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tempio con un portico affiancato da due grandi cariatidi (caratteristica ripresa poi per |'Eretteo di

Atene), che reggono sulla testa dei curiosi capitelli scolpiti con figure di uomini e leoni. Fregio e
frontone sono ricchi di sculture con colori vivaci. La fine lavorazione del marmo cicladico ne
valorizza la decorazione. I Greci in occidente La Magna Grecia nome dell'area geografica della
penisola italiana meridionale che fu anticamente colonizzata dai Greci a partire dall’ VII secolo a.C..
Il successo di insediamenti fu legato anche alla politica di integrazione con i locali. Queste genti,
giunte sulle coste italiche fondarono diverse città. Questo fu il periodo in cui fu raggiunta la
massima ricchezza economica, a cui s'aggiunse lo splendore in campo culturale ed artistico. Come
conseguenza di questa realtà di grande splendore, le zone colonizzate nella penisola italiana, ci
sono state tramandate col nome di Magna Grecia, che volle testimoniare l'orgoglio per aver dato
vita ad una comunità di Greci che aveva raggiunto alti livelli in campo sociale, culturale ed
economico, da poter essere considerata, in confronto, più grande della stessa madrepatria. Ad
Agrigento l'impianto stradale evidenzia un ingegnoso adattamento al sito, con isolati larghi e con le
vie strette disposte verso il sole. Una via sacra collegava i diversi templi, condizionando anche il
progetto del|’O|ympeion di fronte al quale fu realizzata |’agorà. C'erano inoltre un ginnasio, con
ampi spazi aperti, un’agorà superiore, centro politico compreso di edifici per le assemblee
(ekklesiasterion) e del consiglio (bouleuterion). | quartieri artigianali erano invece ai margini della
città. I templi sicelioti: Siracusa, Selinunte, Agrigento e Segesta. Il mito di Kore figlia di Demetra
rapita da Plutone, era molto sentito in Magna Grecia e soprattutto in Sicilia dove si celebravano riti
ctoni dell’oltretomba. Demetra fu infatti spesso associata alla l\/lagna Mater degli dei. In termini
architettonici questi culti necessitavano di un ulteriore spazio chiuso interno alla cella:
l’adyton,assai diffuso in Sicilia. Il tempio siceliota richiese quindi ampie peristasi e vani interni
spaziosi e liberi da colonne. Altra caratteristica peculiare della tipologia siceliota sono le scale poste
in genere ai lati dell'ingresso, utilizzate per cerimonie come le epifanie (teatrali apparizioni di
sacerdoti che impersonavano divinità). Tempio di Apollo a Siracusa. Il tempio è un periptero di
6x17 colonne. Esso anticipa i successivi templi in Sicilia, dove l’opistodomo apparirà con un secolo
di ritardo: assialità e frontalità, accentuata dal raddoppio del colonnato come nei templi C ed F a
Selinunte. Selinunte presenta ampi assi stradali, che ne fanno uno dei più antichi esempi di
pianificazione, ed erano scenograficamente conclusi verso il mare da ampi terrazzamenti. Il centro
della città era l’agora. Sull’acropoli grandioso muro di contenimento a gradoni ampliò l'area sacra
dove fu realizzato il tempio C dedicato ad Apollo. Con 6x17 colonne, è il tipico tempio siceliota:
cella allungata priva di opistodomo, adyton, ingresso in maestà. La scenografia di questi templi è
funzionale dell'idea di potenza. l canoni di forza e bellezza sono espressi nelle forme tozze e
pesanti della composizione. Il tempio E, dedicato ad Hera, aveva una peristasi di 6x15, che unisce
all’adyton siceliota l’opistodomo della madre patria. Il tempio F è dedicato a Dioniso o ad Atena, ed
è databile alla metà del V secolo a.C.. Alle colonne della facciata manca l'entasi (rigonfiamento del
busto). Ogni colonna era collegata ad un'altra tramite pareti che mascheravano le attività di culto
(decorazione a finte porte). Il tempio G, attribuito ad Apol|o,appare ispirato al Dydimaion, con una
planimetria pseudo-diptera di 8x17. Presenta un naiskos per la statua di culto. L'edificio non fu mai
completato. Nella prima metà del V sec. a.C. in sostituzione dell’adyton, fu realizzato l’opistodomo,
e la cella fu conclusa da un naiskos per la statua del culto. | templi di Agrigento, individuati
anch'essi da lettere, furono realizzati in calcarenite rivestita da stucco. La loro sequenza
rappresentava una simbolica protezione della polis. Il tempio A presenta caratteri arcaici con una
peristasi dorica di 6x15 e scale ai lati dell'ingresso. Si adeguava però ai canoni della madre patria
nel pronao e ne||’opistodomo in antis. Il tempio poteva riflettere le dottrine di Pitagora, che
considerava i numeri come essenza delle cose. Il tempio B è dedicato a Zeus (O|ympeion) ed è il
più grande della Sicilia di ordine dorico. Esso è uno pseudoperiptero con colonne addossate ai muri
(fuori rotonde e dentro quadrangolari). Verso la meta VI sec. a.C. si abbandonò la prassi di
costruzioni colossali, riducendole come nel tempio D e nel tempio F (della Concordia) con peristasi
di 6x13 e aperture sopra la trabeazione che alleggerivano il peso sugli architravi di pronao e
opistodomo e fungevano nei riti epifanici. A Segesta ritroviamo un tempio con caratteri tipici
dell’Attica con colonne prive di scanalatura. ”Poseidonia" e lo stile dorico-acheo. L'architettura in
Magna Grecia è stata definita stile dorico-acheo. Prima della canonizzazione del dorico, le colonie
recepirono schemi progettuali dalla lonia, grazie ai rapporti commerciali. Poseidonia (rinominata
dai romani Paestum) presenta dei templi realizzati in travertino originato dai depositi del fiume. La
città fu fondata intorno al 600 a.C. e circa un secolo più tardi fu realizzato il primo tempio di Hera
già definito ”basilica” per le insolite proporzioni. La denominazione "Basilica", gli venne attribuita
nel XVIII secolo, quando la cultura architettonica neoclassica cominciò ad interessarsi a Peaestum.
In tale periodo per la quasi totale sparizione dei muri della cella, del frontone e della trabeazione e
per altre caratteristiche come l'isolito numero dispari delle colonne sul fronte (9xl8), si credeva che
il tempio fosse una basilica, nel senso che il termine romano indica: un luogo adibito a sede di
tribunale ed alle assemble che tenevano i cittadini. È un tempio periptero ennastilo. Presenta
contemporaneamente caratteri arcaici con altri tipici del periodo classico come il rapporto tra
larghezza e lunghezza che rispetta il canone di analoghia di 2:1. La presenza di una colonna in
asse rappresenta un elemento arcaicizzante, fu poi rifiutata dall'architettura greca del periodo
classico perché impediva l'accesso e la vista assiale verso il naos, negando un rapporto diretto con
la sacralità. La cella era preceduta da un pronao con tre colonne in anti. L'interno della cella,
coerentemente con la colonna in asse sul fronte, e bipartito da un colonnato centrale. Nella parte
posteriore c'è |'adyton. Si tratta di un ambiente chiuso che sostituì l'opistodomo (il corrispondente
simmetrico del pronao sul retro) previsto nella prima fase, forse per modifiche alle pratiche di
culto. Tale vano, caratteristico dei templi della |\/lagna grecia, era accessibile dal naos solo ai
sacerdoti e probabilmente sede del tesoro del tempio e del simulacro della divinità (sancta
sanctorum). Il tempio di Atena o tempio di Cerere (circa 500 a.C.) simbolo di fertilità, presenta la
tipica frontalità siceliota. In facciata ha un alto frontone e un fregio dorico, composto da ampi
blocchi di calcare. La struttura è composta dal pronao e la cella, ma e privo di adyton, ovvero la
camera del tesoro sul retro. Appaiono anche le scale che portano al tetto (epifanie). E’ il primo
esempio di compresenza di 2 ordini: il dorico all'esterno, e lo ionico al|’interno.ll secondo Tempio di
Era, detto anche Tempio di Poseidon, fu eretto a Paestum intorno alla metà del V secolo a.C.. Il
tempio e di ordine dorico, periptero esastilo (con sei colonne in facciata). Si eleva su un crepidoma
di tre gradini. L'interno è costituito da un naos in doppio antis, dotato di pronao e opistodomo
simmetrici. immediatamente dopo l'ingresso della cella vi sono, ai lati, due piccole scale a
chiocciola, semioccultate, che conducevano al tetto. La cella è divisa in tre navate da due file di
due ordini sovrapposti. Questa ripartizione degli spazi risente dell'ispirazione del tempio di Zeus a
Olimpia. Il numero pari di colonne sui fianchi, rappresenta un'anomalia rispetto alla canonica
pianta dei templi greci. Le dimensioni che ne risultano sono leggermente più piccole ma pù
allungate rispetto al modello di Olimpia. Altra particolarità è la mole delle colonne, inusualmente
massiccia, che si accompagna ad una notevole rastremazione. A ciò si abbina l'assenza d'entasi,
tipica dell'ordine dorico. A mitigare ulteriormente eventuali sensazioni ottiche di pesantezza viene
messo in atto un felice ed unico accorgimento: il notevole infittimento delle scanalature verticali,
qui presenti in numero di ventiquattro contro le canoniche venti. Pressoché unica è poi la
convessità conferita a stilobate e trabeazione, destinata ad effettuare una quasi impercettibile
correzione ottica, secondo un noto procedimento architettonico, tipico di molte realizzazioni, tra cui
il Partenone. Cuma, |'Etruria e Roma.Cuma nell'area vulcanica dei Campi Flegrei. Fra tutte le
colonie elleniche della l\/lagna Grecia, Cuma posta sul litorale campano di fronte all'isola di Ischia,
era una delle più antiche e più lontane dalla madrepatria. E’ stata fondata intorno al 740
a.C..Cuma fu la colonia che diffuse in Italia la cultura greca, diffondendo l'alfabeto, che assimilato
e fatto proprio dagli Etruschi e dai Latini divenne l'alfabeto della lingua e della letteratura di Roma
e poi di tutta la cultura occidentale. Intimamente legato a Cuma e il mito della Sibilla Cumana.
L'architettura di questo periodo e assai diversa da quella greca e fu all'origine di quella romana.
Per tradizione il tempio etrusco-italico (o tuscanico) era posto su un alto podio con accesso da una
scalinata frontale che comportava una rigorosa assialità. Nei templi la planimetria tendeva a forme
quadrate tozze e ad un'architettura "di facciata" con profondo pronao in antis o prostilo. Gli unici
elementi decorativi del tempio etrusco sono gli acroteri e le antefisse, solitamente in terracotta
dipinta. Il Tempio di Giove Ottimo Massimo o di Giove Capitolino, dedicato alla triade capitolina
(Giove, Giunone e Minerva) era il più grande monumento esistente sul Campidoglio. Le grandi
dimensioni testimoniano l'importanza di Roma all'epoca dei re etruschi. Il tempio era esastilo,
periptero su tre lati (sine postico, cioè senza colonne sul lato posteriore), e sorgeva su un alto
podio, il cui accesso avveniva tramite una scalinata. Probabilmente tre file di colonne tuscaniche
precedevano la cella tripartita: l'ambiente centrale era dedicato a Giove e quelli laterali
rispettivamente a Giunone e Minerva. Atene e l'architettura classica La Grecia classica L’armonioso
equilibrio di arti e cultura raggiunto da Atene nel V sec. a.C., fu di modello persino in età barocca.
Secondo la tradizione la democrazia nacque ad Atene con la fondazione della città ad opera di
Teseo. L’acropoli. Gli scavi confermano che l’acropoli era la città vera e propria, centro
commerciale e politico. I resti risalenti all'epoca arcaica attestano che delle costruzioni imponenti si
elevavano sull'acropoli alla fine del VII secolo a.C., epoca in cui le mura risalenti all'età micenea
persero la loro importanza difensiva. Nella prima meta del VI secolo a.C., dopo l'espulsione dei
Pisistratidi, l’acropoli cessò di essere una fortezza. Le antiche fortificazioni, le costruzioni e gli
edifici templari furono distrutti durante l'occupazione persiana del 480 a.C. Le mura furono
ricostruite da Temistocle e Cimone e, per celebrare la vittoria definitiva sui Persiani, fu eretta una
statua colossale di Atena Parthenos, scolpita da Fidia. Durante l'epoca di Pericle fu realizzata la
ricostruzione dell'acropoli, con la costruzione del Partenone, dei Propilei ed in seguito dell'Eretteo e
del Tempio di Atena Nike. Il santuario di Aphaia a Egina.I caratteri dell'architettura tardo arcaica
ateniese possono essere meglio valutati dai resti del santuario di Aphaia nell'isola di Egina. Verso il
570 a.C. vi fu costruito ino dei primi templi interamente in pietra. Questo era un tetrastilo dorico
con cella tripartita e conclusa da un adyton. L'aspetto era massiccio, rivestito in stucco colorato. Il
successivo tempio, ricostruito subito dopo la distruzione del precedente, testimonia il passaggio tra
l'età arcaica e quella classica, sia nella struttura in poros stuccata che nelle decorazioni in marmo.
Il nuovo edificio si presentava esastilo periptero, di ordine dorico (6xl2). La cella presentava un
ingresso distilo in antis e un opistodomo, ed era, come quella precedente, divisa in navate da
colonnati. Le tegole del tetto e le antefisse erano in marmo e così gli acroteri. Quasi tutti i fusti del
colonnato esterno (peristasi) erano monolitici. Pianificazione urbana. Ippodamo da Mileto,
conosciuto soprattutto da citazioni di Aristotele, era un astruso uomo politico, teorico della città
ideale. La città era organizzata su diversi porti (emporion) serviti da una maglia ortogonale di
strade con una via centrale larga. Una ben congegnata distribuzione delle aree pubbliche (sacre,
militari, commerciali e civili accentrate su 2 agorà) all'interno degli isolati residenziali creava una
sorta di zonizzazione. Pericle e |’apogeo di Atene (461-429 a.C.).Pericle rafforzò il primato di
Atene. Fece la città grande e divenne superiore in potenza a molti re tiranni. Egli dominava il
popolo senza limitarne la libertà. Il primo intervento di Pericle, a livello architettonico, fu la ripresa
della costruzione del Partenone. Grandioso edificio votivo (anathema) pubblico, che accolglieva la
grande statua crisoelefantina della dea (Atena Partenos) ed i tesori della polis. Egli contino l'uso
dell'altare arcaico di Atena Polias (protettrice della città). il riuso di fondazioni e rocche di colonne,
la ripresa della planimetria, pur ampliandone la fronte, suggeriscono la volontà di riconfermare i
significati simbolici, accentuati dalle vittorie sui Persiani. Progettato da lctino e Callicrate, sotto
supervisione dello scultore Fidia, il Partenone rivoluzionò l'aspetto del tempio dorico. Ottastilo
periptero ebbe un notevole ampliamento interno contornato da un doppio ordine. Anche il
prospetto ottenne un'armoniosa volumetria legata alla semplice proporzione di 4:9 che si ritrova
oltre che nell’alzato, anche nello stilobate e tra il diametro delle colonne. Nel Partenone poi si
perfezionarono anche tutti quegli accorgimenti ottici già usati in precedenza, portandoli a
maturazione. Furono realizzate delle vere e proprie convergenze nelle curvature di stilobnate e
trabeazione e nell’inclinazione degli assi delle colonne. Ancor meno percettibili erano gli
accorgimenti presi per la messa in opera del marmo con piccoli arretramenti (peritaeniae) e
avanzamenti (anathyrosis), in modo da ottenere una migliore rifinitura oltre che una solidità
strutturale. Il tetto era coperto da tegole corinzie in marmo e 4 teste di leone decorative agli
angoli. L'ordine dorico è contraddistinto da elementi ionici elaborati in corso d'opera. Ulteriori
motivi ionici erano le 4 colonne che sostengono a copertura del vano tra il naos (detto anche
Hekatonpedon) e l'opistodomo. L'Hekatonpedon, che custodiva parte dei tesori della polis, era a
volte assimilato al’opistodomo o definito Parthenon, termine che poi indicherà tutto l'edificio. Il
fregio del Partenone rappresentava l’emblematico ritratto della polis, che nelle proprie divinità
trovava il legame profondo tra concittadini e l’idealizzazione dell'uomo, misura di tutte le cose
secondo la definizione di Anassagora. l Propilei, sono il monumentale accesso all'area sacra, eretti
su progetto dell'architetto Mnesicle tra il 437 a.C. ed il 432 a.C. mai portati a termine. Il
monumento, di marmo Pentelico bianco e pietra grigia di Eleusi, rientra nei grandi lavori di
rifacimento dell'Acropoli promossi da Pericle. La struttura consiste di un corpo centrale con due ali
laterali, una detta Pinacoteca e l'altra identificata come un semplice portico. Il corpo centrale
costituiva il vero e proprio ingresso, chiuso fra due facciate doriche con sei colonne doriche; la
coppia centrale di colonne e più distanziata per lasciare più spazio al carro della processione delle
panatenaiche, alla quale la struttura faceva da sfondo. All'interno vi sono colonne ed elementi di
stile ionico. Il progetto dovette superare notevoli difficoltà tecniche, dovute soprattutto al forte
dislivello del passaggio. Dei quattro ambienti che dovevano occupare le due ali venne realizzato
solo quello di nord—ovest, la Pinacoteca, dove erano raccolti quadri di soggetto mitologico. Il
Tempio di Atena Nike si trova presso i Propilei. Costruito intorno al 425 a.C. in stile ionico è un
tempietto anfiprostilo tetrastilo (con quattro colonne libere sulla fronte e sul retro) ornato nei fregi
di preziosi bassorilievi che narrano vicende della battaglia di lvlaratona. Opera dell'architetto
Callicrate, e il primo (e unico) edificio in stile completamente ionico dell'Acropoli; tutti gli altri
presentano originali fusioni di stile ionico e dorico. | muri e le colonne sono inclinati verso l'interno.
L'edificio presenta una ricca decorazione con i0 Nikai in bronzo dorato sugli acroteri,
Gigantomachia e Amazzonomachia sui frontoni e un fregio figurato. L’Erette0 e un edificio dove su
sepolcri preistorici o nacquero i culti dei re Cecrope ed Eretteo. Iniziato nel 421, il tempio ionico fu
terminato nel 409 a.C. in coincidenza con la drammatica fine del predominio di Atene e
l'instaurazione di un governo oligarchico sotto Sparta. L’Eretto concluse il rinnovamento
dell’Acropoli voluta da Pericle, sostituendo un modesto pre-Eretteo che ospitava i culti della dea
Atena Polias. L’Eretteo, adattato al sito, si presentava diverso in ogni prospetto, con un corpo
principale parallelo al Partenone. L'interno era diviso in 2 parti principali. La fronte orientale,
prostila esastila, con impercettibile entasi nelle colonne, dava accesso alla cella superiore. Sulla
pavimentazione del pronao e visibile il triplice segno attribuito al fulmine di Zeus, cui corrisponde
un'apertura sul soffitto. Al|'ango|o sud-ovest dell'edificio fu aggiunta la loggia delle Korai
(fanciulle), impropriamente note come cariatidi. Il fregio a figure in marmo di Paros anticipa il
gusto per la bicromia, come nella tholos di Epidauro o nel mausoleo di Alicarnasso. Alla bicromia si
aggiungevano pigmenti, foglie d'oro o perle di vetro sulle basi attiche. L’equilibrata ricchezza
compositiva e decorativa fece del santuario poliade il modello per eccellenza Ephaisteion" e i templi
de||’AttÌca.L'Hephaisteion o Tempio di Efesto è un tempio greco situato ad Atene poco sopra
l'antica agora. Il tempio è conosciuto anche come Theseion perché ritenuto erroneamente il luogo
di sepoltura di Teseo. Il tempio e posto su|l'altura che domina il lato occidentale de|l'Agorà, nota
come Kolonos Agoraios. Si tratta di un tempio periptero, esastilo, con tredici colonne sui lati lunghi
(secondo la proporzione canonica del tempio dorico che pone sui lati lunghi le colonne in numero
doppio più uno rispetto alla fronte). La cella e distila in antis, con il pronao più profondo rispetto
all'opistodomo. All'interno la cella vera e propria aveva un doppio colonnato interno che correva sui
due lati lunghi e sul fondo vi erano due statue crisoelefantine di culto di Atena ed Efesto. Alla fine
del V sec. fu realizzata una scalinata di collegamento all’agorà. Eleusi collegata ad Atene tramite
una via sacra accoglieva il più insigne santuario di Demetra, legata alle origini dell'agricoltura. La
dea stessa avrebbe richiesto un altare e un tempio ai piedi dell’acropoli insegnano i riti misterici di
rinascita da||'oltretomba. L'edificio principale, dove si svolgeva la cerimonia, è chiamato
Telesterion. È una tipologia architettonica sviluppatasi dall'antico tempio di Demetra di epoca
arcaica che ha assunto la forma di un anaktoron (edicola) all'interno della struttura principale.
Sotto l'epoca classica raggiunse la sua massima elaborazione con il progetto di Ictino, autore del
Partenone. Il Telesterion era una stanza di notevoli dimensioni con addossate alle pareti 7 gradini
per gli spettatori del culto. Al centro si ergevano, secondo il progetto di lctino mai terminato,
colonne doriche su due ordini. Sviluppi dell'età tardoclassica nella Ionia e nel Peloponneso Il
declino di Atene e della Persia A decenni di stasi nei cantieri ateniesi corrispose un rinnvato
sviluppo del Peloponneso. Frequenti trasferimenti di artisti e maestranze rafforzarono reciproci
influssi tra aree diverse, pur sviluppandone i caratteri peculiari, come dimostra Skopas di Paros,
attivo nel mausoleo di Alicarnasso. Gli ordini architettonici, rinnovati dall'introduzione del capitello
corinzio, saranno utilizzata in maniera sempre più disinvolta, con caratteri geografici e culturali
meno rigorosi che nel secolo precedente. Furono così poste le premesse ai successivi templi
ellenistici, quando anche gli ordini architettonici, nelle diverse inflessioni locali, apparterranno ad
un comune linguaggio (koine) diffuso per tutto il Mediterraneo. Nelle satrapie dell'Asia Minore si
preannunciano le architetture dei sovrani ellenistici, destinate non più alle poleis ma all'individuo. Il
tempio di Bassae e il Peloponneso. Il tempio di Apollo a Bassae attesta le nuove tendenze
architettoniche. Venne costruito da Ictino. l'architetto cui si deve la costruzione del Partenone e del
Tempio di Efesto. Secondo Pausania l'edificio fu costruito fra il 450 e il 425 a.C. Il tempio venne
eretto per esprimere riconoscenza nei confronti di Apollo Epicurio (soccorritore), per aver
risparmiato la città dalla pestilenza che infuriava in Grecia sul finire del V secolo a.C.. Il tempio
sorge sul fianco di una montagna, e per superare questa restrizione fu posta una porta sul lato
orientale del tempio, forse per permettere ai devoti di potersi rivolgere verso il sole, o forse per
lasciar entrare la luce. Esso ha un peristilio di sei colonne per quindici, di ordine dorico, e venne
costruito interamente in pietra calcarea dell'Arcadia, tranne che il fregio, scolpito in marmo. Come
tutti i templi maggiori è dotato di un pronao, un naos (che probabilmente ospitava una statua di
Apollo), un adyton ed un opistodomo. Il tempio conteneva alcuni accorgimenti di correzioni ottiche
analoghe a quelle contenute nel Partenone, come ad esempio il pavimento incurvato. L'elemento
più insolito di questo tempio è rappresentato dal fatto che in esso si ritrovano tutti e tre gli ordini
dell'architettura classica greca: il dorico, lo ionico ed il corinzio. Le colonne doriche formano il
peristilio, quelle ioniche accompagnano i lati lunghi all'interno della cella mentre una o tre colonne
corinzie furono collocate sul fondo della cella. Da notare che queste colonne mostrano il più antico
esempio di capitello corinzio giunto fino a noi. II tempio di Atena Alea a Tegea della dea
soccorritrice e guerriera fu distrutto nel 395 e ricostruito dopo il 370. Scopa progettò il tempio
(dorico, esastilo 6x14 e peristasi interna di semicolonne); accesso tramite due rampe (una a est e
l'altra a nord in corrispondenza della fonte sacra presso cui era awenuto l'incontro fra Eracle e
Auge da cui era nato Telefo). Scopa scolpì inoltre i frontoni con figure ricche di pathos e
drammaticamente espressive. I capitelli corinzi sono più tozzi di quello di Bassae con una foglia al
centro del kalathos e per la prima volta caulicoli da cui partono le volute angolari sotto l'abaco. Le
"tholoi" nei santuari della Marmarià a Delfi e di Epidauro. Una particolare armonia fu raggiunta
nelle tholos di età tardoclassica, a cominciare da quella nel santuario della Marmarià a Delfi
progettata verso il 380 a.C. da Teodoro di Focea. La tholos in marmo pentelico era costituita da un
anello di 20 colonne doriche. Un soffitto a cassettoni circondava la cella arricchita da 10 colonne
corinzie addossate e sollevate su di un podio con capitelli ripresi dal prototipo di Bassae. Accanto
alla tholos fu realizzato il tempio di Atena Pronaia, un prostilo dorico esastilo. L'esperienza di Delfi
fu sviluppata ad Epidauro, principale santuario del dio Asclepio (guaritore). I santuari di Asclepio,
più degli altri dotati di fontane, giardini o boschi sacri, costituivano dei veri e propri sanatori, dove
l'esperienza dei sacerdoti e la localizzazione salubre aiutava le guarigioni. Non mancava il portico
destinato al rito dell'incubazione, ove i malati attendevano sogni premonitori sulle necessarie cure.
Attorno agli Asklepièia nacauero delle vere scuole mediche. Nell'area sacra erano presenti diversi
edifici con specifiche funzioni per il culto, ma quello più interessante è il tempietto a tholos,
denominato Thymele, che è tra i più raffinati: ordine corinzio in marmo nero, al di sotto del quale
c'era una cripta contenente i serpenti sacri legati al culto. L'antica definizione di Thymele (altare)
era legata a culti ctoni. Rinascita della Ionia: le satrapie e la rifondazione di Priene. Lo sviluppo del
classicismo nella Ionia fu preceduto da esperienze in aree periferiche scarsamente ellenizzate, che
rielaborarono quanto maturato in Attica. Nella regione meridionale della Licia si svilupparono
architetture auotonome dalla tradizione greca conservate nelle necropoli rupestri. Anche i grandi
sarcofagi con copertura a carena di nave ripresero i modelli lignei. Un più antico esempio di
sepolcro monumentale e costituito dal monumento delle Nereidi a Xanthos. La costruzione fu
realizzata come tempio ionico in marmo con una peristasi di 6x4. Basi e capitelli richiamano
|’Eretteo e quelli angolari sono tra i primi esempi del tipo a 4 facce.|| mausoleo di Alicarnasso e la
monumentale tomba che Artemisia fece costruire per il marito fratello Mausolo, satrapo della Caria,
ad Alicarnasso. Tale era la magnificenza e l'imponenza della tomba di Mausolo, che il termine
mausoleo venne poi usato per indicare tutte le grandi tombe monumentali. Un podio rivestito in
marmo ne sosteneva uno più alto in calcare, il tutto sormontato da un basamento sempre in
marmo. Lo zoccolo inferiore doveva sostenere delle statue colossali convergenti verso il re Mausolo
seduto in una nicchia. La sommità del podio era conclusa con un fregio rappresentante
Amazzonomachia. L’immenso monumento, con coloriture accentuate, doveva elevarsi fin quasi a
50m. Ridotto invece era il vano sepolcrale. Parte seconda L'e||enismo Introduzione Della
”grecità” si distinguono più fasi evolutive: l'ultima delle quali è |'e|lenismo, giudicata espressione
della decadenza. Il concetto è stato introdotto per indicare il fenomeno della grecizzazione dei
popoli entrati in contatto con la civiltà greca. Si guarda all’ellenismo come sistema a sé stante.
L'area interessata dall’ellenismo è molto vasta. Comprendeva la Ionia, alcune aree della
madrepatria greca, la Macedonia, la Tracia, la Tessaglia, alcune aree del|’Anato|ia, la Siria, l'area
persiano- iranica, le prime propaggini del subcontinente indiano.Innovazioni morfologiche e
concettuali Una tappa importante del passaggio dall'età tardoclassica all’ellenismo è la costruzione
del Philippeion a Olimpia. L'edificio è una tholos al cui interno vi sono 9 semicolonne corinzie,
mentre la peristasi si compone di i8 colonne ioniche. Il capitello presenta elementi decorativi tratti
dalla combinazione di più matrici figurativ. Un dettaglio importante è la mancanza di elementi di
rilievo sull’echino profilato ad ovoli. La trabeazione è costituita da un architrave a 2 fasce, da un
fregio continuo e da una sottocornice. Questa soluzione sarà ripresa più volte in seguito. La
molteplicità di matrici linguistiche ha indotto a pensare che vi fosse l'intervento di figure qualificate
itineranti. Frequente risulta poi, in età tardoellenistica, la sistematica e disinvolta contaminazione di
dettagli di più ordini architettonici in un medesimo sistema sintattico. In edifici templari di Paestum
ad esempio compare la cosiddetta trabeazione dorico-corinzia, e altra soluzione che diventerà
prassi costante sarà l'adozione dell'ordine ionico nel livello edilizio sovrapposto a quello dorico. In
età ellenistica è adottata la soluzione di moltiplicare, nello spazio dell'intercolumnio, il numero di
triglifi e metope, perché risulta variato il rapporto modulare tra le colonne e la trabeazione. Questa
soluzione deiventerà prassi nell'architettura repubblicana di Roma. Il sistema edilizio: committenti,
progettisti, cantieri materiali. In età ellenistica assumono un ritmo più lento sia le iniziative di
edilizia religiosa che quelle di edilizia pubblica civile. Si moltiplicano invece interventi per la
realizzazione di architetture di corte destinate ai ceti più alti. Per quanto concerne gli aspetti
costruttivi si prediligono materiali di poco pregio. Iniziano inoltre a diffondersi l'uso dell'arco e della
volta, cioè strutture non più trilitiche ma spingenti. Un esempio sono le porte delle mura urbiche o
dei ponti. L'impiego di queste soluzioni spingenti sarebbe da ricollegare non alla scuola greca, ma
a quella etrusco-italica. Dall'introduzione ufficiale di strutture spingenti (arco o volta) nella sintassi
architettonica dipende un'altra soluzione: l'arco inquadrato da ordine architettonico definito da
semicolonne sovrastate da una trabeazione. Ne consegue un modulo ripetuto più volte dando
luogo a una serie ritmica di campate. Nacuqero anche nuove tecniche murarie: dal pulvis
puteolanus (pozzolana) si passò all'opus incertum. I primi esempi di questa tecnica sono: alcuni
edifici nel Foro di Paestum; alcuni edifici a Pompei; il tempio della Magna Mater a Roma; la
Porticus Aemilia, sempre a Roma; il santuario della Foruna Primigenia in Palestrina; il sanuario di
Giove Anxur a Terracina. L'opus incertum scomparirà verso la fine dell'eta repubblicana, e sarà
sostituita dall'opus quasi reticulatum e poi dall'opus reticulatum. Principali ambiti di intervento
Edilizia templare Le novità hanno avuto effetto anche nel senso di modificare i criteri della
progettazione dei templi. Di particolare interesse è il metodo di tracciamento della pianta:
delineata a partire da una griglia geometrica quadrata o rettangolare. Vitruvio fissa 5 nuovi tipi di
pianta tra i quali spiccano i già conosciuti pseudodiptero e pseudoperiptero. Caratteristica
architettonica tipica del tempio pseudodiptero è la presenza del vasto spazio compreso tra peristasi
e cella dimensionalmente sufficiente ad un altro giro di colonne. Ponendo l'accento sull'ampiezza
degli spazi tra peristasi e cella, questi templi sono denominati "dai vasti atri". Lo pseudoperipetro,
che avrà molto seguito nell'ambito dell'architettura romana di età tardorebubblicana. in particolare
nel tempio sine postico. L'opera più emblematica della spregiudicatezza costruttiva dell'ellenismo è
il cantiere del colossale tempio oracolare di Apollo a Dydima (Dydimaion). E' un tempio diptero con
caratteristiche particolari. È una sorta di tempio nel tempio.lniziato intorno al 300 a.C. e mai
portato a termine, si differenzia nel disegno della cella ipetrale (cella a cielo aperto) modellata alle
pareti da una serie continua di pilastri, nella soppressione dei frontoni e nel complesso impianto
del pronao seguito da vestibolo e da un'ampia gradinata per cui si scendeva al livello pavimentale
della cella. Questo tempio che e' forse l'esempio piu' significativo dell'architettura religiosa di
questo periodo, costituisce anche un vero e proprio repertorio di molte di quelle forme e di quei
motivi che saranno caratteristici delle architetture posteriori: i viticci scolpiti, i fregi decorativi con
motivi vegetali, i capitelli istoriati, i pilastri del cortile interno, le decorazioni sulle basi delle
colonne. La cerchia esterna si presenta con 10x21 colonne cheaffondano nel pronao a cinque
navate. Il sekos era accessibile solo ai sacerdoti. Davanti alla parete posteriore si ergeva un piccolo
tempio con il simulacro di Apollo, circondato da piante di alloro. Le colonne reggevano una
trabeazione coronata da elementi policromi su cui si distendeva il cielo aperto. Il soffitto marmoreo
di questa sala era sorretto da due colonne soltanto, sormontate da capitelli corinzi che
preparavano alla visione di una porta enorme. Ai due lati della sala, erano celate delle scale che
conducevano alla terrazza piana del tetto. Nei due angoli del pronao si trovavano due piccole
porte, attraverso le quali si entrava in uno stretto corridoio coperto a volta che conduceva
nell'adyton, il soffitto era decorato a cassettoni, i pilastri con capitelli dorici determinavano
l'ingresso: da questo stretto propilon sotterraneo si entrava finalmente nel cortile del dio. Civiltà
Etrusca. Gli Etruschi erano organizzati in città-stato e si riconoscevano in una federazione popoli,
corrispondenti agli insediamenti di dodici città: Caere (Cerveteri), Chiusi, Tarquinia, Veio, Vulci,
Vetulonia, Populonia, Volterra, Volsinii (Orvieto), Cortona, Perugia, Arezzo. I primi villaggi etruschi
erano costruiti da capanne a pianta quadrata, rettangolare o tonda con un tetto molto spiovente
(generalmente in paglia o argilla). Le città etrusche si differenziavano dagli altri insediamenti italici
perché non erano disposte a caso, ma seguivano una logica economica o strategica ben precisa.
Ad esempio, alcune città erano poste in cima a delle alture, cosa che rendeva possibile il controllo
di vaste aree sottostanti, sia terrestri che marittime. Altre città sorgono in un territorio
particolarmente fertile e adatto all'agricoltura. La città etrusca veniva fondata dapprima tracciando
con un aratro due assi principali fra loro perpendicolari, detti cardo (nord-sud) e decumano (est-
ovest), in seguito dividendo i quattro settori così ottenuti in insulae (dal latino, isole), tramite un
reticolo di strade parallele al cardo e al decumano. Questa precisa disposizione urbanistica è
visibile ancora oggi in alcune città dell'antica Etruria, corrispondente grossomodo all'attuale
Toscana, Umbria e parte del Lazio. L'idea di fondare le città partendo da due strade perpendicolari
rappresenta un primato degli etruschi rispetto ai greci, anticipando di quasi due secoli gli interventi
di Ippodamo di Mileto. Successivamente questo sviluppo urbano venne ripreso in epoche
successive anche dai Romani per fondare accampamenti e città (come ad esempio Augusta
Praetoria e Augusta Taurinorum, le attuali Aosta e Torino). Le città sono spesso cinte da mura. I
materiali usati erano l'argilla, il tufo e la pietra calcarea. L'ingresso alla città awiene attraverso le
porte, le più importanti in corrispondenza delle estremità del cardo e del decumano. Inizialmente
erano delle semplici architravi, ma a partire dal V secolo a.C. le porte assunsero caratteristiche
imponenti a forma di arco, costruite incastrando a secco tra loro enormi blocchi di tufo, a loro volta
inseriti nelle mura. Le porte di epoca tardo-etrusca, erano inoltre decorate con fregi e bassorilievi
nelle loro parti principali (la chiave di volta e il piano d'imposta). Porte Urbiche. Porta Marzia a
Perugia (III - Il sec) ha un' organizzazione compatta ad unico fornice elaborato con forme ricche.
Nella parte alta viene ricreato un loggione dal quali si affacciano i protettori della città, al centro
domina la scena Giove tra i Dioscuri Castore e Polluce. Porta di Augusto o Arco Etrusco o di
Augusto rappresenta la più integra e monumentaie delle porte etruscne cittadine al Perugia.
Costruito nella seconda metà del III secolo a.C., è costituito da una facciata attraversata da un
solo fornice e da due torrioni trapezoidali. L'apertura monumentale non fa parte dell'impianto
murario originale, essendo sorto in sostituzione di una porta precedente che si trovava in una
posizione più arretrata. Il motivo della riedificazione va cercato soprattutto nell'intento di dare
maggiore monumentalità ad un ingresso cittadino ritenuto particolarmente importante. La Porta
dell'Arco (o all'Arco) di Volterra, fa parte della cinta muraria della città, edificata originariamente
dagli Etruschi e poi modificata successivamente nel Medioevo. La Porta ha risentito, rispetto a
simili costruzioni in altre città, in maniera minore dei rimaneggiamenti romani dopo la
sottomissione della città a Roma ed infatti essa presenta ancora oggi la grandiosa imponenza tipica
delle porte cittadine etrusche. E' realizzata in grandi blocchi di tufo sovrapposti a secco. Come
particolare saliente, sul fronte esterno, si nota la sottolineatura dei tre elementi principali dell'arco
(la chiave di volta e i due piani di imposta) mediante tre teste scolpite nella pietra, forse
rappresentanti Giove e i due Dioscuri Castore e Polluce o Uni e Minerva, divinità protettrici,
ricollegabili all' usanza orientale di esporre sulle mura cittadine le teste mozzate dei comandanti
nemici, come tacito monito verso qualsiasi presenza ostile. Le prime case degli Etruschi erano fatte
in legno e fango, ma non ci sono molti resti. La maggior parte delle informazioni su questo popolo
deriva dalle tombe, costruite in pietra: esse contenevano molti oggetti e spesso sulle loro pareti
erano dipinte scene di vita quotidiana. Urna a Palazzatto di Chiusi. Esempio di casa etrusca sono le
urne conformate ad abitazione, come I' esemplare di Chiusi: questo ci presenta due ampi portali
ad arco sui lati corti, e i lati lunghi animati da un probabile portico sorretto da pilastri e sormontato
da un loggiato sostenuto da fitti pilastrini. Gli angoli sono sottolineati da due alte colonne scanalate
con capitello eolico; due colonne minori sottolineano pure l'ampio portale. L'Ipogeo dei Volumni è
una tomba ipogea etrusca attribuibile al III secolo a.C.. L'ipogeo si trova a Perugia. Essa costituiva
la tomba di una antica famiglia patrizia romana e appartiene alla più vasta area archeologica della
Necropoli del Palazzone (VI-V secolo a.C.), che presenta un gran numero di tombe sotterranee e
urne. La tomba è raggiungibile attraverso un dromos che scende alcuni metri sotto la superficie. Al
termine di esso, si trova la porta d'ingresso ipogea. Oltre la porta si apre un ampio vestibolo, da
cui si può accedere a quattro piccole camere laterali e a tre camere centrali, più grandi: una di
queste conteneva le urne principali con i resti dei capifamiglia. L'urna principale è in travertino ed è
sormontata da un triclinio sul quale vi è raffigurato il defunto disteso. Le iscrizioni sono presenti sia
in Etrusco che in Latino. Il soffitto dell'ipogeo è a forma di tetto spiovente. Roma e l'Ellenismo:
l'età tardorepubblicana sino all'instaurazione del principato augusteo Aspetti di ordine generale A
partire dal III sec. a.C. Roma sottomette, o stabilisce rapporti di alleanza-dominio, con più civiltà e
popolazioni: gli Etruschi, numerose popolazioni italiche, gruppi etnici di matrice gallica, Cartagine,
centri magnogreci-sicelioti, popolazioni greco-ioniche e mediorientali. Il sistema politico noj si
fonda ne sul modello della polis ne su modelli ellenistici, ma incentra sull'Urbe tutto il potere. A
differenza del sistema ellenistico, nel mondo romano, all'intersezione tra cardo e decumano, veniva
attribuito un significato simbolico di "segno" della presenza religiosa e civica di Roma: vi veniva
infatti costruito il complesso templare dedicato alla triade capitolina. Uno degli impianti meglio
conosciuti di uest'epoca è quello di Cosa, colonia fondata nel 273 a.C. nel territorio dell'etrusca
Vulci. Oltre alla sua cinta muraria e alle sue porte urbiche, gli scavi hanno portato alla luce un
reticolato viario che presenta, diversamente dalla prassi generale romana, un'ampiezza del cardo e
del decumano non molto diversa rispetto alle vie secondarie. Della città sono note anche alcune
strutture edilizie: il Foro ,situato nel baricentro urbano, presenta un ingresso monumentale ad arco
a 3 fornici che immetteva nell'ampia piazza dove era presenta anche la basilica; il Campidoglio è
situato in un'area decentrata ed elevata e vi si giungeva tramite un percorso altimetricamente
variato. Qui aveva sede il vero e proprio tempio capitolino ( a 3 celle, con ampio e alto podio, con
scalinata frontale). A Roma la nuova sensibilità urbanistica portò a modificare l'assetto dei
principale punti della città. Il Foro tende a divenire un luogo progettato il cui elemento più
importante era la basilica intesa come luogo di riunioni politiche e assemblee. Questa era un
edificio inizialmente rettangolare a 3 navate. I romani avevano conoscito questo tipo edilizio in
seguito ai rapporti con l'ambiente ellenistico dell'Italia meridionale, ad esempio Pompei dove
ritroviamo una basilica di pianta rettangolare con sala suddivisa in 3 navate da colonne in laterizio.
Questa si affaccia sul Foro costituito da un porticato. Altro esempio importante è la basilica di Fano
realizzata da Vitruvio.Da un punto di vista tipologico costituisce un'anomalia nell'ambito della
costruzione di edifici basilicali. Infatti presenta la facciata principale sul lato lungo, direttamente sul
foro, secondo una tipologia cosiddetta "orientale", presenta inoltre il cosiddetto "ordine gigante",
vale a dire una unica colonna che da terra si eleva fino a sorreggere le capriate di coperture
"coprendo" tutti e due i piani della basilica. Verso il II sec. a.C. la basilica diviene elemento di
progressiva trasformazione. Nel 179 a.C. la basilica Porcia venne sostituita dalla Basilica Emilia che
consisteva in una grande aula divisa in navate da colonne in marmo pregiato. Questa si affacciava
sul Foro Romano

modificandone l'aspetto che ora risultava più scenografico. Episodio urbano di eccezionale
rilevanza è il grande complesso promosso da Pompeo nell'area del Campo Marzio. L'insieme, che
combina matrici sia ellenistiche che italiche, era costituito da un quadriportico, da una curia e da
una sistema santuariale che comprendeva un teatro stabile (il primo nella storia di Roma). Il
teatro di Pompeo, realizzato nel 55 a.C., diffonde a Roma una nuova sensibilità per l'estetica
urbana, ed è il primo esempio di ediliza civile pensata a scala urbana.Il Foro di Cesare fu il primo
dei Fori Imperiali di Roma ad essere realizzato, con lo scopo di ampliare gli spazi del centro
politico, amministrativo e religioso della città. Il Foro di Cesare era costituito da una piazza
porticata con il lato di fondo chiuso da un tempio, pianta che costituì il modello di partenza per i
successivi Fori Imperiali. Si trattava di un progetto unitario: una piazza lunga e stretta con duplice
porticato su tre lati e con al centro del lato di fondo il tempio dedicato a Venere, madre di Enea e
progenitrice della Gens Julia. Al centro della piazza vi era la statua equestre di Cesare. L'impianto
fortemente assiale e centralizzante era focalizzato sul tempio e, all'interno di esso, sull'abside con
la statua di culto. Dal punto di vista architettonico, l'impianto riprendeva le caratteristiche delle
piazze forensi edificate nelle colonie romane, dotate di portici con tabernae sul fondo, con diversi
edifici pubblici annessi, tra i quali basiliche civili e curie, spesso dominate dal tempio dedicato alla
triade capitolina. Novità del tempio: non c'è la scalinata frontale, ma degli ingressi laterali; l'abside
ha 2 spazi liturgici. Importantissima opera pubblica di eccezionale rilevanza è poi il Tabularium,
cioè il grnade archivio statale fatto erigere dal console Catulo nel 78 a.C.. l'opera consisteva in una
serie di ambienti disimpegnati da gallerie con copertura a volta. Di primario interesse è la soluzione
della facciata a valle dove compare il tema dell'arco inquadrato dall'ordine architettonico con
colonne scanalate di tipo dorico. La soluzione era già conosciuta in ambito ellenistico, ma a Roma
viene adottata per risolvere il problema di inserire sistemi di strutture voltate con proiezione
esterna ad arco. Questo episodio costituisce l'esordio ufficiale di una prassi che sarà destinata a
qualificare gran parte dell'edilizia romana. Edilizia templare. I templi romani erano tradizionalmente
rialzati su di un alto podio cui si accedeva con una scalinata frontale. Erano impostati in modo da
consentirne una veduta preferenziale che era quella dell'asse compositivo secondo il quale, nella
cella, era anche situata la statua sacra. Questi templi erano generalmente realizzati in tufo
stuccato e non in marmo, e l'adozione dello schema a 3 celle richiama la tradizione italica. Però
anche templi di questo tipo, pur avendo in comune l'impianto planimetrico (cioè funzionale)
presentano delle differenze: vengono così definiti di tipo "tuscanico", se corrispondenti alle
caratteristiche morfologiche e proporzionali indicate da Vitruvio, oppure di tipo "etrusco-italico" se
divergenti da quelle. Vitruvio raccomanda di dare accesso al tempio dal suo fronte occidentale
perché i fedeli possano fare offerte e rivolgersi verso oriente. Altra differenza è l'alto podio con
gradinata frontale, tipico italico-romano, e il profondo pronao a colonne anteposto alle celle. Il più
arcaico esempio di tempio tuscanico a 3 celle è il Campidoglio a Roma: questo colossale tempio
presentava una fila di colonne libere su ciascuno dei lati lunghi. Era un tempio periptero sine
postico, in quanto la peristasi è presente solo su 3 lati. Nello pseudoperiptero caratteristica
fondamentale è una sorta di peristasi virtuale in quanto le colonne del pronao sono semicolonne
addossate alla parete. Un esempio della tipologia è il tempio di Portunus nel Foro Boario: tetrastilo,
su alto podio preceduto da scalinata e con ampio naos. Di impianto simile è anche il tempio
rettangolare situato sull'acropoli di Tivoli, interamente realizzato in travertino. Un'ulteriore variante
del tempio pseudoperiptero è l'uso di scandire con semipilastri, anziché semicolonne, gli elementi
dell'ordine architettonico lungo le facciate esterne dei muri. Rientrano nella linea ellenizzante
anche templi ad impianto circolare, con peristasi di colonne e copertura a tetto conico ribassato,
che richiamano modelli delle tholos grece. Anche in questi casi lo schema è modificato in chiave
romana soprattutto per la visione frontale. Ne è un esempio il tempio rotondo del Foro Boario:
peristasi in marmo pentelico di ordine corinzio e con base attica. Analogo è il tempio rotondo di
Tivoli, situato nell'acropoli. Questo tempio presenta una cella (in opus incertum intonacato)
contornata da una peristasi di colonne corinzie in travertino che si innalzano a partire da un podio
cilindrico. I santuari laziali. Di notevole importanza per la storia dell'architettura italico-romana è
l'omogeneo complesso dei grandi santuari di età repubblicana sorti tra Il e I sec. a.C.. Essi hanno
in comune più elementi: l'insieme costituito dal temenos recintato e parzialmente porticato; la
presenza di un bosco sacro; un altare; un tempio; sistemzaione a cavea teatrale; disposizione del
complesso su più terrazzamenti. Il tutto realizzato in opus incertum o in opus reticolatum. I
principali santuari laziali sono: il complesso di Giove Anxur a Terracina; il complesso di Tivoli; il
complesso della Fortuna Primigenia a Palestrina. Il santuario di Giove Anxur comprende una
terrazza superiore ("campo trincerato") con uso prevalentemente militare, e una terrazza inferiore,
che ospita il grande tempio e il santuario oracolare. Verso ovest una terza terrazza ("piccolo
tempio") presentava una serie di camere a volta, ornate da affreschi. La parte alta del santuario
corrispondeva alla zona militare, dotata di una cinta di mura con torri circolari che proteggeva il
santuario e lo collegava all'acropoli. Il campo era costituito da un portico su tre lati e da un
piazzale aperto dove si trova un piccolo tempio in antis (con cella preceduta da due colonne tra i
prolungamenti del muro della cella stessa). Il modello per la disposizione scenografica su terrazze
digradanti può riferirsi ai grandi santuari della città di Pergamo, mentre i templi sorgono su alti
podi e privi del colonnato sul retro (sine postico). Le terrazze sono spesso circondate da portici su
tre lati e spesso le arcate e le volte si affiancano o vengono nascosti dai colonnati. Il santuario di
Ercole Vincitore a Tivoli è uno dei maggiori complessi sacri dell'architettura romana in epoca
repubblicana. Venne edificato nel corso del Il secolo a.C. Si trattava di una struttura di dimensioni
imponenti, che sorgeva su un tratto dell'antica via Tiburtina. Il tempio, a pianta rettangolare,
consta di tre parti principali: il teatro, che sfrutta il naturale digradare del terreno, una grande
piazza con portici ed il tempio vero e proprio. Una serie di terrazzamenti, portici e colonnati
creavano una grandiosa scenografia intorno al luogo di culto, secondo i gusti del Il e l secolo a.C..
L'antica città di Tivoli si identificava col culto di Ercole proprio in virtù della sua posizione strategica
e lo venerava come dio. La struttura del tempio, con il teatro adagiato sulla collina dominato dal
luogo sacro vero e proprio, ha molte affinità con la vicina e coeva area sacra del Santuario della
Fortuna Primigenia a Palestrina. Il santuario della Fortuna Primigenia e un complesso sacro
dedicato alla dea Fortuna della città di Palestrina. Si tratta del massimo complesso di architetture
tardo- repubblicane dell'Italia antica.|| santuario fu costruito alla fine del Il secolo a.C.. e si articola
su sei terrazze artificiali, edificate sulle pendici del monte, collegate tra loro da rampe e scalinate. l
muri di fondo delle terrazze sono realizzati in opus incertum.La prime due terrazze erano accessibili
dal foro cittadino per mezzo di una serie di scalinate laterali. La terza terrazza dava accesso a due
monumentali rampe porticate, chiuse da un muro verso valle e coperte per meta da volte. Le
rampe davano accesso alla quarta terrazza con sul fondo un porticato di ordine ionico, sovrastato
da un attico a semicolonne e interrotto da due esedre ugualmente porticate, coperte da volte con
cassettoni e dotate di sedili ("terrazza degli emicic|i"). Su questa terrazza aveva sede il culto
oracolare e vi si trovava il pozzo sacro. La quinta terrazza ("terrazza dei fornici") presenta un muro
di fondo con semicolonne corinzie, che inquadrano alternativamente una nicchia o una finta porta.
Un'ultima terrazza ("piazza della cortina"), più ampia, era un vasto piazzale a delimitato su tre lati
da un doppio portico di ordine corinzio e ospitava al centro del lato di fondo una cavea teatrale,
sotto la quale il portico continuava come criptoportico. La sostruzione del declivio e decorata da
archi tra semicolonne tuscaniche e fregio dorico. La cavea era a sua volta coronata da un altro
doppio portico corinzio semicircolare, chiuso sul fondo da un muro e sopra di esso sorgeva il
piccolo tempio circolare. Qui si trovava il simulacro della dea. Ediliza abitativa. Nel settore
dell’ediliza abitativa privata romana è possibile individuare parti esterne, destinate a botteghe, e
parti interne, fulcro della vita privata. Un aspetto peculiare è |’atrium: l'ambiente che costituiva il
filtro tra esterno ed interno. Questo era costituito da compluvium (da dove scendeva l'acqua
piovana)e da impluvium (che raccoglieva l'acqua piovana). Altrettanto peculiari sono il tablinium,
che si apriva in sequenza con l'atrio ed era destinato alle occasioni della socialità, e un atrio
tetrastilo, un cortile con 4 colonne destinato ad areare ed illuminare gli ambienti. Vi era poi la
presenza di un giardino o cortile a peristilio. Presenti in queste abitazioni, soprattutto a Pompei ed
Ercolano, vi erano dei sistemi decorativi di I e II stile. Decorazioni Parietali. Primo stile: detto a
incrostazione (i 50- 180 a.C.). imita le incrostazioni dei marmi e delle pietre pregiate ellenistiche,
con colori brillanti. Secondo stile: detto architettonico (80 a.C.) introduce prospettive e scorci di
paesaggi. Terzo stile: detto ornamentale (I sec. a.C.) è molto decorativo e illusionistico. L'ordine
dorico è venuto a snellirsi con proporzioni più tipiche dello ionico e del corinzio. Quarto stile: detto
prospettico trova un campionario interessante nella Casa dei Vettii. E’ una sorta di riassunto di tutti
gli stili. La casa del Fauno a Pompei è del II sec. a.C..La domus è costituita da due zone
comunicanti con ingressi indipendenti separati da una fila di botteghe. In essa è del tutto
scomparso |’hortus rimpiazzato dalla presenzadi 2 peristi|i.Vi e un considerevole numero di
stanze.Sono anche noti esempi di ville tardorepubblicane di importanti personaggi. Articolate in più
parti, di vaste dimensioni, spesso distribuite ed arricchite da peristili, giardini e fontane. Spesso
comprendevano anche dei criptoportici (cioè dei percorsi coperti voltati a botte). Ne è un esempio
la Villa tardorepubblicana di Tivoli inserita poi nell'insieme della grande Villa Adriana. Altro
importante tipo edilizio è quello delle ville marine, costruite su più terrazzamenti e con vedute che
si aprono verso il paesaggio. Di carattere differente è la cosiddetta insula: il tipo abitativo dei ceti
subordinati. Questo era un complesso a più piani al quale si accedeva da uno o più ingressi che
davano sulla strada.Ai piani superiori si accedeva tramite scale interne o ballatoi esterni. Gli
elementi strutturali delle insulae erano in genere in muratura laterizia e cementizia, ma potevano
avere anche elementi in legno. Parte terza Introduzione L'originaIita artistica nell'architettura
romana si sviluppò abbastanza tardivamente. Per l'intero periodo repubblicano, le forme
architettoniche in uso, dipendono fortemente dalle precedenti tradizioni italiche, a loro volta
fortemente influenzate dall'arte greca, ed ellenistiche, portatrici di innovazioni come l'uso dell'arco
e della volta. Nel II secolo a.C. lo sviluppo della tecnica costruttiva del cementizio viene
prontamente sfruttato per le forme dello spazio interno degli edifici, a cui i Romani sono
maggiormente interessati. Una caratteristica dell'espansione romana è l'intensa opera di
urbanizzazione del territorio, che porterà alla fondazione di moltissime città, oltre all'ingrandimento
di quelle già esistenti. Le città romane di fondazione si basavano sullo schema dell'accampamento
romano. Una sorta di fortificazione, nella quale risiedeva in forma stabile o provvisoria un'unità
dell'esercito romano. Questa ospitava al suo interno varie tipologie di edifici pubblici (teatri,
anfiteatri e mercati) e privati (domus e insulae). La rivoluzione di Augusto II restauro dei templi di
Roma Ottaviano o Augusto, fu il primo imperatore romano. Resto al potere sino alla morte, e il suo
principato fu il più lungo della Roma imperiale. L'età di Augusto rappresentò un momento di svolta
nella storia di Roma e il definitivo passaggio dal periodo repubblicano al principato.Fece di Roma
una città monumentale con la costruzione di numerosi nuovi edifici, avvalendosi di un collaboratore
come Marco Vipsanio Agrippa. Egli promosse una politica sociale con continuative elargizioni di
grano e la costruzione di nuove opere di pubblica utilità (come terme, acquedotti e fori). Augusto
stesso lasciò alla sua morte un dettagliato resoconto delle sue opere, quasi una forma di
testamento morale: le famose Res Gestae Divi Augusti.|| tempio di Apollo Sosiano, o di Apollo in
Circo, è un tempio che sorgeva nella zona del teatro di Marcello. Il tempio della fase augustea
presentava un podio in blocchi di tufo. L'alzato esastilo e pseudoperiptero presentava sei colonne
sulla fronte e due laterali relative al pronao, in marmo lunense, mentre l'ordine proseguiva poi con
semicolonne addossate alle pareti della cella, in travertino ricoperto di stucco a imitazione del
marmo. Sulla facciata l'architrave era costituito da blocchi di travertino disposti a piattabanda,
rivestiti da lastre in marmo; allo stesso modo il fregio era scolpito su lastre che rivestivano la
struttura portante. | capitelli sono di tipo "corinzieggiante", trasformati con l'inserimento di diversi
motivi vegetali. All'interno le pareti della cella erano decorate da un doppio ordine con fusti in
marmo africano, quello inferiore con un fregio raffigurante scene di battaglie. Tra le colonne erano
presenti edicole con fusti in marmi colorati e con timpani dalle insolite forme. Il frontone del
tempio era decorato con sculture asportate da un tempio greco classico raffiguranti una
amazzonomachia (lotta dei Greci e delle Amazzoni). La decorazione presenta diversi motivi insoliti:
un esempio sono le scanalature dei fusti delle colonne alternativamente più larghe e più strette (si
tratta di un momento in cui si stava elaborando un nuovo stile decorativo, che sarà in seguito
codificato nel Foro di Augusto, in cui dovevano amalgamarsi la tradizione italica e gli influssi della
grande architettura ellenistica). Il Foro di Augusto, inaugurato nel 2 a.C., era il risultato di un
processo di gestazione, passando dall’iniziale tempio di Marte Ultore (il vendicatore di Giulio
Cesare), ad un progetto più grandioso e coordinato spiritualmente al Foro di Cesare. L’irregolarità
del lotto fu risolta edificando nell'angolo del muro di fondo una cella absidata di un tempio
periptero sine postico. Due lunghe ali di porticati la delimitavano, con 4 esedre (2 per ogni
porticato), che fungevano da tribunalia. In sostanza si ha ancora l'impianto del Foro di Cesare, ma
pieno di novità: i lunghi portici, coperti da un controsoffitto voltato, presentavano esternamente un
attico scandito, in corrispondenza delle colonne, da cariatidi. Il tempio di Marte Ultore, ottastilo
picnostilo (i cui intercolumni sono pari a una volta e mezzo il diametro delle colonne), è il primo
esempio di corinzio canonico romano: basi attiche con plinto, fusto scanalato, capitello corinzio
tradizionale, trabeazione composta da architrave, fregio continuo e cornice a medaglioni. L'interno
era ad aula unica con le pareti decorate da un doppio ordine di colonne sul podio. La parete di
fondo era occupata da una grande abside. L'esperienza del tempio di Marte Ultore venne replicata
da Tiberio nel tempio della Concordia nel Foro Romano.Ne| regno di Augusto venne restaurato da
Tiberio tra il 7 a.C. e il i0 d.C., anno della sua consacrazione. Quest'ultimo restauro si distinse per
l'opulenza dei marmi e per i ricchi ornamenti architettonici. Tale era la ricchezza delle fini sculture
greche, dei dipinti e delle altre opere d'arte che il tempio si trasformò in una specie di museo
dell'arte e della scultura. A questo rifacimento risale la cella, che venne ingrandita. Venne inoltre
usato come archivio di Stato durante l'epoca repubblicana e per le riunioni del Senato romano,
particolarmente nei tempi di disordini civili. L'altro tempio che prende esempio da Marte Ultore è il
tempio dei Dioscuri o tempio dei Càstori, sempre nel Foro Romano.L'edificio venne interamente
ricostruito e inaugurato nel 6 d.C. da Tiberio.|l podio venne ulteriormente alzato e ingrandito. Nel
podio si aprivano ambienti utilizzati come deposito e banca, chiusi da grate, mentre altri dovevano
essere affidati a privati per attività commerciali. L’a|zato, in marmo lunense aveva l'aspetto di un
tempio ottastilo periptero, di ordine corinzio, con ii colonne sui lati lunghi. L'interno della cella era
decorato con colonne più piccole dai fusti in marrno e aveva un pavimento in mosaico bianco e
nero, più tardi sostituito da uno in lastre di marmi colorati.Davanti al tempio si trova un tribunale,
più piccolo dei suoi predecessori, dal quale un'ampia scalinata permette di accedere al tempio;
altre scale laterali permettevano l'accesso diretto al pronao. Con la redazione finale del Foro di
Augusto e il rifacimento del Foro Romano risultano consacrate|’assia|ità come forma preferenziale
e la centralità del tempio nella progettazione delle aree sacre monumentali. L'alto podio di
tradizione italica richiede una scalinata che privilegia la visione frontale del tempio, per il quale
sarà sempre più naturale lo schema psudoperiptero o periptero sine postico. Il pronao arriverà a
riassumere le valenze dell'intero edificio di cui si assisterà alla progressiva contrazione. La
canonizzazione dell'ordine corinzio comporterà l’ipertrofia visiva del modiglione del timpano.
All’affermarsi dell'ordine corinzio romano si assiste all’improvvisa eclisse dell'ordine ionico. Dopo il
tempio di Marte Ultore, che incarna tutte queste tendenze, l'architettura degli esterni non
conoscerà innovazioni significative. Anche per quanto riguarda gli interni i canoni sono stabiliti:
prevale una decorazione volta esclusivamente alla teatralizzazione. La sintassi della trabeazione,
inalterata nella sua tripartizione architrave — fregio — cornice, è arricchita da modanature. La
classificazione delle pitture parietali romane è suddivisa in 4 stili definiti pompeiani. Il 1° stile, che
imita prima in stucco poi in pittura paramenti e incrostazioni lapidei o marmorei, interessa tutto il
mondo ellenistico fino al | sec a.C.. Mano a mano che i paramenti si arricchiscono di dettagli
prende forma e si diffonde il 2°sti|e che raffigura in maniera realistica architettura complesse come
porticati sacelli e giardini. Nel 3°stile le pareti riprendono tutta la loro sostanza esaltata dalla
monocromia, il rosso in primis, assieme al nero, giallo e bianco, fa da sfondo a delicati elementi
come candelabri o racemi, o vedute di edifici e paesaggi. Il 4°sti|e o stile delle architettura
fantastiche sarà in voga per tutta l'età flavia. Tutti questi sistemi decorativi sono il riflesso di
esperienze architettoniche. per quanto riguarda l'architettura civile, il periodo augusteo vede il
rinnovamento delle due grandi basiliche del Foro Romano. La basilica Giulia costituisce uno dei già
citati esempi di uso dell'ordine tuscanico. La basilca Emilia, a 3 navate concentriche e a 3 livelli
interni, era stata rivestita da un portico a 2 piani costituiti da arcate inquadrate da un ordine
dorico. L'interno presentava 3 piani i cui sostegni non erano in asse tra di Ioro. Le terme sembrano
non essere state ancora concepite con un impianto a simmetria speculare intorno all'asse centrale
frigidario- tepidario-calidario, ma come impianto in linea. Nelle terme di Baia, il tempio di Mercurio,
riferito ad eta protoaugustea, ha conservato una vera e propria cupola impostata su massicci muri
portanti. Presentava in origine la forma di una rotonda preceduta da un pronao decastilo. Questo è
un modello affine alle tholoi tardoclassiche (Epidauro) o ellenistiche, con colonnato interno e
cariatidi sovrapposte, mentre la presenza del pronao fa escludere un colonnato esterno. Sempre in
eta augustea si ingegnerò un progressivo migliramento dei materiali da costruzione. Si avvia a
scomparire il mattone crudo. L’opus reticolatum, versione più raffinata dell'opera incerta,
costituisce la tecnica principale in uso nella Roma di Augusto. Il legno resta importantissimo, ed
,o|tre alle strutture orizzontali (solai, tetti e balconi) costituisce anche l'armatura dell'Opus
craticium, una sorta di telaio ligneo i cui interstizi venivano riempiti di sassi tenuti insieme con del
fango o della malta. Con questa tecnica venivano realizzati i tramezzi e spesso anche interi piani.
La diffusione inoltre del marmo di Luni per gli edifici monumentali si accompagna all'uso dei marmi
colorati per rivestimenti degli interni dei templi. L'eredità di Augusto: gli imperatori giulio-claudi
Continuità e contrasti nella successione imperiale La successione ad Augusto avvenne quqando ci
fù un maschio vagamente consanguineo del Divo Augusto: il Senato pregò prima Tiberio, poi
Caligola, quindi Claudio, infine Nerone. Dal punto di vista architettonico, l'intero periodo va
considerato come la fase di metabolizzazione delle enormi novità del principato augusteo. Durante
il regno di Tiberio si ricorda la costruzione dei Castra Pretoria (una sorta di accampamento per le
guardie) e la diffusione de||’innovativa tecnica del mattone cotto, il laterizio. Caligola è preso in
considerazione solo in campo topografico per il delirante ampliamento del suo palazzo dal Palatino
fino al Campidoglio. Diverso è il discorso per Claudio che realizzerà tra l'altro il primo grande porto
di Roma, e l'acquedotto che prese il suo nome. Nerone dovette affrontare la ricostruzione di Roma
dopo il famoso incendio. Gran parte di questa ricostruzione è costituita dalla creazione della Domus
Aurea. Prendono piede audaci piattabande, ovvero achitravi realizzate con mattoni disposti a
cuneo, che tendono addirittura a soppiantare l'uso di architravi lapidee. Al di fuori dell'Italia si
completa l'opera di romanizzazione iniziata già in età augustea. Ad Orange l'arco onorario dedicato
a Tiberio presenta una prima apparizione delle colonne isolate con trabeazione a risalto che
chiudono le facciate principali. In Asia Minore ad Afrodisia di Caria si ha una nuova fioritura
architettonica di età augustea che continua con Tiberio che la dota di una ricca architettura
marmorea grazie alle cave di marmo presenti. In età claudia viene concepito un settore urbano
annesso all'agorà e portato a termine da Nerone costituito da un propylon monumentale, un tratto
di via porticata e il tempio dedicato al culto imperiale (il Sebasteion). Il complesso afrodisiense è
stato considerato il capostipite delle grandiose sale imperiali che tanta fortuna avranno in Asia nei
due secoli successivi. Interessante in Roma è l'architettura privata del primo servitore dello stato,
l'imperatore. Già Augusto costruì a Capri una villa (Palazzo a mare). Il regno di Tiberio e uno dei
più prosperi sotto questo punto di vista. La villa imperiale di Sperlonga e l'intera isola di Capri
diventano luoghi ideali per la messa in scena di un mondo mitico. Nel grandioso palazzo caprese di
Villa Iovis Tiberio non crea un prototipo del palazzo dinastico, ma una sorta di "nido dell'aquila",
incrostando sui 4 lai di un enorme blocco di cisterne un quartiere residenziale, uno termale, uno di
ricevimento e uno di servizio. L'Odissea di marmo nella grotta di Sperlonga e la riproposizione di
analoghe installazioni in alcune ville capresi e all'origine di future analoghe creazioni che
culmineranno nella villa tiburtina di Adriano. E’ solo con Nerone che questa attività sostanzialmente
privata viene elevata a sistema e irrompe nel mondo pubblico. Buona parte del regno di Nerone è
caratterizzata dalla creazione della Domus Aurea, colossale villa urbana impostata immediatamente
dopo uno dei più devastanti incendi. Il centro di gravità del nuovo progetto era costituito dal
Colosso dorato del Sole che si specchiava su uno stagnum artificiale ricavato nell'attuale area del
Colosseo. Un settore privato, modellato sui basilea ellenistici, era costituito da immensi giardini che
andavano dagli Orti di Mecenate sull'EsquiIino fino a| tempio del Divo Claudio sul Celio. In essi
erano immersi padiglioni di abitazione, ninfei. Un grandioso impianto di giardini pensili sul Palatino
sostituiva Ia vecchia Domus Tiberiana e un altro grande edifcio costituiva Ia futura Domus Flavia.
Grandiosi proticati collegavano i| Colosso a| Foro. L'impianto, costituito da un grande corpo a
peristilio e da un impianto centrico con sale satelliti, risulta essere un edificio ad ali simmetriche. La
luce solare veniva forzata a scopo ornamentali o addirittura liturgici. Per quanto riguarda Ia tecnica
costruttiva notiamo delle immense volte a botte ( |e più grandi fino a quel momento). La sala
ottagonale è dotata di audaci piattabande che controllano i| sistema di controspinte
che consente alla volta a padiglione ribassata di funzionare come una cupola Ia quale e aperta da
un vasto oculo. Questa intuizione condurra alla nascita della volta ad ombrello e quindi a volte e
cupole costolonate. Anche dal punto di vista decorativo Ia Domus Aurea fara scuola. | resti
mostrano come i| 3°sti|e pompeiano, cosiddetto ornamentale, vira verso una dimensione irreale,
in cui i motivi ornamentali acquisiscono consistenze metalliche e si articolano in strutture eleganti e
gracili. Di qui i| passaggio aI 4° stile o delle architetture fantastiche. La dinastia dei Flavi ll
Colosseo e lo smembramento della Domus Aurea Con i Flavi e soprattutto con Tito Flavio
Vespasiano, si torna alla politica delle grandi opere Pubbliche: smembramento della Domus Aurea
e restituzione ad uso pubblico di molte aree inglobate nella parte privata della villa neroniana. Lo
stagnum, il lago intorno al quale dovevano disporsi i principali edifici neroniani, fu rimpiazzato dal
colossale anfiteatro Flavio. Il Colosseo ha una forma interamente chiusa costituita da 80 cellule
trapezoidali, di cui l'ultima combacia con la prima. In corrispondenza degli assi dell'ellisse i 3 cunei
confinanti vengono uniti mediante arcate, e all'estremità orientale un avancorpo monumentale e
marmoreo segna la facciata d'ingresso al palco imperiale. Anche dall'esterno è leggibile lo schema:
la cellula compositiva di base è l'arco inquadrato dall'ordine, ripetuto 80 volte per 3 livelli, mentre
un attico con 80 finestre corona l'edificio e sorregge le antenne che dovevano sostenere il velario
per ombreggiare l'arena. Ognuno dei 3 livelli principali è caratterizzato da semicolonne con diversi
tipi di capitelli: tuscanici al pian terreno; poi ionici e poi corinzi. | restanti elementi degli ordini,
base, architrave e fregio, sono identici in tutti e 3 i piani, solo la cornice del 3° presenta una
dentellatura che si espande verso l'esterno fungendo da cornicione e al tempo stesso dovendo far
passare le antenne per il velario. Fu necessario quindi rinforzarla con mensoloni che segmentano il
fregio. E’ evidente come in questo periodo la sovrapposizione degli ordini non fosse più legata alla
sequenza canonizzata in età ellenistica, ma si avviasse ad esprimere valori formali autonomi, in
funzione delle esigenze progettuali. Prendendo in esame 3 edifici a 2 soli ordini esterni progettati
in età flavia, nello stadio di Domiziano scompare il tuscanico, ne||’anfiteatro di Arles scompare lo
ionico, in quello di Nimes si sovrappongono paraste e semicolonne tuscaniche; ne||’anfiteatro
Castrense i 3 ordini esterni sono tutti Corinzi. Tornando al Colosseo: il pianterreno risulta il più
basso dei 4 livelli (più o meno uguali i 2 intermedi, altissimo |’attico). A provocare questo effetto
sono i plinti sotto gli ordini collegati da una struttura muraria. In sezione i plinti nascondono, nei
piani intermedi, le volte a botte anulari delle gallerie sottostanti; al quarto livello il plinto
permetteva di raggiungere la quota necessaria ad alloggiare all'interno un’ ulteriore galleria che da
accesso al loggione. Significativa è la scelta di dividere l'esterno in 4 fasce, esattamente come
l'interno, dove 4 settori concentrici di gradinate ospitavano dal basso verso l'alto i senatori, i
cavalieri, coloro che avevano cittadinanza romana, e infine il summum menianum, tutti quelli che
non avevano tale diritto. Nel Colosseo la tecnica edilizia adottata era quella di una struttura a
cheletro di travertino, con tamponature prima in opera quadrata di tufo, poi in mattoni, e volte
rampanti in cementizio. Questa prassi progettuale ne ha permesso la rapidissima esecuzione. Per
celebrare la presa di Gerusalemme venne costruito il Templum Pacis,noto anche come Foro della
Pace o di Vespasiano. Si tratta di un santuario costituito da un grande recinto quadrangolare,
parallelo al Foro di Augusto. Al suo interno racchiudeva un giardino con grandi fontane e siepi.
Opere d'arte erano collocate sotto i portici, nelle esedre e nel giardino. L'edificio templare era
situtato al centro del lato sud e la sua esistenza veniva denunciata all'esterno solo dalla fronte in
lieve risalto e dalle maggiori dimensioni delle colonne, oltre che dal timpano. Diverso è il discorso
per il regno di Domiziano; primo autocrate romano a pretendere per sé il titolo di dominus ac
deus, la sua politica sarà orientata ad una esaltazione del ruolo imperiale. Domiziano è stato uno
dei più formidabili costruttori de||'urbe. Completo il Colosseo, ricostruì il tempio di Giove
Capitolino, e riparò i danni dell'incendio restaurando gran parte dei monumenti del Campo Marzio.
Costruì ex novo un tempio dedicato al padre e al fratello divinizzati e un arco in onore del fratello
Tito. Dette forma definitiva al Circo Massimo, di cui comprese e valorizzò il potenziale di luogo
deputato del consenso popolare affiancandovi il palazzo imperiale sul Palatino. A differenza delle
precedenti residenze dei sovrani, il Palatium si configura come un palazzo dinastico. Esso sfrutta il
connotato del Circo come luogo della massima affluenza popolare e quindi della massima
ostensione dell'imperatore. Il palazzo è concepito per blocchi paralleli e comunicanti tra loro
tramite alcune aperture. La domus Flavia, il complesso di rappresentanza è costituito da pochi ma
grandiosi ambienti destinati ad ospitare le funzioni pubbliche; la Domus Augustana è la residenza
privata dell'imperatore in cui si svoglevano svariate attività. All'interno infatti vi erano: un
ippodromo, un giardino circondato da porticati al centro del quale si apriva una grandiosa esedra
coperta da una semicupola. Questi complessi sono legati da un unico percorso che li attraversa
con regolare alternanza di luce-penombra-ombra. Al contrario nei prospetti non esisteva alcuna
unità. La Domus Augustana incombeva sul Circo Massimo con una facciata concava ad arcodi
cerchio caratterizzata da un ordine gigante; la Domus Flavia si affacciava su uno spazio libero.
L'Aula Regia, concepita per un uomo che per la prima volta a Roma pretese gli onori divini,
presenta un’abside in posizione assiale che ritroviamo replicata ne||'adiacente basilica e nel
grandioso triclino noto come coenatio jovis. Quest'ultima costituirà un modello di solenne e
sontuoso spazio assembleare. Anche il Foro Transitorio, inaugurato dal suo successore Nerva, è
opera domizianea. Si decise di riorganizzare l'intero settore dandogli la forma di una piazza.
L'accesso sarebbe avvenuto dalla suburra tramite la porticus absidata, un portico dall’inedita forma
a ferro di cavallo, lungo il quale si aprivano diverse porte e nicchie. Da una porta si accedeva ad
una sorta di vestibolo che conduceva al Foro di Augusto e al Templum Pacis, mentre un arco
monumentale dava accesso al vero e proprio Foro. Il tempio venne rasato al livello delle fondazioni
e ricoperto dal lastricato marmoreo della piazza; un nuovo tempio fu ricavato in posizione opposta,
sulle fondazioni del vestibolo. Il lotto irregolare venne risolto tramite due testate ad arco di cerchio
che nascondevano tutti gli orientamenti dissonanti. Il muro perimetrale venne decorato tramite un
ordine a risalit di colonne che ribattevano su lesene, dotato di attico con trofei e personificazioni
delle province fedeli (provinciae fideles). L'estrusione della colonna dal muro sul quale però ne
resta la traccia sotto forma di lesena è motivo inedito nella precedente architettura monumentale,
ma che si estenderà a quella successiva, soprattutto a quella delle scenae frontes teatrali. Il foro e
il palazzo presentano compositivamente un elemento generatore comune: l'uso della linea curva
ad arco di cerchio. Oggi non limitiamo più il termine barocco alla sola esuberanza decorativa, ma lo
applichiamo ad un sostanziale movimentarsi dello spazio costruito. A ciò si aggiunge la già evocata
esuberanza decorativa, al limite dell'horror vacui Traiano e gli imperatori adottivi Traiano e
Apollodoro: l'architettura come immagine dell'Impero Se è mai esistito un architetto imperiale,
Apollodoro di Damasco è quello di Traiano. Dopo la costruzione del Colosseo era necessario
costruire nelle immediate vicinanze di questo un impianto di igiene popolare. L'occasione fu offerta
quando un incendio devasto i piani superiori del padiglione del Colle Oppio della Domus Aurea.
Rasate al suolo le parti danneggiate il padiglione divenne il basamento del più grande impianto
termale di Roma. L'impianto delle terme ha uno schema a simmetria sagittale, con due percorsi
identici intorno ad un asse portante costituita da vestibolo, natatio o piscina, frigidario e calidario. |
cantieri delle terme e del tempio di Venere occuparono i primi anni del regno di Traiano, fino alle
vittoriose guerre daciche, con il cui bottino fu finanziata la costruzione del nuovo foro.
Fondamentale è stato localizzare a nord l'accesso monumentale del complesso: in tal modo,
anziché creare un'appendice dei precedenti Fori, viene realizzato un ingresso all'intera area
monumentale. La facciata del Foro: doveva trattarsi di un muro chiuso scandito da un ordine
colossale di colonne di granito con trabeazione a risalti. La narrazione delle campagne daciche
avvolge la gigantesca colonna, leggibile. Il cortile era funzionale alla lettura de||'epigrafe e non
dell'intera colonna, ed immetteva nelle 2 biblioteche (una latina e una greca), nella basilica, detta
Ulpia dal gentilizio della famiglia di Traiano. Si trattava di uno spazio coperto organizzato in tre
navate concentriche: le due esterne coperte con volte separate da colonne marmoree, mentre le
colonne della navata centrale erano in granito. La navata centrale era il triplo di quelle laterlai. Due
grandi absidi coperte con travature lignee fungevano da tribunalia. La basilica prospettava verso la
piazza con un fronte articolato da 3avancorpi scanditi di colonne in giallo antico, e coronato da un
attico con panoplie (collezioni di armi) a bassorilievo, e figure di barbari prigionieri. Due portici
chiudevano la piazza lastricata in marmo bianco. I porticati del Foro di Traiano sono coronati da un
attico cieco, scandito da figure di barbari-telamoni, al cui interno era alloggiata una finta volta a
botte. Le gigantesche figure dei Daci prigionieri fungerebbero da acroteri. Il vero scopo della
piazza era incastonare l'immenso equus traiani, il monumento equestre dell'imperatore. A
differenza del passato, qui non esisteva nessun arco di trionfo inserito in un muro ad arco cieco. La
piazza risultava chiusa da un muro articolato da colossali colonne con trabeazioni a risalti ed attico.
Su questo fondale si stagliava il monumento equestre, mentre, una volta entrati in galleria, si
poteva accedere attraverso una porta monumentale ad un porticato che circondava un'area
scoperta. Questo vano, per la ricchezza della decorazione, era una sorta di sancta sanctorum dove
venivano deposti i trofei di armi daciche ai piedi di una grande immagine di Traiano. Dal punto di
vista della decorazione il Foro di Traiano mostra un salto stilistico epocale, con l'abbandono del
barocco flavio. Il complesso dei mercati di Traiano sorse contemporaneamente al Foro di Traiano,
ed è separato da esso per mezzo di una strada basolata. Riprende la forma semicircolare
dell'esedra del foro traianeo e si articola su ben sei livelli. Gli edifici sono separati tra loro da un
percorso antico che in età tarda prese il nome di via Biberatica. La parte inferiore, a partire dal
livello del foro, comprende gli edifici del "Grande emiciclo", articolato su tre piani e con due "Aule
di testata" alle estremità, e del "Piccolo emiciclo", con ambienti di nuovo su tre piani. Due scale
alle estremità del Grande emiciclo consentono di raggiungere i piani superiori. I "Mercati di
Traiano" costituiscono un articolato complesso architettonico che, utilizzando la duttile tecnica
costruttiva del laterizio (cementizio rivestito da un paramento in mattoni), sfrutta tutti gli spazi
disponibili, ricavati dal taglio delle pendici della collina, inserendo ambienti di varia forma ai
differenti livelli del monumento. Tale articolazione permette di passare, con ampio respiro, dalla
disposizione curvilinea dell'esedra alle spalle dei portici del Foro di Traiano, a quella rettilinea del
tessuto urbano circostante. A differenza degli imperatori che lo avevano preceduto, Punlio Elio
Adriano ebbe un interesse personale e specifico, al limite del professionale, per l'architettura: in
quest'arte egli si riteneva peritissimus. Una vera e propria attività progettuale lo interessò per tutta
la durata del suo regno. Il Pantheon ("tempio di tutti gli dei") è un edificio costruito come tempio
dedicato alle divinità dell'Olimpo. Fu fatto ricostruire dall'imperatore Adriano tra il 118 e il 128 d.C.,
dopo che gli incendi del 80 e del 110 d.C. avevano danneggiato la costruzione precedente di età
augustea. Sotto Adriano l'edificio venne interamente ricostruito. Rispetto all'edificio precedente fu
invertito l'orientamento. Il grande pronao e la struttura di collegamento con la cella occupavano
l'intero spazio del precedente tempio, mentre la rotonda venne costruita quasi facendola coincidere
con la piazza augustea circolare recintata che divideva il Pantheon dalla basilica di Nettuno. Il
tempio era preceduto da una piazza porticata su tre lati e pavimentata con lastre di travertino.
L'edificio è costituito da un pronao collegato ad un'ampia cella rotonda per mezzo di una struttura
rettangolare intermedia. Il pronao, ottastilo era innalzato sul livello della piazza per cui vi si
accedeva per mezzo di cinque gradini. All'interno, due file di quattro colonne dividono lo spazio in
tre navate: quella centrale più ampia conduce alla grande porta di accesso della cella, mentre le
due laterali terminano su ampie nicchie. I fusti delle colonne erano in granito grigio (otto in
facciata) o rosso (distribuite nelle due file retrostanti), provenienti dalle cave egiziane. La struttura
intermedia che collega il pronao alla cella è un avancorpo in opera laterizia (mattoni), costituita da
due massicci pilastri che si appoggiano alla rotonda, collegati da una volta che proseguiva senza
soluzione di continuità l'originaria volta sospesa in bronzo della parte centrale del pronao. L'esterno
della rotonda nasconde la cupola per un terzo, costruendo un corpo cilindrico che altro non è che
la continuazione in verticale del tamburo. Tra cupola e muro esterno è così racchiusa un'ampia
intercapedine dove sono state ricavate un doppio sistema di camere finestrate, organizzate su un
corridoio anulare, che ha anche la funzione di alleggerire il peso delle volte. Il corpo esteriore della
rotonda, esclusa la cupola, non era visibile in antico, in quanto nascosto dalla presenza di altri
edifici contigui; per questo non presenta particolari decorazioni, a parte tre cornici con mensole a
altezze diverse. La cupola è decorata all'interno da cinque ordini di cassettoni, di misura
decrescente verso l'alto, tranne nell'ampia fascia liscia più vicina all'oculo centrale. L'oculo, che dà
luce alla cupola, è circondato da una cornice di tegoloni fasciati in bronzo fissati alla cupola. La
realizzazione fu resa possibile grazie ad una serie di espedienti che contribuiscono
all'alleggerimento della struttura, dall'utilizzo dei cassettoni, all'uso di materiali via via sempre più
leggeri verso l'alto: nello strato più vicino al tamburo cilindrico abbiamo strati di calcestruzzo con
scaglie di mattoni, salendo troviamo calcestruzzo con scaglie di tufo, mentre nella parte superiore,
nei pressi dell'oculo troviamo calcestruzzo confezionato con inerti tradizionali, miscelati a lava
vulcanica macinata. La cupola poggia sopra uno spesso anello di muratura in opera laterizia
(cementizio con paramento in mattoni), sul quale si trovano aperture su tre livelli (segnalati
all'esterno dalle cornici marcapiano). Il tempio di Venere e Roma (templum Veneris et Romae) era
il più grande tempio conosciuto dell'antica Roma. L'architetto del tempio fu lo stesso imperatore
Adriano. Posto su un alto podio, 2 doppi colonnati sui lati lunghi cingevano l'area sacra, con dei
propilei al centro. La peristasi del tempio è scomparsa e ne resta solo traccia in pianta, dove sono
state collocate siepi di bosso e comprendeva originariamente dieci colonne sui lati brevi (tempio
decastilo) e ventidue sui lati lunghi seguendo lo schema dei templi dipteri [3] e quattro davanti ai
pronai. Il naos era diviso in 2 celle quadrate comunicanti attraverso la parete di fondo e rivolte una
a nord e una a sud. Fu costruito in opera quadrata di marmo e di peperino. La decorazione
architettonica di età adrianea è eclettica, con forme volta per volta peculiari e non riconducibili ad
un unico modello, ma selezionate caso per caso. Il monopolio del corinzio (modellato sulla
successione canonizzata in età augustea: base attica semplificata, fusto, capitello, architrave a
fasce, fregio e cornice con mensole) non viene messo in discussione. La Villa Adriana è la
residenza imperiale fatta costruire nel territorio attualmente appartenente al comune di Tivoli
dall'imperatore Adriano tra il 118 e il 138. Amante del bello, Adriano era appassionato di
architettura ed intervenne direttamente nel disegno e nella progettazione degli edifici. i resti di due
stabilimenti termali detti, per le loro differenti dimensioni, Grandi e Piccole Terme. La diversità
delle dimensioni indica che diversi dovevano essere i destinatari: ospiti di riguardo e famiglia
imperiale per le Piccole Terme, decorate con grande ricchezza e raffinatezza, e personale addetto
alla Villa per le Grandi Terme. Degli altri edifici annessi a questo complesso, costituiti da una serie
di ambienti, si ritiene fossero destinati ad alloggio della guardia imperiale (sono detti infatti
Pretorio) o del personale della il Villa. Il Pecìle è una ricostruzione della Stoà Pecile (stoà poiklle,
"portico dipinto") nell'agorà di Atene, centro politico e culturale della città di Atene, la prediletta da
Adriano durante i suoi numerosi viaggi. Il Pecile, un'immensa piazza colonnata di forma
quadrangolare, decorata al centro da un bacino e circondata da un portico..Si innalzava su
poderose sostruzioni artificiali.Attraverso una serie di edifici termali poi si giungeva al Canopo. Il
Teatro marittimo - definizione non nota dalle fonti, ma corrente nell'uso - è una delle prime
costruzioni della villa, tanto che è stata interpretata come la primissima, prowisoria residenza di
Adriano nel sito. Le sue caratteristiche di separatezza rendono credibile l'ipotesi che il luogo
costituisse il rifugio privatissimo dell'imperatore. La struttura fu edificata nei pressi della villa
repubblicana. È un complesso assai singolare, ad un solo piano, senza alcun rapporto con la forma
abituale di un teatro romano, costituito da un pronao. Sono riconoscibili la soglia dell'atrio e tracce
di mosaici pavimentali. All'interno consta di un portico circolare a colonne ioniche, voltato. Il
portico si affaccia su un canale al centro del quale sorge un isolotto composto anch'esso da un
atrio e da un portico in asse con l'ingresso, più un piccolo giardino, un piccolo complesso termale,
alcuni ambienti e delle latrine. La struttura non prevedeva alcun ponte in muratura che collegasse
l'isolotto al mondo esterno, e per accedervi era necessario protendere un breve ponte mobile. Il
Tempio di Bacco a Baalbekk è elevato su un alto podio e vi si accede da una scalinata con 33
gradini. Era preceduto da un cortile porticato con un monumentale accesso. Risale alla metà del Il
secolo e si tratta di un tempio periptero con 8 colonne sulla fronte ("ottastilo") e 15 sui lati lunghi.
Le colonne scanalate raggiungevano con basi e capitelli una grande altezza e anche in questo caso
il fregio era decorato da protomi di tori e leoni. La peristasi (lo spazio tra le colonne e i muri della
cella) era coperta da un soffitto cassettonato: i cassettoni poligonali e triangolari, erano decorati
con busti di divinità (tra cui Marte, la Vittoria, Diana, Hygeia) e una ricca decorazione vegetale.
L'incorniciatura del portale d'ingresso della cella presenta fregi figurati e una decorazione di tralci
di vite che riferiscono il tempio al dio Bacco, ma il soffitto del portale mostra un'aquila con un
caduceo, attributo tipico del dio Mercurio. Il culto del dio locale, con caratteristiche simili a quelle
del greco Adone, aveva comportato l'utilizzo del vino, dell'oppio e di altre droghe per il
raggiungimento dell'estasi religiosa. All'interno della cella le pareti laterali sono decorate da nicchie
su due ordini: quelle inferiori sono sormontate da frontoni arcuati e quelle superiori da frontoni
triangolari; le nicchie sono inquadrate da semicolonne corinzie. Sul fondo del tempio un adyton
(sacrario) ospitava la statua del dio. I Severi e gli imperatori soldati Leptis magna Lucio Settimio
Severo fu un generale che divenne imperatore romano dal

193 alla sua morte, iniziando la dinastia severiana. L'intento dell'imperatore era quello di
trasformare Leptis da città di provincia a succursale della Capitale. In un tessuto urbano che
presentava una griglia fatta di isolati stretti e lunghi, i grandi spazi pubblici si inserivano nella
maglia viaria scandita da cardines. Elemento di rottura furono invece le terme adrianee il cui
orientamento aveva determinato un vistoso cambio direzionale di uno dei cardi. Questo cardo
diviene nell'intervento severiano una maestosa via colonnata, lungo il cui percorso si strutturano gli
interventi architettonici più significativi. L'audace progetto di trasformazione di Leptis attuato da
Settimio Severo prevedeva anche la revisione della struttura del centro cittadino, che fu da lui
trasferito dal foro vecchio ad uno nuovo, battezzato con il nome della dinastia imperiale. Intorno al
Foro dei Severi, uno spazio aperto e pavimentato in marmo, si possono ancora vedere numerosi
resti che rimandano ai giorni gloriosi della città. Come voleva la grande tradizione delle piazze
cittadine romane, il Foro dei Severi era circondato da portici ad arcate. Sulle facciate tra un arco e
l'altro erano riprodotte teste di Gorgoni. Nella maggior parte dei casi sono rappresentazioni
simboliche della dea romana della Vittoria. Oltre ad esse vi sono alcune splendide immagini di
Medusa. Stranamente gli archi erano di pietra calcarea, mentre le teste erano scolpite in marmo.
Di fronte alle teste sono visibili alcuni pannelli verticali con iscrizioni dedicatorie che fungevano da
plinti per le statue. Sul lato sud- occidentale del foro anticamente sorgeva un tempio dedicato alla
Dinastia dei Severi. In epoca romana esisteva infatti la consuetudine di divinizzare gli imperatori,
consuetudini che i sudditi perpetuavano da un lato perché effettivamente credevano nella loro
natura divina, dall'altro perché traevano indubbi benefici politici considerando i loro sovrani alla
stregua di divinità. Del tempio rimangono la scalinata, la piattaforma e un magazzino sotterraneo.
Ad esso appartenevano alcune colonne di granito rosa che si trovano sparse per il foro. Il Tempio
di Venere a Baalbekk era racchiuso in un recinto sacro che ospitava anche un altro piccolo tempio,
conosciuto come "tempio delle Muse". Il tempio, a cui si accede da una scalinata, era preceduto da
un pronao rettangolare tetrastilo, le cui due successive file di quattro colonne presentavano
un'ampia spaziatura centrale: intercolunnio doppio rispetto ai due alle estremità. Ne risultò, di
conseguenza, un pronao coperto a botte sull'asse d'ingresso, architravato e sorretto nelle ali da
gruppi di quattro colonne su disposizione quadrata. La cella rotonda era decorata all'esterno da
nicchie coperte da semicupole a conchiglia. Le colonne che circondano la cella presentano la
trabeazione che non segue la linea del colonnato, ma si incurva verso l'interno fino a toccare il
muro esterno della cella, creando un'insolita forma stellare e inquadrando in tal modo le nicchie.
La testimonianza di Eusebio di Cesarea, che attesta la continuità del culto agli inizi dell'epoca
cristiana, ci informa della sua natura orgiastica e della presenza, probabilmente, della prostituzione
sacra. Il tempio era stato trasformato in chiesa di Santa Barbara, ma restò al di fuori della
cittadella araba e l'intero complesso venne in seguito coperto da una fitta rete di abitazioni. | resti
del tempio furono smontati e rimontati a poca distanza in uno spazio libero. L'arco di Settimio
Severo è un arco trionfale a tre fornici (con un passaggio centrale affiancato da due passaggi
laterali più piccoli), sito vicino al Foro Romano e sorge su uno zoccolo in travertino, in origine
accessibile solo per mezzo di scale. Fu dedicato dal senato all'imperatore Settimio Severo e ai suoi
due figli, Caracalla e Geta per celebrare la vittoria sui Parti, ottenuta con due campagne militari.
L'arco è costruito in opera quadrata di marmo, con i tre fornici inquadrati sul lato frontale da
colonne sporgenti di ordine composito, su alti plinti, scolpiti con Vittorie e figure di barbari. Si
tratta del più antico arco a Roma, conservato, con colonne libere anziché addossate ai piloni. |
fornici laterali sono messi in comunicazione con quello centrale per mezzo di due piccoli passaggi
arcuati. Sui due lati dell'alto attico è presente un’ iscrizione. Sopra l'attico, come raffigurato nelle
emissioni monetali, si trovava la quadriga imperiale in bronzo e gruppi statuari. l due lati principali
dell'arco erano decorati da rilievi. Ai lati del fornice centrale si trovano le consuete Vittorie con
trofei, che volano sopra genietti che simboleggiano le quattro stagioni (due per faccia). Sui fornici
minori si trovano motivi analoghi, ma le personificazioni rappresentano dei fiumi. Nelle chiavi
d'arco sono scolpite varie divinità. Sui fornici minori corre un piccolo fregio con la processione
trionfale scolpita da altissimo rilievo. Sui plinti delle colonne rappresentazioni di soldati romani con
prigionieri parti (quattro sulla fronte e due sui lati minori). La parte più interessante della
decorazione sono comunque i quattro grandi pannelli che occupano lo spazio sui fornici minori,
dove è scolpita la narrazione delle campagne di Settimio Severo in Mesopotamia, organizzate in
fasce orizzontali da leggere dal basso verso l'alto, come consueto nella pittura trionfale e nelle
narrazione da essa derivate (come nella colonna Traiana). Le Terme di Caracalla o Antoniniane
(dal nome della dinastia degli Antonini), costituiscono uno dei più grandiosi esempi di terme
imperiali di Roma. Furono volute dall'imperatore Caracalla su||'Aventino. Le terme erano
grandiose, ma destinate a un uso di massa. L'impianto comprendeva il recinto e l'edificio termale,
ma erano di vastissime dimensioni tanto che solo le terme di Diocleziano saranno più grandi.
L'orientamento non era centrato sugli assi, ma sfruttava al meglio l'esposizione solare, ponendo il
calidarium sul lato sud e sporgente come un avancorpo. Il recinto esterno era costituito da un
portico prima del quale una serie di concamerazioni a due piani sostengono un lato del terrapieno
sul quale sorge il complesso. Ai due lati del recinto due esedre grandiose erano poste
simmetricamente e contenenti ciascuna una sala absidata, preceduta da colonnato, con ai fianchi
due ambienti minori di forma diversa: uno a forma di basilica absidata e uno a pianta centrale. Sul
lato di fondo, un'esedra schiacciata, munita di gradinate, nascondeva le enormi cisterne, poste in
una doppia fila di ambienti. Ai lati di essa vi erano due sale absidate adibite a biblioteche. Una
passeggiata sopraelevata seguiva il recinto sul lato interno ed era probabilmente porticata. Lo
spazio compreso tra il recinto ed il corpo centrale era occupato da aree verdi. Il corpo centrale era
un blocco di ambienti a pianta diversa, di pianta più o meno rettangolare con l'avancacorpo a
forma rotonda che sporgeva sul lato sud- ovest. La pianta riprendeva quella delle altre terme
imperiali, in particolare quelle di Traiano, con le sale più importanti lungo l'asse centrale e le altre
disposte simmetricamente. L'accesso avveniva tramite quattro porte, che immettevano in un
ambiente laterale, oppure in uno dei due ambienti a fianco della grande piscina, la natatio, divisi
da essa tramite un portico con quattro colonne. Qui iniziava il percorso del bagno, con gli esercizi
sportivi di vario genere, che potevano svolgersi sia all'aperto che al riparo. Il percorso poteva
essere compiuto su ciascuno dei lati, specularmente identici. Dalla stanza di ingresso, si giungeva
in uno dei due ambienti a base quadrata, forse un apodyterium, lo spogliatoio. Proseguendo si
arrivava a una delle due grandi palestre, poste simmetricamente lungo i lati brevi, con un cortile
centrale chiuso su tre lati da un portico con colonne in giallo antico e copertura a volta. Oltre il
portico delle palestre, si apriva un emiciclo diviso da sei colonne, mentre il lato opposto, quello
verso il recinto non colonnato, dava accesso a cinque ambienti, quello centrale con abside. Le
grandi sale successive, avevano forme e dimensioni varie (rettangolare, ellittica, quadrata,
absidata), dotate di vasche. La stanza rettangolare, in particolare, caratterizzata da piccoli ingressi
obliqui, che consentivano di evitare la dispersione del calore, era probabilmente il laconicum
(bagno turco). Da qui si arrivava al calidarium, con al centro una grande vasca circolare di acqua
calda. La copertura era a cupola, sorretta da otto poderosi pilastri. Due file di finestroni ricevevano
la luce solare dalla tarda mattinata fino al tramonto. Oltre alla vasca centrale si trovavano altre sei
vasche lungo il perimetro, poste tra un pilone e l'altro. Il calidarium, si trovava sull'asse centrale,
quindi era unico, come tepidarium, basilica e natatio. Il tepidarium era un ambiente più piccolo e
temperato, a base circolare e tagliato ai lati con due vasche. La grande basilica centrale, aveva
una forma a croce, coperta da tre grandi volte a crociera poggianti su otto pilastri fronteggiati da
colonne di granito. Sui lati brevi si aprivano nicchie ellittiche con vasche dove aveva luogo il
frigidarium. Il bagno terminava nella natatio, la piscina all'aperto, decorato da quattro enormi
colonne monolitiche in granito. L'impianto aveva un complesso reticolo di ambienti sotterranei,
dove si trovavano le stanze di servizio. In uno dei sotterranei venne installato un mitreo, il più
grande ritrovato a Roma, al quale si accede dall'esterno del recinto. Le Mura Aureliane sono una
cinta muraria costruita tra il 270 ed il 273 dall'imperatore Aureliano per difendere Roma, capitale
dell'impero, dagli attacchi dei barbari. In quel periodo la città si era sviluppata ben oltre le vecchie
Mura serviane (che circondavano solamente i sette colli), ma la nuova minaccia rappresentata dalle
tribù barbare che fluivano alla frontiera germanica, non poteva essere controllata dal|'impero, che
versava allora nella difficile crisi del III secolo. Inizialmente Roma si considerava immune da ogni
pericolo: secoli di tranquillità facevano ritenere impensabile che un nemico potesse violare il sacro
suolo dell'Urbe. Nel 270 Aureliano riuscì ad arrestare, non senza difficoltà, un'ennesima invasione
di Alemanni e Goti; il

pericolo era scampato ancora una volta, ma ormai ci si rese conto della necessità di correre
urgentemente ai ripari: da molto tempo le legioni non erano più in grado di controllare il territorio
dello Stato per tutta la sua estensione. La costruzione delle mura iniziò probabilmente nel 271 e si
concluse entro due anni, anche se la definitiva rifinitura avvenne sotto l'imperatore Probo. Il
progetto era improntato alla massima velocità di realizzazione e semplicità strutturale, oltre,
ovviamente, ad una garanzia di protezione e sicurezza. Queste caratteristiche fanno pensare che
un ruolo non secondario, almeno nella progettazione, sia stato rivestito da esperti militari. E d'altra
parte, poiché all'epoca gli unici nemici che potevano rappresentare qualche pericolo non erano in
grado di compiere molto più che qualche razzia, un muro con robuste porte ed un camminamento
di ronda poteva ritenersi sufficiente. Il tracciato originario seguiva per buona parte il confine
daziario di Roma, che non era una struttura fisica preesistente, ma semplicemente una linea
ideale, identificata da pietre (dette appunto ”daziarie”) sistemate una per ogni via principale di
accesso alla città, nel punto in cui, convenzionalmente, erano posti gli ”uffici di dogana”. Le mura
Aureliane ribadivano pertanto un confine commerciale già esistente e tre di queste pietre sono
state rinvenute murate o interrate nei pressi di altrettante porte (la Salaria, la Flaminia e
l’Asinaria). Per dare maggior rapidità all'edificazione diverse squadre lavorarono
contemporaneamente su tratti separati, e per motivi economici e militari molte costruzioni
precedenti furono incluse nel perimetro delle mura. Fra queste, |'Anfiteatro Castrense, la Piramide
Cestia, due o forse tre lati del Castro Pretorio, di cui furono murate altrettante porte, e diversi tratti
di vari acquedotti vennero inglobati nella struttura muraria. Questa era alta dai 6 agli 8 metri (più
2 di fondazioni) e dello spessore di 3,30 metri. L'intera struttura si componeva di tratti di muro
merlato intervallati ogni 30 metri da torri a pianta rettangolare e da porte principali, oltre a diverse
altre porte e passaggi secondari, servizi igienici e numerosissime feritoie. Solo ai lati delle porte si
trovavano torri cilindriche, ma è dubbio se fossero inizialmente così o se la forma a pianta circolare
sia frutto del restauro realizzato da Onorio. Nei punti orograficamente più scoscesi la parte interna
del muro era rinforzata da un terrapieno. Gli architetti di Aureliano compresero che più di una cinta
muraria piatta, le torri e le baliste piazzate su ciascuna torre avrebbero garantito una maggior
copertura di tiro ed avrebbero quasi completamente eliminato gli inevitabili "punti morti". Ogni
torre fu quindi provvista di finestre laterali che potessero assicurare un raggio d'azione lungo tutto
il tratto di muro fino alla torre successiva, sia su un lato che sull'altro. Una delle preoccupazioni
maggiori per una città assediata era la disponibilità di rifornimento idrico. Questo, oltre certamente
alla difesa di un'area alquanto abitata, fu uno dei principali motivi per cui la cerchia delle mura
inglobò anche la zona di Trastevere e del Gianicolo, sul lato destro del fiume, consentendo in tal
modo il controllo, per un tratto abbastanza lungo, di entrambe le sponde del Tevere. Le porte,
erano generalmente di tre tipi, a seconda dell'importanza che all'epoca rivestivano le strade che da
esse si dipartivano: le più importanti si componevano di due arcate gemelle, avevano una
pavimentazione in travertino ed erano affiancate da due torri cilindriche; una sola arcata avevano
quelle porte a cui si riconosceva una importanza secondaria, con pavimentazione in opus
latericium, attico in travertino e due torri cilindriche; al terzo tipo appartenevano porte costituite da
una semplice arcata ed affiancate dalle comuni torri quadrangolari. Fa eccezione a questa
classificazione la Porta Prenestina- Labicana (oggi Porta Maggiore) che, sebbene appartenesse,
come importanza, al III tipo, fu però aperta inglobando l'arco a due fornici costruito
dall'imperatore Claudio come facente parte dell'acquedotto Claudio. Ancora al III tipo dovrebbe
appartenere la Porta Settimiana. C'era poi tutta una serie di passaggi, le posterule (o postierle),
come la Porta Ardeatina: delle semplici aperture nel muro con un paio di metri di luce, la cui difesa
consisteva in una rientranza del muro stesso, a formare un piccolo bastione. Alcuni di questi
passaggi si aprivano verso il fiume. Già Costantino, con generose donazioni di terreni ed edifici,
oltre alla liberalizzazione religiosa, aveva affidato alle gerarchie della giovane chiesa cristiana una
solida piattaforma per l'acquisizione di una posizione primaria nella gestione delle cose romane. Ai
tempi di Onorio ed Alarico l'influenza della chiesa era già diventata predominante, tant'è che da
allora si assistette, un po’ alla volta, ad una sorta di "cristianizzazione" delle porte, nel senso che i
nomi (che prima derivavano dalla via che da ciascuna porta usciva) cambiarono riferendosi a
chiese e tombe di Santi che attraverso di esse erano raggiungibili. Il fenomeno non coinvolse però
tutte le porte; alcune conservarono il loro nome originario, sia perché le rispettive strade erano
cadute in abbandono o per un calo demografico dell'area circostante o per la permanenza
dell'importanza della loro caratteristica. In qualche caso il nome "cristianizzato" venne col tempo
ulteriormente cambiato. La tetrarchia Diocleziano e il decentramento delle sedi imperiali
Diocleziano dovette affrontare la riorganizzazione della città e del mondo romano. Adottata la
tetrarchia e mantenendo per sé Roma, questo organizzazione si ripercosse sia nell’urbanistica che
nell'architettura. Alcune città furono o potenziate o interamente ristrutturate. Spalato fu fondata ex
novo dove Diocleziano si ritirò e morì. Tipologia fino a quel momento inedita, esterno di
accampamento fortificato, estensione della città, funzione di palazzo, Spalato incarna un vero
organigramma delle funzioni vitali per un imperatore di età tetrarchica. Il Palazzo di Diocleziano,
situato a Spalato (Croazia), è un imponente complesso architettonico fatto edificare dall'imperatore
Diocleziano allo scopo di farne la propria dimora. Il palazzo con le sue mura coincide col nucleo
originario del centro storico della città. Dopo aver riformato l'impero romano, con l'entrata in
vigore del sistema della tetrarchia, Diocleziano abdicò ritirandosi nel palazzo appositamente fattosi
costruire. Il palazzo, una sorta di grande villa fortificata, si presentava come una struttura
autonoma, cittadella dedicata alla figura sacra dell'imperatore, per il quale esisteva già un
mausoleo, destinata quindi ad ospitarlo in eterno. Strutturata con la pianta tipica degli
accampamenti militari romani: due strade perpendicolari, il cardo ed il decumano, che si
intersecano e dalle quali si dipartono numerose vie trasversali a scacchiera, aveva una forma
leggermente trapezoidale (il lato sud era leggermente irregolare per il declivio del terreno verso il
mare), con un lato affacciato sul mare e quattro poderose torri quadrate agli angoli. La sua cinta
muraria era in opus quadratum. In queste mura si aprono vari torrioni quadrati e quattro porte,
affiancate da torri a base ottagonale: la Porta Aurea (a nord), la Porta Argentea (ad est), la Porta
Ferrea (ad ovest) e la Porta Aenea o bronzea, sul mare a sud. Le poderose mura furono una sorta
di novità rispetto alle ville romane dei secoli precedenti e si resero necessarie per via degli eventi
turbolenti della storia romana dell'epoca. La Porta Aurea è inquadrata da edicolette pensili e
sormontata da archetti su colonnine pensili (oggi delle colonne restano solo le mensole di base e i
capitelli). Le altre due porte (Argentea e Ferrea) hanno decorazione più semplice. Ciascuna era
dotata di controporta e cortile d'armi. Da qui partivano le vie colonnate che dividevano il
complesso in quattro riquadri principali: i due a nord ospitavano caserme, servizi e giardini, mentre
la parte meridionale, ospitava il quartiere imperiale. Dalla prosecuzione colonnata della strada
nord-sud si poteva giungere al portico detto "peristi|io", con quattro colonne sostenenti un
archivolto a serliana. Attraverso il peristilio verso sud si accedeva a un vano a base circolare
coperto da cupola e poi ad un vano rettangolare con colonne che faceva da vestibolo d'accesso
agli appartamenti privati dell'imperatore, disposti sul lato lungo il mare, sul quale si affacciavano
con un loggiato a semicolonne che inquadravano gli archi; alle estremità e al centro si trovavano
tre serliane. ll peristilio pare che avesse la funzione di scenografia per le cerimonie ufficiali alle
quali partecipava come protagonista l'imperatore. Dal questo si accedeva ad ambienti di culto:
erano presenti due edifici rotondi, di uso sconosciuto, ed un tempio tetrastilo probabilmente
dedicato a Giove; poi si ergeva l'edificio a base ottagonale del mausoleo imperiale, cinto da una
serie di colonne (peristasi) e coperto a cupola, all'esterno protetta da un tetto piramidale.
L'appartamento privato era diviso in duemetà simmetriche, divise dalla prosecuzione sotterranea
della via colonnata. Si conoscono nella parte occidentale le sostruzioni verso il mare e una basilica
privata, affiancata da una doppia fila di stanze a pianta centrale, oltre a un complesso termale. La
metà orientale del palazzo non è molto conosciuta. Le Terme di Diocleziano, le più grandi Terme
della Roma antica, furono iniziate dall'imperatore Massimiano, nominato Augustus dell'Impero
romano d'Occidente da Diocleziano, e aperte dopo l'abdicazione di entrambi. Le terme furono
costruite per servire i popolosi quartieri del Quirinale, Viminale e Esquilino. Nonostante i saccheggi,
le terme rimasero in uso fino a quando i Goti tagliarono gli acquedotti. Simili nella forma e nelle
dimensioni alle Terme di Caracalla (che a loro volta si ispiravano alle terme di Traiano), ma ampie
il doppio, le Terme di Diocleziano subirono il destino della grandissima parte dei monumenti
romani, utilizzate nei secoli come cava di materiali edili per altre costruzioni mentre le aule
venivano adibite a vari usi privati e perfino come luogo di doma dei cavalli. Furono le più grandi e
sontuose terme costruite a Roma. Poste sul colle Viminale, in un recinto. Potevano accedere al
complesso fino a tremila persone contemporaneamente. Erano alimentate da un ramo dell'Acqua
Marcia che partiva da Porta Tiburtina e conduceva l'acqua in una cisterna, detta la botte di
Termini. Ilmodello sul quale venne disegnata la pianta era quello delle terme di Traiano, con le
quali ha in comune |'esedra semicircolare e il calidarium rettangolare con tre nicchie semicircolari
(quello delle terme di Caracalla e invece circolare). Il complesso era orientato a sud-est affinché
l'energia solare riscaldasse il calidarium senza interessare il frigidarium. Al centro si trovava una
grande basilica, dove si incontravano i due assi di simmetria del complesso. Lungo l'asse minore
erano allineati i bagni (calidarium, tepidarium e frigidarium), mentre sull'asse maggiore si
trovavano le palestre. L'abside sorge dove si trovava la grande piscina rettangolare della natatio.
Le tre volte a crociera superstiti del transetto della basilica, sorrette da otto enormi colonne
monolitiche in granito, forniscono ancor oggi uno dei pochi esempi dell'originale splendore degli
edifici romani. Una grande sala ovale fungeva da apodyterium, lo spogliatoio, euna rettangolare da
atrio. Questo gruppo di ambienti doveva avere i corrispettivi simmetrici sull'altro lato. Treviri era
una delle quattro capitali della Tetrarchia, con Milano, Sirmio e Nicomedia, a oggi quella meglio
conosciuta. La sua stagione architettonica si concentrò durante la prima e la seconda tetrarchia,
proseguita poi da Costantino e Valentiniano I. Tra i più importanti monumenti va ricordata la Porta
Nigra, la porta di ingresso di città di epoca romana meglio conservata a nord delle Alpi; inoltre vi
sono anche un anfiteatro, i resti delle terme Imperiali e l'enorme Basilica di Costantino (una
basilica civile nel senso che gli antichi Romani davano al termine), che è la sala del trono
dell'Imperatore Costantino. La porta cittadina fu costruita attorno al 180 d.C. come ingresso a nord
alla città di Augusta Treverorum (la città dell'imperatore Augusto nelle regione dei Treveri),
l'attuale Treviri. Il nome di Porta Nigra testimoniato a partire dal Medioevo gli deriva dal colore
scuro assunto durante il processo di erosione dei blocchi chiari di pietra arenaria di cui é costituita.
La porta non ha mai assistito ad una sua realizzazione definitiva: le perforazioni che ospitano i
cardini della porta erano stati prefabbricati; le mezze colonne situate sulla facciata del lato
campagna sono state lasciate allo stato grezzo; i fori lasciati dai rapinatori di metallo medievali
allorché essi staccarono con forza i ganci di ferro e di piombo usati per la costruzione della porta
allo scopo di riciclarli per altri usi, rafforzano questa impressione di incompiutezza. Basilica di
Massenzio La Basilica di Massenzio o, di Costantino, e l'ultima e la più grande basilica civile del
centro monumentale di Roma. Non fa parte del Foro Romano propriamente detto, ma era nelle
immediate adiacenze di esso. Nelle fonti antiche la basilica è ricordata come Basilica Nova, o
Basilica Constantiniana. La basilica fu inizialmente fatta costruire da Massenzio agli inizi del IV
secolo e fu terminata e modificata da Costantino I in prossimità del tempio della Pace e del tempio
di Venere e Roma, la cui ricostruzione fece parte degli interventi massenziani. La sua funzione era
prevalentemente quella di ospitare I'attività giudiziaria di pertinenza del prefetto urbano. Una parte
di questo edificio più antico era occupata dagli Horrea piperiana, i magazzini del pepe e delle
spezie. Della basilica si perse ben presto la corretta denominazione, e i colossali resti furono noti
con la denominazione di Templum urbis. Lo schema costruttivo del gigantesco edificio, presentava
una navata centrale più larga e più alta sulla quale si aprivano, invece che le tradizionali navate
minori, tre nicchioni per lato, coperti da volta a botte con lacunari ottagonali ancora ben visibili
nella parte superstite. Gli ambienti erano collegati tra loro da piccole aperture ad arco. La navata
centrale era coperta da tre enormi volte a crociera in opus caementicium. Che poggiavano sui setti
murari trasversali che separavano gli ambienti laterali e sulle colonne di marmo proconnesio
addossate alla loro terminazione. Sorreggevano una trabeazione marmorea, di cui restano resti dei
blocchi parzialmente inseriti nella muratura. Le dimensioni e il sistema costruttivo degli spazi
interni sono del tutto compatibili con quelle delle grandi sale delle terme, che venivano di fatti
chiamate pure "basiliche". L'esempio piu illuminante è la sala delle terme di Diocleziano,
trasformata poi nella basilica di Santa l\/Iaria degli Angeli. Sul lato corto occidentale, alla testata
della navata centrale si apriva un'abside preceduta da due colonne. Ne||'abside venne collocata
una statua colossale, acrolito costruito in parte in marmo e in parte in legname e bronzo dorato. La
statua raffigurava in origine lo stesso Massenzio e in seguito venne rilavorata con i tratti di
Costantino. All'abside occidentale si contrapponeva l'originario ingresso dell'edificio, preceduto da
una scalinata. L'ingresso dava accesso ad un corridoio trasversale aperto sulla navata centrale
mediante cinque aperture ad arco. L'ingresso su uno dei lati corti, rappresenta una disposizione
che divenne poi tipica delle prime basiliche cristiane. L'impianto originario subì in seguito alcune
modifiche, tra cui l'apertura di un secondo ingresso. Questo secondo ingresso era costituito da un
portico tetrastilo con fusti in porfido, al quale si accedeva con una scalinata. Ll nicchione centrale
del lato nord, opposto al nuovo ingresso fu arricchito nello stesso momento di una seconda abside
sul fondo, forse destinata anche ad ovviare a problemi strutturali, coperta da una semicupola e con
le pareti arricchite da nicchie destinate ad ospitare statue su due ordini. Le nicchie erano
inquadrate da edicole costituite da piccole colonne poggianti su mensole sporgenti dalla parete. Sul
fondo dell'abside era realizzato un podio in muratura destinato ad ospitare il tribunal dei giudici.
L'edificio era dotato anche di numerosi collegamenti verticali: all'interno della muratura all'angolo
nord- occidentale era inserita una scala a chiocciola,; un'altra doveva trovarsi nell'opposto angolo
sud-orientale. L'arco di Costantino è un arco trionfale a tre fornici situato a breve distanza dal
Colosseo. Oltre alla notevole importanza storica come monumento, l'Arco può essere considerato
come un vero e proprio museo di scultura romana ufficiale, straordinario per ricchezza e
importanza. Si tratta di un arco a tre fornici con attico. L'arco è uno dei tre archi trionfali
sopravvissuti a Roma: gli altri due sono l'arco di Tito (81-90 circa) e l'arco di Settimio Severo (2OZ-
203). Come anche quello di Tito, è quasi del tutto ignorato dalle fonti letterarie antiche e le
informazioni che si conoscono derivano in gran parte dalla lunga iscrizione di dedica, ripetuta su
ciascuna faccia principale dell'attico. All'epoca della costruzione dell'arco, Costantino non aveva
ancora "ufficializzato" la simpatia verso il Cristianesimo. L'imperatore aveva dato libertà di culto
alle popolazioni dell'Impero Romano nel 313. Tra i rilievi dell'arco sono presenti scene di sacrificio
a diverse divinità pagane (nei tondi adrianei) e busti di divinità sono presenti anche nei passaggi
laterali, mentre altre divinità pagane erano raffigurate sulle chiavi dell'arco. L'arco è costruito in
opera quadrata di marmo nei piloni, mentre l'attico, che ospita uno spazio accessibile, è realizzato
in muratura e in cementizio rivestita all'esterno di blocchi marmorei. Sono stati utilizzati
indifferentemente marmi bianchi di diverse qualità, reimpiegati da monumenti più antichi, e sono
stati riutilizzati anche buona parte degli elementi architettonici e delle sculture della sua
decorazione. La struttura architettonica riprende molto da vicino quella dell'arco di Settimio Severo
nel Foro Romano, con i tre fornici inquadrati da colonne sporgenti su alti plinti; anche alcuni temi
decorativi, come le Vittorie dei pennacchi del fornice centrale, sono ripresi dal medesimo modello.
La cornice dell'ordine principale è costituita da elementi rettilinei di reimpiego, integrati da copie
costantiniane per gli elementi sporgenti sopra le colonne, più accuratamente scolpiti sulla fronte
che sui fianchi. Ancora di reimpiego sono i capitelli corinzi e i fusti rudentati in marmo giallo antico
e le basi delle colonne. Di epoca domizianea, ma con rilavorazioni successive, è anche il
coronamento di imposta del fornice centrale. Di epoca costantiniana sono invece gli archivolti del
fornice centrale e gli elementi lisci (coronamenti e zoccoli, fregio, architrave e basi dell'ordine
principale, archivolti e coronamenti di imposta dei fornici laterali), che presentano spesso
modanature semplificate. La villa del Casale è una villa tardo- romana i cui resti sono situati
nell'immediata periferia di Piazza Armerina, in Sicilia. La scoperta della villa si deve a Gino Vinicio
Gentili, che basandosi principalmente sullo stile dei mosaici, datò in un primo momento l'impianto
della sontuosa abitazione non prima della metà del IV secolo. Successivamente lo stesso studioso
assegnò la villa all'età tetrarchica (285-305). Nei famosi mosaici della villa lavorarono maestranze
africane e forse anche romane, come testimoniano alcuni motivi. Tra i resti della villa si
individuano quattro nuclei separati, posti sul declivio collinare e in leggera ascensione,
strettamente connessi tra loro: ingresso monumentale a tre arcate con cortile a ferro di cavallo;
corpo centrale della villa,

organizzato intorno ad una corte a peristilio quadrangolare, dotata di giardino con vasca; grande
tricora preceduta da un peristilio ovoidale circondato a sua volta da un altro gruppo di vani;
complesso termale. Molte delle sale della residenza presentano il pavimento con mosaici figurati in
tessere colorate. Ognuno dei quattro nuclei della villa è disposto secondo un proprio asse
direzionale. Tuttavia tutti gli assi convergono al centro della vasca del peristilio quadrangolare.
Nonostante le apparenti asimmetrie planimetriche, la villa sarebbe dunque il frutto di un progetto
organico ed unitario che, partendo dai modelli correnti nell'edilizia privata del tempo (villa a
peristilio con aula absidata e sala tricora), vi introdusse una serie di variazioni in grado di conferire
originalità e straordinaria monumentalità all'intero complesso. L'unità della costruzione è
testimoniata anche dalla funzionalità dei percorsi interni e della suddivisione tra parti pubbliche e
private. La funzione delle sale è quasi sempre suggerita da allusioni nei mosaici pavimentali. La
divisione in tre nuclei distinti, e materialmente divisi, consentiva usi separati, senza il rischio di
confusioni. La grande funzionalità era legata a un'esasperata ricerca degli effetti prospettici e delle
planimetrie con linee curve (soprattutto nelle terme e nel triclinio sud). La successione vestibolo-
corte-nartece-aula absidata, verrà ripresa come impianto delle basiliche cristiane (antica basilica di
San Pietro) e delle moschee arabe. La villa "a padiglioni" o "a nuclei" non è una tipologia isolata a
Piazza Armerina, ma ha precise corrispondenze in ville africane e deve il suo modello originario alla
villa Adriana di Tivoli. Parte quarta Dal tardoantico alla rinascenza carolignia La prima architettura
cristiana L'editto di Milano L'Editto di Milano (noto anche come Editto di Costantino,) fu promulgato
nel 313 a nome di Costantino I che allora era imperatore d'Occidente, e Licinio, imperatore
d'Oriente, per porre ufficialmente termine a tutte le persecuzioni religiose e proclamare la
neutralità dell'Impero nei confronti di ogni fede. Nell'ottica di ciò appare probabile che già prima di
tale data, i cristiani abbiano potuto costruire propri impianti di culto. L'architettura paleocristiana,
cioè dei primi secoli del Cristianesimo, ha una data spartiacque fra due periodi contrapposti:
l'editto di Milano del 313 da parte dell'imperatore Costantino. Fino ad allora infatti il culto cristiano
era considerato religione illecita nell'Impero Romano e quindi le riunioni di fedeli awenivano
specialmente in case private, chiamate Domus ecclesiae. Le uniche architetture cristiane anteriori
al IV secolo sono le strutture ipogee dette in seguito catacombe. Le catacombe non nacquero per
esigenze di difesa dalle persecuzioni, fu piuttosto l'esigenza di inumare i defunti, secondo la
dottrina della resurrezione predicata da Gesù Cristo, a far sì che i cristiani usassero in maniera
preponderante le sepolture sotterranee. I nomi dati alle catacombe potevano derivare da quelli dei
proprietari del terreno o di martiri ivi sepolti. I tracciati irregolari seguivano la struttura geologica
del terreno scavato (molto spesso tufo), con più piani sovrapposti. Gli ambulacri (le lunghe
gallerie), erano in antico chiamate criptae e talvolta vi si aprivano camere sepolcrali più vaste
chiamate cubicula. I cubicula avevano spesso una pianta a forma poligonale e vi erano sepolti
personaggi più facoltosi o più venerati; spesso vi si trovano tombe ad arcosolio, cioè urne chiuse
sormontate da una nicchia coperta da un arco. I sepolcri sovrapposti si chiamavano loci o loculi e
la fila verticale di loculi su una parete veniva chiamata pila. La domus ecclesiae (termine latino con
il significato di "casa dell'assemblea" o "casa della chiesa") era un edificio privato, adattato alla
necessità del culto, nella quale si radunavano i primi cristiani in epoca precedente all'editto
costantiniano del 313. Nel corso del III secolo si ebbe una prima organizzazione della Chiesa
cristiana. Alcune delle domus ecclesiae erano state donate alla Chiesa dai proprietari e divennero i
cosiddetti tituli. I luoghi di culto cristiani non si distinguevano architettonicamente dai normali
edifici di abitazione. Sia le domus ecclesiae che i tituli prendevano generalmente il nome dal
primitivo proprietario dell'edificio e lo conservarono anche con la costruzione di una vera e propria
chiesa in epoca successiva. L'identificazione come luoghi di culto delle abitazioni private che in
diversi casi sono state rinvenute sotto le chiese successive è tuttavia resa difficoltosa dalla
mancanza di specifiche caratteristiche architettoniche e dall'uso di eventuali decorazioni già
appartenenti al repertorio pagano, ma alle quali potrebbe essere stata dato un nuovo significato
simbolico in senso cristiano. Domus ecclesiae sono state rinvenute soprattutto nella parte orientale
dell'Impero: di eccezionale importanza è quella di Dura Europos. La domus ecclesiae fu ritrovata
non lontano dalla Porta di Palmira; grazie a un graffito, può essere definita una delle chiese più
antiche del mondo. L'edificio fa parte di una casa affacciata su una strada lastricata. Si tratta di
una struttura a due piani, quello superiore probabilmente utilizzato come abitazione, articolata con
una serie di sale intorno ad un cortile centrale. Al piano terra, di tianco all'atrio centrale, si trova
una sala più piccola, che immette in un ambiente ancora più angusto. Funzione delle sale: la
stanza più grande era la sala della comunità; la sala piccola era un ambiente intermedio che
serviva per le agapi; l'ambiente angusto era un battistero per l'iniziazione cristiana. Tale ambiente
era l'unica decorata (con scene dell'Antico e del Nuovo Testamento), a riprova che era il cuore
dell'edificio. La tomba di Galerio a Tessalonica è un mausoleo romano di forma circolare,
trasformato in chiesa (la "rotonda di San Giorgio") sotto Teodosio I. L'edificio appartiene ad un
nucleo che comprende il palazzo e l'ippodromo, come riscontrato ad esempio a Spalato. Come nel
caso della colonna di Traiano, che accoglieva nel basamento le ceneri di Traiano, la tomba
imperiale fu collocata eccezionalmente all'interno delle mura cittadine. La calotta centrale è
decorata con mosaici raffiguranti teste di Cristo e angeli, mentre il tamburo ospita pannelli allusivi
alla Gerusalemme celeste. Tra i particolari della complessa architettura interna, alcune edicole
riferibili a parti absidali di altre chiese, con raffigurazioni di simboli e dogmi in discussione nei
dibattiti teologici dell'epoca, tra cui una colomba con corona (Trinità, Dio, Impero), alcune pecore
(fedeli) e l'agnello (Cristo). Con la liberalizzazione del culto in epoca costantiniana si pose il
problema di quale forma dare agli edifici della nuova religione. Le domus ecclesiae erano
insufficienti per il numero dei nuovi adepti e i templi classici, oltre che vestigia di religione aborrita
dai cristiani, erano strutturati per funzioni all'aperto e non avevano spazi interni sufficienti per le
funzioni del nuovo culto. La messa, codificata proprio nel IV secolo, richiedeva degli edifici
monumentali, che vennero costruiti usando come modello la basilica romana, cioè un edificio non
legato alla religione e polifunzionale, strutturato in modo semplice. La basilica cristiana mantiene
infatti la planimetria rettangolare e la suddivisione in tre navate, spostando però l'accesso su un
lato corto (a differenza di quella romana che lo aveva spesso sul lato più lungo) e mantenendo
l'abside solo sul lato opposto. Tale rotazione crea uno spazio inedito, fortemente direzionato e
prospettico, che indirizza a dirigersi e rivolgersi verso l'abside, solitamente orientata, dove venne
posizionato l'altare, ripreso dalle are pagane, che divenne il centro focale dell'architettura. L'oriente
era il luogo dove si trova il Paradiso e dove si trova anche Cristo, che tornando sulla terra proverrà
da tale direzione. Il seggio del vescovo deve stare al centro, affiancato dai sacerdoti, e i diaconi
devono avere la cura di disporre in zone separate i laici, divisi tra uomini e donne; nel mezzo, in un
luogo rialzato, doveva stare il lettore dei testi sacri. La basilica paleocristiana presentava anche
elementi nuovi come il transetto che comunque iniziò ad essere adottato solo in un secondo
momento e nei primi secoli fu piuttosto raro, anche se presente nella primitiva basilica San Pietro
in Vaticano, quale navata trasversale disposta davanti al presbiterio, che da alla basilica la forma
planimetrica di una croce, anche con valore simbolico. La prima basilica cristiana fu probabilmente
San Giovanni in Laterano, costruita su un terreno donato da Costantino stesso dopo l'editto di
Milano, con una struttura a cinque navate divise da quattro file di colonne. Uno degli elementi tipici
delle prime basiliche era la presenza di un atrium, esterno alla basilica, o di un quadriportico o
nartece: essi erano usati dai catecumeni, cioè i non battezzati, che potevano assistere solo alla
prima parte della messa, durante la quale si leggevano i testi sacri, per poi dover uscire. Non
esistendo il sacramento della confessione, il battesimo veniva infatti normalmente dato solo agli
adulti, e spesso in un'età avanzata che "|avasse" tutti i peccati fino ad allora commessi. Un
discorso a parte deve essere fatto per l'edilizia cimiteriale, nella quale i modelli dell'architettura
monumentale furono impiegati dai cristiani prima che in altre costruzioni. Edifici di forma basilicale,
utilizzati come cimiteri coperti e per cerimonie e banchetti funebri si trovano anche a Roma in tre
grandi complessi aventi la stessa funzione cimiteriale: S. Lorenzo sulla via Tiburina, Santi
Marcellino e Pietro e S.Agnese sulla Nomentana, tutti edifici questi sorti presso le tombe di martiri
venerati. Tali basiliche sono un esempio del forte sperimentalismo di età costantiniana. A queste
fabbriche erano annessi i sepolcri di personaggi della famiglia imperiale: il mausoleo di Elena,
madre di Costantino, e denominato Tor Pignattara, era collegato alla basilica dei Santi Marcellino e
Pietro. Quello di sua figlia Costantina, noto come Santa Costanza, si eleva sul fianco dell'originaria
chiesa di S. Agnese. Questi sono entrambi edifici a pianta centrale, secondo il modello dei mausolei
imperiali classici, ma Santa Costanza e l'esempio della tipologia chiamata a "doppio involucro”, cioè
costituita da 2 strutture concentriche. La Basilica di San Giovanni in Laterano era nota, per il suo
splendore e per la sua importanza, con il nome di Basilica Aurea ed era oggetto di continue ed
importanti donazioni da parte degli imperatori, dei papi e di altri benefattori. L'edificio era orientato
secondo la direttrice est-ovest tipica delle basiliche paleocristiane, con la facciata rivolta ad oriente,
cioè verso l'alba, e l'abside con

l'altare rivolti ad occidente, cioe verso il tramonto. La primitiva basilica aveva una forma oblunga e
disponeva di cinque navate fortemente digradanti in altezza, divise da colonne: la navata centrale
era la più larga e più alta e si elevava sopra delle altre permettendo di aprire luminose finestre nel
cleristorio. Il soffitto era coperto a capriate, che probabilmente dovevano essere a vista. Opposta
alla facciata era presente un'unica abside dove venne posta la cattedra vescovile, in analogia con
le tribune allestite per le sedute solenni nelle basiliche civili. In fondo alle navate esisteva una
navatella trasversale, il primitivo transetto, nella quale prendevano posto durante la celebrazione il
vescovo, sedendo in centro, su un seggio rialzato, affiancato dai sacerdoti, disposti ai lati. Tra le
navate ed il transetto due possenti colonne sostenevano un grande arco detto arco trionfale. Tra la
navata e la parte destinata all'altare venne posto il fastigium una grande struttura su quattro
colonne che fu l'antecedente di tutte le strutture simili (pergule, tramezzi, iconostasi, pontili, jubé)
che in seguito caratterizzarono le chiese sia in occidente che in oriente. Le colonne in metallo
dorato sorreggevano.

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