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IL SANGUE DI ELENDIL

“Al Sire dei Dunedain di Arthedain, in Fornost Erain.


Vi scrivo, Sire per chiedervi ed offrirvi aiuto. Conoscete bene la situazione de
lle nostre terre, e la lunga lotta che insieme intraprendiamo contro il malefico
regno di Angmar. A tale proposito vorrei confidarvi i miei timori e i miei prop
ositi. Temo per la sopravvivenza della nostra comune stirpe, ed avverto un odio
inflessibile rivolto contro di essa. Troppo a lungo ci siamo combattuti e temuti
indebolendoci a vicenda mentre il sangue di Elendil non deve essere disperso, p
erché proprio questo è il preciso scopo del nostro nemico. Il suo principale interes
se non è nel conquistare le nostre terre ma, prima ancora, nel distruggere gli ere
di del Grande Re. Quando il regno dei nostri fratelli è caduto, quando Rhudaur è ven
uto meno, esso non lo ha annesso a se, ma l’ha ceduto ai suoi alleati. Ora colpisc
e la nostra terra ed anche la vostra con ugual pensiero. Non si fermerà fino a qua
ndo non crederà i Dunedain finiti e la linea di sangue di Isildur spezzata. Presto
Cardolan cadrà, ne Voi ne il mio sposo riuscirete a trattenere l’onda nera che avan
za. Quindi non rimane che contrastare i piani del nostro nemico con segretezza e
d inganno. A questo proposito vi chiedo aiuto e vi mando un Dono: il sangue di E
lendil che è sopravvissuto in Cardolan, mia figlia. Al mondo sarà fatto credere che
la principessa morì presto. Solo io, il messaggero ed ora voi conoscete la verità, c
ustoditela come il più caro dei tesori. Se la nostra stirpe riuscirà a sopravvivere,
il nostro nemico avrà fallito la sua missione e speranza vi sarà per Arnor.
La vostra sorella e serva,
Luinel, Dama di Cardolan”
La donna scriveva lentamente, con le lacrime che le riempivano gli occhi. “Avete f
inito dolce signora? Presto arriverà l’alba, e lontano dovrò essere perché le vostre pre
ghiere siano esaudite”. Annuì lentamente alzandosi, si avvicinò al letto e ne estrasse
un fagotto di panni. Nei panni una bimba di appena un anno dormiva con un sorri
so sulle labbra, risultato di un sogno dolce. Si muoveva piano, come chi si avvi
cina ad un colpo doloroso, lungamente atteso, che sa di non poter evitare. Era o
rmai più di un anno che sapeva, che aspettava quel dolore. Subito dopo aver saputo
di aspettare un figlio dal Signore di Cardolan, un altro erede del regno, aveva
iniziato a prepararsi alla separazione. Doveva porlo al sicuro, perché il regno s
arebbe presto caduto ed un’altra linea di sangue erede del Grande Re sarebbe andat
a persa. Il suo sposo e i suoi figli maggiori non si sarebbero arresi e sicurame
nte avrebbero trovato la morte sul campo di battaglia. Lo spirito di preveggenza
era forte in Luinel anche se lo aveva tenuto celato ai più. Suo marito Ostoher no
n le aveva creduto, la considerava giovane, paurosa e l aveva sposata più per rins
aldare l alleanza con il lontano cugino, Re di Arthedain, che per amore. Era ved
ovo da pochi anni ma era affezionato alla giovane Luinel, Luinel che lo amava, f
orse, non ne era convinta neanche lei, ma che era una Dama di sangue reale e che
aveva il dono della preveggenza. Aveva visto un futuro nero per gli eredi di El
endil e per le genti del Nord; ma aveva anche visto una speranza nel breve tempo
di incertezza che rimaneva, e aveva deciso di riuscire a realizzarla. Non disse
niente a nessuno, non le avrebbero creduto, o si sarebbero sentiti usati o la a
vrebbero considerata pazza, o chissà che altro. Prima ancora delle sue nozze aveva
giaciuto con il Signore di Cardolan ed era rimasta incinta del suo primo figlio
. Ora quella linea del Sangue di Elendil doveva essere salvata. Non poteva accad
ere, non doveva accadere, il suo amore di madre non avrebbe provocato la morte d
i sua figlia e diminuito la speranza per le genti del suo regno. Non era, la Dam
a di Cardolan, una donna codarda, ma ora che era giunta l’ora il suo cuore si stav
a spezzando dalla pena che provava. Staccò la spilla azzurra che portava sulla spa
lla e fece per metterla tra i panni di sua figlia. Due occhi la guardarono aggro
ttandosi. Luinel si fermò, alzò lo sguardo ed incontrò quegli occhi: riprese la spilla
e mormorò “Non posso rovinare tutto proprio adesso vero?” il tono era dolce e triste
allo stesso tempo. Si raddrizzò e gelò l espressione del suo volto “Portate questo don
o al Re di Fornost Erain, al sicuro. Dategli la lettera e non ditelo ad altri.” I
due occhi si distesero, e sorrisero alla Dama, un Cappello venne raccolto “Non tem
ete dolce Dama, agirò per il meglio, la bambina sarà salva e crescerà. La tua discende
nza si guadagnerà la fama.” Il tono era gentile ma sembrava quasi schernire la scelt
a della donna. “Non mi interessa la fama e neanche la gloria. Sono interessata sol
o alla sopravvivenza dei Dunedain. Ho sentito quello che dicono i saggi e non cr
edo alle coincidenze. Ancora molto vi è da fare perché Arnor ed anche la Terra di Me
zzo tutta sia sicura per gli uomini.” Le voce era fredda mentre accarezzava per l’ul
tima volta sua figlia, appena svezzata e già persa. “Un ultimo piacere, lascia quest
a coperta sul bordo della foresta. Devono credere tutti che la bambina sia stata
rapita ed uccisa da bestie feroci, altrimenti a lungo la cercheranno e potrebbe
ro trovare delle tracce. Solo se da tutti sarà creduta morta nessuno la cercherà ed
il mio sacrificio non sarà vano.” “Non restano tracce sul mio cammino se io non voglio
che restino, ma così sia.” Prese la bambina dalle braccia della madre, la coperta s
tracciata ed intrisa di sangue e scavalcò la finestra. Si avviò canticchiando verso
la foresta sotto gli occhi vigili della Dama di Cardolan e scomparve. La bimba
continuò a dormire cullata dalla filastrocca dell uomo. La maschera sul viso della
donna si incrinò e finalmente pianse, poi si asciugò gli occhi dalle lacrime, buttò a
ll’aria il proprio letto ed uscì dalla camera. Nella stanza comune le donne stavano
lavorando con i ricami. “Si è finalmente addormentata, nel mio letto, e sembra in ri
posare in pace”. La levatrice la guardò di sbieco pensando che non era una frase fel
ice, faceva pensare al sonno della morte più che al sonno di un bambino. Era stata
levatrice della vecchia Dama ed anche la nutrice di Ostoher e gli anni di esper
ienza l avevano resa buona giudice. Aveva molti anni alle spalle e molti parti e
molte giovani madri agitate e spaesate, era normale che fosse così; ma la giovane
Dama no, era quasi fredda nel parlare della figlia anche se era sempre dolcissi
ma con la bambina. Vi era qualcosa, che la vecchia non capiva e che la preoccupa
va, nell’espressione di quell’affetto: il viso esprimeva paura e dolore non gioia, e
ra terrore non trasporto quello che leggeva negli occhi, forse era a causa della
guerra, di questa interminabile guerra. Si stava perdendo anche a Cardolan, il
regno di Rhudaur era già stato perso tanti anni addietro. Ma le divisioni e le inv
idie erano state tali che lo si era saputo tardi. Ora il Signore sembrava essere
alleato col proprio vicino e congiunto ma non sembrava fidarsi troppo. “I gravi p
ensieri di questi tempi troppo affaticano la mente della Dama” penso la levatrice “t
roppo dolce e gentile per questi tempi crudeli, troppo faticosi i doveri della D
ama. Doveva pensare al regno ora che il suo sposo con i figli grandi era in guer
ra, e il pensiero della figlia, in questi tempi senza speranza potevano distrugg
ere la mente della Dama?” La vecchia non si diede pace e pensò di andare a vedere la
bambina. Quanto tempo fece passare la madre prima di decidere il nome, con la s
cusa di aspettare il padre. E se non fosse tornato presto? Come l’avrebbero chiama
ta, Piccolina, Principessa? Finalmente la Dama aveva deciso ma il nome sembrava
un brutto presagio per la bambina. Quale madre avrebbe scelto il nome Nûrwen, Fanc
iulla Triste per la propria figlia? E poi perché svezzarla così presto, aveva compiu
to un anno oggi e già non veniva più allattata da tempo. Non era normale che una mad
re smettesse di allattare se aveva il latte nel seno. La Dama aveva rischiato di
stare molto male per far andare via il latte. Senza motivo, poteva berlo la bam
bina, se non si fosse voluto fare tutto così in fretta. La vecchia levatrice avreb
be voluto parlarne con il suo figlioccio Ostoher, ma il Signore era lontano per
la guerra, e in sua assenza la Dama governava, quindi aveva provato a parlare al
la madre, ottenendo solo diffidenza ed ora non la si lasciava più sola con la bamb
ina. La Dama notò l’irrequietezza della vecchia levatrice e si preoccupò. “Non temete Jo
rdas, la bambina sta bene, anche se sono una giovane madre, sono capace di mette
rla a dormire.” Il tono era dolce, si, ma strano, come se incrinato da lacrime che
non spuntavano dagli occhi di Luinel. Questo preoccupò ancor di più Jordas ma ora n
on poteva muoversi a meno di non insultare la sua sovrana. Le donne continuaron
o a lavorare fino all’alba.
“Le disgrazie non vengono mai da sole” diceva il vecchio Nob Caprifoglio “il Signore d
i Cardolan è veramente perseguitato. Non basta più questa guerra interminabile, ora
la Dama è uscita di senno e sembra che abbia ucciso la figlia di appena un anno. L
a vecchia levatrice, nutrice del Signore, dice a tutti che è impossibile che una b
elva sia penetrata nella grande casa fino alla camera della Dama ed abbia portat
o via la bambina senza che nessuno abbia sentito niente. No, è stata la madre stes
sa ad ucciderla nella foresta. Dama Luinel è impazzita dalla disperazione della gu
erra e dai dissapori tra il Signore e il suo parente Sire di Fornost Erain. Il S
ignore non vuol più vederla e le ha ordinato di non uscire dalla grande casa ai bo
rdi della Vecchia Foresta ai Tyrn Gothard.”
Tolman Maggot ascoltava le malignità della gente alta e piccola, e come viaggiano
in fretta: infatti solo due giorni erano passati da quando era sparita la bambin
a e già tutto Cardolan credeva di sapere cosa fosse successo. “Vorrei proprio sapere
cosa credono di sapere, le foreste sono piene di creature che non conosciamo. E
d una madre che si crede senza speranza, può decidere per i figli una morte senza
dolore piuttosto che saperli cibo per Orchi da vivi.” mormorò in mezzo ai denti Tolm
an, “Ma tant’è, se le disgrazie capitano a noi nessuno ci capisce e non ha il diritto
di giudicarci proprio per questo. Se capitano ad altri tutti capaci di giudicare
e sentenziare.” Si disse l’Hobbit pagando il conto “Ti serva da ammonimento Tolman Ma
ggot, osserva bene e parla poco. E quando parli stai bene attento a quello che d
ici.” In un caldo giorno di tarda Primavera l’Hobbit uscì dalla Locanda del Puledro Im
pennato e andò a preparare il Pony nella stalla. Tolman doveva fare un lungo viagg
io esplorativo. La sua gente continuava ad arrivare dall’Est dell’Eriador e c’era nece
ssità di terra. Le continue battaglie tra Uomini ed ora anche con gli Orchi stavan
o spingendo le colonie sempre più a Ovest; si sentiva la necessità di una terra libe
ra, da poter coltivare. Non tutte le famiglie erano d’accordo ma la sua aveva deci
so di cercare una terra dove vivere un poco più a Sud della Vecchia Foresta, non t
roppo lontana dalla colonia di Brea ma abbastanza lontana da essere autonoma. No
n volevano attraversare il fiume ma non sapevano bene come era la situazione. To
lman si era preso incarico di andare ad esplorare la zona, nessuno però voleva acc
ompagnarlo. “Ci sono le semine, presto i raccolti. Non possiamo andare adesso.” Dice
vano. “Dopo ci sarà brutto tempo e non si potrà certo andare. E se non andiamo in espl
orazione non ci muoveremo mai di qua.” Così aveva deciso di andare da solo. Si era f
ermato per la notte a Brea ed ora, di buon mattino, partiva alla volta delle ter
re al di là della Vecchia Foresta. Di buon trotto percorse la strada che volgeva a
d Ovest lungo il bordo dei Tyrn Gothard fino a vedere in lontananza la Foresta.
A quel punto abbandonò la strada e si avvicinò agli alberi. Stranamente, visto che n
on si era sentiero dalla strada al bordo degli alberi, aveva notato un sentiero
che si inoltrava tra gli alberi. La Foresta era fitta e non particolarmente invi
tante ma Tolman era giovane, molto curioso e non troppo pauroso per essere un Ho
bbit. Erano ancora gente di frontiera, gli Hobbit, raminga e non ancora sprofond
ata nella quieta campagna, senza pericoli, diffidando delle Avventure. Man mano
che si avvicinava il Mezzogiorno ed il centro della foresta Tolman incominciava
a diventare inquieto: era sicuro che qualcosa o qualcuno lo stava osservando, ma
tutte le volte che si voltava di scatto non vedeva nulla tranne la foresta quie
ta. Si ricordò della storia sentita quel mattino e si chiese se quella madre dispe
rata non avesse detto la verità. Il sentiero lungamente scendeva verso un fiume ci
rcondato da salici, per poi bruscamente risalire verso i Tyrn Gothard fino alle
cascate che scendevano da essi. Era quasi sera quando, al di là del fiume, dopo un’u
ltima svolta brusca, vide una casa ai bordi della collina e un prato di fronte a
lla casa. “Questa poi, sono tornato verso i Tyrn Gothard, proprio nella direzione
opposta a dove volevo andare. Chi potrà mai abitare in questo posto? E speriamo ch
e mi ospitino, è quasi notte e mi sono perso, accidenti a me.” “Non vi siete perso,” dis
se una voce dietro di lui “Siete proprio dove dovreste essere.” Sbalordito Tolman si
girò così bruscamente che il pony scartò e lui cadde gambe all’aria. Dietro di lui un u
omo vestito di strani colori sorrideva. “Eccovi qua dunque. Venite a cenare, vi as
pettavo” replicò l’uomo invitandolo ad entrare “Non è saggio viaggiare di notte, dormirete
nella mia casa e domani riprenderete il vostro viaggio.” Era così sbalordito che no
n seppe replicare nulla, chiedere nulla e, presa la briglia del pony, seguì l’uomo s
altellante, che non smetteva mai di canticchiare filastrocche verso la casa. “B
el Dol , Cara Dol ...“
Insieme all’uomo accompagnò il pony alla stalla dietro la casa. Vi era già presente un
altro pony che sembrava capire esattamente il padrone di casa, quando questi gl
i si rivolgeva. Anche il pony di Tolman sembrava fare la stessa cosa. “Il vostro C
odaRossa è proprio un bravo cavallino, sapete” disse il padrone di casa “son sicuro ch
e andranno d’accordo per questa notte lui e Grassotto” Sempre più stranito lo Hobbit s
bottò: “Come lo avete chiamato? CodaRossa? Non ha mai avuto un nome il pony di mio c
ugino, perché..” Una risata pose termine a questa frase prima che fosse conclusa. “No,
vi sbagliate amico mio, tutte le cose e gli animali e le piante hanno un nome.
Anche se non li conosciamo, o per noi non hanno importanza, non significa che no
n ci siano. Pensate forse che il pony di vostro cugino non abbia un nome solo pe
rché voi, vostro cugino e i vostri conoscenti non lo avete mai chiamato? Non vi se
mbra molto buffo ciò che dite?”. In effetti lì tutto sembrava molto strano, molto più st
rano del nome del pony, ma Tolman preferì non rispondere. Si sentiva a disagio ma
non avvertiva quel senso di vuoto che normalmente la paura gli inspirava, una sp
ecie di sesto senso che lo metteva in guardia, e a ben pensare questo era ancora
più strano. Seguendo il padrone entrò in casa trovandosi in un salone, con un bambi
no che giocava con i fiori sul pavimento. “Brava, Vedo che mi hai aspettato come t
i avevo detto.” Il bimbo lo guardò triste. Subito Tolman non capì perché questo gli semb
rasse tanto strano, ma poi si stupì “Ha detto brava, brava! E una bambina” pensò e allo
ra ricordò le parole sentite a Brea, e incominciò a collegare alcune cose: un uomo e
una bambina travestita, sul bordo di confine tra la Vecchia Foresta e i Tyrn Go
thard, senza ombra di una donna.... “Quella bambina non è vostra figlia, dov’è la madre?
Chi siete voi? L’avete rapita? Cosa intendete fare?” Tolman iniziò sguainare un lungo
coltello che si era portato e la bimba strillò. “Troppe domande per rispondere a tu
tte insieme.” disse l uomo prendendo in braccio la piccola e cullandola “Vediamo com
e fare. Io sono Tom Bombadil, il più vecchio e senza padre. Io ero qui da prima ch
e le stelle rischiarassero il cielo, prima di ogni altro essere creato da Erù entr
asse in Arda.” Il tono era calmo, ipnotico e a Tolman girava la testa, quasi che l
a terra intorno a se ondeggiasse, lasciò cadere il coltello e si sedette per terra
. Tom si avvicinò e continuò rispondendo alle sue domande. “Non voglio farti del male,
ne a te ne alla bambina. Mi è stata affidata da chi la ama. Ma ora ha fame e dobb
iamo tutti mangiare. Mentre ceneremo ti dirò tutto di lei e di te e di ciò che dovra
i fare per aiutarla.” Così andarono in cucina mentre Tom continuava a cullare la bam
bina cantando una filastrocca su di una famiglia di Tassi che viveva sottoterra
nel bosco e di una lontra biricchina , e la bambina sembrava calmarsi divertita
dalla storia. Mentre mangiava di buona lena, Tolman era molto affamato anche per
un Hobbit dopo un giorno di viaggio, guardava sottecchi la bambina che non avev
a ancora fiatato da quando era arrivato. Era strano, la bambina non doveva avere
più di un anno eppure non mangiava il latte ma la frutta, la panna e il miele che
Tom le aveva messo nel piatto. Era minuta ma in salute, dai folti capelli neri,
tagliati corti, con un vestito abbondante e liso. “Perché non dice niente? Sono io
che la spavento o sei stato tu?” Sospirando Tom guardò fuori dalla finestra “E il dol
ore di non vedere la madre, di essere all improvviso sola tra estranei, non può an
cora capire.” Girandosi sorrise alla piccola. “Ora ti racconterò cosa succede e cosa d
ovrai fare per lei e per il tuo popolo. Ma prima andiamo a letto” rivolgendosi all
a bambina “E ora che i sogni ti vengano a trovare” E andò nel retro con la bambina. T
olman si trovò da solo per la prima volta da quando aveva incontrato Tom Bombadil
e cercò di ricapitolare cosa gli era successo. Ma il fuoco nel camino era acceso e
iniziò a sentire la nostalgia di casa, e la solitudine che avrebbe portato quel v
iaggio. Non si era accorto che il padrone di casa era rientrato. “Non temere i via
ggi solitari, l importante è che vi sia un focolare dove tornare, da chi ci ama.” “Scu
sa” disse l hobbit, ” non mi ero accorto di parlare, pensavo..” “Non stavi parlando ma l
a casa di Tom Bombadil non ha segreti per il suo padrone.” Si accomodò in poltrona v
icino a Tolman e incominciò a raccontare “Lunga è la storia della famiglia del tesoro
che hai incontrato in questa casa. La storia di Elendil di Numenor e della sua d
iscendenza” “Allora non mi sbagliavo, questa è la figlia del Signore e della Dama di C
ardolan” interrompette Tolman. “Tutti la credono morta, uccisa dalla madre. Dobbiamo
riportarla a casa..” Il viso di Tom divenne severo e fermo “Ascolta prima di parlar
e, era un tuo proponimento solo questa mattina non è vero? Non credo di essermi sb
agliato sul tuo conto Tolman Maggot quando ti ho scelto per questo viaggio, ma a
ttento a ciò che fai.” Il tono di voce era cambiato in modo così repentino che Tolman
non si rese conto che era stato chiamato per nome e cognome da una persona che n
on aveva mai visto prima. Solo molto tempo dopo si chiese come era possibile, se
nza tuttavia trovare una risposta. Tom riprese a raccontare e davanti agli occhi
di Tolman si formò la visione delle navi dell Alto Re, Elendil, che arrivavano ne
lla Terra di Mezzo, del Re degli elfi Gil-Galad e della spaventosa guerra nell e
ra passata. Poi Tom passò a raccontare dei tempi d oro di Arnor, e Tolman vide la
pace e la prosperità, i discendenti di Elendil che governavano ma poi anche i succ
essivi dissidi e divisioni. Vide i loro nemici, uomini alleati con creature most
ruose che attaccavano i regni divisi e vide ad Angmar il Re Stregone che voleva
la distruzione degli eredi dell Alto Re. “Non avrà pace finché i regni del Nord non sa
ranno distrutti e tutti gli eredi di Elendil comparsi. Cardolan sarà il prossimo r
egno a cadere, molti lo sanno. Anche la Dama lo sa e ha voluto mettere in salvo
la propria figlia. Non si cercano i morti, e se nessuno la cercherà potrà sopravvive
re. Se il sangue di Elendil sopravvive forse vi sarà pace, un giorno. E la tua gen
te potrà sopravvivere. Difficile sopravvivere con Eserciti di Orchi che scorrazzan
o liberi, non è vero? E per questo che sei in viaggio, per trovare un posto più sic
uro per la tua famiglia. Non sarete mai al sicuro, in nessun luogo, finché gli orc
hi scorrazzeranno.” “Ho capito, la Dama ti ha affidato la figlia, ma non può certo res
tare qui da sola? Cosa vuoi farne di quel tesoro?” Tolman incominciava a capire la
situazione, non che ci fosse molto da capire ma tant è. “E perché mi hai detto tutto
questo. Se la vita della bambina deve rimanere segreta avresti fatto meglio a ma
ndarmi via.” “Dopo la fatica che ho fatto per farti giungere qui attraverso la fores
ta, avrei dovuto mandarti via? Il sentiero che ho aperto davanti alle zampe di C
odaRossa perché tu arrivassi qui in tempo per farmi tutte queste domande ha richie
sto molti canti contro la foresta arrabbiata. Questa foresta è molto vecchia e ric
orda molte cose, anche che gli esseri a due gambe l hanno disboscata tanti anni
fa. E non ha perdonato, vi vivono alberi malvagi e il mio compito è di controllarl
i e calmarli in modo che non possano fare danni. Per il tuo aiuto io ti prometto
aiuto quando la tua gente si avvicinerà alla foresta e verrà ad abitare ai suoi con
fini. E sarò amico tuo e della tua famiglia negli anni oscuri che seguiranno.” “Non cr
edo che gli altri hobbit troveranno conveniente venire ad abitare vicino alla fo
resta.” replicò Tolman. “Troppo pericoloso.” Sorridendo il padrone di casa replicò ”Non ade
so ma un giorno passerete il grande fiume e vi stabilirete nelle terre tra esso
e le colline verso Ovest.” Tolman soppesò queste parole “E che cosa vuoi che faccia pe
r il tuo aiuto. Sei potente, ma puoi difendere la mia gente? Puoi darci una terr
a sicura adesso, non un giorno futuro?” “No, io non esco dalla foresta, e non combat
to con le armi. Ma dovrai fidarti di me. Hai sempre mostrato giudizio quando i g
uai erano imminenti, e so che farai ciò che è giusto, non solo per te.” E Tom continuò a
sussurrare alle orecchie di Tolman le vicende che lo riguardavano e che riguard
avano i regni del Nord. Le ore passavano veloci nella casa di Tom Bombadil, e To
lman si risvegliò il giorno dopo senza neanche accorgersene. La bambina era accocc
olata sulle sue gambe che lo guardava. Sorrideva e lo guardava. “A quanto pare dev
i fare un lungo viaggio a Nord, piccolina” sospirò pensando a casa e a Viola Vecchio
becco che a casa era rimasta. Non aveva avuto il coraggio di chiederle se voleva
sposarlo, e partendo si era chiesto se qualcun altro lo avrebbe fatto. Aveva mo
lti pretendenti la figlia di Gorbac Vecchiobecco, perché il padre era un hobbit im
portante nella comunità che viveva vicino a Brea, ed ancor di più perché lei era belli
ssima, come un campo di fiori in primavera dopo una pioggia leggera, col profumo
dei fiori ancora più forte. Guardando la bambina, Tolman pensò a come sarebbe stato
bello avere sulle proprie ginocchia una propria figlia, seduto davanti ad un ca
mino scoppiettante, mentre Viola sorrideva. Gli sembrava come un sogno e vedeva
la faccia della bimba e di Viola confondersi. Chiuse gli occhi e trasse un lungo
respiro. “Non posso portarti a Nord, devo finire alla svelta e poi tornare a casa
, non è quella la mia strada.” Era triste e non riusciva a capire perché abbandonare q
uella bimba neanche conosciuta gli riuscisse così difficile. Il padrone di casa ar
rivò in quel momento, aveva l espressione scura in volto e non cantava. Tolman si
rese conto che era la prima volta, da quando lo aveva conosciuto, che non cantav
a, se non parlava, le sue solite filastrocche. E questo lo spaventava più dell esp
ressione del suo volto. “Dovrai essere forte Tolman Maggot, più di quanto non pensas
si.” Guardò fisso l hobbit e continuò. “Gli orchi hanno attaccato ed ora dilagano in tut
to il Cardolan, attaccano Colle Vento, la strada a Nord non è sicura per te e la b
ambina. Non può andare a Fornost Erain.” Tolman saltò in piedi “Devo andare, la mia fami
glia, Viola...” “No, non puoi andare, non servirebbe a niente. Puoi solo sperare che
loro superino questo momento.” Non era certo incline ad ascoltare, Tolman, niente
lo avrebbe fermato. Ma la bambina si aggrappò alla sua gamba e iniziò a piangere. “La
madre di questa bambina ha sacrificato tutto, anche se stessa per lei” “Era sua mad
re, cosa altro doveva fare?” Disse Tolman. “Essere egoista e tenere con se la figlia
ancora un poco e far perire le speranze. Sarai tu da meno?” Il dubbio invase il p
overo hobbit che sprofondò in poltrona, Tom lo incalzò dolcemente. “Devi vedere le ter
re al di là del fiume e intanto porterai la bambina al sicuro. E sarà utile per chi
sopravviverà del tuo popolo, che si ricorderà del tuo viaggio e dei tuoi racconti. C
osì quando sarà il momento verranno a vivere nelle terre ricche che sono al di là del
fiume e prospereranno.” “Di là del fiume? La mia gente non pensava di andare così lontan
o?” Tom preparava la roba per il viaggio della bambina. “Devi potarla agli Elfi che
stanno sulla riva del mare. E lì che si rifugeranno gli uomini della casa reale d
i Arthedain, ed è da loro che la bambina deve essere portata.” Tolman iniziò a prepara
re i suoi bagagli. “Non so neanche dov è questo posto, come posso arrivarci?” Uscirono
dalla casa e Codarossa era pronto davanti alla porta con il pony di Tom. “Vi acco
mpagnerò fino alla bordo della foresta, e ti indicherò la via per proseguire. Ecco d
elle provviste per il viaggio. La bambina farà fatica ma il cibo andrà bene anche pe
r lei.” Così Tolman Maggot lasciò la casa vicino alle cascate del fiume che un giorno
venne chiamato Sinuosalice e non vi ritornò mai più.
Ostoher con i figli e l esercito si era ritirato verso i Tyrn Gothard ma ormai e
ra sconfitto. Nella gola di Andrast avevano organizzato un imboscata agli orchi
che li tallonavano ma altri orchi erano giunti dal lato opposto e si erano dovut
i ritirare ancora. Luinel aveva impugnato la spada e aveva difeso coi servi la g
rande villa facendo fuggire donne e bambini che vi si erano rifugiati. Si era ri
congiunta al marito ed insieme avevano combattuto l ultima battaglia ed erano mo
rti. “Un istante prima che Ostoher morisse, Luinel gli confessò cosa aveva escogitat
o per salvare la figlia, e poi si uccise, lanciandosi sulla sua lama. Così per tut
ti la famiglia reale di Cardolan era spezzata, rimaneva solo una giovane nipote
nelle lande a Sud, a Tharbad. Mentre la battaglia infuriava gli hobbit che si er
ano stanziati tra Brea, la gola di Andrast e Colle Vento si rifugiarono nel Bosc
o di Cet o migrarono ancora a Ovest, in Arthedain, Molti però perirono nel tentati
vo di difendere le proprie case.
Tom accompagnò Tolman e la bambina fino al Vecchio Ponte in Pietra, e qui li lasciò.
“Devo andare, molte persone stanno cercando rifugio nella foresta, non devono per
dersi. Segui la strada fino a che non troverai tre alte torri bianche. Poco più av
anti sul mare in una piccola città di porto c è la casa di un elfo di nome Cirdan. A
lui consegna la bambina con questa lettera. Ora vai, corri, o gli orchi arriver
anno prima di te.” La bambina si agitò sulle sue spalle, era legata con una strana i
mbracatura, e iniziò a piangere perché non voleva lasciare il suo amico. Tom si avvi
cinò e le parlò piano ad un orecchio. La bambina si calmò ed abbracciò forte Tolman. L h
obbit si girò per l ultima volta e guardò Tom allontanarsi verso la foresta. Quando
il sole iniziò a calare e Tolman decise che si sarebbero accampati poco dopo aver
passato un grande ponte. Era un vecchio ponte in pietra, che, con alcuni archi,
scavalcava il grande fiume bruno che scendeva da Nord. Era un bel ponte, ben cos
truito, come la strada in pietra che serviva. Però incominciava, tra i lastroni de
lla strada e le pietre del ponte, a farsi strada la vegetazione. Avrebbe ancora
resistito molti anni ma l incuria incominciava a ottenere alcune vittorie su di
esso. Poche miglia dopo aver passato il ponte, il sole calò dietro i monti in lont
ananza e Tolman scese dal pony preparandosi per la notte. Posò la bambina a terra,
e lei tentò di alzarsi in piedi. Era un occasione speciale per ogni bambino e per
ogni famiglia, il primo passo, come la prima parola. Tolman sorrise alla piccol
a e poi divenne triste. “Tua madre sarebbe stata così felice di essere qui a vederti
, e tuo padre orgoglioso di sorreggerti.” E si ripromise che se avesse avuto una f
amiglia, se avesse potuto tornare e sposare Viola VecchioBecco, non avrebbe mai
mancato al primo passo dei suoi figli. Mangiarono e poi andarono a dormire, stre
tti dentro la stessa coperta. La mattina dopo, al sorgere del sole, Tolman prese
la bambina ancora addormentata e salendo su CodaRossa ripartì. Quando la bambina
si svegliò, avevano già fatto un buon pezzo di strada, così si fermarono a mangiare. T
olman era ammirato da come una bambina di solo un anno sopportava, con pochi lam
enti, i disagi del viaggio. Era così preoccupato per lei che subito non aveva guar
dato la terra che si stendeva attorno a se. Mentre però proseguiva col viaggio, in
cominciò a guardare le terre tra il fiume e le colline. Era una terra ricca, ondul
ata che in passato doveva essere stata coltivata da buoni agricoltori, anche se
ora l abbandono mostrava i suoi segni. Aveva colline sparse, ricche di boschi e
corsi d acqua. La temperatura in questa primavera avanzata era gradevole e quasi
calda durante le ore centrali del giorno. Il verde brillante dei prati punteggi
ati di fiori ispirava calma e lunghe passeggiate, ma Tolman e la bambina non pot
evano permetterselo. I giorni passavano ed arrivarono alle prime colline che tag
liavano la la strada. Man mano che avanzavano l aria cambiava, ed al passare de
lla seconda linea di colline, cambiò umidità e profumo. Tolman non sapeva che era la
vicinanza al mare ma il profumo frizzante lo rinfrancava dal lungo viaggio. Anc
he la bambina, che negli ultimi giorni dava segni di insofferenza, sembrava riac
quistare energie. Alla fine arrivarono ai piedi delle montagne. Non erano immens
e come quelle raccontate dai suoi avi, che avevano attraversato le grandi Montag
ne Brumose nei tempi passati. Quando, per sfuggire alle cose malvagie, avevano a
bbandonato le proprie case vicine al grande fiume. Non erano immense ma erano mo
lto ripide, e la strada si incuneava tra i monti dentro una gola stretta. “Non so
no molto tranquillo sai piccola, dormiremo qui prima di proseguire.” Trovò un punto
riparato poco lontano la strada e fece il campo. La bambina era molto stanca, er
a più di una settimana che cavalcavano tutto il giorno e dormivano per terra la no
tte, non era una vita adatta ad una bambina e ormai anche il cibo stava finendo.
Quella notte, Tolman non riusciva a dormire, era preoccupato e più che mai ora se
ntiva la lontananza da casa. Stava sorgendo il sole quando sentì arrivare dei cava
lli al galoppo. Erano uomini e facevano la strada che aveva percorso il giorno p
rima. Erano in quattro ed avevano galoppato tutta la notte. Spense il fuoco e si
appiattì contro la roccia a fianco della bambina addormentata, per difenderla, se
avessero avuto atteggiamenti ostili. Gli uomini rallentarono mettendo i cavalli
al passo. “Chi siete e cosa fate così lontano dalla vostra gente Mastro Hobbit?” chie
se il più giovane dei quattro. Stranamente, pur essendo di molto più giovane dei suo
i accompagnatori era lui a capo degli uomini, “Volete rispondermi?” disse seccato. I
n quel momento la bambina si svegliò e iniziò a piangere. Tolman fece un passo avant
i per frapporsi tra lei e i viaggiatori. Sapeva che non solo gli orchi combattev
ano contro Cardolan, ma anche uomini e questi non li conosceva. Ma era anche un
Hobbit solo con una bambina e non poteva permettersi nessun tipo di lotta con qu
attro uomini in arme. Doveva rispondere in modo che se ne andassero senza ricord
arsi di lui. “Devo raggiungere la casa di questa bambina per consegnarla a sua mad
re che abita vicino al mare. E voi cosa fate così lontano dalle vostre di case, se
è lecito chiedere ad uno sconosciuto i propri affari?” La bambina piangeva sottovoc
e e si aggrappava alle gambe di Tolman rischiando di farlo cadere. “Anche noi andi
amo in una casa vicino al mare, ma non possiamo aspettarti, il tuo pony ci fareb
be rallentare.” Il tono non ammetteva repliche e il giovane sembrava essere abitua
to a che gli si ubbidisse senza discutere, e a Maggot non piaceva. Ma era ciò che
desiderava quindi augurò buon viaggio. Il giovane non sembrava comunque convinto
e si attardava fissando Tolman scuro in volto. “Principe vi prego, non c è tempo. D
obbiamo fare in fretta o tutto sarà perso. Non possiamo rallentare e neanche ferma
rci per degli sconosciuti. Lasciamoli e proseguiamo.” Il giovane guardò fisso Tolman
e diede di sprono. Il cavaliere che lo aveva sollecitato e gli altri due uomini
lo seguirono. Tolman invece cadde seduto a terra senza fiato, mentre la bambina
gli si stringeva forte al collo. “Dobbiamo mangiare e ripartire subito.” Mangiarono
la loro ultima colazione, con la bambina che continuava a piagnucolare. Era sta
nca ed aveva bisogno della sua gente, di una donna che potesse prendersi cura di
lei. Per un momento Tolman pensò di aver sbagliato a prenderla con se, ma poi rip
ensò a Tom Bombadil che gliela aveva affidata per portarla da Cirdan, con la lette
ra. E ripensò alle sue parole quando descriveva la madre di questa piccola creatur
a, ed ancora una volta si disse d aver fatto bene. Ripartirono presto seguendo l
a strada. Era circospetto, aveva paura che quegli uomini lo aspettassero per un
imboscata, e quindi andava piano. Nessuno si vide per tutta la gola e quando usc
irono dalle montagne videro per la prima volta il mare. Un fiume sfociava in que
l punto della costa, dove vi era una città, in pietra grigia, con un grande porto
ed alcune navi ancorate; dall altra parte della città continuavano i moli e le ban
chine. Tutta la città sembrava in subbuglio, e molti armati si muovevano in essa,
erano elfi e uomini che partivano come messaggeri ed altri che arrivavano. Al tr
amonto arrivarono alle porte della città e gli elfi li fecero entrare come se foss
ero aspettati. Era in corso una cena nella casa più grande, da cui uscivano molte
voci concitate. “Devo ripartire per andare ad aiutare mio padre a difendere Fornos
t e le terre a nord.” Una voce più pacata rispose “Si devi andare, chi dei miei è già pron
to verrà con te, noi ti seguiremo appena radunati gli altri. Ma fai attenzione, es
sendo in pochi non correre rischi inutili. Se vedi che non riuscite a reggere lo
scontro, ritirati verso di noi, ci ricongiungeremo e, più numerosi, riusciremo me
glio a reggere l urto.” La prima voce che aveva sentito era quella del giovane uom
o che aveva incontrato la mattina, mentre l altra, scoprì presto era quella del pa
drone di casa dal quale fu portato subito, era Cirdan, a capo degli elfi a ovest
, saggio e potente tra elfi e uomini, che aveva combattuto contro gli orchi per
tempi immemorabili. Cirdan li aspettava ed aveva ordinato che fossero subito por
tati in sua presenza appena fossero arrivati. Al loro arrivo cessò la conversazion
e col giovane e subito furono ricevuti cordialmente dall elfo. “Benvenuto, i miei
mi hanno raccontato di un lungo viaggio da Brea, lungo e faticoso con una bambin
a così piccola al seguito.” Il giovane scalpitava dalla fretta di finire i preparati
vi ed interruppe l elfo, il quale rispose rude “Un giorno sarai Re Araphor, un gi
orno molto vicino temo. Ma sarai un pessimo Re se non saprai ascoltare e onorare
ciò che c è di buono nel tuo Regno, per piccolo che sia e per quanta sia la tua fre
tta. Questo Hobbit ha fatto un lungo viaggio, molto più lungo per la sua gente di
quanto non lo sia per la tua, per venire in questo luogo. Un motivo molto import
ante e grave deve averlo spinto. Non possiamo ignorarlo.” Il futuro Re arrossi e a
mmutolì per la vergogna. Si girò verso Tolman e si inginocchiò. “Ho mancato di educazion
e e rispetto, gravi pensieri mi affliggono. Non è un buon motivo per comportarmi c
ome ho fatto ora o questa mattina, e te chiedo perdono.” L hobbit si stupì del cambi
amento quasi repentino nel giovane, ma si rese conto che l elfo doveva essere co
nsiderato un maestro dal giovane. “Non vi è nulla da perdonare, Principe, ed ormai c
he sono arrivato alla meta del mio viaggio, posso tranquillamente aspettare. Vi
prego finite i vostri preparativi. La mia famiglia è in mezzo a questa guerra quin
di meglio voi potrete combattere e più facilmente la mia gente sopravviverà. Vi chie
do solo di dare ristoro alla bambina. Non c è tra voi una donna che possa occupars
i di lei? E di questo che ha bisogno.” Venne chiamata una elfo che portò la bambina
e Tolman a cenare. La piccola dopo il pasto si addormentò quasi subito, ma non vo
lle che l hobbit si staccasse da lei. Tolman sentì dei cavalieri partire al galopp
o e poco dopo dei passi lievi avvicinarsi. La porta della stanza dove erano stat
i alloggiati si aprì per lasciare entrare il padrone di casa. “Raccontami tutto Hobb
it, cosa ti spinge così lontano da casa.” “Vi chiedo scusa, ma prima di tutto come fac
cio a sapere che siete veramente Cirdan l Elfo?”. Cirdan sorrise “Non ti sembra un p
o tardi per chiederlo? Le compagnie viaggianti vi hanno visto fin da quando ave
te lasciato la foresta e mi hanno riferito del vostro viaggio. Chi è la bambina? E
figlia di uomini, non vostra. E strano che uno della tua razza viaggi senza l
a propria famiglia, o i propri amici, ma che porti con se una figlia di uomini p
er di più così piccola, non è davvero mai successo, che si sappia.” “Non mi avete risposto
, siete il Signore di questi luoghi, chiunque lo vedrebbe, ma io devo parlare pr
oprio con Cirdan l elfo.” “Come pensi di riconoscerlo, dato che è evidente che non lo
hai mai visto? Non puoi che fidarti di me e della mia parola. Io sono Cirdan il
Carpentiere.” Intanto si era seduto a terra, l hobbit lo fissò negli occhi e non tro
vò in essi menzogna. Trasse dal corpetto la lettera che Tom gli aveva affidato. “Que
sta bambina e questa lettera ti sono mandati da Tom Bombadil, che vive nella ve
cchia foresta al di là del ponte, a una settimana di viaggio da qui. La bambina le
è stata affidata dalla madre con la lettera. Dovevano essere consegnate tra le ma
ni del Re di Fornost Erain, ma la strada era troppo pericolosa allora lui le ha
mandate a te, dicendo che sapevi cosa fare.” Cirdan prese la lettera, “E molto temp
o che non sento parlare di Irwain Ben-Adar, se il tuo viaggio mi è parso strano, l
e notizie che rechi lo sono ancor di più.” ed aprì la lettera. Il viso dell elfo cambiò
colore e i suoi occhi si riempirono di tristezza. “Avevamo avuto notizie da Cardol
an, sia della strana morte della bambina, sia della fine dei genitori. Sono mort
i insieme difendendo la loro gente dagli orchi di Angmar. Cardolan viene devasta
to dagli invasori che si stanno spostando verso ovest.” L hobbit si sentiva come
se gli avessero tolto l aria per respirare. Balbettando sussurrò “Sai niente della m
ia gente? Delle famiglie Hobbit che vivevano tra Brea e Colle Vento? Che cosa è su
ccesso loro o dove sono andate? Devo raggiungerle subito.” Aveva paura della rispo
sta, di venire a sapere che erano tutti morti, che non avrebbe potuto dire loro
quanto li amava. Di non rivedere mai più Viola.. Quei pensieri gli facevano girare
la testa. “No” disse Cirdan “Non so nulla di loro, ma molti si saranno rifugiati nei
boschi al sicuro. Gli orchi cercano gli uomini, non perderanno tempo più di tanto
a dare la caccia ai tuoi.” Non era una consolazione molto grande, ma Tolman se la
fece bastare. “Devo ripartire subito, e andare da loro. Mi permetti di riposare qu
i questa notte, così domani potrò ripartire riposato e viaggiare più spedito?” Cirdan e
ra ammirato del coraggio di Tolman “Non puoi ripartire domani, e neanche il giorno
dopo. Non avresti modo di raggiungere la tua gente, moriresti nel viaggio.” “Non im
porta, devo comunque andare, ora la bambina è al sicuro ed io devo pensare alla mi
a famiglia.” Cirdan chinò il capo vedendo la risolutezza dell hobbit e annuì. “Ti daremo
cibo per il viaggio ed un pony riposato.” “No, CodaRossa è il pony di mio cugino e de
vo riportarglielo, poi siamo diventati amici, andrò con lui.” Quella notte Tolman do
rmì come non aveva mai fatto, e i sogni che vennero a trovarlo erano lievi e dolci
, erano i canti degli elfi che lo cullavano dolcemente. Si svegliò la mattina che
il sole era già alto e sentì la bambina giocare nel giardino della casa con altri ba
mbini. Erano elfi e giocavano insieme felici. Questo ripagò Tolman delle molte pre
occupazioni che quel viaggio gli aveva dato. Scese nella cucina e trovò la tavola
pronta per la sua colazione. Dopo aver mangiato a sazietà, in preparazione del lun
go viaggio si disse, andò a dire addio alla piccola. Stava ancora giocando e Tolma
n ebbe la tentazione di andarsene così, senza dire niente, ma fu solo un minuto, p
oi si avvicinò. “Addio piccola, ora queste persone si prenderanno cura di te. Sei al
sicuro con loro ed io devo tornare a casa.” Lei si strinse forte al collo e inizi
o a piangere. Era ormai la terza persona nel giro di dieci giorni che perdeva e
sembrava rendersene conto nonostante l età. Tolman non voleva mettersi a piangere
ma era sull orlo delle lacrime e non sapeva che fare. “Non piangere, starai molto
bene qui, con tanti altri bambini con cui giocare, con gli elfi che ti faranno c
ompagnia.” Cirdan ed una elfo arrivarono in quel momento e la donna delicatamente
prese la bambina staccandola dal collo di Tolman. “Bisogna darle un nome, quello c
he le aveva dato la madre non può essere usato più, troppo strano per una bambina. D
immi tu Tolman Maggot che nome darle.” “Perché che nome le aveva dato la madre che no
n possa essere usato?” “ Nûrwen, Fanciulla Triste.” Tolman si rese conto che si, era un
nome non adatto a passare inosservato. Troppo insolito e triste per una giovane
fanciulla, a tutti avrebbe ricordato ciò che andava dimenticato. “Datele il nome di
un fiore, perché è bella come un fiore e altrettanto delicata. Speriamo che i dolori
di questo periodo non la rendano spinosa come una rosa, preferirei un fiore di
campo, profumato e colorato.” E così sia, come un fiore di campo, che rallegra i cuo
ri.” E rivolto alla bimba disse “Cen estam Eirien.” che significa in Sindarin “Ti chiame
remo Eirien” che è la margheritina di campo. Poi guardando Tolman, che non aveva cap
ito, sorrise mesto. “E un bel nome quello che hai scelto, ma non te lo dirò perché d
ora in poi tu dovrai dimenticarti di lei e di noi e, se tornerai a casa, anche d
i questo viaggio.” Chinando la testa e voltandosi per andare Tolman mormorò “Lo so, ma
non sarà facile.” Così partì dalla città degli elfi vicino al mare e Tolman sentiva un vu
oto nel cuore perchè la bambina, di cui nemmeno sapeva il nome, in quel poco tempo
era diventata cara come una figlia. Ma urgeva il tempo di tornare a casa, così in
citò CodaRossa e partì per Brea.
Il viaggio di ritorno fu breve ma parve a Tolman infinito. Fino al vecchio ponte
in pietra non ci furono incontri ma dopo spesso si doveva nascondere per evitar
e gli orchi. Arrivato alla foresta sperava di incontrare Tom, ma il sentiero che
aveva preso quel giorno poco tempo prima non c era più. Erano passate neanche due
settimane, ma sembravano un anno intero. Lentamente, passando lontano dalle str
ade battute arrivò alla colonia dove viveva, e la trovò distrutta. Quale pena vedere
il lavoro di una vita, campi, case, tutto devastato. Ma non trovò morti, e gli or
chi non seppelliscono chi massacrano, quindi nel trovare tombe scavate di fresco
seppe che almeno qualcuno era sopravvissuto. Ma qualcuno era morto ed era ora a
ncora più ansioso di trovare i superstiti. Si diresse quindi verso Bosco Cet alla
ricerca della sua famiglia e di Viola. “Se trovo Viola ancora viva, la prima cosa
che faccio è chiederle di sposarmi. Questo è poco ma sicuro.” Ma Viola era morta così co
me molti della sua famiglia ed il cuore di Tolman divenne chiuso. Non raccontò mai
il proprio viaggio e lasciò che molti dicessero che era rimasto nascosto per non
incontrare gli orchi senza difendere la sua terra e la sua gente. La famiglia co
munque lo tenne con se e per il resto della sua vita lavorò sodo senza mai parlare
se non per rispondere “Si” e “No”. Ogni tanto andava ai bordi della vecchia foresta olt
re Brea ma nessuno lo seguì mai e la famiglia nascondeva a tutti questi suoi viagg
i raccontando che non si sentiva bene. Si affezionò molto ad un giovane nipote di
nome Hob, figlio di suo cugino, che era destinato a diventare il capo della fami
glia un giorno. Era ormai diventato anziano quando questo accadde e, sentendosi
alla fine, lo mandò a chiamare. Hob era affezionato al vecchio zio quindi andò e, si
chiusero nella stanza di Tolman. Quella sera per la prima volta dopo lunghi ann
i Tolman pronunciò discorsi completi e ricordò il viaggio che aveva fatto. Era ormai
l alba quando partirono insieme senza dire nulla a nessuno. Tornarono dopo tre
giorni e Tolman morì quella notte stessa. Hob non volle dire mai dove erano andati
e non vi tornò mai. Ma scrisse, tenendolo ben nascosto, il resoconto di ciò che gli
era stato svelato, dell incontro di Tolman Maggot con il custode della vecchia
foresta Tom Bombadil e dell aiuto che quest ultimo aveva promesso alla gente di
Tolman in cambio di un grande servizio. Non raccontava cosa Tolman avesse fatto,
mantenendo così la promessa di far ignorare al mondo della salvezza della linea d
i sangue di Elendil proveniente da Cardolan. Quando gli hobbit varcarono il gran
de ponte e fondarono la Contea il capofamiglia portò i Maggot verso sud, mantenend
o la vista della vecchia foresta ma col fiume di mezzo, memore del racconto. Il
racconto rimase tramandato da capofamiglia a capofamiglia, sempre nascosto e cus
todito fino alla fine della Guerra dell Anello quando il sangue di Elendil tornò a
i troni di Gondor e Arnor e il suo antico nemico distrutto.
Prima di lasciare la Terra di Mezzo, Cirdan diede la lettera di Dama Luinel a Me
riadoc Brandibuc e a Peregrino Tuc, pregandoli di farla avere al grande Re e rac
contando loro l altra parte della storia. Di come un hobbit di nome Tolman Maggo
t era arrivato ai Porti Grigi con una bambina e una lettera, ed era ripartito. T
ornati alla Contea Merriadoc e Peregrino si recarono alla Fattoria Maggot raccon
tando ciò che sapevano e chiedendo al fattore come mai Tom Bombadil sembrava conos
cerlo così bene. Allora Maggot estrasse il resoconto del suo avo, e raccontò come di
generazione in generazione, il capofamiglia veniva a conoscenza della sua stori
a. E di come suo padre, e poi lui, aveva ripreso la conoscenza di Tom e come Tom
li aveva avvertiti dei problemi che stavano risorgendo, di ciò che si raccontava
fuori dalla Contea, del viaggio di Bilbo tanti anni prima, dei Guardiani che cus
todivano la Contea negli anni successivi e delle voci dal sud. Per questo, pur n
on sapendo esattamente chi fosse l uomo nero che cercava “Baggins”, aveva subito aiu
tato Frodo, Sam e Pipino. Merry scoprì inoltre che la Frattalta era cresciuta in f
retta e così folta anche perché Tom aveva protetto la siepe e gli hobbit mantenendo
la promessa fatta a Tolman Maggot tanto tempo prima.
Questo racconto riportarono infine al grande Re quando venne a trovare i suoi am
ici al nord, soggiornando presso il lago Evendim, mostrando al mondo come era st
ato possibile che nella linea reale di Arthedain sopravvivesse puro il sangue di
Elendil di Numenor nonostante tutto.

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