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studi danteschi
periodico semestrale
Direzione: Gian Carlo Alessio, Marco Ariani,
Corrado Calenda, Enrico Malato, Andrea Mazzucchi,
Maria Luisa Meneghetti, Manlio Pastore Stocchi,
Irne Rosier Catach, Andrea Tabarroni
Redazione: Luca Azzetta, Vittorio Celotto,
Massimiliano Corrado, Gennaro Ferrante,
Marco Grimaldi, Ciro Perna
Direttore responsabile: Enrico Malato
Anno XV 2015
salerno editrice
roma
rivista di studi danteschi
sotto gli auspici della
edizione nazionale dei commenti danteschi
Direttori
Gian Carlo Alessio, Marco Ariani, Corrado Calenda,
Enrico Malato, Andrea Mazzucchi, Maria Luisa Meneghetti,
Manlio Pastore Stocchi, Irne Rosier Catach, Andrea Tabarroni
Direttore responsabile
Enrico Malato
Redattori
Luca Azzetta, Vittorio Celotto, Massimiliano Corrado,
Gennaro Ferrante, Marco Grimaldi, Ciro Perna
Il luogo dogne luce muto (v. 28). La marcata sinestesia raffigura acu-
sticamente loscurit e, anche per effetto del suono cupo della u (presente
pure nel verbo immediatamente successivo: mugghia), rende pi sinistre
le impressioni.1 Nel buio non per tale da impedire per divina disposizio-
ne percezioni visive 2 si staglia orribilmente (v. 4) la figura demoniaca di
Minosse, giudice mostruoso che ringhia e che si avvinghia con una coda smi
surata; eppure nella sua bestialit riconosciuto conoscitor de le peccata
(v. 9) e preposto, per evidente volere di Dio, ad atto di cotanto offizio (v.
18), senza possibilit di errore come conferma il successivo Mins, a cui fal
lar non lece (Inf., xxix 120).
Nonostante la sovrabbondanza di lavoro per cui sempre dinanzi a lui ne
stanno molte [anime] (v. 13), Minosse interrompe di sua iniziativa lalto
cmpito di cui investito e non esita subdolamente a insinuare dubbio e
titubanza nel Dante viator, che nei primi passi del lungo e arduo cammino
non ha ancora consolidato il rapporto di fiducia con la sua guida, in un viag-
*Ringrazio per aver letto preventivamente il manoscritto Maria Teresa Arfini, Attilio Cic-
chella, Massimiliano Corrado, Gabriele Costa, Maria Luisa Doglio, Filippo Falbo, Giovanna
Frosini, Pr Larson, Giuseppe Noto, Maria Gabriella Riccobono, Alberto Rizzuti, Silvia Ro-
mani.
1.Cfr. A. Pagliaro, Il canto di Francesca, in Id., Ulisse. Ricerche semantiche sulla Divina Comme-
dia, Messina-Firenze, DAnna, 1967, 2 voll., vol. i pp. 115-59, a p. 121: anche loscurit viene
acusticamente interpretata; ed E. Bonora, Inferno canto v, in GSLI, vol. clix 1982, pp. 321-52,
a p. 330: la prima impressione riportata nel cerchio dei lussuriosi acustica, e [] il buio
rende pi sinistra quellimpressione. Ma lenergia [] dellarte si fa conoscere sopra tutto
nella terzina 28-30: per la coraggiosa sinestesia dogne luce muto, per leffetto del suono
cupo della vocale u, fortemente evidenziato dalla collocazione in rima di muto e combat-
tuto e dal suo prolungarsi allinterno dei versi in luce e mugghia. La sinestesia di Inf., v
28, una delle pi note dellintera letteratura italiana, stata spesso accostata dai commentatori
a quella di Inf., i 60: mi ripigneva l dove l sol tace.
2.Lo ammette S. Tommaso, Summa Theologiae, iii Suppl., q. 97 a. 4: Et ideo in inferno hoc
modo debet esse locus dispositus ad videndum secundum lucem et tenebras, quod nihil per-
spicue videatur, sed solummodo sub quadam umbrositate videantur ea quae afflictionem
cordi ingerere possunt. Unde, simpliciter loquendo, locus est tenebrosus: sed tamen ex divina
dispositione est ibi aliquid luminis, quantum sufficit ad videndum illa quae animam torquere
possunt.
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3.Sui fitti legami tra il canto iii e il canto v dellInferno, cfr. Bonora, Inferno canto v, cit., pp.
323-30. Si veda anche la formula usata da Virgilio contro il Minotauro a Inf., xii 19-21.
4.Aen., vi 431-33: Nec vero hae sine sorte datae, sine iudice, sedes: / quaesitor Minos ur-
nam movet; ille silentum / consiliumque vocat vitasque et crimina discit (Queste dimore
infernali non sono assegnate senza giudizio e giudice: Minosse inquisitore scuote lurna dei
fati, convoca lassemblea dei morti silenziosi, li interroga, ne apprende i delitti e la vita).
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lettura del canto v dellinferno
5.In V.n., ii 9, Dante ricorda che, sebbene limmagine mentale di Beatrice alimentasse
lardore del sentimento, tuttavia era di un potere virtuoso cos elevato che non consent mai
che Amore lo dominasse senza la saggia guida della ragione. Vd. poi Conv., ii 7 3-4: da sa-
pere che le cose deono essere denominate dallultima nobilitade della loro forma: s come
luomo dalla ragione, e non dal senso n daltro che sia meno nobile. Onde, quando si dice
luomo vivere, si dee intendere luomo usare la ragione, che sua speziale vita ed atto della sua
pi nobile parte. E per chi dalla ragione si parte e usa pure la parte sensitiva, non vive uomo
ma vive bestia.
6.A proposito di E come i gru van cantando lor lai, / faccendo in aere di s lunga riga
(vv. 46-47), scrive E.G. Parodi, Francesca da Rimini, in Id., Poesia e storia nella Divina Commedia,
a cura di G. Folena e P.V. Mengaldo, Vicenza, Neri Pozza, 1965, pp. 33-52, a p. 37: due bel-
lissimi versi nel loro ritmo imitativo, malinconico e stanco.
7.M. Barbi, Francesca da Rimini, in SD, vol. xvi 1932, pp. 5-36, poi in Id., Con Dante e coi suoi
interpreti. Saggi per un nuovo commento della Divina Commedia, Firenze, Le Monnier, 1941, pp.
117-51, a p. 136: Largamente diffusa nella tradizione esegetica, e nella pittorica, questidea del
volare i due amanti stretti in dolce amplesso, invece che luno a pari dellaltro come le due
colombe della similitudine, per quanto il vento permette alla loro industre volont di tenersi
uniti.
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cisero, altri vennero uccisi o fecero uccidere, altri tradirono, altri furono cau
sa di diuturne guerre, eppure il peccato carnale che li ha fissati per leter-
nit, cosicch il compimento della loro figura qui, e non in altri ipotetica-
mente immaginabili luoghi infernali, come per esempio nei pi bassi gironi
dei violenti (contro s o contro altri) o nella bolgia dei seminatori di discor-
die.8 Si tratta dunque di una delle rare deroghe alla legge per cui si puniti
secondo il peccato mortale peggiore, regola cui dona risalto il caso del cen-
tauro Caco (cfr. Inf., xxv 17-33).
Allillustrazione di Virgilio, Dante prova piet e quasi si smarrisce. Do-
vrebbe essere reazione naturale per chi ha da poco iniziato la guerra / s del
cammino e s de la pietate (Inf., ii 4-5), eppure proprio la piet come ha
ben clto Michele Barbi 9 pare aspetto caratterizzante di questo cerchio,
tanto che nel canto la parola compare pi volte a definire lintimo sentire
dellagens: piet mi giunse, e fui quasi smarrito (v. 72), poi chai piet del
nostro mal perverso (v. 93), s che di pietade / io venni men cos com io
morisse (vv. 140-41), tre occorrenze alle quali si deve pure aggiungere a
lagrimar mi fanno tristo e pio (v. 117) con laggettivo in clausola nel senso
di pietoso, emotivamente partecipe; e quella intimamente legata che apre
Inf., vi 2: dinanzi a la piet di due cognati.10
Mentre Dante sente nominare le donne antiche e cavalieri (v. 71),
lintensit della partecipazione emotiva genera un primo, profondo, turba-
mento, e la clausola fui quasi smarrito (v. 72) non solo il prodromo dello
svenimento finale, ma punto semanticamente rilevante in virt del peso
specifico della parola smarrito nelle opere di Dante: basti qui ricordare laltra
significativa occorrenza (anchessa in clausola) di V.n., xxiii 21, v. 32, per che
8.Per figura e compimento cfr. E. Auerbach, Figura, in Id., Studi su Dante, Prefaz. di D.
Della Terza, Milano, Feltrinelli, 1963, pp. 176-226.
9.Barbi, Francesca da Rimini, cit., p. 139: tutti i particolari dellepisodio, se osserviamo bene,
rivelano il proposito di creare in questo canto una grande scena di piet []. Su questo propo-
sito di fare il canto, non dellamore, ma della piet non pu esser dubbio.
10.La discussione sul significato di piet in questo contesto pu giovarsi della modalit
esegetica di spiegare Dante con Dante; cfr., infatti, Conv., ii 10 6: E non pietade quella che
crede la volgare gente, cio dolersi dellaltrui male, anzi questo uno suo speziale effetto, che
si chiama misericordia ed passione; ma pietade non passione, anzi una nobile dispo
sizione danimo, apparecchiata di ricevere amore, misericordia ed altre caritative passioni.
Utile in proposito E. Malato, Dottrina e poesia nel canto di Francesca. Lettura del canto v dellInfer-
no, in Id., Studi su Dante. Lecturae Dantis, chiose e altre note dantesche, Cittadella, Bertoncello
Artigrafiche, 2005 (20062), pp. 50-102, alle pp. 67-69, che fa anche notare come ben 4 occor-
renze di piet sulle 10 totali dellInferno si trovano in questo episodio (la lettura stata poi ri-
proposta, con alcuni aggiornamenti, in Lectura Dantis Romana. Cento canti per cento anni, a cura
di E.M. e A. Mazzucchi, vol. i. Inferno, Roma, Salerno Editrice, 2013, 2 tomi, to. i pp. 162-205).
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lettura del canto v dellinferno
11. un verso della canzone Donna pietosa e di novella etate. Per tutte le citazioni della Vita
nuova vd. Dante Alighieri, Vita nuova, a cura di D. Pirovano, in D.A., Vita nuova. Rime, a
cura di D.P. e M. Grimaldi, Introduzione di E. Malato, to i. Vita nuova; Le Rime della Vita
nuova e altre Rime del tempo della Vita nuova, Roma, Salerno Editrice, 2015, pp. 1-289. Per una-
nalisi della parola smarrito vd. S. Orlando, Da Francesca a Beatrice: una nuova lettura di Inferno
v, in Medioevo Letterario dItalia, a. iii 2006, pp. 37-59, a p. 41.
12.Per il costrutto paion s cfr. il v. 24 (par s al meo cantare) della ballata Molto chio
non cantai e il commento di P. Larson, Ancora sulla ballata Molto chio non cantai, in Medioevo
Letterario dItalia, a. i 2004, pp. 51-72, a p. 58.
13.Per il ruolo del nuovo poeta nella Commedia, cfr. M. Tavoni, Il nome di poeta in Dante,
in Studi offerti a Luigi Blasucci dai colleghi e dagli allievi pisani, a cura di L. Lugnani, M. Santagata,
A. Stussi, Lucca, Pacini Fazzi, 1996, pp. 545-77, e M.G. Riccobono, Sternel la voce del verace
autore, in Ead., Dante poeta-profeta, pellegrino, autore. Strutturazione espressiva della Commedia e
visione escatologica dantesca, Roma, Aracne, 2013, pp. 41-67.
14.Com noto, allo stato attuale delle ricerche mancano documenti sulla storia dei due
cognati amanti assassinati dal marito di lei. G. Rimondini, Vecchie novit e nuovi problemi sto-
riografici sui Malatesti e Verucchio, in Studi Romagnoli, a. liv 2003, pp. 119-24, partic. alle pp.
123-24, ha focalizzato la sua attenzione su un breve di papa Nicol IV al vescovo di Pesaro
dell8 agosto 1288, in cui viene concessa la facolt di dispensare dal quarto grado di consangui-
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particolari che lhanno poi resa celeberrima si sono generati a margine del
poema, in quel circolo esegetico in cui spiccano le figure di Andrea Lancia
e dellautore dellOttimo Commento che a Firenze, intorno al 1330-40, gett
le basi per la consacrazione letteraria di Dante e per il successo editoriale del
la Commedia.15 Quindi, sollecito al consiglio di Virgilio, lagens lancia nel ven
to il suo affettoso grido (v. 87) e lauctor scolpisce il primo altorilievo del
nuovo poema.
L, dove il vento tace, si ode una voce femminile (cfr., infatti, v. 97: dove
nata fui),16 che a nome anche del compagno di pena accorda la propria di-
sponibilit a dialogare, senza stupirsi delleccezionalit dei suoi interlocuto-
ri: un essere vivo che visitando va per quelle tenebre e un accompagnatore,
lui s dannato, ma quanto meno fuori posizione. Sente che lincessante bu-
fera si per lei straordinariamente acquetata e approfitta di questa singolare
congiuntura per parlare di s.
probabile che anchella, quand immersa nellincessante vortice e in
particolare quando giunge davanti a la ruina (v. 34),17 come tutti gli altri
neit fra Malatestino detto Tino nipote di Malatesta da Verucchio e figlio di Gianciotto e
della seconda moglie Zambrasina e Agnese figlia di Corrado da Montefeltro, per ottenere
pace e concordia tra le due famiglie. Alla luce di questo documento, Rimondini avanza il so-
spetto che Malatestino sia nato almeno nel 1281: secondo il diritto canonico approvato da papa
Alessandro III, infatti, la data legittima degli sponsali era di 7 anni. Se questo fosse vero, Fran-
cesca da Polenta sarebbe premorta a Paolo Malatesta, che nel 1282-1283 risulta capitano del
popolo di Firenze.
15.La vicenda non doveva per essere completamente oscura per i primi lettori, alla luce
del principio che Dante far pronunciare a Cacciaguida in Par., xvii 136-42: Per ti son mo-
strate in queste rote, / nel monte e ne la valle dolorosa / pur lanime che son di fama note, /
che lanimo di quel chode, non posa / n ferma fede per essempro chaia / la sua radice in-
cognita e ascosa, / n per altro argomento che non paia. Sul ruolo di Andrea Lancia, la cui
chiosa ai vv. 100-6 costituisce lantecedente della narrazione di Boccaccio poi divenuta ce
lebre, cfr. L. Azzetta, Vicende damanti e chiose di poema: alle radici di Boccaccio interprete di France-
sca, in Studi sul Boccaccio, vol. xxxvii 2009, pp. 155-70. Il racconto si legge in A. Lancia,
Chiose alla Commedia, a cura di L. Azzetta, Roma, Salerno Editrice, 2012, 2 voll., vol. i pp.
181-83.
16.Cfr. V. Rossi, Commento alla Divina Commedia, con la continuazione di S. Frascno, a
cura di M. Corrado, Roma, Salerno Editrice, 2007, 3 voll., vol. i p. 172: Chi parla unanima
di donna; quasi ce ne accorgiamo prima che la sua femminilit si riveli nel nostalgico ricordo
della terra dove nata fui, di Ravenna adagiata sulla marina solitaria, quieta, solenne.
17.Assai controversa linterpretazione di ruina e, infatti, lesegesi secolare ha fornito
diverse spiegazioni, alcune aberranti altre pi congruenti, sebbene non pare che si sia ancora
giunti a un consenso unanime tra gli studiosi. Cfr. la limpida e preziosa trattazione di N. Mi
neo, s.v. ruina, in ED, vol. iv 1973, pp. 1055-57. Ma vd. ora laccurato approfondimento di Ma
lato, Dottrina e poesia nel canto di Francesca, in Lectura Dantis Romana, cit., pp. 203-4 n. 34.
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lettura del canto v dellinferno
suoi compagni di pena, gridi, si lamenti (nella fila da dove venuta si vola
traendo guai, v. 48) e bestemmi la virt divina. Ora, per, inizia il suo di-
scorso in forma di prece, con una captatio benevolentiae in cui vorrebbe augu-
rare a Dante la pace, che certamente il dono pi prezioso per chi condan-
nato a essere travolto dal vento per leternit. preghiera impossibile e si
veda infatti il periodo ipotetico dellirrealt , perch il re delluniverso non
le pu essere amico, eppure questa inesaudibile richiesta basta a connotare
questanima come pervasa di speciale gentilezza, cio di quella sensibilit e
raffinatezza danimo che fu laspetto pi ricercato, e poeticamente pi cele-
brato, nella civilt cortese del suo tempo.
Nel dipingere la sua citt di origine, adagiata sulla riva adriatica alla foce
del Po, la sua tavolozza verbale insiste sul colore della quiete (cfr. Siede,
pace), accentuato dal pigmento delluniformit ritmica: i vv. 97-99 sono,
infatti, tutti endecasillabi a minore con accenti principali in 4a e 8a posizione,
con minima variazione per lattacco Siede la terra dove nata fui, che pre-
senta anche un ictus sulla prima sillaba, quasi a voler staccare la descrizione
del luogo nato dalle parole precedenti. In questa cartolina anche il Po, che
discende alla marina di Ravenna, e i suoi seguaci, i fiumi che vanno con
lui, pare a Francesca che anelino al momento daver pace, di scomparire, di
dimenticarsi nel mare.18
Questa donna e il suo compagno sono stati travolti in vita da una passione
intensa, irresistibile, fatale: lui lha amata, lei lha amato, a causa di quella-
more sono stati assassinati. Dice, infatti, in modo accorato e con parole vi-
branti: lamore, che saccende rapidamente nei cuori sensibili, fece inna-
morare costui che qui con me del mio bel corpo, che mi fu tolto, e linten-
sit di quella passione ancora mi avvince. Lamore, che fatalmente avviluppa
amante e amato, mi fece innamorare cos intensamente della bellezza di co
stui, che come vedi ancora non mi lascia. Lamore ci trascin a una me-
desima, tragica, morte. Questa colpa graver in eterno lanima di chi ci uc-
cise.
Per descrivere questo amore, che senza dubbio una passione prorom-
pentemente carnale (si insiste infatti sulla bellezza corporea), lo spirito fem-
minile, ancora anonimo, alza il tono, riscaldando le sue parole con ricerca
ti e raffinati artifici retorici. Le prime due terzine risultano perfettamente
simmetriche, e sintassi, lessico, echi fonico-ritmici contribuiscono a poten-
ziare questo stretto parallelismo.19 Per tale motivo mi pare che si possa col-
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legare il discusso emistichio e l modo ancor moffende (v. 102)20 non al-
la relativa immediatamente precedente, ma alla proposizione principale
Amor [] / prese costui de la bella persona (vv. 100-1). Il modo sareb-
be, dunque, lirresistibile intensit di quella passione, che ha avvinto la don-
na in vita e che la avvince ancora, tanto che i due spiriti riescono a volare
leggeri nel vento e a mantenere traiettorie ravvicinate per quello amor che
i mena (v. 78).
Concordo dunque con la lettura di Antonino Pagliaro,21 la quale anche
per la autorevolezza del proponente entrata in molti fortunati commen-
ti della seconda met del secolo scorso, come per es. quelli di Sapegno, Gia
calone, Bosco-Reggio, Pasquini-Quaglio, e ha resistito quasi indenne alle
critiche di chi aveva decretato, forse un po troppo apoditticamente, la fine
di una (troppo) fine interpretazione: si deve, infatti, constatare che essa so
pravvive ancora in recenti letture del canto v.22 Per correttezza occorre, tut
tavia, registrare che la fine lettura di Pagliaro, insieme ai suoi appoggi nel
lantica esegesi (in modo particolare il commento tardotrecentesco di Fran
cesco da Buti), tolta di peso senza per alcun rinvio bibliografico dalla
Epistola di Luigi Muzzi contenente la nuova esposizione di un luogo del Petrarca e di
alcuni di Dante, pubblicata a Bologna, presso Annesio Nobili e Comp., nel
1825. Chi fosse in cerca della cosiddetta prova regina che denunci inequi-
vocabilmente levidente aderenza pu leggere la meno fortunata interpre-
tazione fornita da Pagliaro come nuova a proposito della terzina con cui
inizia la similitudine delle colombe (vv. 82-84): anchessa gi presente, seb
bene con leggera variazione, tra le proposte esegetiche del letterato prate
se Luigi Muzzi.23
Dato a Muzzi ci che di Muzzi, un elemento nuovo a sostegno della sua
Vigne, Ulisse, Ugolino, Roma, Bulzoni, 2006, pp. 23-41, alle pp. 30-31, che nota e analizza la per-
fetta corrispondenza tra le prime due terzine.
20.Una sintesi ragionata delle principali interpretazioni offerta da A. Lanci, s.v. offendere,
in ED, vol. iv 1973, pp. 124-26.
21.Pagliaro, Il canto di Francesca, cit., pp. 136-48.
22.Cfr. G. Padoan, Fine di una (troppo) fine interpretazione. A proposito di Inf., v 102, in Dal
Medioevo al Petrarca. Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca, Firenze, Olschki, 1983, 5 voll.,
vol. i pp. 273-83. Per alcune letture che ripropongono linterpretazione di Pagliaro, cfr., per es.,
Rati, Lamore di Francesca, cit.; e S. Valerio, Trittico per Francesca. i. Perch il modo ancor moffende:
riflessioni sul peccato di Paolo e Francesca, in LA, n.s., a. xxviii 2006, n. 47 pp. 5-13.
23.Cfr. Pagliaro, Il canto di Francesca, cit., pp. 133-34. Si era gi accorto di questo non nobile
plagio compiuto da Pagliaro ai danni dellEpistola di Muzzi, Rati, Lamore di Francesca, cit., pp.
26-28 e 31-32. Per notizie sul letterato pratese cfr. L. Matt, s.v. Muzzi, Luigi, in Dizionario Bio-
grafico degli Italiani, Roma, Ist. della Enciclopedia Italiana, vol. lxxvii 2012, pp. 633-35.
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lettura del canto v dellinferno
lettura del v. 102 potrebbe venire dal significato nr. 7 che il Grande dizionario
della lingua italiana registra sotto la voce verbale offendere: Vincere, avvince-
re, ridurre in propria bala, soggiogare (lamore, la passione, un sentimento,
anche come personificazioni). Anche assol..24 Le due occorrenze ante-
riori a Dante, per, non convincono appieno, come mi conferma pure la-
mico Pr Larson, che ringrazio. Nella canzone Contra lo meo volere di Paga-
nino da Serzana, al v. 16 Amor, chi no glofende poi li piace, il verbo offen-
dere non ha il significato registrato e, infatti, il curatore della pi recente
edizione, Aniello Fratta, parafrasa perch gli piace se qualcuno non lo in-
giuria.25 Nel sonetto Amore fue invisibole criato di Ugo di Massa conte di San-
tafiore, il tormentato v. 11, che quando offende offender si potisse, vie-
ne spiegato da Bruno Panvini quando egli offende potesse essere offeso a
sua volta.26 Pi vicino al significato di avvincere, registrato dal Grande dizio-
nario della lingua italiana, potrebbe per essere il verbo affendere (variante an-
tica di offendere) che compare nella forma affisi al v. 3 della ballata anonima
Molto chio non cantai studiata da Larson, testo che Dante potrebbe aver co
nosciuto, dato che il registro nel quale si trova copiato interamente verga-
to da ser Tuccio, notaio del podest di San Gimignano lo stesso che do-
cumenta lambasceria del medesimo Dante alla cittadina turrita svolta il 7
maggio 1300.27 Cos la ripresa (vv. 1-4):
Molto chio non cantai,
che-l mal damor mi prisi:
de sa parte maffisi
chio non podia cantare.
Il poeta confessa che da molto tempo che non canta perch soffre del mal
damore: avvinto da lui tanto che non riesce a cantare.28 Il verbo affendere
poi ripreso allinizio della seconda stanza. Leggiamo, infatti, i vv. 15-17:
24.Cfr. S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, Utet, vol. xi 1981, pp.
821-23, a p. 821.
25.Cfr. Paganino da Serzana, [Rime], a cura di A. Fratta, in I poeti della Scuola siciliana, vol.
ii. Poeti della corte di Federico II, Ediz. critica con commento diretta da C. Di Girolamo, Milano,
Mondadori, 2008, pp. 247-62.
26.Cfr. B. Panvini, Le Rime della Scuola siciliana, vol. i. Introduzione, testo critico, note, Firenze,
Olschki, 1962, p. 370.
27.Cfr. Larson, Ancora sulla ballata, cit., p. 51.
28.Ivi, p. 55, parafrasa il verbo affisi come danneggi, ma in una recente conversazione
(giugno 2015) per posta elettronica Larson mi confida che non escluderebbe il significato di
avvincere, soprattutto in rapporto al passaggio successivo (v. 17).
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Insomma: non avrei per nulla mancato di servire in amore da quando io fui
cos avvinto.
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lettura del canto v dellinferno
33.Cos intende per es. D. Vittorini, Francesca da Rimini and the Dolce Stil Nuovo, in Ro-
manic Review, vol. xxi 1930, pp. 116-27, ma vd. gi le giuste critiche di Barbi, Francesca da Ri-
mini, cit., pp. 134-36.
34.La Commedia di Dante Alighieri esposta con metodo dantesco da E. Mestica, Ascoli Piceno,
Cesari, 1909, p. 75.
35.Malato, Dottrina e poesia nel canto di Francesca, cit., p. 66. La serie aumenta se si annove-
rano poi le occorrenze del verbo amare, variamente coniugato.
36.L. Caretti, Eros e castigo (Inferno v), in Id., Antichi e moderni. Studi di letteratura italiana,
Torino, Einaudi, 1976, pp. 7-30, a p. 25.
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37.Per le due citazioni Malato, Dottrina e poesia nel canto di Francesca, cit., pp. 95-96. I fitti
contatti tra lepisodio di Paolo e Francesca e quello di Ugolino e Ruggieri sono messi in luce
in Id., La morte della piet, cit., pp. 117-34.
38.Cfr. M. Marcazzan, Il canto v dellInferno, Firenze, Le Monnier, 1968, p. 55, e Baldelli,
Dante e Francesca, cit., pp. 39-40.
39.L. Battaglia Ricci, I dubbiosi disiri di Francesca, in Nuova Rivista di Letteratura Ita-
liana, a. xiii 2010, pp. 151-64, a p. 156: Che sia il pellegrino a esplicitare il nome di lei, sulla
sola scorta del criptico profilo offerto dalla donna, implicitamente prova che quella terribile
storia di amore e morte lui la conosceva bene.
40.Mi permetto di rimandare a D. Pirovano, Contra questo avversario de la ragione. Dante,
Vita nuova, xxxix, e Guido Cavalcanti, Rime, xv, i.c.s.
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tro che limpido e il cammino per nulla rettilineo. Non possono non stupire,
allora, i fitti contatti tra Inf., v, e Purg., xxx-xxxi, quando lappena ritrovata
Beatrice rimprovera lagens per i suoi traviamenti.42 E non si pu dimenti
care che, se Francesca esce dalla schiera ov Dido (v. 85), allapparizione
di Beatrice velata Dante come un fantolin si rivolge a Virgilio, dicendo
(Purg., xxx 46-48):
[] men che dramma
di sangue m rimaso che non tremi:
conosco i segni de lantica fiamma;
42.Il contatto tra Inf., v, e Purg., xxxi, da tempo al centro dellattenzione della critica.
Nella gi cospicua bibliografia cfr. almeno A. Di Benedetto, La confessione di Dante (Purgato-
rio, xxxi), in Id., Dante e Manzoni. Studi e letture, Salerno, Laveglia, 1999, pp. 45-66, a p. 56; M.L.
Palermi, A questo punto voglio che tu pense. Note di lettura intorno ad una serie rimica della Commedia,
in Critica del Testo, a. v 2002, pp. 569-93; Orlando, Da Francesca a Beatrice, cit., pp. 48, 50 e
55; V. Atturo, Il Paradiso dei sensi. Per una metaforologia sinestetica in Dante, in Critica del Testo,
a. xiv 2011, pp. 425-64, alle pp. 459-60; C. Calenda, Canto xxxi. Lultimo bilancio, in Lectura
Dantis Romana. Cento canti per cento anni, a cura di E. Malato e A. Mazzucchi, vol. ii. Purgatorio,
Roma, Salerno Editrice, 2014, 2 tomi, to. ii pp. 925-49, a p. 932.
43.Baldelli, Dante e Francesca, cit., p. 21.
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lettura del canto v dellinferno
cesca compaiono felice : radice : dice, ora troviamo dice : Beatrice : feli-
ce, in cui risalta il v. 71, contin come colui che dice, marcato calco di
dir come colui che piange e dice di Inf., v 126.
Unaltra, spiccata, ripresa di parole rima dellepisodio di Francesca si trova
allinizio di Purg., xxxi 7-12, quando Beatrice accusa Dante:
Era la mia virt tanto confusa,
che la voce si mosse, e pria si spense
che da li organi suoi fosse dischiusa.
Poco sofferse; poi disse: Che pense?
Rispondi a me; ch le memorie triste
in te non sono ancor da lacqua offense.
In questi versi, oltre alla ripresa delle tre parole rima spense : pense : offen-
se (serie perfettamente riprodotta in un solo altro luogo, Par., iv 104-8), non
pu non colpire la medesima domanda in clausola Che pense?, nellinfer-
no pronunciata dalla prima guida Virgilio e nel Paradiso terrestre espressa
dalla seconda guida Beatrice.44
Poco oltre, in Purg., xxxi 20-24, compare unaltra coppia di parole rima
collegabile allepisodio infernale, la gi evidenziata serie stilnovistica in
-iri:
[] fuori sgorgando lagrime e sospiri,
e la voce allent per lo suo varco.
Ond ella a me: Per entro i mie disiri,
che ti menavano ad amar lo bene
di l dal qual non a che saspiri.
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donato pirovano
Nel pianto, Dante, sotto scacco, costretto a confessare che, dopo la di-
partita della sua amata ora nellatto di rigorosa accusatrice fu attratto dal
falso piacer delle presenti cose (Purg., xxxi 34-36):
Piangendo dissi: Le presenti cose
col falso lor piacer volser miei passi,
tosto che l vostro viso si nascose.
la forma del nome fa inclinare il capo a Dante, come era gi avvenuto alle
prime parole di Francesca. Rimandano a Inf., v, non solo la serie rimica -ice,
ma anche la serie rimica -iso, con il contatto reso pi aderente dalle parole
rima felice e riso.
46.Il verso finale (Inf., v 142: E caddi come corpo morto cade) ha sempre attratto latten-
zione degli esegeti per il suo marcato valore fonico e retorico.
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lettura del canto v dellinferno
47.Essa non sfuggita alla critica. Cfr. soprattutto E. Malato, La visione del vero in che si
queta ogne intelletto. Lettura del canto xxviii del Paradiso, in Id., Studi su Dante, cit., pp. 299-349,
alle pp. 317-18.
48.Cfr. D. Pirovano, Dante e il vero amore. Tre letture dantesche, Pisa-Roma, Serra, 2009, p. 75.
Nel medesimo libro si vedano anche le pp. 38 e 46-47, per gli stretti contatti tra Inf., v, e Par., viii,
di cui gi si accorse lautore della cosiddetta terza redazione del commento di Pietro Alighieri
nel commento a Par., viii 3-6 (cfr. P. Alighieri, Comentum super poema Comedie Dantis. A Cri-
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donato pirovano
tical Edition of the Third and Final Draft of Pietros Alighieris Commentary on Dantes The Divine
Comedy, ed. by M. Chiamenti, Tempe, Arizona Center for Medieval and Renaissance Stu-
dies, 2002, p. 569).
49.Cfr. E. Malato, Amor cortese e amor cristiano da Andrea Cappellano a Dante, in Id., Studi su
Dante, cit., pp. 571-657, alle pp. 649-50.
50.Cfr. E. Malato, S come cieco va dietro a sua guida / per non smarrirsi []. Lettura del canto
xvi del Purgatorio, in Id., Studi su Dante, cit., pp. 216-57, alle pp. 216-27.
51.Cfr. L. Azzetta, Fervore aguto, buon volere e giusto amor. Lettura di Purgatorio xviii, in
RSD, a. vi 2006, pp. 241-79, a p. 251. Sul determinismo psicologico cfr. soprattutto P. Porro,
Canto xviii. Amore e libero arbitrio in Dante, in Lectura Dantis Romana, cit., vol. ii. Purgatorio, to. ii
pp. 523-60.
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lettura del canto v dellinferno
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donato pirovano
Chi parla qui san Tommaso, che Dante incontra nel cielo del Sole. Egli
riconosce nel pellegrino celeste il raggio della grazia, da cui si accende il
vero amore, un amore che cresce sempre pi quanto pi si ama, e che con-
duce di cielo in cielo fino allEmpireo. Ma per Dante questa grazia e questo
amore non sono possibili senza Beatrice, anzi sono in Beatrice. Si possono
riconoscere, come detto, la rima -ende, presente pure nel discorso di France-
sca, e la parola rima discende, ma in un contesto assolutamente diverso, se non
antitetico.
Per amore, dunque, ci si perde e per amore ci si salva: il crinale stretto.
Il fedele consiglio della ragione pu orientarlo, ma luomo fragile. Lo di-
mostra un sonetto scritto da Dante a Cino, collocabile tra il 1303 e il 1306,
ma piuttosto prossimo alla seconda data che alla prima, in uno spazio cro-
nologico non troppo lontano dalla composizione del canto v dellInferno.52
Vale la pena di leggerlo integralmente (Rime, cxi):
Io sono stato con Amore insieme
da la circulazion del sol mia nona,
e so comegli affrena e come sprona,
e come sotto lui si ride e geme.
Chi ragione o virt contra gli sprieme 5
fa come que che n la tempesta sona,
credendo far col dove si tona
esser le guerre de vapori sceme.
Per nel cerchio de la sua palestra
libero arbitrio gi mai non fu franco, 10
s che consiglio invan vi si balestra.
Ben pu con nuovi spron punger lo fianco,
e qual che sia l piacer chora naddestra,
seguitar si convien, se laltro stanco.53
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lettura del canto v dellinferno
t di nove anni che chi tenta di opporre alla forza irresistibile di Amore la
virt o la ragione si comporta come colui che durante la tempesta suo-
na le campane, credendo di attenuare gli scontri di vapori nella regione del
latmosfera dove si generano i tuoni. Insomma agisce invano. Perci nellm
bito entro cui Amore pu esercitarsi dunque quando si innamorati il
libero arbitrio non mai stato autonomo, cosicch la forza della ragione vie-
ne saettata invano, ossia unarma inefficace.
E si pu ricordare anche un ampio passo della Ep. iv (parr. 2-5), lettera
scritta oltre il piano temporale dellagens, e anchessa cronologicamente vici-
na alla composizione del canto v: 54
Igitur michi a limine suspirate postea curie separato, in qua, velut sepe sub admira-
tione vidistis, fas fuit sequi libertatis officia, cum primum pedes iuxta Sarni fluenta
securus et incautus defigerem, subito heu! mulier, ceu fulgur descendens, apparuit,
nescio quomodo, meis auspitiis undique moribus et forma conformis. O quam in
eius apparitione obstupui! Sed stupor subsequentis tonitrui terrore cessavit. Nam
sicut diurnis coruscationibus illico succedunt tonitrua, sic inspecta fiamma pulcritu-
dinis huius Amor terribilis et imperiosus me tenuit, atque hic ferox, tanquam domi-
nus pulsus a patria post longum exilium sola in sua repatrians, quicquid eius contra-
rium fuerat intra me, vel occidit vel expulit vel ligavit. Occidit ergo propositum illud
laudabile quo a mulieribus suisque cantibus abstinebam; ac meditationes assiduas,
quibus tam celestia quam terrestria intuebar, quasi suspectas, impie relegavit; et
denique, ne contra se amplius anima rebellaret, liberum meum ligavit arbitrium, ut
non quo ego, sed quo ille vult, me verti oporteat. Regnat itaque Amor in me, nulla
refragante virtute [].
(A me, dunque, staccatomi dalle soglie della corte, poi sospirata, nella quale, come
spesso vedeste con compiacimento fu lecito adempiere uffici liberali, appena ebbi
posto sicuro ed incauto i piedi presso la corrente del Sarno, dimprovviso, ahim,
una donna, come folgore dallalto, apparve, non so come, ai miei voti in tutto per
costumi e bellezza conforme. O quanto fu il mio stupore a quella apparizione! Ma
lo stupore cess per il terrore del tuono che segu. Poich come ai diurni baleni
succedono i tuoni, cos scorta la fiamma di questa bellezza Amore tremendo ed
imperioso mi ebbe suo, e questo feroce come un signore che cacciato dalla patria
dopo lungo esilio ritorni nelle sue terre, qualsiasi cosa era stata dentro di me a lui
contraria o uccise o sband o imprigion. Uccise dunque quel proposito lodevole
per cui mi tenevo lontano dalle donne e dai loro canti, e cacci empiamente come
sospette le assidue meditazioni con le quali andavo considerando le cose del cielo e
della terra, ed infine, perch lanima mia non potesse pi ribellarsi contro di lui,
54.Il collegamento gi suggerito da Baldelli, Dante e Francesca, cit., pp. 84-85, e da Rati,
Lamore di Francesca, cit., pp. 38-39.
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donato pirovano
mise in catene il mio libero arbitrio, sicch bisogna chio mi volga dove non io ma
egli vuole. Cos regna Amore in me, non resistendogli alcuna virt []).
Questo amore, terribile e imperioso, che avvince Dante alle falde del Ca-
sentino (siamo circa intorno al 1306) quello che ha dannato Francesca e il
suo compagno di pena. Si pu comprendere, allora, perch Dante le con
ceda ancora la parola, a illustrare quellistante che fa scattare lamore, tema
poetico che ha affascinato lui e altri suoi sodali, come almeno il maggior
Guido e lamico Cino.55 Come ha spiegato Umberto Bosco, il punto focale
dellepisodio consiste nella domanda: che cosa pu far s che unattrazione
innocente si tramuti in peccato? 56 La donna non si sottrae al cmpito, seb-
bene come a suo giudizio pu sperimentare anche Virgilio non c
maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria. In poche den-
se parole, Francesca cita Boezio,57 sa riconoscere il dottore che sta accom-
pagnando Dante svelando dunque che non doveva essere digiuna almeno
dellEneide come dimostra anche unesplicita citazione del poema latino,58
confessa che il punto che [] vinse lei e il suo amante un passo del Lan-
celot in prosa,59 testo ben fisso nella memoria di Dante se anche Beatrice ap-
parir pi tardi nei panni della dama di Malehaut, attrice non protagonista
del medesimo episodio (Par., xvi 13-15: onde Beatrice, chera un poco sce-
vra, / ridendo, parve quella che tossio / al primo fallo scritto di Ginevra).60
55.Cfr. D. Pirovano, Il dolce stil novo, Roma, Salerno Editrice, 2014, p. 196: I poeti dello
Stilnovo sono affascinati dallattimo dellinnamoramento, quel momento improvviso, trau-
matico e sconvolgente che modifica lo stato psicofisico dellindividuo.
56.Cfr. Dante Alighieri, La Divina Commedia, a cura di U. Bosco e G. Reggio, Firenze,
Le Monnier, 1979, 3 voll., vol. i p. 67.
57.Boezio, Cons. Phil., ii 4 2: in omni adversitate fortunae infelicissimum est genus infor-
tunii fuisse felicem (in ogni avversit il genere pi infelice di sfortuna consiste nellessere
stati felici).
58.I vv. 124-26 (Ma sa conoscer la prima radice / del nostro amor tu hai cotanto affetto, /
dir come colui che piange e dice) derivano da Aen., ii 10-13: Sed si tantus amor casus co-
gnoscere nostros / et breviter Troiae supremum audire laborem, / quamquam animus memi-
nisse horret luctuque refugit, / incipiam (Ma se proprio desideri conoscere le nostre disgra-
zie ed ascoltare brevemente lestrema sciagura di Troia, quantunque il mio animo inorridisca
al ricordo e rilutti di fronte a cos grave dolore, parler).
59.Per il libro che stanno leggendo i due amanti infernali importante il contributo di D.
Delcorno Branca, Tristano e Lancillotto in Italia. Studi di letteratura arturiana. Note sul Lancelot,
Ravenna, Longo, 1998 (con bibliografia pregressa). Per la studiosa, Dante utilizza il Lancelot
secondo il testo diffuso in Italia (p. 146) vicino al ms. Laurenziano 89 inf. 61. Cfr. ora anche E.
Lombardi, Francesca lettrice di romanzi e il punto di Inferno v, in LA, n.s., a. xliii 2014, n. 55 pp. 19-39.
60.M. Santagata, Cognati e amanti. Francesca e Paolo nel v dellInferno, in Romanistisches
Jahrbuch, a. xlviii 1997, pp. 120-56, a p. 133: se Dante pu usare lo stesso episodio per rica-
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lettura del canto v dellinferno
Come Tristano e Isotta bevono il filtro fatale, Francesca e il suo amante be-
vono quella lettura e non si arrestano pi, trascinati per sempre dal vento
della passione: quel giorno pi non vi leggemmo avante (v. 138). Lamore
irresistibile di Francesca, che luccica nellaria scura del secondo cerchio,
quindi, non e non potr mai essere laudabil cosa; si veda, infatti, Purg.,
xviii 34-39:
Or ti puote apparer quant nascosa
la veritate a la gente chavvera
varne un paragone applicabile niente meno che a Beatrice, e per di pi in Paradiso, evidente-
mente il libro non gli appariva immorale.
61.G. Guinizzelli, Al cor gentil, v. 11: Foco damore in gentil cor saprende, gi assorbito
da Dante in V.n., xx 3, vv. 1-2: Amore e l cor gentil sono una cosa, / s come il saggio in su
dittare pone. Senza dimenticare, se non altro per il verbo prendere nel significato di innamo-
rare, i destinatari del primo sonetto di V.n., iii 10, v. 1: A ciascunalma presa e gentil core.
62.Per il v. 103, Amor, cha nullo amato amar perdona, pi che indicare una citazione
imprecisa o addirittura una deformazione di passi del De Amore del Cappellano, conviene
forse rimandare la citazione di Francesca ad Agostino, De catechizandis rudibus, iv 7, come gi
segnalato nelle cosiddette seconda e terza redazione di Pietro Alighieri. Cfr. anche Dante
Alighieri, Inferno, ed. Inglese, cit., p. 90: Non , come si suole ripetere, una massima della-
more cortese, ma dellamore spirituale (Purg., xxii 10-11: Amore, / acceso di virt, sempre
altro accese), di quellamore che riflette in s lamicizia [] fra Creatore e creatura.
63.Santagata, Cognati e amanti, cit., p. 125; e cfr. anche Malato, Dottrina e poesia nel canto di
Francesca, cit., p. 94: Sono soli e sanza alcun sospetto, inconsapevoli della passione che li
possiede e sta per travolgerli. Contro questa lettura tradizionale cfr., invece, Battaglia Ric
ci, I dubbiosi disiri di Francesca, cit., p. 164, e S. Carrai, Lelegia di Francesca, in Id., Dante e lantico.
Lemulazione dei classici nella Commedia, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2012, pp. 3-24, a p. 3:
soli e al riparo da sguardi indiscreti.
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donato pirovano
64.Cfr. Malato, Dottrina e poesia nel canto di Francesca, cit., pp. 52-54, e L. Renzi, Le conseguen-
ze di un bacio. Lepisodio di Francesca nella Commedia di Dante, Bologna, Il Mulino, 2007, passim.
65.Cfr. Baldelli, Dante e Francesca, cit., pp. 72-87, e Pirovano, Dante e il vero amore, cit., pp.
11-31.
66.Orlando, Da Francesca a Beatrice, cit., p. 55: Lepisodio di Paolo e Francesca risulta a
mio avviso capitale per la comprensione dellintera opera. Sulle riprese nei canti centrali del
poema in cui Dante disegna la teoria cristiana dellamore cfr. soprattutto Malato, Amor corte-
se e amor cristiano, cit., pp. 646-57.
67.Per cattiva lettrice cfr. C. Garboli, Dante e Guido, in Id., Pianura proibita, Milano,
Adelphi, 2002, pp. 52-63, a p. 153; per affabulatrice creativa cfr. Santagata, Cognati e amanti,
cit., p. 126; per intellettuale di provincia cfr. G. Contini, Dante come personaggio-poeta della
Commedia, in Id., Unidea di Dante. Saggi danteschi, Torino, Einaudi, 1976, pp. 33-62, a p. 42 ( una
Lettura del 1957, poi riprodotta nellApprodo letterario, gennaio-marzo 1958, e lo stesso an-
no, senza note, nel volume Secoli vari della Libera Cattedra della Civilt fiorentina, Firenze,
Sansoni).
68.La frase pronunciata dallavvocato Agostino Zeviani nel Dialogo secondo di A. Cesari,
Bellezze della Commedia di Dante Alighieri, a cura di A. Marzo, Roma, Salerno Editrice, 2003, 3
voll., vol. i pp. 108-48, a p. 147 (a testo: Francesca, non era una bagascia).
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lettura del canto v dellinferno
Donato Pirovano
Se poco prima Dante si era sentito accolto sesto tra cotanto senno (Inf., iv 102), pare
che nel canto v dellInferno egli abbia la prima vera occasione di corrispondere a quello-
norevole privilegio. Dunque, davanti a Virgilio, giudice unico di questo certame lettera-
rio, il nuovo poeta entra nellagone, consapevole di legittimare quellepiteto se la sua
poesia sapr trasformare una sconosciuta relazione tra un uomo e una donna in un nuo-
vo mito damore e di morte. Lamore di Francesca e del suo compagno un amore irre-
sistibile, esclusivo, duraturo, cos intenso che non si arresta nemmeno con la morte, ca-
ratteri che furono prerogative pure dellamore di Dante per Beatrice. Non possono non
stupire, allora, i fitti contatti tra Inf., v, e Purg., xxx-xxxi, quando lappena ritrovata Bea-
trice rimprovera lagens per i suoi traviamenti. Per amore ci si perde e per amore ci si
salva: il crinale stretto. Il fedele consiglio della ragione pu orientarlo, ma luomo
fragile. Se la Commedia il poema dellamore, Francesca lunica donna ad aver voce
nellinferno a parte (e non certo casualmente) Beatrice ha un cmpito decisivo, cosic-
ch lepisodio degli amanti menati dal vento come colombe si irradia in punti nevralgici
dellintera opera.
If Dante short time before felt welcomed as sixth among such intellects (Inf., iv 102), in Inferno
v he seems having its first opportunity to meet this honourable privilege. Thus, the new poet enters the
lists before Virgil, who is the only judge of this literary competition. He does it in the knowledge that
he will deserve that qualification, once his poetry will be able to transform an anonym love affair
between a man and a woman in a brand new myth of love and death. Paolo and Francescas love is
irresistible, exclusive, long-lasting, so intense that not even death can stop it. Such were also the char-
acters of Dantes love for Beatrice. There is no surprise, then, why Inf., v has so many contacts with
Purg., xxx-xxxi, when Beatrice blamed the agens for his straying. Love corrupts as well as it saves.
The edge is tiny. The faithful advice of reason can steer it, but man is weak. If the Commedia is the
poem about love, Francesca the only woman speaking in the hell, except (it is no coincidence) Bea-
trice has a crucial task. That is why the episode of the lovers pulled by the wind as doves spreads in
decisive passages of the whole work.
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