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ne da parte degli studiosi, come dimostrano gli studi seguenti: F. BIANCHI, «I superstiti
della deportazione sono là nella provincia» (Neemia 1,3). Ricerche storico-bibliche sulla
Giudea in età neobabilonese e achemenide (586- 442 a.C.), Napoli 1995, 1-6 (con biblio-
grafia precedente) presenta una breve descrizione della vita economica e sociale dei giu-
daiti che non avevano subito l’esilio; O. LIPSCHITS – J. BLENKINSOPP (edd.), Judah and the
Judaeans in the Neo-Babylonian Period, Winona Lake, IN 2003, raccoglie una serie di
saggi sulla storia e l’archeologia della Giudea in epoca neobabilonese; la densa mono-
grafia di O. LIPSCHITS, The Fall and the Rise of Judah, Winona Lake, IN 2004 offre la
presentazione più dettagliata e informata dei problemi storici e archeologici dell’epoca
esilica; J. MIDDLEMAS, The Troubles of Templeless Judah, Oxford 2005 analizza in manie-
ra approfondita i testi biblici ascrivibili a questo periodo.
3 Su questo personaggio che nei primi anni della dominazione caldea fu un vero e
proprio re vassallo, prima di finire assassinato da un membro cadetto della dinastia davi-
dica, cf. F. BIANCHI, «Godolia contro Ismaele. La lotta per il potere politico in Giudea
all’inizio della dominazione neobabilonese (Ger 40-41; 2Re 25,22-26)», in RivB 53(2005),
257-275.
4 Cf. su Zorobabele, F. BIANCHI, «Zorobabele re di Giuda», in Hen 13(1991), 113-
150. Non è possibile supporre, come fa D. EDELMANN, The Origins of the “Second
Temple”. Persian Imperial Policy and the Rebuilding of Jerusalem, London-Oakville,
CT 2005, che Zorobabele e Neemia fossero originalmente una sola persona, vissuta all’e-
poca di Artaserse I, poi sdoppiata per far risalire la ricostruzione del tempio di
Gerusalemme 70 anni prima della ricostruzione delle mura. L’evidenza biblica e non
milita ancora in favore della ricostruzione tradizionale che colloca Zorobabele all’epoca
di Dario I Istaspe e Neemia sotto il regno di Artaserse I. In maniera più tradizionale, T.L.
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l’autorità dominante del paese, cf. F. BIANCHI, «Il giubileo nei testi ebraici canonici e
post-canonici», in M. ZAPPELLA (ed.), Le origini degli anni giubilari, Casale Monferrato
(AL) 1998, 75-138 dove abbiamo proposto di far risalire l’utopico istituto del giubileo
proprio al sacerdozio gerosolimitano, dopo che i suoi rappresentanti ebbero sostituito la
dinastia davidica.
6 Sui samaritani, cf. R.T. ANDERSON, «Samaritans», in ABD V, 940-947 e la rassegna
9 Cf. G. GARBINI, Il ritorno dall’esilio babilonese (StBi 129), Brescia 2002, 121-145
e LIVERANI, Oltre la Bibbia, 254-339.
10 Su questo testo e sui suoi echi nella letteratura postbiblica, cf. L.M. TEUGELS, Bible
nel giudaismo del secondo tempio (Studia Biblica 3), Roma 2005 esamina i testi relativi
all’esogamia presenti nella Bibbia, nella letteratura apocrifa e mishnaica. Del contenuto
dell’opera esiste una sintesi in lingua francese presentata al colloquio, organizzato dalla
rivista Transeuphratène, sui poteri e la società in Siria e in Palestina durante l’epoca ache-
menide: cf. F. BIANCHI, «La semence sacrée: la polemique sur les mariages mixtes dans les
textes bibliques d’époque achéménide et hellénistique», in Trans 29(2005), 83-102.
12 Si spiega così la presenza nel testo biblico di pointes affilatissime contro le altre
anime del giudaismo. Il racconto della violenza subita da Dina da parte di H˘ amor in Gen
34 permette di inscenare la descrizione della guerra santa che Simeone e Levi muovono
contro Sichem sterminandone gli abitanti, antenati dei samaritani, mentre Nm 12 offre
lo spunto per rendere lo stesso Mosè colpevole di un matrimonio misto.
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18 F. HVIDBERG, «The masseba and the Holy Seed», in NTT 56(1955), 97-99.
19 Gli articoli di Ivry e Albright aggiungono, per esempio, al pronome relativo rv,a]
una he, ottenendo Asherah dopo la menzione del terebinto e della quercia e inseriscono
inoltre una he davanti a tklvm e una mem davanti a tbcm per arrivare alla seguente tra-
duzione: «Come un terebinto o una quercia o un’ashera quando cade giù dalla sacra
colonna di un alto luogo».
20 J. GAMBERONI, «mas≥s≥e -bâ», in TDOT VIII, 486 — con ampia bibliografia sugli
studi precedenti — rileva che molti altri nomi derivati da nsb non hanno nulla a che
vedere con una stele. Si può notare, infatti, riprendendo un suggerimento di H. TUR-
SINAI, «A Contribution to the Understanding of Isaiah I-XII», in Scripta Hiero-
solymitana 8(1961), 169, che in aramaico la radice ns≥b significa «piantare» (cf. anche M.
SOKOLOFF, A Dictionary of Jewish Palestinian Aramaic, Ramat Gan 1990, 324, «to plant»
e 358 «to plant»). Inoltre va sottolineato che il libro di Isaia predilige termini assai rari
per indicare il ceppo di in albero: cf. [zG; E in Is 11,1, un altro testo di incerta datazione
(postesilico?).
21 Cf. J. SAWYER, «The Qumran Reading of Isaiah 6,13», in ASTI 2(1964), 111-113.
22 Si suole ascrivere tale assenza a un omoteleuto oppure a una aberratio oculi (H.
(STDJ 32), Leiden 1999, 12-13: la riproduzione fotografica rivela che [zg vdqh [rz hmb è
decisamente staccato dal versetto precedente.
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24Così E. JACOB, Jesaie, Genève, 1987, 95. Su questa peculiarità scribale di Qumran,
cf. E. TOV, Textual Criticism of the Hebrew Bible, Minneapolis-Assen-Maastricht 1992,
109-100.
25 Cf. E. KISSANE, The Book of Isaiah, Dublin 1941; I.L. SEELIGMAN, The Septuagint
Version of Isaiah, Leiden 1948, 63ss; G.W. AHLSTROM, «Isaiah VI.13», in JSS 19(1974),
169-172; S. VIRGULIN, Isaia, Roma 31977, 68; SACCHI, Storia del secondo tempio, 47.
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26 K. KOCH, The Prophets. Volume One. The Assyrian Period, London 1982, 140-
143, data Is 6 intorno al 740, quando l’attenzione del profeta stava spostandosi dalla cri-
tica sociale alla politica estera.
27 M.A. SWENEEY, Isaiah 1-39. With an Introduction to Prophetic Literature, Grand
33Il pensiero va evidentemente alle deportazioni che colpiranno Israele e Giuda tra
il VII e il VI sec. a.C. e alla visione di una Giudea ridotta a una terra desolata presente in
2Re 25,11.26.
34 Cf. J.A. SOGGIN, Il Profeta Amos, Brescia 1982, 119 e 144. Bisogna notare l’intensa
attività interpretativa che circondò gli oracoli di questo profeta e che è spesso incentra-
ta proprio sull’idea di resto: cf. anche Am 8,3b.
35 SOKOLOFF, A Dictionary of Jewish Palestinian Aramaic, 411. Sul numero dieci
come quantità minima, cf. H.A. BRONGERS, «Die Zehnzahl in der Bibel and in ihrer
Umwelt», in Studia Biblica et Semitica Th. Vriezen dedicata, Wageningen 1966, 30-45.
36 L. ALONSO SCHÖKEL – L. SICRE DÍAZ, I Profeti, Roma 1987, 151.
37 J. BLENKINSOPP, Isaiah 1-19. A New Translation with Introduction and
Commentary, New York 2000, 223 parla, infatti, di «a second Temple gloss» simile a
quella presente nel c. 4. Altri autori — cf. S. JAPHET, «People and Land in Restoration
Period», in G. STRECKER (ed.), Das Land Israels in biblischen Zeit. Jerusalem Symposium
1981 der hebräischen Universität and G. August Universität, Göttingen 1983, 107-108 e
K. SPARKS, Ethnicity and Identity in Ancient Israel, Winona Lake, IN 1996, 223 — pen-
sano invece che all’epoca del secondo tempio il testo originale di Is 6,12-13 sarebbe stato
ripreso in senso esclusivista da coloro che erano rientrati dall’esilio e si erano separati
dagli altri popoli.
38 Sull’idea di «resto», cf. le osservazioni storiche di LIVERANI, Oltre la Bibbia, 242-
244.
39 H.D. PREUSS, «zĕrăc», in GLAT II, 704-729.
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essa descrive, in qualità di verbo, l’azione del seminare che ha per sog-
getto l’uomo (Es 23,16; Lv 25,11ss) o Dio (Is 28,23-28; Os 2,22), men-
tre il sostantivo [r;z< indica la semenza di piante (Gen 1,11; Qo 11,6), il
seme umano (Lv 18,20-21) e, in senso figurato, la discendenza dell’u-
manità primordiale (Gen 3,15; Ml 2,15 definisce l’uomo e la donna
~yhila{ / [r;z< in quanto esseri creati da Dio), la promessa della discendenza
rivolta ai patriarchi (Gen 12,7; 15,18; 17,8s.; 28,3ss; 48,4), la discenden-
za della casa di Aronne (Es 30,21; Nm 17,5; 25,13), di quella di Davide
(2Sam 7,2; 1Re 2,23) o un gruppo o una comunità di persone legate da
una stessa discendenza. Proprio nei testi di epoca postesilica il signifi-
cato concreto di seme umano e quello figurato che include la discen-
denza, una comunità, si richiamano a vicenda per rappresentare la
comunità formata da coloro che erano rientrati dall’esilio e separatasi
da coloro che erano di discendenza straniera. Essa finiva per costituire
una sorta di resto che «calamitava» la benedizione del Signore — Is 61,9
chiamerà Israele «stirpe famosa ... stirpe benedetta dal Signore» —40
e che aveva fra i suoi attributi anche la santità. Questa caratteristica è
veicolata dallo stato costrutto vd<qo che segue immediatamente [r;z< e che
può essere tradotto semplicemente «santa».
Altri due testi composti alla fine del VI sec. a.C. sottolineano questa
idea. Es 19,6 invita Israele a essere «un popolo di sacerdoti, una nazio-
ne santa», mentre Dt 7,6 esorta Israele a «essere santo, come Dio è
santo». In difesa di questa santità il giudaismo postesilico elaborò, dun-
que, una complessa rete di regole. Esse vietavano di mischiare ciò che
Dio aveva diviso e includono il divieto di mischiare sementi, di incro-
ciare animali, di tessere tessuti diversi. Le stesse unioni matrimoniali
con donne straniere finiscono per rientrare in questa visione, tanto più
che quelle donne straniere e i popoli a cui esse appartenevano erano
considerati portatori di impurità morale e religiosa. È sufficiente ricor-
dare che Gen 19, giudicando Ammon e Moab, eponimi dei popoli omo-
nimi, il frutto dell’incesto fra Lot e le sue due figlie, mette in guardia da
una simile unione;41 quanto agli altri popoli con i quali è vietato ogni
connubio, Dt 7,1-3 menziona all’interno di un catalogo quanto mai
astorico42 i perizziti, i gebusei, gli ittiti e gli amorrei, sui quali pesava il
giudizio di praticare una religione idolatrica simile a quella dei cananei,
che era poi quella seguita dallo stesso Israele preesilico. Non va dimen-
ticato, infine, un passo tratto dal libro del Levitico, cioè Lv 18,21, dove
si intima a Israele di «non far passare il suo seme/la sua discendenza a
Moloch». Anche questo testo rivela una duplice interpretazione; da una
parte esso vieta di sacrificare i primogeniti a Moloch, dall’altro, però,
proibisce, di fatto, anche le unioni con le donne idolatre.43 Questo è
dunque lo sfondo ideologico da cui promana questa glossa, ma resta da
individuare l’epoca in cui essa ebbe origine.
42
Sulle liste composte da sei o più popoli, immaginati come gli abitanti di Canaan,
cf. LIVERANI, Oltre la Bibbia, 301-308.
43 Cf. FISHBANE, Biblical Interpretation. Per le risonanze di questo testo nella lette-
sostiene, per esempio, la convergenza tra il pensiero degli haredim riuniti intorno a
Esdra e quello del gruppo riunito intorno al TritoIsaia tra la fine del VI e l’inizio del V
sec. a.C. I due gruppi condividevano una prima bozza della Torah, l’idea di separazione
dagli stranieri e l’ostilità al sincretismo religioso.
45 Sui problemi sollevati da 1Esdra, cf. GARBINI, Il ritorno dall’esilio babilonese, 192-
46 Cf. alcune liste che potrebbero contenere un censo degli appartenenti ai discen-
nell’Israele antico, Brescia 1986, 222-231; ID. «La figura di Esdra nella letteratura e nella
storia», in RStB 10(1998), 59-67; ID., Il ritorno dall’esilio babilonese, 190ss.
48 Non sembra accettabile l’ipotesi di S. MEDALA, «The Alcymus of History and the
Author of 1QH X-XVII», in The Qumran Chronicle 12(2004), 127-144, che suppone
che Alcimo sia il Maestro di Giustizia di Qumran e l’autore di alcuni salmi canonici.
49 Da Ne 13,24 va espunta, come sostengono molti commentatori, la menzione delle
51 SACCHI, «I Esdra», 173. Cf. BIANCHI, La donna del tuo popolo, 108-116 per un
per accettare, con qualche aggiustamento, la posizione di 1Esd anche per quanto riguar-
da i matrimoni misti.
53 Il verbo che all’hitpael significa appunto «mescolarsi», deriva dalla radice br[ II.
bile delle colpe che investono la sfera sessuale, ma anche i matrimoni illegali contratti
con persone ineleggibili e quindi anche quelli misti: cf. su questo tema L. ROSSO UBIGLI,
«Alcuni aspetti della porneia nel tardogiudaismo», in Hen 1(1979), 201-245; cf. anche F.
BIANCHI, «La famiglia nei testi giudaici apocrifi e nei testi di Qumran» in S.A.
PANIMOLLE (ed.), Il Matrimonio nella Bibbia (Dizionario di Spiritualità Biblico-
Patristica 42), Roma 2005, 195-196.
57 F. GARCÍA MARTINEZ – C. MARTONE, Testi di Qumran, Brescia 1996, 174. Per una
presentazione più articolata dell’opera, cf. L.H. SCHIFFMANN, Reclaiming the Dead Sea
Scrolls. Their True Meaning for Judaism and Christianity, New York 1994, 83-95.
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GARCÍA MARTINEZ – MARTONE, Testi di Qumran, 174.
59
J. JEREMIAS, Jerusalem at the Time of Jesus, London 1969, 154-157 e 317-319 elen-
ca minuziosamente tutte queste leggi.
60 Cf. E. SCHWARZ, Identität durch Abgrenzungsprozesse in Israel im 2. vorchristli-
FRANCESCO BIANCHI
Via Palmiro Togliatti, 284 sc. B2
00175 Roma
Summary
This paper expounds the expression «holy seed», which appears both in
Isaiah 6:13b and in 1Esdras 8:67 (= Ezra 9:2). So many are the textual problems
in Isaiah’s text that there is room for assuming that «holy seed» is a gloss born in
Jerusalem during the Achaemenid period (V-IV BC). Whereas the Greek text of
the Septuagint will erase that expression, it will be used again in 1Esdras 8:67 and
Ezra 9:2, just at the beginning of the history relating the expulsion of the forei-
gn women. Far from witnessing events of the Achaemenid age, that history was
created only in II sec. BC, when the religious reform of the high priest Alkimos
raised the need of a community being ritually pure. The use of vd<qo [r;z< in
4QMMT — the so called Halachic Letter from Qumran — could confirm this
suggestion.
61 Per la traduzione cf. P. SACCHI, «I Testamenti dei XII Patriarchi», in ID. (ed.),
Apocrifi dell’Antico Testamento, Torino 1982, I, 803-804. Uno studio sui problemi
testuali e ideologici dell’opera è R. KUGLER, From Patriarch to Priest. The Levi
PriestlyTradition from the Aramaic Levi to the Testament of Levi, Atlanta, GA 1996.