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La famiglia e il diritto
Premessa
Nell'ordinamento attuale il termine famiglia non designa unentit separata , ma riferito ad una pluralit di
relazioni, la cui natura familiare data dalla sussistenza di vincoli di varia natura: giuridici, come il
matrimonio, l'affinit e l'adozione; giuridici e biologici come la filiazione legittima o naturale riconosciuta e
la parentela; meramente biologici, come la filiazione non riconosciuta.
La vigente normativa individua pertanto una pluralit di modelli familiari tipici, tutelati giuridicamente. In
primo luogo quello tradizionale di famiglia fondata sul matrimonio (f. nucleare, quella riferita alla coppia e
figli, e f. allargata, riferita a parenti e affini). In secondo luogo la famiglia di fatto, intesa quale convivenza di
due partners ed eventuali figli naturali; ancora la famiglia ricomposta in cui i partners, coniugati e conviventi
di fatto coabitano con i figli nati da precedenti relazioni; infine la famiglia monoparentale, in cui un solo
genitore convive con i figli.
Possiamo dire che il diritto di famiglia, quindi, quell'insieme di norme giuridiche che disciplina queste
relazioni. Queste norme appartengono a molteplici settori dell'ordinamento: al diritto privato, al d.
costituzionale, penale, processuale civile e penale, ecclesiastico, tributario, del lavoro, amministrativo. Sono
comprese inoltre norme di ordinamenti diversi da quello statale, quali il canonico, l'internazionale ed il
comunitario.
Altre discipline scientifiche come la sociologia, la statistica la psicologia, sono interessate dalle relazioni
familiari.
L'ordinamento ha adottato, nel corso del tempo, differenti politiche per regolamentare le relazioni familiari.
L'intento principale stato quello di garantire la stabilit della convivenza della famiglia. Questo obiettivo ha
imposto per,nel passato, l'adozione di regole rigide, quali, ad esempio, l'indissolubilit del matrimonio, la
disuguaglianza tra i coniugi e la discriminazione della filiazione fuori dal matrimonio. Questi principi hanno
caratterizzato il vecchio ordine familiare, quale era ancora quello del codice civile del 1942, sino alla riforma
del 1975. In quel contesto il diritto non dava molta rilevanza ai sentimenti e agli affetti, bens al potere e alla
soggezione. Nel sistema tradizionale non si poteva impugnare il matrimonio neppure per malattie fisiche e
psichiche, anomalie sessuali, situazioni di gravi precedenti penali. Il punto principale era l'indissolubilit del
vincolo matrimoniale vigente sino al 1970 (Legge n.898, che consentiva lo scioglimento solo in casi
determinati). Il matrimonio era una realt istituzionale, che non poteva essere messa mai in discussione dagli
sposi, neppure se concordi e senza figli. Negli anni sessanta si assistito ad una trasformazione sociale dove la
moglie ha maturato sicurezze e responsabilit fuori dalla famiglia, i figli una loro progressiva autonomia. In
breve, i vincoli di soggezione si sono allentati , per fare posto alle libere scelte, sino ad arrivare al divorzio,
all'eguaglianza tra i coniugi e alla parit tra i figli legittimi e naturali.
Come si detto, il diritto di famiglia ha subito molti cambiamenti nel corso degli anni ed quindi opportuno
ripercorrerne l'evoluzione, partendo dalla codificazione napoleonica.
Il codice napoleonico
Il codice civile francese del 1804 ha regolato organicamente l'intero diritto di famiglia che, nonostante
profondi mutamenti dei motivi ispiratori giunto sino ad oggi.
Il matrimonio civile era l'unica forma di unione personale. Il marito doveva proteggere la moglie ed essa
obbedire al marito. Essa inoltre era obbligata ad abitare col marito e seguirlo sempre. Egli era obbligato a
tenerla sempre presso di s e darle tutto ci che era necessario ai bisogni della vita, in proporzione alle sue
possibilit. La donna nulla poteva donare o acquistare senza il suo permesso, fatta eccezione per quella che
esercitava la mercatura, che era libera solo negli acquisti concernenti la sua attivit.
La condizione di totale sottomissione della donna molto evidente.
Il codice napoleonico disciplinava lo scioglimento per divorzio, che poteva essere pronunziato solo dal marito
per adulterio della moglie, mentre essa poteva domandare il divorzio per adulterio del marito solo se la sua
concubina dimorasse nella casa comune. Era inoltre possibile chiedere il divorzio (art. 233) se si riusciva a
provare che la vita in comune era insopportabile. Il codice disciplinava anche la separazione personale per
coloro che, per motivi religiosi, non volevano sciogliere il vincolo. Non era ammessa per la separazione
consensuale. Con la caduta di Napoleone e la Restaurazione il divorzio fu soppresso.
In materia di filiazione, il codice stabiliva che il figlio concepito durante il matrimonio aveva per padre il
marito. Il padre poteva disconoscere la paternit solo se riusciva a provare di essere stato impossibilitato
fisicamente a coabitare con la moglie dal 300 al 180 giorno prima della nascita. Il marito doveva agire entro
un mese dalla nascita del figlio ed entro due mesi se era stato lontano da casa al momento della nascita. Era
prevista la facolt di riconoscimento dei figli naturali.
L'adozione aveva soprattutto la funzione di fornire un erede a chi non ne aveva. Poteva adottare solo chi aveva
compiuto 50 anni ed era senza figli. L'adottato doveva avere comunque la maggiore et ed aveva, sull'eredit
dell'adottante gli stessi diritti dei figli legittimi al momento dell'adozione. Nel sistema del codice, il figlio era
soggetto all'autorit dei genitori sino alla maggiore et. Il figlio non poteva abbandonare la casa paterna senza
il permesso del padre. Il padre, inoltre, per gravissimi motivi, poteva farlo anche arrestare.
Il codice attribuiva diritti successori solo ai figli legalmente riconosciuti. I figli naturali riconosciuti erano
chiamati a concorrere all'eredit del padre e della madre, ma solo nella misura di 1/3 rispetto ai figli legittimi.
Il regime patrimoniale della famiglia napoleonica era quello della comunione.
Il codice napoleonico ebbe vasta applicazione nell'Europa continentale ed in parte anche in Italia.
Il codice dell'Unit
Il codice civile unitario, entrato in vigore nel 1865, fu molto condizionato dal codice napoleonico ed infatti si
ritrova ancora in esso la netta disparit di condizione tra uomo e donna.
Il dato di maggiore rilievo del nuovo codice fu l'introduzione del matrimonio civile. Il marito era sempre il
capo della famiglia e la moglie, oltre ad essere obbligata ad accompagnarlo ovunque lui ritenesse opportuno
fissare la propria residenza, assumeva il cognome del marito, cosa invece non prevista nel codice napoleonico.
Anche con il codice unitario la moglie non poteva donare, contrarre mutui, cedere capitali, senza
l'autorizzazione del marito. La morte di uno dei coniugi era la sola ragione di scioglimento del vincolo
matrimoniale. Era ammessa la separazione personale per colpa, cio per violazione dei doveri matrimoniali. Il
marito, come al solito, era agevolato, poich si riconosceva a lui la colpa solo se la sua concubina dimorava in
casa. Il tribunale decideva a chi affidare i figli.
Per la filiazione, il marito era riconosciuto padre di tutti i figli nati durante il matrimonio. Non potevano essere
riconosciuti figli adulterini e figli incestuosi, ma nel caso di figli naturali riconosciuti, il genitore era tenuto a
mantenerli, educarli ed istruirli. La ricerca della paternit era molto limitata ed al figlio non era ammesso fare
indagini sulla maternit e sulla paternit.
In famiglia netta era la supremazia maschile. La legge obbligava il figlio di qualunque et di onorare e
rispettare i genitori. Il figlio non poteva abbandonare la casa senza consenso del padre. Il padre rappresentava i
figli ,ne amministrava i beni e ne aveva anche l'usufrutto sino alla loro maggiore et. In caso di morte del
padre, l'usufrutto passava alla madre.
Il codice unitario adottava come regime legale dei beni quello della separazione. La dote della moglie per, era
amministrata dal marito ma egli non ne poteva disporre. Nelle successioni dei genitori, i figli naturali erano
ammessi solo se riconosciuti, ma avevano diritto alla met della quota che sarebbe loro spettata se figli
legittimi.
Capitolo secondo
Il matrimonio
Premessa
Secondo l'art.29 della Cost. e secondo una tradizione culturale tuttora radicata, il matrimonio il fondamento
della famiglia.
Nel nostro Paese questo modello tradizionale il pi diffuso ed il pi regolato dalla legge, anche se da tempo
sono conosciute realt di convivenza familiare senza matrimonio.
Secondo una matrice canonistica, il termine matrimonio di significato bivalente. Il vocabolo designa, in
primo luogo, l'atto che lo fa va venire ad esistenza, che officiato dall'ufficiale dello stato civile, secondo le
regole del codice civile o dal ministro del culto cattolico, secondo le leggi speciali in materia, oppure dai
ministri dei culti ammessi nello Stato. Lo stesso termine matrimonio designa anche il rapporto che si instaura
tra gli sposi a seguito della celebrazione.
Il matrimonio-atto viene configurato come un negozio bilaterale, "puro" poich non possono essere poste
delle condizioni, e "solenne" perch rappresenta una manifestazione della volont. Con riferimento al
matrimonio-rapporto possiamo definirlo come "comunione spirituale e materiale tra i coniugi".
E' necessario ricordare che dal matrimonio scaturiscono i vincoli di parentela che producono molteplici effetti
regolati dalla legge.
La promessa di matrimonio
Secondo la giurisprudenza la promessa di matrimonio (artt. 79-81 c.c.) si identifica, alla stregua del costume
sociale, nel cosiddetto fidanzamento ufficiale. Dobbiamo ricordare per, che l'art.79 c.c. sancisce la non
vincolativit della promessa di matrimonio.
Tuttavia la promessa di matrimonio produce alcuni e limitati effetti giuridici, quali la restituzione dei doni e il
risarcimento dei danni, regolati rispettivamente dagli artt.80 e 81 del c.c..
Il codice prevede che il promittente possa chiedere la restituzione dei doni purch dopo la promessa sia
mancata la celebrazione del matrimonio e sussista un nesso di causalit tra doni e promessa.
I doni modici non vanno restituiti se la condizione economica del donatore non modica.
I doni suscettibili di restituzione vanno distinti dalle donazioni obnuziali previste dall'art. 785 c.c., che si
configurano come vere e proprie donazioni.
I doni fatti per manifestare affetto e sono dunque dettati da sentimenti affettivi, non si restituiscono. Quelle
donazioni, invece, che produrrebbero effetto in seguito alle nozze e sono fatte in vista della futura convivenza
coniugale, avendo la funzione di contribuire alla formazione del patrimonio della famiglia, si restituiscono.
La domanda di restituzione va proposta entro un anno dal giorno in cui s' avuto il rifiuto di celebrare il
matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti.
Per ci che concerne il risarcimento dei danni, l'obbligo risarcitorio sorge se il promittente, senza giusto
motivo ricusi di eseguire la promessa o con la propria colpa abbia dato valido motivo al rifiuto dell'altro. Per
la giurisprudenza, motivi validi per ricusare la promessa sono il fallimento o la perdita del lavoro di un
promittente, che non si sente pi in grado di affrontare la formazione della nuova famiglia.
Il danno risarcibile circoscritto alle spese fatte a causa della promessa di matrimonio, quali ad esempio
quelle di viaggio, di preparazione della cerimonia nuziale, di acquisto di beni destinati ad essere utilizzati
soltanto in occasione del matrimonio.
Le opposizioni al matrimonio
Legittimati a proporre l'opposizione al matrimonio, che da luogo a un procedimento contenzioso davanti al
tribunale, sono i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti e i collaterali di terzo grado. Compete al curatore
e al tutore in caso di curatela o tutela. La causa di opposizione costituita anche da un precedente
matrimonio(la legittimazione spetta al coniuge del nubendo) o anche dal divieto di nuove nozze( la
legittimazione spetta ai parenti del precedente marito).In caso di matrimonio nullo, a colui col quale era stato
contratto il detto matrimonio e ai suoi parenti.
Il difetto d'et.
IL matrimonio contratto da chi non ha compiuto i 18 anni (o 16 non autorizzato dal tribunale per i minorenni)
pu essere impugnato dai coniugi, da ciascuno dei genitori e dal pubblico ministero.
IL matrimonio dell'interdetto
L'art. 119 del c.c. prevede che il matrimonio di chi stato interdetto per infermit di mente possa essere
annullato a richiesta del tutore, del p.m. e di tutti coloro che abbiano un interesse legittimo. L'infermit per
deve, in ogni caso, preesistere prima del matrimonio.
La violenza
La violenza sia morale che fisica una mancanza assoluta del consenso. Essa deve essere per effettiva e non
presunta. La violenza pu essere esercitata o dall'altro sposo o da terzi, e in questo caso pu essere ignorata
dallo sposo. La minaccia pu consistere non solo nella lesione dell'integrit fisica, ma anche dell'integrit
morale, come l'onorabilit e la reputazione. Legittimato all'impugnazione solo il coniuge il cui consenso
stato estorto con violenza.
Il timore
Col termine di timore si intende l'impulso psicologico che la percezione di un pericolo esercita sulla persona.
Il timore che ha determinato il consenso rilevante solo, per, se assume carattere di eccezionale gravit
derivante da cause esterne.
La causa esterna pu consistere sia in un comportamento umano, sia in una situazione oggettiva. Il primo
quando una persona sposa un'altra per non dispiacergli; il secondo scaturisce da interne rappresentazioni
mentali dello sposo e non trova giustificazioni in ragioni esterne oggettive.
Pu capitare che nel matrimonio il nubendo abbia accettato l'atto non per imposizione, ma per paura di quello
che sarebbe potuto accadere se il matrimonio non si fosse celebrato. Il nubendo, cio, ha scelto il male
minore.
L'errore
Introdotto dalla riforma del '75 l'errore da intendersi non nello scambio di persona ,ma nell'errore essenziale
sulle qualit dell'altro coniuge.
L'errore essenziale, per essere causa invalidante deve ricadere nelle ipotesi di: 1) l'esistenza di una malattia
fisica o psichica o deviazione sessuale, tale da impedire lo svolgimento della normale vita coniugale
( sieropositivit, sclerosi a placche, psicosi maniaco-depressive. Anche l'impotenza rientra, ma solo se non
conosciuta dall'altro e deve essere perpetua);
2) l'esistenza di una condanna, per reato non colposo, con reclusione non inferiore a 5 anni,se non riabilitato
prima del matrimonio.(La sentenza deve essere definitiva );
3) la dichiarazione di delinquente abituale;
4) la condanna per prostituzione a non meno di 2 anni;
5) lo stato di gravidanza provocato da altra persona. (questa ipotesi, in realt, configura una falsa
rappresentazione della realt e l'azione di annullamento deve essere esercitata solo se vi stato
disconoscimento di paternit).
La simulazione
Per simulazione si intende la decisa volont dei nubendi, gi prima del matrimonio, di escludere la loro societ
coniugale una volta sposati, e dar vita ad una sola apparenza di vita matrimoniale. Generalmente lo si fa per
acquistare una cittadinanza, oppure per assicurare alla donna una adeguata sistemazione economica, oppure
ottenere l'autorizzazione all'ingresso negli USA e all'espatrio dalle nazioni dell'est ex URSS o infine per
assecondare i desideri di un genitore gravemente ammalato e poi deceduto.
L'impugnazione del matrimonio spetta a ciascuno dei coniugi.
La trasmissione dell'azione
La legittimazione attiva all'impugnativa del matrimonio , come si visto, disciplinata a seconda delle singole
fattispecie di invalidit.
Abbiamo visto che i matrimoni per essere annullati devono essere impugnati ora da un singolo coniuge,ora da
entrambi, a volte anche dai genitori o dal pubblico ministero.
La disciplina vigente appare spesso insoddisfacente perch, a volte ,la regola dell'intrasmissibilit dell'azione
creer situazioni che danneggeranno qualcuno.
Per esempio, deceduto un coniuge non si potr impugnare un matrimonio celebrato sotto l'influenza della
violenza o del timore. O per esempio nel caso di un matrimonio tra un anziano ed una giovane. Una volta
deceduto l'anziano, in sede successoria privilegiato il coniuge superstite a danno dei legittimi eredi.
Il matrimonio putativo
Si parla di un matrimonio putativo quando, pur non valido, esso stato celebrato in buona fede di almeno uno
dei due coniugi, che lo considerava valido al momento della celebrazione. Il matrimonio putativo produce
ugualmente effetti in favore dei due coniugi, o di uno di essi e dei figli. L'eccezione si giustifica per tutelare il
coniuge in buona fede e i figli.
Se il matrimonio dichiarato nullo gli effetti del matrimonio si producono in favore dei coniugi fino alla
sentenza che pronunzia la nullit, quando i coniugi sono in buona fede oppure se il loro consenso stato
estorto con violenza o timore. Se tali condizioni si verificano solo per uno di essi, gli effetti valgono solo in
favore di lui.
Per i figli, invece, nati o concepiti durante un matrimonio nullo non c' limitazione di tempo per gli effetti
validi, ed essi acquistano comunque lo status di figli legittimi. Anche se i coniugi erano in mala fede, rispetto
ai figli il matrimonio nullo ha gli effetti di un matrimonio valido.
Il matrimonio concordatario
L'art. 82 c.c. stabilisce che il matrimonio celebrato davanti ad un ministro del culto cattolico regolato in
conformit del Concordato con la Santa Sede e delle leggi speciali in materia. Il matrimonio concordatario
quindi regolato dal diritto canonico. Questa forma di matrimonio diversa da quella civile, ma acquista effetti
civili dal momento della celebrazione delle nozze, a seguito della trascrizione nei registri dello stato civile.
A seguito dell'Accordo di revisione del Concordato lateranense ( stipulato tra lo Stato italiano e la Santa Sede
l'11 febbraio 1929) firmato in data 18 febbraio 1984, sono state introdotte alcune novit importanti in materia.
Al matrimonio contratto secondo il diritto canonico sono stati riconosciuti gli effetti civili, a condizione che
l'atto sia trascritto nei registri dello stato civile.
Il parroco, dopo la celebrazione, deve spiegare agli sposi gli effetti civili del matrimonio, dando lettura degli
articoli sui loro diritti e doveri. Poi rediger, in doppio originale, l'atto del matrimonio, nel quale i coniugi
potranno specificare l 'eventuale separazione dei beni o il riconoscimento di figli naturali.
La trascrizione non pu aver luogo se gli sposi non hanno l'et richiesta per il matrimonio e se ci sono
impedimenti inderogabili, tipo infermit di mente, precedente matrimonio, il delitto e l'affinit in linea retta.
Secondo la nuova norma per gli effetti civili non sono pi automatici, ma subordinati sempre alla volont
degli sposi.
Capitolo terzo
L'obbligo di fedelt
L'obbligo di fedelt riveste una posizione prominente tra i doveri reciproci, poich riguarda la persona fisica e
spirituale di entrambi i coniugi. In passato tale obbligo veniva letto in chiave meramente materiale; nel sistema
vigente,
invece, il dovere di fedelt ha ormai perso questi connotati, per diventare un impegno quasi esclusivamente
familiare, nel senso che mira a consolidare l'armonia interna e la stabilit del nucleo familiare. La fedelt
quindi deve essere intesa non come obbligo di esclusiva sessuale, ma come dedizione fisica e spirituale di un
comniuge all'altro.
La fedelt finisce cos con il coincidere con la lealt. Affinch ci sia una violazione del dovere di fedelt, non
necessario un vero e proprio adulterio, ma sufficiente un comportamento esteriore che, anche in
considerazione dell'ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedelt, con
conseguente offesa alla dignit dell'altro coniuge.
In dottrina prevale l'opinione per cui l'unit della famiglia strettamente collegata alla fedelt tra coniugi: la
fedelt coincide con la stabilit del nucleo familiare anche negli interessi dei figli.
L'obbligo di fedelt deve permanere anche durante un temporaneo allontanamento del coniuge, ma esso cessa
una volta che, avviato l'iter di separazione giudiziale, sia stata emessa l'autorizzazione del presidente del
tribunale a vivere separatamente.
Capitolo quarto
Premessa
Dal vincolo matrimoniale discendono rilevanti effetti patrimoniali, che il codice regola nell'ultimo capo -il
sesto- del titolo dedicato al matrimonio, rubricato "Il regime patrimoniale della famiglia".
Dovendo dare una definizione, diremo che il regime patrimoniale della famiglia rappresentato dalla
disciplina delle spettanze e dei poteri dei coniugi e dei familiari in ordine all'acquisto e alla gestione dei beni.
A differenza del codice del '42, che prevedeva tra i coniugi, in mancanza di apposite convenzioni, il regime
della separazione dei beni, la riforma del '75 ha introdotto tra i coniugi ,in mancanza di altra dichiarata
convenzione, la comunione dei beni, ha disciplinato l'impresa familiare ed ha abolito la dote.
Se espressi volontariamente dai coniugi , invece, si possono avere tre tipi di regimi convenzionali.
Il fondo patrimoniale, che consiste nel destinare uno o pi beni ai bisogni della famiglia, che, in parte sottratti
alla disponibilit di coniugi, sono garanzia per i creditori.
La comunione convenzionale, il cui regolamento viene fissato dai coniugi in deroga a quello della comunione
dei beni.
Infine, il regime della separazione dei beni, col quale la titolarit e la gestione dei beni acquistati durante il
matrimonio rimane esclusiva in capo a ciascun coniuge.
I regimi matrimoniali sono integrabili, cio una comunione dei beni non esclude che si possa scegliere per
alcune cose la titolarit personale o che alcuni beni possano essere vincolati come fondo matrimoniale.
Facendo un'indagine sul regime della separazione dei beni, si notato che esso era agli inizi molto poco usato,
mentre oggi prende sempre pi piede. I ceti sociali che pi lo utilizzano sono quelli alti ed pi praticato al
nord rispetto al sud. Sicuramente la scelta di questo regime oggi da imputare alla oramai parit dei due sessi.
Parte della dottrina, per, ha rilevato che la separazione dei beni danneggi molto la donna che non ha lavoro
esterno .Anzi la trova illegittima ed in contrasto con l'art 3,comma 2 della Cost. perch non tutela il principio
d'uguaglianza fra i due coniugi.
In questo modo la comunione dei beni vista come il regime pi idoneo, che pu bilanciare l'eventuale
debolezza della donna. Ed anche parere dell'autore del libro che la separazione dei beni possa danneggiare
davvero molto i familiari "deboli". Si pensi per esempio alla propriet individuale della casa che potrebbe
creare gravi problemi al coniuge debole ed alla eventuale prole. Il nostro ordinamento carente in questo e
non tutela molto il non titolare dell'immobile in cui ubicata la famiglia. E' auspicabile perci un intervento
del legislatore, che consenta la protezione della casa familiare, cos come sarebbe opportuna una regola che
preveda la solidariet fra coniugi per le obbligazione contratte singolarmente nell'interesse della famiglia.
La comunione de residuo
Quanto alla cosiddetta comunione residuale (art. 177 lett. b-c), si osserva che la norma ha lo scopo di garantire
al coniuge proprietario del bene, o che esercita un'attivit separatamente dall'altro, di destinare i frutti ed i
proventi al soddisfacimento delle proprie personali necessit.
In proposito, si sostiene che l'altro coniuge non possa influenzare le scelte sull'utilizzo di frutti e proventi
personali, non vantando alcun diritto su detti beni se non all'atto dello scioglimento della comunione.
Rientrano nella comunione de residuo o residuale con esclusione, pertanto, degli immobili, i seguenti beni
mobili o diritti di credito verso terzi:
-stipendi e redditi professionali,
-canoni di locazione di beni personali,
-utili netti ricavati dall'esercizio di un'impresa,
-risparmi liquidi su conti correnti bancari e libretti di risparmio,
-quote di societ di persone,
-quote di societ a responsabilit limitata ove l'acquisto sia connesso ad una effettiva partecipazione alla vita
sociale,
-dividenti derivati da partecipazioni sociali.
I beni personali
Sono esclusi dal regime di comunione i beni personali indicati dall'art. 179c.c.,i
cui frutti, peraltro, sono oggetto di comunione differita.
In relazione al tempo di acquisto, sono personali i beni dei quali ciascun coniuge era titolare prima del
matrimonio.
In ordine al titolo d'acquisto, risultano esclusi dalla comunione i beni acquistati per donazione o successione.
E' tuttavia consentito al donante e al testatore attribuire il bene alla comunione.
Normalmente, quindi, i beni attribuiti al singolo coniuge a titolo di successione o donazione non cadono in
comunione.
I beni di uso strettamente personale, indipendentemente dai mezzi con cui sono stati acquistati, sono personali
in virt della loro destinazione obiettiva, volta la soddisfacimento di esigenze personali del singolo coniuge.
Anche i beni che servono all'esercizio della professione sono caratterizzati da una particolare destinazione che
ne giustifica l'esclusione dalla comunione.
Tra questi sono inseriti anche i beni ottenuti a titolo di risarcimento danni e la pensione ottenuta per la perdita
totale o parziale della capacit lavorativa.
La forma e la pubblicit
Le convenzioni matrimoniali per avere validit devono essere stipulate con atto pubblico (art. 162 c.c.); la
scelta del regime di separazione pu essere dichiarata alla celebrazione del matrimonio.
La pubblicit necessaria poich produce effetti verso i terzi. Essa si realizza a margine dell'atto di
matrimonio, ed inoltre attraverso la trascrizione nei registri immobiliari.
La comunione convenzionale
Il legislatore della riforma ha voluto affiancare al regime legale (cio quello della comunione dei beni)
l'istituto della comunione convenzionale, con la loro forma ed i principi gi espressi in precedenza.
Per essa prevista la trascrizione a margine dell'atto di matrimonio e se sono esclusi beni della
comunione,anche questi devono essere trascritti.
La comunione convenzionale pu cambiare in parte la comunione legale (sar chiamata comunione
ampliativa) o addirittura sostituirlo autonomamente (sar cos un regime autonomo).
Ci sono per dei limiti a questa convenzione.
Non si pu creare una comunione universale,dove siano inseriti tutti i beni, compresi quelli personali, per
lasciare ad ogni coniuge un minimo di beni collegati alla sua esclusiva personalit.
Il loro patto deve essere chiaramente scritto e non potr essere regolato dalle leggi.
Non possono essere inseriti nella convenzione i beni strettamente personali, i beni che servono all'esercizio
della professione, i beni ottenuti come risarcimento danno o la pensione, per la perdita totale o parziale della
capacit lavorativa.
Il fondo patrimoniale
Il fondo patrimoniale (dopo la riforma del '75 derivato dal "patrimonio familiare" previsto dal precedente
codice civile) da luogo a un patrimonio separato la cui destinazione quella di far fronte ai bisogni della
famiglia. Esso costituito sia da beni determinati, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, sia da titoli
di credito. Il fondo patrimoniale compatibile sia con il regime di separazione che di comunione legale dei
beni.
La costituzione del fondo pu essere fatta da entrambi i coniugi (con beni comuni), da uno solo dei coniugi
(con un bene di propriet esclusiva) o da un terzo (con atto pubblico fra vivi ed accettazione espressa dei
coniugi, o con testamento).
Il vincolo di destinazione fa fatto con atto pubblico (quindi con l'assistenza di un notaio). La creazione di un
fondo patrimoniale crea una "barriera giuridica" nei confronti dei creditori dei coniugi per i debiti da questi
contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia (ad esempio nell'attivit professionale o d'impresa).Infatti i
creditori,che sono a conoscenza del fondo patrimoniale ( e solo in questo caso), non possono aggredire i beni
del fondo per debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia (il creditore deve sapere anche questo
al momento del sorgere del debito).
La conoscenza o meno della natura del credito assume rilevanza decisiva, quindi; se il credito e' relativo a
questioni estranee alla famiglia e di tale circostanza il creditore e' edotto, nessuna esecuzione puo' essere
disposta. Se invece tale circostanza e' ignota al creditore, il fondo e' aggredibile. Infine, il fondo puo' venir
meno per cessazione (con lo scioglimento del matrimonio) purche' non vi siano figli minori; in questo caso
infatti il fondo dura fino al raggiungimento della maggiore eta' del figlio piu' giovane.
Capitolo sesto
La crisi coniugale
Premessa
In passato, la separazione rappresentava l'unico rimedio al conflitto coniugale. Ai coniugi, in tal modo, era
consentito non coabitare, anche se temporaneamente, ed i limitati effetti del momentaneo allontanamento
cessavano al momento della loro riconciliazione. Con l'entrata in vigore della disciplina del divorzio, il quadro
normativo radicalmente mutato, considerato che il protrarsi della vita separata per oltre tre anni legittima
ciascun coniuge ad agire per lo scioglimento del matrimonio. Si pu dire, dunque, che la separazione
l'anticamera del divorzio.
La separazione personale pu essere giudiziale o consensuale (art 150 ,comma 2
c.c.) a seconda che essa sia stata determinata da sentenza emessa al termine di un giudizio contenzioso oppure
dal consenso di entrambi i coniugi contenuto in un atto omologato dal giudice.
La separazione consensuale
La separazione consensuale una delle modalit per le quali possibile sciogliere il vincolo matrimoniale.
Quando entrambi i coniugi sono d'accordo sulla volont di separarsi e risolvono privatamente tutti i problemi
relativi alla separazione (affidamento dei figli, divisione del patrimonio, eventuale assegno alimentare, )
possono proporre al giudice la domanda di separazione. Il giudice, prima di omologare la domanda e sancire la
separazione, cerca di riconciliare i coniugi.
Il giudice esercita un controllo di legalit sugli accordi dei coniugi
ed ha il potere di richiederne la modifica se detti accordi sono in contrasto con l'interesse dei figli.
(Da ricordare anche quando si parler di divorzio....)
I coniugi che vogliono separarsi legalmente o, essendo gi separati, vogliono ottenere il divorzio debbono
rivolgersi al Tribunale competente per territorio e, se sono completamente d'accordo tra loro sulle condizioni
alle quali separarsi o divorziare, possono presentare una domanda congiunta.
Nel caso di domanda congiunta di separazione personale o divorzio il Tribunale competente quello del luogo
di residenza o domicilio di uno dei due coniugi. I coniugi che sono d'accordo possono fare domanda congiunta
di separazione personale e di divorzio senza l'assistenza di avvocato difensore. In particolare:
1) l'art. 707 del codice procedura civile stabilisce che davanti al Presidente del Tribunale "i coniugi debbono
comparire personalmente senza assistenza del difensore".
2) la Corte di cassazione e la Corte Costituzionale hanno chiarito che, in questo caso, l'assistenza del difensore
non necessaria n obbligatoria, anche se non vietata.
L'assistenza di un avvocato assolutamente necessaria, invece, oltre che, sempre e comunque, nel caso in cui i
coniugi non sono d'accordo sulle condizioni della loro separazione o del divorzio, quando la causa, anche se
iniziata senza avvocato, deve essere proseguita perch il Tribunale non ritiene di omologare la separazione o il
divorzio
Separazione Giudiziale
La separazione giudiziale uno dei modi con il quale si pu sciogliere il rapporto matrimoniale. A differenza
della separazione consensuale, che prevede un accordo dei coniugi, essa delega al Tribunale le decisioni sui
molteplici aspetti dell'interruzione del rapporto (affidamento dei figli, separazione dei beni, assegni familiari,
) in quanto i coniugi non riescono a trovare un punto d'incontro.
La separazione giudiziale pu essere chiesta al Tribunale da entrambi i coniugi o anche da uno solo di essi.
Prima di procedere, il giudice tenta di riconciliare le parti. In caso positivo viene compilato il verbale di
conciliazione. Se la conciliazione non riesce il giudice prende immediatamente le decisioni che reputa
necessarie e urgenti. Le decisioni riguardano l'autorizzazione a vivere separati e di conseguenza l'affidamento
dei figli e l'assegno di mantenimento. La causa procede secondo il rito ordinario e si conclude con la sentenza
che riguarda l'aspetto patrimoniale della separazione, l'affidamento dei figli minori e il cognome della moglie.
Aspetto patrimoniale
Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separa-
zione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia
adeguati redditi propri.
L'entit di tale somministrazione determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato.
Il giudice che pronunzia la separazione pu imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se
esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi previsti. La sentenza costituisce titolo
per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale. In caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice pu
disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche
periodicamente somme di danaro all'obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi
diritto.
L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli
per consentirgli di continuare a vivere nella casa in cui sono cresciuti.
Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, pu disporre in ogni momento la
revoca o la modifica dei provvedimenti presi in precedenza.
Figli minori
Il giudice che pronunzia la separazione dichiara a quale dei coniugi i figli sono affidati e adotta ogni altro
provvedimento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa.
In particolare il giudice stabilisce la misura e il modo con cui l'altro coniuge deve contribuire al
mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli, nonch le modalit di esercizio dei suoi diritti nei
rapporti con essi.
Il coniuge cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della potest
su di essi ma deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che sia diversamente stabilito, le
decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i coniugi. Il coniuge cui i figli non siano
affidati ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e pu ricorrere al giudice quando
ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
Il giudice d inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi che l'esercizio della
potest sia affidato ad entrambi i genitori, il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale.
In ogni caso il giudice pu per gravi motivi ordinare che la prole sia collocata presso una terza persona o, nella
impossibilit, in un istituto di educazione.
Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al contributo al loro mantenimento, il giudice
deve tener conto dell'accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle
parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal
giudice.
I coniugi hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei
figli, l'attribuzione dell'esercizio della potest su di essi e le disposizioni relative alla misura e alle modalit
del contributo.
La pronuncia di addebito
La separazione pu essere chiesta in base alla obiettiva intollerabilit dei coniugi,e quindi a prescindere da un
giudizio di colpa; il comportamento colpevole del coniuge acquista peraltro rilevanza ai fini della
dichiarazione di addebitabilit. Infatti, il giudice ,in base all'art. 151 c.c.,quando sia richiesto e dove ci siano
aspetti rilevanti, nel pronunciare la separazione, dichiara anche a chi dei due coniugi sia essa addebitabile, a
causa di comportamenti contrari ai doveri che nascono dal matrimonio.
Bisogna specificare che quello che oggi chiamato addebito in passato era chiamata colpa.
Affinch un comportamento che violi i doveri matrimoniali,per,sia dichiarato addebito, non sufficiente che
esso ci sia stato, ma necessario che esso sia stato la causa dell'intollerabilit della convivenza.
La separazione temporanea
Detta separazione prevista dall'art.126 c.c. Pi che una separazione vera e propria un provvedimento
presidenziale ,prevista nella separazione giudiziale,dove vista come esigenza di evitare disagi alla coppia ed
alla prole.
Le cause di divorzio.
La disciplina processuale
L'art 4, l. n. 898/70 disciplina due tipi di divorzio:quello contenzioso su domanda di uno dei coniugi e quello a
domanda congiunta.
Il divorzio su domanda unilaterale segue l'iter della separazione giudiziale.(vedi pag. 25)
Capitolo settimo
Gli effetti della separazione e del divorzio nei riguardi dei coniugi
L'assegno di mantenimento
La separazione, pur non determinando la cessazione del vincolo matrimoniale, comporta la persistenza dei
doveri di solidariet economica che derivano dal matrimonio. Per questo motivo, i coniugi, pur non coabitanti,
devono contribuire ai bisogni della famiglia,collaborando ognuno in proporzione alle proprie forze e capacit.
Questo dovere di contribuzione, si trasforma nei riguardi del coniuge economicamente pi debole, in quello di
corrispondergli un assegno di mantenimento. L'art. 156 c.c. dispone che il giudice stabilisca a vantaggio del
coniuge, cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto necessario al
suo mantenimento,qualora non abbia adeguati redditi propri. Il concetto di mantenimento, per, va inteso non
come stato di bisogno (distinguendolo quindi anche dagli alimenti), ma come conservazione del tenore di vita
goduto durante il matrimonio.
Va osservato che il giudice nello stabilire l'entit dell'assegno, deve valutare i bisogni del pi debole
considerandone l'et, la salute e la possibilit di provvedere da solo al suo mantenimento, svolgendo un
lavoro adeguato alle sue possibilit. Infatti in materia di divorzio (applicati anche alla separazione) l'art 5
comma 6 dispone che l'assegno dovuto quando " il beneficiario non abbia mezzi adeguati o comunque non
possa procurarseli per ragioni obiettivi".
(Il coniuge debole, in definitiva, se in salute deve cercarsi un lavoro).
Eventuali aiuti economici, continuativi e protratti nel tempo, ricevuti da parenti o genitori, contribuiscono a
formare il reddito e sono valutati nella determinazione dell'assegno.
L'assegno di divorzio
Il divorzio,oltre alla cessazione del matrimonio ,comporta il determinarsi di obblighi di carattere patrimoniale
di un coniuge nei riguardi dell'altro. Questo accade quando dopo il divorzio si viene a creare uno squilibrio
patrimoniale tra gli sposi. L'ordinamento, a questo punto, cerca di ristabilire un certo equilibrio attraverso
l'attribuzione di un assegno di mantenimento ;come avviene in Italia, oppure con l'equa distribuzione dei beni
acquistati durante il matrimonio, come avviene invece negli USA Questa divisione, definita come propriet
acquisita dal lavoro di ciascuno dei coniugi durante il matrimonio, viene chiamata attribuzione di propriet.
Essa, al fine di evitare la previsione di un' assegno, serve anche a porre la parola fine tra i due ex coniugi.
Nel nostro ordinamento, l'attribuzione di propriet avviene soltanto per i coniugi in comunione dei beni.
L'effetto patrimoniale,in tutti i modi,senz'altro pi rilevante conseguente al divorzio rappresentato dalla
somministrazione di un assegno di mantenimento (una tantum o periodica) a favore de coniuge
economicamente pi debole. L'art 5,comma 6, prevedendo l'obbligatoriet dell'assegno,indica una serie di
criteri da considerare nell'erogazione dello stesso. Il presupposto fondamentale che tra i due coniugi ci sia
uno squilibrio reddituale fra i due ex coniugi. Il pi debole per si deve trovare nella vera impossibilit di
procurarsi in modo transitorio o permanente i mezzi per riequilibrare il proprio reddito.
(In poche parole dovrebbe cercarsi un lavoro).Prima dell' 87 non era cos. Oggi l'assegno ha solo funzione di
assistenza e non risarcitoria come lo era prima dell'87.L'assegno spetta a chi non ha mezzi adeguati di
procurarsi redditi adeguati. Per mezzi s'intendono anche le propriet che possono soddisfare la mancanza di
reddito da lavoro. Adeguati, affinch non si crei una forma di rendita parassitaria dal divorzio.
Si creata una diversit di vedute per l'assegno di divorzio. Alcuni, individuando il fondamento dell'assegno
di divorzio come un dovere di solidariet economica ancora esistente fra i due ex coniugi, finiscono per
attribuirgli una funzione analoga all'assegno di mantenimento di cui al'art. 156,
com. 1 c.c.; l'assegno, cio sopperisce allo stato di bisogno economico del coniuge, inidoneo a mantenere un
tenore di vita analogo a quello durante il
matrimonio: Secondo altri invece, nessun legame sopravvive fra gli ex coniugi, per cui la solidariet post-
coniugale deve essere intesa come garanzia di tutela per il coniuge pi debole, ma non deve essere intesa
come mancata partecipazione di un coniuge alle vicende economiche dell'altro, sicch "l'adeguatezza" dei
mezzi deve essere intesa come la capacit del coniuge di provvedere da s alle proprie esigenze e bisogni di
vita nel rispetto delle attitudini e propensioni personali e solo la carenza di essi impone al coniuge l'obbligo
dell'assegno, senza far riferimento al pregresso tenore di vita (in poche parole il coniuge pi debole deve
svolgere un lavoro nel riguardo delle sue propensioni personali).
La Suprema Corte si pronunciata mediando fra i due opposti orientamenti. Conservando la natura
esclusivamente assistenziale dell'assegno di divorzio i giudici hanno indicato come unico presupposto per
concedere l'assegno "l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare il tenore di vita goduto
durante il matrimonio, senza che sia necessario una stato di bisogno dell'avente diritto, il quale pu anche
essere economicamente autosufficiente, giudicando, in dipendenza del divorzio, un apprezzabile
deterioramento delle sue condizioni economiche, che devono essere ripristinate, in modo da ristabilire un certo
equilibrio". In particolare il livello di vita coniugale da considerare non solo quello mantenuto durante il
matrimonio, ma anche quello che avrebbero potuto mantenere in base alle loro potenzialit economiche.
Al fine per di evitare che si crei un eccessivo vantaggio per il coniuge richiedente per l'assegno sono stati
indicati quei criteri che potrebbero ridimensionarlo o addirittura azzerarlo. Infatti in una sentenza emblematica
la Cassazione dopo aver ribadito che l'assegno di divorzio deve essere somministrato dopo una attenta
indagine per accertare l'inadeguatezza dei mezzi del richiedente ha poi escluso la sua attribuzione per aver
considerato giudicato una convivenza matrimoniale troppo breve, valorizzando cos solo uno degli indici
prefigurati, la durata del matrimonio che dovrebbero concorrere a determinare l'ammontare dell'assegno. La
Corte quindi ha ribadito cos che la misura concreta dell'assegno deve essere fissata in base alla valutazione
dei diversi criteri enunciati dalla legge, fra i quali anche quello relativo alla durata del matrimonio.
L'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa se il coniuge beneficiario passa a nuove nozze (art. 5 c.10) ,
mentre discusso l'effetto dell'instaurazione di una convivenza more uxorio( convivenza senza matrimonio).
Le altre conseguenze di natura patrimoniale: il diritto del coniuge divorziato ad una percentuale
dell'indennit di fine rapporto
L'art. 12 bis stabilisce che al coniuge titolare dell'assegno, se non risposato,
spetti una quota dell'indennit di risoluzione rapporto percepita dall'altro coniuge ,anche se maturata dopo la
sentenza. E' pari al quaranta per cento della totale indennit proporzionata per agli anni di lavoro coincisi col
matrimonio.
Le conseguenze successorie
La pronuncia di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio determina il venir meno dello
status di coniuge e conseguentemente la perdita dei diritti successori ad esso inerenti.
In caso di morte dell'ex coniuge, il tribunale pu riconoscere all'altro, se titolare dell'assegno di cui all'art. 5,
qualora non si sia risposato e versi in stato di bisogno,un assegno periodico a carico dell'eredit. Tale assegno
per sar determinato tenendo conto dell'importo di dette somme, della gravit del bisogno,dell'eventuale
pensione di reversibilit, delle sostanze ereditarie, del numero degli eredi e delle loro condizioni economiche.
Capitolo Ottavo
Gli effetti della separazione e del divorzio nei riguardi dei figli
Una disciplina omogenea tra separazione e divorzio con riguardo all'interesse dei figli.
Per ci che riguarda l'affidamento dei figli il legislatore detta una disciplina pressoch' unitaria dei
provvedimenti in caso di separazione o di divorzio. L'affidamento della prole nella separazione e nel divorzio
e' disciplinato da due disposizioni, l'art. 155 c.c. e l'art. 6, L. n 898/70, come sostituito dalla l. n 74/87, che
hanno tendenzialmente lo stesso contenuto, dove primario l'interessere morale e materiale della prole.
Il contenuto centrato sull'interesse dei figli, affinch essi subiscano il minor danno possibile dalla crisi
familiare. Sia nell'uno che nell'altro caso l'affidamento della prole inteso come riorganizzazione di un
modello familiare in cui il minore possa essere educato e possa realizzare il proprio diritto alla formazione ed
alla crescita della sua personalit.
Il giudice nel disporre l'affidamento della prole deve fare esclusivamente riferimento all'interesse morale e
materiale della stessa e ci significa che deve tener presente solo ed esclusivamente la posizione dei figli, il
loro interesse, lo sviluppo della loro personalit, senza tener conto delle cause della rottura del rapporto
coniugale. La funzione di decidere sull'affidamento dei figli attribuita sempre al giudice.
La famiglia ricomposta
Si parla di famiglia ricomposta o ricostituita con riferimento alla convivenza di una coppia nella quale almeno
uno dei due partner sia divorziato e vi sia la presenza dei figli dell'uno e/o dell'altro coniuge o partner. Pu
capitare, infatti, che dopo la rottura del vincolo coniugale, il coniuge cui sono affidati i figli minori, si unisca
nuovamente in matrimonio eventualmente con altro divorziato ed affidatario a sua volta di figli. Si viene cos
a creare un rapporto molto pi complesso di quello classico. Il fenomeno molto diffuso, anche se oggi
mancano dei vocaboli italiani per definire i ruoli all'interno di questa nuova famiglia ( tranne quelli usati una
volta: patrigno, matrigna, figliastro...).
Oggi si preferisce adottare la terminologia inglese: step family, step father, step mother, step parents, step
child.
Certamente in caso di vedovanza una persona sostituisce un 'altra non pi esistente, ma in caso di divorzio si
realizza la coesistenza del genitore biologico e di quello sociale (quello vecchio e quello nuovo) e questo crea
conflitti tra gli interessati. Questo succede perch il rapporto genitore-figlio indissolubile e quindi il nuovo
ruolo dello step parents crea una collisione con il rapporto del genitore biologico, che generalmente resta
immutato anche dopo la rottura del matrimonio.
La risposta attuale dell'ordinamento italiano alla realt della famiglia ricomposta parziale ed insufficiente.
Essa in primo luogo disciplinata con una particolare forma di adozione nei riguardi del figlio del nuovo
coniuge. In una famiglia ricostituita con due nuovi coniugi, lo step parents pu adottare il figlio del proprio
coniuge . Il genitore biologico deve comunque dare il suo consenso.
Al di fuori dell'adozione, non vi sono altre forme di disciplina dei rapporti tra genitore sociale e figli
conviventi del coniuge, mentre, in via di fatto, il genitore sociale pu essere chiamato a svolgere un compito
molto rilevante, sia con riguardo alla funzione educativa che alla tutela degli interessi del minore anche nei
confronti dei terzi.
Per ci che concerne i rapporti tra genitori, coniugi o non coniugi, sicuramente deve essere rispettato l'accordo
di convivenza. Attraverso gli stessi accordi i nuovi coniugi possono stabilire obblighi di mantenimento del
figlio a carico dello step parents, cercando di evitare conflitti con il genitore biologico. Problemi possono
nascere in via successoria; si pensi per esempio alla morte dello step parents, dopo un certo periodo. Nulla
spetta come diritto al figlio dell'altro coniuge, e la sua unica possibilit quella del ricorso al testamento.
Capitolo nono
La famiglia di fatto
Premessa
Negli ultimi anni si sono diffusi diversi modelli familiari che si distaccano da quelli tradizionale e tra questi ha
assunto particolare rilievo la convivenza more uxorio.
Questo rapporto, anche se ricalca i tratti essenziali di quello matrimoniale, privo di qualsiasi formalizzazione
del rapporto di coppia, sorretto solo dalla spontaneit di comportamenti dei conviventi.
Questa realt, pur se sempre pi crescente, ancora priva in Italia di una disciplina giuridica e organica anche
se ci sono diverse norme che la interessano. In particolare l'art. 317 bis comma 2 c.c. riconosce la famiglia di
fatto e attribuisce la potest sul figlio naturale ad entrambi i genitori che lo abbiano riconosciuto, se
conviventi. Bisogna specificare che pur essendoci una tradizionale tendenza al matrimonio, viene data pari
dignit ad ogni altro tipo di convivenza. In assenza di una disciplina legislativa, la stessa terminologia
si modificata nell'indicare questa realt: da concubinato a convivenza more uxorio a famiglia di fatto. Il
termine concubinato utilizzato fino agli anni 60 aveva una valenza negativa, con pregiudizi anche nello stesso
campo sociale,e questo rapporto era ritenuto diverso da quello creato dalla vera famiglia fondata sul
matrimonio. Proprio grazie alla Corte Costituzionale, che ha equiparato i figli legittimi a quelli naturali, la
scelta tra matrimonio e convivenza non crea pi problemi alla prole.
Certamente nella convivenza more uxorio, che a differenza della famiglia fondata sul matrimonio non
costituita da una atto formale, si trova una certa difficolt nell'individuare gli elementi che devono
configurarla. Bisogna dire per che, cos come si espressa la Cassazione, pur mancando un atto formale, la
convivenza deve essere sorretta da serenit, stabilit ed inequivocit.
I contratti di convivenza
Non essendoci una disciplina che regolamenti i rapporti patrimoniali tra conviventi, questi possono stipulare
dei contratti di convivenza, per poter regolare questi rapporti patrimoniali. Queste intese mirano soprattutto ad
evitare conflittualit durante la vita di coppia. Per stipulare questi contratti necessita, per, la capacit di agire
di questi conviventi. Per esempio, la minore et, che non rappresenta un ostacolo al formarsi di una famiglia
di fatto,non da la possibilit di stipulare questi contratti.
Nessun problema se il contratto di convivenza stipulato per regolare gli aspetti patrimoniali del
rapporto,mentre non sono accettate pattuizioni relative agli aspetti personali, quali la fedelt, l'assistenza
morale, la collaborazione e la coabitazione. La pattuizione di prestazione di carattere economico del periodo
successivo alla cessazione della convivenza ritenuta valida, se il fine quello di aiutare il convivente con
maggiore difficolt economica. Pu esserci anche un patto per accomunare in regime di comunione quei beni
acquistati durante la convivenza.
I contratti di convivenza richiedono che l'accordo risulti da atto scritto.
Le coppie omosessuali
Negli ultimi anni in molti Stati si discusso della relazione di convivenza tra persone dello stesso sesso.
Queste convivenze oggi sono tutelate sia perch sono viste come rapporto affettivo, di assistenza e solidariet,
ma soprattutto perch si vuole che non sia legittimata una discriminazione fondata sull'orientamento sessuale,
oggi vietata dall'art.21 della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione Europea. C' notevole differenza tra Stato e Stato: in alcuni queste convivenze
vengono equiparate alle convivenze more uxorio, in altri alle coppie unite in matrimonio. La prima legge che
si occupata del fenomeno stata quella danese (1989) che ha equiparato queste convivenze al matrimonio.
Questo modello stato seguito negli anni successivi da Norvegia, Svezia, Islanda, Olanda e Germania. In altri
Paesi invece queste convivenze sono state equiparate alle convivenze more uxorio. Ultimamente nei Paesi
Bassi accettato il matrimonio civile fra persone dello stesso sesso.
I progetti di legge
La lacuna legislativa in tema di convivenze ha portato la dottrina ad interrogarsi sull'opportunit di interventi
da attuarsi al pi presto. Alcuni, in particolare, ritengono di assimilare la disciplina della famiglia legittima e
quella della famiglia di fatto. Altri ritengono che sia conveniente dare alla convivenza more uxorio
un'autonomia privata. Altri ancora, che si interpongono fra le due posizioni, vorrebbero uno statuto delle
coppie conviventi, per dare a questo tipo di famiglie un minimo di giuridicit coincidente con la disciplina
della famiglia legittima. Per tale motivo numerose proposte di legge sono state presentate, e se alcuni
intendono disciplinare unicamente i rapporti tra persone di sesso diverso, altri contemplano la possibilit di
applicare le disposizioni previste anche alle coppie omosessuali.
Per ci che concerne il rapporto di filiazione, soprattutto in relazione all'affidamento dei figli in caso di
cessazione della convivenza, i disegni di legge prevedono generalmente un rinvio alla disciplina dettata dal
codice civile in tema di affidamento dei figli a seguito di separazione personale tra coniugi.
Capitolo undicesimo
La filiazione legittima pu essere provata per mezzo dell'atto di nascita, e in mancanza, con il possesso di
stato, cio ricorrendo ad altri mezzi di prova. Il possesso di stato acquista rilievo solo se manca l'atto di
nascita, mentre gli altri mezzi di prova se mancano sia l'atto di nascita che il possesso di stato. L'art 236 c.c.
dice che la filiazione legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile. In questo atto
scritto tutto: maternit, matrimonio, concepimento, paternit. L'art. 237 dispone che il possesso di stato
risulta da una serie di fatti che messi insieme comprovano la legittimit del figlio. Possiamo dire quindi che il
possesso di stato costituito da una serie di indizi che il legislatore valuta alla stregua di prova sufficiente ai
fini dell'attribuzione ad un soggetto dello status di figlio legittimo.
La contestazione di legittimit
L'azione di contestazione di legittimit diretta a far dichiarare l'inesistenza dello stato di legittimit del
soggetto contro cui rivolta. L'azione esercitata attaccando uno dei seguenti presupposti di legittimit: a)
esistenza o validit del matrimonio fra i coniugi; b)effettivit del parto della donna indicata come madre; c)
corrispondenza fra il bimbo nato e quello dichiarato; d) concepimento durante il matrimonio.
L'azione quindi cercher di dimostrare che o non c' matrimonio fra i coniugi, o che la donna non abbia
partorito, o che il figlio nato non sia quello dichiarato, o che sia stato concepito fuori dal matrimonio.
Il reclamo di legittimit
I presupposti dai quali sorge l'interesse all'azione di reclamo si ricavano dall'art. 241 c.c. e sono: a) la
mancanza dell'atto di nascita o del possesso di stato; b) pur essendoci l'atto di nascita, il figlio vi figuri come
nato da ignoti; c) pur essendoci un atto di nascita il figlio stato iscritto sotto falso nome, per cui i veri
genitori non sono quelli indicati nell'atto.
Colui che reclama lo stato di figlio legittimo deve provare tutti i presupposti necessari per l'esistenza di tale
stato: maternit, matrimonio tra i genitori, concepimento in matrimonio, paternit.
Legittimato all'azione di reclamo il figlio o i suoi discendenti se morto in et minore o nei cinque anni
dopo aver raggiunto la maggiore et.
L'azione deve essere rivolta contro entrambi i genitori e, in caso di morte di uno di essi o di tutti e due, contro
gli eredi. La sentenza che accoglie il reclamo di legittimit accerta l'esistenza dello stato di figlio legittimo con
effetto verso i genitori e i loro parenti con annotazione nell'atto di nascita e conseguente attribuzione del
cognome del padre e perdita del cognome che gli era stato attribuito in precedenza.
Capitolo dodicesimo
Il consenso al riconoscimento
Il genitore che intende riconoscere il figlio con meno di sedici anni,che stato per gi riconosciuto da un
altro, deve ottenere il consenso dall'altro. Questo per tutelare l'interesse del minore che sotto la tutela di chi
per primo lo ha riconosciuto, nel caso di riconoscimenti tardivi. (Nel caso di un rifiuto ci pu essere un
controllo giudiziale). L'art 250 c.c. prevede che il consenso non possa essere rifiutato se sussiste davvero un
interesse del minore nel nuovo riconoscimento.
In giurisprudenza si negato il riconoscimento nel caso in cui il genitore abbia una personalit morale
negativa, soprattutto quando, oltre ad una situazione economica precaria, vi sia il rischio che il
riconoscimento possa turbare la situazione affettiva del minore.
Il giudizio di ammissibilit
L'azione di dichiarazione giudiziale della paternit e maternit deve essere sempre autorizzata dal tribunale,
che deve motivarla in ordine al primario interesse del minore. Con la locuzione " interesse del minore" la
Corte costituzionale ha inteso far riferimento ad un interesse da valutarsi di volta in volta,tenuto conto della
personalit e della condotta del genitore.
Capitolo quattordicesimo
L'adozione e l'affidamento
L'evoluzione dell'istituto
Il minore ha diritto di crescere nella propria famiglia e, per assicurare questo e per evitare un abbandono, lo
Stato,la regione o gli enti locali vengono in aiuto delle famiglie bisognose. Se la famiglia non in grado di
provvedere alla crescita ed all'educazione del minore, la legge disciplina gli istituti dell'affidamento e
dell'adozione. L'affidamento ha lo scopo di fornire un ambiente familiare al minore che ne
momentaneamente privo; l'adozione,invece, crea un nuovo rapporto di filiazione fra soggetti che non sono
uniti da vincolo di sangue. Mentre prima l'adozione serviva soprattutto a consentire di trasmettere il cognome
ed il patrimonio a famiglie senza figli, oggi , nella sua profonda evoluzione, ha lo scopo principale di inserire
un minore,privo di famiglia che sia in grado di provvedere alle sue esigenze di vita,in una nuova famiglia, in
un ambiente adatto alla sua crescita. Solo indirettamente l'adozione assolve la funzione di soddisfare
l'interesse degli adottanti ad avere un figlio.
La svolta fu introdotta nel 1967, poi adeguata ai principi espressi nella Convenzione di Strasburgo (ma
ratificata in Italia solo nel 1974), che introdusse l'adozione speciale. Se prima il limite massimo di et era di
otto anni, con essa si rende possibile l'adozione per tutti i minori. Con essa fu anche regolata l'adozione
internazionale.
Capitolo quindicesimo
La parentela e l'affinit
La parentela il legame di sangue che unisce persone discendenti da un medesimo stipite. L'intensit del vincolo
va determinata tenendo conto di due elementi: la linea e il grado. Sono parenti in linea retta le persone
discendenti l'una dall'altra (nonni, genitori, figli), mentre sono di parenti in linea collaterale le persone che hanno
un ascendente comune, ma che non discendono l'uno dall'altro (fratelli, cugini, ecc.). Il grado l'intervallo
generazionale che separa tra loro due o pi soggetti; nella linea retta, per ogni generazione si computa un grado,
escludendo per lo stipite (tra padre e figlio intercorre una parentela di primo grado); nella linea collaterale, il
computo deve essere eseguito effettuando la somma dei gradi che intercorrono tra ognuno dei due parenti e il
comune ascendente, il quale deve essere escluso dal computo (due fratelli sono, infatti, parenti di secondo
grado).
Il vincolo di parentela non viene riconosciuto dalla legge oltre il sesto grado, salvo che per alcuni effetti
specialmente determinati.
La parentela viene tradizionalmente distinta in legittima, quando si tratta di vincoli di sangue in circostanza di
matrimonio e naturale, che pone questioni alquanto dibattute in dottrina. Prima del diritto di famiglia, infatti, si
riteneva che il rapporto di filiazione naturale fosse circoscritta solo al rapporto tra il genitore e il figlio e i
discendenti di questo. Oggi le novit introdotte dalla riforma tendono ad allargare il concetto di parentela
naturale, almeno in linea retta.
La parentela produttiva di effetti patrimoniali e non patrimoniali. Tra gli effetti patrimoniali ricordiamo quelli
previsti nel campo della successione necessaria, legittima e in ordine agli alimenti. Tra gli effetti non
patrimoniali ricordiamo l'impedimento a con- trarre matrimonio, la legittimazione a proporre istanza di
interdizione e la non riconoscibilit dei figli incestuosi.
L'affinit il vincolo che unisce un coniuge ai parenti dell'altro coniuge, computata anch'essa in virt della linea
e del grado.
Gli alimenti
L'obbligo alimentare, al cui adempimento sono tenuti determinati soggetti indicati dal- la legge, consiste nella
prestazione , a favore di colui che versa in stato di bisogno, dei mezzi necessari per vivere. Il diritto alimentare
ha carattere personale, dal che deriva l'impossibilit dei creditori di rifarsi su di esso e cessa con la morte
dell'obbligato. Il
sorgere dell'obbligo alimentare legato alla sussistenza di presupposti determinati, il primo dei quali
rappresentato dal particolare legame, di parentela o riconoscenza, che deve unire obbligato e alimentando. L'altro
presupposto che l'alimentando si trovi in una situazione di bisogno, non avendo cespiti patrimoniali e che sia
impossibili- tato a svolgere attivit lavorativa idonea a produrre un adeguato reddito e che ci sia disponibilit
economica da parte dell'obbligato. Quanto alla disponibilit dell'obbliga-to, essa deve essere valutata tenendo in
considerazione le sue esigenze di vita e quella dei suoi familiari,oltre alla misura dei beni e dei redditi di cui
gode. (Sul contenuto del concetto di bisogno,esso da intendere come il necessario per la vita che comprende il
vitto, l'abitazione, il vestiario, le cure mediche e tutto ci che serve ad assicurare una vita dignitosa; se minore, in
pi, ci che serve alla sua educazione ed istruzione.