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Lezioni di Matematica
Ettore Limoli Prof. Ettore Limoli
Sommario
Complementi di Geometria Analitica. ................................................................................................. 1
1. Simbolismo adottato. ................................................................................................................... 1
2. Matrici e determinanti. ................................................................................................................. 2
3. Premessa....................................................................................................................................... 3
4. Uso degli spazi a una o più dimensioni in Fisica. ........................................................................ 4
5. Punti propri e impropri................................................................................................................. 5
6. Coordinate omogenee. ................................................................................................................. 6
7. Punti impropri delle coniche e invariante ortogonale . .............................................................. 7
8. Discriminante di una conica. ........................................................................................................ 9
8-1. Esempio. ............................................................................................................................. 10
8-2. Esempio .............................................................................................................................. 11
8-3. Esempio. ............................................................................................................................. 12
9. Fasci di coniche.......................................................................................................................... 13
9-1. Esercizio. ............................................................................................................................ 14
10. Polarità rispetto ad una conica. ................................................................................................ 17
10-1. Esempio. ........................................................................................................................... 18
10-2. Esempio. ........................................................................................................................... 18
11. Area di un triangolo. ................................................................................................................ 19
11-1. Esempio. ........................................................................................................................... 19
12. Trasformazioni affini. .............................................................................................................. 20
12-1. Esercizio. .......................................................................................................................... 20
13. Conclusioni. ............................................................................................................................. 21
1. Simbolismo adottato.
per ogni, qualunque (quantificatore universale).
esiste (quantificatore esistenziale).
: tale che.
congiunzione logica (and logico).
disgiunzione logica (or logico).
implicazione.
1
implica e complica.
appartenenza ad un insieme.
prodotto cartesiano fra insiemi.
insieme dei numeri reali.
0 insieme dei numeri reali escluso lo zero.
N insieme dei numeri naturali.
N0 insieme dei numeri naturali escluso lo zero.
Z insieme degli interi relativi.
Q insieme dei razionali.
2. Matrici e determinanti.
Una tabella di numeri disposti per righe e colonne è detta matrice. In genere una matrice m
righe ed n colonne si indica:
a 11 a 12 .... a 1n
a 21 a 22 .... a 2n
. ,
.
a m1 a m2 .... a m n
a 11 a 12 .... a 1n
a 21 a 22 .... a 2n
. .
.
a n1 a n2 .... a n n
| a 11 | = a 11.
a 11 a 12
a 11 a 22 a 12 a 21 .
a 21 a 22
Ossia si moltiplicano gli elementi della diagonale principale ed al prodotto si sottrae quello
degli elementi della diagonale secondaria.
2
a 11 a 12 a 13 a 11 a 12
a 21 a 22 a 23 a 21 a 22
a 31 a 32 a 33 a 31 a 32
La matrice viene allargata ripetendo le prime due colonne. Ciò fatto si sommano fra loro i
prodotti degli elementi appartenenti a diagonali parallele alla diagonale principale
(evidenziata nello schema), si calcola cioè:
d 1 = a 11 a 22 a 33 + a 12 a 23 a 31 + a 13 a 21 a 32 .
a 11 a 12 a 13 a 11 a 12
a 21 a 22 a 23 a 21 a 22
a 31 a 32 a 33 a 31 a 32
Otteniamo quindi:
d 2 = a 31 a 22 a 13 + a 32 a 23 a 11 + a 33 a 21 a 12 .
3
Il modo di procedere della geometria analitica schiude orizzonti della mente impensabili per
chi si limita a fare geometria sintetica (così come ci è stata tramandata da Euclide), lasciando
che la matematica ci consenta di immaginare cose di cui la mente non riesce a darsi
un’immagine visiva.
La matematica è il nostro terzo occhio, l’occhio della mente, che ci consente conoscenze
slegate dal sensibile. La geometria non è più una pura descrizione, sia pur come modello,
dello spazio fisico (come voluto da Euclide), ma un mondo a sé che può fungere da modello
descrittivo dello spazio fisico, ma può anche andare oltre.
Una domanda che sorge spontanea è questa: “È proprio utile poter lavorare con spazi n
dimensionali o si tratta di un puro diletto della mente”? È a questa domanda che tenteremo di
dare una risposta.
Figura 1
Per descrivere la posizione nello spazio di un’asta rigida di lunghezza L, occorrono almeno
cinque parametri (figura 1). Siano, ad esempio, A e B gli estremi dell’asta di lunghezza L.
Fissate le coordinate cartesiane (x, y, z) di A, il punto B è vincolato a stare su una sfera di
centro A e raggio L (lunghezza di AB), pertanto occorrono altri due parametri (, ), ossia la
latitudine e la longitudine sulla suddetta sfera. Essendo quindi cinque i gradi di libertà, il moto
dell’asta è descrivibile in 5.
Analogamente si potrebbe dimostrare che la posizione di un compasso è descrivibile in 8,
perché otto sono i gradi di libertà in questo caso.
Questi esempi dimostrano che, pur avendo a che fare con oggetti dello spazio ordinario a tre
dimensioni, la descrizione fisica può servirsi di spazi con dimensione sia minore che
maggiore di 3.
4
5. Punti propri e impropri.
Quanto precedentemente detto dovrebbe consentirci di accettare un’ulteriore estensione del
concetto di piano cartesiano che, sia pur con qualche lieve aggravio di operazioni algebriche,
vedremo può risultare fruttuoso consentendoci di descrivere cose non descrivibili se ci
limitiamo all’uso delle normali coordinate cartesiane.
Quello che vogliamo fare è associare ad una terna ordinata (x’, y’, t’) di numeri reali, non tutti
nulli, un punto del piano e vedere se è possibile il viceversa.
Supponiamo, in primo luogo, che sia t’ 0. In questo caso, associamo alla terna ordinata (x’,
y’, t’) la coppia ordinata (x, y) così definita:
x'
x t' (con t' 0)
[1] y'
y
t' .
Osserviamo che se alla terna (x’, y’, t’) si associa, mediante le [1], la coppia (x, y), anche alla
terna (k x’, k y’, k t’), k 0, si associa lo stesse coppia (x, y) e quindi lo stesso punto del
piano, perché:
k x' x'
x
k t' t'
k y' y' (con t' 0)
y
k t' t' .
Ovviamente, ad ogni punto del piano (x, y) si può associare una qualsiasi terna ordinata del
tipo (k x’, k y’, k t’), k, t’ 0.
Ovviamente, se t’ = 0, non hanno senso le [1] e quindi alla terna (x’, y’, t’) non può essere
associata nessuna coppia ordinata del tipo (x, y), ossia alcun punto del piano.
Tuttavia conveniamo di chiamare punti impropri quelli definiti da terne ordinate di numeri
non tutti nulli del tipo: (x’, y’, 0). Le terne ordinate di numeri non tutti nulli con t’ 0 le
chiameremo punti propri.
Con le ordinarie coordinate cartesiane la coppia ordinata (x, y) di numeri reali diventa
sinonimo di punto, per le terne non è la stessa cosa.
Diremo che due terne ordinate di numeri non tutti nulli (x 1’, y1’, t1’) e (x2’, y2’, t2’), ossia due
elementi di - (0, 0, 0), sono equivalenti se esiste un k 0 tale che (kx1’, ky1’,
kt1’) = (x2’, y2’, t2’).
È facile verificare che questa è una relazione di equivalenza perché gode delle proprietà:
1. (x’, y’, t’) R (x’, y’, t’) [riflessiva];
2. (x1’, y1’, t1’) R (x2’, y2’, t2’) (x2’, y2’, t2’) R (x1’, y1’, t1’) [simmetrica];
3. (x1’, y1’, t1’) R (x2’, y2’, t2’) (x2’, y2’, t2’) R (x3’, y3’, t3’) (x1’, y1’, t1’) R (x3’, y3’,
t3’) [transitiva].
Dimostrazione.
Per dimostrare la (1) basta prendere k =1.
Per le ipotesi della (2) k 0 : (kx1’, ky1’, kt1’) = (x2’, y2’, t2’). Si deve provare che h
0 : (hx2’, hy2’, ht2’) = (x1’, y1’, t1’). Basta prendere h = 1/k.
5
Per le ipotesi della (3) h 0 : (hx1’, hy1’, ht1’) = (x2’, y2’, t2’) e p 0 : (px2’, py2’,
pt2’) = (x3’, y3’, t3’).
Occorre dimostrare che k 0 : (kx1’, ky1’, kt1’) = (x3’, y3’, t3’).
Basta quindi prendere k = hp.
Essendo quindi R una relazione di equivalenza, essa induce in - (0, 0, 0) una
partizione in classi di equivalenza.
L’insieme quoziente - (0, 0, 0) / R è l’insieme dei punti del piano (propri e
impropri).
Il luogo dei punti impropri ha, ovviamente, equazione t’= 0. Trattandosi di un’equazione di 1°
grado nelle incognite x’, y’ e t’, analogamente a quanto si fa nell’usuale geometria analitica, il
luogo dei punti impropri è considerato una retta che prende il nome di retta impropria.
6. Coordinate omogenee.
Considerato il piano cartesiano allargato con i punti impropri, ossia l’insieme quoziente
- (0, 0, 0) / R, il sistema di coordinate così introdotte si chiamano coordinate
cartesiane omogenee perché ogni equazione algebrica di qualsiasi grado diventa omogenea
nelle tre variabili x’, y’ e t’.
Ad esempio, una retta, nell’ordinario piano cartesiano, è rappresentata da un’equazione di 1°
grado del tipo:
a x + b y + c = 0.
Utilizzando le [1] del precedente paragrafo, per passare in coordinate omogenee, si ha:
x' y'
a b c0
t' t' .
a x’ + b y’ + c t’ = 0,
a x 2 + b xy + c y 2 + d x + e y + f = 0.
Con ragionamento analogo a quello fatto per le rette, in coordinate omogenee, l’equazione di
una generica conica diviene:
6
(r) y = m x + q,
(s) y = m x + p.
(r) y’ = m x’ + q t’,
(s) y’ = m x’ + p t’.
Sostituendo si ha:
y' m x'
t' 0
Il sistema ha due equazioni e tre incognite, quindi ad una delle incognite è possibile dare un
valore arbitrario per determinare una delle infinite soluzioni che esso ammette. Si ricordi che
in coordinate omogenee il punto non è rappresentato da un’unica terna, ma da una delle
infinite terne fra esse equivalenti.
Sia, ad esempio, x’ = 1; da cui:
x' 1
y' m
t' 0
Pertanto la retta r ha punto improprio (1, m, 0) che, com’è banale verificare, è punto
improprio pure della retta s.
Resta da provare che quanto detto per le rette del tipo y = mx + q, vale anche per le rette
parallele all’asse y che non sono del tipo x = p. In questo caso è immediato verificare che il
loro punto improprio è (0, 1, 0).
x 2 y2
1
a 2 b2 .
b 2 x’ 2 + a 2 y’ 2 = a 2 b 2 t’ 2 (equazione ridotta).
7
b 2 x’ 2 + a 2 y’ 2 = 0.
Poiché una somma di quadrati non può mai essere nulla, se ne deduce che l’ellisse è priva di
punti impropri. In altre parole possiamo dire che la retta impropria è esterna all’ellisse.
Quanto detto per l’ellisse vale pure per la circonferenza che è una particolare ellisse in cui a
= b = r.
b 2 x’ 2 - a 2 y’ 2 = a 2 b 2 t’ 2 (equazione ridotta).
b 2 x’ 2 - a 2 y’ 2 = 0,
ossia:
x' 2 a 2
y'2 b 2 ,
da cui:
x' a
y' b
Pertanto i punti impropri dell’iperbole sono: (a, b, 0) e (a, -b, 0). Pertanto la retta impropria è
una secante dell’iperbole.
Si verifica facilmente che i punti impropri dell’iperbole sono i punti impropri dei suoi asintoti
che hanno equazioni:
b
y x
a .
y 2 = 2 p x.
y’ 2 = 2 p x’ t’.
Imponendo t’ = 0, si ha:
y’ 2 = 0;
Pertanto la parabola ha come punto improprio il punto (1, 0, 0) come punto doppio. In questo
caso, quindi, la retta impropria è tangente alla parabola.
Questo punto improprio appartiene anche all’asse x che è asse di simmetria della parabola
canonica.
8
Questo comportamento della retta impropria rispetto ad una conica (essere esterna, secante o
tangente) costituisce un invariante per le coniche, nel senso che, se si opera con un qualsiasi
cambiamento del sistema di riferimento, il comportamento della retta impropria, rispetto alla
conica considerata, non cambia rimanendo esterna per tutte le ellissi o circonferenze, secante
per tutte le iperboli e tangente per tutte le parabole.
a x’ 2 + b x’y’ + c y’ 2 = 0.
2
x' x'
[2] a b c 0
y' y' .
> 0 la [2] ammette due radici reali e distinte, pertanto la conica è un’iperbole.
= 0 la [2] ammette due radici reali e coincidenti, pertanto la conica è una parabola.
< 0 la [2] ammette due radici complesse e coniugate, pertanto la conica è un’ellisse.
a 11 x’ 2 + 2 a 12 x’ y’ + a 22 y’ 2 + 2 a 13 x’ t’ + 2 a 23 y’ t’ + a 33 t’ 2 = 0.
In questo caso i coefficienti sono indicati con a i j . I due indici indicano la variabile per cui si
riferisce il coefficiente: 1 per x’, 2 per y’ e 3 per t’. Indici diversi caratterizzano i termini
misti, che hanno anche il coefficiente moltiplicato per 2, indici uguali se figura una sola
variabile.
Il seguente determinante è detto discriminante della conica:
a 11 a 12 a 13
A a 21 a 22 a 23 dove a r c a c r
a 31 a 32 a 33
9
I = a 11 + a 22.
Per determinare l’equazione canonica di una conica non occorre effettuare traslazioni o
rotazioni, basterà servirsi degli invarianti ortogonali.
8-1. Esempio.
Si voglia studiare la conica di equazione:
3 x 2 – y 2 + 2 y + 1 = 0.
3 0 0
1 1
A 0 1 1 3 6
1 1
0 1 1
I=3–1=2
= 12
a x 2 + b y 2 + c = 0,
in cui
A = abc; I = a + b; = - 4 a b.
4 ab 12
a b 2
a b c 6
da cui
ab - 3
a b 2
3 c 6
e anche
10
ab - 3
a b 2
c 2
Le prime due equazioni indicano che a e b sono due numeri la cui somma è 2 ed il prodotto è
–3, pertanto la soluzione del sistema è:
a 3 a - 1
b - 1 oppure b 3
c 2 c 2
.
3 x 2 – y 2 + 2 = 0, oppure - x 2 + 3 y 2 + 2 = 0.
3 x 2 – y 2 = - 2;
3 2 1 2
x y 1
2 2 ,
x2 y2
1
2 2
3 .
x2 y2
1
2 2
3 ,
x y – x – 2 = 0.
11
1 1
0 -
2 2 1 1
1 1 - 1
A 0 0 2 2 ;
2 2 0 -2 2
1
- 0 -2
2
I = 0;
= 1.
Si tratta ancora di un’iperbole non degenere. La sua forma ridotta si ottiene risolvendo il
sistema:
4 ab 1
a b 0
a b c 1
2
1
a 2
1
b .
2
c - 2
8-3. Esempio.
Sia data la conica di equazione:
3 x 2 – x – y = 0,
1
3 0 -
2
1 1 3 0 3
A 0 0 - ;
2 2 1
1 4
1 1 2 2
- - 0
2 2
I = 3;
12
= 0.
Si tratta pertanto di una parabola non degenere la cui forma ridotta può essere del tipo:
a y 2 + b x = 0,
dove
b
0 0
2
a b2
A 0 a 0 ,
4
b
0 0
2
I=a
= 0.
a 3
2
a b 3
4 4
si hanno le soluzioni:
a 3
b 1
3 y 2 x = 0,
da cui otteniamo: x = 3 y 2.
Analogamente si può procedere per cercare forme ridotte del tipo: a x 2 + b y = 0 (parabole ad
asse di simmetria coincidente con l’asse Y).
9. Fasci di coniche.
Siano f(x, y) = 0 e g(x, y) = 0 due qualsiasi coniche degeneri o non degeneri. Effettuare una
loro combinazione lineare, mediante due parametri non entrambi nulli e , vuol dire
considerare un’equazione del tipo:
μ
f(x, y) g(x, y) 0
λ ,
Per = 0, l’espressione [3] del fascio restituisce la conica di equazione g(x, y) = 0. Scrivendo
il fascio nella forma [4] non c’è nessun valore di k che restituisce la conica g. Questa conica si
dice che si ottiene per k (leggi: k tendente ad infinito).
Convenendo di indicare con C0 la conica che si ottiene per k = 0, C1 la conica che si ottiene
per k = 1, e così via; la conica g, mancante dal fascio quando è espresso mediante
l’espressione [4], viene indicata con C (leggi: c con infinito).
Gli eventuali punti comuni alle due coniche f e g, generatrici del fascio, sono comuni a tutte le
coniche del fascio e sono detti punti base.
9-1. Esercizio.
Dato il fascio di coniche la cui generica equazione è:
(k – 1) x 2 + k y 2 – k x = 0,
determinare:
i valori di k per cui si hanno ellissi, parabole ed iperboli;
l’eventuale circonferenza del fascio;
l’eventuale iperbole equilatera del fascio;
le parabole del fascio;
la C del fascio;
i punti base del fascio.
Per determinare la natura delle coniche calcoliamo = - 4 k (k –1) e vediamo quale segni
assume al variare di k.
Essendo 0 per 0 k 1, si ha:
per k < 0 ellissi;
per k = 0 parabola;
per 0 < k < 1 iperboli;
per k = 1 parabola;
per k > 1 ellissi.
Per ottenere la circonferenza dobbiamo imporre a 11 = a 22, essendo a 12 = 0. Nel nostro caso
occorre porre: (k – 1) = k. Questa equazione non ha soluzioni, quindi il fascio è privo di
circonferenza al variare di k.
14
Per ottenere l’iperbole equilatera dobbiamo imporre a 11 = -a 22, essendo a 12 = 0. Nel nostro
caso occorre porre: (k -1) = - k. Quest’equazione ammette soluzione k = ½. Sostituendo
questo valore nell’equazione del fascio otteniamo:
1 2 1 2 1
1 x y x 0
2 2 2 ,
pertanto l’iperbole è:
x 2 – y 2 + x = 0.
Mancando il termine di secondo grado misto in xy, si tratta di un’iperbole traslata rispetto alla
forma canonica. Per individuare il centro di simmetria vediamo di riscriverla come differenza
di quadrati. Questo è fattibile considerando il termine di primo grado in x come il doppio
prodotto nello sviluppo del quadrato di un binomio, ossia:
2 1 1
x x y
2
4 4,
per ottenere un trinomio che risulti quadrato di un binomio, a primo membro è stato aggiunto
il termine ¼ e, per non alterare l’equazione, ¼ è stato aggiunto pure al secondo membro.
L’equazione diviene:
2
2 1 1
x y
2
2 4.
1
X x 2
[5]
Y y
1
X2 Y2
4.
Poiché la [5] è una traslazione che porta l’origine in (- ½ , 0), il centro di simmetria è appunto
questo e l’iperbole ha forma come in figura.
15
1
0.5
0
-1.5 -1 -0.5 0 0.5 1
-0.5
-1
Figura 2
Le coordinate dei vertici si possono ottenere intersecando l’iperbole col suo asse principale,
che nel nostro caso coincide con l’asse X.
Il sistema
x 2 y 2 x 0
y 0
ammette soluzioni (-1, 0) e (0, 0) che sono i vertici della nostra iperbole.
Gli asintoti sono le rette passanti per il centro di simmetria e per i punti impropri
dell’iperbole. Nel nostro caso basta tener conto che si tratta di un’iperbole equilatera traslata,
per cui gli asintoti sono paralleli alle bisettrici dei quadranti, ossia hanno equazioni:
1 1
yx e yx
2 2.
La prima parabola si ottiene per k = 0, da cui si ha x 2 = 0 che è una conica degenere che si
spezza nella retta x = 0 contata due volte (asse Y).
La seconda parabola si ottiene per k = 1, da cui si ha y 2 – x = 0, ossia x = y 2 che è una
parabola canonica con vertice nell’origine, asse di simmetria l’asse X e concavità rivolta
verso destra.
Per ottenere la C del fascio, nella sua equazione, mettiamo in evidenza il k fra i termini che
lo contengono:
k (x 2 + y 2 – x) – x 2 = 0.
x2 + y2 – x = 0
I punti base si ottengono come intersezione di due qualsiasi coniche del fascio. Nel nostro
caso possiamo considerare le due parabole, per cui:
16
x y 2
x 0
otteniamo l’unico punto base (0, 0) contato due volte. Si tratta quindi di coniche tutte tangenti
fra loro nell’origine.
0.5
0
-1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5
-0.5
-1
Figura 3
In figura sono mostrate le coniche studiate poste tutte sullo stesso diagramma cartesiano.
10. Polarità rispetto ad una conica.
Sia data una conica non degenere (A 0) di equazione:
a 11 x’ 2 + 2 a 12 x’ y’ + a 22 y’ 2 + 2 a 13 x’ t’ + 2 a 23 y’ t’ + a 33 t’ 2 = 0,
e un punto P0 (x’0, y’0, t’0), si chiama polare del punto P0 rispetto alla conica la retta di
equazione:
17
P0
polare
Figura 4
La polare di un fuoco si chiama direttrice della conica (già nota per le parabole).
Il polo della retta impropria è il centro della conica. Ellisse ed iperbole hanno un centro
proprio che è centro di simmetria, la parabola è priva di centro proprio.
10-1. Esempio.
Data la parabola di equazione y = 2 x 2, avente fuoco F (0, 1/8) e direttrice y = -1/8,
determiniamo la polare del fuoco F rispetto alla parabola data e verifichiamo che coincide con
la direttrice.
Per avere facilmente sott’occhio i coefficienti della conica, scriviamo il suo discriminante A.
2 0 0
1
A 0 0
2
1
0 0
2
ossia
-1/2 y’ – 1/16 t’ = 0,
18
1
1 0
2
A 0 1 0 .
1
0 0
2
Imponiamo che questa equazione sia identicamente uguale alla t’ = 0. Per il principio
d’identità dei polinomi si deve avere:
t'0
x' 0 2 0
y'0 0 ,
x' 0 1
2
pertanto le coordinate sono: P0 (2, 0, -4). In coordinate non omogenee le coordinate del punto
sono: P0 (-1/2, 0) che, come già visto, è centro di simmetria della conica.
11. Area di un triangolo.
L’area di un triangolo di vertici A (x’1, y’1, t’1), B (x’2, y’2, t’2) e C (x’3, y’3, t’3) è data dalla
formula:
-1 0 1
1 1 1 1
S 3 0 1 ( 2) 4
2 2 3 1
1 2 1 .
19
12. Trasformazioni affini.
In coordinate cartesiane non omogenee l’affinità è una trasformazione geometrica retta da
un’equazione del tipo:
X a 11 x a 12 y a 13
Y a 21 x a 22 y a 23 ,
con
a 11 a 12
δ 0
a 21 a 22 ,
essendo = S’/S il rapporto di affinità, ossia il rapporto fra l’area S’ di una figura trasformata
e l’area della figura di partenza S.
In coordinate omogenee l’equazione diventa:
È facile verificare che le [7] sono tali da trasformare punti propri in punti propri e punti
impropri in punti impropri; ossia per affinità non può accadere che un punto improprio si
trasformi in punto proprio e viceversa.
Questo equivale ad affermare che rette parallele si trasformano in rette parallele perché,
essendo il loro punto comune improprio, il punto comune delle trasformate rimane improprio
e quindi le trasformate continuano ad essere parallele. Quanto detto si esprime dicendo che
l’affinità è una trasformazione che conserva il parallelismo tra rette.
Anche le coniche non mutano la loro natura, ossia mantenendo il loro numero di punti
impropri, le ellissi si trasformano in ellissi (o al più circonferenze), le parabole si trasformano
in parabole e le iperboli in iperboli.
Poiché l’affinità trasforma rette in rette, ne segue che se una conica è degenere si trasformerà
in una conica degenere, se è non degenere continuerà a rimanere tale.
12-1. Esercizio.
Determinare il rapporto d’affinità della seguente trasformazione e scriverla in coordinate
non omogenee.
20
Il rapporto d’affinità è dato da:
1 2
1 -2 3 2
1 1 3 32 1
δ 3 -1 3 0 3
2 2 4 4
0 0 2 .
ossia
1 3
X 2 x y 2
1 3
Y x y
2 2 ,
dove
1
-1 3 1 1
δ 2
1 3 4 2 4
2 2 .
13. Conclusioni.
L’introduzione delle coordinate omogenee in geometria analitica non serve solo a
semplificare dei calcoli o scoprire nuove proprietà delle coniche, ma ad aprire le porte a
trasformazioni geometriche diverse dalle affinità in cui punti impropri possono divenire
propri e viceversa.
La trattazione di queste trasformazioni va ben oltre i limiti di un lavoro indirizzato a studenti
di scuola secondaria superiore. Tuttavia lo studio della prospettiva in disegno lascia intuire
che i punti di fuga, verso cui sembrano convergere rette parallele, altri non sono che punti
impropri che, per effetto di una trasformazione proiettiva, diventano punti propri.
Ettore Limoli
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