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Terza lezione

Lo spirito della conoscenza

Considerate la vostra semenza:


fatti non foste per viver come bruti
ma per seguir virtute e conoscenza
(Inf. Canto XXVI)

Entriamo con questa lezione nel cuore di una delle esperienze pi caratteristiche delluomo
medievale, ancora attualissima, in una societ dove la scienza e la comunicazione hanno ormai una
grandissima rilevanza. Conoscere, sperimentare, studiare fu uno degli scopi fondamentali delluomo
medievale. Conoscere Dio e conoscere luomo, il macrocosmo e il microcosmo, tutto ordinato
gerarchicamente secondo la divina Sapienza. Lo spirito della conoscenza espresso poeticamente da
Dante, e personificato da Ulisse, il viaggiatore per eccellenza, chiude come in un epitaffio let
medievale, dove esso trova uno dei momenti pi alti. Esso si sviluppa soprattutto in una scienza che
la sacra doctrina, la nostra teologia, in quanto il sentimento mistico ed il desiderio di Dio sfociano
nella necessit quasi fisiologica di rendere ragione della propria fede. Fides querens intellectum: in
questa breve frase di S. Agostino riassunto lo spirito degli intellettuali medievali. Questa la
vita, conoscere Te: lo scopo dellesistenza delineato, chiarissimo nelle menti di questi uomini:
infatti come si pu amare una cosa se non la si conosce? (Cont.Gent., L. I). Questo si chiede S.
Tommaso dAquino, e la sua vita, come quella di tante persone del suo tempo, dedicata tutta alla
conoscenza. Nel terzo capitolo di Dal Medioevo al Duemila, ho cercato di delineare le linee guida
di quello spirito. Oggi per noi faremo un passo avanti, guardando a quella ricerca ed a quanto
illuminante per la nostra societ. Infatti la societ moderna e post moderna ha sviluppato ulteriori
strumenti di ricerca per conoscere Dio, come fecero i medievali, ma soprattutto per conoscere
luomo nelle sue strutture di conoscenza e nelle sue possibilit di evoluzione, di trasformazione
continua, di continua crescita, di un vissuto che assieme sviluppo di una matrice cognitiva gi
data, dellinconscio e della coscienza, ed interazione con le strutture collettive, con la societ, con la
storia. E lo strumento fondamentale per questa conoscenza appunto la psicologia.
Quindi, se nel Medioevo la conoscenza delluomo parte dalla conoscenza di Dio, oggi la
conoscenza di Dio parte dalla conoscenza delluomo. Se per il medievale si pu quindi conoscere
luomo a partire da Dio, per luomo contemporaneo si pu conoscere il divino partendo dalluomo.
La cosiddetta svolta antropocentrica ha radici antiche, che partono addirittura dallumanesimo
cristocentrico di S. Francesco dAssisi e dagli umanisti rinascimentali, ma che ha il suo punto di
svolta soprattutto in epoca moderna, con Cartesio. Lo sviluppo delle scienze antropologiche non
altro che la conseguenza di questo lungo, irreversibile processo storico e culturale. Fra queste
scienze, oggi, una delle pi seguite la psicologia, soprattutto dopo Freud. In ogni caso riaffiora
anche nella ricerca psicologica e psichiatrica un problema che non solo filosofico, ma che
riemerge dal vissuto dei pazienti sottoposti a terapia: il problema di Dio.
Il problema di Dio

Dio esiste, io l ho incontrato: il titolo della celebre opera di Frossard pone alla psicologia un
problema difficile. Detto cos, di fronte al terapista, laffermazione sembra per lo meno azzardata, in
quanto non possibile applicare una scienza dimostrativa o fare un esperimento di psicologia con
strumenti adeguati durante questo incontro. Esso infatti norm almente imprevisto dal soggetto
( p. es. S. Paolo sulla via di Damasco) e si tratta di una percezione che avviene normalmente in un
contesto di vissuto gi predisposto in qualche maniera ( attenzione verso il campo religioso da parte
del soggetto, sia in senso positivo che negativo). Insomma questo incontro raccontato sia da
fervidi credenti che da atei, convinti fino a che, un bel giorno Si tratta dunque di unesperienza.
Ma che cosa si intende per esperienza di Dio? Se infatti la scienza figliola dellesperienza,
questo tipo di percezione ha bisogno di tempo per essere rielaborata dal soggetto, in maniera che
egli la trasferisca a livello della coscienza ( cio se ne renda conto appieno). S. Paolo lesempio
classico, e dalle sue lettere possiamo capire come quellesperienza, quella percezione straordinaria
lo ha portato ad una presa di coscienza graduale ( raccontata negli Atti), e infine ad un radicale
cambiamento di prospettiva del suo vissuto e delle sue scelte. C quindi in questa esperie nza un
aspetto passivo (Erlebnis essere colpito) che riguarda lemozione subita, ed uno attivo ( Erfahrung
rielaborazione), concepito come un viaggio dentro se stessi, (dal tedesco fahren, viaggiare) e dalla
successiva narrazione o testimonianza a distanza di tempo, secondo una prospettiva che si ripete in
molte esperienze mistiche.
Il problema di Dio oggi non ha una grande rilevanza sociale, a differenza del Medio evo, quando
invece la fede era vissuta come parte integrante della societ. Oggi sembra essere un atto personale,
che riguarda il vissuto del singolo, pi che coinvolgere la coscienza sociale, ad eccezione di certi
momenti particolari, come le grandi feste o le cerimonie di beatificazione o santificazione. Solo i
luoghi dove posto un santuario, meta di pellegrinaggi, rimangono coinvolti dal punto di vista
sociale, in quanto la grande affluenza di pellegrini porta sia la necessit di unorganizzazione civile,
sia il coinvolgimento della stessa vita pubblica, inevitabilmente influenzata dal movimento di
devozione. Il processo di individualismo nella fede sembra avere origine verso la fine dell800,
nellepoca del positivismo, dellindustrializzazione e delle grandi invenzioni. Lo sviluppo delle
scienze e la tragedia delle due grandi guerre mondiali ha portato ad una crisi dei valori religiosi,
proprio su questo campo. Lillusione di poter puntare tutto sulla scienza e sui beni materiali sta
facendo il resto.
Dal punto di vista antropologico, la fede in un dio pi o meno misterioso, o in una serie di dei
parte integrante di un inconscio collettivo che ben lungi dallessere spento o sorpassato. Anzi,
bisognerebbe dire che la fede fa parte delle strutture delluomo in quanto tale, in quanto
continuamente tutti noi, nella nostra vita quotidiana, facciamo degli inconsapevoli atti di fede,
anche se non cos impegnativi come quello sullesistenza di Dio. Ci fidiamo p. es. delle notizie
riportateci da persone a noi conosciute, e quindi credibili, come ci fidiamo di servizi pubblici, o
commerciali, o legali, o assicurativi, che ci garantiscono una qualit nei servizi che forniscono, ma
che non conosciamo fino a quando non ne abbiamo usufruito ( ed a volte sono dolori). Facciamo
anche un secondo atto di fede, sicuramente pi impegnativo, quando crediamo alle persone care,
parenti, mariti, mogli, figli, o amici, che dicono di amarci o volerci bene. Qui c un salto di fiducia,
in quanto la dimostrazione non sempre automatica, verificabile razionalmente. Si ha un atto di
fede basato su di una rivelazione che queste persone fanno sui loro sentimenti verso di noi. Di
fronte per alle difficolt dei rapporti e alle situazioni negative vissute, si sente che questo amore
umano risulta a volte insufficiente, minato com dallegoismo o dalla superficialit. La fine della
vita, la malattia, la morte di una persona cara mettono poi di fronte al desiderio di amore assoluto e
di immortalit, che luomo da sempre esprime con la fede in unentit superiore e di una vita oltre la
vita terrena. Il problema di Dio, quindi sorge in concomitanza con le domande sul principio e sulla
fine della vita, insomma sul suo senso.
Riflettendo quindi su tali questioni, luomo ha cercato di dare risposte che non necessariamente
passano per la Rivelazione o per una religione, ma prima di tutto dalla ragione. La filosofia (amore
della sapienza) cerca di dare risposte razionali sulle strutture fondamentali delluomo, sulle capacit
di conoscenza, sulla vita e sul suo senso universale. Cos, fin dallantichit classica, gli uomini
hanno riflettuto sulla natura e sulla vita delluomo, postulando lesistenza di una Idea primordiale o
di una Causa prima come origine, fine e senso di tutte le cose, chiamandola Dio. E, per uno strano
caso della storia, quelle antiche riflessioni furono riprese dagli uomini medievali. Infatti apparve
loro che tali idee non erano affatto contrarie alla fede, ma anzi ne costituivano laspetto razionale
imprescindibile, necessario. Cos il versetto di Isaia Se non crederete non comprenderete divenne
il leit motiv della ricerca medievale, il perno su cui gira uno degli sforzi speculativi pi importanti
della storia. In questa ricerca, tra ragione e fede, gli intellettuali si divisero in due grandi gruppi, che
troverete nel testo. Mai prima o dopo questo periodo la ricerca intellettuale sul problema di Dio
trover un cos generoso sforzo, se non forse con un ritorno nel 900, quando la crisi della societ e
il dramma delle guerre mondiali far riemergere questo problema.

La psicologia di fronte al problema di Dio

Quando la psicologia, alla fine dell800, si in parte distaccata dalla filosofia per diventare
analisi scientifica della mente e cura dei disagi psicologici, si posto il problema di affrontare la
diagnosi e la cura di pazienti affetti da disturbi mentali in cui la religione era sentita come problema
e vissuta come disagio. In particolare Freud, con la sua esperienza di terapeuta, sviluppa una teoria
che non solo psicologica ma anche filosofica, in saggi come Totem e tab (1912-13) Lavvenire di
unillus ione (1927) Il disagio della civilt (1928) Luomo Mos e la religione monoteistica: tre
saggi (1934). Freud tenta in questi saggi unanalisi psicologica della societ e del posto della
religione in essa, alla luce delle sue fondamentali scoperte sullin conscio, sullinterpretazione dei
sogni, sulle pulsioni, sui rapporti tra padre, madre e figli. Egli si muove nel contesto storico dello
sviluppo positivistico delle scienze, in un contesto ateo, e le sue scoperte sembrano confermare
come lidea di Dio sia legata ad un senso di colpa collettivo e personale. In particolare la primitiva
dominazione dei maschi nelle societ tribali, e la loro lotta per il dominio sociale e per la
preminenza in campo sessuale avrebbe trasmesso alla societ un disagio. Questo disagio,esprime un
inconscio senso di colpa, e si manifesta con la condanna di Edipo, cio della pulsione sessuale del
figlio verso la madre e delleliminazione del padre come maschio rivale. A livello sociale, questo
senso di colpa sublimato nella funzione della Legge, che ha la sua massima proiezione psicologica
nel concetto di Dio.
Dio, a livello sociale, rappresenta la legge, come il padre, per il bambino, rappresenta la regola, il
Super Io, che frena la pulsione sessuale verso la madre o verso la femmina, in generale. La regola
familiare, come la legge sociale un modo di controllare dallesterno le pulsioni e frenare la
concorrenza tra i maschi. Cos il concetto di Dio non il risultato di una rivelazione o laccoglienza
di una persona, ma della nevrosi derivata dal senso di colpa per luccisione fisica o psicologica del
padre. Il senso di colpa si combina quindi con la necessit di una legge esterna e con la necessit
del perdono per aver violato la legge. In realt Dio non esiste, solo la proiezione psicologica della
figura del padre.
Un allievo di Freud, Carl Gustav Jung ha una definizione meno radicale e forse pi scivolosa, in
quanto dice che Dio deve essere cercato allinterno di noi stessi, e si identifica con le forze
universali collegate al nostro S (sebst). Molti disagi psicologici sono dovuti proprio al super
controllo razionale che ciascuno esercita sul queste forze presenti in noi. In particolare i disturbi
dellemozione sono dovuti proprio alla perdita di contatto con questa forza un iversale. Dio pu
essere trovato dentro di noi, e questo ritrovare il proprio originale S in contatto con luniverso lo
scopo della psicologia analitica. Solo in tal modo, sforzandosi di far riemergere quelloriginale S
ognuno pu ritrovare la vera essenza di se stessi (teoria dellindividuazione). Cos Dio la forza
universale con cui ciascuno di noi vive la propria singolarit, la propria individualit, il proprio
essere se stessi, nella piena libert. Questa teoria il frutto dei lunghi studi che lo psichiatra fece, a
contatto con le culture orientali e con lo studio delle societ africane e delle religioni sciamaniche.
La mia la st oria di unautorealizzazione dellinconsciodice lo psichiatra svizzero, un emergere
del S dai legami, dalle maschere, dalle paure. Dio la forza che attua questa realizzazione. In un
suo famoso libro lo psichiatra Raffaele Morelli riprende questa teoria junghiana, indicando al
lettore una visione della vita simile a quella di un antico alchimista, che lega al concetto di Dio
macrocosmo e microcosmo, individuo ed universo. Una definizione che ricorda in parte S.
Agostino, ed anche Scoto Eriugena, e che lega indissolubilmente Dio alle sue creature.

La fede secondo i medievali e le fedi secondo noi

In effetti c n el Medio evo la presenza di due tendenze, che riguardano il concetto di Dio. Una
quella dei teologi, che vedono Dio come persona libera e sovrana, Sommo Bene, Creatore e Signore
delluniverso. Egli sostiene luniverso con la sua potenza senza identificar si con esso, anche se
legato alle sue creature da un vincolo damore. Ma c un altro aspetto della visione della fede
cristiana secondo i medievali, ritornato sorprendentemente nella nostra epoca, lepoca del
pluralismo religioso. Se infatti leggiamo gli scritti di famosi intellettuali medievali, come ad
esempio S. Ildegarda di Bingen, o S. Alberto Magno, troviamo alcune fonti del nostro pensiero.
Anchessi hanno una v isione olistica delluomo, in quanto riassume in s tutto luniverso.
Macrocosmo e microcosmo sono parti integrate dellunica creazione, corpo ed anima formano un
unico essere pensante. Se quindi i teologi tendono a distinguere le diverse funzioni dellanima e del
corpo e sottolineano il ruolo della ragione nella conoscenza di Dio, i mistici invece hanno una
visione pi antropocentrica, e sviluppano nei loro scritti un dialogo serrato con Dio, fatto di visioni,
sogni, miracoli e segni, parole e gesti, quasi scrivendo dei piccoli trattati di psicologia ante litteram.
In questo senso, mentre gli scritti dei teologi ci sembrano pi difficili e datati, rispetto alla nostra
sensibilit, molto pi vicini a noi ci appaiono le esperienze dei santi e delle sante, che hanno
espresso la loro fede in questo rapporto con Dio, fatto di tante piccole sfumature quotidiane e di
unauto analisi della loro anima da far invidia agli psicoanalisti. Le esperienze mistiche non sono
mai per loro una fuga dalla realt o uno sdoppiamento di personalit, o una forma dissociativa; essi
vivono con estrema lucidit le loro esperienze, ne parlano poco e malvolentieri, affidano spesso allo
scritto le loro esperienze.
In questo senso, nella nostra epoca di libert e pluralismo, essi appaiono pi vicini alla nostra
sensibilit, anche se essi hanno nella fede cristiana il loro solido punto di riferimento. Noi forse
stiamo recuperando la loro visione olistica, anche se in un contesto di confusione religiosa e di
panteismo, che deriva appunto dalla diffusione dei nuovi movimenti religiosi e delle teorie
junghiane, indubbiamente tendenti a questo. Se infatti Dio si pu ritrovare dentro di noi, cosa
indubbia, non si capisce bene il limite di questa presenza e se essa non sia tutto sommato la
proiezione di un nostro desiderio o di una nostra idea o emozione. Lassenza dei punti di rif erimenti
esterni, molto presenti invece nella societ medievale, rendo la nostra ricerca di Dio molto pi
incerta e sofferta, a volte deludente.
Conoscenza psicologica e conoscenza spirituale

Quindi per luomo medievale, soprattutto per lintellettual e, basilare la conoscenza, come
abbiamo visto, conoscenza di Dio e conoscenza delluomo. E le varie teorie sulla psiche umana che
si sono susseguite nel millennio medievale, ruotano attorno alla natura soggettiva oppure oggettiva
della conoscenza, soprattutto quando essa vuol salirne i massimi gradi e conoscere Dio. Per gli uni
una conoscenza di carattere strutturale, totale, che riguarda lindividuo, una percezione soggettiva
che influenza anche il corpo e che influenzata da esso, per gli altri una conoscenza
comprensibile in base alloggettivit della Rivelazione, e quindi compatibile con la ragione, e per
questo capace di influenzare in maniera determinante lanima non solo a livello percettivo, ma
anche livello della coscienza razionale, in modo che il soggetto sa rendere ragione della propria
fede.
Queste due teorie, una legata allesperienza mistica, pi individuale, laltra legata invece
allindubbia influenza esterna di una Rivelazione sulla psiche umana si rincorrono in tutti gli
intellettuali medievali, prevalendo ora luna ora laltra, anche se alla fine a prevalere fu lequilibrio
tra ragione e fede di S. Tommaso dAquino, pi che il misticismo di S. Bonaventura e dei
francescani. Ma quello che pi sorprende come, nella recente storia della psicologia clinica,
queste due teorie ritornano, rinnovate, ma non sostanzialmente mutate, e trasferite in paradigmi. Il
paradigma, in psicologia, un modello interpretativo globale dellanima umana. E una serie di
regole che determinano la descrizione o linterpretazione della psiche vista non solo in se stessa, ma
anche nella sua interazione con la societ o lambiente circostante. Ogni singolo studioso pu poi
liberamente applicare il paradigma a seconda dei pazienti o delle patologie da affrontare,
cambiandone i dettagli, ma non lapproccio di fondo.
Cos il modello behaviorista metteva laccento sullinfluenza degli eventi esterni sulla psiche,
mentre il paradigma cognitivista comportamentale, il pi usato attualmente, sottolinea il ruolo del
soggetto e dellinterpretazione che egli d agli avvenimenti della sua vita. In particolare Lewin
esprime nella sua teoria del campo esprime lidea che il modo in cui ci si rappresenta il mondo
fattore principale dellagire dellessere umano. Insomma semb ra di risentire quel ritornello
dipe ndeda come guardi il mondo tutto dipende. C infine chi sottolinea limportanza delle
relazioni tra individui (interazionalismo simbolico), e che mettono in evidenza, con la teoria dei
ruoli, limportanza del ruolo che si assume allinterno di ogni specifico rapporto.
Chi ha letto il capitolo del libro Conoscenza spirituale, sa che ho diviso la conoscenza su tre
livelli, riprendendo in maniera moderna la teoria tomista della conoscenza. Ma questi paradigmi, se
ci fate caso, riprendono in qualche maniera le due grandi linee tracciate dagli intellettuali medievali:
i behavioristi pongono laccento sulloggettivit, i cognitivisti sulla soggettivit, ma anche la teoria
della Gestalt (psicologia della forma, o strutturalismo) vuole mettere in evidenza le strutture della
conoscenza come derivate dallesperienza diretta (p. es. la fenomenologia di Husserl o lanalisi
psicologica di Sartre), e come la percezione dei fenomeni da parte della mente avviene nel loro
insieme, pi che nelle singole parti. In ogni caso sono due tendenze che si rincorrono in tutto lo
sviluppo della filosofia, della teologia, della spiritualit e della psicologia clinica. C chi d il
primato alla soggettivit della conoscenza , chi alloggettiv it. Oggi la preminenza data, in tutte
queste discipline, al soggetto pensante, ma anche al soggetto biologico con tutto il suo carico
genetico e la sua tendenza o meno a cadere nelle patologie, anche psichiche.
Entrando un pochino pi nel dettaglio, coloro che vivono una vera esperienza mistica non
soffrono di disturbi dissociativi, non sono in stato ipnotico, non hanno una visualizzazione indotta
dalla loro fantasia. In realt la conoscenza spirituale ha alcune precise fasi, delineate da un grande
mistico come S. Gregorio di Nissa nella sua Vita di Mos, ed i cui temi sono ripresi nella
Teologia mistica dello Pseudo Dionigi, teologo siriano del VII sec., che influenz tutto il Medioevo,
dallepoca car olingia fino alla mistica renana ed a Nicola Cusano. Secondo questi scrittori (
pensiamo anche a S. Bonaventura ed al suo Itinerarium mentis) ci sono tre momenti precisi e
ricorrenti nella conoscenza spirituale: illuminazione, purificazione ed elevazione. Cos Mos viene
illuminato da Dio nel roveto ardente, poi subisce tutta una serie di prove fino alla finale fuga
dallEgitto; infine, sul Sinai, si reca sulla cima del Sinai dove entra nella nube, cio al cospetto di
Dio ed in comunione con lui. In realt, secondo tutti questi scrittori la conoscenza spirituale
superiore alla conoscenza psicologica. Questa infatti vuol inquadrare lindividuo secondo categorie
razionali di conoscenza, ma quando la persona entra in rapporto damore con un' altra, in realt si
entra nella nube della non conoscenza. I nfatti lamore non misurabile tramite una semplice
analisi fenomenologica o con lattivit di fero rmoni ed endorfine. Questi mezzi cio non sono
sufficienti a spiegare il mistero della libert sovrana di due individui che si donano
reciprocamente.Questo discorso ancor pi vero quando si vuol entrare in rapporto con Dio, Amore
e Libert assoluta. Per questo lo Pseudo Dionigi parla di supe rconoscenza, o ancora Evagrio
Pontico lo definisce dotta ignoranza. Lo Spirito infatti c onosce le profondit di Dio: e chi pu
conoscere le profondit delluomo se non lo spirito che in lui? Ora a noi stato donato lo Spirito
di Cristo scrive S. Paolo ai Romani. Unanalisi anche solo psicologica di questa bellissima sintesi
paolina meriterebbe da sola unintera lezione.
Qui per dobbiamo fare una precisazione. Questo discorso non vuol affatto dire che la
conoscenza derivata dallo studio della filosofia o della psicologia siano inutili, anzi. Infatti ogni
rapporto di comunione damore coinvolge tutto lessere: anima, cor po, cervello, e sappiamo quanti
blocchi, quante maschere, quanti legami psichici ci possano impedire di amare veramente.
Aggiungiamo poi la tendenza allegocentrismo che in fondo tutti noi abbiamo, e gi c molto
materiale per il terapeuta. Se poi pensiamo di essere in un vero rapporto di conoscenza con Dio,
dobbiamo anche aver il coraggio di chiederci fino a che punto esso non sia un vero rapporto o a
volte il frutto dei nostri desideri, delle nostre paure, o della fantasia, o una proiezione del nostro Io.
Un cammino di conoscenza spirituale ha bisogno di umilt, di confronto, di semplicit danimo. La
fede religiosa deve portare, anche a livello psichico, ad unapertura danimo, non certo ad una
chiusura; deve essere portatrice dequilibrio e di maggior c onsapevolezza, anche dei propri limiti,
ma con la gioia di sentirsi comunque amati da Dio. Non importa ci che siamo stati o quello che
saremo, il Vangelo, come anche la moderna psicologia, ci invitano continuamente a vivere il
presente, a non essere fuor i tempo, ad affidare il passato a Dio, per quanto esso possa essere
penoso o disagiato, ed a vivere ogni momento nella gioia.
Nel volume riprendo i gradi della conoscenza di S. Tommaso, e che appaiono, sintetizzati nella
pagina del sito a lui dedicata, www.medio-evo.org/tommaso.htm .Nel libro ho voluto dare
unindicazione ancor pi pratica, che deriva da unesperienza personale, ma anche da studi che lo
hanno confermato. Per conoscenza spirituale si intende una conoscenza che avviene quando una
persona si apre ad unaltra, rivelando pensieri e sentimenti in maniera libera. E colui che accetta
questa rivelazione, accoglie la persona che si rivela per quello che , con pregi e difetti, amore ed
egoismo. Nasce cos una comunione profonda, fatta di verit ed amore, di errori riconosciuti e di
perdono, di apertura allaccoglienza e di slancio verso laltro. Ma questo rapporto si pu avere solo
nello Spirito, in quanto il frutto della piena consapevolezza, ma anche di superamento di s. Solo
lo Spirito, persona dono, capace di mettere in comunione il Padre ed il Figlio, ma anche le
persone tra di loro nella verit e nellamore. Per questo i santi ed i mistici parlano di una
supercon oscenza che oltrepass a la conoscenza fisica e psicologica, nel senso che le riempie di
sapienza, che sapida scientia (S. Bonaventura).

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