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Leonardo Angelini
- In secondo luogo il lavoro di coppia, tipico della sezione, intanto associandosi all'instabilit
ed alla non individualizzazione del rapporto coi bambini implica una approssimazione,
colmata solo da particolari predisposizioni a questo genere di lavoro, nell'osservazione e
nel rapporto educativo col singolo bambino che nel medio periodo conduce alla
standardizzazione delle proposte educative. Ma, oltre che a questo gi grave pericolo,
conduce anche spesso ad un doppio handicap non solo per l'operatrice, ma anche per la
vita quotidiana del bambino nell'istituzione: e cio da una parte spinge a volte una delle due
partner (soprattutto se pi giovane, pi inesperta, pi insicura, o a contatto con una partner
pi esperta, o...etc.) a limitare progressivamente la propria attivit educativa fino a ridurla
ad una mera attivit vicaria dell'altra collega nei momenti di maggiore pesantezza del lavoro
(come in famiglia l'accudimento viene cos "vicariato" al partner pi debole che, a volte,
proprio come in famiglia, a causa della vicinanza che implicita nell'accudimento, viene
perci ad essere pi amato dai bambini, mentre la partner pi forte, proprio come in famiglia
diventa "la legge").
Dall'altra parte la coppia a volte si chiude a riccio nella sezione e mal sopporta il rapporto
col resto del collettivo che alla fine appare come la sommatoria di un insieme di coppie.
2. Lipotesi di lavoro
La differenziazione delle competenze anche alla base della ristrutturazione del gruppo
degli adulti. In pi l'ipotesi della rottura della coppia, oltre che per facilitare un rapporto pi
stabile e pi affettuoso col bambino (vedi punto 3), era stata prevista per evitare il formarsi
di rapporti squilibrati (leader-gregario) e quindi permettere a ciascuna operatrice
l'acquisizione pi motivata di sempre nuove competenze.
Il modello che intendevamo mettere in discussione, la sezione, ben conosciuto da operatrici
e genitori, nell'arco dei tre anni si dispiega in questo modo:
Abbiamo cos formato 6 gruppi: non 7 poich da una parte vi era una diminuzione del
numero dei bambini dovuta al calo estivo, dall'altra pur trovandoci di fronte alla piena
disponibilit della atelierista a fare l'esperienza, in un gruppo vi erano dei problemi di
recupero di ore straordinarie, che si cumulavano normalmente in quel periodo dell'anno, che
non permettevano la formazione di un settimo gruppo: in ogni caso la numerosit dei
bambini in ogni gruppo non ha mai superato gli 11/12 bambini.
In ogni gruppo erano presenti bambini di 3, 4 e 5 anni, distribuiti in base ai risultati dei test
sociometrici e di una lunga e laboriosa discussione con tutte le operatrici che comprendeva
anche considerazioni sull'attaccamento (e sul tipo di attaccamento) dimostrato dai bambini
verso gli adulti.
Abbiamo fissato che i gruppi fossero rigidi in ogni momento della giornata al fine di porre in
evidenza il tratto per noi pi importante in quel momento: l'estrinsecarsi della funzione
tutoria. E' chiaro, ed era chiaro a noi fin dall'inizio, che una materna che parta da gruppi
verticali non pu andare avanti per compartimenti stagni e che anzi soprattutto nelle attivit
deve prevedere il formarsi di poli di aggregazione programmati dall'adulto in modo tale da
comportare un interscambio, una diversa aggregazione dei gruppi e dei singoli bambini, ma
un'esperienza cos limitata nel tempo difficilmente avrebbe retto se non ci fosse stata una
"esasperazione" nel senso della rigidit del rapporto adulto-gruppo , dati soprattutto i
recentissimi ricordi dell'esperienza di sezione. E' per questo che proprio per sottolineare
questa rigidit abbiamo posto per ogni bimbo un contrassegno di gruppo (una fascetta di
diverso colore al braccio) ed abbiamo alimentato, nei primi giorni soprattutto, il formarsi di
una identit di gruppo in termini espliciti.
Abbiamo poi fatto un'analisi delle competenze delle singole operatrici in maniera tale da
incentrare le "attivit" dei singoli gruppi intorno ad un programma limitato che partisse dalla
valorizzazione di tali competenze (chiaramente, in una prospettiva pi ampia, tali attivit
vanno viste in maniera coordinata, all'interno di una programmazione che si articoli su
scadenze pi lunghe, e soprattutto, come dicevamo prima, rispetto a gruppi pi dinamici,
pi articolati di bambini).
Si sono cos formati:
- 2 gruppi che incentravano la loro attivit su giochi che comprendevano prioritariamente
una forma di comunicazione verbale;
- 1 gruppo sul linguaggio plastico;
- 1 gruppo sul linguaggio musicale;
- 1 gruppo sulle attivit di esplorazione;
- 1 gruppo sulla drammatizzazione.
Questa distinzione non stata fatta tanto per determinare strettamente le attivit (la famosa
ora e mezza di attivit) dei singoli gruppi, quanto per fissare alcuni elementi distinti di
osservazione, vicini alle competenze attuali delle singole operatrici.
Una importante discussione vi stata infine sull'uso degli spazi. Il Ghidoni Vecchio una
"vecchia" struttura che si sviluppa su due piani con ambienti insufficienti rispetto al numero
dei bambini normalmente presenti (una ottantina). Il fatto che l'esperienza sia avvenuta
d'estate ha permesso il suo svolgimento non solo per la diminuzione dei bambini presenti,
ma anche per la possibilit di un uso pi intenso degli spazi esterni: il gruppo che basava la
propria attivit sull'esplorazione addirittura stato assente dalla struttura-base anche
durante il momento del pasto.
Abbiamo cos distribuito i bambini tra i due piani durante tutti i momenti della giornata, meno
quello del pasto, attribuendo a ciascun gruppo un proprio spazio definito che per non
doveva immobilizzare il gruppo, ma semplicemente favorire l'acquisizione da parte di tutti i
bambini di una propria identit, di una propria collocazione spaziale.
1
Cfr il capitolo "Dal pasto nel refettorio al pranzo in sezione", sempre nel testo Il bambino che in noi, pp.
109-114
3. Considerazioni sui risultati dellesperienza
Le considerazioni che seguono sono state fatte a partire essenzialmente dal centro del
problema: l'estrinsecarsi della funzione tutoria dei gruppi verticali, nonch l'analisi dei
momenti di crisi del rapporto bambino pi grande - bambino pi piccolo. E' quindi evidente
che alcuni lati dell'esperienza in questa esposizione rimarranno un po' in ombra: ci
riserviamo in seguito di entrare pi nel merito di taluni problemi sollevati da questa
esperienza (pensiamo ad esempio ai problemi logistici ed organizzativi).
Ma prima di enucleare punto per punto le considerazioni da noi fatte giornalmente
sull'esperienza che stavamo facendo occorre fare una doverosa specificazione: come
traspare da vari aspetti del paragrafo precedente, l'atteggiamento dell'adulto sulla funzione
tutoria, soprattutto nei primissimi giorni, stato esplicito.
Ogni operatrice, con il suo esempio e con parole appropriate, spiegava ai bambini che in
questi nuovi gruppi che per gioco venivano loro proposti ci si attendeva l'instaurarsi di
un'atmosfera di cooperazione tra pi grandi e pi piccoli.
L'esplicitazione di tale aspettativa, ha evidentemente "inquinato" i risultati dell'esperienza in
quanto che legittimamente ipotizzabile che, in una certa misura, vi sia stato un
adeguamento conformistico da parte dei pi grandi alle aspettative degli adulti, ma d'altro
canto pensiamo che questa impostazione non sia molto lontana da quella che normalmente
un adulto mette in atto o dovrebbe mettere in atto in quei momenti in cui bambini pi grandi
stanno insieme a bambini pi piccoli (vedi intersezione), altrimenti il risultato quello del
disorientamento, della presa di possesso, dalla marginalizzazione del pi debole etc., come
dicevamo prima.
Ci sembrato cio che, la competenza verbale dei bambini pi piccoli sia stimolata dalla
immediatezza e dalla concretezza di una azione che l'abbia preceduta e che, quindi, si
possa legittimamente ipotizzare che le esigenze di comprensione dei pi piccoli in un gruppo
verticale siano tanto pi tenute presenti quanto pi i giochi che presuppongono una
competenza verbale siano articolati in maniera tale che all'azione segua immediatamente
della stessa evocazione verbale da parte dell'adulto (altrimenti si va verso la non
comprensione, l'esclusione di una parte del gruppo).
Un altro aspetto emerso in questi gruppi che ha sbalordito le operatrici una competenza
nell'azione da parte dei pi piccoli quasi sempre di molto superiore alle aspettative. Ci
probabilmente dovuto a due fattori: in primo luogo l'esser compresi e non esclusi o derisi,
o oppressi dai pi grandi ha spinto i pi piccoli sulla strada dell'emulazione; in secondo luogo
per pu avere influito ad ingigantire troppo il fenomeno proprio il fatto che era variato il
punto di osservazione dell'adulto, per cui determinate competenze che i bambini hanno in
un contesto pi ampio e distante come la sezione possono passare inosservate, mentre in
un contesto pi ristretto e ravvicinato possono emergere all'improvviso agli occhi dell'adulto
che perci tende a sopravvalutarle.
In questi contesti quindi si sono manifestati spesse volte episodi di aiuto esplicito e non
stimolato dall'adulto (con la precisazione che abbiamo fatto all'inizio di questo paragrafo)
dei bambini pi grandi nei confronti dei bambini pi piccoli.
- Infine vi stato un gruppo all'interno del quale il ritorno di un vecchio leader di sezione nel
gruppo (dopo alcuni giorni di assenza) ha creato delle tensioni con un nuovo leader che in
sua assenza era emerso nel nuovo gruppo.
Questo gruppo ha svolto attivit fuori dalla scuola materna, usando come base di partenza
un cascinale lontano 500 mt. dall'istituzione. Qui i bambini passavano tutta la loro giornata:
qui mangiavano, qui si adattavano nella soddisfazione di tutti i loro bisogni (compresi quelli
corporali) fino all'ora del sonnellino pomeridiano, momento in cui tornavano in scuola a piedi,
come se ne erano allontanati alle h. 9,30.
In questo gruppo stato osservato il delinearsi della funzione tutoria prima di tutto durante
i momenti di spostamento ed stato notato che la funzione tutoria in questi momenti di
deambulazione appare con maggiore evidenza e pi spontaneamente.
Varia per l'atteggiamento del gruppo a seconda delle caratteristiche del luogo in cui si
cammina:
a) quando ci si sposta in luoghi che possono presentare dei pericoli (es. strada asfaltata) il
pi grande attende i pi piccoli e li aiuta spontaneamente;
b) quando ci si trova in luoghi meno soggetti alla possibilit di pericolo (es. nei campi) il pi
grande va avanti e gli altri seguono "come i pulcini seguono la chioccia".
Non stato possibile appurare per non aver mai potuto osservare dall'esterno la scena, fino
a quel punto e con quali modalit l'atteggiamento del gruppo fosse determinato
dall'atteggiamento dell'adulto in esso presente.
Anche in questo gruppo il ritorno di un leader ha messo in crisi un nuovo leader emergente
con degli effetti sul gruppo simili a quelli sopra descritti a proposito dell'altro gruppo.
E' stato notato inoltre che i bambini pi piccoli fanno una selezione dei livelli di difficolt, per
cui, oltre una certa soglia, cessano di rivolgersi al pi grande che in quel momento li guida
e si rivolgono direttamente all'adulto. Pensiamo che questa soglia sia determinata in base
alle difficolt effettive, all'esperienza precedente, al vissuto di ogni bambino (vedi diverse
paure degli animali in chi era disabituato alla permanenza in un ambiente rurale), ma anche
all'atteggiamento dell'adulto.
Anche in questo caso vi stata una sorpresa per l'educatrice coinvolta: stata da lei notata
infatti una capacit insospettata di catalogazione da parte di tutti i bambini: si trattava di
catalogare le foglie, gli animaletti, etc. che sono stati ordinati in maniera scientifica per
ampiezza, lunghezza, forma, etc., colmando addirittura le lacune sui nomi inventando l per
l nomi nuovi da dare alle foglie, agli animaletti sconosciuti.
Infine in questo gruppo come in quello della drammatizzazione stato notato un enorme
spirito di gruppo. Ora, siccome questo ultimo gruppo, come quello della drammatizzazione,
aveva una localizzazione pi precisa e distinta di quella degli altri gruppi, siamo stati portati
a pensare che il dato della spazialit sia un fattore importante nella determinazione di una
identit (non solo spaziale) del gruppo.
Ci significa che, qualora nella nuova localizzazione del Ghidoni Vecchio si scelga di
prendere questo modello di programmazione e di organizzazione pedagogico-didattica,
occorre prevedere (anche) una scansione dei vani del tutto diversa da quella che
normalmente vediamo approntata per la sezione, non solo, ma anche un tipo di materiale e
di arredo che preveda la dimensione-gruppo e non la dimensione-sezione.
3.4 Il pasto
Come abbiamo detto prima il pasto veniva effettuato a partire dal concetto di autogestione
del gruppo e di divisione dei compiti al proprio interno, da una parte, e di una maggiore
vicinanza e affettuosit dell'adulto col bambino dall'altra, per cui l'adulto sedeva al tavolo col
proprio gruppo e mangiava coi bambini, invece di accudire ai bambini in piedi e di mangiare
"in loco segreto" ed in un altro momento come accade di frequente nelle materne.
3.5 L'addormentamento
Alcune considerazioni finali ora, sul "ricordo" recente dei gruppi verticali negli altri momenti
della vita di quei giorni dei vari bambini.
A volte sono stati notati gruppi che spontaneamente si riformavano in cortile dopopranzo e
si organizzavano da soli in una attivit di gioco.
Quasi tutti i bambini "cercavano" le nuove educatrici.
A casa alcuni bambini sono andati a letto con la fascetta al braccio, contentissimi della
nuova esperienza.
Dopo alcuni giorni molti bambini dei due gruppi centrati sulla competenza verbale hanno
mostrato segni di disinteresse nei confronti di una attivit che trascurava altri bisogni, altre
esigenze, altre possibilit che soprattutto nel periodo estivo si presentano al bambino.
Abbiamo deciso cos di incentrare le attivit di questi due gruppi su giochi di gruppo che
prevedessero livelli di difficolt crescenti, onde poter vedere fino a che punto i pi piccoli
fossero compresi all'interno delle attivit da parte dei pi grandi e quali giochi fossero pi
adatti ai gruppi verticali.
Abbiamo definito le difficolt a partire dal numero e dalla complessit delle regole che sono
inerenti ad ogni gioco, facendo cos una specie di graduatoria di difficolt che partendo da
"mosca cieca", "nascondino"...arrivava a giochi come "la bandiera", etc.
Abbiamo notato prima di tutto una pi sollecita partecipazione dei pi piccoli rispetto alle
attivit svolte nei giorni precedenti dai due gruppi.
Ci ha confermato le nostre ipotesi sulle attivit incentrate troppo sulla competenza verbale:
abbiamo cio riscontrato che lo stesso gruppo che stentava a comprendere il pi piccolo
nel momento che prevedeva l'uso prevalente della competenza verbale vede il pi piccolo
in posizione meno marginale quando la attivit si sposta sollecitando altri tipi di competenze.
In secondo luogo abbiamo notato una tendenza da parte dei pi grandi ad escludere, anche
consciamente ed in maniera verbalizzata, i pi piccoli di fronte ai giochi pi difficili. Si pu
avanzare l'ipotesi che esiste un rapporto direttamente proporzionale tra difficolt del gioco
e livelli di tolleranza della presenza dei pi piccoli in essi.
Infine una cura particolare stata intrapresa dall'adulto in pi occasioni nei giochi che si
articolavano intorno a due gruppi in competizione: la tendenza spontanea spesso qui era
infatti lo spostamento dei due gruppi dai fini del gioco, dalla ottemperanza alle regole del
gioco, alla competizione.
Bibliografia:
- Camaioni L., Conversazione bambino-adulto e bambino-bambino: un approccio interazionale, in Camaioni
L. (a cura di), Sviluppo del linguaggio e interazione sociale, Il Mulino, Bologna 1978.
- Mantovani S., Esperienze al nido, atteggiamenti delle educatrici e sviluppo linguistico, in Mantovani S. (a
cura di), Asili nido: psicologia e pedagogia, F. Angeli, Milano 1976.
- Mitscherlich A., Verso una societ senza padre, Feltrinelli, Milano 1970.