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In ricordo di Augusto Graziani: una lezione su Marx di

Augusto Graziani
Augusto Graziani se ne andato il 5 gennaio scorso a Napoli, la stessa citt dove era nato
nel 1933. Il suo pensiero non riducibile solo al marxismo, men che meno alloperaismo.
Era uno dei grandi maestri delleconomia politica critica che negli anni Settanta dialogarono
e si confrontarono anche con i giovani rappresentanti del pensiero operaista, soprattutto
con coloro che avevano vissuto lesperienza di Primo Maggio. I suoi interventi sulla teoria
monetaria, sullo sviluppo economico e sociale italiano, sulla storia delleconomia politica e
sulla sua critica restano fondamentali. Aveva la capacit di rendere accessibili a tutti delle
questioni anche molto complicate, senza eccessive approssimazioni e dichiarando sempre
in modo chiaro da che parte egli stava, che punto di vista egli assumeva. Pubblichiamo
alcuni estratti di una sua lezione tenuta a Pontedera il 12 Novembre 1983 dedicata al
pensiero economico di Marx[1].

* * * * *

Forse quello che ci interessa di pi al giorno doggi di vedere quali idee il pensiero
economico di Marx ci ha lasciato al punto tale da potere noi farne uso nellinterpretazione
dei fatti economici.

La teoria economica di Marx non una teoria strettamente economica. Nel pensiero di Marx
tutto si intreccia, il pensiero economico, il pensiero politico, il pensiero filosofico; forse sono
pochi gli autori che hanno tenuto continuamente presenti tutte le componenti del pensiero
umano e ne hanno fatto un intreccio continuo, e in Marx si ritrovano continuamente queste
coerenze fra i diversi aspetti dellanalisi.

Per comprendere il pensiero economico di Marx necessario partire anzitutto dalla sua
concezione della societ.

Marx, prendendo in questo da economisti che lo avevano preceduto, gli economisti classici,
comincia col fare una contrapposizione ideale tra una societ che possiamo chiamare
societ semplice come la chiamava Adam Smith, e la societ capitalistica. Come societ
semplice possiamo immaginare una societ agricola in cui le famiglie sono anche
proprietarie della terra che coltivano. Quindi abbiamo un insieme di aziende agricole
familiari; queste aziende agricole, avendo sostanzialmente tutto quello che occorre per la
produzione, possono realizzare direttamente il prodotto; poi i prodotti vengono scambiati se
vi sono esigenze dello scambio.

Ogni famiglia agricola costituisce unazienda, un piccolo cosmo autonomo e sufficiente. Se


poi vuole entrare in rapporti di scambio, lo far, dopo realizzata la produzione, per scambiare
merci su un piano di parit con altre famiglie che hanno svolto esattamente le stesse
operazioni.

Una volta definita questa societ semplice (che forse non mai esistita; tutti gli economisti
del700 la descrivono, nessuno simpegna proprio a dire che sia esistita) per contrasto
definiamo la societ capitalistica.
La societ capitalistica una societ in cui, viceversa, la situazione opposta e non si
verifica questa congiunzione tra lavoro e mezzi di produzione. I lavoratori da un lato, sono
lavoratori che hanno soltanto le loro braccia per lavorare e dallaltro vi sono gli imprenditori
capitalisti i quali sono i proprietari di quelli che Marx chiama i mezzi di produzione. Se la
societ agricola, dovrebbe essere la terra; nel mondo moderno dellindustria saranno
impianti, macchinari, miniere, risorse, semilavorati, prodotti intermedi, tutto quello che
costituisce linsieme dei mezzi di produzione. Allora, la caratteristica centrale della societ
capitalistica, dice Marx, quella di essere basata su questa separazione: da un lato
lavoratori nullatenenti, senza mezzi di produzione, dallaltro capitalisti che hanno i mezzi di
produzione.

Caratteristica centrale della societ capitalistica quella di essere una societ divisa in
classi. Le due classi centrali sono appunto: da un lato la classe dei capitalisti imprenditori,
proprietari dei mezzi di produzione, dallaltra la classe dei lavoratori nullatenenti,
proletariato.

ovvio, dice Marx, che se nel capitalismo c la struttura di classe, le due classi sono
separate, i lavoratori non hanno mezzi di produzione e i capitalisti non hanno lavoro, il primo
atto deve essere un ricongiungimento di queste due forze perch lavoro e mezzi di
produzione devono agire in collaborazione per realizzare il prodotto finito.

Allora vediamo schematicamente come si svolge il processo economico nella societ di


classe, nella societ capitalistica, nel capitalismo come lo vede Marx.

Procedo schematicamente. Primo punto I capitalisti che hanno i mezzi di produzione, ma


non hanno il lavoro, devono compiere un primo atto, questo atto di ricongiungimento e cio
acquistare forza-lavoro. Quindi sul mercato del lavoro i capitalisti acquistano forza-lavoro e
pagano un salario. Come pagano questo salario? Questo un quesito non facile da
risolvere. Immaginiamo che lo paghino con moneta, con una promessa di pagamento dando
ai lavoratori un pezzo di carta che potrebbe essere un biglietto di banca, o anche soltanto
una promessa di pagamento, in cui si dice che il lavoratore tale ha lavorato tante ore, e
quindi pu andare al magazzino e potr prelevare tante merci. Il salario pagato cos in
moneta, con dei pezzi di carta che danno accesso al mercato. Questa moneta non in s
un bene utile; , come diceva Stuart Mill, il biglietto di ingresso nel mercato per comprare
qualche cosa. Il lavoro quindi pagato con queste promesse di pagamento.

Una volta acquistata la forza-lavoro il capitalista ha in mano la forza-lavoro. Questo un


punto molto importante in Marx, un punto che contraddistingue il capitalismo. Il capitalista,
limprenditore, una volta comprata la forza-lavoro, e una volta pagato il salario, con questa
promessa di pagamento, diventa padrone del lavoro, pu usarlo come vuole, nel senso che
pu decidere lui in maniera totalmente autonoma che cosa produrre, come produrre, quanto
produrre.

Il lavoratore si impegnato a svolgere tante ore di lavoro, ma non decide se si debbano


produrre beni di consumo o macchinari, non decide quali tecnologie si debbano usare, se
si debba produrre molto, se si debba produrre poco; tutte queste decisioni sono decisioni
autonome dellimprenditore-capitalista. Il lavoratore deve soltanto svolgere tante ore di
lavoro e poi sar libero di spendere il suo salario come vuole. Quindi nella societ
capitalistica le decisioni di produzione non sono prese collettivamente come potrebbero
essere prese in una societ familiare, sono decisioni prese in maniera autonoma, da una
sola classe, la classe degli imprenditori capitalisti. La classe dei lavoratori non entra nelle
decisioni di produzione.

Una volta realizzata la produzione, limprenditore, come conseguenza immediata, in quel


momento, proprietario assoluto e totale delle merci prodotte. Le merci prodotte sono
dellimprenditore-capitalista il quale le deve vendere perch presumibilmente limprenditore-
capitalista per pagare il salario si fatto anticipare questa liquidit da un finanziatore, da
una banca, e adesso deve vendere le merci, ripagare la banca e chiudere il ciclo del
capitale. Quindi limprenditore porta le merci al mercato: in parte le merci saranno vendute
agli stessi lavoratori salariati, i quali salariati spendono il loro salario e comprano le
sussistenze e i beni di consumo. In parte le merci saranno vendute ad altre imprese e cio
gli imprenditori-capitalisti se le scambiano fra di loro (se sono impianti, o macchinari, chiaro
che gli impianti non vengono venduti a un salariato; gli impianti fabbricati da unimpresa
vengono venduti a unaltra impresa, cio circolano allinterno delle imprese). Quando la
vendita realizzata, se tutto va bene, le imprese hanno recuperato le loro erogazioni iniziali
e possono rimborsare il finanziatore. A questo punto, direbbe Marx, il ciclo del capitale
concluso.

Allora, osserva Marx, qual la sostanza di questo ciclo del capitale? La sostanza proprio
quella del circuito chiuso in cui limprenditore apre il ciclo con una certa quantit di moneta,
perch si fatto prestare dalla banca quello che gli occorreva per pagare i salari, comincia
con questo finanziamento, diciamo di 100, alla fine realizza il prodotto, poi lo vende, incassa,
se tutto va bene rimborsa il debito iniziale alla banca e quello che gli rimasto in mano (se
tutto andato bene gli rimasto in mano qualche cosa), quello il suo profitto. Allora,
osserva Marx, ci troviamo di fronte a una classe di capitalisti la quale conduce il processo
economico con un disinteresse completo per la natura merceologica dei beni prodotti. Al
capitalista, in fondo, non interessa produrre luna o laltra merce poich di queste merci egli
non dovr fare un uso personale. A lui interessa soltanto lesito finale cio che dopo vendute
le merci e dopo rimborsato il finanziatore, resti per lui una differenza netta che il suo
profitto, la ricchezza che lui sta accumulando. Marx esprime questa riflessione dicendo:
il capitalista produce soltanto per accumulare ricchezza nella forma generale. A lui non
interessa la ricchezza nella forma particolare, a lui interessa accumulare questa ricchezza
in forma di denaro altra parola che Marx usa non per indicare le monete o i biglietti di
banca, ma per indicare la ricchezza nella sua forma pi generale. La forma particolare
cambier di volta in volta: una volta il capitalista vorr miniere, una volta vorr fabbriche,
una volta vorr raffinerie, unaltra volta vorr industrie elettroniche, inseguendo il progresso
tecnico, il profitto nei mercati l dove le prospettive sono migliori: ma non sar mai la forma
merceologica che a lui interessa, lui inseguir quella forma merceologia che gli promette il
profitto maggiore. Quindi quello che lui in realt insegue la ricchezza nella sua forma
generale, chiamiamola pure denaro, come Marx spesso la chiama.

Stabilito questo punto, Marx solleva il quesito centrale. Visto che le cose vanno cos come
fa limprenditore capitalista a guadagnare un profitto netto? Da dove viene questo profitto
netto? In quali condizioni c questo profitto netto? Attraverso tutta questa metamorfosi del
capitale, dal denaro, al lavoro, alla merce, di nuovo al denaro, come avviene questo miracolo
della formazione del profito? Questo il quesito centrale dellanalisi del capitalismo.

chiaro, credo, da quello che ho detto, che quando Marx solleva il problema del profitto,
Marx ha unidea ben chiara in mente e cio che se al termine del ciclo del capitale, dopo
tutte queste metamorfosi del capitale, dal denaro al denaro, se resta qualcosa in mano al
capitalista, allimprenditore, questo deve essere un profitto netto; non cio il compenso
che limprenditore riceve per aver lavorato, diretto, organizzato la fabbrica, sorvegliato gli
operai. Nei casi normali un profitto c e Marx pensava che ce ne fosse anche in misura
abbondante, perch limprenditore capitalista, al di sopra del suo compenso per il lavoro
direttivo, guadagna qualche cosa che non deriva da nulla. Non deriva da una prestazione
produttiva, non deriva da un lavoro fatto, perch quello un lavoro direttivo che pagato a
parte come salario direttivo, deriva soltanto dalla posizione del capitalista, dal fatto che il
capitalista si trova in questa posizione privilegiata di avere lui messo in moto il ciclo del
capitale.

Abbiamo detto che limprenditore apre il ciclo del capitale con un finanziamento che riceve
dalle banche, poi va sul mercato del lavoro, compra la forza-lavoro. Ecco il quesito: quanto
la paga questa forza-lavoro? C un punto centrale, che non dobbiamo dimenticare: che nel
processo economico capitalistico il livello del salario non ha nulla a che fare, non dipende
in maniera diretta, non collegato strettamente con quello che il lavoratore produce. Io,
salariato, vado a lavorare in una impresa tessile e produrr un certo quantitativo di tessuti,
il mio salario unaltra cosa, commisurato diciamo alle trattative che si svolgono sul
mercato del lavoro, ma certamente non commisurato al prodotto. Allora da cosa dipende
il salario? Qui la teoria di Marx precisa anche se molto aperta. Marx fa questo
ragionamento: mettiamoci nei panni di questi capitalisti come classe. Questi cosa vogliono
fare? Abbiamo detto che i capitalisti vanno dal denaro al denaro, vogliono guadagnare un
profitto, vogliono ricchezza in generale. Per i capitalisti il lavoro, la forza-lavoro in generale,
i salariati cosa sono? Sono semplicemente un bene intermedio, un prodotto intermedio nel
corso della metamorfosi del capitale, perch per guadagnare un profitto, a un certo punto,
per convertire pi denaro in pi denaro, necessario passare attraverso la forza-lavoro e
comprare la forza-lavoro, organizzare il lavoro, produrre le merci, ecc. ecc. Allora, la forza-
lavoro per il capitalista soltanto un bene intermedio; un bene strumentale, esattamente
come il bestiame in unazienda agricola, esattamente come le macchine nellimpresa
industriale, qualche cosa che bisogna tenere in vita perch necessario per realizzare il
profitto, ma qualche cosa che quando la si pagata nella misura necessaria perch non
muoia, si fatto tutto quello che si deve fare. Allora tutto il problema di stabilire quanto
bisogna dare come salario alla classe lavoratrice perch la classe lavoratrice si riproduca.
Questo quesito evidentemente ha una risposta aperta perch non c una regola precisa.
La regola del salario non una regola fisiologica, una regola storica. Man mano che la
storia procede, la storia fa crescere i livelli di vita, le esigenze del lavoratore, le pretese della
classe lavoratrice: c un conflitto continuo fra le due classi evidentemente, e in ogni epoca
storica ci sar un livello storico del salario.

Tutto il prodotto non viene distribuito in salario: al salario si d soltanto quello che
necessario per la sussistenza storica. La differenza una differenza di cui il capitalista,
essendo proprietario di tutte le merci, diventa proprietario assoluto Questa la prima radice
del profitto. Come lo misuriamo questo profitto? E Marx dice: potremo ragionare cos.
Prendiamo la giornata lavorativa. Possiamo immaginare che delle otto ore, tanto per dire (ai
tempi di Marx erano ben pi di otto) delle otto ore che il lavoratore lavora, un certo numero,
non so quattro-cinque, servono per produrre tante merci quante poi costituiscono il salario.
Per queste prime quattro-cinque ore possiamo dire che il lavoratore lavori per s, perch
lavora per produrre quelle merci che lui stesso consumer (non immediatamente: gli danno
salario monetario poi lui va al mercato e riesce con il salario a comprare cinque ore di merci).
Il resto delle ore, se il lavoro continua fino alle otto ore, sono ore che il lavoratore lavora non
per s ma per il padrone. Questo, dice Marx, classificabile come un plus-lavoro, come un
lavoro che il capitalista non riuscirebbe mai a estrarre dal lavoratore se non potesse
approfittare della sua posizione di forza. Come pu il capitalista indurre il lavoratore a
lavorare cinque ore per s e poi altre tre ore soltanto per il padrone? evidente che ci riesce
soltanto perch il lavoratore un proletario senza mezzi di produzione, non ha da solo
nessuna possibilit di svolgere una produzione autonoma: lunica sua possibilit di
lavorare come lavoratore salariato e quindi preda di questa appropriazione indebita, che
Marx chiama sfruttamento, che la classe dei capitalisti riesce ad eseguire sui lavoratori
proprio perch i capitalisti sono gli unici detentori dei mezzi di produzione.

La radice del profitto sta soltanto, secondo Marx, nella possibilit che i capitalisti hanno di
appropriarsi di una parte del lavoro degli operai. plus-lavoro che diventa plus-valore,
diventa profitto, unappropriazione indebita, uno sfruttamento. La radice del profitto sta
nello sfruttamento che la classe dei capitalisti esercita ai danni della classe operaia.
Estrazione di plus-valore o sfruttamento. Infatti e questo un punto sui cui di nuovo vi
invito a riflettere -, siccome la radice questa, Marx dice: stiamo bene attenti al fatto che lo
sfruttamento si realizza proprio nel momento della produzione; cio nel momento in cui il
capitalista si appropria della forza lavoro, fa lavorare il lavoratore per otto ore ma tre ore se
le piglia lui. nel momento in cui i rapporti di produzione consentono al capitalista di usare
il lavoro come lui ritiene opportuno nella fase di produzione, che si realizza lo sfruttamento.
Poi sul mercato non c imbroglio. Non che il capitalista venda le merci a prezzi diversi da
quelli che dovrebbe o il capitalista esegua una violenza sul lavoratore, unicamente nei
rapporti di classe, nel fatto che il capitalista abbia i mezzi di produzione e il lavoratore no,
che il lavoratore da solo non possa fare nulla e debba per forza vendersi come lavoro
salariato, in questi rapporti di produzione che risiede la possibilit dello sfruttamento.

Siamo partiti misurando tutto in moneta; visto che abbiamo fatto questa ulteriore riflessione,
che abbiamo accertato che la base dello sfruttamento sta in questa appropriazione di ore,
noi potremmo fare anche questaltra riflessione e dire: alla fine il profitto, la ricchezza di cui
il capitalista, come classe, si appropria un certo numero di ore di lavoro. Allora tutte le
merci prodotte nella giornata da un lavoratore sono otto ore, di cui cinque ore sono salario
pagato, tre ore il plus-valore estratto. Per il capitalista, visto che tutta la radice del
fenomeno in questa possibilit di dividere la giornata lavorativa in ore pagate e in ore non
pagate, quello che consente di realizzare un profitto, cio di accrescere il valore della
ricchezza, sono proprio le ore non pagate, quindi la radice del fenomeno sta nelle ore di
lavoro. Che cosa consente la valorizzazione del capitale, cio laccumulazione della
ricchezza, laumento continuo, il profitto continuo? proprio la presenza di ore lavorate, ma
non pagate. Quindi quando parliamo di valore di una societ di classe, dobbiamo parlare di
valore da punto di vista della classe dei capitalisti e per i capitalisti quello che conta quello
che valore per loro; ma per il capitalista il valore non il valore duso, perch abbiamo
detto che al capitalista che si producano burro o cannoni non importa niente, per il capitalista
il valore la ricchezza che lui accumula e siccome la radice di questa accumulazione sta
nelle ore non pagate, corretto, analiticamente rigoroso, misurare il valore in ore di lavoro.
Le merci valgono per le ore di lavoro che contengono. Il plusvalore una certa quantit di
ore di lavoro che sono state eseguite ma non pagate. Quindi dal punto di vista dellintera
classe capitalistica il plusvalore estratto linsieme, il monte delle ore non pagate. Questo
il valore in pi creato. Questo quello che ha valorizzato il capitale. Questo quello che
consente di immettere 100 nel ciclo del capitale e ricavarne 120. Lunica cosa che valore
per il capitale sono le ore non pagate. Di qui lidentificazione che Marx fa tra valore, come
espressione terminologica, e lavoro eseguito come fatto sottostante.

Come nato il primo capitalismo? Come si svolta la cosiddetta accumulazione primitiva?


Forse che si svolta, come dicono tante volte economisti di parte opposta, perch alcuni
uomini previdenti invece di consumare tutto il prodotto hanno cominciato a risparmiare una
parte e cos hanno fabbricato i primi attrezzi e poi con questi attrezzi hanno aumentato la
produttivit del lavoro e cos via? No. Marx rifiuterebbe questa spiegazione, Marx direbbe:
alle origini del capitalismo il problema della classe proprietaria stato quello di procurarsi
lunico ingrediente necessario per laccumulazione perch ce ne vuole uno solo cio
lavoro salariato senza mezzi di produzione.

Come hanno fatto i capitalisti inizialmente a procurarsi lavoro salariato senza mezzi di
produzione? Evidentemente hanno messo in opera tutti i mezzii di cui disponevano per
espellere lavoro dallagricoltura, strappare lavoratori dalla loro risorsa iniziale, trasformare
questi lavoratori del sistema feudale in cosiddetti lavoratori liberi cio lavoratori che vendono
il loro lavoro sul mercato e cos hanno avuto a disposizione del lavoro salariato su cui
esercitare il processo produttivo. Quindi il problema dellaccumulazione primitiva su cui tanto
ci si soffermati non un problema di furto nel senso che i capitalisti si siano appropriati di
terre. vero che i capitalisti inglesi recintavano terreni, per lo scopo non era quello di
appropriarsi della terra; lo scopo vero era quello di espellere i lavoratori dallagricoltura per
trasformarli in lavoratori salariati perch una volta trasformati in lavoratori salariati
diventavano quella massa di lavoro senza mezzi di produzione sui cui tutto il procedimento
che abbiamo descritto poteva finalmente svolgersi.

E successivamente come si perpetua laccumulazione del capitale? La risposta sempre


la stessa. Visto che la base dellaccumulazione della ricchezza la disponibilit del lavoro
salariato, il problema centrale della classe capitalistica di fare in modo che questo lavoro
salariato non si esaurisca mai. Quindi bisogna continuamente ricostruire questa riserva di
lavoro salariato, questa che Marx chiama lesercito industriale di riserva, cio una massa di
lavoratori disponibili, senza mezzi di produzione, che si possono vendere solo come
salariati, perch quella la base dellaccumulazione. Marx dedica molta attenzione a
spiegare come il progresso tecnologico, lestensione del capitale a nuove aree geografiche,
serva a ricostruire continuamente questa forza-lavoro. Un economista marxista per
esempio, di fronte agli eventi economici del nostro tempo, direbbe: il salto tecnologico che
lindustria italiana sta realizzando, le ondate di licenziamenti a cui assistiamo sono proprio
la vita funzionale del capitale che serve a mettere in soprannumero dome diceva Marx
quantit sempre maggiori di lavoratori salariati, ricostruire un esercito industriale di riserva
per riprendere su base allargata laccumulazione. quello di cui sentiamo parlare su base
internazionale: lestensione dellindustria ai nuovi paesi industriali, lindustria che fiorisce
nellEstremo oriente, nellAmerica latina, nei Paesi Mediterranei dove prima era sconosciuta,
che cos? il capitale, direbbe un marxista, che estende la sua accumulazione a nuove
riserve di forza-lavoro, per estendere la base della propria accumulazione perch la base
dellaccumulazione sempre la forza-lavoro e il capitale ha bisogno di questo ingrediente
continuo su cui costruire il proprio profitto.

Quindi la conclusione che il vero passaggio da una economia capitalistica cos come il
perpetuarsi delleconomia capitalistica il passaggio da uneconomia col lavoro salariato e
il perpetuarsi continuo di questa presenza di lavoro salariato. Poich la caratteristica del
lavoro salariato quella di ricevere un pagamento in moneta mentre il lavoratore della
terra, del sistema feudale, veniva pagato in natura perch viveva sulla terra possiamo
anche dire che la caratteristica del capitalismo il passaggio da uneconomia di baratto ad
uneconomia monetaria le due cose sono corrispondenti: passare dal lavoro schiavizzato
al lavoro salariato, o passare da economia di baratto a economia monetaria sono cose
strettamente parallele. Non si possono capire le funzioni della moneta in Marx se non si
capisce che per Marx la caratteristica del capitalismo quella di essere uneconomia di
classe basata sulluso di lavoro salariato.
Veniamo adesso al problema finale del capitalista. Il capitalista ha acquistato lavoro
salariato approfittando della sua posizione di unico detentore dei mezzi di produzione, ha
costretto il lavoratore a svolgere delle ore non pagate, con questo ha costituito la base; ha
svolto uno sfruttamento, ha realizzato un plusvalore, adesso ha costituito la base del profitto,
ma non ha ancora realizzato un profitto perch ha realizzato in natura delle merci che sono
sue, ma per realizzare un profitto nella sua forma finale deve anche vendere queste merci
sul mercato, rimborsare il finanziatore e deve restargli qualche cosa in forma di ricchezza
monetaria che il suo profitto netto Quindi deve trasformare il plusvalore in profitto, cio per
realizzare il profitto nella sua forma finale, il capitalista deve vendere le merci sul mercato,
completare il ciclo del capitale, realizzare lultima metamorfosi, cio ritrasformare le merci
in moneta. Qui sorgono, evidentemente, delle ulteriori difficolt. Se tutto va bene il ciclo si
conclude, ma non detto che tutto vada bene, anzi Marx ritiene che nel capitalismo ci siano
una serie di fattori che ostacolano il capitalista in questa sua metamorfosi finale e molto
spesso, con fasi ricorrenti, gli impediscono di realizzare il profitto finale. Il capitalista va al
mercato e vende le merci. Siamo noi certi che trover dei compratori? Da un punto di vista
potenziale certamente s. I lavoratori spenderanno i loro salari, i capitalisti si scambieranno
le merci fra di loro, i beni di produzione, abbiamo detto: per qui si inserisce un punto che
strettamente connesso al capitalismo. Se noi pensiamo alla domanda di consumi, la
domanda di consumi proviene dai lavoratori. Presumibilmente i lavoratori spenderanno tutto
il loro salario; quindi i salariati spendono tutto il loro salario monetario; se comprano poco
questo dipende dal fatto che hanno guadagnato poco, non dal fatto che vogliono accumulare
moneta e scorte liquide; quindi un problema di sottoconsumo sar connesso al fatto che i
salari sono bassi, ma non un problema perch se la classe dei capitalisti vuole combattere
un fenomeno di sottoconsumo far una politica di alti salari come tante volte i capitalisti
hanno proposto di fare e la domanda di consumi aumenta immediatamente.

Il vero problema della vendita, invece, sta nellaltro settore: in quellinsieme di merci che
essendo mezzi di produzione (impianti, macchinari, semilavorati, semiprodotti, ecc.) devono
essere scambiati allinterno del settore delle imprese. Una macchina deve essere prodotta
da una impresa e venduta ad unaltra impresa che la utilizzer. In questo scambio
necessario che ogni singolo capitalista trovi la sua controparte cio un altro imprenditore
che vuole comprare quella macchina che ha fabbricato lui. Perch sorgono delle difficolt a
questo punto? Sorgono delle difficolt, osserva Marx, proprio per quella caratteristica di
base del capitalismo e dellazione del capitalista il quale vuole accumulare non ricchezza
specifica, ma ricchezza in forma generale. Al capitalista non importa avere le miniere per le
miniere, vuole le miniere se le miniere rendono di pi; domani vorr fabbriche di macchine
utensili, dopodomani vorr fabbricare calcolatrici elettroniche: il capitalista insegue il profitto;
la forma tecnica del prodotto cosa alla quale totalmente indifferente. Questo stesso fatto,
se ci si riflette un istante, introduce un elemento di incertezza. Se io voglio una merce per
usarla, (se io ho freddo e voglio comprare un cappotto) so benissimo di doverla comprare e
di volere un cappotto, ma se io voglio invece una merce soltanto per il profitto che mi
render, voglio comprare una fabbrica solo per guadagnare da denaro altro denaro,
evidente che io sto giocando sullavvenire, sto chiedendomi che cosa faranno i mercati, sto
chiedendomi che cosa faranno i capitalisti miei rivali, se entreranno nello stesso settore, se
centreranno con tecnologie pi avanzate, se guadagner profitti o andr in fallimento.

Il fatto che ci sia incertezza produce unaltra conseguenza e cio che possono verificarsi dei
momenti di attesa. Mettiamoci nei panni di un imprenditore capitalista. Io ho venduto le mie
merci, sono stato fortunato, ho in mano del denaro, moneta liquida; evidentemente devo
farlo fruttare, per il momento io non so bene dove mi conviene investire, se mi conviene
ampliare la fabbrica che ho gi, se mi conviene cambiare settore, se mi conviene cambiare
zona geografica e andare a trenta chilometri o a cento chilometri perch l ci sono altre
possibilit. Si apre cos una fase di incertezza in cui questo un punto centrale pu
essere perfettamente razionale cio non un capriccio, ma il frutto di un calcolo pu
essere perfettamente razionale non investire, non spendere, tenere provvisoriamente
moneta liquida.

Ma se un capitalista decide di trattenere moneta e dal suo unto di vista fa benissimo


vuol dire che la domanda di mercato cade. Un altro capitalista avr delle merci invendute.
La domanda globale cade e si precipita in una crisi depressiva: leconomia monetaria la
base del capitalismo, il lavoro salariato e la moneta sono quelli che consentono il profitto,
ma la stessa economia monetaria, per una strana contraddizione, la rovina del capitalismo
perch proprio la presenza della moneta consente il formarsi di queste scorte liquide e le
crisi dovute a un crollo di domanda. Quindi la moneta al tempo stesso lalimento e la rovina
del capitalismo.

Per la moneta soltanto il mezzo tecnico che consente la crisi. Lorigine profonda della
crisi, lo abbiamo detto, sta nella decisione del capitalista di non spendere; e il capitalista non
spende, perch ha delle incertezze, perch trova che il salario troppo alto e il suo margine
di profitto sarebbe troppo basso, cio c un conflitto fra capitale e lavoro; perch trova che
i suoi concorrenti lhanno ormai spiazzato dal mercato e bisogna cambiare aria, cambiare
settore, cio c un conflitto tra capitalisti; perch trova che il suo banchiere gli chiede un
tasso di interesse troppo alto e allora gli succhi via tutto il profitto sotto forma di interessi e
a lui, come profitto industriale, non resta niente e cio c un conflitto fra capitale industriale
e capitale finanziario, ma sempre nel settore reale dei rapporti sociali, fra i segmenti della
societ che la causa della crisi va ricercata. La moneta consente tecnicamente il realizzarsi
della crisi, ma solo un fattore necessario, non la causa profonda.

sempre un conflitto sociale che d luogo alla crisi: si tratta di andare ad accertare dove,
volta per volta, quel conflitto sociale si ritrova.

[1]Lintervento integrale della relazione registrata e sbobinata senza essere rivista


dallautore pubblicato in A. Graziani, A. Cecchella, P. Sylos Labini, S.
Lombardini, 1883-1983 K. Marx J.M. Keynes centanni dopo. Due economie e
a confronto, Ets Editrice, Pisa 1984.

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