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EUGENIO MONTALE

IL MALE DI VIVERE

IL MALE DI VIVERE ALLALBA DEL 900

Il periodo compreso tra lultimo decennio dell800 e gli anni precedenti


la prima guerra mondiale, caratterizzato da una violenta reazione al
Positivismo: questo aveva celebrato la fede nella scienza, nel progresso
sociale, nella pacifica collaborazione fra i popoli, ma la realt, fatta di
guerre, imperialismi, lotte di classe, era ben diversa da quanto si era
sperato. Tale situazione determina nuovi atteggiamenti spirituali:
subentra la disillusione, langoscia, la sensazione del vuoto e del nulla;
in arte si reagisce con la rottura dei moduli naturalistici.
Distrutti i vecchi schemi della cultura positivistica, immerso in un
mondo sfiduciato nelle prospettive della scienza e della vita politica e
sociale, posto di fronte allascesa vertiginosa della borghesia
capitalistica che impone un modello di societ tutto basato sulla logica
del capitale e del profitto come unici valori, luomo di cultura del
primo 900 vive una profonda crisi didentit, avverte chiaramente la
fine di unepoca e lavvento della nuova e prende coscienza della
perdita del suo tradizionale ruolo sociale che era quello di vate. Egli
generalmente, al contrario di quanto avveniva nel secolo precedente,
proviene dal ceto medio borghese, una classe sociale che vede
compiere il suo declassamento schiacciata com tra la forza indiscussa
della grande borghesia finanziario-industriale e le emergenti forze del
proletariato. Emarginata da questi due colossali protagonisti, la piccola
e media borghesia, e con essa lintellettuale, si sente frustrata,
indebolita, disorientata ed incapace di farsi classe egemone come
aspira, si vede ridotta a classe subalterna e strumentale. Nasce da ci
una situazione di disagio, di noia esistenziale, di malcontento, di
provocazione.
Lo scrittore avverte con angoscia che sta per compiersi la frattura
definitiva, iniziata nellOttocento, tra io e mondo, tra artista e realt e si
sente spersonalizzato, disumanizzato.
La risposta degli uomini di cultura alla profonda crisi esistenziale,
morale e culturale che investe la coscienza delluomo agli albori del
Novecento e alla crisi che travolge lintellettuale tradizionale, approda
a soluzioni diverse e spesso contraddittorie. Questa nuova situazione
culturale e le profonde lacerazioni spirituali sfoceranno presto in quelli
che saranno i due eventi storici pi importanti e cruenti della storia
umana: il primo ed il secondo conflitto mondiale. Lavvento, lo
sviluppo e la caduta del fascismo di met secolo, ne sono il simbolo.
Alcuni scrittori si impegnano in una inquieta e tormentosa analisi della
malattia delluomo moderno nella civilt industriale e borghese, che
essi condannano in maniera corrosiva e impietosa. Nelle loro opere
questi scrittori parlano di malattia, di eroe in tensione, di
inettitudine, di universo labirintico; e ancora di uomo senza
qualit, di uomo spersonato nel male del tempo, di male di
vivere. Escono dalle loro opere personaggi incapaci di agire, di darsi
una consistenza, una tesi a smontare la storia dei loro fallimenti e della
loro coscienza frantumata. Tali personaggi lottano invano contro i
pregiudizi e la morale borghese, contro la citt che massifica luomo;
essi individuano chiaramente i meccanismi alienanti e ripetitivi
dellinferno tecnologico che riduce luomo a semplice manovella,
rovesciando cos i miti imperialistici della macchina in malattia
industriale. Ma questi personaggi non riescono a configurare
pienamente un uomo nuovo veramente alternativo; la loro protesta
tende a risolversi in se stessa, in una dolente quanto amara impotenza.
Altri intellettuali, i Futuristi, tendono a risolvere la crisi storica e
dellintellettuale, che pure essi avvertono, in uno sfrenato attivismo, in
unesaltazione incondizionata della civilt industriale, in una
celebrazione della religione della macchina e della velocit. Essi,
quindi, come risposta-reazione alla profonda crisi esistenziale, sia
morale che culturale, che li travolse agli albori del 900, tesero a
liquidare un certo vecchiume culturale, a credere nella positivit della
rivoluzione industriale e ad esaltare incondizionatamente questa, la
macchina, la velocit e la guerra, sentita come azzeramento totale per
una nuova ricostruzione, poich dopo la necessaria distruzione, si
profetizzava un nuovo mondo guidato da una generazione giovane,
forte, vigorosa. Ma non c nei Futuristi italiani una sufficiente
coscienza critica della nuova realt; di conseguenza, se essi pur
liquidano un certo vecchiume culturale, finiscono per bruciare una
carica di rottura e di rivolta alleandosi alla spregiudicata borghesia
industriale con i loro miti tecnicizzati, i loro feticci metallici, la loro
modernolatria. Gli intellettuali futuristi altro non sono che la
versione tecnologizzata del superuomo dannunziano ed esaltano la
macchina, la guerra, le folle da dominare. Tutti tesi ad emergere, a
darsi un ruolo egemone di guida culturale della borghesia, diventano
invece produttori, con maggiore o minore originalit, di unideologia
funzionale ma subalterna alla grande borghesia nella sua fase
imperialistica, inevitabilmente destinati, quindi, ad essere assorbiti
nellesperienza fascista.
Altri intellettuali e letterati, ossia i Crepuscolari, avvertono, anche se in
sordina, la crisi del secolo romantico di fronte ad un mondo sempre
pi movimentato, a unEuropa sempre pi aperta, e cercano di
risolvere la crisi fuggendo dalla citt, in un impossibile ritorno alla
provincia, alla semplicit, allinnocenza ingenua degli affetti sani della
campagna o alle buone cose di pessimo gusto del tempo passato.
Sar, per, un tentativo tutto programmato e spesso intellettualmente
voluto, a cui gli stessi Crepuscolari, in ultima istanza, non crederanno.
La coscienza del disagio esistenziale, del male di vivere che travaglia
luomo contemporaneo presente in gran parte della poesia e della
narrativa dei primi del 900.
IL LINGUAGGIO ERMETICO

LErmetismo appare lesperienza poetica pi importante del nostro


primo 900; essa ha apportato modifiche e innovazioni sostanziali sia
sul piano del linguaggio e dello stile che su quello dei contenuti.
Innanzitutto il termine ermetismo deriva da Ermete (o Mercurio), dio
delle scienze occulte e misteriose, e fu usato per la prima volta, in senso
dispregiativo, dal critico Francesco Flora, il quale in uno scritto del
1936 intitolato La poesia ermetica, definisce la nuova poesia del 900
appunto come ermetica, ovvero chiusa, oscura, misteriosa e di
difficile interpretazione e codificazione.
Nella storia della nostra letteratura il pubblico di lettori diventato
sempre pi vario da un punto di vista sociale e culturale (composto
non pi di soli dotti ma anche di gente comune) e ha spostato il suo
interesse sempre pi verso la prosa anzich verso la poesia, anche
perch non sempre era in grado di comprendere a fondo lelaborazione
formale da questa sottintesa.
Soprattutto nella societ moderna, il poeta sempre stato visto come
un individuo solitario, distaccato dalla realt, simbolo di una certa
emarginazione e di un certo rifiuto o disprezzo nei confronti di un
pubblico vasto. Questo quanto accade grosso modo alla nostra poesia
del primo 900, in un periodo storico difficile e tormentato dalle
esperienze negative della guerra mondiale e del fascismo. Anzi,
proprio durante il ventennio fascista, una poesia chiusa e in codice
come quella ermetica, permise ad alcuni intellettuali di esprimere in
modi indiretti, e destinati quindi a pochi lettori, la propria polemica o
la propria indifferenza nei confronti del regime. Cos poterono evitare
di compromettersi con il potere politico e con il fascismo e di chiudersi
nel proprio mondo a meditare sullesistenza e sul destino delluomo.
Ad ogni modo, lErmetismo ci offre una poesia blindata" in pochi e
oscuri messaggi; essa diventa la voce di un individuo solitario ed
assoluto, chiuso in se stesso anzich aperto alle novit del suo tempo,
come le guerre o il regime fascista. Questi eventi non vengono
analizzati in chiave critica (non vengono, cio, n esaltati n criticati
dagli ermetici), ma solo descritti in base alla reazione del poeta ad essi
(reazione di sgomento, di paura, di solitudine, di estraneit o
indifferenza). Non esiste, cio, altra realt al di fuori di quella del loro
animo. Il poeta ermetico non vive la realt come qualcosa da raccontare
oggettivamente nella sua opera, ma anzi come qualcosa entro cui
proiettare la sua interiorit. Difatti la poesia ermetica stata spesso
accusata di egocentrismo, di esaltare i problemi individuali e di
trascurare quelli reali dellumanit, di essere estranea alla vita del
proprio tempo anzich partecipare con lazione e limpegno al regime
fascista vigente, ma questa non unaccusa ben fondata, se si guarda
bene.
Certo la poesia ermetica sorvola sugli avvenimenti della cronaca
quotidiana, ma non ignora i problemi pi vasti e universali, come
quelli riguardanti il destino e lesistenza delluomo: forse questo
chiudersi in se stessi costituiva per gli ermetici di quegli anni lunica
difesa contro il regime e la sua politica rumorosa e dispotica.
La poesia ermetica piuttosto lo scavo interiore di un uomo che si
guarda dentro mentre vagabonda solitario nella civilt moderna nella
quale si sente spaesato e disorientato. Egli avverte la propria vita e, in
generale, la vita umana come dolore, come male; cerca disperatamente
un rapporto di armonia e di solidariet col mondo esterno, ma poi lo
scopre arido e vuoto; va alla ricerca di una certezza che illumini
finalmente la propria esistenza ma alla fine la trova soltanto nella
propria poesia, che diventa cos un urlo di disperazione.
Inoltre la poesia ermetica quasi sempre una poesia autobiografica,
incentrata su qualche aspetto dellesistenza del poeta stesso, sui suoi
sentimenti, sulle sue sensazioni ed emozioni, sulle sue esperienze di
vita, sui suoi dolori; non una poesia astratta, ma la poesia
delluomo, della sua esistenza concreta e della sua disperata resistenza
alla distruzione della storia. Tale autobiografismo ci suggerisce quanto
stretto sia per la poesia ermetica il rapporto tra vita e letteratura.
Molti poeti precedenti avevano parlato di s nella propria opera; per
es. DAnnunzio aveva descritto nelle sue poesie e nei suoi romanzi le
proprie esperienze di vita, quali le proprie relazioni amorose, i propri
viaggi o la propria eroica partecipazione alla guerra: la funzione della
poesia era per lui quella di esibire la vita del poeta come una vita
spettacolare, eroica, fatta di consensi e di successi.
Al contrario, gli ermetici intesero la poesia come scavo sottile nella
propria interiorit, senza esibire nulla al pubblico, ma soltanto
esprimendo in modo riservato le proprie sensazioni.
Chiuse e riservate, essenziali e concise furono le forme con le quali i
poeti ermetici espressero i propri sentimenti in poesia. Essi con i loro
versi non raccontano, non spiegano, ma fissano sulla pagina dei
frammenti di verit a cui sono pervenuti in momenti di profonda
ispirazione, senza laiuto del ragionamento e della logica. Visto che le
esperienze negative delle guerre e del regime fascista li avevano
condannati a una forte solitudine, a loro non interessava affatto essere
chiari e precisi nella loro poesia, tanto nessuno mai avrebbe potuto
veramente capire cosa volessero realmente esprimere.
I componimenti degli ermetici ruppero drasticamente con tutti in
canoni e con tutte le regole della poesia precedente; non rispettarono
pi schemi tradizionalmente imposti come la rima, le strofe, il metro, la
punteggiatura o il numero di versi; molto spesso il loro testo poetico
scarno, breve, essenziale, fatto di pochissimi versi e pochissime parole,
quanto bastava ad esprimere lo stato danimo del momento.
Non si avvert pi il bisogno di un vero e proprio discorso per fare
poesia, ma bastarono poche parole nelle quali, per, si concentrarono
straordinariamente tutte le sensazioni provate.
Anche se isolata dal discorso, la poesia ermetica conservava la sua
forza evocativa, piegava molte pi cose di quelle che avrebbe espresso
un discorso lungo, elaborato sintatticamente e complesso
grammaticalmente.
La parola nuda, spoglia di ogni significato comune, e acquista valore
solo se rapportata alle emozioni che in quel momento sta vivendo il
poeta. La poesia non ha alcun bisogno di essere decorata o abbellita da
forme raffinate ed eleganti (questo accadde, invece, alla poesia di
DAnnunzio, una poesia di esasperato estetismo).
Anche il componimento poetico nel suo insieme risulta essenziale,
ridotto allosso e di breve respiro, concentrando in poche righe tutto il
suo messaggio.
Ci che colpisce della poesia ermetica lassenza quasi totale di
punteggiatura, le parole sono sparse qua e l senza essere legate da
punti e virgole; esse non hanno bisogno di essere congiunte le une alle
altre, ma sono sufficienti a se stesse per esprimere i propri significati.
Per questo la poesia ermetica solitamente definita come pura,
perch condensa in un minimo di strumenti espressivi un massimo di
significati. Essa non ha bisogno del linguaggio logico comune per
esternare al pubblico il proprio messaggio, ma in una sola parola, in un
solo verso capace di condensare le verit pi profonde sulluomo e
sulle cose. Persino gli spazi bianchi, i vuoti lasciati tra una parola e
laltra, si caricano di significati forti esprimendo il senso di vuoto
avvertito dal poeta o il suo bisogno di silenziosa concentrazione.
Al contrario, la poesia precedente specie quella ottocentesca e
romantica, esprimeva i propri messaggi in strutture ampie, retoriche ed
oratorie, con le quali persuadere il pubblico e rispettava fedelmente
quelle misure imposte (la rima in posizione obbligata, il sonetto, lode)
che la poesia ermetica abolir del tutto per una pi libera espressione
dei sentimenti del poeta. Tra gli strumenti espressivi che
caratterizzarono la poesia ermetica, ricordiamo soprattutto il simbolo e
lanalogia. Per quanto riguarda il simbolo, importante ricordare che
molti poeti ermetici furono particolarmente influenzati da un
movimento poetico europeo chiamato simbolismo affermatosi
soprattutto in Francia. Proprio dai simbolisti gli ermetici derivarono
luso del simbolo, ovvero quel procedimento per il quale ci si serve di
un oggetto qualsiasi per rappresentare qualcosaltro. Non sempre
facile nella poesia ermetica decifrare il simbolo, cio tradurre il simbolo
in ci che lautore vuole realmente rappresentare attraverso di esso:
molto spesso le associazioni sono del tutto personali e arbitrarie, e
dunque di difficile interpretazione e codificazione per il lettore.
Lanalogia, invece, quella tecnica espressiva che accostava fra loro
immagini e situazioni diverse e senzalcun apparente legame, per
stabilire dei rapporti originali, ma anche in questo caso laccostamento
di difficile comprensione allinterno del testo: non con la ragione o
con la logica, ma con listinto e la sensibilit che si trova la chiave
interpretativa delle associazioni analogiche.
Provando adesso a tracciare le tappe principali dello sviluppo della
poesia ermetica, diremo che questa si diffuse in Italia in circa tre fasi:
ANNI 1911-22: si diffusero le prime tendenze della poesia ermetica
(testo breve, rottura con la tradizione) e la tendenza di questi poeti a
una certa essenzialit fu detta Frammentismo
ANNI 1923-33: emersero le grandi personalit liriche della poesia di
primo 900 (tra cui Ungaretti e Montale), punti di riferimento per tutta
la generazione successiva di poeti con il loro uso di simboli, analogie e
con la loro poesia pura.
ANNI 1933-44: anche la poetica dellErmetismo fu codificata in canoni
e schemi prestabiliti e da applicare; nacque dunque una vera e propria
scuola di poeti ermetici.
La poesia pura una corrente che ebbe il suo periodo di maggior
fioritura negli anni tra le due guerre.
Gli elementi principali del rinnovamento messo in atto dai nuovi lirici
si possono cos riassumere:
Lessenzialit dei vocaboli e della lingua;
Lanalogia, cio la metafora abbreviata per sopprimere il come;
Il carattere evocativo che attinge dalla sfera dellinteriorit sensazioni e
sentimenti inespressi e misteriosi;
Il frammento, cio la preferenza per i testi brevi, quasi schegge di un
disegno poetico pi vasto;
Latteggiamento introspettivo, che prevale sullimpegno;
La protesta morale, evidentissima in Ungaretti e Montale.

EUGENIO MONTALE

Montale una delle massime voci della poesia mondiale di questo


secolo, uomo coerentemente antifascista, insignito del Premio Nobel
per la Letteratura nel 1975 per aver interpretato con grande sensibilit
artistica valori umani nel segno di una visione della vita senza illusioni. La
sua lunghissima carriera di poeta, scrittore, critico letterario e
giornalista da anni oggetto di attenti studi che hanno prodotto una
sterminata bibliografia; ci perch egli ha saputo dare
un'originalissima interpretazione alle inquietudini dell'uomo
contemporaneo, ispirandosi ai maestri del Simbolismo e del
Decadentismo, ma forse ancor pi a Leopardi, e rendendo al contempo
estremamente attuali le loro innovazioni. La sua influenza sui poeti
italiani successivi stata immensa e capillare.

PROFILO BIOGRAFICO

Nato a Genova nel 1896, destinato da genitori borghesi a fare il


ragioniere nella ditta del padre, decide di diventare cantante operistico
e per diversi anni prende lezioni di canto: una grande musicalit, un
grande interesse per i suoni e per gli strumenti musicali restano poi
una costante della sua opera. Nella sua vita piena di avvenimenti,
unimportanza grande quanto quella della lettura hanno i rapporti con
uomini di cultura, che egli stringe negli ambienti pi diversi: durante il
servizio militare (prestato nel corso della prima guerra mondiale)
conosce alcuni poeti ed intellettuali, che in seguito diverranno
oppositori del fascismo, come fu sempre lo stesso Montale. E proprio
uno di questi intellettuali antifascisti, Piero Gobetti, che pubblica, nel
1925, la prima raccolta poetica di Montale, Ossi di seppia, assai legata
alla terra in cui il poeta aveva passato gli anni dellinfanzia, la Liguria
arida e rocciosa delle Cinque Terre, paesaggisticamente rievocata.
Intanto Montale, che ha firmato nel 1925 il Manifesto degli intellettuali
antifascisti, allarga il suo giro di amicizie: conosce tra gli altri lo
scrittore triestino Italo Svevo e il poeta Umberto Saba. Dopo alcuni
anni di collaborazione a diverse riviste, Montale ormai trentenne si
trasferisce a Firenze, dove lavora prima come redattore della Casa
Editrice Bemporad e poi come direttore della Biblioteca del Gabinetto
Vieusseux , una prestigiosa istituzione fiorentina. In questi anni
Firenze il vero centro culturale dItalia e Montale conosce e frequenta
molti scrittori, musicisti e pittori dellepoca.
Con lavvicinarsi della seconda guerra mondiale e precisamente nel
1938, Montale, che rifiuter sempre la tessera del partito Fascista, perde
il proprio lavoro.
Da qualche anno il poeta ha conosciuto e poi ha iniziato a convivere
con Drusilla Tanzi, la cui figura ritorner in molte sue poesie con
laffettuoso soprannome di Mosca. Questi sono anche gli anni in cui
Montale lavora molto, anche per necessit economiche, a tradurre
poeti, soprattutto inglesi.
Nel 1939 Montale pubblica la sua seconda raccolta poetica Le Occasioni,
che ha grande successo: essa esprime la difficolt e le angosce di anni
davvero bui, ma insieme parla damore e di salvezza.
Durante la guerra Montale partecipa al Comitato di Liberazione
Nazionale (una sorta di governo provvisorio democratico dopo la
liberazione dellItalia dai nazisti) e si iscrive al Partito dAzione. Subito
dopo la guerra comincia a collaborare con il Corriere della Sera, da cui
viene infine assunto in modo stabile: nel 1948 perci si trasferisce a
Milano, dove passer gli anni della maturit e della vecchiaia.
Nel 1956 viene pubblicata da Mondadori, la terza grande raccolta
poetica di Montale, La bufera e altro (in cui vengono riprese anche le
liriche di Finisterre): una raccolta difficile, complessa, incentrata sulla
crisi che minaccia le presenze amate e familiari, ma anche sulla
possibilit di salvezza che scaturisce da figure di donne angeliche e
insieme reali (Clizia, La Volpe, La stessa Mosca).
Negli anni Sessanta la fama di Montale grandissima non solo in Italia,
ma anche allestero: le sue opere sono tradotte nei paesi europei,
compresi quelli dellEst, come Ungheria e Bulgaria, e negli Stati Uniti.
Sarebbe stata una stagione felice per Montale che, nominato senatore a
vita e privo di preoccupazioni economiche, avrebbe potuto dedicarsi
alle attivit preferite: purtroppo, per, nel 1963 muore Mosca, che il
poeta non finir mai di rimpiangere.
Lo sguardo critico, ma insieme partecipe, sulluomo e sul mondo non si
certo affievolito. E intatta resta la capacit di fare ironia sugli altri e su
s stesso, sulla falsa notizia della sua morte apparsa su molti giornali,
sulla sua stessa esistenza.
Quando il mio nome apparve in quasi tutti i giornali/una gazzetta
francese avanz lipotesi/che non fossi mai esistito: questi i primi
versi di una poesia del 1980, scritti a pochi mesi dalla morte, avvenuta
a Milano il 12 settembre 1981.

LA POETICA

La Liguria dell'infanzia e della giovinezza, offre alla sua prima poesia il


costitutivo teatro di un paesaggio intenso di grandi luci estive e di
inquieti orizzonti marini. Pienamente immerso nel paesaggio ligure, e
in gran parte "all'aria aperta" e accompagnato dal "delirio del mare",
segnato ma non sopraffatto da un intimo rovello filosofico, il suo libro
iniziale, Ossi di seppia, gi un capolavoro, un vero e proprio
manifesto poetico che sin dal titolo sottolinea lessenzialit povera e
scabra: uno dei libri-chiave del Novecento letterario.
Il titolo di questa prima raccolta poetica montaliana richiama
emblematicamente, nella scelta di questo relitto del mare e delle
spiagge che losso di seppia (un guscio vuoto), cose inaridite,
prosciugate, senza vita; il che gi un modo per suggerire una filosofia
di vita.
Il senso angoscioso di una chiusura e costrizione esistenziale (il muro,
appunto, che compare in diversi testi, la "rete che ci stringe", la "ferrea
catena della necessit", la "catena che ci lega", la "giostra d'ore troppo
uguali" della ripetizione banale) domina l'immaginario del primo libro.
Vi si oppone la ricerca di sperati spiragli di libert e di vita autentica: la
"maglia rotta" nella rete, "l'anello che non tiene", la "lima che sega" la
catena (in limine), l'inaspettato prodigio che salva (il "miracolo laico"),
di cui portatrice l'immagine femminile, che assumer nei due libri
seguenti la fondamentale funzione di una moderna e laica Beatrice. La
poesia, in questa cupa e pessimistica visione del mondo, non pu
indicare la strada per uscire dalla crudele morsa del mondo, poich
venuto meno il suo potere conoscitivo ed interpretativo del reale, a
causa della perdita, da parte del soggetto, della fiducia nella possibilit
di una corrispondenza logica ed analogica, tra io e mondo, pu solo
offrire qualche storta sillaba e secca come un ramo, pu solo
rappresentare questa condizione negativa, rinvenendola negli oggetti
attraverso il correlativo oggettivo. La poesia ancora il risultato della
consapevolezza della negativit, di questo non essere delluomo. Negli
Ossi di seppia tale negativit riscontrabile nel medesimo titolo
della raccolta: gli ossi rappresentano il correlativo oggettivo della
condizione delluomo, ridotto appunto a rifiuto, ad inutile rottame
dellesistenza, espulso, esiliato dalla vita, quella reale, autentica, vera,
rappresentata dal mare. La tematica del detrito comporta un
sentimento di scacco e di fallimento esistenziale e sociale, ma non
esclude totalmente un riscatto, un appiglio, una salvezza.Ma dove
trovare questo appiglio, dove rintracciare una qualche piccola
possibilit di salvezza? Paradossalmente proprio nella condizione di
rifiuto, proprio nella diversit che tale condizione determina la
leggerezza. Solo grazie a questa losso potr galleggiare sulle onde e
confondersi con la natura, con larmonia cosmica e diventare quasi
parte di questa, perch in fondo questo il tormento delluomo, non
poter essere in armonia con il cosmo, non poter aderire completamente
alla natura.
La leggerezza anche, da un punto di vista pratico, la possibilit di
vivere in un piccolo mondo infantile, protetto ma fragile, che consenta
un minimo di libert adolescenziale, quella negata alluomo che vive
nel momento della decisione e dellinserimento nella vita sociale.
Ma restare nel mondo degli incanti adolescenziali significa rifiutare le
responsabilit di una vita adulta, significa allontanarsi da quella che
la vita reale, significa essere vili.
Con la fine dellinfanzia luomo deve dire addio al grembo protettivo,
in cui ladesione al ritmo cosmico era spontanea e naturale. Il distacco
da quellet mitica, avviene con il minuto violento della
consapevolezza che distrugge ogni illusione. Quellet perduta
possibile riviverla soltanto nella dimensione della memoria. Quella
montaliana per una memoria difficile, fatta di ricordi fulminei
destinati subito a svanire, ad allontanarsi, a diventare di un altro; una
memoria che cigola per un ingranaggio, per un meccanismo non
funzionante e non controllabile. Nonostante questo, il ricordo spesso
un talismano che, per pochi istanti, pu introdurre luomo nel miracolo
della salvezza; un miracolo, per, avvertito, creduto, ma non reale e
presto dimenticato.
Ogni possibilit di salvezza, di miracolo, di prodigio, affidata ad una
memoria fragile ed involontaria (a differenza di quella leopardiana),
che difficilmente riuscir ad assolvere la propria funzione, ad una
memoria inadeguata ed arbitraria: lei che decide chi deve apparire in
ricordo e chi no, lei che poi deforma il passato, lo fa vecchio.
E questa, dunque, una memoria che ha come sua parte fondante
loblio e che da questo regolata e resa crudele, poich non solo
impone ci che indesiderato, ma sottrae anche il ricordo desiderato.
Questa crudelt propria di una memoria quale presente negli Ossi
di seppia, grigia, stanca, scialba, dilavata e terribile. Nella seconda
edizione di Ossi di seppia compare un testo-chiave, Arsenio, in cui il
poeta condensa gli elementi che caratterizzano il "personaggio che dice
io" in questo primo libro. Arsenio, che in parte rappresenta lo stesso
Montale (non certo per caso in rima con Eugenio), reincarna il tipico
eroe negativo, o antieroe, romantico o decadente, del quale proprio in
quegli anni Montale scopriva e proclamava, primo forse tra gli italiani,
la grandezza. Arsenio incapace di vivere.
Montale stato definito il poeta della disperazione perch, chiuso in
un freddo e insensibile dolore, proietta il suo male di vivere sul
mondo circostante, dando quasi origine ad una sofferenza che non
solo umana, ma addirittura cosmica e universale. La sua visione
pessimistica dellesistenza, specie nella consapevolezza della negativit
di ogni mitologia o ideologia, che per non significa isolamento e
rifiuto di vivere, lo spinge verso limpegno a oggettivare le cose, i
paesaggi, i modi di sentire, gli eventi che possono tradurre ogni sua
particolare emozione. Per lui la vita una terra desolata in cui gli
uomini, gli oggetti e la stessa natura sono soltanto squallide e nude
presenze senza significato. In tal modo il Vivere precipita verso il
Nulla. Ci nonostante, Montale alla ricerca di un varco, di una
smagliatura, da cui poter fuggire per salvarsi. La sua una negativit
che, anche se vanamente, ricerca la positivit. Infatti, nella negazione
totale si offre una speranza di salvezza, di una grazia riservata a chi
sapr fuggire da se stesso e dalla propria chiusura.
La parola di Montale indica con precisione degli oggetti definiti e
concreti e stabilisce tra di essi una trama di relazioni complesse cui fa
capo lo stesso soggetto poetante il cui fine ultimo scoprire la
direzione e il senso proprio della vita, una parola quindi molto
ricercata. A questo proposito, la poesia di Montale stata strettamente
connessa alla poetica delle cose, molto simile a quella Pascoliana.
GLI SCRITTI MONTALIANI (DA OSSI DI SEPPIA)

SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO

1 Spesso il male di vivere ho incontrato:


2 era il rivo strozzato che gorgoglia,
3 era l'incartocciarsi della foglia
4riarsa, era il cavallo stramazzato.

5 Bene non seppi; fuori del prodigio


6 che schiude la divina Indifferenza:
7 era la statua nella sonnolenza
8 del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

IL LIVELLO TEMATICO

Il testo descrive esplicitamente il concetto montaliano del male di


vivere ed offre un chiaro esempio di correlativo/oggettivo, ossia del
rapporto che la parola stabilisce con gli oggetti da essi nominati, cio
delloggetto come espressione di uno stato danimo. Nel primo verso,
luso della prima persona suggerisce un movimento che va dal
personale al concreto, dal soggettivo alloggettivo. Utilizzando la forma
verbale ho incontrato il poeta materializza il concetto del male di
vivere, identificandolo quasi come una persona reale, sottolineando in
tal modo la vitalit e la realisticit del contatto con esso. Questo male si
identifica direttamente con gli emblemi che lo rappresentano: il rivo
strozzato, immagine che ritrae lacqua costretta a fluire attraverso una
strettoia , lincartocciarsi della foglia riarsa e il cavallo stramazzato,
che oramai stanco e corroso dalla fatica si abbandona a se stesso e si
lascia cadere a terra.
In opposizione al male di vivere che si manifesta negli aspetti pi
comuni della Natura, non vi pu essere per Montale altro bene che
latteggiamento di stoico distacco e di indifferenza assunto dalla
divinit di fronte alla miseria del mondo. Ai tre emblemi del male si
oppongono tre correlativi oggettivi di questa specie di bene: la
statua, la nuvola e il falco.

LIVELLO RITMICO METRICO

Sono due quartine di endecasillabi tranne lultimo un senario


doppio; rime incrociate (ABBA) nella prima quartina; anomale nella
seconda quartina (CDDA); lultimo verso, di quattordici sillabe,
ipermetro.

LIVELLO RETORICO

Nella poesia si possono evidenziare le seguenti figure retoriche:


II Verso: Il rivo strozzato = metafora ( il ruscello paragonato alla vita)
III Verso: Lincartocciarsi della foglia = metafora
IV Verso: Il cavallo stramazzato = metafora
VII Verso: La statua = metafora (limmobilit e linsensibilit)
VIII Verso: La nuvola = metafora (linconsistenza e limprendibilit)
Il falco = metafora ( lontananza e libert istintiva)
III/IV Verso della foglia/riarsa = enjambement
VII/VIII Verso.nella sonnolenza/del meriggio = enjambement
II III IV Verso .era il rivo.era lincartocciarsi.era il cavallo =
anafora
fascismo. Di qui lo scatenamento della seconda guerra mondiale a
causa dei nazisti tedeschi. La guerra del 1939-45, ebbe caratteristiche
politiche e ideologiche diverse dalla prima. La guerra del 1939-45
stata una guerra mondiale, invece quella del 1914-18 stata una guerra
prevalentemente europea. Nessuna guerra vide mai i massacri e i
genocidi commessi dalla Germania nazista.

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