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PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA ITALIANA

MINISTERO PER I BENI


E LE ATTIVITA CULTURALI
Capolavori
ritrovati

NOSTOI

Roma, Palazzo del Quirinale


Galleria di Alessandro VII

21 dicembre 2007 - 2 marzo 2008


SEGRETARIATO GENERALE
DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
In copertina:
Statua in marmo di Vibia Sabina
II secolo d.C.
Foto di Giovanni Ricci Novara, Parigi

Nessuna parte di questo libro


pu essere riprodotta o trasmessa
in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo
elettronico, meccanico o altro
senza lautorizzazione scritta dei
proprietari dei diritti e delleditore

2007 Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica


NOSTOI

Capolavori
ritrovati
Roma, Palazzo del Quirinale
Galleria di Alessandro VII

21 dicembre 2007 - 2 marzo 2008


ARMA DEI CARABINIERI
Gianfrancesco Siazzu
Comandante Generale dellArma dei Carabinieri

Giovanni Nistri
Comandante Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale

Raffaele Mancino
Comandante del Reparto Operativo
Tutela Patrimonio Culturale
NOSTOI. CAPOLAVORI RITROVATI
Massimiliano Quagliarella
Roma, Palazzo del Quirinale Comandante Sezione Archeologia Reparto Operativo
21 dicembre 2007 2 marzo 2008 Tutela Patrimonio Culturale

MOSTRA A CURA DI
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA ITALIANA Louis Godart
Segretariato Generale della Presidenza della
Repubblica ORGANIZZAZIONE GENERALE
Comunicare Organizzando
Donato Marra
Segretario Generale
Alessandro Nicosia
Presidente
Louis Godart
Consigliere per la Conservazione del Patrimonio Artistico
Martina Cocco
Francesco Lozzi
Organizzazione

Simona Piccini
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI Promozione e pubblicit
Francesco Rutelli Maria Cristina Bettini
Ministro
Francesca Plonski
Guido Improta Pubbliche relazioni
Capo di Gabinetto
Sandra Rufo
Giuseppe Proietti Mariangela Scaramella
Segretario Generale Segreteria

Stefano De Caro Ufficio stampa


Direttore Generale per i Beni Archeologici Novella Mirri

Bruno De Santis
Progetto di allestimento
Direttore Generale per il Patrimonio Storico Artistico
Michelangelo Lupo
ed Etnoantropologico
con la collaborazione di
Daniel Berger
Consulente del Ministro per i Beni e le Attivit Culturali
Imerio Palumbo
Comunicazione e grafica della mostra
Anna Maria Dolciotti
Studio grafico LAsterisco
Claudia Scardazza
Staff tecnico Trasporti
Borghi
Assicurazioni
In Pi Broker
CATALOGO Un particolare ringraziamento a
A cura di
Ministero della Cultura di Grecia
Louis Godart
Vivi Vassilopoulou
Stefano De Caro Direttrice Generale
Coordinamento editoriale
Elena Korka
Luciana Del Buono Direttrice delle Antichit Preistoriche e Classiche
Campagna fotografica
Paolo Ferri
Giovanni Ricci Novara Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma
Assistente alle riprese
Larissa Pusceddu Maurizio Fiorilli
Avvocato dello Stato
Immagini provenienti da altri archivi Michael Brand
The Metropolitan Museum of Art p. 77 Direttore del J. Paul Getty Museum
J. Paul Getty Museum Imaging Lab. pp. 55, 69, 81,
85, 95, 105, 111, 113, 165, 171, 181, 191, 197, 199, Philippe de Montebello
Direttore del Metropolitan Museum of Art
201, 202-203, 205, 217, 219, 220-221, 222-223, 225,
231 Malcolm Rogers
Museo Archeologico Nazionale di Atene p. 235 Direttore del Museum of Fine Arts, Boston
Alfredo Dagli Orti, Thiene (VI) pp. 22, 215 Susan Taylor
Rosario Anselmo, Trapani p. 153 Direttore del Princeton University Art Museum
Immagini fornite dallautore del testo p. 34
Royal Athena Galleries, New York
Progetto grafico e impaginazione Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia
Les Hrissons, Parigi Soprintendenza per i Beni Archeologici dellEtruria
Meridionale
Stampa
Tecnostampa, Loreto Villa Adriana, Tivoli
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio

Museo Civico di Castelvetrano


Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani

Palazzo Massimo
Soprintendenza Archeologica di Roma

Museo dei Bronzi Dorati e della Citt di Pergola


Ufficio Cultura e Turismo del Comune di Pergola

Eleonora Di Giuseppe
Ufficio Conservazione Patrimonio Artistico

Si ringraziano vivamente i restauratori


della Soprintendenza archeologica di Roma per
Collaboratore tecnico
la loro preziosa collaborazione e tutti coloro
che hanno contribuito alla realizzazione della mostra.
SOMMARIO 13 Interventi
Giorgio Napolitano
Presidente della Repubblica Italiana

Francesco Rutelli
Ministro per i Beni e le Attivit Culturali

Louis Godart
Consigliere per la Conservazione del Patrimonio Artistico
della Presidenza della Repubblica Italiana

Giuseppe Proietti
Segretario Generale del Ministero per i Beni e le Attivit Culturali

Gianfrancesco Siazzu
Comandante Generale dellArma dei Carabinieri

Maurizio Fiorilli
Avvocato dello Stato
Paolo Giorgio Ferri
Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma

Michael Brand
Direttore del J. Paul Getty Museum

Philippe de Montebello
Direttore del Metropolitan Museum of Art

Malcolm Rogers
Direttore del Museum of Fine Arts di Boston

Susan M. Taylor
Direttore del Princeton University Art Museum

35 Testi
Larte rubata
Fabio Isman

Dalla bellezza alla storia


Stefano De Caro

50 Schede delle opere


a cura di Stefano De Caro

237 Abbreviazioni bibliografiche


ETRURIA
32. Anfora etrusca a figure nere con la morte
di Medusa e delle sorelle Gorgoni

Attribuita al Pittore di Tityos, ca. 530-510 a.C.


H. 35; diam. 22
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AE.139

La spalla di questanfora decorata con la scena della morte della Gorgone


Medusa per mano delleroe Perseo, un tema gi popolare nellarte greca
arcaica e da questa passata a quella etrusca. Le Gorgoni erano le mostruose
figlie di Phorkys, un antico dio marino e di sua sorella Keto, un mostro
marino. Su questo vaso Medusa caduta, la lingua sporgente e le ginocchia
piegate, nello schema consueto dellepoca e dalle sue ferite emergono
due cavalli alati, Pegaso e Crisaore (questultimo nella mitologia greca aveva
invece forma umana). Le altre Gorgoni compaiono a sinistra di Medusa e
sul retro del vaso e recano in mano mazze a due teste sferiche, armi o forse
simboli della loro potenza. Sulla zona inferiore, un fregio di animali e piante
mentre il collo ornato con una coppia araldica di pantere unite per la testa.
Il ceramografo etrusco modernamente denominato pittore di Tityos, attivo
probabilmente nella citt di Vulci allincirca tra il 530 e il 510 a.C., fu uno
degli artisti di origine greco-orientale che, per sfruttare la fiorente domanda
del mercato etrusco di vasi greci, crearono la classe dei vasi detti Pontici,
comprendenti forme greche e indigene decorate nella tecnica a figure nere con
abbondante uso di colori aggiunti, il rosso e il bianco.

BIBLIOGRAFIA: CVA Getty 9, pp. 23-24, pls. 489-493; Handbook 2002, p. 140.

130
33. Oinochoe etrusca a figure nere con guerrieri

Attribuita al Pittore di Tityos, ca. 530-510 a.C.


H. 29,2
Gi Royal Athena Galleries, New York

Il vaso, nella tipica forma di derivazione da modelli metallici, decorato


da un fregio principale figurato allaltezza della spalla, con due schiere
di guerrieri che si affrontano armati di scudo, lancia e di un elmo a calotta,
vestiti solo di un perizoma. Un secondo fregio animalistico, con una fila
di cigni ad ali spiegate, posto invece nella parte inferiore del ventre.
Tra i due una catena di boccioli di loto; sul collo palmette e fiori di loto.

BIBLIOGRAFIA: inedito

132
34. Antefissa etrusca con Sileno e Menade danzanti

Inizi V secolo a.C.


H. 54,6; largh. 32,5
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AD.33
Da scavi clandestini operati in Italia centrale

Lantefissa, realizzata a matrice, rappresenta un gruppo di una Menade e


un Sileno in passo di danza. Le figure, stanti su una base dipinta a motivi
geometrici, muovono verso destra; la Menade, con il chitone che conserva
cospicue tracce di policromia e le nacchere in una mano, cerca di sottrarsi
allabbraccio del Sileno, coronato dedera, che da dietro labbranca per la
spalla con la destra e nella sinistra regge un corno potorio. Si noti la tipica
bicromia arcaica per differenziare i sessi: bianco per lincarnato femminile,
locra per quello maschile. Sul retro si conserva parte dellestremit del coppo.
Alternandosi probabilmente con il tipo del Sileno in primo piano volto verso
sinistra che insegue la Menade, queste antefisse davano un vivace senso di
movimento al bordo dei tetti dei templi etrusco-laziali. In particolare questo
tipo documentato al Museo di Villa Giulia da esemplari provenienti dal
tempio minore del santuario di Civita Castellana (VT), localit La Vignale.
La stessa serie iconografica, pi antica e con modellato pi vigoroso, decorava
il tempio di Mater Matuta sullacropoli di Satricum (cfr. A. Andrn,
Architectural Terracottas from Etrusco-Italic Temples, Skrifter Utgivna av
Svenska Institutet i Rom, VI, Acta Instituti Romani Regni Sueciae, VI, Leipzig,
O. Harrassowitz, 1940, pp. 100-101, tav. 33, I:1. Per quelli da Satricum, ibidem,
pp. 471-473, tavv. 147-149).

BIBLIOGRAFIA: GROSSMAN 1997, pp. 18-19, n. 9; Handbook 1997, p. 41.

136
35. Statuetta etrusca in bronzo di atleta con lo strigile

Produzione di Spina, ca. 390-380 a.C.


H. col plinto 10,5
Museo Nazionale di Ferrara, inv. 3954; rubata il 03.08.1970; poi Royal Athena
Galleries, New York

La statuetta, elemento terminale di un candelabro, proviene dalla tomba 45 A


di Spina. Essa rappresenta un giovane atleta stante, con un braccio poggiato
sullanca e un altro steso lungo la gamba sinistra a reggere nella mano uno
strigile, lo strumento con cui gli atleti, al termine delle gare, si detergevano
dalla sporcizia e dallolio di cui si erano unti, impastatosi con la polvere della
palestra. Nella rappresentazione dellanatomia e nella ponderazione la statua
richiama modelli scultorei greci tardo classici; il bronzetto, datato agli inizi
del IV sec. a.C. anche sulla base del contesto ceramico associato, ne richiama
iconograficamente un altro, pi antico di qualche decennio, ma probabilmente
della stessa officina, della tomba 133 A e uno, pressoch contemporaneo, della
tomba 249 A della stessa necropoli. I diversi elementi dei candelabri, piedi,
fusti, bracci ed elementi decorativi, erano realizzati per fusione separatamente
e assemblati con saldature.
A differenza dei Greci che usavano lucerne ad olio per lilluminazione, gli
Etruschi usavano candele, che venivano fissate allestremit dei bracci
dei candelabri.

BIBLIOGRAFIA: E. Hostetter, Bronzes from Spina, I, Mainz, von Zabern,1986, p. 79.

140
36. Asks plastico etrusco in forma di paperella

Officina chiusina, Gruppo Clusium, 350-300 a.C.


Lungh. 13,5; diam. piede 5
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 83.AC.203
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Questo vaso a forma doca dalle penne finemente disegnate era probabilmente
usato per versare oli profumati; alla sua funzione relativa alla cosmesi muliebre
alludono verosimilmente le figure femminili nude alate dipinte in altri vasi
dello stesso gruppo sono rese a rilievo sui fianchi alla cui convessit si
conforma la posizione sinuosa del corpo. Una di esse, che reca in mano un
alabastron pu essere identificata come Lasa, divinit minore associata
allAfrodite etrusca Turan. Alcuni fori di trapano ricordano un antico restauro,
segno del pregio in cui era tenuto loggetto.

BIBLIOGRAFIA: M.A. Del Chiaro, A Clusium Group Duck-Askos in Malibu, in Greek Vases
in the J. Paul Getty Museum, Occasional Papers on Antiquities, 2, Malibu, The J. Paul
Getty Museum, 1986, pp. 139-142, figg. 1a-b; CVA Getty 9, pp. 43-44, n. 42, tavv. 514 e
515, 1-2.

142
37. Specchio etrusco in bronzo a rilievo
con lincontro tra Ulisse e Penelope

Fine del III secolo a.C.


H. 3; diam. 15,1
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AC.132
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Lo specchio, un oggetto caratteristico del corredo funerario femminile, qui nella


forma a chiusura tipica della produzione etrusca della fine del III secolo a.C.,
decorato da una scena allusiva al matrimonio e alla riconciliazione. Ulisse,
a sinistra, con la barba e la corta tunica, identificato dal tipico berretto conico,
ritornato a Itaca dopo ventanni, si rivolge a Penelope, a destra, che lo ascolta
ancora incredula con il fuso nella mano, allusione alla tela con cui ha tratto
in inganno i Proci. Ai suoi piedi Argo, il cane fedele che mostra invece di
riconoscere il padrone posandogli la zampa sulla gamba.
Tra i due sposi unimmagine di Iuno Sospita, la dea italica delle citt, delle
donne e del matrimonio.

BIBLIOGRAFIA: Passion for Antiquities 1994, pp. 178-180, cat. n. 83.

146
38. Statuetta etrusca in bronzo di offerente con phiale

Officina dellEtruria interna, ca. 150-100 a.C.


H. 12,7
Museo Nazionale Etrusco di Chiusi, poi rubata il 28.04.1971; gi Royal Athena Galleries,
New York (individuata nel lotto n. 92, catalogo n. 68, Art of the Ancient World
volume VII, part. I January 1992)

La statuetta rappresenta un offerente, ammantato e coronato dedera, nel tipico


atteggiamento con le braccia distese e aperte, con una phiale nella mano destra.
Esso appartiene a un gruppo di esemplari, generalmente di qualit corsiva,
attribuito allarea dellEtruria interna e dellUmbria orientale (Perugia o Todi?),
in cui sono diffusi in et tardo ellenistica.

BIBLIOGRAFIA: G. Maetzke, I bronzetti etruschi del Museo di Chiusi, Studi Etruschi,


XXV, 1957, p. 489 ss.; M. Bentz, Etruskische Votivbronzen des Hellenismus, Biblioteca di
Studi Etruschi, 25, Firenze, Olschki, 1992.

148
Giorgio Napolitano
Presidente della Repubblica Italiana

La Presidenza della Repubblica consapevole che la tutela del patrimonio culturale un principio
fondamentale della nostra Carta Costituzionale, incoraggia e ospita le manifestazioni che hanno
come scopo la promozione e la salvaguardia dellarte italiana. Perci ha accolto con favore il
suggerimento del Ministro Rutelli di allestire nelle sale del Palazzo del Quirinale la mostra Nostoi.
Capolavori ritrovati che celebra il rientro nel nostro Paese di capolavori dellarte greca e romana
strappati negli anni passati a numerosi siti archeologici disseminati sul nostro territorio dallEtruria,
al Lazio, allarea vesuviana, alla Puglia, alla Sicilia.

Questa restituzione di decine di opere darte stata resa possibile grazie ad un rinnovato clima
di collaborazione tra i responsabili di alcune grandi istituzioni museali statunitensi e le Autorit
del nostro Paese.

La mostra allestita nella Galleria di Alessandro VII Chigi permetter ai cittadini dItalia e del mondo
di ammirare insieme ai capolavori ritrovati, altri tesori che stiamo recuperando grazie al paziente
lavoro dei nostri restauratori, come i mirabili affreschi che coprivano le pareti della galleria che
papa Alessandro VII commission tra il 1656 e il 1657.

13
Francesco Rutelli
Ministro per i Beni e le Attivit Culturali

Ancora negli anni 70 non erano in pochi, anche nel nostro Paese, a pensare che di fronte ad una
sostanziale incapacit di conservare e valorizzare il patrimonio culturale italiano, non sarebbe stato
troppo grave se, per lintermediazione di qualche trafficante spregiudicato, una parte di quel
patrimonio, anzich rimanere trascurato e abbandonato in Patria, fosse stato accolto in qualche
grande istituzione culturale internazionale, dove fosse preservato ed esposto al pubblico.
Da allora abbiamo fatto molti passi avanti. La mostra Nostoi. Capolavori ritrovati ne
uneloquente, eccezionale testimonianza, per la quale dobbiamo profonda gratitudine al Presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano.
La forte azione condotta dallItalia sul piano internazionale per il recupero delle opere darte stata
ispirata dalla volont di recuperare lunicit e la contestualizzazione del nostro patrimonio
culturale, ma anche dalla determinazione di riportare al predominio dei principi etici il commercio
dellarte e dellarcheologia.
Molte opere darte sono state trafugate dal nostro Paese anche in precedenza, ma abbiamo deciso
di adoperarci attivamente tenendo a riferimento due date precise: il 1939, quando furono varate
le norme tuttora in vigore di tutela del patrimonio, e il 1970, anno in cui fu varata la Convenzione
UNESCO relativa ai mezzi per impedire e vietare limportazione, lesportazione e il trasferimento
illecito di beni culturali.
La nostra posizione, ancor prima che con la legge, intende proporsi con la forza dei principi etici.
Pensiamo che non si possa accreditare come unistituzione culturale quella che proponga al
pubblico opere trafugate e illegalmente acquistate: sarebbe paradossale invocare la cultura per
giustificare la detenzione di opere trafugate.
Grazie a questo metodo, sono stati conclusi con successo i negoziati con il J. Paul Getty Museum
di Los Angeles, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Museum of Fine Arts di Boston e il
Princeton University Art Museum, che ci hanno consentito di recuperare numerose ed importanti
opere darte, molte delle quali sono esposte in questa mostra, ma ancor pi di intraprendere stabili
collaborazioni e scambi scientifici ed espositivi.
Nella mostra figurano 68 pezzi di eccezionale valore storico-artistico, tra i quali la statua marmorea
risalente al 136 d.C. raffigurante Vibia Sabina, moglie dellImperatore Adriano, la Psykter in
terracotta a figure rosse del 510 a.C. attribuita a Smikros, il cratere a calice firmato dal Pittore
Asteas, il Trapezophoros del 325-300 a.C. raffigurante due grifi che sbranano una cerva, la statua
marmorea del I-II secolo d.C. raffigurante Apollo con grifone.
Abbiamo stretto intese che hanno permesso alle istituzioni interessate di ottenere, in cambio degli
oggetti ritornati in Italia, opere di non minore valore artistico, cos da non penalizzare il proprio
pubblico. Ci siamo impegnati a mantenere questa formula di cooperazione nel lungo termine,
trasformando in uno scambio virtuoso quello che fino ad ora era stata una sfida, una
contrapposizione.
Il nostro non un discorso nazionalistico. Al contrario: universale, perch ciascun patrimonio
nazionale appartiene al mondo, e non se ne pu affidare la circolazione ad organizzazioni illegali.
In linea con questa politica, lItalia ha gi restituito al Per la Maschera doro e il Signore di Sicam,
introdotte di contrabbando nel nostro Paese, al Pakistan e allIran preziose opere trafugate da altri
Paesi e intercettate sul nostro territorio dai Carabinieri della Tutela del Patrimonio.
Si tratta di comuni successi sul piano culturale, giuridico, ma soprattutto etico e civile.
Grazie a questa mostra, il grande pubblico potr essere partecipe di questo cammino, e potr
crescere la consapevolezza e lattenzione verso un tema che coinvolge la cultura internazionale,
oltre che lidentit del nostro Paese.
Lidentit dellItalia infatti profondamente legata alla consapevolezza culturale, alla coscienza
circa il valore del patrimonio, alla dimensione partecipata e critica verso le grandi scelte della
tutela e valorizzazione dei nostri Beni culturali. Visitare al Quirinale la mostra Nostoi. Capolavori
ritrovati, sotto gli auspici del Capo dello Stato, rappresenta uno dei pi bei doni che il Natale 2007
e il nuovo anno 2008 possano portare agli italiani.

14
MAGNA GRECIA E SICILIA
39. Lex sacra di Selinunte su lamina di piombo

Ca. 475-450 a.C.


H. 23; lungh. 60
Castelvetrano (TP), Museo Civico; gi J. Paul Getty Museum, Malibu

La lex sacra selinuntina, entrata nelle collezioni del J. Paul Getty Museum nel
1981 stata restituita allItalia nel 1992. costituita da una lamina di piombo
applicata in origine su un supporto, presumibilmente di legno, attraverso
una barra metallica che divideva il testo in due colonne. I caratteri epigrafici
e luso del dialetto caratteristico selinuntino hanno consentito lattribuzione
delliscrizione alla polis e in particolare, al santuario di Zeus Meilichios, parte
del complesso sacro di Demetra Malophoros. Il testo sacro, infatti, databile
al secondo quarto del V secolo a.C., descrive le pratiche cultuali e i rituali
di purificazione da compiere in onore di eroi locali e di divinit ctonie, tra le
quali Zeus Meilichios attestato anche nella madrepatria Megara Nisea. Il culto
del Meilichios, associato a gruppi familiari particolarmente influenti, rivestiva
grande importanza allinterno della comunit e contribuisce alla comprensione
dei rapporti intrattenuti da Selinunte con altre citt e aree del mondo greco.

BIBLIOGRAFIA: M. H. Jameson, D.R. Jordan, R.D. Kotansky, A Lex Sacra from Selinous,
GRB Monographs, vol. 11, Durham North Carolina, Duke University, 1993; G. Nenci, La
kubris selinuntina, Annali della Scuola Normale di Pisa, s. III, XXIV, 1994, pp. 459-466;
K. Clinton, A New Lex Sacra from Selinus: Kindly Zeuses, Eumenides, Impure and Pure
Tritopatores, and Elasteroi, Classical Philology, vol. 91, n. 2 aprile 1996, pp. 159-179;
G. Purpura, La lex sacra di Selinunte del V sec. a.C., in G. Purpura, Diritto, Papiri e
Scrittura, Torino, Giappichelli, 1999, pp. 12-14.

152
40. Asks magnogreco di bronzo in forma di Sirena

Officina locale della Calabria ionica, ca. 470-460 a.C.


H. 15,9; lungh. 19,4
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 92.AC.5
Da una tomba in localit Murgie di Strongoli, nel territorio di Crotone

Le Sirene erano per gli antichi le divinit della vita nelloltretomba. Erano
immaginate come creature mostruose con il corpo di uccelli e la testa di
fanciulle, dotate di un canto dolcissimo con cui attiravano irresistibilmente
gli uomini verso la morte: solo Ulisse collespediente dei tappi di cera nelle
orecchie dei suoi compagni e facendosi legare allalbero della sua nave pot
resistere al loro canto. Esse appaiono sovente nel culto e nel rituale funerario
come piangenti e come promessa di felicit dopo la morte. Il melograno e il
flauto di Pan (syrinx) che questa Sirena ha nelle mani indicano luso
funerario delloggetto, realizzato probabilmente come contenitore di oli
profumati. Il manico del vaso costituito da una statuetta di giovane, la cui
resa anatomica, come la pettinatura della testa femminile, forniscono
anchesse utili indizi stilistici per la datazione delloggetto. Esso trova
confronti in altri oggetti della metallotecnica dellarea crotoniate, in
particolare un altro asks dai pressi di Isola Capo Rizzuto (G. Jacopi, AC,
1953): vi si scorgono i caratteri di unofficina locale che si rif a esperienze
peloponnesiache, in particolare laconiche.
Un anello che pende dal braccio reggeva forse il tappo, ora perduto.

BIBLIOGRAFIA: Acquisitions 1992, JPGMJ, 21, 1993, pp. 104-105, n. 5; R. Belli Pasqua,
R. Spadea (a cura di), Kroton e il suo territorio tra VI e V secolo a.C. Appunti e nuove
ricerche, Atti del Convegno di Studi, Crotone 3-5 maggio, Comune di Crotone 2005, vol. I,
pp. 35-36, vol. II, tav. XIV, figg. 28-29 (per lesemplare da Isola Capo Rizzuto, ibidem,
p. 35, tav. XIII, figg. 24-27).

154
41. Nestors lucana a figure rosse con atleti e donne

Attribuita al Pittore di Amykos, ca. 420-410 a.C.


H. 49,6
Gi Museum of Fine Arts, Boston 1998.588

Si suole denominare con il nome di nestors (con allusione al celebre vaso


di Nestore citato nellIliade) una morfologia ceramica propria della tradizione
indigena dei popoli della Lucania, che continu a essere utilizzata anche dai
ceramografi educati allo stile decorativo greco. Questo vaso, decorato nella
parte centrale del corpo con scene raffiguranti atleti in conversazione con
giovani donne, stato attribuito al Pittore di Amykos, uno dei ceramografi
pi famosi operanti nellarea di Metaponto, per la raffinatezza del linguaggio
pittorico e la leggiadria delle figure.
Lalta fascia sottostante presenta una minuziosa decorazione di tipo geometrico.

BIBLIOGRAFIA: LCS, Suppl. 3, p. 390, n. 188b. Sulla collocazione dellofficina del Pittore
di Amykos nel Ceramico di Metaponto, cfr. F. dAndria, Metaponto. Scavi nella zona del
Kerameikos (1973), NSc, suppl. vol. XXIX, 1975, pp. 447-452.

156
42. Nestors lucana a figure rosse con guerrieri in armatura italica

Attribuita al Pittore di Amykos, ca. 420-410 a.C.


H. 28,5; diam. corpo 19,4
Gi Museum of Fine Arts, Boston, 1971.49

Vi raffigurato un guerriero osco seduto su una roccia con in mano lo scudo


e una lancia. Il copricapo tipico della cultura lucana. Davanti al guerriero
una fanciulla che gli porge una spada corta. Sul lato opposto rappresentata
una donna che indossa il chitone e porta in mano un tirso mentre si volta
verso un satiro itifallico che la insegue protendendo le braccia.

BIBLIOGRAFIA: Vase-Painting in Italy 1993, pp. 48, 54-55, n. 4; per le nestorides a figure
rosse, cfr. K. Schauenburg, Bendis in Unteritalien? Zu einer Nestoris von umgewhnlicher
Form, JdI, 89, 1974, pp. 137-186; G. Schneider-Herrmann, Red-figured Lucanian and
Apulian Nestorides and their Ancestors, Amsterdam, Allard Pierson Museum, 1980, pp. 31-33
(testo e fig. 1, 1), 46, 49, 59, 69, figg. 43, 43 a-b.

160
43. Cratere a volute apulo a figure rosse
con la liberazione di Andromeda

Attribuito al Gruppo di Sisifo, 410-400 a.C.


H. 63,3; diam. corpo 38
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 85.AE.102
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

La liberazione della principessa Andromeda dalle fauci del mostro marino cui
era stata offerta in sacrificio dai suoi stessi genitori, Cefeo e Cassiopea
questultima aveva provocato lira degli dei che avevano inviato il mostro
a devastare il regno era una delle pi famose imprese eroiche del mito
greco. Il momento qui rappresentato quello in cui la fanciulla viene legata
da un giovane alla rupe sulla spiaggia dove il mostro dovr divorarla. Sulla
destra arriva per Perseo che tratta un accordo con Cefeo: se uccider
il mostro otterr la fanciulla in sposa. Il retro del vaso presenta una scena
di giovani e donne.
Gi attribuita al Pittore di Sisifo attivo tra il 420 e il 390 a.C. , il vaso poi
stato attribuito al pi ampio Gruppo di Sisifo. Siamo comunque nellambito
della prima generazione di pittori apuli, quella che diede inizio alla produzione
tarantina sulla base della tradizione attica con linserimento di motivi indigeni
come le armi dei guerrieri italici.

BIBLIOGRAFIA: TRENDALL 1989, p. 26, fig. 44; CVA Getty 4, pp. 10-11, pls. 190-192;
Handbook 1991, p. 52; RVAp suppl.II, pp. 6-7, n. 1/90a; Masterpieces 1997, p. 82; (sul
Gruppo di Sisifo: cfr. RVAp I, pp. 3-27, 433-438, 1040, 1072, RVAp suppl. I, p. 3, RVA
p suppl. II, pp. 5-8.; M. Denoyelle, Lapproche stylistique: bilan e perspectives, in
DENOYELLE 2005, p. 105).

164
44. Cratere a campana apulo a figure rosse con Achille e Troilo

Attribuito al Pittore di Hoppin, ca. 380-370 a.C.


H. 36,2
Gi Museum of Fine Arts, Boston 1988.532

Sul lato principale Achille, armato di lancia e di scudo rotondo assalta da


destra il giovane Troilo, che avanza a cavallo recando un giavellotto nella
mano destra; alla vista di Achille il cavallo di Troilo si impenna. Entrambi
indossano corti chitoni di tipo italico con cinturoni. Sul lato secondario del
vaso tre giovani in himation stanno in conversazione. Nella versione ateniese
dellagguato a Troilo, Achille di norma raffigurato nascosto, in attesa,
pronto a balzare contro il giovane principe mentre questi si avvicina alla
fonte. Molti vasi italioti seguono questa versione tradizionale; nella versione
di questo pittore Achille lo attacca frontalmente e Troilo combatte nel vano
sforzo di salvarsi: la scena ispirata a quelle dei combattimenti con le
Amazzoni della fine del V secolo a.C. Il Pittore di Hoppin prende il nome da
un vaso gi nella collezione di questo studioso e ora nellArthur M. Sackler
Museum dellHarvard University; fu un seguace del Pittore di Tarporley;
abile disegnatore nei modi del Plain style, fu dotato di grande naturalismo
nella resa delle figure umane.

BIBLIOGRAFIA: RVAp, vol. 1, n. 50; RVAp suppl. II, p. 23; per confronti sul Pittore di
Hoppin, M.R. Jentoft-Nilsen, A.D. Trendall, Corpus Vasorum Antiquorum, The J. Paul Getty
Museum, Malibu, 4 (USA 30), Malibu, The J. Paul Getty Museum, 1994, p. 21, sub pl. 267, 1.

166
45. Cratere apulo a figure rosse con scena fliacica

Attribuito al Pittore del Corego, ca. 380 a.C.


H. 37; diam. bocca 45
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AE.29
Da scavi clandestini in Italia meridionale

Tra i temi della ceramica italiota sono frequenti quelli legati alla tradizione
teatrale delle rappresentazioni fliaciche; queste farse popolaresche, in gran voga
in Magna Grecia nel IV e nel III secolo a.C., mettevano in ridicolo i temi eroici
e mitologici del teatro classico o si ispiravano agli aspetti pi comici della vita
quotidiana. Il termine phlyax, usato sia per la recita che per il costume
dellattore, viene dal verbo greco gonfiarsi ed correlato con i costumi
imbottiti che insieme al grande fallo pendente caratterizzavano il tono
grottesco di queste rappresentazioni.
Su questo cratere, su un palcoscenico sostenuto da due pilastri in legno, un
uomo vestito da attore tragico, armato di due lance, e identificato
dalliscrizione come Egisto (Aigisthos), entrato dalla porta a sinistra. Lo
accoglie un vecchio fliace, denominato Choregos, che si appoggia a un
bastone; un secondo fliace con bastone, anchegli detto Choregos, sta
allestremit destra e volge lo sguardo a un terzo fliace, che al centro della
scena salito su un cesto capovolto come su una tribuna e leva la mano
destra come un oratore. Una scritta lo denomina Pyrrias (Testa Rossa), un
nome che ben converrebbe a uno schiavo trace. La scena di dubbia
interpretazione: potrebbe trattarsi della parodia di una commedia che
mostrava due coreghi, finanziatori di spettacoli teatrali, in dubbio se sostenere
Aigisthos, forse simbolo della Tragedia, o Pyrrias, che simboleggia la
Commedia. Sullaltro lato del vaso una donna seduta in posa languida che
tiene un uccellino ed assistita da unancella con ventaglio. Il giovane nudo
di fronte a lei si accinge a sedurla, mentre il suo gatto si prepara a mangiare
luccellino.
Il Pittore del Choregos, forse un allievo del Pittore di Sisifo, oper in Apulia
ai primi del IV secolo a.C. e il suo nome moderno deriva proprio da questo
vaso, uno dei primi sui quali compare il tema fliacico. Decor grandi vasi sui
quali dipinse scene che mescolavano elementi seri e burleschi.

BIBLIOGRAFIA: RVAp suppl. I, n. 50; TRENDALL 1991, p. 164 ; RVAp suppl. II, nn. 1/124,
pl. 3-4; M. Schmidt, Tracce del teatro Comico Attico nella Magna Grecia, in Vitae Mimus.
Forme e funzioni del teatro comico greco e latino, Incontri del Dipartimento di Scienze
dellAntichit dellUniversit di Pavia, 6, Como, New Press 1993, pp. 37-38; O. Taplin,
Comic Angels and Other Approaches to Greek Drama through Vase Paintings, Oxford,
Clarendon Press, 1993, pl. 9, n. 1.
Sullinclusione del pittore nel Gruppo di Sisifo, cfr. RVAp suppl. II, p. 5-8.

170
46. Pelike apula a figure rosse
con il compianto di Achille per Patroclo

Attribuito a un artigiano vicino al Gruppo di Ruvo 423, 375-350 a.C.


H. 50,9; diam. corpo 36,2; diam. bocca 28
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 86.AE.611
Da scavi clandestini in Italia meridionale

La scena raffigurata su questo vaso ha come protagoniste le Nereidi, le ninfe


marine del regno di Poseidon, che attraversano il mare cavalcando delfini e
altri mostri marini in un celebre episodio della guerra di Troia. Nellangolo
superiore sinistro della scena leroe greco Achille siede in una grotta circondata
dalle onde, reggendo la testa con la mano sinistra in un atteggiamento di
dolore: piange la morte dellamico Patroclo, ucciso da Ettore mentre in
battaglia indossava le sue armi. Efesto, il dio fabbro, ha costruito per lui
nuove armi e ora la madre Teti e le sue compagne gliele stanno portando. Teti
su un ippocampo reca lo scudo, le sue tre compagne le altre armi. Sul lato B
si ripete la scena, ma con quattro Nereidi.
Il tema delle armi di Achille ritorna spesso sui vasi italioti per il potenziale
decorativo nella resa delle armi e delle figure delle Nereidi.

BIBLIOGRAFIA: CVA Getty 4, pp. 12-13, pls. 193-195; RVAp suppl. II, pp. 106-107,
n. 15/43b; N. Icard-Gianolio, s.v. HIPPOKAMPOS, in LIMC, VIII/1, 1997, p. 634, n. 6,
VIII/2 pl. 392.

172
47. Cratere a calice pestano a figure rosse con Europa sul toro

Firmata dal ceramografo Assteas, ca. 350-340 a.C.


H. 71,2; diam. 60
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu

Questo cratere, il pi grande vaso firmato dal pittore pestano Assteas, proviene
da SantAgata dei Goti (BN), lantica Saticula sannitica, gi diventata famosa
alla fine del XVIII secolo come luogo di rinvenimento, in Campania, dei vasi
che alimentarono le prime collezioni di vasi greci, tra cui quella celebre di
William Hamilton, poi confluita nel British Museum, che, sia per il magnifico
catalogo curato dal DHancarville sia per il successo tributato alle imitazioni che
ne realizz J. Wedgwood, diede inizio alla moda di queste raccolte.
Il vaso raffigura nel lato principale il mito di Europa, la fanciulla fenicia
amata da Zeus che, salita in groppa al dio in forma di un toro bianco
comparso sulla spiaggia, da questi rapita e trasportata tra le onde di l dal
mare, a Creta, di cui la fece regina dandole tre figli, Minosse, Radamanto e
Sarpedonte. La scena inserita in una cornice pentagonale sopra i cui angoli
superiori sei figure divine osservano levento. Ai lati della figura del toro, che
occupa il centro della composizione, a identificarne lambientazione tra pesci
e altri animali marini, sono due Tritonesse che levano le mani in gesto di
meraviglia; sopra la testa di Europa Pothos, il desiderio amoroso, che indica
la forza che muove la coppia. La firma del pittore (Assteas egrapse) al centro
della fascia a palmette che corre sotto la scena figurata.
Sul lato opposto, una scena dionisiaca su due registri (Dioniso giovane
accompagnato da Satiri e Menadi).

BIBLIOGRAFIA: TRENDALL 1989, p. 200, fig. 349 (lato A), fig. 350 (lato B); L. Godart,
Capolavori dellarte europea. I 27 celebrano il cinquantesimo anniversario dei Trattati di
Roma, Catalogo della mostra, Roma, Quirinale, 23 marzo-20 maggio 2007, Roma,
Mondomostre, 2007, p. 40, figg. pp. 16, 32, 33, 41, 42, 43.

176
48. Lekythos pestana a figure rosse con il giardino delle Esperidi

Attribuita al ceramografo Assteas, ca. 350-340 a.C.


H. 45,5; diam. base 18,3
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AE.119
Da scavi clandestini operati a Paestum

Lattribuzione ad Assteas trova sostegno nel puntuale confronto di questo vaso


con unaltra grande lekythos, firmata, trovata a Paestum agli inizi del XIX
secolo e conservata al Museo Nazionale di Napoli (inv. 2873, cfr. TRENDALL
1989, p. 200, fig. 351), con limmagine di Eracle nel giardino custodito dalle
Esperidi: qui nellultimo dei suoi dodici athla, leroe doveva ottenere da queste
ninfe i frutti che davano limmortalit. Donde luso del tema in un vaso
funerario. Anche in questa raffigurazione il giardino delle Esperidi indicato
da un albero con le mele dorate, protetto dal dragone Ladon (un grande
serpente crestato), che avvolge le sue spire intorno al tronco. Gli offre cibo
da una phiale unEsperide a sinistra (tiene una corona nellaltra mano), mentre
unaltra, a destra dellalbero, si alza in punta di piedi per staccare un pomo
da un ramo. Ai due estremi della scena sono altre due ninfe, una a sinistra
seduta su una palmetta con uno specchio nella mano, unaltra a destra che
tende una corona verso un uccello appollaiato sul bordo di un bacino di
fontana. Al di sopra di questultima la mezza figura di un vecchio satiro che
tiene un uovo in una mano e un tirso nellaltra. Lalbero con il serpente ricorre
anche nelle raffigurazioni del mito di Giasone che ne stacca il vello doro
mentre Medea distrae il serpente offrendogli del cibo: cfr. il cratere a calice
pestano 82126 del Museo Archeologico Nazionale di Napoli del gruppo APZ
in G. Sena Chiesa, E.A. Arslan (a cura di), Miti greci. Archeologia e pittura
dalla Magna Grecia al Collezionismo, Milano, Electa, p. 40, n. 3.

BIBLIOGRAFIA: I. McPhee, s.v. HESPERIDES, in LIMC, V/1, 1990, p. 397, n. 5a; Passion
for Antiquities 1994, pp. 146-149, cat. n. 65; Handbook 2002, p. 120.

178
49. Pelike apula a figure rosse con Perseo e Andromeda

Attribuita al Pittore di Dario, ca. 340-330 a.C.


H. 61; diam. corpo 38,1; diam. bocca 24,8
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 87.AE.23
Da scavi clandestini in Italia meridionale

Con la sua scena complessa a pi figure questo vaso illustra bene lo stile del
Pittore di Dario, cos denominato da un colossale cratere a volute del Museo
Nazionale di Napoli che rappresenta il re persiano.
Il pittore, uno dei maggiori e pi influenti del periodo 340-330 a.C.,
rappresent nella scena il momento finale del mito che raccontava come
leroe Perseo liber la principessa Andromeda. Qui, dopo luccisione del
mostro, la fanciulla, seduta in trono, si riconcilia con i suoi genitori, il re
Cefeo e la madre Cassiopea, inginocchiata davanti a lei, mentre Perseo, la dea
Afrodite (denominata Kypris) e altri personaggi guardano. Su un trono assiste
alla scena Homonoia, personificazione della concordia. Tutte le figure pi
importanti sono identificate da iscrizioni. I ceramografi rappresentarono
raramente questo episodio del mito, preferendo quasi sempre (vedi la
loutrophoros che segue del Gruppo della Metopa) la pi pittoresca scena della
liberazione e della lotta col mostro marino.
Laltro lato del vaso presenta quattro fanciulle con un giovane in compagnia
di Eros, lalato dio dellamore.

BIBLIOGRAFIA: Acquisitions 1987, JPGMJ 16, 1988, p. 144, n. 8; H.A. Shapiro, s.v.
HOMONOIA, in LIMC, V/1, 1990, p. 477, n. 2; CVA Getty 4, pp.14-17, pls. 198-200;
TRENDALL 1991, p. 178, fig. 74; RVAp, suppl. II, p. 151, n. 18/69a.

180
50. Anfora apula a figure rosse con luccisione di Atreo

Attribuita al Pittore di Dario, ca. 340-330 a.C.


H. 88,3; diam. corpo 38,8
Gi Museum of Fine Arts, Boston 1991.437

Lanfora, proveniente dalla Puglia, raffigura, forse ispirandosi a una tragedia


di Sofocle, lassassinio di Atreo, personaggio importante della mitologia greca,
figlio di Pelope e di Ippodamia, fratello di Tieste e padre di Agamennone
e Menelao.
Atreo e Tieste furono vittime della maledizione caduta sulla loro famiglia, gli
Atridi. La maledizione si estese a tutti i discendenti e solo Oreste, nipote di
Atreo, riusc a liberarsene con laiuto di Apollo.
La scena del lato principale rappresenta in modo drammatico luccisione di
Atreo, sul suo trono davorio, al centro, per mano di Egisto, frutto
dellincestuosa unione tra Tieste e la figlia Melopea. Egisto e Tieste stanno a
sinistra del trono, a destra una Furia alata, la Vendetta che corre verso Atreo;
accanto a lei due donne, serve del palazzo.
Sul lato secondario una Menade, o forse Arianna, e Dioniso nudo, con Satiri
e Menadi. Sul registro inferiore, un fregio continuo di dodici figure, giovani,
donne ed Eroti, circonda il vaso.
Il Pittore di Dario dipinse parecchie anfore di questo tipo, alcune con rari
soggetti mitologici, come Meleagro che riporta la pelle del cinghiale ad Atalanta
o la pazzia di Licurgo, ma questimmagine delluccisione di Atreo unica,
costituendo tuttavia la prosecuzione del soggetto raffigurato su un altro suo
vaso, il cratere a calice con Tieste che consegna Egisto infante perch sia
esposto.

BIBLIOGRAFIA: RVAp suppl. II, p. 148, n. 47b, pl. 36, 1; Vase-Painting in Italy 1993, pp. 11,
60-61, 115-118, nn. 42, 6 e pl. XI (2 views), p.105 (n. 38); C. Kraus et al. (eds.), Visualizing
the Tragic: Drama, Myth, and Ritual in Greek Art and Literature: essays in honour of
Froma Zeitlin, Oxford New York, Oxford University Press, 2007, pp. xviii-xix, 179-183,
187, 193, 195-196, note 7, 9, 10, figg. 8.1, 8.2.

182
51. Deinos apulo a figure rosse col mito di Busiride

Attribuito al Pittore di Dario, ca. 340-320 a.C.


H. 24,8; diam. 32,4
Mancante del sostegno, presenta il fondo senza base dappoggio
Gi Metropolitan Museum of Art, New York, 1984.11.7 (L.2006.11.2)

Il deinos decorato con scene tratte da una commedia, forse di Epicarmos,


con Eracle alla corte di Busiride, il mitico re dEgitto.
Alla destra di un altare e di una colonna, elementi che alludono a un
santuario, sta Busiride, vestito teatralmente nel costume reale orientale; regge
uno scettro e brandisce un coltello da sacrificio. Secondo il mito, Busiride
sacrificava qualsiasi straniero si avventurasse nel suo regno: Eracle, raffigurato
a sinistra dellaltare, sta per diventare la prossima vittima. Un servo egiziano
sta, infatti, stringendo una corda al suo polso mentre, sul retro del vaso, altri
servi preparano il necessario per il sacrificio portando un ceppo da macellaio
con due grandi coltelli, altri versano acqua in un calderone e portano dolci
e vino su un vassoio.
La storia avr per il lieto fine di prammatica: Eracle si liberer e uccider il
re Busiride, mettendo fine, da vero eroe culturale, alla barbarica pratica del
sacrificio umano.
Il vaso mostra uno dei caratteri tipici del Pittore di Dario che sui suoi vasi
raffigur spesso miti ed episodi di storie poco frequenti, attingendo certamente
al repertorio teatrale a lui contemporaneo.

BIBLIOGRAFIA: VON BOTHMER 1985, p. 38; VON BOTHMER, ANDERSON 1985, pp. 8-9;
A.F. Laurens, s.v. BOUSIRIS, in LIMC, III/1, 1986, p. 148, n. 4, III/2, p. 126.

186
52. Loutrophoros apula a figure rosse con Perseo e Andromeda

Attribuita al Gruppo della Metopa, ca. 340-330 a.C.


H. 87; diam. orlo 26,9
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 84.AE.996
Da scavi clandestini in Italia meridionale

Sul lato principale del vaso rappresentata la scena clou della saga di Perseo
e Andromeda, la bella principessa offerta in sacrificio al mostro marino che
devastava il regno paterno (vedi supra il cratere apulo del gruppo di Sisifo
n. 43). La fanciulla legata alla roccia sulla sponda del mare al centro della
serie superiore delle figure, mentre ai lati assistono genitori e cortigiani. Nel
registro sottostante Perseo combatte col mostro, sulle cui spalle sta un piccolo
Eros, annuncio che la storia finir felicemente con lamore tra leroe vittorioso
e leroina.
Il lato posteriore del vaso presenta un monumento funerario, in forma di
colonna ionica sormontata da un kantharos, al quale si avvicinano giovani
e donne.
Il vaso ha una forma particolare, che unisce le forme dellanfora a collo
distinto e della loutrophoros. Queste ultime, usate per contenere lacqua del
bagno nuziale, si ponevano nelle tombe delle fanciulle nubili e la loro
decorazione ha per lo pi temi ispirati al mondo femminile.
I ceramografi raccolti sotto letichetta di Gruppo della Metopa il nome
deriva dallabitudine di dipingere fregi architettonici a metope e triglifi nella
decorazione dei naiskoi furono attivi in Apulia nel terzo quarto del IV
secolo a.C. (ca. 350-325 a.C.), operando sotto linfluenza di due dei maggiori
maestri apuli, il Pittore di Varrese e il Pittore di Dario. tipico del loro stile
luso di colore sovraddipinto, oltre a un modo peculiare di trattare le teste
sulle spalle dei vasi e i motivi decorativi.

BIBLIOGRAFIA: TRENDALL 1989, p. 85, fig. 182; RVAp, suppl. II, p. 144, n. 18/16g; CVA
Getty 4, pp. 1-3, fig. 1, pls. 179-182, 189.1; Handbook 2002, p. 123; K. Schauenburg, s.v.
KEPHEUS I, in LIMC, VI/1, 1992, p. 8, n. 10, VI/2, p. 9.

190
53. Loutrophoros apula a figure rosse con Pelope e Ippodamia

Attribuita al Pittore del Sakkos Bianco, ca. 320-310 a.C.


H. 80; diam. corpo 33,2
Gi Museum of Fine Arts, Boston 1988.431
Proveniente dalla Puglia, il vaso decorato nella parte centrale da una scena
raffigurante Pelope e Ippodamia su un carro

Pelope, che nella mitologia greca diede il nome alla regione del Peloponneso,
era figlio di Tantalo, che lo uccise e offr le sue carni agli dei durante un
banchetto per mettere alla prova la loro onniscienza, ma gli dei respinsero
inorriditi il piatto di carne, punirono Tantalo e riportarono in vita Pelope,
riunendo le parti smembrate del suo corpo. Pelope spos Ippodamia figlia di
Enomao dopo aver vinto e ucciso questultimo durante una corsa di carri.
Sul lato principale rappresentata la partenza di Ippodamia: la fanciulla sta
con Pelope, con berretto frigio, su una quadriga che avanza verso destra
trainata da quattro cavalli bianchi. Sul registro inferiore una scena di culto
presso una tomba: una donna e un giovane nudo, ai due lati di un monumento
funerario, sul quale offrono una ghirlanda di rose.
Sul lato secondario, simile scena di culto funerario: un giovane nudo e una
donna ammantata ai lati di una stele sulla quale stanno uova e altre offerte.
Prolifico pittore di vasi di grandi e piccole dimensioni, il Pittore del Sakkos
Bianco, attivo a Canosa con un piccolo gruppo di allievi, fu uno dei maggiori
artisti apuli del cosiddetto Stile Ornato.

BIBLIOGRAFIA: Vase-Painting in Italy 1993, pp. 61, 148-150, n. 69, 3; 189, e a colori,
pl. XV; K. Schauenburg, Baltimoremaler oder Maler der weissen Hauben?
Zu zwei Krateren in Privatbesitz, AA, 1994, p. 549, note 25; I. Triantis, s.v. PELOPS, in
LIMC, VII/1, 1994, p. 286, n. 54.

192
54. Cratere a calice apulo a figure rosse con scena di oltretomba

Attribuito al Pittore del Sakkos Bianco, ca. 320 a.C.


H. 89; diam. corpo 56
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 77.AE.13
Da scavi clandestini in Italia meridionale

Sul corpo il lato principale di questo monumentale vaso apulo reca una
rappresentazione delloltretomba; tema e denominazione caratterizzano un
gruppo di vasi peculiari dellarea apula centro settentrionale, la Peucezia e la
Daunia degli antichi, destinati alle tombe di un ristretto numero di personaggi
aristocratici che aveva adottato modelli culturali religiosi macedoni dove
compaiono Ade e Persefone cos come in alcune famose tombe di Vergina e
Lefkadia. Al centro della composizione Ade siede in trono in un edificio che
rappresenta il suo palazzo nel regno dei morti. Accanto a lui siede la sposa
Persefone (o Kore), da lui rapita e condotta a vivere nel suo regno per met
dellanno. Intorno alla coppia divina stanno altre figure connesse con
loltretomba: seduto su una pila di sassi, Hermes (a sinistra in alto) in quanto
dio psicopompo (conduttore nellaldil delle anime dei morti); dietro di lui,
con in mano le sue tipiche torce, Hekate, la dea dei crocicchi che assist al
rapimento di Persefone. Allestremit superiore destra sta Megara, linfelice
moglie di Eracle, affiancata da due dei suoi figli, le cui bende indicano le ferite
inflitte loro dal padre impazzito. Dietro di lei sta Orfeo il culto orfico era
molto diffuso in Apulia e Magna Grecia il cantore mortale cui fu concesso di
tornare dal regno dei morti. Di fronte al palazzo di Ade siedono le Danaidi
condannate alla punizione eterna per aver ucciso i loro mariti.
Sul collo, inquadrati da una ricca decorazione accessoria, sono i motivi tipici
di questa classe di vasi: una corona dalloro con bacche e rosetta centrale e
una testa femminile di tre quarti con in testa il polos, il copricapo cilindrico
tipico delle divinit.
Il lato secondario del vaso continua a sviluppare il tema della morte, come
si conveniva a un oggetto proprio del culto funerario. Un giovane uomo, forse
il defunto, siede in un tempietto (naiskos) reggendo in mano un vaso da
offerta (phiale); lo scudo dietro di lui lo caratterizza come un soldato. Ai lati
del naiskos sono delle donne che portano offerte.
Il Pittore del Sakkos Bianco (il nome, coniato dagli studiosi, deriva da un
berretto che egli usa spesso per le sue figure femminili), attivo probabilmente
a Canosa, oper alla fine del IV secolo a.C. dipingendo sia grandi vasi funerari
come loutrophoroi e crateri, sia piccoli contenitori, in particolare kantharoi
e oinochoai.

BIBLIOGRAFIA: RVAp, suppl. I, pp. 147-148, n. 29 A; E. Keuls, s.v. DANAIDES, in LIMC


III/1, 1986, p. 339, n. 12; R. Lindner et al., s.v. HADES, in LIMC, IV/1, 1988, p. 385, n. 125;
M. Schmidt, s.v. HERAKLEIDAI, in LIMC, IV/1, 1988, p. 727, n. 15, IV/2, p. 444; CVA Getty
3, pp. 7-8, pls. 133-135. Per la derivazione delliconografia dalle tombe macedoni, cfr. A.
Pontrandolfo, La pittura parietale e la ceramografia apula come documento della pittura
antica, in G. Sena Chiesa, E.A. Arslan (a cura di), Miti greci. Archeologia e pittura dalla
Magna Grecia al Collezionismo, Milano, Electa, 2004, p. 47.

196
55. Cratere a calice apulo a figure rosse con Fenice e Achille

Pittore del Sakkos Bianco, ca. 320 a.C.


H. 103; diam. corpo 56
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 77.AE.14
Da scavi clandestini in Italia meridionale

Lato A. Sul collo, sotto una testa femminile, il tema mitologico del rapimento
di Crisippo da parte di Laio. Inoltre motivo di carri e cavalli; Pelope dietro
il carro.
Sulla faccia dellansa destra unAmazzone in groppa a un cavallo bianco.
Sul corpo: in un naiskos stanno Fenice e Achille, protagonisti di un famoso
episodio dellIliade, allorch lanziano re di Pilo tenta di convincere leroe
tessalo, ritiratosi dalla battaglia perch irato con Agamennone che gli aveva
sottratto Briseide, a tornare a combattere, un tema evidentemente caro anche
a queste aristocrazie indigene dellApulia. Fuori, tuttintorno alledificio, undici
giovani guerrieri assistono alla scena.
Lato B. Sul collo, al centro Dioniso, affiancato da due Menadi. Sul corpo: in
un naiskos un guerriero siede su un tappeto; alla sua sinistra un giovane versa
vino da unoinochoe in una phiale. Intorno alledificio sei figure, maschili e
femminili stanti e sedute.
La quasi perfetta coincidenza di forma e stile suggerisce con tutta evidenza
che questo cratere in coppia con il precedente faceva parte del corredo di
ununica tomba, probabilmente canosina.

BIBLIOGRAFIA: RVAp II, p. 866, n. 27/26; RVAp suppl. I, pp. 147, n. 3; 182, C (27/26);
K. Schefold, s.v. CHRYSIPPOS I in LIMC, III/1, 1986, p. 288, n. 4b, III/2, p. 227; CVA Getty
3, pp. 8-10, pls. 136-139.

198
56. Sostegno di mensa (trapezophoros) in marmo
con due grifi che sbranano una cerva

Ca. 325-300 a.C.


H. 95; lungh. 148
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 85.AA.106
Da uno scavo clandestino, tra il 1976 e il 1978, di una tomba ad Ascoli Satriano (FG)

Come indicano tracce di appoggi sulle ali dei grifoni, questo spettacolare
gruppo marmoreo, un unicum di elevatissima qualit, faceva da sostegno di
un tavolo, probabilmente collocato come arredo cerimoniale in una delle
tombe a camera ipogea della Puglia settentrionale, dove le aristocrazie locali
avevano mutuato dai Greci luso della tomba monumentale riproducente la
casa con i suoi arredi. Come unico elemento di confronto si ricorda che in uno
degli ipogei monumentali di Canosa, il Lagrasta I, fu rinvenuta una grande
tavola di marmo con cornice.
Il tema della rappresentazione, due grifoni che uccidono una cerva, ben si
conf del resto allambito funerario e trova numerosi confronti in placchette,
decorazioni metalliche, vasi dipinti, sia greci sia indigeni (cf., ad esempio,
G. Andreassi, Jatta di Ruvo. La famiglia, la collezione, il Museo Nazionale,
Bari, Edipuglia, 1996, p. 50; G. Sena Chiesa (a cura di), La collezione Lagioia,
una raccolta storica dalla Magna Grecia al Museo Archeologico di Milano,
Milano, Comune di Milano, 2004, p. 233, n. 173).
Luso del marmo asiatico se confermata lidentificazione di questo
materiale apre la strada allipotesi che possa trattarsi di un oggetto
importato, forse dalla stessa Asia minore dove il tema aveva unantichissima
tradizione o dalla Grecia.
Notevole la conservazione della policromia (blu, rosso, vede ocra) che, ad
esempio con il particolare del sangue che scorreva dalle ferite della cerva,
doveva accrescere il senso di violenza e di barbarica bellezza di questoggetto.

BIBLIOGRAFIA: VERMEULE 1987, pp. 30-31, fig. 2 a-b; FREL 1994, p. 68; Handbook 1991,
p. 23; Masterpieces 1997, pp. 90-91. Il tavolo dellipogeo canosino ricordato in R. Cassano,
in Principi, imperatori, vescovi. Duemila anni di storia a Canosa (catalogo della mostra,
Bari 1992), Venezia, Marsilio, 1992, p. 218.

200
57. Bacino in marmo dipinto con le Nereidi
che trasportano le armi di Achille

Ca. 325-300 a.C.


H. 30,8; diam orlo 57,2; diam. piede 30
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 85.AA.107
Dalla stessa tomba di cui al n. 56 precedente

Anche questoggetto, una lekans di marmo con decorazione dipinta, come


il precedente, una rarit assoluta, che prova lesistenza di una tradizione
di vasi marmorei decorativi che sembra quasi anticipare di due secoli la prima
produzione neoattica della met del II secolo a.C. Esso doveva rappresentare
per i proprietari un oggetto di gran valore e se ne pu supporre, come per
il trapezoforo, un uso quale oggetto di prestigio in un ipogeo apulo. La forma
coincide infatti con quella del podanipter, un bacino bronzeo a piedi leonini
utilizzato per lavare i piedi (e verosimilmente anche le mani) nel banchetto,
che ritorna spesso nei corredi delle tombe apule (se ne veda ad esempio luso
nellimmagine di un deinos apulo della collezione Jatta in RVAp, I, p. 200,
n. 67, tav. 64.3).
Oltre alla raffinata lavorazione del marmo, modellato al tornio, con i manici
scanalati, il fregio a ovuli sul labbro e il piede poggiante su una bassa
colonnina a zampe feline, un elemento di notevole pregio costituito dalla
decorazione dipinta allinterno della vasca. Questa, con il tema iliaco (libro
XIX, vv. 1-16) della dea Teti che porta con le sorelle Nereidi le nuove armi di
Efesto al figlio Achille, era molto popolare nel mondo apulo (vedi la pelike
precedente n. 46 con il compianto di Achille per Patroclo). Gran parte degli
altri vasi rinvenuti nella tomba (un cratere, tre oinochoai, quattro epichyseis,
una loutrophoros) sono non funzionali, come i vasi marmorei sulle tombe
ateniesi; e pertanto, se il corredo frutto di un unico acquisto, forse lo stesso
vero anche di questo bacino, tanto pi che la delicata pittura a tempera mal
avrebbe sopportato il contatto con lacqua. E tuttavia il tema pittorico quanto
mai coerente con la forma: la dea naviga infatti in tondo con due sorelle sulla
groppa rispettivamente di un ippocampo e due ketoi, portando lo scudo, la
corazza e lelmo delleroe; il pittore riuscito a catturare e a trasmettere col
colore il senso di vitalit delle creature marine sicch in trasparenza avrebbero
potuto apparire veramente in atto di nuotare se il bacino fosse stato riempito
dacqua: blu profondo per i corpi con contorni rossi e macchie bianche per
le luci.

BIBLIOGRAFIA: VERMEULE 1987, p. 32, fig. 3a-b; Handbook 1991, pp. 22-23; N. Icard-
Gianolio-A.V. Szabados, s.v. NEREIDES, in LIMC, VI/1, 1992, pp. 805-806, n. 287; FREL
1994, p. 68. Per luso dei podanipteres nelle tombe apule, cfr. ad esempio nella tomba 2 da
Cavallino (Lecce) in F.G. Loporto, St.Ant.L., 7, 1994, p. 70 di fine V sec. a.C.; cfr. per la
classe C. Rolley, Bronzes en Messapie, in I Messapi, Atti del XXX Convegno di Studi sulla
Magna Grecia (Taranto-Lecce, 4-9 ottobre 1990), Taranto, Istituto per la storia e
larcheologia della Magna Grecia, 1993, p. 190; C. Tarditi, Vasi di bronzo in area apula.
Produzioni greche e italiche di et arcaica e classica, Galatina, Congedo, 1996, pp. 136-137.

204
Louis Godart
Consigliere per la Conservazione del Patrimonio Artistico della Presidenza della
Repubblica Italiana

Nel volume sulleccellenza del restauro italiano nel mondo si legge: LItalia una potenza mondiale
in campo culturale, con un esercito composto, per difetto, da oltre cinque milioni di opere catalogate,
da centomila chiese, ventimila centri storici, quarantacinquemila castelli e giardini, trentacinquemila
dimore storiche, duemila siti archeologici e tremila cinquecento musei tra pubblici e privati1.
Del resto il nostro Paese al momento quello con pi siti iscritti (quarantuno in tutto) nella Lista
del Patrimonio Mondiale dellUmanit.
Un cos ingente patrimonio minacciato dallusura del tempo, dalla speculazione edilizia, dai
predatori darte. Il Ministero per i Beni e le Attivit Culturali, attraverso le Soprintendenze, i
restauratori e il personale tutto vigila su questi tesori. Le forze dellordine, in particolare il
Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, affiancano efficacemente il Ministero nelle
operazioni di salvaguardia della nostra memoria.
Lentamente si fatta strada la consapevolezza che la scomparsa o il degrado di unopera darte
sono ferite inferte non soltanto al patrimonio culturale di una nazione ma allintera umanit.
Nella grande sala dellUNESCO, l8 marzo 1960, Andr Malraux pronunci un discorso per
promuovere il salvataggio dei monumenti dellAlto Egitto minacciati dalle acque della diga di
Assuan. Lallora ministro della cultura del generale De Gaulle disse che, per la prima volta nella
storia, tutte le nazioni erano chiamate a salvare insieme i capolavori di una civilt che non
apparteneva ad alcuna di loro e aggiunse: La civilt degli uomini rivendica pubblicamente larte
mondiale come suo indivisibile retaggio.
Unopera darte, soprattutto un reperto archeologico, ammirata non solo per la sua intrinseca
bellezza ma anche perch lo specchio di unepoca e appartiene a un ambiente culturale e storico
particolare. Strappare unopera al contesto nel quale inserita, vuol dire renderla irrimediabilmente
muta. Per apprezzare appieno un capolavoro, occorre collegarlo al mondo che lo ha visto nascere.
Lo sforzo di tutti, archeologi, ricercatori, direttori di musei, deve quindi mirare a ricostruire intorno
ad ogni opera darte il contesto nel quale nata ed stata in seguito depositata.
Grazie allazione condotta dal nostro Ministero per i Beni e le Attivit Culturali, istituzioni museali
che erano entrate in possesso di capolavori al termine di transazioni puramente mercantili si
rendono oramai conto che, nel supremo interesse dellarte e di tutti coloro che ne sono gli amanti,
indispensabile rispettare leggi e regole precise prima di entrare in possesso di unopera.
con questo spirito che quattro grandi musei statunitensi hanno firmato un accordo con il nostro
Ministero, accettando di restituire allItalia decine di capolavori dellarte greco-romana che avevano
lasciato clandestinamente il nostro Paese negli anni passati. In cambio lItalia, consapevole di aver
trasmesso allEuropa e al mondo il messaggio civilizzatore di Atene e Roma, si impegnata a
favorire i prestiti di opere, creando cos una sorta di immenso spazio museale che vede protagonisti
la nostra arte e la nostra cultura.
La mostra allestita nella Galleria di Alessandro VII Chigi, in mezzo alle mirabili pitture del 1656-1657
realizzate sotto la direzione di Pietro da Cortona e tornate alla luce dopo quasi duecento anni, non
soltanto la presentazione di 67 capolavori assoluti che tornano in Italia al termine dellaccordo
stipulato tra alcune istituzioni museali americane e il Ministero per i Beni Culturali; anche un
evento che segna un cambiamento epocale nei rapporti tra i musei stranieri e il nostro Paese.
Abbiamo scelto come manifesto dellevento e copertina del catalogo la splendida statua di Vibia
Sabina, nipote di Traiano e moglie dellimperatore Adriano, databile al 136 d.C. Non un caso.
Al di l della bellezza della statua stessa, di cui rendono mirabilmente conto le belle immagini di
Giovanni Ricci Novara, Vibia Sabina era la sposa di un uomo di Stato che volle porre fine alle
conquiste territoriali dellimpero per dedicarsi alla loro gestione e promozione culturale.
Cedant arma togae potrebbe essere il motto del principato di Adriano ed un ottimo viatico per
la nostra mostra.
Alcune delle pi straordinarie opere della Magna Grecia e del mondo romano figurano tra i
sessantasette capolavori che abbelliscono pro tempore le grandiose sale dellAla Sista del Palazzo
del Quirinale. Se la loro contemplazione ci commuove, il nostro rimpianto di non sapere nulla
o quasi nulla dei contesti archeologici ai quali questi capolavori sono stati distolti ci rammarica

17
grandemente e ci spinge a lottare strenuamente, insieme a tutti coloro che hanno a cuore il
patrimonio culturale dellumanit, per contrastare loperato di chi per puro amore del denaro cerca
di privarci della nostra memoria.

Quando stavamo chiudendo il catalogo giunta la proposta del Ministero della Cultura della
Repubblica Ellenica di partecipare alla mostra con il prestito di una splendida Kor arcaica, uscita
clandestinamente dal territorio greco e recuperata grazie allintervento delle forze dellordine. Il
problema della salvaguardia del patrimonio archeologico e artistico investe drammaticamente tutti
i Paesi che affondano le loro radici nella storia, in particolare i Paesi del Mediterraneo.
Troppo spesso i loro monumenti sono stati squartati e depredati, i loro siti archeologici visitati da
tombaroli di professione e il frutto di queste razzie ha contribuito a riempire molti musei stranieri.
Lindispensabile alleanza tra tutti i Paesi di antica storia, di cui questa mostra offre una testimonianza
tangibile, apre una nuova pagina nella tormentata avventura dei recuperi dellarte rubata.

Note al testo

1
Leccellenza del restauro italiano nel mondo, a cura di Giuseppe Proietti, Roma 2005, p. 1.

18
Giuseppe Proietti
Segretario Generale del Ministero per i Beni e le Attivit Culturali

Una serie di recenti accordi culturali ha aperto una via di importanza storica nella cooperazione
fra alcuni dei pi importanti musei statunitensi e il sistema dei musei italiani di antichit.

Gli accordi prevedono che esperti statunitensi ed esperti italiani possano condurre, insieme, campagne
di scavo sui siti archeologici dItalia; che possano, insieme, studiare i materiali archeologici recuperati
dagli scavi o conservati nei depositi dei musei italiani, che possano restaurarli e procedere alle loro
edizioni scientifiche; che possano, ancora, esporli nei musei statunitensi.

Per la prima volta sar cos possibile mettere a sinergia le grandi potenzialit della ricerca
statunitense nel settore delle antichit, in una cornice coordinata e attraverso un programma
integrato idoneo a superare le pur notevoli iniziative episodiche del passato, nelle diverse fasi che
vanno dalle esplorazioni sul terreno alle analisi di laboratorio, alla presentazione al mondo degli
studiosi, alla fruizione da parte del pubblico.

Gli accordi prevedono, inoltre, il recupero ai loro contesti storici, in Italia, di alcune opere darte
antica di cui erano stati privati con grave danno alla scienza degli studi archeologici; e, nello stesso
tempo, che i musei italiani possano concedere in prestito a quelli statunitensi singole opere o parti
delle loro collezioni anche per periodi di lunga durata.

La consapevolezza, da parte dei responsabili dei musei statunitensi e italiani, della propria piena
appartenenza al consesso scientifico internazionale e alla Comunit civile dei Popoli, le azioni delle
Autorit giudiziarie e investigative e degli esperti italiani, nonch degli organi di informazione e
pi in generale, dellopinione pubblica internazionale, hanno fatto s che il Palazzo del Quirinale
potesse ospitare nella mostra romana i primi segni tangibili del risultato degli accordi raggiunti.
E che, contestualmente, il Metropolitan Museum di New York potesse far ammirare al suo pubblico
la splendida Kylix laconica del Pittore del Tifone del Museo romano di Villa Giulia e che il Boston
Museum of Fine Arts ospitasse nelle sue sale la monumentale Eirene marmorea da Palombara
Sabina.

certamente un avvio, questo, che lascia bene sperare per il futuro.

20
ARTE ROMANA
58. Statua in marmo di Tyche

Met del I secolo d.C.


H. 84,5; diam. base 19,4
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AA.49
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

La figura femminile identificata come la Tyche (la Fortuna, in latino) di una


citt dalla corona turrita. Nata dalle costole di una divinit minore del
pantheon classico (Cicerone ricorda un Tychaion a Siracusa non posteriore
allinizio del V sec. a.C.: Verr., II, 4 119), la Tyche cittadina una creazione
tipica del periodo ellenistico e come tale fu onorata con statue in molte citt,
soprattutto in quelle di nuova fondazione.
Probabilmente questa statuetta, indubbiamente utilizzata come decorazione
di una ricca casa di et romana, deriva da una di queste statue ellenistiche,
ma agevole riconoscere il prototipo nelle Cariatidi dellEretteo. La mancanza
delle braccia e degli attributi nella mano sinistra probabilmente, come si pu
desumere dal tipo di abrasione e dal foro per laggancio del pezzo mancante,
era una cornucopia e nella destra, forse, un timone, mentre alle orecchie restano
i fori per dei veri orecchini e altri nel velo che scende dal capo indicano che
vi era attaccata una collana impedisce di specificare lidentificazione con
maggiore dettaglio.

BIBLIOGRAFIA: Passion for Antiquities 1994, pp. 237-240, cat. n. 120, ill. p. 198;
GROSSMAN 1997, pp. 18-19, n. 8; Handbook 1997, p. 24.

208
59. Frammento di decorazione parietale ad affresco:
lunetta con maschera e attributi di Ercole

II stile pompeiano, ca. 50-30 a.C.


H. 61; largh. 81
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AG.171
Da scavi clandestini in una villa nellarea vesuviana

Linquadratura architettonica, con una lunetta raffigurata prospetticamente


sostenuta da mensole figurate a zampe feline e coperta da una volta a
cassettoni, tipica della decorazione della parte superiore dei piccoli biclini
di II stile pompeiano. Nel campo della lunetta posata una grande maschera
teatrale di Ercole con il copricapo a pelle leonina, la clava, un mazzo di foglie
di pioppo (lalbero sacro alleroe), una pelle di leone e un arco con la faretra
(la sua arma tipica).
Lo stile sembra piuttosto vicino a quello del pittore della villa di Oplontis A
(cosiddetta villa di Poppea), il che trova puntuale riscontro nella notizia
di provenienza.

BIBLIOGRAFIA: Passion for Antiquities 1994, pp. 251-252, cat. n. 126; C. Renfrew, Loot,
Legitimacy and Ownership, Duckworth Debates in Archaeology, London, Duckworth, 2000,
pp. 28-30; J. Ascherl, Das Licht in der pompejanischen Wandmalerei, Regensburg, S.
Roderer, 2002, n. 207.

210
60. Frammento di volto di statua in avorio

Seconda met del I secolo a.C.


H. 22

Non sappiamo a quale divinit (Giunone, Apollo) appartenesse la bella testa


e alcuni frammenti della statua eburnea rinvenuti dai clandestini nel 1994
presso Roma. La qualit raffinatissima dellesecuzione e il volto dai lineamenti
classicheggianti, con i caratteri stilistici del IV secolo a.C., avevano fatto
supporre che si potesse trattare di una statua di et greca, per la quale si era
fatto il nome di Euphranor di Corinto, un famoso scultore del IV secolo a.C.
Lesame radiometrico al carbonio 14 ha permesso tuttavia di datare la scultura
al I sec. a.C., suffragando lipotesi che si tratti dellopera di una bottega tardo
ellenistica che operava per una committenza di altissimo prestigio,
probabilmente a Roma.
Scavi successivi effettuati dalla Soprintendenza sul luogo del ritrovamento,
identificato dai Carabinieri, presso Anguillara Sabazia, un poggio del
comprensorio del lago di Bracciano non distante dalla via Clodia che collegava
Roma con lEtruria meridionale, hanno messo in luce i resti di una grande villa
romana a terrazze della cui pars urbana la statua in esame doveva costituire
un importante elemento decorativo. Daltra parte, gi intorno al 150 a.C.
Catone il Vecchio condannava le ville e le case decorate con avorio, oltre che
con legno di cedro e pavimenti punici (Catone in Festo, 282 L), e i resti della
sola altra grande statua eburnea rinvenua in Italia, unAtena oggi ai Musei
Vaticani, provengono da una villa in Sabina di un importante senatore,
C. Bruttius Praesens, vicino allimperatore Adriano.

BIBLIOGRAFIA: L. Del Buono (a cura di), I volti del mistero, Catalogo della mostra, Roma,
Quirinale, 20 gennaio-20 marzo 2005, Bologna, FMR, 2005.

214
61. Busto maschile in marmo

Ultimo quarto del I secolo a.C.


H. 32,7; largh. 15
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 85.AA.265
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Il ritratto raffigura un uomo, forse un magistrato di et matura. La testa


volta leggermente a destra. I capelli, resi a corte ciocche irraggiantesi dal
centro della testa, sono tagliati corti e sono rialzati sulle tempie. I canoni
formali, con le sopracciglia solcate, rughe intorno agli occhi e una curva
nelle guance, gli occhi infossati, il naso prominente, le labbra carnose, sono
tipiche dello stile realistico del periodo repubblicano, ma lo stile (taglio degli
occhi, modellato delle guance) si accorderebbe meglio con opere della fine
del I secolo a.C. Nonostante la caratterizzazione, il volto resta tuttavia
alquanto inespressivo.

BIBLIOGRAFIA: Acquisitions 1985, JPGMJ, 14, 1986, pp. 181-182, n. 7.

216
62. Frammenti di una decorazione parietale

Dal suburbio di Pompei; III stile pompeiano, 35-45. d.C. (Bastet-de Vos); 42-62 d.C.
(Ehrardt)
H. 59,5, largh. 83; h. 55, largh. 81; h. 28, largh. 23; h. 10,5, largh. 12; h. 19,5, largh. 17
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 71. AG.111.1, 4, 5, 6, 7

I cinque frammenti sono riconducibili a una bella decorazione parietale della


fase finale del cosiddetto III stile pompeiano, pertinente alla parete orientale
dello spogliatoio delle terme di una piccola villa rustica posta poco a nord
del lato settentrionale delle mura di Pompei. In questa fase ornamentale si
abbandonarono le tendenze allillusionismo prospettico del II stile (vedi la
lunetta affrescata n. 59), e si consider la parete quasi come un tappeto
bidimensionale nel quale i colonnati e le altre membrature architettoniche
diventarono calligrafici ornati miniaturistici che scandivano la parete in campi
uniti dipinti a colori squillanti, rosso, nero, con preziosi dettagli in altre tinte
vivacissime. Tre dei frammenti sono contigui e appartengono al lato sinistro
della zona superiore della parete (si riconosce in uno il profilo di un finestrino
circolare che si apriva in alto a mezzo del muro). I frammenti maggiori
conservano il tipico partito architettonico a edicole, ormai molto stilizzate e
appiattite, che caratterizza la zona superiore negli schemi decorativi di questa
fase. Caratteristici sono altres gli ornati floreali dei fregi, e i motivi acroteriali
a volute, a cigno e a grifone e la colonna istoriata che attraversava tutta
la zona mediana e superiore reggendo sul capitello un tripode. Alcuni motivi
particolari, come gli acroteri a due volute o la ghirlanda con un capo
pendente, che attraversa lo spazio delle edicole, lasciano ipotizzare che si tratti
di unopera, sia pure di minore impegno, della stessa bottega di decoratori
della casa pompeiana di Marco Lucrezio Frontone (V, 4, 11), uno dei pi
celebri esempi di questo stile, e del triclinio della casa VI, 14, 40 nella stessa
citt. Gli altri due frammenti minori appartengono alla stessa parete: luno,
con la mascherina gorgonica applicata su un nastro decorato, ad uno dei
motivi verticali che dividono simmetricamente i due campi laterali ai lati della
colonna istoriata della zona centrale; laltro, la bugna quadrata a fondo nero
con fiore reso a petali circolari bianchi, allo zoccolo di cui costituiva
lelemento centrale.

BIBLIOGRAFIA: M. della Corte, Altra villa rustica, esplorata dal sig. Giovanni Di Palma,
nel fondo Agricoltura di sua propriet, in contrada Pisanella, comune di Boscoreale,
lanno 1906 (giorni 15) e lanno 1908 (mesi 6), NSc, 1921, p. 461 ss.; p. 465, fig. 3;
F. L. Bastet, Villa rustica in contrada Pianella, Cronache Pompeiane, II, 1976, p. 112 ss.;
F. Bastet, M. de Vos, Proposta per una classificazione del terzo stile pompeiano,
Archeologische Studin van het Nederlands Instituut te Rome, IV, s-Gravenhage,
Staatsuitgeverij 1979, pp. 68-69, e p. 206, tav. XXXIV, 62; W. Ehrardt, Stilgeschichtliche
Untersuchungen auf rmischen Wandmalereien von der spten Republik bis zur Zeit Neros,
Mainz, von Zabern, 1987, pp. 114-115.

218
63. Frammento di decorazione parietale

Dal suburbio di Pompei; III stile pompeiano, 35-45. d.C. (Bastet-de Vos); 42-62 d.C.
(Ehrardt)
H. 38; largh. 42,5
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 71. AG.111.3

Nel frammento si scorge un tratto di edicola vista di scorcio con una


colonnina istoriata e una a fusto vegetale spiccante da un bulbo in primo
piano; proviene dalla parte destra della zona superiore di una parete della
stessa villa dei frammenti precedenti, probabilmente una parete lunga dello
stesso apodyterium. I motivi architettonici ritornano in forme molto simili
nella zona superiore, a fondo bianco, dellesedra 11 dello stesso complesso.

BIBLIOGRAFIA: cfr. i frammenti precedenti al n. 62; per lesedra 11, cfr. F. Bastet, M. de
Vos, Proposta per una classificazione del terzo stile pompeiano, Archeologische Studin
van het Nederlands Instituut te Rome, IV, s-Gravenhage, Staatsuitgeverij, 1979, pp. 68-69,
e p. 206, tav. XXXIV, 61.

224
64. Statuetta bronzea di Vittoria con trofeo

Da Ercolano, casa del Colonnato Tuscanico, ca. 50-79 d.C.


H. 16,2
Soprintendenza Archeologica Pompei, inv. E 2246; rubata il 23-24 luglio 1975
Gi Royal Athena Galleries, New York

La statuetta, certamente unapplique, data la presenza di punti di ancoraggio


nella parte posteriore, di fattura sommaria, rappresenta una Vittoria in volo,
vestita di chitone, che regge nelle mani una cornucopia, probabilmente un
trofeo. Un oggetto simile era gi testimoniato a Ercolano (Museo Archeologico
Nazionale di Napoli, inv. 5263); il rinvenimento, in associazione, sia pure
secondaria in un cunicolo borbonico, nellarea del cubicolo 11, con una di
quelle figure di cavaliere barbaro che decoravano i baltei delle corazze o i
bordi delle quadrighe, fa ipotizzare che in origine la statuetta facesse parte
della decorazione di una statua in bronzo collocata nellarea del Foro. Il tema
della Vittoria ebbe grande fortuna nella prima epoca imperiale, in particolare
sotto i Flavi: vedi la decorazione pittorica della cosiddetta Schola Armaturarum
di Pompei, III, 3,6 (A. de Vos, Pompei. Pitture e Pavimenti, in Supplemento
a EAA, vol. III, Roma, Istituto dellEnciclopedia Italiana, 1991, pp. 392-405,
figg. 4-18).

BIBLIOGRAFIA: G. Cerulli Irelli, La casa del Colonnato Tuscanico ad Ercolano, Memorie


dellAccademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli, VII, Napoli, Larte tipografica,
1974, p. 111, fig. 78.

226
65. Statuetta in marmo di Dioniso con capro

Ca. 50 d.C.
H. 62,3; base: 17,3 x 17,5
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AA.211
Da scavi clandestini in Italia

Dioniso, il dio del vino, ci sta davanti e ci rivolge un sorriso enigmatico;


indossa unelaboratissima veste a pesanti pieghe e sul capo porta una corona di
foglie e grappoli duva; la barba pettinata accuratamente raccolta sulla punta
in uno chignon. Nella mano destra perduta il dio teneva forse la coppa del
simposiasta, il kantharos. Con laltra prende la zampa di un animale, forse la
capra del suo sacrificio tipico che si solleva appoggiandosi alla gamba del dio.
La statua, di piena et imperiale, eseguita nello stile arcaistico, che
riproponeva manieristicamente ai colti aristocratici romani, desiderosi di
grecit e sazi di classicismo, i modi dellarcaismo greco. Ma i valori culturali,
sociali e religiosi, di quellepoca erano per sempre irrecuperabili da parte degli
acquirenti di queste statue, che le utilizzavano come puri ornamenti nei
giardini delle loro ville, mescolate ad altre di diversa intonazione stilistica.

BIBLIOGRAFIA: Passion for Antiquities 1994, pp. 339-341, cat. n. 179; Handbook 2002,
p. 158. Molto simile per gusto la testa attribuita a un Priapo conservata al Museo dei
Conservatori in Campidoglio (E. Paribeni, s.v. PRIAPO, in EAA, VI, p. 467, fig. 525).

228
66. Statua di Apollo in marmo in stile arcaistico

Prima met del II secolo d.C.


H. 146
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 85.AA.108
Da scavi clandestini in Italia meridionale

Apollo, il dio della musica, della medicina e della profezia qui rappresentato
come un giovane stante in piedi nudo salvo un mantello sulle spalle e una
benda annodata sulla testa. La mancanza delle braccia non consente di
identificare gli attributi del dio, forse larco e le frecce. Accanto al piede
sinistro restano i fianchi e le penne delle ali di un grifone, luccello mitico
a lui sacro. La minor cura con cui lavorato il retro indica che si tratta di
una statua destinata a essere inserita in una nicchia.
La statua eseguita, come il Dioniso precedente, nello stile arcaistico di moda
in et romana e riprende, dal punto di vista formale e iconografico, i caratteri
di una scultura degli inizi del V secolo a.C.; lesecuzione delle ciocche della
pettinatura indica una data di esecuzione nel periodo adrianeo.

BIBLIOGRAFIA: Acquisitions 1985, JPGMJ 14, 1986, p. 181, n. 6; VERMEULE 1987,


pp. 27-30, fig. 1; FREL 1994, p. 68; Masterpieces 1997, pp. 116-117; Handbook 2002,
p. 172.

230
67. Statua in marmo di Vibia Sabina

II secolo d.C.
H. 204
Gi Museum of Fine Arts, Boston, Classical Department Exchange Fund, 1979 1979.556

La statua rappresenta, nel tipo iconografico detto della Grande Ercolanese, con
lhimation che le copre il capo e un lungo chitone, limperatrice Vibia Sabina,
moglie dellimperatore Adriano e nipote di Traiano. Questi la diede in sposa
ancora giovanissima era nata nell85 d.C. al suo successore designato per
consolidarne la legittimit dinastica gi stabilita con ladozione. Frequente
accompagnatrice del marito nei suoi viaggi, fu di carattere austero e poco
adatto alla mentalit innovativa di Adriano che la definiva capricciosa e fiera
(morosa et aspera: Historia Augusta, Vita Hadriani, 11, 3). La statua proviene
forse da villa Adriana a Tivoli, dove costituiva probabilmente una delle
immagini onorarie destinate a celebrare i membri della famiglia imperiale.
Limmagine, dai tratti del volto idealizzati, potrebbe essere stata realizzata
dopo la morte dellimperatrice, avvenuta nel 136 d.C. Seppure esempio un po
accademico e algido di arte celebrativa della corte imperiale, la statua
interessante per la resa della pettinatura, con i capelli che formano sulla fronte
un ampio nodo a diadema, che ricorda alla lontana le acconciature delle
Afroditi ellenistiche.

BIBLIOGRAFIA: C.C. Vermeule, America: Masterpieces in public collections in the United


States and Canada, Berkeley, University of California Press, 1981, n. 270; M. Wegner,
Verzeichnis der Bildnisse von Hadrian und Sabina, Boreas, 7, 1984, p. 146; C.C.
Vermeule, Faces of Empire (Julius Caesar to Justinian), Part IV- Hadrian and the
Antonines, Celator, vol. 19, n. 12, December, 2005, pp. 26 (fig. 6), 27.

232
68. Kore in marmo

Officina dellisola di Paros, ca. 530 a.C.


H. max. conservata 72
Atene, Museo Archeologico Nazionale; gi J. Paul Getty Museum, Malibu, L.91.AA.53

La statua, di grandezza quasi naturale nella sua dimensione originaria, scolpita


in marmo pario. Il braccio destro dal gomito in gi era inserito a parte. Veste un
chitone manicato che solleva con la mano sinistra e un chitone ionico obliquo
che si appoggia sulla spalla destra, decorato con rosette a rilievo. I dettagli delle
ciocche dei capelli e delle vesti lavvicinano a opere analoghe trovate a Paros,
come la statua di culto di Artemide Delia e la kore del Metropolitan Museum
di New York, come pure a opere attribuite a officine parie, come la cariatide del
Tesoro dei Sifni a Delfi. Tali elementi forniscono indicazioni sicure per
unattribuzione alla produzione di Paros intorno al 530 a.C.

BIBLIOGRAFIA: Acquisitions 1993, JPGMJ, 22, 1994, p. 59, n. 1; Masterpieces 1997, p. 34;
Handbook 2002, p. 15; K. Karakasi, Archaic Kore, Los Angeles, The J. Paul Getty Museum,
2003, pp. 82-89, pl. 82 a-b, 83 c-d.

***

Il Ministero della Cultura della Grecia ha richiesto al J. Paul Getty Museum fin
dal 1995 la restituzione di quattro reperti archeologici, tra i quali questa statua
marmorea di kore.
Nel corso degli anni il Ministero della Cultura ha tentato la ricerca di una
soluzione attraverso le vie diplomatiche, e queste alla fine hanno prodotto
risultati positivi.
Si era gi ottenuto il rimpatrio di una stele dalla Beozia e di un frammento di
rilievo da Thasos.
Nel dicembre del 2006, dopo trattative durate molti mesi, il Direttore del Museo,
Michael Brand, ha inviato una nota allallora Ministro della Cultura, Gheorghios
Voulgarakis con la quale comunicava la decisione del J. Paul Getty Museum
di restituire alla Grecia la corona aurea macedone e la kore arcaica.
Dopo la firma di un accordo al riguardo, la statua della kore veniva rimpatriata
il 22 marzo 2007 per essere esposta al Museo Archeologico Nazionale di Atene,
dov tuttora.
Con questa simbolica partecipazione alla mostra di Roma, il Ministero della
Cultura della Grecia desidera ringraziare le Autorit italiane per la loro
determinante collaborazione ai fini della positiva conclusione delle trattative
per la restituzione della scultura.

234
Gianfrancesco Siazzu
Comandante Generale dellArma dei Carabinieri

La tutela del patrimonio culturale nazionale, principio fondamentale scolpito nella Costituzione
Repubblicana, rappresenta da sempre una delle missioni affidate allArma che, sin dal lontano
1969, ha istituito il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale.
Oggi, il reparto specializzato svolge la funzione di polo dinformazione e danalisi a favore di tutte
le Forze di Polizia in Italia e allestero.
In questa sede, nella quale si celebra il ritorno di importantissimi capolavori del passato che,
scavati clandestinamente in Italia, hanno raggiunto depositi di stoccaggio europei per poi
approdare oltreoceano, ripuliti fisicamente e commercialmente, desidero evidenziare alcuni aspetti
che rendono invero peculiare lattivit condotta dallArma in materia.
In primo luogo mi riferisco alle modalit operative, che non attengono esclusivamente alle
metodologie investigative, per quanto raffinate, n alle sole strumentazioni tecnologiche, per
quanto allavanguardia, ma richiedono altre competenze, quali, ad esempio, la capacit di sapersi
inserire nellarticolato mondo dellArte e della Cultura e di saperne comprendere gli equilibri e
le sfaccettature.
Non minore rilievo assume il fine di tali attivit, tutte indirizzate alla tutela del patrimonio
culturale e quindi, a preservare la memoria della comunit nazionale e del suo territorio. Un
compito cos delicato si coniuga felicemente con il concetto di polizia della comunit, che
caratterizza lArma dei Carabinieri nella sua funzione di garanzia della legalit e dellordinata
convivenza democratica.
Sottolineo, infine, che il ritorno in Patria di queste splendide vestigia del nostro passato, di
inestimabile valore, realizza, soprattutto, un atto altamente etico perch restituisce la legittima
fruizione di tali opere alla collettivit nazionale e ricostruisce loggettivo contesto storico e sociale
a cui appartengono.
Questa splendida rassegna, promossa con estrema sensibilit dal signor Presidente della Repubblica,
accoglie i reperti archeologici rientrati in Italia dai musei statunitensi, presso i quali erano esposti
sino a poco tempo fa, e vuole anche testimoniare la tenace dedizione dei militari dellArma, che,
insieme con lAutorit Giudiziaria, hanno intercettato e disvelato i tortuosi percorsi del traffico
illecito.
Particolare riconoscenza desidero esprimere al signor Ministro per i Beni e le Attivit Culturali,
naturale punto di riferimento del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, per
il concreto sostegno costantemente assicurato allo speciale reparto, di cui valorizza autorevolmente
loperato in Italia e in ogni consesso internazionale.
Viva e sentita gratitudine esprimo, infine, al Consigliere per la Conservazione del Patrimonio
Artistico del Presidente della Repubblica, Prof. Louis Godart, per il determinante contributo offerto
alla realizzazione di questa encomiabile iniziativa culturale ed educativa.

23
Abbreviazioni bibliografiche

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AC Archeologia Classica
AK Antike Kunst
AM Athenische Mitteilungen des Deutsches Archologisches Instituts
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Los Angeles, The J. Paul Getty Museum, 1997
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237
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Acquisitions (Metropolitan Museum of Art), n. 1984-1985, New
York, Metropolitan Museum of Art, 1985

238
Finito di stampare nel mese di dicembre 2007
presso Tecnostampa srl, Loreto - Ancona
Maurizio Fiorilli
Avvocato dello Stato
Paolo Giorgio Ferri
Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma

Com noto lItalia, per la dimensione e diffusione dei suoi tesori, pu essere considerata un museo
a cielo aperto.
Tanta ricchezza ha attirato da sempre lattenzione della criminalit, favorita sovente da collezionisti
e da alcune istituzioni museali di altri Paesi, senza scrupoli e compiacenti ovvero, addirittura,
complici rispetto allillecito traffico di beni culturali provenienti dallItalia.

Sicuramente il fenomeno pi devastante e invasivo quello in danno delle aree archeologiche, ove
operano vere e proprie organizzazioni criminali. Queste nel tempo sono state in grado di immettere
sul mercato beni culturali in numero elevatissimo, anche di outstanding value. Ed certo che
hanno contribuito a decontestualizzare moltissimi siti archeologici, persi definitivamente alla
ricerca scientifica, con un danno culturale irreparabile, proprio perch, com noto, trattasi di beni
o fonti non-rinnovabili.
Ma contro tale fenomeno si pu reagire, mutando atteggiamenti a oggi ancora radicati non solo
tra i mercanti ma anche tra i curatori e gli esperti.
Se, infatti, nessuna attivit di inventario e/o banca dati potr mai catalogare materiale che
provenga da scavo clandestino, proprio perch, in quanto tale, sfugge a ogni controllo, tuttavia,
proprio lomessa catalogazione delloggetto dovr essere ritenuto un indice di probabile, illecita
acquisizione.
La globalizzazione dellinformazione e linteresse oramai mondiale talora anche diffuso in ambiti
non propriamente scientifici conducono a ritenere che ogni acquisizione e/o scoperta di un certo
rilievo, se legittima, venga doverosamente pubblicata e ancor prima corredata con gli opportuni
studi comparativi. In mancanza di tali accertamenti e informazioni, diviene evidente come i reperti
archeologici di cui si contesta il lecito possesso siano con buona probabilit di recente e
clandestina scoperta.
Argomentare contro siffatto modo di dedurre, palesa sicura insensibilit di fronte al problema degli
scavi clandestini e non tiene conto delle norme di settore e delle loro finalit. Ma soprattutto
richiede una probatio diabolica ingiustificata e molto pi severa rispetto a mille altre situazioni
ove le cosiddette fanciful probabilities vengono invece puntualmente disattese.
Si dovr quindi affermare che ogni qualvolta il mercato internazionale e/o nazionale venga
trattando reperti archeologici di ignota acquisizione e provenienza, le transazioni riguardanti
loggetto sono e debbono essere ritenute illegittime non solo de jure condendo, ma anche sulla base
del diritto positivo.

In passato il mercato giustificava le proprie scelte, per lo pi sostenendo che ogni politica restrittiva
equivaleva a generare e a perpetuare quei nazionalismi culturali, contrari alla circolazione dei beni
culturali, intesa come contributo verso il dialogo fra le culture nazionali, essenziale per il progresso
dei popoli.
Ma se vero che la cultura non pu essere rinchiusa in ambiti esclusivamente nazionali, tuttavia
una liberalizzazione intesa come saccheggio o accaparramento senzaltro da sempre pi dannosa.
E mentre alla eccessiva regionalizzazione culturale pu essere data soluzione con unattenta politica
di scambi e prestiti, alla decontestualizzazione dei beni culturali consegue perdita didentit, delle
radici e, nei risultati, dellamicizia tra popoli.
Il sindacato civile e penale pu servire come indubbio momento di riflessione per coloro che in
passato hanno acquistato, quantomeno con disinvoltura, beni archeologici di notevole valore,
incrementando, con gli elevati prezzi di acquisto corrisposti il traffico illecito, reso pi allettante
dagli ingenti guadagni conseguiti dalla delinquenza di settore.
Sin dal 1995 stato costituito presso la Procura di Roma un gruppo di magistrati che si occupano
dei reati contro il Patrimonio Culturale Italiano. Trattasi di un esempio unico in ambito nazionale
e i risultati appaiono essere estremamente positivi, sia in termini di contenimento delle spinte

24
delinquenziali in questo settore particolarmente agguerrito, attesi i valori economici interessati dalle
condotte criminose, sia per il recupero grazie anche al fattivo contributo dellAvvocatura di Stato
di importanti beni culturali, altrimenti destinati a rimanere decontestualizzati e comunque sottratti
alla pubblica fruizione.

Ma la risposta penale o civile non pu offrire soluzione definitiva al problema del traffico clandestino
dei beni culturali.
Al riguardo sia consentito di segnalare come la legislazione riguardante i beni culturali non sia
esente da critiche e anzi spesso farraginosa e contraddittoria.
Occorrerebbe una vera e propria radicale svolta, iniziando a riconsiderare i valori che vengono
violati dalle condotte che attentano ai beni culturali.
Risulta evidente che una sottovalutazione dei fenomeni criminali in esame allinterno del nostro
ordinamento creerebbe sconcerto a livello internazionale ove si apprestano tutele che noi sovente
disattendiamo, sia a livello normativo che giurisprudenziale.

Va anche ricordata, a questo punto, quella collaborazione per cos dire preventiva, a oggi ancora
raramente attuata, la quale dovrebbe invece comportare una continua vigilanza da parte delle
Autorit di quei Paesi che abbiano ratificato una delle tante convenzioni di settore, le quali, se non
espressamente, almeno nelle finalit, impongono un dovere di spontanea denunzia. Il tutto, senza
necessariamente attendere le informazioni e gli input dalle Autorit investigative. Si avrebbe cos
uno sviluppo di quella collaborazione e cooperazione che le norme pattizie medesime sollecitano
in ogni passo, per combattere il traffico illecito di beni culturali, vero ostacolo rispetto a quello
understanding between nations e certo danno al common heritage of mankind.
Al riguardo si ricorda che, da ultimo, con la dichiarazione UNESCO di Parigi del 17 ottobre 2003
si viene a richiedere non solo una cooperazione tra gli Stati, ma addirittura si stabilisce una sorta
di giurisdizione universale avverso gli atti di distruzione intenzionale del patrimonio culturale che
riveste una grande importanza per lumanit. Atti dei quali sono responsabili secondo il diritto
internazionale anche e direttamente gli Stati che non abbiano preso le misure appropriate per
interdire, prevenire, far cessare e sanzionare ogni distruzione intenzionale di tale patrimonio.
Va anche sottolineato come la collaborazione internazionale in materia di beni culturali divenga
necessit sempre crescente. E queste prospettive appaiono veramente incoraggianti e non escluso
che lattivit normativa finisca per consacrare quel principio condiviso da molti che vorrebbero che
un bene culturale di difficile attribuzione quanto ad area geografica, venga restituito a quella
nazione al cui patrimonio maggiormente si riferisce (si eviterebbero tra laltro quelle zone grigie
di mercato che tanto avvantaggiano la criminalit di settore).

Va in conclusione ricordato come il ritorno dei beni culturali nel Paese di origine o, ancor prima,
la loro mancata illecita esportazione non solo consente alla collettivit di recuperare ovvero di
conservare parte della propria memoria e identit; ma anche contribuisce a mantenere vivo quel
dialogo tra culture che poi il momento di formazione della storia in un continuo processo di mutuo
rispetto tra le nazioni. Vi di pi. Occorre ricordare e sottolineare come i beni culturali abbiano a
guadagnare sia sotto il profilo estetico ma soprattutto nel loro intrinseco valore (in beauty and truth):
solo se sono inseriti nel loro ambiente naturale e sociale.
In altri contesti il bene medesimo perde, per cos dire, la sua anima e il legame culturale che gli
proprio, rimanendo oggetto solo di valutazioni estetiche. E questo non solo agli occhi del visitatore,
ma ancor pi dellesperto: i quali, viceversa, ben potranno soddisfare meglio i loro legittimi
interessi culturali e di ricerca nella misura in cui verr incentivata la pratica dei prestiti, della quale
vi previsione in pi fonti normative e da ultimo nei vari e lungimiranti accordi che le Autorit
italiane competenti stanno concludendo.
Tutte queste pratiche in tanto saranno poi concretamente realizzabili, in quanto abbiano il loro
fondamento in una normativa internazionale comune e di base; alla ratifica della quale tutti gli
Stati verranno invogliati, se non altro per non rimanere culturalmente isolati, perch fuori dal
circuito dei prestiti, degli scambi e delle prelazioni possibili.
Con tali prestiti e scambi, inoltre, nessuno, nellaltro versante quello della criminalit , potr
pensare di ottenere tutti quei vantaggi economici che oggi ancora accompagnano il traffico dei beni
culturali; illeciti profitti che, com ovvio, incentivano gli scavi clandestini e/o in genere le condotte
di decontestualizzazione, con tutti quegli scempi a cui quotidianamente possiamo assistere.

26
Attivit illecita che poi, com statisticamente dimostrato, accresce gli appetiti non solo di coloro
che trafficano in opere darte vere, ma anche di quel settore della criminalit che, sfruttando
lelevata domanda, propone contraffazioni e falsi sempre pi perfetti e in maniera sempre pi
abbondante.
E sia consentito segnalare come stia, seppure lentamente, cambiando la sensibilit e lopinione
internazionale rispetto ai problemi connessi alla circolazione illecita dei beni culturali; e come ai
processi di armonizzazione si siano affiancati quelli di assimilazione tra i differenti ordinamenti,
grazie a quelle valutazioni delle norme imperative dei Paesi di origine rispetto al bene oggetto di
controversia. Non perci del tutto avventato prevedere in materia il risultato finale
dellunificazione che poi creazione di ununiforme legislazione.

27
Michael Brand
Direttore del J. Paul Getty Museum

Dal momento in cui ho assunto la direzione del J. Paul Getty Museum nel dicembre del 2005, ho
dato la priorit assoluta alla soluzione del problema relativo alle rivendicazioni di opere facenti
parte della nostra collezione di beni antichi. In virt della diretta opera di ricerca da parte del Getty
Museum nonch della presentazione da parte del Governo italiano di nuovi elementi di prova,
abbiamo convenuto che giusto che queste 40 opere darte ritornino in Italia. Questa mostra
allestita presso il Palazzo del Quirinale, che comprende questi importanti manufatti di straordinaria
bellezza, segna lepilogo di questo processo e inaugura una nuova era di cooperazione tra il Getty
Museum e lItalia.

I reperti che in precedenza appartenevano alla collezione del Getty Museum sono stati custoditi
con estrema cura dai nostri curatori e conservatori per molti anni. Ciascuno di questi manufatti ha
occupato una posizione di rilievo nelle nostre gallerie della Villa Getty a Los Angeles, un museo
darte unico realizzato sul modello della Villa dei Papiri di Ercolano. I suoi numerosi visitatori,
provenienti sia dagli Stati Uniti che dal resto del mondo, ne sentiranno profondamente la mancanza.

Questa mostra si presenta come una pietra miliare nel complesso dibattito internazionale sul
patrimonio culturale. Essa testimonia il profondo sforzo dellItalia e di altri Paesi per combattere il
traffico illecito di beni antichi, processo favorito anche dalla rigorosa politica adottata dal Getty
Museum nellottobre del 2006 a proposito delle nuove acquisizioni.

Nonostante il naturale senso di perdita che genera, questa pur sempre unoccasione da celebrare
per il Getty Museum. Il ruolo che queste opere ricoprivano alla Villa Getty, narrando da un punto di
vista visivo e tematico la storia di dei e dee, di meravigliose creature mitologiche, di antichi drammi
e commedie, di donne e di bambini dellantica Grecia, di Roma e dellEtruria, sar ora interpretato da
capolavori concessi in prestito al Getty Museum dal Governo italiano. Questo generoso programma
di prestiti a lungo termine su base quadriennale servir a rafforzare la nostra capacit di educare i
visitatori della Villa esibendo loro nuovi capolavori italiani in modo continuativo.

Una delle principali missioni dei musei darte in tutto il mondo quella di sviluppare le proprie
collezioni e offrire esempi del nostro patrimonio culturale condiviso alla portata del pubblico pi
ampio. Considerando il ruolo che attende il museo per il futuro, siamo certi che lesperienza dei
visitatori sar accresciuta non soltanto da nuove acquisizioni, ma anche dal frutto dei rapporti di
collaborazione con colleghi di tutto il mondo fondati sulla fiducia e la comprensione reciproca.

A nome del J. Paul Getty Museum desidero ringraziare il Presidente della Repubblica Italiana,
Giorgio Napolitano, per aver messo a disposizione questo illustre scenario ove esibire i capolavori
restituiti allItalia, e il Ministro Italiano per i Beni e le Attivit Culturali, Francesco Rutelli, per
lopportunit che il nostro accordo offre di porsi come esempio per un futuro pieno di speranze
e nuove prospettive.

30
Philippe de Montebello
Direttore del Metropolitan Museum of Art

Il Metropolitan Museum of Art apprezza la cura con la quale le opere dellantichit, di cui lItalia
chiede la restituzione ai sensi delle disposizioni di legge sui beni culturali vigenti nel Paese,
vengono esposte a beneficio di un vasto pubblico presso il Palazzo del Quirinale a Roma.

fondamentale che il patrimonio artistico e culturale dellumanit rimanga accessibile a tutti,


per essere compreso e apprezzato con un senso di meraviglia, scevro da qualsiasi questione legale.

Una mostra di questo tipo serve a ricordarci che condividiamo un patrimonio comune e un
sentimento di deferenza per le realizzazioni artistiche di alto livello, i quali non potranno che
unirci, anzich allontanarci, in futuro.

Il Metropolitan Museum of Art intende continuare e rafforzare la sua attuale collaborazione


con il Ministero per i Beni e le Attivit Culturali per il progresso della conoscenza, sostenuto da
un eccellente livello di professionalit.

31
Malcolm Rogers
Direttore del Museum of Fine Arts di Boston

Il Museum of Fine Arts lieto di collaborare con lItalia nella messa a punto di metodologie aventi
per finalit lo scambio culturale. Nel settembre del 2006, il museo ha trasferito tredici pezzi antichi
allItalia, siglando un accordo senza precedenti con il Ministero per i Beni Culturali italiano.
La partnership con lo Stato italiano prevede il prestito da parte italiana di opere darte di grande
pregio al Museum of Fine Arts, perch siano esposte nellambito di uno speciale programma di
mostre; laccordo istituisce altres un meccanismo in base al quale MFA e Stato italiano si
scambieranno le informazioni relative alle proposte di future acquisizioni di antichit italiane da
parte del museo e prevede una collaborazione negli ambiti dellassegnazione di borse di studio per
la conservazione, le indagini archeologiche e la programmazione di mostre.

Questo storico accordo ha gi prodotto frutti importanti. Nel novembre del 2006, il Vice Presidente
del Consiglio e Ministro per i Beni e le Attivit Culturali Francesco Rutelli si recato a Boston con
una delegazione di rappresentanti italiani. Ne sono scaturiti i primi prestiti destinati alle nostre
gallerie. Il Museum of Fine Arts stato il primo museo a restituire alcuni oggetti allItalia e, in
cambio, ha per primo ricevuto un prestito dallo Stato italiano. Si tratta dellEirene, una statua in
marmo della Dea della Pace, risalente alla prima met del I secolo d.C., che verr esposta nella
galleria del MFA dedicata al Mondo Antico fino alla primavera del 2009. La statua, di altezza
superiore al metro e settanta, fu rinvenuta per caso nel 1986 nel corso di attivit agricole nella
zona di Palombara Sabina; nel luogo del ritrovamento sono poi stati condotti degli scavi
archeologici che hanno consentito di approfondire la conoscenza della storia della zona. La testa
e il busto della statua furono realizzati separatamente: la testa durante lEt Augustea, alla fine del
I secolo a.C., e il busto nellet Giulio-Claudia, nella prima met del I secolo d.C. In Italia, la testa
e il busto erano stati esposti separatamente, mentre il conservatore del MFA ha riunito le due parti
per la prima volta. LEirene una rappresentazione calzante della nostra collaborazione e le stata
data adeguata visibilit nelle gallerie del Museo.

Inoltre, il Ministero ci ha aiutato molto ad ottenere prestiti da altre istituzioni italiane per la nostra
mostra Tintoretto, Tiziano, Veronese, che verr inaugurata nel 2009. Abbiamo inviato due
studiosi in Italia uno con una borsa di studio dellAccademia Americana e uno grazie a un Premio
della citt di Roma e stiamo studiando con il Ministero la possibilit di accogliere due borsisti
italiani a Boston. Cosa forse ancora pi importante, abbiamo posto in essere un meccanismo di
indagine sulle nuove acquisizioni future, che ci consentir di ottenere antichit italiane essendo
certi di avere il nulla osta delle autorit italiane per unacquisizione legittima e responsabile.

Ritengo che il nostro sodalizio oggi pienamente operativo sancisca due principi fondamentali.
Innanzitutto, che gli scavi illegali sono deplorevoli. In secondo luogo, che i musei hanno la
responsabilit di tutelare e garantire pubblico accesso al patrimonio artistico dellumanit. Il nostro
accordo prova che i due principi suddetti non sono necessariamente conflittuali: possibile esporre
i prodotti artistici di tutte le civilt nei musei darte badando a non incoraggiare gli scavi e i traffici
illeciti.

32
Susan M. Taylor
Direttore del Princeton University Art Museum

Il Princeton University Art Museum partecipa a questa mostra che celebra laccordo siglato con lo
Stato italiano e apre la strada a una futura collaborazione. Lesposizione al Quirinale di opere darte
appartenenti a collezioni di musei americani costituisce una pietra miliare nelle relazioni culturali
tra i due Paesi. stata resa possibile grazie allimpegno e alle energie profuse dal Governo italiano
e dai musei americani per trovare una soluzione soddisfacente a una delle questioni culturali pi
spinose dei nostri tempi. La mostra sar non soltanto unoccasione per esporre opere restituite
allItalia, per risolvere complesse questioni proprietarie, ma anche linizio di futuri scambi di
oggetti provenienti dai due Paesi, che avranno un notevolissimo impatto culturale sul pubblico
delle due nazioni.

Un accesso agevole e costante agli originali essenziale per le attivit scientifiche e didattiche
di un museo universitario. Questo nuovo capitolo della collaborazione internazionale si fonda
sullimpegno per la promozione della ricerca e laccessibilit alle opere da parte delle generazioni
future di studenti della Princeton University. Il nostro accordo accrescer le capacit formative
di esperti e archeologi della nostra Universit, i quali perpetueranno la tradizione di collaborazione
culturale con lo stesso entusiasmo dimostrato oggi nel raggiungere lintesa con i colleghi italiani.

Il Princeton University Art Museum desidera cogliere questoccasione per esprimere la propria
gratitudine al Governo italiano e ringraziare in particolare il Ministro per i Beni e le Attivit
Culturali, Francesco Rutelli per aver reso possibile questa collaborazione, volta al raggiungimento
di un accordo su questioni di notevole rilevanza. Ringraziamo altres tutti i nostri colleghi del
Dipartimento per la Ricerca, lInnovazione e lOrganizzazione e ci uniamo ai festeggiamenti degli
Italiani per il rientro nel Paese di oggetti darte importantissimi per il loro patrimonio culturale.

33
Larte rubata
Fabio Isman

Lesposizione che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ospita nel Palazzo del Quirinale,
conferendole cos maggiore visibilit e solennit, non solo propone sessantotto bellissimi reperti
archeologici (spesso assai preziosi, perch assolutamente unici al mondo), permettendo per la prima
volta dammirarli in Italia quantunque facciano parte delle nostre radici, del nostro passato, e
provengano dal sottosuolo della Penisola; ma soprattutto, chiude e archivia una pessima stagione,
per chiunque abbia a cuore larte e la cultura: quella della Grande Razzia, che durata circa 30
anni. I suoi protagonisti sono stati chiamati predatori dellarte perduta, in facile assonanza con
un film giustamente famoso; ora, forse il caso di cominciare a correggersi: predatori dellarte
perduta e ritrovata, restituita, ritornata. Sono un folto gruppo di persone (ho indagato almeno
2.500 soggetti, dice il sostituto Procuratore della Repubblica di Roma Paolo Ferri), che, dal 1970
circa ai primi anni 2000, hanno depredato tanti bacini archeologici del nostro Paese
dincommensurabili ricchezze: specialmente al centro e al sud, ma anche nelle due isole maggiori.

I predatori sono uniti come in una catena. I tombaroli, scavatori clandestini e di frodo,
vendono i reperti ritrovati a mediatori e trafficanti internazionali, che li cedono a celebri mercanti
darcheologia stranieri. Gli acquirenti finali sono invece una trentina dei pi importanti musei
europei, americani e giapponesi, e di ricche collezioni private, formate o cresciute nel dopoguerra.
Confidando anche (ma non sempre) in dichiarazioni di provenienza fittizie e impossibili da
riscontrare, hanno pagato cifre talora da capogiro, per assicurarsi capolavori spesso senza eguali.
La catena stata individuata e spezzata dalle indagini. Della magistratura, specie del sostituto
Procuratore Ferri; e del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, un reparto che
stato il primo del genere sorto nel mondo, e che tanti Paesi ancora ci invidiano. Quando, a
Ginevra e Basilea nel 1995 e nel 2002, sono stati scoperti i depositi e archivi di due tra i pi attivi
trafficanti internazionali, Giacomo Medici e Gianfranco Becchina (10 mila oggetti; ancor pi
documenti; migliaia di foto), il Pm Ferri ha incaricato gli archeologi Daniela Rizzo e Maurizio
Pellegrini di comparare le fotografie ritrovate con gli oggetti, spesso dei capolavori, nei cataloghi
di mostre e musei, e delle maggiori case dasta. Abbiamo studiato oltre 10 mila immagini, e
ritrovato pi di 500 reperti, sicuramente scavati di frodo in Italia, spiega Pellegrini. E analogo
lavoro, con risultati ancora pi corposi, lhanno compiuto i Carabinieri dellarte, oggi comandati
dal generale Giovanni Nistri (e prima, da Ugo Zottin e Roberto Conforti), e la loro sezione
archeologica diretta dal capitano Massimiliano Quagliarella. In parecchi casi, rinvenute anche foto
polaroid (quindi, inadatte a ogni scopo scientifico) dei reperti archeologici appena scavati, ancora
sporchi di terra, in attesa dessere restaurati: quasi una garanzia dautenticit, per surrogare la
mancanza di qualsiasi pedigree.

I risultati di questa formidabile fatica non sono soltanto quelli che si vedono nella mostra al
Quirinale. In possesso di una documentazione tanto inoppugnabile, le autorit di Governo italiane
hanno affrontato i direttori e i board dei grandi musei americani, proprio mentre al Tribunale di
Roma si apriva un processo contro Marion True, Robert Bob Hetch e Giacomo Medici. Marion True
stata curator del Getty Museum dal 1986 al 2005. Hetch, classe 1919, da mezzo secolo tra
i pi grandi mercanti al mondo: per la prima volta nella storia, ha spuntato un milione di dollari per
un solo oggetto; era il 1972, e si trattava del celebre Cratere di Eufronio, scavato a Cerveteri e pagato
100 mila dollari, comperato dal Metropolitan di New York, che torner a Roma il 15 gennaio 2008.
Medici, 69 anni, vive invece a Santa Marinella (villa con piscina, due campi da tennis, una Maserati),
il pi rilevante collettore del mercato nero in area etrusca: ha deciso di farsi processare per
conto proprio, e, in primo grado, stato condannato a 10 anni di carcere e mai successo a una
provvisionale di 10 milioni di euro da versare allo Stato, per i danni inferti al patrimonio culturale.
Una volta scavati clandestinamente, i reperti diventano infatti muti; sono decontestualizzati: non
forniscono pi informazioni agli studiosi sulla loro provenienza, sul corredo di cui eventualmente
facevano parte, sugli oggetti da cui erano accompagnati. Insomma, lo scavo clandestino cancella
tutta la Storia (e le storie) che gli oggetti recano con s, e di cui sono impregnati.

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Il Governo italiano ha iniziato le trattative quando Ministro dei Beni culturali era ancora Rocco
Buttiglione (e piace che un simile tema sia stato affrontano in modo assolutamente bipartizan),
e il Vicepremier Francesco Rutelli ha poi conferito loro ulteriore impulso e vigore, coadiuvato da
una commissione diretta dallAvvocato dello Stato Maurizio Fiorilli. Cos, nel tempo, i maggiori
musei americani hanno mutato filosofia; sono divenuti pi rigorosi; hanno cominciato a restituire
(spontaneamente, e senza ammissioni di colpa) oggetti scavati di frodo nel nostro Paese, e che,
in Italia, nessuno aveva mai visto, a parte i tombaroli e i loro sodali. E ne ricavano importanti
accordi di collaborazione scientifica: la possibilit di compiere scavi nella Penisola, di studiare i
reperti cos ritrovati, di ospitare rilevanti mostre darte italiana, di ottenere prestiti a lungo termine.
Quella che il nostro Paese ha condotto, e che trova oggi suggello in questa mostra, una grande
battaglia etica a livello internazionale. Prima, il Getty, senza alcuna trattativa, nel 2005 ha
restituito quattro opere. Anche un vaso apulo alto oltre 70 centimetri, del diametro di 60, vecchio
di 2.340 anni, su cui il famoso pittore Asteas (uno degli unici due nel sud Italia che firmassero
i propri lavori) eterna una tra le pi antiche raffigurazioni di Europa: a cavallo di Zeus che,
tramutatosi in Toro, la rapisce. I carabinieri avevano ritrovato la foto di questo capolavoro
dellarcheologia di tutti i tempi nel cruscotto dellautomobile in cui, incidente che resta misterioso,
era morto un famoso trafficante, Pasquale Camera; il vaso era stato poi individuato al Getty
Museum, cui laveva venduto Gianfranco Becchina, il massimo collettore degli scavi clandestini
nel sud della Penisola.

Quindi, febbraio 2006, Philippe de Montebello, che da 30 anni dirige il Metropolitan Museum di
New York, sigla un accordo che corregge gli errori del passato, dice, importante e vantaggioso,
e rappresenta, anche per gli altri musei americani, un modello. LItalia ottiene cos quattro vasi
importanti (due dei Pittori di Dario e di Berlino), un corredo unico al mondo di 15 argenti
ellenistici proveniente da Morgantina, che torner a inizio 2010, e il Cratere di Eufronio, tanto grande
da contenere 45 litri di vino, decorato dal massimo vasaio attico con la Morte di Sarpedonte, il figlio
di Zeus accanto a cui sono Hypnos e Thanatos, scavato a Cerveteri nel 1971, pagato 100 mila dollari
da Hecht e rivenduto, appunto, per un milione. Quindi, il direttore del Museum of Fine Arts di
Boston, Malcom Rogers, davanti a Rutelli svela una statua alta due metri e 4 centimetri, di Vibia
Sabina, la moglie dellimperatore Adriano cui non riusc a dare figli, vissuta tra l86 e il 136 dopo
Cristo; e insieme ad essa, acquistata nel 1979 da Fritz Burki (vedremo chi ), restituisce 11 vasi, un
paio alti quasi un metro e uno ancora del Pittore di Berlino, e un frammento di marmo con rilievo:
Discuteremo su eventuali altre restituzioni, spiega Rogers, ma la casa di questi reperti lItalia, e
noi siamo orgogliosi daverli riportati qui. Tocca poi al Getty: trattativa pi lunga, aspra e difficile.
Per ora, ha fruttato larrivo a Roma di 40 importanti pezzi, anche se assai pi sono quelli sospetti
identificati nel museo di Malibu; rimane invece sospeso (e impregiudicato) il destino dellAtleta
vittorioso attribuito a Lisippo, un bronzo del III secolo a.C. pesante 200 chili, recuperato nel 1964
nel mare di Fano, rimasto a lungo in Italia (perfino nel sottoscala di un sacerdote a Gubbio: i fratelli
Barbetti lavevano rilevato per 4 milioni di lire) prima di essere acquistato dal museo californiano,
nel 1977, per 4 milioni di dollari. Entro il 2010, il museo di Malibu rinuncer anche alla Venere di
Morgantina, un acrolito (testa di marmo, e corpo in calcare) di 25 secoli fa, alto 220 centimetri,
rinvenuto ad Aidone in provincia di Enna, ceduto dal mercante londinese Robin Symes per 18
milioni di dollari nel 1988. Gli oggetti che il Getty ha restituito hanno un valore (ai fini puramente
assicurativi: quelli di mercato, sintende nero, sono dieci volte maggiori) di almeno 300 milioni di
euro; e tutti, tranne la Venere, sono ora in mostra al Quirinale. Alcuni sono degli hapax: reperti privi
di simili, o equivalenti, in qualsiasi collezione, pubblica o privata, del mondo intero.

Altre restituzioni sono intanto gi alle porte; e, complice anche la pressione della stampa
americana, la nuova filosofia ha fatto s che perfino Jerome Eisenberg, un antiquario dei pi
accreditati non solo a New York, abbia consegnato otto reperti, risalenti pi o meno a 2.500 fa.
Le sue Royal Athena Galleries esistono dal 1942 e vantano la pi vasta selezione al mondo
doggetti antichi, e lui davere venduto, nelle sedi di Londra e Manhattan (Lexington Avenue,
angolo 57a Strada) oltre 30 mila capolavori ai massimi musei americani ed europei. Infine,
nemmeno due mesi fa, stata la volta del Museo di Princeton, istituzione universitaria fondata
nel 1882, con un patrimonio di oltre 60 mila oggetti darte: otto pezzi, di cui quattro subito
spediti a Roma, e presenti in questa mostra, e i rimanenti entro il 2011. Ma altre trattative restano
aperte: perch gli oggetti razziati nel nostro Paese sono finiti in musei di tre Continenti.

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Anche in alcuni tra quelli con pi tradizioni e maggiormente al di sopra dogni sospetto. E una
razzia, analoga nelle modalit e nellimportanza, se non per lentit, ha riguardato anche altri Paesi
produttori di antichit, come per esempio la Grecia. E anche Atene ha riottenuto alcuni dei
capolavori che erano stati sottratti al patrimonio della Nazione: uno, splendido, ospite donore
in questa mostra, per testimoniare che il fenomeno travalica i confini.

Gli atti processuali riservano infinite sorprese, e terribili rivelazioni. Symes, ad esempio, nel 2003
costretto a restituire il pi grande reperto crisoelefantino (oro e avorio) giunto dallantichit: la
Maschera davorio, da lui acquistata per 10 milioni di dollari. Antonio Giuliano, archeologo e a
lungo docente allUniversit di Tor Vergata, spiega: Oggetti che erano destinati solo agli
imperatori; se ne sono salvati pochi frammenti, nessuno tanto grande; a Roma esistevano 100 mila
statue di marmo, ma solo 66 o 77, a seconda delle fonti, crisoelefantine; questa, avr avuto
addosso non meno di 350 chili doro. Laveva scavata, alle porte di Roma, ottobre 1994, Pietro
Casasanta, ritrovatore anche dellunica scultura che ritrae al completo la Triade Capitolina (Giove,
Giunone e Minerva) sopravvissuta agli insulti del tempo e degli uomini. Casasanta vive ad
Anguillara, ha quasi 70 anni, e in 50 ha eseguito mille scavi; ha subito un centinaio di processi e
un paio di lievi condanne. Dice: Solo verso Guidonia, negli anni 70, ho recuperato, tutte assieme,
63 statue, di cui 23 a grandezza naturale. Ha avuto lonore della prima pagina sul prestigioso
Wall Street Journal, per il quale il grande trafugatore. Bene: torniamo a Symes. Un giorno, per
vicende di quattrini pretesi dagli eredi dellex socio, su lui indaga la giustizia inglese. E scopre, tra
Londra, Ginevra e New York, 29 depositi di materiali archeologici, 17 mila oggetti, in buona parte
dorigine italiana, valutati sempre dalla Corte di Londra 125 milioni di sterline: 190 di euro,
quasi 400 miliardi delle nostre vecchie lire. Per capire lentit del black market italiano, lui aveva
57 milioni di dollari daffidamenti bancari.

Del resto, il 13 settembre 1995, quando il maresciallo capo Serafino DellAvvocato, uno dei
Carabinieri dellarte, entra, il primo italiano, nel deposito di Giacomo Medici, nel porto franco
di Ginevra, corridoio 17, stanza 23, non crede ai propri occhi. Al processo, dir che cera un vero
bendiddio, e nellultimo locale, signor giudice, affreschi pompeiani grandi come questa stanza.
Il tavolone di vetro al centro della sala desposizione, era retto da un capitello corinzio, che,
implacabile, un carabiniere certifica provienente da Villa Celimontana, a Roma. Per laccusa,
Medici ha commercializzato almeno 10 mila reperti clandestini. Scambiava lettere affettuose con
Marion True: Caro signor Giacomo, ma anche Caro Giacomino, mi mandi il vaso dopo che sar
stato sbiancato; reso, almeno apparentemente, legittimo. Per lo scopo, venivano spesso usate le
maggiori case dasta: solo nel 1988, Becchina spedisce a Sothebys 320 oggetti; e, travolta dallo
scandalo, nel 1997 la casa daste cessa a Londra le vendite archeologiche.

Una sola volta, che si sappia, il Getty dice no a Giacomino: quando propone, per due milioni
di dollari, un corredo di 20 piatti dipinti, di 20 centimetri di diametro, fattura etrusca: Mai visto
qualcosa del genere al mondo, certifica larcheologo Fausto Zevi, uno dei periti del Pm Ferri.
Il direttore del museo che, non possedendo un passato cerca di costruirselo a suon di dollari,
afferma di non voler spendere una tal somma per 20 opere del medesimo artista; e Marion True
scrive desserne assai dispiaciuta.

In quei possenti archivi, che hanno costretto alcuni grandi musei ad arrendersi allevidenza, ci sono
immagini terribili. La Tavola cerimoniale in marmo policromo del 300 a.C., Due grifoni che
sbranano unantilope, ancora in pezzi, sporca di terra e avvolta in giornali, nel portabagagli di
unautomobile, appena scavata ad Ascoli Satriano, il luogo della celebre battaglia di Pirro re degli
Epiri. Sar pagata sei milioni e mezzo di dollari. Faceva parte di un ricco corredo funerario, e il
Soprintendente archeologo di Roma, Angelo Bottini, ha penato molto per riunirgli altri due pezzi,
pure in mostra al Quirinale, sequestrati in unaltra occasione, che erano, quasi certamente, sepolti
con lui, nella stessa tomba. Ma dagli archivi spuntano anche infiniti misteri, e le immagini di un
altro terribile misfatto: una Villa pompeiana (non ancora identificata dopo alcuni decenni), proprio
mentre viene violata. raccapricciante. La si vede ancora sigillata sotto la coltre lavica: tre pareti
tutte affrescate nel secondo stile pompeiano, con colori vivacissimi. Della quarta, si vedono i
detriti: i tombaroli sono entrati da l. Gli affreschi vengono distaccati, e anche assai malamente;
divisi in 11 pezzi, per poterli estrarre e trasportare. Finiscono in Svizzera, da Harry e Fritz Burki,

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padre e figlio, restauratori. Il padre era bidello nellUniversit dove ha studiato Hetch. Alla fine,
1995, il maresciallo DellAvvocato li scopre, grandi come questa stanza, signor giudice, nel
corridoio 17 al porto franco di Ginevra: il caveau di Giacomo Medici.

Le inchieste testimoniano il forsennato attivismo dei tombaroli. Bloccato un tunnel sotterraneo


lungo 180 metri, a 10 di profondit, alto quanto bastava per far passare un uomo che spinga una
carriola, e perfino illuminato, cui si accedeva con un ascensore nascosto: per raggiungere una villa
pompeiana sepolta nel terreno di certi vicini; altri 30 metri di scavo, e ce lavrebbero fatta. Oppure,
lo stupore dei carabinieri che intercettano le comunicazioni, per la richiesta, reiterata pi volte
dallquipe addetta agli scavi, di una branda. Finalmente la branda arriva, ed bellissima, tutti
ce la invidiano. Solo quando si sente che lavora su tutti i metalli, che a un metro e 30 ci ha
chiamato un vaso largo 30 centimetri, che da Londra lingegner Paul atterrer a Capodichino per
tararla, 20 milioni il costo del viaggio, e, soprattutto, quando, un 1 maggio (ma non c pi
rispetto nemmeno per le festivit) i carabinieri la sequestrano allopera, ci si accorge che il pi
immenso e potente metal detector mai visto. Cinque giorni dopo, da Londra ne arriva un altro,
ancora pi potente; lo saggiano in una vallata intera di tombe a cupole grosse, sono migliaia;
terreno pianeggiante, quindi buono per noi: perch per far funzionare la branda bisogna essere
in due, uno per parte, tanto pesante e ingombrante.

Restano i misteri. Tanti. Non si sa che fine ha fatto un altare arcaico, largo e alto 70 centimetri,
scavato nel sud Italia: restano soltanto una foto e unannotazione. Nel 1995, Hecht scrive che
il Metropolitan Museum decider se acquistarlo; ha rinunciato, e laltare sparito. Come un
piccolo carro villanoviano-etrusco, VIII secolo avanti Cristo, scavato certamente a Cerveteri, o
a Vulci, garantisce Antonio Giuliano, che tanti musei si contendevano, e non tra i materiali
ritrovati, n tra le fatture emesse, n nei registri, tenuti in modo assai accurato, delle vendite dei
trafficanti. C perfino la prova di un trasporto eccezionale in Svizzera, compiuto da Mario Bruno,
un altro grande tombarolo che ormai non c pi, gi socio di Giacomo Medici: il 10 febbraio
1992, spedisce un oggetto, 525 chili di peso, di cui allega una foto al documento di trasporto.
il coperchio di un Sarcofago degli sposi. Al mondo, nesistono solo altri due esemplari certi,
provenienti da Cerveteri: a Roma, nel Museo di Villa Giulia; e al Louvre, acquistato nel 1862 con
la mitica raccolta del marchese Campana.

Giulio Carlo Argan diceva che distruggere larte un tal peccato che, se si riscrivessero le Tavole
della Legge, dovrebbe di certo esservi ricompreso; lattivit della Magistratura e dei Carabinieri, e
le trattative condotte dal Governo italiano, hanno impedito, come questa mostra pu ben
dimostrare, la commissione di tanti altri peccati, pur del tutto laici. Ora, quella terribile stagione
alle spalle: degna ancora dalcune indagini, processi, ricostruzioni, ma archiviata nei fatti; privi
del terminale formato dai grandi musei, i predatori dellarte perduta hanno perduto la fetta pi
ingente del proprio mercato. E anche di questo, chiunque abbia a cuore la cultura e larte deve
rendere merito a chi ha indagato, trattato, concluso.

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Dalla bellezza alla storia
Stefano De Caro

Bellezza. questo il fil rouge pi evidente che accomuna i sessantotto reperti che trovano posto
nelle sale del Quirinale per questa esposizione cos particolare per genesi e obiettivi. Non si tratta
infatti di una mostra nata, come dovrebbe sempre accadere, quale risultato di una ricerca scientifica
o di un ritrovamento condotto secondo i dettami della disciplina archeologica, ma di un ritorno.
Com noto, questi oggetti sono il frutto, certamente importante per livello qualitativo intrinseco,
ma ancor pi forse per valore simbolico, di una lunga querelle che ha visto contrapposti, per anni,
il Ministero per i Beni e le Attivit Culturali e una serie di istituzioni americane, dal Getty Trust, al
Museum of Fine Arts di Boston, dal Metropolitan Museum di New York allUniversity Museum of
Art di Princeton, e da ultimo finanche a un gallerista privato, quale il titolare delle Royal Athena
Galleries di New York, per annoverare quelle coinvolte nellesposizione. Ai materiali oggetto delle
restituzioni recenti si ritenuto di aggiungere, anche per rendere conto della durata di questa
paziente e tenace azione, due oggetti di pi antica restituzione, la legge sacra di Selinunte (1992,
n. 39) e la kylix di Euphronios da Cerveteri (1999, n. 9)1 mentre il celebre cratere di Sarpedonte,
dello stesso pittore, si aggiunger alla mostra allinizio del prossimo anno.
La diaspora di materiali archeologici dal nostro Paese fa in certo modo parte della storia stessa
dellarcheologia2, s che un filone non minore del costruirsi di una coscienza civile, non solo italiana,
riguarda lemergere di una consapevolezza volta alla tutela e il suo fissarsi nella legislazione a
salvaguardia del patrimonio archeologico e storico-artistico3, dai primi editti papali fino allarticolo 9
della Costituzione Italiana, passando per nodi ideologici fondamentali come le Lettres Miranda
sur le dplacement des monuments de lart de lItalie di Quatremre de Quincy (1796), e il famoso
discorso al V Congresso degli scienziati italiani a Napoli del 1845 di Francesco De Sanctis Brevi
osservazioni sullarcheologia considerata rispetto alle scuole4 che richiamava gli italiani a questi
studi quale atto di amor patrio, o lelaborazione delle nostre leggi, progressivamente sempre pi
articolate e sistematiche, del 1902, 1909 e 1939. Ci nondimeno, un dato storico altrettanto
significativo il fatto che lemorragia di materiali archeologici dal nostro Paese non sia mai cessata,
e anzi abbia conosciuto nel dopoguerra, in vaste aree dellItalia, lintero Mezzogiorno, la Sicilia, il
Lazio e la Toscana, unaccelerazione disperante. Molti i fattori di questo grave fenomeno: la
rapidissima trasformazione dei modi duso del territorio (lagricoltura meccanizzata, la crescita degli
insediamenti urbani) che hanno moltiplicato le occasioni di rinvenimenti fortuiti, linsufficiente
capacit di controllo del territorio da parte delle Soprintendenze, linsinuarsi nel settore degli scavi
clandestini della malavita organizzata in collegamento con i mercanti stranieri, laccresciuta richiesta
di oggetti da parte di musei e collezionisti, la mancanza di una condivisione internazionale dei
principi di tutela del patrimonio archeologico pur posti alla base di solenni dichiarazioni di
principio, come la Convenzione UNESCO del 1972 per la protezione del Patrimonio Culturale e
Naturale dellUmanit.
La generazione di archeologi italiani cui appartengo cresciuta con la consapevolezza di una perdita
incombente e progressiva. Consapevolezza che si costruita anche col sacrificio dei migliori
funzionari, e cito per tutti Marina Mazzei che ha speso la sua troppo breve esistenza e carriera in
anni di lotte nella piana di Foggia contro i clandestini intenti a spogliare a migliaia le tombe della
Daunia alla ricerca di vasi a figure, oreficerie, armi, bronzi5. Consapevolezza formatasi in anni di
scavi di emergenza fatti in gara di tempo con i clandestini, di sopralluoghi su siti di necropoli e
santuari devastati, di testimonianze in processi penali, ma anche di collaborazione con le forze
dellordine e della magistratura, di discussioni appassionate con uomini politici, pubblici
amministratori e colleghi, italiani e stranieri sensibili al problema. Questi ultimi si sono divisi per
molto troppo tempo tra i difensori del diritto di utilizzare i frutti del saccheggio6 in nome di una
storia dellarte antica realizzata a prescindere dagli strumenti di acquisizione dei nuovi materiali
e quelli che, soprattutto nelle Scuole archeologiche operanti in Italia, erano pi consapevoli
dellenorme perdita di dati scientifici e culturali in senso ampio che si stava consumando nei nostri
siti archeologici7. La prospettiva che si voleva costruire in piena condivisione con i colleghi stranieri
non era quella di una visione meramente patrimoniale (pur se del tutto legittima sul piano
strettamente giuridico) n tanto meno nazionalistica dellarcheologia, ma quella scientifica, e
soprattutto eticamente legittimata, del rispetto del contesto di provenienza e di una circolazione

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sostenibile dei materiali archeologici, per ragioni di studio e di esposizione, nel quadro di unampia
collaborazione internazionale. Questo spirito, che trov una sua prima formulazione nel 1988 con
la Dichiarazione di Berlino8, con la quale molti musei con collezioni di antichit si imposero di
astenersi dallacquisto di opere darte la cui provenienza non fosse assolutamente chiara e legittima,
per poi trovare unulteriore applicazione nel successivo Memorandum of Understanding Italia-USA
(2001) sulla moratoria delle importazioni statunitensi di materiali archeologici di provenienza non
chiaramente documentabile, e poi in analoghi accordi con la Germania (2002), con la Cina e con la
Svizzera (2006), ha informato la politica archeologica italiana degli anni successivi per arrivare fino
al risultato odierno, di cui questa mostra costituisce non solo un punto di arrivo di un percorso
giuridico-culturale, per quanto importante e prestigioso, ma anche e soprattutto punto di partenza
di un cammino di conoscenza condiviso e pertanto potenzialmente molto pi fruttuoso. Il maturare
di una prospettiva condivisa si tradotto anche in un ampliamento dei percorsi di ricerca comuni:
lItalia ha favorito infatti in misura sempre pi cospicua gli scavi archeologici delle missioni
straniere sul proprio territorio (26 concessioni nel 2006), senza contare le collaborazioni in diverso
regime tra Soprintendenze e Istituti o singoli studiosi; ha inoltre modificato di recente la propria
legislazione in modo da favorire la possibilit di prestiti di lunga durata di materiali archeologici
allestero9 in modo tale da consentirne lo studio, oltre che lesposizione, da parte di universit e
musei.
grazie alla tenacia con cui centinaia di funzionari e studiosi hanno eseguito il loro lavoro se alla
fine si sono potuti ottenere risultati come quello di cui questa mostra vuole essere testimonianza,
che segna dunque una vittoria non soltanto italiana ma internazionale dellintera categoria, lato
sensu, dei clerici dediti allantichit, includendo in esso avvocati dello Stato come Maurizio Fiorilli,
magistrati come Paolo Giorgio Ferri, ufficiali e carabinieri del Comando per la Tutela del Patrimonio
Culturale, diplomatici, giornalisti e quanti hanno contribuito a costruire in Italia e allestero
unopinione pubblica avvertita e consapevole.
Che questa operazione non sia da leggere come un soprassalto di nazionalismo revanscistico, ma
piuttosto come il conseguimento di un pi ampio livello di consapevolezza culturale, sta a dimostrarlo
la richiesta del governo greco di partecipare allesposizione romana con la kore che si aggiunge al
catalogo, anchessa restituita dal J. Paul Getty Museum. Testimonio ulteriore non della vittoria di un
contendente sullaltro, ma di quel sistema di regole e principi che, frutto di una pi ampia
condivisione, riesce veramente a costituire un traguardo di civilt da questo momento irrinunciabile.

I reperti esposti in questa mostra, diversi per epoca, ma tutti collocabili allinterno di una forbice
temporale che va dal VII sec. a.C. al II sec. d.C., sono diversi anche per provenienza: dallEtruria
storica, al Lazio, allarea vesuviana, alla Puglia, alla Sicilia. Diverse le tipologie, le classi, le funzioni,
diverse le iconografie. Davvero il comune denominatore, a parte lappartenenza a un arco temporale
che li colloca nella sfera preziosa delle antichit, la loro bellezza, seppure declinata attraverso
modalit stilistiche affatto diversificate, da quella pi compiutamente classica di taluni vasi attici,
alle ipertrofie animalesche di un oggetto darredo, allillusionismo prospettico o al decorativismo
squillante degli affreschi romani. Esula dallambito della bellezza artistica per iscriversi in quello
ancora pi rilevante, ai nostri occhi, della storia, un reperto epigrafico eccezionale quale la lex sacra
siciliana da Selinunte (n. 39).
Nel campo della ceramica dipinta, che rappresenta la categoria pi documentata, si segnalano alcuni
oggetti di grande rilievo come loinochoe protocorinzia (n. 1) che si colloca in quella fase storica in
cui gli artigiani delle prime citt, greche ed etrusche, sorte sul suolo italiano si cimentavano nel
compito di emulare i vasi prodotti a Corinto, allora capitale mediterranea dellartigianato ceramico.
Quando il Ceramico di Atene subentr quale principale centro produttivo, il ciclo di Ercole divenne
il tema iconografico preferito, come confermano molti dei vasi illustrati in catalogo tra i quali si
distingue la lekythos (n. 8) per la presenza di uno degli athla meno frequentemente raffigurati quale
la lotta delleroe con gli uccelli della palude di Stinfalo. Il secolo doro dellarte greca, il V a.C.,
rappresentato dalla ceramica a figure rosse, classe alla quale vanno ascritti la maggioranza dei pezzi
esposti, con esemplari davvero eccezionali per soggetti e livello stilistico delle raffigurazioni. Si va
dal celeberrimo cratere di Euphronios, gi al Metropolitan, con la toccantissima scena, quasi una
Deposizione pagana, del compianto sul corpo di Sarpedonte, caduto sotto le mura di Troia (n. 9), alla
straordinaria evocazione, ancora del sommo ceramografo attico, della presa di Troia sulla kylix da
pochi anni nuovamente esposta a Villa Giulia (n. 10), alla citazione su unanfora di Eutimide, di un
personaggio storicamente documentato, uno dei pi grandi atleti magnogreci ricordati dalle fonti,

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il crotoniate Faillo (n. 11), allabilit calligrafica con cui Epitteto disegna i suoi personaggi
inscrivendone le sagome con straordinaria inventiva nei difficili tondi delle sue coppe (n. 12); alla
sapienza compositiva con cui il Pittore di Berlino inserisce sulla lucida superficie ceramica (n. 16)
i suoi personaggi, icasticamente isolati eppure in muto colloquio tra di loro e con la struttura
geometrica del vaso cui li associa una sottile ma precisa serie di richiami formali; alla misteriosa
religiosit di un cratere con divinit minori di un Olimpo greco che forse guardava alle opposte
sponde del Mediterraneo (n. 27); al ricercato esotismo dei costumi dei mercenari e dei cacciatori traci
diventati popolari ad Atene (n. 29); alla straordinaria citazione di una commedia del grande
Aristofane, Gli Uccelli, con un flautista e due attori in buffi costumi da gallo (n. 31); per non dire
dellinesauribile fascino dei grandi temi mitici, inesauste icone di un canone culturale cui tuttoggi
ci richiamiamo (nn. 9, 10, 15, 18, 19, 20, 25, 28), o dei pi semplici vasi configurati (nn. 23, 26) che,
evocando i suoni e i canti di un banchetto, rimandano a una delle pratiche pi celebrate attraverso
cui si definiva lidentit aristocratica greca.
Passando alla produzione di ambito etrusco, al campo dellartigianato di pi alto livello appartiene
lantefissa con Menade e Sileno (n. 34), che trova un esatto riscontro nella decorazione fittile di un
tempio etrusco di Civita Castellana, in cui la grazia del duetto dei personaggi, pur di genere, nel
nostro esemplare sottolineata dalla policromia vivace e dallalta qualit formale. Lesito di
quellaffascinante capitolo di storia culturale che fu la relazione che gli artigiani etruschi intrapresero
con larte greca nel tentativo di costruire, a partire da essa, un proprio linguaggio artistico,
illustrato nella mostra da ceramiche come lanfora e loinochoe pontiche (nn. 32, 33) e lasks del
Gruppo Clusium (n. 36) o da raffinati prodotti metallici, statuette (nn. 35, 38), specchi (n. 37), vasi
e altri oggetti che dal centro della nostra penisola si diffusero per tutta lItalia e oltre, fin nel cuore
dellEuropa settentrionale.
La Magna Grecia si racconta prevalentemente nel suo periodo post-classico, nel momento cio in cui
gli indigeni italici, superata la fase, spesso violenta, della presa di possesso delle antiche poleis
greche, ne avevano rapidamente assorbito gli usi e la cultura. E insieme alle divinit, ai riti collettivi
come il teatro, ai modi architettonici, ne acquisirono i costumi funerari; e cominciarono a chiedere
per le tombe dei loro congiunti, dalle botteghe in cui artigiani greci e indigeni lavoravano da tempo
fianco a fianco, anche i vasi dipinti alla maniera ateniese. Su di essi tuttavia i contenuti del mito
classico si vestivano ora di nuove esuberanze formali o interpretavano nuovi afflati religiosi, segni
di un mondo aperto a influenze che venivano dai nuovi spazi dellecumene ellenica: dalla Tracia
con il suo orfismo che si mescol al pitagorismo locale o da quel mondo epirota e macedone dal
quale, insieme a emuli di Alessandro in cerca di gloria militare, giungevano anche nuove forme di
culto dei morti. Tra gli oggetti pi belli di questa civilt italiota segnaliamo i due vasi del pittore di
Paestum Assteas (nn. 47, 48), inoltre un documento di grande rilevanza per la storia del teatro, uno
dei pi antichi crateri apuli con attori fliacici, opera del pittore denominato, proprio da questo vaso,
del Corego (n. 45). Dovunque sia da collocare latelier che li ha prodotti (Atene, Asia Minore?),
appartengono alla cultura della Magna Grecia alcuni degli oggetti fra i pi rilevanti della mostra per
unicit di attestazione, oltre che per esuberanza compositiva quasi barocca in un caso e raffinatezza
iconografico cromatica nellaltro: lo splendido trapezoforo in marmo con grifi che sbranano una
cerva (n. 56), laltrettanto spettacolare bacino dipinto con figure di Nereidi (n. 57), testimonianza
oltretutto rarissima della pittura antica su un supporto non ceramico. Ad essi si accompagnavano
almeno altri otto vasi in marmo e una coppia di mensole (questi recuperati gi nel 1978 dalla
Guardia di Finanza), quali raffinati elementi dellarredo decorativo di ununica tomba monumentale
ipogea allestita. La tomba era parte di una necropoli del centro daunio di Ausculum Apulum10,
allestita come un sontuoso palazzo macedone (protoellenistico, diremmo), anticipazione di quel
gusto per gli oggetti marmorei che, mutuato dalla nobilt romana, stimoler la nascita della corrente
artistica neoattica.
Larte romana, che poco si rappresent nei corredi tombali, fatalmente quella meno documentata.
Sono invece gli arredi delle antiche ville dotium della Campania e del Lazio, sparse in un territorio
oggi investito da unincontrollata espansione edilizia, quelli esposti nella mostra: dal bellissimo
affresco, certamente pompeiano (o per meglio dire, di quella cultura dei ricchi Romani che
vivevano on the Bay of Naples, per citare il titolo di un fortunato libro di John dArms, uno dei
pi acuti studiosi americani del mondo romano) nel cosiddetto secondo stile, con i simboli teatrali
di Ercole (n. 59), ai frammenti di una parete del cosiddetto terzo stile dellapoditerio di unaltra villa
dellagro pompeiano, in localit Pisanella di Boscoreale, oggi Pompei, (nn. 62-63), alla straordinaria
statua eburnea della villa di Cesano (n. 60), lavorata con tecnica affine a quella delle grandi statue

43
classiche crisoelefantine, alla raffinatissima statua neoattica di Dioniso con il capro (n. 65), alla
solenne figura dellimperatrice Vibia Sabina (n. 67), significativa opera di unofficina che lavorava
per la corte imperiale.
La bellezza, dunque, come filo conduttore. Ricucendo, lungo il filo della storia, il destino di queste e
di tante altre opere che hanno girato per le collezioni di tutto il mondo, si pu comprendere che per
i loro acquirenti, privati e pubblici, sia stato difficile resistere a tanta bellezza e a quella seduzione
dellantico, che dallalto Medioevo in poi, i testimoni della civilt classica non hanno mai cessato di
esercitare. Il ritorno allantico davvero una delle grandi, ininterrotte correnti che, come poche altre,
connotano la nostra cultura occidentale, a volte in forme pi mediate, ma spesso con atteggiamenti
di ammirazione sconfinata che hanno saputo suscitare quell insaciabile desiderio cui Isabella
dEste riconnetteva la radice di una delle prime e pi straordinarie, per qualit, quantit e vicende,
raccolte darte rinascimentali. E i grandi musei che arricchiscono la scena culturale di tante citt
sono, in fondo, gli eredi spesso diretti di questo fenomeno culturale.
E tuttavia, pur ci riconosciuto, questa mostra intende sottolineare come la bellezza sia destinata a
rimanere una seduzione volatile, spesso addirittura ingannevole, se non accompagnata dalla
memoria storica. Come ben noto, i reperti trafugati, avulsi dal loro contesto di ritrovamento,
diventano testimoni improvvisamente muti, in quanto solo attraverso il recupero integrale della
documentazione di corredo, cos come avviene per mezzo di uno scavo stratigrafico, possibile
datarli con precisione, collocarli in un orizzonte culturale definito, in una parola ricostruire la loro
storia e renderli essi stessi testimoni narranti delle passate vicende. A chi apparteneva lanfora di
Faillo? Era un uomo o una donna il defunto sepolto col cratere che reca quelle singolari divinit
della cerchia di Ge? Forse se avessimo avuto il corredo per intero, potremmo rispondere a queste
domande. Purtroppo, dobbiamo solo accontentarci della loro pur grande bellezza, e rimpiangere che
quei barlumi di storia che ci fanno intravedere non possano risplendere di pi. Mai pi.
Se questa perdita grave, un risarcimento, sia pur parziale, della lacuna tuttavia ancora possibile.
Dopo questa mostra infatti gli oggetti esposti, ricollocati per quanto consentito dai confronti stilistici
e morfologici, nei contesti culturali di provenienza, saranno esposti nei musei delle relative aree di
pertinenza, accanto ad altri oggetti affini per cronologia e ambito culturale e geografico, a riprendere
quel colloquio interrotto che costruisce la trama della storia e a dimostrazione, di immediata
evidenza visiva, di quanto potere evocativo e di quale capacit didattica possano innescare queste
operazioni di ricontestualizzazione.
In conclusione. Questa mostra, risultato di un successo di quella diplomazia culturale condotta dal
Ministero per i Beni Culturali e da ultimo, con evidente efficacia, dal Ministro Rutelli, rappresenta un
punto di svolta simbolico dellatteggiamento di alcune grandi istituzioni culturali americane nei
confronti delle antichit e del patrimonio culturale in genere del nostro Paese. questo uno dei
traguardi cui quella civilt, che ha prodotto quelle stesse opere, ci ha condotto: il patrimonio storico-
artistico e archeologico deve essere affidato in custodia agli eredi dei popoli che lhanno prodotto,
perch lo tutelino nella sua pienezza di testo e contesto, ma, dal punto di vista simbolico, appartiene
allintera umanit. Al posto degli oggetti restituiti, nelle sale delle istituzioni nordamericane
arriveranno presto, seppur temporaneamente, altri reperti provenienti dai nostri musei, questa volta
arricchiti da quel corredo di memoria culturale che li rende ancora pi preziosi e comprensibili. E gli
stessi musei e universit potranno, se lo desiderano, collaborare con noi a restaurare, studiare, e
perch no, scavare nuovi contesti di materiali la cui conoscenza rappresenter un acquisto pi
duraturo e solido di quanto possano essere anche i pi bei vasi dellantichit. La bellezza ha bisogno
di essere spiegata se non vuole rimanere una pura percezione estetica; e se non vuol rimanere
unattivit litaria, riservata a pochi degustatori, ha bisogno della didascalia della storia e
dellanalisi storico-artistica e culturale in senso ampio, che, sole, possono rendere meno
disperatamente straniera, per dirla con Moses Finley, quella civilt della quale frutto. Cos che sia
possibile, dallaltra parte del mondo, sedendo e mirando di fronte a queste nuove opere, ascoltare
la voce delle morte stagioni e attraverso queste comprendere qualcosa di pi della presente e
viva e ricavare, da questo momento di riflessione e contemplazione, quella profondissima quiete
che unesperienza di conoscenza pu regalare.
E perch davvero, anche attraverso la loro bellezza interpretata, questi oggetti divengano per noi
come la siepe leopardiana che spalanca gli orizzonti della civilt e della storia.

44
Note al testo
1
Vedi sul tema la nota di presentazione di Mario Serio, allora Direttore dellUfficio Centrale per i Beni
Archeologici, Architettonici, Artistici e Storici del Ministero per i Beni Culturali in MORETTI SGUBINI 1999,
pp. 4-6.
2
Cos come il desiderium delle antichit entrato nella storia della stessa cultura americana: gi nel 1740
il sindaco di Philadelphia possedeva uno skyphos apulo a figure rosse; e Benjamin Franklin, in visita a Londra,
si adoper per acquistare il catalogo di DHancarville dei vasi della prima collezione Hamilton.
3
Cfr. A. Emiliani, Una politica dei beni culturali, Torino, Einaudi, 1974, in particolare pp. 25-147; A. Emiliani,
Il museo, laboratorio della storia, in AA.VV., Capire lItalia. I Musei, Milano, Touring Club Italiano, 1980,
pp. 19-45.
4
Cfr. F. De Sanctis, Opere, Torino, Einaudi, 1975.
5
D. Graepler, M. Mazzei, Provenienza sconosciuta! Tombaroli, mercanti e collezionisti. LItalia archeologica allo
sbaraglio, Bari, Edipuglia, 1996.
6
Si veda ad esempio il noncurante cinismo con cui uno studioso illustre di ceramografia magnogreca, A.D.
Trendall annuncia in un suo articolo (TRENDALL 1991, p. 164) che era da poco venuto alla luce il cratere
apulo del Pittore del Corego (qui al n. 45).
7
Vedi gli atti della tavola rotonda internazionale organizzata dallAmerican Academy in Rome nel febbraio
1995 contenuti nellallegato: Antichit senza provenienza, Bollettino dArte, nn. 89-90, 1995. E anche, tra i
molti contributi recenti, C. Chippindale, D.W. Gill, Material Consequences of Contemporary Classical Collecting,
American Journal of Archaeology, 104, 2000, pp. 463-451; N. Brodie, J. Doole, C. Renfrew (eds.), Trade in
illicit antiquities: the destruction of the worlds archaeological heritage, Cambridge, MacDonald Institute for
Archaeological Research, 2001. E infine, recentissima, lappassionata requisitoria di Sir Colin Renfrew, tenuta
a Paestum il 16 novembre 2007 in occasione del conferimento del Premio Paestum durante la Decima Borsa
Mediterranea del Turismo Archeologico, nella quale lo studioso britannico, stigmatizzando la colpevole politica
di molti musei internazionali in tema di acquisizioni dubbie, ha ribadito: restitution is only a part of the
solution.
8
Berlino, XIII Congresso Internazionale di Archeologia Classica, 1988.
9
Si veda il Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi
dellart. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 (e successive modificazioni), art. 67, comma 1, d: Le cose e i beni
culturali indicati nellart. 65, commi 1, 2, lettera a), e 3 possono essere autorizzati ad uscire temporaneamente
anche quando: d) la loro uscita sia richiesta in attuazione di accordi culturali con istituzioni museali
straniere, in regime di reciprocit e per la durata stabilita negli accordi medesimi, che non pu essere,
comunque, superiore a quattro anni
10
Si tratta del centro oggi denominato Ascoli Satriano (FG), tuttora poco noto nella fase magnogreca e
divenuto famoso, in epoca successiva, per due battaglie combattute dai Romani, contro Pirro nel 279 a.C. e
contro Annibale circa settantanni dopo.

46
Presentazione delle opere

Nota
Si scelto di ordinare i materiali esposti raggruppandoli per ambiti di produzione e/o stilistici e
in sequenza cronologica.
Le schede degli oggetti in mostra costituiscono, per la massima parte, una rielaborazione della
documentazione fornita dalle istituzioni museali americane, che si ringraziano per la disponibilit:
le eventuali integrazioni e i malintesi interpretativi vanno in ogni caso sotto la responsabilit
dellautore delle schede. Pur nel tentativo di uniformazione, la diversit di provenienza redazionale
d conto anche di una residua difformit di impostazione delle stesse; in ogni caso, esse non hanno
alcuna pretesa di esaustivit dei problemi scientifici che oggetti cos importanti per qualit sollevano.
Si inoltre preferito mantenere, in considerazione del carattere esplicitamente comunicativo della
mostra, nonch dei tempi ridottissimi di edizione, un tono divulgativo anche nel catalogo, limitando
perci allessenziale i confronti stilistici e cronologici e laggiornamento della bibliografia.
Un ringraziamento a tutti coloro che, in diversi modi e tempi, hanno collaborato alla costruzione
dei testi fin dalle prime fasi: Wanda Borsari, Benedetta Adembri, Daniel Berger, Irene Berling,
Angelo Bottini, Maria Cappelletti, Anna Maria Dolciotti, Maria Lucia Ferruzza, Rossella Giglio,
Giuseppe Gini, Maria Pia Guermandi, Jeannette Papadopoulos, Maurizio Pellegrini, Paola Rendini,
Daniela Rizzo, Silvana Rizzo, Claudia Scardazza, Grete Stefani, Suzanne Tassinari.

Tutte le misure sono espresse in centimetri.

49
CERAMICA PROTOCORINZIA

CERAMICA LACONICA
1. Oinochoe protocorinzia con serpente

Officina corinzia, ca. 700-675 a.C.


H. 28,5
Gi University Museum of Art, Princeton 1995-149
Da scavi clandestini in Etruria meridionale

Questa forma vascolare deriva dalla tradizione delle oinochoai geometriche


a corpo globulare del IX secolo a.C. mediata attraverso le forme ovoidali
del Tardo Geometrico e del Protocorinzio Antico quando il corpo del vaso
cominci a ricevere decorazioni figurate o grafismi dispirazione naturalistica
(pesci, girali ecc.) di tipo orientalizzante. I prototipi furono prodotti nelle
officine di Corinto, ma sono note imitazioni prodotte a Pithecusa (un
esemplare del 700 a.C. circa in Italia 1988, fig. 546, da Pontecagnano), a
Cuma e in Etruria (da cui il nome della cosiddetta classe Cuma-Tarquinia)
dove fu largamente esportata. In questo vaso, leffetto decorativo affidato
alla sinuosa figura di un serpente che snoda il suo corpo punteggiato di
bianco ondeggiante sulla fascia pi ampia del corpo del vaso, alternando alle
spire elementi decorativi di riempimento a rombi e rosette a punti.
Queste e le lunghe punte della raggiera di base, come la scomparsa quasi
totale dei motivi geometrici, inducono a una datazione nellambito del
Protocorinzio Medio I.

BIBLIOGRAFIA: Serpenti a testa lanceolata e corpo puntinato decorano gi aryballoi,


kotylai e lekythoi a corpo conico, anche di imitazione locale, nella necropoli di Pithecusa
in tombe del Protocorinzio Antico (cfr. ad es. la tomba 152 in G. Buchner, D. Ridgway,
Pithekoussai I. La necropoli: tombe 1-723 scavate dal 1952 al 1961, Monumenti
Antichi dei Lincei, IV, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1993, p. 188, n. 152/3,
tav. 85, 3). Per esemplari di produzione cumana in Etruria e Lazio, cfr. MORETTI SGUBINI
2001, p. 168, II.D.1.5 (al Museo di Cerveteri, inv. 111143) con bibliografia.

52
2. Olpe protocorinzia con decorazione a squame

Officina corinzia, ca. 650-625 a.C.


H. 20-22; diam. pancia 14,5; diam. bocca 11,2
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 81.AE.197 (1, 2, 3)

Tra la fine dellVIII e tutto il VII secolo a.C. Corinto detenne il primato quasi
assoluto nelle esportazioni di ceramica dipinta nei mercati del Mediterraneo.
I suoi raffinatissimi prodotti furono molto apprezzati in Etruria e in Magna
Grecia. Questolpe (una brocca piriforme con bocca a trombetta), lacunosa,
si ispira a prototipi metallici, evocati in particolare dal dettaglio della rotella
sopraelevata allattacco dellansa. Assegnabile alla fase detta Transizionale
dal Protocorinzio a Corinzio, decorata sul collo con rosette a punti, sulla
spalla con linguette policrome e sul corpo con un motivo a scaglie policrome
contornate da incisioni doppie.

BIBLIOGRAFIA: CVA, Getty 9, p.15, n.11, pl. 477. Per un vaso simile, con uniscrizione
graffita greca dalla tomba a camera n. 125 dallEsquilino a Roma, cfr. Italia 1988, fig. 422.

54
3. Kylix laconica con guerrieri

Attribuita al Pittore della Caccia, ca. 550-525 a.C.


H. 12,98; diam. 25,4
Gi Metropolitan Museum of Art, New York, 1999.527 (L.2006.11.1)

La coppa, che ricorda allesterno la semplicit delle coppe ioniche o delle


lip-cup attiche, decorata nel tondo interno con figure di due uomini armati;
nellesergo due volpi che giocano. Sulla sinistra un soldato armato di elmo
corinzio, corazza e lancia appoggiata al suo fianco; lo scudo alle sue spalle.
Davanti a lui un compagno si piega in avanti a stringere sulla gamba uno
schiniere. Il suo scudo appoggiato dietro di lui mentre la corazza occupa
la parte centrale del tondo. Un uccello e una borsa da equipaggiamento
sospesa alla parete completano la scena. I vasi laconici, prodotti a Sparta,
si segnalano per la loro vivacit espressiva tra i vari tipi di ceramiche
greche arcaiche.

BIBLIOGRAFIA: Annual Report, 1999-2000, New York, The Metropolitan Museum of Art,
2000, p. 17; J. Mertens, Recent Acquisitions: A Selection, 1999-2000, Metropolitan
Museum of Art Bullettin, n.s. 58, n. 2, 2000, p. 13; C. M. Stibbe, Lakonische Vasenmaler
des sechsten Jahrhunderts v. Chr., Supplement, Mainz, von Zabern, 2004, pp. 167-168,
pl. 32. Sul Pittore della Caccia, cfr. P. Pelagatti, s.v. LACONICI, vasi, in EAA, IV, p. 448 a-b.

56
CERAMICA ATTICA A FIGURE NERE
4. Anfora attica a figure nere con la lotta tra Eracle e Gerione

Attribuita al Pittore di Berlino 1686, ca. 540 a.C.


H. 42; diam. 27
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AE.92
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Per la sua decima fatica al servizio di Euristeo, Eracle ricevette lordine di


rubare il bestiame di Gerione, un selvaggio guerriero con tre corpi che viveva
in unisola nel lontano Occidente, ai confini del mondo, noto ai Greci e
identificabile grosso modo con lodierna penisola iberica. Traccia
toponomastica del mitico ritorno delleroe dallimpresa, attraverso la Gallia
e lItalia, riscontrabile in una serie di luoghi mitici erculei (lara maxima
Herculis a Roma, la citt di Ercolano, ecc.), a indicare lannodarsi di relazioni
culturali tra il mondo indigeno etrusco-italico e quello greco.
Eracle riusc nellimpresa dopo aver ucciso il mandriano e il cane a due teste
di Gerione. Sul lato principale raffigurata lultima fase dellathlon quando
Eracle, nella consueta armatura con la leont e la clava, affronta lo stesso
Gerione, armato come un oplita greco e, sotto lassalto delleroe, uno dei corpi
di Gerione tenta invano di fuggire. Accanto a Eracle un uccello, laquila del
padre Zeus, presagio dellimmancabile vittoria. Intorno alle figure sono dipinte
molte pseudoiscrizioni, usate in chiave decorativa.
Laltro lato del vaso ripete un uso poco frequente, ma tipico di questo
ceramografo la stessa scena con poche varianti.
Il Pittore detto di Berlino 1686 (dal nome di un vaso nella Antikensammlung
berlinese) lavor nel Ceramico di Atene tra il 550 e il 530 a.C. circa,
specializzandosi nella decorazione di anfore su cui dipinse scene di dei, eroi
e guerrieri.

BIBLIOGRAFIA: Passion for Antiquities 1994, pp. 81-83, cat. n. 34.

60
5. Anfora attica a figure nere con la processione nuziale
di Admeto e Alcesti

Attribuita al Gruppo delle Tre Linee, ca. 530 a.C.


H. 29; diam. 17,3
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AE.93
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Sul lato principale del vaso la scena della processione nuziale di Admeto,
re di Tessaglia, e Alcesti, la coppia mitica famosa perch la donna volle
sostituirsi al marito nel suo destino di morte immatura. Dopo il suo ritorno
fra i vivi, dovuto allintervento di Eracle che scese nellAde per strapparla
al regno dei morti, i due giovani poterono celebrare le loro nozze. Gli sposi
sono raffigurati in piedi sulla quadriga; Admeto, vestito con un chitone tiene
le redini dei cavalli, Alcesti velata, con un mantello riccamente decorato.
Dietro di loro unaltra figura femminile ammantata. In secondo piano, dietro
i cavalli, Apollo (il dio che aveva profetizzato il destino di Admeto) con
la cetra, e di fronte a lui Artemide con il polos sul capo. Davanti ai cavalli
altre due figure, forse Demetra e Persefone o Afrodite e Semele. Dietro la
coppia Dioniso, con un bambino. Il lato secondario del vaso presenta una
quadriga vista di fronte con due coppie di donne e adolescenti o bambini
ai lati; vi sono iscritti i nomi di Admetos e Alkestis.
Tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C. le scene nuziali, umane o divine,
erano molto popolari sui vasi greci.
Il cosiddetto Gruppo delle Tre Linee comprende un piccolo gruppo di anfore,
prodotte da una sola officina ateniese attiva verso il 530 a.C. e trae il suo
nome da un motivo decorativo accessorio sulla parte inferiore dei loro vasi.

BIBLIOGRAFIA: Passion for Antiquities 1994, pp. 81-83, cat. n. 35.

62
6. Hydria attica a figure nere con cavalieri sciti

Attribuita alla cerchia del Pittore di Antimenes, 530-520 a.C.


H. 46,2
Gi Museum of Fine Arts, Boston 1979.614

Il vaso, proveniente dallEtruria, in particolare dallarea di Vulci, mostra sul


corpo quattro cavalieri barbari in marcia mentre nella fascia ristretta inferiore
sono raffigurati due leoni che sbranano un animale. Sulla spalla una scena di
partenza di un guerriero sul carro, in presenza di altre cinque figure.
Lespansione nel nord della penisola greca, alla ricerca di regioni metallifere,
aveva portato gli Ateniesi in contatto con i Traci, stanziati nellarea
dellattuale Bulgaria, di cui si servirono spesso come eccellenti cavalieri
mercenari e con gli Sciti, che abitavano la costa settentrionale del Mar Nero.
I loro variopinti costumi compaiono spesso come un elemento di esotismo
sui vasi dellepoca (cfr. infra lo psykter a figure rosse con cavalieri dal
Metropolitan e il cratere a campana del Pittore della Centauromachia del
Louvre). Gli Sciti in particolare erano utilizzati come poliziotti dai
magistrati ateniesi.

BIBLIOGRAFIA: Beazley Archive: 9980; K. Schauenburg, Siegreiche Barbaren, AM 92,


1977, pp. 91-100.

64
7. Kylix attica a figure nere con scena di simposio

Attribuita alla maniera del Pittore di Lysippides e al vasaio Andokides, ca. 520 a.C.
H. 13, 6; diam. 36,4
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 87.AE.22

Nel fregio interno della coppa, che si snoda intorno a un tondo con maschera
gorgonica, sei uomini siedono in simposio sotto una pergola di vite dai lunghi
tralci e appoggiati a dei cuscini ascoltano un suonatore di lira: tema
perfettamente adeguato alla funzione delloggetto, una coppa per vino.
Il motivo apotropaico della maschera gorgonica ritorna allesterno, negli
occhioni, tra i quali si pongono su un lato le due figure di Eracle e Dioniso
e sullaltro quelle di Eracle che lotta con Tritone, un mostro marino.
Tuttintorno tralci di vite e grappoli duva estendono il motivo dionisiaco
dellinterno.
La riparazione, a trapano, con un frammento di orlo recuperato da unaltra
coppa, sottolinea il valore che lantico proprietario attribu a questo oggetto.
Il Pittore di Lysippides decor vasi di varia foggia nella tecnica a figure nere
dal 530 circa al 510 a.C. con uno stile che dipende da quello del suo maestro
Exekias, mostrando predilezione per i cavalli e le scene mitologiche. noto
anche che lavor col vasaio Andokides, un importante artigiano nella cui
officina fu forse inventata la tecnica a figure rosse, che dedic una statua
sullAcropoli e collabor ai vasi bilingui del Pittore di Andokides.

BIBLIOGRAFIA: ELSTON 1990, pp. 53-68, fig. 23; N. Icard-Gianolio, s.v. TRITON,
in LIMC, VIII/1, 1997, p. 69, n. 5a, VIII/2, p. 42; J. Boardman, The History of Greek Vases.
Potters, Painters and Pictures, London, Thames and Hudson, 2001, p. 204, fig. 224;
Handbook 2002, p. 62.

68
8. Lekythos a figure nere su fondo bianco
con Eracle e gli uccelli Stinfalidi

Attribuita al Pittore del Diosphos, ca. 490 a.C.


H. 20,8
Gi Museum of Fine Arts, Boston 1989.317

Sulla lekythos dipinta la scena di una delle fatiche di Eracle. In particolare


rappresentata limmagine delleroe, assistito dal nipote Iolao, che suonando
dei crotali (una specie di nacchere), spavent gli uccelli voraci che nei boschi
attorno al lago Stinfalo, in Arcadia, devastavano i campi con le loro penne
bronzee e i loro escrementi velenosi e nutrendosi di carne umana, tormentavano
gli abitanti. Erano talmente numerosi che volando oscuravano il sole. Al
suono prodotto da Eracle si alzarono in volo terrorizzati e fuggirono in tutte
le direzioni, talmente spaventati da scontrarsi fra loro. Leroe continu a
suonare finch anche lultimo uccello scomparve allorizzonte. Compiuta
limpresa, Eracle concim con gli escrementi i campi e port ad Euristeo come
prova i corpi di alcuni uccelli. Interessanti, sotto il profilo documentario, sono
le iscrizioni prive di senso che servivano esclusivamente a conferire maggior
pregio alloggetto. Un vaso molto simile nelle collezioni del Banco di Sicilia
a Palermo.

BIBLIOGRAFIA: M. J. Padgett, Minerva, 1, n. 6, 1990, p. 43, fig. 3.

70
CERAMICA ATTICA A FIGURE ROSSE
9. Cratere a calice attico a figure rosse
con il trasporto del corpo di Sarpedonte

Firmato da Euxitheos come vasaio e da Euphronios come ceramografo, ca. 515 a.C.
H. 45,7; diam. 55,1
Gi Metropolitan Museum of Art 1972, 11.10 (L.2006.10)

Il cratere di Eufronio, come lo si detto quasi per antonomasia, uno dei pi


bei vasi attici pervenutici, il solo integro dei ventisette vasi dipinti dallartista
greco, il pi abile del cosiddetto Gruppo dei Pionieri, come furono denominati
i primi pittori attici tardo-arcaici che svilupparono la tecnica a figure rosse.
Vasaio e pittore, oper nei decenni 520-470 a.C; a partire dal 500 a.C. lavor,
quasi certamente per lindebolimento della vista, solo come vasaio. In
uniscrizione dallacropoli di Atene, su un monumento da lui dedicato,
denominato come il vasaio.
Sul lato principale del cratere raffigurata la morte di Sarpedonte, leroe figlio
di Zeus e Laodamia, che combatteva come alleato dei Troiani, un celebre
episodio della Guerra di Troia. Il dio Hermes, qui nella sua funzione di
messaggero di Zeus e conduttore delle anime dei morti, guida le personificazioni
del Sonno (Hypnos) e della Morte (Thanatos) che trasportano il corpo delleroe
caduto nella sua patria, la Licia, per il funerale.
Il lato secondario del vaso raffigura giovani che si armano prima della battaglia,
unallusione al destino di morte che potrebbe accomunare questi giovani a
Sarpedonte.
La presenza delle firme associate del pittore e del vasaio, artigiano che di
solito firmava pi raramente i suoi prodotti, indica che Euxitheos riconosceva
in questo cratere una delle sue opere migliori. Oltre alle firme degli autori il
vaso reca anche liscrizione Leagros kalos: Leagro bello, che ha fornito
un prezioso elemento per la datazione, giacch ladolescenza di Leagros, un
personaggio storico ateniese considerato uno dei pi bei fanciulli greci del suo
tempo, da collocare nel decennio 520-510 a.C.
Nella raffigurazione, Euphronios, pur nei vincoli imposti dalla parsimonia dei
mezzi cromatici consentiti dalla tecnica vascolare e dalle forzature obbligate
dalla morfologia della ridotta superficie pittorica, dispiega la sua abilit nella
perfezione naturalistica delle sue figure in cui si rileva lormai acquisita
padronanza dello scorcio, laccurata resa anatomica, il senso della
composizione e la capacit di costruzione della spazialit, anche attraverso
il sapiente uso della vernice, ora diluita ora pi densa, per dare il senso del
volume. Ma soprattutto lartista, nella scena principale, riesce a conferire al
carattere di drammaticit dellevento, anche attraverso una magistrale
composizione dei personaggi e delle relazioni tra di loro costruite sui rimandi
degli sguardi e una trama di richiami geometrico formali fra le figure,
unatmosfera di dolente concentrazione e un tono di meditazione sospesa che
colloca la raffigurazione al di fuori del tempo e, per questo, in ogni tempo.

BIBLIOGRAFIA: J. Boardman, Attic Red Figure Vases: The Archaic Period, London, Thames
and Hudson, 1975, fig. 22; T. Hoving, D. von Bothmer, The Chase, the Capture: Collecting
at the Metropolitan, New York, The Metropolitan Museum of Art, 1975, p. 41, fig. 4; p. 121,
fig. 22; D. von Bothmer, Der Euphronioskrater in New York, AA, 1976, pp. 485-512;
Euphronios Peintre, 1992.

76
10. Kylix attica a figure rosse con Ilioupersis

Firmata da Euphronios come vasaio e attribuita ad Onesimos come ceramografo,


ca. 500-490 a.C.
H. 20,5; diam. orlo 46,5
Museo Nazionale di Villa Giulia, inv. 121110; gi J. Paul Getty Museum, Malibu,
restituita nel 1999, dopo che gli scavi in localit S. Antonio ne hanno dimostrato, con
il ritrovamento di altri due frammenti combacianti, la provenienza da Cerveteri.

La kylix, parzialmente ricomposta, decorata nel tondo interno dallepisodio pi


drammatico della notte della presa di Troia, luccisione del vecchio re Priamo
alla presenza della figlia Polissena e del piccolo Astianatte, per mano di
Neottolemo, il figlio di Achille, nonostante il re avesse cercato protezione presso
laltare di Zeus Herkeios, identificato da una scritta. Nel fregio che si sviluppa
intorno al tondo, molto lacunoso, si riconoscono altri episodi troiani e del ciclo
dellIlioupersis, fra i quali la liberazione di Aithra da parte dei nipoti Acamante
e Demofonte, la violenza fatta da Aiace Oileo a Cassandra, abbracciata al
Palladio; allesterno si identificato lepisodio di Briseide che viene condotta da
Patroclo ad Agamennone, e forse un duello tra Aiace ed Ettore.
Sotto il piede della coppa fu graffita, con i caratteri dellalfabeto tipico di
Caere, uniscrizione etrusca di dedica del vaso in un santuario di Hercle,
lEracle etrusco, che costituisce la pi antica testimonianza epigrafica etrusca
di un culto a questo eroe.

BIBLIOGRAFIA: D. Williams, Onesimos and the Getty Ilioupersis, in Greek Vases in the J.P.
Getty Museum, 5, Occasional Papers on Antiquities, 7, Malibu, The J. Paul Getty Museum,
1991, pp. 41-64; MORETTI SGUBINI 1999, pp. 4-6; MORETTI SGUBINI 2001, pp. 150-153.
Per liscrizione, cfr. M. Martelli, Dedica ceretana a Hercle, AC, XLIII, 1991, pp. 613-621.

78
11. Anfora attica a figure rosse con atleti

Attribuita al ceramografo Euthymides, ca. 515-510 a.C.


H. 43,5; diam. corpo 25,7
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 84.AE.63
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Una sola figura di atleta decora ogni lato di questanfora. Verso il 520 a.C.
i pittori di vasi ateniesi rinnovarono il loro modo di dipingere le figure di
atleti, valorizzando sport leggeri come il lancio del disco e del giavellotto e
i momenti di allenamento piuttosto che quelli della gara vera e propria.
Lenfasi data alla figura singola, esaltata nella muscolatura e nella resa
plastica del movimento, fu propria di quel gruppo di innovatori, dominato
da Euphronios, cui Beazley diede il nome-etichetta di Pionieri. Tra questi si
pone Euthymides, attivo sia come vasaio che come ceramografo tra il 515 e il
500 a.C., che usava firmare come Euthymides figlio di Polias, probabilmente
anche questi un artista, forse lo scultore Pollias.
Il discobolo raffigurato sul lato principale identificato dal nome iscritto
accanto alla figura come Phayllos, probabilmente il celebre Phayllos di
Crotone in Magna Grecia che vinse tre volte ai giochi Pitici a Delfi, due nel
pentathlon (che comprendeva il lancio del disco e del giavellotto) e una volta
nella corsa dello stadio. Altri due vasi con analoghe iscrizioni mostrano
la preferenza del pittore per questo atleta, uneccezione nella tradizione greca
del periodo che rifuggiva dalle rappresentazioni dei personaggi reali.
Sullaltro lato una figura di lanciatore di giavellotto, probabilmente lo stesso
Phayllos.

BIBLIOGRAFIA: F. Villard, Les athltes dEuphronios, in Euphronios Peintre 1992, p. 38;


Handbook 2002, p. 64; NEER 2002, p. 94, fig. 45.

80
12. Kylix attica a figure rosse con etera sdraiata

Attribuita a Epiktetos, ca. 520-510 a.C.


H. 14,5; diam. orlo 34
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 83.AE.287
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

La coppa, quasi completa sebbene ricomposta da frammenti, decorata nel solo


tondo interno con la figura di unetera su un cuscino verso il quale si gira.
di grande effetto decorativo il gioco dei piedi contro il bordo del tondo e
lelaborata palmetta che fa da base. Un resto discrizione (egrapse, dipinse)
accanto alla testa.
Epiktetos, forse uno schiavo il nome significa il nuovo acquistato lavor
per circa trentanni, tra il 520 e il 490 a.C., dai primi tempi di introduzione
della nuova tecnica a figure rosse, ma produsse anche coppe bilingui secondo
la moda del tempo. Firm circa una cinquantina di vasi lavorando per diversi
vasai, tra cui Hischylos e lofficina di Nikosthenes e Pamphaios. Il suo stile
delicato, calligrafico, e si applica di preferenza a scene di vita quotidiana
piuttosto che a temi mitologici.

BIBLIOGRAFIA: A. Dierichs, Erotik in der Kunst Griechenlands, Mainz, von Zabern, 1993,
p. 57, fig. 95; M. Robertson, A Note on Epiktetos and Douris, in G. Capecchi (a cura di),
In memoria di E. Paribeni, Roma, Giorgio Bretschneider Editore, 1998, p. 362 ss., tav. CIII,
1-2.

82
13. Kylix attica a figure rosse con scena di palestra

Attribuita al vasaio Pamphaios e al pittore di Nikosthenes come ceramografo,


ca. 510-500 a.C.
H. 13; diam. orlo 34
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AE.97
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Nel tondo interno del vaso raffigurato un giovane che, seduto su uno
sgabello, si allaccia un sandalo. Laryballos e la spugna appesi di fronte a lui
ambientano idealmente la scena in un ginnasio, luogo per eccellenza della
paideia dei giovani nobili ateniesi.
Allesterno della coppa sono altre scene tipiche dellimmaginario dei
ceramografi ateniesi della fine del VI secolo a.C.: da un lato sono due giovani
con i loro cavalli e tre guerrieri; sullaltro una scena dionisiaca, con le Menadi
impegnate a respingere gli assalti dei Satiri.
Lanonimo ceramografo che prende il nome dal vasaio Nikosthenes con cui
collabor in almeno tre vasi, essenzialmente un pittore di coppe, e non
dimostra, se non in poche occasioni, un particolare talento. Lavor poi, insieme
ai suoi contemporanei Oltos e Epiktetos, per il vasaio Pamphaios (se questo
nome non indica piuttosto un marchio) che tra il 510 e il 480 a.C. prese la
guida dellofficina orientandola verso linnovazione delle forme e delle
decorazioni e le esportazioni in Etruria; questa coppa appartiene probabilmente
a questa fase della sua attivit.
Tra le preferite del pittore le scene di atleti, guerrieri e i temi dionisiaci.

BIBLIOGRAFIA: Passion for Antiquities 1994, pp. 94-96, cat. n. 39; J. B. Grossman (ed.),
Athletes in Antiquity: Works from the Collection of the J. Paul Getty Museum (February 1
to April 15, 2002), Utah Museum of Fine Arts, Salt Lake City, University of Utah, 2002,
p. 26, n. 2.

84
14. Psykter attico a figure rosse con giovani cavalieri

Attribuito a Smikros, ca. 510 a.C.


H. 12,5; diam. max. 27,5
Gi Metropolitan Museum of Art, New York, 1985.11.5 (L.2006.11.4)
Mancante di gran parte del collo, della bocca e di tutta la parte inferiore

Questa forma particolare di vaso, con un corpo cilindrico, era utilizzata per
raffreddare il vino dei banchetti, riempiendolo di neve o acqua ghiacciata e
inserendolo dentro il cratere. Questo esemplare decorato con una teoria di
cavalieri; tra le figure sono nomi iscritti.
I cinque cavalieri, che portano le lance e indossano identici copricapo (petasoi)
e corte casacche colorate dispirazione tracia, rappresentano la giovent
aristocratica di Atene, la classe di cittadini che poteva permettersi di possedere
e mantenere un cavallo.

BIBLIOGRAFIA: Sothebys, London, Sale Catalogue, December 13-14, 1982, lotto 220;
Annual Report 1984-1985, New York, The Metropolitan Museum of Art, 1985, p. 38;
VON BOTHMER 1985, p. 38; VON BOTHMER, ANDERSON 1985, pp. 8-9; sulla forma,
S. Drougou, Der attische Psykter, Beitrge zur Archologie, 9, Wrzburg, Konrad Triltsch,
1975.

86
15. Lekythos attica a figure rosse con luccisione di Egisto

Attribuita al Pittore di Terpaulos, ca. 500-490 a.C.


H. 37
Gi Museum of Fine Arts, Boston 1977.713

Acquisita sul mercato antiquario, non se ne conosce la provenienza, ma si


tratta certamente di un vaso molto raro per la presenza della decorazione
figurata sulla spalla. La scena costituita da due gruppi di personaggi
parzialmente sovrapposti che raffigurano la morte di Egisto accoltellato da
Oreste e Clitennestra con la doppia ascia che si scaglia contro lo stesso Oreste,
mentre Telamede cerca di fermarla.
Pur in uno spazio tanto ridotto, lartista ha saputo rappresentare, attraverso la
sapiente composizione dei personaggi le cui sagome si incrociano in opposte
direzioni, la violenta dinamicit della vicenda mitologica.
La concitazione dellevento ottenuta attraverso la disarticolazione degli arti,
raffigurati in gestualit esasperate, eppure governate da precisi rapporti di
rispondenza simmetrica e dalla resa fluttuante delle vesti e dei capelli di
Clitennestra; soprattutto la sua espressione a connotare la drammaticit della
scena, suggellata e racchiusa, emotivamente e formalmente, entro lo spazio
costruito dagli sguardi dei due amanti che si incrociano per lultima volta.

BIBLIOGRAFIA: Mnzen und Medaillen A.G., Malzgasse 25, Basel, Switzerland, Auction 51,
March 14-15, 1975, lot 150; Aspects of Art and Science, National Museum of History and
Technology, Smithsonian Institution, February 1- September 1978, Washington 1978; R.M.
Gais, s.v. AIGISTHOS, in LIMC, I/1, 1981, p. 372, n. 6a; p. 373, ill. p. 378.

88
16. Anfora attica a figure rosse con citarista

Attribuita al Pittore di Berlino, ca. 490 a.C.


H. 57,8; diam. 36,8
Gi Metropolitan Museum of Art, New York 1985.11.5 (L. 2006.11.4)

Questa forma danfora, prediletta dal Pittore di Berlino, ben si adatta alla
decorazione limitata esclusivamente a personaggi isolati, uno su ciascun lato
del vaso, che il ceramografo amava rappresentare nelle sue opere, talvolta di
modo che i contorni delle figure stesse sembrano richiamare volutamente
il profilo dei vasi, probabilmente modellati nella sua stessa officina.
Le singole figure che decorano lanfora, un suonatore di cetra da un lato e
un giovane che ascolta attento, sono isolate pur costituendo tematicamente
un insieme; il medium che le unisce lo spazio, vuoto di decorazione, del
vaso; la forma si integra con la decorazione, esemplificando il peculiare gusto
per la composizione di questo maestro che nelle sue opere poneva al di sopra
di tutto leleganza e larmonia.
Il Pittore di Berlino (attivo tra il 490 il 460 a.C. circa) il nome convenzionale
fu attribuito dal Beazley, da unanfora a Berlino considerato generalmente
come un rivale del Pittore di Kleophrades. La prima produzione del
ceramografo si colloca ancora nello stile tardo arcaico, da cui poi si svincol
contribuendo notevolmente in parallelo con quanto facevano scultori e
pittori allo sviluppo dello stile classico delle figure rosse. Gran parte della
sua produzione fu destinata allesportazione e i suoi vasi sono stati recuperati
soprattutto nelle necropoli della Magna Grecia, a Vulci, Nola e a Locri.

BIBLIOGRAFIA: VON BOTHMER 1985, p. 38; VON BOTHMER, ANDERSON 1985, pp. 8-9.

90
17. Kalps attica a figure rosse con Apollo sacrificante

Attribuita al Pittore di Berlino, ca. 485 a.C.


H. 40,2
Gi Museum of Fine Arts, Boston 1978.45

Apollo, il dio della luce e della musica presso un altare in compagnia di


altre divinit. Nella sinistra tiene una cetra e con la destra fa una libagione
versando una bevanda da una phiale. Lo assiste Iris, la dea dellarcobaleno,
con una brocca. Dietro di lei Ermes, con i calzari alati e il caduceo. Dietro
laltare Latona, madre di Apollo, con i capelli biondi disegnati in vernice
diluita, e sua sorella Artemide, con arco e faretra. Dietro di loro avanza
Atena con elmo e lancia. Il significato di questa assemblea di dei non
chiara, ma la presenza di Latona suggerisce una relazione col culto del dio
a Delo. Le figure statuarie hanno la qualit monumentale caratteristica del
Pittore di Berlino.
La kalps una variante arrotondata dellhydria che venne di moda tra il 505
e il 475 a.C.

BIBLIOGRAFIA: cfr. Beazley Archive: 84; M. Robertson, The Berlin Painter at the Getty
Museum and some others, in Greek Vases in the J. Paul Getty Museum, Occasional Papers
on Antiquities, I, Malibu, The J. Paul Getty Museum, 1983, p. 66 ss.; E. Mathipoulou-
Tornaritou, s.v. APOLLON, in LIMC, II/1, 1984, p. 289, n. 860.

92
18. Cratere a calice attico a figure rosse (frammenti)
con battaglia sul corpo di Achille

Attribuita al Pittore di Berlino, ca. 490 a.C.


Il vaso frammentario, lacunoso
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 77.AE.5 (1, 6, 7, 9,10, 11, 12)
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

I frammenti pi significativi mostrano una scena di battaglia con Aiace con


il corpo di Achille. Altri mostrano uno scudo con liscrizione Ampharaus,
armi oplitiche, un elmo calcidese, parti di corpi e di decorazione accessoria.
Sul Pittore di Berlino, attivo tra il 490 e il 460 a.C., cfr. scheda n. 16.

BIBLIOGRAFIA: J. Frel, The Kleophrades Painter in Malibu, JPGMJ, 4, 1977, p. 76 ss., n. 26;
M. B. Moore, The Berlin Painter and Troy, in Greek Vases in the J. Paul Getty Museum, 6,
Occasional Papers on Antiquities, 9, Malibu, The J. Paul Getty Museum, 2000, pp. 158-186,
figg. 1a-f; 5a-1.

94
19. Kalps attica a figure rosse con Fineo e le Arpie

Attribuita al Pittore di Kleophrades, ca. 480 a.C.


H. 39; diam. corpo 32,5
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 85.AE.316
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Alla ricerca del Vello doro, Giasone e gli Argonauti salvarono il vecchio
veggente e re trace Fineo. Gli dei lo avevano punito per aver rivelato i loro
segreti. Non appena Fineo si apprestava a mangiare arrivavano le Arpie, orridi
mostri alati, che rovesciavano a terra, rubavano o imbrattavano di sterco il
cibo. Giasone trov il re quasi morto di fame e fece con lui un accordo. Se
Fineo gli avesse rivelato come raggiungere il Vello, lo avrebbe liberato dalle
Arpie. Su questa elegante kalps vediamo a sinistra Fineo seduto davanti a
una tavola colma di cibo, sulla quale si precipitano dallalto tre Arpie, in
verit qui in figura di graziose fanciulle alate. Il re tuttavia leva le mani in un
gesto di spavento.
Pittore prolifico gli si attribuiscono oltre 100 vasi il pittore di Kleophrades
fu probabilmente un allievo di Euthymides, e us sia la vecchia tecnica a
figure nere, specialmente per le anfore panatenaiche, sia, pi regolarmente,
quella a figure rosse. Come Euthymides prefer la decorazione di grandi vasi,
con scene tradizionali dispirazione mitologica, e con una preferenza per
i temi troiani.

BIBLIOGRAFIA: Handbook 1986, p. 50; L. Kahil, s.v. PHINEUS, in LIMC, VII/1, 1994, p. 388,
n. 4; S. Woodford, Images of Myths in Classical Antiquity, Cambridge, Cambridge University
Press, 2003, pp. 132-133, fig. 100.

96
20. Anfora attica a figure rosse
con Eracle e Apollo in contesa per il tripode delfico

Attribuita al Pittore di Geras, ca. 480-470 a.C.


H. 56; diam. corpo 26
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 79.AE.139
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Su questanfora, che conserva eccezionalmente anche il suo coperchio,


raffigurato al centro Eracle, identificabile per il mantello ricavato dalla pelle
del leone nemeo (leont), che fugge dopo aver rubato a Delfi il tripode dal
santuario di Apollo, irritato per non aver ricevuto subito loracolo che aveva
chiesto. Il dio, a destra, lo insegue armato darco, mentre allestremit sinistra
Atena guarda la scena e protegge leroe a lei caro.
Rappresentazioni di questo mito avevano una lunga tradizione nellarte greca,
ma divennero specialmente popolari ad Atene nellet della tirannide di
Pisistrato, al volgere del VI secolo a.C.
Il lato secondario del vaso presenta la scena di un guerriero che compie una
libagione alla presenza del padre e della moglie, al momento di partire per
la guerra.
Sul lato A dipinta in caratteri minuti lacclamazione al giovane efebo
Haisimedes HAISIMEDES KALOS: Aisimede bello; sul lato B la pi generica
HO PAIS KALOS: il ragazzo bello.
Il Pittore di Geras (il nome deriva da un vaso del Louvre con Eracle che
lotta contro Geras, personificazione della Vecchiaia), fu un artigiano di
livello non eccezionale, ma vivace nelle sue immagini, che oper allinizio
del V secolo a.C. specializzandosi nella decorazione di pelikai oltre ad altre
forme vascolari.

BIBLIOGRAFIA: F. Brommer, Herakles und Theseus auf Vasen in Malibu, in Greek Vases in
the J. Paul Getty Museum, Occasional Papers on Antiquities, 3, Malibu, The J. Paul Getty
Museum, 1985, pp. 183-228, fig. 13; H. Immerwahr, A Corpus of Attic Vase Inscriptions.
Preliminary Edition, part VI, Supplement, 2001, n. 4939; sulla figura del ceramografo, cfr.
E. Paribeni, s.v. Geras Pittore di, in EAA, III, p. 840 e fig. 1046.

98
21. Cratere a colonnette attico a figure rosse con Dioniso

Attribuita al Pittore di Geras, ca. 480-470 a.C.


H. 28,6; diam. orlo 27,5
Gi Royal Athena Galleries, New York

raffigurato su un lato Dioniso che regge un kantharos, seguito da un satiro


che sorregge uno scranno sulla testa; sullaltro lato un satiro con un rythn
in mano.

BIBLIOGRAFIA: cfr. scheda precedente.

102
22. Kylix attica a figure rosse con Zeus e Ganimede

Firmata da Douris come ceramografo, attribuita al vasaio Python, ca. 480 a.C.
H. 13,3; diam. 32,4
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 84.AE.569
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Il tondo interno della coppa mostra una figura maschile barbata seduta davanti
a un altare con un bastone nella destra e una phiale nella sinistra.
Un fanciullo, Ganimede, gli versa vino da una oinochoe.
Allesterno sono due scene di divinit che inseguono i loro amanti mortali.
Su un lato tre uomini barbuti osservano Eos, lalata dea dellalba, che insegue
il giovane cacciatore Kephalos; sullaltro lato, il re degli dei, Zeus, insegue il
principe troiano Ganimede.
Anche questo vaso, come la kylix a occhioni e lasks etrusco del Gruppo
Clusium, stato restaurato con un frammento di un altro vaso, forse del
ceramografo Makron.
Il pittore, Douris, nel periodo della sua attivit (500-460 a.C.), fu uno dei pi
prolifici ceramografi noti degli inizi del V secolo. Firm almeno 40 vasi, per
lo pi coppe, mentre gliene sono attribuiti oltre 300, il che, se accettiamo per
buona la stima che gli studiosi moderni hanno fatto, ossia che i vasi greci
pervenutici rappresentano circa lo 0,5% di quelli realmente prodotti,
porterebbe la sua produzione globale a circa 78.000 vasi! Collabor con i
vasai Kleophrades ed Euphronios, ma soprattutto con Python, uno specialista
nella produzione di coppe.

BIBLIOGRAFIA: Acquisitions 1984, JPGMJ, 13, 1985, p. 169, fig. 23; Handbook 1991, p. 47;
BUITRON-OLIVER 1995, pp. 27, 32, 39, 54; cat. n. 120, p. 80, pl. 46.

104
22. Kylix attica a figure rosse con Zeus e Ganimede

Firmata da Douris come ceramografo, attribuita al vasaio Python, ca. 480 a.C.
H. 13,3; diam. 32,4
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 84.AE.569
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Il tondo interno della coppa mostra una figura maschile barbata seduta davanti
a un altare con un bastone nella destra e una phiale nella sinistra.
Un fanciullo, Ganimede, gli versa vino da una oinochoe.
Allesterno sono due scene di divinit che inseguono i loro amanti mortali.
Su un lato tre uomini barbuti osservano Eos, lalata dea dellalba, che insegue
il giovane cacciatore Kephalos; sullaltro lato, il re degli dei, Zeus, insegue il
principe troiano Ganimede.
Anche questo vaso, come la kylix a occhioni e lasks etrusco del Gruppo
Clusium, stato restaurato con un frammento di un altro vaso, forse del
ceramografo Makron.
Il pittore, Douris, nel periodo della sua attivit (500-460 a.C.), fu uno dei pi
prolifici ceramografi noti degli inizi del V secolo. Firm almeno 40 vasi, per
lo pi coppe, mentre gliene sono attribuiti oltre 300, il che, se accettiamo per
buona la stima che gli studiosi moderni hanno fatto, ossia che i vasi greci
pervenutici rappresentano circa lo 0,5% di quelli realmente prodotti,
porterebbe la sua produzione globale a circa 78.000 vasi! Collabor con i
vasai Kleophrades ed Euphronios, ma soprattutto con Python, uno specialista
nella produzione di coppe.

BIBLIOGRAFIA: Acquisitions 1984, JPGMJ, 13, 1985, p. 169, fig. 23; Handbook 1991, p. 47;
BUITRON-OLIVER 1995, pp. 27, 32, 39, 54; cat. n. 120, p. 80, pl. 46.

104
23. Kantharos attico a figure rosse
configurato a maschera dionisiaca

Attribuito al Pittore della Fonderia come ceramografo, e forse ad Euphronios come


vasaio, ca. 480 a.C.
H. 14,7; diam. 17,4
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 85.AE.263
Da scavi clandestini operati in Italia centro-meridionale

Uno dei lati del vaso reca applicata una maschera di Dioniso, modellata
a parte, laltro una maschera di Satiro. Sul corpo della coppa sono delle scene
figurate che mostrano atleti che si puliscono dopo gli esercizi.
Attivo nel primo trentennio del V secolo a.C., il Pittore della Fonderia stato
cos denominato dalla scena di una fonderia di statue di bronzo che dipinse
su un vaso ora a Berlino. Allievo del Pittore di Brygos e a un certo momento
collaboratore di Onesimos, lavor con i vasai Brygos ed Euphronios,
specializzandosi nella decorazione di coppe su cui speriment uno stile pi
realistico dei suoi contemporanei.

BIBLIOGRAFIA: Acquisitions 1985, JPGMJ, 14, 1986, p. 192, n. 155; Handbook 1991, p. 48;
NEER 2002, p. 14, fig. 1; COHEN 2006, pp. 274-275, cat. n. 82, fig. 82.1-82.3.

106
24. Phiale mesonfalica attica a figure rosse (frammenti)
con varie scene mitologiche

Firmata da Douris come ceramografo, e forse da Smikros come vasaio, ca. 490-480 a.C.
H. 13,3; diam. 32,4
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 81.AE.213
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Allinterno del vaso si riconoscono varie scene, di divinit sedute, di un


combattimento, e figure in corsa, forse una scena dinseguimento.
Allesterno sono due scene distinte raffiguranti Eracle, forse nella preparazione
della gara con Eurytos, e nella gara vera e propria.
Sul ceramografo, vedi anche supra la scheda n. 22.

BIBLIOGRAFIA: M. Robertson, A Fragmentary Phiale by Douris, in Greek Vases in the


J. Paul Getty Museum, 5, Occasional Papers on Antiquities, 7, 1991, pp. 75-98; BUITRON-
OLIVER 1995, pp. 15-17, 22, 51, 53, 67, catalogo n. 29, pl. 19-20.

110
25. Cratere a calice attico a figure rosse
con luccisione di Egisto per mano di Oreste

Attribuito al Pittore di Egisto, ca. 470 a.C.


H. 58,2; diam. orlo 61,6
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 88.AE.66
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

La decorazione di questo grande cratere, uno dei pi grandi noti ma purtroppo


molto frammentario, riflette forse una tragedia greca perduta. Sul lato
principale, a destra, Oreste vendica la morte del padre Agamennone
immergendo la spada nel petto di Egisto, lamante della madre Clitennestra
che sulla sinistra accorre con unascia a difendere lamato. In mezzo, una
nutrice, con un bambino in braccio, assiste inorridendo alla scena. Sullaltro
lato del vaso due donne (forse Elettra e Crisotemi) fuggono verso destra dietro
tre uomini che tengono dei bastoni.
La morte di Egisto un tema poco frequente nellarte greca, e compare solo
nel periodo 510-460 a.C., evidentemente in relazione con la propaganda
antitirannica del governo democratico. Alcuni elementi della raffigurazione
suggeriscono che questa scena abbia tratto origine da una perduta tragedia
anteriore al pi noto dramma messo in scena da Eschilo nel 458 a.C.
Il Pittore di Egisto, attivo tra il 480 e il 460 a.C., fu un ceramografo che visse
la transizione dallo stile arcaico a quello classico decorando di preferenza
grandi vasi con scene complesse. Il suo nome, di creazione moderna, deriva
dal tema di un vaso conservato nel Museo Civico Archeologico di Bologna.

BIBLIOGRAFIA: E. Simon, Early Classical Painting, in AA.VV., Greek Art, Archaic into
Classical, Leiden, Brill, 1985, pp. 66-82, pls. 67-68; Acquisitions 1985, JPGMJ, 17, 1989,
p. 113, n. 20.

112
26. Kantharos gianiforme attico raffigurante la testa di Eracle

Classe M, Classe del Vaticano, ca. 470 a.C.


H. 19,1; diam. 13,9
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 83.AE.218
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Il kantharos gianiforme (il termine deriva da Giano, il dio latino bifronte),


una coppa formata da due teste realizzate a stampo e attaccate una allaltra,
fu una delle forme pi comuni dei vasi attici configurati antropomorficamente.
Uno dei lati di questo esemplare rappresenta Eracle, con i baffi bianchi, la
leont decorata a punti, la barba nera. Laltro lato rappresenta una donna, la
cui identit, dato il numero delle eroine che ebbero relazioni con leroe, resta
incerta (Ebe?).
Sul collo del vaso una corona dedera a foglie bianche richiama il mondo
dionisiaco.
Su questa classe di vasi attici raffigurato un limitato numero di soggetti:
africani, donne, satiri, oltre a Eracle. possibile che essi siano stati inventati
per il mercato etrusco dove esisteva unantica tradizione di vasi antropoidi.

BIBLIOGRAFIA: COHEN 2006, pp. 272-273, n. 81, fig. 81.1-3.

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27. Cratere a calice attico a figure rosse con scena di divinit
(Igea, suo figlio Oceano e Dioniso)

Firmato dal Pittore Syriskos, 470-460 a.C.


H. 43; diam. orlo 55
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 92.AE.6

Una solenne scena di divinit raramente raffigurate, una finestra su un Olimpo


minore decora questo cratere. Al centro del lato principale seduta infatti Ge,
la Terra, qualificata, da uniscrizione dipinta accanto, come Pantaleia (colei
che d tutto), con uno scettro e una coppa da libagione nelle mani. Accanto, a
sinistra, le sta il figlio, il Titano Oceano, anchegli identificato da uniscrizione,
con uno scettro in mano a indicarne la maest divina. Davanti, sulla destra,
il solo dio olimpico presente, Dioniso, coronato dedera, con un ramo spoglio
che mostra alla dea e un tralcio dedera nelle mani a indicarne forse il
potere sui cicli della vegetazione. Accanto al dio una pantera, simbolo della
natura selvaggia, che una delle componenti dellidentit del dio.
Laltro lato del vaso presenta al centro, in piedi, Themis, figlia di Ge e dea
della giustizia, simile nelle vesti a Ge, con accanto gli eroi Balos (figlio di
Poseidone e di Lybia e padre di Aegyptos, Damno e Danao) ed Epaphos (figlio
di Zeus ed Io), entrambi muniti di scettro. Tutti i personaggi sono identificati
da iscrizioni. La dea porge una coppa in cui ha versato del vino da
unoinochoe al primo, seduto a sinistra, mentre laltro guarda sulla destra.
Purtroppo di queste scene, molto rare e certamente fondate su un preciso
messaggio iconografico, ci sfugge il significato.
Il ceramografo e vasaio Syriskos (il piccolo Siriano, forse uno schiavo) lavor
ad Atene negli anni 70 e 60 del V secolo a.C. decorando vasi a figure rosse,
ma anche a fondo bianco. In vasi successivi compare la firma Pistoxenos
Syriskos (lo straniero fededegno, il piccolo Siriano), e infine solo la firma
Pistoxenos, forse corrispondente al momento in cui il ceramografo acquis uno
status da liberto.
Sono da segnalare anche alcuni graffiti incisi sotto il piede di questo vaso.
Di notevole interesse quello che ne dichiara il prezzo: uno statere,
corrispondente alla paga di due giorni di un soldato del tempo.

BIBLIOGRAFIA: Acquisitions 1992, JPGMJ, 21, 1993, pp. 104-105, n. 5; Masterpieces


1997, p. 46; Handbook 2002, p. 78.

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28. Pelike attica a figure rosse con Fineo e i Boreadi

Attribuita al Pittore di Nausicaa, ca. 450 a.C.


H. 21,3; diam. corpo 16,3
Gi Museum of Fine Arts, Boston 1979.40

La pelike, proveniente dallEtruria, decorata con pitture che ricordano il


mito di Fineo e i Boreadi. Fineo, figlio di Agenore e di Cassiopea e marito di
Cleopatra figlia di Borea, ebbe da lei due figli. Questi si innamorarono
di Idea che li accus di averle fatto violenza e per questo Fineo non esit
ad accecarli, suscitando lo sdegno di Borea, loro avo, il quale a sua volta
accec Fineo per punirlo. Infine, per aver dato ospitalit al troiano Enea,
suscit le ire di Era e Poseidone che, come punizione, gli inviarono le Arpie,
mostri alati con sembianze femminili, a contaminargli le mense.
Fu liberato da questo flagello solo molto pi tardi a opera di Giasone e altri
due Argonauti, Calaide e Zete. Il re vecchio e cieco raffigurato sul lato
principale tra i due Boreadi, alati e in costumi traci (i venti del nord est
spiravano appunto dalla Tracia).
Sul lato secondario, un uomo calvo con bastone.
Il Pittore di Nausicaa, attivo verso la met del V secolo a.C., fu uno degli
esponenti pi attardati del Gruppo detto dei Manieristi; discontinuo nella sua
produzione di grandi vasi, un a una certa felicit inventiva nelle composizioni
un tratto frettoloso, duro e poco duttile (cfr. E. Paribeni, s.v. NAUSICAA,
Pittore di, in EAA, V, p. 369).

BIBLIOGRAFIA: K. Schefold, s.v. BOREADAI, in LIMC, III/1, 1986, p. 128, n.17, p. 132;
T. Mannack, The Late Mannerists in Athenian Vase-Painting, Oxford Monographs on
Classical Archaeology, Oxford University Press, 2001, pp. 94, 148 (UI.23).

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29. Cratere a campana attico a figure rosse con cacciatori traci

Attribuito al Pittore della Centauromachia del Louvre, ca. 440-430 a.C.


H. 35,3
Gi Museum of Fine Arts, Boston 1999.735

Il cratere, proveniente dallEtruria, abilmente dipinto con scene di cacciatori


traci, facilmente riconoscibili dalla minuziosa definizione degli abiti e dei
copricapi. Un cacciatore con mantello e berretto a lunga coda, con due lance
in mano, conversa con un altro trace, similmente vestito, seduto su una roccia
a sinistra. A destra un giovane accompagnato da un paio di cani, con indosso
un mantello, un elmo a pilos e una spada, porta una bisaccia sulla spalla.
Sul lato posteriore, tre figure maschili ammantate.
Il ceramografo, noto con la denominazione moderna di Pittore della
Centauromachia del Louvre, attivo durante let di Pericle, fu pittore
prevalentemente di crateri, quasi tutti destinati allesportazione in Magna
Grecia, Sicilia ed Etruria: pochissimi da Atene, Rodi e Delo. Predilesse le figure
di atleti e guerrieri, senza trascurare i temi mitologici (cfr. M. Cagiano de
Azevedo, s.v. CENTAUROMACHIA DEL LOUVRE, Pittore di, in EAA, II, p. 473).

BIBLIOGRAFIA: inedito. Acquistato presso Sothebys Londra (Sothebys auction, December


14, 1995, lot 95).

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30. Cratere a campana attico a figure rosse con scena dionisiaca

Ca. 420 a.C.


H. 25,4; diam. corpo 33. Piede moderno
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 81.AE.149
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Il vaso stato ricostruito da frammenti; il piede di ricostruzione. Sul lato A


Dioniso, con una corona in testa, una veste al ginocchio e un tirso in mano.
Alla sua destra un satiro che offre cibo o acqua in un bacino ad un asino.
Sullo sfondo, dietro lasino, un silos cui appoggiata una scala. Sul lato B
sono tre figure ammantate.
Al di sopra della testa di Dioniso uniscrizione lacunosa col nome del dio
[]ysos; sulla testa del satiro si legge k[]lumns; sopra un elemento circolare,
nel campo, kallas.

BIBLIOGRAFIA: ELSTON 1990, pp. 53-68, fig. 15; D. Lanza, Lo Stolto, Torino, Einaudi,
1997, fig. 3; M.J. Padgett, The Stable Hands of Dyonisos: Satyrs and Donkeys as Symbols
of Social Marginalization in Attic Vase Painting, in B. Cohen (ed.), Not the Classical Ideal.
Athens and the Construction of the Other in Greek Art, Leiden, Brill, 2000, p. 64, fig. 2.8.

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31. Cratere a calice attico a figure rosse
con scena teatrale da Gli Uccelli di Aristofane

Ca. 415-410 a.C.


H. 18,7; diam. orlo 23
Gi J. Paul Getty Museum, Malibu, 82.AE.83
Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale

Sul lato principale un flautista, con un vestito riccamente ricamato, sta al


centro della scena tra due danzatori, vestiti con costumi da uccelli, forse
coristi di una scena della commedia di Aristofane (448-386 a.C.) Gli Uccelli,
rappresentata nel 414 a.C., evidentemente negli stessi anni in cui veniva
realizzato questo vaso.
Sul lato secondario la raffigurazione di un giovane nudo al centro; di fronte a
lui un altro giovane in himation. A sinistra, una donna in chitone e himation.

BIBLIOGRAFIA: J.R. Green, A Representation of the Birds of Aristophanes, in Greek


Vases in the J. Paul Getty Museum, 2, Occasional Papers on Antiquities, 3, Malibu, The J.
Paul Getty Museum, 1985, pp. 95-118, figg. 1-3, 22; O. Taplin, Phallology, Phlyakes,
Iconography and Aristophanes, Proceedings of the Cambridge Philological Society, 33,
1987, pp. 92-104; M. Schmidt, Komische Arme: Teufel und andere Gesellen auf der
griechischen Komoedienbuehne, AK, 41,1, 1998, pp. 19-20, 21, pl. 4.1.

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