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Cagliari, 12 luglio 2017

Esami di Stato - A.S. 2016/2017 - Liceo Classico Statale G.M. Dettori


Andrea Loi 5^F

Dalla civilt antico-orientale dell'acropoli alla civilt schiavistica della "democrazia oligarchica".
Radici storico-sociali di una ideologia, nello spazio sociale della classicit e del presente.
La nascita della democrazia nella Grecia del V secolo a. Cr. si costituisce come uno degli eventi storici
che maggiormente mantengono un rapporto diacronico diretto col presente. Essa, infatti, rappresenta uno
dei pi significativi momenti di transizione della storia dell'Occidente, come risultato di notevoli
mutamenti nella struttura storico-sociale della Grecia (e quindi del suo modo di produzione1), e del suo
spazio sociale.
Fino alla fine del VI sec a. Cr, il mondo greco si presentava come un insieme di citt legate fra loro da
deboli relazioni, commerciali e rituali, che portavano un ristretto numero di persone a viaggiare.
L'orizzonte culturale dell'uomo greco del VI secolo risultava pertanto ristretto nei confini della propria
patria, e una conoscenza approfondita di altre realt geografiche era un patrimonio riservato a pochi, che
appunto si distinguevano e ottenevano fama di figure eccezionali dalle loro esperienze di viaggio.
L'elemento che, a partire dai primi anni del V secolo, permette all'uomo greco di costruire una inedita e
pi profonda dimensione culturale, rappresentato dallemergere di un nuovo spazio sociale nella forma
di una reale dimensione politica, fenomeno strettamente legato ad una contemporanea evoluzione delle
relazioni diplomatico-commerciali fra le citt. La Grecia del V secolo vive infatti un momento di grande
rivolgimento, a partire dalle sempre maggiori interferenze dell'impero persiano, il quale, dopo la
repressione della rivolta ionica, imprime la consapevolezza della necessit di una difesa comune, possibile
solo in virt di rapporti sempre pi stretti fra le citt. questo il contesto nel quale si configura la
possibilit di un superamento dei ristretti orizzonti entro i quali l'uomo greco era rimasto confinato fino
ad allora. I rappresentanti delle citt prendono abitudine a sviluppare rapporti con i consigli delle altre
citt, sviluppando un intreccio di rapporti diplomatici che sempre maggiormente richiedeva alle classi
dirigenti un ampliamento dell'orizzonte delle proprie conoscenze. Morto l'imperatore Dario, una nuova
invasione persiana ad opera del figlio Serse si profila sempre maggiormente come un pericolo incombente,
che gli Stati greci nel 481 a. Cr fronteggiano con una alleanza senza precedenti, a Corinto, che sancisce la
definitiva internazionalizzazione della minaccia persiana. Dopo la vittoria su Serse a Salamina (480),
tuttavia, una coalizione greca guidata da Atene riconquista il controllo dellEgeo respinge i persiani dalla
Ionia. Si forma cos una zona dinfluenza ateniese alla quale le citt ioniche sarebbero rimaste legate per
tutto il V secolo: Atene sostituisce ora Mileto nel ruolo di centro egemone sul piano politico, economico
e presto anche culturale. (Mario Vegetti)
Infatti, ancor pi che le vicende militari, l'affacciarsi alla storia di una dimensione politica di tipo
democratico, a portare alla luce i profondi rivolgimenti che la Grecia vive fra VII e V secolo. Tale
dimensione nasce con la democrazia, perch il sistema di governo aristocratico dell'acropoli traeva ogni
risposta ai problemi della gestione della citt in una dimensione precostituita, rappresentata dalla

1La categoria storico-economica di modo di produzione indica il sistema dei rapporti sociali di produzione, cio le
forme entro le quali gli uomini si associano per produrre risorse economiche non direttamente reperibili in
natura, ma solo mediatamente attraverso il lavoro, al fine di rispondere ai propri bisogni. Essa, nella
prospettiva di una indagine che individui la dimensione socio-economica come punto di partenza
dellanalisi, costituisce la struttura storica essenziale.
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tradizione e dalla sapienza () aristocratica. La libera scelta, condizione di ogni progettualit
politica, veniva del tutto esautorata. Emerge allora come la nascita della dimensione politica risulti da
profondi mutamenti della struttura economica della Grecia, e cio dal compiersi della transizione da un
modo di produzione antico-orientale, ereditato dalla tradizione micenea dopo il superamento del
Medioevo ellenico, ad un modo di produzione schiavistico. Questa transizione si rifletteva nei termini di
una evoluzione dalla civilt della acropoli alla civilt della citt-Stato democratica, che necessitava
oramai di un nuovo modo di gestire la dinamica sociale interna. La civilt dell'acropoli, nata nel corso del
IX secolo a. Cr, fondava cio le proprie radici in uno specifico modo di produzione sociale, di stampo
antico-orientale, che si basava sulla propriet collettiva dei mezzi di produzione, sulla divisione sociale
del lavoro e su una rigida divisione di classe2. Si trattava di una civilt basata su un insieme di comunit
di pastori e contadini, in un ambiente fisico altamente frazionato da frequenti rilievi montuosi, organizzate
per sfruttare le risorse di una terra considerata propriet collettiva del gruppo sociale. I mezzi di
produzione, e quindi le terre, esistevano solo come prodotto di un lavoro sociale organizzato, e non erano
di propriet privata dei singoli membri della societ. La direzione del lavoro sociale era affidata alle
aristocrazie, cui erano attribuiti tutti i poteri di governo, in virt di una divisione di classe basata sul
controllo delle conoscenze indispensabili alla produzione agricola, che inizia ad essere praticata su larga
scala.Tale insieme di conoscenze, che riguardava numerosi campi del sapere, dallagrimensura
allastronomia, era considerato un patrimonio sacrale, di origine divina. Come chiaramente sostenuto da
Mario Vegetti nella societ aristocratica gli di sono strettamente connessi con lesistenza di una casta
di sacerdoti che per diritto ereditario depositaria del governo dei templi, dellinterpretazione della
volont divina, dunque garante delle leggi che regolano la vita della comunit e dellordine sociale che
la regge. 3,
Questa struttura economica, e quindi il tessuto sociale e valoriale della civilt dell'acropoli, inizia
gradualmente a disgregarsi, a causa del contatto sempre pi intenso di questa civilt con un nuovo sistema
di rapporti sociali di produzione: il modo di produzione schiavistico. Esso si diffonde nelle pianure
mediterranee a partire dal contatto con l'economia mercantile dei Fenici. Le zone toccate dai commerci
dei Fenici, infatti, erano talvolta caratterizzate da una instabile struttura produttiva di tipo antico-orientale,
che si era diffusa nel Mediterraneo a causa dellimperialismo orientale, sempre alla ricerca di materie
prime e metalli per la produzione degli strumenti del lavoro organizzato. Questo modo di produzione
spesso non poteva consolidarsi nelle terre mediterranee a causa della mancanza di arterie fluviali
navigabili, oppure a causa di una forte frammentazione geografica: elementi che non realizzavano pi le
condizioni ottimali di sviluppo di una struttura economica antico-orientale quale quella formatasi dal Nilo
allIndo. Risultava tuttavia possibile una valorizzazione delle terre anche attraverso un lavoro non

2 Il modo di produzione antico-orientale si sviluppa geograficamente a partire dalle grandi vallate fluviali dei
maggiori fiumi afro-asiatici, dove la terra fertile, mezzo di produzione essenziale, non era immediatamente
disponibile in natura ai singoli individui, ma poteva essere ottenuta solo dal lavoro sociale organizzato,
attraverso la realizzazione di bonifiche, dighe, canali, etc. Ogni individuo realizzava pertanto un lavoro
rigorosamente determinato, tramite una divisione sociale del lavoro pianificata dalla classe dominante, lunica in
possesso della scienza necessaria alla valorizzazione del mezzo di produzione.
3
Mario Vegetti, Filosofia e sapere della citt antica, da Filosofie e societ, Zanichelli, 1981, pag. 9

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organizzato collettivamente, a differenza dellOriente: queste terre, mai aride quanto quelle orientali da
non poter produrre nulla senza imponenti lavori di bonifica ed irrigazioni, videro la nascita della propriet
privata mediterranea. I contadini, cio, entrati in contatto con la cultura della metallurgia attraverso i
popoli del mare, iniziarono a potere dissodare le proprie terre in maniera autonoma, divenendo di fatto
proprietari privati della terra, e sottraendosi ad ogni organizzazione collettiva della produzione e della
distribuzione del plusprodotto sociale. Veniva allora interiorizzata da questi contadini una forte necessit
di ottenere una ulteriore condizione di indipendenza: il potere politico rimaneva infatti ancora in questi
luoghi nelle mani delle classi dirigenti sacerdotali di tipo antico orientale. Ecco che allora i proprietari
terrieri riuscirono a crearsi una forza propria ricavata dalla ricchezza, ottenuta attraverso la vendita delle
eccedenze: questi contadini furono i primi a intrattenere relazioni commerciali con i Fenici. Nasce in
questo contesto di sviluppo dei commerci privati la moneta, dalla esigenza di questi proprietari di gestire
una ricchezza illimitatamente conservabile, spendibile in qualsiasi momento, e simbolo di potere.
L'accumulazione e la tesaurizzazione della moneta furono indissolubilmente legati alla sempre maggiore
esigenza dei proprietari terrieri di rendersi autonomi dalla economia organizzata di stampo antico
orientale, e questa accumulazione di ricchezza derivava esclusivamente dalla possibilit crescente di
sfruttamento di terre sempre pi vaste, che rendevano necessario un lavoro sempre maggiore. Fu allora la
ricerca di eccedenze agricole, ai fini della realizzazione di un patrimonio monetario, a spingere questi
proprietari alla ricerca di individui da costringere a lavorare nelle proprie terre. Questi individui furono
da subito considerati oggetti di propriet, al pari del mezzo di produzione, e furono inseriti nei rapporti di
scambio monetari, divenendo, di fatto, merce umana4. La tesaurizzazione del valore di scambio nella
forma della moneta permetteva dunque lemancipazione dei ceti di piccoli e medi proprietari indipendenti,
in quanto la moneta, indistruttibile, permetteva di disporre di un valore di scambio spendibile anche in
occasione di carestie, inondazioni, o guerre, liberando di fatto dalla dipendenza forzata dal controllo
sacerdotale. La moneta come fonte di forza e potere diventava un valido contrappeso al potere politico
delle classi dirigenti dei centri antico-orientali. Il modo di produzione schiavistico5, struttura portante della

4 La schiavit nasce solo in seguito alla invenzione della moneta, poich consiste nella riduzione a merce della
persona umana. Il concetto di merce, infatti, assente nellantico Oriente, presuppone che un bene possieda
contemporaneamente un valore duso, oggettivo e realizzantesi nel suo consumo, e un valore di scambio, nella
forma di un rapporto quantitativo determinato da un mercato. Nellantico Oriente i beni non possedevano
questo duplice carattere, in quanto disponevano di un valore duso, potendo soddisfare esigenze umane, ma
non potevano essere scambiati fra privati entro un mercato, poich distribuiti dallo Stato, che realizzava una
rigida pianificazione delleconomia, e deteneva il controllo della propriet collettiva. Il valore di scambio, cio,
il risultato di rapporti di equivalenza fra beni diversi, e presuppone lesistenza di produttori indipendenti.
5Il modo di produzione schiavistico nasce dunque solo in virt del rapporto fra i Fenici e i popoli del bacino del
Mediterraneo. Le imprese delleconomia mercantile fenicia, infatti, inizialmente basata sul solo baratto,
producevano uomini dotati di grande intelligenza e inventiva, ma allo stesso tempo freddamente calcolatori
e privi di ogni scrupolo, e quando essi si accorgevano della debolezza dei popoli del litorale, si davano al
saccheggio anzich al commercio, e non di rado al rapimento di donne e bambini, che rivendevano (nella
forma del baratto) come oggetti. I Fenici dunque per primi realizzarono un commercio di schiavi, che tuttavia
non ebbe successo finch sopravvissero le societ antico-orientali, non basate sulla schiavit, e non interessate
al loro impiego. La riduzione sistematica a merce della persona umana risulta pertanto essere una caratteristica
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civilt greca classica e della civilt romana fino al VII secolo d. Cr, fu dunque l'elemento strutturale che
impose, in seguito alla sua diffusione nel mondo greco, la dissoluzione della civilt dell'acropoli, e il
conseguente emergere di un nuovo tipo di civilt, che trover il proprio asse ideologico in una nuova
forma di gestione del potere, la democrazia.
Questo sviluppo delle strutture economiche infatti particolarmente rilevante nella regione pi orientale
del mondo greco, la Ionia, a partire dal VII sec a. Cr, dove iniziano a formarsi nuove comunit, fondate
sul commercio e sulla tesaurizzazione, che trovano nelle piazze adiacenti ai porti commerciali (dette
) il luogo fisico di costituzione di un nuovo centro di aggregazione sociale. Anche laddove le
aristocrazie elleniche di tipo antico-orientale ancora restavano salde al potere, lentamente si diffuse il
modo di produzione schiavistico, in seguito al tentativo di queste classi dominanti di rinsaldare la propria
posizione attraverso l'importazione di nuove merci di lusso dall'antico Oriente, che sottolineassero la loro
distanza dalle classi lavoratrici. Tali importazioni venivano tuttavia realizzate attraverso mercanti 6 che
commercializzavano anche le eccedenze agricole prodotte dai proprietari schiavisti. Di qui lo sviluppo
sempre maggiore di nuovi ceti di mercanti e di imprenditori del tutto integrati entro le logiche produttive
del sistema schiavistico. Questi imprenditori, alle soglie del V secolo, conquistata una salda posizione di
dominanza sociale, reclamavano oramai la gestione del potere politico-amministrativo, ed entravano in
aperto contrasto con le vecchie aristocrazie. La democrazia greca nasce dunque concretamente da questo
gioco di forze, determinato dalla contraddizione del modo di produzione antico orientale e dalla
affermazione del modo di produzione schiavistico, vale a dire dalla coesistenza conflittuale di rapporti
sociali di diversa natura. I ceti proprietari di schiavi si affidarono inizialmente ai tiranni, che garantirono
la possibilit di esistenza e di espansione dei rapporti sociali schiavistici, assicurando un compromesso
con le tradizionali aristocrazie, garantendo loro il controllo del settore agricolo. Questo avvenne nell'Asia
Minore (ad esempio a Mileto), dove i proprietari schiavistici affermarono i propri interessi nelle miniere,
nelle manifatture, e nei commerci. Laddove tuttavia il modo di produzione schiavistico ebbe ad imporsi
anche nell'agricoltura (ad esempio ad Atene, come si vedr in seguito), ecco che veniva meno qualsiasi
possibilit di compromesso con i ceti tradizionali. L'unica prospettiva era allora rappresentata dalla
estromissione completa delle tradizionali aristocrazie, poste dinanzi alla alternativa di trasformarsi esse
stesse in proprietarie private di terre e schiavi, oppure di scomparire del tutto, esiliate o condannate. La
natura del modo di produzione schiavistico, quando posto nelle condizioni di un libero sviluppo, consiste
tuttavia nella affermazione sempre maggiore di una grande propriet, che elimina gli strati piccolo-
proprietari generando masse di nullatenenti, elemento di forte pericolosit per l'ordine sociale. I

peculiare ed esclusiva del modo di produzione schiavistico greco-romano e moderno (nella forma, ad esempio,
della tratta delle popolazioni africane, entro particolari interrelazioni con un MDP capitalistico dominante).
6 Fra i protagonisti di questi traffici vi furono, inizialmente, i mercanti milesii, che realizzarono intensi
rapporti commerciali specie con la Lidia, dalla quale importavano monete, e con lisola di Chio, nella quale
compravano vino. Fu proprio questa domanda di vino a disgregare lordinamento antico-orientale dellisola,
quando i contadini pi intraprendenti rifiutarono di subordinarsi alle direttive della pianificazione
sacerdotale, piantando per proprio conto vigneti e considerando le terre coltivate come propriet privata.
infatti proprio nellisola di Chio che la tradizione greca individua il luogo dorigine della schiavit; fu poi il
commercio di Mileto a permettere la diffusione dei rapporti di produzione schiavistici. (cfr. nota 6)
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proprietari schiavisti, dunque, dovettero necessariamente ottenere il consenso di queste masse, per potere
governarle e per potere servirsene contro le tradizionali aristocrazie.
Fu ad Atene che la democrazia ebbe il suo pi fecondo sviluppo, determinando forti influenze nelle
istituzioni politiche ad essa storicamente successive. Ad Atene il tracciato storico generale finora delineato
trova concretezza: diffusosi lo schiavismo7, la societ attica si carica di forti tensioni sociali, tanto che,
allinizio del VI sec., la situazione sullorlo della catastrofe. Le minacce esterne si fanno sempre pi
pressanti mentre allinterno i contadini debitori, temendo di divenire schiavi, minacciano la ribellione,
chiedono una distribuzione egualitaria delle terre, e un ordinamento politico simile a quello che si era
venuto a costituire a Sparta (dalla quale giungevano notizie), il quale prevedeva una assemblea generale
() degli Spartiati, che, convocata dal consiglio degli anziani (), avesse rilevanti

7 Il modo di produzione schiavistico si diffuse fino ad Atene in seguito a complessi rapporti economici originatisi dal
commercio di Mileto, che giunse anzitutto nelle isole di Chio, Scarpanto, Rodi, Coo, Lesbo, Lemno e Imbro. Alcuni
mercanti si trasformarono infatti in armatori di navi, reclutando schiavi come boscaioli, falegnami e carpentieri.
Altri imprenditori realizzarono invece, attraverso manodopera servile, il commercio delle famose tuniche milesie,
fatte di pregiata lana di varia provenienza, tinte con porpora e zafferano provenienti dal commercio aramaico
della Siria settentrionale, e ornati con fermagli doro egiziano. Queste importazioni permisero di rendere il valore
delle importazioni della Lidia da Mileto assai maggiore di quello delle importazioni milesie di vino e di ferro. I Lidi
saldavano questa differenza attraverso monete di elettro, tanto che anche la citt di Mileto cominci dal 650 a. Cr
a coniare monete di elettro che, al pari di quelle lidie, si diffondevano nel mondo greco. Il MDP schiavistico si
diffondeva allora in Focea, a Samo, ad Efeso, a Colofone e nella Calcide. Queste citt iniziarono a fondare
numerose colonie, e in tutto il mondo greco mercanti, imprenditori e proprietari schiavisti iniziavano ad
affrancarsi da ogni controllo delle loro acropoli. Durante la prima met del VI secolo a. Cr, tre nuovi centri
assunsero il ruolo di massimi protagonisti del commercio marittimo greco: Egna, Corinto e Sibari. Fu negli ultimi
anni del VII sec. che lo sviluppo commerciale della citt di Egna, assai vicina alle coste attiche, permise la
penetrazione del modo di produzione schiavistico ad Atene, provocando vaste trasformazioni nel suo tessuto
sociale. I mercanti approdavano nella rada del Falero, a pochi km di distanza dalla acropoli ateniese, portando
con s monete di elettro e dracme dargento con le quali si dichiaravano disposti ad acquistare grano, miele e lana
dagli Ateniesi. Chi vendeva i propri prodotti agli egineti infatti poteva spenderle sul mercato di Egna, per
comprarvi articoli di lusso (tuniche fenicie, indumenti egiziani di lino, datteri mesopotamici e vasi corinzi, erano
le principali merci trattate dai mercanti egineti) o generi alimentari in un momento di carestia. Le monete, dunque,
introdussero ad Atene il valore di scambio, permutabile in qualsiasi momento con qualsiasi valore duso. Atene, alla
fine del VII sec., era oramai divenuta il centro direttivo dellintera Attica, e il regime aristocratico si era
istituzionalizzato nel consiglio dellAreopago. La penetrazione delle dracme dargento coniate ad Egina (dal
caratteristico disegno di una tartaruga e dal peso di 6,3 grammi) inizi allora a corrompere una parte degli
aristocratici dellAreopago, che si gettarono nel commercio ai fini della tesaurizzazione, imponendo che la
tradizionale propriet collettiva si trasformasse in propriet privata, e venisse usato il lavoro degli schiavi. Il
risultato fu che le terre collettive vennero espropriate, e i contadini, trasformandosi nel migliore dei casi in piccoli
e piccolissimi proprietari, venivano ridotti alla fame non appena il loro esiguo raccolto risultava insufficiente.
Erano costretti allora a comprare cibi e indumenti con le monete, ottenute in prestito dai proprietari aristocratici,
nella forma di debiti ad usura in cambio dei quali cedevano in garanzia i propri campi. Nacque, in questo modo, il
modo di produzione schiavistico attico, quando la propriet si concentr rapidamente in poche mani. Gli schiavi che
la lavorassero furono ottenuti dai contadini ridotti in schiavit, che prima perdevano i loro campi e poi la loro
stessa persona. La situazione sociale si caricava allora di tensioni, lAttica vedeva diminuire il numero di lavoratori
liberi e aumentare gli schiavi, con la conseguenza di un sempre maggiore indebolimento dellesercito, composto
da uomini liberi.

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prerogative. Solo Solone, in questo grave scenario, in grado di realizzare una politica di mediazione:
lequilibrio fra le diverse istanze sociali prevede, da un lato, listituzionalizzazione della propriet privata,
e dallaltro la abolizione della schiavit per debiti dei cittadini (entro un complesso processo di
rivalutazione dei sistemi di scambio monetari, la ). Viene affermato lo statuto giuridico della
schiavit, ma soltanto per gli stranieri. Vengono liberalizzati i traffici con lestero e gli scambi in monete,
ma vietata la esportazione di derrate alimentari fatta eccezione per lolio. Di fatto dallopera legislatrice
di Solone emerge una accettazione del modo di produzione schiavistico, che nella costa orientale
dellAttica iniziava ad operare principalmente nellolivicoltura, nella fabbricazione di giare e
nellesportazione di olio, ma veniva posto un limite () alla penetrazione dei rapporti di produzione
schiavistici negli altri settori della vita sociale. Cancellati i debiti ed eliminata la schiavit per i cittadini
ateniesi, rimaneva tuttavia netto il rifiuto ad organizzare una ridistribuzione egualitaria delle terre. Scrive
infatti lo storico greco Plutarco: Solone aveva scontentato i ricchi, perch aveva annullato i loro crediti,
ma aveva scontentato ancora di pi i poveri, perch non aveva ripartito le terre fra i cittadini, n li aveva
resi economicamente uguali, come aveva fatto Licurgo a Sparta. Solone infine risolse lo scontro di
interessi, dando ad Atene una nuova costituzione, secondo la quale venivano concessi diritti elettorali ai
cittadini, divisi in quattro classi, stabiliti in base alla estensione delle loro propriet terriere. La carica di
magistrato non veniva allora pi eletta dallAreopago, gestito dalla sola aristocrazia, bens da tutto il
popolo riunito nelle sue assemblee. Il governo della citt rimaneva saldo nelle mani dei ceti dominanti, in
quanto solo essi risultavano eleggibili alle alte cariche, sebbene essi si sarebbero dovuti preoccupare, da
quel momento in avanti, del consenso anche dei ceti poveri. Venivano dunque a realizzarsi, seppur in
forma ancora embrionale, le fondamenta di un sistema democratico.
La nascita della democrazia, tuttavia, da contestualizzarsi propriamente nella evoluzione storica
immediatamente successiva: Atene, con lopera di Solone, riguadagnava infatti solo temporaneamente un
equilibrio sociale. Il suo sviluppo economico risultava infatti soffocato dalla potenza delle vicine citt di
Corinto, Mgara, ed Egna. La mediazione di Solone, inoltre, aveva permesso di risolvere i contrasti
sociali fra le plebi nullatenenti e i proprietari terrieri. Si veniva a sviluppare tuttavia nei decenni
successivi, nelle coste orientali dellAttica, una inedita conformazione sociale, in seguito allemergere di
un nuovo ceto composto da artigiani (pescatori, marinai, vasai, mercanti, fabbri) che possedevano piccole
manifatture a manodopera schiavile, ma non terreni. Questo ceto aveva creato una fitta rete di traffici con
le citt dellEubea, prospiciente le coste orientali dellAttica, e conobbe un eccezionale sviluppo a partire
dalla met del VI secolo a. Cr, dopo la scoperta dei grossi giacimenti dargento del distretto del Laurio,
nellAttica sud-orientale. I proprietari delle miniere attiche realizzarono intensi rapporti commerciali,
importando schiavi e grano dallEubea, e comprando i beni prodotti dai pescatori e dagli artigiani
dellAttica orientale. Investirono allora i ricavati nella produzione di olio, che esigeva poi il lavoro di
vasai e marinai per il suo smercio. Si aprivano allora nuovi orizzonti di sviluppo della marina e della
ceramica attica, che permisero un ampliamento della produzione artigianale e un decisivo consolidamento
di questi nuovi settori sociali, che venivano a costituire un nuovo blocco sociale che and sotto il nome
di paraliaci (, abitanti della riviera). Essi entrarono allora presto in contrasto con
lordinamento soloniano, poich, secondo la sua divisione censitaria basata sulla propriet terriera,
risultavano appartenere allultima classe, quella dei teti, che non poteva candidarsi alle alte cariche
politiche. Esigevano una politica estera dinamica, in linea con i loro interessi commerciali con lEubea,
che permettevano loro di mantenere una indipendenza commerciale dagli alti prezzi delle merci di Egna.
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Una seconda conformazione sociale era quella dei pedici (, abitanti della pianura), che era
formata dalle tradizionali famiglie aristocratiche della pianura, che ancora gestivano in larga parte le terre
secondo il modo di produzione antico-orientale, e parzialmente attraverso il modo di produzione
schiavistico. Attraverso il lavoro servile producevano grano, lana e miele, che venivano rivenduti ai
mercanti egineti, entrando in conflitto di interessi coi paraliaci. Essi, inoltre, erano sostenitori della
intangibilit dellordinamento soloniano, in virt del quale mantenevano il loro dominio sociale. Un terzo
gruppo, quello dei diacrii (, abitanti dei monti), rappresentato dai piccoli proprietari terrieri
delle terre montane, era anchesso in aperto conflitto con laristocrazia, che spesso ne invadeva le terre
con i propri pascoli.
Da questa analisi della conformazione sociale dellAttica nella seconda met del VI secolo a. Cr appare
come siano venute del tutto a perire le condizioni sociali entro cui si era inserita, in una funzione
pacificatrice, la mediazione di Solone8: essa, infatti, si giocava su un compromesso fra la plebe urbana dei
nullatenenti, e i ceti proprietari. La classe dei nullatenenti, tuttavia, di fatto quasi non esisteva pi. Si
erano invece venuti a costituire due blocchi sociali contrapposti: da un lato, paraliaci e diacrii, che
costituirono una coalizione contro lordinamento politico ateniese, e dallaltro i pedici, a favore di una
politica conservatrice.
La tirannide di Pisistrato (dal 546 al 527 a. Cr) emerse allora da questo contrasto, nella esigenza di tentare
una nuova politica di mediazione, favorita da piccoli e medi proprietari schiavisti inizialmente legati solo
alle miniere, alle manifatture e ai commerci. Quali furono dunque le radici storiche profonde del consenso
alla tirannide? Pisistrato conquist anzitutto una posizione di forza esterna alla citt () grazie al
commercio dellargento, in quanto proprietario di larga parte delle miniere del Laurio, del golfo di Terme,
e del monte Pango. La grande forza della tesaurizzazione di argento permise a Pisistrato di pagare un
esercito mercenario e una piccola flotta di navi, attraverso le quali mosse guerra, presto vinta, contro
Atene. Riusc per a divenire tiranno di Atene solo in quanto poteva godere di una vasta base di consenso
interna alla , rappresentata, come si visto, dai diacrii e dai paraliaci. Rilevante fu la conquista
dellisola di Salamina, la quale terra venne frazionata e distribuita ai suoi seguaci; elarg ai diacrii, di

8 Si assiste cio ad una ridefinizione del sistema dei rapporti sociali schiavistici dopo let di Solone, che porta
alla strutturazione di un modo di produzione schiavistico ora basato su piccoli produttori indipendenti. Scrive
cos lo studioso Costanzo Preve relativamente a questo frangente storico, nel quale si assisteva ormai alla
scomparsa del ceto dei nullatenenti: La schiavit cera, ma ad Atene restava relativamente marginale. La
stragrande maggioranza dei cittadini liberi lavorava, ed il modo di produzione schiavistico vero e proprio
dovette aspettare le conquiste orientali di Alessandro, [] e poi le conquiste di quella Roma il cui impero
rappresent storicamente lunit degli interessi di tutte le classi schiavistiche del Mediterraneo. Preve porta
alle estreme conseguenze questo ragionamento e arriva a sostenere che Il modo di produzione, [] non era
affatto schiavistico, ma era un modo di produzione basato sui piccoli produttori indipendenti. La prospettiva
dello storico Massimo Bontempelli, su cui strutturata lintera ricostruzione storica qui seguita, invece meno
drastica, e riconosce che il ceto dei nullatenenti sarebbe ricomparso nella successiva fase evolutiva del
sistema schiavistico attico, solo negli ultimi anni del VI sec., dopo la morte di Pisistrato, avvenuta nel 527 a.
Cr. Da questa ulteriore ridefinizione dei rapporti sociali attici, dunque, secondo Bontempelli, sarebbe infine
scaturita la democrazia. attualmente condiviso, tuttavia, dalla maggioranza degli studi sulla storia sociale
antica, che il fenomeno della schiavit assunse un rilevo decisamente maggiore a partire dallepoca
ellenistica, come argomentato da Luca Grecchi nel suo lavoro Lumanesimo di Plotino, Petite Plaisance, 2010.
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propria tasca, il denaro necessario per trasformare le nuove propriet in uliveti, e concedette ai paraliaci
una nuova politica commerciale, che da ora si sarebbe definitivamente staccata dalla sua dipendenza da
Egna, permettendo un vasto sviluppo delle esportazioni Ateniesi9. I ricchi pedici, fortemente danneggiati
dalla tirannide, non vennero tuttavia annientati come classe. Emigrato un gran numero di loro nel
Chersoneso tracico, rimanevano ancora un centinaio di gruppi gentilizi della aristocrazia pi tradizionale,
oramai fortemente timorosi di perdere ogni controllo sullAttica, sulle superstiti tradizioni antico-orientali
di et micenea e sul potere dellArepago. La evoluzione storica successiva si inscrive nella dinamica
storica precedentemente descritta (cfr. pag. 4), che individuava la natura della conflittualit nella
contemporanea coesistenza di rapporti sociali antico-orientali e schiavistici: morto Pisistrato, emerse
infatti un forte contrasto col figlio Ippia, non solo da parte dei gruppi gentilizi, bens anche da parte del
nuovo blocco sociale che aveva infatti oramai consolidato i propri interessi anche nell'agricoltura, settore
nel quale non poteva pi darsi alcun compromesso fra tradizioni antico-orientali e proprietari schiavistici.
Essi, infatti, accresciuti in numero a causa dei molti aristocratici che cessavano di considerare la terra
come propriet degli dei, continuavano ad estendere e concentrare nelle loro mani la propriet, dalla costa
del Laurio al distretto di Eleusi (a nord-est di Atene). Al di l dellisola di Salamina e di alcune zone
dellAttica centrale, la piccola propriet scomparve. Fu questo processo a mandare in rovina nuovamente
i piccoli produttori indipendenti (cfr. nota 7), e a creare nuove masse di nullatenenti, che andavano a
riversarsi in citt, e che Ippia tent di mantenere attraverso elargizioni finanziate coi tributi delle sempre
pi risentite classi schiavistiche. Il potere tirannico di Ippia venne tuttavia abbattuto dallazione decisiva
delle sole famiglie della tradizionale aristocrazia, d'intesa con Clemene, re di Sparta, nel 510 a. Cr. Egli
restaur un regime aristocratico, e nomin al potere Isagora, appartenente ai gruppi gentilizi pi
tradizionali, il quale rivendic lintangibilit della costituzione soloniana. Ed ecco la svolta democratica,
sostenuta da ben novecento famiglie di grandi proprietari, guidata prima da Mgacle e poi dal figlio
Clstene. Ecco le parole di Aristotele10, dalla Costituzione degli Ateniesi: "Clstene, della famiglia degli
Alcmenidi, quando stava per essere sopraffatto dalle famiglie dell'oligarchia, attrasse dalla sua parte il
demos dandogli i diritti politici." Il termine demos (), qui impiegato da Aristotele ad indicare il
nuovo soggetto politico di Atene, ha lunghe radici storico-linguistiche, che risalgono alla tradizione
antico-orientale micenea, e ora, alle soglie del IV sec., indica l'insieme composito di tutte le classi diverse
dalla aristocrazia tradizionale. Appartenenti al sono dunque i ceti proprietari schiavisti, i mercanti,
ma anche i nullatenenti. Erano esclusi da questo ampio insieme solo schiavi e stranieri. Risultarono a

9 Le indagini archeologiche hanno accertato lo sviluppo delle esportazioni Ateniesi in questo periodo, grazie ai
numerosi ritrovamenti della caratteristica ceramica attica a figure nere, usata per lo smercio dellolio, a Chio,
Lesbo, Mileto, Cipro, nella Troade e sulle coste del mar Nero. Rilevante anche la diffusione, da questo
momento in poi, delle famose dracme argentee ateniesi con la caratteristica immagine della civetta, anche se
le ricerche archeologiche non sono concordi nel datare la nascita di questo particolare conio, che forse risale
gi allet di Solone. Queste monete costituiscono il simbolo di una nuova era di aspre contraddizioni: Atene
poteva ora diventare una grande citt commerciale, e si aprivano le condizioni per un ulteriore sviluppo del
MDP schiavistico, che giungeva al suo compiuto sviluppo, portando con s nuove tensioni sociali e nuove
masse di nullatenenti.
10Scrisse invece Erodoto, nelle sue Storie: Due uomini primeggiavano ora in citt, Isagora e Clstene. []
Questi due uomini si disputavano il potere, e Clstene, che stava per essere sopraffatto, associ a s il
demos.
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questo punto, dunque, prevalenti numericamente le masse di nullatenenti, ed in virt di questa
consapevolezza che Clistene aperse le porte ad un sistema democratico: tale peso numerico poteva essere
sfruttato per condurre una lotta definitiva contro la classe aristocratica e gli Spartiati loro alleati, che nel
frattempo avevano realizzato numerose spedizioni. Tale uso della componente prevalente del
significava tuttavia una conseguenza inevitabile: porre le masse al centro della lotta, politicamente
mobilitate, e in armi. Atene non sarebbe pi stata governata senza il consenso dei ceti umili, e questo
significava la realizzazione di un regime di potere del , significava cio e . Da
un lato, il principio universale d'eguaglianza di ogni cittadino dinanzi alla legge (o), dall'altro la
partecipazione del al potere (). Questo fu, concretamente, il nuovo assetto istituzionale
determinato da Clistene fra il 507 e il 508 a. Cr.
Ma quale il significato reale di questa democrazia? Quale la sua natura pi profonda? Il regime
democratico, si visto, non nasce come atto di libera espressione di principi ideali, ma si presenta come
conseguenza storica necessaria di un vasto processo sociale, che avrebbe altrimenti portato alla
dissoluzione della comunit. Sotto quest'ottica, dunque, la democrazia ateniese deve essere osservata. Il
concetto stesso di democrazia si presenta da subito come contradditorio: essa il governo del popolo,
poich tutti gli individui partecipano egualmente e con pari diritti, indipendentemente dalle proprie
condizioni materiali di vita. La contraddizione si costituisce allora in questi termini: pu esistere reale
garanzia di una partecipazione politica effettiva a partire da qualsiasi condizione materiale di vita? Pu
essa influire in maniera determinante sulle possibilit che un soggetto concretamente inserito in un tessuto
sociale realizzi una partecipazione effettiva alla gestione politica, entro la dimensione dell'uguaglianza del
diritto? La contraddizione trova allora una risposta nella distinzione fra una democrazia ideale, nella quale
sia esclusa l'esistenza di una ineguale partecipazione alla distribuzione della ricchezza, e una democrazia
storicamente realizzatasi, quale il caso della democrazia ateniese e della democrazia moderna, nella
quale solo nella forma giuridica, e non nella prassi sociale, di fatto garantita la possibilit di concorrere
a determinare il governo dello Stato con egual diritto. La democrazia si configura allora nella forma di
una uguaglianza politica pur nella ineguaglianza sociale, da cui discende un diverso peso politico in base
a un diverso peso sociale. La democrazia storica ateniese stata dunque un complesso sistema di norme
che ha regolato la vita della , nell'obiettivo di realizzare un equilibrio fra le esigenze delle classi
dominanti e delle altre classi, entro la comune denominazione di "".
Questo sistema democratico si reggeva pertanto su una ideologia11 democratica, interiorizzata dalle classi
subalterne, entro la quale il principio universale della uguaglianza del diritto appariva intatto. La
democrazia greca ha svolto, in questo senso, un essenziale ruolo: da essa scaturiva la possibilit di

11Lideologia rappresenta il sistema di idee che luomo si forma su se stesso, sul mondo in cui vive, e sul
significato della propria esistenza. Queste idee si producono in stretto rapporto con il modo in cui gli uomini
sono inseriti entro rapporti sociali, e con il modo in cui tali rapporti vengono vissuti. Luomo, tuttavia,
difficilmente ha piena coscienza della natura anzitutto sociale di queste idee, e vive in misura largamente
passiva questo rapporto. Come efficacemente argomentato da Massimo Bontempelli, lideologia si
costituisce allora come una forma di sapere apparente (nel significato che questa espressione assume nella
Fenomenologia dello Spirito di Hegel) dato dallinsieme delle idee e delle prospettive umane, morali, politiche,
viste nella loro pura astrazione, e del tutto indipendentemente dalla loro derivazione da una totalit sociale.
Essa , dunque, una forma di coscienza corrispondente ai rapporti sociali di produzione.
9
Andrea Loi V F
risolvere i problemi sociali sul terreno politico, giacch le citt democratiche, ad esempio, si occupavano
del mantenimento dei cittadini pi poveri, attraverso una partecipazione diretta del patrimonio dei pi
ricchi, al fine della conservazione di questo complesso ideologico a tutti i livelli del tessuto sociale della
. la cultura generata dalla nuova dimensione politica, tuttavia, a rendere conto del carattere
puramente ideologico di questi principi: i ruoli da protagonista nella vita politica greca erano accessibili
esclusivamente alle famiglie ricche, uniche in grado di fornire ai propri appartenenti una conoscenza
approfondita dei meccanismi costituzionali, e le grandi capacit oratorie necessarie per orientare la
discussione nelle assemblee popolari. Nasce, cio, in seno al modo di produzione schiavistico greco, una
nuova figura giuridicamente servile, del tutto funzionale alle nuove esigenze della democrazia: quella del
sofista, e con esso la tecnica del discorso persuasivo. Sar la figura di Socrate, nel momento pi buio del
regime democratico ateniese, a fare luce sulla natura e sul significato della democrazia ateniese. La sua
posizione dinanzi alla democrazia fu infatti sempre critica, in quanto egli comprendeva che affidare la
gestione della citt al , significava lasciarla in bala di interessi particolari cui erano legati gli uomini
pi forti. Fu lo svolgimento della guerra imperialistica 12 contro Sparta a mostrare come i governi
democratici non furono mai in grado di salvaguardare gli interessi reali di Atene attraverso la stipulazione
di una pace onorevole, esasperando invece una politica imperialistica legata solo agli interessi immediati
del .
Da queste considerazioni sulla nascita della democrazia ateniese emerge inoltre che essa si costituiva
formalmente come una democrazia parziale, a differenza del carattere universale che questa forma di
governo ha assunto nella modernit. Donne e schiavi risultavano infatti escluse dal godimento dei diritti
democratici, limitato esclusivamente ai cittadini maschi liberi appartenenti al . Questo elemento, che
apparentemente istituisce una netta differenza fra democrazia antica e moderna, permette in realt di
cogliere un aspetto di analogia fra la storia greca e il presente. Le grandi democrazie moderne sviluppatesi
fra il XIX e il XX secolo, infatti, hanno realizzato le condizioni del proprio sviluppo e del proprio
consolidamento solo attraverso un largo consenso che provenisse da molteplici ceti sociali, dalle classi
lavoratrici allalta borghesia. Questo consenso dipeso, in maniera analoga alla storia ateniese (cfr. nota
12), dalla possibilit delle grandi potenze democratiche di esportare allesterno le proprie contraddizioni
interne, con politiche coloniali ed imperialistiche, al fine di realizzare quellequilibrio sociale che
condizione necessaria della sopravvivenza della democrazia stessa. Queste politiche, cio, hanno

12 La politica imperialistica ateniese nacque in un rapporto di stretta correlazione con la democrazia:


questultima, infatti, poteva effettivamente garantire lequilibrio sociale solo attraverso una politica di
sfruttamento sistematico delle aree economicamente meno sviluppate. Solo limperialismo, cio, poteva
garantire gli interessi di tutta la popolazione libera, che in larga parte rimaneva costituita da masse di
nullatenenti. Queste plebi urbane venivano dunque mantenute attraverso gli impieghi sulle navi da guerra, i
proventi fiscali dei territori conquistati alle popolazioni sottomesse, e il controllo dei traffici marittimi
nellEgeo. Lapogeo dellimperialismo ateniese si realizz nellet di Pericle, che govern fra il 461 e il 430 a.
Cr, ma condusse presto al devastante conflitto economico col regime antico-orientale (nella particolare forma
di un comunitarismo militaristico) Spartano, che si concluse nel 404 a. Cr con la sconfitta ateniese, e il
rovesciamento del regime democratico da parte dei Trenta Tiranni, appoggiati da Sparta. La restaurazione
democratica, realizzatasi pochi mesi dopo, evidenzi oramai le forti contraddizioni interne del regime, che, nel
suo momento di declino pi forte, trov un capro espiatorio proprio nella figura di Socrate.
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determinato spesso forti limitazioni al godimento dei diritti nei paesi dipendenti dalle grandi potenze, o
addirittura hanno reso impossibile la stessa affermazione di principi e regimi politici democratici13.
Un altro fondamentale aspetto unisce storia antica e presente: la forma contemporanea della democrazia
nasce, cos come quella ateniese, da una riconfigurazione degli equilibri sociali ed economici,
manifestando, al pari dellet di Pericle, un carattere manifestatamente ideologico. Il mondo
contemporaneo, cio, attraversa una radicale evoluzione delle proprie basi economico-sociali, in un
processo storico similare a quello che vede protagonista la Grecia dal VII al V secolo, e che ne ridefinisce
lo spazio sociale. Si assiste infatti ad una riconfigurazione dei rapporti sociali e delle dinamiche di
riproduzione del plusvalore interne al modo di produzione capitalistico, che, a partire dagli anni 70, ha
iniziato a superare la propria fase keynesiano-fordista, basata su una spesa pubblica in deficit per assorbire
la disoccupazione delleconomia privata e sullagire in funzione correttiva nelle fasi depressive del ciclo
capitalistico. Tra il 15 agosto 1971, il giorno in cui il presidente degli Stati Uniti dAmerica Richard Nixon
annuncia labbandono del sistema monetario internazionale di Bretton Woods, sancendo linizio della
fine del capitalismo regolamentato, e gli anni 90, si realizzano le condizioni per una radicale evoluzione
economica e sociale mondiale. Nel 1979, sotto la presidenza di Jimmy Carter, e nel contesto del secondo
shock petrolifero (il primo data 1973, un anno prima la crisi recessiva del 1974-75), dinanzi ad un enorme
rincaro del prezzo del petrolio e dinanzi a persistenti lotte sindacali, elementi che conducono ad una
continua erosione dei margini di profitto capitalistici, il presidente della Federal Reserve Paul Volcker
adotta provvedimenti antinflazionistici di estrema durezza. Questi provvedimenti rispondono alle esigenze
delle oligarchie finanziarie, e promuovono una forte restrizione della liquidit monetaria. Linflazione
immediatamente abbattuta, ma tra il 1979 e il 1981 la domanda interna e le spese di investimento sono
soffocate dalla mancanza di liquidit, si ha una forte recessione produttiva e un drammatico aumento della
disoccupazione. La disoccupazione riduce in maniera consistente il potere contrattuale delle classi
lavoratrici. Viene teorizzato dallo stesso Paul Volcker che, da quel momento in poi, la difesa dei livelli
occupazionali non sarebbe stato compito n dello Stato n delle istituzioni pubbliche. Viene dunque aperta
la strada ad uno Stato deresponsabilizzato socialmente. Gli anni 80 costituiscono una reale svolta nella
riconfigurazione delle dinamiche di realizzazione del plusvalore, ma bisogna aspettare gli anni 90 perch
il nuovo modello capitalistico trovi una sua completa affermazione. Negli anni 90 assumono
fondamentale rilevanza le politiche di alienazione delle partecipazioni statali nelleconomia, la
deregolamentazione dei mercati e del flusso di capitali, e la rinuncia ad ogni intervento statale di
protezione delleconomia. Queste politiche troveranno applicazione negli Stati europei in particolare con
il processo di integrazione europea, sin dallavvio, sempre nel 1979, del Sistema Monetario Europeo, che
inizia a porre limiti alla azione politica degli Stati-nazione, e poi con lAtto Unico Europeo, ratificato il
17 febbraio 1986. Esso rafforza il ruolo direttivo della Commissione Europea, dal 1 gennaio 1990
stabilisce la libera circolazione dei capitali e dei prodotti finanziari, elimina di fatto la possibilit di
politiche di controllo sui flussi finanziari e dei valori di cambio valutari, e esorta il libero investimento
privato, incitando labolizione di monopoli pubblici. Il processo di affermazione delle nuove modalit di

13Si veda, ad esempio, nella sterminata bibliografia sullargomento: Paul Bairoch, Lo sviluppo bloccato
Leconomia del Terzo Mondo fra il XIX e il XX secolo. Editore Einaudi, 1976.
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accumulazione capitalistiche, iniziato in USA e Inghilterra, prosegue negli anni, a partire da Russia,
Messico, Giappone, Argentina e paesi Europei.
In questo contesto, si profila il rischio, da pi parti avvertito come concreto e in progressiva realizzazione
storica, di una involuzione oligarchica delle grandi democrazie affermatesi nellultimo secolo. Lo scenario
contemporaneo della globalizzazione, le quali linee di sviluppo originarie sono state descritte, sta infatti
erodendo sempre maggiormente lo spazio sociale della rappresentanza politica. Un fenomeno di grande
rilevanza, che avviene entro un generale contesto di ridefinizione del ruolo dello Stato-nazione,
schiacciato progressivamente da poteri e strutture di potere di carattere transnazionale. Si assiste, cio, ad
una generale decostruzione delle forme portanti del moderno, le consolidate categorie e strutture della
politica e pi in generale dellazione pubblica. Lidea di sovranit incarnata dalle forme e dalle istituzioni
dello Stato-nazione sfidata mortalmente dallesplosione dello spazio sociale. Le stesse funzioni e virt
della forma di governo moderna per eccellenza, la democrazia, vengono erose nei loro valori fondanti
e nei loro stessi meccanismi di funzionamento. (Marco Revelli, Post-Sinistra. Cosa resta della politica
in un mondo globalizzato, Editori Laterza, 2014) La globalizzazione, cio, non deve essere ridotta alla sua
accezione esclusivamente economico-finanziaria, poich essa rivela il suo carattere di rivoluzione
spaziale, nella forma di una dilatazione estrema del nostro spazio sociale. Presente e spazio
perdono senso ed estensione, e si affermano come presente globale e spazio globale. In questo
contesto la sfera pubblica, intesa come spazio del pubblico subisce una netta trasformazione, fino ad
eclissarsi. Lo spazio nazionale infatti viene inglobandosi nella totalit indifferenziata dello spazio
globale, fino al punto in cui lo spazio pubblico della politica nazionale non esiste pi. (Ulrich Beck).
La spazialit pubblica viene meno poich lo spazio sociale della globalizzazione costruito e gestito non
attraverso mezzi pubblici, generati dallo Stato-nazione, bens attraverso strumenti privati. Protagonista
della costruzione di questo spazio , ad esempio, il sistema dei media, principale mezzo di produzione
dello spazio sociale globale (Revelli). Ma i soggetti attivi che agiscono liberamente in questo nuovo
spazio globale sono i grandi gruppi economici transazionali, i quali producono linfrastruttura reticolare
di un inedito spazio produttivo delocalizzato. In questo modo vengono a separarsi il momento (e lo
spazio) della decisione e il momento (e lo spazio) della responsabilit, poich il carattere transnazionale
dei nuovi soggetti di forza impone che il luogo della decisione non sia pi quello nel quale si producano i
suoi effetti. Conclude pertanto Revelli che se, infatti, ci che cade con la globalizzazione lo spazio
pubblico tutto intero, allora davvero la politica in quanto tale ad aver perduto il proprio supporto
materiale. [.] La frana si tira dietro anche le pi recenti conquiste che hanno caratterizzato la modernit
compiuta: la democrazia rappresentativa, luniversalit dei diritti e la sua efficacia, il principio di legalit
come condizione di legittimazione del potere. Le nuove oligarchie, dunque, sono coloro che hanno vinto
la guerra dello spazio, coloro che si collocano al di sopra della vecchia spazialit nazionale, al di fuori
di ogni vincolo. In questo senso Luciano Canfora e Gustavo Zagrebelsky parlano di una maschera
democratica delloligarchia14, indicando come sia lo stesso carattere formale del principio democratico
a venire profondamente attaccato. La deriva oligarchica si manifesta dunque attraverso una tendenza alla
appropriazione privatistica e liberalizzata degli spazi, che confluisce nella formazione di uno spazio

14 Luciano Canfora, Gustavo Zagrebelsky, La maschera democratica delloligarchia, Editori Laterza, 2015.

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globale entro cui il principio democratico viene privato di sostanza. A soccombere, in questo nuovo
spazio, il concetto e la pratica della sovranit popolare, nel sempre pi ampio distacco fra governati e
governanti, e nella sempre pi manifesta autonomia ed autoreferenzialit dei processi decisionali delle
oligarchie transnazionali. Democrazia antica e democrazia contemporanea appaiono dunque pi vicine,
nella comune forma di democrazie oligarchiche dal carattere ideologico.
Nota metodologica sulla prospettiva storiografica adottata
La analisi storica presentata in questa sede fondata sulla adesione ad una precisa prospettiva di indagine
storiografica. La tesi centrale del lavoro sostiene, infatti, che la nascita della democrazia ateniese debba
essere ricostruita a partire dalla sua identificazione come fenomeno storico inserito entro una complessa
totalit sociale, che viene qui indagata ricostruendo i rapporti fra struttura e sovrastruttura storica. La
prospettiva di indagine, cio, quella che trova i suoi presupposti essenziali nella concezione
materialistica della storia, elaborata da Marx nella Ideologia tedesca: Dobbiamo cominciare col
constatare che il primo presupposto di ogni esistenza umana [] che gli uomini devono essere in grado
di vivere. Ma il vivere implica prima di tutto il mangiare e il bere, labitare, il vestire e altro ancora. La
prima azione storica dunque la creazione dei mezzi per soddisfare questi bisogni, la produzione della
vita materiale stessa. Luomo si distingue dagli animali per la sua capacit di usare, in cooperazione con
altri individui, degli strumenti di lavoro e dei mezzi di produzione (il primo di essi fu il fuoco), per sfruttare
risorse della natura non immediatamente disponibili, al fine di produrre la propria vita materiale e
rispondere ai propri bisogni. Luomo, cio, a differenza dellanimale, nel produrre i beni che gli sono
necessari, artefice del suo processo di trasformazione, perch col proprio lavoro muta non solo la natura,
ma anche se stesso. Il lavoro, in quanto sempre un lavoro sociale, trasforma e determina i rapporti fra
gli uomini, che formano una societ quando cooperano fra loro. La struttura, o base reale della societ
viene dunque a coincidere, nellottica di Marx, con il suo modo di produzione, vale a dire il modo in cui
i gruppi sociali si organizzano in funzione della produzione economica e, quindi, della loro sopravvivenza.
Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e
spirituale della vita. Non la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma , al contrario, il
loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto, per, del loro sviluppo, le forze
produttive della societ entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, [] dentro i
quali tali forze per linnanzi serano mosse. Questi rapporti, allora da forme di sviluppo delle forze
produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra unepoca di rivoluzione sociale. Con il
cambiamento della base economica si sconvolge pi o meno rapidamente tutta la gigantesca
sovrastruttura. Per sovrastruttura Marx intende dunque le istituzioni politiche, giuridiche, ma anche le
forme di coscienza che caratterizzano una data societ. Questa prospettiva metodologica, di enorme
valore, assunse, negli anni successivi alla morte di Marx, delle connotazioni positivistiche, e venne spesso
interpretata nella forma di un passe-partout di una filosofia della storia, come fu Marx stesso a notare
qualche anno prima di morire, in risposta alle critiche che gli venivano mosse in questo senso dal sociologo
russo Nikolaj Michajlovskij: Egli sente lirresistibile bisogno di metamorfosare il mio schizzo della
genesi del capitalismo nellEuropa occidentale in una teoria storico-filosofica della marcia generale
imposta fatalmente a tutti i popoli, in qualunque situazione storica essi si trovino, [] ma io gli chiedo

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scusa: farmi insieme troppo onore e troppo torto. Questa visione meccanicistica e fatalistica del corso
storico si diffuse largamente fra la Seconda e la Terza internazionale (1889-1914; 1919-1943), e trov una
delle sue teorizzazioni pi riduttive e banali nientemeno che nel pensiero di Stalin. Egli, infatti, concep
la prospettiva metodologica del materialismo storico come una dottrina statica, che vede gli uomini inseriti
in un processo evolutivo sociale predeterminato, organizzato in stadi storici ordinati, ciascuno dei quali
caratterizzato da un modo di produzione. Questa visione unilineare della evoluzione storica prevedeva un
iniziale modo di produzione comunistico-primitivo, poi, a seguire necessariamente, il MDP schiavistico,
il MDP feudale, il MDP capitalistico e infine il comunismo, inteso come fine della storia e di ogni
contraddizione materiale. La concezione materialistica della storia, dunque, perde ogni significato se
assunta nella prospettiva positivistica di una filosofia meccanicistico-deterministica della storia. Essa,
invece, risulta di eccezionale rilevanza se assunta come una prospettiva metodologica, e quindi come lente
interpretativa della processualit storica. La analisi qui condotta, sulla nascita della democrazia ateniese,
muove dalle premesse marxiane, che nella indagine seguita dallo storico Massimo Bontempelli nel suo
Il senso della storia antica. Itinerari e ipotesi di studio. sono intese proprio in questo senso. La tesi
centrale di questa ricostruzione storica consiste, dunque, nellindividuare la nascita della forma giuridica
e istituzionale democratica (lelemento sovrastrutturale) entro una totalit sociale pi ampia, che guardi
in maniera prioritaria, ma non esclusiva, alla dialettica fra forze produttive e rapporti di produzione
(lelemento strutturale). Lelemento dialettico essenziale per comprendere questo tipo di ricostruzione
storica. La democrazia ateniese, cio, nascerebbe entro la transizione da un modo di produzione dominante
(di tipo antico-orientale) ad un nuovo modo di produzione dominante (di tipo schiavistico). Marx,
specialmente nelle pagine del Capitale, spiega la transizione da un modo di produzione ad un altro con la
contraddizione delle forze produttive e dellinvecchiamento dei rapporti sociali, che arrivano a
rappresentare un ostacolo alla crescita economica. Questa considerazione costituisce una delle premesse
a partire dalle quali si sviluppano le indagini storiografiche di M. Bontempelli, e non un passe-partout
universale. Questa premessa si sostanzia dunque nellassunto che concepibile una processualit
dialettica (in senso hegeliano) dei modi di produzione, che non pu tuttavia permettere di ignorare una
analisi storico-empirica, la quale non pu prescindere dallaccertamento del fatto e della contingenza
storica. Scrive Bontempelli: La processualit dialettica non sovrapponibile ad alcuna processualit
storica e costituisce uno strumento di conoscenza di inestimabile valore della realt storica, non perch
ne riproduca la processualit, vale a dire le trasformazioni oggettive nel tempo, ma in un senso molto pi
complesso e raffinato. Su questo punto conviene tornare a verificare cosa effettivamente dice la filosofia
hegeliana. Non ci pu essere dubbio che la dialettica hegeliana abbia uno svolgimento situato in una
dimensione che non quella dello spazio, del tempo e della storia. [] Quindi le realizzazioni dialettiche
manifestano, nella dialettica hegeliana, la realt non-storica della storia, essendo relazioni puramente
logiche quali le relazioni spazio-storico-temporali non possono per definizione essere. E Marx? Il suo
rovesciamento materialistico della dialettica implica forse il venire meno della astoricit della dialettica
stessa? [] La totalit dialettizzata da Marx una totalit costruita dal pensiero attraverso lastrazione di
aspetti essenziali di un concreto mondo storico, che vengono assunti nel loro insieme come totalit ai fini
della loro logicizzazione dialettica, ma nella consapevolezza della loro natura storicamente determinata e

K. Marx, lettera alla redazione del Oteestvennye Zapiski da Londra, novembre 1877, in K. Marx F.
15

Engels, India Cina Russia, a cura di B. Maffi, Milano, Il Saggiatore, 1970, pp. 301-3.
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quindi particolare e transeunte, che proprio la contraddittoriet della loro totalit rivela. (Processi storici
dei modi di produzione, in Lineamenti-quale marxismo oggi. GB Periodici, 1985.) Da queste
considerazioni deriva che le trasformazioni storiche, dunque, non sono in se stesse dialettiche, n sono
dialetticamente deducibili dalle logiche dei modi di produzione, ed il loro studio, se ci d una conoscenza
storica, tanto pi profonda quanto pi esso sia sostanziato dai criteri interpretativi del materialismo storico
e riesca a reperirne la concretizzazione nei fatti, non ci pu invece dare, come tale, alcuna conoscenza
scientifica dei modi di produzione. La transizione dal modo di produzione antico-orientale al modo di
produzione schiavistico non dunque stata analizzata, da Bontempelli e in questa sede, nella forma di una
derivazione intemporale da logiche intrinseche al MDP antico-orientale in s, bens dalla ricostruzione
analitica della processualit storica ad essa afferente. Per concludere: tenuta presente questa distinzione,
afferma Bontempelli, dovrebbe risultare anche chiaro come non sia per nulla strano che io abbia
sostenuto che nel modo di produzione schiavistico circolasse sempre la stessa contraddizione16 dopo
aver mostrato altri tipi di contraddizione, come ad esempio quella, rilevantissima alle origini del modo di
produzione schiavistico, tra schiavismo ed economia statale del modo di produzione antico-orientale. Nel
primo caso, infatti, si tratta della contraddizione propriamente dialettica, che, come tale, di natura
trascendentale rispetto alloggetto di conoscenza, e quindi, allorch loggetto della conoscenza ,
materialisticamente, un modo di produzione, immanente ad ogni manifestazione della realt storica di
quel modo di produzione, senza identificarsi con la storicit e con la empiricit di alcuna. [] Nel secondo
caso, invece, si tratta di una contraddizione di fatto, per niente dialettica, perch esprime soltanto un
contrasto, fattualmente, storicamente determinato, fra empirici centri di interessi e di forza. Esistono
dunque contraddizioni di fondo e criticit strutturali in ogni modo di produzione, ma non esiste una molla
meccanica che faccia scaturire, secondo uno schema dialettico, un modo di produzione dalle
contraddizioni di un altro. Da queste considerazioni ne discende unultima, che consiste nel rilevare che
la ricostruzione qui proposta rappresenta una ipotesi interpretativa, del tutto perfettibile e aggiornabile
alla luce della evoluzione della ricerca storiografica.
Bibliografia storico-metodologica e fonti consultate:
Massimo Bontempelli, Ettore Bruni, Il senso della storia antica. Itinerari e ipotesi di studio. Trevisini, 1979.
M. Bontempelli, E. Bruni, Storia e coscienza storica. Trevisini, 1998.
M. Bontempelli, Fabio Bentivoglio, Il tempo della filosofia. Edizioni Accademia Vivarium novum, 2016.
M. Bontempelli, Costanzo Preve, Nichilismo, Verit, Storia. C.R.T, 1997.
M. Bontempelli, Dal welfare state al neoliberismo, in Indipendenza n.19-20, febbraio/maggio 2006.
M. Bontempelli, Processi storici dei modi di produzione, in Lineamenti-quale marxismo oggi. GB Periodici, 1985.
Costanzo Preve, Il maoismo, in Pubblicazioni Praxis. Consultabile presso http://www.kelebekler.com/occ/mao02.htm
C. Preve, Una nuova storia alternativa della filosofia. Il cammino ontologico-sociale della filosofia. Petite Plaisance, 2013.
Perry Anderson, Dallantichit al feudalesimo. Mondadori, 1978.
Luca Grecchi, Diritto e propriet nella Grecia classica. Petite Plaisance, 2011.
Luca Grecchi, Lumanesimo di Plotino. Petite Plaisance, 2010.
Fabio Bentivoglio, Cristiana Vettori, Le radici della memoria. Corso di storia antica e medioevale. Sansoni, 1998.
Mario Vegetti, Filosofie e sapere della citt antica, da Filosofie e societ. Zanichelli, 1982.
Mario Casertano, Gianfranco Nuzzo, Storia e testi della letteratura greca. G.B Palumbo Editore, 2011.

16 Tale contraddizione strutturale del modo di produzione schiavistico va ravvisata nel fatto che la
progressiva concentrazione fondiaria, e la nascita dei grandi latifondi, costituisce una linea di tendenza
tipica del modo di produzione schiavistico, perch scaturisce dalla sua contraddizione di fondo, e finisce
per riprodurla. (M. Bontempelli E. Bruni, Il senso della storia antica. Trevisini, 1979)
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Remo Ceserani, Lidia de Federicis, Il materiale e limmaginario. Loescher, 1986.
Scipione Guarracino, Peppino Ortoleva, Marco Revelli, Let delle rivoluzioni e lOttocento, Bruno Mondadori, 2000.
Eric J. Hobsbawm, Il Secolo breve. 1914-1991: lera dei grandi cataclismi. Rizzoli, 1995.
Marco Revelli, Post-Sinistra. Cosa resta della politica in un mondo globalizzato, Editori Laterza, 2014.
Luciano Canfora, Gustavo Zagrebelsky, La maschera democratica delloligarchia, Editori Laterza, 2015.

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