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13 storie per riflettere - III

Amor Ben
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13 storie per riflettere - III

Amor Ben
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Voglio ringraziare tutte le persone che nella mia vita mi hanno


raccontato storie, mi hanno insegnato ad amarle e a scegliere
o inventarne una per ogni occasione, e specialmente i miei, che
mi hanno trasmesso l’amore per la lettura, e per le storie, fin
da piccola…

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13 storie per riflettere - III

Indice
Un rifugio sicuro .......................................................................................... 6
Le parole del maestro zen ....................................................................... 8
Tutto questo passerà ............................................................................. 10
Il valore delle cose ..................................................................................... 13
Il fantasma della moglie .......................................................................... 16
Il pescatore e il businessman ............................................................... 18
Il barattolo e i sassi................................................................................... 21
I due alberi ................................................................................................... 24
La donna ideale ......................................................................................... 26
Il tempo che piace a me ........................................................................... 28
L’angelo della morte ................................................................................. 30
Le chiavi e la luce ....................................................................................... 32
Inferno e paradiso.................................................................................... 34

Amor Ben
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Perché queste storie?


Ogni lunedì sul mio sito www.amorben.es/ottimizzatrice, in cui
parlo di argomenti inerenti il mio lavoro come coach delle
relazioni, pubblico una storia per riflettere, per cambiare punto
di vista, per trovare spunti diversi e, spero, ispirazioni utili.
Sono storie che provengono da diverse culture, alcune si
trovano in più di una, ma sono tutte storie che parlano di
aspetti che normalmente non teniamo in considerazione,
perché ci sembrano poco importanti e che, invece, possono
nascondere chiavi di volta inattese.

Perché 13 storie?
Perché amo particolarmente il numero 13, devo ammettere che
in parte perché è un numero spesso emarginato, ma anche
perché secondo la numerologia è equivalente al numero
quattro, conosciuto come il costruttore, l’organizzatore e (mi
oso aggiungere la mia personale versione) l’ottimizzatore…
Ma soprattutto perché 13 settimane sono un trimestre di
storie e mi piaceva l’idea di fare quattro raccolte ogni anno.

Come leggere questo e-book?


Si può leggere tutto d’un fiato, una storia alla volta, o può
essere aperto “a caso” quando uno è in difficoltà e sente il
bisogno di una nuova ispirazione.

Tutto qui?
Non esattamente. Dopo alcune delle storie ci saranno delle
domande, delle domande per riflettere, per fare autoanalisi e
per allenare la capacità di trovare le risposte dentro di noi,
come facevano le persone che hanno inventato queste storie.

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13 storie per riflettere - III

Un rifugio sicuro

Dicono che c’era una volta un sovrano potente che, sapendo


che il numero dei giorni che gli restavano da vivere diminuiva
inesorabilmente. Si chiedeva cosa sarebbe diventato il suo bel
impero, quando sarebbe stato costretto ad abbandonarlo con
tutti i nemici che lo circondavano da ogni lato? Cosa avrebbe
potuto fare il giovane principe, quel figlio troppo giovane e
inesperto che il sovrano aveva avuto, ahimè, in tarda
età? Dove avrebbe potuto rifugiarsi? Chi lo avrebbe protetto?
Questi pensieri tormentavano il vecchio re, tanto che un giorno
disse al principe: “Figlio mio, io non regnerò più per molto tempo
e ignoro ciò che accadrà dopo la mia morte. Ci sono molti
nemici intorno al trono. Ho tanta paura per l’impero che ho
costruito e anche per te. Morirei tranquillo se sapessi che hai
un rifugio sicuro che ti protegga in caso di pericolo. Per questo
ti consiglio di andare per il regno e di costruire fortezze in tutti
gli angoli possibili, per tutti i confini del paese”. Obbediente, il
giovane si mise immediatamente in cammino.
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Percorse tutto il Paese, per monti e per valli, e dove trovava il
posto conveniente, faceva costruire grandi fortezze solide e
imponenti. Le fortezze sorsero nelle profondità delle foreste,
nelle valli più nascoste, sulla sommità delle colline, nei deserti, in
riva ai fiumi e sui fianchi delle montagne. Questo costò molto
denaro, ma il principe non badava a spese: erano in gioco la
sua vita e il suo trono. Dopo un po’, il giovane ritornò a palazzo.
Stanco, dimagrito, ma soddisfatto d’aver portato a termine il
compito, corse a presentarsi dal padre. “Ebbene, figlio mio,
com’è andata? Hai fatto ciò che io ti avevo detto?” gli domandò
il re. “Si, padre”, rispose il principe. “In tutto il paese si
innalzano fortezze imprendibili: nei deserti, sulle montagne, nel
profondo delle foreste”. Ma il vecchio re, invece di
congratularsi per tutti gli sforzi del figlio, scuoteva la testa
come in preda ad un forte dispiacere.
— Non era questo, figlio mio, che avevo in mente io. Devi tornare
indietro e ricominciare — disse. — Le fortezze che tu hai
costruito non ti proteggeranno assolutamente in caso di
pericolo: tu sarai solo e non per quei muri e quelle pietre potrai
sfuggire alle imboscate e alle trappole dei tuoi nemici. Tu devi
costruirti dei rifugi nel cuore delle persone oneste e
buone. Devi cercare queste persone, e guadagnarti la loro
amicizia: soltanto allora saprai dove rifugiarti nei momenti
difficili. Là dove un uomo ha un amico sincero, là trova un tetto
sotto cui ripararsi.
Il principe si rimise in cammino. Non più per i deserti, i dirupi, le
foreste selvagge, ma per andare verso la gente, tra loro, per
costruire dei rifugi come immaginava suo padre, il vecchio re
pieno di saggezza. E questo richiese molti più sforzi e
fatiche. Ma il principe non li rimpianse mai. Perché, quando
dopo un certo tempo il vecchio sovrano si spense e lasciò
questo mondo, il principe non aveva più nessun nemico da
temere.

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Le parole del maestro zen

Dicono che c’era una volta un contadino giapponese disperato


che chiese un incontro con un famoso maestro di meditazione
– un maestro Zen – e il suo allievo: quando si presentò il
contadino disse: “Maestro, mi devi aiutare! Sono disperato! Mia
moglie mi ha scacciato di casa perché dice che sono un
fannullone, mio figlio maggiore è scappato con una geisha
invece di aiutarmi nei campi, il Daimyo ha preso gli altri due miei
figli maschi per le sue guerre, non mangio da tre giorni, mia
madre è morta il mese scorso. Ti prego aiutami, solo tu puoi
farlo!!!”.
Maestro e discepolo si trovavano nel giardino della loro dimora,
l’allievo guardò il Maestro che sembrava pensoso. Una farfalla
svolazzava allegramente tra fiori rossi porpora e il cielo era
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terso, spirava una leggera brezza primaverile che rinfrescava
l’ambiente. Il contadino era trepidante in attesa della risposta
che il Maestro gli avrebbe dato e anche il discepolo non poteva
proprio immaginare come il Maestro avrebbe potuto aiutare il
povero contadino. Dopo qualche minuto il maestro si voltò
verso il contadino e gli disse: “Ricordati che l’acqua scorre nel
ruscello, le farfalle volano, il vento ci accarezza e il cielo è blu.”
Il contadino rimase ammutolito per qualche secondo, poi iniziò
a ringraziare il Maestro e ad inchinarsi, sembrava veramente
sollevato dal peso delle sue disgrazie. Quando il contadino se
ne andò, il discepolo si rivolse al Maestro: “Maestro, non ho
capito il senso della sua risposta” e il Maestro gli disse: ‘Aspetta,
abbi pazienza! ’
Passò un anno e il contadino tornò a fare visita al Maestro. La
sua condizione esteriore denotava un sicuro miglioramento
rispetto l’anno precedente. Arrivato al cospetto del Maestro
Zen gli disse: “Maestro, le sue parole mi hanno veramente
aiutato, mi hanno svelato lati che non vedevo nella mia
situazione. Mia moglie mi ama e mi accudisce, il mio figlio
maggiore è tornato e mi aiuta seguendo le mie indicazioni,
anche il Daimyo ha ascoltato questo povero contadino e ha
restituito entrambi i miei figli minori che così possono aiutarmi
nei campi. Sono diventato un uomo benestante e felice e
questo lo devo ai tuoi preziosissimi consigli”.
Il contadino fece un dono al Maestro e se ne andò. Quando
furono soli, il discepolo disse: “Maestro, non ho ancora capito,
malgrado ci abbia meditato tutto l’anno, come le tue parole
possano aver aiutato quel contadino. Ti prego, spiegamelo!”
Il Maestro gli rispose: “caro discepolo, è questo uno dei
vantaggi di essere un Maestro Zen: puoi dire quello che ti
passa per la testa sicuro che la gente lo interpreterà come
grande insegnamento! E agirà di conseguenza!”

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Tutto questo passerà

Dicono che c’era una volta un re che convocò i più saggi del
reame e chiese loro: – “Esiste un mantra oppure un
suggerimento che funzioni in ogni situazione, in ogni
circostanza, in ogni luogo e in qualsiasi momento? Qualcosa
che mi possa aiutare quando nessuno di voi mi sta accanto
per darmi dei consigli? Ditemi, esiste un tale mantra?” Tutti i
saggi erano sorpresi dalla domanda del Re. Una risposta per
tutte le domande? Qualcosa che possa funzionare ovunque, in
ogni gioia, in ogni pena, in ogni sconfitta e anche in ogni
vittoria?
Pensarono e ripensarono. Dopo un po’ un anziano suggerì
qualcosa che andò bene a tutti. Poi andarono dal re e gli
portarono il risultato scritto su carta che Il Re mise sotto il suo
anello di diamante per poterlo guardare nei momenti di
emozioni estreme, in cui, sentendosi da solo, non sapesse
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cos’altro fare, quando non avesse altra scelta, solo allora lo
avrebbe potuto leggere.
Passò un po’ di tempo e i vicini attaccarono il Regno. Fu un
attacco di sorpresa. Il Re e il suo esercito combatterono
coraggiosamente ma persero la battaglia. Il Re dovette
scappare a cavallo e inoltrarsi nella giungla. All’improvviso il Re
si trovò alla fine di una strada chiusa. Sotto c’era un dirupo,
buttarsi significava morire. I nemici che lo stavano inseguendo
si stavano avvicinando e il Re era preoccupato, non sembrava
avere via d’uscita…
Quando all’improvviso vide il diamante che brillava sotto il sole e
si ricordò del messaggio nascosto nell’anello. Lo aprì e lesse il
messaggio: “Anche questo passerà.” Il Re lo lesse e poi lo lesse
ancora. Più lo leggeva, più si rasserenava e sentiva meno
pressione. – È vero! Anche questo passerà! Solo pochi giorni fa
ero il Re più potente fra tutti. E ora il Regno con tutti i suoi
piaceri è sparito. E sono qua che cerco di scappare. E così
come quei giorni sono passati, anche questo giorno di pericolo
passerà. Nulla era cambiato, era ancora davanti al dirupo, ma
ora lo vedeva in un modo diverso. Il posto era pieno di bellezza
naturale. La rivelazione del messaggio gli aveva fatto un
grande effetto. Si rilassò e si nascose dietro ad un rovo e
ripensò tutta la sua situazione. Dopo qualche istante realizzò
che il rumore dei cavalli si era allontanato. I nemici si erano
spostati da un’altra parte, verso le montagne vicine.
Siccome era molto coraggioso, ostinato e capace, il re
riorganizzò il suo esercito e combatté di nuovo. Sconfisse il
nemico e riprese il suo impero. Dopo la vittoria, venne ricevuto
con grande splendore. L’intera capitale era nell’euforia della
vittoria; fuochi di artificio, e piogge di fiori venivano lanciati sul
re in segno di onore e riconoscimento. La gente cantava e
ballava. Per un istante il Re si disse: – “Sono uno dei Re più

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grandi e coraggiosi che sia mai esistito. Non è facile
sconfiggermi.” Sentiva un senso di ego emergere e gonfiare…
Poi, all’improvviso il diamante dell’anello brillò nella luce del sole e
così ricordò il messaggio. Lo aprì e lo lesse di nuovo: “Anche
questo passerà”. Diventò silenzioso. Il suo volto cambiò
totalmente – tornò in uno stato di profonda umiltà, serenità e
vigilia. – È vero! Anche tutto questo passerà, perché non è tuo,
è solo una circostanza, non ti definisce. La sconfitta era una
circostanza, la vittoria pure… Sei semplicemente uno
spettatore, un attore, forse anche il regista ma… sei molto di
più! Tutto passa. Siamo testimoni di tutto questo. La vita viene
e va. La felicità viene e va. La sofferenza viene e va. Quello che
rimane sei tu, la tua serenità e il racconto delle tue esperienze
vissute.

Cosa succederebbe se
smettessi di fare le cose
che “devi fare”?

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Il valore delle cose

Dicono che c’era una volta un ragazzo che voleva diventare


monaco zen ma non riusciva come i suoi compagni, un giorno
andò dal maestro singhiozzando e piangendo.
— Jari (maestro), sono tanto triste. Dicono tutti che sono un
buono a nulla, che sono stupido, lento e debole. Come posso
migliorare? Come posso dimostrare il mio valore davanti agli
altri?”. Il Maestro, senza nemmeno guardarlo, rispose:
— Mi spiace molto, ma adesso non posso aiutarti, perché gli altri
allievi ed io abbiamo fame. Devo prima risolvere un mio
problema. Forse dopo. Ma se vuoi aiutarmi, potrò risolvere il
mio problema più in fretta e forse potrò aiutarti con il tuo.
— Si Jari, — acconsentì mestamente, sentendosi ancora una
volta umiliato. Il maestro sfilò dal pollice un anello, lo diede
all’allievo, e gli disse: — Prendi un cavallo e porta questo al

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mercato. Trova un compratore, e con i soldi compra del cibo
per me, per te e per gli altri. Devi ricavare dalla vendita il più
possibile, ma non accettare meno di una moneta d’argento. Vai
e torna con il cibo il prima possibile.
Il ragazzo mise l’anello in tasca e partì. Giunto al mercato del
villaggio ai piedi della montagna, provò a venderlo ai vari
commercianti presenti. Tutti lo guardavano con molto
interesse, finché l’allievo non diceva il prezzo richiesto dal
maestro. Ogni volta che diceva di volere una moneta
d’argento, alcuni scoppiavano a ridere, altri si allontanavano
guardandolo storto. L’unico che cercò, per aiutarlo, di
comprarglielo, gli offrì 10 monete di bronzo, ma lui rifiutò
ricordando le istruzioni del maestro. Dopo tante ore e
umiliazioni tornò a casa ancora più triste e sentendosi un
completo fallimento.
— Mi dispiace molto, Jari, ma è impossibile ottenere per questo
anello quanto da lei richiesto. L’anello non vale tanto come
pensi tu.
Il maestro sorrise e guardandolo gli disse: — Ciò che mi dici è
importante. E’ giusto scoprire prima quale sia il vero valore
dell’anello. Prendi di nuovo il cavallo, e questa volta vai dal
mercante di gioielli. Digli che vuoi venderlo e fatti dire quanto
pagherebbe per averlo. Ma, bada bene, non importa quanto lui
possa offrirti, non venderglielo. Per il cibo abbiamo già
provveduto.
Il ragazzo corse dal mercante indicatogli dal maestro e gli
mostrò l’anello. Il mercante lo prese in mano, lo pesò, lo
esaminò con una lente di ingrandimento, e disse:
— Ragazzo, puoi dire al tuo maestro che se desidera venderlo
ora, posso dargli 75 monete d’argento”.
— 75 monete d’argento! — Esclamò l’allievo, euforico.

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—Si, — replicò il mercante. — So che è poco, magari tra un mese
potrei offrirgli anche una moneta d’oro, ma se la vendita è
urgente…
Il ragazzo corse emozionato dal maestro per raccontare
quanto era accaduto. Dopo aver udito l’offerta del mercante, il
maestro fece sedere l’allievo accanto a sé e disse: — Vedi,
questo anello, è un gioiello prezioso e unico nel suo genere. Può
essere valutato soltanto da uno specialista. Pensavi davvero
che chiunque potesse scoprirne il vero valore?
— E, così dicendo, si rimise l’anello al dito. Ognuno di noi è
prezioso e unico, perché nessuno nasce uguale a qualcun
altro. Eppure vaghiamo tristi e confusi per tutti i mercati della
nostra vita pretendendo che persone inesperte riconoscano il
nostro valore…

Come ti dimostri
l’amore verso te
stesso?

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Il fantasma della moglie

Dicono che c’era una volta una giovane moglie che si ammalò e,
quando era in punto di morte chiamò il marito al suo capezzale.
— Ti amo tanto — disse al marito —che non voglio lasciarti. Non
tradirmi mai con nessun’altra donna. Se lo fai, tornerò sotto
forma di fantasma e ti darò fastidi a non finire.
Ben presto la moglie morì, e il marito… per i primi tre mesi,
rispettò il suo ultimo desiderio, ma poi incontrò un’altra donna
e se ne innamorò. Così i due si fidanzarono. Subito dopo il
fidanzamento, tutte le notti all’uomo appariva un fantasma
che gli rimproverava di non mantenere la sua promessa. Ed
era un fantasma molto intelligente. Gli diceva per filo e per
segno tutto quello che era successo tra lui e la sua nuova
fidanzata. Tutte le volte che lui faceva un regalo alla sua
promessa sposa, il fantasma lo descriveva in tutti i particolari.
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Ripeteva persino i loro discorsi, e tormentava l’uomo a tal
punto che il poveretto non riusciva a chiudere occhio.
Qualcuno gli consigliò di sottoporre il suo problema a un
maestro Zen che viveva nei pressi del villaggio. E infine,
disperato, il pover’uomo andò a chiedergli aiuto.
— Fammi vedere se ho capito. La tua prima moglie è diventata
un fantasma e sa tutto quello che fai — riepilogò il maestro. —
Qualunque cosa tu faccia o dica, qualunque cosa tu regali alla
tua innamorata, il fantasma lo sa. Dev’essere un fantasma
molto sagace. Francamente, dovresti ammirare un fantasma
del genere. La prossima volta che ti appare, vieni a patti con lei.
Dille che è così abile che non puoi nasconderle niente, e che se
risponderà a una domanda tu le prometterai di rompere il
fidanzamento e di restare vedovo.
— Qual è la domanda che devo farle? — disse l’uomo temendo di
dover rimanere per sempre solo.
— Prendi una gran manciata di semi di soia — rispose Il
maestro — e domandale quanti semi hai in mano. Se non è in
grado di dirtelo, saprai che è soltanto la tua immaginazione e
non ti tormenterà più.
La notte dopo, quando gli apparve il fantasma, l’uomo prima si
mise ad adularla, le disse che era stupito dal fatto che lei
sapesse tutto.
— Infatti, — rispose il fantasma —e so che oggi sei andato a
trovare quel maestro Zen.
— E visto che sei così brava— ribatté l’uomo — devo chiederti
una cosa: dimmi, quanti semi ho in questa mano?
Non ci fu più nessun fantasma che rispondesse a quella
domanda.

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Il pescatore e il businessman

Dicono che c’era una volta un uomo d’affari in vacanza in


Messico che, camminando con il suo cellulare in cerca di campo
per fare una chiamata importante incontrò un pescatore che
passeggiava… sentendo il sole in faccia e la sabbia sotto i piedi,
con un secchio pieno di splendidi pesci giganti, appena pescati.
L’americano, frustrato perché non riusciva a sfruttare al
massimo la giornata, quasi pentito di essersi preso una
vacanza, vide un’occasione e si diresse verso il pescatore. Si
complimentò con lui e gli chiese quanto tempo gli era servito
per tirare su quel ben di Dio.
— Poco fortunatamente — rispose, con quel sorriso che
traspariva sia dagli occhi che dai denti sotto quegli enormi
baffi…
— Ma allora perché non sei rimasto a fare il pieno? — chiese
subito l’americano, sentendosi rispondere che quanto vedeva
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era già abbastanza per i bisogni della sua famiglia e per
vendere qualcosa al dettagliante per pagare le altre spese.
— Ma, come? Cosa fai nel resto del tuo tempo, sei così
impegnato? — continuò a indagare l’americano incredulo.
— Non tanto, ma abbastanza da dedicarmi solo a questo —
rispose con sincerità il pescatore. — Il tempo mi serve per
dormire dopo la pesca del mattino, curare il mio piccolo
orticello, giocare coi miei bambini, stare un po’ con mia moglie e
anche per passeggiare per il paese, magari bevendo un
bicchierino o facendo una partita a carte con gli amici.
— Davvero? — disse l’americano. — Potresti pescare molto di più
e vendere a più grossisti anziché ad un solo dettagliante.
Avresti più profitti con i quali potresti comprarti una barca
nuova, più grande. — mentre parlava si immaginava tutto e
costruiva castelli su castelli nella sua mente — Poi potresti
comprarne altre fino ad avere una piccola flotta e
guadagneresti 100 volte di più.
— E quanto tempo mi ci vorrebbe? — domandò il pescatore,
curioso.
— Credo 15-20 anni — rispose il businessman facendo conti con
elementi noti e non, tasse, inflazione, mercati…
— Mmm e poi? — chiese il pescatore che ancora non capiva il
senso di tutto quello che intuiva nella mente dell’americano ma
che non riusciva a vedere…
— Poi, se avrai fatto le cose bene potrai addirittura quotarti in
borsa!
— Mmm e poi?
— Poi potresti venderla e guadagnare milioni di dollari.
— Mmmm e poi?
— Bé…a quel punto potresti ritirarti giovane. Potresti trovare
un posto come questo, giocare con i figli, passare un po’ di
tempo con tua moglie, berti un bicchiere con i tuoi amici…
— Ah… adesso ho capito — rispose il pescatore — diverrei molto
ricco…
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— Se ci pensa bene però, il suo piano ha un po’ di falle: prima di
tutto, i miei figli fra 15 o 20 anni saranno già grandi e avranno le
loro vite, e meno bisogno di me; se pescassi tutto quel pesce il
mare non riuscirebbe a riprendersi così facilmente, e
soprattutto… dovrei sacrificare tutto ora per finire (forse) a
fare esattamente ciò che sto già facendo oggi… — e con il suo
largo sorriso salutò l’americano e continuò con i suoi passi
sereni e in armonia con il mondo…

Se potessi avere un
superpotere quale
sceglieresti?
Perché?

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Il barattolo e i sassi

Dicono che una volta un anziano professore venne contattato


per tenere una lezione di formazione sulla “Pianificazione
efficace del tempo” ad un gruppo di una quindicina di dirigenti
di importanti aziende. Il corso faceva parte di una delle cinque
sessioni della loro giornata di formazione, e il professore aveva
a disposizione solamente un’ora “per fare lezione”.
In piedi, davanti a questo gruppo d’élite (pronto a prendere
appunti su tutto ciò che l’esperto stava per insegnare),
l’anziano professore li guardò ad uno ad uno, lentamente, e
poi disse: “Adesso faremo un esperimento”.
Da sotto al tavolo che lo separava dagli allievi, il vecchio
professore tirò fuori un grande recipiente di vetro da più di 4
litri, e lo posò delicatamente davanti a sé. Poi tirò fuori una

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dozzina di ciottoli grandi all’incirca come delle palle da tennis ed
uno ad uno li mise delicatamente dentro il vaso. Quando questo
fu riempito fino al bordo e fu impossibile aggiungere anche un
solo sasso, alzò lentamente gli occhi verso i suoi allievi e
domandò: ”Questo vaso è pieno?” Tutti risposero “Sì”.
Attese qualche secondo e aggiunse: “Davvero?” Allora si chinò
di nuovo e tirò fuori da sotto al tavolo un secondo contenitore,
questa volta pieno di ghiaia. Con attenzione versò questa
ghiaia sui grossi sassi e poi scosse leggermente il vaso. I
pezzettini di ghiaia si infiltrarono tra i sassi fino al fondo del
recipiente. L’anziano professore alzò nuovamente lo sguardo
verso il suo uditorio e ridomandò: “Questo vaso è pieno?”
Questa volta i suoi brillanti allievi cominciavano a comprendere
il suo armeggiare.
Uno di essi rispose: “Probabilmente no!”
“Bene” rispose l’anziano professore. Si piegò di nuovo e questa
volta tirò fuori da sotto al tavolo un secchio di sabbia. Con
delicatezza versò la sabbia nel vaso. La sabbia andò a riempire
gli Spazi tra i grossi ciottoli e la ghiaia. Ancora una volta
domandò: “Questo vaso è pieno?” Questa volta, senza esitare
e in coro, i suoi allievi risposero: “No!”
“Bene!” soggiunse il vecchio professore. E, come ormai si
aspettavano i suoi prestigiosi allievi, prese la brocca dell’acqua
che stava sul tavolo e riempì il vaso fino al bordo.
L’anziano professore alzò allora gli occhi verso il gruppo e
domandò: “Quale grande verità ci dimostra questo
esperimento?” Il più furbo, il più audace dei suoi allievi,
ripensando all’argomento del corso rispose: “Dimostra che
anche quando si crede che la nostra agenda sia
completamente piena, ci si possono aggiungere altri
appuntamenti, altre cose da fare.”
“No” rispose il vecchio professore “Non è questo. La grande
verità che quest’esperimento ci dimostra è la seguente: se non

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si mettono per primi i sassi più grossi all’interno del vaso, non ci
si potrà mettere tutto il resto in seguito”.
Ci fu un profondo silenzio, mentre ciascuno prendeva
coscienza dell’evidenza di questa affermazione. L’anziano
professore disse allora: “Quali sono i sassi più grossi nella
vostra vita? La vostra salute? La vostra famiglia? I vostri amici
e le vostre amiche? Realizzare i vostri sogni? Fare ciò che vi
piace? Imparare? Difendere una causa? Essere rilassati? Darsi
il tempo? O cose del tutto diverse? Quello che dobbiamo
ricordarci è l’importanza di mettere per primi nella propria vita i
sassi più grossi, altrimenti si rischia di non riuscire a fare . . . la
propria vita. Se si dà Priorità alle minuzie (la ghiaia, la sabbia) ci
si riempirà la vita di inezie e non si avrà a sufficienza del tempo
prezioso da consacrare alle cose importanti della vita.
Allora non dimenticate di porvi la domanda: Quali sono i sassi
più grossi nella mia vita? E poi metteteli per primi nel vostro
vaso”. Con un cenno amichevole della mano l’anziano
professore salutò il suo uditorio e lentamente uscì dall’aula.

Cosa perderesti se
riuscissi a fare quello
che non stai riuscendo
a fare in questo
momento?

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I due alberi

C’è una vecchia leggenda dei nativi americani che dice in


ognuna delle nostre teste ci sono un lupo buono e uno cattivo
in continua lotta, e che vince quello a cui dai da mangiare di più.
Non mi è mai sembrata abbastanza chiara perciò ho scritto la
mia versione, da raccontare per le mie bambine, e per gli altri
bambini e adulti con cui ho a che fare… è un po’ più occidentale,
più moderna, non so… spero vi piaccia!
Allora… diciamo che quando nasciamo, nella nostra testolina di
neonati, vengono piantati due semini. Uno della felicità e l’altro
della tristezza. Da questi due semini cresceranno due piantine,
e poi due alberi, che cresceranno tanto quanto tempo
dedicheremo loro. Le prime volte che il bambino si accorge di
essere nato, separato dalla mamma, e sente freddo, fame, o
confusione… spuntano foglioline e radici dal semino della
tristezza. E ogni volta che si sente amato, curato, apprezzato
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e al sicuro di poter esperimentare cose nuove… spuntano,
anche gemme e fiorellini dal semino della felicità.
Man mano che cresce e diventa bambino, adolescente, giovane
e adulto. Dedicherà tempo, passerà tempo, nella zona di uno e
dell’altro albero. E, con il tempo passato insieme, l’albero
crescerà più forte, più rigoglioso… e diventerà anche più
attraente, più accogliente, più confortanti soprattutto nei
momenti di difficoltà.
Le persone che sono sempre sorridenti e serene hanno un
grande albero della felicità, ci si siedono spesso e volentieri, ci si
siedono e curano il giardino sottostante, sentono il profumo
dei fiorellini, puliscono le erbacce, ascoltano cantare gli uccellini
e giocano con le farfalle che arrivano svolazzando…
Invece, le persone che sono sempre cupe, diffidenti, paurose e
rabbiose hanno un grande albero della tristezza, ci si siedono
alla prima occasione per sfuggire ai confronti, per nascondersi,
per evitare problemi, persone, situazioni… e là sotto, nella loro
solitudine, di energia negativa allontanano qualsiasi
opportunità, si accontentano delle spine puzzolenti che
cadono dai suoi rami, perché credono di non poter fare di
meglio.
Ma, la maggior parte di noi ha tutti e due gli alberi… e, a
seconda dell’albero sotto il quale passa più o meno tempo,
diciamo di avere una bella o brutta giornata o settimana, e
diventiamo più solari o più bui. Possiamo farlo
automaticamente o renderci consapevoli e decidere sotto
quale albero vogliamo fermarci, quale vogliamo curare e quale
vogliamo che diventi il nostro miglior rifugio. Io l’ho fatto e i
risultati si vedono…

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La donna ideale

Dicono che c’erano due amici che cercavano l’amore. Due


giovani ragazzi come tanti, né belli né brutti, né troppo alti né
troppo bassi, né troppo grassi né troppo magri. Simpatici,
curiosi, ingenuamente alla ricerca delle loro prime storie
d’amore. Con una differenza, Massimo (quello leggermente più
bello fisicamente) era alla ricerca della donna ideale, la cercava
in ogni donna che trovava, aveva le idee molto chiare e non era
disposto ad accontentarsi di meno.
Ogni volta che uscivano, Massimo studiava il panorama,
osservando ogni donna e paragonandola ai suoi altissimi
standard. Parlava con tutte ma superficialmente perché il suo
cuore apparteneva già a lei, anche se non l’aveva incontrata…
Spesso diventava impaziente e nervoso. Invece il suo amico, si
godeva le serate molto più rilassato e contento. Conosceva

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ragazze, qualche volta si scambiavano anche i numeri di
telefono, e con alcune ci uscì anche dopo, da soli, in coppia.
Massimo, al ritorno di ogni uscita, era sempre deluso, con la
coda fra le gambe, deluso e triste. Ancora un’occasione
perduta, una serata buttata all’aria. Iniziò a cercare su tinder,
happn e altre app d’incontri. Anche li le ragazze non erano
male, ma… nemmeno abbastanza. Scorreva le foto in fretta e
con impazienza, e rimaneva sempre affamato e frustrato.
L’amico si fidanzò e Massimo rimase da solo nelle sue ricerche,
ma ogni volta che si vedevano l’argomento rimaneva invariato.
Cercare la donna ideale non era più un piacere, ma non poteva
fare altro… Fino a una sera in cui Massimo suonò al campanello
dell’amico distrutto e abbattuto. Non l’aveva mai visto così
disperato, così arreso, così rassegnato.
— Cos’è successo Massimo? — chiese offrendogli una tisana,
vista l’ora, e tutta la sua comprensione — Hai finalmente capito
che la tua donna ideale non esiste?
— No. — Rispose quasi in lacrime — Peggio!
— Cosa può esserci di peggio? — chiese l’amico incredulo.
— L’ho trovata! — disse, e mentre lo diceva i suoi occhi si
riempirono di lacrime.
— E allora, non sei felice? — chiese l’amico incredulo.
— No. Non mi ha considerato nemmeno degno di una parola.
Cercava l’uomo ideale, e io non lo ero.

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13 storie per riflettere - III

Il tempo che piace a me

Dicono che un giorno un signore di città camminava in


campagna perché cercava una location per un evento quando
incontrò un contadino che portava le sue pecore a pascolare…
Molto preoccupato perché il suo evento doveva essere
all’aperto chiese al contadino se sapeva che tempo ci sarebbe
stato nel weekend. Il contadino rispose: “sì, sì, farà il tempo che
piace a me…”
— Ma, come fa ad essere così sicuro? — chiese di nuovo l’uomo
di città, incredulo — ha una macchina che indovina che tempo
farà, qualche strana scienza o un superpotere? come fa a
sapere che ci sarà bel tempo? Come fa a dare una risposta
così sicura?
— Il problema non è la risposta ma la domanda. Voi in città
volete sapere che tempo farà perché credete che ci sia un

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tempo bello e uno brutto. Invece, per noi, in campagna ma non
esiste tempo brutto.
— In che senso?
— Ho scoperto, signore, che anche se non posso avere sempre
ciò che ci piace, posso essere contento di quello che ho. Perciò
sono sicuro che avremo il tempo che piace a me.
<< I campi hanno bisogno di pioggia, il vento pulisce l’aria, il sole
riscalda… Ogni tempo ha una sua utilità per il mondo a cui
apparteniamo e di cui siamo solo una parte.
<< Quando piove io faccio i lavori che si possono fare al
coperto, faccio il formaggio, leggo, gioco coi miei figli in casa e
ringrazio Dio della pioggia…
<< Quando c’è il sole, lavoro la terra, porto a pascolare le
pecore e faccio i lavori da esterno ringraziando Dio del sole…

Cosa altro puoi


fare, quando non
puoi fare quello
che volevi?

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13 storie per riflettere - III

L’angelo della morte

Dicono che un giorno un uomo sudato, affannato e


spaventato si presentò al re Salomone e ansimando:
— Grande uomo, oggi ho visto l’Angelo della morte e mi ha
fissato accigliato, con cattiveria; temo che voglia prendersi la
mia vita. Aiutami! — gli disse.
— Va bene, ma sappi che l’Angelo della morte è uno degli angeli
del Creatore ed esegue gli ordini di Dio e se è stato incaricato di
sottratti alla vita, io non posso farci nulla. — rispose il saggio.
— Non voglio ancora morire. Di te si dice che sai farti obbedire
dal vento e che riesci a esaudire i desideri degli uomini. Ordina
al vento di portarmi via di qui. Adesso che l’angelo mi ha visto in
questo paese, preferisco andarmene, così quando verrà a
prendermi non mi troverà ed eviterò la morte. — Supplicò
l’uomo.

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— Va bene, — acconsentì — io non ho potere sulla vita né sulla
morte, posso però farmi obbedire dal vento ed esaudire il tuo
desiderio. Ordinerò al vento di portarti dove vorrai.
E così fece. Il re Salomone chiamò il vento e gli disse di
trasportare l’uomo lontano e il più velocemente possibile. Il
vento prese in consegna l’uomo e sull’istante lo condusse in
una città dell’India. Quel giorno finì e, quello dopo, il re Salomone
incontrò nel suo palazzo l’Angelo della morte al quale disse:
— Ieri è venuto da me un uomo a lamentarsi di te, dicendo che
l’avevi guardato male e si era spaventato per questo. Mi ha
pregato di spedirlo il più lontano possibile da questa città; io
l’ho voluto aiutare e ho esaudito il suo desiderio. Ma dimmi,
perché mai l’hai spaventato a tal punto e perché l’hai guardato
con cattiveria
— Sai che eseguo gli ordini del Creatore con coscienza e senza
nulla di personale. — rispose l’Angelo della morte— Quando ho
guardato quell’uomo, la mia espressione non era di cattiveria,
ma di stupore. Ieri l’ho incontrato a Gerusalemme mentre
avevo l’ordine di togliergli la vita la sera stessa in India e quindi
quando l’ho visto qui mi sono chiesto come avrei potuto
sottrargliela in un luogo così lontano, che neanche se avesse
volato come un uccello avrebbe potuto raggiungere in così
poco tempo. E dopo averlo fissato perplesso me ne sono
andato, recandomi in India nel luogo e all’ora prestabiliti. E lì l’ho
trovato e ho compiuto il mio dovere.
— Si può fuggire da tutto, ma non dalla morte. Quell’uomo in
quella precisa ora doveva trovarsi in India per incontrarsi con
la morte e così è stato, e tutto quello che ha fatto l’ha portato
incontro al suo destino. — concluse il Re.

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13 storie per riflettere - III

Le chiavi e la luce

Dicono che molto tempo fa, in un luogo molto lontano, una


notte senza stelle c’era un ubriaco che cercava
distrattamente le proprie chiavi di casa. La scena era
abbastanza comica, con una mano afferrava ancora la
bottiglia quasi vuota, e con l’altra si teneva al lampione, in un
equilibrio precario e ballerino. Con gli occhi rossi mezzi chiusi
canticchiava mentre sperava di trovarle, prima che gli
passasse l’euforia, per poter rientrare e finalmente dormire
beato noncurante degli effetti della sbornia il giorno dopo.
Si stava dando molto da fare per cercarle. Un po’ in tutto il
raggio di luce del lampione, senza concludere niente. Un vicino
che lo osservava decise di scendere ad aiutarlo visto che era
tanto tempo che lo vedeva dondolare. Arrivato vicino al
lampione gli chiese cosa faceva e l’ubriaco rispose che cercava
le chiavi ma non le trovava. Il vicino, siccome era sobrio, pensò
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avrebbe potuto aiutarlo e si mise a cercare le chiavi anche lui
vicino al lampione, aguzzando gli occhi pensando che il
problema dell’altro fosse solo l’ubriachezza.
Dopo qualche tempo passò un poliziotto che stava facendo la
ronda di notte. Vide i due uomini e chiese cosa stessero
facendo. Quello sobrio spiegò la situazione e il poliziotto si fece
assicurare che le chiavi fossero di casa e non della macchina, e
poi si mise a cercare anche lui, lo spazio illuminato non era
piccolissimo e sicuramente lui era bravo a fare indagini… con il
suo aiuto la situazione si sarebbe risolta in pochi minuti.
Ad un certo punto, siccome la situazione andava avanti, scese
la moglie del vicino, preoccupata perché costui non era
tornato. Quando vide la scena, e si fecce spiegare cosa
stessero facendo e da quanto tempo non poté che chiedere a
sua volta dove le aveva viste per l’ultima volta e cosa stavi
facendo. L’ubriaco indicò un punto lontano dal lampione, molto
buio.
La donna perplessa chiese all’ubriaco come mai, se le aveva
perse lontano, le stava cercando (e facendo cercare a coloro
che l’aiutavano) sotto il lampione. L’ubriaco serafico gli rispose:
“perché sotto il lampione c’è la luce”.

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13 storie per riflettere - III

Inferno e paradiso

Dicono che un sant’uomo incontrò un giorno Dio e gli fu


permesso di fare una sola richiesta. Valutò molto seriamente la
sua scelta perché sapeva che non si sarebbe ripetuta così
facilmente.
— Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e
l’Inferno— disse finalmente.
— Nessun problema— aggiunse Dio e condusse il sant’uomo
verso due porte.
Ne aprì una e gli permise di guardare all’interno.
C’era una grandissima tavola rotonda. Al centro della tavola si
trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal
profumo così delizioso che Il sant’ uomo sentì l’acquolina in
bocca.

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Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall’aspetto
livido e malato. Avevano tutti l’aria affamata. Avevano dei
cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia.
Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un
po’, ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro
braccio non potevano accostare il cibo alla bocca.
Il sant’uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro
sofferenze.
— Hai appena visto l’Inferno. — disse Dio
Dio e l’uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l’aprì.
— Eccoti, invece, il paradiso. — disse Dio
La scena che l’uomo vide era identica alla precedente. C’era la
grande tavola rotonda, il recipiente che gli fece venire
l’acquolina.
Le persone intorno alla tavola avevano anch’esse i cucchiai dai
lunghi manici. Questa volta, però, erano ben nutrite, felici e
conversavano tra di loro sorridendo.
— Non capisco! — disse il sant’uomo
— E’ semplice, — rispose Dio, — essi hanno imparato che il manico
del cucchiaio troppo lungo, non consente di nutrire sé’ stessi….
Ma permette di nutrire il proprio vicino. Perciò hanno imparato
a nutrirsi gli uni con gli altri!
Quelli dell’altra tavola, invece, non pensano che a loro stessi…
Inferno e Paradiso sono uguali nella struttura… La differenza la
portiamo dentro di noi.

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