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rivista di

studi danteschi
periodico semestrale
Direzione: Gian Carlo Alessio, Marco Ariani,
Corrado Calenda, Enrico Malato, Andrea Mazzucchi,
Maria Luisa Meneghetti, Manlio Pastore Stocchi,
Irne Rosier Catach, Andrea Tabarroni
Redazione: Luca Azzetta, Vittorio Celotto,
Massimiliano Corrado, Gennaro Ferrante,
Marco Grimaldi, Ciro Perna
Direttore responsabile: Enrico Malato

Anno XV 2015

salerno editrice
roma
rivista di studi danteschi
sotto gli auspici della
edizione nazionale dei commenti danteschi

Direttori
Gian Carlo Alessio, Marco Ariani, Corrado Calenda,
Enrico Malato, Andrea Mazzucchi, Maria Luisa Meneghetti,
Manlio Pastore Stocchi, Irne Rosier Catach, Andrea Tabarroni

Direttore responsabile
Enrico Malato

Redattori
Luca Azzetta, Vittorio Celotto, Massimiliano Corrado,
Gennaro Ferrante, Marco Grimaldi, Ciro Perna

I saggi pubblicati nella Rivista sono vagliati e approvati


da specialisti del settore esterni alla Direzione (Peer reviewed )

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 375/2001 del 16.8.2001

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ALLIN F ERNO P ER AMORE.
LETTURA DEL CANTO V DELLI N F E RNO*

Ad Attilio, Chiara, Cristina, Luisa, Silvia, Teresa

Il luogo dogne luce muto (v. 28). La marcata sinestesia raffigura acu-
sticamente loscurit e, anche per effetto del suono cupo della u (presente
pure nel verbo immediatamente successivo: mugghia), rende pi sinistre
le impressioni.1 Nel buio non per tale da impedire per divina disposizio-
ne percezioni visive 2 si staglia orribilmente (v. 4) la figura demoniaca di
Minosse, giudice mostruoso che ringhia e che si avvinghia con una coda smi
surata; eppure nella sua bestialit riconosciuto conoscitor de le peccata
(v. 9) e preposto, per evidente volere di Dio, ad atto di cotanto offizio (v.
18), senza possibilit di errore come conferma il successivo Mins, a cui fal
lar non lece (Inf., xxix 120).
Nonostante la sovrabbondanza di lavoro per cui sempre dinanzi a lui ne
stanno molte [anime] (v. 13), Minosse interrompe di sua iniziativa lalto
cmpito di cui investito e non esita subdolamente a insinuare dubbio e
titubanza nel Dante viator, che nei primi passi del lungo e arduo cammino
non ha ancora consolidato il rapporto di fiducia con la sua guida, in un viag-

*Ringrazio per aver letto preventivamente il manoscritto Maria Teresa Arfini, Attilio Cic-
chella, Massimiliano Corrado, Gabriele Costa, Maria Luisa Doglio, Filippo Falbo, Giovanna
Frosini, Pr Larson, Giuseppe Noto, Maria Gabriella Riccobono, Alberto Rizzuti, Silvia Ro-
mani.
1.Cfr. A. Pagliaro, Il canto di Francesca, in Id., Ulisse. Ricerche semantiche sulla Divina Comme-
dia, Messina-Firenze, DAnna, 1967, 2 voll., vol. i pp. 115-59, a p. 121: anche loscurit viene
acusticamente interpretata; ed E. Bonora, Inferno canto v, in GSLI, vol. clix 1982, pp. 321-52,
a p. 330: la prima impressione riportata nel cerchio dei lussuriosi acustica, e [] il buio
rende pi sinistra quellimpressione. Ma lenergia [] dellarte si fa conoscere sopra tutto
nella terzina 28-30: per la coraggiosa sinestesia dogne luce muto, per leffetto del suono
cupo della vocale u, fortemente evidenziato dalla collocazione in rima di muto e combat-
tuto e dal suo prolungarsi allinterno dei versi in luce e mugghia. La sinestesia di Inf., v
28, una delle pi note dellintera letteratura italiana, stata spesso accostata dai commentatori
a quella di Inf., i 60: mi ripigneva l dove l sol tace.
2.Lo ammette S. Tommaso, Summa Theologiae, iii Suppl., q. 97 a. 4: Et ideo in inferno hoc
modo debet esse locus dispositus ad videndum secundum lucem et tenebras, quod nihil per-
spicue videatur, sed solummodo sub quadam umbrositate videantur ea quae afflictionem
cordi ingerere possunt. Unde, simpliciter loquendo, locus est tenebrosus: sed tamen ex divina
dispositione est ibi aliquid luminis, quantum sufficit ad videndum illa quae animam torquere
possunt.

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gio che, invece, si deve compiere come ha decretato Dio in completo


affidamento. E Virgilio, chiamato in causa, obbligato a intervenire, peren-
toriamente, con quella formula apotropaica (Non impedir lo suo fatale
andare: / vuolsi cos col dove si puote / ci che si vuole, e pi non diman-
dare, vv. 22-24) gi pronunciata davanti a Caronte e valida, un po variata,
anche pi oltre contro il demonio Pluto (cfr. rispettiv. Inf., iii 95-96 e vii 10-
12).3
Il poeta dellalta trageda, ora nel ruolo di duca, ritrova un suo perso-
naggio sempre nella veste di giudice istruttore, ma radicalmente mutato nel
laspetto e nella collocazione.4 Allingresso del secondo cerchio infernale,
Minosse sembra, per, quasi preludere ai pi prossimi peccatori e suoi coa-
bitanti, lui noto lussurioso, tradto da una moglie che, travolta da una sfre
nata passione, si prest a uno dei pi bestiali atti di lussuria del mito antico,
episodio ben presente a Dante, il quale, infatti, collocher il Minotauro
esito di quel mostruoso accoppiamento uomo-bestia disteso nel settimo
cerchio dellinferno su la punta de la rotta lacca (Inf., xii 11), e far medita-
re ai lussuriosi della settima cornice purgatoriale proprio la storia di Pasifae
(cfr. Purg., xxvi 41-42 e 86-87).
Nellaere perso, aria scura (v. 89), il ringhio di Minosse si mescola al
rumore cupo e prolungato della bufera infernal, che mai non resta (v. 31):
essa, simile al mare durante una tempesta, sembra mugghiare, qui significato
traslato di un verbo presente in senso proprio nel poema solo due volte
Come l bue cicilian che mugghi prima / col pianto di colui, e ci fu dritto,
/ che lavea temperato con sua lima, / mugghiava con la voce de lafflitto, / s
che, con tutto che fosse di rame, / pur el pareva dal dolor trafitto (Inf., xxvii
7-12, corsivi miei) a esprimere lurlo sovrumano che si produsse in unaltra
bestiale macchina omotauro, atroce strumento di tortura sperimentata per
primo dal suo costruttore, mentre Minosse si limit a rinchiudere nel labi-
rinto lartefice della macchina lignea in cui simbesti Pasifae.
La violenza rapinosa e continua della bufera travolge gli spiriti, facendoli
rivoltare in ogni direzione e urtandoli sia per la forza della massa daria sia
per il probabile reciproco cozzare. In questo perenne trascinamento, senza
alcuna speranza di pause e di attenuazioni del vento, non manca loro il fiato

3.Sui fitti legami tra il canto iii e il canto v dellInferno, cfr. Bonora, Inferno canto v, cit., pp.
323-30. Si veda anche la formula usata da Virgilio contro il Minotauro a Inf., xii 19-21.
4.Aen., vi 431-33: Nec vero hae sine sorte datae, sine iudice, sedes: / quaesitor Minos ur-
nam movet; ille silentum / consiliumque vocat vitasque et crimina discit (Queste dimore
infernali non sono assegnate senza giudizio e giudice: Minosse inquisitore scuote lurna dei
fati, convoca lassemblea dei morti silenziosi, li interroga, ne apprende i delitti e la vita).

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lettura del canto v dellinferno

per gridare, piangere, lamentarsi e bestemmiare Dio. Facile riconoscervi la


legge del contrappasso e intendere che si tratta dei peccator carnali, / che
la ragion sommettono al talento (vv. 38-39), coloro che in vita hanno disu-
manizzato uno dei pi nobili, se non il pi nobile sentimento umano.5
Nellaura nera (v. 51) le schiere degli spiriti sono larghe e piene, tra-
sportate in un frenetico e turbinoso movimento pluridirezionale, efficace-
mente reso dal verso di qua, di l, di gi, di s li mena (v. 43), martellato
come un giambo. Eppure nella detta briga (v. 49) c chi sembra volare pi
ordinatamente in fila, facendo in aere di s lunga riga (v. 47),6 e chi, dentro
essa, pare riuscire a mantenere acrobaticamente una posizione accoppiata,
dinamica di volo eccezionale che attrarr lattenzione dellagens e stimoler
la fantasia di molti lettori, esegeti, pittori e scultori , i quali ritrarranno
quella traiettoria librata di colombe con lali alzate e ferme (v. 83) come
un aereo amplesso.7
Virgilio non esita a soddisfare la curiosit di Dante. Tra le pi di mille
ombre che mostra e nomina a dito spiccano quattro regine nellordine
Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena e tre eroi, Achille, Paride, Trista-
no. Davanti agli occhi attenti dellosservatore si disegna nellaria scura il fer
tile mito di eros e thanatos, oggetto di attrazione di poeti e artisti di ogni tem
po. Li si vede passare, distinti dalla massa di coloro che volano come storni,
mentre il vento non rompe la loro traiettoria lineare, come se fossero an
cora dotati di quella intensa, torbida e speciale energia, che gi in vita con-
trassegn la loro passione tanto da condurli a morte. Alcuni di questi si uc

5.In V.n., ii 9, Dante ricorda che, sebbene limmagine mentale di Beatrice alimentasse
lardore del sentimento, tuttavia era di un potere virtuoso cos elevato che non consent mai
che Amore lo dominasse senza la saggia guida della ragione. Vd. poi Conv., ii 7 3-4: da sa-
pere che le cose deono essere denominate dallultima nobilitade della loro forma: s come
luomo dalla ragione, e non dal senso n daltro che sia meno nobile. Onde, quando si dice
luomo vivere, si dee intendere luomo usare la ragione, che sua speziale vita ed atto della sua
pi nobile parte. E per chi dalla ragione si parte e usa pure la parte sensitiva, non vive uomo
ma vive bestia.
6.A proposito di E come i gru van cantando lor lai, / faccendo in aere di s lunga riga
(vv. 46-47), scrive E.G. Parodi, Francesca da Rimini, in Id., Poesia e storia nella Divina Commedia,
a cura di G. Folena e P.V. Mengaldo, Vicenza, Neri Pozza, 1965, pp. 33-52, a p. 37: due bel-
lissimi versi nel loro ritmo imitativo, malinconico e stanco.
7.M. Barbi, Francesca da Rimini, in SD, vol. xvi 1932, pp. 5-36, poi in Id., Con Dante e coi suoi
interpreti. Saggi per un nuovo commento della Divina Commedia, Firenze, Le Monnier, 1941, pp.
117-51, a p. 136: Largamente diffusa nella tradizione esegetica, e nella pittorica, questidea del
volare i due amanti stretti in dolce amplesso, invece che luno a pari dellaltro come le due
colombe della similitudine, per quanto il vento permette alla loro industre volont di tenersi
uniti.

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donato pirovano

cisero, altri vennero uccisi o fecero uccidere, altri tradirono, altri furono cau
sa di diuturne guerre, eppure il peccato carnale che li ha fissati per leter-
nit, cosicch il compimento della loro figura qui, e non in altri ipotetica-
mente immaginabili luoghi infernali, come per esempio nei pi bassi gironi
dei violenti (contro s o contro altri) o nella bolgia dei seminatori di discor-
die.8 Si tratta dunque di una delle rare deroghe alla legge per cui si puniti
secondo il peccato mortale peggiore, regola cui dona risalto il caso del cen-
tauro Caco (cfr. Inf., xxv 17-33).
Allillustrazione di Virgilio, Dante prova piet e quasi si smarrisce. Do-
vrebbe essere reazione naturale per chi ha da poco iniziato la guerra / s del
cammino e s de la pietate (Inf., ii 4-5), eppure proprio la piet come ha
ben clto Michele Barbi 9 pare aspetto caratterizzante di questo cerchio,
tanto che nel canto la parola compare pi volte a definire lintimo sentire
dellagens: piet mi giunse, e fui quasi smarrito (v. 72), poi chai piet del
nostro mal perverso (v. 93), s che di pietade / io venni men cos com io
morisse (vv. 140-41), tre occorrenze alle quali si deve pure aggiungere a
lagrimar mi fanno tristo e pio (v. 117) con laggettivo in clausola nel senso
di pietoso, emotivamente partecipe; e quella intimamente legata che apre
Inf., vi 2: dinanzi a la piet di due cognati.10
Mentre Dante sente nominare le donne antiche e cavalieri (v. 71),
lintensit della partecipazione emotiva genera un primo, profondo, turba-
mento, e la clausola fui quasi smarrito (v. 72) non solo il prodromo dello
svenimento finale, ma punto semanticamente rilevante in virt del peso
specifico della parola smarrito nelle opere di Dante: basti qui ricordare laltra
significativa occorrenza (anchessa in clausola) di V.n., xxiii 21, v. 32, per che

8.Per figura e compimento cfr. E. Auerbach, Figura, in Id., Studi su Dante, Prefaz. di D.
Della Terza, Milano, Feltrinelli, 1963, pp. 176-226.
9.Barbi, Francesca da Rimini, cit., p. 139: tutti i particolari dellepisodio, se osserviamo bene,
rivelano il proposito di creare in questo canto una grande scena di piet []. Su questo propo-
sito di fare il canto, non dellamore, ma della piet non pu esser dubbio.
10.La discussione sul significato di piet in questo contesto pu giovarsi della modalit
esegetica di spiegare Dante con Dante; cfr., infatti, Conv., ii 10 6: E non pietade quella che
crede la volgare gente, cio dolersi dellaltrui male, anzi questo uno suo speziale effetto, che
si chiama misericordia ed passione; ma pietade non passione, anzi una nobile dispo
sizione danimo, apparecchiata di ricevere amore, misericordia ed altre caritative passioni.
Utile in proposito E. Malato, Dottrina e poesia nel canto di Francesca. Lettura del canto v dellInfer-
no, in Id., Studi su Dante. Lecturae Dantis, chiose e altre note dantesche, Cittadella, Bertoncello
Artigrafiche, 2005 (20062), pp. 50-102, alle pp. 67-69, che fa anche notare come ben 4 occor-
renze di piet sulle 10 totali dellInferno si trovano in questo episodio (la lettura stata poi ri-
proposta, con alcuni aggiornamenti, in Lectura Dantis Romana. Cento canti per cento anni, a cura
di E.M. e A. Mazzucchi, vol. i. Inferno, Roma, Salerno Editrice, 2013, 2 tomi, to. i pp. 162-205).

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lettura del canto v dellinferno

lanima mia fu s smarrita, quando Dante riflette sullineluttabilit della


morte di Beatrice.11
Ripresosi dallo smarrimento, il viator esprime il desiderio di parlare: Poe
ta, volontieri / parlerei a quei due che nsieme vanno, / e paion s al vento
esser leggeri (vv. 73-75).12 Leccezionale traiettoria di volo dei due spiriti,
che, nonostante lintensit della bufera, riescono a mantenersi uniti e a sem-
brare leggeri, attrae la curiosit del pellegrino pi degli illustri personaggi
consacrati dalla storia e dalla poesia. rilevante che, nel formulare la propria
richiesta, Dante chiami Virgilio poeta (e cfr. anche v. 111): se poco prima,
lagens era stato accolto sesto tra cotanto senno (Inf., iv 102), pare che qui
Dante sia nel ruolo di agens sia in quello di auctor abbia la prima vera oc-
casione di corrispondere a quellonorevole privilegio. E non pu lasciarsela
sfuggire, tanto pi che si trova in compagnia del suo maestro e del suo auto-
re, membro eletto della bella scola del segnor de laltissimo canto / che
sovra li altri com aquila vola (rispettiv. Inf., iv 94 e 95-96). Dunque, davan-
ti a Virgilio poeta, promosso a giudice unico di questo inedito certame
letterario, il nuovo poeta entra nellagone, consapevole di legittimare quel
lepiteto se la sua poesia sapr trasformare una sconosciuta relazione tra un
uomo e una donna in un nuovo mito damore e di morte.13 Dante rinuncia
cos a ripercorrere e a ricreare un mito gi formato (quanta materia e di che
qualit cera in quellelenco!), e volutamente sceglie una storia inedita, cos
oscura che ha lasciato poche tracce tra le carte del tempo,14 a tal punto che i

11. un verso della canzone Donna pietosa e di novella etate. Per tutte le citazioni della Vita
nuova vd. Dante Alighieri, Vita nuova, a cura di D. Pirovano, in D.A., Vita nuova. Rime, a
cura di D.P. e M. Grimaldi, Introduzione di E. Malato, to i. Vita nuova; Le Rime della Vita
nuova e altre Rime del tempo della Vita nuova, Roma, Salerno Editrice, 2015, pp. 1-289. Per una-
nalisi della parola smarrito vd. S. Orlando, Da Francesca a Beatrice: una nuova lettura di Inferno
v, in Medioevo Letterario dItalia, a. iii 2006, pp. 37-59, a p. 41.
12.Per il costrutto paion s cfr. il v. 24 (par s al meo cantare) della ballata Molto chio
non cantai e il commento di P. Larson, Ancora sulla ballata Molto chio non cantai, in Medioevo
Letterario dItalia, a. i 2004, pp. 51-72, a p. 58.
13.Per il ruolo del nuovo poeta nella Commedia, cfr. M. Tavoni, Il nome di poeta in Dante,
in Studi offerti a Luigi Blasucci dai colleghi e dagli allievi pisani, a cura di L. Lugnani, M. Santagata,
A. Stussi, Lucca, Pacini Fazzi, 1996, pp. 545-77, e M.G. Riccobono, Sternel la voce del verace
autore, in Ead., Dante poeta-profeta, pellegrino, autore. Strutturazione espressiva della Commedia e
visione escatologica dantesca, Roma, Aracne, 2013, pp. 41-67.
14.Com noto, allo stato attuale delle ricerche mancano documenti sulla storia dei due
cognati amanti assassinati dal marito di lei. G. Rimondini, Vecchie novit e nuovi problemi sto-
riografici sui Malatesti e Verucchio, in Studi Romagnoli, a. liv 2003, pp. 119-24, partic. alle pp.
123-24, ha focalizzato la sua attenzione su un breve di papa Nicol IV al vescovo di Pesaro
dell8 agosto 1288, in cui viene concessa la facolt di dispensare dal quarto grado di consangui-

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donato pirovano

particolari che lhanno poi resa celeberrima si sono generati a margine del
poema, in quel circolo esegetico in cui spiccano le figure di Andrea Lancia
e dellautore dellOttimo Commento che a Firenze, intorno al 1330-40, gett
le basi per la consacrazione letteraria di Dante e per il successo editoriale del
la Commedia.15 Quindi, sollecito al consiglio di Virgilio, lagens lancia nel ven
to il suo affettoso grido (v. 87) e lauctor scolpisce il primo altorilievo del
nuovo poema.
L, dove il vento tace, si ode una voce femminile (cfr., infatti, v. 97: dove
nata fui),16 che a nome anche del compagno di pena accorda la propria di-
sponibilit a dialogare, senza stupirsi delleccezionalit dei suoi interlocuto-
ri: un essere vivo che visitando va per quelle tenebre e un accompagnatore,
lui s dannato, ma quanto meno fuori posizione. Sente che lincessante bu-
fera si per lei straordinariamente acquetata e approfitta di questa singolare
congiuntura per parlare di s.
probabile che anchella, quand immersa nellincessante vortice e in
particolare quando giunge davanti a la ruina (v. 34),17 come tutti gli altri

neit fra Malatestino detto Tino nipote di Malatesta da Verucchio e figlio di Gianciotto e
della seconda moglie Zambrasina e Agnese figlia di Corrado da Montefeltro, per ottenere
pace e concordia tra le due famiglie. Alla luce di questo documento, Rimondini avanza il so-
spetto che Malatestino sia nato almeno nel 1281: secondo il diritto canonico approvato da papa
Alessandro III, infatti, la data legittima degli sponsali era di 7 anni. Se questo fosse vero, Fran-
cesca da Polenta sarebbe premorta a Paolo Malatesta, che nel 1282-1283 risulta capitano del
popolo di Firenze.
15.La vicenda non doveva per essere completamente oscura per i primi lettori, alla luce
del principio che Dante far pronunciare a Cacciaguida in Par., xvii 136-42: Per ti son mo-
strate in queste rote, / nel monte e ne la valle dolorosa / pur lanime che son di fama note, /
che lanimo di quel chode, non posa / n ferma fede per essempro chaia / la sua radice in-
cognita e ascosa, / n per altro argomento che non paia. Sul ruolo di Andrea Lancia, la cui
chiosa ai vv. 100-6 costituisce lantecedente della narrazione di Boccaccio poi divenuta ce
lebre, cfr. L. Azzetta, Vicende damanti e chiose di poema: alle radici di Boccaccio interprete di France-
sca, in Studi sul Boccaccio, vol. xxxvii 2009, pp. 155-70. Il racconto si legge in A. Lancia,
Chiose alla Commedia, a cura di L. Azzetta, Roma, Salerno Editrice, 2012, 2 voll., vol. i pp.
181-83.
16.Cfr. V. Rossi, Commento alla Divina Commedia, con la continuazione di S. Frascno, a
cura di M. Corrado, Roma, Salerno Editrice, 2007, 3 voll., vol. i p. 172: Chi parla unanima
di donna; quasi ce ne accorgiamo prima che la sua femminilit si riveli nel nostalgico ricordo
della terra dove nata fui, di Ravenna adagiata sulla marina solitaria, quieta, solenne.
17.Assai controversa linterpretazione di ruina e, infatti, lesegesi secolare ha fornito
diverse spiegazioni, alcune aberranti altre pi congruenti, sebbene non pare che si sia ancora
giunti a un consenso unanime tra gli studiosi. Cfr. la limpida e preziosa trattazione di N. Mi
neo, s.v. ruina, in ED, vol. iv 1973, pp. 1055-57. Ma vd. ora laccurato approfondimento di Ma
lato, Dottrina e poesia nel canto di Francesca, in Lectura Dantis Romana, cit., pp. 203-4 n. 34.

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lettura del canto v dellinferno

suoi compagni di pena, gridi, si lamenti (nella fila da dove venuta si vola
traendo guai, v. 48) e bestemmi la virt divina. Ora, per, inizia il suo di-
scorso in forma di prece, con una captatio benevolentiae in cui vorrebbe augu-
rare a Dante la pace, che certamente il dono pi prezioso per chi condan-
nato a essere travolto dal vento per leternit. preghiera impossibile e si
veda infatti il periodo ipotetico dellirrealt , perch il re delluniverso non
le pu essere amico, eppure questa inesaudibile richiesta basta a connotare
questanima come pervasa di speciale gentilezza, cio di quella sensibilit e
raffinatezza danimo che fu laspetto pi ricercato, e poeticamente pi cele-
brato, nella civilt cortese del suo tempo.
Nel dipingere la sua citt di origine, adagiata sulla riva adriatica alla foce
del Po, la sua tavolozza verbale insiste sul colore della quiete (cfr. Siede,
pace), accentuato dal pigmento delluniformit ritmica: i vv. 97-99 sono,
infatti, tutti endecasillabi a minore con accenti principali in 4a e 8a posizione,
con minima variazione per lattacco Siede la terra dove nata fui, che pre-
senta anche un ictus sulla prima sillaba, quasi a voler staccare la descrizione
del luogo nato dalle parole precedenti. In questa cartolina anche il Po, che
discende alla marina di Ravenna, e i suoi seguaci, i fiumi che vanno con
lui, pare a Francesca che anelino al momento daver pace, di scomparire, di
dimenticarsi nel mare.18
Questa donna e il suo compagno sono stati travolti in vita da una passione
intensa, irresistibile, fatale: lui lha amata, lei lha amato, a causa di quella-
more sono stati assassinati. Dice, infatti, in modo accorato e con parole vi-
branti: lamore, che saccende rapidamente nei cuori sensibili, fece inna-
morare costui che qui con me del mio bel corpo, che mi fu tolto, e linten-
sit di quella passione ancora mi avvince. Lamore, che fatalmente avviluppa
amante e amato, mi fece innamorare cos intensamente della bellezza di co
stui, che come vedi ancora non mi lascia. Lamore ci trascin a una me-
desima, tragica, morte. Questa colpa graver in eterno lanima di chi ci uc-
cise.
Per descrivere questo amore, che senza dubbio una passione prorom-
pentemente carnale (si insiste infatti sulla bellezza corporea), lo spirito fem-
minile, ancora anonimo, alza il tono, riscaldando le sue parole con ricerca
ti e raffinati artifici retorici. Le prime due terzine risultano perfettamente
simmetriche, e sintassi, lessico, echi fonico-ritmici contribuiscono a poten-
ziare questo stretto parallelismo.19 Per tale motivo mi pare che si possa col-

18.Parodi, Francesca da Rimini, cit., p. 43.


19.Cfr. G. Rati, Lamore di Francesca, in Inferno. Dante personaggio, Francesca, Farinata, Pier delle

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donato pirovano

legare il discusso emistichio e l modo ancor moffende (v. 102)20 non al-
la relativa immediatamente precedente, ma alla proposizione principale
Amor [] / prese costui de la bella persona (vv. 100-1). Il modo sareb-
be, dunque, lirresistibile intensit di quella passione, che ha avvinto la don-
na in vita e che la avvince ancora, tanto che i due spiriti riescono a volare
leggeri nel vento e a mantenere traiettorie ravvicinate per quello amor che
i mena (v. 78).
Concordo dunque con la lettura di Antonino Pagliaro,21 la quale anche
per la autorevolezza del proponente entrata in molti fortunati commen-
ti della seconda met del secolo scorso, come per es. quelli di Sapegno, Gia
calone, Bosco-Reggio, Pasquini-Quaglio, e ha resistito quasi indenne alle
critiche di chi aveva decretato, forse un po troppo apoditticamente, la fine
di una (troppo) fine interpretazione: si deve, infatti, constatare che essa so
pravvive ancora in recenti letture del canto v.22 Per correttezza occorre, tut
tavia, registrare che la fine lettura di Pagliaro, insieme ai suoi appoggi nel
lantica esegesi (in modo particolare il commento tardotrecentesco di Fran
cesco da Buti), tolta di peso senza per alcun rinvio bibliografico dalla
Epistola di Luigi Muzzi contenente la nuova esposizione di un luogo del Petrarca e di
alcuni di Dante, pubblicata a Bologna, presso Annesio Nobili e Comp., nel
1825. Chi fosse in cerca della cosiddetta prova regina che denunci inequi-
vocabilmente levidente aderenza pu leggere la meno fortunata interpre-
tazione fornita da Pagliaro come nuova a proposito della terzina con cui
inizia la similitudine delle colombe (vv. 82-84): anchessa gi presente, seb
bene con leggera variazione, tra le proposte esegetiche del letterato prate
se Luigi Muzzi.23
Dato a Muzzi ci che di Muzzi, un elemento nuovo a sostegno della sua

Vigne, Ulisse, Ugolino, Roma, Bulzoni, 2006, pp. 23-41, alle pp. 30-31, che nota e analizza la per-
fetta corrispondenza tra le prime due terzine.
20.Una sintesi ragionata delle principali interpretazioni offerta da A. Lanci, s.v. offendere,
in ED, vol. iv 1973, pp. 124-26.
21.Pagliaro, Il canto di Francesca, cit., pp. 136-48.
22.Cfr. G. Padoan, Fine di una (troppo) fine interpretazione. A proposito di Inf., v 102, in Dal
Medioevo al Petrarca. Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca, Firenze, Olschki, 1983, 5 voll.,
vol. i pp. 273-83. Per alcune letture che ripropongono linterpretazione di Pagliaro, cfr., per es.,
Rati, Lamore di Francesca, cit.; e S. Valerio, Trittico per Francesca. i. Perch il modo ancor moffende:
riflessioni sul peccato di Paolo e Francesca, in LA, n.s., a. xxviii 2006, n. 47 pp. 5-13.
23.Cfr. Pagliaro, Il canto di Francesca, cit., pp. 133-34. Si era gi accorto di questo non nobile
plagio compiuto da Pagliaro ai danni dellEpistola di Muzzi, Rati, Lamore di Francesca, cit., pp.
26-28 e 31-32. Per notizie sul letterato pratese cfr. L. Matt, s.v. Muzzi, Luigi, in Dizionario Bio-
grafico degli Italiani, Roma, Ist. della Enciclopedia Italiana, vol. lxxvii 2012, pp. 633-35.

10
lettura del canto v dellinferno

lettura del v. 102 potrebbe venire dal significato nr. 7 che il Grande dizionario
della lingua italiana registra sotto la voce verbale offendere: Vincere, avvince-
re, ridurre in propria bala, soggiogare (lamore, la passione, un sentimento,
anche come personificazioni). Anche assol..24 Le due occorrenze ante-
riori a Dante, per, non convincono appieno, come mi conferma pure la-
mico Pr Larson, che ringrazio. Nella canzone Contra lo meo volere di Paga-
nino da Serzana, al v. 16 Amor, chi no glofende poi li piace, il verbo offen-
dere non ha il significato registrato e, infatti, il curatore della pi recente
edizione, Aniello Fratta, parafrasa perch gli piace se qualcuno non lo in-
giuria.25 Nel sonetto Amore fue invisibole criato di Ugo di Massa conte di San-
tafiore, il tormentato v. 11, che quando offende offender si potisse, vie-
ne spiegato da Bruno Panvini quando egli offende potesse essere offeso a
sua volta.26 Pi vicino al significato di avvincere, registrato dal Grande dizio-
nario della lingua italiana, potrebbe per essere il verbo affendere (variante an-
tica di offendere) che compare nella forma affisi al v. 3 della ballata anonima
Molto chio non cantai studiata da Larson, testo che Dante potrebbe aver co
nosciuto, dato che il registro nel quale si trova copiato interamente verga-
to da ser Tuccio, notaio del podest di San Gimignano lo stesso che do-
cumenta lambasceria del medesimo Dante alla cittadina turrita svolta il 7
maggio 1300.27 Cos la ripresa (vv. 1-4):
Molto chio non cantai,
che-l mal damor mi prisi:
de sa parte maffisi
chio non podia cantare.

Il poeta confessa che da molto tempo che non canta perch soffre del mal
damore: avvinto da lui tanto che non riesce a cantare.28 Il verbo affendere
poi ripreso allinizio della seconda stanza. Leggiamo, infatti, i vv. 15-17:

24.Cfr. S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, Utet, vol. xi 1981, pp.
821-23, a p. 821.
25.Cfr. Paganino da Serzana, [Rime], a cura di A. Fratta, in I poeti della Scuola siciliana, vol.
ii. Poeti della corte di Federico II, Ediz. critica con commento diretta da C. Di Girolamo, Milano,
Mondadori, 2008, pp. 247-62.
26.Cfr. B. Panvini, Le Rime della Scuola siciliana, vol. i. Introduzione, testo critico, note, Firenze,
Olschki, 1962, p. 370.
27.Cfr. Larson, Ancora sulla ballata, cit., p. 51.
28.Ivi, p. 55, parafrasa il verbo affisi come danneggi, ma in una recente conversazione
(giugno 2015) per posta elettronica Larson mi confida che non escluderebbe il significato di
avvincere, soprattutto in rapporto al passaggio successivo (v. 17).

11
donato pirovano

Non avia deservito


de neente inver lAmore
dondeu fui chus affisu.

Insomma: non avrei per nulla mancato di servire in amore da quando io fui
cos avvinto.

tempo di tornare al discorso di Francesca. Le due individualit (prima


lio maschile, poi lio femminile) che spiccano nelle prime due terzine si
sciolgono e si fondono in un noi29 nei primi due versi dellultima terzina,
come rivelano anche i pronomi noi e ci. Il responsabile della loro morte
ancora vivo, ma gi condannato per leternit. La sua figura trover, infatti,
compimento tra i peggiori dannati, quelli che ingannano coloro che si fida-
no, nella Caina tra i traditori dei parenti, o con Can archetipo di quel
peccato.30 Le parole della donna, gi pronunciabili per la logica che secondo
Dante contraddistingue il peccato di tradimento (almeno per la Tolomea
vd. Inf., xxxiii 124-57),31 velano i particolari della morte sui quali hanno
invece voluto, pi o meno indebitamente, insistere i commentatori e, per-
ch no?, le guide turistiche del castello di Gradara eletto luogo leggendario
della tragedia , ma rivelano un aspetto importante di quella storia: ammes-
so che Amore li condusse insieme alla morte, il consanguineo che material-
mente spense le loro due vite non fu semplicemente un uxoricida e un fra-
tricida, reo che beneficerebbe di qualche attenuante procedurale per la con-
suetudine penale antica, ma un traditore: quindi, non stato un omicidio
colposo e men che meno un omicidio preterintenzionale, ma un omicidio
premeditato di primo grado.32 Ci dovrebbe indebolire linterpretazione,

29.Valerio, Trittico per Francesca, cit., p. 7.


30.La lezione Can, con ampia attestazione nei codici pi antichi, promossa a testo in
Dante Alighieri, Inferno, Revisione del testo e commento di G. Inglese, Roma, Carocci,
2007, p. 90. In Dantis Alagherii Comedia, Ediz. critica per cura di F. Sanguineti, Firenze,
Edizioni del Galluzzo, 2001, si preferisce la lezione Caino, con diverse attestazioni nella tradi-
zione e soprattutto presente nel ms. Urb. 366 della Biblioteca Apostolica Vaticana, promosso
dalleditore a testimone di riferimento. Sulle diverse lezioni del v. 107, cfr. anche V. Russo,
Caina o Cain attende?, in Id., Sussidi di esegesi dantesca, Napoli, Liguori, 1966, pp. 33-51.
31.Sulla peculiarit della Tolomea cfr. la spiegazione di E. Malato, La morte della piet: e
se non piangi, di che pianger suoli?. Lettura del canto xxxiii dellInferno, in Id., Studi su Dante, cit., pp.
103-81, alle pp. 170-78. Si pu per notare che anche Alberto Camicione dei Pazzi, che si trova
nella Caina, pu anticipare leterna condanna del traditore Carlino dei Pazzi, che sar destina-
to allAntenora (cfr. Inf., xxxii 67-69).
32.Sul codice del tempo in caso di adulterio cfr. I. Baldelli, Dante e Francesca, Firenze,
Olschki, 1999, pp. 36-38.

12
lettura del canto v dellinferno

nata su suggestione del racconto di Boccaccio, del duplice omicidio com-


piuto repentinamente dal marito, il quale scopr grazie a una delazione gli
amanti in flagrante adulterio. Difficile soprattutto che quello stupendo ver-
so la bocca mi basci tutto tremante (v. 136) per Umberto Saba il pi bel
verso damore che sia stato scritto da solo giustifichi la dannazione e il
luogo della pena.33 La reticenza quel giorno pi non vi leggemmo avante
(v. 138), una delle pi raffinate della letteratura italiana, vela la colpa con un
elegante drappo consono ai personaggi: Francesca china gli occhi e si tace.
E noi rispettiamo questo silenzio senza tentare di rimuovere il denso velo e
strappare allanima passionata i suoi misteri.34
Non c dubbio che lamore sia la marcata nota dominante del discorso
della donna, ma anche dellintero episodio, come rivela a occhio nudo la
fitta presenza della parola in tutto il canto (delle 19 occorrenze di amore/amor
nellInferno, ben 9 si trovano in Inf., v, tutte concentrate in sessantadue versi:
vv. 66, 69, 78, 100, 103, 106, 119, 125, 128), cosicch si deve convenire con En-
rico Malato, quando osserva che linsistenza sulla parola amore, nel can-
to v, introdotta quasi con circospezione e poi ripetuta con incalzante itera-
zione, avr a sua volta lo scopo di proporre quella come parola chiave fina-
lizzata a una specifica connotazione semantica di tutto il quadro.35 Nelle
parole della donna Amore non , per, solo una passione terrena che si
esaurita al momento della tragica morte. Esso dura e durer per leternit in
un luogo di pena in cui altre celebri coppie sono divise: si pensi per esempio
a Elena e Paride, che fanno parte della medesima schiera e che sono nomi-
nati singolarmente. La torbida energia di questo amore-passione36 per-
mette a quella donna e a quelluomo ancora innominati di mantenere traiet-
torie rettilinee ed eccezionalmente vicine dentro limpeto della bufera tan-
to da sembrare leggeri agli occhi dellagens. Quellamore nel contesto inferna-
le diventa allora una pena aggiuntiva a quella che il contrappasso ha pre-
scritto (si pensi a Ugolino e allarcivescovo Ruggieri, altra celebre coppia in
fernale che, come stato dimostrato, ha molti punti in comune con questa

33.Cos intende per es. D. Vittorini, Francesca da Rimini and the Dolce Stil Nuovo, in Ro-
manic Review, vol. xxi 1930, pp. 116-27, ma vd. gi le giuste critiche di Barbi, Francesca da Ri-
mini, cit., pp. 134-36.
34.La Commedia di Dante Alighieri esposta con metodo dantesco da E. Mestica, Ascoli Piceno,
Cesari, 1909, p. 75.
35.Malato, Dottrina e poesia nel canto di Francesca, cit., p. 66. La serie aumenta se si annove-
rano poi le occorrenze del verbo amare, variamente coniugato.
36.L. Caretti, Eros e castigo (Inferno v), in Id., Antichi e moderni. Studi di letteratura italiana,
Torino, Einaudi, 1976, pp. 7-30, a p. 25.

13
donato pirovano

di Inf., v): infatti il perdurare di quellamore cos passionale ripropone in


ogni istante il contrasto tra la felicit che esso procur loro in terra (il tem-
po felice) e la pena tormentosa che ora li affligge nellinferno.37
Lamore delle due anime dannate contraddistinto dal verbo menare, che
vale spingere, travolgere, con una evidente sfumatura di violenza. Tra lal
tro esso riaffiora pi volte e in vari punti di Inf., v, tanto che qualche interpre
te lo considera una parola-tema del canto.38 Riflettendo sul discorso della
donna, Dante si smarrisce allidea di quanti dolci pensier, quanto disio /
men costoro al doloroso passo! (vv. 113-14); il termine caratterizza poi la
forza del vento che mena li spirti con la sua rapina (v. 32), e di qua, di l,
di gi, di s li mena (v. 43); ma soprattutto connota lenergia che tiene uni-
ti quei due compagni di pena, tanto che Virgilio consiglia al viator di pregar-
li per quello amor che i mena, ed ei verranno (v. 78).
Ora, se questi amanti sono menati, in vita e in morte, dalla loro irresistibi-
le passione, mi pare che nella mente dellagens non si sia ancora spenta leco
delle parole pronunciate da unaltra donna che si era mossa, dal luogo celeste
dove desidera ritornare, per amore, un amore che mosse pure il suo dire:
tuttavia si osservi la sfumatura in questo caso il verbo muovere, non me-
nare. Quellamore, che muove Beatrice a scendere allinferno per la salvez-
za di colui che lam tanto, / chusc per lei de la volgare schiera (Inf., ii 104-
5; in corsivo la variazione), certamente lamor divino che mosse di prima
quelle cose belle (Inf., i 40) e, in perfetta circolarit, lo stesso amore che
move il sole e laltre stelle (Par., xxxiii 145).
Si pu allora comprendere il turbamento di Dante che, quando intese
quellanime offense (v. 109), travagliate, china il viso e lo tiene basso fi
no allimpulso di Virgilio. Rivolgendosi di nuovo alla donna e al suo com
pagno, lagens rompe lanonimato e chiama la sua interlocutrice per nome,
Francesca.39 Quei martiri (tormenti) legati in catena rimica con sospiri
e disiri, una delle serie rimiche pi unte del crisma stilnovista,40 lo fanno

37.Per le due citazioni Malato, Dottrina e poesia nel canto di Francesca, cit., pp. 95-96. I fitti
contatti tra lepisodio di Paolo e Francesca e quello di Ugolino e Ruggieri sono messi in luce
in Id., La morte della piet, cit., pp. 117-34.
38.Cfr. M. Marcazzan, Il canto v dellInferno, Firenze, Le Monnier, 1968, p. 55, e Baldelli,
Dante e Francesca, cit., pp. 39-40.
39.L. Battaglia Ricci, I dubbiosi disiri di Francesca, in Nuova Rivista di Letteratura Ita-
liana, a. xiii 2010, pp. 151-64, a p. 156: Che sia il pellegrino a esplicitare il nome di lei, sulla
sola scorta del criptico profilo offerto dalla donna, implicitamente prova che quella terribile
storia di amore e morte lui la conosceva bene.
40.Mi permetto di rimandare a D. Pirovano, Contra questo avversario de la ragione. Dante,
Vita nuova, xxxix, e Guido Cavalcanti, Rime, xv, i.c.s.

14
lettura del canto v dellinferno

piangere per intima pietosa partecipazione. Dante, infatti, conosce bene


quellamore: un amore irresistibile, esclusivo, duraturo, cos intenso che
non si arresta nemmeno con la morte. Lintensit, lesclusivit, la durata an-
che oltre la vita furono, infatti, prerogative pure del suo amore per Beatrice.
Dante nella Vita nuova, sbito al principio dellinnamoramento per la ragaz-
za vestita di sanguigno, si era precipitato a dichiarare (V.n., ii 9):
E avvegna che la sua imagine, la qual continuamente meco stava, fosse baldanza
dAmore a segnoreggiare me, tuttavia era di s nobilissima vert, che nulla volta
sofferse chAmore mi reggesse sanza l fedel consiglio de la ragione in quelle cose l
ove cotal consiglio fosse utile a udire.

Il fedel consiglio de la ragione la guida contro la incombente degenera-


zione dellamore, che pu giungere al mal perverso (v. 93) dei peccator
carnali, / che la ragion sommettono al talento (vv. 38-39). Eppure anche
Dante non fu mai tetragono agli impulsi della passione. Basti pensare al so-
gno in cui la diciottenne Beatrice appare nuda tra le braccia damore, avvol-
ta in un drappo sanguigno leggeramente (V.n., iii 4): la scena onirica
carica di passione e la tinta del morbido velo rimanda s al colore del vestito
della gentilissima incontrata la prima volta nove anni prima, ma quel san-
guigno non pu non lasciare indifferente il lettore, allorch sente France-
sca dire noi che tignemmo il mondo di sanguigno (v. 90).41 Sempre nella
Vita nuova Dante sembra disarmato sia quando riceve il saluto di Beatrice,
tanto che il proprio corpo, lo quale era tutto allora sotto l suo reggimento,
molte volte si movea come cosa grave inanimata (V.n., xi 3), sia quando gli
viene negato il saluto (V.n., x), sia soprattutto durante lepisodio del gabbo,
quando la presenza inaspettata dellamata gli provoca un incontrollabile at-
tacco di panico in cui il corpo tuttaltro che governato dalla ragione (V.n.,
xiv). Insomma, solo con fatica il protagonista del libello giovanile arriva a
scoprire la vera natura dellamore-caritas che quella donna rappresenta. Lin-
sidia di vaneggiamento e di tradimento si potrebbe dire, parafrasando le
parole pronunciate dalla guida Virgilio, quella di romper fede al cener di
Beatrice sinsinua poi gi non molto tempo dopo la morte della gentilis-
sima, nellepisodio della donna pietosa e gentile (V.n., xxxv-xxxviii), tanto
che solo unapparizione di Beatrice fanciulla novenne permette a Dante di
recuperare lordine della sua esistenza e dellunico ed esclusivo amore fe
delmente consigliato dalla ragione (V.n., xxxix 2).
Nel periodo della decenne sete (Purg., xxxii 2) il quadro , per, tuttal-

41.Cfr. Baldelli, Dante e Francesca, cit., p. 45.

15
donato pirovano

tro che limpido e il cammino per nulla rettilineo. Non possono non stupire,
allora, i fitti contatti tra Inf., v, e Purg., xxx-xxxi, quando lappena ritrovata
Beatrice rimprovera lagens per i suoi traviamenti.42 E non si pu dimenti
care che, se Francesca esce dalla schiera ov Dido (v. 85), allapparizione
di Beatrice velata Dante come un fantolin si rivolge a Virgilio, dicendo
(Purg., xxx 46-48):
[] men che dramma
di sangue m rimaso che non tremi:
conosco i segni de lantica fiamma;

dove il v. 48 certamente un ennesimo omaggio alla prima guida nel mo-


mento in cui avviene il suo congedo, in quanto unevidente riscrittura di
un verso dellalta trageda, dove prorompe il desiderio carnale dellinfeli-
ce Didone (Aen., iv 23: Agnosco veteris vestigia flammae). Si pu, pertan-
to, convenire con Ignazio Baldelli quando scrive: lantico amore per Bea-
trice viene dunque a coincidere con lantica fiamma di Didone.43
La tanto agognata Beatrice si presenta, per, come giudice inflessibile per
nulla disposta a perdonare Dante senza un suo profondo pentimento. Il
canto di Francesca sbito richiamato nella serie rimica -ice, serie suggestiva
perch quella con cui pu rimare il nome della donna amata. Si legga in-
fatti Purg., xxx 70-75:
regalmente ne latto ancor proterva
contin come colui che dice
e l pi caldo parlar dietro reserva:
Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice.
Come degnasti daccedere al monte?
non sapei tu che qui luom felice?.

La variazione delle parole-rima minima. Se nel secondo discorso di Fran-

42.Il contatto tra Inf., v, e Purg., xxxi, da tempo al centro dellattenzione della critica.
Nella gi cospicua bibliografia cfr. almeno A. Di Benedetto, La confessione di Dante (Purgato-
rio, xxxi), in Id., Dante e Manzoni. Studi e letture, Salerno, Laveglia, 1999, pp. 45-66, a p. 56; M.L.
Palermi, A questo punto voglio che tu pense. Note di lettura intorno ad una serie rimica della Commedia,
in Critica del Testo, a. v 2002, pp. 569-93; Orlando, Da Francesca a Beatrice, cit., pp. 48, 50 e
55; V. Atturo, Il Paradiso dei sensi. Per una metaforologia sinestetica in Dante, in Critica del Testo,
a. xiv 2011, pp. 425-64, alle pp. 459-60; C. Calenda, Canto xxxi. Lultimo bilancio, in Lectura
Dantis Romana. Cento canti per cento anni, a cura di E. Malato e A. Mazzucchi, vol. ii. Purgatorio,
Roma, Salerno Editrice, 2014, 2 tomi, to. ii pp. 925-49, a p. 932.
43.Baldelli, Dante e Francesca, cit., p. 21.

16
lettura del canto v dellinferno

cesca compaiono felice : radice : dice, ora troviamo dice : Beatrice : feli-
ce, in cui risalta il v. 71, contin come colui che dice, marcato calco di
dir come colui che piange e dice di Inf., v 126.
Unaltra, spiccata, ripresa di parole rima dellepisodio di Francesca si trova
allinizio di Purg., xxxi 7-12, quando Beatrice accusa Dante:
Era la mia virt tanto confusa,
che la voce si mosse, e pria si spense
che da li organi suoi fosse dischiusa.
Poco sofferse; poi disse: Che pense?
Rispondi a me; ch le memorie triste
in te non sono ancor da lacqua offense.

In questi versi, oltre alla ripresa delle tre parole rima spense : pense : offen-
se (serie perfettamente riprodotta in un solo altro luogo, Par., iv 104-8), non
pu non colpire la medesima domanda in clausola Che pense?, nellinfer-
no pronunciata dalla prima guida Virgilio e nel Paradiso terrestre espressa
dalla seconda guida Beatrice.44
Poco oltre, in Purg., xxxi 20-24, compare unaltra coppia di parole rima
collegabile allepisodio infernale, la gi evidenziata serie stilnovistica in
-iri:
[] fuori sgorgando lagrime e sospiri,
e la voce allent per lo suo varco.
Ond ella a me: Per entro i mie disiri,
che ti menavano ad amar lo bene
di l dal qual non a che saspiri.

Se il principio dellamore quello dei dolci sospiri (Inf., v 118), limputato


Dante fa sgorgare insieme lacrime e sospiri. Ai dubbiosi disiri (Inf., v 120)
che, se non orientati, portano allinferno avrebbe dovuto, infatti, contrap-
porre un desiderio pi alto, Per entro i mie disiri, / che ti menavano ad
amar lo bene: il desiderio di Beatrice lavrebbe spinto verso Dio, con unin-
tensit e unenergia sentimentale resa attraverso il verbo menare, che, come
stato gi osservato, ha ampio rilievo pure nellepisodio infernale.45

44.Secondo Orlando, Da Francesca a Beatrice, cit., p. 50, la confessione di Francesca


preludio a quella ben pi significativa, e con reale significato penitenziale, dello stesso Poeta
di fronte a Beatrice in Purg., xxxi.
45.Orlando (ivi, p. 55) rimanda anche alla canzone Lo doloroso amor che mi conduce, in cui
compare il vento (reale come quello dei lussuriosi) a trascinare lio e a sancirne la fine; cfr.
Rime, lxviii 21-22: E allor non trarr s poco vento / che non mi meni, s chio cadr freddo.

17
donato pirovano

Nel pianto, Dante, sotto scacco, costretto a confessare che, dopo la di-
partita della sua amata ora nellatto di rigorosa accusatrice fu attratto dal
falso piacer delle presenti cose (Purg., xxxi 34-36):
Piangendo dissi: Le presenti cose
col falso lor piacer volser miei passi,
tosto che l vostro viso si nascose.

lirresistibile attrazione per il contingente, quella che travolse Francesca:


mi prese del costui piacer s forte (Inf., v 104).
Sopraffatto dal rimorso, lagens cade privo di sensi, uno svenimento che
strettamente connesso anche per la sua relativa rarit nel viaggio oltre-
mondano a quello celeberrimo che chiude lepisodio di Francesca.46 Si leg
ga, dunque, Purg., xxxi 88-90:
Tanta riconoscenza il cor mi morse,
chio caddi vinto; e quale allora femmi,
salsi colei che la cagion mi porse.

Dopo lo svenimento infernale, al risveglio lagens si ritrova gi al terzo cer-


chio, de la piova / etterna, maladetta, fredda e greve (Inf., vi 7-8); dopo lo
svenimento avvenuto in cima al monte, egli si ritrova immerso nel Let: in
entrambi i casi la perdita di coscienza comporta una ellissi narrativa.
Seguendo la feconda pista delle corrispondenze rimiche, si possono, poi,
mettere in rilievo due loci del Paradiso, in cui compare la gi incontrata rima
in -ice, comunque con non poche attestazioni nel poema. Il primo si legge a
Par., vii 13-18:
Ma quella reverenza che sindonna
di tutto me, pur per Be e per ice,
mi richinava come luom chassonna.
Poco sofferse me cotal Beatrice
e cominci, raggiandomi dun riso
tal, che nel foco faria luom felice:

la forma del nome fa inclinare il capo a Dante, come era gi avvenuto alle
prime parole di Francesca. Rimandano a Inf., v, non solo la serie rimica -ice,
ma anche la serie rimica -iso, con il contatto reso pi aderente dalle parole
rima felice e riso.

46.Il verso finale (Inf., v 142: E caddi come corpo morto cade) ha sempre attratto latten-
zione degli esegeti per il suo marcato valore fonico e retorico.

18
lettura del canto v dellinferno

Ben pi significativo , poi, un passo di Par., xxx 10-18:


Non altrimenti il trunfo che lude
sempre dintorno al punto che mi vinse,
parendo inchiuso da quel chelli nchiude,
a poco a poco al mio veder si stinse:
per che tornar con li occhi a Batrice
nulla vedere e amor mi costrinse.
Se quanto infino a qui di lei si dice
fosse conchiuso tutto in una loda,
poca sarebbe a fornir questa vice.

il momento del massimo fulgore della bellezza di Beatrice in prossimit


dellempireo. Alla bellezza tutta terrena di Francesca si contrappone qui la
bellezza celeste di Beatrice. Si pu notare la ripresa della serie rimica -ice,
accentuata dalla medesima parola rima dice, presente nella serie di Inf., v. Ma
il contatto pi suggestivo tra i due canti un altro:

ma solo un punto fu quel che ci vinse (Inf., v 132)

sempre dintorno al punto che mi vinse (Par., xxx 11).

Il punto che vinse Dante in cielo il punto da cui aristotelicamente de-


pende il cielo e tutta la natura (Par., xxviii 42). La stretta corrispondenza in
clausola alquanto significativa, perch nel momento in cui lo sguardo
dellagens entra in contatto con la prima immagine della divinit si attiva
nella memoria interna il primo istante, in cui il pi nobile dei sentimenti
umani entra in una spirale irreversibile fino alleterna dannazione.47 A essa
riusc invece a sottrarsi Cunizza da Romano, la quale rifulge nel cielo di
Venere, perch mi vinse il lume desta stella (Par., ix 33), dove si noti la
ripresa del medesimo verbo mi vinse. Al punto al luogo del romanzo
arturiano che vinse Francesca e condusse lei e il suo amante al peccato si
contrappone nellesperienza di Cunizza il lume della stella di Venere,
non quella che ispira il folle amore, ma quella che ispira lardore virtuoso.48

47.Essa non sfuggita alla critica. Cfr. soprattutto E. Malato, La visione del vero in che si
queta ogne intelletto. Lettura del canto xxviii del Paradiso, in Id., Studi su Dante, cit., pp. 299-349,
alle pp. 317-18.
48.Cfr. D. Pirovano, Dante e il vero amore. Tre letture dantesche, Pisa-Roma, Serra, 2009, p. 75.
Nel medesimo libro si vedano anche le pp. 38 e 46-47, per gli stretti contatti tra Inf., v, e Par., viii,
di cui gi si accorse lautore della cosiddetta terza redazione del commento di Pietro Alighieri
nel commento a Par., viii 3-6 (cfr. P. Alighieri, Comentum super poema Comedie Dantis. A Cri-

19
donato pirovano

Gli esegeti non hanno mancato di rilevare la corrispondenza tra linelut-


tabile reciprocit della passione che ha trascinato Francesca e il suo compa-
gno, Amor, cha nullo amato amar perdona (v. 103), e lirresistibile fecon-
dit dellamore di cui Virgilio parla a Stazio: Amore, / acceso di virt,
sempre altro accese, / pur che la fiamma sua paresse fore (Purg., xxii 10-
12).49 Nel discorso della bella ravennate (vv. 97-107) spicca la rima -ende che
collega i tre verbi discende : sapprende : moffende. Non rima rara
nella Commedia, ma tra le varie occorrenze spiccano un luogo del Purgatorio
e due del Paradiso, in cui si parla ancora di amore, ma di un amore che, a
differenza di quello che ha travolto Francesca, salva e dona vita. La prima
ricorrenza rilevante, perch si trova nel discorso di Virgilio come stato
correttamente notato, centrale nel poema , in cui espressa la concezione
cristiana dellamore.50 Le parole della guida correggono quelle di Francesca,
e dunque la presenza della rima -ende spia significativa di una ricercata
corrispondenza. Si veda Purg., xviii 70-75:
Onde, poniam che di necessitate
surga ogne amor che dentro a voi saccende,
di ritenerlo in voi la podestate.
La nobile virt Beatrice intende
per lo libero arbitrio, e per guarda
che labbi a mente, sa parlar ten prende.

Rispondendo al dubbio di Dante circa la responsabilit delluomo, Virgilio


dissipa il determinismo psicologico, nsito nelle parole di Francesca, per il
quale, secondo la teorica amorosa cortese e stilnovistica a cui egli pure aveva
aderito, agire limpulso amoroso sarebbe una necessit irresistibile e irrazio-
nale.51 Infatti, bench lamore si accenda spontaneamente nel cuore, luo-
mo, grazie al libero arbitrio, ha la facolt di trattenerlo o di rifiutarlo.
La seconda occorrenza significativa si trova nellesordio del canto v del

tical Edition of the Third and Final Draft of Pietros Alighieris Commentary on Dantes The Divine
Comedy, ed. by M. Chiamenti, Tempe, Arizona Center for Medieval and Renaissance Stu-
dies, 2002, p. 569).
49.Cfr. E. Malato, Amor cortese e amor cristiano da Andrea Cappellano a Dante, in Id., Studi su
Dante, cit., pp. 571-657, alle pp. 649-50.
50.Cfr. E. Malato, S come cieco va dietro a sua guida / per non smarrirsi []. Lettura del canto
xvi del Purgatorio, in Id., Studi su Dante, cit., pp. 216-57, alle pp. 216-27.
51.Cfr. L. Azzetta, Fervore aguto, buon volere e giusto amor. Lettura di Purgatorio xviii, in
RSD, a. vi 2006, pp. 241-79, a p. 251. Sul determinismo psicologico cfr. soprattutto P. Porro,
Canto xviii. Amore e libero arbitrio in Dante, in Lectura Dantis Romana, cit., vol. ii. Purgatorio, to. ii
pp. 523-60.

20
lettura del canto v dellinferno

Paradiso, cosicch questa corrispondenza tra numeri 5 farebbe felici i promo-


tori della cosiddetta lettura verticale del poema, inaugurata dai dantisti di
Cambridge e basata sulla comparazione e sullanalisi parallela dei canti che
nelle tre cantiche presentano lo stesso numero (Par., v 1-12):
Sio ti fiammeggio nel caldo damore
di l dal modo che n terra si vede,
s che del viso tuo vinco il valore,
non ti maravigliar, ch ci procede
da perfetto veder, che, come apprende,
cos nel bene appreso move il piede.
Io veggio ben s come gi resplende
ne lintelletto tuo letterna luce,
che, vista, sola e sempre amore accende;
e saltra cosa vostro amor seduce,
non se non di quella alcun vestigio,
mal conosciuto, che quivi traluce.

Beatrice, pervasa di caldo amore divino, fiammeggia Dante, in modo cos


sovrumano da vincere la vista dellagens. Per anche il pellegrino celeste sta
avanzando nella conoscenza di Dio e dunque sta potenziando la propria
capacit visiva. Beatrice vede, infatti, che gi risplende nellintelletto di Dan-
te la luce della suprema verit, quella luce che, una volta vista, accende di s
in modo esclusivo e per sempre il vero amore. Se qualcosa daltro seduce
lamore umano, esso non che una traccia, male riconosciuta, dellamore
divino. La serie rimica -ende e la parola rima apprende legano il discorso di
Beatrice a quello di Francesca, ma lo ribaltano. Solo lamore di Dio esclu-
sivo, perenne e irresistibile. Lirresistibilit dellamore carnale sostenuta con
parole accorate della bella ravennate solo una seduzione, vestigio mal co-
nosciuto e come tale errato dellautentico amore.
Ancora. Nelluomo il vero amore diviene libero in virt della grazia. Es
sa non distrugge il libero arbitrio, n il libero arbitrio diminuisce la grazia,
perch essa opera nel libero arbitrio. Dante il segno di questa grazia: ac-
compagnato dalla donna che am nella sua giovinezza, egli taglia vertical-
mente lordinata circolarit delle sfere planetarie. Il vero amore (la caritas o
agpe), che ora possiede compiutamente, lenergia che lo spinge fino al
lEmpireo, il cielo di pura luce e amore (Par., x 82-87):
E dentro a lun senti cominciar: Quando
lo raggio de la grazia, onde saccende
verace amore e che poi cresce amando,

21
donato pirovano

multiplicato in te tanto resplende,


che ti conduce su per quella scala
u sanza risalir nessun discende.

Chi parla qui san Tommaso, che Dante incontra nel cielo del Sole. Egli
riconosce nel pellegrino celeste il raggio della grazia, da cui si accende il
vero amore, un amore che cresce sempre pi quanto pi si ama, e che con-
duce di cielo in cielo fino allEmpireo. Ma per Dante questa grazia e questo
amore non sono possibili senza Beatrice, anzi sono in Beatrice. Si possono
riconoscere, come detto, la rima -ende, presente pure nel discorso di France-
sca, e la parola rima discende, ma in un contesto assolutamente diverso, se non
antitetico.
Per amore, dunque, ci si perde e per amore ci si salva: il crinale stretto.
Il fedele consiglio della ragione pu orientarlo, ma luomo fragile. Lo di-
mostra un sonetto scritto da Dante a Cino, collocabile tra il 1303 e il 1306,
ma piuttosto prossimo alla seconda data che alla prima, in uno spazio cro-
nologico non troppo lontano dalla composizione del canto v dellInferno.52
Vale la pena di leggerlo integralmente (Rime, cxi):
Io sono stato con Amore insieme
da la circulazion del sol mia nona,
e so comegli affrena e come sprona,
e come sotto lui si ride e geme.
Chi ragione o virt contra gli sprieme 5
fa come que che n la tempesta sona,
credendo far col dove si tona
esser le guerre de vapori sceme.
Per nel cerchio de la sua palestra
libero arbitrio gi mai non fu franco, 10
s che consiglio invan vi si balestra.
Ben pu con nuovi spron punger lo fianco,
e qual che sia l piacer chora naddestra,
seguitar si convien, se laltro stanco.53

In questo sonetto Dante afferma chiaramente ed confessione nata dal


lesperienza personale di chi stato sottoposto al potere di Amore fin dalle-

52.Malato, Dottrina e poesia nel canto di Francesca, cit., p. 91.


53.Si segue il testo delledizione delle Rime di Dante curata da G. Contini, in Dante Ali
ghieri, Opere minori, to. i parte i [Vita nuova (pp. 3-247), Rime (pp. 249-552), Il Fiore e il Detto
dAmore (pp. 553-827)], a cura di D. De Robertis e G. Contini, Milano-Napoli, Ricciardi,
1984.

22
lettura del canto v dellinferno

t di nove anni che chi tenta di opporre alla forza irresistibile di Amore la
virt o la ragione si comporta come colui che durante la tempesta suo-
na le campane, credendo di attenuare gli scontri di vapori nella regione del
latmosfera dove si generano i tuoni. Insomma agisce invano. Perci nellm
bito entro cui Amore pu esercitarsi dunque quando si innamorati il
libero arbitrio non mai stato autonomo, cosicch la forza della ragione vie-
ne saettata invano, ossia unarma inefficace.
E si pu ricordare anche un ampio passo della Ep. iv (parr. 2-5), lettera
scritta oltre il piano temporale dellagens, e anchessa cronologicamente vici-
na alla composizione del canto v: 54
Igitur michi a limine suspirate postea curie separato, in qua, velut sepe sub admira-
tione vidistis, fas fuit sequi libertatis officia, cum primum pedes iuxta Sarni fluenta
securus et incautus defigerem, subito heu! mulier, ceu fulgur descendens, apparuit,
nescio quomodo, meis auspitiis undique moribus et forma conformis. O quam in
eius apparitione obstupui! Sed stupor subsequentis tonitrui terrore cessavit. Nam
sicut diurnis coruscationibus illico succedunt tonitrua, sic inspecta fiamma pulcritu-
dinis huius Amor terribilis et imperiosus me tenuit, atque hic ferox, tanquam domi-
nus pulsus a patria post longum exilium sola in sua repatrians, quicquid eius contra-
rium fuerat intra me, vel occidit vel expulit vel ligavit. Occidit ergo propositum illud
laudabile quo a mulieribus suisque cantibus abstinebam; ac meditationes assiduas,
quibus tam celestia quam terrestria intuebar, quasi suspectas, impie relegavit; et
denique, ne contra se amplius anima rebellaret, liberum meum ligavit arbitrium, ut
non quo ego, sed quo ille vult, me verti oporteat. Regnat itaque Amor in me, nulla
refragante virtute [].

(A me, dunque, staccatomi dalle soglie della corte, poi sospirata, nella quale, come
spesso vedeste con compiacimento fu lecito adempiere uffici liberali, appena ebbi
posto sicuro ed incauto i piedi presso la corrente del Sarno, dimprovviso, ahim,
una donna, come folgore dallalto, apparve, non so come, ai miei voti in tutto per
costumi e bellezza conforme. O quanto fu il mio stupore a quella apparizione! Ma
lo stupore cess per il terrore del tuono che segu. Poich come ai diurni baleni
succedono i tuoni, cos scorta la fiamma di questa bellezza Amore tremendo ed
imperioso mi ebbe suo, e questo feroce come un signore che cacciato dalla patria
dopo lungo esilio ritorni nelle sue terre, qualsiasi cosa era stata dentro di me a lui
contraria o uccise o sband o imprigion. Uccise dunque quel proposito lodevole
per cui mi tenevo lontano dalle donne e dai loro canti, e cacci empiamente come
sospette le assidue meditazioni con le quali andavo considerando le cose del cielo e
della terra, ed infine, perch lanima mia non potesse pi ribellarsi contro di lui,

54.Il collegamento gi suggerito da Baldelli, Dante e Francesca, cit., pp. 84-85, e da Rati,
Lamore di Francesca, cit., pp. 38-39.

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donato pirovano

mise in catene il mio libero arbitrio, sicch bisogna chio mi volga dove non io ma
egli vuole. Cos regna Amore in me, non resistendogli alcuna virt []).

Questo amore, terribile e imperioso, che avvince Dante alle falde del Ca-
sentino (siamo circa intorno al 1306) quello che ha dannato Francesca e il
suo compagno di pena. Si pu comprendere, allora, perch Dante le con
ceda ancora la parola, a illustrare quellistante che fa scattare lamore, tema
poetico che ha affascinato lui e altri suoi sodali, come almeno il maggior
Guido e lamico Cino.55 Come ha spiegato Umberto Bosco, il punto focale
dellepisodio consiste nella domanda: che cosa pu far s che unattrazione
innocente si tramuti in peccato? 56 La donna non si sottrae al cmpito, seb-
bene come a suo giudizio pu sperimentare anche Virgilio non c
maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria. In poche den-
se parole, Francesca cita Boezio,57 sa riconoscere il dottore che sta accom-
pagnando Dante svelando dunque che non doveva essere digiuna almeno
dellEneide come dimostra anche unesplicita citazione del poema latino,58
confessa che il punto che [] vinse lei e il suo amante un passo del Lan-
celot in prosa,59 testo ben fisso nella memoria di Dante se anche Beatrice ap-
parir pi tardi nei panni della dama di Malehaut, attrice non protagonista
del medesimo episodio (Par., xvi 13-15: onde Beatrice, chera un poco sce-
vra, / ridendo, parve quella che tossio / al primo fallo scritto di Ginevra).60

55.Cfr. D. Pirovano, Il dolce stil novo, Roma, Salerno Editrice, 2014, p. 196: I poeti dello
Stilnovo sono affascinati dallattimo dellinnamoramento, quel momento improvviso, trau-
matico e sconvolgente che modifica lo stato psicofisico dellindividuo.
56.Cfr. Dante Alighieri, La Divina Commedia, a cura di U. Bosco e G. Reggio, Firenze,
Le Monnier, 1979, 3 voll., vol. i p. 67.
57.Boezio, Cons. Phil., ii 4 2: in omni adversitate fortunae infelicissimum est genus infor-
tunii fuisse felicem (in ogni avversit il genere pi infelice di sfortuna consiste nellessere
stati felici).
58.I vv. 124-26 (Ma sa conoscer la prima radice / del nostro amor tu hai cotanto affetto, /
dir come colui che piange e dice) derivano da Aen., ii 10-13: Sed si tantus amor casus co-
gnoscere nostros / et breviter Troiae supremum audire laborem, / quamquam animus memi-
nisse horret luctuque refugit, / incipiam (Ma se proprio desideri conoscere le nostre disgra-
zie ed ascoltare brevemente lestrema sciagura di Troia, quantunque il mio animo inorridisca
al ricordo e rilutti di fronte a cos grave dolore, parler).
59.Per il libro che stanno leggendo i due amanti infernali importante il contributo di D.
Delcorno Branca, Tristano e Lancillotto in Italia. Studi di letteratura arturiana. Note sul Lancelot,
Ravenna, Longo, 1998 (con bibliografia pregressa). Per la studiosa, Dante utilizza il Lancelot
secondo il testo diffuso in Italia (p. 146) vicino al ms. Laurenziano 89 inf. 61. Cfr. ora anche E.
Lombardi, Francesca lettrice di romanzi e il punto di Inferno v, in LA, n.s., a. xliii 2014, n. 55 pp. 19-39.
60.M. Santagata, Cognati e amanti. Francesca e Paolo nel v dellInferno, in Romanistisches
Jahrbuch, a. xlviii 1997, pp. 120-56, a p. 133: se Dante pu usare lo stesso episodio per rica-

24
lettura del canto v dellinferno

Se gi nella sua argomentazione iniziale Francesca aveva citato Guiniz-


zelli61 e una massima dellamore spirituale,62 non c dubbio che nelle inten-
zioni di Dante ella si deve stagliare come donna clta, che conosce alme
no tre lingue: latino, lingua dol, lingua del s. Alla prima radice dellamore,
ancora non pienamente rivelato nonostante unatmosfera di intimit in-
consapevole e insieme colpevole63 (soli eravamo e sanza alcun sospetto,
v. 129), c, dunque, una lettura. Limmedesimazione tale per cui Galeot-
to fu l libro e chi lo scrisse (v. 137), ma essa solo una miccia. Il libero arbi-
trio, dono altissimo del creatore, permetterebbe allessere umano di discer-
nere (Purg., xviii 70-72):
Onde, poniam che di necessitate
surga ogne amor che dentro a voi saccende,
di ritenerlo in voi la podestate.

Come Tristano e Isotta bevono il filtro fatale, Francesca e il suo amante be-
vono quella lettura e non si arrestano pi, trascinati per sempre dal vento
della passione: quel giorno pi non vi leggemmo avante (v. 138). Lamore
irresistibile di Francesca, che luccica nellaria scura del secondo cerchio,
quindi, non e non potr mai essere laudabil cosa; si veda, infatti, Purg.,
xviii 34-39:
Or ti puote apparer quant nascosa
la veritate a la gente chavvera

varne un paragone applicabile niente meno che a Beatrice, e per di pi in Paradiso, evidente-
mente il libro non gli appariva immorale.
61.G. Guinizzelli, Al cor gentil, v. 11: Foco damore in gentil cor saprende, gi assorbito
da Dante in V.n., xx 3, vv. 1-2: Amore e l cor gentil sono una cosa, / s come il saggio in su
dittare pone. Senza dimenticare, se non altro per il verbo prendere nel significato di innamo-
rare, i destinatari del primo sonetto di V.n., iii 10, v. 1: A ciascunalma presa e gentil core.
62.Per il v. 103, Amor, cha nullo amato amar perdona, pi che indicare una citazione
imprecisa o addirittura una deformazione di passi del De Amore del Cappellano, conviene
forse rimandare la citazione di Francesca ad Agostino, De catechizandis rudibus, iv 7, come gi
segnalato nelle cosiddette seconda e terza redazione di Pietro Alighieri. Cfr. anche Dante
Alighieri, Inferno, ed. Inglese, cit., p. 90: Non , come si suole ripetere, una massima della-
more cortese, ma dellamore spirituale (Purg., xxii 10-11: Amore, / acceso di virt, sempre
altro accese), di quellamore che riflette in s lamicizia [] fra Creatore e creatura.
63.Santagata, Cognati e amanti, cit., p. 125; e cfr. anche Malato, Dottrina e poesia nel canto di
Francesca, cit., p. 94: Sono soli e sanza alcun sospetto, inconsapevoli della passione che li
possiede e sta per travolgerli. Contro questa lettura tradizionale cfr., invece, Battaglia Ric
ci, I dubbiosi disiri di Francesca, cit., p. 164, e S. Carrai, Lelegia di Francesca, in Id., Dante e lantico.
Lemulazione dei classici nella Commedia, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2012, pp. 3-24, a p. 3:
soli e al riparo da sguardi indiscreti.

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donato pirovano

ciascun amore in s laudabil cosa;


per che forse appar la sua matera
sempre esser buona, ma non ciascun segno
buono, ancor che buona sia la cera.

Eppure bisogna ammettere che le sue parole hanno infiammato e commos-


so e continuano a farlo anche e soprattutto nelle letture pubbliche del
canto generazioni di lettori, e, per giunta, hanno prodotto interpretazioni
non propriamente aderenti al messaggio implicito nel poema: il pensiero va
soprattutto alle letture romantiche, quella di un grande poeta come Foscolo
e quella di un fine esegeta come De Sanctis.64 Se la Commedia il poema del
lamore,65 Francesca lunica donna ad aver voce nellinferno a parte (e, si
visto, non certo casualmente) Beatrice ha un cmpito decisivo, cosicch,
come si mostrato, lepisodio degli amanti menati dal vento come colombe
si irradia in punti nevralgici dellintera opera.66 Per un ruolo cos determi-
nante per dar voce alle insidie di una passione che pu salvare ma anche
dannare lagens del viaggio e lauctor del poema non potevano convocare
una prostituta, una cattiva lettrice, unaffabulatrice creativa, una intellettua-
le di provincia e simili figure.67
Padre Antonio Cesari, contro certe degenerazioni esegetiche dellepiso-
dio, tuon perentoriamente: Francesca non era una bagascia.68 Credo sia
giunto il momento di dire con forza che Francesca non nemmeno unin-
tellettuale di provincia. Per gli intellettuali e i filologi, anche quelli bravi e di

64.Cfr. Malato, Dottrina e poesia nel canto di Francesca, cit., pp. 52-54, e L. Renzi, Le conseguen-
ze di un bacio. Lepisodio di Francesca nella Commedia di Dante, Bologna, Il Mulino, 2007, passim.
65.Cfr. Baldelli, Dante e Francesca, cit., pp. 72-87, e Pirovano, Dante e il vero amore, cit., pp.
11-31.
66.Orlando, Da Francesca a Beatrice, cit., p. 55: Lepisodio di Paolo e Francesca risulta a
mio avviso capitale per la comprensione dellintera opera. Sulle riprese nei canti centrali del
poema in cui Dante disegna la teoria cristiana dellamore cfr. soprattutto Malato, Amor corte-
se e amor cristiano, cit., pp. 646-57.
67.Per cattiva lettrice cfr. C. Garboli, Dante e Guido, in Id., Pianura proibita, Milano,
Adelphi, 2002, pp. 52-63, a p. 153; per affabulatrice creativa cfr. Santagata, Cognati e amanti,
cit., p. 126; per intellettuale di provincia cfr. G. Contini, Dante come personaggio-poeta della
Commedia, in Id., Unidea di Dante. Saggi danteschi, Torino, Einaudi, 1976, pp. 33-62, a p. 42 ( una
Lettura del 1957, poi riprodotta nellApprodo letterario, gennaio-marzo 1958, e lo stesso an-
no, senza note, nel volume Secoli vari della Libera Cattedra della Civilt fiorentina, Firenze,
Sansoni).
68.La frase pronunciata dallavvocato Agostino Zeviani nel Dialogo secondo di A. Cesari,
Bellezze della Commedia di Dante Alighieri, a cura di A. Marzo, Roma, Salerno Editrice, 2003, 3
voll., vol. i pp. 108-48, a p. 147 (a testo: Francesca, non era una bagascia).

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lettura del canto v dellinferno

provincia, c un posto nellhortus conclusus della loro disciplina. Difficilmente


possono essere accolti negli spazi aprichi della poesia e da l entrare nel mito.69

Donato Pirovano

Se poco prima Dante si era sentito accolto sesto tra cotanto senno (Inf., iv 102), pare
che nel canto v dellInferno egli abbia la prima vera occasione di corrispondere a quello-
norevole privilegio. Dunque, davanti a Virgilio, giudice unico di questo certame lettera-
rio, il nuovo poeta entra nellagone, consapevole di legittimare quellepiteto se la sua
poesia sapr trasformare una sconosciuta relazione tra un uomo e una donna in un nuo-
vo mito damore e di morte. Lamore di Francesca e del suo compagno un amore irre-
sistibile, esclusivo, duraturo, cos intenso che non si arresta nemmeno con la morte, ca-
ratteri che furono prerogative pure dellamore di Dante per Beatrice. Non possono non
stupire, allora, i fitti contatti tra Inf., v, e Purg., xxx-xxxi, quando lappena ritrovata Bea-
trice rimprovera lagens per i suoi traviamenti. Per amore ci si perde e per amore ci si
salva: il crinale stretto. Il fedele consiglio della ragione pu orientarlo, ma luomo
fragile. Se la Commedia il poema dellamore, Francesca lunica donna ad aver voce
nellinferno a parte (e non certo casualmente) Beatrice ha un cmpito decisivo, cosic-
ch lepisodio degli amanti menati dal vento come colombe si irradia in punti nevralgici
dellintera opera.

If Dante short time before felt welcomed as sixth among such intellects (Inf., iv 102), in Inferno
v he seems having its first opportunity to meet this honourable privilege. Thus, the new poet enters the
lists before Virgil, who is the only judge of this literary competition. He does it in the knowledge that
he will deserve that qualification, once his poetry will be able to transform an anonym love affair
between a man and a woman in a brand new myth of love and death. Paolo and Francescas love is
irresistible, exclusive, long-lasting, so intense that not even death can stop it. Such were also the char-
acters of Dantes love for Beatrice. There is no surprise, then, why Inf., v has so many contacts with
Purg., xxx-xxxi, when Beatrice blamed the agens for his straying. Love corrupts as well as it saves.
The edge is tiny. The faithful advice of reason can steer it, but man is weak. If the Commedia is the
poem about love, Francesca the only woman speaking in the hell, except (it is no coincidence) Bea-
trice has a crucial task. That is why the episode of the lovers pulled by the wind as doves spreads in
decisive passages of the whole work.

69.Dante Alighieri, La Divina Commedia, Commento e analisi critica di G. Giacalone,


Roma, Signorelli, 1988, 3 voll., vol. i. Inferno, p. 149: D[ante] presentando la vicenda di Fran-
cesca nelle sue dimensioni di tempo felice e di miseria eterna, ha creato un nuovo mito poetico,
in cui la idillica rievocazione di quellamore, iniziata sotto gli auspici cortesi e stilnovistici, la-
scia nel suo animo langosciosa meditazione circa le conseguenze tragiche e fatali del modo,
della intensit di quellamore, che ancora loffende. []; perci essa non pu esser quelleroi-
na damore, che il De Sanctis cos magistralmente e romanticamente ci ha offerto; n pu
esser portata al ruolo di una lettrice di provincia, vittima delle sue letture, e tanto meno al li-
vello di qualche favolosa Heroide ovidiana, come altri critici suggestivamente hanno voluto.

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