Vous êtes sur la page 1sur 42

Capitolo primo

La famiglia e il diritto

Premessa
Nell'ordinamento attuale il termine famiglia non designa unentit separata , ma riferito ad una pluralit di
relazioni, la cui natura familiare data dalla sussistenza di vincoli di varia natura: giuridici, come il
matrimonio, l'affinit e l'adozione; giuridici e biologici come la filiazione legittima o naturale riconosciuta e
la parentela; meramente biologici, come la filiazione non riconosciuta.
La vigente normativa individua pertanto una pluralit di modelli familiari tipici, tutelati giuridicamente. In
primo luogo quello tradizionale di famiglia fondata sul matrimonio (f. nucleare, quella riferita alla coppia e
figli, e f. allargata, riferita a parenti e affini). In secondo luogo la famiglia di fatto, intesa quale convivenza di
due partners ed eventuali figli naturali; ancora la famiglia ricomposta in cui i partners, coniugati e conviventi
di fatto coabitano con i figli nati da precedenti relazioni; infine la famiglia monoparentale, in cui un solo
genitore convive con i figli.
Possiamo dire che il diritto di famiglia, quindi, quell'insieme di norme giuridiche che disciplina queste
relazioni. Queste norme appartengono a molteplici settori dell'ordinamento: al diritto privato, al d.
costituzionale, penale, processuale civile e penale, ecclesiastico, tributario, del lavoro, amministrativo. Sono
comprese inoltre norme di ordinamenti diversi da quello statale, quali il canonico, l'internazionale ed il
comunitario.
Altre discipline scientifiche come la sociologia, la statistica la psicologia, sono interessate dalle relazioni
familiari.
L'ordinamento ha adottato, nel corso del tempo, differenti politiche per regolamentare le relazioni familiari.
L'intento principale stato quello di garantire la stabilit della convivenza della famiglia. Questo obiettivo ha
imposto per,nel passato, l'adozione di regole rigide, quali, ad esempio, l'indissolubilit del matrimonio, la
disuguaglianza tra i coniugi e la discriminazione della filiazione fuori dal matrimonio. Questi principi hanno
caratterizzato il vecchio ordine familiare, quale era ancora quello del codice civile del 1942, sino alla riforma
del 1975. In quel contesto il diritto non dava molta rilevanza ai sentimenti e agli affetti, bens al potere e alla
soggezione. Nel sistema tradizionale non si poteva impugnare il matrimonio neppure per malattie fisiche e
psichiche, anomalie sessuali, situazioni di gravi precedenti penali. Il punto principale era l'indissolubilit del
vincolo matrimoniale vigente sino al 1970 (Legge n.898, che consentiva lo scioglimento solo in casi
determinati). Il matrimonio era una realt istituzionale, che non poteva essere messa mai in discussione dagli
sposi, neppure se concordi e senza figli. Negli anni sessanta si assistito ad una trasformazione sociale dove la
moglie ha maturato sicurezze e responsabilit fuori dalla famiglia, i figli una loro progressiva autonomia. In
breve, i vincoli di soggezione si sono allentati , per fare posto alle libere scelte, sino ad arrivare al divorzio,
all'eguaglianza tra i coniugi e alla parit tra i figli legittimi e naturali.
Come si detto, il diritto di famiglia ha subito molti cambiamenti nel corso degli anni ed quindi opportuno
ripercorrerne l'evoluzione, partendo dalla codificazione napoleonica.

Il codice napoleonico
Il codice civile francese del 1804 ha regolato organicamente l'intero diritto di famiglia che, nonostante
profondi mutamenti dei motivi ispiratori giunto sino ad oggi.
Il matrimonio civile era l'unica forma di unione personale. Il marito doveva proteggere la moglie ed essa
obbedire al marito. Essa inoltre era obbligata ad abitare col marito e seguirlo sempre. Egli era obbligato a
tenerla sempre presso di s e darle tutto ci che era necessario ai bisogni della vita, in proporzione alle sue
possibilit. La donna nulla poteva donare o acquistare senza il suo permesso, fatta eccezione per quella che
esercitava la mercatura, che era libera solo negli acquisti concernenti la sua attivit.
La condizione di totale sottomissione della donna molto evidente.
Il codice napoleonico disciplinava lo scioglimento per divorzio, che poteva essere pronunziato solo dal marito
per adulterio della moglie, mentre essa poteva domandare il divorzio per adulterio del marito solo se la sua
concubina dimorasse nella casa comune. Era inoltre possibile chiedere il divorzio (art. 233) se si riusciva a
provare che la vita in comune era insopportabile. Il codice disciplinava anche la separazione personale per
coloro che, per motivi religiosi, non volevano sciogliere il vincolo. Non era ammessa per la separazione
consensuale. Con la caduta di Napoleone e la Restaurazione il divorzio fu soppresso.
In materia di filiazione, il codice stabiliva che il figlio concepito durante il matrimonio aveva per padre il
marito. Il padre poteva disconoscere la paternit solo se riusciva a provare di essere stato impossibilitato
fisicamente a coabitare con la moglie dal 300 al 180 giorno prima della nascita. Il marito doveva agire entro
un mese dalla nascita del figlio ed entro due mesi se era stato lontano da casa al momento della nascita. Era
prevista la facolt di riconoscimento dei figli naturali.
L'adozione aveva soprattutto la funzione di fornire un erede a chi non ne aveva. Poteva adottare solo chi aveva
compiuto 50 anni ed era senza figli. L'adottato doveva avere comunque la maggiore et ed aveva, sull'eredit
dell'adottante gli stessi diritti dei figli legittimi al momento dell'adozione. Nel sistema del codice, il figlio era
soggetto all'autorit dei genitori sino alla maggiore et. Il figlio non poteva abbandonare la casa paterna senza
il permesso del padre. Il padre, inoltre, per gravissimi motivi, poteva farlo anche arrestare.
Il codice attribuiva diritti successori solo ai figli legalmente riconosciuti. I figli naturali riconosciuti erano
chiamati a concorrere all'eredit del padre e della madre, ma solo nella misura di 1/3 rispetto ai figli legittimi.
Il regime patrimoniale della famiglia napoleonica era quello della comunione.
Il codice napoleonico ebbe vasta applicazione nell'Europa continentale ed in parte anche in Italia.

Il codice dell'Unit
Il codice civile unitario, entrato in vigore nel 1865, fu molto condizionato dal codice napoleonico ed infatti si
ritrova ancora in esso la netta disparit di condizione tra uomo e donna.
Il dato di maggiore rilievo del nuovo codice fu l'introduzione del matrimonio civile. Il marito era sempre il
capo della famiglia e la moglie, oltre ad essere obbligata ad accompagnarlo ovunque lui ritenesse opportuno
fissare la propria residenza, assumeva il cognome del marito, cosa invece non prevista nel codice napoleonico.
Anche con il codice unitario la moglie non poteva donare, contrarre mutui, cedere capitali, senza
l'autorizzazione del marito. La morte di uno dei coniugi era la sola ragione di scioglimento del vincolo
matrimoniale. Era ammessa la separazione personale per colpa, cio per violazione dei doveri matrimoniali. Il
marito, come al solito, era agevolato, poich si riconosceva a lui la colpa solo se la sua concubina dimorava in
casa. Il tribunale decideva a chi affidare i figli.
Per la filiazione, il marito era riconosciuto padre di tutti i figli nati durante il matrimonio. Non potevano essere
riconosciuti figli adulterini e figli incestuosi, ma nel caso di figli naturali riconosciuti, il genitore era tenuto a
mantenerli, educarli ed istruirli. La ricerca della paternit era molto limitata ed al figlio non era ammesso fare
indagini sulla maternit e sulla paternit.
In famiglia netta era la supremazia maschile. La legge obbligava il figlio di qualunque et di onorare e
rispettare i genitori. Il figlio non poteva abbandonare la casa senza consenso del padre. Il padre rappresentava i
figli ,ne amministrava i beni e ne aveva anche l'usufrutto sino alla loro maggiore et. In caso di morte del
padre, l'usufrutto passava alla madre.
Il codice unitario adottava come regime legale dei beni quello della separazione. La dote della moglie per, era
amministrata dal marito ma egli non ne poteva disporre. Nelle successioni dei genitori, i figli naturali erano
ammessi solo se riconosciuti, ma avevano diritto alla met della quota che sarebbe loro spettata se figli
legittimi.

Il codice del 1942


Il codice del 1865 rimase pressoch immutato sino alla promulgazione del codice del 1942.
Nel periodo di transizione, la prima novit riguard l'abolizione dell'autorizzazione maritale, avvenuta nel
1919. Altro evento di rilievo fu l'introduzione di una nuova formula matrimoniale a seguito del Concordato
del 1929 fra lo Stato italiano e la Santa Sede.
L'art. 34 introdusse una forma matrimoniale complessa: il matrimonio celebrato dal ministro del culto
cattolico ed regolato integralmente dal diritto canonico, ma acquista effetti civili a seguito della trascrizione
dell'atto nei registri della stato civile.
Il Concordato prevedeva che giudice della validit del vincolo fosse soltanto quello canonico, le cui decisioni
avevano riconoscimento nella sfera civile. Oggi, con le modificazioni introdotte nel 1984, la materia regolata
in modo da consentire una maggiore ingerenza agli organi giurisdizionali dello Stato.
Il codice del '42 risentiva molto del clima del periodo fascista. Si privilegiava la famiglia a discapito del
singolo, enfatizzando peraltro i profili dell'autorit all'interno della stessa.
Il matrimonio era indissolubile e, nell'ambito dei diritti e doveri nella famiglia, si segnalava la norma dell'art.
144, intitolata potest maritale, secondo la quale il marito era capo della famiglia, la moglie seguiva la
condizione civile di lui, ne assumeva il cognome e doveva seguirlo ovunque lui ritenesse opportuno. La
moglie non poteva lavorare senza il consenso del marito, come non poteva avere una propria vita sociale.
Questa disparit la si notava anche nella eventuale colpa per separazione, poich si rifaceva al cod.
napoleonico. Bisogna precisare, per, che anche se la moglie doveva seguire il marito nella residenza da lui
scelta, l'art 153 le permetteva di chiedere la separazione se il marito non avesse scelto una residenza
conveniente alla sua condizione economica. Il coniuge colpevole aveva diritto solo agli alimenti.
In materia di rapporti patrimoniali c'era la separazione dei beni.
Ai coniugi era permesso di regolare gli effetti patrimoniali attraverso una convenzione. Il codice disciplinava
la comunione convenzionale. Si trattava di comunione degli utili e degli acquisti, ed essa era rappresentata dal
godimento di beni mobili ed immobili presenti e futuri dei coniugi e degli acquisti fatti durante il matrimonio,
tranne quelli derivanti da donazione o successione.
In regime di filiazione perdurava la disparit tra fil. legittima e quella naturale. Intanto, il codice privilegiava
la presunzione di legittimit dei figli nati durante il matrimonio. Il marito poteva disconoscere il figlio in casi
rarissimi (assente dal 300 al 180 giorno prima della nascita). Fra la verit naturale e la stabilit della famiglia
si privilegiava quest'ultima, a conferma di quanto detto prima. I figli adulterini non potevano essere
riconosciuti se non procreati prima del matrimonio o riconosciuti dopo la morte di un coniuge. In presenza di
altri figli legittimi, ci poteva avvenire solo con decreto reale e solo con la maggiore et di questi ultimi.
L'adozione era permessa a chi avesse superato i 50 anni, privo di figli legittimi.

Il diritto di famiglia nella Costituzione


Il sistema del cod. del '42 era lontano dai principi di eguaglianza giuridica e morale gi presente nella
Costituzione (art. 29 e 30), anche se essa era stata elaborata pi o meno in quegli anni. Bisogna dire che il
codice cercava di legittimare pi la famiglia che il singolo coniuge. Alla preparazione della Costituzione
,invece, molti furono i motivi che crearono discordanze fra le varie forze politiche che parteciparono alla sua
stesura. I cattolici volevano il riconoscimento dello Stato di una famiglia come unit naturale e fondamentale
della societ. I laici, invece, si opponevano a quest'unico modello di famiglia.
La formula poi introdotta fu quella dell'eguaglianza morale dei coniugi nel matrimonio ( art. 29, secondo
comma), con i limiti stabili dalla legge a garanzia dell'unit familiare.
Era sempre viva per la supremazia del marito come capo famiglia.
Molto si discusse sulla indissolubilit del matrimonio, che non pass per soli 3 voti. Si discusse molto anche
dei figli nati fuori dal matrimonio, che la legge cerc di proteggere assegnando loro ogni tutela giuridica e
sociale,compatibile per con i diritti della famiglia.
Molto raramente per la famiglia era messa in disparte nel rapporto figli-genitori, per essere sostituita da altri
organi dello Stato. L'ordinamento perci era fortemente impegnato nella tutela della famiglia.
Con l'art 31, comma 2 Cost. erano protetti la maternit, l'infanzia e la giovent e con esso si ponevano le basi
alla realizzazione degli obiettivi di politica sociale che hanno fortemente segnato il vigente ordinamento.
La definizione di famiglia, quindi, esclude ogni altra relazione che non sia unita dal vincolo matrimoniale a
discapito della famiglia di fatto. Gi da tempo, per, abbiamo visto che si ritenuto opportuno estendere le
stesse garanzie offerte alle famiglie legittime anche a quelle di fatto, poich quest'ultima si presenta come
formazione sociale nella quale i conviventi svolgono la propria personalit (art. 2 Cost).
La riforma del diritto di famiglia
Verso la fine degli anni settanta, anche su invito della Corte costituzionale, si sentiva la necessit di attuare
una radicale riforma della disciplina codicistica del diritto di famiglia. Il percorso legislativo non fu breve e
giunse a compimento solo il 19/05/75 con la legge 151 che innovava integralmente la materia.
Bisogna ricordare che gi era stata approvata una nuova legge sull'adozione, che innovava alcuni elementi gi
presenti nel codice. Allo stesso tempo, per, creava il nuovo istituto dell'adozione speciale, riservata a coniugi
uniti in matrimonio da almeno 5 anni, non separati neppure di fatto, con riferimento a minori con meno di 8
anni, dichiarati in stato di adattabilit. Con l'adozione ,l'adottato prende il cognome degli adottanti ed acquista
lo stato di figlio legittimo.
Altra importantissima legge da menzionare quella dello scioglimento del rapporto.
La riforma del diritto di famiglia ha totalmente innovato la disciplina della famiglia. Valorizzata la volont di
coniugi all'atto della celebrazione del matrimonio (art. 122 e 123 c.c.), crea la parit nei poteri familiari (art.
143, 144, 145, 1447 c.c.).
Svincolata la separazione personale dal principio della colpa, l'art. 151 c.c. prevede tra le cause " fatti
importanti da rendere intollerabile la prosecuzione del rapporto o da recare grave pregiudizio all'educazione
della prole".
Nei rapporti patrimoniali, la riforma ha introdotto la comunione dei beni e regolato l'impresa, per valorizzare il
lavoro svolto dalla donna all'interno del nucleo familiare o nell'impresa del coniuge.
Equiparate filiazione legittima e naturale (art. 261 c.c.), anche in sede successoria, viene eliminato il divieto di
riconoscimento dei figli adulterini (art. 253).

Verso un nuovo diritto di famiglia


Come si notato, con la riforma del '75, i diritti del singolo hanno avuto una protezione maggiore rispetto alle
ragioni dell'istituto familiare in s. Questa stata poi la tendenza creatasi .Con la l. n. 74 del 1987, per
esempio, il periodo della separazione passato da 5 (o addirittura 7 anni, in caso di opposizione dell'altro
coniuge) a 3 anni. Ad ottobre si anche discussa la possibilit di accorciare il periodo ad un solo anno, ma la
proposta non passata.
Importanti anche le recenti disposizioni (art. 154 c.c.) in caso di violenza familiare con l'allontanamento del
coniuge o convivente responsabile.
Nella famiglia coniugale, per assicurare una maggior tutela nei riguardi del coniuge economicamente pi
debole, sono impediti atti di disposizione del coniuge proprietario relativamente alla casa coniugale e ai beni
indispensabili per la convivenza familiare. In relazione ai rapporti patrimoniali si proposto di semplificare o
abrogare la comunione legale.
In tema di filiazione da pi parti auspicata una regolamentazione della fecondazione assistita della famiglia
ricomposta. Sono sempre maggiori gli strumenti di tutela nei riguardi dei minori, con riguardo ai
comportamenti dei genitori.
Il diritto non pone regole nella stabilit della famiglia, ma il diritto dei genitori non pu compromettere quello
dei figli. Notiamo, cos, sempre maggiore attenzione verso i minori, ai loro bisogni, ai loro diritti.
La Convenzione O.N.U. del 1989 il momento pi significativo di questa tendenza e predispone uno statuto
dei diritti del fanciullo.
Molto importante l'affermazione del suo diritto a partecipare in prima persona alla propria formazione ed
alle scelte che lo riguardano. Inoltre ,nella procedura di separazione dei genitori, pu partecipare e far
conoscere la sua opinione(art.9,comma 2).In generale, poi, l'art. 12 stabilisce il diritto del fanciullo di
esprimere la sua opinione in ogni questione che lo interessa. Si assicura, in tal modo, la comunicazione e
l'interazione tra figli e genitori.
Altrettanto innovativa la Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti dei bambini (Strasburgo 1996),firmata
ma non ancora ratificata in Italia, che riconosce al minore, dotato di sufficiente capacit di discernimento, il
diritto di ricevere ogni informazione, di essere consultato, di esprimere le proprie opinioni e di essere
informato sulle conseguenze della messa in pratica delle sue opinioni, in ogni procedimento che lo interessi
personalmente.
Tante le nuove leggi approvate negli ultimi anni. Da mettere in risalto la l. n. 269 del 3 agosto 1998 contenente
norme contro lo sfruttamento della prostituzione, pornografia e turismo sessuale in danno di minori, quali
nuove forme di riduzione in schiavit e la legge n. 154 dell'aprile 2001, contenente misure contro la violenza
nelle relazioni familiari.
In Italia ,negli ultimi tempi, si discute in sede parlamentare dell'affidamento dei figli.
Si vuole generalizzare l'istituto dell'affidamento congiunto, col presupposto che il minore ha diritto a
mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con i due genitori e a ricevere cura, educazione e istruzione
da ciascuno di essi, anche dopo la loro separazione personale, lo scioglimento, la cessazione degli effetti civili
del matrimonio.

Capitolo secondo

Il matrimonio

Premessa
Secondo l'art.29 della Cost. e secondo una tradizione culturale tuttora radicata, il matrimonio il fondamento
della famiglia.
Nel nostro Paese questo modello tradizionale il pi diffuso ed il pi regolato dalla legge, anche se da tempo
sono conosciute realt di convivenza familiare senza matrimonio.
Secondo una matrice canonistica, il termine matrimonio di significato bivalente. Il vocabolo designa, in
primo luogo, l'atto che lo fa va venire ad esistenza, che officiato dall'ufficiale dello stato civile, secondo le
regole del codice civile o dal ministro del culto cattolico, secondo le leggi speciali in materia, oppure dai
ministri dei culti ammessi nello Stato. Lo stesso termine matrimonio designa anche il rapporto che si instaura
tra gli sposi a seguito della celebrazione.
Il matrimonio-atto viene configurato come un negozio bilaterale, "puro" poich non possono essere poste
delle condizioni, e "solenne" perch rappresenta una manifestazione della volont. Con riferimento al
matrimonio-rapporto possiamo definirlo come "comunione spirituale e materiale tra i coniugi".
E' necessario ricordare che dal matrimonio scaturiscono i vincoli di parentela che producono molteplici effetti
regolati dalla legge.

La promessa di matrimonio
Secondo la giurisprudenza la promessa di matrimonio (artt. 79-81 c.c.) si identifica, alla stregua del costume
sociale, nel cosiddetto fidanzamento ufficiale. Dobbiamo ricordare per, che l'art.79 c.c. sancisce la non
vincolativit della promessa di matrimonio.
Tuttavia la promessa di matrimonio produce alcuni e limitati effetti giuridici, quali la restituzione dei doni e il
risarcimento dei danni, regolati rispettivamente dagli artt.80 e 81 del c.c..
Il codice prevede che il promittente possa chiedere la restituzione dei doni purch dopo la promessa sia
mancata la celebrazione del matrimonio e sussista un nesso di causalit tra doni e promessa.
I doni modici non vanno restituiti se la condizione economica del donatore non modica.
I doni suscettibili di restituzione vanno distinti dalle donazioni obnuziali previste dall'art. 785 c.c., che si
configurano come vere e proprie donazioni.
I doni fatti per manifestare affetto e sono dunque dettati da sentimenti affettivi, non si restituiscono. Quelle
donazioni, invece, che produrrebbero effetto in seguito alle nozze e sono fatte in vista della futura convivenza
coniugale, avendo la funzione di contribuire alla formazione del patrimonio della famiglia, si restituiscono.
La domanda di restituzione va proposta entro un anno dal giorno in cui s' avuto il rifiuto di celebrare il
matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti.
Per ci che concerne il risarcimento dei danni, l'obbligo risarcitorio sorge se il promittente, senza giusto
motivo ricusi di eseguire la promessa o con la propria colpa abbia dato valido motivo al rifiuto dell'altro. Per
la giurisprudenza, motivi validi per ricusare la promessa sono il fallimento o la perdita del lavoro di un
promittente, che non si sente pi in grado di affrontare la formazione della nuova famiglia.
Il danno risarcibile circoscritto alle spese fatte a causa della promessa di matrimonio, quali ad esempio
quelle di viaggio, di preparazione della cerimonia nuziale, di acquisto di beni destinati ad essere utilizzati
soltanto in occasione del matrimonio.

Le condizioni per contrarre matrimonio


Il codice civile, agli artt. 84-90, enuncia le condizioni necessarie per contrarre matrimonio e la loro mancanza
di regola motivo di invalidit. Ci sono ulteriori presupposti che debbono sussistere, ai quali la legge non si
riferisce espressamente nell'elencare le condizioni necessarie per contrarre matrimonio.
Il matrimonio, infatti, presuppone la diversit di sesso tra gli sposi, lo scambio del consenso, la forma. La
dottrina distingue tre categorie di requisiti per contrarre matrimonio: quelli necessari per l'esistenza giuridica
dell'atto, quelli prescritti come condizione di validit del matrimonio (impedimenti dirimenti), quelli che ne
condizionano la semplice regolarit (impedimenti impedienti). Gli impedimenti sono dispensabili, se possono
essere rimossi con autorizzazione giudiziale, o non dispensabili.
Con la riforma del '75 l'et minima per entrambi i nubendi di 18 anni. In casi eccezionali, ai sensi dell'art.
84, comma 2 c.c., il tribunale per i minorenni, su istanza dell'interessato, accertata la sua maturit psicofisica
e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, pu ammettere, per
gravi motivi, al matrimonio chi abbia compiuto i 16 anni. I gravi motivi vanno intesi non come le ragioni che
inducono a celebrare il matrimonio (per es. una gravidanza), ma come le ragioni che inducono ad anticiparlo,
risultando apprezzabilmente pregiudizievole per i minore l'attesa fino alla maggiore et. I gravi motivi non
debbono essere valutati per il male che potrebbe ricadere sul minore se il matrimonio non fosse autorizzato,
ma per il bene che dal matrimonio potrebbe derivare alle parti.
A norma dell'art.85 c.c., l'interdetto per infermit di mente non pu contrarre matrimonio e questa norma
risiede nell'esigenza di proteggere l'incapace.
L'ordinamento italiano osserva il principio monogamico, per cui l'art. 86 c.c. stabilisce che non pu contrarre
un matrimonio chi sia ancora vincolato ad un precedente matrimonio. E' questa la libert di stato. Il divieto
risponde ad esigenze di ordine pubblico e vincola anche lo straniero la cui legge nazionale consenta una
pluralit di coniugi. La violazione del divieto, oltre alla nullit del secondo matrimonio, comporta anche la
sanzione penale per il delitto di bigamia.
Per ci che concerne la parentela, l'art. 87 c.c. attribuisce rilievo impeditivo ai legami derivanti da
consanguineit, affinit, adozione o affiliazione. La parentela, anche naturale, in linea retta all'infinito e in
linea collaterale di secondo grado - fratelli e sorelle germani, consanguinei o uterini - d luogo ad impedimenti
non dispensabili.
La parentela di terzo grado in linea collaterale - zio/a e nipote - invece dispensabile. L'impedimento
derivante da affinit che sorge tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge - suocero e nuora, suocera e genero,
cognato e cognata - dispensabile. Per l'impedimento da adozione vanno ricordati i numeri 6 e 9 dell'art. 87 e
riguardano l'adozione civile dei maggiori d'et. Nel caso di adozioni di minori, dove l'adottato acquista lo stato
di figlio legittimo, valgono i divieti dei figli.
L'art.88 c.c. riguarda il divieto di celebrare matrimonio tra persone delle quali l'una sia stata condannata per
omicidio o tentato omicidio sul coniuge dell'altra. Deve trattarsi per di omicidio o di tentato omicidio
volontario e resta esclusa l'ipotesi colposa.
L'art. 89 c.c. fissa il divieto temporaneo di nuove nozze, per assicurare l'attribuzione certa della paternit ed
evitare cos possibili conflitti. Pertanto, la donna prima di contrarre un nuovo matrimonio, deve attendere che
siano trascorsi 300 gg. dalla morte del precedente coniuge o dal passaggio in giudicato della sentenza di
divorzio e di cessazione degli effetti civili o di annullamento del precedente matrimonio.
In tre casi il divieto di nuove nozze non opera: 1) se il matrimonio dichiarato nullo per l'impotenza, anche
soltanto di generare, di uno dei coniugi; 2) quando il matrimonio stato sciolto per inconsumazione; 3) se lo
scioglimento del matrimonio stato pronunciato per separazione personale protrattasi per oltre tre anni.
L'impedimento pu essere dispensato con provvedimento del tribunale quando sia inequivocabilmente escluso
lo stato di gravidanza o se risulti, da sentenza passata in giudicato, che il marito non abbia convissuto con la
moglie nei 300 gg. precedenti lo scioglimento del matrimonio. Bisogna ricordare per, che l'impedimento, in
base alla classificazione sopra ricordata, soltanto impediente; se, nonostante il divieto, le nozze vengano
celebrate, sono valide anche se i coniugi e l'ufficiale dello stato civile intervenuto alla celebrazione
incorreranno nella sanzione pecuniaria di cui all'art. 140 c.c..

Le formalit preliminari del matrimonio: la pubblicazione


Il matrimonio deve essere di regola preceduto dalla pubblicazione, che consiste nell'affissione alla porta della
casa comunale, per la durata di almeno 8 giorni, di un atto contenente i dati dei futuri sposi. Ci affinch sia
data a terzi la possibilit di opposizione e per accertare l' esistenza di impedimenti al matrimonio. La
mancanza della pubblicazione non consente la celebrazione del matrimonio, che deve essere celebrato dal 4
giorno dopo la fine della detta pubblicazione ed entro i centottanta giorni. Per gravi motivi il tribunale pu
ridurre i tempi della pubblicazione e in caso di morte imminente di uno degli sposi addirittura essa pu
mancare.
L'omissione della p., in tutti i modi, non invalida il matrimonio, ma prevista in tal caso un'ammenda di cui
all'art. 134 c.c.

Le opposizioni al matrimonio
Legittimati a proporre l'opposizione al matrimonio, che da luogo a un procedimento contenzioso davanti al
tribunale, sono i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti e i collaterali di terzo grado. Compete al curatore
e al tutore in caso di curatela o tutela. La causa di opposizione costituita anche da un precedente
matrimonio(la legittimazione spetta al coniuge del nubendo) o anche dal divieto di nuove nozze( la
legittimazione spetta ai parenti del precedente marito).In caso di matrimonio nullo, a colui col quale era stato
contratto il detto matrimonio e ai suoi parenti.

La celebrazione del matrimonio


Ai sensi dell'art. 106 c.c. il matrimonio deve essere celebrato pubblicamente nella casa comunale, davanti
all'ufficiale dello stato civile, dove gli sposi hanno richiesto la pubblicazione. Se uno degli sposi, per
infermit o gravi motivi, non pu recarsi alla casa comunale ,il matrimonio si celebra in altra sede, ma col
doppio dei testimoni. Per motivi simili, il matrimonio pu essere celebrato in altro comune.
Per l'art. 107 c.c. la formula del matrimonio prevede:
la lettura da parte dell'ufficiale di stato civile degli artt. 143, 144, 147 c.c. sui diritti e doveri dei coniugi, la
dichiarazione di volersi prendere in sposi, e la dichiarazione dell'ufficiale che i due sono uniti in matrimonio.
Da questo momento si riproducono gli effetti legali sui due, che sono oramai coniugi.
Subito dopo l'uff. di stato civile compila l'atto di matrimonio, nel quale devono essere riportate le
dichiarazioni di eventuali riconoscimenti o la legittimazione di figli naturali, o la relativa scelta del regime
della separazione dei beni.
Il matrimonio pu essere anche celebrato per procura. Esso ammesso, in tempi di guerra, ai militari o alle
persone al seguito delle forze armate.

Le singole cause di invalidit del matrimonio


Le invalidit matrimoniali trovano la loro disciplina nella sezione sesta, intitolata "Della nullit del
matrimonio" (artt. 117-129 bis c.c.).
La riforma del '75 ha valorizzato e privilegiato molto le ragioni del singolo rispetto alla stabilit del
matrimonio, ragion per cui si sono notevolmente allargate le cause di invalidit del matrimonio.
E' opportuno precisare che la legge non fa alcun richiamo alla inesistenza del matrimonio. Stesso discorso per
la dottrina e la giurisprudenza, se non in casi estremi(la mancata celebrazione ,per esempio, il mancato
consenso delle parti).
La titolazione della sezione sesta, "Della nullit del matrimonio" raggruppa tutte le ipotesi di invalidit.
Nell'ambito delle norme ivi contenute. Il legislatore non usa mai il termine nullit, ma nel regolare le invalidit
, parla, a volte, di impugnabilit del matrimonio, oppure di azione di annullamento del matrimonio.

Le invalidit derivanti da assenza delle condizioni per contrarre matrimonio


La mancanza di libert di stato.
L'art 86 c.c. prescrive che non pu contrarre matrimonio chi vincolato da matrimonio precedente. Non
certamente valido il matrimonio celebrato dal coniuge dell' assente. Il matrimonio per non pu essere
impugnato finch dura l'assenza e solo con il ritorno dell'assente viene fatta valere la nullit.
Il coniuge del presunto morto, al contrario, riacquista la libert di stato e pu validamente celebrare un nuovo
matrimonio. Se, per, il presunto morto ritorna o ne accertata l'esistenza in vita, il matrimonio nullo. Deve
essere, per, impugnato, altrimenti conserva la sua validit.

I vincoli di parentela, adozione, affinit e l'impedimento per delitto.


L'art. 87 c.c. invalida il matrimonio contratto se c' vincolo di parentela, con il divieto di ordine pubblico
dell'incesto.
Bisogna distinguere per se l'impedimento sia dispensabile o meno. Nel primo caso l'azione non pu essere
proposta trascorso un anno dalla celebrazione del matrimonio; nel secondo caso, invece, l'invalidit
insanabile e non prescrittibile.
Anche il matrimonio celebrato nell'inosservanza dell'impedimento da delitto previsto dall'art. 88 c.c. nullo e
detta nullit insanabile ed imprescrittibile.

Il difetto d'et.
IL matrimonio contratto da chi non ha compiuto i 18 anni (o 16 non autorizzato dal tribunale per i minorenni)
pu essere impugnato dai coniugi, da ciascuno dei genitori e dal pubblico ministero.

IL matrimonio dell'interdetto
L'art. 119 del c.c. prevede che il matrimonio di chi stato interdetto per infermit di mente possa essere
annullato a richiesta del tutore, del p.m. e di tutti coloro che abbiano un interesse legittimo. L'infermit per
deve, in ogni caso, preesistere prima del matrimonio.

Il matrimonio dell'incapace naturale


In base all'art. 120 c.c. pu essere impugnato un matrimonio quando uno dei due coniugi incapace di
intendere o di volere al momento della celebrazione del matrimonio. Se l'altro coniuge ne ignora l'incapacit,
potr in seguito esercitare azione di annullamento per errore.
Lo stato di incapacit ,tuttavia, deve essere accertata tramite consulenza tecnica.
L'azione non pu essere proposta se vi stata coabitazione per un anno dopo che il coniuge incapace abbia
recuperato la pienezza delle facolt mentali.

Le invalidit derivanti da vizi del consenso


L'art. 122 c.c. indica come cause di annullabilit del matrimonio la violenza, il timore e l'errore.

La violenza
La violenza sia morale che fisica una mancanza assoluta del consenso. Essa deve essere per effettiva e non
presunta. La violenza pu essere esercitata o dall'altro sposo o da terzi, e in questo caso pu essere ignorata
dallo sposo. La minaccia pu consistere non solo nella lesione dell'integrit fisica, ma anche dell'integrit
morale, come l'onorabilit e la reputazione. Legittimato all'impugnazione solo il coniuge il cui consenso
stato estorto con violenza.

Il timore
Col termine di timore si intende l'impulso psicologico che la percezione di un pericolo esercita sulla persona.
Il timore che ha determinato il consenso rilevante solo, per, se assume carattere di eccezionale gravit
derivante da cause esterne.
La causa esterna pu consistere sia in un comportamento umano, sia in una situazione oggettiva. Il primo
quando una persona sposa un'altra per non dispiacergli; il secondo scaturisce da interne rappresentazioni
mentali dello sposo e non trova giustificazioni in ragioni esterne oggettive.
Pu capitare che nel matrimonio il nubendo abbia accettato l'atto non per imposizione, ma per paura di quello
che sarebbe potuto accadere se il matrimonio non si fosse celebrato. Il nubendo, cio, ha scelto il male
minore.

L'errore
Introdotto dalla riforma del '75 l'errore da intendersi non nello scambio di persona ,ma nell'errore essenziale
sulle qualit dell'altro coniuge.
L'errore essenziale, per essere causa invalidante deve ricadere nelle ipotesi di: 1) l'esistenza di una malattia
fisica o psichica o deviazione sessuale, tale da impedire lo svolgimento della normale vita coniugale
( sieropositivit, sclerosi a placche, psicosi maniaco-depressive. Anche l'impotenza rientra, ma solo se non
conosciuta dall'altro e deve essere perpetua);
2) l'esistenza di una condanna, per reato non colposo, con reclusione non inferiore a 5 anni,se non riabilitato
prima del matrimonio.(La sentenza deve essere definitiva );
3) la dichiarazione di delinquente abituale;
4) la condanna per prostituzione a non meno di 2 anni;
5) lo stato di gravidanza provocato da altra persona. (questa ipotesi, in realt, configura una falsa
rappresentazione della realt e l'azione di annullamento deve essere esercitata solo se vi stato
disconoscimento di paternit).

La simulazione
Per simulazione si intende la decisa volont dei nubendi, gi prima del matrimonio, di escludere la loro societ
coniugale una volta sposati, e dar vita ad una sola apparenza di vita matrimoniale. Generalmente lo si fa per
acquistare una cittadinanza, oppure per assicurare alla donna una adeguata sistemazione economica, oppure
ottenere l'autorizzazione all'ingresso negli USA e all'espatrio dalle nazioni dell'est ex URSS o infine per
assecondare i desideri di un genitore gravemente ammalato e poi deceduto.
L'impugnazione del matrimonio spetta a ciascuno dei coniugi.

La trasmissione dell'azione
La legittimazione attiva all'impugnativa del matrimonio , come si visto, disciplinata a seconda delle singole
fattispecie di invalidit.
Abbiamo visto che i matrimoni per essere annullati devono essere impugnati ora da un singolo coniuge,ora da
entrambi, a volte anche dai genitori o dal pubblico ministero.
La disciplina vigente appare spesso insoddisfacente perch, a volte ,la regola dell'intrasmissibilit dell'azione
creer situazioni che danneggeranno qualcuno.
Per esempio, deceduto un coniuge non si potr impugnare un matrimonio celebrato sotto l'influenza della
violenza o del timore. O per esempio nel caso di un matrimonio tra un anziano ed una giovane. Una volta
deceduto l'anziano, in sede successoria privilegiato il coniuge superstite a danno dei legittimi eredi.

Il matrimonio putativo
Si parla di un matrimonio putativo quando, pur non valido, esso stato celebrato in buona fede di almeno uno
dei due coniugi, che lo considerava valido al momento della celebrazione. Il matrimonio putativo produce
ugualmente effetti in favore dei due coniugi, o di uno di essi e dei figli. L'eccezione si giustifica per tutelare il
coniuge in buona fede e i figli.
Se il matrimonio dichiarato nullo gli effetti del matrimonio si producono in favore dei coniugi fino alla
sentenza che pronunzia la nullit, quando i coniugi sono in buona fede oppure se il loro consenso stato
estorto con violenza o timore. Se tali condizioni si verificano solo per uno di essi, gli effetti valgono solo in
favore di lui.
Per i figli, invece, nati o concepiti durante un matrimonio nullo non c' limitazione di tempo per gli effetti
validi, ed essi acquistano comunque lo status di figli legittimi. Anche se i coniugi erano in mala fede, rispetto
ai figli il matrimonio nullo ha gli effetti di un matrimonio valido.

I diritti dei coniugi in buona fede


L'art. 129 c.c. stabilisce che quando le condizioni di matrimonio putativo si verificano rispetto ad ambedue i
coniugi, il giudice pu disporre a carico di uno di essi, ma non per pi di tre anni, l'obbligo di corrrispondere
somme periodiche di denaro ,in proporzione alle sue sostanze, a favore dell'altro, ove questi, per, non abbia
adeguati redditi o non si sia risposato.

La responsabilit del coniuge in mala fede e del terzo


L'art 129 bis c.c. stabilisce che il coniuge al quale sia imputabile la nullit del matrimonio sia tenuto a
corrispondere all'altro coniuge in buona fede, qualora il matrimonio sia annullato, una congrua indennit.
Bisogna precisare, per, che la giurisprudenza ha aggiunto che non basta la consapevolezza dei fatti
invalidanti per essere in mala fede, ma si richiede anche un comportamento riprovevole, che abbia contribuito
alla celebrazione di un matrimonio nullo.
L'indennit deve avere un contenuto minimo pari al mantenimento per tre anni, che sar determinato dal
giudice. L'indennit dovuta sempre in casi in cui il coniuge in buona fede sia nello stato del bisogno e
nell'impossibilit di provvedere al proprio mantenimento.
Se concorre un terzo, da solo o d'accordo con un coniuge, a rendere nullo il matrimonio, questi tenuto, da
solo o col coniuge concorrente, al pagamento dell'indennit.

Il matrimonio concordatario
L'art. 82 c.c. stabilisce che il matrimonio celebrato davanti ad un ministro del culto cattolico regolato in
conformit del Concordato con la Santa Sede e delle leggi speciali in materia. Il matrimonio concordatario
quindi regolato dal diritto canonico. Questa forma di matrimonio diversa da quella civile, ma acquista effetti
civili dal momento della celebrazione delle nozze, a seguito della trascrizione nei registri dello stato civile.
A seguito dell'Accordo di revisione del Concordato lateranense ( stipulato tra lo Stato italiano e la Santa Sede
l'11 febbraio 1929) firmato in data 18 febbraio 1984, sono state introdotte alcune novit importanti in materia.
Al matrimonio contratto secondo il diritto canonico sono stati riconosciuti gli effetti civili, a condizione che
l'atto sia trascritto nei registri dello stato civile.
Il parroco, dopo la celebrazione, deve spiegare agli sposi gli effetti civili del matrimonio, dando lettura degli
articoli sui loro diritti e doveri. Poi rediger, in doppio originale, l'atto del matrimonio, nel quale i coniugi
potranno specificare l 'eventuale separazione dei beni o il riconoscimento di figli naturali.
La trascrizione non pu aver luogo se gli sposi non hanno l'et richiesta per il matrimonio e se ci sono
impedimenti inderogabili, tipo infermit di mente, precedente matrimonio, il delitto e l'affinit in linea retta.
Secondo la nuova norma per gli effetti civili non sono pi automatici, ma subordinati sempre alla volont
degli sposi.

Il matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato


La disciplina dei matrimoni celebrati davanti ai ministri dei culti ammessi dallo Stato, che regola matrimoni di
tutte le religioni, esclusa quella cattolica, quella prevista per i matrimoni civili, anche se possiamo definirla
una forma particolare di matrimonio civile. Esso, al contrario del matrimonio concordatario, anche per le
cause eventuali di invalidit, interamente disciplinato dalle norme statali.
I nubendi devono dichiarare all'ufficiale di stato civile di volersi sposare con rito religioso davanti ad un
ministro del loro culto. Ottenuta l'autorizzazione dall'uff. di stato civile, essi si presentano, per la celebrazione,
davanti al ministro del loro culto, che assume la veste di ufficiale dello stato civile.
Il celebrante ha anche il compito di redigere l'atto di matrimonio e trasmetterlo entro 5 giorni all'ufficiale di
stato civile per la trascrizione.

Capitolo terzo

I rapporti personali tra coniugi

I diritti e doveri coniugali


Con la riforma del '75, il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri (art 143
c.c.).Questo oltre ad offrire garanzia dell'unit familiare, presuppone una eguaglianza assoluta fra i coniugi.
Nell'attuale sistema questa eguaglianza mette in risalto i diritti delle personalit di ciascuno dei coniugi,
rimuovendo quelle ingerenze delle quali in passato era vittima la donna coniugata.
Di pari passo ai diritti per, come enunciato nell'art.2 della Costituzione, ci sono dei reciproci doveri per i
coniugi, nel rispetto dei loro diritti.
I doveri reciproci che derivano dal matrimonio sono la fedelt, l'assistenza, la collaborazione e la coabitazione.
Spesso nel passato la violazione di uno di questi doveri, era causa della separazione giudiziale, che era fondata
sul principio della colpa. Ai giorni nostri invece, la separazione si fonda esclusivamente su basi oggettive ed
il giudice, per pronunziarla, non va alla ricerca di vere o supposte trasgressioni degli obblighi matrimoniali. Si
pu dire che questi doveri coniugali oggi non sono pi coercibili e che il loro rispetto sia affidato
all'osservanza spontanea piuttosto a che alla forza del diritto.

L'obbligo di fedelt
L'obbligo di fedelt riveste una posizione prominente tra i doveri reciproci, poich riguarda la persona fisica e
spirituale di entrambi i coniugi. In passato tale obbligo veniva letto in chiave meramente materiale; nel sistema
vigente,
invece, il dovere di fedelt ha ormai perso questi connotati, per diventare un impegno quasi esclusivamente
familiare, nel senso che mira a consolidare l'armonia interna e la stabilit del nucleo familiare. La fedelt
quindi deve essere intesa non come obbligo di esclusiva sessuale, ma come dedizione fisica e spirituale di un
comniuge all'altro.
La fedelt finisce cos con il coincidere con la lealt. Affinch ci sia una violazione del dovere di fedelt, non
necessario un vero e proprio adulterio, ma sufficiente un comportamento esteriore che, anche in
considerazione dell'ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedelt, con
conseguente offesa alla dignit dell'altro coniuge.
In dottrina prevale l'opinione per cui l'unit della famiglia strettamente collegata alla fedelt tra coniugi: la
fedelt coincide con la stabilit del nucleo familiare anche negli interessi dei figli.
L'obbligo di fedelt deve permanere anche durante un temporaneo allontanamento del coniuge, ma esso cessa
una volta che, avviato l'iter di separazione giudiziale, sia stata emessa l'autorizzazione del presidente del
tribunale a vivere separatamente.

L'obbligo all'assistenza e alla collaborazione


Quest'obbligo, unitamente a quello di fedelt, rappresenta il completamento dall'impegno preso dai coniugi e
lo si pu intendere anche come dovere di proteggersi a vicenda e di proteggere la prole.
IL profilo morale di quest'obbligo riguarda il sostegno reciproco nell'ambito affettivo, psicologico e spirituale.
L'assistenza morale rientra anche nel dovere di rispettare la persona dell'altro coniuge.
Il profilo materiale dell'assistenza riguarda, invece, l'aiuto che i coniugi debbono darsi reciprocamente tutti i
giorni, non solo in caso di malattia, ma anche ne lavoro, nello studio e nelle incombenze familiari.
La collaborazione, deve intendere a soddisfare le esigenze del nucleo familiare nel suo complesso.

L'obbligo di coabitazione e la fissazione della residenza familiare


Oltre agli obblighi di fedelt ed assistenza, i coniugi assumono reciprocamente anche l'obbligo di coabitazione
. Nell'odierno sistema i coniugi fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelli
preminenti della famiglia stessa, per cui l'intesa coniugale diviene elemento essenziale per l'obbligo di
coabitazione. I coniugi, nel determinare il luogo della residenza comune, devono tenere in considerazione non
solo gli interessi personali, ma anche quelli dei figli.
Il problema nasce se i due coniugi lavorano separatamente in luoghi diversi. A tal proposito, l'art. 45 stabilisce
che ciascuno dei coniugi ha il proprio domicilio nel luogo in cui ha stabilito la sede principale dei suoi affari.
In questo caso l'unit della famiglia non sar compromessa.

La contribuzione ai bisogni della famiglia


La legge stabilisce che entrambi i coniugi sono tenuti a contribuire ai bisogni della famiglia ed a mantenere,
istruire ed educare la prole, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la propria capacit di lavoro
professionale o casalingo.
Queste diposizioni, pur dettate nell'ambito dei rapporti personali tra coniugi, in realt si ripercuotono sul loro
patrimonio, impegnato all'assolvimento di questo dovere .Il dovere di contribuzione dunque, sicuramente
complementare al rapporto patrimoniale tra coniugi. Per questo motivo ai coniugi data una libera scelta nel
designare il loro regime patrimoniale.
L'art. 143c.c. enuncia espressamente il dovere dei coniugi di contribuire ai bisogni della famiglia in relazione
alle capacit di lavoro professionale e casalingo. La norma quindi, oltre alle sostanze dei coniugi, fa
riferimento anche alle loro capacit di lavoro. Per questo motivo, il lavoro casalingo della donna preso in
considerazione alla stessa stregua del lavoro esterno del marito.
Il lavoro professionale un mezzo indiretto di contribuzione, perch destina il reddito ricavato ai bisogni
familiari; il lavoro casalingo, invece, un mezzo diretto, poich soddisfa in via immediata i bisogni della
famiglia stessa
Oggi ciascuno dei coniugi ha l'obbligo di partecipare alle spese familiari con i propri guadagni, cosicch
l'attivit domestica non pi riservata alla sola donna, ma deve essere svolta in forza di una intesa tra i
coniugi. L'obbligo di contribuzione permane per tutta la durata della convivenza, e anche nel caso di
allontanamento senza giusta causa.
L'ordinamento pretende l'assolvimento di tale obbligo, la cui violazione sanzionata anche penalmente.

La rilevanza esterna dell'obbligo di contribuzione


Se capita il caso che uno dei coniugi ha stipulato un contratto con un terzo, tutt'altro che pacifica la
definizione della responsabilit dell'altro coniuge nei confronti di questo creditore.
Tra le norme che disciplinano i rapporti tra coniugi non si rinviene una espressa previsione di responsabilit in
capo al coniuge non stipulante per le obbligazioni assunte dall'altro nell'interesse familiare (ci a differenza
del codice civile francese, di quello catalano e quello tedesco che disciplinano la responsabilit anche dell'altro
coniuge).
Bisogna per prendere in esame ci che disposto dall'art. 190 c.c. in materia di responsabilit dei coniugi in
regime di comunione. Esso afferma che i creditori, quando i beni della comunione non sono sufficienti a
soddisfare i debiti, possono agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi, nella misura
della met del credito. Tra questi debiti rientrano le spese per il mantenimento della famiglia, per l'istruzione
e l'educazione dei figli ed ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell'interesse della
famiglia. In definitiva, in regime di comunione, i creditori, per un debito contratto da un coniuge nell'interesse
della famiglia, possono rifarsi sui beni della comunione .Se questi non sono sufficienti potranno rifarsi sui
beni personali di ciascuno dei coniugi, ma nella misura della met del credito.
Questo fa ritenere che il regime di comunione sia vista come garanzia, cosa che invece non esiste in regime di
separazione dei beni. Mai, per, il coniuge non stipulante sar obbligato per l'adempimento dell'obbligazione
con tutto il suo patrimonio.
Queste incertezze argomentative sono state per superate dalla Cassazione nelle sentenze successive. La
Suprema Corte ha affermato con chiarezza che normalmente il coniuge contraente responsabile in prima
persona, senza impegnare in alcun modo l'altro, anche quando l'obbligazione diretta a soddisfare l'interesse
della famiglia. Tuttavia stato precisato che un coniuge responsabile delle obbligazioni assunte in suo nome
dall'altro, sia nei casi in cui vi stata una procura, sia nel caso in cui la situazione tale da far ritenere
al terzo contraente, che il coniuge ha contrattato non gi in proprio, ma in nome dell'altro.

L'accordo nell'indirizzo della vita familiare


L'art. 144 c.c., che si ispira all'art. 29 della Costituzione, stabilisce che i coniugi concordano fra loro l'indirizzo
della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti
della famiglia stessa. Si sostiene che l'accordo costituisca uno dei doveri che derivano dal matrimonio, pur
coordinato con il principio di libert individuale.
Tutti gli autori sono d'accordo nel ritenere che nelle scelte di indirizzo debbano essere considerate oltre le
personalit dei due coniugi anche il profilo economico della famiglia, prendendo come riferimento la concreta
contribuzione economica e le spese necessarie all'educazione e all'istruzione dei figli ed agli altri affari della
famiglia. I coniugi, in mancanza di uno specifico obbligo, sono tuttavia liberi di operare le scelte ritenute
conformi al modo di vita prescelto. L'unico vincolo dato dalla necessit che vi sia il consenso di entrambi. Il
primo comma dell'art. 144 c.c. si occupa del criterio al quale i coniugi devono attenersi nel determinare
l'indirizzo della vita familiare, stabilendo l'obbligo di tenere conto delle esigenze di entrambi e di quelli
preminenti della famiglia.

L'intervento del giudice


Se i coniugi non raggiungono spontaneamente l'accordo (qualsiasi accordo grave) possono ricorrere
all'intervento di un terzo, che chiamato a svolgere un'attivit di supporto a beneficio della famiglia in crisi e
a prestare la propria assistenza per risolvere i contrasti coniugali. In particolare, il 1 comma dell'articolo in
esame stabilisce che entrambi i coniugi in caso di disaccordo, possono richiedere l'intervento del giudice (che
non pi il pretore bens il tribunale in composizione monocratica) .Il giudice, in seguito a tale richiesta,
svolgendo un ruolo di conciliatore, sente i coniugi e, per quanto opportuno, i figli conviventi ultrasedicenni,
per raggiungere una soluzione concordata. In taluni casi (per es. fissazione della residenza o altri affari
essenziali) se non si raggiunta la conciliazione, entrambi i coniugi, possono chiedere al giudice di adottare il
provvedimento che ritiene pi adatto alle esigenze dell' unit e della vita della famiglia.

L'allontanamento dalla residenza familiare


Oggi, poich con il matrimonio i coniugi acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri, entrambi
perdono il diritto all'assistenza morale e materiale se si allontanano, senza giusta causa, dal tetto coniugale e
pi precisamente nel caso in cui uno dei coniugi si allontani illegittimamente dalla residenza familiare e che
rifiuti, nonostante l'invito dell'altro, di farvi ritorno. L'allontanamento deve essere intenzionale e duraturo e
non soltanto dovuto ad un dissenso nella coppia.
Il giudice, secondo le circostanze, pu ordinare il sequestro dei beni del coniuge che si allontanato, affinch
non si sottragga all'obbligo di contribuzione e al mantenimento della prole. L'art. 570 del c.p. punisce
chiunque, abbandonando il domicilio domestico o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla
morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potest dei genitori o alla qualit di
coniuge.

La legge sulla violenza familiare


La recente legge 4 aprile 2001 n.154 ha creato un articolato sistema diretto a contrastare ogni forma di
violenza maturata all'interno del nucleo familiare.
Oggi il giudice pu adottare misure urgenti ed immediate in favore della vittima della violenza familiare.
Questa legge, che tutela il convivente debole, non fa distinzione tra coniuge e convivente. La legge n.
154/2001 stabilisce che il giudice, in questi casi, oltre a far cessare la violenza in atto, pu decidere
l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente responsabile dell'abuso. La legge, inoltre,
consente al giudice di imporre al coniuge o convivente allontanato, quando questi colui che provvede al
sostentamento della famiglia, il pagamento periodico di un assegno a favore dei familiari.
La legge 149 del 2001 consente al tribunale per i minorenni di disporre l'allontanamento del genitore o
convivente che maltratta il minore.

Capitolo quarto

I rapporti patrimoniali tra coniugi

Premessa
Dal vincolo matrimoniale discendono rilevanti effetti patrimoniali, che il codice regola nell'ultimo capo -il
sesto- del titolo dedicato al matrimonio, rubricato "Il regime patrimoniale della famiglia".
Dovendo dare una definizione, diremo che il regime patrimoniale della famiglia rappresentato dalla
disciplina delle spettanze e dei poteri dei coniugi e dei familiari in ordine all'acquisto e alla gestione dei beni.
A differenza del codice del '42, che prevedeva tra i coniugi, in mancanza di apposite convenzioni, il regime
della separazione dei beni, la riforma del '75 ha introdotto tra i coniugi ,in mancanza di altra dichiarata
convenzione, la comunione dei beni, ha disciplinato l'impresa familiare ed ha abolito la dote.
Se espressi volontariamente dai coniugi , invece, si possono avere tre tipi di regimi convenzionali.
Il fondo patrimoniale, che consiste nel destinare uno o pi beni ai bisogni della famiglia, che, in parte sottratti
alla disponibilit di coniugi, sono garanzia per i creditori.
La comunione convenzionale, il cui regolamento viene fissato dai coniugi in deroga a quello della comunione
dei beni.
Infine, il regime della separazione dei beni, col quale la titolarit e la gestione dei beni acquistati durante il
matrimonio rimane esclusiva in capo a ciascun coniuge.
I regimi matrimoniali sono integrabili, cio una comunione dei beni non esclude che si possa scegliere per
alcune cose la titolarit personale o che alcuni beni possano essere vincolati come fondo matrimoniale.
Facendo un'indagine sul regime della separazione dei beni, si notato che esso era agli inizi molto poco usato,
mentre oggi prende sempre pi piede. I ceti sociali che pi lo utilizzano sono quelli alti ed pi praticato al
nord rispetto al sud. Sicuramente la scelta di questo regime oggi da imputare alla oramai parit dei due sessi.
Parte della dottrina, per, ha rilevato che la separazione dei beni danneggi molto la donna che non ha lavoro
esterno .Anzi la trova illegittima ed in contrasto con l'art 3,comma 2 della Cost. perch non tutela il principio
d'uguaglianza fra i due coniugi.
In questo modo la comunione dei beni vista come il regime pi idoneo, che pu bilanciare l'eventuale
debolezza della donna. Ed anche parere dell'autore del libro che la separazione dei beni possa danneggiare
davvero molto i familiari "deboli". Si pensi per esempio alla propriet individuale della casa che potrebbe
creare gravi problemi al coniuge debole ed alla eventuale prole. Il nostro ordinamento carente in questo e
non tutela molto il non titolare dell'immobile in cui ubicata la famiglia. E' auspicabile perci un intervento
del legislatore, che consenta la protezione della casa familiare, cos come sarebbe opportuna una regola che
preveda la solidariet fra coniugi per le obbligazione contratte singolarmente nell'interesse della famiglia.

La comunione legale dei beni


Tra i molti sostanziali cambiamenti introdotti con la riforma del diritto di famiglia del 1975 si annovera anche
la sostituzione del regime legale di separazione dei beni con quello della comunione.
Ci comporta che se gli sposi non stipulano alcuna diversa convenzione tra loro ovvero, pur avendola stipulata
omettono di renderla pubblica nei modi previsti, i loro rapporti patrimoniali saranno regolati dalle norme sulla
comunione legale di cui agli art. 177 e seguenti del codice civile.
Nonostante la riforma sia stata lunga nella sua preparazione ,oggi si presenta alquanto lacunosa, soprattutto
nelle parte che riguarda i rapporti patrimoniali. Si pu capire come essa sia stata concepita soprattutto per
difendere il lavoro casalingo della donna e per tutelare la parit giuridica tra i due coniugi.
Nella comunione tra coniugi la compropriet nasce come effetto legale, indipendentemente dal fatto che un
solo coniuge abbia acquistato il bene ovvero ne sia stato l'intestatario formale.

L'oggetto della comunione.


Nel regime di comunione legale possono esistere tre masse distinte dei beni:
beni immediatamente comuni ,
beni che divengono comuni solo allo scioglimento del regime patrimoniale di comunione,
beni personali.
Sono beni immediatamente comuni:
-gli acquisti di beni mobili ed immobili effettuati, anche singolarmente da ciascuno dei coniugi,
-le aziende costituite da entrambi i coniugi dopo il matrimonio,
-gli utili delle aziende di propriet esclusiva di un coniuge ma gestite da entrambi.
Fra i beni che rientrano in comunione immediata vi sono anche:
-azioni di societ di capitali
-titoli di stato.
Da ci deriva la definizione della comunione legale come comunione degli acquisti, dove acquisto ha
significato doppio: causa dell'incremento patrimoniale familiare e risultato finale.

La comunione de residuo
Quanto alla cosiddetta comunione residuale (art. 177 lett. b-c), si osserva che la norma ha lo scopo di garantire
al coniuge proprietario del bene, o che esercita un'attivit separatamente dall'altro, di destinare i frutti ed i
proventi al soddisfacimento delle proprie personali necessit.
In proposito, si sostiene che l'altro coniuge non possa influenzare le scelte sull'utilizzo di frutti e proventi
personali, non vantando alcun diritto su detti beni se non all'atto dello scioglimento della comunione.
Rientrano nella comunione de residuo o residuale con esclusione, pertanto, degli immobili, i seguenti beni
mobili o diritti di credito verso terzi:
-stipendi e redditi professionali,
-canoni di locazione di beni personali,
-utili netti ricavati dall'esercizio di un'impresa,
-risparmi liquidi su conti correnti bancari e libretti di risparmio,
-quote di societ di persone,
-quote di societ a responsabilit limitata ove l'acquisto sia connesso ad una effettiva partecipazione alla vita
sociale,
-dividenti derivati da partecipazioni sociali.

I beni personali
Sono esclusi dal regime di comunione i beni personali indicati dall'art. 179c.c.,i
cui frutti, peraltro, sono oggetto di comunione differita.
In relazione al tempo di acquisto, sono personali i beni dei quali ciascun coniuge era titolare prima del
matrimonio.
In ordine al titolo d'acquisto, risultano esclusi dalla comunione i beni acquistati per donazione o successione.
E' tuttavia consentito al donante e al testatore attribuire il bene alla comunione.
Normalmente, quindi, i beni attribuiti al singolo coniuge a titolo di successione o donazione non cadono in
comunione.
I beni di uso strettamente personale, indipendentemente dai mezzi con cui sono stati acquistati, sono personali
in virt della loro destinazione obiettiva, volta la soddisfacimento di esigenze personali del singolo coniuge.
Anche i beni che servono all'esercizio della professione sono caratterizzati da una particolare destinazione che
ne giustifica l'esclusione dalla comunione.
Tra questi sono inseriti anche i beni ottenuti a titolo di risarcimento danni e la pensione ottenuta per la perdita
totale o parziale della capacit lavorativa.

L'amministrazione della comunione


Nell'amministrare i beni comuni, i due coniugi godono della parit assoluta. La legge conferisce loro il potere
di compiere disgiuntamente gli atti di ordinaria amministrazione e congiuntamente quelli di straordinaria
amministrazione (art. 180 c.c.). Sono atti di straordinaria amministrazione quelli che potrebbero apportare
consistenti modifiche alla composizione e alla consistenza del patrimonio. Nell'ipotesi di amministrazione
congiunta ,se il rifiuto di uno dei coniugi paralizza il compimento di un'azione necessaria nell'interesse della
famiglia, il legislatore ha previsto una specifica autorizzazione del tribunale.
L'art 184 c.c. stabilisce che possono essere annullati gli atti compiuti da un coniuge, senza il consenso
dell'altro, in casi riguardanti immobili, navi, autoveicoli.

La responsabilit gravante sui beni della comunione


La legge prevede obblighi gravanti sui beni comuni, distinguendoli da quelli particolari di ciascuno dei
coniugi. In caso di obbligazioni ,dunque, occorre distinguere tra quelle riguardanti la comunione e quelle
personali di ciascuno dei coniugi. Nel primo caso i creditori possono subito rifarsi sui beni della comunione e
se essi non sono sufficienti, possono rivalersi sui beni di ciascun coniuge nella misura della met del credito.
Se, invece, il debito personale, ed i creditori non sono soddisfatti dall'agire sui beni del patrimonio di
quell'unico coniuge debitore, possono aggredire la comunione ,ma sino al valore corrispondente alla quota
corrispondente al coniuge obbligato (il debitore...).
Sono debiti della comunione tutti quelli fatti durante la comunione, insieme o separatamente nell'interesse
della famiglia, quelli derivanti dall'amministrazione del patrimonio comune, ogni obbligazione fatta
congiuntamente, e le spese per il mantenimento, istruzione ed educazione dei figli.

La cessazione della comunione


L'art 191 c.c. elenca i casi di cessazione della comunione:
rottura del vincolo matrimoniale (annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili),morte presunta
o assenza, separazione personale, separazione giudiziale dei beni, mutamento convenzionale del regime,
fallimento di uno dei due coniugi.
La separazione giudiziale dei beni pu essere pronunziata in caso di interdizione di uno dei coniugi o in casi di
cattiva amministrazione della comunione. Essa pu esserci anche quando il comportamento di uno dei
coniugi mette in pericolo il patrimonio comune con una condotta poco accorta nell'interesse della famiglia.
Infine, pu avvenire nel caso in cui un coniuge non contribuisce ai bisogni familiari in misura proporzionale
alle sue sostanze e capacit di lavoro.

Le convenzioni matrimoniali e il problema della loro tipicit


La convenzione un atto di autonomia privata stipulato prima o dopo il matrimonio, anche con terze
persone,al fine di regolare il regime patrimoniale della famiglia in modo diverso da quello legale.
Secondo l'opinione prevalente, i coniugi possono adottare un regime patrimoniale diverso da quello comune,
purch siano rispettati gli obblighi fondamentali derivanti dal matrimonio.

La capacit delle parti


Per ci che concerne la capacit richiesta per stipulare le convenzioni matrimoniali, occorre distinguere la
posizione degli sposi, da quella di eventuali terzi che intervengono.
Per gli sposi chiesta la sola capacit di agire; per gli eventuali terzi intervenuti richiesta la capacit di agire
e quella di donare (poich l'atto del terzo si risolve in un atto di liberalit).
Nel caso sia un minore a sposarsi, egli pu prestare consenso alle convenzioni, purch assistito dai genitori.

La forma e la pubblicit
Le convenzioni matrimoniali per avere validit devono essere stipulate con atto pubblico (art. 162 c.c.); la
scelta del regime di separazione pu essere dichiarata alla celebrazione del matrimonio.
La pubblicit necessaria poich produce effetti verso i terzi. Essa si realizza a margine dell'atto di
matrimonio, ed inoltre attraverso la trascrizione nei registri immobiliari.

La comunione convenzionale
Il legislatore della riforma ha voluto affiancare al regime legale (cio quello della comunione dei beni)
l'istituto della comunione convenzionale, con la loro forma ed i principi gi espressi in precedenza.
Per essa prevista la trascrizione a margine dell'atto di matrimonio e se sono esclusi beni della
comunione,anche questi devono essere trascritti.
La comunione convenzionale pu cambiare in parte la comunione legale (sar chiamata comunione
ampliativa) o addirittura sostituirlo autonomamente (sar cos un regime autonomo).
Ci sono per dei limiti a questa convenzione.
Non si pu creare una comunione universale,dove siano inseriti tutti i beni, compresi quelli personali, per
lasciare ad ogni coniuge un minimo di beni collegati alla sua esclusiva personalit.
Il loro patto deve essere chiaramente scritto e non potr essere regolato dalle leggi.
Non possono essere inseriti nella convenzione i beni strettamente personali, i beni che servono all'esercizio
della professione, i beni ottenuti come risarcimento danno o la pensione, per la perdita totale o parziale della
capacit lavorativa.

La separazione dei beni


Il regime di separazione dei beni produce l'effetto di attribuire al coniuge che effettua l'acquisto ogni diritto sul
bene, in via esclusiva.
L'art. 217 comma 1,c.c. stabilisce che ciascun coniuge ha il godimento e l'amministrazione dei beni di cui
esclusivo titolare.
I patrimoni di marito e moglie restano quindi separati durante il matrimonio, salvi i diritti successori nonch i
diritti legati allo status di coniuge
La scelta del regime di separazione va fatta seguendo le modalit di cui all'art. 162 codice civile ovvero con:
-convenzione prematrimoniale, attraverso dichiarazione resa all'ufficiale dello stato civile ovvero al ministro
di culto che celebra il matrimonio;
-convenzione successiva al matrimonio, stipulata avanti un Notaio ed alla presenza obbligatoria e non
rinunciabile dei testimoni.
Si osserva peraltro che nel regime di separazione vigono particolare regole in materia di onere della prova.
Con ci si intende che, in caso di contenzioso giudiziale fra i coniugi, questi, ai sensi dell'art. 219 c.c.,
potranno provare con ogni mezzo, nei loro rispettivi confronti, la propriet esclusiva del bene mobile
acquistato, senza avere per la possibilit della prova mediante testimoni, artt. 2721 e seguenti codice civile.
(L'art 2724 c.c., per, prevede che il giudice possa ascoltare testimonianze se il contraente sia davvero
impossibilitato moralmente o materialmente a procurarsi la prova scritta).

Il fondo patrimoniale
Il fondo patrimoniale (dopo la riforma del '75 derivato dal "patrimonio familiare" previsto dal precedente
codice civile) da luogo a un patrimonio separato la cui destinazione quella di far fronte ai bisogni della
famiglia. Esso costituito sia da beni determinati, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, sia da titoli
di credito. Il fondo patrimoniale compatibile sia con il regime di separazione che di comunione legale dei
beni.
La costituzione del fondo pu essere fatta da entrambi i coniugi (con beni comuni), da uno solo dei coniugi
(con un bene di propriet esclusiva) o da un terzo (con atto pubblico fra vivi ed accettazione espressa dei
coniugi, o con testamento).
Il vincolo di destinazione fa fatto con atto pubblico (quindi con l'assistenza di un notaio). La creazione di un
fondo patrimoniale crea una "barriera giuridica" nei confronti dei creditori dei coniugi per i debiti da questi
contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia (ad esempio nell'attivit professionale o d'impresa).Infatti i
creditori,che sono a conoscenza del fondo patrimoniale ( e solo in questo caso), non possono aggredire i beni
del fondo per debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia (il creditore deve sapere anche questo
al momento del sorgere del debito).
La conoscenza o meno della natura del credito assume rilevanza decisiva, quindi; se il credito e' relativo a
questioni estranee alla famiglia e di tale circostanza il creditore e' edotto, nessuna esecuzione puo' essere
disposta. Se invece tale circostanza e' ignota al creditore, il fondo e' aggredibile. Infine, il fondo puo' venir
meno per cessazione (con lo scioglimento del matrimonio) purche' non vi siano figli minori; in questo caso
infatti il fondo dura fino al raggiungimento della maggiore eta' del figlio piu' giovane.

Capitolo sesto

La crisi coniugale

Premessa
In passato, la separazione rappresentava l'unico rimedio al conflitto coniugale. Ai coniugi, in tal modo, era
consentito non coabitare, anche se temporaneamente, ed i limitati effetti del momentaneo allontanamento
cessavano al momento della loro riconciliazione. Con l'entrata in vigore della disciplina del divorzio, il quadro
normativo radicalmente mutato, considerato che il protrarsi della vita separata per oltre tre anni legittima
ciascun coniuge ad agire per lo scioglimento del matrimonio. Si pu dire, dunque, che la separazione
l'anticamera del divorzio.
La separazione personale pu essere giudiziale o consensuale (art 150 ,comma 2
c.c.) a seconda che essa sia stata determinata da sentenza emessa al termine di un giudizio contenzioso oppure
dal consenso di entrambi i coniugi contenuto in un atto omologato dal giudice.

La separazione consensuale
La separazione consensuale una delle modalit per le quali possibile sciogliere il vincolo matrimoniale.
Quando entrambi i coniugi sono d'accordo sulla volont di separarsi e risolvono privatamente tutti i problemi
relativi alla separazione (affidamento dei figli, divisione del patrimonio, eventuale assegno alimentare, )
possono proporre al giudice la domanda di separazione. Il giudice, prima di omologare la domanda e sancire la
separazione, cerca di riconciliare i coniugi.
Il giudice esercita un controllo di legalit sugli accordi dei coniugi
ed ha il potere di richiederne la modifica se detti accordi sono in contrasto con l'interesse dei figli.
(Da ricordare anche quando si parler di divorzio....)
I coniugi che vogliono separarsi legalmente o, essendo gi separati, vogliono ottenere il divorzio debbono
rivolgersi al Tribunale competente per territorio e, se sono completamente d'accordo tra loro sulle condizioni
alle quali separarsi o divorziare, possono presentare una domanda congiunta.
Nel caso di domanda congiunta di separazione personale o divorzio il Tribunale competente quello del luogo
di residenza o domicilio di uno dei due coniugi. I coniugi che sono d'accordo possono fare domanda congiunta
di separazione personale e di divorzio senza l'assistenza di avvocato difensore. In particolare:
1) l'art. 707 del codice procedura civile stabilisce che davanti al Presidente del Tribunale "i coniugi debbono
comparire personalmente senza assistenza del difensore".
2) la Corte di cassazione e la Corte Costituzionale hanno chiarito che, in questo caso, l'assistenza del difensore
non necessaria n obbligatoria, anche se non vietata.
L'assistenza di un avvocato assolutamente necessaria, invece, oltre che, sempre e comunque, nel caso in cui i
coniugi non sono d'accordo sulle condizioni della loro separazione o del divorzio, quando la causa, anche se
iniziata senza avvocato, deve essere proseguita perch il Tribunale non ritiene di omologare la separazione o il
divorzio

Separazione Giudiziale
La separazione giudiziale uno dei modi con il quale si pu sciogliere il rapporto matrimoniale. A differenza
della separazione consensuale, che prevede un accordo dei coniugi, essa delega al Tribunale le decisioni sui
molteplici aspetti dell'interruzione del rapporto (affidamento dei figli, separazione dei beni, assegni familiari,
) in quanto i coniugi non riescono a trovare un punto d'incontro.
La separazione giudiziale pu essere chiesta al Tribunale da entrambi i coniugi o anche da uno solo di essi.
Prima di procedere, il giudice tenta di riconciliare le parti. In caso positivo viene compilato il verbale di
conciliazione. Se la conciliazione non riesce il giudice prende immediatamente le decisioni che reputa
necessarie e urgenti. Le decisioni riguardano l'autorizzazione a vivere separati e di conseguenza l'affidamento
dei figli e l'assegno di mantenimento. La causa procede secondo il rito ordinario e si conclude con la sentenza
che riguarda l'aspetto patrimoniale della separazione, l'affidamento dei figli minori e il cognome della moglie.

Aspetto patrimoniale
Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separa-
zione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia
adeguati redditi propri.
L'entit di tale somministrazione determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato.
Il giudice che pronunzia la separazione pu imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se
esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi previsti. La sentenza costituisce titolo
per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale. In caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice pu
disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche
periodicamente somme di danaro all'obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi
diritto.
L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli
per consentirgli di continuare a vivere nella casa in cui sono cresciuti.
Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, pu disporre in ogni momento la
revoca o la modifica dei provvedimenti presi in precedenza.

Figli minori
Il giudice che pronunzia la separazione dichiara a quale dei coniugi i figli sono affidati e adotta ogni altro
provvedimento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa.
In particolare il giudice stabilisce la misura e il modo con cui l'altro coniuge deve contribuire al
mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli, nonch le modalit di esercizio dei suoi diritti nei
rapporti con essi.
Il coniuge cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della potest
su di essi ma deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che sia diversamente stabilito, le
decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i coniugi. Il coniuge cui i figli non siano
affidati ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e pu ricorrere al giudice quando
ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
Il giudice d inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi che l'esercizio della
potest sia affidato ad entrambi i genitori, il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale.
In ogni caso il giudice pu per gravi motivi ordinare che la prole sia collocata presso una terza persona o, nella
impossibilit, in un istituto di educazione.
Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al contributo al loro mantenimento, il giudice
deve tener conto dell'accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle
parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal
giudice.
I coniugi hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei
figli, l'attribuzione dell'esercizio della potest su di essi e le disposizioni relative alla misura e alle modalit
del contributo.

Uso del cognome del marito


Il giudice pu vietare alla moglie l'uso del cognome del marito quando tale uso sia a lui gravemente
pregiudizievole, e pu parimenti autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso, qualora dall'uso possa
derivarle grave pregiudizio.

Cessazione degli effetti della separazione


I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia
necessario l'intervento del giudice, con un'espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che
sia incompatibile con lo stato di separazione. La separazione pu essere pronunziata nuovamente soltanto in
relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione.

La pronuncia di addebito
La separazione pu essere chiesta in base alla obiettiva intollerabilit dei coniugi,e quindi a prescindere da un
giudizio di colpa; il comportamento colpevole del coniuge acquista peraltro rilevanza ai fini della
dichiarazione di addebitabilit. Infatti, il giudice ,in base all'art. 151 c.c.,quando sia richiesto e dove ci siano
aspetti rilevanti, nel pronunciare la separazione, dichiara anche a chi dei due coniugi sia essa addebitabile, a
causa di comportamenti contrari ai doveri che nascono dal matrimonio.
Bisogna specificare che quello che oggi chiamato addebito in passato era chiamata colpa.
Affinch un comportamento che violi i doveri matrimoniali,per,sia dichiarato addebito, non sufficiente che
esso ci sia stato, ma necessario che esso sia stato la causa dell'intollerabilit della convivenza.

La violazione dei doveri matrimoniali


a) Il dovere di fedelt
L'infedelt coniugale potr essere considerata addebito non se si tratta di un fatto occasionale ,ma se la sua
continuazione ha reso il rapporto insanabile. Il dovere di fedelt non ricopre solo l'aspetto sessuale,ma anche
tutti quei ripetuti comportamenti che offendono la dignit dell'altro coniuge. Il dovere di f. visto dunque
come devozione fisica e spirituale verso l'altro coniuge.
b) La violazione del dovere di assistenza morale e materiale e del dovere di
collaborazione
Detta violazione stata ravvisata anche nell'atteggiamento sempre scostante,privo di manifestazioni di affetto
di un coniuge nei riguardi dell'altro. Questa situazione crea una situazione patologica del rapporto a due, come
anche vietare all'altro di avere rapporti con la famiglia d'origine. Stesso dicasi non accettare la sterilit
dell'altro coniuge,che si per sottomesso a terapie del caso. Molto discussa l'ipotesi del rifiuto del rapporto
sessuale. Un tempo punito anche dal codice penale, oggi il rifiutarsi categoricamente e ripetutamente
costituisce offesa alla dignit dell'altro coniuge. Il congiungimento carnale tra i due coniugi deve considerarsi
aspetto dell'obbligo di assistenza ,per cui l'ingiustificato rifiuto da ritenersi atto addebitabile nella
separazione. Infine ritenuta intollerabile la malattia di mente per la prosecuzione del rapporto a due.
c) La violazione del dovere di coabitazione
E' giustificato l'abbandono della casa familiare in presenza di una tensione all'interno della coppia causata da
una suocera troppo invadente. Allo stesso modo giustificato l'abbandono per scelte professionali, situazione
imposta gi in precedenza. Il discorso cambia quando l'abbandono della residenza familiare conseguente
all'instaurazione di un rapporto extraconiugale.
Altre fattispecie di interruzione della convivenza:l'allontanamento dalla residenza familiare e la
separazione di fatto
Con l'espressione separazione di fatto si vuole far riferimento alle ipotesi in cui all'origine di vivere separati
via sia un accordo dei coniugi di porre fine alla convivenza,sia che l'accordo non sia stato sottoposto al giudice
per l'omologazione,sia che l'accordo non sia stato raggiunto nel negozio della separazione. Rientra in detta
separazione anche l'abbandono da parte di uno con il consenso dell'altro.(Diverso il caso visto in precedenza
nel dovere di coabitazione).Questa detta separazione di fatto per giusta causa, in quanto l'allontanamento
volontario di un coniuge mette fine al pericolo di una prosecuzione del rapporto.
La separazione di fatto produce effetti molto limitati,solo in parte assoggettabili alle altre due separazioni
(consensuale e giudiziale).In particolare il legislatore equipara la separazione di fatto a quella
giudiziale,considerandole entrambe di impedimento all'adozione speciale.
Naturalmente, essendo pur sempre una separazione, rimane tra i coniugi il dovere reciproco di contribuzione.
(Come nella legale il pi debole aiutato economicamente dall'altro).In presenza di figli deve essere anche
tenuto un comportamento di reciproca collaborazione.

La separazione temporanea
Detta separazione prevista dall'art.126 c.c. Pi che una separazione vera e propria un provvedimento
presidenziale ,prevista nella separazione giudiziale,dove vista come esigenza di evitare disagi alla coppia ed
alla prole.

Lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio


La separazione ed il divorzio sono i rimedi alla crisi del rapporto matrimoniale,ma sono molto diversi fra loro.
Se il primo pu anche sfociare nella ripresa della convivenza,il secondo crea una frattura insanabile e
comporta lo scioglimento del matrimonio o la cessazione dei suoi effetti civili e la perdita dello status di
coniuge.
L'art 149 c.c. stabilisce che avviene lo scioglimento del matrimonio per la morte di un coniuge e negli altri
casi previsti dalla legge. Il giudice pronuncia la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario
quando accerta che la comunione materiale e spirituale tra i coniugi non pu essere mantenuta o ricostituita
per l'esistenza di una delle cause previste nel successivo art 3.

Le cause di divorzio.

La separazione personale dei coniugi


La separazione legale costituisce sicuramente la causa pi frequente di scioglimento del matrimonio. L'art 3
,n.2,lett b stabilisce che il divorzio pu essere chiesto da uno dei coniugi quando sia stata pronunciata,con
sentenza passata in giudicato,la separazione giudiziale, ovvero sia stata omologata la separazione consensuale.
Per proporre la domanda di divorzio, per, necessario che siano trascorsi tre anni dalla comparizione dei
coniugi dinnanzi al giudice per la procedura si separazione. Quindi, i coniugi che intendono sciogliere il loro
rapporto devono prima separarsi e poi divorziare.

Le cause di natura penale


L'art 3 raggruppa una seria di ipotesi che ,in ragione della condanna di uno dei coniugi in sede penale ad una
condanna molto lunga o per motivi di disvalore del reato commesso, sono la causa dello scioglimento o della
cessazione degli effetti civili del matrimonio. Ci perch per questi motivi si ritiene che sia molto difficile la
ripresa del consorzio familiare, tant' vero che solo il coniuge non condannato pu chiedere il divorzio.
Condizione necessaria che il reato sia stato commesso dopo il matrimonio, o prima solo se l'altro coniuge
non ne era a conoscenza.
Sono causa di scioglimento del matrimonio le condanne:
a) all'ergastolo,
b) per incesto, violenza carnale, atti di libidine, ratto a fine di libidine, ratto di persona minore dei 14 anni o
inferma a fine di libidine o di matrimonio,
c) qualsiasi pena per omicidio di un figlio o tentato omicidio del coniuge o di un figlio,
d) qualsiasi pena detentiva per due o pi reati di lesioni personali,violazione degli obblighi di assistenza
familiare,maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli,circonvenzione di persone incapaci,in danno del coniuge
o di un figlio.
In presenza di tali circostanze ,il giudice deve comunque accertare che il comportamento successivo del
coniuge condannato sia inidoneo alla convivenza familiare.

Matrimonio non consumato


L'art 3 prevede anche che la mancata consumazione sia causa di scioglimento o cessazione degli effetti civili
del matrimonio. Si tratta di ipotesi riconducibile alla tradizione canonica,ma a differenza di quanto accade in
tale ordinamento, la mancata consumazione non incide sulla validit del matrimonio, ma solo causa del suo
scioglimento. Molto discusso il modo di dimostrare la mancata consumazione. Oltre alla dimostrata
verginit della moglie o dell'impotenza del marito, sono ritenute valide le testimonianze rese da fonti
disinteressate.

La rettificazione dell'attribuzione di sesso


La riforma del 1987 ha aggiunto alle cause di divorzio anche quella inerente alla rettificazione
dell'attribuzione di sesso.(Cambiamento di sesso).La soluzione stata presa affinch non permanga un vincolo
tra persone dello stesso sesso.

La disciplina processuale
L'art 4, l. n. 898/70 disciplina due tipi di divorzio:quello contenzioso su domanda di uno dei coniugi e quello a
domanda congiunta.
Il divorzio su domanda unilaterale segue l'iter della separazione giudiziale.(vedi pag. 25)

Il divorzio a domanda congiunta


L'ultimo comma dell'art 4 disciplina il procedimento di divorzio a domanda congiunta,introdotto dalla legge
del 1987 per snellire ed accelerare la procedura di divorzio e riconoscere pi ampi spazi all'autonomia dei
coniugi. I coniugi presentano domanda di divorzio indicando le condizioni tra di loro pattuite al fine di
regolamentare i rapporti coi figli, nonch i loro rapporti patrimoniali. Il tribunale, dopo aver sentito i coniugi,
verificata l'esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all'interesse dei figli,
decide con sentenza. Se le condizioni sono in contrasto con l'interesse dei figli,si applica la procedura del
divorzio contenzioso.

Capitolo settimo

Gli effetti della separazione e del divorzio nei riguardi dei coniugi

Gli effetti personali della separazione


La legge, nel disciplinare gli effetti della separazione giudiziale fra i coniugi,si riferisce esclusivamente ai
rapporti patrimoniali,ed in particolare al mantenimento ed alla somministrazione degli alimenti(art.156
c.c.).Nulla dice circa i rapporti personali,eccettuato l'uso del cognome del marito. Prima della riforma , lo
stesso articolo stabiliva che il coniuge senza colpa conservava gli stessi diritti, purch compatibili con la
nuova situazione di separato. Veniva perci a decadere il dovere di coabitazione, ma rimanevano validi gli
altri diritti-doveri,tra cui quello della fedelt. A proposito di quest'ultimo dovere la giurisprudenza non ha mai
messo in discussione in passato quest'obbligo, tant' vero che era punito come adulterio anche dal codice
penale.
Oggi tutti i diritti ed i doveri restano sospesi tranne quelli dell'obbligo dell'assistenza patrimoniale e questo
succede perch, sempre pi,la separazione vista unicamente come l'anticamera del divorzio.

Il mutamento del titolo della separazione


Il problema del mutamento del titolo della separazione,vale a dire la trasformazione della separazione da
consensuale o giudiziale a giudiziale addebitata, si presenta particolarmente complesso, tant' che a tutt'oggi
costituisce oggetto di vivace dibattito in dottrina e in giurisprudenza.
Certo evidente che per dei coniugi che vivono separati legalmente impossibile determinare, con loro
comportamenti,fatti da rendere impossibile la prosecuzione del loro rapporto matrimoniale, se questo gi
interrotto.
I giudici hanno cos,sin dai primi anni dalla riforma,negato la possibilit del mutamento del titolo della
separazione, mentre la Cassazione lo ha tenuto in considerazione per ci che concerne l'assegno di
mantenimento e dei diritti successori, ritenendolo ammissibile.

L'assegno di mantenimento
La separazione, pur non determinando la cessazione del vincolo matrimoniale, comporta la persistenza dei
doveri di solidariet economica che derivano dal matrimonio. Per questo motivo, i coniugi, pur non coabitanti,
devono contribuire ai bisogni della famiglia,collaborando ognuno in proporzione alle proprie forze e capacit.
Questo dovere di contribuzione, si trasforma nei riguardi del coniuge economicamente pi debole, in quello di
corrispondergli un assegno di mantenimento. L'art. 156 c.c. dispone che il giudice stabilisca a vantaggio del
coniuge, cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto necessario al
suo mantenimento,qualora non abbia adeguati redditi propri. Il concetto di mantenimento, per, va inteso non
come stato di bisogno (distinguendolo quindi anche dagli alimenti), ma come conservazione del tenore di vita
goduto durante il matrimonio.
Va osservato che il giudice nello stabilire l'entit dell'assegno, deve valutare i bisogni del pi debole
considerandone l'et, la salute e la possibilit di provvedere da solo al suo mantenimento, svolgendo un
lavoro adeguato alle sue possibilit. Infatti in materia di divorzio (applicati anche alla separazione) l'art 5
comma 6 dispone che l'assegno dovuto quando " il beneficiario non abbia mezzi adeguati o comunque non
possa procurarseli per ragioni obiettivi".
(Il coniuge debole, in definitiva, se in salute deve cercarsi un lavoro).
Eventuali aiuti economici, continuativi e protratti nel tempo, ricevuti da parenti o genitori, contribuiscono a
formare il reddito e sono valutati nella determinazione dell'assegno.

La posizione del coniuge a cui stata addebitata la separazione


Il coniuge a cui stata addebitata la separazione perde il diritto al mantenimento e conserva soltanto,ma solo
se versa in stato di bisogno,
quello degli alimenti. Stato di bisogno inteso come totale assenza di mezzi di sostentamento e la vera
impossibilit di trovare un adeguato lavoro con riferimento alla propria et,attitudini e condizione fisica.

Gli strumenti a garanzia dell'adempimento degli obblighi di carattere patrimoniale


Il giudice,quando pronuncia la separazione pu imporre al coniuge che deve versare l'assegno di presentare
garanzia nell'adempimento del proprio dovere. Questo accade quando il giudice sospetta il pericolo che
l'assegno non sia versato. La garanzia pu essere un'ipoteca o una cauzione. Il giudice pu ordinare a terzi
(datori di lavoro per esempio) di sottrarre una parte della somma da corrispondere a questo coniuge e di
versarla direttamente al coniuge avente diritto. C' da ricordare che nel fissare l'assegno il tribunale debba
stabilire un criterio di adeguamento automatico dello stesso con riferimento agli indici di svalutazione
monetaria.
Nonostante il silenzio del legislatore, la giurisprudenza pi recente sembra orientata ad ammettere che
l'assegno di separazione possa,sull'accordo dei due,essere sostituito da una prestazione una tantum oppure dal
trasferimento di un diritto reale su un immobile.
La riconciliazione
Per riconciliazione si intende la possibilit di far cessare o il sorgere della separazione, cio ci pu essere
riconciliazione dopo la separazione o nel periodo prima della omologazione della separazione. Gli effetti della
separazione possono essere fermati da una dichiarazione scritta o orale dei due coniugi o da un
comportamento che metta in evidenza l'avvenuto cambiamento (i due coniugi ritornano a coabitare per
esempio).

Gli effetti personali del divorzio


Principale effetto del divorzio il riacquisto per ciascun coniuge della libert di stato. Dopo la sentenza e la
trascrizione nei registri dello stato civile entrambi possono contrarre nuove nozze anche se la donna deve
aspettare 300 giorni per la possibilit di gravidanza in atto, a meno che non ci sia la certezza che non possa
esserci (impotenza del coniuge). Non dovr aspettare questo
periodo anche nel caso che ci sia stata una separazione ininterrotta di tre anni o in caso di matrimonio non
consumato. Si discute del divieto di contrarre nuovo matrimonio tra affini in linea retta quando l'affinit
derivi dal precedente matrimonio (si sposa con l'ex cognato/a .....ex parenti ,per esempio), ma nulla previsto
con riguardo al divorzio.
Per ci che concerne l'uso del cognome del marito,che la donna acquisisce con il matrimonio e che conserva in
caso di stato vedovile (aggiunge al proprio cognome quello del marito...), con il divorzio la moglie non pu
pi usare il cognome dell'ex coniuge a meno che non sia autorizzata dal tribunale, se il conservarlo
corrisponda ad un apprezzabile interesse proprio o dei figli.
Questa possibilit pu essere sempre modificata in un secondo momento.

L'assegno di divorzio
Il divorzio,oltre alla cessazione del matrimonio ,comporta il determinarsi di obblighi di carattere patrimoniale
di un coniuge nei riguardi dell'altro. Questo accade quando dopo il divorzio si viene a creare uno squilibrio
patrimoniale tra gli sposi. L'ordinamento, a questo punto, cerca di ristabilire un certo equilibrio attraverso
l'attribuzione di un assegno di mantenimento ;come avviene in Italia, oppure con l'equa distribuzione dei beni
acquistati durante il matrimonio, come avviene invece negli USA Questa divisione, definita come propriet
acquisita dal lavoro di ciascuno dei coniugi durante il matrimonio, viene chiamata attribuzione di propriet.
Essa, al fine di evitare la previsione di un' assegno, serve anche a porre la parola fine tra i due ex coniugi.
Nel nostro ordinamento, l'attribuzione di propriet avviene soltanto per i coniugi in comunione dei beni.
L'effetto patrimoniale,in tutti i modi,senz'altro pi rilevante conseguente al divorzio rappresentato dalla
somministrazione di un assegno di mantenimento (una tantum o periodica) a favore de coniuge
economicamente pi debole. L'art 5,comma 6, prevedendo l'obbligatoriet dell'assegno,indica una serie di
criteri da considerare nell'erogazione dello stesso. Il presupposto fondamentale che tra i due coniugi ci sia
uno squilibrio reddituale fra i due ex coniugi. Il pi debole per si deve trovare nella vera impossibilit di
procurarsi in modo transitorio o permanente i mezzi per riequilibrare il proprio reddito.
(In poche parole dovrebbe cercarsi un lavoro).Prima dell' 87 non era cos. Oggi l'assegno ha solo funzione di
assistenza e non risarcitoria come lo era prima dell'87.L'assegno spetta a chi non ha mezzi adeguati di
procurarsi redditi adeguati. Per mezzi s'intendono anche le propriet che possono soddisfare la mancanza di
reddito da lavoro. Adeguati, affinch non si crei una forma di rendita parassitaria dal divorzio.
Si creata una diversit di vedute per l'assegno di divorzio. Alcuni, individuando il fondamento dell'assegno
di divorzio come un dovere di solidariet economica ancora esistente fra i due ex coniugi, finiscono per
attribuirgli una funzione analoga all'assegno di mantenimento di cui al'art. 156,
com. 1 c.c.; l'assegno, cio sopperisce allo stato di bisogno economico del coniuge, inidoneo a mantenere un
tenore di vita analogo a quello durante il
matrimonio: Secondo altri invece, nessun legame sopravvive fra gli ex coniugi, per cui la solidariet post-
coniugale deve essere intesa come garanzia di tutela per il coniuge pi debole, ma non deve essere intesa
come mancata partecipazione di un coniuge alle vicende economiche dell'altro, sicch "l'adeguatezza" dei
mezzi deve essere intesa come la capacit del coniuge di provvedere da s alle proprie esigenze e bisogni di
vita nel rispetto delle attitudini e propensioni personali e solo la carenza di essi impone al coniuge l'obbligo
dell'assegno, senza far riferimento al pregresso tenore di vita (in poche parole il coniuge pi debole deve
svolgere un lavoro nel riguardo delle sue propensioni personali).
La Suprema Corte si pronunciata mediando fra i due opposti orientamenti. Conservando la natura
esclusivamente assistenziale dell'assegno di divorzio i giudici hanno indicato come unico presupposto per
concedere l'assegno "l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare il tenore di vita goduto
durante il matrimonio, senza che sia necessario una stato di bisogno dell'avente diritto, il quale pu anche
essere economicamente autosufficiente, giudicando, in dipendenza del divorzio, un apprezzabile
deterioramento delle sue condizioni economiche, che devono essere ripristinate, in modo da ristabilire un certo
equilibrio". In particolare il livello di vita coniugale da considerare non solo quello mantenuto durante il
matrimonio, ma anche quello che avrebbero potuto mantenere in base alle loro potenzialit economiche.
Al fine per di evitare che si crei un eccessivo vantaggio per il coniuge richiedente per l'assegno sono stati
indicati quei criteri che potrebbero ridimensionarlo o addirittura azzerarlo. Infatti in una sentenza emblematica
la Cassazione dopo aver ribadito che l'assegno di divorzio deve essere somministrato dopo una attenta
indagine per accertare l'inadeguatezza dei mezzi del richiedente ha poi escluso la sua attribuzione per aver
considerato giudicato una convivenza matrimoniale troppo breve, valorizzando cos solo uno degli indici
prefigurati, la durata del matrimonio che dovrebbero concorrere a determinare l'ammontare dell'assegno. La
Corte quindi ha ribadito cos che la misura concreta dell'assegno deve essere fissata in base alla valutazione
dei diversi criteri enunciati dalla legge, fra i quali anche quello relativo alla durata del matrimonio.
L'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa se il coniuge beneficiario passa a nuove nozze (art. 5 c.10) ,
mentre discusso l'effetto dell'instaurazione di una convivenza more uxorio( convivenza senza matrimonio).

I criteri per la determinazione dell'assegno


Come gi sappiamo, l'assegno spetta al coniuge che si trovi privo di mezzi adeguati a conservare il tenore di
vita goduto durante il matrimonio, nonch nell'impossibilit di procurarseli per ragioni oggettive.
Per determinare invece l'entit dell'assegno, il giudice deve attenersi ai criteri indicati dall'art.5, L. n.898/70
che, come si detto potrebbero ridurre o addirittura azzerare l'assegno: Detti elementi operano come fattori di
moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto, ma mai potrebbero giustificare la pretesa di
un tenore di vita superiore a quella goduta durante il matrimonio.
Nella decisione, molto importanti saranno le eventuali responsabilit accertate a carico di quel coniuge al
quale sar stata addebitata la separazione. Bisogner valutare non solo le cause che hanno determinato la
separazione, ma anche l'eventuale comportamento dei coniugi che abbia costituito un impedimento al
ripristino del matrimonio. Per ci che concerne le condizioni dei coniugi, esse sottintendono non tanto le
condizioni economiche , bens quelle personali, vale a dire sociali e di salute, l'et, le consuetudini ed il
sistema di vita dipendenti dal matrimonio, il contesto sociale ed ambientale. Saranno considerati anche
l'eventuale convivenza more uxorio dell'avente diritto all'assegno o dell'obbligato, nonch i contributi che il
coniuge divorziato possa ricevere dalla famiglia di origine. Saranno considerati i redditi di entrambi i
coniugi,sia i redditi veri e propri, sia quei cespiti patrimoniali (..fonti di guadagno e di reddito....case in fitto
per es.) che potrebbero produrre reddito. L'ultimo criterio elencato dal legislatore quello della durata del
matrimonio, che assume il valore di parametro "fondamentale" di filtro attraverso cui devono essere esaminati
e considerati tutti gli altri criteri.

Le caratteristiche dell'assegno:la rivalutazione automatica e la sua liquidazione in un'unica soluzione


La riforma dell'87 ha introdotto all'art. 5, comma 7, l'obbligo per il tribunale di disporre un criterio di
adeguamento automatico dell'assegno , "almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria",
adeguamento che tuttavia, in caso di palese iniquit, pu essere escluso con decisione motivata.
In giurisprudenza si stabilito, da un lato,che l'adeguamento deve essere disposto anche in mancanza di
esplicita richiesta, di modo tale che se il tribunale ha omesso la rivalutazione dell'assegno, la parte interessata
pu richiedere la correzione. Dall'altro lato, per, questo non trova applicazione in caso di domanda di
divorzio congiunto.
La riforma dell'87 inoltre ha stabilito un'alternativa per ci che concerne il detto assegno. Pu essere periodico,
oppure in un'unica soluzione. In quest'ultimo caso la somma pu essere pagata in denaro oppure mediante il
trasferimento di diritti reali su beni mobili e d immobili. Per, mentre nell'assegno periodico c' rivalutazione,
nel caso dell'unica soluzione il beneficiario perde il diritto ad una percentuale dell'indennit di fine rapporto
percepita dall'altro coniuge, nonch al trattamento pensionistico di riversibilit.

Gli accordi tra i coniugi in vista del divorzio


Ci si chiesti se i coniugi possano stipulare in sede di separazione accordi preventivi diretti a regolare l'assetto
del loro futuro patrimoniale in caso di divorzio. La Corte di cassazione ,che in passato si era mostrata
favorevole,ora ha deciso la nullit di detti accordi stipulati in vista del divorzio. Questo perch questi accordi
possono influenzare il comportamento dei coniugi durante il procedimento inducendoli a non contestare
l'istanza di divorzio presentata dall'altra parte. Per questo motivo detti accordi sono nulli, in quanto idonei a
viziare,o quanto meno a limitare, la libert di difendersi in giudizio.( Si potrebbe creare anche un commercio
di status).
In relazione invece a patti prima di un annullamento del matrimonio,essi sono validi purch ci sia una valida
causa di invalidit del matrimonio.

Le altre conseguenze di natura patrimoniale: il diritto del coniuge divorziato ad una percentuale
dell'indennit di fine rapporto
L'art. 12 bis stabilisce che al coniuge titolare dell'assegno, se non risposato,
spetti una quota dell'indennit di risoluzione rapporto percepita dall'altro coniuge ,anche se maturata dopo la
sentenza. E' pari al quaranta per cento della totale indennit proporzionata per agli anni di lavoro coincisi col
matrimonio.

Il diritto alla pensione di reversibilit


L'art. 9, comma 2 e 3 , disciplina la questione della pensione di reversibilit in caso di morte dell'ex coniuge.
Se non c' un coniuge superstite, l'ex coniuge, solo se titolare dell'assegno per e se non passato a nuove
nozze,ha diritto alla pensione di reversibilit sempre che la pensione sia il frutto di un lavoro eseguito prima
del divorzio. Se invece c' un coniuge superstite (... il divorziato si era risposato), tra questi e l'ex coniuge si
divide la pensione in proporzione alla durata dei loro rapporti col defunto. Se ci sono altre persone, il tribunale
ripartisce tra tutti.
Con il temine di pensione di reversibilit si intende quella prestazione di natura previdenziale a cui hanno
diritto i superstiti quando il familiare defunto fosse in vita titolare di una pensione di vecchiaia, d'invalidit, di
anzianit, o supplementare (una cio che poi pu essere reversibile).

Le garanzie in ordine alla corresponsione dell'assegno


Per il divorzio si attuano le stesse diposizione della separazione. L'art 8 prevede che l'obbligato presti idonea
garanzia quando sussiste il pericolo che questi si sottragga al suo dovere. Il coniuge beneficiario, passati trenta
giorni dall'inadempimento del ex coniuge,dopo averlo costituito in mora, pu rivolgersi direttamente ai terzi,
che corrispondono a questi somme di denaro periodicamente, per ricevere direttamente le somme spettanti. Se
anche questi terzi non adempiono a tale richiesta, il richiedente pu agire in giudizio contro di essi. In caso di
divorzio, a differenza della separazione, il richiedente pu agire direttamente contro i terzi senza aspettare
l'intervento del giudice.

Le conseguenze successorie
La pronuncia di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio determina il venir meno dello
status di coniuge e conseguentemente la perdita dei diritti successori ad esso inerenti.
In caso di morte dell'ex coniuge, il tribunale pu riconoscere all'altro, se titolare dell'assegno di cui all'art. 5,
qualora non si sia risposato e versi in stato di bisogno,un assegno periodico a carico dell'eredit. Tale assegno
per sar determinato tenendo conto dell'importo di dette somme, della gravit del bisogno,dell'eventuale
pensione di reversibilit, delle sostanze ereditarie, del numero degli eredi e delle loro condizioni economiche.

Capitolo Ottavo

Gli effetti della separazione e del divorzio nei riguardi dei figli

Una disciplina omogenea tra separazione e divorzio con riguardo all'interesse dei figli.
Per ci che riguarda l'affidamento dei figli il legislatore detta una disciplina pressoch' unitaria dei
provvedimenti in caso di separazione o di divorzio. L'affidamento della prole nella separazione e nel divorzio
e' disciplinato da due disposizioni, l'art. 155 c.c. e l'art. 6, L. n 898/70, come sostituito dalla l. n 74/87, che
hanno tendenzialmente lo stesso contenuto, dove primario l'interessere morale e materiale della prole.
Il contenuto centrato sull'interesse dei figli, affinch essi subiscano il minor danno possibile dalla crisi
familiare. Sia nell'uno che nell'altro caso l'affidamento della prole inteso come riorganizzazione di un
modello familiare in cui il minore possa essere educato e possa realizzare il proprio diritto alla formazione ed
alla crescita della sua personalit.
Il giudice nel disporre l'affidamento della prole deve fare esclusivamente riferimento all'interesse morale e
materiale della stessa e ci significa che deve tener presente solo ed esclusivamente la posizione dei figli, il
loro interesse, lo sviluppo della loro personalit, senza tener conto delle cause della rottura del rapporto
coniugale. La funzione di decidere sull'affidamento dei figli attribuita sempre al giudice.

I criteri per l'affidamento dei figli


Il giudice della separazione, dichiarando a quale dei coniugi devono essere affidati i figli, stabilisce anche in
che misura e in che modo l'altro coniuge deve contribuire al loro mantenimento , istruzione ed educazione, e
stabilisce anche le modalit di esercizio dei suoi diritti nei loro confronti, Il giudice, nell'interesse morale e
materiale del minore, istruisce anche, in base all'art.147 c.c., che i figli dovranno essere educati in modo tale
da poter egualmente sviluppare una personalit completa ed armoniosa. A tal fine bisogner rispettare la
capacit, l'inclinazione naturale, le aspirazioni dei figli, poich il minore il perno della vicenda che attorno a
lui ruota.
A questo proposito la Cassazione afferma che il compito del giudice quello di individuare il genitore pi
idoneo a ridurre i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il miglior sviluppo
possibile della personalit del minore. Al di l di queste affermazione non molto facile, indicare in concreto
quali siano i criteri a cui il giudice dovr attenersi nel decidere sull'affidamento. Sicuramente irrilevante
l'eventuale addebito della separazione a carico di uno dei coniugi, questo perch l'affidamento si sottrae ad una
valutazione fondata sui fatti e comportamenti inerenti ai soli rapporti tra i coniugi; allo stesso modo esso non
deve rappresentare una forma di sanzione per il coniuge colpevole. Neppure una nuova convivenza da parte di
uno dei due genitori, quando la prole ben accolta da questa nuova famiglia, pu rappresentare un elemento
contrario all'affidamento. In generale, per, nell'ambito dell'affidamento il giudice sembra ritenere la madre
pi idonea alla cura dei figli. Se invece alla madre vengono imputati disturbi emotivi, causati, ad esempio, da
situazioni di alcoolismo o tossicodipendenza, il padre ad avere in affidamento la prole. Altro aspetto della
problematica dell'affidamento la rilevanza del fattore religioso. Accade spesso che due ex coniugi di fede
religiosa diversa, richiedano l'affidamento dei figli per impartire il loro credo religioso. Questo costituisce un
fatto irrilevante ai fini dell'affidamento, in quanto i principi della Costituzione non accettano pi
discriminazioni basate sul fattore religioso. E' inoltre garantita la libert religiosa, per cui ogni genitore pu
educare i figli secondo le proprie convinzioni. Il giudice quindi non terr conto di questo tranne che il genitore
pretenda di imporre la religione, senza tener conto delle inclinazioni ed aspirazioni del figlio.
Anche il fatto di risiedere all'estero non impedisce l'affidamento, anche se il giudice dovr tener conto delle
difficolt che al genitore non affidatario subentreranno nell'espletamento del suo diritto-dovere di concorrere
all'istruzione e all'educazione dei figli.

L a posizione del coniuge non affidatario


Il genitore cui sono stati affidati i figli, salva diversa diposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della
potest su di essi, anche se le decisioni di maggiore interesse per figli sono prese da entrambi.
Il genitore non affidatario ha comunque il diritto-dovere di vigilare sull'istruzione ed educazione dei figli e pu
ricorrere al giudice quando ritiene che sia state assunte decisioni non giuste nel loro interesse.
Questo diritto del genitore non affidatario detto "diritto di visita". Il giudice della separazione pu per
subordinare questo diritto di visita al consenso del minore, o, addirittura sopprimere tale diritto se il minore si
rifiuta categoricamente di incontrarsi con il genitore. Queste limitazioni per risultano giustificate solo da
gravi motivi, per lo pi comportamenti del genitore durante il matrimonio (genitore tossicodipendente o
violento).
Per ci che concerne i provvedimenti di natura patrimoniale, il giudice determina il contributo del genitore
non affidatario alle spese di mantenimento, di istruzione ed educazione della prole, valutando il suo
patrimonio complessivo, costituito oltre che dai redditi da lavoro, da ogni altra forma di reddito ( per esempio
il valore dei beni mobili e immobili posseduti).
Si tratta in genere di un assegno periodico che il genitore obbligato tenuto a corrispondere direttamente
all'affidatario . Il coniuge affidatario ha diritto all'assegno di mantenimento dell'altro coniuge, senza l'obbligo
di agire come rappresentante del figlio, n di chiamarlo in causa, ma perch nasce proprio in capo a lui un
credito detto iure proprio. Inoltre, il giudice, nel determinare l'assegno di mantenimento, non tenuto a
specificare quanto dell'assegno spetti all'altro coniuge e quanto ai figli. Poich il mantenimento continua anche
dopo la maggiore et del figlio, fino a quando non abbia questi conseguito una sua autonomia economica, si
pone il problema di chi sia il destinatario dell'assegno
quando il figlio maggiorenne. Se questi non fa richiesta specifica, l'assegno continua ad essere percepito
direttamente dal coniuge affidatario. Ultimamente possibile per il coniuge obbligato risolvere il problema
dell'assegno in una unica soluzione, mediante per esempio un'eventuale trasferimento di propriet al minore.
Questo per considerato solo un contributo al mantenimento, e se per caso, per una cattiva amministrazione,
tale bene o propriet non dovesse pi rendere, il genitore obbligato costretto a continuare a versare un
assegno di mantenimento, tranne poi rivalersi sul genitore affidatario.

Le diverse tipologie di affidamento


La consapevolezza delle conflittualit che si vengono a creare dalla disgregazione del nucleo familiare ha
indotto il legislatore a prevedere strade alternative a quelle tradizionale dellaffidamento esclusivo. In base
allart.155 c.c. il giudice dichiara a chi deve essere affidata la prole. Lart.6 della legge sul divorzio per
aggiunge a detto articolo che nellinteresse dei minori, anche in relazione alla loro et, il tribunale pu
decidere l'affidamento congiunto o alternato. L'affidamento alternato comporta che il minore venga affidato
per periodi prefissati a ciascun genitore, il quale in tale periodo esercita in via esclusiva e indipendente
dall'altro la potest sul figlio. Questa formula per ha portato delle critiche in quanto, pu danneggiare
l'equilibrio del figlio. Per affidamento congiunto, invece , si intende l'affidamento ad entrambi i coniugi che,
esercitando insieme la potest sui figli, prendono decisioni comuni nell'interesse della prole. Per disporlo i
giudici devono constatare una sufficiente maturit dei figli, un accordo sincero dei genitori nel chiederlo, la
mancanza di conflittualit tra essi ed abitazioni vicine, o almeno nella stessa citt. Purtroppo questo succede
raramente.
Quando ci sono gravi motivi, i figli possono essere collocati presso terzi o presso un istituto di rieducazione,
con quest'ultima ipotesi solo nel caso in cui non ci siano terzi cui affidare i minori. Nella disciplina del
divorzio previsto che, in caso di temporanea impossibilita' di affidare il minore ad uno dei genitori, il
tribunale proceda all'affidamento familiare. Allo stesso modo mancando una famiglia, il minore pu essere
affidato ad un altra famiglia, possibilmente con figli minori o ad una persona singola o anche ad una comunit
di tipo familiare, per assicuragli una continuit di mantenimento, istruzione, educazione.

La revisione successiva dei provvedimenti


Se si creano dei mutamenti delle circostanze in base alla quale sono stati emessi i provvedimenti, i coniugi
hanno diritto di chiedere la revisione delle diposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione
dell'esercizio della potest su di essi e delle disposizioni relative alla misura e alle modalit del contributo.

L'assegnazione della casa familiare


L'art.155,comma 4 c.c. e l'art. 6, comma 6, l. n898/70 prevedono che il giudice disponga generalmente
l'assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario. Queste disposizioni per sono diverse in caso di
separazione o di divorzio; infatti con la legge di riforma del 1975, in caso di separazione, la casa spetta al
coniuge affidatario della prole, mentre nulla dice in caso di divorzio. Solo dall'87 stata introdotta una norma
analoga in tema di divorzio.
L'art. 15, comma 4c.c. attribuisce al giudice della separazione il potere di assegnare la casa all'affidatario dei
figli, soprattutto per la tutela dell'interesse dei figli a non subire un forzoso allontanamento dalla casa. L'art.6,
comma 6 l. 898/70 dice che , anche se ci deve essere preferenza per il coniuge affidatario, bisogner in ogni
caso valutare le condizioni economiche dei coniugi per poter eventualmente favorire quello economicamente
pi debole. Questo fa capire che l'interesse morale e materiale della prole costituisce una ragione per
l'assegnazione della casa, ma ci non esclude la valutazione di altre circostanze. Per questo motivo, con la
riforma dell'87, il legislatore, per l'assegnazione della casa in caso di divorzio, ha cercato di proteggere non
solo l' interesse dei figli, ma ha cercato di conseguire un riequilibrio delle condizioni dei coniugi, per cui
l'assegnazione della casa al genitore affidatario si giustificherebbe come un contributo al suo mantenimento.
Infatti, in caso di abitazione appartenente ad entrambi i coniugi,anche se mancano figli minori, o ci sono
maggiorenni autosufficienti, la casa familiare viene affidata in generale, all'affidatario (in caso di figli
maggiorenni) o a quello economicamente pi debole se senza figli.

La famiglia ricomposta
Si parla di famiglia ricomposta o ricostituita con riferimento alla convivenza di una coppia nella quale almeno
uno dei due partner sia divorziato e vi sia la presenza dei figli dell'uno e/o dell'altro coniuge o partner. Pu
capitare, infatti, che dopo la rottura del vincolo coniugale, il coniuge cui sono affidati i figli minori, si unisca
nuovamente in matrimonio eventualmente con altro divorziato ed affidatario a sua volta di figli. Si viene cos
a creare un rapporto molto pi complesso di quello classico. Il fenomeno molto diffuso, anche se oggi
mancano dei vocaboli italiani per definire i ruoli all'interno di questa nuova famiglia ( tranne quelli usati una
volta: patrigno, matrigna, figliastro...).
Oggi si preferisce adottare la terminologia inglese: step family, step father, step mother, step parents, step
child.
Certamente in caso di vedovanza una persona sostituisce un 'altra non pi esistente, ma in caso di divorzio si
realizza la coesistenza del genitore biologico e di quello sociale (quello vecchio e quello nuovo) e questo crea
conflitti tra gli interessati. Questo succede perch il rapporto genitore-figlio indissolubile e quindi il nuovo
ruolo dello step parents crea una collisione con il rapporto del genitore biologico, che generalmente resta
immutato anche dopo la rottura del matrimonio.
La risposta attuale dell'ordinamento italiano alla realt della famiglia ricomposta parziale ed insufficiente.
Essa in primo luogo disciplinata con una particolare forma di adozione nei riguardi del figlio del nuovo
coniuge. In una famiglia ricostituita con due nuovi coniugi, lo step parents pu adottare il figlio del proprio
coniuge . Il genitore biologico deve comunque dare il suo consenso.
Al di fuori dell'adozione, non vi sono altre forme di disciplina dei rapporti tra genitore sociale e figli
conviventi del coniuge, mentre, in via di fatto, il genitore sociale pu essere chiamato a svolgere un compito
molto rilevante, sia con riguardo alla funzione educativa che alla tutela degli interessi del minore anche nei
confronti dei terzi.
Per ci che concerne i rapporti tra genitori, coniugi o non coniugi, sicuramente deve essere rispettato l'accordo
di convivenza. Attraverso gli stessi accordi i nuovi coniugi possono stabilire obblighi di mantenimento del
figlio a carico dello step parents, cercando di evitare conflitti con il genitore biologico. Problemi possono
nascere in via successoria; si pensi per esempio alla morte dello step parents, dopo un certo periodo. Nulla
spetta come diritto al figlio dell'altro coniuge, e la sua unica possibilit quella del ricorso al testamento.

Capitolo nono

La famiglia di fatto

Premessa
Negli ultimi anni si sono diffusi diversi modelli familiari che si distaccano da quelli tradizionale e tra questi ha
assunto particolare rilievo la convivenza more uxorio.
Questo rapporto, anche se ricalca i tratti essenziali di quello matrimoniale, privo di qualsiasi formalizzazione
del rapporto di coppia, sorretto solo dalla spontaneit di comportamenti dei conviventi.
Questa realt, pur se sempre pi crescente, ancora priva in Italia di una disciplina giuridica e organica anche
se ci sono diverse norme che la interessano. In particolare l'art. 317 bis comma 2 c.c. riconosce la famiglia di
fatto e attribuisce la potest sul figlio naturale ad entrambi i genitori che lo abbiano riconosciuto, se
conviventi. Bisogna specificare che pur essendoci una tradizionale tendenza al matrimonio, viene data pari
dignit ad ogni altro tipo di convivenza. In assenza di una disciplina legislativa, la stessa terminologia
si modificata nell'indicare questa realt: da concubinato a convivenza more uxorio a famiglia di fatto. Il
termine concubinato utilizzato fino agli anni 60 aveva una valenza negativa, con pregiudizi anche nello stesso
campo sociale,e questo rapporto era ritenuto diverso da quello creato dalla vera famiglia fondata sul
matrimonio. Proprio grazie alla Corte Costituzionale, che ha equiparato i figli legittimi a quelli naturali, la
scelta tra matrimonio e convivenza non crea pi problemi alla prole.
Certamente nella convivenza more uxorio, che a differenza della famiglia fondata sul matrimonio non
costituita da una atto formale, si trova una certa difficolt nell'individuare gli elementi che devono
configurarla. Bisogna dire per che, cos come si espressa la Cassazione, pur mancando un atto formale, la
convivenza deve essere sorretta da serenit, stabilit ed inequivocit.

I rapporti personali e patrimoniali tra conviventi


Ci si chiede se i diritti e i doveri che nascono da una convivenza siano gli stessi che nascono da un rapporto
matrimoniale: fedelt, assistenza materiale e morale, collaborazione, coabitazione, contribuzione. Sicuramente
quelli che sono obblighi legali per i coniugi in un matrimonio, in una famiglia di fatto sono invece espressione
di libera scelta dei conviventi.
Coabitazione, fedelt e assistenza, per, nella convivenza non sono obblighi come quelli coniugali, essendoci
un pi ampio spazio di autonomia per i partners; d'altronde la mancata osservanza di detti doveri non fonda
alcuna pretesa giuridicamente azionabile. Nell'ambito dei doveri, l'assistenza materiale invece, vista nella
convivenza un dovere di natura morale, non visto per come donazione dell'uomo alla donna quasi a voler
riparare del danno che essa pu soffrire per tale tipo di rapporto (come succedeva in precedenza).
In ordine ai rapporti patrimoniali si esclude l'applicazione del regime di comunione legale dei beni, ma c' la
possibilit di stipulare una convenzione per gli acquisti comuni durante la convivenza.

La cessazione della convivenza


Il settore in cui ci sono maggiori problemi, a causa di lacune legislative quello inerente alla cessazione della
convivenza, sia per volont dei conviventi, sia per la morte di uno di essi. E' opinione consolidata che non via
sia alcun obbligo di risarcire il danno causato dalla rottura della convivenza, a carico di chi ha deciso di porre
termine a questa relazione. La famiglia di fatto, cos come nasce da una libera scelta pu altrettanto
liberamente sciogliersi, senza che il convivente che ne abbia causato la rottura, possa essere ritenuto
responsabile civilmente per lo scioglimento di questo rapporto.
In caso di cessazione della convivenza, si pone il problema dell'assegnazione della casa familiare. La persona
convivente, legata al partner proprietario dell'immobile, non gode di alcun diritto sulla coabitazione. Il
discorso cambia se c' la prole. In ordine ai profili successori in caso di morte di un convivente, nessuna tutela
prevista per legge a favore del superstite. Con una pronuncia della Corte di Cassazione in caso di morte del
conduttore (inquilino in casa in
affitto a cui intestato il contratto) di un immobile adibito ad uso di abitazione, gli succede nel contratto il
convivente superstite.
Un problema dibattuto stato quello del risarcimento del danno al convivente a seguito dell'uccisione
dell'altro. E' stata sempre esclusa ogni forma di risarcimento in questo caso. Per successivamente la Suprema
Corte ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno morale per morte del convivente, avvenuta a seguito
di incidente stradale.

La cessazione della convivenza e i provvedimenti riguardanti i figli


L'art. 317 bis c.c. presuppone che chiaramente individuato il genitore al quale il figlio affidato e non
prende in considerazione l'ipotesi di un contrasto tra i partners circa l'affidamento del minore. Spetter al
giudice stabilire a chi affidare il minore e si registrano, sempre con maggiore frequenza, decisioni dirette a
regolare, per ci che comporta la posizione dei figli, le conseguenze della cessazione della convivenza in
modo analogo per quello previsto per i casi di separazione e di divorzio. Questo accade sia per i figli legittimi
che per i figli naturali. L'esigenza di tutelare l'interesse dei figli a continuare a vivere nell'abitazione familiare
anche dopo la rottura della convivenza tra i genitori, ha giustificato l'assegnazione della casa familiare in
favore del genitore affidatario, pur non essendoci una esplicita disposizione in materia, equiparando cos la
famiglia naturale (quella unita in convivenza) e quella legittima (quella unita in matrimonio).
Il diritto dei figli naturali all'abitazione familiare in caso di interruzione della convivenza fra i genitori, stato
riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale.

I contratti di convivenza
Non essendoci una disciplina che regolamenti i rapporti patrimoniali tra conviventi, questi possono stipulare
dei contratti di convivenza, per poter regolare questi rapporti patrimoniali. Queste intese mirano soprattutto ad
evitare conflittualit durante la vita di coppia. Per stipulare questi contratti necessita, per, la capacit di agire
di questi conviventi. Per esempio, la minore et, che non rappresenta un ostacolo al formarsi di una famiglia
di fatto,non da la possibilit di stipulare questi contratti.
Nessun problema se il contratto di convivenza stipulato per regolare gli aspetti patrimoniali del
rapporto,mentre non sono accettate pattuizioni relative agli aspetti personali, quali la fedelt, l'assistenza
morale, la collaborazione e la coabitazione. La pattuizione di prestazione di carattere economico del periodo
successivo alla cessazione della convivenza ritenuta valida, se il fine quello di aiutare il convivente con
maggiore difficolt economica. Pu esserci anche un patto per accomunare in regime di comunione quei beni
acquistati durante la convivenza.
I contratti di convivenza richiedono che l'accordo risulti da atto scritto.

Le coppie omosessuali
Negli ultimi anni in molti Stati si discusso della relazione di convivenza tra persone dello stesso sesso.
Queste convivenze oggi sono tutelate sia perch sono viste come rapporto affettivo, di assistenza e solidariet,
ma soprattutto perch si vuole che non sia legittimata una discriminazione fondata sull'orientamento sessuale,
oggi vietata dall'art.21 della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione Europea. C' notevole differenza tra Stato e Stato: in alcuni queste convivenze
vengono equiparate alle convivenze more uxorio, in altri alle coppie unite in matrimonio. La prima legge che
si occupata del fenomeno stata quella danese (1989) che ha equiparato queste convivenze al matrimonio.
Questo modello stato seguito negli anni successivi da Norvegia, Svezia, Islanda, Olanda e Germania. In altri
Paesi invece queste convivenze sono state equiparate alle convivenze more uxorio. Ultimamente nei Paesi
Bassi accettato il matrimonio civile fra persone dello stesso sesso.

I progetti di legge
La lacuna legislativa in tema di convivenze ha portato la dottrina ad interrogarsi sull'opportunit di interventi
da attuarsi al pi presto. Alcuni, in particolare, ritengono di assimilare la disciplina della famiglia legittima e
quella della famiglia di fatto. Altri ritengono che sia conveniente dare alla convivenza more uxorio
un'autonomia privata. Altri ancora, che si interpongono fra le due posizioni, vorrebbero uno statuto delle
coppie conviventi, per dare a questo tipo di famiglie un minimo di giuridicit coincidente con la disciplina
della famiglia legittima. Per tale motivo numerose proposte di legge sono state presentate, e se alcuni
intendono disciplinare unicamente i rapporti tra persone di sesso diverso, altri contemplano la possibilit di
applicare le disposizioni previste anche alle coppie omosessuali.
Per ci che concerne il rapporto di filiazione, soprattutto in relazione all'affidamento dei figli in caso di
cessazione della convivenza, i disegni di legge prevedono generalmente un rinvio alla disciplina dettata dal
codice civile in tema di affidamento dei figli a seguito di separazione personale tra coniugi.

Capitolo undicesimo

L'accertamento dello stato di figliazione legittima.

Lo stato di figlio legittimo


Figli legittimi sono quelli generati dai coniugi in costanza di matrimonio. Il nostro ordinamento determina lo
status personale dei figli concepiti dai coniugi perch comporta l'obbligo di fedelt e quindi l'esclusivit della
relazione sessuale, per cui "il marito padre del figlio concepito durante il matrimonio".
I presupposti della legittimit dei figli sono i seguenti: a) matrimonio dei genitori; b) parto della moglie; c)
concepimento in costanza di matrimonio; d) paternit del marito.
Alcune circostanze, tipo il matrimonio e il parto sono provati facilmente da documenti, mentre per il
concepimento e la paternit del marito si agisce per presunzione.
a) Il matrimonio pu essere civile, ovvero religioso con effetti civili. Per la legittimit dei figli valido anche
il matrimonio nullo. Sono legittimi anche i figli nati prima del matrimonio e riconosciuti dopo. Lo stesso
dicasi per i matrimoni invalidati per malafede, tranne che l'invalidit dipenda da bigamia o da incesto.
b) Bisogna ricordare che non necessariamente la donna che ha messo al mondo il figlio ne risulter
giuridicamente la madre; infatti l'ufficiale dello stato civile forma l'atto di nascita sulle dichiarazioni dei
soggetti legittimati, entro i dieci giorni successivi alla nascita. Nell'atto di nascita sono individuati il luogo,
l'anno, il mese, il giorno e l'ora della nascita, le generalit, la cittadinanza e la residenza dei genitori legittimi.
Sono indicati anche il sesso del bambino e il nome che gli viene dato. Per questo motivo il dichiarante
denuncia alcune circostanze, mentre in riguardo alla paternit e alla maternit, possono essere raccolte nell'atto
solo se la nascita da unione legittima, se la madre coniugata, salvo l'obbligo del dichiarante di non
nominare la donna se questa non vuole.
c) L'art. 231 c.c. stabilisce che il marito padre del figlio concepito durante il matrimonio. E' questa per una
presunzione, per cui se la moglie la madre si presume che il marito sia il padre. Logicamente se la madre non
viene nominata non pu essere attribuita la paternit al marito. E' importante per ricordare che il marito
risulta il padre se il figlio nasce dopo 180 giorni dalla data del matrimonio, perch altrimenti stato
necessariamente concepito prima del matrimonio. In tal caso nessuna certezza c' che sia proprio il marito il
padre. Stesso discorso vale per i figli nati dopo 300 giorni dalla separazione, perch in questo caso il figlio
stato concepito dopo la rottura tra i due coniugi.
Il figlio in questi due casi risulta legittimo se il padre non ne disconosce la paternit.
La nascita del figlio prima dei 180 giorni dalla celebrazione o dopo 300 giorni dallo scioglimento
Come detto prima il padre potrebbe disconosce il figlio se nato in queste due circostanze. Nel primo caso il
padre riconosce il figlio e questi diventa legittimo. Nel secondo caso pi difficile accogliere la legittimit del
figlio, perch molto difficile, provare la nascita di un figlio con una gravidanza lunga ben 10 mesi (....e 10
sono i mesi passati dalla separazione !!!).

La prova della filiazione, titolo di stato e possesso di stato

La filiazione legittima pu essere provata per mezzo dell'atto di nascita, e in mancanza, con il possesso di
stato, cio ricorrendo ad altri mezzi di prova. Il possesso di stato acquista rilievo solo se manca l'atto di
nascita, mentre gli altri mezzi di prova se mancano sia l'atto di nascita che il possesso di stato. L'art 236 c.c.
dice che la filiazione legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile. In questo atto
scritto tutto: maternit, matrimonio, concepimento, paternit. L'art. 237 dispone che il possesso di stato
risulta da una serie di fatti che messi insieme comprovano la legittimit del figlio. Possiamo dire quindi che il
possesso di stato costituito da una serie di indizi che il legislatore valuta alla stregua di prova sufficiente ai
fini dell'attribuzione ad un soggetto dello status di figlio legittimo.

Le azioni di stato legittimo in generale


Con l'espressione azione di stato si definisce l'azione con la quale si chiede al giudice una pronunzia sullo
stato della persona.
Le azioni di stato legittimo disciplinate dalla legge sono:
1) l'azione di disconoscimento di paternit
2) l'azione di contestazione della legittimit
3) l'azione di reclamo della paternit
Tutte le cause relative allo stato di persone sono di competenza del tribunale.

Il disconoscimento della paternit (presupposti)


Un marito (artt.235 -233),dichiarato padre,in forza alla presunzione di paternit, pu disconoscere il figlio e
privarlo dello stato di legittimit che gli stato attribuito. Il padre vuole cos dimostrare la falsit di questa
presunzione. Egli pu farlo in due modi: con l'art 233 che gli consente di disconoscere il figlio nato prima dei
180 giorni dalla data del matrimonio e quindi concepito in precedenza; con l'art. 235 nell'ipotesi del figlio
concepito durante il matrimonio e quindi con la presunzione che sia lui il padre.
Prima del 1975 solo il marito poteva disconoscere la paternit, mentre ora possono farlo sia la madre che il
figlio. Logicamente l'azione pu essere promossa se ci sono i due presupposti: 1) la nascita del figlio; 2)
l'esistenza del titolo di stato di figlio legittimo: Non possibile disconoscere un figlio prima della sua nascita,
per cui l'azione sar ammessa soltanto se esister un documento dell'atto di nascita.
L'art 235 consente che il padre disconosca il figlio anche se concepito durante il matrimonio, quando:
i coniugi non hanno coabitato nel periodo fra il 300 e il 180 giorno prima della nascita (in questo lasso di
tempo sicuramente avvenuto il concepimento);
durante questo periodo il marito era impotente, anche se soltanto di generare; in questo periodo la moglie ha
commesso adulterio o ha tenuto nascosta la propria gravidanza e la nascita del figlio.
Nel primo caso basta provare la sua assenza da casa, nel secondo provare la sua mancata capacit di concepire
un figlio, nel terzo provare adulterio della moglie, anche se questo non sufficiente ad escludere la paternit.
In tal caso il presunto padre cercher di provare tramite riconoscimento del DNA o del gruppo sanguigno di
escludere la propria paternit. Il giudice tenuto ad ammettere la prova genetica , anche se non pu obbligare
la parte a sottoporsi al prelievo. Il rifiuto immotivato della parte, consente al giudice di desumere una prova
contro di lui.
Il termine di decadenza per esercitare l'azione di disconoscimento della paternit : sei mesi dalla nascita del
figlio, per la madre; un anno dalla nascita per il padre oppure un anno da quando tornato nell'abitazione
coniugale .
L'eventuale sentenza che accoglie l'azione di disconoscimento deve essere annotata nell'atto di nascita, con
conseguente eliminazione del nome del marito.
Lo status di figlio sar quello di figlio naturale riconosciuto dalla madre.

La contestazione di legittimit
L'azione di contestazione di legittimit diretta a far dichiarare l'inesistenza dello stato di legittimit del
soggetto contro cui rivolta. L'azione esercitata attaccando uno dei seguenti presupposti di legittimit: a)
esistenza o validit del matrimonio fra i coniugi; b)effettivit del parto della donna indicata come madre; c)
corrispondenza fra il bimbo nato e quello dichiarato; d) concepimento durante il matrimonio.
L'azione quindi cercher di dimostrare che o non c' matrimonio fra i coniugi, o che la donna non abbia
partorito, o che il figlio nato non sia quello dichiarato, o che sia stato concepito fuori dal matrimonio.

Il reclamo di legittimit
I presupposti dai quali sorge l'interesse all'azione di reclamo si ricavano dall'art. 241 c.c. e sono: a) la
mancanza dell'atto di nascita o del possesso di stato; b) pur essendoci l'atto di nascita, il figlio vi figuri come
nato da ignoti; c) pur essendoci un atto di nascita il figlio stato iscritto sotto falso nome, per cui i veri
genitori non sono quelli indicati nell'atto.
Colui che reclama lo stato di figlio legittimo deve provare tutti i presupposti necessari per l'esistenza di tale
stato: maternit, matrimonio tra i genitori, concepimento in matrimonio, paternit.
Legittimato all'azione di reclamo il figlio o i suoi discendenti se morto in et minore o nei cinque anni
dopo aver raggiunto la maggiore et.
L'azione deve essere rivolta contro entrambi i genitori e, in caso di morte di uno di essi o di tutti e due, contro
gli eredi. La sentenza che accoglie il reclamo di legittimit accerta l'esistenza dello stato di figlio legittimo con
effetto verso i genitori e i loro parenti con annotazione nell'atto di nascita e conseguente attribuzione del
cognome del padre e perdita del cognome che gli era stato attribuito in precedenza.

Capitolo dodicesimo

L'accertamento dello stato di filiazione naturale

Il riconoscimento del figlio naturale


Il riconoscimento del figlio naturale un atto unilaterale, spontaneo ed irrevocabile del genitore, da effettuarsi
nell'atto di nascita o nell' apposita dichiarazione posteriore alla nascita o al concepimento. Con il
riconoscimento, il genitore dichiara la propria maternit o paternit nei confronti di una determinata persona.
Il riconoscimento spontaneo ed a discrezione di chi lo effettua. La discrezionalit per condizionata dalla
veridicit del rapporto biologico e il mancato riconoscimento pu dar luogo ad una giudiziale genitorialit ed
anche ad una apertura della procedura dell'adottabilit.
Il riconoscimento quindi un atto giuridico in senso stretto, in quanto atto umano volontario. Bisogna chiarire
per che il riconoscimento effettuato da uno dei genitori non produce effetti sull'altro se non vuole effettuare
il riconoscimento. Chi non vuole riconoscere ha diritto a non essere menzionato.
L'art 250 c.c. dispone che un figlio pu essere riconosciuto dal padre e dalla madre anche se questi erano uniti
in matrimonio con altre persone al momento del concepimento. E' il superamento dell'antico divieto legato ai
figli adulterini.

I requisiti per effettuare il riconoscimento


Il riconoscimento del figlio naturale pu essere effettuato solo dal genitore.
Il genitore deve essere in grado di intendere e volere ed ammesso anche il minore che ha raggiunto i sedici
anni perch lo si ritiene essere in possesso delle dette qualit.
L'assenso del figlio ultrasedicenne
La legge richiede che se deve riconosciuto un minore con pi di sedici anni questi deve dare il suo consenso.
Se il minore, con meno di sedici anni, gi stato riconosciuto da un altro, deve essere quest'ultimo a dare il
suo consenso. Il riconoscimento pi efficace e veloce quindi quello che riguarda un minore con meno di
sedici anni non riconosciuto.
La legge cerca cos di proteggere il riconoscimento di persone gi adulte e magari socialmente gi ben
realizzate, alle quali il riconoscimento potrebbe causare un pregiudizio.

Il consenso al riconoscimento
Il genitore che intende riconoscere il figlio con meno di sedici anni,che stato per gi riconosciuto da un
altro, deve ottenere il consenso dall'altro. Questo per tutelare l'interesse del minore che sotto la tutela di chi
per primo lo ha riconosciuto, nel caso di riconoscimenti tardivi. (Nel caso di un rifiuto ci pu essere un
controllo giudiziale). L'art 250 c.c. prevede che il consenso non possa essere rifiutato se sussiste davvero un
interesse del minore nel nuovo riconoscimento.
In giurisprudenza si negato il riconoscimento nel caso in cui il genitore abbia una personalit morale
negativa, soprattutto quando, oltre ad una situazione economica precaria, vi sia il rischio che il
riconoscimento possa turbare la situazione affettiva del minore.

Il divieto di riconoscimento dei figli incestuosi


L'art 251 c.c. stabilisce il divieto del riconoscimento dei figli nati da persone legate da un vincolo di parentela,
anche naturale, in linea retta all'infinito o in vincolo di affinit all'infinito. Se all'epoca del concepimento, per,
i genitori ignoravano la loro parentela e dunque il concepimento era avvenuto in buona fede, nonostante il
matrimonio sia stato reso nullo, il figlio pu essere riconosciuto. Lo stesso dicasi anche di un solo genitore
ignaro della parentela. In questi casi per si pronuncia il giudice, che avr sempre riguardo per l'interesse del
figlio. L'atto di impedire il riconoscimento di figli incestuosi, concepiti in mala fede da genitori moralmente
riprovevoli, permette l'adottabilit di questi nati, quali figli di ignoti.

L'inammissibilit del riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio legittimo


L'art 253 c.c. stabilisce che un figlio riconosciuto legittimo non possa essere riconosciuto naturale da altri.

La forma del riconoscimento


Il primo comma dell'art 254 c.c. dispone che il riconoscimento del figlio naturale " fatto nell'atto di nascita,
oppure con una dichiarazione posteriore al concepimento o alla nascita, davanti ad un ufficiale dello stato
civile o al giudice tutelare o in un atto pubblico o in un testamento,qualunque sia la forma di questo. L'atto di
riconoscimento della filiazione naturale pubblicizzato attraverso l'iscrizione nei registri dello stato civile.

L'impugnativa del riconoscimento per difetto di veridicit


L'art 263 c.c. stabilisce che il riconoscimento pu essere impugnato per difetto di veridicit dall'autore del
riconoscimento,dal riconosciuto o da chiunque abbia interesse a farlo. L'azione imprescrittibile.
Il falso riconoscimento pu essere fatto in buona fede, nel senso che l'autore convinto di essere il genitore,
oppure in mala fede ( in questa ipotesi rientra il cosiddetto riconoscimento per compiacenza, nel senso che un
uomo riconosce un figlio della sua convivente concepito prima con un altro uomo).

L'impugnativa del riconoscimento per violenza e incapacit


Il riconoscimento pu essere impugnato anche per violenza o se stato effettuato da interdetto giudiziario.

La dichiarazione giudiziale di paternit e maternit


La legge di riforma del diritto di famiglia , oltre a rimuovere il divieto di riconoscimento dei figli adulterini, ha
ampliato la possibilit dei padri di riconoscere i figli, dando loro la possibilit di dimostrare con ogni mezzo e
prova la partecipazione al concepimento. Questo avvenuto per equiparare sempre pi la figura materna a
quella paterna. Per dichiarare la sua paternit pu far anche richiesta del riconoscimento del DNA e questo
elemento biologico ritenuto sufficiente. Al contrario, il padre che non vuole riconoscere il figlio non potr
mai invocare la possibilit di non aver voluto quel figlio, o che la madre gli avesse garantito l'assoluta certezza
dell'impossibilit del concepimento o che si sarebbe potuta interrompere la gravidanza. Si sono cos ribaltate
le situazioni dell'uomo e della donna. Quest'ultima pu interrompere la gravidanza, pu impedire il
concepimento,pu non riconoscere il figlio ed abbandonarlo, rendendolo adottabile. L'uomo invece non potr
sottrarsi all'accertamento della paternit.
L'azione di riconoscimento giudiziale promossa dal figlio imprescrittibile e
pu essere proseguita dai suoi eredi se dovesse morire. L'azione continua anche se dovesse morire il genitore
e da la possibilit di chiedere parte dell'eredit anche in ritardo.

La prova della paternit e della maternit


Nell'accertamento giudiziale la maternit dimostrata se provata l'identit di colui che si pretende essere il
figlio e di colui che fu partorito. Questa per non l'unica prova ammissibile, poich accettata ogni altra che
possa dimostrare la filiazione. In pratica per la dichiarazione di maternit assume scarso rilievo, poich, se il
figlio stato abbandonato in virt di un mancato riconoscimento al
momento della nascita e quindi reso adottabile, essa preclusa quando il figlio stato adottato. Relativamente
alla prova della paternit naturale l'attore pu fornirla con ogni mezzo ed autorizza il giudice a considerarla
valida quando sono verificati fatti specifici come l'unione dei coniugi la momento del concepimento,l'esistenza
di una dichiarazione scritta del padre,l'esistenza del possesso di stato di figlio naturale. Queste semplici
circostanze sono sufficienti se non esistono eccezioni da parte del convenuto. Oggi il padre grazie alla prova
del DNA pu provare con la quasi certezza di essere o non essere l'autore del concepimento. Con questo
nuovo modo esclusa anche la possibilit di sottrarsi al riconoscimento se la madre ha avuto rapporti con altri
uomini nel periodo del concepimento. Se il presunto padre si sottrae senza alcun valido motivo al prelievo
ematico,il giudice ritiene che tale comportamento rappresenti la prova del suo coinvolgimento.

Il giudizio di ammissibilit
L'azione di dichiarazione giudiziale della paternit e maternit deve essere sempre autorizzata dal tribunale,
che deve motivarla in ordine al primario interesse del minore. Con la locuzione " interesse del minore" la
Corte costituzionale ha inteso far riferimento ad un interesse da valutarsi di volta in volta,tenuto conto della
personalit e della condotta del genitore.

Gli effetti della dichiarazione


La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento. Con la sentenza il
giudice stabilisce anche eventuali provvedimenti per il mantenimento,istruzione,educazione ed interessi
patrimoniali del figlio. Il genitore che ha provveduto da solo al mantenimento del figlio minore riconosciuto
pu richiedere all'altro il rimborso di quanto sarebbe stato a suo carico a partire dalla nascita.

La filiazione non riconoscibile


La costituzione attribuisce anche ai figli non riconoscibili il diritto al mantenimento, all'istruzione e
all'educazione, e,se ricorre lo stato di bisogno,agli alimenti, anche se maggiorenne. In sede successoria, ai figli
privi di stato viene riconosciuto il trattamento dei figli naturali (art. 580 c.c.).Spetta loro un assegno vitalizio
pari all'ammontare della rendita della quota di eredit alla quale avrebbero diritto ,se la filiazione fosse stata
dichiarata o riconosciuta.

La legittimazione del figlio naturale


La legittimazione quell'atto che permette al figlio nato fuori dal matrimonio di assumere la qualit di figlio
legittimo. La riforma ha cos equiparato la posizione del figlio legittimo a quella del figlio naturale.
Il giudice civile prevede due forme di legittimazione , per susseguente matrimonio dei genitori del figlio
naturale o per provvedimento dell'autorit giudiziaria. Il susseguente matrimonio dei genitori legittima
automaticamente i figli nati prima del matrimonio. L'altra forma di legittimazione per provvedimento del
giudice, prevista per i casi in cui vi sia impossibilit alla legittimazione, pur con susseguente matrimonio,
poich un genitore non vuole riconoscere il figlio.

Capitolo quattordicesimo

L'adozione e l'affidamento

L'evoluzione dell'istituto
Il minore ha diritto di crescere nella propria famiglia e, per assicurare questo e per evitare un abbandono, lo
Stato,la regione o gli enti locali vengono in aiuto delle famiglie bisognose. Se la famiglia non in grado di
provvedere alla crescita ed all'educazione del minore, la legge disciplina gli istituti dell'affidamento e
dell'adozione. L'affidamento ha lo scopo di fornire un ambiente familiare al minore che ne
momentaneamente privo; l'adozione,invece, crea un nuovo rapporto di filiazione fra soggetti che non sono
uniti da vincolo di sangue. Mentre prima l'adozione serviva soprattutto a consentire di trasmettere il cognome
ed il patrimonio a famiglie senza figli, oggi , nella sua profonda evoluzione, ha lo scopo principale di inserire
un minore,privo di famiglia che sia in grado di provvedere alle sue esigenze di vita,in una nuova famiglia, in
un ambiente adatto alla sua crescita. Solo indirettamente l'adozione assolve la funzione di soddisfare
l'interesse degli adottanti ad avere un figlio.
La svolta fu introdotta nel 1967, poi adeguata ai principi espressi nella Convenzione di Strasburgo (ma
ratificata in Italia solo nel 1974), che introdusse l'adozione speciale. Se prima il limite massimo di et era di
otto anni, con essa si rende possibile l'adozione per tutti i minori. Con essa fu anche regolata l'adozione
internazionale.

L'affidamento dei minori


L'affidamento ,a differenza dell'adozione che crea una situazione irreversibile, costituisce un rimedio
temporaneo. L'affidamento pu aver luogo solo se la famiglia non in grado di offrirgli le cure di cui il minore
necessita e se anche gli aiuti dello Stato non sono stati in grado di dare buoni frutti.
L'affidamento viene disposto a favore di una famiglia (possibilmente con figli minori) o di una persona
singola. Se ci non possibile si pu ricorrere ad una comunit di tipo familiare ed in ultima analisi ad un
istituto di assistenza pubblico.
Nel caso che i genitori che esercitano la potest manifestano il loro consenso (affidamento consensuale)
l'affidamento viene disposto dal servizio sociale e reso esecutivo dal giudice tutelare. Se invece i genitori non
sono d'accordo l'affidamento pu essere disposto dal tribunale dei minori. La legge n. 149/2001 ha stabilito
che la durata dell'affidamento non superi i due anni, pur essendo prorogabile se la sospensione pu arrecare
pregiudizio al minore. La legge stabilisce che l'affidatario ha il dovere di accogliere il minore presso di s e di
provvedere al suo mantenimento, alla sua istruzione ed alla sua educazione, tenendo sempre conto delle
indicazioni fornite dai genitori che non siano, per, decaduti dalla potest. Il servizio sociale, con sostegno
educativo e psicologico, deve agevolare i rapporti tra il minore e la sua famiglia, per agevolargli il rientro.
L'affidamento finisce quando la situazione di temporanea difficolt della famiglia d'origine cessa, oppure se la
continuazione di esso pu arrecar danno al minore. Se il minore viene definitivamente abbandonato si apre la
procedura di adottabilit.

L'adozione dei minori


L'adozione rappresenta un rimedio estremo cui fare ricorso solo quando la famiglia d'origine non possa offrire
al minore quel minimo di cure e di affetto che sono indispensabili per una sana ed equilibrata crescita.
Specificando che l'indigenza dei genitori non rappresenta causa per eventuale adozione, spetta allo Stato,le
regioni e gli enti locali, aiutare le famiglie a rischio, allo scopo di prevenire situazioni di abbandono. Ai sensi
dell'articolo 7, comma 1, l'adozione consentita solo nei confronti dei minori dichiarati in stato di adottabilit.
Per l'art. 8 sono dichiarati adottabili i minori in stato di abbandono perch privi di assistenza morale e
materiale da parte dei genitori o parenti tenuti a provvedervi (sono quelli entro il 4 grado).Ad escludere
l'abbandono non sufficiente che tali soggetti si limitino a manifestare la loro disponibilit per il futuro, ma
occorre che sia gi maturato un rapporto affettivo col bambino. Si discute molto sulle cause che possano
determinare l'abbandono. Sovente esso determinato dalla mancanza di quel minimo di cure materiali,calore
affettivo e aiuto psicologico indispensabili per lo sviluppo e la formazione della personalit del minore.
Si precisa anche lo stato di abbandono non richiede necessariamente un comportamento omissivo da parte dei
genitori, ma sussiste anche quando questi ultimi, con comportamenti omissivi, espongono ad un grave e
irreversibile pregiudizio il sano sviluppo psico-fisico del minore. L'abbandono, pertanto, prescinde da
qualsiasi elemento di volontariet o di colpevolezza dei genitori. E' stata affermata la sussistenza di stato di
abbandono in ipotesi di condotta gravemente immorale o disordinata dei genitori.
La legge impedisce la dichiarabilit di stato di abbandono quando la mancanza di assistenza materiale e
morale dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.(Sono esclusi per esempio la possibile
carcerazione o malattia inguaribile del genitore).Il giudice tenuto ad ascoltare le manifestazioni di
disponibilit da parte di quei genitori che in passato hanno avuto un comportamento pregiudizievole verso il
figlio.

I requisiti degli adottanti


L'art 6, comma 1, stabilisce che gli aspiranti adottanti devono essere uniti in matrimonio da almeno tre anni e
che non ci sia, o ci sia stata, una separazione, neppure di fatto. La legge non prevede l'adottamento da parte di
una persona singola, se non in casi del tutto particolari (art 25, comma 4; art 44);possibilit invece
contemplata nella C. di Strasburgo.
Il secondo requisito richiesto quello dell'et: l'et degli adottanti deve superare di almeno diciotto anni quella
dell'adottato e la differenza di et deve essere al massimo quarantacinque anni.
Sotto il profilo sostanziale si richiede che i coniugi siano affettivamente capaci di educare, istruire e mantenere
i minori che intendono adottare. Quanto all'idoneit economica la C.C. ha stabilito che non dovrebbe
rappresentare un ostacolo il fatto che si tratti di una famiglia di condizioni economiche modeste, purch sia in
grado di assicurare al minore un mantenimento decoroso e disponga di un regolare reddito che non lo faccia
dipendere totalmente dall'assistenza pubblica o privata.

Il procedimento e gli effetti


L'adozione legittimante viene pronunciata al termine di un complesso procedimento che si snoda attraverso tre
passaggi: la dichiarazione di adottabilit, l'affidamento preadottivo e il provvedimento di adozione. Il nuovo
art 8, comma 4, prescrive che il procedimento di adottabilit deve svolgersi sin dall'inizio con l'assistenza
legale del minore e dei genitori o degli altri parenti che abbiano rapporti significativi col minore. Molto
importante la volont del minore che deve essere obbligatoriamente ascoltato se ha pi di dodici anni; se pi
piccolo considerata la sua capacit di discernimento (art. 12 dalla Conv. di New York del 1989 sui diritti del
fanciullo).
Chiunque, ai sensi dell'art 9, ha facolt di segnalare all'autorit pubblica situazioni di abbandono. Il
procuratore della Rep., assunte le informazioni necessarie, chiede con ricorso al tribunale per i minorenni di
dichiarare lo stato di adottabilit di quei minori che si trovino in stato di abbandono. Il tribunale ,valendosi dei
servizi sociali e degli ordini di pubblica sicurezza, effettua approfonditi accertamenti al fine di verificare se
sussista effettivamente lo stato di abbandono.
Se il minore ha genitori o parenti entro il quarto grado, essi vengono convocati innanzi al tribunale per essere
ascoltati e per verificare la loro disponibilit a prendersi cura del minore. Se essi non si presentano senza
giustificato motivo o se la loro audizione ha dimostrato la persistenza della mancanza di assistenza morale e
materiale, il tribunale provvede a dichiarare lo stato di adottabilit. Si procede all'immediata adottabilit,
invece, se il minore risulta figlio di ignoti o se questi sono deceduti e non vi sono parenti entro il quarto grado.
Alla dichiarazione di adottabilit, divenuta definitiva, segue l'affidamento preadottivo alla coppia di coniugi
che abbia presentato la relativa domanda al tribunale per i minorenni; la domanda, che pu essere presentata
anche a pi tribunali minorili, decade dopo tre anni, ma pu essere rinnovata. Il tribunale per i minorenni
procede all'accertamento dei requisiti della coppia richiedente e da luogo ad adeguate indagini. La precedenza
data alle domande dirette all'adottamento dei minori con pi di cinque anni o con handicap accertato.
Sulla base delle indagini viene scelta la coppia che appare maggiormente idonea al minore. Durante la fase del
preadottamento il tribunale vigila allo scopo di verificarne il buon andamento. Se subentrano fatti che rendono
inidonea la convivenza il tribunale pu revocare l'affidamento preadottivo. Dopo un anno vengono ascoltati i
coniugi affidatari ed il minore, se ha superato i dodici anni o capace di discernimento se pi piccolo. Verificata
la sussistenza dei requisiti, il tutore e coloro che hanno vigilato,si pronunciano sull'adozione in camera di
consiglio. Il minore che ha compiuto i quattordici anni deve manifestare il suo consenso. Se durante l'anno uno
dei due coniugi muore,l'altro pu richiedere l'adozione per entrambi: in tal caso l'adozione ,per il
deceduto,produce effetti dalla data di morte. Se durante l'anno i coniugi si separano, l'adozione pu essere
espressa a favore di uno dei due coniugi, o di entrambi, considerando come primario l'interesse del minore.
La sentenza definitiva viene scritta a margine dell'atto di nascita dell'adottato, che diviene figlio legittimo degli
adottanti, assumendone e trasmettendone il cognome. Cessano per contro tutti i rapporti con la famiglia
d'origine, salvi i divieti matrimoniali. L'adozione non suscettibile di revoca.

L'adozione dei minori nei casi particolari: le singole ipotesi


L'adozione dei minori in casi particolari si differenzia dall'adozione legittimante per la previsione di requisiti
meno rigidi per gli aspiranti adottanti e per la maggiore semplicit del procedimento. Le differenze sono
soprattutto negli effetti che sono pi limitati;infatti non vengono interrotti i rapporti fra l'adottato e la sua
famiglia d'origine. L'adottato mantiene tutti i rapporti, diritti e doveri compresi, con la famiglia originale e non
crea rapporti di parentela coi parenti dell'adottante. Inoltre non necessaria la sussistenza di uno stato di
abbandono per l'adozione.
L'adozione particolare (art 44) pu essere pronunciata a favore: a) di persone coniugate o singole unite al
minore da parentela entro il sesto grado qualora il minore sia orfano; b) del coniuge, quando il minore figlio
dell'altro coniuge; c) di persone coniugate o singole se si tratta di un minore orfano con handicap, d) di
persone singole o coniugate se stata constatata l'impossibilit di procedere all'affidamento
preadottivo( rientrano casi di minori difficili o quando la coppia sia quella alla quale era stato lasciato il
minore in affidamento).
Se l'adozione richiesta da una coppia, essa potr essere pronunciata solo su istanza di entrambi i coniugi.
L'adozione consentita anche se esistono figli legittimi. E' comunque vietata l'adozione del proprio figlio
naturale.

Il procedimento, gli effetti e la revoca


Il giudice competente a pronunciarsi il tribunale dei minorenni del distretto in cui si trova il minore:Deve
essere verificata la sussistenza dei requisiti necessari all'adozione con sempre in primo piano l'interesse del
minore. Occorre il consenso dell'adottante e dell'adottando che ha pi di quattordici anni. Deve essere
comunque sentito il minore se ha pi di dodici anni, o meno, se in grado di discernimento. Occorre altres
l'assenso dei genitori e del coniuge dell'adottando. Per effetto dell'adozione, gli adottanti acquistano la potest
sul minore, con l'obbligo di mantenerli, istruirli ed educarli. Essi amministreranno i beni dell'adottato, ma non
spetta loro l'usufrutto legale. L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. L'adottato
assume i diritti successori spettanti ad un figlio legittimo, mentre nessun diritto acquista l'adottante.
Questo tipo d'adozione, a differenza di quella legittimante, revocabile.(Casi di tentato omicidio tra adottante
e adottato o pene per l'adottato, per delitti nei loro confronti,non inferiori a tre anni, o viceversa).

L'adozione internazionale: la Convenzione dell'Aja e la riforma del 1998


L'adozione internazionale,cio la possibilit di adottare bambini di altre nazioni,ha avuto la sua prima
regolamentazione nel 1983. Era per questa molto inadeguata, in quanto molto spesso gli adottanti si recavano
all'estero e prendevano contatti con personale non qualificato o addirittura con le famiglie stesse del minore da
adottare,col rischio di compiere veri e propri abusi. A questi problemi ha dato una soluzione la Convenzione
dell'Aja del 29 Maggio 1993 per la tutela dei bambini e la cooperazione nell'adozione internazionale di cui
anche l'Italia si resa firmataria.
La convenzione individua in modo preciso le condizioni necessarie affinch l'adozione possa aver luogo:
dichiarazione di adottabilit del minore da parte delle autorit straniere;accertamento da parte delle stesse
autorit dell'impossibilit di adozione nello stato di origine,di modo che l'adozione internazionale sia l'unica
via praticabile.
La legge 31 Dicembre 1998,n. 476 con cui l'Italia ha ratificato e ha dato esecuzione alla Convenzione, ha
opportunamente riservato al tribunale per i minorenni i compiti propriamente giudiziari, attribuendo invece
compiti di carattere amministrativo e di politica generale alla Commissione per le adozioni internazionali.
La nuova legge ha introdotto altres l'obbligo per coloro che aspirano all'adozione internazionale di rivolgersi
ad uno degli enti autorizzati, ponendo cos fine "all'adozione fai da te.

Il procedimento e gli effetti.


Per adottare un bambino straniero (art. 29/bis) gli aspiranti adottanti devono presentare una dichiarazione di
disponibilit al tribunale per i minorenni del luogo in cui risiedono (gli italiani all'estero devono presentarla al
tribunale dei minori della loro ultima residenza in Italia o, in mancanza, a quello di Roma.
Tramite la dichiarazione di disponibilit, i coniugi chiedono che venga riconosciuta la loro idoneit
all'adozione: i requisiti necessari sono i medesimi richiesti per l' adozione nazionale.
Il tribunale trasmette agli enti locali la dichiarazione e questi accertano le condizioni e motivazioni degli
aspiranti adottanti. Finita l'indagine trasmettono l'esito al tribunale, che entro due mesi si pronuncia
sullidoneit dei coniugi.
Il decreto di idoneit viene trasmesso, con tutta la documentazione, alla Commissione per le adozioni
internazionali e all'ente cui i coniugi hanno dato l'incarico. L'ente prende contatto con l'autorit straniera e
riceve le proposte di incontro, con le caratteristiche del minore individuato. L'ente cura, inoltre, il primo
incontro fra il minore e gli adottanti. Pronunciata l'adozione da parte dell'autorit straniera, affidando il minore
agli adottanti,l'ente informa subito la Commissione e chiede che venga autorizzato l'ingresso del minore in
Italia.La commissione, ricevuta la documentazione e valutate le conclusioni, nel rispetto del superiore
interesse del minore, autorizza l'ingresso.
Ricevuta l'autorizzazione della Commissione, gli uffici consolari rilasciano al minore il visto d'ingresso per
l'adozione. Entrato in Italia, il bambino gode di ogni diritto riconosciuto dalla legge al minore italiano in
affidamento familiare.
Il provvedimento straniero produce effetti legittimanti, ma il tribunale per i minorenni fa una nuova serie di
controlli nell'interesse del minore. Se, infatti, l'adozione deve essere perfezionata dopo l'arrivo del minore in
Italia, il tribunale dei minori riconoscer il provvedimento straniero come affidamento preadottivo di un anno.
Sentito poi il parere del minore, il tribunale si pronuncer sulla sua permanenza nella nuova famiglia.

Il minore straniero abbandonato in Italia.


Al minore straniero che venga a trovarsi in stato di abbandono in Italia, si applicano in forza dell'art. 37 bis, le
disposizioni italiane in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza.
Esempi sono i minori profughi o rifugiati, oppure minori che, trovandosi in Italia per scopi diversi
dall'adozione, si siano poi venuti a trovare in una situazione di abbandono ( ad esempio per morte e per
disinteresse dei genitori esercenti la potest).

Il diritto dell'adottato a conoscere le proprie origini


La legge n. 149/2001 ha in parte modificato l'art. 28 introducendo nuovi principi rispetto al passato. Rimane
invariato l'obbligo di rilasciare attestazioni dello stato civile con la sola indicazione del nuovo cognome,
senza fare riferimento ai genitori di sangue, come invariato rimane il divieto per l'ufficiale di stato civile e
l'ufficiale di anagrafe di fornire indicazioni o rilasciare certificati da cui risulti il rapporto di adozione,salvo
espressa autorizzazione dell'autorit giudiziaria. Sono state introdotte, invece, nuove disposizioni in ordine
alla possibilit per l'adottato di avere notizie sulla propria famiglia d'origine; possibilit negata in passato
anche al raggiungimento della maggiore et, tranne nei casi della salvaguardia della salute dell'adottato. La
nuova legge stabilisce innanzitutto a carico dei genitori adottivi l'obbligo di informare il minore sulla propria
condizione di figlio adottato, nei modi e nei termini da loro ritenuti pi idonei. Durante la minore et
possibile per i nuovi genitori, se sussistono gravi motivi,avere notizie dei genitori di sangue. Anche il figlio,
per tali motivi ,pu sapere della famiglia d'origine se ha raggiunto la maggiore et. Dopo i venticinque anni
pu avere informazioni sulla famiglia d'origine in ogni caso.
La legge per non permette di avere informazioni se la madre naturale non ha riconosciuto il figlio o se uno
dei suoi genitori ha dichiarato di non essere nominato, o abbia acconsentito all'adozione ponendo la
condizione di rimanere anonimo.

L'adozione dei maggiorenni


L'adozione dei maggiorenni ha una funzione diversa da quella dell'adozione del minore. Quest'ultima, infatti,
posta a tutela del minore che si trova in stato di abbandono o cerca il suo inserimento in una famiglia
idonea,rescindendo ogni legame con la famiglia d'origine. La prima invece soddisfa, pi che altro, l'interesse
dell'adottante, privo di discendenti legittimi o legittimati, ad acquisire un figlio cui trasmettere il proprio
cognome e le proprie sostanze. La corte Costituzionale ha dichiarato che l'adozione dei maggiorenni possa
avvenire anche in presenza di figli legittimi o legittimati maggiorenni, cosa che in passato non era possibile.
Tra l'adottato e l'adottante ci devono essere almeno diciotto anni di differenza.
Nessuno pu essere adottato da pi di una persona, tranne che non siano marito e moglie. E' vietato adottare i
propri figli nati fuori dal matrimonio.
Per detta adozione occorrono i consensi dell'adottato e dell'adottante , con la possibilit di revoca prima della
decisione del tribunale. Occorrono inoltre i consensi dei genitori dell'adottando e del coniuge dell'adottante e
dell'adottando che non sia legalmente separato. Il tribunale, dopo aver verificato che ci siano fattori di
convenienza per l'adottando,si pronuncia con sentenza. La sentenza definitiva che dispone l'adozione
trascritta in un apposito registro tenuto presso la cancelleria del tribunale ed annotata a margine dell'atto di
nascita dell'adottato.
Gli effetti dell'adozione sono i medesimi dell'adozione particolare: mantenimento dei rapporti con la famiglia
d'origine, acquisto del cognome e acquisto dei diritti successori solo in capo all'adottato.
L'adozione pu essere revocata per indegnit dell'adottato.

Capitolo quindicesimo

La parentela e l'obbligo alimentare

La parentela e l'affinit
La parentela il legame di sangue che unisce persone discendenti da un medesimo stipite. L'intensit del vincolo
va determinata tenendo conto di due elementi: la linea e il grado. Sono parenti in linea retta le persone
discendenti l'una dall'altra (nonni, genitori, figli), mentre sono di parenti in linea collaterale le persone che hanno
un ascendente comune, ma che non discendono l'uno dall'altro (fratelli, cugini, ecc.). Il grado l'intervallo
generazionale che separa tra loro due o pi soggetti; nella linea retta, per ogni generazione si computa un grado,
escludendo per lo stipite (tra padre e figlio intercorre una parentela di primo grado); nella linea collaterale, il
computo deve essere eseguito effettuando la somma dei gradi che intercorrono tra ognuno dei due parenti e il
comune ascendente, il quale deve essere escluso dal computo (due fratelli sono, infatti, parenti di secondo
grado).
Il vincolo di parentela non viene riconosciuto dalla legge oltre il sesto grado, salvo che per alcuni effetti
specialmente determinati.
La parentela viene tradizionalmente distinta in legittima, quando si tratta di vincoli di sangue in circostanza di
matrimonio e naturale, che pone questioni alquanto dibattute in dottrina. Prima del diritto di famiglia, infatti, si
riteneva che il rapporto di filiazione naturale fosse circoscritta solo al rapporto tra il genitore e il figlio e i
discendenti di questo. Oggi le novit introdotte dalla riforma tendono ad allargare il concetto di parentela
naturale, almeno in linea retta.
La parentela produttiva di effetti patrimoniali e non patrimoniali. Tra gli effetti patrimoniali ricordiamo quelli
previsti nel campo della successione necessaria, legittima e in ordine agli alimenti. Tra gli effetti non
patrimoniali ricordiamo l'impedimento a con- trarre matrimonio, la legittimazione a proporre istanza di
interdizione e la non riconoscibilit dei figli incestuosi.
L'affinit il vincolo che unisce un coniuge ai parenti dell'altro coniuge, computata anch'essa in virt della linea
e del grado.

Gli alimenti
L'obbligo alimentare, al cui adempimento sono tenuti determinati soggetti indicati dal- la legge, consiste nella
prestazione , a favore di colui che versa in stato di bisogno, dei mezzi necessari per vivere. Il diritto alimentare
ha carattere personale, dal che deriva l'impossibilit dei creditori di rifarsi su di esso e cessa con la morte
dell'obbligato. Il
sorgere dell'obbligo alimentare legato alla sussistenza di presupposti determinati, il primo dei quali
rappresentato dal particolare legame, di parentela o riconoscenza, che deve unire obbligato e alimentando. L'altro
presupposto che l'alimentando si trovi in una situazione di bisogno, non avendo cespiti patrimoniali e che sia
impossibili- tato a svolgere attivit lavorativa idonea a produrre un adeguato reddito e che ci sia disponibilit
economica da parte dell'obbligato. Quanto alla disponibilit dell'obbliga-to, essa deve essere valutata tenendo in
considerazione le sue esigenze di vita e quella dei suoi familiari,oltre alla misura dei beni e dei redditi di cui
gode. (Sul contenuto del concetto di bisogno,esso da intendere come il necessario per la vita che comprende il
vitto, l'abitazione, il vestiario, le cure mediche e tutto ci che serve ad assicurare una vita dignitosa; se minore, in
pi, ci che serve alla sua educazione ed istruzione.

I soggetti tenuti all'obbligo alimentare


L'art. 433 c.c. oltre a individuare i soggetti tenuti all'obbligo alimentare, stabilisce an- che l'ordine di carattere
progressivo per adempiervi. Il coniuge il primo soggetto sul quale grava l'obbligo di prestare gli alimenti. E' da
ricordare che il coniuge a cui sia stata addebitata la separazione, ma che si trovi in stato di bisogno, pu
pretendere gli alimenti. Allo stesso modo il coniuge a cui sia stata imputata la nullit del matrimonio deve
prestare gli alimenti, se l'altro in stato di bisogno. dicasi per un coniuge "assente".
Obbligati agli alimenti, subito dopo il coniuge, sono i figli legittimi, legittimati, naturali o adottivi, e, in
mancanza di costoro, i discendenti prossimi, anche naturali (figli naturali equiparati ai legittimi).
Dopo questo primo ordine la seconda categoria di obbligati quella dei genitori. Essi, come sappiamo,
provvedono ai figli minorenni e a quelli maggiorenni ancora privi di autonomia. Se un maggiorenne, dopo un
periodo di autonomia, si ritrova in uno stato di bisogno, ha diritto agli alimenti da parte di essi. Stesso dicasi per
gli adottanti, che hanno la precedenza sui genitori di lui.
All'obbligo alimentare sono tenuti anche gli affini, quali generi, nuore e i suoceri.
Gli ultimi soggetti tenuti all'obbligo alimentare sono i fratelli e le sorelle.
Una volta individuati i soggetti su cui incombe l'obbligo alimentare, il codice civile prevede che ci possa essere
un concorso di obbligati, ciascuno in proposizione alle condizioni economiche.

L'adempimento dell'obbligo alimentare


Quanto ai modi attraverso i quali possibile somministrare gli alimenti, all'obbligato lasciata la possibilit di
scegliere alternativamente tra la prestazione di un assegno periodico, in via anticipata, e l'accoglimento e il
mantenimento del bisognoso nella
propria casa. Se le condizioni di base del bisognoso o dell'obbligato cambiano, il giudice pu modificare, su
domanda dell'interessato, la misura della prestazione alimentare.
Il diritto agli alimenti si estingue per morte dell'alimentando o dell'alimentato.

Vous aimerez peut-être aussi