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Corso di Costruzione di Ponti - a.a. 2007/08 dott. ing.

Lorenzo Macorini

10. APPARECCHI DI APPOGGIO, PILE,


E SPALLE DI PONTI

Dicembre 2007 – v. 1.0 - Pag. 10.1 -

Apparecchi di appoggio, pile e spalle di ponti. dott. ing. Lorenzo Macorini

10.1. Apparecchi di appoggio, pile, spalle e fondazioni di ponti: azione sismica


La progettazione degli apparecchi di appoggio, delle strutture verticali e delle fondazioni è
fortemente influenzato dall’azione simica che può interessare la generica struttura da ponte.
In particolare la struttura del ponte deve essere concepita e dimensionata in modo che sotto
l'azione sismica di progetto per lo SLU essa dia luogo alla formazione di un meccanismo
dissipativo stabile1, nel quale la dissipazione sia limitata alle pile o ad appositi dispositivi
dissipativi.

1
Per stabile si intende: “la cui resistenza non è rapidamente degradante”.
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Inoltre il proporzionamento della struttura deve essere tale da favorire l'impegno plastico
del maggior numero possibile di pile. Il comportamento inelastico dissipativo deve essere di tipo
flessionale, con esclusione di possibili meccanismi di rottura per taglio.
Gli elementi ai quali non viene richiesta capacità dissipativa, e devono, quindi, mantenere
un comportamento sostanzialmente elastico, sono: l'impalcato, gli apparecchi di appoggio, le
strutture ed il terreno di fondazione, le spalle. Per garantirne il comportamento elastico, questi
elementi devono essere progettati per resistere alle massime azioni che gli elementi dissipativi
possono loro trasmettere, adottando il criterio della "gerarchia delle resistenze".
Per questi elementi strutturali le sollecitazioni di calcolo non si valutano sulla base dello
spettro di progetto del ponte, ma in base alle sollecitazione che vengono trasmesse dagli
elementi dissipativi, amplificate per tenere conto dell’effetto di sovra resistenza.

10.2. Criteri di progettazione antisimica


Le moderne norme tecniche per il progetto sismico dei ponti fanno riferimento all’OPCM
3274 s.m.i, dove nell’all. 3 vengono forniti i principi di progettazione e di calcolo per i ponti a
pile e travate, queste ultime del tipo continuo su più pile o semplicemente appoggiate ad ogni
campata. Le pile si intendono a fusto unico, con sezione trasversale di forma generica, piena o
cava, mono o multi-cellulare. Ponti differenti o pile a geometria più complessa possono essere
analizzati con gli stessi principi forniti dalla OPCM 3274 ma impiegando metodi di calcolo
alternativi ed adeguatamente documentati.

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Modellazione dell’azione sismica


• Definizione dell’evento sismico di riferimento

Stato Limite Ultimo SLU: si progetta con riferimento ad un evento sismico di forte intensità che
ha probabilità di occorrenza del 10% in 50 anni, ovvero un periodo medio di ritorno
commisurato all'importanza dell'opera non inferiore a 475 anni (azione sismica di progetto).
Per tale evento, i danni strutturali subiti dal ponte sono tali da non comprometterne la transitabilità, e da
consentire una capacità ridotta di traffico sufficiente per le operazioni di soccorso post-sisma.
Stato Limite di Danno SLD: fa riferimento ad un evento sismico caratterizzato da un periodo
medio di ritorno commisurato all’importanza dell'opera, ma non inferiore a 72 anni e che ha,
quindi, una significativa probabilità di verificarsi più di una volta nel corso della durata utile
dell'opera.
A seguito di tali eventi sismici, i danni strutturali sono di entità trascurabile, tali da non richiedere alcuna
riduzione del traffico né interventi urgenti di ripristino.
• Zonizzazione simica
Il parametro che si utilizza nella
nuova classificazione del
territorio nazionale è ag =
accelerazione orizzontale
massima su suolo di categoria A
(roccia) per un terremoto che ha
probabilità del 10% di avvenire
in 50 anni, ovvero con periodo
Fattore di importanza γI di ritorno di 475 anni.
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• Azione sismica
Se si considera il moto sismico in un punto, l'effetto combinato dell'ampiezza
dell'accelerazione massima, del contenuto di frequenze e della durata, può essere
convenientemente descritto attraverso lo spettro di risposta elastico (analisi statica/ analisi
dinamica modale). In alternativa si devono usare più accelerogrammi specifici per quel sito
(analisi time history).
Spettro di risposta elastico

Caratteristiche dell’accelerogramma: ampiezza


(PGA), durata, contenuto in frequenze

corrisponde alla risposta massima indotta dal moto


sismico in un oscillatore elastico semplice, al variare
della frequenza naturale di vibrazione e dello
smorzamento dell'oscillatore stesso.

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Lo spettro elastico di progetto è ottenuto a partire da molti eventi sismici, ma non è riferito ad
alcuno specifico terremoto reale. Lo spettro che caratterizza il sito si ottiene come inviluppo di
più spettri di risposta. Lo sviluppo di spettri di risposta specifici per un particolare sito richiede
uno studio accurato delle caratteristiche geologiche e sismologiche dell’area di appartenenza del
sito stesso. E’ noto, infatti, che le caratteristiche del moto sismico sono influenzate dalla
sorgente che origina il sisma, dal percorso che le onde compiono fino al sito ed, infine, dalle
condizioni locali.
Modifica della risposta sismica per effetto del terreno:
amplificazione locale

Amplificazione sismica locale dell’accelerazione


orizzontale del terreno di un terremoto debole nei depositi
argillosi superficiali (FAS e FAI) a Città del Messico, ben
documentata strumentalmente da sensori in pozzo a
profondità diverse e in superficie (campo libero).

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Categorie del suolo di fondazione


Per la definizione dell’azione sismica di progetto i terreni vengono caratterizzati da
parametri: sismici Vs30 (velocità media di propagazione entro 30 m di profondità delle onde di
taglio) geotecnici NSPT (Standard Penetration Test), cu (coesione non drenata).
A Formazioni litoidi o suoli omogenei molto
rigidi caratterizzati da valori di VS30 superiori a
800 m/s, comprendenti eventuali strati di
alterazione superficiale di spessore massimo pari
a 5 m.
B Depositi di sabbie o ghiaie molto addensate o
argille molto consistenti, con spessori di diverse
decine di metri, caratterizzati da un graduale
miglioramento delle proprietà meccaniche con la
profondità e da valori di VS30 compresi tra 360
m/s e 800 m/s (ovveroresistenza penetrometrica
NSPT > 50, o coesione non drenata cu > 250 kPa).
C Depositi di sabbie e ghiaie mediamente
addensate, o di argille di media consistenza, con
spessori variabili da diverse decine fino a
centinaia di metri, caratterizzati da valori di
VS30 compresi tra 180 e 360 m/s (15<NSPT<50,
70 <cu< 250 kPa).
D Depositi di terreni granulari da sciolti a poco addensati oppure coesivi da poco a mediamente consistenti, caratterizzati da valori di VS30<180
m/s (NSPT<15, cu<70 kPa).
E Profili di terreno costituiti da strati superficiali alluvionali, con valori di VS30 simili a quelli dei tipi C o D e spessore compreso tra 5 e 20 m,
giacenti su di un substrato di materiale più rigido con VS30 > 800 m/s.

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Spettro elastico secondo l’OPCM 3274

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Impiego dello spettro elastico

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Duttilità strutturale: fattore di struttura

Il fattore di struttura q tiene conto della duttilità del ponte ovvero della capacità
caratteristica degli elementi duttili di resistere alle azioni sismiche in campo plastico,
danneggiandosi ma non collassando. Tale coefficiente è da applicare: (i) alle singole pile per

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ciascuna delle due direzioni principali, nei casi di ponti isostatici, (ii) all’intera opera, ma ancora
separatamente per le due direzioni, per i ponti a travata continua. In quest’ultimo caso si
assumerà il valore di q più basso delle pile che fanno parte del sistema resistente alle azioni
sismiche per ciascuna delle due direzioni. Si possono usare valori diversi di q nelle diverse
direzioni di applicazione dell’azione sismica. Si possono avere strutture con diversi elementi
resistenti duttili, in questo caso è bene usare il q corrispondente all’elemento duttile che
contribuisce maggiormente alla resistenza sismica del ponte.
Massimo per il fattore di struttura q = 3.5. Riduzioni: (i) per pile tozze, (ii) per il calcolo delle
spalle, (iii) per pile fortemente compresse, (iiii) per ponti a geometria “non regolare”.

Spettro di progetto: impiego del fattore di struttura

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Modellazione della struttura


“Il modello strutturale deve poter descrivere tutti i gradi di libertà significativi
caratterizzanti la risposta dinamica e riprodurre fedelmente le caratteristiche di inerzia e di
rigidezza della struttura, e di vincolo degli impalcati” (OPCM 3431 Cap.6).

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In molti casi al posto del sistema globale si possono utilizzare sotto-sistemi. Il sistema può
essere trattato diversamente in direzione longitudinale e in direzione trasversale. Nell’analisi

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sismica è generalmente sufficiente ricondursi a due modelli separati uno in direzione


longitudinale (L) e uno in direzione trasversale (T)2.

2
Se l'analisi viene eseguita in campo non lineare mediante integrazione al passo, le componenti L e T (e quella verticale*, ove appropriato)
devono venire applicate simultaneamente alla struttura.
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• Masse
Le masse sono valutate considerando i carichi permanenti.
Analisi statica equivalente. Le masse entrano
nella definizione delle forze statiche
equivalenti. Si utilizza una massa efficace pari
alla massa dell’impalcato afferente alla pila e
alla massa della metà superiore della pila (se
questa è inferiore al 20% della massa
dell’impalcato).
Metodi dinamici. Per utilizzare i metodi
dinamici le masse sono in genere assegnate al
modello come masse concentrate posizionate ai
nodi.

• Rigidezze
La rigidezza degli elementi in c.a. deve essere valutata tenendo conto dell'effettivo stato di
fessurazione.

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Metodi di analisi

• Analisi modale
Si riconduce l’analisi di un sistema M-GDL (con n g.d.l.) soggetto a sisma a quello di n sistemi
1-GDL, indipendenti. Per ogni sistema i modi propri di vibrare sono in numero pari al numero
dei g.d.l. e costituiscono le oscillazioni periodiche libere del sistema elastico non smorzato.
Quando il sistema oscilla secondo uno dei modi propri tutte le masse oscillano con la stessa
pulsazione (pulsazione corrispondente al modo) e la stessa fase, mantenendo immutati i rapporti
tra le ampiezze. Per ogni oscillazione le masse raggiungono il punto di massimo spostamento nel
medesimo istante. OSS: è possibile esprimere una qualsiasi deformata vibratoria del sistema
come combinazione lineare dei modi propri.

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• Analisi statica lineare


Consiste nell’applicazione di forze statiche equivalenti alle forze d’inerzia. Può essere applicata
nei casi in cui la risposta dinamica della struttura è governata da un solo modo e quindi è fornita
con buona approssimazione dall'analisi di un oscillatore ad 1 grado di libertà.
L’analisi statica lineare è consentita:
i) in direzione longitudinale per ponti rettilinei a
travata continua, purché la massa efficace
complessiva delle pile facenti parte del sistema
resistente al sisma non sia superiore ad 1/5 della
massa dell'impalcato;
ii) in direzione trasversale per ponti che soddisfano
la condizione (i) e sono simmetrici rispetto la
mezzeria longitudinale o hanno un’eccentricità non
superiore al 5% della lunghezza del ponte.
L'eccentricità è la distanza tra baricentro delle masse
e centro delle rigidezze delle pile facenti parte del
sistema resistente al sisma nella direzione
trasversale;
iii) per ponti a travate semplicemente appoggiate, per
entrambe le direzioni longitudinale e trasversale
purché la massa efficace di ciascuna pila non sia
superiore ad 1/5 della massa di impalcato da essa
portata.

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Analisi statica lineare per sistemi a 1 g.d.l.

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Componenti dell’azione sismica e loro combinazione


Analisi lineare. La risposta può essere calcolata separatamente per ciascuna delle tre componenti
e gli effetti combinati successivamente applicando la seguente espressione:

Combinazioni con le altre azioni:

Criteri di progettazione
I criteri di progettazione sono volti esplicitamente al soddisfacimento del requisito di non
collasso, ma implicitamente coprono anche quello di limitazione del danno. È necessario
scegliere il tipo di comportamento che si vuole che il ponte abbia durante l’evento sismico di
progetto.
La scelta del tipo di comportamento dipende dalla sismicità del sito, dalle dimensioni e
geometria del ponte e dalla presenza di isolatori o di altri vincoli che possano modificare in
modo sostanziale la risposta alle azioni sismiche.

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- Regione a bassa sismicità: è possibile scegliere un


comportamento limitatamente duttile (durante il terremoto di
progetto non devono verificarsi significative plasticizzazioni)
Scelta del comportamento ed applicare criteri di progettazione semplificati.
strutturale - Regione a medio alta sismicità: è consigliabile conferire al
ponte un comportamento duttile o attraverso la formazione di
cerniere plastiche a flessione o utilizzando isolamento alla
base e dispositivi di dissipazione energetica.
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OSS: è opportuno che le cerniere plastiche si formino nelle pile, che sono i componenti
strutturali principali più facilmente riparabili e meno direttamente coinvolti nel transito dei
veicoli. Per quanto possibile si deve fare in modo che le cerniere plastiche si formino in punti
accessibili per ispezione ed eventuale riparazione. In genere l’impalcato deve rimanere in campo
elastico. La formazione di cerniere plastiche è consentita nelle solette di continuità (piastre
duttili a flessione). La formazione di cerniere plastiche non è ammessa in sezioni in c.a. in cui la
forza assiale normalizzata sia maggiore di 0.6.
• Criterio della gerarchia delle resistenze (GR)
Il criterio GR consiste nel determinare le azioni di progetto per i meccanismi (resistenza a
taglio di tutti gli elementi), e per gli elementi strutturali (appoggi, fondazioni, spalle) che devono
mantenersi in regime lineare sotto l'azione sismica di progetto, assumendo che in tutte le zone
dove è prevista la formazione di cerniere plastiche agiscano momenti flettenti da considerare
quali frattili superiori degli effettivi momenti resistenti, e dati dall'espressione: γ0·MRd,i
Il fattore γ0 (fattore di "sovraresistenza") viene calcolato mediante l'espressione: γ0 = 0.7 + 0.2q
≥ 1, nella quale q è il valore del coefficiente di struttura utilizzato nel calcolo.
Le sollecitazioni calcolate a partire dai momenti resistenti amplificati (e dai carichi permanenti
distribuiti sugli elementi) si definiscono ottenute con il criterio della gerarchia delle resistenze.
OSS: (i) il criterio della gerarchia delle resistenze si applica solamente nel caso in cui si faccia ricorso alla duttilità della
struttura per la dissipazione di energia; (ii) lo scopo di questo approccio progettuale è quello di garantire che le cerniere
plastiche nascano là dove previsto, e non altrove, evitando l’introduzione di labilità oppure meccanismi di collasso fragile.
Tutte le zone in cui non è prevista la formazione di cerniere plastiche (e quindi devono rimanere in campo elastico) devono
essere dotate di una adeguata “sovraresistenza” non tanto riguardo alle sollecitazioni derivanti dall’analisi, ma soprattutto

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rispetto a quelle sollecitazioni che potrebbero nascere sulla struttura immediatamente prima che si formino cerniere plastiche
laddove è previsto che si formino.

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10.3. Apparecchi di appoggio


Gli apparecchi di appoggio per ponti sono sostanzialmente dei vincoli che collegano gli
impalcati e le sottostrutture (pile e spalle). Il loro comportamento ideale dovrebbe essere tale da:
(i) trasmettere determinate forze senza apprezzabili spostamenti relativi associati;
(ii) consentire che i restanti spostamenti relativi avvengano liberamente, senza l'insorgere di
forze parassite.
In pratica le tolleranze di fabbricazione e l'elasticità propria dei materiali fanno sì che gli spostamenti relativi
non siano mai nulli mentre l'attrito fa nascere sempre forze parassite di cui è obbligatario tenere conto nei
calcoli.
Nel caso dei ponti le variabili cinematiche di vincolo
sono sostanzialmente tre in quanto risulta sempre: δz=0,
θz=0, θy libero.
Si definiscono:
a) appoggi fissi, trasmettono tutte le forze nel
piano xy: δx=δy=0;

b) appoggi mobili unidirezionali, trasmettono forze orizzontali in una sola direzione: δx= 0 δy
libero (o viceversa);
c) appoggi mobili multidirezionali, non trasmettono forze orizzontali (escluse quelle parassite):
δx e δy liberi.
Ciascuno di questi appoggi può consentire la rotazione θx, nel qual caso è detto sferico, ovvero
impedirla (cilindrico).
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In ogni caso nel valutare l'entità degli spostamenti va tenuto presente che i vincoli non sono quasi mai
disposti in corrispondenza della fibra neutra della trave, ma al suo intradosso: ne consegue che si hanno
spostamenti δx anche per azioni che non provocano variazioni di lunghezza dell'asse della trave ma solo
rotazioni agli appoggi.

Apparecchi di appoggio per ponti in zona sismica (concetti generali)


Le forze sismiche sono forze dipendenti dalle masse in gioco e dall’accelerazione indotta
sulla struttura dal sisma, secondo la: F = m · Sd (t).
La direzione dell’accelerazione, istante per istante, è variabile nello spazio; convenzionalmente
si considerano le componenti lungo tre direzioni: quella verticale e due direzioni orizzontali, fra
loro ortogonali, da combinare. Per la direzione verticale, le modalità di trasferimento delle forze
agli appoggi sono inevitabilmente quelle del carico permanente; nelle conversazioni precedenti
si è visto in quali condizioni il sisma verticale condizioni il dimensionamento dell’impalcato.
Sul piano orizzontale, il sistema di vincolo tra l’impalcato le pile e le spalle deve:
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a) consentire il trasferimento alle pile e alle spalle (e da queste al terreno) delle azioni
orizzontali in tutte le direzioni (condizione di equilibrio)
b) consentire le deformazioni, soprattutto in senso longitudinale (parallelo all’asse del
ponte), non dipendenti da forze esterne, quali ritiro (calcestruzzo) e variazioni termiche; molto
spesso tali deformazioni, se contrastate, danno luogo a sollecitazioni di entità intollerabile.
Le due esigenze sono tra loro contrastanti: un sistema di vincoli orizzontali iperstatico
consente una migliore ripartizione delle forze orizzontali sui vincoli (minor concentrazione di
forze), ma, per contro, farebbe nascere delle azioni per coazione (deformazioni impedite o
contrastate).
Schemi di vincolo per azioni orizzontali
• Campata singola
a) Disposizione iperstatica, equivalente ad una trave
incastrata ad un’estremità ed appoggiata all’altra.
Tale disposizione non consente spostamenti trasversali
relativi tra pile contigue.
b) Disposizione isostatica (equivalente ad una trave
semplicemente appoggiata), che consente di determinare
con certezza (ricorrendo alle sole condizioni di equilibrio)
le reazioni orizzontali sugli appoggi.

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c) Altra disposizione isostatica: rispetto alla precedente ha


il pregio di trasmettere le azioni mutue in maniera centrata
(lungo l’asse di simmetria). Il disaccoppiamento fra
appoggi ad azione orizzontale ed appoggi ad azione
verticale è però costoso e talvolta non agevolmente
praticabile (dipende dalla sezione).
d) Il ponte “sghembo”: si tratta di decidere se convenga
mettere gli appoggi che assorbono le azioni orizzontali agli
angoli acuti o ottusi. La soluzione migliore è sempre quella
di porre affidare le azioni orizzontali agli appoggi con
maggiore carico verticale.

e) Il ponte a più travi: è opportuno cercare di mantenere lo


schema isostatico (1 appoggio fisso ad un’estremità e un
appoggio mono direzionale a vincolo trasversale all’altra),
introducendo appoggi multidirezionali alle estremità delle
rimanenti travi.

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• Campata continua (asse rettilineo)


a) E’ lo schema più diffuso, e talvolta inevitabile. La
presenza di appoggi a vincolo trasversale su tutte le pile
conferisce iperstaticità alla configurazione.

b) E’ sostanzialmente uguale al precedente; il vincolo


centrale è possibile quando c’è una terza trave oppure un
traverso robusto, oppure se l’appoggio centrale ha solo
reazione orizzontale, se c’è una controsoletta o una
robusta controventatura inferiore.
c) L’eliminazione del vincolo orizzontale dalla pila
intermedia rende isostatico il sistema; tale soluzione è
però spesso infattibile quando i viadotti siano molto
lunghi, perché si concentrerebbero sugli appoggi rimasti
forze molto elevate e soprattutto perché si genererebbero
flessioni orizzontali importanti sull’impalcato.
Ovviamente, sono possibili situazioni intermedie (per
esempio, appoggi a vincolo trasversale a pile alternate, ma
questo non toglierebbe l’iperstaticità).

Avvertenza importante: gli appoggi fissi o unidirezionali impediscono il movimento relativo fra
impalcato e struttura sulla quale sono posti gli appoggi, non gli spostamenti assoluti. Per questa
ragione, in presenza di pile sufficientemente snelle e deformabili, è assolutamente necessario
tener conto della loro deformabilità per la determinazione delle forze sugli appoggi.
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Classificazione degli apparecchi di appoggio


Oltre alla classificazione legata ai gradi di libertà: appoggi fissi, unidirezionali, multi
direzionali, gli apparecchi di appoggio possono essere classificati in base al loro funzionamento:
appoggi deformabili, appoggi funzionanti per rotolamento e appoggi funzionanti per
strisciamento oppure in base alla costruzione: appoggi elastomerici semplici, elastomerici
armati, completamente in acciaio, in Acciaio – PTFE.
• Appoggi in gomma
Gli appoggi in gomma sono appoggi deformabili costituiti da un singolo strato di gomma.
Permettono rotazioni attorno ad un qualsiasi asse e traslazioni in ogni direzione del piano.
Tendono sempre a riprendere la configurazione indeformata dopo gli spostamenti consentiti.

Attualmente sono in disuso, visto le migliori prestazioni garantite dagli appoggi elastomerici
armati.
• Appoggi elastomerici armati
Sono costituiti da strati di acciaio (1-2 mm) combinati con strati di gomma (naturale o
artificiale) di 10-12 mm. Le lamiere d’acciaio rendono questi appoggi quasi incompressibili
(limitando l’espansione laterale della gomma) mentre non modificano la mobilità orizzontale e la
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possibilità di ruotare. Permettono rotazioni attorno ad un qualsiasi asse e traslazioni in ogni


direzione del piano.

Tendono sempre a riprendere la configurazione indeformata dopo gli spostamenti


consentiti. Il loro impiego è generalmente limitato a ponti di luce medio-piccola.

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• Appoggi in acciaio
Il funzionamento è basato sul rotolamento di due o più superfici d’acciaio in contatto tra
loro. Il sistema si comporta come una cerniera cilindrica o sferica, a seconda della tipologia.

Nel caso di collegamenti per contatto il calcolo si conduce in


modo convenzionale calcolando la tensione massima di
contatto in base alle espressioni riportate in normativa
(CNR10011). Tale valore va poi confrontato con una tensione
più elevata della convenzionale tensione di progetto
dell’acciaio poiché la zona di contatto è confinata dal
materiale circostante.
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• Appoggi in metallo e in PTFE


Tali apparecchi funzionano per strisciamento. Gli scorrimenti sono resi possibili mediante
l’accoppiamento di una lastra di acciaio inossidabile lavorata a specchio ed un cuscinetto piano
di PTFE (“teflon”). Tale materiale ha la singolare caratterista di presentare un coefficiente di
attrito che diminuisce con il crescere della pressione di contatto. In alcune tipologie anche la
rotazione avviene grazie all’accoppiamento di superfici cilindriche o sferiche di PTFE e acciaio
inossidabile. Per ridurre l’attrito le lastre di PTFE sono dotate di tasche riempite con grasso
siliconico.

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Dispositivi antisismici
Corrispondono a dei dispositivi di vincolo che sono in grado di modificare in senso
favorevole la risposta della struttura in caso di sisma. Questi organi possono essere fisicamente
distinti dagli apparecchi di appoggio “classici”, che garantiscono il funzionamento del ponte in
esercizio; ovvero possono essere inglobati in questi costituendo un unico oggetto che svolge due
funzioni concettualmente distinte.
I dispositivi antisismici vanno progettati e realizzati in modo da sopportare il massimo
sisma prevedibile senza collassare. Essi possono peraltro, in questo caso, subire plasticizzazioni
o rotture locali tali da dover essere sostituiti dopo questi eventi: per questo motivo essi devono
essere facilmente accessibili ed ispezionabili in tutte le loro parti. I dispositivi attualmente
prodotti possono essere raggruppati in due categorie a seconda del loro funzionamento: i)
isolatori sismici, ii) dissipatori.
L’isolamento sismico garantisce una forte riduzione dell’energia in ingresso, mediante
l’impiego di dispositivi orizzontalmente molto flessibili. I dissipatori consentono invece di
dissipare una grande quantità dell’energia in ingresso.

Per comprendere il funzionamento di isolatori e dissipatori sismici è necessario impiegare


l’approccio energetico alla progettazione sismica.
L’approccio energetico alla progettazione sismica: domanda ≤ offerta
Ei ≤ EE + EK+ EH + EV
Ei è l’energia in ingresso, che rappresenta il lavoro compiuto dalla forza di inerzia agente sulla struttura
(=taglio alla base) a causa dello spostamento del suo punto di applicazione;
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Apparecchi di appoggio, pile e spalle di ponti. dott. ing. Lorenzo Macorini

EE è l’energia di deformazione elastica;


EK è l’energia cinetica;
Ed è l’energia dissipata (attraverso distinti meccanismi, ad es. isteretico EH e viscoso EV).

La protezione sismica si può realizzare riducendo la domanda e/o aumentando l’offerta

L’ingegneria sismica ingegneria sismica “tradizionale tradizionale” (Capacity Capacity


design design o Gerarchia delle resistenze Gerarchia delle resistenze) è basata sul concetto di
duttilità: una sufficiente duttilità (locale e globale) garantisce che la struttura non crolli, anche se
gravemente danneggiata, per un terremoto forte. All’atto del sisma si deve formare il maggior
numero possibile di cerniere plastiche prima del collasso. La struttura cioè deve essere in grado
di dissipare la maggior quantità possibile di energia. Ciò avviene attraverso il danneggiamento
degli elementi strutturali (oltre che di quelli non strutturali).

Mediante l’isolamento sismico si disaccoppia il moto della struttura da quello del terreno
per ridurre gli effetti distruttivi del terremoto. Il disaccoppiamento, ottenuto attraverso
dispositivi detti ISOLATORI, solitamente interposti tra le pile/spalle e l’impalcato, consente di
ridurre le accelerazioni trasmesse alla sovrastruttura, che si comporta come un corpo rigido al di
sopra degli isolatori. Quindi mediante l’isolamento sismico si riduce l’energia in ingresso Ei.
N.B. l’energia in ingresso non è una proprietà intrinseca del terremoto, in quanto oltre che dallo spostamento
del terreno dipende dalla risposta strutturale. Essa dipende principalmente dal periodo fondamentale di
vibrazione, oltre che dall’accelerogramma applicato.

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Isolamento alla base (isolatori elastomerici).

Isolamento mediante respingenti elastici di


spalla.

Isolamento mediante respingenti elastici di


spalla e trasversali.

Isolatori elastomerici
Appoggi antisismici in elastomero armato realizzati
con mescole elastomeriche ad elevata capacità
dissipativa, caratterizzati da una rigidezza orizzontale
sufficientemente bassa da consentire un sensibile
incremento del periodo proprio della struttura.

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Isolatori a reazione elastica ad andamento incrudente


Appoggi antisismici di tipo fisso o mobile
unidirezionale nei quali, nella configurazione più
comune, un anello in elastomero vulcanizzato
lateralmente all’elemento intermedio va in contrasto
con l’elemento di base, in modo da ridurre la rigidezza
orizzontale dell’appoggio. La reazione elastica è ad
andamento incrudente.

Con l’impiego di dispositivi di dissipazione si aumenta invece l’offerta Ed. Se si utilizzano


dispositivi progettati ad hoc (dissipatori) per dissipare energia, non si ha danno negli elementi
strutturali, come invece si ha con il capacity design. I dissipatori agiscono da “fusibili”. Quando
la dissipazione di energia si ha nel sistema di isolamento si ha contemporaneamente riduzione
della domanda ed aumento dell’offerta.

Isolatori elastomerici con nucleo di piombo


Sono dispositivi che aggiungono alle caratteristiche
degli isolatori elastomerici quelle di dissipazione di un
nucleo in piombo che si plasticizza durante un evento
sismico.

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Dissipatori isteretici in acciaio


Sono caratterizzati da un diagramma Forza-
Spostamento indipendente dalla velocità. Modellabili
con una bilineare

10.4. Le pile (dei ponti a travata)


Le pile nei ponti a travata sono gli elementi verticali intermedi che offrono sostegno
all'impalcato; questo può essere costituito sia da una trave continua, nel qual caso si avrà in
sommità di ciascuna pila una sola serie di appoggi, sia da travi semplicemente appoggiate, per le
quali saranno necessarie due serie di appoggi. Le pile risultano soggette prevalentemente a sforzi
di compressione e pertanto vengono costruite generalmente in calcestruzzo anche quando
l'impalcato è in acciaio.

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Dal punto di vista tipologico le pile in


calcestruzzo hanno subito una vera e propria
rivoluzione con l'avvento delle casseforme
rampanti, le quali hanno permesso la
costruzione di sostegni alti anche 180÷200 m
impensabili fino a qualche anno fa.

Il procedimento consiste nel gettare il calcestruzzo


per conci successivi dell'altezza di 1÷3 m entro
casseforme che non vengono sostenute da terra ma
"appese" a delle barre metalliche che fuoriescono
dal concio sottostante già gettato. Il sollevamento
della cassaforma avviene per mezzo di martinetti
idraulici che si "arrampicano" sulle barre
trascinando la cassaforma stessa.
Questa tecnica costruttiva ha inciso notevolmente
sulla forma delle pile. Risulta infatti conveniente
avere un unico fusto con sezione costante o poco
variabile, generalmente cava per ottenere, a parità
di area e quindi di materiale impiegato, il massimo
momento di inerzia.

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Verifiche in esercizio
Nelle verifiche in esercizio occorre considerare
tutte le combinazioni dei carichi previste nelle
norme. Ogni forza agente provocherà in genere
sia sforzo normale (N) che momenti flettenti
nel piano longitudinale (Ml) e trasversale (Mt).
Se I si tratta di forze orizzontali quali il vento,
la frenatura ecc. si avranno poi anche forze di
taglio secondo le due direzioni principali (Tl e
Tt) . Nel caso dei ponti a travate emplicemente
appoggiate, particolare attenzione va posta alla
eccentricità e, delle reazioni delle travi.
L'eccentricità longitudinale diventa poi
importante nel caso dei ponti a stampella.
Analoghe considerazioni valgono per definire
la posizione del carico trasversalmente, cioè il
numero di corsie da caricare, potendosi
rendere massimo Mt o N, per cui le situazioni
di carico che bisognerebbe considerare
risultano teoricamente pari a due volte il
numero delle corsie.
Più semplice è il caso di travi continue in quanto si ha un’unica serie di appoggi posti in asse alla pila, e
quindi sono nulli tutti i momenti longitudinali dovuti alle reazioni verticali dell'impalcato.

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Pile snelle
Molto spesso le pile dei ponti a travata sono alte rispetto alle dimensioni della loro sezione,
per cui devono essere presi in considerazione i fenomeni di instabilità flessionale.
La definizione della lunghezza libera di inflessione non risulta peraltro sempre immediata. La
schematizzazione corrente di una pila, infatti, è quella di una mensola, cioè di un'asta
perfettamente incastrata alla base e libera in sommità. In questo caso è noto che si ha l0 = 2H.
Questa schematizzazione
ignora però due fatti,
opposti, che possono essere
molto importanti: (i) la
fondazione della pila non
costituisce mai un incastro
perfetto poiché si ha la
deformabilità (elastica ed
anelastica) del suolo e
degli eventuali pali. Ciò fa
scadere il grado di incastro
e quindi fa aumentare l0;
(ii) la sommità della pila può risultare vincolata elasticamente alle travate che poggiano su di
essa.

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10.5. Le spalle
Le spalle dei ponti a travata costituiscono l'elemento strutturale di transizione tra il rilevato
stradale ed il ponte. Esse da un lato forniscono l'appoggio ad una travata e quindi assolvono alle
funzioni proprie delle pile, mentre dall'altro contengono il terreno costituente il rilevato,
svolgendo il compito di muri di sostegno.

La generica spalla è costituita da:


a) trave "paraghiaia" che contiene il terreno immediatamente a ridosso dell'impalcato;
b) trave "cuscino", su cui trovano appoggio le travi costituenti l'impalcato;
c) muro frontale e risvolti laterali (d) per il contenimento del rilevato stradale. A volte i muri di
risvolto laterali proseguono con una "bandiera" (e) che permette di arretrare ulteriormente il

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quarto di cono formato dal rilevato e quindi di arretrare il piede della scarpata; in alternativa ai
muri di risvolto possono aversi i muri d'ala (f);
g) fondazione che, come per le pile, può essere diretta, su pali, su pozzo ecc. a seconda della
natura del suolo.
Dal punto di vista tipologico una prima grossa distinzione riguarda, analogamente a quanto
avviene per i muri di sostegno, le dimensioni del muro frontale. Si hanno così le spalle a gravità
e le spalle a pareti sottili. Nel secondo caso gli elementi sono sollecitati da rilevanti sforzi di
flessione e per altezze superiori agli 8÷10 m è conveniente dotare la spalla di speroni.

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A volte quando la morfologia del sito lo permette, e cioè in zone pianeggianti, può essere
conveniente impiegare spalle a rilevato passante. Queste possono essere viste come delle spalle a
speroni a cui è stata eliminata fa soletta frontale per ridurre l'entità della spinta del terreno.

Analisi dei carichi


Le azioni sulla spalla in esercizio sono le seguenti:
1) peso proprio della spalla.
2) Peso proprio del terreno gravante direttamente sulla spalla.
3) Reazioni trasmesse alla spalla dalla travata.
4) Spinta del terrapieno.
5) Spinta del sovraccarico sul terrapieno.
6) Forza di frenatura diretta sulla spalla.
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Per ciò che riguarda le reazioni trasmesse dalla travata valgono le considerazioni svolte per
le pile sulle possibili condizioni di carico. Naturalmente andrà definito il tipo di vincolo che la
travata ha sulla spalla per decidere se considerare o meno le forze di frenatura agenti
sull'impalcato.

Per la spinta del terrapieno usualmente si


accetta l’ipotesi di Rankine di distribuzione
triangolare delle pressioni con risultante
orizzontale.

Riferimenti bibliografici
• Progettazione e costruzione di Ponti con cenni di patologia e diagnostica delle opere esistenti.

M. P. Petrangeli (IV edizione, MASSON, 1997).


• Ponti in zona sismica: criteri di progetto e aspetti normativi. Corsi brevi di progettazione in

zona sismica a cura di M. Organte. Udine 2006.

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