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Funzioni di pi variabili

6 Funzioni di pi variabili
Una funzione z = f(x, y) nelle due variabili
indipendenti x e y una relazione fra tre
sottoinsiemi U, V, W del campo reale, tali che:
U V W
ossia per ogni x U e per ogni y V si abbia z
= f(x, y) con z W.
x e y si chiamano variabili indipendenti mentre z
si chiama variabile dipendente ed tale che ad
ogni coppia (x, y) U V corrisponda uno ed
un solo valore di z W .

6.1 Dominio di funzioni a pi variabili

Linsieme U V si chiama il dominio della funzione e W lo spazio di arrivo.

Esempio 1: z = g(x, y) = x2 + y2 xy il dominio di g(x, y) R 2

Esempio 2: z h( x, y ) x 2 y 2 4 il dominio il luogo dei punti per cui: x2 + y2


0
ossia : x 2 + y2

costituito dallinsieme dei punti di R 2 privato del cerchio di centro O (0,0) e raggio 2

r= 2

2 y

z
6.2 Curve di livello
Curve di livello

Sia z = f(x, y), ponendo f(x, y) = c, (c


costante reale), si ottengono, per ogni
valore di c le curve di livello, ossia
linsieme dei punti di ugual quota.

Una curva di livello costituita da tutti i


punti (coppie (x, y)) che soddisfano y
allequazione: f(x, y) = c.

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6.3 Limiti di funzioni di pi variabili

Sia z = f(x, y) una funzione di due variabili e sia P0 (x0, y 0) un punto fissato del piano e P (x, y) un
generico punto del piano.
Si chiama distanza tra P e P 0, la quantit
d ( x x0 ) 2 ( y y 0 )2

Si dice che:
lim f ( x, y ) L
(x , y) ( x0 , y0 )
se per ogni > 0 si pu determinare un numero positivo che dipende dalla scelta di e del punto P0,
(cio = (
P0 ) > 0) tale che se:
d(P, P0) < , con P dom(f )
si abbia :
|f (P) L| < L
f (P) < L +

6.4 Continuit

In modo analogo a quanto fatto per le funzioni di una sola variabile, si dice che z = f(x, y) continua in
un punto del dominio P 0 (x0, y 0), se :
lim f ( x , y ) f ( x0 , y0 )
P P0

f(x, y) continua nel dominio D R 2, se continua in tutti i punti del dominio.

xy
Esempio: Sia data: z 2 . Stabilire la continuit di tale funzione nellorigine O (0,0).
x y 2

Per mostrare che lim f ( x , y ) non esiste sufficiente individuare due curve in R 2, passanti per O, lungo
P O
le quali f(x, y) abbia valore del limite diverso.

Se ci si muove lungo lasse delle ascisse, cio lungo la retta di equazione y = 0, si ottiene:
xy h 0
lim lim 0
( x, y )( h, 0) x y
2 2 ( x, y )( h, 0 ) h 02
2

analogamente se ci si muove lungo lasse delle ordinate, ossia lungo la retta di equazione x = 0, si
ottiene:
xy k 0
lim lim 0
( x, y) (0 ,k ) x 2 y 2 ( x, y) (0 ,k ) k 2 02

se invece ci si muove lungo la retta generica uscente dallorigine, di equazione y = mx, (con m 0):
xy x( mx) mx2 m
lim lim lim
( x, y )( x, mx ) x 2 y 2 ( x, y )( x, mx)) x 2 (mx) 2 ( x , y )( x, mx )) x 2 (1 m 2 ) 1 m 2

Avendo trovato valori del limite diversi lungo direzioni differenti, il limite non esiste poich per il
teorema di unicit del limite, se esistesse esso dovrebbe essere unico.

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6.4.1 Derivate parziali

Sia z = f(x, y); e sia (x0, y 0) un punto del dominio, si chiama derivata parziale lungo lasse x valutata in
(x0, y 0), la quantit, se esiste:
f f ( x0 h , y0 ) f (x0 , y0 )
lim
x
(x 0 , y0 )
h 0 h

Analogamente per la derivata parziale lungo lasse delle ordinate:

f f ( x0 , y 0 k ) f ( x 0 , y 0 )


lim
y (x 0 , y0 )
k 0 k

In altre parole, la derivata parziale si calcola come una derivata ordinaria, mantenendo costante la
variabile che non viene coinvolta nella derivazione.

Esempio. Sia : z = f(x, y) = x2y3 + sen(xy2) + x 4y


Valutare le derivate parziali prime nellorigine O (0,0)
f
x

2 2

2xy y cos(xy ) 1 (0 ,0 ) 1
3

(0 ,0 )




f
y

3 x y 2xy cos( xy ) 4 (0 ,0 ) 4
3 2 2

(0 ,0 )

Osservazione: Se una funzione z = f(x, y) continua in D, insieme a tutte le derivate parziali prime, si
dice che f(x, y) di classe C1(D)
possibile estendere la definizione di derivata parziale a funzioni con pi di due variabili indipendenti;
per esempio, se le variabili indipendenti fossero 5 avremmo 5 derivate parziali prime, cio tante quante
sono le variabili indipendenti.

6.4.2 Derivata direzionale

La limitazione delle derivate parziali che il calcolo avviene muovendosi solo lungo gli assi coordinati,
ma non si hanno informazioni se ci si muove in una direzione qualsiasi.
A tale scopo viene in soccorso la seguente definizione di derivata direzionale:

u
Sia z = f(x, y) definita in un intorno sferico di P0 (x0, y0 ) e sia u un vettore unitario : u 1 tale che
u 2

2 2 2
|| u || = u1 + u2 = 1.
Si chiama derivata di f nella direzione del vettore u la quantit, se esiste,:
f f ( x0 hu1 , y 0 hu 2 ) f (x0 , y0 )

u
lim
( x ,y )
h 0 h
0 0

u 1
Se in particolare: u = e1 1 , nel generico punto (x0 , y0) si ha:
u2 0
f f ( x0 h, y0 ) f ( x0 , y0 ) f

e
lim
1 x , y h 0
0 0
h x
x0 , y0

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u 0
se u = e2 1
u2
1
f f ( x0 , y0 h) f (x0 , y 0 ) f

e lim
h 0 h y

2(x 0 , y0 ) ( x0 , y0 )

Si dimostra che possibile costruire la derivata direzionale lungo il vettore u a partire dalla conoscenza
delle derivate parziali prime lungo gli assi coordinati:
f f f

u1
y
u2
u ( x0 , y0 ) x( x0 , y0 ) (x , y ) 0 0

1
Esempio. Sia: z = f(x, y) = x y e u 3 , cio u e1 e 2 .
2 3 3
2
2

Valutare la derivata direzionale in P (1, 1).

Al vettore u associamo il vettore unitario v , si ha:

3 7 7
u 1
4 4 2
Per ottenere il vettore unitario (versore) v associato al vettore u, basta dividere le componenti di u per
la norma del vettore u:
3
1 2 3
v e1 2 e 2 e1 e 2
7 7 7 7
2 2

e si ha :
f
f

f


v1
v2
u (1,1) x
(1,1) y
(1,1)

f f f 2 2 f f 2 3 4 7 3 21
2xy 2 ; 3 x y 3
2 3
3

x x
(1,1) y y
(1,1) u
(1,1) 7 7 7

Inserire a questo punto il capitolo 7 (Spazi euclidei)

6.4.3 Operatore nabla

Riprendendo la relazione (1):


f
f f

u
u1 x u2 y

( x ,y ) ( x , y) (x , y )
si pu notare unanalogia tra la relazione precedente e lusuale prodotto scalare tra vettori. Si dimostra
f f
che le quantit e costituiscono le componenti di un vettore che viene associato ad una qualsiasi
x y

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funzione f(x, y); tale vettore si chiama gradiente di f :


f f

x , y
grad f f

Il simbolo f detto nabla f ed equivale al gradiente di f (gradf ).
Il vettore f ed il vettore u si rappresentano nella base canonica {e1 , e2}:
f f
f e1 e 2 ; u = u1 e1 + u2 e2 unitario,
x y
da cui:
f f
f
u u1 u 2 =gradf u
x y
Che la formula della derivata direzionale.

Spesso in fisica si utilizzano le linee equipotenziali: linee lungo cui il potenziale di un campo di forze si
mantiene costante e che sono diverse dalle linee di livello. Lungo tali curve si ha f = 0.

6.5 Derivate di ordine superiore al primo

Data la funzione in pi variabili z = f(x, y), possibile costruire le derivate successive di ordine superiore
al primo:

z = f(x, y)

z z
x y

z z z z

x x y x x
y y

y

Lo schema riporta le derivate di z = f(x, y) fino al secondo ordine.

Esempio. Data la funzione: z = x3y 2 + x y 2 calcolare le derivate parziali prime e seconde.

- Derivate prime:
z
derivata rispetto ad x: 3x 2 y 2 1
x
z
derivata rispetto ad y: x 3 (2 y ) 2 y
y
- Derivate seconde:
z 2 z z 2 z
2 ( y 2 )(6 x ) 6xy 2 (3x 2 )(2 y ) 6 x 2 y
x x x
y x yx
z z
2
z 2 z


(3x 2 )(2 y ) 6 x 2 y

2 ( x3 )
2 2
1 2x 3 2
x y xy
y y y

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Nota: Significato della notazione utilizzata per le derivate seconde:

2 z derivata della derivata 2 z derivata della derivata



x 2
y x
derivazione rispetto ad prima si deriva rispetto
x per due volte ad x ed il risultato
derivato rispetto ad y

2 z 2 z
Si nota che le due derivate seconde e dellesempio hanno lo stesso valore. Tale uguaglianza
yx x y
si verifica sempre, purch sia soddisfatto il teorema di Schwartz.

6.6 Teorema (o lemma) di Schwartz

Se la funzione z = f(x, y) continua e derivabile con derivate prime continue nellintorno sferico del
punto P 0 (x 0, y0), allora vale luguaglianza:

2 z 2 z

yx xy
P0
P0

6.7 Sviluppo di Taylor per una funzione di pi variabili

Sia P 0 (x 0, y0) D e la funzione z = f(x, y) sia continua e derivabile nellintorno di P0 fino allordine k,
cio di classe Ck.. La funzione si pu approssimare mediante un polinomio centrato in P 0; tale sviluppo si
chiama serie di Taylor con centro in P0.
Risulta:

f(x, y) = f(x0, y 0) + (1)


1 f f
( x x0 ) ( y y0 )y (2)
1! x P0
P0

1 2 2 f 2 f 2 f
( x x 0 ) 2 2( x x0 )( y y0 ) ( y y 0 ) 2 (3)
2! x xy y2

P0
P0

P0
++ (4)
Rk (5)
Nello sviluppo si notano i seguenti termini:
(1) il valore della funzione nel punto P0 (x0, y 0)
(2) i valori delle derivate parziali prime calcolate nel punto.
(3) i valori delle derivate seconde calcolate nel punto.
(4) i valori delle derivate di ordine successivo al secondo sempre calcolate nel punto.
(5) Rk : resto o errore che si commette approssimando la funzione con il relativo sviluppo polinomiale.
Il termine Rk dipende dallordine della prima derivata che si trascura nello sviluppo; ad esempio,
arrestando lo sviluppo alle derivate parziali di ordine k, il resto dipender dalle derivate parziali di ordine
k+1.

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Rk
Il termine Rk , inoltre, verifica la relazione: lim 0
( x, y )( x0 , y0 ) ( x x ) ( y y )2
2
0 0
Pertanto Rk un infinitesimo di ordine superiore rispetto al quadrato della distanza tra il generico punto
Q (x, y), ed il punto P 0 (x 0, y0) nellintorno del quale avviene lo sviluppo.
Se lo sviluppo viene centrato nellorigine, allora la formula di Taylor assume il nome di formula di
McLaurin.

6.8 Differenziale totale primo

Si chiama differenziale totale primo di z = f(x, y) la quantit:


f f
df dx dy f
dP
x y
dove dP = (dx, dy) un vettore di componenti infinitesime.
La quantit f dP si chiama forma differenziale o 1-forma, in quanto contiene i differenziali del primo
ordine delle variabili indipendenti x e y.

6.9 Punti stazionari


Sono quei punti per cui valgono contemporaneamente le relazioni:
f
0
x
grad(f ) = 0 f = 0
f
0

y
Ci equivale ad individuare i punti generici P0 (x0, y0) per cui , presi h e k infinitesimi del primo ordine,
si costruisce f = f (x0 + h, y0 + k) f(x0 , y0) e se ne valuta il segno.
Se f > 0 nellintorno di P0, allora P0 punto di minimo.
Se f < 0 nellintorno di P0, allora punto di massimo.
Se invece f cambia segno, nellintorno di P0, allora P 0 un punto di sella.

Ovviamente lo studio diretto piuttosto complicato.


Risulta invece pi semplice il metodo che si basa sulla costruzione delle derivate seconde valutate nel
punto stazionario.

Sia P 0 (x 0, y0) un punto stazionario; costruiamo le quantit:


2 f 2 f 2 f
A ; C
x 2 xy B ; y 2

P0
P0
P0

mediante le quali costruiamo la matrice Hessiana:


A B
H P0 det( H P0 ) AC B 2
B C

In base ai valori assunti dal determinante della matrice Hessiana si ottengono vari casi:

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1. Se det( H P0 ) 0 e A > 0: P0 punto di minimo


2. Se det( H P0 ) 0 e A < 0: P0 punto di massimo
3. Se det( H P0 ) 0 : P 0 punto di sella.
4. Se det( H P0 ) 0 : il caso indecidibile ossia non si pu dire nulla circa la natura del punto.

Esempio. Sia: z = 2x3 6xy + 3 y 2


1) Determinare gli eventuali punti stazionari.
2) Se ne esistono, classificarli.

(1) Punti stazionari


z x 0
6x 2 6 y 0 P0 (0,0)

x
y x
2
x x
2
y 0
da cui:
z 6x 6 y 0
x y
x y x 1
P1 (1,1)
y
y 1

2 z
2 12x
x

2 z
(2) Classificazione dei punti P 0 (0, 0) e P 1 (1, 1) . 6
xy
2 z
6
y 2

La matrice Hessiana calcolata nel generico punto P (x, y) vale:


12x 6
H
6 6
quindi in base alla matrice Hessiana, si classifica il punto P0 (0, 0) :
0 6
H P0 det H(0, 0) = 36 < 0 P0 risulta essere un punto di sella.
6 6
Classifichiamo il punto P1 (1, 1)
12 6 2 f
H P1 det H(1, 1) = 36 > 0 e 12 0 P 1 un punto di minimo.
6 6 x 2
(1,1)

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