per evitare un male. Senonch normale che, chi si sposa, lo faccia per
evitare una situazione esistenziale sentita come dolorosa (cio sentita e quindi temuta
come male) e per mettersi in una situazione esistenziale felice o almeno di minore
sofferenza (desiderata come un bene); e cos lo scapolone Mario si sposa per
evitare il male della solitudine (per timore della solitudine), Maria, che fa la
lavascale, sposa Arturo che ha la cadillac, per evitare di continuare a vivere nei
bassifondi (situazione che sente e quindi teme come un male), e cos via.
Stando cos le cose si pone per il Legislatore il problema di delimitare in qualche
modo i casi in cui il consenso, indotto dal timore di un male, causa di nullit; ed
Egli risolve tale problema pretendendo i seguenti requisiti del timore (a che valga
come causa di nullit):
1) deve trattarsi di timore di eccezionale gravit. Qui si pone il problema: il
Legislatore intende riferirsi, a casi in cui di eccezionale gravit il male, che il
coniuge intende evitare (prestando il suo consenso al matrimonio) o a casi in cui il
coniuge, grave o no che sia il male per lui da evitare, posseduto da un grave timore.
Oltre che la lettera della legge, anche la logica farebbe propendere per questa seconda
soluzione, dato che, dovendosi accertare la libert del volere di chi ha dato il
consenso, logico che si faccia riferimento al suo stato psichico: poco importa che
Caio, come un Don Abbondio, tremi per uno stormir di foglie, quel che conta che
abbia detto s mentre voleva dire no. Per lesigenza pratica di evitare ai giudici
il difficile accertamento degli stati soggettivi di una persona, porterebbe invece a far
dipendere la dichiarazione di nullit solo dallaccertamento e dalla valutazione della
gravit del male che ha indotto il timore. E farebbe pensare che proprio questa sia la
soluzione adottata dal Legislatore, il fatto che egli pretenda, come secondo requisito
del timore a che si possa dichiarare la nullit, che esso derivi da cause esterne allo
sposo, cio, per dirla con i canonisti, nasca non ab intrinseco ma ab extrinsexo.
Doc. Non significa certo, come lascerebbe intendere la lettera della legge, che deve
derivare da cause esterne. E questo per la semplicissima ragione che non c timore
che non derivi dallesterno: anche Caio che si sposa per paura dellinferno o per
paura di essere in caso contrario perseguitato dal fantasma di suo padre, oppure per
portare un altro esempio di timore ab intrinseco, - Sempronio che si sposa per timore
riverenziale (perch non sopporta i rimbrotti dello zio prete), ebbene anche loro
traggono il loro timore da una fonte esterna (forse che non sono esterni, linferno, il
fantasma, lo zio prete?).
Disc.,- E allora?
Doc. E allora deve intendersi come timore nato ab intrinseco quello che trae, almeno
principalmente, la sua forza dalla particolare sensibilit e immaginazione dello sposo.
Doc. No, diversamente di quel che avviene nella materia contrattuale, nella nostra
materia il timore pu anche non essere indotto da un comportamento umano
(intenzionato a produrlo): ad esempio, Caia, che si sposa in tempo di guerra con un
ufficiale della forza occupante al fine di sfuggire la fame, pu chiedere
lannullamento del matrimonio. Ti dico subito, per, per evitare equivoci, che quello
che ti ho fatto ora, da non pochi studiosi, viene portato come esempio di matrimonio
simulato. Erroneamente per secondo me, sul punto ritorneremo.
Disc. Passiamo ora a parlare della simulazione, che prevista come causa di nullit
dallart.122,che recita: Il matrimonio pu essere impugnato da ciascuno dei coniugi
quando gli sposi abbiano convenuto di non adempiere agli obblighi e di non
esercitare i diritti da esso discendenti
Doc. Se vero, come abbiamo visto, che il Legislatore subordina al consenso dei
coniugi la validit del matrimonio, in quanto vede nel fatto, che i coniugi siano
disponibili ad accettare gli obblighi che ne derivano, un indice auspicioso chessi
sapranno sopportarne il peso e che il matrimonio durer, se questo vero, logica
vuole che il legislatore non ritenga pi valido il matrimonio quando i coniugi verbis
vel signis in celebrando matrimonio adhibitis, per usare le parole dei canonisti,
consentono allassunzione di tali obblighi, ma in realt tali obblighi non intendono
assumere.
Disc. Ma Caio e Caia possono non volere assumere tali obblighi in due diversi sensi:
nel senso che essi, conoscendone lesistenza, li rifiutano, o semplicemente nel senso
che pensano che dal matrimonio derivino obblighi diversi da quelli che il legislatore
vi ricollega (Al musulmano e crede che dicendo il suo s allufficiale di stato
civile conserver il diritto di prendersi una seconda moglie).
Doc. Giusto, e logica vorrebbe, non solo che nella prima, ma anche nella seconda
ipotesi da te fatta, il matrimonio fosse considerato nullo; tanto pi che, adottando i
principi che regolano la materia contrattuale, tale sarebbe considerato (nessun dubbio
che i civilisti considererebbero nullo, perch viziato da un errore essenziale - vedi
lart.1429 - il contratto di compravendita stipulato da chi con esso intendesse
assumersi solo gli obblighi del locatore o conduttore dellimmobile). Tuttavia, dalla
stessa lettera della norma (che vuole che le parti abbiano convenuto di non
adempiere), risulta certo che, per il legislatore, si ha nullit solo nella prima ipotesi
da te fatta: insomma, per il Legislatore, a che si abbia simulazione, occorre che in
actu matrimonii sia presente una precisa intentio delle parti di non assumere gli
obblighi derivanti per legge. E in ci il nostro Ordinamento non fa altro che seguire
quello canonico che, per ritenere la invalidit, pretende che gli obblighi matrimoniali
siano esclusi con positivo voluntatis actu; pi precisamente, il secondo paragrafo
del canone 1101 suona: At si alterutra vel utraque pars positivo voluntatis actu
excludat matrimonium ipsum vel matrimonii essentiale elementum vel essentialem
aliquam proprietatem, invalide contrahit(Ma se una o entrambe le parti escludono
con un positivo atto di volont il matrimonio stesso, oppure un suo elemento
essenziale o una sua propriet essenziale, contraggono invalidamente).
Disc. Perch mai il Legislatore accetta lillogicit che tu hai giustamente denunciata?
Disc. Probabilmente perch ritiene che - mentre nulla esclude che la persona (il
nostro buon Al dellesempio), che dicendo il suo si non intende assumere un dato
obbligo per la semplice ragione che lo ignora,, poi, una volta conosciutane
lesistenza, sia capace e disposta ad accollarsene il peso (S, io, Al, credevo che la
legge italiana non mi impedisse un secondo matrimonio, ma dal momento che essa
cos vuole, mi adeguer e mi contenter di una sola moglie) - il fatto che, con un
positivo voluntatis actu, i coniugi abbiano escluso lassunzione di un dato obbligo,
non pu che far ritenere che essi ritengono le loro spalle troppo deboli per
sopportarne il peso.
Doc. Ma per la legge italiana, perch ci sia nullit, occorre che i coniugi rifiutino
matrimonium ipsum o basta che ne rifiutino solo alcuni obblighi da esso derivanti?
Doc. Logica vuole che, a ritenere la nullit, basti il rifiuto anche di un solo obbligo da
considerarsi essenziale per il nostro diritto; e logica anche vuole che siano ritenuti
essenziali tutti gli obblighi enunciati negli articoli, di cui lufficiale di stato civile
tenuto a dar lettura al momento della celebrazione del matrimonio.
Mi rendo conto che pu essere ritenuta una soluzione troppo severa quella di ritenere
essenziale ogni obbligo previsto dagli artt. 143, 144, 147; ma, una volta accettato il
principio che per la nullit non occorre la c.d. simulazione totale, ma basta quella
parziale, mancherebbe a noi, interpreti del codice italiano, ogni guida, se non
adottassimo, per individuare la essenzialit di un obbligo, il criterio che ci offrono
gli articoli or ora citati.
Cos non per i canonisti, i quali, per individuare lo essentiale aliquid elementum
o la essentialem aliquam proprietatem, la cui esclusione rende invalido il
matrimonio, possono giovarsi della elaborazione dottrinale e giurisprudenziale nata
sui bona matrimonii: bonum prolis (procreazione di una figliolanza), bonum fidei
(fedelt al coniuge), bonum sacramenti (indissolubilit del matrimonio), bonum
coniugum (volont di fare il bene, fisico, psichico e spirituale, dellaltro coniuge).
Chi volesse discostarsi dalla nostra, forse troppo severa, interpretazione della Legge,
dovrebbe a nostro parere ritenere almeno lessenzialit degli obblighi che
corrispondono al bonum fidei (lobbligo di fedelt, inteso nei limiti di cui diremo in
altra sede), al bonum sacramenti (lindissolubilit naturalmente intesa
come...dissolubilit nei soli casi tassativi previsti dalla legge), al bonum coniugum.
Disc. Ma, a che vi sia nullit, occorre la simulazione di entrambi i coniugi o basta
quella di uno solo: voglio dire, se il solo Caio o la sola Caia dicono s con la riserva
mentale di volere no, basta questo per rendere nullo il matrimonio?
Doc. La lettera dellarticolo in esame, farebbe concludere che per il nostro diritto
occorra, per potersi parlare di simulazione, la concorde volont di simulare di
entrambi i coniugi (dato che questi, per larticolo 123, debbono aver convenuto
ecc.ecc.). Tutto al contrario di quel che, come abbiamo visto, dispone il diritto
canonico, che, nel gi citato canone 1101, si riferisce a alterutra vel utraque pars
(una o entrambe le parti).
A me per sembra, che una tale interpretazione della legge porti a una evidente
contraddittoriet nel sistema: infatti, se per larticolo 122 basta lerrore di una parte,
cio la mancanza del consenso in una parte, per determinare la nullit, perch mai
non si ritiene nellarticolo 123 che basti la riserva mentale di una parte, cio la
mancanza del consenso in una parte sola, per determinare la simulazione e quindi la
nullit? Per questo saremmo tentati di ritenere lincostituzionalit (per evidente
irrazionalit) della soluzione adottata dal Legislatore (ben sintende la soluzione
adottata nellart. 123 e non nellarticolo 122).
Doc. Io ti potrei portare il caso di Caio e Caia che ioci causa si presentano
allufficiale di stato civile, per celebrare quello che per loro un finto matrimonio
ma questo un caso di scuola. Pi interessante, in quanto con numerosi riscontri nella
realt, lesempio di Dolores, che, per acquisire la cittadinanza italiana, si sposa, s,
con Beppe, un nostro connazionale, ma ben decisa a mettersi sotto i piedi gli
obblighi, che lufficiale di stato civile con tanta solennit le legge.
Disc. Questo esempio mi sembra eguale a quello, che tu ha fatto a proposito di una
volont coartata da violenza.
Disc. Quindi, per stabilire se c simulazione o no, bisogna por mente al motivo per
cui i coniugi si sono decisi alla celebrazione del matrimonio.
Doc. Per nulla: il motivo non conta nulla, o meglio, pu contare solo ai fini della
prova: quel che conta lesistenza o meno della intentio di rifiutare gli obblighi che
la legge impone.
Disc. Unultima domanda, che per non riguarda solo larticolo 123, ma tutti gli
articoli sulle nullit prima commentati. E una domanda che nasce dalla constatazione
del fatto che, come risulta dalla tua stessa esposizione, esistono, s, molte somiglianze
ma anche molte diversit tra il diritto della Chiesa Cattolica e il diritto dello Stato
italiano: quindi ben possibile che quel matrimonio,che il diritto canonico ritiene
nullo, tale non sia per il diritto italiano; e ben pu accadere che Caio e Caia, sposati
con un matrimonio concordatario, si trovino nella strana e ingiusta situazione di non
essere pi sposati davanti a Dio e di essere invece considerati marito e moglie dallo
Stato italiano. Strana e ingiusta situazione perch, se Caia ha consentito ad assumersi
gli obblighi di fedelt ecc. voluti dal Codice italiano, lo ha fatto solo nel presupposto
che Caio fosse a lei unito dal vincolo sacro del matrimonio religioso: cadendo questo
presupposto, non esistendo pi tale vincolo, Caia ben pu ritenere ingiusto essere
vincolata da un obbligo di fedelt, da un obbligo di mantenimento ecc. verso
Caio,che per lei diventato un perfetto estraneo. Dopo questa (necessariamente
lunga) premessa vengo alla domanda: la legge italiana non adotta nessun rimedio per
evitare tale ingiustizia?
Disc. Ora, avendo gi avuta occasione di parlare degli articoli 124 e 126, passiamo
alla lettura degli articoli 125 e 127.
Art. 125: Lazione di nullit non pu essere proposta dal pubblico ministero dopo la
morte di uno dei coniugi.
Art. 127: Lazione per impugnare il matrimonio non si trasmette agli eredi se non
quando il giudizio gi pendente alla morte dellattore.
Un breve commento.
Disc. Dobbiamo ora parlare del cos detto matrimonio putativo, che previsto
dallart. 128, che recita:
Se il matrimonio dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono,
in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullit, quando i coniugi
stessi lo hanno contratto in buona fede, oppure quando il loro consenso stato estorto
con violenza o determinato da timore di eccezionale gravit derivante da cause
esterne agli sposi.
Il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli.
Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo dei coniugi, gli
effetti valgono soltanto in favore di lui e dei figli.
Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i coniugi, ha gli
effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo
che la nullit dipenda da incesto.
Nei casi di cui al quarto comma, rispetto ai figli si applica larticolo 251..
Doc. Quindi, in deroga al principio che il contratto e in genere latto nullo nullum
producit effectum, il matrimonio, nei riguardi del coniuge o dei coniugi in buona fede,
produce i suoi effetti fino alla sentenza, che pronunzia la nullit (melius, fino al
passaggio in giudicato di tale sentenza). Attenzione, per, ci vale solo per gli effetti
favorevoli e non per quelli sfavorevoli; e ci significa che, se la sentenza del
2012 e il coniuge (putativo) si risposato, come che sia, prima, cio metti nel 2010, il
nuovo matrimonio sar perfettamente valido, n pi n meno che fosse stato contratto
da persona mai sposatasi. Di nuovo attenzione: il fatto che il matrimonio continui a
produrre i suoi effetti come un matrimonio valido, non significa che esso.. .sia un
matrimonio valido: pertanto il problema della validit delle donazioni, fatte da un
coniuge allaltro nel presupposto della validit del matrimonio, va risolto
considerando che la donazione stata fatta su un presupposto erroneo, cosa per cui, a
mio modesto parere, dovrebbe ritenersi annullabile se non si ritenesse applicabile
tale soluzione, si dovrebbe almeno ritenere lobbligo del coniuge donatario alla
restituzione dei doni avuti, in base a uninterpretazione analogica dellarticolo 80
(che disciplina il problema analogo, che si presenta in caso di rottura di promessa di
matrimonio). E ancora attenzione: la regola che il matrimonio nullo continua a
produrre i suoi effetti (fino alla pronunzia della sentenza che tale lo dichiara) per il
coniuge in buona fede, solo se a lui favorevoli, va applicata cum grano salis;
esempio: esiste una norma (lart.177) per cui, se i coniugi hanno adottato il regime di
comunione, i beni da ciascuno di loro acquistati cadono in comunione, per cui di essi
in buona sostanza diventano entrambi comproprietari al 50 per cento, anche se
lacquisto stato fatto con i soldi di uno solo di loro; ebbene, il disposto dellarticolo
128, che beneficia il coniuge in buona fede solo degli effetti favorevoli del
matrimonio, non pu portare a ritenere che gli acquisti di Caio, coniuge in malafede,
continuino a cadere in comunione, mentre gli acquisti di Caia, coniuge in buona fede,
vengono a cadere solo nel suo patrimonio personale. Cio, larticolo 128 non pu
essere interpretato come se comportasse una deroga allarticolo 191, che prevede che
la comunione si sciolga tra i coniugi (senza distinguere, se in buona fede o mala
fede!) solo per lannullamento del matrimonio. Del resto se Caia vuole porre fine al
regime di comunione (gi in pendenza della causa di annullamento e quindi prima
della sentenza che questo dichiara), il codice gliene offre il facile mezzo: chieda la
separazione (come gliene d facolt larticolo 126 da noi gi incontrato): per
larticolo 191 la separazione produce automaticamente lo scioglimento della
comunione.
Disc. Resta il fatto che Caia, appunto perch restano in piedi per lei gli effetti
favorevoli e quindi il suo (eventuale) diritto al mantenimento, non dovr restituire le
somme ricevute appunto a titolo di mantenimento; mentre Caio, dovr restituire le
somme che a tale titolo eventualmente avesse ricevuto.
Doc. Quando ignorava lesistenza della causa di nullit (ad esempio, ignorava che
Caio era gi sposato, o che aveva una disfunzione sessuale e cos via) - questo, bada,
facendo riferimento al momento della celebrazione del matrimonio: anche nella
nostra materia mala fides superveniens non nocet: se Caia al momento della
celebrazione, anno di grazia 2010, ignorava lo stato di coniugato di Caio e, poi, nel
2012, le si sono aperti, come si suol dire, gli occhi, ebbene lei e i suoi figli
continueranno a beneficiare degli effetti favorevoli del matrimonio anche dopo il
2012: i figli saranno figli legittimi (ancorch concepiti quando ormai lei sapeva!), lei
potr trattenere quanto ricevuto a titolo di mantenimento ecc.: s, hoc iure utimur.
Disc. Ma che dire del minore, dellinterdetto che si sposano pur sapendo di essere
impediti a sposarsi?
Doc. Io direi che, pur non potendosi considerare in buona fede, dovrebbero essere
equiparati nella tutela al coniuge in buona fede. Al contrario, chi si sposato, s, in
stato di incapacit naturale, ma da lui preordinata (nel senso di cui allart.92 C.P.)
al fine di poi poter impugnare il matrimonio, io lo riterrei in mala fede, anche se in
buona fede in actu matrimonii (e anche se il suo matrimonio dovr pur sempre
considerarsi annullabile).
Disc. Abbiamo visto che gli effetti del matrimonio putativo rispetto ai coniugi. Quali i
suoi effetti rispetto ai figli?
Doc. I figli, non solo quando uno dei coniugi era in buona fede e laltro in malafede,
ma anche quando entrambi i coniugi erano in mala fede, si considerano nati
nellambito di un matrimonio valido.
Se i loro genitori erano in malafede?
Disc. Passiamo alla lettura dellarticolo 129, che recita: Quando le condizioni del
matrimonio putativo si verificano rispetto ad ambedue i coniugi, il giudice pu
disporre a carico di uno di essi e per un periodo non superiore a tre anni lobbligo di
corrispondere somme periodiche di denaro, in proporzione alle sue sostanze, a favore
dellaltro, ove questi non abbia adeguati redditi propri e non sia passato a nuove
nozze.
Per i provvedimenti che il giudice adotta riguardo ai figli si applica lart. 155.
Giusto che Caio, anche dopo la sentenza dichiarativa della nullit, provveda ai
bisogni dei figli; ma perch mai Caio deve farsi carico di provvedere ai bisogni di
Caia, dal momento che ora a lei lo legano solo i (cattivi) ricordi della disavventura
coniugale?! Certo Caia, in seguito allannullamento del matrimonio, potrebbe trovarsi
in difficolt (ad esempio, se per sposarsi si fosse licenziata dallimpiego), ma perch
dovrebbe essere proprio Caio ad aiutarla?! Cade una tegola in testa (alias, la nullit
del matrimonio) a Caio e a Caia mentre garruli e felici se ne vanno per la strada: forse
che si ritiene giusto obbligare Caio a risarcire Caia solo perch se l trovata a fianco
nella disgrazia?! Diverso, lo riconosco, il caso in cui Caio, ancorch in buona fede,
sia in colpa nella celebrazione del matrimonio nullo: se Caio si sposato impotente,
non sapendo di questa anomalia sessuale che pur da numerosi sintomi era rivelata, se
Caio si sposato dopo essersi per sua colpa ubriacato, se Caio pur essendo minorenne
si sposato, se insomma Caio, pur in buona fede in colpa, giusto che risarcisca il
danno. Ma se in colpa non lo , perch deve risarcire?
Doc. Effettivamente un obbligo del coniuge incolpevole a dare allaltro delle somme,
con funzione riparatoria del danno da questo subito, non si giustifica (mentre si
giustificherebbe quello, s, che fosse accollato al coniuge colpevole ancorch in
buona fede, oltre che un obbligo di risarcimento del danno, sacrosanto, ma,ahim,
difficilmente dimostrabile, un obbligo di indennizzo cos come vedremo meglio in
commento allarticolo che segue). Purtroppo hoc iure utimur. Ma un giudice di buon
senso, potr renderne meno iniqua lapplicazione tenendo presente che: egli pu,
ma non deve disporre il pagamento delle somme rateali; che egli pu, ma non deve,
prolungare il periodo di pagamento fino a tre anni; che la adeguatezza dei redditi di
Caia (o di Caio, dato che nulla vieta che in stato di bisogno venga a trovarsi anche
luomo), non va valutata in relazione al tenore di vita da lei (da lui) tenuto in costanza
di matrimonio (se Caio era un principe e faceva vivere Caia da principessa, non per
questo tenuto a farla vivere da principessa, dopo che una sentenza ha dichiarato che
lui e lei sono dei perfetti estranei); che lobbligo alimentare non dovuto (e se
imposto, cessa) nel caso Caia sia passata a nuove nozze.
Doc. Chiaramente, no; lo esclude la collocazione (di certo non casuale) della norma
nel solo ambito dellarticolo 129: pertanto, nel caso che Caia sia in buona fede e Caio
no, a entrambi incomber di provvedere alle spese di mantenimento dei figli (secondo
le regole dettate dallarticolo 148, che a suo tempo esamineremo); ma solo al coniuge
in buona fede, nellesempio, a Caia, spetter laffidamento del figli e la responsabilit
genitoriale.
Disc. Passiamo ora alla lettura dellarticolo 129 bis, che recita:
Il coniuge a cui sia imputabile la nullit del matrimonio tenuto a corrispondere
allaltro coniuge in buona fede, qualora il matrimonio sia annullato, una congrua
indennit, anche in mancanza di prova del danno sofferto. Lindennit deve
comunque comprendere una somma corrispondente al mantenimento per tre anni. E
tenuto altres a prestare gli alimenti al coniuge in buona fede, sempre che non vi siano
altri obbligati.
Il terzo al quale sia imputabile la nullit del matrimonio tenuto a corrispondere al
coniuge in buona fede, se il matrimonio annullato, lindennit prevista nel comma
precedente.
In ogni caso il terzo che abbia concorso con uno dei coniugi nel determinare la nullit
del matrimonio solidalmente responsabile con lo stesso per il pagamento
dellindennit.
Doc. Certamente, chi, con il suo comportamento colposo o doloso, ha dato causa al
matrimonio nullo (Caio, che con linganno ha occultato a Caia il suo stato di
coniugato, Caio, che con minacce ha indotto Caia a sposarlo, e, perch no? il padre di
Caia che, conoscendo la sua incapacit di intendere, al matrimonio non si
opposto....le ipotesi che si possono fare sono moltissime) obbligato al risarcimento
dei danni (eventualmente ridotto per il concorso di colpa del coniuge danneggiato).
Tutto questo in semplice applicazione dei principi che riguardano ogni fatto illecito.
Disc. Quindi il coniuge in buona o mala fede che sia (dato che, come abbiamo visto,
in commento al precedente articolo, anche al coniuge in buona fede, potrebbe essere
imputata una colpa nella celebrazione di quel matrimonio che, invece...non si aveva
da fare) e il terzo, abbia o non concorso con il coniuge, obbligato al risarcimento.
Doc. Esatto. Per, siccome il danno, pur intuitivamente sempre esistente in caso di un
annullamento di matrimonio, pu essere difficilmente provabile, il Legislatore accolla
al coniuge, al quale sia imputabile la nullit, in buona o mala fede che sia, due altri
obblighi.
Primo, quello di prestare gli alimenti al coniuge in buona fede, se non vi siano altri
obbligati: quindi se Caia ha il padre, o essendosi risposata, il (nuovo) coniuge che
pu provvedere, Caio da tale obbligo esentato.
Secondo, quello di pagare, anche in mancanza di prova del danno sofferto, una
congrua indennit.
Disc. Quindi tu interpreti larticolo come se destinatario degli obblighi, non sia solo il
coniuge in mala fede, ma anche il coniuge in buona fede. Ci mi pare contrastare con
la rubrica dellarticolo che parla di responsabilit del coniuge in mala fede.
Disc. E quanto al terzo? Anche lui viene gravato sia di un obbligo degli alimenti sia
di un obbligo di indennizzo?
Doc. No, viene gravato solo di un obbligo di indennizzo (obbligo solidale con quello
del coniuge colpevole). Il perch di tale limitazione non te lo so spiegare.
Sezione seconda: dei diritti e dei doveri
che nascono dal matrimonio.
Doc. Alla enunciazione dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio, il
Legislatore dedica gli articoli 143 148, che noi ora passeremo a esaminare. Non
prima per di aver fatto - per scusarci, se non sempre giungeremo a risultati sul piano
logico soddisfacenti questa premessa: Noi viviamo in unepoca di crisi profonda;
unepoca in cui le istituzioni, anche quelle che sono i muri portanti del diritto, si
stanno disgregando (Luomo e le rovine il titolo di un libro di Julius Evola, uno
dei pi grandi Pensatori del nostro tempo): il giurista si trova nella stessa situazione
di chi visitasse una citt distrutta da un bombardamento: il pi delle volte deve
limitarsi a dire Ecco, l, dove ora ci sono quelle macerie, cera quel bel edificio e
basta: certo non ci si pu aspettare che ridia bellezza e razionalit a un universo
(giuridico) sconvolto.
Disc. Bene, ora che ti sei sfogato, che ti sei tolto il fastidioso sassolino dalla scarpa,
scendiamo a un discorso pi raso terra: importante conoscere quali sono gli obblighi
che derivano dal matrimonio?
Doc. A dir il vero importante, non per lapplicazione di tutto larticolo 151, ma solo
del suo capoverso, che recita: Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove
ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto a quale dei coniugi sia addebitabile la
separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che
derivano dal matrimonio.
Disc. Chiarito ci, passiamo al commento degli articoli, che, tali doveri, individuano,
cominciando dallarticolo 143, che recita nei suoi primi due commi (del terzo, che si
riferisce allobbligo di contribuzione, daremo lettura nel prossimo paragrafo):
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i
medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva lobbligo reciproco alla fedelt, allassistenza morale e
materiale, alla collaborazione nellinteresse della famiglia e alla coabitazione.
Disc. Tuttavia una certa diversit tra le due disposizioni, quella del legislatore
ordinario e quella del legislatore costituzionale, c. E con ci, non mi riferisco
allomissione nellarticolo 143 del riferimento ai limiti stabiliti dalla legge a
garanzia dellunit familiare - dato che tale riferimento, opportuno nella norma
costituzionale sarebbe stato un non-senso in quella del legislatore ordinario , ma alla
diversa formulazione della prima parte dellarticolo 29: in questa si parla di
eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, mentre nellarticolo 143 si viene a dire
che marito e moglie acquisiscono gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri.
Doc. In effetti. il rispetto della eguaglianza giuridica e morale dei coniugi, non
implica necessariamente lattribuzione ad essi degli stessi diritti; anzi, lattribuire a
due persone disuguali gli stessi diritti, pu significare trattarle in un modo
ingiustamente diseguale: chi non ricorda la favola di Esopo: la volpe astuta diede da
mangiare alla cicogna in un recipiente piatto, come quello che si era riservata a s
stessa, ma la cicogna dal becco lungo....non si sent per nulla trattata con giustizia.
Doc. Tu hai perfettamente ragione: e quando nella mia premessa ti dicevo che il
nostro diritto di famiglia ormai ridotto a un rudere, mi riferivo a situazioni come
questa.
Ma di fronte a queste situazioni il giurista non pu certo limitarsi a dire Qui il
legislatore ha detto cose incomprensibili, senza senso, passiamo ad altro: saltiamo
lobbligo di fedelt e parliamo solo degli obblighi di assistenza, collaborazione,
eccetera.
No, il giurista non pu fare questo, ma deve cercare di sostituire il tassello mancante,
usando dei (pochi) elementi che lOrdinamento giuridico gli offre; nel caso,
utilizzando il disposto dellarticolo 1 della c.d. Legge sul divorzio (Legge 1 dicembre
1970 n. 898) - articolo che recita: Il giudice pronuncia lo scioglimento del
matrimonio (.) quando () accerta che la comunione spirituale e materiale dei
coniugi non pu essere mantenuta (...).
Disc. Ma che cosa centra la comunione spirituale e materiale dei coniugi con
lobbligo di fedelt?
Disc. Ma questi valori potrebbero essere diversi da coppia a coppia: Bianchi Alfredo
e Manuela Rosalia sono cattolici praticanti: per loro grave peccato anche una
scappatella sessuale con un terzo, per loro grave peccato laborto; mentre Rossi
Saverio e Rossi Luisa sono liberi pensatori: per loro viva laborto, viva il libero
amore.
Disc. Ma tu parti dal presupposto che tutte le coppie abbiano dei valori condivisi;
ma Mario e Mariolina potrebbero dire il loro s con le tasche piene di soldi e le
teste completamente vuote di valori.
Doc. Tu mi vuoi dire che possono esistere delle coppie di sposi il cui matrimonio non
animato da valori comuni. Lo riconosco, vero; ma in tal caso ci troviamo di fronte
a un guscio senza anima, a una caricatura di quello che deve essere il matrimonio -
questo, bada bene, anche per il nostro legislatore, che s, riconosce a tale matrimonio,
se vogliamo chiamarlo cos, validit, ma fa ci soprattutto per evitare un disordine
maggiore e a tutela degli eventuali figli.
Disc. Resta il fatto che, in questo matrimonio senza valori comuni, non si potrebbe
neanche ipotizzare un obbligo di fedelt e, soprattutto, neanche si potrebbe ipotizzare
una domanda di separazione.
Doc. Una domanda di separazione per violazione dellobbligo di fedelt no, di certo;
ma si potrebbe ipotizzare una domanda per violazione di uno degli altri obblighi che
derivano dal matrimonio; e, soprattutto, si potrebbe ipotizzare una domanda di
separazione motivata proprio dal fatto di una mancanza di valori comuni tra i coniugi.
Domanda fondata ovviamente sul primo comma dellarticolo 151 e cio sulla
intollerabilit del protrarsi della convivenza: cosa c di pi intollerabile per un
essere umano, di pi avvilente e deformante per la sua personalit, che convivere
(scambiarsi intimit...) con chi, a lui, da nessun valore, da niente di importante
dunque, legato?
Doc. A mio parere, s; e ritengo che tale soluzione trovi conforto nellarticolo 2 della
Costituzione che recita La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
delluomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalit. Da questo articolo risulta infatti che una formazione sociale, qual la
famiglia, viene presa in considerazione dal legislatore costituzionale in quanto fattore
di sviluppo della personalit di chi vi fa parte; cosa per cui non pu non diventare
logico e doveroso per il legislatore ordinario, permettere a una persona di uscire da
una formazione sociale (nel caso la famiglia), quando questa opprime, soffoca la
personalit di chi vi inserito, invece di aiutarlo a svilupparla.
Doc. Succede che, se Caio terr un comportamento che costituisca tradimento dei
valori condivisi con Caia al momento del matrimonio, Caia potr chiedere la
separazione per addebito di Caio.
Disc. E se anche Caia avesse mutato idee, avesse abbandonato i valori a cui aderiva al
momento del matrimonio, per adottando valori diversi da quelli di Caio: erano tutti e
due cattolici, ma, poi, uno, diventato buddista, laltra, musulmana?
Doc. In tal caso vale quel che ho detto prima per le coppie che si sposano senza avere
valori comuni: entrambi gli sposi potranno chiedere la separazione per
intollerabilit della convivenza.
Disc. Parliamo ora del secondo obbligo, che dal matrimonio deriva: lobbligo
allassistenza morale e materiale.
Doc. Dopo il riferimento che abbiamo fatto allart.1 della c.d. Legge sul divorzio,e
alla necessit per tale articolo che vi sia una comunanza spirituale, una comunanza
di valori dunque, tra i coniugi, facile individuare la ratio dellimposizione
dellobbligo di assistenza: se tra Caio e Caia sussiste uneffettiva comunanza di
valori, diventa per loro spontaneo e logico limpegno ad aiutarsi vicendevolmente
nelle difficolt; se, viceversa, Caio e Caio non si sentono di assumere davanti
allufficiale di stato civile limpegno ad un vicendevole aiuto, significa che tra loro
una vera comunanza spirituale non sussiste, che quello, che vorrebbero costituire,
non un vero matrimonio; e cos, non pi riferendoci allatto matrimoniale (al
matrimonium in fieri), ma alla vita matrimoniale (al matrimonium in facto), se Caio
trascura lobbligo di assistenza che ha assunto verso Caia, ci fa presumere che
venuta meno quella comunanza di valori che lo univa a Caia, e ci basterebbe per
riconoscere a questa, a Caia, il diritto a chiedere la separazione (ai sensi del primo
comma dellarticolo 151), il fatto, poi, che Caio abbia tradito limpegno preso in actu
matrimonii giustifica che a Caia sia riconosciuto, non solo il diritto di chiedere la
separazione, ma di chiederla (ai sensi del secondo comma art. 151) per addebito.
Disc. Il tuo discorso chiarissimo. Non occorre poi che tu mi porti degli esempi di
assistenza materiale e morale, perch essi sono intuitivi e me li so fare da solo.
Esempio di assistenza materiale: Caio malato, e Caia gli compra e gli somministra
le medicine. Esempio di assistenza morale: Caia ha perso limpiego e Caio cerca di
risollevarle il morale procurandole delle distrazioni o semplicemente con parole
incoraggianti.
Doc. Senzaltro pertinenti gli esempi che hai portato, mi pare per che trascurino un
aspetto dellobbligo di assistenza, che, invece, importante: assistenza non significa
solo aiutare laltro coniuge nelle difficolt, ma, e a maggior ragione, significa
anche non mettere (consapevolmente) laltro coniuge in difficolt: tu, Caia, se tuo
marito ha commessa una gaffe, non devi ricordarla davanti a terzi, cos ulteriormente
umiliandolo; tu, Caio, non devi esibire davanti a Caia, e peggio se in pubblico, una
particolare affettuosit per la signora Marilina - e nulla rileva che tu con questa non
vada a letto: anche cos il tuo comportamento fa soffrire, umilia, mette in difficolt,
la donna che tu avevi promesso invece di aiutare nelle difficolt (per cui questa potr,
lamentando il tuo adulterio in bianco, reclamare la separazione per tuo addebito).
Disc. Ovvio che Caio e Caia devono astenersi dal danneggiarsi sia in poco che in
tanto; ma fino a che limite debbono darsi un aiuto reciproco? lazienda di Caio sta per
fallire, Caia deve attingere alle risorse del suo patrimonio per aiutarlo? Caia ha una
malattia infettiva, Caio deve curarla a costo di cadere anche lui malato?
Doc. La risposta (negativa) alla prima domanda la d il fatto stesso che il legislatore,
come vedremo meglio inseguito, non solo ritiene giusto che i coniugi tengano
separati e non confondano i loro patrimoni, ma disposto a dare tutela (se del caso
manu militari) alle pretese economiche che un coniuge vanti verso laltro (ad
esempio, e questo lo vedremo parlando del regime della comunione dei beni, Caia, se
il marito si dibatte in difficolt economiche, lungi dal dover aiutarlo, pu chiedere
che egli sia escluso dallamministrazione della comunione o pu chiedere la
separazione giudiziale dei beni - vedi meglio gli articoli, 183, 193).
Con tutto ci, certamente Caia ha il dovere di aiutare economicamente il marito
bisognoso; ma ci solo fino al punto di assicurare a lui lo stesso tenore di vita di cui
essa stessa gode: se essa pasteggia a ostriche deve permettere anche al marito di
pasteggiare a ostriche. Ma tutto questo lo vedremo meglio parlando del dovere di
contribuzione.
Quanto alla seconda domanda, la risposta la d il primo comma dellarticolo 151 (da
noi gi visitato accennando al diritto, riconosciuto ai coniugi, di separarsi in caso di
sopravvenienza di fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della
convivenza): lobbligo di assistenza si ferma quando costringerebbe a
comportamenti che rendono intollerabile la vita, nel senso che, non solo non
fortificano la personalit di chi li compie (il che ben pu avvenire: ci sono, per
fortuna, anche nella nostra societ, individui che sanno affrontare con tale spirito le
prove della vita, da uscirne fortificati e migliorati), ma la degradano (Maria dopo
aver adempiuto, al capezzale del marito, alle nauseabonde incombenze della
infermiera ne....esce distrutta).
Disc. E chiaro: un legislatore, come il nostro, che vede (con favore) la partecipazione
delle persone alle formazioni sociali e in primis a quella fondamentale formazione
sociale che la famiglia, in quanto occasione di sviluppo della personalit (articolo
due della Costituzione); un legislatore che spalanca la porta di uscita al coniuge che
trova intollerabile il continuare nella convivenza (articolo 151 del Codice), non pu
imporre a questi quegli adempimenti che gli...rendano intollerabile la convivenza
tenendo anche presente, e ci logico, che la capacit di tolleranza varia da persona a
persona.
Disc. Passiamo a parlare ora del terzo obbligo menzionato nellarticolo 143: lobbligo
alla collaborazione nellinteresse della famiglia.
Doc. Obbligo di collaborare, per due coniugi, significa obbligo di prendere insieme le
loro decisioni. Mentre Caio e Caia, da single, potevano prendere tutte le loro
decisioni autonomamente, una volta sposati, essi debbono prendere alcune delle loro
decisioni, quelle nellinteresse della famiglia, concordemente.
Disc. Ad esempio?
Disc. Ma, oltre a queste decisioni strettamente personali, ce ne sono altre, che un
coniuge pu prendere senza il consenso e addirittura contro la volont dellaltro?
Doc. Bisogna distinguere, tra decisioni che il coniuge pu prendere anche contro la
volont dellaltro, e decisioni che pu prendere di propria iniziativa, cio senza
chiedere il preventivo consenso dellaltro.
Disc. Comincia a fare qualche esempio delle prime.
Disc. E ora d delle decisioni, che il coniuge pu prendere di sua iniziativa, senza cio
previamente concordarle, ma da cui si deve astenere, se laltro coniuge, ad esse, si
oppone.
Doc- Sono quelle che, nella terminologia del Codice, sono destinate ad attuare
lindirizzo concordato.
Doc. Larticolo 144 nel suo primo comma dispone, che i coniugi concordano tra loro
lindirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le
esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa.
Doc. E cos; proseguo nel discorso: nel secondo comma dellarticolo 144, il Codice
per sente bisogno di chiarire che a ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare
lindirizzo concordato.
Disc. Quindi, se Caio e Caia hanno deciso di comprarsi la villetta al mare, Caio pu
partire in quarta e, senza nulla dire a Caia, comprare quella villetta che a lui piace (e
che magari a Caia dispiace) e per il prezzo, che egli (che di mercato edilizio potrebbe
saperne quanto me, cio nulla) reputa adeguato? Mi sembra assurdo!
Doc. E infatti tanto assurdo che...cos non : Caio potr prendere una decisione,
diciamo cos, di secondo grado - per intenderci, conveniamo di chiamare, di primo
grado, una decisione del tipo si compra una villa al mare e, di secondo grado,
una decisione del tipo si compra quella tal villa al mare e per quel tal prezzo -
quando questa decisione di secondo grado gi talmente determinata nei suoi
elementi (, nellesempio da te fatto, determinata sul prezzo, sul tipo di villetta, sul
notaio a cui affidarsi, eccetera) che lintegrarla (nei suoi elementi mancanti) cosa di
ordinaria amministrazione: Caio e Caia, per fare un caso che, pi di quello da te
portato, si presta a un esempio, hanno deciso di spendere sui trecento euro per
lacquisto di un frigo: Caia pu andare in un super mercato e decidere, senza
consultarsi con Caio, se comprare quel frigo a quattro piani o quello a un piano, quel
frigo bianco o quel frigo verde e cos via.
In ogni caso, siano importanti o no le decisioni attuative da prendere, il coniuge non
pu prenderle, nel caso di opposizione dellaltro: Caio vuole il frigo bianco, Caia dice
no, voglio il frigo verde: Caio non ha il potere di comprare di sua sola iniziativa il
frigo bianco.
Doc. Certo: proprio lesempio da te portato poco prima, che dimostra che non pu
essere interpretato letteralmente.
Doc. Tu hai detto che obbligo di collaborazione per un coniuge significa obbligo
ad essere disponibile a concordare le decisioni: non hai detto obbligo di
collaborazione significa obbligo del coniuge di concordare.
Doc. Non lho detto a ragion veduta. Infatti nulla vieta a Caio e a Caia di accordarsi
nel senso che, le decisioni nellinteresse della famiglia tutte o quelle relative ad un
certo settore (metti allamministrazione di quella tal azienda) - siano prese dal solo
Caio (o viceversa, dalla sola Caia); e poi di vivere.. .in perfetta armonia e felicit.
Per, attenzione, tale accordo non vincoler mai Caia a lasciare prendere tali
decisioni allaltro coniuge: questi deve sempre essere disposto, se cos Caia,
cambiando idea, volesse, di concordare con Caia tali decisioni (prima lasciate alla sua
discrezionalit). Parlando dellarticolo 218 vedremo come questa delega di fatto
(senza vincolo giuridico per chi la d, cio) prevista dallo stesso legislatore.
Disc. Non abbiamo finora parlato della ratio che sottende allobbligo di
collaborazione? Secondo te, qual?
Doc. Secondo me, lobbligo di collaborazione, al contrario di quelli che abbiamo
prima esaminati, non va visto come una conseguenza della concezione del
matrimonio come condivisione di valori comuni: Caia Caio potrebbero benissimo
condividere, sposandosi, lideale di una matrimonio allantica, in cui le decisioni
familiari spettano al solo marito; quindi, se, poi, a tale ideale di fatto ispirassero la
loro vita matrimoniale (lui, felice nella sua posizione di pater familias, lei, felice
nella sua parte di schiava e regina) nessuno in via di logica potrebbe dir loro No,
cos non va: il vostro modo di gestire il matrimonio contraddice...i valori comuni da
voi accettati).
Disc. Allora?
Doc.Allora, io riterrei che, se il legislatore non ammette una gestione del rapporto
matrimoniale in cui le decisioni (nellinteresse della famiglia) siano riservate a uno
solo dei coniugi, non perch questo viene a contraddire i valori comuni accettati
dagli sposi al momento di sposarsi, ma perch viene a contraddire quello che il
legislatore ritiene un valore: la parit di diritti tra i coniugi.
Disc.. Facciamo un passo indietro, torniamo a parlare dellarticolo 144: ho capito che,
quando il legislatore parla di interesse della famiglia, fa semplicemente una
ipostasi: non esiste la famiglia in s, esistono Caio, Caia, Marianna che la
compongono; cosa per cui linteresse della famiglia linteresse di Caio, di Caia e
di Marianna. Non ho capito, per, che vuol dire il legislatore, quando parla di un
preminente interesse della famiglia, rispetto a quello dei coniugi.
Doc. Vuol dire che, linteresse egoistico di Caio e di Caia, deve passare in secondo
ordine, davanti allinteresse della figlia Marianna; il che va senzaltro condiviso.
Doc. Per nulla, hai seguito male la mia lettura: il giudice, in prima battuta, tenta di
fare opera di mediazione e di far raggiungere ai coniugi una soluzione concordata.
Se non ci riesce, egli dismette le vesti di mediatore e assume quelle di arbitro,
cio prende la decisione in sostituzione dei coniugi; ma questo a due condizioni:
prima, che ne sia richiesto espressamente e congiuntamente dai coniugi; seconda,
che il disaccordo concerna la fissazione della residenza o di altri affari essenziali.
Peraltro, studiando i vari regimi patrimoniali, vedremo che il Legislatore prevede
interventi del giudice molto meno soft nella vita familiare: ad esempio, con larticolo
183, prevede che il giudice possa escludere un coniuge dallamministrazione dei beni
in comunione.
Disc. E ora di parlare di quello che, tra gli obblighi previsti dallarticolo 143, , dal
Legislatore, considerato il meno importante: lobbligo alla coabitazione.
Disc. E, in effetti, due persone, che condividono gli stessi valori, non trovano
difficolt alla vita in comune; mentre, questa vita in comune, pu veramente essere
insopportabile, quando ad essa sono costrette persone di sensibilit diverse.
Tuttavia a suggerire a Caio e a Caia la vita sotto due diversi tetti potrebbero essere
serie ragioni: metti, Caio fa lavvocato a Genova e Caia fa il giudice a Torino: non si
pu pretendere che Caio o Cia si facciano diverse ore di treno ogni giorno per andare
a dormire sotto lo stesso tetto.
Disc. Tra le serie ragioni, che possono giustificare il rifiuto della coabitazione, va
annoverata anche la intollerabilit della convivenza?
Doc. Certamente, s.
Disc. Questo senza che rilevi a quale dei coniugi tale intollerabilit addebitabile?
Doc. S, si evince dallarticolo 146, che ritiene giusta causa dellallontanamento dal
domicilio domestico, la proposizione di una domanda di separazione, a prescindere
che essa sia fondata o no, quindi in considerazione unicamente della insostenibilit
della convivenza che la proposizione di tale domanda inevitabilmente determina.
Pi precisamente i primi due commi di tale articolo recitano:
Il diritto allassistenza materiale e morale previsto dallarticolo 143 sospeso nei
confronti del coniuge che, allontanatosi senza giusta causa dalla residenza familiare,
rifiuta di tornarvi.
La proposizione della domanda di separazione o di annullamento, o discioglimento o
di cessazione degli effetti civili del matrimonio costituisce giusta causa di
allontanamento dalla residenza familiare.
Doc.Dopo aver enunciato, nel terzo comma dellarticolo 143, lobbligo dei coniugi di
contribuire ai bisogni della famiglia, il legislatore enuncia separatamente, nel primo
comma dellarticolo 316bis, e con una formula, sia pur leggermente, diversa, il loro
obbligo di provvedere a mantenere, istruire, educare e assistere moralmente la
prole; cos come se il primo obbligo si dovesse determinare con criteri diversi che il
secondo.
Disc. Scusa se ti interrompo, io penso che, anche su questo punto, il nostro discorso
acquister chiarezza, se cominceremo a leggere le norme in questione.
Ecco come recita il terzo comma dellarticolo 143: Entrambi i coniugi sono tenuti,
ciascuno in relazione alle proprie sostanze, e alla propria capacit di lavoro
professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.
Ed ecco com formulato lincipit del primo comma dellarticolo 316bis: I genitori
devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive
sostanze e secondo la loro capacit di lavoro professionale o casalingo.
Effettivamente una differenza di formulazione tra le due norme c: la prima
(art.143), stabilisce lobbligo di contribuzione dei coniugi in relazione alle loro
sostanze (...), la seconda (art.316bis), lo stabilisce in proporzione alle rispettive
sostanze (....). Ci significa che il legislatore non impone che, lobbligo di
contribuzione ai bisogni, diciamo cos, generici della famiglia (esclusi quindi quelli
relativi ai figli), sia adempiuto dai coniugi in proporzione delle loro sostanze (...)?
Doc. Se cos fosse, con che altro criterio linterprete dovrebbe determinare il
contributo di ciascun coniuge? Evidentemente, se cos fosse, il legislatore avrebbe
lasciato linterprete nella massima incertezza e oscurit su un punto fondamentale e
su cui, solo lui, il legislatore, pu fare luce. Sarebbe un modo assurdo di legiferare,
che linterprete non pu attribuire di certo al legislatore; per cui deve concludere che,
la diversit di formulazione tra i due articoli, solo dovuta ad un lapsus e che anche
lobbligo di contribuire ai bisogni generici della famiglia va determinato col
criterio della proporzionalit.
Disc. Ma quali sono questi bisogni generici della famiglia, a cui i coniugi sono
obbligati a provvedere?
Doc. Qui la risposta veramente facile: sono quelli che i coniugi, nel concordare
lindirizzo della vita familiare (art. 144, gi da noi commentato), ritengono
opportuno soddisfare: Caio e Caia non sono disposti a cavare dalle loro tasche pi di
mille euro al mese e di conseguenza si accontentano di vivere a pasta e fagioli?
contenti loro, contento il mondo! (Per, il discorso cambia in relazione ai bisogni dei
figli: anche questi bisogni debbono, s, essere soddisfatti con un criterio
proporzionale, ma, non solo nel senso che, alla somma necessaria, i coniugi debbono
contribuire in proporzione alle rispettive sostanze, bens anche nel senso che
lammontare di tale somma deve essere proporzionato alla loro ricchezza: se Caio e
Caia, pur essendo miliardari, si contentano di pasta e fagioli, loro mangino pure pasta
e fagioli, ma i figli li trattino da miliardari: li facciano frequentare una scuola di
miliardari, gli diano uneducazione da miliardari e anche, perch no? nei limiti che la
formazione del loro carattere lo consente, gli diano il vitto e i divertimenti dei
miliardari).
Disc. Cos dicendo, tu sei venuto ad anticipare un discorso che avrebbe avuta la sua
sede appropriata nel commento allarticolo 316bis: andiamo per ordine, qui
limitiamoci a vedere come va ripartita la spesa, diciamo cos, per provvedere ai
bisogni, che i coniugi hanno concordato di soddisfare.
E per cominciare ti faccio questo caso: la spesa di duemila euro, ma Caio povero
in canna e non guadagna niente, disoccupato: i duemila euro escono solo dal
portafoglio di Caia?
Doc. Bisogna vedere, se Caio disoccupato perch gli piace fare....il disoccupato o
perch non trova lavoro. Infatti la norma non commisura lobbligo contributivo al
reddito professionale, ma, la cosa ben diversa, alla capacit di lavoro. Di
conseguenza, Caio deve contribuire in proporzione al reddito che ricaverebbe
se...decidesse di lavorare; e, se non lo fa, deve considerarsi inadempiente.
Disc. Ma facciamo il caso di Caia che, pur potendo trovare un lavoro come
insegnante, preferisce stare in casa a fare i lavori domestici.
Doc. In tal caso - premesso che partiamo qui dal presupposto che, tra i bisogni della
famiglia da soddisfare con i duemila euro, i coniugi abbiano inclusi anche quelli della
pulizia della casa, della preparazione dei pasti e simili - bisogna mettersi a
fare....qualche calcolo: bisogna stabilire la somma, che guadagnerebbe Caia se si
impiegasse: metti che tale somma sia di duemila euro, e che a tanto ammonti anche il
reddito di Caio, cosa per cui i coniugi avendo un reddito eguale e quindi dovendo
contribuire in modo eguale, il contributo di Caia dovrebbe essere di mille euro. A
questo punto bisogna vedere quanti soldi fa risparmiare Caia svolgendo lei, senza
chiamare una collaboratrice domestica, i lavori di casa: mettiamo che faccia
risparmiare proprio mille euro: in tal caso si dovrebbe concludere che Caia soddisfa
al suo obbligo contributivo svolgendo il lavoro casalingo.
Doc. Con gli stessi criteri con cui lo si stabilito or ora per Caia: dalla somma che
dovrebbe dare Caio, si detraggono i soldi, che fa risparmiare. Infatti, allespressione
legislativa lavoro casalingo, va data uninterpretazione estensiva.
Disc. Si tiene conto del reddito che un coniuge ricava dal suo patrimonio?
Doc. Di pi, si tiene conto del suo patrimonio, delle sue sostanze per usare la
terminologia legislativa, che esse diano, o no, un reddito.
Doc. Questa la seconda ipotesi che ti volevo fare: in tal caso, a mio parere, occorre
valutare la somma che si realizzerebbe dalla vendita dei beni di Caio e il reddito che
tale somma verrebbe a dare. Metti che il reddito, che tale somma verrebbe a dare, sia
da calcolare in mille euro (mensili): questi mille euro dovrebbero aggiungersi al
reddito lavorativo (potenziale o reale) di Caio, al fine di paragonare la sua capacit
contributiva con quella dellaltro coniuge.
Doc. Non ho detto che occorra effettivamente vendere i beni di Caio: questa una di
quelle decisioni di straordinaria amministrazione, che i due coniugi, Caio e Caia,
debbono prendere insieme.
Per, se i beni non si vendono, bisogner calcolare che Caia acquista verso Caio un
credito di mille euro (al mese).
Disc. Mi gira la testa a seguire tutti questi calcoli, che sono, non da giuristi, ma da
ragionieri.
Doc. E infatti noi giuristi ci guardiamo bene dal farli e ci accontentiamo di stabilire la
capacit contributiva di un coniuge...ad occhio. Forse questo spiega anche la (pur
sempre infelice) formula legislativa, il suo riferirsi a un contributo stabilito tout court
in relazione e non in proporzione dei beni (..) dei coniugi: il legislatore
probabilmente si reso conto che, fare un calcolo rigorosamente proporzionale di
quanto obbligato a dare ciascun coniuge, sarebbe stato.... superiore alle capacit
matematiche di noi, magistrati e avvocati.
Disc. Che succede, - se uno dei coniugi, metti Caio, contribuisce al menage familiare,
non meno, ma pi del dovuto: avrebbe dovuto dare mille e, invece, o in soldi o in
lavoro casalingo, d duemila o anche pi - e poi i coniugi si separano o il
matrimonio si scioglie?
Doc. A mio parere, se si accertasse cosa che, ti anticipo subito, ben difficile, per
cui, quello che ti sto facendo, consideralo pure un caso di scuola - che Caio ha
effettivamente dato un quid pluris, bisognerebbe prima di tutto stabilire, se lha dato
per errore (io, Caio, fermo alla vecchia normativa, d duemila perch erroneamente
ritengo di dover sostenere da solo, comera una volta per il marito, tutte le spese della
famiglia) oppure consapevolmente (idest, consapevolmente di dare pi del dovuto):
nel primo caso, si dovrebbero applicare le norme sul pagamento di indebito (artt.2033
e ss) e quindi riconoscere a Caio il diritto a vedersi rimborsato quanto da lui
indebitamente pagato; nel secondo caso, si dovrebbe considerare il pagamento del
quid pluris come una donazione (bada, non come ladempimento di unobbligazione
naturale, dato che per il nostro codice, vedi larticolo 2034, un pagamento pu dirsi
fatto in adempimento di unobbligazione naturale quando fatto in adempimento di
un dovere morale o sociale e nessun dovere morale o sociale impone a un
coniuge di contribuire pi del dovuto alle spese della famiglia).
Disc. Mettiamo che si stabilisca che Caio ha dato quei mille e pi euro a titolo di
donazione.
Doc. In tal caso occorrerebbe ancora stabilire, se Caio voleva, con la sua donazione,
beneficare il coniuge o i figli o, cosa pi probabile, il coniuge e i figli (Caio, provetto
muratore, nelle ferie estive ristruttura la casa di campagna perch tutta la famiglia vi
possa passare lestate beatamente al fresco).
Doc. Nellipotesi che Caio abbia dato il quid pluris solo per beneficare il coniuge,
egli, qualora si separi da questo (non importa se per colpa sua o di questo) o il
matrimonio si sciolga per causa non fisiologica (idest, si sciolga per divorzio,
annullamento ecc e non per morte del coniuge), avr diritto alla restituzione del
donatum (per le stesse ragioni per cui il legislatore riconosce il diritto alla
restituzione dei doni nel caso di rottura di fidanzamento, art.80).
Disc. Tu hai fatto prima riferimento al coniuge, che adempie al suo dovere
contributivo tirando fuori i soldi dal suo portafoglio; ma a me pare che nulla vieti al
coniuge, su cui ricade la spesa dellacquisto della bicicletta al figlio, di acquistarla, s,
ma, non pagando il negoziante pronto cassa, ma semplicemente assumendo nei suoi
confronti lobbligo di pagarla.
Doc. In tal caso, io, tornando a fare il ragioniere e non lavvocato, escluderei che, se
lacquisto fatto in maggio, si debba calcolare come contributo alle spese del mese di
maggio la somma, che Caio non ha pagata, ma solo si obbligato a pagare, metti, a
Settembre; e riterrei preferibile ritenere che, in tal caso, Caia semplicemente
acquisisca un credito verso Caio per lammontare del debito verso il negoziante, cosa
per cui a settembre Caio, per pareggiare i conti, aggiunger, al contributo da lui
dovuto per le spese di settembre, il pagamento dovuto per la bicicletta al negoziante;
ad esempio, se, la spesa preventivata per settembre e che i coniugi debbono sostenere
in parti eguali, di duemila e la somma, che Caio a maggio, cio al momento
dellacquisto della bicicletta, non ha dato al negoziante e che a settembre si deve
dare, di duecento, Caia dovr dare ottocento e Caio 1200 (1000 contributo mensile
+ 200 arretrato relativo alla bicicletta = 1200).
Disc. Si deve far rientrare, nel dovere di contribuire ai bisogni della famiglia, anche
lobbligo di un coniuge di dare la sua fideiussione alle obbligazioni, che laltro
coniuge contrae, beninteso contrae nellinteresse della famiglia?
Doc. Certo ben ammissibile, anzi fisiologico, che Caio e Caia si obblighino
solidalmente verso il terzo, che vende loro un bene necessario per la famiglia (o
esegue una prestazione, per la famiglia, necessaria). Ma e qui torna a parlare il
ragioniere che evidentemente sonnecchiava in me - se si conviene che il dare e
lavere, metti per il mese di maggio, per Caio e Caia in perfetto pareggio qualora
Caio sostenga la spesa A e Caia sostenga la spesa B, si cade in contraddizione logica
qualora si sostenga poi che tale pareggio ancora sussista e non sia sballato nel caso si
aggiunga a Caio il peso, che tale , di dare la fideiussione allobbligazione che Caia
deve assumere per la spesa B.
Insomma, tutto possono fare i coniugi, purch rispettino la logica e le regole contabili
(oppure se si vogliono tanto bene, da essere sicuri di...poter fare a meno di una
contabilit ordinata).
Disc. Ma rispetto al terzo (che vende la cosa, che rende il servizio necessario alla
famiglia) Caia, il coniuge che conclude con lui il contratto, risponde da sola
personalmente o solidalmente con Caio? Ad esempio, Caia ha acquistato dal
mobiliere Parodi un armadio per mille euro: questi mille euro il mobiliere li pu
chiedere solo a Caia o anche a Caio (ovviamente partendo dal presupposto che questi
sia condebitore solidale con Caia)?
Doc. La risposta a questa domanda rimanda alla soluzione di due diversi problemi:
primo problema: tutelare o no laffidamento del terzo che ha contrattato, s, con Caia,
ma fidando di potersi soddisfare alloccorrenza anche sul patrimonio di suo marito,
Caio? A questo primo problema noi cercheremo di dare una soluzione in altre sede e
precisamente trattando del regime della separazione dei beni. Passiamo al secondo
problema, che questo: la salvaguardia del principio della parit dei diritti dei
coniugi (primo comma art. 143), pretende che Caio sia chiamato a rispondere
solidalmente delle obbligazioni contratte dalla sola Caia? S, si sostiene, perch
altrimenti Caia, il cui patrimonio esangue, mentre quello di Caio panciutello,
avrebbe meno chances di Caio di poter compiere quegli atti attuativi dellindirizzo
familiare concordato, previsti dal capoverso dellarticolo 144 (perch quei
negozianti che si fiderebbero a far credito a Caio, non si fiderebbero a farlo a lei). No,
dico io, perch, mentre il riconoscimento della parit dei diritti tra i coniugi mira a
tutelare la personalit del coniuge-debole (dalle sopraffazioni del coniuge-forte),
lattribuzione a un coniuge del potere di compiere autonomamente (cio senza il
previo consenso dellaltro) gli atti attuativi dellindirizzo della vita familiare- non
mira a tutelare tale personalit (tanto vero che. in ogni momento, laltro coniuge,
come abbiamo visto in un precedente paragrafo, pu bloccare lesercizio di tale
potere: Caio pu dire No, non voglio che si acquisti la tal cosa e Caia non la pu
acquistare) - ma semplicemente a rendere pi efficiente e rapida la gestione del
menage familiare: quindi, se anche si verificasse una limitazione (in facto e non in
iure) di tale potere per un coniuge, questi non potrebbe dire che la sua personalit
stata sacrificata.
Disc. Dobbiamo ora parlare dellobbligo, che ciascun coniuge ha, di contribuire
alladempimento dellobbligazione, posta ai genitori, verso i figli, dallarticolo 147; il
quale precisamente recita: Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi lobbligo di
mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro
capacit, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dallarticolo
315 bis.
Doc. Parliamo della prima parte del comma ora letto: non certo tra le pi felici:
leggendola si ha limpressione che i coniugi adempiano ai loro doveri genitoriali solo
aprendo il portafoglio: il legislatore avrebbe fatto bene a nominare, accanto alla
capacit di lavoro professionale o casalingo, la capacit educativa. Non pu essere
dubbio per che, al loro dovere di mantenere, educare, istruire i figli, i coniugi
debbano provvedere non solo in proporzione alle loro sostanze e secondo la loro
capacit di lavoro professionale o casalingo, ma anche in relazione alla loro capacit
educativa (in relazione e non in proporzione, perch questa seconda espressione
sarebbe stonata se riferita alla capacit educativa, mentre stonata non sarebbe stata,
anzi, se usata per la capacit di lavoro professionale o casalingo - il che non stato:
il legislatore ha un po pasticciato.)
Peraltro, a commento di questo comma, possiamo richiamare quanto gi osservato
pi sopra commentando il terzo comma dellarticolo 143: abbiamo gi detto che, le
leggerissime diversit di formulazione tra questo terzo comma e il primo
dellarticolo148, non vanno per nulla sopravalutate. Va solo ricordato che, mentre, la
somma destinata dai coniugi ai bisogni, diciamo cos, genericidella famiglia,
rimessa alla loro discrezione, la somma invece destinata ai bisogni dei figli deve
essere proporzionata alle loro sostanze e alle loro capacit di lavoro: Caia e Caio,
anche se miliardari, possono contentarsi di vivere come poveracci, ma debbono
permettere di vivere ai figli come miliardari.
Merita qualche parola in pi la seconda parte del comma in esame. Essa infatti fa
obbligo agli ascendenti prossimi di fornire ai genitori i mezzi per provvedere ai
bisogni dei loro figli.
Doc. Cosa per cui, la ragion dessere della seconda parte del comma in commento, la
sua novit, se cos ci piace esprimerci, va trovata non nellimposizione agli
ascendenti dellobbligo di sopperire alla mancanza di mezzi dei genitori ma nel
fatto che essi non debbono fornire direttamente tali mezzi ai nipoti (agli alimentandi,
cio) ma ai loro genitori.
Disc. Possono i coniugi mettersi daccordo per regolare i loro rapporti patrimoniali,
stabilendo, ad esempio, che dopo sposati quei certi immobili saranno amministrati da
loro congiuntamente, che luno dovr dare allaltro mensilmente tot, e cos via?
Doc. Lo possono, purch il loro accordo rispetti certi diritti, che il legislatore ritiene
fondamentali e quindi inderogabili.
Doc. S, lo fa con larticolo 160, che recita: Gli sposi non possono derogare n ai
diritti n ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio.
In buona sostanza Caio e Caia non possono derogare a quei diritti, che hanno come
loro presupposto necessario il matrimonio e che, pertanto, per loro non esisterebbero
se non fossero sposati.
Disc. Quindi vanno annoverati tra i diritti/obblighi inderogabili, tutti quelli che
abbiamo studiati nei precedenti paragrafi: obbligo di fedelt, di assistenza, di
coabitazione e, per quel che riguarda pi direttamente gli aspetti patrimoniali dei
rapporti tra i coniugi, lobbligo di collaborazione e lobbligo di contribuzione in
proporzione alle sostanze e alla capacit lavorativa.
Doc. Al contrario, ne resta molto: i coniugi, una volta adempiuto il loro obbligo di
contribuzione, hanno diritto di disporre liberamente del residuo reddito, che loro
dato dai loro beni e dal loro lavoro e, a prescindere da ci, essi conservano sempre il
diritto di amministrare tutti i loro beni: su questi diritti che pu incidere, per
derogarli, un accordo tra i coniugi; e ti pare poco?
Disc. Quindi, se ho capito bene, i coniugi possono liberamente limitare i diritti, che
ogni coniuge ha, alla libera disponibilit dei propri redditi e del proprio patrimonio.
Doc. A dir il vero, anche la derogabilit a tali diritti incontra dei limiti; i pi
importanti dei quali, sono i due seguenti.
Primo: laccordo dei coniugi non pu interdire a uno di loro (o a entrambi) di
investire liberamente il proprio redditto (ex bonis o ex labore) per la propria attivit
economica e professionale dato che ci finirebbe per vulnerare il suo spirito
diniziativa economica e la sua creativit professionale (Se, io, Caio, sono costretto a
concordare con Caia, i codici che posso comprare, i mobili con cui debbo arredare lo
studio, ebbene, a far lavvocato, ci rinuncio!) e quindi sarebbe lesivo dei diritti della
personalit tutto ci si argomenta dal capoverso dellarticolo 210, che stabilisce
linvalidit di una convenzione (modificativa del regime della comunione legale), che
facesse rientrare nella comunione(con conseguente privazione del coniuge del
potere di amministrarli autonomamente) i beni che servono allesercizio di una
professione.
Mutatis mutandis, lo stesso discorso pu ripetersi per in accordo che limitasse in un
coniuge la libera disponibilit dei suoi beni personali - anche qui argomento ex
capoverso art. 210.
Secondo (limite alla derogabilit): laccordo dei coniugi non pu delimitare in
maniera diseguale i poteri di disposizione dei due coniugi ci infatti verrebbe a
contrastare col principio (espresso dal comma 1 dellart.143) della parit dei diritti e
dei doveri tra coniugi.
Unimportante applicazione di questa seconda regola si ha nellarticolo 166bis, che
consacra il divieto di costituzione di dote recitando: E nulla ogni convenzione che
comunque tenda alla costituzione di beni in dote.
Doc. La dote un antico istituto del nostro diritto; esso prevedeva, il conferimento
nel patrimonio familiare di beni da parte della moglie, o di chi per lei, con
abdicazione totale di questa alla loro amministrazione, che era riservata solo al
marito.
Doc. Si differenzia per il fatto che la procura limitata nel tempo; con pi precisione,
si pu dire che, il conferimento al marito del potere di amministrare uno o pi beni,
non ricade nel divieto della costituzione di dote, se la procura revocabile o anche
irrevocabile ma solo per un tempo limitato.
Disc. Torniamo al fatto che i coniugi godono di un (sia pure limitato) potere di
deroga, in relazione ai (loro) diritti di gestire liberamente il loro (personale)
patrimonio e il reddito, che loro residua una volta adempiuto lobbligo di
contribuzione (alle spese familiari); ora chiaro che, il modo in cui tale potere di
deroga viene esercitato e il suo stesso non essere esercitato, potrebbe dar luogo a una
(forse troppo vasta) diversit di regimi patrimoniali: i coniugi Rossi potrebbero creare
un regime patrimoniale, che pretende il consenso di entrambi coniugi per la
disposizione di tutti i beni (prima in esclusiva disponibilit di ciascuno di loro), i
coniugi Bianchi, invece, potrebbero creare un regime, in cui il consenso dei coniugi
necessario solo per la disposizione di alcuni di tali beni oppure solo per alcuni atti di
disposizione di tali beni e cos via: il legislatore non teme che ne nasca il caos?.
Doc. No, egli si limita a disciplinare (negli artt. 167 e segg.) quattro diversi tipi di
regimi patrimoniali: quello del fondo patrimoniale, quello della comunione legale,
quello della comunione convenzionale, quello della separazione dei beni; e a stabilire
nellarticolo 159, che Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di
diversa convenzione stipulata a norma dellartic. 162, costituito dalla comunione
dei beni, regolata nella sezione III del presente capo (idest, dalla comunione legale a
cui poco fa ho fatto cenno).
Ma, se il Legislatore non ritiene di porre limiti alla creativit giuridica delle varie
coppie di sposi, egli ritiene per opportuno di vietare loro una tecnica di
formulazione del parto di tale creativit; e nellarticolo 160 dispone, che: Gli sposi
non possono pattuire in modo generico che i loro rapporti patrimoniali siano in tutto o
in parte regolati da leggi alle quali non sono sottoposti o dagli usi, ma devono
enunciare in modo concreto il contenuto dei patti con i quali con i quali intendono
regolare questi loro rapporti. Quindi, due coniugi di cittadinanza italiana, non
potrebbero limitarsi a scrivere nella loro convenzione matrimoniale Vogliamo che i
nostri rapporti patrimoniali siano disciplinati dalla legge belga, ma con santa
pazienza dovrebbero trasformare le norme della legge belga in clausole contrattuali e
riportarle nella loro convenzione; questo perch la legge belga non una legge a cui
essi sono sottoposti. Al contrario, il cittadino Chevalier, di cittadinanza francese e
la cittadina Cepeda di nazionalit spagnola, potrebbero limitarsi ad esprimere la loro
volont per relationem: Noi vogliamo che i nostri rapporti patrimoniali siano
disciplinati dalla legge francese; questo perch la legge francese (sia pure in
alternativa a quella spagnola) la legge a cui sono sottoposti (vedi lart. 30 della L.
31 maggio 1995 n. 218 sul diritto internazionale privato).
Disc. Fa differenza che una legge straniera sia applicabile semplicemente in quanto
legge a cui i coniugi sono sottoposti (penso al caso dei coniugi Chevalier-Cepeda)
o, invece, in quanto riportata in una convenzione matrimoniale (penso al caso dei due
italiani, che vogliono che i loro rapporti patrimoniali sia regolati dalla legge francese,
e pertanto la trasfondono nella loro convenzione)?
Doc. Certo, nel primo caso la legge verr applicata dal giudice italiano tenendo conto
della sua evoluzione (se il legislatore estero, nel tempo, avr, metti, abrogato
larticolo X, non applicher larticolo X); nel secondo caso, invece, egli applicher la
legge come cristallizzata, diciamo cos, nella convenzione, prescindendo cio dalle
modifiche nel frattempo in essa intervenute.
Disc. Quale la ragione per la quale il nostro legislatore non permette ai coniugi quel
rinvio per relationem, che chiaramente sarebbe per loro il metodo pi pratico e
semplice di recepire la normativa straniera?
Doc. Io credo che la ragione, almeno principale, di ci vada ravvisata nel timore, che
un semplice rinvio per relationem esponga i coniugi a scelte non meditate (i coniugi
optano entusiasti per il diritto argentino, senza sapere che larticolo tal dei tali del
codice argentino dispone questo e questaltro): costringere i coniugi a riportare,
trasformate in clausole contrattuali, le norme di una legge, che non essendo quella a
cui sono sottoposti presumibilmente da loro poco conosciuta, un modo per
costringerli a farne una pi approfondita conoscenza.
Meno valide mi sembrano altre due ragioni, che pur autorevolmente si indicano:
quella di facilitare il giudice nellapplicazione della legge (regolatrice dei rapporti
patrimoniali), evitandogliene una ricerca che potrebbe essere laboriosa (ma il giudice
italiano non deve gi sobbarcarsi a tale ricerca, tutte le volte in cui i rapporti
patrimoniali delle parti sono, ai sensi delle norme di diritto internazionale privato,
regolati da una legge straniera?!);
quella di facilitare i terzi nella conoscenza della normativa straniera, che regola i loro
rapporti con gli sposi, con cui hanno rapporti di affari (ma lhandicap del terzo non
sarebbe eliminato sufficientemente dal terzo comma dellart.30 della gi citata Legge
n. 218/995, il quale recita Il regime dei rapporti patrimoniali fra coniugi regolato da
una legge straniera opponibile ai terzi solo se questi ne abbiano avuto conoscenza o
lo abbiano ignorato per loro colpa?! ).
Doc. No, e te lo dice il terzo comma sempre dellarticolo 162, che recita: Le
convenzioni possono essere stipulate in ogni tempo, ferme le disposizioni dellart.
194. Quindi, se Caio e Caia, che si sono astenuti dal far risultare nellatto di
celebrazione la loro opzione per il regime di separazione, dopo, anche dopo qualche
anno, ci ripensano, sono sempre in tempo a rimediare: potranno andare da un notaio
(sobbarcandosi questa volta la relativa spesa) e far disciplinare i loro rapporti dal
regime della separazione.
Doc. Certo che s; infatti ben giusto (e opportuno per evitare la vischiosit delle
transazioni commerciali) che si dia allimprenditore Parodi, che deve stipulare un
contratto con i coniugi Rossi, la possibilit di sapere per quale dei regimi patrimoniali
essi abbiano optato: infatti, la validit o no del contratto, dipender dalle norme che
disciplinano tale regime (se i coniugi Rossi vivono in regime di separazione dei beni,
baster per la validit del contratto che apponga la sua sottoscrizione solo il sig Rossi,
che nei registri immobiliari ne risulta unico proprietario, se essi invece fossero in
regime di comunione dei beni, occorrerebbe la sottoscrizione anche della signora
Rossi).
Disc. Ma il contenuto della convenzione (il tipo di regime patrimoniale adottato dai
coniugi Rossi: se trattasi del regime di separazione dei beni, del regime del fondo
patrimoniale ecc.) non risulta dallatto di matrimonio?
Doc. No (salvo che il regime prescelto sia quello della separazione dei beni). Tutto
questo ti risulta dal quarto comma dellarticolo 162, che recita: La convenzioni
matrimoniali non possono essere opposte ai terzi quando a margine dellatto di
matrimonio non risultino annotati la data del contratto, il notaio rogante e le
generalit dei contraenti, ovvero la scelta di cui al secondo comma (idest, la scelta
del regime della separazione dei beni).
Disc. Quindi, il nostro Parodi, per sapere quale sia il regime adottato dai coniugi
Rossi, dopo essere stato allufficio di stato civile, dovr recarsi allufficio notarile -
beninteso, salvo il caso che dallatto di matrimonio risulti che i coniugi Rossi non
abbiano stipulata nessuna convenzione (nel qual caso dovr concludere che il regime
adottato, sia quello della comunione) o che i coniugi Rossi abbiano optato, al
momento della celebrazione (del matrimonio), per il regime di separazione (senza
farlo seguire da convenzioni contrarie).
Ma, sapere il tipo di regime adottato dai coniugi Rossi, al nostro signor Parodi
certamente baster, qualora il contratto, che egli intende stipulare, riguarda un bene
mobile (non iscritto nei registri); ma gli baster lo stesso, qualora il contratto riguardi
un bene immobile o un bene mobile iscritto nei pubblici registri (un automobile, un
aereomobile...)?
Doc. No, se il Parodi, consultato latto di matrimonio, vi vedr indicato, putacaso, che
i coniugi, prima, al momento della celebrazione del loro matrimonio, hanno optato
per il regime della separazione dei beni, e, poi, hanno stipulata una convenzione;
indi, recatosi allufficio notarile, legger, nella convenzione, che i coniugi hanno
optato per il regime di comunione, ebbene ci non gli baster, o almeno gli potrebbe
non bastare, per soddisfare la sua curiosit di cauto uomo daffari: gli rester, o
almeno gli potrebbe restare, linterrogativo se lappartamento, che intende comprare,
rientri, o no, nella comunione dei beni (dato che non tutti gli immobili di propriet di
uno dei coniugi, come vedremo, cadono in comunione).
Doc. S, perch Egli impone non solo di trascrivere, se hanno per oggetto dei beni
immobili o i beni mobili di cui allarticolo 2683 (aereomobili, autoveicoli...), la
costituzione del fondo patrimoniale, le convenzioni che escludono i beni medesimi
dalla comunione tra i coniugi, gli atti e i provvedimenti di scioglimento delle
comunione (.), ma altres di trascrivere gli atti relativi a beni (della tipologia sopra
indicata e) che successivamente entrano a far parte del patrimonio familiare o
risultano esclusi dalla comunione tra i coniugi. Tutto questo te lo dico in sintesi, se ti
fosse necessaria una maggiore precisione dovresti consultare gli artt. 2646 e 2685.
Disc. Comunque, sintetiche o no, le tue parole mi fanno capire che il nostro bravo
Parodi, se non sempre molto spesso, se vorr essere sicuro di comprare bene un
immobile, dovr rassegnarsi a fare tre viaggetti: uno allufficio di stato civile, laltro
allufficio di un notaio, laltro ancora allufficio dei registri immobiliari.
Ma, tanto per complicarci la vita, poniamo il caso che il Parodi debba stipulare il
contratto con un coniuge, i cui rapporti patrimoniali sono regolati da una legge
straniera, metti con la signora Cepeda di un esempio precedente, anche in tal caso un
sistema di pubblicit gli dar modo di informarsi sul regime patrimoniale della
controparte e, diciamo cos, sullo status (se rientra nel patrimonio familiare, o no,
ecc.) dellimmobile che volesse acquistare?
Doc. Sul punto io ti confesso non sono molto esperto; ma direi di no, perch, la
norma di diritto internazionale privato che prevede il caso, (il terzo comma dellart.
30 L. 31 maggio 1995 n. 218), si limita a stabilire, che Il regime dei rapporti
patrimoniali fra coniugi regolato da una legge straniera opponibile ai terzi solo se
questi ne abbiano avuta conoscenza o lo abbiano ignorato senza colpa. Relativamente
ai diritti reali su beni immobili, lopponibilit limitata ai casi in cui sono state
rispettate le forme di pubblicit prescritte dalla legge dello Stato in cui i beni si
trovano.
A questo punto io direi di chiudere sulle disposizioni generali, saltando le norme di
cui agli articoli 163, 164,165,166.
Disc. Ma s, mi pare che riguardino punti del tutto secondari della disciplina:
chiudiamo; non prima per che tu abbia risposto a questa ultima domanda, che mi
pare invece importante.
Abbiamo visto che i coniugi possono derogare al regime della comunione legale solo
stipulando una convenzione in tal senso (art. 159); abbiamo visto che i coniugi
debbono stipulare tale convenzione solo per atto pubblico (primo comma
dellarticolo 162), ma tu non mi ha detto ancora...che cosa si debba intendere per
convenzione: ogni accordo tra coniugi, che ha leffetto di attribuire (o di togliere)
qualche potere o diritto sul patrimonio familiare o personale (delluno o dellaltro di
loro), va considerato una convenzione da stipulare con atto pubblico? ad esempio,
il contratto, con cui la signora Rossi intende conferire al marito il mandato a vendere
un immobile rientrante nella comunione, va considerato una convenzione, va fatto per
atto pubblico?
Doc. No, la signora Rossi potr dare il suo mandato con una semplice scrittura
privata. Infatti si pu parlare di convenzione, a proposito di un accordo tra coniugi,
solo quando le disposizioni di questo, siano destinate a valere (tendenzialmente) fino
allo scioglimento del matrimonio e abbiano natura programmatica, cio siano
destinate a disciplinare una molteplicit di situazioni (ipotizzabili nel futuro).
Lezione VIII: Il regime della separazione dei beni.
Doc. Il legislatore non d una definizione del regime della separazione dei beni, cos
come non la d del regime del fondo patrimoniale e di quello della comunione legale,
ma - siccome, nel primo articolo della sezione dedicata alle disposizioni generali,
larticolo 159, egli aveva enunciato la norma che il regime patrimoniale della
famiglia, in mancanza di diversa convenzione..... costituito dalla comunione dei beni
(rectius, dei beni acquistati durante il matrimonio) - nel primo articolo dedicato al
regime della separazione, larticolo 215, sente il bisogno di ribadire che I coniugi
possono convenire che ciascuno di essi conservi la titolarit esclusiva dei beni
acquistati durante il matrimonio.
Disc. Quindi, il regime, che andiamo ora a studiare, si caratterizza per il fatto, che i
coniugi restano titolari esclusivi dei loro beni, quelli che avevano al momento di
sposarsi e quelli acquistati successivamente; cos?
Doc. E cos; ma sarebbe bene sottolineare, che i coniugi restano titolari esclusivi di
tutti i loro beni; dal momento che, pure chi opta per il regime di comunione legale o
per la costituzione di un fondo patrimoniale, conserva la titolarit esclusiva di alcuni
beni: ad esempio Caio, che, al momento in cui opta per il regime della comunione,
proprietario di tre appartamenti, conserva la titolarit esclusiva di tali appartamenti e,
mutatis mutandis la cosa si potrebbe ripetere per il caso che avesse costituito un
fondo patrimoniale (i beni non versati nel fondo resterebbero di sua esclusiva
propriet vedi meglio larticolo 168).
Ed bene dire subito che le norme che andremo ad esaminare, anche se inserite in
una sezione dedicata al regime della separazione, non si applicano solo ai beni di
chi ha optato per questo regime, ma si applicano a tutti i beni di cui un coniuge,
qualunque sia il regime per cui ha optato, conserva la titolarit esclusiva.
Chiarito questo, passiamo a parlare del secondo articolo della sezione dedicata alla
separazione dei beni, e cio dellarticolo 217. Nel primo comma di tale articolo, il
legislatore, che non ha persa labitudine di dire...cose ovvie, proclama che Ciascun
coniuge ha il godimento e lamministrazione dei beni di cui titolare esclusivo.
Disc. Io non trovo tanto ovvio il dettato legislativo. Infatti, quando noi si parlava
dellobbligo di contribuzione (terzo comma dellarticolo 143), mi prudeva una
domanda, che ora, proprio il primo comma da te dileggiato, mi d loccasione di farti:
Caio, una volta che ha adempiuto correttamente il suo obbligo di contribuzione, dei
soldi che gli restano nel portafoglio, pu fare quel che gli pare e piace? Cerco di
essere ancora pi preciso: Caio, ha un reddito mensile di tremila euro, e ne d come
contributo mille: dei residui duemila euro, pu disporre come gli aggrada?
Doc. Fino ad un certo punto. Certamente egli libero di impiegare anche tutti i
duemila euro nellacquisizione di beni e/o servizi utili per la sua professione e attivit
economica e per lavori diretti a conservare e rendere pi redditizi i beni in sua
propriet. Ma incontra invece precisi limiti per quel che riguarda le spese voluttuarie
(pranzi, spettacoli...) e per quelli che il legislatore definisce (nella lettera c, comma 1
art. 179) beni di uso strettamente personale (vestiti, computer, auto.......)
Doc. Dallobbligo per il coniuge di non superare, nel suo tenore di vita, quello di tutti
gli altri membri della famiglia: se questi si nutrono a pasta e fagioli, egli non pu
pasteggiare a ostriche e champagne; se questi, per andare al lavoro, arrancano in
bicicletta, egli non pu scarrozzarsi in una fuoriserie: anche se noi viviamo in una
societ capitalistica, dentro le quattro mura della famiglia, ci dobbiamo rassegnare a
vivere, qualunque siano le nostre idee politiche, in una...societ comunista.
Disc. Sempre mentre noi si parlava dellobbligo di contribuzione, io avevo una altra
domanda sulla punta della lingua, che ora ti voglio fare. Questa domanda nasceva da
quella che mi pareva una vera ingiustizia: Caio, pensavo, sentendo quel che tu dicevi,
nei mesi che sono per lui quelli delle vacche grasse, guadagna tremila, d il suo bravo
contributo di mille e...il resto se lo spende; poi, quando vengono le vacche magre,
mostra a Caia il portafoglio vuoto e non le d niente - e ha ben diritto di non darle
niente perch non ha niente; per, ecco quel che pensavo, se nel periodo di alta
congiuntura avesse risparmiato, qualche cosa anche nel periodo delle vacche magre
potrebbe dare e il tutto mi sembrava ingiusto. Per cui ti avrei voluto domandare e
ora ti domando: Caia pu controllare luso che, del suo reddito, fa laltro coniuge e
costringerlo alla virt del risparmio?
Doc. Certamente essa non pu legare le mani e la borsa di Caio, per quel che riguarda
le spesse che egli intende fare per la sua attivit professionale e lato sensu
economica: questo divieto nasce da quella esigenza di tutela della personalit, di cui
abbiamo gi avuta occasione di parlare.
Invece, per quel che riguarda le spese per beni personali e per quelle voluttuarie,
lobbligo per Caio di risparmio, nasce dallo stesso obbligo che ha Caio di uniformare
il suo tenore di vita a quello degli altri familiari. Facciamo un esempio: Caio ha il
reddito mensile di tremila: mille li d come contributo alle spese di famiglia, mille
li spende per comprarsi gli attrezzi del mestiere o per le necessarie riparazioni alle
sue case, cinquecento li spende per mantenere un tenore di vita conforme a quello dei
familiari: i residui cinquecento, non potendoli usare per spese voluttuarie, per forza li
deve risparmiare!
Disc. Ma Caia pu controllare che veramente mille siano spesi cos, cinquecento col
e cos via?
Doc. Tu hai ragione, senza dubbio il legislatore compie un salto logico. Ma anche Tu
salti una quinta ipotesi, quella che il coniuge sia nella detenzione dei beni dellaltro in
base, s, a un contratto, ma non a un contratto di mandato: pensa a un contratto di
locazione, di usufrutto, di enfiteusi (); e, non contento, salti anche una sesta ipotesi,
quella che il coniuge sia nella detenzione dei beni, non per amministrarli, ma solo per
goderli.
Doc. Cos come i coniugi possono stipulare tra di loro un contratto di compravendita,
di locazione, di trasporto ecc., cos essi possono anche tra di loro stipulare un
contratto di mandato. A ci, lo abbiamo gi visto, non osta il divieto, stabilito dallart.
166bis di ogni convenzione che comunque tenda alla costituzione di beni in dote:
infatti tale divieto, interpretato con tale severit da escludere anche la possibilit di
Caia di dare a Caio un mandato, finirebbe per iugulare la stessa possibilit di Caia di
muoversi nel mondo degli affari: quel che importa, per non ricadere nel divieto
dellarticolo 166bis, che il mandato non sia irrevocabile (a meno che la clausola di
irrevocabilit - utile per dar la sicurezza, alla controparte del contratto oggetto del
mandato, che nel corso delle trattative non vengano meno i poteri del coniuge-
mandatario - sia soggetta ad un termine molto breve).
Disc. Quale forma deve assumere il mandato? pu darsi anche per scrittura privata,
anche oralmente, pu essere anche tacito?
Doc. Che possa avere carattere generale risulta dalla lettera stessa della norma (che si
riferisce allamministrazione di beni al plurale e non al singolare). E, ammesso ci,
non mi pare che ci siano ragioni per escludere che possa riguardare tutti i ben
dellaltro coniuge.
Doc. Il terzo comma relativo allipotesi di un coniuge che amministra con procura
(rectius, con mandato), ma senza obbligo di rendere conto dei frutti (e pi in
genere, uninterpretazione estensiva rientrando nella logica, senza rendere conto della
sua amministrazione). Nellipotesi, il legislatore esenta il coniuge amministratore,
non solo dallobbligo di rendiconto, ma tout court, da quello di far avere al suo
mandante, laltro coniuge, i frutti della sua amministrazione (di cui evidentemente
libero di disporre); e siccome, nel pi sta il meno, da ritenere che lo esenti anche
dalla responsabilit per mancata percezione dei frutti dovuta a sua negligenza e in
genere (anche qui imponendosi in via logica uninterpretazione estensiva) da ogni
responsabilit per mala gestio. Da questa, che una deroga alla disciplina codicistica
del mandato (artt.1710 e ss), ci riserviamo in seguito di trarre interessanti deduzioni.
Doc. No, e ci risulta dalla stessa lettera della norma, che si limita a parlare di
coniuge senza lobbligo di rendere conto. Questa considerazione ci permette di
escludere, sia lobbligo di rimettere i frutti al coniuge proprietario sia la
responsabilit per mala gestio, anche nella terza ipotesi che tu avevi fatto (e che il
legislatore ha saltato): lipotesi di Caio, che nella detenzione dei beni di Caia senza
suo mandato, ma anche senza sua opposizione.
Disc. Ma Caio, che si trova nella detenzione, poco rileva se con mandato o meno, dei
beni di Caia, in che senso, dei frutti percepiti, pu disporre liberamente? nel senso
che pu consumarli a proprio esclusivo beneficio o nel senso che pu, s, disporne
solo a beneficio della famiglia, ma a lui solo rimessa la scelta dei bisogni familiari
da soddisfare con tali frutti?
Disc. A me pare ovvio che il coniuge, che rechi danni alle cose da lui detenute, sia
obbligato a risarcirli.
Doc. Appunto per questo, per dare una ragione dessere alla norma, si impongono due
diverse interpretazioni. Prima: essa, non tanto stabilisce che il coniuge deve risarcire i
danni, ma che deve risarcirli anche se manca la prova di un suo comportamento
colposo o doloso. Seconda (interpretazione): il coniuge deve risarcire i danni in caso
di sua colpa o dolo. A me sembra che la prima interpretazione porti a soluzioni troppo
severe, e preferirei adottare la seconda; la quale effettivamente porta a far dire alla
norma una ovviet, ma unovviet che non sarebbe pi tale, se il legislatore partisse
dal presupposto che il coniuge, amministratore in base a mandato e comunque col
beneplacito dellaltro coniuge, non sia obbligato a risarcire i danni anche se da lui
causati per colpa (eccezion fatta che si tratti di colpa grave) insomma se il
legislatore adottasse, per il coniuge amministratore, quella stessa soluzione accolta
nellarticolo 1713, per il mandatario esentato dallobbligo di rendiconto.
Conclusione: siccome ritengo che al Legislatore non si debbano attribuire assurdit
absurda sun vitanda, insegnava Farinaccio ritengo anche che il terzo e quarto
comma vadano interpretati nel senso, che, il terzo, escluda la responsabilit del
coniuge per i danni arrecati per colpa (che non sia grave); e, il secondo, invece,
riaffermi il principio che il coniuge, come come tutti gli altri mortali, debba risarcire i
danni colposamente causati.
Doc. Senzaltro larticolo in esame si applica al coniuge, che detiene un bene per
farlo fruttare: sarebbe assurdo che il legislatore avesse fatto riferimento alla
normativa che disciplina i diritti/obblighi dellusufruttuario di chi cio nel
possesso di una cosa per trarre ogni utilit che questa pu dare (art.981) per dirci
i diritti/obblighi di chi semplicemente e puramente gode di un bene.
Pertanto, larticolo 218 viene a integrare larticolo 217, stabilendo che il coniuge-
amministratore, con o senza mandato, con o contro il beneplacito dellaltro, ha gli
stessi obblighi dellusufruttuario (quindi deve rispettare la destinazione economica
del bene ecc.).
Peraltro, io riterrei applicabile tale articolo anche al caso del coniuge, che puramente
gode di un bene dellaltro (Caio che abita nellappartamento di Caia). Ovviamente
in tal caso le norme sullusufrutto si applicheranno solo per la parte che si adatta a
tale situazione.
Doc. La disposizione, che il coniuge possa provare con ogni mezzo, quindi, non
solo documentalmente, ma anche con testimonianze e presunzioni, la propria
propriet esclusiva su un bene (poco importa che questo bene si trovi nella casa
familiare, anche se normalmente sar cos, o in altro luogo), trova la sua
giustificazione nei particolari rapporti di reciproca fiducia, che normalmente si
instaurano tra coniugi e che normalmente impediscono loro di procurarsi le prove da
far valere contro laltro.
Ma, il fatto che la prova della esclusiva propriet possa essere data con ogni mezzo,
non significa che il giudice possa riconoscere, lesistenza del diritto reclamato, anche
in base a una prova insufficiente, una prova cio che non gli d la sicurezza (sia pure
quella sicurezza di cui ci si deve accontentare nelle aule di giustizia), che il diritto
appartenga veramente a chi lo reclama. Pertanto, quando, la esclusivit della
propriet o tout court chi sia proprietario, non liquet, il giudice applicher il secondo
comma e attribuir il bene conteso al cinquanta per cento a tutti e due i coniugi.
Disc. E, con ci, far uneccezione alla regola, che vuole che, al rivendicante
soccombente, la propriet sia negata.. .al cento per cento.
Tu hai detto che bastano le presunzioni per provare la propriet esclusiva (o la
compropriet) di un bene; vuoi dare un esempio di tali presunzioni?
Doc. Pensa alla presunzione, che nasce dalla particolare relazione della cosa
controversa con la professione di chi la rivendica: chi pu dubitare che i libri di
diritto appartengano al coniuge-avvocato e non alla coniuge-casalinga?
Doc. Io escluderei che da s sola costituisca sufficiente prova, che la propriet della
res spetti al rivendicante; a meno, anche qui, che tale propriet risulti dalla particolare
relazione esistente tra il rivendicante e la res: chi pu dubitare che quella macchina
fotografica appartenga al coniuge dilettante-fotografo?
Doc. La risposta , no: Caia che si oppone (in forza dellarticolo 619 codice di
procedura civile la cos detta opposizione di terzo) al pignoramento, che il
negoziante Parodi ha fatto in odio al marito Caio, su una res esistente nella abitazione
familiare tanto per riferirci alla situazione che pi frequentemente si verifica nelle
nostre aule di giustizia non agevolata nella prova che la propriet della res spetta a
lei, e non al marito Caio (oppure, nella prova che la res, non in propriet esclusiva
del marito, ma in comunione tra lei e il marito).
Quindi, attente gentili lettrici, a non sposarvi con un uomo scialacquatore: i beni, che
aveste portato nella casa comune, si troverebbero esposti alle aggressioni dei suoi
creditori!
Per val la pena di dire che, se Caia non agevolata nella prova dalla sua qualit di
moglie, non ne neanche handicappata; questo, almeno dopo che la Corte
Costituzionale ha dichiarata la illegittimit dellarticolo 622 del Codice di procedura
civile, che invece poneva forti limiti, alla opposizione della moglie convivente,
contro i pignoramenti dei beni, fatti in odio del marito, nella casa di lui.
E con ci abbiamo terminato lesame di tutti gli articoli della sezione quinta dedicata
al regime della separazione dei beni.
Disc. Ma ora, che abbiamo passato in esame tutti gli articoli della sezione, vuoi
sciogliere la riserva prima fatta? avevi detto, commentando il terzo comma
dellart.217, che, dallesenzione del coniuge-amministratore dallobbligo di rimettere
i frutti al coniuge-proprietario, si pu ricavare uninteressante deduzione: quale?
Doc. Questa: che, per la disciplina dei rapporti tra coniugi, non pu attingersi senza
discernimento alla eventuale normativa, che disciplini similari rapporti tra estranei;
dato che questa disciplina non tiene conto di un elemento fondamentale, che
caratterizza invece il rapporto tra coniugi e cio la affectio coniugalis. E questo
elemento, che rende improprio e stonato, un obbligo del coniuge- amministratore al
conferimento dei frutti percepiti o un suo obbligo al risarcimento, per i danni senza
colpa causati nellamministrazione.; ancora questo elemento che, come abbiamo
visto in una precedente lezione, rende improprio e stonato lobbligo, del coniuge
proprietario, di pagare allaltro coniuge, che ha sopraelevato la sua casa, il maggior
valore da questa acquistato (anche se ci, dallarticolo 936 sulle accessioni,
sembrerebbe imposto!). Ed infine questo elemento, che porta a dare soluzioni
anomale a certe questioni, che nascono nei rapporti tra coniugi e terzi. E con ci in
particolare mi voglio riferire alla questione, che nasce quando uno dei coniugi stipula
un contratto con un terzo: la signora Rossi va nel negozio del mobiliere Parodi e vi
compra un mobile: dellobbligo da lei contratto di pagare il prezzo risponde anche il
signor Rossi?
Ecco il problema su cui riterrei opportuno spendere ancora qualche parola, se sei
daccordo.
Doc. Allora diciamo subito che, alla domanda propostaci, sia la Giurisprudenza che la
Dottrina, di massima, danno una risposta affermativa questo, beninteso, quando la
signora Rossi abbia assunto con tutta evidenza lobbligo per soddisfare esigenze
familiari.
La Giurisprudenza prevalente giustifica tale risposta con una doverosa tutela dello
affidamento: Parodi ha diritto di chiamare a rispondere del pagamento del prezzo
anche il marito della signora Rossi, perch, la qualit di moglie della Rossi, non
poteva non indurlo a credere, che questa agisse col consenso e, quindi, con la procura
del marito.
La Dottrina prevalente si richiama invece agli articoli 186, 190, che disciplinano il
regime della comunione dei beni. Articoli da cui, in sintesi, risulta che, se uno dei
coniugi, la signora Rossi dellesempio, fa un acquisto, pi in genere, stipula un
contratto (di vendita, di prestazione dopera, dappalto...) nellinteresse della
famiglia, degli obblighi, da tale contratto nascenti, rispondono, in prima battuta (art.
186), i beni in comunione, e, in seconda battuta (cio se i beni della comunione non
sono a ci sufficienti), i beni personali, dellaltro coniuge, del signor Rossi
nellesempio fatto, sia pure solo nella misura di met del credito (il prezzo era di
tre mila? il terzo creditore, il Parodi del nostro esempio, potr soddisfarsi sui beni del
signor Rossi solo per 1500).
Disc. Va bene, questa tua osservazione pu anche essere giusta, ma non basta a
superare, la fondamentale obiezione allapplicabilit degli articoli 186 e 190, data dal
fatto che il Rossi, il marito della coniuge che ha fatto lacquisto, se ha detto s al
regime di separazione dei beni e ha detto no al regime di comunione, perch ha
voluto rifiutare di sottomettersi con ci alle norme che disciplinano questo secondo
regime.
Doc. No, ha voluto rifiutare di sottomettersi a quelle, delle norme sulla comunione,
che dispongono la compropriet, (melius, la caduta in comunione) degli acquisti, ma
non ha voluto rifiutare gli articoli 186, 190 e ci per la semplice ragione che non li
poteva rifiutare, in quanto, questo il punto, tali articoli, anche se inseriti nella
normativa che riguarda il regime della comunione dei beni, esprimono un principio
generale, come tale applicabile, nei rapporti tra i coniugi e i terzi, qualsiasi il regime
da loro adottato. Tanto vero che, torno a fartelo notare, tali norme si applicano tanto
se il terzo sia a conoscenza del regime, che regola i rapporti patrimoniali del coniuge
(che con lui contratta), tanto che non lo sia.
Disc. Qui fermiamoci, perch uno di noi due ha la testa troppo dura per...dare ragione
allaltro.
Doc. Dobbiamo ora trattare della comunione legale, regime che trova la sua
disciplina nella sezione terza, artt. 177 e segg.
E, per cominciare, parliamo dei beni che cadono in questo tipo di regime.
Doc. No, e questo un equivoco da chiarire subito: i beni in comunione legale (ai
sensi degli artt. 177 e segg), sono cosa ben diversa dei beni in comunione ordinaria
(ai sensi degli artt.1100 e segg). Certo, i coniugi ben possono avere beni in
comunione (ai sensi degli artt. 1100 e segg.) e, addirittura, come possono avere beni
personali accanto a dei beni in comunione legale (ti ricordi quel che noi si era detto in
una precedente lezione?), cos, accanto a dei beni in comunione legale, possono avere
beni in comunione ordinaria (ai sensi degli artt. 1100 e segg.), per i primi vanno
tenuti ben distinti dai secondi, dato che, come vedremo, i poteri di amministrazione e
di disposizione, e i poteri di esecuzione, che gli artt. 177 e segg. riconoscono
rispettivamente ai coniugi e ai terzi creditori, sono diversi da quelli che loro
riconoscono gli artt. 1100 e segg.. Insomma, il concetto di bene oggetto di una
comunione ordinaria, ben diverso da quello di bene oggetto di una comunione
legale.
Disc. Ma, se cos , e se, come inevitabile, nel prosieguo della trattazione ci
dovremo porre la questione, se questo o quel bene sia oggetto della comunione
legale, non sarebbe logico cominciare a dire quali poteri hanno i coniugi e i terzi
creditori rispetto a un bene oggetto di comunione legale? Altrimenti rischiamo di
trovarci nella stessa situazione di quel studente, che doveva dire se un dato fiore era o
no una gardenia, quando ancora nessuno gli aveva spiegato che tipo di fiore la
gardenia
Doc. Seguire questordine nella trattazione forse sarebbe logico; ma tale ordine noi
non seguiremo perch, tutto sommato, valutati i pro e i contro, riteniamo pi utile alla
comprensione dellargomento seguire lordine adottato dal Legislatore; il quale,
appunto, prima, parla dei beni oggetto della comunione e, poi, dei poteri e diritti che
su di essi hanno i coniugi e i terzi creditori. Del resto, ti sar facile seguire i discorsi
che far, solo che tu temporaneamente tenga presente questa equazione: bene in
comunione legale = a bene di cui un coniuge non ha quella libera disponibilit, che ha
invece sui beni rientranti nel suo patrimonio personale.
Disc. Se cos, cominciamo a dar lettura dellarticolo con cui si inizia la sezione, lart.
177, che recita: Costituiscono oggetto della comunione legale: a) gli acquisti
compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio ad
esclusione di quelli relativi ai beni personali; b) i frutti dei beni.......
Doc. No, fermati alla lettera a) e al primo comma, dato che le altre lettere del primo
comma e il secondo comma costituiscono solo delle deroghe o dei chiarimenti alla
regola espressa nella disposizione contenuta nella lettera a).
Disposizione che peraltro da sola gi ci dice il limite e la ratio del regime che
dobbiamo esaminare
Cominciamo a dire del limite: la comunione legale non ha per oggetto tutti i beni
dei coniugi, ma solo i beni da loro acquistati dopo la costituzione della comunione
stessa: se Caio e Caia, al momento della costituzione della comunione, avevano in
propriet (o in usufrutto.. .insomma, per usare un termine non tecnico ma spero
chiarificatore, possedevano) luno, il bene A, e, laltra, il bene B, ebbene il bene A e
il bene B continuano, anche dopo, a essere di loro esclusiva propriet, non cadono in
comunione; in questa verrebbe a cadere, invece, lappartamento, metti, che Caio o
Caia separatamente, oppure, Caio e Caia congiuntamente, acquistassero dopo la
costituzione della comunione.
Disc. Ma non illogico questo limite, questo limitare la comunione solo agli
acquisti? Infatti, se veramente il matrimonio fosse una comunione spirituale e
materiale tra i coniugi, come abbiamo visto lo vuole il Legislatore,sarebbe logico
che i coniugi mettessero tutti i loro beni in comune.
Doc. Quel che tu ritieni logico, il Legislatore non lha ritenuto opportuno, per timore
che le persone, trovando troppo pesante rinunciare alla propriet di tutti i loro beni,
rinunciassero tout court a quel regime di comunione legale, a cui altrimenti si
sarebbero di buon grado sottomessi.
Disc. Bene, hai detto del limite, ora d della ratio dellistituto.
Doc. Come risulta dai lavori preparatori, la ratio, lo scopo dellistituto (pi in
particolare, lo scopo di far cadere in comunione gli acquisti) quello di tutelare il
coniuge debole, che nella nostra societ era, e sia pure in misura minore ancora ,
la donna la donna a cui la Societ al momento del matrimonio, imponeva, e ancora
sia pur in minor misura impone, di rinunciare a un impiego o alla professione, la
donna che nella casa, nel negozio, nellazienda del marito svolgeva, e ancora spesso
svolge, unattivit silenziosa, ma preziosa, per permettere al marito quei guadagni di
cui per rischia di non avere nessuna parte. No, questo non giusto, ha ritenuto il
Legislatore, e, con la normativa di cui ora ci dobbiamo occupare, ha voluto porre
rimedio a tale ingiustizia, stabilendo che gli acquisti fatti durante il matrimonio
(melius, durante la vigenza del regime di comunione), e quindi (presumibilmente)
frutto della paritaria collaborazione dei due coniugi, spettino al cinquanta per cento a
ciascuno di essi.
Disc. Ed effettivamente non sarebbe per nulla giusto che non avesse la met dei
guadagni il coniuge che non ha svolto, s, direttamente lattivit fonte di lucro, ma
indirettamente lha resa al 50% possibile (la moglie che prepara al marito il pasto
buono e caldo che gli dar le forze di vincere le sue battaglie nellarengo economico).
Questo, per, se il successo dellattivit lucrativa, fosse effettivamente dovuto al
cinquanta per cento alla collaborazione del coniuge debole; il che non pu certo
sempre dirsi: Berlusca un genio degli affari e ha accumulato una ricchezza:
perch met di questa dovrebbe spettare alla moglie che, mentre lui sgobbava e
rischiava, passava il tempo a giocare a canasta?!
Doc. Quel che dici pu essere giusto; ma in subiecta materia vale pi che mai il
brocardo adducere inconvenientem non est argumentum: lapplicazione di ogni legge
pu in certi casi rivelarsi ingiusta, ma ci non autorizza il giudice a non applicarla.
Disc. Per, potrebbe essere la stessa legge ad autorizzare il giudice a una intelligente
deroga nei casi in cui ci corrisponde a giustizia.
Disc. Se tale la ratio dellistituto, se, cio, il legislatore intende far cadere in
comunione i beni, che presumibilmente sono frutto della collaborazione dei coniugi,
penso che si debba concludere che cadono in comunione tutti gli acquisti avvenuti
dopo la costituzione della comunione stessa (rimanendo cos esclusi dalla comunione
solo quei beni che i coniugi, al momento di tale costituzione, gi possedevano).
Doc. In realt non cos: il legislatore esclude dalla comunione (dalla comunione
tout court o dalla cos detta comunione immediata concetto che poi ti chiarir)anche
beni che, a rigore, dovrebbero presumersi frutto della collaborazione dei coniugi.
Disc.Che cos che giustifica per il Legislatore questa deroga alla regola da lui
enunciata nellarticolo 177?
Doc. Prima di tutto devo segnalare un lapsus in cui il Legislatore caduto: l dove
scritto acquisti compiuti........ durante il matrimonio, deve leggersi acquisti
compiuti....durante la vigenza del regime di comunione legale. E infatti, se Caio e
Caia: il primo gennaio 2005 si sposano, adottando il regime di separazione dei beni;
nel 2006 acquistano un appartamento; e nel 2007 optano per il regime di comunione
legale, non che lappartamento acquistato nel 2006 cade in comunione: ci
pacifico, come pacifico che il Legislatore sia caduto in un lapsus.
Doc. Secondo alcuni, con una precisazione alla....lapalisse, che il Legislatore non si
potuto trattenere dal fare: insomma il legislatore avrebbe sentito il bisogno di chiarire
che sono esclusi dalla comunione, i beni che gi Egli nellarticolo 179.....esclude
dalla comunione.
Per, linterpretazione, che porta ad attribuire al Legislatore unassurdit, va accettata
solo come extrema ratio, cio quando non sia possibile altra interpretazione; che nel
caso invece ben possibile: e infatti si pu interpretare lesclusione voluta dal
Legislatore come riferita a quelle addizioni (nel senso dellarticolo 1593) o
accessioni (nel senso degli artt. 934 e segg), che un coniuge potrebbe fare sui suoi
beni personali: pensa a Caio che nella casa, che gi possedeva al momento della
costituzione della comunione, innalza un altro piano o costruisce una veranda o pi
semplicemente installa un idromassaggio.
Disc. Leggo: Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del
coniuge: a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto
ai quali era titolare di altro diritto reale di godimento.
Doc. La categoria di beni personali prevista dalla disposizione ora letta certamente
la pi ovvia: data la ratio dellistituto della comunione, ovvio che da questa
vengano esclusi i beni, che gi risultavano acquisiti nel patrimonio di un coniuge
prima del matrimonio (rectius, prima della costituzione della comunione stessa):
infatti, certamente tali beni non sono dovuti alla collaborazione dellaltro coniuge.
Se mai, risulta incomprensibile perch il legislatore limiti tale esclusione ai solo
diritti reali e per di pi ai soli diritti reali di godimento. Perch mai Caio dovrebbe
trovare ostica la cosa di essere privato della propriet personale su
quellappartamento di via Roma che ha il valore di solo 100, tanto ostica da fargli
rifiutare il regime della comunione legale (non si dimentichi che proprio il timore,
che un coniuge rinunci tout court alladesione al regime della comunione, a spingere
il Legislatore a limitare i beni da far cadere in questa!), e senza batter ciglio dovrebbe
invece aderire al regime della comunione, anche se laderirvi comporta la caduta in
comunione di quel suo credito (metti del credito che vanta verso il Banco di Roma,
per un conto corrente accesovi) che ha il valore di ben duecento? Tutto ci
incomprensibile, tanto incomprensibile da imporre una interpretazione restrittiva
della norma.
Disc. Chiarito questo, passiamo alla lettura della lettera b) sempre dellarticolo 179:
Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge: b) i
beni acquisiti successivamente al matrimonio, per effetto di donazione o successione,
quando nellatto di liberalit o nel testamento non specificato che essi sono attribuiti
alla comunione.
Doc. Chiaro perch il Legislatore non fa rientrare nella comunione tali beni: se lo zio
Beppe ha lasciato in eredit a Caio il bel appartamento di via Veneto, certo questo
nuova ricchezza che si aggiunge al patrimonio di Caio, ma anche certo che tale
nuova ricchezza non pu essere attribuita alla attivit (lavorativa!) di Caio - attivit
lavorativa resa possibile dalla collaborazione di Caia.
Disc. Comunque, se lo zio Beppe avesse lasciato il suo appartamento sia a Caio che a
Caia, lappartamento sarebbe caduto nella comunione legale.
Doc. Per nulla: esso sarebbe caduto solo nella comunione ordinaria di Caio e Caia:
perch entrasse nella comunione legale, sarebbe occorso che lo zio Beppe
specificasse, nella scheda testamentaria, la sua precisa intenzione che il bene
cadesse in comunione legale.
A questo punto, salta per il momento le lettere c) e d) e passa a leggere, prima, la
lettera e) e poi la lettera f). Il motivo di ci te lo chiarir dopo.
Disc. Leggo la lettera e): Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni
personali: e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonch la pensione
attinente alla perdita parziale o totale della capacit lavorativa.
Doc. Se Caio riceve 100 da Sempronio, a titolo di risarcimento del danno da questi
causatogli, metti, incendiandogli la casa, chiaro che tale somma non aumenta per
nulla il patrimonio di Caio, non costituisce per lui nuova ricchezza, ma solo una
reintegrazione della vecchia ricchezza.
Questo ragionamento che fila bene per il risarcimento alle cose, diventa invece
zoppicante quando riferito al risarcimento alla persona per la perdita della sua
capacit lavorativa.
Disc. Perch?
Doc. Perch quei 100 che Caio riceve, metti, nel 2005, a titolo di risarcimento della
sua capacit lavorativa, in realt rappresentano la capitalizzazione di quel reddito
lavorativo di 10 che avrebbe potuto procurarsi nel 2006, di quel redditto ancora di 10
che avrebbe potuto procurarsi nel 2007 e cos via. Ora i proventi dellattivit
separata di ciascun coniuge, come vedremo commentando la lettera c) dellarticolo
177, anche se non cadono subito in comunione, vi cadono quando questa si scioglie,
cio per usare una terminologia tecnica, non cadono in comunione immediata, ma
pur sempre cadono in comunione de residuo.
Disc. Quindi ci si sarebbe dovuti aspettare che il Legislatore facesse cadere tale
risarcimento, non nel patrimonio personale di un coniuge, ma nella comunione de
residuo: perch non lo fa?
Doc. Probabilmente per evitare la complicazione dei calcoli a cui ci darebbe luogo:
rifacciamoci allesempio prima fatto: Caio, avuto nel 2005 un risarcimento di 100,
mette questi 100 in banca e, dopo due anni, nel 2008, la comunione si scioglie (metti,
perch Caio si separato da Caia): certamente non sarebbe giusto che egli versasse
tutti i 100: infatti, come egli non deve versare i guadagni che far in futuro (dopo lo
scioglimento della comunione: cio, nel 2008, nel 2009..), cos non giusto che versi
quella parte dei 100, che rappresentano i suoi guadagni futuri: ma quale parte del
risarcimento, da lui ottenuto nel 2005, rappresenta effettivamente i guadagni post-
2007? Questo pu essere difficile determinarlo, ed probabilmente proprio la
considerazione di tale difficolt, che ha portato il Legislatore a non far rientrare nella
comunione de residuo, le somme avute a titolo di risarcimento della perdita della
capacit lavorativa.
Sed de hoc satis: passa a leggere la lettera f).
Disc. Lettera f) dellarticolo 179: Non costituiscono oggetto della comunione e sono
beni personali del coniuge. f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni
personali sopraelencati o col loro scambio, purch ci sia espressamente dichiarato
allatto dellacquisto.
Doc. Chiaro che, se Caio vende il bene personale A, che vale 100, e con il ricavato
acquista il bene B, che vale ancora 100, egli non fa altro che sostituire nel suo
patrimonio il bene B al bene A; e lacquisto del primo, quindi, non rappresenta una
ricchezza nuova, che si aggiunge alla vecchia, e che, pertanto, vada fatta cadere
in comunione.
Doc. La risposta che viene dalla lettera della norma , no; e tale risposta ben
giustificata: in primo luogo, dalla difficolt di provare il disvalore tra A e B; in
secondo luogo, dalla considerazione che, pur se vi fosse lacquisizione di un plus-
valore, questa acquisizione non potrebbe dirsi dovuta ad unattivit lavorativa di
Caio, che la collaborazione di Caia avrebbe resa possibile. (Diversa sarebbe la
soluzione nellipotesi ma non lipotesi che il Legislatore fa nella norma che
abbiamo in esame che Caio, di professione facesse lagente immobiliare e la sua
attivit lavorativa proprio consistesse nellacquistare immobili, tenerli un po, e, poi,
rivenderli a maggior prezzo).
Disc. Caio ha acquistato il bene B con il prezzo della vendita di A, per, al momento
dellacquisto, ha omesso di dichiarare, che i soldi, per questo acquisto, gli venivano
dalla vendita di A: in tal caso il bene B cade in comunione (e questo senza dar la
possibilit a Caio, ripresosi dal lapsus o dalla distrazione, di fare, metti il giorno
dopo, quella semplicissima dichiarazione che impedirebbe la, da lui non voluta,
caduta di B nella comunione): perch mai?!
Doc. Perch vi unesigenza di certezza dei terzi, che il Legislatore non pu esimersi
dal soddisfare; e immediatamente, perch, gi subito dopo lacquisto di B, possono
esservi creditori della comunione, che hanno necessit di sapere, se B rientra in
questa, per decidere se possono soddisfarsi, o no, su B; gi vi possono esserci
potenziali acquirenti da Caio, che hanno necessit di sapere se B , o no, un suo bene
personale, per decidere se possono acquistarlo con il suo solo consenso (o se invece
occorre loro ottenere anche il consenso di Caia). E questa esigenza di certezza il
legislatore ritiene giusto di soddisfarla costruendo la presunzione (che peraltro
tuttaltro che infondata), che Caio abbia omesso di dichiarare, che il bene stato da
lui acquistato con il prezzo del trasferimento ecc.ecc., per la semplice ragione che
voleva, al momento del suo acquisto (irrilevanti essendo suoi successivi revirements
volitivi), che tale bene cadesse in comunione.
Disc. Unultima domanda: se Caio vende un suo bene personale A, per non impiega
la somma cos ricavata per lacquisto di un altro bene B, ma, metti, la deposita in
banca, questa somma cade in comunione?
Doc. No, essa resta sua personale; ci si argomenta facilmente dal fatto, che, se, in un
domani, Caio impiega tale somma nellacquisto di un bene B, questo considerato un
suo bene personale. E, bada bene, poco importa che, tra il momento in cui Caio vende
A e realizza quindi la somma e il momento in cui la impiega per lacquisto di B,
passino anche molti anni. La norma da noi ora commentata non pone limiti di tempo
al nuovo acquisto, ma semplicemente recita sono beni personali....i beni acquisiti
con il prezzo del trasferimento eccetera. Certamente, pi passa il tempo pi potr
essere difficile per Caio la prova che il bene B stato acquistato proprio con la
somma realizzata con la vendita del bene A - ma questa unaltra questione, che ci
riserviamo di affrontare parlando dellultimo comma dellarticolo 179 in esame.
Con questa osservazione abbiamo esaurito lesame dei casi in cui il Legislatore
esclude un bene dalla comunione, per la considerazione che esso non rappresenta
nuova ricchezza acquisita con la (presumibile) collaborazione dellaltro coniuge.
Dobbiamo ora passare allesame dei casi in cui il Legislatore esclude un bene dalla
comunione, nonostante sia lecita la presunzione che esso sia stato acquisito grazie alla
collaborazione dellaltro coniuge.
Cominciamo dalla lettura della lettera c) dellarticolo 179.
Disc. Leggo: Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del
coniuge: e) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro
accessori.
Doc. Questa eccezione alla regola, che gli acquisti rientrano nelloggetto della
comunione, giustificata da unesigenza di tutela della personalit dei coniugi:
lequilibrio psicologico di Caio ne soffrirebbe, se egli non potesse contare, che, di certi
beni, che gli sono particolarmente cari (la sua collezione di francobolli, il suo
computer, la sua auto....), egli solo pu disporre; e come lo pu ora, lo potr anche
domani, qualora la comunione si sciogliesse (ecco, perch i beni strettamente
personali, non sono - come vedremo invece per altri beni, quelli cadenti nella c.d.
comunione de residuo - esclusi, s, dalla comunione legale, ma per poi, al suo cessare,
cadere nella comunione ordinaria con laltro coniuge: il Legislatore parte dalla
considerazione, che, la tutela della personalit di un individuo, richiede che gli si dia la
sicurezza, che di certi beni egli, ed egli solo, potr disporre, per sempre, anche dopo lo
scioglimento della comunione).
Doc. Questo il punctum dolens: non facile trovare tale criterio. Certo, non si
potrebbero definire tali beni come quelli su cui il coniuge esercita un potere esclusivo
di disposizione, per la semplice ragione che questo potere di fatto potrebbe essere il
risultato di una prepotenza, che il Diritto non potrebbe convalidare: Rossi, padre-
padrone, dice Lauto comprata mia e guai a chi la tocca: gli altri familiari chinano
la testa e marciano a piedi e Rossi viene ad avere luso esclusivo dellauto. Sarebbe
questa una buona ragione per riconoscergliene la propriet e la propriet esclusiva?
Chiaro che no.
Non resta allora che adottare, non essendocene altri migliori, il seguente criterio: un
bene va considerato strettamente personale di un coniuge quando concorrono i due
seguenti fattori: a)luso di fatto in maniera esclusiva di quel bene da parte del
coniuge; b) la conformit al costume sociale di questo uso esclusivo. Di conseguenza,
per rifarci allesempio prima introdotto, non potr considerarsi lauto bene
strettamente personale del padre-padrone Rossi, perch luso esclusivo che Rossi ne
fa, costringendo tutti gli altri membri della famiglia ad andare a piedi, contrasta con il
costume sociale (o, se pi piace, con la morale familiare); mentre potr considerarsi
lauto bene strettamente personale di Bianchi, perch egli, ne usa, s, esclusivamente,
ma in quanto la moglie ha unaltra auto con cui a suo piacimento pu scarrozzarsi.
Doc. S, e questa risposta positiva si argomenta facilmente dal secondo comma dello
stesso articolo 179, che stiamo ora esaminando. Naturalmente non facile che ci
avvenga; e tuttavia pu avvenire, specie nelle famiglie molto danarose: Paperon dei
Paperoni si riserva luso esclusivo di un appartamentino a Parigi e la di lui consorte si
riserva lesclusiva disponibilit di un appartamentino a Londra.
Disc. Rileva quale dei due coniugi ha acquistato il bene in uso personale? Per
rifarci agli esempi prima fatti: lauto del Bianchi, lappartamentino di Paperon dei
Paperoni si potranno considerare loro beni personali, anche se acquistati dalle loro
consorti?
Disc. Ma che senso ha versare dei beni nella comunione al momento in cui questa si
scioglie?
Doc. Effettivamente non ha nessun senso: si tratta di una fictio legislativa, che in
realt ha lo scopo di far cadere tali beni nella comunione ordinaria, che si viene a
costituire sui beni, prima rientranti nella comunione legale, al momento del suo
scioglimento. Lo vedremo meglio quando studieremo gli artt. 191 e segg.
Quel che importa qui dire , che i beni che restano, s, nella disponibilit di un
coniuge durante la comunione, ma che, per quanto ne residua al momento dello
scioglimento di questa, in questa vanno versati, si dicono, con terminologia non
saprei dire quanto felice e necessaria, costituire la comunione de residuo (mentre al
contrario tutti gli altri acquisti cadono in comunione immediata). Quanto ora detto,
vale sia per i beni contemplati dalla lettera b), che ora oggetto del nostro esame, sia
dalla lettera c), che prenderemo ad esaminare tra poco.
Disc. Ma potrebbe Caio impiegare i frutti (i soldi ricavati dallaffitto del bene A o, ci
che lo stesso, i soldi ricavati dalla vendita dei frutti naturali le mele, le pere,
luva...- che A ha prodotto), non per la conservazione o miglioramento di A, ma per
altri scopi: metti per farsi un viaggio a Honolulu?
Doc. Certamente, cos facendo, tradirebbe le ragioni per cui il Legislatore gli ha dato
la piena disponibilit dei frutti, dato che tali ragioni vorrebbero, che egli o
impiegasse tali frutti per la gestione dei beni, che sono in sua personale propriet, o li
versasse nella comunione. E problematico per (ed un problema che si ripresenta
anche a proposito dei beni provento della attivit separata dei coniugi, beni di cui
tra breve parleremo) se laltro coniuge, Caia, abbia la possibilit di impedire gli abusi
di Caio. Su tale possibilit che soprattutto possibilit di controllare la gestione di
Caio abbiamo gi speso qualche riflessione parlando dellobbligo di contribuzione
(di cui allart. 143), e, a quanto abbiamo detto in tale sede, rinviamo.
Disc. E se Caio utilizzasse tali frutti (metti, nel tempo da lui accumulati) per
acquistare un bene B?
Doc. In tal caso un eventuale tradimento (delle ragioni legislative che sottendono
alla lettera b) non avrebbe modo di realizzarsi: che questa fosse o non fosse
lintenzione di Caio, il bene B cadrebbe automaticamente in comunione.
Doc. Non credo che sia per questo (dato che Caia, se anche non collaborer nella
raccolta delle mele, ha pur sempre collaborato nellaccudire al melo che le ha
prodotte); penso piuttosto che il legislatore, escluda la caduta in comunione dei frutti
percipiendi, per evitare la complicazione del calcolare quanta parte fare cadere in
comunione di questi frutti (ch, chiaramente, farli cadere totalmente in comunione
non sarebbe giusto, dato che pur sempre vero che la loro raccolta peser per spese e
per fatica solo su Caio).
Detto questo, passiamo allesame del disposto della lettera c) sempre dellarticolo
177.
Doc. Hai detto benissimo. E tanto sei bravo, che quasi non val la pena di ricordarTi
che, con tale disposizione, il Legislatore mira a tutelare liniziativa economica in uno
spazio, in cui bene questa si esplichi con la massima libert: lo spazio che ciascun
coniuge riserva al suo lavoro: Caio I, che fa il dentista, Caio II, che fa lagente
immobiliare, perderebbero ogni incentivo alla loro attivit, se, per disporre dei soldi
guadagnati con questa (comprando, metti, il primo, un trapano e, il secondo, quel tal
immobile) dovessero ottenere il consenso del coniuge.
Disc. Ma vale anche per il disposto della lettera c), quel che abbiamo concluso in
sede di interpretazione del disposto della lettera b)? voglio dire - come un bene B,
acquistato da un coniuge con i frutti che danno i suoi beni personali, cade in
comunione - anche un bene B, acquistato dal coniuge con i proventi della sua attivit,
cade in comunione?
Doc. Bisogna distinguere: vedere se il bene, metti quello appartamento (o quel titolo
azionario...) costituisce un investimento definitivo (lavvocato, messi luno sullaltro
duecentomila euro, li investe in un appartamento) oppure rappresenta solo la tappa,
diciamo cos, di unoperazione economica che deve proseguire (lagente immobiliare
che compra lappartamento per rivenderlo): nel primo caso, il bene cade in
comunione, nel secondo, no; ed evidente perch, no: perch, il congelare,
diciamo cos, quellappartamento facendolo cadere nella comunione, stopperebbe
loperazione economica intrapresa (nellesempio,dallagente immobiliare).
Disc. Sar ben difficile entrare nel cervello di Caio per vedere quali erano le sue
intenzioni nel fare il deposito in banca.
Doc. Tanto difficile, che in pratica si pu escludere che, i soldi depositati in banca da
Caio, cadano in comunione.
Disc. Che dire, se Caio investisse i soldi (provento della sua attivit separata)
nellacquisto dei beni necessari per formare, strutturare unazienda, ad esempio, per
comprare, i macchinari, il capannone, i materiali necessari per far funzionare una
fabbrica di vestiti?
Doc. Questo sarebbe senzaltro uno dei casi in cui lacquisto dei beni non pu
considerarsi la parte finale, bens solo la tappa di unoperazione economica, che, nelle
intenzioni del coniuge acquirente, deve proseguire e svilupparsi ( chiaro che Caio
compra i macchinari ecc., non per lasciarli inutilizzati, ma per servirsene per
lesercizio di unattivit imprenditoriale): quindi, sarebbe da escludere che tali beni
cadano in comunione immediata, e sarebbe da ritenere che Caio ne possa disporre
liberamente (beninteso, con lobbligo di versare nella comunione, quel che ne resta al
momento dello scioglimento di questa: cio tali beni andrebbero considerati, in
comunione, s, ma solo in comunione de residuo).
Questa conclusione, a cui gi si giunge in sede di interpretazione della lettera c)
dellarticolo 177, trova conferma chiara ed esplicita nellarticolo 178, che ti prego di
leggere.
Disc. Art. 178: I beni destinati allesercizio dellimpresa di uno dei coniugi costituita
dopo il matrimonio e gli incrementi dellimpresa costituita anche precedentemente si
considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello
scioglimento di questa.
Disc. E se alcuni di tali beni fossero andati distrutti o fossero stati venduti?
Disc. Penso che il povero Caio dovr versare in comunione de residuo (cio, in
pratica, dividere con Caia) anche i guadagni da lui conseguiti con lesercizio
dellattivit imprenditoriale.
Doc. Certamente; ma questo, non per larticolo 178, ma per la lettera c) dellarticolo
177.
Disc. Tutto ci sarebbe ancora accettabile, nel caso che, come nellesempio da me
inizialmente fatto, i beni destinati allimpresa fossero acquistati col provento
dellattivit separata di Caio; ma in realt larticolo 178 fa di ogni erba un fascio e
non distingue questo caso da quello, che meriterebbe una soluzione ben diversa, di
Caio che acquista i beni con soldi di sua personale propriet (metti, soldi che aveva in
banca prima di sposarsi).
Disc. Che dire nel caso di Caio e Caia, che cogestiscono insieme unimpresa?
Doc. Mettiamo che Caio e Caia dopo il matrimonio (melius, dopo la costituzione
del regime di comunione legale), decidano di gestire insieme unimpresa edile;
ebbene, se i beni utili allesercizio di tale impresa sono stati acquistati (non importa
se da Caio o da Caia o da Caio e Caia insieme) dopo il matrimonio, tali beni
cadono in comunione. Si badi, non in comunione de residuo, com nella
previsione dellarticolo 178 or ora commentato, ma in comunione immediata.
Del resto ci logico: il procrastinare, la caduta di certi beni in comunione, al
momento dello scioglimento di questa, serve per permettere a un coniuge di disporre
liberamente di tali beni senza dover sottomettersi al consenso dellaltro; quindi
diventerebbe un vero non-senso nel caso di Caio e Caia, che, accettando di cogestire
limpresa, con ci dimostrano di accettare di buon grado di sottomettere le loro
iniziative al reciproco consenso.
Disc. E se Caio, solo soletto, dopo il matrimonio, inizia, acquistando i beni a ci utili,
unattivit imprenditoriale e, dopo qualche tempo, prende a cogestirla con Caia?
Doc. La soluzione non cambia: dal momento in cui Caio accetta la cogestione di
Caia, i beni (che prima erano in comunione de residuo) vengono a cadere in
comunione immediata; ed anche qui la cosa logica, perch dal momento in cui
Caio accetta la cogestione, dimostra con ci stesso di accettare di sottomettere al
consenso di Caia le decisioni relative allimpresa e, in primis, quelle che attengono
alla disposizione dei beni dellazienda: quindi un non-senso e una vera
contraddizione in termini sarebbe concedergli di prendere tali decisioni
senza...sottometterle al consenso di Caia (ch questo sarebbe il significato, lo
abbiamo visto, del far rientrare i beni de quibus nella comunione de residuo e non
nella comunione immediata).
Disc. E nel caso che Caio e Caia, dopo il matrimonio, inizino a cogestire
unimpresa, per, dopo un po di tempo, uno, metti Caia, smetta di interessarsi a tale
impresa (perch Caia, metti, vuol fare solo la casalinga), i beni dellazienda
continuano sempre ad essere soggetti al regime della comunione legale, con la
conseguenza che Caio, anche se solo soletto ora ha la responsabilit dellimpresa,
deve, per disporre di tali beni, dipendere dal consenso di Caia?.
Disc. Penso che, come i coniugi divengono (in pratica) comproprietari al 50 per cento
dei beni dellazienda, anche al 50 per cento si dividano gli utili che d limpresa.
Doc. Sul punto il legislatore non chiaro, ma fa pensare che tale sia la soluzione da
lui voluta, il fatto che (con una certa confusione) nel secondo comma venga a parlare
(come vedremo) di comunione degli utili, come conseguenza della cogestione di
una azienda; ora vero che il secondo comma si riferisce, a una azienda costituita
prima del matrimonio, ma chiaramente la soluzione adottata per la azienda costituita
prima, non pu non valere anche per la azienda costituita dopo il matrimonio.
Disc. Per la divisione degli utili al 50 per cento, giusta, se Caio e Caia
contribuiscono al 50 per cento alla gestione, mi pare che diventi ben ingiusta nel caso
in cui lapporto a questa sia diseguale: se Caia produttiva al 90 per cento e Caio
solo al 10 per cento, perch mai questo deve prendersi....la met della torta e non
accontentarsi di solo un suo decimo?
Doc. De iure condendo potresti avere ragione; de iure condito....hoc iure utimur. Tieni
per presente che, almeno a mio parere, nulla impedisce ai due coniugi di stipulare un
contratto di societ, che preveda una diversa e pi equa divisione degli utili.
Disc. Ma, se gli utili cadono in comunione, ci anche significa che, del provento del
loro lavoro nellimpresa cogestita, i coniugi non potranno disporre autonomamente:
ad esempio, Caio non potr utilizzare, senza il consenso di Caia, tali utili per
comprarsi un vestito o...le sigarette.
Doc. Io non sono sicuro che si sia forzati ad accettare tale...drammatica situazione.
Prima di tutto, anche la disposizione del secondo comma pu essere assoggettata ad
uninterpretazione restrittiva, che porti a concedere a ciascun coniuge la piena
disponibilit della parte di utili che gli spetta, n pi n meno di come avrebbe la
piena disponibilit del provento di una attivit lavorativa, che svolgesse presso un
terzo qualsiasi. In secondo luogo, concesso e non ammesso che gli utili cadano in
comunione, a me sembra che non vi sia nessuna norma che neghi ai coniugi di
dividere i soldi, in questa, caduti e, quindi, anche i soldi che rappresentano lutile che
d limpresa da loro gestita in comune.
Disc. Passiamo ora allesame del secondo comma, che recita: Qualora si tratti di
aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da
entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli interessi.
Doc. La fattispecie, che il Legislatore disciplina in questa norma, quella di Caia,
che cogestisce unimpresa col marito Caio, nel caso lazienda, cio il complesso dei
beni necessari per lesercizio di tale impresa, sia stato acquistato da Caio
anteriormente al matrimonio.
In un tal caso, escluso che i soldi necessari a tale acquisto siano stati guadagnati da
Caio grazie alla collaborazione di Caia (appunto perch essi sono stati guadagnati
anteriormente al matrimonio, forse addirittura in un tempo in cui Caio e Caia
neanche si conoscevano!), pertanto non vi ragione di fare cadere lazienda
(acquistata da Caio) in comunione; e in effetti il legislatore non ve la fa cadere. La
soluzione adottata dal Legislatore, come si vede, ovvia, ma importante, perch ci
permette di argomentare uninterpretazione restrittiva della disposizione della lettera
d) da noi prima esaminata.
Doc. Nel senso di escludere la caduta in comunione dellazienda, ancorch sia stata
acquistata dopo il matrimonio, quando il suo acquisto stato sicuramente fatto con
soldi, che Caio aveva gi prima del matrimonio.
Lo stesso mutatis mutandis va ripetuto per gli incrementi dellazienda intervenuti
dopo il matrimonio: nonostante la lettera della norma (ci riferiamo con ci alla
norma del secondo comma), se Caio dopo il matrimonio acquista dei macchinari
per lazienda con soldi suoi personali (ma non costituenti provento della sua attivit
separata, perch in tal caso si dovrebbero invece applicare le conclusioni a cui siamo
giunti in commento alla disposizione di cui alla lettera c), ebbene tali macchinari non
cadono in comunione n immediata n de residuo.
Doc. S, ma nel limitato senso che abbiamo visto commentando la lettera d).
A questo punto per dobbiamo tornare allarticolo 179 e precisamente alla sua lettera
d).
Disc. Leggo la lettera d) dellarticolo 179, che recita: Non costituiscono oggetto
della comunione e sono beni personali del coniuge: d) i beni che servono allesercizio
della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di unazienda
facente parte della comunione.
Doc. Leccezione, fatta dal disposto della lettera d), al principio, secondo cui gli
acquisti cadono nella comunione, si giustifica evidentemente con la tutela
delliniziativa economica dei coniugi: Caio, resterebbe senzaltro mortificato nella
sua volont di iniziativa, forse perderebbe addirittura il gusto della sua professione,
se dovesse dipendere dal consenso dellaltro coniuge per disporre dei suoi ferri del
mestiere (intesi questi in senso tanto lato da ricomprendervi, non solo i codici
dellavvocato, ma anche i mobili con cui arredato il suo studio).
Disc. Questo certo, ma a me sembra che sia importante per Caio, non solo avere la
possibilit di disporre liberamente dei ferri del mestiere gi in suo possesso, ma
anche di avere la possibilit di liberamente comprarne dei nuovi (di comprare un
nuovo codice, se un avvocato, di comprare un nuovo trapano, se un dentista...)..
Doc. E questa possibilit il nostro Legislatore in effetti gliela concede; non per con
larticolo 179 lett.d), ma con larticolo 177 lett.c): la lettera c) dellarticolo 177 d
infatti al coniuge la possibilit di disporre liberamente del provento della (propria)
attivit separata, quindi anche di comprare i beni che servono allesercizio della sua
professione di cui parla la lettera d), che stiamo commentando. Il novum, che la
lettera d) dellarticolo 179 aggiunge alla lettera c) dellarticolo 177, che - mentre in
genere i beni acquistati con il provento dellattivit separata del coniuge, cadono in
comunione immediata (salvo alcune eccezioni che qui non rilevano) - nella specie
che si tratti di beni che servono allesercizio della professione, essi non cadono n
in comunione immediata e neanche in comunione de residuo, ma nel patrimonio
personale del coniuge: divengono piena ed esclusiva propriet di Caio.
Disc. Ma Caio i suoi ferri del mestiere potrebbe esserseli comprati anche con i soldi
suoi personali (i soldi che gi aveva prima del matrimonio, i soldi che ha ereditato
dopo il matrimonio...).
Doc. Questo certo, ma pure certo che, anche prescindendo dal disposto della
lettera d), in tal caso tali beni sarebbero entrati nel patrimonio personale del coniuge:
infatti, abbiamo visto, che, i beni acquistati da questo con i soldi del suo patrimonio
personale, entrano nel suo patrimonio personale (e non cadono in comunione); quindi
giocoforza concludere, che, il disposto della lettera d), trova la sua ragion dessere
proprio in relazione ai beni acquistati con il provento dellattivit separata del
coniuge.
Disc. Ma i beni de quibus non potrebbero essere stati acquistati dallaltro coniuge, da
Caia?
Doc. Certo che s; ma, a meno che rappresentino un donativo di Caia a Caio, in tal
caso i beni non entrerebbero nel patrimonio personale di questi.
Disc. Quindi tu operi una interpretazione restrittiva della lettera della legge.
Doc. E necessario farlo, dato che non vi nessuna ragione di far entrare nel
patrimonio di Caio dei beni che, poco importa se del coniuge o di un terzo qualsiasi,
comunque non gli appartengono; e questo per la sola ragione che ne usa per
lesercizio della sua professione.
Disc. Tu hai detto che i beni de quibus entrano direttamente nel patrimonio del
coniuge che li usa; e hai giustificato ci con la necessit di tutelare la sua libert di
iniziativa; ma, ai fini di tale tutela, non sarebbe bastato dare al coniuge la libert di
disporre di tali beni fino allo scioglimento della comunione; non sarebbe bastato,
cio, escludere, s, tali beni, dalla comunione immediata, ma includerli nella
comunione de residuo? -
Disc. Il secondo comma recita. Lacquisto di beni immobili o di beni mobili elencati
nellart. 2683, effettuato dopo il matrimonio, escluso dalla comunione, ai sensi delle
lettere c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dallatto di
acquisto se di esso sia stato parte anche laltro coniuge.
Doc.Abbiamo visto che, non tutti i beni che un coniuge acquista, cadono nel suo
patrimonio personale: alcuni, s, altri invece cadono nella comunione. E sappiamo
anche che non per nulla irrilevante stabilire, se il bene acquistato da Caio entrato
nel suo patrimonio personale o nella comunione: infatti, a seconda del caso, muta il
suo regime giuridico: ad esempio, nel primo caso, un terzo potr acquistarlo in forza
del solo consenso espressogli da Caio, mentre, nel secondo, gli occorrer il consenso
di Caio e di Caia. Naturale quindi che il Legislatore senta lesigenza di rendere certa
la posizione giuridica dei beni, dai coniugi, acquistati.
Disc. E infatti abbiamo visto, parlando della lettera f), che il legislatore ritiene, s,
beni personali quelli acquistati col prezzo del trasferimento di beni personali, ma
purch ci sia espressamente dichiarato allatto dellacquisto.
Doc. - Imponendo un onere che, se assolto, sar da lui considerato come prova della
esclusione del bene (acquistato) dalla comunione.
Doc. In tal caso al coniuge-acquirente non rester che sobbarcarsi la prova del quid
(lessere stato il bene acquistato per lesercizio della professione, con il prezzo
ricavato dalla vendita di un bene personale....), che giustifica la estraneit del bene
dalla comunione.
Doc. Nessun dubbio che lonere in tal caso sarebbe assolto, ma nessun dubbio che la
norma va interpretata restrittivamente, in modo da escludere in tal caso lefficacia
liberatoria (dalla prova) delladempimento dellonere. Infatti, nel pensiero del
legislatore, la partecipazione dellaltro coniuge allatto, prova lestraneit del bene
dalla comunione, in base al ragionamento Se Caia, presente a quel che dice Caio,
non lo contraddice, ci significa che Caio dice il vero; ma chiaro che tale
ragionamento pi non regge, se Caia non tace, ma contesta.
Disc. Non capisco perch tale marchingegno (lonere della partecipazione del
coniuge che se assolto ecc) adottato solo per gli acquisti che riguardano le categorie
di beni sub c),d) ed f).
Doc. Perch esso non sarebbe adottabile n per la categoria sub a) (dato che riguarda
acquisti fatti in un tempo in cui Caio non era ancora sposato con Caia e quindi non
poteva farla....intervenire allatto di acquisto), n per la categoria sub e) (che riguarda
acquisti, meglio acquisizioni di beni, che di solito non si realizzano con la stipula di
un contratto); e, per quel che riguarda la categoria sub b), perch esso (idest, tale
marchingegno probatorio) sarebbe inutile (dato che gi il silenzio del donante o del
de cuius sulla destinazione del bene alla comunione sufficiente prova
dellesclusione del bene da questa).
E con questa osservazione possiamo considerare esaurito largomento: oggetto della
comunione legale; la prossima lezione riguarder la amministrazione della
comunione.
Disc. Prima di chiudere, per, concedimi unultima domanda: tu sei sempre partito
dal presupposto che i beni acquistati da Caio e da Caia costituiscano nuova
ricchezza, che si aggiungerebbe al patrimonio del coniuge acquirente.
Doc. E vero; e puoi aggiungere che ho pure detto che, siccome tale nuova ricchezza
anche dovuta alla collaborazione di Caia, questo rende giusto che essa ricada, non
nel patrimonio personale di Caio, ma nella comunione.
Disc. S, per non affatto vero che ogni acquisto ridonda in nuova ricchezza:
potrebbe darsi anche il caso di un acquisto dannoso: metti che Caio abbia comprato
una vecchia casa diroccata, che in ogni momento minaccia di crollare recando ingenti
danni ai vicini: come si potrebbe dire che il suo acquisto porta nuova ricchezza alla
comunione? Apporter danni e spese e non nuova ricchezza!
Doc. Il Legislatore rimette la risposta a questa tua domanda allarticolo 180, che,
sotto la rubrica Amministrazione dei beni della comunione, recita:
Lamministrazione dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio per gli
atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi.
Il compimento degli atti eccedenti lordinaria amministrazione, nonch la stipula dei
contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento e la
rappresentanza in giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi
i coniugi.
Disc. Ma tale articolo si riferisce solo agli atti di amministrazione dei beni della
comunione, quindi non risponde affatto alla mia seconda domanda!
Doc. Questa una lacuna, a cui facile rimediare con una interpretazione estensiva:
non ti pare?
Disc. Sia pure, ma il vero guaio che larticolo 180 non risponde, non solo alla
seconda, ma anche alla prima domanda. Infatti, dopo avermi detto, che, gli atti di
ordinaria amministrazione, pu disgiuntamente compierli ciascun coniuge, dopo
avermi detto, che, invece, gli atti eccedenti lordinaria amministrazione spettano
congiuntamente ad entrambi i coniugi, non mi dice quando un atto va considerato
eccedente lordinaria amministrazione.
Doc. S, effettivamente non lo dice; per risultano pur sempre chiari o abbastanza
chiari due elementi (a mio parere sufficienti per tentare una razionale sistemazione
della materia): primo, lesistenza di due categorie di atti quella degli atti, che
possono essere compiuti anche dal singolo coniuge e, quella, degli atti che debbono
essere compiuti con il consenso di entrambi i coniugi -; secondo, le conseguenze
(negative), che derivano, dal compimento di un atto della seconda categoria, da parte
di un solo coniuge conseguenze, che vengono dal legislatore indicate in due articoli,
larticolo 184 (per quel che riguarda la validit dellatto), larticolo 189 (per quel che
riguarda la responsabilit dei beni della comunione per le obbligazioni nate dallatto
invalidamente compiuto).
Disc. Direi che allora opportuno fare la diretta conoscenza dei due articoli da te
citati.
Comincio a dar lettura dellarticolo 184, che recita:
Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dellaltro coniuge e da
questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili
elencati nellart. 2683.
Lazione pu essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno
dalla data in cui ha avuto conoscenza dellatto e in ogni caso entro un anno dalla data
di trascrizione. Se latto non sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia
avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione lazione non pu essere
proposta oltre lanno dello scioglimento stesso.
Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo comma, il
coniuge che li ha compiuti senza il consenso dellaltro obbligato su istanza di
questultimo a ricostruire la comunione nello stato in cui era prima del compimento
dellatto o, qualora ci non sia possibile, al pagamento dellequivalente secondo i
valori correnti allopera della ricostruzione della comunione.
Doc. Larticolo in esame ricollega due diverse specie di conseguenze agli atti
compiuti dal singolo coniuge, diciamo cos, abusivamente: in alcuni casi, che sono
quelli del primo comma, ricollega linvalidit dellatto, in altri, ricollega
semplicemente un obbligo risarcitorio (naturalmente a carico del coniuge che ha
commesso labuso o la irritualit, come pi ci piace chiamarla).
Disc. Cominciamo a parlare degli atti a cui, perch compiuti dal singolo coniuge,
ricollegata linvalidit.
Doc. E facile comprendere perch, al compimento degli atti di cui al primo comma,
ricollegata una sanzione, che colpisce, non solo il coniuge (com per lobbligo al
risarcimento), ma anche il terzo contraente; infatti: primo, questi o conosceva che il
bene oggetto dellatto rientrava nella comunione o comunque avrebbe potuto
conoscerlo usando lordinaria diligenza (dato che, come abbiamo visto in una
precedente lezione, lOrdinamento d i mezzi ad hoc: consultazione dei registri di
stato civile, consultazione dei registri immobiliari, lettura dellatto nellarchivio del
notaio rogante); secondo, alluso di tale ordinaria diligenza, egli non poteva non
essere sollecitato dallimportanza socio-economica dellatto che stava per compiere
(dato che la compravendita, la costituzione di un diritto reale, pi in genere il
compimento di uno degli atti menzionati negli artt. 2643,2684,2685 nei riguardi di un
immobile o di un autoveicolo, aereomobile o altro bene indicato nellart.2683, sono
certamente atti di notevole rilevanza socio-economica).
Disc. S, effettivamente il terzo, alla diligente consultazione dei registri di cui tu dici,
avrebbe dovuto essere sollecitato, se ti metti nellipotesi che latto fosse una
compravendita o uno degli altri atti previsti dallarticolo 2643; ma, metti, che esso
fosse solo un banalissimo contratto dopera: il coniuge con il contratto si limitasse a
dar incarico al terzo di dare il bianco alla facciata dellimmobile: esagerato mi
parrebbe nel caso costringere il terzo alla consultazione dei vari registri immobiliari e
di stato civile.
Disc. Tu, quindi, escluderesti dagli atti che possono essere colpiti dallinvalidit i
contratti di locazione con durata inferiore ai nove anni (e di conseguenza non
rientranti nella previsione del n. 8 dellarticolo 2643); eppure, dal secondo comma
dellarticolo 180, risulta che, come il compimento degli atti eccedenti lordinaria
amministrazione, anche quello dei contratti con i quali si concedono o si acquistano
diritti personali di godimento spetta congiuntamente ad entrambi i coniugi.
Disc. E io penso che il brevissimo termine (un anno solo contro i cinque
dellart.1442!), concesso dal secondo comma per chiedere lannullamento del
contratto, si spieghi col fatto che il Legislatore ritiene che questo, ancorch stipulato
da un solo coniuge, risponda di solito allinteresse della famiglia: tu che dici?
Disc. Io ora mi metto nei panni di Fulano, il terzo che ha stipulato il contratto
annullabile: il termine concesso a Caia per far valere lannullabilit, vero, scade
dopo solo un anno, ma anche un anno pu essere duro da vivere nellincertezza per
Fulano: non pu egli fare una bella intimazione a Caia: Deciditi: o chiedi
lannullamento del contratto o lo ratifichi.
Doc. La pu certo fare, ma, lunico risultato che otterr facendola, sar di acquisire la
prova della conoscenza del contratto da parte di Caia al momento della notifica della
intimazione (e quindi di far decorrere da quel momento il termine annuale); ma anche
questo, perch no? potrebbe essere un vantaggio non trascurabile per il tuo Fulano.
Disc. Quid iuris se Caia, pur sapendo che Caio stava per stipulare solo soletto il
contratto con Fulano, non intervenuta per impedirlo?
Disc. Oltre alla categoria di atti, di cui al primo comma, tu dicevi che ve n unaltra,
di atti il cui compimento, per, non viene sanzionato con la loro invalidit, ma
semplicemente da un obbligo di risarcimento (posto a carico del coniuge che, senza il
consenso dellaltro, li ha compiuti).
Doc. S, perch il dovere di solidariet che, tra Caio e Caia, deve esistere, impone a
Caio di chiedere il consenso a Caia (e viceversa, naturalmente) anche per atti diversi
da quelli a cui il primo comma si riferisce.
Disc. Naturalmente, dato che anche lerronea decisione di un atto relativo a un bene,
diverso da quelli che tale comma menziona, potrebbe essere fonte di grave danno per
il patrimonio familiare: io penso alla vendita di un quadro dautore, dei gioielli di
famiglia e cos via.
Doc. S, dato che in tale terzo comma il legislatore minus dixit quam voluit: come
dimostra il fatto che la sua formulazione letterale che si riferisce, poni menti al suo
incipit, solo agli atti che riguardano beni mobili - impedirebbe di farvi rientrare atti,
che, invece, indubbiamente vi rientrano (in quanto non si possono far rientrare nella
previsione del primo comma); ad esempio, lo sfratto di una locazione immobiliare,
lappalto per la riparazione di un bene immobiliare.
Disc. Ma, dal fatto che, uno degli atti a cui va riferito il terzo comma, sia compiuto
senza il consenso dellaltro coniuge, deriva solo un obbligo risarcitorio? latto
abusivamente compiuto resta valido ed efficace?
Disc. Tu, allinizio della lezione, accennando alle conseguenze negative, che derivano
dal compimento, da parte di un solo coniuge, di un atto per cui, invece, era necessario
il consenso (anche) dellaltro, hai fatto riferimento, oltre che allarticolo 184, anche
allarticolo 189. Procedo quindi alla lettura anche di questo secondo articolo, che recita:
I beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge
obbligato, rispondono, quando i creditori non possono soddisfarsi sui beni personali,
delle obbligazioni contratte, dopo il matrimonio, da uno dei coniugi per il
compimento di atti eccedenti lordinaria amministrazione senza il necessario
consenso dellaltro.
I creditori particolari di uno dei coniugi, anche se il credito sorto anteriormente al
matrimonio, possono soddisfarsi in via sussidiaria sui beni della comunione, fino al
valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato. Ad essi, se chirografari, sono
preferiti oi creditori della comunione.
Disc. A noi, per il discorso che andiamo ora conducendo, rileva solo il primo comma:
il secondo comma ci interessa solo indirettamente, in quanto ci permette di dire, che,
per gli obblighi contratti da Caio, s, per la famiglia, ma abusivamente, i beni della
comunione rispondono n pi n meno che per gli obblighi contratti da Caio, per le
sue necessit particolari: Caio ha acquistato i biglietti per fare con tutta la famiglia
una bella ma costosissima crociera e il costo di tale suo colpo di testa (ch tale da
considerarsi lidea della crociera, quando la famiglia stenta a sbarcare ogni mese il
lunario) di cinquemila euro. Bene, per tale debito di Caio, i beni della comunione
rispondono n pi n meno che se Caio avesse acquistati i biglietti per....... andare in
crociera con i suoi amici.
Disc. E cio?
Doc. E cio, prima cosa, rispondono solo se la impresa di viaggi non si potuta
soddisfare sui beni personali di Caio, seconda cosa, rispondono solo per met del loro
valore (come vedremo meglio nella prossima lezione): quindi, se il valore di tali beni
solo di seimila euro, rispondono solo nei limiti di tremila euro.
Il disposto dellarticolo 189 importante perch permette di argomentare che - non
solo dal compimento di un atto abusivo (perch compiuto senza il consenso dellaltro
coniuge, in spregio allobbligo di solidariet che, tra i coniugi, deve sussistere) deriva
un obbligo risarcitorio per Caio - ma altres che le obbligazioni relative allatto
(abusivo) vanno considerate unicamente obbligazioni particolari di questo, e non
gi obbligazioni della comunione (con la conseguenza che per farvi fronte Caio non
potr attingere ai beni della comunione).
Disc. Ma Caia, - come pu, per il primo comma dellarticolo 184, convalidare la
compravendita immobiliare compiuta da Caio senza il suo consenso - non pu
convalidare lacquisto dei biglietti per la crociera fatto (abusivamente) da Caio?
Doc. Certo, che lo pu. E in tal caso lobbligo andr considerato, non pi particolare
di Caio, ma di tutta la famiglia (e naturalmente ne risponderanno tutti i beni della
comunione).
Disc. Dagli atti compiuti dai coniugi, singolarmente o congiuntamente qui non rileva,
e, comunque dallamministrazione dei beni comuni, possono nascere delle cause
giudiziarie. Io penso: al caso che Caio e Caia decidano di agire contro Fulano che,
dopo aver loro venduto un bene, rifiuta di consegnarglielo; al caso che decidano di
intentare unazione di regolamento di confini contro il vicino di un fondo in loro
comunione; al caso che, non pi allattacco ma costretti a giocare in difesa, siano
convenuti da chi chiede loro un risarcimento per danni pretesamente causatigli da una
cosa in loro comunione. Ecco, in tutti questi casi, chi legittimato a rappresentarla,
la comunione?
Doc. La risposta ci viene data, se pur non chiaramente, dallarticolo 184: nelle
azioni relative ad atti, per il cui compimento necessario il consenso di entrambi
i coniugi, la comunione deve essere rappresentata da entrambi i coniugi, nelle
azioni relative ad atti, che ciascun coniuge singolarmente pu compiere, la
comunione pu essere rappresentata da un solo coniuge.
Disc. Ma in questultimo caso, non pu essere che, quando la causa nasce da Fulano
che conviene in giudizio Caio e Caia (e non viceversa), egli scelga come suo
contraddittore il coniuge meno adatto a sostenere i contraddittorio, perch meno a
lume dei fatti di causa (Fulano chiede la condanna di Caio e Caia, quali coniugi in
comunione dei beni, al pagamento del prezzo di un armadio loro venduto,
convenendo in giudizio Caio ancorch lacquisto e le relative trattative siano state
fatte da Caia)?
Disc. Larticolo 184 se d qualche, sia pur lacunosa e fumosa, indicazione sulla
legittimazione, nel caso la causa riguardi un atto compiuto dai coniugi (in altre
parole, nel caso che nella causa si controverta sulla validit o risolubilit di un atto
compiuto dai coniugi o sui diritti che si pretende ne siano conseguiti), mi pare che
non dia nessuna indicazione per il caso che nella causa si controverta sic et
simpliciter su un bene: ad esempio, per il caso che Fulano rivendichi la propriet di
un immobile in possesso dei coniugi; o, viceversa, questi rivendichino un bene in
possesso di Fulano.
Doc. Questo vero; ma dallarticolo 184 ci in definitiva facile dedurre che, in tale
caso, il criterio per decidere sulla legittimazione, lo dobbiamo trarre dallatto, che si
dovrebbe compiere per alienare il diritto controverso: la comunione dovr essere
rappresentata da entrambi i coniugi, se per tale atto fosse necessario il consenso di
entrambi, potr essere rappresentata da uno solo, nel caso invece tale atto, da uno
solo, potesse essere compiuto.
Disc.Noi abbiamo fatta finora lipotesi, che un coniuge compia un atto senza il
consenso (necessario) dellaltro; ma che succede se Caio chiede il consenso di Caia e
questa lo rifiuta?
Disc. Ma larticolo 181 non si riferisce soltanto agli atti relativi allamministrazione
dei beni della comunione, dato che parla di rifiuto per un atto di straordinaria
amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso richiesto: e, io mi domando,
vi sono altri casi, oltre quelli che si verificano nel contesto dellamministrazione dei
beni della comunione, in cui Caio e costretto a chiedere a Caia il consenso a compiere
un atto?
Doc. Certamente che vi sono. Uno di questi casi lo abbiamo incontrato nella
precedente lezione, commentando lultimo comma dellarticolo 179: Caio vuole
acquistare il bene B in surrogazione del bene A gi di sua propriet; al fine di
escludere il bene B dalla comunione, chiede a Caia di presenziare allatto, dando cos
il suo tacito assenso alla dichiarazione, che il bene B acquistato con i soldi della
vendita del bene A; Caia rifiuta: Caio pu ricorrere al giudice e ottenere da lui in
camera di consiglio un decreto che sostituisca lassenso rifiutato da Caia.
Doc. In primo luogo deve cercare di ottenere una procura da Caia, ma bada, non una
procura qualsiasi, bens una procura per atto pubblico o per scrittura privata con firma
autenticata: il nostro Legislatore diffidente: teme che Caio, fiducioso che Caia, la
coniuge, mai lo denuncer, faccia...carte false.
Doc. Certamente, s.
Doc. Qui anchio sono per la negativa. Infatti la procura generale data ad un terzo
verrebbe, per cos dire, a distorcere, a falsare lapplicazione delle norme
sullamministrazione della comunione: queste norme, infatti, sono state pensate e
costruite dal legislatore nel presupposto di una particolare fiducia tra i due
amministratori dei beni della comunione; fiducia, che si ha ragione di presumere tra
due coniugi, ma non tra un coniuge e un terzo (tanto pi quando, verso questo terzo,
un coniuge ha probabili ragioni di gelosia e di astio, proprio per la fiducia particolare
di cui laltro coniuge lha gratificato).
Disc. Ma mettiamo che Caia, non solo sia impedita a presenziare allatto, ma anche a
rilasciare una procura: allora?
Doc. Nel senso che, aspettare, per compierlo, il venir meno dellimpedimento
dellaltro coniuge, potrebbe portare un qualche danno alla famiglia. Per avere un
esempio di atto necessario, pensa al caso in cui una casa (naturalmente in
comunione) stia per crollare e occorra quindi fare dei lavori per puntellarla. Per un
esempio di atto invece non necessario, puoi pensare allacquisto o alla vendita di un
bene (facendo salvi, beninteso, casi particolarissimi).
Disc. Mi pare che tu adotti un metro piuttosto severo per misurare la necessit di un
atto.
Doc. Tieni presente che una certa severit in ci doverosa, per evitare il pericolo,
che un coniuge approfitti dellimpedimento dellaltro per compiere atti che questo
non approverebbe.
Disc. Ma - nel caso in cui il coniuge sia impedito a manifestare il suo consenso,
perch interdetto (poco importa se giudizialmente, perch incapace di intendere e di
volere, o legalmente, come pena accessoria di una condanna penale), perch
dichiarato fallito, perch inabilitato, perch sottoposto ad una amministrazione di
sostegno- Caio pu chiedere lautorizzazione a compiere latto necessario senza il
suo consenso?
Doc. No, il legislatore predispone dei rimedi per evitare questa situazione, che tu
giustamente definisci antipatica; questo con gli articoli, 183 (che prevede
lesclusione del coniuge minore o che non pu amministrare), 191 (che dispone lo
scioglimento della comunione per i casi di dichiarazione di assenza o di morte
presunta, di separazione giudiziale dei beni, di fallimento di uno dei coniugi) e,
infine, con larticolo 193 (che prevede la separazione giudiziale dei beni in caso di
interdizione o di inabilitazione).
Disc. Abbiamo detto sul primo comma dellarticolo 182, ora dobbiamo parlare del
suo secondo comma.
Una cosa che mi riesce strana, che il legislatore dopo aver previsto nel primo
comma la possibilit per un coniuge di chiedere lautorizzazione a compiere lui solo,
gli atti per i quali richiesto, a norma dellart. 180, il consenso di entrambi i
coniugi - nel secondo comma, con tutta evidenza dedicato ai (ben diversi) atti
necessari allattivit dellimpresa cogestita dai coniugi, non fa il minimo cenno a
questa possibilit: si tratta di una semplice dimenticanza?
Doc. Naturalmente.
Disc. Il coniuge-imprenditore pu ottenere il rilascio di una procura generale da parte
dellaltro coniuge solo in caso di impedimento di questo?
Disc. Penso che a questo punto si possa passare a parlare di un istituto a cui tu hai gi
accennato, listituto della esclusione (di un coniuge) dallamministrazione. Leggo
larticolo che ne d la disciplina:
Se uno dei coniugi minore o non pu amministrare ovvero se ha male
amministrato, laltro coniuge pu chiedere al giudice di escluderlo
dallamministrazione.
Il coniuge privato dellamministrazione pu chiedere al giudice di esservi reintegrato,
se sono venuti meno i motivi che hanno determinato lesclusione.
La esclusione opera di diritto riguardo al coniuge interdetto.
Disc. Che cosa significa che un coniuge, metti Caio, escluso dallamministrazione
(dei beni della comunione)?
Doc. Cercher di farlo, ma per farlo dovr anticiparti alcune nozioni. Dunque, devi
sapere che - mentre larticolo 183 stabilisce lautomaticit dellesclusione
dallamministrazione dellinterdetto - larticolo 193, prevede, s, la separazione
giudiziale dei beni per il caso di interdizione di un coniuge, ma la fa dipendere
dalla richiesta del coniuge, di Caia nel nostro esempio: evidentemente il legislatore
vuole lasciare Caia libera di conservare quei vantaggi, che le assicura lo stato di
non-separazione giudiziale, ancorch il coniuge sia stato escluso, in quanto
interdetto, dallamministrazione. Ora questi vantaggi sarebbero ben poca cosa, se
non consistessero nella possibilit data a Caia di compiere gli atti di straordinaria
amministrazione prescindendo dal consenso del tutore e in base della semplice
autorizzazione del giudice di cui allarticolo 182.
Doc. Uno di tali possibili presupposti risulta da quanto finora detto: la incapacit ad
amministrare. Che per non deve necessariamente consistere, come nei casi finora
esaminati, in una incapacit legale (casi del minore, dellinterdetto...), ma pu
consistere anche in una incapacit naturale: pensa al coniuge paralizzato e inchiodato
su una sedia a rotelle.
Laltro possibile presupposto di unesclusione del coniuge, la sua cattiva
amministrazione. Ma, attenzione! quella che rileva, ai fini dellistituto che stiamo
commentando - non la cattiva amministrazione che il coniuge fa dei suoi beni
personali (questa rileva, s, ma ai fini di altro istituto che poi studieremo, quello della
separazione giudiziale dei beni) - ma la cattiva amministrazione che il coniuge
abbia fatto dei beni del comunione. E al proposito da tener presente che un coniuge
d prova di cattiva amministrazione, non solo quando compie atti economicamente
strampalati (vende azioni chiaramente destinate a salire), ma anche quando si astiene
da atti di amministrazione necessari o costringe il coniuge ad astenersene opponendo
un immotivato e continuo niet alla sue richieste di consenso.
Disc. Che significa dire che lobbligo di pagare a Fulano tot (metti 300 euro) un
obbligo della comunione?
Doc. Significa due cose. Per prima cosa, significa, che, Fulano, se non pagato
spontaneamente, potr soddisfare il suo credito, per lintero (quindi, nellesempio,
per tutti i 300 euro), sui beni della comunione, e, qualora questi non fossero
sufficienti, per la met (quindi, per soli 150 euro) sui beni personali di ciascuno dei
coniugi, Caio e Caia. Per seconda cosa, significa, che il coniuge, metti, Caio, che
avesse pagato il credito di Fulano prelevando dal patrimonio suo personale la
relativa somma, potr chiedere, il rimborso di quanto pagato (melius, della met di
quanto pagato), allaltro coniuge, a Caia ma bada, questo, non subito, ma al
momento dello scioglimento della comunione.
Disc. Ah, s? Caio, se stato tanto stupido da cavare i soldi dal suo portafoglio per
pagare un debito della comunione, dovr aspettare, fino al momento dello
scioglimento di questa, per realizzare il suo credito?
Doc. Chiaro che, se c armonia nella famiglia, le cose non andranno cos: con
laccordo di Caia, Caio prelever dalla cassa comune 300 euro, oppure Caia, in via
bonaria, subito gli dar 150 euro, e cos subito si chiuder la pendenza. Per, se tutto
ci non avvenisse, vale quanto prima ti ho detto, cos come vedremo con pi
precisione commentando larticolo 192 e in particolare i suoi commi 3 e seguenti.
Disc. Va bene, larticolo 191 dice sul credito di Caio, ma da quali articoli risulta
quanto tu hai detto sul credito del terzo, di Fulano?
Disc. Comincio allora a leggere larticolo 186, che - sotto la rubrica Obblighi
gravanti sui beni della comunione - recita:
I beni della comunione rispondono:
a) di tutti i pesi ed oneri gravanti su di essi al momento dellacquisto;
b) di tutti i carichi dellamministrazione;
c) delle spese per il mantenimento della famiglia e per listruzione e leducazione dei
figli e di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nellinteresse
della famiglia;
d) di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi.
Cominciamo dalla lettera a): che significa che i beni della comunione rispondono dei
pesi su di essi gravanti al momento dellacquisto?
Doc. Significa che, il fatto dellacquisto, non incide sullesistenza degli eventuali
diritti, che pesino sul bene (acquistato).
Disc. Questo mi pare ovvio, e addirittura assurdo sarebbe il contrario: assurdo, voglio
dire, sarebbe che, se Fulano vende il suo immobile a un Tizio qualsiasi, conservino
inalterati i loro diritti, A (creditore ipotecario), B (usufruttuario), C (conduttore in
forza di una locazione), mentre se Fulano vende a Caio (sposato e in regime di
comunione), A, B, C, i loro diritti, vengano a perdere: lesistenza dei diritti gravanti
sul bene, non pu dipendere dal tipo di acquirente a cui Fulano sceglie di vendere.
Disc. Con ci mi hai detto cosa intende la norma con il termine pesi, dimmi ora che
cosa intende col termine oneri.
Doc. Intende quegli obblighi che - come quello di pagare i contributi dovuti per le
spese condominiali (v. art.63 disp. att. Cod.Civ.) - si trasmettono dal dante causa
allavente causa.
Disc. Passiamo alla lettera b): che cosa si deve intendere per carichi
dellamministrazione.
Doc. Si deve intendere gli obblighi assunti e comunque nati nel contesto
dellamministrazione dei beni (della comunione): Caio e Caia hanno fatto riparare il
tetto o hanno fatto mettere un nuovo impianto di riscaldamento? Ebbene la ditta, che
ha fatto i lavori, potr soddisfare il suo credito sui beni della comunione.
Disc.,- Lettera c). E ovvio che cosa si debba intendere per spese sostenute per
listruzione e leducazione dei figli; un po meno ovvio, che cosa si debba
intendere per spese per il mantenimento della famiglia: ad esempio, va fatta
rientrare in queste, la spesa di Caio per lacquisto di un abito nuovo o per mangiare al
ristorante? in altre parole, i soldi per labito e per la cenetta al ristorante, Caio li deve
cavare dal suo portafoglio o li pu attingere dalla cassa comune?
Doc. Io riterrei che, se lacquisto dellabito o la cenetta rientrano nel livello di vita di
tutti gli altri familiari, la relativa spesa venga a gravare i beni della comunione.
Disc. E veniamo al punto pi difficile: che cosa si deve intendere per obbligazione
contratta dai coniugi .nellinteresse della famiglia?
Doc. Premesso che lo interesse della famiglia una astrazione concettuale: non
esiste un interesse della famiglia, esiste solo linteresse di questo o quel membro
della famiglia; io molto semplicemente mi atterrei alla lettera della norma: a che i
beni della comunione rispondono di un obbligazione, basta che essa sia stata contratta
dal coniuge allo scopo di provvedere ai bisogni propri o degli altri membri della
famiglia.
Disc. Quindi, secondo te, non rileva il fatto che lobbligazione non corrisponda
allinteresse della famiglia?
Doc. No, non rileva: la lettera della norma chiara: non occorre che lobbligazione
sia nellinteresse, basta che sia stata contratta...nellinteresse della famiglia. Del
resto, quando il legislatore pretende (per far da ci conseguire certe conseguenze
giuridiche) che lobbligazione (assunta da un coniuge) soddisfi una necessit della
famiglia, lo dice, cos come fa nel secondo comma dellarticolo 192.
Disc. Allora, se Caio d fuori di testa e fa, sia pure per la famiglia, una spesa pazza,
metti, compra lautomobile fuori serie, cos prosciugando lesigua cassa comune?
Doc. In questo e consimili casi, come correttivi delle conseguenze nefaste che
effettivamente potrebbero derivare da uninterpretazione letterale della norma, si
applicheranno gli articoli 189 e 183: l articolo 189, se, per la spesa pazza fatta
unilateralmente da Caio, occorreva il consenso di Caia, e, larticolo 183, se invece la
spesa, rientrando nella ordinaria amministrazione, poteva essere decisa solo da
Caio; pi precisamente: per larticolo 189, lobbligazione contratta da Caio verr
considerata unicamente come una sua obbligazione particolare, n pi n meno che
se egli avesse comprata lauto, non per la famiglia, ma per soddisfare un suo
personalissimo sfizio (e i beni della comunione risponderanno del debito da lui
contratto solo fino alla met); per larticolo 183, Caio, avendo male amministrato
potr essere escluso dallamministrazione dei beni della comunione.
Disc. Ma questi sono solo dei pannicelli caldi, dei mezzi-rimedi: lesclusione
dallamministrazione avviene quando ormai la spesa stata fatta: previene danni
futuri, ma non rimedia ai danni gi fatti.; quanto, poi, allapplicazione del primo
comma dellarticolo 189, essa limita solo il danno sofferto dalla famiglia: infatti, essa
non toglie che una parte, forse una gran parte, del patrimonio familiare sia stata
bruciata per una spesa inconsulta.
Doc. Tu hai ragione, ma....hoc iure utimur. Tieni peraltro presente che, per il secondo
comma dellarticolo 192, Caio, in caso di atto di straordinaria amministrazione,
tenuto a rimborsare, il valore dei beni della comunione, bruciati dal suo exploit
(salva dimostrazione, che, nonostante tutto, esso sia risultato di vantaggio per la
famiglia come meglio ci riserviamo di vedere in seguito); e tieni ancora presente
che, con uno sforzo di esegesi, si pu argomentare da ci, che, pure in caso di atto di
ordinaria amministrazione, Caio abbia lobbligo di rimborsare il valore dei beni da lui
bruciati, per far fronte a spese non conformi alle necessit della famiglia (e infatti
mal si comprenderebbe, perch, lobbligo di rimborso, debba esserci per le spese di
straordinaria amministrazione e non per quelle di ordinaria amministrazione).
Disc. Ma a me, per dirtela tutta, non solo pare ingiusto, che i beni della comunione
rispondano di quelle spese, che, pur fatte per la famiglia, non sono nellinteresse della
famiglia, ma, pi radicalmente, pare ingiusto e illogico, che su tali bene ricadano ogni
e qualsiasi spesa fatta dai coniugi.
Disc. Non certo perch non approvo che i terzi creditori per tali spese possano
soddisfarsi sui beni della comunione (cosa che certamente pu essere opportuna
perch finisce per agevolare il credito alla famiglia), ma perch ritengo ingiusto che
un coniuge ossa attingere nei beni della comunione per ogni sua spesa: Caio si
compra un vestito e i relativi soldi li pu prendere, non dal suo portafogli, ma dalla
cassa comune; ora io trovo ingiusto ci: infatti, almeno idealmente, i beni della
comunione appartengono al 50% a Caio e al 50% a Caia, quindi attingere ad essi per
sostenere una spesa significa far ricadere questa in parti eguali su Caia e Caio -
questo mentre, per larticolo 143, Caio e Caia debbono contribuire ai bisogni della
famiglia in relazione alle proprie sostanze, alla propria capacit di lavoro ecc,
quindi, non necessariamente al 50%.
Doc. Quel che ritieni una ingiustizia semplicemente una deroga allarticolo 143, che
nessuno pu impedire al legislatore di fare.
Disc. Io mi metto ora a parte creditoris: dalla parte di Fulano, che ha venduto un dato
bene a Caio, credendo che fosse acquistato nellinteresse della famiglia, mentre Caio
ha fatto invece lacquisto nel suo solo interesse: viene tutelata la sua buona fede?
Doc. E un articolo, non sul regime della comunione, ma sul diverso regime del
fondo patrimoniale, che ci permette di tutelarla. E con ci mi riferisco allart. 170,
che recita: Lesecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non pu aver luogo per
debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni
della famiglia.
Argomentando a contrario da tale norma, si ricava che, pur nel caso i debiti siano stati
contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, qualora il creditore di ci non
sapesse, egli pu soddisfarsi sui beni del fondo.
Questa conclusione, per analogia, io la riterrei applicabile, mutatis mutandis, per
tutelare il creditore, anche nel caso di debito contratto da un coniuge in regime di
comunione. Per operandovi una restrizione, nel senso di escludere la tutela del
credito quando esso stato assunto in circostanze che, valutate con la prudenza del
bonus pater familias, portavano ad escludere che il debito fosse contratto per i
bisogni familiari.
Disc. La norma, che stiamo esaminando, parla di obbligazione contratta dai coniugi:
che dire se lobbligazione, deriva da fatto illecito? Metti, il figlio di Caio e Caia,
guidando lauto della famiglia, arrota una persona: di questa obbligazione, che
deriva dalluso di un bene della famiglia, certamente risponde, ai sensi del terzo
comma dellart.2054, quello dei coniugi che nei registri pubblici risulta proprietario
dellauto, ma ne rispondono anche i beni della comunione?
Disc. Passiamo ora allesame dellarticolo 190, che sotto la rubrica Responsabilit
sussidiaria dei beni personali recita. I creditori possono agire in via sussidiaria sui
beni personali di ciascuno dei coniugi, nella misura della met del credito, quando i
beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti.
Doc. Fulano dopo aver fatto una causa in cui ha convenuto, secondo i casi, Caia o
Caio o tutti e due (come abbiamo detto in commento allarticolo 180) - ha ottenuto
una sentenza, che riconosce che i coniugi Caia e Caio hanno verso di lui un debito,
metti, di 300, e soprattutto riconosce che, di tale debito, hanno da rispondere i beni
della comunione. Per eseguire la sentenza, Fulano dovrebbe in prima battuta
aggredire i beni della comunione; per tali beni latitano completamente: nel caso,
larticolo 190 d a Fulano la possibilit di agire in via sussidiaria contro il
patrimonio di uno dei coniugi, quello di Caio o quello di Caia a sua completa scelta.
Disc. Ma Fulano, prima di rivolgersi ai patrimoni personali dei coniugi, deve provare
che sui beni della comunione non pu soddisfarsi? deve provarlo facendo un tentativo
di escussione su tali beni?
Doc. Varie sono le teorie sul punto, ma la pi soddisfacente quella che esclude
lobbligo del creditore di fare il tentativo di pignorare (eventuali) beni della
comunione.
Disc. Ma Fulano non dovr neanche in qualche altro modo provare linesistenza di
beni della comunione utilmente pignorabili?
Doc. No, sarebbe ingiusto gravare Fulano di tale prova non facile per lui (dato che
per lui non facile individuare quali siano i beni caduti in comunione), mentre
molto pi facile per il coniuge (aggredito) indicare i beni in comunione che
potrebbero essere utilmente escussi.
Disc. Tu sei partito dallipotesi che non ci fossero beni in comunione, per potrebbe
benissimo essere che questi, non mancassero, ma fossero solo insufficienti.
Disc. Abbiamo fatta lipotesi che Fulano abbia un credito di 300, ora completiamo il
quadro, facendo lipotesi che il valore dei beni personali del coniuge aggredito sia di
200: Fulano potr soddisfarsi fino a cento (cio fino alla met del valore dei beni
personali del coniuge) oppure fino a 150 (cio fino alla met del suo credito)?
Doc. La norma sul punto chiarissima: Fulano potr soddisfarsi fino a met del suo
credito, cio, nellesempio, fino a 150.
Doc. S, certo; a meno che naturalmente lobbligazione non sia stata assunta, non solo
congiuntamente, ma anche solidalmente (caso in cui ovviamente Fulano potr
soddisfare il suo credito non al 50% ma al 100%).
Disc. I creditori della comunione possono, lo abbiamo ora visto, soddisfarsi sui beni
personali dei coniugi; ma accade anche il contrario? voglio dire, i creditori particolari
dei coniugi, possono soddisfarsi sui beni in comunione?
Disc. Diamo allora lettura di questo articolo che sotto la rubrica Obbligazioni
contratte separatamente dai coniugi - recita:
I beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge
obbligato, rispondono, quando i creditori non possono soddisfarsi sui beni personali,
delle obbligazioni contratte, dopo il matrimonio, da uno dei coniugi per il
compimento di atti eccedenti lordinaria amministrazione senza il necessario
consenso dellaltro.
I creditori particolari di uno dei coniugi, anche se il credito sorto anteriormente al
matrimonio, possono soddisfarsi in via sussidiaria sui beni della comunione fino al
valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato. Ad essi, se chirografari, sono
preferiti i creditori della comunione
Doc. Protagonista, diciamo cos, del secondo comma dellarticolo 189 il creditore
particolare di un coniuge. Possiamo pensare, per avere qualche esempio di chi possa
essere tale, a Fulano I, che ha venduto della mobilia a Caio, prima o dopo, poco
importa, del matrimonio di questo, e ancora avanza un credito.
Protagonista invece del primo comma - ma in definitiva equiparato in tutto e per tutto
al creditore particolare di cui al secondo comma - chi diventato creditore in
seguito ad un atto di straordinaria amministrazione compiuto da Caio senza il
consenso dellaltro coniuge. Pensa al caso di Caio, che commissiona a Fulano II un
grosso appalto, per la ristrutturazione di un appartamento in comunione, senza il
consenso di Caia.
Disc. S, ci penso, ma pi ci penso e meno mi spiego la cosa: voglio dire, i casi sono
due: o il contratto stipulato da Caio valido (metti, perch convalidato da Caia) e
allora Fulano II mi pare che debba essere in tutto e per tutto equiparato a un creditore
della comunione; oppure non valido, e allora..... che credito mai Fulano II pu
vantare?
Doc. La condizione che non sia possibile soddisfare tali crediti sui beni personali di
Caio: tu, Fulano I, tu, Fulano II, puoi aggredire i beni della comunione, solo se sei
nellimpossibilit di soddisfarti sui beni personali del coniuge. E sul punto noi non
abbiamo che da richiamare mutatis mutandis le osservazioni fatte, in commento
allarticolo 190, sullanaloga condizione che grava su Fulano nel caso voglia
aggredire i beni particolari del coniuge (saltando quelli della comunione).
I limiti sono dati: I- dalla postergazione di tali crediti (salvo che godano di un diritto
di prelazione: crediti ipotecari, pignoratizi...) rispetto ai crediti relativi a obblighi (non
del coniuge,ma) della comunione; II- dalla possibilit di soddisfarsi solo fino al
valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato.
Disc. Cominciamo a parlare del primo limite. Esso vale sia per Fulano I (vero
creditore particolare) che per Fulano II (creditore solo equiparato al primo), vero?
Non c ragione infatti di distinguere tra luno e laltro tipo di credito: evidentemente
linserimento della regola della postergazione solo nel secondo comma (relativo ai
creditori particolari come Fulano I) dovuto solo a un lapsus del legislatore.
Doc. Io non sarei tanto sicuro di ci e sarei propenso, invece, ad attribuire il fatto alla
considerazione, che non possibile immaginare che nascano, dalla situazione
ipotizzata nel primo comma (atto di straordinaria amministrazione invalido perch
mancante del consenso di entrambi i coniugi), dei crediti con diritto di prelazione
(dato che la loro nascita richiede lesistenza di un valido contratto).
E, a conti fatti, io penso che, crediti con diritto di prelazione, si possano immaginare
solo in relazione a contratti stipulati prima della costituzione del regime della
comunione, dato che, una volta che questo costituito, certamente i coniugi, come
non possono vendere i beni della comunione, neanche possono costituire metti una
ipoteca su di essi (o darli in pegno...).
Disc. Parliamo del secondo limite: che cosa significa che il credito pu essere
soddisfatto fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato? significa
che ciascun bene in comunione pu essere pignorato solo fino a met?
Disc. Fulano, creditore del solo Caio, pu pignorare i beni caduti in comunione in
seguito ad un acquisto di Caia? Mi spiego meglio: metti che, i beni A e B, siano
caduti in comunione in seguito ad un acquisto di Caia, e, il bene C, in seguito ad un
acquisto di Caio; in una tale situazione, Fulano, pur essendo creditore del solo Caio,
pur essendo il bene C di valore tale da poter soddisfare da solo il suo credito, pu
pignorare i beni A e B (ripeto, caduti in comunione per un acquisto fatto da Caia)?
Doc. Io ritengo di s: mi rendo conto che sia cosa non gradita per Caia, il fatto che
Fulano pignori beni su cui lei ha diritto di coltivare laspettativa, che ritornino, allo
scioglimento della comunione, nel suo patrimonio personale, daltra parte, non si pu
addossare al creditore, a Fulano, il gravoso onere di individuare, nel complesso dei
beni della comunione, quelli dovuti ad un acquisto del suo debitore (cio,
nellesempio, di Caio), e quelli dovuti ad un acquisto del coniuge del suo debitore
(cio, di Caia)
Disc. Nel senso che, in base ai principi, i creditori di una persona - se questa
trasferisce (con una vendita, con una donazione...) ad altri il suo diritto su un bene,
metti sullappartamento A - poi non possono soddisfare il loro credito aggredendo
tale bene, a meno naturalmente che ottengano la revoca della atto di alienazione ai
sensi degli articoli 2001 e ss.; invece, nellarticolo 189, vediamo che il Fulano I, del
nostro precedente esempio, pu pignorare i beni che, prima, di propriet di Caio,
dopo, sono caduti in comunione (caduta in comunione che sostanzialmente pu
essere equiparata a un trasferimento di propriet sui beni).
Disc. Leggo lart. 191, che sotto la rubrica Scioglimento della comunione - recita:
La comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno
dei coniugi, per lannullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti
civili del matrimonio, per la separazione personale, per la separazione giudiziale dei
beni, per il mutamento convenzionale del regime patrimoniale, per il fallimento di
uno dei coniugi.
Nel caso di azienda di cui alla lettera d) dellart. 177, lo scioglimento della
comunione pu essere deciso, per accordo dei coniugi, osservata la forma prevista
dallart. 162.
Dunque, verificatosi uno dei fatti, elencati nellarticolo 191 che ho finito di leggere,
la comunione si scioglie; ma che significa, ci? Quando si tratta della comunione
ordinaria (artt. 1100 e segg.) lespressione scioglimento della comunione ha il
facile e intuitivo senso di inizio di una procedura che si concluder con la divisione
in pi parti del bene comune o del prezzo ricavato dalla sua vendita e con la
attribuzione di tali parti a ciascuno dei comproprietari del bene diviso: ha lo stesso
significato, lespressione la comunione si scioglie, posta proprio nellincipit
dellart. 191? insomma, che significato ha tale espressione?
Doc. Essi sono tre: te li elenco, poi cercher di esporti la loro migliore soluzione.
Primo problema: i coniugi, sui beni gi in comunione, dopo lo scioglimento di questa,
quali poteri (di disposizione giuridica, di fatto, di godimento) hanno?
Secondo problema: in particolare, un coniuge pu vendere la quota che gli spetta sui
beni in comunione?
Terzo problema: i titolari di crediti, sorti nella costanza della comunione, una volta
che questa si sciolta, vanno soddisfatti nella misura e con gli stessi limiti di prima
(dello scioglimento)?
Doc. Quattro sono le soluzioni (almeno le soluzioni di una certa attendibilit) che si
possono dare a tale problema (per quel che riguarda i beni immobili: sui beni mobili
dir in un secondo tempo).
Prima soluzione: i limiti ai poteri dei coniugi vanno stabiliti con riferimento alle
stesse norme, che disciplinano la comunione legale dei beni (norme che pertanto
vengono a godere di una sorta di ultrattivit).
Seconda soluzione: i limiti ai poteri dei coniugi vanno stabiliti con riferimento alle
norme, che disciplinano la comunione ordinaria (artt.1100 segg).
Terza soluzione: bisogna prima di tutto distinguere (in base ai criteri adottati
nellinterpretazione dellarticolo 180) tra straordinaria e ordinaria amministrazione:
per i limiti che incontrano i coniugi nella straordinaria amministrazione, va fatto
riferimento alle norme sulla comunione legale (in particolare allarticolo 184); per i
limiti, invece, posti ai coniugi nellordinaria amministrazione e nel godimento dei
beni, va fatto riferimento alle norme sulla comunione ordinaria.
Quarta soluzione: i coniugi provvedono congiuntamente agli atti di amministrazione
straordinaria; invece, lamministrazione ordinaria e il godimento dei beni, spetta al
coniuge intestatario (nei registri immobiliari) dei beni (idest, al coniuge che ebbe ad
acquistarli).
Doc. Non posso negare che le ragioni da te addotte sono molto buone; per, hanno un
punto debole: vi sono delle situazioni in cui, lungi dallessere certo o anche probabile,
addirittura molto improbabile che il bene, di cui intestatario un coniuge, sia
attribuito in sede di divisione proprio a quel coniuge. Pensa al caso in cui gli
immobili caduti nella comunione sono quattro e tutti quattro comprati dal solo Caio:
in tal caso, al momento della divisione, due di tali appartamenti spetteranno di certo a
Caia: questa, quindi, ha interesse, non meno di Caio, alla buona amministrazione di
tutti gli immobili e ha non meno diritto di Caio di goderne (perch non pu sapere
quale di tali immobili toccher a lei e quale a Caio).
Disc. Va bene, capisco: allora si potrebbe optare per la prima soluzione (cio si
applicano le norme sulla comunione legale).
Disc. Capisco anche questo: si potrebbe allora optare per la seconda soluzione (cio,
si applicano le norme sulla comunione ordinaria)..
Doc. Questa soluzione per presenta linconveniente che viene a privare il coniuge di
due possibilit, che, invece, in casi di straordinaria amministrazione possono rivelarsi
utili: la possibilit di convalidare eventuali contratti, stipulati dallaltro coniuge senza
il suo consenso, ma ci nonostante ritenuti vantaggiosi (se invece si applicasse
larticolo 1108 i contratti stipulati da un solo coniuge dovrebbero considerarsi, non
annullabiili e quindi convalidabili, ma tout court inefficaci), la possibilit di superare
eventuali impasse dovute allostruzionismo dellaltro coniuge utilizzando la
procedura di cui allarticolo 181.
Disc. Con ci abbiamo detto sui limiti allamministrazione e al godimento dei beni
immobili; e per quel che riguarda i beni mobili?
Doc. Per questi lunica soluzione quella di far riferimento alle norme sulla
comunione ordinaria e...di provvedere quanto prima alla loro divisione. Tenendo
presente che certamente ammissibile una divisione parziale dei beni della
comunione: si dividono i beni mobili e non quelli immobili.
Disc. Parliamo ora del secondo dei tre pi gravi problemi, che possono porsi dopo lo
scioglimento di una comunione: un coniuge pu alienare la sua quota?
Doc. E perch non dovrebbero? Il mobiliere Fulano, ha fatto credito a Caia, perch
sapeva, s, che il patrimonio personale di questa era gravato dai forti debiti verso
Tizio e Sempronio, ma anche che nella comunione dei beni (di Caia e Caio) cera
lappartamento A, che lo avrebbe ampiamente garantito dato il diritto di prelazione
chegli aveva rispetto a Tizio e Sempronio: perch mai tale affidamento di Fulano
dovrebbe essere frustrato dalla decisione di Caia di separarsi da Caio? Ammettere
questo sarebbe come ammettere che un debitore, con un suo atto discrezionale, possa
rendere pi deteriore la posizione del suo creditore. Assurdo!
Disc. Tanto assurdo non lo trovo, dal momento che un debitore, vendendo i suoi beni,
pu effettivamente rendere pi deteriore la situazione dei suoi creditori.
Disc. Per, quando Caia e Caio decidessero di dividere i beni (gi) in comunione,
anche se lappartamento A fosse assegnato a Caia, Fulano non potr soddisfarsi su di
questo con prelazione sui creditori particolari, Tizio e Sempronio.
Doc. Questo vero, per egli in tal caso non mancher di difese contro una possibile
volont frodatoria dei coniugi: avr lazione revocatoria e potr partecipare al
giudizio divisorio (art. 1113).
Doc. Anche a questa domanda risponderei positivamente: s, beninteso nei limiti posti
dallarticolo 189.
Disc. Abbiamo visto quali sono le conseguenze giuridiche di uno scioglimento della
comunione; vediamo ora i fatti che, tale scioglimento, possono determinare.
Larticolo 191 fa di tali fatti un elenco: prima domanda: da considerarsi tassativo?
Disc. Ora alcune domande utili per chiarire lesatta portata dei fatti, in tale elenco,
indicati.
Per cominciare: ogni mutamento convenzionale del regime patrimoniale determina
lo scioglimento della comunione?
Doc. No, di certo: se Caio e Caia costituiscono un fondo patrimoniale (artt. 167
segg.) oppure escludono dalla comunione lazienda gestita in comune (co.2 art.
192), certamente operano un mutamento del regime patrimoniale e lo operano, bada
bene, in forza di una convenzione stipulata per atto pubblico (come vuole larticolo
162); per sarebbe assurdo pensare che ci determini lo scioglimento della
comunione, dal momento che come risulta dalla complessiva disciplina che il
Legislatore fa del regime patrimoniale della famiglia, e, in particolare da ci che, per
lazienda, si pu argomentare dal 2 co. art. 191 gi ab initio due coniugi
potrebbero benissimo costituire contestualmente: una comunione, un fondo
patrimoniale e unazienda (cogestita ma non in regime di comunione).
In realt la lettera dellarticolo 191 va interpretata restrittivamente e precisamente nel
senso che, il mutamento del regime patrimoniale, determina lo scioglimento della
comunione, solo quando con questa incompatibile, com il caso e per quel che
so, il solo caso che i coniugi decidano di adottare il regime della separazione dei
beni.
Doc. Per una risposta a tale domanda ti rinvio al commento dellarticolo 193, che far
appena esaurito quello dellarticolo 191.
Disc. Cambiamo allora argomento. Alcuni dei fatti elencati nellarticolo 191 fanno
sorgere il dubbio sul momento preciso in cui si verifica lo scioglimento della
comunione; ad esempio, questo si ha: al momento in cui presentata la domanda di
annullamento del matrimonio o al momento in cui passa in giudicato la sentenza che,
lannullamento, dichiara; al momento in cui stata presentata listanza di fallimento o
in quello in cui il fallimento dichiarato; al momento in cui presentato un ricorso
per separazione o al momento in cui passa in giudicato la sentenza che la pronuncia?
Doc. E questo: nel determinare il momento in cui si verificano gli effetti dello
scioglimento, non si deve partire dallidea che gli effetti, che incidono sui rapporti tra
coniugi, si producano nello stesso momento di quelli, che, invece, incidono nei
rapporti tra coniugi e terzi (terzi-creditori, terzi-acquirenti dei beni in comunione....):
non detto: una sfasatura pu essere resa ben possibile dal fatto che diverse sono le
esigenze da tenere presenti nel primo e nel secondo caso.
Nel primo caso (rapporti tra coniugi), vi lesigenza di delimitare al pi presto i
poteri e le competenze di persone che, prima legate dallaffetto, ora probabilmente si
trovano in guerra luna contro laltra. Nel secondo caso, vi lesigenza della tutela
dellaffidamento dei terzi, che consiglia di procrastinare, gli effetti dello
scioglimento, al momento in cui il fatto, che lo genera, ha avuto pubblicit e certezza
adeguate.
Disc. Facciamo un esempio: questo criterio, applicato alla separazione, che cosa
comporterebbe?
Disc. A questo punto, esaurito lesame del primo comma dellarticolo 191, dobbiamo
passare allesame del suo terzo comma, che, ricordo, recita: Nel caso di azienda di
cui alla lettera d) dellarticolo 177 lo scioglimento della comunione pu essere deciso
per accordo dei coniugi osservata la forma prevista dallart. 162.
Doc. Per la comprensione della disposizione da te letta, va, prima di tutto, ricordato,
che gestione in comunione di unazienda significa che, alla gestione dellazienda, si
applicano le norme sulla comunione legale dei beni (in particolare gli artt. 186 e
segg.) e non le norme sulla societ in nome collettivo (in particolare non le si applica
lart. 2305).
Doc. No, in via diretta, perch, non dimenticarlo, i beni della azienda cogestita sono
considerati facenti parte della comunione dei beni.
Inoltre tali beni, sia pure in via sussidiaria e nei limiti dellarticolo 189, potrebbero
essere aggrediti anche dai creditori particolari dei coniugi.
Tutto questo pu scoraggiare lelargizione di credito allimpresa cogestita dai
coniugi.
Ecco perch questi potrebbero avere interesse a escludere lazienda dalla comunione
(e quindi dallapplicazione degli artt. 186 e segg.), accettando cos che la loro
cogestione sia disciplinata dalle norme sulla societ in nome collettivo e in
particolare dallarticolo 2305, secondo cui Il creditore particolare del socio finch
dura la societ non pu chiedere la liquidazione della quota del socio debitore.
Quindi, una volta effettuata lesclusione dellazienda dalla comunione, i suoi beni
potrebbero essere aggrediti solo dai creditori della societ.
Doc. No, perch essi, ai fini dellarticolo 2305, sarebbero considerati creditori
particolari dei soci.
Disc. Dobbiamo ora parlare della separazione giudiziale dei beni, che disciplinata
dallart. 193; che passo subito a leggere:
La separazione giudiziale dei beni pu essere pronunziata in caso di interdizione o di
inabilitazione di uno dei coniugi o di cattiva amministrazione della comunione.
Pu altres essere pronunziata quando il disordine degli affari di uno dei coniugi o la
condotta da questi tenuta nellamministrazione dei beni mette in pericolo gli interessi
dellaltro o della comunione o della famiglia, oppure quando uno dei coniugi non
contribuisce ai bisogni di questa in misura proporzionale alle proprie sostanze e
capacit di lavoro.
La separazione pu essere chiesta da uno dei coniugi o dal suo legale rappresentante.
La sentenza che pronunzia la separazione retroagisce al giorno in cui stata proposta
la domanda ed ha leffetto di instaurare il regime di separazione dei beni regolato
nella sezione V del presente capo, salvi i diritti dei terzi.
La sentenza annotata a margine dellatto di matrimonio e sulloriginale delle
convenzioni matrimoniali.
Viene naturale, rispetto a questo istituto della separazione dei beni, la domanda che
ora ti pongo (preceduta da una breve premessa a suo chiarimento): premesso che la
separazione giudiziale dei beni ipso facto determina, per lart. 191, lo scioglimento
della comunione, e che pertanto da ritenersi che, se il Legislatore non d
direttamente e semplicemente a Caia il diritto di provocare (in caso di interdizione e
inabilitazione, in caso di mala gestio di Caio, ecc.) lo scioglimento della comunione,
perch la separazione personale d qualcosa di pi rispetto al semplice
scioglimento della comunione, tanto premesso vengo alla domanda vera e propria,
che questa: in che consiste questo qualcosa di pi, che d la separazione rispetto
allo scioglimento?
Doc. Consiste nellinstaurazione tra i coniugi del regime della separazione dei beni.
Doc. Per, metti che Caia e Caio avessero acquistato durante il matrimonio, lei, i beni
A, B,C, e, lui, i beni D e F: non , lo abbiamo visto, che con lo scioglimento della
comunione, i beni A,B,C tornano nella libera disponibilit di Caia e i beni D e F, nella
libera disponibilit di Caio. Ora invece, con la separazione giudiziale accade proprio
questo: che i beni in comunione ritornano nei patrimoni di chi li aveva acquistati.
Doc. Non sempre cos. Metti che Caio sia, s, un intralcio per lamministrazione dei
beni in comunione, ma sia anche un indefesso lavoratore, che mette in banca mese
dopo mese dei bei bigliettoni, che, al momento in comunione de residuo (lett.c art.
177), domani, quando questa si scioglier, verranno a cadere nel patrimonio comune:
se Caia chiede la separazione ora, anno di grazia 2012, a cadere nel patrimonio
comune saranno solo i soldi messi in banca da Caio fino al 2012, se invece ha
pazienza e aspetta metti fino al 2022, nel patrimonio comune cadranno anche i futuri
soldi, che Caio avr messo in banca dal 2012 al 2022: evidente che a Caia in un tal
caso converrebbe chiedere, non la separazione giudiziale dei beni, ma lesclusione (ai
sensi dellart. 183) di Caio dallamministrazione.
Disc. Quindi la separazione giudiziale dei beni ha dei pro e dei contro.
Doc. S, ed per questo che il legislatore la subordina alla richiesta della persona pi
idonea a ben soppesare questi pro e questi contro: il coniuge (e il suo legale
rappresentante).
Disc. Tutto questo per quel che riguarda gli effetti della separazione giudiziale dei
beni, ma che c da dire riguardo ai presupposti della sua applicazione?
Doc. Si opera in base alle norme che disciplinano la divisione ereditaria integrate
dagli articoli 194-197 e dallarticolo 192.
Doc. La divisione dellattivo in parti eguali, prevista dal primo comma, il corollario
dellideologia, che ispira il regime della comunione: partendo dal presupposto, che i
beni, che compongono questa, sono il frutto del lavoro paritario dei due coniugi,
logico, che essi siano divisi paritariamente tra di loro.
Quanto alla divisione in parti eguali del passivo, essa si giustifica col fatto che
questo frutto delle decisioni comuni dei coniugi
Disc. Questo mi pare possa valere per le obbligazioni nate dagli atti di
amministrazione straordinaria, non per quelle originate da atti di amministrazione
ordinaria.
Doc. No, anche per quelle, dato che, se vero che gli atti di ordinaria
amministrazione ordinaria sono validi, anche se compiuti da un solo coniuge, anche
vero, che, almeno nella fisiologia della vita coniugale, devono essere conformi a
quello indirizzo della vita familiare, che, per lart. 144, i coniugi debbono
concordemente decidere.
Disc. Per, alla divisione paritaria dei beni della comunione disposta dal primo
comma, apporta uneccezione il secondo: se, infatti, dei beni si fanno due porzioni
perfettamente eguali: la porzione A e la porzione B; ma, poi, la porzione A la si grava
di un usufrutto, il risultato che...le porzioni non sono pi eguali.
Disc. Passo a dar lettura dellarticolo 195: Nella divisione i coniugi o i loro eredi
hanno diritto di prelevare i beni mobili che appartenevano ai coniugi stessi prima
della comunione o che sono ad essi pervenuti durante la medesima per successione o
donazione. In mancanza di prova contraria si presume che i beni mobili facciano
parte della comunione
Doc. La prima parte dellarticolo ci dice, che debbono essere estrapolati, dal
compendio dei beni soggetti a divisione, i beni di cui alle lettere a) e b) dellarticolo
179. Il che perfettamente logico. Meno logico, anzi del tutto illogico, che non
vengano estrapolati da tale compendio anche gli altri beni, che lo stesso articolo, nelle
lettere seguenti c), d), e), f), definisce come personali. Ma questa una illogicit
dovuta semplicemente a una disattenzione del Legislatore, che, nel formulare la
norma dellarticolo 195, ha pedissequamente ricopiato la norma prima vigente in
argomento, senza considerare che questa non contemplava, tra i beni da escludere
dalla divisione, i beni di uso strettamente personale i beni che servono
allesercizio della professione eccetera, per la semplice ragione che illo tempore tali
beni non erano considerati personali. Tocca quindi allinterprete rimediare alla
disattenzione del Legislatore con uninterpretazione estensiva della norma.
Doc. E vero, e puoi aggiungere che, come in regime di comunione si applica una
norma eguale a quella del secondo comma (dellart.219), non c ragione che non si
applichi una regola eguale a quella del primo comma (sempre dellart. 219): di
conseguenza, si deve ritenere che, pure i coniugi in comunione (e non in regime di
separazione) dei beni, possano vincere la presunzione, di appartenenza dei beni
mobili alla comunione, con ogni mezzo di prova (prove testimoniali,
presunzioni...).
Doc. E naturale che i coniugi, durante il periodo della loro convivenza, tengano nei
luoghi condivisi (abitazione principale, casa di campagna....) anche dei beni di loro
personale propriet. Ora larticolo 196 va interpretato nel senso che, se un coniuge
prova la presenza (nel periodo della convivenza) di un suo bene A in uno di tali
luoghi condivisi, e questo pi non si trova, pu, provandone il valore, ripeterne
lammontare, a meno che laltra parte (idest, laltro coniuge o i suoi eredi) provi che
la mancanza del bene dovuta a sua consumazione per uso ecc.
Doc. Abbiamo visto che, per i precedenti articoli, un coniuge pu prelevare quei beni
di cui con ogni mezzo prova la personale propriet. E chiaro per che, la
diminuzione del compendio dei beni da dividere, pu giocare a sfavore di terzi, in
particolare dei creditori della comunione e dei creditori dellaltro coniuge; ed altres
chiaro, che ben ipotizzabile una combine tra i due coniugi (o tra un coniuge e gli
eredi dellaltro) per...lasciare a bocca asciutta tali terzi e in particolare tali creditori.
Proprio tenendo conto di ci, il legislatore, nella prima parte dellarticolo in
commento, stabilisce che, quella che pu ritenersi prova valida per giustificare, nei
confronti dellaltro coniuge o dei suoi coeredi, il prelievo di un bene, tale non pu pi
ritenersi nei confronti dei terzi: nei confronti di costoro, la prova della propriet
individuale, va data con atto avente data certa.
Disc. Basta che un atto abbia data certa perch esso venga a costituire la prova
pretesa dal Legislatore?
Doc. No, di certo: il riconoscimento di Caio (il marito) che un dato bene di
propriet di Caia (la moglie), anche se con data certa, ben difficilmente potr
costituire una prova valida nei confronti dei terzi. La data certa semplicemente
prova con certezza che latto stato redatto in un dato anno e in un dato giorno: per
aversi la prova pretesa dal legislatore, occorre, in pi, che il contenuto dellatto provi
la propriet personale del bene e che, il tempo in cui stato redatto, escluda lipotesi
di una sua redazione a fini deceptatorii.
Disc. Per, in base al disposto della prima parte dellarticolo, potr aversi la strana
situazione che, uno stesso bene A, vada considerato di propriet personale di Caio,
nei confronti di Caia, e di propriet comune, nei confronti dei terzi.
Disc. Perch? forse ritieni che non sia valido un tale tipo di contratto.?
Disc. Allora a che altro caso si riferirebbe il primo comma parlando di prelievo dal
patrimonio comune?
Doc. Al caso di un mutuo dato a Caio con i beni comuni in via bonaria, meglio non
saprei esprimermi. Insomma, a Caia, che vede richiedersi un prestito da Caio,
bisogna dare due possibilit: quella di dire s in via bonaria (e in tal caso i soldi li
rivedr....al momento dello scioglimento della comunione) e quella di dire S, ma tu
ti impegni a restituire i soldi entro la data tot (e in tal caso non si applicher il quarto
comma e Caio dovr restituire effettivamente i soldi nel termine pattuito.).
Doc. I beni del patrimonio familiare possono, diciamo cos, subire un salasso - per
lesecuzione di un credito, che non nei riguardi della comunione, ma del singolo
coniuge, mettiamo di Caio - in due diversi casi: perch la obbligazione relativa stata
assunta da Caio nellinteresse suo particolare ( il caso di Caio che abbia comprato
dei beni per la sua azienda da Sempronio, che pone poi in esecuzione il suo credito) e
perch la obbligazione relativa stata assunta da Caio nellinteresse della famiglia.
In tutti e due i casi, Caio, in via di principio, dovr rimborsare alla comunione il
valore dei beni espropriati dal suo creditore; per tale principio soggetto nel
secondo caso a una possibile deroga: se, lassunzione dellobbligazione, si rivelata,
nonostante tutto, utile per la famiglia, Caio, nei limiti di tale utilit, non dovr
effettuare il rimborso.
Doc. Avrebbe tempo fino allo scioglimento della comunione. Te lo dice il quarto
comma.
Doc. Io riterrei di no; perch, la valutazione e traduzione in moneta del suo lavoro,
graverebbe troppo le (gi di solito complicate) operazioni divisionali; specie quando
anche laltro coniuge abbia a sua volta fatto del lavoro per la famiglia (Caia, che,
mentre il marito sul tetto metteva le tegole, sgobbava a lavare i pavimenti) e
bisognerebbe soppesare e comparare lavori tra di loro eterogenei.
Disc. Eccoci arrivati al quinto e al sesto comma, ma per essi il commento lo faccio io.
Procrastinare il pagamento dei rimborsi e delle restituzioni utile per permettere
reciproche compensazioni. Il diritto di prelievo in natura, poi, corrisponde a un
elementare principio delleconomia (evitando vendite di beni sottocosto per poi
ricomprarne altri della stessa specie...a prezzo di mercato).
Doc.Ci poniamo adesso nel caso che i coniugi abbiano adottato il regime della
comunione convenzionale dei beni regime disciplinato nella sezione quarta (artt.
210 segg.)
Disc. Quindi debbo pensare che i due coniugi, Caio e Caia cos, come nel caso
avessero optato per il regime di separazione dei beni, avrebbero dovuto dichiarare
tale loro scelta espressamente (v. co. 2 art. 162) - cos, anche nellipotesi da te fatta
abbiano dichiarato expressis verbis la loro adesione al regime di comunione
convenzionale.
Doc. No, affatto: il regime, che noi ora dobbiamo esaminare, non nasce ex verbis, ma
ex facto: i coniugi, col semplice fatto che, al momento dellinstaurazione del regime
della comunione legale o anche successivamente, vi hanno operata una deroga, si
ritrovano in pieno regime di comunione convenzionale.
Disc. Ma Caio e Caia potrebbero decidere di conferire in comunione solo parte dei
loro beni?
Doc. A maggior ragione, proprio no, perch anzi, lo abbiamo visto commentando il
capoverso dellart.191, la esclusione di un bene gi in comunione presenta
particolarit, che la rendono discussa e discutibile.
Disc. Fai te allora un altro esempio di valida deroga alla comunione legale.
Doc. Caio e Caia convengono, in deroga alla lettera f) dellarticolo 179, che entrino
in comunione i beni acquistati in seguito al trasferimento di beni personali.
Per, debbo avvisarti, che non manca chi autorevolmente esclude la validit di tale
deroga, per quel che riguarda i beni di cui alle lettere c), d), e); e questo per timore
che venga cos eluso il divieto, di cui subito parleremo, di far cadere in comunione
tali beni (Caio e Caia vendono, metti un bene rientrante nella categoria c) e con i
soldi ricavati acquistano un bene che.......fanno poi cadere in comunione).
Disc. Ma la convenzione con cui Caio e Caia stabiliscono, in deroga alla lettera b
dellarticolo 179, che i beni, lasciati morendo in successione dallo zio Beppe,
entreranno in comunione, questa convenzione sar senzaltro ritenuta pacificamente
valida.
Doc. E invece, no: non manca chi tutto al contrario sostiene, e direi con valide
ragioni, che depongano per la sua invalidit, larticolo 771 (che fa divieto di
donazione delle cose future) e larticolo 458 (che fa divieto dei patti successori).
Disc. Tu hai detto che, le convenzioni in deroga a una comunione legale, debbono
essere stipulate per atto pubblico; ma i coniugi non possono prendere tra di loro
accordi, che incidono, s, sui poteri, diritti, obblighi loro derivanti dal regime di
comunione, ma che non per loro necessario rivestire della forma dellatto pubblico:
accordi insomma non rientranti nella categoria delle convenzioni di cui allarticolo
162?
Disc.Io ritengo di s. E per averne un esempio, pensa al caso di Caia, che d mandato
irrevocabile a Caio di vendere un suo bene immobile (mandato perfettamente
valido,se limitato nel tempo, abbiamo visto studiando larticolo 217): forse che tale
mandato non incide sul potere altrimenti spettante, per larticolo 180, a Caia di
impedire la vendita negando il proprio consenso? Pensa, ancora, al caso, che Caio e
Caia diano in locazione a uno di loro un immobile caduto in comunione: con ci Caia
non viene privata del potere di godere e di amministrare la res locata? Chiaro che s.
Disc. Ma i coniugi possono stipulare un contratto di locazione con uno di loro?
Doc. Chiaro che s; se non vuoi cadere nellassurdo di costringere un coniuge, che,
metti, ha bisogno di prendere in locazione un immobile, a pagare i soldi del canone
locatizio a un terzo quei soldi che sarebbero i benvenuti nella cassa familiare pur
essendoci tra i beni in comunione un appartamento fortunatamente sfitto.
Disc. Veniamo al dunque: con che criterio si pu distinguere quando un accordo tra
coniugi va considerato come una deroga al regime convenzionale, per cui va fatto per
atto pubblico, e quando, no?
Disc. Cominciamo dallesame del secondo comma, che recita: I beni indicati alle
lettere c), d), e) dellarticolo 179 non possono essere compresi nella comunione
convenzionale.
Doc. Perch il legislatore vieti di rendere comuni i beni, di cui alla lettera c (beni
strettamente personali) e alla lettera d (beni che servono allesercizio della
professione), intuitivo: egli teme che, la caduta in comunione di tali beni, venga a
soffocare e deprimere la personalit dei coniugi. Proprio tenendo presente la ratio di
tale divieto, noi riteniamo che dovrebbe considerarsi invalida, non solo la
convenzione, che intendesse rendere comuni tali beni, ma anche la convenzione, che
facesse totalmente cadere in comunione il provento dellattivit professionale (lato
sensu intesa) di un coniuge, senza permettere a questi di trattenerne una parte per
destinarla allesercizio della professione stessa: se al pittore si nega la possibilit di
spendere di sua libera iniziativa, cio senza necessit di richiedere il consenso del
coniuge, per lacquisto dei colori e del pennello, si soffoca la sua creativit e gli si
toglie la passione e il gusto del suo lavoro, non meno che lo si costringesse a chiedere
il consenso del coniuge per disporre dei suoi colori e del suo pennello.
Disc. Mentre comprensibile il divieto relativo alle lettere c) e d), mi pare assurdo il
divieto di cui alla lettera e): ma come, tu, Legislatore, ritieni valida la convenzione,
che fa cadere in comunione lappartamento di Caio, e, poi, ritieni invalida quella che
si limita a stabilire, che cada in comunione il risarcimento dovuto per i danni causati
da un terzo allappartamento di Caio? Questo a me pare assurdo!
Doc. Tanto assurdo, che va escluso che la norma cos vada interpretata: certamente
Caio e Caia potranno stabilire, che cada in comunione il risarcimento dei danni alle
cose; non potranno invece stabilire che cada in comunione il risarcimento dei danni
alla persona.
Disc. A questo punto possiamo passare allesame del terzo comma dellarticolo 210,
che recita: Non sono derogabili le norme della comunione legale relative
allamministrazione dei beni della comunione e alluguaglianza delle quote
limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione legale.
Disc. Non resta ora che parlare dellart. 211, che recita: I beni della comunione
rispondono delle obbligazioni contratte da uno dei coniugi prima del matrimonio
limitatamente al valore dei beni di propriet del coniuge stesso prima del matrimonio
che, in base a convenzione stipulata a norma dellarticolo 162, sono entrati a far parte
della comunione dei beni.
Doc. Poniamo che Caio abbia due appartamenti, A e B, del valore complessivo di
200, e un debito verso Fulano, metti, di trecento; e che sia sposato con Caia, che nulla
possiede, ma che...... in compenso ha un debito di 100 verso Sempronio. Dopo sposati
(o anche al momento di sposarsi, questo poco importa), Caio e Caia decidono, non
solo di far regolare i loro rapporti dal regime della comunione legale
(degli acquisti), ma di conferire nella comunione tutti i loro beni; cio, Caio, i due
appartamenti, e, Caia....nulla. Guardiamo al risultato che si avrebbe per il creditore di
Caio, se non esistesse larticolo 211: disastroso, il suo credito prima era garantito da
un patrimonio dal valore di 200, ora egli, che, non si dimentichi, non creditore della
comunione, pu, s, soddisfarsi sui beni di questa, ma, (vedi lart. 189) fino al valore
corrispondente alla quota del coniuge obbligato, cio, nella fattispecie esemplificata,
fino a 100.
Doc. Attenzione, ci non esatto: se ad esempio Caio e Caia decidessero, una volta
costituita la comunione (convenzionale) anche sui beni A e B, di venderli, Fulano
(salvo sempre la possibilit di agire in revocatoria, se di tale azione esistono i
presupposti) non potrebbe pi agire esecutivamente su tali beni. Infatti larticolo, non
recita I beni di propriet del coniuge prima del matrimonio rispondono ecc.ecc.,
bens I beni della comunione rispondono rispondono....limitatamente al valore dei
beni di propriet eccetera.
Disc. Allora?
Doc. Allora il creditore Fulano potr rivalersi (limitatamente al valore dei beni di
propriet eccetera) sui beni della comunione....se ve ne sono.
Disc.Non capisco questo limite, posto alla realizzazione dei crediti esistenti prima
della costituzione della comunione convenzionale: perch a Fulano permesso di
realizzare il suo credito solo nei limiti del valore di A e B?
Doc. Questo limite si spiega con la volont del nostro Legislatore di impedire che la
costituzione della comunione (convenzionale) ridondi in un arricchimento per Fulano
(e in un danno per i creditori dellaltro coniuge!): come la costituzione della
comunione non deve essere fonte di danno per Fulano, neanche deve essere fonte per
lui di lucro.
Disc. Quindi?
Doc. Quindi, il limite posto dal legislatore, ha il significato di chiarire, che Fulano
non pu soddisfarsi sui beni dellaltro coniuge; come invece, se fosse veramente un
creditore della comunione, gli darebbe la possibilit larticolo 190.
Disc. Ma, se Fulano non va considerato creditore della comunione, ci significa che,
se, metti, il suo debitore Caio fa fortuna, si arricchisce e arricchendosi impingua il
patrimonio in comune con altri beni,- cosa per cui, prima, erano in comunione solo
gli immobili A e B, ora, sono in comunione gli immobili A, B, C, D - il creditore
Fulano potr, s, soddisfarsi sui beni in comunione, ma sempre fino al valore dei beni
A e B, cio fino al valore di duecento, mentre il suo credito di trecento: ci mi pare
ingiusto.
Disc. Unultima domanda, ma che mi pare di un certo valore sistematico, sul regime
della comunione convenzionale: Caio e Caia potrebbero nel costituirlo escludere che
cadano in comunione tutti i futuri acquisti dei coniugi?
Doc. Io ritengo che, s, due coniugi possano stipulare una convenzione matrimoniale
con cui, nel mentre conferiscono in comunione i beni da loro gi acquisiti, escludono
che possano cadere in comunione i futuri acquisti. Infatti, nulla impedisce di
immaginare un regime, in cui il patrimonio comune dato solo dai beni gi esistenti
al momento della sua costituzione: metti Caio, che proprietario di A, si sposa con
Caia, che proprietaria di B, e entrambi conferiscono in comunione i loro beni A e B:
essi non escludono la comunione degli acquisti, ma di fatto nuovi acquisti non ne
fanno: il risultato un regime, perfettamente funzionante senza inconvenienti, in cui
il patrimonio comune dato solo da beni vecchi.
Disc. Ma il legislatore, negli articoli 210 e 211, sembra partire sempre dal
presupposto, che il regime della comunione convenzionale si innesti in una
comunione legale degli acquisti.
Doc. Pu anche essere; ma a me, che il regime, costituito da Caia e Caio, conferendo
i beni al momento in loro propriet ma escludendo gli acquisti, possa fregiarsi del
titolo di comunione convenzionale, o no, poco interessa, a me interessa solo sapere se
questo regime ha diritto di cittadinanza nel nostro Ordinamento, e la risposta per me
, s.
Disc. Ma tale regime sarebbe disciplinato dalle norme della comunione legale e
convenzionale?
Doc.Cominciamo, com naturale, dallesame del primo degli articoli della sezione
seconda dedicata alla disciplina del Fondo ptrimoniale, larticolo 167.
Disc.Ne d lettura:
Ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento,
possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o
mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della
famiglia.
La costituzione del fondo patrimoniale per atto tra vivi, effettuata dal terzo, si
perfeziona con laccettazione dei coniugi. Laccettazione pu essere fatta con atto
pubblico posteriore.
La costituzione pu essere fatta anche durante il matrimonio.
I titoli di credito devono essere vincolati rendendoli nominativi con annotazione del
vincolo o in altro modo idoneo..
Doc. La disposizione del primo comma - da cui risulta che il fondo patrimoniale
dato da un bene o da un insieme di beni destinati a far fronte ai bisogni della
famiglia- va integrata dalla disposizione dellarticolo 170, da cui si argomenta che
tali beni sono esecutibili solo per debiti contratti al fine di soddisfare i bisogni della
famiglia. Dalla coordinazione delle due disposizione risulta dunque che il fondo
patrimoniale inquadrabile nei c.d. patrimoni separati o di destinazione.
Disc. Puoi dirmi pi chiaramente quando si ha un patrimonio di destinazione o
separato?
Disc. Un comodo mezzo per sfuggire ai propri creditori! il signor Rossi oberato di
debiti, teme che i suoi creditori gli mangino tutto il suo patrimonio e che fa? destina i
suoi beni alla soddisfazione dei bisogni della sua famiglia (famiglia di cui lui .. .il
principalissimo e unico componente): da quel momento egli pu darsi a ogni pi
spericolata attivit nel mondo degli affari, sicuro che comunque egli avr sempre da
procurarsi il pane e il companatico e gli altri piaceri, che la vita pu dare.
Disc. Quindi Marietto e Mariolina, che convivono more uxorio, non possono
costituire un fondo?
Doc. No, perch, se si ammettesse ci, si creerebbe il pericolo che due persone si
mettano a convivere (o fingano di convivere), al fine di potersi creare un fondo
patrimoniale, e di mettersi cos.... al riparo dei loro creditori; mentre ben pi
difficile che due persone, a tale scopo, decidano di passare sotto le forche caudine del
matrimonio, sottomettendosi ai relativi, gravosi obblighi.
Disc. Ma lessere i beni destinati a soddisfare i bisogni solo di una famiglia nata da
un legittimo matrimonio, non lunico limite che il Legislatore pone alla costituzione
di un fondo: altro limite riguarda la natura dei beni, che lo possono costituire: essi
possono essere dati solo da beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli
di credito (titoli di credito che debbono essere come risulta dallultimo comma -
vincolati rendendoli nominativi con annotazione del vincolo o in altro modo
idoneo): quale il perch di questo secondo limite?
Doc. Tale limite nasce dal fatto che, come vedremo subito, la disponibilit dei beni
appartenenti al fondo, limitata; cosa per cui si rende necessario rendere nota al
pubblico tale loro appartenenza e conseguente limitazione (oltre che nei modi di cui
allultimo comma, per quel che riguarda i titoli) con adeguate trascrizioni nei registri
immobiliari trascrizioni che sono ovviamente possibili solo per i beni, mobili e
immobili, indicati nella norma.
Doc. Dunque, dal primo comma, risulta, che, chi costituisce il fondo sia esso un
terzo, un singolo coniuge o siano entrambi i coniugi potrebbe riservare a se stesso
la propriet dei beni, che lo costituiscono, o addirittura attribuirla a un altro terzo. In
un tal caso, evidentemente, tali beni, non sarebbero dati da dei diritti di propriet,
ma da dei diritti di usufrutto. Ci che, peraltro, non verrebbe a nuocere alla
funzionalit dellistituto: infatti, per il secondo comma, solo i frutti di tali beni
possono essere impiegati per i bisogni della famiglia (non il ricavato della loro
vendita e anche quando questa eccezionalmente avviene, da ritenere, che il suo
ricavato non possa essere speso per la soddisfazione dei bisogni, ma solo messo a
frutto). Naturalmente per il termine frutto va inteso in senso lato e quindi riferito,
non solo ai frutti naturali, ma anche a quelli civili e allo stesso semplice godimento
dei beni (caso dellappartamento destinato ad abitazione della famiglia).
Disc. Che cosa significa, che lamministrazione dei beni regolata dalle norme
relative allamministrazione della comunione legale?
Doc. Significa, che, anche allamministrazione del fondo, si applicheranno gli artt.
180 e seguenti: gli atti di straordinaria amministrazione dovranno essere compiuti
congiuntamente dai coniugi, un coniuge potr chiedere lesclusione dellaltro
dallamministrazione e cos via.
Disc. Ma, chi costituisce il fondo, pu riservare a uno solo dei coniugi la sua
amministrazione?
Doc. Quindi, il fondo patrimoniale e la comunione dei beni, pur accomunati dalle
norme che regolano la loro amministrazione, presentano uninteressante diversit, per
quel che riguarda la disponibilit dei beni, quando essa consiste nella alienazione
della propriet o nella costituzione di un diritto reale, e vi sono dei figli: in tale
ipotesi, nel caso del fondo, occorre lautorizzazione del giudice, nel caso della
comunione, invece, basta il consenso di entrambi i coniugi anche se, bada, anche
nel regime della comunione i beni sono destinati, oltre che ai bisogni della famiglia in
genere, a quelli della istruzione ed educazione dei figli (vedi lettera c. art. 186).
E una diversit che, dotata di una certa logica quando a costituire il fondo un terzo
o anche il singolo coniuge, ne manca mi pare totalmente quando sono entrambi i
coniugi.
Una incongruenza, forse pi importante, della norma, che essa pone limiti alla
disponibilit dei beni da parte di chi, peraltro, ha, come i coniugi hanno, piena libert
nellassumere obbligazioni a carico di tali beni e, quindi, potrebbe, tanto gravarli di
debiti, da comportarne la dissoluzione: assurdo, voglio dire, che Caio e Caia non
possano alienare il fondo A che vale 100, e possano per contrarre unobbligazione
per duecento che, posta in esecuzione dal creditore, determiner la vendita del bene
A.
Tale incongruenza, non esisteva nella normativa relativa al patrimonio familiare,
listituto, con funzioni analoghe a quelle del fondo, esistente nel nostro codice prima
della riforma del 975: infatti la disciplina del patrimonio non permetteva
lesecuzione sui beni (come invece, vedremo subito, fa larticolo 170), ma solo sui
frutti.
Disc. Pertanto passo subito alla lettura di questo articolo, che recita:
Lesecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non pu aver luogo per debiti che
il creditore conosceva essere essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della
famiglia.
Doc. Gi si detto sulla (anomala) possibilit dei creditori di esecutare, non solo i
frutti, ma anche i beni.
Interessante che la normativa sul fondo non faccia quella distinzione tra creditori
particolari e no, che fanno gli articoli 189 e 190 sulla comunione: i creditori
particolari di un coniuge non potranno mai aggredire i beni del fondo, anche quando i
beni di questo siano stati dati dal coniuge-debitore. Al contrario i creditori del fondo
potranno sempre aggredire i patrimoni personali dei coniugi.
Disc. Su chi peser lonere di provare che il creditore sapeva che il debito era stato
contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia?
Doc. Balza subito agli occhi come le cause di estinzione del fondo siano molto meno
numerose delle cause di scioglimento della comunione; in particolare, il legislatore
non ha ritenuto di annoverare tra le cause di estinzione, la separazione e il
divorzio (nonostante che, in entrambi i casi, il presumibile attrito tra i coniugi,
possa rendere per loro difficile una cogestione del fondo): la cosa, accettabile in
definitiva quando ci sono dei figli (ai cui bisogni giusto comunque provvedere con i
frutti del fondo), diventa discutibile quando il fondo funzionale solo alla
soddisfazione delle esigenze dei coniugi. Vero che si ammette, direi pacificamente,
che il fondo possa essere estinto per concorde volont di chi lo ha costituito, per cui,
se fosse stato costituito dai coniugi, nulla a loro impedirebbe di estinguerlo.
Anche la disposizione che consente al giudice di attribuire ai figli in godimento o in
propriet una quota dei beni del fondo (ma, sembra di capire, solo ad estinzione
avvenuta del fondo), accettabile quando il fondo stato costituito da un terzo, diventa
discutibile quando stato costituito da uno o entrambi i coniugi.
Doc. Ti sei mai domandato perch ogni specie di animali protegge i nati della propria
e non di altra specie animale: cio le scimmie adulte proteggono le scimmie neonate,
i cerbiatti adulti proteggono i cerbiatti neonati e non, ad esempio, i leoni o le pantere
neonate?
Doc. Notare questo importante, perch anche la specie umana come le altre specie
animali ha in s listinto di perpetuarsi attraverso altri esseri che hanno le proprie
caratteristiche (idest, le caratteristiche umane); di pi, ogni etnia, cio ogni gruppo
formato da uomini aventi caratteristiche fisiche e psicologiche comuni, tende a
perpetuarsi nel tempo attraverso uomini che abbiano le caratteristiche degli altri
membri delletnia.
Ora tale istinto, tale esigenza comporta che qualcuno si prenda cura dei membri
delletnia quando, ancora troppo piccoli, sono da soli incapaci di procurarsi il cibo, le
vesti, necessari per sopravvivere, listruzione necessaria per guadagnarsi il pane da
adulti e, a sua volta, ci comporta, che il Legislatore dica chi deve essere questo
qualcuno (a cui va fatto carico dellobbligo di allevare, proteggere, istruire i nuovi
nati).
Secondo te, chi dovrebbe essere?
Doc. Senza dubbio cos, e anche la nostra Costituzione dimostra cos di pensarla
scrivendo nellultimo comma dellarticolo 31 la solenne affermazione: (La
Repubblica) protegge la maternit, linfanzia e la giovent, favorendo gli istituti
necessari a tale scopo.
Per il fatto che uno Stato si preoccupi di proteggere linfanzia e la giovent, non
significa che egli ritenga opportuno provvedere direttamente con suoi funzionari e
impiegati ai bisogni dellinfanzia e della giovent. Certo si potrebbe anche
immaginare questo: e cio che, appena nato, il piccolo cittadino venga affidato alle
cure di funzionari e impiegati dello Stato che, prima lo svezzano, poi lo educano e
istruiscono facendo di lui un membro utile alla Comunit. Ma si pu anche pensare a
un sistema alternativo: il bimbo appena nato viene affidato a un privato o a dei privati
a che provvedano ai suoi bisogni. Tu per quale dei due sistemi opteresti?
Disc. Effettivamente debbo riconoscere che mentre nei casi di procreazione voluta
da una donna, che ha accettato di ingravidarsi e di dare il suo ovulo, e da un uomo
che ha accettato di dare il suo seme, il criterio da me proposto (provvedano al
neonato le persone che lhanno voluto, cio i genitori biologici) si dimostra congruo
nei casi da te ora proposti si rivela del tutto incongruo: Salvatore, Filomena I,
Filomena II agiscono per mercede, nessun affetto portano verso il neonato, sarebbe di
certo una cattiva scelta affidare a loro il compito di allevarlo. Ma se cos, come
risolvere il problema? che dice la Costituzione?
Doc. La Costituzione fu scritta nel 48 quando i problemi, di cui stiamo parlando, non
sussistevano perch le tecniche di ingegneria genetica non avevano ancora avuto lo
sviluppo attuale. Quindi naturale che al Legislatore costituente sembrasse di aver
risolta ogni questione, stabilendo, in primo luogo, che, non lo Stato, ma i genitori,
con tutta evidenza e semplicit identificati nelluomo che aveva dato il seme e nella
donna che aveva dato lovulo, dovevano provvedere ai figli (comma I art.30 E
dovere e diritto dei genitori mantenere,istruire ed educare i figli, anche se nati fuori
del matrimonio), e, in secondo luogo, che lintervento dello Stato fosse solo
sussidiario (comma II sempre dellart. 30 Nei casi di incapacit dei genitori la legge
provvede a che siano assolti i loro compiti).
Disc. Per il problema, che la Costituzione non poteva avvertire, ora c ed bene
avvertito: quindi una soluzione bisogna dargliela.
Doc. Certamente, s. Ed io riterrei che la soluzione dovrebbe essere diversa caso per
caso.
Disc. D almeno la soluzione che riterresti pi giusta nei casi sopra esemplificati.
Doc. Nel caso esemplificato per primo (fecondazione eterologa di donna coniugata),
io riterrei che lobbligo di allevare il neonato dovrebbe ricadere sul signor Beppe, il
marito; a cui pertanto dovrebbe essere attribuita la qualifica di genitore (genitore
giuridico mentre genitore biologico sarebbe il donatore del seme, Salvatore). Con
ci verrebbe adottata la stessa soluzione che, come vedremo poi meglio, si avrebbe se
Filomena (la moglie di Beppe), per procreare il figlio, fosse andata a letto con
Salvatore. Nessun dubbio, infatti, che in tal caso il neonato sarebbe considerato figlio
di Beppe, a meno che questi ne domandasse e ne ottenesse il disconoscimento.
Doc. Problema che andrebbe risolto nello stesso modo in cui si risolve lanalogo
problema che si presenterebbe se il marito, dopo aver consentito alladulterio della
moglie finalizzato alla procreazione di un figlio, volesse poi questo disconoscere.
Doc. Certamente in questo caso Beppe non si potrebbe considerare in nessun modo
genitore (giuridico) del neonato; per le stesse ragioni che Filomena I (la moglie) non
potrebbe considerarsi genitrice del neonato procreato da Beppe versando il suo seme
nel ventre di Filomena II.
Disc. Fino a qui non abbiamo fatto altro che risolvere il problema dellindividuazione
dei privati a cui va attribuito il diritto/ dovere di accudire al neonato: essi sono i
genitori biologici salvo alcuni casi, da considerarsi eccezionali, che si verificano in
ipotesi di maternit surrogata e fecondazione artificiale (casi in cui il genitore
giuridico, cio la persona a cui attribuito il diritto/ dovere di allevare il nuovo nato,
pu essere diversa dal genitore biologico). Per un secondo problema si presenta al
Legislatore (e, di riflesso, a noi): i genitoridi Beppino (alias, coloro che debbono
accudire allallevamento di Beppino) sono obbligati ad offrire a lui quanto basta per
tenerlo in buona salute e per procurargli unistruzione che gli permetta da adulto di
procacciarsi pane e companatico oppure debbono dargli un tenore di vita superiore, se
beninteso, le loro ricchezze (superiori alla media) permettono di dare loro un tale
tenore di vita (superiore alla media)? In altre parole il signor Agnelli pu dire di aver
adempiuto al suo dovere di genitore semplicemente dando al figlio lo stesso tenore di
vita che ha il figlio del suo autista o deve dargli il tenore di vita che permettono le
sostanze della famiglia Agnelli? Tu che soluzione daresti a questo problema?
Disc. Io partirei dalla considerazione che, per la nostra Costituzione (art. 3) tutti i
cittadini hanno pari dignit sociale e sono eguali davanti alla legge senza
distinzione....di condizioni personali e sociali.
Doc. Quindi?
Disc.Quindi riterrei che il signor Agnelli ha solo lobbligo di far frequentare a suo
figlio le stesse scuole che frequenta il figlio del suo autista. Il legislatore entrerebbe in
contraddizione con la Costituzione se procurasse - sia pure indirettamente cio
facendone obbligo al suo genitore - al figlio di Agnelli un tenore di vita in pi, e
soprattutto una chance in pi di emergere nella societ, di quelli di cui gode il figlio
dellautista di Agnelli.
Doc. E non posso negare che questa soluzione ha senza dubbio della logica. Per
cozza contro un fatto.
Disc. Quale?
Doc. Il fatto che - come ogni etnia sente lesigenza di perpetuare se stessa facendo in
modo che i nuovi nati, diventati adulti, siano in grado di difenderla e di generare altri
esseri con le caratteristiche fisiche e psicologiche dei membri delletnia - cos ogni
gruppo familiare (almeno di un certo livello) sente lesigenza di far s che i suoi nuovi
nati si assicurino nella societ quella preminenza, che permetter loro la migliore
difesa del gruppo familiare stesso (e quindi la conservazione nel tempo delle
caratteristiche soprattutto psicologiche, che si manifestano in quel particolare stile di
vita, in quella particolare weltanschauung, che propria dei membri del gruppo
familiare stesso). Ed proprio la soddisfazione di tale esigenza che impone al signor
Agnelli lobbligo di allevare i propri figli col tenore di vita della famiglia Agnelli,
soprattutto di dar loro quellistruzione che permetter loro di collocarsi ai vertici della
societ (come avvocati, come medici, come ingegneri...) e pertanto nella situazione
migliore per difendere la famiglia.
Doc. Certamente: linteresse della Societ non che i figli stupidoni e scansafatiche
di Paperon dei Paperoni abbiano pi chances nella vita che i figli intelligenti e
laboriosi di Bacciccia: linteresse della societ solo che i pi dotati dei neonati
abbiano pi chances di arrivare ai vertici della societ che i meno dotati.
Disc. Ma come la Societ (letnia) ha linteresse, come ora hai detto, di concentrare e,
per cos dire, investire le sue potenzialit economiche soprattutto in quei suoi giovani
membri che, pi dotati, danno anche pi garanzia di saperla, una volta diventati
adulti, meglio tutelare (idest, di saper meglio conservare nel tempo le migliori
caratteristiche sia fisiche sia soprattutto psicologiche dei suoi membri), anche la
famiglia ha lesigenza di concentrare le sue potenzialit economiche per valorizzare
al massimo quei suoi membri che danno pi garanzie, una volta diventati adulti, di
tutelare e continuare nel tempo le caratteristiche sia fisiche sia soprattutto
psicologiche dei suoi membri: il loro stile di vita, la loro weltanschauung. Cosa per
cui, se Paperon dei Paperoni ha avuto due figli, luno da Maria Cristina, da lui scelta
come legittima consorte in ragione delle sue preclare virt e facendo conto che queste
vengano poi trasmesse ai figli, laltro dalla Rosina, da lui scelta unicamente per le sue
belle forme, linteresse della famiglia chiaramente che il trattamento migliore (le
scuole migliori, le migliori chances di entrare nella buona societ....) sia dato al figlio,
presumibilmente pi dotato, di Cristina, la moglie legittima, e che al figlio,
presumibilmente meno dotato, della Rosina siano riservate solo le briciole.
Doc. Quindi, se ho ben capito, tu riterresti che - dal momento che il legislatore
dimostra di voler tutelare linteresse della famiglia (imponendo ai genitori di fare un
trattamento ai figli in proporzione delle sostanze famigliari) Egli anche imponga ad
Ariberto di dare ad Arturo, da lui concepito con una donna scelta come moglie perch
in possesso di quelle doti di carattere capaci di assicurargli una figliolanza ispirata
alle sue stesse idealit, un trattamento diverso e migliore di quello dato a Marietto da
lui concepito con una donna scelta solo per il piacere.
No, non cos: la nostra legge parifica, praticamente al cento per cento, il trattamento
che Ariberto deve ad Arturo a quello che deve dare a Marietto.
Disc. E perch questo?
Doc. Perch - cos si dice e si sostiene - che cosa ne pu il povero Marietto se non
stato concepito nel grembo della legittima consorte di Ariberto?
Disc. Non mi pare questo un modo di ragionare molto profondo; perch allora si
potrebbe dire: Che cosa ne pu Marietto se stato procreato dallautista di Paperon
dei Paperoni e non da Paperon dei Paperoni? e seguendo tale logica si dovrebbe
riservare a Marietto lo stesso trattamento riservato al figlio di Paperon dei Paperoni.
Doc. E infatti non vi molta logica nei ragionamenti di chi ritiene giusto parificare
il trattamento dei figli nati nel matrimonio a quelli nati fuori del matrimonio. Vi sola
la subdola volont di realizzare il grande ideale: quello di una umanit ridotta a un
grande formicaio. Ideale con cui in effetti poco si concilierebbe la privilegiata tutela
dei figli nati nel matrimonio. dato che tale privilegiata tutela in fondo mira alla
salvaguardia della parte migliore dellumanit.
Doc. Non per nulla facile; ma molto facilitata nellipotesi in cui Mariolino sia
nato o concepito nel matrimonio, rispetto allipotesi in cui egli sia nato fuori del
matrimonio.
Doc. Va bene, e comincer a dirti come in questa prima ipotesi il Legislatore giunge
allindividuazione di quel genitore, la cui individuazione intuitivamente la pi
difficile, il padre. Ebbene a tanto il Legislatore giunge costruendo due presunzioni,
che sono, poi, le presunzioni fondamentali in subiecta materia, la presunzione di
paternit e la presunzione di concepimento durante il matrimonio.
La presunzione di paternit enunciata dallarticolo 231, che recita: Il marito
padre del figlio concepito o nato durante il matrimonio.
La presunzione di concepimento durante il matrimonio enunciata dallarticolo 232,
che recita: Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando non
sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dellannullamento, dello scioglimento
o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.- La presunzione non opera
decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla
omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei
coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere
separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma
precedente.
Disc. Una prima domanda: perch il legislatore prende trecento giorni come limite
massimo per ritenere avvenuto il concepimento durante il matrimonio (facendoli
decorrere dallannullamento del matrimonio, dalla pronuncia di separazione ecc.)?
Doc. Perch massima di esperienza che molto improbabile che un bambino nasca
trecento giorni dopo il concepimento (o prima di 180 giorni da questo).
Doc. Lo potr, s, ma solo ai fini di essere dichiarato figlio (di Marieto) nato fuori del
matrimonio; e nei limiti in cui tale dichiarazione ammessa (limiti che vedremo
parlando della azione di dichiarazione della paternit e della maternit). E, mutatis
mutandis, lo stesso pu ripetersi per i genitori: Marieto potr certamente riconoscere
come suo il figlio da lui concepito con la moglie dopo la separazione, ma incontrando
gli stessi limiti che un qualsiasi terzo incontrerebbe qualora volesse riconoscere un
figlio nato fuori del matrimonio (in primis, la necessit dellassenso del figlio o del
consenso della moglie, vedi melius larticolo 250).
Doc. Se tu ti limiti a leggere gli articoli 231 e 232, devi concludere che Mariolino va
considerato nato durante il matrimonio, se nato nel periodo intercorrente dalla data
della celebrazione del matrimonio a quella del suo scioglimento (annullamento...).
Per questa sarebbe una conclusione assurda perch renderebbe assurda la
presunzione di cui allarticolo 231 (che vuole il marito padre del figlio concepito o
nato durante il matrimonio): ma come, Marietto (il marito della madre) deve
presumersi padre di Mariolino anche se questi nato dieci anni dopo che Marietto e
Mariuccia si sono separati e hanno formate due nuove famiglie (sia pure di solo
fatto)?! Assurdo! E pi logico pensare (in caso che sia intervenuta una pronuncia di
separazione ecc.) che Marietto sia considerato nato nel matrimonio solo se nato nel
periodo intercorrente tra la data della celebrazione del matrimonio e la data in cui
stata pronunciata la separazione (.).
Noi non dobbiamo mai dimenticare che le presunzioni costruite dal Legislatore per
individuare il padre del neonato, sono, s, presunzioni fragili, specie in tempi di
lassismo nei costumi sessuali, per debbono pur sempre avere una base razionale.
Ora la massima di esperienza che d base di razionalit alla presunzione che il figlio
nato durante il matrimoniosia figlio del marito della madre, (salvo quanto
osserveremo per il caso del figlio concepito prima della celebrazione del matrimonio,
ma nato dopo di questa) che la maggior parte delle donne osservi lobbligo di fedelt
assunto con il matrimonio. Quindi tale presunzione cessa di essere valida una volta
che viene meno tale obbligo di fedelt, il che si verifica al momento della pronuncia
di separazione come del resto riconosce implicitamente il Legislatore nel secondo
comma dellarticolo 232 gi riportato.
Disc. Ma allora non dovresti neanche ritenere valida tale presunzione (che il figlio sia
stato concepito dal marito della madre) nel caso che Mariolino nasca prima che siano
passati 180 giorni dalla celebrazione del matrimonio, dato che allora evidentemente
(in base alla massima desperienza che abbiamo gi avuto occasione di indicare)
sarebbe stato concepito prima della celebrazione del matrimonio, quando pertanto la
madre, Mariuccia, non era ancora legata da un vincolo di fedelt verso Marietto.
Doc. Verissimo. E infatti in tal caso, la presunzione che Mariolino sia stato concepito
da Marietto, non si basa sulla massima desperienza che vuole le donne osservanti
dellobbligo di fedelt (obbligo che, nel caso, come tu giustamente osservi, non
esisterebbe), ma sulla massima desperienza, basta sulla mentalit ancor oggi vigente,
che ben difficilmente un uomo accetterebbe di sposare una donna, resa gravida da un
terzo proprio pochi mesi prima che egli la sposi.
Disc. Per tirare una prima conclusione, mi pare che si possa dire che il Legislatore per
ritenere Mariolino figlio di Marietto e Mariuccia pretende la prova dei seguenti
elementi: 1) che Mariolino stato partorito da Mariuccia; 2) che Mariuccia era
legalmente coniugata con Marietto; 3) che Mariolino nato dopo la celebrazione del
matrimonio; 4) che Mairolino non nato dopo che erano passati trecento giorni dallo
scioglimento del matrimonio (o dallannullamento del matrimonio...o dalla pronuncia
di separazione, eccetera).
Mi pare anche di poter dire che la pietra angolare di tutto questo edificio probatorio
la prova che Mariuccia sia la donna che ha partorito Mariolino.
Doc. Sostanzialmente quel che tu dici vero (salvo quanto diremo sullefficacia
probatoria dellatto di nascita e del possesso di stato, la cui esistenza viene a
semplificare le prove che tu hai elencato). Sopratutto vero che pietra angolare
delledificio probatorio, come tu lhai chiamato, la prova che Mariuccia sia
effettivamente la madre di Mariolino.
Doc. Per nulla. Nei paesi e nelle piccole citt, dove tutti si conoscono, quando una
donna diventa gravida tutti lo notano e quando questa donna si sgrava e
contestualmente viene alla vita un bambino, tutti facilmente giungono alla
conclusione che il bambino figlio di tale donna. Insomma il fatto che Mariuccia
abbia partorito, pi che provato, diventa notorio: un fatto che difficilmente Mariolina
pu nascondere. Per questo gli antichi romani dicevano che Mater semper certa est.
Nelle metropoli moderne, poi, in cui c luso di partorire in cliniche e ospedali,
laccertamento della maternit ancora pi facile. Infatti la struttura sanitaria
pretende, al momento in cui la donna entra per partorire, le sue generalit e, al
momento in cui partorisce, lassistente di sala, compila un verbale di avvenuto parto,
che viene poi, a cura di solito della stessa struttura sanitaria, fatto pervenire
allufficiale dello stato civile.
Doc. La puerpera normalmente dichiarer (vero o falso che sia) che il neonato figlio
di suo marito. Per potrebbe indicare come padre anche un terzo o dire che non vuole
indicare il padre o dire addirittura che essa stessa non vuole risultare come madre.
Disc. Ma, non indicando il marito come padre del figlio da lei partorito, Mariuccia
non viene a privare Mariolino dello status, che gli spetterebbe, di figlio nato nel
matrimonio? non viene a commettere il delitto di alterazione di stato (art. 567 C.P.)?
Doc. No, se effettivamente il neonato non stato concepito dal marito. Non si pu
mica costringere la puerpera a dichiarare quello che non !
Doc. Chiaramente non le si potr dare nessun valore. Per cui si pu dire che, fino a
quando latto di nascita non formato, basta la dichiarazione della madre per
escludere la paternit del marito e con ci stesso per dare spazio al riconoscimento,
che potrebbe fare Pinco Pallino, di Mariolino come proprio figlio.. Questo per,
ripeto, fino a che latto di nascita non formato: una volta che sar formato la
dichiarazione di Mariuccia non baster pi a escludere la paternit del marito (vedi
u.c. art. 243bis).
Disc. Ma latto di nascita una prova attendibile?
Doc. La legge previdente: per il tal caso stabilisce che la prova della filiazione sia
data dal c.d. possesso di stato, la cui nozione ti data dallart. 237; tutto questo
risulta dallart. 236, che recita: La filiazione si prova con latto di nascita iscritto nei
registri dello stato civile. - Basta, in mancanza di questo titolo, il possesso continuo
dello stato di figlio.
Doc. S, ma a condizione che esso (idest, latto di nascita) non sia conforme al
possesso continuo di stato: Marieto, non solo indicato nellatto di nascita come
padre di Mariolino, ma ha allevato gi da pi mesi questo trattandolo come un figlio:
in tale situazione non sarebbe ammissibile, in via di principio, una prova in contrasto
con latto di nascita; questo per il disposto dellart. 238, che (sotto la rubrica
Irreclamabilit di uno stato di figlio contrario a quello attribuito dallatto di nascita)
recita: Salvo quanto disposto dagli articoli 128, 234, 239, 240 e 244, nessuno pu
reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono latto di nascita di figlio e
il possesso di stato conforme allatto stesso. Tutto questo in via di principio, perch
poi, in realt, a tale principio il legislatore apporta tali e tante eccezioni da far ritenere
che la prova contro latto di nascita sia sempre ammessa, salvo casi eccezionali.
Disc. A che si riferiscono gli articoli che vengono indicati, dalla norma sopra citata,
come eccezioni al principio della irreclamabilit contro un atto di nascita conforme al
possesso di stato?
Disc. Qualche parola su tali azioni, al meno sulle principali. Comincia dallazione di
reclamo.
Doc. Evidentemente per evitare che a una persona vengano attribuiti due status
diversi, ad esempio due padri diversi.
Disc. Quindi, chi vuole reclamare uno status diverso, deve, prima di instaurare
lazione di reclamo, promuovere unazione per rimuovere il precedente status.
Doc. Di regola dovrebbe essere cos; e che tale sia la regola risulta dallultimo
comma dellarticolo 239, che recita: Lzione pu essere esercitata per reclamare un
diverso stato di figlio quando il precedente stato comunque rimosso.
E ci comporta, ad esempio, che Mariolino, nato e/o concepito nel matrimonio di
Marietto con Mariuccia e quindi indicato nellatto di nascita come figlio di Marietto,
non pu chiedere di essere dichiarato figlio (nato fuori del matrimonio) di Casanova,
se prima non ha ottenuto, esperendo lazione di disconoscimento che poi vedremo,
che venga esclusa la paternit di Marietto.
Per, ripeto, quella espressa dal quarto comma dellarticolo 236 solo una regola che
trova le sue eccezioni nei commi precedenti.
Disc. Leggiamoli allora questi tre commi che fanno eccezione al quarto.
Disc. Facile comprendere perch, nel caso del secondo comma (iscrizione di
Mariolino come figlio di ignoti), il legislatore non pretenda che prima dellazione di
reclamo sia rimosso lo status di figlio di ignoti: infatti in tale caso il pericolo che
venga attribuita una doppia paternit e/ o una doppia maternit non esiste.
Per: nel caso, previsto dal primo comma, di sostituzione di neonato (una infermiera
distratta ha consegnato Mariolino,figlio di Marietto e di Mariuccia, non a questa, ma
a Elena, e ha consegnato Beppino, figlio di Giuseppe e di Elena, non a questa ma a
Mariuccia); nel caso (previsto sempre dal primo comma) di supposizione di parto
(Mariolino stato indicato nellatto di nascita come partorito da Mariuccia coniugata
con Marieto, mentre Mariuccia in realt non ha avuto nessun parto - metti, ha abortito
e, per non deludere il marito, ha comprato, da unaltra puerpera, Mariolino); nei casi
(previsti dal terzo comma), di chi stato riconosciuto come figlio nato fuori dal
matrimonio, ancorch, in base alle presunzioni di cui agli articoli 231 e 232, avesse
diritto allo stato di figlio nato nel matrimonio (Mariuccia, la madre, prima che latto
di nascita fosse formato, ha indicato Mariolino come figlio di ignoti, per far dispetto
al marito) e di chi stato iscritto, s, come nato nel matrimonio. ma come figlio di
genitori sbagliati (Mariolino doveva essere indicato come figlio di Mariuccia,
coniugata con Marieto, e invece stato indicato come figlio di Elena, coniugata con
Giuseppe), ebbene, in tutti questi casi, perch non costringere Mariolino a rimuovere
con autonoma azione il falso status, prima di reclamare lo status che realmente gli
spetterebbe?
Doc. Io direi, per economicit di giudizio: infatti la prova che porterebbe alla
rimozione del precedente status, porta anche quasi inevitabilmente allattribuzione
dello status reclamato.
Disc. Mi pare giusto; cos come mi sembrerebbe giusto che il reclamo fosse ammesso
anche in altri casi non previsti dallarticolo 239, ad esempio nel caso di Mariolino,
che sia stato riconosciuto (in violazione dellart. 253) da Casanova ancorch godesse
gi dello status di figlio nato nel matrimonio, e di Mariolino, che stato riconosciuto
(sempre in spregio allart. 253) da Casanova II, ancorch gi fosse stato riconosciuto
da Casanova I.
Doc. Perch anche qui baster o che Mariolino impugni uno dei due riconoscimenti
per difetto di veridicit (se, di tale difetto di veridicit, ha la prova) oppure sic et
simpliciter contesti lo status attribuitogli dal secondo riconoscimento (in quanto fatto
in spregio allart. 253).
Disc. Parliamo ora delle azioni di disconoscimento e di contestazione di cui
rispettivamente allart. 244 e allart. 240.
Doc. Tali azioni mirano a rimuovere lo status di figlio che una persona ha nei riguardi
della donna indicata (dallatto di nascita o dal possesso di stato) come sua madre e / o
nei riguardi del di lei marito.
Esempi, Mariolino agisce affermando che vi stata una sostituzione di neonato, per
cui lindicazione (nellatto di nascita) come suoi genitori di Elena e Giuseppe va
rimossa. Mariolino agisce affermando che Marieto, il marito di sua madre, non
poteva essere suo padre perch, nel periodo compreso fra il trecentesimo e il
centottantesimo giorno prima della nascita, era affetto da impotenza e chiede la
rimozione del suo status di figlio di Marieto. Marieto e con questo mi fermo negli
esempi che potrebbero essere moltissimi afferma che Mariolino non figlio suo ma
di Casanova, con cui la moglie ha commesso adulterio e, naturalmente, chiede la
rimozione dellindicazione di Mariolino come suo figlio.
Doc. No, solo per il figlio lazione imprescrittibile (vedi art 244, quinto comma),
mentre soggetta a termini brevissimi di decadenza per i genitori (vedi sempre
larticolo 244 nei commi 1, 2, 3, 4). Questo perch il legislatore non vuole lasciare
pendere, come una spada di Damocle, la possibilit di un esperimento di tale azione
sui rapporti tra i genitori: o voi Marieto e Mariuccia esercitate lazione, scendendo in
campo lun contro laltro armati, oppure mettetici una pietra sopra: lincertezza non
farebbe altro che avvelenare la vita vostra e della vostra famiglia.
Doc. E invece no, l azione di contestazione sicuramente esclusa nel caso abbia ad
oggetto la nullit del matrimonio; come si argomenta a contrario dal fatto che il
legislatore sente il bisogno di richiamare, nellarticolo 238, oltre allarticolo 240 (che
quello che prevede appunto lazione di contestazione), anche larticolo 128, che ha
per oggetto la contestazione dello status di figlio, proprio basandosi sulla nullit del
matrimonio incestuoso: ora, se oggetto dellazione di contestazione prevista
dallarticolo 240, potesse essere la nullit del matrimonio, tale richiamo fatto,
dallarticolo 238, allarticolo 128 sarebbe ultroneo. Del resto, la validit della
presunzione di concepimento di Mariolino a opera di Marieto, legato da un
matrimonio, sia pure nullo, a Mariuccia, la partoriente, non verrebbe inficiata dalla
nullit del matrimonio: quel che importa infatti, per dare fondatezza a tale
presunzione, che Mariuccia ritenesse tale matrimonio valido o comunque volesse
comportarsi di fronte alla gente come se lo ritenesse valido, quindi osservando
lobbligo di fedelt.
Doc. In primo luogo, il figlio, in tutti i casi in cui, come abbiamo visto, legittimato
allazione di reclamo (dato che egli ben potrebbe voler agire in contestazione prima
di esperire lazione di reclamo)
Doc. I casi della vita sono tanti, che diventa azzardato racchiudere in una formuletta
lindicazione di tutti quelli, che sono legittimati a tale azione. Comunque, secondo
me, tali dovrebbero considerarsi, per richiamare esempi gi fatti, Marieto, il marito di
Mariuccia, la quale, partorito Mariolino, per fare dispetto allodiato consorte, lo ha
denunciato come figlio di ignoti; e Mariolino, che stato riconosciuto come figlio
(nato fuori dal matrimonio) da Casanova, nonostante che gi godesse dello status di
figlio nato nel matrimonio. Debbo per aggiungere, che riterrei molto ragionevole
unopinione contraria alla mia, dato che questa opinione avrebbe il conforto della
lettera dellarticolo 240.
Doc. Larticolo 240 recita cos: Lo stato di figlio pu essere contestato nei casi di
cui al primo e secondo comma dellarticolo 239.
Ora, se il legislatore avesse voluto attribuire allarticolo 240 solo la funzione di
ammettere lazione di contestazione nei casi di cui allarticolo 239, dovremmo
pensare che avrebbe fatta cosa assurda, perch nessuno avrebbe potuto mai dubitare
che in tali casi laizone fosse esercitabile. Quindi, siccome, come diceva il buon
Farinaccio, absurda sun vitanda, sembrerebbe doversi concludere che il legislatore ha
attribuito allart. 240 proprio la funzione di limitare lazione di contestazione solo ai
casi previsti dallarticolo 239.
Disc. Parliamo allora dei casi, previsti nellart. 239, in cui sicuramente lazione di
contestazione ammissibile. Anche qui le cose per non mi sembrano chiare.
Larticolo 240 infatti sembra ammettere lazione solo nei casi di cui al primo e
secondo comma dellarticolo 239. Ora giusto ammettere Mariolino a contestare di
essere figlio di ignoti (comma 2 art. 239), giusto ammetterlo a contestare di essere
figlio di Mariuccia (caso di supposizione di parto) o dei coniugi Elena-Giuseppe
(caso di sostituzione di neonato); ma perch non ammetterlo a contestare anche di
essere figlio di Casanova, che contro il vero lha riconosciuto (primo caso previsto
nel terzo comma) e non ammetterlo a contestare di essere figlio nato nel matrimonio
di Elena-Giuseppe (secondo caso previsto nel terzo comma art. 239)?
Doc. No, perch, come abbiamo visto, essa destinata a quei casi in cui la rimozione
dello status implica laccertamento di un fatto lesivo dellonore dei genitori e in
specie della madre. Ora, nel caso, la rimozione dello status non implica nessun
accertamento di tal fatta: il caso di chi fu iscritto in conformit di altra presunzione
di paternit analogo a quello della sostituzione di neonato; lunica diversit
che, in questo, la vera madre perde, mi si perdoni la parola, il possesso del figlio,
mentre, in quello, lo conserva, e se il figlio viene attribuito, nei registri dello stato
civile ad unaltra donna, , molto probabilmente, solo per un errore della burocrazia.
Disc. Lasciamo che il busillis sia risolto da qualcuno pi bravo di noi e voltiamo
pagina. Abbiamo visto con che criteri il Legislatore individua i genitori nel caso di
nascita dentro il matrimonio. Vediamo ora con che criteri li individua nel caso di
nascita fuori del matrimonio.
Doc. Il criterio pi semplice, direi ovvio, con cui il legislatore opera tale
individuazione, si basa sul fatto in s e per s che una data persona, chiamiamola
Casanova, ha riconosciuto il figlio; e non si pu certo dire che tale criterio manchi di
fondamento: e infatti come si pu pensare che una persona si gravi di tutti gli
obblighi connessi al riconoscimento (lobbligo di provvedere allalimentazione,
allistruzione ecc.ecc.) di unaltra persona, se questa non fosse veramente suo figlio?
Disc. Questa tua deduzione logica per la maggior parte dei casi, ma non per tutti.
Infatti ci possono essere dei casi in cui il riconoscimento pu essere spiegato con
motivi di interessi (Casanova povero in canna riconosce Mariolino dotato di un
patrimonio miliardario, perch fa conto di giovarsi delle sue ricchezze) o con la
semplice esigenza sentimentale di godere dellaffetto e della compagnia di una
persona (Casanova non pu adottare Mariolino e quindi lo riconosce come figlio:
tanto semplice eludere la legge sulladozione, perch non farlo?).
Doc. Effettivamente cos, ci possono essere dei casi in cui una persona riconosce
come figlio unaltra pur sapendo che questa suo figlio non . E a prescindere da tali
casi ve ne sono altri in cui una persona indotta al riconoscimento da un semplice
errore (Casanova ha riconosciuto come suo figlio Mariolino, ma dopo il
riconoscimento viene a sapere di essere impotente: evidentemente egli ha compiuto
un riconoscimento dovuto ad errore). In altri casi ancora, il riconoscimento non si pu
dire che sia dovuto ad errore, ma se ne pu ben dubitare, dato che dovuto a violenza
(art. 265) o fatto da una persona interdetta perch incapace di intendere e di volere
(art. 266).
Doc. No. Ma colui che stato riconosciuto e chiunque vi abbia interesse (pensa ai
figli e alla moglie di chi ha effettuato il riconoscimento), pu invece impugnare il
riconoscimento per difetto di veridicit (art. 263). Ma, bada, solo per difetto di
veridicit. Quindi limpugnazione non potrebbe, ad esempio, essere motivata: col
fatto che il riconoscimento non aveva la forma voluta dallarticolo 254, col fatto che
stato effettuato da chi non aveva raggiunta una certa et (art.250 u.c.), col fatto che
era mancato lassenso del riconosciuto che aveva compiuto i quattordici anni
(assenso necessario, per lart. 250 co.2), col fatto che era mancato il consenso
dellaltro genitore che avesse gi effettuato il riconoscimento (co. 3 sempre dellart.
250) e neanche col fatto, direi, sebbene debba ammettere che qui la cosa veramente
discutibile, che il riconoscimento contrasti con lo stato di figlio in cui il riconosciuto
gi si trovava (v. art. 253).
Disc. Tu prima hai detto che il figlio, nato fuori dal matrimonio, pu rifiutare il suo
assenso al riconoscimento, dire S, Casanova veramente mio padre, ma io come
padre non lo voglio ( un tipaccio, un morto di fame: che me ne faccio di un padre
simile?!). Mi viene quindi spontanea la domanda: anche il figlio nato nel
matrimonio ha il potere di rifiutare la paternit del marito di sua madre (ancorch
esso sia veramente suo padre)?
Doc. No, il figlio nato del matrimonio, al contrario del figlio nato fuori del
matrimonio, non ha il potere di rifiutare la paternit del marito di sua madre; cos
come questa non ha il potere di rifiutare al marito la paternit del figlio da lei
partorito, beninteso se questi veramente figlio di suo marito.
Doc. Non cos: infatti per il co. 1 dellart. 269 la paternit e la maternit possono
essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento ammesso, volenti
o nolenti il padre e la madre.
Doc. Il Legislatore dedica un intero titolo, il nono, allindicazione dei diritti e doveri
reciproci tra genitori e figli.
Tale titolo incomincia con larticolo 315, che recita: Tutti i figli hanno lo stesso stato
giuridico.
Disc. Ma se avere lo stesso stato giuridico significa avere gli stessi diritti e doveri,
quel che dice larticolo 315 non assolutamente vero: abbiamo visto nella precedente
lezione, ad esempio, che il figlio nato fuori del matrimonio pu rifiutare di accettare
il padre biologico come padre giuridico: Tu, Giuseppe, mi vorresti riconoscere, ma
io, Marietto, non ho nessuna voglia di essere figlio di un ubriacone come te, e non ti
accetto quale padre, cos come me ne d facolt il secondo comma dellarticolo 250.
Mentre invece il figlio nato nel matrimonio non ha il potere di rifiutare il genitore
biologico come padre.
Doc. Ma il legislatore vuol riferirsi al trattamento giuridico dei figli una volta che il
rapporto di filiazione stato riconosciuto. E questo trattamento effettivamente al
novantanove per cento uguale, per i figli, nati o no, nel matrimonio e per i figli
adottivi (v. art.27 legge 184/83 nei casi della c.d. adozione legittimante discorso
un po pi articolato dovrebbe essere fatto nei casi, statisticamente per non rilevanti,
della c.d adozione in casi particolari).
Disc. Quindi il titolo che abbiamo iniziato a esaminare non si riferisce ai figli non
riconoscibili o non riconosciuti.
Doc. E cos: i figli non riconosciuti (o perch non riconoscibili o perch il genitore
non li ha voluti riconoscere e il figlio non ha ritenuto di agire giudizialmente per farsi
riconoscere) sono considerati (vedi art.11 co.2 L. 4 maggio 1983 n. 184) in stato di
adottabilit: e una volta che siano adottati si ricade nel discorso fatto poco prima per
i figli adottivi.
Disc. Chiarito lequivoco, passiamo a leggerci proprio larticolo 315bis che, dalla
rubrica che porta, Diritti e doveri del figlio, sembrerebbe proprio contenere
lindicazione di quali sono i vicendevoli diritti e doveri tra figlio e genitore.
Art. 315bis: Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito
moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacit, delle sue inclinazioni naturali
e delle sue aspirazioni.
Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i
parenti.
Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di et inferiore ove
capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le
procedure che lo riguardano.
Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacit,
alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finch
convive con essa.
Quindi gli obblighi, di cui il Legislatore grava i genitori, sono: 1)lobbligo di
mantenere i figli; 2) lobbligo di educarlo; 3) obbligo di istruirlo; 4) obbligo di
assisterlo moralmente; 5) obbligo di farlo crescere in famiglia, 6) obbligo di
permettergli rapporti significativi con i parenti; 7) obbligo di ascoltare il figlio in
tutte le questioni che lo riguardano.
Un elenco un po troppo lungo.
Doc. E cos. Mentre a me sembra che tutti gli obblighi indicati in tale elenco
potrebbero sintetizzarsi nei seguenti tre: I) Obbligo di far s che il figlio cresca
fisicamente e mentalmente sano; II- Obbligo di porlo in grado, una volta divenuto
adulto, di procurarsi una vita dignitosa; III- Obbligo di dargli quelle nozioni etiche
che ne facciano un essere apportatore di bene agli altri e a s stesso.
Doc. Certamente cos, cos come certamente contribuisce alla salute mentale, allo
svilupparsi di una personalit armoniosa e sana nel figlio, la fruizione e il godimento
di quelle cose (un libro, un film....un gelato) che, pur non essendo strettamente
necessarie alla vita, arricchiscono e per cos dire alimentano la parte emozionale
delluomo; per cui il genitore ha il dovere di procurare al figlio anche queste;
naturalmente nei limiti delle possibilit economiche della famiglia.
Disc. Tutti questi obblighi che siamo venuti enumerando potremmo conglobarli in un
pi generico obbligo di mantenimento. Ma la preservazione della salute fisica e
mentale del figlio richiede, oltre a questo, degli altri obblighi?
Doc. E lobbligo di dare al figlio quelle nozioni e, soprattutto, quegli imprintings che
ne facciano un essere apportatore di bene a se stesso e alla societ.
Disc. Per ladempimento degli obblighi che tu hai menzionato molte volte richiede
lesercizio di poteri. Giuseppe nelladempimento dei suoi compiti di educatore pu
ben ordinare a Marietto di fare questo e di astenersi da questaltro, ma se, Marietto,
non gli ubbidisce, il povero Giuseppe deve rassegnarsi al fallimento del suo compito
educativo, se non ha i poteri necessari per costringere allubbidienza il ribelle. La
Legge concede al genitore tali poteri? per cominciare gli concede un potere di
coazione fisica?
Doc. S, il genitore, che non riesce a superare la resistenza del figlio con mezzi pi
blandi (negandogli la paghetta, mandandolo a letto senza cena...), pu, per superarla,
compiere degli atti di coazione fisica. Addirittura degli atti che, se posti in essere da
un terzo, costituirebbero dei reati e anche dei gravi reati; mentre, se da lui compiuti al
fine di adempiere i suoi doveri verso il figlio (salvaguardarne lincolumit, educarlo,
istruirlo ecc., reato, non costituiscono - questo in forza dellart.51Cod. Pen. che
esclude la punibilit di chi compie un fatto previsto come reato in adempimento di
un dovere imposto da una norma giuridica.
Doc. S, certo. Pensa al genitore che, per impedire alla figlia di uscire alla sera per
prostituirsi, la chiude a chiave nella sua stanza (comportamento che, se compiuto da
un terzo, costituirebbe il reato di sequestro, previsto dallart.605 Cod. Pen.) oppure le
sottrae con la forza le chiavi della motoretta (comportamento che oggettivamente
costituirebbe la violenza privata prevista dallarticolo 610 Cod. Pen.) oppure le d
un bel ceffone (reato di percosse, art. 581 Cod. Pen.).
Doc. Cos si argomenta facilmente dallarticolo 571 codice penale; che, punendo chi
abusa dei mezzi di correzione se e solo se da ci deriva il pericolo di una malattia
nel corpo o nella mente, permette di argomentare che luso dei mezzi di correzione
lecito (lecito anche se consiste in una violenza fisica) fino al punto in cui non fa
sorgere tale pericolo.
Disc. Ma il genitore, che pu superare la resistenza del figlio ancora bambino con la
violenza fisica (perch ha pi forza muscolare del figlio, perch sa che la sua violenza
non pu degenerare in una colluttazione, che potrebbe far sorgere il pericolo di
lesioni reciproche), non lo pu pi nei riguardi del figlio ormai adolescente (perch,
anche se pu pensare di superare in forza il figlio, non pu non temere che dalla sua
violenza nasca una colluttazione con lesioni per lui o per il figlio). E allora? pu il
genitore chiedere soccorso dellautorit?.
Doc. Nel codice previsto un unico caso in cui il genitore, per superare il rifiuto del
figlio a tenere un dato comportamento, pu giovarsi della forza di coazione dello
Stato; e questo il caso in cui il figlio abbia abbandonato la casa o il domicilio
assegnatoglie rifiuti di tornarvi. In tal caso il genitore, stabilisce lart. 318, pu
rivolgersi al giudice tutelare e ottenere che questi ordini al figlio di ritornare e a tanto
lo costringa coattivamente in caso di persistente rifiuto. Pi precisamente larticolo
318 recita: Il figlio non pu abbandonare la casa dei genitori o del genitore che
esercita su di lui la potest n la dimora assegnatagli. Qualora se ne allontani senza
permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice
tutelare.
Doc. Mentre vero che il genitore non pu contare sullaiuto automatico dello Stato
per costringere il figlio allesecuzione di un suo specifico ordine (dato che lo Stato
non pu correre il rischio di mettere la sua forza a servizio degli ordini di un privato
ordini che potrebbero anche essere cervellotici o capricciosi), anche vero che egli
pu ottenere dallo Stato (ai sensi dellart. 25 R.D.L. 02.07.1934 n.
1404)lallontanamento del figlio quando questi d manifeste prove di irregolarit
della condotta o del carattere (il che il caso, non solo del figlio che
persistentemente si ribella e ha tensioni col genitore, ma anche del figlio che: si
droga, si prostituisce, dedito al furto, porta cattive compagnie in casa.....).
Disc. Ma prescindiamo dei casi limite di condotta irregolare del figlio, ritorniamo
al caso del genitore che ordina al figlio un dato comportamento A e il figlio gli
disubbidisce: Giuseppe ordina a Marietto Non ti permetto di affiggere alle pareti
quei quadri osceni e Marietto, alza le spalle, e li affigge. Per il resto Marietto un
bravo ragazzo, e di certo non tiene una condotta irregolare: quindi non lo si pu
allontanare da casa: ma ci significa che Giuseppe deve tollerare le oscenit dei
quadri?
Doc. Io non ho detto che lo Stato rifiuta sempre di usare la sua forza per costringere il
figlio allobbedienza degli ordini che il genitore gli d; semplicemente lo Stato si
riserva di intervenire, se del caso con la forza, solo quando ha potuto verificare che
lordine (del genitore) sia veramente opportuno (non forse giusto che lo Stato
controlli, prima di usare la forza, che questa non venga a opprimere chi ha ragione e a
far trionfare chi ha torto?) e solo quando la disobbedienza crea un vero stato di
tensione, pregiudizievole al padre e al figlio (forse che non finirebbe lui, lo Stato, a
educare i figli, se potesse sindacare e correggere ogni ordine dato a questi? e allora
che ne sarebbe del diritto ad educare i loro figlioli che larticolo 30 della
Costituzione riconosce ai genitori?! ).
Disc. Ma veniamo al punto: come pu, il genitore, ottenere questo intervento dello
Stato?.
Doc. A una prima lettura, s. Per, se approfondisci, ti accorgi che il legislatore non
subordina lintervento del giudice a un comportamento colpevole del padre; che,
quindi, quel che rileva per il legislatore solo che si sia determinata una situazione
pregiudizievole per il figlio. Cos come senza dubbio si verifica e veniamo al punto
quando si crea uno stato di tensione tra il genitore e il figlio.
Disc. Capisco; ma lintervento del giudice in che si concretizzer (se si esclude
lallontanamento del figlio)?
Doc. S, glielo concede con il primo comma dellarticolo 320 che recita: I genitori
congiuntamente o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilit
genitoriale rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano
i beni.
Disc. Parleremo poi del potere dei genitori di amministrare i beni dei figli. Ora da te
vorrei sapere se il Legislatore pone limiti al potere dei genitori di agire in
rappresentanza dei figli.
Doc. S, li pone; e tali limiti sono ricavabili sia da delle norme giuridiche (limiti
esterni) sia dalla stessa funzione che tali poteri sono destinati a compiere (limiti
interni).
Doc. Un primo esempio di limite esterno pu essere preso dalla legge 22.05.1978
n.194: tale legge nel suo articolo 12, riconosce solo alla figlia il diritto di chiedere
una pratica abortiva: occorre, s, il consenso del genitore, ma, in caso di rifiuto di tale
consenso, il giudice pu lo stesso autorizzare laborto (questo a prescindere dei casi
in cui la legge ammette la minorenne ad abortire allinsaputa dei genitori).
Un secondo esempio, dato dalla L. 18.06.1986 n. 281: questa legge nel suo articolo
1 attribuisce agli studenti della scuola secondaria superiore il diritto di scegliere se
avvalersi o no dellinsegnamento della religione cattolica ed altres delle scelte in
ordine ad insegnamenti opzionali e ad ogni altra attivit culturale e formativa
(riservando invece ai genitori le stesse scelte nellambito della scuola dellobbligo e
del pre-obbligo).
Disc. Quindi chiaramente il genitore non ha il potere di chiedere una pratica abortiva
sulla figlia, di chiedere la partecipazione allinsegnamento religioso del figlio....
Disc. Per, proprio dallart. 273, risulta, che il genitore ha anche il potere di prendere
decisioni che incidono su un diritto personalissimo..
Disc. Ho compreso e penso che a tali principi anche si ispiri la disciplina del potere
del genitore di amministrare il patrimonio del minore.
Doc. A dir il vero qui siamo fuori del campo dei diritti personalissimi di cui prima
parlavamo. E inoltre nellamministrazione di un patrimonio non sono molti gli atti
che possono aspettare la maggiore et, che potrebbe essere lontanissima del figlio.
Proprio perch, da una parte, il legislatore si rende conto di ci, dallaltra, si rende
anche conto che il compimento (inopportuno) di tali atti potrebbe pregiudicare il
figlio, d al genitore, s, il potere di compiere tali atti. Ma per quelli di essi che
eccedono lordinaria amministrazione, (il potere di: alienare, di ipotecare, di
sciogliere comunioni,,,vedi sul punto il terzo comma dellart.320) solo dietro
autorizzazione dellautorit giudiziaria. Ma sul punto torneremo.
Disc. E con ci possiamo chiudere il nostro discorso sui limiti esterni alla
responsabilit genitoriale. Dobbiamo ora parlare dei limiti interni.
Doc. Questi limiti, sono connessi alla stessa funzione, che ha la responsabilit
genitoriale, di permettere ladempimento dei doveri inerenti alla qualit di genitore;
pertanto quanto pi gradualmente si restringono nel tempo questi doveri (col crescere
del figlio) tanto pi questi limiti aumentano.
Disc. Ma davvero i doveri del genitore si restringono col passare del tempo?
Doc. Questo non pu dirsi per tutti, ma per molti di tali doveri, s. E di questi
esempio tipico, il dovere di educazione. Pi aumentano gli anni del figlio pi questi
in grado di prendere decisioni sensate su molte materie: per cui, pu dimostrare senso
educativo il padre, che vieta al bambino di dieci anni di prendere il gelato perch gli
fa male, ma si esporrebbe al ridicolo il padre che ordinasse la stessa cosa al figlio
ormai diventato adolescente.
Doc. Impossibile, forse no. Certo difficile. Anche se, per individuare il momento in
cui certi poteri si caducano, ci pu aiutare lanalogia con situazioni disciplinate dalla
legge.
Cos, dal fatto che la figlia a sedici anni: possa decidere di abortire senza il consenso
del genitore, possa, senza tale consenso, acquistare anticoncezionali (vedi melius
lart.2 della legge 22.05.1978 n.194), si pu facilmente argomentare che i figli
raggiunti i sedici anni possono gestire la loro sessualit come meglio credono: un
genitore non potrebbe impedire alla figlia sedicenne di uscire alla sera con un uomo
perch ci ..ne potrebbe mettere in pericolo la verginit.
Doc. Dal fatto, poi, che, chi frequenta le scuole secondarie superiori, possa
liberamente scegliere se frequentare lora di religione o no, facilmente si argomenta,
non solo che a sedici anni (let presso a poco corrispondente a quella in cui si
frequentano le scuole superiori) il figlio pu decidere se aderire o no a una religione,
ma anche che pu fare scelte ideologiche: decidere di iscriversi a questo o a quel
partito.
Disc. Ma, quando manca ogni possibile riferimento al diritto positivo, allora
effettivamente la scelta diventa difficile.
Doc. Difficile, ma, ripeto, non impossibile. Certo, linterprete dovr tenere presente
che, il venir meno di un potere genitoriale prima che il figlio giunga alla maggiore
et, ha carattere eccezionale; quindi ci va ritenuto solo in casi evidenti.
Ancora, linterprete dovr tenere presente che sempre il genitore ha il potere di
impedire al figlio comportamenti ritenuti dal legislatore illeciti.
Cos nessun dubbio che il genitore possa proibire al figlio anche ultrasedicenne di
rubare o di compiere atti terroristici.
Disc. Metti che il figlio, voglia compiere, non un atto illecito, ma un atto giuidcato
dal legislatore riprovevole, cos come, il prostituirsi, il drogarsi.
Doc. Io penso che il genitore possa senzaltro proibire, e anche con la forza impedire,
il compimento di un atto che il legislatore, per il fatto stesso che punisce anche chi
induce altri a compierlo o comunque lo favorisce, dimostra di ritenere dannoso a chi
lo compie. La presunzione che a una certa et il minore abbia raggiunta una certa
maturit (quella presunzione che giustifica il venir meno del potere genitoriale), non
pu non cadere quando il minore compie un atto, che denota con tutta evidenza la sua
immaturit.
Disc. Quindi il genitore che strappasse di mano al figlio la siringa con cui sta per
drogarsi non sarebbe punibile per larticolo 51 Cod. Pen.
Doc. Non sarebbe punibile, non solo per larticolo 51 Codice penale, ma anche per
larticolo 52 stesso Codice penale (difesa legittima), dato che per questo articolo non
punibile anche chi impedisce a una persona un atto auto-lesivo.
Doc. Non controllato, ma controllatissimo: mille occhi stanno su di lui: gli occhi dei
vicini, dei parenti, dei medici della USL (che visitandolo possono rilevare se una
alcool-dipendenza o tossicodipendenza lo rendono inidoneo allesercizio di tali
poteri) e in genere di ogni esercente un servizio di pubblica necessit e di ogni
pubblico ufficiale. E ognuna di tali persone pu fare un esposto al Tribunale dei
minorenni (e anzi gli esercenti un servizio di pubblica necessit e i pubblici ufficiali
hanno il dovere di fare tale esposto).
Disc. Tu hai detto che il Tribunale pu anche privare il genitore della responsabilit
genitoriale: quando pu avvenire ci?
Doc. Quando il genitore trascura i suoi doveri verso il figlio ( il caso del genitore
che non manda a scuola il figlio o lo fa vivere in ambienti malsani o non lo nutre e
veste a sufficienza), oppure li viola ( il caso della madre che, per provvedere al
futuro della figlia, le insegna...a prostituirsi) oppure ancora, abusa dei suoi poteri ( il
caso del genitore che maltratta o peggio il figlio).
Disc. Ma se il genitore non veste non nutre abbastanza il figlio perch povero?
Disc. Come esempio di violazione dei doveri genitoriali tu hai portato quello del
genitore che educa il figlio a un comportamento deviante, a un comportamento
riprovevole (perch dannoso al figlio o alla societ): ma il giudizio sulla
riprovevolezza di una condotta pu essere opinabile (fumare marjiuana male o no?
opinabile) e fare prevalere lopinione del tribunale su quella del genitore sa molto di
quello stato totalitario, che certo non era nei programmi dei nostri Padri
Costituenti.
Doc. Certamente, s: solo nel caso che il Tribunale decreti, prima, lo stato di abbandono
del figlio, e, poi, la sua adozione, vengono totalmente troncati tutti i rapporti tra genitore
e figlio (art 27 co.3 della gi citata legge 184/1983 sulladozione: Con ladozione
cessano i rapporti delladottato verso la famiglia di origine, salvi i divieti
matrimoniali).
Disc. Ma quando si ha lo stato di abbandono del figlio?
Disc.Quindi anche se alle necessit (materiali e morali) del minore provvedono, non i
genitori, ma i parenti, lo stato di abbandono non viene ritenuto.
Disc. Tu hai prima detto che, mentre la decadenza dalla responsabilit genitoriale (ai
sensi dellart. 330) si pu dichiarare solo se la mancanza, di assistenza e cure al figlio
dovuta a colpa del genitore, labbandono, di cui stiamo parlando, pu essere
dichiarato anche a prescindere da ogni sua colpa. Per a me pare che questa tua
affermazione sia contraddetta dal fatto che tale abbandono non va dichiarato se
dovuto a forza maggiore.
Doc. No, non mi pare che il disposto dellarticolo 8 contraddica quanto da me detto:
infatti per tale articolo la forza maggiore (per definizione non dovuta a colpa del
genitore) non transitoria, giustifica pur sempre la dichiarazione dello stato di
abbandono. Ma indubbiamente il pensiero legislativo sul punto assai contorto e a
me sembra che debba interpretarsi cos: labbandono anche se transitorio ha rilevanza
(per poi dichiarare lo stato di adottabilit), a meno che non sia dovuto a forza
maggiore.
Doc. Lesempio classico sarebbe quello di una degenza ospedaliera del genitore.
Per, forzando un po le cose, si fa rientrare nella forza maggiore anche lo stato di
detenzione.
Disc. Cos come effettua, sulloperato dei genitori, controlli successivi, lAutorit
Giudiziaria ne effettua anche di preventivi?
Disc. Ma quali sono gli atti che si pu ritenere eccedano lordinaria amministrazione?
Doc. Quelli che, per cos dire, pongono unipoteca sulla futura amministrazione che il
figlio assumer giunto alla maggiore et.
In buona sostanza lidea guida in subiecta materia questa: tutti gli atti, che il figlio,
una volta divenuto maggiorenne, potrebbe ancora compiere e compiere
presumibilmente in maniera diversa da come potrebbe decidere di compierli il
genitore, vanno procrastinati fino al suo raggiungimento della maggiore et; gli altri
invece possono essere, dal genitore, compiuti. E cos, ad esempio, il genitore,
nellanno di grazia 2012, potr,s, disporre, nellinteresse del figlio, che diventer
maggiorenne solo nel 2018, che il fondo Corneliano sia dato in locazione fino al 2018
a Mevio, dato che ci non impedir al figlio, diventato maggiorenne di dare in
locazione il fondo a Fulano nel 2018 (o pochi anni dopo il 2018). Per il genitore non
potr alienare il fondo Corneliano, perch il figlio, diventato maggiorenne, potrebbe
preferire di tenere, e non di vendere, il fondo, e tale decisione gli verrebbe impedita
dalla alienazione del fondo che il padre facesse.. Tutto questo, per,naturalmente, a
meno che causi danno o inconvenienti procrastinare latto: c unoccasione doro per
vendere il fondo Corneliano (che nulla rende e causa solo spese), occasione che non
si ripresenter nel 2018: evidente lopportunit di coglierla e vendere. Ma, ecco il
punto, il legislatore vuole che la valutazione della evidente utilit di tale vendita sia
fatta dallAutorit giudiziaria.
Questa lidea guida in subiecta materia. Per tradurre tale idea guida in un chiaro
criterio non facile, e subito ce ne accorgiamo leggendo il terzo comma dellarticolo
320, che recita: I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni
pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad
eredit o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni,
contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti la ordinaria
amministrazione n promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi
a tali atti, se non per necessit o utilit evidente del figlio dopo lautorizzazione del
giudice tutelare).
Disc. Parrebbe, leggendo tale articolo, che il genitore, anche per vendere la vecchia
bicicletta del figlio, abbia bisogno dellautorizzazione del giudice tutelare: infatti
larticolo non distingue tra alienazione di beni mobili e immobili.
Doc. E non pu distinguere (per escludere, naturalmente, dalla necessit
dellautorizzazione i beni mobili), dato che, la vendita di un quadro di Picasso, pu
assumere pi importanza. nella gestione del patrimonio del figlio, che la vendita di un
appartamento. E quella difficolt di formulare un criterio che sia una guida sicura,
nel distinguere gli atti eccedenti o no lordinaria amministrazione, di cui ti dicevo
prima.
Disc. Non rompiamoci allora neanche noi la testa per trovare tale criterio, e
poniamoci nel caso che il genitore venda il fondo Corneliano, senza autorizzazione
del giudice tutelare: che succede, la vendita si deve considerare nulla?
Doc. Non nulla, ma annullabile; dato che, nonostante il difetto di autorizzazione, essa
potrebbe essere conveniente, e, se cos fosse, perch rinunciarvi?!
Pi precisamente lart. 322 recita: Gli atti compiuti senza osservare le norme dei
precedenti articoli del presente titolo possono essere annullati su istanza dei genitori
esercenti la responsabilit o del figlio o dei suoi eredi o aventi causa.
Disc. Noi abbiamo fino ad ora fatti i nostri discorsi come se ci fosse un unico genitore
o almeno un unico genitore investito della responsabilit genitoriale. Per i genitori
possono essere due e tutti e due investiti della responsabilit genitoriale. Che dispone
per il caso il legislatore?
Disc. Che significa ci, che un genitore, per comprare anche un vestito da quattro
soldi al figlio, avr bisogno del consenso dellaltro?
Doc. No, il legislatore non vuole precludere iniziative unilaterali dei genitori; vuole
semplicemente che nessun atto possa essere preso unilateralmente da un genitore nel
disaccordo o nel presumibile disaccordo con laltro coniuge: tu, genitore, puoi
prendere tutte le iniziative che vuoi (ai fini delleducazione, istruzione ecc del figlio),
poco o molto importanti che siano, se ragionevolmente puoi presumere che laltro
genitore sia daccordo; mentre non puoi prendere nessuna iniziativa, per piccola che
sia, se vi , o devi presumere che vi sia, il disaccordo dellaltro genitore.
Disc. E se la prendo?
Doc. Ti esponi alle correzioni e alle sanzioni di cui agli articoli 330, 333 di cui
abbiamo parlato; e se sei unito da matrimonio con laltro genitore, questi (nei casi
gravi) potra chiedere la separazione, con addebito a tuo carico.
Doc. No, i due genitori possono rivolgersi al giudice, cos come abbiamo visto
avvenire (per lart. 145) nel caso di disaccordo nella gestione del menage coniugale
(disaccordo nella fissazione della residenza e simili, ti ricordi?); e il giudice fa opera
di mediazione.
Disc. E se la mediazione non riesce...se ne lava le mani, proprio come abbiamo visto
avvenire nel caso dei coniugi che si rivolgono al giudice (ai sensi dellart. 145)?
Doc. No, il legislatore non vuole correre il rischio che una decisione nellinteresse del
minore non sia presa (forse con suo grave danno), e pertanto dispone che, nel
persistere del disaccordo, il giudice attribuisca il potere di decidere a uno dei due
genitori.
Doc. Si.
Doc. Per il caso provvede larticolo 317, che recita nel suo primo comma:
Impedimento di uno dei genitori - Nel caso di lontananza, di incapacit o di altro
impedimento che renda impossibile ad uno dei genitori lesercizio della potest,
questa esercitata in modo esclusivo dallaltro.
Disc. Quanto finora detto vale anche per quel che riguarda lamministrazione del
patrimonio del figlio minore?
Doc. S, per in tale caso il legislatore deve preoccuparsi anche di tutelare
laffidamento dei terzi e in genere linteresse dei terzi alla chiarezza e sicurezza nei
rapporti commerciali. Pertanto stabilisce (nel comma 1 ult. parte dellarticolo 320)
che gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con cui si concedono o si
acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da
ciascun coniuge.
Disc. Ci senza dubbio rappresenta una forte tutela dellaffidamento del terzo: il
commerciante Parodi non dovr pi domandarsi, per sapere se vende bene o male
quel tale vestito alla signora Beppa, se il Bacciccia, laltro genitore, daccordo, o
no: baster che tenga conto se latto , o no, di ordinaria amministrazione? se s, potr
tranquillamente il vestito alla Beppa anche se non gli risulter il consenso del
Bacciccia..
Ma la chiarezza nei rapporti commerciali di cui parlavi?
Doc. E assicurata dal fatto che, quando non sufficiente il solo s di uno dei
genitori, ma occorre il doppio s di entrambi i genitori (il che accade praticamente
in materia di locazione e negli atti per cui occorre lautorizzazione dellA.G.), questo
doppio s deve risultare espressamente e formalmente. Come risulta chiaramente
dalle parole usate dal legislatore nel primo comma dellarticolo 320, che recita. I
genitori congiuntamente (e non pi semplicemente di comune accordo) rappresentano
i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni.
Disc. Quindi, pu dirsi che i poteri del genitore sono diversi a seconda che li si
riguardi nella prospettiva dei rapporti esterni o di quelli interni (idest, dei rapporti con
laltro genitore). Nellesempio prima fatto, la Beppa, comprando il vestito, in
rapporto al commerciante Parodi, avr fatto un atto perfettamente valido, per si sar
lo stesso comportata scorrettamente in rapporto al Bacciccia, laltro genitore, e si sar
esposta alle relative sanzioni, se le risultava il disaccordo di questo.
Doc. Esatto.
Disc. Ladempimento dei doveri connessi allo status di genitore, spesso comporta un
costo (in fatica e in soldi): chi lo sopporta?
Doc. A tale domanda, per quel che riguarda i coniugi legalmente sposati, una prima
risposta gi te lha data lart. 147, che abbiamo gi avuto occasione di incontrare.
Infatti, come ti ricorderai, dallarticolo 147 risulta che lobbligo di provvedere ai figli
grava su entrambi i coniugi.
Questa prima risposta (al quesito che ci siamo posti) va integrata sia per i genitori
legalmente sposati sia per quelli che tali non sono con quanto risulta dallart. 324 e
dallart. 315bis.
Doc. Dallarticolo 324 (meglio dai suoi due primi due commi) risulta, da una parte,
che i genitori esercenti la responsabilit genitoriale hanno in comune lusufrutto dei
beni del figlio fino alla maggiore et e allemancipazione, dallaltra, che i frutti
percepiti (idest, i ricavi dallusufrutto) sono destinati al mantenimento della famiglia
e allistruzione ed educazione dei figli..
Disc. Quindi se i genitori hanno ricavato dallusufrutto 100, non che tutti questi 100
debbono spenderli unicamente per il figlio: parte li possono spendere anche per
provvedere ai bisogni propri e degli eventuali altri figli: cos?
Doc. E cos, ma fino a che il genitore non passa a nuove nozze, in tal caso egli (per
lart. 328) non potrebbe pi utilizzare quei 100 n per la nuova famiglia, e questo si
comprende abbastanza, n per la vecchia, (idest, per se stesso e i fratelli del figlio
titolare dei beni) e questo si comprende assai meno.
Passiamo allarticolo 316bis: da esso, e pi precisamente dal suo ultimo comma,
risulta che il figlio deve contribuire, in relazione alle proprie capacit, alle proprie
sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finch convive con
essa, quindi anche al proprio mantenimento (espressione comprensiva chiaramente
anche della propria istruzione ed educazione).
Disc. Questobbligo di contribuzione del figlio previsto dal legislatore anche per il
figlio diventato maggiorenne?
Doc. Direi che previsto soprattutto per il figlio maggiorenne: il legislatore - mentre,
come gi abbiamo avuta occasione di vedere, fa obbligo ai genitori di mantenere il
figlio, anche quando ha raggiunto una maggiore et ma non ha ancora ultimata la sua
preparazione per esercitare un lavoro o una professione (adeguati al suo status
sociale) non ammette che il figlio viva nel dolce non far niente, a spese dei genitori,
o che, s, lavori, ma egoisticamente trattenga per s tutto il frutto del suo lavoro,
lasciando il peso del suo mantenimento sulle spalle dei genitori.
Disc. Che il figlio non si faccia mantenere dai genitori, quando ha la capacit di
mantenersi da solo, senzaltro giusto; ma larticolo 316bis, va oltre, impone al figlio
di contribuire al mantenimento della famiglia (genitori, fratelli, cognati....).
Doc. Ma questo giusto, o, almeno, in linea con i principi che ispirano il nostro di
diritto di famiglia: non abbiamo gi visto che, in base a tali principi, nellambito della
famiglia vige un....regime comunista?!
Disc. Mettiamoci ora nellipotesi che il figlio sia minorenne: nel suo contributo alle
spese del menage familiare vanno calcolati i frutti dellusufrutto dei suoi beni (che i
genitori trattengono).
Doc. Certamente,s.
Disc. Il figlio non ha altri obblighi verso i genitori oltre a quello di contribuire alle
spese come or ora detto?
Doc. No, egli ha anche lobbligo di rispettare i genitori. Questo il termine usato dal
legislatore nellultimo comma dellart. 315bis.
Disc. Ma tutti noi abbiamo lobbligo di rispettare unaltra persona, qualsiasi altra
persona, quindi dire che il figlio deve rispettare il genitore cosa totalmente banale e
superflua, che il legislatore poteva evitarsi.
Doc. E cos; e in effetti il Codice Rocco, nella sua originaria scrittura, faceva obbligo
al figlio di onorare, e non semplicemente di rispettare, il genitore: e questo era
conforme al Pensiero Tradizionale.
Mentre, infatti, il legislatore laico, nella sua smania di demitizzare, tende a inaridire e
a impoverire i rapporti umani; il Pensiero Tradizionale tende a dignificarli: il figlio
deve onorare il padre perch il padre un rappresentante di Dio (nel suo aspetto
paterno), lo sposo deve onorare la sposa perch questa la rappresentante di Dio nel
suo aspetto femminile e cos via. Di conseguenza, tali rapporti assumano un alcunch
di sacro e di sublime, che,ahim, nel mondo moderno tende a perdersi.
Doc. Non vero: se la donna da te amata fosse solo un composto di carne, muscoli,
sangue ecc., se il sole fosse solo un composto di materia incandescente, tu non saresti
affascinato dalla prima e non guarderesti ammirato il secondo. In realt ogni essere,
ogni cosa nasconde in s un quid profondo, che parla e si fa sentire solo che si abbia
per ci lorecchio e la sensibilit abbastanza fine.
Disc. Sensibilit che luomo moderno ha perduto mentre laveva luomo tradizionale:
riproponi sempre le tue vecchie idee, che invece faresti bene a tenere per te, se non
vuoi essere considerato mezzo matto.
Cerchiamo piuttosto di rispondere a una domanda, che, mi accorgo, abbiamo sempre
pretermessa, forse perch la sua risposta scontata, ma che comunque, dal punto
logico, fondamentale: chi investito della responsabilit genitoriale? tutti e due i
genitori, uno solo dei genitori, un terzo qualsiasi?
Doc. Tutti e due i genitori, se essi sono legalmente coniugati; come abbiamo gi visto
leggendo il primo comma dellart. 316.
Doc. Parlando della filiazione abbiamo visto come, dei (pesanti!) doveri connessi allo
status di genitore giuridico, venga gravato il genitore biologico (Tu, Beppe, dato
che, in un dato momento della sua vita, hai avuta lidea pi o meno felice di mettere
al mondo Marietto, devi mantenerlo, istruirlo, ecc)); ora, parlando delladozione,
vedremo invece dei casi in cui, di tali doveri, viene gravata una persona (il
commendator Parodi) solo perch, in un dato momento della sua vita, ha
spontaneamente voluto caricarsene il peso.
Disc.Ma dico subito che ci a me non pare n giusto n sensato: il peso dei doveri
genitoriali giusto caricarlo sulle spalle di Beppe, il genitore biologico, perch a lui
tale peso sar reso sopportabile dallistinto paterno e da quellaffinit di carattere col
figlio (con Marietto) che si deve supporre tra chi ha lo stesso sangue; per non
altrettanto giusto caricarlo sulle spalle del commendator Parodi, solo perch, in un
dato momento della sua vita, per motivi i pi diversi e non si sa quanto meditati, ha
deciso di adottare Marietto.
Tu mi dirai che pure chi si sposa viene gravato di doveri pesantissimi (quelli connessi
allo status di coniuge) solo perch in un dato momento della sua vita gli girato di
dire il fatidico s; per in tal caso lecito pensare che lattrazione sessuale, lamore
verso laltro coniuge, renderanno il peso di tali doveri sopportabile. E poi, esiste il
divorzio: se il marito si accorge di non poter sopportare pi il carattere della
consorte pu troncare il legame con lei; invece il Parodi, mica pu revocare
ladozione, se si accorge di non poter sopportare pi il carattere di Marietto (il figlio
adottato, e adottato probabilmente quando ancora il suo carattere era in formazione e
quindi non si poteva ben dire quale sarebbe stato)!
Doc. Le cose che dici sono sostanzialmente giuste; e vedremo che in una certa misura
il legislatore ne tiene conto.
Disc. Come?
Doc. Col fatto stesso di subordinare ladozione a una procedura giudiziaria sfociante
in una vera e propria sentenza, col fatto di imporre, almeno nelladozione dei
minorenni, allautorit giudiziaria di disporre, prima di pronunciare tale sentenza,
indagini sui motivi che hanno portato alla richiesta di adozione indagini che
senza dubbio mirano in modo preminente alla tutela del minorenne, ma che
indirettamente tutelano il richiedente infine, alleggerendo il peso dei doveri
(genitoriali) di cui il richiedente ladozione va a caricarsi - questo almeno per alcuni
tipi di adozione.
Doc. Mentre ladozione dei minorenni, come vedremo, non sempre, anzi raramente,
necessita del consenso delladottando (ma, chiarisco subito, ci, non perch il
legislatore non voglia tenere conto della volont delladottando, ma semplicemente
perch questi non sempre, anzi raramente ha raggiunta let che gli permetterebbe di
esprimerla seriamente e meditatamente) ladozione del maggiorenne sempre il
consenso delladottando richiede. Ed naturale che sia cos, dato che per Caio
diventare figlio adottivo di Sempronio (ci che implica, tra laltro lassunzione del
cognome di Sempronio vedi melius, larticolo 299) pu presentare degli intuitivi
inconvenienti (pensa solo al caso in cui Caio uno stimato professionista e
Sempronio un malfamato malavitoso). Ma ladozione del maggiorenne, non solo
richiede il consenso delladottando, ma (cosa che invece non avviene mai
nelladozione legittimante del minorenne!) richiede anche il consenso dei suoi
genitori e del suo coniuge, quindi dei pi significativi esponenti della sua famiglia di
origine (v. art. 297 co.1)
Famiglia verso cui questi continua a conservare tutti i precedenti legami giuridici e
daffetto; infatti il primo comma dellarticolo 300 recita: Ladottato conserva tutti i
diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine, salve le eccezioni stabilite dalla
legge.
Doc. Richiede il consenso del coniuge, ma non quello dei figli (naturali, per i figli
legittimi il problema non si pone perch lart. 291 non legittima alladozione chi ha
figli legittimi o legittimati).
Disc. Ma tale tutela aveva senso un tempo; non ora che ammesso il riconoscimento,
e poi la legittimazione, di un figlio (anche adulterino! |) senza il consenso del
coniuge.
Ladottato viene ad acquisire qualche diritto o dovere verso la famiglia
delladottante?
Doc. No, cos come ladottante non acquisisce nessun diritto o dovere verso la
famiglia delladottato, pi precisamente il secondo comma dellarticolo 300 recita:
Ladozione non induce alcun rapporto civile tra ladottante e la famiglia
delladottato n tra ladottato e i parenti delladottante, salve le eccezioni stabilite
dalla legge.
Disc. Bene, questi, i diritti delladottato; quali quelli delladottante (verso ladottato)?
Disc. Tu avevi prima detto che il legislatore adotta delle cautele per impedire delle
adozioni, per cos dire, avventate; tali cautele sono previste anche per il tipo
dadozione in discorso.
Doc. Certamente: anche ladozione di un maggiorenne, non che si possa fare con
una scrittura privata o pubblica: viene dichiarata dallautorit giudiziaria, pi
precisamente dal tribunale, con sentenza dopo aver accertato che ladozione
conviene alladottato (e, quindi, anche ladottante: cos come non ci pu essere
matrimonio felice che convenga a Caia se non conviene anche a Caio, cos non vi pu
essere un felice rapporto tra adottante e adottato se ladozione conviene a questo e
non a quello).
Doc. Ladozione legittimante pu avvenire solo nei confronti dei minorenni per cui
sia stato dichiarato lo stato di adottabilit (art.7 L. 184/1983) in quanto trovantisi in
stato di abbandono (art. 8 legge 184/ 1983 da noi gi preso in considerazione).
Disc. Penso che, chi desidera adottare, sceglier tra i minorenni quello, che pi si
avvicina al figlio che vorrebbe avere, e far domanda al Tribunale per adottarlo.
Doc. Nulla di tutto questo: la filosofia della legge che si deve impedire che il
minorenne venga scelto (col rischio cos che alla fine risultino scartati proprio i
minorenni pi bisognosi di assistenza). La coppia di coniugi che desidera adottare,
deve limitarsi a inoltrarne domanda al tribunale: sar questi che la sceglier per un
affidamento preadottivo; cio per un periodo di convivenza volto ad accertare se
coniugi e minorenne sono compatibili tra di loro. Naturalmente il tribunale non
operer la sua scelta alla cieca: da una parte, disporr indagini volte ad accertare in
particolare la capacit di educare il minore, la situazione personale ed economica, la
salute, lambiente familiare dei richiedenti, i motivi per i quali questi desiderano
adottare (co.4 art.22), dallaltra, sentir il minore.(v. melius, il co.6 art. 22 citato).
Doc. Certo, la coppia che, bada, ha diritto di essere informata su fatti rilevanti,
relativi al minore (non ai suoi genitori) emersi dalle indagini (cio se egli ha degli
handicap, ha un carattere violento ecc.) potr sempre rifiutare laffidamento di quel
minore e questi potr sempre rifiutare quella coppia se ha gi compiuto i quattordici
anni (se non li ha ancora compiuti, verr sentito, ma la sua volont non sar per il
tribunale vincolante).
Disc. Tu hai detto che questo tipo di adozione ha vari punti di contatto con ladozione
dei maggiorenni. Puoi indicarne alcuni?
Doc. Il primo punto di somiglianza che, come nella adozione dei maggiorenni, la
domanda di adozione fatta ad personam: non, Io voglio adottare un minorenne,
ma Io voglio adottare quel determinato minorenne; ad esempio, Voglio adottare il
figlio di mio fratello Voglio adottare il figlio che mio marito ha avuto fuori del
matrimonio Voglio adottare il minorenne che gi mio marito ha adottato - tanto
per trarre esempi dalle lettere a) e b) del primo comma dellarticolo 44.
Doc. Hai ragione, ecco quel che dice il primo comma dellarticolo 44:
I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al
comma 1 dellarticolo 7 (condizioni che, come ricorderai, sono date dalla
dichiarazione di adottabilit conseguente allo stato di abbandono):
a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da
preesistente rapporto stabile e duraturo quando il minore sia orfano di padre e di
madre;
b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dellaltro coniuge;
c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate nellarticolo 3 comma 1, della
legge 5 febbraio febbraio 1992 n. 104 (idest, sia handicappato) e sia orfano di padre e
di madre;
d) quando vi la constata impossibilit di affidamento preadottivo.
Disc. Indica un altro punto di somiglianza, tra il tipo di adozione che stiamo
esaminando e la adozione di maggiorenni.
Doc. Un altro punto di somiglianza, che per ladozione occorre oltre che il
consenso delladottando, se ha compiuto i quattordici anni anche lassenso dei suoi
genitori e del suo coniuge.
Disc. Che in questo tipo di adozione occorra il consenso dei genitori e del coniuge mi
pare cosa piuttosto logica, dato che al contrario di quanto avviene in caso di
adozione legittimante qui ladottando, non (almeno necessariamente) in stato di
abbandono: pu avere i genitori, pu avere il coniuge che si curano di lui, e che
pertanto danno affidamento di ben valutare, nel suo interesse, la convenienza
delladozione. Mi meraviglia piuttosto che non sia preteso lassenso del coniuge
delladottante (come abbiamo visto avvenire nellarticolo 297).
Doc. Invece anche questo piuttosto logico dal momento che, a differenza di quel
che avviene nelladozione del maggiorenne, ladozione de qua non attribuisce
alladottato nessun diritto alla successione delladottante (quindi dalladozione, il
coniuge delladottante, nessuna ragione ha di temere un ridimensionamento dei diritti
ereditari propri o dei suoi figli). Gli unici diritti che acquisisce ladottando verso
ladottante oltre a quello degli alimenti, se mai si trovasse da maggiorenne in stato
di bisogno sono quelli del diritto al mantenimento, allistruzione, alleducazione
(conformemente a quanto prescritto dallart. 147 del codice civile dice il secondo
comma dellart. 48, e io aggiungerei conformemente anche a quanto dice lart.
315bis, dato che questo articolo si applica a tutti i figli, poco importa se tali a
seguito di unadozione legittimante o no).
Disc. Anche in questo tipo di adozione il legislatore, penso, adotter cautele per
evitare che essa risulti contraria allinteresse delladottato (e indirettamente
delladottando).
Doc. Chiaro che s: il tribunale, per larticolo 57, pu dichiarare ladozione solo dopo
aver verificato con opportune indagini che essa realizza il preminente interesse del
minore.
Disc. Anche un grande amore pu finire: che succede se il matrimonio entra in crisi?
Doc. Essi sono dati dallintervenire di fatti, che escludono quella comunione
spirituale e materiale tra i coniugi, che sola, per il legislatore, giustifica il
matrimonio e i pesanti obblighi che ne derivano.
Cos come risulta dallarticolo 1 della Legge che disciplina i casi di scioglimento del
matrimonio (la Legge 01.12-1979 n. 898), che recita: Il giudice pronuncia lo
scioglimento del matrimonio (.) quando, esperito inutilmente il tentativo di
conciliazione (.) accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non
pu essere mantenuta o ricostituita per lesistenza di una delle cause previste dallart.
3.
Disc. Ma direi che, proprio dallarticolo da te citato, risulta che il venir meno della
comunione spirituale e materiale tra i coniugi, non condizione sufficiente per il
divorzio: occorre che il venir meno di tale comunione tra i coniugi sia dovuto a
determinate cause.
Doc. Io riterrei preferibile dire che il legislatore vuole che il venir meno di tale
comunione sia dimostrato da determinati fatti; alcuni dei quali, lo fanno presumere
in modo assoluto (senza cio che il giudice debba accertare se effettivamente la
comunione tra i coniugi venuta meno), altri, invece, lo fanno presumere in modo
relativo (cio, tali fatti sono sufficienti a che il giudice ritenga il venir meno della
comunione a condizione che non vengano contraddetti e per cos dire
controbilanciati da altri fatti di segno contrario).
Disc. Indica alcuni fatti la cui esistenza fa presumere in modo assoluto il venir meno
della comunione tra i coniugi.
Doc. In primis, tra tali fatti - (come risulta allarticolo 3 n.2 lett.b Legge 1 dicembre
1970, n.898, che lo studioso vedr riportato in una nota in calce al paragrafo) - vanno
indicati i seguenti:
I- lessere intervenuto (alternativamente): A1) il passaggio in giudicato della sentenza
che dichiara la separazione; B1) il decreto di omologa della separazione consensuale
(davanti al giudice); C1) il nullaosta o la autorizzazione alla annotazione della
convenzione di separazione; D) la conferma della separazione innanzi
allufficiale di stato civile;
II lessersi lo stato di separazione protratto ininterrottamente per un certo tempo.
Disc. E tale tempo verr computato, penso, da uno dei fatti da te prima indicati sub I.
Doc. Per nulla, infatti il tempo necessario alla maturazione del diritto al divorzio :
A2) di dodici mesi a partire dalla avvenuta comparizione delle parti innanzi al
presidente, nel caso di separazione personale(pi chiaramente, in caso di
separazione personale contenziosa); B2- di sei mesi sempre a partire dalla
comparizione delle parti innanzi al presidente, nel caso di separazione consensuale
(pi chiaramente, in caso di separazione consensuale davanti al giudice); C2-
ancora di sei mesi a partire dalla data della convenzione di separazione assistita;
D2- ancora di sei mesi dalla data dellaccordo di separazione concluso innanzi
allufficiale di stato civile.
Disc. Vai avanti: indica alcuni altri fatti che fanno presumere in modo assoluto il
venir meno della comunione fra i coniugi.
Doc. No, hanno rilievo anche reati commessi prima del matrimonio; quel che importa
che la sentenza sia pronunciata dopo la sua celebrazione.
Disc. Quelli da te prima indicati sono casi in cui vi una presunzione assoluta del
venir meno della comunione tra coniugi; in che casi invece si ha una presunzione
relativa, cio una presunzione destinata a cadere di fronte a fatti ad essa contrari?
Doc. Nei casi di reati non particolarmente gravi (lesioni, violazione di obblighi di
assistenza, maltrattamenti...) o anche di reati gravi di cui per il coniuge stato
prosciolto per infermit di mente, in tali casi infatti il giudice pu dichiarare lo
scioglimento del matrimonio solo se accerta la inidoneit del convenuto a mantenere
o a ricostituire la convivenza familiare (v. melius, la lettera d) del n.1 art.3 e la
lettera a) del n.2 sempre dellart.3).
Disc. Abbiamo visto quali sono i presupposti voluti dalla Legge perch Caio possa
ottenere la dichiarazione che (finalmente! ) divorziato da Caia, ma la strada che
egli deve percorrere per giungere a tale traguardo, a tale dichiarazione, lunga o
corta?
Doc. Certamente non corta, se Caia, al divorzio, si oppone; diventa invece corta e
facile se Caia e Caio sono concordi nel volerlo e richiederlo.
Infatti la Legge, a due coniugi che sono intenzionati a risolvere i problemi, che
nascono dalla loro crisi matrimoniale, amichevolmente, offre tre procedure, facili da
percorrere, per giungere al divorzio: I- la procedura per ricorso congiunto; II- la
procedura di negoziazione assistita; III la procedura davanti al sindaco.
Doc. E prevista dal comma 16 dellart 4 Legge 1 dicembre 1970 n.898 (che la
legge che disciplina i casi di scioglimento del matrimonio).
Tale comma cos recita: La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di
cessazione degli effetti civili del matrimonio che indichi anche compiutamente le
condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici (la sottolineatura naturalmente
mia) proposta con ricorso al tribunale in camera di consiglio. Il tribunale, sentiti i
coniugi, verificata lesistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle
condizioni allinteresse dei figli, decide con sentenza. Qualora il tribunale ravvisi che
le condizioni relative ai figli sono in contrasto con gli interessi degli stessi, si applica
la procedura di cui al comma 8.
Ci significa che - se i coniugi (o per loro i loro avvocati) avranno lavvertenza di
indicare compiutamente le condizioni relative ai rapporti economici e quelle relative
ai figli (indicando a chi, questi, saranno affidati, dove andranno ad abitare, come si
provveder al loro mantenimento, educazione, istruzione....) e, soprattutto, avranno
lavvertenza di stabilire questultime condizioni pensando realmente allinteresse dei
figli - essi potranno giovarsi delle semplificazioni connesse a una procedura in
camera di consiglio (no, alla necessit di notificare il ricorso; no, alla battuta di
arresto per permettere il deposito di una memoria; no, al macchinoso tentativo di
conciliazione; no, alla necessit di sentire i figli; no, soprattutto, al passaggio alla fase
istruttoria).
Disc. I coniugi, quindi, fanno tutto da s? Caio e Caia un bel giorno si incontrano e
soli soletti mettono nero sul bianco: I sottoscritti Caio e Caia di comune accordo
dichiarano di volere divorziare (o separarsi....), e...il divorzio (la separazione) fatto
(sono fatti).
Doc. No, Caio e Caia non possono fare tutto da s, ma debbono richiedere
lassistenza di un avvocato (o di pi avvocati) - un avvocato (o pi avvocati) per
parte, secondo linterpretazione preferibile; un avvocato (o pi avvocati) per tutelare
entrambe le parti secondo altra interpretazione.
E tale avvocato non pu limitarsi a suggerire al cliente (o ai clienti, nel caso tuteli
entrambi i coniugi) il contenuto della convenzione (di divorzio, separazione, o di
modifica di precedenti condizioni di divorzio o separazione), ma deve (v. comma 3
art.6): 1) tentare di conciliare i coniugi e informarli della possibilit di esperire la
mediazione familiare; 2) far presente limportanza per il minore di trascorrere tempi
adeguati con ciascuno dei genitori; 3) controllare che laccordo non contenga
clausole contrarie a norme imperative e allordine pubblico (contraria allordine
pubblico sarebbe, ad esempio, una clausola, inserita nellaccordo di separazione, che
prevedesse la cessazione dellobbligo di dare lassegno di mantenimento, in caso di
opposizione al divorzio, da parte del coniuge mantenuto) - rifiutando la sua
sottoscrizione allaccordo, nel caso i coniugi volessero, nonostante tutto, inserire tali
clausole.
Doc. Certo che s, tale convenzione infatti, non solo raccoglie le dichiarazioni di
volont dei coniugi ma anche la sua dichiarazione, di aver adempiuti gli incombenti
di cui sopra e che le firme, apposte dai coniugi, sono autografe (vedi sempre il
comma tre).
Doc. No di certo, lo Stato non pu fidarsi al cento per cento della correttezza e della
competenza degli avvocati, che hanno assistito i coniugi nella convenzione, e quindi
vuole che questa sia sottoposta al controllo del procuratore della Repubblica -
controllo di diversa intensit a seconda che i coniugi abbiano o no figli (ben
sintenda, figli comuni, non figli di un coniuge con un terzo) bisognosi o no di una
loro assistenza e tutela (figli minori, o con handicap, o anche sani e maggiorenni ma
con diritto al mantenimento perch comunque non in grado di procurarsi un
reddito....). In caso di coniugi senza figli o con figli autosufficienti, il procuratore
pu e deve limitarsi a un controllo del tutto formale (vi la sottoscrizione dei
coniugi? le loro firme sono state autenticate?. ...) e in caso di esito positivo di tale
controllo deve rilasciare un nulla osta.
Disc. Andiamo oltre: che accade in caso di coniugi con figli non autosufficienti?
Doc. In tale caso il controllo del procuratore deve essere pi penetrante in quanto
deve verificare che laccordo dei genitori sia conforme allinteresse dei loro figli. Se
tale lo ritiene, rilascia una autorizzazione (autorizzazione a che? la legge non lo
dice chiaramente, ma vien logico pensare, autorizzazione alla trasmissione della
copia autentica dellaccordo allufficiale dello stato civile vedi ultima parte comma
tre art.6). Se invece tale non lo ritiene, lo trasmette al presidente del tribunale.
Doc. Su quel che deve fare il presidente la Legge non fa luce: si limita a dire che egli
deve fissare la comparizione delle parti e provvedere senza ritardo (vedi comma 2
art. 6). E a me la migliore interpretazione (del silenzio legislativo) sembra essere
questa: il legislatore vuole che, se il presidente, discostandosi dallopinione del
procuratore, ritiene la convenzione conforme allinteresse dei figli, la autorizzi, che
se, invece, non la ritiene tale, rimetta la decisione al Collegio (contro il cui decreto le
parti avranno diritto di reclamo alla Corte di Appello).
Doc. Bisogna, secondo me, distinguere tra efficacia della convenzione per i coniugi e
per i terzi. Lefficacia per i coniugi si verificher al momento dellemissione del
nullaosta e della autorizzazione; quella per i terzi si verificher solo al momento
dellannotazione della convenzione nellatto di matrimonio. E proprio in
considerazione dellimportanza di questa annotazione, il legislatore fa allavvocato
preciso obbligo di trasmettere allufficiale di stato civile copia autentica della
convenzione intervenuta tra i coniugi (obbligo il cui inadempimento colpito da
una sanzione amministrativa). Naturalmente da tale copia autentica dovr risultare il
nulla osta o la autorizzazione rilasciata dallautorit giudiziaria (e se questa e
quello risulteranno, non potr anche non risultare quella certificazione della
autografia delle firme e della conformit dellaccordo alle norme imperative e
allordine pubblico pretesa dallarticolo 5, dato che impensabile che il procuratore
o il giudice autorizzino o diano il nulla osta a una convenzione da cui non risulti tale
certificazione - cosa per cui del tutto superfluo il richiamo contenuto nella
ultimissima riga del comma terzo art.6).
Disc. Passiamo ora alla terza delle procedure che possono condurre in via breve al
divorzio (o alla separazione).
Doc. Questa terza procedura sempre prevista dal D.L. 132/2014, ma non dal suo
articolo 6, bens dal suo articolo 12 (che lo studioso vedr riportato nella terza nota
apposta in calce al presente paragrafo).
In questa procedura il sindaco, nella sua qualit di ufficiale di stato civile, che
riceve la dichiarazione fatta dalle parti (e fatta personalmente, non tramite un terzo, in
particolare non tramite un avvocato! ) che esse vogliono separarsi ovvero far
cessare gli effetti civili del matrimonio o ottenerne lo scioglimento secondo
condizioni tra di esse concordate. Ed ancora davanti al sindaco che viene
compilato e sottoscritto (immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni di
cui ora si detto! ) latto contenente laccordo (per il divorzio o la separazione o
per la modificazione delle condizioni del divorzio e della separazione).
Disc. Ma lufficiale di stato civile limiter il suo compito a dar pubblica fede delle
dichiarazioni delle parti o potr assisterle con chiarimenti e suggerimenti nella
compilazione dellaccordo?
Doc. Certamente tale assistenza non pu dirsi rientri nei compiti dellufficiale di stato
civile; e del resto il presupposto di questa procedura che le parti si presentino
davanti allufficiale di stato civile avendo gi concordate tra di loro le condizioni
del divorzio o della separazione. Mi pare per che nulla vieti allufficiale di stato
civile di assistere le parti con qualche chiarimento. Certo escluderei che lufficiale di
stato civile possa rifiutare di accettare questa o quella clausola dellaccordo
coniugale, anche qualora la ritenesse contraria allordine pubblico e a norme
imperative. Come abbian visto, ci non pu fare il procuratore della Repubblica,
quindi tanto meno lo pu fare chi, come lufficiale di stato civile, non d un
particolare affidamento di non cadere in errori di interpretazione della legge - errori
contro cui poi non si saprebbe come rimediare.
Disc. Quindi lufficiale di stato civile non compie neanche quel tentativo di
conciliazione dei coniugi (che invece doveroso sia nella separazione consensuale
sia nella separazione per convenzione assistita da un avvocato), cos che diventa
ben possibile che i coniugi si separino o divorzino solo a causa di un passeggero stato
di tensione tra di loro verificatosi.
Doc. E cos, e proprio perch cos, la convenzione (di divorzio o separazione - non,
per, di modifica delle condizioni di un precedente divorzio o separazione) non si
perfeziona in sede di prima comparizione davanti allufficiale stato civile: infatti
questi, dopo aver ricevuta la dichiarazione di volersi separare o divorziare, dopo aver
compilato latto contenente laccordo, invita i coniugi a comparire di fronte a s non
prima di trenta giorni (dalla ricezione della dichiarazione) per la conferma
dellaccordo. E la mancata comparizione (dei coniugi) equivale a mancata
conferma dellaccordo.
Disc. Voltiamo pagina. Caia non ne pu pi di vivere sotto lo stesso tetto con Caio,
ma questi non le vuole dire addio: che deve fare per .non vederselo pi tra i piedi?
Disc. Perch?
Doc. Perch cos facendo si espone a sanzioni penali e civili. Infatti larticolo 570
Cod. Pen. contempla anche la reclusione per chi abbandona il domicilio domestico.
Doc. Queste sono previste dallart. 146, che (sotto la rubrica Allontanamento dalla
residenza familiare) recita: Il diritto allassistenza morale e materiale previsto
dallarticolo 143 sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi senza giusta
causa dalla residenza familiare, rifiuta di tornarvi. - La proposizione della domanda di
separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del
matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare.
Disc. Quindi Caia non avr diritto neanche lassegno alimentare.
Doc. S, finch non ritorna sotto il tetto coniugale non avr neanche diritto
allassegno alimentare. A meno che, fondata o no, proponga domanda di separazione.
Doc. E lo stesso di una fondata domanda di divorzio: il venir meno della comunione
materiale e spirituale tra i coniugi.
Doc. A dir il vero larticolo 151 (che ha per rubrica Separazione personale)
richiama proprio la intollerabilit della convivenza come sufficiente condizione per
ottenere la separazione. Infatti esso recita: La separazione pu essere chiesta quando
si verificano, anche indipendentemente dalla volont di uno o entrambi i coniugi, fatti
tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare
grave pregiudizio alla educazione della prole. - Il giudice, pronunziando la
separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei
coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento
contrario ai doveri che derivano dal matrimonio.
Disc. A dir il vero, a me larticolo, che hai riportato, appare un po ridondante, specie
quando indica come motivo giustificante la separazione, accanto alla intollerabilit
della convivenza, lesistenza di fatti tali da recare grave pregiudizio
alleducazione della prole (qualora, logico intendere, non si ponga termine alla
convivenza). Sarebbe bastato il riferimento alla intollerabilit della convivenza; e
infatti un genitore non pu non sentire intollerabile una convivenza che arreca danno
ai suoi figli.
Doc. Tu hai ragione; ma non questo il punto. Il punto che il legislatore pone la
intollerabilit della convivenza come condizione, non solo sufficiente, ma necessaria
della separazione; il che assurdo, dal momento che, come abbiamo visto,
condizione sufficiente per il divorzio il semplice venir meno della comunione
spirituale e materiale dei coniugi (venir meno che di per s non rende certo
intollerabile una convivenza). Ora, se il venir meno della comunione basta a
giustificare il divorzio, tanto pi deve bastare a giustificare la separazione (che un
minus rispetto al divorzio).
Doc. Siccome risulta chiaramente, dal secondo comma dellarticolo sopra riportato,
che la separazione addebitabile a un coniuge, quando questo ha tenuto un
comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio, rinviamo sul punto
a quanto detto in precedente paragrafo su tali doveri.
Doc. No, lo vieta il terzo comma dellarticolo 150, recitando Il diritto di chiedere la
separazione giudiziale o lomologazione di quella consensuale spetta esclusivamente
ai coniugi.
Chiaramente questo significa che quei provvedimenti a tutela dei figli, che sono
previsti per il caso di separazione (in primis, laffidamento dei figli a questo anzich a
quel coniuge) non sono adottabili, fino a che almeno uno dei coniugi non si decide a
chiedere la separazione. Solo dopo che la crisi coniugale si palesata con una
separazione (con efficacia legale), si applicano, come vedremo meglio in seguito, gli
articoli 337ter e seguenti e lo Stato interviene (e pesantemente) nella gestione dei
rapporti genitori/figli - infatti lart. 337bis recita: In caso (e solo in caso!) di
separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullit del
matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio si applicano
le disposizioni del presente capo, cio, come dicevo, gli articoli 337ter e seguenti.
Disc. Poniamoci ora, non pi nel caso che Caia vuole e Caio, no; ma nel caso che sia
Caia che Caio vogliano vivere separatamente: debbono, per farlo, domandarne
autorizzazione alla Autorit giudiziaria?
Doc. No, se due coniugi sono daccordo nel vivere sotto tetti diversi, lo possono fare
liberamente (e senza tema di essere colpiti da quelle sanzioni di cui prima parlavo a
proposito, per, di allontanamento unilateralmente deciso dalla residenza coniugale).
Per debbono sapere che essi per lo Stato sono soggetti allo stesso regime che regola
due coniugi regolarmente conviventi; e ci significa (tra laltro): che non maturer
per loro il tempo necessario per chiedere il divorzio (dato che tale tempo decorre,
come abbiamo prima visto, dallavvenuta comparizione dei coniugi innanzi al
presidente, dalla data della convenzione assistita .vedi meglio quanto prima detto
a proposito del divorzio); che gli accordi tra di loro presi (circa laffidamento dei
figli, la corresponsione di un assegno alimentare .) avranno durezza ancor
minore degli accordi presi in sede di separazione: questi infatti hanno almeno vigore
rebus sic stantibus (cio, fino a che non intervengono fatti nuovi, vincolano); quelli,
invece, potranno essere cambiati, o risolti totalmente, solo che uno dei coniugi re
melius perpensa, ci ripensi e li ritenga contrari allinteresse familiare (o
semplicemente....al suo interesse).
Disc. Ho capito lantifona: ai coniugi converr chinare la testa e adottare una delle
procedure, che portano a una separazione avente effetti legali.
Due di tali procedure le abbiamo indirettamente viste parlando del divorzio, e sono
quella di fare una convenzione di separazione assistita da un avvocato e quella di
fare la separazione davanti al sindaco; la terza procedura, se ho ben capito, data
dalla separazione consensuale davanti al giudice: due parole su questa.
Disc. Andiamo avanti. Quando due persone hanno divorziato, se vogliono tornare a
vivere insieme come legittimi coniugi, debbono tornare davanti allufficiale di stato
civile per celebrare un altro matrimonio; anche Caio e Caia che si sono separati
(consensualmente o no, poco qui importa), se hanno un ripensamento, dovranno
tornare davanti allautorit (il giudice, lufficiale di stato civile o chicchessia) per
ripristinare tra di loro tutti i diritti e gli obblighi (compreso leventuale regime
patrimoniale) che avevano prima della separazione?
Doc. No, per eliminare gli effetti della separazione, basta la chiara (anche se non
espressa) volont in tal senso dei coniugi. Come si argomenta facilmente dal primo
comma dellarticolo 157, che recita: I coniugi possono di comune accordo far
cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario lintervento
del giudice, con unespressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco
che sia incompatibile con lo stato di separazione.
Disc. Quindi non basterebbe, per far cessare gli effetti della separazione, un semplice
incontro sotto le lenzuola di Caio e di Caia.
Doc. Certamente, no: occorrerebbe il ripristino tra di loro di una vera e propria
convivenza. Solo in un tal caso tornerebbero a nuova vita gli obblighi tra di loro
contratti con il matrimonio (lobbligo di fedelt, di collaborazione, di
coabitazione...tutti gli obblighi insomma che abbiamo gi visto parlando dellarticolo
143).
Doc. Dal secondo comma dellarticolo 157, che recita: La separazione pu essere
pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti
dopo la riconciliazione.
Doc. S, ma tali fatti, se non potranno essere posti a base di una domanda di
separazione, potranno pur sempre giustificare una domanda di divorzio; nei limiti
naturalmente che abbiamo prima visto - ci significa che la riconciliazione potr pur
sempre essere considerata una dimostrazione della idoneit del coniuge
colpevole a ricostituire la convivenza, nei casi, naturalmente, in cui ci ha
rilevanza per larticolo 3 della legge sul divorzio.
Disc. I casi quindi delle lesioni e dei maltrattamenti, ma non del tentato omicidio. Ma
non un po assurdo che un fatto, come il tentato omicidio, possa giustificare il
divorzio ma non quel quid minus che la separazione?
Doc. Direi di s, ma si tratta di unassurdit non evitabile data la chiara lettera della
legge.
Note
1) Art. 3 l. 1 dicembre 1970 n. 898: Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del
matrimonio pu essere domandato da uno dei coniugi (..) nei casi in cui (.) stata pronunciata
con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero stata omologata
la separazione consensuale ovvero intervenuta separazione di fatto quando la separazione di
fatto stessa iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970.- In tutti i predetti casi, per la
proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le
separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno dodici mesi dallavvenuta
comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione
personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso
si sia trasformato in consensuale, ovvero dalla data certificata nellaccordo di separazione
raggiunto a seguito di convenzione assistita da un avvocato ovvero dalla data dellatto contenente
laccordo di separazione concluso innanzi allufficiale di stato civile. Leventuale interruzione
della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta.
Doc. Praticamente la separazione fa piazza pulita di tutti gli obblighi derivanti dal
matrimonio (obbligo di coabitazione, fedelt, collaborazione...); a cui sostituisce
lobbligo di mantenimento o degli alimenti e, se vi sono dei figli, lobbligo di
permettere loro rapporti con laltro coniuge e i nonni - cos come meglio vedremo in
seguito.
E che la separazione estingua totalmente tutti gli obblighi derivanti dal matrimonio
logico, data la diversa funzione che essa assume attualmente rispetto a quella che
aveva al momento in cui fu emanato il Codice.
Quando fu emanato il Codice essa era il risultato di un compromesso: da un parte,
volendosi mantenere fermo il principio dellindissolubilit del matrimonio e,
dallaltra, non potendo esporre uno o entrambi i coniugi allo stress di una convivenza
diventata intollerabile (con rischio di conseguenti scenate, litigi, percosse e peggio:
tutte cose che avrebbero finito per vulnerare quella stessa immagine dellistituto
matrimoniale, che si voleva tutelare) si mirava con la separazione a liberare i coniugi
almeno da quello considerato tra gli obblighi il pi pesante (e il pi foriero di liti!),
lobbligo della coabitazione. Gli altri obblighi, nei limiti in cui non implicavano una
frequentazione tra i coniugi, permanevano e non potevano non permanere, dato che
Caio e Caia, anche se non coabitavano pi, erano pur sempre persone che, di fronte
alla societ, erano marito e moglie e tali destinati a restare fino a che la morte
(finalmente!) non li dividesse.
Ora, caduto il mito dellindissolubilit del matrimonio, certamente nulla impedisce a
Caia e a Caio, se cos loro piace, di restare, nonostante il cessare della coabitazione,
marito e moglie vita natural durante, ma lesito naturale e a brevissimo termine della
separazione il divorzio; ci risaputo e notorio e, dalla Societ, Caio e Caia non
sono pi visti come marito e moglie, ma come due separati in attesa di divorzio.
Disc. E allora lo stallo della separazione a che serve? Perch il Legislatore non
permette a Caio e a Caia di accedere subito al divorzio?
Doc. Perch il Legislatore vuole mettere alla prova i sentimenti di Caio e Caia:
verificare che la loro decisione di separare le loro vite non sia dovuta a una
temporanea incomprensione destinata a rientrare con una (dal Legislatore, auspicata)
riconciliazione.
Doc. No, il legislatore sul punto tace; ma basta a dedurre la sua volont, nel senso che
ti ho detto, il fatto che si limiti - in quella parte del Codice, che dovrebbe essere la
naturale sede della disciplina di tutti i reciproci diritti e obblighi dei coniugi dopo la
separazione (capo V, titolo VI, libro primo) - a indicare e disciplinare il diritto al
mantenimento (nellarticolo 156) e il diritto al cognome (nellart.156bis).
Disc. E invece, non cos; e non cos perch, come tu dicevi, il Legislatore vuole
porre un freno alle separazioni; ma come si giustifica questa sua volont?
Doc. Si giustifica col fatto che mentre nel caso di matrimonio nullo, la sua
persistenza a costituire un danno sociale nel caso del matrimonio valido la sua
rottura a costituirlo.
Disc. Perch la rottura del matrimonio e, quindi, della unit familiare costituisce un
danno sociale?
Doc. Prima di tutto, perch danneggia i membri della famiglia; e questo per almeno
due motivi.
Primo: perch diminuisce i beni di cui i componenti la famiglia possono permettersi
di fruire. Mentre, Caio e Caia, quando coabitavano, potevano permettersi di fruire dei
beni A,B,C, essi, dopo la separazione, potranno permettersi di fruire solo dei beni A e
B.
Doc. Eppure facile da capire: mentre Caio e Caia, prima, potevano guardare la
televisione, perch una televisione, mettendo i soldi tutti e due erano riusciti a
comprarla, e bastava una televisione per tutti e due perch tutti e due insieme se la
guardavano la sera in salotto; dopo, una volta separatisi, ciascuno di loro deve
comprarsi una televisione dato che da solo deve guardarsela e....non detto che abbia
i soldi per farlo; e lo stesso puoi ripetere, mutatis mutandis, per beni come la luce, il
gas ecc.
Disc. Capisco, passa a indicare il secondo motivo per cui la rottura della unit
familiare danneggia i componenti della famiglia.
Doc. Questo secondo motivo va ravvisato nella necessit in cui, non sempre ma
frequentemente, si trovano i coniugi, Caio e Caia, di reimpostare la propria vita: Caia,
sposandosi, aveva lasciato linsegnamento per fare la casalinga, ora, separatasi, dovr
smettere di fare la casalinga e cercare di reinserirsi nel mercato del lavoro; e non sar
facile per lei riacquisire le abilit e le cognizioni a ci necessarie.
Doc. Lo dico per ultimo, ma non certo il meno importante: la rottura dellunit
familiare produce disorientamento e stress negli (eventuali) figli.
Disc. Quelli da te ora indicati sono danni che colpiscono direttamente i membri della
famiglia e solo indirettamente la Societ: vi sono danni che colpiscono questa
direttamente?
Doc. Certo, ci sono; basti pensare che la Societ ha il dovere di procurare un tetto, la
luce, il gas ecc. a tutti i suoi membri e, la frantumazione della famiglia di Caio, la
costringe a procurare due appartamenti, invece di uno, a raddoppiare quella
produzione della luce e del gas, che prima forniva alla famiglia (unita) di Caio, e cos
via.
Disc. Daccordo, occorre porre un freno a Caio, che, fatto il debito paragone tra la
pelle vellutata della sua segretaria e quella ormai raggrinzita della moglie, sarebbe
tentato di mollare questa e andare ad abbracciare quella; occorre in buona sostanza
dirgli Attento, separarsi costa! ch, oltre a dare dei soldi alla segretaria dei tuoi
sogni, dovrai passare un assegno mensile a tua moglie!.
A questo punto per il problema: quale lammontare dellassegno? Che dice sul punto
il legislatore?
Doc. Quel che dice risulta dallarticolo 156, che - sotto la rubrica Effetti della
separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi - recita:
Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non
sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dallaltro coniuge quanto
necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri.
Lentit di tale somministrazione determinata in relazione alle circostanze e ai
redditi dellobbligato.
Resta fermo lobbligo di prestare gli alimenti di cui agli artt. 433 e seguenti.
Disc. Dunque risulta chiaro che un coniuge ha diritto al mantenimento solo quando:
1- la separazione non a lui addebitabile; 2- quando, per mantenersi, non abbia
adeguati redditi propri- se li avesse nulla potrebbe chiedere.
Questo, ripeto, chiaro; o meglio lo sarebbe se il legislatore ci avesse detto quale sia
il tenore di vita a cui il coniuge separato ha diritto: infatti le cose cambiano, cambia la
soluzione da darsi alla questione, se Caio debba passare un assegno a Caia, a seconda
del tenore di vita a cui si ritiene Caia abbia diritto: Caia ha un reddito di mille euro:
se si ritiene che essa abbia diritto a pasteggiare solo con acciughe sotto olio, il suo
reddito di mille euro deve ritenersi perfettamente adeguato al suo mantenimento (e
quindi Caio non dovr passarle nessun assegno); se si ritiene che abbia diritto a
pasteggiare ad ostriche e champagne, no (e Caio dovr rassegnarsi ad aprire il suo
portafoglio).
Dunque, ripeto, il problema, che ci pone la lacunosa disposizione legislativa, : A
quale tenore di vita Caia ha diritto? ha diritto al tenore di vita, che aveva prima di
sposarsi (per cui Caio, che un principe, e ha sposato Caia, che era una lavandaia,
deve solo preoccuparsi di assicurare a questa il tenore di vita di una lavandaia)? Direi
di no, perch, se il tenore di vita di Caia era da nubile inferiore al tenore, di cui
venuta a godere col matrimonio, abbandonare questo per ritornare a quello verrebbe a
costituire per lei una sorta di trauma (quindi, di sofferenza), di cui non sembra giusto
gravarla; mentre se, al contrario, il suo tenore di vita era da nubile superiore,
permetterle di goderlo nuovamente, sarebbe per lei un premio, che parrebbe
ingiustificato (premiarla, perch? di che?).
Disc. Escluso che Caio debba assicurare a Caia il tenore di vita che questa aveva da
nubile, non resta che pensare chegli debba assicurare a Caia il tenore di vita che essa
aveva durante il matrimonio.
Doc. No, qui ti sbagli. E sbagli perch non tieni conto, che, come prima accennato,
per assicurare tale tenore di vita dopo la separazione, occorre una esborso di denaro
maggiore di quello occorrente durante il matrimonio maggiore esborso che per Caio
probabilmente sarebbe molto difficile sopportare, tenuto conto che con la separazione
aumentato per lui il costo della vita (probabilmente gli occorre pagare una
collaboratrice domestica ecc.ecc.). Quindi assicurare a Caia lo stesso tenore di vita, di
cui godeva durante la convivenza, comporterebbe il rischio di abbassare, e di molto,
sotto di quello, il tenore di vita di Caio.
Disc. E allora?
Doc. E allora si deve partire dal principio che tutti membri della famiglia, anche a
separazione avvenuta, debbono avere lo stesso tenore di vita, cos come abbiamo
visto deve avvenire in costanza di matrimonio. Il che comporter quasi
inevitabilmente una diminuzione del tenore di vita di Caia rispetto a quello che aveva
prima della separazione.
Disc. Stabilito che Caio e Caia debbono avere lo stesso tenore di vita, mi pare
vengano a porsi vari problemi.
Primo: abbiamo visto, studiando larticolo 144, che, in costanza di matrimonio, il
tenore di vita della famiglia, frutto della decisione concorde dei due coniugi (per cui
potrebbe ben accadere che due coniugi ricchissimi decidano di vivere da poveracci o
che due poveracci decidano di vivere da miliardari, metti, dilapidando il loro
patrimonio). Questo durante la convivenza, ma quando i coniugi sono uno di qua e
laltro di l e non si parlano neanche, per cui non neanche da pensarsi che prendano
una decisione in comune, come si stabilisce il livello del tenore di vita (di cui la
famiglia deve godere)? lo si stabilisce avendo come punto di riferimento il livello del
tenore di vita goduto dai coniugi durante la coabitazione? oppure lo si stabilisce al
livello massimo che la potenzialit economica dei coniugi permetterebbe di
raggiungere?
Disc. Altro problema: poniamo che la spesa necessaria per procurare a Caia il tenore
di vita a cui ha diritto, sia di millecinquecento euro: prima (idest, durante la
coabitazione), avendo Caia il reddito di millecinquecento e Caio il reddito di
quattromilacinquecento, Caia avrebbe contribuito (ai sensi del terzo comma
dellart.143) a tale spesa solo per un terzo, cio con cinquecento euro; ora che
separata deve invece, a tale spesa, contribuire con millecinquecento euro (dal
momento che il reddito che percepisce e che si ricordi, di millecinquecento euro -
le permette di sostenere tale spesa)?
Doc. Certamente il legislatore nellultima parte dellarticolo 156 si riferisce, non solo
ai redditi effettivamente percepiti dal coniuge, ma anche a quelli che potrebbe
percepire svolgendo unattivit lavorativa. Nessun dubbio quindi che non possa
vantare nessun diritto al mantenimento Caia, la quale non percepisce nessun reddito
perch non vuol far niente, cos come era abituata a non far niente quando conviveva.
Diverso per il caso da te fatto. Al riguardo si deve riflettere, guardando pi a fondo
nella ratio della legge, che quello che questa si propone, non tanto che tutti i
membri della famiglia godano dello stesso tenore di vita, ma che tutti loro godano
dello stesso benessere; e con ci intendo riferirmi, non solo a un uguale benessere
materiale, ma anche ad un uguale benessere psichico. Ora di certo non si potrebbe
dire che Caio e Caia godano dello stesso benessere psichico, se tutti e due possono
avere, s, la disponibilit degli stessi beni di consumo, ma Caio facendo un lavoro che
lo gratifica e Caia facendo un lavoro che la usura o la umilia.
Disc. Quindi Caio dovr nel caso provvedere al mantenimento di Caia (in tutto o in
parte). Poniamoci ora in questo altro caso: Caio gi prima della separazione aveva un
figlio naturale, Marietto: ora, per provvedere ai bisogni di Marietto, Caio ogni mese
deve togliersi dal portafoglio duemila euro; domanda: Caio potr dire a Caia
Riduci il tuo tenore di vita, perch io pi di mille al mese non ti posso dare perch
duemila gi li devo dare a Marietto?
Doc. Certo che lo potr dire: i duemila euro non li usa mica per andare al ristorante o
al ballo, cio per adottare un tenore di vita migliore di quello di Caia: i duemila euro
li usa per adempiere ad un obbligo giuridico costituzionalmente garantito: mantenere
il figlio naturale.
Disc. E direi allora che poco importa se Caio tale obbligo (tale figlio naturale) lo
aveva prima della separazione o dopo: in altre parole, Caio potr giustificare una
riduzione dellassegno anche per mantenere un figlio naturale da lui concepito dopo
la separazione. Che dire, per, se Caio vuole giustificare la riduzione dellassegno di
mantenimento con le spese, che a lui causa il mantenimento di una compagna?
Disc. Ti faccio ora il caso inverso: Caia, una volta separatasi da Caio I, ha trovato...un
Caio II; quindi mentre il marito Caio I vive solo soletto in un appartamento, di cui
sopporta tutte le spese, Caia, invece, coabita con Caio II e con lui divide tutte le spese
(della locazione, della luce, del cibo ecc.ecc.); domanda: nel calcolare lassegno che
Caio I deve passare a Caia, si deve tenere conto delle minori spese che essa deve
sostenere per godere del tenore di vita a cui ha diritto?
Doc. La risposta da darsi a questa tua domanda controversa tra gli Studiosi, per a
mio parere dovrebbe essere positiva, a patto che la contribuzione alle spese di
Caio II possa considerarsi stabile.
Diverso il caso che Caia fosse sollevata dalle spese da una persona (i genitori, un
amante, poco importa) con lei non convivente. In tale caso bisognerebbe a mio parere
accertare il motivo per cui questa persona contribuisce alle spese di Caia:
contribuisce per mero spirito liberale? In tale ipotesi io non vedrei controindicazioni
alla riduzione dellassegno (cos come non le vedrei se Caia si fosse arricchita in
seguito ad uneredit: uneredit, una donazione a rigore non sono un reddito, ma
quando larticolo 156 parla di reddito adeguato, vuole semplicemente dire che
lassegno non dovuto a un coniuge, che ha i soldi per provvedere a s stesso). La
contribuzione viene invece data per sopperire allinerzia di Caio? Allora, no: in tal
caso la riduzione dellassegno non sarebbe giustificata: Caio I dovr pagare, non
ridotto ma integrale, il suo assegno, e se non lha fatto prima, dovr pagare gli
arretrati, con cui Caia adempir il suo dovere morale di rimborsare, chi
generosamente ha sopperito allinadempimento del marito.
Doc. No, per a Caia riconosciuto il diritto ad una quota delleredit lasciata da
Caio.
Disc. Anche minore di quella ad essa spettante per le norme da te prima citate?
Doc. S, anche minore; per nonostante ogni contraria volont del testatore (di Caio),
la quota spettante a Caia non potrebbe essere inferiore a una certa quantit. Infatti
Caia fa parte dei c.d. eredi legittimari (art. 536); cio di quelle persone a favore
delle quali la Legge riserva una quota di eredit o altri diritti nella successione,
nonostante ogni volont contraria del de cuius hereditate agitur (di caio, per
intenderci).
Doc. Per il caso che con lui non concorrano dei figli (del de cuius), della met; pi
precisamente lart. 540 recita:
A favore del coniuge riservata la met del patrimonio dellaltro coniuge, salve le
disposizioni dellart. 542 per il caso di concorso con i figli.
Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di
abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la
corredano, se di propriet del defunto o comuni.(.....).
Disc. E la quota riservata a Caia in caso di concorso con i figli quale sarebbe?
Disc. Quindi Caia, alla morte di Caio, dovr spartire leredit con i suoi figli (o, in
caso di loro premorienza. con chi li rappresenta ai sensi dellart. 467 e ss.); ma se
Caio non ha figli, per a lui sono sopravvissuti uno o pi ascendenti? Caia dovr
spartire leredit anche con loro?
Disc. E con ci abbiamo visto i diritti di natura patrimoniale spettanti al coniuge a cui
non addebitabile la separazione.
Mettiamoci invece ora nel caso di Caia, a cui la separazione addebitabile: il nostro
legislatore le riconosce dei diritti?
Doc. S, in vita di Caio le riconosce (nel terzo comma dellarticolo 156) il diritto agli
alimenti di cui agli articoli 433 e ss; alla morte di Caio, le riconosce (con larticolo
548) un assegno vitalizio. Pi precisamente larticolo 548 recita:
Il coniuge cui stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato ha
diritto soltanto ad un assegno vitalizio se al momento dellapertura della successione
godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto. Lassegno commisurato alle
sostanze ereditarie e alla qualit e al numero degli eredi legittimi e non comunque
di entit superiore a quella della prestazione alimentare goduta. La medesima
disposizione si applica nel caso in cui la separazione sia stata addebitata ad entrambi i
coniugi.
Disc. Che lassegno sia commisurato alle sostanze ereditarie, e non alle sostanze
degli eredi, mi pare perfettamente logico; meno logico mi pare che a Caia non venga
riconosciuto nessun assegno nel caso le sue condizioni economiche, tali da non
dargliene diritto al momento dellapertura della successione, poi peggiorino tanto da
renderlo necessario: Caia naviga nelloro al momento della morte di Caio (e quindi
non ha diritto agli alimenti); due anni dopo per la sua situazione capitombola, Caia
cade in miseria: perch non riconoscerle il diritto allassegno?
Mutatis mutandis il discorso potrebbe ripetersi per il caso che Caia abbia diritto
allassegno tot al momento dellapertura della successione, e poi la sua situazione
economica peggiori: perch in un tal caso lasciare inalterato lassegno, perch non
riconoscere a Caia il diritto ad un assegno tot + un quid?
Doc. Perch gli eredi, al momento di accettare leredit, debbono essere in grado di
conoscere gli obblighi che la gravano e non pare giusto esporli al rischio del sorgere
di future obbligazioni.
Disc. Non capisco poi il riferimento che larticolo fa al numero degli eredi
legittimi: perch il quantum dellassegno dovrebbe cambiare in relazione al numero
dei suoi debitori?
Doc. A dir il vero questo non lo capisco bene nemmeno io. Forse una spiegazione del
busillis si avrebbe, se si interpretasse larticolo in esame come se ponesse il carico
dellassegno (non su tutti gli eredi, testamentari o legittimi che fossero, ma) solo sugli
eredi legittimi: in tal caso potrebbe essere giusto ridurre un assegno, che calcolato
in relazione alle sostanze ereditario sarebbe ragguardevole, in considerazione del
fatto che esso viene a gravare, metti, su uno solo degli eredi, quello legittimo (mentre
sarebbe logico aumentare lassegno se gli eredi legittimi fossero due o pi).
Doc. A dir il vero si giustifica assai poco: la cosa logica sarebbe riconoscere a tale
coniuge gli stessi diritti che che gli articoli 128 e ss. riconoscono, in caso di nullit
del matrimonio, al coniuge in mala fede.
Disc. E cio.
Disc. Tu non consideri per che la separazione, almeno nelle speranze del legislatore,
potrebbe essere temporanea e finire con una riconciliazione: a questa bene che il
coniuge, anche se colpevole, arrivi in buona salute e non...morto di fame.
Doc. Forse s, forse questa potrebbe essere una giustificazione, anche se molto labile,
del diritto agli alimenti del coniuge (a cui la separazione addebitabile). Ma il
sospetto che limposizione, prima, di un obbligo alimentare al coniuge
incolpevole, e, poi, di un assegno alimentare ai suoi eredi, si giustifichi solo con la
volont dello Stato di scaricare sulle spalle del privato (del povero coniuge
incolpevole) il peso di provvedere alle necessit di chi, prima ha sfasciata la famiglia,
e, poi, si trovato senza aiuti e nella necessit di tendere la mano.
Disc. Tu, allinizio dei nostri discorsi, hai accennato a due diritti minori che
vengono in questione al momento di separarsi: il diritto al cognome e il diritto
allabitazione. Anche se minori a me pare che anche questi diritti meritino qualche
parola in pi.
Disc. Quindi, dal momento che - (mentre il legislatore ha formulato larticolo 540
pensando soprattutto al coniuge non separato) - qui noi ragioniamo nel presupposto di
un coniuge separato, labitazione in cui questi ha diritto di continuare a vivere, pu
anche non essere quella in cui conviveva con laltro coniuge (premortogli).
Disc. Ho capito. Vediamo ora quali sono i presupposti a cui subordinato il diritto
allabitazione quando laltro coniuge ancora in vita (quindi nel contesto di una
separazione in atto). Penso che il presupposto fondamentale che la separazione
non sia addebitabile al coniuge (che aspira alla casa).
Doc. Cos deve ritenersi, pur nel silenzio della legge, se i coniugi non hanno figli. Se
invece ne hanno lunico vero presupposto dellassegnazione della casa familiare
linteresse dei figli: non si vuole causare loro il disagio di quel cambiamento di
residenza, che comporterebbe la rottura di relazioni amicali, il cambio di una scuola,
il cambio di abitudini. E siccome i figli ben possono essere stati affidati al coniuge
colpevole, ecco perch diventa irrilevante, nellassegnazione della casa, stabilire a
quale coniuge sia addebitabile la separazione. Tutto questo ti risulter, penso, pi
chiaro dalla semplice lettura del primo comma dellarticolo dellart. 337 sexies, che
recita:
Il godimento della casa familiare attribuito tenendo prioritariamente conto
dellinteresse dei figli. Dellassegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei
rapporti economici tra i genitori, considerando leventuale titolo di propriet. Il diritto
al godimento della casa familiare viene meno nel caso lassegnatario non abiti o cessi
di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo
matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e
opponibili a terzi ai sensi dellarticolo 2641
Doc. Chiaramente il cognome che la moglie (ai sensi dellart. 143bis) ha aggiunto al
suo al momento di sposarsi. Ebbene questo cognome aggiunto pu essere
eliminato, alcune volte a tutela del marito, altre a tutela della moglie. Cos come
risulta dallarticolo 156 bis, che recita:
Il giudice pu vietare alla moglie luso del cognome del marito, quando tale uso sia
a lui gravemente pregiudizievole e pu parimenti autorizzare la moglie a non usare il
cognome stesso, qualora dalluso possa derivarle grave pregiudizio.
Doc. Nel caso i coniugi, che si vogliono separare, abbiano dei figli minorenni, si
pongono tre principali problemi: I- a chi attribuire quella responsabilit genitoriale
che, quando i coniugi convivevano, era esercitata (per lart. 316) di comune
accordo da entrambi i genitori (chi decider, quale scuola devono frequentare i figli?
chi decider se sottoporre, o no, il figlio Marietto a quella operazione chirurgica?.. ..);
II - presso chi collocare i figli (presso il padre? presso la madre? presso
unistituzione?....); III- chi gravare dellobbligo di mantenere i figli (il padre? la
madre?.. .).
Doc. La soluzione preferita dal Legislatore per questo problema il c.d. affidamento
condiviso.
Disc. Com possibile che un figlio sia affidato contemporaneamente a Caio e a Caia,
se questa e quello vivono in luoghi differenti, metti, luno a Roma, laltra a Milano?!
Doc.Non ti devi lasciare trarre in inganno dal termine affidamento - che senza
dubbio infelice in quanto suggerisce lidea che il compito del genitore affidatario
sia, almeno principalmente, quello di sorvegliare, custodire il figlio, ci che
richiederebbe quella coabitazione tra affidato e affidatario che renderebbe in effetti
impossibile il contemporaneo affidamento di un figlio a due genitori che vivono in
luoghi diversi. In realt il coniuge affidatario che pu essere diverso dal coniuge
collocatario, che il coniuge con cui il figlio convive - il coniuge a cui attribuito
lesercizio della responsabilit genitoriale. Affidamento condiviso, pertanto,
significa che i coniugi, non diversamente da quel che avveniva quando coabitavano,
debbono esercitare la potest genitoriale di comune accordo: precisamente il secondo
comma dellart. 337 ter: (....il giudice) valuta prioritariamente la possibilit che i
figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quali di essi i figli
sono affidati, fissando altres la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve
ocntribuire al mantenimento, alla cura, allistruzione e alleducazione dei figli.
Doc. Il Legislatore non considera la difficolt dei coniugi di comunicare tra di loro
difficolt che pu essere dovuta, sia a una loro conflittualit, come tu ora hai
accennato, sia a una loro eccessiva lontananza (uno abita a Palermo, laltro a Roma) -
come ostativa allesercizio condiviso della responsabilit genitoriale.
Del resto, esercizio condiviso della responsabilit, non significa che tutte le decisioni
debbono essere prese insieme dai coniugi: le decisioni bagatellari (cio su questioni
di poco conto: comprare questo o quel vestito? concedere al figlio questa o quella
spesuccia?.. ..) potranno essere prese senzaltro da uno solo dei coniugi
(presumibilmente dal coniuge collocatario), senza necessit di consultare laltro
coniuge. E pure le decisioni (non pi bagatellari, ma) di ordinaria amministrazione,
potranno essere prese separatamente dai coniugi; per in questo caso solo se il
giudice ha disposto in tal senso; cos come risulta dallultima parte del terzo comma
prima citato, che recita: Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria
amministrazione, il giudice pu stabilire che i genitori esercitino la responsabilit
separatamente.
Doc. Perch, nel corpo del terzo comma citato, il legislatore dispone che: Le
decisioni di maggiore interesse per i figli relative allistruzione, alleducazione e alla
salute sono assunte (dai genitori) di comune accordo (). Per poi proseguire col
disposto gi riportato: Limitatamente alle questioni di ordinaria amministrazione, il
giudice pu stabilire che i genitori esercitino la potest separatamente. Tutto ci
senza dubbio permette di argomentare a contrario, che sono di ordinaria
amministrazione, come ti dicevo prima, le decisioni che non riguardano listruzione,
leducazione e la salute o, pur riguardando listruzione, leducazione, la salute, non
rivestono un particolare interesse. Mi rendo conto per che questa risposta, pur
essendo la migliore che si possa dare alla domanda che prima mi hai fatta, non d un
criterio sicuro per distinguere tra decisioni di ordinaria e di straordinaria
amministrazione. Tale distinzione deve essere fatta dal giudice in base al suo intuito e
al suo buon senso.
Disc. Che succede se Caio e Caia non si mettono daccordo su una decisione da
prendere (metti, Caio vuol mandare il figlio alla scuola pubblica, Caia, alla scuola
privata)?
Doc. In tal caso il giudice non interviene; e se la decisione non viene presa.... poco
male, dal momento che le decisioni di ordinaria amministrazione sono per definizione
quelle che possono anche non essere prese senza danno, o almeno gran danno, del
figlio. Del resto, quella di escludere lintervento del giudice nelle questioni di
secondaria importanza, la stessa politica che abbiamo visto adottare nellarticolo
316; ti ricordi che lincipit del terzo comma di tale articolo suonava: In caso di
contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori pu ricorrere
senza formalit al giudice ecc. ecc. (cosa per cui era facile argomentare che sulle
questioni di secondaria importanza tale ricorso non era ammissibile)?
Disc. Certo che mi ricordo. Ma mi ricordo anche che, nel caso di decisioni di
straordinaria importanza, il giudice, s, interveniva per fare opera di mediazione, ma,
se questa falliva, la decisione non la prendeva lui, ma, diversamente da quanto
dispone larticolo 156, la rimetteva a uno dei coniugi. E questa diversit di disciplina
tra coniugi separati e no, io non me la spiego.
Disc. Ma gli articoli 315bis e seguenti sono applicabili anche ai genitori separati?
Disc. Che succede se la mancanza di dialogo tra i coniugi diventa totale e ogni
decisione nellinteresse del figlio ne risulta bloccata?
Doc. In una tale ipotesi il giudice molto probabilmente, in prima battuta, disporr (ai
sensi del disposto del terzo comma art. 337 ter, gi da noi preso in considerazione)
che limitatamente alle questioni di ordinaria amministrazione i genitori esercitino
la potest separatamente (e, se del caso potr attribuire addirittura a ciascun coniuge
una sfera di sua esclusiva competenza: Tu, Caio prenderai le decisioni relative
allamministrazione del patrimonio del figlio, tu, Caia prenderai quelle relative alla
sua salute ed istruzione); se questo primo provvedimento (peraltro, tengo a
sottolineare, non obbligatorio, del tutto facoltativo) facesse.... flop (o si rivelasse a
priori inefficace), al giudice non resterebbe che affidare lesercizio della
responsabilit genitoriale a un solo genitore.
Disc. Quindi il giudice ha il potere di derogare alla regola (espressa dallincipit del
terzo comma dellarticolo 337ter) dellaffidamento condiviso.
Doc. S, per: solo se lo richiede linteresse del minore (quellinteresse del minore
che peraltro deve ispirare ogni provvedimento del giudice in subiecta materia); e solo
con provvedimento motivato.
Doc. Oltre al caso, che abbiamo gi fatto, del blocco del potere decisionale per
incomunicabilit dei coniugi, tu puoi pensare al caso del genitore che si disinteressa
totalmente del figlio (non lo va a trovare, non si preoccupa di sapere se va bene o
male a scuola ecc. ecc.) o addirittura lo maltratta o ne abusa.
Disc. Casi che, peraltro, potrebbero portare allapplicazione degli articoli 330 e ss;
articoli che, ben ricordo, contemplano, tra i vari provvedimenti adottabili dal giudice
in ipotesi di gravi violazioni dei doveri genitoriali, anche la decadenza dalla
amministrazione dei beni del minore o addirittura dalla responsabilit genitoriale.
Disc. Una cosa mi pare chiara: in subiecta materia i poteri del giudice sono
amplissimi. Ma andiamo oltre, parliamo della seconda, importante questione che
inevitabilmente viene a porsi al giudice della separazione: presso quale genitore
collocare i figli? Dice qualche cosa il legislatore sui modi e i criteri per risolverla?
Doc. S, lo dice (anche se more solito confusamente). Nel primo comma (con quella
solennit con cui sono espressi i principi cardine del diritto) egli afferma che
Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di
mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere
cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli
ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Poi, nellincipit del secondo
comma (sempre con una certa solennit) continua affermando che Per realizzare la
finalit indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale
dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento
allinteresse morale e materiale di essa.
Disc. Ma dopo essersi riempita la bocca di cos tante belle parole, il legislatore viene
al dunque? dice qualcosa di chiaro sul luogo in cui debbono andare ad abitare i figli,
sulle persone con cui debbono convivere?
Doc. Di chiaro, no, questo non lo si pu pretendere da certe teste, ma qualcosa dice.
Infatti il secondo comma dellart. 337 recita: (il giudice altres) determina i tempi e
le modalit della loro presenza (idest, della presenza dei figli) presso ciascun
genitore.
Disc. Sembrerebbe che la volont del legislatore sia che i figli vivano un po con
luno e un po con laltro dei genitori (a gennaio Marietto va a dormire a casa di pap,
a febbraio a casa di mamma).
Doc. Il nostro legislatore, non unaquila, ma non neanche pazzo: certo non vuole e
non pu volere questo: una persona, specie se ancora bambina o adolescente,
impazzirebbe se dovesse vivere un po in una casa e un po in unaltra. Chiaramente il
giudice disporr che i figli siano collocati (per usare una brutta espressione, che
per fa parte del linguaggio forense) presso un determinato genitore (o anche presso
un terzo - i nonni, unistituzione se la convivenza con i genitori, per la loro condotta
immorale o per altro motivo, si ha ragione di temere che sia per essi nociva), e l essi
vivranno stabilmente. Poi, in certi giorni (Natale, Pasqua,,,) e in certi periodi
dellanno (il periodo estivo...) - che il giudice avr cura di determinare (a meno che la
verificata maturit dei coniugi permetta di rimettere alla sola decisione di questi la
loro determinazione) andranno (brevemente) ad abitare da questo o quel genitore.
Disc. Ma a questo punto viene naturale una domanda: ma la volont dei genitori non
conta nulla, non hanno essi nessuna voce in capitolo?
Doc. Certo che ce lhanno; come risulta dal secondo comma dellarticolo 337ter il
quale (tra le altre cose) ci dice: (Il giudice) prende atto, se non contrari allinteresse
dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. E tali accordi naturalmente
potrebbero riguardare, anzi di solito riguarderanno, anche i giorni e i periodi
dellanno in cui i figli staranno ora con questo ora con quel genitore.
Disc. Per se il giudice pu limitarsi a prendere atto di tali acordi, vuol dire che
egli da tali accordi non vincolato.
Doc. Esatto. Per a tale regola, si fa eccezione per gli accordi dei coniugi sullentit
del contributo, che ciascuno di essi deve dare per il mantenimento dei figli.
Disc. E allora il momento di parlare del terzo grave problema, che sorge in caso di
crisi matrimoniale: il mantenimento dei figli. E al riguardo la prima domanda che si
pone : quale tenore di vita va riservato ai figli? A te la risposta.
Doc. Nel risponderti sono costretto a ripetere le cose gi dette sullanalogo problema,
che sorge a riguardo del mantenimento del coniuge (economicamente pi debole):
tutti i membri della famiglia hanno diritto allo stesso tenore di vita e questo
possibilmente deve essere al livello di quello che godevano, quando la famiglia era
ancora unita. Possibilmente, perch, come gi abbiamo avuto occasione di
osservare, la crisi della famiglia quasi inevitabilmente comporter un aumento di
spese e quindi un abbassamento del tenore di vita di tutti i suoi membri.
Disc. A questo punto si pone laltra importantissima domanda: chi deve sostenere le
spese del tenore di vita, a cui i figli hanno diritto?
Doc. Risponde a questa tua domanda il quarto comma dellarticolo 337 ter e vi
risponde in modo sostanzialmente conforme al disposto del primo comma dellart.
316bis, anche se con parole diverse e un p meno precise; ecco come suona il comma
in questione:
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori
provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito.
Disc. Ci significa che, se Caio nulla guadagna perch nulla vuol fare, nulla deve
dare come contribuzione al mantenimento dei figli e che, se Caio (poco abile o poco
fortunato) ricava dalla sua professione il misero misero redditto di mille, per dai
suoi appartamenti o dai suoi capitali in banca riceve (qui benedetto dalla sorte!) una
rendita di diecimila, deve dare solo in proporzione di mille (e non anche di
diecimila)?
Doc. Ne risulta che il giudice (naturalmente!) deve tenere conto delle attuali
esigenze del figlio (guarda, sub numero 1 del comma prima citato), del tenore di
vita (da lui) goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori (guarda sub 2),
delle risorse economiche di entrambi i genitori (guarda sub 4) - ma non si deve
limitare a ci, non deve cio una volta stabilito, metti, che la spesa (per assicurare
quel dato tenore di vita al figlio) di nove, che Caio ha un reddito di seimila e Caia di
tremila semplicisticamente concludere che Caio deve contribuire con sei e Caia con
tre. No assolutamente, ci, ripeto, sarebbe semplicistico: tu, giudice devi tenere anche
conto (guarda sub tre) dei tempi di permanenza (del figlio) presso ciascun coniuge
(per tutto il mese di agosto il figlio stato a dormire e a pasteggiare dal padre? ci ha
comportato per questi una spesa di mille? ebbene questi mille, almeno in parte un
calcolo puramente matematico sarebbe errato vanno detratte dalle seimila che il
padre dovrebbe dare mensilmente); ma non solo, tu giudice devi anche tenere conto
(guarda sub. 5) della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da
ciascun genitore (Caia ha passato varie ore a trafficare dietro ai fornelli e a pulire la
casa, perch i figli vivano nel benessere? ebbene ci ha fatto risparmiare quei mille
euro che altrimenti sarebbero stati necessari per pagare una collaboratrice domestica,
e dunque quei mille euro vanno computati nel contributo che Caia dovrebbe dare).
Doc. Comma quattro dellart. 337 ter: Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti
dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura
proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la
corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di
proporzionalit, da determinare considerando:
le attuali esigenze del figlio;
il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
le risorse economiche di entrambi i genitori;
la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
Doc. Si, naturalmente se ne tiene conto. E infatti se leggi bene il primo comma
dellart. 337 sexies vi trovi scritto che Dellassegnazione il giudice tiene conto nella
regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato leventuale titolo di
propriet.
Disc. Nella vita, come si sa, le situazioni cambiano: Caio, che era ricco, pu diventare
povero (o da povero pu diventare ricco); Caio, che prima abitava a Palermo, mentre
moglie e figli abitavano a Roma, pu riuscire a trasferirsi a Roma; soprattutto, mille
euro, che hanno una capacit dacquisto 10 al momento della separazione, possono
vedere scendere la loro capacit di acquisto a 8: orbene il Legislatore tiene conto di
ci?
Doc. S, ne tiene conto nellart. 337 quinquies, che recita: I genitori hanno diritto di
chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti laffidamento dei
figli, lattribuzione dellesercizio della responsabilit genitoriale su di essi e delle
eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalit del contributo
Disc. Fino ad adesso ci siamo messi solo nel caso che i figli fossero minorenni, ma in
realt essi potrebbero essere maggiorenni (o diventare maggiorenni durante il tempo
della separazione): il Legislatore provvede anche per loro (che pur maggiorenni
potrebbero non avere ancora raggiunta lindipendenza economica)?
Disc. Quindi lassegno, almeno di regola, andr versato direttamente al figlio (non
al genitore).
Doc. Io non direi che di regola lassegno andr versato al figlio. Sar cos, se il
figlio non convive con il genitore; se, invece, convive, buon senso vorr che, ad
evitare giri viziosi, sia versato direttamente al genitore.
Doc. La crisi del matrimonio, se non transitoria, sfocia (di solito) nel divorzio
(rectius vedi gli artt. 1 e 2 della legge sul divorzio, la Legge 1 dicembre 970 n.898
nello scioglimento del matrimonio o, se questo stato celebrato col rito religioso
ed stato regolarmente trascritto, nella cessazione degli effetti civili conseguenti alla
trascrizione).
Dobbiamo quindi ora vedere come incide il divorzio sui rapporti tra coniugi.
Disc. E, direi anche, sui rapporti genitori-figli.
Doc. Per quel che riguarda i rapporti genitori-divorziati e figli, possiamo limitarci a
richiamare quanto detto sui rapporti genitori-separati. Infatti, anche se la legge sul
divorzio contiene (negli articoli 6 e 7) delle disposizioni proprie (e formulate anche in
maniera talvolta sensibilmente diversa da quelle del Codice Civile) per disciplinare i
rapporti tra genitori (divorziati) e figli, tali disposizioni in definitiva si ispirano (e
comunque vanno interpretate in base) agli stessi principi che ispirano le norme del
Codice Civile; di modo che si pu concludere che i doveri del genitore divorziato
verso i figli sono gli stessi di quelli che ha verso di essi il genitore separato E non pu
essere che cos dal momento che linteresse che si preoccupa di tutelare il Legislatore
sia con limposizione dei primi sia con limposizione dei secondi lo stesso.
Disc. Bene; limitiamoci allora allesame dei rapporti tra coniugi. E cominciamo da
quelli di carattere personale, riservandoci di parlare in un secondo momento di quelli
di carattere patrimoniale. Come incide il divorzio sui diritti e doveri nascenti dal
matrimonio per i coniugi?
Doc. Il divorzio non incide, ma tout court fa di loro piazza pulita (sostituendoli in
certi casi casi che dal punto di vista statistico sono nettamente maggioritari con un
diritto al mantenimento del coniuge economicamente pi debole). E ne fa piazza
pulita in maniera ancor pi drastica della separazione; in quanto questa (di regola)
lascia sopravvivere il diritto al cognome della moglie, mentre, almeno di regola, il
divorzio estingue anche tale diritto.
Disc. Per da come ti esprimi risulta che in alcuni casi la moglie pu conservare il
cognome del marito.
Doc. S, e questi casi (di carattere eccezionale) sono quelli in cui la moglie o i figli
dalla privazione del cognome soffrirebbero un danno ingiusto (il caso statisticamente
pi importante quello della professionista che conosciuta nel mondo degli affari
col cognome del marito, per cui privarla di questo potrebbe rappresentare per lei un
grave danno).
La regola e leccezione di cui stiamo parlando sono contemplate dai commi 2 e 3
dellarticolo 5, che rispettivamente recitano.
Comma 2: La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del
matrimonio
Comma 3: Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la
cessazione degli effetti civili del matrimonio, pu autorizzare la donna che ne faccia
richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un
interesse suo o dei figli meritevole di tutela.
Doc. S, i figli conservano sempre il cognome del padre (anche quando, essendo
questo diventato un cognome malfamato, avrebbero tutto linteresse a perderlo, pensa
al caso che il divorzio sia pronunciato in seguito a condanna del padre per un delitto
turpe o atroce).
Disc. Parliamo ora di soldi: Caia e Caio, dopo aver pazientemente lasciato maturare il
necessario tempo dalla separazione, divorziano: giusto imporre a Caio, il coniuge
economicamente pi forte, di mantenere Caia (il coniuge pi debole)? e, se s, in che
misura?
Doc. Tu che ne pensi? che risposta, in base a semplice buonsenso, daresti a tale
domanda?
Disc. Io risponderei di s, se il giudice della separazione ebbe a dire s (S, Caio deve
mantenere Caia) e, quanto alla misura, lascerei inalterato lassegno di mantenimento
fissato dal giudice della separazione (questi aveva stabilito la cifra di mille mensile?
Caio continui a pagare mensilmente a Caia mille).
Doc. Ebbene, ti dir che non pochi giudici (del divorzio) seguono appunto questo
criterio; ma in realt esso un criterio semplicistico, in quanto non tiene conto, che il
giudice della separazione dove perseguire uno scopo, che invece il giudice del
divorzio non ha ragione di proporsi.
Disc. Quale scopo?
Doc. Quello di mantenere leguaglianza nel tenore di vita di tutti i membri della
famiglia e, in specie, di Caio e di Caia. Questi sono ancora marito e moglie, portano
ancora lo stesso cognome, potrebbero (e questo lauspicio del legislatore) tornare
domani a convivere serenamente: non si pu pensare di far vivere, luno, in un
palazzo, e, laltra, in una stamberga; non si pu infliggere a Caia unumiliazione, che
inasprirebbe le ferite causate dalla separazione e renderebbe impossibile la
riconciliazione!
Disc. Giusto; allora diciamo che Caio e Caia dovrebbero divorziare senza nulla
chiedere luno allaltro cos come due soci che, constatato il fallimento della
comune intrapresa, si lasciano (possibilmente) con una stretta di mano e iniziano a
camminare per strade, che si divaricano, senza pi curarsi luno dellaltro.
Doc. E se Caia, dopo tanti anni che fa la casalinga, ha probabilit zero di trovarsi
unoccupazione, che le permetta di avere un tetto sopra la testa e qualcosa da mettere
sotto i denti?
Disc. Peggio per lei: chi ha avuto, ha avuto, avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato:
chieder aiuto e assistenza allo Stato.
Doc. Eh no, caro mio, questa non sarebbe davvero la soluzione giusta o se
vogliamo evitare parole, verso cui noi giuristi nutriamo una fondata diffidenza non
sarebbe la soluzione pi confacente a tre fondamentali interessi dello Stato - interessi
la cui soddisfazione pretende o pu pretendere che il divorziato Caio apra il suo
portafoglio a favore di Caia.
Doc. Questo secondo interesse vuole che entrambi i coniugi, sia Caio che Caia, si
attivino a generare nuova ricchezza (coltivando il campo, ristrutturando la casa...),
e Caia avrebbe ben poche ragioni di attivarsi, se lo Stato, in caso di fallimento
matrimoniale, permettesse a Cio di dire Cara Caia, vero, anche grazie al tuo
lavoro, da sguatteri che eravamo, oggi viviamo nel comfort e nellagiatezza, ma
ora...tornatene a fare la sguattera.
Disc. Capisco quel che vuoi dire, capisco che, se lo Stato vuole che Caia si attivi,
direttamente, per laumento della ricchezza familiare, indirettamente, per quello della
ricchezza nazionale, deve garantirle che, in caso di fallimento matrimoniale,
costringer Caio ad aprire per lei il portafoglio. Passa al terzo interesse la cui tutela
impone allo Stato di gravare Caio di un obbligo pecuniario.
Doc. Questo terzo interesse dato dalla necessit di porre un freno ai divorzi:
abbiamo avuto gi occasione di rilevare che frantumazione della famiglia uguale a
danno economico della societ; ora, obbligare Caio a pagare un pedaggio se vuole
uscire dal matrimonio, pu obbligarlo a un ripensamento salutare per le sorti della
famiglia (e forse anche per lui).
Disc. Con ci abbiamo visto quelli che sono gli interessi che possono portare lo Stato
a obbligare il coniuge economicamente pi forte a passare un assegno di
mantenimento.....
Doc. Pi generalmente e meglio possiamo dire, abbiamo visto gli interessi che
possono condizionare il Legislatore nel decidere se e in che quantit Caio, il coniuge
economicamente pi forte, deve pagare un assegno a Caia. La precisazione ha una
certa importanza perch, come vedremo esaminando il comma sesto dellarticolo
cinque, legge sul divorzio, non escluso che alcuni di tali interessi giochino nella
quantificazione dellassegno, non a sfavore, ma a favore di Caio.
Disc. Allora, non indugiamo oltre e passiamo allesame di questo comma sesto.
Disc. A me sembra che il legislatore sia caduto in questo comma, e mi riferisco alle
sue ultime parole, nello stesso errore gi da noi riscontrato nellarticolo 156 Codice
Civile: lerrore cio di parlare di mezzi adeguati senza chiarire il quid a cui
debbono essere adeguati. Come supplisce la Dottrina alla lacuna legislativa?
Doc. La prevalente Dottrina vi supplisce individuando il quid di cui parli nel tenore
di vita goduto in costanza di matrimonio; pi precisamente legge lultima parte del
comma come se suonasse: dispone lobbligo per un coniuge di somministrare
periodicamente a favore dellaltro un assegno quando questultimo non ha mezzi
adeguati per continuare nel tenore di vita goduto in costanza di matrimonio ecc..
Per non sa additare la ragione per cui Caio dovrebbe sopperire alle necessit di Caia,
una volta che con il divorzio diventata per lui una completa estranea e ci rivela la
gratuit e linfondatezza della teoria da lei proposta.
In contrapposto a tale teoria si sostiene che la lacuna dovrebbe essere colmata come
se il legislatore avesse voluto riferire ladeguatezza dellassegno a quanto
necessario per procurare un tenore di vita dignitoso. Ma questa teoria si espone alle
stesse critiche di quella precedente e in pi a quella di essere troppo indeterminata:
cosa deve intendersi per tenore di vita dignitoso? E ben difficile determinarlo; cosa
per cui anch essa va ricusata.
Disc. Allora tocca a te proporre quella che pensi sia la giusta interpretazione.
Doc. A me sembra che ladeguatezza dei mezzi vada riferita a quel tenore di vita, a
cui Caia avrebbe diritto tenendo conto (principalmente) dei seguenti tre elementi.
I - Il tenore di vita che Caia avrebbe raggiunto se non si fosse sposata e che, dopo il
divorzio, non pi in grado di raggiungere. Poniamo che Caia, al momento di
sposarsi, facesse la sguattera in un hotel: se non si fosse sposata avrebbe
presumibilmente raggiunto il grado di maggiordomo e avrebbe guadagnato dieci?
ebbene lassegno deve essere tale che, sommato al reddito attuale di Caia, dia per
risultato dieci (di modo che a Caia sia possibile avere quello stesso tenore di vita che
avrebbe avuto se non si fosse sposata).
II Il contributo dato da Caia allaumento della ricchezza familiare. Grazie a Caia un
patrimonio che dava un reddito di dieci ora d un reddito di venticinque? Allassegno,
come sub I calcolato, dovrebbe aggiungersi quindici (25 10 = 15). (In realt
dovrebbero farsi delle distinzioni, ma lo studioso comprende che in questa sede, data
leconomia del lavoro, non si pu complicare lesposizione con troppi distinguo).
III - Leventuale responsabilit di Caia nella crisi matrimoniale. Il matrimonio si
sfasciato per sua colpa? L assegno determinato come sub I andr diminuito; se del
caso fino a ridurlo al solo obbligo alimentare.
Disc. Gli elementi da te ora elencati corrispondono a quelli indicati dal legislatore per
decidere sulla corresponsione dellassegno?
Doc. Le ragioni della decisione evidentemente assumono rilievo nella mente del
legislatore ai fini di stabilire la responsabilit di Caia o di Caio nel fallimento
matrimoniale. Quindi anche qui c piena coincidenza tra il criterio da me proposto e
quello indicato dal Legislatore.
Doc. Certo anche tale soluzione non scevra di inconvenienti, o meglio di pericoli
in particolare di quello, che lexconiuge bisognoso si faccia allettare da una grossa
somma data subito, anche se questa non gli d in definitiva quei vantaggi che gli
assicura un pagamento vita natural durante (e soprattutto un pagamento che si adegua
alla svalutazione, dato che per il comma settimo dellart. 7 la sentenza, che pronuncia
il divorzio, deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dellassegno,
almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria). E tuttavia il
legislatore lammette (sottoponendo per laccordo degli ex.coniugi al controllo del
giudice). Larticolo 5, nel suo ottavo comma, pi precisamente stabilisce: Su
accordo delle parti la corresponsione pu avvenire in unica soluzione ove questa sia
ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non pu essere proposta alcuna successiva
domanda di contenuto economico.
Doc. Le garanzie che gli accorda lart. 8, il quale nei suoi primi commi cos dispone:
Il tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione del matrimonio pu
imporre allobbligato di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il
pericolo che egli possa sottrarsi alladempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e
6.
La sentenza costituisce titolo per liscrizione dellipoteca giudiziale ai sensi
dellarticolo 2818 del codice civile.
Il coniuge cui spetta al corresponsione periodica dellassegno, dopo la costituzione in
mora a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento del coniuge obbligato e
inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, pu notificare il provvedimento
in cui stabilita la misura dellassegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente
somme di denaro al coniuge obbligato con linvito a versargli direttamente le somme
dovute dandone comunicazione al coniuge inadempiente.
Doc. No. Mentre il coniuge, anche se separato, riveste la qualit di erede (artt. 548 e
585 Cod. Civ.), salvo che la separazione sia a lui addebitabile, al coniuge divorziato il
tribunale pu riconoscere solo il diritto a un assegno a carico delleredit.
Disc. Cio lassegno a carico del coniuge defunto si trasferisce immutato sugli eredi.
Doc. Assolutamente, no. Ed logico che cos non sia. Metti che la sentenza di
divorzio gravasse Caio di un assegno divorzile di euro mille: Caio pu sopportare tale
peso perch ha un buon lavoro, che gli d un reddito di quattromila. Ora metti che
egli muoia e lasci erede il figlio Marietto, che ha appena iniziato a lavorare come
impiegato statale di bassa categoria: quel peso di pagare mille, che era sopportabile
per Caio, pu ben divenire insopportabile per il suo erede Marietto.
Doc. Il legislatore non la pensa cos: egli estingue il diritto allassegno divorzile e lo
sostituisce, o meglio d al tribunale la facolt di sostituirlo (quindi, stando almeno
alla lettera della legge, il tribunale potrebbe anche non sostituirlo), con il diritto a un
assegno vitalizio a carico delleredit che un diritto diverso dal diritto allassegno
divorzile; ed diverso perch questo ha il suo presupposto nel difetto di mezzi del
coniuge beneficiario adeguati a permettergli un tenore di vita, che potrebbe essere
anche di alto livello, mentre lassegno successorio ha per presupposto lo stato di
bisogno del coniuge beneficiario.
Doc. Cos pare anche a me, ma di diverso avviso il legislatore che, nel primo
comma dellart. 9bis, dispone: A colui al quale stato riconosciuto il diritto alla
corresponsione periodica di somme di denaro a norma dellart. 5, qualora versi in
stato di bisogno, il tribunale, dopo il decesso dellobbligato, pu attribuire un assegno
periodico a carico delleredit tenendo conto dellimporto di quelle somme,
dellentit del bisogno, delleventuale pensione di reversibilit, delle sostanze
ereditarie, del numero e della qualit degli eredi e delle loro condizioni economiche.
Lassegno non spetta se gli obblighi patrimoniali previsti dallart. 5 sono stati
soddisfatti in unica soluzione
Doc. Abbiamo visto che Caio e Caia fermo e intangibile il loro obbligo di
contribuire ai bisogni della famiglia ciascuno in relazione alle proprie sostanze e
alla propria capacit di lavoro professionale o casalingo (principio della
inderogabilit dei diritti e obblighi inerenti al c.d. regime patrimoniale primario) -
hanno una libert molto ampia, ancorch non assoluta (ti ricordi, ad esempio, i limiti
posti alla comunione convenzionale dallart. 210? ), di regolare i loro rapporti
patrimoniali durante il matrimonio (limitando i loro poteri di gestione e di godimento
dei beni in loro propriet, a favore dellaltro coniuge - principio della libera
disponibilit del regime patrimoniale secondario).
Le questioni che dobbiamo ora affrontare, sono le due seguenti:
I sono validi i patti (tra coniugi) stipulati in previsione di una crisi matrimoniale
(separazione, divorzio) - patti con cui si stabilisce, ad esempio: a) che a Caia
spetter lassegno di mantenimento tot oppure b) che lappartamento A sar
attribuito a Caio e lappartamento B, a Caia oppure c) che i figli saranno affidati a
Caio e non a Caia oppure d) che Caia non potr risposarsi fino a che i figli non
raggiungeranno una certa et (.)?
II sono validi i patti con cui i coniugi si impegnano a dare un certo indirizzo alla
vita familiare, stabilendo, ad esempio: e) che i figli frequenteranno una scuola
cattolica oppure f) che si far Natale con la famiglia di Caio e Pasqua con quella di
Caia oppure g) che le spese familiari non potranno superare al mese la met del
redditto da Caio e Caia percepito, il resto essendo destinato ad acquistare quel tale
immobile h) che Caia dovr accogliere nel suo letto Caio una volta alla settimana
(.)?
Disc. Io direi subito che ictu oculi certi patti da te esemplificati sono nulli per illiceit
della causa, e mi riferisco a quelli sub c, d, h.
Doc. E faresti bene a dirlo, tali patti sono certamente nulli. Ma il dubbio nasce
soprattutto in relazione agli altri patti da me indicati: valido il patto con cui Caio si
obbliga a dare lassegno di mantenimento tot in caso di divorzio? valido il patto
con cui lappartamento A viene attribuito a Caio? Patti questi che a tutta prima
sembrerebbero al riparo da ogni eccezione di invalidit.
Disc. E invece che obiezioni, a tali patti, si muovono (obiezioni evidentemente basate
sul preteso difetto di una loro valida funzione economica e sociale, cio di una loro
valida causa, per usare i termini di cui allincipit del secondo comma art. 1418)?
Doc. Le obiezioni che contro tali patti si muovono sono sostanzialmente quattro.
Doc. La seconda obiezione che la ritenuta validit dei patti tra coniugi pu portare a
una commercializzazione degli status.
Disc. E in effetti ben pu essere che Caia accetti di divorziare (cos rinunciando allo
status di coniuge) allettata dal sostanzioso assegno di mantenimento promessile da
Caio o, viceversa, Caia si rifiuti di divorziare per costringere Caio a darle un
sostanzioso assegno. Peggio ancora, ben pu essere che Caia, allettata dallassegno
promessile, acconsenta a lasciare a Caio laffidamento dei figli.
Disc. Passiamo alla terza obiezione che si muove alla validit dei patti tra coniugi.
Doc. Si obietta: tali patti si prestano a mascherare una rinuncia al diritto di difesa.
Disc. Anche questa obiezione a dir il vero mi pare fondata: ben pu essere che Caia,
sempre allettata dallassegno promessile da Caio, rinunci a far valere davanti al
giudice certi fatti (ad esempio, la depravazione e il libertinaggio di Caio, col risultato
che i figli potranno essere, dal giudice, affidati a una persona...totalmente
inaffidabile).
Disc. No, prima dimmi se si replica e come si replica alle due ultime obiezioni.
Doc. Certo si replica, ma in maniera a dir il vero cos confusa (cosa che rende
difficile anche a me esporti tali obiezioni in maniera chiara), che io ritengo preferibile
ricostruire (sulla base delle osservazioni fatte dai fautori della validit dei patti) una
mia obiezione (alla validit dei patti) - obiezione certamente criticabile, e io in effetti
la criticher, ma almeno dotata di una sua razionalit.
Doc. Ecco, la obiezione che una volta che il legislatore ammette che separazione e
divorzio dipendano dal semplice consenso dei coniugi, diventa illusorio pensare di
contrastare accordi del tipo prima da noi stigmatizzato.
Doc. Perch lunico strumento che lo Stato ha per contrastare tali accordi di
minacciarne la invalidit, senonch nessun Caio e nessuna Caia sono tanto stupidi da
palesare tali accordi; e neanche di farli formalmente, scrivendo nero sul bianco,
bastando (per raggiungere i loro scopi) che Caio dica a Caia Senti, se tu davanti al
giudice (o ancora pi facile, davanti allavvocato che ci assister nella convenzione di
separazione) firmerai che acconsenti mi siano affidati i figli, io firmer che
acconsento allassegno tot e....il gioco fatto.
Doc. Tale obiezione che accordi stipulati prima della crisi coniugale e addirittura
prima del matrimonio, rischiano di essere frutto di una confusa percezione delle
conseguenze che ne possono derivare, in quanto per le parti difficile prevedere a
cos distanza di tempo le circostanze che accompagneranno la loro vita coniugale
(come pu Caio - che, nellansia di assicurarsi un facile ritorno al celibato, si dichiara
disposto a dare, in caso di divorzio, un assegno eccessivo, anche se ancora
compatibile col reddito che gli d il suo impiego attuale - prevedere se in futuro non
perder tale impiego in seguito a una crisi economica o in conseguenza di una sua
invalidit fisica? ). E a prescindere da questo essi (idest, gli accordi stipulati prima
della crisi coniugale e addirittura del matrimonio) possono essere frutto di una
sottovalutazione del verificarsi di certi eventi ( S, io, Caio, non trovo nulla in
contrario a promettere a te, Caia, lassegno tot per il caso di separazione, in quanto ci
amiamo tanto che impossibile che noi ci si separi).
Disc. Con i discorsi da te prima fatti hai detto implicitamente che, per te, i patti
coniugali fatti in previsione della crisi coniugale, debbono considerarsi invalidi. Ma
sul punto che ritiene la giurisprudenza?
Disc. Parliamo ora dei patti con cui i nubendi o i coniugi si obbligano a dare un certo
indirizzo alla loro vita coniugale: debbono considerarsi validi?
Doc. Io ritengo di no. E non deve portare a ritenerne invece la validit il fatto che
nellarticolo 144 si pu leggere che i coniugi concordano tra loro lindirizzo della
vita familiare.
Infatti, un conto il concordare, di volta in volta, lindirizzo della vita familiare, un
altro conto fare un patto con cui ci si obbliga a dare un certo indirizzo alla vita
familiare.
Doc. Certamente lo possono adendo lAutorit giudiziaria (vedi art.711 C.P.C. e art. 9
Legge 1 dicembre 1970 n.898.). Merita invece dei distinguo la questione se i coniugi
possono accordarsi tra di loro, per modificare le condizioni della separazione o del
divorzio o per aggiungere, a quelli presi in sede di separazione o divorzio, accordi
integrativi.
E il criterio da seguire (per distinguere le modifiche ammissibili da quelle non
ammissibili), secondo me, questo: i coniugi possono compiere tutte le modifiche e
integrazioni che vogliono, purch esse non vengano a contraddire le decisioni,
nellinteresse dei figli, dalla Autorit Giudiziaria prese o autorizzate (e, parlando di
decisioni autorizzate, penso alle autorizzazioni che il procuratore della Repubblica
o il presidente del tribunale danno in sede di convenzioni di separazione assistite da
un avvocato).
Disc. Ma qui mi pare che il discorso si faccia delicato: infatti ci possono essere
decisioni, in riguardo alle quali pu non essere facile dire, se sono state prese, o no,
nellinteresse dei figli, penso, ad esempio, alla decisione di assegnare a Caia, anzich
a Caio, lappartamento scelto come residenza della famiglia.
Doc. Io penso che nel dubbio le parti debbano sottoporre la questione al giudice.
Disc. Chiaramente, le osservazioni da noi ora svolte, sono anche applicabili mutatis
mutandis ad eventuali patti a latere, cio a quei patti che spesso si sogliono fare in
sede di separazione o divorzio, fuori dellaula giudiziaria (e fuori dallocchio del
giudice).
Doc. Chiaramente, s.
Unioni civili -
Doc. Sul punto ti riporto le parole del co. 2: Due persone maggiorenni dello stesso
sesso costituiscono una unione civile mediante dichiarazione di fronte allufficiale di
stato civile ed alla presenza di due testimoni.
E cos come lUnione civile in tono dimesso si costituisce, cos si scioglie. Infatti il
co. 24 recita: lunione civile si scioglie quando le parti hanno manifestato anche
disgiuntamente la volont di scioglimento dinanzi allufficiale dello stato civile.
Disc. Capisco che la morte e il cambiamento di sesso di uno dei partner determini lo
scioglimento della Unione (tanto pi che rimane pur sempre aperta la possibilit per i
partners, che vogliono continuare il loro rapporto, di contrarre un matrimonio). Non
capisco, per, perch, laccertamento in sede giudiziaria che un partner ha commesso
certi reati, dovrebbe portare allo scioglimento del matrimonio automaticamente, cio
indipendentemente da una domanda ad hoc dellaltro partner (domanda che invece
necessaria perch si ritenga lo scioglimento del matrimonio - vedi lincipit dellart.3,
legge 898/70, vedi anche, sia pure per un altro profilo, ma pur sempre per negare
lautomatismo dello scioglimento del matrimonio in seguito a sentenza penale, il
capoverso lettera d numero 1 art.3 sempre legge 898/1970).
Doc. Effettivamente un po difficile capirlo Sed de hoc satis. Dal momento che la
legge in esame con le altre disposizioni (o, almeno, con le altre disposizioni di un
certo rilievo) praticamente non fa che la fotocopia dei diritti e degli obblighi attribuiti
dal Codice ai coniugi, io ritengo che a questo punto si possa passare a parlare della
Convivenza di fatto (ci che faremo nella seguente lezione).
Dovendo parlare delle convivenze di fatto, le prime cose da rilevare sono: che la
formazione sociale - convivenza di fatto, non nasce da una dichiarazione ad hoc di
due persone che si dichiarano disposte ad assoggettarsi agli obblighi che il legislatore
fa derivare, come vedremo, dalla partecipazione a un tal tipo di formazione sociale
(come, invece, , come abbiamo visto, per la formazione sociale unione civile e per
la famiglia nata dal matrimonio); e che neanche si pu individuare nel tempo un altro
atto o fatto che la costituisca: essa nasce semplicemente dal perdurare di una certa
situazione: la convivenza di due persone, tra cui esiste un legame affettivo di
coppia (in altre parole, di natura sessuale, quindi diverso dal legame affettivo che
pu nascere tra due parenti o tra due persone amiche) e che tra di loro si sono
comportate e si comportano come ci fosse un impegno a reciprocamente assistersi
materialmente e moralmente.
Disc. Quindi pu accadere che due persone, le quali a poco a poco, quasi
inconsapevolmente, si trovano invischiate in quella situazione di fatto, che una
convivenza, possano vedersi gravare di obblighi a cui, nelliniziare la convivenza,
neanche pensavano! E quali sono questi obblighi? quelli di continuare ad assistere e,
se del caso, mantenere, il partner?
Doc. No, fino a tal punto il nostro legislatore non giunge. Egli si limita a stabilire nel
comma 65 che in caso di cessazione della convivenza - (quindi non possibile a
un convivente fare quel che invece possibile a un coniuge o a un partner di una
Unione: cio far condannare, quando ancora la convivenza non cessata, il partner
a dare un assegno di mantenimento) - il giudice stabilisce il diritto del convivente di
ricevere dallaltro convivente gli alimenti (quindi, non un assegno di mantenimento)
qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al suo
mantenimento. In tali casi prosegue la norma gli alimenti sono assegnati per un
periodo proporzionale alla durata della convivenza (quindi, al contrario degli
alimenti dovuti al coniuge o al partecipante a una Unione civile, gli alimenti dovuti
al convivente hanno una durata temporanea).
Doc. Certo che la d; e precisamente la d nel comma 36, che recita: Ai fini delle
disposizioni di cui ai commi da 37 a 67 si intendono per conviventi di fatto due
persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca
assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinit o
adozione, da matrimonio o da ununione civile.
Disc. Dopo quel che tu hai detto sullobbligo alimentare che pu conseguire da una
convivenza (pi precisamente, da un tipo di convivenza quale quello disciplinato
dalla legge in esame),capisco perch il legislatore pretenda, per ritenerla esistente, il
requisito della maggiore et nei suoi partecipanti. Mi per di difficile comprensione
lultima parte del comma 36; l dove dice che la convivenza de qua non pu ritenersi
tra persone vincolate da rapporti di parentela, affinit o adozione, da matrimonio o
da ununione civile.
Doc. E in effetti si tratta di disposizione non molto chiara. La chiave, secondo me, per
capirne il significato, sta nel scindere la esclusione (dalla possibilit di far parte
dellistituto de quo) in considerazione dei vincoli dovuti a rapporti di parentela,
affinit o adozione, dalla esclusione in considerazione dei vincoli dovuti a
matrimonio e unione civile.
Quando il legislatore si riferisce al primo gruppo di vincoli (vincoli di parentela,
affinit, adozione) si riferisce a vincoli esistenti tra i due conviventi (si riferisce ad
esempio, al caso che i conviventi, Caio e Caia, siano tra di loro zio e nipote), e ritiene
incompatibili tali vincoli con listituto da lui creato della convivenza di fatto,
probabilmente per ragioni morali, perch non vuole attribuire diritti e facilitazioni a
chi, anche se non si trova necessariamente in una situazione incestuosa, si trova pur
sempre in una situazione, che la morale comune disapprova.
Quando, invece, il legislatore si riferisce al secondo gruppo di vincoli (vincoli
derivanti da un matrimonio o da ununione civile), il legislatore, non si riferisce pi a
vincoli che i conviventi trattengono tra di loro (il che sarebbe assurdo), ma a vincoli
che legano uno o entrambi i conviventi a terzi (Caio, che convive con Caia, sposato
con Sempronia); e ritiene incompatibili tali vincoli (con listituto de quo), perch non
vuole attribuire al partner del convivente vincolato (nellesempio, a Caia) dei diritti
che entrerebbero in concorrenza e comprimerebbero eguali diritti da lui attribuiti al
coniuge o al partner della Unione civile (nellesempio, a Sempronia: chiaro, che, se si
attribuisce a Caia un diritto al risarcimento nel caso di decesso del convivente dovuto
a fatto illecito altrui, il diritto al risarcimento, gi riconosciuto a Sempronia, si
riduce).
Doc. Il pi importante dato dal diritto (meglio, potere) dei conviventi a stipulare il,
cos chiamato dal legislatore, contratto di convivenza; vi sono poi tutta una serie di
diritti (cosiddetti minimali: il diritto a visitare in carcere e in ospedale il
convivente, il diritto a un risarcimento in caso di decesso del convivente, derivante
da fatto illecito di un terzo, il diritto a subentrare nel contratto di locazione in caso di
morte o recesso del convivente...) che, data la natura dellopera, qui non mi
possibile trattare.
Disc. Dimmi allora in che consiste questo contratto, che i conviventi hanno il
potere di stipulare tra di loro.
Doc. Il contratto di convivenza il contratto con cui i conviventi di fatto
disciplinano i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune (co.50). Con la
possibilit di stabilire in tale contratto - non solo,. ad esempio, le modalit di
contribuzione alle necessit della vita in comune, in relazione alle sostanze di
ciascuno e alla capacit di lavoro professionale o casalingo (clausola espressamente
prevista dal co.53) o la destinazione della casa, in cui i conviventi risiedono, in caso
di cessazione della convivenza -- ma anche ladozione del regime patrimoniale della
comunione dei beni (previsto dagli artt. 177 e ss. C.C.), cosa questa come facile
comprendere particolarmente delicata e importante, per le conseguenze che pu avere
anche per terzi.
Disc. Ma, data la sua importanza, per tale contratto sar richiesta un forma
particolare.
Doc. Per nulla i conviventi privi dei requisiti (indirettamente) ricavabili dal comma
36, godranno pur sempre dei diritti che hanno attribuito o attribuiranno al semplice
convivente precedenti o susseguenti leggi (cos come interpretate da una generosa
giurisprudenza).
LIBRO QUINTO
Diritto ereditario
Disc. Quando Fulano muore che ne dei suoi beni? divengono res nullius, beni che
tutti possono occupare e di cui tutti possono impossessarsi?
Doc. Naturalmente, no, dato che, se ci fosse, nessuno spenderebbe tempo e fatica
per utilizzare convenientemente dei beni del cui pacifico possesso non garantito. E
ci sarebbe contrario allinteresse della Societ tutta, dato che questa ha invece
interesse che i beni costituenti la ricchezza nazionale siano al massimo utilizzati (se
chi possiede un campo non ne raccoglie la frutta, meno frutta arriva nel mercato e
sulle tavole dei cittadini).
Doc. A tutta prima questa sembrerebbe la soluzione pi giusta; e questo per due
motivi:
Primo, perch non c ragione di attribuire i beni di Fulano, la persona defunta, a una
persona, chiamiamola Fortunato, che non ha speso una goccia di sudore per crearli.
Secondo (motivo) perch se Fulano ha potuto accumulare dei beni, lo deve alla
Societ: se non ci fossero state strade, se non ci fosse stato servizio postale ecc.ecc.,
egli nessun bene avrebbe potuto accumulare e, quindi, sembrerebbe giusto che, lui
morto, tutti i suoi beni, alla Societ, ritornino.
Disc. Per questi motivi, tu evidentemente non li ritieni dei buoni motivi.
Doc. Non io, ma la Costituzione non li ritiene dei buoni motivi. Infatti se alla morte
di ogni cittadino i suoi beni andassero allo Stato, questo in poco tempo si troverebbe
proprietario di tutti i beni costituenti la ricchezza nazionale e la propriet privata
sparirebbe questo mentre invece, ecco il punto, la Costituzione riconosce a questa
unutile funzione sociale. Leggi il secondo dellart. 42 della Costituzione, che dice?
Disc. Dice, vero, quel che hai detto tu; pi precisamente recita che La propriet
privata riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di
godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla
accessibile a tutti.
Va bene, ma a questo punto il problema per lo Stato la scelta dei privati a cui
attribuire i beni di Fulano, la persona deceduta. Io penso che il criterio pi logico, da
seguire in questa scelta, sia quello che porta a nominare erede di Fulano la persona
pi capace di bene utilizzare il patrimonio di Fulano.
Disc. Allora un criterio,valido almeno per quel che riguarda un diritto di credito o uno
dei c.d. iura in re aliena (diritto di servit, diritto di usufrutto...) mi pare che potrebbe
essere quello di nominare erede di Fulano, la persona per cui quel diritto rappresenta
un limite alla sua propriet (Cornelio il cui diritto di propriet limitato dal diritto di
usufrutto di Fulano) o un vincolo per la sua attivit e il suo patrimonio (Numidio,
debitore di Fulano).
Doc. Lasciamo perdere il caso degli iura in re aliena, il cui destino alla morte del loro
titolare meglio riservare allo studio di tale categoria di diritti. Per quel che riguarda
i diritti di credito, s, non si pu negare che il criterio da te indicato sia buono, infatti
estinguere il diritto di credito (in seguito alla confusione della qualit di creditore e
di debitore) finisce per liberare energie (nel debitore diventato erede) di cui la Societ
tutta avrebbe beneficio; senonch tale criterio contrasta con altri criteri che il
legislatore ritiene (si pu dire dalla notte dei tempi), di esso, migliori.
Doc. Sono tre: il primo, e il pi importante, quello di attribuire la propriet dei beni
di Fulano in modo che tale attribuzione sia stimolo per liniziativa e la laboriosit.
Doc. No, di chiunque abbia energie e forze per lavorare ed agire. Questi, come ogni
persona moralmente e psicologicamente sana, non pensa solo al suo benessere ma
anche, e spesso, soprattutto, al benessere delle persone che ha care; e pertanto
incentivato a lavorare e a darsi da fare per aumentare la ricchezza sua (e di riflesso,
della Societ tutta) se sa che, di tale ricchezza, ne beneficieranno le persone a cui lo
lega laffetto; mentre sarebbe disincentivato se sapesse che, il patrimonio che ha
costruito, va allo Stato o a persone scelte dallo Stato con strani criteri.
Disc. Ho capito, il criterio adottato dalla Legge di attribuire i beni di una persona
alle persone a lui pi care; ma come individuare tali persone?
Disc. Il testamento.
Disc. Questo perch il legislatore presume che il coniuge e i familiari siano le persone
pi care a Fulano, quelle che presumibilmente avrebbe indicato nel testamento se mai
lavesse fatto.
Doc. S e no; dato che, se in molti casi tale presunzione sarebbe valida, in non pochi
altri cozzerebbe contro levidenza dei fatti (pensa al caso di Fulano che si separato
di brutto dalla moglie o...ha tentato di uccidere il figlio eppure anche in tali casi il
coniuge e il figlio sono,dalle legge, chiamati a succedergli). Diciamo piuttosto che il
legislatore finge di credere che sia cos: che il coniuge e i parenti pi prossimi siano
le persone pi care al de cuius.....
Doc. Al de cuius, cos si chiama, e dora in poi anche noi chiameremo, colui de cuius
hereditate agitur, il Fulano dei nostri precedenti esempi.
Disc. Dunque, quando il de cuius muore senza aver fatto testamento, il Legislatore
sceglie i suoi eredi, non tanto preoccupandosi di quella che sarebbe stata la sua
volont, ma dellinteresse della sua famiglia.
Disc. Ma questo contrasta con quel che hai prima detto: Fulano II non si sentir per
nulla incentivato a lavorare e a produrre, se sapr che il suo patrimonio non andr alla
persona a lui pi cara, ma ai figlioli che detesta!
Doc. A dir il vero non sempre cos: cos nella scelta dei figli come eredi (come
eredi, sia legittimi, idest scelti dalla legge, nel caso che il de cuius non abbia fatto
testamento, sia necessari, idest imposti dalla legge nel caso che il testamento non li
contempli come eredi o li contempli per una quota minore di eredit); non cos nella
scelta come eredi (anche qui, sia eredi legittimi sia eredi necessari) del coniuge e
degli ascendenti. Infatti la scelta del coniuge e degli ascendenti come eredi fatta dal
legislatore in base a due criteri, diversi da quello prima enunciato i due altri criteri
di cui ci eravamo riservati di parlare (ti ricordi, vero? che avevamo detto che i criteri
con cui il legislatore opera la sua scelta sono tre).
Disc. Certo che me ne ricordo. D il criterio che porta il legislatore a scegliere come
erede il coniuge.
Doc. Il criterio che porta alla scelta del coniuge come erede, nasce dalla volont
legislativa di incentivare le persone (specie le donne) a sposarsi. Per sposarsi una
persona, specie se di sesso femminile, spesso costretta a fare delle rinunce anche
economiche (ad esempio a rinunciare al lavoro fuori casa e ai relativi redditi), ora dire
a Caia Sposati, senza timore, perch, vero, sposandoti rinunci a quella tal fonte di
reddito, ma anche vero che alla morte di tuo marito avrai una parte della sua eredit,
chegli lo voglia o no - ebbene questo appunto un modo per fare superare a Caia
ogni esitazione e spingerla a sposarsi.
Disc. D ora il criterio che porta il legislatore a scegliere gli ascendenti (come eredi
sia legittimi che necessari).
Doc. Il criterio che porta alla scelta degli ascendenti come eredi, dato dalla volont
legislativa di incentivare le persone ad allevare, educare, istruire i loro figli e, se del
caso, i loro nipoti, pronipoti e, insomma, i loro discendenti. Il legislatore parte dalla
considerazione che Fulano si sentir incentivato a fare ci, se da ci potr sperare un
ritorno economico - ritorno rappresentato, prima di tutto, dagli alimenti (caro
figlio, io ti ho nutrito, ora che sono vecchio, pensa tu a nutrire me), sia, nel caso di
premorte del figlio (in genere, del discendente) da una parte delleredit da lui
lasciata.
Disc. Io non penso che le persone siano tanto meschine da fare tali ragionamenti.
Disc. Concludendo, mi pare che si possano distinguere tre tipi di eredi: un erede
testamentario (in quanto indicato come tale dal testamento), un erede legittimo (in
quanto scelto come tale dalla legge) e un erede necessario (in quanto, non solo
scelto, ma imposto dalla legge)
Disc..Abbiamo finora visto i criteri in base ai quali vengono attribuiti i beni rientranti
nel patrimonio di Fulano, il de cuius.; ma un patrimonio comprende sia dei beni che
dei debiti. E siccome non immaginabile che tali debiti con la morte di Fulano si
estinguano, il legislatore, penso, individuer anche le persone a cui toccher,tali
debiti, pagare.
Disc. Naturalmente Caio (il successore di Fulano) risponder dei debiti del de cuius nei
limiti del valore dei beni di cui ha beneficiato: se il credito di Sempronio di 100 e
lappartamento ereditato vale solo 50, Caio pagher solo per met il credito di
Sempronio.
Doc. Non sempre cos, bisogna distinguere. Alcune delle persone che hanno
acquisito beni in seguito alleredit dismessa da Fulano, risponderanno dei debiti de
quibus anche oltre il valore di tali beni, ultra vires per usare un termine tecnico,e
queste persone sono gli eredi; altre, invece, non risponderanno per nulla di tali
debiti o, nei casi eccezionali in cui ne risponderanno, ne risponderanno nel limite di
valore dei beni ricevuti, infra vires, e queste persone sono i legatari.
Disc. Mi spiegherai poi chi sono questi legatari. Per debbo dirti subito che trovo
ingiusto che Caio, che ha ricevuto in eredit un bene che vale 50, debba rispondere
dei debiti del de cuius oltre 50, addirittura con tutto il suo patrimonio. Ci mi pare
che in definitiva comporti un arricchimento ingiustificato di Sempronio: questi,
vivente Fulano avrebbe potuto soddisfare il suo credito solo su un appartamento del
valore di 50, perch mai dopo la morte di Fulano pu soddisfare il suo credito su tutto
il patrimonio dellerede Caio (quindi su beni che potrebbero essere di un valore anche
di molto superiore a quello dellappartamento), perch insomma la morte di Fulano
deve tradursi in un miglioramento della posizione creditoria di Sempronio?
Doc. La responsabilit ultra vires dellerede, che a te sembra tanto ingiusta, invece
riposa su una buona ragione: essa infatti costituisce per cos dire la contropartita della
piena e libera disponibilit, che lerede Caio acquista sui beni ereditati. Infatti, la
piena libert acquisita da Caio nella gestione di tali beni, comporta il rischio di una
mala gestio (chi pu escludere che Caio compiendo operazioni economicamente
sbagliate sperperi in poco tempo i beni ereditati?): al rischio di tale mala gestio deve
esserci una contropartita: questa contropartita appunto la responsabilit ultra vires
dellerede (Attento, Caio, se tu sperperi i beni ereditati, poi rispondi dei beni di
Fulano con tutto il tuo patrimonio!). E che questa sia la ratio della responsabilit
ultra vires dellerede dimostrato dal fatto che, se lerede, accettando la eredit con
beneficio di inventario, accetta con ci stesso (come vedremo studiando tale
istituto) dei limiti e dei controlli nelle gestione dei beni ereditari, egli risponde, non
pi ultra, ma infra vires
Intanto sar bene che tu ti legga e ben ti fissi nella mente larticolo 754, che recita.
(Pagamento dei debiti e rivalsa)- Gli eredi sono tenuti verso i creditori al pagamento
dei debiti e pesi ereditari personalmente in proporzione della loro quota ereditaria
(.)
Disc. Va bene giusto che gli eredi rispondano dei debiti ultra vires Per a questo
punto devi spiegarmi perch alcuni successori di Fulano, quelli che tu hai chiamato
legatari, rispondono dei debiti, se ne rispondono, solo infra vires. E prima ancora
mi devi spiegare chi sono questi legatari.
Doc. Per spiegartelo bene che cominciamo a leggere larticolo 588 (larticolo in cui
il Legislatore tenta di definire, senza troppo successo,lo dico subito, i concetti di
erede e di legatario).
Art.588: (Disposizioni a titolo universale e a titolo particolare) Le disposizioni
testamentarie, qualunque sia lespressione o la denominazione usata dal testatore,
sono a titolo universale e attribuiscono la qualit di erede, se comprendono
luniversalit o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo
particolare e attribuiscono la qualit di legatario.
Lindicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la
disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare
quei come quota del patrimonio.
Disc. Mi par di capire che, quando il testatore indica nella sua disposizione un bene
determinato (ad esempio dispone Lascio lappartamento di via Cairoli a Cornelio)
ci si trova di fronte a un legato, a meno che risulti che il testatore attribuisca il bene
(lappartamento di via Cairoli) come quota del patrimonio.
Ma, mi pare, lappartamento di via Cairoli inevitabilmente costituir una quota
piccola o grande del patrimonio, e quindi il testatore, se non scemo, assegnandolo,
non pu non sapere che sta assegnando una quota del suo patrimonio; per usare le
parole delle Legislatore, non pu non aver inteso assegnare quel appartamento come
quota del patrimonio. Insomma, mi pare, che, il criterio stabilito dl legislatore per
distinguere tra erede e legatario, in realt non sia utilizzabile.
Disc. E allora?
Doc. Allora per stabilire quando una disposizione di beni determinati costituisce una
disposizione a titolo universale, la c. d. istitutio ex re certa, e quando invece una
disposizione a titolo particolare (per cui chi ne beneficia va considerato un legatario)
bisogna, s, basarsi sulla volont del testatore, ma non sulla volont di attribuire quel
dato bene come quota o no - dato che ci, come tu hai ben notato, sarebbe assurdo:
ogni attribuzione di un bene non pu non essere attribuzione di una quota - bens
sulla volont, di attribuire al beneficato i poteri e i diritti di un erede e di gravarlo,
degli obblighi di un erede, in primis, dellobbligo di pagare ultra vires i debiti
delleredit.
Disc. Ma cos, tu fai dipendere il diritto di Sempronio (il creditore del de cuius
Fulano) di soddisfarsi su tutto il patrimonio di Caio (il successore nei beni di Fulano)
dalla mera volont di Fulano (il de cuius). E se questi, per mettere al sicuro
dallaggressione dei suoi creditori i beni che morendo dismetter, usasse il (facile)
sistema di distribuire tali beni sempre con disposizioni ex re certa (lappartamento di
via Cairoli lo lascio a mio figlio Sempronio, lappartamento di via Roma lo lascio a
mio figlio Cornelio e cos via) e poi nominasse erede, per un piccolo residuo, Pinco
Pallino, che un nullatenente per cui aggredendo il suo patrimonio i creditori
resterebbero...a becco asciutto? non sarebbe questo per lui un facile sistema per
eludere quella responsabilit ultra vires stabilita nellarticolo 754 da te prima citato?
Disc. Ma il legatario e lerede si distinguono per diversi poteri e doveri solo verso i
creditori e gli altri chiamati alleredit?
Doc. No erede e legatario hanno diversi poteri e doveri anche verso terzi (non
creditori): ad esempio lerede pu giovarsi della c.d. petitio hereditatis e il legatario,
no. Ma tutto questo ci riserviamo di vederlo meglio in seguito. Ora ti inviterei a
leggerti e a fissarti bene nella mente il disposto dellart. 756.
Art. 756: (Esenzione del legatario del pagamento dei debiti)- Il legatario non
tenuto a pagare i debiti ereditari, salvo ai creditori (.) lesercizio del diritto di
separazione (.).
Disc. Fulano chiamato alleredit di Pinco Pallino diventa erede automaticamente alla
morte di questi?
Doc. No; e naturalmente, dato che per Fulano diventare erede di Pinco Pallino
significa, s acquisire i suoi beni, ma anche i suoi debiti; e ben pu essere che
lammontare di questi superi il valore di quelli (hereditas damnosa).
Questo spiega il disposto dellarticolo, che recita: (Acquisto delleredit). Leredit
si acquista con laccettazione. Leffetto dellaccettazione risale al momento nel quale
si aperta la successione.
Doc. Non vi un solo perch di questo, ma vi sono tanti perch quanti sono i
diversi effetti che il principio espresso dallart. 456 produce.
Ad esempio un effetto consequenziale a tale principio che il possesso continua
nellerede con effetto dallapertura della successione (v. anche co.1 art. 1146): Pinco
Pallino (il de cuius) aveva (ai fini dellusucapione) maturato gi un possesso di 15
anni; egli muore nel 2000; Fulano ci pensa ben tre anni prima di accettare: a rigore si
dovrebbe dire che lui comincia a possedere solo dal 2004: invece per il principio di
retrodatazione dellaccettazione, si ritiene che egli abbia gi iniziato a possedere dal
2000 (per cui solo due anni gli rimangono per usucapire). Il perch di ci che il
legislatore ritiene giusto tenere conto che vi potrebbero essere particolari circostanze
che ostacolano e ritardano laccettazione delleredit, per cui pu non essere giusto
far pesare sul lerede il ritardo nellesercizio del possesso facendo incominciare i suoi
effetti solo dallaccettazione.
Mettiamoci invece nel caso che, la prescrizione di un diritto di credito di Pinco
Pallino verso Sempronio, al momento della sua morte fosse gi trascorsa per sette
anni; nel 200 Pinco pallino muore; Fulano ci pensa quattro anni per decidere se
accettare o no, in tal caso (se il tempo necessario alla prescrizione di dieci anni),
quando Fulano finalmente nel 2004 si decide ad accettare, il credito bello che
prescritto: egli non pu dire richiamandosi allart. 2935 Ma io sono diventato titolare
di tale diritto solo dal 2004 e quindi potevo farlo valere solo dal 2004, non lo pu
dire perch glielo impedisce appunto il principio di retrodatazione dellaccettazione.
E perch giusto che glielo impedisca? Perch, come vedremo, il chiamato
alleredit pu in realt, ancor prima di diventare erede con laccettazione, tutelare i
diritti delleredit (nel caso interrompendo la prescrizione con una richiesta di
pagamento).
Disc. Vale per il legatario quel che ora si visto per lerede? Cio Fulano, a cui Pinco
Pallino ha legato il fondo corneliano, ne diventa proprietario solo e nel momento in
cui accetta il legato?
Doc. No; e su questo punto esplicito larticolo 649, che recita: Il legato si acquista
senza bisogno di accettazione, salva la facolt di rinunziare.
E il perch di questa diversit di soluzione per lerede e per il legatario, facile a
indovinare: lerede risponde dei debiti ereditari ultra vires, invece il legatario (ti
ricordi quel che dice larticolo 756?) esentato dal pagamento dei debiti (anche se,
come vedremo, pu correre il rischio di vedersi mangiare loggetto del legato dai
creditori delleredit, che non trovino nellasse ereditario beni sufficienti su cui
soddisfarsi).
Disc. Abbiamo visto la necessit di una accettazione da parte dellerede, vediamo ora
le forme che questa deve assumere.
Disc. Quindi se Fulano scrive alla zia Beppa Cara zia dopo lunga meditazione ho
deciso di accettare leredit del mio povero fratello, fa unaccettazione valida o no?
Doc. No, perch il legislatore, mentre non pretende che laccettazione sia
pubblicizzata (portata a conoscenza del pubblico), pretende per che essa sia dotata di
quella seriet, che risulta dal suo inserimento in un atto pubblico o in una scrittura,
privata s, ma destinata a produrre effetti giuridici (come un contratto, una diffida ad
adempiere...): chiaro che, se Fulano inserisce la dichiarazione di accettazione in un
contratto, perch la ritiene rilevante per la produzione degli effetti giuridici a cui il
contratto mira; e che, se la ritiene rilevante per la produzione di effetti giuridici,
presumibile che la faccia meditatamente (cos come meditatamente da presumere
che si facciano tutti i contratti e in genere gli atti giuridici).
Doc. Dire che la dichiarazione di Fulano valida, non significa dire che a tutti
opponibile: se, nel caso, Rossi, non sapendo a chi pagare, se ne astiene, a lui che
contesta un suo obbligo risarcitorio adducendo la sua impossibilit ad adempiere
(vedi lultima parte dellart. 1218, vedi anche per casi simili allesempio fatto e
facilmente ipotizzabili, il co. 1 art 1189), Fulano non pu certo validamente opporre
la dichiarazione di accettazione da lui fatta...nel contratto col Bianchi.
Doc. A questa tua domanda rispondono il secondo e terzo comma dellarticolo 475,
che recitano: E nulla la dichiarazione di accettare sotto condizione o a termine.-
Parimenti nulla la dichiarazione di accettazione parziale delleredit.
Disc. Ma nel caso di un termine a quo o di una condizione sospensiva (Io dichiaro di
accettare ma a partire dal 15.12.19 oppure Dichiaro di accettare se mio figlio
prender la laurea), tali inconvenienti non si verificano
Doc. No, invece anche in tali casi si verificher nuovamente il fenomeno della
vischiosit nella circolazione e della sottoutilizzazione dei beni ereditari: infatti
nellattesa del maturare del termine o dellavverarsi della condizione il patrimonio
ereditario dovr pur essere amministrato; e inevitabilmente lo sar da un curatore, che
lo amministrer, s, ma senza quella pienezza di poteri che avrebbe lerede (se si
presenter loccasione della permuta o vendita vantaggiosa di un bene ereditario il
curatore trover mille ostacoli a coglierla e...non la coglier).
Disc. Larticolo 474, che abbiamo poco fa letto, diceva che laccettazione pu essere
anche tacita: quando che si verifica tale forma di accettazione?
Doc. Il legislatore te lo dice, o almeno cerca di dirtelo, con larticolo 476 che recita:
(Accettazione tacita). Laccettazione tacita quando il chiamato alleredit compie
un atto che presuppone necessariamente la sua volont di accettare e che non avrebbe
diritto di fare se non nella qualit di erede.
Quindi, secondo il legislatore, latto, che pur non costituendo una manifestazione
espressa di accettare, va considerato come unaccettazione delleredit, va
individuato in base ai due seguenti criteri: primo criterio, tale atto deve presupporre
necessariamente la volont di accettare; secondo criterio, deve essere un atto che
solo chi ha la qualit di erede pu compiere.
Doc. Effettivamente questo sarebbe un rigore eccessivo. Per cui io ritengo che
larticolo 476 vada interpretato, un po forzando la sua lettera, nel senso che vi
accettazione tacita tutte le volte che il chiamato alleredit compie un atto che
potrebbe compiere solo nella qualit di erede, a meno che tale atto trovi una chiara e
plausibile spiegazione in una volont, diversa da quella di accettare leredit e che la
coscienza sociale approva o tollera.
A questo punto per mettere bene a fuoco largomento in questione ti sar utile leggere
anche larticolo 527, che recita: (Sottrazione di beni ereditari). I chiamati alleredit
che hanno sottratto o nascosto beni spettanti alleredit stessa, decadono dalla facolt
di rinunziarvi e si considerano eredi puri e semplici nonostante la loro rinuncia.
Sempre per meglio inquadrare la ratio dellarticolo 476, dovrai tenere presente che il
legislatore, fa forzatamente diventare erede, non solo il chiamato alleredit che ha
sottratto o nascosto beni di questa, ma anche il chiamato alla eredit che si messo in
una situazione, che fa sorgere il sospetto che egli sottragga od occulti beni
delleredit (ad esempio, il chiamato alleredit che si trova nel possesso di beni
ereditari e che non compie linventario nei termini prescritti sul punto v. melius il
secondo comma dellarticolo 485).
Disc. La vendita che Fulano faccia a Rossi dei suoi diritti ereditari comporta
accettazione tacita delleredit?
Doc. Alla risposta a tale tua domanda opportuno premettere un chiarimento della
fattispecie. Infatti, anche escluso che, parlando di vendita di diritti ereditari, tu
intenda riferirti alla vendita che Fulano faccia di questo o quel bene rientrante
nellasse ereditario, ancora due ipotesi si possono fare.
Prima ipotesi, vendendo i suoi diritti ereditari Fulano intende, non solo cedere a Rossi
tutti i beni rientranti nella sua quota (o in una quota della sua quota) di eredit (Io
Fulano cedo a te Rossi i beni rientranti nella mia quota quali che essi siano: si
riducano agli appartamenti A e B, finora inventariati, oppure si arricchiscano di un
terzo appartamento C, che in un domani venga scoperto rientrare nelleredit, o si
riducano al solo appartamento A, essendo lappartamento B risultato non appartenere
al de cuius), ma intende trasferire a Rossi i debiti ereditari sulla quota gravanti (Tu,
Rossi, diventerai lunico obbligato verso i creditori delleredit, che pertanto solo nei
tuoi confronti potranno avanzare le loro pretese (creditorie).
Seconda ipotesi; vendendo i diritti ereditari Fulano intende,s, cedere tutti i beni nella
sua quota rientranti, ma rimanendo sempre personalmente obbligato verso i creditori
delleredit.
Tanto premesso, va detto che il contratto ipotizzato sub I certamente dovrebbe
considerarsi nullo, in base allelementare principio del diritto che non permette a un
debitore di liberarsi dei suoi obblighi verso il creditore delegando altri ad adempiere
il debito (v. melius co. 1 art. 1268). Ci nonostante per le ragioni che vedremo
studiando larticolo 478, il legislatore, da una parte ritiene valido tale contratto,
dallaltra, partendo dal presupposto che esso implichi unaccettazione delleredit,
evita di liberare con ci stesso, il cedente la quota, dei suoi debiti verso i creditori.
Il contratto ipotizzato sub II potrebbe invece considerarsi valido anche secondo i
principi, ma non pu, inevitabilmente, non comportare accettazione delleredit, se
non altro perch altrimenti, il permanere dei debiti in capo a Fulano, mancherebbe di
ragion sufficiente: se Fulano non risponde di tali debiti a titolo di erede, a che titolo
ne risponde?
La risposta che cos ti ho dato, corrisponde alla migliore interpretazione dellarticolo
477, che recita: (Donazione, vendita e cessione dei diritti di successione). La
donazione, la vendita o la cessione, che il chiamato alla eredit faccia dei suoi diritti
di successione a un estraneo o a tutti gli altri chiamati o ad alcuno di questi, importa
accettazione delleredit.
Disc. Quindi il legislatore dovrebbe ritenere la nullit della rinuncia a favore di Rossi.
Doc. Cos dovrebbe; ma egli (che pu fare de rotundo quadratum) ritiene valida la
rinuncia (per cui il Rossi diventer erede per 60 e non pi per 30), ma elimina le
ingiuste conseguenze, che tale soluzione comporterebbe per il creditore Pinco
Pallino, stabilendo che tale rinuncia comporta per il Bianchi accettazione delleredit
(ci che significa che il creditore continuer a godere della garanzia del patrimonio
del Bianchi).
Disc. Tutto bene; per allora il Legislatore avrebbe dovuto considerare come
unaccettazione anche la rinuncia che fosse fatta indistintamente a favore di tutti i
chiamati alleredit, dato che questi, in forza della rinuncia del Bianchi, vengono ad
acquisire, s i beni che al Bianchi sarebbero toccati, ma anche i debiti di cui sarebbe
stato gravato.
Doc. No, questo il legislatore non poteva farlo, perch allora avrebbe dovuto
considerare (assurdamente!) ogni rinuncia come unaccettazione. Infatti ogni
rinuncia, comportando una modifica degli eredi, pu anche comportare una modifica
in senso peggiorativo della garanzia offerta dai loro patrimoni ai crediti delleredit.
Evidentemente il legislatore teme che si nasconda, dietro una rinuncia fatta a favore
di soli alcuni chiamati alleredit, una qualche malizia e vuole neutralizzarla
stabilendo che tale rinunzia va considerata un accettazione (e quindi comporta per
ci stesso il permanere della responsabilit del rinunziante verso i creditori).
Disc. Mi dichiaro soddisfatto solo a met dell a tua risposta. Ma, veniamo alla
seconda ipotesi che fa il legislatore: Bianchi rinuncia sic e simpliciter senza scegliere
il beneficiario della sua rinuncia (quindi evidentemente rinuncia a favore di coloro
che, non lui, ma la Legge chiamer a succedergli); per rinuncia dietro corrispettivo:
perch il legislatore considera tale rinuncia come unaccettazione (col risultato di
continuare a gravare il rinunziante dei debiti ereditari)?
Doc. Qui si va nel difficile. Lunica risposta che so darti che il legislatore
probabilmente si lascia guidare a tale soluzione dal principio cuius commoda eius
incommoda: tu, Bianchi, hai tratto un beneficio dalleredit, quindi giusto che anche
di questa sopporti i pesi.
Doc. No, non cos; in realt niente impedisce allistituito sotto condizione di
accettare prima dellavverarsi di questa. Probabilemnte il legislatore non ha voluto
costringere listituito a una decisione che potrebbe comportare una complicata
valutazione dei pro e dei contro in una situazione in cui tale impegno potrebbe poi
risultare sprecato (non avverandosi la condizione).
Disc. Ragionamento simile allora il legislatore avrebbe dovuto fare per il chiamato
ulteriore: non si pu pretendere che il chiamato ulteriore Rossi si prenda la briga di
accettare o no quando laccettazione del primo chiamato Bianchi potrebbe rendere
inutile tale accettazione.
Disc. Come?
Doc. Esercitando la c.d. Actio interrogatoria prevista dallart. 481, che recita:
(Fissazione di un termine per laccettazione). Chiunque vi ha interesse pu chiedere
che lautorit giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta
o rinunzia alleredit. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione,
il chiamato perde il diritto di accettare.
Disc. Puoi farmi lesempio di qualcun altro oltre al Rossi (oltre a un chiamato
ulteriore) che sia legittimato a questa actio interrogatoria?
Doc. Pensa a Fulano che, in caso di mancata accettazione del Bianchi, sarebbe
chiamato alleredit in sua sostituzione o in sua rappresentanza (art. 467 ss.), pensa
a un legatario, pensa a un creditore delleredit o, anche (per i motivi che poi
vedremo parlando dellart.525) a un creditore del Bianchi.
Doc. Certo che lo pu; chi ha il potere di accettare una proposta (nel caso costituita
dalla devoluzione delleredit), non pu non avere il potere di rifiutarla.
Disc. Quindi per prevenire lactio interrogatoria o, comunque, per cortesemente
accorciare la spasmodica attesa di qualche chiamato in subordine, o per far cessare la
stressante petulanza di qualche creditore delleredit (Il mio credito scaduto da un
bel po, egregio signor Bianchi, si decida, dica se vuole accettare leredit e pagarmi,
o no), il Bianchi non ha che da prendere carta e penna e scrivere Tranquillo, caro
signore, io rifiuto leredit).
Doc. Eh, no. La rinuncia un negozio rigorosamente formale, cio che richiede ad
essentiam una data forma. Ci risulta dal primo comma dell articolo 519, che recita:
La rinunzia alleredit deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o del
cancelliere del tribunale del circondario in cui si aperta la successione, e inserita nel
registro delle successioni.. E, bada, la rinunzia deve essere rivestita dalle rigorose
forme ora dette, non solo nel caso in cui a favore di un determinato coerede o
avviene dietro corrispettivo (caso in cui viene a costituire in buona sostanza
lelemento di un accordo contrattuale), ma, come ci tiene ad avvertire il secondo
comma dellarticolo 519, anche quando fatta gratuitamente a favore di tutti coloro
ai quali si sarebbe devoluta la quota del rinunziante (vedi melius, larticolo e il
comma citato).
Disc. Quindi tra il Bianchi, rinunziante pentito, e il Rossi potr aprirsi una corsa a chi
arriva prima ad accettare.
Doc. Nella realt difficile che, tale corsa a chi arriva prima, si verifichi,
ma...potrebbe verificarsi.
Doc. Non si saprebbe trovare ragione perch ci non fosse; e neanche si potrebbe
dedurre, dalla volont di rinunciare alleredit, una volont di rinunciare alla
donazione o al legato: infatti la rinuncia alleredit potrebbe essere, e di solito lo ,
dettata da motivi (timore, ad esempio, di essere gravato da una hereditas damnosa)
che per nulla giustificherebbero una rinuncia alla donazione o al legato. Comunque
sul punto il secondo comma dellarticolo 521 non lascia dubbi, esso infatti recita: Il
rinunziante pu tuttavia ritenere la donazione o domandare il legato a lui fatto sino
alla concorrenza della porzione disponibile, salve le disposizioni degli articoli 551 e
552.
Disc. E che significa che sono salve le disposizioni degli articoli 551 e 552?
Doc. Significa che, se lasse ereditario di 90, la quota riservata al legittimario
della met e il legittimario ha ricevuta una donazione pari a 43, egli dovr imputare
tale donazione alla quota a lui riservata; cosa per cui egli potr ridurre, la donazione
di 50 fatta al Bianchi, solo di due unit (e non di cinque unit come nellesempio
prima fatto), in quanto se la riducesse (non di due, ma di cinque unit) egli verrebbe a
ricevere di pi della quota che il legislatore gli riserva (provare per credere: 43 + 2 =
45, dove 45 pari alla quota riservata; mentre 43 + 5 = 48, che pi della quota
riservata).
Disc. Mi accorgo per che tu, furbone che non sei altro, hai saltato a pi pari il primo
comma dellarticolo 521, forse ti riusciva difficile trovarne la ratio.
Doc. E cos, lo confesso; non facile capire perch chi rinunzia alleredit (va)
considerato come se non vi fosse mai stato chiamato.
Disc. A me sembra che invece ci sia facile: se, come abbiamo visto, laccettazione
retroagisce al momento dellapertura della successione, anche la rinuncia non pu
non retroagire a tale momento.
Doc. E quel che autorevolmente si sostiene; ma, sar che sono testa dura, trovo il
ragionamento astruso e non convincente.
Pi concretamente, mi pare, possono vedersi, le conseguenze della fictio costruita dal
legislatore, nel fatto che il dare e lavere che nasce dagli atti di gestione delleredit
che, come vedremo, anche il chiamato a questa possiede, andr regolato (con i
coeredi) in base alle norme che regolerebbero una qualsiasi negotiorum gestio
compita da un qualsiasi terzo.
E comunque pacifico che, anche in caso di rinuncia, rimangono validi gli atti (ad
esempio, lesercizio di unazione possessoria) compiuti dal rinunziante-erede.
Disc. Ti riesce difficile trovare anche la ratio dellarticolo 520? La cosa comincerebbe
ad essere preoccupante per chi ha lambizione di scrivere un libro.
Doc. No, e del resto individuare la ratio dellarticolo 520, che dichiara nulla la
rinunzia fatta sotto condizione o a termine o solo per parte molto facile: tale ratio
con tutta evidenza la stessa di quella che presiede al secondo e terzo comma dellart.
475; su cui ci siamo gi intrattenuti.
Disc. Per cui evitando di ripeterci passiamo allart. 524, che recita: (Impugnazione
della rinunzia da parte dei creditori). Se taluno rinunzia, bench senza frode, a
uneredit con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare
leredit in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni
ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti. (.).
Direi, dunque, che con il disposto dellarticolo 524 il legislatore mira a tutelare, i
creditori del chiamato alleredit, contro il possibile danno, che loro potrebbe
derivare dalla rinunzia. Danno che si verificherebbe se il patrimnio del chiamato
non fosse in grado di soddisfare i debiti (da esso garantiti) mentre lo diventerebbe se
incorporasse la quota devoluta in eredit al rinunziante.
Per evitare tale danno giustamente d ai creditori il potere di revocare la rinunzia.
Doc. Quel che dici va bene, purch tu tenga presente che, la revocatoria prevista
dallarticolo 524, si basa su presupposti ben diversi di quelli della revocatoria prevista
dallarticolo 2901. Infatti lesercizio della revocatoria di cui allarticolo 524,
possibile a prescindere non solo della scientia damni e del consilium fraudis del
terzo di cui parla il n. 2 art. 2901 (e questo va da s, dal momento che in subiecta
materia non si saprebbe in chi individuare questo terzo)- ma prescinde, e questo
veramente rilevante, dal conislium fraudis e dalla scientia damni del debitore (alias,
del chiamato alleredit che rinunzia).
Disc. Altra differenza tra la revocatoria ex art. 524 e la revocatoria ex art. 2901 che,
al contrario di questa, quella pu essere esercitata solo previa autorizzazione
dellautorit giuidziaria. Questo come si spiega?
Doc. Si spiega con la maggiore incisivit della revocatoria ex art. 524: i creditori del
rinunziante, che agiscono in revocatoria, non si limitano a revocare latto di rinunzia,
ma vengono ad esercitare - sia pure al limitato scopo di soddisfarsi sui beni ereditari
fino alla concorrenza dei loro crediti - i diritti spettanti sulleredit al loro debitore
rinunziante.
Disc. Quindi con larticolo in esame il legislatore concede una tutela robusta, ai
creditori del chiamato, contro il pericolo che pu a loro derivare da una rinunzia
alla eredit. Trovo per strano che il legislatore non si preoccupi di tutelare con
eguale energia i creditori contro il pericolo che a loro pu derivare, sia
dallaccettazione di una hereditas damnosa che il chiamato abbia fatta, sia dalla sua
inerzia nellaccettare un eredit invece felice e lucrosa.
Doc. Quel che dici in parte vero e in parte no. E vero che la tutela contro i pericoli
da te accennati meno chiara e comunque pi limitata e inefficace di quella
apprestata contro il pericolo di una rinunzia inopportuna. Per non del tutto
deficiente.
Contro il pericolo rappresentato dallaccettazione di una hereditas damnosa da parte
del debitore-chiamato alleredit, i creditori potranno servirsi dellazione revocatoria.
Doc. No, quella prevista dallart.2901. Quindi dovranno provare la scientia damni o il
consilium fraudis del debitore. Cosa certamente difficile ma non impossibile.
Disc. E contro linerzia del debitore che, pur avendo un patrimonio insufficiente a
soddisfare i suoi creditori, nulla fa per rimpolparlo con la quota ereditaria devolutagli
quali rimedi appresta la legge?
Doc. La legge sul punto tace, purtroppo. E gli studiosi hanno cercato di supplire al
suo silenzio proponendo, starei per dire inventando, vari rimedi.
Disc. E allora?
Disc. Ti pongo ora, per finire in bellezza la lezione, una questione che pu sorgere sia
in caso di accettazione che di rinunzia (alleredit). Bianchi, il chiamato alleredit,
ha fatta la sua bella dichiarazione (di accettazione o di rinuncia) ma a questa stato
indotto da violenza (metti, ha accettata leredit perch un suo creditore lo ha
minacciato o accetti o ti sparo), da dolo (metti, ha rinunziato alleredit perch
Rossi, chiamato a questa in sua sostituzione, gli ha fatto credere che era gravata da
ingentissimi debiti) o da errore (ha accettato, credendo che non fosse oberata da
debiti, mentre invece purtroppo lo , credendo che rientrasse nellasse ereditario
quella villa da lui appetita da lungo tempo, mentre cos non , credendo non fosse
chiamato alleredit quellantipatico di Rossi, mentre invece si trover a sedere
accanto a lui al tavolo della divisione). Che pu fare, il povero Bianchi per evitare le
conseguenze di una dichiarazione che non corrisponde alla sua vera volont?
Doc. Nel caso di dolo e violenza pu impugnare la dichiarazione (poco importa che
sia di accettazione o di rinuncia). Tanto gli concedono larticolo 482 (per
laccettazione) e larticolo 526 (per la rinuncia); articoli che recitano, il primo,
Laccettazione delleredit si pu impugnare quando effetto di violenza o di dolo,
il secondo, La rinunzia alleredit si pu impugnare solo (la sottolineatura
naturalmente mia) se leffetto di violenza o di dolo.
Doc. Diciamo che lerrore non rileva, se non mai, quasi mai.
Doc. La rilevanza dellerrore, per quel che riguarda la rinunzia, esclusa, se non
espressamente, molto chiaramente, da quel solo che io ho sottolineato riportando
lart. 526 (la rinunzia si pu impugnare solo se leffetto ecc.), per quel che
riguarda laccettazione esclusa, questa volta espressamente, dal primo comma
dellarticolo 483, che suona Laccettazione delleredit non si pu impugnare se
viziata da errore.
Doc. Daccordo sulla scarsa rilevanza pratica del primo comma dellarticolo 483.
Merita invece attenzione il suo secondo comma, che, anche se non riconosce
rilevanza allignoranza di un secondo testamento, limita per di tale ignoranza le
conseguenze negative. Infatti esso recita: Tuttavia se si scopre un testamento del
quale non si aveva notizia al tempo dellaccettazione, lerede non tenuto a
soddisfare i legati scritti in esso oltre il valore delleredit, o con pregiudizio della
porzione legittima che gli dovuta. (...).
Doc. Abbiamo visto che laccettazione delleredit comporta dei pro (subentro nei
diritti del de cuius) e dei contro (assunzione dei suoi debiti), che una persona
prudente deve poter soppesare con calma. Per cui passa del tempo, certe volte anche
molto tempo, tra il momento dellapertura della successione e quello
dellaccettazione; in tale tempo leredit heredem non habet sed habere sperat:
leredit aspetta un erede cio un nuovo dominus. E che lo trovi presto interesse dei
creditori del de cuius (che finch leredit non gestita non possono sperare di essere
pagati), dei chiamati alleredit e, alla fin fine, della Societ tutta, che rischiano che
col passare del tempo leredit vada in rovina.
Disc. Perch col tempo leredit rischia di andare in rovina?
Doc. Ma evidente: perch i beni se non accuditi si danneggiano (si rotto il tetto
della casa: se non lo aggiusti, piove nellappartamento sottostante e rovina i mobili; le
mele sono maturate nellalbero: se non le raccogli, marciscono: meno mele, sulla tua
tavola, meno mele sui banchi del mercato), perch i crediti, se non li realizzi, si
prescrivono, perch negli immobili abbandonati estranei possono introdursi e
comunque farla da padroni, e di essi diventer difficile liberarsi, se subito non si
castiga e reprime il loro comportamento abusivo con le azioni possessorie ().
Doc. S; ma anche cos, i suoi compiti saranno pi estesi - non solo di quelli di un
chiamato alleredit - che, come vedremo meglio in questa stessa lezione, ha anche
lui poteri di amministrazione delleredit, ma limitati agli atti che non possono essere
riservati al curatore (il curatore di cui stiamo parlando) - ma anche di quelli dellerede
beneficiato di cui agli artt. 484 segg., il cui compito, almeno nel caso di mancanza di
altri chiamati alleredit, si limita ad amministrare i beni ereditari, in modo che
conservino un valore tale da soddisfare tutti i crediti, poco importando che tale valore
si riduca, di tanto o di poco, rispetto a quello originario.
Doc. Pi che dire quali sono i suoi compiti dice quali sono i suoi poteri: sono gli
stessi che le norme sullamministrazione beneficiata attribuiscono allerede (vedi
larticolo 531), con la differenza (non lieve) che, mentre lerede pu, senza
autorizzazione del tribunale, pagare i creditori man mano che si presentano, il
curatore pu, anche lui, s, fare ci, ma solo con lautorizzazione del tribunale (vedi
melius, lart. 530).
Doc. S, se autorizzato di volta in volta dal tribunale (come vedremo meglio parlando
delleredit beneficiata).
Disc. In definitiva i poteri del curatore non sono pochi: non sono previste cautele
contro leventualit di una sua mala gestio?
Doc. Naturalmente, s: il curatore deve fare linventario, rendere il conto della sua
gestione, cos come vedremo deve fare lerede beneficiato, e, cosa a cui, invece,
questi non tenuto, deve depositare il danaro delleredit in...luogo sicuro (salvo
quello occorrente per le piccole spese: quindi per le piccole spese non dovr ricorrere
al giudice, per le altre avr bisogno invece di ottenere da questo un mandato di
pagamento che gli permetta di prelevare i soldi). Tutto questo risulta dallart. 529, che
recita: (Obblighi del curatore) - Il curatore tenuto a procedere allinventario
delleredit,(omissis) a depositare presso le casse postali o presso un istituto di
credito designato dal tribunale il danaro che si trova nelleredit o si ritrae dalla
vendita dei mobili e degli immobili e, da ultimo, a rendere conto della propria
gestione.
Disc. A che si riferisce lo omissis che tu hai inserito nel corpo della citazione
dellarticolo?
Doc. Si riferisce alla concessione al curatore degli obblighi-poteri di esercitare e
promuovere le ragioni delleredit, di rispondere alle istanze proposte contro la
medesima e di amministrarla - tutti obblighi e poteri che gi risultano dallart. 531 e
che quindi il legislatore nellarticolo 529 superfluamente ripete.
Doc. S, e ne risponde anche per colpa lieve. Mentre invece, come vedremo, lerede
beneficiato ne risponde solo per colpa grave.
Doc. Perch lerede, che viene chiamato ad amministrare res suas, non va pungolato
tanto alla diligenza (con la minaccia di sanzioni), quanto piuttosto allaccettazione
delleredit (con la assicurazione che, eventuali errori in cui lui, che di solito non un
professionista, dovesse incorrere, gli sarebbero addebitati, appunto, solo per colpa
grave); il curatore, invece, che nulla direttamente ci rimetterebbe nel caso di una
cattiva gestione (se il valore del patrimonio ereditario da 100 si riduce a 50, sar
peggio per gli eredi e per i creditori, non certo per lui) va sollecitato alla diligenza
dalla minaccia di una robusta sanzione.
Doc. No, il curatore pu essere nominato in ogni tempo. Anzi di solito non lo si
nomina. E il perch di ci chiaro: la curatela costa, dunque unextrema ratio.
E, questa reticenza del legislatore alla nomina di un curatore, risulta dal fatto che ad
essa non si pu procedere, non solo quando un erede abbia accettato leredit (il che
abbastanza ovvio), ma anche quando un chiamato alleredit sia nel possesso di un
bene ereditario.
Disc. Basta che sia nel possesso anche di un solo bene ereditario?
Doc. S, a tale conclusione porta sia la lettera della legge sia la considerazione che, se
il chiamato nel possesso anche di un solo bene, in breve tempo, come vedremo,
costretto a scegliere: o rinuncia alleredit (e allora si nominer il curatore) o laccetta
(e allora penser lui, il chiamato, ad amministrarla).
Disc. Quanto hai detto da quale articolo risulta?
Doc. Risulta dal primo comma dellarticolo 528, che recita: (Nomina del curatore).
Quando il chiamato non ha accettato leredit e non nel possesso di beni ereditari, il
tribunale () su istanza delle persone interessate o anche dufficio, nomina un
curatore delleredit
Doc. E evidente che il legislatore nel formulare il suo pensiero caduto in un lapsus:
chiaro che, se il chiamato ha accettato, diventa irrilevante che sia o no nel possesso
di un bene ereditario. Del resto ci ha la sua contro-prova nel fatto che, per larticolo
532 il curatore cessa delle sue funzioni quando leredit stata accettata
(e non quando leredit stata accettata da chi nel possesso ecc.).
Disc. Resta comunque ancora da spiegare perch, quello stesso possesso di un bene
ereditario, che, intervenendo prima della nomina, la impediva, intervenendo dopo che
la nomina stata fatta, non la fa cessare.
Doc. Questo viene nei lavori preparatori spiegato con linopportunit di annullare
quella nomina del curatore (che venuta a costare tempo e denaro) per il verificarsi
di una situazione (idest, la presa del possesso di un bene ereditario da parte del
chiamato), che in fondo non d quella stessa sicurezza, che vi sia una persona a
curare la gestione delleredit, che fornisce la chiara accettazione di questa.
Disc. Cambiamo argomento. Mettiamo che nel possesso del bene ereditario sia Caio,
chiamato alleredit, s, ma solo per il caso che Sempronio non laccetti: in tal caso la
nomina del curatore si pu fare o no?
Disc. E allora la differenza tra listituto della curatela delleredit giacente e quello
dellamministrazione delleredit a cui chiamata sub condicione una persona,
qual?
Doc. Praticamente tale differenza si riduce nel diverso criterio della scelta
dellamministratore rispetto al curatore (vedi lart. 642).
Disc. Cambiamo ancora argomento. Se non vi un solo chiamato (uso anchio per
semplicit la terminologia del legislatore), ma vi sono pi chiamati, Tizio e
Sempronio; e il primo ha accettata leredit, mentre il secondo ci vuole ancora
pensare, il curatore si pu nominare o no.
Doc. La nomina del curatore, di cui abbiamo finora parlato, pu avvenire con ritardo
(anche di mesi e di anni) o addirittura non avvenire mai (anzi di solito non avviene
mai, per risparmiare le relative spese). E tuttavia nellassenza del curatore possono
presentarsi delle situazioni che pongono a rischio la conservazione del patrimonio
ereditario (un bene di questo ha subito un guasto e va riparato, prima che tale guasto
aumenti e provochi danno, un credito delleredit sta per prescriversi, un estraneo si
introdotto abusivamente in un immobile...). In tal caso interesse dei chiamati
alleredit, dei creditori della stessa e direi della Societ tutta, che qualcuno
intervenga a difesa delleredit stessa.
Il legislatore d, con larticolo 460, questo potere di intervenire, non a uno qualsiasi
degli interessati, ma al chiamato alleredit, dovendosi intendere per tale, non il
semplice vocatus, ma il vocatus a cui sia devoluta leredit (se stato chiamato
alleredit Bianchi e, per il caso che non accetti, Rossi, solo Bianchi avr il potere di
intervenire). Naturalmente il legislatore, che, come abbiamo visto, pone limiti ai
poteri del curatore, non pu non porli, e a maggior ragione, al chiamato (una
persona che non scelta, come il curatore, dal giudice, e pu essere chiss chi, che
non fa inventario, non deve rendere il conto....). E il legislatore tali limiti senza
dubbio li vuol porre e li pone, purtroppo per tuttavia non li indica chiaramente:
dallart. 460 risulta,s, che il chiamato pu, oltre i meri atti conservati (le azioni
possessorie, di cui al primo comma, una domanda di sequestro, una intimazione per
interrompere la prescrizione...), spingersi a compiere atti di amministrazione
temporanea; ma che si intende per atti di amministrazione temporanea?
Linterpretazione migliore che il legislatore voglia, con laggettivo temporanea
(amministrazione temporanea), permettere al chiamato tutti e solo quegli atti miranti
alla conservazione del patrimonio ereditario che, senza apprezzabili inconvenienti,
non potrebbero essere compiuti da un curatore o da un erede beneficiato, che entrino
nella loro carica in un tempo ragionevolmente breve - esclusi comunque gli atti per
cui anche il curatore dovrebbe farsi autorizzare dal giudice (la riscossione di crediti e
la alienazione di beni immobili e mobili).
Disc. E, mi permetto di aggiungere, gli atti di godimento dei beni ereditari (come
luso dellauto del de cuius, labitazione nella casa del de cuius, peggio, la vendita di
mobilia del de cuius).
Disc. S, sul punto sei stato chiaro commentando larticolo 476. Mi pare che a questo
punto si possa dar lettura dellarticolo 460.
Doc. Art. 460 (Poteri del chiamato prima dellaccettazione). Il chiamato alla eredit
pu esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari, senza bisogno di
materiale apprensione.
Egli inoltre pu compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione
temporanea, e pu farsi autorizzare dallautorit giudiziaria a vendere i beni che non
si possono conservare o la cui conservazione importa grave dispendio.
Non pu il chiamato compiere gli atti indicati nei commi precedenti, qaundo si
provveduto alla nomina di un curatore delleredit a norma dellart. 528..
Doc. Significa che il chiamato pu esercitare tali azioni anche se, non essendo nel
possesso del bene, a rigore non potrebbe dirsi n spogliato n molestato nel suo
possesso. E chiaro, per, che nel possesso del bene deve essere stato il de cuius; ed
ancora chiaro che - se lo spoglio e la turbativa sono avvenuti in vita di questi ed egli
rimasto inerte, lasciando passare lanno utile per lesercizio delle azioni (vedi gli artt.
1168 e 1170) - il chiamato non potr agire in possessoria.
Disc. E se lo spoglio o la turbativa sono avvenuti dopo la morte del de cuius, pu il
chiamato esercitare le azioni possessorie, anche se ha lasciato passare lanno di cui
agli articoli 1168 e 1170?
Doc. A mio parere, s; come mi riservo di meglio spiegare parlando della c.d. petitio
hereditatis (i cui principi sono trasferibili alle azioni possessorie del chiamato, dato
che in buona sostanza lart. 460 non fa che conferire in anticipo a questi quei poteri di
iniziativa giudiziaria, che lart.533 concede allerede, salvo il limite, che soffre il
chiamato e non lerede, dellesperibilit delle azioni solo quando il loro esercizio non
pu essere riservato a un futuro curatore o erede beneficiato cos come prima ho
cercato di chiarire).
Disc. Mettiamo che siano chiamati alleredit Bianchi e Rossi: naturalmente entrambi
possono prendere liniziativa di esercitare i poteri loro concessi dallart. 460, ma cos
stando le cose non possono verificarsi interferenze tra lazione delluno e dellaltro?
Doc. No, perch, una volta che uno di loro, metti il Bianchi, ha assunto uniniziativa,
laltro deve lasciarla condurre a lui: Bianchi ha nominato un avvocato e ha proposto
unazione di reintegra? Rossi non potr pretendere di revocare lavvocato (nominato
dal Bianchi) e tanto meno di rinunciare allazione. Egli per potr svolgere unopera
di controllo e di vigilanza: nel caso prima fatto, potr, ad esempio, intervenire nella
procedura promossa dal Bianchi ad adiuvandum (ma lavocato lo dovr pagare con i
suoi soldi, non con i soldi delleredit).
Disc. S, parliamo di soldi. Il chiamato alleredit che interviene a sua tutela ha diritto
a vedersi rimborsare le spese?
Doc. Negli stessi limiti con cui ne risponderebbe un negotiorum gestor (v. lart.
2030), quale in definitiva egli .
Disc. Ma che il chiamato abbia diritto a fare un inventario, dei beni ereditari a sua
conoscenza, io, di certo, non ne dubitavo. Io volevo sapere se la legge gli d il mezzo
per superare gli impedimenti che terzi gli potrebbero frapporre alla conoscibilit di
tali beni (penso a Pinco Pallino che, locatario di un appartamento ammobiliato del de
cuius, impedisce al chiamato di entrarvi per fare lelenco dei mobili, o anche al
direttore della banca, che fa divieto al chiamato di prendere visione del contenuto
della cassetta di sicurezza locata al de cuius) e allottenimento cos di una prova
sicura dellesistenza di tali beni (e di chi li detiene e di dove si trovano).
Doc. Ma diritto allinventario, nel contesto della nostra legge processuale, non
significa semplicisticamente diritto a inventariare, ma significa diritto a che lAutorit
Giudiziaria dia incarico a un pubblico ufficiale (il cancelliere o il notaio) di: 1)
prendere nota dei beni che, per il luogo in cui si trovano e la persona che li detiene,
potrebbero (a detta del richiedente linventario) rientrare nellasse ereditario; 2)
prenderne nota in un documento (che per essere stato formato da un pubblico
ufficiale) verr, fino a querela di falso, a far prova (non della propriet del de cuius su
tali beni, ma) dellesistenza di tali beni, della loro detenzione da parte di Pinco
Pallino, del luogo in cui si trovano; 3) prenderne nota superando, se del caso con la
forza, eventuali resistenze che a ci si pongano.
Doc. Dagli articoli 769 e segg. c.p.c. Peraltro il chiamato, non solo ha diritto ad
ottenere linventario (dei beni ereditari), ma, se nel possesso di qualche bene
ereditario, ha anche loneredi chiederlo e di promuoverne il compimento.
Doc. Risulta dallart. 485 che impone al chiamato che nel possesso di qualche
bene - bada anche di un solo bene (che, per, sia naturalmente di apprezzabile valore)
- difare linventario (bada, non semplicemente di chiederlo!) entro un (piuttosto
breve) termine.
Evidentemente il legislatore di fronte la rischio che Fulano, il chiamato alleredit che
nel possesso di beni ereditari, li.. .faccia sparire, vuole che di questi sia al pi presto
accertata la consistenza in un atto facente pubblica fede.
Disc. Ci senza dubbio spiega perch Fulano, che, metti, abita in un appartamento
rientrante nelleredit, abbia lonere di fare linventario dei beni in tale appartamento
esistenti; ma perch imporgli lonere di fare linventario di tutti i beni ereditari, anche
di quelli situati in luoghi in cui lui non ha accesso?
Doc. Per nulla. La migliore punizione del chiamato, che ha sottratta alleredit la
collana di perle, quello di costringerlo bon gr mal gr a diventare erede (vedi art.
527). Perch in tal caso lobbligo di rimborsarne il valore, che naturalmente verrebbe
a gravarlo, sarebbe garantito, non solo dai beni delleredit, ma anche dai suoi beni
personali (cosa di non poca importanza qualora la collana fosse...lunico o quasi
lunico bene lasciato dal de cuius in eredit). E ci che vale nel caso che vi sia la
prova che Fulano abbia rubato, vale, mutatis mutandis, anche nel caso in cui Fulano
dia adito a sospetti di aver rubato - il caso contemplato dallart. 485.
Doc. E in effetti larticolo 485 con listituto della accettazione beneficiata centra
solo a met. E la met che abbiamo esaminata, meglio sarebbe stata collocata in un
articolo 476bis (cio dopo larticolo 476, che parla dellaccettazione, tacita o coatta,
come pi piace chiamarla).
Doc. Listituto della accettazione con beneficio dinventario stato creato dal
legislatore per vincere le titubanze, che un chiamato alleredit pu avere ad
accettarla: la Societ ha interesse che Fulano accetti (perch ci vuole qualcuno che
paghi i creditori del de cuius, che conservi e gestisca i beni, dal de cuius, lasciati...) e
quindi vuole far superare a Fulano le titubanze, che possono nascere in lui dal timore
di adire ad una hereditas damnosa.
Doc. No, perch linventario permette di conoscere in buona sostanza solo lattivo
delleredit, i beni che la compongono; ma uneredit che ha beni per un milione pu
essere damnosa perch ha un passivo di due milioni.
Disc. Capisco, si tratta di far venire allo scoperto i creditori del de cuius.
Disc. Ma se Fulano accetta leredit, deve poi pagarne i debiti attingendo anche al
suo patrimonio.
Doc. No, attribuire ai creditori il potere di amministrare non si pu, per due ragioni:
prima ragione, perch ci presupporrebbe che, come appunto avviene nel contratto di
cessione, essi diano a ci il loro consenso (dato che lamministrare un onere che
essi potrebbero ritenere per s troppo gravoso) consenso che sarebbe troppo
laborioso raccogliere; seconda ragione, perch occorrerebbe il consenso di tutti i
creditori, mentre noi partiamo dal presupposto di una situazione in cui lerede tituba
ad accettare, perch non conosce il carico debitorio che grava leredit, ci che, a sua
volta, fa pensare che non conosca neanche i nomi dei creditori di questa.
Disc. Ma non sorge allora il pericolo che egli commetta favoritismi nei pagamenti
(paghi prima e integralmente il creditore Bianchi cos lasciando a becco asciutto il
creditore Rossi)?
Doc. Dallinosservanza del termine stabilito per fare linventario (una volta espressa
laccettazione) deriva sempre lassunzione bon gr mal gr da aprte del chiamato
della veste di erede puro e semplice. Dallinosservanza,invece, del termine stabilito
per esprimere laccettazione (una volta fatto linventario) derivano conseguenze
diverse a seconda che il chiamato sia in bonis oppure no. Se in bonis, viene
considereato erede puro e semplice (v. terzo comma art.485). Se non lo , viene
considerato rinunciante (vedi terzo comma art. 487).
Disc. Capisco perch il legislatore fa derivare dal mancato rispetto dei termini da
parte del chiamato, che in bonis, la accettazione pura e semplice: perch il suo
permanere irregolare nel possesso dei beni ereditari ne fa temere la manomissione:
lo stabilire che il chiamato in bonis che non far linventario sar considerato erede
puro e semplice, costituisce, da una parte, una forte pressione a che ci non avvenga,
e, dallaltra, un modo per facilitare, nel caso che manomissioni dei beni ereditari
effettivamente si verificassero, un modo per facilitare il diritto al risarcimento, da tali
manomissioni, nascente.
Ma perch considerare erede puro e semplice il chiamato non in bonis,che, espressa
la sua volont di accettare con beneficio di inventario, non esegue questo nei termini?
egli infatti, proprio perch non nel possesso dei beni, non pu far temere che li
manometta.
Doc. Nel caso del chiamato (non in bonis) che non rispetta i termini, il legislatore
non vuole sanzionarne il comportamento, cerca solo di interpretarne la volont. E tu
converrai con me, che la cosa pi logica quella di attribuire, al chiamato (non in
bonis) che, espressa la accettazione con beneficio di inventario, poi questo non fa, la
volont di accettare,s, ma senza il beneficio e, al chiamato che, fatto linventario,
poi non accetta, la volont di rifiutare leredit (in considerazione proprio di quanto,
dallinventario, risulta)
Disc. Debbo dire che il contenuto dellarticolo ora riportato mi tuttaltro che chiaro.
Disc. La mia prima domanda parte da una deduzione, che mi sembra piuttosto logica.
E cio. Dal fatto che i creditori delleredit e i legatari hanno preferenza sul
patrimonio ereditario di fronte ai creditori dellerede (n.3 de comma 2), dal fatto che
questo patrimonio il legislatore lo vuole tenuto distinto da quello dellerede
(comma 1), dal fatto infine che lerede tenuto al pagamento dei debiti ereditari e
dei legati fino al valore di tale patrimonio (arg. ex n.2 del comma 2), mi sembra
lecito dedurre che lerede, fino a che non ha pagato i debiti ereditari, non pu gestire
lasse ereditario se non col fine precipuo di pagarli.
Doc. E una deduzione che in effetti piuttosto logica. Va avanti, fa la tua domanda.
Disc. Eccola: lerede come subisce dei vincoli nellamministrazione del patrimonio
ereditario, subisce dei limiti nel suo godimento? Ad esempio potrebbe prendere
alloggio nellappartamento che era stato del de cuius?
Doc. Dal fatto che i beni ereditari sono destinati al pagamento dei debiti ereditari, mi
pare logico dedurre che lerede non possa compiere tutti quegli atti di godimento di
tali beni che ad essi impediscono di dare quei frutti (naturali o civili) che
permetterebbero un maggiore soddisfacimento dei legatari e dei creditori stessi.
Disc. Quindi lerede potr alloggiare nella casa ricevuta in eredit se non ne
possibile la locazione, non potr alloggiarvi se ne possibile la locazione.
Altra domanda: i creditori del de cuius e i legatari senzaltro possono soddisfare i loro
crediti sui beni del patrimonio ereditario; per possono soddisfarli anche sui beni del
patrimonio personale dellerede (purch nei limiti di valore del patrimonio
ereditario)?
Disc. Leggo per nel secondo comma dellarticolo da te ora citato, che lerede dopo
la liquidazione del conto pu essere costretto al pagamento con i propri beni fino
alla concorrenza delle somme di cui debitore.
Doc. Neanche questo ci deve trarre in inganno: a me sembra chiaro che il legislatore
si metta nel caso in cui, presentato (ai sensi dellart.263 c.p.c.) il conto....i conti non
tornino (metti risulta che lerede ha venduto dei preziosi quadri, ma non risulta che il
relativo prezzo sia stato impiegato per pagare i creditori, per cui vi da pensare che
sia stato impiegato per soddisfare le esigenze personali dellerede): giusto che in tal
caso (ma solo in tal caso!) lerede sia costretto a cavare dalle sue tasche quei soldi
che mai avrebbe dovuto metterci.
Disc. A proposito di debiti pagati con soldi cavati dalle tasche dellerede, che succede
se questi paga un debito ereditario con i suoi soldi?
Doc. Succede che egli viene surrogato nel credito soddisfatto (arg.ex n.4 art. 1203).
Per chiaro che lerede pagando con soldi propri rischia di rimetterci. Ed facile
verificare ci con un esempio: metti che il credito (pagato dallerede) sia di 100 ed il
patrimonio ereditario potesse soddisfarlo solo per la met, cio per 50: anchegli
(idest, lerede surrogato) potr ottenere solo 50.
Doc. Ovvio. Se, avendo avuto il de cuius lobbligo di dare 100 allerede, si applicasse
lart. 1253, il relativo credito di questi si estinguerebbe e questi perderebbe 100, cio
vedrebbe una diminuzione del suo patrimonio personale - diminuzione che, egli,
accettando, s, ma con beneficio di inventario, voleva evitare. Se, al contrario, lerede
fosse (non pi il creditore, ma) il debitore, lapplicazione dellarticolo 1253,
comportando lestinzione del correlativo credito gi del de cuius, determinerebbe un
ingiustificato arricchimento del patrimonio personale dellerede a scapito di quello
ereditario (mentre abbiamo visto che listituto dellaccettazione beneficiata si regge
sul principio, che lerede si pu arricchire con il patrimonio ereditario solo dopo che
su di questo si sono soddisfatti i legatari e i creditori del de cuius).
Disc. Passiamo al disposto del n. 3 dellart. 490. Quindi lerede non pu usare dei
beni ereditari (ad esempio vendendoli) per pagare i suoi creditori: ho capito bene?
Doc. Hai capito benissimo: dal principio che lerede non pu arricchirsi a scapito del
patrimonio ereditario fino a che non siano soddisfatti i legatari e i creditori del de
cuius, deriva lulteriore principio che, fino a quando ci non sia avvenuto, questo
patrimonio deve essere gestito dallerede con lunico scopo di soddisfare tali creditori
e tali legatari, e da questo secondo principio deriva con tutta evidenza il divieto per
lui di usare i beni che lo costituiscono per soddisfare un proprio creditore.
Doc. Mi pare logico: forse che anche in questo caso non si verificherebbe
quellarricchimento del patrimonio dellerede (arricchimento dovuto al venir meno di
uno dei debiti che lo gravavano) a scapito di un impoverimento del patrimonio
ereditario (dovuto al venir meno di uno dei beni che lo costituivano) - cosa che invece
il legislatore vuole evitare?
Disc. Tu prima hai detto che, per evitare la possibilit di abusi dellerede, il
legislatore ne subordina lamministrazione al controllo dellautorit giudiziaria:
qual larticolo che prevede ci?
Doc. No, chiaro che il termine alienazione va inteso in senso tecnico (quindi
come comprensivo, ad esempio, anche della costituzione di un diritto reale).
Disc.Lart. 493 richiede lautorizzazione anche per lalienazione dei beni mobili:
quindi se lerede vuole vendere la bicicletta che era del de cuius, deve chiedere
lautorizzazione?
Doc. Assolutamente, no. Linosservanza dellarticolo 493, cos come ha per lerede
leffetto negativo di comportare la sua decadenza dal beneficio di inventario e quindi
la sua responsabilit senza limiti per i debiti ereditari, ha per leffetto positivo di
attribuirgli la pienezza dei poteri nel disporre dei beni ereditati: egli li pu vendere
quando vuole, a chi vuole e al prezzo che vuole (beninteso, salva la possibilit per i
creditori di esercitare lazione revocatoria di cui allart. 2901).
Disc. Peraltro, anche come erede beneficiato, egli ha, direi, poteri amplissimi: egli
pu stare in giudizio come attore e convenuto per difendere le ragioni delleredit,
pu stipulare locazioni, contratti di opera e di lavoro, dappalto ecc. cos come se
fosse il curatore di uneredit giacente; anzi, mi pare che si debba ritenere, che
tendenzialmente i suoi poteri sono maggiori di quelli di un curatore, dato che, come
abbiamo gi visto parlando delleredit giacente, maggiore la fiducia che gli riserva
il legislatore: il curatore non pu tenere presso di s il denaro che si trova nelleredit,
lerede beneficiato lo pu, il curatore risponde dellamministrazione solo per colpa
lieve, lerede beneficiato ne, risponde, per lart. 491, solo per colpa grave, il curatore
non pu pagare i creditori senza autorizzazione dellA.G., lerede beneficiato lo pu.
Ma tanta fiducia non pu essere mal riposta? Il legislatore non adotta cautele contro il
pericolo di abusi da parte dellerede?
Doc. Nella liquidazione individuale i creditori e i legatari sono pagati a misura che si
presentano, salvi i loro diritti di poziorit (vedi art. 495 co.1).
Disc. Quindi lerede deve pagare prima chi per primo ha chiesto il pagamento,
Doc. In ragione del suo diritto di poziorit; dato che i creditori sono preferiti ai
legatari e i creditori muniti di diritto di prelazione sono preferiti ai chirografari (arg.
ex co. 2 art. 499).
Naturalmente, il problema di scegliere tra il legatario Bianchi e il creditore Rossi,
oppure tra il creditore ipotecario Bianchi e il creditore chirografario Rossi, sorger
solo quando il denaro necessario per i pagamenti scarsegger. Il che difficilmente
avverr allinizio della procedura. Quel che invece probabile che avvenga, che,
inoltratisi un bel po nella procedura, il denaro venga effettivamente a mancare.
Disc. E allora?
Doc. Quel che succede allora te lo dice il secondo comma sempre dellart. 495:
Esaurito lasse ereditario, i creditori rimasti insoddisfatti hanno soltanto diritto di
regresso contro i legatari, ancorch di cosa appartenente al testatore, nei limiti del
valore del legato.
Disc. Lerede per reperire la liquidit necessaria per i pagamenti pu vendere anche
un immobile ipotecato?
Doc. Questo termine che previsto nella liquidazione concorsuale (vedi terzo
comma art. 502) - non invece previsto nella liquidazione individuale. Quindi
lerede, per sentirsi liberato dalla spada di Damocle di una richiesta di pagamento,
pu confidare solo nel maturare del tempo necessario alla prescrizione.
Per concludere, la liquidazione individuale presenta i seguenti vantaggi e svantaggi
rispetto a quella concorsuale. Vantaggi: 1)- evita le spese di una procedura che, come
quella concorsuale, prevede notifiche, pubblicazione di annunci e, soprattutto, la
nomina di un notaio; 2- non comporta la decadenza di un eventuale termine a quo
posto a un credito: Bianchi che aveva un credito da lui esigibile (dal de cuius) solo a
partire dal 15 gennaio 2016, deve aspettare il 15 gennaio 2016 per chiederne il
pagamento (invece nella procedura concorsuale tale termine cadrebbe, proprio per
permettere a Bianchi di concorrere con gli altri creditori nella soddisfazione del suo
credito).
Svantaggi: 1) rischia di lasciare totalmente insoddisfatti dei creditori e dei legatari
(mentre invece nella liquidazione concorsuale, tra i creditori non aventi diritto a
prelazione lattivo ereditario ripartito in proporzione dei rispettivi crediti - vedi il
secondo comma art. 499); 2) non previsto un termine, diciamo cos, di chiusura
della liquidazione.
Disc. Passiamo ora a parlare della liquidazione concorsuale. Ma prima ancora dimmi:
lerede pu scegliere a suo arbitrio luna o laltra procedura di liquidazione?
Doc. No, lerede pu optare per la liquidazione individuale invece che per la
liquidazione concorsuale (e viceversa), ma non a suo arbitrio. Infatti, prima di tutto, il
legislatore d facolt ai creditori e ai legatari di opporsi alla liquidazione individuale,
al fine di ottenere che si proceda con quella concorsuale (ed chiaro quando essi
eserciteranno tale facolt: leserciteranno tutte le volte che giudicheranno il
patrimonio ereditario insufficiente al pagamento di tutti i crediti e di tutti i legati); in
secondo luogo, anche se non vi opposizione dei creditori e dei legatari, egli (idest,
lerede) non pu optare per la liquidazione concorsuale, se ha effettuato dei
pagamenti (a meno che i pagamenti siano a favore di crediti privilegiati o ipotecari
vedi larticolo 503)
Disc. Perch larticolo 503 pone questo (secondo) ostacolo allopzione dellerede?
Doc. Evidentemente perch teme che lerede altrimenti possa favorire alcuni creditori
pagandoli integralmente e, solo dopo fatto questo, opti per quella liquidazione
concorsuale, che comporter la riduzione proporzionale di tutti gli altri crediti.
Insomma come se il legislatore minacciasse Bada, Fulano, se cedi alla tentazione
di favorire qualche creditore, ti giochi la possibilit di avere la liquidazione
concorsuale.
Doc. In primo luogo, lerede invita (non lui direttamente, ma a mezzo di un notaio)
i creditori e i legatari a presentare (entro un breve termine fissato, non da lui, ma dal
notaio) le dichiarazioni di credito(vedi comma 2 art. 498)
In secondo luogo, procede (co.1 art. 499) con lassistenza del notaio a liquidare le
attivit ereditarie (naturalmente basandosi, per stabilire la quantit e limportanza
dei beni da alienare, sulla quantit dei crediti da soddisfare, come risultante dalle
dichiarazioni dei creditori e dei legatari).
In terzo luogo (co. 2 sempre art. 499), sempre con lassistenza del notaio, forma lo
stato di graduazione. In tale stato di graduazione i creditori saranno collocati
secondo i rispettivi diritti di prelazione e saranno preferiti ai legatari. Poi tra i
creditori non aventi diritto di prelazione lattivo ereditario sar ripartito in
proporzione dei rispettivi crediti.
In quarto luogo, il notaio d avviso della formazione dello stato di graduazione ai
creditori e ai legatari, a che, se credono, propongano reclamo allautorit
giudiziaria contro di esso (per lamentare o di essere stati esclusi o di essere stati
inclusi per una somma insufficiente o perch stato incluso chi non lo doveva .).
In quinto luogo, divenuto definitivo lo stato di graduazione (o perch non sono stati
presentati reclami nel termine fissato, o perch passata in giudicato la sentenza che
li definisce) lerede deve soddisfare i creditori e i legatari in conformit dello stato
medesimo, che costituisce titolo esecutivo contro di lui (co. 1 art. 502).
Disc. Tu ripetutamente hai detto che il notaio assiste, nella procedura, lerede; ma
in che senso lo assiste, nel senso che gli d consulenza?
Doc. No, nello stesso senso con cui il curatore assiste lemancipato (art. 394): cio
gli atti compiuti dallerede non hanno efficacia se non sono controfirmati per assenso
dal notaio: chiaro infatti che non si possono rimettere alla discrezione dellerede
decisioni delicate, come, ad esempio, quelle sullinclusione nello stato di graduazione
di un credito.
Disc. Gi parlando della liquidazione individuale si sono fatti vari riferimenti alla
liquidazione concorsuale. Quindi non il caso di ripeterci. Va comunque ricordato
che: 1) durante la procedura di liquidazione concorsuale non possono essere
promosse nuove procedure esecutive (co.1 art. 506); 2) che i crediti a termine
divengono esigibili (v. melius co. 2 sempre dellart. 506); 3) che i creditori e i
legatari che non si sono presentati, cio non hanno dichiarato il loro credito ai fini
della sua inclusione nello stato di graduazione, possono ci nonostante far valere
ancora il loro diritto, anche se solo nei limiti e nel termine di cui al co. 3 art. 502.
Doc. Complimenti per la tua capacit di sintesi.
Disc. Ci gioca anche la stanchezza per unesposizione che troppo si allungata. Con
tutto ci voglio farti ancora due domande prima di finire questa (lunga) lezione.
Prima domanda: la procedura di liquidazione concorsuale pu diventare davvero
troppo pesante, complicata e costosa per lerede che si deciso allaccettazione
contando in un rapido pagamento dei debiti: egli non pu rinunciare?
Disc. Cio?
Disc. Deve fare una formale dichiarazione di rilascio e darne avviso al pubblico e
ai creditorie legatati.
Doc. No, la loro accettazione non occorre. Del resto non saranno loro che verranno
gravati dellamministrazione dei beni ereditari, ma un curatore nominato dal
tribunale.
Doc. No, col rilascio non rinuncia alleredit, tanto vero che il terzo comma
dell art. 508 esplicito nel dire che, una volta che il curatore ha esaurita la
liquidazione, le attivit che residuano, pagate le spese della curatela e soddisfatti i
creditori e i legatari collocati nello stato di graduazione, spettano allerede.
Disc. Quindi la scelta della procedura de qua pu presentare non pochi vantaggi per
lerede. Ma egli pu sempre ottenerla, pu sempre effettuare il rilascio?
Doc. No, egli pu effettuare il rilascio solo a due condizioni (vedi co. 1 art. 507):
se non ha provveduto ad alcun atto di liquidazione (prima condizione), se lo
effettua entro un mese dalla scadenza del termine stabilito per presentare le
dichiarazioni di credito (e qui il legislatore evidentemente si riferisce a quelle
dichiarazioni che, come abbiamo visto, sono previste solo nel contesto di una
liquidazione concorsuale).
Disc. Quindi la dichiarazione de qua pu essere fatta solo nel contesto di una
procedura di liquidazione concorsuale gi iniziata. Ma se cos , se si parte dal
presupposto che sia iniziata una procedura di liquidazione concorsuale e naturalmente
una procedura valida, che rilevanza pu avere la prima condizione, che rilevanza
pu avere cio che lerede, evidentemente prima dellinizio di tale procedura, abbia
compiuto degli atti di disposizione?
Disc. Passo alla seconda e ultima domanda: la decadenza del beneficio di inventario
senza dubbio pu rappresentare uno svantaggio per lerede, che vede di conseguenza
il suo patrimonio personale esposto alle pretese dei legatari e dei creditori del de
cuius, ma non pu, almeno in certi casi, rappresentare uno svantaggio anche per i
legatari e i creditori? In fondo, sussistendo il regime del beneficio di inventario,
lamministrazione dei beni ereditari era soggetta al controllo dellAutorit
Giudiziaria, e, soprattutto, loro potevano giovarsi della procedura di liquidazione
concorsuale: caduto tale regime, lamministrazione dei beni e i pagamenti sono
rimessi allarbitrio dellerede.
Doc. Sembrerebbe di no, dal momento che (vedi lincipit dellart. 509) il legislatore
la prevede solo se, dopo la scadenza del termine stabilito per presentare le
dichiarazioni di credito (idest, le dichiarazioni che debbono essere presentate nel
corso della liquidazione concorsuale) lerede incorre nella decadenza del beneficio
dinventario. Se cos fosse, se ne dovrebbe dedurre che il legislatore ritiene
giustificata tale procedura solo dallopportunit di non bruciare il lavoro gi fatto
(dallerede, dal notaio e dai legatari e creditori stessi) per impostare la liquidazione
concorsuale.
Doc. Abbiamo visto come, listituto della accettazione con beneficio di inventario,
tuteli lerede contro il pericolo di una hereditas damnosa, inibendo ai legatari e ai
creditori del de cuius di soddisfarsi sul suo patrimonio personale; listituto che
veniamo ora ad esaminare, la separazione, tutela invece i legatari e i creditori del
de cuius contro il pericolo di un erede oberato di debiti, dando loro un diritto di
prelazione e di seguito sui beni costituenti il patrimonio del de cuius stesso.
Il diritto di prelazione, di cui ti sto parlando, risulta dal primo comma dellart. 512,
che recita: La separazione dei beni del defunto da quelli dellerede assicura il
soddisfacimento con in beni del defunto, dei creditori di lui e dei legatari che lhanno
esercitata a preferenza dei creditori dellerede.
La concessione (ai creditori del de cuius e ai legatari) di un diritto di seguito, oltre
che di un diritto di prelazione, risulta, poi, dal comma 3 dellart. 518 e dal comma 3
dellart. 517. Il co. 3 art. 518, dichiarando applicabili, alle iscrizioni a titolo di
separazione (naturalmente sugli immobili), le norme sulle ipoteche; il co. 3 art.
517, stabilendo che il creditore e legatario possono chiedere, allacquirente di un bene
ereditario, solo il prezzo non pagato, se la vendita avvenuta prima che sulla
conservazione del bene stesso disponesse il giudice (ai sensi del co.2 stesso
articolo) - ci che permette di argomentare che essi (idest, i legatari e i creditori)
possono chiedere allacquirente anche il prezzo gi pagato (melius, il valore del bene
venduto), se la vendita avvenuta dopo.
Doc. Senza dubbio: lo dice la logica e facilmente si argomenta dal n.3 co.2 art.490
(vedi la sua ultima parte).
Disc. I legatari e i creditori del defunto, hanno diritto di separazione su tutti i beni che
costituiscono il patrimonio ereditario?
Doc. S, la legge non pone loro sul punto nessun limite. Certo per, il diritto di
prelazione e di seguito, loro lo potranno esercitare solo rispetto a cui beni che essi
hanno provveduto a separare. Mentre, se ti ricordi, nellambito della accettazione
beneficiata, a essi riconosciuto un diritto di prelazione (e su tutti i beni dellasse)
ipso iure, senza che abbiano necessit di chiedere o fare alcunch.
Doc. Unespressione anodina a ragion veduta; dato che il legislatore non vuol
legare le mani al giudice con espressioni troppo precise. Pertanto, a seconda dei casi,
il giudice potr disporre la custodia del bene separato o presso un pubblico ufficiale
o presso il creditore o addirittura presso lerede (anche dandogli facolt di uasrne,
metti se il bene unauto e lerede ne ha bisogno per il suo lavoro). In ogni caso,
certo, il bene dovr essere staggito, cio ne dovr essere limitata la libera
disponibilit: chi lacquista sar come se acquistasse una cosa sottoposta a sequestro.
Doc. Te lo dice il primo comma dellart. 518, che recita: Riguardo agli immobili e
agli altri beni capaci dipoteca, il diritto alla separazione si esercita mediante
liscrizione del credito o del legato sopra ciascuno dei beni stessi. Liscrizione si
esegue nei modi stabiliti per iscrivere le ipoteche. (..).
Doc. Nientaffatto; larticolo 518 esclude chiaramente ci: per liscrizione non
necessario esibire il titolo, recita il suo secondo comma nella sua parte finale.
Disc. Senza dubbio il legislatore dimostra molta fiducia verso la correttezza dei
legatari e dei creditori del de cuius!
Ma tanta fiducia non fa sorgere due pericoli: quello di iscrizioni eccessive (Bianchi
che ha solo un credito di 100 fa una iscrizione su un immobile che vale diecimila) e
quello di iscrizioni per crediti totalmente infondati (Bianchi fa liscrizione a tutela di
un legato, in base a un testamento chiaramente nullo perch redatto dal defunto, ma
mancante di quella sua sottoscrizione voluta dallart 602)-?
Doc. Certamente tali pericoli esistono; specialmente il primo (quello delle iscrizioni
eccessive), che effettivamente costituisce il punto debole dellistituto che stiamo
studiando.
Tuttavia non mancano gli strumenti per contrastarli.
Nel caso di separazione, eccessiva o chiaramente infondata, chiesta per un bene
mobile, il Giudice, in forza dei poteri concessigli dal secondo comma dellart. 517,
potrebbe: limitarne loggetto (S, la separazione la concedo, ma solo sul bene A e
non anche sul bene B), renderla praticamente inoffensiva (ad esempio attribuendo
allerede la custodia della cosa con diritto di usarne) o, sic et simpliciter, non
ammetterla (a mio parere, ma la cosa discussa, non solo per un difetto del fumus
boni iuris, ma anche del periculum in mora).
Nel caso poi di separazione eccessiva chiesta su immobili, lerede potr chiederne
la riduzione (in forza degli articoli 2872 e segg articoli applicabili anche nella
nostra materia per il rinvio che, come gi detto, fa ad essi il terzo comma dellart.
518).
Disc. E nel caso di una iscrizione chiesta a tutela di un credito in realt inesistente?
Doc. Ahim, in tal caso, lunico rimedio che lerede avrebbe, sarebbe la domanda al
giudice di disporne la cancellazione (artt. 2882 e segg.).
Certo il difetto in subiecta materia di un controllo preventivo (in forme simili a
quelle previste per il sequestro conservativo dallart. 671 c.p.c.), spesso lascer
allerede, come unica via percorribile per liberare il bene, quella o di pagare il
creditore (nel caso ritenga fondato il suo diritto ma solo contesti la necessit di
garantirlo con la separazione) o di dargli cauzione (nel caso invece ritenga infondato
il diritto di credito); cosa che gli permette larticolo 515 recitando (Cessazione della
separazione) Lerede pu impedire o far cessare la separazione pagando i creditori
e i legatari, e dando cauzione per il pagamento di quelli il cui diritto sospeso da
condizione o sottoposto a termine, oppure contestato.
Doc. S, e risulta dallart. 516, che recita Il diritto alla separazione deve essere
esercitato entro il termine di tre mesi dallapertura della successione.
Evidentemente si ritenuto opportuno porre lerede in grado di conoscere al pi
presto quali dei beni ereditari venivano a subire il vincolo, per evitare quella
paralisi, nella gestione del patrimonio ereditario, che potrebbe aversi qualora egli
fosse portato ad astenersi dal trattare lalienazione di un bene, dal timore che le
trattative gli vengano scombussolate da unaseparazione che intervenga nel corso di
esse (lui e la controparte stanno trattando sulla base del prezzo X e, la intervenuta
separazione, li costringe a rimodulare tale prezzo; ch il bene A, il quale libero si pu
vendere per cento, separato si pu ancora vendere, ma per un prezzo minore di
cento)
Disc. Da quel che prima hai detto risulta che hanno diritto ad esercitare la separazione
sia i creditori sia i legatari.
Ora il diritto dei creditori lo capisco: concederlo risponde allesigenza di rendere pi
sicuri il commercio e gli scambi: infatti Bianchi, come ogni avveduto uomo di affari,
prima di concedere credito a Rossi, sente il bisogno di valutare la garanzia di
solvibilit che gli d il patrimonio di questi (Rossi ha molti beni e pochi debiti,
posso tranquillamente concludere con lui); e, invece, tale valutazione gli sarebbe ben
difficile, se avesse anche da mettere in conto che, morendo il Rossi, a garantire il suo
credito, egli potrebbe trovarsi, non pi il patrimonio di questi, ma quello di un chiss
chi, che potrebbe essere con pochissimi beni e moltissimi debiti.
Quel che non capisco, invece, perch concedere il diritto di separazione ai legatari.
Doc. Senza dubbio, s, parla chiaramente in tal senso larticolo 513, che recita: I
creditori del defunto possono esercitare la separazione anche rispetto ai beni che
formano oggetto di legato di specie. E ci senza dubbio significa anche che il
creditore pu vendere la collana del tuo esempio, se ci necessario per soddisfarsi
integralmente. Cosa giustissima: il testatore pu fare tutti i legati che vuole, ma non a
spese dei suoi creditori (nemo liberalis nisi liberatus). Per anche giusto che la
volont del de cuius sia osservata, se ci non nuoce ai creditori, e che, pertanto,
loggetto del legato di specie, sia venduto solo dopo che sono stati venduti gli altri
beni e, restando ancora insoddisfatti i creditori, la sua vendita si presenti necessaria
(arg. ex comma tre art. 499).
Disc. I creditori. che hanno esercitato il diritto di separazione solo rispetto ad alcuni
beni del patrimonio ereditario, continuano ad avere il diritto di soddisfarsi sui residui
beni (da loro non assoggettati a vincolo)?
Doc. S, i creditori, ancorch separatisti, possono ancora agire sia sui beni dellerede
(in concorso paritario con i creditori di questo) sia sui beni del patrimonio ereditario
su cui non hanno esercitato la separazione (ma naturalmente rispetto a tali beni senza
godere di un diritto di prelazione, quindi in concorso paritario con i creditori
dellerede). Ci risulta dal terzo comma dellart. 512, che recita: La separazione non
impedisce, ai creditori e ai legatari che lhanno esercitata, di soddisfarsi anche sui
beni propri dellerede. E la ratio di tale disposizione evidente: una garanzia deve
costituire un beneficio per il garantito, non deve trasformarsi, per lui, in un limite,
non deve diventare controproducente; e tale invece diventerebbe se, essendosi
rivelata o essendo divenuta insufficiente (metti per perimento parziale della res),
impedisse al suo garantito di soddisfarsi su altro bene o, anche se, essendosi
presentata a questo la possibilit di soddisfarsi pi rapidamente e agevolmente su
altro bene (metti intervenendo in una procedura esecutiva promossa da altro
creditore) gli impedisse di coglierla. Questa stessa ratio spiega il comma secondo
dellarticolo 512, che recita: Il diritto alla separazione spetta anche ai creditori o
legatari che hanno altre garanzie sui beni del defunto.
Disc. Quindi Bianchi, che ha il credito gi garantito da unipoteca sul bene A, pu,
nonostante ci, separare a sua ulteriore garanzia un bene B.
Ma metti che, sul bene A su cui Bianchi ha ipoteca, un altro creditore, il creditore
Rossi, eserciti il diritto di separazione, sul ricavato della vendita, chi di loro avr
diritto di soddisfarsi per primo, Bianchi o Rossi?
Doc. Bianchi, naturalmente; altrimenti si dovrebbe pensare che la morte del debitore
viene a privare i suoi creditori delle loro garanzie: perch mai?
Disc. Lesercizio del diritto di separazione spetta a tutti i creditori, ma il suo esercizio
dipende dalliniziativa di ciascuno di loro. Quindi accanto a creditori separatisti
possono esserci creditori non separatisti. Come si risolve il concorso tra di loro?
Doc. Lo potr fare; ma su di lui avr prelazione Rossi, anche se non separatista.
Disc. Fai ora lipotesi che il bene A (non abbia il valore di 60 ma di trenta, per cui)
non sia sufficiente a soddisfare n il Bianchi n il Rossi, che succede?
Doc. In tal caso bisogna distinguere il caso che il bene B, per cui nessuno ha pensato
di chiedere la separazione, fosse in grado di soddisfare integralmente il Rossi (in
genere i creditori non separatisti) e il caso che invece a ci non fosse in grado.
Per la prima ipotesi, provvede il primo comma dellarticolo 514, che recita: I
creditori e i legatari, che hanno esercitato la separazione hanno diritto di soddisfarsi
sui beni separati a preferenza dei creditori e dei legatari che non lhanno esercitata,
quando il valore della parte di patrimonio non separata sarebbe stato sufficiente a
soddisfare i creditori e i legatari non separatisti.
Disc. Soluzione pi che giusta: diligentibus iura succurrunt: peggio per il Rossi
(imputet sibi) se, potendo adeguatamente garantirsi, non lha fatto.
Ma mettiamoci nel caso che la separazione sia stata esercita da Bianchi, creditore per
30, sia su A (il cui valore 20) sia su B il cui valore 15: Rossi, creditore per 20, che
non ha esercitato il diritto di separazione, ha o no diritto a soddisfarsi in concorso con
Bianchi sul ricavato della vendita di A e di B?
Doc. S, ti risponde lincipit del secondo comma dellarticolo 514, che recita Fuori
di questo caso (cio del caso che vi fossero stati beni non separati capaci di soddisfare
integralmente anche i creditori che non hanno esercitato il diritto di separazione), i
creditori e i legatari non separatisti possono concorrere con coloro che hanno
esercitata la separazione ().
Disc. Quindi il nostro Rossi potr concorrere paritariamente con il Bianchi. E lo trovo
giustissimo: infatti nessuna colpa pu essergli addebitata, dal momento che, anche
volendo, non avrebbe potuto esercitare il diritto di separazione su nessuno bene.
Identica soluzione penso dovr accogliersi nel caso il Bianchi abbia separato il bene
A e il Rossi abbia separato il bene B.
Doc. Non lo dice esplicitamente il legislatore, ma lo dice la logica; dato che anche in
questo caso non si saprebbe che colpa addebitare al Rossi.
Disc. Veniamo invece a un caso in cui nuovamente una colpa, al creditore separatista,
pu addebitarsi. Il caso pu essere questo: Lasse ereditario dato da A, del valore di
30, e da B, del valore di 10. Bianchi, creditore per 30, ha esercitato il diritto si
separazione solo sul bene A; Rossi, creditore anche lui di 30, non ha esercitato per
nulla il diritto di separazione.
Quale soluzione d il legislatore a tale caso?
Doc. Quella che ti risulta dalla seconda parte del secondo comma dellarticolo 514
comma che di seguito riportiamo (integralmente, cio compreso lincipit gi sopra
citato): Fuori di questo caso, i creditori e i legatari non separatisti possono
concorrere con coloro che hanno esercitato la separazione; ma, se parte del
patrimonio non stata separata, il valore di questa si aggiunge al prezzo dei beni
separati per determinare quanto spetterebbe a ciascuno dei concorrenti e quindi si
considera come attribuito integralmente ai creditori e ai legatari non separatisti.
Disc. Abacadabra!
Doc. S, un po difficile comprendere a tutta prima quel che vuol dire il legislatore.
Io cercher di chiarirtelo, indicandoti, con riferimento allesempio prima fatto, le
operazioni che il legislatore vuole che siano compiute.
Prima operazione: fittiziamente si sommano i valori di A e di B: il risultato 40.
Seconda operazione: si determinano le quote che sarebbero spettate a Bianchi e a
Rossi, se avessero concorso paritariamente nella divisione del ricavato (melius, di
quanto si sarebbe potuto ricavare) dalla vendita di A e di B: il risultato che a
Bianchi sarebbe spettato 20 e a Rossi ancora 20.
Terza e ultima operazione: si imputa alla quota di Rossi, quanto si sarebbe potuto
ricavare dalla vendita di B (che, ricordo, il bene per cui Rossi non si preoccupato
di chiedere la separazione): il risultato 10 (20 10 = 10); al Bianchi, invece, si
attribuisce la somma data, dal ricavato della vendita di A, detratto da esso quanto
deve essere dato a Rossi: il risultato 20 (30 prezzo ricavato da A 10 somma che va
data a Rossi = 20).
Disc. Ci significa che Rossi, il creditore negligente, prende qualche cosa del prezzo
ricavato dalla vendita di A, a scapito del creditore diligente Bianchi (che vede
diminuita la quota a lui spettante da 30 a 20): non mi pare giusto!|
Doc. E, come non pare giusto a te, non pare giusto a molti Studiosi della materia. Sed
hoc iure utimur.
Disc. Io penso per che nellinterpretare una norma si debba partire dal presupposto
che, chi lha scritta, sano di mente, non si sia sobbarcato alla fatica assurda di dire
cose inutili e superflue.
Doc. Due di essi sono chiari: la qualit di erede, del richiedente la restituzione; la
qualit di beni ereditari, che debbono avere i beni di cui si chiede la restituzione.
Altri due elementi, si possono ricavare indirettamente, da certi termini che appaiono
nella formula legislativa. E cos, dal termine restituzione (lerede pu chiedere la
restituzione ecc), si pu ricavare, che deve trattarsi di beni, che precedentemente il
convenuto aveva presi dal patrimonio del de cuius (si restituisce infatti quel che si
prima preso); e dal termine possiede (lerede pu agire contro chiunque possiede),
si pu ricavare (salva la possibilit di uninterpretazione estensiva, di cui diremo in
seguito), che i beni di cui si chiede la restituzione debbono essere suscettibili di
possesso.
Doc. Questo un busillis. I nostri Giudici ritengono di scioglierlo dicendo che, per
ottenere la restituzione dei beni, chi agisce deve provare, non solo la sua qualit di
erede, ma anche che i beni richiesti rientravano nel compendio ereditario. Ma
quand che si pu dire che un bene rientra nel compendio ereditario? Si tratta
chiaramente di formula vaga, che inutilmente cerca di colmare una lacuna legislativa.
Disc. Non si potrebbe dire che, rientra nel compendio ereditario, ogni bene che sia
stato in possesso del defunto?
Doc. Si pu dire, ma il busillis resta. Fulano morto nel 2013, e nel 1999 era nel
possesso del fondo Corneliano: il suo erede pu basarsi su questo possesso
lontanissimo per chiedere a Rossi, che ora nel possesso di tale fondo, di fargliene
consegna? Direi proprio di no!
Disc. Si potrebbe meglio precisare il concetto, dicendo che il bene, a che possa essere
ritenuto rientrante nel compendio ereditario, deve essere stato in possesso del
defunto al momento della sua morte.
Doc. A prescindere che ci non scritto nella norma - (ma, bada, non ti sto facendo
per questo un appunto: anchio, lo vedrai, mi permetter delle interpretazioni
eccessive: queste sono inevitabili, quando la norma eccessivamente lacunosa,
come lo lart. 533!) - ci porterebbe a soluzioni assurde: Fulano morto il 15
Agosto 2013; egli fino al 15 marzo 2013 (cio a fino a cinque mesi prima della sua
morte) era stato nel possesso del fondo Corneliano, e poi ne era stato spogliato da
certo Rossi: vuoi negare al suo erede, Bianchi, il potere di chiedere la restituzione di
tale bene (perch pi non risultava nel possesso del de cuius alla sua morte)? Sarebbe
assurdo!
E bada, la questione, del momento in cui deve essere esistito il possesso del bene da
parte del defunto, non la sola che larticolo 533 lascia insoluta. Altre, e non poche,
ne vedremo nel proseguo del nostro studio.
Orbene, io ritengo che, a tutte queste questioni, linterprete debba dare una risposta
ispirata alla considerazione, che il legislatore, con lart. 533, si propone, non certo di
ostacolare, ma di agevolare lerede nella difesa del patrimonio ereditario.
Doc. Perch il patrimonio di Fulano, il de cuius, alla morte di questi entra in una fase
critica, di minorata difesa.
Doc. Ma perch, per pochi o tanti giorni, morto Fulano, probabile che nessuno sia
in grado di convenientemente vigilarlo e custodirlo. S, lo abbiamo visto, al chiamato
alleredit, non mancano i poteri per vigilare e custodire. Ma per ben vigilare e
custodire un patrimonio bisogna sapere quali beni lo compongono, quali i diritti che
Fulano aveva su tali beni (era proprietario, usufruttuario, locatario...?), quali diritti su
tali beni Fulano aveva concessi a terzi (Il Rossi, che vedo abitare nella casa del
povero zio Fulano, una persona a cui lo Zio aveva dato in locazione lappartamento
o un abusivo?). Ora tutte queste cose, al momento dellapertura della successione
(al momento della morte di Fulano), il chiamato alleredit non le sa: le apprender
s, ma a poco a poco consultando le carte del de cuius.
Disc. E allora?
Doc. Allora, il legislatore viene in soccorso dellerede in difficolt con lart. 533, che,
in buona sostanza, potenzia i diritti gi previsti dallOrdinamento a difesa del
patrimonio, correggendo o tout court eliminando quegli elementi che li limitano o li
condizionano - purch, ben sintenda, tali elementi, giusti e opportuni in situazioni
normali, divengono ingiusti nelle situazione anomala in cui si trova lerede.
Disc. Ad esempio?
Disc. Capisco il tuo ragionamento; ma, permettimi di aprire una parentesi nel tuo
ragionare, perch dici che manca lo spoglio nel caso del Rossi, che prende possesso
del bene dopo la morte del de cuius?
Disc. Perch lo spoglio, anche lo spoglio non violento e clandestino di cui allart.
1170, richiede pur sempre una presa di possesso da parte del terzo (lo spoliator)
senza soluzione di continuit, senza un iato con un precedente possesso (quello dello
spoliatus). Ora il terzo, che prende possesso del bene A, dopo la morte del de cuius e
quando lerede non ha ancora preso, di tale bene, possesso, non subentra con
continuit a nessunissimo possesso: non a quello del de cuius (da cui lo separa uno
iato) e non a quello dellerede che....non mai cominciato (non a caso lart. 460
concede, al chiamato alleredit, lesercizio delle azioni possessorie senza bisogno
di materiale apprensione e ci che lart. 460 concede al chiamato, lart. 533 lo
concede allerede).
Disc. Ma fino a che punto giunge, la benevolenza, diciamo cos, del legislatore verso
lerede? Metti,, Fulano ha subito lo spoglio nel marzo 2013 ed morto nel 2015
senza esercitare lazione di reintegra (per cui al momento della sua morte ne era
decaduto), pu Bianchi, il suo erede, esercitarla? O, per fare un altro esempio, Rossi
ha maturati i venti anni previsti, dallart. 1158, per lusucapione, senza che Fulano
provvedesse a interromperla: pu il Bianchi interromperla?
Doc. Certamente, no. In tal casi, infatti, alla morte di Fulano, il patrimonio ereditario
aveva gi perduto, nel primo, il potere di esercitare lazione di reintegra, nel secondo,
la propriet del bene: concedere allerede di agire, per la reintegra o per la
interruzione, non comporterebbe unagevolazione dellerede nella difesa del
patrimonio ereditario, cio in unattivit diretta a impedirne limpoverimento, bens
unagevolazione in unattivit diretta ad attuarne un arricchimento (con i beni gi
perduti).
Doc. Tu hai capito bene. Ma sono i nostri Giudici che non hanno capito la natura e la
funzione dellart. 533. Essi, infatti, nel caso il convenuto (in una petitio hereditatis)
sollevi, metti, la eccezione di aver usucapito il bene ereditario, ritengono di dover
scendere allesame della fondatezza di tale eccezione, col risultato che, se risulta loro
fondata, respingono la domanda, condannando naturalmente lattore alle spese. E ci,
ovvio, rappresenta una remora e un ostacolo allazione, per lerede, dato che questi
che non in grado di ricostruire la storia di ciascun bene ereditario (i suoi fatti
costitutivi, impeditivi, estintivi...) - ha da temere di fare, iniziando la petitio...un salto
nel buio: egli, infatti, non in grado di prevedere le eccezioni, che il convenuto
potrebbe opporgli e, quindi, il rischio di soccombenza.
Disc. Da come tu interpreti la funzione dellarticolo 533, si dovrebbe dedurre che
lerede possa agire con la petitio hereditatis anche per far valere un credito, che, in
base agli artt. 2946 e segg, dovrebbe invece ritenersi (dopo la morte del de cuius)
estinto.
Doc. Ed cos: io (e non solo io: ti vengo ad esporre unopinione, che ha larghi
consensi e che era accettata anche nel diritto romano) non vedo perch lerede possa
agire, per richiedere la reintegra, anche se passato un anno dallo spoglio, e non
possa, invece, agire, per chiedere il pagamento di una somma dovuta al de cuius, se
sono passati gli anni di prescrizione previsti dagli articoli 2946 e segg.
Doc. Quindi tu ritieni, per riferirci al secondo degli esempi da te fatti, che vi un
termine di decadenza anche per la petitio volta a recuperare un bene, da cui il de
cuius o lerede stesso sia stato spogliato.
Doc. Certo che lo ritengo. Ingiusto, s, sarebbe far decorrere il termine di decadenza
dal verificarsi dallo spoglio; ma una volta che lerede ha accettata leredit, una volta
che si trova in grado di ben informarsi sulla situazione dei beni ereditati, diventa
giusto porgli un termine per agire.
Disc. E quale sarebbe tale termine?
Doc. Qui dovrebbero probabilmente farsi dei distinguo, a seconda che si tratti di
termine di decadenza o di prescrizione, a seconda che si tratti di prescrizione
acquisitiva o estintiva, ma grosso modo possiamo dire, che dovrebbe essere un
termine pari a quello stabilito per la prescrizione del credito o la decadenza
dallazione, diciamo cos, di base (per lazione di reintegra per intenderci, per il
diritto di credito a quella data somma, per intenderci..); e che tale termine dovrebbe
essere fatto decorrere dallaccettazione delleredit.
Doc. Chiaramente, s: ripeto, con larticolo 533, il legislatore non ha inteso privare
lerede delle normali difese, ne ha voluto solo aggiungere delle altre.
Disc. Poniamoci, ora, nel caso che un certo signor Rossi, senza essere nel possesso di
nessun bene ereditario, reclami per s la qualit di erede: Erede di Fulano sono io,
Rossi, e non tu, Bianchi. Pu il Bianchi, che (a torto o a ragione) si ritiene erede,
agire per ottenere una sentenza, che dichiari che il Rossi non erede, che erede lui,
Bianchi, e non il Rossi?
Doc. Certamente, pu esercitare lactio negatoria, prevista dallart. 949, che recita:
Il proprietario pu agire per far dichiarare linesistenza di diritti affermati da altri
sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio ().
Disc. Per potrebbe darsi il caso che il Rossi, affermi, s, di essere erede, ma non
vanti un diritto di propriet su nessun preciso bene facente parte del patrimonio
ereditario.
Doc. A me sembra, che larticolo 949 possa senzaltro interpretarsi, nel senso che
lazione negatoria esercitabile anche quando un terzo indirettamente si afferma
proprietario su un bene. E certamente il Rossi, dichiarandosi erede, indirettamente si
afferma proprietario dei beni componenti lasse ereditario (col risultato, che il
legislatore vuole evitare, che i potenziali acquirenti di tali beni potrebbero astenersi
dallacquistarli).
Disc. Mettiamo allora, per porre pi chiaramente la questione, che nellasse ereditario
non esistano beni, che possano essere oggetto di un qualche diritto reale: esistono
solo diritti di credito; o, addirittura, non esiste nessun bene: leredit come una
scatola vuota.
Doc. Capisco. Ebbene, io riterrei che, anche in questo caso, il Bianchi possa agire per
ottenere una sentenza, che dichiari la sua qualit di erede. Questo, per, non in forza
dellart. 533 (che d, s, al Bianchi, il potere di chiedere il riconoscimento della sua
qualit di erede, ma unicamente allo scopo di ottenere la restituzione di beni
ereditari), ma in forza dei principi del diritto processuale civile.
Disc. A questo punto dobbiamo affrettare il passo e metterci a parlare dellart. 534,
che recita:
(Diritti dei terzi) Lerede pu agire anche contro gli aventi causa da chi possiede a
titolo di erede o senza titolo.
Sono salvi i diritti acquistati, per effetto di convenzioni a titolo oneroso con lerede
apparente, dai terzi i quali provino di avere contrattato in buona fede.
La disposizione del comma precedente non si applica ai beni immobili e ai beni
mobili iscritti nei pubblici registri, se lacquisto a titolo di erede e lacquisto
dallerede apparente non sono stati trascritti anteriormente alla trascrizione
dellacquisto da parte dellerede o del legatario vero, o alla trascrizione della
domanda giudiziale contro lerede apparente.
Dico subito che a me, il primo comma dellarticolo riportato, sembra veramente
inutile. Infatti i casi sono due, o lavente causa nel possesso dei beni ereditari, e
allora nessuno potrebbe dubitare che la petitio hereditatis contro di lui possa essere
promossa, o non lo , e allora, dal momento che la petitio pu essere esercitata solo a
fine recuperatorio di tali beni, nessuno pu dubitare che essa.... non sia esperibile.
Doc. No, sbagli. Proprio per dare un senso a tale comma, bisogna interpretarlo come
se, derogando in parte allarticolo 533, permetta al vero erede di agire, contro
lavente causa dal possessore dei beni a titolo di erede o senza titolo, anche se non
chiede la restituzione dei beni ereditari, ma agisce solo per farsi riconoscere il diritto
al loro possesso e linopponibilit nei suoi confronti dei diritti acquistati su di essi
(dal convenuto).
Disc. Ma quand che il convenuto non pu opporre al vero erede i diritti acquistati
dal possessore.
Disc. Direi che anche il terzo comma si basa su una presunzione (assoluta) di colpa
grave: Tu, Rossi, che hai acquistato quel tale immobile (o quella tale automobile),
ancorch in buona fede, non puoi opporre il tuo acquisto al vero erede, dal momento
che, se prima di effettuarlo avessi fatta una visura dei registri immobiliari, vi avresti
visti trascritti degli atti (latto di accettazione delleredit, di cui allart.2648 o la
domanda con cui si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte, di cui al
n. 7 art.2652), che ti avrebbero dovuto mettere sullavviso che forse stavi comprando
da chi, erede vero, non era.
Disc. Quel che dispongono i commi due e tre dellarticolo 534 vale, sia nel caso che
Rossi, lavente causa, non abbia acquisito (dal suo dante causa) il possesso del bene
sia anche nel caso lo abbia acquisito?
Doc. Naturalmente,s.
Disc. Allora, per, non capisco il perch Rossi, che acquista il bene A da Fulano, che
non erede, n appare erede, per appare proprietario di A, non dovrebbe acquisire la
propriet di A, quando sussistano tutti i requisiti voluti dallarticolo 1153 per un
(valido) acquisto a non domino (possesso, buona fede, titolo idoneo ecc); tanto meno
capisco, il perch Rossi non acquisti validamente, se Fulano, pur non essendo n
lerede n lapparente erede, per il vero proprietario del bene.
Doc. Non che Rossi non acquista validamente. Semplicemente egli non pu opporre
il suo acquisto allerede vero, al fine di rifiutargli il possesso dei beni ereditari. Una
volta trasmessogli tale possesso (in base al principio spoliatus ante omnia
restituendus), nessuno gli impedir di rivendicare la propriet del bene acquistato (da
Fulano). E con ci veramente chiudiamo sullargomento.
Disc. Mettiamo che il de cuius abbia disposto col suo testamento per una sola parte
del suo patrimonio. Laltra parte con che criteri viene attribuita?
Doc. Con i criteri che danno gli articolo 565 e segg., che disciplinano la c.d.
successione legittima.
Disc. In tal caso verranno per cos dire a coesistere una successione testamentaria e
una successione legittima.
Doc. Cosa prevista dal legislatore nel secondo comma dellart. 457, che recita: Non
si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella
testamentaria.
Certo prima di ammettere una successione legittima parziale bisogna bene verificare
che il testatore abbia disposto solo parzialmente del suo patrimonio. Il che si
dovrebbe ritenere nel caso nella scheda testamentaria fosse solo scritto Lascio un
terzo dei miei beni a Fulano I e un terzo dei miei beni a Fulano II e poi...stop.
Mentre invece la cosa sarebbe dubbia, nel caso avesse proceduto a due istituzioni ex
re certa: Lascio, le mie due case di via Roma, a Fulano I, e, le mie due case di via
Garibaldi, a Fulano II - nulla dicendo sugli altri suoi beni. In tal caso infatti si
potrebbe pensare, sia che il testatore non abbia voluto attribuire gli altri suoi beni n a
Fulano I n a Fulano II, sia che abbia voluto lasciare tutto il suo patrimonio met a
Fulano I e met a Fulano II, procedendo poi a una divisione (quella divisione del
testatore di cui parla lart.734) solo parziale.
Doc. Col criterio che, se non risulta una diversa volont del testatore (e a mio
parere questa diversa volont deve risultare e chiaramente dalla scheda
testamentaria), i beni non contemplati in questa, vanno attribuiti in base alle norme
disciplinanti la successione legittima; giusta il disposto dellarticolo 734, gi citato, il
quale recita: Se nella divisione fatta dal testatore non sono compresi tutti i beni
lasciati al tempo della morte, i beni in essa non compresi sono attribuiti
conformemente alla legge, se non risulta una diversa volont del testatore.
Disc. Quindi, se nella scheda c scritto Lascio met del mio patrimonio a Fulano I e
laltra met a Fulano II, e poi ancora Lappartamento di via Roma lo lascio a
Fulano I, quello di via Garibaldi a Fulano II - che si fa?
Doc. Si fa, che si attribuiscono i residui beni met a Fulano I e met a Fulano II, cio
si fa una successione testamentaria: forse che non risulta chiaro nel caso la volont
del testatore di non lasciar spazio alla successione legittima?!
Disc- Mettiamoci ora nel caso che chiamati alleredit siano A, B, C.; e che C non
possa accettare leredit (metti perch premorto, o perch indegno ai sensi dellart.
463, o perch si prescritto il suo diritto di accettare....) oppure semplicemente abbia
manifestata (nelle forme volute dalla legge) la volont di non accettarla poco
importa se questa volont sia revocabile (come in caso di rinuncia art.525) o no
(come in caso di mancata risposta allactio interrogatoria di cui allart.481): che
succede? la porzione ereditaria spettante a C si attribuisce in base alle norme sulla
successione legittima (per cui, in mancanza di coniuge e di ascendenti di Fulano, in
prima battuta, saranno chiamati a dividersi tale porzione, i suoi idest, del de cuius,
Fulano - figli, in seconda battuta, i suoi fratelli, in terza i suoi cugini)?
Doc. Pu succedere anche questo, ma non detto che succeda. Prima di tutto va
premesso che, nella porzione di C, pu accadere che non...succeda nessuno: il caso
questo in cui la porzione da attribuire consista in un legato di usufrutto o di altro
diritto di natura personale ( chiaro che se, per legge o per volont del de cuius, il
diritto, oggetto della devoluzione, destinato a estinguersi alla morte del chiamato
alleredit, ci implica che se questi premuore al de cuius, il diritto non.. .c pi al
momento dellapertura della successione e quindi assurda la sua attribuzione a chi
che sia vedi melius, comma due art. 519 e co. 2 art. 678).
Tanto premesso, c da dire che, la attribuzione della porzione di C a coloro che
sarebbero chiamati alla successione legittima, , per il legislatore, un po come una
extrema ratio. Infatti: (I) in prima battuta, il legislatore attribuisce la porzione a colui
(o a coloro) che il testatore (qui ci si deve mettere nelleventualit che la successione
sia in tutto o in parte testamentaria) ha chiamato alleredit, per il caso che C non
possa o non voglia accettarla; (II) in seconda battuta, lattribuisce a coloro che
sarebbero i rappresentanti di C in base al fenomeno (giuridico) della c.d.
rappresentazione; (III) in terza battuta, lattribuisce a coloro che hanno, sussistendo
le condizioni che poi vedremo, un diritto di accrescimento; (IV)se anche questo
non possibile, lattribuisce a coloro che sarebbero stati chiamati a una successione
legittima (v. art. 677)
Doc. Perch no? Ed da ritenersi che non a caso il legislatore nel secondo comma
dellart. 467, escluda la rappresentazione (non semplicemente quando il testatore
non ha nominato un sostituto, ma) quando il testatore...non ha provveduto per il caso
in cui listituito non possa o non voglia ecc.
Disc. Quindi riportiamolo (per comodit dello studioso, nella sua integralit):
Art. 467: (Nozione)- La rappresentazione fa subentrare i discendenti nel luogo e nel
grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non pu o non vuole accettare
leredit o il legato.
Si ha rappresentazione nella successione testamentaria quando il testatore non ha
provveduto per il caso in cui listituito non possa o non voglia accettare leredit o il
legato, e sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura
personale.
Cosa significa che la rappresentazione fa subentrare i discendenti nel luogo e nel
grado del loro ascendente?
Doc. Te lo spiego con un esempio: Fulano chiama alleredit A,B,C ciascuno per un
terzo. C rinuncia: i suoi figli C2, C3, subentrano nel luogo del loro padre C, nel
senso che anche loro hanno diritto a un terzo delleredit. A un terzo e non di pi
(idest, non che ciascuno dei due ha diritto a un terzo: hanno diritto a un terzo tutti e
due insieme).
Disc. Quindi la successione per rappresentazione non nuoce ad A e a B.
Doc. La successione per rappresentazione di C1 e C2, non solo non viene a nuocere
ad A e a B nel senso che in seguito a questa essi non vedranno diminuita la quota loro
spettante, ma anche nel senso che i subentranti C1 e C2 avranno, s, diritto di
chiedere ad A e a B la divisione dei beni che con questi hanno in comune, ma non
possono coinvolgerli nella divisione dei beni a loro esclusivamente spettanti (come
successori di C): essi debbono dividere tali beni con una autonoma divisione.
Disc. In che senso C1 e C2 debbono dividere il terzo loro spettante con autonoma
divisione?
Doc. In un doppio senso: nel senso che le spese relative ricadranno solo su C1 e C2 e
nel senso che questa divisione, meglio suddivisione, non potr ritardare e
intralciare la divisione dei beni che essi hanno in comune con A e con B. Tanto vuol
dire il terzo comma dellarticolo 469, recitando: Quando vi rappresentazione, la
divisione si fa per stirpi.
Doc. Ai gradi della successione legittima; che per nel discorso che stiamo facendo
centrano....come i cavoli a merenda: puoi dimenticare tale riferimento: inutile.
Disc. A conclusione di tutto questo nostro discorso, fammi vedere se ho capito bene:
Fulano ha nel suo testamento nominato eredi i suoi due figli, Alberto e Luca, e poi ha
legato la sua villa al mare a Mario, il compagno del tempo di guerra, a cui lo legano
tanti ricordi; se questi gli premuore, gli subentrer nel legato Marietto, suo figlio
(idest, figlio di Mario) e a lui spetter la villa.
Doc. No, non cos: nel caso la villa andr ai successori legittimi del de cuius,
Alberto e Luca. Infatti il legislatore, pone dei limiti alla successione per
rappresentazione.
Doc. Dall 468, che recita: (Soggetti) - La rappresentazione ha luogo, nella linea
retta, a favore dei discendenti dei figli del defunto,e nella linea collaterale, a favore
dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.
I discendenti possono succedere per rappresentazione anche se hanno rinunziato
alleredit della persona in luogo della quale subentrano, o sono incapaci o indegni di
succedere a questa.
Doc. Esempio di rappresentazione in linea retta: Fulano morendo lascia tre figli: A,
B, C. Il figlio C premuore lasciando il figlio C1; che pure lui premuore lasciando i
figli CIbis e CIter. In questo caso CIbis e CIter, nipoti del primo chiamato alleredit
impossibilitato ad accettarla, C, gli subentrano (come rappresentanti - questo il
termine tecnico con cui si designano i discendenti che subentrano allascendente, il
c.d. rappresentato).
Esempio di rappresentazione in linea collaterale: Fulano, scapolo e senza figli,
morendo lascia due fratelli A e B. Questi sono chiamati alleredit ciascuno per la
met (non detto che sia sempre cos in base alle norme sulla successione legittima,
ma fingiamo che nel caso sia cos). Sia il fratello A sia il fratello B premuoiono a
Fulano: A lascia, i figli A1, A2; B lascia, il figlio B1. Anche questi premuore
lasciando i figli, BIIbis e BIIter. In questo caso i nipoti ex fratre A1 e A2 subentrano
ad A (fratello del de cuius), che non ha potuto accettare.
Disc. Debbo dire che i risultati a cui sei giunto sia nel primo esempio che nel secondo
mi lasciano perplesso.
Doc. Comincia a dire perch ti lasciano perplessi i risultati del primo esempio.
Disc. Ma anche cos, tu non spieghi perch Fulano avrebbe scelto come eredi i
pronipoti anzich i figli: forse che i figli non sono buoni trasmettitori della
weltanschauung di Fulano, come i pronipoti?
Doc. Certo che lo sono, ma come le varie specie animali, spinte dallistinto di
trasmettere le proprie caratteristiche razziali, cercano di far pi figli che possono (in
base al calcolo istintivo che, pi portatori di tali caratteristiche vi sono, pi facile
che tali caratteristiche siano trasmesse nel futuro), cos si deve presumere (e il
legislatore evidentemente presume) che Fulano voglia (istintivamente) che siano suoi
eredi, oltre ai figli A e B, anche i pronipoti, perch, pi aumentano i trasmettitori della
sua weltanschauung, pi aumentano le probabilit che essa sia effettivamente
trasmessa.
Doc. In effetti questa soluzione assai discussa: molti Studiosi (e molti Ordinamenti
giuridici stranieri) non la ammettono. La nostra Corte Suprema di Cassazione, con
giurisprudenza ormai costante da lunghissimo tempo, ritiene per che,s, i nipoti ex
fratre possano succedere per rappresentazione, ma non i pronipoti ex fratre. E
secondo me questa soluzione saggia. Per comprenderne la saggezza, bisogna
riflettere che la weltanschauung (la visione della vita) che anima dei fratelli (nel caso,
Fulano, da una parte, e A e B, dallaltra) pu essere affine ma non sempre la stessa
(quanti fratelli hanno una visione della vita diversa!). Quindi linteresse di una
persona, del nostro Fulano, a che sia trasmessa la weltanschauung del fratello,
certamente inferiore a quello che sia trasmessa (dai propri figli, da chi cio da lui
stato educato) la propria weltanschauung. E si pu ritenere giusto, che, tale interesse
minore, sia sopraffatto dallinteresse della Societ, a che si ponga un limite alla
proliferazione dei successibili e alla frammentazione dei patrimoni. Del resto il diritto
romano non ammetteva la rappresentazione per linea collaterale. Questa fu introdotta
solo nel diritto giustinianeo.
Disc. Sar cos, senzaltro cos: ma se cos, bisogna dire che listituto della
rappresentazione, nella nostra civilt materialistica e democratica, decisamente un
corpo estraneo.
Doc. S, un residuo di quando luomo non si era ancora degradato al livello di oggi.
Tuttavia per ultimare il discorso, doveroso riconoscere, che, la soluzione adottata
dalla Corte, ancorch condivisibile, urta contro un grosso ostacolo.
Disc. E cio, quale ostacolo?
Doc. Quello rappresentato dal disposto del primo comma dellart. 469, che recita: La
rappresentazione ha luogo in infinito, siano uguali o disuguali il grado dei discendenti
e il loro numero in ciacsuna stirpe.
Disc. Si pu sostenere che il legislatore dettando tale comma si riferisse solo alla
rappresentazione per linea diretta.
Disc. Quindi tali studiosi partono dallidea, che il requisito in questione sia stato
posto dal legislatore - non gi per risolvere la questione di quando un erede
sicuramente tale ha diritto di accrescersi con la quota sicuramente devoluta ad altra
persona ma per risolvere la questione (pi a monte) di quando listituzione di un
erede debba considerarsi annullata o no (in altre parole, la questione, per riferirci
allesempio prima introdotto, se Tizio e Caio possono considerarsi veri eredi o no).
Doc. E non detto che abbiano torto; dato che, un legislatore un po confusionario,
pu anche pensare di risolvere in uno stesso articolo questioni cos diverse come
quelle a cui tu hai accennato. E il sospetto che proprio ci sia avvenuto e cio che il
requisito della coniunctio verbis nasca dalla mente di in legislatore pasticcione -
resta avvalorato dal fatto che rimane difficile comprendere lutilit di tale requisito, ai
fini di risolvere la questione se le quote di Tizio e Caio (per riferirci sempre
allesempio prima introdotto) vanno accresciute o no della quota di Sempronio, una
volta che si sia sicuri che Tizio e Caio sono veri eredi.
Disc. Pare anche a me. Passa al secondo e terzo presupposto (necessari per il
realizzarsi dellaccrescimento),
Doc. II- Secondo presupposto: Tizio (chiamiamo cos lerede a cui favore opera
laccrescimento) e Sempronio (chiamiamo cos il chiamato alleredit che non lha
accettata), perch possa aversi accrescimento, o debbono essere chiamati
nelluniversalit dei beni senza determinazione di quote (Nomino eredi Tizio e
Sempronio) o debbono essere chiamati in tale universalit dei beni in parti
uguali (Lascio a Tizio un terzo dei miei beni, lascio a Sempronio un altro terzo) o
debbono essere chiamati a una stessa quota (Lascio a Caio un terzo e lascio a Tizio e
Sempronio laltro terzo). Da tenere presente, per, che le quote possono essere
anche determinate (co 1 articolo in commento): ad esempio: Lascio a Caio
lappartamento di via Garibaldi, lascio a Sempronio lappartamento di via Roma -
questo ben inteso se lappartamento di via Garibaldi e quello di via Roma hanno
uguale valore; altro esempio Lascio a Caio la villa di Quarto e lascio a Tizio e
Sempronio gli appartamenti di via Roma e di via Garibaldi.
III- Terzo presupposto: non deve risultare una volont contraria del testatore. Volont
che pu essere espressa (come quando il testatore abbia scritto nella scheda Tizio
non ha diritto allaccrescimento se Sempronio rinuncia) oppure anche tacita (come
quando il testatore abbia nominato un sostituto per il caso che Sempronio rinunci).
Importante , invece, che la contraria volont del testatore risulti dal testamento:
anche se dieci testi venissero a dire che Il testatore escluse chiaramente
laccrescimento in mia presenza, questo nulla varrebbe: laccrescimento si dovrebbe
lo stesso fare.
Disc. Abbiamo visto quel che dice larticolo 674, ora vediamo quel che dice larticolo
675.
Disc. Sembrerebbe, quindi che i presupposti per laccrescimento tra collegatari siano
notevolmente diversi, da quelli richiesti per laccrescimento tra coeredi: non si
richiede in particolare n che i collegatari siano chiamati senza determinazioni di
parti o in parti uguali, e non si richiede che il legato sia stato lasciato (ai due legatari
interessati, positivamente o negativamente, allaccrescimento) in uno stesso
testamento.
Doc. La prima diversit, potrebbe spiegarsi con la rarit, di un legato con quote
diverse: caso tanto raro che il legislatore non avrebbe ritenuto di prenderlo
esplicitamente in considerazione nella norma, mentre per in considerazione lo
dovrebbe prendere chi applica la norma (per escludere laccrescimento con
uninterpretazione, della norma, restrittiva) qualora si verificasse.
La seconda diversit, alcuni Studiosi, la spiegano con una volont del legislatore, che,
tra i legatari, a che si operi laccrescimento, basti solo una coniunctio re; altri
Studiosi,invece, la spiegano con il fatto che larticolo 675 sarebbe stato formulato dal
legislatore nella convinzione, che bastasse, per rendere chiara loperativit anche tra
collegatari dei presupposti di cui allart. 674, un rinvio implicito (ma allora perch il
legislatore si invece preoccupato di dire esplicitamente, che laccrescimento tra
collegatari opera salvo che risulti dal testamento una diversa volont? se il
legislatore avesse ritenuto bastante un rinvio implicito, per quel che riguarda il
requisito della coniunctio verbis, avrebbe dovuto ritenerlo bastante anche per quel
che riguarda il requisito del difetto di una contraria volont del testatore
allaccrescimento)
Disc. Ma veniamo al punto pi importante: qual la ratio degli articoli 674 e 675?
Pongo con pi chiarezza la questione: perch il legislatore, dovendo scegliere tra
attribuire, la porzione ereditaria non accettata da Sempronio, a Tizio e Caio oppure
metti, al fratello del testatore, a cui avrebbe dovuto essere assegnata in applicazione
delle norme sulla successione legittima, sceglie di assegnarla (sussistendo i
presupposti voluti dallart. 674: istituzione per quote eguali, istituzione a una stessa
quota....) a Tizio e a Caio (e non ai successori legittimi vedi art. 677)?
Doc. Secondo quella che pu considerarsi una communis opinio tra gli Studiosi, il
legislatore fa ci: I- perch si ritiene vincolato a rispettare la volont del testatore; II-
perch deduce - dal fatto che listituzione di Tizio, Caio, Sempronio sia stata fatta nei
modi previsti dallarticolo 674 (per quote uguali....) - che la volont del testatore
sarebbe stata, se avesse previsto la non accettazione di Sempronio, quella di
attribuire, la quota da lui non accettata, a Tizio e a Caio.
Disc. Da che cosa deducono, tali Studiosi, che il legislatore si ritiene vincolato a
rispettare la volont del testatore?
Doc. Dal fatto che, se il testatore esprime una volont contraria, il legislatore (vedi
terzo comma art. 674) non procede allaccrescimento.
Doc. La giustificherei con il timore del legislatore che, fare entrare nel numero degli
eredi testamentari (quando la loro istituzione avvenuta nei modi di cui allart. 674),
persone scelte con i criteri offerti dalle norme sulla successione legittima (nel caso
esemplificato, il fratello del de cuius), finisca per rendere la gestione della comunione
ereditaria e la sua divisione, pi difficoltosa (quindi in buona sostanza attribuisco,
naturalmente mutatis mutandis, allart.674 la stessa ratio dellart.732, che concede ai
coeredi un diritto di prelazione nel caso uno di loro voglia alienare la sua quota a un
estraneo).
Disc. Non capisco perch ci potrebbe essere il pericolo che, sostituendo la persona
del fratello del de cuius a quella di Sempronio, la gestione della comunione e la sua
divisione divengano pi difficili.
Doc. Perch la buona gestione della comunione ereditaria e una sua rapida e
amichevole divisione possibile solo se tra i coeredi sussiste una buona armonia e
affinit; quella armonia e affinit che sono da presumersi esistenti tra Sempronio, da
una parte, e Tizio e Caio, dallaltra.
Disc. Non capisco ci che ti fa presumere questa armonia e affinit tra Sempronio,
Tizio e Caio.
Doc. Me la fa presumere lo stesso fatto che il testatore li abbia istituiti eredi nei modi
di cui allarticolo 674. Tu, se fossi il testatore, chiameresti alleredit di una stessa
quota ereditaria, metti di quel tal appartamento di via Roma, Tizio, Caio e Sempronio,
se sapessi che sono tra di loro come cani e gatti? Certamente no (a meno che tu non
volessi dar loro il classico.. .boccone avvelenato).
Disc. Capisco. Ma la ratio da te proposta accettabile per quel che riguarda la quota
attribuita a pi eredi; meno convincente risulta nel caso di una istituzione di Tizio
Caio, Sempronio per quote eguali
Doc. Questo lo riconosco. Per anche in tale caso non si pu negare che, se il
testatore ha riservato un trattamento paritario a Tizio Caio Sempronio, perch essi
hanno qualche cosa che li accomuna (cosa che potrebbe essere ad esempio, laver
militato nello stesso reggimento o, e pi probabilmente, lessere tutti e tre parenti
nello stesso grado e nella stessa linea, metti figli di quel tal fratello). Ora proprio
questo qualcosa di comune, potrebbe far presumere tra di loro quellarmonia, che
invece verrebbe a mancare, se insieme a loro fosse istituito erede, chi come tale fosse
scelto solo in base alle norme sulla successione legittima
Disc. Diciamo che la tua spiegazione ..la meno peggio. E andiamo avanti. Cuius
commoda eius incommoda: penso che tale principio valga anche in subiecta materia.
Doc. Certamente. Pi precisamente dal secondo comma dellart. 676 risulta che i
coeredi o i legatari, a favore dei quali si verifica laccrescimento, subentrano negli
obblighi a cui era sottoposto lerede o il legatario mancante, salvo che si tratti di
obblighi di carattere personale.
Disc. Ma tali obblighi potrebbero essere anche pi pesanti di quelli, che Tizio e
Caio (per tornare sempre ai protagonisti dei nostri precedenti esempi) erano disposti
ad assumersi quando accettarono leredit: penso quindi che laccrescimento sar
subordinato allaccettazione dellerede (la cui quota sarebbe accresciuta).
Doc. No, questo escluso dal primo comma dellart. 676 che recita: Lacquisto per
accrescimento ha luogo di diritto.
Doc. Io, invece,s: chi accetta un eredit sa di fare un salto nel vuoto, se vuole un
paracadute deve accettarla con beneficio di inventario. Non pochi Studiosi per la
pensano come te e ritengono che laccettazione sia, s, automatica, ma che lerede
accresciuto abbia sempre la possibilit di rinunciare (cos come per il legato, che
si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facolt di rinunciare - v- art.
649).
Disc. Parlando del fenomeno dello accrescimento ci siamo sempre riferiti a una
successione testamentaria: devo capire che tale fenomeno non si pu verificare in una
successione legittima?
Doc. Capiresti male, perch la possibilit che la quota di un chiamato alleredit, nel
caso che egli non possa o non voglia accettarla, si accresca alle quote di altri
chiamati, al contrario di lui, accettanti, espressamente contemplata dallart. 522,
che recita: (Devoluzione nelle successioni legittime)- Nelle successioni legittime la
parte di colui che rinunzia si accresce a coloro che avrebbero concorso col
rinunziante, salvo il diritto di rappresentazione e salvo il disposto dellultimo comma
dellart. 571. Se il rinunziante solo, leredit si devolve a coloro ai quali spetterebbe
nel caso egli mancasse.
Disc. Quindi se Pinco Pallino, chiamato alleredit, vi rinunzia, qualora egli sia figlio
o fratello del defunto, non si far luogo ad accrescimento a favore di coloro che con
lui concorrono, se e in quanto i suoi discendenti legittimi accetteranno di subentrargli.
Questo logico; voglio dire che, il prevalere, sul accrescimento, della successione
per rappresentazione dei discendenti dei figli e dei fratelli del de cuius, previsto per
la successione testamentaria ed , quindi, logico che sia previsto anche per quella
legittima. Per mi pare che, dallarticolo in esame, anche risulti il prevalere, sullo
accrescimento, di una sorta di successione per rappresentazione, dellascendente
remoto rispetto ai genitori del de cuius, che nelle successioni testamentarie non
contemplata.
Doc. S, dal riferimento fatto dallart. 522 allart. 571 deriva, che se entrambi i
genitori del de cuius, concorrenti alla successione con i fratelli del medesimo,
rinunciano (o non possono succedere per premorienza,indegnit, decadenza o
percsrizione del diritto di accettare), non c accrescimento della quota dei fratelli,
ma la quota che sarebbe spettata ad uno dei genitori, in mancanza dellaltro,
devoluta agli ascendenti (le parole tra virgolette, la stanchezza e lora tarda me le
fanno copiare dal libro di un Maestro, il Luigi Ferri il libro Successioni in
generale edito da Zanichelli).
Doc. La conclusione a cui giungi giusta. Non per corretto che la quota del
rinunziante (pi in genere, di chi non ha voluto o potuto accettare leredit) venga ad
accrescere quella degli altri coeredi, chiamati a succedere con lui nello stesso grado:
in realt viene ad accrescere le quote solo di quei coeredi, che con lui concorrono.
Doc. La vedrai se pensi al seguente caso: Fulano muore e lascia il coniuge e i tre figli,
Mario, Giuseppe, Luca. Quindi va fatta applicazione del secondo comma dellarticolo
542, che recita: Quando i figli sono pi di uno, ad essi complessivamente riservata
la met del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto (...).
Luca, uno dei figli, rinuncia: la quota derelitta non si aggiunge alla quota del coniuge,
che pure coerede nello stesso grado di Luca, bens si aggiunge alle quote dei fratelli,
dato che solo loro avrebbero concorso con lui.
Disc. Dalla pagina del Ferri da te citata, sembrerebbe che il disposto dellarticolo 522
si applichi, non solo in ipotesi di rinuncia, ma in ogni caso in cui il chiamato non
voglia o non possa accettare.
Doc. Cos : il riferimento al solo caso della rinuncia, dipende solo da una fisima del
legislatore, che ora mi sarebbe troppo lungo spiegarti. Ora tempo di chiudere la
lezione.
Disc.Tu hai precedentemente accennato al fatto che nel caso non si faccia luogo
allaccrecsimento, la quota derelitta va ai successori elgittimi, ma non hai mai
irportato larticolo da cui questo risulta: bisogna riportarlo.
Disc. Abbiamo visto in una delle precedenti lezioni, che i beni del de cuius vengono
attribuiti, in prima battuta, in base alla scelta e allindicazione (degli eredi) che fa il
de cuius stesso. Ma, una volta fatta la sua scelta, il de cuius pu ripensarci e
revocarla? Per porre la questione in maniera pi chiara: Fulano II ha indicato il
01.01.1980 (quando egli aveva ancora trentanni), come erede, Fulano III; poi ci
ripensa e, nel 2010 (quando ha cinquantanni) indica come erede Fulano IV: il
Legislatore ritiene valida la dichiarazione fatta nel 1980 o quella fatta nel 2010?
Doc. Certamente ritiene valida quella fatta nel 2010; e questo per le seguenti ragioni:
1- Perch, se ritenesse valida la dichiarazione del 1980, rischierebbe di demotivare
Fulano II: questi vuole lasciare i suoi beni a qualcuno che gli caro; prima tale gli era
Fulano III, ora per (a 50 anni di et) gli caro Fulano IV (e addirittura Fulano III gli
diventato odioso): se egli sapesse che i beni, che con tanta fatica cerca di
accumulare, andrebbero a Fulano III, egli non lavorerebbe pi, anzi sarebbe tentato di
sperperare i beni prima accumulati.
2- Perch, lo stabilire la revocabilit della dichiarazione (testamentaria), larma
migliore che si possa dare a Fulano II, per eludere i tentativi captatori della sua
volont testamentaria. E infatti pu capitare e anzi spesso capita che una persona,
specie se in tarda et, sia assillata da persone che vorrebbero captargli una volont
testamentaria a loro favore (Io sono qui che sgobbo per tenere pulita la tua casa e la
tua persona e tu mi lasceresti alla tua morte senza il becco di un quattrino?! ): la
revocabilit del testamento d la facile possibilit, a chi cos assillato, di eludere le
pressioni degli assillanti senza scontentarli e farseli nemici: egli fa un testamento in
cui beneficia (come erede, come legatario....), chi lo opprime con le sue richieste, e,
poi....ne fa un altro tutto diverso, e...il gioco fatto. E naturalmente quel che ora ho
detto, vale, mutatis mutandis, per il caso che una persona sia vittima di veri atti
intimidatori (Se non mi nomini erede, ti uccido).
Doc.Ma volont del Legislatore proprio quella di impedire accordi del tipo da te ora
esemplificato; come risulta dal disposto dellart. 458 che (sotto la rubrica Divieto di
patti successori) recita: Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768bis e seguenti,
nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propia successione. E del pari
nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una
successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi..
Disc. Ma perch mai ritenere nullo un accordo del tipo da me prima esemplificato?
Doc. Perch il rischio in questo tipo di accordi, in cui Fulano II dispone di un bene
per dopo la sua morte al fine di avere un vantaggio durante la sua vita, che Fulano
II, per avere una cosa (o una prestazione....) che vale dieci, dia via una cosa che vale
obiettivamente cento (ma che per lui vale zero, dato che, dopo morto, gli sarebbe di
zero utilit).
Disc. Ma non si pu negare che tale accordo sia conveniente sia per Fulano II che per
Fulano III: Fulano II, come tu stesso hai ora detto, rinunciando a godere
dellappartamento....dopo morto, rinuncia a zero, e Fulano III, dando le sue cure a
Fulano II compie delle prestazioni, che normalmente non gli sarebbero state pagate
pi di cento, per ottenere mille. E se, dunque, tale accordo conveniente sia per
Fulano II che per Fulano III, perch ritenerlo nullo, perch impedirlo?
Doc. Prima di tutto per tutelare linteresse dei famigliari di Fulano II; in particolare
linteresse di quelli che, come abbiamo visto in una precedente lezione, sarebbero
suoi eredi necessari.
Disc. Ma questi non sono gi sufficientemente tutelati dal fatto che il legislatore
riserva loro una quota di eredit?
Doc. Certo tale riserva costituisce una tutela dei loro interessi, ma fino a un certo
punto: infatti inutile riservare a Fulano IV il 50 per cento del patrimonio di Fulano
II, se questo patrimonio, che, in vita di Fulano II, valeva mille, alla sua morte si
ridotto a valere non pi di dieci (in seguito ai patti successori da lui stipulati).
Disc. I discorsi da te finora fatti possono giustificare la nullit dei patti con cui
taluno dispone della propria successione (come detto nellincipit dellart. 458); ma
come si giustifica la nullit degli atti col quale taluno dispone dei diritti che gli
possono spettare su una successione non ancora aperta o rinunzia ai medesimi? Ad
esempio: Fulano III cede a Fulano IV i diritti che gli potrebbero spettare in quanto
erede di Fulano II in cambio di mille: perch ritenere nullo un tale patto?
Doc. In fondo per la stessa ragione per cui si riterrebbe nullo il patto con cui Fulano
II avesse disposto dei suoi diritti per il post mortem: la difficolt di una parte (nel
caso contemplato dallincipit dellart. 458, il de cuius Fulano II, nel caso contemplato
dallultima parte dellart. 458, lerede Fulano III) di valutare bene il valore dei beni di
cui viene a disporre: infatti ben difficile che lerede Fulano III sia in grado di
valutare giustamente il valore dei beni a cui rinuncia (non potendo bene sapere dei
beni che comporranno il futuro asse ereditario, dei debiti che lo graveranno, dei
coeredi con cui andr diviso....).
Doc. No, il caso che tu stai facendo non simile (analogo) a quelli da noi finora
esaminati. E vero che, nel caso da te fatto, ha ancora ragion dessere il timore che
Fulano II non apprezzi debitamente il valore del A che viene a dare (dato che egli non
in grado di sentire la perdita di quel A avvenendo questa post mortem suam), per
anche vero che egli non d quel A per ottenere in cambio un B da poter godere egli
durante la sua vita, ma d quel A per procurare un B di cui altri godr (post mortem
suam); e ci almeno d la garanzia che la sua volont non sia viziata e sfuorviata da
motivi bassamente egoistici (aprs moi le diluge).
Disc. Che dire di un accordo tra Fulano I e Fulano II in questo senso: io, Fulano I,
lascio in eredit tutti i miei beni a te, Fulano II, e tu, Fulano II, lasci in eredit tutti i
tuoi beni a me, Fulano I? deve considerarsi nullo anche tale patto?
Doc.Per quel che riguarda il testamento congiuntivo essa data, non tanto dalla
volont di salvaguardare la libert di Fulano I e Fulano II di revocare la loro volont
testamentaria (e infatti nessuno potrebbe dubitare che il principio della revocabilit di
questa sussista anche in caso che essa fosse espressa in una stessa scheda da due
persone), quanto dal fatto che il duplice testamento in unica scheda implica e rivela il
reciproco impegno dei testatori a non revocare unilateralmente la loro volont
testamentaria e tale reciproco impegno pu far s che uno di essi rimanga vittima
della malafede dellaltro: Fulano I si astiene dal revocare la sua volont testamentaria,
per mantenere fede allimpegno preso, mentre Fulano II, che non ha tale scrupolo,
revoca la sua volont testamentaria unilateralmente e naturalmente allinsaputa
dellaltro.
Disc. Passiamo alla ratio che porta al divieto del testamento reciproco.
Doc. In realt il divieto del testamento reciproco si giustifica con una duplice ratio:
quella ora vista, che giustifica il divieto del testamento congiuntivo, e quella (a mio
parere pi valida) che giustifica il disposto dellart. 458 prima esaminato: Fulano I (o
viceversa, Fulano II) potrebbe disporre a cuor leggero del suo patrimonio che vale
dieci volte quello di Fulano II (tanto dopo morto non potrei godermelo) nella
speranza di poter godere in vita il patrimonio di questo.
Lezione IX: I legittimari Lazione di reintegra della quota loro riservata.
Disc. Abbiamo visto che vi sono degli eredi necessari, cio delle persone che hanno
diritto, volente o nolente il de cuius, a una pars bonorum.
S, ma chi sono queste persone, qual la quantit di beni a cui hanno diritto?
Doc. Chi sono gli eredi necessari te lo dice larticolo 536, che (sotto la rubrica
Legittimari) recita: Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di
eredit o altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli, gli ascendenti (.).
La parte di beni a loro necessariamente riservata ti viene poi indicata (dagli articoli
che seguono quello ora riportato) sotto forma di frazione. Per esempio, larticolo 537
ti dice che se il genitore lascia un figliolo solo, a questi riservata la met del
patrimonio, lart. 340 a sua volta ti dice che a favore del coniuge riservata la met
del patrimonio dellaltro coniuge salvo che con esso concorrano dei figli nel qual
caso invece ecc.ecc.
Doc. Lammontare del patrimonio del de cuius o asse ereditario dato da: valore del
relictum (cio del complesso dei beni in capo al de cuius al momento dellapertura
della successione) - valore dei debiti + valore del donatum (cio dei beni che il de
cuius vita natural durante ha donato direttamente o anche direttamente, quindi anche
rimettendo un debito).
Cos come risulta (implicitamente) dallart. 556, che (sotto la rubrica
Determinazione della porzione disponibile) recita: Per determinare lammontare
della quota di cui il defunto poteva disporre si forma una massa di tutti i beni che
appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendone i debiti. Si riuniscono
quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, secondo il
loro valore determinato in base alle regole dettate negli articoli 747 a 750 e sullasse
cos formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre.
Doc. Alla morte di Fulano, avvenuta il 10.01.2010, risulta che: egli era proprietario di
due appartamenti del valore pari a 200; aveva debiti per un valore di 100; aveva
donato a Clara una collana del valore di 80. Pertanto il valore dellasse ereditario
dato da 200 (valore al momento dellapertura della successione dei due appartamenti)
- 100 (valore dei debiti al momento dellapertura della successione) = 100 + 80
(valore della collana sempre al momento dellapertura della successione) = 180.
Disc. Con ci mi hai fatto un esempio di come si calcola lasse ereditario: fammi ora
un esempio di come si calcola la quota riservata a un legittimario.
Doc. Metti che Fulano: abbia lasciato un asse come quello or ora esemplificato, cio
di valore 180 (relictum debiti = 100 + 80 di donatum); abbia nominato suo unico
erede il cugino Andrea; metti ancora che il padre di Fulano sia ancora vivente al
momento dellapertura della successione. In tal caso, riservando lart. 538 un terzo
del patrimonio allascendente, questi avr diritto a una pars bonorum = 60 (180: 3 =
60).
Doc. Li prende dai beni che Fulano, il de cuius, aveva lasciati al cugino Andrea.
Infatti il Codice d al legittimario pretermesso unazione, proprio per ridurre le
donazioni (il donatum) e le pars bonorum, ricavate dal relictum e attribuite in base
alle norme sulla successione legittima o testamentaria, che eccedono la disponibile
- questo al fine di reintegrare (lazione si chiama appunto di reintegrazione) la
quota (lesa) del legittimario (in tutto o in parte pretermesso).
Pertanto nellesempio fatto, Andrea vedr ridursi la pars bonorum a lui spettante da
100 a 40 (100 corrispondente al valore del relictum, che abbiamo ipotizzato devoluto
interamente a Andrea 60, quota riservata al legittimario = 40).
Disc. Tu prima hai detto che si riduce, non solo la pars bonorum attribuita in base alle
norme sulla successione testamentaria, ma anche quella attribuita in base alle norme
che disciplinano la successione legittima. Ma com possibile che nello stesso
Codice, da una parte, il legislatore ritenga, disciplinando la successione legittima,
giusto che Andrea, fratello del de cuius, abbia, 100, quando concorre nella
successione col genitore (del de cuius) e, dallaltra, disciplinando la successione
necessaria dica, come se si fosse prima sbagliato, No, non giusto che Andrea
quando concorre col genitore abbia 100: deve avere di meno per dare spazio alla
quota di questi,, cos come se questa quota del genitore....si fosse, in base alle norme
sulla successione necessaria, ingrandita e fosse diventata bisognosa di maggior spazio
a spese della quota del fratello (del de cuius).
Doc. No, non che la quota del successore legittimo - nellesempio da te fatto, del
genitore - venga ingrandita dalle norme sulla successione necessaria. Anzi, se prendi
larticolo 571, che disciplina il concorso nella successione legittima di ascendenti e
fratelli, e lo confronti con larticolo 538 (che stabilisce la quota che va
necessariamente riservata al genitore), ti accorgi che, mentre, per le norme sulla
successione legittima, al genitore che concorre con un solo fratello del de cuius,
spetterebbe la met, per le norme sulla successione necessaria spetterebbe solo un
terzo.
Doc. Si spiega col fatto che il pezzetto di torta riconosciuto dalle norme sulla
successione necessaria al genitore , s, minore, ma calcolato in relazione a.....una
torta di diametro maggiore. Mi spiego meglio con un esempio: Fulano lascia una
massa di beni del valore (detratti i debiti) di 200: quindi, per lart. 571, 100 spettano
al fratello Andrea e 100 al genitore Flaiano. Per Fulano era in vita uno
scialacquatore e fece donazioni per ben 400. Conseguenza il terzo spettante per lart.
538 al genitore Flaiano uguale a 200 (200+400 = 600, asse ereditario: 3 = 200 quota
riservata al genitore) e il povero Andrea....rimane a becco asciutto.
Con ci spero di averti spiegato il busillis dellarticolo 553 che (sotto la rubrica
Riduzione delle porzioni degli eredi legittimi in concorso con i legittimari) recita:
Quando sui beni lasciati dal defunto si apre in tutto o in parte la successione
legittima, nel concorso di legittimari con altri successibili, le porzioni che
spetterebbero a questi ultimi si riducono proporzionalmente nei limiti in cui
necessario per integrare la quota riservata ai legittimari, i quali per devono imputare
a questa, ai sensi dellart. 564, quanto hanno ricevuto dal defunto in virt di
donazioni o di legati.
Disc. Strano che al creditore del legittimario non sia riconosciuta la legittimazione a
chiedere la riduzione!
Doc. No, non strano, dal momento che il creditore del legittimario pu pur sempre
agire in surrogatoria (art. 2900); naturalmente, sussistendo quelli che sono i
presupposti di tale azione, in particolare linerzia del debitore (nella nostra materia,
del legittimario).
Se mai strano che sia permesso allavente causa del legittimario (ad esempio, a
Daniele, che ha acquistato dal legittimario, Fulano, limmobile che il de cuius ha
legato a Giuseppe) di agire in reintegra (e in riduzione del legato fatto a Giuseppe)
a prescindere da una inerzia del legittimario (e suo dante causa) Fulano.
Disc. Comunque sia, il creditore del legittimario pu agire (sia pure solo in
surrogatoria) per ottenere la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle
donazioni lesive. E il creditore del de cuius? Pu egli chiedere la riduzione?
Doc. Pu chiederla solo nel caso in cui non avendo il legittimario accettato con
beneficio di inventario egli pu considerarsi creditore del legittimario stesso. Se
invece il legittimario avesse accettato con beneficio di inventario, egli (idest, il
creditore del de cuius), per tutelare il suo interesse a una riduzione delle donazioni
(interesse che indubbiamente ha, dato che una tale riduzione aumenterebbe la massa
dei beni posti a garanzia, ex art. 2740, del suo credito) non avrebbe (purch non
prescritta) che quella stessa azione che avrebbe potuto far valere anche in vita del de
cuius, cio lazione revocatoria dellart. 2901 (cosa per cui per ottenere la riduzione
melius, la revoca della donazione - avrebbe lonere di provare tutti i presupposti di
tale azione, in particolare la scientia fraudis del de cuius onere da cui invece
sollevato chi chiede la riduzione in base agli artt. 553 e segg.)
Disc. Per una critica, questa disposizione, devi ammettere, la merita pur sempre.
Doc. Quale?
Doc. No, lo esclude lart. 557 (incipit del terzo comma), recitando I legatari e i
donatari non possono chiedere la riduzione n approfittarne. Ed chiaro il perch di
tale esclusione: legittimare, il legatario, a chiedere la riduzione di una donazione
(qualsiasi) o, il donatario, a chiedere la riduzione di una donazione (pi vecchia,
pi datata della sua), significherebbe dar loro il potere di sconvolgere lordine
(nelle riduzioni) voluto dal 2 comma art. 555 e dallart. 559.
Disc. Tali dieci anni vanno fatti decorrere dallapertura della successione, anche nel
caso vi sia stata accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il
loro acquisto ereditario venuto meno (co. 3 art. 480)?
Doc. No, nel caso io riterrei che la prescrizione debba essere fatta decorrere dal
momento della caducazione dellacquisto del precedente chiamato. Ma riconosco che
la soluzione discutibile.
Disc.,. Dire che lazione di reintegra si prescrive in dieci anni non significa, per, se
ho capito bene, dire che pu essere chiesta solo la riduzione delle donazioni
intervenute negli ultimi dieci anni anteriori allapertura della successione.
Disc. Per chi acquista dal donatario, usucapir, penso, nel termine ridotto previsto
(dagli artt. 1159 e 1160 segg,) per chi acquista in buona fede.
Doc. No, anche qui abbastanza stranamente, per lusucapione degli immobili
acquistati dal donatario (il legislatore non prevede il caso di chi abbia acquistato dal
donatario una universalit di mobili o un bene mobile: una delle tante lacune della
disciplina legislativa) il legislatore richiede il decorso di 20 anni, cos come se chi
acquista dal donatario agisse in mala fede - questo mentre invece fa cosa
perfettamente legittima.
Disc. E ci significa che anche per chi acquista dal donatario una universalit di
mobili o un bene mobile non va applicato il termine breve di usucapione.
Doc. Naturalmente no, quando si tratta di donatario o legatario (dato che nel loro caso
difetta la quota a cui poter imputare il valore del bene). Meno naturalmente, ma
ancora no, nel caso la persona richiesta della riduzione sia un erede. In subiecta
materia il legislatore non va per il sottile e, va detto subito, lascia anche aperte varie
lacune nel suo discorso. Ad esempio prevede il caso della riduzione di una donazione
e di un legato avente ad oggetto un immobile, ma non prevede il caso della riduzione
di una disposizione testamentaria diversa dal legato (ad esempio una institutio ex re
certa) o di una disposizione testamentaria o di una donazione che abbia ad oggetto
universalit di mobili o un bene mobile (salvo quanto diremo a proposito
dellart.563).
Disc. Cominciamo a vedere la soluzione adottata dal legislatore nel caso di donazione
o legato di un bene immobile.
Doc. Questa soluzione data nellarticolo 560 ed ovvia nel caso limmobile sia
divisibile comodamente (cio senza che venga diminuito in conseguenza della
divisione il suo valore); per il tal caso il primo comma dellarticolo citato stabilisce
che quando oggetto del legato o della donazione da ridurre un immobile, la
riduzione si fa separando dallimmobile medesimo la parte occorrente per integrare la
quota riservata, se ci pu avvenire comodamente.
Doc. Poniamo che: Fulano abbia lasciato suo unico erede il figlio Andrea; il relictum
(depurato dai debiti) sia 100; il donatum,, rappresentato da un immobile donato a
Cornelia sia 900. Quindi: valore dellasse ereditario = 1000; un quarto di tale asse =
250; valore della quota riservata al figlio = 500 (v. art. 537); la donazione che poteva
essere fatta senza risultare lesiva della legittima (idest, la disponibile) = 500 (dato
che basta togliere 400 al donatum, per aggiungerlo ai 100 del relictum, per reintegrare
perfettamente la legittima). Conclusione: eccedendo di 400, il valore della
donazione fatta (900) quello della disponibile (500), infatti 900 500 = 400; ed
essendo tale eccedenza superiore al quarto del valore complessivo dellasse (quarto
che corrisponde a 250), Andrea, il legittimario pu, se vuole, far suo limmobile,
salvo il diritto di Cornelia di conseguire il valore della disponibile (500).
Doc. No, almeno nel caso che si tratti di chi ha acquistato da un donatario (mi limito
a far riferimento a questo caso perch il legislatore non prevede quello di chi ha
acquistato da un legatario o da un erede: una delle tante lacune della normativa in
subiecta materia). Infatti (per il disposto del terzo comma art. 563) chi acquista dal
donatario (e qui il legislatore inopinatamente si riferisce sia allacquisto di un
immobile che di un bene mobile) ha la facolt di liberarsi dallobbligo di restituire in
natura le cose donate pagando lequivalente in denaro.
Disc. E per gli altri casi, quelli non contemplati dal legislatore, che soluzione
adottare?
Disc. Ti faccio questo caso: Fulano ha due appartamenti e due amici, Rossi e Bianchi;
e col suo testamento vuole beneficare sia luno che laltro, per in modo diverso:
dando di pi alluno e di meno allaltro: a Bianchi lappartamento che vale 100 e a
Rossi quello che vale 50: lo pu fare?
Disc. Ora metti che Fulano abbia un grosso debito, metti di 90, verso Canidio.
Disc. Lasciami finire il discorso. Proseguo: metti che Fulano voglia beneficare
Bianchi, non solo dandogli lappartamento pi di valore, ma anche esentandolo dal
pagare il creditore Canidio: tutto il debito verso questo deve gravare su Rossi: Fulano
pu fare anche questo?
Doc. No, questo non lo pu fare; perch principio del nostro Ordinamento (vedi co.
2 art. 1372 C.C.) che una persona (nel caso il testatore) non possa influire
negativamente con una sua dichiarazione di volont sulla sfera giuridica e sugli
interessi di un terzo. Anche quando, come meglio subito vedremo, il testatore impone
degli obblighi allerede e al legatario, non si pu dire che tali obblighi sorgono
(nellerede e nel legatario) per sola volont unilaterale del testatore: infatti tali
obblighi non nascono se chi li subisce non consente a gravarsene (accettando leredit
o il legato). E questo, bada, vale, non solo per lerede, ma anche per il legatario, in
quanto vero che (per larticolo 649) il legato si acquista senza bisogno di
accettazione, ma ci significa solo che laccettazione viene presunta (salva la
facolt di rinunziare - vedi sempre art. 649), in considerazione del fatto che il
legatario non risponde dei debiti ereditari (art. 752), e degli oneri e dei legati di cui,
come vedremo, ben possibile sia gravato, risponde solo nei limiti di valore della
cosa legata (art. 671): insomma laccettazione del legato, presunta ma non
coartata.
Disc. Ma chi sarebbe, nellesempio fatto, il terzo che vedrebbe vulnerati i suoi diritti,
dalla disposizione (testamentaria) di Fulano di esentare, dal pagamento dei debiti,
lerede Bianchi?
Doc. Sarebbe, secondo lopinione che mi pare prevalente tra gli Studiosi, il creditore
Canidio, il quale in seguito a tale disposizione non potrebbe pi soddisfare il suo
credito sul patrimonio di Bianchi.
Disc. Per la tutela che il legislatore vuole, secondo tali Studiosi, offrire al creditore
Canidio sarebbe facilmente elusa dal testatore, lasciando, non in eredit, ma in legato
lappartamento al Bianchi (forse che il legatario non esentato dal pagamento dei
debiti del de cuius?). E a parte ci, lerede Bianchi potrebbe pur sempre frustrare
linteresse di Canidio a soddisfarsi sul suo patrimonio, accettando, s, leredit, ma
con beneficio di inventario.
Doc. Dicendoti che il de cuius non pu privare i creditori del potere di far valere i
loro crediti verso un dato erede, io non ho fatto che riferirti lopinione prevalente tra
gli Studiosi; ma certo di tale opinione non voglio essere il.....difensore dufficio. Con
tutto ci debbo dire che, a favore di tale opinione, militano due considerazioni.
Prima: vero che il testatore potrebbe eludere la tutela apprestata al
creditore,istituendo il beneficando, non erede, ma legatario; per anche vero che un
freno a tale elusione sarebbe costituito dal prezzo che dovrebbe pagare, o meglio, far
pagare a chi vuol beneficare (nellesempio, il Bianchi) per conseguire tale elusione.
Disc. Resta il fatto, che Fulano potrebbe nominare erede Bianchi e questi, poi,
potrebbe frustrare linteresse del creditore Canidio a soddisfarsi sul suo patrimonio
molto semplicemente accettando con beneficio di inventario.
Doc. Debbo riconoscere che questa tua osservazione colpisce nel segno; ma il fatto
che, il disconoscimento, nel testatore, del potere di esentare del pagamento dei debiti
ereditari, non si possa giustificare con la tutela del interesse del creditore a soddisfarsi
sui beni dellerede, non significa che tale disconoscimento non esista e non trovi una
valida ragion dessere.
Doc. Sarebbe la tutela del creditore, contro il pericolo che lerede sottragga, al
soddisfacimento dei crediti ereditari, una parte (che potrebbe essere considerevole)
dei beni lasciati dal de cuius, con unamministrazione di tali beni non oculata (o
peggio). Perch, vero che in caso di accettazione con beneficio dinventario, lerede
non risponde pi dei debiti ereditari con il suo patrimonio, e ci potrebbe spingerlo a
una disattenta e negligente (o addirittura depredatrice) amministrazione dei beni
ereditati, ma, anche vero che, contro il pericolo di ci, il legislatore con listituto
dellaccettazione beneficiata appresta delle difese (lonere, imposto allerede,
dellinventario, il controllo a cui lerede accettante con beneficio viene sottoposto
nellamministrazione dei beni....), difese che invece mancherebbero nel caso si
ammettesse che il testatore potesse esentare lerede dal pagamento dei debiti sic et
simpliciter: una volta che Bianchi sa di non dover rispondere dei debiti (del de cuius)
col suo patrimonio, chi lo pu trattenere dal fare man bassa dei beni (dal de cuis)
lasciati o di disperderli con una cattiva amministrazione?
Disc. Quindi, il testatore Fulano non potrebbe caricare il peso del debito verso
Canidio solo sul erede Rossi, sgravandone cos il coerede Bianchi.
Doc. No, lo potrebbe, ma solo nel senso che salvo il diritto di Canidio di aggredire i
beni dellerede Bianchi - Fulano potrebbe imporre al coerede Rossi di rimborsare
Bianchi, una volta che questi avesse pagato Canidio.
Ci risulta piuttosto chiaramente dallarticolo 752, che recita: I coeredi
contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle
loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto.
Ma, ripeto, se Fulano volesse mettere veramente il beneficando Bianchi al sicuro
degli assalti dei creditori (delleredit), non avrebbe altro mezzo che istituirlo
legatario (e non erede).
Disc. Ci, per, con possibile danno dei creditori, che non potrebbero soddisfarsi sul
patrimonio del Bianchi.
Doc. E, bada, i creditori non sarebbero i soli a cui potrebbe derivare danno dalla
nomina del Bianchi come legatario (e non erede): pensa al caso che il testatore sia
morto mentre stava usucapendo un immobile posseduto in mala fede (quindi, tempo
necessario a usucapire anni venti): ebbene, se Fulano avesse istituito Bianchi come
erede, questi avrebbe dovuto calcolare il tempo necessario per lusucapione pari ad
anni venti, cos come a venti anni avrebbe dovuto calcolarlo il suo dante causa,
Fulano: forse che, nel caso, non si sarebbe dovuto applicare lart. 1146? forse che il
possesso (di Fulano) non continuava nel Bianchi? Avendo invece il testatore istituito
il Bianchi come legatario, a questi, per lusucapione, basteranno dieci anni (da lui
calcolati, per di pi, aggiungendo ai suoi anni di possesso quelli del suo dante causa,
Fulano) - vedi art. 1159.
Doc. Tu hai perfettamente ragione; e io ritengo che per evitare tale assurdit si
imponga una interpretazione restrittiva della disposizione da te riportata.
Doc. Nel senso che deve ravvedersi unistituzione come erede, e non come legatario,
nonostante ogni contraria volont del testatore, quando mancano altri eredi (diversi
dallo Stato) o i beni assegnati a chi stato nominato legatario rappresentino una
quota di patrimonio non inferiore a quella assegnata al pi svantaggiato degli eredi.
Disc. Ti pongo ora una nuova domanda: il testatore pu istituire erede e legatario
chiunque o incontra dei limiti in ci.
Doc. Nessunissimo limite: Fulano pu nominare erede o legatario chiunque gli garbi.
Unica cosa, non pu delegare a un terzo la scelta dellerede o del legatario n
rimettergli la determinazione della quota, spettante a questo o quello erede, n
loggetto o anche solo la quantit del legato. Disposizioni del tipo: Lascio al mio
caro amico Fabio stabilire chi sar mio erede Lascio a Fabio decidere la quota di
eredit di spettanza a ciascuno dei miei figli Lego alla fedele mia servitrice Beppa
la somma che vorr stabilire mia moglie sarebbero tutte disposizioni nulle. Ci
risulta dal primo comma degli articoli 631 e 632.
Larticolo 631 nel suo prima comma recita: E nulla ogni disposizioni testamentaria
con la quale si fa dipendere dallarbitrio di un terzo lindicazione dellerede o del
legatario ovvero la determinazione della quota di eredit.
Larticolo 632, a sua volta, sempre nel primo comma, recita: E nulla la disposizione
che lascia al mero arbitrio dellonerato o di un terzo di determinare loggetto o la
quantit del legato.
Disc. Come si giustifica questa restrizione dei poteri dispositivi del testatore?
Doc. Si giustifica, a mio parere, molto semplicemente col venir meno in tali casi della
ragion dessere........ di un potere dispositivo del testatore. Mi spiego. Tale potere
dispositivo concesso al testatore per permettergli di apportare deroghe all ordo
successionis stabilito dal legislatore negli articoli 565 e seguenti (c.d. successione
legittima). E a sua volta, questa possibilit di apportare tali deroghe, concessa al
fine di incentivare Fulano alla buona amministrazione e allincremento del suo
patrimonio: Fulano, se sapesse che i suoi beni andrebbero alla brutta moglie e ai figli
che non lamano, o, peggio ancora, allo Stato, incrocerebbe le braccia, lascerebbe
andare il suo patrimonio in malora; sapendo che, invece, almeno parte dei suo beni la
potr destinare a Marco e a Fabio, che gli sono tanto simpatici, si dimostrer solerte e
oculato amministratore dei suoi beni, cos si spera. Ma che dire nei casi in cui Fulano
abdica al potere di scegliersi un erede o un legatario? non dimostra egli cos facendo
che il pensiero di lasciare i suoi beni a questa o a quella persona gli indifferente, che
nessun incentivo da tale pensiero gli pu venire per meglio e pi alacremente
amministrare il suo patrimonio? E se cos, che senso, che utilit ha conferirgli il
potere di derogare alle norme sulla successione legittima?! Evidentemente, nessuno.
Con tutto ci tu devi tener presente che il legislatore, mentre ritiene nulla la
disposizione con cui il testatore rimette a un terzo lindicazione dellerede o della
quota ereditaria, ritiene, invece, perfettamente valida la disposizione con cui il
testatore rimette a un terzo lindicazione della pars bonorum corrispondente alla
quota ereditaria da lui indicata (Lascio a ciascuno dei miei due figli la met del mio
patrimonio e rimetto al mio fedele amico Fabio la indicazione dei beni che di
conseguenza loro spetteranno ).
Ci risulta dal secondo comma dellarticolo 733, che recita: Il testatore pu disporre
che la divisione si effettui secondo la stima di persona da lui designata che non sia
erede o legatario: la divisione proposta da questa persona non vincola gli eredi, se
lautorit giudiziaria, su istanza di taluno di essi, la riconosce contraria alla volont
del testatore o manifestamente iniqua.
Doc. La stessa che giustifica in buona sostanza il divieto del fedecommesso: si vuole
evitare la manomorta o pi semplicemente che i beni, costituenti la ricchezza
nazionale, siano amministrati senza limpegno e il dinamismo necessari per farli
fruttare al massimo.
Doc. Pu avvenire, nel caso di termine iniziale, perch, mentre questo sta maturando,
inevitabilmente lamministrazione dovrebbe essere affidata a un curatore dotato dei
limitati poteri che ha il curatore delleredit giacente (possibilit di alienare i beni?
certo, s, ma solo dietro autorizzazione dellAutorit Giudiziaria ecc.).
Disc. Ma, nel caso di termine finale, chi chiamato alleredit, subito, con la sua
accettazione, ne entrerebbe in possesso e subito potrebbe direttamente amministrarla.
Doc. Nel caso che il termine sia iniziale, lerede (melius, lonerato, dato che la
persona che subisce il peso del legato pu essere sia un erede che un altro legatario, e
in effetti il nostro diritto conosce listituto del prelegato: il legato gravante su un
legatario); nel caso di temine finale, il beneficiario del legato, il legatario. (vedi
articolo 640).
Disc. Immagino che il legato, cos come pu essere sottoposto a termine, cos possa
essere sottoposto a condizione sospensiva o risolutiva. E immagino che le stesse
ragioni, che portano ad escludere lapposizione di un termine a una disposizione a
titolo universale (necessit di evitare unamministrazione azzoppata dei beni
ereditari), portino invece ad escludere lapposizione, a tale tipo di disposizione, di
una condizione sospensiva o risolutiva.
Doc. Per quel che riguarda il legato immagini il giusto, mentre ti smentisce, per quel
che riguarda le disposizioni a titolo universale, larticolo 633, che recita: Le
disposizioni a titolo universale o particolare possono farsi sotto condizione
sospensiva o risoluzione.
Disc. Come si spiega che una disposizione a titolo universale, che non sopporta
nessun termine, n iniziale n finale, tolleri invece una condizione sospensiva o
risolutiva.? forse che lesistenza di una tale condizione non giustifica il timore di
unamministrazione debole del patrimonio ereditario (o di una sua quota)?
Doc. Certo che lo giustifica, e in effetti la amministrazione della pars bonorum
sottoposta a condizione sospensiva va affidata a un amministratore (v. art. 641) che la
gestir con gli stessi limiti che incontra il curatore delleredit giacente (v. art. 644), e
se vero che allamministrazione della pars bonorum sottoposta a condizione
risolutiva provvede direttamente lerede (arg. ex art. 639), anche vero che questi
incontra, nella sua gestione, praticamente gli stessi limiti dellusufruttuario.
Disc. - Quindi non pu alienare i beni che compongono la sua quota (ereditaria).
Doc. No, in teoria lo pu; siccome per ogni alienazione da lui fatta dovrebbe
intendersi sottoposto a condizione risolutiva (v. art. 1357) ben difficile che trovi
acquirenti.
Doc. Perch deve riconoscere che lapposizione di una condizione svolge in molti
casi unutile funzione sociale (che porta a tenere in non cale gli inconvenienti che
comporta). Ad esempio, nellinteresse della societ che Fulano lasci in eredit
lazienda al nipote Marco, a condizione che prenda la laurea in ingegneria
(preferendogli in caso contrario lamico Fabio, che non ha il suo stesso sangue, ma
che ingegnere lo e d quindi garanzie di ben gestire lazienda). Ancora
nellinteresse della societ, che Fulano disponga per la risoluzione del lascito
ereditario per il caso che il nipote (sciaguratello) si faccia di nuovo condannare per
spaccio di droga.
Chiaro, poi, che, una volta apertosi un varco, in esso si intrufolano anche
condizioni poste a tutela di interessi, che per la societ sono indifferenti; cosa per
cui, ad esempio, si ritengono dalla maggior parte degli Studiosi valide, ancorch
siano poste a tutela di interessi familiari in definitiva indifferenti per lo Stato, la
condizione si sine liberis decesserit (se mio figlio Marco morir senza figli gli
succeder nelleredit Sempronio) e la condizione di non alienare i beni ereditari
(purch il divieto di alienare sia contenuto in ragionevoli limiti di tempo, altrimenti la
condizione si ritiene invalida).
Disc. Quindi mi pare di capire che vi sono condizioni che il legislatore considera
illecite.
Doc. S, vi sono condizioni che il legislatore considera illecite, come risulta
dallarticolo 634 che (sotto la rubrica Condizioni impossibili o illecite) recita:
Nelle disposizioni testamentarie si considerano non apposte le condizioni
impossibili e quelle contrarie a norme imperative, allordine pubblico e al buon
costume, salvo quanto dispone lart. 626 - articolo questo che a sua volta recita: Il
motivo illecito rende nulla la disposizione testamentaria, quando risulta dal
testamento ed il solo che ha determinato il testatore a disporre.
Doc. La condizione di non chiedere il beneficio di inventario (v. co. 2 art. 470), la
condizione di...uccidere una persona.
Doc. La condizione di non sposarsi, di prendere una determinata laurea (a meno che
essa sia giustificata dalla necessit di salvaguardare particolari interessi che la Societ
ritiene meritevoli di tutela, come nellesempio prima fatto), di non iscriversi a un dato
partito, di avere o meno figli e, in genere, tutte le condizioni che hanno il risultato di
comprimere la libera manifestazione della personalit dellerede (o legatario).
Disc. Ancora uno sforzo: d una condizione da ritenersi contraria al buon costume.
Doc. Non facile in una societ permissiva come la nostra trovarne una: si pu
pensare alla condizione di permettere ai figli luso della droga (io ti nomino erede se
tu non ti opporrai che i tuoi figli facciano libero uso della droga).
Disc. Dallarticolo riportato quindi risulta che la condizione impossibile o illecita non
rende nulla la disposizione testamentaria (a meno che il suo avveramento o non-
avveramento costituisca lunico motivo che ha determinato il testatore a disporre).
Doc. S, cos, larticolo 634 riprende la Regula sabiniana secondo cui, di norma, le
condizioni impossibili o illecite vitiantur sed non vitiant.
Disc. Per per i contratti vale la regola contraria: le condizioni illecite e le condizioni
impossibili (queste salvo che siano risolutive) per lart.1354 vitiantur et vitiant. Come
si spiega questa differenza di disciplina?
Doc. Si spiega con il principio del favor testamenti. Principio il quale a sua volta si
spiega con limpossibilit in cui si trova il testatore di ripetere la disposizione
(senza la condizione viziante). In buona sostanza, se dubbio che Rossi e Bianchi
avrebbero stipulato il contratto in mancanza della condizione illecita, giusto
risolvere tale dubbio nel senso della nullit del contratto: nellinterpretazione della
volont delle parti si sbagliato? si sarebbe dovuto ritenere che queste avrebbero
stipulato il contratto anche in difetto della condizione viziata (caso in cui, secondo
linterpretazione restrittiva ma migliore dellart. 1354, il contratto avrebbe dovuto
ritenersi perfettamente valido)? pazienza, in definitiva Rossi e Bianchi hanno pur
sempre la possibilit di rinnovare la stipula, naturalmente senza pi apporre la
condizione viziata. Questa possibilit invece manca al testatore; e questo rende
preferibile risolvere il dubbio de quo nel senso che il testatore, dovendo scegliere,
avrebbe scelto di ripetere la disposizione testamentaria ancorch priva della
condizione.
Doc. La seconda differenza questa: nel caso di obbligo imposto nella forma
dellonere, per il suo adempimento, come recita larticolo 648, pu agire qualsiasi
interessato (lerede Marco non adempie lonere di restaurare la cappella? Il parroco
pu fargli causa per costringerlo ad adempiere); nel caso, invece, di obbligo imposto
sotto forma di condizione, pu far valere il suo inadempimento, solo chi
subentrerebbe allerede o al legatario in caso di mancato avveramento della
condizione sospensiva o di avveramento di quella risolutiva (quindi, se si tratta di
legato,lonerato, se si tratta di istituzione a erede, la persona a cui favore stata
disposta la sostituzione, il coerede quando tra esso e lerede condizionale vi
diritto di accrescimento, il presunto erede legittimo - vedi melius lart. 642 che
contempla una situazione analoga).
Doc. E pensi il giusto. Infatti larticolo 647 - dopo aver premesso nel suo primo
comma che Tanto allistituzione di erede quanto al legato pu essere apposto un
onere - nel suo terzo comma recita: Lonere impossibile o illecito si considera non
apposto; rende tuttavia nulla la disposizione, se ne ha costituito il solo motivo
determinante.
Disc. Tu hai detto che per ladempimento dellonere pu agire qualsiasi interessato.
Ora in certe ipotesi facile individuare la persona interessata alladempimento
dellonere: Fulano impone allerede lonere di pagare ogni mese tot a Fabio: chiaro
che Fabio linteressato alladempimento dellonere. Ma in altre ipotesi,
lindividuazione dello interessato mi pare tuttaltro che facile; io penso al caso in
cui il testatore abbia imposto di distribuire centomila euro tra i poveri della citt:
come si fanno a individuare tutti i poveri della citt per dividere poi tra di loro i
centomila euro?
Vi sono poi ipotesi in cui non si pu dire che viva un interessato alladempimento
dellonere: penso al caso che il testatore abbia imposto di far dire messe per la
salvezza della sua anima ( chiaro che lunico interessato alladempimento di questo
onere lui che per...non pi in vita). In altre ipotesi ancora linteressato sarebbe
anche facilmente individuabile (penso al caso in cui lonere consiste nel pagamento
di una somma al vincitore di un premio), per, data la piccolezza della posta in gioco
si tratta di un interessato che.. ..non avrebbe interesse a sostenere le spese necessarie
per costringere alladempimento dellonere.
Insomma a me pare che in molte ipotesi lonere imposto dal testatore sia destinato a
restare inadempiuto.
Doc. Proprio in considerazione di quel che tu hai ora detto nel codice previsto che il
testatore nomini un esecutore testamentario (art. 700); cio una persona col compito
di curare che siano esattamente eseguite le disposizioni di ultima volont del
defunto.
Disc. Ma lesecutore testamentario ha solo il compito di curare che gli oneri imposti
dal testatore siano adempiuti?
Doc. Lampiezza dei compiti del curatore dipende in definitiva dalla volont del
testatore e quindi potrebbe ridursi effettivamente al compito di agire per lesatto
adempimento degli oneri imposti (o anche di un solo onere, vedi il terzo comma
dellart. 629, vedi anche lart. 630). Per i compiti del curatore possono essere ben
pi ampi; come ti risulter dalla lettura degli artt. 700 e seguenti (che ti invito a fare)
e in pratica effettivamente pi ampi di solito sono.
Doc. Te lo dice il primo comma dellarticolo 587, che recita: Il testamento un atto
revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo per cui avr cessato di vivere, di
tutte le proprie sostanze o di parte di esse.
Disc. Quindi non potrebbe considerarsi un testamento latto con cui Fulano si
limitasse: a disporre per la sua salma (voglio essere cremato); a dare istruzioni ai figli
sul come comportarsi (voglio che Giuseppe prenda la laurea).
Doc. No, un tale atto non potrebbe considerarsi un testamento: il legislatore non d
tutela e rilevanza alle ultime volont di chi non si cura di disporre dei suoi beni (o di
chi non dispone dei suoi beni per la semplicissima ragione che non ne ha).
Ci non significa per che nel testamento non possano essere inserite anche
disposizioni di carattere non patrimoniale (ad esempio, un riconoscimento di
paternit). Questo, direi, anche quando linserimento di tali disposizioni non sia
consentito da unespressa disposizione di legge (anche se so che, dicendo questo,
vengo ad operare uninterpretazione restrittiva del secondo comma dellarticolo 587,
la cui lettera farebbe pensare il contrario infatti, tale comma suona Le disposizioni
di carattere non patrimoniale, che la legge consente siano contenute in un testamento,
hanno efficacia, se contenute in un atto che ha la forma del testamento, anche se
manchino disposizioni di carattere patrimoniale).
Doc. Sul punto ti risponde il primo comma dellart. 591, che recita: Possono
disporre per testamento tutti coloro che non sono dichiarati incapaci dalla legge.
Disc. Ma chi sono quelli che la legge dihciara incapaci (a far testamento)?
Doc. Ti risulta dal secondo comma dello stesso articolo; che ne fa un elenco che,
bada, deve considerarsi tassativo; cio tu non puoi per analogia dedurre lincapacit
di chi non risulti, in tale elenco, rientrante.
Precisamente il secondo comma in discorso recita:
Sono incapaci di testare. 1) coloro che non hanno compiuto la maggiore et; 2) gli
interdetti per infermit di mente; 3) quelli che, sebbene non interdetti, si provi essere
stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere o di volere nel
momento in cui fecero testamento.
Disc. Quindi un giovane con il cervello sprizzante idee, sol perch non ha diciotto
anni, non pu fare testamento, mentre lo pu fare un vecchio rimbambito: mi pare
assurdo.
Doc. S, una persona anziana, anche se con let ha subito un decadimento delle sue
facolt intellettive e volitive, pu testare (a meno che tale decadimento non arrivi a
una vera incapacit di intendere e di volere): non si pu togliere alle persone anziane,
quellarma, diciamo pure di ricatto, che per loro la facolt di fare (e revocare) un
testamento (se tu, Marco, non mi assisti, come erede nomino Giulio).
Doc. Non lo dimostra con quella chiarezza che il legislatore pretende per dare
rilevanza a una volont testamentaria. Noi vedremo subito che il legislatore, con varie
norme del codice, non riconosce validit a tutte le dichiarazioni di una volont
testamentaria, ma solo a quelle che sono rivestite da quelle forme che garantiscono la
loro autenticit: ammettere una conferma tacita di un testamento invalido
costituirebbe una inammissibile deroga a tali norme.
Doc. S, una persona, ancorch inabilitata per prodigalit (e come tale riconosciuta
incapace di bene disporre del suo patrimonio), pu fare testamento.
Doc. Non da chiunque, ma, quello, s, da una nutrita serie di persone: infatti il terzo
comma dellarticolo 591 in esame, recita: Nei casi dincapacit preveduti dal
presente articolo il testamento pu essere impugnato da chiunque vi abbia interesse.
E le persone che hanno interesse a impugnare un testamento possono essere
numerosissime, dato che in esse rientrano, non solo che sarebbero chiamati alleredit
in caso di annullamento del testamento, ma anche i legatari e i beneficiati da un
onere.
Doc. No, perch ci contrasterebbe con lesigenza di dare certezza alla destinazione
del patrimonio ereditario (forse che non interesse della Societ che questo
patrimonio venga validamente amministrato? forse che, chi evocato alleredit da
un testamento su cui pende la spada di Damocle di un annullamento, sarebbe portato
a impegnarsi seriamente nella sua amministrazione? forse che egli troverebbe gli
acquirenti di quegli immobili di cui unoculata amministrazione reclama la
vendita?! ). Ci spiega perch lultima parte del comma terzo, a cui prima ci siamo
riferiti, reciti: Lazione (per impugnare il testamento) si prescrive nel termine di
cinque anni dal giorno in cui stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie.
Disc. Non sarebbe pi logico far decorrere il termine dallapertura della successione?
Doc. No, perch il termine opportuno che decorra se non dal momento in cui gli
interessati allimpugnazione sono venuti a conoscenza (non della morte del de cuius,
ma) del testamento almeno da un momento in cui lesistenza del testamento viene
rivelata inequivocabilmente al pubblico.
Disc. Chi vuole fare testamento incontra gli stessi limiti di forma che incontrerebbe,
per gli artt. 1350 seguenti, se dovesse fare un contratto: libero di disporre dei suoi
beni mobili anche oralmente, vincolato alla forma scritta solo se dispone di beni
immobili?
Doc. No, anche se il patrimonio di cui vuole disporre di poche migliaia di euro (i
mobili della cucina, lorologio dargento che porta al polso....), il testatore deve
esprimere la sua volont uniformandosi a precise formalit.
Disc. Quali?
Doc. Il legislatore, negli articoli 601 e segg., contempla vari tipi di testamento,
stabilendo per ciascuno di essi le forme con cui va redatto: ebbene chi vuole fare
testamento deve adottare uno di tali testamenti e le relative sue forme.
Disc. Allora ti domando, quali testamenti prevede, il legislatore, negli artt. 601 e
segg.?
Doc. I requisiti di forma del testamento olografo, sono individuati dallarticolo 602:
nella autografia, nellapposizione della data e nella sottoscrizione.
Doc. Comporta che il testamento: A) deve essere redatto personalmente dal testatore
(egli non potrebbe delegare un terzo a scriverlo); B) deve essere redatto dal testatore
di proprio pugno (quindi il testatore non potrebbe servirsi per scriverlo di un mezzo
meccanico come il computer); C) deve essere redatto dal testatore utilizzando la
propria calligrafia abituale (quindi, non sarebbe ammissibile una scrittura a
stampatello).
Doc. In qualsiasi luogo della scheda, purch sia chiaro che si riferisce al momento in
cui il testamento fu redatto. Invece la sottoscrizione (che pu essere fatta anche
utilizzando elementi diversi dal nome e cognome) deve chiudere la parte dispositiva
del testamento.
Disc. Linosservanza delle forme prescritte per i vari tipi di testamento sopra
menzionati viene sanzionata dal legislatore?
Doc. S; e, alcune colte, con la nullit, altre, con la annullabilit. Come ti risulta
dallart. 606, che recita: Il testamento nullo quando manca lautografia o la
sottoscrizione nel caso di testamento olografo, ovvero manca la redazione per iscritto,
da parte del notaio, delle dichiarazioni del testatore o la sottoscrizione delluno o
dellaltro, nel caso di testamento per atto di notaio.- Per ogni altro difetto di forma il
testamento pu essere annullato su istanza di chiunque vi ha interesse. Lazione di
annullamento si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui stata data
esecuzione alle disposizioni testamentarie.
Doc. La mancanza della data. Ed logico che la mancanza della data non determini
automaticamente la nullit del testamento. Infatti essa viene richiesta solo in vista di
certe particolari situazioni (metti, quando si deve stabilire lanteriorit tra due diversi
testamenti oppure c il dubbio che il testamento sia stato redatto nella minore et del
testatore....); pertanto, quando tali particolari situazioni difettano (non esiste nessun
altro testamento, il testatore dispone a favore dei nipoti, chiaramente quindi in et
maggiore...) sarebbe assurdo far derivare la nullit del testamento dalla sua
mancanza.
Disc. Quali sono le esigenze che il legislatore vuole soddisfare gravando il testatore
di tante formalit?
Disc. Il legislatore non ritiene una esigenza meritevole di essere soddisfatta, quella di
sollecitare a una particolare seriet e approfondimento, chi vuole compiere un atto
cos importante come il testamento?
Doc. No, di tale esigenza non si preoccupa (se se ne preoccupasse non ammetterebbe
il testamento olografo!).
Disc. Le formalit, imposte dal legislatore a chi vuole testare, saranno senzaltro
opportune, ma ci sono situazioni in cui una persona potrebbe trovare impossibile o
molto difficile adottarle (e penso qui soprattutto alle formalit connesse ai testamenti
per atto di notaio), ancorch tali situazioni siano tali da farle temere per la sua vita.
Doc. Il legislatore si fa carico delle situazioni a cui tu ti riferisci e per esse prevede
tipi di testamento, che contemplano, s, delle forme, ma delle forme molto pi
semplificate rispetto a quelle imposte per il testamento per atto del notaio. Si tratta
dei testamenti speciali, a cui prima ho fatto cenno e la cui disciplina tu potrai
apprendere leggendo gli articoli 609 e segg.
Disc. I coeredi, una volta apertasi la successione, si trovano ad avere in comune i beni
che formavano il patrimonio del de cuius: a quali norme debbono uniformarsi
nellamministrazione di tale comune patrimonio.
Doc. Alle norme che disciplinano la comunione ordinaria: artt. 1100 e segg.
Bada, per, che non vero che sempre apertasi la successione i coeredi si trovino in
una situazione di comunione: se il de cuius nel suo testamento ha diviso tutti i beni
del suo patrimonio, attribuendo, metti limmobile B, a Caio, limmobile C a
Sempronio e cos via, i beni cos assegnati passano recta via nel patrimonio degli
eredi senza che si determini tra di loro nessuna comunione.
Disc. Ma mettiamo che non sia cos, mettiamo che una comunione ereditaria si
determini: se a tale comunione si applicano le norme sulla comunione ordinaria, ci
significa che ad essa si applica anche larticolo 1108, che richiede delle maggioranze
qualificate (ben difficili a raggiungersi) per gli atti di straordinaria amministrazione e
addirittura il consenso di tutti i partecipanti alla comunione per gli atti di alienazione
o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni superiori a nove
anni: ora a me pare assurdo che per vendere i...mobili della cucina (lasciati dal de
cuius) si richieda lunanimit dei coeredi. Regole cos severe chiaramente non
permettono una veramente proficua utilizzazione del patrimonio comune; tanto pi
che non sar facile, il pi delle volte, mettere daccordo sulladozione di un atto di
amministrazione persone tra cui il dialogo presumibilmente difficile, specie quando
nessun legame familiare hanno tra di loro.
Disc. Ma allora prima che intervenga la divisione non si pu vendere nessun bene
dellasse ereditario?
Doc. No, si pu vendere, ma con alcuni limiti e cautele posti a tutela degli eventuali
coeredi dissenzienti e dei creditori e legatari.
Disc. Cosa centrano i creditori e i legatari?
Doc. Centrano perch essi verrebbero lesi nei loro interessi se un bene che vale cento
venisse venduto a sottoprezzo e pertanto sostituito da solo cinquanta nel patrimonio
ereditario (per cui essi solo su cinquanta e non pi su cento potrebbero soddisfare il
loro diritto).
Disc. E allora?
Doc. Allora, a meno che il bene sia messo allincanto cosa che (in teoria!)
garantisce i creditori e i legatari che non verr venduto sottoprezzo, il legislatore
concede loro di opporsi alla vendita, anche, bada, se questa voluta da tutti i
partecipi della comunione ereditaria, da tutti i coeredi. E questa senza dubbio una
deroga allart. 11O8, ma una deroga che si argomenta facilmente dallarticolo 719
(anche se questo, come vedremo subito, di per s si riferisce solo alle vendite dei beni
ereditari fatte al fine di pagare i debiti e i pesi ereditari).
Disc.Con ci hai detto delle cautele a favore dei creditori e legatari, d ora dei limiti e
delle cautele poste a tutela dei coereid dissensienti:
Doc. Tali limiti e cautele comportano che la vendita di un bene rientrante nellasse
ereditario si possa fare solo se: 1) deliberata dai coeredi le cui quote corrispondono
almeno al 51% dellasse ereditario; 2) avviene al fine di pagare idebiti e epsi
ereditari; 3) avvenga allincanto, 4) riguardi beni immobili solo se mancano beni
mobili; 5) tra i beni immobili riguardi in primis quelli la cui alienazione erchi minor
pergiudiizo agli interessi dei condividenti.
Tutto ci riuslta dallart. 719, che ercita. Se i coeredi aventi diritto a pi della met
dellasse concordano nella neecssit della vendita per il pagamento deo debiti e pesi
ereditari, si procede alla vendita dei beni mobili e, se occorre, di quei beni immobili
la cui alienazione rechi minor pregiuidizo agli interessi dei condividenti.- Quando
concorre il consenso di tutte le parti, la vendita, la vendita pu seguire tra i soli
condividenti e senza pubblicit, salvo che vi sia opposizione dei legatari o dei
creditori.
Disc. Dallultimo comma sembrerebbe che la evndita a trattativa privata possa farsi
solo a favore dei condividenti; e non di terzi, e non capicso il perch.
Doc. E in realt non c nulla da acpire: nonostante la contorta formula legislativa
pacifico che i coeredi possono vendere se concordi anche a un terzo: ovvio che la
volont concorde di tutti i proprietari di un bene non incontra altri limiti che quelli
dettati dalla tutela dei creditori e legatari.
Disc. Resta il fatto che, nonostante la deroga dellarticolo 719, i limiti posti,
allamministrazione dei beni ereditari, dallart. 118 costringono a una
sottoutilizzazione di questi beni con danno delleconomia.
Doc. Ed per questo che il legislatore ispira le sue norme a un deciso favor
divisionis: lo scioglimento della comunione va favorito al massimo, ben inteso una
volta che siano individuati con certezza i coeredi; dato che una divisione a cui non
partecipino tutti i coeredi sarebbe annullabile e, certo, il legislatore non pu favorire
una divisione che a rischio di essere annullata! (Per casi in cui i coeredi non
possono dirsi individuati con sicurezza - caso in cui il vocatus non ancora nato ma
solo concepito, caso in cui pende ancora il giudizio per laccertamento dello status di
figlio naturale del vocatus....- vedi l art. 715).
Disc. Volendo sciogliere la comunione occorre attribuire ai coeredi i vari beni che
compongono lasse ereditario: con che criterio si opera tale attribuzione?
Doc. Col criterio di ottenere alla fine di questa la seguente equazione: valore dei beni
attribuiti a ciascun coerede: al valore complessivo dei beni costituenti lasse
ereditario = la quota di beni spettanti a ciascun coerede: alla totalit dellasse. Ad
esempio se Fulano ha diritto alla quota di un terzo e il valore complessivo dei beni
costituenti lasse ereditario 90, a Fulano vanno attribuiti beni per il valore di un
terzo di 90 = 30. Questo come regola generale, salvo quanto diremo nella prossima
lezione a proposito delle imputazioni e dei prelevamenti di cui fanno parola gli
articoli 724 e 725.
Disc. Quindi, per procedere alla divisione, si deve compiere una valutazione dei beni.
Senonch questa, essendo operata da un essere umano, pu ben essere falsata da
errore incolpevole o addirittura doloso: per rifarci allesempio precedente: a Fulano, a
cui vanno attribuiti beni per un valore di 30, possono venire attribuiti i beni A e B il
cui valore, affermato pari a trenta, in realt pari solo a 20. Come si pu pensare di
ridurre al massimo tale possibilit di errore?
Doc. Prima di tutto, e ovviamente, incaricando della stima dei beni un tecnico
competente.
Doc. No. Larticolo 726 impone, s, di procedere alla stima dei beni, ma non dice da
chi va effettuata. E non lo dice perch rientra nelle cose ovvie che, quando i beni
hanno una certa rilevanza economica, alla loro stima provveda un tecnico.
Disc. Penso che la nomina di un tecnico non sia lunico espediente per evitare errori
nella stima dei beni ereditari.
Doc. Chiaro che no: un altro espediente per evitare errori nella stima dei beni e
veramente radicale consiste......nellevitare la loro stima.
Doc. Proprio per evitare queste complicazioni e soprattutto la possibilit di errore che
si annida in ogni stima, lart. 727, come prima ho accennato, dispone che i beni
ereditari,, salvo il caso in cui essi o alcuni di essi non siano ripartibili (per legge o per
loro natura sul punto vedi gli artt. 720 e 722), vadano attribuiti in modo che a
ciascuno erede ne tocchi una parte; pi precisamente larticolo 727 recita: Salvo
quanto disposto dagli artt. 720 e 722, le porzioni devono essere formate, previa stima
dei beni, comprendendo una quantit di mobili immobili e crediti di eguale natura e
qualit in proporzione dellentit di ciascuna quota.
E larticolo 718 - facendo evidente, anche se implicito, riferimento a quella species di
bene che il denaro e al caso che nellasse ereditario siano compresi, oltre a questo,
altri beni esprime in buona sostanza lo stesso concetto dellarticolo 727 (tanto da
potersi ritenere superfluo); infatti recita: Ciascun coerede pu chiedere la sua parte
in natura dei beni mobili e immobili delleredit, salve le disposizioni degli articoli
seguenti.
Disc. Quindi se gli eredi sono due: Caio I e Caio II e lasse formato da sei quintali
di grano e seicento euro; anche se ogni quintale di grano stato stimato del valore di
cento euro, il giudice non potrebbe attribuire tutto il grano a Caio I e tutti i soldi a
Caio II. Tanto meno il giudice, nel caso che lasse fosse composto solo da grano,
potrebbe dare a Caio I tutto il grano e attribuire a Caio II solo il diritto ad avere in
denaro la met di quanto vale il grano (nellesempio 300). Ho detto bene?
Disc. Larticolo 718, alla sua fine, fa salve le disposizioni degli articoli seguenti. A
che disposizioni si riferisce?
Doc. Io ritengo che per bene non comodamente divisibile debba intendersi un bene
che, anche se di poco e addirittura di pochissimo, si deprezza con la divisione e
ritengo altres che, la soluzione adottata dallart. 720 con riferimento ai beni immobili
(attribuzione, in caso di incomoda indivisibilit, del bene a un coerede - vedi
melius la seconda parte dellarticolo in oggetto), vada estesa a qualsiasi bene, mobile
o immobile che sia.
Disc. Approfondiamo il caso che nellasse ereditario vi siano beni non omogenei,
quindi da sottoporre a stima: il legislatore non adotta nessun accorgimento per evitare
che lo stimatore dolosamente valuti in modo errato tali beni?
Doc. Certo che laddotta. E laccorgimento questo (vedi larticolo 729): far s che
chi deve far le porzioni (di beni ereditari) da distribuire, non sappia a quale erede
andr attribuita ciascuna di esse. Metti che gli eredi siano tre e nellasse vi siano: tre
quadri, tre campi e del denaro; in tal caso lo estimatore si limiter a formare tre
porzioni (in ciascuna di esse inserendo, un campo, un quadro e del denaro come
vuole lart. 727- e operando se necessario dei conguagli col denaro come vuole
lart.728). Una volta che lestimatore avr fatto questo, le porzioni verranno
assegnate, non da lui e in genere non in base al dictum di una persona, ma in base a
sorteggio.
Doc. Non solo in tal caso. In realt la tecnica del sorteggio adottabile anche, per
usare le parole dellarticolo 729, rispetto a beni costituenti frazioni uguali di quote
disuguali. Ad esempio gli eredi sono solo due, Caio I e Caio II, e nellasse vi sono
tre campi, A,B,C di uguale valore: in tal caso si comincer ad attribuire un campo ad
un lotto (alias, a una porzione), poi laltro lotto si former con quellaltro campo
che sar (tra i due residui) sorteggiato allo scopo; a questo punto si proceder
allattribuzione mediante sorteggio dei due lotti.
Doc.Col criterio del prezzo che si realizzerebbe con la vendita del bene (nel mercato
del luogo in cui si aperta la successione). Pi precisamente larticolo 726 co.1
recita: Fatti i prelevamenti, si provvede alla stima di ci che rimane nella massa,
secondo il valore venale dei singoli oggetti.
Disc. Ma a me sembra che adottare il criterio del valore venale possa portare a
contraddire, almeno in certi casi, la volont della legge e del de cuius.. Fulano ha
attribuito met dei suoi beni a ciascuno dei due figli, Luigi e Pedro, perch ha voluto
assicurare a ciascuno di essi gli stessi vantaggi e le stesse utilit. Ora lattribuzione
dello stesso bene, pu procurare diversi vantaggi e diverse utilit a Pedro e a Luigi in
considerazione delle diverse esigenze e dei diversi interessi che possono avere: dare
un pianoforte a Ernesto che un amante della musica significa gratificarlo
moltissimo, darlo a Luigi che detesta la musica significa...dargli zero; per fare un
altro esempio, dare un campo situato a Napoli a Luigi, che abita a Napoli (e quindi
pu personalmente accudirlo e coltivarlo), significa dargli una utilit molto maggiore
di quella che si procurerebbe a Pedro, che abita a Buenos Aires., dandogli lo stesso e
identico campo. Ora, invece, il valore venale di un bene prescinde dalla
considerazione di queste diverse esigenze e utilit, per cui, se vi sono due campi di
eguale valoer venale a Napoli, si pu anche concludere con apparente logica che
dandone uno a Luigi e laltro a Pedro si realizzata una perfetta giustizia mentre
invece si fatta una perfetta ingiustizia.
Doc. Senza dubbio cos; ma, in una divisione giudiziale, non pu essere che cos,
perch non si pu gravare la nostra magistratura, gi tanto oberata di lavoro, del
carico di accertare le diverse esigenze di ciascun coerede, le diverse possibilit di
utilizzo che egli ha di quel dato bene, cosa che invece dovrebbe fare se si volesse
astrarre dal criterio del valore venale e riferirsi al vantaggio e allutilit reale, che
ciascun bene pu dare ai vari coeredi.
Tieni presente peraltro che il nostro diritto conosce un istituto, che d a una persona
avveduta e saggia la possibilit di distribuire i suoi beni ai suoi eredi tenendo conto
delle loro diverse esigenze: la cos detta divisione del testatore (art. 733), di cui ci
riserviamo di parlare pi approfonditamente..
Doc. Si tratta di tecniche divisorie miranti a offrire una particolare tutela a certi
crediti che i coeredi possono avere verso altri coeredi.
Doc. Consiste prima di tutto nel fatto che il coerede-debitore costretto ad adempiere
al suo debito prima che gli vengano attribuiti in singola propriet dei beni ereditari:
tu, Caio II, devi a Caio I cento? Prima dai quei cento, che devi, a Caio I e poi, e solo
poi, si proceder alla divisione vera e propria dei beni..
Doc. In buona sostanza consiste in una fictio: si finge che Caio II, il coerede debitore,
abbia ricevuto in sede di ripartizione dei beni ereditari, proprio quei beni di cui era
debitore: doveva 5000 euro? ebbene si finge che abbia ricevuti 5000 euro in sede di
ripartizione dei beni ereditari; era debitore di due sacchi di grano? ebbene si finge che
abbia ricevuti due sacchi di grano in sede di ripartizione dei beni ereditari.
Disc.,- Daccordo, porterebbe alla compensazione tra credito e debito. Questo per se
loggetto del debito e loggetto del credito fossero fungibili tra di loro. Come la
mettiamo per se lerede Caio II debitore di due sacchi di grano ma non ha diritto
ad avere due sacchi di grano dal coerede Caio I per la semplicissima ragione che
quattro sacchi di grano non esistono nellasse ereditario?
Doc. Semplice: nel caso si proceder come se Caio II avesse ricevuto (in sede di
divisione vera e propria dei beni) una res indivisibile del valore dei due sacchi di
grano dovuti; e in base a tale fictio si dar a Caio I a titolo di conguaglio la somma
equivalente: i due ascchi di grano hanno il valore di mille? a Caio I si riconosce il
diritto ad avere mille (o una res del valore di mille) in sede di divisione (come se
laltro coerede, il nostro amico Caio II, avesse ricevuto mille, mentre invece ha
ricevuto zero).
Disc. Quindi se Caio II fosse stato debitore di 300 verso il coerede Caio I perch solo
soletto egli (idest, Caio II) si era goduto il possesso di un bene ereditario, dovr
fingersi che egli abbia ricevuto beni per un ammontare di 300, e similmente se
sempre Caio II fosse stato debitore di 300 verso il de cuius, anche qui si dovrebbe
fingere che avesse ricevuti beni per 300.
Doc. Non proprio cos: giusto il tuo primo esempio, per errato il secondo, in
quanto non hai calcolato che met del debito, che Caio II aveva verso il de cuius, si
estinto per confusione: quindi, si finger nel secondo esempio che Caio II abbia presi
beni per solo 150 (300 150, la quota del debito estinta per confusione = 150).
Disc. Ho capito in che cosa consiste la tecnica delle imputazioni; ma, una volta
riequilibrate, adottando questa tecnica, le posizioni dei coeredi, Caio I e Caio II, che
bisogno c di concedere al coerede-creditore, a Caio I, di procedere a dei
prelevamenti? In sede di divisione si sa che si deve fingere che a CaioII sia stato
dato tot, per cui i beni ereditari non si debbono pi ripartire dando il 50% a Caio I e
laltro 50% a Caio II (mi metto qui per semplicit nellipotesi che le quote dei due
coeredi, di Caio I e di Caio II, siano eguali), ma si deve dare a Caio I, lerede-
creditore, il 50 % pi tot e.....giustizia fatta. Insomma non capisco che funzione
abbiano i prelevamenti di cui parla larticolo 725?
Doc. Te lo spiegher subito; ma prima chiariamoci bene le idee su che cosa sono
questi prelevamenti leggendoci larticolo 725, che recita: Se i beni donati non sono
conferiti in natura o se vi sono debiti da imputare alla quota di un erede a norma del
secondo comma dellarticolo precedente, gli altri eredi prelevano dalla massa
ereditaria beni in proporzione delle loro rispettive quote I prelevamenti, per quanto
possibile si formano con oggetti della stessa natura e qualit di quelli che non sono
stati conferiti in natura.
Disc. Bene, letto larticolo lo abbiamo letto, spiegami ora qual la funzione dei
prelevamenti di cui parla.
Doc. I prelevamenti, di cui parla larticolo 725, hanno la funzione di dare unulteriore
tutela allerede-creditore. Per renderti conto di ci, pensa al caso che oggetto del
debito a carico di Caio II fossero due sacchi di grano e che nellasse ereditario
esistano solo due altri sacchi di grano. Se larticolo 727 non esistesse e quindi non
esistesse la possibilit di effettuare i prelevamenti, si potrebbe pensare che, una volta
fatta quella operazione contabile che in definitiva la imputazione e una volta che
si fosse passati alla fase dellapporzionamento (di cui abbiamo parlato nella
precedente lezione), si dovrebbe applicare larticolo 727 e quindi dare un sacco di
grano a Caio I e un sacco di grano a Caio II (che di conseguenza, calcolando i due
sacchi di grano prima ricevuti, verrebbe ad avere tre sacchi di grano). Col sistema del
prelevamento ci non accade: infatti, prima che allapporzionamento si arrivi, Caio I
avr prelevati e tenuti tutti per s i due sacchi che sono nellasse.
Disc. Tu hai detto che la tecnica dei prelevamenti stata pensata dal legislatore a
tutela dellerede che creditore verso unaltro coerede. Ci significa che se Caio I,
vanta un credito di mille verso Caio II a titolo di risarcimento per i danni conseguenti
a un incidente stradale, anche tale credito di Caio I gode della tutela di cui sopra
abbiamo parlato (con la conesguenza che il relativo debito deve essere imputato alla
quota di Caio I I ecc. ecc.)?
Doc. Perch, riservare a un credito la tutela di cui abbiamo sopra parlato, significa
una (nociva!) battuta darresto nel processo divisorio, qualora lesistenza di tale
credito fosse contestata; e pi sono i crediti a cui si estende tale tutela, e pi la
possibilit di tali battute di arresto.
Quindi il legislatore, che vuole sgombrare il pi possibile da ostacoli liter del
processo divisorio, limita la tutela de qua solo: 1) ai crediti (verso un erede) che erano
del de cuius (e che poi sono stati trasmessi agli eredi); 2) ai crediti che nascono in
dipendenza dei rapporti di comunione; 3) ai crediti che nascono verso quegli coeredi
che preferiscono non versare il bene ricevuto in donazione nel patrimonio ereditario
vedi artt. 746 e 750).
Doc. Questo il legislatore lo sa bene e pertanto nellarticolo 723 stabilisce che dopo
la vendita, se ha avuto luogo, dei mobili o degli immobili si procede ai conti che i
condividenti si devono rendere, alla formazione dello stato attivo e passivo
delleredit e alla determinazione delle porzioni ereditarie e dei conguagli o rimborsi
che si devono tra loro i condividenti.
Libro Sesto
1. La donazione
(N.B. Le note sono poste a fine titolo)
Lart. 769 definisce la donazione come il contratto col quale, per spirito di
liberalit, una parte arricchisce laltra, disponendo a favore di questa di un suo diritto
o assumendo verso la stessa unobbligazione.
Il punto che, oscuro, rende oscura tutta questa definizione dato dallespressione
per spirito di liberalit. Che significa questa espressione? essa sinonimo di
gratuit? Proprio non sembrerebbe: se A, per liberare il suo magazzino dai sacchi di
patate che lo ingombrano, dice a B Vuoi questi sacchi, gratis et amore Dei,
compreso il loro trasporto? e B accetta, certo A viene con ci a stipulare con B un
contratto a titolo gratuito, per tale contratto proprio non sembrerebbe fatto con
spirito di liberalit! e allora?! Allora va detto che spirito di liberalit =
spontaneit (e con tale domanda... . si torna al punto di partenza! (1).
Noi riteniamo che tali difficolt interpretative nascano dallerrore di voler cogliere il
significato di un concetto (quello di donazione), a prescindere dalle norme che, di tale
concetto, (non danno semplicemente la definizione, ma) fanno lapplicazione (2).
Per questo noi passeremo subito allesame delle (principali) disposizioni (del codice),
che utilizzano il concetto di donazione per stabilire certi oneri, obblighi, diritti.
Dovendo sintetizzare, si pu dire che da tali norme risulta che se una persona, A,
vita natural durante, ha intaccato la quota che il legislatore vuole riservare <<ai
legittimari>> (art. 536) con una compravendita rovinosa e cervellotica (o con un
qualsiasi altro rovinoso e cervellotico contratto: di locazione, di societ, di
appalto..), ebbene, pazienza: il legittimario non potr revocare tale compravendita
(o tale locazione, ecc.) e dovr subirne i nefasti effetti; mentre se tale <<quota di
riserva>> egli ha intaccato con un contratto di <<donazione>>, questo pu (a certe
condizioni) essere revocato.
Da qui limportanza di stabilire quando ci si trovi di fronte a una donazione e
quando no. E per stabilire ci naturalmente bisogna risalire alla ratio della normativa.
Ebbene questa evidentemente dettata dalla preoccupazione di non tarpare le ali ad A
quando questi intende compiere un negozio, che mira allincremento e alla
conservazione del patrimonio (ci che invece accadrebbe se, chi contratta con lui,
avesse a temere che tale negozio potesse essere revocato se lesivo della legittima)
(20): solo quando tale preoccupazione non ha ragione di essere, perch il contratto
stipulando da A non mira alla conservazione e allincremento del patrimonio, il
legislatore (apposta su tale contratto letichetta di <<contratto di donazione>>) ne
ammette la revocabilit. Come si vede il significato che il termine <<donazione>> ha
ai fini degli artt. 536 ss. del tutto identico a quello che noi gli abbiamo attribuito in
sede di interpretazione dellart. 782.
A questo punto passiamo ad altre due norme (che attribuiscono rilevanza al
concetto di donazione).
Tali articoli prevedono entrambi la revoca della donazione, ma, naturalmente, per
motivi diversi: il primo in considerazione dellingratitudine dimostrata dal donatario,
il secondo in considerazione della sopravvenienza al donante di figli.
E inutile qui fare lunghi discorsi: chiara la ratio delle due norme ed anche
chiaro che, il significato del termine <<donazione>> che pi risponde e aderisce a
tale ratio, quello che noi gli abbiamo attribuito in sede di interpretazione dellart.
782: contratto di donazione quello con cui una parte arricchisce laltra ecc. ecc.
senza mirare allo scopo di incrementare o conservare il proprio patrimonio. La facile
controprova la otteniamo richiamando quellesempio, che allinizio abbiamo fatto, di
atto gratuito (per non animato da spirito di liberalit): A d a B la merce del suo
magazzino allunico fine di sbarazzarlo. Perch A dovrebbe aspettarsi da B
gratitudine per un atto che compie nel proprio interesse? Perch A dovrebbe avere la
possibilit di revocare latto in caso di sopravvenienza di figli? egli compiendo latto
ag per conservare e incrementare il proprio patrimonio e, quindi, a maggior ragione,
lo avrebbe compiuto se dei figli avesse avuto.
Il discorso fatto in commento degli artt. 782, 536 s., 801, 803 pu essere ripetuto
(mutatis mutandis) e per giungere agli stessi risultati (donazione = atto non compiuto
per incrementare o conservare il patrimonio ecc. ecc.) anche con gli artt. 775, 777
(21) e molti altri ancora, che lasciamo alla sagacia dello studioso di scoprire.
Ma vi possono essere anche norme per cui dubbio che la definizione (di
donazione) finora accolta si attanagli; cos come per esempio la norma di cui allart.
17.
Lart. 17 stabilisce che <<la persona giuridica non pu. accettare donazioni.
senza autorizzazione governativa>>.
Tale autorizzazione serve a garantire la societ contro il pericolo della c.d. <<mano
morta>>: la persona giuridica infatti tende, non a far circolare la ricchezza, ma a
trattenerla (cos come la mano di un morto trattiene gli oggetti agguantati nello
spasimo dellagonia). Ora tale pericolo non sembra presente quando la persona
giuridica, nel mentre riceve, d anche (come accade tipicamente in una
compravendita), per tale pericolo si attualizza quando la persona giuridica riceve
gratuitamente, e poco importa che riceva in forza di un atto ispirato a liberalit o no.
Ecco perch dubitiamo che la definizione di donazione, che abbiamo verificato
congrua, in sede dellinterpretazione degli articoli finora esaminati, tale ancora risulti
in sede di interpretazione dellart. 17.
2. Le obbligazioni naturali.
(N.B. Le note sono poste a fine titolo)
In deroga alla regola (stabilita nellart. 2033) che <<chi ha eseguito un pagamento
non dovuto ha diritto di ripetere ci che ha pagato>>, il legislatore prevede, in non
pochi articoli del codice, casi in cui, invece, chi ha pagato indebitamente non ha
diritto alla ripetizione (vedi ad esempio i casi previsti dagli articoli 1933, 590, 627). Il
pi importante di tali articoli (derogatori dellart. 2033) il 2034 che (intitolato
<<Obbligazioni naturali>>) recita (nel suo 1 co.) cos: <<Non ammessa la
ripetizione di quanto stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o
sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace>>.
Esempi di pagamenti irripetibili, perch effettuati in adempimento di
unobbligazione naturale, sono quelli di chi corrisponde, a persona con lui convivente
more uxorio, delle somme, (per il vitto, il vestiario, i medicinali) (22) o di chi paga
interessi superiori ai legali, ancorch non li abbia per iscritto pattuiti (23).
E evidente che, ci che viene corrisposto in adempimento di unobbligazione
naturale (o, ampliando il discorso, viene comunque corrisposto nullo iure cogente nei
vari altri casi in cui la ripetizione non ammessa) (24), viene corrisposto per spirito
di liberalit (25): chi paga un debito di gioco, chi paga lospedale al convivente
<<arricchisce>> altri (il giocatore avversario e fortunato, la convivente .) e basta:
non si propone per nulla lo scopo di un incremento o di una preservazione del proprio
patrimonio. Per cui il suo atto ha la funzione e la sostanza di una donazione, con la
differenza importante, per, che tale atto non soggiace alle regole formali (non
occorre in particolare che sia rivestito della forma pubblica) e materiali (non pu
essere revocato per ingratitudine, per sopravvenienza di figli .) che riguardano
questa (idest, la donazione). Quale la spiegazione di tale differente disciplina?
Ebbene non vi una spiegazione che (ci si perdoni il bisticcio di parole) spieghi tutte
le deroghe. Nel caso di deroga alla regola della revocabilit delle donazioni per
ingratitudine e sopravvenienza di figli, la spiegazione data dal fatto che, chi d in
adempimento di un dovere morale o sociale, non ha diritto a una particolare
gratitudine da parte del beneficiario (non fa che il suo dovere!) e neanche pu
pensarsi che al dare si sarebbe sottratto, se avesse avuto dei figli (forse che lavere dei
figli esime dalladempimento dei propri doveri!?).
Nel caso di deroga alle regole sulla forma, la spiegazione sta evidentemente nel
fatto che il vestimentum publicum della donazione mira a costringere a una decisione
meditata, ci che per non necessario in caso di adempimento di un dovere morale
o sociale (dato che la decisione di adempiere un tale dovere non va meditata ma presa
e subito attuata!).
Attenzione, per, ci che giustifica lesenzione di un atto (ancorch compiuto per
spirito di liberalit) dalle regole formali e materiali a cui sottostanno le donazioni (o,
se vogliamo esprimerci con altre parole, ci che fa s che un pagamento costituisca
adempimento di unobbligazione naturale e non contratto di donazione), non
lessere latto (il pagamento) risultato di un soggettivo impulso morale, ma, la cosa
ben diversa, il suo aderire a regole di morale e di costume condivise da tutta la
Comunit (26). E il perch di ci non difficile a cogliersi: sarebbe assurdo non
costringere a una salutare pausa di riflessione chi vuole <<arricchire>> altri mosso da
un soggettivo impulso morale (che potrebbe essere frutto di un temporaneo e
sproporzionato entusiasmo o addirittura cervellotico), mentre invece ragionevole
esentare dalla suddetta <<pausa di riflessione>>, chi compie un pagamento (non
giuridicamente dovuto, s, per) conforme a regole di condotta e di costume, che, per
essere seguite dalla media delle persone, si ha da presumere savie ed equilibrate (27).
Quanto ora detto ci da anche il discrimen tra <<adempimento di unobbligazione
naturale>> e donazione rimuneratoria: si ha adempimento di unobbligazione
naturale, quando latto conforme a radicate e largamente condivise regole di morale
o di costume; si ha invece donazione rimuneratoria quando latto frutto di un
soggettivo impulso morale o sociale (29).
Note.
(1) Cio si torna.. nelle nebbie. E infatti, se la spontaneit ravvisata nella mancanza di una
coazione giuridica (sulle orme della celebre definizione di Papiniano in D, 50, 17, 82 donare
videtur quod nulle jure cogente conceditur), va poi spiegato perch mai A, che stipula un contratto
di donazione, dovrebbe ritenersi libero da una coazione giuridica e B, che stipula un contratto di
compravendita, invece, no: forse che luno e laltro non sono entrambi liberi al momento di
stipulare, e divengono (entrambi!) vincolati dopo aver stipulato? Se, invece, la spontaneit
ravvisata nella mancanza di una coazione psicologica, va poi portato un esempio, uno solo! Di
persona che faccia una donazione libera da una coazione psicologica: sar ben difficile trovarlo
questo esempio: infatti tutti gli uomini agiscono sotto la spinta (alias, la coazione) di un motivo (se
no, se non avessero motivo per agire.. non agirebbero!) ed il donante a ci non pu certo fare
eccezione.
Comunque sia, lorientamento prevalente proprio quello qui criticato. ANTONIO PALAZZO
(Donazione, Digesto, VII, 1991, p.139): <<Spirito di liberalit significa che non basta
unattribuzione patrimoniale senza corrispettivo (arricchimento) ma occorre che questa sia
giustificata dallanimo liberale, dalla coscienza cio di conferire ad altri un vantaggio patrimoniale
senza esservi costretto (liberalitas nullo iure cogente in accipientem facta)>>. E per fare, tra le
tante, unaltra citazione (rappresentativa dellorientamento prevalente da noi criticato), ecco quel
che scrive VINCENZO RODOLFO CASULLI (Donazione dir. Civ., Enc. Dir., p. 968); <<La
nozione di liberalit racchiude in se lidea di libert, spontaneit, mancanza di qualsiasi coazione
(.). Latto necessitato non pu considerarsi in nessun caso come liberalit, anche se la necessitas
presenta tutta una gradazione che va dalla coazione fisica a quella esclusivamente morale, per cui
non pu considerarsi liberalit ladempimento dellobbligazione naturale>>.
Come tutti gli errori, anche quello che stiamo criticando, presenta una parte di verit; che nel
caso data dal fatto che <<chi da>>, mosso da un sentimento di amore, generosit, carit, sente
molto meno la sgradevole sofferenza (connessa alla privazione che si autoinfligge), di <<chi da>>,
mosso dalla ricerca (bruta, affannosa ) del pane quotidiano (e del suo companatico). Per cui
stabilita lequazione, schiavit (coazione) = sofferenza dove impercettibile la sofferenza, si
portati a negare la schiavit (la coazione).
Una volta ravvisato lelemento caratterizzante della donazione nella mancanza di coazione, viene
quasi naturale concludere per lirrilevanza dei motivi (e, quindi, per la non necessit di unindagine
sui motivi) che hanno impulsato alla donazione. Affermazione questa (evidentemente!) erronea, ma
che contiene pur essa una parte di verit: che questa: accertato che allarricchimento altrui
lagente non fu mosso dal motivo di incrementare o salvaguardare il proprio patrimonio (sulla
rilevanza di tale motivo diremo postea), non effettivamente necessario indagare quali motivi
(positivi) abbiano influito sullagente.
Spieghiamo meglio il nostro pensiero con un esempio semplice (ma proprio per questo pi
chiarificatore). Mettiamo che il legislatore dia di <<persona immatura>> la seguente definizione:<<
E immaturo chi non in grado di sopportare gli effetti negativi che certe azioni comportano>>. Di
fronte a tale definizione sarebbe legittimo (e anche irresolubile!) il dubbio dellinterprete: <<Ma il
legislatore ha voluto intendere immaturit mentale oppure immaturit fisica?>>. Tale dubbio per
sarebbe destinato a cadere appena che linterprete facesse riferimento non pi alla norma che d, del
concetto, le definizione, ma a quella che ne fa applicazione: questa suona <<Gli immaturi non sono
ammessi a guardare la televisione>>? chiaro che il concetto di immaturit attiene alla mente!
Questa (idest, la norma applicativa) invece suona <<Gli immaturi non possono bere alcolici>>? Se
cos, limmaturit va riferita al fisico!
(5) O, per essere pi precisi, con i contratti (<<con quali una parte arricchisce laltra ecc.>> e) a
cui il legislatore appone letichetta di <<donazione>>, per indicare che essi vanno fatti per atto
pubblico.
(6) E non solo, con la donazione si potrebbe anche realizzare uno scopo illecito: io ti dono 100
perch tu hai compiuto un atto terroristico. Mette in rilievo come la <<donazione pura>>,<<vestita
nella forma notarile>>, <<si pu prestare anche a realizzare motivi illeciti che possono rimanere per
sempre non scoperti>> - ANTONIO PA-LAZZO (Donazione, Digesto, cit., p. 148). Ha
approfondito il punto, H.MEAU-LADOUR (La donation dsguis en droit civil francais, Paris,
1985, 44ss.).
(7) O, per essere pi precisi, ci troviamo di fronte ad uno dei contratti che il legislatore,
denominandoli come <<contratti di donazione>>, vuole fatti per atto pubblico.
(8) Certo, i maggiori costi connessi alladozione della forma pubblica, peseranno sul patrimonio
di A; ma non tanto da metterlo in grande o anche piccola crisi: se il costo del contratto di donazione
troppo alto, A non ha che da rinunciarvi, sapendo che, rinunciandovi, non ci rimette nulla.
(9) Mettiamoci, invece, nel caso di A che vuole trasferire (gratuitamente) a B la propriet della
merce in magazzino per sbarazzarlo e accogliervi, metti, della merce pregiata, delle stoffe di seta.
Qui, s, che un costo eccessivo del contratto pu impedire ad A, rendendola antieconomica,
unoperazione che sarebbe utile allincremento del suo patrimonio (la stoffa rende pi che le
patate!). Qui, s che un ritardo pu determinare per lui un danno patrimoniale (pi tardi il contratto
con B si fa, pi tardi le stoffe vengono a sostituire le patate nel magazzino, pi tardi i maggiori utili
che la vendita delle stoffe assicura rispetto alla vendita delle patate, si realizzeranno).
(10) Vedi lart. 793 co. 1, che recita <<la donazione pu essere gravata da un onere>>.
(11) Purch la costruzione della scuola o della chiesa non comporti un vantaggio patrimoniale per
il donante.
(12) Quid iuris nel caso in cui il donatario riceva la propriet di due appartamenti e si limiti ad
assumere lonere di ristrutturare il terzo appartamento; cio nel caso in cui vi sia unevidente
sproporzione, tra ci che il donatario riceve, e, ci che egli da al donante (il donatario dal negozio
riceve unutilit di 100 e si assume un onere che attribuisce al donante solo lutilit 10)? A noi
sembra che in questi casi ci si trovi di fronte ad un contratto <<misto>>, ad un contratto, vale a dire,
che , per una parte, una donazione e, per unaltra parte, <<qualche altro negozio>> (tipico o atipico
- nella fattispecie esemplificata ci si troverebbe di fronte a una donazione + un contratto atipico
derivante dallincastro, per cos dire, di una vendita con un appalto). Lesempio pi chiaro e, per
cos dire, classico di tale monstrum giuridico dato dalla vendita di una res a prezzo ridotto (A
vende limmobile, che vale 100, per solo 20).
A quale disciplina assoggettare tale negozio? Sembrerebbe a prima vista che la parte
corrispondente alla donazione, per una sorta di vis attractiva dovrebbe rendere necessaria la forma
pubblica per tutto quanto il contratto: per non questa la soluzione che ci sembra la migliore:
meglio ci sembra considerare latto come uno degli <<atti di liberalit>> di cui allart. 800 e come
tale esentarlo dallonere di assumere la forma pubblica.
(13) Di cui allart. 770, che recita: <<E donazione anche la liberalit fatta per riconoscenza o in
considerazione dei meriti del donatario o per speciale rimunerazione. Non costituisce donazione la
liberalit che si suole fare in occasione di servizi resi o comunque in conformit agli usi>>.
(14) Il donatario ha realizzata unimportante scoperta scientifica.
(15) Per il quadro era stato pattuito 100, ma il pittore stato tanto bravo che il committente gli da
200.
(16) O rinunciando a un proprio diritto metti, di usufrutto, di servit sul fondo B, (c.d. rinuncia
abdicativa).
(17) Si pensi al c.d. contratto a favore di terzo: A stipula con C un contratto con cui C si obbliga a
costruire una casa per B (o trasportarlo in aereo da Buenos Aires a Roma).
(18) A tali atti la dottrina si riferisce anche con la denominazione di <<Donazioni indirette>>. E
poi pacifico che tali atti, anche se esonerati dalla forma solenne imposta al contratto di donazione,
<<debbano rivestire la forma prevista>> per <<latto da cui eventualmente risultano>> - cfr.
VINCENZO RODOLFO CASULLI (Donazione, cit., p. 974). Vedi anche FAVARA, La forma nelle
donazioni indirette, in Giur. Compl. Cass. Civ., 1955, 11, 61.
Il CASULLI (Donazione, cit., p. 989) ritiene che la donazione indiretta <<non costituisce sempre
un negozio, potendo anche identificarsi con un atto materiale, come la satio, plantatio, inaedificatio,
sul fondo altrui>>. La tesi opinabile.
(19) Certo, la spiegazione offerta nel testo calzante per i casi, in cui latto di liberalit coinvolge
un terzo (contratto a favore di terzo, cessione di credito, accollo,..), ma si deve ammettere che
non appagante per gli altri casi, ad esempio per una remissione di debito. Ma il difetto non sta
nella spiegazione offerta (altra migliore non ne vediamo), ma in una lacuna legislativa: il
Legislatore si dimenticato di operare un <<distinguo>>, che forse era opportuno (forse si e forse
no: in fondo tanti <<distinguo>> in una codificazione nuocciono: certe volte meglio rinunciare ad
eliminare degli elementi di illogicit, piuttosto che complicare spropositatamente il discorso
legislativo).
(20) E il legislatore si preoccupa di non menomare la capacit negoziale di A, non solo pensando
allinteresse di A, ma anche a quello dei suoi successori <<legittimari>; che, se A non potesse
amministrare liberamente il patrimonio familiare, rischierebbero di trovarsi con questo, non solo
non aumentato, ma addirittura diminuito.
(21) E infatti evidente che lart. 775 si discosta dallart. 428, nel non richiedere la prova del
<<grande pregiudizio>> subito dallincapace, perch tale pregiudizio da ritenersi in re ipsa per
atti compiuti senza scopo di conservare o incrementare il proprio patrimonio (idest, in pura perdita).
E evidente che del tutto logico impedire (come fa lart. 777) al padre e al tutore di compiere
atti che, non mirando alla conservazione e allincremento del patrimonio del minore e del pupillo,
sarebbero in pura perdita (mentre non ci sarebbe ragione di impedire un loro atto, s, gratuito, ma
che mira allincremento del patrimonio: il tutore <<regala>> delle vecchie cianfrusaglie al fine di
sbarazzare la cantina e poterla occupare con dei mobili di pregio, che si stanno deteriorando).
(22) Per provvedere insomma a tutte quelle necessit, a cui sarebbe tenuto a sopperire se legato al
convivente da valido matrimonio.
(23) Come vorrebbe lart. 1284, per dare validit giuridica alla pattuizione. Peraltro avanza dubbi
sulla fondatezza della giurisprudenza che vede nel pagamento di interessi extralegali
ladempimento di unobbligazione naturale: NIVARRA LUCA (Obbligazione naturale, Digesto,
XII, 1995, p.379).
(24) E il discorso va ampliato a tali casi, perch, a ben guardare, non vi una reale differenza tra
essi e i casi che, nel comma 1 art. 2034, vengono considerati come adempimento di obbligazioni
naturali.
Ritiene che occorra <<eguagliare i due commi dellart. 2034 c.c. e, per conseguenza, ricondurre
le species legislativamente definite, al genus delle obbligazioni naturali>> - NIVARRA
(Obbligazione naturale, Digesto, XII, cit., p. 387).
(25) Nel senso chiarito nel precedente paragrafo, cio nel senso che chi paga non si propone lo
scopo di incrementare o preservare il proprio patrimonio.
(26) Sul punto che <<soltanto i valori condivisi dalle generalit possono aspirare alla sanzione di
rilevanza implicita nellart. 2034, 1 co. c.c.>> vedi NIVARRA (Obbligazioni, cit. p. 379). In
giurisprudenza, Cass. 12 febbraio 1980, giur. It. I, 1, 1537.
Meriterebbe un approfondimento laffermazione di NIVARRA (Obbligazione, cit., p. 380), che
vanno esclusi, dal campo delle obbligazioni naturali, certi comportamenti <<di cortesia>> dettati
dal costume sociale (<<si pensi al dono che precede, accompagna o segue un invito a pranzo>>).
(27) Ma, si badi, un pagamento pu non rientrare nelladempimento di unobbligazione naturale,
sia quando non previsto e comandato n dalla morale n dal costume, sia quando <<eccessivo>>
rispetto al comportamento previsto dalla morale e dal costume: Caio che, salvato dalle acque, d al
suo salvatore una somma, proporzionata alle sue sostanze e al rischio corso dal suo soccorritore,
adempie unobbligazione naturale; Caio che d al suo salvatore lattico centralissimo che, non solo
vale una fortuna, ma che anche la sua unica fortuna, si colloca <<fuori della regola>> (sia pure
per un eccesso di generosit): non adempie unobbligazione naturale, ma compie un atto di
donazione.
Ci indubbio, solo c da domandarsi se, chi agisce dietro la spinta di un impulso, che rivela una
particolare sensibilit morale o una particolare generosit (nel compensare o nel retribuire), compia
una donazione rimuneratoria (per cui in caso di ingratitudine o di sopravvenienza di figli non potr
richiedere la revoca del donatium) o una pura e semplice donazione. E il dubbio sorge dal fatto che
mentre giusto non pretendere e non aspettarsi gratitudine (limitiamoci, per semplificare il nostro
discorso, allesame dellipotesi di uningratitudine del donatario) da chi ha ricevuto, s, una
ricompensa o una retribuzione non dovuta ma pur sempre proporzionata alle sue prestazioni
sarebbe invece ben giusto aspettarsi riconoscenza da chi ha ricevuto dalla generosit altrui molto
pi di quanto aveva meritato.
Ebbe a sostenere che i comportamenti dettati da sentimenti come la carit, la piet fuoriescono
dallambito dellart. 2034, IEMOLO (Cessione dellaspettativa che nasce dallobbligazione di
coscienza?, Rivista Diritto Civ., II, 1966, 431).
(28) La tesi che ha avuto pi fortuna in subjecta materia <<vuole stiamo esponendo questa tesi
con le parole di LUCA NAVARRA (Obbligazione naturale, cit. p. 373) il dovere di riconoscenza
di cui allart. 770, 1 co., c.c. identico nella struttura (.) ma meno intenso nei doveri morali e
sociali di cui allart. 2034 c.c.>>.
Altra tesi, meno fortunata ma sempre diffusa, pretende che <<i doveri morali e sociali dellart.
2034 stiamo sempre usando le parole di LUCA NAVARRA (Obbligazione, cit., p. 373)
avrebbero, al contrario del dovere di riconoscenza e degli altri, pi generici piet, carit, ecc.
che spingono o possono spingere al compimento di attribuzioni liberali un contenuto
patrimoniale>>.
Non manca infine chi trova il criterio per distinguere (la ratio distinguendi) tra obbligazione
naturale e donazione <<nella presenza o, specularmente, nellassenza dello spirito di liberalit>> -
cfr. sempre NIVARRA (Obbligazioni, cit., p. 374 n. 47).
(29) In questo secondo caso, come si detto, latto si riterr valido solo se a garantire, per cos
dire, che frutto di una decisione meditata, sta ladozione (per compierlo) della forma pubblica.
Per una volta che tale forma stata adottata (una volta che tale garanzia di seriet stata
offerta), il donante rimuneratorio si trova stessa identica posizione del pagante unobbligazione
naturale, rispetto alla eventuale irriconoscenza del beneficato e alla eventuale sopravvenienza di
figli: sia luno che laltro, in tale ipotesi, non potranno chiedere indietro quel che ebbero a dare.
Non dovrebbe essere indifferente per un creditore che lo Stato gli assicuri lesatto
adempimento dellobbligo assunto dal suo debitore oppure solo lesatto risarcimento
del suo inadempimento? A tutta prima questa domanda sembrerebbe meritare una
risposta positiva: infatti, come gi abbiamo visto in altra parte, il risarcimento, che il
nostro Legislatore assicura, tende a coprire tutti i danni conseguenti
allinadempimento: non solo il c.d. danno emergente (il debitore non venuto ad
aggiustare il tetto e, lacqua filtrata, ha rovinata la mobilia), ma anche il c.d. lucro
cessante (quei 100 milioni che, il creditore di 100 quintali di grano, si riprometteva di
lucrare dalla loro rivendita a maggior prezzo).
Lesperienza per dimostrala falsit di questa prima impressione: infatti il
risarcimento espone il creditore al rischio che alcuni danni non siano dal giudice (che
dovrebbe liquidarli) percepiti (come pu un giudice, che non abbia lanima
dellartista, rendersi conto della sofferenza estetica che, nellanimo del creditore,
invece sensibile al bello, provoca il casermone che il debitore ha costruito in spregio
al suo obbligo?!) o convenientemente apprezzati (quei 100 quintali di grano il
compratore avrebbe potuto rivenderli a 100, per c il rischio che un giudice, poco
pratico del mercato, ritenga che solo 900 poteva essere il prezzo che dalla loro
rivendita poteva spuntarsi).
Tutto questo spiega perch loptimum per un creditore sia lesecuzione in forma
specifica dellobbligo (il cui adempimento gli spetta): Caio si era obbligato a darmi
100 quintali di grano? ebbene, io, creditore, voglio mi siano dati proprio cento
quintali di grano
Sennonch lesecuzione specifica spesso non possibile: e in effetti o tale
esecuzione viene fatta ad opera del debitore, a ci convinto dalla minaccia di una
sanzione che pi del risarcimento del danno lo intimorisce (ma il comminare una
pena ad un debitore solo perch inadempiente, pare offendere la sensibilit di un
legislatore come il nostro), oppure tale esecuzione viene fatta pagando (naturalmente
con i soldi del debitore: io, Stato, esproprio e vendo alcuni beni del debitore e col
ricavato pago) terze persone che facciano, loro, quel che il debitore avrebbe dovuto
fare; ad esempio costruiscano quella casa, che il debitore si era impegnato a fare o
distruggono quel muro che il debitore si era impegnato a non costruire (ma non
sempre il <<fare>>, dovuto dal debitore, fungibile, cio pu essere espletato con
identici, positivi risultati da un terzo: Paganini si era obbligato a suonare alla mia
festa e ora si rifiuta, vai a trovare una persona che suoni come Paganini!).
E anche quando lesecuzione in forma specifica teoricamente possibile, essa non
sempre accettabile dal Legislatore; e questo per due buoni motivi.
Primo motivo: perch essa viene a ledere il principio della par condicio creditorum.
Cornelio creditore di 120 quintali di grano verso Caio; per egli non lunico
creditore di questi: vi Sempronio, che verso Caio pu vantare un credito si 10
milioni. Ora metti che il patrimonio del debitore Caio si riduca a solo proprio quei
120 quintali di grano (di cui Cornelio reclama la consegna) e che i crediti di Cornelio
e di Sempronio rappresentino rispettivamente un terzo e due terzi della massa
debitoria: la puntuale applicazione del principio della par condicio vorrebbe che
Cornelio si soddisfacesse solo su un terzo del patrimonio del debitore (id est, su soli
40 quintali di grano) e Sempronio si soddisfacesse sui residui due terzi (id est, su 80
quintali di grano): invece, lesecuzione specifica del credito di Cornelio, attribuirebbe
la totalit del patrimonio a Cornelio e lascerebbe Sempronio . a bocca asciutta.
Secondo motivo (che pu consigliare al Legislatore di soddisfare il credito leso
dallinadempimento solo con un risarcimento del danno, realizzato se del caso con
una espropriazione forzata): un contrasto tra lesecuzione in forma specifica del
diritto e gli interessi delleconomia nazionale. Lesempio pi evidente che di un tale
contrasto si pu portare quello del debitore che, in spregio a un suo obbligo di non
fare, costruisce unopera costosa e utile alleconomia, metti una fabbrica: la sua
distruzione darebbe al creditore unutilit 100 (gli permetterebbe solo di vedere
meglio il panorama dal suo castello), ma causerebbe un danno di 1000 per ogni
persona che nella fabbrica lavora: non logico dare in risarcimento 100 al creditore e
cos evitare un danno di molto maggiore di 100 alla Comunit?
Oltre a esempi come questi, altri se ne possono portare, in cui meno evidente, ma pur
sempre reale la lesione allinteresse delleconomia nazionale. Si pensi a questo
caso: la ditta A fabbrica cuscinetti a sfera e ne ha promesso la consegna di 1000 alla
ditta B il prezzo di ciascun cuscinetto stato convenuto in 1 euro; per, proprio
prima della consegna, la ditta C si offre di comprare quegli stessi cuscinetti al prezzo
di 2 euro cadauno, e ci fa ben presumere che ciascun cuscinetto, nella fabbrica C,
riveli unutilit doppia che nella fabbrica B (ci che a sua volta fa presumere che,
quel che il pubblico compra da C, sia pi utile di quel che compra da B, tanto vero
che . disposto a pagarlo a un maggior prezzo): stando cos le cose, non conviene
a uno Stato (desideroso di incoraggiare tutto ci che fa prosperare leconomia
nazionale) limitarsi a minacciare ad A, in caso di un suo inadempimento, un obbligo
di risarcimento, anzich unesecuzione in forma specifica (il che come dire
allimprenditore A: <<fatti bene i tuoi calcoli e se scopri che il maggior prezzo
offertoti da C compensa il risarcimento del danno per inadempimento, renditi pure
inadempiente>>)? Sembrerebbe proprio di si.
E con ci abbiamo esposti i principali argomenti che depongono pro e contro
unesecuzione specifica degli obblighi inadempiuti. Quale soluzione il nostro
Legislatore ha inteso adottare lo studioso la ricaver dagli artt. 2930ss.
Autorevolmente si fa notare che il nostro Legislatore, con tali articoli, non
consente lesecuzione in forma specifica in tutti i casi in cui sarebbe praticamente
possibile. In particolare lesecuzione in forma specifica non da Lui ammessa
quando comporta <<la distruzione della cosa>><<se la distruzione della cosa di
pregiudizio alleconomia nazionale>>(cpv. art. 2933) e quando si tratterebbe di
eseguire un obbligo di consegnare cose non <<determinate>>(art. 2930): lo studioso
pensi allobbligo di consegnare il grano o i bulloni, di cui abbiamo parlato nei nostri
precedenti esempi.
A prescindere dai divieti (di esecuzione specifica) espressi claris verbis dal
Legislatore, lo studioso terr presente che altri ve ne sono in cui, la volont legislativa
di vietare tale forma di esecuzione, mascherata e resa irriconoscibile da fumose
ancorch vetuste teorie: si ricorda lo studioso lesempio che facemmo parlando dei
diritti reali? A ha concesso a B il diritto di venire ogni domenica a giocare a bocce sul
suo terreno; per la ditta C, che su tale terreno vuole costruire un grattacielo, si offre
di comprarlo per un miliardo: anche nel caso il proprietario potr con serenit
scegliere, se far fronte allobbligo di lasciar giocare a bocce B o vendere a C: e nel
caso opti per questa seconda soluzione, lo Stato non proceder a nessuna esecuzione
in forma specifica: perch? Risposta (comunemente data): perch il diritto di B
manca del carattere della realit (di quel carattere della realit che invece potrebbe
avere un diritto di passo, di acquedotto, tanto per citare alcuni tipi di servit). Belle
parole: ma la realt e che esse mascherano un rifiuto dellesecuzione in forma
specifica!
Vi infine da far osservare che dagli artt. 2930 ss. risulta che lesecuzione in forma
specifica un optional del creditore: egli pu preferire il risarcimento del danno
anche quando unesecuzione in forma specifica non sarebbe n particolarmente
difficile n particolarmente onerosa. Ci in definitiva in linea con il disposto
dellart. 1453.
4 -Tutela e autotutela dei diritti
Non sarebbe giusto che Primus, il quale diventato creditore di A nel gennaio 2000,
si soddisfi, espropriando e vendendo i beni di A, a preferenza di Secundus, che, di
questi, diventato creditore solo nel 2004? No; perch non ha senso dare ad A (il
debitore) il potere di disporre del suo patrimonio (stipulando contratti di vendita, di
locazione .), se non gli si da il potere di assumere obbligazioni; e non ha senso
dargli il potere di assumere nuove obbligazioni, se non si concede ai nuovi creditori
di soddisfarsi, proporzionalmente alla quantit del proprio credito ma a prescindere
dalla data in cui sorto, su tutti i beni che costituiscono il patrimonio del debitore. E,
infatti, Secundus, tanto pi facilmente accetter di far credito ad A, quante pi
speranze avr di recuperare il suo credito; ed chiaro che tali speranze saranno
maggiori se egli sapr che, per mal che vada, potr dividere la torta su un piano di
eguaglianza con gli eventuali creditori che possano averlo preceduto nel tempo (e del
cui numero e della cui importanza, si badi, lui potrebbe difficilmente avere
conoscenza!); mentre tali speranze caleranno vistosamente se egli, il nuovo creditore,
avr a temere di essere lasciato, da precedenti creditori, solo a rosicchiare . le ossa
rimaste del loro lauto pasto.
E quindi di solare evidenza lopportunit del principio (affermato nel comma 1, art.
2741) che <<i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore
salve le cause legittime di prelazione>>.
7 - Lipoteca
8.-Il Pegno
Il Legislatore dopo aver detto, nellart. 2874, che <<il pegno costituito a garanzia
dellobbligazione del debitore o da un terzo per il debitore>> - passa a disciplinare, in
due diverse <<sezioni>>, il <<pegno dei beni mobili>> (artt. 2786 ss.).
Sennonch tali due forme di pegno hanno, s, la stessa funzione di garanzia del
credito, ma la realizzano in modi cos diversi da rendere molto dubbia lopportunit
di accomunarle in un unico genus. Di ci ci permetter di renderci meglio conto un
esame anche rapido della loro disciplina.
Pegno dei beni mobili. Parlando dellipoteca abbiamo visto come la funzione di
garanzia di un bene (il bene ipotecato) si realizzi senza praticamente diminuire la
piena disponibilit che su tale bene ha il suo proprietario; che, non solo pu
continuare a disporne giuridicamente (affittandolo, vendendolo, ), ma anche pu
continuare a goderne materialmente (coltivandolo, cogliendone i frutti, ). Questo,
per, possibile solo per quei beni che sono suscettibili di essere individuati in base a
una semplice descrizione (nei registri immobiliari). E per gli altri beni (una collana,
un quadro )? Per questi beni lunico sistema per garantire al creditore la possibilit
di disporne (al momento di procedere esecutivamente contro il debitore) quello,
drastico, di spossessarne il proprietario: se io voglio essere sicuro che, tu, proprietario
di quella collana offertami in garanzia, non la farai sparire (vendendola o anche
semplicemente nascondendola), debbo toglierla dal tuo forziere (poco importa se per
custodirla nel mio forziere o in quello di persona che gode della mia e tua fiducia).
Ecco perch lart. 2786 recita: <<Il pegno si costituisce con la consegna al creditore
della cosa o del documento che conferisce lesclusiva disponibilit della cosa. La
cosa o il documento possono essere anche consegnati a un terzo designato dalle parti
o possono essere posti in custodia di entrambe, in modo che il costituente sia
nellimpossibilit di disporne senza la cooperazione del creditore>>.
Certo, limpossibilit per il debitore (melius, per il proprietario) di disporre
materialmente del bene, tranquillizzerebbe solo a met il creditore, se poi vi fosse la
possibilit per un terzo di acquistare un diritto (ablativo del pegno) sulla res
stipulando contratti con il suo proprietario (ancorch privo del possesso); ma ci
possibile, possibile che Caio acquisti dal debitore Sempronio la propriet (ablata dal
pegno) della collana di perle, ancorch si trovi essa ora nei forzieri del creditore? No,
lo esclude lart. 1153(26): peraltro dubbio che di un diritto di seguito, nel senso in
cui se ne parlato nellipoteca, abbia senso parlare a proposito del pegno.
Proprio invece, come nellipoteca, il creditore (pignoratizio) gode di un diritto di
prelazione: <<il creditore recita il comma 1, art. 2787 ha il diritto di farsi pagare
con prelazione sulla cosa ricevuta in pegno>>.
Per il legislatore subordina lesercizio di tale prelazione a due presupposti.
Primo (valevole per tutti i crediti quale ne sia lammontare): che <<la cosa data in
pegno (sia) rimasta in possesso del creditore o presso il terzo designato dalle parti>
(comma 2, art. 2787). Qui, ci pare, il legislatore vuole riferirsi soprattutto al caso in
cui il possesso, perso dal creditore, ritornato al debitore (pi genericamente, al
proprietario del bene pignorato): in tal caso, la presenza del bene nella disponibilit
del debitore, potrebbe costituire un vero tranello per i terzi (che entrano con lui in
rapporti commerciali: Tizio vede la collana al collo di Caia e crede di poter in futuro
soddisfarsi su tale collana se mai Caia non gli restituisse il prestito che sollecitato a
farle): ora proprio la possibilit di tali tranelli (con la conseguente remora ai traffici
commerciali) che il legislatore vuole evitare.
Secondo presupposto (allesercizio del diritto di prelazione presupposto valevole
solo per i crediti eccedenti una certa somma): la prelazione deve risultare da scrittura
con data certa (vedi melius comma 2, art. 2787). Il pericolo che qui il legislatore
vuole evitare quello di eventuali frodi agli altri creditori.
Ritornando allo spossessamento del proprietario (del bene pignorato), va detto
chesso serve a garantire il credito, non solo in quanto impedisce la dispersione del
bene, ma anche perch costituisce una forte pressione sul debitore a che adempia la
sua obbligazione: questi sa che, se vuole tornare in possesso del suo bene, deve prima
pagare. Infatti dice lart. 2794: <<colui che ha costituito il pegno non pu esigerne la
restituzione, se non sono stati pagati il capitale e gli interessi e non sono state
rimborsate le spese relative al debito e al pegno>>. E tale diritto di ritenzione, si badi,
sussiste nel creditore anche quando egli non pu vantare il diritto di prelazione
(perch il pegno non risulta da scrittura privata v. comma 2, art. 2787): ed chiaro
il perch di ci: il requisito della scrittura preteso per tutelare, non il proprietario del
bene, ma solo i terzi creditori (dai pericoli di frode che essi possono correre a causa
del disonesto operare del proprietario stesso).
Pegno di crediti e di altri diritti. Si sa che il codice di procedura concede al
creditore insoddisfatto di pignorare, prima, e, poi, di farsi assegnare o di far vendere,
anche i diritti (diritto di marchio, di brevetto, dautore ) e in specie quelli di
credito.
Per, anche per tali diritti, il creditore corre il duplice rischio: che il debitore riesca,
prima del pignoramento, a sottrarli (ad esempio, alienandoli o riscuotendoli prima del
pignoramento); che il concorso di altri creditori renda insufficiente (alla
soddisfazione integrale del suo credito) il ricavato dellesecuzione forzata.
Il Legislatore disciplina il pegno dei crediti e dei diritti in modo da concedere
(anche se, ahim! con non molta chiarezza!) al creditore una possibile garanzia contro
tali rischi.
Infatti, dallart. 2804, dal rinvio effettuato dallart. 2807 allart. 2787, e dai principi
del diritto, si ricava che il creditore pignoratizio ha, sia un diritto di prelazione
rispetto ai concreditori, sia un diritto di farsi assegnare o di far vendere il credito del
proprio debitore, ancorch tale credito sia stato precedentemente riscosso o alienato.
Per la concessione di tale diritto di prelazione e di tale diritto di seguito (sia pure
sui generis) costituirebbe una forte remora al traffico commerciale (33), se non fosse
subordinata a certi requisiti, necessari per fugare lignoranza (sullesistenza del
pegno) e per evitare frodi ai concreditori (di chi vanta il pegno) e agli acquirenti del
credito (che si pretende oggetto di pegno).
Ecco quindi lart. 2800, che recita: <<Nel pegno di crediti la prelazione non ha
luogo, se non quando il pegno risulta da atto scritto e la costituzione di esso stata
notificata al debitore del credito dato in pegno ovvero stata da questo accettata con
scrittura avente data certa>>.
Come si vede, quindi, anche la costituzione del pegno su un diritto va
pubblicizzata; ma non con lo spossessamento (dato che questo presupporrebbe un
possesso del bene che, invece, il titolare di un diritto melius, di un diritto su cui si
pu costituire un pegno nei modi disciplinati dagli artt. 2800 ss. non ha) n con la
registrazione in pubblici registri (dato che tali registri non esistono per quel che
riguarda i diritti a cui gli artt. 2800 ss. si riferiscono), ma con la semplice
comunicazione al debitore (comunicazione su cui e sulla cui data, d certezza la
notifica o laccettazione nelle forme di cui allultima parte art. 2800).
Chiudiamo il paragrafo con alcuni accenni a due istituti assai simili al pegno: la
<<cessio pro solvendo>> e il <<pegno irregolare>>.
Nella cessio pro solvendo il debitore cede al suo creditore un diritto in
adempimento del suo debito; mentre nella costituzione di un pegno, il debitore d il
suo diritto semplicemente in garanzia. Questa distinzione di per s chiara, si oscura di
non poco quando il debitore d in pegno il suo diritto, col patto che, se non adempir,
la titolarit di tale diritto passer al creditore.
In tale caso la somiglianza tra cessio e pegno senza dubbio forte; ma c anche la
differenza, quella differenza che spiega perch il legislatore, in caso di pegno,
consideri nullo il trasferimento del diritto da debitore (inadempiente) a creditore, e,
nella cessio, invece lo ammetta. E la differenza questa: nel pegno ci troviamo di
fronte ad un debitore, che (presumibilmente) fiducioso di pagare il suo debito e di
recuperare il diritto dato in pegno (e che per tale fiducia pu essere portato a
sottoscrivere superficialmente un patto a lui sfavorevole: il debito di mille e il
credito pignorato che promette di cedere vale diecimila); nella cessio, invece, ci
troviamo di fronte un debitore, che sa di stare rinunciando definitivamente ad un suo
diritto (per cui ha da presumersi che abbia ben calcolato lesattezza e la convenienza
dellequazione: valore delladempimento = credito ceduto).
Pegno irregolare: si ha quando vengono date <<in pegno>> delle cose fungibili, di
cui il creditore diventa proprietario; cosa per cui, se il debito verr pagato (o
addirittura non verr ad esistenza), egli dovr restituire il tantundem (questo mentre
in caso di pegno regolare, il debitore ha diritto a riavere le stesse e identiche cose che
ha date).
La cosa data in pegno (irregolare) pu essere della stessa natura e qualit del debito
(debbo 10 quintali di grano e d in pegno del grano) oppure di diversa qualit (debbo
100 euro e d in pegno 10 quintali di grano).
Evidentemente, nel primo caso, il pegno ha senso solo se mira a garantire un
eventuale debito futuro: caso tipico, il locatario che da al locatore una somma in
danaro per garantire il risarcimento dei danni, che potrebbe causare durante la
locazione.
Nel secondo caso, invece, il pegno ha la funzione di una anticipata datio in
solutum (in base a un patto che, per, sarebbe nullo, perch in spregio al divieto del
patto commissario, se disponesse sic et simpliciter che le cose date in pegno
passassero, in caso di inadempimento, in propriet del creditore).
9 I privilegi.
Caio creditore di Sempronio: ci significa (si ricordi lart. 2740) che Caio potr
soddisfarsi, in caso di inadempimento, su tutti i beni di Sempronio; s, per, sui beni
di Sempronio esistenti al momento in cui, rivelatosi il suo inadempimento, Caio potr
aggredire con una procedura esecutiva il suo patrimonio. Pertanto, se il credito sorto
nel gennaio 2004 e diventa esigibile nel dicembre 2010, Caio potr soddisfarsi solo
sui beni esistenti (nel patrimonio di Sempronio) nel dicembre 2010. E nel frattempo
tali beni possono essere diventati insufficienti a soddisfare il suo credito. Questo per
varie cause:
I). per il loro malizioso occultamento, con atti materiali (Sempronio, prende il
pregiato quadro che orna la sua casa e lo trasferisce in casa di un compiacente amico)
o giuridici (Sempronio simula la vendita di un appartamento);
II). perch atti di disposizione giuridica (ancorch reali e non simulati) hanno fatto
uscire tali beni (dal patrimonio di Caio) in perdita, totale (Sempronio ha fatto dono
del quadro) o parziale (Sempronio ha venduto il quadro, che vale 1000, per 500);
III). perch Sempronio si astenuto (maliziosamente, o no, poco importa) di
acquisire beni e di esercitare diritti, in casi in cui lacquisizione dei primi e lesercizio
dei secondi avrebbe incrementato il suo patrimonio.
Il Legislatore, per, contro il verificarsi di tali eventi non lascia Caio (il creditore)
indifeso, ma, al contrario, lo munisce di numerosi mezzi di difesa (giuridica): il
sequestro dei beni del debitore (per impedire il celamento dei beni); lazione di
simulazione (per recuperare i beni simulatamente alienati); lazione revocatoria (per
recuperare i beni di cui sia stato disposto <<in perdita>>); lazione surrogatoria (per
esercitare i diritti che Sempronio avesse trascurato di esercitare)(.).
Noi ci limiteremo, nelle pagine che seguono, a parlare dei pi importanti tra tali
mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale: le azioni, surrogatoria e
revocatoria.
Mettiamoci nel caso di Caio, che vanta un diritto di credito verso Sempronio; poco
importa che si tratti del diritto ad avere una cosa determinata o ad avere una cosa
fungibile (del danaro, ad esempio); quel che importa che la realizzazione di tale
diritto dipenda da quel che Sempronio (il debitore) fa o non fa.
Situazione antipatica quella di Caio (nessuno ama dipendere dal comportamento di
un altro!): ovvia la sua tendenza e il suo interesse a surrogarsi nellagire a Sempronio
(<<Sempronio sbaglia a non fare A e sbagliando mi impedisce di realizzare il mio
diritto: provveder io, far io A>>).
Ovvio anche linteresse del debitore (di Sempronio) a non ammettere lingerenza
del creditore (ciascuno vuole ben essere padrone della sua vita e del suo patrimonio!).
Alla conciliazione di tali due opposti interessi (che costituisce il centro della
problematica in subjecta materia) il Legislatore cerca di giungere nellart. 2900
riconoscendo, s, al creditore un potere di surroga, ma ponendogli anche i numerosi
limiti che passiamo subito ad esaminare.
Primo limite. La surroga ammessa solo in caso di <<trascuratezza>>: in caso di
<<calcolo errato>>, sia pur evidentemente errato, del debitore nella gestione del suo
patrimonio, il creditore non pu sostituirsi a lui: se tu, Sempronio, non riscuoti mille
dollari perch di questi non te ne importa pi nulla (dato che, presili con la mano
destra, con la mano sinistra dovresti subito trasferirli al tuo creditore), allora, s, la
surroga ammessa, ma se non li riscuoti in base a un calcolo di convenienza
economica (<<meglio aspettare a riscuotere soldi che ora mi danno interessi tanto
rilevanti>>), nessun potere al creditore riconosciuto di sostituirsi a te. Ci logico:
quando si tratta di prendere una decisione che comporta dei vantaggi e degli
svantaggi (ritornare nel possesso dei soldi, un vantaggio, perdere gli interessi uno
svantaggio) lopinione del debitore deve prevalere su quella del creditore: sia perch
pur sempre il debitore che subisce direttamente (e presumibilmente in modo pi
grave) le conseguenze negative di unerronea decisione, sia perch stabilire il
contrario verrebbe a costituire una grave remora alle transazioni commerciali (ogni
persona ci penserebbe 10 volte prima di stipulare un contratto, che verrebbe ad
attribuire alla controparte, insieme a un diritto di credito, il potere di ingerirsi nella
gestione del suo patrimonio!).
Secondo limite alla surroga. Questa ammessa solo in un ambito molto ristretto:
quello relativo all<<esercizio dei diritti e delle azioni>>.
Se il debitore non accetta la proposta di acquisto di un suo bene, non domanda la
divisione dellimmobile (di cui comproprietario), non agisce per ottenere la
risoluzione o lannullamento di un contratto (perch viziato o perch la controparte
inadempiente), in questi e consimili casi la surroga non ammessa; e, si badi, non
ammessa, anche quando lesercizio del potere non frutto di un calcolo economico,
ma dovuto a semplice trascuratezza. Perch questo? perch per tali atti a cui ci
riferiremo dora in poi come ad <<atti di gestione patrimoniale>> per motivi di
comodit espositiva la surroga non ammessa, e, invece, lo per atti di esercizio di
un diritto e di unazione? La risposta migliore a tale domanda ci pare vada trovata
nella maggior gravit degli effetti negativi di una decisione errata (del creditore) in
ipotesi di surroga nei loro riguardi (id est, nei riguardi degli <<atti di gestione>>):
non che riflessi negativi non ci possano essere in ipotesi di esercizio (errato) di un
diritto o di unazione, ma il loro verificarsi (o, almeno, che cos sia, evidentemente
lo pensa il Legislatore) pi raro e in fondo si riduce alle spese inutilmente fatte in
caso di esercizio infruttifero del diritto.
Un criterio pratico per il giudice, per determinare se si trova di fronte
all<<esercizio di un diritto o di unazione>> oppure di fronte allesercizio di un
<<potere gestionale>>, secondo noi quello di por mente alle conseguenze negative
che, da un errato esercizio del <<diritto-potere>>, potrebbero derivare: se tali
conseguenze si riducono solo alla perdita delle spese (per lesercizio del diritto),
ammetta la surroga, se no, no.
Terzo limite allammissibilit di una surroga. Questa non ammessa quando <<si
tratti di diritti o di azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, non possono
essere esercitati se non dal loro titolare>>.
Pertanto, un creditore non potr surrogarsi al suo debitore per: chiedere il divorzio,
disconoscere un figlio, revocare (per ingratitudine) una donazione. Ponendo tale
limite il Legislatore evidentemente vuole porre in conto, per escludere la surroga, non
solo i riflessi (che potrebbero essere anche positivi) che questa pu avere nella sfera
economica del debitore, ma anche quelli che pu avere nella sua sfera morale e
sentimentale (e che il debitore potrebbe sentire come disastrosamente negativi: <<s,
il divorzio stato un ottimo affare dal punto di vista economico: quella spendacciona
di mia moglie ha finito di succhiarmi soldi! per . ora sono solo come un cane!>>).
Dunque il giudice, per stabilire se ammettere o escludere la surroga, si baser
sullesistenza, o meno, di riflessi negativi che essa pu comportare nella sfera morale
o sentimentale del debitore? S, lo potr fare; ma cum grano salis: il debitore si
oppone alla riscossione di 100 mila Euro da Fulvia, che lo favorisce delle sue grazie,
dicendo che il recupero dei soldi gli far perdere le carezze per lui pi importanti dei
soldi? Nel caso io non terrei conto di tale opposizione.
Quarto limite alla ammissibilit della surroga. Questa non ammessa se ad essa il
creditore non ha interesse.
Da questo limite (dettato dalla logica) derivano i seguenti due corollari. Primo: la
surroga non ammessa per i diritti e le azioni che <<non hanno contenuto
patrimoniale>>.
Secondo (corollario): la surroga non ammessa quando la trascuratezza del
debitore non mette in pericolo la garanzia patrimoniale (<<Sempronio non riscuote
quei 10 mila euro, ma che importa? egli ricco a palate, gli appartamenti di cui
proprietario non si contano: se dovr agire esecutivamente contro di lui, sar facile a
me, suo creditore, trovare i beni su cui soddisfarmi!>>).
Nel paragrafo che precede, abbiamo vista la difesa (lazione surrogatoria) concessa
al creditore contro il debitore che trascura di esercitare i suoi diritti; ma forse che un
debitore non pu annullare o ridurre la garanzia, che il suo patrimonio offre al
creditore, (non con lo stare inerte, ma al contrario) col compiere degli atti di
disposizione, materiale (distruzione, occultamento di beni .) o giuridica (vendita,
locazione di beni, assunzione di obbligazioni, costituzione di pegni e ipoteche .)?
Certo che s, e anche contro tali atti il legislatore appresta delle difese: il sequestro
(artt. 2905 ss.) contro gli atti di disposizione materiale, la revocatoria (artt. 2901 ss.)
(64) contro quelli di disposizione giuridica.
Nelle pagine che seguono ci limiteremo a parlare dellazione revocatoria.
Anche per questa azione si presenta il problema, che il legislatore ha dovuto
affrontare nella disciplina dellazione surrogatoria: il problema, cio, di conciliare, da
una parte, linteresse del creditore alla conservazione della garanzia patrimoniale
interesse la cui pi sicura tutela vorrebbe che il creditore potesse ingerirsi nella
gestione del patrimonio debitorio per impedire o almeno revocare gli atti che, a suo
parere, la garanzia di tale patrimonio menomano e, dallaltra parte, linteresse del
debitore a gestire con assoluta libert e discrezionalit i suoi beni, interesse la cui pi
completa tutela vorrebbe che fosse escluso ogni potere del creditore di influire sugli
atti che lui (id est, il debitore) intende compiere o ha gi compiuti.
Il legislatore pensa di risolvere tale problema, di conciliare tale conflitto di opposti
interessi, concedendo, da una parte, al creditore il potere (non di opporsi, ma solo) di
domandare che siano dichiarati (non nulli ma solo)inefficaci nei confronti (non di
tutti, ma solo nei confronti) suoi, gli atti di disposizione del debitore, dallaltra,
subordinando lesercizio di tale potere allesistenza dei limiti e delle condizioni, che
subito passiamo ad indicare.
1.Eventus damni. Possono essere revocati solo gli atti <<con i quali il debitore rechi
pregiudizio alle ragioni>> del creditore.
Tale pregiudizio si verifica quando il debitore dispone del suo patrimonio o in
modo che ne esca A (del valore di 10) e ne entri B (solo del valore di 5) o addirittura
non ne entri niente (A viene ad esempio donato) oppure in modo che ne esca A
(facilmente esecutabile: un appartamento) e ne entri B (difficilmente esecutabile
perch facilmente occultabile: dei soldi, ad esempio); - e cos disponendo egli (id est,
il debitore) rende insufficiente (a soddisfare la futura ed eventuale azione esecutiva
del creditore) la garanzia rappresentata dal suo patrimonio (ch se, al contrario, il
debitore donasse la met del suo patrimonio e laltra met fosse pi che sufficiente a
soddisfare lazione esecutiva, nessuna ragione ci sarebbe di concedere la revocatoria
al creditore!).
Come si vede, quindi, il pregiudizio (che deve comportare latto di disposizione del
debitore per giustificare la revocatoria) consiste, non in un danno sicuro e certo (quel
danno rappresentato dallinfruttuosit dellazione esecutiva: il creditore apre la
cassaforte del debitore e non vi trova pi nulla), ma nel rischio di un danno.
Danno che successivamente potrebbe anche non verificarsi (e, infatti, non detto che,
in un momento successivo al compimento dellatto <<pregiudizievole>>, non entri
nel patrimonio debitorio un bene B di maggior valore del bene A che ne era uscito;
non detto che il debitore effettivamente occulti quei beni, che pur sarebbero cos
facilmente occultabili...).
E va da s che se, al momento in cui il creditore chiede la revoca (dellatto che illo
tempore si presentava <<pregiudizievole>>), il danno (paventato) escluso da nuovi
fatti, lazione diventa inammissibile; ma questo, non per difetto del requisito della
pregiudizievolezza (dellatto del debitore), ma per mancanza di quellinteresse ad
agire che, come abbiamo gi visto per la surrogatoria, anche per la revocatoria
costituisce una condizione (implicita) dellazione.
2.Scientia damni Consilium fraudis del debitore. Il Legislatore pretende un
particolare <<stato soggettivo>> del debitore, per concedere la revoca di un suo atto
di disposizione; ma configura in maniera diversa tale <<stato>> a seconda che latto
(del debitore) sia posto in essere prima o dopo il sorgere del diritto di credito (di chi
pretende la revoca). Nel primo caso, per la revoca occorre che, nel debitore, vi sia
stato un vero e proprio consilium fraudis, nel secondo basta vi sia stata una semplice
scientia damni.
Scientia damni Consiste nella consapevolezza, che il debitore aveva, che il suo
<<atto di disposizione>> veniva a pregiudicare <<le ragioni>> del suo creditore.
Una persona risponde di un suo debito con tutti i suoi beni: sia quelli esistenti nel suo
patrimonio al momento al momento dellassunzione del debito sia quelli che solo in
seguito vi sono entrati (80). Ci detto nel primo comma dellart. 2740; e di ci
abbiamo gi parlato.
Ma poniamoci ora nel caso dellimprenditore A: gli si aperta la possibilit di
unattivit (metti, la costruzione di case popolari); attivit che, se andasse bene, lo
farebbe di molto pi ricco, ma che potrebbe andare male gravandolo di debiti e
ingoiando con questi tutto il suo patrimonio; orbene se a lui, che incerto se gettarsi
nellimpresa, si potesse concedere di limitare la sua responsabilit a solo alcuni suoi
beni, non troverebbe egli pi coraggio per agire (con beneficio dellintera societ che,
per prosperare ed arricchire, ha bisogno che si compiano anche imprese non del tutto
economicamente sicure)?
La risposta s e in tale positiva risposta ci sarebbe un buon motivo per ammettere
limitazioni alla responsabilit patrimoniale; ma, a pesare sullaltro piatto della
bilancia, c il timore (del Legislatore) che chi pu limitare la sua responsabilit, si
getti superficialmente in imprese troppo rischiose. Ed proprio da questo secondo
piatto che finisce per pendere la bilancia del nostro legislatore, portandolo a stabilire
espressamente, nel comma 2 dellart. 2740, che <<Le limitazioni della responsabilit
non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge>>.
A tale regola severa, il Legislatore disposto a fare eccezioni (pi o meno forti) se
esse favoriscono il realizzarsi di scopi chegli particolarmente apprezza o pi
semplicemente favoriscono il crearsi tra pi persone di una collaborazione volta al
raggiungimento di comuni obiettivi, in altre parole di forme associative di attivit.
Spieghiamoci meglio (sia rispetto alle forme associative di attivit, sia rispetto alle
attivit caratterizzate da scopi particolarmente apprezzabili).
Limitazioni di responsabilit destinate a favorire il sorgere di forme associative.
Uno stato ha interesse che, per il raggiungimento di scopi non realizzabili con le forze
di uno solo, si costituisca una collaborazione tra pi persone: ledificazione di quel
ponte supera la forza (economica) dellimprenditore A? ben venga una
<<associazione>>tra A e un altro imprenditore B. Oppure, pagare il canone per la
conduzione di un appartamento in cui organizzare piacevoli partite di scacchi, supera
le forze del pensionato A? ben venga una associazione tra A e altri pensionati
(associazione avente ad oggetto lorganizzazione di partite tra appassionati
scacchisti).
S, ma se limprenditore A (o il pensionato A) fa una societ (unassociazione) con
B, ci significa (normalmente) che rimette a B, in tutto o in parte, le decisioni relative
allattivit da esercitare in comune: se comprare o no quei sacchi di cemento a quel
dato prezzo, se pagare o no un canone di tot euro, non lo decide pi il solo A, ma lo
decide A insieme a B o addirittura il solo B. E intuitive sono le remore che avr A a
fare la societ o lassociazione con B, se da decisioni, che non sono sue o
esclusivamente sue, pu derivare un rischio per tutto il suo patrimonio: se il
legislatore vuole che si creino delle societ, che si facciano delle associazioni, deve
consentire a limitazioni della responsabilit. Cosa che Egli fa in vari gradi (dato
anche che diverso il grado di apprezzamento chegli ha verso una data forma
associativa: quella societ tra Caio e Sempronio? S, come tutte le attivit per
produrre beni e servizi quei beni e servizi tanto richiesti dal mercato benvenuta!
quella associazione per la lotta contro il fumo? certo benvenuta anchessa, come
tutto ci che giova alla salute, o a una sana ricreazione, o alla difesa delle parti
socialmente deboli! quella associazione, invece, per la diffusione di anticoncezionali?
certo non la si pu vietare, ma neanche si deve troppo aiutarla!).
Il limite pi alto e pi sicuro alla responsabilit patrimoniale di chi partecipa ad
unassociazione (o a un comitato, che in definitiva non che un tipo di associazione)
o a una societ, la concessione a queste (id est, allassociazione, alla societ) della
<<personalit giuridica>>: ci significa che i debiti (e naturalmente i diritti) che
assume la societ (la associazione) sono come i debiti (i diritti) di un qualsiasi Pinco
Pallino: il creditore di Pinco Pallino potrebbe soddisfare il suo diritto sul patrimonio
di A? no, di certo, perch A nulla centra con i debiti del signor Pinco Pallino: sono
due persone diverse; per la stessa ragione il creditore dellassociazione B (dotata di
personalit giuridica) non pu soddisfarsi sul patrimonio di A, che ne un iscritto:
lassociazione (a cui stata riconosciuta la personalit giuridica) e il suo iscritto, sono
due soggetti giuridici diversi. Per uno Stato, quindi, riconoscere la personalit
giuridica di un associazione (di una societ) un modo per dire ai creditori di questa:
<<badate, sul patrimonio personale dei suoi iscritti proprio non ci potete contare>>.
Una forma meno radicale, ma pur sempre <<forte>>, di limitazione della
responsabilit si ha quando lordinamento giuridico limita la responsabilit
dellassociato a quanto ha conferito nellassociazione (<<tu, pensionato A, hai
conferito nel circolo culturale, un tavolo e due sedie? solo queste e quello rischi, se
lassociazione viene sommersa dai debiti>>), a meno che lassociato abbia assunto
obbligazioni in nome dellassociazione (<<Tu, pensionato A, hai stipulato il contratto
di locazione in nome del circolo? Ebbene il locatore potr, per soddisfare il suo
credito, bussare anche al tuo patrimonio!>>). Ci accade nel nostro Ordinamento per
le associazioni non riconosciute (v. melius lart. 38).
Una limitazione molto pi tenue della responsabilit, si ha, infine, quando
lOrdinamento afferma, s, la responsabilit personale del socio per i debiti della
societ, ma subordinando la sua escussione a quella del patrimonio sociale (v. melius
lart. 2304, 2268).
Limitazioni di responsabilit per favorire attivit caratterizzate da scopi
particolarmente apprezzabili. Poniamo che A, imprenditore oleario, voglia costruire
un ospedale per la cura delle malattie infantili: lo scopo altamente nobile, ma per la
sua realizzazione A disposto a rischiare (anche la generosit ha i suoi limiti!) solo la
somma tot: altri gestiranno lospedale (lui si intende di olio e non di ospedali!) ed egli
non vuole rischiare il suo patrimonio per i debiti, che tali gestori imprudentemente
assumessero. Come conciliare lencomiabile altruismo dellimprenditore con la sua
comprensibile prudenza? un problema! Ma un problema a cui noi giuristi
sappiamo dare una ingegnosa soluzione: i beni conferiti dallimprenditore saranno
considerati un patrimonio separato dal suo, n pi n meno che facesse capo a una
diversa persona giuridica: e che sar questa? Un parto della fantasia giuridica a cui si
dar il nome di <<Fondazione Gaslini>>. Questa fondazione sar gestita
naturalmente da persone (persone che dovranno conformarsi a uno statuto) e dei suoi
debiti (naturalmente) non risponder il suo fondatore (il nostro generoso imprenditore
oleario).
Libro Settimo.
del Comune di Genova, il sig. Sergio Valentini, sono collocati nella Appendice)
Titolo primo : Le domande che un esaminatore potrebbe proporre. le risposte che
si attende.
Avvertenza : i capitoli seguenti sono tratti da una serie di file, che l'autore del libro ha
intenzione di inserire nel sito Enciclopedia giuridica del praticante
( www.praticadiritto.it ), per permetterne l'ascolto nei tempi morti della giornata
( viaggi in autobus.....), a chi deve prepararsi a un esame/concorso. Peraltro n il tipo
delle domande n il contenuto delle risposte corrispondono sempre alle idee
dell'autore del libro.
R.- Certamente. Ad esempio il cliente di un albergo, che cada a causa della scarsa
illuminazione di una scala , potr a sua scelta chiedere il risarcimento a titolo di
responsabilit contrattuale o extracontrattuale.
R.- No. Ad esempio, se in una raffineria, nonostante che essa sia provvista di tutti i
dispositivi contro gli incidenti, si verifica un'esplosione, che produce danni alle cose o
alle persone, il titolare della raffineria, deve, dei danni conseguenti, rispondere,
anche se non abbia violata nessuna norma e non abbia nessuna colpa. Infatti
l'obbligo risarcitorio pu conseguire anche alla cos detta responsabilit oggettiva.
D.- Ogni fatto, che causa un danno, fa sorgere nel suo autore l'obbligo di risarcire
questo ?
R.- No. Ad esempio, se Caio tanto bravo da vincere un concorso a un unico posto,
mettiamo di dirigente, egli. senza dubbio, causa un danno a chi non riuscito a
superare il concorso, ma chiaramente non ha nessun obbligo di risarcire tale danno.
Infatti, perch un fatto obblighi al risarcimento esso deve ledere un interesse
giuridicamente protetto. La protezione giuridica di un dato interesse pu risultare sia
da una norma, che eleva tale interesse al rango di diritto o anche di interesse
legittimo o di legittima aspettativa, sia dai principi della Costituzione.
D.- Basta che un interesse risulti tutelato giuridicamente, perch la sua lesione dia
diritto a un risarcimento ?
R.- No, perch ben pu essere che alla protezione di tale interesse il legislatore
ponga dei limiti al fine di tutelare altro interesse da lui ritenuto pi importante. Ad
esempio: l'interesse alla privacy senz'altro un interesse protetto dalla Costituzione;
per anche protetto dalla Costituzione l'interesse del pubblico ad essere informato
sulla vita di certe personalit pubbliche ( diritto alla manifestazione del pensiero,
diritto di cronaca...). Cosa per cui la pubblicazione, fatta da un giornalista a mezzo
stampa, di certe notizie che violano la privacy di una personalit pubblica, non d
luogo a risarcimento.
Va altres notato che vi tutta una categoria di danni, quella dei danni non
patrimoniali, alla cui risarcibilit la legge pone precisi limiti.
D.- Quando un Ordinamento si ispira al principio della tipicit dei danni risarcibili ?
R.- Quando descrive con precisione tutti i casi in cui un danno deve essere risarcito
ed esclude che vi siano altri casi, oltre quelli cos previsti, in cui il danno sia
risarcibile.
Vi da dire che nel mondo contemporaneo, sia la funzione preventiva sia la funzione
sanzionatoria, hanno perso molta della loro importanza: la funzione preventiva, per
il diffondersi di varie forme assicurative, che sollevano, l'autore di un danno, dalla
perdita economica dovuta all'adempimento dell'obbligo risarcitorio; la funzione
sanzionatoria, per il venir meno di una concezione etica della responsabilit civile :
infatti nel mondo contemporaneo sono molteplici i casi in cui nessun rimprovero si
pu muovere a chi tuttavia viene obbligato a risarcire il danno.
5) che tale fatto sia stato commesso con colpa o dolo oppure che comportasse il
rischio del verificarsi del danno rischio dalla legge addossato all'autore del fatto a
prescindere da un suo dolo o da una sua colpa.
R. No. Di conseguenza ci si basa anche in civile sulla definizione di dolo e colpa data
dal Codice penale.
Vi da dire che in civile la distinzione tra dolo e colpa perde molta di quella
importanza che ha in penale. Infatti il diritto civile si ispira al c.d. principio di
equivalenza di dolo e colpa: che un fatto sia commesso con colpa oppure con dolo
non rileva di regola per stabilire se il risarcimento dovuto e per quale entit.
Per a tale regola il legislatore apporta delle eccezioni : per esempio, i danni
provocati da un giudice nell'esercizio delle sue funzioni sono risarcibili sono se
cagionati con colpa grave o dolo e certe molestie che il proprietario arreca ad altri
sono punibili solo se commesse a scopo emulativo, cio proprio al fine di molestare,
cio con dolo ( art. 833 sugli atti emulativi ).
R.- Per danno non patrimoniale si intende il danno non suscettibile di diretta
valutazione economica. Ad esempio, il danno derivante da una lesione all'integrit
fisica, dalla perdita di una persona cara, da un'offesa all'onore.
I danni non patrimoniali che non derivano da reato sono risarcibili solo se
costituiscono una lesione di un interesse costituzionalmente protetto. Esempi di un
interesse costituzionalmente protetto, la cui lesione d luogo a un obbligo
risarcitorio sono : l'interesse all'integrit psico-fisica, la cui lesione d luogo a quella
importantissima categoria di danno non patrimoniale, che il cos detto danno
biologico; l'interesse al pieno realizzarsi delle proprie potenzialit di vita, la cui
lesione d luogo al cos detto danno esistenziale.
Nell'ambito dei danni non patrimoniali merita particolare menzione il cos detto
danno morale soggettivo, che costituito dalle sofferenze fisiche e anche psichiche
( umiliazione, paura....), che derivano dal fatto illecito. Tale danno morale soggettivo,
risarcito solo se deriva da un reato.
R.- Certo. Ad esempio, chi stato leso nell'integrit fisica, subisce delle sofferenze
fisiche : e queste rappresentano un danno non patrimoniale. Per subisce anche una
perdita economica per gli esborsi, che deve fare per curarsi ( acquisto di
medicine...) : e questi esborsi costituiscono un danno patrimoniale.
Esempio di caso in cui difetta il nesso di causalit giuridica, dato che l'evento C non
era ragionevolmente prevedibile : l'autista Caio, investendo il pedone Sempronio, gli
cagiona lesioni ( evento B), la cui cura , necessitando, ancorch siano lievi, di un
intervento chirurgico, il pedone Sempronio viene portato all'ospedale dove lascia la
vita, per un errore commesso dal chirurgo ( evento C ) nonostante che l'operazione
non presentasse difficolt. In tal caso il nesso di causalit giuridica andrebbe negato
dato che, in base a un criterio di regolarit statistica, un errore chirurgico non
sarebbe potuto avvenire in un'operazione di grande facilit.
Se invece Tizio vede Caio ferito per la strada e non lo soccorre, deve risarcire i danni
conseguenti a quell'aggravamento delle ferite che non si sarebbe verificato se egli
fosse intervenuto infatti la legge ( e precisamente un articolo del Codice penale,
l'articolo 593 ) imponeva a Tizio il dovere di attivarsi per soccorrere Caio.
D. Cosa stabilisce il legislatore per il caso di un evento, che trovi la sua causa nel
comportamento di pi persone ?
R.- Per il caso di un evento che sia stato concausato da pi persone, mettiamo da
Caio e Sempronio, il legislatore stabilisce che tutte queste persone siano obbligate in
solido al risarcimento. Poco importando che esse abbiano agito di concerto oppure
no.
Esempio. Caio, titolare di un bar, tiene imprudentemente una pistola sul bancone ;
l'avventore Sempronio, imprudentemente maneggiando la pistola, ferisce Cornelio :
questi pu chiedere il risarcimento totale del danno da lui subito sia soltanto a Caio
sia soltanto a Sempronio. Per, nei rapporti interni tra Caio e Sempronio, il peso del
risarcimento si distribuir tenendo conto dei seguenti due criteri : la gravit delle
rispettive colpe; l'entit delle conseguenze che sono derivate dal comportamento di
ciascuno di loro. Per cui, nell'esempio fatto, Sempronio, se ha maneggiato con grave
imprudenza la pistola , una volta soddisfatta la richiesta di Cornelio di essere
integralmente risarcito, potr a sua volta ripetere dal titolare dal bar, non la met,
ma, metti, solo un terzo delle somme pagate a Cornelio.
Per, non essendo chiaramente giusto che il danneggiato non riceva nessun
risarcimento, il legislatore, nel primo comma del seguente articolo 2047, stabilisce
che, del danno causato dall'incapace, risponda chi era tenuto alla sua sorveglianza, a
meno che provi di non aver potuto impedire il fatto; e, nel secondo comma sempre
dell'articolo 2047, stabilisce che, nel caso il danneggiato non abbia potuto ottenere il
risarcimento da chi era tenuto alla sorveglianza dell'incapace, possa ottenere, da
questi, un indennizzo.
R.- Le principali di tali cause sono tre : il consenso del danneggiato al fatto produttivo
del danno, la legittima difesa e lo stato di necessit.
D.- Mi dia un esempio di fatto dannoso giustificato dal consenso del danneggiato.
R.- Caio invita un amico a casa sua e, a un certo punto, si mette a giocare con lui al
pallone in una stanza in cui vi sono oggetti di cristallo : chiaro che se una pallonata
rompe uno di questi oggetti, Caio non potr chiedere all'amico nessun risarcimento.
3) se il fatto stato commesso per evitare un danno grave alla persona ( e non alle
cose );
4) se il pericolo del danno , per evitare il quale il fatto stato commesso, non stato
volontariamente causato dall'autore del fatto;
6) se il fatto stato commesso per evitare un danno attuale ( nel senso che non era
possibile aspettare a compierlo , nella speranza che intervenisse una circostanza, che
rendesse il danno altrimenti evitabile ).
R.- Dall'articolo 2044, che testualmente dichiara non responsabile chi cagiona il
danno per legittima difesa di s o di altri. Naturalmente il danno cagionato con la
legittima difesa deve ricadere sull'aggressore. Ed proprio il fatto che il danno ricade
su chi, aggredendo, in un certo senso l'ha provocato, che giustifica , da una parte,
che il danno causato all'aggressore possa incidere non solo sulle sue cose ma anche
sulla sua persona, e, dall'altra parte, che esso possa essere causato sia per difendere,
non solo la persona, ma anche le cose dell'aggredito. Naturalmente, nonostante il
silenzio della legge, vi deve essere una proporzione tra il danno evitato all'aggredito
e il danno causato all'aggressore.
R.- Si dice che una persona ha la detenzione di una cosa quando la pu utilizzare
liberamente ( ci che si esprime dicendo che, della cosa , ha il corpus ) pur dovendo
riconoscere ( c.d. animus detinendi ) di dover rendere conto del suo uso ad altri.
Esempi di detentori sono il conduttore, il comodatario.
Il possesso pieno, si ha quando si possono esercitare sulla cosa tutte quelle attivit
che potrebbe esercitarvi il titolare di un diritto reale ( c.d. corpus del possesso ) non
avendo intenzione n per il presente n per il futuro di rendere conto a qualcuno
della gestione della cosa stessa ( c.d. animus possidendi o animus rem sibi habendi ).
Il possesso solo animo si verifica quando si ha, s, l'animus possidendi, per non la
detenzione della cosa, in quanto questa si trasferita a chi riconosce di dover
rendere conto a noi della gestione che fa della cosa.
Possessore pu essere sia chi ha il ius possidendi e in tal caso il factum possessionis
corrisponde al diritto, sia chi non ha il ius possidendi e in tal caso il factum
possessionis non corrisponde al diritto.
Della traditio ficta si conoscono due figure: la traditio brevi manu, in forza della
quale chi era detentore diventa possessore; esempio Tizio che aveva dato in
locazione un appartamento a Caio, in un secondo tempo glielo vende : Caio, che era
prima un detentore, diventa un possessore; e il c.d. costituto possessorio : Tizio che
ha la propriet di un appartamento lo vende a Caio contestualmente prendendolo in
locazione.
Nell'articolo 1141 stabilisce che, per vedersi riconosciuto l'animus possidendi su una
cosa, basta provare che se ne ha la detenzione : spetter a chi nega il possesso
provare che noi la cosa si avuta per un titolo che esclude l'animus rem sibi
habendi. L'articolo 1141 nel suo primo comma precisamente recita : Si presume il
possesso in colui che esercita il potere di fatto, quando non si prova che ha
cominciato ad esercitarlo semplicemente come detenzione.
Con l'articolo 1142 il legislatore d fondamento alla c.d. presunzione di possesso
intermedio : se una persona prova di possedere ora e di aver posseduto in un
tempo pi remoto, ci basta a far presumere che abbia posseduto anche nel tempo
intermedio ( probatis extremis media praesumuntur). Pi precisamente l'art. 1142
recita : Il possessore attuale che ha posseduto in tempo pi remoto si presume che
abbia posseduto anche nel tempo intermedio.
D.- Chi detiene una cosa pu mutare l'animus detinendi in un animus possidendi?
Pertanto il mutamento dell'animus potr farsi valere solo nei seguenti casi :
II- Il titolo viene mutato in forza di opposizione fatta dal detentore contro il
possessore. Il detentore Tizio con atti univoci ( con un atto di citazione, con una
lettera ) dichiara al possessore di non voler pi detenere , metti, l'appartamento
nomine alieno, ma di volerlo detenere solo a proprio nome.
Identica la soluzione legislativa nel caso in cui chi ha una quasi possessio ( cio
possegga, s, ma solo nei limiti di un diritto reale minore, come, ad esempio,
l'usufrutto, la servit ) muti l'animus possidendi. Esempio : Tizio, che fino ad oggi ha
posseduto il campo A come usufruttuario e riconoscendone proprietario Caio, vuole
continuare a possederlo ma come proprietario. Anche in tal caso, a che Tizio possa
opporre a Caio di non possedere pi come usufruttuario ma come proprietario , il
titolo del possesso deve risultare cambiato da una causa esterna o da un atto di
opposizione. Tale mutamento del titolo si chiama interversione del possesso e
viene disciplinato nella sezione del codice dedicata all'usucapione, dall'articolo 1164,
che recita : Chi ha il possesso corrispondente all'esercizio di un diritto reale su cosa
altrui non pu usucapire la propriet della cosa stessa, se il titolo del suo possesso
non mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta
contro il diritto del proprietario. Il tempo necessario per l'usucapione decorre dalla
data in cui il titolo del possesso stato mutato.
R.- Quando ignora di ledere l'altrui diritto : Tizio ha comprato il terreno da Caio
credendolo proprietario. Per se l'ignoranza di ledere l'altrui diritto dipende da colpa
grave, non giova. Tizio che ha comprato una cosa preziosa ( un anello, un quadro
d'autore ) da un barbone incontrato per strada non pu pensare di far valere la sua
buona fede.
La buona fede peraltro basta che esista all'inizio: se io compro un terreno da Caio
credendolo proprietario e nel corso del tempo vengo a sapere che proprietario non
, non importa : io sono sempre considerato, metti ai fini dell'usucapione,
possessore in buona fede; pi precisamente l'articolo1147, che conclude il capo
primo dedicato alle disposizioni generali sul possesso, recita : E' possessore di
buona fede chi possiede ignorando di ledere l'altrui diritto. - La buona fede non
giova se l'ignoranza dipende da colpa grave.- La buona fede presunta e basta che vi
sia stata al tempo dell'acquisto.
R.- Per esercitare l'azione di reintegrazione, detta anche azione di spoglio, occorre :
I-che lo spoglio sia avvenuto in modo violento o clandestino;
R.- Pu esercitarla solo il detentore qualificato, cio colui che detiene nell'interesse
proprio; ad esempio , l'inquilino di un appartamento. Non pu invece esercitarla
colui che detiene per ragioni di servizio o di ospitalit; ad esempio, l'amico che ho
ospitato nella mia casa, il titolare del garage in cui ho lasciato l'auto.
R.- L'eliminazione delle molestie e anche il recupero del possesso ( nei casi in cui non
sia a tale scopo esperibile l'azione di reintegra, perch lo spoglio non stato n
violento n clandestino ).
D- Chi pu esercitarle ?
D. Quale danno ?
R.- Nell'azione di nuova opera, il danno che pu prevenire da una nuova opera da
altri intrapresa su un fondo.
R S, per quel che riguarda l'azione di nuova opera c' il termine di un anno che
decorre dall'inizio dell'opera.
R.-No, per usucapione possono essere acquistati solo il diritto di propriet e gli altri
diritti reali.
R.- Primo presupposto , un possesso non vizioso. Intendendosi per possesso non
vizioso il possesso acquistato con violenza o clandestinit. Solo dal momento in cui la
violenza e la clandestinit cessano, il possesso diventa utile per l'usucapione.
Secondo presupposto la continuit del possesso, cio il possesso non deve subire
interruzioni.
D.-Ci sono fatti che interrompono la usucapione nel senso che, dall'intervento di tali
fatti, il calcolo degli anni utili per usucapire deve ricominciare ?
R.- S, la usucapione interrotta sia dalla perdita del possesso per un tempo
superiore all'anno ; sia dagli stessi fatti che interrompono la cos detta prescrizione
estintiva.
R.-No, per la semplice ragione che per le universalit la trascrizione non prevista,
R La regola possesso vale titolo una deroga al principio per cui non pu costituire o
trasferire un diritto ad altri chi non ne titolare. Tale deroga prevista per le cose
mobili non registrate. E comporta che, chi acquista a non domino una cosa mobile
non registrata, ne acquista la propriet se sussistono le seguenti condizioni:
I- la cosa gli sia stata consegnata; II- la consegna sia stata effettuata sulla base di un
titolo astrattamente idoneo all'acquisto della propriet ; III egli ( idest, l'acquirente )
sia al momento della consegna in buona fede, cio ignori di aver acquistato da chi
non proprietario.
Il possessore in mala fede deve restituire tutti i frutti che la cosa ha prodotto durante
il periodo in cui l'ha posseduta.
Il possessore in buona fede deve restituire solo i frutti maturati dopo la domanda
giudiziale.
1. Distanze dalle costruzioni (da muri....) - Art. 873: Le costruzioni su fondi finitimi
se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri.
Nei regolamenti locali pu essere stabilita una distanza maggiore.
La ratio dellarticolo riportato va individuata nellintento di evitare il formarsi tra le
costruzioni di intercapedini che verrebbero ad attirare i rifiuti e a togliere aria e luce
agli edifici.
Fig.1.- Secondo un criterio largamente adottato le facciate di due edifici non possono
considerarsi frontistanti quando, facendo avanzare una, essa non viene ad incontrare
laltra in nessun punto.
In base a tale criterio ledificio N va ritenuto frontistante di M, poco importando che
le due facciate ab e cd non si fronteggino che per un piccolo tratto, ed.
Fig.2.- In base al criterio ora enunciato (in commento alla figura 1) ledificio N non
dovrebbe considerarsi frontistante di M: in effetti la facciata cd avanzando non
incontra in nessun punto la facciata ab. Per questo allo stato delle costruzioni: chi
pu escludere che il proprietario N in un domani non sopraelevi un altro piano aefg
che renderebbe N frontistante di M?
Proprio in considerazione di tale eventualit alcuni riterrebbero lilliceit della
costruzione N, anche se allo stato non frontistante; (ma forse la soluzione migliore
di ritenere la liceit di N allo stato, e di ritenere lilliceit delleventuale
sopraelevazione).
Fig.4- Altro importante criterio nella misurazione delle distanze che queste vanno
misurate sempre sul suolo, alla base degli edifici medesimi o, in caso di sporgenze,
alla proiezione di queste sul suolo Cos, G. Pistone, Le distanze nei rapporti di
vicinato,1999, p.143).
Di conseguenza la distanza tra gli edifici A e B misurata da mn e non da RS.
Fig. 5.- Peraltro il criterio enunciato in commento alla fig. 4 viene applicato dalla
giurisprudenza con (saggia) elasticit. E infatti autorevole insegnamento che in
armonia con la ratio dellart.873c.c. non debba tenersi conto di quegli sporti che
non siano idonei a determinare, per la loro struttura, entit e ubicazione, intercapedini
che siano fonti di danno o comunque di apprezzabile pericolo cos come potrebbe
essere un fregio ornamentale o una scaletta di soli due o tre scalini.
Senza dubbio, per, deve tenersi conto dei pilastri che, elevandosi dal suolo, formano
parte integrante della facciata del fabbricato e ne fuoriescono. Di conseguenza
nellesempio di cui alla figura la distanza della casa A dal confine data da mn e
non da RS.
Fig.6.- Nel caso di costruzione in spregio alle distanze legali, il proprietario leso pu
(naturalmente) ottenere la riduzione in pristino; per solo della parte illegittimamente
costruita.
Di conseguenza M potr ottenere solo la demolizione di abcd.
Comunione forzosa del muro sul confine - Art. 874: Il proprietario di un fondo
contiguo al muro altrui pu chiederne la comunione per tutta laltezza o per parte di
essa, purch lo faccia per tutta lestensione della sua propriet. Per ottenere la
comunione deve pagare la met del valore del muro, o della parte di muro resa
comune, e la met del valore del suolo su cui il muro costruito. Deve inoltre
eseguire le opere che concorrono per non danneggiare il vicino.
Fig.7.- Si fa qui lipotesi non di un muro a cavallo del confine (nel qual caso il
muro sarebbe, per la parte che poggia sul fondo A, di A, e per la parte che poggia sul
fondo B, di B) ma di un muro interamente su un fondo, metti il fondo B, ma
arrivante a toccare il fondo limitrofo (il fondo A). In tale ipotesi dice larticolo 874
A pu (non costruirvi in appoggio o in aderenza, ma) chiederne la comunione (a
prescindere della sua volont di costruirvi ed questo che differenzia lipotesi
dellart. 874 da quella dellart. 875). E tale richiesta di comunione non deve
riguardare tutta laltezza ae del muro: pu limitarsi ad unaltezza minore, laltezza
ab, ma deve riguardare, questo s, tutta lestensione del muro: cio A non potrebbe
limitarsi a chiedere la comunione di abc1d1, ma deve chiedere la comunione di
abcd.
Invece, in caso di usucapione (nata ad esempio dal fatto che A ha appoggiato una sua
fabbrica al muro sul confine), lacquisto della comunione potrebbe limitarsi allo
spazio abc1d1 (se solo a quella parte di muro, la fabbrica di A si appoggiata).
Comunione forzosa del muro che non sul confine.- Art. 875: Quando il muro is
trova a una distanza dal confine minore di un metro e mezzo ovvero a distanza
minore della met di quella stabilita dai regolamenti locali, il vicino pu chiedere la
comunione del muro soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro stesso, pagando,
oltre il valore della met del muro, il valore del suolo da occupare con la nuova
fabbrica salvo che il proprietario preferisca estendere il suo muro fino al confine. Il
vicino che intende domandare la comunione deve interpellare preventivamente il
proprietario se preferisca di estendere il muro al confine o di procedere alla sua
demolizione. Questi deve manifestare la propria volont entro il termine di quindici
giorni e deve procedere alla costruzione o alla demolizione entro sei mesi dal giorno
in cui ha comunicato la risposta.
Chi per primo costruisce nella zona di confine (c.d. proprietario preveniente) pu
optare tra le seguenti alternative: prima alternativa, costruire sul confine (sempre che
sia consentito dai regolamenti locali: infatti questi spesso proibiscono le costruzioni
sul confine); seconda alternativa, costruire ad una distanza minore di un metro e
mezzo ovvero a distanza minore della met di quella stabilita dai regolamenti locali;
terza alternativa, costruire nel rispetto delle suddette distanze.
Se opta per la prima alternativa, il proprietario finitimo (c.d. proprietario suvveniente)
ha diritto di chiedere, come abbiamo gi visto, la comunione totale o parziale del
muro. Se opta per la seconda alternativa, il vicino suvveniente ha diritto di chiedere
la comunione soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro stesso (e pagando
ecc.ecc.).
Fig. 8. - Vi sono rappresentate le tre alternative per cui pu optare chi costruisce sul
confine per pirmo (proprietario preveniente).
Alternativa I. B, il proprietario finitimo (suvveniente), pu chiedere, come abbiamo
gi visto parlando dellarticolo 874, la comunione del muro ab.
Alternativa II. B pu costruire in appoggio acquistando il terreno mnpo e pagando
met del valore del muro mo) o in aderenza(acquistando il solo terreno mnpo -
per la differenza tra costruzioni in aderenza e in appoggio, vedi postea).
Alternativa III. B deve a sua volta rispettare le distanze dal confine.
Fig.11.- La casa A e la casa B sono costruite in aderenza: infatti il muro rsvt della
casa A e il muro mnop della casa B pur combaciando perfettamente, senza lasciare
intercapedini, sono, dal punto di vista statico, autonomi e indipendenti: la casa B
potrebbe essere tutta demolita senza che la stabilit della casa A ne soffra.
Fig.12.- Invece la casa A1 e la casa B1 sono costruite in appoggio: infatti esse hanno
in comunione il muro rsvt; cosa per cui la totale demolizione della prima, di
riflesso danneggerebbe la seconda.
Muro di cinta. - Art. 878: Il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia
unaltezza superiore ai tre metri non considerato per il computo della distanza indicata
dallart. 873. Esso, quando posto sul confine, pu essere reso comune anche a scopo
dappoggio, purch non preesista al di l un edificio a distanza inferiore ai tre metri.
Fig. 13.- Anche se i regolamenti imponessero una distanza di 20 metri tra una
costruzione e laltra, ledificio A dovrebbe considerarsi costruito legittimamente.
Infatti la distanza mn tra ledificio A e il muro di cinta non rileva: quel che conta
solo la distanza pq (di 20 metri) tra ledificio A e il frontistante edificio B.
Tenere presente che, una volta che A stato costruito, il proprietario del muro di cinta
non potrebbe sopraelevarlo oltre i tre metri (trasformandolo cos da muro di cinta in
muro di fabbrica).
Costruzione del muro di cinta. - Art.- 886: Ciascuno pu costringere il vicino a
contribuire per met nella spesa di costruzione dei muri di cinta che separano le
rispettive case, i cortili e i giardini posti negli abitati. Laltezza di essi, se non
diversamente determinata dai regolamenti locali o dalla convenzione. Deve essere di
tre metri.
Art. 887: Se di due fondi posti negli abitati uno superiore e laltro inferiore, il
proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese di costruzione e
conservazione del muro.
Fig. 14.- Nel caso di fondi a dislivello, il muro (di solito) viene a svolgere una duplice
funzione: di cinta e di contenimento della scarpata superiore.
Ora, mentre le spese di costruzione e di manutenzione della parte del muro che ha
funzione di contenimento (nel disegno, la parte mn) sono a carico totale del
proprietario del fondo superiore (che ha lobbligo di impedire smottamenti in danno
del fondo inferiore); le spese di costruzione e di manutenzione della parte di muro
che ha funzione di cinta (nel disegno, la parte no) vanno ripartite a met tra i due
proprietari. Mentre il sacrificio in denaro , come si vede, differente per il
proprietario del fondo superiore e per il proprietario del fondo inferiore, il sacrificio
in terreno uguale: infatti la base m1m del muro, deve insistere per met sul fondo
superiore e per met sul fondo inferiore. E questa regola, valida per i fondi a
dislivello, a maggior ragione valida per i fondi sullo stesso livello.
Presunzione di propriet esclusiva del muro divisorio Art. 881: Si presume che il
muro divisorio tra i campi, cortili, giardini od orti appartenga al proprietario del
fondo verso il quale esiste il piovente e in ragione del piovente medesimo. Se
esistono sporti, come cornicioni, mensole e simili, o vani che si addentrano oltre la
met della grossezza del muro, e gli uni e gli altri risultano costruiti col muro stesso,
si presume che questo spetti al proprietario dalla cui parte gli sporti o i vani si
presentano, anche se vi sia soltanto qualcuno di tali segni. Se uno o pi di essi sono
da una parte, e uno o pi dalla parte opposta, il muro reputato in comune; in ogni
caso la positura del piovente prevale su tutti gli altri indizi.
Lart. 880 indica i casi in cui un muro divisorio deve presumersi comune; lart. 881 ci
dice invece i casi in cui il muro deve presumersi di propriet esclusiva.
Fig.16.- Il proprietario del fondo N usando della facolt concessagli dallart. 884 ha
costruito in appoggio il casotto D. A sua volta il proprietario del fondo M ha immesso
nel muro la trave PQ; e lha immessa fino a cinque centimetri dalla superficie opposta,
ci significa (essendo la larghezza rs del muro = 20 cm) che nellimmetterla andato
oltre la parte di muro che si poggia sul suo terreno (e che individuata dalla linea ideale
AB).
Distanze per pozzi, cisterne, fossi e tubi -Distanze per fabbriche e depositi nocivi. -
Art. 889: Chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime presso il
confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, deve osservare la distanza di
almeno due metri tra il confine e il punto pi vicino del perimetro interno delle opere
predette. Per i tubi dacqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni
deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine. Sono salve in ogni caso le
disposizioni dei regolamenti locali.
Fig. 17. - Nella figura rappresentata lipotesi piuttosto frequente che sulla linea di
confine tra i due fondi (il fondo A, che ospita lopera, e il finitimo fondo B) ci sia un
muro In tal caso, nel misurare le distanze imposte dallart. 889, bisogna tenere
presente che: se il muro comune, la distanza data da A1C1 (in quanto il confine
costituito dalla superficie del muro, che d verso il fondo A e non, si badi, dalla linea
mediana del muro!), se invece il muro di propriet esclusiva di A, la distanza data
da AC (infatti in tal caso il confine viene a cadere lungo la superficie che d verso il
fondo B).
Nel disegno, Q indica il confine, nellipotesi che il muro sia in compropriet; P indica
il confine, nellipotesi che il muro sia di esclusiva propriet di A.
Fig. 18- Il fatto che il tubo (di cui allart. 889 comma 2 o allart. 890) passi dentro un
muro non esime dal rispetto delle distanze. Pertanto se ledificio A costruito proprio
sulla linea di confine, il tubo (indicato col tratteggio) che sale dentro il muro
perimetrale contra ius (se, com del tutto verosimile, la distanza rs che lo separa
dal confine inferiore a quella legale).
Mettiamo ora che ledificio sia diviso in due appartamenti A1 e A2 di propriet di due
diverse persone e che il tubo (vedi sempre la linea tratteggiata) passi attraverso la
soletta (idest, sul confine orizzontale tra gli appartamenti A1 e A2): il tubo deve,
quindi, considerarsi contra ius? No perch, almeno secondo la prevalente
giurisprudenza, le norme sulle distanze non si applicano nei rapporti interni tra
condomini (soluzione certamente da approvare, ma non facile a giustificare in base
alla lettera della legge!).
Fig.19. - Mostra come si misura la distanza tra un pozzo e il confine: nel caso la
distanza si misura da AB e non da CD.
N.B. La distanza si misura diversamente a seconda che si tratti di un pozzo o di un
fosso (v. postea); pertanto importante distinguere quando si tratta di un pozzo e
quando di un fosso: il criterio distintivo tra pozzo e fosso visto nel modesto
diametro di apertura di quello.
Fig. 20. - Rappresenta una fossa contenente concime: la distanza legale data da AB
e non da CD (infatti per lart. 889 la distanza va misurata tra il confine e il punto pi
vicino del perimetro interno dellopera.
N.B. Se lo stallatico fosse ammonticchiato (anzich interrato) dovrebbe applicarsi,
non lart. 889, ma lart. 890 e di conseguenza lo stallatico dovrebbe essere tenuto ala
distanza (presumibilmente maggiore dei due metri pretesi dallart. 889 per i fossi) che
fosse prescritta dai regolamenti o in loro mancanza fosse necessaria a preservare i
fondi vicini da ogni danno (:...).
Fig.21. - I camini e le canne fumarie rientrano nella previsione dellart. 890: pertanto
F cos come si erge sul muro perimetrale abcd posto a filo sulla linea di confine,
non in regola.
Distanze per canali e fossi. - Art. 891: Chi vuole scavare fossi o canali presso il
confine, se non dispongono in modo diverso i regolamenti locali, deve osservare una
distanza eguale alla profondit del fosso o canale. La distanza si misura dal confine al
ciglio della sponda pi vicina, la quale deve essere a scarpa naturale oppure munita di
opere di sostegno. Se il confine si trova in fosso comune o in una via privata, la
distanza si misura da ciglio a ciglio o dal ciglio al lembo esteriore della via.
La distanza imposta dallart. 891 mira ad impedire (non, come quella voluta dallart.
889, infiltrazioni da un fondo allaltro, ma) franamenti.
Siccome il pericolo di tali franamenti tanto maggiore quanto maggiore la
profondit del fosso, si comprende il perch il legislatore voglia (per sostenere le
spinte centrifughe) lesistenza, a lato di questo, di unestensione di terreno tanto
maggiore quanto maggiore tale profondit: pi precisamente voglia tra il confine e
il ciglio del fosso una distanza almeno pari alla profondit di questo (c.d. distinza
solonica, perch attribuita al grande legislatore ateniese).
Fig. 22. - Perch lart. 891 sia rispettato occorre che AB sia almeno eguale ad AC.
Fig. 23. - Naturalmente non sorge il problema delle distanze se il fosso comune.
MN indica un mucchio di spurgo: la sua esistenza un indizio (non necessariamente
univoco) che il fosso (o canale), non comune, ma di esclusiva propriet di B (per
cui il confine del fondo B, va fatto cadere in P). Se cos fosse mancherebbe dal lato P
la distanza solonica a favore del fondo A. Ci potrebbe essere dovuto al fatto che il
fosso non opera delluomo o anche ad un puro stato di fatto che si trasformato o
sta per trasformarsi, per usucapione, in stato di diritto.
Distanze tra gli alberi. - Art. 892: Chi vuole piantare alberi presso il confine deve
osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, dagli usi locali. Se gli
uni e gli altri non dispongono, devono essere osservate le seguenti distanze dal
confine: 1) tre metri per gli alberi di alto fusto (.). Rispetto alle distanze, si
considerano alberi di alto fusto quelli il cui fusto, semplice o diviso in rami sorge ad
altezza notevole (....); un metro e mezzo per gli alberi di non alto fusto. Sono reputti
tali quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde in rami;3)
mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto di altezza non
maggiore di due metri e mezzo (.). La distanza si misura dalla linea del confine alla
base esterna del tronco dellalbero nel tempo della piantagione o dalla linea stessa al
luogo dove fu fatta la semina. Le distanze anzidette non si devono osservare se sul
confine esiste un muro divisorio proprio o comune, purch le piante siano tenute ad
altezza che non ecceda la sommit del muro.
Fig. 24. - La distanza (che rileva ai fini dellart. 892) data da BA (dove A indica il
punto in cui lalbero fu piantato) e non da BC (infatti nulla rileva lispessimento del
fusto dovuto alla crescita!) e tanto meno da B1C1 (minore distanza dovuta
allinclinazione dellalbero, poco importa se ad opera o no delluomo).
Fig. 25. - Se sul confine posto un muro, poco importa che esso sia comune o no: in
ogni caso la distanza si misura dalla faccia esterna del muro. Nellesempio la distanza
data da AB e non da AC.
Fig. 26.- Per stabilire in quali delle tre categorie indicate nellart. 892 va fatto
rientrare un albero, bisogna far riferimento allaltezza che lalbero destinato
naturalmente a raggiungere, in relazione alla sua specie e alle sue caratteristiche
vegetative, e non gi allaltezza che ha raggiunto (cos Giorgio Pistone, in Le
distanze nei rapporti di vicinato, Maggioli, p.197).
Nella figura si pu vedere come si determina laltezza dellalbero di medio fusto
(comma 2 art. 892): si fa riferimento al punto in cui il fusto si diffonde in rami
(punto A).
Recisione di rami protesi e di radici Art.896: Quegli sul cui fondo si protendono i
rami degli alberi del vicino pu in qualunque momento costringerlo a tagliarli, e pu
egli stesso tagliare tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi per in
ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali. Se gli usi locali non dispongono
diversamente i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino
appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti ().
Fig. 27. - Il proprietario del fondo A pu (non tagliare lui stesso, ma) costringere il
vicino a tagliare lalbero secondo la linea AB. Questo, come dice espressamente la
norma, in qualunque momento (ci che di per s basta ad escludere la usucapibilit,
da parte del proprietario del fondo B, del diritto di tenere rami protesi sul fondo A).
2 -Distanze da luci e vedute-
Art. 900: Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie: luci,
quando danno passaggio alla luce e allaria, ma non permettono di affacciarsi sul
fondo del vicino; vedute o prospetti, quando permettono di affacciarsi e di guardare di
fronte, obliquamente o lateralmente.
Fig. 28. - Lapertura AB posta al primo piano delledificio certamente non una
veduta; infatti, avendo il suo lato inferiore ad unaltezza non minore di due metri
dal pavimento, non permette quella (comoda) inspectio e prospectio sul fondo vicino
M, che appunto il n.2 art. 901 mira ad impedire. Tale apertura non d, vero, al
vicino una completa sicurezza che da essa non sar tentato un accesso al suo fondo
(essa ha, infatti, s, il lato inferiore ad unaltezza non minore di due metri e mezzo dal
suolo del fondo M (BD = 2,30) cos come vuole il n.3 sempre dellart.901, ma non
munita dellinferriata di cui al numero 1 stesso art. 901), per il vicino avr sempre
il diritto di esigere che linferriata sia collocata e la sua sicurezza garantita al 100 per
100.
Lapertura E invece in violazione sia del n.1 (manca di grata linferriata) sia del n.2
(infatti, essendo a pianterreno, laltezza per essa richiesta non di soli due metri ma
di due metri e 30). Peraltro essa non in violazione del n.3, dato che, vero, il suo
lato inferiore a unaltezza minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo del
vicino, ma anche vero che il locale a cui d luce in parte a livello inferiore al
suolo del vicino. Siccome essa con tutta evidenza (per quel che riguarda la
violazione al n.2) non pu essere regolarizzata, il vicino non potr che chiedere
tout court la sua eliminazione.
Stabilire se unapertura luce o veduta importante, perch nel primo caso: 1) pu
essere aperta dal proprietario del muro contiguo al fondo altrui (art. 903 comma 1)
e non deve rispettare le distanze imposte per le vedute dallart. 905; 2) il vicino pu
chiuderla costruendo in appoggio (art. 904 comma 2) e comunque (senza chiuderla
ma praticamente accecandola) pu costruire in aderenza (art. 904 comma 1 v.
invece per le vedute, lart. 907); 3) non pu dar luogo ad usucapione (melius, se in
situazione irregolare tale stato di fatto pu essere in ogni momento v. art. 902
comma 2 regolarizzato senza mai poter portare col passare del tempo ad una
situazione di diritto, come invece pu essere per le vedute, che sono usucapibili); 4)
pu essere aperta in caso di sopraelevazione e nella parte sopraelevata senza il
consenso del vicino (art. 903 comma 2).
Fig. 30. - Rappresenta il muro divisorio di due fondi. Essendo questi a dislivello le
persone che si trovano nel fondo superiore possono guardare in quello inferiore ed
anche affacciarvisi. Con tutto ci il manufatto-muretto non d luogo ad una veduta:
infatti non ha come sua destinazione naturale quella di permettere la prospectio.
Fig.31. - Le aperture A e B della casa P permettono una veduta diretta sul fondo M,
una veduta laterale sul fondo O e una veduta obliqua sul fondo N. Pertanto esse sono
secundum ius rispetto al fondo M (essendo la distanza mn tra tali vedute e il fondo
M di due metri, mentre lart. 905 ne richiede solo 1,30), ancora secundum ius rispetto
al fondo N (essendo la distinza rt tra la evduta pi vicina e il fondo N di un metro,
mentre lart. 906 richiede solo 75 cm), ma una delle due aperture, B, contra ius
rispetto al fondo O (essendo la distanza rs tra tale veduta e tale fondo di soli 30 cm,
mentre lart. 906 ne pretenderebbe 75).
Fig. 32. - Gli artt. 905 e 906 prescrivono quale distanza vi deve essere tra una veduta
e il fondo finitimo (a prescindere dallesistenza in questo di costruzioni) e danno
altres le indicazioni sul come misurarla.
Cerchiamo di fare corretta applicazione di tali prescrizioni e indicazioni rispetto alla
fattispecie raffigurata.
Tale fattispecie data da un edificio in cui stato costruito il balcone B e, in una
nicchia, una finestra T.
Le distanze del balcone noi le prendiamo (non da V, ma) da P, cio dal limite estremo
del balcone, tirando una linea orizzontale PQ fino ad incontrare la verticale QR alzata
dalla linea di confine (pertanto la distanza sarebbe mal misurata dalla retta PR
abbassata dal balcone fino alla linea di confine).
Anche per misurare le distanze dalla finestra, noi tireremo una linea orizzontale ut
supra, ma tale linea la faremo iniziare (non dalla finestra, non da T, ma) dalla faccia
esterna del muro, da m.
Fig. 33.- Mettiamo che si debba risolvere la questione se le distanze tra un dato
balcone A e una data costruzione B sono, o no, conformi a legge. Bene, nel caso
dobbiamo preliminarmente stabilire se prima.... nato il balcone A o la costruzione B.
Infatti, se nata prima la costruzione B, dobbiamo fare unicamente applicazione dei
gi visti artt. 905 e 906 (con la conseguenza che una distanza di un metro e 30 potr
essere considerata legittima).
Se, invece, nato prima il balcone. Dobbiamo fare applicazione dellart. 907, con la
conseguenza che non potr essere considerata legittima una distanza inferiore ai tre
metri. La distanza de qua dovr essere osservata anche quando il confinante
costruisca in appoggio al muro in cui si apre la veduta. Per cui, nellesempio fatto,
essendo mn inferiore di tre metri, la costruzione va considerata illegittima.
Suolo. - Si presume comune quello racchiuso nei muri perimetrali. Questo in forza
dellart. 1117. In forza poi (non pi dellart. 1117, ma) dellart. 818, si considerano
comuni (se non risultano pubbliche o di un terzo privato) quelle strisce di terreno che
non raramente fiancheggiano un edificio condominiale (e che di solito sono lasciate
inedificate dal costruttore per rispettare le distanze legali). Pertanto il singolo
condomino che pretendesse un diritto esclusivo su tali strisce di terreno, avrebbe
lonere di darne la prova.
Fig. 34. - Per quanto sopra detto la striscia di terreno ABCDE (che non appartiene n
al fondo M n al fondo N) deve presumersi condominiale.
Sottosuolo. - E lo spazio sottostante al suolo. Siccome questo, come si visto,
comune, anche il sottosuolo deve ritenersi comune (non per lart. 1117, che si
riferisce solo ad una parte, le fondazioni, ma per lart. 840).
Fig. 35. - Sia F che S1 e S2 indicano le cc.dd. fondazioni. Per tali dovendosi
intendere le opere murarie interrate, che sorreggono ledificio. Di queste, alcune,
come F, non sono altro che le prosecuzioni sotto il piano stradale a-b dei muri maestri
e portanti; le altre, sono il risultato dei lavori necessari per raggiungere lo strato R
naturale, compatto e resistente (cos L.Rizzi e V. Rizzi. Il condominio degli
edifici,Bari,s.d.).
La lettera V indica un c.d. vespaio; per tale intendendosi quella parte del sottosuolo,
posta immediatamente sotto il pavimento, che, di solito costituita di particolare
materiale, ha lo scopo di preservare il locale soprastante dalla umidit. Il vespaio,
servendo unicamente al pavimento sovrastante, deve considerarsi (non comune, ma)
di propriet del solo condomino proprietario del pavimento stesso.
Scantinati, seminterrati, intercapedini. - Si ponga mente alla Fig. 36. M indica uno
scantinato cio un locale totalmente al di sotto del livello stradale (cfr. L.Rizzi e
V. Rizzi, Opera cit., p. 231). N indica, invece, un seminterrato, cio un locale che si
trova, s, nel sottosuolo, ma ha la sua parte superiore al di sopra del livello stradale
(per cui pu ricevere aria e luce dalla finestrella R ricavata nel muro perimetrale). P
infine indica una intercapedine, cio uno spazio vuoto che ha la funzione di
proteggere dalla umidit i muri perimetrali.
Mentre le intercapedini si presumono senzaltro comuni (essendo necessarie alluso
comune - art. 1117), gli scantinati e i seminterrati invece si potranno presumere
comuni solo se destinati ad ospitare servizi ed attivit comuni, come la lavanderia e il
riscaldamento.
Muri maestri e di tramezzo. - Fig. 37. AB, CD indicano dei muri maestri; cio dei
muri che, sotto qualsiasi forma e dimensione, servono a sostenere ledificio
condominiale, per cui, senza di essi ledificio stesso non potrebbe reggersi (confr.
L.Rizzi e V. Rizzi, Opera cit., 235). Essi allo stato rustico sono condominiali;
questo per il n.1 art. 1117. Ancora condominiali (ma non pi per il n.1, bens per il
n.3 art. 1117) sono le sovrastrutture delle loro facciate o prospetti esterni (i fregi, le
decorazioni, il cornicione, le mensole, le gronde, i canali per le pluviali.....). Invece,
sono del singolo condomino, lintonaco, le pitture e le altre sovrastrutture di quelle
loro parti, che vengono a formare le pareti interne di un appartamento.
E-F, S-H, I-L, M-N indicano dei muri di tramezzo; cio dei muri interni il cui unico
scopo di dividere lo spazio interno delledificio in pi locali. Essi non sono
condominiali; nel senso che non appartengono a tutti i condomini, anche se nulla
esclude che possano appartenere a due condomini (il che si verifica, ad esempio,
quando separano due appartamenti siti nello stesso piano).
Mentre pacifico che i muri maestri siano comuni, , invece, controverso il
significato da dare a tale espressione (di per s anodina). Secondo alcuni, essa
significa semplicemente che su tutti i condomini gravano le spese della loro
manutenzione; ma non significa per nulla che ogni condomino possa utilizzare ogni
parte delle loro facciate (in tal senso, Visco, Le case in condominio, 1960,p.120), che,
ad esempio, il condomino M possa apporre uninsegna nello spazio P (del muro AB),
che corrisponde allaltezza dellappartamento N. Invece, secondo altri (in tal senso
lopinione di gran lunga prevalente in giurisprudenza, ora anche confortata dalla
recente modifica dellart.1122), ciascun proprietario dei diversi piani pu servirsi, nel
suo interesse, del muro comune, anche nella parte rispondente al piano di altro
proprietario.
Parapetti, gronde, fumaioli, canne di aereazione Fig. 38. I parapetti (P) dei lastrici
solari sono comuni, se i lastrici sono comuni; altrimenti vanno considerati di
esclusiva propriet del singolo condomino a cui il lastrico appartiene (ci che
significa che sul singolo condomino graveranno le eventuali spese della loro
riparazione).
Per, anche quando il lastrico non da considerarsi condominiale, vengono,
condominiali, considerati: i cornicioni (C), le gronde pluviali (a), i doccioni verticali
(d-e); questo forse perch tali elementi servono ad impedire quellinconveniente dello
stillicidio, che tutti i condomini verrebbe a danneggiare.
Quanto ai fumaioli (F) e alle canne di aereazione esse si considerano comuni se
servono dei locali comuni, come ad esempio lappartamento del portiere o le
fognature, mentre negli altri casi si considerano di propriet del condomino (o dei
condomini) ai cui locali servono.
Balconi Di solito i balconi appartengono solo al condomino che li usa (nel senso
che, se occorre ripararli, la relativa spesa ricade su di lui, e che se, andando in rovina,
arrecano danni a terzi, lui che deve risarcirli....).
Per non sempre cos; e ce ne renderemo meglio conto guardando la Fig. 39.
Guardandola infatti, appare subito che il balcone M svolge unutile funzione, non
solo per A (il proprietario dellappartamento al suo livello) a cui permette di
affacciarsi e di prendere aria, ma anche per B (il proprietario dellappartamento
sottostante) a cui d ombra e riparo contro la pioggia: giusto, pertanto, che eventuali
spese di riparazione dello stesso ricadano, non solo su A, ma anche su B. Lo stesso
non pu ripetersi per il balcone N; non gi perch esso non ripari lo spazio sottostante
di C dalle intemperie, ma perch tale spazio C non destinato a soggiorno.
Tetto e suoi annessi Il tetto, com noto, quella struttura che (da sola o con il
lastrici solari) ricopre la sommit di un edificio, garantendolo dalle piogge, nevi e
altre intemperie (cfr. L. Rizzi e V. Rizzi, Opera cit., p. 235). La sua superficie
esterna formata da piani inclinati che si intersecano per formare in alto linee di
displuvio (atte cio a far scivolare lacqua in basso, dove sar convogliata da
appositi canali di gronda negli scarichi verticali).
Il sottotetto quellambiente ricavato sotto il tetto, che serve essenzialmente a
difendere le stanze dellultimo piano dal caldo, dal freddo e dallumidit (cfr.
L.Rizzi e V. Rizzi, Opera citata, ibidem). Esso viene a formare cos una grande
camera daria limitata, in alto dalla struttura del tetto, ed in basso, dal solaio (o
dalle volte o dalle soffittature) che coprono gli ambienti dellultimo piano (confr
sempre L.Rizzi e V. Rizzi, ibidem)
Il sottotetto alcune volte pu essere abitato (e allora diventa una camera a tetto),
altre volte pu solo servire per deposito (si parla allora di soffitta), altre volte,
infine, inservibile sia come deposito sia come abitazione (e allora il c.d. palco
morto).
Lart. 1117 menziona, tra gli elementi di propriet comune, il tetto ma non il
sottotetto; e infatti questo, anche se pu essere (come qualsiasi altro locale
delledificio) comune, molto spesso appartiene ad un unico condomino.
Fig. 40. - Nella figura 40, lo spazio abcd indica il sottotetto, S il solaio cio il
piano di calpestio di questo, e C naturalmente il tetto.
Le finestrelle M e M1 e la particolare inclinazione della falda, indicano che ci
troviamo di fronte ad una mansarda (le mansarde, com noto, sono piani abitabili
ricavati nel sottotetto e che prendono luce e aria da aperture a livello di cornicione).
Lastrico solare e terrazza. - Come il tetto anche il lastrico solare destinato a
copertura delledificio, ma, a differenza del tetto, assumendo una forma pianeggiante,
consente laccesso per lo svolgimento di alcuni servizi dinteresse comune (sciorinare
biancheria ecc.): nella Fig. 41, ab indica un lastrico solare.
La terrazza una sottospecie del lastrico, che, per la maggior ricercatezza delle sue
opere murarie ed accessorie (presenza di parapetti, di ringhiere....) permette ai suoi
proprietari di soggiornarvi.
I lastrici solari (e quindi anche i terrazzi che dei lastrici, si ripete, non sono che una
sottospecie) sono fatti rientrare dallart. 1117 nelle parti che si presumono comuni.
Tale presunzione evidentemente si basa o sullinaccessibilit del lastrico, che gli
permette di svolgere unicamente le funzioni di copertura delledificio (funzioni
egualmente utili, ovviamente, a tutti i condomini) o sulla sua accessibilit comune a
tutti i condomini. Vi sono, per, dei casi in cui ledificio strutturato in maniera da
permettere laccesso al lastrico solo dallappartamento di un condomino. Tipico il
caso delle c.d. terrazze a sole o terrazze a livello, di cui d-e rappresenta un chiaro
esempio: solo il proprietario E in grado di accedere alla terrazza d-e. In tale ipotesi
evidentemente la presunzione di cui allart. 1117 cade e si deve ritenere la propriet
esclusiva sul lastrico del solo condomino, che vi ha la possibilit di accesso.
Nella figura, c indica una tettoia, che come tale di propriet comune, anche se il
sottotetto di propriet del solo F (che solo ha la possibilit di accedervi).
Abbaini e lucernari. - Fig. 42. A indica un abbaino costruito lungo la falda di un tetto.
B indica un lucernario costruito su una terrazza a livello.
Secondo alcuni, abbaini e lucernari, seguono la condizione giuridica della struttura in
cui sono inseriti (se quindi sono inseriti in un tetto o in un lastrico solare, siccome
questi si presumono comuni, anche gli abbaini e i lucernari si debbono presumere
comuni). Secondo altri, invece, abbaini e lucernari sono di propriet esclusiva del
proprietario dei locali a cui danno aria e luce.
Pu dirsi invece pacifico che un condomino possa aprire abbaini e lucernari sul tetto
e lastrico comune senza il consenso degli altri condomini (ma naturalmente nel
rispetto dellart. 1122).
Soffitti, volte, solai Fig. 43. Sono strutture orizzontali poste tra due appartamenti
sovrastanti. Sono costituite da tre parti: 1) il pavimento (indicato dalle lettere a,b); 2) il
solaio, vera propria struttura portante della volta (indicata dalla lettera c); 3) strato di
intonaco (semplice o decorato) che ricopre la superficie inferiore (e che indicato da d).
E larticolo 1125 che stabilisce la ripartizione delle spese di riparazione e rifacimento
delle strutture in oggetto. Facciamo applicazione di tale articolo a un caso un po pi
complicato del solito, in quanto si riferisce ad una fattispecie in cui proprietario del
locale sovrastante (non un singolo condomino, ma) tutto il condominio, mentre
proprietario del locale sottostante un solo condomino, B: abbiamo allora la seguente
ripartizione: 1) spesa del pavimento, a carico di tutti i condomini (compreso B); 2)
spesa del solaio, per met a carico di tutti i condomini (sempre compreso nel loro
numero, B) e per met a carico del solo condomino B; 3) spesa dellintonaco, tutta a
carico di B.
Portoni, androni, scale Fig. 44. La lettera C indica un portone, che, com noto,
linfisso formante una grande porta di chiusura dellaccesso principale alledificio
dalla via pubblica (cos, L.Rizzi e V. Rizzi, in Opera cit., p. 276)
La lettera A indica invece il c.d. androne che quello spazio che deve essere
attraversato per raggiungere, una volta varcato il portone, il cortile interno o le scale
delledificio (cos, sempre L.Rizzi e V. Rizzi, in Opera cit. ibidem)
Fig. 45. Le scale oltre alla funzione (principale) di permettere laccesso ai singoli
appartamenti di abitazione e ai locali destinati (non ad abitazione, ma) ad attivit
particolari (come le cantine, i lavatoi, le soffitte...) - hanno altres la funzione di
permettere laccesso alle strutture di copertura e di protezione delledificio (tetto,
lastrici solari...). Quindi, anche A, pur essendo proprietario unicamente di un
appartamento a pian terreno, deve contribuire alle spese di manutenzione e
rifacimento delle scale (sia pure in misura minore dei condomini proprietari degli
appartamenti sovrastanti) questa mi sembra la pi ovvia interpretazione
dellarticolo 1124.
Fig. 46. - Il proprietario dei due appartamenti, D e C, non pu congiungere tali suoi
due appartamenti, trasformando il pianerottolo PG in un locale della nuova abitazione
cos ricavata. Infatti, cos facendo, impedirebbe a tutti gli altri condomini di servirsi
liberamente della scala PR per accedere al lastrico solare MN (e compiervi le
necessarie opere di manutenzione).
Cortili Sono aree scoperte adiacenti un edificio.
Per lart. 1117 n.1 sono oggetto di propriet comune se necessarie alluso
comune.
Il che con tutta evidenza accade nel caso del cortile abcd (vedi fig. 47) che serve a dar
aria e luce ai locali interni delledificio e non accade nel caso del cortile efgh
antistante alledificio.
Non peraltro detto che un cortile, che svolge la funzione di dare aria e luce ai locali
interni di un edificio, sia necessariamente di propriet comune; potrebbe benissimo
essere di propriet esclusiva di un condomino - il che non deve stupirci: non abbiamo
visto che un lastrico solare, pur continuando a svolgere (a favore di tutto il
condominio) la funzione di riparo e protezione dalle intemperie, pu essere di
propriet esclusiva di un solo condomino? Pu anche essere che un cortile sia
funzionalmente destinato a servire solo un gruppo di condomini. Ad esempio, il
cortile abcd rappresentato nella figura 48 destinato a servire solo i condomini del
settore M e non quelli del settore N.
Di conseguenza le spese di manutenzione (ma non quelle di rifacimento e
riparazione!) saranno a carico solo dei condomini di M. Ci nonostante i condomini
di N avranno diritto di passare nel cortile M, ancorch possano godere dellautonomo
accesso mn alla via pubblica (il che non deve stupire: forse che gli appartamenti
dellala A servita dalla scala a, non possono servirsi della scala b che serve lala B?!
(Naturalmente in un caso simile sar molto importante stabilire e la cosa non sar
facile! - se A e B sono settori di uno stesso edificio o due edifici autonomi: infatti in
questo secondo caso i condomini di N, da una parte, non dovranno provvedere alle
spese di riparazione e rifacimento del cortile abcd, dallaltra, neanche potranno
accedervi se non titolari di un vero e proprio diritto di servit).
Stabilire se un cortile , o no, in compropriet importante anche ai fini di di stabilire
la possibilit di aprire su di esso delle vedute. Si ponga mente alla Fig. 49. Se il
condomino delledificio M vuole sopraelevare e aprire nel nuovo appartamento un
balcone A, lo potr fare senzaltro se il cortile mn di propriet comune, se invece
di propriet esclusiva di un condomino (o di un terzo) lo potr fare solo acquistando
da questo un diritto di servit.
APPENDICE