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LORIGINE DELLOCCHIO
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Locchio cos complicato che le sue origini sono da sempre uno dei cavalli di battaglia dei creazionisti e dei
sostenitori del disegno intelligente. Viene proposto come lesempio per eccellenza di quella che
chiamano complessit irriducibile: un sistema non pu funzionare in assenza di alcuno dei suoi componenti,
quindi non pu essersi evoluto da una forma pi primitiva.
Lo stesso Darwin in Lorigine delle specie (1859) riconosce che la formazione dellocchio per opera della
selezione naturale pu apparire assurda. In aggiunta lo sviluppo della visione sotto la superficie dellacqua
pone problemi ulteriori agli organismi marini che non toccano invece gli animali terrestri. Non tutte le
lunghezze donda della luce infatti penetrano lacqua allo stesso modo, e dopo pochi metri di profondit
tutto si colora di blu.
Da dati sperimentali emerso che masse dacqua a profondit comprese tra 120 e 150 m vengono
raggiunte solo dall1% della radiazione solare incidente la superficie, inoltre la presenza di corpi minuscoli e
pulviscolo attenua la luce e impedisce la visione oltre una certa distanza, dove si possono celare pericoli e
nemici. Per questo molte specie, per sfruttare al massimo ogni singolo fotone giunto fino alle profondit
abissali, hanno sviluppato metodi alternativi di visione, a volte molto pi avanzati e sorprendenti di quelli
degli animali terrestri.
Risulta perci molto complicato studiare animali che vivono in ambienti cos ostili, ma del resto anche
acquisire le prove dirette dellevoluzione dellocchio sempre stato un problema, in quanto a differenza dei
resti ossei, i tessuti molli del bulbo oculare raramente fossilizzano. Tuttavia di una cosa si certi: per capire
come ha avuto origine il sistema visivo bisogna risalire a tempi remoti.
Il sistema formato da lente, cono cristallino, cellule pigmentarie, rabdoma, retinula e membrana basale
chiamato ommatidio; in un artropode gli ommatidi possono essere pi di 20 000 per occhio. Gli occhi
composti sono molto efficienti per piccoli animali perch offrono una visione ad ampio raggio e una
moderata risoluzione spaziale in un piccolo volume. Sono insuperabili per la percezione dei movimenti
rapidi. Si pensa che organismi come i Trilobiti (classificati oggi tra i fossili guida del Cambriano) fossero
provvisti di questo tipo di occhio, che li avrebbe avvantaggiati su organismi incapaci di vedere.
Viceversa gli occhi composti non sono pratici per grandi animali, perch la dimensione dellocchio
necessaria per la visione ad alta risoluzione sarebbe troppo grande. Aumentando le dimensioni corporee
sono quindi aumentate anche le pressioni selettive a favore di un altro tipo di occhio: quello a fotocamera,
dove i fotorecettori condividono una sola lente che concentra la luce, e sono disposti come una lamina (la
retina) che delimita la superficie interna della parete dellocchio. Calamari e polpi hanno un occhio a
fotocamera che assomiglia al nostro, ma i loro fotorecettori sono simili a quelli degli insetti.
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Molti tratti specifici dellocchio dei vertebrati sono identici in tutti i rappresentanti viventi del ramo degli
gnatostomi [letimologia greca del termine indica la presenza di una bocca dotata di mascella, N.d.r]. Ci
implica che levoluzione dellocchio a fotocamera precede la comparsa delle mascelle datata 420 milioni di
anni fa. Dunque i ricercatori hanno rivolto lattenzione a vertebrati ancora pi primitivi, con cui abbiamo un
antenato in comune a circa 500 milioni di anni fa. Per studiare a fondo lanatomia dellorganismo in
questione, gli studiosi hanno preso in considerazione un rappresentante moderno di questa linea evolutiva:
la lampreda, un pesce anguilliforme con una bocca a imbuto costruita per succhiare, e non per mordere.
Anche la lampreda ha un occhio a macchina fotografica, completo di lente, iride e muscoli oculari. La retina
della lampreda ha persino una struttura a tre strati, come la nostra, e i suoi fotorecettori sono molto simili
ai nostri coni.
Evolutivamente parlando, parenti stretti delle lamprede sono le missine, anchesse pesci anguilliformi senza
mascelle. Vivono generalmente sui fondali oceanici, dove si nutrono di crostacei e carcasse di altre creature
marine. In caso di minaccia essudano una bava molto viscosa, da cui il nome di anguille bavose. Bench le
missine siano vertebrati, i loro occhi sono molto diversi da quelli tipici di questi ultimi: sono privi di cornea,
di iride, della lente e di tutti i muscoli che solitamente li controllano. Inoltre, la loro retina composta solo
da due strati di cellule, invece che da tre, e ciascun occhio sepolto sotto un frammento di pelle traslucida.
Osservazioni del comportamento delle missine suggeriscono che siano quasi cieche, e localizzino le carogne
usando lolfatto.
Come emerge dallo schema, altamente improbabile che locchio della lampreda e quello umano si siano
evoluti analogamente e indipendentemente. Pi ragionevole invece lipotesi che noi abbiamo un
antenato comune con la lampreda, un antenato presumibilmente dotato di un occhio a fotocamera, come
la lampreda, e che locchio della missina sia una degenerazione di quella forma pi progredita.
Punto chiave nello studio di Trevor Lamb il fatto che locchio della missina persista ancora in quella forma
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primitiva. Per esempio, sappiamo dal caracide cieco che locchio pu andare incontro ad una massiccia
degenerazione ed essere completamente perso in appena 10 000 anni (figura sotto).
Eppure il bulbo oculare della missina, in tutta la sua struttura, persiste da centinaia di milioni di anni. Ci
suggerisce che, sebbene la missina non possa usarlo per vedere, lorgano comunque importante per la
sua sopravvivenza. Il funzionamento dellocchio della missina fa luce sulle modalit di funzionamento del
proto-occhio, prima che si evolvesse in un organo visivo.
Analizzando la retina si nota la presenza due soli strati di cellule: priva delle cellule bipolari intermedie, i
fotorecettori si collegano direttamente ai neuroni di proiezione . Nella retina a tre strati classica nei
vertebrati, le cellule dello strato intermedio le cellule bipolari elaborano linformazione in arrivo dai
fotorecettori e comunicano i risultati ai neuroni che inviano i segnali verso il cervello. In questo senso i
circuiti della retina della missina assomigliano alla ghiandola pineale, o epifisi, che modula i ritmi circadiani
attraverso la secrezione di ormoni.
Basandosi anche su questa analogia con la ghiandola pineale, nel 2007 Trevor Lamb ha proposto, insieme ai
suoi collaboratori, lipotesi che locchio della missina non sia implicato nella visione, ma generi invece
segnali in ingresso alla parte del suo cervello che regola i ritmi circadiani essenziali, e anche attivit
stagionali come lalimentazione e laccoppiamento. quindi possibile che locchio ancestrale dei proto
vertebrati vissuti tra i 550 e i 500 milioni di anni fa fungesse inizialmente da organo non visivo e che solo in
seguito ad un processo di esaptazione abbia acquisito funzioni visive. Gli studi sullo sviluppo embrionale
dellocchio dei vertebrati confermerebbero la teoria.
Occhi pi simili ai nostri sono quelli dei coincidenza dellevoluzione, perch la loro
cefalopodi: hanno cornea, cristallino, iride, origine evolutiva totalmente diversa. Locchio
pupilla e retina, ma questa somiglianza solo una
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umano si evoluto da cellule cerebrali mentre assorbe un fotone, cambia forma a causa di un
quello dei cefalopodi da cellule epiteliali. doppio legame che passa dalla forma piegata
(cis) a quella distesa (trans).
Questa piccola modifica
strutturale della molecola del
retinale provoca una variazione
strutturale nell opsina, che a
sua volta attiva una proteina-
G che amplifica il segnale e alla
fine genera l'impulso
nervoso che giunge al cervello
attraverso il nervo ottico.
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Gli occhi degli stomatopodi sono composti come quelli degli insetti, ovvero sono formati da migliaia di
ommatidi, sono posti su peduncoli per poter essere mossi in tutte le direzioni e sono capaci di movimenti
indipendenti. Ogni occhio focalizza tre immagini leggermente diverse quindi in grado di avere una visione
tridimensionale indipendente dallaltro. Gli stomatopodi non hanno bisogno che entrambi gli occhi puntino
nella stessa direzione per sapere quanto distante una preda.
Se il campo elettrico oscilla sempre nello stesso piano perpendicolare alla direzione di propagazione
dellonda, la luce viene detta polarizzata linearmente, se ruota attorno alla direzione di propagazione
polarizzata circolarmente. Le canocchie di mare riescono a percepire entrambe le polarizzazioni e ad oggi
sono le uniche ad essere in grado di percepire la luce polarizzata circolare.
La presenza di filtri polarizzanti permette alle canocchie di avere una visione pi nitida degli abissi, in
quanto la luce riflessa dallacqua (che offuscherebbe la vista) viene bloccata dalle lenti. Tuttavia non stato
ancora chiarito che vantaggio traggano gli stomatopodi a vedere la luce polarizzata.
CONCLUSIONE
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In definitiva, spesso abbiamo una visione antropocentrica della natura e consideriamo luomo come
unopera di ingegneria perfetta, ma come possiamo apprendere esistono animali provvisti di risorse molto
pi sofisticate di quelle di cui siamo dotati. Locchio umano ben lungi dallessere perfetto:
anatomicamente parlando presenta alcuni difetti non trascurabili. Per esempio la retina posta al
contrario, la luce deve quindi attraversare tutto lo spessore dellocchio prima di giungervi, inoltre siamo in
grado di vedere soltanto la luce con lunghezza donda compresa tra 380 e i 760 nm. Problemi di questo
tipo sono stati risolti con successo da stomatopodi e calamari. per questo che voglio terminare questa
tesina con una citazione che mi sembra appropriato riportare:
BIBLIOGRAFIA
Materiale informatico
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http://www.lescienze.it/archivio/articoli/2011/09/01/news/l_evoluzione_dell_occhio-623561/
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Materiale cartaceo
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