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Le Chiese del I sec. Hanno conservato questi libri e li ha sistemati in raccolte, usandoli nella liturgia.

Altri libri sono stati respinti perche non risalienti al periodo apo-stolico oppure perche contenevano
delie opinioni contrastanti con la norma di fede. Le diverse discussioni hanno determinato la
formazione di un catalogo dei libri della Bibbia. C'e dunque una circolarita tra il significato di
canone in quanto norma o regola di fede e la formazione di un canone biblico, che a sua volta
costituisce una norma per la fede e la vita pratica della Chiesa, una nor-ma non normata.
(1) IL canone: un fenomena di ricezione ecclesiale e letteraria
Chi dice canone, ha implicitamente gia detto Chiesa. Un canone vinco-lante di scritture e
sempre relativo a una comunita di credenti nella uale viene accettato e ritenuto autoritativo. IL
concetto di canone implica pertanto una comunita che accoglie certi scritti e attribuisce loro uno
status particolare. In altre parole: il canone in fin dei conti un fenomeno di ricezione.
Il canone e per anche un fenomeno letterario. Esso rappresenta uella letteratura che viene
considerata normativa per la comunita. Poiche il canone un fenomeno di ricezione, dovr
necessariamente essere utilizzata la cosiddetta teoria della ricezione. Linterprete di un determinato
testo accolto nel canone dei libri sacri non pu limitarsi a esaminare il rapporto tra il testo e
1'intenzione del suo autore in base alla teoria della produzione.
IL senso di un testo canonico non dipende soltanto dal suo autore ne dal-1'intenzione che uesti
avra avuto all'epoca della sua stesura. Lesegesi storico-critica per indagava proprio e soltanto su
tale aspetto. IL senso di un testo canonico viene anche costituito dalia comunita di coloro che lo
accolgono. Quello che succede nel processo di canonizzazione e la de-storicizzazione di certi testi e
la loro integrazione in un nuovo contesto letterario, per cui il canone definitivo deve anche essere
interpretato secondo la teoria della ricezione.
Chi dice canone, ha implicitamente gia detto Chiesa, ha affermato che ci deve essere una
comunita di credenti che accoglie certi scritti, ha accettato che si tratta di letteratura non piu in un
contesto storico e cronologico, ma in un contesto piu-che-storico e canonico, ha infine ammesso
1'esistenza di una letteratura normativa per uesta comunita. IL canone dei libri sacri e un mezzo
letterario che vincola tutti i componenti del gruppo.
(2) La collocazione dei libri nel canone
Secondo untopinione diffusa, la collocazione degli scritti biblici nel canone rimarrebbe estrinseca ai
libri sacri come uno scaffale rimane estrinseco a quei libri che vi si trovano sopra; di conseguenza, la
collocazione non avrebbe riper-cussione alcuna sulla interpretazione dei libri in uestione. Tale
opinione e evi-dentemente scorretta. Analizzando, per esempio, la raccolta dei libri profetici per
mezzo della storia letteraria e della critica della redazione, si possono constata-re certi interventi dalia
mano di un redattore decisi per integrare il testo in uestione in una unita piu grand. Israele raccoglie
alcuni libri profetici, li stacca in certo qual senso dal loro contesto storico e li integra in un nuovo
contesto letterario. Di conseguenza, la ricezione di un testo nel canone della comunita si mani-festa
nel corpo delio stesso testo. Dopo l'intervento deh"ultimo redattore, sono ormai gli stessi testi a
segnalare il loro posto nell'insieme dei libri biblici. D'ora in poi, la collocazione di un singolo testo
nel canone dei libri sacri non e una qua- lita estrinseca del testo, ma lo tocca intimamente. La
stessa procedura si pu osservare a proposito della collocazione e della successione di vari libri
biblici in ima sezione determinata del canone.
La forma canonica, ossia la suddwisione della Bibbia ebraica oggi general-mente accettata dal
giudaismo, e tripartita. Quello che importa per il nostro discorso e la rilevanza teologica della forma
canonica della Bibbia ebraica. Lo stesso testo, per esempio il libro dell'Esodo, letto da un ebreo o da
un cristiano, rivestira un significato diverso, a seconda del con-testo (cioe il canone ebraico o
cristiano) di cui il libro delTEsodo fa parte. Per accorgersi delFindicazione erme-neutica che da il
canone ebraico, bisogna stare attenti a tr osservazioni: 1) l'im-portanza della Torah come
fondamento e centro delTesistenza di un ebreo cre-dente pu essere rilevato dalia composizione
concentrica dei cinque libri e dai riferimenti interni del Pentateuco; 2) il fatto della precedenza
assoluta della Torah rispetto a tutti gli altri testi, come anche il fatto che i profeti e gli scritti non
fanno altro che esaltare la legge, pu essere reperito da rimandi sottili che ricollegano strettamente i
confini di ueste due sezioni con la Torah che li pre-cede; 3) con il testo di 2Cr 36, il canone ebraico
stabilisce una chiusura oltremo-do importante per i credenti ebrei. Quale e quindi la portata teologica
di queste osservazioni sul canone ebraico?
Innanzitutto, nel contesto presente, il concetto di Torah non ha quelleconnotazioni non sempre
positive alle quali un lettore cristiano si e fors abituato. La Torah significa, per esempio,
1'insegnamento della mdre (Pr 1,8), delpadre (Pr 4,ls), del saggio (Pr 7,2), del profeta (Is 8,20),
del sacerdote (Ger18,18), del giurista (Dt 17,11), ecc. Si tratta sempre di una istruzione o di un
awertimento che serve per la vita, per superare conflitti e per aggirare pericoli. Una singola Torah
e uindi sempre un aiuto vitale e un sostegno per far fronte alla vita. Leggendo il Pentateuco nella
forma che esso ha nel canone ebraico, ci si rende conto che la Torah e un dono di Dio al suo
popolo per imboccare la via della vita, della liberta e della pace. Esso vuol essere motivo e
sostegno per intra-prendere tale cammino, nonostante le continue rninacce (cf. Es 1-15; 17 e Nm
21-24; 31). La Torah pu essere vista come una guida sul cammino verso la terra promessa; una
guida che 1'uomo pu evidentemente usare o rifiutare.La seconda parte della Bibbia ebraica e
collegata alla prima attraverso determinati lemmi, tr cui Timportantissima voce Torah. La fine
del libro di Malachia (3,22-24) costituisce una conclusione decisiva della raccolta chiamata
nevi'jm, rimandando il lettore alla Torah e sottolineando ancora una volta l'im- portanza di Mose
per la costituzione del popolo e la sua familiariti con Dio. Tale familiarita - ed e proprio uesto il
compito canonico dei nevfn - si avra in modo perfetto soltanto quando sara tornato Elia per far
dei padri e dei loro figli un'unica comunita di person che ascoltano la voce del Signore (cf. Dt
6,4- 9). L'esempio per eccellenza di un ebreo profeta che medita la Torah nel modo dovuto e
Giosue. Per questo il suo libro deve inaugurare la seconda parte del
la Bibbia ebraica: egli, da una parte, serve da collegamento alla prima sezione del canone ebraico,
dalFaltra serve da ponte per la terza parte, in quanto 1'uomo anonimo del Sal l, ossia 1'ebreo
normale, ha in lui un modello concreto da seguire. Risiede qui il compito canonico degli scritti:
chiunque legge, ascolta e assimila i k'tuvim riuscira nella vita, nonostante tutte le difficolta, perche
anche i k'tuvim non chiedono altro se non obbedienza verso la legge tramandata da Mose, amico di
Dio, e vissuta dai profeti, ambasciatori di Dio.
3) Ci sono tanti motivi che suggerirebbero un altro scritto come fine del canone ebraico. IL fatto
che il TaNaKh finisca proprio con 2Cr 36,22s, deve quin-di avere un significato teologico oltre che
puramente storico o accidentale. Importante e il fatto che in uesto passo venga menzionato Ciro e
che sia proprio il verbo dla a concludere il canone ebraico (tradotto come partire, pili precisamente
per salire). IL fatto che sia proprio Ciro, re di Persia, lo stru-mento di Dio per adunare i suo
popolo, fa intendere al lettore il compimento incoativo delie promesse di Dio: senza abbandonare il
suo popolo prediletto, Dio incomincia a effondere il suo spirito, oltre gli israeliti, anche sui gentili (cf.
Is 45,1) e si serve di uesti per due scopi strettamente ricollegati tr di loro: per riportare il suo popolo
dalia dispersione (diaspora) e per dare a uesta adunan-za (mista) di popoli un centro ben concreto:
il monte Sion, con Israele al centro e tutti gli altri popoli attorno a lui. In tal modo - Israele e il
sacramento di Dio per farne conoscere la volonta salvifica a tutti i popoli e i popoli sono il
sacramento di Dio per radunare Israele dai uattro venti - awerrebbe final-mente uella convivenza
escatologica di popoli tradizionalmente nemici di cui parlava gia Is 19,18-25. L'altro lemma
importante del brano in uestione e il ver-bo ala (spesso tradotto col verbo partire). Si tratta delio
stesso verbo che la Torah usa per riferirsi all'esodo, all'uscita cioe del popolo dalia casa della
schiavitu e alla sua salita dalia bassa pianura d'Egitto nella regione monta-gnosa di Israele, e che i
k'tuvlm usano per narrare il ritorno del popolo dall'esi-lio in Babilonia e dalia dispersione. Come la
prima parola del canone ebraico (bYshil) riduce tutto uello che c'e al Dio creatore, sottolineando la
sua inizia-tiva assoluta, cosi 1'ultima parola (ja'dl) focalizza 1'attenzione del lettore all'e-vento
fondante di Israele sul Sinai e alla visione di un futuro universale per tutti i popoli attraverso la salita a
Gerusalemme.
(3) Le due coppie legge-profeti e vangelo-apostoli
Una prima funzione del canone e definire 1'appartenenza di alcuni scritti all'elenco ufficiale di una
comunita e di scartarne altri. Una seconda funzione del canone consiste nel riunire alcuni degli scritti
appartenenti a tale canone in determinate raccolte (che, ad esempio, si possono chiamare Torah,
profeti, salte-rio, corpo paolino, lettere cattoliche, ecc.), neh"ordinare gli scritti scelti all'inter-no della
stessa raccolta e nel gerarchizzare le raccolte tr loro. IL canone, dunue, non soltanto determina se
uno scritto pu essere considerato canonico o meno, vale a dire accettato o escluso dagli scritti
sacri della comunita in uestione, ma crea una unita strutturata di libri che attraverso la sua struttura
(gerar-chia) suggerisce al lettore la direzione fondamentale come leggerla, intenderla e interpretarla.
La Chiesa ha un canone proprio dei libri sacri che - nonostante sia in gra parte identico al canone
ebraico, in uanto al testo - awia il lettore cristiano a una lettura profondamente diversa dei testo
sacro. Tale norma ermeneutica non si spiega col mero fatto che nella Bibbia cristiana c'e una parte
aggiunta rispet-to alla Bibbia ebraica, chiamata Nuovo Testamento. Gia la forma canonica della prima
parte della Bibbia fa divergere le letture di un cristiano e un ebreo in uanto al risultato della loro
lettura, pur avendo letto lo stesso testo.
Noi cristiani collochiamo i cosiddetti Scritti (libri sapienziali) tr i Profeti Anteriori (libri
storici) e i Profeti Posteriori (libri profetici), per cui dal nostro punto di vista la prima sezione
della Bibbia cristiana rimane in sostanza bipartita: da una parte la legge, dalFaltra i profeti. Proprio in
uesti termini il NT si riferisce a uella raccolta che chiamiamo AT: die la legge e i profeti211 o
Mose e i profeti.212 Tanto e vero che per noi cristiani il processo di canonizza-zione non finisce col
raggruppamento della legge e dei profeti. Tr i documenti piu antichi della comunita cristiana
nascente si contano le lettere di Paolo. Que-ste epistole erano, proprio come gli oracoli di Michea di
un tempo, collocate in un determinato contesto storico-geografico e indirizzate a un gruppo particola-
re. Nonostante ci, dopo ualche tempo la comunita di Roma incomincia a leg-gere le Lettere che
Paolo aveva scritto ai corinzi (quasi si potrebbe dire che i romani le lessero a dispetto delFintenzione
di Paolo uale autore di ueste lettere), mentre un giorno i corinzi cominciano a leggere la Lettera di
Paolo invia-ta ai romani. Collezionando le varie lettere di Paolo, tutte scritte in un contesto
particolare delFautore e per un contesto particolare dei destinatari, la Chiesa preleva uesti scritti dal
loro contesto storico per inserirli in un contesto lettera-rio. Alle lettere di Paolo tocca in un certo
senso la stessa sorte dei libri profetici: da un lato viene preservato il recapito di allora (per esempio,
ai galati), per cui al lettore-uditore viene sempre ricordato il contesto originario delio scritto. Dal-
Paltro lato per, la Lettera indirizzata ai galati viene integrata in una raccolta di lettere piu ampia,
detta corpo paolino, che oltrepassa il contesto storico di allora e che d'ora in poi serve come nuovo
contesto letterario per 1'interpretazione della Lettera ai Galati: il contesto canonico.
La Lettera di Paolo ai galati deve uindi essere intesa dapprima come uno scritto polemico e
occasionale, collocato in una situazione ormai lontana, e indi-rizzato a uelle person che alFepoca
venivano chiamati galati. Questa e 1'interpretazione storica della lettera. Per un lettore di oggi per il
uadro che gli per-mette di awicinarsi alla lettera e di comprenderla e il contesto letterario dei
canone, piu precisamente il corpo paolino dapprima e la Bibbia intera dappoi (con la sua struttura
interna). Nel contesto dei corpo paolino e per una inter-pretazione canonica della Lettera ai Galati
bisogna stare attenti al fatto che non e uesta epistoa a schiudere il mondo paolino, bensi la
Lettera ai Romani, che e molto piu sistematica e molto meno polemica di uella ai galati. Nel
contesto piu ampio della Bibbia intera occorre badare al fatto che la Chiesa non raggruppa i suoi libri
sacri in ordine cronologico, bensi in ordine canonico. (La stessa osservazione vale per gli scritti di
Israele nel canone ebraico.) Pur essendo i piu antichi in ordine cronologico, le lettere paoline
vengono messe dietro gli scritti teologicamente piu importanti, cioe i uattro yangeli. Come nelFAT
sono la storia e la legge di Mose che stanno alFinizio dei racconto, a cui tutti gli altri testi fanno capo,
cosi anche nel NT: si comincia con la storia e la legge di Gesu, e poi seguono tutti gli altri scritti.
Come l'AT consta dei due gruppi legge e profeti, cosi il NT consta dei due gruppi Vangelo e
Apostoli. Per salva-guardare uesto principio canonico, la Chiesa non ha esitato a troncare uelFu-
nica opera che attribuiamo a Luca per collocarne una parte come Vangelo nella prima parte della
raccolta neotestamentaria e per rimandare 1'altra parte nella seconda parte sotto il nome Atti degli
apostoli. Come la bipartizione e gerarchizzazione delie due parti yeterotestamentarie legge e
profeti costi-tuisce una norma ermeneutica per l'interpretazione dell'AT, cosi la bipartizione e
gerarchizzazione delie due parti neotestamentarie Vangelo e Apostoli ne costituisce una per
l'interpretazione dei NT.213
IL NT non vilole sostituire l'AT, ma ricollegarsi a esso. Perci deve comin-ciare con la
genealogia di Gesu Cristo secondo la yersione fornitaci da Matteo, perche nessun altro scritto
neotestamentario riesce a farlo cosi bene come uesto vangelo. Mt 1,1 infatti si rifa a uelle parole
con le uali finisce la prima creazione di Dio (Gen 2,4a), non ancora contaminata dal peccato, per
ripren-derle e ricollegaryi la ri-creazione o la riparazione della creazione iniziale214 a partire da
Cristo. Tale procedura ha il doppio vantaggio di salvaguardare, da un lato, la creazione raccontata
alFinizio dei Pentateuco, per cui il valore di uesta rivelazione originaria yiene implieitamente
accettata e affermata, e di rispet-tare, dalFaltro lato, la scelta di Dio di iniziare la storia di salyezza
proprio con 1'aiuto di Israele, il piu piccolo di tutti i popoli (Dt 7,7), perche la salyezza yiene dai
giudei (Gv 4,22). Gli inizi dei Yangeli di Marco e di Luca non ayrebbero reso lo stesso servizio,
mentre 1'inizio del'Vangelo di Giovanni pu colpire in un primo momento, tanto sembra imbeyuto
dalia teologia della Genesi;215 soltanto che in un secondo momento potrebbe prestare a sostituirsi al
racconto iniziale dei Pentateuco, tanto ricapitola e spiega perfettamente la profondita ontologica
delFazione creatrice di Dio.
Se Israele e la Chiesa si rifiutano di mettere i vari scritti biblici semplice-mente uno accanto
alFaltro, senza ordine e gerarchia alcuna, e se si decidono a raggrupparli in raccolte, che a loro volta
costituiscono una struttura chiaramen-te percepibile, non si pu non prendere atto di uesta yoonta
normativa nel campo della teologia e dell'esegesi. L'architettura teologica che si delinea attra-verso il
concetto teologico del canone dichiara che la Bibbia deve essere letta e interpretata come una unita
strutturata: dapprima legge e profeti, poi yangelo e apostoli; o (riprendendo come leitmotiv il
concetto della legge) la prima legge, data da Mose, e uella seconda (deuteronmion: et. Dt 17,18;
Gs 8,32), data da Gesu (cf. Gv 1,17); o (per riprendere il concetto d&\Yoikonomia, della volonta
saMfica di Dio che si concretizza nella storia) 1'Antico Testamento e il Nuovo Testamento. Risiede
proprio qui la rilevanza teologica del canone dei libri sacri. Un singolo testo sacro deve essere letto e
interpretato nel contesto delFintera Bibbia, cosi come ci si presenta a noi uale unita strutturata. Un
singolo libro biblico e per forza una singola affermazione tratta da uno scritto biblico hanno
rilevanza e sono normativi soltanto se vengono interpretati nel contesto della Bibbia intera. Dal
punto di vista teologico il canone (con la sua struttura interna) costituisce quel con-testo che
permette di interpretare un testo biblico nel modo giusto. Togliere un libro o una frase dal suo
contesto (e uindi anche dal contesto canonico) lo rende praticamente inutilizzabile per scopi
teologici. Una citazione dal libro di Qoelet o da un salmo circa la possibilita o 1'impossibilita di una
vita dopo la morte, non costituisce il parere della Bibbia in merito. Per cono-scerlo, bisogna ascoltare
tutto uello che la Bibbia ha da dirci in merito, comin-ciando dalia Genesi e arrivando all'Apocalisse.
Soltanto allora si e arrivati a sapere il suo parere; ma allora uesto parere e anche vincolante.
3. Ermeneutica
a. Introduzione
(1) IL significato di ermeneutica
La parola greca kp\ir\vtia. si riferiva originariamente a un ampio ventaglio di pratiche
interpretative ed esplicative216 che gli studiosi moderni cercano di recu-perare e di ampliare
ulteriormente nella loro comprensione del compito erme-neutico. IL termine ermeneutica deriva da
Ermes, una figura della mitologia greca, figlio di Zeus e della ninfa Maia. Ermes era, tr 1'altro, il
messaggero degli dei verso gli uomini; tale sua funzione aiuta a comprendere meglio i vari signifi-
cati delio stesso concetto ermeneutica.
IL termine pu indicare, in primo luogo, Finterpretazione compiuta dal discorso stesso, nella
misura in cui il linguaggio esprime non soltanto le inten-zioni (piu o meno consapevoli) di un
individuo, ma anche ci che ne costituisce 1'identita, 1'essere e la persona. Questo processo non va
concepito in maniera sta-tica, ma dinamica, poiche nel linguaggio non trovano espressione soltanto
inten-zioni o identita consolidate: e proprio nell'atto della comunicazione linguistica che 1'intenzione
e l'identita di un individuo possono svilupparsi o addirittura venire alla luce. In ambito biblico
bisogna affrontare 1'ulteriore complicazione della capacita della lingua biblica (umana) di esprimere
l'intenzione, la volonta e la persona (in senso analogico) di Dio pu indicare, in secondo
luogo, il processo di traduzione da una lingua all'altra; un processo che non si riduce a una meccanica
equivalenza lessica-le e che solleva la questione del passaggio da una cultura e/o visione del mondo a
un'altra. Questo processo e rilevante per lo studio della Bibbia, perche molti dei primi cristiani
conobbero PAT non nelForiginale ebraico, ma nel testo greco dei LXX, e inoltre perche i vangeli
comunicarono il messaggio di Gesu non nella lingua semitica da lui parlata, bensi in greco. Un
aspetto particolare della traduzione si ha nel passaggio da una lingua incomprensibile a una
comprensibile, come nel caso dell'gpnr|veicc delie lingue di ICor 12,10, che e un dono carismati-co
con una dimensione rivelativa.
In terzo luogo, il termine kp\a]v^ia. pu essere usato per indicare un aspetto piu formale
delFinterpretazione: 1'interpretazione medianie commentario e spiegazione.
I manuali della generazione passata dimenticavano spesso questo senso ampio di kp\n)vtia
(ermeneutica), comprendente discorso, traduzione e com-mento. Nella loro prospettiva,
l'ermeneutica (lat. pl. hermeneutica) comporta-va 1'elaborazione di riflessioni teoriche sul
significato, distinguendosi in questo dall'esegesi, 1'arte nella quale trovavano applicazione pratica
le norm che essa scopriva. La scienza delFermeneutica cosi concepita era solitamente sud-divisa
in tr aree: la noematica, riguardante i vari sensi delie Scritture (dal verbo greco weto: capire,
percepire, discernere); l'euristia, che spiegava come scoprire il senso dei singoli passi biblici (dal
verbo greco eupLOKw: trovare, scoprire); e la proforistica, che forniva norm per spiegare agli altri il
senso di tali passi (dal sostantivo greco 4>po<;: la tassa, il tributo, la regola). Questa suddhdsione
si e rivelata troppo ingombrante e speculativa, e viene usata ormai soltanto di rado. Le trattazioni
delFermeneutica rimangono tuttavia di difficile comprensione, perche coinvolgono la filosofia
dell'essere, la psicologia del linguaggio e, talora, la sociologia. In particolare, vi e una sconcertante
tendenza ad attribuire sfuma-ture di significato nuove e altamente specializzate a certi termini,217
nonche a introdurre precise distinzioni fra termini solitamente considerati sinonimi.218 In qualche
caso, nemmeno gli specialisti riescono a mettersi d'accordo sul significato esatto dei termini che la
maggior parte dei lettori non sono in grado di comprendere se non con l'aiuto di spiegazioni tecniche.
Per evitare confusione, in uesta sede il termine ermeneutica verra usato nell'accezione riportata
dal yocabolario219 e non nel senso esoterico proposto dagli specialisti; si tratta di una decisione
pragmatica (e non in linea di principio), perche non vorrei negare l'e-sigenza che la critica letteraria e
retorica debbano sviluppare un loro yocabola-rio specifico.
(2) Osservazioni preliminari generali
Anche se il nostro interesse andra al significato dei testi biblici scritti, e importante rendersi conto
che ne il popolo d'Israele, ne la comunita cristiana furono inizialmente una religione del libro.
Prima ancora che venissero messi per iscritto i racconti che avrebbero dato vita alla Torah o al
Pentateuco, fu un insieme di esperienze - in cui vennero viste una liberazione divina dalFEgitto, la
scelta di un popolo, la costituzione di un'alleanza e la promessa di una terra - a dare a Israele la sua
identita. E fu prima ancora che esistessero dei yangeli scritti che una comunita pervenne alla fede
nella presenza e nell'azione escatologica di Dio in Gesu. Per 1'esattezza, i primi giudeo-cristiani si
trovarono in una posi-zione di mezzo: ancora prima di avere degli scritti di ampia circolazione da loro
composti, dovettero affrontare la fondamentale uestone ermeneutica consi-stente nel porre in
relazione Gsia con gli scritti gia accettati da Israele (ai uali venne poi dato il nome di AT). E
significativo che essi non affrontarono tale que-stione attraverso la stesura di minuziosi commentari
dei libri dell'AT applicati a Gesil (alla maniera dei settari dei manoscritti del Mar Morto), bensi
rappresen-tando e annunciando Gesu con immagini e terminologia ricavati dall'AT. Pur mantenendo
una certa reciprocita, fu Gesu a essere considerato la chiave per comprendere il libro e non
viceversa.
Quando poi yennero alla luce dei libri che presentayano l'esperienza reli-giosa di Israele e della
Chiesa, alcuni di questi libri divennero rapidamente un fattore determinant nella formazione della
vita, della pratica e del pensiero delie rispettive comunita. Dico alcuni perche, nel corso dei
processi di definizio-ne canonica durata vari secoli, certi scritti conseguirono la statuto consacrato di
testimonianze della riyelazione piu yelocemente di altri: in Israele la Legge e i Profeti, nella Chiesa
gli scritti paolini e certi yangeli. Nel cristianesimo fu talvol-ta una regola della fede non scritta, ma
neppure indipendente dalie prime scritture accettate, a decidere quali altre oper dovessero essere
considerate parte della Scrittura. Dopo il IV secolo e la formulazione di un canone relatiya-mente
stabile, la Bibbia cristiana scritta assunse un'autorita senza precedenti per la fede della Chiesa; e
tuttavia si pu sostenere che prima del 1500 1'ermeneuti-ca del libro non fu mai cosi direttamente
determinant come lo e divenuta in seguito alla Riforma.
L'applicazione delPermeneutica alla Bibbia e resa difficile da numerosi altri fattori. Ciascun
yangelo canonico e una presentazione autoreyole di Gesu a una comunita cristiana e (attraverso il
canone) a tutta la Chiesa. Eppure vi e un sen-so in cui 1'autorita della presentazione scritta non ha mai
sostituito completa-mente l'autorita di Gesu, anche se questi, ormai, e conoscibile quasi soltanto
attrayerso tali scritti. Lo stadio scritto della testimonianza cristiana non pu far a meno delio stadio
precedente. Anche se non mancheremo di sottolineare l'im-portanza permanente del significato
comunicato dal libro biblico nel momento in cui fu scritto, si deve inoltre osservare come una
dimensione della critica let-teraria moderna metta in eyidenza che i testi, una volta scritti, assumono
una vita propria, e possono comunicare significati o assumere una rileyanza che supera-no
1'intenzione originaria dell'autore. Esiste dunque uno stadio successivo alla scrittura che non pu,
nemmeno esso, venire trascurato.
Una difficolta fors esclusiva dell'ermeneutica biblica sta nella convinzione che la Bibbia abbia un
autore divino oltre che uno umano, cosicche la Scrittura e la parola di Dio. Questo elemento e
connesso al concetto di ispirazione. L'ispi-razione e intesa talora in modo semplicistico, come se Dio
avesse pronunciato o dettato delie parole che qualcuno mis poi per iscritto. Ma il discorso e un
mezzo di comunicazione umano e cosi le parole della Scrittura furono scelte e mes-se per iscritto da
uomini; pertanto e meglio concepire il contributo divino nei ter-mini di una comunicazione
autorivelatrice giunta a espressione in queste parole.220 E meglio cercare di comprendere in che senso
Dio sia autore della Scrittura facendo riferimento alFautorita che da origine ai libri biblici, piuttosto
che all'autore che li scrive.
L'ermeneutica e attualmente oggetto di una discussione molto vivace, accompagnata da grand
abbondanza di nuova bibliografia. IL tentativo di far giustizia, anche solo in modo assai elementare,
ai probierni piu attuali fa si che ometter certi probierni e ridimensioner drasticamente la trattazione
di altri probierni. Si pu affrontare 1'ermeneutica biblica discutendo le diverse form di 221 ricerca
impiegate nell'individuare il significato delie Scritture, discutendo cioe le varie critiche. Non
sempre, per, questi approcci yengono intesi in maniera univoca, e la discussione suH'ermeneutica
biblica si e tradizionalmente concen-trata sui diversi sensi messi in luce dalie varie critiche, sensi
che e opportuno suddividere in letterali e piu-che-letterali.

b. Il senso letterale della Scrittura (1) Definizione


NelFuso medievale,222 il sensus litteralis era il significato comunicato dalie parole (litterae o
verba) della Scrittura, in uanto distinto dal senso contenuto nelle cose della Scrittura (il sensus
spiritualis o senso tipico che scaturisce dalia res).2231 primi scrittori ecclesiastici che se ne
occuparono non furono di solito molto coscienti del ruolo dell'autore umano o particolarmente
interessati all'in-tenzione consapevole che lo animava, finendo cosi per definire letterale tutto ci
che poteva sembrare che le parole comunicassero. Da un lato, uesto pro-dusse una famosa
confusione terminologica riguardante l'uso della metafora: se Cristo veniva chiamato leone di
Giuda (Ap 5,5; Gen 49,9), tali scrittori ritene-vano che il senso letterale fosse che egli era un
animale, il che motiv taluni rifiu-ti del senso letterale della Scrittura. D'altro canto, certi scrittori
ecclesiastici, non dovendo giustificare la corrispondenza del significato, che trovavano nel testo, con
Pintenzione originaria dell'autore, interpretavano il senso letterale della Bibbia in modo assai lato. Un
atteggiamento simile si ripresenta nella sofisticata reazione di alcuni critici letterari moderni alla
ricerca storico-critica dell'inten-zione delTautore, che essi ritengono inconoscibile. Per uesti critici,
letterale indica il senso percepito nella lettura, in uanto il significato scaturisce dal dia-logo fra il
testo e il lettore. Va detto tuttavia224 che, a giudicare dai loro com-mentari alle Scritture, la maggior
parte degli esegeti par operare sulla base di ualcosa di molto simile alla seguente definizione di
senso letterale, reperibile in un documento della Pontifica commissione biblica: I1 senso letterale
della Scrittura e uello espresso direttamente dagli autori umani ispirati. Essendo frutto
dell'ispirazione, uesto senso e voluto anche da Dio, autore principale. Lo si discerne grazie a
un'analisi precisa del testo, situato nel suo contesto letterario e storico.225 L'avverbio direttamente
serve a distinguere il senso letterale dalie ramificazioni che le parole possono aver acuisito,
alPinsaputa del loro autore umano, in un momento successivo (nel contesto piu ampio della Bibbia o
in tem-pi e situazioni differenti). Questa definizione contiene tuttavia due elementi - il riferimento
agli autori umani e uello al senso espresso direttamente - che debbono essere chiariti a pena che
si interrompa ogni comunicazione fra critici storici e critici letterari.
L'autore umano. NelPantichita 1'idea di autore era piu ampia della con-cezione moderna di
scrittore. In rapporto ai testi biblici, ad esempio, il nome di autore si applica ad almeno cinue
tipi di relazioni differenti fra la persona il cui nome e legato a un certo libro e l'opera a essa
attribuita.226 Secondo crite-ri moderni, la maggior parte dei libri biblici sono anonimi o pseudonimi e
molti di essi sono il prodotto di una evoluzione complessa e di una collaborazione col-lettiva.
Nessuno degli scrittori dei vangeli canonici si presenta per nome. IL riferimento alPintenzione
delPautore sta dunue a dire che, nonostante tutte ueste difficolta, coloro che produssero i libri
biblici avevano, nella loro epoca, un mes-saggio da comunicare ai loro lettori e che e importante per
noi tenere presente uesto messaggio uando leggiamo i testi e ci domandiamo cosa significhino ora
per noi. Ci che il testo significa ora pu certo essere di piu di ci che il testo significava
originariamente, ma deve avere ualche rapporto con esso. La que-stione implicita nella definizione
corrisponde alle ripetute affermazioni del magistero circa 1'intenzione delFautore umano ossia il
senso letterale della Scrittura.227 Possiamo uindi respingere lo scetticismo sistematico dei critici
letterari uanto alla conoscibilita delie intenzioni di autori non-presenti.228Tuttavia e suf-ficiente un
po' di buon senso per capire che gli sforzi in tale direzione sono destinati a trovare un ostacolo nella
distanza che ci separa da libri, scritti da 1900 a 3000 anni or sono in lingue antiche che conosciamo
soltanto in maniera imper-fetta, alPinterno di visioni del mondo significativamente diverse dalia
nostra e spesso in contesti psicologici a noi estranei. Parte del compito delie discipline cri-tiche e
proprio quello di rendere consapevole delie differenze non soltanto il lettore, ma anche il
commentatore.229
Un interessante dibattito si incentra sul problema delFapplicazione della categoria di autore alla
discussione di quei libri in cui due figur importanti, 1'autore sostanziale e il redattore/editore, sono
separati da una considerevole distanza temporale e/o di prospettiva. Nel corso del periodo di
composizione biblico (piu o meno fino al 150 d.C), si incontra spesso una consistente attivita
redazionale di materiale scritto precedentemente. La composizione del libro di Isaia, ad esempio,
copre un lasso di tempo di almeno 200 anni: durante uesto periodo non furono soltanto aggiunte
nuove sezioni alle parti originali risalenti all'epoca di Isaia; alcune di ueste aggiunte ebbero 1'effetto
di modificare il significato delio stesso originale. Un altro esempio: e possibile che gli ultimi vesetti
di Amos (9,11-15) costituiscano urfaggiunta: essi danno una conclusione ottimistica a un libro
altrimenti pessimista. In casi come uesti, la ricerca del sen-so letterale comprende sia la ricerca del
senso che originariamente avevano le parti della relazione, sia uella del senso del libro nella sua
stesura finale.
...espresso direttamente. Questa parte della summenzionata definizione del senso letterale
stabilisce la priorita del testo: 1'intenzione delPautore, infatti, diviene senso della Scrittura soltanto
uando viene effettivamente comunicato per iscritto.230 Si deve osservare, in particolare, che mentre
e importante sapere cosa intendesse Gesu con le sue parole, uesta intenzione non e, in uanto tale,
un senso della Scrittura, poiche Gesu non e un evangelista. Siccome molto spes-so non siamo al
corrente del contesto in cui egli pronunci effettivamente le sue parole, pu anzi risultare impossibile
dire con precisione uale significato aves-sero le sue parole uando furono pronunciate per la prima
volta. IL senso letterale di un passo evangelico e il significato attribuito alle parole di Gesu dai sin-
goli evangelisti: le stesse parole possono avere perci significati diversi a secon-da dei diversi
contesti in cui gli evangelisti le hanno usate. NelPinterpretazione degli evangelisti abbiamo dei modi
di comprendere le parole di Gesu che lo Spi-rito Santo ha ispirato per la Chiesa; tale ispirazione
assicura ai credenti che, anche uando gli evangelisti si spingono al di la delPinsegnamento proprio
di Gesu, non ne deformano seriamente il pensiero di Gesu.
Implicita nell'idea di un senso espresso direttamente, con parole scritte cioe, e la comprensione
delPuditorio o dei lettori previsti dalPautore. Riflettere su tale fattore pu rappresentare un utile
controllo di interpretazioni troppo fan-tasiose delPintenzione dell'autore. Per valutare Pattendibilita
di interpretazioni basate sull'individuazione di sofisticate relazioni fra parole e passi biblici molto
distanti fra loro (basti pensare alPuso di concordanze), e necessario domandarsi se Pautore antico
potesse contare sul fatto che il suo uditorio (evidentemente privo di concordanze) avrebbe fatto
ueste connessioni. IL dibattito sul velo suarciato di Mc 15,38231 pu essere illuminato da
un'indagine sulla composizio-ne delPuditorio di Marco, uello stesso uditorio cui egli doveva
spiegare i piu semplici usi purificatori giudaici (Mc 7,3) :232 poteva allora far affidamento sul fatto
che esso sapesse delPesistenza di due veli o della loro collocazione?
(2) Passi indispensabili nella determinazione del senso letterale
Non e possibile soffermarmi, in uesta sede, sulle regole piu familiari per la determinazione del
senso di ogni autore e libro, come per esempio: la corretta traduzione delie parole; 1'attenzione alla
struttura delPespressione e della frase; il contesto; le peculiarita stilistiche e d'uso; ecc. La mia
attenzione andra piutto-sto ad alcune uestioni generali delPapproccio alla Scrittura.
(a) lndividuazione della forma letteraria (TormkritikJ
Nella ricerca del senso letterale di uno scritto, e importante determinare la forma letteraria
adoperata dalPautore. In una biblioteca moderna, i libri sono catalogati per genere letterario:
narrativa, poesia, storia, biografia, teatro, ecc. Spesso la catalogazione dei singoli libri e indicata sulla
sovraccoperta. IL termine catalogazione non deve essere frainteso, poiche il problema non e
puramente tassonomico: il punto essenziale e che noi ci accostiamo alle diverse form di let-teratura
con aspettative e risultati differenti. Un saggio storico e un romanzo possono aver per oggetto una
medesima persona o evento, ma nei due casi ci aspettiamo proporzioni differenti di dati di fatto e di
invenzioni delPimmagina-zione, mentre nei caso di un componimento poetico il problema del
rapporto fra i due tipi di elementi appare del tutto irrilevante. Eppure tutte e tr ueste form letterarie
possono essere veicolo di verita e talora capita che una possa comunicare una verita che le altre non
sono in grado di attingere.
Vi e un senso canonico in cui la Bibbia come un tutto e un unico libro, ma se si guarda alla sua
origine essa e una biblioteca; la biblioteca delPantico Israele e della Chiesa cristiana del I secolo.
Tale biblioteca ha tutta la varieta che dobbia-mo aspettarci dalia produzione letteraria di una cultura
articolata, che si estese per quasi 2000 anni. Nella Bibbia uesti libri sono stad rilegati in un unico
volu-me, senza per i vantaggi di una sovraccoperta, il che rende necessario un serio sforzo di
classificazione per identificare il tipo di letteratura che essi rappresen-tano. E uesto che si intende
uando si para della determinazione della forma letteraria (genus litterarium) impiegata dalPautore.
L'enciclica Divino afflante Spiritu233 e il Yaticano IL234 hanno reso obbligatorio uesto approccio per
tutti gli studiosi cattolici della Bibbia, cosicche la prima domanda da porsi nelFaprire una parte
qualsiasi della Bibbia riguarda il tipo di letteratura cui ci si trova di fronte. IL particolare rilievo
accordato alla forma letteraria e una conseguenza delFelaborazione, da parte degli studiosi tedeschi,
della critica delie form o Formgeschichte. La critica delie form si occupa principalmente, nella
sua ver-sione piu classica, delie sottosezioni che andarono a comporre i singoli libri della Bibbia; in
questa sede la nostra attenzione va invece soprattutto alla forma letteraria di tutto un libro.
In senso lato, e owio che il principio della determinazione della forma letteraria e stato
riconosciuto, implicitamente, fin da tempi molto antichi. E dalFepo-ca di Rabbi Gamaliele IL (fine
dei I secolo d.C.) che gli ebrei suddividono i libri delFAT in Torah, Profeti e Scritti, mentre la
suddivisione cristiana di questi libri in Pentateuco, libri storici, profetici e sapienziali si awicina
ancora di piu a una suddivisione in tipi letterari. E per soltanto in tempi moderni che ci si e resi
conto, con la scoperta delie letterature dei popoli contemporanei a Israele, di quanti fossero i tipi di
letteratura usati nellantichita. Ne offriremo qualche esempio (senza alcuna pretesa di esaustivita),
ricavandola dalFAT, che costituisce una biblioteca piu yariegata dei NT.
NelFAT si incontrano molti tipi di poesia: quella epica sottende certe narra-zioni dei Pentateuco e
di Gs; quella lirica si trova in Sal e Ct; quella didattica si trova in Pr, Sir e Sap; elementi drammatici
sono riscontrabili in Gb. Nei libri profetici si incontrano profetismo e apocalittica. NelFAT non vi
sono una, ma mol-te form di storia: dalFanalisi fattuale e penetrante, probabilmente opera di un
testimone oculare, che si trova nella storia di corte di Davide (2Sam 11 - IRe 2) alla storia epica
romanticizzata e semplificata della saga nazionale in Es; dai racconti di eroi tribali in Gdc alle storie
dei grandi uomini e delie grandi donn dei tempo antico nei racconti patriarcali. Non manca
nemmeno la preistoria, che incontriamo nei racconti della Genesi sulForigine delFumanita e dei mae,
racconti che prendono in prestito leggende appartenenti al patrimonio di altre nazioni e ne fanno il
veicolo della teologia monoteistica. In aggiunta, vi sono racconti inventati, parabole, allegorie,
proverbi, massime, storie d'amore, ecc. La combinazione di tante form letterarie alFinterno di un
unico libro pu costitui-re un fattore trasformante nelFinterpretazione.
Una volta determinata la forma letteraria di un certo libro o di un particolare passo biblico, i criteri
da applicare a tale forma aiuteranno a chiarire Fintenzione delFautore, cioe il senso letterale. Se
Giona e una parabola inventata, il let-tore dovra riconoscere che in essa 1'autore non offre una storia
dei rapporti fra Israele e FAssiria, ne presenta la storia dei profeta nei ventre della balena come un
evento realmente accaduto, ma comunica immaginosamente una profonda verita sulFamore di Dio
per le nazioni pagane. Se Faffermazione sulla sosta dei sole in Giosue 10,13 va fatta risalire a un
frammento descrittivo altamente poetico situato all'interno di un canto di vittoria, i lettori lo
giudicheranno secondo i canoni della licenza poetica piuttosto che secondo uelli della storiografia
rigo-rosa. Se i racconti di Sansone sono leggende popolari, i lettori non vi annette-ranno la stessa
credibilita storica attribuita alla storia della corte di Davide. Mol-te difficolta suscitate in passato
dall'interpretazione della Bibbia furono il risul-tato delFincapacita di riconoscere le varieta delie
form letterarie in essa conte-nute e della tendenza a scambiare per esempi di storia scientifica brani
biblici che non sono affatto di carattere storico, o che tali sono soltanto in senso piu popolare. I
sopraindicati esempi sono stati presi dali'AT, ma il NT solleva lo stes-so problema. I vangeli non
sono biografie scientifiche-di Gesu, ma resoconti scritti della predicazione e delFinsegnamento della
Chiesa primitiva su di lui; la loro accuratezza va dunue valutata secondo i criteri della predicazione
e del-1'insegnamento. E possibile che la forma letteraria dei racconti delPinfanzia dif-ferisca da
uella delie altre parti di Mt e di Lc.
L'approccio esegetico basato sulFidentificazione dei tipi letterari e soggetto a due equivoci
abbastanza freuenti. IL primo equivoco e quello di quei conser-vatori che scorgono nella ricerca
della forma letteraria un tentativo di aggirare la storicita dei passi biblici; costoro considerano
pericoloso applicare la teoria delie form letterarie alle sezioni piu sacre della Bibbia. Ma la realta e
che qua-lunue scritto, nessuno escluso, pu essere assegnato alFuno o alFaltro tipo di letteratura. La
storia degli eventi e un tipo di letteratura, la narrativa un altro tipo; nella Bibbia coesistono Funo
accanto alFaltro e, oltre a essi, si riscontrano quasi tutti i tipi di letterari intermedi. Classificare una
certa parte della Bibbia come narrativa non significa, se la classificazione e corretta, distruggerne la
storicita, poiche se tale parte non ha mai avuto un carattere storico, la classificazione ha Funico
effetto di mettere in luce Fintenzione delFautore nella stesura.
L'altro equivoco riguarda il rapporto delFispirazione con la molteplicita delie form letterarie della
Bibbia. Viene avanzato il sospetto che ammettere che certe parti della Bibbia furono opera di fantasia
finisca in qualche modo con Fin-debolirne o col metterne in discussione Fispirazione. A questo
timore risponde Fenciclica Divino afflante Spiritu, quando afferma che Dio pote ispirare qualsia-si
tipo di letteratura che non fosse indegno o ingannevole, che non fosse, cioe, come la pornografia o le
menzogne, contrario alla sua santita e verita (cf. Denz 3830). Nella Bibbia, le oper di fantasia non
sono meno ispirate di quelle di carattere storico.
(b) Storia letteraria e redazione (HedaktionskritikJ
Dopo Fidentificazione dei tipo di letteratura, un ulteriore passo nella ricerca dei senso letterale
consiste nella ricerca della storia letteraria dei libro o della sezione sottoposti a esame. Negli studi
biblici questo costituisce un problema particolarmente serio a motivo della lunga storia redazionale
dei testi analizza-ti: diventa necessario dipanare le diverse tradizioni dei Pentateuco, le varie rac-colte
che compongono Is, Fordine cronologico delie profezie di Ger (che e dif-ferente dalFordine attuale
dei libro). Nei yangeli e importante sapere se un cer-to detto di Gesu sia giunto a Lc o a Mt da Mc, da
Q, o da una delie fonti pecu-liari dell'evangelista. Lesegesi biblica non indaga questa storia letteraria
per il suo valore intrinseco, che sarebbe in gra parte da antiuariato, ma per quel che ci pu dire
delie intenzioni di autori che attinsero a fonti anteriori nella compo-sizione delie loro oper. La
combinazione e l'adattamento di tali fonti pu esse-re indicativo di una visione teologica che si
riflette sul senso letterale della com-posizione finale.
Siamo giunti cosi a toccare 1'approccio biblico noto come Redaktionsge-schichte. Se la critica
delie forme (Formkritik) si occupa dei vari dpi o form letterarie della Bibbia e delie relative regole,
la critica della redazione (Redak-tionskritik) si occupa del modo in cui tali segmenti letterari
vengono messi al ser-vizio delio scopo complessivo delio scrittore. Quando, per esempio, un esegeta
e riuscito a ualificare un certo racconto evangelico come una parabola di un cer-to tipo e a
determinare fino a che punto ne segua le regole, ha compiuto solo una parte del suo lavoro (ha
compiuto la cosiddetta Formkritik). Deve uindi conti-nuare a porsi la domanda: perche la parabola e
inserita in uesto vangelo e col-locata in uesto particolare contesto? Che significato vi attribuisce
l'evangelista? Spiegare lo scopo della composizione costituisce un ulteriore passo nel determinare il
senso letterale della Scrittura (si tratta della cosiddetta Redaktionskritik).
Dopo aver eseguito i passi sin qui descritti (determinazione della forma let-teraria, della storia
letteraria e dei fini della composizione), 1'esegeta e final-mente in grado di andare alla ricerca del
significato letterale dei singoli passi e yersetti. IL procedimento e lo stesso che si segue nel caso di
ualunue altra opera antica. Con un'applicazione ragionata delie consuete norm interpretative, e
possibile determinare il significato letterale di circa il 90-95 per cento della Bibbia. IL significato di
alcuni passi ci sfugge tuttavia per vari motivi, ad esempio perche il testo e stato corrotto nel corso
della trasmissione, perche usa parole rare, perche 1'autore si esprime in maniera oscura, o perche non
possediamo una conoscenza sufficientemente approfondita del contesto in cui furono composti. Ma
una ricerca assidua getta continuamente nuova luce anche su passi come uesti.
(c) Un unico senso letterale?
A volte si pone la domanda se un testo avesse un unico senso letterale. In generale, la risposta a
tale domanda sara di si. Tanto e vero che non si tratta di un principio assoluto, e uesto per due
ragioni. Da una parte, un autore umano pu aver 1'intenzione di riferirsi nello stesso tempo a piu
livelli di realta. IL caso e assai corrente nelPambito della poesia. Uispirazione biblica non disdegna
que-sta possibilita della psicologia e del linguaggio umani; il uarto vangelo ne for-nisce numerosi
esempi. D'altra parte, anche uando una espressione umana sembra avere un solo significato,
1'ispirazione divina pu guidare 1'espressione in modo da produrre un'ambivalenza. Tale e il caso
delFespressione di Caifa in Gv 11,50.235 Essa esprime al tempo stesso un calcolo politico immorale e
una rivela-zione divina. Questi due aspetti appartengono l'uno e 1'altro al senso letterale, perche sono
entrambi messi in evidenza dal contesto. Anche se estremo, uesto caso e significativo e deve
mettere in guardia contro una concezione troppo ristretta del senso letterale dei testi ispirati.
A prescindere da ueste possibilita concrete, conviene stare attenti all'aspet-to dinamico di molti
testi biblici. IL senso dei salmi regali, per esempio, non dev'essere limitato strettamente alle
circostanze storiche della loro produzione. Parlando del re, il salmista evocava al tempo stesso una
istituzione reale e una visione ideale della monarchia, conforme al disegno di Dio, in modo che il suo
testo andava al di la dell'istituzione monarchica come si era manifestata nella storia. Lesegesi
storico-critica ha avuto troppo spesso la tendenza a limitare il senso dei testi biblici, collegandolo
esclusivamente a precise circostanze storiche. Essa deve piuttosto cercare di precisare la direzione di
pensiero espressa dal testo, direzione che, invece di invitare l'esegeta a limitare il senso, gli
suggerisce al contrario di percepirne i prolungamenti piu o meno prevedibili.
c. I sensi piu-che-letterali della Scrittura
Ci occuperemo ora della scoperta di quel senso che va oltre la lettera: un senso che per definizione
non e limitato a ci che 1'autore umano direttamente inte-se e comunic con le sue parole scritte. Da
un lato la possibilita di una tale ecce-denza di significato* inerisce a ogni grand opera che venga
letta in un'epoca posteriore a uella della sua composizione; i classici allargano infatti 1'orizzonte
delie generazioni successive di lettori. In molti casi, 1'autore originario non ha previsto tali lettori
futuri, ma le sue parole scritte continuano ad allungarsi in un dialogo che affronta nuove uestioni: un
nuovo mondo di fronte al testo. D'al-tro lato, il problema del significato piu-che-letterale e di
speciale pertinenza della Scrittura. IL nome tradizionale di tale significato e senso spirituale e pu
essere definito cosi: Come regola generale, possiamo definire il senso spiritua-le, compreso secondo
la fede cristiana, il senso espresso dai testi biblici quando yengono letti sotto 1'influsso delio Spirito
Santo nel contesto del mistero pasqua-le di Cristo e della vita nuova che ne risulta. Questo contesto
esiste effettiva-mente. IL Nuovo Testamento riconosce in esso il compimento delie Scritture. E perci
normale rileggere le Scritture alla luce di questo nuovo contesto, uello della vita nello Spirito*. 236
Come mai il senso piu-che-letterale ha una speciale pertinenza nel caso della sacra Scrittura?
In primo luogo, fu soltanto dopo un certo numero di secoli dalia loro stesura che i diversi libri che
la compongono furono raccoltLnella Bibbia. Cjuesta nuova organizzazione, che ben difficilmente
avrebbe potuto essere prevista dai vari autori, pu aver prodotto sensibili mutamenti rispetto ai loro
intenti originari. Luca, ad esempio, concepi il suo vangelo e gli Atti degli apostoli come un unico
libro, mentre il processo canonico li ha divisi. Non abbiamo poi nessun indizio che 1'autore del
Yangelo di Giovanni, con la sua pretesa di essere portatore di una testimonianza esclusiva, avrebbe
accettato di buon grado che il suo lavoro venisse collocato sullo stesso piano di altri vangeli. La
giustapposizione dei libri produce delie connessioni che nessuno dei singoli autori avrebbe potuto
immaginare, espandendo il significato da essi originariamente inteso.
In secondo luogo, la fede che la Scrittura abbia un autore divino indica che la Bibbia e parola di
Dio rivolta a destinatari di ogni tempo. Questo continuo appuntamento biblico (con o senza il
catalizzatore della predicazione) dei letto-ri/ascoltatori con Dio rivela dei significati che trascendono
uelli concepiti dal-1'autore umano nelle sue circostanze particolari e limitate.
IL riconoscimento dell'esistenza di un senso piu-che-letterale e, come vedre-mo, antico almeno
uanto la Scrittura e in molti casi ha esercitato sulla vita delie person un influsso piu dinamico di
uello del senso letterale. Esso solleva tut-tavia il problema dei controlli. Quando e che la ricerca
cessa di essere esegesi (scoperta di un significato che emerge dal testo) per divenire eisegesi (sovrap-
posizione al testo di un significato a esso estraneo)? Quando e che si realizza un dialogo genuino fra
il testo e i lettori contemporanei, senza che l'uno si riduca a un pretesto perche gli altri possano
parlare con se stessi dei loro preconcetti? Fino a che punto una relazione di responsabilita fra il senso
pill-che-letterale e uello letterale costituisce una risposta al problema dei controlli? La storia del-
1'esegesi piu-che-letterale riflette uesto tipo di probierni.
(l) Breve storia dli'esegesi piu-che-letterale
Uelemento unificante di uesta breve storia, in cui verranno presentati approcci tr loro anche
molto differenti, sara 1'attenzione al problema del significato piu profondo. Le difficolta che
emergeranno non diminuiscono tuttayia la yalidita delPintento.
(a) Alla fine deWepoca neotestamentaria
Gia airinterno delPAT 1'autore di Sap 1-1-19 prende i racconti delie piaghe e della liberazione
dall'Egitto e vi legge dentro una tematica di liberazione per la sua epoca: in uesto tipo di esegesi si
riscontra un parallelismo fra passato e pre-sente. Un altro esempio di interpretazione piu-che-letterale
airinterno dli'AT potrebbe essere la connessione delineata dal Deutero-Isaia (40-55) fra 1'esodo
dall'Egitto e il ritorno da Babilonia. Tale parallelismo non si basa su una yisione cielica della storia,
ma sulla tesi che le azioni di Dio a favore del suo popolo si svolgono secondo uno schema di fedelta:
egli e lo stesso ieri, ggi e domani (cf. Eb 13,8).
Negli ultimi secoli prima di Cristo, si ebbero sviluppi che eserciteranno profondi effetti
sull'esegesi sia giudaica che cristiana. Mentre nei tempi piu anti-chi le parole dei profeti erano state
interpretate come se riguardassero princi-palmente gli eventi a esse contemporanei e come se
contenessero una precono-scenza di origine divina del piano di Dio per Timmediato futuro, negli
ultimi secoli prima di Cristo le predizioni degli antichi profeti cominciarono a essere applicate a un
futuro lontano. Uapocalittica ebbe un ruolo assai importante in uesto mutamento d'accento, sulla
scia delio schema di Daniele, in cui a un pro-feta del VI secolo a.C. yengono attribuite yisioni di
eventi destinati ad accadere nel IL secolo a.C. Questo modo di interpretare i profeti (vaticinium ex
eventu) ma anche altri scrittori biblici come i salmisti - diede vita all'esegesi peer di Qumran,237
in cui ogni riga dei libri antichi veniva interpretata nei termini di quel che accadeya alla setta di
Cjumran centinaia di anni piu tardi.
Cjuesto modo di interpretare i profeti deh"AT aiuta anche a spiegare, in qual-che misura, i principi
seguiti dagli autori del NT nell'interpretazione dli'AT. Is 7,14 pote essere letto da Mt 1,23 come una
predizione della nascita yirginale di Gesu; i passi del servo sofferente del Deutero-Isaia poterono
essere letti come predizioni delie sofferenze e della morte del Messia (Lc 24,26); e alFautore di Sal
22 pote essere attribuita una dettagliata predizione della passione di Gesu (Mt 27,35.39.43.46).
Anche se c'e chi awicina uesto tipo di esegesi alFesegesi peer di Qum-ran,238 permangono
tuttavia importanti differenze. Gli esegeti di Qumran scris-sero i loro commentari sistematici delFAT
per interpretare la storia della propria comunita, mentre il punto focale degli autori del NT fu la
persona di Gesu, la cui luce riverberava anche sull'AT. E siccome gli autori neotestamentari scrissero
i loro commentari su di lui, non si ebbe alcun commentario sistematico cristia-no delFAT fino alla
fine del IL secolo, uando Ippolito comment Ct e Dn. Non abbiamo ragione di pensare che gli
scrittori del NT ritenessero che ogni riga del-l'AT si applicasse a Gesu o avesse un significato
cristiano; teoria uesta che sarebbe divenuta popoare in epoca patristica. L'esegesi neotestamentaria
del-l'AT era estremamente yariegata, e ogni tentativo di classificarla in maniera uni-taria e yotato al
fallimento. Essa aveva elementi del sensus plenior, della tipolo-gia, delFallegoria e dell'adattamento.
Una sua peculiarita fu uella di rilegare la presenza di Gesu nelle scen dli'AT (ad es. l Cr 10,4).239
Anche se nella nostra breve storia ci occuperemo soprattutto delTesegesi yeterotestamentaria dei
circoli cristiani, e necessario osseryare come il tentatiyo di un'esegesi piu-che-letterale fosse almeno
altrettanto diffuso nel giudaismo pre-cristiano e nei circoli rabbinici post-cristiani. I o^ma-in
[targumim],240 mettendo in luce gli elementi messianici dell'AT, offrono in effetti un'esegesi di ci
che traducono, e cosi pure i a^tnp [midrasim]241 interpretano le Scritture precedenti applicandole ai
probierni contemporanei. Tanto e vero che l'esegesi giudaica di tipo non-letterale che esercit il
maggiore influsso sull'esegesi cristiana fu Falle-goresi di Filone.242
(b) Uepoca patristica
Negli scritti cristiani del IL secolo si trovano tracce di un'esegesi spirituale molto libera (per
esempio la lettera di Barnaba), ma anche gli esegeti piu con-trollati, come Giustino e Tertulliano,
saccheggiarono l'AT alla ricerca di pez-ze d'appoggio da riferire alla persona di Cristo,
interpretando i passi in uestio-ne in una maniera che andava molto al di la del loro senso letterale.
Fu Alessandria a produrre la prima grand scuola esegetica cristiana: attra-verso uomini come
Clemente e Origene, 1'allegoresi filoniana conuist un posto di primo piano nelFesegesi cristiana
delFAT. Clemente (140/150-216/217) bas la sua esegesi sulFesistenza di una gnosi cristiana, e cioe
di una conoscenza segreta delie verita piu profonde della fede cristiana cui erano iniziati soltanto i
membri di una elit. La chiave di uesta gnosi stava in un'esegesi allegorica della Bibbia, 243
un'esegesi che metteva in pratica tutta una serie di procedimenti, che dalia tipologia e
dalFadattamento arrivavano fino alla concezione filoniana della Bibbia come lezione di psicologia e
cosmologia. Anche se col tempo si sarebbe attirato il sospetto di eterodossia teologica, Origene (185-
254) fu proba-bilmente colui che piu di ogni altro singolo individuo esercit un influsso decisi-vo
sulFesegesi patristica.244 Origene non ha semplicemente trascurato il senso letterale (anche se e vero
che non comprese che il senso metaforico era esso stes-so letterale), ma ha rivolto il proprio interesse
a un senso della Scrittura245 che permetteva ai cristiani di considerare l'AT come il loro libro. Buona
parte della sua esegesi allegorica si basa sull'idea che l'AT abbia, in molti passi, carattere cri-
stologico.
Con una considerevole dose di ingenuita, la scuola esegetica di Antiochia, grand centro cristiano
concorrente di Alessandria, e stata mitizzata come se rappresentasse l'esegesi critica in opposizione
alFesegesi allegorica alessandrina.246 Fu Luciano di Samosata (ca. 250-312) a gettare, alla fine del ILI
secolo, le fondamenta di uesta scuola, di cui fecero parte Diodoro di Tarso (ca. t 390), Teodoro di
Mopsuestia (ca. 350-428) e, fino a un certo punto, Giovanni Criso-stomo (ca. 344-407). In Occidente
il principale seguace dei principi antiocheni fu Giuliano, il vescovo pelagiano di Eclano (ca. 386-
454). I grandi antiocheni non furono dunue contemporanei di Origene, ma di alessandrini piu tardivi
come Atanasio (295-373), Didimo il Ceco (313-398) ed Esichio di Gerusalemme (ca. t 450). Cirillo
di Alessandria (t 444) dimostr, per molti versi, una sensibilita al significato letterale che gli valse
una collocazione intermedia fra la scuola di Alessandria e uella di Antiochia. I cappadoci del IV
secolo247 proseguirono invece con molta decisione Fimpostazione origenista.
Molto poco e soprawissuto delFesegesi antiochena. In teoria, e fino a un certo punto anche in
pratica, e vero che Antiochia prest maggiore attenzione al senso letterale (con tutti i limiti propri
delFesegesi del IV secolo). Ma e anche vero che essa si fece promotrice di un'esegesi piu-che-
letterale che faceva appel10 alla Seupia [teoria], proponendo un procedimento quasi del tutto
equivalente,ai fini pratici, alFaAAriYopia [allegoria] alessandrina. La 9eupia era una sorta
diintuizione, o visione, medianie la uale il profeta veterotestamentario avevapotuto vedere il
futuro attraverso il velo delie circostanze presenti. Tale yisionegli aveva permesso di formulare i
suoi scritti in maniera tale da descrivere tanto
11 significato contemporaneo degli eventi, uanto il loro compimento futuro.248 ILcompito
degli esegeti antiocheni era uello di rinvenire nelle parole dei profetientrambi uesti significati; e
bisogna riconoscere che nella loro ricerca del significato futuro (frutto della 9eupCa), essi presero
in considerazione la uestionedella consapevolezza delFautore umano piu spesso di uanto non
fecero gli alessandrini, inclini a scorgere il futuro alFinterno di simboli ed eventi oltre che nella
parola profetica.
In Occidente, alcuni esegeti latini (per esempio Ambrosiaster, ca. 375) dimo-stravano nel
frattempo una certa sobrieta. Con Ilario (ca. 315-367), Ambrogio (ca. 339-397), e soprattutto
Agostino (354-430), la corrente delFesegesi allegorica alessandrina si insinu tuttavia anche in
Occidente. Nel Tractatus mysteriorum di Ilario si incontra il principio secondo cui il NT e prefigurato
dalFAT nella sua interezza. Uesegeta donatista del IV secolo Ticonio mis per iscritto nel suo Liber
regularum la norma secondo cui ogni singolo versetto delFAT pu essere interpretato in modo
cristiano. Agostino sintetizz uesto approccio nel principio secondo cui il Nuovo Testamento deve
nascondersi nelFAntico e FAntico svelarsi nel Nuovo.249 Gerolamo (ca. 347-419)
seguHnizialmente i principi di Origene, ma i commentari della maturita tradiscono un maggior
interesse per il senso letterale. Dopo la fine del IV secolo fu per lo stile dell'esegesi alessan-drina a
dominare 1'Occidente e 1'influsso delFesegesi antiochena fu di scarsa durata. Dopo che il secondo
concilio di Costantinopoli (533) ebbe offuscato la reputazione di Teodoro di Mopsuestia (cf. Denz
434), Feredita antiochena ven-ne anzi guardata con sospetto. Lesegesi allegorica fiori rigogliosa
nelle oper di alcune delie grandi figur delFesegesi occidentale, come Gregorio Magno (540-604) e
Bd il Yenerabile (673-735).
(c) IL medioevo
Si pu dire che il principio teoretico fondamentale delFesegesi medievale provenga dalia
distinzione dei uattro sensi della Scrittura dovuta a Gioyanni Cassiano (ca. 360-435): (1) senso
storico o letterale, (2) senso allegorico o cristo-logico, (3) senso tropologico o morale o
antropologico, (4) senso anagogico o escatologico. Questa suddivisione diede origine al famoso
distico di Agostino di Danimarca (ca. t 1285):
Littera gsta docet, quid credas allegoria; moralis uid agas, quid speres
anagogia.250
Un esempio delio stesso Cassiano - i uattro sensi di Gerusalemme - pu aiutare a chiarire la
teoria. Quando e menzionata nella Bibbia, Gerusalemme e, (1) in senso letterale, una citta giudaica;
(2) allegoricamente indica per la Chie-sa di Cristo; (3) tropologicamente si riferisce alFanima
umana; e (4) anagogica-mente sta per la citta celeste. In un simile clima esegetico, al senso letterale
veni-va attribuita un'importanza storica, mentre gli altri sensi venivano considerati essenziali per la
fede e per il comportamento. IL misticismo monastico, la predi-cazione ai fedeli e la ricerca di
materiale teologico all'interno delie scuole dipen-devano soprattutto dai sensi piu-che-letterali,
contribuendo cosi a consolidare il carattere scarsamente letterale delFesegesi medievale. E fors
opportuno osser-vare come il medesimo amore per 'allegoria compaia, verso la fine del medioe-vo,
anche nella letteratura profana.251
In certi momenti il riconoscimento delFimportanza del senso letterale riusci tuttavia a imporre le
proprie ragioni. Sotto uesto profilo, fu particolarmente influente la scuola delFAbbazia di S. Yittore,
fondata a Parigi nel 1110. Ugo di S. Yittore (t 1141) attacc la tradizione di Gregorio e di Bd;
Andrea di S. Yittore (j 1175) rinvigori 1'interesse per 1'ebraico e per gli strumenti tecnici delFesegesi.
Dai tempi di Gerolamo - il padre latino piu colto252 - la Chiesa occidentale aveva avuto ben poche
person capaci di studiare FAT in lingua originale; nei 1000 anni che separano Gerolamo dal
rinascimento, il migliore ebraista del-FOccidente cristiano fu proprio un allievo di Andrea, Erberto di
Bosham (ca. 1200).253 Lo sviluppo della teologia in uanto disciplina autonoma, separata dal-Fesegesi
in senso stretto, permise poi agli studiosi di considerare le verita cristo-logiche in uanto tali, senza
basare la loro trattazione su un'interpretazione allegorica della Scrittura. Tommaso d'Aquino (1225-
1274) chiari che la metafora faceva parte del senso letterale e sostenne che la dottrina non doveva
basarsi sol-tanto sul senso spirituale. IL suo principio e che niente di necessario alla fede e contenuto
nel senso spirituale [cioe nel senso tipico o nel senso delie cose], che la Sacra Scrittura non esprima
chiaramente in senso letterale in ualche altro testo.254 IL domenicano inglese Nicola Trevet (ca.
1258-1334) e il francescano Nicola di Lira (ca. 1270/75-1349) riconobbero che non tutti i salmi sono
di carattere messianico e fornirono delie regole per riconoscere uelli che lo sono real-mente. Pur
sostenendo teoricamente le concezioni esegetiche alessandrine, Rug-gero Bacone (1220-1292) subi il
fascino della critica testuale e degli apparati filo-logici.
Nel corso dei secoli XIL, XILI e della prima parte del XIV secolo, ueste ten-denze emersero
come isole nel mar, ma non riuscirono a sopravvivere: alla fine del medioevo, Fallegoria risultava
ancora una volta yincitrice negli scritti di per-sonaggi come Meister Eckhart (ca. 1260-1328),
Giovanni Gerson (1363-1429) e Dionigi il Certosino (1402-1471). Sfortunatamente il movimento per
la traduzio-ne della Bibbia in yolgare, che costitui, come la maggior parte degli sforzi di tra-duzione,
un'occasione di riflessione sul senso letterale, fu spesso intriso di senti-menti di rivolta ecclesiastica,
risultando perci controproducente come possibi-le correttivo alFestremizzazione del senso spirituale.
(d) Secolo XVI e XVIL
Passando ora al contesto della Riforma e delie sue immediate conseguenze, incontriamo, con
Caietano (1469-1534) da parte cattolica e con Lutero (1483-1546) e Cahdno (1509-1564) da parte
protestante, una reazione alFallegorizza-zione e una sottolineatura del retroterra storico degli scritti
biblici. Non va per dimenticato che, pur attaccando Finvadenza delFallegorizzazione, Lutero rimase
fermamente convinto del carattere cristologico delFAT, e pertanto continu a praticare un'esegesi
tipologica che oggi molti metterebbero in discussione. Cal-vino fu ancora piu contrario
alFallegorizzazione di Lutero e, tuttavia, anch'egli fu spesso autore di esegesi piu-che-letterali.
La Controriforma cattolica fu costretta a rispondere agli argomenti prodotti dali'esegesi letterale
protestante facendo appello anch'essa al senso letterale della Scrittura. IL gesuita Juan Maldonado
(1533-1583) produsse solidi commentari esegetici. Quando per venne meno 1'emergenza della
Riforma, riprese il soprawento, soprattutto sotto i vessilli del giansenismo e di Blaise Pascal (1623-
1662), 1'esegesi spirituale. Uenfasi cattolica sui padri della Chiesa fu un altro fat-tore che ebbe un
ruolo determinant nel successo delPesegesi spirituale: se i padri venivano portali ad esempio della
migliore interpretazione della Scrittura, bisognava convenire che la loro esegesi era certamente piu-
che-letterale. I com-mentari di Cornelio a Lapide (1567-1637) traboccano di esegesi spirituale rica-
vata dai padri. Quando nel XVIL secolo il pietismo incominci a saccheggiare le Scritture alla
ricerca di tesori ascetici, la tipologia e 1'adattamento rinverdiro-no i loro successi anche nel mondo
protestante. Giovanni Cocceio (1603-1669) present un'esegesi imbevuta di tipologia.
Ma la rinascita delFesegesi spirituale non era destinata a tenere banco per sempre. Nello stesso
secolo visse Richard Simon (1638-1712), che anticipando i tempi fu il primo critico biblico moderno.
Rifiutato dai contemporanei e persino dalia sua Chiesa, Simon inaugur un movimento che avrebbe
condotto alla supremazia delPesegesi letterale.
(e) IL passato recente
I secoli XIX e XX hanno assistito al trionfo di uelPesegesi critica e letterale cui tanto tempo
prima aveva dato impulso R. Simon. Se si volgessero a consi-derare 1'ermeneutica descritta nei
paragrafi precedenti (pp. 138-144), molti ese-geti incontrerebbero un mondo di pensiero a essi
estraneo, in cui regnava un'im-maginazione sbrigliata e in cui il significato letterale delie Scritture,
quand'anche riconosciuto, rimaneva sommerso sotto una yalanga di simbolismo. Per far sol-tanto un
esempio: risulterebbe assai difficile riconciliare 1'approccio biblico patristico, tutto intento a ritrovare
Cristo in ogni singolo versetto delPAT, con la moderna critica delie fonti del Pentateuco, con la
sottolineatura della limitatez-za della prospettiva dei profeti e con il riconoscimento che certi caratteri
dei libri sapienziali di Israele hanno dei paralleli nella letteratura pagana. Una ricerca divenuta
storicamente consapevole distingue la teologia del NT da uella della Chiesa successiva,
riconoscendo che i padri e gli scolastici lessero nel NT intui-zioni certamente non attribuibili agli
autori originari. Eppure, il fatto che 1'esegesi moderna metta 1'accento sul senso letterale non ha
dissipato Pinteresse per un senso piu-che-letterale, interesse che si e espresso in una molteplicita di
modi negli ultimi 60-70 anni. Anzi, in uesto arco di tempo si possono notare almeno tr iniziative
per difendere Pesegesi piu-che-letterale.
La valoriz2.a7.ione di elementi della tipologia patristica. Un primo tentativo di recuperare le
intuizioni centrali delPesegesi spirituale patristica senza accoglier-ne le esagerazioni e senza
disprezzare i contributi della moderna esegesi storico-critica e la rivalorizzazione di elementi della
tipologia patristica.255 Questo movi-mento ebbe i suoi piu vigorosi sostenitori in Inghilterra e in
Francia fra gli anni 940 e 1960. L'intento di costoro era in parte uello di reagire alla sterilita teo-
logica e spirituale di certi esempi di esegesi storico-critica. Studi di Origene, come uelli,
summenzionati, di de Lubac e Danielou, e altri di Hanson e Crou-zel, non si limitarono a difendere la
sobrieta di molta esegesi alessandrina, ma implicitamente ed esplicitamente si fecero awocati della
permanente rilevanza delie interpretazioni simboliche.256
Una particolare versione di uesto movimento comport la difesa della per-durante validita del
senso tipico. IL termine Turrog si trova in Rm 5,14 (Adamo come tipo di Cristo) 257 e in l Cr 10,6
(gli eventi accaduti a Israele nel deserto durante Pesodo come tipi per i cristiani).258 L'interesse per i
tipi biblici ebbe una grand fioritura in epoca patristica, ma il corrispondente senso scritturale
ricevette il nome di senso tipico soltanto in un periodo piuttosto tardo della storia delPesegesi: i
padri parlavano infatti di allegoria o di senso mistico, mentre Tommaso d'Aquino lo conosceva
col nome di senso spirituale. Alcuni autori recenti hanno operato una distinzione molto netta fra
tipologia e allego-ria: mentre la prima si basa su connessioni storiche, la seconda e puramente
immaginaria. Non si deve dimenticare tuttavia che i padri non erano minima-mente consapevoli del
fatto che Pallegoria fosse una tipologia non valida, poiche riservavano lo stesso entusiasmo ad esempi
di tipologia che oggi considererem-mo privi di valore.259 Oggi e generalmente accettata la definizione
secondo cui il senso tipico della Scrittura e il significato piu profondo posseduto dalie cose di cui
scrive la Bibbia, significato che viene in luce quando si vede che queste prefigurano cose future
nelPopera salvifica di Dio.260 Sono quattro gli aspetti importanti da menzionare in merito.
In primo luogo, il senso tipico ha per oggetto delie cose, parola questa che goffamente traduce il
latino res, che comprende person, luoghi ed eventi. Le realta (passate) prefiguranti sono dette tipi
(tuttck;); le realta (future) prefigu-rate sono dette antitipi (:vtlt:utto<;). Fra gli esempi
neotestamentari, possiamo citare dei tipi prefiguranti il Cristo: Giona nella balena (Mt 12,40),
Pagnello pasquale (Gv 1,29), il serpente di bronzo innalzato sul pao (Gv 3,14). Uesodo e invece un
tipo (prefigurante) del battesimo in ICor 10,2. In secondo luogo, sebbene classicamente si sia insistito
sul fatto che il sen-so tipico (a differenza del senso letterale e del sensus plenior) riguarda cose
piuttosto che parole, e il resoconto biblico scritto di tali cose a costituire il vei-colo del significato
piu-che-letterale: Melchisedek avra certamente avuto dei genitori, ma ci che ne fa un tipo di Cristo
per Eb 7,3 e il fatto che il suo lignag-gio non e documentato nella Scrittura.
In terzo luogo e da dire che i tipi prefigurano cose future. Tipo e antitipo si collocano su livelli
temporali diversi e il senso tipico diviene manifesto soltan-to con 1'apparizione dell'antitipo. IL tipo e
sempre imperfetto; e soltanto un pro-filo, non un vero e proprio ritratto, dell'antitipo; la sua
realizzazione e dunue destinata a essere fonte di sorprese. La buona tipologia non esagera la
continuita fra i Testamenti a prezzo dell'eliminazione di importanti aspetti di discontinuita.
In uarto e ultimo luogo e da notare che la prefigurazione e connessa al piano saMfico di Dio. IL
problema dei criteri ha assillato la tipologia (e altre form di esegesi piu-che-letterale). Come
distinguerla da relazioni che sono frutto della pura fantasia del lettore? Per rispondere a uesta
domanda, si e fatto appello alFintenzione o al progetto di Dio, oppure allo schema della promessa e
del com-pimento divini: si tratta di modi diversi di riconoscere che il senso tipico e con-nesso alla
fede cristiana; che il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e il Padre di Gesu Cristo e ha agito
coerentemente, e non in maniera casuale, nei rapporti col suo popolo. E stato perci sostenuto per
lungo tempo che per indviduare con un minimo di sicurezza le connessioni esistenti fra tipo e
antitipo e necessa-ria la guida di Dio. Spesso sono stati introdotti nella discussione i classici criteri
della rivelazione: il consenso dei padri, Fuso liturgico, 1'insegnamento dottrinale della Chiesa. I
sostenitori delFesegesi tipologica sono apparsi piu convincenti uando e stato possibile mettere in
rapporto i tipi da loro proposti con schemi gia convalidati dalie Scritture: si pensi alla tipologia
davidica per Gesu e a quel-la delFesodo per certi elementi dei misteri salvifici cristiani. IL fatto che la
Lette-ra agli Ebrei veda in Melchisedek un tipo di Cristo giustificherebbe la proposta della liturgia e
dell'esegesi patristica di vedere nella presentazione del pane e del vino a opera di Melchisedek (Gen
14,18) un tipo del sacrificio eucaristico cri-stiano.261
Anche se 1'elemento tipologico continua a essere valorizzato, la ripresa degli schemi patristici
appare oggi assai meno attiva. Un tentativo, invero piuttosto isolato, di scrivere un commentario
moderno in uno stle assai vicino a uello patristico non e stato coronato da successo.262
IL sensus plenior. Fra il 1925 e il 1970, i cattolici andarono scoprendo un altro approccio ai valori
piu-che-letterali, un approccio meno lontano dalia contem-poranea esegesi storico-critica di uanto
non lo fossero la tipologia e 1'allegoria patristiche. IL termine sensus plenior263 fu coniato da A.
Fernandez nel 1925, ed e opportuno mantenerlo in latino, perche la traduzione italiana (senso piu
pie-no) viene utilizzata con un'estensione di significato piu ampia. Collegato all'i-dea
neotestamentaria di un compimento dell'AT, il concetto di un sensus plenior consenti ai suoi
sostenitori (fra cui J. Coppens e P. BenoJt) di riconoscere la limitata portata del senso letterale dei
passi biblici e, allo stesso tempo, di salva-guardare la possibilita di applicazioni piu evolute di quei
testi.
IL sensus plenior e, per definizione, un senso piu profondo del testo, voluto da Dio, ma non
chiaramente espresso dalTautore umano. Se ne scopre Fesisten-za in un testo biblico uando viene
studiato alla luce di altri testi biblici che lo utilizzano o nel suo rapporto con lo sviluppo interno della
rivelazione.264 A differenza del senso tipico (e analogamente al senso letterale), il sensus
plenior riguarda pertanto principalmente le parole, piuttosto che le cose, della Scrittura. Anche se
alcuni sostenitori del sensus plenior trascurarono 1'intenzione del-1'autore umano, la maggioranza,
che riteneva che i sensus plenior trascendesse le intenzioni esplicite di tale autore, lo distinse dal
senso letterale. La teoria del sensus plenior venne formulata in anni in cui era in voga, presso i
cattolici, la nozione scolastica di ispirazione strumentale: da qui 1'aspetto delFintenzione divina
espressa nelle parole bibliche. Tale intenzione pu essere messa in rela-zione, in termini meno tecnici,
con la nozione - rilevante anche per il senso tipico - del progetto salvifico di Dio, progetto non
casuale e in cui la Scrittura svol-ge un ruolo preciso. Pur essendo applicato di solito ai testi delFAT
riutilizzati dal NT,265 il sensus plenior poteva comprendere la riutilizzazione post-scritturistica di
passi biblici da parte degli scrittori ecclesiastici.266
L'interpretazione cristiana dell'AT. IL problema del significato dli'AT per i cristiani ci
accompagna fin dal tempo di Marcione. Se per riflettere su uesto problema i cattolici si sono affidati
nel passato recente, a un recupero del senso spirituale o al sensus plenior, negli anni 1950 e 1960,
allorche studiosi eminenti come Gerhard von Rad (1901-1971), Walter Eichrodt (1890-1978) e
Walther Zimmerli (1907-1983) rifiutarono sia la tendenza patristica a ritrovare Gesu in ogni singolo
versetto delFAT, sia uno storicismo che tanto allontanava fra loro i due Testamenti da mandare in
frantumi Funita della Bibbia, riscosse maggior popolarita un approccio differente
U problema del rapporto fra i due Testamenti suscit grand interesse soprat-tutto neH'ambito
della teologia biblica.267 Alcuni di uesti studiosi non esitarono a parlare di predizioni
veterotestamentarie di eventi del NT; altri furono inte-ressati a una forma modificata di tipologia; ma
molto spesso la connessione fra l'AT e il NT venne identificata in una relazione di
promessa/compimento rinve-nibile nel corso della storia di Israele, sebbene fosse chiaro che
uesfultima non puntava inequivocabilmente in direzione del cristianesimo. Certi studiosi guar-
darono con ostilita a uesta proposta, temendo che essa finisse con 1'imporre una preoccupazione
estranea alle Scritture ebraiche.268 Costoro ritennero inoltre che il flusso della storia fosse troppo
ambiguo per giustificare l'uso che se ne voleva far: certi filoni dell'attesa messianica non facilitavano
di certo 1'accoglienza di Gesu da parte degli ebrei! Una posizione certamente estrema fu uella di
Rudolf Bultmann (1884-1976): Per la fede cristiana, 1'Antico Testamento non e piu rivelazione. 269
La veemenza del dibattito parve in ualche modo rallentare il progresso dell'approccio al senso piu-
che-letterale elaborato nel contesto della teologia biblica, ma alcuni elementi di uesta prospettiva
sono soprawissuti nelFattuale critica canonica.270
(2) La situazione contemporanea
La linea di demarcazione fra il passato recente e la situazione contemporanea non e del tutto
chiara. Se nel paragrafo precedente (pp. 144-148) mi sono occupato di movimenti che, dopo essere
stad al centro di intensi dibattiti, riscuo-tono oggi meno attenzione, in quel che segue vorrei
presentare, tr le critiche che vanno al di la del senso letterale, uelle due che hanno occupato
maggiormente gli studiosi dopo il 1965, cioe dopo la chiusura del concilio Yaticano IL.
(a) La critica letteraria (Literarkritik)
La trattazione di uesto aspetto delFermeneutica biblica e resa difficile dalia fluidita e
dalFambiguita della terminologia corrente, che viene continuamen-te accresciuta con 1'aggiunta di
nuovi termini (quasi) tecnici, applicati in maniera differente dai vari autori. In uesta sede,
1'espressione critica letteraria vie-ne usata nel modo in cui e usata in ambito letterario, e non nel
modo in cui e sta-ta tradizionalmente usata in ambito biblico,271 ove si riferisce alFanalisi di que-
stioni storiche riguardanti (ad esempio) 1'autore, il tempo e il luogo di composi-zione di un testo, la
natura e 1'origine delie fonti, e le implicazioni socio-religio-se delie form letterarie.
Lo studio della Bibbia in quanto letteratura e stato ostacolato, in passato, sia da un'esagerata
preoccupazione per Funicita della Scrittura canonica, che da una restrizione del concetto di
letteratura alle produzioni consapevolmente letterarie, definizione questa che si applica a una parte
relativamente limitata dli'AT o del NT. In anni recenti, la consapevolezza crescente che il linguaggio
costitui-sce una mediazione delFessere piuttosto che un sistema di etichette yerbali, e che dunque in
ogni tipo di testo, anche canonico, il contenuto e la forma sono tr loro intimamente connessi, ha
suggerito la possibilita di un uso teologicamente responsabile dei metodi della critica letteraria
alFinterno delFinterpretazione biblica. I critici letterari, da parte loro, si sono resi conto del
pregiudizio ideolo-gico insito in un'eccessiva restrizione del concetto di letteratura, arrivando a
riconoscere che la letteratura e ci che leggiamo come tale,272 e cioe che e costituita da quei testi
cui viene dato valore da una determinata societa. Diviene cosi possibile sia teologicamente che
letterariamente trattare i testi biblici come oper letterarie.273
David Robertson vede nella recente comparsa della critica letteraria nel-1'ambito degli studi biblici
un vero e proprio mutamento di paradigma.274 Tale mutamento riflette la svolta linguistica
awenuta sia nella filosofia che nello studio della letteratura, ma rappresenta uno sviluppo organico di
uelFapproc-cio storico che nel XIX secolo si impose quale paradigma degli studi biblici. La critica
delie form e delie fonti arrivo infatti a concentrare la propria attenzione sull'attivita letteraria del
redattore le cui preoccupazioni teologiche governa-rono la produzione del testo finale. La critica
della redazione sollevo a proposi-to del testo in uanto tale uestioni cui ne la storia, ne la teologia
erano in gra-do di dare una risposta. Tentando di affrontare tali uestioni, alcuni specialisti biblici
cominciarono a combinare ermeneutica filosofica e critica letteraria in un nuovo approccio
alFinterpretazione biblica, dando vita a uella disciplina cui Edgar V. McKnight ha dato il nome di
critica ermeneutica.275
Tanto la tradizione heideggeriana rappresentata da Hans-Georg Gadamer (1900-2002)276 uanto
uella fenomenologica husserliana rappresentata da Paul Ricoeur (1913-2005)277 hanno contribuito,
filosoficamente, a un approccio alla comprensione dei testi incentrato sul linguaggio. NelFattuale
teoria ermeneutica svolge un ruolo centrale la convinzione che ogni comprensione storica (in uanto
distinta dalia comprensione matematica o scientifica) sia per sua stessa natura dialogica.
Uinterpretazione testuale comporta un dialogo fra testo e lettore, dialogo incentrato sulFargomento
di cui il testo si occupa. Questa concezione delFinterpretazione solleva tr domande, che ci
conducono immediatamente nell'arena letteraria: a) qual e 1'argomento o il referente del testo? b) qual
e il modo in cui uesto opera per coinvolgere il lettore? c) in ual modo la sog-gettivita del lettore
influenza il processo delFinterpretazione?
a) IL problemu del riferimento. Nella critica storica tradizionale, si riteneva che il referente del
testo biblico fosse semplicemente l'evento storico da esso raccontato, ad esempio la fuga degli ebrei
dalFEgitto, oppure la crocifissione di Gesu. Successivamente, gli studiosi si resero conto che il testo
biblico implica un'interpretazione teologica degli eventi, poiche riflette le preoccupazioni della
comunita in cui le sue diverse parti furono scritte. La critica letteraria, da parte sua, non vede nel testo
una finestra su un mondo storico (sugli eventi raccon-tati o sulla situazione comunitaria in cui esso
fu composto), bensi uno specchio che riflette un mondo in cui il lettore e invitato a entrare. In altri
termini, il referente del testo in uanto tale non e il mondo reale della storia (ad esempio Fe-sodo o
la crocifissione), ma il mondo letterario da esso significato. Nel caso dei testi biblici, uesto mondo
letterario e generato dalFinterpretazione teologica della realta (la fuga dalFEgitto intesa come
liberazione divina per la vita delFal-leanza; la morte di Gesu intesa come mis tero pasuale di
salvezza). La preoccu-pazione delFinterprete letterario della Bibbia non consiste dunue nella rico-
struzione degli eventi storici, ma nella comprensione autotrasformatrice, e cioe nelFappropriazione,
delFargomento di cui si occupa il testo. Un tale approccio non nega il valore delFindagine storica e
non porta a ignorare la situazione ori-ginale del testo; espande invece il concetto di significato al di la
di ogni restri-zione a preoccupazioni di ordine storico.
b) Approcci non contestuali. Gli attuali approcci letterari si possono suddi-videre, piu o meno, in
due tipi principali: non contestuali (cioe incentrati sul testo) e contestuali (cioe orientati alFuditorio).
Cominceremo dai primi.
Strutturalismo. IL termine viene applicato a vari metodi che concepiscono il testo come un sistema
chiuso di segni che non hanno significato in se stessi o in riferimento a una realta extra-testuale, ma
soltanto nella loro relazione recipro-ca. Modello della comprensione dei segni278 e il modello
semiotico secondo cui un segno e costituito da un significante (espressione) e da un significato
(conte-nuto). IL tipo di analisi strutturale che e stato applicato con maggior ampiezza ai materiali
biblici e il metodo di analisi del racconto di Algirdas Julien Greimas (1917-1992).279 Secondo
uesfultimo, il significato di un testo scaturisce dalFa-zione di strutture profonde, o sistemi di
elementi, identici in tutti i racconti, e che generano i singoli testi in un modo simile a uello in cui una
grammatica genera i singoli enunciati di una lingua. Lo scopo delFanalisi strutturale e uello di por-
tare alla luce le strutture profonde di cui il testo e una realizzazione concreta. In uesto modo, come
ha messo bene in evidenza Ricoeur,280 diviene possibile chia-rire il senso (anziche il riferimento) di
un testo. Lo Strutturalismo e visto da colo-ro che lo praticano come un metodo scientifico, che rende
possibile effettuare studi comparativi di testi appartenenti a culture e lingue differenti. I risultati del-
Fesegesi biblica strutturalista sono stati finora relativamente scarsi, ma Fapproc-cio appare piu
promettente come metodo esplicativo.281
Decostruzione. La teoria letteraria legata al nome di Jacues Derrida (1930-2004)282 rivolge lo
Strutturalismo contro se stesso mettendone in uestione la cosiddetta metafisica della presenza, e cioe
la convinzione di fondo che il significato (il racconto) di un segno (il Yangelo di Marco) manifesti un
significato (il mondo narrativo di Marco) che costituisce un referente determinato. IL deco-
struzionista pone Fenfasi sul significante, che e tale non in relazione a un significato determinato, ma
soltanto ad altri significanti, poiche il significato e esso stesso soltanto un significante alFinterno di
un altro segno. In altri termini, il testo e una successione infinita di riferimenti ad altri riferimenti, che
non mette mai capo a un referente reale o determinato. E il testo stesso dunue a sov-vertire il
significato da esso creato. Probabilmente per il fatto che implica una completa indeterminatezza dei
testi, uesta teoria non ha riscosso molto inte-resse fra gli studiosi della Bibbia.283
c) Approcci contestuali^ Gli approcci raccolti sotto uesta etichetta piut-tosto vaga hanno in
comune il fatto di far rientrare il lettore nella definizionedelFopera letteraria e il contesto del lettore
e/o delio scrittore nel processo del-1'interpretazione. L'opera non e il testo: essa viene alla luce
soltanto uando iltesto interagisce col lettore. IL testo non e dunue un oggetto su cui il
lettoreesegua (come uno scienziato) delie operazioni analitiche o investigative perestrarne un
significato intrinseco teoricamente univoco. Esso e invece una strut-tura poetica che, all'interno di
una situazione concreta, viene inserita da un lettore nel processo di conseguimento del significato.
Ogni testo e perci in qual-che misura intrinsecamente indeterminato e aperto a piu di
un'interpretazionevalida, perche il significato non e determinato esclusivamente dall'autore.
Unavolta scritto, il testo non si trova piu sotto il controllo delFautore e non pu maiessere
interpretato piu di una volta a partire dalia medesima situazione.
IL problema piu serio suscitato da uesta concezione dell'opera e delFinter-pretazione riguarda i
criteri di yalidita da applicare nel caso di piu interpreta-zioni. E certamente vero che 1'euiparazione
del significato all'intenzione del-1'autore par poter owiare a uesto problema postulando 1'esistenza
di un significato univoco ideale, anche se uesto, in concreto, non viene mai raggiunto o yerificato.
Ma al giorno d'oggi sono pochi gli studiosi di letteratura disposti ad accettare una simile nozione di
significato. A uanti rifiutano sia la totale deter-minatezza del significato mediato dall'intenzione
delFautore, sia la totale inde-terminatezza dei testi in rapporto ai lettori, non rimane che proporre
criteri di yalidita (si badi bene: non di verifica) uali la coerenza, 1'appropiatezza nei con-fronti del
testo, e la pienezza di significato. Sebbene nessuna interpretazione sia esaustiva e di interpretazioni
valide possano esservene molte,285 non tutte le interpretazioni sono valide, ne sono tutte equivalenti.
d) Condusione. La yarieta degli approcci letterario-ermeneutici alFinter-pretazione dei testi
biblici rende impossibile avanzare pretese totalitarie a nomedi ciascuno di essi preso isolatamente.
Tutti uesti approcci di recente elabora-zione hanno in comune il fatto di operare alFinterno del
paradigma linguisti-co/letterario anziche di uello storico. Essi si occupano della forma finale
deltesto piuttosto che della sua genesi e sono interessati al mondo letterario proiet-tato davanti
al testo piuttosto che al mondo storico a esso retrostante. IL lorointeresse ermeneutico va al
significato presente mediato dal linguaggio attraver-so 1'interpretazione, piuttosto che a significati
storici scoperti dalFesegesi, chesolo successivamente yengono inseriti all'interno di contesti
contemporanei daun processo di applicazione. La maggior parte dei biblisti che si occupano di
critica letteraria riconosce 1'importanza, e persino la necessita, delTesegesi storico-critica per
una piena comprensione dei testi biblici, ma rifiuta ualsiasi com-prensione (o, meglio,
incomprensione) del metodo storico-critico uale unicoapproccio autoreyole all'interpretazione
biblica.

(b) La critica canonica (KanonkritikJ


Uno dei primi e maggiori esponenti di uesto tipo di critica e Breyard S. Childs286 di Yale. La
sua iniziatiya e stata accolta da vari scienziati.287 Childs non rinuncia alla critica storica, anche se in
molti casi ne considera irrilevanti i risul-tati. Quel che conta e per lui la forma canonica finale della
Bibbia. Ci compor-ta in particolare tr conseguenze, menzionate sopra (v. p. 118).
La critica canonica* ha rievocato alcune idee preziose. Senza alcuna prete-sa di essere
esaustiyo, yorrei menzionarne tr. Troppo spesso la critica storica si e accontentata di una
ricostruzione parziale dei libri della Scrittura, senza pre-stare attenzione alla loro interezza, che e
poi la sol forma in cui ci sono rimasti. E anche uando si considerano i libri nella loro interezza,
divinizzare il singolo libro con le sue peculiarita e trascurare il contrappunto offerto dalia totalita
del canone costituisce una forma di fondamentalismo. E in un senso molto reale che un libro
diviene biblico soltanto uando e parte della Bibbia.
Siccome i libri biblici furono scritti da credenti per credenti, la comunita di fede costituisce un
contesto favorevole (e non necessariamente un contesto pre-yenuto) per la loro interpretazione, a
condizione che ingaggi un dialogo franco e aperto con la propria tradizione. La chiarificazione e
1'arricchimento delFesege-si da parte della fede non possono essere semplicemente liuidati come
non-scientifici.
Chi crede che lo Spirito Santo abbia ispirato la stesura dei libri del canone deve ammettere che
non pu essersi zittito dopo la stesura delFultimo libro e che deve essere rimasto attivo sia nella
ricezione di tali libri da parte della Chiesa che nella loro interpretazione.
La critica canonica presenta per anche alcuni seri probierni, messi in evi-denza da James Barr e
altri.288 La maggior parte delie obiezioni sono dirette con-tro la forma che la teoria assume in
Childs. Anche qui yorrei menzionarne tr, senza voler essere esaustiyo. Accordare un eccessivo
rilievo alla forma finale di ciascun libro e della raccolta biblica complessiya significa trascurare la
conti-nuita della piu tarda comunita credente con un Israele e con una Chiesa che esi-stettero prima
ancora che vi fossero, rispettivamente, i libri delFAT e del NT.
Non fu la fede a essere sottoposta al controllo della Scrittura: fu la Scrittura a discendere dalia fede.
Pur sottovalutando il valore del canone, la critica storica e riuscita a scoprire, nei suoi momenti
migliori, la fede e le dimensioni comunita-rie alFinterno della Scrittura, offrendo una descrizione
della comunita credente negli stadi che diedero origine alla Bibbia.
Le affermazioni degli autori biblici, i uali sono dotati di autorita in uanto tali, non possono
essere totalmente superate da un senso canonico che sarebbe risultato in molti casi estraneo alle loro
idee. Si deve poi tenere nel debito conto 1'autorita di uelle figur bibliche (Mose, Gesu) che non
ebbero la paternita di libri biblici nel senso che non ne furono gli scrittori. La critica canonica pu
ave-re Feffetto di rafforzare 1'idea che la Bibbia rappresenti, nella sua totalita, Puni-ca autorita del
cristianesimo, un'idea considerata del tutto inadeguata da molti cristiani.
IL processo di formazione del canone non fu sempre cosi deliberato come si potrebbe dedurre
dalia grand enfasi teologica che vi attribuiscono i critici cano-nici. E certo che alcuni libri andarono
persi a causa di accidenti storici; altri furono conservati non perche avessero un grand valore
teologico, ma perche si pen-sava che provenissero da figur importanti. Anche dopo il
completamento del canone, certi libri (per esempio Gd) hanno un ruolo minimo, se non nullo, nella
vita della Chiesa. Quanto alla critica testuale, le traduzioni hanno esrcitato spesso un maggiore
influsso delie form canoniche dli'AT ebraico o del NT gre-co; si pensi all'influsso dei LXX sulla
Chiesa cristiana primitiva, della Yulgata sulla Chiesa occidentale, di KJV sul protestantesimo inglese.
Traduzioni critica-mente rivedute che si distaccano sia dal testo masoretico che dal textus recep-tus
greco stanno divenendo con sempre maggior freuenza Scrittura canonica per la maggior parte delie
Chiese.
d. Osservazioni conclusive
Per motivi pedagogici, in uesta esposizione ho presentato prima il senso let-terale e poi uelli piu-
che-letterali, esponendo al tempo stesso le procedur o i tipi di critica impiegati per determinare
retrospettivamente ci che il testo signi-ficava e significa. Se e vero che il singolo interprete e libero
di concentrarsi sul-l'uno o sull'altro di uesti sensi, essi non costituiscono tuttavia delie categorie tr
loro separabili, perche il processo complessivo della spiegazione e della com-prensione implica la
loro relazione reciproca. La maggior parte dei commentari biblici scritti finora si e concentrata quasi
esclusivamente sul senso letterale, ossia sulla ricerca di quello che il testo significava
originariamente. Questo e dovuto ad almeno due motivi.
IL primo e che esiste un ampio consenso, almeno in linea teorica, sugli stru-menti (tipi di critica)
necessari per scoprire il senso letterale, mentre i sostenito-ri deirimportanza di un senso piu-che-
letterale sono spesso assai divisi tr loro sul modo corretto di affrontare un testo, come appare chiaro
dai tipi di critica discussi piu sopra sotto la rubrica situazione contemporanea (cf. sopra p. 148).
IL secondo motivo e che il tentativo di affrontare un testo per determinare quel che esso pu o
deve significare per il lettore odierno e complicato dalia diversita del pubblico, cosicche molti
commentatori decidono di limitarsi al compito della spiegazione, nella speranza che saranno gli
stessi lettori a sobbarcarsi il compito di una comprensione vitale. Tale supposizione e un po'
ottimistica, e i commentatori non possono accontentarsi di rimanere degli archeologi del signi-ficato.
Pu darsi che la situazione migliori quando i sostenitori delie varie criti-che finalizzate alla scoperta
dei sensi piu-che-letterali passeranno dalia teoria alla pratica, e si metteranno anch'essi a scrivere dei
commentari. Ci contribui-rebbe a rendere meno astratta la discussione.
A prescindere da queste osservazioni c'e un ampio consenso sulFunita dei sensi letterali e piu-che-
etterali nella Bibbia e sul conseguente compito delFe-segeta. Nel loro lavoro di interpretazione, gli
esegeti cattolici non devono mai dimenticare che ci che interpretano e la Parola di Dio. IL loro
compito non fini-sce una volta che hanno distinto le fonti, definito le form o spiegato i procedi-menti
letterari. Lo scopo del loro lavoro e raggiunto solo quando hanno chiari-to il significato del testo
biblico come Parola attuale di Dio.289
E. IATRADIZIONE
Tradizione e un concetto al contempo molto diffuso e molto difficile da definire. Ci si rende
conto della sua poliedricita passando in rassegna alcuni aspetti etimologici, antropologia e teologici
del termine.
IL yocabolo italiano tradizione deriva dal sostantivo latino traditio owero dal verbo tradere che
in latino pu essere usato sostanzialmente in due modi: in senso transitivo il verbo pu significare il
fatto di affidare, consegnare, trasmet-tere o lasciare una cosa (per esempio un oggetto o un
insegnamento) a una persona, oppure di affidare, consegnare o lasciare una persona alla cura di
un'altra; tutti questi gesti possono awenire come espressione di fiducia o di punizione e/o tradimento.
In senso intransitivo pronominale il verbo pu riferirsi al fatto che una persona si abbandoni per
esempio alle sue lacrime o si dedichi allo studio di qualcosa; uesti gesti come anche i suoi effetti
mettono in primo piano la persona che agisce.
Nel contesto del diritto antico, traditio quale termine tecnico significa la con-segna di una cosa da
un soggetto a un altro che ne acquista il possesso.290 In que-sto senso si suole parlare di tradizione
consensuale, effettiva o simbolica. Quan-do per non si tratta della consegna di una cosa, cambia non
soltanto il conte-nuto del vocabolo traditio, ma si passa da un livello semantico reale a un livello
metaforico. Tanto e vero che l'uso metaforico di traditio e raro presso gli scrittori latini non-
cristiani.291 Presso gli scrittori ecclesiastici invece si trova un ampio uso del concetto in senso
metaforico, precisato da aggettivi e genitivi, sicche tale traditio a volte si riferisce a una dottrina
trasmessa,292 a volte a usi e consuetudi-ni.293 Questo uso cristiano piu ampio del concetto traditio
corrisponde al concet-to filosofico Trapcoau; [paradosis] ed e condizionato dal fatto che il verbo
trade-re con il passare del tempo era praticamente divenuto sinonimo del verbo doce-re.29*
Uadozione di un termine originariamente giuridico da parte degli scrittori ecclesiastici latini non sara
certo stato un puro caso, dato che uesti attribuivano un valore decisivo alla consegna legittima di una
cosa o di una dottrina, ossia alla prova che il possesso acuisito di una cosa o di una dottrina era
legittimo.295
Questi pochi riferimenti al diritto antico e alla letteratura non-cristiana lasciano gia intravedere che
il concetto traditio si rifa a un fenomeno profonda-mente umano per cui viene presa in considerazione
dalia filosofia,296 dalia socio-logia,297 dalia letteratura,298 dalia giurisprudenza,299 dalPetnologia,300
ecc. In base a uesta vasta gamma di ricorrenze della traditio, e cosa owia affermare che anche il
cristianesimo conosce il fenomeno in uestione; anzi, la tradizione e parte integrante di ogni religione
e non soltanto di uella degli ebrei e dei cristiani. La ragione di uesta affermazione consiste nel
semplice fatto che non c'e religione alcuna senza uomo. Uuomo per, dal canto suo, e un essere al
contempo sociale301 e storico.302 Non e possibile concepire Puomo staccato dagli altri uomini ne
slegato dalia storia propria o da uella altrui. Sentire il bisogno di essere in rapporto con un'altra
persona e avere la capacita di collocarsi nel tempo, identi-ficando in tal modo un passato e un
awenire, sono aspetti essenziali di ogni antropologia. Uintreccio di uesti due aspetti dunue, 1'uomo
uale ens sociale e uale ens historicum, sta alla base del fenomeno della tradizione.
A causa della relazione del cristianesimo con la rivelazione, awenuta una volta per tutte in Gesu
Cristo e creduta di origine divina, il fenomeno generale delFessere consegnati alla tradizione diventa
un problema specifico della teologia. Poiche la rivelazione e la salvezza di Dio (manifestatasi in Gesu
Cristo) si dirigono non solo agli uomini allora viventi, ma a tutti gli uomini e di ualsiasi tempo, sorge
la uestione: in uale maniera viene partecipato agli altri uomini ci che allora era sperimentato
direttamente nelPincontro con Gesu di Nazaret? Se si prescinde dagli uomini i uali non hanno mai
ascoltato il messaggio di salvezza cristiano, bisogna rispondere dicendo: si viene a con-tatto con la
rivelazione attraverso la tradizione di ci che Gesu di Nazaret ha detto, fatto, partecipato e rivelato.
La rivelazione e uindi consegnata alla tradizione. Essa diventa cosi rivelazione tramandata,
tradizione. IL cristianesimo non ha a che far con nienfaltro che con la rivelazione tramandata e
perci con la tradizione.
La tradizione di cui parleremo in uesta sede e uella che proviene dagli apostoli e trasmette, da un
lato, ci che costoro hanno ricevuto dalFinsegnamen-to e dalPesempio di Gesu e, dalPaltro, ci che
hanno appreso dalio Spirito San-to. In realta, la prima generazione di cristiani non aveva ancora un
NT scritto e
10 stesso NT attesta il processo della tradizione vivente. Vanno distinte da uesta tradizione
le tradizioni teologiche, disciplinari, liturgiche o devozionalinate nel corso del tempo nelle
Chiese locali. Esse costituiscono form particola-ri attraverso le uali la grand tradizione si
esprime in form adatte ai diversiluoghi e alle diverse epoche. Alla luce della tradizione
apostolica ueste tra-dizioni ecclesiastiche possono essere conservate, modificate oppure
ancheabbandonate sotto la guida del magistero della Chiesa.
1. La Tradizione secondo la Dei Yerbum
L'ultimo testo ufficiale del magistero ecclesiale che piu autorevolmente ci pu indicare la strada
per meglio comprendere la tradizione, e la costituzione dogmatica Dei Yerbum del concilio Yaticano
IL sulla divina rivelazione. Prima per di affrontare direttamente il tema della tradizione^sara utile
passare in ras-segna alcuni accenti che uesto concilio ha voluto dare alla divina rivelazione. Questo
passo sara tanto piu utile uanto in seguito ci permettera di vedere che 11 Vaticano IL presume un
certo parallelo tr la divina rivelazione e la sacra tradizione. Un aspetto particolare della rivelazione
secondo i padri del Yaticano IL toc-ca il ruolo di Cristo nelFeconomia della rivelazione. In una frase
assai densa, il concilio dichiara che Cristo e insieme il mediatore e la pienezza di tutta la rive-
lazione (DV 2). Questa affermazione, ulteriormente spiegata in DV 4, deve essere ponderata
accuratamente. In che senso si pu dire che Cristo e il rivela-tore, la pienezza e il mediatore della
rivelazione?
Essendo il Verbo eterno di Dio, Cristo viene identificato con il Dio rivelan-te. Dio rivela per
mezzo del suo Verbo, del Logos, il uale e irradiazione della sua gloria (Eb 1,3). Cjuando il Verbo
entra in uesto mondo, diventa colui che ci fa conoscere il Padre (Gv 1,18). Nessuno conosce il Padre
se non il Figlio e colui al uale il Figlio lo voglia rivelare (Mt 11,27).
Cristo e la pienezza della rivelazione perche egli e la verita auto-rivelativa, l'e-spressione di tutto
uanto il Padre voglia dire. Tutto il resto non e altro che una preparazione o una glossa al messaggio
essenziale che il Padre ci da nel suo Figlio. Durante il concilio, l'arcivescovo Paul Zoungrana di
Ougadougou (Alto Volta, oggi Burchina Faso), appoggiandosi su testi biblici come lGv 1,2-3, Gv
14,9-10, Col 1,15, Eb 1,3 e Mt 17,5, nonche su un famoso brano di Giovanni della Croce, aveva
sottolineato che Gesu Cristo e in persona la divina rivelazione.303 Con uesto, ne Giovanni della
Croce (il cui noto testo304 e entrato a far parte del Cate-chismo della Chiesa Cattolica), ne il concilio
Yaticano IL volevano dire che uno sguardo fuggitivo all'uomo Gesu sia una rivelazione adeguata di
tutto il piano divino di salvezza. La costituzione dogmatica spieghera piu avanti che Cristo rive-la
Dio dimorando tr gli uomini, parlando (come dice il uarto vangelo) parole di Dio (Gv 3,34), lo
rivela con segni e miracoli, e specialmente con la sua morte e risurrezione, coronando tutto ci con
l'invio delio Spirito di verita (DV 4).
Dal punto di vista della fede cristiana, non sara uindi difficile accettare che Cristo e al contempo il
rivelatore e il culmine della rivelazione di Dio. Sara per piu difficile spiegare la posizione secondo
cui il Cristo e il mediatore di tutta la rivelazione. Dal punto di vista del concilio Yaticano IL
comunue, c'e soltanto un'economia di rivelazione, perci ogni elemento di uesta economia trovera il
suo vero significato rivelatore in relazione al Cristo che e il centro della rivela-zione e il primo
nell'ordine delFintenzione divina. Tutta la verita salvifica che e mediata attraverso la natura e la
storia, viene da lui e trova il suo significato finale in lui. NelFAT, Cristo, il Logos, operava dando
anticipazioni di se stesso, pre-parando la strada per il proprio awento nella carne. Gli ultimi versetti
della Let-tera ai Romani dichiarano, in sintonia con uanto appena esposto, che si tratta del yangelo
taciuto per secoli eterni, ma rivelato ora e annunziato medianie le scritture profetiche [...] a tutte le
genti (Rm 16,25-26). IL significato latente di tutti i tipi e di tutte le profezie dli'AT diventa
manifesto nel Figlio incarnato. IL messaggio totale di Dio, estesosi in tutta la storia della salvezza,
appare in forma concentrata in Cristo, il Verbum abbreviatwn?(*
Secondo la fede cristiana, la rivelazione suprema e insuperabile di Dio e sta-ta data in Cristo, il
Figlio incarnato. L'evento di Cristo, inteso correttamente nel suo contesto totale, ci insegna tutto
uello che desideriamo e speriamo sapere da una rivelazione. Contro progressisti come Gioacchino da
Fiore e i suoi discepo-li, la Chiesa cattolica ribadisce che non ci sara un'economia postcristica delio
Spirito Santo, poiche lo Spirito non fara altro che annunziare la rivelazione data in Cristo (Gv 16,12-
15). Anziche condannare,307 il concilio Yaticano IL ha per preferito attenersi a una formulazione
positiva confermando che l'economia cristiana dunue, in uanto e alleanza nuova e definitiva, non
passera mai, e non e da aspettarsi alcuna nuova rivelazione pubblica prima della manifestazione
gloriosa del signore nostro Gesu Cristo (cf. ITm 6,14 e Tt 2,13) (DV 4). La fine delFepoca
apostolica marca la fine dell'epoca della rivelazione costitutiva, perche non c'e nulla di sostanziale che
dovrebbe essere aggiunto alla fede che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte (Gd 3) o al
deposito della fede affi-dato alla Chiesa apostolica (ITm 6,20; 2Tm 1,14). Anche se e vero che il
compi-mento della rivelazione costitutiva non e identico con la cessazione della rivela-zione stessa,308
rimane valido uanto Dei Verbum aveva detto sulPinsuperabilita della rivelazione divina in Cristo:
Deve essere, infatti, fermamente creduta l'af-fermazione che nel mistero di Gesu Cristo, Figlio di
Dio incarnato, il uale e "la via, la verita e la vita" (Gv 14,6), si da la rivelazione della pienezza della
verita divina.309
Dopo aver cosi enfatizzato il valore perenne del deposito apostolico, Dei Ver-bum tratta della
susseguente conversazione di Dio con il suo popolo sotto la rubrica La trasmissione della divina
rivelazione, che costituisce il titolo del secondo capitolo. Da una parte vi e continuita tr i concili di
Trento, Yaticano I e Yaticano IL, dalPaltra per vi e anche ualche novita. La Dei Yerbum si fa eco
del Yaticano I uando afferma che Dio, nella sua prowidenza, dispose che uanto egli abbia rivelato
per la salvezza del mondo non fosse dimenticato o mutila-to.310 Quello per che doveva essere
conservato e trasmesso non era altro che quel yangelo che il Yaticano IL descrive in seguito a Trento
come la rivelazione di Dio in Cristo, dapprima promesso per mezzo dei profeti e dappoi promulgato
nella sua pienezza da Cristo.311 Oltre uesti elementi di continuita si trovano tut-tavia anche nuovi
accenti nel Yaticano IL rispetto ai due concili precedenti. La Dei Yerbum prende le sue distanze da un
punto di vista che e del tutto incentrato sul libro, predominante nel secolo XIX, e secondo cui
Scrittura e Tradizione sarebbero le due fonti della divina rivelazione. Rifiutando implicitamente 1'idea
del cristianesimo come religione del libro (Buchreligion), il Yaticano IL si rifa a Trento per
caratterizzare il vangelo di Gesu Cristo come la fonte di ogni verita salutare e di ogni regola
morale.312 D'altro canto il Yaticano IL da una descrizione piu ampia di Trento della maniera con cui
gli apostoli trasmisero la rivelazione che loro stessi avevano ricevuto. Mentre il concilio di Trento si e
soprattutto incentrato sull'aspetto verbale del yangelo e della tradizione aposto-lica, il Yaticano IL
menziona anche gli elementi non-verbali: gli apostoli [...] con gli esempi e le istituzioni trasmisero
sia ci che avevano ricevuto dalia bocca, dal vivere insieme e dalie oper di Cristo, sia ci che
avevano imparato per suggeri-mento delio Spirito Santo (DV 7). Soltanto dopo aver affermato
uesto, il concilio fa menzione del NT: il mandato di Cristo venne anche fedelmente eseguito da
uegli apostoli e uomini della loro cerchia, i uali, sotto 1'ispirazione dejlo Spirito Santo, misero in
iscritto l'annunzio della salvezza (DV 7). Questa fas decisiva della predicazione orale degli apostoli
che serve di ponte fino all'epoca in cui la Chiesa cristiana dispone di un canone di sacre Scritture,
viene sintetiz-zata dalia Dei Yerbum in una frase concisa: Gli apostoli, poi, dopo 1'ascensione del
Signore, trasmisero ai loro ascoltatori ci che egli aveva detto e fatto, con uella piu completa
intelligenza di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi di Cristo e illummati dalia luce delio Spirito
di verita, godevano (DV 19).
Si capisce subito che per il Yaticano IL la proclamazione apostolica era mol-to di piu di una
semplice notificazione o informazione storica circa le parole e le gsta di Gesu. I padri conciliari
scorgevano in essa piuttosto un'interpretazione creativa degli insegnamenti e della vita di Gesu,
un'interpretazione compiuta sotto rilluminazione delio Spirito Santo, avendo come scopo di suscitare
e con-fermare la fede cristiana. Poiche il vero autore di uesta tradizione antica e il Signore, essa e un
elemento intrinseco della rivelazione costitutiva.
Anche se la giovane Chiesa non disponeva ancora di un insieme fissato di Scritture canoniche, non
era per niente una comunita fluida mancante di una forma interiore ed esteriore. La Tradizione, senza
essersi ancora cristallizzata in formule ben chiare o addirittura rigide, serviva da forza stabilizzatrice.
Gli apostoli esortavano i loro seguaci di mantenere le tradizioni che avevano appreso. 313 Secondo il
Yaticano IL, ueste tradizioni non erano di tipo storico o dottrinale, ma comprendevano tutto uanto
contribuisce alla condotta santa e all'incre-mento della fede del popolo di Dio (DV 8). La
costituzione Sacrosanctum Con-cilium sulla sacra liturgia spiega che gli apostoli furono inviati da
Cristo perche attuassero, per mezzo del sacrificio e dei sacramenti, sui uali s'impernia tutta la vita
liturgica, Popera della salvezza che annunziavano (SC 6). La formazione della yolonta,
dell'affettivita e deH'immaginazione dei credenti per mezzo di pre-ghiere e pratiche sacre e uindi
parte integrante della Tradizione.
La comunita dei credenti e la sua tradizione vivevano sotto la guida autori-tativa degli apostoli
che, come ci rammenta la Dei Yerbum, lasciarono come successori i vescovi, ad essi "affidando il
loro proprio posto di magistero" (DV 7). Le lettere pastorali del NT ci consentono di proseguire la
trasmissione del-1'autorita apostolica dagli apostoli ai capi delie Chiese locali tramite delegati come
Timoteo e Tito. La costituzione dogmatica Lumen Gentium sulla Chiesa cha Tertulliano e Ireneo per
porre in evidenza che i vescovi diventarono i custo-di della tradizione apostolica (LG 20). Per uesti
teologi del IL secolo, 1'insegna-mento delie Chiese apostoliche e dei loro vescovi rispettivi
costituirono la norma principale della fede.
Sara stato uesto il motivo per cui nel XVI secolo il concilio di Trento rigett la formua
protestante della sol scriptura affermando che la Chiesa era legata per sempre alle tradizioni non-
scritte che furono trasmesse come di mano in mano dagli stessi apostoli.314 Negli atti ufficiali di
Trento non si danno esempi per ueste tradizioni. Nelle discussioni conciliari si menzionarono
comunue certe pratiche come per esempio il battesimo dei bambini, il segno della croce, il vol-gersi
verso 1'oriente durante la preghiera, ma anche certe credenze come uella nella verginita perpetua di
Maria e nelFidentita di Anna come mdre di Maria.315 Alcuni padri conciliari a Trento dicevano di
come certe verita rivelate fossero contenute soltanto nella Tradizione. Via via che si adottavano
metodi critici nella storiografia, aumentava per il numero di quei teologi cattolici per cui la distanza
che ci separa dalPepoca apostolica non consente una yerifica storica dell'origine apostolica di uelle
dottrine e pratiche che non yengono nemmeno menzionate dal NT.
Data uesta difficolta, il concilio Yaticano IL adott un concetto aluanto diverso di Tradizione,
che in parte deriva dalia scuola cattolica di Tubinga del XIX secolo. A differenza di Trento che aveva
soltanto parlato di tradizioni al plu-rale, la Dei Yerbum para di Tradizione al singolare.316 In uesta
costituzione dogmatica, la Tradizione non consta di verita particolari, bensi di un processo diua-mico
di trasmissione sotto 1'assistenza delio Spirito Santo. Trasmettendo in con-tinuazione la fede ricevuta
dagli apostoli, la chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte
le generazioni tutto ci che essa e, tutto ci che essa crede (DV 8). La Tradizione viene uindi
considerata come un progresso nella Chiesa, tendendo verso una comprensione sempre maggiore
della verita divina fino al giorno in cui le parole di Dio giungano a compimento in essa (DV 8).
Questo concetto globale, dinamico e non-verbale di Tradizione preferito dal concilio Yaticano IL
differisce dunue spiccatamente dalia visione atomizzata, sta-tica e orale che solitamente (e spesso
troppo semplicemente) viene attribuito al concilio di Trento. Anziche presentarsi come un
concorrente della Scrittura, la Tradizione dispone il credente a imparare piu profondamente e piu
accurata-mente uello che e contenuto nella Scrittura. L'esempio fornito dalia Dei Verbum per
mostrare che cosa si pu sapere soltanto con 1'aiuto della Tradizione, e non certo leggendo la sol
Scrittura, e il canone integrale dei libri sacri (DV 8).317 Senza esprimersi sulla sufficienza
materiale della scrittura, il concilio Yaticano IL sembra aver favorito quel punto di vista secondo cui
la totalita della rivela-zione e in certo qual modo contenuta e nella scrittura e nella tradizione
apostoka. Alcuni brani conciliari ci fanno intendere che non ci sono delie verita con-tenute soltanto
nella Scrittura o soltanto nella Tradizione: La sacra tradizione e la sacra scrittura sono dunue
strettamente tr loro congiunte e comunicanti. Poiche ambedue scaturiscono dalia stessa divina
sorgente, esse formano in certo qual modo una cosa sol e tendono allo stesso fine. La sacra
tradizione e la sacra scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla
chiesa (DV 10).Tradizione e Scrittura sono talmente connesse tr di loro e congiunte con il
magistero, che nessuno dei tr pu sussistere senza gli altri due e che tutti e tr insieme
contribuiscono efficacemente alla salvezza delie anime (cf. DV 10).
In quanto al carattere rivelativo della Tradizione, occorre distinguere tr la Tradizione nelFepoca
apostolica e la Tradizione nelFepoca subapostolica. In entrambi i casi si tratta di Tradizione
apostolica, di una tradizione cioe prove-niente dagli apostoli, e non di una semplice tradizione
ecclesiastica che trae ori-gine dalia Chiesa. NelFepoca apostolica comunque, la Tradizione si
sviluppava ancora sotto 1'assistenza attiva dei Signore che operava per mezzo dei suo Spirito Santo
completando la rivelazione.318 Nell'epoca subapostolica invece si tratta della Tradizione quale
trasmissione di una rivelazione ormai completa.
Ma anche nelFepoca subapostolica, la Tradizione non e soltanto un processo umano di
trasmissione. In ogni generazione la Tradizione e assistita dalio Spirito Santo. E lo Spirito che (per
cosi dire) rende viventi i documenti della rivelazio-ne affinche la Chiesa possa sentire la voce
rivelatrice di Dio nella Scrittura. Grazie alla Tradizione, lo Spirito Santo, per mezzo dei quale la
viva voce dei van-gelo risuona nella chiesa, e per mezzo di questa nel mondo, introduce i credenti a
tutta intera la verita e fa risiedere in essi abbondantemente la parola di Cristo (DV 8). La Tradizione
f a si che la Parola della scrittura diventi effettiva quale rivelazione per i lettori contemporanei e che
non rimanga un documento d'inte-resse puramente storico.
Dato che sia la Tradizione che la Scrittura sono vie della rivelazione divina,319 tutte due volute da
Dio, e dato che nessuna e indipendente dalPaltra, sarebbe un errore voler sottomettere Funa alFaltra
dichiarandola inferiore o autonoma rispetto alFaltra. Da un punto di vista cattolico non e possibile
affermare che soltanto la Bibbia sia parola di Dio, ne che la Tradizione fosse totalmente dipendente
dalia Scrittura, pretendendo che quest'ultima fosse stata consegnata prima. Insieme, e non certo
separatamente, sia la Scrittura che la Tradizione incor-porano e trasmettono la parola di Dio.
Semmai, si potrebbe affermare che per la Dei Yerbum la Tradizione riveste non tanto una funzione
contenutistica quanto piultosto criteriologica rispetto la sacra Scrittura, perche consente di conoscere
il canone integrale dei libri sacri (cf. DV 8), la giusta lettura e interpretazione della sacra Scrittura
(cf. DV 12) nonche la certezza su tutte le cose rivelate (cf. DV 9). Dal suo punto di vista perci il
concilio Vaticano IL ha potuto affermare quello che il concilio di Trento aveva detto quattrocento
anni prima, e cioe che la Scrittura e la Tradizione devono essere accettate e venerate con pari senti-
mento di pita e rispetto.320
Una teologia della Scrittura e della Tradizione che pretende di essere ade-guata, presuppone una
teologia altrettanto adeguata della rivelazione. IL primo schema presentato ai padri dei concilio
Vaticano IL fu in parte respinto perche dava Fimpressione che fossero la Scrittura e la Tradizione la
base della rivela-zione, mentre in verita bisogna affermare proprio il contrario. IL primo schema
aveva adottat.o il metodo regressivo, partendo dal presente per arrivare al pas-sato. IL Vaticano IL
invece ha preferito adottare il metodo genetico o causale, incominciando cioe dalie origini per
arrivare agli effetti. Di conseguenza, il testo finale della Dei Yerbum incomincia col concetto della
rivelazione e passa attra-verso la Tradizione alla Scrittura. Quest'ordine e fondamentalmente giusto in
quanto la Scrittura presuppone la Tradizione, mentre la Tradizione a sua volta presuppone la
rivelazione. Nonostante ci si pu affermare che la rivelazione non era completa senza una sua
espressione nella tradizione e nella Scrittura. La rivelazione che sta alla base della fede cristiana era
destinata a essere pubblica-mente proclamata nella Tradizione apostolica e formulata nel linguaggio
ispira-to della sacra Scrittura. Ma anche dopo questo, la Tradizione apostolica e il canone dei libri
sacri dovevano essere riconosciuti e interpretati nella Tradizione della Chiesa affinche la rivelazione
potesse essere effettiva nelle generazioni posteriori. La relazione tr rivelazione, Tradizione e
Scrittura non e quindi lineare bensi circolare. La rivelazione suscita la Tradizione e la Scrittura, ma la
Scrittura e la Tradizione incorporano la rivelazione e la trasmettono effettivamente alFin-telletto e ai
cuori dei credenti contemporanei.
La Tradizione, che pu essere intesa come quell'eredita apostolica che vive nella Chiesa per
mezzo delio Spirito Santo, viene espressa e comunicata attra-verso tante tradizioni. Queste tradizioni
(al plurale), anche se trasmettono la divina Tradizione (al singolare), non coincidono sic et simpliciter
con essa. L^in-tento di chiarire alquanto le differenze yigenti, ha indotto alcuni cattolici ad adottare
una distinzione tripartita321 ideata dapprima nel 1963 dalia quarta con-ferenza Fede e Costituzione
a Montreal. Anche se non ha affrontato la uestione in modo esplicito, il concilio Vatica-no IL non ha
passato sotto silenzio il problema delie tradizioni non-autentiche o distorte. I documenti conciliari ci
forniscono vari criteri per discernere la vaidita delie tradizioni. La Dei Yerbum mette in chiaro che
nessuna tradizione trovan-dosi in conflitto con la parola di Dio espressa nella Scrittura, pu
pretendere di essere autentica. Lo stesso documento fa anche menzione della forza di discer-nimento
che compete al magistero ecclesiastico poiche esso ha ricevuto ci che Ireneo chiama il carisma
certo di verita (DV 8). L'ufficio poi d'interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o
trasmessa e stato affidato al solo magistero vivo della chiesa, la cui autorka e esercitata nel nome di
Gesu Cristo (DV 10). Mentre uindi la Scrittura e una norma inviolabile perche frutto deLFispira-
zione divina, il magistero ecclesiale gode della prerogativa delFassistenza divina. In una discussione
piu ampia si potrebbe per aggiungere che il magistero gerar-chico, prima di arrivare a una decisione,
consultera normalmente vari luoghi o monumenti della tradizione, come per esempio le varie form
di preghiera approvate dah"autorita ecclesiastica, il senso dei fedeli e il parere di teologi affi-dabili
in modo che, nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa si crei una singolare unita di
spirito tr vescovi e fedeli (DV 10). Per poter raggiunge-re uesta meta, la singularis conspiratio, il
magistero gerarchico esaminera atten-tamente se 1'insegnamento in uestione corroborera o
indebolira 1'unita e la fede dei credenti. A tale fine, sotto certe condizioni, il magistero potra pronun-
ciare con la promessa assistenza delio Spirito Santo, enunciati infallibili, metten-do fine a ulteriori
discussioni nella Chiesa.
Oggi come gia nel passato, la Chiesa Cattolica ritiene che la Tradizione sia un mezzo
indispensabile per trasmettere la divina rivelazione. Mentre venera la Scrittura perche contiene la
parola di Dio in modo inalterabile, la Chiesa nega la sufficienza della Scrittura nel senso che tutta la
rivelazione possa essere cono-sciuta senza il concorso della Tradizione. La gra parte dei teologi
cattolici con-temporanei acconsentirebbero all'affermazione che ogni verita rivelata e in certo qual
modo attestata dalia Scrittura, anche se alcune verita rivelate non ven-gono menzionate esplicitamente
da nessun testo nella scrittura. Dal XIX secolo in poi, la Tradizione e stata percepita sempre di piu
come un processo per mezzo dei uale si trasmette la rivelazione. Tanto e vero che la Tradizione non
e un puro processo, ma yeicola un contenuto che fino a un certo punto pu essere for-mulato in
proposizioni. Anche se le tradizioni particolari sono soggette a un esa-me critico, la Tradizione come
trasmissione dei vangelo nella Chiesa, assistita dalio Spirito Santo, deve essere venerata come323 la
sacra Scrittura, essendo una forma della parola di Dio. La Tradizione trasmette la parola di Dio in
modo tale che possa essere accolta dai fedeli in ogni tempo e in ogni luogo.

2. Alcuni chiarimenti concettuali


La sacra Tradizione e la sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposi-to della parola di Dio
affidato alla Chiesa (DV 10). Insieme con la sacra Tradizione, [la Chiesa] ha sempre considerato e
considera le divine Scritture come la regola suprema della propria fede (DV 21).
In rapporto alla relazione della Tradizione con la Scrittura, si pu cosi distin-guere un concetto di
Tradizione piu ampio, che include tutto ci che deve essere tramandato e, uindi, anche la Bibbia, da
un concetto di Tradizione piu stret-to concepito come il polo opposto alla Bibbia e chiamato (proprio
perche non scritto nella Bibbia) tradizione orale. IL carattere orale qui inteso non esclu-de che
vengano usate testimonianze scritte. Al contrario, uanto piu la tradizione orale risale indietro nel
passato, tanto piu ci si trovera costretti a dei documenti scritti. Nel termine orale viene intesa soltanto
la contrapposizione alla Scrittura come sacra Scrittura. IL contenuto materiale della vita della Chiesa
nella fede poggia dunue su due tipi di Tradizione: uno costituivo e un altro dichiarativo. Mentre le
tradizioni dei primo tipo non sono altro che Feredita degli apostoli, le tradizioni dei secondo tipo sono
ausiliari per la nostra cono-scenza dei contenuto e dei senso di tale eredita costitutiva. Le tradizioni (o
loci theologici) costitutivi sono la sacra Scrittura e le tradizioni non scritte. Le tradizioni (o loci
theologici) dichiarative sono riscontrabili nei testimoni della Tradizione (vedi sotto).
La distinzione piu importante dunue e uella in forza delPorigine della Tradizione. In maniera
generale si pu distinguere tr rivelazione divina, il cui contenuto e creduto come rivelato da Dio
(traditio divind), e tradizioni umane che hanno origine da uomini {traditio humand). Poiche per la
Tradizione che si rifa alla rivelazione divina e accessibile solo attraverso la testimonianza dei tempo
apostoko,324 si para con piu esattezza della Tradizione divino-apostolica (traditio divino-apostolica)
in opposizione a ualsiasi tradizione introdotta dalia Chiesa nel periodo postapostolico (traditio
[mer] ecclesiastica). Una separazione netta non e possibile in uanto tutti i contenuti della
Tradizione divino-apostoli-ca appaiono dapprima unicamente all'interno dei flusso complessivo delie
tradizioni ecclesiastiche attraverso il uale viene tramandato complessivamente tutto ci che e
tradizionale nella Chiesa. Anche la Bibbia, essendo un libro conser-vato e tramandato dalia Chiesa, ci
si presenta in un primo momento come appar-tenente alla tradizione ecclesiastica e solo in un secondo
momento pu essere esaminato e affermato il suo carattere di testimonianza della Tradizione divino-
apostolica. La distnzione uindi fra tradizione soltanfo~ecclesiastica e Tradizione divino-apostolica
ci aiuta a comprendere come il riconoscimento d'una Tradizione divino-apostolica implichi anche la
confessione di uesta e, contempora-neamente, un riconoscimento dei dovere di tramandarla; mentre
la dichiarazio-ne d'una tradizione come tradizione puramente ecclesiastica da alla Chiesa il potere di
mutarla, abrogarla o sostituirla.
C'e comunue un unico evento che sta alla base della Tradizione. Si tratta della consegna del
proprio Figlio da parte di Dio nelle mani degli uomini per tutti noi,325 e contemporaneamente
dell'autoconsegna da parte di Gesu Cristo.326 Questa (auto-)consegna costituisce il contenuto
fondamentale della Tradizione apostolica ed ecclesiale, che nella Parola della predicazione e nella
frazione del pane eucaristico (ICor 11,23) trasmette realmente uanto testimonia con la sua
memoria attualizzante. Quanto e awenuto una volta in e medianie Gesu Cristo e awenuto una volta
per tutte, cioe per essere una presenza permanente nella storia.327 L'escatologico una volta per tutte
dell'evento di Cristo sta alla base delie due dimensioni della Tradizione apostolica ed ecclesiale: nella
dimensione orizzontale della trasmissione storica uesta e testimonianza rimemorativa di ci che
awenne una volta in Gesu Cristo; nella dimensione yerticale e testimonianza attualizzante dell'una
volta per tutte della presenza pneumatica del Signore glorificato nel corpo di Cristo, composto da
molte membra.328
Norma suprema (tecnicamente parlando la norma normans non normata) della fede e della
conoscenza teologica e la parola di Dio (rnrr -o-t [d'bar Ado-nai], a.yoc; tou 6eoC) che si e incarnata
in Gesu Cristo.329 Essa diventa a noi acces-sibile e per noi efficace medianie la testimonianza dei
profeti e degli apostoli, che e registrata nella sacra Scrittura delFAT e NT, soprattutto per medianie
la testimonianza delio Spirito Santo nel cuore dei credenti in tutli gli istanti della storia, incluso in
quell'arco di tempo uando non esisteva ancora un NT. Lo Spirito Santo riveste uindi un ruolo
costiluente o fondante, non solo in uanto alla Chiesa nell'attimo storico della sua nascita, ma anche
in uanto alla conversione di una singola persona in ualsiasi momento della storia della salyezza. In
que-slo primo momenlo occorre perci parlare dell'azione costituente o fondante delio Spirito Santo.
La sacra Scrittura, che la Chiesa crede opera particolare delio Spirito Santo e norma preminente o
primaria (norma normata primaria) della successiva tra-dizione ecclesiale della fede; insieme con la
Tradizione divino-apostolica, essa e la regola suprema della fede330 nei confronti delie istanze
testimoniali secon-darie.
La parola di Dio, consegnata immutabilmente nella sacra Scrittura, norma la tradizione successiva
della fede, che testimonia nella Chiesa la stessa parola di Dio in modo storico. Tale testimonianza
storica concerne sia 1'accettazione della parola di Dio da parte della Chiesa e del singolo credente che
la sua trasmissione alle generazioni successive. La tradizione ecclesiastica, che la Chiesa crede
effieacemente guidata dalio Spirito Santo, e perci norma secondaria (norma normata secundarid)
della nostra fede, specialmente per uanto riguarda la sua funzione ermeneutica nelFinterpretare la
sacra Scrittura in un determinato momento storico. In concreto e la testimonianza convergente dei
vari portatori della Tradizione a normare la nostra fede. In uesto terzo momento si suole parlare
delFassistenza delio Spirito Santo. Si tratta d'una assistenza di cui godono tutti le membra delFunico
corpo di Cristo, ognuno secondo uello che e e per uello che deve far nel corpo.
Dalie norm uali principi contenutistici della nostra fede e della conoscenza teologica vanno
distinti i criteri.331 Con tale termine vengono indicati i con-trassegni esterni o interni di una singola
tradizione, che permettono di verificare criticamente se essa appartiene alla Tradizione yincolante
della fede della Chiesa o il suo vero senso. Applicando tali criteri scopriamo che la Tradizione non e
una ricezione e una conservazione acritica di ci che e divenuto storicamente, bensi un processo di
discernimento e di valutazione critica, sotto 1'assistenza delio Spirito Santo.
Criteri di appartenenza alla Tradizione autentica della fede della Chiesa sono i seguenti: (1) la
prova storica del consenso diacronico (antiuitas), (2) la prova storica e attuale del consenso
sincronico (universitas) e (3) la prova storica e attuale del carattere esplicito formale, con cui una
verita e proposta dal magi-stero gerarchico come rivelata (formalitas).
Inoltre, il metodo storico-critico332 non permette solo di verificare se un contenuto della fede fa
parte della Tradizione autentica, ma permette anche di stu-diare la storia d'Israele e la storia di Gesu.
Dato che la fede cristiana si riferisce a person ed eventi storici, la ricerca storica retrospettiva
rappresenta un criterio oggettivo della fede. Cosi possiamo cercare d'indicare con sufficiente chia-
rezza la ipsa intentio lesu e vedere come essa e stata recepita e trasformata nel NT e nella Chiesa. La
ricerca storica non permette solo di yerificare la fedelta della Tradizione verso la sua origine storica,
bensi anche di studiare le condizio-ni e le istanze storiche della sua multiforme esplicitazione
interpretativa.
La Tradizione della fede e la ricerca storica concordano nel dire che senso e scopo della nuova e
delPantica alleanza e la salyezza degli uomini. Di qui risulta il criterio delFimportanza salyifica, in
base al uale la Tradizione va spiegata, tenendo appunto conto delFintenzione della riyelazione di
Dio. Non teniamo sufficientemente conto di tale criterio, se ci accontentiamo di distinguere asser-
zioni religiose da asserzioni profane e di considerare solo le prime come rilevanti per la salyezza. A
differenza della yerifica storica operata nel caso dei criteri pre-cedenti, 1'applicazione del criterio qui
in discussione mette in moto un processo ermeneutico in linea di principio non concludibile, processo
che mette in rela-zione il messaggio tramandato con 1'esistenza e la situazione via via storica degli
uomini e la esplicita come vangelo per essi. Per uesto la Tradizione assume la forma di spiegazione
sempre nuova.
Uapplicazione delie norm e dei criteri da vita alle ualificazioni teologiche, che servono a yalutare in
maniera normativa i contenuti della Tradizione (vedi sotto).
3. Testimoni della Tradizione
In fin dei conti c'e un unico testimone della traditio lesu: la Chiesa. Tale Chie-sa dovrebbe per
essere considerata sia nel suo aspetto sincronico che nel suo aspetto diacronico; inoltre, si dovrebbe
prendere in considerazione sia tutto ci che la Chiesa e, che tutto ci che essa crede, e piu
precisamente la sua dottrina, la sua vita e il suo culto (cf. DV 8). La testimonianza di tutta la Chiesa e
infalli-bile, allorche il senso soprannaturale della fede in tutto il popolo di Dio espri-me
Funiversale suo consenso in materia di fede e di costumi, perche la tota-lita dei fedeli [...] non pu
sbagliarsi nel credere (LG 12). Dato per che questa unica Chiesa e un corpo vivente, si possono
adoperare alcune distinzioni.
IL testimone per eccellenza della Tradizione (nel senso piu ampio del termine) e la predicazione
apostolica, che e espressa in modo speciale nei libri ispi-rati (DV 8). E quindi la predicazione
apostolica nella sua totalita che e il testimone costitutivo della Tradizione. Cjuesta unica Tradizione
costitutiva ereditata dagli apostoli si distingue nella tradizione scritta, e cioe la sacra Scrittura dli'AT
e NT, e nelle tradizioni non scritte. Lo studio del contenuto di queste tradi/ioni, della loro esistenza,
dei loro rapporti con la sacra Scrittura e con la Chiesa e compito dell'apologetica e della teologia
fondamentale. Esse non sono per accessibili documentariamente se non nei monumenti dichiarativi
della Tradizione. E ci che segue.
Tutta la predicazione apostolica, e non soltanto quella espressa in modo speciale nei libri ispirati,
doveva essere conservata con successione continua fino alla fine dei tempi (DV 8). E qui che
1'insegnamento del magistero (ordinario, ordinario e uniyersale, e infine straordinario) viene
percepito come primo testimone della tradizione dichiarativa perche gli apostoli poi, affinche il
yangelo si conservasse sempre integro e vivo nella chiesa, lasciarono come successori i vescovi, ad
essi "affidando il loro proprio posto di magistero" (DV 7).
L'incomparabile valore dottrinale della liturgia e prassi della Chiesa e pro-clamato, non solamente
dal magistero, ma dalFuso che i padri e i teologi ne han-no fatto.333 Cjuesto valore deriva, soprattutto,
da tr aspetti: (1) la liturgia e, di sua natura cultuale, protestatio fidei;334 la Chiesa prga secondo
quello che essa crede. La liturgia spesso non e altro che una forma dossologica della pro-fessione
della fede che la Chiesa pronuncia. (2) La liturgia ha incorporato nume-rosi testi densi di dottrina. (3)
Infine, la liturgia molto spesso traduce anch'essa una intenzione dottrinale. Anche quando traduce
una reazione contro un'eresia, la liturgia esprime la fede della Chiesa in modo particolarmente
positivo, inte-riore, totale; mette sempre in opera tutto il mistero cristiano. Supera la semplice
istruzione e incorpora tutta la linfa educatrice della maternita della Chiesa. Essa e 1'ambiente
educativo del senso di Dio, del senso delFuomo, del senso piu profondo e piu totale del rapporto
religioso in Gesu Cristo, che e il nucleo della rivelazione. Per mezzo di essa, si entra nella sua
intelligenza in modo concreto, vivente, medianie la sua stessa pratica. IL fatto di porre continuamente
in rela-zione i testi della Scrittura con i differenti aspetti e con il centro pasquale del mistero
cristiano, ne fa penetrare il senso.335 Si possono ricollegare al luogo liturgico 1'epigrafia,
1'archeologia, 1'iconografia, ma anche la prassi e l'uso della Chiesa. Gia Paolo invoca l'uso della
Chiesa-madre di Gerusalemme.336 La prassi universale e decisiva, soprattutto in materia cultuale e
sacramentale. Basti pen-sare per esempio al battesimo dei fanciulli, al culto delie immagini,337 alla
pre-ghiera per i mord, alle indulgenze, alFordinazione dei ministri anglicani conver-titi,338 al fatto
(attestato a Roma dalia fine del IL secolo alla fine del IX secolo da 34 papi) di ordinazione diretta dal
diaconato all'episcopato, ecc. I teologi hanno sempre considerato la Praxis Ecclesiae come normativa
quando e costante e implica una presa di posizione in materia riguardante la fede. Per altro se, dal
fatto che la Chiesa ha agito in un determinant modo, si pu concludere che essa pu farlo, non
bisognerebbe prendere per norma e base di una dottrina un fatto eccezionale o molto raro,339 ne
negare a priori che certi fatti siano oggettiva-mente degli errori.
Sono specificamente menzionati come fonte in cui reperire la Tradizione i padri della Chiesa,
d'Oriente e d'Occidente (DV 8; 23). La categoria padri ha contorni un po' imprecisi. Si e d'accordo
tuttavia a caratterizzarla, dal punto di vista teologico, con le quattro caratteristiche delFantichita
(antiuitas), della san-tita di vita (sanctitas vitae), delFortodossia (doctrina orthodoxa) e cFuna certa
approvazione attraverso il magistero (approbatio Ecclesiae). In mancanza di una delie condizioni (2)
e (3), gli autori, anche geniali, delFantichita sono semplice-mente chiamati scrittori ecclesiastici,
espressione dovuta a Girolamo: cosi per esempio Tertulliano, Origene. Non sembra del tutto chiaro se
il termine latino Patres Sancti includa anche i Doctores Ecclesiae che con i padri condividono le tr
ultime caratteristiche, ma che non appartengono alTantichita cristiana. La categoria dottori della
Chiesa ricopre infatti solo parzialmente uella dei padri. Essa lo fa perfettamente per i due gruppi dei
uattro principali dottori orientali (Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno, Giovanni Crisostomo) e
occidentali (Ambrogio, Girolamo, Agostino, Gregorio Magno). Ma la lista ufficiale dei dottori non e
limitata aH'antichita. Per contro, e richiesta la santita di vita. In uesto momento (gennaio 2006), la
lista dei dottori della Chiesa comprende 33 nomi.340 - Non sara invece privo d'interesse osseryare che,
a differenza di altre propo-ste,341 in Dei Yerbum non si fa parola dei teologi.
Infine la vita canonica della Chiesa e pure guidata dalio Spirito Santo. Le isti-tuzioni, le regole
religiose, i canoni, le decretali dei papi, gli statuti sinodali, ecc. e anche le consuetudini dei popolo
cristiano, incorporano i valori normativi di tradizione: ci tanto piu che la disciplina della Chiesa
concerne principalmente, in modo diretto o indiretto, il culto e i sacramenti, o generalmente parlando
le protestationes fidei; ma concerne anche, al di la di ogni positivismo giuridico, una finalita morale
cristiana. Anche la vita dei santi342 e la storia della Chiesa si svol-gono sotto la guida delio Spirito
Santo: da ci deriva il loro valore di indicazio-ne sul senso dei piano di Dio e della rivelazione dei
suo mistero. Le azioni stes-se dei santi ci insegnano.343 Ci e normale poiche, secondo il concilio di
Trento, il contenuto della Tradizione, e il vangelo (cf. Denz 1501): ora essi lo vivono. Ma e la Chiesa
che discerne la santita.
La Tradizione viene quasi sempre, spontaneamente e necessariamente, asso-ciata col passato, il
piu delie volte per in senso critico e polemico. Prescinden-do dalPaspetto polemico, questo
atteggiamento e in fondo ben motivato. E owio che la fede dTsraele come anche la fede della Chiesa
fonda le sue radici in un evento storico che per la sua stessa natura storica appartiene al passato. In
entrambi i casi per si tratta di un evento che riveste una importanza per il pre-sente perche il suo
valore non si limita al solo passato bensi dischiude un futuro owero un awenire. Nel caso dTsraele
basta pensare alla lettura dei Pentateuco nella liturgia sinagogale che rispecchia la struttura letteraria
di questi cinque libri canonici dTsraele: la creazione divina da origine a una storia deH'umanita con
Dio che a sua volta da nascita a una storia particolare tr Dio e i patriarchi. Lo scopo delie varie
alleanze tr Dio e un determinato patriarca owero tr Dio e il popolo dTsraele consiste nella promessa
di una discendenza numerosa e nel possesso della terra dove scorrono latte e miele. Seguendo il
percorso letterario dei Pentateuco, il popolo eletto si awicina sempre di piu al compiersi di ueste
promesse, ma non le attinge. Prima di poter mettere piede nella terra promessa, attraversando il
Giordano, Mose muore e la lettura dei Pentateuco incomincia da capo, senza che il popolo abbia
messo piede nella terra promessa. In altre parole: 1'adempimento pieno e concreto della promessa
fatta da Dio rimane oggetto di un futuro ancora aperto, di un evento ancora venturo.
Anche il cristianesimo e una fede orientata al futuro. Se da una parte esso ha il suo punto fermo di
riferimento nella vita, morte e risurrezione di Gesu Cristo, d'altra parte attende ancora la
consumazione di tutta la storia e 1'istituzione dei regno definitivo di Dio, per cui la fede cristiana ha
un carattere sorprendente-mente fiduciale. La fede cristiana comporta in modo essenziale
1'accettazione delie promesse di Dio e la fiducia che egli possa e voglia mantenerle. La fede cristiana
e indirizzata a Gesu Cristo in qualita di redentore che ritornera nella gloria per raccogliere nel suo
Regno tutti quelli che lo hanno atteso nella fede.
Perci la Tradizione ebraica e quella cristiana vivono sempre dei futuro, di un tempo ancora
aperto. Ci non solo nel senso formale che pu esserci Tradizione solo se si dischiudono
continuamente nuovi tempi e spazi sotto forma di storia che continua e di generazioni che si
susseguono, bensi anche in un senso rispon-dente alla vita delio Spirito e della fede: 1'origine della
fede (la rivelazione divina cioe) racchiude un potenziale tale di vita che solo una multiformita e
molteplicita di tempi, di spazi culturali e di prassi pu permetterne 1'esplicazione. Solo perche finora
c'e sempre stato un futuro sono state possibili la ricca Tradizione, la multiformita degli stili di vita,
1'esplicitazione dei mistero della fede, le yariazioni nella vita della comunita e nei suoi ordinamenti.
Solo perche si e preso atto dell'a-zione costante delio Spirito, si e avuta una Tradizione sempre nuova:
il diritto della Chiesa di ieri e anche il diritto di quella attuale e di quella di domani, perche lo Spirito
non cessa di assistere il popolo di Dio nel suo cammino e perche Dio non cessa di parlare con la
Sposa dei suo Figlio diletto (DV 8c). Tramandare non va uindi coniugato solo al passato, ma
anche al presente e al futuro.
C'e Tradizione solo perche c'e sempre stato qualcosa di piu della Tradizione. Le forze germinali
della fede vanno molto oltre quello che finora ha preso forma nella storia. Le promesse di Dio non
sono ancora giunte alla loro perfezione. Al datum optimum, Dio stesso vuol ancora aggiungere il
donum perfectum (cf. Gc 1,17). La grazia data di Cristo attende ancora la donazione della sua gloria
(cf. Rm 8).
La conclusione tratta da questa convinzione e stata formulata da Giovanni Paolo IL, durante
YAngelus dell'11 giugno 1995:344 non c'e futuro senza memo-ria. La storia stessa e memoria futuri.

F. MUTUA RELAZIONE TR LA TRADIZIONE E LA SACRA SCRITTURA


IL rapporto tr la sacra Scrittura e la Tradizione non e un problema seconda-rio. Emergono qui
importanti conseguenze per tutta la teologia, la cui costruzio-ne, il cui modo di pensare e di
argomentare dipende fin nei minimi particolari dal modo con cui viene concepito il rapporto tr
Scrittura e Tradizione. La profon-da incidenza del modo con cui viene concepito uesto rapporto sulle
varie espressioni della fede si dimostra, tr 1'altro, dalie discussioni sui dogmi mariani, dal dialogo tr
le confessioni e dalie riflessioni che hanno preceduto il concilio Yaticano IL. Lattualita del problema
e 1'ampiezza delie conseguenze che deriva-no da una sua eventuale soluzione non richiedono uindi
d'essere ulteriormen-te sottolineate.
Per la soluzione d'un problema e gia di somma importanza il modo con cui esso viene impostato.
Infatti, il primo passo verso la soluzione cercata dipende dai dati del problema e dalForientamento
con cui si prospetta il problema medesimo. Domande poste in modo inadeguato provocano risposte
inadeguate. Non e difficile trovare esempi che illustrino un'errata impostazione d'un problema nel
campo di cui ci occupiamo: Dio non e un meccanico che prowede la sua Chiesa di una specie
d'acqua corrente, e che fa scorrere la sua Parola dalie due fonti della fede, Bibbia e Tradizione, come
da due rubinetti recanti 1'etichetta rispettiva: calda e fredda. 345 Simili concezioni fisico-meccaniche
sono inutilizza-bili gia per il motivo che qui si tratta di discutere di rapporti spirituali che inci-dono
suh"azione del Dio vivente e sulla fede dell'uomo vivente.
La Scrittura e la Tradizione, mediante le uali perviene all'uomo la rivela-zione di Dio,
testimoniano - per esprimerci in termini generali - dei procedi-menti spirituali che si oppongono a
priori a una loro concezione meccanica. Anche se la Tradizione avesse tramandato come patrimonio
ereditario apostoli-co delie affermazioni di fede in nessun modo contenute nella Scrittura, ci non
significa che una determinata affermazione di fede contenuta nella Scrittura non possa essere giunta
sino a noi anche attraverso la Tradizione apostolica. Dal pun-to di vista puramente logico, non si vede
perche una stessa e identica verita di fede rivelata non possa essere contemporaneamente testimoniata
sia nella Scrittura che nella Tradizione. Nello stesso modo, uno studente pu benissimo aver ricevuto
la stessa nozione scientifica dalie lezioni orali e dai libri del suo profes-sore, e non si vede perche
debba dire: una parte l'ho ricevuta dalia lezione e l'al-tra dai libri. E anche se nella lezione e nel
libro fosse detta la stessa cosa. pu benissimo avere un significato l'acquisto del libro dopo ch'e stata
ascoltata la lezione come, reciprocamente, pu avere un significato pieno 1'ascolto della lezione, per
quanto si sia gia letto il libro.
IL concilio Vaticano IL tratta il problema della mutua relazione tr la Tradizione e la sacra
Scrittura nel numero 9 della costituzione dogmatica sulla divina rivelazione Dei Yerbum. Questo
concilio ha deliberatamente omesso il problema, teologicamente non risolto, del contenuto materiale
della Tradizione e della Scrittura: vi e nella Tradizione un contenuto oggettivo piu esteso che nella
Scrittura? Si pu dire che non vi e nulla nella Tradizione che non sia gia in qual-che modo contenuto
nella Scrittura? Prescindendo dalia questione del canone dei libri ispirati, il concilio ha ritenuto
inopportuno qualsiasi altra determina-zione sull'oggetto quantitativo della Tradizione e della
Scrittura. Ha insistito piuttosto - e con ragione, perche la cosa e d'importanza primordiale nell'attua-le
dialogo ecumenico - sul rapporto e sul servizio reciproco della Tradizione e della Scrittura.
La prima frase del paragrafo 9 dichiara, come conclusione dei paragrafi pre-cedenti, che la
Tradizione e la Scrittura sono strettamente legate fra loro e in reciproca comunicazione: La sacra
Tradizione e la sacra Scrittura sono dunque strettamente tr loro congiunte e comunicanti (DV 9).
Sarebbe dunque sba-gliato considerarle due vie parallele e indipendenti, affermare 1'esistenza delFu-
na e negare l'esistenza dell'altra o ignorare i loro reciproci rapporti. Scrittura e Tradizione sono
inseparabili e costituiscono un tutto organice i cui elementi sono interdipendenti.
La seconda frase precisa in che cosa la Tradizione e la Scrittura sono cosi strettamente unit: a)
tutte e due scaturiscono dalia stessa sorgente di acqua viva, cioe dalia rivelazione; b) tutte e due, in un
certo senso, si fondono in un tutto poiche l'una e 1'altra esprimono il mistero unico, benche sotto
forma diversa; c) tutte e due concorrono a uno stesso fine, cioe la salvezza degli uomini, come viene
spiegato nel paragrafo successivo (DV 10).
La terza frase del paragrafo 9 da la ragione ultima delio stretto legame che unisce la Tradizione e
la Scrittura: l'una e l'altra sono parola di Dio. Infatti la Scrittura e la parola di Dio messa in scritto
sotto 1'ispirazione delio Spirito San-to (Dei Yerbum scriptum). La Tradizione e la parola di Dio
affidata agli apostoli dal Cristo e dalio Spirito Santo (Dei Yerbum traditum) e trasmessa intatta ai loro
successori perche questi, nella luce delio Spirito, con la loro predicazione con-servino fedelmente,
espongano e diffondano la Parola ricevuta dagli apostoli. Ne segue che la certezza della Chiesa
suirinsieme delie cose che Dio ha rivelate e che pertanto essa propone o pu proporre come tali alla
fede dei suoi figli, non procede dalia sol Scrittura, perche la Chiesa non cessa mai di trasmettere tutta
intera la Parola viva ricevuta agli inizi. Perci, quando su un punto essa esita a pronunciarsi, non
sembrandole la Scrittura sufficientemente chiara ed esplicita, pu trovare nella Tradizione, che
conserva, il mezzo per illuminarsi e per pronunciarsi. Perci Scrittura e Tradizione si completano, non
nel senso di un appor-to quantitativo di ciascuna, quanto per un chiarimento reciproco. U concilio,
dan-do questa precisazione, semplice conseguenza di quanto precede, non reintrodu-ce furtivamente
la questione delie due sorgenti, ma afferma un fatto universal-mente riconosciuto dai teologi e nello
stesso tempo una pratica costante della Chiesa.
Uultima frase conclude con le parole del concilio di Trento. Poiche la Tradizione e la Scrittura
trasmettono e conservano la rivelazione divina sotto le due form in cui essa ha preso corpo e tendono
tutte e due al medesimo fine, cioe alla salvezza delFumanita, si devono ricevere e venerare entrambe
con lo stesso rispetto e con la stessa pita. Se si confrontano le decisioni dei tr concili 346 con
1'enorme uantita di inter-rogativi e di probierni coilwolti nel tema della mutua relazione tr Scrittura
e Tradizione, si vede chiaramente che esse hanno fissato soltanto alcuni limiti ben determinati,
lasciando per ampio spazio libero al lavoro teologico. Tr punti di vista saranno di aiuto nel tentativo
di ordinare i probierni ancora da risolvere e di esprimere alcune precisazioni sul rapporto tr Scrittura
e Tradizione:347 l'u-nita, la mutua dipendenza e la distinzione di Scrittura e di Tradizione.
1. Unita di Scrittura e di Tradizione
a. Unita di origine
Scrittura e Tradizione hanno la stessa origine. Originariamente esse costitui-scono un'unita. Esse
testimoniano assieme che Dio si e effettivamente rivelato: dapprima a Israele e poi in Gesu Cristo
agli apostoli. La Scrittura e la Tradizione non pretendono soltanto d'essere espressioni di uesta
rivelazione: esse pre-tendono anche d'essere talmente radicate nel fatto della rivelazione, che lo stes-
so Iddio che si rivela e il primo autore di ci che Scrittura e Tradizione comuni-cano.
Dio e il primo autore della Scrittura e della Tradizione: solo il credente pu esprimersi cosi
perche e aperto all'esigenza contenutistica della Scrittura e della Tradizione. Solo il credente
attraverso la Scrittura e la Tradizione, la testimo-nianza dei profeti e degli apostoli, della Chiesa
apostolica e post-apostolica, ha esperienza di uesto Dio che si autorivela e si costituisce garante della
testimo-nianza. La fede pu richiamarsi a Dio tramite la testimonianza della Scrittura e della
Tradizione, ma non come se la Scrittura e la Tradizione fossero immediata-mente identiche con la
rivelazione di Dio (nel mistero dei Cristo). Rimane una differenza tr la testimonianza e il
testimoniato. La realta dei Cristo, dei suo ope-rato e della sua persona testimoniata dalia Scrittura e
dalia Tradizione, supera talmente ogni testimonianza che ne la Scrittura ne la Tradizione, ne
entrambe, in rapporto a esso, potranno mai essere sufficienti. IL credente viene richiamato a uesta
differenza tramite 1'aspetto umano-terreno della testimonianza che contiene parole e frasi di lingue
diverse, appartenenti a epoche diverse, a cultu-re diverse, a concezioni diverse, e cosi via. La
testimonianza attesta 1'accettazio-ne dei fatto della rivelazione divina nella fede e la trasmette sotto
forma umana-terrena.
La rivelazione di Dio oggi non e piu a portata di mano, ma si realizza per il tramite della
testimonianza dei portatori della Tradizione e degli scrittori della Scrittura, che il credente considera
intermediari della rivelazione e soccorritori dei suo bisogno di fede; essi, in certo qual modo,
prolungano la fonte, la rendo-no presente, anche se in modo mediato. La sorgente originaria rimane
presente mediante la testimonianza continuata. Non soltanto una volta Dio fu il primo autore dei
contenuto della testimonianza, ma egli e348 il suo autore e garante. Evidentemente non e lecito
ampliare eccessivamente uesti concetti, come se Dio ponesse continuamente nuovi atti di rivelazione
nel corso della storia. Dal punto di vista storico, la manifestazione storica rimane unica e irrevocabile,
irri-petibile e definitiva.349 Tuttavia per il credente tanto la manifestazione storica uanto ogni
successiva testimonianza - anche se in modo diverso, poiche ogni testimonianza deve essere
interpretata - attesta la medesima origine. In ci con-siste 1'unita tr la Scrittura e la Tradizione, che
precede ogni loro differenzia-zione.
b. Unita di servizio
DalFunita d'origine deriva l'unita di servizio. Scrittura e Tradizione mirano a realizzare il
medesimo sendzio della comunicazione. Scrittura e Tradizione comunicano la rivelazione di Dio,
testimoniata in esse, alla Chiesa tutta intera e a ogni singolo credente, dai vescovi fino agli ultimi
fedeli laici,350 ai credenti che sono pienamente incorporati nella Chiesa e ai catecumeni che per
impulso delio Spirito Santo desiderano con volonta esplicita di essere incorporati alla Chiesa. La
predicazione della Chiesa, la fede dei pastori come degli altri credenti, sempre e continuamente si
richiamano alla testimonianza della Scrittura e della Tradizione, senza di che neppure la Chiesa
potrebbe restare fedele alla verita ricevuta dal vangelo dei Cristo Gesu. La permanenza della Scrittura
e la conti-nuita della Tradizione assicurano anche la promessa fatta alla Chiesa, che essa restera nella
verita fino al ritorno dei Signore. La sostanziale fedelta della fede, della predicazione e
dell'insegnamento della Chiesa universale, detta indefetti-bilita, non e affatto indipendente dal
sendzio che la Scrittura e la Tradizione rea-lizzano n seno alla Chiesa. Fors si pu dire che la
Scrittura e la Tradizione non soltanto esprimono la promessa delFassistenza delio Spirito per la
Chiesa a veni-re, ma aiutano anche a realizzarla, rendendo possibile alla Chiesa la fedele ade-sione
alForigine stabilita da Dio.
In uanto Scrittura e Tradizione hanno valore nella Chiesa, e sono predica-te, accettate e seguite,
tanto la Chiesa rimane sotto la promessa delio Spirito. Se si esclude che la Chiesa possa mai sottrarsi
dei tutto alla testimonianza della Scrittura e della Tradizione, si potrebbe, anche in campo cattolico,
osare la seguente affermazione: fino a che la Chiesa concede spazio nel suo seno alla testimonianza
della Scrittura e della Tradizione, fino a che la ascolta e le obbe-disce, la promessa assistenza delio
Spirito restera operate in essa.
L'obbedenza della Chiesa a Dio si concretizza nelFobbedienza alla testimonianza della sua
rivelazione, nella perenne presenza della Scrittura e della Tradizion nel suo ambito. Ed e uesto il
loro positivo servizio nella comunicazione della rivelazione di Dio alla comunita dei credenti che, di
vota in volta, si awi-cenda sulla terra. Non si pu trascurare per un aspetto negativo di uesto ser-
vizio fornito insieme dalia Scrittura e dalia Tradizione.
La Scrittura viene chiamata canone, ossia norma, regola. La Scrittura inter-pretata alla luce della
Tradizione orienta e misura tutto uanto si compie nella Chiesa come espressione di fede o
d'incredulita, di carita o di peccato. Tutte le manifestazioni che intendono assumere carattere di valore
nella Chiesa, devono attenersi alla Scrittura e alla Tradizione. Si ricordi, a uesto riguardo, che qui si
para sempre soltanto della Tradizione divino-apostolica. Cjuesta Tradizione, qua-le ad esempio si e
sintetizzata nel simbolo di fede, pu gettare sulla Scrittura quel-la serena luce in cui Scrittura e
Tradizione diventano insieme metro e orienta-mento d'ogni manifestazione di vita e di fede della
Chiesa e dei suoi membri (cf. Dei Yerbum 21). Tutto uanto venga sotto altre form considerato
tradizionale nella Chiesa - e per uanto a lungo sia stato considerato tale -, deve essere sempre riferito
alla regola suprema della Scrittura e della Tradizione. Costumi e consuetudini ecclesiastici o
privati, concezioni e opinioni d'ogni genere, passate al vaglio della Scrittura e della Tradizione
(divino-apostolica) possono anche rive-larsi come misere oper umane o addirittura come oper
diaboliche. Anche uesto sarebbe un servizio realizzato dalia Scrittura e dalia Tradizione.
c. Unita secondo il contenuto
Scrittura e Tradizione formano altresi un'unita secondo il loro contenuto. Neanche i piu strenui
sostenitori della teoria delie due fonti (la verita si trove-rebbe soltanto o nella Scrittura o nella
Tradizione) possono negare che Scrittura e Tradizione formano un'unita in quanto testimoniano
insieme 1'unica grand opera di Dio a favore dei genere umano, a cui 1'uomo pu rispondere
nelFunita di un unico comprensivo atto di fede. IL concilio di Trento, inoltre, para di un'u-nica fonte,
il vangelo, che Gesu Cristo annunzi per primo e che, per suo volere, fu poi predicato dagli apostoli
come sorgente di ogni salutare yerita e della disciplina dei costumi (Denz 1501). Dunue ne la
Scrittura ne la Tradizione yengono isolatamente indicate come fons a se. Sarebbe bene adeguarsi a
que-st'uso linguistico. L'unico vangelo e l'unica fonte d'ogni verita di salvezza e d'o-gni disciplina
morale. La Scrittura e la Tradizione contengono uesfunica fonte e ne costituiscono le diverse
manifestazioni. In uesto senso 1'unita della Scrittura e di Tradizione, uanto al contenuto, deve
essere sostenuta anche da tutti i teologi cattolici.
Cosi la triplice unita di Scrittura e Tradizione: unita d'origine, unita di servi-zio e unita secondo il
contenuto, culmina nell'affermazione della comune suffi-cienza delie due testimonianze dei vangelo.
La Scrittura letta alla luce della Tradizione e la Tradizione intesa come interpretazione della Scrittura
testimoniano insieme 1'unico yangelo di Dio, l'unica fonte della verita salvifica, e mediano insieme la
possibilita di annunciare, di credere, di vivere nel tempo post-aposto-lico come cristiani e - riflettendo
su uesti fatti - di far della teologia.

2. Reciproca dipendenza tr Scrittura e Tradizione


Senza spezzare la triplice unita sopra descritta tr Scrittura e Tradizione, bisogna per distinguere
ancora piu chiaramente la Scrittura e la Tradizione secondo il loro reciproco rapporto.
a. Nel momento della loro formazione
La Scrittura e la Tradizione gia nel momento della loro formazione dipen-dono l'una dall'altra. A
questo riguardo, la Tradizione ora deve essere intesa in un senso aluanto piu generale: la Scrittura,
cioe ogni libro delPAntico e dei Nuovo Testamento, dipendono dalie espressioni, dalie parole, dalie
formule e dalie concezioni tramandate, che 1'autore ha percepito dalia bocca dei profeti o degli
apostoli e che eventualmente aveva davanti a se sotto forma scritta (que-stione delie fonti!). Perci
uno scritto pu dipendere da un altro scritto, una sin-gola tradizione pu dipendere da un'altra, una
tradizione orale pu dipendere da uno scritto, e cosi avanti. Numerose combinazioni sono pensabili,
molte sono anche realizzate (di uesti probierni si occupano le cosiddette introduzioni alla sacra
Scrittura). Ci che qui importa soltanto, e attenersi fondamentalmente a una reciproca dipendenza.
Non soltanto la Scrittura e il precipitato della Tradizione e quindi ne dipende; ma anche la successiva
Tradizione dipende dalia Scrittura in uanto ne e lo sviluppo. Nel caso singolo, uesta dipendenza
deve essere esaminata con attenzione onde pervenire a una interpretazione esatta e obiettiva.
b. NeWepoca post-apostolica
La reciproca dipendenza tr Scrittura e Tradizione rimane, sia pure sotto forma mulata, anche
nelPepoca denominata eta post-apostolica. Dalia dipendenza esistente tr di esse durante la loro
formazione deriva una dipendenza nella fun-zione che Scrittura e Tradizione esercitano nella Chiesa
come permanenti testimonianze delFazione riveante di Dio. La Scrittura sarebbe sterile e paralizzata
senza la Tradizione, la Tradizione sarebbe nebulosa e disorientata senza la Scrittura. Anche dopo
essere stata ricevuta come canone della predicazione e delFe-spressione di fede, la Scrittura non pu
rendere il sendzio di testimoniare per sempre la rivelazione divina senza sollecitare 1'aiuto della
Tradizione vivente, vivificata appunto dalio Spirito santo, per mezzo dei cuiale la viva voce dei
yangelo risuona nella Chiesa, e per mezzo di questa nel mondo (DV 8). La Tradizione a se sol,
senza la Scrittura che costituisce la conferma concreta dell'origi-ne e il canone direttivo, rimarrebbe
irrimediabilmente abbandonata alle tenden-ze temporali, che influenzano la Chiesa. Ci che fu
affidato alla Chiesa perche questa ne testimoniasse nei riguardi della yerita divina, yerrebbe ben
presto soffocato dalFumano, dal troppo umano e dal peccaminoso, ne sarebbe possibi-le distinguere la
zizzania dal grano (cf. Mt 13,24-30). Soltanto la permanente oggettiyita della Scrittura assicura il
contatto con 1'origine autentica, in modo che dall'inizio alla fine dei tempi quest'origine si estenda
come filo direttivo della fede, della predicazione e della vita nella Chiesa. D'altro canto la Scrittura
non potrebbe affermare il proprio messaggio se le yenisse vietato il continuo contat-to con la
Tradizione e con le correnti spirituali d'ogni epoca storica. Essa diven-terebbe un pezzo da museo che
non pu giovare ne danneggiare, ne nutrire, ne dirigere. Scrittura e Tradizione sono in costante
dipendenza reciproca e ognuna di esse pu esercitare la sua funzione solo insieme con 1'altra.
c. In senso epistemologico
Piu importante e teologicamente piu significativo e il loro rapporto in ordi-ne al loro reciproco
riconoscimento. La Scrittura senza la Tradizione non pu essere riconosciuta come Scrittura sacra
(cioe ispirata) e canonica. E la Tradizione non pu essere riconosciuta come Tradizione divino-
apostolica senza la Scrittura. Queste due affermazioni si integrano reciprocamente costituendo un
circolo ermeneutico che riflette la triplice unita di Scrittura e di Tradizione sul piano noetico.
(1) La Scrittura dipende dalia Tradizione
Chi prende in considerazione innanzitutto la Scrittura, deve farsi dire dalia Tradizione divino-
apostolica uali libri tr i tanti esistenti al mondo egli possa accettare come Scrittura sacra e uindi
leggere come parola di Dio (cf. DV 8). E vero che la Scrittura esige di essere ascoltata spiritualmente
come parola di Dio, ma la portata di uesfesigenza e 1'estensione degli scritti che uesfesigenza
esprime unicamente e rettamente, pu essere dedotta solo dalia Tradizione divi-no-apostolica (qui:
dal dogma del canone e dell'ispirazione della Scrittura). Senza tale aiuto i limiti del canone sarebbero
fluttuanti e 1'appello alla fede espres-so nella Scrittura resterebbe oscurato, limitato a parti preferite
ad arbitrio e per-derebbe uindi in fondo la sua forza vincolante. Questo e 1'insegnamento che
possiamo trarre, con rincrescimento, dalia storia della teologia evangelica.
Oltre a uesto servizio di natura meramente formale, la Tradizione aiuta a riconoscere e a
mantenere saldo, a credere e a predicare il significato della Scrittura. Difficilmente un predicatore
riuscirebbe a predicare conformemente alla Scrittura se, ponendosi al di fuori d'ogni tradizione
(comunue cosa impossibi-le!), tentasse di predicare la Scrittura isolatamente, senza 1'aiuto di coloro
che prima di lui accettarono nella fede uesta Scrittura. In uesto senso generale gia il lessico
compilato da altri costituisce un servizio fornito dalia Tradizione, prima ancora che una traduzione o
un eommento.
(2) La Tradizione dipende dalia Scrittura
Reciprocamente per anche la Scrittura e indispensabile per poter riconoscere le testimonianze
della Tradizione come testimonianze divino-apostoliche. Tr i teologi cattolici, in effetti, non esiste
abitualmente alcuna divergenza sul fatto che i dogmi e le professioni di fede sanzionati dal magistero
ecclesiale (con-cilio, papa), debbano essere considerati come testimonianze infallibili della
Tradizione divino-apostolica. I sostenitori della sufficienza della Scrittura li consi-derano perci
come testimonianze di un'autentica comprensione della Scrittura - sia pure formulate talvolta in modo
unilaterale e contingente - e poste eo ipso sotto la promessa d'assistenza delio Spirito. IL teologo
tuttavia nella sua ricerca deve salire oltre uesta sanzione formale, ed esaminare il processo di
formazio-ne e la giustificazione interna delie testimonianze formulate ufficialmente. Egli si muove
perci a un livello in cui il dogma, che in seguito sara ufficialmente arti-colato, non e ancora
accettabile medianie un sigillo formale come autentica testi-monianza della Tradizione interpretativa
divino-apostolica. A uesto stadio, il dogma vive ancora racchiuso, adagiato e inawertito in mezzo a
molte altre espressioni della vita della Chiesa che possono provenire benissimo sia da fonti pagane,
leggendarie, antievangeliche, puramente umane o ecclesiastiche, sia da fonti autenticamenle
apostoliche.
Per il discernimento degli spiriti non ci si pu qui rivolgere ad allro criterio fuori della Scrittura.
Dal momento che anche gli errori e gli abusi possono essere ampiamente estesi e durare a lungo, le
considerazioni sloriche sulFestensione e sulla durata d'una convinzione non forniscono alcun crilerio
sufficiente a dimostrare la sua caratteristica divino-apostolica nella Chiesa. Solo la Scrittura assicura
la purezza e concretezza delPorigine che rende possibile il discernimento degli autentici sviluppi
dell'origine dagli inlerventi o distorsioni inaulentici. Questo vale lanto per i teologi uanto per il
magistero della Chiesa. Infatti anche al magistero e alPufficio pastorale della Chiesa e solo garantito
di poter applica-re rettamente la norma, non per di poter misurare senza norma fenomeni suc-cessivi
di natura concreta e storica.351 Solo dopo 1'applicazione della Scrittura come norma critica si pu dire
dove sia e dove non sia testimoniata 1'autentica Tradizione divino-apostolica, ove dunue si Iratti o
non si tratti d'interpretazio-ne autentica della Scrittura nella Tradizione. In uesto senso, 1'esistenza e
la rico-noscibilila della Tradizione divino-apostolica dipende dalia Scrittura.
3. Differenza tr Scrittura e Tradizione
Per uanto validi siano i motivi che giustificano un'energica affermazione delFunita e della
dipendenza interna di Scrittura e di Tradizione, il loro rapporto non sarebbe sufficientemente chiarilo
e definito se non si sotlolineassero in modo ugualmente chiaro le loro differenze. Se Scrittura e
Tradizione costitui-scono un'unita, ci non significa che siano identiche; dipendono l'una dah"altra,
ma non hanno identica struttura; tr di esse si esercita una costante relazione di scambio, ma la loro
importanza e diversa.
a. La forma
Scrittura e Tradizione si differenziano innanzitutto per la loro forma. IL conci-lio Tridentino ha
parlato di libri scritti e di tradizioni non scritte, differenza uesta essenziale gia dal punto di vista
fenomenologico. La determinazione teo-logica del rapporto tr Scrittura e Tradizione si esprime
anche in uesta differenza formale. Cosi, il carattere della Scrittura di essere fissata per iscritto,
garantisce invariata e invariabile la testimonianza originaria. In uesto si esprime il fatto che la
riyelazione divina, cosi testimoniata dalia Scrittura, resta sempre di fronte alla Chiesa e non potra mai
essere sommersa nella vita terrena della Chiesa e dei suoi membri, la uale anzi attraverso la struttura
scritta della testimonianza, e costan-temente richiamata a queH'origine che si trova al di la dei suoi
propri limiti e pos-sibilita. Grazie alla costanza della forma scritta viene resa possibile 1'obbedienza e
la dote delTorigine trascendente si rende distinguibile da ogni altra caratteristi-ca che in seguito
potesse derivare da tradizioni meramente umane.
Mentre la forma scritta rappresenta 1'unicita irripetibile dell'inizio (il semel factum), la forma orale
della Tradizione richiama la continuita storica nella uale la Chiesa si riporta costantemente a
quest'origine accettando, credendo e pro-fessando (il semper facturum). Un esempio di uesta
differenza lo troviamo nel posto che la liturgia assegna rispettivamente al yangelo e al Credo: il
celebrante legge il yangelo scritto in presenza della comunita che lo accoglie nella forma originaria
invariata, lo accetta e gli risponde con la confessione orale di fede ere-ditata, tramandata e appresa a
memoria (solo per accidens oggi il Credo e stam-pato a disposizione dei fedeli). Questa recita del
Credo testimonia che le gene-razioni precedenti avevano gia udito il yangelo e che 1'attuale comunita,
accettando cosi il yangelo, si inserisce nella catena di coloro che 1'hanno preceduta. IL fatto che
Puomo moderno incontri la testimonianza di fede e la risposta del Credo dei suoi antenati
preyalentemente sotto forma scritta, non inficia per nulla la forma essenzialmente non scritta della
Tradizione. Le testimonianze scritte della Tradizione sono soltanto testimonianze, il loro carattere
scritto e da considerare secondario; la Tradizione si richiama al procedimento esistenziale e personale
che consiste nel tramandare le testimonianze di fede nate dalPaccettazione fede-le del messaggio
apostolico.
b. La struttura
Scrittura e Tradizione si differenziano inoltre anche per la loro struttura pneumatologica. E vero
che la Scrittura e la Tradizione rappresentano insieme la medesima esigenza in uanto a noi: ambedue
ci comunicano il divino messaggio che rivela e guida alla salvezza, ed esigono che noi accettiamo
uesto messaggio come parola di Dio e crediamo in lui. In se stesse, per, Scrittura e Tradizione sono
diversamente strutturate. Questa differenza ordinariamente viene espressa nel modo seguente: la
Scrittura e formalmente parola di Dio, e parola di Dio,352 mentre la Tradizione formalmente e parola
che procede dall'uomo, ma che con-tiene la parola di Dio.353 In tali formulazioni si esprime la
convinzione che la Scrittura sia molto pili yicina alla parola primigenia di Dio (al a.yoc; personale) e
alla missione delio Spirito, per cui l'intervento di Dio viene denominato ispi-razione dato che egli
yiene considerato 1'autore principale della Scrittura. In cambio, le testimonianze della Tradizione
divino-apostolica (Credo, ddgmi) hanno come autore principale 1'uomo di Chiesa, mentre l'intervento
di Dio nella composizione dei dogmi e dei simboli di fede yiene chiamato aspirazione354 o assistenza
negatiya.355
Questa diversa struttura pneumatologica non modifica nulla nella conver-genza tr Scrittura e
Tradizione. IL cristiano manifesta verso entrambe la stessa pia yenerazione;356 egli s che la sua fede
e nutrita, fortificata e confermata dai due fiumi che sgorgano dalia stessa fonte, ma conosce pure la
differenza di struttura di ueste due manier di manifestarsi dell'unico yangelo.
c. U principio
Dalia diversa strutturazione pneumatologica si deduce una differenza di principio, o (per dirla piu
esattamente) una differenza tr il principio della Scrittura e uello della Tradizione. Non si pu
parlare nello stesso modo d'un principio della Scrittura e d'un principio della Tradizione. Porli sullo
stesso piano equi-yarrebbe a contrapporre l'una all'altra Scrittura e Tradizione. Se oggi si vuol parlare
di un'origine, d'un inizio da cui nelFambito della Chiesa proviene ogni discorso, ogni predicazione,
ogni discussione e tutta la vita, tale inizio per noi non pu essere che la Scrittura. Certamente non
senza, ne contro la Tradizione. Ma come inizio che costituisce norma e unita di misura perenne, non
esiste che la Bibbia. La ragione di uesfaffermazione si pu scorgere in uesta differenza strutturale,
che caratterizza la Scrittura come parola di Dio e la Tradizione come risposta apostolica della Chiesa.
Se ora si yolesse riassumere ancora una volta uanto si e yenuto fin qui espo-nendo, si potrebbero
enunciare i seguenti risultati: il problema del rapporto tr Scrittura e Tradizione non pu essere
impostato partendo dall'ipotesi che esi-stono due entita, alTinizio isolate, da porre successivamente in
rapporto recipro-co. La Scrittura e la Tradizione sono due manier in cui si e manifestato 1'unico
yangelo di Dio.
La Scrittura e la Tradizione costituiscono un'unita per la loro origine comune, per il loro servizio
comune come mezzi di comunicazione della Rivelazione storica di Dio, per il comune contenuto.
Scrittura e Tradizione sono restate dipendenti 1'una dall'altra al tempo della loro formazione e
rimangono dipendenti reci-procamente in uanto la Scrittura non pu essere compresa contro la sua
Tradi-zione, e la Tradizione autentica in uanto tale non pu essere compresa senza la Scrittura.
Scrittura e Tradizione differiscono 1'una dall'altra a causa della forma scritta invariabile della
Scrittura, e della forma della Tradizione che, al contrario, e sostanzialmente non scritta e che nel
corso della storia si manifesta in modi diversi. Altra differenza si riscontra uanto alla struttura
pneumatologica e all'u-tilizzazione in ualita di principio per la predicazione e 1'enunciazione della
fede nella Chiesa. La Scrittura esprime la parola di Dio in modo umano, la Tradizione riceve la parola
di Dio, ma la pronuncia come risposta della Chiesa apostolica alla parola di Dio e sulla parola di Dio.
Da uesto punto di vista, la Scrittura e la norma della Tradizione. La comunita dei cristiani vive nella
Chiesa di ci che Scrittura e Tradizione testimoniano per tutti i tempi a venire.
Tuttavia la realta testimoniata trascende sempre tutte le testimonianze. Dio in realta e
infinitamente al di sopra d'ogni discorso enunciato con parole umane. Dal momento per che egli
volle che la sua Parola primigenia assumesse carne umana e morisse sulla croce, e resa possibile
Fesistenza di segni umani e di testimonianze umane, come uelle della Scrittura e della Tradizione,
che sono adatte a esprimere adeguatamente il messaggio di Dio e a chiamare gli uomini alla fede.
G. Il MAGISTERO VIVO DELLA CHIESA
Le promesse dei Signore sono rivolte a tutta la Chiesa e il deposito della fede (depositum fidei),
contenuto nella sacra Tradizione e nella sacra Scrittura, e sta-to affidato dagli apostoli alla totalita
della Chiesa. Aderendo ad esso tutto il popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera costantemente
nell'insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella frazione dei pane e nelle orazioni, in modo
che, nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si crei una sin-golare unita di spirito tr
Vescovi e fedeli (Dei Yerbum 10). IL corpo ecclesiale, nella sua totalita, ma secondo la struttura
organica datagli dal suo Signore (cf. Mt 16,18; ITm 3,15), conserva dunue la parola di Dio e vive
infallibilmente. anzi indefettibilmente, nella fede. In senso ampio e generale, il termine infallibilitd si
riferisce prima di tutto alla totalita dei fedeli che hanno ricevuto 1'unzione delio Spirito Santo e che
non possono sbagliarsi nel credere (Lumen gentium 12): si riferisce poi a tutti i vescovi, sia radunati
in concilio ecumenico, sia dispersi per il mondo, ma conservanti il vincolo della comunione tr di
loro e col succes-sore di Pitro, [ualora] nel loro insegnamento autentico circa materie di fede e di
morale s'accordano su una dottrina da ritenersi come definitiva (LG 25 2); si riferisce, infine, in
modo speciale al romano pontefice, capo dei collegio dei vescovi, [che ne] fruisce in virtu dei suo
ufficio, uando, uale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli, che conferma nella fede i suoi fratelli
(cf. Lc 22,32), pro-clama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede e la morale (LG 25
3). In senso piu tecnico bisogna precisare che Yinfallibilita si applica agli atti che esprimono
la(^de)mentre Yindefettibilita si applica allafcustodia
(lacioe alla fedelta abituale della Chiesa. L'infallibilita dunue presuppone l'in-defettibilita;
uesfultima e la base della prima.
Lo Spirito Santo e la garanzia di tale infallibilita-indefettibilita, il Promes-so ormai dato.357 Egli
e il principio358operazionale della Chiesa - Popoo, Corpo, Sposa - nella risposta di fedelta che essa da
al suo capo. Grazie a lui, la Chiesa resta vergine nela sua fede (cf. Ef 5,27). Lo Spirito Santo e dato
a ciascuno, nella comunione dei tutto organico, per ci che deve essere e far nel corpo: a tutti i
fedei, senza esclusione alcuna (uindi anche alle membra gerarchiche dei corpo come fedeli), per
essere solidariamente indefettibili nella fede; ai deposi-tari dei potere pastorale e dei magistero per
dirigere e insegnare infallibilmente. Agisce cosi, tanto sul piano della credenza proposta con autorita,
cioe sul piano della regula fidei, uanto su uello della fede vissuta. Uinfallibilita della Chiesa e
unica, ma si divide e si esercita in due manier complementari, sui due piani di cui si e parlato, perche
la Chiesa e, per volere di Dio, strutturata cosi.
Nello stesso tempo bisogna ribadire: L'ufficio poi d'interpretare autentica-mente la parola di Dio
scritta o trasmessa e stato affidato al solo Magistero vivo della Chiesa, la cui autorita e esercitata nel
nome di Gesu Cristo. IL uale Magistero per non e al di sopra della parola di Dio, ma la serve,
insegnando soltanto ci che e stato trasmesso, in uanto, per divino mandato e con 1'assistenza delio
Spirito santo, piamente la ascolta, santamente la custodisce e fedelmente la espo-ne, e da uesto unico
deposito della fede attinge tutto ci che propone da credere come rivelato da Dio (DV 10). I fedeli
infatti, memori della parola di Cristo ai suoi apostoli: Chi ascolta voi, ascolta me (Lc 10,16),
accolgono gli insegnamen-ti e le direttive che vengono loro dati, sotto varie form, dai pastori come
se venis-sero dati dagli apostoli, secondo la ualificazione teologica e secondo la mente dei rispettivi
pastori, la uale si manifesta sia dalia materia trattata sia dal tenore del-1'espressione yerbale,
conforme alle norm d'interpretazione teologica.
Yogliamo ora considerare il soggetto della Tradizione, la Chiesa, nei suoi organi gerarchici: il
magistero che per mezzo dei suoi pronunciamenti conferisce agli elementi materiali della tradizione
oggettiva, di cui abbiamo passato in ras-segna i testimoni, il loro valore formale di regola di fede.
Sono le istanze, le form d'espressione e gli atti di uesto magistero che ora dobbiamo studiare.
1. La triplice forma dei magistero
IL magistero ecclesiastico si colloca su tr liyelli:
il magistero ordinario;
il magistero ordinario e universale;
il magistero solenne o straordinario.
Questa distinzione fatta da sempre via facti, e espressa in uesti termini nei documenti ufficiali e nella
teologia dopo il XIX secolo.359 E divenuto necessario distinguere il magistero (semplicemente)
ordinario dal magistero ordinario e universale, perche ueste ultime parole furono introdotte dal
concilio Yaticano I per evitare che si pensasse al solo insegnamento del papato ualora si parli del
magistero ordinario. IL magisterium ordinarium totius Ecdesiae per orbem dispersae360 indica
pertanto 1'msegnamento concordato dell'insieme dei vescovi cum et sub Petro, pur non essendo
radunati in concilio ecumenico.361
a. Magistero ordinario
IL magistero ordinario insegna, sia in modo espresso, sia in modo tacito, lasciando dire e far. I
suoi organi sono, di diritto divino, il romano pontefice (successore di Pitro) e i vescovi (successori
degli apostoli).362
1. I vescovi esercitano il loro magistero ordinario con la predicazione, con icatechismi, con le
lettere sinodali, con le pastorali, con la vigilanza dottrinale, coni sinodi diocesani o con i concili
particolari. IL magistero di un vescovo o di ungruppo particlare di vescovi non e infallibile.363
2. IL romano pontefice esercita il suo magistero ordinario sia per se stesso,sia per mezzo degli
ausiliari di diritto ecclesiastico:
a. per se stesso, principalmente mediante le encicliche, le costituzioni apo-stoliche, i discorsi,
sussidiariamente attraverso le lettere o i brevi (per esempioapprovando un'opera in modo preciso;
l'approvazione semplice non basta). DaGregorio XVI e soprattutto da Pio IX in poi, le encicliche
sono divenute la forma piu caratteristica dell'attivita del magistero romano, adattata alle
condizionidel mondo moderno. (Per ulteriori dettagli vedi sotto G.2 Pronunciamenti
delmagistero.) attraverso i suoi ausiliari di diritto ecclesiastico, cioe i dicasteri della
CuriaRomana (congregazioni, consigli, tribunali, ecc.; cf. Denz 2880). Uautorita diuesti
documenti deriva o dal fatto che i dicasteri emanano dal collegio dei car-dinali,364 o
dall'approvazione del papa. Quest'ultima pu essere accordata in forma comune365 o in forma
specifica.

b. Magistero ordinario e universale


Ci che Pepiscopato sostenesse unanimemente e in comunione con la sede romana come una
verita appartenente alla fede o alla morale, deve essere considerato come tale e ritenuto in modo
definitivo.367 Se un punto fosse sostenuto con la stessa unanimita come probabile o prossimo alla
fede, o temerario, ecc., esso dovrebbe essere considerato come tale. Ma poiche un insegnamento di
que-sto genere non e irreformabile, resterebbe permesso far valere un'altra maniera di vedere con
buone ragioni e nel rispetto della pace ecclesiastica.
c. Magistero straordinario o solenne
La terza forma del magistero ecclesiastico e chiamata cos perche entra in azione in circostanze
eccezionali, soprattutto per fronteggiare una situazione cri-tica o per dichiarare la fede della Chiesa
contro gli errori.368 Essa giunge a delie definizioni solenni, cioe a un giudizio formale e definitivo
portato su un punto preciso in materia di dottrina. Tale magistero si identifica sia con i concili ecu-
menici, sia con il papa che para ex cathedra.369
a) Concili ecumenici:370 il tenere concili sotto tale o tal'altra forma appar-tiene alla vita storica
della Chiesa, non alla sua costituzione divina: tutti i primi concili ecumenici sono stati riuniti
dall'imperatore, a volte per richiesta del papa, mentre, secondo la disciplina che ha cominciato ad
affermarsi nel IX secolo e che codifica il canone 338 l CIC,371 e ecumenico solo un concilio convo-
cato dal papa, presieduto da lui o dai suoi legali, e infine approvato da lui (que-sto ultimo punto e
sempre stato considerato necessario). Nonostante ci, la con-ciliarita o la collegialita e essenziale alla
Chiesa. Riunendosi in concilio, i vesco-vi vivono ed esprimono al massimo la loro collegialita.
Infatti, abitualmente dispersi, essi non cessano di partecipare, ciascuno per parte sua, all'autorita di un
corpo episcopale unico, succeduto al collegio apostolico di cui Pitro era stato, in molteplici modi,
designato dal Signore come il capo. Mentre 1'apostolo Pitro ha personalmente dei successori eredi
della sua carica, i vescovi non suc-cedono ciascuno a un singolo apostolo, ma collegialmente al
collegio degli apostoli che include Pitro come suo capo.372 Collegialmente, cioe come episcopa-to, i
vescovi hanno una giurisdizione o un ufficio pastorale universale. Questo valore - che, latente nella
loro carica uando sono dispersi e ciascuno a capo della sua diocesi, ma che gia allora impone a
ciascuno una cura della Chiesa uni-yersale che pu tradursi non solo nello spirito cattolico della
loro cura pastorale, ma in iniziative veramente cattoliche - si attualizza formalmente uando i
vescovi sono riuniti in concilio: essi vi legiferano e dogmatizzano tutti, insie-me, per la Chiesa
universale. Le definizioni dei concili ecumenici sono infallibi-li. Vanno assimilate a esse i simboli o
professioni di fede che hanno pubblicato certi concili.373
b) IL papa che para ex cathedra'?1 perche un pronunciamento papale possa essere ualificato
tale, bisogna che vi siano (almeno) le tr seguenti condizioni. Deve essere chiaro che para come
dottore e pastore universale e che si rivolge a tutta la Chiesa manifestando la sua intenzione di
vincolare.375 Deve essere chiaro che egli impegni la pienezza della sua autorita.376 E deve essere
infine chiaro che egli voglia giudicare definitivamente un punto concernente la fede o i costumi.377
2. Pronunciamenti dei magistero
a. Documenti popali
Uno sguardo rapido all'indice degli Acta Apostolicae Sedis dopo la promul-gazione dei Codice di
diritto canonico nel 1983 mostra piu di venti tipi diversi di pronunciamenti da parte di Giovanni Paolo
IL. Insietne ai testi di Paolo VI, abbiamo cosi una varieta di testi che va da una solenne costituzione
apostoka come uella che promulga lo stesso Codice di diritto canonico, fino a messaggi gratulatori
che il santo padre manda ai capi di uegli stati il cui territorio sorvo-la in un determinato momento. La
configurazione degli stessi Acta aiuta per a comprendere la rispettiva importanza di tali e tanti atti
papali.
In genere, tali documenti si adeguano alla forma prestabilita della promulga-zione: Le leggi
ecclesiastiche universali sono promulgate con 1'edizione nella gazzetta ufficiale degli Acta
Apostolicae Sedis, a meno che in casi particolari non sia stato stabilito un modo diverso di
promulgare; ed entrano in vigore soltanto compiuti tr mesi dal giorno apposto al numero degli Acta,
a meno che non obblighino immediatamente per la natura delie cose oppure nella stessa legge sia stata
stabilita in modo speciale ed espressamente una piu breve o una piu lunga vacanza (can. 8 1/CIC).
Nonostante ci, la lettera apostolica Aperite portas Redemptori (6 gennaio 1983) con cui veniva
proclamato 1'anno giubilare 1983-1984, ci offre un interessante esempio di una forma di
promulgazione piu solenne. Tale lettera e stata pubblicata in forma speciale (sub plumbo) per rilevare
la sua particolare importanza.378
(1) La solenne professione di fede
Anche se non e stata pronunciata nella vigenza dei nuovo Codice di diritto canonico, e importante
segnalare che il 30 giugno 1968, durante la cerimo-nia di chiusura delPAnno della Fede (1967-1968),
Paolo VI ha proclamato una nuova e solenne forma di professione della fede cattolica.379 Anche se
tale testo ha un carattere piu solenne, richiamandosi a vari dogmi e dottrine della Chiesa, non si pu
inserirlo nella categoria di documenti legali. Non sono sta-te pubblicate prescrizioni relative all'uso di
tale formua, ne sono state stabili-te pene per la mancata accettazione di uno dei suoi articoli. Tale
solenne docu-mento appartiene al magistero docente della Chiesa e non e di ordine pura-mente legale.
La nuova professione di fede pubblicata nel 1989 non e delio stesso ordine o solennita, ma
rappresenta un atto della Congregazione per la dottrina della fede. Ci soffermeremo su uesto
documento particolare piu avanti.
(2) Lettere decretali
Una forma molto solenne di proclamazione e la lettera decretale che viene usata negli ultimi anni per
dichiarare con un solenne atto di canonizzazione che una persona e santa.380 Nonostante alcune
dispute tr i teologi circa 1'infallibilita impegnata nel caso di una canonizzazione, e generalmente
accettato che la canonizzazione sia un atto del magistero straordinario del santo padre e che tale atto
richiede 1'assenso di fede. Questo tipo di lettera tuttavia non viene di solito con-siderata parte
integrante dei documenti legali della Chiesa.381
(3) Encicliche
Le encicliche sono atti papali in forma di lettera. Seguendo la tradizione ecclesiale, Giovanni
Paolo IL ha indirizzato le sue encicliche al mondo intero.382 Esse non servivano per definire un
dogma, bensi per dare consigli o gettare piu luce su alcuni aspetti dottrinali che necessitavano di una
precisazione o che dovevano essere proposti dat le specifiche circostanze in vari Paesi.
Uinsegnamento di un'enciclica non viene proposto come forraalmente appartenente al deposito
della rivelazione, ma come appartenente alla dottrina cattolica. Eppure, gia Pio XIL ha osservato a
proposito: [Non] si deve ritenere che gli insegnamenti delie Encicliche non richiedano, per se, il
nostro assenso, col pretesto che i Pontefici non vi esercitano il potere del loro Magistero Supremo.
Infatti uesti insegnamenti sono del Magistero ordinario [...] uanto viene proposto e inculcato nelle
Encicliche, e gia per altre ragioni patrimonio della dottrina cattolica.383 Urfenciclica e uindi
espressione deH'autorita del magistero ordinario del papa; si presume che il suo contenuto faccia
parte del magistero ordinario a meno che venga chiaramente detto il contrario. A causa di ci,
possono essere modificati determinati aspetti delFinsegnamento di un'enciclica. In tempi un po' piu
lontani, lettere circolari di varie congregazioni della Curia Romana venivano a volte chiamate
encicliche; uesto uso tuttavia non vie-ne piu continuato nei nostri giorni.385
Nel passato si sono verificati alcuni esempi piuttosto rari in cui una enciclica e stata usata per
promulgare leggi,386 ma generalmente un tale documento non pu essere collocato tr i testi legali
della Chiesa perche non modifica canoni esi-stenti.
(4) Lettere apostoliche
A differenza di una enciclica, le lettere apostoliche vengono mandate a una categoria particolare di
person, come ad esempio a un determinato gruppo di vescovi387 o a un certo gruppo di cattolici.388
Tali documenti, come del resto anche la lettera apostolica Octogesima adveniens (14 maggio 1971)
che Paolo VI invi al cardinale Maurice Roy,389 presidente del Consiglio per i laici e della pon-tificia
commissione Giustizia e Pace, contengono insegnamenti sociali e pasto-rali, ma non testi legali.
(5) Esortazioni apostoliche post-sinodali
Una forma di documento che i papi impiegano freuentemente e 1'esorta-zione apostolica. Durante il
pontificato di Giovanni Paolo IL, uesto tipo di documento e stato pubblicato in seguito a
un'assemblea del sinodo dei vescovi per proporre 1'insegnamento elaborato durante le sedute
sinodali. Tutta una serie di esortazioni apostoliche e stata pubblicata in seguito a sinodi tematici;
un'altra serie invece e stata pubblicata in seguito a sinodi convocati secondo cri-teri geografici.
Uesortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia (2 dicembre 1984), ad esempio, e stata
pubblicata in seguito al sinodo del 1983 che ha studia-to la situazione del sacramento della
riconciliazione nella Chiesa;390 1'esortazio-ne Chstifideles laici (30 dicembre 1988) e stata
pubblicata dopo il sinodo del 1987 sui laici391 e 1'esortazione Pastores gregis (16 ottobre 2003) sul
vescovo ser-vitore del yangelo di Gesu Cristo in seguito al sinodo del 2001 sul rispettivo
argomento.392 L'esortazione apostolica Ecclesia in Europa (28 giugno 2003), dal canto suo, riprende
le conclusioni del sinodo dei vescovi che trattava della situa-zione della Chiesa in Europa393, mentre
1'esortazione Ecclesia in Oceania (22 novembre 2001) fa lo stesso in seguito al rispettivo sinodo dei
vescovi di uelPa-rea geografica.394 Come si evince dalio stesso titolo, tali documenti sono di natura
esortativa e non legale.
(6) Allocuzioni durante un concistoro
Anche se un'allocuzione papale non e normamente un testo legale, un'ecce-zione interessante a
uesta regola si e yerificata con Pallocuzione di Paolo VI durante il concistoro segreto del 5 maro
1973. In tale occasione, il papa ha det-to: [...] aumentiamo oggi i membri delio stesso Collegio fino a
raggiungere un numero finora mai toccato. Ma nello stesso tempo riteniamo opportuno di sta-bilire
una norma per uanto riguarda i Cardinali aventi diritto di prendere parte alla elezione del Papa,
deliberiamo cioe che i membri del Sacro Collegio con la facolta di partecipare a tale elezione non
superino il numero di 120. Auspi-chiamo inoltre che uesta norma, ben ponderata, abbia valore
diuturno e che la yogliano tenere in vigore anche i nostri Successori.395 Nello stesso discorso il papa
ha menzionato la possibilita di associare altre person al collegio cardina-lizio.396 Tuttavia, ne la
costituzione apostolica Romana Pontifici eligendo (l otto-bre 1975),397 ne la costituzione apostolica
Universi Dominici gregis (22 febbraio 1996)398 circa la vacanza della sede apostolica e Pelezione del
romano pontefice hanno preso in considerazione tale possibilita.
Da un lato e fuori dubbio che il papa possa rifarsi a ualsiasi forma di pro-mulgazione da lui voluta
per emanare nuove norm; dah"altro lato per e incer-to se un pronunciamento fatto durante un
concistoro sarebbe sufficiente per cambiare le norm vigenti per Pelezione di un nuovo papa, ualora
tale pronunciamento non fosse seguito da un'azione legiferante appropriata. La uestione di allora e
stata risolta con la promulgazione della costituzione apostolica Romano Pontifici eligendo, per cui
oggi il problema non si pone piu.
(7) Costituzioni apostoliche
Le costituzioni apostoliche possono essere considerate la forma piu solenne di un documento
legale che un papa pubblica in nome proprio. Tali documenti riguardano aspetti dottrinali o
disciplinari, ma vengono pubblicati soltanto in rapporto a uestioni importanti. Oggigiorno yengono
di solito riservati per atti papali importanti che riguardano la Chiesa universale o una Chiesa
particolare, come ad esempio Perezione di una diocesi.
Spesse volte le costituzioni apostoliche yengono pubblicate in forma di bol-la e firmate dal
segretario di Stato;399 le piu importanti per yengono firmate dal papa in presenza di alcuni testimoni.
IL dogma della Glorificazione di Maria con 1'assunzione al cio in anima e corpo, ad esempio, e
stato definito con la costituzione apostolica Munificentissimus Deus (l novembre 1950),pubblicata in
forma di bolla.400
Anche la sostanza della riforma liturgica postconciliare e stata promulgata in forma di costituzioni
apostoliche.401 Dettagli complementari invece sono stati forniti in altri documenti, come per esempio
decreti e istruzioni.
IL Codice di diritto canonico e stato promulgato per mezzo di una costituzione apostolica.402 Sin
dalia promulgazione del Codice, altre costituzioni importanti sono state pubblicate per complementare
alcune prescrizioni generali dei canoni. La costituzione Divinus perfectionis Magister (25 gennaio
1983), ad esempio, circa la nuova legislazione per le cause dei santi completa il can. 1403 1/CIC;403
la costituzione Pastor bonus (28 giugno 1988) sulla Curia Romana completa il can. 360/CIC, 404
mentre la costituzione Spirituali militum curae (21 apri-le 1986) per una piu efficace cura spirituale
dei militari completa il can. 569/CIC.405 Anche il Codice dei canoni delie Chiese orientali e stato
promulgato medianie una costituzione.406
Ci si e seryiti di una costituzione apostolica per pubblicare formalmente il Catechismo della Chiesa
Cattolica, redatto dopo il concilio ecumenico Yatica-no IL.407 Una modifica importante, introdotta
durante il pontificato di Paolo VI e mantenuta invariata fino ai nostri giorni, e il fatto che una
costituzione abbia una forte componente dottrinale, non limitandosi al richiamo di norm legali. Tale
procedimento si adegua ai vari richiami di Paolo VI di fondare la legge su principi dottrinali e non
soltanto su sistemi legali che si trovano nel mondo secolare.408
Nonostante uesto sviluppo, non c'e dubbio che una costituzione apostolica sia per sua natura un
testo legale. Molte costituzioni, tuttavia, non riguardano direttamente la legge generale della Chiesa,
ma piuttosto Forganizzazione di una Chiesa particolare. La gra parte di esse contemplano 1'erezione
di un'ammini-strazione apostolica,409 una diocesi410 o una provincia ecclesiastica.411
(8) Motu proprio
Tr tutti i testi legali papali, e a prescindere dalio stesso Codice di diritto canonico, il motu proprio
e probabilmente la fonte piu comune per la legisla-zione canonica. Come dice il nome latino, il motu
proprio e una lettera apostolica scritta dal romano pontefice per propria iniziatiya. Originariamente un
motuproprio fu scritto in merito a certi affari della Curia Romana o in vista del-l'amministrazione
delio Stato papale. Oggi affronta piuttosto uelle cose che yengono considerate importanti ma non
meritano 1'impegno di una costituzione. E sostanzialmente un documento legale. Mentre encicliche
e altre lettere papali sono indirizzate a certe categorie di person, un motu proprio e indiriz-zato a
tutta la Chiesa.
Ci sono tanti esempi di motu propri. Dopo la promulgazione del Codice, con il motuproprio
Recognita luris Canonici Codice (2 gennaio 1984) Giovanni Paolo IL ha istituito la Pontificia
commissione per 1'interpretazione autentica del Codice di diritto canonico.412 Con il motu proprio
Quo civium iura (21 novem-bre 1987) furono riorganizzati i tribunali delio stato della Citta del
Vaticano.413 IL motu proprio lusti iudicis (28 giugno 1988) ha regolato il ruolo degli awocati nella
Curia Romana.414 Con il motu proprio Ecdesia Dei (2 luglio 1988) veniva istituita la Pontificia
commissione Ecclesia Dei con lo scopo di facilitare la pie-na comunione ecclesiale dei sacerdoti,
seminaristi, comunita o singoli religiosi e religiose finora in vario modo legali alla Fraternita fondata
da mons. Lefebvre, che desiderino rimanere uniti al successore di Pitro nella Chiesa cattolica. 415 Con
la lettera apostolica data motuproprio Ad tuendam fidem (18 maggio 1998) furono inserite alcune
norm nel Codice di dirtto canonico e nel Codice dei canoni delie Chiese orientali.416 E con il motu
proprio Sacramentorum sanctita-tis tutela (30 aprile 2001) venivano promulgate alcune norm sui
delitti piu gravi riservati alla Congregazione per la dottrina della fede.417
Sin dal concilio Vaticano IL sono stati pubblicati piu di 50 motu propri, modi-ficando in un modo
o nell'altro la legislazione yigente.418 Prima della promulgazione del Codice di diritto canonico erano
infatti una fonte principale della legge ecclesiale; oggi sono molto utili per aiutare i canonisti a
comprendere e inter-pretare le prescrizioni che si trovano nel Codice del 1983.
(9) Altri tipi di pronunciamenti papali
Oltre i documenti summenzionati si e vista una grand varieta di pronunciamenti papali nel corso
degli ultimi anni.
Un tipo di documento aluanto nuovo e la dichiarazione fatta dal papa e dal capo di un'altra Chiesa
dopo un incontro awenuto a Roma o altrove.419 In seguito alle prime dichiarazioni il titolo di uesti
documenti e stato precisato in dichiarazione congiunta.420Tai dichiarazioni non hanno natura
legale. Lo stes-so vale per le lettere che vengono scambiate421 o per i messaggi congratulatori, inviati
a singole person o a istituzioni in occasione di un anniversario o di una ricorrenza particolare.
Lettere ai sacerdoti in occasione del giovedi santo, omelie, discorsi, messaggi radiofonici e
televisivi, ecc., che non sono di natura legale, vengono adoperati per spiegare vari aspetti della
dottrina ecclesiale o per reagire ad alcuni awenimen-ti che si yerificano in determinate parti del
mondo.
Un fenomeno particolare del pontificato di papa Giovanni Paolo IL che si evince molto facilmente
dagli Acta Apostolicae Sedis, e la collezione dei discorsi pronunciati in occasione di una visita
pastorale in un determinato Paese. Non si tratta di documenti legali ne dottrinali, ma di testi che
riguardano una situazio-ne particolare, che per di piu venivano preparat! con 1'aiuto di person prove-
nienti da quel Paese in cui si era recato il papa.
Esistono anche convenzioni tr la Santa Sede e autorka civili che hanno effetto neH'ambito della
legislazione internazionale e che sono frutto di lunghi e accurati negoziati. Per certi versi, tali
convenzioni potrebbero essere considera-te come parte della legge ecclesiastico-civile,422 mentre per
altri versi hanno un influsso diretto sulFapplicazione pratica di canoni specifici, specialmente uelli
concernenti la nomina di un vescovo, la scuola cattolica, i beni temporali, ecc.
Come si vede, i documenti papali comprendono una grand varieta dottrina-le e legale. IL concilio
Yaticano IL ha riconosciuto tale diversita di testi e il loro particolare significato ualora usati dal papa
per ulteriori insegnamenti, preci-sando 1'assenso che e dovuto a essi: Ci implica che il suo supremo
magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerita si aderisca alle sue affermazioni in
conformita al pensiero e in conformita alla volonta di lui manifestatasi che si possono dedurre in
particolare dal carattere dei documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalia
maniera di esprimersi (Lumen gentium 25). IL canone 754/CIC riprende lo stesso argomento,
ribadendo: Tutti i fedeli sono tenuti alPobbligo di osservare le costituzioni e i decreti, che la
legittima autorita della Chiesa propone per esporre una dottrina e per proscrivere opinioni erro-nee;
per ragione speciale, uando poi le emanano il Romano Pontefice o il Col-legio dei Vescovi.
b. Documenti del concilio Yaticano H
Benche siano passati piu di 40 anni dalia chiusura del concilio Yaticano IL, i suoi documenti
continuano a esercitare un grand influsso sulla vita della Chiesa. Per uesta ragione vale la pena
prendere in yisione i vari tipi di documenti pubblicati da tale concilio.
Nel corso del concilio sono stati preparat! e approvati uattro diversi tipi di documenti:
costituzioni, decreti, dichiarazioni e messaggi. E a tutt'oggi piuttosto difficile stabilire con precisione
perche un documento sia stato ualificato in un modo anziche in un altro. Si pu comunue osservare
che le uattro costituzioni conciliari - due dogmatiche, una pastorale e una senza ulteriore ualifica423
-sono documenti fondamentali indirizzati alla Chiesa universale, mentre i nove decreti,424 che si
fondano su principi costituzionali, sono indirizzati in modo piu specifico a una categoria di fedeli o a
un tipo di apostolato. Le tr dichiarazioni425 sono documenti che riportano 1'insegnamento della
Chiesa in una materia determinata ma controversa, per cui sarebbero propensi a una revisione col pas-
sar del tempo. I messaggi426 infine sono esortazioni indirizzate a varie categorie di person alla
conclusione della sessione finale del concilio.
Non c'e dubbio che i documenti del Yaticano IL abbiano anche un contenu-to legale. Ci si evince
chiaramente dal fatto che per alcuni documenti e stata ordinata la vacatio legis, un periodo di tempo
cioe che va dalia promulgazione all'entrata in vigore di una legge.427 In un importante discorso tenuto
il 17 ago-sto 1966 durante un'udienza generale, Paolo VI ha spiegato il valore legale dei testi
conciliari: I1 Concilio ha tracciato delie norm, a cui bisogna prestare osse-quio; ma altre volte ha
enunciato principi, criteri, voti, ai uali bisogna far segui-re adempimento concreto, con leggi e con
istruzioni nuove, con organi e con uffi-ci nuovi, con movimenti spirituali, culturali, morali,
organizzativi, che impegne-ranno molte person, molte fatiche, e fors molti anni. Prima della
promulgazione del Codex Canonum Ecclesiarum Oentalium nel 1990, il decreto Ecclesiarium
Oentalium del concilio Yaticano IL aveva par-ticolare importanza ed efficacia per le Chiese orientali
cattoliche. Prevedeva infatti un regolamento al problema della forma canonica di un matrimonio cele-
brato tr un cattolico orientale e un orientale che non appartiene alla Chiesa cat-tolica.429 I canoni
1127 l del Codice Latino (del 1983) e 834 2 del Codice Orientale (del 1990) fanno eco a tale
prescrizione.
c. Documenti pubblicati dalia Curia Romana
I documenti che vengono pubblicati dai vari dicasteri della Curia Romana (congregazioni,
consigli e tribunali), sono almeno cosi variegati come uelli pubblicati dal santo padre. Tr uelli piu
freuentemente usati si trovano decreti, istruzioni, dichiarazioni, lettere circolari, risposte ufficiali,
ecc. E utile soffermar-si un attimo su ogni tipo di documento per vedere piu da vicino il suo valore
dot-trinale e legale.
(1) La professione di fede
C'e stata molta confusione circa la natura e 1'obbligo della professione di fede pubblicata dalia
Congregazione per la dottrina della fede e, secondo quan-to stabilito dalia stessa Congregazione, in
vigore a partire dali'l maro 1989.430 A prescindere dal contenuto del documento e dal giuramento di
fedelta che accompagna tale professione, bisogna ammettere che le formalita canoniche che
riguardavano la sua promulgazione non furono osservate scrupolosamente. Ci ha reso necessarie
ulteriori chiarificazioni e spiegazioni. Dopo la pubblicazione di un rescritto negli Acta Apostolicae
Sedis il 7 ottobre 1989 in cui veniva spie-gato l'intervento del papa nella preparazione del
documento, la Congregazione ha ritenuto necessario inviare, in data 6 giugno 1990, una lettera ai
presidenti delie Conferenze episcopali, cercando di chiarire ancor una volta la situazione.431
IL can. 833/CIC prevede che la professione di fede venga fatta secondo la formua approvata
dalia Sede Apostolica, per cui la nuova formua in quanto tale non e altro che una diretta
applicazione di tale canone. In quanto al giuramento di fedelta, rimangono alcuni probierni canonici,
dato che il documento modifica le prescrizioni del can. 833,5-8/CIC. Per far ci, normalmente
sareb-be necessario un documento papale o almeno un decreto della Congregazione, e non una
semplice dichiarazione o una lettera circolare.
Dato che il sistema legale della Chiesa e stato istituito con tanta accuratezza, dispiace che in questo
caso ben concreto non siano state osservate le formalita yigenti della promulgazione. Le difficolta che
si sono verificate dimostrano l'im-portanza di osservare le formalita per evitare dubbi circa il valore
legale di un determinato argomento.
(2) Decreti
Per molti anni le norm per stilare decreti si trovavano nel motu proprio Cum iuris canonici (15
settembre 1917) di papa Benedetto XV. In tale documento il papa diceva: D'ora in poi, le Sacre
Congregazioni Romane non proce-deranno a stilare nuovi decreti, a meno che una grave necessita
della Chiesa uni-yersale non lo richieda diversamente. [...] Semmai nel corso del tempo il benes-sere
della Chiesa universale richieda la pubblicazione di un nuovo decreto generale da parte di qualsiasi
Sacra Congregazione, sara la stessa Sacra Congregazione a stilare il decreto e nel caso che non fosse
in accordo con le leggi del Codice, ne informera il Sommo Pontefice.432
Dopo la promulgazione del Codice nel 1983, la questione non e stata ripresa dal motu proprio con
cui veniva istituita la Pontificia commissione per 1'inter-pretazione autentica del Codice di diritto
canonico,433 perche il can. 29/CIC pre-vede che I decreti generali, con i uali dal legislatore
competente yengono dat disposizioni comuni per una comunita capace di ricevere una legge, sono
pro-priamente leggi e sono retti dalie disposizioni dei canoni sulle leggi.
IL Codice prevede due tipi di decreti: generali e singolari. Un decreto generale viene disposto per
una comunita capace di ricevere una legge (can. 29/CIC), mentre un decreto singolare e un atto
amministrativo mediante il quale secondo le norm del diritto e data per un caso particolare una
decisione o viene fatta una provvisione (can. 48/CIC).
IL termine decreto ha inoltre vari significati pratici: 1) qualora viene usatoin casi
amministrativi, si riferisce alle decisioni dei dicasteri romani, i regolamen-ti dei vescovi o di altri
prelati; 2) in casi legali, il termine viene specificamenteapplicato alle leggi disciplinari dei concili o
alle leggi promulgate dal legislatorecompetente; 3) in casi giudiziari, le varie decisioni prese dal
giudice, le quali pernon sono direttamente collegate alla materia da trattare ne alla causa di una
persona individuale, vengono chiamate decreti (vedi, per es., can. 1458/CIC); 4) perextensionem,
il termine viene anche dato a una collezione di canoni, come peresempio il Decreto di Graziano.
Ci sono molti esempi di decreti legali. Alcuni sono universali (decretum urbis et orbis) altri invece
sono indirizzati a una Chiesa particolare o a un istituto.435 Per far un esempio che si riferisce
all'ultima categoria: un documento che for-malmente approva le costituzioni di un istituto religioso
viene generalmente chiamato decreto.
Si pu dire, specie in vista delie prescrizioni del can. 29/CIC, che i decreti generali sono nuove
leggi, promulgate dai dicasteri romani, solitamente dietro speciale approvazione del papa e avendo di
conseguenza lo stesso effetto delie leggi generali del Codice. E comunue interessante notare che
molti decreti pub-blicati dalia Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le societa di vita
apostoka con cui yengono approvate costituzioni, contengono una clausola particolare che spiega il
rapporto tr la costituzione appena approvata e il Codice, per esempio: Questa misura non deroga in
alcun modo i reuisiti imposti dal diritto comune.436 In tal caso non c'e dubbio sul ruolo primaziale
del Codice ne caso di una eventuale contraddizione.
Un decreto molto interessante da uesto punto di vista e stato pubblicato dalia Congregazione per i
religiosi e gli istituti secolari in data 31 gennaio 1984. Tale decreto stabili che tutti gli istituti religiosi
dovevano verificare se le proprie costituzioni contenevano ualche cosa che fosse contrario al nuovo
Codice di diritto canonico. In tal caso, le modifiche dovevano essere introdotte in modo collegiale dal
supremo moderatore e 1'intero suo consiglio, e dovevano rimane-re in vigore con tutti gli effetti
legali fino al prossimo capitolo delFistituto.437 IL decreto in uestione era anche interessante perche e
entrato in vigore subito dopo la sua pubblicazione su L'Osservatore Romana, non necessitando dei tr
mesi previsti dal can. 8 1/CIC.438
Un altro decreto, uesta volta dalia Congregazione per la dottrina della fede, senza data ma
pubblicato dopo la promulgazione del Codice di diritto canonico, prevede la scomunica automatica
(latae sententiae) per ogni persona che abusa della confessione utilizzando un registratore o un simile
mezzo di comunicazio-ne sociale. Tale decreto e una estensione del can. 1388/CIC e aggiunge una
scomunica a quell'elenco che si trova nel Codice del 1983. Si pu anche menzionare un decreto
generale della Terza Sezione del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, in data di 6 maggio
1993, concernente il can. 1673,3/CIC.440
(3) Istruzioni
Una forma piuttosto comune di pronunciamenti della Curia Romana sono le istruzioni: esse
rendono chiare le disposizioni delie leggi e sviluppano e determi-nano i procedimenti nelFeseguirle,
secondo il can. 34 1/CIC. IL secondo para-grafo di tale canone stabilisce inoltre che i dispositivi
delie istruzioni non dero-gano alle leggi, e se ualcuno non pu accordarsi con le disposizioni delie
leggi, e privo di ogni vigore.
Nel summenzionato motu proprio Cum iuris canonici (15 settembre 1917), Benedetto XV aveva
chiaramente indicato il carattere speciale di uesta classe di testi: La funzione ordinaria [delie
Congregazioni riguardo ai decreti generali] non consistera soltanto nel vedere che le prescrizioni del
Codice siano osser-vate religiosamente, ma anche nel pubblicare Istruzioni, ualora ne fosse bisogno,
per mezzo di cui le prescrizioni potrebbero essere spiegate piu profonda-mente e fortificate piu
appropriatamente. Tali documenti devono essere stilati in modo da essere non soltanto spiegazioni e
complementi ai canoni, ma anche da essere considerati chiaramente come tali.441
Dalia promulgazione del Codice nel 1983, le istruzioni non sono piu state usate regolarmente per
sviluppare le prescrizioni di un canone. Non e per da escludere che col passar del tempo tale
funzione possa essere ripresa, ualora sorgesse un rispettivo bisogno. Anche se sono chiamate
direttive e non istru-zioni, le Direttive sulla formazione negli Istituti religiosi pubblicate dalia
Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le societa di vita apostolica in data 2 febbraio 1990
hanno lo stesso valore della Istruzione di cui al can. 34/CIC, perche suppongono prescrizioni
giuridiche gia in vigore, non derogando ad alcuna di esse.442 Poco dopo la promulgazione del Codice,
la Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari ha pubblicato in data 31 maggio 1983 un altro
documento, intitolato Elementi Essenziali deUTnsegnamento della Chiesa sulla Vita Religiosa, che
si riferisce esplicitamente ai canoni del nuovo Codice sulla vita religiosa. Dato per che tale
documento non e stato ualificato in uanto alla sua natura, ne e stato firmato, ha avuto un influsso
piuttosto modesto sulla vita di gra parte degli istituti religiosi. Potrebbe essere paragonato o a una
istru-zione o a una lettera circolare.
Alcune istruzioni sono state pubblicate su temi dottrinali (come ad esempio la teologia della
liberazione,443 il rispetto sulla vita umana,444 la vocazione eccle-siale del teologo,445 le preghiere,446 la
comunicazione sociale,447 ecc.), altri invece su temi disciplinari,448 pastorali449 e canonistici.450
Nel tempo postconciliare l'Istruzione, insieme alla dichiarazione, ha sol-levato le piu grandi
difficolta d'interpretazione. Dato che tali testi non sono strettamente legali - almeno in uanto alla loro
natura -, la loro applicazione permette certamente piu attuazioni di un decreto.
(4) Dichiarazioni
Un'altra forma di pronunciamento, spesso usato negli ultimi anni, e la dichiarazione; essa e una
interpretazione di una legge o di un fatto vigente, oppure una risposta circa un aspetto controverso di
una legge o dottrina. Ci sono almeno tr tipi di dichiarazioni.
IL primo tipo e chiamato semplicemente dichiarazione. Non si tratta in gene-re di una nuova
legge, per cui una tale dichiarazione deve essere interpretata alla luce della legislazione vigente. 451 La
Segnatura Apostolica ha pubblicato tali documenti, spiegando la legge sui processi.452 Poco dopo la
promulgazione del Codice di diritto canonico, la Congregazione per la dottrina della fede ha
pubblicato una dichiarazione circa le associazioni massoniche: tale dichiarazione ha modificato fino a
un certo punto 1'interpretazione attribuita al nuovo Codice, poi-che la nuova legislazione non
prevedeva una legge penale per ueste associazioni (vedi can. 6 l, 3/CIC). La dichiarazione
afferma esplicitamente - e qui si tratta di ualcosa che non e di dominio della legge e che nel passato i
legislatori han-no saputo evitare - che i fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in
stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione.453
IL secondo tipo di dichiarazione viene chiamata interpretazione autentica o dichiarazione. Una
tale interpretazione, comunicata a modo di legge, ha la mede-sima forza della legge stessa e deve
essere promulgata (vedi can. 16 2/CIC).454 C'e stato un caso in cui un'interpretazione autentica non e
stata promulgata dalia Pontificia commissione per 1'interpretazione autentica del Codice di diritto
canonico, come di solito si fa, ma e stata resa pubblica dalia Congregazione per i sacramenti, che
aveva ricevuto dalio stesso papa la facolta di comunicare la cosa alle conferenze episcopali.455
Cmalche tempo dopo per il testo e stato pro-mulgato dalia stessa Commissione e pubblicato negli
Acta Apostolicae Sedis.456
IL terzo tipo di dichiarazione e la dichiarazione estensiva che modifica la legge fino a un certo punto.
IL can. 16 2/CIC prevede: se [1'interpretazione autentica] restringe o estende la legge oppure
chiarisce uella dubbia, non e retroatti-va. Non e sempre facile determinare se una interpretazione
autentica e restrit-tiva o estensiva.457 Sembra che 1'interpretazione del can. 1398/CIC potrebbe essere
estensiva nel senso che applica la pena per 1'aborto a ogni atto per mezzo di cui la vita di un feto
viene messa a termine in ualsiasi modo e in ualsiasi momento dalia concezione in poi, e non limita
l'applicazione della legge alla eiezione prematura di un feto che non sia in grado di vivere. 458
Yengono usate dichiarazioni anche in altre circostanze. In caso di un processo penale, ad esempio,
una dichiarazione pu essere usata per constatare che una pena e sta-ta gia imposta dalia legge (vedi
can. 1342/CIC); in casi di nullita, la dichiarazione di nullita - anche se normalmente data in forma di
sentenza - constata che un determinato atto e nullo ed e stato tale sin dall'inizio (vedi can. 1684/CIC).
(5) Lettere circolari
La forma relativamente nuova di lettere circolari, utilizzate dalia Curia Romana, e pili difficile da
delimitare in termini legali.
La legislazione generale della Chiesa non prevede lettere circolari come fon-te autentica di diritto.
Nonostante ci, tale forma si adopera negli ultimi anni sempre di piu per delineare procedimenti e
indicare nuovi obbighi. La Congre-gazione per i sacramenti, ad esempio, ha pubblicato una lettera
circolare (20 dicembre 1986) sulla preparazione dei casi di non consumazione del matrimo-nio.459 La
Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari aveva mandato lettere ai supremi moderatori degli
istituti concernenti il resoconto che deve essere inviato regolarmente alla Santa Sede (can. 592
1/CIC) riguardo lo stato e la vita dell'istituto.460 In un certo numero di casi sorge una ulteriore
complicazione giuridica dal fatto che molte di ueste lettere non vengono pubblicate sugli Acta
Apostolicae Sedis.461 Di conseguenza, non si pu che ritenere che tali testi non siano documenti
legali, ma semplici mezzi di comunicazione che esprimono l'in-tenzione e il progetto della rispettiva
Congregazione.
A volte una lettera circolare accompagnera un insieme di norm su un determinato argomento. Un
esempio potrebbe essere la lettera che riporta le norm da osservare uando ci si accinge a chiedere
alla Santa Sede la dispensa dagli obbighi sacerdotali.462 In questi e simili casi e assai palese che le
norm costi-tuiscono la parte legislativa della comunicazione che si intende far; la lettera circolare
invece spiega 1'intenzione, lo spirito e l'obiettivo delie regole.
La Congregazione per Peducazione cattolica ha pubblicato una serie di documenti che toccano
uelle materie che dovrebbero essere insegnate in un semi-nario. Molti di uesti testi sono stad
pubblicati in forma di lettera circolare,463 altri invece come orientamenti,464 istruzioni465 o
come direttive. Negli ultimi anni anche la Congregazione per la dottrina della fede ha pubblicato
alcune lettere circolari.467
(6) Direttori
Un altro tipo di documento relativamente nuovo e il direttorio, in cui si dan-no orientamenti per
1'applicazione di principi. Nel periodo postconciliare sono stati pubblicati, tr gli altri,468tr direttori: il
direttorio ecumenico Ad totam Eccle-siam (14 maggio 469 1967 e 16 aprile 1970); il direttorio
catechistico generale Ad normam Decreti (11 aprile 1971); e il direttorio sul ministero pastorale dei
vescovi Ecclesiae imago (22 febbraio 1973).470 Negli ultimi anni sono stati pubblicati dalia
Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli la Guida di Vita Pastorale per i Sacerdoti diocesani
nelle Chiese che dipendono dalia Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (l ottobre 1989), e
dalia Congregazione per il clero il Direttorio "Tota Ecclesia"per il Ministero e la Vita dei Presbiteri
(31 gennaio 1994). La stessa Congregazione per il clero, facendo seguito al sum-menzionato
direttorio del 1971, ha stilato un nuovo Direttorio Generale per la Catechesi (15 agosto 1997),
mentre il Pontificio consiglio per la promozione del-1'unita dei cristiani, anch'esso facendo eco a un
suo documento degi anni 1967-1970, ha pubblicato un nuovo direttorio ecumenico, La recherche de
1'unite (25 maro 1993), per l'applicazione dei principi e delie norm suFecumenismo.471
Recentemente la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha pubblicato un
Direttorio su pita popolare e Liturgia (9 aprile 2002), mentre la Congregazione per i vescovi ha reso
noto il direttorio Apostolorum Suc-cessores per il ministero pastorale dei vescovi (22 febbraio 2004).
La finalita di un direttorio consiste nel fornire i fondamentali principi teo-logico-pastorali, desunti
dal Magistero della Chiesa, e in modo particolare dal Concilio Ecumenico Yaticano IL, con i uali si
possa piu idoneamente dirigere e coordinare 1'azione pastorale del Ministero della parola472 e, in
concreto, la catechesi. Uintento fondamentale e uindi uello di offrire riflessioni e principi, piu che
applicazioni immediate o direttive pratiche. Questa prospettiva spiega perche in un direttorio si
sottolinea piuttosto 1'aspetto teorico, senza (evidente-mente) trascurare gli aspetti pratici. I destinatari
del direttorio sono principal-mente i vescovi, le Conferenze episcopali e, in generale, uanti, sotto il
loro mandato e presidenza, hanno responsabilita nel campo catechistico. In fin dei conti, i direttori
non vogliono essere altro che una risposta al mandato del concilio Yaticano IL: Questo santo Sinodo
inoltre prescriy che siano redatti dei direttori generali circa la cura delie anime, ad uso sia dei vescovi
sia dei parroci, nel1'intento di fornire loro norm e metodi per esercitare piu adeguatamente e piu
facilmente il loro ministero pastorale* (Christus Dominus 44).
Sarebbe dunue difficile voler affermare che un direttorio sia un documen-to legislativo nel pieno
senso del termine. Anzi,473
il direttorio catechistico ricono-sce esplicitamente che non tutte le sue parti
hanno lo stesso valore. Nono-stante ci in alcuni direttori sono presenti principi speciali che
devono essere applicati, come ad esempio uelli che riguardano il battesimo di convertiti alla Chiesa
cattolica e 1'ammissione ai sacramenti di coloro che non ancora sono in piena comunione con la
Chiesa cattolica.
Sembra che 1'ulteriore sviluppo di tale strumento porterebbe parecchi van-taggi poiche da
1'impressione di poter colmare un certo vuoto che si verifica in alcuni atti legali che di per se tendono
a imporre decisioni anziche proporre pos-sibili soluzioni. NelFambito del diritto appare per piu
importante motivare le person coinvolte anziche governarle con decreti. A parte ci, molte leggi
sem-brano non appoggiarsi in prima linea sulla dottrina teologica, bensi su sistemi legali che non
possono essere ricollegati immediatamente con la Chiesa e la sua missione. Questa fu fors
1'intuizione di papa Paolo VI uando disse a un grup-po di canonisti: Limitare il Diritto ecclesiale
ad un ordine rigido di ingiunzioni sarebbe far violenza allo Spirito che ci guida verso la carita perfetta
nelFunita della Chiesa. La vostra prima preoccupazione non sara dunue uella di stabili-re un ordine
giuridico puramente esemplato sul diritto 474
civile, ma di approfondi-re 1'opera delio Spirito che deve
esprimersi anche nel Diritto della Chiesa.
(7) Notificazioni
Di tanto in tanto, la Santa Sede pubblica un messaggio ufficiale dichiarando che un certo libro non e
accettabile o che una certa posizione dottrinale non e sostenibile. Tale notificazione avra
conseguenze giuridiche soltanto se e uando yerra applicato il can. 754/CIC; lo stesso testo per della
notificazione non viene considerato un documento legale. (8) Altri dpi di documenti curiali
Oltre ai documenti summenzionati, si potrebbero menzionare statuti, norm e regolamenti.
IL can. 94 1/CIC stabilisce che statuti, in senso proprio, sono regolamenti che yengono
composti a norma del diritto negli insiemi sia di person sia di cose, e per mezzo dei uali sono
definiti il fine dei medesimi, la loro costituzione, il governo e i modi di agire. Un esempio
potrebbero essere gli statuti di una con-ferenza episcopale (can. 451/CIC) o uelli di un ordinariato
militare476 che o yengono pubblicati dalia Sede Apostolica o devono ricevere da essa la cosiddetta
recognitio.
Prima della promulgazione del Codice del 1983, norm furono pubblicate per i processi in favore
della fede,477 per tribunali interdiocesani,478 e casi simili. Sembra che tale possibilita rimanga ancora
in vigore anche se il nuovo Codice non ne fa esplicita menzione.
IL can. 95 1/CIC definisce i regolamenti'. essi sono regole o norm che devo-no essere
osservate nei convegni di person, sia indetti daLTautorita ecclesiastica sia liberamente convocati dai
fedeli, come pure in altre celebrazioni, e per mezzo dei uali viene definito ci che si riferisce alla
costituzione, alla conduzione e ai modi di agire. IL 24 giugno 1969 furono uindi pubblicati i
procedimenti da osservare in occasione di un'assemblea del Sinodo dei vescovi e sono ancora
sostanzialmente in vigore.479
Bisogna anche menzionare le cosiddette sposte private della Santa Sede. IL can. 16 3/CIC
stabilisce che 1'interpretazione di una legge a modo di sen-tenza giudiziale o di atto amministrativo
in cosa peculiare, non ha forza di legge e obbliga soltanto le person e dispone delie cose per cui e
stata data. Nono-stante ci, dato che ogni caso giudiziario ha la propria anima, e possibile deter-
minare 1'intenzione del legislatore dalia giurisprudenza e la prassi della Curia Romana (can.
19/CIC) e tali risposte private permettono al canonista di appli-care la legislazione esistente in modo
corretto.
Infine, occorre far breve menzione degli indulti che sono favori speciali con-cessi dalia Santa
Sede o da un'altra autorita ecclesiastica competente a person fisiche o giuridiche. Indulti possono
essere di natura positiva (ad es. facolta) o negativa (ad es. dispense). Dato che tali concessioni
yengono dat in casi parti-colari, non cambiano il diritto comune ne modificano la sua sostanza. Essi
sem-plicemente autorizzano una persona o un gruppo, in base a circostanze speciali, di agire
contrariamente alla legge o al di la delie sue prescrizioni.
La promulgazione di una grand parte di uesti documenti curiali e stata normalmente fatta per
mezzo degli Acta Apostolicae Sedis (1909), anche se si sono verificate alcune eccezioni. E molto
difficile yalutare documenti che non sono stad resi pubblici, come ad esempio lettere riseryate.
Esempi di tale proce-dimento sono 1'istruzione che fu pubblicata per la prima volta dall'allora Sanfuf-
fizio poco dopo la promulgazione del Codice di 1917 in vista del processo di casi di sollecitazione nel
confessionale.480 Un altro esempio e la lettera con le rispet-tive norm del 2 febbraio 1964
concernente la laicizzazione di sacerdoti. Gli ordi-nari che ricevettero tali documenti erano
severamente obbligati di mantenere il segreto sul contenuto di uesti testi.481
In certi casi documenti curiali sono semplicemente stati classificati come rescrit-to. A volte alle
comunicazioni della Segreteria di Stato o dell'allora Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa
(1967-1988) viene aggiunta una formua come ad esempio beatissimi Patri iussu, ex audientia
Ss.mi,482 de mandato Summi Pon-tificis, de mandato Ss.mi, ecc., per indicare la loro fonte e
importanza.483
d. Documenti di uno o piu vescovi
IL vescovo esercita il suo magistero ordinario attraverso la predicazione, lettere sinodali e/o
pastorali, per mezzo di sinodi diocesani o concili particolari, con la yigilanza dottrinale, ecc. Tutti
uesti atti e documenti per possono essere dati non soltanto da un solo vescovo, ma anche da piu
vescovi che appartengono a una provincia ecclesiastica o a una conferenza episcopale. Di particolare
importanza in uesto contesto sarebbe il caso in cui venisse emanata da uno o piu vescovi: si
tratterebbe allora di una legislazione particolare che e relativa a un territorio o un posto specifico.
Una tale legislazione pu essere data per 1'intero territorio di una conferenza episcopale o una
provincia ecclesiastica; pu anche essere diocesana nel senso che pu essere applicata soltanto in
uella diocesi in cui e stata promulgata.
I decreti delie conferenze episcopali che implementano il Codice di diritto canonico del 1983
costituiscono in uesto momento una fonte significante del diritto particolare per il territorio della
conferenza. IL can. 455/CIC prevede norm che regolano la promulgazione di tali decreti per mezzo
delie uali la legislazione complementare entra in vigore. Oltre la preparazione di decreti, la Santa
Sede ha lasciato alle singole conferenze episcopali 1'obbligo di preparare norm dettagliate per
Fapplicazione di certi canoni, come per esempio la ratio della formazione sacerdotale in un deter-
minato paese (can. 242/CIC), i procedimenti e le norm per matrimoni misti (can. 1126/CIC), ecc.
Un'altra fonte possibile della legislazione particolare per un determinato territorio e il concilio
plenario o provinciale (can. 439/CIC). Nell'ultimo caso la legislazione toccherebbe soltanto il
territorio della provincia ecclesiastica e non 1'intero territorio della conferenza episcopale (ma vedi
can. 439 2/CIC). Sin dalia promulgazione del Codice di 1983, comunue, sono stati celebrati
piuttosto pochi concili di uesto tipo. Un esempio e il secondo concilio plenario delie filip-pine,
celebrato a Manila dal 20 gennaio al 17 febbraio 1991.485
La fonte probabilmente piu importante della legislazione diocesana e il sinodo (can. 466/CIC) i
cui decreti, una volta promulgati, hanno vigore legale e obbligano. Sin dalia promulgazione del
Codice, molte diocesi hanno celebrato sinodi per determinare certi procedimenti da applicare in tutte
le parrocchie e istituzioni.
In uanto al diritto proprio, la legge cioe che viene applicata a person e non a territori, i vari
istituti religiosi e le tante societa di vita apostoka si sono atti-vati per seguire il mandato del concilio
Yaticano IL e preparare costituzioni e codici definitivi (can. 587/CIC). IL diritto prevede una yarieta
di codici di diritto proprio: la prima categoria, il codice fondamentale o costituzioni, yiene appro-
vata dalia Sede Apostolica o, nel caso di un istituto diocesano, dal vescovo nella cui diocesi si trova
la casa principale dell'istituto (can. 587 2/CIC); la seconda categoria yiene spesso chiamata
regole o statuti e yiene pubblicata dal capi-tolo generale delristituto o della societa; la terza
categoria contiene direttori speciali o regolamenti;486 la uarta, infine, potrebbe contenere statuti
proyincia-li particolari, approyati dall'autorita competente. Si e comunue d'accordo che i direttori
comunitari e i regolamenti non hanno forza legale.
e. Conclusione
Alla fine di uesta breve yisione d'insieme dei pronunciamenti magisteriali si impongono alcune
conclusioni.
Una prima conclusione e che sarebbe sommamente auspicabile che i vari organismi ecclesiali che
emanano documenti chiarifichino il yalore legale e teo-logico del loro testo. IL nuovo Codice di
diritto canonico aiuta a determinare la natura di gra parte dei documenti. A yolte per non ci si e
attenuti alla classifi- cazione preyista oppure si e scelto un titolo che non corrispondeya alla natura
del documento.
Una seconda conclusione e che occorre prestare molta attenzione alle moda-lita della
promulgazione di un documento. E vero che debbano esistere forme privilegiate di comunicazione;
ma nonostante ci, leggi segrete non possono essere considerate leggi nel senso pieno della parola.
Una terza conclusione e che, data 1'abbondanza di pronunciamenti ecclesiali nei nostri giorni,
bisogna distinguere chiaramente tr uello che e ufficiale e uello che e il punto di vista di una
persona circa un determinato argomento. Succede infatti spesso che un cattolico normale interpreti
1'opinione di un per-sonaggio ecclesiale di spicco come se fosse la posizione del papa o della Chiesa
tout court.
Una uarta e ultima conclusione e che, per evitare conflitti e malintesi, il pri-mo passo da far
nell'analisi di un pronunciamento e determinare la sua fonte. Dopo aver individuato la fonte, occorre
determinare la natura del documento in uestione. Soltanto allora, in un terzo momento cioe,
possiamo analizzare e applicare il contenuto del testo.
3. Qualificazioni teologiche
In seguito al concilio Yaticano IL, si e yerificata una certa noncuranza riguar-do alla criteriologia
degli enunciati ecclesiali. Rispetto alle ualificazioni teologiche, il concilio Yaticano IL si e
dimostrato meno preoccupato del concilio di Trento. Una prima conseguenza immediata fu che le
dottrine post-tridentine sui luoghi teologici e sule ualificazioni teologiche487 yennero presto
dimenticate, il che ha portato con se non soltanto meno chiarezza nell'ambito teologico, ma anche
meno liberia nelFambito ecclesiale. Ma mano che si facevano sentire gli aspetti negativi di tale
fenomeno, il magistero romano ha cercato di rimediare a tale lacuna con una serie di documenti:
prima con una formua da usarsi per la professione di fede e il giuramento di fedelta neH'assumere un
officio da eser-citarsi a nome della Chiesa, pubblicata dalia Congregazione per la dottrina della fede
(1 luglio 1988),488 poi con una istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, stilata dalia stessa
Congregazione (24 maggio 1990),489 e infine con la lettera apostolica data motu proprio Ad tuendam
fidem (18 maggio 1998),490 con la uale venivano inserite alcune norm nel Codice di diritto canonico
e nel Codice dei canoni delie Chiese orientali (vedi schema 1). Rifacendosi ad alcuni testi del concilio
Yaticano IL, tr cui anzitutto la costituzione dogmatica Lumen gentium, tali norm distinguono anche
sul piano giuridico tr livelli, che dipen-dono dal contenuto della dottrina proposta dal magistero
ecclesiastico e del-1'assenso dovuto da parte dei fedeli. In particolare si tratta dei tr seguenti tipi di
dottrina:
1. dottrine di fede divina e cattolica che la Chiesa propone come divina-mente e formalmente
rivelate e, come tali, irreformabili (cf. Denz 3074). Tali dottrine sono contenute nella parola di Dio
scritta o trasmessa e vengono definitecon un giudizio solenne come verita divinamente rivelate o
dal romano pontefi-ce uando para ex cathedra o dal Collegio dei vescovi radunato in
concilio,oppure vengono infallibilmente proposte a credere dal magistero ordinario euniversale;
2. dottrine attinenti al campo dogmatico o morale,491 che sono necessarie percustodire ed
esporre fedelmente il deposito della fede, sebbene non siano stateproposte dal magistero della
Chiesa come formalmente rivelate. Tali dottrinepossono essere definite in forma solenne dal
romano pontefice uando para excathedra o dal Collegio dei vescovi radunato in concilio, oppure
possono essereinfallibilmente insegnate dal magistero ordinario e universale della Chiesa
comesententia definitive tenenda (cf. Lumen gentium 25 2; can. 749 2/CIC);
3. dottrine in materia di fede o morale presentate come vere o almeno sicu-re, anche se non sono
state definite con giudizio solenne ne proposte come defi-nitive dal magistero ordinario e
universale. Tali dottrine sono comunue espres-sione autentica del magistero ordinario del romano
pontefice o del Collegio epi-scopale e richiedono, pertanto, 1'osseuio religioso della volonta e
dell'intellet-to.492 Sono proposti per raggiungere un'intelligenza piu profonda della rivelazio-ne,
owero per richiamare la conformita di un insegnamento con le yerita di fede,oppure infine per
mettere in guardia contro concezioni incompatibili con uestestesse verita o contro opinioni
pericolose che possono portare all'errore.493
A uesti tr livelli di dottrine rispondono, da parte dei fedeli, tr gradi di assenso:
1. assenso di fede teologale. Di conseguenza, chi ostinatamente mettesse indubbio o dovesse
negare dottrine di fede divina e cattolica divinamente e formalmente rivelate, cadrebbe nela
censura di eresia, come indicato dai rispetthdcanoni dei codici canonici;494
2. assenso fermo e definitivo, fondato sulla fede nell'assistenza delio SpiritoSanto al magistero
della Chiesa, e sulla dottrina cattolica delFinfallibilita delmagistero in ueste materie. 495 Chi le
negasse, assumerebbe una posizione dirifiuto di verita della dottrina cattolica e pertanto non
sarebbe in piena comu-nione con la Chiesa cattolica;
3. osseuio religioso della volonta e dell'intelletto.4% La proposizione con-traria a tali dottrine
pu essere ualificata come temeraria o pericolosa; i fedeli perci procurino di evitare uello che con
essa non concorda.497 (Per una yisione d'insieme, vedi schema 2 e per alcuni esempi, schema 3).
a. Dottrine dwinamente rivelate
Normalmente tutti i teologi concordano che ci sono dottrine rivelate da Dio. Di solito, la
maggioranza di essi e anche del parere che non e difficile constata-re uale dottrina sia da considerare
effettivamente rivelata. Eppure si fanno sentire di tanto in tanto voci di alcuni secondo cui la
rivelazione non e altro che un incontro estatico di un uomo con Dio per cui essa non avrebbe alcun
valore noetico o dottrinale. Dato che inoltre tali teologi negano l'esistenza di dottri-ne rivelate, si
capisce che non possono accettare la necessita di un assenso di fede teologale. Roger Haight, ad
esempio, lamenta la confusione che si crea dichiarando (con buona o cattiva intenzione) certe opinioni
come fede.498 Secondo Haight si tratta di ingenuita ualora una opinione viene dichiarata una vera
conoscenza della realta.499 Da un lato, la rivelazione non sarebbe una sapienza filosofica, ne una
conoscenza scientifica, storica o proposizionale su Dio;500 dall'altro lato, le credenze, le dottrine e i
dogmi sarebbero affermazioni teologiche e non dovrebbero essere scambiate con la rivelazione,
poiche essa e un incontro personale con Dio, ma non certo una proposizione oggettiva.501
Un presunto yantaggio di tale teoria estatica consiste nel fatto che evitereb-be ogni possibile
conflitto tr la fede da un lato e la conoscenza scientifica o filosofica dall'altro. Fede e conoscenza
apparterebbero a categorie diverse.502 Ci che non viene chiarito e se la nostra fede potesse rimanere
la stessa se gli storici riuscissero a comprovare che Gesu di Nazaret non e mai yissuto; oppure se gli
scienziati potessero dimostrare che il mondo e eterno e uindi non ha mai avuto un inizio; oppure se i
filosofi concludessero in modo inconfutabile che l'anima delFuomo muore insieme al suo corpo. Tale
teoria estatica della rivelazio-ne sembra suggerire che i summenzionati aspetti scientifici della
nostra vita possono essere effettivamente separati dalia nostra fede in modo tale che la variazione di
una verita scientifica non ha alcuna ripercussione su una verita di fede.
In uesta sede non e possibile entrare in un'analisi dettagliata di tale posi-zione per far emergere le
sue implicazioni epistemologiche e metafisiche. Uuni-ca cosa che cercher di far vedere e che una
concezione non-proposizionale della nostra fede non e conciliabile con la tradizione cattolica. Tale
convinzione e stata recentemente ribadita dalia menzionata Professio fidei e dal molu proprio Ad
tuendam fidem. Una concezione non-proposizionale della nostra fede con-traddice tutta la sacra
Scrittura in cui i profeti, gli apostoli e Gesu Cristo riven-dicano che la loro Parola debba essere
accolta non uale parola di uomini, ma, come e veramente, uale parola di Dio (ITs 2,13). I
primissimi simboli della fede confessano la nascita di Gesu ex Maria virgine e la sua crocifissione sub
Pontio Pilato (cf. Denz 10). Ma anche simboli piu tardivi, cioe deLTepoca patri-stica, richiedono
1'accoglienza degli articoli di fede e dei dogmi uale dovere che deriva dalia fede cristiana.503 Negli
ultimi secoli, la Chiesa ha piu volte dichiara-to alcuni dogmi ualificandoli uale divinitus revelata
dogmata, chiedendo il rispettivo assenso dei cattolici.504 Se la Chiesa non avesse il diritto di proporre,
in nome di Dio, verita divinamente rivelate, bisognerebbe concludere che essa pu sbagliarsi o che
essa effettivamente si stia sbagliando sin dagli albori della sua esistenza. Tutto ci che sin dal giorno
della Pentecoste e stato chiamato dogma dovrebbe essere ualificato in modo diverso, e in fin dei
conti si trat-terebbe di opinioni teologiche che non soltanto potrebbero, ma dovrebbero essere
ridiscusse e fors persino rigettate.
Per alcuni cristiani, la nuova classificazione delie dottrine teologiche propo-sta da Ad tuendam
fidem sara auspicabile, per altri deplorevole. Comunue sia, la stragrande parte sara convinta che in
Gesu Cristo Dio ci ha dato una parola che offre una risposta valida alle domande inevitabili d'ogni
uomo (cf. Gaudium etspes 22). Molti cristiani infatti credono che la rivelazione dia una risposta vita-
le alle nostre domande piu insistenti, come ad esempio circa il mondo come realta voluta e creata da
Dio, la salvezza offertaci da Gesu Cristo e l'invito che Dio ci ha fatto in Gesu Cristo a condividere la
sua stessa vita. Queste affermazioni non sono semplicemente opinioni umane, ma articoli della nostra
fede divi-na e cattolica. Tanto e vero che di fronte a uesto problema si dividono gli spiri-ti: e
possibile che vi siano verita rivelate che possano esseje identificate come tali con 1'aiuto del
magistero infallibile?
L'aggettivo infallibile comunue non dovrebbe confonderci piu di tanto. Quello che crediamo
per 1'autorita della rivelazione e che ci viene comunicato per mezzo della Tradizione e della sacra
Scrittura, deve anche essere trasmesso in modo infallibile. Se Dio ha avuto Fintenzione di far
pervenire all'uomo una
rivelazione, si pu presumere che egli abbia avuto 1'intenzione di far perdurare tale rivelazione in
modo che persino le generazioni future la possano riconosce-re come sua Parola. Nel suo famoso
Essay on the Development of Christian Doctrine, John Henry Newman propone un parallelismo tr
la creazione e la rivelazione. Come dalPatto di creazione consegue la conservazione, cosi anche dal
fatto della rivelazione ne consegue la sua conservazione.505 Se non ci fosse una sensibilita (come ad
esempio il sensus fidei dei fedeli) o un meccanismo (come ad esempio la dogmatizzazione da parte
dei magistero) che potesse discernere in modo infallibile tr uelle idee che fanno parte della
rivelazione e uelle che non ne fanno parte, la rivelazione sarebbe inevitabilmente esposta a venir
meno. Per i cattolici, tale organo visibile e il magistero ecclesiale che ha ricevuto un carisma di
verita e di fede che non verra mai meno ossia un cari-sma sicuro di verita,506 che poggia su un
organo invisibile di infallibilita che e proprio di tutto il popolo santo di Dio.507
Nella Chiesa si possono verificare discussioni legittime sulle condizioni e sui limiti
delPinfallibilita, ma non pu essere messo in dubbio il compito dei magistero di proporre dogmi che
devono essere accolti con fede divina e cattolica. L'autorita dei sommo pontefice e dei concili
ecumenici di trattare temi di fede in modo definitivo, fa parte di uelle verita che la Chiesa propone
come divina-mente rivelate. Non c'e dubbio che le definizioni dei grandi concili come anche i dogmi
proposti dagli ultimi papi fanno parte delie dottrine dei primo livello menzionate in Ad tuendam
fidem.
b. Dottrine da ritenere in maniera definitiva
La seconda categoria menzionata in Ad tuendam fidem riguarda uelle dottrine che sono
necessariamente connesse con la rivelazione poiche senza di esse l deposito della fede non potrebbe
essere custodito ne esposto fedelmente. Alcuni teologi sono dei parere che tale categoria sia non
soltanto necessaria, ma anche tradizionale.508 Altri invece sono dei parere che si tratti di una
amplifica-zione ingiustificata dei campo deirinfallibilita. Bernard Sesbotie ritiene che si tratti di una
pretesa di competenza mai vista fin'ora per aumentare 1'infallibilita della Chiesa.509 Da un punto di
vista storico, tale critica non sembra veramente sostenibile. Nei secoli precedenti, ne i papi ne i
concili hanno esitato a difendere con tutta la loro autorita una dottrina formalmente non rivelata.
Quando il concilio di Yienne (1311-1312) e il concilio Lateranense V (1513) insegnarono, a pena di
eresia, che 1'anima razionale o intellettuale e la forma dei corpo,510 e uando Leone XILI dichiar che
le ordinazioni anglicane fossero nulle,511 il magistero rivendic implicitamente di poter esprimersi in
modo definitivo circa probierni che formalmente non facevano parte dei depositum fidei.
Nel 1700 e 1800 la maggioranza dei teologi era dei parere che vi fossero cer-te verita non rivelate,
i cosiddetti facta dogmatica inclusi, che potrebbero essere considerate come oggetti indiretti e
secondari deirinfallibilita. IL concilio Yaticano I si riferi a tali oggetti secondari uando dichiar che
ai successori di Pitro fosse stato promesso lo Spirito Santo non per proporre una nuova dottrina ma
per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedelta, con la sua assistenza, la rivelazione
trasmessa dagli apostoli, cioe il deposito della fede (Denz 3070); e uando tale concilio in seguito si
accinse a definire 1'infallibilita papale, si deci-se di usare il termine piuttosto tecnico tenendam
anziche uello teologico credendam (Denz 3074). Secondo la relazione dei vescovo di Bressanone,
Vin-cenzo Gasser, pronunciata Pil luglio 1870 a nome della commissione dottrinale (Deputatio pro
rebus fidei), il linguaggio dei concilio volle esprimere che il papa, come la stessa Chiesa, gode
delPinfallibilita non soltanto uando propone dottrine esplicitamente rivelate, ma anche uando
propone dottrine che sono neces-sarie per custodire e spiegare il deposito della fede.512 I due termini
credenda e tenenda avrebbero dovuto distinguere i due livelli di conoscenza. La stessa
distinzione si trova nella Lumen gentium 25 2 ove si usa il termine tenenda e si afferma
rinfallibilita papale per custodire gelosamente ed esporre fedelmente la dottrina della fede e della
morale. Le not ufficiali a pie di pagina rimandano sia ai documenti del concilio Yaticano I, sia alla
relazione del vescovo Gasser che e piu esplicito dei testi di entrambi i concii.513 All'inizio degli anni
1970, la Congregazione per la dottrina della fede ha dichiarato che secondo la dottrina cattolica,
1'infallibilita del Magistero Ecclesiale non si estende soltanto al deposito della fede, ma anche a uelle
verita senza le uali tale deposito non potrebbe essere esattamente custodito ed esposto.514
Dopo aver preso visione di uesti documenti sara difficile voler continuare a sostenere che,
inserendo alcune norm nel Codice di diritto canonico e nel Codice dei canoni delie Chiese orientali
che si riferiscono alla seconda categoria teo-logica, Giovanni Paolo IL abbia ampliato il campo
delFinfallibilita. Dal linguag-gio che il Concilio usa nella Lumen gentium e dalia nota dottrinale
illustratiya della formua conclusiva della Professio fidei da parte della Congregazione per la dottrina
della fede si evince chiaramente che il termine definitive, che si trova sia nella Professio fidei sia nei
Codici aggiornati,515 non dice altro che il concilio Yaticano I con il termine irreformabilis (cf. Denz
3074).
Tale seconda categoria che Ad tuendamfidem menziona non pu essere sem-plicemente trascurata
o ignorata. Contiene infatti dottrine che sono connesse con la rivelazione per necessita logica o
storica. Un esempio di una dottrina che si ricollega logicamente alla rivelazione potrebbe essere la
capacita delio spirito umano di conoscere realta spirituali (ad es. Dio, 1'anima, la liberta umana, ecc.);
la Chiesa deve essere dunue in grado di rigettare sistemi filosofici come ad
esempio il sensismo, il posithdsmo, il materialismo e il relativismo, anche se la sacra Scrittura o la
Tradizione apostolica non li conoscono ne vi si riferiscono. IL rapporto di una dottrina non rivelata
alla rivelazione pu per anche essere di ordine storico. Ogni affermazione della Scrittura e ogni
dogma della fede potrebbe essere messo in dubbio se i fedeli non avessero certezza circa la tra-
smissione di tali verita. Come sarebbe possibile determinare il canone delie Scritture o quale papa e/o
concilio sia legittimo? Se la Chiesa non fosse in grado di esprimersi in modo infallibile sulFautorita
delie Scritture, sui papi e i suoi concii, in breve tempo perderebbe anche la sua autorita di proporre
una verita divi-namente rivelata.
E vero che vi possono essere dubbi se una determinata dottrina facesse effet-tivamente parte delie
verita non rivelate, ma da tenere definitivamente; tanto e vero che lo stesso dubbio pu sussistere in
uanto all'appartenenza di una verita alla prima e terza categoria. In ogni modo, la seconda categoria e
ben radicata nella dottrina autoritativa della Chiesa. Sarebbe stata piuttosto una novita i fat-to
(ipotetico) se il papa avesse tolto le dottrine tenenda dalFambito delie dottrine obbligatorie e
irreformabili.
c. Dottrine autentiche, ma non defmite ne definitive
La terza categoria delie dottrine menzionate da Ad tuendam fidem riguarda tutti gli insegnamenti in
materia di fede o morale presentati come veri o almeno sicuri, anche se non sono stati definiti con
giudizio solenne ne proposti come definitivi dal magistero ordinario e universale. La giusta
accoglienza di uesto tipo di dottrina non e 1'assenso di fede teologale (da credere cioe con fede
divi-na e cattolica) ne l'assenso fermo e definitivo (da credere cioe con fede eccle-siale), bensi -
detto con le parole del concilio Yaticano IL - 1'osseuio religioso della volonta e deirintelletto.516
Rispetto a uesta categoria vi sono vari aspetti che suscitano polemiche.
IL primo aspetto dibattuto (soprattutto nei Paesi in cui la lingua non e di ori-gine latina) e come
tradurre correttamente il termine latino obseuium, dato che ogni traduzione necessariamente
interpretera il termine. In ogni modo, tr i teo-logi non c'e concordia sulla traduzione adeguata del
concetto. Alcuni insistono sulla traduzione di obseuium come sottomissione.517 Se ci fosse
giusto, Fob-bligo di accettare le dottrine della terza categoria deriverebbe in modo analitico dalio
stesso concetto obseuium. Altri invece preferiscono rendere il termine obseuium con la parola
reverenza.518 Dal loro punjp di vista sarebbe uindi necessario accettare la dottrina insegnata sotto
il titolo di obseuium appunto con reverenza, ma non vi sarebbe alcun obbligo di acconsentire a essa
se il ragio-namento di tale dottrina non riuscisse a convincere il fedele.
Non soltanto e controverso come tradurre correttamente il summenzionato termine latirto; anche
1'atteggiamento che intende esprimere tale termine latino e controverso, sia da un punto di vista
dogmatico, sia da un punto di vista morale. Per non perdersi in discussioni superficiali, ci rifacciamo a
un documento ecclesiale ufficiale per chiarire quell'atteggiamento che il termine obseguium
potrebbe/dovrebbe dire. Nell'Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologw,519 la Congregazione
per la dottrina della fede dice: La volonta di osseuio leale a uesto insegnamento del magistero in
materia per se non irreformabile deve essere la regola (n. 24). Uassenso religioso della volonta e
deirintelligen-za non pu essere puramente esteriore e disciplinare, ma deve collocarsi nella logica e
sotto la spinta dell'obbedienza della fede (n. 23). La Congregazione ammette che vi possano essere
casi eccezionali in cui persistono certe difficolta persino dopo aver portato a termine un esame
delPinsegnamento del magistero serio e condotto con volonta di ascolto senza reticenze, per cui un
tale teologo non sente di poter dare la sua adesione intellettuale a una determinata dottrina. In tal caso
il suo dovere e di restare disponibile per un esame piu approfondito della questione (n. 31). Sembra
che l'atteggiamento indicato dalia Congregazione sia piu adatto a rendere il termine obseguium in quel
senso in cui lo usano i testi conciliari520 e il diritto canonico.521 Sembra uindi che Vobseuium non
permetterebbe di trattare dottrine non infallibili come se fossero 1'opinione per-sonale di alcuni
prelati. Una tale dottrina e, benche non infallibile, una dottrina ecclesiastica, e non aderire a essa
significa trovarsi in opposizione al magistero della Chiesa: un atteggiamento che viene chiamato
dissenso.522
Ma il teologo ha o no il diritto di dissentire pubblicamente da uelle dottrine che appartengono alla
terza categoria, apportando come motivo della sua condotta il fatto che tali dottrine non sono ne
infallibili ne irreformabili? Ecco il terzo aspetto sui cui non c'e unanimita. IL vero problema non e il
fatto che vi possano essere alcune circostanze o casi individuali in cui ualcuno dissente
pubblicamente dalia dottrina ecclesiastica manifestata; il vero problema e piut-tosto che molto
facilmente si pu creare (e spesse volte effettivamente si e crea-to) un clima generale in cui il dissenso
viene visto come un atto coraggioso, esemplare e avanguardista, mentre 1'accoglienza di dottrine non
infallibili vie-ne bollata come vilta, ipocrisia e conformismo. Come dovrebbe allora un teologo
manifestare le sue difficolta o il suo dissenso in pubblico? E owio che non e possibile dare consigli
che siano al contempo validi per tutti, generali cioe, e concreti. Nonostante ci, sembra possibile
menzionare un criterio ben concreto e al contempo generalmente accettabile. Amore verso la Chiesa,
rispetto per i suoi pastori e sollecitudine per la sua unita contribuiranno di solito al fatto che un
pubblico dissenso dalia dottrina ecclesiastica sia nello stesso tempo reticen-te e rispettoso. Spesse
volte si para del pubblico dissenso nella Chiesa come se fosse un fatto normale e auspicabile, come
un dissenso nella societa civile o in un partito politico. Chi fosse di tale parere non prende per in
considerazione il fatto che tr la Chiesa e la societa politica vi sono delie differenze ben speci-fiche: la
Chiesa e una comunita di credenti che deve la sua coesione essenzial-mente al fatto che tutti i suoi
membri accettano certe dottrine che vengono tra-smesse e proposte con autorita. I credenti ritengono
inoltre che i loro capi ecclesiastici, a differenza dei loro capi politici, hanno ricevuto certi carismi,
doni cioe delio Spirito Santo, per poter svolgere il loro ufficio e per poter parlare con autorita in nome
di Cristo. A prescindere dal fatto che un dissenso pubblico compromette pubblicamente uella
dottrina di cui dissente, esso danneggera anche il magistero, e rendera di conseguenza piu debole tutta
la Chiesa, laici e pastori. IL dissenso pubblico, infine, crea confusione tr i credenti perche inde-
bolisce la loro fiducia nei pastori.
Un uarto aspetto controverso riguarda il seguente fenomeno: di per se non c'e dubbio che il papa
abbia la necessaria autorita per esprimere il consenso del-l'universale collegio episcopale. Ma e lecito
che egli esprima tale consenso senza aver comprovato che ha effettivamente chiesto il parere dei
vescovi circa un determinato argomento? Giovanni Paolo IL ha sottolineato due volte il caratte-re
definitivo e obbligatorio d'un insegnamento dell'episcopato mondiale, rifa-cendosi cosi aU'infallibilita
del magistero ordinario e universale (Denz 3011), senza usufruire della propria facolta di proporre
una dottrina ex cathedra. Per uanto io sappia, nessun papa prima di lui ha scelto tale strada. I due
esempi sono la lettera apostolica Ordinatio Sacerdotalis (22 maggio 1994) sull'ordina-zione
sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini, e 1'enciclica Evangelium Vitae (25 maro 1995) sul
valore e l'inviolabilita della vita umana. Entrambi i documenti usano formule di vasta portata senza
che fossero presenti le forma-lita richieste per una definizione dogmatica. Tale procedimento del papa
ha suscitato ualche perplessita. Persino teologi moderati si sono chiesti se il papa avesse il diritto di
affermare un consenso tr i vescovi sparsi nel mondo senza presentare una prova soddisfacente che
tale consenso esiste effettivamente. Tali teologi erano del parere che la dichiarazione del papa,
secondo cui il collegio episcopale fosse d'accordo, era fallibile e non era uno strumento conveniente
per chiudere una discussione e realizzare 1'auspicata unanimita nella Chiesa.523 Si capisce la
preoccupazione dei teologi, ma in entrambH casi il procedimento del papa e il risultato di un processo
responsabile che ha visto agire il vescovo di Roma quale supremo pastore e dottore di tutti i
fedeli.524
Con la lettera Ordinatio Sacerdotalis, Giovanni Paolo IL ha reagito a una situazione di crisi in cui
sorgeva il reale pericolo che singoli vescovi volessero ordinare donn al sacerdozio, per cui il
sacramento dell'ordine sarebbe stato
conferito in modo invalido. I vescovi hanno avuto la possibilita di proporre il loro punto di vista
riguardo 1'ordinazione delie donn uando erano stati invita-ti a dare il loro parere a una bozza del
Catechismo della Chiesa Cattolica in cui veniva detto che non era possibile ordinare delie donn. A
parte ci, i media rife-rirono di un incontro tr il papa e una ventina di presidenti di varie conferenze
episcopali circa due mesi prima della pubblicazione di Ordinatio Sacerdotalis. Da uesto punto di
vista si pu affermare che la sua decisione aveva una dimensio-ne collegiale.
NelFenciclica Evangelium Vitae, Giovanni Paoo IL menziona che in occasio-ne del concistoro
straordinario appena celebrato (4-7 aprile 1991) tanti cardina-li gli avrebbero chiesto di riaffermare
con l'autorita del successore di Pitro il valore della vita umana e la sua imdolabilita, in riferimento
alle attuali circo-stanze e agli attentati che la minacciano. IL papa, accogliendo tale richiesta, avrebbe
scritto nella Pentecoste del 1991 una lettera personale (!) a ciascun vescovo perche, nello spirito della
collegialita episcopale, gli offrisse la sua col-laborazione in vista della stesura di uno specifico
documento. Le risposte rice-vute avrebbero manifestato il desiderio unanime di sostenere il papa in
uesta iniziativa. Uenciclica Evangelium Yitae e uindi dawero frutto della collabora-zione
deLTEpiscopato di ogni Paese del mondo (n. 5).
A parte tali aspetti, bisogna anche richiamare all'attenzione il fatto che il papa poggia le sue
dottrine non soltanto sul consenso dell'episcopato allual-mente in carica, ma anche sulla Scrittura, la
Tradizione e i pronunciamenti pas-sati del magistero. In base a tale procedimento non si capisce come
mai una inchiesta formale tr 1'episcopato attuale in carica avrebbe potuto garantire una ualita
teologica piu alta del consenso espresso. Non e stato contestato da nes-suno che il papa abbia
effettivamente parlato a nome di una grand maggioran-za di vescovi, paragonabile alla maggioranza
raggiunta dal magistero ordinario e universale in occasione della proposizione di altre dottrine in
materia di fede e di morale, come ad esempio della perpetua yerginila di Maria.525 Infine, il consenso
del collegio episcopale, sparso nel mondo o radunato in concilio ecumeni-co, non e mai stato
interpretato come unanimita matematica.
U nucleo della discussione riguarda, in fondo, la natura del servizio petrino. Secondo la dottrina
cattolica, il compito del vescovo di Roma uale pastore supremo (Lumen gentium 25 3) non si
esaurisce nel farsi portavoce delFepi-scopato mondiale, ma di confermare tutti i fedeli nella fede,
vescovi inclusi (cf. Lc 22,32; LG 25). IL papa non e soltanto un membro del collegio episcopale, ma
anche il suo capo. Grazie al carisma speciale del suo ufficio, egli e in grado di assumere un ruolo
singolare nell'arrivare a un consenso e nel proporlo. Come Pitro, professando la fede dei dodici (cf.
Mt 16,16), ha avuto una funzione gui-da tr gli apostoli, cosi anche il successore di Pitro, ualora
parli a nome del collegio episcopale.
Dato che le dottrine irreformabili di cui si para in uesta sezione non porta-no il sigillo di una
dichiarazione ex. cathedra ne di un decreto conciliare, non sono definite da un punto di vista formale.
Eppure il supremo magistero della Chiesa li dichiara irreformabili e obbliganti. Di conseguenza, chi li
trattasse come se fos-sero erronee o discutibili, si trova in dissenso con la dottrina ecclesiastica. L'ob-
bligo di aderire a tali dottrine non diminuisce la liberia dei teologi cattolici, perche la liberia in
uestione e un dirillo di inlendere e spiegare, non cerlo un diril-lo di conlraddire e negare una dollrina
ecclesiale. Se alcuni teologi non fossero soddisfatli dagli argomenti apportali a sostegno di tali
dotlrine, godono cerla-menle della liberia di presentare le loro difficolla in modo riguardoso e rispel-
loso. Dovrebbero per accellare la forza vincolanle di tali dollrine che (secondo le parole della
Congregazione per la dollrina della fede) richiedono un obse-uium religiosum non puramenle
esleriore e disciplinare, ma che si collochi nella logica dell'obbedienza della fede.526 Ci significa
anche che hanno 1'obbligo di aiulare i fedeli per mezzo delie loro conferenze e pubblicazioni a
comprenderli e ad aderirvi.
Un grand yanlaggio della Chiesa cattolica rispello ad altri gruppi crisliani consisle appunlo
nel fallo di avere un magistero vivo che dispone deH'aulorita necessaria per decidere
argomenli conlroversi e di assicurare in tal modo l'in-legrila della fede, la yalidita dei
sacramenti e 1'unita della Chiesa. I leologi dovrebbero essere piulloslo grali per lale
vantaggio anziche considerarlo un fardello. Dato che viviamo in tempi in cui non e per
niente sconlalo che la Chiesa possa vivere in pace, che cresca e si forlifichi (cf. Al 9,31),
1'unila dei crisliani dovrebbe ess

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